Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |
---|---|
Autore: | Servizio Rapporti Internazionali |
Titolo: | Incontro del Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, con l'Ambasciatore dell'Iran, Abolfazl Zohrevand |
Serie: | Incontri internazionali Numero: 6 |
Data: | 22/01/2008 |
Incontro del Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, con l’Ambasciatore dell’Iran, Abolfazl Zohrevand
22 gennaio 2008
DOSSIER INCONTRI INTERNAZIONALI
|
XV legislatura |
a cura del MAE
Nato il 14.4.1959 a Teheran. Coniugato con tre figli.
Laureato in Economia.
1983 Entra in Carriera Diplomatica. Funzionario del Dipartimento Affari del Personale
1984-89 Ispettore e Responsabile per le Valutazioni degli Affari Politici ed Amministrativi del Ministero degli Affari Esteri
1989-91 Vice Capo dell’Ufficio Valutazioni
1990 Incaricato d’Affari in Niger
1991-92 Vice Capo dell’Ufficio per l’Asia Occidentale
1993-97 Console Generale a Mazarsharif (Afghanistan)
1997-2000 Alto Funzionario agli Affari Politici e Consigliere del Vice Ministro per l’Asia e l’Oceania
1999-2001 Ideatore ed Esecutore del progetto del Gruppo di Pace a Cipro
2000-2001 Alto Funzionario presso il Centro Programmazioni Strategiche
2001-2002 Esperto Affari Politici e Membro della Segreteria della Commissione Politica del Governo presso la Presidenza della Repubblica
2002-2005 Esperto in Affari Politici presso la Segreteria della Guida Suprema della Rivoluzione Islamica
2004-2005 Esperto Affari Politici presso il Comitato Politico della Segreteria del Consiglio per il Discernimento
2005-2006 Esperto in Affari Politici e Consigliere del Vice Ministro per l’Europa e le Americhe; Consigliere del Vice Capo Affari Politici del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale
2006 Nominato Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran a Roma.
Lingue conosciute: Inglese.
Persona molto vicina alla Guida Suprema Khamenei (prima carica istituzionale della Repubblica Islamica) e uomo di fiducia del Presidente Ahmadinejad, l'Ambasciatore Zohrevand vanta stretti rapporti con i diversi centri dell’articolata struttura del potere iraniano (Presidenza della Repubblica, Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, Assemblea degli esperti, Consiglio per la Determinazione delle Scelte) ed ha accesso diretto alle più alte cariche dello Stato. Si annovera fra i diplomatici iraniani ancora in servizio di maggiore competenza ed esperienza, soprattutto nelle aree centro asiatica ed estremo orientale, di primaria importanza geo-economica e geo-politica per l’Iran, ed è considerato un esperto anche nelle questioni attinenti alla sicurezza nazionale.
Zohrevand gode di un elevato credito fra i consiglieri del Presidente Ahmadinejad e, in linea con gli orientamenti di quest’ultimo, è fautore di una maggiore promozione di un alto profilo regionale ed internazionale dell’Iran, rispetto all’asserita “politica estera passiva” dei precedenti Esecutivi.
Presidente del Parlamento (Majlis) |
Gholamali HADDAD-ADEL
|
Ambasciatore dell’Iran in Italia |
ABOLFAZL ZOHREVAND[1]
Ambasciatore italiano in Iran |
ROBERTO TOSCANO
Incontri del Presidente della Camera |
L’11 dicembre 2007 il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha incontrato a Roma la Premio Nobel per la Pace 2003, Shirin Ebadi. |
Il 7 novembre 2007 il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha incontrato una delegazione della Commissione la sicurezza nazionale e per la politica estera dell’Assemblea consultiva islamica, guidata dal presidente Alaeddin Borujerdi.
Il 15 ottobre 2007, il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha inaugurato i lavori della la prima riunione del Gruppo interparlamentare. Il Presidente ha anche incontrato la delegazione iraniana poco prima dell’inizio della riunione, affrontando i temi più rilevanti dell’agenda politica internazionale, dalla questione del nucleare iraniano alla stabilità in Medio Oriente.
Il 25 ottobre 2006 il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore dell’Iran in Italia, Abolfazl Zohrevand.
Nel corso dell’incontro, l’Ambasciatore ha invitato gli europei a distaccarsi dalla linea “imperialista” americana, in nome dei valori di giustizia e di libertà condivisi dagli intellettuali europei ed iraniani.
Il Presidente Bertinotti ha evidenziato come il compito principale della politica nel mondo attuale sia quello di adoperarsi per evitare un conflitto di religioni e di civiltà. Solo in tale quadro può essere incisiva la lotta contro il terrorismo e la guerra. In tale ambito l’Europa può giocare un ruolo importante nella creazione di un sistema multipolare e l’Italia, per la posizione e la sua storia, può favorire un dialogo proficuo. La soluzione alla crisi nucleare deve essere trovata attraverso il negoziato, ed al tempo stesso deve essere favorita una politica di cooperazione economica tra il sud ed il nord del mondo. La crisi palestinese può essere risolta solo nella creazione di due Stati distinti per le due popolazioni.
L’Ambasciatore ha poi sottolineato come – relativamente alla questione palestinese e del terrorismo in generale – le cause non debbano essere ricercate nel mondo islamico.
L’incontro è terminato con l’invito formulato dall’Ambasciatore al Presidente Bertinotti a compiere una visita in Iran. Anche il Presidente Bertinotti ha invitato il Presidente del Majlis a compiere una visita in Italia.
Commissioni parlamentari |
Dal 12 al 15 gennaio 2008 una delegazione della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, guidata dal presidente Umberto Ranieri, ha svolto una visita a Teheran, nel corso della quale ha incontrato esponenti parlamentari e governativi affrontando i principali temi dell’agenda internazionale e le questioni connesse alle prossime elezioni in Iran (marzo 2008).
Il 7 novembre 2007 a Roma si è svolto un incontro tra la Commissioni Affari esteri della Camera dei deputati italiana e una delegazione della Commissione la sicurezza nazionale e per la politica estera dell’Assemblea consultiva islamica, guidata dal presidente Alaeddin Borujerdi.
Nel corso dell’incontro è stata evidenziata l’importanza di valorizzare le relazioni parlamentari tra Italia e Iran, così da creare un canale di dialogo stabile affrontando insieme le principali questioni di politica estera. Sono stati quindi sviluppati i temi relativi alla questione nucleare iraniana, alla situazione in Afghanistan e alla crisi israelo-palestinese, con specifico riguardo al ruolo che l’Iran può svolgere in tale contesto.
Il 5 novembre 2007 il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore dell’Iran in Italia, Abolfazl Zohrevand nel corso della quale sono state affrontate le principali questioni in vista della venuta a Roma di una delegazione della Commissione Affari esteri dell’Assemblea consultiva islamica, dal 6 all’8 novembre 2007.
Il 16 ottobre 2007 il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato il Presidente della parte iraniana del Gruppo interparlamentare, Shahryar Moshiri, a margine della prima riunione del Gruppo.
Nel corso dell’incontro il Presidente Ranieri ha ricordato il ruolo stabilizzatore dell’area medio-orientale che l’Iran può svolgere ed ha espresso il forte auspicio che la questione sul nucleare possa trovare una sulla definizione sulla base dei negoziati. Grande attesa vi è per il rapporto dell’AIEA di novembre 2007. La speranza è che di fronte a tali aspetti da parte dell’Iran corrispondano atteggiamenti costruttivi e positivi. Il Presidente Moshiri ha fatto presente che l’Italia rappresenta per l’Iran un partner commerciale e culturale di prioritaria importanza, da sempre un fondamentale punto di riferimento. Ha evidenziato come gli USA abbiano identificato nell’Iran un nemico immaginario dopo la fine della Guerra fredda ed è tale politica che crea insicurezza nell’area.
Il 4 settembre 2007 il Presidente della Commissioni Esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato a Roma il Vice Ministro degli Esteri iraniano, Saeid Jalili.
Jalili ha auspicato che Ue e Iran possano arrivare ad una definizione comune di concetti chiave come quelli di “democrazia”, “questioni energetiche”, cooperazione economica”, “minacce globali” ed ha auspicato l’intensificazione delle relazioni parlamentari. Ranieri ha confermato l’interesse europeo per le questioni citate, nonché l’interesse della Commissione esteri a compiere a breve una visita in Iran
Il 16 luglio 2007 il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto la visita del Ministro Maghaddam dell’Ambasciata dell’Iran in Italia.
Il 27 giugno 2007 il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore dell’Iran in Italia, Abolfazl Zohrevand.
Nel corso dell’incontro, l’Ambasciatore ha proposto l’attivazione di rapporti parlamentari più intensi (visita della Commissione Esteri in Iran e Gruppo di cooperazione parlamentare). Il Presidente Ranieri ha sottolineato il ruolo che può svolgere l’Iran in Medio Oriente, sia in campo politico che morale. L’instabilità nella regione, soprattutto in Libano, non può che giovare alle forze terroristiche come al Al Qaeda. Zohrevand ha affermato che il suo Paese non intende sottrarsi a queste responsabilità, ma non è l’unico attore sulla scena e spesso gli si attribuiscono colpe non sue. E’ necessario che Hamas non sia isolato a livello internazionale, altrimenti potrebbe legarsi ad Al Qaeda. La situazione, soprattutto in Libano, è complessa e non si possono privilegiare componenti a dispetto di altre. L’equidistanza e la pazienza possono dare i frutti sperati. Il Presidente Ranieri ha proposto di organizzare una giornata di dibattito aperta alla partecipazione di esperti. Un passo importante verso la stabilizzazione della regione potrebbe venire dal definitivo riconoscimento della realtà di Israele da parte di tutte le componenti islamiche. L’Ambasciatore ha concluso l’incontro riconoscendo i caratteri positivi delle proposte lanciate dalla Lega Araba ad Israele. Quest’ultimo finge di aver paura dei suoi vicini, mentre mantiene uno degli eserciti più potenti al mondo ed è certo del sostegno USA.
Il 12 aprile 2007 il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore dell’Iran in Italia, Abolfazl Zohrevand.
Nel corso dell’incontro, è stato affrontato soprattutto il tema della prossima Conferenza Internazionale sull’Iraq in Egitto, che dovrebbe vedere la partecipazione anche dei Paesi confinanti (e fra questi anche l’Iran) allo scopo di stabilizzare l’area. L’Ambasciatore iraniano si è inoltre soffermato sulle difficoltà relative ad un possibile ritiro, in prospettiva futura, delle forze USA e sul peso eccessivo attribuito ai sunniti dalla nuova Costituzione. Malgrado le difficoltà, l’Ambasciatore Zohrevand ha evidenziato come il Governo iracheno sia stato legittimamente eletto dal popolo. La presenza di truppe straniere in Afghanistan, ha affermato sempre l’Ambasciatore, rischia di destabilizzare ulteriormente, anziché pacificare, il tormentato Afghanistan. La lotta contro i talebani spetta al popolo afghano, altrimenti la presenza di stranieri sarà sempre soggetta a strumentalizzazioni da chi intenda convincere gli afghani che devono lottare solo per la liberazione del Paese. Le problematiche dell’aree possono inoltre estendersi anche al Pakistan, dove Al Qaeda è pronta a sfruttare ogni possibile indecisione di Musharraf. Il piano americano per esportare la democrazia in Medio Oriente si è rivelato troppo ambizioso, e l’amministrazione Bush è stata presa da tanti e tali problemi da renderlo ormai praticamente ingovernabile.
Sul tema del nucleare, il Presidente Ranieri ha sottolineato come esista un concreto rischio di proliferazione nucleare ed il TNP si trova ad essere, allo stato attuale, uno strumento indebolito. L’Ambasciatore Zohrevand ha infine ribadito che l’Iran intende dotarsi del nucleare solo a fini civili.
Il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri (Ulivo) ha ricevuto, il 7 marzo 2007, la visita del Premio Nobel per la Pace 2003, sig.ra Shirin Ebadi. La Premio Nobel è stata anche ricevuta dal Presidente del Comitato per i Diritti Umani, on. Pietro Marcenaro (Ulivo).
La signora Ebadi ha espresso preoccupazione per le violazioni dei diritti umani in atto in Iran, dove, in particolare, le leggi sono molto discriminatorie nei confronti delle donne. Non è altresì possibile festeggiare l’8 marzo ed alcune donne che hanno tentato di manifestare sono state arrestate. Il Presidente Ranieri ha promesso il suo interessamento in tale questione. Il Presidente del Comitato per i Diritti Umani, on. Marcenaro, ha sottolineato che in Iran è presente una società civile matura, e questo costituisce la migliore garanzia per la democrazia e la pace. L’on. Marcenaro ha proposto la visita di una delegazione di parlamentari iraniane, e la proposta è stata giudicata positivamente da parte del Premio Nobel. Quest’ultima ha infine invitato le autorità italiana a coordinarsi con le ONG presenti nel Paese e a fare pressioni sul Majlis anche attraverso il Parlamento europeo.
Il 16 novembre 2006, il Presidente della Commissione Affari Costituzionali, on. Luciano Violante, ha incontrato a Roma il Vice Ministro degli Esteri iraniano, Saeid Jalili.
Il Vice Ministro Jalili ha ricordato come l’Iran punti ad instaurare migliori rapporti con i Paesi europei. Per quanto riguarda il nucleare, Jalili ha affermato che tale tema è da lungo tempo oggetto di dibattito ed è indispensabile per sostenere la crescita economica del Paese. Ha evidenziato comunque che gli iraniani sono disponibili a qualunque verifica. Il Vice Ministro ha inoltre giudicato interessanti le proposte avanzate dal Ministro D’Alema relative ad una Conferenza Internazionale sui problemi del Medio Oriente e che l’Iran ha intenzione di collaborare per risolvere la crisi libanese. Il Presidente Violante ha a sua volta affermato che l’Iran deve assolvere un ruolo di guida nella soluzione delle crisi regionali, dal momento che è il solo Paese stabile. Alla base dell’immagine che l’Iran diffonde di sé, stanno in particolare le posizioni fortemente antiebraiche più volte assunte dal Governo iraniano, causa dell’isolamento del Governo iraniano e della diffidenza che la comunità internazionale nutre nei suoi confronti. E’ pertanto auspicabile, a suo avviso, un nuovo approfondimento relativamente alla questione ebraica, mentre l’opinione pubblica deve essere informata sullo stato delle relazioni che intercorrono con gli altri Paesi del mondo e, in particolare, tra Iran e Italia. Jalili ha affermato che non esiste una questione ebraica in Iran, ma che il suo Paese vuole solo una soluzione della crisi palestinese che comprenda anche il ritorno dei profughi, i quali dovranno decidere il loro futuro attraverso un referendum. Il Presidente della Commissione Affari Costituzionali ha affermato che occorre invece realismo nell’approccio alla crisi medio orientale, e che un ritorno di tutti i profughi o un referendum sono proposte difficilmente realizzabili. Al momento, purtroppo, quelli che vogliono la pace in Medio Oriente sono di fatto una minoranza e potrebbe essere proprio l’Iran ad avanzare una nuova proposta. Se l’Iran accettasse il principio: “due Stati, due popoli, due democrazie” si avvicinerebbe molto all’Europa. Jalili ha affermato che alla base del problema sta invece l’ingiustizia, e che le cose potrebbero cambiare trovando nuove alleanze, proprio in base alla giustizia. Jalili ha quindi proposto la creazione di un forum per la discussione a livello internazionale di temi quali la pace, la lotta alla droga, al terrorismo. Da parte del Presidente Violante è stata condivisa la proposta di dare vita ad un foro allargato, in particolare con riguardo al tema della lotta al narcotraffico.
Il 17 novembre 2006, il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato a Roma il Vice Ministro degli Esteri iraniano, Saeid Jalili.
Il Presidente Ranieri ha evidenziato come l’Italia sia impegnata a favorire il dialogo tra l’Iran e l’Europa: è necessario compiere ogni sforzo per pacificare la regione medio-orientale e sconfiggere il terrorismo. Per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese serve un nuovo impegno internazionale, che parte dal diritto di esistenza per due Stati, che deve rappresentare il necessario punto di avvio. All’Iran è giusto che sia riconosciuta la sovranità energetica, ma il nucleare deve essere solo per scopi civili. Jalili ha affermato che al momento si è affermata una visione che punta a risolvere ogni questione con la forza e questa visione è sostenuta soprattutto dagli USA. Non è colpa del mondo musulmano se la crisi israelo-palestinese dura da 50 anni, e sempre sono stati legittimati i massacri e l’occupazione israeliana dei territori. La strada del disarmo deve essere percorsa a livello internazionale, l’Iran ha sottoscritto il protocollo aggiuntivo del TNP, a patto che l’AIEA non sottoponesse il dossier iraniano all’attenzione del Consiglio di Sicurezza. Ma alla fine ha prevalso anche questa volta la linea dura, definibile a suo avviso come “fascista”. Il Presidente Ranieri ha affermato che una possibile via per uscire dall’attuale situazione confusa in Afghanistan potrebbe essere quella di una Conferenza internazionale con la partecipazione dell’Iran.
Il 6 ottobre 2006 il Presidente della Commissione Esteri, Umberto Ranieri, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore dell’Iran in Italia, Abolfazl Zohrevand.
Nel corso dell’incontro è stato evidenziato come, considerato il ruolo che i Parlamenti sono chiamati e svolgere ed il livello delle relazioni parlamentari tra i due paesi, occorra intensificare i rapporti bilaterali. Il Presidente Ranieri ha evidenziato come l’area medio-orientale sia per l’Italia di interesse strategico e come vi sia il forte impegno a dare vita ad un quadro di sicurezza e di pace. In tale quadro l’UE può assolvere ad un ruolo importante. Al contempo, è necessario che il dialogo culturale sia intensificato. Ha quindi rilevato come il Governo italiano sia interessato a una soluzione della crisi medio orientale che assicuri uno Stato ai palestinesi e la pace e la sicurezza per Israele. L’Iran può, a sua volta, ricoprire un ruolo importante nella regione, sia per la stabilizzazione dell’Iraq, sia dell’Afghanistan. Per quanto riguarda il nucleare, il Presidente Ranieri ha espresso l’auspicio che si possa procedere ad un accordo attraverso i negoziati: l’uso del nucleare a scopi civili è garantito dai trattati internazionali ma è al contempo importante rassicurare la comunità internazionale sugli scopi esclusivamente civili e pacifici del nucleare iraniano. Il forte auspicio è che tutti i chiarimenti richiesti possano essere forniti presto all’AIEA. L’Ambasciatore Zohrevand ha quindi evidenziato come le soluzioni debbano essere individuate attraverso un processo e non precostituite e, soprattutto, non devono mai trascurare il dialogo. Ha quindi evidenziato come il processo di stabilizzazione del Medio Oriente si profili lungo e difficile, dal momento che tutte le crisi regionali sono per la maggior parte collegate alla questione palestinese. Ha rilevato poi come gli Stati Uniti aspirino sempre ad avere un ruolo egemonico e questo rappresenta a suo avviso un rischio per il Medio Oriente. L’Iran ha invece grande fiducia nell’Italia, con la quale condivide l’esigenza di sostenere un sistema multipolare. Ha quindi sottolineato come l’Europa unita sia un traguardo molto importante, ma non potrà essere realizzato se non si supera il neo-conservatorismo che non crede all’uguaglianza dei diritti tra gli Stati. L’Ambasciatore ha rilevato come non sia possibile fare nei confronti dell’Iran un “processo alle intenzioni” e come non ci sia ora più molta fiducia nei confronti di Solana e dell’Europa. Per tre anni, infatti, sono state portate avanti trattative, aperti i siti e accettate le ispezioni, ma non si è concluso niente evolvendosi tutto al peggio per l’Iran. La questione nucleare è stata collegata alle elezioni, al rilascio dei prigionieri, ai diritti umani. L’Ambasciatore ha infine invitato il Presidente Ranieri a recarsi in visita in Iran ed a svolgere uno scambio di visite tra le Commissioni esteri dei due Parlamenti.
