Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: Incontro del Presidente della Commissione affari esteri con l¿Ambasciatore d¿Israele, Gideon Meir Roma, 20 febbraio 2008
Serie: Documentazione per l'attività internazionale    Numero: 41
Data: 20/02/2008

 

CAMERA DEI DEPUTATI

Servizio Rapporti internazionali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2006

INCONTRI INTERNAZIONALI

 

INCONTRO DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AFFARI ESTERI CON L’AMBASCIATORE D’ISRAELE, GIDEON MEIR

Roma, 20 febbraio 2008

 

DOCUMENTAZIONE

 

 

 

 

N. 41 –  febbraio 2008


 

.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI
Servizio Rapporti internazionali

Consigliere Capo Servizio
Consigliere

Mirella Cassarino (06 6760 9330)
Cristina de Cesare (06 6760 4410)

Documentarista

Andrea Micozzi (06 6760 3874)

Segretaria

Maria Amico (06 6760 3948)


INDICE

 

 

 

 

Curriculum vitae dell’Ambasciatore Gideon Meir....................................... "       1

Scheda paese Israele (a cura del Servizio rapporti internazionali).......... "       3

Relazioni parlamentari  (a cura del Servizio rapporti internazionali))....... "    11

Il processo di pace(a cura del Ministero degli Affari esteri)..................... "    19

 



 

 

Curriculum Vitae di s.e. L’AMBASCIATORE dello stato d’israele,

 GIDEON MEIR

 

a cura del Mae

 

 

 

Nato a Gerusalemme l’8 gennaio 1947; coniugato, tre figli.

Laureato in Scienze Politiche e Geografia presso l’Università Ebraica di Gerusalemme nel 1972, nel 1985 consegue una specializzazione in Pubblica Amministrazione presso la stessa università.

 

Novembre 2006

Nominato Ambasciatore d’Israele in Italia

Ha presentato le Lettere Credenziali il 7 novembre 2006.

2000 – 2006

Vice Direttore Generale per i Media e gli Affari Pubblici, Ministero degli Affari Esteri, Gerusalemme.

1997

Direttore Esecutivo, Hadassah Network, Israele.

1995-1998

Membro del Comitato Bill (Yaacov Neeman Commission)

1991-1995

Consigliere del Ministro degli Esteri per gli Affari Ebraici Mondiali

1991-1995

Ministro Plenipotenziario e Vice Capo Missione, Ambasciata d’Israele, Londra

Responsabile per le Relazioni delle Comunità Ebraiche anglo-israeliane.

Mantenimento delle relazioni con Organizzazioni Ebraiche come il Board of Deputies, JIA e la Federazione Sionista.

Supervisione e mantenimento dei rapporti con i Labour Friends of Israel e Conservative Friends of Israel. Promozione degli interessi di Israele con il Parlamento Inglese.

Nel ruolo di Vice Capo Missione, si è occupato peraltro dell’organizzazione dell’Ambasciata nonché del coordinamento dei Diplomatici e dello staff.

1981-1991

Direttore, Divisione Formazione, Ministero degli Affari Esteri, Gerusalemme.

Responsabile della formazione dell’intero Corpo Diplomatico del Ministero (cadetti - Ambasciatori).

Direttore, Programma Accademico della Fondazione Rothchild (“Keren Yad Hanadiv”).

1985-1988

Consigliere e Vice Capo Missione, Ambasciata d’Israele, Ottawa.

 

1982-1985                                         Vice Direttore Generale per il Personale del Ministero degli Affari Esteri.

 

1977-1982                     Incaricato degli affari amministrativi e consolari presso l’Ambasciata d’Israele a Washington.

 

1973-1977.1       Assistente alla Direzione Generale per il Personale del Ministero degli Affari Esteri a  Gerusalemme.

 

 

 


 


STATO D’ISRAELE

febbraio 2008

DATI GENERALI

Abitanti

 

6.700.000 (inclusi gli abitanti degli insediamenti)

Tasso di crescita della popolazione

 

1,2%

Superficie

20.770 Kmq

 

Capitale

Gerusalemme (605.000 abitanti) Lo Stato di Israele ha proclamato nel 1950 Gerusalemme come propria capitale, ma gran parte delle ambasciate straniere, tra cui quella italiana, si trovano a Tel Aviv.

 

Gruppi etnici

ebrei 80,1%[1]; non-ebrei 19,9% (in prevalenza arabi)

 

 

Religioni praticate

ebraica (80%) musulmana sciita (14%) cristiana ed altre (6%)

 

Lingua

Ebraico, Arabo

 

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI 2007*

 

PIL  a parità di potere di acquisto

184,9 miliardi di dollari

 

PIL al cambio ufficiale

132,5 miliardi di dollari

 

Crescita PIL

5,4%

 

PIL pro capite a parità di potere di acquisto

28.800 dollari (PIL pro capite italiano: 31.000 dollari)

 

Composizione del PIL per settori

Agricoltura (2,4%), Industria (23,7%) Servizi (57,8%)

 

Popolazione al di sotto della soglia di povertà

21,6%

 

Inflazione

0,4%

 

Quota delle spese militari sul PIL

7,3%

 

