Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Titolo: | DV O: Documentazione di inizio legislatura | ||
Serie: | Dossier di verifica Numero: 0 | ||
Data: | 31/05/2006 | ||
Descrittori: |
|
PARTE I
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI DEI PROVVEDIMENTI
La disciplina legislativa e regolamentare del procedimento di quantificazione ………….……………….. |
pag. 9 |
Gli aspetti istituzionali del procedimento di quantificazione …. |
pag. 11 |
Il ciclo della quantificazione ….…………………………....….... |
pag. 14 |
La relazione tecnica …….………………………………………... |
pag. 17 |
Uno strumento di riscontro: le relazioni quadrimestrali della Corte dei conti ……………………………………………….…… |
pag. 19 |
L’attività del Servizio Bilancio dello Stato ..…………………….. |
pag. 20 |
La verifica degli effetti finanziari: metodi e criteri …... |
pag. 23 |
La coerenza tra relazione tecnica e contenuto della norma …… |
pag. 23 |
La quantificazione nelle proposte normative di iniziativa parlamentare ………………….………………………..…....….... |
pag. 25 |
L’attività di verifica dei dati …………..…………………….…... |
pag. 27 |
La condivisione dei metodi di quantificazione .…………….….. |
pag. 29 |
Il criterio della prudenzialità nella stima dei risparmi di spesa …... |
pag. 29 |
Quantificazioni e copertura per oneri che si producono dopo il triennio ……………………………………………………………….. |
pag. 31 |
Le clausole di non onerosità delle norme ……………………. |
pag. 33 |
La riduzione delle autorizzazioni di spesa per la copertura di nuovi oneri ………………….………………………..…......….... |
pag. 36 |
Gli effetti sui saldi di fabbisogno ed indebitamento ……….….. |
pag. 38 |
Il quadro di copertura degli oneri correnti nella legge finanziaria .…………………………………..……………..…….. |
pag. 41 |
Autorizzazioni e previsioni di spesa: le innovazioni introdotte dalla Legge n. 246 del 2002 …………………….. |
pag. 48 |
L’autorizzazione come limite di spesa ………………..……….. |
pag. 50 |
Previsione di spesa e clausola di salvaguardia ………………… |
pag. 52 |
Le eccedenze di spesa…………………………………………… |
pag 55 |
La quantificazione nelle deleghe ……………………….. |
pag. 58 |
La verifica delle quantificazioni nelle deleghe legislative …….. |
pag. 58 |
Le leggi delega condizionate al reperimento delle risorse finanziarie …………………………………………………….… |
pag. 64 |
In particolare: la delega per la riforma fiscale statale …………….. |
pag. 65 |
Quantificazioni ed effetti finanziari in alcune tipologie di provvedimenti ………….……………………….. |
pag. 69 |
La stima delle maggiori entrate: criteri previsionali e metodi di verifica ……………………………………………………….….. |
pag. 69 |
Le maggiori entrate derivanti dal potenziamento delle attività di accertamento e di lotta all’evasione ………………………………….. |
pag. 69 |
Le maggiori entrate dipendenti dal grado di adesione volontaria dei contribuenti …..………………………………………………….. |
pag. 73 |
Le entrate da giochi e scommesse …………………………..…….. |
pag. 75 |
La dismissione di attività patrimoniali …………………………. |
pag. 77 |
Criteri di valutazione degli effetti finanziari nelle dismissioni .….. |
pag. 77 |
Le cartolarizzazioni: disciplina legislativa e vincoli contrattuali …. |
pag. 79 |
Il patto di stabilità interno: obiettivo finanziario e riscritture normative ………………………………………………………… |
pag. 84 |
L’emersione di maggiori entrate contributive …………………. |
pag. 87 |
Interventi sulle assunzioni e contenimento della spesa nel pubblico impiego ..………………………………………….….. |
pag. 90 |
Un caso particolare: l’assunzione del personale della scuola .…..... |
pag. 94 |
PARTE II
ANALISI DEI PRINCIPALI ANDAMENTI DI FINANZA PUBBLICA
L’attività del Servizio Bilancio per la verifica degli andamenti di finanza pubblica ………………………………………………… |
pag. 99 |
Contenuto della parte II del dossier ………………………….…. |
pag. 103 |
Andamenti dei principali saldi di finanza pubblica ……… |
pag. 105 |
I saldi del conto economico delle amministrazioni pubbliche... |
pag. 105 |
Indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche …………… |
pag. 105 |
Il saldo primario ……………………………………………………. |
pag. 111 |
Le entrate delle amministrazioni pubbliche ………………………. |
pag. 112 |
Le uscite delle amministrazioni pubbliche ……………………….. |
pag. 116 |
La procedura di disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia ………......................... |
pag. 121 |
Il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche………………….. |
pag. 123 |
|
|
Il debito delle amministrazioni pubbliche……………………….. |
pag. 128 |
Struttura del debito…………………………………………………… |
pag. 128 |
La dinamica del debito delle amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL…………………………………………………………. |
pag. 136 |
|
|
Approfondimenti ……………………………………………… |
pag. 140 |
Le tendenze della finanza locale ………………………………….. |
pag. 140 |
Andamento della finanza locale nel periodo 2001-2004 ………….. |
pag. 140 |
Gli strumenti del controllo della finanza locale: il patto di stabilità interno e l’ammontare delle risorse finanziarie attribuite……………. |
pag. 143 |
Il patto di stabilità interno…………………………………………………… |
pag. 143 |
L’ammontare delle risorse finanziarie attribuite agli enti territoriali……………….. |
pag. 145 |
Tendenze della finanza locale per il 2005 e il 2006………………….. |
pag. 150 |
Riscritture del patto di stabilità interno………………………………………… |
pag. 150 |
Tendenze dal lato della spesa………………………………………………….. |
pag. 151 |
Tendenze dal lato dell’entrata…………………………………………………. |
pag. 151 |
Le revisioni delle classificazioni contabili in conformità ai criteri europei…………………………………………………….. |
pag. 154 |
Contabilizzazione degli apporti di capitale alle Ferrovie ......…..…. |
pag. 155 |
Revisioni conseguenti alle comunicazioni Eurostat del 18 marzo e del 23 maggio 2005………………………………………………….. |
pag. 156 |
Classificazione dei versamenti dei titolari del servizio di riscossione………………… |
pag. 157 |
Trattamento dei trasferimenti da e verso la UE………………………………… |
pag. 158 |
Classificazione di Infrastrutture Spa…………………………………………. |
pag. 159 |
Trattamento delle operazioni di cartolarizzazione (Scip 2) ………………..……. |
pag. 160 |
Dati riepilogativi ………………………………………………….. |
pag. 161 |
La revisione generale dei conti nazionali del 2005 ……………… |
pag. 163 |
Metodologia degli indici a catena per la valutazione delle dinamiche reali……………………………………………………………….……… |
pag. 164 |
Metodologia di calcolo dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM) …………………………………………………..….. |
pag. 164 |
Gli effetti delle revisioni sulle stime del PIL ……………………………………. |
pag. 165 |
Gli effetti delle revisioni sull’indebitamento netto e sul saldo primario della P.A. …… |
pag. 167 |
Ulteriori questioni ………………………………………………………….. |
pag. 168 |
Andamenti settoriali ….…………………..……………………. |
pag. 171 |
Le entrate tributarie della P.A. …………..……………………… |
pag. 171 |
Le entrate nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche . |
pag. 171 |
La pressione fiscale ………………………………………………………... |
pag. 173 |
· Le entrate del Bilancio dello Stato: analisi degli incassi tributari .... |
pag. 174 |
Analisi per tipo di imposta ………………………………………….……… |
pag. 176 |
· Entrate degli enti territoriali: incassi tributari …………………….. |
pag. 179 |
· Le previsioni per il 2006 ……………………………………………. |
pag. 180 |
Entrate da giochi e scommesse …………………………………………….…. |
pag. 183 |
Evoluzione di alcune categorie di spesa corrente della P.A ..….. |
pag. 185 |
La spesa per consumi intermedi ………………………………….. |
pag. 190 |
La spesa per il pubblico impiego …………………………………… |
pag. 193 |
Il costo del lavoro pubblico ………………………………….…………….…. |
pag. 194 |
L’occupazione nel settore pubblico ………………………………………….… |
pag. 196 |
Le previsioni per il 2006 …………………………………………………..... |
pag. 199 |
Evoluzione della spesa in conto capitale della P.A …………….. |
pag. 201 |
Andamento complessivo della spesa in conto capitale …………… |
pag. 201 |
Le previsioni per il 2006 relative alla spesa in conto capitale ……. |
pag. 207 |
Gli investimenti delle pubbliche amministrazioni ………………… |
pag. 210 |
Investimenti complessivi ed investimenti della P.A. …………….………….....… |
pag. 210 |
Composizione e dinamica della spesa per investimenti della P.A. …………..…….. |
pag. 211 |
Le dismissioni immobiliari …………………………………………..……… |
pag. 213 |
L’andamento della spesa per contributi agli investimenti …………………….…... |
pag. 216 |
Approfondimenti .……………………………….……………….. |
pag. 220 |
La spesa previdenziale ed assistenziale …………………………….. |
pag. 220 |
Le prestazioni sociali in denaro e la spesa previdenziale …………………..…. |
pag. 220 |
· La voce “pensioni e rendite” ……………………………………………. |
pag. 222 |
· La voce “prestazioni previdenziali non pensionistiche” ……………………… |
pag. 223 |
Il finanziamento della spesa previdenziale ……………………….………….… |
pag. 224 |
La spesa assistenziale ……………………………………………………... |
pag. 226 |
La spesa per protezione sociale: confronti internazionali ……………………..….. |
pag. 229 |
La spesa sanitaria …………………………………………………… |
pag. 232 |
Il finanziamento della spesa sanitaria ………………………..…………….... |
pag. 236 |
Andamenti e composizione della spesa sanitaria ……………………………… |
pag. 238 |
Assistenza ospedaliera ………….......................................................................... |
pag. 240 |
Spesa per il personale ……………………………………………………... |
pag. 241 |
Spesa farmaceutica ……………………………………………………….. |
pag. 242 |
Confronti internazionali …………………………………………………... |
pag. 243 |
La spesa per l‘istruzione .…………………………………………… |
pag. 246 |
Andamento della spesa per l’istruzione per il complesso della P.A. ………….…… |
pag. 247 |
Ripartizione della spesa per l’istruzione per livelli di governo …………………… |
pag. 251 |
La spesa per l’istruzione nel contesto internazionale: alcuni indicatori statistici ……. |
pag. 252 |
La spesa per ricerca e sviluppo …………………………………….. |
pag. 255 |
La spesa per ricerca e sviluppo negli anni 2000-2003 …………….……………. |
pag. 256 |
Le caratteristiche della spesa …………………………………………….…. |
pag. 259 |
L’impegno finanziario dell’Italia per la R&S nel contesto internazionale …………. |
pag. 260 |
PARTE I
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI DEI PROVVEDIMENTI
La disciplina legislativa e regolamentare del procedimento di quantificazione
Com’è noto l’articolo 81, 4° comma, della Costituzione, disponendo che ogni legge che determini nuove o maggiori spese “deve indicare i mezzi per farvi fronte”, ha incluso la indicazione legislativa della copertura finanziaria nell’ambito dei requisiti di costituzionalità delle norme.
Procedimento di quantificazione |
Con la legge n. 362 del 1988, di modifica della legge n. 468 del 1978[1], è stato stabilito che la copertura finanziaria delle leggi di spesa può avvenire esclusivamente attraverso specifiche modalità e deve essere prevista almeno per il primo triennio; inoltre – poiché la copertura è costituzionalmente corretta solo se corrisponde all’onere effettivo derivante dalle norme – la medesima legge n. 362 ha introdotto il procedimento di quantificazione degli oneri, in precedenza non previsto dall’ordinamento.
Quantificazione e copertura dell’onere costituiscono in tal modo il risultato di uno specifico procedimento, suscettibile di verifica parlamentare.
L'articolo 11-ter della legge n. 468 infatti:
a) elenca con carattere di tassatività le tipologie di copertura ammissibili:
Coperture ammissibili[2]:
§ mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dalla legge finanziaria (tabelle A e B);
§ mediante riduzioni di precedenti autorizzazioni legislative di spesa;
§ mediante modifiche legislative che comportino nuove o maggiori entrate.
b) dispone l'obbligo della relazione tecnica per tutti i disegni di legge del Governo, gli schemi di decreto legislativo e gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino "conseguenze finanziarie". [3]
c) prevede che le Commissioni parlamentari competenti possano richiedere al Governo la relazione tecnica anche sulle proposte di legge d'iniziativa parlamentare;
d) precisa che la relazione tecnica deve essere verificata in sede parlamentare secondo le norme dei regolamenti delle due Camere, ed a tal fine, oltre ad essere redatta secondo specifici criteri[4], deve indicare i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni altro elemento utile per la verifica.
Obbligatorietà della relazione tecnica |
In relazione a tale rinvio legislativo il regolamento del Senato all’articolo 76-bis prevede espressamente a pena di improponibilità (vale a dire che l’atto non può essere assegnato alle Commissioni competenti) l’obbligo della relazione tecnica sui disegni di legge e gli emendamenti governativi che comportino nuove o maggiori spese ovvero diminuzioni di entrate, nonché la possibilità per le commissioni di richiedere la medesima relazione per i disegni di legge o gli emendamenti di iniziativa parlamentare, stabilendo altresì un termine massimo (di 30 giorni) per la trasmissione da parte del Governo.
Una analoga norma non è prevista nel regolamento della Camera. Tuttavia una serie di disposizioni procedurali hanno consolidato una prassi che non consente la prosecuzione dell’iter per i disegni di legge del Governo sprovvisti di relazione tecnica. Si tratta in particolare delle disposizioni sull’istruttoria legislativa contenute nell’articolo 79, il cui 5°comma prevede che le Commissioni possano richiedere al Governo “apposite relazioni tecniche”, nonché di quelle sulle competenze della V^ Commissione in ordine alle “conseguenze di carattere finanziario” sui progetti di legge (articolo 74, comma 1[5]) e sugli schemi di atti normativi del Governo (articolo 96-ter, comma 2).
Di conseguenza presso ciascuna delle due Camere è presente una struttura specifica (Servizio Bilancio dello Stato, alla Camera, Servizio del Bilancio, al Senato) che provvede alla verifica tecnica delle quantificazioni.
Gli aspetti istituzionali del procedimento di quantificazione
Il procedimen-to di verifica concerne tutti i provvedimenti con effetti finanziari |
Il procedimento di verifica concerne ormai la totalità dei progetti di legge e degli schemi di atti normativi aventi effetti finanziari. Esso si sviluppa non solo sulle iniziative del Governo, nettamente prevalenti, e obbligatoriamente corredate della relazione tecnica qualora comportino conseguenze di carattere finanziario[6], ma anche su tutti i provvedimenti aventi riflessi finanziari.
Il procedimento di controllo dei costi e degli effetti finanziari viene inoltre avviato anche in assenza di relazione tecnica, con la predisposizione della scheda di analisi del Servizio Bilancio, cui risulta sempre unita la parte sulla copertura finanziaria predisposta dalla segreteria della V^ Commissione.
Nel caso manchi la relazione tecnica talvolta accade – in particolare per le proposte di iniziativa parlamentare, come meglio si preciserà in altra parte del presente dossier - che alla fase di analisi degli effetti finanziari faccia seguito la richiesta di relazione tecnica da parte della Commissione Bilancio, nei casi in cui essa non ritenga sufficienti gli elementi di informazione e chiarimento forniti in seduta dal rappresentante del Governo, ovvero qualora lo stesso rappresentante ravvisi tale necessità. Quest’ultima circostanza può aversi anche nel caso di provvedimenti di iniziativa governativa privi di effetti finanziari nel testo iniziale, cui siano state poi introdotte modifiche di carattere oneroso presso la Commissione di merito.
Nella sua attività di valutazione degli effetti finanziari dei testi normativi, la Commissione bilancio esprime il proprio parere su tutti i progetti di legge e sugli schemi di atti del Governo recanti effetti finanziari. Il parere è la risultante di un procedimento di verifica degli effetti finanziari e, qualora questi abbiano natura onerosa, delle corrispondenti coperture finanziarie.
Prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 362/1988, non esistendo le relazioni tecniche, il Governo si limitava ad indicare i costi di un progetto di legge, senza evidenziare gli addendi da cui scaturivano i costi medesimi, né illustrare i metodi utilizzati per pervenire a quei risultati. La copertura, inoltre, si riferiva al solo bilancio in corso (e quindi poteva concernere anche un periodo solo infrannuale). Era comunque presente una attività di stima degli oneri, ma si trattava di valutazioni che rimanevano interne ai circuiti decisionali governativi - innanzitutto la Ragioneria Generale dello Stato – in assenza di norme che comportassero il riscontro di tali valutazioni in sede parlamentare.
La legge n.362/1988 ha procedimenta-lizzato l’attività di quantificazione |
La legge n. 362 del 1988, modificando la legge n. 468, ha invece procedimentalizzato l'attività di quantificazione per garantire una coerente pronuncia sui profili finanziari dei progetti di legge (e degli schemi di atti normativi); in tal modo è stata resa efficace la funzione di controllo che si esplica nella fase consultiva del procedimento legislativo, attraverso il parere della Commissione bilancio[7]. Si tratta di un parere reso attraverso un voto, al termine di una discussione politica, condotta in contraddittorio con il rappresentante del Governo, quasi sempre sulla base della documentazione tecnica prodotta dal Servizio Bilancio e, - per quanto concerne la copertura finanziaria – dalla segreteria della V^ Commissione.
La valutazione finale della relazione tecnica e degli effetti finanziari dei provvedimenti rientra pertanto nella sfera decisionale propria dell'organo parlamentare. L’esito della verifica tecnica compiuta dal Servizio Bilancio non ha un proprio rilievo procedimentale: essa costituisce una documentazione nella piena disponibilità del decisore parlamentare.
Il parere della Commissione bilancio ha funzione istruttoria: l’Assemblea della Camera (o del Senato) è libera di non conformarvisi. L’Assemblea, pertanto, può effettuare una scelta che contrasti, con riguardo all’obbligo costituzionale di copertura di cui all’articolo 81, 4° comma, della Costituzione, con la valutazione della Commissione.
In tal caso, peraltro, l’articolo 86, comma 4-bis, del regolamento della Camera[8], ha definito una procedura aggravata, volta ad accrescere l’efficacia dei compiti di controllo della Commissione ai fini del procedimento referente.
La predetta norma regolamentare, infatti, stabilisce fra l’altro che, qualora il testo licenziato per la discussione in Assemblea dalla Commissione competente non sia conforme al parere della Commissione bilancio, per i profili relativi al rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, il parere medesimo viene sottoposto al voto dell’Assemblea nella forma di emendamenti al testo della Commissione.
In tal modo l’eventuale contrasto – riferito all’osservanza del vincolo costituzionale di copertura - tra Commissione di merito e Commissione bilancio assume la piena evidenza e viene rimesso alla decisione definitiva dell'Assemblea.
Si tratta di una soluzione coerente con il principio della riconduzione degli eventuali contrasti fra Commissioni di merito e Commissione bilancio (o altra Commissione “filtro”) al giudizio finale dell’Assemblea, analogamente a quanto si verifica per il procedimento delle Commissioni in sede legislativa, dove tale contrasto porta al ripristino dell’ordinario procedimento referente.
Va peraltro segnalato che il mancato recepimento del parere della V^ Commissione può costituire un significativo presupposto all’esercizio del potere di rinvio del Presidente della Repubblica ex articolo 74[9].
Altri atti normativi sottoposti al procedimento di verifica |
La funzione di controllo finanziario si esplica altresì sui provvedimenti diversi dai disegni o proposte di legge. L’articolo 96-ter del Regolamento della Camera[10] prevede l’assegnazione al parere della Commissione bilancio degli schemi di atti normativi che implichino entrate o spese, trasmessi alle Camere per il parere parlamentare. I rilievi della Commissione bilancio vengono trasmessi al Governo unitamente al parere della Commissione competente per il merito.
Resta naturalmente impregiudicata la facoltà del Governo di discostarsi dal parere parlamentare nell’emanazione degli atti normativi delegati, ma il giudizio parlamentare sui profili finanziari ha un rilievo specifico. Ciò trova conferma nella circostanza che in numerosi casi nel parere reso dalla Commissione di merito vengono ricompresi i rilievi formulati dalla V^ Commissione.
Il ciclo della quantificazione
Alla luce di quanto finora illustrato, emerge che l’attività del Servizio Bilancio (unitamente a quella della segreteria della V^ Commissione) si delinea come uno specifico – e necessario – supporto tecnico nel complesso procedimento valutativo degli oneri e degli altri effetti finanziari che viene poi a sostanziarsi nella decisione della Commissione bilancio.
Il legislatore non ha scelto di attribuire ad un organo specialistico, terzo rispetto al Parlamento e al Governo[11], una funzione "certificatoria" delle quantificazioni, ma ha preferito il modello di cooperazione e un procedimento di quantificazione diffuso tra più soggetti istituzionali, incardinato nell’autonomia delle procedure parlamentari.
All’attività di quantificazione concorrono differenti soggetti istituzionali |
Tale procedimento è articolato tra i vari portatori dell’interesse finanziario (l’amministrazione di settore ed il Ministero dell’economia e delle finanze sul versante governativo, le Commissioni di merito e la Commissione bilancio sul versante parlamentare): in tal modo l’attività di quantificazione non rappresenta il frutto dell’elaborazione di un unico centro dotato di competenze tecniche, ma il risultato di un processo dialettico tra i diversi soggetti del comparto finanziario istituzionalmente coinvolti nel procedimento di formazione degli atti normativi.
In sintesi, sulla base dell’articolo 11-ter della legge n.468/1978:
· l’amministrazione competente (Ministero di spesa) predispone la relazione tecnica. Già in questa prima fase può registrarsi l’intervento del Ministero dell’economia (principalmente la RGS), sia per concorrere al completamento delle parti tecnicamente più complesse che per definire le disposizioni di copertura;
Fase governativa e fase parlamentare del procedimento di quantificazione |
· il Ministero dell’economia certifica la relazione tecnica mediante la “bollinatura” recante la firma del Ragioniere Generale dello Stato. In questa fase è frequente l’instaurarsi di un dialogo tra la RGS e le amministrazioni o gli altri enti di settore interessati, al fine di superare i possibili ostacoli all’apposizione del visto del Ragioniere medesimo;
Risulta evidente come l’articolo 11-ter richieda, oltre alla predisposizione della relazione tecnica da parte dell’amministrazione competente, detentrice dei dati occorrenti per la quantificazione dei costi, il visto di quella dell’Economia, che è invece il soggetto in possesso del quadro generale finanziario e come tale è interessato ad una coerente metodologia di quantificazione. Ciò al fine di stabilire un legame tra opzioni normative e allocazione delle risorse finanziarie occorrenti.
Solo una volta terminato il procedimento di quantificazione interno al Governo, ha luogo la fase parlamentare della verifica.
· la relazione tecnica viene verificata – contestualmente alle corrispondenti norme di copertura – dalla V^ Commissione, sulla base dell’istruttoria compiuta dal Servizio Bilancio (dalla segreteria della Commissione per quanto concerne le coperture). La verifica tecnica compiuta dal Servizio può tradursi pertanto, sulla base di una valutazione propria del collegio parlamentare, in una decisione legislativa.
Fase parlamentare del procedimento di valutazione
§ predisposizione da parte della Commissione di merito del testo da approvare e richiesta di parere alla V Commissione;
§ redazione della nota di verifica da parte del Servizio Bilancio (e della nota tecnica sulle modalità di copertura degli oneri da parte della segreteria della Commissione);
§ esame da parte della V Commissione, con eventuale richiesta di integrazione della relazione tecnica;
§ espressione del parere da parte della V Commissione;
§ recepimento del parere da parte della Commissione destinataria, ovvero attivazione dell’articolo 86, comma 4-bis, del regolamento Camera
L’esame parlamentare completa le valutazioni governative |
Nel disegno istituzionale delineato dall’articolo 11- ter, l'esame parlamentare non viene inteso come sostitutivo di una accurata valutazione degli effetti finanziari da parte del Governo, ma come garanzia del suo effettivo svolgimento e come verifica della sua completezza, trasparenza e coerenza.
Tutto ciò ha consentito tra l'altro di ridurre al minimo i casi di rinvio di progetti di legge alle Camera da parte del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 74 della Costituzione, per violazione dell'articolo 81.
Nel corso della XIV legislatura si sono in proposito registrati due soli casi di rinvio, il primo relativo alla legge di semplificazione 2001 (A.C.2579), rinviata in relazione ad alcune disposizioni onerose (commi 1 e 3 dell’articolo 14) in materia di pubblico impiego prive di copertura finanziaria – sulle quali le Commissioni bilancio di Camera e Senato avevano dato parere contrario - ed il secondo relativo al d.d.l. di conversione del D.L. n.2/2006, in riferimento ad una norma sui crediti contributivi agricoli introdotta nel corso dell’esame parlamentare del d.d.l. medesimo (A.C.6532) ritenuta non adeguatamente coperta[12].
Va rammentato che anche nella precedente legislatura si erano verificati due soli casi di rinvio, uno attinente alle disposizioni di razionalizzazione del sistema tributario e finanziario contenute nell’A.C.4565-bis e A.S.2524-B, rinviato in relazione all’articolo 330 sul finanziamento dei partiti politici, ed il secondo attinente alla disciplina della subfornitura (A.C.3509 ed A.S.637-B) in relazione alle agevolazioni IVA contenute nell’articolo 8[13].
Il ciclo della quantificazione, come ora riepilogato, si articola in maniera differente:
Ulteriori modalità mediante cui può svolgersi il procedimento di quantificazione |
a) in presenza di un testo di iniziativa parlamentare sprovvisto di relazione tecnica, qualora all’atto dell’esame del testo medesimo (con le modifiche eventualmente apportate dalla commissione di merito) da parte della V^ Commissione, questa ritenga che il testo sia suscettibile di recare effetti finanziari e, conseguentemente, ravvisi la necessità di richiedere la relazione tecnica. In tal caso la richiesta della Commissione costituisce la fase iniziale della procedura, che poi si svolge come sopra descritta;
La quantificazione delle entrate |
b) per i provvedimenti (o le singole disposizioni) in materia di entrate, per i quali l’amministrazione competente è esclusivamente il Ministero dell’economia e delle finanze (di norma il Dipartimento per le politiche fiscali). In tal caso non si ha la fase interlocutoria tra amministrazione proponente e Ministero dell’economia, che è autore diretto della relazione. Analogamente avviene per quelle relazioni che, in ragione della competenza istituzionale (ad esempio in materia pensionistica), sono redatte presso i Dipartimenti del Ministero dell’economia;
c) per i provvedimenti assegnati in sede referente alla V^ Commissione, la fase della verifica della quantificazione (e della congruità della copertura) si svolge secondo le modalità ordinarie, senza tuttavia concludersi con l’espressione del parere, bensì con l’approvazione del testo da esaminarsi da parte dell’Assemblea.
L’ordinario procedimento parlamentare di valutazione degli oneri si realizza altresì nella fase dell’esame in Assemblea, qualora vengano presentate relazioni tecniche a corredo di emendamenti di iniziativa governativa. Anche in tal caso infatti il Servizio Bilancio – e la segreteria della Commissione per la parte di propria competenza - procede alla redazione di una Nota di verifica della relazione tecnica, ai fini dell’espressione del parere da parte della V^ Commissione. Si tratta ovviamente di un procedimento che avviene in un arco temporale estremamente ristretto, in quanto vincolato ai tempi dell’esame in Aula.
La relazione tecnica
La legge n. 468 del 1978 determina, oltre all’iter della formazione della relazione tecnica, anche il contenuto necessario della stessa, a conferma dello stretto legame che sussiste tra la complessità del contenuto della relazione e la peculiarità del suo processo di predisposizione.
Tali aspetti sono stati recentemente richiamati e ribaditi - con ulteriori precisazioni di carattere applicativo - dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2004 che ha altresì stabilito le caratteristiche e le modalità di redazione della relazione tecnica standard[14].
Contenuto della relazione tecnica
Tutte le relazioni devono indicare dati, metodi, fonti ed ogni altro elemento utilizzato per la quantificazione, ai fini della verifica parlamentare. Le variabili relative al quadro macroeconomico, se utilizzate, devono essere quelle indicate nei più recenti documenti di finanza pubblica. Vanno altresì indicati tutti “i passi logico-matematici”che hanno portato alla definizione degli effetti finanziari diretti ed indiretti. La relazione tecnica inoltre deve indicare:
§ per i provvedimenti di spesa corrente e di minore entrata, gli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme;
§ l’onere deve essere indicato come limite massimo di spesa, ovvero come previsione di spesa. Nel primo caso nelle corrispondenti norme va previsto il monitoraggio della spesa autorizzata, e l’autorizzazione cessa di avere efficacia al raggiungimento del limite predetto; nel secondo caso deve essere indicata una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime[15] .
§ per le spese in conto capitale, la modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale dello Stato e l'onere complessivo in relazione agli obiettivi previsti;
§ per le norme in materia di pensioni: un quadro analitico di proiezioni, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari: gli oneri vanno indicati al netto degli assegni familiari ed al lordo degli effetti fiscali;
§ per le misure concernenti il pubblico impiego: i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che conseguono dalle norme fino alla loro completa attuazione – ivi compreso il tasso di inflazione programmato -, nonché sulle correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili;
§ per le disposizioni in materia di entrata, gli effetti sul gettito devono essere esplicitati anche rispetto alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano;
§ per gli interventi che riguardano amministrazioni diverse dallo Stato (Enti territoriali e previdenziali, Aziende sanitarie ecc.) devono essere quantificati i relativi oneri, la cui copertura va indicata in una specifica sezione della relazione tecnica[16] .
I risultati di tale dialettica trovano poi un importante momento di verifica nell’attività della Corte dei conti, il cui intervento è posto al di fuori del percorso decisionale politico, in una fase successiva al suo perfezionamento.
L’articolo l’art. 11-ter in questione ha a tal fine affidato alla Corte la redazione di una relazione quadrimestrale sulle tipologie di copertura delle leggi e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, che viene trasmessa al Parlamento.
In tal modo le valutazioni della Corte, pur intervenendo su una decisione legislativa ormai definitiva, segnalano a Governo e Parlamento i possibili profili problematici sia delle quantificazioni che delle coperture, così contribuendo al consolidamento delle metodologie e delle tecniche adottate.
Esame dei decreti legislativi |
Inoltre, a partire dal 2005, le relazioni quadrimestrali comprendono anche l’esame dei decreti legislativi pubblicati nel periodo di riferimento. Si tratta di una iniziativa, condivisa dei Presidenti delle Commissioni bilancio delle due Camere, attuata al fine di dar conto delle valutazioni della Corte “sull’aderenza delle norme delegate alle autorizzazioni di spesa contenute nelle leggi di delega” nonché “sull’effettivo rispetto da parte delle norme delegate della eventuale clausola di neutralità finanziaria apposta alla legge di delega”[17].
Tale ampliamento dell’attività della Corte costituisce un naturale sviluppo delle funzioni ad essa affidate dall’articolo 11-ter predetto, coerente con il consistente incremento - iniziato nel corso della XIII legislatura - della produzione normativa attuata mediante lo strumento della delega legislativa.
L’attività del Servizio Bilancio dello Stato
I Servizi Bilancio delle due Camere hanno iniziato ad operare a partire dal 1989, secondo modalità definite in apposite circolari.
Alla Camera, é stato previsto che il Servizio Bilanciodello Stato predisponga un documento di verifica su ciascun testo normativo all'ordine del giorno della Commissione bilancio, purché corredato di relazione tecnica.
Nella XIV legislatura peraltro, come già segnalato, si è consolidata la prassi iniziata nel corso della legislatura precedente in base alla quale il Sevizio si esprime anche sui progetti di legge sprovvisti di relazione tecnica iscritti all’ordine del giorno della Commissione bilancio in sede consultiva. L’attività di verifica della relazione tecnica o di analisi degli effetti finanziari si è estesa, dopo la legge n. 208 del 1999 e la riforma del regolamento della Camera del luglio 1999, anche agli schemi di atti normativi del Governo assegnati al parere della Commissione bilancio.
Al Senato si è prescelto un metodo diverso, attribuendo alla Sottocommissione per i pareri della V^ Commissione, su proposta del Presidente della Commissione (sulla base anche dei dati e delle informazioni del Servizio del Bilancio e tenendo conto di eventuali richieste di Presidenti di altre Commissioni), la selezione dei provvedimenti sui quali deve essere eseguita la verifica tecnica.
Il Servizio, inoltre, cura la predisposizione dei dossier sui principali documenti di finanza pubblica, nonché sui relativi andamenti, come si preciserà più avanti nella seconda parte del presente dossier.
Documenti del Servizio Bilancio
Verifica delle quantificazioni dei progetti di legge, corredati di relazione tecnica del Governo, all'esame della Commissione Bilancio;
Analisi degli effetti finanziari dei disegni o proposte di legge che, benché non corredati di relazione tecnica, comportano comunque, o si ritiene possano comportare, conseguenze finanziarie;
Andamenti di finanza pubblica, dedicati prevalentemente alla valutazione degli effetti finanziari della legge finanziaria e dei provvedimenti collegati alle manovre di finanza pubblica, ovvero a tematiche di finanza pubblica non direttamente connesse con provvedimenti all'ordine del giorno della Commissione.
Il Servizio Bilancio dello Stato svolge la sua attività in collaborazione con le altrestrutture esistenti, soprattutto i Servizi Commissioni e Studi, per l'analisi normativa delle disposizioni di rilievo finanziario e per l'acquisizione degli elementi emersi nel corso dell'esame parlamentare.
Documento congiunto del Servizio Bilancio e della segreteria della V^ Commissione |
La Segreteria della Commissione bilancio predispone a sua volta una nota sulla copertura finanziaria di tutti i provvedimenti iscritti all'ordine del giorno. A decorrere dall’avvio della XIV legislatura la nota del Servizio e quella della Segreteria della V^ Commissione confluiscono in un unico documento.
Il Servizio Bilancio, inoltre, collabora nella valutazione degli emendamenti all'esame della V Commissione in sede consultiva, che nella maggior parte dei casi risultano sprovvisti di relazioni tecniche.
Inoltre, i Servizi Assemblea, Commissioni, Bilancio e Studi coadiuvano la Presidenza della Camera e della V^ Commissione nella valutazione dell'ammissibilità degli emendamenti al disegno di legge finanziaria e ai disegni di legge collegati alle manovre di finanza pubblica.
Nel corso della XIV legislatura il Servizio ha redatto complessivamente 850 documenti così ripartiti:
|
Totale 2001 |
Totale 2002 |
Totale 2003 |
Totale 2004 |
Totale 2005 |
Totale 2006 |
Totale XIV Leg. |
Documenti predisposti dal Servizio |
65 |
170 |
201 |
163 |
185 |
66 |
850 |
Note di verifica delle quantificazioni |
33 |
98 |
108 |
99 |
102 |
41 |
481 |
Analisi degli effetti finanziari |
27 |
65 |
86 |
54 |
76 |
24 |
332 |
Andamenti di finanza pubblica |
5 |
7 |
7 |
10 |
7 |
1 |
37 |
Fonte: Servizio Bilancio dello Stato
Nota: I dati si riferiscono ad attività di documentazione pubblicata in collane editoriali
La verifica degli effetti finanziari: metodi e criteri
La coerenza tra relazione tecnica e contenuto della norma
Uno degli obiettivi del procedimento di quantificazione è la realizzazione di una piena coerenza tra gli effetti quantificati dalla relazione tecnica e il contenuto delle disposizioni.
Tale coerenza può non realizzarsi per due ordini di motivi:
Presenza di oneri non quantificati |
a) perché la relazione tecnica non considera tutte le norme aventi effetti finanziari.
Si tratta dell’ipotesi in cui, dall’analisi dei provvedimenti svolta dal Servizio Bilancio e dalla segreteria della V^ Commissione, emergono disposizioni che, pur presentando profili di onerosità, non risultano considerate dalla relazione tecnica. Tale lacuna è spesso alla base di richieste al Governo di chiarimenti o di un’integrazione della relazione tecnica.
Ad esempio, nel corso dell’esame dell’A.C. 4265, recante la nuova disciplina delle attività trasfusionali e delle produzione nazionale di emoderivati (ora legge n. 219/2005), corredato di relazione tecnica, il Servizio Bilancio ha segnalato la necessità di quantificare i maggiori oneri recati sia dalla istituzione del registro nazionale dei donatori di midollo osseo sia dalla estensione ai lavoratori cosiddetti atipici del diritto all’astensione lavorativa in caso di donazione di sangue. Tale orientamento, fatto proprio dalla Commissione, è stato condiviso dal Governo, che ha rilevato la mancanza della quantificazione di tali effetti finanziari e della relativa copertura. Il conseguente parere della Commissione ha indotto la Commissione di merito a sopprimere le norme in esame[18];
Difformità fra RT e norme |
b) perché le quantificazioni indicate nella relazione tecnica non trovano pieno riscontro nel testo della norma cui si riferiscono.
Ad esempio, l’articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 203/2005[19], ha autorizzato l’Agenzia delle entrate a procedere a nuove assunzioni nel limite di spesa di 39,1 milioni di euro nel 2006 e 69,5 milioni di euro a decorrere dal 2007. Il Servizio Bilancio ha tuttavia osservato la mancata corrispondenza tra la spesa autorizzata e l’onere effettivo, calcolato sulla base dei dati forniti dalla relazione tecnica stessa (32,5 milioni di euro nel 2006 e in 34,7 milioni di euro a decorrere dal 2007). Tale rilievo non ha, tuttavia, avuto seguito.
Aggiornamenti della relazione tecnica |
Al fine di garantire la piena rispondenza tra il contenuto della relazione tecnica e il tenore della norma talvolta, in caso di navette tra Camera e Senato, può verificarsi un aggiornamento della relazione tecnica. E’ il caso, per esempio, della legge n. 215/2004 sul conflitto di interessi in relazione alla quale, in corrispondenza dei successivi passaggi tra i due rami del Parlamento, il Governo ha fornito tre relazioni tecniche (una allegata al testo originario e due in relazione ai passaggi presso la Camera e presso il Senato), sulle quali il Servizio Bilancio ha redatto due Note di verifica[20].
In quest’ultimo caso, sono possibili tre soluzioni:
· l’adeguamento delle stime contenute nella relazione tecnica agli effettivi contenuti del testo normativo[21].
Realizzazione della coerenza tra relazione tecnica e norma |
Ad esempio, la relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2004[22] quantificava le minori entrate derivanti dall’articolo 3, commi 119 e 120, recanti modifiche alla disciplina fiscale dei fondi di previdenza complementare e dei contributi versati dai lavoratori, solo con riferimento a tale ultima fattispecie. A seguito delle osservazioni formulate dal Servizio Bilancio, il Governo provvedeva, con un’apposita nota integrativa, a quantificare anche la perdita di gettito non considerata nella relazione tecnica originaria;
· la modifica della norma.
Ad esempio, la relazione tecnica trasmessa dal Governo in relazione al testo unificato recante disposizioni per la riliquidazione del trattamento pensionistico dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato andati in pensione nel periodo tra il 1981 e il 1995[23], precisava che la quantificazione degli oneri poteva essere solo di massima non essendo facilmente ricostruibile ex ante la platea dei soggetti interessati al beneficio. Pur prendendo atto di tale difficoltà, il Servizio Bilancio rilevava la opportunità di acquisire chiarimenti in ordine a parametri rilevanti per la quantificazione, ma non utilizzati dalla relazione tecnica. Il successivo dibattito sviluppatosi in seno alla Commissione Bilancio ha portato ad una radicale modifica della norma consistente nella istituzione di un Fondo, da ripartire con successivo DPCM;
· il chiarimento in via interpretativa del contenuto finanziario effettivo della norma, in modo da garantire la coerenza rispetto alle quantificazioni contenute nella relazione tecnica.
A tale ultimo caso sembrerebbero riconducibili i disegni di legge di ratifica dei trattati internazionali le cui relazioni tecniche, pur in mancanza di un esplicito dettato normativo, con una frequenza pressoché sistematica nella XIV legislatura, affermano l’inderogabilità delle ipotesi assunte per la quantificazione degli oneri, ai fini dell’attuazione delle disposizioni recate dai disegni di legge[24].
La quantificazione nelle proposte normative di iniziativa parlamentare
Il procedimento di quantificazione per i progetti di legge di iniziativa parlamentare si articola con alcune diversità rispetto a quello relativo ai disegni di legge ed agli altri atti normativi del Governo.
Mentre, infatti, per gli atti legislativi di iniziativa del Governo che comportino conseguenze finanziarie la presenza della relazione tecnica, come prescritta dall’articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978, condiziona la stessa presentazione del disegno di legge, tale obbligo non sussiste per le proposte presentate dai parlamentari per le quali la relazione deve essere fornita dal Governo solo su richiesta delle Commissioni competenti.
In taluni casi, il provvedimento viene approvato in assenza di relazione tecnica |
La non obbligatorietà della relazione comporta che frequentemente, pur in presenza di progetti di legge recanti oneri finanziari, la stessa non venga richiesta né dalla Commissione di merito né, in sede di parere per gli aspetti di propria competenza, dalla V Commissione, qualora quest’ultima non rilevi la presenza di questioni di quantificazione e, pertanto, concordi sulla stima degli oneri. Di conseguenza, pur in assenza della relazione tecnica, il provvedimento, benché oneroso, prosegue nell’esame e può pervenire all’approvazione definitiva.
Ciò si verifica, prevalentemente, nel caso di progetti di legge la cui autorizzazione legislativa di spesa è configurata come limite massimo della spesa medesima: ad esempio per i provvedimenti recanti contributi prefissati ad enti od organismi già operanti o di nuova istituzione, ovvero che dispongono rifinanziamenti per interventi già in corso ad opera di leggi già vigenti, ovvero che istituiscono Fondi variamente denominati ecc.
Ad esempio il progetto di legge relativo agli interventi per i porti di Termini Imerese e di Palermo (A.C. 3922) assegnava specifici stanziamenti per gli anni 2003-2005 sia al comune di Termini Imerese, sia alla autorità portuale di Palermo. Nel corso dell’esame presso V Commissione sono stati chiesti chiarimenti al fine di precisare se gli stanziamenti fossero configurati come contributo alla realizzazione delle opere ovvero fossero finalizzati all’integrale copertura delle medesime spese. Il rappresentante del Governo ha fornito alcuni dei chiarimenti richiesti e pertanto, pur in assenza di relazione tecnica, la V Commissione ha espresso parere favorevole, considerato che gli stanziamenti autorizzati rappresentavano limiti massimi di spesa.
In altri casi, è necessario acquisire la relazione tecnica |
In molti casi, peraltro, e soprattutto in ordine a progetti di legge a forte impatto organizzativo, con conseguenti oneri per il personale o per strutture pubbliche, ovvero per provvedimenti recanti benefici economici di carattere generale, l’acquisizione della relazione tecnica – che può anche essere richiesta dalla Commissione di merito – costituisce una fase procedurale necessaria ai fini del proseguimento e della conclusione dell’esame parlamentare.
Possono citarsi sul punto due esempi.
Il progetto di legge recante modifiche alla disciplina sull’assicurazione contro gli infortuni domestici (A.C. 3011), testo unificato di diverse proposte di legge tutte di iniziativa parlamentare, veniva avviato all’esame della XI Commissione nel marzo 2004 e nel maggio 2005 trasmesso per il parere alla V Commissione. La complessità del testo da valutare ha portato alla predisposizione di due successive relazioni tecniche del Governo, l’una presentata presso la XI Commissione e l’altra richiesta e presentata presso la V Commissione: entrambe sono state verificate negativamente dal Ministero dell’economia sia sotto il profilo della quantificazione degli oneri sia sotto il profilo della copertura finanziaria. Per le medesime motivazioni, oltreché per la mancanza di una clausola di copertura finanziaria, la V Commissione ha espresso parere contrario sul provvedimento, parere successivamente confermato anche in presenza di un nuovo testo predisposto dalla XI Commissione nel luglio 2005.
Il progetto di legge recante disposizioni in materia di tassazione del trattamento di fine rapporto (A.C. 3705) veniva avviato all’esame della VI Commissione nell’aprile 2003. Nel corso dell’esame presso la Commissione di merito veniva richiesta la predisposizione della relazione tecnica, ed il testo veniva trasmesso alla Commissione Bilancio per il parere. La V Commissione esprimeva sul provvedimento parere contrario per inidoneità della clausola di copertura, in quanto a fronte di oneri di rilevante entità risultavano risorse insufficienti e vincolate dalla vigente legislazione alla realizzazione di altre finalità. La VI commissione concludeva comunque l’esame in sede referente, ma al fine di superare le questioni emerse nel parere della Commissione Bilancio, in sede di esame presso l’Assemblea veniva presentato un emendamento, corredato di relazione tecnica, sul quale la V Commissione esprimeva nuovamente parere contrario. L’emendamento veniva pertanto ulteriormente modificato, e sulla base di una nuova relazione tecnica, riceveva il parere positivo della Commissione Bilancio, venendo così approvato dalla Camera[25].
In entrambe le situazioni sopra illustrate, la richiesta della relazione tecnica da parte delle Commissioni di merito, oltre a risultare opportuna ai sensi delle disposizioni regolamentari sulla “istruttoria legislativa”, come previsto specificamente dall’articolo 97, comma 5, del Regolamento della Camera, ha consentito una costruzione del testo del provvedimento già comprensiva delle problematiche sugli aspetti di rilievo finanziario, senza rinviare del tutto tali problematiche alla fase d’esame presso la V Commissione.
L’attività di verifica dei dati
L’attività di verifica si esplica attraverso metodologie ormai consolidate presso il Servizio, i cui passaggi essenziali possono così sintetizzarsi:
controllo sui criteri di rilevazione e di elaborazione dei dati contenuti nella relazione tecnica, per valutarne la completezza e il grado di corrispondenza alla fattispecie in esame;
eventuale raffronto con dati analoghi riportati in relazioni tecniche ad altri disegni di legge[26];
ricorso a fonti governative di diverso genere (relazioni di settore, documenti del Ministero dell’economia, interventi del Governo presso le Assemblee parlamentari, Nucleo di valutazione della spesa previdenziale ecc.), alle pubblicazioni di altre istituzioni pubbliche (quali, ad esempio, Banca d’Italia, Istat, Inps) e a documenti di istituti di ricerca di rilievo nazionale o internazionale (per esempio, l’OCSE).
Da sottolineare, infine, la grande importanza assunta nel tempo delle ricerche effettuate via internet: ciò dipende sia dal grado di aggiornamento delle fonti che le ricerche telematiche permettono, sia dalla varietà delle fonti disponibili per la consultazione.
Esempi di alcune specifiche fonti di riscontro dei dati |
Ad esempio, con riferimento alle fonti diverse dalla RT, ma sempre di origine governativa, il Servizio ha fatto ricorso più volte all’Annuario dei trasporti (una pubblicazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) per la verifica delle quantificazioni degli effetti di gettito riportate dalle relazioni tecniche a provvedimenti governativi in materia di diritti di imbarco su aeromobili[27] e di tonnage tax[28] oppure per la quantificazione degli effetti di emendamenti parlamentari da presentare nel corso dell’iter di approvazione del disegno di legge finanziaria[29].
Si ricorda inoltre che, ai fini della valutazione degli effetti delle misure di contenimento della spesa sanitaria recate dalla legge finanziaria per il 2006, il Servizio si è servito della stima dei maggiori oneri che avrebbe comportato lo slittamento a tale anno del rinnovo dei contratti del settore sanitario, fornita dal Ragioniere generale dello Stato nel corso di un’audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato. Sempre nel corso dell’esame della relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2006, il ricorso ai dati Istat è stata di grande importanza nella verifica degli effetti del cosiddetto “bonus bebè”[30];
spesso, tuttavia, risulta necessario reperire, presso fonti specializzate, dati più analitici o più aderenti alla fattispecie esaminata, qualora si giudichino non idonei allo scopo gli elementi disponibili. Ad esempio, costituiscono utili parametri di confronto i dati elaborati periodicamente dalle associazioni di categoria[31].
Nel corso del procedimento di approvazione della legge finanziaria per il 2005, il Servizio ha fatto ricorso ad uno studio di Legambiente per la quantificazione del gettito recato da un’eventuale introduzione nell’ordinamento di una imposta sui SUV (Sport Utility Vehicles) proposta da un emendamento di origine parlamentare. La quantificazione elaborata è stata in seguito suffragata dal confronto con altre fonti governative[32] e, infine, dalla quantificazione resa dal Governo.
La condivisione dei metodi di quantificazione
Presenza di regole condivise |
Nell’effettuazione del procedimento di quantificazione, sono state affrontate, e spesso risolte, numerose questioni metodologiche relative alla stima degli effetti delle disposizioni esaminate. In molti casi, fra organi governativi, Ministri di settore e dell’economia, uffici parlamentari e Commissioni Bilancio delle due Camere e, infine, Corte dei conti, si è realizzata una base comune di regole condivise che hanno comportato un progressivo miglioramento delle tecniche di determinazione degli effetti finanziari.
· Il criterio della prudenzialità nella stima dei risparmi di spesa
Nella verifica degli effetti finanziari si pone di frequente la questione dell’attendibilità delle previsioni di risparmio affidate a talune disposizioni.
Si tratta di una problematica che assume particolare rilievo nell’esame della legge finanziaria, in cui i risparmi di spesa costituiscono elemento di compensazione degli oneri di natura corrente e sono pertanto scontati nel prospetto di copertura allegato alla legge finanziaria medesima.
Il criterio della prudenzialità è un importante elemento di valutazione che si è costruito:
- sulla base dei risultati delle esperienze applicative di norme analoghe;
- in presenza di disposizioni che non si prestano ad un’analisi specifica dei fattori di minore spesa o di maggiore entrata da esse determinati in quanto le relative relazioni tecniche considerano l’ammontare del risparmio di spesa o dell’incremento di gettito il risultato necessario del “vincolo–obiettivo” introdotto con la norma.
In tali situazioni l’applicazione del criterio di prudenzialità richiede che siano verificate le condizioni circa il conseguimento degli effetti finanziari quantificati nelle relazioni tecniche. Ciò soprattutto nei casi in cui le riduzioni di spesa o le maggiori entrate siano portate a copertura di maggiori spese previste dal medesimo o da altri provvedimenti. In mancanza delle predette condizioni, essendo l’entità dei risparmi (o delle entrate) verificabile soltanto sulla base dei dati di consuntivo, si ritiene preferibile che le relative risorse, qualora utilizzate per la copertura di effetti onerosi caratterizzati da un ragionevole grado di certezza, mantengano un margine positivo rispetto all’onere.
Ad esempio, con riferimento alle norme in materia di potenziamento delle Commissioni mediche per l’accertamento dell’invalidità civile[33], il Servizio Bilancio ha rilevato una mancanza di prudenzialità della relazione tecnica che quantificava, oltre che effetti onerosi, anche consistenti effetti permanenti di risparmio, iscritti nel loro intero ammontare anche nei saldi di finanza pubblica, pur essendo quantificabili solo a consuntivo. Il Governo ha comunque confermato la validità della metodologia adottata[34].
Casi in cui sono stati applicati criteri di prudenzialità |
Un caso diverso è rappresentato dall’estensione dell’istituto del massimale ai trattamenti di disoccupazione agricola[35], in riferimento ai cui risparmi la relazione tecnica utilizzava gli ultimi dati di consuntivo disponibili, relativi al 2002. Per motivi di prudenzialità, i risparmi medesimi non sono stati, peraltro, rideterminati in aumento con riferimento ai parametri aggiornati al 2005.
Ispirata a criteri di prudenzialità appare anche la mancata previsione di effetti di risparmio in relazione alla norma in materia di trasferimento di attività e rapporti giuridici di Enti soppressi, anch’essa recata dalla legge n. 266/2005, date le difficoltà finora riscontrate nelle procedure liquidatorie.
Anche con riferimentoa norme che comportano una riduzione di risparmi possono rinvenirsi casi in cui il calcolo del loro ammontare risulta prudenzialmente sovrastimato. Con riferimento alla soppressione dei rimborsi per spese di cura[36], il Servizio Bilancio ha rilevato la sovrastima dell’effetto di riduzione dei risparmi[37], motivato, a sua volta, dal Governo dalla necessità di attenersi a criteri cautelativi.
Quantificazioni e copertura per oneri che si producono dopo il triennio
Ai fini del rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, assume un particolare rilievo il problema della determinazione degli oneri previsti oltre la durata del bilancio pluriennale e di quelli recati “a regime” dalle leggi di spesa pluriennali.
I consolidati indirizzi interpretativi dell’articolo 81 della Costituzione, come stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale[38], impongono di individuare l’onere previsto dalle norme per tutto il periodo di effettiva durata della legge di spesa, indicando adeguati mezzi di copertura.
In particolare, a giudizio della Corte costituzionale, la ragionevolezza della copertura va valutata facendo riferimento al parametro della coerenza tra onere coperto nel triennio ed onere a regime, quale condizione per il mantenimento di un plausibile equilibrio tra entrate e spese nel tempo. Pertanto, pur non essendo necessaria, per gli esercizi successivi al triennio, una puntuale indicazione dei mezzi di finanziamento, la quantificazione degli oneri e la relativa previsione di copertura può ritenersi idonea soltanto se non si determina un apprezzabile scostamento tra l’onere massimo indicato nel bilancio pluriennale e gli oneri previsti per gli esercizi successivi.
Tali orientamenti sono stati ribaditi di recente nel “Manuale di redazione della relazione tecnica”, contenuta nella Direttiva del Presidente del Consiglio del 23 dicembre 2004[39].
Criterio confermato nel manuale di redazione della relazione tecnica |
Viene infatti espressamente precisata la necessità, in caso di oneri che proseguano oltre il triennio, di indicare in un’apposita colonna (denominata “anno terminale”) l’anno in cui cessa l’onere.
Risulta inoltre ormai consolidata l’esigenza di un’attenta valutazione del rapporto tra oneri “a regime” ed onere previsto per l’ultimo esercizio considerato nella clausola di copertura finanziaria; ciò al fine di evitare un
Criteri di imputazione dell’onere massimo che si produce oltre il triennio |
andamento “marcatamente crescente” degli oneri oltre il triennio di riferimento, suscettibile di creare uno squilibrio tendenziale tra entrate e spese e tale da richiedere, quindi, interventi di integrazione della copertura finanziaria. A tale fine, qualora l’onere massimo si produca successivamente al primo triennio, l’importo in questione viene imputato all’ultimo anno del triennio medesimo, anche se è pur vero che da ciò potrebbe derivare un uso poco efficiente delle risorse pubbliche a causa delle eccessive economie di bilancio che ne potrebbero scaturire per ogni anno in cui l’onere sostenuto è inferiore alla copertura prevista.
Ad esempio, secondo tali modalità, è stata redatta la relazione tecnica che accompagna il provvedimento di ratifica della Convenzione di sicurezza sociale Santa Sede-Italia[40] che presentava l’evoluzione per il periodo 2002-2011 degli oneri annui derivanti dalla Convenzione ed effettuava la copertura degli oneri imputando, secondo la prassi contabile prima richiamata, l’onere massimo all’ultimo anno del triennio di riferimento del bilancio pluriennale, prevedendo la seguente quantificazione: euro 8.277.000 per il 2003, euro 8.621.000 per il 2004 ed euro 20.819.000 per il 2005.
La correttezza di tale modalità di copertura è stata confermata dalla Corte dei Conti, in sede di relazione sulle leggi di spesa[41].
Rispetto a quanto ora illustrato circa le modalità di copertura degli oneri ultratriennali, un diverso criterio è stato recentemente seguito per il decreto legge n. 68 del 2006 sul reimpiego di lavoratori ultracinquantenni, per il quale, anziché all’onere massimo che si produce dopo il triennio, la copertura è stata riferita all’onere medio ultratriennale.
Diverso criterio recentemente utilizzato |
La relazione tecnica riferita al provvedimento stimava in circa 106 milioni di euro i maggiori oneri a carico dello Stato, da ripartire tra gli anni 2006-2016 sulla base di un andamento crescente da 1 milione di euro nel 2006 a 15 milioni di euro nel 2015, che poi diminuiscono a 7,5 milioni di euro nel 2016. Nel caso in esame il Governo ha ritenuto di indicare la copertura corrispondente all’onere a regime in termini di onere medio complessivo annuo, pari a 12 milioni di euro imputati all’esercizio 2008 (anno terminale del triennio).
In merito a tale modalità di copertura, le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, in sede di formulazione del parere, peraltro favorevole, sul provvedimento, hanno espresso perplessità circa la congruità della misura adottata, tenuto conto che, come prospettato anche dalla giurisprudenza, le ragioni prudenziali impongono di porre a carico dell’ultimo anno del triennio di riferimento, ai fini della relativa copertura, l’onere massimo che si presume sia raggiunto nel periodo di efficacia della norma e non quello medio. A questo proposito è stata depositata agli atti della Commissione Bilancio della Camera una nota di chiarimenti del Ministero dell’economia che conferma i profili di quantificazione e di copertura indicati nella relazione tecnica[42].
Va peraltro sottolineato che la stessa relazione tecnica citava la giurisprudenza costituzionale la quale, sulla copertura di oneri di durata pluriennale con un profilo crescente nel tempo, ha sancito che, per gli esercizi successivi a quelli del bilancio triennale, le risorse finanziarie a copertura degli oneri devono risultare in modo ragionevole e credibile, ovvero ricercando un equilibrio tra onere coperto nell’anno di massima esposizione compreso nel bilancio triennale e onere a regime negli esercizi successivi.
Le clausole di non onerosità delle norme
La V^ Commissione è frequentemente chiamata ad esaminare norme che si presentano sprovviste di risorse finanziarie: è il caso delle disposizioni che incidono marginalmente[43] sull’organizzazione e sugli adempimenti delle pubbliche amministrazioni o delle disposizioni recanti effetti finanziari di lieve entità o a carattere eventuale. La necessità di impedire che tali norme possano determinare nel corso della loro applicazione oneri non coperti ha richiesto l’introduzione delle c.d. clausole di non onerosità (che possono essere presenti nel testo originario dei provvedimenti o possono essere proposte nei pareri della V Commissione).
Tali clausole vengono di norma espresse mediante una delle seguenti formulazioni:
§ dalla norma non devono discendere nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
§ i relativi oneri devono restare a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio delle amministrazioni interessate;
§ agli adempimenti disposti dalla norma si deve provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente.
Tali formulazioni sono rafforzate dalla previsione che la funzione, il compito o l’intervento “possano” essere decisi dall’ente pubblico destinatario compatibilmente con la disponibilità delle necessarie risorse finanziarie.
Una previsione legislativa di carattere oneroso ma espressa in termini di facoltà per gli enti destinatari è contenuta per esempio nell’art. 5 della legge 189/2004 in materia di protezione degli animali: su proposta della V Commissione, concorde il Governo, la previsione ivi contenuta di attività formative da effettuarsi nelle scuole a cura dello Stato e delle regioni è stata resa eventuale, subordinatamente alla sua compatibilità con un obbligo di neutralità finanziaria.
In un altro caso gli adempimenti[44] previsti dal progetto di legge (articolo 4 dell’AC 278, in materia di erboristeria) sono stati resi facoltativi – come richiesto dalla Commissione bilancio - subordinatamente alla effettiva disponibilità in bilancio delle necessarie risorse finanziarie.
Valutazione della clausola caso per caso |
La clausola dell’assenza di nuovi o maggiori oneri garantisce la neutralità finanziaria della disposizione a condizione che essa sia in concreto praticabile, secondo una valutazione che la Commissione bilancio rende caso per caso in relazione alle norme in esame.
Tale clausola è stata pertanto ritenuta condivisibile – in quanto espressamente collegata ad obiettivi di contenimento dei costi di personale - nel caso dell’articolo 18, comma 4-ter, del decreto-legge 273/2005, finalizzato ad attuare una revisione del numero dei componenti degli organi di giustizia tributaria[45].
Una diversa valutazione è stata invece compiuta relativamente all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 136/2004 in materia di funzionalità della pubblica amministrazione (AC 5150-A, poi convertito in legge), il quale – all’interno di un obbligo di neutralità finanziaria riferito all’intero articolo – consentiva la proroga di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dal Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione. La Commissione bilancio ha proposto la soppressione della norma, dopo che il Servizio Bilancio aveva rilevato l’assenza di quantificazione del relativo onere. La disposizione è stata poi eliminata dall’Assemblea.
Oneri a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio |
Da valutarsi caso per caso è anche la clausola che pone gli eventuali oneri derivanti dalla norma a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio delle amministrazioni interessate. Occorre infatti considerare se le nuove funzioni siano o meno espletabili con le risorse finanziarie disponibili presso le amministrazioni medesime, onde evitare che successivamente - in sede di previsione annuale di bilancio - le richieste delle amministrazioni interessate ricomprendano anche le risorse aggiuntive necessarie per i nuovi adempimenti richiesti dalle norme.
La V^ Commissione ha pertanto ritenuto riconducibili alle dotazioni di bilancio del Ministero degli affari esteri gli oneri per le attività culturali e per le iniziative di tutela dei diritti umani previste dagli articoli 5 e 20 della legge 287/2005 (Ratifica dell’ Accordo di collaborazione culturale Italia-Libano).
Oneri non sostenibili a valere sugli ordinari stanziamenti |
La Commissione ha invece escluso che le spese per il personale poste a carico del Ministero dell’ambiente ai sensi dell’articolo 8, commi 6 e 7, della legge 179/2002 (Norme in materia ambientale) potessero essere sostenute nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero (così come inizialmente previsto dal relativo disegno di legge[46]). Conseguentemente la Commissione ha proposto di integrare il testo con una norma specifica (articolo 8, comma 8) recante la quantificazione e la copertura dei predetti oneri.
Compensatività tra effetti finanziari di segno opposto |
Clausole di non onerosità possono anche essere formulate a presidio di una presumibile compensatività di effetti finanziari di segno opposto, addotta dalla relazione tecnica. In questo caso la V^ Commissione, pur non contestando l’assunto contenuto nella relazione tecnica, propone - in via cautelativa – di accompagnare tale indicazione con una specifica disposizione volta a garantire il rispetto del vincolo di invarianza.
Durante l’esame parlamentare della legge 18/2006 (Modifiche nella composizione e nel funzionamento del Consiglio Universitario Nazionale), la Commissione bilancio ha ritenuto - sulla base delle indicazioni fornite dal Governo - che una riduzione del numero dei componenti (due unità) dell’organismo interno di disciplina del Consiglio, nonché la diminuzione di alcune spese di funzionamento, previste dal testo, valessero a compensare l’incremento (di un’unità) dei componenti del Consiglio disposto dalla medesima disciplina. La V Commissione ha tuttavia proposto l’inserimento di una clausola (articolo 4, comma 3) per la quale il CUN è comunque vincolato a provvedere alle spese di funzionamento nell’ambito degli ordinari stanziamenti a legislazione vigente.
La riduzione delle autorizzazioni di spesa per la copertura di nuovi oneri
La riduzione di autorizzazioni di spesa è una delle modalità utilizzabili, a norma della legge n.468/1978[47] per la copertura degli oneri recati dai provvedimenti: essa consiste nello spostamento di risorse da una finalità, per la quale erano state inizialmente stanziate le somme, ad una nuova. In ragione di tale caratteristica, che determina di fatto un definanziamento della norma da cui si prelevano le risorse da destinare alla nuova finalità di copertura, il suo impiego richiederebbe che la corrispondente relazione tecnica evidenzi:
1) l’effettiva disponibilità degli stanziamenti dai quali si attinge;
Indicazioni che andrebbero contenute nella relazione tecnica |
2) le ragioni del mancato utilizzo delle risorse per le finalità cui erano originariamente destinate. In particolare, andrebbe precisato se tale disponibilità sia dovuta ad imprecisioni nella iniziale quantificazione (da cui è derivata una stima per eccesso degli oneri), ovvero ad una modifica sopravvenuta nella realizzazione degli obiettivi perseguiti dal precedente stanziamento;
3) l’assenza di programmi di spesa che possano determinare la necessità di destinare ulteriori risorse ai provvedimenti sulla cui autorizzazione di spesa si incide.
Sulla necessità di corredare di idonei elementi informativi la modalità di copertura in esame si è espressa anche la Corte dei conti.
In particolare la Corte, nel precisare preliminarmente che lo spostamento di risorse da una finalità ad un’altra rientra nella fisiologia del sistema, segnala l’opportunità che la riduzione di autorizzazioni di spesa rechi “ accurate indicazioni sui motivi del mancato utilizzo delle risorse per le finalità cui erano originariamente destinate sulla base della legislazione vigente e sulla eventuale presenza di programmi di spesa che possano determinare la necessità di ulteriori stanziamenti”[48].
Nel corso della XIV legislatura è stato frequente l’utilizzo della riduzione di autorizzazione di spese per la copertura di nuovi oneri. A titolo esemplificativo si segnalano:
- il decreto legge n. 115 del 2005[49], con il quale è stato disposto un incremento degli stanziamenti in favore dell’università e, ai fini della copertura, sono state ridotte le autorizzazioni di spesa del Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, del Fondo per le assunzioni in deroga e del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico. Nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio è stata espressamente richiesta al Governo una conferma sia della disponibilità delle risorse presso le autorizzazioni oggetto della riduzione, sia sulla idoneità degli stanziamenti residui a far fronte agli interventi già previsti a legislazione vigente[50].
- la legge n.39 del 2005, in cui la copertura di provvidenze a favore di alcune popolazioni del sud-est asiatico è stata disposta a carico delle risorse della cooperazione allo sviluppo di cui alla legge n.49/1987 (come rideterminate nella tabella C allegata alla legge n.311/2004). Anche in tal caso è stata chiesta una conferma al Governo in ordine alla adeguatezza della dotazione finanziaria complessiva recata dalla legge n.49/1987 medesima a far fronte al nuovo intervento, senza pregiudicare la realizzazione di quelli già previsti a legislazione vigente[51].
Improprio utilizzo del Fondo di riserva |
In merito alla modifica della finalità cui determinati stanziamenti risultano destinati, si segnala che in taluni casi si ricorre all’ utilizzo delle risorse del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente[52]. Tale utilizzo è stato ripetutamente ritenuto non corretto dalla Corte dei conti[53], in considerazione del fatto che tali risorse sono finalizzate alla copertura di eventuali insufficienze nelle dotazioni delle unità previsionali di base nei casi in cui gli oneri effettivi siano superiori a quelli inizialmente previsti[54]. Trattandosi di risorse utilizzabili esclusivamente per integrare stanziamenti già esistenti, non appare corretta l’utilizzazione del fondo finalizzata alla copertura di nuove spese.
Un intervento di questo tipo si ritrova nel già richiamato decreto legge n. 35/2005[55] nel quale a fronte di nuovi oneri, quali l’attuazione di deleghe previdenziali e interventi in materia di occupazione, si provvede mediante la riduzione del fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente.
Gli effetti sui saldi di fabbisogno ed indebitamento
I criteri devono considerare le differenze tra i tre saldi di finanza pubblica |
La quantificazione degli oneri relativi ai nuovi provvedimenti viene effettuata, di norma, in base al criterio della competenza giuridica e, pertanto, considera gli effetti sul saldo netto da finanziare, mentre tralascia l’indicazione degli effetti sul fabbisogno del settore statale e sull’indebitamento della P.A.[56]. L’unica eccezione è rappresentata dalle leggi finanziarie e dai provvedimenti collegati, nei quali gli oneri vengono stimati valutandone gli effetti su ciascuno dei tre saldi. I differenti effetti assunti ai fini dei saldi, in virtù della diversa ottica (competenza o cassa) in base alla quale vengono stimati, richiedono, in ogni caso, l’assunzione di criteri trasparenti da utilizzare nella quantificazione finanziaria.
Il Servizio del bilancio ha più volte segnalato la necessità che fossero esplicitati in relazione tecnica i criteri utilizzati per la quantificazione degli effetti finanziari.
Tale esigenza trova conferma, sul versante amministrativo, nella Direttiva[57] del Presidente del consiglio dei ministri che ha introdotto la c.d. “relazione tecnica standard” da utilizzare in tutti i provvedimenti che comportano effetti finanziari. Tale modello di relazione tecnica prevede, in primo luogo, che gli effetti finanziari siano valutati non solo in termini di saldo netto da finanziare, ma anche ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento e, in secondo luogo, ha stabilito che qualora vi siano differenze di effetti nei tre aggregati, occorre fornire le necessarie motivazioni.
Le indicazioni risultano spesso carenti |
Tale ultima esigenza non sembra trovare pieno riscontro nell’ultima legge finanziaria nella quale, in assenza di specifiche esplicitazioni, molte disposizioni evidenziano effetti sul fabbisogno e sull’indebitamento tra loro coincidenti, nonostante la divergenza dei criteri su cui si basano.
A titolo esemplificativo si ricorda la disposizione[58] che ha istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per far fronte ai debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato nei confronti di specifici soggetti. La dotazione iniziale del fondo, fissata in 170 milioni per il 2006 e in 200 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008 ha prodotto effetti per lo stesso importo ai fini del saldo netto da finanziare e dell’indebitamento della P.A., mentre ai fini del fabbisogno del settore statale la relazione tecnica ha indicato effetti pari a 70 milioni per il 2006, 180 milioni per il 2007 e 250 milioni per il 2008 senza fornire specifiche motivazioni.
In relazione a tale disposizione, il Servizio del bilancio ha evidenziato la necessità di acquisire ulteriori elementi sia in merito all’omologo impatto sul saldo netto da finanziare e sull’indebitamento, nonostante i diversi criteri che presiedono alla determinazione di tali grandezze, sia in merito al più contenuto effetto sul fabbisogno ( pur ritenendo che questo fosse, presumibilmente, imputabile alla diversa dinamica delle erogazioni di cassa).
L’utilizzo di più circostanziate indicazioni risulta utile anche al fine di evitare che, a fronte di disposizioni analoghe, possano essere effettuate valutazioni qualitativamente diverse in termini di contabilità pubblica e dei relativi saldi.
Esigenza di enunciare criteri di stima coerenti |
A titolo esemplificativo si possono ricordare le disposizioni sul condono edilizio[59], la cui stima del gettito è stata effettuata utilizzando esclusivamente criteri di cassa, a differenza di quelle sul condono fiscale[60] introdotte un anno prima per la cui stima erano stati utilizzati criteri di competenza e di cassa.
Casi di coperture riferite esclusivamente al fabbisogno e all’indebitamento |
La necessità di una più puntuale esplicitazione dei criteri utilizzati per la determinazione degli effetti sui saldi di finanza pubblica assume ulteriore rilievo alla luce di una prassi che si è recentemente manifestata in ordine alle modalità di copertura sui due saldi in esame. Essa consiste nell’introdurre coperture che si riferiscono esclusivamente al fabbisogno e all’indebitamento – e non al saldo netto da finanziare - apprestando quindi risorse che scaturiscono da misure che hanno effetto solo su questi saldi: l’utilizzo di tali risorse richiede – necessariamente - che sia stato correttamente quantificato l’effetto finanziario ascritto alle disposizioni da cui si trae la copertura.
A titolo esemplificativo si segnala la norma[61] che ha introdotto una deroga alla limitazione delle spese in favore del Registro Italiano Dighe nel limite di 50 milioni di euro. Agli effetti negativi, in termini di fabbisogno e indebitamento, derivanti dalla deroga, si è provveduto attraverso una riduzione del limite massimo di pagamenti complessivi a carico del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica di cui all’articolo 1, comma 33, della legge finanziaria per il 2005. Non sono stati, invece, quantificati effetti ai fini del saldo netto da finanziare.
L’applicazione di criteri uniformi è utile anche per assicurare una valutazione più puntuale con particolare riferimento a talune norme ritenute apparentemente ininfluenti nell’aspetto finanziario.
Si registrano norme, infatti, in relazione alle quali non risultano chiare le ragioni di una mancata attribuzione di effetti sui saldi di finanza pubblica in esame.
E’ il caso, ad esempio, della esclusione dal sistema di tesoreria unica delle camere di commercio. L’articolo 1, comma 79, della legge n. 311/2004[62] ha previsto la graduale esclusione di alcuni enti dall’obbligo di giacenze presso la Tesoreria. Con l’articolo 1, comma 45, della legge n. 266/2005[63] si è disposta l’esclusione, entro cinque anni, delle camere di commercio dalla tesoreria unica. Pur comportando, di fatto, una riduzione di disponibilità finanziarie, alla norma non sono stati ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica, ivi compreso il saldo di fabbisogno.
