Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento difesa | ||||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||||
Titolo: | Esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento | ||||||
Riferimenti: |
| ||||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 65 | ||||||
Data: | 07/05/2007 | ||||||
Descrittori: |
| ||||||
Organi della Camera: |
III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa |
Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Documentazione e ricerche
Esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento
(Relazione del Governo, ex art. 5,
co. 1, L.185/1990
e art. 4, co. 3, L. 222/1992)
n.65
7 maggio 2007
Dipartimento affari esteri
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File:DI0070
INDICE
1. Quadro normativo del controllo sul commercio dei materiali di armamento.
§ Il regolamento di esecuzione
§ 2.1 Iniziative internazionali e cooperazione multilaterale per il controllo degli armamenti
§ 2.2. Il regime dei controlli
§ 2.3. Linee programmatiche per il 2007
§ 2.4 I dati relativi alle autorizzazioni all’esportazione e all’importazione
3. Le relazioni ministeriali allegate
Ministero dell’Economia e delle Finanze
§ Le autorizzazioni del Ministero dell’economia e delle finanze sulle transazioni bancarie.
§ I dati relativi ai movimenti rilevati dall’Agenzia delle Dogane
§ Il peculiare regime dei programmi intergovernativi
§ Le apposite intese governative di cui all’art. 9, c. 4, della legge n.185 del 1990
Ministero dello Sviluppo Economico
Ministero del Commercio Internazionale sull’attivita’ relativa all’Export di Beni a Duplice Uso
§ Il controllo sui materiali a duplice uso
§ L. 27-febbraio-1992 n. 222 Norme sul controllo dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia (art. 4, comma 3)
§ L. 1 marzo 2002 n. 39 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2001 (art. 50)
§ Del.CIPE 28 marzo 2002, n. 27/2002 Profili ambientali delle esportazioni di prodotti destinati all'industria nucleare. (Deliberazione n. 27/2002)
§ D.P.R. 14 novembre 2002, n. 318 Regolamento concernente la realizzazione di progetti e programmi nei settori aeronautico, spaziale e dei prodotti elettronici ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale, a norma dell'articolo 2 della L. 11 maggio 1999, n. 140
§ D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 96 Attuazione di talune disposizioni del regolamento n. 1334/2000/CE che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso, nonché dell'assistenza tecnica destinata a fini militari, a norma dell'articolo 50 della L. 1° marzo 2002, n. 39.
§ D.M. 13 giugno 2003 Approvazione del nuovo elenco dei materiali d'armamento da comprendere nelle categorie previste dall'articolo 2, comma 2, della L. 9 luglio 1990, n. 185 (art. 1)
§ L. 17 giugno 2003, n. 148 Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra la Repubblica francese, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana, il Regno di Spagna, il Regno di Svezia e il Regno Unito della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria europea per la difesa, con allegato, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000, nonché modifiche alla L. 9 luglio 1990, n. 185
§ D.M. 4 agosto 2003 Individuazione, ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 96, dei beni e dei Paesi di destinazione in relazione ai quali l'esportazione dei beni a duplice uso elencati nell'allegato I e nell'allegato IV, parte I, del regolamento (CE) n. 1334/2000, può avere luogo con autorizzazione generale nazionale
§ D.P.C.M. 14 gennaio 2005, n. 93 Nuovo regolamento di esecuzione della L. 9 luglio 1990, n. 185, recante nuove norme per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento
Atti comunitari
§ Consiglio dei Ministri dell’Unione europea, Affari Generali – Codice di condotta per le esportazioni di armi, 25 maggio 1998
§ Settima relazione annuale ai sensi della misura operativa n. 8 del codice di condotta dell’Unione Europea per le esportazioni di armi (2005/C 328/01), pubblicata sulla G.U. dell’Unione Europea n. C 328 del 23 dicembre 2005
§ Ottava relazione annuale ai sensi della misura operativa n. 8 del codice di condotta dell’Unione Europea per le esportazioni di armi (2006/C 250/01), pubblicata sulla G.U. dell’Unione Europea n. C 250 del 16 ottobre 2006
§ Risoluzione del Parlamento europeo sulla settima e sull’ottava relazione annuale del Consiglio ai sensi della misura operativa n. 8 del codice di condotta dell’Unione europea per le esportazioni di armi, 18 gennaio 2007
Attività parlamentare nella XIV legislatura
§
CAMERA DEI DEPUTATI
Attività parlamentare nella XV legislatura Documentazione §
A. Traballesi, L’Italia e le esportazioni delle armi, Centro Militare Studi
Strategici, giugno 2005 §
Dati sulle 100 maggiori aziende produttrici di
armamenti nel mondo, 2004, da: SIPRI Yearbook 2006, Armaments, Disarmament and
International Security §
Dati sul commercio internazionale di armamenti,
da: SIPRI Yearbook 2006, Armaments, Disarmament and International Security §
Gli embarghi internazionali di armi (1998-2006),
fonte: Sito Internet del SIPRI (Stockholm International Peace Research
Institute) Pubblicistica §
Gen. G. Botondi, L’internazionalizzazione dei mercati e il ruolo dell’industria italiana
per la difesa, in: Informazioni della difesa, maggio 2006 §
G. Gasparini, Economia e industria della difesa: tabelle e grafici, Istituto
Affari Internazionali, marzo 2007
La relazione viene trasmessa ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 9 luglio 1990, n. 185 e dell'articolo 4, comma 3, della legge 27 febbraio 1992, n. 222.
La legge 9 luglio 1990, n. 185, recante nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, come modificata dalla legge n. 148 del 17 giugno 2003, che ha ratificato l'Accordo quadro di Farnborough del 27 luglio 2000, tra Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito, relativo alla ristrutturazione e alle attività dell'industria europea per la difesa.
La legge 27 febbraio 1992, n.222, recava norme sul controllo dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia.
La legge è stata abrogata, fatta eccezione per gli articoli 4, comma 3, e 15, dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 89, recante attuazione del regolamento CE n. 3381/94 e della decisione n. 94/942/PESC, sull'esportazione di beni a duplice uso.
Successivamente il D.Lgs. 89/1997 è stato abrogato dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 96, recante attuazione di talune disposizioni del regolamento n. 1334/2000/CE che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso, nonché dell'assistenza tecnica destinata a fini militari, emanato sulla base della delega contenuta nella legge comunitaria 2001 (Legge n. 2002/39).
Il comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 222/1992, prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri, con la relazione prevista dall'articolo 5, comma 1, della legge 9 luglio 1990, n. 185, riferisca anche sull'attività svolta dal CISD (Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa) ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo. La relazione, anche per la parte relativa ai prodotti ad alta tecnologia disciplinati dalla presente legge, è predisposta secondo i criteri indicati dall'articolo 5, comma 3, della legge 9 luglio 1990, n. 185.
La citata legge 9 luglio 1990, n. 185, si compone di sette Capi, suddividisi in 31 articoli.
Il Capo I reca disposizioni generali.
L’articolo 1 (Controllo dello Stato) stabilisce che l’esportazione, l'importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia. Esse sono soggette ad autorizzazioni e controlli dello Stato.
Il comma 3 dell’articolo 1 prevede che il Governo predisponga misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa.
Le operazioni di esportazione e transito sono consentite solo se effettuate con governi esteri o con imprese autorizzate dal governo del paese destinatario e sono vietati quando siano in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell'Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali.
Il comma 6, modificato dalla legge 148/2003, individua le caratteristiche dei Paesi verso i quali sono vietati l'esportazione ed il transito di materiali di armamento.
Il comma 7 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione ed il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia.
Il comma 8, vietando le importazioni definitive o temporanee di materiale di armamento, elenca le eccezioni, tra le quali: a) le importazioni effettuate direttamente dall'Amministrazione dello Stato, o per conto di questa, per la realizzazione dei programmi di armamento ed equipaggiamento delle forze armate e di polizia, che possono essere consentite direttamente dalle dogane; b) le importazioni effettuate previa autorizzazione di cui al successivo articolo 13.
Il comma 9 esclude dalla disciplina della legge: a) le esportazioni temporanee effettuate direttamente o per conto dell'Amministrazione dello Stato per la realizzazione di propri programmi di armamento ed equipaggiamento delle forze armate e di polizia; b) le esportazioni o concessioni dirette da Stato a Stato, a fini di assistenza militare, in base ad accordi internazionali; c) il transito di materiali di armamento e di equipaggiamento per le esigenze delle forze dei Paesi alleati, secondo la definizione della Convenzione sullo statuto delle Forze della NATO, purché non siano invocate a qualsiasi titolo deroghe agli articoli VI, XI, XII, XIII e XIV della Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico.
Il comma 10 vieta le esportazioni temporanee di cui al comma 9, lettera a), verso i Paesi di cui al precedente comma 6.
Il comma 11 esclude dalla disciplina della legge una serie di prodotti, tra i quali: le armi sportive e da caccia e relative munizioni; gli artifizi luminosi e fumogeni; le riproduzioni di armi antiche.
L’articolo 2 reca le definizione dei materiali di armamento. Viene innanzitutto considerato materiale di armamento quello che, per requisiti o caratteristiche tecnico-costruttive e di progettazione, sia tale da considerarsi costruito per un prevalente uso militare o di corpi armati o di polizia.
E’ previsto che l’elenco dei materiali di armamento, classificati secondo le categorie indicate dallo stesso articolo, venga approvato con decreto ministeriale. Tale elenco può essere aggiornato, sempre con D.M., in base all’evoluzione della produzione industriale, a quella tecnologica, nonché agli accordi internazionali cui l'Italia aderisce. Sono altresì considerati materiali di armamento: a) ai soli fini dell'esportazione, le parti di ricambio e quei componenti specifici dei materiali sopraindicati; b) limitatamente alle operazioni di esportazione e transito, i disegni, gli schemi ed ogni tipo ulteriore di documentazione e d'informazione necessari alla fabbricazione, utilizzo e manutenzione dei suddetti materiali.
L’articolo 3 istituisce, presso il Ministero della difesa, il Registro nazionale delle imprese, consorzi di imprese operanti nel settore della progettazione, produzione, importazione, esportazione, manutenzione e lavorazioni comunque connesse di materiale di armamento. Lo stesso articolo stabilisce i requisiti per l’iscrizione.
L’articolo 4 rinvia ad un decreto del Ministro della difesa la definizione delle modalità di iscrizione al registro nazionale delle imprese di cui al precedente articolo.
L’articolo 5 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri presenti al Parlamento, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sulle operazioni autorizzate e svolte entro il 31 dicembre dell'anno precedente, anche con riguardo alle operazioni svolte nel quadro di programmi intergovernativi o a seguito di concessione di licenza globale di progetto o in relazione ad esse[1].
Ad essa sono allegate le relazioni trasmesse al Presidente del Consiglio dai Ministri degli affari esteri, dell'interno, della difesa, dell’Economia e delle finanze, delle attività produttive, per quanto di rispettiva competenza nella materia.
La relazione deve contenere:
Ø indicazioni analitiche - per tipi, quantità e valori monetari - degli oggetti concernenti le operazioni contrattualmente definite indicandone gli stati di avanzamento annuali sulle esportazioni, importazioni e transiti di materiali di armamento e sulle esportazioni di servizi oggetto dei controlli e delle autorizzazioni previste dalla legge;
Ø la lista dei Paesi indicati nelle autorizzazioni definitive, l'elenco delle revoche delle autorizzazioni stesse per violazione della clausola di destinazione finale e dei divieti di cui agli articoli 1 e 15, nonché l'elenco delle iscrizioni, sospensioni o cancellazioni nel registro nazionale di cui all'articolo 3;
Ø l'elenco dei programmi sottoposti a licenza globale di progetto con l'indicazione dei Paesi e delle imprese italiane partecipanti, nonché le autorizzazioni concesse dai Paesi partner relative a programmi a partecipazione italiana e sottoposti al regime della licenza globale di progetto.
La legge n. 148/2003 ha introdotto il comma 3-bis, che prevede che i titolari di licenza globale di progetto forniscano annualmente al Ministero degli affari esteri una relazione analitica sulle attività espletate sulla base della licenza ottenuta, corredata dai dati su tutte le operazioni effettuate e che tale documentazione sia parte integrante della relazione di cui al comma 1.
Il Capo II reca disposizioni sugli organismi di coordinamento e controllo che sono :
Ø il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD) (articolo 6),istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e successivamente soppresso dall'articolo 1 della legge n. 537 del 1993;
Ø il Comitato consultivo per l'esportazione, l'importazione ed il transito di materiali di armamento (articolo 7) istituito presso il Ministero degli esteri, con il compito di esprimere pareri al Ministro degli affari esteri ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui al successivo articolo 13;
Ø l’Ufficio di coordinamento della produzione di materiali di armamento (articolo 8)costituito presso la Presidenza del Consiglio, con il compito di fornire pareri al CISD.
Il Capo III reca norme sull’autorizzazione alle trattative
L’articolo 9 disciplina le trattative contrattuali.
L'inizio di trattative contrattuali per l'esportazione, l'importazione e il transito di materiale d'armamento deve essere comunicato dai soggetti iscritti al registro di cui all'articolo 3 al Ministro degli esteri ed al Ministro della difesa (comma1). Il Ministro degli esteri, d'intesa con il Ministro della difesa può, entro 60 giorni, vietare (comma 2) la prosecuzione della trattativa oppure limitarla o sottoporla a condizioni (comma 3).
Il comma 4 dell’articolo 9, modificato dalla legge 148/2003, prevede che, nel caso di trattative riguardanti Paesi NATO e UE ovvero delle operazioni contemplate da apposite intese intergovernative, la comunicazione deve essere invece trasmessa al Ministero della difesa che, entro 30 giorni, può disporre condizioni o limitazioni.
Il comma 5 del medesimo articolo, invece, sottopone al solo nulla osta del Ministro della difesa le importazioni ed esportazioni di: a) ricambi, componenti e servizi per la manutenzione e riparazione di materiali già oggetto di contratti autorizzati, ma nei quali tali specifiche previsioni non erano contenute o siano scadute; b) materiali già regolarmente esportati e che debbano essere reimportati o riesportati temporaneamente, anche in altri Paesi, per riparazioni o manutenzione; c) materiali importati, ed eventualmente anche esportati, e che debbano essere restituiti ai costruttori per difetti, inidoneità e simili; d) attrezzature da inviare in temporanea esportazione o importazione per installazione, messa a punto, prove e collaudo di materiali già autorizzati alla importazione od esportazione, ma senza che gli atti relativi avessero contenuto tali specifiche previsioni; e) materiali di armamento a fini di esibizioni, mostre e dimostrazioni tecniche; dei relativi manuali e descrizioni tecniche e di ogni altro ausilio predisposto per la presentazione dei materiali stessi, nonché di campionature per la partecipazione a gare, appalti e prove di valutazione.
Il comma 7-bis, introdotto dalla legge 148/2003, esclude infine dalla disciplina del presente articolo le operazioni svolte nel quadro di programmi congiunti intergovernativi di cui al successivo articolo 13, comma 1.
L’articolo 10 prevede che la durata dell’autorizzazione di cui al precedente articolo abbia durata di tre anni e non conferisca all'impresa il diritto di ottenere le successive autorizzazioni di cui all'articolo 13.
Il Capo IV contiene disposizioni sull’autorizzazione all'importazione, esportazione e transito.
L’articolo 11 prevede che per l'esportazione, l'importazione, le cessioni di licenza e il transito di materiali di armamento, debba essere presentata domanda di autorizzazione al Ministero degli affari esteri che informa il Ministero del commercio con l'estero. Lo stesso articolo definisce le caratteristiche e i contenuti della domanda. Da tale procedura sono escluse le operazioni di cui all'articolo 9, commi 4 e 5.
Lo stesso articolo 11, come modificato dalla legge 148/2003, stabilisce che copia dell’autorizzazione a trattare di cui all’art. 9 deve essere allegata alla domanda di licenza globale di progetto (prevista dal successivo articolo 13), precisando che tale disposizione non si applica ai programmi congiunti intergovernativi cui fa riferimento il comma 7-bis dell’articolo 9.
L’articolo 12 affida al Ministero degli affari esteri l'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione di cui al successivo articolo 13.
L’articolo 13 attribuisce al Ministro degli esteri, sentito il Comitato di cui all'articolo 7, di concerto con il Ministro delle finanze, il compito di concedere l’autorizzazione all’esportazione e all’importazione, definitive o temporanee, ed al transito dei materiali di armamento, nonché alla cessione all'estero delle licenze industriali di produzione dello stesso materiale e alla riesportazione da parte dei Paesi importatori. L'eventuale rifiuto dell'autorizzazione deve essere motivato.
La legge 148 del 2003, novellando l’articolo 13 della legge 185 del 1990, ha istituito la licenza globale di progetto, una nuova forma di autorizzazione per le imprese che operino esportazioni, importazioni o transiti di materiali di armamento che partecipino a programmi congiunti intergovernativi o industriali di ricerca, sviluppo o produzione, con imprese di Paesi membri dell’Unione europea o della Nato con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi che garantiscano, in tali materie, il controllo delle operazioni secondo i principi ispiratori della legge.
L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministro degli esteri, senza il previo parere del Comitato di cui all'articolo 7, per le operazioni previste dall'articolo 9, comma 4 e per quelle che hanno avuto il nulla osta alle trattative contrattuali sulla base dell'articolo 9, comma 5.
L'autorizzazione non può essere rilasciata in caso di domande incomplete ovvero mancanti della documentazione prevista.
L’articolo 14 (modificato dalla legge 148/2003) prevede che le operazioni debbano concludersi entro il termine previsto dall’autorizzazione e possono essere prorogate per periodi non superiori a 24 mesi, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 9, commi 4 e 5, ovvero in caso di licenza globale di progetto.
L'autorizzazione (prorogabile in relazione all’andamento delle consegne) è rilasciata per un periodo di validità non inferiore a quello previsto per l'esecuzione del contratto e comunque per un periodo di almeno 18 mesi. La licenza globale di progetto è invece rilasciata per un periodo massimo di tre anni, anche questo prorogabile.
L’articolo 15 detta le modalità e le procedure per la sospensione o la revoca delle autorizzazioni.
L’articolo 16 stabilisce che le disposizioni della legge non si applicano ai casi di attraversamento nel territorio dello Stato dei materiali di armamento oggetto di transazioni commerciali all'estero da parte di non residenti, e che tali operazioni sono soggette alle disposizioni di pubblica sicurezza.