Debito estero

87,43 miliardi di dollari

 

Rapporto debito pubblico/PIL

82,7% del PIL

 

 

Israele ha un’economia basata sul mercato e tecnologicamente avanzata. La presenza dello Stato, seppure consistente, è in diminuzione. Dipende dalle importazioni di petrolio, materie prime, cereali ed equipaggiamenti militari. Nonostante le scarse risorse naturali di cui dispone, negli ultimi venti anni Israele ha saputo sviluppare un’agricoltura intensiva ed un forte apparato industriale. Equipaggiamenti di alta tecnologia, taglio di diamanti ed esportazione di prodotti agricoli sono i punti di forza delle economia israeliana. Il deficit commerciale del Paese è compensato dai trasferimenti di fondi dall’estero e da prestiti. Circa la metà del debito estero del Paese è stato contratto con gli USA, maggiore alleato commerciale e politico del Paese. Il PIL del Paese ha subito contrazioni nel 2001 e nel 2002, a causa del conflitto con i palestinesi ed alle turbolenze nei mercati dell’alta tecnologia. Dal 2003 al 2007 è cresciuto con un ritmo del 5% all’anno. Nel 2007 la crescita ha addirittura superato il 5%  e si è trattato del miglior risultato dal 2000.  L’accorta politica fiscale del Governo, unita alle riforme strutturali, hanno aumentato gli investimenti esteri, le entrate fiscali ed i consumi privati.

 

 

 

Cariche dello Stato

 

Presidente dello Stato d’Israele

 

Shimon PERES (Kadima, eletto dalla Knesset il 13 giugno 2007, ha assunto la carica il successivo 15 luglio)

 

Presidente della Knesset

 

Dalia ITZIK (Kadima, dal 4 maggio 2006)

 

 

Primo ministro

Ehud OLMERT (Kadima)

 

Vice Premier e Ministro con delega alla politica di Stato e membro del Gabinetto di difesa[2]

Heim RAMON (dal 4 luglio 2007)

Ministro degli Esteri

Tzipora ”Tizpi” LIVNI (Kadima)

Vice Primo Ministro e Ministro della difesa

Ehud BARAK (Presidente dei laburisti, nominato ministro il 15 giugno 2007)

Ministro delle Finanze e tesoro

Roni BAR-ON (dal 4 luglio 2007, Kadima)

Ministro dell’Interno

Meir SHEETRIT (dal 4 luglio 2007, Kadima)

Ministro della Giustizia

Daniel FRIEDMAN (Indipendente)

Capo di Stato Maggiore

Gaby ASHKENAZI(Dal 14 Febbraio, al Posto del dimissionario Dan Halutz)

 

 

 

scadenze elettorali

 

Elezioni legislative

 

2010. Le ultime elezioni, anticipate, si sono tenute il 28 marzo 2006

 

 

 


QUADRO POLITICO

 

 

Governo in carica

 

L’attuale Governo è entrato in carica nel maggio 2006, dopo che le elezioni anticipate hanno visto la vittoria del Partito di centro, Kadima, e dei laburisti. Dopo l’uscita dalla maggioranza del Partito ultranazionalista russofono Israel Beitenu[3] (“Israele è casa mia), il Governo risulta appoggiato da Kadima, laburisti, Shas, Partito dei Pensionati Gil (67 voti su 120). Dopo Yisrael Beintenu, guidato da Lieberman, la colazione governativa rischia di perdere il sostegno dei 12 deputati del partito religioso Shas. In un recente viaggio in Israele il presidente americano Bush, a colloquio con i leader dei vari partiti che sostengono il governo ha spinto la coalizione a rimanere unita intorno al premier Olmert per portare avanti in modo costruttivo il processo di pace. Agli inizi di febbraio la Commissione Winograd ha emesso un rapporto di 629 pagine sulle responsabilità politiche e militari del fallimento dell’attacco al Libano. Ma la vita del governo dipende essenzialmente da sostegno del Partito Laburista di Barak. Barak aveva dichiarato che dopo la pubblicazione del rapporto Winograd sarebbe uscito dal governo. Dinnanzi a questa complessa situazione di instabilità è arrivato l’intervento del presidente americano Bush, giudicata dalla leadership del Likud, in particolare dall’ex ministro degli Esteri, Silvan Shalom, una chiara ingerenza nella politica interna di Israele.

 

 

L’attuale composizione della Knesset  è la seguente:

 

GRUPPO PARLAMENTARE

SEGGI

Kadima (centro)

29

Laburista-Meimad

19

Shas (ultraortodosso, sefardita)

12

Likud (destra)

12

Yisrael Beitenu (nazionalista, russofono)

11

Ichud Leumi (ultraortodosso)

7

Partito dei Pensionati Gil

7

Giudaismo Unito della Torah (ultraortodosso)

6

Meretz (sinistra)

5

Ra’am-Ta’al (arabo)

4

Balad (arabo)

3

Hadash (arabo)

3

TOTALE

120

 

 

Quadro istituzionale

 

 

Sistema politico

 

                Israele è una Repubblica parlamentare, proclamata il 14 maggio 1948.

