Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: Incontro del Presidente della Commissione Affari Esteri con il Presidente del Parlamento tibetano in esilio sig. Karma Chopel - Roma, 28 marzo 2008
Serie: Documentazione per l'attività internazionale    Numero: 48
Data: 27/03/2008


 

 

Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO RAPPORTI INTERNAZIONALI

Documentazione per l’attività internazionale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Incontro del Presidente della Commissione Affari esteri con il Presidente del Parlamento tibetano in esilio Sig.KarmaChopel

Roma, 28 marzo 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 48

 

 

28 marzo 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Consigliere Capo Servizio

Mirella Cassarino (Tel. 9330)

Consigliere parlamentare

Maria Teresa Calabrò (Tel. 2049)

Documentarista

Andrea  Micozzi (Tel. 3874)

Segretario

Daniela Vachez (Tel. 9515)

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’atività degli organi parlamentari e dei parlamentari.

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I N D I C E

 

INIZIATIVE PARLAMENTARIRELATIVE AL TIBET      1

 

RELAZIONI PARLAMENTARI ITALIA E CINA      11

 

LA QUESTIONE TIBETANAa cura del Ministero degli Affari Esteri21

 

LA REGIONE DEL TIBET tratto da “Wikipedia”    27

 

IL GOVERNO TIBETANO IN ESILIOtratto da “Wikipedia”    31

 

CINA: LA QUESTIONE DEL TIBET Tratto da Equilibri.net (20 marzo 2008)    33

 

AGGIORNAMENTI FLASH SUL TIBET      37

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

INIZIATIVE PARLAMENTARI

RELATIVE AL TIBET

 

 

 

 

XV Legislatura

 

 

 

            E’ presente  un Intergruppo parlamentare Italia-Tibet[1] che si occupa di sostenere l’autonomia politica culturale e religiosa della regione. Ne sono i principali animatori gli onn. Bruno Mellano (Rosa nel pugno) e Marco Zacchera (AN).

 

            Nel dicembre 2007, il Dalai Lama ha compiuto una visita in Italia. Durante la tappa romana, il leader spirituale è stato ricevuto alla Camera, il 12 dicembre, ed ha rivolto un discorso ad un centinaio di deputati.

 

Il leader religioso ha richiesto un sostegno morale, pratico e concreto, affinché siano riconosciuti i diritti che spettano ai tibetani e che sono sanciti pure nella Costituzione cinese. Sempre in tale occasione, il Presidente della Camera, Bertinotti, ha confermato l’amicizia italiana sia alla Cina che al popolo tibetano e l’importanza di includere nei negoziati anche i rappresentanti dei religiosi tibetani. Ha altresì ribadito l’importanza di sviluppare il dialogo interculturale. Il Dalai Lama ha sottolineato che non è obiettivo del Tibet quello di ottenere l’indipendenza dalla Cina. L’incontro, svoltosi nella Sala della Lupa alla presenza del Sottosegretario agli Affari esteri, Gianni Vernetti, è stato aperto da un intervento del Presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Umberto Ranieri.

 

La precedente visita in Italia del Dalai Lama si è tenuta dal 12 al 14 ottobre 2006. In tale occasione, al leader spirituale è stata conferita una Laurea honoris causa in Biologia dall'Università degli Studi Roma Tre. Incontrando i rappresentanti del Governo, il Dalai Lama ha ribadito che non è obiettivo del Tibet quello di ottenere l’indipendenza, “ma solo una significativa autonomia, prevista peraltro dalla Costituzione della Repubblica Popolare”.

Il Dalai Lama è stato ricevuto dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera (12 ottobre 2006):

 

Nel corso dell’incontro con il Presidente Bertinotti, il Dalai Lama ha espresso la massima ammirazione per il sistema democratico ed ha ribadito il suo impegno per promuovere la democrazia e sviluppare la sensibilità rispetto alle questioni ambientali. Si è detto inoltre portavoce dei valori della tolleranza, della pace e dell’armonia tra i popoli e ha dichiarato che il suo intento è di ottenere l’autonomia nell’ambito della Costituzione cinese. Bertinotti ha ribadito l’iportanza del dialgo tra civiltà e tra religioni per favorire la pace tra i popoli e ha augurato successo al leader religioso impegnato nella sua lotta per preservare nel miglior modo possibile i valori culturali ed etnici del Tibet.

 

            Gli stessi temi sono stati toccati nel corso degli incontri che il Dalai Lama ha avuto con l’Intergruppo parlamentare Italia-Tibet e la Commissione Cultura della Camera. Ad entrambi questi incontri ha presenziato il Sottosegretario agli Esteri, Gianni Vernetti. Il Dalai Lama ha inoltre incontrato Piero Fassino (DS) e Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi). Il Dalai Lama è stato inoltre ricevuto da Papa Benedetto XVI. Al termine degli incontri, il Sottosegretario Vernetti ha ribadito l’impegno italiano, insieme a quello dell’Ue, per favorire il dialogo sulla questione tibetana.

 

 

Atti di controllo e  sindacato ispettivo

 

Nel corso dell’attuale legislatura sono stati presentati i seguenti atti di indirizzo e sindacato ispettivo:

 

Mozione 1-00234 (Maroni) sul rispetto dei diritti civili in Tibet. Presentata il 9 marzo : Iter in corso;

 

Mozione 1-00116 (Mellano) sul rispetto dei diritti civili in Tibet. Presentata il 18 ottobre 2007: Iter in corso;

 

Mozione 1-00053 (D’Elia). Approvata dal Governo il 12 dicembre 2006 (abbinata ai seguenti atti: 1-00026; 1-00027; 1-00033; 1-00052; 1-00057; 1-00059; 1-00063; 6-00009).

 

Nel testo si impegna il Governo a sostenere l’embargo del commercio di armi con la Cina, legando un’eventuale revoca da parte dell’Ue a progressi verificabili  e tangibili della Cina nel campo dei diritti umani, delle riforme democratiche e delle relazioni pacifiche coi vicini regionali.

 

Interpellanza 2-00564 (Boato) sul rispetto dei diritti umani in Tibet, con particolare riguardo a presunte violenze commesse dalle forze armate cinesi.  Presentata il 30 maggio 2007: Iter in corso.

 

Sempre in tema di difesa dei diritti umani, è stata presentata dall’on. Luana Zanella, l’interrogazione a risposta scritta 4-04057. Iter in corso

 

Il Governo ha risposto il 31 luglio 2007 nel seguente modo  all’Interrogazione in Commissione  5-01385 (D’Elia, cofirmatario Mellano) sempre sulla situazione dei diritti umani in Tibet:

 

Il Governo è a conoscenza dei rapporti citati dall'On. interrogante ma non dispone ancora di elementi diretti di conoscenza circa l'incidente che si sarebbe verificato il 30 settembre 2006 sul confine nepalese-tibetano. Per questo abbiamo dato istruzioni alle nostre Ambasciate dell'area di acquisire in loco ogni ulteriore elemento di informazione. Con i partner comunitari stiamo valutando la possibilità di incaricare la Presidenza finlandese di sollevare la questione con la controparte cinese in occasione della prossima tornata del Dialogo tra UE e Cina in materia di diritti umani prevista aPechino il 19-20 ottobre 2006. L'obiettivo che condividiamo con i partners comunitari è quello di raccogliere tutti gli elementi che consentano di valutare l'esatta portata dell'episodio e, in caso di verificato eccessivo uso della forza, richiamare le autorità cinesi a comportamenti maggiormente in linea con gli standards internazionali in tema di rispetto dei diritti umani. Vorrei ricordare, in proposito, che la questione dei diritti umani in Tibet è regolarmente sollevata nel quadro del dialogo strutturato UE-Cina sui diritti umani. Negli incontri di dialogo strutturato - che dal 1997 si svolgono a cadenza semestrale alternativamente a Pechino e nella capitale europea che detiene la Presidenza di turno dell'UE - vengono affrontate questioni particolarmente sensibili come il rispetto delle libertà fondamentali, con particolare riferimento alla libertà di espressione e di culto, le detenzioni arbitrarie, la tortura, i diritti delle minoranze, la pena di morte, l'abolizione della pena di morte, la ratifica del Patto delle Nazioni Unite sui Diritti Civili e Politici del 1966 e la ratifica dello Statuto della Corte Penale Internazionale. Queste consultazioni forniscono anche l'occasione all'Unione Europea di segnalare alle Autorità cinesi casi individuali, fra cui un cospicuo numero di tibetani, di detenuti per reati di opinione, di vittime di trattamenti inumani e degradanti e di condannati a morte. In generale, valutiamo positivamente tale strumento di dialogo per aver incoraggiato i miglioramenti legislativi compiuti nell'ultimo decennio dalle Autorità di Pechino, anche sul campo della tutela delle minoranze, quantunque nella valutazione prevalente in ambito UE, permangono preoccupazioni per perduranti, diffuse violazioni dei diritti umani nel Paese. In occasione dell'ultimo incontro di dialogo strutturato, che si è tenuta a Vienna il 25-26 maggio 2006, l'UE ha espresso profonda preoccupazione per il severo controllo esercitato dalle Autorità cinesi sulle istituzioni religiose tibetane. La prossima sessione di dialogo, che si terrà a Pechino il 19-20 ottobre 2006, costituirà non solo una valida opportunità per ribadire questa linea con le autorità cinesi ma anche, come accennavo, l'occasione per chiedere chiarimenti sull'episodio richiamato dall'On. interrogante. Vorrei ricordare, infine, su un piano più generale, che l'Italia guarda con particolare attenzione alla problematica della tutela dei diritti umani e delle minoranze in Cina tanto nei contatti bilaterali quanto nel più ampio contesto dell'azione esterna dell'Unione europea in questo settore.

 

            Si ricorda infine che, nel corso della votazione finale del disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo tra il governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Popolare Cinese per la cooperazione scientifica e tecnologica (legge n. 135/07, approvata definitivamente il 17 luglio 2007) il Governo ha accettato due ordini del giorno presentati da Zacchera (9-02266-1) e Mellano (9-02266-2) con il quale si è impegnato a tutelare il patrimonio culturale ed ambientale tibetano.

 

 

 

XIV Legislatura

 

 

 

La visita del Dalai Lama a Roma nel 2003

 

Il Dalai Lama ha effettuato una visita a Roma  dal 26 al 30 novembre 2003, su invito dell'Intergruppo Parlamentare Italia-Tibet e della Fondazione Gorbachev.

 

L'invito ha fatto seguito all'approvazione da parte della Camera dei Deputati, nell’ottobre 2002, di una Risoluzione sul Tibet, votata all’unanimità e che “impegna il Governo ad adottare tutte le iniziative possibili nei confronti della Repubblica Popolare Cinese affinché si creino le condizioni per l'apertura di negoziati finalizzati alla realizzazione di un nuovo Statuto per il Tibet che garantisca l’autonomia dei tibetani in tutti i settori della vita politica, culturale e religiosa”. La risoluzione invita anche “il governo cinese a riconoscere e rispettare pienamente i fondamentali diritti politici delle minoranze etniche e religiose, nonché le loro specificità culturali”.

