Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: III Commissione - Missione a Belgrado e Pristina (30-31 ottobre 2006)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 29
Data: 26/10/2006
Descrittori:
KOSOVO   MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

 

 

 

 

 

 

III Commissione

Missione a Belgrado e Pristina

(30-31 ottobre 2006)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 29

 

 

26 ottobre 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

SIWEB

 

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File:ES0020.doc


INDICE

 

Schede di sintesi

Serbia  3

§      Il quadro istituzionale  3

§      Vicende politico-istituzionali recenti4

Il Kosovo: status internazionale e processi politici6

§      La risoluzione ONU n. 1244 del 10 giugno 1999 e l’attuale struttura istituzionale  6

§      Vicende politico-istituzionali recenti8

Missioni militari in corso

§      Missione UNMIK   15

§      Missione KFOR   16

§      Missione EUPT Kosovo  18

§      Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dell’integrazione regionale nei Balcani, Strasburgo, 14 aprile 2005  23

§      Comunicazione della Commissione delle Comunità europee, I Balcani occidentali sulla strada verso l’UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità, Bruxelles, 27 gennaio 2006  23

§      Decisione del Consiglio dell’Unione europea 2006/56/CE relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato europeo con la Serbia e Montenegro incluso il Kosovo quale definito dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite del 10 giugno 1999 e che abroga la decisione 2004/520/CE, 30 gennaio 2006  23

§      Azione Comune 2006/304/PESC del Consiglio dell’Unione europea relativa all’istituzione di un gruppo di pianificazione dell’UE (EUPT Kosovo) per quanto riguarda una possibile operazione dell’UE di gestione delle crisi nel settore dello Stato di diritto ed eventuali altri settori in Kosovo, 10 aprile 2006  23

§      Consiglio europeo, Conclusioni della Presidenza, Bruxelles, 16 giugno 2006 (stralci sui Balcani)23

§      Azione Comune 2006/623/PESC del Consiglio dell’Unione europea relativa all’istituzione di un gruppo dell’UE incaricato di contribuire ai preparativi per l’istituzione di una possibile missione civile internazionale in Kosovo, con una componente del rappresentante speciale dell’Unione europea (gruppo di preparazione MC1/RSUE), 15 settembre 2006  23

Pubblicistica

§      C. A. Kupchan, Independence for Kosovo. Yielding to Balkan Reality, in: Foreign Affairs, novembre/dicembre 2005  27

§      F. Tassinari, Il cerchio di fuoco, in: Limes, n. 1/2006  27

§      M. Zurlo, Nazionalismi balcanici ed unione europea, in: Affari esteri, n. 150/2006  27

§      La Serbia e la nuova Costituzione, da: sito Internet ‘Osservatorio sui balcani’27

Documentazione

§      Scadenze elettorali nei Paesi balcanici31

§      International Commission on the Balkans, The Balcans in Europe’s Future, aprile 2005  31

§      Relazione del Comitato per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, ricostruzione e sviluppo dei Balcani, sugli indirizzi strategici, nonché sulle priorità per aree geografiche e settoriali, aggiornata al 31 giugno 2006 (stralci)31

§      Assemblea della UEO – Assemblea interparlamentare europea della sicurezza e della difesa (seconda parte della cinquantunesima sessione ordinaria – Parigi, 5-7 dicembre 2005), Raccomandazione n. 773  31


Schede di sintesi

 


 

 

 

Serbia

 

Il quadro istituzionale

Dal punto di vista costituzionale, la Serbia attraversa proprio in questi giorni un delicato momento di passaggio: dopo la scelta del Montenegro per l’indipendenza, emersa dal referendum del maggio 2006, i Parlamenti di Belgrado e Podgorica all’inizio di giugno hanno votato la rispettiva indipendenza. In particolare il Parlamento serbo – che ha dichiarato la Serbia, ai sensi della Costituzione serbo-montenegrina del 2003, Stato successore della precedente entità - ha fissato nella votazione un termine di 45 giorni per dare attuazione al nuovo status  a tutti i livelli, e naturalmente anche mediante negoziati con il Montenegro sulle materie meno facilmente districabili tra le due nuove entità statuali.

Il 30 settembre, inoltre, il Parlamento di Belgrado ha approvato all’unanimità una nuova Costituzione, sulla quale è previsto (il 28 e 29 ottobre prossimi) un referendum, nelle more del quale la nuova Costituzione non è in vigore.

Ci si soffermerà pertanto sulle previsioni più rilevanti del precedente ordinamento serbo-montenegrino.

Le Assemblee di Serbia e di Montenegro ed il Parlamento federale avevano varato il 4 febbraio 2003 (a seguito degli accordi sottoscritti a Belgrado nel marzo 2002 grazie anche alle pressioni dell'Unione europea) la nuova Costituzione e l’annessa legge di attuazione,  che sancivano la nascita della Unione di Serbia (con le province autonome della Vojvodina, Kosovo e Metohija) e Montenegro.