Il 14 luglio 2006, il Presidente della Commissione Esteri, Umberto Ranieri, ha ricevuto la visita di congedo dell’Ambasciatore dell’Iran, Bharam Gassami.
Nel corso dell’incontro l’Ambasciatore ha sottolineato come, con il Governo Prodi, si siano avuti importanti segnali nella direzione di un rinnovato rafforzamento nei rapporti tra Italia e Iran. L’intenzione è infatti quella di valorizzare in maniera crescente le relazioni bilaterali e regionali. Quanto alla questione del nucleare, ha evidenziato come l’unica strada per risolvere l’attuale situazione sia quella del dialogo, auspicando un sostegno da parte dell’Italia soprattutto alla luce dei consolidati rapporti di amicizia tra i due Paesi. Al riguardo, da parte del Presidente Ranieri è stata richiamata l’opportunità di risolvere la questione senza fratture, ricordando come l’Iran sia chiamato a svolgere, tanto più in una fase di estrema delicatezza quale quella attuale, un fondamentale ruolo di stabilizzatore della regione.
Protocollo di cooperazione parlamentare |
La Camera dei deputati e l’Assemblea Consultiva Islamica hanno firmato un Protocollo di cooperazione il 6 ottobre 1998, cui ha fatto seguito un Memorandum integrativo il 25 novembre 2000. Il Protocollo prevede la formazione di un Gruppo interparlamentare, che si riunisca con cadenza annuale, per discutere temi di comune interesse. Il Protocollo prevede anche forme di cooperazione a livello di Commissioni parlamentari e fra le amministrazioni delle due Assemblee.
Per la XV Legislatura, i componenti del Gruppo di lavoro parlamentare sono stati nominati dal Presidente della Camera nel mese di giugno 2007. La parte italiana del Gruppo è presieduta dall’On. Luciano Violante, Presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera, e composta dai deputati Emerenzio Barbieri, Nicola Bono, Enrico Buemi, Fabio Evangelisti, Antonello Falomi, Osvaldo Napoli, Gianluca Pini e Jacopo Venier.
Presidente della parte iraniana del Gruppo è Shahryar Moshiri, membro della Commissione per la ricerca e la formazione dell’Assemblea consultiva islamica.
Si è svolta a Roma, dal 15 al 17 ottobre 2007, la prima riunione del Gruppo interparlamentare Italia-Iran.
Al centrodel dibattito vi sono stati argomenti di comune interesse, articolati in tre sessioni di lavoro vertenti sui seguenti temi:
- il traffico di droga nelle aree di confine con l’Afghanistan;
- la situazione nell’area medio-orientale ed il ruolo dell’Unione europea;
- la tutela dei diritti umani ed il rispetto delle diversità culturali.
La prossima riunione dovrebbe quindi avere luogo in Iran nella primavera del 2008.
Si ricorda infine che nella XIV legislatura era Presidente della parte italiana del Gruppo interparlamentare l’on. Ferdinando Adornato (FI); la parte iraniana era invece presieduta dall'On. Ahmad Bourqani Farahani.
Dialogo parlamentare sulle antiche civiltà mediterranee |
A seguito della sigla di una Dichiarazione congiunta dei Presidenti delle Assemblee parlamentari di Egitto, Iran, Italia e di Grecia a Roma nel novembre 1999 sono state avviate iniziative parlamentari nell’ambito del Dialogo parlamentare sulle antiche civiltà mediterranee (egizia, greca, persiana e romana). Si sono svolte in particolare tre manifestazioni: un convegno a Napoli sul Mediterraneo (maggio 2000), uno a Teheran sui rapporti tra Est ed Ovest (novembre 2000), nonché la riunione delle rispettive Commissioni Cultura al Cairo (gennaio 2001).
In occasione dell'ultimo incontro conclusivo tra i Presidenti ad Atene (18 febbraio 2002; per l'Italia era presente il Vice Presidente Biondi e per l'Iran il Vice Presidente Khatami, fratello del Presidente della Repubblica), è stata stabilita la periodicità annuale della riunione delle Commissioni Cultura ed il prosieguo del Dialogo. L’iniziativa non ha finora avuto seguito.
Unione interparlamentare |
Nell'ambito dell'Unione interparlamentare, è stata ricostituita per la XV Legislatura la sezione di amicizia Italia-Iran, la cui Presidenza è affidata all’on. Luciano Violante.
Collaborazione amministrativa |
E’ stato manifestato da parte iraniana l’interesse a prevedere un corso di formazione per alti funzionari dell’Assemblea Consultiva Islamica (Maijlis) presso la Camera dei deputai italiana, così da poterne conoscere più specificatamente l’organizzazione e le attività.
Disegni di legge di ratifica di trattati internazionali ed atti di sindacato ispettivo all’esame del Parlamento |
Non vi sono, allo stato attuale, disegni di legge di ratifica di trattati internazionali riguardanti la Repubblica islamica dell’Iran all’esame del Parlamento.
Quanto agli atti di indirizzo e di sindacato ispettivo, si ricorda che la III Commissione Affari esteri ha approvato, il 14 giugno 2007, la risoluzione 7-00196 D'Elia: Sulla lista UE delle persone ed entità coinvolte in atti di terrorismo che parte dal presupposto per cui con propria risoluzione del 2 maggio 2002 il Consiglio dell'Unione Europea ha aggiornato la lista delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo, includendo in tale lista l'Organizzazione dei Mujahidin del Popolo Iraniano (OMPI). Nella risoluzione della Commissione esteri della Camera si impegna dunque il Governo “a sostenere in sede di Consiglio dell'Unione Europea il pieno rispetto della sentenza del 12 dicembre 2006 del Tribunale di Prima Istanza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (causa T-228/02) ed a partecipare attivamente alla revisione semestrale della lista ivi prevista da parte del Consiglio al fine di accertare che la presenza dell'OMPI-MKO come di altre organizzazioni e individui nell'elenco delle organizzazioni terroristiche sia realmente giustificata, tenendo conto dei rilievi mossi dalla summenzionata sentenza alle precedenti decisioni del Consiglio, in particolare, per quanto riguarda la condizione preliminare di una decisione della autorità nazionale competente, l'obbligo di comunicazione e motivazione, il diritto di difesa”.
XIV LEGISLATURA
La Camera dei deputati italiana ha intrattenuto nel corso degli anni un rapporto privilegiato con l’Assemblea consultiva islamica iraniana, in parallelo con le “aperture di credito” che la diplomazia italiana ha concesso al regime di Teheran. Si è cercato in tal modo di favorire il tentativo del Presidente Khatami di conciliare la democratizzazione del Paese con la tradizione religiosa e di rafforzare il suo schieramento rispetto al fronte integralista. Tuttavia, mentre sul piano elettorale il consenso alla linea di Khatami si è accresciuto (elezioni parlamentari del febbraio 2000 e presidenziali del giugno 2001), è noto che i condizionamenti del potere religioso sono ancora rilevanti.
La Camera dei deputati e l’Assemblea Consultiva Islamica hanno firmato un Protocollo di cooperazione il 6 ottobre 1998, cui ha fatto seguito un Memorandum integrativo il 25 novembre 2000. Il Protocollo prevede la formazione di un Gruppo interparlamentare che dovrebbe riunirsi a cadenza annuale per discutere temi di comune interesse. Il Protocollo prevede anche forme di cooperazione a livello di Commissioni parlamentari e fra le amministrazioni delle due Assemblee.
Nella XIV legislatura era Presidente della parte italiana del Gruppo interparlamentare l’on. Ferdinando Adornato (FI); la parte iraniana era invece presieduta dall'On. Ahmad Bourqani Farahani.
Lo scambio di visite tra i Presidenti dei due Parlamenti
Il Presidente dell’Assemblea Consultiva Islamica, Mehdi Karroubi, è stato in visita alla Camera, dal 7 al 9 marzo 2002, accompagnato da una delegazione parlamentare.Il Presidente della Camera, Casini, è stato invitato a compiere una visita ufficiale in Iran.
La delegazione parlamentare iraniana ha incontrato altresì il Presidente della Commissione Cultura, nonché Presidente del Gruppo interparlamentare, on. Ferdinando Adornato. La delegazione parlamentare iraniana ha incontrato anche la Commissione Affari Esteri della Camera ed il suo Presidente, On. Gustavo Selva.
La delegazione parlamentare era composta, oltre che dal Presidente Karroubi, anche dal Presidente del Gruppo di Amicizia Iran-Italia, Ahmad Burqani Farahani, dal Presidente del Gruppo di Amicizia Iran-Germania, Nasser Khaleghi, dalla sig.ra Seyedeh Fatemeh Khatami, membro del Gruppo di Amicizia Iran-Italia, dal rappresentante della minoranza religiosa armena presso il Majlis, Lon Davidian, e dagli onn. Abdolrahim Bahravand, Saed Nasr Mosadi e Gholamhossein Barzegar.
Il Presidente della Camera ha restituito la visita recandosi in Iran dal 31 ottobre al 2 novembre 2002.
Nel corso dell’incontro tra Casini e Karroubi, sono stati trattati i temi dei rapporti bilaterali, con particolare riguardo al “Dialogo tra le civiltà” di cui entrambe le parti hanno auspicato il proseguimento. Il Presidente del Majlis ha affermato che la questione irachena deve essere risolta nel quadro del diritto internazionale e secondo quanto stabilito dalle Nazioni Unite. In tema di conflitto medio-orientale, ha confermato la propria posizione favorevole al ritorno in patria di tutti i palestinesi. In Iran, ha ribadito Karroubi, è in atto un processo di riforme che viene continuamente ostacolato dal clero. Casini ha confermato l’interesse dell’Italia a mantenere ed approfondire i buoni rapporti bilaterali stabiliti. L’Italia può diventare un Paese ponte tra un Iran ed i Paesi europei ed americani, aiutando a comprendere il suo sistema politico e la sua delicata situazione. L’Iran, d’altro canto, è chiamato a migliorare la sua immagine internazionale prendendo le distanze in modo esplicito dal terrorismo per non alimentare alcuna accusa da parte israeliana. Riguardo alla questione palestinese, il Presidente della Camera ha affermato che Arafat ha commesso un errore nel non accettare la proposta avanzata da Barak a Sharm-el-Sheikh. Da quel momento gli estremismi e gli atti di terrorismo hanno sbarrato la strada al dialogo.
Anche nel corso dell’incontro tra il Presidente Casini ed il Presidente della Repubblica, Khatami, è stato posto l’accento sul felice andamento dei rapporti bilaterali. Khatami ha invitato il Presidente della Repubblica Ciampi ed il Primo Ministro Berlusconi a compiere una visita in Iran. Khatami ha chiesto all’Italia di intensificare la collaborazione tra PMI. Nel campo dei rapporti internazionali, il Presidente della Repubblica iraniana ha lamentato la crescente violenza nel mondo ed affermato che è inadeguato rispondere alla violenza del terrorismo con altra violenza. Al pari del Presidente del Majlis, Khatami ha elogiato i tentativi di dialogo interparlamentare che hanno avuto nel “Dialogo delle Civiltà” uno dei loro momenti più rilevanti. Khatami, auspicando la creazione di un nuovo ordine mondiale, ha espresso il timore che la politica americana possa, a lungo andare, nuocere ai movimenti riformisti dei Paesi musulmani. Il Presidente della Camera ha suggerito una maggiore comprensione delle ragioni americane.
Al termine della sua visita il Presidente Casini ha incontrato il Presidente del Consiglio per la determinazione delle scelte ed ex Presidente della Repubblica, Rafsanjani. Nel colloquio sono stati trattati i temi dei rapporti bilaterali, del Medio Oriente (Rafsanjani sostiene come Karroubi la necessità di consentire il ritorno dei profughi palestinesi in Israele, nonché la creazione di due Stati indipendenti) e dell’Afghanistan. Rispetto a tale ultimo argomento, Rafsanjani ha lamentato un calo di interesse della comunità internazionale, soprattutto per quanto riguarda la lotta al narcotraffico ed il rimpatrio dei profughi. Il Presidente Casini ha concordato sull’analisi della questione afghana ed ha ribadito che la credibilità dell’azione internazionale in Afghanistan si gioca proprio sul tema della lotta al traffico di stupefacenti. Rimarcando la centralità geografica e politica dell’Iran rispetto alle crisi medio-orientali, il Presidente della Camera ha auspicato che, attraverso una visita di Rafsanjani in Italia, possano ulteriormente progredire i rapporti di comprensione e cooperazione reciproca.
Il Vice Presidente dell'Assemblea iraniana, Reza Khatami, ha incontrato a Roma, il 18 dicembre 2002, il Presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Al centro del colloqui è stato il comune interesse dei due Paesi per la pace ed il felice momento dei rapporti interparlamentari tra Paesi musulmani ed Ue. Sia Khatami che Casini hanno ribadito il comune interesse a riprendere il Dialogo fra le Civiltà. Khatami ha infine affermato che per far avanzare con successo l’attuale processo di riforme in atto in Iran è necessario il sostegno della comunità internazionale.
Il Presidente della Camera, on. Pier Ferdinando Casini ha ricevuto l’8 maggio 2003 la visita del Ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi.
Il Presidente della Camera, on. Pier Ferdinando Casini, ha incontrato a Roma il 19 febbraio 2004, la Premio Nobel per la Pace 2003, Shirin Ebadi. Quest’ultima è stata inoltre ricevuta, nella stessa giornata, dal Comitato permanente per i diritti umani presso la Commissione Affari Esteri, dal Presidente del Gruppo di Amicizia UIP Iran Italia, On, Luciano Violante e dalle parlamentari donne della Camera dei deputati.
Incontri della Commissione Affari esteri
Una delegazione della III Commissione, composta dal Presidente Gustavo Selva e dagli Onorevoli Valerio Calzolaio, Gennaro Malgieri, Ramon Mantovani, Arturo Parisi e Dario Rivolta, ha svolto una visita a Teheran dal 30 gennaio al 2 febbraio 2005.
Il 3 maggio 2004,il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Gustavo Selva, ha incontrato a Roma il Vice Ministro degli Affari Esteri, Ali Ahani, l’Ambasciatore dell’Iran in Italia, Bahram Ghassemi, il Consigliere per gli Affari politici dell’Ambasciata, Haushang Karimi e il Capo ufficio II per l’Europa Occidentale del Ministero degli Affari Esteri, Abdolreza Farai Rad.
La Premio Nobel per la pace 2003, Shirin Ebadi, è stata ricevuta dal Comitato permanente per i diritti umani presso la Commissione Affari Esteri il 19 febbraio 2004.
Il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Gustavo Selva, insieme al Senatore a vita, Giulio Andreotti, al sen. Franco Danieli e al Vice Presidente della Commissione Affari Esteri, Umberto Ranieri ha incontrato il Ministro degli Esteri, Kharrazi l’8 maggio 2003.
Il Presidente Selva ha affermato che per l’Italia la lotta al terrorismo è prioritaria, e non esiste un terrorismo positivo ed uno negativo: si tratta di un fenomeno che va unitariamente contrastato. Il Presidente della Commissione Esteri ha confermato l’appoggio italiano nel cammino di riforme intrapreso dalla Repubblica Islamica. Kharrazi ha da parte sua ribadito l’impegno dell’Iran nella soluzione delle crisi in Asia Centrale (Afghanistan e Tajikistan), che tuttavia non ha permesso al Paese di rompere l’isolamento. Anzi, l’Iran è finito nella ristretta cerchia dei Paesi che fanno parte dell’Asse del Male. Selva ha ricordato i buoni rapporti bilaterali ed il negoziato commerciale avviato dall’Unione europea con l’Iran, che tuttavia non può essere disgiunto dai temi dei diritti civili, della lotta al terrorismo e alle armi di distruzione di massa. Nonostante, e forse proprio per la diversità dei sistemi politici che differenziano i due Paesi, Italia ed Iran devono impegnarsi ancora maggiormente nel dialogo, con particolare riguardo alla lotta al terrorismo ed al tema del rispetto dei diritti umani. Per quanto riguarda la crisi irachena, sulla quale le parti hanno riconosciuto la diversità delle posizioni, Kharrazi ha affermato che l’Iran non vuole interferire con le vicende interne dell’Iraq ed auspica la creazione di un governo democratico e comprensivo di tutte le etnie.
Il 27 settembre 2002 il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Gustavo Selva, ha incontrato l’Ambasciatore dell’Iran in Italia, Ghassemi.
Nel corso del colloquio è stata affermata la necessità di favorire ulteriormente la cooperazione bilaterale, avviando a livello parlamentare, anche scambi di visite a livello di Commissioni Affari Esteri. Ghassemi ha ribadito il grande interesse con cui l’opinione pubblica iraniana e le autorità attendono ed accolgono visite di politici italiani. La società iraniana, ha puntualizzato l’Ambasciatore, è caratterizzata attualmente da grande dinamismo, volontà di apertura e di cambiamento. In tale clima, il Majlis può svolgere un ruolo di grande importanza. E’ importante che i politici italiani che si recano in Iran possano rendersi direttamente conto di questo clima entrando in contatto con la società. Il Presidente Selva, nel raccogliere prontamente l’invito, ha proposto di organizzare incontri con la stampa e gli studenti universitari. E’ necessario, ha puntualizzato l’on. Selva facendo propria la posizione espressa del Presidente della Repubblica Ciampi, che aumentino il peso e le responsabilità dell’Europa in ambito internazionale e che la crisi medio orientale sia risolta attraverso un’azione concertata a livello internazionale, e non con azioni unilaterali. E’ comunque altresì indispensabile rilevare, secondo il Presidente Selva, che dall’11 settembre è mutato l’approccio degli Stati Uniti e dei suoi alleati nei confronti del terrorismo e della crisi medio orientale. Ghassemi ha affermato che dopo l’11 settembre nessun Paese può considerarsi isolato. Ma la lotta al terrorismo non può essere a sua volta strumentalizzata per compiere azioni che finirebbero per generare solo ulteriore terrorismo. Gli equilibri nello scacchiere medio orientale sono particolarmente fragili ed un loro turbamento è guardato con grande preoccupazione da Teheran.
Il 5 ottobre 2001 si è tenuto alla Camera un incontro tra il Presidente della Commissione affari esteri, on. Gustavo Selva, ed il Vice Ministro degli esteri dell’Iran, Ali Ahani, già Ambasciatore iraniano a Roma.
Il colloquio è stato incentrato sul felice stato dei rapporti bilaterali e sulla situazione mondiale alla luce degli attentati dell’11 settembre. Ahani ha sollecitato maggiore attenzione internazionale riguardo al problema dei profughi afghani, dei quali una buona parte hanno trovato rifugio in Iran.
Cooperazione Multilaterale
Le onn. Fatemeh Alia e Fatemeh Ajorlou hanno partecipato ai lavori della “Conferenza mondiale delle donne parlamentari per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza” (Roma, 17-18 ottobre 2004).
Dialogo parlamentare sulle antiche civiltà mediterranee
Il Dialogo parlamentare sulle antiche civiltà mediterranee (egizia, greca, persiana e romana), che ha visto la partecipazione anche delle Assemblee parlamentari di Egitto e di Grecia, ha preso le mosse da una Dichiarazione congiunta siglata dai rispettivi quattro Presidenti a Roma nel novembre 1999. Ne sono seguite tre manifestazioni: un convegno a Napoli sul Mediterraneo (maggio 2000), uno a Teheran sui rapporti tra Est ed Ovest (novembre 2000), nonché la riunione delle rispettive Commissioni Cultura al Cairo (gennaio 2001).
In occasione dell'ultimo incontro conclusivo tra i Presidenti ad Atene (18 febbraio 2002; per l'Italia era presente il Vice Presidente Biondi e per l'Iran il Vice Presidente Khatami, fratello del Presidente della Repubblica), è stata stabilita la periodicità annuale della riunione delle Commissioni Cultura ed il prosieguo del Dialogo. L’iniziativa non ha avuto alcun seguito.