Il Capo V reca disposizioni sugli obblighi delle imprese.
L’articolo 17 rinvia ad un decreto ministeriale la definizione della misura e delle modalità di versamento del contributo per l'iscrizione nel registro nazionale.
L’articolo 18 definisce le modalità di consegna, da parte delle imprese esportatrici, delle liste dei materiali di armamento oggetto di esportazione presso la commissione di cui al precedente articolo 4.
L’articolo 19 reca disposizioni sulle comunicazioni relative a vettori e spedizionieri incaricati del trasporto dei materiali, fatta eccezione per le esportazioni effettuate per conto dell'Amministrazione dello Stato.
Qualora la spedizione e la consegna del materiale siano a carico dell'esportatore, egli ha l’obbligo di acquisire da vettori e spedizionieri, e conservare, ogni utile indicazione sulle modalità di trasporto e sull'itinerario relativo. Per le operazioni che prevedono la consegna «franco fabbrica» o «franco punto di partenza», gli esportatori sono obbligati a comunicare contestualmente alle Amministrazioni degli affari esteri, della difesa, dell'interno e delle finanze, la data e le modalità della consegna fornendo ogni utile indicazione sullo spedizioniere o vettore incaricato dell'operazione.
L’articolo 20 definisce le procedure che l'impresa esportatrice di materiali di armamento è tenuta a seguire per la trasmissione dei documenti relativi alle operazioni autorizzate, fatta eccezione per le operazioni effettuate per conto dello Stato o per quelle autorizzate con licenza globale di progetto.
Il comma 4-bis, introdotto dalla legge 148/2003, prevede che, in caso di spedizione in utilizzo di licenza globale di progetto, l'impresa sia tenuta a conservare per cinque anni la documentazione relativa ai materiali forniti, utile ad attestare l'arrivo a destinazione dei materiali stessi. Tale documentazione dovrà essere eventualmente esibita su richiesta del Ministero degli affari esteri.
L’articolo 21 prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro della difesa, su richiesta dell'impresa interessata, possa autorizzare seminari, soggiorni di studio e visite di cittadini italiani e stranieri in Italia che abbiano ad oggetto materie attinenti a prodotti coperti da classifica di segretezza.
L’articolo 22 contiene il divieto, per un periodo di tre anni successivo alla cessazione del rapporto, a conferire cariche in imprese operanti nel settore degli armamenti, a dipendenti pubblici civili e militari, che, nei due anni precedenti alla cessazione del rapporto sono stati preposti a qualsiasi titolo all'esercizio di funzioni amministrative connesse all'applicazione della presente legge.
Il Capo VI contiene le disposizioni in materia di sanzioni.
L’articolo 23 individua le sanzioni per i casi di falsità nella documentazione prodotta per rilascio dell'autorizzazione o per l'ottenimento della iscrizione nel registro nazionale.
L’articolo 24 contempla le sanzioni riferite all’inosservanza delle prescrizioni amministrative.
L’articolo 25 stabilisce le misure sanzionatorie per chi effettua esportazione, importazione o transito di materiali di armamento senza autorizzazione.
L’articolo 26 prevede l’obbligo di comunicazione da parte dell'autorità giudiziaria al Ministro degli affari esteri e al Ministro della difesa ai fini dell'adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza.
L’articolo 27 contiene norme sull'attività bancaria. Il comma 1 stabilisce che tutte le transazioni bancarie in materia di esportazione, importazione e transito di materiali di armamento, come definiti dall'articolo 2, devono essere notificati al Ministero del tesoro.
Il comma 2 precisa che il Ministro del tesoro, entro 30 giorni dalla notifica, deve autorizzare, in base a quanto stabilito dalla presente legge, lo svolgimento delle operazioni bancarie.
Il comma 3 stabilisce che la relazione al Parlamento, di cui all'articolo 5, deve contenere un capitolo sull'attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano nella materia indicata nel precedente comma 1.
Il Capo VII contiene le disposizioni finali e transitorie.
L’articolo 28 reca le disposizioni transitorie.
L’articolo 29 reca l’autorizzazione all’emanazione di un regolamento di esecuzione. Sulla base di tale articolo è stato adottato, con il D.P.C.M. n. 94 del 1991, il regolamento di esecuzione della legge 9 luglio 1990, n. 185 , recante nuove norme per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Successivamente, con il D.P.C.M. n. 448 del 25 settembre 1999, è stato adottato un nuovo regolamento di esecuzione della legge 185/1990, che ha abrogato il precedente.
L’articolo 30 detta norme sul distacco di personale, mentre l’articolo 31 indica le singole disposizioni in materia che restano vigenti dopo l’entrata in vigore della legge e contiene la clausola di abrogazione di tutte le disposizioni incompatibili.
La legge n. 148 del 17 giugno 2003, oltre a ratificare l'Accordo quadro di Farnborough relativo alla ristrutturazione e alle attività dell'industria europea per la difesa e a modificare la legge n. 185 del 1990, reca ulteriori disposizioni in materia di commercio di materiali di armamento.
L’articolo 11 della legge 148 stabilisce che, per quanto attiene ai programmi già avviati di coproduzione intergovernativa per la produzione di materiali di armamento e di equipaggiamento delle Forze armate e di polizia, effettuati ai sensi della legge 185/1990, l'operatore, in caso di concessione di licenza globale di progetto, deve presentare l'elenco (certificato dal Ministero della difesa) dei materiali movimentati fino all’entrata in vigore della legge di ratifica, al Ministero degli affari esteri e all'Amministrazione doganale che provvede alla definizione dei regimi doganali accesi.
L’articolo 12 prevede che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, siano determinate, con D.P.C.M., le condizioni per l'applicazione delle norme relative al segreto di Stato e alle notizie di cui è vietata la divulgazione, ai sensi e per gli effetti di cui al Regio decreto 11 luglio 1941, n. 1161, ai Paesi membri dell'Unione europea o della NATO con i quali l'Italia abbia sottoscritto specifici accordi intergovernativi in materia di trasferimento e di esportazione di materiali di armamento o per la fornitura di materiali di armamento.
Il nuovo regolamento di esecuzione, adottato con il D.P.C.M. n. 93 del 14 gennaio 2005, sulla base dell’autorizzazione contenuta nell’articolo 29 della legge 185 del 1990, contiene disposizioni generali (Titolo I) e norme organizzative e sul personale (Titolo II).
L’articolo 1 specifica il significato delle abbreviazioni contenute nel testo.
Il Capo I (articoli da 2 a 4) detta le norme generali sui procedimenti: l’articolo 2 riguarda le caratteristiche delle comunicazioni, delle domande e delle documentazioni; l’articolo 3 regola la pubblicità delle informazioni relative alle operazioni, mentre l’articolo 4 detta disposizioni inerenti alla sicurezza delle attività.
Il Capo II (articoli da 5 a 13) disciplina i singoli procedimenti.
L’articolo 5 detta i princìpi generali per le trattative contrattuali e, in particolare, viene data la definizione delle “apposite intese intergovernative”, ai fini dell'applicazione dell'articolo 9, comma 4, della legge. Esse devono essere sottoposte preventivamente alla valutazione del Ministero degli esteri, devono esplicitamente contemplare la possibilità che fra i due Paesi possano avvenire operazioni di interscambio di materiali di armamento, e devono: a) prevedere che le suddette operazioni di interscambio avvengano tra Stato e Stato oppure tra società private autorizzate dai rispettivi governi; b) prevedere che i rispettivi governi si impegnino a non riesportare il materiale acquisito a Paesi terzi senza il preventivo benestare del Paese cedente; c) fare esplicito riferimento alle categorie di cui all'articolo 2, comma 2, della legge, eventualmente aggiornate.
Rientrano in questo tipo di intese quei «Memoranda of Understanding» (MoU) stipulati dal Ministero della difesa che contengono le suddette clausole.
L’articolo 6 disciplina le modalità di comunicazione di inizio di trattative contrattuali riguardante le operazioni di cui all'articolo 9 della legge, di eventuali modificazioni o rinnovi. Viene precisato che le operazioni che prevedono l'esportazione di attrezzature per la riparazione e la manutenzione da effettuarsi in loco vengono incluse tra quelle indicate dall’articolo 9, comma 5, lettera a), della legge (che necessitano soltanto del nulla osta del Ministero della difesa. La disciplina contenuta nell’articolo non si applicano ai programmi congiunti intergovernativi sottoposti alle procedure previste dall'articolo 1, commi 8, lettera a), e 9, lettera a), della legge.
L’articolo 7 definisce le modalità di presentazione della domanda di autorizzazione alle esportazioni, importazioni transiti e cessioni di licenze di produzione.
L’articolo 8 estende l’applicazione dei procedimenti autorizzatori previsti dai precedenti articoli 6 e 7, alle operazioni di trasformazione o adattamento di mezzi e materiali di cui all'articolo 2, comma 7, della legge.
L’articolo 9 disciplina la procedura per il rilascio del nulla-osta per la prestazione di servizi, previsto dall’articolo 2,comma 6, della legge.
L’articolo 10 regola le autorizzazioni all'importazione per i casi particolari previsti dalle lettere a) ed e) del comma 8 dell’articolo 1 della legge.
L’articolo 11 attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministeri degli affari esteri, della difesa, dell’economia e delle finanze, e dell’interno, il compito di individuare i programmi intergovernativi ai quali applicare le procedure previste dall'articolo 1, commi 8, lettera a), e 9, lettera a), della legge ed i programmi congiunti intergovernativi di cui all’articolo 13, comma 1. L'individuazione dei programmi di coproduzione intergovernativa è valida anche ai fini dell'autorizzazione all'esportazione definitiva dei materiali previsti da detti programmi.
L’articolo 12 regola le procedure di rilascio, da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, delle autorizzazioni alle transazioni bancarie, la cui richiesta è trasmessa dagli istituti e aziende di credito sulla base delle dichiarazioni ricevute dagli operatori per ogni singolo contratto.
L’articolo 13 stabilisce i compiti del Comitato consultivo istituito dall’articolo 7 della legge 185/1990.
Il Titolo II del regolamento contiene norme organizzative e sul personale.
L’articolo 14 reca disposizioni sulle unità organizzative responsabili dell'istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale strumentale all'adozione del provvedimento finale.
L’articolo 15, che definisce le procedure per le comunicazioni tra amministrazioni, specifica, tra l’altro, che le informazioni e le documentazioni sono trasmesse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri quando ne faccia richiesta, anche ai fini di cui al precedente articolo 5 (trasmissione della relazione annuale al Parlamento).
L’articolo 16 tratta delle conferenze di servizi e degli accordi, l’articolo 17 reca disposizioni sul personale, mentre l’articolo 18 contiene la norma di abrogazione del precedente regolamento.
Premessa
La relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia, relativa all'anno 2006 (doc. LXVII, n. 2) è stata trasmessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con lettera in data 30 marzo 2007, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 9 luglio 1990, n. 185 e dell'articolo 4, comma 3, della legge 27 febbraio 1992, n. 222.
Rispetto alla prassi finora consolidatasi, il Rapporto al Parlamento del Presidente del Consiglio dei Ministri costituisce una sezione separata all’interno della più ampia Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento relativa all'anno 2006; essa si avvale dei principali dati contenuti nelle relazioni di settore curate dai singoli Ministeri competenti per materia, con particolare riferimento a quelle dei Ministeri degli affari esteri e della difesa. I dati forniti dagli altri dicasteri sono commentati nella sezione della scheda di lettura dedicata alle singole relazioni.
Nella premessa alla relazione si sottolinea che il trasferimento di materiali per la sicurezza e la difesa a Paesi esteri si ispira principalmente ad una politica estera connotata dalla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea ed alla NATO, nell’ottica della cooperazione commerciale ed industriale con gli Stati membri delle due organizzazioni. In particolare, lo scambio di materiale d’armamento è finalizzato all’economicità delle acquisizioni e ad approvvigionamenti garantiti.
In ogni caso, si precisa che le operazioni di importazione, esportazione e transito dei suddetti materiali non si configura come strumento delle relazioni internazionali del nostro Paese, e che le forniture al di fuori dei confini europei e della dimensione transatlantica non sono preordinate al rafforzamento delle capacità militari di uno o più Stati rispetto ad altri.
Si rileva inoltre che il Governo è fortemente impegnato a far sì che il regime dei controlli sulle transazioni in argomento sia operato in modo da contemperare le esigenze di sicurezza con la tutela del comparto industriale. Quanto alle prime, la relazione fa riferimento alla problematica rappresentata dal riarmo sia convenzionale che non convenzionale, in un contesto mondiale in continua evoluzione.
Quanto alla seconda, si riconosce che l’industria italiana degli armamenti risulta inferiore, per dimensione, a quella di tradizionali partner del settore, in cui figurano le democrazie anglosassoni ed alcuni paesi dell’Europa continentale. D’altronde, si evidenziano le notevoli capacità di ricerca ed innovazione espresse dalle aziende nazionali, che, anche grazie ad alcune nicchie di eccellenza produttiva, costituiscono comunque un patrimonio tecnologico ed occupazionale di non secondaria importanza per l’economia italiana, da salvaguardare anche nell’ambito della competizione internazionale.
a) Le Nazioni Unite
In ambito ONU è istituito un Registro Internazionale dei trasferimenti di armi convenzionali, al cui aggiornamento l’Italia partecipa con regolari attività informative. Il Registro è finalizzato a promuovere un clima di fiducia reciproca fra gli Stati membri sulla materia.
Nel corso della 61esima sessione annuale dell’Assemblea Generale, l’Italia ha sostenuto la proposta britannica di avviare i lavori per addivenire nel medio periodo ad un vero e proprio trattato sul commercio di armi, ed è stata approvata una Risoluzione che delinea le tappe di avvicinamento a questo obiettivo. Nella Relazione si evidenzia che un simile trattato, pur con la limitata cogenza propria della sua natura, avrebbe il pregio di coinvolgere tendenzialmente l’intera comunità internazionale, in ciò differenziandosi da altri analoghi fori multilaterali che, per quanto autorevoli, hanno orizzonti geopolitici più ristretti.
b) L’Unione Europea
In ambito comunitario vige il Codice di condotta Europeo sull’esportazione di armi, adottato dal Consiglio Affari Generali l’8 giugno 1998.
Il codice si colloca nel contesto delle attività condotte dal gruppo di lavoro sulle Conventional arms (COARM), in cui il Governo italiano rivendica un ruolo fortemente propulsivo. Si tratta di un documento di indirizzo politico rivolto ai Paesi membri, che tende ad implementare i principi di trasparenza e responsabilità nel settore del commercio degli armamenti verso Stati terzi.
Onde favorire un foro di consultazione e di scambio di informazioni nel settore, il Codice individua otto criteri fondamentali cui gli Stati membri dovrebbero attenersi, tra cui il rispetto degli accordi internazionali, ed un insieme di valutazioni che afferiscono alla capacità tecnico-economica ed alla affidabilità del Paese di destinazione (rispetto dei diritti umani, assenza di conflitti, certezza dell’impiego degli armamenti soprattutto con riguardo a possibili rischi legati al terrorismo, ecc.).
c) Il COARM
Sempre in ambito comunitario opera poi, in seno al Consiglio Europeo, il succitato COARM, organismo chiamato a dare attuazione operativa agli indirizzi formulati nel Codice di Condotta. Il Gruppo di lavoro è incaricato di curare il coordinamento delle politiche di esportazione degli armamenti sia all’interno dell’Unione che verso Paesi terzi, in particolare attraverso il perseguimento della progressiva armonizzazione delle politiche di controllo delle transazioni.
Nella relazione governativa si pone l’accento sui rilevanti passi in avanti compiuti in questo senso soprattutto per quanto concerne lo scambio di informazioni e le notifiche dei divieti nei confronti di Paesi risultati non affidabili sul piano delle forniture militari a causa di tensioni o instabilità interne.
d) L’intesa di Wassenaar
Si tratta di un accordo multilaterale risalente al 1996 per il controllo delle esportazioni di armi convenzionali, nonché di materiali e tecnologie a duplice uso (militare e civile).
Si caratterizza per una munition list completa, ed una lista parallela dei dispositivi a duplice uso, periodicamente aggiornate anche in base all’evolversi delle legislazioni nazionali dei Paesi partecipanti.
Anche in questo foro assume preminente rilevanza lo scambio delle informazioni. In particolare, sussiste un obbligo di notifica per i trasferimenti che interessino mezzi corazzati, veicoli blindati da combattimento, velivoli militari a pilotaggio remoto, elicotteri da attacco, navi da combattimento, missili, nonché armi leggere e di piccolo calibro.
Per quanto riguarda specificamente queste ultime, nella Relazione si dà conto delle iniziative cui l’Italia partecipa nel campo della lotta al traffico illecito. Le armi piccole e leggere sono state oggetto della Prima conferenza di riesame del Programma di azione dell’ONU, svoltasi a New York dal 26 giugno al 7 luglio 2006, che avrebbe dovuto rilanciare il contrasto al contrabbando di tali armi, ma che si è conclusa senza la deliberazione di un documento conclusivo. Per cercare di superare lo stallo determinatosi lo scorso anno, l’Assemblea Generale dell’ONU ha deciso di convocare per il 2008 la riunione biennale degli Stati membri del citato programma d’azione, anche sulla spinta della Risoluzione presentata da Sud Africa, Giappone e Colombia, con l’appoggio del nostro paese.
Particolare rilievo nella relazione assume il paragrafo relativo alle politiche di controllo sui trasferimenti di materiale d’armamento che governano l’azione amministrativa nel settore.
I divieti, le limitazioni ed i vincoli derivano sia dalle prescrizioni adottate dalle competenti organizzazioni sopranazionali, sia dalla normativa nazionale.
In ambito internazionale.
Si ricordano in primo luogo le misure restrittive alla vendita di armamenti applicate nei confronti di Paesi soggetti al cd. embargo, o per gravi violazioni dei diritti umani o a causa di comportamenti preoccupanti sotto tale profilo. Nell’apposito elenco allegato figurano così la Bielorussia ed altri Stati costituitisi all’indomani della caduta del blocco sovietico, nonché Paesi dell’Africa e dell’Asia come Sudan, Congo, Iran e Corea del Nord, nei confronti dei quali l’attenzione della comunità internazionale si concentra, come è noto, anche per aspetti che vanno al di là dello stretto ambito dei diritti umani.