Il territorio era costituito dalle due Repubbliche di Serbia e di Montenegro. La Costituzione non prevedeva uno statuto speciale per il Kosovo, che veniva invece indicato come Provincia autonoma della Serbia assieme alla Vojvodina e  alla  Metohija.

L'Unione di Serbia e Montenegro era una repubblica presidenziale. La Costituzione prevedeva un’unione “leggera”, che manteneva in comune le politiche estera e di sicurezza (diplomazia e forze armate) mentre prevedeva solo una progressiva convergenza sul piano economico, con il mantenimento di due separate banche centrali, due valute (il dinaro serbo e l'euro che ha sostituito il marco tedesco adottato dal Montenegro nel novembre 1999) e politiche doganali non ancora armonizzate.

In base agli accordi di Belgrado, l'Unione sarebbe rimasta in prova per tre anni, al termine dei quali Serbia e Montenegro avrebbero deciso, tramite referendum, se continuare assieme o meno il cammino verso il comune obiettivo dell'integrazione nella UE.

 

Vicende politico-istituzionali recenti

Le elezioni presidenziali in Serbia (13 e 27 giugno 2004) hanno segnato la vittoria del candidato del Partito Democratico (DS) Tadic con il 53,24% dei voti sul candidato del Partito Radicale Serbo (SRS), Nikolic, che ha ottenuto il 45,40%. Tadic, in leggero svantaggio al primo turno, è riuscito a coagulare il sostegno delle altre formazioni “democratiche”, a cominciare dal Partito di Kostunica (DSS), e del partito del magnate Karic “Forza Serbia”. La candidatura di Tadic ha ricevuto anche il pieno e convinto sostegno della Comunità internazionale, in primis dell’Unione Europea.

Le elezioni amministrative del 3 ottobre 2004 in Serbia hanno testimoniato il buon risultato del Partito Democratico (DS) del Presidente serbo Tadic e del Partito Radicale Serbo (SRS) dei nazionalisti Seselj e Nikolic; deludente invece il risultato dei partiti che formano la coalizione che sostiene il governo Kostunica (DSS – G17+ di Labus – SPO di Draskovic). La tornata elettorale è stata caratterizzata dalla più bassa affluenza alle urne registratasi dall’introduzione del sistema multi-partitico nel 1990 (nel primo turno circa il 35 % degli aventi diritto). Altro dato rilevante emerso dalle elezioni amministrative è stata la ripresa del Partito socialista dell’ex- presidente Milosevic (SPS).

Il quadro interno serbo è rimasto contrassegnato da luci ed ombre: da un lato l’Esecutivo ha dato prova di poter agire efficacemente in alcuni casi specifici (nomina del Governatore della Banca Centrale e riforma della legge elettorale) potendo contare sul sostegno parlamentare del Partito Socialista; dall’altro non si sono registrati progressi significativi nelle grandi sfide istituzionali, economiche e sociali che il Governo Kostunica si trova a fronteggiare.

Nel corso del 2005 e del 2006 è stata al centro dell’attenzione la questione della collaborazione serba alla consegna di ricercati dal Tribunale ONU per i crimini nella ex Jugoslavia. Su quest’ultimo punto vi sono state alterne vicende, con il Governo serbo che ha seguito la linea dell’incoraggiamento alla consegna spontanea dei ricercati: il 25 aprile 2005, nel medesimo giorno in cui l’ex capo di stato maggiore jugoslavo Pavkovic si consegnava al Tribunale de l’Aja, il Consiglio dei ministri degli esteri UE dava il via libera ai negoziati in vista della conclusione di un Accordo di stabilizzazione e associazione tra l’Unione europea e la Serbia-Montenegro. Tuttavia, il Rapporto presentato il 15 dicembre 2005 alle Nazioni Unite dal Procuratore del Tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia, Carla Del Ponte, conteneva duri giudizi sull’inadeguatezza complessiva della collaborazione delle autorità e dei comandi militari serbi con il Tribunale. L’altalena è continuata nel corso del 2006: in febbraio la Serbia ha ricevuto la visita del Presidente della Commissione europea Barroso, che con toni appassionati ha prospettato i pericoli per il futuro europeo della Serbia qualora questa non prestasse una completa collaborazione con il Tribunale ONU de l’Aja. Alla fine dello stesso mese l’Unione europea ha concesso un’ennesima proroga, fino al 30 aprile, per la consegna dell’ex capo militare dei serbo-bosniaci, Ratko Mladic, accusato di innumerevoli atti di genocidio, tra i quali il più eclatante resta l’eccidio per rappresaglia di oltre ottomila musulmano-bosniaci dopo la presa di Srebrenica.