 

Il Dalai Lama è stato ricevuto dall’allora Presidente della Camera, on. Pier Ferdinando Casini, il 26 novembre 2003. All’incontro hanno partecipato anche gli onn. Gianni Vernetti (allora Presidente dell’Intergruppo parlamentare Italia - Tibet), Pietro Folena e il Senatore Alessandro Forlani.

 

Nel corso del colloquio, il Presidente Casini ha elogiato l’impegno del Dalai Lama a favore della pace. Il Dalai Lama ha affermato che i principi alla base della sua azione consistono nella promozione dei valori umani e dell’armonia religiosa. Il terrorismo oggi è un fenomeno particolarmente pericoloso, perché può essere realizzato anche da ristretti gruppi di persone. L’unico modo per contrastarlo consiste in un approccio non violento, dal momento che la forza produce effetti a breve, ma non a lungo termine. Il Dalai Lama ha anche affermato di essere sempre inviso alle autorità cinesi, mentre il suo impegno e quello dei suoi sostenitori non può essere classificato pro Tibet e contro la Cina. L’impegno dei sostenitori del lamaismo è semplicemente teso al raggiungimento della pace sociale, anche in Cina.

 

A seguito di tale incontro l’Ambasciata della Repubblica Popolare cinese a Roma aveva espresso le proprie critiche.

 

*****

 

Si segnala, inoltre, che il 20 aprile 2005 l’allora Presidente della Commissione affari esteri della Camera, on. Gustavo Selva, aveva incontrato una delegazione guidata dal Presidente del Parlamento Tibetano in esilio, Pema Jungney.

 

 

Visita alla Camera di Samdhong Rimpoche (2003)

 

Il 7 maggio 2003 su invito dell’Intergruppo Parlamentare “Italia-Tibet”[2]ilPrimo Ministro del Governo del Tibet in esilio, Samdhong Rimpoche, è stato in visita alla Camera dove ha incontrato i parlamentari dell’Intergruppo. Il Primo Ministro ha parlato della difficile situazione del Tibet e ha chiesto la collaborazione dello Stato italiano per far riconoscere l'autonomia tibetana richiamandosi alla risoluzione approvata alla Camera dei deputati il 9 ottobre 2002, nella quale si impegna il Governo a favorire le condizioni per un dialogo fra rappresentanti del Dalai Lama e della Repubblica popolare cinese.

 

 

Visita a Dharamsala dell’Intergruppo Parlamentare “Italia-Tibet” (2002)

 

Una delegazione parlamentare italiana dell’Intergruppo Parlamentare “Italia-Tibet” si è recata in visita a Dharamsala (India Settentrionale) e Nuova Delhi, dal 24 al 30 settembre 2002, su invito dell’omologo gruppo del Parlamento indiano[3].

La delegazione ha incontrato membri del Parlamento tibetano e del Governo tibetano in esilio, nonché altri enti, istituzioni e ONG tibetane. La delegazione ha incontrato anche il Dalai Lama.

Facevano parte della delegazione gli onn. Gianni Vernetti (Margherita), Pietro Folena (DS), Marco Zacchera (AN), Giuseppe Fioroni (Margherita), Olga D’Antona (DS) Laura Cima (Verdi), Benedetto Nicotra (FI), Luigi D’Agrò (CCD-CDU), Donato Mosella (Margherita), Giuseppe Detomas (Misto) Pierluigi Mantini (Margherita) ed il senatore Alessandro Forlani (UDC). Accompagnava i parlamentari anche il Consigliere Regionale del Piemonte, Bruno Mellano (Radicale), che presiede l’Associazione Comuni, Province e Regioni per il Tibet.

La delegazione parlamentare invitò il Dalai Lama a compiere una visita in Italia entro il 2003.

Al Dalai Lama è stata inoltre consegnata una copia della mozione 1-00096 che è stata discussa il 9 ottobre 2002 congiuntamente alla risoluzione in Assemblea 6-00038. La mozione è stata ritirata mentre la risoluzione è stata approvata il 9 ottobre 2002 con 407 voti a favore ed uno contrario.

 

 

Atti di indirizzo sulla questione tibetana

nella  XIV legislatura

 

 

Risoluzione in Assemblea 6-00038
approvata il 9 ottobre 2002 nella seduta n. 201

 

 

La Camera,

viste le risoluzioni sul Tibet del Parlamento europeo del 14 ottobre 1987, 15 marzo 1989, 15 settembre 1993, 17 maggio 1995, 13 luglio 1995, 14 dicembre 1995, 18 aprile 1996, 23 maggio 1996, 13 marzo 1997, 16 gennaio 1998, 13 maggio 1998, 6 luglio 2000, 11 aprile 2002; viste le risoluzioni sulle violazioni dei diritti fondamentali in Tibet adottate dal Bundestag tedesco (15 ottobre 1987, 20 giugno 1996 e 18 aprile 2002), dalla Commissione affari esteri della Camera dei deputati italiana (12 aprile 1989), dalla Camera dei deputati belga (20 giugno 1990), dalla Commissione affari esteri del Parlamento irlandese (21 luglio 1998); vista la risoluzione adottata il 23 agosto 1991 dalla Sotto-Commissione delle Nazioni Unite per la prevenzione delle discriminazioni e la protezione dei diritti delle minoranze; vista la risoluzione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa (D.E. 173, 5 ottobre 1988); viste le risoluzioni adottate dal Congresso degli Stati Uniti d'America, dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti australiana e dal Parlamento Ceco; visto l'atto costitutivo dell'«Associazione dei comuni, delle province e delle regioni italiane per il Tibet», Associazione alla quale hanno già aderito decine di enti locali; ricordando: le tragiche vicende storiche vissute dal 1949 ad oggi dal popolo tibetano; ricordando: le risoluzioni delle Nazioni Unite n. 1353 del 1959, n. 1723 del 1961 e n. 2079 del 1965; l'«accordo in 17 punti» firmato a Pechino dalle autorità tibetane, che pur prendendo atto che il Tibet è diventato parte integrante della Repubblica Popolare, garantiva anche la piena autonomia del Tibet e, in particolare, il riconoscimento del suo sistema politico e il pieno rispetto della libertà religiosa; i tentativi reiterati di rilanciare il dialogo con le autorità di Pechino fatti dal Dalai Lama con il «Piano in 5 punti», presentato davanti al Congresso americano nel 1987, e con la «proposta di Strasburgo», presentata davanti al Parlamento europeo nel 1988; valuta: favorevolmente, al fine di rafforzare il dialogo e il negoziato, la posizione del Dalai Lama per quanto riguarda la realizzazione di un governo autonomo per il Tibet in seno alla Repubblica Popolare cinese; condivide la sua profonda preoccupazione per il grave danno già arrecato all'ambiente, alle tradizioni, alla cultura ed alla religione tibetana, e per il deterioramento della situazione riguardante i diritti dell'uomo nel Tibet; esprime un giudizio positivo in merito ai recenti contatti avviati fra il governo cinese ed il Dalai Lama ed auspica che questi si trasformino quanto prima in un vero e proprio negoziato diretto fra il Governo cinese e il Dalai Lama con l'obiettivo di definire un nuovo statuto che garantisca la piena autonomia per il Tibet in seno alla Repubblica Popolare Cinese; facendo proprie: le risoluzioni del Parlamento europeo del 6 luglio 2000 e del 11 aprile 2002,

 

impegna il Governo

 

ad adottare, nel quadro delle Risoluzioni sopra richiamate del Parlamento europeo, tutte le iniziative possibili nei confronti della Repubblica Popolare cinese affinché, attraverso il dialogo, si creino le condizioni per la realizzazione di un nuovo statuto per il Tibet che garantisca una piena autonomia dei tibetani in tutti i settori della vita politica, economica, sociale e culturale, ad eccezione della politica estera e di difesa; ad invitare il governo cinese a riconoscere e rispettare pienamente i fondamentali diritti politici, sociali e culturali delle minoranze religiose, etniche e di altro genere nonché le loro specificità culturali compresa la libertà di culto; a favorire d'intesa con gli altri paesi dell'Unione europea il dialogo fra le autorità di Pechino e il Dalai Lama; ad adoperarsi presso la Commissione europea affinché nomini un osservatore della Unione europea per la questione tibetana. (6-00038)

 

«Vernetti, Paoletti Tangheroni, Landi di Chiavenna, Folena, Cima, Boato, Rizzi, Vendola, Zeller, Azzolini, Motta, Biondi, Ceremigna, Scherini».

 

 

 

 

XIII Legislatura

 

 

 

L’allora Presidente della Camera, on. Luciano Violante, aveva incontrato il Dalai Lama il 21 maggio 1996 ed il 28 ottobre 1999.

Il Presidente Violante ha inoltre incontrato, il 24 ottobre 2000, la sig.ra Chungdak Koren, Rappresentante del Dalai Lama per l’Europa. Nel corso dell’incontro, la sig.ra Koren ha affermato che il dialogo tra Cina e Tibet non ha avuto evoluzioni, che il Tibet sta puntando all’autonomia, non alla separazione dalla Cina, in un quadro generale che ha conosciuto solo peggioramenti. Il Presidente Violante ha affermato di condividere la posizione tibetana, favorevole all’autonomia della regione.

Un gruppo di parlamentari appartenenti all’Associazione “Amici della Cina” si è recato in visita in Tibet nel settembre 2000. La delegazione era guidata dal senatore Romualdo Coviello (PPI), Presidente della Commissione Bilancio del Senato, e ne facevano parte i deputati Antonio Soda (DS), Michele Saponara (FI), Marco Zacchera (AN) e i senatori Luigi Marico e Renzo Gubert (Misto-Centro Unione Popolare Democratica). Nel comunicato reso noto l’11 settembre si afferma che la Cina contribuisce positivamente alla crescita economica del Tibet e che alla popolazione tibetana è garantita la libertà di religione, anche se rimane aperta la questione del rapporto tra i governi cinese e tibetano con il Dalai Lama.

Il comunicato è stato oggetto di una nota diffusa da Amnesty International, in cui si ribadisce la pesante repressione politica e religiosa in atto nella Repubblica Popolare cinese insieme alla necessità che i leader dei maggiori partiti politici italiani smentiscano le dichiarazioni fatte dai parlamentari dell’associazione “Amici della Cina” e si attivino affinché vengano intraprese azioni concrete nei confronti del Governo di Pechino per il rispetto dei diritti umani.

Il Presidente dell’Associazione “Amici della Cina”, il senatore Renzo Gubert (Misto UPD), ha ribattuto successivamente alla nota di Amnesty, invitando l’organizzazione a distinguere tra la libertà di religione – a suo avviso riconosciuta dal governo cinese nel Tibet – e il tentativo politico di secessione, vero nodo da sciogliere per la soluzione del problema tibetano.