Da rilevare al riguardo che, nell’ambito del COARM, l’Unione Europea sta elaborando un testo, denominato tool box, contenente misure cautelative da assumere nei confronti di Paesi cui l’UE abbia revocato gli embarghi alle forniture di armamenti.
L’Italia partecipa poi ai programmi multilaterali di contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa non convenzionali (nucleari, biologiche e chimiche) e dei relativi vettori missilistici.
Il nostro paese fornisce inoltre il suo contributo a due iniziative che la UE sta conducendo sul trasferimento intracomunitario degli armamenti, nell’intento di favorire una maggiore integrazione del mercato europeo della difesa, mediante un più agevole interscambio della componentistica militare.
Nella relazione si prende atto del frequente ricorso alla deroga prevista dall’articolo 296 del Trattato come principale ostacolo all’unificazione del mercato europeo nel settore. L’ambizioso obiettivo della liberalizzazione dei trasferimenti intracomunitari passa quindi attraverso subforniture svincolate dalla logica dell’appartenenza statuale dell’industria madre ed aperte invece al libero mercato, e dovrebbe a sua volta precorrere l’ulteriore sfida della progressiva specializzazione delle rispettive componenti nazionali.
La prima iniziativa è portata avanti dalla Commissione Europea, che sta lavorando ad un documento programmatico che dovrebbe vedere la luce entro la primavera del 2007. La seconda iniziativa è invece appannaggio dei sei Paesi che fanno parte dell’Accordo Quadro (Italia, Francia, Germania, Spagna, Svezia e Regno Unito), che dovrebbero elaborare una propria proposta entro la prossima estate.
Concretamente, le suddette iniziative si prefiggono di codificare una vera e propria Licenza Generale, che ogni Autorità nazionale rilascerebbe ad imprese qualificate del settore per movimentare componenti militari predefinite verso altre imprese europee parimenti qualificate. La condizione da osservare, che per l’Italia risulterebbe conforme alle disposizioni della legge 185/90, è che i prodotti finali siano destinati solo a Paesi europei o ad altri Stati preventivamente individuati di concerto tra gli Stati interessati dalla produzione.
Da segnalare infine la cd. Posizione Comune dell’UE sulle attività di intermediazione nel campo della compravendita di armamenti, che invita gli Stati membri ad eseguire efficaci controlli al riguardo, anche mediante la regolamentazione delle fattispecie di intermediazione. L’Italia, secondo quanto riportato nella Relazione, sta predisponendo una normativa apposita, da affiancare alle vigenti disposizioni già codificate dalla legge 185/90 in materia di compenso agli intermediari (art. 11, comma 2, lettera c) e di tracciabilità dei correlati flussi finanziari (art. 27).
In ambito nazionale.
Di particolare interesse appare la parte della Relazione dedicata all’azione politico-amministrativa in campo nazionale, in cui il Governo traccia innanzitutto un bilancio delle azioni svolte in passato in attuazione della norma di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge 185/90, in cui si invita l’Esecutivo a predisporre “misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa”.
In merito alla diversificazione produttiva, nella Relazione si afferma che i processi susseguitisi nel tempo hanno contribuito a salvaguardare i livelli occupazionali e le capacità tecnologiche e produttive in aree di eccellenza dell’industria della difesa. Inoltre, nel settore dei materiali ad uso duale, si sono registrati importanti ritorni tecnologici non solo dal settore militare a quello civile, ma anche in senso contrario.
Circa la riconversione dell’industria della difesa, si richiama il complesso processo di trasformazione che il comparto ha subito all’indomani della conclusione del confronto bipolare, che ha implicato una netta contrazione nella domanda di equipaggiamenti militari, un progressivo eccesso della produzione ed una connessa riduzione dell’indotto occupazionale.
Sono quindi conseguite iniziative volte a ridurre l’impatto di questa ristrutturazione sul piano occupazionale, nonché a trasferire consolidate capacità tecnologiche dal settore militare a quello civile.
La Relazione sottolinea la non convenienza dei processi di riconversione avviati, o per gli scarsi vantaggi ottenuti sul piano del recupero produttivo, o per l’eccessiva onerosità che in alcuni casi particolari ne è sortita per lo Stato a fronte di un saldo economico-industriale del tutto negativo.
Passando ai profili di merito attinenti al coordinamento dell’azione amministrativa, nella Relazione si descrivono le attività svolte dall’Ufficio di Coordinamento della Produzione dei Materiali di armamento istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (UCPMA): si tratta essenzialmente di compiti di direzione dei diversi organi ministeriali titolari delle fasi procedurali previste dalla legislazione nazionale, nonché di funzioni di monitoraggio e aggiornamento sia della lista dei programmi intergovernativi, sia delle operazioni effettuate per conto dello Stato successivamente alla consegna dei sistemi per il loro mantenimento in efficienza.
Da ultimo si dà conto dello stato di avanzamento del progetto di realizzazione del sistema informatico interministeriale per la gestione delle procedure definite dalla legge 185/90, i cui lavori dovrebbero avere inizio entro il 2007. Il progetto è finalizzato alla tracciabilità dei trasferimenti dei materiali di armamento, sia a scopo informativo, sia per un migliore sistema di controllo delle movimentazioni.
Nell’immediato futuro il Governo intende mantenere gli indirizzi finora seguiti, nel senso di perseguire il miglior contemperamento tra le esigenze di sicurezza sottese alla implementazione dei controlli sulle transazioni di armamenti, e la necessità di garantire adeguata competitività del comparto industriale nazionale nel mercato mondiale.
Quanto al primo aspetto, l’azione governativa tenderà alla ottimizzazione delle procedure amministrative, nel cui ambito si annette primaria importanza strategica alla realizzazione del citato sistema informatico interministeriale. Nei fori internazionali, inoltre, l’Italia parteciperà attivamente ai processi di armonizzazione delle regole che presiedono all’import-export degli armamenti, nonché agli organismi preposti alla classificazione dei materiali ed al tracciamento delle relative movimentazioni.
In merito al secondo profilo, l’Esecutivo si propone di partecipare attivamente alle iniziative europee volte ad implementare il processo di integrazione dell’industria europea del settore, cooperando alla stesura della Direttiva sugli appalti pubblici nel campo della Sicurezza e Difesa ma salvaguardando, al contempo, le nicchie di eccellenza produttiva della filiera nazionale.
Innovativo appare invece il programma di informazione istituzionale che il Governo intende lanciare avviando incontri periodici con rappresentanti di Organizzazioni Non Governative interessate al controllo dei trasferimenti dei materiali di armamento.
Tale iniziativa vuole favorire una più circostanziata e trasparente informazione in ordine alle attività svolte dalle competenti amministrazioni nella gestione delle procedure previste dalla legge 185/90, in merito al processo di integrazione del mercato europeo degli approvvigionamenti militari, nonché riguardo alle attività condotte nei fori internazionali a fini di controllo delle esportazioni d’armamento, anche in relazione all’evoluzione applicativa dei divieti e vincoli prescritti in materia.
Per quanto attiene alle autorizzazioni per l’esportazione di materiali di armamento, il Ministero degli affari esteri ne ha rilasciate complessivamente 1.183, contro le 1.065 del 2005, così ripartite:
§ 857 per esportazioni definitive (796 nel 2005);
§ 246 per esportazioni temporanee (210 nel 2005);
§ 80 per proroghe di autorizzazioni già rilasciate (59 per il 2005).
Il valore complessivo delle licenze di esportazione definitiva per il 2006 è pari a 2.192,4 milioni di euro, con un aumento del 61,12% rispetto al dato del 2005, pari a 1.360,7 milioni di euro, che aveva invece evidenziato una riduzione del 9,49% rispetto al 2004.
Tra le autorizzazioni definitive spicca quella concessa all’Agusta relativa alla fornitura di 8 elicotteri presidenziali EH101 agli Stati Uniti, per un importo di 282,3 milioni di euro.
Come di consueto la relazione suddivide le autorizzazioni definitive per fasce di importo:
fino a 10 milioni di euro: si è verificata una crescita, rispetto al 2005, sia del numero delle autorizzazioni (825 contro le 764 dell’anno precedente) che del loro valore complessivo (550,1 milioni di euro contro 391,6);
tra 10 e 50 milioni di euro: si può rilevare un sensibile decremento sia del numero di autorizzazioni (20 contro 26) che del loro ammontare totale (523,9 contro 598,1);
oltre i 50 milioni di euro: si è riscontrato un raddoppio del numero di autorizzazioni (da 6 a 12) ed una triplicazione del loro ammontare complessivo (da 371 a 1.184,4 milioni di euro).
La seguente tabella dà conto della ripartizione delle autorizzazioni definitive per aree geografiche, sia in termini quantitativi che di ammontare complessivo, nonché delle variazioni percentuali degli importi autorizzati 2005-2006:
Area geografica |
Autorizzazioni |
Valore in milioni di euro |
Variazione percentuale valore 2005-2006 |
||
2006 |
2005 |
2006 |
2005 |
||
Europa - Membri NATO/UE |
417 |
366 |
1.039,54 |
710,56 |
46,3% |
Europa non NATO/UE |
9 |
17 |
0,48 |
2,16 |
-77,8% |
America Centro-meridionale |
28 |
31 |
56,12 |
12,84 |
337,1% |
America Settentrionale |
112 |
92 |
356,66 |
45,71 |
680,3% |
Africa Centro-meridionale |
8 |
5 |
87,64 |
39,50 |
121,9% |
Africa Settentrionale - Vicino Medio Oriente |
101 |
98 |
442,78 |
207,75 |
113,1% |
Asia |
149 |
161 |
160,17 |
338,99 |
-52,8% |
Oceania |
33 |
26 |
49,02 |
3,18 |
1.441,5% |
Totale |
857 |
796 |
2.192,40 |
1.360,70 |
61,1%
|
Appare confermata la tendenza ad esportare principalmente verso i Paesi appartenenti alla NATO ed alla UE, cui è destinato il 63,68% del valore complessivo delle autorizzazioni definitive. Ai suddetti Paesi è indirizzata la concessione di 529 autorizzazioni (contro le 458 dell’anno precedente) per un valore complessivo di 1.396,2 milioni di euro (contro 756,27 milioni).
Analizzando i dati relativi ai principali paesi destinatari delle esportazioni, con riferimento a quelli destinatari di esportazioni definitive superiori, nel 2006, a 50 milioni di euro, abbiamo il seguente quadro:
Paese |
Autorizzazioni 2006 |
Valore (in milioni di €) |
% sul totale |
USA |
102 |
349,59 |
15,95 |
Emirati Arabi Uniti |
29 |
338,17 |
15,42 |
Polonia |
9 |
227,57 |
10,38 |
Regno Unito |
49 |
159,25 |
7,26 |
Austria |
27 |
152,84 |
6,97 |
Germania |
48 |
113,98 |
5,20 |
Bulgaria |
1 |
91,79 |
4,19 |
Oman |
7 |
78,66 |
3,59 |
Lituania |
6 |
75,66 |
3,45 |
Nigeria |
2 |
74,42 |
3,39 |
Corea del Sud |
7 |
73,58 |
3,36 |
Spagna |
50 |
68,28 |
3,11 |
Per i dodici Paesi sopraindicati (otto dei quali appartengono all’area NATO/UE) sono state concesse autorizzazioni definitive all’esportazione, nel 2006, per un totale di 1.803,79 milioni di euro, pari al 82,27% del totale delle esportazioni italiane nel settore.
La tabella seguente riporta invece le principali aziende esportatrici, prendendo in esame quelle le cui esportazioni definitive ammontano, nel 2006, a più di 20 milioni di euro :
Azienda |
Export 2006 (in milioni di €) |
% sul totale |
AGUSTA |
810,64 |
36,97 |
ALENIA Aeronautica |
311,25 |
14,20 |
OTO MELARA |
283,30 |
12,92 |
AVIO |
127,34 |
5,81 |
LITAL |
123,85 |
5,65 |
SELEX Sistemi Integrati |
81,49 |
3,72 |
ALENIA AERMACCHI |
73,37 |
3,35 |
ALCATEL ALENIA |
71,55 |
3,26 |
IVECO |
49,64 |
2,26 |
GALILEO AVIONICA |
32,08 |
1,46 |
FINCANTIERI Cantieri Navali Italiani |
28,56 |
1,30 |
Whitehead Alenia Sistemi Subacquei (WASS) |
22,86 |
1,04 |
SELEX Communications |
20,46 |
0,93 |
Complessivamente, le tredici aziende indicate hanno esportato armamenti, nel 2006, per 2.036,39 milioni di euro, pari al 92,88% del totale delle esportazioni nazionali del settore. Si segnala inoltre che nove delle aziende sopraindicate (indicate con l’evidenziazione in grigio) appartengono al gruppo Finmeccanica e totalizzano complessivamente 1.707 milioni di euro di autorizzazioni definitive all’esportazione, ovvero il 77,9% del totale.
Per quanto riguarda le autorizzazioni all’importazione, ne sono state rilasciate 387 (contro le 312 del 2005). Le autorizzazioni sono ripartite in 133 a titolo definitivo (contro le 136 del 2005) per un totale di 83,77 milioni di euro, 182 a titolo temporaneo (erano state 120 l’anno precedente) e 72 di proroga (56 l’anno prima). Si segnala una netta prevalenza delle importazioni da Paesi della NATO con 115 autorizzazioni a titolo definitivo.
La relazione non evidenzia infine alcuna concessione di autorizzazione per il transito di armamenti.
Le imprese iscritte al Registro Nazionale delle Imprese e Consorzi di imprese risultano, al 31 dicembre 2006, 187 (erano 177 un anno prima) in conseguenza di 21 nuove iscrizioni e di 11 cancellazioni avvenute durante l’anno.
Conformemente alle disposizioni recate dalla legge 185/90, il Ministero della Difesa provvede al rilascio di alcune autorizzazioni e rende al Ministero degli Affari Esteri pareri tecnici afferenti ai profili politico-militari e di sicurezza connessi alle transazioni di armamenti.
Il Reparto Informazioni e Sicurezza dello Stato Maggiore coordina a tal fine gli apparati amministrativi preposti alla valutazione di elementi quali: l’impatto della fornitura d’armamento sulla capacità operativa delle forze armate del Paese di destinazione, compreso il possibile ritorno tecnologico; la ricaduta che la vendita può avere sugli equilibri geostrategici dell’area interessata dal punto di vista tecnico-militare; l’eventuale sussistenza di trattati che vincolino l’operazione; l’effettiva accessibilità alle informazioni classificate sottese al trasferimento del materiale, mediante verifica dei necessari nulla osta di sicurezza.
Il Ministero emana inoltre un apposito decreto contenente l’elenco dei materiali d’armamento e ne cura il periodico aggiornamento.
Nella Relazione del Ministro degli Affari Esteri si riportano informazioni sull’attività dell’UAMA (Unità per le Autorizzazioni ai Materiali di Armamento) nel corso dell’anno 2006. Tale attività – a seconda dell’oggetto - si è svolta in modo coordinato con le Direzioni Generali del Ministero degli Affari Esteri competenti geograficamente o tematicamente, al fine di:
Sul piano internazionale
e comunitario, nel
Un complesso di attività in corso sul piano europeo
dipendono poi dal coordinamento fra le politiche di controllo degli armamenti e
La legge 185/90 attribuisce al Ministero dell’Economia e delle Finanze la responsabilità di autorizzare, tramite gli istituti di credito, le aziende nazionali allo svolgimento delle transazioni bancarie correlate a transazioni di armamenti, ove già autorizzate dai Ministeri degli Esteri e della Difesa.
Da segnalare che nel 2006 le attività di vigilanza contabile sono state conferite alla Direzione per la Prevenzione dei Reati Finanziari del Dipartimento del Tesoro, che così subentra alla Direzione Affari Internazionali.
La relazione evidenzia che con tale trasferimento di competenza si intende rispondere alle esigenze di controllo che la materia postula nel quadro degli interessi alla sicurezza dello Stato e della lotta al terrorismo, e che meglio possono essere soddisfatte da una struttura dedita alla prevenzione di illeciti valutari e reati di usura e riciclaggio, anche a scopo di terrorismo, come determinati, tra l’altro, dall’evolversi del contesto internazionale.
Riguardo alle autorizzazioni del Ministero dell’economia e delle finanze in ordine alle transazioni bancarie degli Istituti di credito operanti nel territorio italiano in materia di esportazione, importazione e transito di materiali di armamento, si forniscono di seguito i dati di sintesi.
Sono state autorizzate 930 transazioni bancarie, contro le 876 del 2005, per complessivi 1.589,09 milioni di euro (erano 1.205,64), ripartite come segue:
§ 663 relative ad operazioni di esportazione definitiva di materiali di armamento, contro le 645 del 2005, per un ammontare pari a 1.492,6 milioni di euro, a fronte dei 1.125,78 dell’anno precedente;
§ 14 relative ad operazioni di temporanea esportazione, contro le 20 del 2005, per un ammontare pari a 0,8 milioni di euro, a fronte di 1,9 milioni del 2005.
§ 71 relative ad operazioni di importazione definitiva di materiali di armamento, contro le 60 del 2005, per un ammontare pari a 65,58 milioni di euro, a fronte di 55,79 del 2005.
§ 182 relative ad operazioni di importazione temporanee, contro le 151 dell’anno precedente, per un ammontare pari a 30,1 milioni di €, a fronte di 22,17 del 2005.
Si osserva che nel 2006 si è rilevato un incremento del 6,2% circa delle autorizzazioni rilasciate rispetto all’anno precedente, nonché una ancora più sensibile crescita del 31,8% circa del loro valore complessivo.
La stessa relazione del Ministero dell’economia segnala, con riferimento ai programmi intergovernativi, una movimentazione complessiva (introiti/esborsi) pari a 1.068 milioni di euro.
La relazione ricorda che in termini finanziari non esiste una correlazione immediata tra i movimenti rilevati dall’Agenzia delle dogane e le autorizzazioni rilasciate nell’anno. Questo avviene principalmente, come già precisato dalle precedenti relazioni, a causa dello sfasamento temporale che esiste tra la richiesta ad esportare e l’effettiva spedizione del materiale prodotto. Ne consegue che solo gli effettivi movimenti doganali danno la precisa indicazione finanziaria di quanto il nostro Paese ha esportato in materiali di armamento. Si analizzano quindi di seguito i dati relativi ai movimenti rilevati dall’Agenzia delle Dogane.