                Lo Stato non dispone di una Costituzione scritta[4], per cui l’assetto istituzionale è disciplinato da alcune “leggi fondamentali” di rango costituzionale adottate nel corso degli anni.

 

 

Capo dello Stato

 

Il Presidente dello Stato d’Israele è eletto dalla Knesset per sette anni a maggioranza assoluta dei suoi membri e non è rieleggibile. Il Presidente firma le leggi, ma non ha alcun potere di rinvio. Dopo le elezioni, spetta a lui aprire la prima sessione della Knesset. I suoi poteri sono puramente simbolici, ma la Knesset può, per gravi motivi, votare l’impeachment del Presidente, approvandola con 90 voti su 120. Il Presidente dello Stato è eletto con voto segreto da parte dei membri della Knesset

 

 

 

Parlamento

 

Il potere legislativo è esercitato dalla Knesset, composta da 120 membri eletti per quattro anni con sistema proporzionale e sbarramento al 2%. Tale soglia è stata innalzata dall’1,5% al 2% durante l’attuale legislatura.

L'iniziativa legislativa spetta ai membri della Knesset, al Governo e ai singoli ministri.

Ogni progetto di legge deve superare tre letture alla Knesset (nel caso di progetti di legge presentati da parlamentari, è prevista una lettura preliminare ad opera di un Presidium che delibera in merito all'inserimento del progetto nell’agenda della Knesset).

In prima lettura il progetto, presentato dal relatore, è esaminato dalla Knesset in seduta plenaria mediante un breve dibattito cui fa seguito un voto. Nel caso non sia respinto, il progetto è inviato in seconda lettura alla Commissione competente, che può elaborarlo nei dettagli, accorparlo ad altri progetti simili, come pure apportare modifiche. Al termine dell’esame in Commissione il progetto di legge torna in aula ed è votato nei singoli articoli. Se non è necessario rimandarlo di nuovo alla Commissione per ulteriori emendamenti, il progetto di legge è votato nel suo complesso (terza lettura).

Un iter simile seguono le mozioni, che sono esaminate preliminarmente dal Presidium della Knesset ed eventualmente sottoposte al Ministro competente, che può preparare una risposta. Fa quindi seguito un dibattito in aula in cui può essere votato un ulteriore allargamento della discussione, o l’invio del testo in Commissione per un esame approfondito, o il rigetto della stessa.

Il quorum previsto per le decisioni alla Knesset, nella maggior parte dei casi, è quello della maggioranza dei presenti. La Knesset può anche decidere il proprio autoscioglimento mediante una legge in cui viene fissata la data delle nuove elezioni.

 

 

Governo

 

A seguito della legge di riforma costituzionale varata dalla Knesset nel marzo 2001, il Premier, che deve essere membro della Knesset, viene nominato dal Presidente della Repubblica, a seguito di consultazioni con i partiti politici. In precedenza, dal 1996, il Primo Ministro era eletto a suffragio universale diretto.

Il Premier nomina i ministri in un numero variabile e si presenta alla Knesset dove espone il proprio programma per ottenere la fiducia. I ministri possono essere scelti anche al di fuori dei membri della Knesset, mentre i sottosegretari devono necessariamente farne parte.

 

 

Sistema giudiziario e amministrativo

 

                Il sistema giudiziario comprende corti secolari e religiose. Al vertice del sistema giudiziario (anche religioso) è la Corte Suprema, i cui membri sono nominati dal Presidente della Repubblica. La Corte può imporre una revisione delle decisioni adottate da qualsiasi organo dello Stato[5].

                Lo Stato è suddiviso in sei distretti che sono coordinati a livello amministrativo dal Ministero degli Interni. L’amministrazione nei territori occupati spetta invece al Ministero della Difesa.

 

 

attualità politica

 


Il rapporto Winograd

Il rapporto Winograd, in Israele e non solo, era atteso come il “colpo di grazia” sia per l’esecutivo che per la carriera politica dell’attuale premier. Analizzando il rapporto di 629 pagine non emerge nessuna citazione specifica nei confronti del premier. Vengono ribaditi i gravi errori di valutazione politica e di strategia militare compiuti durante l’attacco al Libano, ma viene evidenziata l’assoluta buona fede di chi ha operato. La Commissione riconosce al premier Olmert di aver agito negli interessi del paese. Gli errori sono legati a gravi mancanze e difetti nei processi decisionali e nel lavoro dello staff politico e militare. L’errore più grave è stato quello di attaccare il Libano senza valutare a pieno tutte le opzioni possibili e senza studiare una strategia di uscita dal conflitto. Nel rapporto è esplicitamente scritto che “Olmert e Peretz agirono animati da una forte e sincera percezione di ciò che ritenevano fosse in quel momento l’interesso dello Stato di Israele”.