 

*****

Si menziona, a parte, che, in occasione del “Vertice del Millennio sulla Pace nel Mondo”, promosso dall’ONU a New York nell’agosto 2000 la partecipazione del Dalai Lama, prima annunciata era stata esclusa dagli organizzatori, nonostante si fossero pronunciati favorevolmente anche gli Stati Uniti d’America. Lo stesso segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, aveva sottolineato la necessità di tenere conto delle diverse sensibilità presenti in seno alle Nazioni Unite. Il Dalai Lama aveva, comunque, inviato un messaggio nel quale si formulava un appello per il rispetto reciproco e la tolleranza tra fedi differenti, nella convinzione che la religione debba essere uno strumento di pace piuttosto che di divisione. A seguito della lettura di tale messaggio la delegazione cinese aveva abbandonato la riunione in segno di protesta, in quanto la figura del leader spirituale tibetano viene interpretata dal governo cinese in chiave politica, come una istigazione all’indipendenza della regione.

 


RELAZIONI PARLAMENTARI

ITALIA E CINA

 

 

 

 

Rappresentanze diplomatiche

 

 

Ambasciatore d’Italia in Cina 

Riccardo SESSA

 

 

Ambasciatore della Repubblica popolare cinese a Roma    

DONG  JINYI

 

 

 

Incontri delle Commissioni

 

 

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto, il 17 dicembre 2007, la visita dell’Ambasciatore cinese in Italia, Dong Jinyi.

L’Ambasciatore ha manifestato l'auspicio che il Parlamento Italiano non offra facilitazioni al Dalai Lama, che il Governo di Pechino reputa promotore di una forte attività separatista nei confronti della Cina. Pechino accetta il fatto che il Dalai Lama sia un personaggio religioso, ma non le sue prese di posizione politiche: l'obiettivo delle sue visite in alcuni paesi è quello di attirarsi simpatie per raggiungere la separazione del Tibet dalla Cina. Sempre secondo l’Ambasciatore, il Dalai Lama non è l'unico leader religioso del buddismo tibetano, che è formato da diverse scuole. La sua autorevolezza non è per nulla assimilabile a quella del Papa. Ci sono 1.700 templi buddisti dove vivono oltre 46mila monaci, e oltre duemila "putti" viventi. Il governo cinese ha intrapreso misure a tutela e salvaguardia della propria integrità e identità territoriale. La Cina è un Paese multietnico, i diritti delle minoranza sono protetti dalla Costituzione e ci sono 5 regioni e oltre 1.000 villaggi autonomi. Invita quindi il Presidente Bertinotti, come già aveva fatto nei riguardi della Commissione di collaborazione italo-cinese guidata dall’onorevole Pier Ferdinando casini, a recarsi di persona in Tibet per rendersi conto della situazione. Da parte del Presidente Bertinotti si è ricordato l’ottimo stato delle relazioni bilaterali con la Cina e si accoglie l’invito a visitare il Paese. Precisa quindi che l'incontro è stato realizzato per la rilevanza internazionale del Dalai Lama, premio Nobel per la pace, e perché 200 parlamentari italiani, appartenenti a tutti i partiti politici ne avevano avanzato richiesta. Il Parlamento italiano ha sempre dato l’opportunità di esprimersi alle minoranze che in ogni parte del mondo avanzano tale richiesta, come nel caso del popolo saharawi e dei curdi, senza con ciò ingerirsi in alcun modo negli affari interni dei rispettivi paesi. L’incontro ha consentito di dare voce all'istanza di autonomia culturale e religiosa del popolo tibetano, istanza che il Dalai Lama rappresenta, tendendo fermo il riconoscimento dell'integrità geografica della Repubblica popolare cinese.

 

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha incontrato a Roma, il 17 ottobre 2007, una delegazione di parlamentari cinesi guidata dal Presidente del Gruppo di collaborazione italo-cinese, on. Chen Guangyi. La delegazione cinese ha partecipato ai lavori della seconda riunione del Gruppo di collaborazione italo-cinese. All’incontro ha presenziato il Presidente della parte italiana del Gruppo di collaborazione, Pier Ferdinando Casini.

 

Nel corso dell’incontro, Bertinotti ha ricordato gli storici vincoli di amicizia che legano Cina e Italia, nonché il ruolo che i due Paesi possono svolgere nella ricerca di intese riguardanti i maggiori temi internazionali (globalizzazione, multilaterlismo). Da parte cinese è stato posto in risalto l’ottimo andamento dei rapporti bilaterali, nonché la possibilità di incrementare ulteriormente la partmership sia a livello economico che politico. Da entrambe le parti è stata infine sottolineata l’importanza del dialogo bilaterale a livello parlamentare. Il Presidente della Camera è stato invitato a compiere una visita in Cina.

 

 

 

Incontri delle Commissioni

 

 

Il Presidente della Commissione Esteri, Umberto Ranieri, ha ricevuto a Roma, il 17 ottobre 2007, una delegazione di parlamentari cinesi guidata dal Presidente del Gruppo di collaborazione italo-cinese, on. Chen Guangyi.

 

Nel corso dell’incontro sono stati esaminati in particolare due dei principali questioni di politica estera con cui è alle prese Pechino: la questione tibetana e Taiwan. La delegazione cinese ha ricordato la posizione del Governo che si oppone a qualsiasi tentativo secessionista sia da parte tibetana, sia da parte di Taiwan. Ranieri, rilevando che non è interesse del nostro Paese e della comunità internazionale quello di mettere in dubbio la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica popolare, ha posto in evidenza il ruolo di mediazione a livello internazionale svolto dalla Cina, la sua posizione favorevole ad un ordine multipolare, l’impegno profuso nel mantenimento della pace a livello globale.

 

 

Il 1° giugno 2007 il Presidente della Commissione affari esteri, Umberto Ranieri, ha incontrato il Consigliere Chen Guoyou dell’Ambasciata della Repubblica popolare cinese a Roma (il Consigliere Chen svolge all’interno dell’Ambasciata la funzione di promuovere i rapporti parlamentari tra i due paesi, un ruolo che come da lui sottolineato, è stato creato dalla stessa Assemblea Nazionale del Popolo e che coinvolge in tutto 16 funzionari ad hoc in 16 paesi).

 

Nel corso dell’incontro è stato auspicato da entrambe le parti un rilancio dell’attività di cooperazione parlamentare che, su sollecitazione della parte cinese, dovrebbe prevedere la ricostituzione della Commissione di collaborazione italo-cinese e la calendarizzazione della sua prossima riunione, nonché uno scambio di visite da parte delle Commissioni esteri dei rispettivi Parlamenti. A sua volta, il Presidente Ranieri ha invitato la Commissione esteri dell’ANP a visitare la Camera.

 

 

 

 

Protocollo di cooperazione

 

 

L’Accordo di collaborazione parlamentare tra Italia e Cina, sottoscritto a Pechino il 28 febbraio 2001 e a Roma l’8 marzo 2001 dal Segretario Generale della Camera dei deputati dott. Ugo Zampetti e dal Segretario Generale del Comitato permanente dell’Assemblea Nazionale dott. He Chunlin, prevede la costituzione di una Commissione parlamentare di collaborazione Italia – Cina, composta da un Presidente e da otto deputati per parte, e che si riunisca una volta l'anno, alternativamente in Italia ed in Cina, per avviare il dialogo su temi di comune interesse come la legislazione, le tematiche economiche e sociali e la lotta alla criminalità organizzata.

 

 

§             Composizione della Commissione

 

Nella XV legislatura la Commissione è presieduta dal Presidente Pier Ferdinando Casini e composta dai deputati Fulvia Bandoli, Marco Boato, Francesco Colucci, Pierfrancesco Emilio Romano Gamba, Paola Goisis, Giuseppe Ossorio, Erminio Angelo Quartiani e Franco Russo.

 

La parte cinese della Commissione è presieduta dall’onorevole Chen Guangyi, Presidente Commissione Affari Cinesi d`Oltre Mare e Presidente del Gruppo d`Amicizia Cina-Italia dell’Assemblea Nazionale cinese, ed è composta dagli onorevoli Yang Guoliang, Vice Presidente della Commissione Esteri, Wang Xueping, Membro Commissione Affari Etnici e Membro del Gruppo d`Amicizia Cina-Italia, Jiang Chengsong, Membro Commissione Affari Protezione Ambientale e Conservazione di Risorse e Membro del Gruppo d`Amicizia Cina-Italia, e Lu Baifu, Membro Commissione Affari Finanziari ed Economici.

 

§             Precedenti riunioni

 

La Commissione di collaborazione italo-cinese si è riunita due volte nella XIV legislatura, nel luglio 2005, a Pechino, e nell’ottobre 2007, a Roma.

 

            I temi trattati nella prima riunione (1°-5 luglio 2005) sono stati i seguenti:

 

1.    La riforma delle Nazioni Unite;

2.    I rapporti bilaterali tra Italia e Cina e tra Cina e Europa, con particolare riguardo agli aspetti economici e commerciali;

3.    Il sistema formativo con particolare riguardo all’istruzione superiore ed universitaria.

 

            I temi trattati nella seconda riunione (17 ottobre 2007) sono stati i seguenti:

 

1.    I rapporti politici ed economici  tra Ue e Cina;

2.    Ambiente e politiche di sviluppo industriale;

3.    La tutela legislativa delle minoranze etniche.

 

 

Al termine della seconda riunione si era convenuto che la terza riunione della Commissione si sarebbe tenuta nella prima metà del settembre 2008 in Cina e che, in tale occasione, la parte italiana della Commissione avrebbe effettuato una visita in Tibet.

 

 

 

Nel corso della I riunione la parte italiana della Commissione si è recata a Shangai, dove ha incontrato il  Vice Direttore del Comitato Permanente dell’Assemblea del Popolo della Municipalità di Shangai, Wang Peisheng. A Pechino la parte italiana Commissione, oltre a svolgere i lavori parlamentari, ha avuto incontri di carattere istituzionale presso il Ministero degli Esteri ed il Ministero dell’Istruzione, nonché con rappresentanti del PCC; infatti, ha incontrato il Vice Ministro degli Affari Esteri, Zhang Yesui, e il Direttore Generale del Ministero dell’Educazione, Cen Jainjun,. Inoltre, ha incontrato la Vice Presidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo, signora Wuyun Qimuge, e il Vice Ministro per il Collegamento con l’Estero del Partito Comunista Cinese, Zhang Zhijun.