Nel 2006 si sono registrate: 980 esportazioni definitive, a fronte delle 897 del 2005, per un valore di circa 970,38 milioni di euro, contro gli 830,8 del 2005; 208 esportazioni temporanee (195 nel 2005) pari a 211,44 milioni di euro, contro i 363,7 del 2005. Sono state effettuate, inoltre, operazioni di riesportazione per un valore di 91,5 milioni di euro contro i 79,2 del 2005.
Il valore delle importazioni definitive nel 2006 è stato di 41,8 milioni di euro, contro i 41,1 del 2005, corrispondenti a 86 autorizzazioni, 66 nel 2005, mentre quello delle importazioni temporanee è stato pari a 89,8 milioni di euro, 79,3 nel 2005, corrispondenti a 188 autorizzazioni, 164 nel 2005.
Sono state invece effettuate operazioni di reimportazione per complessivi 183,04 milioni di euro (erano 53,7 milioni nel 2005).
Con riferimento infine ai programmi intergovernativi, vengono evidenziate nella relazione operazioni di esportazioni temporanee per 955,66 milioni di euro (contro i 589,7 del 2005) e operazioni di importazioni definitive per 26,9 milioni di euro (erano 24,6 l’anno precedente).
La gestione dei programmi intergovernativi è effettuata sulla base di due disposizioni della legge n. 185 del 1990: l’art. 1, c. 8, lett. a) e l’art. 1, c. 9, lett.a), alle quali dà esecuzione l’art. 11 del DPCM n. 93 del 2005.
La prima disposizione richiamata prevede che possano essere direttamente le dogane a consentire le importazioni definitive e temporanee di materiali d’armamento effettuate direttamente dall’amministrazione dello Stato o per conto di questa per la realizzazione dei programmi di armamento e di equipaggiamento delle forze armate e di polizia (per queste importazioni non è quindi previsto il rilascio di autorizzazioni ai sensi della legge n.185). La seconda delle predette disposizioni esclude dalla disciplina della legge n. 185 del 1990 le esportazioni temporanee effettuate direttamente o per conto dell’amministrazione dello Stato per la realizzazione di propri programmi di armamento ed equipaggiamento delle forze armate e di polizia.
L’articolo 11 del DPCM cit., sulla base di tali disposizioni, ha costruito un peculiare regime di autorizzazione per le operazioni previste dai programmi di coproduzione governativa. I movimenti temporanei di materiali connessi a tali programmi (e quindi i programmi stessi nel momento in cui vengono definiti dalle parti) non sono infatti soggetti a preventiva autorizzazione ma, come specificato nella relazione, transitano direttamente a dogana. E’ invece previsto il rilascio di un’autorizzazione all’esportazione in occasione della cessione definitiva di tali materiali. Tali programma vengono individuati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri di concerto con i ministeri degli affari esteri, della difesa e delle finanze.
Sulla gestione dei programmi di cooperazione intergovernativa potrebbero peraltro incidere le modifiche apportate alla legge n. 185 del 1990 dalla legge n. 148 del 2003 che ha introdotto la licenza globale di progetto. Il nuovo testo dell’art. 13 prevede, infatti, che l’autorizzazione all’esportazione ed all’importazione, definitive o temporanee, dei materiali d’armamento possa (non si tratta quindi di un obbligo) assumere anche la forma della licenza globale di progetto quando le predette attività siano effettuate nel quadro di programmi congiunti intergovernativi. Ai sensi dell’art. 11, c. 5 bis, la domanda di licenza globale di progetto deve contenere la descrizione del programma congiunto; le imprese dei paesi di destinazione e di provenienza dei materiali (ove già individuate, in caso di identificazione successiva occorre darne comunicazione); l’indicazione dei destinatari: governi, enti pubblici o privati (solo se non si tratta di paesi NATO e UE o in assenza di intese intergovernative).
L’art. 11 della legge n. 148 cit., prevede che, per quanto attiene ai programmi di cooproduzione intergovernativa già avviati ai sensi della legge n.185, in caso di concessione di licenza globale di progetto, debba essere presentato l’elenco dei materiali movimentati. La relazione specifica che nel corso del 2006 non è stata rilasciata alcuna istanza relativa a licenze globali di progetto e pertanto non sono state effettuate operazioni di esportazione o importazione di materiali a questo titolo.
I principali programmi intergovernativi citati dalla relazione sono: il velivolo l’EFA Eurofighter, gli elicotteri EH101 e NH90, i sistemi missilistici FSAF, IRIS-T e PAAMS, le fregate ORIZZONTE, il sommergibile U-212-A.
L’art. 9, c. 4, della legge n. 185 del 1990 prevede un particolare regime di autorizzazione delle trattative contrattuali relative ad operazioni di esportazione, importazione e transito contemplate da “apposite intese governative”. L’art. 10, c. 5, della medesima legge, con riferimento a tali operazioni, dispone che non venga richiesta la documentazione di norma necessaria per ottenere l’autorizzazione all’esportazione, importazione e transito di materiali d’armamento. Il combinato disposto di tali articoli si applica anche a tutte le analoghe operazioni da e verso paesi NATO e UE.
Il nuovo regolamento di esecuzione della legge n. 185 del 1990, il DPCM n. 93 del 2005, all’art. 5, c. 2, 3 e 4, definisce “apposite intese governative” ai sensi dell’art. 9, c. 4, cit. “quelle in cui è esplicitamente contemplata la possibilità che fra i due paesi possano avvenire operazioni di interscambio di materiali di armamento” (c. 2). Le apposite intese devono: prevedere che le operazioni di interscambio avvengano tra Stato e Stato oppure società private autorizzate dai rispettivi Governi; prevedere che i rispettivi governi si impegnino a non riesportare il materiale acquisito a paesi terzi senza il preventivo benestare del paese cedente; fare esplicito riferimento alle categorie di armamento previste dall’art. 2, c.2, eventualmente integrate ai sensi dell’art. 2, c.3, della legge n. 185 (c.3). Viene infine precisato che “rientrano in questo tipo di intese quei “Memorandum of understanding” stipulati dal Ministero della difesa che contengono le suddette clausole”.
Già a partire dall’adozione del precedente regolamento di esecuzione (DPCM n. 448/1999), taluni Memorandum di cooperazione nel settore della difesa conclusi dall’Italia con paesi non appartenenti alla NATO o all’Unione europea, hanno disciplinato in uno specifico articolo lo scambio di armamenti in conformità a quanto previsto dall’art. 5 del nuovo regolamento di esecuzione.
Nei numerosi Memorandum stipulati negli anni precedenti al 1999 non figura invece alcuna disposizione volta ad agevolare lo scambio di armamenti nei termini anzidetti.
Sulla base del predetto regolamento di esecuzione, le “apposite intese intergovernative” di cui all’art. 9, c. 4, della legge n. 185, hanno assunto la natura di accordi internazionali bilaterali che prevedono, in termini generali, la possibilità di procedere allo scambio di armamenti. Le intese non hanno infatti ad oggetto le operazioni di interscambio, che non sono né conosciute né conoscibili, ma l’astratta idoneità di un determinato paese ad usufruire di un regime semplificato di interscambio in materia di armamenti. Una volta intervenuta tale “intesa quadro”, le singole operazioni di interscambio potranno intervenire tra Stato e Stato (ed allora si avranno “specifiche intese governative”) ma anche tra società private autorizzate dai rispettivi governi (ed allora si avranno “specifiche intese tra soggetti privati”). A riguardo si segnala come l’art. 1, comma 4, della legge n. 185 consenta in via generale operazioni di esportazione e transito solo se effettuate con governi esteri o con imprese autorizzate dal governo del paese destinatario.
In base all’articolo 5 della legge 185/90, la Relazione del Ministero dello Sviluppo Economico si caratterizza per i commenti sui profili di politica industriale connessi alle operazioni di importazione, esportazione e transito dei materiali di armamento. Si tralascia pertanto di esaminare parti del documento che vertono su argomenti già affrontati in altre sezioni del presente dossier.
Citando i dati forniti dallo Stockolm International Peace Research Institute (SIPRI),la Direzione Generale per lo sviluppo produttivo e la competitività del Dicastero quantifica in 1100 miliardi di dollari la spesa mondiale complessiva per la difesa nell’anno 2005, con un incremento del 34 per cento imputabile principalmente al trend di crescita del budget statunitense, la cui offerta industriale di prodotti militari assorbe il 40 per cento del totale. Da segnalare inoltre che il 60 per cento del valore delle forniture europee è rappresentato da Regno Unito e Francia.
Nell’analisi richiamata si conferma dunque il ruolo di leadership che gli USA detengono nel comparto, ma si ricordano anche il ruolo crescente della Russia e della Cina, nonché l’aumentato peso dell’Europa, che si colloca nel quinquennio 2001-2005 al terzo posto per volume di esportazioni dopo Stati Uniti e Russia. La quota italiana su scala mondiale viene stimata tra l’1 ed il 2 per cento.
Nel mercato globale delle esportazioni militari pesano ancora, soprattutto nelle relazioni transatlantiche, le restrizioni che gli USA impongono all’accesso alle informazioni ed ai trasferimenti tecnologici connessi ai programmi di cooperazione.
Focalizzando l’attenzione sulle industrie europee operanti nel settore della difesa, la Relazione sottolinea poi il dato delle esportazioni, che, con un controvalore di 17 miliardi di euro, da sole raggiungono il 35 per cento del fatturato militare europeo (52 mld €). Nell’ambito dell’export viene altresì evidenziato il sempre maggiore rilievo assunto dai programmi di cooperazione militare tra Paesi europei, considerati il vero volano di innovazione tecnologica e sostanzialmente l’unico fattore unificante della costruenda Europa della Difesa.
La progressiva riduzione dei bilanci della difesa destinati all’approvvigionamento e manutenzione dei mezzi militari, e gli ingenti oneri economici richiesti per finanziare programmi di nuova tecnologia spingono, secondo gli analisti del SIPRI, alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato. Oltre ai Paesi tradizionali esportatori, in precedenza citati, si richiamano i forti progressi compiuti dalla Germania e dalla Svezia nell’export militare.
Per quanto concerne l’industria della difesa italiana, pur ribadendone la marginalità della quota sul mercato mondiale la Relazione ne segnala il rafforzamento dell’offerta, soprattutto grazie alla forte vocazione internazionale di Finmeccanica. Si tratta peraltro di una offerta industriale definita “frammentata”, e condizionata da una certa rigidità nella quota parte degli stanziamenti per la funzione difesa destinabili all’investimento tecnologico, che segna il vero gap rispetto ai corrispondenti modelli industriali di partners come Francia, Gran Bretagna e Germania. Dai dati SIPRI richiamati dalla relazione l’Italia risulta comunque, nel 2005, il sesto esportatore mondiale di materiali per la difesa.
Viene dunque delineata una strategia industriale che, ferme restando le tradizionali cooperazioni militari con Regno Unito e Stati Uniti d’America, sappia consolidare la propria proiezione verso Paesi che hanno mostrato interesse per i prodotti nazionali, come Grecia, Turchia, Libia, Emirati Arabi, Malesia, India, ma anche Giappone e Corea del Sud.
Tale strategia deve realisticamente concentrarsi sulle nicchie di eccellenza produttiva riconosciute dal mercato, come sistemi e componentistica ad elevato contenuto tecnologico, cui non può mancare, secondo lo scrivente Ministero, la continuità dei flussi di finanziamento.
La relazione del Ministero dello sviluppo economico svolge inoltre un’analisi merceologica settoriale delle operazioni autorizzate, di cui si riporta una sintesi nella seguente tabella:
settore |
milioni di euro |
Principali esportazioni |
elicotteristico |
810 |
20 elicotteri di vario tipo e dall’attività di cooperazione europea relativa all’NH90 |
aeronautico |
400 |
velivoli da trasporto C27J |
sistemi terrestri |
300 |
torrette per veicoli blindati, artiglierie semoventi, autocarri |
elettronica |
180 |
157 milioni relativi a società del gruppo Finmeccanica |
sistemi navali |
90 |
artiglierie navali da 76/62; fregata classe Lupo alla Marina del Perù |
Motoristica |
77 |
riferiti a produzioni del gruppo Avio |
spazio |
72 |
satellite Kompsat 5 |
Munizionamento |
50 |
materiali vari |
Sistemi subacquei |
23 |
siluri leggeri A244 e sistemi contromisure Circe |
Per materiali a duplice uso si intendono quei prodotti che, pur essendo progettati e fabbricati per un impiego civile, possono comunque essere utilizzati nella realizzazione di armi nucleari, chimiche e biologiche.
In ordine a tali beni il Ministero del Commercio Internazionale è titolare delle funzioni di controllo delle relative esportazioni, attraverso lo scambio di informazioni con altri Paesi e la progressiva armonizzazione delle procedure amministrative, ancora una volta al fine di conciliare le esigenze di sicurezza con la tutela degli interessi industriali.
Resta al riguardo immutato il quadro normativo di riferimento, costituito dal Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 96, attuativo della Direttiva comunitaria n. 1334 che nel 2000 aveva istituito un regime comunitario di controllo dell’export dei prodotti a duplice uso.
Tale normativa comunitaria è stata peraltro costantemente aggiornata, anche nel corso del 2006, mediante l’inserimento di delibere sopravvenute nei consessi internazionali competenti in materia di controllo, la cui attività è peraltro sempre più orientata alla verifica dell’affidabilità dei destinatari finali piuttosto che alla compilazione di liste di beni in continua evoluzione tecnica e normativa.
Particolare attenzione è stata dedicata alle esportazioni dei materiali in argomento attraverso mezzi telematici ed informatici, compreso il web, nonché alla clausola catch all, che richiede l’autorizzazione all’export anche per beni non inclusi negli elenchi ufficiali ma suscettibili di contribuire potenzialmente alla proliferazione di armi di distruzione di massa.
La Relazione segnala altresì la scrupolosa attuazione della cd. clausola no-undercut, che prevede consultazioni in merito a richieste di autorizzazione precedentemente negate da altri Paesi, nonché l’intensa attività comunitaria condotta sia nei confronti dei Paesi entrati nell’UE il 1° maggio 2004, sia nei confronti di Bulgaria e Romania che, pur entrate nell’Unione lo scorso 1° gennaio, non prendono ancora parte ad alcuni organismi internazionali preposti ai controlli. L’Italia segue in particolare l’attivazione degli strumenti di controllo da parte della Slovenia in quanto frontiera europea verso l’Oriente, e concorre ai lavori propedeutici alla stesura del nuovo Regolamento comunitario sul dual use.
La Direzione Generale per la Politica Commerciale del Dicastero ha partecipato, nel corso del 2006, alle riunioni periodiche previste nell’ambito dei Gruppi di lavoro istituiti nell’ambito dei fori internazionali dediti al controllo sui beni duali, con particolare riferimento alle verifiche documentali eseguite nei confronti delle aziende produttrici ed esportatrici.
Per quanto attiene al controllo sulla circolazione dei materiali a duplice uso, la relazione del Ministero del commercio internazionale fornisce i seguenti dati, relativi alle differenti tipologie autorizzatorie:
§ autorizzazione generale comunitaria (a carattere permanente). Provvedimento individuale per prodotti e destinazioni previste dall’Allegato II del Regolamento CE1334/00 che trova uguale applicazione in tutti i Paesi UE: 66 (11 in più rispetto a quelle in vigore fino all’anno precedente);
§ autorizzazione generale nazionale (a carattere permanente). Provvedimento individuale per specifici prodotti e determinate destinazioni, disciplinato in ambito nazionale con decreto ministeriale: 23 (se ne sono aggiunte 9 alle 14 già rilasciate fino al 2005);
§ autorizzazione globale. Provvedimento individuale riguardante più prodotti e più destinazioni, concesso ad esportatori abituali per una durata massima di tre anni: 14 (31 nel 2005);
§ autorizzazione specifica. Provvedimento individuale concesso per uno specifico prodotto o categorie di prodotti e per un determinato destinatario/utilizzatore finale: 313 (250 l’anno precedente).
Il valore complessivo delle sole autorizzazioni specifiche ammonta a 299,1 milioni di euro (contro i 216,64 milioni di euro del 2005).
I dinieghi di autorizzazione emessi dall’Italia nel 2006 ammontano a 12 (sono stati 9 nel 2005), così ripartiti:
§ prodotti nucleari: 7 (5 nel 2005)
§ prodotti missilistici: 4 (3 nel 2005)
§ prodotti chimici: 1 (1 nel 2005).
§
CAMERA DEI DEPUTATI -
XIV LEGISLATURA |
Martedì 10 maggio 2005. - Presidenza del vicepresidente della III Commissione, Dario RIVOLTA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa, Salvatore Cicu
La seduta comincia alle 11.10
Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia, relativa all'anno 2004.
Doc. LXVII, n. 4
(Esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento e rinvio).
Le Commissioni iniziato l'esame del documento in titolo.
Giuseppe COSSIGA (FI), relatore per la IV Commissione, ricorda che, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge n. 185 del 1990, il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce al Parlamento con propria relazione entro il 31 marzo di ciascun anno in ordine alle operazioni autorizzate e svolte entro il 31 dicembre dell'anno precedente.
Sottolinea come la stesura della relazione rientri pienamente nell'ambito attribuzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, posto che tutte le altre relazioni ministeriali - come ad esempio quelle del Ministro degli affari esteri, della difesa e dell'interno - rappresentano degli semplici atti istruttori che, secondo quanto disposto dall'articolo 5, comma 2, della legge citata, devono essere allegati alla predetta relazione.
Si tratta, a suo avviso, di una relazione di estrema importanza che, tuttavia, in sede parlamentare, non ha ricevuto l'attenzione che avrebbe invece meritato, come dimostra il fatto che dall'entrata in vigore della legge n. 185 del 1990, non è mai stata oggetto di esame in sede parlamentare. Appare quindi opportuno, in occasione del primo esame della relazione, avviare una riflessione sulle finalità della relazione stessa, quali si evincono dall'analisi della legge n. 185 del 1990 e dal contesto storico, in cui quest'ultima è maturata.
La finalità della legge n. 185 del 1990, come risulta dall'articolo 1, comma 2, della legge medesima, è quella di assoggettare l'esportazione, l'importazione e il transito dei materiali di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione, ad autorizzazioni e controlli da parte dello Stato. Si tratta di una finalità che si ricollega direttamente alla rilevanza strategica del commercio delle armi, che è riconosciuta dall'articolo 1, comma 1, primo periodo, della legge in esame, che ne prescrive la necessaria conformità alla politica estera e di difesa dell'Italia.