Unione interparlamentare
Nell'ambito dell'Unione interparlamentare, ha operato la sezione di amicizia Italia-Iran, la cui Presidenza è stata affidata all’on. Luciano Violante (DS). Ne hanno fatto parte, oltre all’on. Violante, i sen. Stefano BOCO (Verdi) e Luigi MALABARBA (Rif. Com.) e gli onn. Monica Stefania BALDI (FI) e Gennaro MALGIERI (AN).
La parte iraniana della sezione di amicizia Italia-Iran ha compiuto una visita in Italia dal 30 giugno al 3 luglio 2003. La delegazione parlamentare era guidata dal on. Davud Soleimani (Vice Presidente) ed era composta dagli onn. Seyed Abolqasem Hosseini, Valtollah Shoja’ Pourien, Nematollah Alirezai, Mirtaher Mousavi, (sig.ra) Shahrbanu Amani, Mirqesmat Mousavi Asl. La delegazione ha incontrato, oltre all’omologa parte italiana, anche il Presidente della Commissione Esteri, on. Gustavo Selva, ed il Presidente della Commissione Cultura, on. Ferdinando Adornato.
La parte italiana ha a sua volta restituito la visita recandosi in Iran dal 9 al 13 gennaio 2004. La delegazione era guidata dall'onorevole Luciano Violante e composta dagli onorevoli Monica Stefania Baldi, Emerenzio Barbieri, Giuseppe Fioroni, Gennaro Malgieri, Osvaldo Napoli e dal senatore Luigi Malabarba.
La delegazione ha avuto incontri con il Presidente della Repubblica Mohammed Kathami, con il Presidente dell'Assemblea Consultiva Islamica, Mehdi Karroubi, con il Ministro degli Esteri, Kamal Kharrazi, con il Vice Ministro degli Esteri per l'Europa e le Americhe, Ali Ahani, con il Presidente della Commissione Esteri, Mohsen Mirdamadi, con la parte iraniana della Sezione di amicizia, guidata dall'onorevole Ammad Bourqani, con il gruppo delle donne parlamentari e con la Commissione per i diritti umani del Majlis.
In tale occasione, la delegazione ha reso noto alle autorità iraniane il finanziamento stanziato dal Parlamento italiano in favore della ricostruzione di quattro centri sanitari urbani[2], distrutti dal terremoto di Bam.
Il Presidente Gruppo di Amicizia, On, Luciano Violante, ha incontrato il 19 febbraio 2004 il Premio Nobel per la Pace 2003, Shirin Ebadi.
Attività legislativa
Legge n.17 del 11 Luglio 2002
Ratifica ed esecuzione dell' Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica dell' Iran sulla reciproca promozione e protezione degli investimenti, con protocollo, fatto a Roma il 10 marzo 1999
Repubblica Islamica dell’Iran
(scheda elaborata in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri)
gennaio 2008
Nella storia dell’Iran il 1979 – l’anno della rivoluzione contro lo Shah Mohammad Reza Pahlevi e dell’avvento della Repubblica Islamica – è una data spartiacque: dopo nulla è stato più come prima e l’immagine del paese si è trasformata in maniera radicale.
Le radici di tale tumultuosa trasformazione vanno ricercate negli avvenimenti immediatamente precedenti allorché – dopo il boom economico legato alle risorse petrolifere – l’inflazione, una dissennata riforma agraria e un bilancio statale assorbito per il 40% dalla spesa bellica, avevano aggregato gli strati più diversi – dal sottoproletario urbano all’intellighenzia progressista – nella comune opposizione al regime.
I partiti laici, marxisti e non, esistono praticamente soltanto sulla carta e i sindacati sono allo stato embrionale. La componente religiosa, capillarmente diffusa, si ritrova completamente egemone.
Vi sono due fasi nella rivoluzione khomeinista. La rivolta popolare contro lo Shah, guidata a distanza da Khomeini e poi pagata con una dura repressione da quelle forze laiche che si illudevano di poter “cavalcare” il movimento religioso.
E poi il putsch, iniziato con la presa degli ostaggi nell’Ambasciata statunitense il 4 novembre 1979, protrattosi sino al loro rilascio il 20 gennaio 1981, culminato con l’erosione del potere di Bani Sadr, presidente laico della repubblica.
La scomparsa dell'Ayatollah Khomeini il 5 giugno 1989 sancisce l’avvio di una fase di profonda transizione. Due mesi dopo è eletto Presidente della repubblica Hojjat-ol-Eslam Rafsanjani, leader della destra pragmatica e protagonista di un tentativo di ricostruzione economica del paese, uscito gravemente danneggiato dalla guerra con l’Iraq.
A Khomeini – dopo l’allontanamento dell’Ayatollah Montazeri per divergenza sulla politica repressiva post-rivoluzionaria - succede come Guida Suprema (Rahbar) l’Ayatollah Ali Khamenei, figura minore all’interno del clero, che a tutt’oggi non è ancora stato in grado di ritagliarsi all’interno della scena politica iraniana un ruolo all’altezza del suo predecessore. Da notare che, sebbene si fregi del titolo di Ayatollah, in realtà, secondo l’ordinamento gerarchico del clero sciita, Khamenei è un Hojjat-ol-Eslam.
Le relazioni diplomatiche fra l’Iran e gli Stati Uniti erano state formalmente interrotte con l’avvento al potere di Khomeini e la presa degli ostaggi. Nel quadro del deterioramento, anche sostanziale, dei rapporti fra i due Paesi, Washington decretò un embargo commerciale nei confronti dell’Iran, quale ritorsione contro l’addotto sostegno della Repubblica Islamica ai gruppi terroristici attivi in Medio Oriente e l’opera destabilizzante di Teheran nella regione.
Le elezioni presidenziali del 1997 e quelle parlamentari del 2000 aprono la strada al governo moderato e riformista di Khatami, Presidente dal 1997 al 2005. Lla presidenza Khatami, iniziata sotto l’auspicio di un cambiamento e nel segno di un maggior pluralismo e apertura alle diverse componenti della società civile iraniana, si è poi tradotta in un sostanziale fallimento, dovuto in particolar modo all’isolamento istituzionale in cui si è trovato Khatami, stretto tra il controllo della Guida Suprema, de lConsiglio dei Guardiani e dell’apparato giudiziario, ancora fortemente in meno ai conservatori tradizionalisti.
Dopo le elezioni parlamentari del febbraio 2004, che hanno fatto registrare una netta affermazione del fronte conservatore, la spinta rinnovatrice si è arrestata. L’elezione a nuovo Presidente della Repubblica dell’ultra conservatore islamico, già sindaco di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad nel giugno 2005, ha sancito la fine della cosiddetta “nuova Era di Khatami” e di ogni illusione riformista.
DATI GENERALI Fonte: CIA Worldfactbook 2007 |
|||
Superficie |
1.648.000 Kmq (circa 5 volte e mezzo il territorio italiano) |
||
Capitale |
TEHERAN (12.000.000 abitanti, compresi gli agglomerati esterni) |
||
Abitanti |
65.400.000[3] |
||
Tasso di crescita della popolazione |
0,6% |
||
Aspettativa di vita |
70 anni |
||
Composizione etnica |
Persiani 51%, Azeri 24%, Gilaki e Mazandarani 8%, Kurdi 7%, Arabi 3%, Lur 2%, Baloch 2%, Turkmen 2%, altri 1%
|
||
Religioni praticate |
Musulmana sciita 89%, Musulmana sunnita 9%, altre (tra cui Ebraica e Cristiana) 2% |
||
|
CARICHE DELLO STATOE PERSONAGGI POLITICI DI RILIEVO |
||
|
Guida spirituale o Guida Suprema (Massima Autorità religiosa) |
Ayatollah ali Seyed KHAMENEI (dal 1989) |
|
|
Presidente della Repubblica e Capo del Governo |
Mahmoud AHMADI-NEJAD (dal 3 agosto 2005) |
|
|
Primo Vice Presidente |
Parviz DAVUDI (dal 11 settembre 2005) |
|
|
Presidente del Parlamento (Majlis) |
Gholam Ali HADDAD-ADEL (dal marzo 2004) |
|
|
Presidente del Consiglio per la Determinazione delle Scelte e Presidente dell’Assemblea degli Esperti |
Akbar Hashemi RAFSANJANI |
|
|
Presidente del Consiglio dei Guardiani |
Ayatollah AHMAD DANNATI |
|
|
Ministro degli Esteri |
Manucher MOTTAKI
|
|
|
Ministro degli Interni |
Mostafa PUR-MOHAMMADI
|
|
|
Ministro della Difesa |
Mostafa Mohammad NAJAR
|
|
|
Ministro dell’Economia e Finanze |
Davud DANESH-JAFARI
|
|
|
Negoziatore iraniano sul programma nucleare
|
Saed JALILI (dal 20 ottobre, al posto del dimissionario Larjani) |
|
|
Sindaco di Teheran |
Mohammed Bagher QALIBAF
|
|
SCADENZE ELETTORALI
|
|
Presidenziali |
Giugno 2009 |
Politiche |
15 marzo 2008 |
QUADRO POLITICO
|
Governo in carica
Con la vittoria dell’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad (49 anni) al ballottaggio per le elezioni presidenziali (24 giugno 2005) tutte le principali cariche dello Stato sono in mano del fronte conservatore.
Composizione del Parlamento (Majlis)
PARTITO |
SEGGI |
SEGGI |
Conservatori |
189 |
60 |
Riformisti |
48 |
190 |
Indipendenti (politicamente vicini ai conservatori) |
44 |
35 |
Minoranze religiose[4] |
5 |
5 |
TOTALE |
286[5] |
290 |
PRINCIPALI FORMAZIONI PARTITICHE
All'interno del sistema politico iraniano, la nozione di ''partito'' non ricalca esattamente il significato comune delle democrazie occidentali (associazione di persone che difendono un programma politico), ed il limite con le semplici associazioni e' talvolta tenue. Si indicano pertanto i tre principali orientamenti che fanno da riferimento nel contesto della scena politica iraniana.
Ultra-conservatori islamici |
Sonoemersi sulla ribalta della scena politica iraniana dopo l’elezione a presidente del populista Mahmud Ahmadinejad, provengono dagli strati sociali più popolari e provinciali, dalle fila di basiji e pasdaran ed in generale rappresentano le fazioni più radicali del Potere Giudiziario e del clero sciita. I leaders di questo movimento sono, oltre al già citato Presidente in carica, il Sindaco di Teheran, Mohammed Bagher Qalibaf, il quale ha eroso ultimamente il consenso di cui gode Ahmadinejad.
Religiosamente si riconoscono nei dettami dell’Ayatollah Mohammad Taqi Mesbah Yazdi, il quale sostiene l’interpretazione letterale del Corano ed il ritorno ai valori del 1979. Secondo alcuni analisti, potrebbe essere lui la prossima Guida Suprema. E’ naturalmente un nemico dichiarato di ogni forma di pluralismo politico e di riformismo.In particolare, Ahmadinejadi si ritiene essere legato al filone millenaristico scita Hojjatiyeh, fondato nel 1950 da Mahmoud Alabi[6].
Gli ultra-conservatori si contraddistinguono per l’aspro anti-occidentalismo e l’ostilità nei confronti di ogni forma di ingerenza esterna alle dinamiche interne al Paese. Per molti di loro la radice di questa presa di posizione, che più comunemente assume le forme della retorica dell’anti-americanismo e dell’anti-sionismo, sta nella drammatica esperienza della guerra che per otto anni ha contrapposto l’Iran all’Iraq di Saddam Hussein, a cui molti di essi parteciparono come basji (corpi di giovani volontari impiegati nelle operazioni a più alto rischio) e pasadran.
In questo contesto di retorica anti-occidentale si collocano le virulente esternazioni anti-sioniste del presidente Ahmadinejad, che hanno trovato il loro culmine nella conferenza sull’Olocausto, svoltasi a Teheran su iniziativa dello stesso Ahmadinejad l’11 e il 12 dicembre 2006. La conferenza, conclusasi con la proposta di costituire una”Commissione Internazionale per la Ricerca e la Verità”, ha costituito l’occasione per una piena affermazione delle teorie negazioniste di cui il presidente iraniano si è fatto portavoce. Simili posizioni sono state accompagnate da un reiterato richiamo alla distruzione di Israele e al crollo degli Stati Uniti che si sono sempre schierati suo supporto, contro i Paesi arabi della regione. Immediate sono state le reazioni di condanna da parte di tutta la comunità internazionale, che hanno messo in evidenza il clima di sempre maggior isolamento in cui il presidente Ahamdinejad sta portando la Repubblica Islamica.
Nel contesto della politica attuale gli ultra-nazionalisti di Ahmadinejad individuano quale maggiore obiettivo, parallelo alla lotta contro ogni tipo di ingerenza esterna, l’innalzamento del profilo regionale dell’Iran, attraverso sia la politica nucleare sia l’assunzione di un ruolo di alto profilo nelle situazioni di instabilità regionali.
Elemento comune dei diversi orientamenti politici è una forma di nazionalismo inteso come aspirazione a garantire alla Repubblica Islamica dell’Iran un ruolo di potenza regionale di primo piano e di interlocutore non eludibile sullo scacchiere mediorientale.
Un tale ruolo troverebbe concretizzazione in un’intensificazione della cooperazione con i Paesi del Golfo, in un Iran protagonista e interlocutore obbligato nelle conferenze internazionali per la gestione delle crisi regionali, con tutto ciò che ne conseguirebbe sul piano economico.
In questa complessa realtà, caratterizzata da equilibri delicati e da rapporti di forza in continua evoluzione, ago della bilancia ed elemento determinante nei futuri sviluppi interni del Paese sono le Guardie della Rivoluzione, i Pasdaran, tradizionalmente fedeli alla Guida Suprema.
Conservatori tradizionalisti |
Con 190 seggi detengono la maggioranza nel Majlis. Essi trovavano uno dei principali punti di riferimento nell’Ayatollah Mohammad Taqi Mesbah-Yazdi, prima che questi venisse cooptato nel movimento ultra-conservatore islamico di Ahmadinejad. Sono appoggiati dalle cosiddette “Fondazioni” (cfr infra) o Bonyad, sorte per la gestione dei patrimoni confiscati al precedente regime, sono poi divenute Istituzioni finanziare centrali nel contesto economico iraniano basato sulle sovvenzioni. Tra le più influenti, si segnalano la Astan-e-Ghods-e Razavi (Mausoleo dell’Imam Reza a Mashad) e la Bonyad-e Mostazafin va Janbazan (Fondazione degli oppressi e dei veterani di guerra).
Riformisti |
Hanno una visione moderata dell’Islam, disponibili al dialogo e al confronto interreligioso e interculturale. A seguito del tramonto dell’era khatamista hanno stretto un’alleanza tattica con i conservatori pragmatici con cui condividono la necessità di un approccio meno oltranzista, soprattutto nel settore economico. I principali esponenti sono gli ex Presidenti Rafsanjani e Khatami
QUADRO ISTITUZIONALE
|
Sistema politico
Repubblica Islamica di carattere teocratico. La Costituzione del dicembre 1979 pone le basi per la costruzione di una teocrazia sciita; essa attribuisce alla Guida Suprema un ruolo primario e “super partes”, ulteriormente esaltato dalla singolare frammentazione del potere fra vari centri che contraddistingue la realtà politica iraniana, e sancisce il primato del giureconsulto sciita (Istituto del "Velayat-e-Faqih).
Guida spirituale
Al vertice dello Stato è la Guida spirituale, che esercita il diritto di monitoraggio sulle leggi e tutto l’apparato di potere, compreso il Presidente della Repubblica. La Guida spirituale resta in carica a vita. Tra le attribuzioni della Guida, rientrano, tra l’altro, la nomina del “Capo della Giustizia”, dei vertici delle Forze armate (tra i quali il Comandante supremo) e dei membri del Consiglio nazionale per la difesa. Rientra tra le sue competenze anche la formalizzazione dell’elezione del Presidente della Repubblica e la sua eventuale messa in stato d’accusa. Solitamente si tiene al di fuori delle questioni politiche quotidiane, ma esercita piuttosto la sua influenza dietro le quinte.
Il compito di nominare la Guida spetta ad un’Assemblea degli Esperti[7], eletta dal popolo ogni otto anni. (Le ultime elezioni si sono tenute il 15 dicembre 2006, cfr. infra). Le scelte su cui si basa l’assemblea per nominare (o deporre) la Guida Spirituale sono la sua competenza nel campo del diritto e la sua aderenza ai principi della rivoluzione. In caso di vacanza della carica di Guida spirituale, i suoi compito sono assunti da un collegio di giurisperiti islamici, anch’esso nominato dall’Assemblea.
Il principale organo consultivo della Guida spirituale nelle questioni politiche è il Consiglio per la determinazione delle scelte, un collegio formalmente preposto a dirimere eventuali controversie tra il Parlamento ed il Consiglio dei Guardiani i cui membri sono nominati dalla Guida Suprema e comprendono anche i sei membri religiosi del Consiglio dei Guardiani. Dura in carica sei anni. Dal 2005 i poteri del Consiglio sono stati estesi, almeno sulla carta, per permettergli di compiere un’opera di supervisione sull’operato del Governo
Potere legislativo
L’organo parlamentare, l’Assemblea consultiva islamica (Majlis-e Shora-ye Islami),si compone di 290 membri eletti sulla base di collegi elettorali (attualmente 196 uninominali e plurinominali) e non sulla rappresentanza proporzionale, per un periodo di quattro anni. I seguaci dello zoroastrismo e gli Ebrei possono eleggere un rappresentante ciascuno; i Cristiani, gli Assiri e i Caldei eleggono congiuntamente un rappresentante, i Cristiani Armeni del nord e quelli del sud del Paese eleggono ognuno un proprio rappresentante. Alle ultime elezioni (febbraio 2004), su un totale di 6.856 aspiranti candidati, soltanto 5.753 sono stati ammessi a partecipare alle consultazioni dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione. In Iran non esistono ufficialmente i partiti politici, nel Majlis non sono costituiti veri e propri gruppi parlamentari.
E’ sufficiente avere 16 anni per votare.
Il Majlis non può essere sciolto dal Presidente della Repubblica. Ha il potere di opporre un veto alla nomina dei Ministri proposta dal Presidente della Repubblica. In tal caso, quest’ultimo può nominare un reggente il Dicastero al cui titolare proposto sia stata negata la fiducia, ed ha tre mesi di tempo per proporre al Majlis un secondo Ministro.
A seguito di proposta della Suprema Corte di Giustizia, il Majlis approva la nomina dei sei giuristi del Consiglio dei Guardiani.
Mozioni e progetti di legge approvati dal Majlis non hanno però automaticamente effetto. Il Consiglio dei Guardiani ha poteri che possono configurarsi come quelli di una Corte costituzionale e di una Camera alta, con la facoltàdi bocciare le decisioni dell’Assemblea. Il Consiglio controlla le leggi approvate dal Majlis, le compara con i canoni islamici e la Costituzione, quindi le ratifica o le rinvia per il riesame all’Assemblea. Il Consiglio si compone di 12 membri, 6 nominati dalla Guida spirituale e 6 eletti dal Majlis tra giuristi di riconosciuta fama, in base ad una lista predisposta dal Capo della Giustizia. Il loro mandato dura 6 anni e vengono rinnovati per metà ogni tre anni. Ha inoltre il potere di veto inappellabile sulle candidature a cariche pubbliche. Tale potere consente ai conservatori di condizionare fortemente le elezioni.
Potere esecutivo
Nell’ambito del potere esecutivo,la seconda autorità dopo la Guida spirituale è il Presidente della Repubblica. Il Presidente ha la responsabilità di far applicare la Costituzione e agisce come capo del Governo con l’eccezione delle questioni spirituali. Viene eletto per quattro anni con votazione diretta. Non può essere eletto per più di due mandati consecutivi.
Il Presidente è – dopo l’abolizione nel luglio 1988 della carica di Primo Ministro – direttamente a capo del Consiglio dei Ministri. Supervisiona il lavoro dei Ministri e coordina le decisioni degli enti governativi. Fissa il programma e le politiche del Governo, provvedendo all’attuazione delle leggi. È responsabile verso l’Assemblea per le azioni del Consiglio dei Ministri. I Ministri sono nominati dal Presidente e devono ottenere la fiducia dell’Assemblea.