La vicenda è stata assai complicata dalla morte di Slobodan Milosevic (11 marzo 2006), deceduto per problemi cardiaci nel carcere del Tribunale ONU a l’Aja, mentre da molto tempo era in corso contro di lui un procedimento dello stesso Tribunale. Le circostanze della morte – Milosevic aveva tra l’altro chiesto di potersi curare in Russia, ma il Tribunale aveva negato il permesso – hanno sollevato in Serbia un’ondata di indignazione, e non solo da parte dei nostalgici di Milosevic, gettando un forte discredito sull’affidabilità del Tribunale ONU, e quindi anche sull’opportunità di favorire la consegna ad esso dei ricercati serbo-bosniaci.

In aprile, contestualmente alla ripresa dei negoziati tra Serbia e Unione europea per un Accordo di stabilizzazione e associazione – lo strumento individuato da Bruxelles quale anticamera per una futura adesione dei Paesi dei Balcani occidentali alla UE – si sono verificati alcuni arresti tra i probabili complici della latitanza di Mladic, che hanno fatto credere imminente la conclusione della spinosa questione. La scadenza del 30 aprile è però arrivata senza tale risultato, e l’Unione europea ha nuovamente sospeso le trattative con la Serbia, mentre il procuratore Carla Del Ponte ha duramente stigmatizzato la condotta di Kostunica, qualificandola come scandalosa e perdente, in quanto fondata sulla vana aspettativa di una consegna spontanea di Mladic, e non su un suo arresto, che sarebbe secondo la Del Ponte pienamente possibile per le autorità di Belgrado, sicuramente informate sugli spostamenti del ricercato.

Nonostante che alle pressioni europee per l’arresto di Mladic si siano aggiunte anche quelle statunitensi, la questione resta tuttora irrisolta, provocando anche contraccolpi sulla politica interna di Belgrado: la coalizione minoritaria di governo guidata da Kostunica ha visto, ai primi di ottobre, la defezione del partito di tendenza liberale “G17 plus”, che, preannunciando anche il boicottaggio dei lavori parlamentari, ha giudicato inaccettabile il pregiudizio per le prospettive europee del Paese arrecato dalla mancata cattura di Mladic. La defezione si rivela particolarmente critica in vista delle elezioni politiche anticipate, preannunciate da Kostunica per una data di poco successiva a quella del previsto referendum  del 28 e 29 ottobre sulla nuova Costituzione.

Sul piano dei rapporti bilaterali con l’Italia, oltre alla visita del premier Kostunica a Roma (v. infra) del 5 luglio 2006, si ricorda quella, sempre nella capitale italiana, del Presidente Boris Tadic, che il 10 ottobre scorso ha incontrato il Presidente del Consiglio Prodi e il Capo dello Stato Napolitano.

 

 

 

Il Kosovo: status internazionale e processi politici

 

La risoluzione ONU n. 1244 del 10 giugno 1999 e l’attuale struttura istituzionale

Lo status attuale e le prospettive politiche ed istituzionali del Kosovo sono state definite dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1244 del 10 giugno 1999. La risoluzione rinvia peraltro al contenuto di due accordi conclusi in ambito G8 rispettivamente il 6 maggio ed il 2 giugno 1999 nonché agli accordi di Rambouillet, la cui ultima formulazione era stata accettata, il 18 marzo 1999, dalla delegazione kosovaro-albanese ma non dalla parte serba.

La risoluzione contiene esattamente due rinvii a tali accordi, il primo si riferisce al riconoscimento, nella fase transitoria, di una autonomia e di un autogoverno sostanziali del Kosovo, il secondo invita invece a tenere conto dell’obiettivo di “facilitare un processo politico finalizzato a determinare il futuro status del Kosovo”. E’ tale secondo rinvio ad apparire il più problematico e di difficile interpretazione. Gli accordi di Rambouillet prevedono che, tre anni dopo la loro entrata in vigore, venga indetto un incontro internazionale per determinare un meccanismo per la sistemazione definitiva del Kosovo, sulla base della volontà della popolazione, delle opinioni delle pertinenti autorità, e degli sforzi di ognuno delle Parti per l’attuazione degli accordi. Anche se non  viene fatto un esplicito riferimento ad un referendum popolare, la necessità di tenere conto della volontà della popolazione, rappresentava una richiesta kosovara fortemente osteggiata dalla parte serba. Il termine di tre anni per la durata della fase transitoria non risulta accolto dalla risoluzione n. 1244.