A suo avviso, per altro, tale impostazione non si concilia perfettamente con quanto disposto dalla medesima legge all'articolo 1, comma 3, che, prevedendo che «Il Governo predispone misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa» si pone nella prospettiva della progressiva dismissione dell'industria bellica, ossia in una prospettiva che era apparsa concretamente realizzabile all'epoca dell'approvazione della legge stessa, con la fine della guerra fredda. Tale disposizione, del resto, non è mai stata concretamente attuata da parte dei Governi che si sono succeduti alla guida del Paese dal 1990 fino ad oggi.
Ciò premesso, la relazione, pertanto, dovrebbe consentire innanzitutto, conformemente alle finalità perseguite dalla legge n. 185 del 1990, di ricostruire come le operazioni di importazione esportazione e transito dei materiali di armamento realizzate nel corso del 2004 si collochino nell'ambito della politica estera del nostro Paese.
Tuttavia, la relazione non consente di compiere tale ricostruzione, in quanto pur fornendo numerose informazioni di dettaglio sui soggetti contraenti e sul valore delle transazioni effettuate, non consente il più delle volte di comprendere l'oggetto delle transazioni medesime né permette di effettuare una valutazione sulla strategia di politica estera che ha ispirato le operazioni verso i diversi Paesi, soprattutto quelli non appartenenti alla NATO e all'Unione Europea.
Per quanto riguarda le esportazioni, ad esempio, la relazione segnala che circa il 70 per cento dell'export è rivolto verso i Paesi NATO e che circa il 40 per cento delle vendite all'estero è diretto verso paesi dell'Unione Europea, compresi quelli non appartenenti alla NATO. Si tratta di dati cha risultano di scarso significato, in quanto, da un lato, riferendosi a Paesi alleati non suscitano particolari interrogativi e, dall'altro lato, non possono essere considerati esplicativi delle tendenze del mercato, visto il periodo non sufficientemente ampio, preso in considerazione dalla relazione.
Le importazioni, invece, hanno lo scopo di soddisfare le esigenze della difesa nazionale e, come risulta dai dati forniti dalla relazione, derivano quasi esclusivamente da Paesi alleati.
La relazione, invece, si sofferma diffusamente sui molteplici controlli svolti dai diversi ministeri, che sono analiticamente indicati nelle singole relazioni ministeriali allegate alla relazione stessa.
Per quanto riguarda il ministero della difesa ricorda che tale dicastero interviene preminentemente per il rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 9, comma 4, e all'articolo 2 comma 6, e per fornire al Ministero degli Affari Esteri il necessario parere sulle restanti tipologie di operazioni, tenendo in considerazione le valutazioni di carattere tecnico-operativo, politico-militare e di sicurezza. In particolare, sono condotti, dai competenti enti del Ministero, coordinati dallo Stato Maggiore della Difesa - RIS, i seguenti principali ordini di valutazione per ciascuna progettata operazione:
aumento delle capacità/efficienza operativa delle Forze Armate del Paese importatore;
conseguenze che il nuovo materiale può apportare negli equilibri dell'area strategica interessata dal punto di vista tecnico-militare, soprattutto in relazione all'eventuale cessione di tecnologia;
eventuali elementi, caratteristiche, peculiarità del materiale che si ritiene siano da tutelare;
il vantaggio che può derivare dalla conoscenza delle caratteristiche del materiale in possesso del Paese interessato;
l'impatto che la transazione può avere nei confronti degli eventuali analoghi approvvigionamenti nazionali;
controllo che il materiale oggetto della trattativa sia esattamente identificato e trovi puntuale riscontro sulla lista dei materiali che le società sono tenute a depositare presso l'URNI (Ufficio del Registro Nazionale delle Imprese);
valutazione dei livelli e dei contenuti tecnologici in relazione alle limitazioni ed ai vincoli posti dai regimi di controllo sulle esportazioni previsti da intese internazionali cui l'Italia aderisce (Wassenaar Arrangement, MTCR, NSG, Australia Group);
eventuale esistenza di accordi internazionali che possono vincolare l'esportazione;
eventuale esistenza di royalties a favore dell'Amministrazione Difesa.
Per quanto riguarda il Ministero delle attività produttive, segnala l'attività svolta dal citato dicastero in merito alle esportazioni dei beni a duplice uso, cioè di tutti quei prodotti, che pur essendo progettati e fabbricati per un utilizzo civile, hanno possibilità di impiego nella costruzione di armi nucleari, chimiche, biologiche o missilistiche. Il citato Mistero svolge un'attività di controllo affinché tali beni non vengano utilizzati in modo difforme da quello previsto.
Segnala inoltre alcuni aspetti che emergono dalla parte conclusiva della relazione che richiederebbero maggiori informazioni da parte del Governo. Si tratta, in particolare, della mancata effettuazione delle operazioni di esportazione e di importazione di materiali autorizzati con licenza globale di progetto e della posizione cosiddetta «di cautela» assunta dal Governo verso i Paesi in stato di tensione.
Considera altresì eccessiva l'enfasi con la quale la relazione dà conto dell'ammontare complessivo delle operazioni finanziate dagli istituti di credito. Infatti, in mancanza di ulteriori informazioni sull'oggetto delle operazioni finanziate, si forniscono dati che risultano non solo fuorvianti, ma suscettibili di alimentare campagne di informazione del tutto prive di fondamento, come nel caso della campagna banche armate.
Infine, sottolinea alcune linee programmatiche che il Governo intende attuare nel 2005, al fine di esercitare un efficace movimentazione dei materiali di armamento e di agevolare la presenza dell'industria nazionale sul mercato internazionale.
In particolare, in ambito nazionale si tenderà:
a definire nei dettagli, con provvedimenti ministeriali, le procedure amministrative previste dal nuovo regolamento di esecuzione;
a continuare i lavori in applicazione della direttiva governativa sul coordinamento interministeriale per l'assistenza alle operazioni commerciali di maggiore rilevanza per il paese;
a proseguire i lavori per l'attuazione del sistema informativo volto a migliorare le attività di coordinamento interministeriale e di controllo delle operazioni relative all'esportazioni, importazioni e transito dei materiali d'armamento;
ad elaborare uno studio per un progetto governativo di riscrittura della legge 185 del 1990 alla luce dei vari provvedimenti legislativi che ad essa più o meno direttamente afferiscono ed all'ambiente normativo europeo in cui comunque deve operare.
In ambito europeo si cercherà:
di partecipare alle iniziative europee per uniformare le regole in materia di produzione e controllo delle esportazioni dei materiali d'armamento e dei prodotti ad alta tecnologia;
di favorire l'integrazione industriale europea al fine di evitare l'ampliamento del divario tecnologico con gli Stati Uniti, salvaguardando nel contempo le nicchie di eccellenza della nostra industria.
In ambito internazionale, si tenderà, infine:
ad agevolare i rapporti di interscambio con i paesi alleati o che comunque rientrino in apposite intese intergovernative;
a partecipare ad iniziative tendenti a stabilire con i paesi alleati, in particolare con gli Stati Uniti d'America, accordi in materia di trasferimento di materiali d'armamento e di alta tecnologia;
a partecipare attivamente ai fori internazionali che trattano argomenti relativi al controllo degli armamenti, dalla loro classificazione, alla costruzione ed infine destinazione.
In conclusione, ritiene che le informazioni, principali che la relazione dovrebbe fornire in ordine al collegamento delle diverse operazioni con la strategia di politica estera del nostro Paese siano assenti, mentre altre informazioni - secondarie rispetto alle prime - relative ai controlli svolti dai vari dicasteri sulle diverse operazioni, invece, risultino sovrabbondanti.
Dario RIVOLTA, presidente e relatore per la III Commissione, si riserva di svolgere la propria relazione nel prosieguo dei lavori delle Commissioni e rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 11.35.
CAMERA DEI DEPUTATI -
XIV LEGISLATURA
Resoconto delle Commissioni riunite
III (Affari esteri e
comunitari) e IV (Difesa)
RELAZIONI AL PARLAMENTO
Giovedì 16 giugno 2005. - Presidenza del presidente della IV Commissione, Luigi RAMPONI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la Difesa, Salvatore Cicu.
La seduta comincia alle 8.55.
Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia, relativa all'anno 2004.
Doc. LXVII, n. 4.
(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento e rinvio).
Dario RIVOLTA (FI), relatore per la III Commissione, illustra i contenuti della relazione in titolo, osservando preliminarmente che l'attività del Governo per l'anno 2004 è stata in linea con il «Codice di condotta europeo», approvato nel giugno 1998 e più volte modificato dal Consiglio, che nel 2003 ha reso noto l'elenco comune delle attrezzature militari in materia di esportazioni in ambito comunitario (l'elenco identifica tutti i materiali cui applicare, per l'esportazione, i criteri stabiliti dal codice).
Osserva che dalla relazione governativa si evince che la maggior parte delle autorizzazioni all'esportazione - circa il 70 per cento - è stata indirizzata verso i Paesi membri della NATO e dell'Unione europea, a fronte di una percentuale dell'88 per cento sulle autorizzazioni all'importazione definitiva, quasi esclusivamente provenienti dai Paesi NATO.
La relazione fornisce le specifiche delle quantità e dei Paesi a cui l'Italia si è affidata, tra cui la Germania e gli USA risultano essere i fornitori principali.
Per quanto riguarda le autorizzazioni alle esportazioni di materiale di armamento e di prodotti ad alta tecnologia ai Paesi esterni all'Alleanza atlantica e all'Unione europea, il Governo ha mantenuto una posizione di cautela.
Le linee guida per le politiche di autorizzazione all'esportazione in questo settore sono espresse dall'articolo 1 della legge n. 185 del 1990, così come modificato dalla legge n. 148 del 2003. La normativa esclude la possibilità di esportazioni di questi materiali nei Paesi con politiche in contrasto con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato; la lotta contro il terrorismo; il mantenimento delle buone relazioni con altri Paesi. Viene inoltre specificato che tale esclusione deve essere mantenuta in mancanza di adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali. Pertanto nei confronti di questi Paesi non è stata concessa alcuna autorizzazione all'esportazione.
Sottolinea che - nonostante vi sia stato un incremento di circa il 16 per cento delle autorizzazioni all'esportazione rispetto l'anno 2003 - le esportazioni effettive sono diminuite di circa il 24 per cento, seguendo l'andamento al ribasso che ha caratterizzato la concessione delle licenze all'esportazione sino all'anno 2002. L'inversione di tendenza per le esportazioni effettive potrà riscontrarsi solo negli anni a venire con l'effettiva concretizzazione di tutti i potenziali contratti.
Nel 2004 non sono state effettuate operazioni di esportazione e di importazione con «licenza globale di progetto» la quale, a seguito degli Accordi di Farnborough del 2000 ratificati dall'Italia nel 2003, concede alle aziende degli Stati firmatari di sostituire le singole autorizzazioni di ogni specifico pezzo o componente con un'unica autorizzazione globale.
La relazione del Ministero dell'Economia e delle finanze specifica nel campo delle esportazioni temporanee tutti i campi, i materiali e i Paesi, peraltro esclusivamente appartenenti all'Unione europea e alla NATO, verso i quali le industrie italiane si sono rivolte per realizzare programmi di coproduzione intergovernativa.
Fa poi presente che la direzione verso cui il Governo ha rivolto le proprie scelte nell'anno 2004 è in linea con le indicazioni che il Consiglio europeo ha espresso nel luglio dello stesso anno, riconoscendo la necessità di sviluppare i mezzi e le capacità di cui dispone l'Unione europea per condurre operazioni in ambito militare più impegnative. A tal fine è stato definito un «Piano d'azione europeo sulle capacità» (ECAP European Capabilities Action Plan) per potenziare lo sviluppo di gestione delle crisi.
Dalla relazione della Presidenza del Consiglio è possibile evincere che l'inversione di tendenza che ha caratterizzato l'anno 2004 rivela un'importante cambio nella struttura delle autorizzazioni alle esportazioni, che sino all'anno precedente vedeva la prevalenza di materiali per la logistica e i ricambi: nel 2004 le autorizzazioni si sono indirizzate verso prodotti d'ammodernamento. Questa differenziazione denota l'affermazione della competitività dell'industria italiana in questo settore, che può annoverare una rinnovata gamma di sistemi avanzati.
Tra le iniziative che sono state sviluppate nel 2004, tre riguardano il gruppo Finmeccanica e possono definirsi cruciali per il futuro dell'industria italiana dell'aerospazio e della difesa. Esse sono: l'accordo con Bae Systems nel settore dell'elettronica e della difesa, che consentirà a Finmecccanica di diventare il sesto gruppo al mondo ed il secondo in Europa in questo settore; la costituzione di due joint ventures nel settore spaziale tra Alcatel e Finmeccanica, nel manifatturiero e nei servizi, che ha determinato la creazione del primo gruppo spaziale in Europa e del terzo al mondo; l'assegnazione per la fornitura dell'elicottero utilizzato dal Presidente degli Stati Uniti, che rafforzerà la strategia di penetrazione della società elicotteristica Agusta Westland nel mercato statunitense.
Le premesse tecnologiche e politiche per incrementare la qualità, la competitività e le quote di mercato nel campo della difesa sono state create ed avviate. Il consolidamento nel prossimo decennio è indispensabile per consentire all'industria italiana di entrare con posizioni solide nei grandi progetti innovativi che caratterizzano l'offerta futura, consentendo all'economia italiana di beneficiare di un'importante sbocco in questo settore.
Ad integrazione di quanto detto, aggiunge che dopo la fine della guerra fredda l'evoluzione degli eventi in ambito internazionale ha costretto tutti i Paesi a rivedere le politiche di graduale riduzione degli armamenti. Dagli eventi seguiti all'11 settembre 2001, si è arrivati all'Azione comune 2004/551/PESC del 12 luglio 2004, che istituisce l'Agenzia europea per la difesa, una struttura intergovernativa aperta a tutti i membri dell'Unione europea, preposta alla cooperazione nel campo della capacità militare, della tecnologia ed industria della difesa e alla promozione e allo sviluppo di progetti congiunti nel quadro della PESD.
Con il summit di Helsinki nel 1999, i leaders europei hanno preso una decisione irrevocabile in tema di sviluppo della politica comune europea nel campo della sicurezza e difesa: attribuire all'Unione europea un forte ruolo di attore nel sistema internazionale, dotandola di una forza militare credibile. Due eventi hanno condotto a questa decisione. Il primo ha origine nel 1997 con il cambio della guardia tra conservatori e laburisti al governo del Regno Unito: il premier Tony Blair ha sciolto il veto dei precedenti governi conservatori in materia di politica estera e di sicurezza europea e la Gran Bretagna, senza attenuare la tradizionale posizione di allineamento con gli Stati Uniti, ha così aperto una finestra sul futuro della difesa europea.
Il secondo evento risolutivo coincide con l'operazione «Allied forced» nel periodo marzo-giugno 1999: in occasione del conflitto in Kosovo gli Stati europei hanno potuto verificare l'enorme gap tecnologico esistente in ambito militare tra Europa e Stati Uniti.
Alla luce di queste considerazioni, non è possibile quindi un'interpretazione restrittiva della normativa nazionale, che invece deve adeguarsi delle successive decisioni e direttive comunitarie. I grafici annuali, ma soprattutto il grafico sulle autorizzazioni all'esportazione e sulle esportazioni effettive, comprendono un periodo temporale dal 1997 al 2004 che consente di identificare con precisione le «tendenze» delle autorizzazioni rivolte al mercato, tendenze che nell'ultimo anno sono in rialzo.
La mancata effettuazione delle esportazioni con licenza globale di progetto è dovuta unicamente alla mancanza, fino a poco tempo fa, del nuovo regolamento di esecuzione della legge n. 185 del 1990, pubblicato il 3 giugno scorso con un ritardo di due anni rispetto alla legge n. 148 del 2003 (decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 2005, n. 93). In assenza di questo regolamento infatti nessuna azienda poteva domandare una licenza globale di progetto.
Fa presente poi che, a seguito dell'abolizione del CISD (Comitato interministeriale scambi difesa) per ottemperare alla politica di riduzione degli organismi interministeriali, è rimasto solo uno strumento di controllo e gestione delle procedure, il registro delle imprese, che necessita comunque del parere del Ministero degli Interni e del Ministero della Difesa. Per decidere il rilascio delle autorizzazioni ci si basa solo sulle indicazioni della legge-quadro e della legge che la modifica, senza un vero e proprio ambito di discussione politica sulle strategie da prendere, come succedeva ai tempi del CISD.
La legge n. 185 del 1990 consente di non inserire nelle autorizzazioni all'esportazione tutti i programmi delle Forze armate italiane (in ambito NATO), come ad esempio il progetto Eurofighter. I dati relativi all'esportazione di componenti di produzione nazionale non vengono quindi citati tra i dati relativi all'esportazione effettiva, in quanto sono parte di programma internazionale.
Osserva che il Ministro della Difesa pubblica una nota aggiuntiva allo stato di previsione per la difesa (indicando il quadro politico militare di riferimento, gli obiettivi generali del dicastero, gli indirizzi programmatici ed il progetto di bilancio per la difesa nazionale), che non è prevista per legge, ma è divenuta una prassi che arricchisce e agevola la comprensione del lavoro svolto dal Ministro. Riterrebbe utile che la Presidenza del Consiglio redigesse una nota analoga, che serva ad interpretare ed esplicitare gli schemi delle politiche del Governo sulla materia, sintetizzando l'enorme mole di dati numerici.
Sottolinea inoltre che la delicatezza, sotto il profilo politico-diplomatico, delle questioni affrontate giustificherebbe in alcuni casi la scelta della riservatezza nei lavori delle Commissioni parlamentari competenti, in modo da consentire un'adeguata attività conoscitiva e di dibattito sulla politica degli armamenti.
In merito ai tempi di autorizzazione e ai tempi di iscrizione al Registro, fa presente che non esistono dati ufficiali, ma che la percentuale delle richieste di iscrizione giunte a buon fine è del 100 per cento. Attualmente al registro sono iscritte 177 imprese (di cui 6 con riserva, per consegna di ulteriore documentazione). La commissione che esamina le domande è presieduta da un magistrato consigliere di Stato e da funzionari dei Ministeri (Esteri, Attività produttive, Difesa e Interni).