 

Nel corso della II riunione i capi delegazione cinesi, il Presidente Chen Guangyi ed il  Vice Presidente Yang Guoliang, sono stati ricevuti dal Presidente della Camera, Fausto Bertinotti.  All’incontro ha preso parte anche il Presidente della parte italiana, Onorevole Pier Ferdinando Casini. Inoltre, a conclusione dei lavori della Commissione, il  Commissario europeo per le relazioni estere, Benita Ferrero-Waldner, ha rivolto un saluto ai partecipanti ai lavori.

La delegazione cinese ha, quindi,  avuto incontri con il Vice Presidente del Senato, Senatore Mario Baccini, con il Sottosegretario di Stato agli Affari esteri, Bobo Craxi, e con il Presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Umberto Ranieri.

La delegazione cinese si era recata in visita, domenica 14 ottobre, a Milano, dove è stata accolta al suo arrivo dal Vice Presidente del consiglio comunale di Milano, Stefano Di Martino,  ha visitato la Fiera di Milano, dove è stata ricevuta dal Presidente della Fiera di Milano, Dott. Michele Perini, dal Presidente del Consiglio Comunale, Manfredi Palmeri, dalla dottoressa Claudia Bugno, dirigente della sezione internazionale della  Camera commercio della Lombardia, e dal dottor Fabio Aromatici, dirigente di Assolombarda. Inoltre, la delegazione cinese è stata ricevuta dal  Vice Presidente del Consiglio Regionale Lombardia, Enzo Lucchini, e dal Vice Presidente del Consiglio Regionale Lombardia, Marco Cipriano.

La delegazione cinese, che, nel corso del suo viaggio in Italia, ha altresì visitato la città di Venezia, gli Scavi di Pompei e la città di Pisa, si è recata a Firenze dove ha incontrato  il Vice Presidente del Consiglio Regionale, Paolo Bartolozzi.

 

Si segnala che, a conclusione dei lavori della seconda riunione, si è convenuto di dare avvio ad un programma di stages con l’Assemblea Nazionale cinese.

 

 

 

Cooperazione multilaterale

 

 

Il dialogo eurasiatico

 

La Cina partecipa al dialogo euro-asiatico dell’ASEM (Asia Europe Meeting)[4] e, quindi, agli incontri dell’Asia-Europe Parliamentary Partnership (ASEP) e a quelli dell’Asia-Europe Foundation (ASEF) che definiscono la parte parlamentare della cooperazione.

ASEP

L’Asia-Europe Parliamentary Partnership (ASEP), è un foro di dialogo parlamentare maturato in ambito ASEM, la cui quarta riunione siè tenuta a Helsinki (Finlandia) il 4 e 5 maggio 2006. In tale occasione è stato presentato il rapporto sulla cooperazione tra Asia ed Europa ed è stato approvato il regolamento dell’ASEP.

Si ricorda che le riunioni hanno cadenza biennale e che il prossimo incontro si terrà a Pechino dal 18 al 20 giugno 2008.

 

Le precedenti riunioni ASEP si sono tenute:

·        la terza ad Hue City, in Vietnam, dal 25 al 27 marzo 2004;

·        la seconda a Manila, nelle Filippine, dal 26 al 28 agosto 2002;

·        la prima a Strasburgo, presso il Parlamento europeo, nel 1996. L’incontro mirava, in particolare, a fare dell’ASEP il braccio parlamentare dell’ASEM e a farne la sede per eccellenza della diplomazia parlamentare tra le assemblee legislative dei Paesi asiatici ed europei.

 

 

ASEF[5]

 

La Fondazione, con sede a Singapore, gestisce una serie di attività articolate in specifici programmi. In particolare, l’iniziativa dei giovani parlamentari euroasiatici, Asia Europe Young Parlamentarians Meeting (AEYPM), qualifica, assieme al Seminario dei Giovani Leaders dell'Asia e dell'Europa (AEYLS), la sezione politica di tali attività.

 

L’ultimo incontro, il sesto, dei giovani parlamentari eurasiatici (AEYPM6), si è svolto a L’Aja dal 28 febbraio al 3 marzo 2007. La Camera è stata rappresentata dall’On. Sandro Gozi.

 

Il precedente incontro dei Young Parliamentarians Meeting dell’ASEF, il quinto, si è svolto a Guilin (Cina) dal 23 al 26 ottobre 2003[6].Nell’ottobre 2002 la riunione dei giovani parlamentari è stata ospitata dalla Camera dei deputati a Venezia. In precedenza i giovani parlamentari eurasiatici si sono incontrati, nel novembre 1998, a Cebu nelle Filippine, nell’aprile 2000 a Cascais in Portogallo e, nel novembre 2001 a Bali in Indonesia.

 

Conferenza su “Il ruolo dei parlamenti nella promozione di politiche per lo sviluppo della società dell’informazione”

 

Nessun parlamentare cinese ha partecipato alla Conferenza su Il ruolo dei parlamenti nella promozione di politiche per lo sviluppo della società dell’informazione, ospitata dalla Camera dei deputati, il 3 e il 4 marzo 2007, organizzata congiuntamente all’Unione Interparlamentare e all’UNDESA, in quanto inserita nel quadro dell’iniziativa Gobal Centre for ICT in Parliaments.

 

*****

 

Si ricorda, inoltre, che il Parlamento cinese prende parte all’Associazione dei Parlamenti Asiatici per la Pace, all’Asia Pacific Parliamentary Forum (APPF), all’Asia Pacific Parliamentarians’ Union (APPU), ed interviene in qualità di osservatore all’ASEAN Inter-Parliamentary Organization.

 

 

Unione interparlamentare

 

 

            E’ in via di costituzione la sezione di amicizia Italia-Cina per la XV Legislatura. Al momento ne fanno parte l’on. Andrea PAPINI (Ulivo) che ne è Presidente, e gli On. Francesco COLUCCI (FI), Gino CAPOTOSTI (Udeur), Massimo Saverio Ennio FUNDARO’ (Verdi) ed il Sen. Learco SAPORITO (AN).

 

 

Disegni di legge di ratifica di trattati internazionali all’esame del Parlamento riguardanti la Repubblica Popolare Cinese

 

 

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare di Cina per la cooperazione scientifica e tecnologica, con Allegato, fatto a Pechino il 9 giugno 1998.

 

Legge n. 135/07 del 2 agosto 2007, GU n. 199 del 28 agosto 2007

 

 

AS 1376 / AC 2630

Ratifica ed esecuzione dei seguenti accordi: a) Accordo di cooperazione relativo ad un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS) - Galileo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e la Repubblica popolare cinese, fatto a Pechino il 30 ottobre 2003; b) Accordo concernente la promozione, la fornitura e l' uso dei sistemi di navigazione satellitare Galileo e GPS e applicazioni correlate tra gli Stati Uniti d' America, da un lato, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall' altro, con Allegato, fatto a Dromoland Castle il 26 giugno 2004.

 

Approvato dal Senato. Trasmesso alla Camera e assegnato alla 3ª Commissione permanente (Affari esteri e comunitari) in sede referente il 14 maggio 2007. In corso di esame in Commissione.

 

 

AS 884 / AC 2265

Ratifica ed esecuzione dell' Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004.

 

Approvato dal Senato. Trasmesso alla Camera e assegnato alla 3ª Commissione permanente (Affari esteri e comunitari) in sede referente il 21 febbraio 2007. In corso di esame in Commissione.

 

 

ATTI DI SINDACATO ISPETTIVO

 

Numerosi sono gli atti di sindacato ispettivo relativi alla Cina presentati nel corso dell’attuale legislatura e concernenti varie materie: rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa, embargo sulle armi, tutela del lavoro e dei lavoratori, concorrenza sleale e misure antidumping. Si segnalano, in particolare, le mozioni Paoletti Tangheroni n. 1-00033, Volontà n. 1-00052, D’Elia n. 1-00053 e Sereni n. 1-00063, approvate dalla Camera il 12 dicembre 2006, con le quali si impegna il Governo, tra l’altro,ad indirizzare l’azione diplomatica, sia nei rapporti bilaterali che a livello europeo, in modo da assicurare il rispetto dei diritti umani e civili, della libertà di espressione e religiosa; a sostenere, nella discussione in corso in sede europea sull'embargo del commercio di armi con la Cina, la posizione per la quale un'eventuale revoca da parte dell'Unione europea debba essere legata a progressi verificabili e tangibili della Cina nel campo dei diritti umani, delle riforme democratiche e delle relazioni pacifiche coi vicini regionali; ad intervenire presso le autorità cinesi affinché la legislazione del lavoro e i diritti dei lavoratori si adeguino agli standard internazionali (cfr. allegato).

Si segnala anche l’Interrogazione a risposta immediata in Paoletti Tangheroni Commissione  n. 5-00593, sullo sviluppo dell'armamento satellitare e violazione dei diritti umani in Cina (di cui si allega il testo della risposta).

 

 

 


LA QUESTIONE TIBETANA

a cura del Ministero degli Affari Esteri

 

aggiornata al dicembre 2007

 

 

 

 

          Inquadramento della “questione tibetana”

          1. La questione tibetana ha inizio ufficialmente nel 1951, anno della firma dell’Accordo in 17 punti tra Pechino e Lhasa, con cui le parti attuavano la cessione di sovranità del Tibet alla Repubblica Popolare Cinese. Ad esso seguì la nascita della Tibetan Autonomous Region (T.A.R.) nel 1965. Dal 1960 il governo tibetano in esilio, formatosi in conseguenza di tali sviluppi,  ha sede a Dharamsala, in India.

          La “questione tibetana” rappresenta da anni una spina nel fianco per le Autorità di Pechino, proprio per la sensibilità dimostrata dall’opinione pubblica e dai governi di molti Paesi per il rispetto della minoranza tibetana, e per l’affermazione di una concreta, ampia autonomia per la Regione.

          La politica cinese nel Tibet si caratterizza dal 1959 (anno della definitiva soppressione da parte maoista delle ultime vestigia dello Stato lamaista e dell’esilio in India del XIV° Dalai Lama) per il tentativo di favorire l’assimilazione della regione nel tessuto cinese. Dal canto loro, il Governo tibetano in esilio e gli esuli hanno fin dall’inizio manifestato un forte sentimento di identità nazionale tibetana.

          Queste rivendicazioni si fecero sentire anche nello stesso Tibet, tanto nella comunità laica che in quella religiosa, e hanno dato luogo a importanti proteste alla fine degli anni ’80, culminate nelle manifestazioni del marzo 1989 a Lhasa. Esse furono duramente represse da Hu Jintao, allora Segretario del Partito Comunista della T.A.R; per la prima volta nella storia della Repubblica Popolare Cinese fu proclamata la legge marziale.

          2. Negli ultimi tempi Pechino, dopo aver mantenuto la regione in uno stato di notevole arretratezza, ha cambiato rotta, ed ha cercato di indurre nell’area uno sviluppo economico, mirato comunque alla completa assimilazione con il resto del territorio cinese. Ciò con l’intento di sottrarre forza alle tendenze indipendentiste, e di incentivare l’insediamento di popolazioni han, non tibetane, diluendo così le specificità culturali e spirituali della regione.