 Per quanto riguarda gli accordi conclusi nell’ambito del G8, si ricorda il ruolo riconosciuto alle Nazioni Unite in ordine alla crisi del Kosovo. L’accordo in seno al G-8 prevedeva la fine immediata e controllabile delle violenze nella regione, con il ritiro delle forze militari, paramilitari o di polizia iugoslave e serbe e lo schieramento nel Kosovo di Forze civili e di sicurezza su mandato dell’ONU. La stessa ONU doveva assicurare un periodo di amministrazione provvisoria della regione per ristabilire condizioni di vita pacifica e normale per tutti gli abitanti, contestualmente al ritorno in condizioni di sicurezza di tutti i profughi o deportati e al libero accesso delle Organizzazioni umanitarie internazionali. Veniva inoltre previsto l’inizio di un processo politico per l’instaurazione di un accordo-quadro politico provvisorio che assicurasse una sostanziale autonomia al Kosovo, tenendo pienamente conto degli accordi di Rambouillet, nonché dei principi di sovranità e integrità territoriale di tutti i paesi dell’area, e assicurando altresì la smilitarizzazione dell’UCK.

Con un accordo del 2 giugno successivo – sottoscritto dalla Federazione iugoslava - articolato in dieci punti, sono stati specificati i contenuti del predetto accordo del 6 maggio.

La risoluzione n. 1244 del 10 giugno 1999, oltre a fare propri esplicitamente i due accordi sopra descritti del 6 maggio e del 2 giugno, chiede al Segretario Generale dell’ONU di nominare un Rappresentante speciale che sovrintenda alla presenza civile internazionale nel Kosovo, coordinandone l’azione con la presenza di sicurezza[1]. Il Segretario Generale ha il compito di istituire l’amministrazione provvisoria per il Kosovo, sotto la quale si sviluppino le locali istituzioni di autonomia e autogoverno. Tra i compiti della presenza civile rientra la garanzia del rispetto delle leggi e dell’ordine pubblico anche istituendo forze di polizia locali in collaborazione con quelle di polizia internazionale, nonché del ritorno sicuro di tutti i profughi e rifugiati, il rispetto dei diritti umani e la fornitura di aiuti umanitari e di urgenza e sostenere la ricostruzione economica della regione.

La risoluzione autorizza gli Stati membri e le Organizzazioni internazionali interessate ad istituire una presenza internazionale di sicurezza, con le seguenti responsabilità: 

a)        scoraggiare la ripresa delle ostilità, facendo rispettare il cessate il fuoco, controllando il ritiro delle forze serbe e iugoslave e prevenendone eventuali rientri non autorizzati in base all’accordo del 2 giugno;

b)        smilitarizzare l’UCK e altri gruppi armati di kosovari albanesi, in base al successivo punto 15 della risoluzione;

c)        creare un contesto generale di sicurezza e di libertà di movimento per il rientro dei profughi, la loro assistenza da parte delle Organizzazioni umanitarie e l’avvio dell’amministrazione provvisoria della regione;

d)        garantire l’ordine pubblico e sorvegliare le attività di sminamento fino al subentrare in tali compiti della presenza civile internazionale, con la quale dovrà strettamente coordinarsi;

e)        esercitare nei termini richiesti un controllo sui confini.

Viene fissato in 12 mesi il periodo iniziale dell’attività delle presenze internazionali civile e di sicurezza, trascorsi i quali esse proseguiranno nella loro azione salvo diverso parere del Consiglio di Sicurezza (non viene quindi posto un termine finale per la presenza internazionale).

 

 

 

Vicende politico-istituzionali recenti

 

Il 14 ottobre 2003, a Vienna, sono stati avviati colloqui tra una delegazione del Kosovo, guidata dal presidente Rugova e una delegazione di serbi, guidata dal premier Zivkovic, per trovare una definizione dello status politico del Kosovo. I kosovari hanno chiesto la totale indipendenza per la attuale provincia serba, con una popolazione al 90% albanese. La delegazione di Belgrado ha invece chiesto l'attuazione della risoluzione ONU 1244 (autonomia del Kosovo, sotto la sovranità jugoslava), rivendicando il pieno rispetto da parte di Belgrado delle condizioni da essa poste, ed ha chiesto il ritorno dei profughi e la ricerca dei dispersi. I colloqui sono ripresi il 4 marzo 2004 con un incontro a livello tecnico che riguarda i problemi dell’energia e il 9 marzo con la riunione di un gruppo di lavoro sulle persone scomparse.

Il 17 marzo 2004 violenti disordini hanno provocato la morte di dieci persone e il ferimento di oltre 250, fra le quali quattordici soldati del contingente di pace di KFOR. Il 18marzo 2004 il Kosovo è investito da una ondata di scontri fra serbi e albanesi che non ha precedenti dalla fine della guerra: migliaia di dimostranti sono scesi in piazza e hanno dato fuoco a case di serbi e a chiese ortodosse. Anche la missione UNMIK è presa di mira, rendendo necessaria l’evacuazione di tutto il personale della sede di Kosovska Mitrovica. I deputati albanesi hanno rilanciato dal Parlamento la proposta dell’indipendenza. Il 19 marzo 2004 registra durissime reazioni di condanna per gli incendi e gli atti di saccheggio operati dagli albanesi che vengono accusati di “pulizia etnica” dal comandante della Nato per il Sud-est Europa, Johnson. La NATO ha deciso di mobilitare altri 3 mila uomini (500 italiani) per contribuire a riportare la calma nel Kosovo. Il bilancio degli scontri è di 31 morti e circa 600 feriti, tra i quali si contano 61 militari della Kfor e 100 agenti della polizia internazionale e locale. Al 20 marzo 2004 si calcola che siano circa 3.600 i profughi serbi evacuati dai villaggi dati alle fiamme e ospitati in alloggi d’emergenza o all’interno delle basi militari di KFOR.