La divergenza tra le autorizzazioni all'esportazione e le esportazioni effettive è anche da imputare all'obbligo, per le aziende italiane che intendono partecipare ad una gara di appalto, di chiedere una autorizzazione preventiva, con la quale sarà possibile partecipare alla gara d'appalto extra-nazionale. Molte gare di appalto non giungono a buon fine e anche questo giustifica la divergenza tra le due componenti in oggetto. La tendenza dei dati denota una positiva reattività da parte delle aziende italiane che partecipano a molte più gare che in passato, ma anche un'evidente mancanza di riscontri positivi, in un quadro di forte competitività nel settore degli armamenti.
Ciò è imputabile principalmente a due fattori: l'aumentata concorrenza sul mercato internazionale fra le aziende produttrici di armi e il lungo tempo che intercorre fra la manifestazione di interesse a presentare offerte da parte delle nostre aziende, che si traduce in una richiesta di autorizzazione, e l'ottenimento della stessa. Precisa anche che non è stato possibile confrontare il periodo di tempo medio che trascorre tra una richiesta di autorizzazione e la concessione della stessa, per la mancanza di dati in merito.
Il sottosegretario Salvatore CICU si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito sulla relazione in oggetto.
Valdo SPINI (DS-U) propone di rinviare il seguito dell'esame della relazione in titolo, per consentire opportune valutazioni sugli spunti di riflessione evidenziati nelle relazioni svolte, nonché sui contenuti del nuovo regolamento di attuazione della legge n. 185 del 1990.
Silvana PISA (DS-U) ritiene importante ascoltare le valutazioni del rappresentante del Governo in merito agli spunti critici sollevati dalle relazioni svolte.
Luigi RAMPONI, presidente, considerata l'assenza del relatore per la IV Commissione, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, e le richieste di aggiornamento dei lavori delle Commissioni, rinvia ad altra seduta il seguito dell'esame della relazione in titolo.
La seduta termina alle 9.25.
CAMERA DEI DEPUTATI -
XIV LEGISLATURA
Resoconto delle Commissioni riunite
III (Affari esteri e
comunitari) e IV (Difesa)
RELAZIONI AL PARLAMENTO
Giovedì 23 giugno 2005. - Presidenza del vicepresidente della III Commissione, Dario RIVOLTA, indi del vicepresidente della IV Commissione, Roberto LAVAGNINI. - Interviene il sottosegretario di Stato alla difesa, Filippo Berselli.
La seduta comincia alle 9.30.
Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia, relativa all'anno 2004.
Doc. LXVII, n. 4.
(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento e rinvio).
Il sottosegretario Filippo BERSELLI, intervenendo in risposta agli interrogativi e alle perplessità sollevate dai relatori, partendo dalle osservazioni svolte dal deputato Cossiga, chiarisce che le forniture a Paesi terzi di materiali di armamento rispondono precisamente ai principi ed alle priorità della politica estera italiana.
È evidente a tale proposito che la cooperazione - non solo «commerciale» ma anche progettuale ed industriale (programmi di coproduzione) - con i Paesi amici ed alleati e nell'ambito dell'Unione europea, riveste un ruolo primario e determinante, poiché risponde a precisi reciproci interessi di economicità, sicurezza degli approvvigionamenti e possibilità di espansione congiunta su mercati terzi.
La relazione in oggetto specifica per ogni operazione l'ammontare della somma e l'oggetto della transazione (si vedano in proposito le tabelle A, B, C, D relative alle autorizzazioni di esportazione e di importazione).
Precisa poi che non è stata effettuata ancora alcuna operazione con licenza globale di progetto, poiché il regolamento di attuazione della legge n. 148 del 2003 (di autorizzazione alla ratifica dell'accordo di Farnborough) è stato emanato solo lo scorso 14 gennaio. Il ritardo è dovuto ad alcune osservazioni formulate dal Consiglio di Stato.
Per quanto concerne i Paesi extra-Nato ed extra-Unione europea, l'Italia si ispira, oltre che al dettato della legge n. 185 del 1990, anche ai condivisi criteri selettivi che discendono dal «Codice europeo di condotta», che tra i destinatari di forniture militari privilegia quei Paesi che non siano in stato di tensione interna o esterna, in situazioni conflittuali ovvero che siano stati riconosciuti colpevoli di sostanziali violazioni dei diritti umani; alle prescrizioni dell'«Intesa di Wassenar» (e, nel settore di competenza, del Regime di Controllo delle Tecnologie Missilistiche-MTCR), che sono concordate in sede multilaterale e sono finalizzate al contrasto e contenimento dell'accumulo destabilizzante - in aree o Paesi a rischio - di materiali d'armamento.
La costante vigilanza contabile sulle transazioni bancarie segnalate dagli istituti di credito a fronte di ogni singola operazione autorizzata ha costituito argomento di vivace dibattito durante i lavori di approvazione della legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo di Farnborough, che, come già detto, ha modificato la legge n. 185 del 1990. Nell'occasione fu deciso di mantenere uno stretto controllo su tutte le transazioni relative all'importazione ed esportazione degli armamenti effettuate dagli istituti di credito.
Per rispondere poi alle osservazioni del relatore Rivolta, specifica che il CISD (Comitato Interministeriale Scambi Difesa), previsto dall'articolo 6 della legge n. 185 del 1990, è stato abolito dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537 e le competenze sono state assegnate al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), che poi ha trasferito interamente le funzioni in merito al Ministero degli Affari esteri, con la previsione di attuarle d'intesa con i Ministeri della Difesa e delle Attività produttive e con il coordinamento della Presidenza del Consiglio. All'Ufficio registro nazionale delle imprese peraltro non competono funzioni di «controllo e gestione delle procedure» (così come osservato dal relatore), bensì esclusivamente le funzioni per esso previste e descritte nell'articolo 3 della legge n. 185 del 1990, fondamentalmente inerenti alle modalità di iscrizione al registro stesso.
In merito alla nota aggiuntiva del Ministero della Difesa a cui si fa cenno (contenente quadro politico-militare di riferimento, obiettivi generali eccetera), fa rilevare come essa sia finalizzata ad illustrare i presupposti operativi e finanziari di predisposizione del progetto di bilancio per la Difesa e, pertanto, analoga nota non risulta assolutamente attinente alle operazioni oggetto della relazione in argomento.
La divergenza, infine, dei dati relativi alle licenze rilasciate ed alle esportazioni effettivamente realizzate nel 2004 si può attribuire alle modalità di consegna delle forniture autorizzate, che possono prolungarsi per più di un anno.
Laura CIMA (Misto-VU) sottolinea anzitutto il fatto che, a partire dalle modifiche apportate alla legge n. 185 del 1990 in seguito alla conclusione dell'Accordo di Farnborough del luglio del 2000, relativo alla ristrutturazione e all'attività dell'industria europea della difesa, è del tutto evidente che il Governo ha promosso una politica del commercio degli armamenti che risulta in palese contrasto con la tradizione politica del nostro Paese, legata al rispetto dell'articolo 11 della Costituzione. Non vi è infatti un chiaro nesso tra quella che dovrebbe essere una politica estera di prevenzione dei conflitti armati, nello spirito della nostra Costituzione, e la vendita indiscriminata di armamenti che con questa esigenza è in netto contrasto. L'ispirazione da cui nacque la legge n. 185 del 1990 era infatti quella di limitare il commercio - anche legale - delle armi, vietando l'esportazione verso quei Paesi che rappresentavano un rischio sotto il profilo politico e che non presentavano sufficienti garanzie del rispetto dei diritti umani, riorientando la politica estera dell'Italia nella direzione di favorire una riconversione dell'industria bellica in produzione civile.
A tale riguardo, ricorda che l'Italia figura al settimo posto nella scala mondiale delle spese militari e nona nel volume delle esportazioni di armamenti, cosa tanto più grave se si considera che molti dei Paesi a cui vendiamo armi sono impegnati in Iraq. Fa presente inoltre, a titolo esemplificativo, che non si esportano armamenti verso Israele non perché questo Paese viola le risoluzioni delle Nazioni Unite - motivo che sarebbe logico - ma semplicemente perché si considera più remunerativo vendere armi ad alcuni Paesi arabi, come la Siria, che addirittura fa parte dei cosiddetti «Stati canaglia».
Ricorda che molte delle armi vendute dall'Italia comprendono anche strumenti militari molto sofisticati e diversificati, come sistemi di comunicazione satellitare o strumenti per il controllo del volo di aerei senza pilota, motivo per cui sarebbe ancora più importante esercitare un efficace controllo sui destinatari di tali armamenti. Nel citare alcuni dati relativi all'export italiano di armamenti forniti dalla Direzione generale sullo sviluppo produttivo e competitività del Ministero per le attività produttive, ribadisce l'avviso che il criterio prevalente che indirizza le nostre esportazioni sembra essere esclusivamente quello di vendere a chi paga meglio.
Solleva poi il problema relativo alla crescente vendita di armamenti alla Cina, insistentemente posto all'attenzione del Governo da parte del gruppo dei Verdi e a cui il Governo non ha mai fornito una risposta soddisfacente: è invece necessario esercitare un controllo stringente e vigile sulle esportazioni verso un Paese che viola ripetutamente i diritti umani.
Cita infine l'inchiesta condotta dalla magistratura di Brescia sul mistero delle cosiddette «Beretta fantasma», quantitativi di armi italiane - di cui è stato cancellato il numero di matricola - rinvenute nelle mani della guerriglia irachena, sulla cui vicenda desidererebbe avere opportuni chiarimenti dal Governo.
Dario RIVOLTA, presidente e relatore per la III Commissione, con riguardo alla risposta del sottosegretario alla propria relazione svolta nella seduta scorsa, fa presente che il riferimento, contenuto nella citata relazione, al registro delle imprese riguardava solamente la sua attuale composizione e il fatto che nessuna impresa che abbia fatto domanda sia stata, ad ora, ritenuta non idonea. L'organo di controllo, invece, è, notoriamente, quello indicato dal Sottosegretario Berselli.
Giuseppe COSSIGA, relatore per la IV Commissione, prendendo atto delle precisazioni fornite dal rappresentante del Governo, non ritiene tuttavia di essere soddisfatto delle informazioni ricevute. Infatti, ricorda che nella sua relazione aveva richiesto elementi informativi sui soggetti che vendono armi, su che tipo di armamenti siano e, soprattutto, su chi siano i destinatari di tali vendite: interrogativi ai quali, ribadisce, non è stata data adeguata risposta.
Silvana PISA (DS-U) osserva anzitutto che le risposte del sottosegretario Berselli ai quesiti posti dai relatori sono state scarne e elusive: d'altronde, l'interrogativo principale che ci si è posti - a cui ha fatto riferimento l'intervento del deputato Cossiga - è il seguente: sulla base di quale politica estera noi determiniamo il commercio degli armamenti. Tale interrogativo è rimasto senza risposta.
La legge n. 185 del 1990, di cui le Commissioni esaminano oggi la relazione annuale, in essa prevista, è una legge importante. Anzitutto nel metodo, cioè per il percorso che ha portato alla sua approvazione, frutto di una ampia mobilitazione e di un dibattito politico e culturale che ha coinvolto associazioni cattoliche e laiche, il mondo sindacale e cooperativo, e che ha portato il legislatore ad aprirsi a nuove sensibilità e a nuove esigenze diffuse tra i cittadini. Ma è una legge importante anche e soprattutto per il merito.
All'articolo 1, comma 3, la legge assume come orizzonte l'adozione di misure idonee alla progressiva dismissione dell'industria bellica e alla sua graduale riconversione produttiva: questo in un ottica progressiva di «riduzione del danno», che impegna il nostro Paese a non alimentare i conflitti nel mondo e a non aiutare militarmente i paesi responsabili di violazioni dei diritti umani.
Queste tematiche non solo non sono mai state attuate fino in fondo, ma la legge n. 185 è stata progressivamente svuotata di contenuti: prima, con i decreti applicativi, sono stati stralciati dal regime di controlli le armi leggere, che pure hanno un impatto rilevantissimo nei conflitti. Sono stati aboliti i controlli anche per le armi da caccia e sportive, che pure con modifiche semplicissime possono diventare armi letali, ma per la cui autorizzazione all'esportazione è sufficiente il nulla-osta della Questura. In seguito, con la legge n. 148 del 2003, contenente modifiche alla legge n. 185, in esecuzione dell'Accordo di Farnborough, si è introdotta la licenza globale di progetto (il cui regolamento è stato emanato in questi giorni) che costituisce una vera corsia preferenziale per l'export di armi. Con l'approvazione di questo testo si è rinunciato ad alcune clausole fondamentali della legge n. 185 del 1990, come la conoscenza del valore del progetto di difesa, il certificato di uso finale del sistema d'arma, le informazioni sulle transazioni bancarie: quanto basta per ritenere che siano stati portati pesanti colpi alle misure di trasparenza e ai controlli all'esportazione di armi italiane, in particolare per quanto attiene all'esportazione verso Paesi in stato di conflitto, ovvero in zone a rischio in materia di violazione dei diritti umani. È stata apportata poi un'ulteriore modifica, con riferimento al divieto di esportare in Paesi i cui Governi siano responsabili di accertate violazioni dei diritti umani. Il testo del 2003 precisa che le violazioni delle convenzioni devono essere gravi e accertate dai competenti organi dell'Unione europea e dell'ONU. Ora, si domanda se la costruzione del muro in Palestina a opera dello stato di Israele, condannata dalla Corte Internazionale di giustizia dell'Aja sia da considerare una «grave» violazione o meno.
Infine, ed è storia di questi ultimi mesi, si è proceduto a stilare una serie di intese bilaterali nel campo dei materiali di armamenti con paesi a rischio quali l'Indonesia, l'Algeria, Kuwait, Israele, Giordania. Condivide quanto esposto in merito in Assemblea dal deputato Mattarella: mediante questi accordi si instaura un regime privilegiato nelle procedure relative all'interscambio di armamenti sinora in vigore solo nei confronti di Paesi membri dell'Unione europea e della Nato, con Paesi a rischio, di fatto sospendendo i controlli della legge n. 185. Si configurano come intese generali e astratte accordi in realtà finalizzati quasi esclusivamente alla coproduzione e allo scambio di armamenti. Gli accordi stipulati inoltre concedono larghissima autonomia nel trovare anche altri ambiti o programmi di cooperazione oltre a quelli indicati nel testo sottoposto all'autorizzazione alla ratifica del Parlamento, il che configura un aggiramento del controllo delle Camere; nel testo dell'accordo con Israele è contenuta addirittura una clausola di segretezza.
Passando al merito della relazione, svolge le seguenti osservazioni.
Valuta anzitutto positivamente che dopo quindici anni la relazione venga esaminata e discussa dalle Camere e non solo trasmessa. I dati contenuti nella relazione rimangono però di lettura criptica: tutti i programmi di armamenti sono presentati divisi in sottoproduzioni quasi indecifrabili e risulta difficile anche incrociare i dati di cosa esportiamo, a chi e perché: anche qui evidentemente rilevano gli interessi delle lobby degli armamenti che più volte hanno chiesto riservatezza per le loro strategie di commercio.
Soprattutto non si capisce in base a quali valutazioni di politica estera si vendano armi: ribadisce infatti che secondo la legge è la politica che deve determinare il quadro e i limiti del commercio delle armi.
Ora, quadro e limiti nell'export italiano di armi non si vedono; le nostre esportazioni di armi aumentano continuamente anno dopo anno (è il made in Italy più proficuo), non c'è crisi economica, stagnazione o recessione che tenga, il segno è sempre al rialzo. Siamo diventati il 9o esportatore mondiale e il 4o produttore di armi toccando per il 2004 la cifra di 1.489 milioni di euro. Rispetto al 2003 l'incremento è stato pari al 16,18 per cento, con oltre 1 miliardo e 200 mila euro di autorizzazioni, meno di quello dell'anno precedente (39,6 per cento) che era dovuto ad una commessa con la Grecia particolarmente rilevante.
Quanto ai criteri per la scelta dei Paesi verso cui esportare, essi restano un mistero; nella relazione per il 2004 compaiono ancora Stati a rischio per violazioni dei diritti umani, come la Malesia e la Turchia (anche se di area europea), o che impegnano in armi una quota troppo alta del loro Pil come il Pakistan e l'India.
Per quanto riguarda la prestazione di servizi connessi ai materiali di armamento come l'addestramento e la manutenzione, di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 185 del 1990, non si capisce in cosa consistano esattamente: sarebbe interessante audire su questo punto Sismi e Cesis, anche perché la consistenza in questo settore è sempre più rilevante, avendo toccato l'anno scorso ben 76 prestazioni.
La relazione segnala tra le problematiche di «alta rilevanza» trattate a livello interministeriale e oggetto di prossime contromisure «quella relativa all'atteggiamento assunto da buona parte degli istituti bancari nazionali» nell'ambito della loro politica di «responsabilità sociale d'impresa». In base alla relazione: «Tali istituti pur di non essere catalogati fra le cosiddette "banche armate", hanno deciso di non effettuare più, o quantomeno, limitare significativamente le operazioni bancarie connesse con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento».
A questo proposito esprime preoccupazione per le notizie provenienti dal Ministero dell'Economia e delle finanze, in base alle quali si prospetta una possibile soluzione delle «difficoltà operative» segnalate dall'industria degli armamenti, tale che potrebbe determinare minore trasparenza nelle operazioni.
Segnala inoltre la problematicità delle esportazioni dei prodotti dual-use, cioè beni di prevalente uso civile, ma che con opportuni adattamenti possono essere impiegati come prodotti strategici.
Alla luce di quanto detto e di fronte a questi tentativi di svuotare di operatività la legge n. 185, sottolinea la necessità di mantenere la lettera della legge, soprattutto per quanto riguarda l'applicazione - in un quadro dei principi di diritto internazionale che tendano alla prevenzione e alla soluzione pacifica dei conflitti - dei controlli di trasparenza sui sistemi d'arma e sui destinatari delle esportazioni. Esprime altresì molta preoccupazione per la preannunciata riscrittura della legge n. 185 evocata nell'intervento del deputato Cossiga. Anche se dopo la caduta del muro di Berlino sono cambiati gli equilibri mondiali, come ha rilevato anche il relatore Rivolta, esprime un avviso fortemente critico nei confronti della politica di unilateralismo degli Stati Uniti, che ha determinato anche all'interno dell'Europa mutamenti nella politica estera di taluni Paesi (soprattutto Gran Bretagna e Italia).