          Al riguardo, significato strategico e particolare risalto mediatico ha avuto il completamento nel luglio del 2006 della ferrovia Golmud-Lhasa, che ha esacerbato le preoccupazioni di quanti – dentro e fuori il Tibet – vedono in tale grande opera, di notevole contenuto tecnologico, un ulteriore strumento di riduzione dell’identità tibetana, e di indiscriminata sinizzazione della Regione. L’iniziativa ha permesso una crescita del flusso di turisti (più di due milioni e mezzo nel 2006) e degli introiti indotti (più di 250 milioni di euro), incentivando nuovi investimenti stranieri nel settore.

            3. Nonostante le Autorità cinesi continuino a considerare il Dalai Lama un leader politico e lo accusino di volere l’indipendenza del Tibet, le posizioni della guida spirituale tibetana sembrano ispirarsi ad una crescente moderazione: il suo auspicio appare  ora un’effettiva autonomia per il Tibet, nell’ambito della Repubblica Popolare Cinese. Ciò ha contribuito all’apertura nel settembre 2002 di un dialogo tra le Autorità di Pechino e  rappresentanti del Dalai Lama. Tale dialogo – formalmente non riconosciuto da Pechino – si è finora articolato in sei tornate negoziali (da ultimo, inviati del Dalai Lama si sono incontrati con delegati del Governo di Pechino nella capitale cinese, nel luglio 2007).

          La politica del Governo di Pechino sembra orientata all’obiettivo – già realizzato in parte nel 1995, quando morì l’altra importante carica religiosa tibetana, il Panchen Lama – di attendere la morte del Dalai Lama (che ha 72 anni), e di sostituirlo con un nuovo leader di nomina governativa, che assicuri quel controllo sul suo operato, al momento non possibile. L’apertura ad un dialogo periodico con i rappresentanti del Dalai Lama è quindi probabilmente solo un tentativo di Pechino per tranquillizzare l’opinione pubblica in Occidente, dove la causa tibetana è particolarmente popolare, nonché di mantenere un controllo nei confronti di personalità comunque influenti fra i monaci buddisti del Tibet.

          4. La preoccupazione cinese per l’evoluzione futura della situazione nella regione è confermata dal costante scrutinio delle forze di sicurezza  dell’attività dei monasteri lamaisti, visti dalle Autorità cinesi come luoghi pervasi da istanze separatiste e indipendentiste. L’adozione nel marzo 2005 di un nuovo regolamento degli affari religiosi ha delimitato ulteriormente la libertà religiosa in Tibet ed ha concorso, insieme a campagne di cosiddetta “ri-educazione patriottica”, a mantenere sotto  pressione il clero buddista. Rimane inoltre il saltuario ricorso al pugno duro con condanne esemplari nei confronti di attivisti tibetani: prima dei fatti del marzo 2008 l’ultima esecuzione di un tibetano accusato di attività terroristiche era avvenuta nel febbraio 2003. Secondo dati riportati dai media, quasi 2500 religiosi sono fuggiti dal Tibet o hanno scelto l’esilio nel corso del 2006. Per la maggior parte si tratta di giovani novizi, monaci e suore.

          Se da un lato, nel febbraio del 2004, è stata rilasciata dalle Autorità cinesi la monaca Phuntsong Nyidrom, ultima prigioniera di un gruppo di dimostranti tibetani arrestati nel 1989, nel febbraio del 2005 sono invece stati arrestati cinque monaci. Da ultimo, nell’ottobre del 2006, sono stati uccisi dalla gendarmeria di frontiera alcuni fuggitivi. Il caso ha destato notevole scalpore, ed è stato sollevato nell’ambito del dialogo sui Diritti Umani UE-Cina.

 

5. D’altra parte, è indubbio un progressivo sviluppo economico della Regione Autonoma del Tibet, riconosciuto dallo stesso Dalai Lama, e promosso da ingenti trasferimenti di risorse da parte del governo centrale. Esso è testimoniato dalla crescita annua del 12% negli ultimi sei anni, e dal conseguente aumento dei redditi pro capite dei contadini e pastori negli ultimi 4 anni.

L’undicesimo piano quinquennale, per il periodo 2006-2010, prevede per la regione investimenti superiori ai nove miliardi di dollari, e 180 progetti infrastrutturali. Tuttavia, di questo sviluppo non sono solo i Tibetani ad usufruire: principale beneficiario di tale veloce ascesa appare la sempre più corposa comunità cinese residente nell’area, immigrata nel quadro della politica di progressiva assimilazione attuata dal Governo di Pechino. Tali progetti stanno comportando anche negative conseguenze sulla peculiare identità culturale, religiosa, e linguistica della popolazione tibetana. Sono inoltre denunciati problemi di discriminazione nell’impiego di personale tibetano, tanto nella Pubblica Amministrazione, quanto nel settore privato.

            6. Va infine segnalato che Pechino ha ripreso negli ultimi mesi una accesa campagna contro il Dalai Lama, a cui viene contestato di essere comunque un leader politico, guida del Governo tibetano in esilio avente sede in India, e assertore dell’indipendenza e della separazione del Tibet. Qualsiasi riconoscimento ufficiale del monaco esule equivale per Pechino all’avallo di una posizione separatista e ad un atto di inimicizia nei confronti della Repubblica Popolare di Cina. Di fatto, a partire dal 2004, anche la semplice ospitalità al Dalai Lama viene considerata dalle Autorità cinesi come incompatibile con la One China Policy, cioè la linea adottata da tutti i principali Paesi (e dall’ U.E.) di considerare quello di Pechino l’unico Governo rappresentativo del popolo cinese, e di rispettare l’ integrità territoriale della Cina in tutte le sue componenti.

          Naturalmente, nella visione delle Autorità di Governo cinesi, le mire indipendentiste del Dalai Lama prevalgono sulle considerazioni circa la sua alta carica spirituale o la sua membership nel club dei Premi Nobel per la Pace.

 

          La posizione dell’Italia e dell’Unione Europea sulla questione tibetana

          1. In tale quadro, l’Italia e l’Unione Europea seguono con particolare interesse le tematiche relative al rispetto dei diritti umani nella Regione Autonoma del Tibet. L’Unione Europea ha espresso preoccupazione per le misure repressive contro gruppi religiosi in Cina a seguito dell’adozione nel marzo 2005 di un nuovo regolamento degli affari religiosi e per le notizie non confermate di torture e di maltrattamenti di tibetani in detenzione.

          La questione della libertà religiosa e dei diritti della minoranza tibetana è stata di recente affrontata nell’ultimo round del dialogo UE – Cina su diritti umani del 17 ottobre 2007. Da parte europea si sono portati all’attenzione cinese i casi individuali di violazione dei diritti umani nei confronti di tibetani, ed è stato criticato “l’Ordine di Stato N. 5 sui Lama reincarnati”, in vigore dal 1° settembre 2007, con cui le Autorità cinesi limitano ulteriormente le scelte dei predicatori, sottoponendole ad una serie di controlli da parte del Governo. Tale nuova regolamentazione, assieme alle misure promulgate nelle T.A.R. dal gennaio 2007, è in contraddizione con gli obblighi della Cina sotto la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, rappresentando un’ulteriore restrizione alla libertà di religione e di credo in Tibet. L’Unione europea auspica inoltre la continuazione dei colloqui fra la Cina e gli inviati del Dalai Lama.

2. L’Italia, da parte sua, attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti delle minoranze, e ritiene che esso costituisca uno degli aspetti più rilevanti nel quadro generale della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il nostro Paese auspica il proseguimento del dialogo già avviato dalle Autorità di Pechino con i leader religiosi tibetani. E’ inoltre auspicio del Governo italiano la preservazione dell’identità culturale del Tibet, e la realizzazione di condizioni che permettano ai tibetani di esercitare pienamente i loro fondamentali diritti politici, religiosi e culturali.

L’Italia, al pari dei partners UE, si augura dunque che i processi in corso di sviluppo e di modernizzazione economica in Tibet siano inclusivi di tutte le etnie presenti nella Regione, evitando la marginalizzazione dei tibetani. Inoltre ci si augura che contenuto sostanziale sia dato alla autonomia formale concessa dal Governo centrale cinese, e che la popolazione tibetana possa esercitare forme di controllo sui processi economici in atto, sulle risorse naturali locali e sulle ricchezze ivi prodotte.

         

 


LA REGIONE DEL TIBET

tratto da “Wikipedia”

 

 

 

La Regione Autonoma del Tibet è evidenziata nella mappa

 

 

La Regione Autonoma del Tibet, nota anche con l'acronimo TAR (Tibet Autonomous Region) (è una regione con autonomia a livello di provincia della Repubblica Popolare Cinese.

 

Storia

Fino al 1950 il Tibet era uno stato sovrano indipendente governato dalla massima autorità religiosa del Buddhismo tibetano, il Dalai Lama. In quell'anno l'Esercito di liberazione popolare, facente capo alla Repubblica Popolare Cinese guidata da Mao Zedong, invase il Tibet, adducendo, come motivazioni verso l'esterno, il fatto che il Tibet, secoli prima, era stato conquistato dai Mongoli e appartenevano allo stesso impero. Nel 1956 il Governo cinese costituì il Comitato Preparatorio per la Regione Autonoma del Tibet. Tenzin Gyatso (XIV Dalai Lama) presiedeva il comitato, ma si rese conto che gli altri appartenenti erano molto dipendenti dalle decisioni del governo centrale. Nel 1957 scoppiò una rivolta nel Tibet orientale che si estese a Lhasa nel 1959. Nello stesso anno l'Esercito di liberazione popolare schiacciò la rivolta e costrinse il Dalai Lama alla fuga e il 17 marzo lasciò il Palazzo del Norbulingka travestito da soldato e scappò in India dove costituì il Governo tibetano in esilio. Il 1° settembre 1965 nacque ufficialmente la Regione Autonoma del Tibet, nota internazionalmente con l'acronimo di TAR (Tibet Autonomous Region). In concordanza con gli articoli 111 e 112 della Costituzione della Repubblica Popolare Cinese e seguendo l'esempio dell'Unione Sovietica, il governatore doveva essere di etnia tibetana, controllato dal locale segretario del Partito Comunista Cinese, generalmente un cinese di etnia Han. La Cina governò quello che rimaneva del Tibet con la forza e la repressione.

Durante la Rivoluzione Culturale vennero uccisi circa 1,2 milioni di tibetani, distrutti 6.254 monasteri, deportati circa 100.000 tibetani nei campi di lavoro e si è avuta una deforestazione indiscriminata.