Il Consiglio dei ministri degli esteri dell’UE, riunitosi il 22 marzo 2004, ha duramente condannato tutti gli atti di violenza con motivazioni etniche, la perdita di vite umane, il danneggiamento di proprietà e la distruzione del patrimonio religioso e culturale e gli attacchi alle truppe di Kfor e al personale e ai siti dell'Unmik.

Il 31 marzo 2004 il Rappresentante Speciale ONU per il Kosovo ha consegnato al governo albanese di Pristina il documento (“Kosovo's Standards Implementation Plan”) con gli standard che dovranno essere applicati per l’avvio dei negoziati finalizzati alla definizione dello status della provincia.

Il 29 aprile 2004, con voto pressoché unanime, il Parlamento di Belgrado ha approvato il piano del Governo – peraltro presentato dal premier Kostunica come uno stadio interlocutorio sulla via della soluzione finale per lo status del Kosovo – per un assetto “cantonale”, in base al quale le zone del Kosovo a maggioranza serba verrebbero costituite in cinque cantoni con amplissima autonomia, in particolare nei settori istituzionale ed elettorale, della pubblica sicurezza e giudiziario, della lingua e dell’istruzione, delle scelte economiche e della gestione del patrimonio pubblico.

Nelle seconde elezioni politiche generali in Kosovo, tenutesi il 23 ottobre 2004, si è registrata una sostanziale tenuta della Lega democratica di Ibrahim Rugova, che ha conquistato 47 seggi in Parlamento, mentre 30 seggi sono andati al Partito democratico e 9 seggi all’Alleanza per il futuro del Kosovo: il magnate dell’editoria Surroi ha ottenuto 7 seggi con il suo movimento “Ora”. Tuttavia, il dato forse più significativo delle elezioni del 23 ottobre è stata la totale astensione dal voto dei serbi kosovari[2], che hanno seguito le indicazioni delle ali politiche più nazionaliste della Serbia, rappresentate dal premier Kostunica, e alle quali si è contrapposto senza successo il Presidente serbo Boris Tadic.

Il 3 dicembre 2004 ha suscitato allarme la nomina a nuovo premier del Kosovo, da parte del Parlamento del Kosovo, del capo dell’ Alleanza per il futuro del Kosovo, Haradinaj, popolare ex comandante della guerriglia kosovaro-albanese, avvenuta contestualmente alla rielezione di Rugova a Presidente, nel quadro di un accordo tra i due leader che ha consentito a Rugova di raggiungere il quorum necessario alla rielezione. L l’8 marzo 2005 Haradinaj si è dovuto dimettere[3], mettendosi a disposizione del Tribunale de l’Aja per i crimini nei territori della ex Jugoslavia, dopo essere stato incriminato. All’inizio di giugno 2005 Haradinaj, dopo aver palesato un atteggiamento collaborativo, ha ottenuto la libertà condizionata, con invito ad astenersi dall’attività politica.

Quanto la definizione del futuro assetto del Kosovo rimanga un problema spinoso è emerso il 7 e l’8 giugno 2005 con la visita in Italia del premier serbo Kostunica, che ha incontrato i massimi vertici istituzionali e politici: Kostunica, sulle cui posizioni pesa probabilmente anche il fatto che il suo Gabinetto – di minoranza – si regge grazie  all’appoggio esterno del Partito socialista fondato da Slobodan Milosevic, ha espresso chiaramente l’inaccettabilità per Belgrado di ogni approccio che miri all’indipendenza del Kosovo, poiché l’integrità della Serbia-Montenegro è l’unica modalità con la quale Belgrado intende anche proporsi per l’ingresso in Europa, oltre ad essere prevista dagli accordi di pace per il Kosovo del 1999.

La questione dello status finale per il Kosovo ha subito una forte accelerazione a partire dall’inizio di ottobre 2005, quando sia il Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan, che il Dipartimento di Stato degli USA, hanno espresso con chiarezza la necessità dell’inizio dei negoziati al più presto: il 24 ottobre il Consiglio di Sicurezza ha approvato all’unanimità una Dichiarazione di appoggio alle raccomandazioni di Kofi Annan, e il 21 novembre è iniziato il negoziato formale, con l’arrivo a Pristina dell’inviato ONU per il Kosovo Martti Ahtisaari, che nei giorni seguenti si è recato nelle altre capitali dei Balcani.