                Le opposizioni politiche denunciano l’ingerenza della Corte Suprema israeliana che di fatto avrebbe imposto alla Commissione di non “fare nomi precisi” nell’attribuzione delle responsabilità, spingendo a sostenere la tesi di un “sistema non funzionate”. Oltre alle ripercussioni interne legata all’indipendenza dei giudici, la questione dell’effettiva imparzialità della Commissione riaccende in Libano, Cisgiordania, Siria, Gaza, l’immagine di altri processi del passato in Israele, creando un elemento di forte destabilizzazione in tutta la regione che mette a rischio i mesi di lavoro per il processo di pace. Con l’uscita del rapporto in tutto il paese si prevede una aumento della protesta, soprattutto tra gli israeliani del nord (che hanno subito le maggiori conseguenze dell’attacco al Libano), tra le organizzazioni pacifiste, tra i riservisti, tra i famigliari dei militari caduti nel conflitto ai quali si è aggiunto il sostegno della larga maggioranza dell’opinione pubblica. Una frattura tra governo e paese che se negli ultimi mesi sembrava essersi ricomposta, oggi è esplosa con veemenza. Alcuni sondaggi mettono in evidenza come il 70% degli israeliani vogliono la fine politica di Olmert.

                Il leader laburista Barak, nonostante l’incontro con i leader del movimento di protesta contro il governo Olmert, ha deciso di mantenere l’appoggio al governo dichiarando che la scelta è nell’interesse della nazione e per sostegno delle IDF. Tuttavia questo potrebbe avere delle pesanti ripercussioni sia sulla compattezza del Partito Laburista, sia sulla fiducia dell’elettorato che sostiene il partito, che si sente tradito da parte di Barak rispetto alla promessa fatta quando sostenne che con il rapporto Winograd avrebbe valutato l’uscita dall’esecutivo. Era stata valutata anche l’ipotesi per cui Barak avrebbe chiesto a Kadima, per mantenere il sostegno al governo, di cercare un leader alternativo ad Olmert, strada che non è stata mai percorsa. La scelta accentua la frattura all’interno dei laburisti, tra i sostenitori del governo a garanzia del processo di pace e i deputati legati all’ex ministro Ofer Pines Paz, che minacciano di uscire dall’esecutivo all’indomani della decisione di sostenere Olmert. Dura la reazione anche del segretario del partito laburista Eitan Cabel, per il quale Barak ha fatto un grosso errore di valutazione politica.

 

Il sostegno di Bush, dell’establishment economico e della leadership militare, il fatto che nessuno partito vuole elezioni anticipate (molti degli attuali parlamentari sarebbero impresentabili alle prossime elezioni), forse consentiranno ad Olmert di mantenere il proprio posto. L’intenzione di Olmert è quella di proseguire con la strategia inaugurata a novembre ad Annapolis, che prevede entro il 2008 il raggiungimento della pace con i palestinesi, questo in linea con la volontà dell’amministrazione Bush. Olmert dopo aver incassato al fiducia dei laburisti, ha ottenuto quella del Ministro degli Esteri Livni (che sta portando avanti un’importante opera di mediazione con le famiglie dei riservisti per placare l’ondata di protesta nel paese) e quella del ministro dei trasporti Mofaz. Ha la fiducia del suo partito che sembra essersi ricompattato nei primi giorni di gennaio all’indomani della fuoriuscita di Lieberman. Per rafforzare la maggioranza parlamentare il premier sta portando avanti sondaggi con altri partiti, soprattutto per superare il problema della perdita di sostegno di alcuni deputati laburisti contrari alla decisione di Barak. Non ultimo il colloquio con il rabbino Avraham Ravitz, leader di un altro partito religioso “Giudaismo Unito dalla Torah”, al quale ha promesso in cambio dell’ingresso nel governo circa 30 milioni di euro per le scuole ebree ortodosse. Ravitz sembra attratto dalla possibilità, ma ad Olmert non sarebbe sufficiente solo questo appoggio. Il premier sarebbe obbligato a coinvolgere anche la sinistra sionista del Meretz, un partito pacifista aperta ai colloqui con i palestinesi, ma che chiederebbe molto in cambio proprio nell’intento di accelerare il processo di pace. Tuttavia questa stata sembra impercorribile vista anche la presa di posizione netta della sua leadership nel chiedere le dimissioni immediate del premier.

 

 

Negoziati sulla crisi israelo-palestinese

 

Sette settimane dal vertice di Annapolis, tre giorni da quando George Bush è risalito sull'Air Force One. Dopo la visita del presidente americano i negoziatori israeliani e palestinesi si sono incontrati in un hotel di Gerusalemme per affrontare quelle che sono chiamate le «questioni fondamentali»: il destino di Gerusalemme, i confini del futuro Stato palestinese, i rifugiati. I colloqui sono e dovrebbero restare «confidenziali», come li definisce Tzipi Livni, ministro degli Esteri israeliano. Abu Ala, che guida la squadra coinvolta nelle trattative, fa sapere: «Abbiamo appena cominciato e abbiamo affrontato i problemi in generale. Un incontro positivo ma la strada da percorrere è difficile».