Nel 1976, dopo la morte di Mao, visto il clima di rivolta sempre nell'aria, i cinesi si resero conto che non potevano continuare a governare la Regione Autonoma del Tibet sempre nello stesso modo. Per questo Hua Guofeng, successore di Mao, invitò il Dalai Lama a ritornare in Tibet. Questi considerò con cautela l'invito e, dopo avere mandato una commissione per valutare il rientro (con il consenso cinese), decise di rimanere in India. Deng Xiaoping sostuì Hua Guofeng ed inviò in Tibet una commissione per valutare la situazione del Tibet. A seguito di questa venne stabilito un piano per cercare di migliorare le condizioni di vita dei tibetani riducendo per due anni le tasse, consentendo un minimo di iniziativa privata e facendo riaprire il Jakong e il Palazzo del Potala.

Nei primi anni ottanta vennero diminuiti leggermente i divieti relativi all'osservanza della religione e vennero riaperti alcuni monasteri. Questo era per riaprire il colloquio con il Governo tibetano in esilio in modo che il Dalai Lama fosse più vicino all'influenza cinese e che andasse in Cina dove avrebbe potuto ricoprire qualche incarico da funzionario. Egli rifiutò e nel 1983 i colloqui furono interrotti definitivamente e l'invito al Dalai Lama fu ritirato. Da allora ci sono state sporadiche rivolte (per lo più non armate) per l'autonomia del Tibet contro il Governo cinese, condotte principalmente da monaci e monache. Il Governo cinese, oltre a reprimere con la forza queste proteste, cerca di favorire l'immigrazione di cinesi di etnia Han nella Regione Autonoma del Tibet. In particolare, è stata inaugurata l’anno scorso la Ferrovia del Qingzang che collega Lhasa a Pechino e al resto della Cina. Si stima che questa porterà in Tibet 40 milioni di non tibetani (contro circa 6,5 milioni di tibetani). Il turismo è stato incrementato, ma le guide turistiche cinesi vengono favorite rispetto a quelle native alle quali viene impedito di svolgere la professione, nel caso in cui fossero scappate in India in precedenza. A tutt'oggi Tenzin Gyatso (XIV Dalai Lama) non richiede più l'indipendenza e la sovranità del Tibet, anche tramite pressioni internazionali, ma solo una vera autonomia della Regione Autonoma del Tibet ed il rispetto dei diritti umani dei tibetani.

 

Geografia

La Regione Autonoma del Tibet costituisce una parte del Tibet ed è localizzata nell'omonimo altopiano e comprende una parte importante della catena dell'Himalaya (tra cui il Monte Everest, la montagna più alta del mondo).Confina a nord e a est con la regione autonoma dello Xinjiang e con le province cinesi di Qinghai e Sichuan; a ovest confina con l'India e a sud con Nepal, India e Bhutan e con la provincia dello Yunnan.

 


Divisioni amministrative

La Regione Autonoma del Tibet comprende una città a livello di prefettura, LHASA, 6 prefetture (Nagqu, Qamdo, Nyinchi, Shannan, Xigazê, Ngar). Comprende un distretto (Chegguan, Lhasa), una città a livello di contea (Xigazê) e 71 contee.

 

Popolazione

La Regione Autonoma del Tibet ha la più bassa densità delle 6 regioni amministrative a livello di province cinesi a causa del clima e del territorio altamente montagnoso. La popolazione è costituita da Tibetani e da Cinesi di etnia Han. Non esistono stime ufficiali attendibili inerenti alla percentuale degli uni e degli altri. Sono presenti anche piccoli gruppi tribali come i Monpa e i Lhoba nella parte sud-ovest della regione.

 

Economia

I tibetani dipendono tradizionalmente dall'agricoltura e dall'allevamento, in particolare di yak. Dagli anni '80, con l'arrivo della tecnologia e della modernità dalla Cina, i servizi svolgono un ruolo importante. Nel 2003, il PIL era di 2,2 milioni USD e costituiva il minore tra le province e regioni cinesi, contribuendo solo allo 0,1% dell'intera economia cinese.

 

 


IL GOVERNO TIBETANO IN ESILIO

tratto da “Wikipedia”

 

            Il Governo tibetano in esilio o Amministrazione centrale tibetana (spesso abbreviato come CTA da Central Tibet Administration) rappresenta il tradizionale governo del Tibet, i cui componenti sono fuggiti in esilio in India nel marzo del 1959 insieme al Dalai Lama dopo la rivolta di Lhasa contro l'esercito cinese. Il governo tibetano è stato dichiarato illegale da parte della Repubblica popolare cinese il 28 marzo 1959, ma contemporaneamente il Dalai Lama formava un governo provvisorio presso il villaggio Lhuntse Dzong, pochi giorni prima di varcare il confine indiano.

            Il 29 aprile dello stesso anno il Governo tibetano in esilio si è insediato nella località indiana di Masūrī (Mussoorie). Il trasferimento definitivo a Dharamsala, ove opera tutt’oggi, è avvenuto nel maggio del 1960.

            Il Governo tibetano in esilio ha principalmente le funzioni di supportare gli esuli in arrivo dal Tibet, amministrare i campi profughi e gli insediamenti permanenti, preservare la cultura tibetana e promuovere l’istruzione dei profughi.

            La fonte primaria del diritto è costituita dalla Carta dei Tibetani in esilio (Charter of the Tibetans in Exile), un documento adottato nel 1991 dall’Assemblea dei Deputati. Si basa sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e sul principio della separazione dei poteri.

 

            Nella Prefazione alla Carta, al secondo paragrafo, si fa espressamente menzione alla possibile costituzione di uno Stato tibetano indipendente: (“Whereas efforts shall be made to transform a future Tibet into a Federal Democratic Self-Governing Republic and a zone of peace throghout her three regions”. Trad: Considerato che saranno compiuti sforzi per trasformare un futuro Tibet in una Repubblica Federale indipendente e per dare vita ad una zona di pace nelle sue tre regioni).

 

Organi

            L’attuale struttura dell’Amministrazione centrale tibetana è frutto di un processo di democratizzazione iniziato già nei primi anni dell’esilio.

 

Sono attivi i sette ministeri (Lhenkhang) elencati di seguito.

 

Ministero
Lhenkhang

Ministro
Kalon

Interno

Lobsang NYIMA

Educazione

Thupten LUNGRIG

Finanze

Lobsang NYANDAK

Sicurezza

Samdhong RINPOCHE

Informazione e Relazioni internazionali

Samdhong RINPOCHE

Salute

Lobsang NYANDAK

Religione e Cultura

Thupten LUNGRIG

 

Sono inoltre in funzione i seguenti organi:

 

 


Michele Tempera

CINA: LA QUESTIONE DEL TIBET

Tratto da Equilibri.net (20 marzo 2008)

 

            I disordini nella regione tibetana riportano alla ribalta il difficile rapporto tra Pechino e Lhasa. Tralasciando le polemiche sul bilancio degli scontri, è interessante soffermarsi sulla strategia cinese riguardo alla regione, analizzando le motivazioni e le modalità della gestione cinese in Tibet. Una potenza in ascesa si confronta con le pulsioni indipendentiste manifestate in una rilevante porzione del proprio territorio. Questa situazione apre scenari significativi, i quali sottolineano come Pechino intenda proseguire nell’integrazione politico-economica del Tibet e quanto questa sia tenuta in considerazione nella prospettiva di divenire un protagonista della politica internazionale.

            Il Tibet appartiene alla Cina sin dalla metà del diciottesimo secolo. Questo territorio impervio entra nella attualità internazionale quando le truppe cinesi ne prendono possesso militarmente. Ciò accadde nel 1950-51 per opera dell’esercito maoista della Repubblica Popolare Cinese (formatasi nel 1949). Il governo presieduto da Mao Tse-Dong decise allora di conferire al territorio in questione la qualifica di Provincia Autonoma, lasciandoli formalmente libertà religiosa, culturale e di linguaggio. I rapporti tra il governo centrale cinese e il Tibet si sono ulteriormente inaspriti quando nel 1959 una rivolta è stata repressa sanguinosamente da Pechino, provocando la fuga del Dalai Lama (massima autorità politico-religiosa tibetana) in India.

            Le proteste espresse da una parte della popolazione tibetana nei giorni scorsi sono il sintomo di una sofferenza politico-culturale. Data la scarsa trasparenza delle fonti cinesi da un lato e della propaganda dei movimenti indipendentisti tibetani (guidati dal Dalai Lama) dall’altro, risulta molto difficile stabilire in maniera affidabile la reale entità del fenomeno in corso. Infatti se è certa la presenza di un ampio movimento favorevole al distaccamento dalla Cina Popolare, è altrettanto accertata l’esistenza di una porzione di cittadini che vede positivamente il legame della regione autonoma alla locomotiva economico-produttiva cinese. Inoltre il ruolo sempre più prominente occupato da Pechino sulla scena internazionale non può che costituire un’attrattiva per la popolazione tibetana che ambisce ad un miglioramento delle proprie condizioni di vita e ad uno sviluppo economico duraturo. Con queste premesse sembra opportuno non soffermarsi in questa sede sull’annoso dibattito che vede da una parte la Cina condannare la deleteria influenza destabilizzante esercitata dall’esterno dal Dalai Lama e dall’altra parte il movimento per l’indipendenza del Tibet evocare l’evidenza di un genocidio in corso nel territorio tibetano. Risulta per il momento del pari opportuno, per le stesse ragioni, evitare di addentrarsi nei particolari della rivolta e della conseguente risposta di Pechino.Si cercherà di esporre invece la dinamica sottostante alla annosa tensione tra le due entità in gioco, dinamica della quale gli scontri in corso rappresentano un effetto ricorrente ma episodico.

 

La strategia di Pechino in Tibet e le sue motivazioni

            Supportata dal diritto internazionale e dall’evidenza, la Cina considera il Tibet come parte integrante ed indivisibile del proprio territorio. Non è dunque verosimile pensare, nelle condizioni geopolitiche internazionali attuali, a una possibilità di riuscita di qualsiasi rivolta popolare in Tibet. Fin dalla nascita della Repubblica Popolare la capitale Lhasa ed i suoi dintorni sono stati soggetti a un processo di assimilazione culturale ed economica. Tuttavia solamente da dieci anni a questa parte tale processo ha assunto caratteri di marcata rilevanza quantitativa. Dalla fine degli anni ’90 del ‘900 miliardi di dollari sono fluiti verso la repubblica autonoma, dando via ad un percorso si modernizzazione attualmente in pieno svolgimento.

            Questo movimento verso la modernità impresso dal governo centrale cinese si può scindere in una duplice strategia. In primo luogo Pechino sta includendo il Tibet in una tendenza, caratterizzata da una crescita economico-produttiva, vissuta su scala più ampia dall’intero paese. La travolgente crescita economica deve essere accompagnata, secondo l’ultimo piano quinquennale, dalla modernizzazione delle aree del paese più arretrate e sottosviluppate, al fine di scongiurare tumulti, malcontento e instabilità. Il Tibet rientra pienamente in questa categoria di province e la sua volontà indipendentista lo rende uno dei terreni privilegiati dove applicare i piani elaborati a Pechino. In questo contesto la Cina sta attuando in Tibet diversi progetti di sviluppo infrastrutturale, tra i quali la linea ferroviaria che collega Lhasa alla Cina centrale ed occidentale (nota per transitare per 1.200 Km a 5.000 m di altitudine) ne rappresenta l'esempio più alto.