Il Presidente della Repubblica può essere destituito nel caso che la Corte Suprema accerti la violazione delle sue funzioni legali o nel caso venga sfiduciato dal Majlis. Il decreto di destituzione del Presidente è firmato dalla Guida Suprema.
Capi dello Stato in Iran a partire dalla Rivoluzione islamica (1979) |
|
Ayatollha KHOMEINI |
1979-1989 |
Hashemi RAFSANJANI |
1989-1997 |
Mohammad KHATAMI |
1997-2005 |
Mahmoud AHMEDINEJAD |
2005- |
Potere giudiziario
Il sistema giudiziario è fondato sul canone islamico ed ha una struttura accentrata. A capo del sistema giudiziario sta il Capo della Giustizia che è nominato dalla Guida Spirituale per un periodo di cinque anni (attualmente ricopre questa carica l’Ayatollah Mohammad Hasehmi-Shahroudi).
I tribunali si dividono in pubblici e speciali. I tribunali pubblici si dividono a loro volta in penali e civili. I tribunali speciali comprendono i tribunali della Rivoluzione islamica ed il tribunale speciale per i rappresentanti religiosi. Contro le decisioni dei tribunali pubblici ci si può rivolgere alla Corte Suprema.
In Iran vige la pena di morte che viene applicata soprattutto nei casi di spionaggio, attività contro la Repubblica Islamica, traffico di droga, omicidio ed adulterio.
GRUPPI DI INFLUENZA
Tipico protagonista della scena politica ed economica dell’Iran, fa riferimento ai tradizionali mercanti iraniani che si dedicano all’import-export. Essi hanno dimostrato il loro potere nel 1978 attraverso una serie di scioperi che hanno paralizzato l’economia iraniana e costretto lo Scià Reza Pahlavi a lasciare il Paese. Lo stesso Scià considerava il Bazaar un impedimento al perseguimento di una politica di stampo moderno. Dopo la rivoluzione, il Bazaar ha stretto proficui legami con la classe dirigente, ottenendo contratti particolarmente favorevoli in cambio di finanziamenti da impiegare per la costruzione di moschee e per sostenere le campagne elettorali di candidati conservatori. Il Baazar provvede inoltre a fornire crediti al settore privato e sostiene il mercato nero. Riassumendo, il Bazaar si oppone a qualsiasi riforma economica di ampio respiro, alla riduzione delle tariffe doganali e ad una maggiore partecipazione degli investitori esteri in Iran.
Le Bonyad sono state create dopo la rivoluzione per salvaguardare i principî islamici e provvedere al sostentamento dei poveri utilizzando beni espropriati al momento della Rivoluzione. Mentre si occupavano di garantire assistenza alle famiglie dei caduti o dei feriti nella guerra Iran-Iraq, le Bonyad hanno rinforzato la loro posizione fino a controllare larghi settori dell’economia iraniana. Con un personale reclutato dai conservatori, sono responsabili solo di fronte alla Guida spirituale. Le più importanti sono la Bonyad-e Mostazafan (Fondazione degli Oppressi) e Bonyad-e Shahid (Fondazione dei Martiri) che si oppongono a qualsiasi avvicinamento all’Occidente e alla liberalizzazione dell’economia, temendo che gli investimenti esteri possano minacciare il loro impero economico. Una crescente campagna contro di loro le ha poste su una linea difensiva a partire dall’elezione di Khatami nel 1997.
Le forze armate
Le forze armate comprendono sia l’Esercito della Repubblica Iraniana che il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Pasdaran). Ognuno di questi due corpi ha dei propri contingenti terrestri, marittimi ed aerei. Accanto a questi, figurano inoltre le Forze Paramilitari Basij, poste sotto il controllo del Corpo delle Guardie della Rivoluzione, che includono milizie popolari disposte a servire il Paese e che hanno giocato un ruolo importante nella guerra contro l’Iraq (1980-1988). Anche se qualche anno i Basij sono confluiti nei Pasdaram, la distinzione storica tra i due corpi di armata perdura: migliaia di Basij hanno perso la vita nel corso delle terribili offensive contro l’Iraq. I militari ed i paramilitari hanno un peso politico rilevante in quanto sono poste direttamente sotto il comando della Guida Suprema. Le azioni di repressione (fra le quali si segnala quella particolarmente sanguinosa contro gli studenti dell’Università di Teheran nel febbraio 1999) le hanno reso particolarmente invise alla popolazione, soprattutto quella di tendenze riformiste. In particolare i gruppi militari si occupano di controllare la condotta morale ed i costumi della popolazione iraniana.
Il Congresso USA ha votato in ottobre una risoluzione per inserire i Pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Il servizio militare in Iran è obbligatorio per i giovani con più di 18 anni ed ha la durata di 2 anni.
ATTUALITÀ DI POLITICA INTERNA
|
La situazione interna in vista delle elezioni politiche del prossimo 15 marzo 2008
La coalizione del Presidente Ahmadinejad rischia di mancare il successo all’appuntamento elettorale per il rinnovo del parlamento, a causa dei crescenti malumori sociali e politici che interessano il paese. L’impopolarità di Ahmadinejad deriva sia dalle sue azioni di governo, al di sotto delle aspettative di giustizia sociale promesse, sia dall’estremizzazione della sua retorica populista, che sta mostrando tutti i suoi limiti e pericoli anche all’interno della Repubblica Islamica. Il leader supremo Khamenei potrebbe avvedersi del sostegno finora accordato al presidente e, nell’interesse per la conservazione del sistema post-Rivoluzione, decidere di appoggiare i moderati di Rafsanjani e Khatami, più portati alla mediazione e al compromesso.
Il Presidente Ahmadinejad ha disatteso le aspettative, non realizzando né una maggiore giustizia sociale attraverso la redistribuzione dei proventi del petrolio, né una seria politica di lotta contro la corruzione. Già alle consultazioni municipali e per il rinnovo dell’Assemblea degli Esperti dello scorso dicembre, gli elettori avevano negato il loro voto alla coalizione da egli sostenuta, a favore dei moderati e di Rafsanjani, molto critico rispetto ai programmi del governo.
A confermare le difficoltà nel settore, sono arrivate le dimissioni dei Ministri del Petrolio e dell’Industria, nonché del Governatore della Banca Centrale. A queste, si sono aggiunte, il 2 dicembre 2007, le dimissioni del Ministro dell’istruzione, Mahmudd Farshidi. Secondo molti osservatori, il Presidente iraniano sta puntando ad affidare il numero maggiore possibile di posti di responsabilità a propri fedelissimi, e questa sarebbe stata anche la ragione della nomina di Saed Jalili , ex Vice Ministro degli Esteri, alla carica di capo negoziatore iraniano sul nucleare.
L’inflazione ha raggiunto in settembre quasi il 18% rispetto all'anno precedente e la disoccupazione resta una piaga da risolvere, con un tasso del 15%. In più il Paese è strettamente dipendente dalle entrare derivanti dall’esportazione petrolifera e, causa il sistema di sovvenzioni molto oneroso (quasi 50 miliardi di dollari), si è trovato ad adottare misure di emergenza come il razionamento della benzina, il cui consumo stava superando del 75% la produzione. A tutto ciò si aggiunga un brusco irrigidimento in direzione della morale islamica che ha portato ad esecuzioni capitali pubbliche[8] per reati quali il traffico di droga, l’omosessualità e anche il dissenso politico (come nel caso di due giornalisti curdi, accusati di essere “nemici di Allah”).
La popolazione teme inoltre che l’insistenza posta sul programma nucleare possa inasprire le sanzioni della comunità internazionale e provocare un attacco armato[9]; inoltre le tesi negazioniste dell’Olocausto non sono sostenute né dalla maggioranza della popolazione, né dagli alleati politici, i quali distinguono tra negazione di Israele come Stato e negazione del genocidio nazista. Non va comunque dimenticato che presidente Ahmadinejad continua a mantenere un forte potere in seno al Consiglio dei Guardiani.
Inoltre la forte pressione demografica contribuisce a scaldare il clima politico, dal momento che il 67% degli iraniani è costituito da giovani sotto i 30 anni, molti studenti universitari. Ed è proprio l’università che tradizionalmente in Iran è il luogo in cui si concentra il dissenso contro il regime, rendendo la situazione costantemente critica.
L’8 ottobre si è tenuta una manifestazione presso l’Università di Teheran per protestare contro il Presidente Ahmadinejad, accusato di essere un dittatore alla stregua di Pinochet. Oltre a contestare il Capo dello Stato, gli studenti hanno chiesto il rilascio dei loro colleghi arrestati in maggio per aver pubblicato degli scritti considerati un insulto all’Islam.
|
Dallo scorso marzo, le associazioni di rappresentanza dei lavoratori sono tra le organizzazioni più impegnate nelle dimostrazioni contro le politiche del presidente Ahmadinejad. Gli operai lamentano non solo l’aumento dei licenziamenti, provocato dall’impoverimento dell’economia – ancora non si dispone di dati certi per l’anno corrente, ma le stime delle organizzazioni internazionali indicano un aumento al 15% del tasso di disoccupazione, dall’11% circa registrato nel 2006 - ma anche l’inadeguatezza dei salari rispetto al costo della vita, talvolta sospesi per alcuni mesi, come è accaduto agli operai di fabbrica nella città occidentale di Shush, in sciopero da alcuni giorni per chiederne il pagamento.
La costituzione iraniana non vieta la formazione di sindacati, né di altre organizzazioni civili, purché non siano in contrapposizione all’unità nazionale o mettano in discussione i principi islamici della Repubblica. Sebbene permessi dalla legge, negli ultimi mesi il regime si è mostrato intollerante verso qualsiasi manifestazione di dissenso popolare, ordinando perquisizioni delle abitazioni private e arresti dei leader dei sindacati: lo scorso aprile è stato condotto in una luogo di detenzione segreto Mahumud Salehi, figura centrale del sindacato dei fornai della capitale del Kurdistan iraniano; in seguito al ruolo svolto durante le manifestazioni della scorsa estate, Mansour Osanlu e Ibrahim Madadi, entrambi esponenti del sindacato degli autisti, sono stati anche essi arrestati.
La repressione pare però rafforzare l’avanzata del sindacato tra le classi dei lavoratori e l’incisività delle sue denunce. Alcuni membri del Consiglio di Coordinamento delle Organizzazioni dei Lavoratori e degli Attivisti hanno pubblicamente denunciato la sparizione di 600 loro compagni dei sindacati e hanno chiesto con una lettera all’Organizzazione Internazionale del Lavoro di avviare un’inchiesta che chiarisca gli abusi del potere contro i movimenti dei lavoratori in Iran.
Tra i problemi di ordine interno a cui il governo deve rispondere, sono da includere i recenti sviluppi della questione curda. Nell’ultimo anno, secondo quanto reso noto dal quotidiano Gulf News e rilanciato dalle agenzie di stampa regionali, il corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica è impegnato in una guerra contro i ribelli curdi in alcune province al confine con l’Iraq. Dapprima le autorità avevano tentato di mantenere le operazioni segrete, ma dopo l’abbattimento di un elicottero da combattimento avvenuto lo scorso febbraio per mano dei ribelli curdi, nel quale sono morti nove militari iraniani incluso il comandante regionale, il generale Saeed Qahhari, le azioni sono divenute più cruente: diversi soldati e appartenenti alle forze di polizia iraniane sono rimasti feriti o uccisi, durante la repressione e l’uccisione di almeno 100 curdi.
Il gruppo più attivo in questa nuova ondata di guerriglia è il Kurdistan Free Life Party (PJAK), una derivazione del Kurdistan Workers Party (PKK), movimento di guerriglia formato da curdi turchi che dagli anni '70 combatte per la creazione di uno stato curdo nella penisola anatolica; le stesse figure chiave del PJAK non sono curdi iraniani, bensì curdi turchi, con un lungo passato di esilio in Germania. Essi riscuotono consenso nelle province di etnia Azeris, di lingua turca, mentre nelle più vaste province curde dell’Iran, ossia in Kurdistan e in Kermanshahan, restano maggioritari il Kurdistan Democratic Party (PDK), e il Komalah. Il PDK è un partito di stampo socialdemocratico, unitosi di recente all’opposizione iraniana a favore del capovolgimento del regime, pur senza ricorrere alla violenza; in origine il gruppo aveva tentato la via del compromesso con le autorità iraniane, senza ottenere però il riconoscimento dei mullah e continuando a restare perseguitato. Il Komalah è invece impegnato da 25 anni in una lotta di guerriglia contro il governo iraniano, che ha provocato un altissimo numero di vittime.
Storicamente, la “minaccia curda” costituisce un richiamo all’unità nazionale e nel contempo una giustificazione all’irrigidimento delle restrizioni alle libertà e ai diritti degli abitanti delle province interessate, senza troppe preoccupazioni sulle formalità legali. Negli avvenimenti più recenti però l’inasprimento delle misure di emergenza colpisce delle province non a maggioranza curda; gli arresti e le ritorsioni sono dirette ai ribelli e anche agli oppositori in generale al regime, inclusi pertanto i sindacalisti, i leader studenteschi e i religiosi sunniti
Il dissenso contro Ahmadinejad non è manifestato solo nelle strade: esso inizia ad aleggiare pure in alcuni palazzi del potere, come il Parlamento (Majlis). Il Majlis, vale a dire l’organo legislativo della Repubblica, ha respinto diverse indicazioni provenienti dal Gabinetto presidenziale, incluse tre nomine per la carica di Ministro del petrolio. Lo scontento dei conservatori che formano la maggioranza in questa arena origina sia in reazione all’approccio irresponsabile che Ahmadinejad dimostrerebbe verso i conti dello stato, sia in risposta al disprezzo e alla scarsa considerazione che lo stesso riserva ai suoi alleati parlamentari. Inoltre, la disfatta della coalizione dello Sweet scent of service, sostenitrice del presidente alle elezioni municipali del dicembre 2006, e l’elezione di Akbar Hashemi-Rafsanjani alla massima carica dell’Assemblea degli Esperti – corpo religioso investito del potere di nominare e rimuovere il Leader supremo della Repubblica, attualmente il sommo ayatollah Khamenei – hanno segnato il ritorno nella scena politica dei moderati.
Nei moderati sono rappresentati gli esponenti politici interessati a riformare il modello di governo attuale in senso più razionale e meno rivoluzionario, più portato al dialogo con la comunità internazionale e al consenso e meno oltranzista; oltre all’ex presidente Rafsanjani, sostengono tale programma il predecessore di Ahamdinejad, Khatami, e alcuni ufficiali dell’esercito e uomini di legge, come Mahmoud Hashemi-Shahroudi, al vertice del potere giudiziario iraniano.
Il 14 dicembre è nata ufficialmente una coalizione di riformisti il cui cavallo di battaglia è una forte critica nei confronti dell’attuale Presidente, Ahmadinejad. Nella coalizione sono entrati una ventina di partiti che in passato hanno appoggiato gli ex Presidenti Khatami e Rafsanjani.
Nonostante i malumori tra i propri seguaci, il presidente può ancora contare sul sostegno di alcune figure eminenti del panorama religioso e politico iraniano, come l’ayatollah Ahmad Dannati, al vertice del Consiglio dei Guardiani, l’organo incaricato di appurare la conformità degli atti del parlamento alla costituzione e alla sharia, nonché di approvare i candidati alle elezioni, e l’ultra-conservatore ayatollah Taqi Mesbah-Tazdi, membro dell’Assemblea degli Esperti, ritenuto il consigliere spirituale di Ahmadinejad, illustre sconfitto del confronto con Rafsanjani per la guida dell’Assemblea.
La “rinascita” di Rafsanjani
Il 4 settembre 2007 l’Assemblea degli Esperti ha votato il suo nuovo capo, dopo la morte dell’Ayatollah Meshkini, che ricopriva tale incarico dai tempi di Khomeyni. L’ex Presidente ha ottenuto 41 voti contro i 34 dell’ayatollah ultraconservatore Jannati, candidato appoggiato da Mezbah Yazdi, altro ayatollah conservatore, considerato il mentore di Ahmadinejad. Rafsanjani è ritenuto essere un pragmatico, moderato e riformista, qualità che fanno sperare, in Iran come fuori, che possa avvenire un cambiamento significativo nelle politiche messe in atto da Teheran da qui a breve tempo, anche se in realtà questa è una prospettiva che non sembra molto probabile.
Dopo aver perso lo scontro elettorale per la Presidenza nel 2005 proprio contro Ahmadinejad, Rafsanjani sembrava ormai scomparso dalla vita pubblica del Paese. L’età avanzata (oggi 73 anni) e la mancata riconferma come Presidente della Repubblica sembravano essere segnali di un tramonto ormai inevitabile e avviato. Nello scorso dicembre, in occasione delle elezioni amministrative e per l’Assemblea degli Esperti, Rafsanjani si ripropose come portavoce degli ideali riformisti e moderati, cavalcando l’onda dello scontento nei confronti di Ahmadinejad; scontento derivante dalle sue promesse di stampo populistico mai portate a termine (soprattutto una più equa redistribuzione degli ingenti proventi petroliferi). In più il regime era tornato all’autoritarismo e alla repressione del dissenso caratterizzanti i primi anni succeduti alla rivoluzione islamica. In questo clima Rafsanjani ottenne un’importante vittoria elettorale, battendo l’ayatollah Yazdi e ritornando prepotentemente ad essere protagonista della politica iraniana.
Rafsanjani ha dichiarato di voler cominciare a rendere pubbliche alcune attività dell’Assemblea degli Esperti (formata da 86 membri e con potere di sostituzione e, in casi limite, rimozione della Guida Suprema), che in quasi 30 anni di operatività non ha mai prodotto alcuna relazione circa il suo operato. Questa sarebbe una svolta in direzione di un avvicinamento della popolazione alle dinamiche politiche assemblearie e, se non altro, costituirebbe un punto di partenza importante verso una democratizzazione del sistema iraniano. All’interno di una polemica di stampo teologico-filosofico con gli ayatollah Jannati e Yazdi, Rafsanjani porta avanti anche la convinzione che la legittimazione del potere politico derivi dal popolo e non direttamente da Dio, come affermato dai rappresentanti più conservatori in linea con la tradizione duodecimana e con gli ideali teocratici.
I sostenitori di Rafsanjani quale portatore di novità e moderazione nella politica iraniana, potrebbero ancora una volta assistere alle stesse delusioni avute dai due precedenti mandati presidenziali dello stesso Rafsanjani (1989-1997) e dall’esperienza del predecessore di Ahmadinejad, Khatami. Entrambi si proponevano come portatori di un programma riformista e modernizzatore, ma nessuno dei due è riuscito ad imprimere concretamente una svolta in questo senso. Fu proprio dalla disillusione degli anni della presidenza di Khatami che nel 2005 è maturata la vittoria dell'ultra-conservatore Ahmadinejad (in una tornata elettorale caratterizzata dall’astensionismo). Il fattore di freno alle riforme sembra essere l’individualismo dei personaggi attualmente al potere, compreso Rafsanjani e i cosiddetti “moderati”, intimoriti dal fatto che uno scardinamento della struttura clericale possa farli uscire di scena a loro volta. La sensazione è che il sistema che controlla e gestisce il potere a prescindere dal Parlamento o dallo stesso Presidente, non permetta un vero cambiamento verso la democratizzazione e le riforme sociali, culturali ed economiche. E’ possibile che, piuttosto che prendere la strada del riformismo, Rafsanjani abbia più interesse nel lasciare inalterato lo status quo e restare al potere, cercando di promuovere qualche innovazione non strutturale, lasciando inalterato il sistema politico vigente. Non è da escludere l’eventualità di una sua possibile candidatura per la successione a Khamenei, da tempo malato di cancro e sulla cui salute si sono avute molte indiscrezioni negli ultimi mesi, sia da parte della stampa iraniana che da fonti di intelligence occidentali.