La trattativa si è presentata subito molto ardua, tanto più che qualche giorno prima il Ministro degli esteri russo Lavrov, in visita a Belgrado, aveva insistito sul rispetto degli accordi di pace del 1999, che prevedevano il mantenimento dell’integrità dell’allora Federazione jugoslava e la sovranità di essa anche sul Kosovo.

Dopo una breve ma grave malattia, il 21 gennaio 2006 è morto Ibrahim Rugova, destando grande cordoglio a livello internazionale, non disgiunto da forti preoccupazioni di una possibile radicalizzazione del clima politico kosovaro.Tali preoccupazioni sono state tuttavia in un primo tempo fugate quando il 10 febbraio il Parlamento di Pristina ha eletto Fatmir SEJDIU quale nuovo Presidente: Sejdiu, con alle spalle un lungo curriculum politico, ma sempre defilato, in secondo piano rispetto a Rugova; è considerato un moderato pragmatico (principalmente a lui si devono, in particolare, nella fase precedente la precipitazione dello scontro con i serbi del 1998-1999, la creazione di un governo e di un parlamento kosovari in esilio). L’elezione, inoltre, è stata favorita dalla convergenza su Sejdiu anche di buona parte dei voti controllati dal radicale - ex guida politica dell’UCK - Hashim Thaqi. L’elezione di Sejdiu è stata salutata con favore sia dal Presidente serbo Tadic che dai vertici delle  istituzioni euroatlantiche.

Quando tuttavia il 1° marzo il premier Kosumi è stato costretto alle dimissioni dal proprio partito, l’Alleanza per il futuro del Kosovo di Haradinaj, e al suo posto è stato subito indicato il generale Agim CEKU, le tensioni internazionali sono tornate a salire (tanto più che anche il Presidente del Parlamento, Nexhat Daci, è stato indotto alle dimissioni dal suo partito, la Lega democratica del Kosovo già guidata da Rugova, del quale Daci era stato oppositore interno). Secondo alcuni osservatori la doppia sostituzione si spiega con la necessità di contrastare una possibile strategia di convergenza trasversale tra i due esponenti politici, nel clima affatto nuovo seguito alla scomparsa di Rugova. Il 10 marzo Agim Ceku ha ricevuto la fiducia del Parlamento.

Va comunque osservato che il generale Ceku non ha a livello internazionale il profilo del “duro”: storico combattente antiserbo, prima per la Croazia e poi nella sua terra, il Kosovo, Ceku è anche l’uomo che ha gestito la difficile fase del disarmo della guerriglia dopo gli accordi di pace del 1999. Non a caso la sua designazione a premier ha ricevuto i commenti positivi dell’Unione europea. Peraltro, per la legge serba, Ceku è a tutti gli effetti un genocida ricercato, cui Belgrado addebita l’uccisione di oltre seicento serbi del Kosovo.

Nessuna novità di rilievo va invece segnalata sul fronte di negoziati sullo status finale del Kosovo, ripresi come previsto a Vienna nel febbraio 2006: nelle more della loro auspicata conclusione, il governatore delle Nazioni Unite per il Kosovo ha differito (16 giugno) le elezioni locali a non oltre sei mesi dopo la conclusione delle trattative, proprio allo scopo di non turbare queste ultime e di favorire una maggiore concentrazione dei negoziatori nel difficile round diplomatico. Nel mese di giugno è stata registrata una recrudescenza degli attacchi e degli atti vandalici contro le chiese ortodosse, che non ha mancato di destare apprensioni anche in Vaticano.

Il 5 luglio il premier della Serbia, Kostunica - nell’ambito di una serie di visite internazionali destinate a toccare Russia, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, e con la definizione dello status finale del Kosovo quale argomento principale - ha incontrato a Roma i vertici del Governo e i presidenti delle Commissioni Esteri dei due rami del Parlamento: nel corso dei colloqui la parte italiana ha inteso inquadrare l’intera materia nella prospettiva europea dei Balcani occidentali, mentre Kostunica non ha nascosto le divergenze sul punto centrale della possibilità che il Kosovo approdi all’indipendenza, eventualità inaccettabile per la Serbia (lo stesso Kostunica aveva in precedenza qualificato l’indipendenza kosovara alla stregua di una rapina ai danni della Serbia).

Recandosi a Pristina il 1° settembre per assistere all’avvicendamento del comando della forza di pace della NATO per il Kosovo (KFOR), passato dall’Italia alla Germania, il Ministro della Difesa Parisi ha assicurato un’invarianza dell’impegno militare italiano nel Kosovo – il contingente maggiore fra tutti  i teatri operativi all’estero delle forze italiane – almeno fino alla conclusione dei negoziati sullo status finale.