            La seconda parte della strategia consiste nello stabilire solide reti amministrative nella regione, in modo da rendere maggiormente partecipi i cittadini tibetani alla vita politica nazionale e allo stesso tempo inserirli nel contesto partitico e amministrativo vigente nel resto del paese asiatico.Questa duplice strategia è ispirata da motivazioni ben precise nonché da specifici obiettivi strategici. Pechino sta tentando attivamente di creare un legame economico e produttivo solido tra il Tibet e le altre zone dell’immenso stato. Difatti oltre ai progetti e alle infrastrutture, lo sviluppo di un tessuto economico integrato a quello nazionale risulta di fondamentale importanza al fine di avvicinare attraverso l’economia e il commercio due realtà culturalmente differenti. Se il Tibet riuscirà ad essere incluso nel circuito dello sviluppo produttivo sperimentato in molte altre parti del paese, le proteste diverranno inevitabilmente più flebili, come del resto il consenso ad una politica indipendentista la quale, a quel punto, sarebbe anacronistica.

            Vi sono ragioni geopolitiche all’intransigenza di Pechino di fronte ad ogni richiesta di indipendenza proveniente da Lhasa.La Cina è da alcuni anni nel pieno di una rapida ascesa politica, diplomatica ed economica, che sta rendendo il gigante asiatico una tra le maggiori potenze mondiali. Le prospettive e le previsioni per il breve e medio periodo non si discostano da questo trend. Ciò rende di cruciale importanza per Pechino ottenere una stabilità interna completa e immodificabile, così da potere affrontare liberamente e nel migliore dei modi le sfide economiche e strategiche che si stagliano al suo orizzonte. Di conseguenza, non può essere tollerata una spinta indipendentista che coinvolge una fetta consistente del suo territorio, poiché, se avesse successo, getterebbe nello scompiglio l’intera nazione e produrrebbe contraccolpi imprevedibili. Risulta quindi semplice comprendere come per Pechino non solo non possa nemmeno entrare in discussione una eventuale indipendenza della Provincia Autonoma, ma neppure un riconoscimento parziale di tali istanze.
            Anche la necessità di fornire un'immagine del paese solida e prestigiosa all’estero, soprattutto in Asia, concorre a rendere inaccettabile il movimento tendente all’indipendenza del Tibet. La Società Armoniosa descritta dal presidente cinese Hu Jintao durante l’ultimo congresso del Partito Comunista Cinese, serve in questo caso da paradigma per la questione tibetana. La costruzione di una società pacifica e stabile avverrà certamente a scapito di ogni istanza separatista, che verrà repressa duramente. Non va sottovalutato poi il fatto che il Tibet è l’unica tra le province cinesi a confinare con l’India. Questa circostanza rende il territorio tibetano di fondamentale importanza, tanto strategica quanto economica, per Pechino e allontana qualsiasi residua possibilità di indipendenza.Proprio l’India ha interrotto sul nascere le manifestazioni dei rifugiati tibetani scatenatesi al di là del confine cinese. I manifestanti che stavano marciando verso il confine partendo dall’India settentrionale sono stati fermati dalle autorità indiane. La collaborazione è stata apprezzata dal governo cinese, il quale sta sviluppando con l’India una sempre più stretta intesa in numerosi settori politici ed economici.Fatta eccezione per le dichiarazioni rituali di alcuni governi, viene sottolineato così come la causa tibetana sia sostanzialmente isolata in virtù dell’influenza strategica ed economica detenuta oramai da Pechino su scala planetaria.

 

Conclusioni

            Gli scontri avvenuti in Tibet nei giorni scorsi rappresentano l’effetto di due volontà contrapposte. Da un lato quella cinese di esercitare la propria sovranità nazionale sulla totalità del proprio territorio e di evitare qualsiasi possibilità di secessione della provincia autonoma. Dall’altro lato, il desiderio di indipendenza di una grande parte del popolo tibetano che si esprime mediante tensioni separatiste in virtù di una cultura estranea a quella cinese.La strategia di Pechino sopra descritta è rifiutata da una parte significativa dei cittadini tibetani, i quali sentono in tal modo cancellata la propria specificità storica e culturale. In seguito alla repressione dei giorni scorsi, concessioni simboliche dello stato centrale cinese rispetto alla sfera amministrativa e culturale, potrebbero appianare momentaneamente la crisi in atto. Molto probabilmente i disordini non avranno conseguenze su scala internazionale, tuttavia è probabile che sul piano dell’ordine pubblico interno alla provincia vengano adottate dalle autorità cinesi misure estremamente stringenti affinché non si ripetano episodi analoghi, soprattutto in prossimità delle olimpiadi di Pechino.

 


AGGIORNAMENTI FLASH SUL TIBET

 

(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Sara' il consigliere politico dell'Ambasciata italiana a Pechino a partecipare alla missione di diplomatici stranieri di domani e dopodomani a Lhasa organizzata su invito del ministero degli Esteri cinese. Lo riferiscono all'ANSA fonti della Farnesina.

   Alla missione in Tibet, secondo quanto si apprende, parteciperanno rappresentanti diplomatici dei ''maggiori Paesi''. (ANSA).

 

Lhasa, 27 mar. (AP) - Il tour di tre giorni dei 26 giornalisti, cinesi e stranieri, nella Lhasa 'riappacificata' è' stato interrotto da trenta monaci che in lacrime hanno urlato "Il Tibet non è libero!". Un grido disperato che ha fatto subito il giro del mondo grazie ai cameramen  presenti. Un grido che ha squarciato l'atmosfera rarefatta e artificiale della capitale tibetana che, più che riappacificata, appare sottomessa.

 

          Le autorità cinesi hanno scortato i giornalisti tra le macerie del centro storico dove si sono svolti i sanguinosi scontri del 14 marzo. Con gli edifici e i negozi bruciati, insieme alla presenza imperante di soldati, sembrava di essere in una zona di guerra, ha scritto un giornalista del Financial Times presente sul posto. I reporter hanno poi visitato un centro medico e un negozio di abbigliamento in cui, dicono le autorità cinesi, sono state bruciate vive cinque ragazze dai dimostranti tibetani.

 

          Il tour si è poi spostato al tempio di Jokhang, uno dei luoghi sacri tibetani più famosi, e qui c'è stata l'irruzione dei monaci che finalmente si sono ritrovati davanti a telecamere e microfoni. Hanno anche difeso il Dalai Lama, accusato da Pechino di aver orchestrato le proteste, affermando che il loro leader spirituale non è coinvolto con quanto successo a Lhasa nei giorni scorsi. Subito dopo la dimostrazione, che costerà cara ai monaci, la polizia in tenuta anti sommossa ha isolato l'area intorno al tempio e i giornalisti sono stati allontanati.

 

          Ieri il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha discusso della delicata situazione in Tibet con il presidente cinese Hu Jintao in una conversazione telefonica. Bush aveva chiesto che il Tibet venisse aperto ai giornalisti e ai diplomatici. Sempre ieri, Pechino ha annunciato la resa di 600 persone che hanno preso parte alle rivolte del 14 marzo. Le forze dell'ordine hanno anche pubblicato una lista di 53 persone ricercate. Sempre secondo le autorità cinesi le persone morte negli scontri sono 22 a Lhasa; i gruppi per la difesa dei diritti umani in Tibet sostengono invece che le vittime siano almeno 140, di cui 19 nella provincia di Gansu.

 

          Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Italia hanno condannato la Cina per la brutale repressione delle proteste, ma non hanno fatto cenno a un boicottaggio delle Olimpiadi, la cui cerimonia inaugurale è prevista per l'8 agosto. Solo il presidente francese Nicolas Sarkozy non ha escluso l'eventualità di disertare l'inaugurazione.

 

TIBET: BLOCCATO INTERVENTO AMNESTY A CONSIGLIO DIRITTI UMANI =

(AGI) - Ginevra, 27mar. - Nell'ultima riunione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra, la delegazione cinese ha bloccato l'intervento di Amnesty sulla situazione in Tibet scatenando le proteste delle Ong presenti.

A denunciarlo e' stata la stessa organizzazione per la tutela dei diritti umani, che ha chiesto alla comunita' internazionale di "riflettere seriamente sull'accaduto" e pretendere dalla Cina che "i suoi impegni per i diritti umani, assunti al momento dell'assegnazione dei Giochi olimpici, si trasformino in fatti e comportamenti concreti".

    L'intervento della rappresentante di Amnesty a Ginevra, Patrizia Scannella, esprimeva profonda preoccupazione per le violazioni dei diritti umani commesse recentemente in Tibet e nelle aree limitrofe ed e' stato interrotto a seguito delle obiezioni da parte cinese. Dopo di lei, nessuno dei rappresentanti delle Ong presenti ha potuto toccare l'argomento Tibet perche', a detta del presidente, non era l'unico punto dell'agenda del Consiglio.

    "Sono sorpreso e indignato", ha dichiarato Paolo Pobbiati, presidente della sezione italiana dell'organizzazione, "per il fatto che il rappresentante di governo che in questo momento dovrebbe rispondere di gravi violazioni dei diritti umani abbia potuto interrompere l'intervento di Amnesty in un contesto come quello del Consiglio per i diritti umani". (AGI)   

 

TIBET: BONIVER, ITALIA DIFENDA DIRITTI TIBETANI

 

   (ANSA) - ROMA, 27 MAR - ''Come da copione - afferma Margherita Boniver di Fi - il Consiglio per i diritti umani dell'Onu, che ha preso il posto della screditata commissione per i diritti umani, non ha affrontato l'argomento Tibet per via delle vivaci proteste cinesi. Solo Israele viene condannato da questo augusto consesso oppure qualche staterello dittatoriale privo di protettori influenti. Ecco perche' - prosegue - in mancanza di una forte protesta europea, l'Italia farebbe bene, ed ancora meglio il suo governo ancora in carica per poche settimane, di farsi paladina della protezione dei fondamentali diritti tibetani e del pacifico dialogo, cosi' autorevolmente richiesto da Sua Santita' il Dalai Lama''.(ANSA).

 

 VERNETTI, POSSIBILE DISERTARE CERIMONIA OLIMPIADI

 

   (ANSA) - ROMA, 27 MAR - Se dalla Cina non arriveranno quanto prima segnali ''concreti'' di apertura sul Tibet, ''credo che vada tenuta aperta l'opzione di disertare la cerimonia di inaugurazione dell'evento olimpico il prossimo 8 agosto da parte dei Capi di Stato e di Governo del mondo democratico''. Lo sottolinea in una nota il sottosegretario agli Esteri Gianni Vernetti.