Un ultimo aspetto rilevante riguarda, infine, l’importanza che assume la qualificazione contabile attribuita alle spese. In particolare, a fronte di misure agevolate a favore di specifici settori, categorie o altro, assumono rilievo, ai fini dell’andamento del fabbisogno e dell’indebitamento, anche le valutazioni in ordine agli effetti contabili degli oneri determinati dalle misure in questione.
La qualificazione contabile può riflettersi sui saldi |
A titolo esemplificativo, si citano alcuni interventi relativi alla erogazione di contributi per favorire gli investimenti[64]. In caso di erogazione a fondo perduto, gli effetti sui saldi interessano sia il fabbisogno (in seguito all’esborso finanziario) sia l’indebitamento (che peggiora in quanto non è prevista alcuna restituzione delle somme erogate). Se, invece, il finanziamento - pur prevedendo agevolazioni per il beneficiario quali, ad esempio, una restituzione molto dilazionata nel tempo - non è a fondo perduto, gli effetti contabili rilevano ai fini del fabbisogno mentre non rilevano ai fini dell’indebitamento in quanto è prevista la restituzione del capitale, anche se in un arco temporale molto esteso.
Il quadro di copertura degli oneri correnti nella legge finanziaria
Ai sensi dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, in materia di contabilità pubblica, la legge finanziaria può prevedere oneri correnti, sotto forma di nuove o maggiori spese ovvero di riduzioni di entrate, nei limiti delle disponibilità derivanti da nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive nonché da riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.
Vincolo di copertura degli oneri correnti |
Il rispetto di tale vincolo - stabilito in attuazione del disposto costituzionale di cui all’articolo 81, quarto comma, della Costituzione – è verificabile sulla base di un apposito prospetto di copertura, allegato al disegno di legge finanziaria, che espone gli oneri correnti[65] recati dal medesimo disegno di legge ed i relativi mezzi di copertura.
Nelle ultime sessioni di bilancio si è fatto prevalentemente ricorso alle seguenti forme di copertura degli oneri correnti recati dal disegno di legge finanziaria:
Mezzi di copertura abitualmente previsti |
· risorse previste dallo stesso disegno di legge finanziaria, derivanti dalle norme in esso contenute e nelle tabelle allegate (tabella A e tabella C limitatamente alle voci di spesa corrente);
· risorse derivanti, come effetti indotti, dal medesimo disegno di legge finanziaria;
· effetti diretti ed effetti indotti derivanti da altri provvedimenti[66].
In base alla prassi interpretativa dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468 del 1978 - sancita dalla Camera e dal Senato nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 - è consentito, per finalità di copertura, anche il ricorso al miglioramento del risparmio pubblico rispetto alle previsioni assestate del bilancio in esercizio. In sede di definizione degli equilibri finanziari per il nuovo anno vale pertanto esclusivamente il divieto di peggioramento del risparmio pubblico. Fino alla sessione di bilancio per il 1999 non si è fatto peraltro ricorso all’utilizzo del miglioramento del risparmio pubblico a legislazione vigente quale mezzo di copertura.
Utilizzo del miglioramento del risparmio pubblico |
Nelle finanziarie per il 2000, per il 2001, il 2002 ed il 2003, sono state utilizzate, a fini di copertura, anche quote del miglioramento del risparmio pubblico a legislazione vigente, ossia del miglioramento di tale saldo riscontrabile dal raffronto tra l’assestamento dell’anno in corso ed il bilancio a legislazione vigente riferito ai successivi esercizi.
Nelle finanziarie per il 2004, per il 2005 e per il 2006, tale modalità di copertura non è stata invece utilizzata, presumibilmente in ragione del valore negativo che tale saldo ha continuato ad assumere nei bilanci a legislazione vigente riferiti ai predetti anni, sia pure in una prospettiva di miglioramento rispetto alle precedenti previsioni assestate.
Ad eccezione delle leggi finanziarie per il 2003 e per il 2005 che hanno per lo più utilizzato modalità di copertura interne ai medesimi provvedimenti[67], le altre leggi finanziarie approvate nel corso della legislatura hanno fatto ricorso anche a risorse (maggiori entrate e risparmi di spesa) apprestate con provvedimenti esterni al disegno di legge finanziaria. In particolare, nella finanziaria 2004 tali risorse – recati dal D.L. n. 269/2003 - hanno costituito circa il 73,3 per cento del complesso dei mezzi di copertura complessivamente utilizzati.
Infine, l’incidenza tra i mezzi di copertura di effetti indotti, particolarmente rilevante nelle finanziarie per il 2002, il 2003 ed il 2004, risulta nettamente ridimensionato nella leggi finanziarie per il 2005 e per il 2006.
Surplus dei mezzi di copertura nelle ultime finanziarie |
Un’altra caratteristica che si rileva, nelle finanziarie approvate nel corso della legislatura, è un’eccedenza dei mezzi di copertura rispetto agli oneri da coprire in ciascun anno del triennio[68], che dà luogo ad un margine positivo riportato nei vari prospetti di copertura.
In merito alle considerazioni formulate dal Servizio Bilancio sui prospetti di copertura allegati alle ultime leggi finanziarie, per quanto attiene all’analisi degli oneri indicati, sono stati richiesti, di volta in volta, chiarimenti circa talune voci relativi ad effetti di maggiore spesa o di minore entrata, che non sembravano figurare nell’apposito prospetto allegato ai disegni di legge finanziaria.
Inoltre, sono stati talvolta evidenziati gli aspetti incerti o problematici della quantificazione degli oneri, anche alla luce dell’analisi svolta per la verifica della relazione tecnica. Sotto questo aspetto di particolare rilievo sono le osservazioni formulate riguardo alla determinazione degli oneri per le cosiddette “eccedenze di spesa”. Nel rinviare in proposito alla specifica analisi sull’argomento riportata nel presente dossier, si evidenzia come uno dei profili segnalati nell’ambito delle analisi dei prospetti di copertura, riguarda l’andamento fortemente decrescente attribuito a tale voce di spesa per gli anni successivi al primo esercizio di riferimento di ciascuna legge finanziaria, a partire dalla legge finanziaria per il 2003[69].
Tale schema di previsione triennale, riproposto dalle successive leggi finanziarie, ha comportato che la previsione per il primo anno di riferimento di ciascuna legge finanziaria fosse sistematicamente rivista al rialzo, senza incidere invece sulla dinamica prevista per gli esercizi successivi, che è sempre risultata di gran lunga più contenuta.
Andamento delle eccedenze di spesa |
Ad esempio, il prospetto di copertura allegato alla finanziaria 2005 indicava per il 2006 ed il 2007 importi di spesa notevolmente ridotti rispetto al primo anno. Nel prospetto di copertura allegato alla successiva legge finanziaria (legge finanziaria 2006), l’importo iscritto per l’esercizio 2006 – divenuto primo esercizio del triennio di riferimento della nuova manovra - è stato notevolmente incrementato rispetto all’indicazione della precedente legge finanziaria, mentre non è stata conseguentemente rivista la dinamica per gli esercizi successivi al primo, che presentavano comunque un trend di spesa notevolmente più contenuto[70].
Sono stati pertanto richiesti chiarimenti riguardo al profilo fortemente discendente attribuito, nell’ambito delle ultime manovre finanziarie agli oneri riferiti ad eccedenze di spesa, per gli esercizi successivi al primo di riferimento.
Analisi delle modalità di copertura |
Riguardo all’analisi delle modalità di copertura, alcune considerazioni di carattere ricorrente sono state formulate con riferimento alle caratteristiche del medesimo prospetto e alla coerenza delle modalità di copertura in rapporto agli oneri previsti.
Con particolare riferimento alle leggi finanziarie per il 2004, il 2005 ed il 2006, è stato osservato come la maggior parte degli oneri previsti[71] fosse riconducibile a dinamiche particolarmente sostenute registrate nei flussi tendenziali di spesa piuttosto che a decisioni di spesa pienamente discrezionali assunte nell’ambito della manovra. Si trattava quindi di tendenze rispetto alle quali apparivano piuttosto limitati i margini di intervento in sede di esame della manovra finanziaria.
Inoltre, una quota consistente di tali oneri sembrava rivestire, in base al prospetto di copertura, carattere di sostanziale stabilità, proiettandosi anche negli esercizi successivi al primo.
A fronte di tali tipologie di oneri, i mezzi di copertura predisposti non sempre sembravano presentare un’equivalente grado di certezza e/o di continuità.
Coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura |
In particolare, il profilo della coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura è stato oggetto di osservazioni in occasione della verifica del prospetto di copertura allegato alla finanziaria per il 2004, che evidenziava l’utilizzo per una quota rilevante di mezzi di copertura ascrivibili al D.L. n. 269/2003: dal confronto tra gli effetti finanziari di tale decreto legge scontati nel quadro di copertura e gli oneri correnti recati dal disegno di legge finanziaria emergeva peraltro come questi ultimi presentassero un prevalente carattere permanente, potendo qualificarsi sostanzialmente come oneri a regime, mentre i mezzi di copertura previsti per il 2004 avevano in parte rilevante durata limitata ad un anno e venivano sostituiti nel 2005 e nel 2006 da altre tipologie di misure[72].
Particolare rilievo è stato attribuito, nelle considerazioni del Servizio del Bilancio, alla tematica relativa all’utilizzo di risorse che, per loro stessa natura, non potevano essere stimate nel loro ammontare senza prescindere da un certo grado di approssimazione o da valutazioni circa probabili comportamenti dei soggetti interessati, prefigurabili solo in via di ipotesi.
Differente grado di certezza degli oneri e dei mezzi di copertura |
La questione ha riguardato soprattutto l’utilizzo di effetti di maggior gettito[73] ascritti a misure di contrasto all’evasione e di potenziamento dell’attività di accertamento, che, nell’ambito delle ultime leggi finanziarie, hanno concorso in misura considerevole a determinare l’ammontare complessivo dei mezzi di copertura.
La legge finanziaria 2004 (legge n. 350/2003) utilizzava, a copertura degli oneri correnti, risorse provenienti dal decreto-legge n. 269/2003, i cui effetti di maggiore entrata erano riconducibili, per una parte considerevole alle disposizioni relative al potenziamento dell’attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria (3.017 mln. per il 2005 e 3.531 mln. per il 2006, che concorrevano a determinare i mezzi di copertura degli oneri correnti previsti alla finanziaria 2004 nella misura di circa il 25,6% per il 2005 e di circa il 29,4% per il 2006).
Nella legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) invece una quota considerevole dei mezzi di copertura era costituita dagli effetti ascritti ad un complesso di disposizioni della stessa legge in materia di recupero di base imponibile, adeguamento agli studi di settore ed accertamentononché di incremento del gettito. Il complesso di tali disposizioni determinava risorse da utilizzare a copertura degli oneri correnti, indicate nell’apposito prospetto, alla voce “Manutenzione base imponibile”, per un importo 6.160 mln. di euro nel primo anno e per 14.883 nel triennio (rispettivamente, il 39,8 ed il 31,9% del totale dei mezzi di copertura previsti per i medesimi periodi) [74].
Infine, hanno contribuito in misura consistente a determinare l’ammontare dei mezzi di copertura apprestati dalla finanziaria 2006 (legge n. 266/2005), le disposizioni in materia di accertamento previste dall’articolo 2 del D.L. n. 203/2005 (circa il 17,9% dei mezzi di copertura per il 2006, considerando anche gli accertamenti doganali). L’incidenza di tale voce cresce nel 2007 al 29,6% e nel 2008 al 30,6% circa.
In particolare, in occasione dell’analisi del disegno di legge finanziaria 2006, è stata evidenziata la necessità di ulteriori elementi informativi, anche quantitativi, necessari per una puntuale verifica del grado di prudenzialità associabile alla stima fornita, tenuto conto che il realizzarsi di un incremento delle entrate inferiore a quello quantificato dalla relazione tecnica avrebbe potuto riflettersi sui mezzi di copertura degli oneri correnti recati dalla legge finanziaria.
Rilievi specifici emersi nella legge finanziaria 2006 |
Analoghe considerazioni sono state svolte in merito alla quota, non trascurabile, di mezzi di copertura fornita – nell’ambito dell’ultima legge finanziaria - dalle disposizioni in materia di giochi. Anche a questo proposito, è stato infatti rilevato come le entrate in questione siano in larga misura condizionate da comportamenti dei soggetti destinatari della disciplina non sempre prevedibili e tali comunque da originare stime non sempre caratterizzate da un sufficiente grado di affidabilità. E’ stato quindi evidenziato come, per verificare l’attendibilità della stima, non si potesse prescindere dall’acquisizione di dati circa l’efficacia delle misure già adottate in materia nel quadro delle precedenti manovre finanziarie.
Si ricorda che la Corte dei conti[75] ha sollevato la questione del “rischio di aleatorietà” delle entrate da giochi, che per loro natura sono “di tipo più o meno volontario”. Nello specifico, la Corte ha ritenuto che nel 2005 e negli anni successivi difficilmente si sarebbero potuti verificare, dopo la progressione registrata nel 2004, i nuovi consistenti incrementi previsti per i proventi del lotto e degli altri giochi[76].
Ulteriori considerazioni svolte dal Servizio Bilancio hanno riguardato specifiche voci di entrata o di risparmio di spesa utilizzate per finalità di copertura degli oneri correnti.
Profili problematici relativi ad alcune voci di entrata e di risparmio |
Uno specifico rilievo ha assunto l’utilizzo, nell’ambito del quadro di copertura delle leggi finanziarie per il 2005 ed il 2006, dei risparmi dovuti all’applicazione di misure di contenimento sul lato della spesa. Si fa riferimento, in particolare, ai risparmi ascritti al tetto del 2 per cento posto agli stanziamenti relativi al bilancio dello Stato – riconducibile sostanzialmente alla categoria dei consumi intermedi - previsto dalla finanziaria 2005 e ad altre e altre misure di riduzione delle spese della pubblica amministrazione previste dalla legge finanziaria 2006.
E’ stato rilevato infatti come l’effettivo conseguimento di tali risparmi – scontato nel quadro di copertura – avrebbe potuto presentare profili problematici correlati sostanzialmente alla circostanza che le spese in questione erano già state oggetto di ripetute riduzioni con norme adottate soprattutto nell’ambito delle manovre finanziarie annuali e della possibilità di “effetti di rimbalzo” della spesa, conseguenti alle predette misure di contenimento.
Infine, in merito all’utilizzo a copertura degli effetti indottidella stessa legge finanziaria o di altri provvedimenti esterni – risorse che, secondo una prassi già adottata in occasione di precedenti sessioni di bilancio, sono state impiegate in percentuali più rilevanti nelle finanziarie per il 2002 e il 2003 - è stato osservato come la maggior parte di tali effetti non sia generalmente oggetto di una specifica quantificazione da parte della relativa relazione tecnica. E’ stata quindi evidenziata l’opportunità di un’esplicitazione da parte del Governo dei dati e dei parametri utilizzati nonché della metodologia seguita per il computo dei predetti effetti.
Autorizzazioni e previsioni di spesa: le innovazioni introdotte dalla Legge n. 246 del 2002
L’esigenza di rendere più efficaci gli strumenti legislativi di controllo degli andamenti delle leggi di spesa ha trovato attuazione nel corso della XIV legislatura con le significative modifiche apportate alla normativa contabile ad opera della legge n.246 del 2002[77].
La legge n. 246-2002 ha a tal fine innovato la legge n.468 del 1978, suddividendo le leggi di spesa in due categorie, vale a dire:
a) le norme che recano autorizzazioni costituenti limiti massimi di spesa;
b) le norme che recano previsioni di spesa.
Entrambe le categorie sono sottoposte, come più avanti si preciserà, a meccanismi di controllo volti a correggerne eventuali andamenti eccedenti l’ammontare delle risorse stanziate a copertura.
La medesima legge n. 246, inoltre, ha attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze, qualora si verifichino particolari circostanze, uno specifico potere di intervento di natura amministrativa ai fini del contenimento degli andamenti di spesa.
In quanto di carattere amministrativo, tale intervento ha carattere congiunturale: esso, pertanto, non ha la finalità di incidere sulle cause che originano lo squilibrio, bensì quella di circoscrivere gli effetti di scostamenti degli andamenti medesimi rispetto a quelli considerati all’atto della predisposizione dei quadri annuali di finanza pubblica.
L’intervento amministrativo di correzione degli andamenti di spesa
L’articolo 1, comma 3, della legge n. 246 del 2002 prevede che:
· in presenza di uno “scostamento rilevante”dagli obiettivi indicati per l’anno dal DPEF il Ministro dell’economia e delle finanze deve riferire al Consiglio dei Ministri;
· a seguito di deliberazione del Consiglio medesimo, con D.P.C.M. viene adottato un atto di indirizzo e coordinamento dell’azione amministrativa del Governo per il controllo degli andamenti finanziari;
· l’atto deve essere trasmesso al Parlamento per il parere delle competenti Commissioni parlamentari;
· sulla base di quanto previsto nell’atto, il Ministro dell’economia e delle finanze dispone, con proprio decreto, limitazioni all’assunzione degli impegni di spesa e all’emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato, ad esclusione delle categorie di spesa obbligatoria (stipendi, pensioni ecc..) e di eventuali altre categorie di spesa non obbligatoria;
· con il medesimo decreto può disporsi la riduzione delle spese di funzionamento previste nei bilanci degli enti ed organismi pubblici non territoriali[78].
L’intervento in questione è stato attuato nel solo anno 2002 e, solo parzialmente, nell’anno 2003, mentre negli anni 2004 e 2005 gli interventi di contenimento sono stati operati direttamente con norme legislative.
Nel 2002 l’atto di indirizzo è stato emanato con DPCM 29 novembre 2002, cui ha fatto seguito il decreto ministeriale di limitazione delle spese; nel 2003 all’atto di indirizzo, emanato – peraltro quando non era ancora emerso lo “scostamento rilevante” previsto dalla norma[79] - con DPCM 18 aprile 2003, non ha poi fatto seguito alcun decreto ministeriale. Nel 2004 lo schema dell’atto di indirizzo è stato predisposto ed inviato alle Commissioni parlamentari (Doc n.365) ma non si è poi proceduto all’emanazione del DPCM, in considerazione dell’intervento legislativo di contenimento della spesa poi operato con il D.L. n.168/2004[80]. Nel 2005 non è stato predisposto alcun atto di indirizzo: uno specifico intervento di contenimento della spesa è stato tuttavia operato nel corso dell’anno con il D.L. n.211 del 2005[81].
L’autorizzazione come limite di spesa
La prima delle due categorie cui, come segnalato all’inizio, la legge n. 246 riconduce le leggi di spesa è costituito da quelle la cui autorizzazione legislativa di spesa costituisce limite massimo della spesa medesima.
L’articolo 1 della predetta legge, modificando l’articolo 11-ter della legge n.468/1978, dispone infatti che “In attuazione dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata che si intende come limite massimo di spesa (...)”
Allo scopo di rendere effettiva la cogenza del limite in questione, l’articolo 11-ter dispone alcuni presidi procedurali, in base ai quali:
Vincoli di natura procedurale previsti dalla norma |
le disposizioni recanti nuovi oneri hanno efficacia solo finché sussistono le corrispondenti dotazioni di spesa.
qualora tali dotazioni risultino completamente utilizzate, un apposito atto amministrativo[82] - che svolge di fatto una funzione di pubblicità-notizia – dà conto dell’avvenuto raggiungimento del limite di spesa. Per la legislazione previgente tale limite è costituito dai rispettivi stanziamenti iscritti nel bilancio di previsione dello Stato;
a far data dalla pubblicazione di tale decreto sulla Gazzetta Ufficiale le disposizioni recanti le espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia.
Il controllo e la vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni per quanto concerne le Amministrazioni dello Stato è affidato al Dipartimento della RGS; per quanto concerne gli enti ed organismi pubblici non territoriali tali funzioni vengono affidate ai rispettivi organi interni di revisione e controllo, anche ai fini della segnalazione al Ministero dell’economia.
La finalità propria della nuova disciplina è quella di porre rimedio alle possibili incongruità delle quantificazioni degli oneri introdotti dalla legislazione di spesa, impedendo, finché non intervenga una nuova apposita decisione legislativa, che tali incongruità si scarichino automaticamente sugli andamenti della spesa.
Presupposti per una efficace applicazione della nuova disciplina |
Sulla base delle leggi di spesa finora emanate dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, vale a dire recanti l’autorizzazione legislativa come limite di spesa, sembra emergere l’opportunità, al fine di evitare possibili questioni applicative, che: 1) le spese oggetto dell’autorizzazione-limite siano ampiamente modulabili, e che pertanto abbiano carattere discrezionale; 2), che gli oneri siano stati determinati sulla base dell’ordinario procedimento di quantificazione.
Mancando tale ultimo requisito, qualora cioè ci si trovi in presenza di stanziamenti non corredati da una specifica quantificazione, la norma può incidere negativamente sull’efficacia della spesa. Tale ultima situazione può verificarsi in particolare nel caso di spese di parte capitale.
Ad esempio la legge n.376 del 2003, recante finanziamenti per le opere pubbliche, ha disposto una serie di interventi per i quali non è stata fornita alcuna indicazione circa le ragioni della quantificazione di ciascun intervento. In tal modo non può escludersi che le risorse stanziate, pur rappresentando un tetto di spesa, possano rivelarsi insufficienti rispetto alle finalità dell’opera cui sono destinate, determinando in tal modo la necessità di nuovi finanziamenti per il completamento della medesima. Tali indicazioni appaiono tanto più opportune in quanto le opere che si intendono realizzare mediante spese di investimento hanno nella quasi totalità carattere di indivisibilità (porti, strade, dighe , ad esempio), per cui una realizzazione parziale non determina una utilità proporzionale alle risorse investite[83].
Norme che determinano diritti o aspettative da parte dei destinatari |
Mancando invece il primo dei due requisiti sopradetti, qualora cioè ci si trovi sia in presenza di interventi che determinano aspettative od obblighi della pubblica amministrazione verso soggetti esterni, la norma potrebbe determinare situazioni di incertezza nei confronti dei soggetti medesimi.
Tale situazione si ha in particolare quando il limite di spesa si riferisce a norme che determinano situazioni di diritto – ma anche di semplice aspettativa – nella posizione dei destinatari della norma medesima.
E’ il caso ad esempio dell’articolo 7-ter della legge n.43/2005[84] che ha istituito il Fondo per il personale delle Ferrovie dello Stato definendo la dotazione annua (8 milioni) come tetto di spesa benché il fondo sia destinato all’estensione al personale in quiescenza delle Ferrovie di taluni benefici economici già corrisposti al personale in servizio: benefici che, come osservato dal Servizio Bilancio[85], sembrano aver natura di diritti soggettivi, per loro natura difficilmente riconducibili nell’ambito di un limite di spesa, anche in considerazione dell’assenza di una specifica relazione tecnica ( da cui eventualmente desumere la congruità dello stanziamento rispetto ai diritti da soddisfare). E’ il caso, analogamente, dell’articolo 2-bis della L.n.47/2004[86] relativo all’esenzione IVA delle prestazioni infragruppo di carattere ausiliario, anche esso attributivo di un diritto all’esenzione in questione.
Questione dei diritti da soddisfare entro il limite delle risorse autorizzate |
In tale situazione l’apposizione del limite di spesa comporta necessariamente che le posizioni di diritto create dalla norma trovino soddisfacimento nel limite delle risorse autorizzate: ciò tuttavia richiederebbe l’indicazione di criteri di massima per il rispetto del limite delle risorse e per l’accesso alle stesse da parte degli aventi diritto (ordine cronologico delle domande, ammontare medio del beneficio di cui usufruire, requisiti ecc.).
Previsione di spesa e clausola di salvaguardia
Funzione della clausola di salvaguardia |
La seconda categoria di spesa prevista dalla legge n.246 in argomento è costituita dalle norme che recano una previsione di spesa, le quali devono - in quanto, per l’appunto “previsioni” - recare una clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano la previsione stessa, vale a dire per mantenere nel tempo la coerenza tra onere e copertura.
Nell’articolo 11-ter, comma 1, della L.n.468/1978 – come modificata dalla legge n.246 in questione - si dispone che le leggi in questione devono recare “una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime”.
Anche in tale ipotesi, come per la prima categoria di spesa, per la legislazione previgente la previsione di spesa è costituta dagli stanziamenti iscritti in bilancio.
Pertanto, in assenza del tetto si spesa, la presenza della clausola di salvaguardia appare configurata come un requisito necessario della legge ai fini della corretta formulazione della copertura finanziaria della stessa.
Legislazione applicativa della clausola |
Va peraltro rilevato – sulla base delle leggi finora emanate sulla base della nuova disciplina in esame - che la funzione della clausola in questione è stata delineata con la finalità di compensare – come recita l’articolo 11-ter - gli effetti di spesa che eccedono le previsioni, e non con quella di eliminare lo scostamento (cioè di ripristinare l’allineamento tra onere e copertura).
Sulla base delle norme finora emanate recanti la clausola di salvaguardia, la compensazione degli effetti “anomali”di spesa mediante la attivazione della clausola è stata di fatto intesa dal legislatore come costituente una prima fase dell’intervento correttivo, cui di norma dovrà poi far seguito, per ripristinare la coerenza tra onere e copertura, l’adozione dei provvedimenti previsti dal comma 7 dell’articolo 11-ter nonché dall’articolo 11, comma 3, lettera i-quater della L.n.468/1978
Gli interventi consentiti in legge finanziaria |
Al fine di rafforzare la necessità di adottare misure correttive degli effetti predetti, la legge 246 in esame ha infatti ampliato il contenuto normativo della legge finanziaria, prevedendo espressamente che essa possa recare, oltre a quanto già previsto dall’articolo 11 della L.n.468/1978, anche norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi che presentino andamenti di spesa eccedenti le corrispondenti coperture. Si tratta delle cosiddette eccedenze di spesa cui si riferisce l’articolo 11, comma 3, lettera i-quater della legge 468, di cui si dirà nel paragrafo seguente.
Un esempio della sequenza procedurale ora descritta può indicarsi nella legge n. 206/2004, recante benefici per le vittime del terrorismo.
L’articolo 16 di tale legge, recante la copertura finanziaria dispone infatti che:
· il Ministro dell’economia provvede al monitoraggio degli oneri recati dalla legge;
· tale monitoraggio è effettuato al fine dell’adozione dei provvedimenti correttivi previsti dalla legge n.468/1978 (all’articolo 11-ter, comma 7), ovvero delle misure correttive da assumere in sede di legge finanziaria a norma della medesima legge n.468 (all’articolo 11, comma 3, lettera i-quater);
· qualora, in attesa dell’intervento dei predetti provvedimenti o misure, si debba comunque far fronte alle necessità di provvedere al finanziamento delle maggiori spese, si consente al Ministro dell’economia di attingere al Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine[87]
Va segnalato che in talune norme, concernenti generalmente interventi di sostegno occupazionale, il finanziamento delle eccedenze di spesa è stato disposto a carico del Fondo dell’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7 del D.L. n.148/1993[88], mediante “corrispondente rideterminazione” degli interventi posti a carico del Fondo dalla normativa vigente. E’ il caso dell’articolo 1-bis della L. n. 291/2004, dell’articolo 13, comma 6, della L. n.80/2005 e della L. n.248/2005[89]. In tutte e tre tali norme si precisa espressamente che tale rideterminazione va disposta “limitatamente al periodo strettamente necessario all’adozione dei (...) provvedimenti correttivi.
Va peraltro segnalato che in un numero limitato di casi la clausola di salvaguardia reca essa stessa le misure di compensazione: in tal modo il legislatore, nell’introdurre la norma di spesa, enuncia contestualmente la correzione che verrà applicata in caso di andamento eccedente le previsioni della spesa medesima, sulla base delle risultanze del monitoraggio.
Si tratta in particolare:
Altre modalità applicative della clausola |
· dell’articolo 2-bis della L.n.109/2005[90]che, nell’estendere alcune agevolazioni fiscali allo svolgimento dei referendum abrogativi ne ha valutato l’onere in 0,5 milioni di euro per il 2005, disponendo che sulla base del monitoraggio effettuato dal Ministero dell’economia, è “fatta salva la facoltà delle amministrazioni interessate di ripetere pro quota dai soggetti interessati le somme eccedenti” la spesa predetta;
· dell’articolo 2 della L.n.44/2006 che, nello stabilire i nuovi importi degli assegni spettanti ai soggetti aventi diritto all’accompagnatore militare, con un onere valutato in circa 21,6 milioni per gli anni 2006 e 2007, ha disposto che in caso di scostamenti rispetto alla previsione di spesa il Ministro dell’economia provvede a modificare l’importo degli assegni medesimi;
· dell’articolo 2 della legge n.104/2006 che, nell’estendere l’indennità di maternità alle donne dirigenti, formulando una previsione di spesa di 11,7 milioni annui, prevede che qualora sulla base del monitoraggio sull’applicazione della legge (affidato all’INPS, che ne comunica gli esiti al Ministero dell’economia) emergano scostamenti rispetto a tale previsione, vengano corrispondentemente rimodulate le aliquote contributive a carico dei datori di lavoro di riferimento.
Può affermarsi, pertanto, che le norme di controllo della spesa introdotte dalla L.n.246 recano un procedimento di correzione-aggiornamento della copertura, che interviene quando nel corso dell’attuazione delle leggi emerge – pur in presenza di un ciclo della quantificazione correttamente effettuato e “validato” in sede parlamentare - una incongruità tra onere e copertura. Ciò sia per il caso in cui venga raggiunto il limite massimo di spesa - il che comporta la sanzione della cessazione dell’efficacia delle norme di spesa – che nel caso in cui la previsione si dimostri superata dalle ulteriori necessità di spesa.
Le eccedenze di spesa
Le nuove regole sul controllo della spesa introdotte dalla legge n.246/2002 si completano con la previsione dell’istituto delle “eccedenze di spesa”, recata dall’articolo 11, comma 3, lettera i-quater[91], della legge n.468/1978, mediante cui si inseriscono nell’ambito del contenuto proprio della legge finanziaria anche le “norme recanti misure correttive delle leggi” recanti previsioni di spesa (vale a dire quelle di cui al punto 3.2 che precede).
Si ha eccedenza di spesa quando nell’attuazione di una legge si verifica uno scostamento finanziario rispetto all’onere previsto dalla legge medesima.
Iniziative affidate al Ministro dell’economia |
Qualora si verifichi tale scostamento, il Ministro dell’economia assume le “conseguenti iniziative legislative” (come prevede l’articolo 11-ter, comma 7, della legge n.468/1978, già illustrato in precedenza): iniziative che possono anche essere adottate in sede di legge finanziaria, mediante le “misure correttive” previste dalla lettera i-quater in questione.
Va precisato che tali misure possono intervenire anche quando lo scostamento si determina rispetto alle previsioni di entrata contenute in una legge: la procedura prevista dalla lettera i-quater non ha peraltro finora ricevuto applicazione per gli andamenti “anomali” di entrata.
Prima applicazione nella legge finanziaria 2004 |
Il nuovo istituto è stato applicato per la prima volta nella legge finanziaria 2004. Ciò a seguito di quanto emerso nell’ambito del d.d.l. di assestamento per il 2003, nel quale una serie di oneri evidenziatisi nel corso dell’esercizio non sono stati inseriti nel d.d.l. medesimo ma – in ragione della loro natura, definita di “spese eccedenti la relativa previsione normativa”[92] - sono stati rinviati, sulla base della nuova disciplina, alla decisione legislativa da assumere in sede di legge finanziaria per il 2004.
Confermando tale indicazione, l’articolo 4, comma 246, della legge n.350/2003[93] è stata corredata di un apposito allegato recante il rifinanziamento delle eccedenze di spesa. Analogamente si è proceduto nelle due successive leggi finanziarie, come si riepiloga nella tabella che segue.
La tabella riporta, l’ammontare delle eccedenze di spesa previsto nelle leggi finanziarie (in neretto è indicato l’importo del primo anno di riferimento di ciascuna legge finanziaria) al lordo della quota attribuita alle regolazioni debitorie (indicata in corsivo).
(importi in milioni di euro)
Legge n. 350/2003 |
Legge n. 311/2004 |
Legge n. 266/2005 |
||||||
anno 2004 |
anno 2005 |
anno 2006 |
anno 2005 |
anno 2006 |
anno 2007 |
anno 2006 |
anno 2007 |
anno 2008 |
4.205 |
2.516 |
2.687 |
3.236 |
242 |
238 |
2.712 |
696 |
756 |
di cui: reg.deb. 1.786 |
|
|
di cui: reg. deb . 1.106 |
|
|
di cui: reg. deb. 403 |
|
|
Come si può osservare, il complessivo ricorso alle eccedenze di spesa, con riferimento al solo primo anno di applicazione di ciascuna legge finanziaria, ammonta a 10.153 milioni di euro di cui una quota pari a 3.295 milioni è qualificata come regolazione debitoria.
Come è evidente, si tratta di un fenomeno rilevante sotto il profilo quantitativo, la cui emersione è stata possibile solo a seguito delle nuove regole allo scopo dettate dalla legge n.246 in esame. Sulla base della legislazione contabile previgente, infatti, la maggiore spesa sarebbe stata inserita – in quanto qualificabile come spesa a legislazione vigente – nel bilancio di previsione, nell’ambito degli andamenti tendenziali delle corrispondenti categorie di spesa. Ora invece, sulla base della prassi applicativa finora seguita, questa spesa riceve una apposita evidenziazione e, per la parte riferita al triennio di competenza della legge finanziaria[94], viene inserita nell’ambito degli oneri correnti considerati nel prospetto di copertura della legge medesima.
La nuova disciplina ha in tal modo significativamente aumentato la trasparenza della decisione di spesa: non sembra invece aver finora inciso con eguali risultati sul contenimento della stessa.
Nozione di “misure correttive” |
Ciò in quanto la nozione di “misure correttive” non ha dato luogo ad un intervento sulla legislazione sostanziale al fine di diminuire la spesa prevista e riportarla entro i limiti della copertura, bensì è stata applicata esclusivamente come motivo di reperimento delle ulteriori risorse necessarie a rifinanziamento dell’eccedenza di spesa. A tal fine ciascuna legge finanziaria reca una allegato che individua l’ammontare complessivo delle nuove necessità di spesa.
Questa prassi fa sì che gli effetti sul saldo netto da finanziare siano identici a quanto avveniva sulla base della legislazione previgente: in quest’ultima la maggiore spesa rispetto alle previsione legislativa peggiorava il tendenziale (cioè il bilancio di previsione); nella nuova disciplina essa aumenta l’ammontare dell’onere da coprire con la manovra finanziaria. Poiché l’obiettivo di manovra è fissato in termini di saldo, questo rimane comunque identico.
Il saldo netto da finanziare considera infatti dal lato dell’onere sia la legislazione vigente che i nuovi oneri (maggiori spese e/o minori entrate) derivanti dalla manovra. Ai fini del saldo medesimo, pertanto l’inclusione della maggiore spesa da eccedenza nell’uno o nell’altro addendo non comporta conseguenze sotto il profilo quantitativo.
Eccedenze di spesa a valere su regolazioni debitorie |
Un particolare profilo problematico che va segnalato per le eccedenze in esame concerne la quota delle stesse che si riscontrano nell’anno precedente quello cui è riferita ciascuna legge finanziaria: quota che ammonta finora a quasi un terzo (32,4%) delle eccedenze stesse. Tali importi, in quanto relativi ad anni pregressi, vengono infatti ascritti alla categoria delle regolazioni debitorie e, come tali, non sono soggetti al vincolo di copertura delle spese correnti stabilito per la legge finanziaria[95]. Pertanto non rilevano né ai fini del saldo netto da finanziare (in quanto non risultano iscritte come spese correnti) né incidono sul fabbisogno di cassa, in quanto i relativi pagamenti sono già avvenuti ed i conseguenti effetti si registrano sul fabbisogno dell’anno precedente. Analogamente non si riflettono sull’indebitamento delle pubbliche amministrazioni.
Ne risulta confermata l’opportunità – in taluni casi – di una diversi prassi applicativa della nozione di “misure correttive degli effetti finanziari delle leggi” introdotta dalla lettera i-quater in argomento: vale a dire attuando tale strumento non solo nel senso- come finora si è proceduto – di adeguare la copertura di bilancio all’andamento eccedente (rispetto alle previsioni) della spesa, ma anche nella direzione, ove concretamente praticabile, di riallineare la normativa sostanziale alle dotazioni finanziarie.
La quantificazione nelle deleghe legislative
La verifica delle quantificazioni nelle deleghe legislative
Il crescente ricorso allo strumento della delega legislativa, riscontrabile soprattutto nelle ultime due legislature, ha dato luogo al prodursi di numerose problematiche: a) sia in ordine alle verifiche delle relative quantificazioni – ovvero con riguardo al riscontro dell’ eventuale criterio direttivo della non onerosità – b) sia per quanto concerne le differenti modalità di copertura degli oneri derivanti dalla attuazione della delega.
Il procedimento di verifica si svolge in due fasi |
Con riguardo al primo profilo, tanto nell’uno che nell’altro caso – vale a dire sia per le deleghe a carattere oneroso che per quelle finanziariamente neutre - in base alla vigente normativa in materia contabile, il procedimento di verifica della relazione tecnica deve comunque essere effettuato due volte: tanto in sede di approvazione delle norme di delega quanto preliminarmente all’emanazione dei conseguenti decreti legislativi.
Ciò in quanto gli effetti di spesa che derivano dalle norme di delega a carattere oneroso non si producono all’atto dell’approvazione della legge ma al momento dell’entrata in vigore della normativa delegata. Analogamente, per le deleghe non onerose, l’invarianza finanziaria deve riscontrarsi rispetto alla disciplina dettata dai decreti delegati.
La prima fase della verifica ha lo scopo di valutare se le risorse finanziarie appaiano o meno corrispondenti al conseguimento degli obiettivi e delle finalità perseguite dalla legge delega, ovvero se la neutralità finanziaria delle stessa sia effettivamente attuabile mediante la disciplina che verrà attuata dai decreti legislativi delegati. Nei casi in cui la disciplina è prefigurata dalla delega con forti caratteri di generalità, la struttura talvolta necessariamente ricognitiva ed ipotetica della relazione tecnica – che può anche essere assente nel caso delle norme di delega non onerose – rende problematica la verifica
In taluni casi, peraltro, è stata ravvisata la necessità, per i d.d.l. di delega che ne risultassero sprovvisti, di produrre una relazione tecnica per dar conto della congruità delle risorse finanziarie: Può citarsi ad esempio l’A.C. 3437, recante norme per il riordino dei ruoli di alcune forze militari e di polizia, il cui articolo 1, ai primi due commi, detta alcuni specifici principi e criteri da applicare per il riordino medesimo, nell’ambito delle risorse finanziarie già stanziate allo scopo[96]. Nel corso dell’esame in Commissione è stata rilevata la necessità, in considerazione del carattere dettagliato delle norme di delega e degli scarsi margini di flessibilità consentiti al legislatore delegato ai fini del rispetto del limite finanziario, di acquisire una relazione tecnica per confermare la adeguatezza delle risorse in questione. Il Governo ha fornito alcuni dei chiarimenti richiesti nel corso della seduta, senza tuttavia presentare specifiche documentazioni, e la Commissione ha espresso pertanto parere favorevole, ponendo comunque il vincolo dell’obbligo di relazione tecnica sugli schemi di decreto ed il parere sui medesimi anche delle Commissioni bilancio.[97]
La seconda faseconcerne la verifica della relazione tecnica presentata a corredo degli schemi di decreto legislativo. Essa si svolge secondo le usuali procedure ma, a differenza di quanto avviene nel procedimento legislativo ordinario, nel quale il parere della Commissione bilancio può incidere direttamente sul provvedimento, si conclude con un parere – ovvero con l’espressione dei propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario qualora l’atto normativo rientri nella competenza di altra Commissione – il cui recepimento è rimesso al Governo.
Ciò può comportare, in particolare per i provvedimenti che presentino consistenti problematiche di carattere finanziario, che in tale fase - che attiene alla legislazione direttamente produttiva degli oneri prefigurati dalla delega - al valore sostanziale del parere della Commissione bilancio, potrebbe non corrispondere un eguale rilievo procedimentale dello stesso.
Norme tese a rafforzare il parere della Commissione bilancio |
A tal fine, numerose disposizioni di delega di approvazione più recente hanno previsto norme tese a rafforzare il parere della Commissione sulla normativa attuativa delle deleghe.
Ad esempio sia l’articolo 1 della legge n.265/2004[98] che l’articolo 2 della legge n.385/2004[99]hanno previsto che ai fini della verifica dell’effettiva attuazione del criterio di invarianza finanziaria contenuto in entrambe le norma di delega, gli schemi di decreto legislativo debbano essere corredati di relazione tecnica, e che il parere debba essere espresso anche dalle Commissione parlamentari competenti “per le conseguenze di carattere finanziario”[100]. Analogamente l’articolo 1, commi 44 e 45 della legge n.243/2004[101] oltre a prevedere sia la relazione tecnica sugli schemi di decreto legislativo che il parere delle Commissioni competenti per le conseguenze di carattere finanziario ha altresì disposto – presumibilmente anche in considerazione del rilievo delle quantificazioni contenute nella delega – che qualora il Governo non intenda conformarsi alle osservazioni contenute nei pareri, anche con riguardo a quelle riferite “all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, 4°comma, della Costituzione” debba ritrasmettere i testi degli schemi medesimi ai fini dell’acquisizione del parere definitivo.
Il criterio dell’invarianza della spesa nelle deleghe prive di effetti onerosi |
Con riguardo al secondo dei profili sopradetti, concernente le modalità di copertura, oltre all’ordinario criterio di prevedere mezzi di copertura corrispondenti agli oneri che deriveranno dalla legislazione delegata, è stata in una ampia varietà di casi utilizzato il criterio della invarianza della spesa, disponendosi la neutralità finanziaria della delega rispetto al bilancio dello Stato o delle altre amministrazioni od enti pubblici interessati. In particolare:
1. Nel caso delle deleghe prive di effetti onerosi[102], il criterio dell’invarianza finanziaria risulta stabilito mediante:
a. l’ introduzione di una clausola di non onerosità.
· Talvolta la clausola di non onerosità è stata introdotta nel corso dell’esame parlamentare. Ciò è accaduto, ad esempio, per il disegno di legge di semplificazione 2001 dove la clausola è stata inserita nella norma di copertura[103] a seguito del parere della Commissione bilancio del Senato reso nel corso della seduta del 26 febbraio 2002.
Verifica della clausola di non onerosità |
· La clausola di non onerosità è presente anche in proposte di legge di iniziativa parlamentare. In tal caso peraltro è necessario che l’ipotesi di non onerosità sia confermata dai competenti uffici governativi – se necessario mediante la presentazione della relazione tecnica - al fine di accertare che l’inserimento della disposizione non costituisca una mera clausola di stile. In tal senso si può segnalare l’esame della proposta di legge contenuta nell’AC. 587[104]. Nell’ambito delle norme contenute nella proposta in questione, l’articolo 13 conferisce al Governo la delega per il riordino delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri stabili, a condizione che i decreti legislativi attuativi non comportino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. A fronte di tale previsione, la V^ Commissione ha ravvisato[105] l’opportunità di acquisire una conferma da parte del Governo circa l’effettiva idoneità della clausola di invarianza ad escludere l’insorgenza di oneri. Su tale opportunità ha convenuto il Governo, procedendosi pertanto alla richiesta della relazione tecnica[106], poi non pervenuta in tempo utile prima della cessazione della legislatura.
Principio dell’invarianza della spesa |
b. la previsione del principio di invarianza della spesa o del gettito. Tale criterio differisce dal precedente in quanto consente la possibilità che le singole norme producano effetti finanziari, fermo restando il vincolo che la somma degli effetti positivi e negativi sia nulla.
· Un esempio di tale modalità di copertura è contenuto nell’articolo 1, comma 8, lettera d) della legge 15 dicembre 2004, n. 308[107], recante la delega al Governo per il riordino della legislazione in materia ambientale. E’ stabilito, nell’ambito dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, che lo sviluppo ed il coordinamento delle misure che prevedono incentivi e disincentivi, volti a sostenere l'introduzione e l'adozione delle migliori tecnologie compatibili con l’ambiente, debba avvenire con l'invarianza del gettito.
· Un ulteriore esempio è dato dall’articolo 22 della legge 23 agosto 2004, n. 226[108], che, nel conferire una delega al Governo allo scopo di armonizzare e coordinare le disposizioni del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215[109] con quanto previsto dalla stessa legge 226/2004, dispone espressamente il principio dell’invarianza della spesa.
c. dall’utilizzo dei fondi già presenti nell’ambito degli ordinari stanziamenti.
· Tale ultima modalità di copertura è stata prevista in particolare a fronte degli eventuali oneri recati dalla legislazione delegata per l’attuazione delle direttive comunitarie[110]. La formula adottata prevede l’adozione di un principio di delega il quale stabilisce che eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e non riguardanti l'attività ordinaria delle amministrazioni possono essere previste nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive. Alla relativa copertura si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183 in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni.
Modalità di copertura delle deleghe con effetti onerosi |
2. Con riguardo alla norme di delega a carattere oneroso, la copertura dei nuovi o maggiori oneri recati dalle norme delegate è disposta mediante:
a) lo stanziamento di specifiche somme già in sede di delega.
Lo stanziamento può essere disposto a fronte di una delega più o meno dettagliata.
Nel caso che la legge di delega sia estremamente dettagliata lo stanziamento è specificamente quantificato a fronte delle singole norme di spesa. I decreti legislativi, in tale ipotesi, si limitano, nella sostanza, ad integrare la disciplina recata dalle norme di delega. Anche le relazione tecniche prodotte in fase di delega e di attuazione della stessa sono, in massima parte, analoghe. Tale esempio è riscontrabile nella legge 250/2005, di delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario
Nel caso, invece, in cui la legge di delega abbia una natura sostanzialmente programmatica, è accaduto che la relazione tecnica allegata alla legge di delega si sia limitata a sottolineare la natura di tetto di spesa dello stanziamento disposto, senza fornire indicazioni specifiche sulla destinazione delle somme stanziate. Informazioni più circostanziate sull’utilizzo degli stanziamenti sono fornite solo in fase di attuazione della delega. Un esempio in tal senso è dato dalla legge di delega per la disciplina del rapporto di impiego dei vigili del fuoco (AC 4347). La relazione tecnica allegata al disegno di legge di iniziativa governativa affermava che “…solo in sede di redazione della relazione tecnica relativa allo schema dei decreti legislativi da trasmettere, per il parere, alle Commissioni parlamentari, potrà indicarsi, in maniera puntuale, l'utilizzazione delle risorse stanziate a copertura dei vari provvedimenti”. Peraltro le risorse originariamente stanziate per consentire l’esercizio della delega furono in seguito incrementate dall’articolo 8 del decreto legge 31 marzo 2005, n. 45[111]. Anche la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione si limitava, sostanzialmente, a ribadire la natura di tetto di spesa dell’ulteriore stanziamento disposto;
Tariffe a copertura degli oneri |
b) la previsione di tariffe destinate a compensare le maggiori spese e poste a carico degli utenti del nuovo servizio reso. In questa ipotesi i maggiori oneri sono dunque destinati ad essere compensati con un parallelo incremento delle entrate delle pubbliche amministrazioni.
E’ il caso della delega al Governo per la gestione dei rifiuti radioattivi contenuta nell’articolo 27 dell’AC. 3297[112]. Le norme prevedevano la creazione di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi la cui progettazione, costruzione e gestione dovevano essere finanziate attraverso i prezzi o le tariffe di conferimento dei rifiuti radioattivi al deposito stesso;
c) l’approvazione di provvedimenti, successivi alla legge di delega, destinati a reperire le risorse necessarie.
Detti ulteriori provvedimenti costituiscono premessa necessaria all’effettivo esercizio del potere legislativo delegato. La procedura in questione è stata utilizzata per provvedimenti di notevole rilevanza quali la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione[113], la delega per la riforma del sistema fiscale statale[114] e la delega nel settore della previdenza pubblica[115]. Le leggi di delega, in tali casi, hanno provveduto a definire un quadro programmatico di intervento delegando il Governo a definire, anche compatibilmente con il quadro economico generale del Paese, i tempi e le modalità di attuazione del piano stesso.
Su tale tipologia di delega si rinvia al paragrafo che segue.
Le leggi delega condizionate al reperimento delle risorse finanziarie
Nel corso dell’ultima legislatura si è frequentemente fatto ricorso ad una particolare disciplina legislativa per la copertura degli oneri recati dalle leggi delega, prevedendone una articolazione temporale nella quale, in ragione dell’ammontare delle risorse che il legislatore stanzia nell’ambito della manovra finanziaria annuale, si procede ad attuazioni parziali della delega.
Viene in tal modo delineato un percorso di fasi attuative della delega tra loro successive che, sulla base delle risorse finanziarie che risultano effettivamente disponibili, portano nel tempo al completamento della normativa delegata.
In tal modo il rispetto del vincolo posto dall’articolo 81 della Costituzione risulta garantito dalla previsione in base alla quale la copertura, anche se successiva alla legge delega, deve comunque precedere l’operatività della disciplina prefigurata dalla delega medesima, immessa nell’ordinamento mediante i decreti delegati[116].
Nelle leggi di delega in esame – tutte di particolare rilevanza, quali ad esempio la legge n.53 del 2003 sull’istruzione, la legge n.80/2003 sul sistema fiscale e la legge n.243/2004 sul sistema previdenziale - il relativo finanziamento, anziché essere previsto, come di norma, nella legge di delega medesima, viene rinviato, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, al reperimento di risorse da iscrivere annualmente nella legge finanziaria ( sulla base degli andamenti e dei vincoli previsti dal DPEF): in conseguenza, viene espressamente previsto che i decreti legislativi di attuazione siano emanati solo successivamente all’entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie (ovvero che le stesse siano direttamente indicate nella legge finanziaria).
Vincolo finanziario per l’emanazione dei decreti legislativi |
Tale nuova articolazione della copertura si riflette ovviamente sulla metodologia della quantificazione che ha frequentemente carattere generico ed esemplificativo, stante il rinvio alla specifica quantificazione che verrà esposta nelle relazioni tecniche dei decreti legislativi, redatte sulla base delle risorse che risulteranno effettivamente stanziate.
· In particolare: la delega per la riforma fiscale statale
Il nuovo percorso di quantificazione e di copertura sopra delineato caratterizza ad esempio la legge 7 aprile 2003 n. 80[117], di riforma del sistema fiscale statale.
Oneri la cui copertura è individuata in sede di manovra finanziaria |
Infatti, per alcuni dei contenuti della riforma, la cui attuazione avrebbe comportato il reperimento di cospicue risorse finanziarie, il provvedimento delinea una scansione procedurale nella quale la legge di delega assume il compito di definire gli obiettivi programmatici, la cui realizzazione è condizionata al successivo reperimento, in sede sessione di bilancio annuale, delle risorse necessarie. In tale ambito, la normazione delegata in senso stretto assume carattere meramente ordinamentale e organizzatorio ovvero, nei casi in cui preveda l’insorgenza di oneri, i medesimi sono consentiti nei limiti delle risorse finanziarie già reperite in sede di manovra annuale ed a tal fine destinate.
Il provvedimento, nel testo approvato, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la riforma del sistema fiscale statale. Il nuovo sistema si basa su cinque imposte ordinate in un unico codice: imposta sul reddito, imposta sul reddito delle società, imposta sul valore aggiunto, imposta sui servizi, accisa. E’ prevista la graduale eliminazione dell’IRAP, con prioritaria e progressiva esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro.
L’attuazione della riforma è modulata con più decreti legislativi, da emanarsi entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge delega, sottoposti al vincolo della sostanziale invarianza dei saldi economici e finanziari netti dei singoli settori istituzionali.
Per i decreti legislativi di attuazione delle disposizioni in materia di imposta sui redditi delle società, IVA, imposta sui servizi ed accisa è disposta una clausola di invarianza finanziaria e, nell’eventualità dell’insorgenza di maggiori oneri, è prevista l’attivazione della procedura di monitoraggio di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978.
L’attuazione della riforma dell’imposizione personale e la graduale eliminazione dell’IRAP sono, invece, affidate alle annuali manovre di bilancio, attraverso l’indicazione delle misure e delle risorse necessarie nel DPEF e l’introduzione delle relative modifiche normative nella legge finanziaria, in coerenza con gli obiettivi ed i vincoli di finanza pubblica.
Anche la relazione tecnica riferita al disegno di legge iniziale, trasmessa a seguito di richiesta parlamentare, presenta per alcuni aspetti carattere innovativo.
Particolari contenuti che caratterizzano la relazione tecnica |
Essa afferma, infatti, che alla parte di riforma la cui attuazione è affidata alle annuali manovre di bilancio, non può attribuirsi alcun impatto finanziario. Tale impatto dipenderà dal realizzarsi del disegno politico di riforma nel suo complesso, la cui tempistica, intensità ed articolazione è correlata ad una serie di fattori propulsivi, quali lo sviluppo economico, e di vincoli, quali gli obblighi comunitari.
Pertanto, la relazione non quantifica in senso tecnico-statistico gli oneri derivanti della legge di delega, ma si limita a fornire un’indicazione dei possibili effetti economici complessivi che deriveranno in evoluzione dall’attuazione della riforma, coerente con i soli vincoli e parametri quantitativi esplicitamente o implicitamente rinvenibili nelle norme di delega, in un quadro di sostenibilità finanziaria di medio periodo. Si tratta, pertanto, di una relazione tecnica che né sostanzialmente, né formalmente, appare riconducibile al procedimento stabilito dalla legge di contabilità e volto alla quantificazione degli oneri per il controllo sostanziale della copertura.
Nell’ambito della riforma dell’imposizione personale, con riguardo all’inclusione parziale nella base imponibile dei dividendi percepiti e delle plusvalenze realizzate, la relazione tecnica, ad esempio, fornisce stime dei relativi effetti finanziari, modulandone l’entità in funzione delle diverse possibili percentuali di inclusione che il legislatore delegato intenderà adottare.
Nella quantificazione degli effetti della graduale soppressione dell’IRAP la relazione tecnica adotta una percentuale di esclusione parziale del costo del lavoro del 20 per cento, che darebbe luogo ad una perdita di gettito compensativa del recupero di risorse derivante dall’effetto globale della riforma della tassazione sulle società, in coerenza con il vincolo di invarianza finanziaria nei settori istituzionali, sancito dalla delega. Eventuali maggiori risorse che dovessero prodursi per gli effetti dinamici di spinta allo sviluppo della riforma potranno essere destinate, secondo la relazione tecnica, ad una più consistente riduzione dell’imposta, fino al suo superamento.
Occorre, peraltro, sottolineare che l’assetto normativo del percorso di individuazione e copertura dei nuovi oneri recati dalla legge di delega per la riforma fiscale, sopra sommariamente delineato, è la risultante di numerosi adattamenti intervenuti nel corso dell’iter parlamentare, in seguito ad un ampio ed articolato dibattito incentrato su taluni profili di criticità insiti nel nuovo percorso attuativo proposto nell’iniziale disegno di legge governativo. La stessa Commissione bilancio della Camera ha espresso un parere favorevole, ponendo tuttavia numerose condizioni, successivamente recepite dalla Commissione di merito, volte a garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Pur riconoscendo la sostanziale coerenza delle nuove modalità di intervento prospettate, sotto il profilo della copertura finanziaria degli oneri connessi all’attuazione della riforma, con il precetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, la Commissione ha posto in particolare l’attenzione sulla necessità di uno stretto coordinamento sotto il profilo temporale, degli interventi da adottare, individuando nel DPEF la sede istituzionale propria in cui potesse trovare esplicitazione la scansione temporale della riforma, non solo dal punto di vista dell’individuazione delle risorse disponibili, ma anche sotto il profilo della successione degli atti normativi che alla riforma medesima avrebbero dato attuazione. Inoltre, rilevando come, ai fini dell’attuazione della riforma dell’imposizione personale e della graduale soppressione dell’IRAP, il rispetto del dettato costituzionale si fondasse prioritariamente sulla garanzia dell’effettiva neutralità finanziaria dei decreti delegati, la Commissione ha richiesto l’introduzione di modalità atte a garantire al Parlamento la piena accertabilità di tale neutralità, quali:
· la presenza di relazione tecnica a corredo degli schemi di decreto;
· l’esame dei medesimi anche da parte delle Commissioni bilancio in sede consultiva;
· la procedura del doppio esame parlamentare nel caso in cui il Governo non intendesse uniformarsi alle condizioni eventualmente formulate dalle Commissioni bilancio in sede di parere sugli schemi di decreto, con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, comma quarto, della Costituzione.
Questioni problematiche evidenziate dalla Corte dei conti |
Nonostante i presidi introdotti in sede parlamentare a garanzia della conformità dei profili di copertura della legge delega di riforma fiscale al dettato costituzionale, la stessa Corte dei conti[118] ha ritenuto di evidenziare profili di problematicità nelle nuove modalità di quantificazione e copertura degli oneri proposte nel provvedimento in esame.
La Corte pone l’accento, in particolare, sulla necessità che le norme di delega consentano sufficienti margini di flessibilità e gradualità del programma, al fine di evitare rischi di disomogeneità e disarmonia nell’ambito delle varie fasi dell’intervento di riforma. Pone, inoltre, l’accento sul rischio della insufficienza dei tempi previsti per l’emanazione dei decreti delegati (due anni).
In riferimento alla previsione di neutralità finanziaria dei decreti delegati, la Corte lamenta la mancanza di una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime, come previsto ai sensi del comma primo dell’articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978.
Quantificazioni ed effetti finanziari in alcune tipologie di provvedimenti
La stima delle maggiori entrate: criteri previsionali e metodi di verifica
L’obbligo, stabilito dalla legge n. 468/1978, di relazione tecnica per tutti i provvedimenti normativi che rechino conseguenze finanziarie comporta che il procedimento di verifica si effettua, ovviamente, anche per le misure di maggiore entrata, presenti prevalentemente nell’ambito delle manovre di finanza pubblica.
Nel procedimento di verifica delle quantificazioni degli effetti di provvedimenti di entrata, sono emersi specifici elementi di problematicità in relazione al grado di congruità e di attendibilità delle modalità di quantificazione adottate per stimare gli effetti di talune misure.
Quantificazione di effetti che presentano oggettivi margini di incertezza |
Si tratta, in particolare, di quelle misure il cui grado di realizzabilità degli effetti di natura finanziaria appare caratterizzato da inevitabili margini di incertezza, sia per il profilo quantitativo, sia per il profilo temporale. Circostanza che richiede, quindi, estrema cautela nella quantificazione delle risultanze ascrivibili a tali misure in termini di maggior gettito, soprattutto nel caso in cui tale maggior gettito sia utilizzato a copertura di misure che, all’opposto, si caratterizzano per un alto grado di certezza in termini di realizzabilità e tempestività.
Il presente paragrafo fornisce una sintetica analisi delle due più rilevati problematiche affrontate nel corso dell’ultima legislatura.
· Le maggiori entrate derivanti dal potenziamento delle attività di accertamento e di lotta all’evasione
Negli anni recenti, soprattutto in occasione delle manovre annuali di bilancio, sono state introdotte misure volte a potenziare l’attività di accertamento fiscale o a facilitare l’emersione di basi imponibili.
Si ricorda che nel corso della legislatura sono state introdotte norme volte a rendere più adeguato ed incisivo lo strumento degli studi di settore; è stata ricondotta nell’area pubblica, attraverso l’istituzione di Riscossione s.p.a., l’attività di riscossione coattiva dei tributi; è stato potenziato lo scambio di informazioni telematiche tra Amministrazione fiscale ed intermediari finanziari; sono state introdotte norme volte a contrastare l’evasione fiscale in settori particolarmente caratterizzati da tale fenomeno, quale quello immobiliare.
Effetti di entrata derivanti dall’attività amministrati-va degli uffici |
Si tratta di misure di diversa natura, in alcuni casi destinate a potenziare, attraverso l’implementazione degli organici, la riorganizzazione delle procedure gestionali o il coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali, l’ordinaria attività di accertamento fiscale svolta dall’Amministrazione finanziaria; in altri casi, dell’introduzione di misure intese a scoraggiare comportamenti elusivi o evasivi da parte dei contribuenti.
In altri casi, ancora, le norme si sono limitate a fissare, per le amministrazioni impegnate nell’attività di accertamento generici obiettivi di operatività, senza tuttavia incidere in modo diretto sugli strumenti, in termini di personale e strutture, dedicati a tale attività.
Ad esempio, i commi da 495 a 498 dell’articolo 1 della legge n. 226 del 2005 (legge finanziaria 2006), che hanno introdotto tra l’altro un’imposta sostitutiva, in luogo dell’imposizione progressiva personale sui redditi, per le plusvalenze da cessioni a titolo oneroso di immobili poste in essere da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività commerciale, hanno previsto che l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza siano tenute a destinare quote significative delle loro risorse, nel quadro delle attività di contrasto all’evasione fiscale, al settore delle vendite immobiliari, avvalendosi delle disposizioni in materia di accertamento e controllo delle dichiarazioni e di liquidazione dell’imposta di registro.
La relazione tecnica di corredo alle norme stimava che l’intensificazione dell’attività di accertamento, oltre a costituire un deterrente ai fini dell’emersione delle suddette plusvalenze, avrebbe consentito un recupero di gettito di almeno 50 milioni di euro annui.
Il Servizio Bilancio ha osservato[119] che le norme di contrasto all’evasione nulla innovavano in materia sia di strumenti normativi dell’attività di controllo esercitata, sia di dotazioni strutturali ed organiche delle Amministrazioni competenti. Poteva presumersi, pertanto, che il maggiore impegno di risorse orientate alla lotta all’evasione nel settore immobiliare avrebbe comportato la sottrazione di risorse in altri settori dell’attività accertatrice.
Le relazioni tecniche assegnano generalmente alle disposizioni in rassegna effetti di maggiore entrata, scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica, in base a parametri, ipotesi e valutazioni non sempre oggettivamente verificabili ed in relazione ai quali non è, pertanto, possibile valutare se essi siano ispirati o meno ad un ragionevole criterio di prudenzialità.
Ad esempio, il decreto legge n. 203 del 2005[120], oltre ad introdurre misure volte ad incentivare la partecipazione dei comuni alla lotta all’evasione, a rendere più incisivi gli strumenti di controllo utilizzabili ai fini dell’accertamento dall’Amministrazione finanziaria e dalla Guardia di finanza, ha disposto un incremento di organico del personale del MEF e della Guardia di finanza al fine di potenziarne l’impegno nella lotta all’evasione.
La relazione tecnica ascriveva alle norme un cospicuo effetto di maggiore entrata a livello di saldo netto da finanziare (3 miliardi di euro nel 2006, e 4,6 miliardi di euro annui nei due anni successivi) mentre, a livello di fabbisogno e di indebitamento netto, tale effetto era ridotto al dieci per cento, in ordine alla percentuale di riscosso generalmente realizzata rispetto alle somme accertate iscritte a ruolo.
Il maggior gettito conseguiva dalla possibilità di procedere ad assunzioni mirate da destinare esclusivamente all’attività di accertamento, nonché alla adozione di politiche gestionali destinate a dislocare le risorse umane incrementali nei distretti territoriali che presentano dinamiche macroeconomiche superiori alla media nazionale e sono connotate da un rapporto “imposta accertata/organico” superiore alla media nazionale.
Alla realizzazione dei maggiori volumi di imposte accertate avrebbero inoltre concorso il coinvolgimento degli enti territoriali ed i più penetranti elementi informativi messi a disposizione dell’Amministrazione finanziaria a seguito delle misure introdotte dalle norme.
Stime non corredate da indicazioni volte a confermarne la congruità |
L’insieme delle misure avrebbe, pertanto garantito un innalzamento della media della pretesa fiscale per addetto tale da determinare l’incremento di gettito stimato.
In merito, il Servizio Bilancio[121] ha ritenuto di evidenziare la mancanza, nella relazione tecnica, di parametri oggettivi di calcolo che avrebbero consentito di valutare la congruità della stima proposta. Inoltre, si è posto l’accento sulle possibili difficoltà, non solo di ordine operativo, ma anche finanziario, che avrebbero potuto incontrare i comuni per dotarsi delle strutture necessarie per l’avvio di una partecipazione concreta all’attività di accertamento.
Importanza dell’utilizzo del criterio di prudenzialità |
L’adozione di un criterio di prudenzialità sembra, peraltro, indispensabile in quanto il dispiegarsi degli effetti delle misure in esame appare spesso connotato da un elevato margine di incertezza, non solo in riferimento alla portata degli effetti medesimi, ma anche in riferimento alla tempistica della realizzazione.
L’incisività delle misure di contrasto all’evasione e di emersione di basi imponibili dipende, infatti, dalla capacità dell’Amministrazione finanziaria di organizzarsi in modo da utilizzare efficacemente e tempestivamente gli strumenti informativi e di controllo che gli interventi normativi pongono a sua disposizione o contribuiscono a potenziare; dalla percezione che il contribuente realizza sull’efficacia dell’azione accertatrice; dal grado di copertura dei presidi e degli strumenti normativi posti a disposizione dell’attività accertatrice, inteso come capacità dei medesimi di precludere al contribuente la possibilità di attivare, comunque, comportamenti di carattere elusivo.
Occorre osservare, tuttavia, che la valutazione dell’operare dei fattori sopra elencati non sempre è oggetto di attenta considerazione nelle procedure di quantificazione proposte dalle relazioni tecniche a corredo di tali tipologie di misure normative.
La legge n. 311 del 30 dicembre 2004 (legge finanziaria 2005), contiene, ad esempio, un pacchetto di misure destinate a favorire l’emersione di redditi immobiliari.
Oltre all’introduzione dell’obbligo di comunicazione dei dati fiscali da parte dei contribuenti e degli intermediari finanziari, le norme prevedono procedure di revisione parziale del classamento delle unità immobiliari, in presenza di situazioni di significativo disallineamento tra il valore catastale e quello di mercato; inasprimenti di sanzioni per inadempienza agli obblighi di dichiarazione al catasto di nuove costruzioni o di variazioni di unità immobiliari già censite; misure in materia di accertamento ai fini dell’imposta di registro e delle imposte dirette per le locazioni, volte ad incentivare la spontanea emersione dei canoni di locazione.
Alle disposizioni risulta ascritto un cospicuo effetto di maggior gettito, a titolo di imposte erariali e locali, sin dal primo anno di entrata in vigore delle norme, in gran parte ascrivibile alle disposizioni in materia di revisione parziale dei classamenti catastali.
Tali revisioni, avrebbero, tuttavia comportato, come osservato dal Servizio Bilancio, l’attivazione di apposite procedure da parte dei comuni e dell’Agenzia del territorio, che avrebbero necessitato non solo di tempi tecnici per l’espletamento, ma avrebbero determinato anche rilevanti oneri di carattere amministrativo.
Le maggiori entrate dipendenti dal grado di adesione volontaria dei contribuenti
Un’altra tipologia di interventi la cui realizzazione in termini di maggior gettito stimato appare connotata da ampi margini di incertezza è rappresentata da quelle misure di natura fiscale che comportano da parte dei contribuenti interessati una scelta volontaria individuale, generalmente motivata da valutazioni di convenienza, che impongono una comparazione tra i costi immediati, che è necessario sostenere in caso di adesione, ed i benefici futuri.
Si tratta di misure a volte ricorrenti, soprattutto nelle manovre di finanza pubblica, quali la regolarizzazione di posizioni fiscali relative a periodi di imposta pregressi, la fissazione su base concordata di un ammontare minimo di imposte annualmente dovute da determinate categorie di contribuenti, nonché la definizione di situazioni di contenzioso tributario; per le imprese si tratta, generalmente, della possibilità di adeguare talune voci del bilancio, soprattutto al fine di ridurre la divaricazione tra bilancio civilistico e bilancio ai fini fiscali o di rendere praticabili talune transazioni che risulterebbero altrimenti eccessivamente onerose in termini fiscali ove assoggettate a tassazione ordinaria.
Per l’erario tali misure comportano, a fronte di incassi immediati, la rinuncia ad entrate future derivanti o dalla tassazione ordinaria, ovvero dall’attività di accertamento e di definizione giurisdizionale delle controversie tributarie.
Stima del tasso di adesione dei contribuenti |
Cruciale, nella quantificazione degli effetti finanziari di tali misura, è la stima del tasso di adesione dei contribuenti ai comportamenti fiscali che le norme incentivano o inducono ad adottare.
Tale stima dovrebbe analizzare tutti i fattori che determinano la scelta del contribuente, nell’ipotesi di comportamento razionale e, quindi, volto a massimizzare i vantaggi offerti dalle disposizioni.
Pur riconoscendo le oggettive difficoltà di pervenire ad una metodologia di quantificazione indubbiamente complessa ed attendibile, occorre sottolineare che le relazioni tecniche di corredo a tali misure risultano spesso insufficienti nell’indicazione e nella illustrazione delle ipotesi adottate e nella valutazione di tutte le circostanze suscettibili di influire sulla scelta dei contribuenti.
Rilievi critici espressi nel corso del procedimento di verifica |
Sia gli uffici parlamentari competenti sia la stessa Corte dei conti hanno, in modo ricorrente, manifestato perplessità sulle carenze delle metodologie delle quantificazione sinora adottate, soprattutto nei casi in cui il complesso degli effetti di maggior entrata ascritto a misure implicanti la volontarietà dei soggetti interessati ha rappresentato una quota preponderante nell’ambito di manovre di finanza pubblica.
Nella quantificazione degli effetti della legge 23 dicembre 2005, n. 266[122] (legge finanziaria 2006) una quota cospicua delle maggiori entrate stimate è riconducibile a misure che implicano comportamenti volontari del contribuente, incentivati o indotti dalle disposizioni stesse.
Si tratta, in particolare:
· della rivalutazione volontaria dei beni d’impresa risultanti nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2004, da eseguirsi nel bilancio o rendiconto successivo per il quale il termine di approvazione scada successivamente al 1° gennaio 2006. Le norme, a fronte del pagamento di un’imposta sostitutiva sui maggiori valori iscritti in bilancio, nella misura del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 6 per cento per i beni non ammortizzabili, da versarsi in unica soluzione nel termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi del periodo d’imposta nel quale la rivalutazione è eseguita, prevedono il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita. E’, inoltre consentito alle imprese l’affrancamento delle riserve da rivalutazione mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva nella misura del 7 per cento: ciò consente alle imprese di utilizzare tale saldo senza che concorra a formare il reddito d’impresa.
Analoghe misure sono previste anche per la rivalutazione volontaria delle aree fabbricabili, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa. Al complesso delle misure di rivalutazione è ascritto un maggior gettito di oltre 900 milioni di euro nel 2006.
· della programmazione fiscale e concordato fiscale. Le norme prevedono che l’Agenzia delle entrate proponga ai contribuenti cui si applicano gli studi di settore una determinazione preventiva triennale della base imponibile ai fini delle imposte dirette, con una riduzione dell’imposizione fiscale e contributiva per la base imponibile eccedente quella programmata, ed ai fini IRAP. Per i periodi d’imposta oggetto di programmazione sono inibiti i poteri di accertamento sia analitico che induttivo.
Ai medesimi contribuenti è, inoltre, proposta la possibilità di adeguare, mediante versamento di un’imposta sostitutiva i redditi d’impresa o di lavoro autonomo, nonché la base imponibile IRAP relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre degli anni 2003 e 2004, sulla base di maggiori ricavi o compensi individuati in seguito ad elaborazioni dell’anagrafe tributaria
A tali misure è ascritto un effetto di maggior gettito di oltre 2 miliardi di euro nel 2006.
Presenza di elementi che possono pregiudicare il conseguimento del maggior gettito. |
Nell’ambito del procedimento di verifica il Servizio bilancio dello Stato ha individuato, per entrambe le misure sopra delineate, elementi di problematicità dovuti ad una non sufficiente valutazione di alcune circostanze che avrebbero potuto operare nel senso di scoraggiare l’adesione da parte dei contribuenti e, quindi, porre a rischio il risultato previsto in termini di effettiva riscossione.
Le osservazioni formulate dal Servizio bilancio sono state in larga parte riprese dalla Corte dei conti,[123] che ha posto l’accento sull’alto grado di incertezza delle maggiori entrate stimate.