Una politica europea sul fronte degli armamenti non può infine prescindere dal Codice di condotta europeo, che, sia pure largamente evaso (perché non prevede sanzioni alle sue violazioni), sancisce limiti rigorosi nel commercio degli armamenti. La nostra politica è largamente inadempiente nei confronti del Codice di condotta per quanto riguarda il rispetto dei diritti dell'uomo, l'esistenza di tensioni o di conflitti armati, di arretratezza economica dei paesi di destinazione finale. Inoltre, una risoluzione del Parlamento europeo del 2003, sull'esportazione delle armi (2003/2010/INI) conferma che in un contesto internazionale caratterizzato da instabilità regionali, da paesi in dissoluzione, da espansione dei terrorismi, è della massima importanza mantenere controlli rigorosi sull'esportazione ed aggiunge che l'Europa, di fronte alla sua cresciuta responsabilità in materia di pace e sicurezza a livello mondiale, deve adottare ulteriori iniziative volte alla riduzione degli armamenti e al disarmo.
È del tutto evidente perciò che il nostro Paese si deve adeguare al fatto che qualsiasi accordo in materia di armamenti non può prescindere da questi criteri, ribaditi a livello europeo tredici anni dopo la legge n. 185.
Ramon MANTOVANI (RC), nel dichiararsi in sintonia con i rilievi svolti dalle deputate Cima e Pisa, ritiene significativo il fatto che il relatore per la IV Commissione si sia dichiarato insoddisfatto delle informazioni fornite dal Governo in merito ai quesiti e alle perplessità sollevate nel corso dell'esame della relazione in oggetto. In particolare, citando alcuni stralci della relazione svolta dal deputato Cossiga, interpreta le sue affermazioni nel senso che il Governo si sarebbe limitato, con la relazione all'esame delle Commissioni, a fornire dati senza chiarire in alcun modo le linee della politica estera che ispirano la regolamentazione del commercio di armamenti con il resto del mondo. Personalmente ritiene gravissimo questo fatto.
Ricorda che il Governo attuale ha concluso una serie di Accordi nel settore della cooperazione in materia militare che aggirano e vanificano i contenuti della legge n. 185 del 1990 e afferma che, a dispetto della gravità di questo fatto, il Parlamento non è stato messo in condizioni di conoscere le linee direttrici della politica estera condotta dal Governo in questo delicato settore. Il Governo rischia inoltre, concludendo questo tipo di Accordi, di legittimare i governi di Paesi dal regime politico di dubbia democraticità, come già avvenne in occasione della visita dell'allora Ministro della Difesa Andreatta in Indonesia all'epoca della dittatura di Suharto, con lo scopo di promuovere l'industria bellica italiana a sole poche settimane dalla caduta del regime.
Con riferimento all'intervento del sottosegretario Berselli, fa notare poi che in esso si afferma che il Codice europeo di condotta «privilegia quei Paesi che non siano in stato di tensione interna o esterna, in situazioni conflittuali ovvero che siano stati riconosciuti colpevoli di sostanziali violazioni dei diritti umani»: ciò è particolarmente significativo nel momento in cui esistono Paesi, come la Turchia, in cui la situazione di conflitto interno può essere ad arte mascherata come lotta al terrorismo. A questo proposito, censura duramente la politica persecutoria condotta dal governo ai danni della minoranza curda, che si estende fino al punto di vietare l'uso della lingua curda. Muove dure critiche anche all'atteggiamento tenuto dall'Unione europea nei confronti dell'embargo della vendita di armi alla Cina, Paese la cui politica interna è contraddistinta dal più assoluto disprezzo per i diritti umani, dal divieto di espressione del dissenso politico e dalla prevaricazione dei diritti sindacali.
In definitiva, il termine «privilegia» utilizzato nell'intervento del sottosegretario significa che non si esclude la possibilità di vendere armi anche a Paesi in stato di conflitto interno, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Condanna quindi la politica di esercizio della forza militare perseguita da alcuni Stati, sulla base di accordi presi in seno a consessi senza legittimazione giuridica come il G8, e che hanno come conseguenza l'esautorazione delle Nazioni Unite. Censura l'atteggiamento di competizione militare assunto dal Governo italiano, atteggiamento perdente poiché non costituirà mai la forza politica qualificante del nostro Paese, che si è sempre contraddistinto per la sua vocazione pacifista e la buona disposizione dei suoi cittadini nella risoluzione dei conflitti. Sarebbe invece molto più utile potenziare le risorse da destinare alla cooperazione allo sviluppo, in particolare alla formazione dei nostri giovani per l'intermediazione pacifica nei conflitti, che risulterebbe molto più efficace di quella militare e nella quale l'Italia potrebbe distinguersi nel mondo facendo leva anche sulla buona fama degli italiani in questo tipo di ruolo.
Gian Paolo LANDI di CHIAVENNA (AN) sottolinea preliminarmente il grande rilievo delle osservazioni svolte dai relatori, nonché di alcuni esponenti dell'opposizione, fra cui il deputato Mantovani. Ritiene che la perplessità e gli interrogativi sollevati nel corso del dibattito sulla relazione in oggetto non abbiano finora ricevuto una risposta esauriente da parte del Governo, tuttavia si dice sicuro che le finalità della politica estera perseguita dal nostro Paese siano quelle di riconfermare il ruolo politico e strategico dell'Italia nell'equilibrio del mondo. Non crede che la conclusione di certi Accordi, quali quelli ripetutamente citati nel dibattito, abbia l'effetto di snaturare la legge n. 185 del 1990, né condivide il fatto che tali Accordi siano stati stipulati esclusivamente per rilanciare l'export degli armamenti di produzione italiana.
Dopo aver fatto un riferimento incidentale alla situazione politica particolarmente critica di alcuni Paesi, fra cui in particolare l'Iran alla vigilia di un delicatissimo ballottaggio che rischia di confermare al potere l'ala oltranzista del regime, invita il Governo a prestare particolare attenzione ad alcune aree dello scacchiere politico internazionale e, in questo quadro, anche a fornire ulteriori elementi informativi che servano a fugare ogni dubbio e a risolvere eventuali incoerenze sui temi evocati nel dibattito sinora svolto sulla relazione in esame. Mette in guardia in particolare dall'adottare atteggiamenti eccessivamente tolleranti nei confronti di Paesi, come la Cina, che violano gravemente i diritti umani e lamenta a questo riguardo l'eccessiva densità di transazioni commerciali nel settore militare fra l'Unione europea e la Cina.
Roberto LAVAGNINI, presidente, auspica che nel prosieguo dell'esame della relazione in oggetto anche un rappresentante del Ministero degli Affari esteri possa intervenire per fornire un utile contributo informativo.
Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 10.35.
CAMERA DEI DEPUTATI -
XIV LEGISLATURA
Resoconto delle Commissioni riunite
III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa)
RELAZIONI AL PARLAMENTO
Giovedì 30 giugno 2005. - Presidenza del presidente della IV Commissione, Luigi RAMPONI.
La seduta comincia alle 14.20.
Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia, relativa all'anno 2004.
Doc. LXVII, n. 4.
(Rinvio del seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento).
Luigi RAMPONI, presidente, constatata l'assenza del rappresentante del Governo e data la conseguente impossibilità di ottenere gli ulteriori elementi informativi di competenza del Ministero degli Affari esteri, richiesti nella scorsa seduta, rinvia il seguito dell'esame della relazione in oggetto.
La seduta termina alle 14.25.
CAMERA DEI DEPUTATI -
XIV LEGISLATURA
Resoconto delle Commissioni riunite
III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa)
RELAZIONI AL PARLAMENTO
Mercoledì 21 settembre 2005. - Presidenza del presidente Luigi RAMPONI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri, Giuseppe Drago.
La seduta comincia alle 15.30.
Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia, relativa all'anno 2004.
Doc. LXVII, n. 4.
(Seguito esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del documento in titolo, rinviato il 30 giugno 2005.
Il sottosegretario Giuseppe DRAGO specifica che le forniture a Paesi esteri di materiali di armamenti rispondono ai principi e dalle priorità della politica estera dell'Italia pur non essendo - e non potendo essere, ai sensi del dettato costituzionale - né uno strumento diretto né un elemento condizionante nella conduzione delle nostre relazioni internazionali.
Aggiunge che è naturale che la cooperazione con i Paesi alleati e con gli Stati membri dell'Unione europea - cooperazione sia di natura commerciale sia di natura progettuale ed industriale (programmi di cooproduzione) - rivesta un ruolo primario e determinante nel panorama dei nostri scambi di materiale di armamento: essa infatti da un lato è conforme «per definizione» a riconosciute e condivise priorità di sicurezza e di difesa; d'altro lato risponde ad evidenti reciproci interessi di economicità e continuità degli approvvigionamenti ed a prospettive di espansione congiunta su mercati terzi.
Per quanto concerne le esportazioni verso Paesi extra NATO ed extra UE non vi è - né può esservi, per i motivi esposti - una strategia ad hoc, mirata cioè a rafforzare le capacità strategiche di questo o quel soggetto internazionale a discapito di altri.
In materia, la politica delle esportazioni dell'Italia si ispira: al dettato della legge n. 185 del 1990; al rigoroso rispetto degli embarghi stabiliti dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea; ai condivisi criteri selettivi che discendono dal «Codice europeo di condotta» per l'esportazione di materiali di armamento, criteri che orientano le forniture militari degli Stati membri dell'Unione europea verso quei Paesi che non siano in stato di tensione interna o esterna oppure in situazioni conflittuali e che non siano stati riconosciuti colpevoli di sostanziali violazioni dei diritti umani; alle prescrizioni della «Intesa di Wassenaar» sui controlli all'esportazione di armamenti convenzionali e, nello specifico settore, a quelle del «Regime di Controllo delle Tecnologie Missilistiche» (MTCR): queste prescrizioni che sono concordate in sede multilaterale e quindi recepite in ambito UE, sono finalizzate - rispettivamente - al contenimento dell'accumulo destabilizzante in aree o Paesi a rischio di armamenti convenzionali e dei prodotti e tecnologie «a duplice uso» necessari alla loro produzione ed al contrasto della proliferazione dei vettori di armi di distruzione di massa (nucleari, chimiche, biologiche e batteriologiche).
Sottolinea che il quadro suesposto è particolarmente complesso, delicato e - soprattutto - in continua evoluzione: in esso, riconosciute esigenze di sicurezza e di contrasto al riarmo convenzionale e non convenzionale, specialmente in determinate situazioni regionali, devono convivere con la necessaria tutela degli interessi economici del nostro comparto industriale per difesa.
Le considerazioni sopra svolte forniscono una chiave di lettura del panorama delle nostre forniture all'estero di materiale di armamento. Non sfugge del resto al Governo la necessità di salvaguardare il patrimonio rappresentato dall'industria italiana per la difesa, la quale in passato ha saputo sormontare sfavorevoli congiure, dando nel suo insieme prova di grande duttilità, capacità d'innovazione (che la pongono in posizioni di reali eccellenza in più di un settore) e di adattamento all'evoluzione dei mercati mondiali.
È evidente che la tutela di questo patrimonio deve sempre armonizzarsi con le richiamate esigenze di sicurezza e di rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali: a questo delicato compito il Governo - e in particolare il Ministero degli Affari esteri, nell'espletamento dei suoi compiti istituzionali, tra i quali rientrano ope legis i controlli sull'esportazioni dei materiali di armamento - si applica e continuerà ad applicarsi con dedizione, equilibrio e doveroso senso di responsabilità.
Laura CIMA (Misto-VU) premette che il tanto atteso intervento del rappresentante del Ministero degli Affari esteri reso nella seduta odierna è, a suo avviso, del tutto deludente, poiché non rende ragione dei numerosi quesiti sollevati nel corso del dibattito sulla relazione in oggetto, anche da parte dei relatori. In particolare poi, ritiene che il riferimento al ruolo positivo svolto dall'industria italiana degli armamenti contenuto nell'intervento del sottosegretario sia di per sé sufficiente a capire che il Governo non intende ledere gli interessi di quest'industria per contemperarli con l'articolo 11 della Costituzione e con la legge n. 185 del 1990. È infatti del tutto chiaro che è l'industria bellica a dettare legge nel campo della politica delle esportazioni seguita dal nostro Paese, tradendo lo spirito di una legge positiva e avanzata come la n. 185 del 1990, che invece vieta il commercio di armamenti con Paesi a rischio ed è volta ad avviare la conversione dell'industria bellica in industria civile, obiettivo molto lontano dalle intenzioni del Governo, come si evince dall'intervento del sottosegretario.
Inoltre, sarebbe stato utile ascoltare anche l'opinione dei relatori sulle risposte fornite dal sottosegretario, considerato ad esempio che lo stesso relatore Cossiga aveva evidenziato alcuni aspetti critici del documento in esame. In particolare erano state avanzate specifiche richieste di chiarimenti sui tipi di sistemi d'arma che il nostro Paese esporta, in considerazione ad esempio del possibile duplice uso di alcuni di essi o della destinazione di alcuni sistemi molto sofisticati a Paesi come la Cina, sostanzialmente eludendo l'embargo disposto dall'Unione europea.
Nel ribadire conclusivamente la necessità di applicare pedissequamente in materia di commercio di armi le disposizioni della legge n. 185 del 1990, che considera una delle più avanzate esistenti in questo settore a livello internazionale, auspica che al dibattito segua la presentazione di un apposito atto di indirizzo per ribadire la volontà politica di rispettare la lettera e lo spirito della citata legge n. 185.
Silvana PISA (DS-U) ritiene che il rappresentante del Governo non abbia fornito ulteriori informazioni rispetto a quelle scarse già prodotte dal Ministero della difesa nel corso del dibattito.
Rileva comunque con soddisfazione che, nella seduta odierna, il Governo - contrariamente alle affermazioni del relatore per la IV Commissione - non ha manifestato la volontà della maggioranza di apportare modifiche alla legge n. 185 del 1990 ma, al contrario, ha più volte richiamato il necessario rispetto di tale legge ai fini del commercio degli armamenti. Ciò nonostante le informazioni del Governo appaiono per molti aspetti lacunose e non rispondono ai numerosi interrogativi emersi nel corso del dibattito. In particolare, a suo avviso, non sono stati sufficientemente chiariti i seguenti profili:
a quali concrete scelte di politica estera sia ispirato il commercio degli armamenti;
quale sia la logica sottesa ai numerosi accordi bilaterali nel campo di materiali di armamenti che sono stati recentemente stipulati con Paesi quali Israele, Kuwait e Algeria e che, di fatto, aggirano i vincoli previsti dalla legge n. 185 del 1990;
in che cosa consistano le prestazioni di servizi connessi ai materiali di armamento, come l'addestramento e la manutenzione, di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 185 del 1990;
per quali ragioni i citati accordi, nonostante i vincoli posti dal Codice di condotta e dalla citata legge n. 185, siano stati stipulati anche con paesi condannati dalla Corte internazionale di giustizia per violazione dei diritti umani;
quali siano le iniziative assunte dal Governo per attuare la risoluzione del Parlamento europeo che prescrive l'adozione di iniziative volte alla riduzione degli armamenti.
Luigi RAMPONI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara così conclusa la discussione e rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta, al fine di consentire la presentazione di eventuali risoluzioni.
La seduta termina alle 15.50.
SENATO DELLA REPUBBLICA
Legislatura 15º -
4ª Commissione permanente (Difesa)
–
Resoconto sommario n. 6 del 06/07/2006
Presidenza del Presidente
DE GREGORIO
Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Forcieri.
La seduta inizia alle ore 15,20.
MATERIE DI COMPETENZA
(Doc. LXVII, n. 1) Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia, relativa all'anno 2005
(Esame)
Riferisce alla Commissione la senatrice PISA(Ulivo), la quale rileva preliminarmente che il Governo è tenuto ai sensi della legge n. 185 del 1990 ad inviare annualmente al Parlamento, entro il 31 marzo, una relazione sulle operazioni di controllo svolte entro 31 dicembre dell'anno precedente e riguardanti l'esportazione e l’importazione dei materiali di armamento. Nella scorsa legislatura la Relazione fu esaminata alla Camera dalle Commissioni affari esteri e difesa; viceversa, è la prima volta che ciò accade al Senato, circostanza alquanto singolare, visti i delicati contenuti della Relazione. E’ dunque significativo che l’argomento sia stato inserito all'ordine del giorno della Commissione, anche se forse ne sarebbe stato preferibile un esame delle Commissioni riunite affari esteri e difesa.
La relatrice rileva quindi che l'aumento - dopo la fine dell'equilibrio bipolare - delle tensioni internazionali, dei conflitti e del terrorismo ha reso sempre più drammatica la contraddizione tra scelta della sicurezza e deregolamentazione del commercio delle armi, che alimenta tensioni e terrorismo. La legge n. 185 affronta appunto questo tema e costituisce una legge esemplare nel metodo e nel merito. Nel metodo, per il percorso che ha portato alla sua approvazione. Si tratta infatti di una legge d'iniziativa popolare, frutto di una vasta mobilitazione e di un ampio dibattito, che ha coinvolto associazioni cattoliche e laiche, il mondo sindacale e cooperativo e che ha portato il legislatore ad aprirsi a sensibilità inedite e a nuove esigenze diffuse tra i cittadini. Esemplare anche nel merito, perché ispirata al principio della responsabilità politica: i trasferimenti di armi non sono guidati solo da regole commerciali, ma subordinati alle scelte di politica estera e di sicurezza dello Stato, alla sua Carta costituzionale, al rispetto del diritto internazionale. L'articolato della legge ha previsto contenuti trasparenti e controlli rigorosi e lungimiranti, che hanno, per certi versi, anticipato il dibattito europeo, arginando una tendenza per cui la motivazione di natura economica e commerciale finiva per prevalere su una politica estera orientata alla pace e alla sicurezza internazionale ed impegnando l’Italia a non alimentare i conflitti nel mondo e a non aiutare militarmente paesi responsabili di violazioni dei diritti umani. In quest'ottica, l'articolo 1 comma 3 della legge assume come orizzonte l'adozione di misure idonee alla progressiva e graduale dismissione dell'industria bellica.