Bush ha promesso un accordo di pace entro la fine del suo mandato. Ehud Olmert, primo ministro israeliano, preferirebbe un'intesa quadro, da realizzare solo quando i palestinesi sono in grado di garantire la sicurezza. Abu Mazen, presidente palestinese, è in sintonia con i tempi del leader americano e vuole poter dichiarare la nascita dello Stato palestinese prima della fine dell'anno. «Un accordo quadro — spiega Saeb Erekat, uno dei suo consiglieri — deve essere definito in uno o due mesi, al massimo». La prima intesa che Olmert deve trovare è con Avigdor Lieberman, ministro e leader di Israele la nostra casa, partito ultranazionalista. A Lieberman, che vive nell'insediamento di Nokdim, non è piaciuta la frase del premier sugli avamposti illegali in Cisgiordania («una disgrazia») e minaccia di lasciare il governo, se i negoziati con i palestinesi arrivano davvero a toccare Gerusalemme o il destino delle colonie.

Livni, davanti a una commissione parlamentare, ha spiegato di «essere pronta a significative concessioni territoriali ». «Preferisco arrivarci mentre posso gestire la situazione, che sotto la pressione della comunità internazionale: quando mettono un progetto sul tavolo e io posso solo decidere se accettarlo o respingerlo ». Olmert ha confermato alla Knesset i suoi dubbi sulla forza di Abbas: «Non sono sicuro che l'uomo alla guida dell'Autorità palestinese abbia il potere di implementare l'accordo ». Ancora prima che Livni e Abu Ala si sedessero per i colloqui, da Gaza è intervenuto Sami Abu Zuhri, uno dei portavoce di Hamas: «Abu Mazen deve piantarla di svendere il sangue e i diritti dei palestinesi ».

Olmert ha spiegato di non essere favorevole a una grande operazione militare nella Striscia. E' più preoccupato dalla minaccia iraniana e per la prima volta ha lasciato capire che lo Stato ebraico potrebbe scegliere di usare la forza: «Un Iran nucleare è inaccettabile per Israele. Tutte le opzioni per impedire a Teheran di realizzare la bomba sono legittime ».


 


 

RELAZIONI PARLAMENTARI

ITALIA – ISRAELE

 

 

 

Presidente della Knesset

Dalia Itzik

 

 

 

Rappresentanti diplomatici

 

 

 

Ambasciatore dello Stato d’Israele in Italia:

Gideon MEIR[6] (dal 12 settembre 2006, in sostituzione di Ehud Gol)

 

 

Ambasciatore d’Italia nello Stato d’Israele: 

Sandro DE BERNARDIN

 

 

 

Incontri del Presidente

 

 

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto il 24 luglio 2007 la visita dell’Ambasciatore d’Italia in Israele, Sandro De Bernardin.

 

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto il 21 maggio 2007 la visita dell’Ambasciatore d’Israele, Gideon Meir.

 

Nel corso dell’incontro, il Presidente Bertinotti ha espresso le sue considerazioni al termine del suo viaggio in Medio Oriente svoltosi dal 5 al 13 maggio 2007. Bertinotti ha sottolineato la necessità di far avanzare i negoziati per arrivare alla creazione di due Stati ed allo stesso tempo ha evidenziato il bisogno di un intervento umanitario a favore della popolazione palestinese. Il rappresentante israeliano ha, da parte sua, sottolineato come Israele abbia sopportato il lancio di missili sul suo territorio, e come sia necessario per la comunità internazionale rendersi conto anche del disagio della popolazione che vive continuamente esposta a tale pericolo.

 

 

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha compiuto una visita in Libano, Israele, Territori dell’Autorità Palestinese ed Egitto dal 5 al 13 maggio 2007.

 

            In Israele il Presidente della Camera è stato ricevuto da alcune tra le massime autorità dello Stato, nonché dai rappresentanti della comunità italiana in Israele. Si ricordano, inoltre, la visita ai Luoghi Santi di Gerusalemme, quella all’Università ebraica di Gerusalemme e quella al Memoriale dello Yad Vashem. Il Presidente Bertinotti ha altresì incontrato i parenti dei soldati israeliani ancora prigionieri degli Hezbollah e dei palestinesi.

             L’8 maggio il Presidente della Camera è stato ricevuto dal Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri, Sig.ra Tzepora Livni. Nel corso dell’incontro, la sig.ra Livni ha dichiarato che è necessario potenziare ulteriormente le relazioni bilaterali. Analizzando la questione israelo-palestinese, la sig.ra Livni ha affermato che il male maggiore consiste nell’affermarsi dell’estremismo religioso sulle ideologie e la politica. Chi appoggia l’estremismo e la violenza, come Hamas ed Hezbollah, non può essere riconosciuto come interlocutore da chi invece crede nei valori della democrazia, anche se è innegabile il fatto che Hamas abbia conquistato il potere tramite elezioni. Israele condivide gli stessi valori solo con gli elementi moderati in campo palestinese: solo questi devono essere sostenuti dalla comunità internazionale. La posizione di Israele è netta, mentre la comunità internazionale non è riuscita a schierarsi. Né Israele vuole in questo modo punire i palestinesi, con i quali vuole arrivare ad una vera pace. Ma per questo, gli israeliani fissano due condizioni irrinunciabili: creazione di due Stati nazionali senza il ritorno dei profughi in Israele; fine di ogni atto di terrorismo. Il Presidente Bertinotti, affermando l’importanza che può giocare la diplomazia parlamentare in tale ambito, ha evidenziato come tutti considerino la soluzione “due popoli, due Stati” l’unica possibile. Ma il deteriorarsi della situazione economica e sociale nei Territori, l’allungarsi dei tempi per trovare un accordo definitivo, stanno giocando in favore delle forze integraliste islamiche. Un allentamento della pressione sui palestinesi potrebbe alleviare il disagio della popolazione e contribuire a far cadere i veti incrociati. La signora Livni ha risposto che Israele potrebbe rivedere il sistema dei controlli e dei visti, ma agendo così rischia di scoprire il fianco ad eventuali atti terroristici. Il Ministro degli Esteri ha concluso l’incontro ribadendo l’impossibilità per Israele di avviare un dialogo con formazioni dello stampo di Hamas, secondo le quali lo Stato di Israele non avrebbe neppure il diritto ad esistere.