Assumendo il ruolo di Guida Suprema Rafsanjani potrebbe confrontarsi con Ahmadinejad da una posizione di forza privilegiata, avendo il potere di metterne in discussione le scelte e cercando di riportare l’Iran a rapporti più distesi con gli Stati Uniti e le potenze occidentali. In effetti questo scenario, per quanto inedito nella storia della Repubblica Islamica, non potrebbe essere così inverosimile. Sarebbe la prima volta che alla Presidenza e alla Guida Suprema si confronterebbero due personaggi apertamente ostili tra loro, al punto di essere stati i protagonisti di un confronto elettorale per le presidenziali (2005). Le reazioni di Ahmadinejad ad una simile evoluzione dei fatti potrebbero essere diverse. Questi potrebbe infatti cercare una riconferma popolare dimettendosi e rimandando la sua carica alle urne, o protrarre un braccio di ferro che, però, sarebbe piuttosto controproducente per la stessa efficienza della politica iraniana.
Media: particolarmente colpiti i media con la chiusura di testate riformiste e d’orientamento liberale.
Cultura: accentuata la censura su musica, cultura e arti in generale. Il mondo accademico sta vivendo un clima di repressione ed epurazione nel quadro di un sistematico allontanamento dagli Atenei dei docenti di idee riformiste sostituiti con persone vicine agli ultraconservatori.
Pena capitale: è prevista per reati che vanno dalla blasfemia alla violenza sessuale, omosessualità ed alcolismo. Non sono infrequenti i casi di condanne capitali di minorenni. Secondo Amnesty International nel 2006 sarebbero state giustiziate almeno 158 persone, di cui 23 minorenni al momento della commissione del reato facendo balzare Teheran al secondo posto, dopo la Cina, per numero di esecuzioni.
Diritti umani: negazione dei diritti delle minoranze etniche e religiose, quali le minoranze Baha’i e Pentecostali. Gravi sono altresì le negazioni dei diritti delle donne per effetto di leggi discriminatorie.
ATTUALITÀ DI POLITICA ESTERA
|
L’Iran nel contesto regionale. Possibili sviluppi
L’indebolimento della corrente sunnita in seguito alle operazioni Enduring Freedom ed Iraqi Freedom ha favorito l’ascesa regionale della Repubblica Islamica dell’Iran. I rapporti che l’abile diplomazia di Teheran ha stretto con l’esecutivo afgano, epurato dai talebani, e il cospicuo aiuto elargito per la ricostruzione post-bellica hanno permesso al paese di rafforzare la propria presenza in Afghanistan e all’interno della regione centro-asiatica e di divenire il contrappeso tra due schieramenti opposti, quello indo-afgano e quello pakistano, acquisendo una certa sicurezza da entrambe le parti di non-appoggio delle politiche americane avverse all’Iran.
§ L’ Iran ed i Paesi del Mar Caspio
In ragione dei pessimi rapporti con gli Stati Uniti e di relazioni sempre più difficili con l’Unione Europea, l’Iran ha impresso una svolta decisiva alla sua politica estera ed economica. Lo scorso ottobre le rappresentanze diplomatiche dei cinque paesi che si affacciano sul Mar Caspio (Azerbaijan, Iran, Kazhakstan, Russia e Turkmenistan) si sono incontrate a Teheran per discutere di energia e di affari internazionali. Non è un caso che l’Iran abbia organizzato il summit in casa propria ed in coincidenza alle crescenti tensioni con gli USA. La diplomazia iraniana ha voluto inviare un segnale forte alla casa bianca: la repubblica islamica non è isolata, anzi ha stretto nuove alleanze con le potenze dell’area. In particolare con la Russia di Putin. Il documento finale sottoscritto da tutte le nazioni presenti è un significativo successo per l’Iran. Nel testo i leader presenti hanno assicurato che “in nessuna circostanza permetteranno l'uso del loro territorio per lanciare un'aggressione o un altro tipo di azione militare contro uno qualsiasi degli altri Stati membri”.
Russia |
Negli ultimi mesi il Cremlino ha intensificato con decisione le relazioni con Teheran. La storica visita di Putin del 16 ottobre, nella circostanza dell’apertura dei lavori del citato summit, è stato solo il definitivo passo in direzione di una sempre più stretta collaborazione fra i due paesi. Basta seguire la posizione russa riguardo il programma di proliferazione nucleare iraniano. Nel 2006, Mosca si è detta categoricamente contraria ad ogni ipotesi di intervento militare esterno per risolvere la crisi. Nello stesso anno la diplomazia russa bocciò una risoluzione, presentata da Francia e Gran Bretagna, che intendeva porre l’embargo alla repubblica islamica. Nel 2007, il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, si è opposto ad un inasprimento eccessivo delle sanzioni ONU.
La Russia si dice infatti convinta che il programma iraniano abbia solo scopi pacifici ed a seguito delle dichiarazioni ufficiali i due paesi hanno iniziato a collaborare proprio in questo campo. Sergey Kiriyenko, direttore dell'ente per l'energia atomica russo Rosatom, ha più volte sottolineato il legittimo diritto iraniano di usare l'energia nucleare a scopi esclusivamente pacifici. Per questo motivo Mosca ha aiutato l’Iran, con forniture logistiche e tecniche, nella costruzione di un reattore nella città di Bushehr, sulla costa iraniana del golfo persico. I lavori per la costruzione del sito procedono tuttavia a rilento, molto probabilmente per le non dichiarate perplessità russe in merito. Rimane infatti ancora poco chiaro se verrà sbloccata una fornitura di uranio arricchito che dovrebbe consentire l'avvio delle fasi finali per la centrale iraniana. Il 17 dicembre, Mosca ha provveduto a consegnare la prima partita di combustile nucleare russo per la centrale iraniana, dopo aver ricevuto assicurazioni per iscritto dalle autorità iraniane che tale combustibile nucleare sarà destinato solamente a scopi civili. Secondo Mosca, tale decisione dovrebbe inoltre contribuire a riconsiderare la questione nucleare iraniana nel suo complesso, portando Teheran a sospendere il suo programma per l’arricchimento dell’uranio.
Progressi più decisi sono invece rilevabili nelle forniture di armamenti da parte della Russia verso l’Iran. Un settore nel quale Teheran e Mosca collaborano dal lontano 1992. Da quell’anno la repubblica islamica ha acquistato centinaia di armi e mezzi militari: tanks T-72, missili “air-to-air”, aerei da combattimento come il MiG-29. Solo nel 2006, il volume di affari raggiunto è stato di 700 milioni di dollari con l’acquisto di sistemi di difesa missilistici terra-aria SA-15 Gauntlet e di trenta TOR M-1, questi ultimi posti a difesa proprio del futuro reattore di Bushehr. L’Iran ha anche chiesto missili S-300 i quali permettono di intercettare aerei fino ad una distanza di 180 miglia.
Anche altri settori hanno conosciuto una crescita dell'import ed export. Nel 2005 la Russia è stato il settimo partner commerciale di Teheran e nello stesso anno il volume totale del commercio fra le due nazioni ha superato il miliardo di dollari. Questo rapporto preferenziale fra il Cremlino e la Repubblica islamica ha avuto non poche ripercussioni. In primo luogo irrita notevolmente la diplomazia americana, ma soprattutto ha influenzato in modo decisivo Azerbaijan, Kazhakstan e Turkmenistan. Il loro schieramento a fianco dell’Iran non è casuale. Deriva si dal lavoro diplomatico del governo islamico, ma crediamo che fattore decisivo sia stata la promessa russa di giungere ad un accordo, decisamente più attento ai bisogni dei tre firmatari, riguardo la divisione delle risorse presenti nelle acque del mar Caspio.
Azerbaijan |
Dopo anni segnati da contrasti riguardanti soprattutto il problema armeno, dal 2005 Baku e Teheran hanno dato una sterzata importante nelle loro relazioni. Proprio nel 2005 i due paesi, la cui popolazione è in maggioranza sciita, hanno firmato un trattato di non aggressione reciproca, impegnandosi a non permettere che nazioni terze usino i rispettivi territori come basi per attaccare uno dei due. Ancora nel 2005 è stato inaugurato un gasdotto che collega Iran ed Azerbaijan attraversando la regione autonoma di Nakhchivan in territorio armeno. Si stima che il volume di gas iraniano esportato verso il territorio azero abbia raggiunto i 250 milioni di metri cubi nel 2006 e che nel 2007 aumenterà ancora di 100 milioni almeno. L’anno del mutamento radicale è stato però il 2006. Una serie di visite diplomatiche iraniane a Baku, ha rafforzato sinergie collaborative in campo militare con scambio di tecnologie avanzate. Il ministro della difesa iraniano, Mostafa Mohammad-Najjar, ha dichiarato in più occasioni che “allargare la collaborazione in ogni settore possibile con il vicino Azerbaijan è una delle priorità governative”. Proprio all’inizio del corrente anno, precisamente il 20 gennaio, l’ambasciatore iraniano a Baku, Afshar Soleymani, ha precisato quali sarebbero stati gli argomenti sui quali fondare una futura cooperazione bilaterale: gas, elettricità, nuove strade e facilitazioni per il commercio. Questi i temi proposti dal governo di Teheran e discussi nella settima “Iran-Azerbaijan Joint Economic Commission”, incontro teso a stabilizzare le relazioni economiche fra le due nazioni, creando una solida base sulla quale costruire future intese. L’intesa raggiunta con l’Azerbijan non sta compromettendo i rapporti dell’Iran con l’Armenia. Per consolidare i rapporti reciproci, il Presidente Ahmadineja si è recato in visita ad Erevan dal 22 al 23 ottobre 2007
Kazakhstan |
Anche con il Kazakhstan l’anno della definitiva consacrazione dei rapporti è stato il 2006. Il ministro degli affari esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, ha incontrato più volte il collega kazako invitandolo con sempre maggiore insistenza a stringere ed espandere mutue relazioni. Petrolio, gas naturale, cooperazione nel settore dei trasporti marittimi e terrestri, accrescimento del numero delle joint ventures in sempre maggiori progetti comuni. Questi i maggiori temi esposti dall’Iran per legare a doppio filo la politica estera kazhaka alla propria e per aumentare ancora il traffico commerciale pari, alla fine del 2006, a 1,5 miliardi di dollari. Per implementare l’export di petrolio in direzione Iran, oggi pari a circa 1,2 milioni di barili annuali, si è progettata la costruzione di una nuova raffineria a Mazandaran. Rendere Astana un partner strategico nella regione. Questo l’obiettivo dichiarato di Teheran. Come sempre l’interesse del governo islamico è diretto verso il settore della difesa. Per questo il 27 novembre 2007 le due nazioni hanno firmato un accordo per l’estradizione dei criminali che abbiano commesso reati in uno dei due paesi.
Turlmenistan |
La due nazioni intrattengono ottimi rapporti sin dal 1991, anno dell’indipendenza del Turkmenistan dall’Unione Sovietica. Relazioni radicate nel tempo che, ancora una volta nel 2006, hanno trovato la loro definitiva legittimazione. Lo stesso presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, durante una sua due giorni nel paese, ha dichiarato che “i rapporti tra Turkmenistan e Iran sono proficui per la sicurezza della regione” e che “le relazioni fraterne” fra i due paesi “non fanno che crescere”. Un’affermazione supportata dai dati economici. L’Iran è il secondo maggior acquirente, dopo la Russia, di prodotti turkmeni come gas naturale e liquefatto, elettricità e derivati del petrolio quale il polipropilene, e tende ad incrementare gli acquisti specie di gas, fino a raggiungere i 13 miliardi di metri cubi nel prossimo futuro. Joint ventures comuni, formate da imprese di entrambe le sponde, hanno progettato e costruito due gasdotti: il primo è il “Korpeje-Kurt Kui gas pipeline” costato 139 milioni di dollari che collega Iran e l’est del Turkmenistan, il secondo, pagato invece 167 milioni, è il Dostluk Dam che giunge nel sud del paese. Nel 2005, l’interscambio economico è stato pari ad oltre un miliardo di dollari.
§ L’Iran ed i Paesi confinanti orientali (Afghanistan, Pakistan)
Afghanistan |
l riconoscimento dell’illegittimità del movimento talebano e la conseguente estromissione dal potere centrale afgano hanno consentito alla diplomazia di Teheran di intraprendere un nuovo percorso di collaborazione con l’Afghanistan, senza rinunciare all’alleanza storica con il Pakistan. La Repubblica Islamica è riuscita pertanto a divenire il fulcro di due schieramenti opposti, quello indo-afgano e quello pakistano, con vantaggi economici, politici e una certa protezione dalle strategie americane, nella misura in cui né il governo del generale Musharraf , né il governo del presidente Karzai, sono disposti a rinunciare all’alleanza iraniana per sostenere un attacco americano, modificando l’equilibrio regionale. Ma si contesta alla Repubblica Islamica di alimentare le fonti dell’instabilità afganaattraverso l’esecuzione di un elevato numero di provvedimenti di espulsione dei rifugiati e la vendita di armi ai gruppi ribelli. Qualora fosse dimostrata, tale strategia rischierebbe di incrinare i rapporti con gli stati confinanti e di destabilizzare l’intera regione[10].
La presenza interna di interessi e truppe americane è tra le motivazioni alla base delle aperture iraniane all’Afghanistan post-talebano: l’aiuto alla ricostruzione post-bellica consente all’Iran di conquistare una certa penetrazione nel territorio che potrà rivelarsi utile per attaccare gli interessi americani qualora gli Stati Uniti minaccino di colpire i siti nucleari iraniani. La generosità iraniana, seppure interessata, rappresenta una ricca risorsa per la ripresa afgana. Dalla caduta del regime talebano, i finanziamenti elargiti da Teheran per la ricostruzione si aggirano sul miliardo di dollari Usa; sono stati disposti programmi di potenziamento dei collegamenti tra i due paesi e azioni congiunte tra le forze di polizia nazionali per stroncare il narcotraffico.
Pakistan |
Dopo anni di ottime relazioni, nell’ultima decade i due paesi hanno intrattenuto esclusivamente formali e freddi rapporti istituzionali. Posizioni divergenti in merito al regime dei Talebani in Afghanistan, i continui eccidi di musulmani sciiti in Pakistan, una vicinanza politica ed economica fra Iran ed India non gradita dal governo di Islamabad ed infine il generale e capo di stato Pervez Musharraf troppo vicino nelle sue politiche estere, secondo gli ayatollah iraniani, agli USA. Queste le motivazioni che hanno incrinato, ma mai definitivamente rotto, i rapporti fra Iran e Pakistan. Dal 2001 le due nazioni hanno però rinsaldato nuovamente i loro legami, riprendendo la strada del dialogo e della collaborazione. Tuttavia la crisi istituzionale attualmente in corso in Pakistan apre a nuovi scenari indissolubilmente legati al destino del generale Musharraf e anche i futuri rapporti con la repubblica islamica sciita dipendono inevitabilmente da ciò. L’Iran ha condannato l’attentato in cui è rimasta uccisa Benazir Bhutto (27 dicembre) ed ha auspicato “che il governo pachistano identifichi e porti davanti alla giustizia coloro che sono dietro questo atto criminale e riportino la tranquillità nel Paese”.
Una prima causa di contrasto risale agli inizi degli anni ’90, determinata dalle differenti posizioni assunte dai due governi nei confronti del regime talebano. Teheran considerò da subito il neonato stato islamico come un freno per le sue politiche regionali, mentre il Pakistan appoggiò, in evidente supporto agli allora progetti americani, il governo di Kabul intrattenendo con esso stretti rapporti. Ad aggravare ancor più pesantemente il disaccordo fra i due paesi fu l’eccidio, da parte dei talebani, di alcuni diplomatici iraniani e di centinaia di sciiti avvenuto nel 1998 durante la presa della città afgana di Mazar-e-Sharif. L’Iran accusò apertamente il governo pakistano di non essere intervenuto in alcun modo per impedire il massacro. Gelida fu la risposta di Islamabad che rigettò tutte le accuse mosse, dichiarando fuori dalla propria responsabilità l’intera vicenda.
In Pakistan, durante il corso degli anni, numerosi sono stati gli attentati di matrice sunnita compiuti contro la minoranza sciita, fino a creare una vera e propria lotta armata intestina all’Islam. Nel tempo gli attentati a sfondo religioso sono divenute un problema tale da essere riconosciuto dagli stessi vertici statali pakistani. Ciò nonostante, l’Iran ha accusato apertamente il Pakistan di impegnarsi ben poco per sanare queste fratture, perseguendo una politica decisamente filo-sunnita a danno degli sciiti. Proprio a seguito di questi eventi vi fu un notevole raffreddamento dei rapporti fra i due paesi.
L’ Iran, in cerca di un solido alleato nella regione, dovette volgere il suo sguardo altrove. Fu allora che iniziarono concreti contatti con l’India. Si instaurò una solida collaborazione economica riguardante i campi della tecnologia più avanzata come software per computer, ingegneria elettronica ed informatica. Ma il maggiore fattore di interesse che spinse Teheran a stringere forti vincoli con New Delhi, va ricercato nell’opportunità di esportare le sue eccedenze di gas naturale in India. In risposta alle accuse pakistane di intrattenere rapporti con lo storico nemico indiano, l’Iran ha risposto negli anni con chiarezza e decisione: Teheran si offre come mediatore fra i due paesi in conflitto.
Sia per favorire un avvicinamento fra New Delhi e Islamabad, ma soprattutto per sfruttare la citata opportunità di esportare gas naturale, Teheran ha proposto un progetto di collaborazione fra i tre paesi: un gasdotto che partendo dall’Iran passi per il Pakistan fino a raggiungere l’India. In tal modo la regione si renderebbe autonoma dal punto di vista dell’energia: il gas iraniano in eccesso colmerebbe le lacune nell’approvvigionamento energetico degli altri due paesi. Nonostante le ovvie riluttanze iniziali, il progetto sembra essere ben avviato, incontrando sempre maggiori consensi su ambo i fronti. In ultimo i rapporti fra il generale Musharraf ed il governo degli Ayatollah sciiti. Il massimo punto di divergenza, fra queste due visioni politiche, è rintracciabile nella politica estera filo-americana del capo di stato pakistano. Fin dalla sua salita al potere, avvenute il 12 ottobre 1999 con un golpe il generale ha promesso appoggi e allineamento con gli Stati Uniti. Dopo l’11 settembre Musharraf si è ancora più intensamente impegnato nella lotta al terrorismo, rinnegando come primo passo il supporto al regime talebano. Questo ha permesso un riallacciamento dei rapporti fra Iran e Pakistan, che dopo anni di divergenze hanno ripreso la via del dialogo e della cooperazione.
Dal
2001 al 2006 i rappresentanti dei due governi si sono incontrati in numerose
occasioni. I rispettivi ministri degli esteri hanno ribadito la volontà
comune di condurre una politica energetica unica, che abbia come condizione
basilare la realizzazione del gasdotto. Il 5 febbraio 2007 si è svolto un
fondamentale confronto fra Pervez Musharraf e il leader supremo della
rivoluzione islamica Seyyed Ali Khamenei. Il generale ha dichiarato, nel corso
della riunione, nella quale era presente anche il presidente Ahmadinejad, che
egli è in visita a Teheran per consolidare le relazioni bilaterali e ha definito
il Pace Pipeline Project “…un’opera vitale….da realizzare ad ogni
costo…”. L’Ayatollah Khamenei ha invece spostato il punto della
discussione, criticando Israele e la politica estera britannica ed americana, a
voler rimarcare la forte distanza che permane su questa posizione fra Iran e
Paskistan. Non ha comunque esitato a definire i colloqui “molto proficui”
aprendo ad una futura politica comune suggellata da nuovi patti bilaterali. Anche il presidente Ahmadinejad si è
pronunciato più volte a favore di una rinnovata politica comune con il vicino
Pakistan. Oltre ad una forte intesa sulle future politiche energetiche
della regione, i due paesi hanno formato un fronte comune nella gestione del
problema afgano. Hanno dato sostegno all’ “Accordo di Bonn” e da sempre
supportano congiuntamente il presidente afgano Hamid Karzai. Negli ultimi anni,
l'Iran e il Pakistan hanno anche fatto passi concreti per incrementare la loro
cooperazione nel campo della sicurezza. Nel novembre del 2001 è stata istituita
la “Pakistani-Iranian Joint Ministerial Commission”, ovvero una commissione
comune per affrontare i problemi del terrorismo, della violenza settaria e del
contrabbando di armi e droga. Dallo stesso anno anche i servizi segreti hanno
dato vita ad una stretta collaborazione volta ad impedire l’infiltrazione di
estremisti islamici nei rispettivi paesi.