Nel corso della XIV legislatura il Parlamento è intervenuto più volte nella regolamentazione del settore dei giochi e delle scommesse, al fine di per reperire maggiori entrate. Si è trattato di un’ampia serie di interventi volti a promuovere una crescita della raccolta, sia attraverso l’introduzione di nuove modalità di partecipazione al gioco sia attraverso la fissazione di misure volte a contrastare le pratiche illegali (e a indirizzare conseguentemente la domanda verso le attività regolate dallo Stato).
Si riportano di seguito i principali interventi legislativi effettuati nella XIV legislatura nel settore dei giochi e delle scommesse:
- modifiche della disciplina in materia di scommesse ippiche e sportive, lotto, lotterie nazionali, concorsi pronostici (articoli 9-15 del decreto legge 452/2001);
- unificazione delle competenze in materia di giochi (articolo 4, comma 1, del decreto legge 138/2002);
- contrasto all’uso illegale degli apparecchi da intrattenimento (articolo 22, commi 1-7, della legge finanziaria 289/2002);
- nuove modalità di partecipazione alle lotterie nazionali autorizzate; indizione di nuove lotterie a estrazione istantanea (articolo 8, commi 16 e 20, del decreto legge 147/2003);
- modifiche delle caratteristiche tecniche dei congegni da intrattenimento e aumento dell’imposizione sui medesimi apparecchi (articolo 39, commi 11 e 13, del decreto-legge 269/2003);
- modifiche al regime di imposizione e di ripartizione della posta dei concorsi pronostici e delle scommesse; nuove modalità di raccolta delle scommesse; introduzione di giochi con partecipazione a distanza; modifiche alla disciplina in materia di lotto e enalotto (articolo 1, commi 283-294 e commi 488-494, della legge finanziaria 311/2004);
- contrasto all’uso illegale degli apparecchi da intrattenimento (articolo 7, comma 3, del decreto-legge 35/2005);
- incentivazione della raccolta dei giochi e delle scommesse, introduzione di nuove formule di gioco, modifiche dell’imposizione sulle scommesse (articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 203/2005);
- modifiche delle caratteristiche tecniche e nel regime di imposizione per gli apparecchi da intrattenimento con vincite in denaro; contrasto al gioco illegale (articolo 1, commi 525-549, della legge finanziaria 266/2005).
Effetti di maggiore entrata ascritti alle norme |
Gli effetti di maggiore entrata ascritti alle norme approvate nel triennio 2003-2005 ammontano complessivamente a 3,3 miliardi di euro nel 2006, 4 miliardi nel 2007 e 4,3 miliardi nel 2008. Si tratta di rilevanti importi destinati in larga parte al finanziamento di spese di carattere permanente.
Sul punto il Servizio Bilancio ha evidenziato l’elevato grado di aleatorietà delle entrate da giochi[124], che per loro natura sono connesse all’attrattiva esercitata dai prodotti offerti e al gradimento incontrato da parte del pubblico.
Sotto tale profilo assumono particolare rilevanza sia le condizioni economiche generali, che incidono sulla propensione alla spesa delle famiglie, sia i possibili effetti di sostituzione che le nuove offerte possono determinare rispetto alle attività di gioco precedentemente praticate dagli stessi soggetti. Infatti, mentre l’ampliamento della platea dei giocatori o l’intensificazione delle attività di gioco sono destinati a determinare – a parità di altre condizioni – un aumento della raccolta e quindi una crescita del gettito erariale, lo spostamento di quote di spesa da un segmento all’altro del mercato produce effetti di compensazione senza alcun vantaggio per l’erario.
Ciò comporta, sotto un profilo metodologico, che l’utilizzo delle entrate da giochi a copertura di spese aventi carattere vincolante e permanente deve attenersi ad un principio di cautela, per il quale sia le previsioni di gettito sia le ipotesi poste alla base delle relative stime (comportamenti dei destinatari della normativa, evoluzione del mercato) dovrebbero risultare il più possibile prudenziali.
Un ulteriore profilo problematico attiene alla considerazione che una significativa parte della disciplina in materia di giochi ha subito negli ultimi anni successive revisioni. È presumibile quindi che gli effetti di maggior gettito indicati dalle relazioni tecniche con riferimento a taluni interventi legislativi non siano da considerare come interamente aggiuntivi rispetto agli introiti erariali registrati sulla base della normativa previgente: è il caso delle norme in materia di apparecchi da intrattenimento contenute in distinti provvedimenti.
È il caso ad esempio delle norme relative al regime impositivo degli apparecchi da intrattenimento che sono contenute sia nel decreto legge 269/2003 sia nella legge 266/2005.
Inoltre, mentre l’affidabilità delle previsioni di gettito è limitata per la presenza di una pluralità di fattori (interni ed esterni al comparto dei giochi) che possono incidere sulla maggiore o minore propensione del pubblico ad aderire alle offerte di gioco, la stessa verificabilità di tali previsioni è ridotta a causa della mancanza di una corrispondenza univoca fra le singole norme e i relativi effetti finanziari[125]: per esempio, nell’ambito dello stesso disegno complessivo finalizzato ad espandere la raccolta dei giochi, può verificarsi la compresenza di norme recanti effetti parziali di segno opposto per il bilancio dello Stato (aumento della tassazione sulle vincite/incremento dei compensi agli intermediari).
La dismissione di attività patrimoniali
Gli effetti vengono valutati sui conti di cassa e di competenza economica della P.A.… |
Criteri di valutazione degli effetti finanziari nelle dismissioni
Un importante profilo metodologico, riferibile in via preliminare a ogni tipo di operazione di dismissione di attività patrimoniali della Pubblica Amministrazione, sia immobiliari che finanziarie[126], attiene all’inidoneità, per valutare gli effetti finanziari delle operazioni in questione, della consueta analisi limitata ai soli effetti sui flussi di bilancio di cassa e di competenza economica.
Le operazioni di dismissione patrimoniale si configurano infatti come operazioni di maggiore entrata, i cui effetti netti in termini flussi di bilancio sono necessariamente positivi. I corrispondenti effetti negativi in termini di decremento dello stock delle attività patrimoniali possedute dalla P.A., non sono infatti registrati nel bilancio e, in assenza di un’analisi di tipo patrimoniale, non si ha modo di effettuare una valutazione complessiva degli effetti prodotti dall’operazione. La limitazione dell’esame al solo lato dei flussi di bilancio, infatti, comporta che debba considerarsi come un’operazione avente un effetto finanziario di segno positivo anche la dismissione di un cespite a prezzi non congrui rispetto al valore di mercato dell’asset patrimoniale ceduto.
… senza considerarne i riflessi finanziari sullo stato patrimoniale |
Risulterebbe pertanto opportuno che la procedura di valutazione degli effetti finanziari effettuata dalle relazioni tecniche con riferimento alla tipologia di operazioni in esame, fornisse, unitamente alla consueta analisi degli effetti finanziari sui flussi di entrata e di spesa, anche una valutazione di tipo patrimoniale atta a dimostrare la congruità dell’incasso netto previsto rispetto al valore dei cespiti ceduti.
Si segnala che, sulla base dei dati contenuti nella Relazione della Corte dei conti sui risultati delle cartolarizzazioni[127], l’ammontare degli incassi complessivamente conseguiti, sia a titolo di corrispettivo iniziale che a titolo di prezzo differito, mediante le suddette operazioni, costituisce appena il 45% del valore aggregato dei portafogli, immobiliari e creditizi, complessivamente trasferiti alle diverse società veicolo e al Fondo Immobili Pubblici. Qualora si escluda da tale valore aggregato l’ammontare dei crediti INPS di più antica formazione, aventi un elevato tasso di inesigibilità, il suddetto rapporto sale al 68%[128].
L’importanza di una corretta stima del valore patrimoniale ceduto risulta accresciuta inoltre dalla considerazione che le operazioni di dismissione di
assets patrimoniali finora effettuate[129] non sono state portate a diretta riduzione del debito ma hanno concorso al contenimento dei saldi di bilancio, di cassa o di competenza economica.
Attività e passività iscritte nel conto del patrimonio |
A tal riguardo, il Servizio bilancio ha più volte ricordato[130] che i beni e le attività finanziarie risultano iscritte nel conto del patrimonio a fronte delle passività, costituite essenzialmente dai titoli di debito pubblico. Ogni riduzione dell’attivo patrimoniale cui non consegua una diminuzione delle passività riduce pertanto le forme di garanzia potenziale rispetto al debito pubblico esistente. Da qui l’esigenza di fornire espressa quantificazione dell’entità della riduzione dell’attivo patrimoniale conseguente a ciascuna operazione di dismissione di cespiti portata a riduzione del deficit di bilancio in luogo dello stock di debito.
Funzione dell’attivo patrimoniale a fronte delle passività nel DPEF 2006-2009 |
La preoccupazione di non depauperare l’attivo patrimoniale a fronte di uno stock di passività in crescita è stata di fatto recepita, con riferimento alle dismissioni di attività immobiliari, dall’orientamento recentemente espresso nel Documento di programmazione economica finanziaria per il 2006-2009 che ha escluso che, a decorrere dall’esercizio 2006, concorrano al miglioramento dei saldi di bilancio gli effetti derivanti dalle operazioni in questione. Tale orientamento ha trovato concreta attuazione nella legge finanziaria per il 2006 che ha previsto[131] che, al di fuori di un ammontare molto modesto di dismissioni immobiliari, pari a 1 mld annuo[132], gli ulteriori incassi riscossi a tale titolo vadano destinati direttamente alla riduzione dello stock di debito.
Le cartolarizzazioni: disciplina legislativa e vincoli contrattuali
Particolare attenzione merita l’esame dei profili metodologici specificamente riferibili alle operazioni di dismissione di attività patrimoniali effettuate con tecniche innovative, finalizzate a conseguire in via anticipata gli incassi da dismissione di un ammontare di attività patrimoniali molto rilevante, la cui cessione in via ordinaria richiederebbe tempi lunghi e produrrebbe effetti di maggior gettito diluiti su più esercizi. Rientrano in tale tipologia di operazione le cartolarizzazioni, sia di immobili[133] che di crediti[134], le dismissioni di immobili a trattativa privata a società private interamente possedute dallo Stato[135], e i conferimenti di patrimoni immobiliari pubblici a fondi di investimento immobiliare[136].
Per tali operazioni appare necessario considerare alcuni profili problematici:
Necessità del rispetto dei criteri di classificazione Eurostat |
1. in primo luogo, porre particolare attenzione al profilo della loro conformità rispetto ai criteri fissati da Eurostat ai fini della loro idoneità a concorrere al miglioramento dei saldi di finanza pubblica e alla riduzione dello stock di debito. Ciò al fine di evitare il rischio di una riclassificazione delle operazioni stesse in sede di riesame a consuntivo da parte dell’istituto statistico europeo e la conseguente rettifica degli effetti contabilizzati negli esercizi della loro effettuazione.
Classificazione di alcune operazioni di cartolarizzazione |
In particolare, con riferimento alle operazioni di cartolarizzazione sussistono alcune condizioni fissate da Eurostat[137] che devono essere rispettate al fine di considerare le operazioni stesse quali operazioni di compravendita e non operazioni finanziarie di
emissione di titoli assimilabili a quelli del debito pubblico. La mancata conformità a tali criteri delle prime operazioni di cartolarizzazione sia di immobili (Scip 1) che di crediti (INPS 1), effettuate antecedentemente alla codificazione dei criteri stessi, ha comportato la riclassificazione delle suddette operazioni e la conseguente rettifica degli effetti inizialmente ascritti a tali operazioni ai fini del miglioramento dei saldi di finanza pubblica e dello stock di debito.
Anche con riferimento alle altre tipologie, precedentemente indicate, di operazioni straordinarie di dismissione di immobili - non riconducibili alla tecnica delle cartolarizzazioni per le quali sono stati codificati da Eurostat specifici criteri - occorre tenere presente i criteri generali fissati dal SEC 95 e relativi aggiornamenti, che tengono in considerazione la natura economica dell’operazione effettuata, al di là della forma giuridica dei contratti posti in essere[138].
Necessità di considerare anche gli effetti onerosi delle dismissioni |
2. In secondo luogo, con riferimento alle modalità di valutazione degli effetti sui flussi di bilancio delle operazioni di dismissione di attività patrimoniale attuate mediante le cartolarizzazioni o le dismissioni in questione, si sottolinea l’esigenza, richiamata più volte nei documenti elaborati dal Servizio Bilancio[139], di fornire un’esplicita valutazione sia degli effetti di segno positivo che di quelli di segno negativo. Infatti la sola indicazione dell’effetto di maggiore entrata indicato al netto degli effetti di segno negativo (quali, ad esempio, gli oneri per commissioni tecniche, per sconti di prezzo, per interessi passivi o per canoni di locazione) non consente, da un lato, di valutare l’onerosità della procedura adottata per realizzare la dismissione rispetto a procedure alternative possibili, dall’altro, di tenere in considerazione l’effetto di irrigidimento del bilancio derivante da eventuali oneri posti a carico degli esercizi futuri a fronte dell’incasso ottenuto in via immediata grazie all’operazione di dismissione effettuata.
A tale proposito si citano ad esempio alcuni casi nei quali, a fronte della previsione di operazioni di dismissione di immobili adibiti ad uffici pubblici, le relazioni tecniche non portavano esplicita quantificazione degli oneri che sarebbero derivati per i futuri esercizi dalla necessità di corrispondere canoni di affitto, o non recavano elementi a suffragio dell’onere annuo stimato[140].
Un altro esempio di mancata indicazione di oneri futuri a fronte della indicazione di entrate immediate, si è verificato in occasione della previsione di un’operazione di dismissione di tratti della rete stradale, autorizzata dall’articolo 1, commi 450 e 451 della L. 311/2004, a fronte della quale non venivano indicati gli oneri per il bilancio dello Stato che sarebbero derivati, negli anni successivi all’operazione di dismissione, dalla necessità di corrispondere pedaggi figurativi[141].
Norme che intervengono su accordi contrattuali tra P.A. e privati |
3. Un ulteriore profilo metodologico riferibile alle operazioni in esame attiene alla valutazione degli effetti finanziari degli interventi legislativi riguardanti il patrimonio che ha già costituito oggetto di compravendita, in ragione di operazioni di cartolarizzazione effettuate in precedenza. Trattandosi di beni non più nelle disponibilità della Pubblica Amministrazione, un intervento legislativo che modifichi le condizioni o l’oggetto di un contratto di natura privatistica potrebbe ingenerare aspetti problematici sotto due profili:
● la possibilità che si renda necessaria la corresponsione di indennizzi ai privati contraenti;
● l’eventualità che a seguito dell’intervento legislativo si determinino i presupposti per una riclassificazione dell’operazione da parte di Eurostat, con conseguente rettifica degli importi iscritti in bilancio in relazione alla compravendita a suo tempo effettuata.
Tale rischio potrebbe configurarsi, ad esempio, qualora gli interventi normativi disposti successivamente alla effettuazione di un’operazione di dismissione effettuata con le citate tecniche dimostrino o che la privatizzazione era solo formale (nel caso, ad esempio, di riacquisizione da parte dello Stato della proprietà delle attività a suo tempo cedute) o che la stessa avveniva “pro solvendo” e non “pro soluto” (nel caso, ad esempio, che gli interventi normativi disposti siano finalizzati a compensare difficoltà di collocamento sul mercato degli assets ceduti dallo Stato).
Esempi di interventi legislativi successivi alla conclusione di operazioni di cartolarizzazione, si sono registrati con riferimento ad operazioni di cartolarizzazione sia di immobili che di crediti.
Nel primo caso interventi aventi per oggetto l’operazione Scip2, realizzata nell’esercizio 2002, sono stati disposti:
- ad opera della legge finanziaria per il 2004[142], che ha reintrodotto una disposizione, precedentemente soppressa[143], che prevedeva condizioni di particolare favore per la determinazione del prezzo di acquisto da parte degli inquilini;
- ad opera del DL n. 41/2004[144], che ha previsto la corresponsione di un indennizzo sia in favore degli inquilini che avevano effettuato l’acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle previste dalla norma agevolativa reintrodotta, sia in favore della società Scip, per il danno derivante dalle riduzioni di prezzo da applicare alle dismissioni ancora da effettuare. La corresponsione del suddetto indennizzo ha inoltre garantito la solvibilità della Scip stessa rispetto alla necessità di rimborso della prima tranche di titoli in scadenza.
Le modifiche introdotte con le norme hanno comportato rettifiche da parte dell’Eurostat |
A seguito di tali interventi normativi Eurostat ha rettificato il valore dei saldi per l’esercizio 2004[145], disponendo la contabilizzazione in tale esercizio degli oneri derivanti dalla corresponsione dell’indennizzo agli inquilini che avevano effettuato l’acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle reintrodotte dalla legge finanziaria per il 2004.
Un ulteriore esempio di intervento legislativo successivo alla conclusione di operazioni di cartolarizzazione, si è registrato, con riferimento alle operazioni di cartolarizzazione di crediti contributivi, nel corso dell’iter parlamentare di conversione del DL n. 2/2006. Una disposizione introdotta al Senato ha infatti disposto una procedura di regolarizzazione agevolata dei crediti contributivi del settore agricolo che avevano costituito oggetto di precedenti operazioni di cartolarizzazione, prevedendo al contempo l’attribuzione alla società di cartolarizzazione Scic di altri crediti, individuati dall’INPS, di importo equivalente ai crediti contributivi del settore agricolo riacquisiti dallo Stato e parzialmente condonati.
La disposizione in oggetto è stata stralciata a seguito del rinvio alle camere del provvedimento da parte del Presidente della Repubblica, per mancanza di copertura.[146]
Il patto di stabilità interno: obiettivo finanziario e riscritture normative
La valutazione degli effetti finanziari derivanti dalla normativa in materia di patto di stabilità interno presenta un generale profilo di problematicità derivante dalla notevole difformità fra i criteri contabili sulla base dei quali
sono costruiti i bilanci delle Amministrazioni territoriali e quelli alla base della costruzione del saldo dell’indebitamento netto della Pubblica Amministrazione.
Gli effetti ascritti al patto di stabilità interno sono infatti espressi in termini di saldo di competenza economica, mentre gli obiettivi imposti agli enti territoriali sono espressi in termini di cassa e di competenza giuridica.
Com’è noto, i tre saldi di finanza pubblica sono redatti sulla base di criteri contabili tra loro differenti (cassa, competenza giuridica e competenza economica).
Con specifico riguardo alla quantificazione degli effetti di contenimento della spesa affidati al patto di stabilità in questione, va rilevato che l’obiettivo fissato per gli enti territoriali non è correlabile al saldo complessivo di bilancio di tali enti.
Pertanto un miglioramento dell’aggregato contabile soggetto al vincolo può in teoria verificarsi anche in presenza di un peggioramento del saldo complessivo di bilancio degli stessi enti[147].
Nelle relazioni tecniche viene implicitamente assunta l’ipotesi che gli effetti di contenimento delle singole voci di bilancio soggette a vincolo si traducano in equivalenti effetti di miglioramento del saldo complessivo. Un criterio di maggiore prudenzialità sembrerebbe invece suggerire l’opportunità di considerare le possibili strategie di bilancio che gli enti territoriali potrebbero attuare al fine di minimizzare l’impatto negativo della normativa[148].
Appare infatti plausibile assumere che, in presenza di vincoli su aggregati contabili parziali, gli enti siano incentivati a movimentare il più possibile le voci di bilancio non assoggettate a vincoli, riducendo contemporaneamente la dinamica delle voci vincolate, con conseguente riduzione dell’effetto complessivo di risparmio stimato con riferimento ai singoli aggregati vincolati.
Occorre peraltro sottolineare che l’effetto riduttivo dei risparmi derivante dalle possibili strategie degli enti territoriali finalizzate a minimizzare l’impatto negativo sui loro bilanci dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno non si presta, in via generale, ad una puntuale quantificazione. Tale considerazione è in parte della base alla mancata quantificazione di un effetto di riduzione dei risparmi anche nelle occasioni in cui il Governo ha riconosciuto la possibilità di alcune possibili strategie di reazione degli enti locali[149].
Inefficacia di alcuni dei vincoli stabiliti dalle norme, poi conseguentemente modificate |
Si segnala peraltro la presenza di disposizioni in cui, dall’esame degli effetti finanziari di singoli vincoli disposti dalla normativa del patto, si è potuta dimostrare l’inidoneità della normativa disposta al conseguimento degli obiettivi prefigurati.
Tale è il caso della legge n. 289/2002 (finanziaria per il 2003) in occasione della quale, dall’esame del testo iniziale del provvedimento sotto il profilo degli effetti finanziari da esso prodotti, è emersa la necessità di modificare la formulazione dei vincoli disposti[150]. In tale occasione il Governo ha convenuto sull’opportunità della modifica, poi operata nel testo finale del provvedimento[151].
Un ulteriore profilo metodologico, che rende incerta l’entità dei risparmi complessivamente ascrivibili alla normativa del patto di stabilità interno seccedutasi nel tempo, attiene alla cadenza annuale delle revisioni a cui tale normativa è stata sottoposta a decorrere dalla sua introduzione.
Negli otto anni di vigenza del vincolo del patto di stabilità interno (1999-2006) esso è stato sottoposto a radicale revisione per ben sette volte, con l’unica eccezione del periodo 2003-2004, durante il quale, seppure con modifiche significative, la struttura della normativa di riferimento è rimasta invariata: per entrambe le annualità la normativa di riferimento è stata infatti rappresentata dalla legge finanziaria per il 2004 (art. 29 della legge 27 dicembre 2002, n. 289).
Conseguenze finanziarie della “instabilità legislativa” della disciplina del patto |
Ciò ha di fatto comportato che i risparmi ascritti a ciascuna successiva versione del patto di stabilità interno sono stati considerati, dalle relazioni tecniche, aggiuntivi rispetto a quelli conseguibili mediante la versione precedente: pertanto, qualora si consideri l’effetto cumulato dei diversi provvedimenti, sia sul deficit che sul debito, l’effetto di risparmio complessivamente ascritto allo strumento del patto di stabilità risulta di ammontare elevato[152].
Si renderebbe pertanto necessario, ad ogni nuova versione del patto, valutare l’effettiva aggiuntività dei risparmi rispetto a quelli derivanti dalla precedente versione (vale a dire rispetto a quelli già iscritti in bilancio a legislazione vigente).
A tal fine è stata introdotta una procedura di monitoraggio del patto di stabilità interno, a decorrere dall’esercizio 2003[153], che peraltro è finalizzata esclusivamente a verificare il rispetto, da parte degli enti monitorati, dei vincoli previsti dalla normativa, ma non consente di verificare a posteriori l’idoneità della normativa stessa al conseguimento dei risparmi ad essa ascritti. Ciò in ragione dei profili metodologici sopra indicati, suscettibili di minare la coerenza fra gli obiettivi contabili assegnati agli enti territoriali e l’obiettivo di riduzione del saldo di competenza economica cui lo strumento del patto di stabilità interno è chiamato a concorrere.
L’emersione di maggiori entrate contributive
Tra le misure di entrata i cui effetti sono quantificati dalla relazione tecnica si segnalano le norme volte all’emersione di entrate contributive, con riferimento a rapporti di lavoro non denunciati o denunciati in relazione ad orari inferiori o tipologie di contratti diverse.
Le misure volte a recare tali aumenti di entrata possono essere di tipo diverso. Ad esse le relative relazioni tecniche ascrivono effetti di incremento delle entrate contributive, secondo parametri la cui prudenzialità deve essere di volta in volta valutata, anche alla luce dei dati di consuntivo relativi all’applicazione di norme di analoga natura.
Le norme che recano maggiori entrate contributive si possono classificare, a seconda dell’effetto a cui sono preordinate, come segue:
- norme volte a contrastare un comportamento elusivo delle norme in vigore.
Ad esempio, la norma che dispone l’obbligo per le società, gli enti e le aziende che stipulano contratti di somministrazione e di energia elettrica o di fornitura di servizi telefonici di comunicare agli enti previdenziali i dati relativi alle utenze contenute nei rispettivi archivi[154] è volta al contrasto del lavoro sommerso e dell’evasione contributiva. La quantificazione delle connesse maggiori entrate recata dalla relazione tecnica non è stata giudicata dal Servizio Bilancioimprontata a criteri di prudenzialità trattandosi di un gettito che si dovrebbe realizzare come conseguenza di una procedura originata da una mera comunicazione di utenze, valutabile solo a consuntivo.
Invece, con riferimento alla norma che subordina l’accesso agli aiuti comunitari da parte delle aziende al possesso del certificato di regolarità contributiva[155], la quantificazione delle maggiori entrate è risultata improntata ad un forte criterio di cautela, essendo basata esclusivamente sul settore agricolo, avendo la relazione tecnica tralasciato di elaborare qualsiasi stima delle maggior entrate relative agli altri settori produttivi;
Valutazione delle norme di sanatorie nel settore contributivo |
· norme volte a realizzare comunque entrate, stante l’impossibilità di realizzarle secondo le normali procedure di riscossione[156] (condoni). In tali casi, tuttavia, in vigenza delle operazioni di cartolarizzazione dei crediti contributivi, l’indirizzo costante, sia delle relazioni tecniche sia del Servizio Bilancio, è stato quello di considerare le norme di tipo condonistico come fonti di riduzione di gettito contributivo.
Un caso dimostrativo in tale senso è costituito dalla relazione tecnica relativa alla regolarizzazione contributiva nel settore agricolo, disposta dal decreto-legge n. 2/2006[157]: l’iniziale impostazione della disposizione come fonte di maggiori entrate contributive è stata, nel corso dell’iter parlamentare, superata da una formulazione sostanzialmente neutra, che tiene conto delle operazioni di cartolarizzazione in atto, in relazione alla quale la relazione tecnica non reca alcuna quantificazione di effetti finanziari;
· norme volte ad estendere il sistema di previdenza e sicurezza sociale a nuove tipologie di lavoratori.
Ad esempio, con riferimento all’istituzione presso l’Inps della Gestione previdenziale degli associati in partecipazione[158], la relazione tecnica quantificava maggiori entrate contributive la cui entità risultava parzialmente ridotta dal contemporaneo effetto fiscale derivante dalla deducibilità dei contributi obbligatori. Anche in tale occasione, il Servizio Bilancio, pur riconoscendo la correttezza della quantificazione, sottolineava la necessità di subordinare l’iscrizione degli effetti positivi nei saldi di finanza pubblica al riscontro a consuntivo delle effettive maggiori entrate, la cui entità sarebbe dipesa dal numero di soggetti effettivamente interessati alla disposizione.
Opportunità di una valutazione a consuntivo |
La necessità di utilizzare un criterio cautelativo nelle quantificazione degli effetti di maggiore entrata di norme di questo tipo discende soprattutto dal fatto che tali effetti dipendono dal comportamento dei singoli destinatari delle disposizioni che devono trovare elementi di convenienza nell’adesione alla procedura di emersione.
La legge n. 383/2001[159], ad esempio, ha introdotto un articolato sistema di incentivi (sia fiscali che contributivi) rivolti agli imprenditori (coinvolgendo anche i relativi lavoratori dipendenti) ed ai lavoratori autonomi, i cui consistenti effetti complessivi di maggiori entrate[160] erano quantificati dalla relazione tecnica sulla base del principio della maggiore efficacia delle norme introdotte rispetto a quelle fino ad allora vigenti[161]. Tali maggiori entrate sarebbero confluite in un apposito Fondo per il finanziamento di ulteriori iniziative di riduzione permanente delle aliquote fiscali e contributive, ma solo una volta accertate e quantificate a consuntivo. Pur date queste premesse, il Servizio Bilancio ha individuato alcune criticità nel procedimento di quantificazione che avrebbero potuto mettere a rischio l’integrale realizzazione delle previste maggiori entrate. Ed in effetti, a consuntivo, si è accertata un’emersione di lavoro irregolare sensibilmente inferiore a quella prevista e quantificata dalla relazione tecnica[162]. L’esiguità del maggior gettito, inoltre, risalta ancor di più se confrontata con i risultati della contemporanea regolarizzazione dei cittadini stranieri impiegati da imprese o datori di lavoro domestico in assenza di permesso di soggiorno[163], che ha dato notevoli risultati a causa, tra l’altro, della reale convenienza dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati.
Interventi sulle assunzioni e contenimento della spesa nel pubblico impiego
L’obiettivo di contenere la spesa nel pubblico impiego è stato, anche nel corso di quest’ultima legislatura - analogamente a quanto operato nella legislatura precedente - perseguito prevalentemente mediante misure volte alla riduzione del numero dei pubblici dipendenti. Ferma restando la vigenza di un istituto di controllo di tipo generale, costituito dalla programmazione delle assunzioni introdotta dalla legge n. 449/1997[164], ciascuna delle leggi finanziarie degli ultimi anni ha infatti disposto (anche in tal caso, analogamente a quelle degli anni precedenti) interventi volti a ridurre le consistenze organiche del personale pubblico, al fine di contenerne la spesa. Gli interventi di maggior rilievo sono stati:
Tipologie delle misure introdotte |
· la riduzione programmata del personale[165]. Con essa si dispone l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di ridurre le proprie dotazioni di personale, con riferimento alle unità effettivamente in servizio rilevate ad una certa data.
L’utilizzo dello strumento in questione non è stato rinnovato dalle finanziarie approvate negli anni più recenti anche perché effetti ben più ampi e certi potevano essere conseguiti tramite il blocco delle assunzioni. Ciò in quanto la possibilità per le amministrazioni di incidere sul numero dei dipendenti con le norme di riduzione programmate può essere effettuata esclusivamente, mediante la mancata alimentazione dei ruoli, al verificarsi delle cessazioni.
· il blocco delle assunzioni[166], finalizzato ad impedire nuovi ingressi di personale nelle amministrazioni pubbliche.
Va precisato che il blocco non ha mai riguardato il comparto scuola, e, parimenti, che esso non viene applicato alle procedure di assunzione in corso e/o autorizzate. Esso si applica con modalità particolari - che qui non si dettagliano -per la sua estensione agli enti territoriali e del Servizio sanitario nazionale. Il blocco è lo strumento che si è prima affiancato e poi ha del tutto sostituito quello che prevede la riduzione programmata del personale;
· il limite all’utilizzo di personale a tempo determinato[167], introdotto (dal 2003) al fine di aumentare l’efficacia del blocco del turn-over, evitandone possibili indebolimenti mediante l’utilizzo di nuovo personale assunto a tempo determinato.
A tal fine viene stabilito un limite di spesa per il personale in questione, incluso quello utilizzato con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Da ultimo, per il 2006 il limite è pari al 60 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2003[168];
· disposizioni ad hoc per il contenimento del personale del comparto scuola[169]. Le misure hanno lo scopo di perseguire il pieno utilizzo delle risorse attualmente in servizio e, di conseguenza, il contenimento del ricorso a nuove assunzioni.
In particolare, in virtù delle misure di razionalizzazione dell’organizzazione scolastica di cui all’articolo 22 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il numero dei docenti avrebbe dovuto ridursi, secondo la relazione tecnica, di circa 34.000 unità a regime, ossia entro l’inizio dell’anno scolastico 2004-2005. La successiva legge finanziaria 289/2002 all’articolo 35 recava norme per la razionalizzazione dell’impiego del personale ATA[170] della scuola con lo scopo di conseguire a regime, ossia a partire dall’anno scolastico 2005-2006, una riduzione del personale pari a circa 12.000 unità. Entrambe le riduzioni sono stimate a parità di popolazione scolastica.
Ulteriori riduzioni di personale sono inoltre previste per gli anni 2006 e 2007. In particolare l’articolo 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 prevede una complessiva riduzione delle esigenze di personale pari a 14.200 unità in relazione alla razionalizzazione dei criteri per l’attivazione di posti di insegnamento della lingua straniera alle elementari.
Un possibile strumento di riscontro può individuarsi nell’andamento del numero dei dipendenti pubblici |
Non risultano individuabili specifici dati di riscontro in ordine all’effettivo conseguimento dei risparmi ascritti a ciascuna delle misure sopra illustrate. Considerato tuttavia che le misure medesime operano sostanzialmente mediante vincoli alle assunzioni, un possibile indicatore – di tipo indiretto- potrebbe individuarsi nell’andamento del numero complessivo dei dipendenti pubblici.
Poiché tale numero risulta diminuito lievemente nel corso dell’ultimo quinquennio, con riguardo ai dipendenti a tempo indeterminato[171] può ipotizzarsi che le misure adottate abbiano conseguito un obiettivo prevalentemente di contenimento della spesa, anziché di riduzione.
Norme che autorizzano nuove assunzioni |
Si deve, peraltro, considerare che, a fronte degli interventi di contenimento, in alcune delle ultime leggi finanziarie è stato previsto, come misura di carattere generale, lo stanziamento di appositi fondi destinati, annualmente, a coprire il costo di assunzioni da disporre in deroga al blocco.
In tale materia l’ultima disposizione di carattere generale approvata è recata dall’articolo 1, comma 96, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Tale norma dispone che per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza, in deroga al blocco, le amministrazioni interessate possono procedere ad assunzioni, nel limite di una spesa a regime per retribuzioni pari a 120 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007.
A ciò va aggiunto che:
· la popolazione scolastica iscritta alle scuole statali è cresciuta tra il 2000 ed il 2004 di circa 100.000 unità[172] riducendo in tal modo parte delle economie da conseguire;
· nel corso dei medesimi anni, è stato incrementato, anche in virtù del Fondo per le assunzioni in deroga sopradetto, il numero dei dipendenti pubblici nell’ambito dei comparti dei Corpi di polizia e delle Forze armate[173].
· vengono ogni anno approvate singole norme che dispongono assunzioni di dipendenti pubblici, al fine di dar seguito a specifiche necessità che si determinano nell’attività di singole amministrazioni.
Ad esempio possono citarsi l’articolo 2, comma 12, della legge n.150/2005[174], che ai fini del decentramento su base regionale di alcune strutture del Ministero della giustizia autorizza assunzioni per complessive 176 unità di personale, con un onere a regime pari a 7,1 milioni di euro annui; ovvero l’articolo 1 del D.L. n.202/2005[175] che, in relazione alla necessità di contrasto dell’influenza aviaria, incrementa le dotazioni organiche del Ministero della salute di circa 120 unità, con un onere di 5,7 milioni annui.
Sotto il profilo metodologico, in ordine alle quantificazione dei risparmi connessi alla variazione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni, va rilevata la presenza di due differenti metodologie, in relazione alla circostanza che la norma oggetto di quantificazione sia contenuta nel disegno di legge finanziaria ovvero in altro provvedimento legislativo.
In entrambi i casi il costo complessivo da valutare include, oltre alla retribuzione individuale[176], di norma indicata nella relazione tecnica che accompagna le disposizioni che autorizzano le assunzioni, anche gli oneri a carico del datore di lavoro; si tratta di somme che, com’è noto, non vengono corrisposte materialmente al dipendente, quali i contributi previdenziali e quanto corrisposto dallo Stato alle regioni per il Servizio sanitario nazionale. Le differenze si determinano al momento del calcolo dell’onere (o del risparmio) che rileva ai fini della copertura (o della stima delle minori spese): infatti mentre per i provvedimenti in corso di anno l’onere da coprire coincide con l’onere lordo sopra descritto, per la sola legge finanziaria le imposte ed i contributi pagati dal lavoratore e dal datore di lavoro sono posti a riduzione dell’onere lordo[177].
Sotto il profilo contabile entrambe le metodologie sono corrette: sia quella che considera per la copertura l’onere lordo, sia quella applicata nella legge finanziaria. Quest’ultima infatti – che determina un onere da coprire minore di quello lordo - appare condivisibile in quanto, a differenza di quanto avviene per la legislazione emanata in corso d’anno, in sede di manovra annuale gli effetti finanziari delle norme vanno considerati con riguardo ai saldi di finanza pubblica complessivi, nel cui ambito le imposte ed i contributi – versati dalle amministrazioni ed incassati dall'erario - costituiscono una partita di giro per la finanza pubblica.
Un caso particolare: l’assunzione del personale della scuola
Il settore della scuola è escluso dal blocco |
Dagli obiettivi di risparmio perseguiti con il controllo delle assunzioni è escluso il comparto della scuola. Com’è noto, infatti, a differenza della gran parte del settore statale, non vige per il personale docente e non docente della scuola il blocco delle assunzioni, in considerazione della inderogabilità del servizio scolastico e della conseguente necessità di disporre continuativamente di un congruo numero di operatori.
Di conseguenza all’immissione in servizio di personale scolastico si è -fino all’anno 2005- proceduto con provvedimenti di rango non legislativo.
Da ultimo si segnalano il DPR 4 agosto 2001, che ha autorizzato l’assunzione di complessive 35.000 unità di personale per l’anno scolastico 2001-2002, ed il DPR 30 dicembre 2003, che ha disposto 15.000 assunzioni per l’anno scolastico 2004-2005.
Per l’anno scolastico 2005-2006 si è invece operato con provvedimento legislativo, costituito dal D.L. n.115/2005[178]. L’articolo 3, in particolare, ha disposto che, in attesa della definizione del piano di assunzioni a tempo indeterminato per il triennio relativo agli anni scolastici 2005-2006, 2006-2007 e 2007-2008[179] per assicurare il regolare inizio del primo di tali anni scolastici, il Ministro dell’istruzione ha altresì autorizzato l’assunzione per l’anno scolastico 2005-2006, con contratto a tempo indeterminato, di un contingente di personale docente pari a 35.000 unità[180], nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) per 5.000 unità.
La relazione tecnica ha asserito la natura non onerosa dell’assunzione, in ragione della sussistenza di una differenza positiva tra i risparmi di spesa derivanti dalle cessazioni del personale e gli oneri connessi alla assunzione del nuovo: ciò in quanto il trattamento economico del personale che cessa dal servizio è maggiore di quello di nuovo ingresso.
Si tratta di una modalità di copertura che, utilizzando risparmi connessi alla cessazione del personale, ha destato numerose perplessità in sede di esame presso le Commissioni bilancio (sia al Senato che alla Camera).
Problematiche emerse in ordine alla non onerosità asserita dalla relazione tecnica |
In particolare, è stato rilevato che la copertura basata sulla compensazione degli oneri connessi all’assunzione di nuovo personale mediante il venir meno della spesa per il personale che cessa dal servizio non appare conforme al criterio, previsto dall’ordinamento, della legislazione vigente[181]. In base a tale criterio, infatti, gli stanziamenti di bilancio destinati alla copertura delle spese di personale della pubblica amministrazione devono essere annualmente costruiti sulla base del personale che si prevede sarà effettivamente in servizio, al netto dei pensionamenti: pertanto i risparmi derivanti dai collocamenti a riposo sono già scontati nelle appostazioni definite anno per anno, e l’adeguamento delle appostazioni medesime, a fronte di eventuali nuove esigenze, è rimesso alla legge finanziaria. La modalità di copertura utilizzata dal provvedimento[182] è apparsa invece costruita - è stato osservato presso la 5a Commissione del Senato - secondo il criterio delle “politiche invariate”, non più consentito dalla vigente legislazione contabile: in base a questo criterio i risparmi derivanti dai pensionamenti non sono stati inclusi negli stanziamenti a legislazione vigente perché già si sconta la sostituzione del personale cessato dal servizio mediante le nuove assunzioni.
A tali rilievi il rappresentante del Governo[183] ha replicato ribadendo che le previsioni di bilancio a legislazione vigente, atteso il carattere di inderogabilità del servizio scolastico - che va garantito con personale con contratto a tempo indeterminato o determinato - devono tenere conto della sostituzione del personale docente collocato a riposo nel corso dell’anno; è pertanto necessario che la previsione di spesa, a legislazione vigente, comprenda anche gli oneri connessi all’utilizzo di personale precario e dei docenti supplenti.
A conclusione di tale dibattito entrambe le Commissioni hanno reso un parere non ostativo, in cui peraltro – come espressamente precisa il parere approvato presso il Senato[184] - è stata affermata l’esigenza che le previsioni di spesa siano costruite, per il futuro, scontando nel criterio della legislazione vigente anche la minore spesa relativa alle prevedibili cessazioni di personale.
La Corte dei conti[185] ha convenuto sulla opportunità di una più rigorosa applicazione del criterio della legislazione vigente, anche alla luce della considerazione che il carattere di inderogabilità non è esclusivo del servizio dell’istruzione, ma anche di altre attività di servizio pubblico. Tuttavia la Corte medesima ha rilevato che la peculiarità del settore scolastico avrebbe autorizzato l’amministrazione a procedere, come in passato, con provvedimenti di rango non legislativo.
PARTE II
ANALISI DEI PRINCIPALI ANDAMENTI DI FINANZA PUBBLICA
L’attività del Servizio Bilancio per la verifica degli andamenti di finanza pubblica
Uno specifico ambito di attività del Servizio Bilancio dello Stato – cui è stato dato concreto avvio nel corso della XIV legislatura - è preposto all’attività di analisi e di monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica.
Nel quadro di tale attività, sono esaminati i dati, di fonte governativa o comunque di altra fonte ufficiale (Istituzioni europee, Istat, Banca d’Italia, ecc.), riguardanti i principali flussi finanziari della pubblica amministrazione.
Analisi dei dati contenuti in documenti governativi |
Una particolare attenzione è dedicata ai documenti governativi contenenti indicazioni sugli andamenti rilevati e su quelli di carattere tendenziale e programmatico, quali ad esempio la prima relazione trimestrale di cassa (RTC) presentata nel corso di ciascun esercizio finanziario ed i documenti governativi collegati alla manovra annuale di finanza pubblica (Documento di programmazione economico-finanziaria-DPEF, Relazione previsionale e programmatica-RPP, documenti di bilancio, ecc.).
Pertanto la documentazione prodotta dal Servizio Bilancio per tali finalità viene per lo più ad assumere una cadenza periodica, collegata ai tempi di presentazione e discussione di importanti relazioni governative e di provvedimenti che si inseriscono nel ciclo annuale relativo alla decisione di bilancio.
Specifici contributi di analisi sono predisposti anche in altri momenti in cui le tematiche relative agli andamenti generali di finanza pubblica emergono con particolare evidenza in sede parlamentare (svolgimento di audizioni, attività di indirizzo, ecc.). Talvolta, peraltro, la documentazione del Servizio Bilancio può essere predisposta anche indipendentemente da uno specifico dibattito parlamentare, a commento di elementi informativi di particolare rilievo, quali ad esempio i dati di consuntivo diffusi dall’Istituto nazionale di statistica e comunicati agli organi europei nell’ambito delle procedure di monitoraggio dei conti pubblici nazionali[186].
Grandezze oggetto di sorveglianza europea |
Nel quadro delle analisi predisposte dal Servizio, sono oggetto di particolare attenzione gli andamenti relativi ai principali saldi di finanza pubblica e alle grandezze che concorrono a determinarli. Ciò con riguardo non soltanto al saldo netto da finanziare - riferito esclusivamente al bilancio dello Stato – ma soprattutto all’indebitamento netto e al debito delle amministrazioni pubbliche, soggetti ad una procedura di sorveglianza in ambito europeo. I predetti indicatori sono infatti oggetto di particolare attenzione da parte degli organi parlamentari, interessati a monitorarne gli andamenti, ma anche a verificare le tendenze sottostanti le dinamiche rilevate.
Com’è noto, sono oggetto di sorveglianza in ambito europeo in particolare il disavanzo, corrispondente all’indebitamento netto, ossia al saldo tra entrate ed uscite nel conto economico della P.A., ed il debito, dato dall’insieme delle passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche[187]..
In base al Trattato sull'Unione, infatti, tali parametri[188] non possono superare, rispettivamente, il 3% ed il al 60% del Pil. Impegni più stringenti, per quanto riguarda il disavanzo, sono stati assunti dagli Stati europei con il Patto di stabilità e di crescita, formalizzato nel 1997, in vista del conseguimento, nel medio periodo, di una situazione di bilancio con saldi prossimi al pareggio o addirittura positivi.
L’attività di analisi svolta dal Servizio Bilancio considera pertanto un comparto più ampio della finanza statale, che coincide il più delle volte con il complessivo settore delle amministrazioni pubbliche[189], composto da amministrazioni centrali, locali ed enti di previdenza ed assistenza, i cui saldi offrono un’informazione di sintesi sullo stato complessivo della finanza pubblica.
In particolare, il conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, organizzato secondo principi e regole contabili conformi al cosiddetto Sistema europeo dei conti nazionali (Sec95)[190] - che costituisce un sistema unificato di contabilità economica vincolante in ambito europeo – rappresenta i flussi di entrata e di spesa in base ai quali vengono calcolati i parametri oggetto delle procedure comunitarie di sorveglianza e i cui valori non possono superare i limiti stabiliti nell’ambito del processo di costruzione e di consolidamento dell’unione economica e monetaria e nel quadro del Patto di stabilità e di crescita.
Sistema contabile europeo SEC95 |
Il nuovo Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (Sec95) – che rappresenta l’applicazione a livello europeo del System of national accounts (Sna93) delle Nazioni unite - fornisce una serie di regole contabili uniformi necessarie per l’armonizzazione dei dati riferiti alla contabilità nazionale degli Stati membri. L’insieme di tali regole - adottate con un regolamento del Consiglio dell’Unione europea – assicura infatti la comparabilità delle informazioni relative alla contabilità nazionale e regionale, anche ai fini dell’assunzione da parte degli organi comunitari di importanti decisioni e della verifica del rispetto, da parte degli Stati membri, dei vincoli finanziari europei.
Va peraltro rilevato che le regole di tale sistema di contabilizzazione implicano la registrazione dei flussi secondo il principio della competenza economica (cosiddetto principio accrual[191]), in base al quale un’operazione è considerata dal punto di vista contabile nel momento in cui si realizza il fatto economico e gestionale sottostante. Si tratta quindi di regole sostanzialmente diverse da quelle che presiedono alla registrazione dei flussi nel bilancio dello Stato e della maggior parte degli enti pubblici, che adottano invece una contabilità di carattere finanziario, basata sulla rappresentazione dei dati di entrata e di spesa in termini di competenza giuridica e di cassa. Pertanto, la rappresentazione degli andamenti dei parametri rilevanti in ambito europeo e, in particolare, dell’indebitamento netto, presuppone la traduzione - da parte dell’Istat e degli altri soggetti pubblici competenti - di dati originariamente espressi in termini finanziari in dati di contabilità economica, attraverso un complesso lavoro di rielaborazione, in conformità al sistema dei conti europei, della base informativa disponibile.
Particolare attenzione, nelle analisi svolte dal Servizio Bilancio, è dedicata inoltre al fabbisogno, ossia al saldo, valutato in termini di cassa, tradizionalmente riferito, nei documenti di finanza pubblica, al settore
Fabbisogno di cassa |
statale, al settore pubblico ovvero al settore delle amministrazioni pubbliche[192]. Tale parametro misura l’eccedenza delle erogazioni rispetto agli incassi[193] con riguardo al complesso delle operazioni poste in essere dal settore interessato, ivi comprese quelle di carattere finanziario, che non rilevano invece ai fini dell’indebitamento, calcolato, come già accennato, secondo i criteri della competenza economica.
I dati di fabbisogno assumono pertanto particolare rilevo come indicatori della complessiva situazione di cassa dei settori interessati e per i conseguenti riflessi sulla formazione del debito pubblico.
Analisi dei dati di consuntivo… |
Il Servizio Bilancio - anche utilizzando, ove disponibili, studi ed elaborazioni di istituti di ricerca ed organismi, anche di carattere internazionale - svolge analisi volte a descrivere, oltre agli andamenti complessivi dei saldi, quelli riferiti alle diverse componenti, di entrata e di spesa, che concorrono a determinarli.
Ciò al fine di evidenziare le peculiarità che caratterizzano l’andamento delle singole voci. L’analisi è volta inoltre a far luce su alcuni dei possibili fattori alla base delle tendenze riscontrate, sempre partendo dai dati ufficiali e tenendo conto sia dell’evoluzione del quadro normativo che del contesto economico generale.
Laddove dai documenti ufficiali non emerga con chiarezza il contributo dei diversi fattori alle dinamiche riscontrate, si formulano, ove possibile, delle ipotesi interpretative dei fenomeni, chiedendo conferma delle stesse al Governo. In alternativa, può essere formulata una richiesta di chiarimenti e di elementi integrativi di valutazione.
… e dei dati di previsionali |
Spesso i documenti del Governo contengono, oltre ai dati di consuntivo, anche previsioni circa i possibili andamenti nel breve o medio periodo delle variabili di finanza pubblica. In tali casi il Servizio Bilancio può valutare le ipotesi in base alle quali sono costruite tali proiezioni, al fine di verificarne la coerenza rispetto ad altre previsioni, provenienti da soggetti governativi o centri pubblici di ricerca o inserite in analisi di istituti europei ed internazionali (Commissione UE, FMI, OCSE, ecc.). In particolare, il confronto con i dati di fonte internazionale è ricorrente per quanto attiene alla verifica delle ipotesi relative all’evoluzione del quadro macroeconomico, determinante per la definizione delle previsioni di finanza pubblica.
Anche con riferimento ai dati previsionali, il Servizio può formulare segnalazioni ovvero richieste di chiarimenti laddove ravvisi carenze della base informativa, possibili incongruenze nella definizione delle ipotesi ovvero evidenti elementi di contrasto rispetto alle proiezioni di altri organismi particolarmente accreditati nel settore.
Contenuto della parte II del dossier
In questa parte II del dossier vengono forniti elementi di informazione ed approfondimento sugli andamenti, negli ultimi anni, del settore della finanza pubblica, utilizzando i dati disponibili all’inizio della XV legislatura.
In particolare, una prima sezione fornisce indicazioni sulle tendenze di carattere complessivo, attraverso un’analisi della recente evoluzione dei principali indicatori finanziari (indebitamento netto, saldo primario, fabbisogno e debito) nonché delle componenti che hanno contribuito a determinarli. Per quanto attiene all’evoluzione dell’indebitamento netto e delle altre variabili relative al conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni - predisposto, come già accennato, secondo i criteri della competenza economica – traendo spunto dalla recente pubblicazione, da parte dell’Istat, delle serie di valori aggiornati a decorrere dall’esercizio 1992, viene fornita un’analisi dei dati di consuntivo riferiti all’intero periodo 1992-2005.
Le ulteriori analisi contenute nella prima sezione, riferite al fabbisogno e al debito delle amministrazioni pubbliche, utilizzano invece i dati di fonte governativa riferiti al quinquennio 2001-2005. Per tutti i diversi indicatori si fa inoltre cenno ai dati previsionali per il 2006, contenuti nella Relazione trimestrale di cassa dell’aprile 2006. Specifici approfondimenti sono inoltre dedicati alla situazione della finanza locale, quale emerge dai dati finora disponibili, e alle numerose revisioni di carattere contabile - derivanti da decisioni assunte dai competenti organismi europei - i cui effetti hanno dato luogo, negli ultimi esercizi, a frequenti aggiornamenti delle serie storiche relative alle grandezze di finanza pubblica.
In una successiva sezione vengono evidenziate le tendenze di carattere settoriale, riscontrate in alcuni comparti di entrata e di spesa, corrispondenti per lo più a specifiche voci del conto economico delle amministrazioni pubbliche. Seguono alcuni approfondimenti, relativi alla spesa sanitaria, alla spesa per l’istruzione e a quella per la ricerca e sviluppo, ossia ad aggregati di spesa riconducibili contemporaneamente a più voci del conto economico.
Le analisi di tipo settoriale sono in linea di massima limitate all’ultimo quinquennio, con accenni alle previsioni governative per il 2006, ove disponibili. In alcuni casi l’ambito temporale è più limitato, in quanto la base informativa disponibile fa riferimento ad un periodo meno ampio. Inoltre, proprio in ragione del diverso grado di aggiornamento delle fonti disponibili, spesso i dati utilizzati non sono aggiornati sulla base delle ultime revisioni contabili comunicate dall’Istat; di tale circostanza si dà comunque conto, di volta in volta, nell’ambito delle diverse analisi svolte.
Andamenti dei principali saldi di finanza pubblica
I saldi del conto economico delle amministrazioni pubbliche
Conto economico consolidato della P.A. |
La situazione complessiva della finanza pubblica è generalmente rappresentata attraverso l’utilizzo di indicatori di bilancio che sintetizzano le informazioni principali del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche. Una prima analisi di questi indicatori (indebitamento netto, saldo primario, pressione fiscale e debito) servirà quindi ad offrire una rappresentazione dell’attuale condizione dei conti pubblici, della loro recente evoluzione e dei valori attesi per l’anno in corso. Per gli anni di consuntivo saranno utilizzati i dati diffusi dall’Istat, definiti come previsto da Eurostat ai fini della verifica del rispetto dei parametri di Maastricht e degli obiettivi indicati negli Aggiornamenti del programma di stabilità secondo i criteri del Sec95; per il 2006 si farà invece riferimento ai dati indicati dalla Relazione trimestrale di cassa diffusa lo scorso aprile.
In un secondo momento, l’analisi si concentrerà sulle principali determinanti dei saldi complessivi. Si distinguerà quindi l’evoluzione delle entrate e delle spese, evidenziando il loro contributo alla definizione degli indicatori generali e i principali episodi che ne hanno caratterizzato la formazione e la composizione. Anche in questo caso si farà riferimento ai dati Istat per gli anni di consuntivo, mentre per il 2006 si utilizzeranno le stime della RTC.
· L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche
Definizione dell’indebita-mento netto della P.A. |
L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche misura la differenza tra le entrate e le uscite complessive del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche e rappresenta uno dei parametri di riferimento del Trattato di Maastricht. Le entrate e le uscite che concorrono alla formazione del saldo sono definite generalmente sulla base delle grandezze di competenza economica, avendo cioè riguardo al momento economico dell’operazione piuttosto che alla sua regolazione finanziaria. In alcuni casi tuttavia, come ad esempio per gli investimenti fissi lordi, al criterio di competenza si sostituisce quello di cassa.
L’evoluzione dell’indebitamento netto, misurato in percentuale del Pil, nel periodo 1992-2006 è riportata nella figura seguente in cui gli istogrammi rappresentano il saldo complessivo di bilancio, mentre le due linee rappresentano rispettivamente il saldo primario e gli interessi passivi corrisposti per il servizio del debito.
Figura 1. Indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche
(in % del Pil)
Fonte: 1992-2005 Istat; 2006 Relazione trimestrale di cassa 2006
Dinamica dell’indebita-mento netto della P.A. |
Come si vede dal grafico, la prima metà degli anni Novanta è caratterizzata da una riduzione dell’indebitamento particolarmente incisiva (gli anni Ottanta erano stati caratterizzati da un livello di indebitamento costantemente superiore alla quota del 10% del Pil). Il deficit complessivo, ancora superiore al 10 per cento nel 1992, mostra in questi anni un miglioramento costante fino a portarsi, nel 1997, al di sotto del limite del 3% come richiesto per l’adesione alla moneta unica dal Trattato di Maastricht. La riduzione della quota di deficit continua fino al 1999 quando il saldo complessivo raggiunge il valore minimo del periodo esaminato (1,7% del Pil). A partire dal 2000, il trend discendente si inverte e il saldo di bilancio riprende a crescere. Già nel 2001 il deficit complessivo torna a superare il 3 per cento del prodotto. Migliora leggermente nell’anno successivo, ma dal 2003 il saldo complessivo torna a superare nuovamente il parametro di riferimento europeo. Nel 2005, ultimo anno di consuntivo, l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche registra un ulteriore peggioramento rispetto al dato del 2004 mentre, rispetto al 1999, il deterioramento è pari a 2,4 punti percentuali (valore minimo del periodo). Il peggioramento medio annuo tra il 1999 e il 2005 ammonta a circa quattro decimi di punto. Un nuovo miglioramento è invece atteso per l’anno in corso. La RTC prevede per il 2006, in conformità con quanto concordato in sede Ecofin[194], un indebitamento netto pari al 3,8% del Pil.
Dinamica delle componenti dell’indebita-mento: saldo primario ed interessi |
La dinamica ora evidenziata può essere scomposta nelle due componenti principali del saldo primario[195]e della spesa per interessi. Una dimensione del contributo dei due fattori ora descritti è riportata nella tavola 1. I valori indicati nella tavola rappresentano infatti la variazione (misurata come differenza annua in percentuale del prodotto) dell’indebitamento netto, del saldo primario e degli interessi passivi per il servizio del debito. Come risulta dai dati, il contenimento del deficit complessivo determinato dalla riduzione degli interessi passivi nella misura di circa due punti percentuali tra il 1999 e il 2005, risulta più che compensato dal deterioramento del saldo primario che negli stessi anni registra una riduzione di 4,4 punti percentuali del Pil.
Tavola 1. Variazione dell’indebitamento netto e delle principali componenti
(in % del Pil)
Fonte: 1992-2005 Istat; 2006 Relazione trimestrale di cassa 2006
Note: Eventuali scostamenti tra il valore di indebitamento netto e la somma delle due componenti sono da attribuire alla presenza di arrotondamenti. Il segno negativo della variazione rappresenta un miglioramento del saldo.
Rinvio degli obiettivi programmatici |
Un ruolo importante nel contrastare la dinamica espansiva dell’indebitamento netto ha rivestito il ricorso a misure di carattere non strutturale che, in particolare negli ultimi anni, hanno permesso di contenere la dimensione delle politiche restrittive altrimenti richieste in una fase di perdurante rallentamento ciclico. Nonostante tali misure si è assistito di frequente al rinvio degli obiettivi di volta in volta fissati con i vari documenti programmatici (figura 2), nonché al conseguente progressivo allontanamento dall’obiettivo del pareggio di bilancio. Un ulteriore elemento che ha determinato la sopravvalutazione dei risultati e che, soprattutto negli ultimi esercizi, ha caratterizzato la programmazione degli obiettivi, può essere indicato nella sovrastima del saggio di crescita dell’economia. Le stime incorporate nelle previsioni del quadro macroeconomico sottostante le previsioni di finanza pubblica hanno determinato infatti, da un lato, la sovrastima delle entrate tributarie che risentono direttamente dell’evoluzione del ciclo economico, dall’altro, un denominatore del rapporto deficit/Pil più favorevole. Il congiunto operare di questi due fattori ha indotto, in alcuni casi, all’adozione di manovre di finanza pubblica sottodimensionate rispetto alle reali esigenze imposte dal conseguimento degli obiettivi desiderati, spiegando parte del mancato conseguimento degli obiettivi dichiarati.
Figura 2. Obiettivi di indebitamento netto programmatici
(in % del Pil)
Fonte: DPEF vari anni
Il confronto tra i valori di consuntivo e gli obiettivi annuali fissati con il Dpef di ciascun anno offre una chiara rappresentazione delle difficoltà incontrate nel raggiungimento degli obiettivi di volta in volta perseguiti (figura 3).
Confronto tra obiettivi e dati di consuntivo |
Nella figura sono confrontati i valori di consuntivo dell’indebitamento netto per un certo anno, indicati in ciascuna Relazione trimestrale di cassa (linea continua), con il valore atteso di indebitamento netto programmatico previsto, per lo stesso anno, dal Dpef dell’anno precedente (linea tratteggiata). In altri termini, il valore con cui confrontare il dato di consuntivo per l’anno (t) è calcolato come la somma del valore di consuntivo dell’anno precedente (t-1) più l’effetto della variazione (tendenziale più manovra) prevista con il Documento programmatico del Governo per lo stesso anno (t). La scelta di utilizzare, come misura di verifica del raggiungimento dell’obiettivo fissato con il Dpef, il consuntivo indicato nella RTC di ciascun anno, anziché la serie più aggiornata del valore dell’indebitamento netto recentemente diffuse dall’Istat, risponde all’esigenza di minimizzare nel confronto l’effetto delle revisioni contabili operate nel corso dei successivi anni.
Figura 3. Confronto risultati-obiettivi
(in % del Pil)
Come emerge dal grafico, la linea che rappresenta gli obiettivi di bilancio è, a partire dal 2000, costantemente al di sopra del valore effettivamente conseguito a consuntivo. La distanza, peraltro crescente con gli anni, indica lo scarto tra il valore atteso e quello osservato.
Evoluzione del saldo strutturale |
Un giudizio parzialmente differente emerge dall’analisi dell’evoluzione del saldo strutturale, definito come il valore dell’indebitamento netto depurato dell’effetto del ciclo economico e delle misure non strutturali. L’evoluzione del saldo così definito, per gli anni di consuntivo e in previsione per il 2006 e per il 2007, è ricostruita nella figura 4 utilizzando i dati indicati nelle recenti previsioni della Commissione europea (Economic Forecasts Spring 2006). Anche al netto degli effetti sopra descritti, dopo il miglioramento osservato tra il 1991 e il 2000, il saldo complessivo di bilanci, in termini strutturali, torna a peggiorare fino a raggiungere, nel 2001, il 4,1 per cento del Pil. Un certo miglioramento si osserva invece nel 2002, quando l’indebitamento netto torna al 3,4 per cento del prodotto, circa 0,7 punti in meno dell’anno precedente, ma ancora 0,6 punti in più rispetto alla media dell’euro zona. Negli anni successivi, il deficit si stabilizza attorno alla quota del 2002 evitando il peggioramento osservato sul saldo nominale prima esaminato, tuttavia l’evoluzione dell’indebitamento mostra un progressivo scollamento dal dato europeo. Rispetto alla media dei dodici paesi il distacco del 2002 aumenta infatti negli esercizi successivi: vale 1,5 punti del Pil nel 2005, ultimo anno di consuntivo e 1,9 punti nel 2007, ultimo anno di previsione.
Figura 4. Indebitamento netto strutturale in Italia e in Europa
(al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure one-off; valori in % del Pil)
Fonte: Economic Forecasts Spring 2006, European Commission
· Il saldo primario
Al netto degli effetti degli interessi passivi, una rappresentazione delle variabili che hanno caratterizzato l’evoluzione dei conti delle amministrazioni pubbliche è riportata nella figura 5.
Definizione del saldo primario |
Il saldo primario, che misura la differenza tra le entrate complessive delle amministrazioni pubbliche e le uscite al netto degli interessi passivi, rappresenta uno dei principali fattori che concorrono alla variazione annua dello stock di debito pubblico. In termini programmatici, tale indicatore rappresenta una delle principali grandezze che consentono di valutare la sostenibilità delle finanze pubbliche. In relazione ad un dato ammontare di debito, di tasso di interesse vigente sul mercato e di crescita dell’economia, è infatti sempre possibile calcolare il valore del saldo primario che consente di raggiungere l’obiettivo atteso in termini di debito pubblico.
La composizione del saldo primario è distinta tra saldo corrente primario, ossia la differenza tra entrate correnti e spese correnti al netto degli interessi passivi, e il saldo in conto capitale (differenza tra entrate e uscite in conto capitale).
Come risulta dal grafico, la riduzione osservata del saldo primario deriva, tra il 1997 e il 2005, essenzialmente dalla riduzione del saldo delle partite correnti che nello stesso periodo perde, in quota di Pil, circa 5 punti percentuali. Sostanzialmente stabile risulta l’evoluzione del saldo in conto capitale che, grazie anche agli introiti dei condoni fiscali e delle dismissioni immobiliari - contabilizzate con segno positivo tra gli investimenti fissi lordi (come disinvestimento) - si mantiene all’incirca intorno al 3,2 per cento. Un lieve miglioramento del saldo primario è invece previsto per il 2006.
Figura 5. Evoluzione e composizione del saldo primario
(in % del Pil)
Fonte: 1992-2005 Istat; 2006 Relazione trimestrale di cassa 2006
· Le entrate delle amministrazioni pubbliche
Le entrate complessive delle amministrazioni pubbliche, dopo aver contribuito al risanamento complessivo della situazione del bilancio pubblico, registrano una costante tendenza alla riduzione della propria incidenza sul Pil. Tra il 1997 e il 2005, le entrate totali si riducono, in percentuale del prodotto, di 3,3 punti percentuali. La variazione è più consistente per le entrate correnti che scontano, a partire dal 1998, diversi interventi di riduzione fiscale. Sono queste inoltre le voci che più di altre risentono del progressivo deterioramento delle condizioni congiunturali. Più contenuta, in termini assoluti, risulta la variazione delle entrate in conto capitale che pure, in termini relativi, vedono invece dimezzare il proprio peso sul prodotto interno lordo. Nello stesso periodo, un momentaneo incremento di questa voce è osservato negli anni 2003 e 2004, quando tra le entrate in conto capitale sono contabilizzati gli introiti legati alle numerose fattispecie di sanatoria fiscale disposte con le finanziarie per il 2002 e per il 2003.
Tra le entrate correnti si osserva nel 1998 il sorpasso, in termini di incidenza sul prodotto, delle imposte indirette rispetto a quelle dirette a causa, principalmente, della contabilizzazione tra le prime del gettito dell’Irap e della contestuale abolizione dell’Ilor tra le seconde. Alla sostituzione dei contributi sanitari con lo stesso tributo regionale si deve, nello stesso anno, la riduzione della quota dei contributi sociali. La stessa composizione delle entrate correnti si riconferma nel 2005, quando le imposte indirette risultano ancora superiori a quelle dirette per circa nove decimi di punto.
Un progressivo incremento si registra tra il 2002 e il 2003 per i contributi sociali, che beneficiano della regolarizzazione degli immigrati e della loro posizione contributiva. Al contrario, una consistente riduzione si osserva per le imposte dirette che, nei primi anni del 2000 e fino al 2004, risentono sia dell’esaurirsi delle imposte legate ai guadagni in conto capitale sulle partecipazioni azionarie, sia del progressivo ridursi delle risorse legate all’imposta sostitutiva delle rivalutazioni dei beni aziendali, sia dei numerosi interventi di riduzione del carico fiscale disposti in particolare sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche. Una inversione di questa tendenza è attesa per il 2006, quando ancora per effetto degli interventi normativi disposti con la manovra di finanza pubblica per il 2006, la Relazione trimestrale di cassa prevede un incremento sia delle imposte dirette che di quelle indirette.
Tavola 2. Entrate delle amministrazioni pubbliche
Fonte: 1992-2005 Istat; 2006 Relazione trimestrale di cassa 2006
Andamento della pressione fiscale |
Una costante riduzione della quota in percentuale del prodotto si nota anche per la pressione fiscale tra gli anni 1997 e 2005. Si distingue comunque il dato relativo al 2003, quando i considerevoli introiti delle sanatorie fiscali disposte con la finanziaria per lo stesso anno determinano un momentaneo incremento. Una considerazione diversa si può invece formulare se si escludono dall’analisi le imposte in conto capitale, volendo con questa semplificazione depurare l’esame dalle componenti straordinarie contabilizzate, nella maggior parte dei casi, proprio in questa voce di entrata. In questo caso infatti, già a partire dal 2003 si registra una inversione della tendenza discendente che ha caratterizzato il precedente quinquennio. Un ulteriore incremento è previsto per il 2006 dalla Relazione trimestrale di cassa, seppure l’aumento previsto per la pressione fiscale corrente è limitato ad un decimo di punto. Sostanzialmente invariata sul 40,6 per cento del prodotto è invece prevista la pressione fiscale complessiva per l’anno in corso. L’agevolazione prevista sul costo del lavoro tramite la riduzione di alcuni oneri contributivi impropri è infatti compensata dalle restanti misure di incremento del carico tributario contenute nella stessa legge finanziaria per il 2006.
Figura 6. Pressione fiscale
(in % del Pil)
Fonte: 1992-2005 Istat; 2006 Relazione trimestrale di cassa 2006
Tornando ad esaminare l’andamento complessivo della pressione fiscale, tra
Incremento dei contributi e riduzione delle imposte rispetto al Pil |
il 2001 ed il 2005 si assiste ad una riduzione di circa 0,7 punti percentuali, determinata da una riduzione di 1,3 punti percentuali dell’incidenza sul Pil delle imposte, parzialmente compensata da un incremento dell’incidenza dei contributi sociali effettivi (0,6 punti percentuali).
Tale incremento appare riconducibile essenzialmente a due fattori:
· l’aumento, dal 2004, delle aliquote contributive del settore del c.d. lavoro parasubordinato disposto dal DL n. 269/2003[196];
· la dinamica più sostenuta delle retribuzioni (e, quindi, dell’imponibile sottoposto a contribuzione) rispetto a quella del Pil nel periodo in esame. Nel quinquennio 2001-2005, infatti, si registra un incremento medio annuo delle retribuzioni pari al 4,3%, a fronte di un incremento medio annuo del Pil pari al 3,5%[197].
Per quanto attiene all’analisi dell’andamento delle imposte rispetto al Pil, si rinvia alla relativa analisi contenuta nella successiva sezione del dossier, dedicata agli andamenti settoriali.
· Le uscite delle amministrazioni pubbliche
Come è noto, il controllo della spesa è stato uno degli elementi portanti dell’azione di risanamento delle finanze pubbliche condotta nella prima metà degli anni novanta. Dall’esercizio 1994, soprattutto per effetto degli interventi disposti nel 1992 e attuati nel 1993, la dinamica espansiva che aveva caratterizzato l’evoluzione degli anni precedenti infatti si arresta. Tra il 1994, anno in cui la spesa registra il valore massimo osservato nel periodo considerato, e il 2000, anno di minimo, il decremento ammonta a 9,2 punti del prodotto. La riduzione, in termini di incidenza sul Pil, non è lineare, ma presenta piuttosto un andamento incidentale: particolarmente intenso risulta il decremento negli anni 1994, 1998 e 1999, mentre comunque inferiore al punto percentuale appare la variazione in tutti gli altri anni. La tendenza si inverte negli ultimi anni. Tra il 2000 e il 2005, la variazione assume segno positivo con un incremento complessivo pari a 1,1 punti del Pil e un’incidenza complessiva pari al 48,5 per cento. Il mantenimento di questo stesso valore è il risultato previsto dalla RTC per il 2006.
Esaminiamo separatamente i due periodi. La riduzione osservata nel primo dei due sottoperiodi, quello in cui la spesa registra un miglioramento, non è comune a tutte le voci di uscita. Particolarmente intensa risulta la variazione negativa per gli interessi passivi, che tra il 1994 e il 2000 registrano una riduzione di 6,3 punti percentuali. Le motivazioni di una così importante riduzione possono sinteticamente essere indicate: a) nella riduzione dello stock di debito pubblico; b) in una più accorta gestione degli strumenti del debito stesso; c) nella riduzione del tasso di interesse vigente sui mercati internazionali; d) nella riduzione del premio aggiuntivo richiesto dagli stessi mercati sui titoli del debito pubblico italiano in relazione al maggior grado di “rischio Paese”, che l’Italia ancora scontava, prima dell’ingresso nell’area euro, a causa della percepita instabilità della situazione delle nostre finanze pubbliche.
Ancora rilevante è il contributo offerto, nello stesso periodo, al contenimento delle spese complessive dalla variazione degli investimenti fissi lordi. In questo caso, la riduzione, non particolarmente ampia in termini assoluti (-0,5 punti di Pil), acquista maggiore evidenza in termini relativi: la riduzione rispetto al valore del 1993 è infatti pari al 10 per cento, ma la riduzione sale al 15 per cento se anziché al dato del 1994 ci si riferisce a quello del 1993. Una riduzione della stessa entità si osserva, negli stessi anni, per le spese per i redditi dei lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione che beneficiano, nel 1998, della abolizione dei contributi sanitari a carico dell’amministrazione sui lavoratori dipendenti che si riflette comunque in una già citata riduzione dei contributi. La riduzione, in percentuale del prodotto, ammonta in questo caso a 1,6 punti percentuali.
Tavola . Uscite delle amministrazioni pubbliche
Fonte: 1992-2005 Istat; 2006 Relazione trimestrale di cassa 2006
Sostanzialmente invariate, tra il 1992 e il 1999, risultano le altre voci di spesa, per le quali si registra comunque un contenimento del potenziale espansivo che aveva caratterizzato l’evoluzione di queste uscite negli anni precedenti.
Nel triennio 2000-2002, la spesa complessiva oscilla su un valore medio pari al 47,6 per cento, ma già dal 2003 si manifestano segnali di una consistente ripresa della quota sul Pil di questo aggregato, nonostante la spesa per interessi passivi continui a far osservare variazioni negative. L’aumento risulta generalizzato a tutte le voci di uscita nonostante le numerose misure di contenimento adottate negli stessi anni a limitazione delle spese, di cui si dirà meglio nelle relative analisi settoriali.
A tali osservazioni occorre peraltro aggiungere due considerazioni. Va ricordato che, a partire dal 1999, le uscite delle amministrazioni pubbliche beneficiano della contabilizzazione tra gli investimenti fissi lordi – a riduzione della spesa - degli introiti da dismissioni e cartolarizzazioni immobiliari. Nel 2002 ad esempio, l’effetto di questa posta contabile raggiunge gli 0,8 punti del prodotto e non appare quindi trascurabile nell’analisi delle dinamiche di spesa. In assenza di tali interventi la spesa avrebbe registrato una evoluzione più sostenuta.