In ottobre un nuovo grave fattore di tensione ha agitato i rapporti tra Serbia e Kosovo: il 30 settembre, infatti, il Parlamento di Belgrado – dopo la scelta del Montenegro per l’autodeterminazione, risultata vincente nel referendum di maggio - ha approvato all’unanimità una nuova Costituzione, della quale è parte il riconoscimento al Kosovo di una larga autonomia, ma non dell’indipendenza. Per di più, è previsto che il nuovo testo costituzionale venga sottoposto a referendum in tutto il territorio serbo, e dunque anche nel Kosovo. In risposta a tale eventualità il Parlamento di Pristina, in una risoluzione approvata il 19 ottobre, ha definito illegale la prevista consultazione, il cui svolgimento anche nel Kosovo sarebbe un’aggressione costituzionale.

 

 

 


Missioni militari in corso

 


Missione UNMIK                                         (In corso)

Forza di polizia civile internazionale dell'Onu delegata all'amministrazione civile del Kosovo

Partecipazione italiana dal 30 giugno 1999

Operazioni condotte da Organizzazioni internazionali                                ONU

Operazione di mantenimento della pace (peace-keeping)

UNMIK (United Nations Mission In Kosovo) è stata costituita con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999 che ha autorizzato la costituzione di una amministrazione civile provvisoria guidata dalle Nazioni unite per favorire un progressivo recupero di autonomia nella provincia del Kosovo, devastata dalla guerra. La missione, che lavora a stretto contatto con i leader politici locali e con la popolazione, svolge un ruolo molto ampio, coprendo settori che vanno dalla sanità all’istruzione, banche e finanza, poste e telecomunicazioni, ecc.

L'Italia partecipa alla missione con un contingente composto da unità dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza di stanza a Pristina. In seno alla missione è costituita un'unità di "intelligence" contro la criminalità (Criminal Intelligence Unit-C.I.U.), a guida inglese, di supporto alla Amministrazione Provvisoria, anche per quanto riguarda i conflitti interetnici. La CIU ha, tra l'altro, il compito di mantenere un collegamento diretto con l’Ufficio italiano Interpol, in modo da snellire le procedure di trasmissione delle informazioni relative ai traffici criminali tra l’Italia e il Kosovo.

Consistenza del contingente italiano al 23/10/2006

                   29     unitàdi cui:

                                        Polizia di Stato                     23

                                        Guardia di Finanza               4

                                        Carabinieri                                2

 


Missione KFOR                                               (In corso)

Missione NATO per il rispetto degli accordi di cessate il fuoco tra Macedonia, Serbia e Albania

Partecipazione italiana dal 13 giugno 1999

Operazioni condotte da Organizzazioni internazionali                                                      NATO

Operazione di imposizione della pace (peace-enforcing)

Al termine dell’operazione “Allied Force" (guerra del Kosovo), e sulla base alla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999, è stata costituita dalla NATO la KFOR (Kosovo Force), la forza multinazionale che opera nell’ambito dell’operazione “Joint Guardian”, avviata il 9 giugno 1999 dal Consiglio Atlantico della NATO. La missione è stata avviata al momento del  ritiro dell’esercito serbo dal Kosovo (20 giugno 1999) e alla contestuale sospensione  dei raid aerei da parte della Nato, per ristabilire e mantenere la sicurezza nel Kosovo. A tal fine, la regione  è stata divisa in 5 zone sotto il controllo di diversi contingenti nazionali: Pristina (Inglesi); Pec (Italiani); Prizen (Tedeschi); Urosevac (Americani); Mitrovica (Francesi).

All’operazione partecipano anche Paesi non appartenenti alla NATO, tra i quali la Russia. La direzione politica spetta al Consiglio Atlantico in consultazione con quello russo-alleato, formato a Bruxelles nel 1997.

Compito della missione è quello di attuare e, se necessario, far rispettare gli accordi del cessate il fuoco o dell’"Interim Agreement”, allo scopo di fornire assistenza umanitaria e supporto per il ristabilimento delle istituzioni civili, agevolando il processo di pace e stabilità.

Il contingente italiano ha effettuato attività di ordine pubblico, controllo del territorio, sequestro di armi e munizionamento, soccorso alla popolazione civile, sminamento e spegnimento incendi.

Collegata all’operazione “Joint Guardian” era la missione NATO COMMZ-W (Communication Zone West) che aveva lo scopo di assicurare le vie di comunicazione per i rifornimenti logistici a KFOR e mantenere i necessari contatti con le organizzazioni internazionali presenti. Dal giugno 2002 COMMZ-W è stata rilevata dalla missione NHQT, con il compito di contribuire al coordinamento tra le Autorità albanesi, la NATO e le Organizzazioni della Comunità Internazionale, nonché di svolgere funzioni di supporto a KFOR ed alle missioni in Fyrom e di assicurare il monitoraggio delle linee di collegamento necessarie per  le operazioni a guida NATO nell’area.