            Nello stesso giorno, il Presidente Bertinotti ha incontrato il Presidente della Knesset e Capo dello Stato ad interim, Dalia Itzik. All’incontro hanno partecipato anche gli onn. Schmuel Halpert (Giudaismo Unito della Torah, membro dell’Associazione di amicizia Italia-Israele), Amnon Cohen (Shas), Elhanan Glazer e Itshac Galantee (Pensionati).

            Il Presidente Bertinotti, dopo essere stato reso partecipe della preoccupazione israeliana per le minacce provenienti dall’Iran, ha dichiarato che il futuro di Israele è un bene per tutta l’umanità, e che è un dovere di tutti  i popoli quello di costruire la pace. La comunità internazionale – come è stato testimoniato dall’esperienza libanese – può svolgere un ruolo importante nella mediazione dei conflitti medio-orientali. La signora Itzik ha affermato che Israele esiste da 59 anni ed è sopravvissuto a 10 guerre e, pur essendo personalmente convinta della necessità della pace, non ha saputo capacitarsi della decisione di Arafat di non voler accettare l’offerta di Barak, che riguardava il 95% dei Territori occupati. Dopo aver ricordato che Israele condivide con l’Italia ed il mondo occidentale gli stessi valori democratici, la Presidente della Knesset ha espresso il rammarico israeliano per il fatto che il Presidente Bertinotti abbia incontrato, durante la sua visita in Libano, alcuni parlamentari di Hezbollah. Israele non ha provocato gli Hezbollah, eppure gli estremisti hanno rapito due soldati israeliani. Israele è circondato da nemici potenti quali l’Iran. La comunità internazionale invita ad aspettare, ma gli israeliani non capiscono cosa debbano aspettare; piuttosto è la comunità internazionale che si dimostra poco coerente. Il Presidente Bertinotti ha ribadito la necessità di isolare la politica da qualsiasi influenza religiosa. Per quanto riguarda la questione Hezbollah, il Presidente della Camera ha ricordato che rientra nel programma del Primo Ministro Siniora il disarmo delle milizie hezbollah, disarmo chiesto dalla comunità internazionale, ma che può seguire solo un processo politico interno al Libano. Per quanto riguarda la situazione in Palestina, Bertinotti ha ricordato come esista un posizione ufficiale del Governo di unità nazionale che viene raramente presa in considerazione. In tale ambito, Hamas deve essere considerata forza politica e non solo come un gruppo meramente terrorista. La trattativa può cambiare gli interlocutori, soprattutto se  il popolo vuole la pace. Se non si dà spazio alla trattativa, la situazione nei Territori, già drammatica, rischia di raggiungere livelli incontrollabili. La signora Itzik ha concluso l’incontro riconoscendo a Bertinotti un giusto approccio alla questione israelo-palestinese, ha riaffermato la volontà di Israele di dialogare con i leader palestinesi moderati, nonché la propria contrarietà a qualsiasi contatto politico con elementi di Hamas o Hezbollah. Il Presidente Bertinotti, ringraziando la Presidente della Knesset della calorosa accoglienza ricevuta in Israele, ha invitato il Gruppo di Amicizia parlamentare a compiere una visita in Italia.

            Il 9 maggio, il Presidente della Camera è stato ricevuto dal Vice Primo Ministro, Shimon Peres, il quale ha sottolineato le dimostrazioni di amicizia del Parlamento italiano nei confronti di Israele. Peres ha inoltre ribadito la necessità di negoziare con i palestinesi, quali che siano i loro rappresentanti. La vera novità che si può inserire nei negoziati, secondo lo statista israeliano, è la questione economica. In tale ambito, si potrebbe sviluppare la proposta di creare nella zona di confine israelo-palestinese-giordana un programma di cooperazione economica. Inoltre, ha sottolineato Peres, tutti i popoli che traggono risorse dal Mar Morto devono contribuire alla sua tutela ambientale. La proposta saudita per la prima volta ha anteposto la questione della pace alla guerra ed indubbiamente deve essere incoraggiata. Ma, sullo sfondo, il popolo arabo resta diviso. Il Presidente Bertinotti ha da parte sua ribadito la sua preoccupazione per le condizioni di vita dei palestinesi nei territori occupati. Peres ha risposto che Israele ha cercato di favorire lo sviluppo economico di alcune aree, in particolare favorendo la coltivazione degli ulivi. Anche l’Europa potrebbe giocare un ruolo nello sviluppo dei territori, dove le opportunità di impiego di stanno riducendo drammaticamente. 