Sostanziale rigidità della spesa rispetto al ciclo economico |
Per altro verso, va considerato che l’ammontare delle uscite sostenute dalle amministrazioni pubbliche presenta, salvo alcune componenti minoritarie nel bilancio italiano che riguardano le spese per ammortizzatori sociali, una sostanziale rigidità al ciclo economico. Questo implica che in periodi di bassa crescita il rapporto tra l’ammontare complessivo delle uscite e il valore del prodotto interno lordo tenda spontaneamente a crescere in conseguenza del tendenziale andamento crescente delle uscite. Sebbene quindi, il rapporto così definito concorra alla determinazione del saldo monitorato ai fini delle procedure di sorveglianza europee e mantenga quindi la propria rilevanza, nella valutazione delle dinamiche che hanno caratterizzato l’evoluzione di questo aggregato, una ulteriore indicazione si può cogliere dall’esame della dinamica reale della grandezza osservata. Nella figura seguente è riportato quindi il profilo osservato per la spesa complessiva e per la spesa primaria valutata a prezzi costanti ponendo l’anno base (=100) al 1992.
Dalla figura emerge chiaramente il contributo fornito alla evoluzione della spesa complessiva dalla riduzione degli interessi passivi, ma si osserva anche una anticipazione del periodo in cui la spesa avrebbe ripreso la tendenza espansiva osservata. In effetti, se si valuta la dinamica della spesa totale, l’anno in cui si interrompe la fase di contenimento della spesa risulta essere l’anno 2000, tuttavia se si guarda invece alla spesa al netto degli interessi passivi, l’anno di svolta è anticipato al 1997. A partire dal 1998, infatti, la spesa primaria torna a crescere. La variazione positiva si interrompe nel 2000 per poi riprendere con maggior vigore tra il 2001 e il 2003. Solo nell’ultimo biennio la spesa primaria mostra un segnale di rallentamento. Influiscono su tale moderazione le numerose misure di contenimento adottate negli ultimi anni, ma, tra l’altro, anche il rinvio del rinnovo dei contratti del pubblico impiego[198].
Figura 7. Spesa totale e primaria a prezzi costanti al netto delle dismissioni immobiliari (numero indice, 1992=100)
Fonte: 1992-2005 Istat; 2006 Relazione trimestrale di cassa 2006
Fonte: elaborazioni su dati Istat
Più in generale, come da più parti evidenziato, si nota come, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, la spesa pubblica sia tornata su un sentiero di crescita nonostante le numerose misure di contenimento adottate, che pertanto non sembrano aver prodotto uno strutturale ridimensionamento delle voci di uscita del bilancio pubblico.
La procedura di disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia
Nel quadro dell’analisi dell’evoluzione delle componenti del conto economico, appare opportuno ricordare anche la procedura avviata in ambito europeo nei confronti dell’Italia per deficit eccessivo.
Si trovano attualmente in una situazione di deficit eccessivo 5 dei 12 paesi dell’area dell’euro: Italia, Francia, Germania, Grecia e Portogallo.
La decisione del Consiglio ECOFIN sull’esistenza del disavanzo eccessivo in Italia, adottata nel luglio 2005, è stata basata sui seguenti elementi:
- il rapporto disavanzo/Pil è risultato superiore al valore di riferimento del 3 per cento del Pil nel 2003 e 2004. A giudizio del Consiglio tale superamento non è stato determinato da un evento inconsueto o da una grave recessione economica, né può considerarsi temporaneo in quanto, dopo aver superato (seppure non di molto) il valore di riferimento nel 2003 e nel 2004, è destinato a superarlo anche nel 2005 e nel 2006;
- il rapporto debito/Pil, pari al 106-107% nel 2003 e nel 2004 - nettamente superiore al valore di riferimento (del 60%) - non è sceso ad un ritmo soddisfacente né è suscettibile di presentare tale andamento nel prossimo futuro, tenuto conto del livello dell'avanzo primario (inferiore al 2% nel 2004).
Il Consiglio ha quindi raccomandato all’Italia di:
- attuare con rigore il bilancio 2005, in particolare mediante la riduzione delle misure una tantum dall’1,4% allo 0,4% del Pil, al fine di arrivare ad un deficit del 2005 pari al massimo al 4,3 per cento del Pil;
- prendere le misure necessarie per riportare il deficit al di sotto del 3%, in modo durevole, entro il 2007;
- conseguire nel periodo 2006-2007 una riduzione cumulativa del disavanzo strutturale (ossia al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum) di almeno l'1,6% del Pil, rispetto al livello del 2005; la metà di tale aggiustamento dovrà essere conseguita nel 2006;
- assicurare che il rapporto debito/Pil si riduca ad un ritmo soddisfacente, sia ristabilendo ad un livello adeguato, nel medio termine, l’avanzo primario sia prestando attenzione ai fattori diversi dal disavanzo netto, come le operazioni “sotto la linea” che, pur non incidendo sull’indebitamento netto, contribuiscono a variazioni nei livelli del debito.
Il Consiglio ha rilevato altresì la necessità di miglioramenti nella raccolta e nel trattamento dei dati relativi alle finanze delle amministrazioni pubbliche nei conti nazionali italiani.
Il 14 marzo 2006, il Consiglio ha esaminato il programma di stabilità presentato dall’Italia nel dicembre 2005 e lo ha ritenuto compatibile con una correzione del disavanzo eccessivo entro il 2007, a condizione di un’attuazione completa ed effettiva del bilancio 2006 e dell'individuazione e realizzazione di ulteriori e sostanziali misure correttive nel 2007 [199].
Il Consiglio ha inoltre invitato l’Italia ad assicurare un più rapido ritmo di riduzione del rapporto debito/Pil verso il parametro del 60 per cento e a conseguire un miglioramento del processo di bilancio, aumentandone la trasparenza e applicando in modo efficace i vecchi ed i nuovi meccanismi di monitoraggio e controllo della spesa.
Da ultimo, l’8 maggio scorso, nell’ambito delle consuete previsioni economiche di primavera, la Commissione ha stimato per l’Italia al 4,1% del Pil l’indebitamento nell’anno in corso, con una previsione di miglioramento su base annua del deficit e dell’avanzo primario, al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure temporanee, di circa ¼ di punto percentuale di Pil, ossia al di sotto dei ¾ indicati nella raccomandazione del Consiglio.
Per il 2007, assumendo uno scenario a politiche invariate, la previsione di indebitamento si colloca al 4,5% del Pil, per effetto principalmente della maggior spesa per interessi e del venir meno delle misure temporanee.
Il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche[200]
Definizione di fabbisogno delle amministrazioni pubbliche |
Il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche costituisce un aggregato consolidato, formato dal fabbisogno delle amministrazioni centrali e dai fabbisogni aggiuntivi delle amministrazioni locali e degli enti di previdenza.
Il fabbisogno delle Amministrazioni centrali si compone del saldo tra gli incassi ed i pagamenti del bilancio dello Stato ed il saldo delle altre operazioni delle Amministrazioni centrali[201], che riflette principalmente il saldo tra i versamenti in Tesoreria effettuati dal bilancio dello Stato e da altri soggetti ed i pagamenti dalla Tesoreria a soggetti diversi dallo Stato[202]. I fabbisogni aggiuntivi delle Amministrazioni locali e degli Enti di previdenza riflettono le necessità di finanziamento di tali enti non soddisfatte attraverso entrate proprie o trasferimenti da altri enti pubblici[203].
Sul fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche incidono, inoltre, i proventi delle dismissioni di partecipazioni in imprese pubbliche, al netto dei versamenti per eventuali acquisizioni, effettuate dalle Amministrazioni centrali ed altri proventi di natura straordinaria, quali i dividendi connessi ad operazioni di liquidazione di imprese e gli incassi delle licenze UMTS, nonché gli esborsi per la regolazione di posizioni debitorie pregresse, effettuati sempre dalle Amministrazioni centrali.
Tav. 1 – Fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche 2001 - 2005. Valori in milioni di euro e rapporti al Pil
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Fabbisogno complessivo |
56.893 |
37.553 |
40.178 |
48.577 |
68.286 |
In % del Pil |
4,56 |
2,90 |
3,01 |
3,50 |
4,82 |
Dismissioni mobiliari |
4.603 |
1.929 |
16.855 |
7.673 |
4.318 |
Fabbisogno al netto dismissioni |
61.497 |
39.482 |
57.033 |
56.250 |
72.604 |
In % del Pil |
4,93 |
3,05 |
4,27 |
4,05 |
5,12 |
Regolazione di debiti pregressi |
9.310 |
5.328 |
8.537 |
533 |
190 |
Fabbisogno al netto dismis. e reg. deb. |
52.187 |
34.134 |
48.496 |
55.717 |
72.414 |
In % del Pil |
4,18 |
2,64 |
3,63 |
4,01 |
5,11 |
Il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche, dopo una drastica riduzione nel 2002, è tornato a crescere negli ultimi anni, collocandosi, in termini di Pil, al 4,82 per cento nel 2005, con un incremento di 1,32 punti di Pil.
Contributo del- le dismissioni mobiliari alla riduzione del fabbisogno |
I proventi delle dismissioni mobiliari hanno contribuito alla riduzione del fabbisogno in modo cospicuo soprattutto nel 2003, in conseguenza della cessione di partecipazioni del Tesoro nell’ambito delle operazioni di trasformazione della Cassa depositi e prestiti, che ha determinato incassi per circa 12 miliardi di euro.
I pagamenti per regolazioni di debiti pregressi hanno avuto un’incidenza molto modesta negli ultimi due anni considerati, a fronte dei cospicui valori registrati negli anni precedenti, per effetto del ripiano dei disavanzi per la spesa sanitaria e per il rimborso di crediti d’imposta.
Tav. 1 - Fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche 2001 - 2005. Analisi per strumenti di finanziamento. Valori in milioni di euro
Finaziamento del fabbisogno |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
|
|
|
|
|
|
moneta e depositi |
22.351 |
11.043 |
-37.658 |
16.364 |
21.574 |
di cui raccolta postale |
18.735 |
8.675 |
-62.686 |
-1.187 |
-4.177 |
Titoli a breve |
11.775 |
-372 |
6.057 |
-998 |
-924 |
Titoli a medio lungo termine |
23.187 |
31.699 |
23.061 |
41.640 |
40.159 |
Prestiti di IFM |
-3.790 |
-2.469 |
-5.580 |
-1.925 |
5.434 |
Altre operazioni |
3.371 |
-2.347 |
54.299 |
-6.504 |
2.043 |
di cui var. depositi BKI |
-2.023 |
284 |
8.022 |
-2.578 |
1.197 |
Fabbisogno complessivo[204] |
56.893 |
37.554 |
40.179 |
48.577 |
68.286 |
Con riguardo agli strumenti di finanziamento del fabbisogno[205], sono aumentate nel periodo le emissioni nette di titoli a medio e lungo termine, che tengono conto delle operazioni di swap e, in seguito alla decisione Eurostat del maggio 2005, includono i titoli emessi da Infrastrutture s.p.a. per il finanziamento degli investimenti per l’alta velocità, riconosciuti quali passività delle Amministrazioni pubbliche.
Negli ultimi due anni della serie sono stati realizzati rimborsi netti di titoli a breve per circa un miliardo di euro, a fronte di circa 6 miliardi di emissioni nette effettuate nel 2003.
Tale modalità di finanziamento ha contribuito ad innalzare, nel corso degli ultimi anni della serie considerata la vita media residua dei titoli di Stato.
Il forte decremento della raccolta postale nel 2003 è connesso alla trasformazione della Cassa depositi e prestiti, in seguito alla quale la raccolta postale include solo la quota di pertinenza del Ministero dell’economia e delle finanze: in corrispondenza, si è determinato un aumento significativo delle risorse derivanti dal saldo dei conti correnti di tesoreria intestati ad enti esterni alle Amministrazioni pubbliche, che includono quelli intestati alla Cassa.
Nel 2005 sono stati accesi prestiti bancari per oltre 5 miliardi di euro, a fronte dei rimborsi effettuati negli anni precedenti. Sul dato incidono presumibilmente i prestiti erogati ad Infrastrutture s.p.a.
La voce “altre operazioni”, che comprende la variazione dei depositi presso la Banca d’Italia, i proventi delle operazioni di cartolarizzazione per la quota considerata come prestito in base ai criteri indicati da Eurostat e, dal 2003, i mutui erogati dalla CDP, mostra una forte variazione positiva nel 2003, in connessione con l’inclusione di tali mutui.
Le attività del Tesoro presso la Banca d’Italia, che avevano subito una forte riduzione nel 2003, sono aumentate di circa 2,6 miliardi nel 2004, per ridursi di nuovo di 1,2. circa nel 2005.
Il fabbisogno al netto delle dismissioni mobiliari si colloca, in rapporto al Pil, sempre al di sopra di 4 punti percentuali dal 2003, con un incremento molto accentuato (1,1 punti di Pil) nel 2005 rispetto al 2004.
Si segnala che, sul contenimento della dinamica di tale aggregato, hanno operato, soprattutto negli ultimi anni, misure di carattere temporaneo.
Si tratta, in particolare, di operazioni di cartolarizzazione di crediti in possesso delle Amministrazioni pubbliche. I proventi di tali operazioni, configurandosi le medesime come cessione di asset di natura finanziaria, ove conformi ai criteri generali fissati nel 2002 da Eurostat in materia di valutazione contabile delle cartolarizzazioni, concorrono alla riduzione del fabbisogno, mentre non hanno rilievo ai fini dell’indebitamento netto.
Nel periodo considerato sono state effettuate, con cadenza annuale, cartolarizzazioni dei crediti contributivi dell’INPS; nel 2004 sono state effettuate anche operazioni di cessione alla Sace di crediti dello Stato nei confronti della Federazione russa e di crediti dello Stato a fronte di finanziamenti agevolati per la ricerca scientifica.[206].
Tav. 2 – Divario tra fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche al netto delle dismissioni ed indebitamento netto. Anni 2001 – 2005. Valori in milioni di euro.
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Fabbisogno netto dismissioni |
61.497 |
39.482 |
57.033 |
56.250 |
72.604 |
Indebitamento netto P.A. |
38.501 |
37.085 |
46.036 |
47.652 |
57.917 |
Differenza |
22.996 |
2.397 |
10.997 |
8.598 |
14.687 |
Differenza/Pil |
1,84 |
0,19 |
0,82 |
0,62 |
1,04 |
Divario tra fabbisogno ed indebitamento netto |
Il divario tra il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche al netto delle dismissioni mobiliari e l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, ridottosi nel triennio 2002-2004 – anche in conseguenza di talune riclassificazioni contabili, di cui si dà conto nello specifico approfondimento, riportato nel presente dossier[207] - è tornato a crescere nel 2005, collocandosi ad oltre un punto percentuale del prodotto.
Il divario fra i due saldi è imputabile alle diverse modalità di calcolo utilizzate per la costruzione dei due indicatori.
In linea generale:
· il saldo delle partite finanziarie incide sul fabbisogno, ma non sull’indebitamento netto;
· il fabbisogno è computato in base ad un criterio di cassa, mentre l’indebitamento netto è computato in base ad un criterio di competenza economica.
Il disavanzo delle partite finanziarie, che è calcolato dal MEF in riferimento al settore pubblico (aggregato di enti assimilabile sostanzialmente a quello delle amministrazioni pubbliche), è stato pari negli anni 2003, 2004 e 2005, per i quali si dispone di dati omogenei, rispettivamente a 8.137 milioni di euro, 15.927 milioni di euro e 21.945 milioni di euro. Negli ultimi due anni, in particolare, il saldo delle partite finanziarie risulta superiore al divario tra i due saldi. Tale circostanza deriva dal fatto che alcune delle misure di contenimento adottate hanno avuto impatto sul fabbisogno, ma non sull’indebitamento, a causa del diverso criterio contabile richiesto per la costruzione dei due saldi.
Il debito delle amministrazioni pubbliche[208]
· Struttura del debito
Definizione del debito della P.A. |
Il debito delle amministrazioni pubbliche si compone dell’insieme delle passività finanziarie del settore, valutate al valore facciale di emissione.
In linea con la definizione adottata ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi della UE, si tratta di un aggregato consolidato, dal quale sono escluse le passività che costituiscono nel contempo stesso attività, nell’ambito dei medesimi strumenti di indebitamento, di enti appartenenti al medesimo comparto delle Amministrazioni pubbliche.
Le variazioni annue del debito non coincidono con l’ammontare del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche a causa dei diversi criteri contabili utilizzati per il computo dei due aggregati.
In particolare:
· le variazioni delle attività nei confronti della Banca d’Italia sono considerate una forma di copertura del fabbisogno, mentre le corrispondenti consistenze non sono portate a riduzione del debito;
· nel fabbisogno, ad eccezione dei BOT, le emissioni dei titoli sono valutate al “netto ricavo”, mentre nel debito sono considerate al valore nominale;
· nel fabbisogno, le passività denominate in valuta diversa dall’euro sono convertite al tasso di cambio vigente al momento della regolazione dell’operazione, mentre nel debito la conversione è effettuata al tasso di cambio vigente alla fine del periodo di riferimento.
Tav. 1 – Debito delle amministrazioni pubbliche 2001 – 2005. Valori in milioni di euro e rapporto al Pil
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Debito delle A.P. |
1.357.372 |
1.366.998 |
1.392.112 |
1.441.879 |
1.507.556 |
Variazioni assolute |
57.270 |
9.626 |
25.114 |
49.767 |
65.677 |
Pil a prezzi correnti |
1.248.648 |
1.295.226 |
1.335.354 |
1.388.870 |
1.417.241 |
Debito/Pil |
108,71 |
105,54 |
104,25 |
103,82 |
106,37 |
Sulla consistenza del debito delle amministrazioni pubbliche registrata al 31 dicembre degli anni considerati nella tavola 1 e sulla sua dinamica hanno inciso anche gli effetti di riclassificazioni contabili e di revisioni statistiche effettuate negli ultimi anni.
In particolare:
· nel dicembre 2003, la Cassa depositi e prestiti è stata trasformata in società per azioni. In connessione con tale trasformazione la CDP s.p.a. è stata classificata dal 2003 tra gli intermediari non bancari, al di fuori del comparto delle amministrazioni pubbliche. La trasformazione e la riclassificazione hanno comportato per tale anno una riduzione del debito delle Amministrazioni pubbliche di 0,6 miliardi di euro. Il complesso delle operazioni che hanno interessato la CDP ha anche determinato una riallocazione del debito consolidato tra i sottosettori delle Amministrazioni pubbliche. Il debito delle Amministrazioni locali è aumentato dell’ammontare dei mutui concessi dalla CDP a tali enti (47,5 miliardi di euro nel 2003). In corrispondenza, il debito delle Amministrazioni centrali si è ridotto di 48,1 miliardi di euro, corrispondenti alla somma algebrica della riduzione connessa all’attribuzione alla CDP di parte del risparmio postale (78,6 miliardi di euro) e dell’attribuzione alla medesima di una quota dei depositi presso la Tesoreria (30,5 miliardi di euro). Tali riallocazioni patrimoniali hanno avuto effetto anche sul fabbisogno imputato ai due sottosettori a decorrere dal dicembre 2003.
Il complesso delle operazioni che hanno interessato la CDP nel 2003 ha, inoltre, determinato un ulteriore effetto di riduzione del debito delle Amministrazioni pubbliche per 12 miliardi di euro, di cui 11 miliardi per effetto della cessione alla nuova società da parte dello Stato di partecipazioni ENI, ENEL e Poste italiane s.p.a. ed 1 miliardo in seguito al trasferimento del 30 per cento del capitale sociale della CDP ad alcune fondazioni bancarie;
· in occasione della notifica alla Commissione europea del 1° marzo 2004 le serie del fabbisogno e del debito delle amministrazioni pubbliche sono state soggette a rilevanti revisioni statistiche. Tali rettifiche sono state motivate dalla disponibilità di nuovi dati riguardanti l’ammontare dei conti correnti postali detenuti dal settore privato e dalla verifica delle procedure utilizzate per la determinazione dei titoli pubblici di proprietà degli enti di previdenza appartenenti alle amministrazioni pubbliche.
Per gli anni considerati e tenendo conto delle ordinarie rettifiche di natura statistica, la revisione operata nel marzo 2004[209] ha comportato un incremento del debito 12,2 miliardi di euro nel 2001, di 17,8 miliardi di euro nel 2002 e di 21,9 miliardi di euro nel 2003;
· nel corso del 2005[210] sono intervenuti alcuni fattori che hanno reso necessaria una revisione dei dati della serie del debito delle amministrazioni pubbliche per gli anni dal 2001 al 2004. Si è trattato in particolare della riclassificazione del conto corrente di Tesoreria intestato alla Sace, che ha determinato un aumento del debito rispettivamente di 2,5, 2,7 e 3,7 miliardi di euro negli anni 2001, 2002 e 2003 nonché del recepimento della decisione Eurostat del 23 maggio 2005. Quest’ultima ha riguardato:
- la riclassificazione come prestito dei versamenti anticipati realizzati dai concessionari della riscossione. Tale rettifica ha implementato il debito di 2,7 miliardi di euro nel 2003 e di 5,2 miliardi nel 2004;
- la riclassificazione come debito dello Stato dei prestiti contratti da Ispa per il finanziamento degli investimenti per la realizzazione della ferrovia ad alta velocità, con un effetto di incremento del debito di circa 6,4 miliardi di euro nel 2004[211];
· nel marzo 2006, in occasione della diffusione dei dati di fabbisogno e di debito del 2005, si è proceduto ad una ulteriore revisione delle serie relative agli anni precedenti[212].
Le rettifiche sono state motivate dalla disponibilità di nuovi dati elaborati dalle Poste italiane sulla consistenza dei conti correnti postali di pertinenza di soggetti privati e dall’inclusione tra le passività delle amministrazioni pubbliche del conto di Tesoreria intestato alla UE. Complessivamente tali revisioni hanno comportato un incremento del debito pari a 2 miliardi di euro nel 2002, 2,9 miliardi nel 2003 e di 2,2 miliardi nel 2004.
Per gli anni considerati, inoltre, il dato dell’incidenza del debito rispetto al Pil risente delle revisioni apportate al Pil per effetto delle nuove metodologie di calcolo utilizzate in sede di conti economici nazionali[213].
Tav. 2 – Debito delle amministrazioni pubbliche 2001 – 2005. Analisi per strumenti – Composizione percentuale
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Monete e depositi |
10,15 |
10,89 |
7,99 |
8,85 |
9,89 |
di cui raccolta postale |
9,57 |
10,14 |
5,46 |
5,18 |
4,68 |
Titoli a breve termine |
8,38 |
8,29 |
8,58 |
8,21 |
7,79 |
Titoli a medio lungo |
75,89 |
75,65 |
75,44 |
75,63 |
74,91 |
TOTALE Titoli |
84,26 |
83,94 |
84,02 |
83,84 |
82,70 |
Prestiti di IFM |
4,72 |
4,50 |
4,02 |
3,74 |
3,94 |
Altre passività |
0,86 |
0,67 |
3,98 |
3,57 |
3,47 |
DEBITO AP |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
di cui valuta |
2,82 |
2,79 |
1,96 |
1,85 |
1,81 |
Medio lungo termine |
83,79 |
82,98 |
85,18 |
84,41 |
83,20 |
L’aggregato debito delle amministrazioni pubbliche include i seguenti strumenti finanziari:
· le monete ed i depositi: comprendono le monete in circolazione, i depositi presso la Tesoreria statale di pertinenza di soggetti esterni alle A.P. e la raccolta postale. Dal dicembre 2003, in seguito alla trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni, tale ultima voce comprende solo la quota dei buoni postali attribuita al Ministero dell’economia e delle finanze ed i conti correnti postali intestati a soggetti privati. Nella voce “monete e depositi”, in seguito alla decisione Eurostat del 23 maggio 2005, sono confluiti i versamenti anticipati effettuati dai concessionari della riscossione[214];
· titoli diversi dalle azioni (esclusi gli strumenti finanziari derivati) emessi dallo Stato e dalle amministrazioni pubbliche. Sempre in seguito alla decisione Eurostat del 23 maggio 2005, nei titoli a medio e lungo termine è confluita la quota in titoli dei debiti contratti nel 2004 da Ispa per il finanziamento dell’alta velocità ferroviaria[215];
· prestiti delle istituzioni finanziarie e monetarie: comprende i prestiti erogati in favore di enti delle A.P. o il cui onere di rimborso sia a carico dei medesimi. Dal 2004 comprende la restante parte dei prestiti contratti da Ispa per il finanziamento degli investimenti per l’alta velocità. In questa voce confluiscono anche i proventi di alcune operazioni di cartolarizzazione, che in base ai criteri Eurostat sono classificate come accensione di prestiti, anziché cessioni di attività;
· altre passività: la voce comprende le passività verso la Banca d’Italia e, dal 2003, vi confluiscono i prestiti erogati dalla Cassa depositi e prestiti in favore delle Amministrazioni pubbliche.
Prevalenza del debito a medio e lungo termine |
Nel 2005, l’82,2 per cento del debito delle amministrazioni pubbliche è a medio e lungo termine, a fronte dell’83,8 per cento nel 2001 (Tav. 2). I titoli rappresentano 82,7 per cento del valore del debito a fronte dell’84,3 per cento nel 2001. Del loro ammontare complessivo, circa il 90,6 per cento è rappresentato nel 2005 da titoli a medio e lungo termine, con un lieve incremento rispetto al peso assunto nel 2001 (90,1 per cento).
La vita residua media ponderata dei titoli di Stato prosegue il suo trend di crescita, passando da 6 anni nel 2003 a 6,6 anni nel 2005[216].
La quota delle monete e depositi si riduce nel periodo, a seguito della flessione dal 2003 della raccolta postale, derivante dalle revisioni contabili derivanti dalla trasformazione della CDP. Sempre a causa di tali revisioni si incrementa la quota delle altre passività, in cui confluiscono i prestiti erogati dalla CDP alle Amministrazioni pubbliche.
Tav. 3 – Debito delle amministrazioni pubbliche 2001 – 2005. Analisi per settori detentori– Composizione percentuale
|
Banca d’Italia |
IFM residenti[217] |
Altri residenti[218] |
Non residenti |
Totale |
2001 |
4,74 |
28,47 |
31,22 |
35,57 |
100,00 |
2002 |
3,01 |
26,14 |
34,37 |
36,47 |
100,00 |
2003 |
3,54 |
30,81 |
26,03 |
39,63 |
100,00 |
2004 |
3,75 |
31,53 |
25,79 |
38,93 |
100,00 |
2005 |
3,92 |
32,23 |
(a) |
(a) |
|
(a) Dato non disponibile
Al 31 dicembre 2004 la quota maggiore del debito delle amministrazioni pubbliche, molto vicina al 40 per cento del totale, risulta detenuta da soggetti ed istituzioni non residenti (Tav. 3). Segue, in termini di più rilevante incidenza, la quota detenuta dalle istituzioni monetarie e finanziarie residenti. La quota di strumenti del debito in possesso della Banca d’Italia si riduce a decorrere dal 2002, per effetto dell’operazione di concambio realizzata nel dicembre di tale anno. Tale distribuzione risulta più marcata con riguardo alla sola componente del debito delle Amministrazioni pubbliche costituita da titoli a breve ed a lungo termine (Tav 4).
Circa il 46 per cento dei titoli è detenuto alla fine del 2004 da soggetti non residenti: tale quota appare crescente negli anni considerati. Decresce, invece, la quota detenuta da soggetti residenti diversi dalle istituzioni finanziarie e monetarie.
Tav. 4 – Debito delle amministrazioni pubbliche in titoli 2001 – 2005. Analisi per settori detentori– Composizione percentuale
|
Banca d’Italia |
IFM residenti |
Altri residenti |
Non residenti |
Totale |
2001 |
5,62 |
27,75 |
24,99 |
41,64 |
100,00 |
2002 |
3,58 |
25,48 |
27,98 |
42,96 |
100,00 |
2003 |
4,20 |
25,87 |
23,14 |
46,79 |
100,00 |
2004 |
4,46 |
26,03 |
23,42 |
46,09 |
100,00 |
2005 |
4,73 |
25,42 |
(a) |
(a) |
|
(a) Dato non disponibile
Ripartizione del debito per sottosettori della P.A. |
In merito alla ripartizione per sottosettori della P.A., alla fine del 2005, il debito delle amministrazioni centrali rappresenta il 94,21 per cento del debito complessivo, quello a carico delle amministrazioni locali raggiunge il 5,78 per cento, mentre risulta quasi nullo il debito contratto dagli Enti di previdenza[219]. Nel 2001 tali quote erano pari, rispettivamente, al 97,0 per cento, al 3 per cento ed allo 0,02 per cento.
Tale andamento risente in parte, a decorrere dal 2003, della riallocazione del debito tra i due sottosettori delle amministrazioni centrali e delle amministrazioni locali, conseguente alla trasformazione della CDP, nonché della circostanza che taluni interventi straordinari di riduzione del debito adottati negli ultimi anni hanno inciso sulla sola componente del debito di pertinenza delle amministrazioni centrali [220].
Tav. 5 – Debito delle amministrazioni locali 2001 – 2005. Rapporto al Pil – Valori in milioni di euro
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Pil |
1.248.648 |
1.295.226 |
1.335.354 |
1.388.870 |
1.417.241 |
Debito Amministrazioni locali |
41.015 |
46.059 |
70.862 |
76.028 |
87.182 |
In percentuale del Pil |
3,28 |
3,56 |
5,31 |
5,47 |
6,15 |
Var. rapporto |
-0,01 |
0,27 |
1,75 |
0,17 |
0,68 |
Incidenza del debito delle amministrazioni locali |
L’incidenza del debito delle amministrazioni locali sul Pil (Tav. 5) è salita nel periodo considerato di 2,87 punti percentuali; la notevole crescita registrata nel 2003 ha natura meramente contabile in connessione alla classificazione della CDP fuori dal settore delle amministrazioni pubbliche, che ha comportato la classificazione come debito pubblico dei mutui contratti dalle amministrazioni locali con la Cassa.
Mentre i titoli rappresentano per le amministrazioni centrali il principale strumento di indebitamento - con un’incidenza sul debito delle stesse che passa dall’86,22 per cento nel 2001 all’85,83 per cento nel 2005 - il debito delle amministrazioni locali è in misura preponderante costituito da prestiti delle istituzioni monetarie e finanziarie residenti e non residenti e della CDP s.p.a. Tuttavia, la quota di debito in titoli risulta crescente, passando dal 21,87 per cento nel 2001 al 31,66 per cento nel 2005.
L’analisi per comparti della finanza locale (Tav. 6) mostra come sia andata aumentando la quota di debito di pertinenza delle province e dei comuni, mentre si sono ridotte corrispondentemente le quote afferenti alle regioni ed agli altri enti locali, prevalentemente produttori di servizi sanitari.
Tav. 6 – Debito delle Amministrazioni locali 2001 – 2005. Analisi per comparti. Composizione percentuale
|
Regioni |
Province e comuni |
Altri enti locali |
Totale |
2001 |
45,62 |
42,51 |
11,87 |
100,00 |
2002 |
47,04 |
40,89 |
12,07 |
100,00 |
2003 |
37,98 |
54,02 |
8,00 |
100,00 |
2004 |
38,34 |
54,25 |
7,41 |
100,00 |
2005 |
35,22 |
55,79 |
8,99 |
100,00 |
La composizione del debito delle regioni per strumenti, che nel 2001 appariva fortemente sbilanciata in favore del ricorso ai prestiti (che rappresentavano il 66,78 per cento del debito a fronte di una quota in titoli pari al 32,45 per cento), presenta nel 2005 un’incidenza del debito in titoli del 45,08 per cento circa, a fronte di una quota in prestiti del 48,77 per cento.
In aumento risulta anche la quota del debito in titoli delle province e dei comuni, che passa dal 16,44 per cento nel 2001 al 27,98 per cento nel 2005, permanendo, tuttavia, i prestiti il principale strumento di indebitamento di tali enti, destinatari, per la quasi totalità del loro ammontare, dei prestiti erogati dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a. alle amministrazioni locali.
Tav. 7 – Debito delle amministrazioni locali 2001 – 2005. Analisi per aree geografiche. Composizione percentuale
|
Nord-ovest |
Nord-est |
Centro |
Sud |
Isole |
Totale |
2001 |
26,32 |
16,81 |
34,49 |
11,80 |
10,58 |
100 |
2002 |
27,54 |
16,32 |
35,63 |
11,80 |
8,70 |
100 |
2003 |
24,70 |
16,66 |
32,55 |
17,06 |
9,03 |
100 |
2004 |
24,62 |
16,66 |
31,99 |
17,99 |
8,74 |
100 |
2005 |
25,81 |
16,67 |
30,53 |
18,11 |
8,88 |
100 |
Sul piano della distribuzione territoriale del debito delle amministrazioni locali (Tav. 7), negli anni considerati è lievemente diminuita la quota del debito contratta dagli enti del nord-ovest e delle isole, in misura più rilevante quella degli enti del centro, mentre è corrispondentemente aumentata quella relativa agli enti del sud.
· La dinamica del debito delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil
L’incidenza del debito sul Pil, dopo una fase di progressiva riduzione dal 1995 al 2004, anno in cui è scesa al 103,82 per cento, è tornata a crescere nel 2005, raggiungendo il 106,37 per cento, con un incremento rispetto all’anno precedente di 2,56 punti percentuali.
La variazione annua del rapporto tra il debito ed il Pil è la risultante dell’andamento dei seguenti fattori:
· l’indebitamento netto primario (saldo primario), corrispondente alla differenza fra le uscite complessive delle amministrazioni pubbliche, al netto degli interessi passivi, e le entrate complessive, che concorre, se positivo, alla riduzione del rapporto;
· il differenziale tra l’onere medio del debito, calcolato come incidenza della spesa per interessi passivi sostenuta nell’anno di riferimento sulla consistenza del debito dell’anno precedente, ed il tasso di crescita del Pil nominale. Un valore positivo di tale differenziale opera in senso accrescitivo del rapporto debito/Pil, in quanto la crescita del prodotto, che aumenta il denominatore del rapporto, non è sufficiente a neutralizzare l’effetto sul numeratore determinato dall’onere del debito;
· una componente residuale pari alla differenza tra la variazione del debito e l’indebitamento netto. Su tale componente influiscono diversi fattori, quali i diversi criteri contabili adottati per il calcolo dell’indebitamento netto e del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche[221], le acquisizioni nette di attività finanziarie, le regolazioni di debiti pregressi, la variazione dei depositi attivi presso la Banca d’Italia, le risultanze delle operazioni di ristrutturazione del debito, gli scarti di emissione e l’andamento del tasso di cambio.
Tav. 8 – Debito delle amministrazioni pubbliche. Determinanti della variazione del rapporto debito – Pil.
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Debito/Pil |
108,71 |
105,54 |
104,25 |
103,82 |
106,37 |
Variazione Debito/Pil |
-0,45 |
-3,17 |
-1,29 |
-0,43 |
2,56 |
Indebitamento netto primario/Pil (il segno “-“ indica avanzo) |
-3,22 |
-2,66 |
-1,68 |
-1,30 |
-0,47 |
Onere medio del debito |
6,06 |
5,27 |
5,01 |
4,72 |
4,48 |
Tasso di crescita del Pil nominale |
4,84 |
3,73 |
3,10 |
4,01 |
2,04 |
Differenza tra onere medio del debito e tasso di crescita del Pil |
1,22 |
1,54 |
1,91 |
0,72 |
2,43 |
Componente residuale |
1,55 |
-2,05 |
-1,52 |
0,15 |
0,59 |
Contributo del saldo primario alla riduzione del debito |
Nel periodo considerato il saldo primario permane positivo (avanzo primario), tuttavia il suo contributo riduttivo del rapporto debito/Pil va progressivamente affievolendosi. L’onere medio del debito diminuisce in conseguenza della riduzione dei rendimenti registrata fino al dicembre 2005 e degli effetti delle politiche di gestione del debito stesso, quali il ricorso ad operazioni di swap. Tuttavia la differenza tra onere medio del debito e tasso di crescita del Pil nominale permane positiva, operando nel periodo in senso accrescitivo del rapporto debito/Pil e raggiungendo 2,4 punti percentuali nel 2005, a causa della bassa quanto irregolare crescita del prodotto.
La componente residuale opera nel periodo in senso accrescitivo del debito, tranne che per gli anni 2002 e 2003. Nel 2002, nonostante la scarsa incidenza delle dismissioni di partecipazioni pubbliche, che hanno inciso per appena 0,15 punti di Pil ed il cospicuo ammontare delle regolazioni di debiti pregressi, l’effetto è in gran parte ascrivibile al risultato dell’operazione di concambio di titoli con la Banca d’Italia.
Nel 2003 hanno influito sul valore della componente residuale le cospicue dismissioni mobiliari (circa 16,9 miliardi di euro) pari ad 1,26 punti di Pil, in larga parte ascrivibili alle operazioni mobiliari connesse alla trasformazione della CDP.
Mancanza di stime governative per il 2006 |
Per l’anno 2006 non risultano disponibili al momento stime ufficiali governative, aggiornate alla luce delle ultime revisioni intervenute, sulla consistenza del debito e sul livello del rapporto debito/Pil.
L’ultimo dato disponibile diffuso dalla Banca d’Italia colloca la consistenza del debito al 31 gennaio 2006 a 1.544.627 milioni di euro[222], con un incremento rispetto al dato di fine dicembre 2005 di oltre 37 miliardi di euro. Il dato riveste tuttavia scarsa significatività a fini previsti in relazione alle notevoli oscillazioni delle serie mensili riscontrate negli anni precedenti.
Tuttavia, per il 2006 si dispone delle stime sull’andamento di alcune delle componenti della variazione del rapporto debito/Pil.
In particolare:
- il tasso di crescita del Pil nominale rispetto al 2005 è valutabile nell’ordine del 3,3 per cento;
- il saldo primario rispetto al Pil è stimato nello 0,64 per cento;
- l’onere medio sul debito è stimato nel 4,34 per cento. Tale stima non considera l’effetto di operazioni di swap.
Pertanto, per il solo effetto di tali componenti e, quindi, al netto della componente residuale, il rapporto debito /Pil dovrebbe aumentare di circa lo 0,4 per cento. Occorre tuttavia sottolineare che sulla componente residuale, sul cui andamento al momento non è possibile formulare alcuna previsione, incidono, come si è detto, numerosi fattori, quali le politiche di dismissioni mobiliari, la variazione delle attività presso la Banca d’Italia, le operazioni di ristrutturazione del debito, l’andamento del tasso di cambio e gli scarti di emissione.
Il fabbisogno del settore pubblico (comparto pressoché coincidente con quello delle amministrazioni pubbliche), il cui ammontare, come si è visto, non corrisponde, tuttavia, all’incremento annuale della consistenza del debito, è stimato per il 2006[223] in 73.321 milioni di euro, pari a circa il 5 per cento del Pil.
Previsioni UE per il 2006 |
Nelle recenti previsioni economiche di primavera della Commissione UE[224], si stima un rapporto debito/Pil per il 2006 pari a 107,4, con un incremento di un punto percentuale rispetto al 2005. Ciò comporterebbe un incremento del rapporto rispetto a quello registrato nel 2005, in contrasto con l’indicazione del Consiglio UE che ha evidenziato la necessità di assicurare che il rapporto debito/Pil si riduca ad un ritmo soddisfacente.
Le previsioni della Commissione scontano, in particolare, un saldo primario vicino allo 0,5 per cento del Pil, una spesa per interessi pari a circa il 4,5 per cento del Pil, nonché proventi da privatizzazioni pari a circa tre quarti di punto percentuale di Pil, come pianificato nel programma di stabilità per il 2005.
Approfondimenti
Le tendenze della finanza locale
Il presente paragrafo fornisce un sintetico quadro delle dinamiche che hanno interessato, nella legislatura appena conclusa, la finanza delle amministrazioni locali[225], con particolare attenzione agli strumenti utilizzati per il controllo dell’andamento dei saldi finanziari di tale comparto.
Occorre premettere che i dati Istat disponibili, riferiti al conto economico della amministrazioni locali e ai relativi sottosettori, riguardano una serie storica limitata all’esercizio 2004 e non tengono conto delle revisioni operate da tale istituto per le serie storiche del Conto consolidato delle amministrazioni pubbliche[226]. Ciò in quanto i dati relativi all’esercizio 2005 e la revisione delle serie storiche riferite agli esercizi precedenti sono attualmente in corso di elaborazione e verranno pubblicati presumibilmente nel mese di luglio 2006[227]. L’analisi in oggetto si limita quindi a fornire indicazioni, di carattere generale, in merito alle tendenze in atto nel comparto della finanza locale, le quali dovrebbero mantenersi sostanzialmente invariate anche a seguito delle revisioni in corso, che non dovrebbero incidere in misura rilevante sul comparto in esame.
Di seguito viene dapprima presentata una breve analisi degli andamenti della finanza locale per il periodo 2001-2004, in relazione al quale si dispone di dati di consuntivo; vengono quindi forniti brevi cenni sulle tendenze in atto per gli esercizi 2005 e 2006, desumibili dalle modifiche normative introdotte per tali esercizi e dai primi risultati disponibili limitati agli andamenti di cassa.
Andamento della finanza locale nel periodo 2001-2004
Nella tavola seguente si riportano i valori dell’indebitamento netto, relativi al periodo 2001-2004, riferibili al complesso delle amministrazioni locali e quelli riferibili ai singoli livelli di governo che compongono tale comparto della P.A.
Indebitamento netto in percentuale sul Pil
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Amm. Locali[228] |
-0,18 |
-0,65 |
-0,30 |
-0,94 |
Regioni |
-0,05 |
-0,01 |
0,25 |
-0,05 |
Province |
-0,04 |
-0,11 |
-0,14 |
-0,16 |
Comuni |
-0,21 |
-0,20 |
-0,23 |
-0,25 |
ASL |
0,00 |
-0,28 |
-0,19 |
-0,42 |
Fonte: elaborazione del Servizio bilancio dello Stato su dati Istat[229]
Dai dati riportati si evidenzia che il deficit delle amministrazioni territoriali, ivi compresa la Sanità, nel periodo considerato aumenta di oltre 5 volte, passando da poco meno di 2 decimi di Pil nel 2001 a circa un punto percentuale nel 2004.
I dati disponibili non sono aggiornati alla luce delle ultime revisioni statistiche |
Una compiuta analisi dell’incidenza dell’indebitamento netto delle predette amministrazioni, rispetto al complesso della P.A., non risulta possibile a causa dell’assenza di dati aggiornati con le revisioni Istat. Peraltro dai dati disponibili può comunque desumersi che, in media nel periodo considerato, le amministrazioni locali, compresa la sanità, hanno contribuito a formare circa un sesto dell’indebitamento netto complessivo della P.A. con un’incidenza marcatamente crescente da un minimo di circa il 6% nel 2001 ad un massimo di circa il 29% nel 2004[230].
I dati sopra riportati sono visualizzati nel seguente grafico:
(*) Il miglioramento del saldo registrato nel 2003 risulta imputabile a diversi fattori, alcuni dei quali di natura transitoria. Fra questi ultimi si segnalano: dal lato della spesa, il contenimento di quella per il personale (dovuto al rinvio all’anno successivo del rinnovo dei contratti per il biennio 2002-2003) e della spesa sanitaria (dovuto alle misure restrittive sulla spesa farmaceutica e al mancato rinnovo delle convenzioni per l’assistenza sanitaria); dal lato dell’entrata, gli introiti da condono fiscale di competenza regionale e l’aumento dei trasferimenti in conto capitale destinati alla sanità.
Dal grafico sopra riportato si evince che il peggioramento dei saldi delle amministrazioni locali risulta di fatto ascrivibile in massima parte all’andamento dei bilanci del comparto sanitario, cui è dovuto in larga parte anche il miglioramento transitorio del deficit delle amministrazioni locali registrato nell’esercizio 2003; nondimeno, anche le altre amministrazioni territoriali hanno fatto registrare nel periodo considerato un aumento, anche se moderato, del proprio contributo all’indebitamento complessivo della P.A.: il comparto delle amministrazioni territoriali in senso stretto, escluse quelle del settore sanitario, evidenzia infatti nel periodo considerato un lieve peggioramento del proprio deficit, a livello sia di aggregato complessivo, che dei singoli livelli di governo. Fra questi ultimi, il livello di governo che espone la tendenza al peggioramento del saldo di bilancio più marcata è quello delle province, mentre sia il comparto delle regioni che quello dei comuni mantengono, nel complesso del periodo considerato, valori di indebitamento netto lievemente decrescenti.
Gli strumenti del controllo della finanza locale: il patto di stabilità interno e l’ammontare delle risorse finanziarie attribuite.
Operando una semplificazione finalizzata ad un’estrema sintesi, può affermarsi che gli interventi normativi posti in essere nell’ultima legislatura per ottenere un controllo della dinamica dei saldi di bilancio degli enti territoriali hanno utilizzato in via principale, in sede di manovra annuale di bilancio, due strumenti:
- la normativa del patto di stabilità interno;
- la regolazione dell’ammontare complessivo delle risorse disponibili a livello delle amministrazioni territoriali, tramite il contenimento dei trasferimenti e l’imposizione di vincoli sulle entrate proprie di natura tributaria degli enti territoriali.
Di seguito si analizzano brevemente le modalità con cui i due strumenti indicati hanno concorso al contenimento dell’andamento dei saldi della finanza territoriale.
Il patto di stabilità interno
La normativa del patto di stabilità interno vigente nel periodo 2001-2004[231]prevedeva vincoli sui bilanci degli enti di maggiori dimensioni (regioni a statuto ordinario,[232] province e comuni con più di 5000 abitanti).
Tranne che per le regioni, per le quali, a decorrere dall’esercizio 2002, sono stati previsti vincoli solo sul lato della spesa - peraltro limitatamente ad una quota minoritaria della spesa complessiva[233] - per gli altri enti territoriali sono stati previsti vincoli su un saldo contabile fra talune voci di spesa e di entrata. A tali vincoli di saldo sono stati talora affiancati[234] vincoli sull’ammontare delle spese correnti primarie al netto di alcune voci[235]. Nel corso dell’esercizio 2002, a seguito di riscontrate difficoltà nel rispetto del vincolo da parte delle province[236], è stato escluso dal medesimo l’aumento delle spese connesso al trasferimento di funzioni.
A decorrere dal 2003 il vincolo è stato posto con riferimento sia alla gestione di competenza che a quella di cassa e il saldo di riferimento per gli enti locali è stato calcolato come differenza tra le entrate finali (al netto dei trasferimenti, della compartecipazione all’IRPEF[237] e delle entrate derivanti da dismissioni e riscossioni di crediti) e le sole spese correnti (al netto di quelle per interessi passivi, quelle cofinanziate dall’Unione europea e quelle connesse a calamità naturali e ad elezioni amministrative; per le sole province era prevista l’ulteriore esclusione delle spese connesse all’esercizio di funzioni trasferite).
Per il 2004 è stato sostanzialmente confermata la disciplina vigente per il 2003, prevedendo peraltro che i maggiori oneri di personale sostenuti dagli enti locali in relazione al biennio contrattuale 2002-2003 non fossero considerati nel calcolo del disavanzo finanziario ai fini del rispetto delle regole del Patto di stabilità interno[238].
Per quanto attiene ai risultati del patto di stabilità interno, va in primo luogo segnalato che i risparmi ascritti a tale strumento in sede di previsione, nel corso degli anni, sono stati di ammontare molto elevato, come si evince dalle relazioni tecniche allegate a ciascun provvedimento. Appare pertanto significativo verificare, nei limiti del possibile, in quale misura i risultati attesi siano stati effettivamente conseguiti.
Rispetto in via generale dei vincoli nel 2003-2004 |
Dai dati del monitoraggio effettuato dalla Ragioneria generale dello Stato e dai dati della Corte dei conti, risulta che, negli esercizi 2003 e 2004[239], il numero degli enti rispettosi del patto di stabilità interno sul totale degli enti monitorati risulta superiore al 93% per la generalità degli enti soggetti a vincolo, con punte del 97% per i comuni con più di 60.000 abitanti, del 99 per le province e del 100 per le regioni.
Da questi dati[240] risulta quindi un generale rispetto dei vincoli, per il biennio considerato, da parte della quasi totalità degli enti ad essi soggetti. Se i risultati a livello di singoli enti espongono alcuni casi di mancato rispetto, minoritari e concentrati principalmente nella fascia dei comuni di piccole dimensioni, i risultati a livello di comparto mostrano che il rispetto dei vincoli disposti è stato ottenuto con notevole larghezza di margini:
Scostamento fra risultato e obiettivo di cassa (segno positivo = risultato migliore dell'obiettivo) |
||
mln di euro |
||
|
2003 |
2004 |
Regioni |
4.485 |
4.824 |
Province |
483 |
525 |
Comuni > 60.000 abitanti |
1.022 |
1.382 |
Comuni > 5.000 < 60.000 abitanti |
947 |
947 |
Totale enti monitorati |
6.937 |
7.678 |
Poiché al mero rispetto dei vincoli erano ascritti gli effetti di risparmio indicati nelle relazioni tecniche allegate ai diversi provvedimenti, gli scarti positivi riscontrati fra risultati e obiettivi dovrebbero, in linea teorica, costituire ulteriori risparmi da aggiungere a quelli preventivati.
L’eccessiva ampiezza dei margini con i quali sono stati rispettati i vincoli sembrerebbe inoltre indicare che la maggior parte degli enti territoriali non abbia dovuto operare, nel biennio 2003-2004, significative correzioni degli andamenti tendenziali dei bilanci per raggiungere gli obiettivi prefissati.
L’ammontare delle risorse finanziarie attribuite agli enti territoriali
Incidenza decrescente dei trasferimenti rispetto alle entrate complessive…. |
Un vincolo più stringente sull’andamento della finanza locale nel periodo considerato sembra essere stato costituito dall’ammontare complessivo delle risorse disponibili nei bilanci delle amministrazioni locali.
E’ a tale proposito significativo rilevare che l’ammontare dei trasferimenti attribuiti agli enti territoriali[241] nel periodo considerato ha mostrato un andamento decrescente sia in termini di incidenza rispetto alle entrate complessive delle amministrazioni locali, sia in rapporto rispetto al Pil.
Trasferimenti da enti pubblici alle Amministrazioni locali
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Ammontare in valore assoluto |
78.169 |
75.846 |
78.237 |
81.763 |
Incidenza percentuale sul totale delle entrate |
45% |
42% |
41% |
41% |
Incidenza percentuale rispetto al Pil |
6,4% |
6,0% |
6,0% |
6,1% |
Di cui: trasferimenti di parte correnti |
5,1% |
4,9% |
4,7% |
5,1% |
trasferimenti in conto capitale |
1,3% |
1,1% |
1,3% |
1,0% |
Più in dettaglio, si sottolinea che al descritto andamento decrescente[242] dei trasferimenti per il complesso delle amministrazioni locali, corrisponde un andamento assai differenziato per le singole categorie di enti: infatti, la sanità beneficia di trasferimenti che si mantengono ad un livello costante rispetto al Pil, mentre le altre amministrazioni locali ricevono trasferimenti decrescenti sia in termini di incidenza percentuale sul totale delle entrate, sia in termini di rapporto rispetto al Pil. Il comparto in cui tale tendenza si manifesta con maggiore evidenza è quello dei comuni[243], mentre per le province tale tendenza è compensata dalla maggiore attribuzione di risorse connessa al contestuale trasferimento di funzioni.
… ed incidenza crescente delle entrate tributarie |
Tale andamento dei trasferimenti risulta in gran parte compensato dalla dinamica delle entrate tributarie che mostrano nel periodo considerato un’incidenza crescente sul complesso delle entrate delle amministrazioni locali:
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Ammontare in valore assoluto |
77.376 |
82.519 |
89.105 |
89.658 |
Incidenza percentuale sul totale delle entrate |
44% |
46% |
47% |
45% |
Incidenza percentuale rispetto al Pil |
6,3% |
6,5% |
6,8% |
6,6% |
Di cui: dirette |
1,7% |
1,9% |
2,0% |
2,0% |
indirette |
4,6% |
4,6% |
4,7% |
4,6% |
L’andamento crescente delle entrate tributarie sembrerebbe da porre in relazione più con la crescita automatica delle basi imponibili dei tributi devoluti alle amministrazioni locali – i quali hanno mostrato in taluni casi una dinamica maggiore di quella del Pil[244] - che con l’utilizzo della leva fiscale da parte degli enti locali. Occorre infatti ricordare che lo sforzo fiscale delle amministrazioni locali risultava di fatto limitato, almeno nelle sue componenti quantitativamente più rilevanti, dal divieto di aumento dell’addizionale IRPEF e della maggiorazione dell’aliquota IRAP, disposto dalla legge finanziaria per il 2003 e successivamente prorogato di anno in anno.
A livello di sottosettori si segnala che, mentre per le province la somma delle entrate da trasferimenti e delle entrate tributarie è cresciuta, nel periodo 2001-2004, di quasi il 20 per cento, la corrispondente somma per i comuni è cresciuta di circa il 13 per cento.
Appare pertanto significativo esaminare la dinamica complessiva delle spese delle amministrazioni locali in confronto con quella delle entrate, ponendo particolare attenzione all’aggregato dato dalla somma delle entrate tributarie e dei trasferimenti. Tale aggregato individua infatti il complesso delle risorse che sono attribuite dalle amministrazioni centrali a quelle locali a titolo, nel primo caso, di attribuzione di potere impositivo[245], nel secondo caso a titolo di attribuzione diretta di risorse.
Incidenza percentuale sul Pil delle spese e delle entrate delle Amministrazioni locali
Dal grafico si evince che, a fronte di una dinamica crescente della spesa, espressa in termini di incidenza percentuale rispetto al Pil, la dinamica delle entrate tributarie e da trasferimenti presenta un andamento lievemente decrescente. Il contenimento delle risorse attribuite alle amministrazioni locali, sottoforma di trasferimenti e di potere impositivo, entrambi soggetti ai limiti descritti, sembra pertanto aver costituito nel periodo considerato un vincolo assai stringente, solo parzialmente compensato mediante una maggiore capacità degli enti territoriali di reperire entrate di carattere patrimoniale.
In particolare, svolgendo l’analisi a livello dei sottosettori, si segnala che:
· la sanità registra un andamento particolarmente dinamico delle spese (la cui incidenza sul Pil nel periodo considerato aumenta dello 0,4%) a fronte di una complessiva invarianza delle risorse finanziarie assegnate al settore, espresse in termini di rapporto rispetto al Pil[246]. Tale comparto può essere pertanto ritenuto responsabile in larga misura della divaricazione fra le dinamiche di entrata e di spesa del complesso delle amministrazioni locali;
· le regioni registrano una sostanziale invarianza della dinamica delle entrate e delle spese espresse in termini di incidenza rispetto al Pil;
· le province e i comuni registrano entrambi una dinamica crescente sia delle spese che delle entrate, molto più elevata per le province che per i comuni.
In particolare, nel caso delle province le spese registrate nel 2004 risultano più elevate del 41% rispetto al valore riscontrato nel 2001. A fronte di ciò, le entrate risultano cresciute solo del 25%, facendo registrare conseguentemente una crescita dell’indebitamento netto del settore pari al 400% (pur restando alquanto esigua l’incidenza del disavanzo imputabile al comparto, che passa dallo 0,04% allo 0,16% del Pil). Nel caso dei comuni invece la crescita delle spese nel periodo considerato (pari al 16,8%) risulta solo moderatamente superiore a quella delle entrate (pari al 16,1%) determinando una crescita dell’indebitamento netto del comparto del 17% (dallo 0,21% allo 0,25% del Pil) largamente inferiore rispetto a quella riscontrata per le province.
Dinamica delle spese… |
La diversa dinamica delle spese risulta solo in parte ascrivibile, come già accennato, al fenomeno del conferimento di funzioni, che ha interessato le province in misura maggiore dei comuni: la misura del concorso di tale fenomeno può infatti essere indicata dalla differenza fra la crescita dei trasferimenti nei due comparti, che risulta infatti essere stata assai più rilevante per le province (17,3%) che per i comuni (5,3%).
… e delle entrate |
Il diverso andamento delle entrate risulta invece ascrivibile alla insufficiente dinamica delle entrate comunali, il cui trend di crescita non è tale da compensare la progressiva riduzione dei trasferimenti erariali. Questi ultimi infatti, pur crescendo in valore nominale (del 5,3%, come sopra riportato), si riducono in termini di incidenza rispetto al Pil di circa il 5% (contro la corrispondente crescita del 5,8% dell’incidenza dei trasferimenti alle province rispetto al Pil). L’entità complessiva delle risorse costituite dalla somma di trasferimenti e entrate tributarie registra infatti una crescita per i comuni (13,1%) inferiore di circa un terzo rispetto a quella registrata per le province (19,7%).
In particolare, la base imponibile di alcuni tributi comunali, fra cui l’ICI che assorbe la quota maggiore del gettito complessivo dei tributi comunali, ma anche l’addizionale sull’energia elettrica ed altri tributi minori[247], presenta una dinamica non correlata all’andamento del Pil. L’insufficiente dinamica di tali basi imponibili non poteva trovare compensazione a valere sul gettito dell’addizionale IRPEF, per le limitazioni poste, a decorrere dal 2003, alla facoltà di variazione della relativa aliquota. Per contro, alcuni dei tributi provinciali, ed in particolare quelli connessi al traffico automobilistico (imposta provinciale di trascrizione e l’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile) hanno fatto registrare nel periodo considerato aumenti considerevoli delle basi imponibili, garantendo alle province entrate crescenti anche in assenza di aumenti delle aliquote dei tributi.
· Tendenze della finanza locale per il 2005 e il 2006
Mancanza di dati di consuntivo per il 2005 |
Come evidenziato preliminarmente, non si dispone di dati di consuntivo per il 2005 con riferimento ai saldi di competenza economica delle amministrazioni locali e dei relativi sottosettori. Nel presente paragrafo verranno pertanto forniti unicamente brevi cenni sui principali cambiamenti intervenuti nella normativa, sotto i due profili sopra esaminati della disciplina del patto di stabilità interno e dell’ammontare delle risorse attribuite agli enti locali nonché dei corrispondenti riflessi attesi sugli andamenti di finanza pubblica nel settore in esame.
Riscritture del patto di stabilità interno
La legge finanziaria per il 2005[248] e quella per il 2006[249] hanno modificato radicalmente la struttura del patto di stabilità interno sia per le regioni che, in misura ancora più incisiva, per gli enti locali propriamente detti.
Le modifiche più significative introdotte dai citati provvedimenti sono, in estrema sintesi:
- l’estensione dei vincoli, sia per le regioni che per gli enti locali, alla spesa in conto capitale, precedentemente esclusa dalle limitazioni;
- l’estensione agli enti locali, precedentemente assoggettati a vincoli di saldo, del criterio, già previsto per le regioni, dell’applicazione dei vincoli al solo comparto della spesa;
Rispetto alla normativa prevista per il 2005, la legge finanziaria per il 2006 ha introdotto, fra l’altro, differenziazioni nell’ammontare del vincolo, rendendo meno stringente quello previsto sulla spesa in conto capitale e assai più restrittivo quello previsto sulla spesa corrente.
Tendenze dal lato della spesa
A partire dall’esercizio 2005 la normativa relativa al patto di stabilità interno viene quindi configurata come uno strumento di controllo del solo lato della spesa degli enti territoriali, con vincoli quantitativi significativamente più stringenti[250] a decorrere dal 2006.
Informazioni parziali sui riflessi finanziari di cassa che potrebbero determinarsi per il 2006 in conseguenza delle modifiche descritte possono trarsi dal comunicato stampa del Ministero dell’economia del 3 aprile 2006 dal quale si ricava che il contenimento del fabbisogno del mese di marzo è in parte ascrivibile ad un minore tiraggio da parte degli enti territoriali che potrebbe essere posto in relazione con i più stringenti limiti disposti dal patto di stabilità interno per l’esercizio in corso.
Tendenze dal lato dell’entrata
Dai dati disponibili, tratti dal bilancio dello Stato, sembra proseguire anche per gli esercizi 2005 e 2006 il contenimento delle somme attribuite alle amministrazioni locali a titolo di trasferimento, già registrato per il periodo 2001-2004. Ciò vale soprattutto con riferimento agli enti locali in senso stretto per i quali può essere utile riportare i seguenti prospetti riassuntivi che forniscono un quadro complessivo delle somme iscritte nel solo bilancio dello Stato a titolo di trasferimento agli enti stessi[251]:
Trasferimenti di parte corrente agli enti locali
Denominazione |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali |
9.197 |
4.841 |
2.860 |
4.004 |
2.958 |
2.926 |
Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale |
974 |
950 |
921 |
903 |
922 |
922 |
Fondo consolidato per il finanziamento dei bilanci degli enti locali |
2.099 |
2.025 |
1.714 |
1.503 |
1.436 |
1.416 |
Fondo per il federalismo amministrativo |
132 |
163 |
175 |
130 |
224 |
224 |
Compartecipazione dei comuni delle regioni a statuti ordinario al gettito dell’IRPEF (*) |
- |
4.298 |
6.612 |
6.294 |
6.600 |
6.600 |
Fondo per la costituzione di nuove province (**) |
- |
- |
- |
- |
- |
- |
Totale |
12.401 |
12.277 |
12.282 |
12.834 |
12.140 |
12.088 |
Fondo rimborso IVA servizi non commerciali esternalizzati (***) |
103 |
494 |
305 |
407 |
463 |
439 |
(*) Il Fondo è stato istituito a decorrere dal 2002, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 388/2000, e successive modificazioni
(**) Il Fondo per le nuove province è stato soppresso dall’art. 31, comma 10, della legge n. 448/1998 e le risorse, pari a 41,6 miliardi, sono confluite, a partire dal 1999, nel Fondo ordinario mantenendo il vincolo di destinazione.
(***) Il fondo è stato costituito, a decorrere dall’esercizio finanziario 2001, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, della legge n. 488/1999 (legge finanziaria 2000).
Trasferimenti in conto capitale
Denominazione |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Fondo per lo sviluppo degli investimenti dei comuni e delle province |
2.316 |
1.900 |
1.456 |
1.568 |
1.492 |
1.276 |
Fondo per lo sviluppo degli investimenti delle comunità montane |
15 |
16 |
16 |
16 |
15 |
16 |
Fondo nazionale speciale per gli investimenti |
13 |
9 |
5 |
2 |
0,3 |
- |
Fondo nazionale ordinario per gli investimenti |
281 |
192 |
256 |
132 |
50 |
50 |
Fondo per il federalismo amministrativo |
258 |
624 |
652 |
424 |
676 |
676 |
Totale |
2.884 |
2.741 |
2.385 |
2.142 |
2.233 |
2.018 |
Contributo enti locali titolari di contratti di servizio di pubblico trasporto (*) |
157 |
100 |
258 |
156 |
156 |
156 |
Fonte: anni 1996-2004, Rendiconto generale dello Stato relativo a ciascun esercizio finanziario. Previsioni definitive; anno 2005: Ddl di assestamento (A.C. 3619); anno 2006: legge di bilancio (legge n. 267/2005).
Per le regioni la tendenza al contenimento dei trasferimenti potrebbe mostrare nel 2006 una notevole eccezione, almeno in termini di cassa, dovuta all’attribuzione di risorse di carattere straordinario derivanti da alcune modifiche normative intervenute in sede di manovra finanziaria per il 2006:
- la definizione di un criterio concordato per la ripartizione delle somme del fondo perequativo, recepita in una norma della finanziaria[252], a seguito della quale risulta possibile attribuire risorse di notevole ammontare connesse ad esercizi pregressi, nei quali tale attribuzione era stata sospesa. Ne conseguirà, per gli esercizi 2006 e seguenti, un cospicuo incremento delle risorse disponibili per cassa per tale comparto di amministrazioni territoriali;
- l’attribuzione alla regione Sicilia di risorse di ammontare significativo a titolo di contributi quindicennali[253].
Informazioni per il 2006 tratte dalla RTC |
In questo caso informazioni parziali sui riflessi finanziari di cassa attesi per il 2006 in conseguenza delle modifiche descritte possono trarsi dalla Relazione trimestrale di cassa che formula per il 2006 la previsione di un incremento delle uscite di cassa delle regioni, posto in relazione con le maggiori disponibilità finanziarie conseguenti al citato riparto di risorse pregresse per effetto di disposizioni contenute nella legge finanziaria 2006. I relativi effetti sul fabbisogno dovrebbero peraltro già risultare scontati negli andamenti tendenziali previsti prima dell’approvazione della legge finanziaria stessa[254].
Le revisioni delle classificazioni contabili in conformità ai criteri europei
Il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (Sec95) , come già accennato, fornisce una serie di regole contabili[255]volte ad assicurare l’omogeneità e la comparabilità delle informazioni relative alla contabilità nazionale e regionale, anche ai fini della verifica da parte degli organi comunitari del rispetto, da parte degli Stati membri, dei vincoli finanziari europei e dell’assunzione delle conseguenti decisioni. Appare quindi evidente l’importanza, ai fini dell’affidabilità dei predetti dati, della corretta individuazione e dell’uniforme applicazione nei singoli Stati dei criteri metodologici che presiedono al sistema di contabilità europea.
Revisioni periodiche dei dati di contabilità |
Le periodiche revisioni dei dati di contabilità nazionale e di quelli riferiti al conto della P.A. – oltre ad assolvere ad una ordinaria funzione di aggiornamento dei dati e delle fonti - si inscrivono quindi in un sistematico processo di adeguamento dell’intero sistema di contabilità nazionale al Sec95. Ciò con riguardo sia alle normative dettate in materia, sia alle pronunce degli organi statistici responsabili dell’uniforme applicazione del sistema contabile europeo, che non di rado intervengono per definire nuovi criteri interpretativi e metodologie, anche innovative, per il trattamento contabile di determinate grandezze.
Le revisioni contabili indotte dalle esigenze di adeguamento al sistema contabile europeo hanno influenzato in modo rilevante la definizione dei dati di consuntivo riferiti agli esercizi finanziari dell’ultima legislatura.
Oltre alle consuete revisioni dei dati di contabilità nazionale dovute al consolidamento delle fonti disponibili, si è assistito, nel corso della legislatura, a revisioni dirette a recepire precisazioni o innovazioni metodologiche rese note da Eurostat, talune delle quali espressamente riferite ad operazioni poste in essere in Italia ed aventi dirette ricadute sui principali indicatori di finanza pubblica. Tra le più rilevanti, si segnalano le revisioni conseguenti alla decisione di Eurostat sul trattamento degli apporti al capitale del Gruppo Ferrovie dello Stato e ad altre questioni contabili affrontate con le comunicazioni Eurostat del 18 marzo e del 23 maggio 2005, di seguito illustrate (concernenti i versamenti dei concessionari, i trasferimenti UE, la classificazione di Infrastrutture Spa e delle operazioni di cartolarizzazione Scip2).
Vanno inoltre considerate le periodiche revisioni di carattere generale dei conti nazionali volte ad adeguare il sistema di contabilità a prescrizioni o indirizzi adottati dagli organismi europei per tutti gli Stati membri, ai fini di una più efficace rappresentazione delle dinamiche degli aggregati economici. In tale ambito si iscrive la revisione generale effettuata nel corso del 2005, i cui risultati sono stati comunicati dall’Istat con note del 22 dicembre 2005 e del 1° marzo 2006, cui si fa di seguito specifico cenno.
Infine, ulteriori questioni metodologiche sono tuttora in attesa di una definitiva soluzione, come emerge tra l’altro dalla citata comunicazione Eurostat del 23 maggio 2005[256].
Contabilizzazione degli apporti di capitale alle Ferrovie
In occasione della notifica del 1° marzo 2005 delle stime preliminari dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni riferite al precedente esercizio, l’Istat ha reso note le revisioni effettuate per gli anni 2001-2003 per tener conto degli orientamenti espressi da Eurostat circa il trattamento contabile dei conferimenti di capitale dello Stato in favore di Ferrovie dello Stato S.p.a.
Infatti, sulla base di un’analisi storica dei bilanci del gruppo, Eurostat ha rilevato, per gli anni 2001-2003, perdite di esercizio[257] ed ha quindi ritenuto che i predetti apporti non siano da considerare partite finanziarie, in quanto tali irrilevanti ai fini dell’indebitamento, ma come trasferimenti di parte capitale, ossia spese da iscrivere nel conto economico della P.A.
L’Istat ha quindi provveduto[258] ad operare le conseguenti riclassificazioni contabili: l’impatto peggiorativo sul deficit è stato pari a 3.615, 4.078 e 3.934 milioni di euro rispettivamente per gli esercizi 2001, 2002 e 2003. Contestualmente, per il 2004, l’ISTAT ha provveduto ad includere nel conto economico della P.A. l’importo di 2.665 milioni di euro relativo all’apporto di capitale al Gruppo Ferrovie dello Stato. Nella tavola che segue si espone l’impatto della riclassificazione, ai fini dell’indebitamento, sia in valore assoluto che in percentuale del Pil.
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Apporti di capitale FS |
3.615 |
4.078 |
3.934 |
2.665 |
% Pil (*) |
0,30% (0,29) |
0,32% (0,31) |
0,30% (0,29) |
0,20% (0,19) |
(*) Tra parentesi è riportata l’incidenza rispetto alle serie del Pil aggiornate alle luce dell’ultima revisione generale dei conti nazionali, intervenuta nel 2005 (cfr. infra).
Revisioni conseguenti alle comunicazioni Eurostat del 18 marzo e del 23 maggio 2005
In occasione della notifica del 1° marzo 2005 dei dati sul deficit 2001-2004[259], sono state avanzate da parte di Eurostat richieste di approfondimento anche in merito al trattamento contabile di altre operazioni effettuate negli esercizi oggetto della comunicazione. Pertanto, con la comunicazione del 18 marzo 2005, Eurostat ha fatto presente di non essere nelle condizioni di convalidare i dati trasmessi prima di conoscere gli esiti delle analisi richieste.
In particolare, sono state tra l’altro evidenziate da parte di Eurostat:
· l’esigenza di svolgere ulteriori analisi, prima della notifica di settembre 2005, circa i fattori alla base delle discrepanze rilevate nell’aggiustamento stock-flussi;
· la necessità di estendere agli esercizi precedenti al 2003 la verifica del trattamento dei flussi dalla Unione Europea verso le imprese nazionali, con possibile revisione dei trasferimenti alle imprese da parte delle amministrazioni pubbliche;
· perplessità sulla classificazione, per gli anni 2003 e 2004, dei versamenti delle banche titolari del servizio di riscossione delle imposte a mezzo Mod.F24 come imposte in conto capitale anziché come partite finanziarie, ininfluenti sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche;
· l’esigenza di approfondire la questione relativa alla classificazione della società Infrastrutture Spa (ISPA) e delle operazioni di cartolarizzazione di immobili SCIP2.
A seguito dei chiarimenti resi da parte dei competenti organismi italiani, Eurostat è pervenuto a decisioni – rese note con la comunicazione del 23 maggio 2005 - riguardanti tre delle questioni indicate (finanziamento da parte di ISPA dell’alta velocità; cartolarizzazione di immobili SCIP2; anticipazioni corrisposte dai concessionari della riscossione).
Con un comunicato del 24 maggio 2005, l’ISTAT ha diffuso quindi i nuovi dati sull’indebitamento e sul debito delle pubbliche amministrazioni per il periodo 2000-2004, che includono le revisioni conseguenti alle decisioni assunte da Eurostat sulle seguenti questioni.
Classificazione dei versamenti dei titolari del servizio di riscossione
Una prima questione attiene ai versamenti effettuati, nel 2003 e nel 2004, dalle banche titolari del servizio di riscossione delle imposte, a titolo di anticipo dei futuri incassi, nella misura, rispettivamente, dell’1 e dell’1,5 per cento delle somme riscosse a mezzo del Mod. F24, nell’esercizio precedente.
Gli anticipi in questione sono stati in origine contabilizzati, ai fini del conto economico della pubblica amministrazione, come imposta in conto capitale e hanno contribuito al contenimento dell’indebitamento degli anni 2003 e 2004. Eurostat ha peraltro rilevato che i predetti versamenti non hanno natura di imposta, ma configurano un prestito a favore dello Stato. Si tratta quindi di un’operazione di carattere finanziario, che non determina gli effetti, già ad essa ascritti, di miglioramento del saldo del conto economico della P.A., bensì conseguenze peggiorative sul debito pubblico.