Nonostante i vistosi progressi permangono ancora significative divergenze. I due paesi perseverano in politiche estere
molto dissimili. Il Pakistan appoggia gli Stati Uniti nella guerra in Iraq e
sembra non interessarsi troppo al problema israelo-palestinese. Gli
ayatollah iraniani lanciano invece continui anatemi contro lo “stato sionista”,
ed i pessimi rapporti fra il presidente Ahmadinejad ed il collega americano
Bush sono ben noti. Al momento, con questi dati, i due paesi possono limitarsi
solo ad una politica regionale comune senza poter auspicare a politiche di
intesa di più ampio raggio.
§ L’Iran e la questione medio orientale
L’Iran si è sempre dimostrato particolarmente sensibile alla questione palestinese, pur non rientrando nel gruppo dei Paesi arabi, ed ha stabilito, nell’area medio-orientale, legami particolarmente stretti con il Libano e la Siria. L’attuale dirigenza di Teheran si è dimostrata inoltre particolarmente ostile nei confronti di Israele, Paese di cui, anche recentemente, il Presidente iraniano ha negato il diritto ad esistere. L’ultima Conferenza sul Medio Oriente, tenutasi ad Annapolis (USA) in novembre è stata giudicata senza mezzi termini “un fallimento” da Ahmadinejad. Le valutazioni iraniane non sono state fatte proprie dalla Siria, che ha deciso di parteciparvi. Teheran ha finito pertanto per avvicinarsi sempre più ai gruppi radicali palestinesi (Hamas primo tra tutti).
Libano |
Da sempre, l’Iran guarda al Libano come ad una potenziale area d’influenza da privilegiare. Gliobiettivi sono duplici: aumentare la propria influenza nell’area ed affacciarsi sul Mediterraneo. Una tale evoluzione non ha inficiato il tradizionale appoggio al “Partito di Dio”, su cui l’Iran esercita un elevato ed ormai ben collaudato ascendente. La Repubblica Islamica ha da tempo identificato in Hezbollah un prezioso alleato da attivare, allorquando miri ad indurre l’Occidente ad una maggiore accondiscendenza, facendo aumentare, mediante il “Partito di Dio”, la pressione su Israele. Al di là di una solidarietà morale non solo riconosciuta, ma enfatizzata da Teheran, conclamate sono le forniture dell’Iran agli Hezbollah - soprattutto via Damasco - di cospicui materiali d’armamento e logistici. Il rilievo di Hezbollah come interlocutore nella scelta del candidato presidenziale dimostra l’importanza del ruolo di Teheran nell’area.
Siria |
Di valenza parimenti tattica è per Teheran la riscoperta del tradizionale legame con la Siria, fedele alleato- malgrado la partecipazione di Damasco ad Annapolis- che appoggia l’Iran nella sua strategia di strumentalizzazione del teatro libanese e nella sua consueta negazione del diritto all’autonomia del Paese dei cedri. In questa prospettiva negli ultimi due anni si è andato consolidando e intensificando il rapporto tra i due Paesi, un rapporto però non scevro di ambiguità e timori, soprattutto da parte di Damasco. Se da un lato infatti la Siria necessita dell’appoggio iraniano per contrastare la politica americana e israeliana nell’area e per portare avanti intese a carattere economico, a fronte dell’ostruzionismo occidentale, per altro verso l’Iran rappresenta anche una potenziale minaccia per il futuro del Paese, in primis in virtù dell’influenza iraniana sulla componente sciita minoritaria ma in crescita. Si tratta dunque di un’alleanza “obbligata” per Damasco ma che lascia aperti spazi di manovra qualora da parte della comunità internazionale si attenui la politica di isolamento nei confronti della Siria, ipotesi nella quale Teheran non costituirebbe più unica sponda di dialogo e di appoggio nel contesto regionale e internazionale.
Egitto |
La ricerca di un nuovo ordine politico in Medio-Oriente, dilaniato dalla Fitna (guerra civile) che si propaga dall’Iraq, pone le condizioni per un cauto ravvicinamento tra Egitto e Iran, dopo quasi un trentennio di interruzione di formali relazioni diplomatiche. Se la riduzione del peso politico americano nell’area è un obiettivo comune, in quanto non percepito come principio stabilizzatore, nondimeno restano aperte alcune importanti questioni.
Le relazioni diplomatiche tra Egitto e Iran furono formalmente interrotte nel 1979 a seguito dell’ospitalità accordata al deposto Shah Muhammad Reza Pahlavi dall’allora presidente egiziano Anwar El-Sadat. I leader delle rivoluzione islamica interpretarono quel gesto come un atto ostile. Sadat, già considerato quale elemento sospetto a causa della pace firmata nel 1978 con Israele, fu ucciso tre anni dopo, il 6 ottobre 1981, da un gruppo islamista radicale denominato al-Jihad, nel corso di una parata militare. I sospetti egiziani circa un coinvolgimento iraniano nell’attentato, peraltro mai provati, si rafforzarono da quando ad una delle strade principali di Tehran fu dato il nome di Khaled Al-Islamboli, uno dei membri del commando del 6 ottobre. L’Iran rivoluzionario ha intrapreso dagli inizi degli anni ottanta una politica di revisione dello status quo, al fine di affermare la propria egemonia sullo spazio politico regionale. L’Egitto, invece, allineatosi agli Stati Uniti - seppur non senza ambiguità e con ricorrenti dissidi più o meno celati - si è quindi prontamente accodato alla strategia di contenimento dell’onda d’urto della rivoluzione iraniana. La strategia del contenimento anti-iraniano è ancora oggi uno dei pilastri delle politiche estere della maggior parte dei regimi arabi, Egitto compreso. Il regime di Hosni Mubarak partecipa infatti a un gruppo diplomatico informale nominato “6+2+1” che lo raggruppa, sotto l’egida degli Stati Uniti, con i sei Stati membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) e la Giordania. Lo scopo dichiarato delle riunioni è il monitoraggio e il controbilanciamento dell’influenza politica iraniana nel Medio-Oriente. Nonostante la sua opposizione ad un paventato attacco militare statunitense alle installazioni nucleari sul suolo iraniano, l’Egitto ripetutamente comunica la sua contrarietà allo stile di politica estera di Tehran, con rinnovato vigore da quando si è insediato alla Presidenza della Repubblica Islamica il radicale Mohahmud Ahmadinejad. Le principali controversie politiche tra i due paesi vertono sulle interferenze iraniane in Palestina oltre e sul presunto finanziamento iraniano di movimenti islamisti egiziani.
I paesi del gruppo “6+2+1” accusano la Repubblica Islamica di interferire nelle questioni domestiche degli Stati della regione al fine di rafforzare l’ascendente sciita quale mezzo di pressione politica regionale. L’Iran possiede numerose carte diplomatiche: il coinvolgimento in Iraq, le strette relazioni con la Siria e con il movimento libanese di Hizbollah. Inoltre, l’influenza iraniana entro la questione palestinese è andata crescendo. Teheran supporta la Jihad Islamica palestinese dalla sua fondazione nel 1983 quale avanguardia attivista e militante. Il movimento di Hamas, creato dalle fila della Fratellanza Mussulmana nel 1987 - con l’obiettivo di uscire dall’impasse alla quale portavano il lavoro esclusivamente sociale del movimento - ha storicamente avuto appoggi finanziari dai paesi arabi del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Kuwait. Successivamente, l’embargo sugli aiuti decretato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea a seguito della vittoria del movimento islamista alle elezioni legislative dell’Autorità Nazionale Palestinese nel gennaio 2006, ha portato Hamas a rivolgersi all’Iran, dove ha trovato un notevole appoggio economico. L’Egitto, invece, considerando da sempre con sospetto il movimento di Hamas, branca della Fratellanza Mussulmana egiziana - movimento ancora non riconosciuto legalmente da Mubarak - trova in al-Fatah la sua longa manus nella questione palestinese. E’ dunque proprio nel conflitto tra Hamas e al-Fatah che Iran e Egitto si confrontano aspramente. Il ministro degli esteri egiziano, Ahmed Aboul Gheit, ha recentemente accusato l’Iran di aver fornito supporto politico ed economico alla presa di Gaza da parte di Hamas. Data la vicinanza della Striscia di Gaza all’Egitto, questo evento è percepito dal ministero degli affari esteri egiziano quale una minaccia alla sicurezza nazionale. La guerra fratricida palestinese dei mesi scorsi, e niente affatto risolta, si è dunque internazionalizzata ponendo l’Iran vicino ad Hamas, e il gruppo dei “6+2+1” a fianco di al-Fatah.
In particolare, il regime egiziano teme l’impatto che la radicalizzazione della retorica iraniana sul processo di pace arabo-israeliano può avere sull’opinione pubblica. Non bisogna infatti sottovalutare lo stallo politico in cui versa il regime di Mubarak: il deficit di consenso verso il regime, dovuto sia allo stallo delle riforme economiche e politiche che alla mancata abolizione del regime di stato d’emergenza in vigore da quasi un trentennio, ha creato un terreno fertile per il reclutamento, da parte della galassia dei movimenti islamisti egiziani, di giovani socialmente vulnerabili e politicamente insoddisfatti. Se alcuni di questi movimenti sono maggiormente istituzionalizzati e hanno rinunciato già da alcuni decenni al ricorso alla violenza politica, vedi i Fratelli Mussulmani, altri, eredi degli “assassini del Faraone” Sadat, sono tuttora operativi tra il deserto del Sinai e il Basso Egitto e mirano al sovvertimento del regime, considerato empio. La retorica infuocata iraniana, occupando perentoriamente il campo filo-palestinese, rinvigorisce allo stesso tempo l’immagine di immobilismo e di arrendevolezza alle potenze occidentali e a Israele che si è andata a costruire intorno ai regimi arabi, tra cui quello egiziano. Al quadro già precario, va aggiunto che l’Iran viene sospettato di finanziare e di tessere oscure tele diplomatiche con alcuni gruppi islamisti revisionisti dello status quo egiziano, al fine di ivi ritagliarsi un peso nella politica interna. L’Egitto ha infatti accusato ripetutamente l’Iran di ospitare membri di queste organizzazioni che sono ricercati e accusati dalle corti egiziane. I servizi di sicurezza del Cairo pongono quindi come precondizione per qualsiasi dialogo con Tehran una dimostrazione di buona volontà iraniana in questa cruciale questione.
Ciononostante, nel corso degli ultimi anni sono maturati alcuni interessi regionali comuni. Entrambi i paesi hanno criticato l’intervento americano in Iraq del 2003. Inoltre, la recente scelta strategica di Mubarak, sotto impulso del figlio e probabile successore Gamal, circa la volontà di dotarsi di tecnologia nucleare per scopi civili, pone l’Egitto a fianco dell’Iran nella disputa che vede quest’ultimo confrontarsi con le potenze occidentali. Il ministro degli esteri Gheit ha infatti dichiarato più volte la sua contrarietà ad un eventuale attacco contro le installazioni nucleari iraniane, sottolineando che Il Cairo sopporta il diritto dell’Iran di dotarsi di tecnologia nucleare per scopi pacifici, nel rispetto del Trattato di non proliferazione nucleare che entrambi i paesi hanno firmato. In aggiunta, l'Egitto, come l’Iran, respinge il rifiuto israeliano di aderire al sopramenzionato Trattato e critica il fatto che Israele sia l’unico Stato della regione con installazioni nucleari che non è sottoposto al regime di controllo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, guidata dall’egiziano El-Baradei. Oltre alla questione nucleare, i due paesi interpretano la riduzione dell’influenza americana nella regione come inversamente proporzionale all’aumento del rispettivo peso politico. Se paiono estremamente premature le proposte di alcuni analisti egiziani che si spingono fino ad immaginare il ravvicinamento con l’Iran come un preludio a un motore franco-tedesco versione mediorientale (Hassan Nafaa, Cairo University), nondimeno i rispettivi regimi politici danno segnali di intesa con l’obiettivo di colmare il pericoloso vuoto politico che dall’Iraq si propaga nell’area. Mohamed Sadik Al-Hussein, segretario generale della Egyptian-Iranian Friendship Association - un’organizzazione creata negli anni novanta con lo scopo di ricucire le relazioni diplomatiche tra i due paesi e sempre più attiva negli ultimi mesi - ha dichiarato a Al-Ahram Weekly che, data la gravità della situazione politica regionale, è arrivato il momento di riprendere le relazioni bilaterali al più alto livello. Lo scorso settembre, il vice ministro degli esteri iraniano, Abbas Araghchi si è recato al Cairo per discutere della questione. E se la toponomastica è un fattore politico importante, occorre notare che a Teheran l’indirizzo che prende il nome di Khaled Al-Islamboli è scomparso dall’elenco stradale.
Turchia |
Sulla questione del nucleare iraniano le autorità turche concordano con la comunità internazionale sull’inaccettabilità di un Iran dotato di armi nucleari, pur tuttavia ribadendo il diritto di Teheran di sviluppare tecnologia nucleare a scopi civili. E’ recente l’intesa energetica con Ankara destinata a trasportare 35 miliardi di metri cubi di gas naturale iraniano (e turkmeno) verso la Turchia e da qui verso l’Europa. Esistono inoltre progetti di cooperazione nel settore idrico.
priorità per quelle Autorità, e di sicuro impatto positivo sulla società civile iraniana.
L’Iran è favorevole ad una riforma del CdS che tenga in debita considerazione l’interesse dei Paesi in via di sviluppo ed ha espresso il suo sostegno alla richiesta di un seggio permanente da riservare ai Paesi islamici. Nella convinzione che un accordo sull’aumento dei seggi permanenti sia difficile da raggiungere, l'Iran appoggia inoltre la posizione “di ripiego” del NAM, di cui è membro, circa l’opportunità di perseguire un iniziale incremento dei soli seggi non permanenti (cosiddetta “fall-back position”). Teheran sostiene, infine, la necessità di coagulare un vasto consenso sulla riforma del CdS, nonché l’inopportunità di accelerazioni indebite del processo decisionale.
Teheran ha sostenuto l’ingresso nell’Italia nel CdS per il biennio 2007-2008.
Se vi sono indizi di un coinvolgimento iraniano nel sostegno ad organizzazioni e nella pianificazione di attività terroristiche della Jihad Islamica Palestinese e degli Hezbollah, estrema è l’intransigenza di Teheran nei confronti del gruppo terroristico d’opposizione Mojahedin-e-Khalq-l’MKO dal 2002 è stato inserito dall’UE nella “lista nera” delle organizzazioni terroristiche-, già responsabile di attentati contro sedi governative iraniane Teheran ha inoltre più volte richiesto l’inserimento nella lista dell’UE anche del Consiglio Nazionale della Rivoluzione Iraniana (NCRI), espressione politica dell’MKO.
Nei Paesi limitrofi, e in particolar modo in Iraq, l’Intelligence iraniana non si esimerebbe dal “dialogare” con gruppi curdi e sunniti ogni qualvolta tali contatti siano ritenuti funzionali al mantenimento di un’alta influenza di Teheran in particolare nel sud del paese dove la popolazione sciita e’ presente per il 90%. Non ottimali sembrerebbero però i rapporti con il grande Ayatollah Al-Sistani che, di origini iraniane, non condivide il principio del Velayat-e Faqih. Riserve solleva altresì la capillare rete di canali d’influenza e d’intelligence di cui l’Iran dispone in Afghanistan, che rendono la Repubblica Islamica pienamente in grado, ove lo voglia, di fare leva sulle tensioni locali soprattutto attraverso le tribu’ sciite degli Hazara; tuttavia, occorre evidenziare che una destabilizzazione dell’Afghanistan limiterebbe la possibilità per l’Iran d’incrementare ulteriormente le sue già sostenute esportazioni di greggio (oltre il 50% dell’export complessivo) e di gas naturale verso l’Estremo Oriente.
Le vie del petrolio
(Linee verdi oleodotti esistenti-linee rosse progettati)
Il conflitto iracheno coinvolge i principali protagonisti della geopolitica mondiale quali Cina, Russia, Stati Uniti, Europa e Iran ed ha evidenziato come il controllo delle risorse energetiche piu’ che controllo del territorio consiste nel controllo delle vie di approvvigionamento. Se osserviamo la mappa degli oledotti esistenti e da costruire ci si rende conto della mancanza di collegamenti dal medio oriente all’Europa centrale. Il petrolio iracheno da Mosul, nel nord del paese, viene trasportato a sud a Basra dove viene caricato su navi che raggiungono l’Europa attraverso Suez o circumnavigando l’Africa. Solo una piccolissima parte giunge - via l’oleodotto siriano – per essere imbarcato al terminale turco di Ceyhan da dove viene ugualmente caricato su navi. Quindi, a dispetto della vicinanza geografica irachena, l’Europa importa solo 1.4% del petrolio prodotto in quel paese.
L’Iran potrebbe diventare un produttore diretto nei prossimi anni allorche’ invece il petrolio saudita, gia’ in difficolta’ dinanzi ad un ulteriore aumento di produzione, potrebbe invece iniziare il declino gia iniziato in Kuwait. Nelle prossimita’ europee quindi vi sarebbero il Caspio e l’Iran con un potenziale di incremento produttivo. Il petrolio del Caucaso non e’ particolarmente pregiato e le stime di produzione non sono ad ampio respiro. Invece l’Iran, come l’Iraq, potrebbe avere risorse consistenti e di buona qualita’.
E’ di questi giorni la notizia che Iran e Turchia hanno firmato un accordo preliminare per trasportare il gas iraniano in Europa attraverso la Turchia. Il memorandum siglato tra Ankara e Teheran prevede sia il trasporto attraverso l'Iran del gas originariamente proveniente dal Turkmenistan verso Ankara, sia l'utilizzo dei campi di estrazione del gas iraniano situati nel Sud del Paese.
L'Iran, che e' il piu' grande possessore di riserve gassose dopo la Russia, ha preso in considerazione l'Ucraina e la Turchia come rotte possibili per il transito del suo gas verso l'Europa, tanto da annunciare nell'agosto 2006 un accordo con Ankara per l'utilizzo dei suoi gasdotti. Nonostante le massicce riserve del paese pero' Teheran ha rallentato le sue esportazioni soprattutto a causa del limitato accesso, frutto delle sanzioni americane, agli impianti di gas liquefatto, che raffreddano il gas per portarlo allo stato liquido, in modo da favorirne il trasporto via mare. Il Turkmenistan ha già esportato 4,1 miliardi di metri cubi in Iran nella prima meta' dell'anno. Il transito via Ankara, verso l'Ungheria, l'Austria e i Balcani orientali, dovrebbe permettere l'approvvigionamento di 31 miliardi di metri cubi di gas a regime, attraverso il gasdotto "Nabucco". Una via di transito caldeggiata dall'Europa che la considera una alternativa necessaria alla diversificazione della sua dipendenza dalle fonti russe e un modo per raggiungere le riserve dei paesi dell'Asia centrale.
Intanto (ottobre 2007) sembra sempre più imminente un accordo sulla costruzione del gasdotto IPI (Iran – Pakistan – India) che, partendo dal “South Pars Gas Field” iraniano raggiungerà il Pakistan e l’India. Questo gasdotto, lungo 2.600 km, per un costo di circa 7.4 miliardi di USD, avrà una capacità di trasporto verso il Pakistan pari a 60 milioni di metri cubi di gas (anche se, al momento, ne sono stati accordati solo 30 dal governo iraniano). Le trattative per l’importante progetto (cosiddetto “peace pipeline”) erano iniziate già nel 1994 e prevedevano la partecipazione dell’India, alla quale dovrebbero giungere ben 90 milioni di metri cubi di gas al giorno.