 

 

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto a Roma, il 14 febbraio 2007, la madre ed alcuni familiari del soldato israeliano rapito in Libano, Ehud Goldwasser.

 

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto a Roma, il 14 dicembre 2006, l’Ambasciatore dello Stato d’Israele, Gideon Meir.

 

Nel corso dell’incontro, entrambe le parti hanno convenuto sulla necessità di dare vita a due Stati – uno per il popolo israeliano e uno per il popolo palestinese – per porre fine alla questione medio orientale, nonché della necessità di operare contro ogni forma, presente o futura, di antisemitismo. Israele, ha riconosciuto Mier, incontra difficoltà nel trattare con gli interlocutori arabi che non hanno saputo, a differenza di Gerusalemme, far evolvere i loro sistemi politici verso forme mature di democrazia.

 

Si ricorda, infine, che con lettera del 26 febbraio 2007 il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha risposto alle comunicazioni ricevute in precedenza dal Presidente della Knesset, Dalia Itzik, con le quali si manifestavano le preoccupazioni per la sicurezza di suo Paese. Nella lettera del Presidente Bertinotti si sottolinea come la stessa Europa non potrà avere un futuro se non saprà svolgere con forza un ruolo di pace nel Mediterraneo. Si ricorda poi come la stessa attività della Camera dei deputati italiana sia da tempo volta, attraverso l’approvazione di atti di indirizzo e la partecipazione ad incontri a livello bilaterale e multilaterale, alla valorizzazione di sempre maggiori forme di dialogo nel contesto internazionale, che portino al raggiungimento di posizioni comuni in grado di favorire la pace e lo sviluppo della regione.

Si evidenzia, infine, come sia fortemente sentita la necessità di giungere ad una soluzione del conflitto israelo-palestinese che si basi sul fondamentale principio “due popoli, due Stati”, che coesistano nella sicurezza e nel rispetto reciproco.

 

 

 

 

COMMISSIONI PARLAMENTARI

 

 

        Il Presidente della Commissione Affari Esteri, Umberto Ranieri ha incontrato a Roma, il 12 dicembre 2007Natan Sharansky ex dissidente sovietico e politico israeliano, accompagnato dal generale Moshe Yaalon.

 

Il Presidente della Commissione Esteri, Umberto Ranieri, ha ricevuto a Roma il 15 novembre 2007, una delegazione israeliana composta da esperti del Ministero degli Affari Esteri israeliano e delle Forze Armate. La delegazione era guidata dalla Sig.ra Miriam Ziv. Vice Direttore Generale per gli Affari Strategici del Ministero degli Affari Esteri israeliano. La delegazione israeliana era accompagnata dall’Ambasciatore d’Israele in Italia, Gideon Meir.

 

La delegazione israeliana è giunta a Roma per trattare il tema della minaccia nucleare in Iran ed ha fornito un quadro degli ultimi sviluppi della vicenda. Per la delegazione gli iraniani ora si sentono molto sicure perché stanno bloccando, tramite l’AIEA ogni azione volta a fermare il loro programma. Gli iraniani non padreggiano ancora interamente la tecnologia per fabbricare ordigni nucleari, ma ci potrebbero arrivare entro un anno. Parallelamente, stanno accumulando uranio arricchito. La produzione della prima bomba atomica potrebbe pertanto essere pronta agli inizi del 2009. Al tempo stesso gli iraniani non intendono far fronte agli impegni internazionali per non rivelare la vera natura delle proprie intenzioni. La possibilità di fronteggiare il problema opponendo sanzioni a livello internazione contro Teheran non è giudicata con sfavore da Israele, purché si tratti di misure forti, che allo stato attuale il CdS delle Nazioni Unite non è in condizione di deliberare. Israele auspica iniziative multilaterali per bloccare la cooperazione economica tra Europa e Iran. Una svolta si potrebbe avere con la pubblicazione del prossimo rapporto dell’AIEA (previsto per il 22 novembre) che potrebbe decidere di investire nuovamente l’ONU della questione. Il Presidente Ranieri ha sottolineato che, nell’impossibilità di avere una Risoluzione ONU per l’opposizione di Russia e Cina, l’Ue potrebbe anche prendere anche delle decisioni autonomamente. Da parte israeliana è stato sottolineato che tale posizione non è condivisa dal Ministro degli Esteri, D’Alema. Né, d’altra parte, è convinzione israeliana che si possa registrare un avvicendamento di potere o un cambiamento politico significativo sulla scena iraniana in un prossimo futuro (le elezioni politiche sono previste nel marzo 2008), dal momento che tutte le forze politiche presenti (riformisti, pragmatici, conservatori) sono favorevoli al programma nucleare. Il quadro potrebbe cambiare, è stato sottolineato da parte israeliana, solo se l’Iran sarà sottoposto a dure pressioni economiche. Se vedrà compromessi i propri interessi ed i propri affari, la classe dirigente potrebbe rivedere la propria linea politica.