L’indirizzo espresso in proposito da Eurostat ha comportato una revisione in senso peggiorativo sia del deficit che del fabbisogno e del debito pubblico. In particolare:
· una revisione in senso peggiorativo dell’indebitamento di 2.691 mln di euro (0,2% del Pil) per il 2003 e di 1.149 mln di euro[260]( 0,1%[261] del Pil per il 2004), ossia in misura corrispondente agli importi iscritti per i predetti anni nel conto della P.A. a miglioramento del deficit;
· quanto all’impatto peggiorativo sul fabbisogno del settore pubblico[262], esso è risultatodi ammontare pari a quello sull’indebitamento per il 2003, mentre per il 2004 si è attestato su circa 2,5 mld di euro, corrispondente all’effettivo ammontare della maggiore anticipazione corrisposta nel 2004;
· infine, per quanto attiene agli effetti sul debito, per il 2003 la riclassificazione operata ha evidenziato un peggioramento in misura pari a quella prevista ai fini dell’indebitamento e del fabbisogno del settore pubblico, mentre per il 2004 la correzione è pari a circa 5,2 mld, corrispondente alla variazione complessiva dello stock di debito[263].
Trattamento dei trasferimenti da e verso la UE
Un’altra questione affrontata da Eurostat – oggetto anche di una specifica pronuncia resa nota con il comunicato del 15 febbraio 2005 - riguarda le modalità di contabilizzazione e classificazione dei trasferimenti dal bilancio UE agli Stati membri.
La questione è stata posta con particolare riferimento ai trasferimenti – erogati sotto forma di anticipazioni dalla UE agli Stati membri oppure di rimborsi rispetto a spese già sostenute – i cui beneficiari siano soggetti privati, estranei alla P.A. In questo caso, infatti, secondo EUROSTAT il trasferimento deve essere contabilizzato in modo da evitare impatti sui conti dello Stato membro, essendo le somme in questione, in accordo con il sistema Sec95, una spesa a carico del bilancio UE ed un’entrata per il beneficiario finale.
Nei sistemi di contabilità nazionale sono stati invece finora contabilizzati anche i passaggi dei fondi attraverso i conti di Tesoreria, con la conseguenza che, data la non perfetta compensatività dei movimenti finanziari (dalla UE al beneficiario finale), sia dal punto di vista temporale sia dal punto di vista dell’entità delle somme erogate da parte dallo Stato, nelle more del rimborso da parte della UE, tali operazioni hanno determinato un impatto sui conti pubblici, essendo state anche all’origine di discrepanze tra il saldo di fabbisogno rispetto a quello di indebitamento.
Con la comunicazione del 24 maggio 2005 l’Istat ha reso noto che, con l’intento di dare applicazione alla decisione di Eurostat in materia, è stato possibile enucleare in modo più puntuale la quota di compartecipazione nazionale ai programmi comunitari nonché la differenza tra dati di cassa e valutazioni di competenza nel quadro della gestione dei finanziamenti comunitari. Ciò ha determinato un incremento della stima dei trasferimenti dallo Stato alle imprese, con un impatto negativo, in termini di indebitamento, per il periodo 2000-2004, dell’ordine, rispettivamente, di 1.116, 1.995, 1.135, 843 e 882 milioni di euro.
Classificazione di Infrastrutture Spa
La legge finanziaria 2003 ( commi da 1 a 5, dell’articolo 75[264], della legge n. 289 del 27 dicembre 2002) ha previsto che la società Infrastrutture Spa finanzi, in via prioritaria, gli investimenti per la realizzazione del sistema ferroviario denominato “Sistema alta velocità/alta capacità”, anche al fine di ridurre la quota a carico dello Stato. Le relative risorse sono reperite sui mercati bancari e dei capitali. Al fine di preservare l’equilibrio economico e finanziario della società Infrastrutture spa, è stata posta a carico dello Stato l’integrazione dell’onere per il servizio della parte del debito nei confronti di Insfrastrutture Spa non adeguatamente remunerabile sulla base dei flussi di cassa previsionali per il periodo di sfruttamento economico del “Sistema alta velocità/alta capacità”.
Eurostat ha ritenuto che il debito contratto da Infrastrutture Spa per il finanziamento dell’alta velocità dovesse essere riclassificato come debito delle pubbliche amministrazioni, con un effetto di incremento di tale aggregato stimato da Eurostat pari a circa lo 0,6% del Pil per il 2004 (7,5 mld di euro).
Sulla base dei dati del Ministero dell’economia e delle finanze[265], l’effetto sul debito della predetta riclassificazione è risultato peraltro inferiore in quanto pari per il 2004 a circa 6,4 mld di euro (circa 0,47% [266]del Pil), tenendo conto del valore nominale delle obbligazioni emesse, della quota del prestito BEI effettivamente erogata, e della contabilizzazione, già avvenuta, ai fini del debito pubblico, di un importo relativo alle disponibilità di ISPA sui conti di tesoreria.
Un effettodi peggioramento di analogo importo si è determinato sul fabbisogno del settore pubblico[267].
Al 31 dicembre 2005, l’effetto della riclassificazione sul debito del settore statale risulta invece pari a 12.950 mln di euro, corrispondente all’intero ammontare del debito contratto, alla predetta data, da ISPA[268].
Trattamento delle operazioni di cartolarizzazione (Scip2)
L’operazione di cartolarizzazione di immobili pubblici denominata Scip 2, effettuata nel 2002, ha comportato la cessione dallo Stato alla società Scip s.r.l. di un patrimonio immobiliare valutato in 7.797 mln di euro, contro l’incasso immediato di un corrispettivo pari all’85% del valore di mercato del portafoglio immobiliare ceduto[269]..
In sede di esame parlamentare della legge finanziaria per il 2004, è stata introdotta una disposizione[270], non ritenuta onerosa e sprovvista pertanto di compensazione, con la quale si stabiliva che i conduttori che avessero manifestato volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001[271] potessero acquistare l’immobile al prezzo di mercato vigente a tale data. L’approvazione della disposizione[272] è stata successivamente ritenuta suscettibile di determinare minori entrate per la società Scip per 1 mld di euro. Al fine di indennizzare la società medesima del danno economico derivante dalla norma recata dalla legge finanziaria 2004, è stato emanato un decreto legge[273] che prevedeva due forme alternative di rimborso alla Scip: per gli immobili già venduti si configurava la necessità di indennizzare la Scip per la necessità di rimborsare gli inquilini acquirenti dei maggiori prezzi pagati. Il relativo importo, quantificato in 134 mln di euro[274], era coperto tramite la dismissione di ulteriori immobili dello Stato. Per le future vendite si indennizzava in via preventiva la Scip delle minori entrate che sarebbero derivate dall’applicazione dei prezzi 2001 agli immobili acquIstati dagli inquilini. Il relativo importo, quantificato in 800 mln di euro, era anticipato alla Scip mediante finanziamenti con soggetti terzi, assistiti dalla garanzia dello Stato. Il rimborso di tali finanziamenti sarebbe avvenuto a valere sul prezzo differito, ovvero sul maggiore incasso derivante dalle vendite degli immobili da riversare allo Stato da parte della Scip al termine dell’operazione di cartolarizzazione, una volta rimborsate tutte le obbligazioni emesse.
In merito all’operazione di cartolarizzazione immobiliare Scip2, Eurostat ha ritenuto che dovesse essere imputato per intero all’esercizio 2004
l’indennizzo in favore di coloro che hanno acquIstato appartamenti, a prezzo di mercato, prima dell’entrata in vigore della legge n. 104/2004[275]. Per gli appartamenti venduti successivamente a tale data, si sarebbe dovuto contabilizzare progressivamente – secondo la soluzione già adottata
Indennizzo alla SCIP |
dall’ISTAT – l’ indennizzo in favore della società di cartolarizzazione[276], al verificarsi di ciascuna vendita, in ragione della differenza tra il prezzo effettivamente pagato dall’acquirente ed il prezzo di mercato.
La decisione ha comportato una revisione – con riferimento alla prima delle fattispecie indicate – del dato di indebitamento per il 2004, rivisto al rialzo per 182 milioni[277]di euro (0,01 %Pil).
Dati riepilogativi
Con il citato comunicato del 24 maggio 2005 l’Istat ha diffuso quindi i nuovi dati sull’indebitamento e sul debito delle pubbliche amministrazioni per il periodo 2000-2004. Per quanto attiene all’indebitamento, i dati incorporano gli effetti delle decisioni assunte da Eurostat nonché delle revisioni di elementi contabili relativi ad ulteriori profili, oggetto di esame in sede europea.
Con l’occasione sono state anche evidenziate correzioni relative a crediti di imposta fruiti dalle imprese, diversi dai bonus sull’occupazione e sugli investimenti, in precedenza non contabilizzati nel conto della P.A., con conseguente impatto negativo sul deficit, per importi pari a 140 mln di euro per il 2000, 783 milioni per il 2001, 672 milioni per il 2002, 429 milioni per il 2003 e 562 milioni per il 2004.
Nella tabella che segue sono indicati gli effetti complessivi delle revisioni comunicate il 24 maggio 2005 dall’ISTAT rispetto alle stime diffuse il 1° marzo dello stesso anno.
Revisioni delle stime di indebitamento netto (comunicato ISTAT 24.5.2005)
(mln di euro)
(segno - = peggioramento)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Concessionari di imposta |
|
|
|
-2.691 |
-1.149 |
SCIP2 |
|
|
|
|
-182 |
Trasferimenti a imprese |
-1.116 |
-1.995 |
-1.135 |
-843 |
-882 |
Trasferimenti per crediti di imposta |
-140 |
-783 |
-672 |
-429 |
-562 |
Tot. revisioni |
-1.256 |
-2.778 |
-1.807 |
-3.963 |
-2.775 |
Tot. revisioni (%Pil) |
-0,1 |
-0,2 |
-0,1 |
-0,3 |
-0,2 |
Per quanto riguarda il fabbisogno del settore pubblico ed il debito, gli effetti specificamente derivanti dalle decisioni di Eurostat possono desumersi dalla RTC al 31 marzo 2005[278] che riporta anche i dati relativi all’impatto sul fabbisogno.
Revisioni delle stime di debito conseguenti alle decisioni di eurostat
(mln di euro)
(segno - = peggioramento)
|
Fabbisogno del settore pubblico |
Debito pubblico |
||
|
2003 |
2004 |
2003 |
2004 |
Concessionari di imposta |
-2.691 |
-2.493 |
-2.691 |
-5.184 |
ISPA |
|
-6372 |
|
-6.413 |
Tot. |
2.691 |
8.865 |
-2.691 |
-11.597 |
Tot. (%Pil) |
0,2 |
0,7 (0,6) (*) |
-0,2 |
-0,86 (0,83) (*) |
Come posto in luce anche dall’ISTAT[279], in conseguenza delle rettifiche operate, per gli anni 2001-2003 si è determinata una riduzione considerevole del divario tra fabbisogno ed indebitamento rispetto a quello che si sarebbe verificato senza considerare le predette riclassificazioni. La riduzione dello scarto assume un valore massimo nel 2002, mentre nel 2004 -soprattutto a causa delle variazioni contabili relative ad ISPA, che incidono sul fabbisogno, ma non sull’indebitamento - la differenza tra i due saldi viene nuovamente ad ampliarsi.
La revisione generale dei conti nazionali del 2005
Revisione generale dei dati 1990-2000 e 2001-2005 |
In occasione della revisione generale dei conti nazionali intervenuta nel corso del 2005, sono state effettuate variazioni delle serie storiche sia per tener conto di nuove informazioni statistiche disponibili[280], sia per introdurre nuove metodologie di stima degli aggregati, in valori correnti e in termini reali. I primi risultati di tali revisioni, relativi agli anni 1990-2000, sono stati diffusi dall’Istat con comunicazione del 22 dicembre 2005, mentre il 1° marzo 2006 sono stati comunicate le revisioni riferite agli anni 2001-2005.
Le principali innovazioni di carattere metodologico introdotte derivano dall’adeguamento a criteri definiti con decisioni degli organismi europei, fra cui:
· Il nuovo trattamento contabile dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM);
· l’adozione, in conformità alla Decisione della Commissione UE del 17 dicembre 2002, di una nuova procedura per le stime delle variazioni di prezzo o di volume, basata sui cosiddetti indici a catena. L’applicazione di tale indicatore consente di fornire una rappresentazione delle variazioni che non tenga solo conto dei valori assunti dalle variabili considerate in due tempi precisi, l’anno corrente e l'anno base, ma che incorpori l'andamento complessivo presentato dal fenomeno nell'intervallo temporale esaminato.
Tali profili sono oggetto di specifica attenzione nei due successivi paragrafi.
Altre innovazioni metodologiche introdotte con la revisione generale, attengono anche:
· alla classificazione delle attività economiche Ateco 2002, di cui al regolamento della Commissione UE 2002/29/CE del 10 gennaio 2002;
· all’adeguamento a criteri di armonizzazione del reddito nazionale lordo (RNL) formulati dall’apposito Comitato europeo.
Metodologia degli indici a catena per la valutazione delle dinamiche reali
La revisione generale incorpora l’adozione del sistema degli indici a catena ai fini della misurazione delle grandezze reali, in accordo con i criteri definiti in ambito europeo[281].
Tale procedura sostituisce il precedente sistema per le valutazioni a prezzi costanti degli aggregati economici, basata sui valori riferiti a un anno base fisso. Il cambiamento, ogni cinque anni, dell'anno di base produceva revisioni all'indietro delle serie storiche, con contestuale aggiornamento del sistema di ponderazione per le misure in volume. Nel lungo periodo, le serie storiche degli aggregati a prezzi costanti calcolate con differenti basi venivano collegate attraverso anni di raccordo (o di link) al fine di creare serie temporali continue.
L’utilizzo della metodologia degli indici a catena consente di disporre di un indicatore delle variazioni di prezzo o di volume che non tenga conto soltanto dei valori assunti dalle variabili in questione nell’anno corrente e nell’anno di riferimento (anno base), ma di verificare l’andamento complessivo delle stesse nell’intervallo considerato in quanto le stime in volume sono effettuate prendendo a riferimento, per ciascun anno, i prezzi dell’anno precedente.
Il metodo del concatenamento nei conti economici nazionali comporta quindi l’aggiornamento annuale delle ponderazioni sottostanti le misure in volume. Si mira in tal modo ad ottenere una rappresentazione più efficace delle dinamiche delle grandezze reali, che non risenta di valutazioni collegate all’anno base assunto come fisso.
Metodologia di calcolo dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM)
In applicazione dei regolamenti del Consiglio UE n. 1998/448 e n. 2002/1889, è stato introdotto un nuovo trattamento contabile dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM).
In precedenza la produzione dei SIFIM – calcolata come differenza tra i redditi da capitale ricevuti dagli intermediari finanziari e gli interessi corrisposti sui depositi - veniva computata come consumo intermedio di una branca fittizia, con produzione nulla e quindi con valore aggiunto negativo. Tale posta di correzione assicurava l’invarianza complessiva del Pil rispetto alla produzione dei SIFIM.
Il nuovo meccanismo di contabilizzazione implica l’attribuzione dei SIFIM, come consumo intermedio, direttamente agli operatori che ne usufruiscono. Rispetto alle precedenti stime, ciò comporta, tra l’altro, un aumento dei consumi finali delle famiglie, dei consumi intermedi delle singole branche e dei costi intermedi.
Dalla nuova metodologia consegue sia un impatto complessivo sul Pil, attribuibile alla parte di produzione allocata negli impieghi finali, sia un effetto diretto sui conti relativi ai diversi settori:
Rivalutazione del Pil a prezzi correnti |
· per quanto attiene al primo effetto, in Italia, la rivalutazione media annua del livello del Pil a prezzi correnti nel periodo 2001-2004 è stata mediamente di circa lo 0,8%. L’impatto sulla dinamica del Pil, sia a prezzi correnti sia a prezzi costanti, è risultato per lo più modesto;
· riguardo agli effetti sul conto economico della P.A., il nuovo sistema di contabilizzazione ha inciso soprattutto sull’entità dei consumi intermedi, che hanno subito un incremento, con contestuale riduzione degli interessi passivi per effetto della riclassificazione della componente collegata ai SIFIM[282].
Gli effetti delle revisioni sulle stime del Pil
Nella tabella seguente sono posti a raffronto, per il periodo 2001-2004, i valori del Pil aggiornati e quelli precedenti la revisione nonché i relativi tassi di crescita.
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Pil a prezzi di mercato (mln. euro) |
|
|
|
|
Nuova serie (1) |
1.248.648 |
1.295.226 |
1.335.354 |
1.388.870 |
Serie precedente (2) |
1.218.535 |
1.260.598 |
1.300.929 |
1.351.328 |
Diff.% (1-2): |
2,5 |
2,7 |
2,6 |
2,8 |
(Di cui quota relativa a SIFIM) |
(1,0) |
(0,8) |
(0,7) |
(0,9) |
Tassi di crescita del Pil in volume (%) |
|
|
|
|
Nuova serie (3) |
1,8 |
0,3 |
0,0 |
1,1 |
Serie precedente (4) |
1,8 |
0,4 |
0,3 |
1,2 |
|
|
|
|
|
Fonte: Istat
Le stime del Pil ai prezzi di mercato presentano un’apprezzabile rivalutazione (in media del 2,65% nel periodo 2001-2004), mentre la revisione ha influito in modo contenuto sui tassi di crescita del Pil in volume, che registrano nel periodo 2002-2004 una lieve diminuzione, più consistente nel 2003 (-0,3%).
Gli effetti delle revisioni sull’indebitamento netto e sul saldo primario della P.A.
Riguardo agli effetti sul conto economico della P.A., la tabella che segue riporta, per gli anni 2001-2004, le nuove e le precedenti serie di valori, riferiti all’indebitamento netto e al saldo primario in rapporto al Pil.
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Indebitamento netto/Pil (%) |
|
|
|
|
Nuova serie (1) |
-3,1 |
-2,9 |
-3,4 |
-3,4 |
Serie precedente (2) |
-3,2 |
-2,7 |
-3,2 |
-3,2 |
Var (1-2): |
0,1 |
-0,2 |
-0,2 |
-0,2 |
(Di cui effetto revisione Pil) |
(0,1) |
(0,0) |
(0,1) |
(0,1) |
Saldo primario/Pil (%) |
|
|
|
|
Nuova serie (1) |
3,2 |
2,7 |
1,7 |
1,3 |
Serie precedente (2) |
3,4 |
3,0 |
2,1 |
1,8 |
Var (1-2): |
-0,2 |
-0,3 |
-0,4 |
-0,5 |
Fonte: Istat
Limitatamente al 2001, la revisione ha comportato un miglioramento del rapporto indebitamento/Pil dello 0,1% nel 2001, dovuto al prevalere dell’effetto di incremento del Pil rispetto alla lieve correzione in senso peggiorativo dell’indebitamento (240 mln). Si è determinato invece un peggioramento del rapporto di circa lo 0,2% per ciascun anno del triennio 2002-2004, dovuto al prevalere dell’effetto di incremento dell’indebitamento rispetto alla rivalutazione del Pil.
Deterioramento del saldo primario a seguito della revisione |
Per effetto delle revisioni il saldo primario subisce invece, in tutti gli esercizi considerati, un deterioramento di entità via via crescente (da un minimo dello 0,2% nel 2001 ad un massimo dello 0,5% nel 2004, in rapporto al Pil).
Gli effetti sul conto economico della P.A. riferito al 2005 e sulle previsioni per il 2006 possono desumersi dai dati riportati nella Relazione trimestrale
di cassa che indica, con riferimento ai principali saldi del conto della P.A., i seguenti valori:
(mln. di euro)
|
2005 |
2006 |
||||||||
|
precedente |
nuova |
var.
|
precedente |
nuova |
var.
|
||||
|
|
|
(% Pil) |
|
(% Pil) |
|
|
(% Pil) |
|
(% Pil) |
Indebitamento |
-59.638 |
-57.917 |
-4,09 |
1.721 |
0,12 |
-54.721 |
-56.000 |
-3,83 |
-1.279 |
-0,087 |
Saldo |
8.662 |
6.632 |
0,47 |
-2.030 |
-0,14 |
13.106 |
9.436 |
0,64 |
-3.670 |
-0,25 |
Saldo |
-9.231 |
-6.831 |
-0,48 |
2.400 |
0,17 |
-649 |
-4.473 |
-0,31 |
-3.824, |
-0,26 |
Fonte: Elaborazioni su dati Relazione trimestrale di cassa aprile 2006.
L’indebitamento per il 2005 mostra un lieve miglioramento (0,1% del Pil) rispetto al valore che si sarebbe registrato escludendo le revisioni, mentre l’impatto delle rettifiche è peggiorativo nelle previsioni di indebitamento per il 2006 (quasi 0,1% del Pil).
Dal confronto tra la nuova e la precedente serie riportate nella RTC, si rileva che l’effetto di miglioramento del saldo di indebitamento nel 2005 sembra imputabile, oltre che al considerevole incremento delle entrate, alla riduzione della spesa per interessi (-3,7 mld.). Si assiste inoltre ad un deterioramento (-0,14% del Pil) del saldo primario – ossia del saldo complessivo al netto della spesa per interessi – e ad un miglioramento del saldo corrente (0,17% del Pil), che include la predetta voce di spesa.
Nelle previsioni per il 2006, lo scarto tra le due serie di valori indica un effetto di peggioramento, nei valori revisionati, dell’indebitamento, dovuto per lo più al notevole incremento (24 mld. di euro) della spesa corrente al netto degli interessi passivi, solo in parte compensata dalla riduzione di quest’ultima categoria di spesa (-2,4 mld.) e dall’incremento delle entrate complessive (circa 16,8 mld ).
Ulteriori questioni
Altre specifiche questioni oggetto di esame da parte di Eurostat, hanno condotto di recente a revisioni di dati di finanza pubblica.
In particolare, in merito alla tematica dei rapporti finanziari con la UE - affrontata, per gli aspetti relativi al conto economico della P.A., anche con il comunicato Istat del 24 maggio 2005, di cui si è già dato conto - vanno ricordate alcune revisioni dei conti finanziari, volte a dare riscontro alla richiesta avanzata da Eurostat di una più chiara separazione tra i flussi finanziari diretti dal bilancio dello Stato al bilancio comunitario rispetto alle risorse messe a disposizione dalla stessa Ue per il finanziamento delle politiche di intervento territoriale. Tali rettifiche hanno prodotto un impatto sui dati relativi al fabbisogno e sul debito delle pubbliche amministrazioni, di cui si dà conto nelle sezioni del presente dossier dedicate a tali profili.
Sembrerebbero inoltre aver trovato soluzione, nell’ambito delle revisioni già intervenute, le questioni poste da Eurostat[283], concernenti la stima secondo la competenza economica sia dei contributi sociali incassati dall’Inail sia del gettito delle sanatorie fiscali secondo la competenza economica.
Revisione dei dati sul gettito delle sanatorie |
Secondo quanto riportato nella RTC dell’aprile scorso, i livelli degli introiti per sanatorie fiscali – contabilizzati tra le entrate in conto capitale - sono stati oggetto di riduzione per gli anni 2003 e 2004 per tener conto dei minori incassi rispetto agli importi contabilizzati per competenza economica nei predetti anni.
In merito ad ulteriori questioni, di recente oggetto di attenzione da parte dell’organismo statistico europeo, sono stati invece avviati rettifiche ed approfondimenti, tuttora in corso, dei relativi sistemi di classificazione contabile.
In particolare, una delle principali tematiche affrontate da Eurostat riguardo ai conti pubblici dell’Italia – soprattutto con il comunicato del 18 marzo 2005 – concerne le discrepanze tra indebitamento netto delle
Aggiustamento stock-flussi |
Amministrazioni pubbliche, così come stimato dall’Istat, e il fabbisogno del settore pubblico, stimato dal Ministero dell’economia e delle finanze nonché il contributo dell’indebitamento e di altri fattori rilevanti alla variazione del debito (discrepanze nell’aggiustamento stock-flussi). Le differenze tra i due saldi – come già segnalato – sono risultate ridimensionate a seguito delle revisioni intervenute e, in particolare, a seguito delle riclassificazioni oggetto della comunicazione Istat del 24 maggio 2005. La questione resta peraltro oggetto di attenzione da parte dei competenti organismi nazionali nell’intento di conseguire un soddisfacente raccordo tra le grandezze che concorrono alla definizione dei valori dell’indebitamento, del fabbisogno e del debito delle pubbliche amministrazioni[284].
Decisione Eurostat sulle spese militari |
Altra questione in merito alla quale è stato avviato un approfondimento concerne la classificazione contabile di alcune spese militariper l’acquisto di armamenti. Con decisione del 9 marzo 2006 – definita immediatamente applicabile – Eurostat ha infatti rilevato l’eterogeneità delle modalità di contabilizzazione di tali spese nei bilanci degli Stati membri. Per ovviare a tale situazione l’organismo statistico europeo ha quindi sancito che le spese in questione siano da contabilizzare nella categoria dei consumi intermedi, e che il momento della registrazione sia convenzionalmente fissato in quello della consegna alle competenti autorità.
Secondo quanto riportato nell’ultima Relazione trimestrale di cassa, l’applicazione di tali criteri ha comportato – oltre all’iscrizione tra i consumi intermedi di spese militari precedentemente classificate come spese per investimento - l’imputazione alla spesa per consumi intermedi dell’Amministarzione centrale dello Stato per l’anno 2005 dell’importo di circa 1.490 milioni di euro relativo al finanziamento del “programma Eurofighter”.
Non è chiaro se la decisione sia suscettibile di produrre, per gli anni di consuntivo, eventuali ulteriori correzioni connesse ad una più completa ricognizione delle spese assimilabili a quelle oggetto della recente decisione di Eurostat.
Per quanto attiene ai dati previsionali per il 2006, la RTC stima che il nuovo criterio adottato in ambito europeo per la registrazione delle spese per forniture militari determini un aggravio del deficit dell’ordine di 0,05 punti percentuali di Pil[285].
Andamenti settoriali
Le entrate tributarie della P.A.
La presente analisi intende fornire alcuni elementi quantitativi sull’andamento delle entrate nel periodo 2001-2005, nonché sulle previsioni per il 2006.
Dati di competenza economica e dati di cassa |
L’analisi è condotta, con particolare riguardo alle entrate tributarie, sia a livello di conto economico delle amministrazioni pubbliche, che riporta dati espressi in termini di competenza economica, sia a livello di bilancio dello Stato e di bilanci degli enti territoriali, utilizzando a tali fini i dati di cassa.
I dati relativi al conto economico delle amministrazioni pubbliche sono tratti dalle elaborazioni dell’Istat indicate nel comunicato del 1° marzo 2006, che includono la revisione generale effettuata in ottemperanza alle regole comunitarie[286]. Ai fini dell’analisi proposta, appare opportuno segnalare le seguenti modifiche introdotte con la predetta revisione:
- la rideterminazione della pressione fiscale dovuta alla revisione delle stime del Prodotto interno lordo;
- il livello delle entrate relative alle sanatorie fiscali, che è stato corretto per tenere conto dei mancati incassi della quota precedentemente contabilizzata per competenza economica negli anni 2003 e 2004.
Per quanto riguarda, invece, l’analisi condotta sugli incassi tributari affluiti al bilancio dello Stato, sono stati utilizzati i dati pubblicati nella “Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa e situazione di cassa” al 31 dicembre 2005 nonché quelli contenuti nel “Bollettino delle Entrate tributarie erariali” pubblicato mensilmente dal Dipartimento per le politiche fiscali[287]. Da quest’ultimo documento sono tratti altresì i dati utilizzati per l’analisi delle entrate degli enti territoriali.
· Le entrate nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche
Come si esige dalla tabella 1, le entrate complessive delle amministrazioni pubbliche passano da 562.341 milioni nel 2001 a 629.374 milioni nel 2005, con tassi di variazione annua crescenti nella prima parte del quinquennio considerato e decrescenti negli ultimi due anni.
Tabella 1. – Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche
Composizione delle entrate complessive
(importi in milioni di euro)
(in corsivo i valori percentuali rispetto al totale delle entrate)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Entrate complessive |
562.341 100 |
576.898 100 |
601.852 100 |
619.024 100 |
629.374 100 |
Var. % annue |
|
2,6% |
4,3% |
2,9% |
1,7% |
Entrate correnti |
558.872 99,4 |
571.231 99,0 |
579.562 96,3 |
607.301 98,1 |
623.410 99,1 |
Entrate in c/capitale |
3.469 0,6 |
5.667 1,0 |
22.290 3,7 |
11.723 1,9 |
5.964 0,9 |
Le entrate correnti rappresentano, negli anni 2001, 2002 e 2005, una percentuale delle entrate complessive il cui valore è prossimo al 99 per cento. La riduzione, nel 2003, di circa 3 punti percentuali del peso delle entrate correnti sulle entrate complessive è da collegare al corrispondente incremento delle entrate in conto capitale. Quest’ultimo incremento è dovuto, in via prevalente, al gettito delle sanatorie fiscali introdotte con la legge finanziaria per il 2003 che ha avuto i suoi riflessi anche nel 2004 per effetto della facoltà di versamento rateizzato delle imposte.
L’analisi della composizione delle entrate complessive, tra entrate correnti e entrate in conto capitale, non può, pertanto, prescindere dal gettito delle entrate derivanti dalle varie tipologie di condono fiscale introdotte con legge n. 289/2002[288] e con il decreto legge n. 282/2002[289].
In merito alla misura del gettito relativo al condono, la tabella riportata nella sezione concernente gli incassi erariali (v. infra) evidenzia che gli incassi delle sanatorie sono stati, nel 2003, nel 2004 e nel 2005, rispettivamente 10.918 milioni, 8.968 milioni e 832 milioni di euro.
Nell’ambito delle entrate correnti, le imposte dirette vedono progressivamente ridursi il loro peso (dal 32,9% nel 2001 al 30,3% nel 2005) mentre le imposte indirette mostrano un peso crescente (dal 31,7% nel 2001 al 32,4% nel 2005) con particolare riferimento all’anno 2002. (Tabella 2).
Tabella 2. – Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche
Composizione delle entrate correnti e delle entrate in conto capitale
(importi in milioni di euro)
(in corsivo l’incidenza % sul totale)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Entrate correnti di cui: |
558.872 |
571.231 |
579.562 |
607.301 |
623.410 |
- Imposte dirette
|
183.998 32,9% |
179.554 31,4% |
178.745 30,8% |
185.400 30,5% |
189.052 30,3% |
- Imposte indirette |
176.952 31,7% |
185.174 32,4% |
186.770 32,2% |
195.398 32,2% |
201.859 32,4% |
Entrate in conto capitale di cui |
3.469 |
5.667 |
22.290 |
11.723 |
5.964 |
Imposte c/capitale |
1.065 30,7% |
2.986 52,7% |
17.932 80,4% |
7.912 67,5% |
1.808 30,3% |
La pressione fiscale
Le dinamiche sopra descritte appaiono confermate ove si esaminino i rapporti rispetto al Pil delle entrate complessive e delle singole voci che le compongono.
Definizione della pressione fiscale |
In particolare, la pressione fiscale complessiva è data dal rapporto tra il totale delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e contributi sociali sul Pil.
Complessivamente, come si evince dalla seguente tabella, nel quinquennio considerato, si registra una riduzione della pressione fiscale pari a sette decimi di punto percentuale, pur evidenziandosi un picco nel 2003 dovuto al gettito delle sanatorie fiscali.
Più in particolare, tale risultato è determinato da una riduzione della pressione tributaria (imposte dirette, indirette e in conto capitale) che passa dal 28,9% al 27,6%, parzialmente compensata da un incremento della pressione contributiva (contributi sociali effettivi e figurativi) che dal 12,3% è salita al 12,9%.
Tabella 3 – Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche Indicatori della pressione fiscale
(% sul Pil)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Imposte indirette |
14,2 |
14,3 |
14,0 |
14,1 |
14,2 |
Imposte dirette |
14,6 |
13,8 |
13,3 |
13,3 |
13,3 |
Imposte c/capitale |
0,1 |
0,2 |
1,3 |
0,5 |
0,1 |
Totale imposte |
28,9 |
28,3 |
28,6 |
27,9 |
27,6 |
12,0 |
12,1 |
12,4 |
12,5 |
12,6 |
|
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,2 |
0,3 |
|
Totale contributi |
12,3 |
12,4 |
12,7 |
12,7 |
12,9 |
41,2 |
40,7 |
41,3 |
40,6 |
40,5 |
|
Pressione fiscale al netto delle imposte in conto capitale |
41,1 |
40,5 |
39,9 |
40,0 |
40,4 |
Esaminando in dettaglio le voci relative alle imposte, si assiste, tra il 2001 ed il 2005, ad una riduzione dell’incidenza rispetto al Pil delle imposte dirette (-1,3 punti percentuali). Si registra invece un’invarianza dei valori del 2005, rispetto a quelli del 2001, per quanto attiene all’incidenza sul Pil sia delle imposte indirette sia delle imposte in conto capitale, determinandosi quindi una sostanziale corrispondenza tra tassi di incremento del Pil e delle imposte in esame.
Con particolare riferimento al 2005, si rileva la forte contrazione su base annua dell’incidenza sul Pil delle imposte in conto capitale, connessa al venir meno degli introiti dei condoni fiscali, parzialmente compensata dalla crescita, superiore al Pil, delle imposte indirette e dei contributi sociali.
· Le entrate del Bilancio dello Stato: analisi degli incassi tributari
Si espongono, di seguito, alcuni dati riguardanti gli incassi tributari contabilizzati nel bilancio dello Stato e la loro composizione.
Si precisa che i dati non consentono un confronto del tutto omogeneo tra i vari esercizi, in quanto non tengono conto di alcune poste correttive quali i rimborsi di IVA, le regolazioni contabili o le somme relative a versamenti unificati riferiti a diversi esercizi.
Occorre pertanto precisare che l’analisi condotta sugli incassi del Bilancio dello Stato ha una finalità meramente indicativa in quanto, trattandosi di dati di cassa, le variazioni rilevate da un esercizio all’altro possono risultare ampiamente influenzate da fattori di natura meramente contabile, che possono aver agito sulle modalità e sui tempi di acquisizione delle somme.
Al fine di valutare la dinamica del gettito tributario, vengono distinte le entrate ordinarie delle imposte dagli introiti straordinari relativi ai condoni fiscali.
Nella seguente tabella viene riportato, oltre al gettito complessivo delle sanatorie fiscali, anche la ripartizione dello stesso in riferimento alle singole sanatorie introdotte e alle tipologie di imposta su cui incidono.
Tabella 4 – Entrate tributarie erariali
Incassi da condono fiscale[290]
(importi in milioni di euro)
Incassi |
2003 |
2004 |
2005 |
Imposta sostitutiva IRPEF, IRES e IRAP per adeguamento magazzino |
205 |
275 |
24 |
Defin. ritardati o omessi versamenti di tributi |
555 |
2.104 |
182 |
Imp.dirette per defin.controversie e pendenze tributarie di cui: |
7.012 |
5.141 |
445 |
- IRPEF - imposta e relativi interessi |
2.550 |
487 |
64 |
- IRES - imposta e relativi interessi |
309 |
681 |
116 |
- ILOR - imposta e relativi interessi |
773 |
414 |
52 |
- Imposte diverse da IRPEF IRES ILOR e relativi interessi |
3.380 |
3.559 |
213 |
Imp.indir. per defin.controversie e pendenze di cui: |
2.416 |
1.147 |
97 |
- IVA |
2.412 |
1.140 |
96 |
- Registro |
0 |
0 |
0 |
- Altre tasse e imposte sugli affari |
3 |
7 |
1 |
- canoni radio e TV |
1 |
0 |
0 |
Definizione carichi di ruolo pregressi |
727 |
299 |
84 |
Chiusura partite IVA |
3 |
2 |
0 |
Totale Imposte dirette |
7.772 |
7.520 |
651 |
Totale Imposte indirette |
3.146 |
1.448 |
181 |
Totale Condono |
10.918 |
8.968 |
832 |
In merito al gettito ordinario delle entrate tributarie si analizzano, di seguito, gli incassi erariali al netto dei versamenti per sanatorie fiscali.
Tabella 5 – Bilancio di cassa dello Stato
Composizione delle entrate tributarie (al netto del gettito della sanatoria)
(importi in milioni di euro)
(in corsivo i valori percentuali)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
TOTALE ENTRATE TRIBUTARIE
|
334.612 100 |
332.150 100 |
342.604 100 |
361.711 100 |
364.336 100 |
IMPOSTE DIRETTE
|
180.490 53,94 |
175.371 52,80 |
174.301 50,88 |
180.045 49,78 |
184.484 50,64 |
IMPOSTE INDIRETTE
|
154.122 46,06 |
156.779 47,20 |
168.303 49,12 |
181.666 50,22 |
179.852 49,36 |
Gli incassi tributari erariali, al netto del gettito dei condoni fiscali, passano da 334.612 milioni nel 2001 a 364.336 nel 2005, ma la crescita nel periodo non procede uniformemente in quanto nel 2002 si riscontra una diminuzione percentuale pari allo 0,74%. Negli anni successivi si registra un aumento annuale del gettito, più consistente negli anni 2003 e 2004 e più moderato nel 2005.
Progressiva riduzione dell’incidenza delle imposte dirette rispetto alle indirette |
La composizione degli incassi erariali, al netto del gettito del condono, vede una progressiva riduzione del peso delle imposte dirette: il peso delle imposte indirette, corrispondentemente, cresce dal 46,06% del 2001 al 49,36% del 2005 (si veda tabella 5).
Analisi per tipo di imposta
Nelle tabelle seguenti vengono forniti dati disaggregati in ragione delle diverse tipologie di imposta, riferiti agli incassi tributari per ciascun anno considerato e alle relative variazioni percentuali annue (al netto del gettito delle sanatorie fiscali).
Tabella 6 – Bollettino delle entrate tributarie erariali – Incassi
Analisi per tipo di imposta (voci principali)
(importi in milioni di euro -in corsivo i valori percentuali)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
IMPOSTE DIRETTE |
180.490 |
175.371 |
174.301 |
180.045 |
184.484 |
di cui: |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
IRPEF |
121.761 |
125.418 |
128.180 |
131.237 |
137.180 |
|
67,46% |
71,52% |
73,54% |
72,89% |
74,36% |
IRPEG/IRES |
32.446 |
30.020 |
29.450 |
29.368 |
34.124 |
|
17,98% |
17,12% |
16,90% |
16,31% |
18,50% |
Imposta sostitutiva su:redditi, ritenute |
8.947 |
9.087 |
7.564 |
6.928 |
6.943 |
su interessi e redditi da capitale |
4,96% |
5,18% |
4,34% |
3,85% |
3,76% |
Sost. su redd. capitale e plusvalenze(1) |
6.241 |
3.732 |
3.150 |
3.747 |
1.347 |
|
3,46% |
2,13% |
1,81% |
2,08% |
0,73% |
Sostitutiva IRPEF, IRES e IRAP per |
5.033 |
1.591 |
1.351 |
3.669 |
717 |
rivalutazione beni impresa |
2,79% |
0,91% |
0,78% |
2,04% |
0,39% |
IMPOSTE INDIRETTE di cui: |
154.122 100 |
156.779 100 |
168.303 100 |
181.666 100 |
179.852 100 |
IVA |
92.131 |
94.304 |
101.890 |
101.599 |
107.123 |
|
59,78% |
60,15% |
60,54% |
55,93% |
59,56% |
Registro |
3.417 |
3.718 |
4.027 |
4.477 |
4.631 |
|
2,22% |
2,37% |
2,39% |
2,46% |
2,57% |
Bollo |
3.964 |
3.705 |
3.789 |
5.223 |
4.991 |
|
2,57% |
2,36% |
2,25% |
2,88% |
2,78% |
Imp. Fabbricazione oli minerali |
20.093 |
20.674 |
21.052 |
20.169 |
21.226 |
|
13,04% |
13,19% |
12,51% |
11,10% |
11,80% |
Imposta consumo gas metano |
3.328 |
2.977 |
3.923 |
3.584 |
3.991 |
|
2,16% |
1,90% |
2,33% |
1,97% |
2,22% |
Imposta consumo tabacchi |
7.516 |
7.871 |
7.973 |
8.700 |
8.738 |
|
4,88% |
5,02% |
4,74% |
4,79% |
4,86% |
Proventi del lotto |
6.315 |
6.478 |
5.007 |
12.693 |
9.524 |
|
4,10% |
4,13% |
2,97% |
6,99% |
5,30% |
Apparecchi e congegni di gioco e |
|
|
|
1.382 |
1.982 |
proventi delle attività di gioco(2) |
-- |
-- |
-- |
0,76% |
1,10% |
(1)Negli anni 2001 e 2002 la descrizione della voce era “Imposta sostitutiva”
(2)D.L. n. 269/2003, art. 3, c. 13. Sono incluse le imposte per i giochi nelle case da gioco.
Tabella 7 – Bilancio di cassa dello Stato
Variazioni % degli incassi tributari (al netto gettito sanatorie)
|
2002/01 |
2003/02 |
2004/03 |
2005/04 |
IMPOSTE DIRETTE |
-2,84% |
-0,61% |
3,30% |
2,47% |
di cui |
|
|
|
|
- IRPEF |
3,00% |
2,20% |
2,38% |
4,53% |
- IRPEG/IRES |
-7,48% |
-1,90% |
-0,28% |
16,19% |
- Ritenute su redditi di capitale(1) |
13,43% |
-2,93% |
6,42% |
20,92% |
- Imposte sostituve(2) |
-15,60% |
-16,42% |
-0,36% |
-22,34% |
IMPOSTE INDIRETTE |
1,72% |
7,35% |
7,94% |
-1,00% |
di cui |
|
|
|
|
- Imposte sugli affari |
-3,20% |
10,76% |
17,97% |
-3,71% |
- IVA |
2,36% |
8,04% |
-0,29% |
5,44% |
- Oli minerali e derivati |
2,89% |
1,83% |
-4,19% |
5,24% |
- Imposte sui consumi(3) |
-0,17% |
9,67% |
2,65% |
3,59% |
- Lotto, lotterie e giochi |
2,58% |
-22,71% |
181,11% |
-18,25% |
TOTALE INCASSI ERARIALI |
-0,74% |
3,15% |
5,58% |
0,73% |
(1) Comprende le ritenute su: utili, contributi di enti pubblici, premi, capitale di assicurazioni sulla vita.
(2) Riguarda le imposte sostitutive su: redditi, interessi, redditi da capitale, plusvalenze. Non include le imposte sostitutive versate per la rivalutazione dei beni d’impresa.
(3) Riguarda il gas metano, gli oli lubrificanti e i tabacchi
Sull’andamento del gettito dell’IRES[291] incide anche la riforma dell’imposta sul reddito delle società che ha modificato il sistema di tassazione dei redditi delle imprese, producendo effetti, in termini di cassa, a decorrere al 2005.
La legge delega per la riforma del sistema fiscale[292] prevedeva, al fine di evitare in incremento del carico tributario per le imprese, un incremento delle imposte sul reddito delle società (attraverso l’ampliamento della base imponibile) diretto a compensare la graduale eliminazione dell’IRAP. In sede attuativa, si è proceduto all’approvazione del decreto di riforma dell’IRES, mentre non è stata portata a termine l’attuazione della delega in materia di IRAP[293].
Il gettito IRPEF evidenzia un andamento discontinuo dovuto alla presenza di fattori da cui conseguono effetti finanziari contrapposti.
Ad esempio, tra i fattori che presumibilmente hanno contribuito al contenimento del gettito si segnalano i provvedimenti[294] emanati in attuazione della legge delega di riforma del sistema fiscale diretti a ridurre il carico fiscale delle persone fisiche.
La legge delega del sistema fiscale stabiliva, tra l’altro, che il nuovo regime tributario per le persone fisiche non doveva risultare, in ogni caso, peggiorativo rispetto a quello previgente. A tal fine, in sede attuativa, è stata introdotta la clausola di salvaguardia che consente ai contribuenti di optare, in ciascun periodo di imposta, per l’applicazione del regime fiscale più favorevole tra quello previgente e quello nuovo disciplinato in attuazione della legge delega. La formulazione della norma è suscettibile pertanto di determinare una riduzione o, al limite, un’invarianza del gettito fiscale rispetto alla legislazione previgente.
Tra le novità introdotte in attuazione della legge delega si segnalano:
- la rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni di imposta (disciplinata sia nel primo che nel secondo modulo di riforma);
- l’introduzione di un livello minimo di reddito non tassabile (c.d. no tax area) operato con legge finanziaria 2003;
- la modifica dei benefici relativi ai familiari a carico. In particolare, con il primo modulo sono state rideterminate le misure delle detrazioni di imposta, mentre con il secondo modulo tali detrazioni sono state sostituite da deduzioni dall’imponibile fiscale.
D’altro canto, effetti di ampliamento del gettito, particolarmente evidenti nel 2005, sono da collegare alla già richiamata dinamica delle retribuzioni[295] che, comportando un ampliamento della base imponibile fiscale, induce incrementi del gettito IRPEF sui redditi di lavoro dipendente.
· Entrate degli enti territoriali: incassi tributari
Per quanto riguarda le principali entrate tributarie degli enti territoriali si riportano, nella seguente tabella, i dati relativi agli incassi dell’IRAP e delle addizionali all’IRE comunale e regionale.
Tabella 8– Bollettino delle entrate tributarie erariali – Incassi
Entrate tributarie degli enti territoriali
(importi in milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Addiz.le regionale IRE |
4.430 |
4.975 |
6.166 |
6.741 |
6.430 |
di cui |
|
|
|
|
|
- privati |
2.929 |
3.015 |
3.743 |
3.822 |
3.913 |
- amministrazioni pubbliche |
1.501 |
1.960 |
2.423 |
2.919 |
2.517 |
Addiz.le comunale IRE |
715 |
1.096 |
1.572 |
1.615 |
1.555 |
di cui |
|
|
|
|
|
- privati |
416 |
607 |
844 |
881 |
909 |
- amministrazioni pubbliche |
299 |
489 |
728 |
734 |
646 |
IRAP |
31.287 |
32.072 |
33.590 |
33.384 |
35.995 |
di cui |
|
|
|
|
|
- privati |
23.098 |
23.689 |
24.322 |
23.803 |
26.293 |
- amministrazioni pubbliche |
8.189 |
8.383 |
9.268 |
9.581 |
9.702 |
· Le previsioni per il 2006
Si riportano, di seguito, i dati relativi alle previsioni di entrata nell’ambito della P.A.
Le stime includono gli effetti della manovra 2006 attuata sia con la legge finanziaria [296] sia con il provvedimento ad essa collegato[297].
Con particolare riferimento alle entrate tributarie, la manovra per il 2006 prevede, da un lato, misure di ampliamento della base imponibile e, dall’altro lato, misure di contrasto al sommerso e alla evasione fiscale e contributiva, da attuare anche attraverso il coinvolgimento dei Comuni, delle Province e delle Regioni.
Nella tabella 9 sono indicati gli effetti finanziari valutati in relazione alle principali disposizioni in materia tributaria introdotte con la manovra.
I dati riportati sono tratti dal Programma di Stabilità dell’Italia, aggiornato a Dicembre 2005.
Tabella 9– Programma di stabilità dell’Italia
La manovra di bilancio del 2006 – principali disposizioni tributarie (1)
(importi in milioni di euro)
|
2006 |
2007 |
2008 |
- Ammortamento beni strumentali settore energetico |
971 |
990 |
990 |
- Rivalutazione beni e aree edificabili di impresa |
912 |
0 |
18 |
- Giochi |
738 |
1.182 |
1.419 |
- Lotta all’evasione e accertamenti doganali |
335 |
496 |
498 |
- Incremento riscossioni |
300 |
450 |
780 |
- Banche e assicurazioni |
1.339 |
680 |
632 |
- Ammortamento avviamento |
1.680 |
952 |
952 |
- Leasing e misure antielusive |
826 |
925 |
1.144 |
- Imposta sostitutiva cessione fabbricati |
500 |
468 |
482 |
- Programmazione fiscale |
1.040 |
1.100 |
1.100 |
- Adeguamento anni 2003-2004 |
990 |
|
|
- Proroga agevolazioni fiscali |
-1.006 |
-428 |
-168 |
(1) Il segno “–“ indica una riduzione di gettito.
Gli effetti della manovra risultano attribuiti, in buona parte, a misure che interessano la fiscalità d’impresa. Infatti, oltre agli interventi diretti a contrastare l’elusione fiscale, si segnalano anche le disposizioni subordinate ad una volontaria adesione dei contribuenti (programmazione fiscale collegata al concordato per il 2003-2004, la rivalutazione dei beni e delle aree fabbricabili delle imprese) nonché quelli a carico di soggetti societari selezionati (banche e assicurazioni, imprese settore energetico).
Stime per il 2006 contenute nella RTC |
Per quanto riguarda le stime complessive per l’anno 2006, si riportano i dati indicati nella “Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa per l’anno 2006 e situazione di cassa al 31 dicembre 2005” (c.d. trimestrale di cassa) la quale, essendo stata pubblicata ad aprile 2006, contiene le previsioni aggiornate rispetto a quelle indicate nel Programma di stabilità.
La revisione delle stime, oltre ad essere imputabile ai nuovi criteri di contabilità adottati dall’Istat e da EUROSTAT, tiene conto anche di alcuni fattori emersi nei primi mesi dell’anno. Con particolare riferimento all’ambito tributario, si segnalano le seguenti:
1) è stato verificato che gli acconti IRAP versati dalle banche nel 2005 non hanno tenuto conto della disposizione che ha introdotto la indeducibilità della svalutazione dei crediti; pertanto, le conseguenti maggiori imposte saranno versate a saldo nel 2006;
2) le ritenute di lavoro dipendente hanno registrato, nei primi due mesi del 2006, un andamento superiore ai trend assunti nella precedente stima;
3) è stata effettuata una più puntuale valutazione dei rimborsi di crediti per imposte dirette sulla base dei rimborsi effettuati nel 2004 e nel 2005;
4) si è potuto stimare un utile del gioco del lotto in linea con quello realizzato nel 2005.
Per quanto riguarda i contributi sociali si segnala una riduzione dell’incidenza sul Pil imputabile, tra l’altro agli interventi di riduzione dei c.d. “oneri impropri” attuati con legge finanziaria 2005.
Tabella 10– Conto economico delle amministrazioni pubbliche
Stima entrate tributarie per il 2006
|
RTC |
|
(% sul Pil) |
(mln. euro) |
|
Totale entrate tributarie |
27,8 |
407.550 |
di cui: - imposte indirette |
14,3 |
209.220 |
imposte dirette |
13,5 |
198.216 |
imposte c/capitale |
0,0 |
114 |
Totale entrate contributive |
12,8 |
186.226 |
Pressione fiscale (non consolidata) |
40,6 |
|
Tra le entrate tributarie, vanno segnalate anche quelle del settore dei giochi, sul quale il Parlamento è intervenuto ripetutamente nel corso della XIV legislatura. Si segnala la notevole la notevole consistenza quantitativa delle maggiori entrate ascritte alle norme approvate nel triennio 2003-2005. Si tratta nel complesso di incrementi di gettito - rispetto alla legislazione previgente - che ammontano a 3,3 miliardi di euro nel 2006, 4,1 miliardi nel 2007 e 4,3 miliardi nel 2008.
In particolare, con riferimento all’esercizio 2008, il 15% delle maggiori entrate previste dalla manovra finanziaria per il triennio 2006-2008 [298] deriva dalle misure in materia di giochi e scommesse.
Nel dettaglio, gli effetti delle norme approvate dal Parlamento[299] nel triennio 2003-2005 ammontano a:
(milioni di euro)
|
2006 |
2007 |
2008 |
art. 8 commi 16 e 20 decreto-legge 147/2003 |
15,4 |
15,4 |
15,4 |
art. 39 commi 11 e 13 decreto-legge 269/2003 |
1.455 |
1.455 |
1.455 |
art. 1 commi 283-94 e 488-94 legge finanz. 311/2004 |
1.118 |
1.424 |
1.424 |
art. 7 comma 3 decreto-legge 35/2005 |
100 |
100 |
100 |
art. 11-quinquiesdecies decreto-legge 203/2005 |
208 |
422 |
606 |
art.1 commi 525-549 legge finanz. 266/2005 |
440 |
670 |
723 |
TOTALE |
3.336,4 |
4.086,4 |
4.323,4 |
Si ricorda che la Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa per il 2006 riporta i seguenti
risultati di gettito[300] a consuntivo nel triennio 2003-2005:
(milioni di euro)
|
2003 |
2004 |
2005 |
Lotto – Enalotto |
6.335 |
5.563 |
3.622 |
Altre attività di gioco |
504 |
945 |
2.118 |
TOTALE |
6.839 |
6.508 |
5.740 |
Si osserva quindi una sensibile flessione degli introiti nel comparto giochi. È opportuno segnalare che la Relazione di cassa indica che la previsione di gettito per il 2005 (5.700 mln) contenuta nella RPP 2006 (del settembre 2005) è stata conseguita, con un lieve scostamento positivo (+40 milioni di euro).
Per il 2006 la medesima Relazione di cassa, pur dando conto delle maggiori entrate ascritte alle misure in materia di giochi e scommesse contenute nella manovra finanziaria per il triennio 2006-2008 (+648 milioni di euro), fissa una previsione di incassi complessivi[301] per 5.990 milioni di euro (+250 milioni rispetto al risultato 2005).
Evoluzione di alcune categorie di spesa corrente della P.A.
Nella presente sezione vengono esaminati gli andamenti delle principali categorie di spesa corrente delle amministrazioni pubbliche.
Si rammenta che, sulla base dei più recenti dati Istat relativi ai conti economici nazionali[302], nel 2005 le uscite correnti delle amministrazioni pubbliche sono risultate pari al 44,5% del Pil.
Trend crescente della spesa corrente |
Tale percentuale conferma il trend crescente della spesa, che, nell’ultimo quinquennio – al quale in questa sede si fa riferimento, utilizzando i dati contenuti nella recente comunicazione da parte dell’Istat[303] - ha visto crescere di 0,6 punti percentuali la propria incidenza sul Pil.
Tale incremento risulta più accentuato se si esamina l’andamento delle spese in questione al netto della spesa per interessi che, nel periodo in esame, è risultata decrescente, costituendo quindi un fattore di contenimento della spesa corrente complessiva.
Spesa corrente primaria |
L’esclusione della spesa per interessi - che come è noto è determinata prevalentemente da variabili esogene, quali ad esempio l’evoluzione dei tassi di interesse nonché la consistenza del debito pubblico - consente di evidenziare l’aggregato della spesa corrente primaria, che costituisce uno dei principali indicatori sul risultato delle politiche di gestione della spesa da parte delle amministrazioni pubbliche.
L’andamento delle uscite correnti delle amministrazioni pubbliche nel quinquennio 2001-2005 è indicato nei dati riportati nella tabella che segue.
Spesa corrente e spesa corrente primaria - 2001-2005
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Uscite correnti |
548.765 |
567.051 |
590.828 |
612.180 |
630.241 |
% sul Pil |
43,9 |
43,8 |
44,2 |
44,1 |
44,5 |
Variazione % annua |
5,6 |
3,3 |
4,2 |
3,6 |
3,0 |
Uscite corr. netto interessi |
470.001 |
495.532 |
522.314 |
546.427 |
565.692 |
% sul Pil |
37,6 |
38,3 |
39,1 |
39,3 |
39,9 |
Variazione % annua |
5,9 |
5,4 |
5,4 |
4,6 |
3,5 |
Come rileva la Banca d’Italia[304], la quota del 39,9 per cento raggiunta dalla spesa corrente primaria rispetto al Pil nel 2005 costituisce - nell’ambito del periodo 1992-2005, oggetto della recente revisione generale dei dati contabili operata dall’Istat[305] - la quota più alta finora registrata per la spesa medesima, superiore al picco verificatosi nel 1993, quando era risultata pari al 39,8 per cento.
Tale quota è diminuita consistentemente nel biennio successivo, nel corso del quale ha fatto registrare una riduzione di circa 3,1 punti percentuali (attestandosi nel 1995 al 36,7 % del Pil), per poi iniziare un percorso di crescita continua, sia in valore assoluto che in percentuale del Pil, fino a raggiungere la quota del 39,9 % predetta.
Crescita accentuata della spesa corrente primaria |
Va inoltre osservato che, nel quinquennio 2001-2005, mentre la spesa corrente evidenzia una crescita della propria quota rispetto al Pil di 0,6 punti percentuali (dal 43,9 al 44,5%), la spesa corrente primaria realizza un incremento molto più consistente, pari a 2,3 punti percentuali (dal 37,6 al 39,9%). Il grafico che segue evidenzia gli andamenti, rispetto all’anno precedente, di entrambe le tipologie di spesa.
Spesa corrente e spesa corrente primaria – Variazioni rispetto all’anno precedente
Come risulta dal grafico, l’anno di maggiore divaricazione tra la crescita delle spese in questione è il 2002, in corrispondenza del quale ad un decremento di 2,3 punti percentuali del tasso di crescita della spesa corrente fa riscontro una riduzione assai minore del tasso di crescita della spesa corrente primaria, per 0,6 punti percentuali circa. Ne consegue che, per tale anno, in termini di incidenza sul Pil, ad un decremento della spesa corrente complessiva (dal 43,9 al 43,8%), corrisponde un incremento di quella corrente primaria ( dal 37,6 al 38,3%).
Ciò è da attribuire principalmente alla rilevante riduzione che si verifica nel 2002 nella spesa per interessi, che diminuisce di 9,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente (con conseguente riduzione del proprio peso sul Pil, dal 6,3 al 5,5%): riduzione dovuta, tra l’altro, all’estinzione di un ingente volume di BTP decennali con cedole elevate e ad operazioni di swap, che nel loro complesso hanno eliminato oneri per interessi per circa 1,9 miliardi di euro[306].
Nel biennio 2004-2005 si determina comunque una riduzione del tasso di crescita della spesa corrente primaria. Analizzando i relativi andamenti in termini reali (depurandoli cioè della componente di crescita nominale), l’incremento delle spese in esame nel 2005 appare inferiore - secondo quanto rileva la Banca d’Italia[307] - alla media degli anni precedenti. In termini reali, infatti, le erogazioni del 2005 risultano cresciute dell’1,5 per cento, rispetto al 2,4 per cento di media del periodo 1998-2004.
Effetti della regola del 2 per cento |
Tale riduzione del tasso di crescita sembra trovare riscontro in quanto precisato nella Relazione trimestrale di cassa[308], in ordine ai risultati delle misure di contenimento della spesa introdotte nel 2005 mediante la cosiddetta “regola del 2 per cento” prevista dalla legge finanziaria 2005[309]. Dai dati riportati nella Relazione trimestrale emerge che la quota della spesa corrente primaria soggetta alla regola medesima - che comunque appare piuttosto limitata in quanto costituisce il 27,9% - ha registrato un tasso di crescita rispetto all’anno precedente pari al 3,4%.
Va precisato che la Relazione medesima ritiene peraltro che la regola in questione sia stata sostanzialmente rispettata con riferimento alle uscite correnti complessive. Ciò in quanto, limitando l’analisi all’ammontare delle spese soggette alla regola - pari a circa il 34 % della spesa complessiva, inclusa quella di parte capitale - e depurando le spese medesime di alcuni oneri straordinari per complessivi 4.768 milioni di euro[310], l’incremento 2005 è cifrabile intorno a circa l’1,9% delle corrispondenti spese 2004.
Va inoltre precisato che un ulteriore fattore di contenimento della spesa in esame può individuarsi nel rinvio agli anni successivi dei contratti di alcuni comparti del pubblico impiego. Al risultato del 2005 ha inoltre concorso il contenimento della spesa previdenziale (le prestazioni sociali in denaro sono cresciute del 3%) dovuto sia agli effetti derivanti dalla definitiva realizzazione delle nuove regole dettate dalla legge n. 335/1995[311], sia a quelli sul contenimento dei nuovi trattamenti di anzianità derivanti dalla legge n. 243/2004[312].
La medesima Relazione fornisce anche il dato previsionale 2006, stimando, sulla base di determinate ipotesi – che comportano da parte delle amministrazioni “ una gestione di bilancio rigorosa che persegua il puntuale rispetto dei vincoli di crescita della spesa”[313] - una crescita della spesa corrente primaria pari a circa il 3,4%, sostanzialmente confermativa del risultato 2005 (3,5%), peraltro con un aumento, pari all’ 0,1%, della relativa incidenza sul Pil.
Spesa corrente primaria - Previsioni 2006
(mln. di euro)
|
2005 |
2006 |
Variazione % |
Uscite corr. netto interessi |
565.692 |
585.093 |
3,4 |
Quota % sul Pil |
39,9 |
40,0 |
|
Le categorie di spesa che di seguito si esaminano – redditi da lavoro dipendente, consumi intermedi, spesa previdenziale ed assistenziale – costituiscono circa il 91% della spesa corrente primaria. Le ulteriori componenti di tale spesa – che nei Conti economici nazionali sopra citati sono classificate sostanzialmente nella voce “altre uscite correnti[314]” - sono costituite principalmente dai contributi alla produzione[315] e dai trasferimenti ad enti pubblici, ad enti ed istituzioni sociali private ed a famiglie.
· La spesa per consumi intermedi
Definizione della spesa per consumi intermedi |
Secondo la definizione Istat, tale categoria rappresenta “il valore dei beni e servizi consumati quali input nel processo produttivo, escluso il capitale fisso il cui consumo è registrato come ammortamento”. Essa ricomprende pertanto numerose tipologie di spese delle pubbliche amministrazioni, da quelle per l’acquisto dei beni e servizi necessari per lo svolgimento dell’attività amministrativa (ivi inclusa la gestione degli immobili) a quelle per la sanità, oltre a talune voci di spesa specifica caratterizzate dalla loro utilizzazione da parte delle amministrazioni pubbliche.
Nella stessa voce rientrano, come detto, diverse spese afferenti la sanità, quali ad esempio, oltre a quelle per i materiali sanitari, gli oneri per le “prestazioni sociali in natura acquistate direttamente sul mercato”, categoria che individua gli acquisti di beni e servizi da produttori privati (market), vale a dire le spese per l’assistenza farmaceutica e per le prestazioni sanitarie erogate in convenzione. Tuttavia nei conti economici nazionali tale ultima voce, costituente una delle principali componenti della spesa sanitaria[316], è oggetto di una evidenziazione separata, per cui in questa sezione non viene considerata.
Nel periodo 2001-2004 la spesa in questione ha registrato un andamento crescente, che ne ha determinato un incremento della relativa quota sul Pil, come risulta dai dati riportati nella seguente tabella; i medesimi dati evidenziano altresì una stabilizzazione di tale quota nel 2005.
Spesa annua per consumi intermedi
(importi in milioni di euro e, in corsivo, valori percentuali)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Spesa |
64.289 |
67.154 |
70.809 |
74.660 |
77.317 |
Var.% annua |
7,4 |
4,4 |
5,4 |
5,4 |
3,6 |
Quota % sul Pil |
5,1 |
5,2 |
5,3 |
5,4 |
5,4 |
La categoria in esame evidenzia una tendenza alla crescita piuttosto sostenuta – tranne che nell’ultimo anno – come confermato dall’incremento della incidenza sul Pil, pari a 0,3 punti percentuali nel periodo considerato. Va segnalato che tale tendenza si manifesta pur in presenza di continui interventi legislativi volti al contenimento della spesa in questione, realizzati sia nel 2002 che nel 2004 e nel 2005[317] e che solo in quest’ultimo anno sembrano determinare una prima stabilizzazione della spesa in questione.
Effetti più evidenti nel 2005 delle misure di contenimento |
Nel 2005, inoltre, sembrano evidenziarsi maggiormente gli effetti delle misure di contenimento adottate, in quanto il tasso di crescita annua della spesa in questione diminuisce di 1,8 percentuali rispetto a quello registrato sia nel 2004 che nel 2003. Tale decremento risulta ancora più consistente ove si consideri che nell’ambito della spesa 2005 risulta incluso l’onere di 1.494 milioni sostenuto per il programma della Difesa denominato “Eurofighter”, ascritto ora, a seguito di una pronuncia di Eurostat[318], alla categoria in esame in relazione ai tempi e alla natura della fornitura (che risulta di uso diretto ed esclusivo dello Stato[319] ).
In assenza di tale modifica contabile, la categoria avrebbe registrato un incremento rispetto al 2004 pari all’ 1,6 per cento, con una riduzione di 0,1 punti percentuali (da 5,4 a 5,3%) della propria incidenza sul Pil.
E’ da presumere che al conseguimento del risultato predetto abbia altresì concorso l’efficacia della cosiddetta “regola del 2 per cento” introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 prima richiamata[320]. Limitatamente alla quota della categoria in esame facente capo ai Ministeri[321] - quota che peraltro è pari solo al 17% circa del totale della categoria medesima – il tasso di crescita per l’anno in esame è risultato infatti sostanzialmente in linea con il limite predetto.
Previsioni per il 2006 contenute nella RTC |
Un più consistente decremento della spesa per la categoria dei consumi intermedi risulta inoltre previsto per il 2006 nelle stime contenute nella Relazione trimestrale di cassa. Tale stima reca infatti una riduzione anche in valore assoluto delle uscite per la categoria in esame (-0,1%), con una conseguente riduzione di 0,3 punti percentuali della relativa incidenza sul Pil, come risulta dalla seguente tabella.
Spesa per consumi intermedi - Previsioni 2006
(importi in milioni di euro e, in corsivo, valori percentuali)
|
2005 |
2006 |
Variazione % |
Consumi intermedi |
117.136(*) |
117.056 |
-0,1 |
Quota % sul Pil |
8,3 |
8,0 |
|
(*) Importo che comprende, oltre all’importo di 77,317 milioni di euro indicati nella tabella precedente, anche la spesa di 39.819 milioni di euro per le prestazioni sociali in natura.
Si tratta di una previsione condizionata al verificarsi di alcune ipotesi dettagliatamente indicate nella Relazione trimestrale che, per quanto concerne la categoria in questione, sconta, oltre che un minore impatto per il programma Eurofighter di circa 800 milioni (0,7 della spesa 2005), il pieno realizzarsi dei risparmi attesi dalla manovra finanziaria 2006.
Su tali risparmi il Servizio Bilancio ha espresso alcune perplessità[322] , fondate sia sulla rilevante consistenza dei medesimi (1.445 milioni di euro), sia sul fatto che gli stessi dovrebbero realizzarsi sulle dotazioni di spesa di una categoria, quale quella in esame, già oggetto di ripetuti interventi di contenimento che, come prima si è segnalato, hanno già avuto effetto per l’anno 2005.
Le stime per il 2006 sembrano presupporre un elemento di discontinuità |
In ogni caso, va rilevato che si tratta di una stima che sembra presupporre un forte elemento di discontinuità nella evoluzione della categoria in esame, sia rispetto all’andamento medio dell’ultimo quadriennio, in cui la stessa, con riferimento all’aggregato considerato dalla Relazione trimestrale, ha registrato un incremento medio annuo del 5,1 per cento, sia rispetto al pur positivo risultato del 2005 (incremento del 4%, rispetto al 6,6% dell’anno precedente).
· La spesa per il pubblico impiego
L'analisi delle risorse finanziarie destinate alla spesa per il pubblico impiego viene condotta sulla base dei dati disponibili con riguardo ai seguenti indicatori:
- costo del lavoro pubblico[323];
- occupati nel pubblico impiego[324].
Quest’ultimo indicatore viene utilizzato in considerazione del fatto che la dinamica del numero di dipendenti pubblici costituisce una variabile strettamente correlata con la dinamica della spesa per il personale; da più di un decennio, del resto, il controllo del numero dei dipendenti viene utilizzato per conseguire effetti di risparmio nelle manovre finanziarie annuali.
I dati relativi alla spesa complessiva per redditi da lavoro dipendente[325] sostenuta dalle pubbliche amministrazioni, anche in relazione al Pil, sono esposti nella tabella e nel grafico seguenti.
Spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche (anni 2001-2005)
(mln. di euro)
Anno |
Redditi da lavoro |
Variazione rispetto all'anno precedente. |
Variazione del Pil rispetto all’anno precedente[326] |
Incidenza sul Pil |
2001 |
131.647 |
|
|
10,5% |
2002 |
137.621 |
4,5% |
3,7% |
10,6% |
2003 |
144.749 |
5,2% |
3,1% |
10,8% |
2004 |
149.609 |
3,4% |
4,0% |
10,8% |
2005 |
155.533 |
4,0% |
2,0% |
11,0% |
Variazione 2001/06 |
23.886 |
18,1% |
13,5% |
|
Incidenza crescente delle retribuzioni rispetto al Pil |
Come si può constatare il monte delle retribuzioni pubbliche ha mostrato, nel corso dell’ultimo quinquennio, una dinamica di crescita più vivace rispetto a quella del Pil. Di conseguenza l’incidenza dei redditi da lavoro rispetto al Pil si accresce, passando dal 10,5 per cento del 2001 all’11 per cento registrato 2005: il dato mostra un andamento differente rispetto a quanto avvenuto nel corso del quinquennio 1996-2000[327] durante il quale – anche a causa del diverso tasso di crescita del Pil, che è risultato più sostenuto rispetto a quello dell’ultimo quinquennio - l’incidenza delle retribuzioni pubbliche rispetto al Pil si era ridotta, passando dall’11,3 per cento al 10,4 per cento.
Confronto tra crescita delle retribuzioni pubbliche e del Pil (2002-2005)
In particolare, tra il 2001 e il 2005, le retribuzioni sono cresciute complessivamente del 18,1 per cento a fronte di una crescita del Pil pari al 13,5 per cento.
Tale dinamica si è realizzata nonostante gli interventi di contenimento disposte dalle leggi finanziarie annuali - ai quali si fa riferimento nella prima parte del presente dossier, relativa all’analisi degli effetti finanziari dei provvedimenti – per i quali è possibile quindi ipotizzare un’efficacia più limitata di quella attesa, come sottolineato anche dalla Corte dei conti.
In particolare, la Corte ha posto in luce la problematicità di governare la spesa per retribuzioni non tanto per quanto concerne gli effetti diretti degli accordi contrattuali quanto per un insieme composito di fattori extra-contrattuali - quali la contrattazione integrativa e le progressioni di carriera - combinato con la difficoltà di conseguire il più volte ribadito obiettivo ridurre il numero dei pubblici dipendenti[328]. Ciò determina, ad avviso della Corte, “il sistematico scostamento negativo tra gli obiettivi posti alla crescita dei redditi da lavoro dipendente e i risultati conseguiti” [329].
Dinamica più contenuta rispetto ad altre voci della spesa corrente primaria |
Per quanto concerne l’incidenza rispetto all’ammontare complessivo della spesa corrente, al netto degli interessi, si rileva che la quota relativa alle retribuzioni si riduce nel corso del quinquennio, passando dal 28 al 27,5 per cento. Nell’ambito dunque delle componenti della spesa corrente primaria, la spesa per retribuzioni ha mostrato una dinamica di crescita più contenuta rispetto ad altre voci quali, ad esempio, i consumi intermedi o le prestazioni sociali in denaro.
Su tale dinamica hanno inciso anche i tempi di rinnovo dei contratti, che negli ultimi anni hanno evidenziato, analogamente a quanto avvenuto nei periodi precedenti, ripetuti slittamenti rispetto alle naturali scadenze.
L'occupazione nel settore pubblico
La tabella che segue è stata costruita sulla base dei dati tratti dai Conti annuali del pubblico impiego, redatti a cura della Ragioneria generale dello Stato, e mostra il numero dei dipendenti pubblici suddivisi nei vari comparti.