   ''L'Italia, l'Europa e i Paesi democratici - afferma Vernetti - attendono ancora segnali concreti da parte della Repubblica Popolare Cinese: l'interruzione della repressione e delle violenze, la liberazione dei monaci detenuti e l'accesso alle carceri da parte di osservatori internazionali, l'avvio di un dialogo diretto con il Dalai Lama, l'apertura del Tibet e delle zone interessate dalle rivolte alla stampa internazionale, l'accoglimento di una missione dell'Unione Europea a Lhasa e a Pechino''.

   Secondo il sottosegretario, ''sarebbe necessaria anche un'inchiesta internazionale per accertare la realta' dei fatti in merito ai morti e ai feriti: sono ancora troppo distanti le cifre ufficiali di Pechino rispetto a quelle fornite dalla diaspora tibetana in India''.    ''Nessuno di questi segnali - puntualizza Vernetti - e' ancora giunto, nonostante le proteste formali e la convocazione degli ambasciatori di Pechino in quasi tutte le capitali europee. La Cina deve aprirsi al mondo e onorare anche uno degli impegni assunti in occasione dell'assegnazione delle Olimpiadi: la libera circolazione su tutto il territorio nazionale della stampa mondiale''.(ANSA).

 

(EU) PE/TIBET: i deputati invitano al dialogo per una soluzione pacifica

Bruxelles, 26/03/2008 (Agence Europe) - Riuniti in seduta plenaria, mercoledì 26 marzo, gli eurodeputati hanno all'unanimità invitato alla fine delle violenze in Tibet e al rispetto dei diritti dell'Uomo e delle minoranze in Cina. Tutti difendono una soluzione pacifica ai disordini che imperversano da una quindicina di giorni e non vogliono un boicottaggio dei Giochi Olimpici di agosto, tranne forse per la cerimonia d'apertura. Una risoluzione del PE sul Tibet sarà votata dalla sessione plenaria il 10 aprile. La questione era anche all'ordine del giorno di una riunione della commissione degli Affari esteri del PE, presieduta da Jacek Saryusz-Wolski, che accoglieva, mercoledì a fine pomeriggio, il Presidente del Parlamento tibetano in esilio, Karma Chophel. Questo dossier ha anche suscitato una reazione del Presidente del Comitato economico e sociale europeo (CESE), Dimitris Dimitriadis, che ha invitato le autorità cinesi a stabilire un dialogo costruttivo con il Dalaï Lama. Un dibattito avrà luogo su quest'argomento nel corso della sessione plenaria d'aprile del CESE, le cui conclusioni saranno trasmesse alla riunione della tavola rotonda UE/Cina prevista l'8 giugno a Pechino.

Il Parlamento europeo difende i diritti dell'Uomo in Tibet, ha immediatamente dichiarato il suo Presidente, Hans-Gert Pöttering. “Condanniamo ogni forma di violenza e ogni ricorso a mezzi polizieschi e militari sproporzionati”, come pure la morte di dimostranti pacifici. “Non possiamo permettere che il Dalaï Lama sia associato al terrorismo, non possiamo accettare la sua demonizzazione”, ha esclamato, precisando che quest'ultimo sarà “benvenuto al PE in qualsiasi momento”. Ha poi chiesto un accordo che rispetti da un lato l'integrità territoriale della Cina e dall'altro le tradizioni, l'identità culturale e i diritti umani del popolo tibetano. Ci auguriamo che i Giochi Olimpici siano un successo, ma bisogna che le condizioni siano rispettate, ha ripetuto, ritenendo che “ciascun uomo politico responsabile debba chiedersi se partecipare alla cerimonia d'apertura dei Giochi qualora la Cina non partecipasse al dialogo. Se per i Verdi/ALE “bisogna potere prevedere la possibilità di un boicottaggio dei Giochi senza alcun tabù”, il PSE ha dichiarato che una simile azione non porterebbe nulla di positivo a favore di una soluzione alla situazione in Tibet. “Parlare di un boicottaggio dei prossimi Giochi Olimpici di Pechino sarebbe veramente un errore”, ritiene il suo Presidente, Martin Schulz, che preferisce vedere nella celebrazione dei Giochi “(…) un'opportunità di dialogo tra la Cina e il mondo”.

Janez Lenarèiè Segretario di Stato sloveno agli Affari europei, ha invitato a proseguire il dialogo sugli eventi in Tibet. I ministri degli Esteri dell'UE torneranno su questo dossier in occasione del Gymnich a Brdo i 28 e 29 marzo, ha annunciato, invitando le autorità cinesi a fare luce sugli eventi delle ultime due settimane. Per quanto riguarda i Giochi, Lenarèiè ha ricordato la dichiarazione congiunta adottata all'inizio della settimana scorsa dai ministri dello Sport dell'UE (vedi EUROPE n.9625) nella quale ricordavano l'importanza per i diritti dell'Uomo del movimento olimpico e si opponevano al boicottaggio dei G.O., “un boicottaggio in occasione dell'anno del dialogo interculturale non sarebbe adeguato”, ha sottolineato Lenarèiè, ammettendo che nulla è stato detto al livello dei ministri riguardo alla cerimonia d'inaugurazione dei G.O.. La posizione della Commissione europea sulla questione è la stessa, come ha spiegato il giorno prima il suo Presidente José Manuel Barroso che si è pronunciato contro tale boicottaggio. Mercoledì, Benita Ferrero-Waldner ha chiesto alle autorità cinesi “di dimostrare cautela e non utilizzare la forza di fronte a dimostranti pacifici”. Per il Commissario alle Relazioni esterne “una soluzione duratura può essere trovata soltanto con mezzi pacifici e con un dialogo sincero e onesto”, “un dialogo sul fondo”.

“Il Dalaï Lama è una personalità morale che non può essere rimessa in questione”, ha insistito Jozsef Szajer (PPE-DE, ungherese). Se da un lato non è opportuno pronunciarsi per un boicottaggio dei Giochi che si terranno tra cinque mesi, bisogna esigere però d'ora in poi la fine dei massacri e delle intimidazioni. I Giochi sono anche un simbolo di pace e di distensione. Bisogna che questa simbolica duri, cosa che non può essere in un paese che assassina i propri cittadini, ha esclamato. Pasqualina Napoletano (PSE, italiana) ha auspicato che si risponda favorevolmente alla richiesta del Dalaï Lama a favore di una commissione internazionale che possa recarsi in loco e fare luce sui recenti eventi sanguinosi. “Il ruolo politico del Dalaï Lama è imprescindibile” e le autorità cinesi devono accettarlo e intavolare negoziati diretti con lui. Rallegrandosi della presa di posizione del Presidente del Parlamento, Bronislaw Geremek (ALDE, polacco) ha proposto di avviare un dialogo attorno a una tavola rotonda che riunisca vincitori del premio Nobel della Pace, rappresentanti del Tibet e autorità cinesi. Questa richiesta sarà esaminata dall'Ufficio e la Conferenza dei presidenti del PE, ha garantito Pöttering. “I Giochi in una dittatura sono un atto politico (…); sport e democrazia devono andare di pari passo”, ha sottolineato Daniel Cohn-Bendit (Verdi/ALE, tedesco), che invita a un boicottaggio della cerimonia d'apertura dei G.O. da parte dei capi di Stato, degli atleti e dei giornalisti. Auspicando che si esprimano “sportivi-cittadini” e che si impegnino gli spettatori, chiede che tutti coloro che si recheranno nella capitale cinese per i Giochi Olimpici “facciano un gran casino a Pechino”, perché “se tutti tacciono avrà vinto la dittatura di Pechino”. (A.B.)

 

 

 

 

 



[1]Si ricorda che opera dal 1989 all’interno del Parlamento europeo un Intergruppo parlamentare The European Parliament Tibet Intergroup il cui Presidente è l’on. Thomas Mann. Si ricorda, peraltro, che il Dalai Lama ha visitato il Parlamento europeo nel 1996, nel 2001 e, da ultimo, il 31 maggio 2006.

Si segnala, inoltre, che il 9 marzo 2002, per iniziativa della Regione Piemonte e con l'adesione dell'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) si è costituita a Torino, presso il Consiglio regionale del Piemonte, l'Associazione di Comuni, Province, Regioni per il Tibet.

L'Associazione si propone di promuovere e coordinare la campagna europea "Una bandiera per uno status di piena autonomia del Tibet", di sostenere presso gli stati membri dell'Unione Europea la risoluzione del Parlamento Europeo del 6 luglio 2000, e di supportare l'iniziativa del Dalai Lama e del governo tibetano nei confronti delle autorità della Repubblica Popolare Cinese.

 

[2]L’Intergruppo Parlamentare “Italia-Tibet” è nato l’8 maggio 2002 e presieduto dall’on. Gianni Vernetti (Margherita). Del gruppo fanno parte circa 120 parlamentari di Camera e Senato in rappresentanza di tutte le forze politiche (vedi elenco allegato).

[3]L’organizzazione “All Party Indian Parliamentary Forum for Tibet” (APIPFT) si prefigge di tutelare gli interessi della regione del Tibet (Repubblica Popolare Cinese) presso tutti i fora internazionali, sia a livello governativo che a livello non governativo. A tale scopo, coordina la propria azione con quella di tutti i gruppi parlamentari di amicizia con il Tibet presenti in oltre 40 Paesi. 

 

[4] Il processo intergovernativo ASEM (Asia Europe Meeting), è stato avviato nel 1996 tra i 15 Paesi membri dell'Unione europea e 10 Paesi dell'area asiatica (Brunei, Cina, Corea del Sud, Filippine, Giappone, Indonesia, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam). In occasione del Vertice di Hanoi dell’ottobre 2004 sono entrati a far parte dell’organismo di cooperazione eurasiatico altri 13 paesi:Cambogia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Laos, Lettonia, Lituania, Malta, Myanmar/Birmania, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. All’ultimo vertice ASEM, che si è tenuto ad Helsinki nel settembre 2006, è stato deciso di allargare la cooperazione a: Bulgaria, Romania, India, Pakistan, Mongolia e al Segretariato ASEAN (Association of South East Asian Nations). Tale allargamento diverrà operativo nel corso del 2007.

[5] L’Asia-Europe Foundation (ASEF), è stata istituita nel 1997 con lo scopo di favorire l'interscambio culturale e intellettuale fra Europa ed Asia e di promuovere una maggiore comprensione tra i popoli dei due continenti. L'ASEF, assieme ad altre iniziative di tipo economico e politico, è parte integrante del processo intergovernativo ASEM.

[6] La Camera dei deputati è stata rappresentata dagli onn. Roberta Pinotti (DS) e Massimo Polledri (Lega Nord). La delegazione vietnamita era composta dagli onorevoli Nguyen Dinh Xuan e Y Ly Trang.