La portata culturalmente innovativa della legge è tuttavia stata svuotata con passaggi successivi. Le prime ad uscire dai limiti e dai controlli della legge sono state le "armi leggere": i decreti applicativi della legge hanno infatti ricondotto la materia alla vecchia normativa (legge n. 110 del 1975), in base alla quale praticamente per l'autorizzazione all'esportazione è sufficiente il nulla osta della questura. Ciò è tanto più grave trattandosi di armi la cui diffusione ha in impatto tragico nei conflitti tra paesi accusati di gravi violazioni dei diritti umani e che si prestano, per la loro dimensione, ad operazioni di contrabbando, triangolazione e contraffazione. Sono proprio le armi leggere - diffuse in tanti paesi del terzo mondo - che incentivano il tragico fenomeno di cui i "bambini-soldato" sono le vittime. Ed è singolare che la giusta preoccupazione per l'acutizzarsi di questo problema - oggetto, nella scorsa legislatura, di una risoluzione della Commissione bicamerale Infanzia - non abbia indotto ad un ripensamento in materia.
Va peraltro ricordato che ogni anno in Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina si spendono mediamente 22 miliardi di dollari per l'acquisto di armi, una somma che avrebbe permesso a questi paesi di mettersi in linea con gli obiettivi di sviluppo del millennio, come l'eliminazione dell'analfabetismo e nella riduzione della mortalità infantile e materna.
Il secondo "svuotamento" è avvenuto ad opera della legge n. 148 del 2003, che ha ratificato l’Accordo quadro di Farnborough e che ha ampliato l'applicazione dell'Accordo ai restanti paesi dell'Unione europea e della NATO, alcuni dei quali hanno normative permissive e controlli blandi. Un ulteriore allargamento delle maglie dei controlli si è prodotto con la pratica - sempre più frequente nella scorsa legislatura - di accordi bilaterali sulla vendita e la produzione di armamenti con paesi extraeuropei (Kuwait, Algeria, Israele, Giordania, Egitto, Uzbekistan, Indonesia, Georgia) applicando a questi, in aperta violazione della legge n. 185, i percorsi preferenziali previsti dalla legge solo per i paesi europei o della NATO.
Dalla Relazione risulta che nel 2005 le autorizzazioni all’esportazione di materiali d’armamento rilasciate dall’Italia sono risultati in leggero calo rispetto all’anno precedente, quando avevano raggiunto la cifra record dell'ultimo decennio (1.490 milioni di euro). Il numero delle autorizzazioni è invece aumentato e la cifra d'introito finale potrebbe a sua volta accrescersi per un problema di sfasamento temporale dei pagamenti.
Il valore delle esportazioni ed importazioni ha ricevuto una tendenziale impennata dal 2002. Le esportazioni verso i paesi NATO, che godono di procedure semplificate, sono state il 44 per cento del totale; aumentano le esportazioni definitive, che ammontano a 831 milioni di euro, con una crescita del 72 per cento rispetto al 2004.
Dall’esame delle prime dieci società esportatrici, si evidenzia una prevalenza del settore pubblico, con le aziende della Finmeccanica, che hanno come azionista di riferimento il Ministero dell’economia: a giudizio della relatrice un chiaro conflitto di interessi, visto che lo Stato da un lato dovrebbe mettere in pratica le restrizioni previste dalla legge sulle esportazioni e dall’altro è interessato a non creare problemi alle aziende di cui è azionista di maggioranza, e di cui oltretutto percepisce gli eventuali utili.
Dall'esame dell’elenco dei paesi destinatari si evince che molti di questi fuoriescono dai "paletti" protettivi della legge n. 185, e in particolare dell'articolo 1, che riguarda il divieto dei trasferimenti di armi a paesi coinvolti in conflitti e responsabili di accertate violazioni di convenzioni internazionali sui diritti umani.
Un ulteriore limite proposto dalla legge n. 185 riguarda il divieto di esportazione nei confronti di paesi beneficiari di aiuti per la cooperazione allo sviluppo e che destinano risorse sproporzionate alle spese militari. Nella Relazione si afferma che il Ministero per gli affari esteri e quello della difesa hanno esaminato la congruità della spesa militare di paesi che ricevono gli aiuti italiani alla cooperazione allo sviluppo e di aver aggiornato la valutazione della congruità della spesa militare di 23 paesi; non si citano, però, i paesi esaminati né i parametri di valutazione presi a riferimento. Nulla si dice poi in merito ai paesi importatori di armi italiane, che nel 2003, in base ad accordi governativi bilaterali, hanno usufruito della cancellazione del debito estero. E’ evidente la contraddizione di consentire da un lato la remissione del debito e dall’altro autorizzare le vendite di armi, che non faranno altro che aumentare l’indebitamento a detrimento del progresso economico e sociale di paesi fra i più poveri del mondo.
È inoltre singolare la commessa d'armi nei confronti della Repubblica di Singapore, che riguarda un paese di 648 km2 e di 4.300.000 di abitanti e per il quale non si vedono le motivazioni reali all’acquisto, se non per successive esportazioni a paesi terzi.
A giudizio della relatrice restano infine irrisolti alcuni nodi. Il primo riguarda le transazioni bancarie: la campagna di pressione per la trasparenza sulle transazioni bancarie sulle operazioni che riguardano le operazioni legate al commercio di armi aveva infatti convinto diversi istituti bancari a limitare le proprie operazioni connesse ai materiali di armamento. Le industrie della armi non sono rimaste indifferenti a questa scelta, tant’è che oggi più del 40 per cento delle imprese svolge le proprie operazioni sulle banche estere.
Il secondo nodo riguarda la delocalizzazione della produzione italiana: la trasformazione delle aziende costruttrici di armamenti in strutture multinazionali rende oggi più complessa una coerente applicazione delle politiche nazionali, soprattutto in relazione alla delocalizzazione delle unità produttive. È recente la notizia che un'unità produttiva della Agusta-Westland (azienda di proprietà totalmente italiana) sarà trasferita nel Regno Unito, ciò che potrebbe preludere anche ad una specializzazione produttiva, con il civile realizzato prevalentemente in Italia e il militare negli stabilimenti britannici. Con l’attuale sistema, che si basa inevitabilmente sul principio del luogo di produzione, potrebbe trattarsi di un modo di per sottrarsi legalmente ai controlli, anche se la responsabilità resta in capo ad un’azienda italiana.
Il terzo nodo riguarda una riflessione sul ruolo dell'Europa e sul regime comunitario. Diventa infatti più che mai urgente una riflessione molto attenta sul regime comunitario di controllo delle esportazioni, soprattutto in funzione di una maggiore trasparenza dei procedimenti e delle decisioni, tanto più che la materia è quasi completamente gestita non a livello comunitario, ma intergovernativo, dove sulle ragioni politiche spesso prevalgono logiche burocratiche. Tale riflessione diventa ancora più necessaria in relazione alla ventilata volontà della Commissione europea di predisporre una direttiva sulla concorrenza nel mercato degli armamenti, uno dei pochi settori ancora sostanzialmente esclusi dalla competizione intra-europea. Il quarto nodo è quello della riconversione. Ci si trova infatti di fronte a un totale inversione di uno dei princìpi informatori della legge n. 185, costituito dall’articolo 1 comma 3, che prevede che il Governo "predisponga misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie del settore della difesa". In Italia si sono persi oltre ventisettemila occupati nel settore dall'inizio degli anni ‘90 sino ad oggi. Questo è avvenuto anche in Germania e nel Regno Unito, paesi in cui il processo di razionalizzazione è stato più forte. Oggi l'industria europea della difesa è attraversata da un processo riorganizzativo, con fusioni e acquisizioni per rafforzare un settore difesa europeo che possa reggere il confronto sui mercati internazionali con i colossi statunitensi. Nonostante la battuta di arresto del processo costituzionale europeo, nel settore della difesa si registrano forti spinte all'integrazione degli apparati produttivi e decisionali ed una riduzione del potere contrattuale dei singoli governi nazionali per le restrizioni dei bilanci. Le aziende, anche quelle formalmente pubbliche, tendono a svincolarsi dalla tutela politica e dalle direttive dei governi nazionali, i cui interessi possono divergere dai vertici aziendali di alcuni industrie del settore. La prosecuzione del cammino di integrazione degli strumenti militari europei, annunciata con la creazione dell’European Defence Agency, avrà senz'altro ripercussioni, sia sul settore militare che sul settore industriale collegato. Le grandi aziende usano l'argomento dei posti di lavoro come leva politica per ottenere dai governi nazionali contratti che potrebbero non essere convenienti né per le finanze pubbliche né per le forze armate destinatarie dei prodotti finiti o dei servizi. Occorrerebbe invece riflettere sui percorsi di riorganizzazione aziendale e di rielaborazione delle politiche industriali che prevedano forme di riconversione verso quelle tecnologie e quella ricerca che possono trovare impiego in campo civile, salvaguardando sia i posti di lavoro che il know-how accumulato.
Il quinto nodo attiene infatti al conflitto d'interessi: la Relazione nulla dice in merito al divieto di conferire incarichi di vertice delle industrie produttrici di armi nei 3 anni successivi alla fuoriuscita dalla Pubblica Amministrazione in ruoli che incidono sull’applicazione della legge n. 185 stessa. Ciò rischia invece di dar luogo ad una pericolosa commistione di interessi, che può avere riflessi sul bilancio pubblico e sulle politiche di difesa.
Desta infine molta preoccupazione l'affermazione, riportata nella Relazione del 2005, che il Governo starebbe approvando un disegno di legge di sostanziosa modifica della legge n. 185. A giudizio della relatrice, questa legge, anche per il suo forte valore simbolico, va piuttosto applicata e messa al riparo da modifiche che la svuotino o la snaturino.
Il senatore NIEDDU (Ulivo), rilevato che la legge n. 185 consegue dall'enorme importanza strategica del commercio degli armamenti, nota che la Relazione in esame, predisposta dal Governo Berlusconi, andrebbe valutata sotto la lente delle modalità con le quali le operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, dell'importazione e del transito dei materiali di armamento e dei prodotti ad alta tecnologia si collocano nel quadro complessivo della politica estera italiana. Da questo punto di vista spesso a suo avviso nella Relazione non è in realtà agevolmente comprensibile quale sia la strategia politica che ha ispirato queste operazioni, in particolare quando esse riguardino paesi non aderenti all'Unione europea o alla NATO. Rispetto al 2004, dalla Relazione emerge che per le esportazioni il valore annuale diminuisce dall’originario 72 per cento al 58 per cento. Sulle importazioni si confermano le autorizzazioni rilasciate per lo più per l'Alleanza Atlantica. Il ruolo del Ministro della difesa è in questo caso sostanzialmente quello di fornire a quello degli affari esteri i necessari pareri finalizzati alle operazioni, mentre il Ministro dello sviluppo economico delinea il quadro che dimostra l'evoluzione del comparto. Egli rileva quindi che i concetti di pace, stabilità e sicurezza vanno oggi reinterpretati, passando da una filosofia di sicurezza militare a quella di sicurezza globale. Gli attacchi terroristici dell'11 settembre e l'intervento in Iraq hanno avuto l’effetto di indurre una grave crisi del ruolo politico ed economico dell'Europa, rendendo più che mai essenziale l'adozione di una strategia di politica europea della difesa. Ciò è accentuato dallo squilibrio esistente tra il bilancio della difesa degli Stati Uniti e la somma delle risorse allo scopo stanziate dai paesi europei, segnatamente nel settore della ricerca e dello sviluppo, dove il rapporto è addirittura di otto a uno. La costituzione dell'Agenzia europea per la difesa possiede dunque un indubbio valore strategico, a patto che le sue istanze riescano a conseguire un'effettiva affermazione. In questo quadro, sarebbe essenziale giungere alla definizione di un accordo bilaterale Stati Uniti-Unione europea nel campo della politica di sicurezza e difesa. Su questa necessità pesa la possibilità che l'Unione europea rimuova l'attuale embargo sulle esportazioni di materiali di armamento nei confronti della Cina, paese che però è difficile non concepire come una opportunità di mercato, anche considerati gli accordi Unione europea-Cina in materia spaziale (progetto Galileo). Occorre dunque che anche la politica italiana contribuisca alla creazione delle condizioni di una vera politica europea di difesa. Purtroppo ostano a questa priorità i forti tagli operati negli ultimi anni al bilancio del Ministero e il fatto che, come rilevato anche dal ministro Parisi nel corso dell'audizione dinanzi alle Commissioni difesa congiunte di Camera e Senato, quegli stanziamenti sono destinati per il 72 per cento a coprire le spese del personale e solo per il 13 per cento a investimenti. Una inversione di tendenza sarebbe invece indispensabile: basti pensare al settore aerospaziale, che è uno dei pochi settori strategici rimasti per la tecnologia dual use. Dopo i consistenti tagli operati dal precedente Governo al bilancio del comparto non sarà però facile ricostruire la situazione ed invertire questa tendenza, anche attese le limitate risorse oggi disponibili; occorrerà comunque che quantomeno nei tempi medio-lunghi si dia certezza alle spese in questo settore. Conclude rilevando che le informazioni che la Relazione dovrebbe fornire in ordine ai collegamenti tra autorizzazioni concesse e strategie di politica estera non sembrano emergere con chiarezza, invitando il Governo a valutare se per il futuro non sia più opportuno predisporre relazioni con un minor numero di informazioni a carattere burocratico e una maggiore ricchezza di contenuto politico, e di più agevole lettura, anche al fine di consentire l’effettivo ed efficace esercizio delle funzioni di controllo da parte del Parlamento.
La senatrice BRISCA MENAPACE (RC-SE) condivide l'ampia e documentata esposizione della relatrice e la conclusiva raccomandazione al Governo del senatore Nieddu. Sottolinea in particolare che l'evoluzione del concetto di difesa renderebbe necessario che la Commissione affrontasse il tema del rapporto tra sicurezza e difesa, come peraltro già stato segnalato dal senatore Zanone nel corso di una riunione dell'Ufficio di Presidenza. Condivide infine il particolare significato simbolico rivestito dalla legge n. 185, anche in considerazione della genesi di quella legge.
Il senatore RAMPONI (AN) esprime vivo apprezzamento per l'appassionata e approfondita analisi svolta dalla relatrice. Ritiene comunque che la legge n. 185 sia pienamente attuale e che semmai essa andrebbe integrata da una regolamentazione riferita alle operazioni che riguardino le armi leggere. Rileva quindi che le modifiche che sono state oggetto di critica da parte della relatrice conseguono dalla legge n. 148 del 2003, che ha ratificato l'Accordo quadro di Farnborough, sottoscritto dall'allora ministro della difesa Mattarella.
Pur convenendo sulla necessità di una maggiore chiarezza della Relazione, reputa tuttavia che essa dovrebbe essere di più agevole lettura sotto il profilo dei dati forniti, visto che il contenuto politico è già stabilito dalla legge. Quanto alle perplessità in ordine alle operazioni rivolte verso Singapore, non ritiene possibile avanzare un giudizio sugli importi relativi, attesa la necessità di valutarli alla luce della tipologia di strumenti esportati. Si sofferma poi sul tema della riconversione delle aziende del settore, per rilevare che in materia esistono evidentemente orientamenti difformi all’interno della stessa maggioranza. Particolarmente delicato è a suo giudizio poi l’argomento del reimpiego di taluni soggetti da parte delle aziende operanti nel settore e dei quali esse decidono evidentemente di avvalersi proprio in ragione delle competenze precedentemente acquisite. Dissente infine dalla necessità di un aggiornamento del concetto di difesa, rilevando che gli operatori del settore hanno sempre operato con piena consapevolezza della necessità di essere al passo con i tempi e di adeguarsi ai continui mutamenti ed alle evoluzioni della generale situazione politica ed economica.
Dopo un breve intervento del senatore ZANONE (Ulivo) (chiede chiarimenti in ordine al ruolo rivestito in questa materia dal Ministero dell'interno), il presidente DE GREGORIO sottolinea che il tema oggi in esame risponde ad un'esigenza di sensibilità alle ragioni degli operatori del settore. Rileva quindi che alcuni esperti del comparto per le vie brevi gli hanno rappresentato che le esportazioni di materiali di armamento ovvero di semplici componenti sono attualmente sottoposte alla medesima procedura organizzativa, ciò che crea non poche difficoltà a causa dei lunghi tempi di fornitura dei pezzi di ricambio che evidentemente ne conseguono. Sotto questo profilo è dunque ad esempio a suo giudizio essenziale un adeguamento della normativa contenuta nella legge n. 185.
Si sofferma infine in particolare sulle riflessioni svolte dalla relatrice in ordine alle variazioni riscontrate nelle esportazioni del settore negli ultimi anni.
Interviene nuovamente la relatrice PISA (Ulivo) per precisare che nel periodo dal 2001 al 2005 gli incrementi delle esportazioni sono stati eccezionali, passando dagli iniziali 872 milioni di euro del 2001 ai 1489 del 2004. Si tratta dunque di un segmento di mercato estremamente vitale e rispetto al quale la legge non crea evidentemente alcun ostacolo.
A giudizio dei senatori MACCANICO (Ulivo) e RAMPONI (AN) le cifre relative alle esportazioni possono essere valutate solo in relazione ai materiali oggetto di esportazione.
Il sottosegretario FORCIERI ringrazia la relatrice per gli elementi e gli stimoli alla discussione introdotti dalla sua esposizione ed il Presidente per aver posto tempestivamente all'ordine del giorno la Relazione, consentendo così di farne oggetto di un dibattito di grande rilievo politico. Alcune indicazioni avanzate saranno senz'altro prese in considerazione dal Governo in occasione della presentazione della prossima Relazione al Parlamento; precisa comunque che l'Esecutivo non intende stravolgere lo spirito della legge n. 185, che può tuttavia essere migliorata, attesi i profondi mutamenti che dal 1990 sono intervenuti in materia di commercio di armamenti e la avvertita necessità di rendere la normativa più efficace sotto il profilo dei controlli. Si impegna senz'altro a sollecitare che la prossima Relazione risulti meno burocratica e più chiara nell'esposizione dei dati; è comunque dell'opinione che essa debba rimanere confinata in ambito tecnico, restando le valutazioni politiche affidate al Parlamento.
Il presidente DE GREGORIO dichiara dunque concluso il dibattito e toglie la seduta.
La seduta termina alle ore 16,45.
[1] La licenza globale di progetto è una forma di autorizzazione alle operazioni riguardanti esportazione e transito di materiali di armamento, istituita della legge n. 148/2003, attraverso una serie di modifiche ed integrazioni alla legge 185/1990.