Personale in servizio nella Pubblica Amministrazione (anni 2001-2004)
Personale a tempo indeterminato
|
||||
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
|
Ministeri, Agenzie fiscali, Presidenza |
265.554 |
261.908 |
257.044 |
252.926 |
Aziende autonome (*) |
37.748 |
34.368 |
33.195 |
33.603 |
Scuola (**) |
1.142.302 |
1.139.230 |
1.126.615 |
1.130.304 |
Polizia |
320.972 |
321.674 |
321.238 |
324.734 |
Forze armate |
125.160 |
125.564 |
130.229 |
132.792 |
Magistratura |
9.961 |
10.514 |
10.434 |
10.765 |
Diplomatici e prefetti |
2.589 |
2.574 |
2.571 |
2.532 |
Settore statale |
1.904.286 |
1.859.832 |
1.881.326 |
1.887.656 |
Enti pubblici non economici |
64.756 |
64.181 |
63.097 |
62.247 |
Università |
112.824 |
113.395 |
111.037 |
110.574 |
Enti locali (***) |
594.268 |
598.019 |
590.890 |
587.553 |
Servizio sanitario nazionale |
688.378 |
692.684 |
687.171 |
687.210 |
Ricerca |
17.528 |
17.087 |
17.173 |
16.928 |
Settore pubblico |
1.477.754 |
1.485.366 |
1.469.368 |
1.464.512 |
TOTALE |
3.382.040 |
3.381.198 |
3.350.694 |
3.352.168 |
Restante personale (contrattista, a tempo determinato, ecc.)
|
||||
Comparti |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Ministeri |
6.091 |
6.331 |
6.567 |
4.604 |
Az autonome |
1.212 |
1.220 |
1.220 |
1.605 |
Scuola |
0 |
0 |
0 |
661 |
Agenzie fiscali, Presidenza |
0 |
0 |
0 |
1.748 |
Settore statale |
7.303 |
7.551 |
7.787 |
8.618 |
Enti pubb. Non ec. |
1.159 |
1.395 |
784 |
2.314 |
Università |
12.719 |
16.341 |
20.577 |
25.866 |
Enti locali |
37.054 |
37.451 |
39.040 |
41.625 |
SSN |
23.764 |
21.002 |
24.335 |
27.816 |
Ricerca |
2.965 |
3.208 |
3.506 |
3.496 |
Settore pubblico |
77.661 |
79.397 |
88.242 |
101.117 |
TOTALE |
84.964 |
86.948 |
96.029 |
109.735 |
|
|
|
|
|
TOTALE GENERALE |
3.467.004 |
3.468.146 |
3.446.723 |
3.461.903 |
(*) Tra il 2001 ed il 2003 circa 3.500 unità di personale hanno lasciato il pubblico impiego in conseguenza della nascita dell’Ente italiano tabacchi. Si tratta pertanto di una riduzione dovuta non ad una effettiva diminuzione di personale, ma ad un diverso inquadramento giuridico del medesimo.
(**) I dati includono il numero di insegnanti non di ruolo, in considerazione del fatto che le necessità di personale della scuola, anche se soddisfatte con personale a tempo determinato, hanno natura permanente.
(***) Include il dato dei segretari comunali e provinciali in servizio, ad esclusione delle unità non svolgono la loro attività presso altri comparti.
Flessione del numero degli impiegati a tempo indeterminato |
I dati esposti evidenziano una flessione del numero complessivo degli impiegati pubblici con impiego a tempo indeterminato nel corso degli anni 2001 – 2004, pari a circa un punto percentuale.
Il dato riferito al numero complessivo degli impiegati, che include anche il personale con contratto a tempo determinato, risulta, invece, sostanzialmente invariato.
Analizzando i dati relativi al personale a tempo indeterminato dei comparti di maggiore rilevanza numerica, si osserva che:
· tutti i comparti, ad eccezione di quelli relativi alla sicurezza, nonché il personale di magistratura, hanno registrato una diminuzione del numero delle unità di personale in servizio;
· il comparto che ha visto una maggiore contrazione del personale[330] a tempo indeterminato è quello dei Ministeri. La riduzione è stata pari a circa il 4,5 per cento nel corso del quadriennio 2001-2004. Il dato tiene conto del fatto che parte del personale dell’Agenzia del demanio esce dal pubblico impiego nel 2004, in seguito alla trasformazione dell’Agenzia in ente pubblico economico[331];
· i due comparti che hanno visto crescere il numero dei loro impiegati a tempo indeterminato sono quelli che si occupano di sicurezza[332]. In particolare le Forze armate sono cresciute di circa il 6 per cento mentre le i Corpi di polizia dell’1 per cento.
Per quanto concerne la forte crescita del numero dei contratti a tempo determinato, va precisato che il dato complessivo risente notevolmente dell’incremento registrato nel comparto delle università, dove la riforma dei corsi di laurea ha determinato un crescente utilizzo della figura del docente a contratto.
Il grafico che segue mostra l’andamento complessivo dell’occupazione nelle pubbliche amministrazioni posto a confronto con il dato relativo ai soli impiegati a tempo indeterminato.
Andamento dell’occupazione nelle Pubbliche Amministrazioni
(dati in migliaia di unità)
Le previsioni per il 2006
Non sono disponibili dati di dettaglio sulle dinamiche attese del costo del lavoro pubblico e sul numero degli occupati delle pubbliche amministrazioni.
Crescita attesa delle retribuzioni per il 2006 |
Per quanto concerne le retribuzioni, la Relazione trimestrale di cassa[333] afferma che la crescita attesa per l’anno in corso è del 3,8 per cento, quale riflesso della conclusione della tornata contrattuale 2002-2005 per tutto il pubblico impiego. Si afferma anche che il dato è superiore a quello considerato nel programma di stabilità per circa 0,07 punti di Pil a causa delle crescita occupazionale di alcuni comparti[334]. In assenza di tale effetto la crescita attesa sarebbe stata pari al 3,2 per cento[335].
Ciò premesso si rileva quanto segue:
· il dato assoluto di crescita si attesterebbe, anche per il 2006, al di sopra del dato di crescita stimato del Pil nominale valutato pari al 3,3 per cento;
· la dinamica di crescita più vivace è giustificata – secondo la Relazione - dalla corresponsione di arretrati e dall’incremento dell’occupazione in alcuni comparti del pubblico impiego;
· il dato di crescita, peraltro, non include le somme che saranno erogate in sede di rinnovo contrattuale relativo al biennio economico 2006-2007[336]. Tale ipotesi appare congruente con quanto verificatosi nell’ultimo decennio, nel corso del quale la firma dei contratti è spesso avvenuta con notevole ritardo rispetto alla scadenza del contratto vigente in precedenza;
· non è, peraltro, chiarito se la crescita stimata delle retribuzioni includa, anche solo in parte, gli effetti delle previsioni contenute nel DPEF 2006-2009. Il Documento ha infatti prefigurato, per l’anno 2006, una riduzione dell’0,5 per cento del numero complessivo dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Evoluzione della spesa in conto capitale della P.A.
· Andamento complessivo della spesa in conto capitale
L’andamento della spesa in conto capitale costituisce uno dei principali indicatori dell’attività di investimento e di sostegno allo sviluppo economico svolta dalle pubbliche amministrazioni.
Nella seguente tabella sono esposti i dati, tratti dal conto consolidato della pubblica amministrazione, riguardanti l’evoluzione della spesa in conto capitale[337] nel periodo 2001-2005 e le previsioni formulate per l’esercizio 2006. Con riferimento alla voce relativa agli investimenti fissi lordi, oltre ai dati tratti dal citato conto consolidato – calcolati, in conformità con i criteri europei, al netto degli incassi per dismissioni immobiliari - sono indicati gli investimenti fissi lordi reintegrati dell’importo dei suddetti incassi.
Analogamente, l’ammontare complessivo della spesa in conto capitale è indicato sia al netto che al lordo degli incassi derivanti da dismissioni immobiliari.
La tabella riporta, con riferimento agli esercizi 2001-2005, i dati contenuti nel conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche pubblicato dall’Istat[338], mentre con riferimento all’esercizio di previsione, sono riportati i dati della Relazione trimestrale di cassa dell’aprile 2006.
Differenze tra dati Istat e dati della Relazione di cassa |
Si sottolinea che, per quanto attiene ai dati di consuntivo riferiti agli anni 2003-2005, i dati riportati dalla citata Relazione di cassa differiscono da quelli forniti dall’Istat[339] nel comunicato del 1° marzo 2006: infatti, a parità di totale uscite in conto capitale, si riscontra una diversa ripartizione tra investimenti fissi lordi e altre uscite in conto capitale. Sulla base di informazioni acquisite presso l’Istat, tale differenza risulta ascrivibile ad una diversa aggregazione operata dalla Relazione trimestrale di cassa con riferimento alla voce contabile “acquisizioni nette di attività non finanziarie” il cui ammontare risulta pari a -725 mln [340] di euro per l’anno 2003, a 332 mln di euro per il 2004 e a 295 mln per il 2005: mentre l’Istat include tale voce di spesa nell’ambito delle ”altre uscite in conto capitale”, la Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa include tale voce tra gli investimenti fissi lordi. I medesimi criteri sono adottati anche per l’elaborazione del dato di previsione per il 2006, che risente quindi di questa diversa impostazione rispetto alla serie storica dei dati di consuntivo.
Spesa in conto capitale delle amministrazioni pubbliche
(valori espressi in mln di euro e, in corsivo, valori in percentuale rispetto al Pil)
|
|
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006[341] |
Investimenti fissi lordi al netto delle dismissioni |
29.630 |
22.468 |
32.778 |
33.276 |
33.499 |
35.204 |
||
2,37% |
1,73% |
2,45% |
2,40% |
2,36% |
2,40% |
|||
Dismissioni immobiliari |
1.988 |
10.999 |
2.773 |
4.406 |
2.964 |
1.000 |
||
0,16% |
0,85% |
0,21% |
0,32% |
0,21% |
0,07% |
|||
Investimenti fissi lordi al lordo delle dismissioni |
31.618 |
33.467 |
35.551 |
37.682 |
36.463 |
36.204 |
||
2,53% |
2,58% |
2,66% |
2,71% |
2,57% |
2,47% |
|||
Contributi agli investimenti |
16.891 |
18.440 |
19.463 |
17.728 |
18.909 |
18.479 |
||
1,35% |
1,42% |
1,46% |
1,28% |
1,33% |
1,26% |
|||
Altre uscite in c/capitale (*) |
5.556 |
6.024 |
4.819 |
3.492 |
4.642 |
1.709 |
||
0,44% |
0,47% |
0,36% |
0,25% |
0,33% |
0,12% |
|||
Totale uscite in conto capitale al lordo delle dismissioni |
54.065 |
57.931 |
59.833 |
58.902 |
60.014 |
56.392 |
||
4,33% |
4,47% |
4,48% |
4,24% |
4,23% |
3,85% |
|||
Totale uscite conto capitale al netto delle dismissioni |
52.077 |
46.932 |
57.060 |
54.496 |
57.050 |
55.392 |
||
4,17% |
3,62% |
4,27% |
3,92% |
4,03% |
3,78% |
(*) Tale voce include, dal 2001 al 2005, gli apporti dello Stato al capitale del Gruppo Ferrovie dello Stato[342].
I dati sopra riportati, espressi in termini di incidenza sul Pil, sono di seguito rappresentati graficamente:
Incidenza sul Pil della spesa in conto capitale
Andamento della spesa in conto capitale al netto delle dismissioni immobiliari |
Nel grafico sopra riportato, la linea tratteggiata rappresenta la spesa in conto capitale, tratta dal conto economico consolidato della P.A., calcolata al netto degli incassi per dismissioni immobiliari.
L’andamento, fortemente variabile nel periodo considerato, degli incassi derivanti dalle dismissioni immobiliari influenza in misura determinante l’andamento dell’intero aggregato della spesa in conto capitale registrata nel conto consolidato, determinandone la marcata variabilità e concorrendo a spiegare in particolare le flessioni, anche in termini assoluti, che la spesa in questione registra per gli esercizi 2002 e 2004.
Dai dati sopra riportati si evidenzia infatti che la spesa in conto capitale al netto delle dismissioni immobiliari registra nell’anno 2002 una significativa flessione rispetto ai dati dell’anno precedente (-9,9%), dovuta in particolare all’andamento degli investimenti fissi lordi (-24,2%) i quali scontano la contabilizzazione, con segno negativo, di dismissioni immobiliari di entità estremamente significativa (circa 11 mld di euro).
Anche nell’anno 2004, concorre alla sensibile riduzione delle uscite in conto capitale rispetto all’anno precedente (-4,5%) – oltre che la diminuzione dei contributi agli investimenti e delle altre uscite in conto capitale di cui si dirà in seguito - la contabilizzazione, di un rilevante importo (4.4 mld di euro) di incassi per dismissioni immobiliari.
Nel seguito dell’analisi l’andamento della spesa in conto capitale è esaminato considerando i dati al lordo degli introiti legati alle suddette operazioni di cessione di immobili, oggetto di una specifica analisi, di seguito riportata.
Andamento della spesa in conto capitale al lordo delle dismissioni immobiliari |
I dati dell’incidenza sul Pil della spesa in conto capitale al lordo delle dismissioni immobiliari, rappresentati nel grafico dalla linea continua, mostrano un andamento più regolare rispetto alle spese in conto capitale precedentemente analizzate ed evidenziano, anche per l’anno 2002, un valore in linea con gli altri dati del quinquennio.
I valori dell’incidenza della spesa in conto capitale rispetto al Pil, registrata negli ultimi cinque anni, oscillano intorno ad una media del 4,35% del Pil, mostrando una moderata ripresa rispetto ai valori registrati nel precedente quinquennio.
Si ricorda in proposito che l'incidenza della spesa in conto capitale delle pubbliche amministrazioni rispetto al Pil, che risultava pari al 5,5% nel 1990, ha fatto registrare un forte calo nel corso degli anni 90 per il ridimensionamento dovuto alle politiche di contenimento della spesa pubblica. In particolare, nel precedente quinquennio 1996-2000 la media della spesa in conto capitale si attestava intorno al 3,7% del Pil, seppure con un andamento costantemente crescente. Per una breve analisi del contributo fornito dalla riduzione della spesa in conto capitale al miglioramento dei saldi di finanza pubblica nel corso degli anni 90 si rinvia al paragrafo relativo all’andamento dei saldi.
La tendenza della spesa in esame mostra un andamento moderatamente crescente nel triennio 2001-2003, e una flessione nel biennio successivo che prosegue anche nelle previsioni formulate per il 2006.
Variazioni percentuali annue |
Tale andamento risulta ancora più evidente esaminando le variazioni percentuali annuali della spesa in conto capitale e delle sue componenti nel periodo considerato.
Variazioni annue della spesa in conto capitale al lordo delle dismissioni immobiliari
|
|
|
01/00 |
02/01 |
03/02 |
04/03 |
05/04 |
06/05 |
Investimenti fissi lordi |
10,0% |
5,8% |
6,2% |
6,0% |
-3,2% |
-0,7% |
||
Contributi agli investimenti |
16,1% |
9,2% |
5,5% |
-8,9% |
6,7% |
-2,3% |
||
Altre uscite in c/capitale |
135,3% |
8,4% |
-20,0% |
-27,5% |
32,9% |
-63,2% |
||
Totale uscite in conto capitale |
18,4% |
7,2% |
3,3% |
-1,6% |
1,9% |
-6,0% |
||
Tasso di variazione del Pil |
4,8% |
3,7% |
3,1% |
4,0% |
2,0% |
3,3% |
I dati sopra riportati sono di seguito rappresentati graficamente con riferimento all’aggregato complessivo della spesa in conto capitale (al lordo delle dismissioni immobiliari) e alle sue due componenti principali, gli investimenti fissi lordi e i contributi agli investimenti:
Variazioni annue della spesa in conto capitale (al lordo delle dismissioni immobiliari) e delle sue principali componenti
Come si evince dal grafico, dopo una prima fase (2001-2003) in cui i tassi annuali di variazione della spesa in conto capitale assumono valori positivi, superiori ai tassi di variazione del Pil, si registrano successivamente tassi di variazione della spesa negativi o comunque inferiori a quelli del Pil. Ciò a conferma del fatto che la tendenza alla ripresa della spesa in conto capitale, in corso già dal periodo 1997-2000 e proseguita nel primo triennio del periodo in esame, si è in seguito esaurita; a decorrere dal 2004, infatti, il contenimento della spesa in conto capitale contribuisce agli interventi volti a ridurre la dinamica complessiva della spesa pubblica.
In particolare, la dinamica crescente della spesa in conto capitale nel quinquennio 1997-2000 si realizza in un contesto caratterizzato da una spesa corrente primaria decrescente[343]; nel quinquennio successivo, in presenza di un andamento crescente della spesa corrente primaria, la spesa in conto capitale continua a registrare una crescita nei primi tre anni, per poi divenire, dal 2004, anch’essa oggetto di misure di contenimento.
Andamento delle singole componenti della spesa in conto capitale |
Circa il concorso delle singole componenti alla dinamica complessiva dell’aggregato, come si evince dal grafico sopra riportato, contribuiscono in misura maggiore alla citata inversione di tendenza della spesa in conto capitale, per quanto riguarda l’esercizio 2004, la riduzione della spesa per contributi agli investimenti registrata in tale esercizio, e, con riferimento al 2005, la riduzione della spesa per investimenti al lordo delle dismissioni immobiliari.
Tali due voci di spesa costituiscono la parte preponderante del complesso della spesa in conto capitale al lordo delle dismissioni immobiliari che risulta composta, in media nel periodo considerato, per il 61% dagli investimenti fissi lordi, per il 30% dai contributi agli investimenti e per il rimanente 9% dalle altre uscite in conto capitale.
Nei successivi paragrafi si darà conto specificamente dell’andamento delle due principali componenti della spesa in conto capitale nel periodo 2001-2005.
Breve cenno sull’andamento delle “altre spese in conto capitale” |
In questa sede si ritiene invece opportuno dedicare un breve cenno all’andamento della voce residuale della spesa in conto capitale denominata
“altre spese in conto capitale”, la cui dinamica, fortemente variabile nel periodo considerato, concorre a spiegare le oscillazioni della spesa in conto capitale nel suo complesso. La variabilità della voce in esame risulta influenzata in particolare dall’andamento delle sottovoci “altri trasferimenti in conto capitale” e “acquisizioni nette di attività non finanziarie”. Con riferimento alla prima voce si ricorda che, a seguito delle citate revisioni operate dall’Istat in conformità con gli orientamenti espressi da Eurostat, essa ricomprende gli apporti di capitale al Gruppo Ferrovie dello Stato erogati negli esercizi 2001-2005, in quanto tali apporti sono considerati trasferimenti a copertura di perdite. Tale inclusione spiega l’incremento registrato nella variabile “altre spese in conto capitale” nel 2001, quando la stessa mostra una crescita del 135%. L’entità mutevole degli apporti in questione determina l’evoluzione della variabile in esame anche negli esercizi successivi, concorrendo a spiegare in particolare la flessione che essa registra negli esercizi 2003 e 2004 e la moderata ripresa registrata nel 2005.
Di seguito si riporta per memoria l’ammontare degli apporti di capitale alle FS erogati nel periodo 2001-2005, ricordando che tali importi non coincidono esattamente con quelli contabilizzati nella voce “altre spesa in conto capitale” in quanto la componente relativa all’onere per interessi è scorportata dall’Istat per essere inclusa nella voce “interessi passivi”.
(mln. di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
Apporti di capitale FS |
3.615 |
4.078 |
3.934 |
2.665 |
3.005 |
Concorre inoltre a spiegare la riduzione delle “altre spese in conto capitale” l’ammontare della voce “acquisizioni nette di attività non finanziarie” che registra un valore negativo nell’esercizio 2003 pari a -725 mln di euro, ascrivibile alla prevalenza delle dismissioni rispetto alle acquisizioni, contro un ammontare positivo di circa 300 mln di euro registrato negli esercizi successivi.
· Le previsioni per il 2006 relative alla spesa in conto capitale
La seguente tabella espone i dati previsionali della spesa in conto capitale relativa all’anno 2006 tratti dal conto economico consolidato della pubblica amministrazione pubblicato dalla Relazione trimestrale di cassa.
Spese in conto capitale delle Amministrazioni Pubbliche
Previsione per l’anno 2006 (*)
|
|
|
2006 |
Variaz in val. ass. |
Variaz. Perc. |
Investimenti fissi lordi al netto delle dismissioni |
35.204 |
1.705 |
5,09% |
||
2,40% |
0,04% |
|
|||
Dismissioni immobiliari |
1.000 |
-1.964 |
-66,26% |
||
0,07% |
-0,14% |
|
|||
Investimenti fissi lordi al lordo delle dismissioni |
36.204 |
-259 |
-0,71% |
||
2,47% |
-0,10% |
|
|||
Contributi agli investimenti |
18.479 |
-430 |
-2,27% |
||
1,26% |
-0,07% |
|
|||
Altre uscite in c/capitale |
1.709 |
-2.933 |
-63,18% |
||
0,12% |
-0,21% |
|
|||
Totale uscite in conto capitale al lordo delle dismissioni |
56.392 |
-3.622 |
-6,04% |
||
3,85% |
-0,38% |
|
|||
Totale uscite conto capitale al netto delle dismissioni |
55.392 |
-1.658 |
-2,91% |
||
3,78% |
-0,24% |
|
(*) In corsivo è indicata l’incidenza di ciascuna voce rispetto al Pil
Complessivamente la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione al lordo delle dismissioni è attesa subire, per l’anno 2006, una riduzione del 6% rispetto ai dati dell’anno precedente, corrispondente ad una flessione in termini di incidenza sul Pil di 0,4 punti percentuali.
Considerando invece il dato al netto delle dismissioni, la riduzione prevista risulta contenuta a circa la metà dei valori sopra indicati, mostrando infatti un tasso di variazione di circa –3% e una riduzione dell’incidenza sul Pil di 0,2 punti percentuali.
Con riferimento alle singole componenti della spesa in conto capitale, gli investimenti fissi lordi, reintegrati dell’importo delle dismissioni immobiliari, sono attesi ridursi, rispetto al 2005, dello 0,7%[344]; a ciò si unisce una diminuzione del 2,3% dei contributi agli investimenti ed una netta riduzione, pari al 63,2%, delle altre uscite in conto capitale.
In termini assoluti si nota che la riduzione di circa 3,6 mld attesa per il 2006 nella spesa in conto capitale al lordo delle dismissioni immobiliari, è spiegata per oltre l’80% (2,9 mld), dalla riduzione della voce di spesa “altre uscite in conto capitale”.
Si rammenta che in tale voce risultano contabilizzati, per il 2005, gli apporti in conto capitale alle FS per un importo cifrabile in circa 3 mld[345]. Le erogazioni in favore delle FS previste dalla legge finanziaria per il 2006 risultano notevolmente più esigue[346] dell’importo registrato nel 2005. Non è noto inoltre in quale voce contabile siano iscritti i relativi importi: infatti la legge finanziaria prevede che i contributi siano, almeno in parte, erogati a titolo di “contributo in conto impianti”; pertanto, almeno limitatamente a tale quota, le somme in questione potrebbero essere state classificate per il 2006 fra i contributi alle imprese anziché nella voce residuale delle “altre spese in conto capitale” (come avvenuto per il periodo 2001-2005). In ogni caso, la riduzione dell’ammontare dei conferimenti alle FS previsti per il 2006 e l’eventuale variazione della voce di spesa nell’ambito della quale tali contributi sono contabilizzati sembrano suscettibili di spiegare in larga misura la cospicua flessione dell’importo delle “altre uscite in conto capitale” previsto per il 2006.
Concorrono inoltre alla prevista riduzione della spesa in conto capitale:
- la riduzione degli investimenti fissi lordi, ascrivibile in larga misura agli effetti della manovra finanziaria per il 2006, che ha previsto l’ulteriore restrizione dei limiti posti ai pagamenti in conto capitale delle amministrazioni pubbliche[347] nonché il contenimento degli stanziamenti in favore dell’Anas[348];
- la riduzione dei contributi agli investimenti[349] da porsi presumibilmente in relazione, anch’essa con i limiti alle erogazioni del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica[350] nonché con la riduzione degli stanziamenti per incentivi in conto capitale alle imprese[351], previsti dalla legge finanziaria per il 2006 e con l’attuazione di altri provvedimenti adottati nel corso degli esercizi 2004-2005[352].
· Gli investimenti delle pubbliche amministrazioni
Investimenti complessivi ed investimenti della P.A.
L’andamento degli investimenti pubblici costituisce il principale indicatore dell’attività diretta di investimento posta in essere dalla pubblica amministrazione.
Nel corso degli ultimi cinque anni, si è verificata una costante crescita delle spese per investimento nei vari settori dell’economia, sostenuta in parte anche dall’attività posta in essere dalle pubbliche amministrazioni, come risulta dai dati riportati nella seguente tabella:
Anno |
Totale Investimenti lordi (*) |
Investimenti fissi lordi P.A. (**) |
Investimenti P.A. su totale investimenti |
||||
Val. Ass. |
Variaz. % |
Incidenza sul Pil |
Val. Ass. |
Variaz. % |
Incidenza sul Pil |
Composiz. Percentuale |
|
2001 |
256.973 |
4,3% |
20,58% |
31.618 |
10,0% |
2,53% |
12,30% |
2002 |
273.677 |
6,5% |
21,13% |
33.467 |
5,8% |
2,58% |
12,23% |
2003 |
275.985 |
0,8% |
20,67% |
35.551 |
6,2% |
2,66% |
12,88% |
2004 |
289.391 |
4,9% |
20,84% |
37.682 |
6,0% |
2,71% |
13,02% |
2005 |
296.324 |
2,4% |
20,91% |
36.463 |
-3,2% |
2,57% |
12,31% |
(*) Investimenti fissi lordi + variazione delle scorte
(**) Importi al lordo degli incassi per dismissioni immobiliari.
Andamento complessivamente analogo degli investimenti totali e di quelli della P.A. … |
I dati esposti mostrano infatti un costante incremento delle due grandezze nel periodo compreso tra il 2001 ed il 2004, mentre nell’anno 2005 si assiste ad una diminuzione degli investimenti delle pubbliche amministrazioni rispetto all’anno precedente (-3,2%). In linea di massima, tuttavia, le due grandezze nel periodo considerato hanno seguito un trend di crescita analogo, sia con riferimento alla crescita media annuale (3,7% per gli investimenti delle pubbliche amministrazioni e 3,6% per il totale degli investimenti fissi lordi) sia con riferimento alla crescita complessiva del periodo 2001-2005 (in entrambi i casi pari a circa il 15,3%).
Se rapportata alla crescita del Pil, la dinamica degli investimenti lordi totali mostra un lieve incremento (dal 20,6% del 2001 al 20,9% del 2005, con una media del 20,8%); anche la dinamica degli investimenti delle pubbliche amministrazioni evidenzia un analogo modesto incremento (dal 2,5% del 2001 al 2,6% del 2005, con una media del 2,6%).
L’evoluzione sostanzialmente analoga delle due variabili fa sì che risultino di entità moderata anche le variazioni dell’incidenza della spesa pubblica per investimenti rispetto al volume complessivo degli investimenti lordi: tale quota subisce infatti un incremento negli anni 2003 e 2004, per riportarsi, nel 2005, su valori prossimi a quelli registrati nel 2001.
Nel quinquennio precedente, l’incidenza percentuale della spesa per investimenti della P.A. rispetto al totale degli investimenti aveva invece manifestato un andamento costantemente crescente.
…e funzione moderatamente anticiclica degli investimenti della P.A. |
Pur nell’ambito dell’andamento sostanzialmente conforme dei due aggregati sopra descritto, appare opportuno sottolineare che, a fronte delle oscillazioni registrate annualmente nella spesa per investimenti privati[353], la spesa per investimenti fissi lordi della P.A.[354], come si evince dal grafico seguente, mostra un andamento più stabile, caratterizzato da una crescita costante, tranne che per il 2005, tale quindi da compensare parzialmente l’andamento più irregolare della spesa complessiva per investimenti.
Incidenza sul Pil degli investimenti lordi privati
e degli investimenti fissi lordi della P.A.
Composizione e dinamica della spesa per investimenti della P.A.
Indisponibilità di dati aggiornati sulla composizione della spesa per enti erogatori |
Non si effettua in questa sede un’analisi dettagliata della composizione degli investimenti della P.A. per diversi centri di spesa, a causa della mancanza di dati aggiornati. A seguito delle significative revisioni operate dall’Istat sulle serie storiche dei dati non risultano infatti utilizzabili le informazioni contenute nelle Relazioni sulla situazione economica del paese relative al periodo 2001-2004, mentre non risulta ancora pubblicata la Relazione relativa al 2005, che conterrà presumibilmente le serie storiche aggiornate.
Anche in mancanza di dati puntuali, possono peraltro essere fornite indicazioni basate sui dati disponibili[355] sulla ripartizione della spesa per investimenti fra amministrazioni centrali e amministrazioni locali e sui principali fattori normativi alla base delle tendenze in atto nell’evoluzione della voce di spesa in esame.
Sotto il primo profilo si segnala che, in media nel periodo 2001-2004, la spesa per investimenti fissi lordi, al lordo degli incassi per dismissioni immobiliari, è attribuibile per circa un quarto al complesso delle amministrazioni centrali (il 18 per cento allo Stato e il 6 per cento all’Anas[356]), mentre per la restante quota essa risulta attribuibile al complesso delle amministrazioni locali. Tali percentuali di composizione rimangono sostanzialmente stabili nel quadriennio considerato.
Si segnala che, laddove si consideri la spesa per investimenti fissi lordi della P.A. al netto degli incassi per le dismissioni immobiliari, si ottengono risultati notevolmente diversi da quelli sopra presentati. In media, la quota attribuibile alle amministrazioni locali ammonta in questo caso a circa l’84% del totale, contro una quota attribuibile alle amministrazioni centrali pari a circa il 27%. La quota attribuibile agli enti previdenziali assume infatti segno negativo (-11%) per il prevalere degli incassi da dismissione rispetto alla spesa per investimento. La dinamica di tale composizione percentuale, nel periodo 2001-2004, mostra una andamento erratico, influenzato dalla forte variabilità degli incassi da dismissione.
Dinamica della spesa per investimenti |
Con riferimento alla dinamica della spesa per investimenti al lordo degli incassi da dismissioni immobiliari, si segnala che la crescita registrata nel triennio 2001-2003 risulta sostenuta sia dalla dinamica della spesa delle amministrazioni locali, sia da quella delle amministrazioni centrali. Per il 2004 si registra invece una lieve flessione della spesa sostenuta da queste ultime, più che compensata dalla forte dinamica della spesa delle amministrazioni locali, che continua a manifestare un andamento crescente. Si ricorda infatti che, nel periodo 2001-2004, la spesa di conto capitale degli enti territoriali non è stata assoggettata ai vincoli del patto di stabilità interno.
Con riferimento all’esercizio 2005 - per il quale non si dispone dei dati disaggregati, sia pure di carattere provvisorio, disponibili con riferimento agli esercizi precedenti – è presumibile che la marcata flessione registrata nella spesa per investimenti sia attribuibile sia alle amministrazioni centrali, soggette ai vincoli di crescita della spesa del 2%, disposti dalla legge finanziaria per il 2005, sia alle amministrazioni locali assoggettate, per la prima volta, a stringenti vincoli sulla spesa di parte capitale nell’ambito della normativa sul patto di stabilità interno.
Le dismissioni immobiliari
Nella passata legislatura le misure di dismissione di immobili appartenenti alla pubblica amministrazione hanno registrato un notevole impulso, anche grazie all’utilizzo di tecniche innovative, finalizzate a conseguire in via anticipata gli incassi relativi a volumi di attività patrimoniali molto rilevanti, la cui cessione in via ordinaria avrebbe richiesto tempi lunghi e prodotto effetti di maggior gettito diluiti su più esercizi. Rientrano in tale tipologia di operazione le cartolarizzazioni di immobili, le dismissioni di immobili a trattativa privata a società private interamente possedute dallo Stato, e i conferimenti di patrimoni immobiliari pubblici a fondi di investimento immobiliare. Per l’indicazione dei provvedimenti intervenuti, si rinvia alla prima parte del presente dossier, riguardante gli effetti finanziari dei provvedimenti.
Con riferimento ai risultati derivanti dall’attuazione del piano di dismissioni immobiliari, la Relazione trimestrale di cassa per il 2006[357] fornisce i dati sugli effetti complessivi di riduzione dell’indebitamento netto registrati nel periodo 2002-2005. Informazioni di maggior dettaglio sono riportate dalla seguente tabella[358], nella quale sono altresì indicate le voci che concorrono a determinare i predetti importi, distinte per categorie di enti della P.A. e per tipologia di operazione.
Dismissioni immobiliari |
|||||
(Milioni di euro) |
|||||
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
|
|
|
|
|
|
Enti centrali |
3 |
591 |
446 |
2.248 |
1.171 |
Stato |
0 |
590 |
431 |
2.243 |
1.099 |
di cui cartolarizzati |
|
31 |
|
|
|
di cui Fondo Immobili Pubblici |
|
|
|
2.102 |
417 |
di cui Fondo Patrimonio 1 |
|
|
|
|
233 |
Enti economici nazionali |
1 |
1 |
0 |
0 |
0 |
Enti assistenza nazionali |
2 |
0 |
15 |
5 |
36 |
di cui Fondo Patrimonio 1 |
|
|
|
|
31 |
Enti di ricerca |
0 |
0 |
0 |
0 |
36 |
di cui Fondo Patrimonio 1 |
|
|
|
|
36 |
Anas |
|
0 |
0 |
0 |
0 |
|
|
|
|
|
|
Enti locali |
892 |
819 |
1.136 |
890 |
878 |
Regioni |
91 |
53 |
302 |
141 |
155 |
Province |
42 |
71 |
41 |
60 |
52 |
Comuni |
633 |
633 |
704 |
601 |
588 |
ASL e Aziende Ospedaliere |
77 |
46 |
53 |
62 |
64 |
Enti assistenziali locali |
25 |
6 |
12 |
14 |
9 |
Enti economici locali |
24 |
10 |
24 |
12 |
10 |
|
|
|
|
|
|
Enti previdenziali |
1.093 |
9.589 |
1.191 |
1.268 |
645 |
di cui cartolarizzati |
|
8.897 |
1.005 |
295 |
139 |
di cui Fondo Immobili Pubblici |
|
|
|
885 |
175 |
di cui Fondo Patrimonio 1 |
|
|
|
|
243 |
|
|
|
|
|
|
TOTALE ENTI |
1.988 |
10.999 |
2.773 |
4.406 |
2.694 |
di cui |
|
|
|
|
|
CARTOLARIZZAZIONI |
|
8.928 |
1.192 |
295 |
139 |
SCIP1 |
|
2.291 |
1.005 |
295 |
139 |
SCIP2 |
|
6.637 |
0 |
0 |
0 |
Regione Lazio |
|
|
187 |
0 |
0 |
FONDI IMMOBILIARI |
|
0 |
0 |
2.987 |
1.135 |
Fondo Immobili pubblici |
|
|
|
2.987 |
592 |
Fondo Patrimonio 1 |
|
|
|
|
543 |
VENDITE IN VIA ORDINARIA |
1.988 |
2.071 |
1.581 |
1.124 |
1.420 |
Vendite a Fintecna |
|
505 |
340 |
|
360 |
Altre ordinarie |
1.988 |
1.566 |
1.241 |
1.124 |
1.060 |
Confrontando i risultati conseguiti con le previsioni formulate nelle diverse Relazioni sulla stima del fabbisogno di cassa[359]con riferimento a ciascuno degli esercizi indicati, si riscontra che, tranne che per il 2002, la previsione di incasso risulta costantemente superiore rispetto ai risultati ottenuti, come si rileva dalla seguente tabella:
(mld di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Previsioni |
7,5 |
7,2 |
6,5 |
9,6 |
8,0 |
1,0 |
quota Pil |
0,6% |
0,6% |
0,5% |
0,7% |
0,6% |
|
Risultati |
2,0 |
11,0 |
2,8 |
4,4 |
2,7 |
- |
quota Pil |
0,2% |
0,8% |
0,2% |
0,3% |
0,2% |
- |
Differenza |
-5,5 |
3,8 |
-3,7 |
-5,2 |
-5,3 |
- |
Complessivamente, nel quinquennio 2001-2005, sono stati conseguiti incassi da dismissioni immobiliari per circa 23 mld, contro l’ammontare di circa 39 mld ottenibile sommando le previsioni indicate annualmente nelle relazioni trimestrali di cassa.
In media gli incassi da dismissioni immobiliari hanno inciso annualmente, nel periodo di consuntivo considerato, per un importo pari a 3,4 decimi di punto di Pil.
L’unico esercizio nel quale si registrano incassi superiori alle previsioni è il 2002, il cui risultato è influenzato dagli effetti del giudizio, espresso a consuntivo dall’Eurostat, sulla non conformità dell’operazione Scip1 ai criteri fissati in sede europea. Tale valutazione[360] ha impedito di computare gli effetti di tale operazione nell’esercizio della sua effettuazione, il 2001, e ha determinato il cumularsi nel 2002 degli effetti delle due operazioni di cartolarizzazione Scip1 e Scip2.
Negli altri esercizi, hanno invece concorso a determinare lo scostamento rispetto agli effetti attesi la mancata realizzazione di alcune operazioni di dismissione inizialmente previste, quali la terza operazione di cartolarizzazione di immobili Scip3 e la dismissione di parte della rete stradale, prevista dalla legge finanziaria per il 2005.
Con riferimento alle previsioni per l’esercizio 2006, la Relazione trimestrale di cassa indica incassi per dismissioni di immobili limitati a 1 mld di euro. La drastica riduzione degli incassi previsti, rispetto sia alle analoghe previsioni formulate annualmente nel quinquennio precedente (pari in media a circa 7,8 mld annui) sia ai risultati effettivamente conseguiti in tale periodo (pari in media a circa 4,6 mld annui), risulta conforme agli impegni assunti dall’Italia in sede europea riguardo al carattere strutturale della correzione del deficit eccessivo che l’Italia si è impegnata a conseguire entro il 2007. La conseguente rinuncia all’utilizzo di misure di carattere non strutturale, già espressa in sede di DPEF 2006-2009, ha trovato concreta attuazione nella legge finanziaria per il 2006 che ha previsto[361] che, ad esclusione del modesto ammontare di dismissioni immobiliari già iscritto nel bilancio di previsione[362], gli ulteriori incassi riscossi a tale titolo vadano destinati direttamente alla riduzione dello stock di debito.
L’andamento della spesa per contributi agli investimenti
La spesa per contributi agli investimenti costituisce uno degli aggregati che compongono la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione.
Nella tabella che segue sono riportati i dati del conto economico consolidato della pubblica amministrazione - già presentati in precedenza con riferimento all’andamento del complesso della spesa in conto capitale - riguardanti l’evoluzione della spesa per contributi agli investimenti nel periodo 2001-2005 nonché la previsione per il 2006 secondo le stime della Relazione trimestrale di cassa.
(mln di euro e % sul Pil)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
contributi agli investimenti |
16.891 |
18.440 |
19.463 |
17.728 |
18.909 |
18.479 |
incidenza rispetto al Pil |
1,36% |
1,42% |
1,46% |
1,28% |
1,33% |
1,26% |
Variazioni rispetto all’anno precedente |
|
9,17% |
5,55% |
-8,91% |
6,66% |
-2,27% |
Con riferimento all’incidenza della spesa per contributi agli investimenti rispetto al Pil, i valori registrati negli ultimi cinque anni riflettono una dinamica caratterizzata da un andamento costantemente in crescita nei primi tre anni e da un evidente calo nell’anno 2004, seguito da una leggera ripresa nell’anno appena trascorso.
In particolare, nel corso del 2002 i contributi agli investimenti hanno subito, rispetto al 2001, un incremento superiore al 9 per cento. Secondo la Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa per l’anno 2003, tale incremento va in parte ascritto al maggior onere sostenuto per le agevolazioni concesse negli anni precedenti per gli incrementi di occupazione e lo sviluppo degli investimenti.
Con la legge finanziaria del 2001 (legge n.388/2000) era stato introdotto lo strumento del credito d’imposta allo scopo di agevolare gli investimenti delle aree depresse (credito d’imposta per aumenti occupazionali e credito d’imposta per lo sviluppo degli investimenti). Esso rientrava tra gli strumenti di tipo “automatico”, dove l’accesso alle agevolazioni è esclusivamente subordinato alla verifica formale degli atti e dei documenti, individuati dalla normativa come elementi necessari per la legittima fruizione dei benefici. Si caratterizzava quindi per una maggiore rapidità nelle procedure di erogazione del contributo e per una gestione amministrativa più semplice rispetto agli strumenti “valutativi”, come la legge n. 488 del 1992 con i quali, in ogni caso, non era cumulabile.
L’utilizzo sostenuto delle agevolazioni disposte con la finanziaria per il 2001 ha determinato, nel corso del 2002, l’esigenza di intervenire, con successivi decreti[363], al fine di bloccare la fruizione automatica degli sgravi descritti ed interrompere conseguentemente l’erogazione delle somme eccedenti rispetto alle risorse disponibili, rinviandone la liquidazione agli anni successivi, limitatamente al tetto di spesa stabilito.
Nel 2003 si assiste di fatto ad un nuovo incremento, valutabile intorno al 5,5% rispetto all’anno precedente, della spesa per contributi agli investimenti. La Relazione trimestrale di cassa per l’anno 2004[364] evidenzia come i maggiori trasferimenti alle imprese del 2003 siano conseguenza di un notevole aumento della liquidazione dei crediti d’imposta usufruiti per gli aumenti occupazionali e lo sviluppo degli investimenti, conseguente al rinvio a tale esercizio della regolazione dei crediti d’imposta sospesi nell’anno precedente. Tale effetto ha determinato un andamento crescente nella dinamica della spesa per contributi agli investimenti, nonostante le relative misure di contenimento, disposte con la legge 289 del 2002 (legge finanziaria 2003).
Fra tali misure si ricordano in particolare:
§ la rideterminazione dei limiti di spesa relativi alle agevolazioni, in termini di credito d’imposta, da attribuire alle imprese che effettuano investimenti nelle aree svantaggiate ai sensi dell’articolo 8, comma 1, della legge n.388/2000 (articolo 62, comma 3);
§ l’afflusso degli stanziamenti dei capitoli di bilancio dello Stato aventi natura di trasferimenti alle imprese per contributi alla produzione e agli investimenti (salvo le risorse destinate all’attuazione degli interventi e dei programmi cofinanziati dall’Unione europea) in appositi fondi rotativi in ciascuno stato di previsione della spesa. La relazione tecnica ascriveva alla norma un miglioramento del saldo di indebitamento netto della pubblica amministrazione pari ad 1.400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 per minori spese in conto capitale dovute alla trasformazione dei contributi a fondo perduto in prestiti a favore delle imprese[365] (articolo 72, comma 5).
L’esercizio 2004 si caratterizza per un forte decremento della spesa per contributi agli investimenti, pari a circa l’8,9% rispetto all’anno precedente, ascrivibile in parte agli effetti di provvedimenti adottati nel corso di tale esercizio.
Si ricorda in particolare il DL n. 168/2004, che ha ridotto le risorse per l’anno 2004 destinate agli incentivi alle imprese previste dalla legge n. 488/1992 e dalla legge n. 662/1996 (articolo 2, comma 203, lettere e) e f)), limitatamente ai contratti di programma ed ai contratti d’area, e ha limitato le erogazioni da effettuare nel corso dell’anno per contributi a fondo perduto a carico del Fondo innovazione tecnologica.
Nell’esercizio 2005 si registra una moderata ripresa della crescita della spesa per contributi agli investimenti, a seguito della quale è indicata una nuova flessione nelle previsioni per il 2006, quando la spesa in questione è prevista tornare a livelli analoghi a quelli registrati per il 2004.
La prevista riduzione dei contributi agli investimenti per il 2006 è da porre presumibilmente anche in relazione con le misure adottate nella legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), che prevede limiti alle erogazioni del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica[366], nonché la riduzione degli stanziamenti per incentivi in conto capitale alle imprese[367].
Importante, nella definizione del nuovo quadro normativo e finanziario di riferimento, è anche il decreto legge 35/2005 (piano d’azione per lo sviluppo, convertito con la legge 80/2005), che ha previsto prevede all’art. 8 alcune disposizioni finalizzate alla riforma degli incentivi e che, in particolare, introduce nuovi principi sulla base dei quali saranno concesse le agevolazioni della legge 488/92. Si prevede, tra l’altro, che il contributo in conto capitale non possa essere superiore al finanziamento con capitale di credito, composto da un finanziamento pubblico agevolato, attraverso il fondo rotativo, e da un finanziamento bancario a tasso di mercato.
Approfondimenti
· La spesa previdenziale e assistenziale
La spesa complessiva per prestazioni previdenziali ed assistenziali è riconducibile, dal punto di vista della contabilità pubblica, essenzialmente a due categorie:
- le prestazioni sociali in denaro. In tale voce confluiscono la spesa per prestazioni sociali a copertura dei rischi invalidità, vecchiaia, superstiti, disoccupazione, infortuni professionali, maternità e malattia , nonché alcune spese di natura assistenziale;
- le spese per prestazioni sociali in natura. Tali prestazioni comprendono sia una parte della spesa sanitaria, in particolare, quella erogata in convenzione[368], sia una parte della spesa assistenziale, in particolare, i servizi sociali erogati da una pluralità di istituzioni ed enti, per esempio, i comuni.
Aggregato della spesa per protezione sociale |
Tali due categorie, nel loro complesso, costituiscono l’aggregato della spesa per protezione sociale di cui si dà conto nel presente paragrafo, ad eccezione della componente relativa alla spesa sanitaria, oggetto di un successivo approfondimento.
Le prestazioni sociali in denaro e la spesa previdenziale
La spesa previdenziale rientra essenzialmente nell’aggregato delle prestazioni sociali in denaro, che comprende sia la spesa per pensioni e rendite - che ne costituisce la parte prevalente - sia la spesa per altre prestazioni previdenziali a carattere non pensionistico [369].
Tra le prestazioni sociali in denaro è peraltro iscritta anche la spesa per alcune prestazioni assistenziali[370], voce di cui si terrà conto nella successiva analisi, dedicata alla spesa assistenziale.
Evoluzione dell’aggregato delle prestazioni sociali in denaro |
Si analizza ora l’andamento generale dell’aggregato delle prestazioni sociali in denaro, per poi esaminare, più in dettaglio, le sue componenti di natura più strettamente previdenziale.
L’andamento della spesa complessiva per prestazioni sociali in denaro nel periodo 2001-2005 è stato il seguente[371]:
(milioni di euro)
Anni |
Valori assoluti |
Variazione % |
% del Pil |
2001 |
202.332 |
3,5 |
16,2 |
2002 |
214.078 |
5,8 |
16,5 |
2003 |
224.485 |
4,9 |
16,8 |
2004 |
234.627 |
4,5 |
16,9 |
2005 |
241.692 |
3,0 |
17,1 |
Come si legge nella Relazione trimestrale di cassa[372], il rallentamento della dinamica di aumento della spesa nel 2005 rispetto all’anno precedente (+3 per cento, riconducibile per circa due terzi all’indicizzazione ai prezzi dei trattamenti pensionistici) è dovuto alla riduzione del numero dei nuovi trattamenti di anzianità dei lavoratori dipendenti pubblici e privati, a seguito dell’innalzamento dei requisiti per l’accesso al pensionamento previsti dalla legge n. 335/1995 per l’anno 2004, che, per l’operare del meccanismo delle finestre, ha manifestato i relativi effetti nell’anno 2005[373].
Con riferimento al 2006, la Relazione trimestrale di cassa stima una crescita del 4,8 per cento dell’aggregato in esame (che sarà pari a 253.300 milioni di euro) ed un aumento della sua incidenza rispetto al Pil dal 17,1 al 17,3 per cento, in relazione, tra l’altro, alla reintroduzione del c.d. bonus bebè (assegno di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato nel 2005 e per ogni figlio nato dal secondo ordine in poi o adottato nel 2006[374]), il cui onere è stato quantificato in 696 milioni di euro per l’anno in corso.
· La voce “pensioni e rendite”
La spesa previdenziale nell’ambito delle prestazioni sociali in denaro: la voce pensioni e rendite… |
Per quanto concerne la principale voce di spesa nell’ambito delle prestazioni sociali in denaro, va fatto riferimento alla definizione Istat utilizzata nei conti economici nazionali in base alla quale la spesa delle amministrazioni pubbliche per pensioni e rendite[375] ha avuto, nel periodo 2001-2004, il seguente andamento[376]:
(milioni di euro)
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
170.716 |
179.481 |
187.068 |
194.897 |
Tali dati sono stati tratti dalla Relazione generale sulla situazione economica del Paese per l’anno 2004. Va segnalato che gli stessi non sono quindi aggiornati alla luce delle revisioni statistiche effettuate dall’Istat sui Conti economici nazionali 1992-2005, diffuse successivamente alla Relazione medesima. Tale segnalazione vale anche per gli altri dati contenuti nel presente lavoro che fanno riferimento alla Relazione generale in questione.
Per quanto riguarda il 2005, la mancanza di dati disaggregati riferiti all’andamento della voce di spesa in esame[377] non consente di dar conto dell’andamento della voce di spesa in esame. Con riferimento al 2006, nella Relazione trimestrale di cassa è riportata una specifica indicazione previsionale, in base alla quale il tasso di incremento della spesa complessiva per pensioni è stimato pari al 4,3 per cento.
Si ricorda che, dal punto di vista normativo, il settore pensionistico è stato interessato negli ultimi cinque anni da una significativa riforma, volta, principalmente, all’innalzamento dell’età pensionabile ed all’introduzione di misure per lo sviluppo della previdenza complementare.
La legge n. 243/2004 dispone, tra l’altro:
- la concessione di incentivi per ritardare ili pensionamento di anzianità nel periodo fino al 2007, con l’obiettivo di ridurre la spesa pensionistica nel breve periodo;
- l’innalzamento, a decorrere dal 2008, dei requisiti per l’accesso al pensionamento di anzianità[378];
- l’innalzamento dei requisiti di età per l’accesso al pensionamento con il sistema contributivo[379];
- la delega al Governo per la realizzazione di interventi per lo sviluppo della previdenza complementare attraverso, principalmente, la devoluzione del trattamento di fine rapporto (TFR) ai fondi di previdenza complementare, sulla base del meccanismo del silenzio-assenso[380].
L’intervento normativo, che dispiegherà i suoi effetti strutturali solo gradualmente e a decorrere dal 2008, mira a contenere la dinamica di medio e lungo periodo della spesa pensionistica, fortemente influenzata dal processo di invecchiamento demografico.
… e la voce prestazioni previdenziali non pensionistiche |
· La voce “prestazioni previdenziali non pensionistiche”
Con riferimento alle altre prestazioni sociali in denaro di tipo previdenziale ma diverse dalla pensioni, l’andamento, relativamente al settore delle amministrazioni pubbliche, è stato il seguente[381]:
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Liquidazioni TFR |
3.988 |
3.871 |
4.081 |
4.644 |
Malattia e maternità |
3.802 |
4.011 |
4.749 |
5.013 |
Disoccupazione |
3.276 |
3.716 |
3.960 |
4.308 |
Integrazione salariale |
572 |
537 |
626 |
752 |
Assegni familiari |
5.384 |
5.250 |
5.470 |
5.495 |
Altri sussidi* |
463 |
460 |
490 |
510 |
TOTALE |
17.485 |
17.845 |
19.376 |
20.722 |
Variazione % |
-7,4 |
2,1 |
8,6 |
6,9 |
*Comprende: equo indennizzo, liquidazioni in capitale, assegni, indennità e sussidi complementari al reddito.
In mancanza del conto consolidato relativo alla spesa per la protezione sociale per il 2005[382], le uniche informazioni significative sono quelle fornite dalla Relazione trimestrale di cassa che, con riferimento unicamente alle prestazioni erogate dall’Inps[383], rileva un aumento della spesa (dati di cassa) per le prestazioni in esame di circa il 4,5 per cento rispetto al 2004[384].
Nell’ambito delle voci di spesa sopra riportate, si segnalano la spesa per indennità di disoccupazione e quella dell’assegno di integrazione salariale. Si tratta di due voci che risultano sensibili all’andamento del ciclo economico e dell’occupazione.
Il finanziamento della spesa previdenziale
Contributi sociali |
Contribuzioni diverse |
Il finanziamento[385] della spesa previdenziale avviene principalmente attraverso i contributi sociali, cioè il versamento di contributi che affluiscono direttamente al settore pubblico attraverso gli enti di previdenza e, ma in misura minore, attraverso gli accantonamenti ai fondi quiescenza costituiti presso le imprese e di contributi sociali versati ai fondi pensione. L’altra fonte di finanziamento è costituita dalle contribuzioni diverse, composte da trasferimenti statali destinati principalmente a coprire le spese per l’erogazione di prestazioni di servizi di carattere generale destinati alla popolazione[386], le spese per l’erogazione di prestazioni in denaro ad invalidi civili e anziani sprovvisti di reddito, per l’integrazione delle pensioni al minimo, per gli sgravi fiscali e la fiscalizzazione degli oneri sociali concessi ai datori di lavoro, nonché per la copertura dei disavanzi di gestione degli enti di previdenza[387].
Con riferimento ai contributi sociali, sulla base di Sec 95, nei conti economici nazionali essi sono distinti in effettivi e figurativi.
I primi, a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, sono costituiti dai versamenti effettuati agli organismi della sicurezza sociale e comprendono tutti i contributi obbligatori e volontari[388], relativi all’assicurazione contro i rischi di malattia, maternità, invalidità, vecchiaia e superstiti, disoccupazione, infortuni sul lavoro e malattie professionali e per gli assegni familiari.
I contributi sociali figurativi, invece, riguardano esclusivamente i datori di lavoro e costituiscono la contropartita delle prestazioni sociali erogate direttamente dai datori di lavoro ai loro dipendenti o ex dipendenti e aventi diritto, senza passare, cioè, attraverso gli organismi della sicurezza sociale[389]. Il loro ammontare si stima pari alle prestazioni versate al netto dei contributi sociali effettivi versati dai lavoratori dipendenti.
Essendo, pertanto, ancorati, al mondo del lavoro, il loro ammontare complessivo annuale dipende strettamente dall’andamento dell’occupazione e dal livello delle retribuzioni.
I dati più aggiornati sono quelli resi noti dall’Istat il 1° marzo 2006, che incorporano quindi le ultime revisioni contabili relative al periodo 2001-2004.
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006* |
Contributi sociali effettivi |
149.841 |
157.530 |
164.965 |
173.082 |
179.059 |
- |
Contributi sociali figurativi |
3.982 |
3.745 |
3.811 |
3.468 |
3.357 |
- |
Totale |
153.823 |
161.275 |
168.776 |
176.550 |
182.416 |
186.226 |
% del Pil |
12,3 |
12,5 |
12,6 |
12,7 |
12,9 |
12,7 |
* Stima (Relazione trimestrale di cassa)
La variazione annua percentuale è stata la seguente:
(valori percentuali)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006* |
Contributi sociali effettivi |
4,0 |
5,1 |
4,7 |
4,9 |
3,5 |
|
Contributi sociali figurativi |
2,3 |
-6,0 |
1,8 |
-9,0 |
-3,2 |
|
Totale |
3,9 |
4,8 |
4,7 |
4,6 |
3,3 |
2,1 |
* Stima (Relazione trimestrale di cassa)
Con riferimento ai contributi sociali effettivi, si evidenzia una crescita sostenuta nel triennio 2002-2004, riconducibile, prevalentemente, alla regolarizzazione degli immigrati, sulla base della legge n. 189/2002[390].
La spesa assistenziale
Spesa assistenziale rientrante tra le prestazioni sociali in denaro |
Come già accennato, nel più generale aggregato delle prestazioni sociali in denaro, rientra anche la voce relativa alla spesa per le prestazioni assistenziali.
Si rammenta che presupposto della erogazione di tali prestazioni è la condizione di bisogno degli individui, spesso rappresentata da un livello insufficiente di reddito, senza il vincolo di una precedente contribuzione dei beneficiari.
Peraltro, come già accennato, una parte delle prestazioni assistenziali si rinviene anche nell’aggregato di spesa delle prestazioni sociali in natura.
In merito alla prima componente, nel periodo 2001-2004, le principali prestazioni sociali in denaro di natura assistenziale[391] hanno mostrato il seguente andamento[392]:
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Pensione sociale(*) |
2.520 |
3.113 |
3.195 |
3.346 |
Pensione di guerra |
587 |
644 |
734 |
746 |
Prestazioni agli invalidi civili |
7.748 |
9.683 |
10.544 |
10.659 |
Prestazioni ai ciechi |
713 |
837 |
885 |
894 |
Prestazioni ai sordomuti |
129 |
133 |
156 |
157 |
Altri assegni |
218 |
210 |
223 |
510 |
Assistenza sociale |
620 |
683 |
675 |
702 |
TOTALE |
12.535 |
15.303 |
16.412 |
17.014 |
Variazione % |
-9,7 |
22,1[393] |
7,2 |
3,7 |
(*) Tale tipo di trattamento, nei conti economici nazionali, non rientra tra gli istituti legati al rischio o evento invalidità, come tutti gli altri elencati nella tabella, ma è compreso tra quelli riconducibili al bisogno “vecchiaia”, pur essendo comunque qualificabile tra le prestazioni assistenziali[394].
Da un punto di vista metodologico, si segnala preliminarmente che, in questa sede, si preferisce utilizzare i dati di contabilità nazionale, anziché dati provenienti da altre fonti, che presentano difficoltà di comparazione. Infatti, ad esempio, l’Istat, nelle pubblicazioni realizzate insieme all’Inps[395], include tra le pensioni assistenziali l’indennità di accompagnamento[396];il Ministero del lavoro[397] riporta, a seconda delle prestazioni considerate, dati ottenuti moltiplicando l’importo unitario dei trattamenti relativo al mese di dicembre per le mensilità spettanti (dodici o tredici); in tale modo, si ottiene una sorta di spesa tendenziale che, però, non coincide con i dati di bilancio.
Spesa assistenziale rientrante tra le prestazioni sociali in natura |
Per completare il quadro delle prestazioni assistenziali occorre ancora considerare la parte delle stesse rientrante nella seconda delle due categorie che, come all’inizio precisato, compongono la spesa per la protezione sociale, vale a dire quella delle prestazioni sociali in natura.
In proposito va segnalato che si tratta di prestazioni assistenziali che risultano erogate da una pluralità di istituzioni ed enti; sia a causa della pluralità delle istituzioni operanti sia a causa della grande varietà delle politiche adottate dalle regioni[398] e dagli altri enti locali, la ricostruzione della spesa non appare quindi agevole.
Sulla base della Relazione generale già citata, la spesa assistenziale pubblica relativa alle prestazioni sociali in natura, ha avuto nel periodo 2001-2004 il seguente andamento[399]:
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Beni e servizi di produttori market |
1.263 |
1.421 |
1.479 |
1.504 |
Beni e servizi di produttori non market |
3.046 |
3.219 |
3.242 |
3.490 |
TOTALE |
4.309 |
4.640 |
4.721 |
4.994 |
Per il finanziamento di questo tipo di spese (ad esempio, il contrasto della povertà, i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la condizione degli anziani, la prevenzione e il trattamento delle tossicodipendenze, l’inserimento dei cittadini stranieri), è da segnalare la legge n. 449/1997 che ha istituito il Fondo per le politiche sociali, la più importante fonte di finanziamento statale in materia di servizi sociali.
Le risorse finanziarie destinate al Fondo Nazionale per le politiche sociali negli anni 2003-2005[400] risultano essere state le seguenti. Si segnala, peraltro, che nel Fondo confluiscono risorse destinate anche al finanziamento di prestazioni sociali in denaro[401].
(importi in euro)
|
2003 |
2004 |
2005 |
Totale risorse |
1.716.555.931 |
1.884.346.940 |
1.308.080.940 |
a) Inps |
678.279.253 |
808.630.000 |
706.630.000 |
b) Comuni (’infanzia) |
44.466.939 |
44.466.939 |
44.466.939 |
c) Dipartimento politiche antidroga |
----- |
14.000.000 |
-----[402] |
d) Regioni |
896.823.876 |
1.000.000.000 |
518.000.000 |
e) Ministero del lavoro |
96.985.863 |
17.250.001 |
38.984.000 |
La spesa per protezione sociale: confronti internazionali
Il confronto tra il livello di spesa per protezione sociale dell’Italia e quello degli altri Paesi dell’Unione europea risulta non agevole per le diversità di classificazione della spesa adottate in ciascun Stato membro.
Da un punto di vista statistico, Eurostat aggrega per funzione le singole componenti della spesa, riconducendo le fattispecie esistenti alle seguenti categorie: malattia (sickness/health care), invalidità (disability), vecchiaia (old age), superstiti (survivors), famiglia e maternità (family/children), disoccupazione (unemployment), casa (housing), altro (social exclusion not elsewhere classified).
Limitando l’analisi all’Europa dei 15 e aggiornando all’anno 2003[403] quanto elaborato dalla Ragioneria generale dello Stato con riferimento ai dati 2002[404], le due tabelle che seguono danno conto dell’ammontare complessivo della spesa per protezione sociale e della sua composizione percentuale.
Dall’analisi dei dati Eurostat[405] emerge che:
· la spesa per protezione sociale italiana è inferiore alla media europea di 1,8 punti percentuali di Pil (25,4 per cento a fronte della media europea di 27,2 per cento);
· all’interno dell’aggregato complessivo, si riscontra una diversa distribuzione della spesa, riconducibile alle peculiarità dell’ordinamento italiano. In particolare, la spesa per le funzioni “vecchiaia” e “superstiti” corrisponde al 61,8 per cento del totale, a fronte della media europea pari al 45,5 per cento.
Tale significativa differenza permane anche qualora si escluda dalla spesa per la funzione “vecchiaia” quella relativa al TFR, incluso da Eurostat, ma che l’Istat non comprende nella voce “pensioni e rendite”;
· quanto alla funzione malattia, alla quale si riconduce prevalentemente, ma non solo, la spesa sanitaria, l’Italia spende più di un punto percentuale di Pil in meno della media europea (6,5 per cento, a fronte della media europea pari al 7,7 per cento); analogamente si può dire per la spesa per la famiglia e la maternità (1 per cento del Pil, a fronte della media europea del 2,2 per cento), nonché per la funzione disoccupazione (0,5 per cento del Pil, a fronte della media europea pari a 1,8 per cento).
1) Spesa per protezione sociale (valori in % del Pil) – anno 2003
|
Malattia |
Invalidità |
Vecchiaia ** |
Superstiti |
Famiglia Maternità |
Disoccu- pazione |
Casa |
Altro |
Totale |
EU15* |
7,7 |
2,1 |
11,1 |
1,3 |
2,2 |
1,8 |
0,5 |
0,4 |
27,2 |
Belgio* |
7,7 |
1,9 |
9,7 |
2,9 |
2,2 |
3,5 |
- |
0,5 |
28,3 |
Danimarca |
6,1 |
4,0 |
11,1 |
0,0 |
4,0 |
2,9 |
0,7 |
1,0 |
30,0 |
Germania |
8,1 |
2,3 |
12,0 |
0,4 |
3,1 |
2,5 |
0,2 |
0,5 |
29,1 |
Grecia* |
6,7 |
1,3 |
12,1 |
0,8 |
1,9 |
1,5 |
0,6 |
0,6 |
25,4 |
Spagna (p) |
5,9 |
1,4 |
7,9 |
0,9 |
0,6 |
2,6 |
0,2 |
0,2 |
19,2 |
Francia (p) |
8,9 |
1,4 |
10,6 |
2,0 |
2,6 |
2,3 |
0,8 |
0,5 |
29,1 |
Irlanda (p) |
6,6 |
0,8 |
2,9 |
0,8 |
2,5 |
1,3 |
0,5 |
0,4 |
15,8 |
Italia (p) |
6,5 |
1,6 |
13,1 |
2,6 |
1,0 |
0,5 |
0,0 |
0,0 |
25,4 |
Lussemburgo (p) |
5,8 |
3,1 |
6,1 |
2,6 |
4,1 |
1,0 |
0,1 |
0,5 |
23,3 |
Olanda (p) |
8,2 |
2,9 |
9,2 |
1,4 |
1,3 |
1,6 |
0,3 |
1,3 |
26,3 |
Austria |
7,1 |
2,4 |
13,4 |
0,4 |
3,1 |
1,7 |
0,1 |
0,4 |
28,6 |
Portogallo (p) |
6,5 |
2,6 |
8,9 |
1,6 |
1,5 |
1,2 |
0,0 |
0,3 |
22,6 |
Finlandia |
6,5 |
3,5 |
8,7 |
1,0 |
3,0 |
2,6 |
0,3 |
0,6 |
26,1 |
Svezia (p) |
8,5 |
4,6 |
12,2 |
0,7 |
3,1 |
1,9 |
0,6 |
0,7 |
32,3 |
Regno Unito* |
7,7 |
2,4 |
10,7 |
0,9 |
1,8 |
0,7 |
1,4 |
0,2 |
25,9 |
Legenda:
(p) dati provvisori
* dati stimati
** Nei dati Eurostat la funzione vecchiaia comprende quella per TFR che, soprattutto nel settore privato, non corrisponde effettivamente ad una protezione dal rischio vecchiaia.
Fonte: Eurostat, European social statistics, Social protection, Expenditure and receipts, data 1995-2003 (febbraio 2006).
2) Spesa per protezione sociale (valori in % del Pil) – anno 2003 – Totali a confronto
3) Spesa per protezione sociale (composizione %) – anno 2003
|
Malattia |
Invalidità |
Vecchiaia ** |
Superstiti |
Famiglia Maternità |
Disoccu- pazione |
Casa |
Altro |
Totale |
EU15* |
28,4 |
7,9 |
40,9 |
4,6 |
8,0 |
6,7 |
2,0 |
1,5 |
100 |
Belgio* |
27,0 |
6,6 |
34,2 |
10,3 |
7,8 |
12,4 |
- |
1,7 |
100 |
Danimarca |
20,5 |
13,5 |
37,2 |
0,0 |
13,2 |
9,8 |
2,3 |
3,4 |
100 |
Germania |
27,7 |
7,8 |
41,4 |
1,5 |
10,5 |
8,6 |
0,8 |
1,7 |
100 |
Grecia* |
26,5 |
5,1 |
47,4 |
3,3 |
7,3 |
5,7 |
2,3 |
2,3 |
100 |
Spagna (p) |
30,7 |
7,4 |
40,9 |
2,9 |
3,0 |
13,3 |
0,8 |
0,9 |
100 |
Francia (p) |
30,5 |
4,8 |
36,5 |
6,8 |
9,0 |
7,9 |
2,9 |
1,6 |
100 |
Irlanda (p) |
41,8 |
5,1 |
18,1 |
5,1 |
16,0 |
8,4 |
3,2 |
2,4 |
100 |
Italia (p) |
25,7 |
6,4 |
51,5 |
10,3 |
4,1 |
1,8 |
0,1 |
0,2 |
100 |
Lussemburgo (p) |
24,8 |
13,4 |
26,2 |
11,0 |
17,7 |
4,2 |
0,6 |
2,3 |
100 |
Olanda (p) |
31,4 |
11,1 |
35,0 |
5,3 |
4,9 |
6,2 |
1,3 |
4,9 |
100 |
Austria |
24,8 |
8,6 |
46,9 |
1,4 |
10,8 |
6,0 |
0,3 |
1,4 |
100 |
Portogallo (p) |
28,8 |
11,5 |
39,3 |
6,9 |
6,5 |
5,5 |
0,0 |
1,5 |
100 |
Finlandia |
25,1 |
13,3 |
33,2 |
3,8 |
11,5 |
9,9 |
1,1 |
2,1 |
100 |
Svezia (p) |
26,3 |
14,2 |
37,9 |
2,3 |
9,5 |
5,9 |
1,8 |
2,2 |
100 |
Regno Unito* |
29,6 |
9,4 |
41,5 |
3,4 |
6,9 |
2,7 |
5,6 |
0,9 |
100 |
Legenda:
(p) Dati provvisori
* dati stimati
** Nei dati Eurostat la funzione vecchiaia comprende quella per TFR che, soprattutto nel settore privato, non corrisponde effettivamente ad una protezione dal rischio vecchiaia.
Fonte: Eurostat, European social statistics, Social protection, Expenditure and receipts, data 1995-2003 (febbraio 2006).
· La spesa sanitaria
La spesa sanitaria è inclusa in diverse voci di spesa del conto economico |
Va preliminarmente precisato che, nell’ambito della contabilità nazionale, non risulta previsto uno specifico aggregato relativo alla spesa sanitaria. Questa, infatti, è la somma delle diverse tipologie di spesa riconducibili al settore sanitario. Si fa riferimento, principalmente:
ai costi del personale (facenti parte dell’aggregato redditi da lavoro dipendente);
alle spese per l’acquisto di beni e servizi (facenti parte dell’aggregato consumi intermedi).
Una ulteriore metodologia di classificazione della spesa in questione fa riferimento ai soggetti operatori: nel sistema sanitario italiano le prestazioni sono erogate agli utenti o direttamente, attraverso le strutture del Servizio sanitario nazionale, o indirettamente, attraverso strutture accreditate o professionisti convenzionati, costituendo quest’ultima la parte preponderante delle prestazioni sociali in natura[406]. Da tale punto di vista, pertanto, la spesa sanitaria si divide in quella riconducibile ai produttori di beni e servizi non market (per le prestazioni erogate direttamente dalle strutture del SSN) e nella spesa riconducibile a prestazioni erogate da produttori market (erogate, quindi, per conto del SSN e da questo remunerate).
Per avere, dunque, il quadro della spesa univocamente riconducibile al settore sanitario, è necessario attendere il consolidamento dei conti riferiti al settore sanitario. Ciò avviene generalmente in occasione della pubblicazione annuale[407] della Relazione generale sulla situazione economica del Paese che presenta un capitolo (Rapporto sanità) in cui le diverse funzioni di spesa e le diverse fonti di finanziamento sono consoliditate e sistematizzate[408].
In attesa della pubblicazione della Relazione, pertanto, non appare possibile desumere da fonti alternative l’andamento della spesa sanitaria, con l’eccezione della spesa farmaceutica convenzionata che, per le modalità con le quali i dati sono trasmessi ed elaborati, può essere seguita trimestre per trimestre e, a consuntivo, l’ammontare stimato in tal modo risulta sostanzialmente coincidente con quello risultante dal conto consolidato.
Dati parziali possono essere rinvenuti nella Relazione trimestrale di cassa: la natura di cassa e, quindi, non elaborata dei dati non permette di interpretare correttamente l’andamento del comparto. Allo stato, pertanto, la mancanza di dati aggiornati al 2005, consente solo di fornire un quadro di massima del settore, utilizzando i dati disponibili riferiti al periodo 2001-2004. Va comunque segnalato che anche i dati presentati sono da considerarsi con cautela in quanto non aggiornati alla luce delle revisioni statistiche dei conti economici nazionali, di recente intervenute.
Sulla base di tali premesse, la tabella[409] che segue dà conto dell’andamento finanziario del settore sanitario nel suo complesso, sia con riferimento alle uscite correnti sia con riferimento ai finanziamenti di parte corrente[410]:
Entrate e spese di parte corrente del settore sanitario
valori assoluti e scostamento percentuale rispetto all’anno precedente
(importi in milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
||||
|
|
% |
|
% |
|
% |
|
% |
Spesa |
74.744 |
10,6 |
78.826 |
5,5 |
81.181 |
3,0 |
88.497 |
9,0 |
Entrate |
71.378 |
9,9 |
75.174 |
5,3 |
74.835 |
-0,5 |
85.575 |
14.4 |
Differenza |
-3.366 |
|
-3.652 |
|
-6.346 |
|
-2.922 |
|
Per il 2005, la legge finanziaria relativa a tale esercizio aveva fissato il finanziamento e, quindi, il livello massimo di spesa al quale concorre lo Stato, in 88,2 miliardi di euro. A tale risultato si sarebbe dovuti pervenire correggendo l’andamento tendenziale, stimato in 92,5 miliardi di euro, con misure di contenimento dei costi, per un ammontare di 3 miliardi, e con maggiori entrate per 1,3 miliardi.
Spesa superiore alle previsioni |
I primi dati di consuntivo sul complesso della spesa sanitaria pubblica nel 2005 sono stati forniti dalla Corte dei conti[411]: le uscite correnti risultano essere state pari a 93,2 miliardi di euro, con un incremento, rispetto al 2004, del 5,3 per cento, più contenuto rispetto alla crescita rilevata tra il 2003 e il 2004 (+9 per cento). Rispetto all’obiettivo di spesa corrente (89,5 miliardi di euro)[412], la spesa effettiva è stata, pertanto, superiore di 3,7 miliardi di euro[413]. Più in dettaglio, le stime fornite dall’Istat[414] indicano, limitatamente all’aggregato prestazioni sociali in natura (che comprendono prevalentemente spese per assistenza sanitaria convenzionata), una crescita del 4,9 per cento, a fronte di una crescita del 9 per cento nel 2004. Su tale tendenza hanno influito i rinnovi delle convenzioni per l’acquisto di servizi di medicina di base (+22 per cento), mentre le prestazioni farmaceutiche, già citate, e quelle ospedaliere risultano in leggera diminuzione.