L’assenza di rappresentanti indiani alle ultime trattative sarebbe da attribuirsi essenzialmente ad un mancato accordo con il governo pakistano sui costi, ritenuti eccessivi dagli indiani. In realtà, è probabile che l’atteggiamento degli Usa (contrari ad ogni tipo di accordo con gli iraniani) imponga cautela all’India, e ciò a dispetto dei vantaggi che un tale progetto apporterebbe alla sua economia.
L’Iran ha annunciato che i futuri colloqui riguarderanno la struttura dell'azionariato delle aziende eventualmente coinvolte nello sviluppo degli impianti. Il Ministro del Petrolio iraniano ha affermato che "I dettagli saranno studiati il mese prossimo, in occasione della vista del ministro dell'Energia turco per siglare gli accordi finali in 4-6 mesi", sottolineando che le fasi 22,23,24 del gasdotto, coinvolte nell'accordo, saranno sviluppate nei termini di una operazione di "buy back". In sostanza, le aziende che avranno sviluppato gli impianti consegneranno alla compagnia di Stato iraniana i campi estrattivi, una volta terminate le operazioni di sviluppo, in cambio di forniture di petrolio e gas a copertura degli investimenti effettuati.
Partecipazione ad organizzazioni internazionali
L'Iran è membro del Movimento dei Paesi Non Allineati e fa parte del G77, di cui ha detenuto la presidenza nel 2001. E' inoltre membro dell'Organizzazione della Conferenza Islamica. Sul piano regionale, l'Iran intrattiene buoni rapporti con i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, mentre resta aperto un contenzioso territoriale con gli Emirati Arabi Uniti. Sono iniziati i negoziati per l’ingresso dell’Iran nell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
L’ECONOMIA
|
|
|
PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI (2006) [11]Fonte: CIA Worldfactbook 2007
|
||
PIL a parità di potere d’acquisto |
599,2 miliardi di dollari USA |
|
PIL al cambio ufficiale |
193,5 miliardi di dollari USA |
|
Composizione per settore |
11,2% agricoltura; 40,9% industria; 48,7% servizi; |
|
Crescita PIL |
4,3% |
|
PIL pro capite a parità di potere d’acquisto |
8.700 dollari USA (Italia: 30.200 dollari) |
|
Inflazione |
15,8% |
|
Popolazione al di sotto della soglia di povertà |
40% |
|
Tasso di disoccupazione |
15% |
|
Rapporto debito pubblico / PIL |
25,3% |
|
Principali Paesi clienti |
Giappone (22,2%), Cina (9,9%) Italia (6,4%), Taiwan (5,6%), Turchia (5,5%) |
|
Principali Paesi fornitori |
Germania (10,8%), Francia (8,5%) Cina (8,3%) Italia (8%) Emirati Arabi Uniti (7,8%) |
|
Debito estero |
14,8 miliardi di dollari |
|
L’economia del Paese è contraddistinta da un settore pubblico gonfiato ed inefficiente, dalla dipendenza dall’industria estrattiva e da politiche pubbliche che contribuiscono a creare forti distorsioni. Il settore privato è contraddistinto dalle piccole dimensioni delle attività, legate all’artigianato, all’agricoltura ed ai servizi. Il Presidente Armadi-Nejad ha portato avanti le riforme – introdotte dal suo predecessore Rafsanjani - necessarie ad introdurre un’economia di mercato, ma i risultati sono stati modesti. L’apparato giudiziario – dominato dai conservatori – non è stato minimamente scalfito dal processo di riforme, come pure il potere delle ricchissime fondazioni religiose che controllano l’economia del Paese. Il prezzo elevato del petrolio degli ultimi anni ha consentito all’Iran di accumulare circa 60 miliardi di dollari in riserve valutarie, ma questo non ha avuto comunque ripercussioni sui maggiori problemi del Paese, quali la disoccupazione e l’alta inflazione. Il coinvolgimento di parte dell’economia nello sviluppo di armi di distruzione di massa rimane una questione aperta con le principali nazioni occidentali. Il 26 maggio 2005, l’OMC ha deciso di avviare i negoziati di adesione dell’Iran all’organizzazione, dopo che gli USA hanno ritirato il loro veto. Teheran aveva chiesto nel 1996 di aderire all’organizzazione, ma gli USA si sono sempre opposti.
L’Iran è il quarto maggiore produttore di petrolio al mondo, il secondo fra i paesi OPEC e il terzo per livello di scorte accertate.
Barili petrolio esportati (80% valore totale esportazione e 40% entrate pubbliche) 2,5 milioni di barili al giorno (oltre il 50% Asia, 25-30% Europa di cui 12,5% Italia), 8-10% Africa e altri Paesi Medio Oriente, 2-5% America Latina). Le aspettative degli introiti petroliferi per l’Iran oscillano tra i 57 ed i 67 miliardi di USD.
Gas naturale Secondo Paese al mondo, dopo la Russia, per riserve accertate di gas naturale. Dal 2000 ha fatto registrare, per effetto del forte rialzo del prezzo del greggio, tassi medi di crescita del PIL del 5,5%. L’economia iraniana ha consistenti debolezze strutturali per la forte dipendenza dell’economia dalla rendita petrolifera, l’elevata inflazione (12% primo semestre 2006 al 14,7% attuale), l’alto tasso di disoccupazione (20% per l’anno in corso-dati Eiu) – il basso livello degli investimenti esteri, l’inefficienza del sistema bancario ed una domanda interna surriscaldata da un’eccessiva crescita della liquidità e da un generoso sistema di sovvenzioni. La spesa pubblica risulta priva d’adeguati controlli, i forti stanziamenti militari, l’accelerazione del programma nucleare e le somme devolute a forze politicamente affini (Hamas, Jihad Islamica Palestinese, Hezbollah,ecc.) hanno alimentato un alto livello d’inflazione - che ha raggiunto il 14,7% - e del tasso di disoccupazione, in un Paese che vede il 7,3% della popolazione al di sotto della soglia della povertà. In merito a ciò, occorre segnalare la recente sostituzione da parte del Presidente di due membri del Gabinetto, il Ministro del Welfare ed il Ministro delle Cooperative. Si aggiunga, inoltre, la decisione di Ahmadinejad, risalente all’autunno del 2006, di disporre la ristrutturazione del MPO (Management and Planning Organization), l’istituzione statale responsabile per lo sviluppo, ed il monitoraggio delle priorità di spesa pubblica così come della supervisione dell’attuazione dei progetti di sviluppo. Queste iniziative presidenziali, dettate dalla volontà di imporre le proprie decisioni sulle questioni economiche, hanno generato conflitti interni e prodotto le dimissioni del potente ministro per il Petrolio, Kazem Vaziri Hamaneh, in sostituzione del quale è stato nominato da Ahmadinejad Gholam Hossein Nozari, presidente della Società petrolifera nazionale (Nioc), del Ministro dell’Industria e, da ultimo, del Direttore della Banca Centrale Sheibani contrario all’abbassamento dei tassi di interesse, misura da lui ritenuta inflazionistica. Nel dicembre scorso Teheran ha deciso di sostituire l’Euro al Dollaro nelle transazioni internazionali. La misura mira a ridurre la dipendenza dalla divisa degli Stati Uniti consentendo l’uso nelle transazioni di una valuta attualmente più forte nei mercati internazionali, riducendo l’esposizione dell’Iran al rischio di blocco degli introiti petroliferi, che spesso passano attraverso istituzioni finanziarie con sede a New York e non ultimo ad aggirare le difficoltà di ricevere pagamenti in USD a causa delle pressioni statunitensi. Il “business climate” generale è inoltre influenzato dall’evoluzione della questione nucleare iraniana che, soprattutto dopo il ricorso a sanzioni previsto dalla Risoluzione del CdS dell’ONU del 23 dicembre 2006, sta disincentivando gli investimenti stranieri, in particolar modo quelli europei. Nei settori non oil, nell’anno finanziario 2003-2004 il valore degli investimenti stranieri è stato pari a 2,7 miliardi di USD per 32 progetti. Tale importo è salito nell’anno finanziario 2004-2005 a quasi 4,4 miliardi di USD per 61 progetti. Nell’ultimo anno finanziario (2005-2006), invece, meno di 100 milioni di USD sono stati investiti dagli stranieri in Iran. Tra i settori nei quali si riscontra un particolare dinamismo governativo si segnalano: · L’ammodernamento della rete ferroviaria, come attestato dalla decisione del Consiglio Economico di Stato di stanziare 152 milioni di Euro per l’acquisto di vagoni ferroviari. · La decisione del medesimo organo di attrarre 19.7 milioni di USD in finanziamenti stranieri per la costruzione dell’impianto gas di Bidboland. Tra le misure prese nell’ultimo periodo rientra l’attuazione il piano di razionamento della benzina deciso dal Ministro dell’Interno e quello del Petrolio in seguito all’aumento del prezzo del carburante, con l’obiettivo di ridurre di circa il 30% gli elevati consumi interni di carburante (che costano all’Iran tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari in importazioni). Dopo continui annunci, smentite e ritardi, dovuti alla paura di una decisione impopolare, il Governo ha deciso di dare attuazione al programma il 27 giugno. l’annuncio relativo è stato seguito da disordini e proteste soprattutto a Teheran.
Il sistema daziario iraniano è tuttora caratterizzato da alte barriere doganali all'ingresso dei beni importati. Le tariffe daziarie sono in genere elevate nei casi in cui esista una corrispondente produzione locale da proteggere. Nei beni d’investimento, nei comparti in cui il fattore tecnologico è predominante ed in cui non esiste una significativa produzione locale da proteggere, i dazi sono invece meno elevati e quindi l'importazione dall'Italia non è economicamente proibitiva.
La normativa iraniana comporta una minore incidenza delle barriere non tariffarie, con una quasi totale riduzione dei beni condizionati al rilascio di licenza, anche se, per tutte le importazioni, viene richiesta la registrazione della fattura proforma presso il locale Ministero del Commercio.
La legge sulla protezione degli investimenti esteri (FIPPA, Foreign Investment Protection and Promotion Act) approvata nel maggio 2002, definisce le condizioni di ammissibilità degli investimenti esteri. È tuttavia da sottolineare come gli investimenti esteri in Iran abbiano subito una battuta d’arresto dovuta alla questione nucleare iraniana. Di conseguenza, molti progetti che si basano su investimenti esteri, sono in una situazione di stallo o non possono essere varati.
L’Iran e le principali Organizzazioni internazionaliLa domanda di ammissione dell’Iran all’OMC è rimasta“congelata” dal settembre 1996, a causa dell’opposizione degli USA, nonostante la Commissione Europea si sia invece sempre espressa a favore di una valutazione della richiesta avanzata dalla Repubblica Islamica, sulla base unicamente di parametri economici oggettivi. L’Iran è membro delle principali organizzazioni internazionali; dell’International Convention for the Protection of Industrial Property di Parigi e della World Intellectual Property Organization (WIPO).
|
||
RAPPORTI BILATERALI |
Ambasciatore italiano in Iran: Roberto Toscano
Ambasciatore iraniano in Italia: Abolfazl Zohrevand
L’elezione alla Presidenza della Repubblica iraniana dell’ultra-conservatore islamico Ahmadinejad e la composizione di un nuovo Esecutivo fortemente sbilanciato in favore dei suoi grandi elettori, ha segnato il definitivo tracollo di un negoziato fra l’UE e l’Iran sul programma nucleare che già dai primi dell’anno si prospettava alquanto problematico. L’occupazione di posti chiave da parte di esponenti di quella classe ultraconservatore, che con successo si era adoperata per l’elezione del nuovo Presidente, ha comportato un inasprimento del confronto fra l’UE e l’Iran anche su altri temi cruciali, come i diritti umani, la lotta al terrorismo, la sicurezza della regione.
· L’Italia e’ un paese di raffinerie, un vero e proprio terminale petrolifero europeo. Il petrolio arriva da Novorossyrsk, sul Mar Nero ma se i Russi continueranno ad esportare quantita’ sempre maggiori di petrolio passando dell’Europa centrale via oleodotto l’Italia rischiera’ di essere tagliata fuori. Alla luce dei recenti accordi tra Ankara e Teheran di questi giorni che potranno favorire il trasporto delle risorse energetiche dal centroasia (ove l’ENI e’ presente in Kazakhistan), sarebbe importante inserirsi nel piccolo gioco regionale dell’approvvigionamento europeo degli idrocarburi. Se Cehyan diviene infatti il terminale ultimo medio-orientale degli oledotti del Caspio, dell’Iran ed Iraq, l’Italia potrebbe aspirare, con la sua rete di raffinerie, ad essere il primo recipiente del greggio che, lavorato, potrebbe raggiungere agilmente la restante Europa. Giocano a favore dell’Italia gli ottimi rapporti con la Turchia degli islamici moderati Gul ed Ergogan, la credibilita’ guadagnata mantenendo aperto con Teheran il dialogo politico anche nelle congiunture internazionali più critiche, la presenza dell’ENI in Kazakhistan e l’assenza di problematiche sostanziali con i paesi del Caucaso, l’Iraq ed il Turkmenistan.
· Valorizzare adeguatamente l’apprezzamento di Teheran nei confronti del nostro impegno, in ambito ONU, per la stabilizzazione del Libano, per incoraggiare l’Iran ad un più costruttivo e sincero impegno in favore della pace in Medio Oriente. A tal fine, evidenziare, nelle occasioni d’incontri bilaterali, come la Repubblica Islamica potrà vedere soddisfatta la sua aspirazione a vedersi riconosciuto un alto profilo regionale, solo attraverso gesti che la comunità internazionale nel suo insieme percepisca come concrete manifestazioni di disponibilità a cooperare per la soluzione dei problemi che più la inquietano.
· Cercare d’incoraggiare il dialogo interparlamentare che, favorendo i contatti fra le due società civili di cui le Assemblee parlamentari sono espressione, integra un momento di confronto suscettibile di migliorare la conoscenza reciproca, e di rendere quindi le due parti più disponibili a rivedere in chiave critica le posizioni già assunte.
Data |
||
gennaio |
2004 |
Visita del Ministro degli Affari Esteri Frattini in Iran |
febbraio |
2004 |
Visita del Ministro degli Esteri Kharrazi a Roma in occasione dei 50 anni delle relazioni diplomatiche fra Iran e Santa Sede |
maggio |
2004 |
Visita del Vice-Ministro degli Esteri Ahani |
giugno |
2004 |
Visita in Iran del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Lunari |
luglio |
2004 |
Visita in Iran del Sottosegretario Mantica |
settembre |
2004 |
Visita in Italia del Segretario Generale del Drug Control Head-Quarters (DCHQ) iraniano Hashemi. |
ottobre |
2004 |
Visita del Min. del Lavoro Maroni a Teheran |
ottobre |
2004 |
Visita del Direttore Generale dell’Agenzia delle Dogane e firma dell’Accordo di Mutua Assistenza Amministrativa tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Islamica dell’Iran per la prevenzione, l’accertamento e la repressione delle infrazioni doganali |
gennaio |
2005 |
Missione in Italia del DG Affari Internazionali iraniano Zamaminia |
gennaio |
2005 |
Settima Commissione Mista Italo-Iraniana (Teheran, 18-19 gennaio) presieduta dal Ministro Marzano |
maggio |
2005 |
Incontri tecnici bilaterali in materia di mercato del lavoro, formazione professionale e sicurezza sociale (Roma, Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, 4 e 5 maggio 2005) |
giugno |
2006 |
Incontro a Roma dell’On. Ministro con l’omologo iraniano Manuchehr Mottaki |
luglio |
2006 |
Incontri a Roma del Presidente del Consiglio e dell’On.Ministro con il Segretario dell’Alto Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Lariani |
settembre |
2006 |
Incontri a Roma del Presidente del Consiglio e dell’On.Ministro con il Segretario dell’Alto Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Lariani |
novembre |
2006 |
Incontri a Roma del Vice Ministro degli Esteri iraniano con delega agli affari europei e americani, Saeid Jalili, con l’On. Presidente del Consiglio, l’On. Ministro e l’On. Vice Ministro Intini |
febbraio |
2007 |
Visita a Roma del capo negoziatore Lariani e suoi incontri con il Presidente del Consiglio Prodi e con il Ministro degli Esteri D’Alema |
marzo |
2007 |
Visita a Roma del Ministro degli Esteri iraniano Mottaki incontro con il Presidente del Consiglio Prodi |
maggio |
2007 |
Visita a Roma dell’ex Presidente della Repubblica Iraniana e attuale Direttore del Centro per il Dialogo tra le Civiltà e le Culture Khatami |
settembre |
2007 |
Visita del Vice Ministro Jalili (incontri con Prodi e Intini) |
Ottobre |
2007 |
Delegazione parlamentare (incontri con Violante e Bertinotti) |
Ottobre |
2007 |
Jalili e Lariani: incontri con PdC e On Ministro |
Novembre |
2007 |
Presidente Commissione Affari Esteri a Roma: incontri con On Ministro, On Ranieri, Presidente Bertinotti e Sen. Dini |
Il nostro Paese, pur non venendo mai meno agli obblighi derivanti dalla sua collocazione nel contesto euro-atlantico, ha sempre mantenuto un canale di comunicazione - e di dialogo - con l’Iran, che abbiamo ripetutamente esortato ad atteggiamenti più costruttivi ed al ritorno al tavolo negoziale sulla questione nucleare.
Nel maggio 2007 le autorità iraniane hanno formalizzato il loro sostegno della candidatura italiana al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU; inoltre le stesse autorità hanno reiterato la richiesta di sostegno dell’Italia alla candidatura dell’Iran al Consiglio Esecutivo dell’UNESCO, chiedendo anzi il sostegno della candidatura iraniana al medesimo Consiglio in virtù proprio del sostegno dato dall’Iran alla sopra citata candidatura italiana al Consiglio dei Diritti Umani. Inoltre l’Iran ha assicurato il sostegno della candidatura italiana del Gen. Capaldo al Consiglio Esecutivo dell’Organizzazione Metereologica Mondiale (OMM), richiedendo al contempo il sostegno della candidatura iraniana del Presidente dell’Organizzazione Metereologica della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Mohammad Nouriyan, al posto del Primo Vice Presidente della stessa OMM, richiesta cui l’Italia ha risposto positivamente.
Le Autorità iraniane sono fortemente impegnate a contrastare il traffico di sostanze stupefacenti, che dall’Asia sud-occidentale raggiungono i mercati europei e del Golfo Persico, attraverso la Repubblica Islamica.
Dalla fine del 2004, la cooperazione bilaterale Italia-Iran si è estesa al settore della lotta al traffico internazionale di stupefacenti. La Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) del Ministero dell’Interno ha da tempo avviato, di concerto con le Autorità di Teheran, articolati programmi di assistenza in favore delle istituzioni iraniane per vari versi competenti (viaggio di studio in Italia per medici iraniani orientato alla prevenzione, corsi antidroga per ufficiali di polizia iraniani, missione del Generale della Guardia di Finanza Paolo Aielli, tesa a pianificare attività di analisi e supporto strategico). Il 28 aprile 2005, la nostra Direzione Nazionale Antimafia ha sottoscritto con il Potere Giudiziario iraniano, un Memorandum di Cooperazione per la lotta alla criminalità organizzata transnazionale e, in particolare, al traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope.
L’Italia finanzia altresì il progetto del UNODC[12] “Promotion of regional and international drug control cooperation”, con un contributo di 605.000 USD. A riguardo si segnala la visita svoltasi a Teheran dal 7 al 10 novembre del Direttore Esecutivo dell’UNDOC e Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Maria Costa nel corso della quale ha mostrato di apprezzare le attività intraprese dalle autorità iraniane e ha ribadito la disponibilità dell’UNIDOC di facilitare una collaborazione in materia tra Iran, Pakistan e Afghanistan, specialmente per quanto concerne la condivisione di informazioni.