La gestione dell'ordine pubblico in tutto il teatro operativo è affidata alla missione MSU (Multinational Specialized Unit) con sede a Pristina, posta alle dirette dipendenze del comandante di KFOR.

Sono cinque i militari che hanno perso la vita nel corso della missione KFOR: il caporal maggiore Pasquale Dragano, appartenente al Corpo dei Bersaglieri, morto il 24 giugno 1999 a Djakovica, il caporalmaggiore Samuele Utzeri, che ha perso la vita il 2 aprile 2000 a Pec e, il 2 agosto 2000 il caporal maggiore Luigi Nardone. Il 9 agosto 2001 il Caporal Maggiore Scelto Giuseppe Fioretti ed il Caporal Maggiore Dino Paolo Nigro, del 3° Reggimento Alpini hanno perso la vita cadendo da un elicottero in fase di atterraggio.

Il contingente di KFOR è stato successivamentye inserito nella Multinational Brigade Southwest (MNB-SW) costituita, nell’ambito del processo di ricostituzione delle forze a guida NATO nei Balcani, il 12 novembre 2002, per accorpamento delle MNB WEST e SOUTH.

Alla fine del 2004, in occasione del termine dell’operazione SFOR, le autorità NATO hanno deciso di raggruppare tutte le operazioni condotte nei Balcani in un unico contesto operativo (definito dalla Joint Operation Area), dando origine all’operazione “Joint Enterprise” che comprende le attività di KFOR, MSU, l’interazione NATO-UE, e i NATO HQ di Skopje, Tirana e Sarajevo.

L’Italia ha retto il Comando di KFOR dal 1° settembre 2005 al 1° settembre 2006.

Consistenza del contingente italiano         23/10/2006

            2.065  unitàdi cui:

                              Carabinieri                      30

                              Aeronautica                  150

                              Esercito                     1.885

Attività parlamentare di indirizzo, controllo e informazione

26 marzo 1999                                     Senato                            Assemblea

Discussione di mozioni sulla crisi del Kosovo e approvazione delle mozioni Salvi ed altri n. 1-00378 e Meluzzi ed altri n. 1-00379

26 marzo 1999                                    Camera                            Assemblea

Comunicazioni del Governo (Presidente del Consiglio), e discussione di mozioni sulla crisi in Kosovo e approvazione delle risoluzioni Mussi  ed altri 6-00078, Sbarbati ed altri 6-00079 e Volonté ed altri 6-00081

13 aprile 1999                                      Camera                            Assemblea

Comunicazioni del Governo (Presidente del Consiglio dei ministri) ed approvazione delle risoluzioni Mussi ed altri 6-00083 e Pisanu ed altri 6-00082 sugli sviluppi della crisi nei Balcani

13 aprile 1999                                      Senato                            Assemblea

Comunicazioni del Governo (Presidente del Consiglio dei ministri) sulla crisi balcanica e approvazione della risoluzione Salvi ed altri  6-00037

24 marzo 2004                                    Camera                            Esteri e Difesa

Comunicazioni del Governo (Ministro degli esteri) sulla situazione in Kosovo

20 gennaio 2005          Commissioni riunite Camera e Senato    Commissione Difesa

Comunicazioni del Governo (Ministro della difesa) in ordine agli impegni internazionali delle Forze armate nel 2005


MissioneEUPT Kosovo                                     (da iniziare)

Missione dell'Unione europea per la pianificazione di una possibile operazione UE di gestione delle crisi in Kosovo

Partecipazione italiana dal …

Operazioni condotte da Organizzazioni internazionali    UNIONE EUROPEA

Operazione di mantenimento della pace (peace-keeping)

La missione EUPT (European Union Planing Team) è stata istituita con l’Azione comune 2006/304/PESC del 10 aprile 2006 del Consiglio europeo. Il mandato della missione ha termine il 31 dicembre 2006.

Essa ha lo scopo di avviare la pianificazione di un operazione che garantisca la transizione fra determinati compiti di UNMIK e una possibile operazione dell’Unione europea di gestione delle crisi nel settore dello stato di diritto e in altri settori individuati dal Consiglio europeo nel quadro del processo di status. Un ulteriore obiettivo è quello di fornire, ove richiesto, una consulenza tecnica per consentire all’UE di contribuire, sostenere e mantenere il dialogo con UNMIK.

Consistenza del contingente italiano

                    1     unitàdi cui:

                                   Carabinieri                        1

 

 




[1]     Nella risoluzione viene accuratamente evitato il termine “militari”.

[2]    Si ricorda comunque che nel Parlamento di Pristina 20 seggi sono riservati alle minoranze regionali, e di questi 10 ai serbi del Kosovo.

[3]    Nella carica di premier è subentrato il Ministro dell’ambiente Kosumi, peraltro indicato dallo stesso Haradinaj.