Dall’esame dei dati al momento disponibili, emerge che nell’arco degli ultimi cinque anni, la spesa sanitaria pubblica rispetto al Pil si è mantenuta su valori medi sostanzialmente allineati con quelli del precedente quinquennio (dal 2000 al 2004, il 6,3 per cento in media)[415].
Incidenza crescente della spesa rispetto al Pil |
L’incidenza della spesa in questione rispetto al Pil ha comunque mostrato negli anni dal 2001 al 2004, con l’eccezione del 2003, un andamento crescente, come indicato nella seguente tabella.
spesa e finanziamenti annui in percentuale del Pil*
(%)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Spesa |
6,1 |
6,3 |
6,2 |
6,5 |
Entrate |
5,9 |
6,0 |
5,8 |
6,3 |
*I valori non sono aggiornati alla luce delle ultime revisioni statistiche.
Crescita annua della spesa più elevata rispetto a quella del Pil |
Infatti tale spesa mostra una dinamica piuttosto accentuata, dovuta anche a diversi fattori di natura esogena tra cui progresso tecnologico, invecchiamento della popolazione, maggiori aspettative di cura da parte degli utenti del servizio sanitario. Tali fattori si sono manifestati, negli anni presi in considerazione, in presenza di una crescita economica che, al contrario, è stata piuttosto rallentata[416].
La tabella che segue mette a confronto l’evoluzione del Prodotto interno lordo[417], delle disponibilità finanziarie per il SSN e della spesa del SSN stesso (variazioni percentuali annue). Da tali dati risulta confermata una dinamica di crescita della spesa sanitaria e del finanziamento (fabbisogno) garantito fortemente accelerata rispetto a quella del Pil, con la sola eccezione dell’esercizio 2003, nel corso del quale la spesa effettiva ha registrato un incremento inferiore a quello del Pil [418]:
Crescita annua del Pil, della spesa e del fabbisogno SSN
(%)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005* |
Pil a prezzi correnti |
4,5 |
3,4 |
3,2 |
3,9 |
4,6 |
Spesa effettiva SSN |
8,3 |
4,7 |
2,9 |
7,5 |
5,8 |
Fabbisogno previsto SSN** |
8,2 |
6,1 |
3,9 |
4,9 |
7,0 |
(*) I valori 2005 sono stimati, tranne il finanziamento (fabbisogno), che è stabilito dalla legge finanziaria per il 2005.
(**) Nel triennio 2001-2003 non sono stati considerati gli ulteriori 1.450 milioni di euro previsti dalla norma di ripiano (legge n. 311/2004).
Tutte le fonti convengono nel mettere in luce il ruolo dell’invecchiamento della popolazione nella dinamica della spesa sanitaria[419]. Il Piano sanitario nazionale 2006-2008[420] rileva le conseguenze di tale fattore già a breve termine. In particolare, l’aumento della popolazione anziana comporterà un cambiamento nella domanda di assistenza: il bisogno di maggiore prossimità e continuità nell’assistenza imporrà la necessità di più infermieri e di più medici di medicina generale; inoltre, gli investimenti per migliorare la salute degli anziani attraverso la prevenzione e la promozione della salute saranno assolutamente prioritari. Di conseguenza, ci si attende, già nei prossimi decenni, un aumento progressivo dei costi di assistenza sanitaria, legato all’invecchiamento, solo moderatamente influenzabile dai flussi immigratori di popolazione giovane e dal successo degli eventuali sforzi di promozione della salute e della prevenzione sanitaria.
Per il 2006, l’attuazione della legge finanziaria[421] è previsto che rechi riduzioni di spesa per le regioni per 2.500 milioni di euro annui[422] che si dovrebbero aggiungere ai 1.250 milioni di euro conseguenti all’attuazione delle disposizioni della legge finanziaria per il 2005[423]. Pur con queste premesse, la Relazione trimestrale di cassa reca una correzione in crescita della stima della spesa sanitaria (+0,1 per cento del Pil, pari a circa 1.500 milioni di euro) che, da un lato, sconta la piena realizzazione delle misure correttive disposte dalla legge finanziaria[424] e, dall’altro, sembra tenere conto, ma solo in parte[425], degli oneri contrattuali slittati dall’esercizio 2005[426] e di un più elevato livello della spesa riscontrato a consuntivo per il 2005.
Dati previsionali di cassa |
In ogni caso, dal punto di vista dei dati di cassa, la Relazione trimestrale prevede la destinazione di risorse da parte delle Regioni di circa 94.725 milioni (+ 10,7 per cento rispetto al 2005). Dal lato dei pagamenti, si prevede una crescita dell’8,3 per cento dei redditi da lavoro dipendente, da ricollegare ai rinnovi contrattuali non sottoscritti nel 2005[427], che tiene conto comunque dei citati risparmi recati dall’applicazione della legge
finanziaria per il 2006. La Relazione sottolinea anche il peso sul previsto aumento dei pagamenti dei maggiori fondi che si ritiene potranno essere accreditati dallo Stato a valere anche su risorse spettanti per gli anni precedenti[428].
Il finanziamento della spesa sanitaria
L’aggancio della evoluzione della spesa sanitaria al Pil costituisce uno dei cardini intorno a cui ruota il meccanismo di finanziamento della spesa sanitaria.
Dal punto di vista teorico, il finanziamento del settore sanitario avrebbe dovuto fondarsi sullo schema disegnato dal decreto legislativo n. 56/2000.
Tale provvedimento ha abolito il Fondo sanitario nazionale (partita contabile del bilancio dello Stato), collegando il complesso delle risorse annualmente destinabili al sistema sanitario ad una serie di basi imponibili (con riferimento a tributi devoluti e tributi propri, tra cui rileva l’IRAP[429]), in modo tale da assicurare costantemente la sostenibilità della spesa e, quindi, la sicurezza delle prestazioni sanitarie nel tempo. Accanto alle risorse derivanti da gettiti devoluti o compartecipati, il decreto ha previsto un meccanismo perequativo interregionale: la compartecipazione regionale al gettito dell’IVA su scala nazionale (il “fondo perequativo”) è attribuita alle singole regioni sulla base di un criterio di perequazione che considera, tra l’altro, il fabbisogno pro capite regionale per le funzioni sanitarie.
Accordo Stato-Regioni dell’agosto 2001 |
Con riferimento a tale decreto legislativo, l’Accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001[430] elaborava una metodologia per la determinazione del finanziamento del SSN volta a garantire certezza di risorse ed autonomia e piena responsabilizzazione delle regioni. In particolare, la definizione del fabbisogno sanitario e di una coerente copertura finanziaria sarebbe dovuta partire dalla situazione del 2001, considerato quale anno zero[431], calcolando per gli anni successivi un incremento del 3,5 per cento annuo a fronte di un’analoga evoluzione delle basi imponibili relative ai gettiti delle imposte destinate al finanziamento della spesa sanitaria, in correlazione alla crescita del Pil. In tal modo, l’aumento dei costi della sanità sarebbe stato finanziato e coperto dalla crescita economica. Tale scenario non ha mai trovato attuazione sia per la mancata applicazione del decreto legislativo n. 56/2000[432] sia a causa della notevole crescita della spesa sanitaria e della contemporanea flessione del tasso di evoluzione dell’economia. Di conseguenza, le risorse sanitarie hanno continuato ad essere definite tradizionalmente con contrattazione Governo/regioni, ancorate al meccanismo delle anticipazioni di tesoreria[433].
Attualmente tenuto conto dei fabbisogni sanitari viene determinato il finanziamento annuo, calcolato anch’esso in termini di percentuale del Pil.
Andamenti e composizione della spesa sanitaria
Ricorrente sottofinanziamento della spesa |
Come si evince dai dati esposti nelle tabelle riportate all’inizio del presente capitolo, il sottofinanziamento della spesa sanitaria appare ricorrente [434].
Tale situazione viene espressamente evidenziata dalla Corte dei conti, sulla base di molteplici argomentazioni, che possono così sintetizzarsi[435]:
· il solo parziale verificarsi delle previsioni della spesa, anche a causa dei risultati non in linea con quanto atteso dalle misure di risparmio di spesa previste nel corso delle annuali manovre di bilancio e, quindi, sottofinanziamento della spesa stessa[436];
· gli effetti del meccanismo di ripartizione dei finanziamenti che, fino al 2004, sono stati erogati alle regioni a fine anno o, addirittura, ad esercizio scaduto, obbligando gli enti pagatori a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria e a ritardare i versamenti, aggravando, pertanto, la situazione finanziaria complessiva ed alimentando i disavanzi;
· le difficoltà a contenere settori dell’aggregato che, storicamente, si sono dimostrati i più soggetti ad aumenti fuori controllo (spesa per il personale, a causa del rinnovo dei contratti, e farmaceutica)[437].
Nelle tabelle[438] che seguono sono illustrati gli andamenti della spesa per tipo di prestazione[439]:
1) valori assoluti[440]
(mln. di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Beni e servizi di produttori market |
30.036 |
31.663 |
32.430 |
37.798 |
- farmaci |
11.661 |
11.723 |
11.096 |
11.982 |
-assistenza medico-generica |
4.505 |
4.613 |
4.792 |
4.993 |
-assistenza medico-specialistica |
2.715 |
2.969 |
3.134 |
3.347 |
-assistenza ospedaliera convenzionata |
5.783 |
6.298 |
7.011 |
7.475 |
-assistenza protesica e balneotermale |
3.743 |
3.612 |
3.687 |
3.807 |
-altra assistenza |
1.629 |
2.448 |
2.710 |
3.194 |
Servizi di produttori non market |
39.843 |
42.013 |
43.264 |
47.718 |
-assistenza ospedaliera |
31.360 |
33.080 |
33.955 |
37.468 |
-altri servizi sanitari |
8.483 |
8.933 |
9.309 |
10.250 |
Totale |
69.879 |
73.676 |
75.694 |
82.516 |
2) composizione percentuale della spesa
(%)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
Beni e servizi di produttori market |
|
|
|
|
- farmaci |
16,69 |
15,91 |
14,66 |
14,52 |
-assistenza medico-generica |
6,45 |
6,29 |
6,33 |
6,05 |
-assistenza medico-specialistica |
3,89 |
4,03 |
4,14 |
4,06 |
-assistenza ospedaliera convenzionata |
8,28 |
8,55 |
9,26 |
9,06 |
-assistenza protesica e balneotermale |
5,36 |
4,90 |
4,87 |
4,61 |
-altra assistenza |
2,33 |
3,32 |
3,58 |
3,87 |
Servizi di produttori non market |
|
|
|
|
-assistenza ospedaliera |
44,88 |
44,90 |
44,86 |
45,41 |
-altri servizi sanitari |
12,14 |
12,12 |
12,30 |
12,42 |
Totale |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
3) composizione percentuale della spesa per il 2004
Assistenza ospedaliera
Peso prevalente della spesa per assistenza ospedaliera |
Come emerge anche dal grafico, l’assistenza ospedaliera, diretta e convenzionata, ha un peso preponderante sul complesso della spesa sanitaria (il 54,47 per cento nel 2004[441]). Dall’analisi della distribuzione regionale delle strutture sanitarie emerge una maggiore concentrazione di strutture ospedaliere pubbliche nel centro-nord (il che comporta una maggiore spesa in termini di personale e di acquisto di beni e servizi) a fronte della preponderanza di strutture private accreditate nel meridione (con un conseguente minor peso della spesa per personale e beni e servizi ma con una percentuale più alta di spesa per l’assistenza ospedaliera convenzionata).
E’ su tale aggregato che si concentrano, secondo la Corte dei conti[442], le maggiori possibilità di razionalizzazione e risparmio. Il perseguimento dell’appropriatezza, cioè della possibilità di ottimizzare l’impiego delle risorse, potrebbe, nel settore dell’assistenza ospedaliera, recare risparmi di spesa valutabili in circa 1 miliardo di euro[443].
Spesa per il personale
Essa è costituita dalle retribuzioni corrisposte al personale dipendente del Servizio sanitario nazionale afferente sia ai ruoli sanitari sia ai ruoli amministrativi e tecnici. La tabella che segue dimostra il peso che tale spesa assume sull’intero aggregato delle uscite correnti del settore sanitario[444]:
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
||||
|
|
% |
|
% |
|
% |
|
% |
Totale uscite correnti settore sanità |
74.744 |
100,0 |
78.826 |
100,0 |
81.181 |
100,0 |
88.497 |
100,0 |
Redditi lavoro dipendente sanità (*) |
28.156 |
37,7 |
30.703 |
39,0 |
29.337 |
36,1 |
32.304 |
36,5 |
(*) Somma dei redditi connessi all’erogazione delle prestazioni erogate da produttori non market e dei redditi connessi all’espletamento dei servizi amministrativi.
La Corte dei conti nota come i reiterati blocchi delle assunzioni abbiano influenzato positivamente il tasso di crescita (+4,7 per cento nel 2002 e +3,2 per cento nel 2003)[445]. Esso tuttavia risale nel 2004 (+4,2 per cento) anche a causa dello slittamento a tale anno degli oneri per rinnovi contrattuali.
Difficoltà nella individuazione degli oneri derivanti dalle scadenze contrattuali |
Proprio l’incertezza derivata dalle scadenze contrattuali è stata per la Corte il motivo che, negli anni considerati, ha reso difficile il perseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa nel settore. In particolare, la mancanza di una corretta individuazione dei parametri su cui fondare la sostenibilità finanziaria degli istituti di natura economica dei singoli contratti ha avuto il risultato sia di fare mancare il quadro della copertura dei relativi oneri sia di scaricare sugli esercizi successivi gli oneri per arretrati[446]. A tale situazione, tuttavia, il legislatore ha posto rimedio introducendo l’obbligo per le Regioni di accantonare nel bilancio annuale le somme necessarie al finanziamento dei rinnovi contrattuali[447].
Spesa farmaceutica
Il comparto della spesa farmaceutica è la risultante della spesa per l’assistenza convenzionata (rientrante nella categoria dei servizi prodotti da produttori market) e della spesa derivante dalla distribuzione diretta dei farmaci attraverso le strutture del Servizio sanitario nazionale (rientrante nella categoria dei servizi prodotti da produttori non market). Quest’ultima, tuttavia, non costituisce una voce di spesa autonoma ma, nei bilanci delle ASL, si scompone nelle diverse voci di spesa che concorrono all’erogazione del servizio (e, quindi, per esempio, la spesa per l’acquisto di beni e servizi e la spesa per il personale).
Limite di spesa previsto per la spesa farmaceutica a decorrere dal 2002 |
Dal momento che la spesa farmaceutica, soprattutto quella convenzionata, si è dimostrata nel corso degli anni di difficile governo, a decorrere dal 2002[448], il legislatore ha disposto che annualmente essa non possa superare un limite di spesa calcolato in percentuale del livello di finanziamento del SSN, come determinato dalle leggi finanziarie annuali ed eventualmente integrato sulla base degli accordi Stato-Regioni (Fondo Sanitario Nazionale[449]). In particolare, la spesa farmaceutica territoriale[450] non può eccedere il 13 per cento di tale livello di finanziamento, mentre, considerando anche la spesa farmaceutica erogata direttamente dalle strutture ospedaliere in regime di ricovero, il limite massimo è fissato al 16 per cento [451].
Con riferimento al 2005, la spesa farmaceutica complessiva è risultata pari a 15.073 milioni di euro (pari al 17,8 per cento del Fondo Sanitario Nazionale); di questa, la farmaceutica convenzionata (farmacie) è stata pari a 11.847 milioni di euro (pari al 13,4 per cento Fondo Sanitario Nazionale), mentre quella non convenzionata (ospedali e distribuzione diretta), riferita a 221 confezioni, è stata pari a 3.226 milioni di euro (pari al 3,7 per cento del Fondo Sanitario Nazionale)[452].
In particolare, la spesa convenzionata ha registrato nel 2005 un calo dell’1,1 per cento rispetto all’anno precedente.
Tale riduzione, realizzatasi nonostante un contenuto aumento del numero delle ricette (+1,9 per cento rispetto al 2004), è imputabile essenzialmente al calo del valore medio per ricetta, conseguente alla riduzione del prezzo dei farmaci[453].
Con riferimento alla spesa farmaceutica convenzionata (prodotta da produttori market), l’andamento, nel periodo 2001-2005, è stato il seguente[454]:
(milioni di euro)
|
2001** |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
|||||
|
|
% |
|
% |
|
% |
|
% |
|
% |
FSN* |
71.271 |
100 |
75.652 |
100 |
78.570 |
100 |
82.403 |
100 |
88.195 |
100 |
Spesa farmaceutica |
11.661 |
16,4 |
11.723 |
15,5 |
11.096 |
14,1 |
11.982 |
14,5 |
11.847 |
13,4 |
*I dati sul livello del finanziamento del SSN sono desunti dalla Corte dei conti, Relazione quadrimestrale, maggio 2006.
**Il rapporto spesa/FSN relativo al 2001 si riporta solo per conoscenza in quanto in tale anno non era previsto alcun tetto per la spesa farmaceutica.
Per quanto riguarda le previsioni per il 2006, l'assegnazione per la farmaceutica, prevista nell'ambito del riparto del Fondo sanitario nazionale 2006, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni del 28 marzo scorso, è pari a 11.398 milioni di euro, circa 450 milioni di euro meno di quanto speso nel 2005 (-3,8%).
Confronti internazionali
Sulla base degli ultimi dati disponibili forniti dall’OCSE[455], relativi al 2003, è possibile mettere a confronto sulla spesa sanitaria i Paesi dell’area EU15:
1) spesa sanitaria totale (pubblica + privata)/Pil
(%)
|
2001 |
2002 |
2003 |
EU15 |
8,4 |
8,6 |
8,8 |
Belgio |
9,1 |
9,3 |
9,6 |
Danimarca |
8,6 |
8,8 |
9,0 |
Germania |
10,8 |
10,9 |
11,1 |
Grecia |
10,2 |
9,8 |
9,9 |
Spagna |
7,5 |
7,6 |
7,7 |
Francia |
9,4 |
9,7* |
10,1* |
Irlanda |
6,9 |
7,3 |
7,4 |
Italia |
8,2 |
8,4 |
8,4 |
Lussemburgo |
6,5 |
7,2 |
6,9 |
Olanda |
8,7 |
9,3 |
9,8 |
Austria |
7,4 |
7,5 |
7,5 |
Portogallo |
9,4 |
9,3 |
9,6 |
Finlandia |
6,9 |
7,2 |
7,4 |
Svezia |
8,8 |
9,2 |
9,4 |
Regno Unito |
7,5 |
7,7 |
7,7** |
* stime
** dati 2002
Elaborazione su dati OECD
2) spesa sanitaria pubblica/totale spesa sanitaria
(%)
|
2001 |
2002 |
2003 |
EU15 |
69,7 |
69,8 |
69,9 |
Belgio |
- |
- |
- |
Danimarca |
82,7 |
82,9 |
83,0 |
Germania |
78,4 |
78,6 |
78,2 |
Grecia |
54,2 |
51,6* |
51,3* |
Spagna |
71,2 |
71,3 |
71,2 |
Francia |
75,9 |
76,1* |
76,3* |
Irlanda |
75,6 |
75,2 |
78,0 |
Italia |
75,8 |
75,4 |
75,1 |
Lussemburgo |
87,9 |
90,3 |
89,9 |
Olanda |
62,8 |
62,5 |
62,4 |
Austria |
67,0 |
67,8 |
67,6 |
Portogallo |
70,6 |
70,5 |
69,7 |
Finlandia |
75,9 |
76,3 |
76,5 |
Svezia |
84,9 |
85,1 |
85,2 |
Regno Unito |
83,0 |
83,4 |
83,4** |
* stime
** dati 2002
Elaborazione su dati OECD
Come risulta dalle tabelle, i Paesi europei impiegano un considerevole ammontare di risorse nel settore della sanità e, da questo punto di vista, l’Italia risulta essere pressoché allineata con la media dei quindici Paesi dell’area dell’Unione europea antecedente l’ultimo allargamento (nel 2003, la spesa sanitaria complessiva, pubblica e privata, è risultata, rispetto al Pil pari all’ 8,4, per cento, a fronte di una media dell’8,8 per cento[456]). Al contrario, l’Italia si colloca al di sopra della media dell’Europa dei 15 quanto a quota di spesa pubblica sul totale della spesa sanitaria (nel 2003, il 75,1 per cento a fronte di una media del 69,9 per cento). Da questo punto di vista si può peraltro notare che, mentre nella media dei Paesi europei in questa sede considerati cresce, sia pure lentamente, il peso della quota di spesa sanitaria pubblica, in Italia avviene il contrario: l’aumento del peso della spesa privata (out of pocket) nel triennio 2001-2003 è stata di circa 0,7 punti percentuali. Ciò dipende sia dal gap tra le prestazioni fornite dal servizio sanitario pubblico e la domanda degli utenti sia dalle forme di compartecipazione alla spesa introdotte in Italia, prevalentemente con riguardo alla spesa farmaceutica, allo scopo proprio di ridurre la spesa a carico del SSN e, in parte, di scoraggiare i consumi.
· La spesa per l’istruzione
Considerazioni metodologiche |
L’analisi degli andamenti della spesa per l’istruzione è stata sostanzialmente effettuata sulla base dei dati forniti nell’ambito della classificazione funzionale della spesa delle amministrazioni pubbliche, che l’Istat presenta alla fine di ogni anno. I dati esaminati in questa sede, riferiti al periodo 2001-2004, sono stati pubblicati alla fine del 2005; quelli riferiti al 2000 sono tratti invece dall’analoga pubblicazione diffusa alla fine del 2004[457]. Questi ultimi dati presentano pertanto un diverso grado di aggiornamento che si presume peraltro non suscettibile di inficiare in modo rilevante le comparazioni svolte.
Va inoltre rilevato – sia per i dati riferiti al 2000 che per quelli relativi al periodo 2001-2004 - che la spesa delle amministrazioni pubbliche per funzione, la cui divisione 09 - Istruzione costituisce la base di dati utilizzata nel presente lavoro[458], non è ancora stata oggetto della revisione già effettuata dall’Istat sulle serie generali di contabilità nazionale, in ottemperanza alle regole comunitarie; l’Istat prevede di estendere tale revisione alla spesa per funzione nel corso del 2006[459].
La classificazione funzionale riguarda la spesa finale consolidata delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, amministrazioni locali, enti di previdenza), della quale evidenzia unicamente i flussi che hanno impatto sugli altri settori istituzionali; essa si suddivide in tre livelli di analisi, potenzialmente in grado di fornire una classificazione articolata di tutte le voci di spesa dell’operatore pubblico. Tali livelli consistono nelle Divisioni,che rappresentano i fini primari perseguiti dalle amministrazioni, analizzate al loro interno in Gruppi,che riguardano le specifiche aree di intervento delle politiche pubbliche, e successivamente in Classi, che identificano i singoli obiettivi in cui si articolano le aree di intervento.
Di tali livelli di analisi, per il settore istruzione qui in esame, è disponibile soltanto il primo, corrispondente alla divisione, che analizza le spese relative ai vari livelli di istruzione erogata dalle amministrazioni pubbliche.
Andamento della spesa per l’istruzione per il complesso della P.A.
Sostanziale stabilità della spesa pubblica per l’istruzione sul Pil |
La spesa sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per l’istruzione nel periodo 2000-2004, pur presentando una crescita nei valori assoluti (da oltre 57.700 milioni di euro nel 2000 a oltre 67.900 milioni di euro nel 2004, pari ad una crescita complessiva del 18% nel periodo considerato), mostra un andamento costante sia sotto il profilo della sua incidenza percentuale sulla spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche, di cui rappresenta, mediamente, il 10,5%, sia con riferimento all’incidenza sul prodotto interno lordo, che risulta stabile al 5% circa.
Tali dati sono riportati nella tabella 1:
Tab. 1 - Spesa delle amministrazioni pubbliche per l’istruzione - anni 2000-2004
(mln di euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
valori assoluti |
57.740 |
61.183 |
63.412 |
67.749 |
67.929 |
% sulla spesa complessiva della P.A. |
10.7 |
10.3 |
10.5 |
10.6 |
10.4 |
% sul Pil |
4.9 |
5.0 |
5.0 |
5.2 |
5.0 |
La suddivisione della spesa per la funzione istruzione, in ragione delle principali voci di uscita del conto delle amministrazioni pubbliche, sulle quali essa va ad incidere, viene esposta nella tabella 2:
Tab. 2 – Voci principali della spesa pubblica per l’istruzione - anni 2000-2004
(mln di euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
USCITE CORRENTI |
|
|
|
|
|
spesa per consumi finali |
52.623 |
55.187 |
56.872 |
60.299 |
60.148 |
redditi da lavoro |
43.637 |
45.737 |
47.777 |
50.411 |
49.889 |
consumi intermedi |
6.565 |
6.906 |
6.316 |
6.942 |
7.257 |
contributi alla produzione |
955 |
1.276 |
1.173 |
1.777 |
1.599 |
redditi da capitale |
146 |
155 |
140 |
133 |
269 |
trasferimenti correnti |
1.427 |
1.541 |
1.725 |
1.994 |
2.097 |
totale uscite correnti |
55.151 |
58.159 |
59.910 |
64.203 |
64.113 |
USCITE C/CAPITALE |
|
|
|
|
|
investimenti fissi lordi |
2.484 |
2.890 |
3.310 |
3.313 |
3.549 |
acquisizioni nette di attività non finanziarie |
9 |
18 |
13 |
12 |
4 |
trasferimenti in c/capitale |
96 |
116 |
179 |
245 |
271 |
totale uscite c/capitale |
2.589 |
3.024 |
3.502 |
3.570 |
3.824 |
TOTALE USCITE COMPLESSIVE |
57.740 |
61.183 |
63.412 |
67.773* |
67.937* |
* La lieve differenza con i corrispondenti valori assoluti della spesa esposti nella tabella 1 è da imputare agli arrotondamenti.
L’incidenza percentuale[460] di ciascuna delle voci di spesa indicate nella precedente tabella, rispetto al complesso della spesa per l’istruzione, viene riportata nella tabella 3:
Tab. 3 – Incidenza percentuale delle principali voci della spesa per l’istruzione
anni 2000-2004
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
USCITE CORRENTI |
|
|
|
|
|
consumi finali |
91,1 |
90,2 |
89,7 |
89,0 |
88,5 |
redditi da lavoro |
76 |
75 |
75 |
74 |
73 |
consumi intermedi |
11 |
11 |
10 |
10 |
11 |
contributi alla produzione |
1,7 |
2,1 |
1,8 |
2,6 |
2,4 |
redditi da capitale |
0,3 |
0,3 |
0,2 |
0,2 |
0,4 |
trasferimenti correnti |
2,5 |
2,5 |
2,7 |
2,9 |
3,1 |
totale uscite correnti |
95,6 |
95,1 |
94,4 |
94,7 |
94,4 |
USCITE C/CAPITALE |
|
|
|
|
|
investimenti fissi lordi |
4,3 |
4,7 |
5,2 |
4,9 |
5,2 |
acquisizioni nette di attività non finanziarie |
0,02 |
0,03 |
0,02 |
0,02 |
0,01 |
trasferimenti in c/capitale |
0,2 |
0,2 |
0,3 |
0,4 |
0,4 |
totale uscite c/capitale |
4,52 |
4,93 |
5,52 |
5,32 |
5,61 |
TOTALE USCITE COMPLESSIVE |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
Dalla tabella risulta che la spesa pubblica relativa alla funzione istruzione si concentra soprattutto nella fase di produzione e di offerta del servizio, ossia nella spesa per i consumi finali (esaminati nelle pagine successive), che rappresenta un valore prossimo al 90 per cento del totale della spesa in questione.
La spesa per trasferimenti correnti alle famiglie, rappresentati per lo più da borse di studio erogate dagli enti per il diritto allo studio universitario, da comuni e da regioni alle istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie e alle imprese[461], ha avuto una consistenza vicina al 3 per cento.
Quanto alle spese di conto capitale, gli investimenti, che, come illustrato nelle pagine successive, sono effettuati prevalentemente dalle amministrazioni locali (si veda la tabella 6), rappresentano la seconda voce della spesa per l’istruzione, con un’incidenza del 5 per cento circa.
Quota prevalente della spesa destinata alle retribuzioni |
La quota predominante della spesa complessiva per l’istruzione è rappresentata dalle retribuzioni corrisposte ai dipendenti (redditi da lavoro), la cui incidenza percentuale sul totale della spesa pubblica per la funzione in esame si è mantenuta in media, nel quinquennio considerato, prossima al 75%, mostrando peraltro un progressivo decremento dal 76% riferito dell’anno 2000, al 73% del 2004.
L’andamento della spesa per i compensi viene esposto[462] nella tabella 4:
Tab. 4 - Incidenza dei redditi da lavoro sul totale della spesa per l’istruzione
anni 2000-2004
(mln euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
redditi da lavoro |
43.637 |
45.737 |
47.777 |
50.411 |
49.889 |
percentuale sul Pil (a) |
|
3,8 |
3,8 |
3,9 |
3,7 |
percentuale sul totale della spesa per l’istruzione |
76 |
75 |
75 |
74 |
73 |
variazione percentuale su anno precedente |
n.d. |
5 |
4 |
6 |
-1 |
(a)L’incidenza sul Pil è stata ricavata tenendo conto della serie non aggiornata alla luce dell’ultima revisione statistica del Pil a prezzo di mercato.
Come evidenziato nella tabella, l’andamento della spesa in questione appare in lieve diminuzione nel corso del quinquennio considerato, con l’eccezione dell’anno 2003, quando si osserva un picco di spesa da riferire, presumibilmente, ad una tornata di rinnovi contrattuali[463].
Tale trend decrescente è rilevabile, in misura meno accentuata, con riguardo all’incidenza rispetto al Pil (-1% nel periodo considerato) e, in misura più rilevante, ove si consideri la percentuale della spesa per le retribuzioni rispetto alla spesa totale per l’istruzione (-3%).
Il decremento della spesa per i compensi trova corrispondenza nell’andamento del numero dei docenti che, nell’ultimo decennio, ha evidenziato una riduzione (-3,6%) come riportato nella tavola seguente[464]:
Tav. 1 - Docenti con contratto a tempo indeterminato e determinato annuale
|
96/97 |
97/98 |
98/99 |
99/00 |
00/01 |
01/02 |
02/03 |
03/04 |
04/05 |
valori assoluti |
759.232 |
741.465 |
743.060 |
739.038 |
720.939 |
760.759 |
750.653 |
739.610 |
732.179 |
num. indice (96/97=100) |
100 |
98 |
98 |
97 |
95 |
100 |
99 |
97 |
96 |
Ripartizione della spesa per l’istruzione per livelli di governo
Con riferimento ai sottosettori della P.A. che sostengono la spesa per la funzione istruzione, rappresentati dalle amministrazioni centrali e dalle amministrazioni locali, nel periodo esaminato le prime hanno contribuito con una quota mediamente di poco superiore al 70 per cento, mentre il 30 per cento è risultato a carico delle amministrazioni locali. I dati sono riportati nella tabella 5:
Tab. 5 – Spesa complessiva per l’istruzione per sottosettore della P.A. – anni 2000-2004
(mln di euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
|||||
importo |
% |
importo |
% |
importo |
% |
importo |
% |
importo |
% |
|
Amministrazioni centrali |
41.291 |
72 |
43.634 |
71 |
44.592 |
70 |
47.988 |
71 |
46.831 |
69 |
Amministrazioni locali |
16.449 |
28 |
17.549 |
29 |
18.820 |
30 |
19.761 |
29 |
21.098 |
31 |
TOTALE |
57.740 |
100 |
61.183 |
100 |
63.412 |
100 |
67.749 |
100 |
67.929 |
100 |
La tabella 6 rappresenta il contributo delle amministrazioni centrali e delle amministrazioni locali alle principali voci di spesa relative alla funzione istruzione (già descritte, nel loro complesso, dalla tabella 2). Come già accennato, la voce di spesa che connota l’intervento delle amministrazioni locali nella spesa per l’istruzione, oltre, naturalmente, ai redditi da lavoro e ai consumi intermedi (consumi finali) è costituita dagli investimenti.
Tab. 6 – Ripartizione delle voci di spesa per l’istruzione tra sottosettori della P.A. - anni 2000-2004
(mln di euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
|||||
importo |
% |
importo |
% |
importo |
% |
importo |
% |
importo |
% |
|
redditi da lavoro |
43.637 |
|
45.737 |
|
47.777 |
|
50.411 |
|
49.889 |
|
amm. centrali |
36.876 |
85 |
38.879 |
85 |
40.597 |
85 |
42.956 |
85 |
41.959 |
84 |
amm. locali |
6.761 |
15 |
6.858 |
15 |
7.180 |
15 |
7.455 |
15 |
7.930 |
16 |
consumi intermedi |
6.565 |
|
6.906 |
|
6.316 |
|
6.942 |
|
7.257 |
|
amm. centrali |
1.388 |
21 |
1.441 |
21 |
626 |
10 |
1.114 |
16 |
1.121 |
15 |
amm. locali |
5.177 |
79 |
5.465 |
79 |
5.690 |
90 |
5.828 |
84 |
6.136 |
85 |
contributi alla produzione |
955 |
|
1.276 |
|
1.173 |
|
1.777 |
|
1.599 |
|
amm. centrali |
386 |
40 |
539 |
42 |
387 |
33 |
964 |
54 |
779 |
49 |
amm. locali |
569 |
60 |
737 |
58 |
786 |
67 |
813 |
46 |
820 |
51 |
trasferimenti correnti |
1.427 |
|
1.541 |
|
1.725 |
|
1.994 |
|
2.097 |
|
amm. centrali |
3 |
0,21 |
2 |
0,13 |
4 |
0,23 |
5 |
0,25 |
5 |
0,24 |
amm. locali |
1.424 |
99,79 |
1.539 |
99,87 |
1.721 |
99,77 |
1.989 |
99,75 |
2.092 |
99,76 |
Investimenti |
2.484 |
|
2.890 |
|
3.310 |
|
3.313 |
|
3.549 |
|
amm. centrali |
62 |
2 |
121 |
4 |
126 |
4 |
65 |
2 |
66 |
2 |
amm. locali |
2.422 |
98 |
2.769 |
96 |
3.184 |
96 |
3.248 |
98 |
3.483 |
98 |
I dati appena esposti evidenziano che la spesa delle amministrazioni centrali è quasi interamente assorbita dalla voce relativa ai redditi da lavoro, mentre per le amministrazioni locali - che pure contribuiscono agli oneri per i compensi con una quota del 15 per cento circa – assume un rilievo più marcato, rispetto alle amministrazioni centrali, la spesa di investimento connessa, in particolare, al funzionamento del sistema dell’istruzione.
La spesa per l’istruzione nel contesto internazionale: alcuni indicatori statistici
Alcuni elementi informativi circa l’ammontare e le caratteristiche della spesa italiana per l’istruzione, in rapporto ai dati che emergono dal contesto internazionale, possono essere tratte dall’annuale pubblicazione OCSE dedicata alla materia, “Education at a glance: OECD indicators”[465]. Tale rapporto, che rappresenta uno strumento ideato appositamente ai fini della valutazione comparativa della performance dei sistemi di istruzione nazionale, fornisce una serie di indicatori comparabili ed aggiornati utili a rilevare, tra il resto, il livello dei finanziamenti erogati.
Le fonti utilizzate per la formazione degli indicatori sono costituite da:
· dati UNESCO, OECD, Eurostat (UOE)[466];
· fonti nazionali, per lo più rappresentate da fonti ministeriali e/o dagli istituti nazionali di statistica[467]: per l’Italia l’Istat e il Servizio statistico del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
I dati utilizzati si riferiscono al periodo 2000-2002.
I finanziamenti erogati sono espressi in dollari USA PPA (parità di potere d’acquisto).
Un indicatore utile per una prima valutazione dell’efficacia della spesa per l’istruzione può essere rappresentato dalla spesa media annua sostenuta per ciascuno studente, calcolata dividendo la spesa totale per l’istruzione per le unità full time equivalenti: considerati tutti i livelli di istruzione, l’indicatore Ocse evidenzia che in Italia la spesa pubblica per l’istruzione è stata di 6.928 dollari - valore espresso a parità di potere d’acquisto (PPA) - nel 2000, 7.839 dollari nel 2001 e 7.708 dollari nel 2002.
Spesa italiana annua per studente superiore alla media OCSE |
Tali valori, che per quanto riguarda l’Italia sono stati costruiti con riferimento alla sola spesa pubblica, collocano il Paese ad un livello superiore alla spesa media individuale per l’istruzione sostenuta dagli altri membri Ocse[468], che è risultata pari a 5.736 dollari nel 2000, 6.190 nel 2001 e 6.687 nel 2002.
La seguente tabella evidenzia i dati appena esposti:
Tab. 7 - Spesa annua per studente per l’istruzione - anni 2000-2002
(dollari USA PPA)
|
2000 |
2001 |
2002 |
Italia (a) |
6.928 |
7.839 |
7.708 |
media OCSE (b) |
5.736 |
6.190 |
6.687 |
differenza in valore assoluto (a-b) |
1.192 |
1.649 |
1.021 |
differenza percentuale |
21 |
27 |
15 |
Per completezza di informazione, nella seguente tabella viene esposto il dato relativo al rapporto percentuale tra spesa pubblica e privata per l’istruzione in Italia e come media OCSE:
Tav. 2 - Rapporto percentuale spesa pubblica e privata per l’istruzione
|
2000 |
2001 |
2002 |
||||||
|
Spesa pubblica |
Spesa privata |
totale |
Spesa pubblica |
Spesa privata |
totale |
Spesa pubblica |
Spesa privata |
totale |
Italia |
90.9 |
9.1 |
100 |
90.7 |
9.3 |
100 |
92.6 |
7.4 |
100 |
media OCSE |
88.4 |
11.6 |
100 |
87.8 |
12.2 |
100 |
88.4 |
11.6 |
100 |
Non sono disponibili dati di raffronto riguardo alla composizione della spesa |
Pur tenendo conto del valore meramente indicativo di un dato che rappresenta la media della spesa pubblica per tutti i livelli scolastici, dalla scuola dell’infanzia all’università, e quindi non evidenzia le differenze tra le risorse destinate a ciascun livello (che, ad esempio, nel 2002, oscillano tra un minimo di circa 5.445 dollari per alunno della scuola materna e un massimo di oltre 8.600 dollari per studente universitario), il dato italiano colloca il Paese tra i primi dell’area OCSE, preceduto solamente da Svizzera, Stati Uniti, Norvegia, Danimarca, Austria, Svezia e Belgio. Non sono peraltro disponibili dati aggiornati di comparazione che consentano un raffronto anche con riguardo alla composizione della spesa complessiva di ciascun Paese, al fine di valutare l’incidenza delle diverse voci (retribuzioni, investimenti, ecc.).
Ulteriori indicatori strutturali significativi, ai fini della presente analisi, riguardano il rapporto tra il numero degli alunni e quello dei docenti e la consistenza media delle classi: i dati relativi all’Italia evidenziano, in entrambi i casi, valori inferiori alla media OCSE, come indicato nella seguente tabella[469]:
Tab. 8 - Rapporto alunni/docenti e numero alunni per classe – anno 2003
|
Rapporto alunni/docenti |
Alunni per classe |
||||
Scuola |
primaria |
secondaria inferiore |
secondaria superiore |
primaria |
secondaria inferiore |
secondaria superiore |
Italia |
10,9 |
10,3 |
10,8 |
18 |
20,9 |
n.d |
media OCSE |
16,5 |
14,3 |
13 |
21,4 |
23,6 |
n.d |
· La spesa per ricerca e sviluppo
La presente analisi relativa alla spesa per la ricerca e lo sviluppo (R&S) si è avvalsa dei dati elaborati e rilasciati dall’Istat[470] sulla base di informazioni statistiche raccolte presso imprese, amministrazioni pubbliche e istituzioni private no profit che svolgono attività di R&S intra-muros[471].
Si rammenta che, con riferimento all’attività di R&S, nell’ambito delle amministrazioni pubbliche si distinguono:
- gli enti di ricerca propriamente detti, che hanno come fine istituzionale lo svolgimento di tale attività[472];
- le università;
- le altre istituzioni pubbliche, ovvero le amministrazioni dello Stato (laboratori e istituti dipendenti dai ministeri) e degli altri enti pubblici, per i quali la ricerca non rappresenta l’attività principale.
Va segnalato, in particolare, in relazione alla stima dei dati sulla R&S svolta nelle università, che la base informativa esaminata considera indistintamente “tutte le sedi universitarie attive sul territorio nazionale, sia statali, sia libere o pareggiate”[473].
Si rammenta che, con riferimento all’anno accademico 2003-2004, delle 72 università presenti sul territorio nazionale, 58 (pari all’81 per cento) erano statali e 14 (19 per cento) non statali[474].
Gli indicatori utilizzati per la presente analisi si riferiscono al periodo 2000- 2003[475], come dati di consuntivo, e agli anni 2004 e 2005, in termini di previsione.
I dati di previsione riferiti, come accennato, agli anni 2004 e 2005, sono stati costruiti dall’Istituto di statistica sulla base delle informazioni - e dunque, per i profili che qui interessano, sulla base delle aspettative finanziarie - fornite dal campione degli operatori della ricerca coinvolto nella rilevazione Istat, rappresentato da amministrazioni pubbliche, istituzioni private no profit e imprese. Nonostante i limiti connessi al loro carattere meramente revisionale, tali dati vengono riportati nel presente lavoro per completezza di informazione, anche in considerazione del fatto che si tratta di dati certificati dall’Istat e da questo trasmessi ad Eurostat[476].
I dati di previsione, riferiti ai medesimi anni 2004 e 2005, relativi alla R&S svolta presso le università non sono, invece, disponibili in quanto tra gli elementi utilizzati per la loro costruzione vi sono i dati del bilancio annuale delle università[477], non ancora presenti al momento dell’elaborazione degli indicatori.
Ovviamente non si dispone dei dati di consuntivo da rapportare ai quelli di previsione.
La spesa per ricerca e sviluppo negli anni 2000-2003
La spesa per la R&S nel periodo 2000-2003 evidenzia i seguenti aspetti:
· il valore assoluto della spesa complessiva, pubblica e privata, per R&S è aumentato nel periodo 2000-2003 dai 12.460 mln di euro del 2000 ai 14.769 mln di euro del 2003; il corrispondente incremento percentuale riferito ogni anno all’anno precedente è stato superiore all’8% nei primi due anni, si è attestato al 7,6% nel 2002, e all’1,2% nel 2003;
Incidenza della spesa sul Pil |
· l’incidenza percentuale della predetta spesa rispetto al Pil, mediamente di poco superiore all’1,1%, ha mostrato un andamento lievemente crescente fino al 2002 (1,07% nel 2000, 1,11% nel 2001 e 1,16% nel 2002), e un leggero decremento nel 2003, quando è risultato dell’1,14%;
Quota della spesa erogata dalle università |
· l’incremento in valore assoluto registrato per il complesso della spesa si riflette anche sulla spesa per R&S sostenuta dalle università, che è aumentata, in valore assoluto, dai 3.865 mln di euro del 2000 (pari al 31% della spesa totale) ai 5.000 mln di euro del 2003 (33,9% del totale), con tassi di incremento annuo superiori, dal 2001, a quelli di incremento della spesa totale. E’ inoltre costantemente aumentata l’incidenza della spesa delle università rispetto al Pil, dallo 0,33% del 2000 allo 0,38% del 2003;
· la spesa erogata dalle altre amministrazioni pubbliche (enti di ricerca e altre istituzioni ) passa da 2.356 mln di euro nel 2000 a 2.582 mln di euro nel 2003, mostrando peraltro tassi di crescita via via decrescenti (+6,5% nel 2000, +5,8% nel 2001, +2,9% nel 2002 e +0,7% nel 2003). Inoltre, nel periodo considerato, la crescita percentuale annua di tale spesa risulta sempre inferiore all’incremento percentuale della spesa complessiva per ricerca e sviluppo. Pertanto, il contributo di tali enti si riduce dal 18,9% del 2000 al 17,5% del 2003, pur rimanendo sostanzialmente stabile l’incidenza della spesa sostenuta dagli enti medesimi rispetto al Pil (0,20% circa);
· nel periodo considerato, le imprese hanno progressivamente ridotto il proprio contributo alla spesa in questione, dallo 0,51% del 2000 al 47,3% del 2003. In quota di Pil, la spesa delle imprese rimane incede sostanzialmente stabile, assestandosi mediamente intorno allo 0,55%.
I dati esposti vengono sintetizzati nella seguente tabella:
(mln di euro) |
||||
SETTORI ISTITUZIONALI |
SPESA |
VARIAZ.% ANNUA |
COMPOSIZ.% |
% su Pil(a) |
ANNO 2000 |
||||
AMM. PUBBLICHE |
2.356 |
6,5 |
18,9 |
0,20 |
Enti di ricerca |
1.886 |
7,3 |
15,1 |
|
Altre istituzioni pubbliche |
470 |
3,1 |
3,8 |
|
ISTITUZ. PRIV. NON PROFIT |
n.d. |
n.d. |
n.d. |
|
IMPRESE |
6.239 |
9,8 |
50,1 |
0,54 |
Totale escluse le università |
8.595 |
8,8 |
69 |
0,74 |
UNIVERSITÀ |
3.865 |
6,6 |
31 |
0,33 |
Totale |
12.460 |
8,1 |
100 |
1,07 |
ANNO 2001 |
||||
AMM. PUBBLICHE |
2.493 |
5,8 |
18,4 |
0,20 |
Enti di ricerca |
1.923 |
2 |
14,2 |
|
Altre istituzioni pubbliche |
570 |
21,3 |
4,2 |
|
ISTITUZ. PRIV. NON PROFIT |
n.d. |
n.d. |
n.d. |
|
IMPRESE |
6.661 |
6,8 |
49,1 |
0,55 |
Totale escluse le università |
9.154 |
6,5 |
67,5 |
0,75 |
UNIVERSITÀ |
4.418 |
14,3 |
32,6 |
0,36 |
Totale |
13.572 |
8,9 |
100 |
1,11 |
ANNO 2002 |
||||
AMM. PUBBLICHE |
2.565 |
2,9 |
17,6 |
0,20 |
Enti di ricerca |
2.115 |
10 |
14,5 |
|
Altre istituzioni pubbliche |
450 |
-21,1 |
3,1 |
|
ISTITUZ. PRIV. NON PROFIT |
186 |
- |
1,3 |
0,01 |
IMPRESE |
7.057 |
5,9 |
48,3 |
0,56 |
Totale escluse le università |
9.808 |
7,1 |
67,2 |
0,77 |
UNIVERSITÀ |
4.792 |
8,5 |
32,8 |
0,38 |
Totale |
14.600 |
7,6 |
100 |
1,16 |
ANNO 2003 |
||||
AMM. PUBBLICHE |
2.582 |
0,7 |
17,5 |
0,20 |
Enti di ricerca |
2.113 |
-0,1 |
14,3 |
|
Altre istituzioni pubbliche |
469 |
4,2 |
3,2 |
|
ISTITUZ. PRIV. NON PROFIT |
208 |
11,8 |
1,4 |
0,02 |
IMPRESE |
6.979 |
-1,1 |
47,3 |
0,54 |
Totale escluse le università |
9.769 |
-0,4 |
66,1 |
0,76 |
UNIVERSITÀ |
5.000 |
4,3 |
33,9 |
0,38 |
Totale |
14.769 |
1,2 |
100 |
1,14 |
ANNO 2004 (b) |
||||
AMM. PUBBLICHE |
2.337 |
-9,5 |
|
|
Enti di ricerca |
1.868 |
-11,6 |
|
|
Altre istituzioni pubbliche |
469 |
0 |
|
|
ISTITUZ. PRIV. NON PROFIT |
214 |
2,9 |
|
|
IMPRESE |
7.501 |
7,5 |
|
|
Totale escluse le università |
10.052 |
2,9 |
|
|
ANNO 2005 (b) |
||||
AMM. PUBBLICHE |
2.374 |
1,6 |
|
|
Enti di ricerca |
1.908 |
2,1 |
|
|
Altre istituzioni pubbliche |
466 |
-0,6 |
|
|
ISTITUZ. PRIV. NON PROFIT |
225 |
5,1 |
|
|
IMPRESE |
7.882 |
5,1 |
|
|
Totale escluse le università |
10.481 |
4,3 |
|
|
(a) Incidenza rispetto a valori del Pil non aggiornati alla luce dell’ultima revisione statistica generale.
(b) Stima su dati di previsione trasmessi da imprese e istituzioni. Il totale non è stato calcolato per indisponibilità dei dati sulle università.
Le caratteristiche della spesa
Contributo del settore privato alla spesa inferiore a quello del settore pubblico |
Il quadro della spesa in questione che emerge dai dati ora esposti appare caratterizzato da un contributo del settore privato alla spesa complessiva inferiore rispetto a quello del settore pubblico. Nel 2002 e nel 2003, infatti, la somma della spesa, in termini percentuali, delle imprese e del settore privato non profit[478] non ha raggiunto la metà del totale; nei due anni precedenti - per i quali il dato del non profit non è disponibile – il contributo delle sole imprese è stato del 50,1% (2000) e del 49,1% (2001). Inoltre, come già accennato, il contributo percentuale delle imprese alla spesa per R&S nel medesimo periodo è risultato decrescente (50,1% del 2000, 49,1% nel 2001, 48,3% nel 2002 e 47,3% nel 2003).
La quota, seppur di poco, maggioritaria della spesa per la R&S in Italia, nel periodo esaminato, è risultata a carico delle amministrazioni pubbliche e delle università.
Gli apporti forniti dai due settori, tuttavia, mostrano caratteristiche differenti: le amministrazioni pubbliche, pur a fronte di un incremento della spesa in valore assoluto, hanno fornito un contributo percentualmente decrescente (-1,4% nel periodo 2000-2003); nel caso delle università, all’aumento della spesa assoluta corrisponde un incremento anche del contributo percentuale (+ 2,9% nel periodo 2000-2003), nonché l’aumento dell’incidenza di tale spesa sul Pil[479], che passa dallo 0,33% del 2000, allo 0,36% del 2001 e allo 0,38% nel 2002.
Il sistema di ricerca in Italia appare, dunque, prevalentemente finanziato dal settore pubblico che svolge, per lo più, attività di ricerca di base e ricerca applicata[480].[481].
Definizione di R&S |
Si ricorda che in base al “Manuale di Frascati” [482], l’attività di R&S si distingue in tre tipologie: la ricerca di base, che consiste nel lavoro sperimentale o
teorico intrapreso principalmente per acquisire nuove conoscenze, non finalizzato ad una specifica applicazione; la ricerca applicata, ossia il lavoro originale intrapreso al fine di acquisire nuove conoscenze e finalizzato ad una pratica e specifica applicazione; lo sviluppo sperimentale, che costituisce il lavoro sistematico basato sulle conoscenze esistenti acquisite attraverso la ricerca e l’esperienza pratica, al fine di sviluppare o migliorare materiali, prodotti, processi produttivi, sistemi e servizi.
L’impegno finanziario dell’Italia per la R&S nel contesto internazionale
L’incidenza percentuale della spesa complessiva, pubblica e privata, per ricerca e sviluppo è un indicatore utilizzato per confrontare la performance dei diversi Paesi in tale settore[483].
Nella tabella seguente vengono riportati i dati più aggiornati forniti da Eurostat[484]:
Incidenza percentuale della spesa per R&S sul Pil – anni 2000-2004
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 * |
EU25 |
1,89 |
1,93 |
1,93 |
1,92 |
1,9 |
Italia |
1,07 |
1,11 |
1,16 |
1,14 |
n.d. |
* Dato di previsione
Spesa italiana inferiore alla media europea |
I dati evidenziano come la spesa italiana sia rimasta, nel periodo considerato, al di sotto della media dei Paesi dell’Unione, che appare costante intorno all’ 1,9 per cento.
Indicazioni del Programma di Lisbona |
Eurostat ha sottolineato come tale risultato sia significativamente inferiore rispetto a quello delle altre maggiori economie, ricordando che nel 2003, per esempio, gli Stati Uniti hanno avuto una spesa per R&S sul Pil pari al 2,59% e il Giappone pari al 3,15%[485]. Anche la media dei Paesi OCSE risulta superiore, essendosi attestata, nel 2002, al 2,26%[486].
Si rammenta che il rapporto spesa per R&S/Pil fissato dal Programma di Lisbona[487] e precisato dal Consiglio Europeo di Barcellona del 2002 prevede che gli investimenti in R&S aumentino fino al 3% del Pil entro il 2010.
Tale Programma prevede altresì che nell’ambito di tale spesa il contributo delle imprese alla spesa nazionale per ricerca debba raggiungere la soglia dei due terzi[488]. Sulla base dei dati disponibili, nel 2002, il contributo alla spesa totale da parte delle imprese è risultato, in media, in Europa (UE25) pari al 56 per cento circa; la media italiana, nel medesimo anno, è stata del 48,3%.
Nel Programma nazionale per la ricerca 2005[489] - premesso che la spesa in ricerca delle imprese italiane potrebbe essere significativamente sottostimata a seguito delle difficoltà connesse alla rilevazione di tale dato – si afferma che la differenza tra l’Italia e la media dei Paesi UE quanto alle risorse per la R&S “è da addebitarsi in buona parte alle ridotte spese in ricerca da parte del settore privato”, correlata alla struttura del sistema produttivo italiano “composto di piccole e medie imprese con bassa propensione a sostenere elevate spese di ricerca e operanti, per una parte assai consistente, in settori a bassa intensità tecnologica”.
Da ultimo, si segnala che il rischio che l’UE non riesca a conseguire gli obiettivi che si è prefissata è stato recentemente sottolineato dal commissario per la scienza e la ricerca[490]. Tra gli elementi di criticità in relazione all’obiettivo della spesa per R&S al 3% del Pil entro il 2010, è stata indicata una crescita degli investimenti per R&S in percentuale sul Pil molto contenuta.
[1] “Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio”, che reca le norme principali sulle procedure finanziarie e di bilancio.
[2] Le modalità di copertura sono state recentemente ulteriormente precisate, quanto alle relative modalità applicative, dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2004, nell’ambito della definizione dei criteri di redazione della relazione tecnica standard introdotta dalla medesima Direttiva, sulla quale si tornerà più avanti in questo capitolo.
[3] Tale ultima dizione è stata introdotta dalla Legge n.208 del 1999, che ha modificato l’articolo 11-ter della legge n.468, estendendo in una duplice direzione l'obbligo della relazione tecnica sugli effetti finanziari, fino ad allora riferito esclusivamente ai disegni di legge ed agli emendamenti di iniziativa governativa "che comportino maggiori spese ovvero diminuzioni di entrate": da un lato la legge n.208 ha previsto la relazione tecnica anche per i provvedimenti volti a produrre effetti positivi sulla finanza pubblica; dall'altro, ha ampliato la tipologia degli atti assoggettati a tale obbligo, includendovi gli schemi di decreto legislativo, che l'articolo 96-ter del regolamento della Camera ha ricompreso nella più ampia dizione di "schemi di atti normativi".
[4] Contenuti della Direttiva 20.12.2004, prima citata.
[5] Va segnalato che tale norma prevede che il parere della Commissione sulle conseguenze di carattere finanziario sia reso “anche avendo riguardo ai vincoli stabiliti dal DPEF, come approvato dalla risoluzione parlamentare, e ai principi contenuti nei trattati dell’Unione Europea”. Viene in tal modo introdotto anche un vincolo di compatibilità rispetto a tali principi, con un rinvio, principalmente, all’articolo 104 del Trattato UE.
[6] Va segnalato che qualora per il provvedimento non si prevedano effetti finanziari, tale circostanza risulta nella generalità dei casi sempre indicata nella relazione illustrativa, al fine di dar conto delle ragioni per le quali non viene prodotta la relazione tecnica.
[7] Il parere viene reso in Commissione plenaria oppure nella sede del Comitato permanente per i pareri, sede ristretta e specializzata, che la Commissione può costituire su base rappresentativa della consistenza dei Gruppi.
[8] Per il Senato il riferimento è costituito dall’articolo 102-bis.
[9] Come si è verificato, nella XIV legislatura, per il d.d.l. recante la legge di semplificazione per il 2001( A.C. 2579), che è stato rinviato alle Camere a causa della presenza di due disposizioni in materia di pubblici dipendenti (articolo 14, commi 1 e 3 del testo approvato) sui quali le Commissioni bilancio di Camera e Senato avevano reso parere negativo, non recepito in sede d’Assemblea.
[10] Al Senato la medesima procedura vige in via di prassi, sulla base di differenti norme regolamentari.
[11] Sul modello del Congressional Budget Office (CBO) statunitense, struttura bicamerale che costituisce, sostanzialmente, un contraltare agli uffici del Governo. Il CBO, infatti, elabora stime autonome degli effetti finanziari dei progetti di legge; predispone altresì previsioni macroeconomiche e di bilancio di breve-medio periodo.
[12] Entrambi i provvedimenti sono poi stati approvati – rispettivamente con legge 29 luglio 2003 n.229 e con legge 11 marzo 2006, n.81, recependo i contenuti del messaggio di rinvio.
[13] I provvedimenti sono stati successivamente approvati, divenendo rispettivamente la legge 8 maggio 1998, n.146 e 18 giugno 1998, n.192, recependo le osservazioni del Capo dello Stato.
[14] L’allegato 2 alla Direttiva in esame reca in proposito un apposito modello in base al quale devono essere redatte le relazioni tecniche.
[15] Tale indicazione è necessaria sulla base di quanto ha disposto la legge n.246 del 2002 (di conversione del D.L. n.194/2002), su cui si veda la specifica parte contenuta nel presente dossier.
[16] Per parte degli enti in questione vale anche quanto prescritto dall’articolo 11-ter, comma 5, della L. n.468/1978, in base al quale la relazione tecnica riporta - per le norme recanti oneri a carico dei bilanci di “enti appartenenti al settore pubblico allargato” - la valutazione espressa dagli enti interessati.
[17] Come espressamente precisato dalla Corte dei conti nella II^ Relazione quadrimestrale del 2005.
[18] Si segnala che l’Assemblea ha successivamente reintrodotto nel testo la norma che estende ai lavoratori atipici il diritto all’astensione lavorativa in caso di donazione, pur con il parere contrario della Commissione Bilancio e del Governo. Tale situazione si è ripetuta anche al Senato.
[19] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2005 (A.C. 6176).
[20] A.C. 1707 e A.C. 1707-B. Questo è anche il caso della legge n. 226/2004 (A.C. 4233), sulla sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva.
[21] Con conseguente adeguamento della copertura finanziaria.
[22] Legge n. 350/2003.
[23] A.C. 141 e abbinati.
[24] Cfr., ad esempio, l’A.C. 6313, in materia di cooperazione culturale, educativa, scientifica e tecnologica tra Italia e Svezia (ora legge n. 97/2006); l’A.C. 6224 sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell’Africa-Eurasia (ora legge n. 66/2006); l’A.C. 5335, in materia di co-produzione cinematografica tra Italia e Sud Africa (ora legge n. 88/2006).
[25] Il provvedimento, trasmesso al Senato (A.S. 2468), non è poi giunto all’approvazione definitiva.
[26] Nella XIV legislatura risultano complessivamente presentate circa 520 relazioni tecniche che si aggiungono alle circa 2.500 delle legislature precedenti.
[27] Legge n. 350/2003, decreto-legge n. 80/2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 140/2004), decreto-legge n. 7/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43/2005).
[28] Legge n. 80/2003, decreto-legge n. 269/2003 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003) e decreto-legge n. 203/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2005).
[29] Per esempio, con riferimento alla reintroduzione nell’ordinamento della tassa di stazionamento dei natanti.
[30] Art.1, commi 330-334 L.266/2005
[31] Ad esempio, nel corso della già ricordata verifica delle quantificazioni relative al gettito delle norme sia sui diritti di imbarco sia sulla tonnage tax, il Servizio ha fatto ricorso ai dati periodicamente prodotti dall’associazione di categoria degli armatori di navi (Confitarma).
[32] Ancora l’Annuario dei trasporti.
[33] Articolo 42 del decreto-legge n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003 (A.C. 4447).
[34] Cfr. anche l’articolo 10, commi 1-6, del decreto-legge n. 203/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2005), anch’esso in materia di potenziamento delle strutture dedicate all’accertamento e alla verifica delle invalidità civili (A.C. 6176).
[35] Articolo 1, comma 147, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).
[36] Articolo 1, commi 219-221, della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006).
[37] Minori risparmi derivavano dal ripristino, effettuato dalla norma, del riconoscimento delle spese di cura per il personale in missione all’estero.
[38] In particolare nelle sentenze n. 384 del 1991 e 25 del 1993.
[39] Che ha configurato – all’allegato 2 della Direttiva - le regole per la predisposizione della relazione tecnica standard.
[40] Legge 19 agosto 2003, n. 244: “Ratifica ed esecuzione della Convenzione di sicurezza sociale tra la Santa Sede e la Repubblica italiana, fatta a Città del Vaticano il 16 giugno 200”.
[41] Cfr. relazione della Corte dei Conti sulla tipologia delle coperture e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi approvate dal Parlamento nel periodo settembre-dicembre 2003 (Doc. XLVIII, n. 9, pag. 33).
[42] Cfr. seduta dell’8 marzo 2006 della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati e seduta del 14 marzo 2006 della Commissione Bilancio del Senato.
[43] O che incidono in termini ritenuti comunque compatibili con un’invarianza delle dotazioni finanziarie.
[44] Costituzione di centri di assistenza e documentazione sulle coltivazioni di piante officinali; iniziative volte ad incentivare la coltivazione delle piante officinali.
[45] La revisione deve essere disposta senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
[46] AC 2033.
[47] In particolare come prevede l’articolo 11-ter della legge n. 468/1978.
[48] Corte dei conti, Relazione sulle leggi di spesa pubblicate nel quadrimestre gennaio-aprile 2005.
[49] Decreto legge recante disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione. Disposizioni in materia di organico del personale della carriera diplomatica, delega al Governo per l’attuazione della direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso e proroghe di termini per l esercizio di deleghe legislative, convertito dalla legge n. 168/2005.
[50] Cfr. seduta della V^ Commissione del 27 luglio 2005. Il Governo ha fornito le assicurazioni richieste.
[51] Cfr. seduta della V^ Commissione del 16 febbraio 2005. Il Governo ha fornito le conferme richieste.
[52] Istituito dall’articolo 9-ter della legge n. 468/1978.
[53] Da ultimo cfr. Relazione maggio-agosto 2005 già citata.
[54] L’articolo 9-ter predetto precisa che l’utilizzo del fondo deve avvenire qualora si ritenga compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica.
[55] Recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito dalla legge n.80/2005.
[56] Le variazioni sui saldi di fabbisogno del settore statale e dell’indebitamento netto della P.A. riflettono gli effetti finanziari recati dalle norme in termini, rispettivamente, di cassa e di competenza economica.
[57] Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2004, già citata.
[58] Articolo 1, comma 50, legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006)
[59] Introdotto dall’articolo 32 del decreto legge n. 269/2003 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003 (collegato alla legge finanziaria per il 2004).
[60] Legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003).
[61] Articolo 2 del decreto legge n. 68/2006 (Misure urgenti per il reimpiego di lavoratori ultracinquantenni e proroga dei contratti di solidarietà , nonché disposizioni finanziarie) convertito dalla legge n. 127/2006.
[62] Legge finanziaria 2005.
[63] Legge finanziaria 2006.
[64] L’articolo 8 del decreto legge n. 35/2005 (c.d. decreto legge competitività) ha disposto che i contributi in conto capitale erogati sugli investimenti nel Mezzogiorno, venissero parzialmente trasformati da contributi a fondo perduto a contributi agevolati soggetti a restituzione.
[65] Tra gli oneri da coprire non si tiene conto delle regolazioni debitorie, in base alla prassi costantemente seguita nelle ultime sessioni di bilancio. Tale prassi si basa infatti sull’assunto che le regolazioni debitorie corrispondano ad obblighi a carico dello Stato già formatisi sulla base della legislazione vigente e che non discendono quindi dalle nuove disposizioni introdotte con la legge finanziaria.
[66] Si veda, per quanto concerne la manovra 2004, il D.L. n. 269/2003 che ha fornito la quota più ingente delle risorse utilizzate per la copertura degli oneri correnti della legge finanziaria 2004.
[68] Ciò anche in conseguenza del mancato utilizzo, a partire dalla finanziaria per il 2004, secondo quanto già segnalato, degli importi corrispondenti ai previsti miglioramenti del risparmio pubblico.
[69] L’introduzione nella finanziaria e, quindi nel prospetto di copertura, delle spese per eccedenze di spesa consegue all’entrata in vigore della legge n. 246/2002 (di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 194/2002) che ha aggiunto all’art. 11, comma 3, della legge n. 468/1978, la lettera i-quater. Pertanto, la prima legge finanziaria in cui compare la voce in questione è quella relativa al 2003 (legge n. 289/2002). Tali oneri sono riportati nel prospetto di copertura allegato alla legge finanziaria, al netto della quota riferita alla spesa in conto capitale e della parte qualificata come “regolazioni contabili e debitorie”, in quanto tali sottratte al vincolo di copertura. Cfr. precedente nota 1.
[71] Come, ad esempio, quelli derivanti da disposizioni in materia di sanità, eccedenze di spesa e altri oneri per esigenze non derogabili.
[73] Una quota di tali effetti è considerata, ai fini del saldo netto da finanziare, come risparmio di spesa per minori trasferimenti alle regioni, a seguito delle maggiori entrate IRAP.
[74] Si segnalano, tra le altre disposizioni, quelli di cui: ai commi da 387 a 411 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), relative alla pianificazione fiscale concordata, accertamento e studi di settore, con effetti di maggiore entrata per 3.089 mln nel 2005, 1.382 nel 2006 e 1.591 nel 2007; ai commi 414 e seguenti, in materia di riscossione, cui erano ascritte maggiori entrata per 350 mln. annui nel triennio 2005-2007.
[75] Audizione del 5 maggio 2005 nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’andamento dei saldi di finanza pubblica (Camera dei deputati - Commissione bilancio).
[76] Audizione del 22 luglio 2005 nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del DPEF 2006-2009 (Commissioni bilancio di Camera e Senato). Nell’occasione la Corte ha sottolineato “il drastico ridimensionamento degli importi contabilizzati nel mese di giugno 2005 (351 milioni) rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente (1,2 miliardi) e alla media nello stesso mese dell’ultimo triennio (1,4 miliardi)”.
[77] Legge 31 ottobre 2002 n. 246, di conversione del D.L. 6 settembre 2002 n. 194, recante misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica.
[78] Con esclusione degli organi costituzionali.
[79]Pur in assenza di tale presupposto, l’atto di indirizzo ha ricevuto il parere favorevole delle Commissioni parlamentare, sulla base delle circostanziate valutazioni recate nel parere medesimo (Cfr. Seduta della V^ Commissione della Camera del 6 marzo 2003 della V^ Commissione del Senato nella medesima data).
[80] D.L.12 luglio 2004, n.168, convertito nella legge 30 luglio 2004, n.-191.
[81]D.L. 17.10.2005, n.211, non convertito in legge ma il cui contenuto è stato poi trasfuso nel D.L. 30.9.2005, n.203, convertito dalla L. 2.12.2005, n. 248.
[82] Decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
[83] Come ha precisato la Corte dei conti in commento alla legge in questione nella Relazione sulla tipologia delle coperture e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi approvate dal Parlamento nel periodo gennaio-aprile 2004 (1° Relazione quadrimestrale 2004).
[84] Di conversione del D.L. n.7/2005, recante disposizioni urgenti in materia di ricerca, università, completamento di grandi opere ed altro.
[85] Nella Nota di verifica n.367 del marzo 2005.
[86] Di conversione del D.L. n.355/2003, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
[87] Di cui all’articolo 7, 2°comma,n.2), della L. n.468/1978.
[88] Convertito dalla legge n.236/1993.
[89] Recanti rispettivamente la conversione del D.L. n.249/2004 (interventi urgenti in materia di lavoro), del D.L. n.35/2005 (disposizioni urgenti per il Piano di azione per lo sviluppo) e del D.L. n.203/2005 (misure urgenti in materia tributaria e finanziaria).
[90] Di conversione del D.L. n.63/2005, recante disposizioni per lo sviluppo e la coesione territoriale e per la tutela del diritto d’autore.
[91] lettera aggiunta all’articolo 11, comma 3, della legge n.468/1978 dalla legge n.246/2002 in esame.
[92] Come espressamente affermato nel disegno di legge in questione (A.S.2356 della XIV legislatura), nel quale si è inoltre precisato: “ Tali spese, riguardanti benefici assimilabili a diritti soggettivi – peraltro già utilizzati dai beneficiari e oggetto di rimborso agli enti previdenziali – ovvero spese aventi natura obbligatoria, dovranno essere rifinanziate con appositi provvedimenti legislativi di carattere sostanziale, al limite in sede di prossima legge finanziaria”
[93] Legge finanziaria 2004.
[94] La parte riferibile alle maggiori spese già erogate nell’anno precedente viene invece inserita nella categoria delle regolazioni debitorie previste dalla legge finanziaria.
[95] Tale esclusione deriva da una prassi consolidata, fondata sul presupposto che gli oneri in questione corrispondano ad obblighi già formati in base alla legislazione vigente e pertanto non costituiscano nuova legislazione da considerare nel vincolo di copertura della legge finanziaria.
[96] Pari complessivamente a 191 milioni per il biennio 2004-2005 ed a 122 milioni a decorrere dal 2006.
[97] Cfr.sedute del 17 e 18 gennaio della V^ Commissione della Camera dei Deputati ed articolo 1, commi 5 e 6 del testo trasmesso al Senato (A.S.3755), in cui l’esame non è proseguito a causa del terminare della legislatura.
[98]. Recante, relativamente all’articolo 2 in argomento, la delega per interventi correttivi al codice della navigazione.
[99] Recante la delega per il riordino della legislazione in materia ambientale
[100] Tale ultima precisazione è contenuta solo nella legge n.265/2004; tuttavia la previsione della relazione tecnica anche nell’altro provvedimento (L.308/2004) comporta comunque l’espressione di un parere specifico da parte delle Commissioni bilancio dei due rami del Parlamento.
[101] Recante la delega per la riforma pensionistica.
[102] La clausola di non onerosità assume una formula del tipo “dall’esercizio della delega di cui all’articolo xy non devono derivare oneri a carico della finanza pubblica” ovvero “…a carico del bilancio dello Stato”.
[103] Legge 29 luglio 2003, n. 229. La clausola di non onerosità è stata inserita all’articolo 21 della legge medesima.
[104] Di delega al Governo per l'istituzione dell'Ente internazionale per la tutela della canzone napoletana nella tradizione. La proposta di legge non ha concluso l’iter procedurale presso La Camera dei deputati.
[105] Anche sulla base della documentazione predisposta nella Scheda di analisi n. 296 del Servizio Bilancio.
[106] In tal senso si esprime un documento depositato dal rappresentante del Governo presso la V Commissione nel corso della seduta del 18 ottobre 2005.
[107] Alla Camera il disegno di legge che ha originato il provvedimento in esame è contenuto nell’AC. 1798.
[108] Recante la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e la disciplina dei volontari di truppa; l’articolo 22 reca una delega specifica in relazione ai volontari in ferma prefissata.
[109] Che reca disposizioni per disciplinare la trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale.
[110] Si veda, da ultimo, l’articolo 2, comma 1, lettera d) della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003), l’articolo 2, comma 1, lettera d) della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), l’articolo 3, comma 1, lettera d) della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005).
[111] Convertito nella legge 31 maggio 2005, n. 89.
[112] L’articolo in questione è stato espunto nel corso dell’esame parlamentare presso il Senato.
[113] AC. 3387 divenuto poi legge 28 marzo 2003, n. 53.
[114] AC. 2144 divenuto poi legge 7 aprile 2003, n. 80.
[115] AC. 2145 divenuto poi legge 23 agosto 2004, n. 243.
[116] Come rileva anche la Corte dei conti, nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’anno 2004 (volume I, pagine.71-72).
[117] Presentato alla Camera dei Deputati, A.C. 2144 della XIV legislatura. Cfr. Servizio Bilancio dello Stato, Nota di verifica n. 52 del 15 marzo 2002.
[118] Corte dei conti, Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre gennaio-aprile 2003. La Corte esamina il provvedimento unitamente alla legge di delega in materia di istruzione e formazione professionale (legge n. 53 del 28 marzo 2003), formulando osservazioni di carattere generale riferibili ad entrambi i provvedimenti di delega. Le medesime osservazioni sono state ribadite in riferimento alla legge delega n.243/2004 in materia previdenziale, nella Relazione al rendiconto dello Stato 2004 prima citata.