E’ stato infine fatto riferimento alla possibilità di un incontro da tenersi a Vienna tra i rappresentanti iraniani e gli altri attori regionali coinvolti nella lotta al commercio della droga provenienti dall’Afghanistan
In Iran, è da tempo operativo presso l’Ambasciata d’Italia a Teheran, un ufficiale di collegamento della DCSA.
Sul piano bilaterale, un rapporto che usciva propiziato dai promettenti riscontri della Settima Sessione della Commissione Mista, tenutasi a Teheran il 18 e 19 gennaio 2005, è stato condizionato negativamente dalla congiuntura internazionale. In coincidenza con tale Commissione Mista, erano stati fra l’altro conclusi un Memorandum d’Intesa per il rafforzamento della cooperazione economica, soprattutto fra PMI, ed una Convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni. Erano state parimenti ipotizzate svariate iniziative di cooperazione economica nei seguenti settori:
Il clima di fiducia e di conoscenza reciproca instauratosi fra i mondi imprenditoriali dei due paesi costituisce un patrimonio storico che gioca in favore dello sviluppo degli scambi economico-commerciali bilaterali. In negativo pesa invece l’aumentato livello di rischio politico dell’Iran ed il conseguente, aumentato costo finanziario ed assicurativo di eventuali operazioni congiunte. Inoltre la situazione di crescente tensione nei rapporti tra l’Europa e l’Iran non favorisce lo sviluppo delle notevoli potenzialità di cooperazione industriale e commerciale che esistono tra Italia e Iran. E’ tale rischio che ha reso programmabili a breve, fra quelle contemplate nell’ultima Sessione della Commissione Mista, essenzialmente iniziative d’assistenza tecnica nei settori dell’acquicoltura e della concia del pellame. Per altro verso, la presente contingenza non ha reso meno fondamentale l’apporto di SACE e SIMEST a sostegno delle nostre imprese interessate all’Iran (anche se per quanto riguarda SACE va sottolineata una contrazione del portafoglio garanzie nei confronti dell’Iran dal 26% del 2005 al 17,5% del 2006). Si apprezzano inoltre utili complementarietà nella potenziale offerta tecnologica delle PMI italiane rispetto alle esigenze dell’imprenditoria iraniana, in particolare nell’industria del marmo, nel meccanico-tessile, in materia di macchine utensili per metalli, ceramica, vetro, concerie e calzature, di macchine agricole e per il trattamento e packaging nel settore agro-alimentare.
Hanno interessi in Iran grandi gruppi italiani (ENI, Tecnimont, Ansaldo, FIAT, Fata), nonché nostre importanti medie imprese, quali la Seli e la Trevi. Negli ultimi anni, le nostre principali imprese hanno concluso con l’Iran contratti per circa 7.029 milioni di Euro, in prevalenza nei settori petrolifero, siderurgico, energetico, petrolchimico, automobilistico, delle costruzioni, delle macchine ed apparecchi meccanici. A tali somme è da aggiungere un volume d’investimenti di 300 milioni di Euro circa, per lo più connessi a jont-ventures in Iran di medie imprese italiane.
L’esposizione della SACE verso l’Iran risulta intorno ai 4 miliardi di Euro, pari al 15,31% dell’esposizione totale.La SACE, pur mantenendosi disponibile all’assunzione di nuovi rischi, sta perseguendo una graduale politica di ridimensionamento della sua esposizione verso l’Iran. Il concretizzarsi delle sanzioni economiche internazionali verso la Repubblica Islamica potrebbe comportare la sospensione dell’erogazione delle linee di credito che finanziano le operazioni di finanza strutturata con l’Iran. E’ prova di questa possibile inversione di tendenza il sensibile calo delle esportazioni italiane a partire dal secondo trimestre di quest’anno. Anche se bisogna notare che, a livello europeo, l’Italia rimane prima in classifica dell’interscambio (5,7 miliardi di euro il valore nel 2006).
Si segnala comunque l’intenzione di ambo le parti di procedere con la convocazione di una nuova Commissione Mista (l’ultima sessione si è svolta a Teheran nel gennaio 2005) per discutere degli interessi comuni.
La cooperazione bilaterale culturale tra l’Italia e l’Iran è regolata dall’Accordo di collaborazione culturale del 29 novembre 1958 e incentrata nella valorizzazione del patrimonio archeologico iraniano.
Il Programma Esecutivo di collaborazione culturale, scaduto nel 2004 e in fase di rinnovo, ha costituito un primo quadro di riferimento per molteplici e differenziate attività di collaborazione. É altresì in corso di definizione il progetto per l’istituzione di un centro di ricerca scientifica per il patrimonio culturale dell’Iran, con sede a Isfahan, a cui partecipano enti italiani, iraniani, libanesi e della Santa Sede.
Collaborazione interuniversitaria
Sono operative le seguenti collaborazioni interuniversitarie:
Istituzioni scolastiche italiane
A Teheran funziona il complesso scolastico privato denominato “Pietro della Valle”, fondato nel 1960, paritario a livello materno, elementare, medio ed un liceo scientifico legalmente riconosciuto. Il numero complessivo degli alunni e’ di 107 unità.
Diffusione della lingua italiana
In Iran operano 3 lettori di ruolo inviati dal MAE: due a Teheran, presso la Libera Università islamica e presso la Teheran State University (quest’ultimo con incarichi extra-accademici) e uno presso l’Università di Isfahan. Corsi di laurea in lingua e letteratura italiana vengono impartiti presso l’Università Statale e la Libera Università Islamica di Teheran; i corsi di lingua italiana vengono poi organizzati anche presso la Scuola italiana di Teheran, che ha firmato una convenzione per la certificazione dell’apprendimento della lingua italiana con l’Università di Siena.
Questione della riapertura dell’Istituto Italiano di Cultura di Teheran
Nel quadro del rilancio dei rapporti bilaterali, la cultura svolge potenzialmente un ruolo di particolare rilievo. L’Istituto Italiano di Cultura di Teheranaveva iniziato la sua attività in Iran nel 1961 sulla base dell’Accordo Culturale stipulato tra Italia e Iran il 29 novembre 1958. Sia pure in un contesto assai diverso, l’IIC ha continuato a svolgere le sue funzioni e attività per sette anni (1979-86) a seguito della rivoluzione islamica, con un’annessa Sezione Archeologica (dal 1979 in poi). In tale periodo, l’IIC risultava essere una delle poche, se non addirittura la sola, istituzione culturale straniera rimasta aperta ed attiva nel Paese.
Il 26 novembre del 1986, in ritorsione di un programma televisivo italiano ritenuto lesivo della figura dell’Ayatollah Khomeini, le Autorità locali hanno disposto il blocco di tutte le attività dell’Istituto, senza tuttavia decretarne una chiusura formale. La chiusura è stata decisa nel 1994 dal Ministero degli Affari Esteri italiano, nel quadro di un piano di ristrutturazione della rete degli istituti. Dal settembre 1998, l’Ambasciata d’Italia a Teheran ha aperto una propria Sezione Culturale.
Le attività di promozione culturale, a cura dell’Ambasciata d’Italia a Teheran, stanno registrando una continua crescita e diversificazione: accanto a settori di cooperazione tradizionale (archeologia, università, ricerca scientifica, scambi studenteschi, insegnamento dell’italiano) è stata potenziata l’offerta di eventi musicali, teatrali, cinematografici e mostre.
L’Iran è inserito, sulla base delle classificazioni OCSE., nel gruppo dei Paesi a reddito medio-basso e può essere pertanto considerato beneficiario di aiuto pubblico allo sviluppo.
Nell’ambito della cooperazione multilaterale, è in corso il seguente programma:
Per il 2005-2006 sono stati finanziati i seguenti programmi:
· Nell’ambito della cooperazione bilaterale, è stato firmato nel febbraio 2005 l’accordo per l’avvio del primo programma relativo al miglioramento dell’acquacoltura in Sistan-Balucistan, per un importo di 3 milioni di Euro a dono.
Iniziative già approvate di prossima attuazione
Sempre 2005, è stato sottoposto all’attenzione delle competenti Autorità iraniane, l’accordo relativo alla realizzazione di un’ulteriore iniziativa in Sistan-Baluchistan finalizzata al rafforzamento istituzionale per la corretta gestione del territorio, del miglioramento delle tecniche di irrigazione e sostegno alle Piccole e Medie Imprese nell’Agroindustria. Il programma prevede la concessione di un credito di aiuto pari a 15,6 milioni di Euro e di un dono di 3,2 milioni di Euro volto a garantire l’assistenza tecnica. Nell’anno 2006 si segnala l’avvio di un programma di sviluppo di acquicoltura nell’area, anche con la collaborazione dell’UNDP.
Nel settore del patrimonio culturale restano poi da identificare i seguenti programmi:
Il Governatore della Banca Centrale dell’Iran ha suggerito d’usare la massima prudenza nelle transazioni finanziarie con l’Italia, ed ha consigliato di non tenere depositi presso banche italiane e di rifiutare lettere di credito, garanzie nonché ordini di pagamenti rilasciate da queste ultime. La lettera del Governatore della Banca Centrale iraniana è intervenuta in un momento in cui gli USA stanno imprimendo un’accelerazione alle proprie sanzioni finanziarie nei confronti dell’Iran. A seguito di tali pressioni, anche la Banca Nazionale del Lavoro ha deciso di chiudere il proprio ufficio a Teheran a partire dal prossimo 15 marzo, decisione derivante anche dalla recente fusione con la banca francese BNP Paribas.
A questo fattore di attrito nelle relazioni economiche bilaterali si aggiunge anche la vicenda del blocco giudiziario deciso dal Tribunale di Roma sui fondi iraniani. In merito il Vicegovernatore della Banca Centrale Mojarrad ha sottolineato come tale decisione abbia contribuito a peggiorare le relazioni economiche tra i due Paesi, riflettendosi anche in un sensibile calo delle esportazioni italiane nel corso del 2006 (-18%) e allontanando così la possibilità di un cambio di atteggiamento da parte del sistema bancario iraniano.
Lo scorso mese di giugno tre containers della Società iraniana SAIRAN, provenienti dall’Iran e diretti in Siria, sono stati fermati presso il Porto di Gioia Tauro da parte dell’Agenzia delle Dogane ed il carico contenuto e’ stato definito “materiale tattico”.
Alla luce dell’omessa autorizzazione prefettizia necessaria per il transito sul territorio nazionale di materiali d’armamento, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi avrebbe convertito, sempre nel mese di giugno, il predetto fermo in atto di sequestro.
PRINCIPALI ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI ITALIANE (gen. – mag. 2007) |
|
Esportazioni |
Importazioni |
1. Macchine ed apparecchi meccanici (50,6%) |
1. Petrolio greggio e gas naturale (87,4%) |
2. Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali (12,0%) |
2. Prodotti della metallurgia (6,7%) |
3. Macchine ed apparecchi elettrici (7,0%) |
3. Prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali (2,4%) |
4. Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (5,7%) |
4. Prodotti alimentari e bevande (1,1%) |
5. Prodotti della metallurgia (5,4%) |
5. Prodotti dell’agricoltura e della caccia (0,9%) |
6. Altri mezzi di trasporto (3,5%) |
6. Prodotti tessili (0,6%) |
Fonte:Elaborazioni Osservatorio Economico (MinComInt ) su dati ISTAT |
QUOTE SUL MERCATO IRANIANO (gen-giu. 2006) |
|||
PRINCIPALI FORNITORI |
% su import |
PRINCIPALI ACQUIRENTI |
% su export |
1. Germania |
13,1 |
1. Giappone |
15,1 |
2. Cina |
9,7 |
2. Cina |
13,8 |
3. EAU |
8 |
3. Corea del Sud |
5,8 |
4. Corea del Sud |
6,4 |
4. Italia |
5,6 |
5. Italia (3. nel 2005) |
6,2 |
5. Paesi Bassi |
5,1 |
6. Francia |
5,5 |
6. Turchia |
4,5 |
Fonte:Elaborazione Osservatorio Economico (MinComInt) su dati FMI |
INCIDENZA INTERSCAMBIO SUL COMMERCIO ESTERO ITALIANO (gen. – mag. 2007 ) |
|
Esportazioni verso l’Iran sul totale delle esportazioni italiane |
0,44% |
Importazioni dall’Iran sul totale delle importazioni italiane |
1,17% |
FLUSSI TURISTICI BILATERALI |
||
|
dall’Italia |
verso l’Italia |
2003 |
dato non disponibile |
2894 visti per turismo rilasciati |
2004 |
dato non disponibile |
4222 visti per turismo rilasciati |
2005 |
dato non disponibile |
3253 visti per turismo rilasciati |
2006* |
dato non disponibile |
2695 visti per turismo rilasciati |
Fonte: Ministero degli Affari Esteri – Centro Visti *dati relativi al I°semestre |
AIUTO PUBBLICO ALLO SVILUPPO (erogato) |
|||
|
2003 |
2004 |
2005 |
Doni |
0,929 |
2,382 |
2,507 |
Crediti di Aiuto |
/ |
/ |
/ |
Fonte: Ministero Affari Esteri - DGCS - Valori in milioni di Euro |
INVESTIMENTI DIRETTI NETTI NEI DUE PAESI (gen – lug 2006) |
|||||
Italiani in Iran in milioni Euro |
|
% tot degli investimenti italiani all’estero |
Iraniani in Italia in milioni Euro |
|
% tot degli investimenti stranieri in Italia |
1,2 |
|
0,00 |
0 |
|
0 |
Fonte:UIC 2006 provvisori |
SACE |
||
Categoria di rischio OSCE |
6 |
|
Categoria Consensus |
2 |
|
Condizioni di assicurabilità |
Apertura con restrizioni |
|
Impegni in essere (a) |
3829,24 mln. Euro |
|
Crediti da surroga (b) |
|
|
Esposizione complessiva (a+b+sinistri in corso) |
3837,43 mln. Euro |
|
Indennizzi erogati da recuperare |
1,31 mln. Euro |
|
Politici |
1,31 mln. Euro |
|
Commerciali |
0,00 mln Euro |
|
Sinistri in corso al 30.6.2007 |
6.89 mln Euro |
|
Esposizione Paese sul totale al 30.6.2007 |
13,55% |
|
Fonte: SACE; situazione al 30.6.2007 |
ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEBITORIA |
|
Ultima intesa Club di Parigi |
L’Iran non ha finora fatto ricorso al Club di Parigi |
Ultimo accordo bilaterale |
/ |
Fonte: Ministero Affari Esteri |
[1]Ha sostituito Bahram Ghassami, che ha ricoperto la carica di Ambasciatore d’Iran in Italia dal 2001 al 2006.
[2] La somma stanziata è pari a 20.000 euro.
Composizione della popolazione per età:0-14 anni: 27.1%;15-64 anni: 68% oltre 65 anni: 4.9%
Circa 2/3 della popolazione è nata dopo la rivoluzione islamica del 1979.
[4] 5 seggi sono assegnati a rappresentati delle minoranze religiose riconosciute: Cristiana, Ebrei e Zoroastriani.
[5] Quattro seggi non sono stati assegnati. Fra questi, quello spettante alla città di Bam, distrutta da un terremoto nel dicembre 2003.
[6]La setta attende il ritorno del dodicesimo Imam o Mahdi, attualmente nella fase di occultamento maggiore (ghaybatu ‘s-sughra) e che potrà riapparire al fine di colmare la terra di giustizia dopo che in essa saranno prevalse iniquità e tirannia. Specificatamente Ahmadinejad sembrerebbe appartenere al gruppo Jamkaran degli Hojjatiyeh e tale appartenenza sarebbe uno dei fattori del suo atteggiamento estremistico ed alla base delle sue crescenti difficoltà con i conservatori tradizionalisti e con Khamanei.
[7] L’Assemblea, formata da 86 religiosi, può anche decidere di rimuovere la Guida, se ritenuto necessario. I candidati sono selezionati dal Consiglio dei Guardiani. L’Assemblea si riunisce solo a cadenza semestrale e le sedute sono segrete. Nelle ultime elezioni per l’Assemblea (dicembre 2006) il Consiglio dei Guardiani ha ammesso solo 164 candidature (bocciandone due terzi). Tutte le donne sono state escluse.
[8] La questione della pena di morte non è affatto nuova in Iran, ma negli ultimi due anni le condanne sembrano essere nuovamente cresciute (secondo il rapporto annuale di Amnesty International tra il 2005 ed il 2006 vi sarebbe stato un incremento quasi del 100%: da 113 condanne a 215).
[9] Ad ottobre l’amministrazione di Washington è tornata a lanciare moniti contro l’eventualità di un’arma nucleare iraniana. La vera novità in questo caso riguarda però la presa di posizione della Francia. Sia il Presidente francese Sarkozy che il Ministro degli Esteri Kouchner hanno paventato la possibilità di un attacco militare a Teheran, contraddicendo le precedenti politiche francesi. L'ex Presidente Chirac non era mai arrivato a tal punto e adesso le esternazioni di Parigi, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, potenza economica del G8 e potenza nucleare a sua volta, alimentano le paure dell'Iran. Ma questa percezione di insicurezza tra la popolazione iraniana potrebbe essere addirittura controproducente per le politiche occidentali, arrivando anche a scatenare il forte senso di appartenenza alla nazione, peculiarità dell'Iran. Piuttosto che ribellarsi ad Ahmadinejad per avere portato il Paese sull’orlo di un possibile conflitto armato, la popolazione potrebbe stringersi attorno al proprio leader in un momento così delicato, andando a rafforzarne la posizione. Il dissenso interno potrebbe così lasciare spazio al nazionalismo. I rapporti con la Comunità Internazionale sembrano ormai compromessi e la sensazione è che si sia arrivati ad un punto tale per cui è venuta a mancare la reciproca fiducia, base di qualsiasi accordo. Cosciente di questo fatto, Teheran sta continuando a stringere i rapporti con quelle potenze nemiche degli USA, come Venezuela e Bielorussia. In particolare il governo di Minsk ha investito 250 milioni di dollari per lo sviluppo del campo petrolifero di Jofeir, nel Sud dell’Iran e aiuta Teheran nella raffinazione, vero tallone di Achille dell’Iran in campo petrolifero.
[10]Nell’ultimo anno sono giunte da Washington e da alcuni ambienti della stampa afgana accuse contro l’entourage del presidente Ahmadinejad, per le quali, mentre ufficialmente si impegna per la ricostruzione dell’Afghanistan, ne alimenta l’instabilità con altri strumenti. Stando alle rilevazioni dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dal 2006 il governo iraniano ha obbligato al rimpatrio diverse centinaia di migliaia di rifugiati afgani; fonti ufficiali del governo difendono la buonafede del provvedimento, sostenendo che con esso si intende solo ridurre l’aggravio di tali individui sul sistema delle sovvenzioni e dei sussidi pubblici nazionali, e in nessun modo danneggiare il tessuto sociale o economico afgano. Secondo i vertici dell’Alleanza Atlantica, l’intelligence iraniana sarebbe inoltre il tramite per il passaggio di armi e ordigni esplosivi dall’Iraq alla resistenza talebana. Allo stato attuale però non è certo che l’Iran abbia soddisfatto le richieste di armi provenienti dai gruppi talebani, con cui i servizi segreti iraniani sono in contatto; piuttosto, secondo l’indagine dell’Institute for War and Peace Reporting di Londra, le armi made in Iran potrebbero giungere ai talebani dal commercio clandestino di alcuni combattenti ed ex-combattenti dell’Alleanza del Nord, riforniti negli anni 1990 per opporsi all’avanzata talebana. A smentire le accuse contro la Repubblica Islamica è intervenuto pubblicamente in più occasioni il presidente Karzai, interessato al proseguimento del partenariato tra i due paesi.
[11] L’economia iraniana, controllata per l’80% dallo Stato, è basata essenzialmente sulla vendita del petrolio (terzo produttore in ambito OPEC). L’Iran dispone inoltre di una delle più grandi riserve di gas naturale dopo quella della Russia (26 miliardi di metri cubi, pari al 18% delle riserve mondiali).