[119] Cfr. Dossier n. 36 del Servizio Bilancio del marzo 2006.
[120] Collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2006, recante “Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, A. C. 6176/XIV legislatura.
[121] Cfr. Nota di verifica n. 433 del novembre 2005.
[122] Cfr. Servizio Bilancio dello Stato, Dossier n. 36 già citato.
[123] Corte dei conti, Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2005, maggio 2006.
[124] Si vedano anche le analisi effettuate in materia dalla Corte dei conti, che definisce queste entrate come “volontarie”.
[125] Analogamente a tutte le previsioni che vengono effettuate sul lato delle entrate e che implicano una stima dei tassi di adesione (per esempio, dei contribuenti).
[126] Ci si riferisce in questo secondo caso alle operazioni di cartolarizzazione di crediti, i cui effetti concorrono alla riduzione del fabbisogno di cassa della P.A., e non anche alle operazioni di privatizzazione mobiliare, i cui effetti sono portati direttamente a riduzione del debito e non concorrono alla formazione dei saldi di cassa del conto della P.A..
[127] Cfr. in particolare la tabella pubblicata a pagina 19 del documento della Corte dei conti del 21 marzo 2006.
[128] La prima percentuale indicata si ottiene rapportando gli incassi complessivamente conseguiti, pari a 57,8 mld, al valore totale del patrimonio trasferito, pari a 129,2 mld. Depurando tale ultimo ammontare dell’importo dei crediti con alto tasso di inesigibilità (pari a 44,4 mld) si ottiene la seconda percentuale indicata.
[129] Eccezion fatta per le citate dismissioni di partecipazioni azionarie, portate direttamente a riduzione del debito.
[130] Cfr. ad esempio la Nota di verifica n. 62, relativa al DL n. 63/2002.
[131] Cfr. l’art. 1, comma 5 della L. n. 266/2005.
[132] Tale importo, in linea con gli incassi registrati annualmente a valere su procedure ordinarie di dismissione immobiliare, poste in essere dall’intero complesso degli enti facenti parte della P.A., può essere considerato funzionale a consentire una efficiente gestione del patrimonio immobiliare della P.A..
[133] Cfr. in particolare le due operazioni di cartolarizzazione degli immobili degli enti previdenziali effettuate negli esercizi 2001 e 2002, denominate rispettivamente Scip1 e Scip2, nonché le operazioni effettuate da enti territoriali fra cui quella effettuata dalla regione Lazio nel 2002.
[134] Cfr., fra le altre, le molteplici operazioni di cartolarizzazione di crediti di natura previdenziale.
[135] Cfr. in particolare le cessioni di immobili a trattativa privata alla società Fintecna.
[136] Cfr. in particolare la costituzione del FIP (Fondo immobili pubblici) nel 2004.
[137] Tali criteri sono stati fissati dal documento Eurostat del 3 luglio 2002 e dispongono, fra l’altro, che non siano computabili ai fini del miglioramento dell’indebitamento netto le operazioni di cartolarizzazione che:
- non dispongano la cessione di assets già presenti nella situazione patrimoniale dell’ente cedente, ma dispongano invece la cartolarizzazione di flussi di entrate future;
- non rispettino il criterio di un rapporto minimo fra incassi conseguiti e patrimonio immobiliare ceduto dell’85%;
- siano assistite, in via sussidiaria, dalla garanzia dello Stato.
[138] Nel caso di contratti di compravendita a trattativa privata, profili di rischio di riclassificazione potrebbero essere connessi, ad esempio, all’eventuale utilizzo sistematico di una società privata, di proprietà pubblica, quale acquirente residuale degli immobili rimasti invenduti nelle aste di vendita degli immobili cartolarizzati. In tal caso potrebbe infatti sussistere il rischio che l’atto di compravendita possa di fatto essere assimilato ad una forma di concessione di garanzia dello Stato nei confronti dei sottoscrittori dei titoli dell’operazione di cartolarizzazione. Tali soggetti avrebbero infatti la garanzia che una società controllata dallo Stato ricomprerebbe tutti gli immobili rimasti invenduti, eliminando per i suddetti investitori il rischio connesso all’effettiva collocazione sul mercato degli immobili posti a garanzia dei titoli da loro sottoscritti. Nel caso del conferimento di immobili adibiti ad ufficio ai fondi immobiliari con riaffitto degli immobili stessi da parte dello Stato, va invece tenuto conto che il SEC95 non consente di computare gli effetti derivanti da contratti di lease-back. Di tale criterio si è tenuto conto, ad esempio, in occasione della citata operazione di costituzione del FIP, che non ha assunto la forma giuridica di tale tipologia di contratto.
[139] Cfr. ad esempio la NV 237 relativa al DL n. 269/2003, con riferimento agli articoli 26-30 del provvedimento.
[140] Cfr. ad esempio la citata NV 237 relativa al DL n. 269/2003, nella quale, da un lato, veniva fornita una stima degli oneri annui connessi al riaffitto di uffici pubblici dismessi, dall’altro, non veniva indicato, per gli anni successivi al primo, l’ammontare degli ulteriori oneri derivanti dal riaffitto degli immobili della difesa destinati al personale della difesa.
[141] Cfr. in proposito i Dossier di Verifica del Servizio bilancio dello Stato nn. 25, 28 e 29 elaborati con riferimento alla legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004).
[142] Cfr. in particolare l’art. 3, comma 134, della L. 350/2003.
[143] Ad opera del DL n. 269/2003.
[144] Convertito dalla legge n. 104/2004.
[145] Peggiorando il saldo dell’indebitamento netto di un importo pari a 182 mln di euro.
[146] Il provvedimento, così modificato, è stato successivamente approvato (L. n. 81/2006).
[147] Sulla base dei riscontri operati dalla Corte dei conti, tale situazione si è di fatto verificata, ad esempio, in taluni comuni di maggiori dimensioni negli esercizi 2003-2004 (cfr. la relazione della Corte sulla gestione finanziaria degli enti locali per gli esercizi 2003-2004).
[148] A titolo di esempio, fra le possibili strategie degli enti territoriali finalizzate all’ottimizzazione della gestione del bilancio in presenza dei vincoli del patto di stabilità interno, andrebbero considerate possibili riclassificazioni di voci di spesa da aggregati soggetti a vincolo ad altri liberi da limitazioni. Inoltre gli enti territoriali potrebbero collocare fuori bilancio alcune voci della spesa sottoposta a vincoli congiuntamente alle corrispondenti voci di entrata, realizzando una riduzione dell’aggregato della spesa senza un corrispondente miglioramento dei saldi di bilancio degli stessi enti.
[149] In occasione delle ultime due leggi finanziarie, (2005 e 2006), il Governo ha convenuto, in risposta ad osservazioni del Servizio bilancio dello Stato, sulla possibilità che, a fronte di limitazioni poste sul solo lato della spesa, gli enti territoriali avrebbero potuto attuare strategie con effetti di riduzione dell’entrata, sottolineandone peraltro la difficile praticabilità.
[150] Cfr. in particolare il Dossier di verifica n. 9 elaborato dal Servizio bilancio dello Stato con riferimento al testo iniziale della legge finanziaria per il 2003. In tale documento veniva in particolare segnalato che, sulla base della formulazione della norma, risultava completamente esclusa da vincoli la spesa per l’acquisto di beni e servizi per gli esercizi 2004 e 2005. Tale circostanza avrebbe completamente vanificato la possibilità di conseguire i risparmi ascritti per tali esercizi (pari rispettivamente a 1,8 e 2 mld). Nel corso dell’esame parlamentare, conseguentemente, veniva proposta una formulazione alternativa della norma.
[151] Cfr. il Dossier di verifica n. 10, dove si dà conto della risposta del Governo nella quale si conveniva sull’opportunità di modificare la norma nel senso indicato dal Servizio Bilancio dello Stato.
[152] Rapportando l’effetto cumulato dei risparmi ascritti alle diverse versioni del patto rispetto al Pil previsto per il 2006 si ottiene che il valore della correzione del deficit ammonta ad oltre un punto percentuale mentre l’effetto di correzione del debito ammonta a oltre 3 punti percentuali.
[153] Procedura disposta dall’articolo 29 della L. 289/2002.
[154] Articolo 44, comma 5, del decreto-legge n. 269/2003 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003).
[155] Articolo 10, comma 7, del decreto-legge n. 203/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2005.
[156] Si tratta di norme che fanno riferimento a debiti contributivi già accertati e, per questo, non sono state fatte rientrare nella tipologia già esaminata al punto precedente.
[157] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81/2006.
[158] Articolo 43 del decreto-legge n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003.
[159] Come integrata dalla successiva legge n. 266/2002 (A.C. 1456).
[160] Con riferimento alle entrate contributive i maggiori effetti di cassa erano originariamente quantificati in 2.400 miliardi di lire (1,2 miliardi di euro) nel 2001, 3.654 miliardi di lire (1,8 miliardi di euro) nel 2002, 4.254 miliardi di lire (2,1 miliardi di euro) nel 2003 e 654 miliardi di lire (0,3 miliardi di euro) nel 2004.
[161] Esclusione da futuri accertamenti, consistente riduzione delle somme da versare e possibilità di regolarizzare anche periodi pregressi.
[162] Da un punto di vista dei flussi di cassa, la Corte dei Conti nella Relazione sul rendiconto per il 2002 aveva quantificato le maggiori entrate complessivamente registratesi in poco meno di 1 miliardo di euro; il CNEL (L’esperienza della legge 18 ottobre 2001 n. 383 e le prospettive future per l’emersione del lavoro irregolare) ha espresso una valutazione analoga, rilevando che, sulla base dei dati Inps, risultavano 1.794 domande di iscrizione, a seguito di 1.266 dichiarazioni di emersione automatica (articolo 1) e 632 piani di emersione progressiva accolti, per un totale di 3.216 lavoratori interessati (articolo 1-bis).
[163] Decreto-legge n. 195/2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222/2002.
[164] L’articolo 39 tale legge prevede, al fine di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzare l’uso delle risorse, che gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche siano tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale. A tal fine, il Consiglio dei ministri definisce le priorità e le necessità operative da soddisfare e determina il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni dello Stato compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica del personale e con i dati sulle cessazioni dell'anno precedente. Le altre amministrazioni, quali le regioni, le università, gli enti locali e del Servizio sanitario nazionale, adeguano i propri ordinamenti ai principi della programmazione finalizzandoli alla riduzione programmata delle spese di personale.
[165] Le relative norme hanno disposto, in genere, la modifica dell’articolo 39, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. In particolare l’articolo 51, comma 1, lettera a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha disposto una riduzione di personale delle Amministrazioni dello Stato, con l’esclusione della scuola, non inferiore allo 0,5 per cento rispetto a quello in servizio al 31 dicembre 1997 per ciascuno degli anni 2002 e 2003. Questa disposizione è stata sostituita poi dal comma 3 dell'art. 19 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che ha imposto di realizzare una riduzione di personale non inferiore all'1 per cento rispetto a quello in servizio al 31 dicembre 2002 per ciascuno degli anni 2003 e 2004.
[166] Il blocco delle assunzioni è stato disposto per l’anno 2002 dall’articolo 19 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per l’anno 2003 dall’articolo 34, comma 4, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per l’anno 2004 dall’articolo 3, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per gli anni 2005, 2006 e 2007 dall’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
[167] Il limite all’utilizzo di personale a tempo determinato è stato disposto per l’anno 2003 dall’articolo 34, comma 13, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per l’anno 2004 dall’articolo 3, comma 65, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per l’anno 2005 dall’articolo 1, comma 116, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e per l’anno 2006 dall’articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
[168] Articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
[169] Articolo 22 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e articolo 35 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
[170] Amministrativo, tecnico e ausiliario.
[171] Che nel periodo 2001-2004 da circa 3.382.000 unità sono diminuiti a circa 3.352.000 unità. Se si guarda al numero complessivo, vale a dire compresi i dipendenti a tempo determinato, il totale dei dipendenti pubblici è rimasto sostanzialmente stabile, in quanto si è ridotto di sole 5.000 unità passando da circa 3.467.00 a circa 3.462.000 dipendenti.
[172] I dati sono ricavabili dal capitolo relativo agli studenti della pubblicazione “La scuola in cifre” disponibile nel sito internet del Ministero della istruzione, della università e della ricerca. Il dato include gli iscritti alle scuole statali dell’infanzia.
[173] Tra il 2001 ed il 2004 il numero dei dipendenti dei Corpi di polizia è passato da 320.972 a 324.734 unità mentre quello delle Forze armate è passato da 125.160 a 132.792 unità. I dati provengono dai Conti annuali elaborati dalla Ragioneria generale dello Stato.
[174] Recante norme di delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario.
[175] Recante misure di contrasto all’influenza aviaria, convertito dalla L. n. 244/2005.
[176] Calcolata sulla base dei contratti collettivi in vigore nel comparto dove le assunzioni devono essere effettuate.
[177] Pertanto posto pari a 100 l’onere lordo ed a 30 i contributi e le imposte, una nuova assunzione “costa” in finanziaria 70, mentre nelle altre leggi costa 100.
[178] Convertito dalla legge n.168/2005, recante norme concernenti la funzionalità della pubblica amministrazione.
[179] Piano da disporre con un separato provvedimento, a norma di quanto prevede l’articolo 1-bis del D.L. n.97/2004, convertito dalla legge n.143/2004.
[180] Secondo le modalità previste dall’articolo 399 del T.U. delle disposizioni in materia di istruzione di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297.
[181] Si veda la Nota di lettura n. 115 (luglio 2005) predisposta dal Servizio bilancio del Senato, nonché la Nota di verifica n.408 (luglio 2005 del Servizio Bilancio della Camera, le cui argomentazioni sono state riprese nel corso dell’esame in Commissione).
[182] Ribadita dal Governo in una Nota depositata presso la 5° Commissione del Senato il 13 luglio 2005.
[183] Seduta della Commissione bilancio del 19 luglio 2005. Tali considerazioni sono state confermate anche nel corso dell’esame presso la V^ Commissione della Camera
[184] Cfr. seduta del 19 luglio 2005.
[185] Relazione sulle leggi di spesa pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2005.
[186] In base regolamento UE n. 3605/93, modificato dai regg. nn. 351/02 e 2103/05, entro il 1° aprile ed il 1° ottobre di ogni anno, l’Istituto nazionale di statistica è tenuto a diffondere le stime aggiornate del prodotto interno lordo e dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per l’esercizio già concluso nonché le revisioni apportate ai dati riferiti agli esercizi precedenti. Le informazioni sono trasmesse alla Commissione UE per essere utilizzate ai fini del monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica e del rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità e di crescita.
[188] Espressi entrambi in termine di valori % rispetto al Pil, calcolato ai prezzi di mercato.
[189] In base alla definizione del Sec95 (regolamento UE 223/1996), il settore delle pubbliche amministrazioni comprende tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, la cui produzione è finanziata in prevalenza da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altro settore e/o tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del Paese. In base all’articolo 1, comma 5, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), l’Istat è tenuto a predisporre e ad aggiornare annualmente la lista delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle amministrazioni pubbliche, che viene pubblicata nella Gazzetta ufficiale.
[190] Secondo le regole fissate dal regolamento UE n. 2223/96, sulla base del Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico nonché secondo il regolamento UE n. 3605/93, modificato dai regg. n. 351/02 e 2103/05. L’anno di riferimento è stato di recente aggiornato al 2000.
[192]Si intende per settore statale l’aggregato costituito dal bilancio dello Stato e dalla gestione di tesoreria; il settore pubblico comprende invece, oltre al settore statale, regioni, comuni, province e relative aziende di servizi, enti pubblici non economici, aziende sanitarie locali e aziende ospedaliere, enti portuali (artt. 25 e 30 legge n. 468/1978). Quest’ultimo comparto non coincide peraltro perfettamente con quello delle amministrazioni pubbliche, così come delimitato dall’Istat ai fini della costruzione del conto economico della P.A. Cfr. la precedente nota 4.
[193]Il fabbisogno viene in tal caso calcolato dal lato della “formazione”. Esso può essere inoltre espresso come saldo fra le accensioni ed i rimborsi di prestiti, essendo in tal caso considerato dal lato della «copertura».
[194] Si veda l’apposito riquadro, riportato a conclusione del presente paragrafo, dedicato alla procedura europea di infrazione contro l’Italia.
[195] Il saldo primario misura la differenza tra le entrate complessive e le uscite totali al netto della spesa per interessi.
[196] Recante misure urgenti in materia di finanza pubblica, convertito dalla L n. 326/2003.
[197] Istat, Conti economici nazionali. Comunicato del 28 marzo 2006.
[198] Al 2006, nessuna tipologia di contratto risulta essere rinnovata per il corrispondente biennio economico, nel bilancio pubblico non sono attualmente previste le risorse necessarie per poter operare tale rinnovo.
[199] Il Consiglio ha infatti rilevato incertezze circa l’attuazione del bilancio 2006, in particolare per ciò che attiene ai consistenti risparmi di spesa; ha inoltre chiesto chiarimenti in ordine alle misure previste per gli anni successivi al 2006, con riferimento ai quali l’entità dell’aggiustamento di bilancio necessario potrebbe essere sottostimata.
[204]La mancata corrispondenza con i valori esposti nella tavola 1 dipende da arrotondamenti.
[205] Per una più dettagliata analisi dei contenuti delle singole voci si veda la parte del presente dossier dedicata all’analisi per strumenti del debito delle amministrazioni pubbliche.
[206] Per ulteriori approfondimenti cfr. Corte dei conti, Analisi dei risultati delle cartolarizzazioni, Roma 21 marzo 2006.
[207]Le revisioni statistiche apportate, negli ultimi anni soprattutto per effetto di decisioni di Eurostat, ad entrambi i saldi hanno contribuito ad una riduzione del divario tra i due saldi, incidendo, nel complesso, in senso peggiorativo più sull’indebitamento che sul fabbisogno.
[208] Fonte: Elaborazioni su dati tratti dalla base informativa pubblica consultabile sul sito della Banca d’Italia. Tutti i dati riferiti al 2005 ed alcuni dati riferiti al 2004 sono provvisori: relativamente a tale anno l’indicazione è riportata nelle singole tavole. I dati del Pil sono di fonte ISTAT, tratti dal Comunicato “Conti economici nazionali – Anni 2001-2005” del 1° marzo 2006.
[209]Cfr. Banca d’Italia, Bollettino economico, marzo 2004.
[210]Cfr. Banca d’Italia, Relazione generale, maggio 2005.
[211] I debiti contratti da ISPA nel 2004 sono stati pari a 7.500 milioni di euro, di cui 6.500 in titoli e 1.000 in prestiti. Tuttavia un quota di tali passività, in quanto giacente presso la Tesoreria in un conto corrente intestato ad un soggetto esterno alle P.A., era già stata contabilizzata dalla Banca d’Italia nella consistenza del debito anteriormente alla decisione Eurostat. Nella relazione trimestrale di cassa presentata nell’aprile 2006 l’effetto di tale riclassificazione sul debito del settore statale risulta pari, al 31 dicembre 2005, a 12.950 milioni di euro. I debiti di ISPA sono composti per 9.450 milioni di euro da obbligazioni e per 3.500 milioni di euro da mutui.
[212] Cfr. Banca d’Italia, Bollettino economico, marzo 2006.
[213] Cfr. ISTAT, comunicato stampa del 1° marzo 2006.
[214] Cfr. l’approfondimento sulle revisioni contabili riportato nel presente dossier.
[215] Idem.
[216]Relazione trimestrale di cassa, aprile 2006.
[217] Istituzioni finanziarie e monetarie residenti. In base alla classificazione SEC95 comprendono le banche, i fondi comuni monetari e gli altri intermediari finanziari, inclusi le assicurazioni ed i fondi pensione.
[218] Imprese non finanziarie, famiglie ed Istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie.
[219] Il dato non tiene conto della successiva riallocazione operata in sede di notifica alla Commissione europea dei dati sul debito del 1° aprile 2006. In tale occasione i prestiti connessi con operazioni di cartolarizzazione dei crediti sanitari e contributivi, precedentemente considerati a carico dell’Amministrazione centrale, sono stati attribuiti, rispettivamente, alle Amministrazioni locali ed agli Enti di previdenza.
[220] Si ricordano, in particolare, gli interventi di dismissione mobiliare nonché l’operazione di concambio dei titoli pubblici in possesso della Banca d’Italia.
[221] Criterio della competenza economica per l’indebitamento netto, criterio di cassa per il fabbisogno.
[222] Banca d’Italia, Supplemento al bollettino statistico, Finanza pubblica, 11 aprile 2006.
[223] Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa per l’anno 2006 e situazione di cassa al 31 dicembre 2005, Aprile 2006.
[224] Rese note l’8 maggio 2006.
[225] Si fa riferimento in questa analisi alla definizione di amministrazioni locali utilizzata dall’ISTAT, comprensiva, oltre che delle amministrazioni territoriali (regioni, province e comuni), anche degli enti locali sanitari (che a loro volta comprendono le ASL, le Aziende Ospedaliere, gli Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico e i Policlinici universitari).
[226] Cfr. il comunicato Istat del 1 marzo 2006.
[227] Mentre i dati relativi al complesso della P.A. sono comunicati dall’Istat il 1° marzo dell’anno successivo a quello di consuntivo, i dati relativi ai sottosettori sono generalmente pubblicati nel mese di luglio.
[228] L’indebitamento netto delle amministrazioni locali non coincide con la mera somma dei valori dell’indebitamento netto dei sottosettori da cui è composto tale comparto, a causa del consolidamento, operato nel conto delle Amministrazioni locali, dei flussi finanziari che intercorrono fra i sottosettori stessi.
[229] Cfr. le serie storiche pubblicate dall’Istat nella data del 22 luglio 2005.
[230] Tali valori sono stati calcolati confrontando i dati relativi alle amministrazioni locali (non ancora rivisti dall’ISTAT) con quelli del complesso della Pubblica Amministrazione antecedenti alle revisioni ISTAT già operate per tale comparto. Le cifre indicate non variano sostanzialmente utilizzando i dati del complesso della P.A. successivi alle revisioni.
[231] Cfr.: per il 2001 l’art. 53 della legge 23 dicembre 2000, n. 388; per il 2002 il Dl 347/2001 per le regioni e l’art. 24 della L. 28 dicembre 2001, n. 448 per gli enti locali; per il 2003 e il 2004 l’art. 29 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
[232] Per quelle a statuto speciale la definizione dei vincoli era rimandata ad accordi da definirsi secondo linee compatibili con il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
[233] La spesa soggetta a vincolo era al netto delle voci relative all’assistenza sanitaria, agli interessi passivi e alle spese finanziate da programmi comunitari.
[234] Cfr. in particolare l’esercizio 2002.
[235] Quali le spese finanziate da programmi comunitari, e quelle connesse all’esercizio di funzioni statali o regionali trasferite.
[236] Cfr. in proposito la Relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali per gli esercizi 2002-2003.
[237] In tale esercizio la compartecipazione all’IRPEF dei comuni è stata elevata al 6,5%, riconoscendo al contempo una compartecipazione all’IRPEF delle province nella misura dell’1%. Si ricorda che nell’esercizio precedente la compartecipazione all’IRPEF dei comuni, sostitutiva di trasferimenti, non era stata esclusa dal computo del saldo rilevante ai fini del patto (laddove i trasferimenti erano invece esclusi). Ciò aveva agevolato in misura notevole il rispetto dei vincoli da parte dei comuni. Nell’esercizio 2003 era stato conseguentemente prevista l’esclusione di tale voce di entrata, dal saldo soggetto a vincolo, al pari dei trasferimenti.
[238] Erano inoltre escluse le spese di personale sostenute dai comuni per l’attività di istruttoria connessa alle domande di sanatori degli illeciti edilizi.
[239] La procedura di monitoraggio del rispetto del patto di stabilità da parte degli enti territoriali di maggiori dimensioni, con invio telematico dei dati alla Ragioneria generale dello Stato da parte degli enti stessi, è stata introdotta a partire dall’esercizio 2003. Mentre i dati relativi agli esercizi 2003 e 2004 sono stati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato alla Commissione bilancio della Camera dei Deputati, quelli relativi all’esercizio 2005 non sono ancora stati resi disponibili. La Corte dei conti effettua inoltre valutazioni campionarie estese anche agli enti di minori dimensioni soggetti al patto di stabilità, sulla base di dati da essa raccolti direttamente presso gli enti territoriali. L’analisi dei relativi dati viene pubblicata nelle Relazioni sulla gestione degli enti locali e delle regioni (cfr. in particolare le relazioni riferite agli esercizi 2003 e 2004).
[240] Cfr. in particolare quelli contenuti nelle citate relazioni della Corte dei conti riferite agli esercizi 2003 e 2004.
[241] Si ricorda che l’importo dei trasferimenti, indicato nei conti delle amministrazioni locali, è comprensivo dell’ammontare delle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali.
[242] Non in valore assoluto, ma in termini di incidenza percentuale sul totale delle entrate e di incidenza rispetto al Pil.
[243] Tali enti registrano una riduzione sia dei trasferimenti correnti sul totale delle entrate correnti di 5 punti percentuali (dal 41 al 36 per cento) sia dei trasferimenti in conto capitale sul totale delle entrate in conto capitale di 2 punti percentuali (dal 91 all’89 per cento).
[244] Per un’analisi di maggior dettaglio sull’andamento dei tributi dei diversi comparti degli enti locali cfr. infra.
[245] Nel nostro ordinamento tributario, i tributi propri delle amministrazioni locali in senso stretto – che non originano da una legge dello Stato, ma sono autonomamente istituiti dalle singole amministrazioni regionali – generano una quota estremamente ridotta del gettito tributario delle amministrazioni stesse.
[246] Per un approfondimento delle dinamica del settore si rinvia all’apposita sezione del presente dossier.
[247] Fra cui si ricorda la tassa per l’occupazione del suolo, l’imposta comunale sulla pubblicità e l’addizionale sui diritti d’imbarco dei passeggeri sugli aeromobili. La tassa sui rifiuti solidi urbani e i contributi per concessioni edilizie sono invece contabilizzati nel conto della P.A. nella voce produzione di servizi vendibili e pertanto non concorrono ad aumentare le entrate, bensì sono portati a riduzione delle spese.
[248] Cfr. gli artt. 21 e segg. della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
[249] Cfr. i commi 138-150 e segg. della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
[250] L’effetto netto fra l’allentamento dei vincoli sulla spesa in conto capitale e l’inasprimento di quelli sulla spesa in conto corrente, disposti dalla finanziaria per il 2006, è infatti costituito da un maggior risparmio atteso rispetto a quello conseguibile sulla base della normativa previgente.
[251] I prospetti riportati, elaborati dal Servizio studi della Camera dei deputati, sono tratti dal dossier n. 134 del 9 marzo 2006.
[252] Cfr. l’art. 1, commi 320-324, della L. n. 266/2005 (legge finanziaria 2006).
[253] Cfr. l’art. 1, comma 114, della L. n. 266/2005 (legge finanziaria 2006).
[254] Cfr. in proposito quanto affermato dalla relazione tecnica al citato art. 1, commi 320-324, della L. n. 266/2005 (legge finanziaria 2006).
[255] Il sistema di tali regole si basa sul regolamento UE n. 2223/96, sul Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico nonché sul regolamento UE n. 3605/93, modificato dai regg. n. 351/02 e 2103/05. L’anno di riferimento è stato di recente aggiornato al 2000.
[256] Cfr. infra.
[257] Cfr. “Conti economici nazionali - Anni 2001-2004” dell’ISTAT del 1° marzo 2005, www.Istat.it.
[259] Cfr. www.Istat.it.
[260] Ciò perchè, secondo quanto si evince dalla comunicazione di Eurostat del 23 maggio 2005, una quota del complessivo importo di 1.460 mln di euro, indicato nella relazione tecnica al provvedimento che ha previsto l’anticipazione in esame, era già stata contabilizzata come un’operazione finanziaria e quindi esclusa dal computo delle entrate nel conto della P.A..
[261] L’incidenza è dello 0,08% se rapportata al valore del Pil, aggiornato alla luce delle ultime revisioni intervenute. Cfr. infra.
[262] Dati forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
[263] Per più dettagliate indicazioni in proposito, si rinvia alla sezione del presente dossier dedicata al debito pubblico.
[264] Recante disposizioni concernenti “Interventi ferroviari”.
[265] Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
[266] L’incidenza è dello 0,46%, se rapportata al valore del Pil del 2004, aggiornato alla luce delle ultime revisioni intervenute. Cfr. infra.
[268] Per più precise indicazioni in proposito, si veda la successiva sezione del presente dossier, relativa al debito pubblico.
[269] Cfr. la Presentazione dell’operazione agli investitori, pubblicata sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze.
[270] Inserita nel testo del maxiemendamento n. 6.200 del Governo, approvato con voto di fiducia, in data 16 dicembre 2003.
[271] A mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
[272] L’art. 3, comma 134, della L. n. 350/2003. Tale norma disponeva la reintroduzione nel testo del DL n. 351/2001 di una disposizione (il secondo periodo del comma 20 dell’art. 3) soppressa, con decorrenza dal 1° ottobre 2003, ad opera del comma 9 dell’art. 26 del DL n. 269/2003.
[273] Cfr. il DL n. 41/2004.
[274] Cfr. la nota tecnica presentata nel corso dell’esame del decreto legge n. 41/2004 presso la Commissione bilancio della Camera dei Deputati. Tale nota tecnica rettificava, riducendole, le quantificazioni recate dalla relazione tecnica allegata al testo del provvedimento.
[275] Legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 41/2004.
[276] Consistente nella concessione della garanzia statale su un prestito bancario di 800 milioni di euro.
[277] L’importo coincide con quello indicato nella RT al decreto-legge n. 41/2004. La revisione operata non sembra quindi tener conto di una successiva nota tecnica, presentata nel corso dell’esame del decreto legge presso la Commissione bilancio della Camera dei Deputati, che riduceva la quantificazione dell’onere per tale forma di rimborso a 134 mln di euro.
[278] Cfr. pagg. 9 e segg.. Si veda altresì la Relazione annuale della Banca d’Italia per il 2004 . I dati indicati nella tabella riguardano esclusivamente le revisioni conseguenti alla decisione di Eurostat. Per una ricostruzione complessiva delle revisioni intervenute sul debito, si veda l’apposita sezione contenuta nel presente dossier.
[279] Cfr. comunicazione ISTAT del 24 maggio 2005, che evidenzia una differenza media nel quadriennio 2001-2004 “pari allo 0,7% del Pil, in notevole diminuzione rispetto alle valutazioni precedenti”.
[281] Si veda in proposito la Decisione dalla Commissione n. 98/715, relativa all’allegato A del regolamento CE 96/2223 del Consiglio sul Sistema europeo dei conti nazionali.
[282] Secondo quanto evidenziato nella Relazione trimestrale di cassa dell’aprile 2006, tale riduzione è stata in parte compensata da un incremento “per la retrocessione di interessi da Banca d’Italia e per gli interessi sul conto disponibilità della Tesoreria, non più portati in detrazione degli interessi passivi”.
[283] Indicate nel citato comunicato dell’Istat del maggio 2005.
[285] Cfr. Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa per l’anno 2006 e situazione di cassa al 31 dicembre 2005, pag 18.
[286] L’Istat ha elaborato in via provvisoria le stime del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche relative all’anno 2005 ed ha apportato revisioni ai dati relativi al periodo 2001-2004 per tenere conto di quanto fissato dai regolamenti UE.
[287] L’analisi riportata nel bollettino è costruita in una prospettiva di adesione ai criteri contabili del SEC 95 che rappresenta il quadro di riferimento per la determinazione dei saldi di finanza pubblica rilevanti ai fini del Patto di Stabilità e Sviluppo siglato tra i paesi dell’Unione Europea.
[288] Legge finanziaria 2003.
[289] Collegato fiscale per il 2003.
[290] Dati rilevati dal bollettino delle entrate tributarie di dicembre 2004 (per l’anno 2003) e dal bollettino delle entrate tributarie di dicembre 2005 (per gli anni 2004 e 2005).
[291] Introdotta, in sostituzione dell’IRPEG, dal decreto legislativo n. 344/2003.
[292] Legge n. 80/2003.
[293] Le ultime disposizioni in materia di riduzione della base imponibile IRAP sono contenute nella legge finanziaria 2005 e produrranno, pertanto, effetti di cassa nel 2006 (acconto) e nel 2007 (saldo).
[294] Il primo modulo di riforma fiscale è stato introdotto con la legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), e il secondo modulo di riforma è disciplinato dalla legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005).
[295] Cfr. la precedente sezione, relativa agli andamenti dei saldi della P.A., con particolare riguardo alle entrate delle pubbliche amministrazioni.
[296] Legge n. 266/2005.
[297] DL n. 203/2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2005.
[298] Contenuta nella legge finanziaria 266/2005 e nel decreto-legge 203/2005.
[299] I dati sono desunti dalle relazioni tecniche riferite ai singoli provvedimenti. Si tratta pertanto di dati non omogenei, dal punto di vista contabile, rispetto a quelli contenuti nella tabella successiva (RTC aprile 2006), che considera l’evoluzione complessiva del comparto.
[300] Tali risultati (“Bilancio dello Stato: incassi rettificati”) sono registrati al netto di regolazioni contabili (8.150 milioni per il 2004 e 6.614 milioni per il 2005). L’entità consistente delle regolazioni contabili è da ricollegare alle tecniche di contabilizzazione di queste somme: esse, infatti, sono iscritte nei relativi capitoli di bilancio al lordo dei corrispettivi riconosciuti agli intermediari (aggi, anticipazioni per le vincite minori), mentre poi all’erario vengono acquisiti soltanto gli importi netti.
[301] Bilancio dello Stato – comparto giochi
[302] Istat “Conti economici nazionali. Anni 2001-2005”. Comunicato del 1° marzo 2006.
[303] Come espressamente precisato nel Comunicato di cui alla nota che precede.
[304] Banca d’Italia, Bollettino economico n.46 del marzo 2006.
[305] Istat, “Conti economici nazionali. Anni 1992-2000”. Comunicato del 22 dicembre 2005, e Istat, “Conti economici nazionali. Anni 2001-2005”. Comunicato del 1° marzo 2006.
[306] Come segnalato in Banca d’Italia, Bollettino economico n. 40 del marzo 2003.
[307] Nel Bollettino economico n. 46 già citato.
[308] Presentata alla Camera il 5 aprile 2006 (Doc.XV, n. 20)
[309] Legge n. 311/2004. In particolare l’articolo 1, comma 5, ha stabilito che la spesa delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato non potesse superare - salvo specifiche eccezioni per talune categorie di spesa e per specifici soggetti pubblici - il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno.
[310] Tali oneri concernono la spesa per il programma Eurofighter, i proventi delle dismissioni immobiliari ( che nel Conto della P.A. sono imputati a riduzione degli investimenti fissi lordi) e l’indennizzo corrisposto alla società di cartolarizzazione SCIP 2 per le norme introdotte nel 2004 sul prezzo di vendita degli immobili oggetto delle operazioni di cartolarizzazione.
[311] Si fa riferimento in particolare all’innalzamento dei requisiti per l’accesso al trattamento di anzianità previsti dalla legge in esame per l’anno 2004 che, per l’operare del meccanismo delle cosiddette “finestre”, ha manifestato i relativi effetti nell’anno 2005.
[312] Con riguardo in particolare al cosiddetto bonus per il rinvio volontario del pensionamento previsto da tale legge.
[313] Come espressamente precisato nella Relazione medesima.
[314] Voce che poi viene dettagliata nelle specifiche categorie di spesa di riferimento in sede di pubblicazione da parte dell’ Istat dei “Conti” ed aggregati economici delle Amministrazioni pubbliche” che viene redatta successivamente (di solito entro il primo semestre dell’anno successivo a quello oggetto dell’analisi) alla presentazione dei Conti economici nazionali cui ora si fa riferimento.
[315] Si tratta – come specifica espressamente l’Istituto - di “trasferimenti correnti che le Amministrazioni pubbliche effettuano a favore dei produttori residenti allo scopo di influenzare il livello di produzione o i prezzi, o di influenzare la remunerazione dei fattori della produzione”.
[316] Tranne che per questa voce – in cui peraltro sono presenti anche alcune categorie di spesa assistenziale - la spesa sanitaria non è oggetto di una separata evidenziazione nell’ambito dei Conti economici nazionali, in cui risulta distribuita, principalmente, (con riguardo alla sanitaria corrente) nelle diverse componenti delle spese per consumi finali della P.A. (redditi da lavoro dipendente, prestazioni sociali in natura, consumi intermedi).
[317] Si fa riferimento al D.L. n.194/2002, convertito dalla L.n. 246/2002, al D.L. n.168/2004, convertito dalla L.n.191/2004, e dal D.L. n.211/2005, non convertito in legge ma il cui contenuto è stato trasfuso nel D.L. n.203/2005, convertito dalla L.n.248/2005.
[318] Cfr. l’approfondimento sulle revisioni contabili contenuto nel presente dossier.
[319] Come specificato nella Relazione trimestrale di cassa dell’aprile 2006, già citata. La medesima Relazione precisa altresì che tale importo è relativo al trasferimento a un consorzio di imprese del ricavo netto di un mutuo.
[320] In particolare dall’articolo 1, comma 8, della L.n.311/2004, in cui si è stabilito che gli stanziamenti iniziali di cassa e di competenza delle categorie di spesa dei Ministeri aventi impatto sul conto consolidato delle pubbliche amministrazioni potessero essere incrementati entro il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni iniziali dell’esercizio precedente
[321] Che risulta specificamente evidenziata nella Relazione trimestrale 2006 prima citata. Analoga specificazione non risulta nella parte della Relazione concernente l’insieme delle amministrazioni pubbliche.
[322] Sul punto si rinvia al dossier n.36 del marzo 2006 di analisi della legge finanziaria 2006 ( L.n. 266/2005).
[323] I dati utilizzati per l'analisi del costo del lavoro pubblico sono tratti dalla pubblicazione Istat relativa ai Conti economici nazionali degli anni 2001 – 2005 del 1 marzo 2006. I dati sono elaborati in conformità delle regole fissate dal regolamento UE n. 2223/96 (SEC95), sulla base del Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico e del regolamento n. 3605/93.
[324] I dati concernenti l'occupazione nel settore pubblico sono tratti dai Conti annuali sul personale delle amministrazioni del settore pubblico, redatti dalla Ragioneria generale dello Stato.
[325] Per reddito da lavoro dipendente s'intende il costo sostenuto dai datori di lavoro a titolo di renumerazione dell'attività prestata alle proprie dipendenze ed è composto dalle retribuzioni lorde e dai contributi sociali. I dati sono tratti dalla pubblicazione Istat Conti economici nazionali – anni 2001-2005 e sono relativi al conto economico delle amministrazioni pubbliche
[326] Come per la colonna che precede (concernente la variazione dei redditi), si fa riferimento agli andamenti in termini nominali.
[327] I dati relativi al periodo 1996-2000 sono quelli calcolati dall’Istat e pubblicati in data 22 dicembre 2005 in Conti economici nazionali 1992-2000.
[328] Cfr. Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre – dicembre 2005.
[329] Ibidem.
[330] In realtà sembrerebbe che la maggiore contrazione sia avvenuta nel comparto Aziende autonome ma abbiamo accennato che la riduzione è, per lo più, spiegata dalla nascita dell’Ente italiano tabacchi.
[331] Il dato di riduzione che si ottiene confrontando il numero degli impiegati del comparto Ministeri negli anni 2001 e 2004 evidenzia dunque un decremento maggiore, pari a circa il 4,8 per cento, dal momento che la riduzione dei dipendenti è determinata anche dall’ulteriore componente derivante dalla creazione dell’ente pubblico economico in questione: componente che non va tuttavia considerata, non costituendo una riduzione di personale.
[332] Nel quadriennio è cresciuto anche il numero dei magistrati si deve tuttavia tenere conto che la categoria impiega solo circa 10.000 unità.
[333] Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa per l’anno 2006 e situazione di cassa al 31 dicembre 2005, predisposta dal Ministero dell’economia.
[334] I comparti in questione sono quello della scuola, non interessato dal blocco delle assunzioni, e quello sicurezza, interessato dal specifiche leggi di settore.
[335] Il dato rettificato è stato calcolato come segue. Il Pil stimato per il 2006 è pari a 1.463.981 milioni di euro e di conseguenza lo 0,07 di tale somma è pari a circa 1.025 milioni di euro. La spesa prevista per le retribuzioni pubbliche nel 2006 dovrebbe essere diminuita di tale importo attestandosi, in tal modo, a 160.490 milioni di euro in luogo di 161.515 milioni di euro. Confrontando la somma di 160.490 milioni di euro con il dato di consuntivo 2005, pari a 155.533 milioni di euro, si constata che l’incremento sarebbe pari al 3,2 per cento.
[336] Primo biennio economico della tornata contrattuale 2006-2009.
[337] Secondo la classificazione conforme al sistema di contabilità economica adottato in ambito europeo, SEC 95, nell’aggregato delle uscite in conto capitale sono considerate, quali voci principali, gli “investimenti fissi lordi” ed i “contributi agli investimenti” ; le ulteriori componenti sono aggregate nella voce delle “altre uscite in conto capitale”, che riguardano principalmente gli “altri trasferimenti in conto capitale”, diretti questi ultimi verso famiglie, imprese, enti pubblici ed estero e le “acquisizioni nette di attività non finanziarie” (con riferimento a tale ultima voce cfr. infra).
[338] Cfr. il comunicato del 1° marzo 2006.
[339] Conti economici nazionali anni 2001-2005, comunicato Istat del 1 marzo 2006.
[340] Il segno meno sta ad indicare la prevalenza delle dismissioni sulle acquisizioni.
[341] Si ricorda che, secondo quanto prima precisato, il dato relativo al 2006, tratto dalla RTC, risente di una diversa aggregazione contabile rispetto ai dati di consuntivo.
[342] Ciò in conseguenza delle revisioni contabili operate dall’Istat, nel comunicato del 1° marzo 2005, in conformità con gli orientamenti espressi da Eurostat. Per un’analisi di maggior dettaglio si rinvia al paragrafo relativo alle revisioni delle classificazioni contabili operate in conformità ai criteri europei.
[343] In termini di incidenza sul Pil.
[344] Nel 2005 la variabile in questione aveva già registrato una riduzione del 3,2%. Nel medesimo esercizio gli investimenti fissi lordi al netto degli effetti delle operazioni straordinarie avevano invece registrato una crescita dello 0,7% e sono attesi crescere ulteriormente nel 2006 del 5,1 per cento.
[345] Più precisamente, si tratta di un importo pari a 3.005 mln decurtato della quota ascrivibile alla voce interessi.
[346] Pari, orientativamente, a circa 400 mln di euro.
[347] Cfr. in particolare l’art. 1, commi 32 e 34 della L. n. 266/2005.
[348] Cfr. la riduzione del relativo stanziamento indicata nelle tabelle allegate alla citata legge finanziaria.
[349] Tale riduzione sarebbe ancora più marcata di quella esposta nella tabella sopra riportata qualora la voce “contributi agli investimenti” per il 2006 dovesse considerarsi inclusiva anche delle erogazioni in favore delle FS, precedentemente classificate fra le “altre spese in conto capitale”.
[350] Cfr. in particolare l’art. 1, comma 3 della L. n. 266/2005.
[351] Cfr. in proposito le riduzioni degli stanziamenti operate nelle tabelle allegate alla citata legge finanziaria.
[352] Cfr. fra gli altri il DL n. 168/2004 e il DL n. 35/2005.
[353] Nel grafico seguente gli investimenti lordi privati sono ottenuti per differenza tra gli investimenti lordi complessivi e quelli attribuibili al comparto della P.A.:
[354] Sempre al lordo degli incassi per dismissioni immobiliari.
[355] Le elaborazioni sono state condotte sui dati degli investimenti fissi lordi della P.A. pubblicati dalla Relazione generale sulla situazione economica del Paese per il 2004, reintegrati dell’importo delle dismissioni immobiliari attribuibili a ciascun comparto amministrativo (cfr. in proposito la tabella fornita dall’Istat riportata nel paragrafo relativo alle dismissioni immobiliari). I dati non includono pertanto le revisioni statistiche intervenute successivamente alla predetta Relazione..
[356] Ai restanti enti delle amministrazioni centrali è attribuibile una quota estremamente esigua (circa l’1%) del complesso della spesa per investimento al lordo delle dismissioni immobiliari.
[357] Cfr. in particolare la tabella riportata a pag. 17.
[358] Fornita dell’Istat su richiesta del Servizio Bilancio dello Stato.
[359] Cfr. per le previsioni sugli incassi da dismissioni immobiliari per il periodo 2001-2003 i seguenti documenti: per il 2001 la relazione trimestrale di cassa al 31/12/2000, pg. XVII, per il 2002 la relazione trimestrale di cassa al 31/12/2001, pg. 19, per il 2003 la relazione trimestrale di cassa al 31/12/2002, pg. 21. Per l’esercizio 2004, la previsione di incasso per dismissioni immobiliari non è stata indicata in modo esplicito nei documenti governativi. Una ricostruzione di tale previsione è operata, a partire dalle informazioni contenute nei documenti governativi, nel Dossier n. 22, elaborato dai Servizi Bilancio dello stato e Studi della Camera dei Deputati, riferito all’esame della Relazione trimestrale di cassa al 31/12/2003 (cfr. pg. 69 di tale documento). Per l’esercizio 2005 cfr. quanto indicato a pg. 16 della Relazione trimestrale di cassa al 31 dicembre 2004, dove, accanto all’indicazione di una previsione di 8 mld di incassi, vaniva sottolineato che l’eventualità di una realizzazione solo parziale di tale importo costituiva un elemento di criticità della previsione.
[360] L’operazione Scip 1 fu giudicata non conforme ad uno dei criteri stabiliti nel documento Eurostat del 3 luglio 2002 e in particolare al criterio che prevede l’esistenza di un rapporto minimo dell’85% fra incassi conseguiti e patrimonio immobiliare ceduto.
[361] Cfr. l’art. 1, comma 5 della L. n. 266/2005.
[362] Gli incassi da dismissione, iscritti nel bilancio di previsione per il triennio 2006-2009, ammontano a 1 mld per ciascun anno del triennio. Tale importo, in linea con gli incassi registrati annualmente a valere su procedure ordinarie di dismissione immobiliare, poste in essere dall’intero complesso degli enti facenti parte della P.A., può essere considerato funzionale a consentire una efficiente gestione del patrimonio immobiliare della P.A..
[363] Cfr. il D.L. 138/2002, convertito dalla legge n. 178 del 2002, il D.L. 209/2002, convertito dalla legge n. 178 del 2002 e il D.L. 253/2002, decaduto per decorrenza dei termini, i cui effetti sono stati fatti salvi dal comma 7 dell’art. 62 della legge 289/2002.
[364] “Doc. XXV, n. 12”, trasmessa alla Presidenza della Camera il 7 maggio 2004.
[365] La trasformazione di capitoli di spesa da contributi a fondo perduto a fondi rotativi determina, in via immediata, un risparmio ai soli fini del saldo di competenza economica (indebitamento netto). Infatti a parità di somme erogate per cassa, cambia la natura dell’erogazione stessa, precedentemente classificata come un trasferimento alle imprese e successivamente considerata come una partita finanziaria (erogazione di un prestito) che, come tale, non concorre a formare le spese per competenza economica della P.A..
[366] Cfr. in particolare l’art. 1, comma 3 della L. n. 266/2005.
[367] Cfr. in proposito le riduzioni degli stanziamenti operate nelle tabelle allegate alla citata legge finanziaria.
[368] Cfr. infra.
[369] Fanno parte infatti delle prestazioni sociali in denaro di tipo previdenziale anche le liquidazioni per fine rapporto di lavoro, le indennità di malattia temporanea per infortuni e di maternità, l’indennità di disoccupazione, l’assegno di integrazione salariale, gli assegni familiari ed altri sussidi e assegni (cfr. infra).
[370] Si tratta di una quota, sia pure prevalente, delle prestazioni di carattere assistenziale in quanto la quota restante, costituita essenzialmente da prestazioni rese dai comuni, rientra nelle prestazioni sociali in natura (vedi infra).
[371] Istat, Conti economici nazionali, anni 2001-2005 (comunicato 1° marzo 2006): si tratta, pertanto, di dati che già incorporano le revisioni effettuate dall’Istituto di statistica.
[372] Ministero dell’economia e delle finanze, Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa per il 2006 e situazione di cassa al 31 dicembre 2005.
[373] La Corte dei conti, invece, ascrive tale rallentamento all’esplicarsi degli effetti del cosiddetto superbonus, vale a dire la misura, introdotta dalla legge n. 243/2004, che incentiva il permanere al lavoro di coloro che hanno maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento di anzianità (Relazione quadrimestrale sulla copertura delle leggi di spesa, settembre-dicembre 2005, maggio 2006).
[374] Articolo 1, commi 331 e 332, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006).
[375] In tale aggregato sono comprese le pensioni IVS (al netto delle prestazioni in capitale), le pensioni provvisorie erogate al personale militare direttamente dalle Amministrazioni dello Stato, le pensioni erogate dagli organi costituzionali dello Stato e dalle Regioni (in particolare, dalla Sicilia) nonché le rendite infortunistiche. Sono escluse le pensioni di guerra, le pensioni assistenziali e le pensioni di benemerenza.
[376] Annuario statistico italiano 2005, Capitolo 5 (Conti economici della protezione sociale). Tali dati sono ripresi nel capitolo relativo alla protezione sociale della Relazione generale della situazione economica del Paese relativa al 2004 ( maggio 2005).
[377] Alla data di predisposizione del presente dossier non risulta ancora pubblicata la relazione generale sulla situazione economica del Paese per l’esercizio 2005.
[378] In particolare, con riferimento all’età anagrafica, per i lavoratori dipendenti il requisito è fissato, a regime (dal 2014) al compimento dei 62 anni mentre, per i lavoratori autonomi, esso è fissato in 63 anni. Per quanto riguarda il requisito di anzianità contributiva, in presenza dei requisiti anagrafici, esso è fissato in almeno 35 anni; in mancanza dei requisiti anagrafici, è necessaria un’anzianità contributiva di almeno 40 anni (articolo 1, commi 6 e 7).
[379] 60 anni di età per le donne e 65 per gli uomini oppure un’anzianità contributiva di almeno 40 anni (articolo 1, comma 6). Con un’anzianità contributiva pari a 35 anni, il conseguimento del diritto al pensionamento si consegue con i medesimi requisiti anagrafici fissati per gli altri lavoratori (cfr. la nota precedente).
[380] Sulla base di tale ultima delega, è stato emanato il decreto legislativo n. 252/2005 che reca la disciplina delle forme pensionistiche complementari. Tale provvedimento disegna un sistema di previdenza integrativa basato sulla completa parità tra gli attori del mercato della previdenza complementare (fondi pensione chiusi, fondi pensione aperti, polizze assicurative individuali), su incentivi fiscali per rendere conveniente e, quindi, effettiva la devoluzione del TFR nonché su meccanismi di compensazione finanziaria per le imprese a cui viene meno la liquidità del TFR. Si segnala, tuttavia, che l’entrata in vigore dell’intera disciplina è stabilita al 1° gennaio 2008.
[381] Si segnala, anche in questo caso, che tali cifre non risultano comparabili con quelle della tabella iniziale del Conto economico 2005, in quanto fanno riferimento al quadro 2004, oggetto di revisione in corso.
[382] Tale conto è generalmente riportato nella Relazione generale nella situazione economica del Paese non ancora disponibile con riferimento all’esercizio 2005.
[383] Non è da considerare, pertanto, la spesa per la liquidazione del TFR.
[384] La Relazione trimestrale di cassa 2006 evidenzia la spesa, non presente nel 2004, di 407 milioni a favore dei fondi interprofessionali.
[385] Si fa riferimento, quindi, sia a soggetti privati sia ad istituzioni pubbliche.
[386] Prevenzione, profilassi e igiene e vigilanza igienica.
[387] Cfr. Istat, Annuario statistico italiano 2005.
[388] Con riferimento ai datori di lavoro, si considerano anche i contributi contrattuali.
[389] Essi sono, ad esempio, le pensioni erogate agli ex dipendenti dello Stato, gli assegni familiari erogati ai dipendenti dello Stato, ecc.
[390] Cfr. la Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2004.
[391] Si fa riferimento, essenzialmente, agli istituti legati alla situazione di invalidità e di vecchiaia, tralasciando i residuali istituti assistenziali legati alla malattia, alla famiglia, ai superstiti, alla disoccupazione, alla abitazione e, infine, alla situazione di esclusione sociale non altrove classificata.
[392] Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2004 (Appendice Tabella TS.1).
[393] Tale sensibile aumento può essere imputato ai provvedimenti di integrazione dei trattamenti di importo esiguo.
[394] Ciò, in quanto si tratta di un istituto che spetta ai soggetti che hanno raggiunto i 65 anni di età e versano in stato di bisogno. Si segnala che in pensione sociale (dal 1996 divenuta assegno sociale) sono convertiti, al compimento del 65° anno di età del titolare, la pensione di invalidità e l’assegno mensile di assistenza erogati agli invalidi civili, nonché la pensione non reversibile erogata alle persone sordomute.
[395] Statistiche della previdenza e della assistenza sociale, anni vari.
[396] Si tratta di un istituto che non riveste carattere di pensione ma di sostegno dell’individuo incapace allo svolgimento degli atti della vita quotidiana.
[397] Monitoraggio delle politiche sociali – II parte (i trasferimenti monetari per invalidità, pensioni sociali, integrazioni al minimo, pensioni di guerra e ai superstiti).
[398] A cui compete la potestà legislativa in materia.
[399] Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2004.
[400] Camera dei Deputati, Servizio Studi. Per il 2006 le risorse dl Fondo non sono state ancora ripartite.
[401] Ciò vale soprattutto per le risorse attribuite all’Inps.
[402] Le risorse finanziarie per il funzionamento del Dipartimento non fanno più parte del Fondo in quanto sono state imputate a diverso capitolo di bilancio.
[403] Ai fini di tale aggiornamento sono stati utilizzati i dati OCSE pubblicati nel 2005, non disponibili al momento della predisposizione del Rapporto della Ragioneria, applicando i medesimi criteri metodologici utilizzati nella corrispondente parte di tale Rapporto.
[404] Le tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico e sanitario – aggiornamento 2005.
[405] European social statistics, Social protection, expenditure and receipts, data 1995-2003 (febbraio 2006).
[406] La parte restante è costituita da prestazioni di tipo assistenziale.
[407] In genere nel mese di maggio.
[408] Anche la Corte dei conti, nella Relazione annuale sulla gestione finanziaria delle Regioni, dedica un capitolo (in genere, la parte III) alla sanità. I dati riportati coincidono quasi completamente (gli scarti, ove esistano, sono poco significativi) con quelli riportati dalla Relazione generale sulla situazione economica del Paese a cui, per la ricchezza e varietà di elaborazioni si preferisce, in questa sede, fare comunque riferimento.
[409] Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2004.
[410] Per le singole componenti della spesa, si rinvia alle successive disaggregazioni.
[411] Relazione quadrimestrale sulla copertura delle leggi di spesa, settembre – dicembre 2005, maggio 2006.
[412] Prendendo, pertanto, in considerazione solo le misure di contenimento dei costi.
[413] La Corte rileva che tale andamento è stato anche peggiore di quello di preconsuntivo contenuto nel DPEF 2006-2009: la spesa sanitaria per il 2005 era stimata pari a 93 miliardi di euro, sulla base di una dinamica più elevata dei costi di produzione dei servizi sanitari ma includendo la sottoscrizione nell’anno di tutti i contratti di lavoro del settore per il biennio economico 2004-2005, slittata poi al 2006.
[414] Istat, Conti economici nazionali, anni 2001-2005 (1° marzo 2006).
[415] Con riferimento al complessivo aggregato della spesa sanitaria (componente pubblica + spesa privata), tale rapporto sale a circa 8,4 per cento nel 2003 (contro una media calcolata su 22 Paesi OCSE pari al 9,3 per cento (cfr. CEIS – Torvergata , Sanità 2005).
[416] Il Ceis stima che, tra il 2001 e il 2002 (anni in cui la spesa sanitaria è cresciuta in modo piuttosto moderato) la crescita è stata pari a cinque volte la crescita del Pil.
[417] La serie dei dati non è aggiornata sulla base dell’ultima revisione statistica.
[418] Elaborazione da Piano sanitario nazionale 2006-2008 (marzo 2006).
[419] Il ricorso ai servizi è più ampio per la popolazione anziana e per quella al di sotto dei 15 anni. L’invecchiamento della popolazione, a parità di condizioni, tende ad accrescere le risorse da destinare a questo settore.
[420] Il Piano sanitario nazionale rappresenta uno degli strumenti di programmazione della politica sanitaria e copre un periodo triennale. Esso è il riferimento e la cornice per i singoli Piani sanitari regionali che costituiscono lo strumento di dettaglio per la realizzazione delle politiche sanitarie territoriali.
[421] Legge n. 266/2005.
[422] Cfr. l’allegato 7 alla legge n. 266/2005.
[423] Legge n. 311/2004.
[424] La Corte dei conti, tuttavia, rileva la difficoltà di realizzazione dei risparmi, anche alla luce dei non positivi risultati del 2005 (Relazione quadrimestrale sulla copertura delle leggi di spesa, settembre – dicembre 2005, maggio 2006).
[425] Cfr. Corte dei conti.
[426] Cfr. infra.
[427] Bienni economici 2002-2003 e 2004-2005. Si segnala che l’onere relativo al rinnovo per il biennio 2004-2005 è stato quantificato dal Governo in circa 1.810 milioni di euro e trova copertura nelle corrispondenti somme che le Regioni sono tenute ad accantonare nei propri bilanci (decreto-legge n. 203/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2005).
[428] Legge n. 266/2005, articolo unico, commi 320-324.
[429] Si segnala che nel 2005 il gettito complessivo IRAP è stato pari a 35.995 milioni di euro, di cui 26.293 milioni provenienti dal settore privato e 9.702 milioni provenienti dal settore delle amministrazioni pubbliche. Si segnala che la gran parte di tale gettito è destinata al finanziamento della spesa sanitaria.
[430] Esso segue il precedente accordo del 3 agosto 2000 che inaugura la stagione di una regolamentazione “pattizia” della sanità che, negli ultimi anni, tuttavia, è apparsa, nei fatti, superata da un ritorno al governo del settore attraverso disposizioni legislative a cui le regioni sono chiamate, con minori margini di autonomia, a dare attuazione (cfr. Corte dei conti, Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni, anni vari).
[431] A tale proposito, tra l’altro, si fece fronte anche al ripiano dei disavanzi certificati dalle regioni fino a tale anno, allo scopo di depurare il calcolo della spesa da qualsiasi elemento “fuorviante”.
[432] Il decreto legislativo non è stato mai attuato per le modifiche costituzionali successivamente intervenute a partire dal 2001.
[433] Cfr. Corte dei conti. La Corte identifica proprio nel meccanismo delle anticipazioni una delle cause dei problemi finanziari della sanità (cfr. infra).
[434] La Corte dei conti, a questo proposito, mette in luce la costante sottovalutazione dei costi nel quadro tendenziale, mediante un raffronto tra la spesa tendenziale riportata nei quadri di costruzione dei conti delle P.A. contenuti nei DPEF degli ultimi sei anni, le misure correttive proposte, gli importi obiettivo dei fabbisogni e i risultati conseguiti (Relazione quadrimestrale, maggio 2006).
[435] Corte dei conti, anni vari.
[436] La Corte dei conti definisce addirittura irrealistica l’elaborazione di misure di risparmio di spesa che, pur a fronte di dati che denunciano l’estrema difficoltà del settore, dovrebbero, nelle aspettative, produrre importanti risparmi. Per esempio, la Corte sottolinea che, per il 2005, quasi la metà dei risparmi attesi dalla manovra di finanza pubblica per la sanità (2 miliardi di euro su complessivi 4,3 miliardi di euro) è stata ascritta al settore della spesa farmaceutica, nonostante che i risultati del 2004 (12 miliardi di euro di costi) non deponessero a favore del raggiungimento dell’obiettivo (Relazione, 2005).
[437] Tra l’altro, uno dei fattori che rende difficile il governo della spesa sanitaria è la sua diversa distribuzione territoriale tra le diverse aree del Paese: le regioni del Nord, infatti, sono caratterizzate da una spesa rispetto al prodotto molto più bassa rispetto al Mezzogiorno; la spesa pro capite è invece notevolmente superiore nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali. (G. Morcaldo, Una politica economica per la crescita, Franco Angeli, 2006). Si segnala, a questo proposito, che il gap nord/sud, soprattutto con riferimento al sistema ospedaliero, è stato messo in luce, da ultimo, dalle risultanze dell’indagine condotta al Senato nel corso della XIV legislatura dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale.
[438] Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2004.
[439] Anche in questo caso si segnala che le tabelle riportano dati non aggiornati.
[440] I totali della tabella, poiché corrispondono alla spesa per prestazioni, non coincidono con quelli della tabella iniziale del presente capitolo, che riporta il totale delle uscite correnti (comprensive, pertanto, delle uscite per contribuzioni, per servizi amministrativi, gli ammortamenti, gli interessi passivi, ecc.).
[441]Pari alla somma della quota riferita all’assistenza ospedaliera (45,4%) e di quella relativa all’assistenza ospedaliera convenzionata (9,1%).
[442] Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni, anni vari.
[443] Corte dei conti, 2003. Ma, in linea generale, la Corte sottolinea come vi sia una certa evidenza del fatto che le regioni che espongono maggiori problemi di finanziamento sono anche quelle che hanno margini di attività e di efficienza sotto la media (2005).
[444] Elaborazione dalla Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2005 (valori non aggiornati).
[445] Tali tassi non coincidono con quelli ricavabili dai dati forniti dalla Relazione generale, laddove, invece, il peso percentuale della spesa per il personale su quella complessiva, elaborato sulla base della Relazione medesima coincide sostanzialmente con quello della Corte dei conti (2005). Per tale motivo non si riporta la tabella sul tasso di crescita.
[446] Corte dei conti, 2005.
[447] Decreto-legge n. 203/2005.
[448] Decreto-legge n. 347/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 405/2001.
[449] Cfr. AIFA.
[450] Essa comprende la spesa farmaceutica convenzionata e la spesa per i farmaci erogati direttamente dalle aziende ospedaliere. Secondo un’elaborazione Federfarma, il peso della spesa farmaceutica diretta sul totale della spesa farmaceutica territoriale è stato pari al’8,74 per cento nel 2003 e al 7,58 per cento nel 2004.
[451] In caso di sfondamento del tetto di spesa, l’ordinamento prevede l’adozione da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) di una serie di provvedimenti di natura amministrativa, in modo da coprire il 60 per cento del disavanzo, mentre il restante 40 per cento è ripianato a carico delle Regioni mediante l’adozione di misure diverse (Decreto-legge n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003).
[452] Dati AIFA, comunicati n. 30 e 31 del 6 aprile 2006.
[453] La riduzione del prezzo, disposta nell’ambito della revisione del prontuario farmaceutico nazionale e in vigore dal 1° gennaio 2005, ha interessato i medicinali che nel 2004 hanno determinato i maggiori incrementi di spesa. Sull’andamento della spesa ha inoltre influito lo sconto pressoché generalizzato del 4,12 per cento sul prezzo al pubblico, a carico dell’industria farmaceutica (legge 202/2004). Effetti positivi di riduzione della spesa hanno avuto anche il costante aggiornamento da parte dell’Agenzia italiana per il farmaco (AIFA) delle liste di trasparenza e il conseguente maggiore peso acquisito dai farmaci generici.
[454] Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2005. Si segnala che i medesimi dati di spesa sono ascritti alla farmaceutica territoriale dal Rapporto OsMed per il 2004 (maggio 2005). Per il 2005, La fonte da cui è stato desunto il dato di spesa è l’AIFA.
[455] OECD, Health data 2005, ottobre 2005.
[456] Si segnala che tali dati non sono confrontabili con quelli esposti nel precedente paragrafo sui confronti internazionali nel settore della protezione sociale, in quanto i dati di base sono di fonte diversa (EUROSTAT per la protezione sociale e OECD per presente paragrafo). Inoltre, il dato qui riportato include la spesa privata.
[457] Cfr. Istat, “Spesa delle Amministrazioni pubbliche per funzione. Serie SEC95 – anni 2000-2003”, del 15 dicembre 2004, e “Spesa delle Amministrazioni pubbliche per funzione. Serie SEC95 – anni 2001-2004” del 19 dicembre 2005. Si tratta delle due uniche serie al momento disponibili.
[458] La spesa per funzione, al pari delle altre classificazioni relative ai conti delle Amministrazioni pubbliche, è elaborata dall’Istat sulla base dei regolamenti europei (Regolamento UE n. 2223/96, istitutivo del nuovo Sistema dei conti nazionali SEC95, e Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico ESA95, “Manual on government deficit and debt – second editing”, diffuso da Eurostat il 30/4/2002). Si rammenta che lo schema funzionale utilizzato nei conti nazionali fa riferimento alla classificazione internazionale COFOG (Classification Of Function Of Government), definita a livello internazionale dalle principali istituzioni che si occupano di contabilità nazionale, quali OCSE, FMI, Eurostat.
[459] Istat, “Spesa delle Amministrazioni pubbliche per funzione. Serie SEC95– anni 2001-2004” del 19 dicembre 2005, pag. 2.
[460] Elaborazione del Servizio bilancio sui dati Istat.
[461] Cfr. Istat, “Spesa delle Amministrazioni pubbliche per funzione. Serie SEC95 – anni 2000-2003”, del 15 dicembre 2004, pag. 7.
[462] Elaborazione del Servizio bilancio su dati Istat.
[463]Ai sensi del CCNL del comparto scuola per il quadriennio normativo 2002/2005 e per il primo biennio economico 2002/2003, firmato il 24/07/2003, a ciascuno dei circa 850.000 insegnanti è stato riconosciuto un aumento medio circa di 148 euro mensili e ai 260.000 lavoratori ATA (personale ausiliare, tecnico ed amministrativo) un aumento medio di circa 93 euro mensili; gli arretrati, riferiti al 1° gennaio 2002, sono stati corrisposti nel corso del 2003).
[464] MIUR, “La scuola statale: sintesi dei dati - Anno scolastico 2004/2005”, luglio 2005, p. XIV.
[465] L’ultima edizione è stata pubblicata il 13 settembre 2005.
[466] “UNESCO-UIS/OECD/EUROSTAT (UOE) data collection on education statistics”. Si tratta di una raccolta di dati il cui obiettivo è fornire dati comparabili a livello internazionale su aspetti chiave dei sistemi educativi, con particolare riguardo alla partecipazione e al completamento dei programmi di istruzione, ai costi e alle risorse che vi sono dedicati.
[467] Cfr. “Education at a glance: OECD indicators”, 2005 editions, Annex 3: Sources.
[468] Per la maggior parte dei quali l’indicatore considerato è stato costruito sulla base della spesa pubblica e privata
[469]“Education at a glance: OECD indicators”, 2005 editions, Table D2.1 e D2.2.
[470] In particolare, si utilizzano i dati contenuti in : Istat, “La ricerca e sviluppo in Italia: Consuntivo 2003– previsioni 2004-2005”, 14 marzo 2006. L’Istituto di statistica fonda le proprie rilevazioni, tra il resto, sul ”Manuale di Frascati”, Il Manuale di Frascati, che è il documento di riferimento a livello internazionale (adottato anche dall’Eurostat) per l’armonizzazione delle metodologie di rilevazione statistica delle attività di R&S.
[471] La ricerca intra-muros è quella svolta dalle imprese e dalle amministrazioni pubbliche al proprio interno, con proprio personale e attrezzature.L’Istat, nel presentare i dati qui utilizzati, precisa che la rilevazione sull’attività di R&S nelle amministrazioni pubbliche è stata effettuata contattando 772 enti e amministrazioni pubbliche, distinti tra enti di ricerca (125 unità di rilevazione) e altre amministrazioni che svolgono ricerca (647 unità di rilevazione). Cfr. Istat, “La ricerca e sviluppo cit., pagg. 3 e 5. Tale rilevazione, secondo quanto asserito nel “Programma nazionale per la ricerca 2005-2007”, gennaio 2005, pag. 56, rappresenta l’unica statistica ufficiale presente in Italia.
[472] Quali, ad esempio, Cnr, Enea, Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto superiore di sanità, Istat.
[473] Le fonti utilizzate dall’Istat per i dati sulla spesa per R&S nelle università sono:
- gli archivi del Cineca (Consorzio Interuniversitario di calcolo), contenenti i dati riguardanti gli stipendi e gli oneri riflessi del personale docente e non docente delle università pubbliche italiane;
- i risultati della rilevazione annuale Istat dei bilanci consuntivi delle università;
- l’indagine campionaria Istat sulle attività di R&S dei docenti svolta con riferimento all’anno 1997.
[474] Esistono, inoltre, 3 scuole superiori e 2 università per stranieri. Cfr. MIUR - Direzione generale studi e programmazione, “L’università in cifre 2005”, pag. 24.
[475]I dati relativi al 2000 non sono riportati nella pubblicazione esaminata in queste pagine, ma sono presenti nell’anticipazione della medesima fornita dall’Istat il 7 ottobre 2005 (cfr.“Statistiche in breve - La ricerca e sviluppo in Italia nel periodo 2003-2005”), da cui sono stati tratti.
[476] Gli indicatori Istat sull’attività di R&S sono armonizzati con quelli degli altri paesi Ue per la produzione di dati statistici consolidati e comparabili a livello comunitario, ai sensi della Decisione n. 1608/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e del Regolamento della Commissione n. 53/2004, che hanno rafforzato il coordinamento delle statistiche sulla R&S a livello europeo.
[477] La metodologia di stima della spesa per la ricerca accademica si basa, inoltre, sulla quota del tempo di lavoro che il personale docente e non docente dedica a tale attività. Cfr. MIUR - Direzione generale studi e programmazione, “L’università in cifre 2005”, pag. 10.
[478] Per il quale i dati, come evidenziato nella tabella, sono disponibili solo dal 2002.
[479] Il dato relativo all’incidenza della spesa per R&S nelle università sul Pil è stato tratto da MIUR - Direzione generale studi e programmazione, “L’università in cifre 2005”, pag. 11.
[480] Cfr. anche ISAE, “Rapporto sull’attuazione del federalismo – marzo 2006”, pp. 231-232.
[481] Il PNR 2005-2007 (marzo 2005) indica i seguenti fondi quali principali strumenti finanziari sottesi ai progetti di ricerca nazionale:
- Fondo ordinario per le università (FFO);
- Fondo COFIN per la ricerca universitaria;
- Fondo per gli enti pubblici di ricerca (FOE);
- Fondo investimenti in ricerca di base (FIRB);
- Fondo agevolazioni ricerca industriale (FAR).
[482] Documento che raccoglie le raccomandazioni metodologiche dell’OCSE in tema di raccolta dei dati sulla R&S.
[483] Istat, “Annuario statistico italiano 2005”, pag. 506.
[484] I dati sono all’indirizzo http://epp.eurostat.cec.eu.int (aggiornamento al 28 febbraio 2006).
[485] EUROSTAT, “News release 156/2005”, 6 dicembre 2005.
[486] OCSE, “Main Science and Technology Indicators”, n. 2, 2004.
[487] Il Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) ha stabilito, nell’ambito delle finalità strategiche per l’UE, la necessità di rafforzare l’impegno dell’Unione in materia di R&S affinché quella europea divenga “l’economia basata sulle conoscenze più competitiva e dinamica del mondo”.
[488] Commission of the European
Communities, “More research for
[489] Cfr. Programma nazionale per la ricerca 2005, pp. 57 e 58.
[490] Cfr. comunicato stampa (IP/05/ Bruxelles, 19 luglio 2005) rilasciato in occasione della presentazione dell’edizione 2005 del volume “Key figures”, che riporta dati ufficiali (2003) sulla R&S successivi al Consiglio di Barcellona, dove si legge che “nel 2003 i finanziamenti privati alla ricerca sono cresciuti ad un tasso inferiore rispetto al Pil mentre la spesa pubblica è cresciuta a un livello leggermente superiore ad esso; ne è risultato un rapporto spesa su Pil fermo all’1,93% (EU25). Senza un’inversione di tendenza l’obiettivo perseguito nel 2010 si fermerà al 2,2%, ben al di sotto del 3% fissato a Barcellona”.