 

 

Il Presidente della Commissione Esteri, Umberto Ranieri, ha incontrato il 26 luglio 2007 il Direttore del Centro Ricerche politiche del Ministero degli Esteri israeliano, Nimrod Barkan.

 

Barkan ha sottolineato che il Libano sta affrontando un periodo molto difficile. Tre giudici libanesi dovrebbero essere nominati nel Tribunale internazionale incaricato di giudicare i responsabili dell’assassinio dell’ex primo ministro Rafic Hariri; al riguardo, va tenuto presente che la Siria teme il Tribunale come una minaccia diretta al regime. Si vogliono modificare gli equilibri in Parlamento, ma Hezbollah non vuole distruggere il Governo libanese. L’Iran vorrebbe insediare in Libano una base strategica contro Israele.UNIFIL non è riuscita ad impedire il riarmo, ma è riuscita a fermare gli attacchi di Hezbollah, che non si sentono ancora pronti militarmente per attaccare Israele, ma fra due-tre anni potrebbero esserlo. La visita del presidente iraniano in Siria è finalizzata a controllare la situazione. Gli USA pensano di rimpiazzare Assad con i Fratelli musulmani; i siriani, comunque, non sono interessati a negoziare con Israele.Da parte israeliana, si è già sottolineato agli Usa che non è realistico un cambio di regime in Siria. Anche Israele è esitante: si chiede l’impegno israeliano al ritiro nei confini precedenti al 1967, ma questo rende impossibile il negoziato. Gli Usa potrebbero perdere l’alleanza della Francia per i rapporti con la Siria. Il pericolo per Unifil, comunque, viene soprattutto da Jihad. Hamas vuole soprattutto il supporto saudita e il riconoscimento internazionale, ma non deve ottenere alcun riconoscimento. Per il popolo palestinese l’unica soluzione può venire da Abu Mazen. La vittoria di Hamas è stato il risultato di errori tecnici nel meccanismo elettorale. Vi è una lotta interna ad Hamas, che non è ideologica ma tra pragmatisti e radicali. L’Iran sta crescendo economicamente e vuole aumentare la sua influenza in Medio Oriente: per quanto riguarda il suo programma nucleare, la pressione internazionale è sentita , in quanto l’Iran è una società semidemocratica, in cui si avverte il bisogno del consenso. Anche i giovani sono scontenti, le pressioni diplomatiche sono quindi molto importanti.

 

 

Il Presidente della Commissione Esteri, Umberto Ranieri, ha ricevuto il 24 luglio 2007 la visita dell’Ambasciatore d’Italia in Israele, Sandro De Bernardin.

 

Il 31 maggio 2007, il Presidente della Commissione Agricoltura, Marco Lion, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore d’Israele, Gideon Meir.

 

Nel corso dell’incontro, Lion ha espresso la simpatia del Partito dei Verdi per la politica ambientale dello Stato d’Israele. Meir lo ha invitato a compiere una visita in Israele.

 

L’11 maggio 2007,il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato l’Ambasciatore dello Stato d’Israele, Gideon Meir.

 

Nel corso dell’incontro è stato discussa l’evoluzione della situazione in Israele e in Medio Oriente, con particolare attenzione al Libano ed alla ripresa del processo negoziale di pace tra israeliani e palestinesi.

 

 

            Il Presidente della Commissione Difesa, on. Roberta Pinotti, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore d’Israele, Gideon Meir, il 12 dicembre 2006.

 

Nel corso dell’incontro, l’Ambasciatore ha espresso parole di elogio per il ruolo di stabilizzazione giocato dall’Italia in Medio Oriente, soprattutto nell’applicazione della risoluzione 1701 che, se applicata pienamente, potrebbe ridurre al minimo l’importanza di formazioni politiche quali Hezbollah e Hamas. La Presidente Pinotti ha confermato l’interesse e l’impegno dell’Italia per una soluzione politica dei conflitti nell’area medio-orientale, nonché l’impegno del Governo e della società italiana contro ogni forma presente o futura di antisemitismo.

 

 

            Il Presidente della Commissione Esteri, on. Umberto Ranieri, si è recato, insieme agli onn. Dario Rivolta (FI) e Pietro Marcenaro (Ulivo), in visita in Israele e presso l’Autorità Palestinese dal 20 al 22 novembre 2006. La delegazione ha avuto incontri con i seguenti interlocutori:

 

 

 

La delegazione ha inoltre incontrato rappresentanti del Comitato degli italiani all'estero (COMITES), alcuni familiari dei soldati israeliani Goldwasser e Regev, rapiti dagli Hezbollah, lo scrittore David Grossman, oggi portavoce dell'ampia corrente di opinione pubblica israeliana favorevole ad una pace negoziata con il mondo arabo, il Generale dei Carabinieri, Pietro Pistolese, Comandante del contingente impegnato nella missione dell'Unione europea di assistenza all'Autorità nazionale palestinese ed allo Stato di Israele nella gestione del valico di confine di Rafah (Rafah Crossing Point - RCP) nella Striscia di Gaza, ed il Sindaco della città di Sderot, Eli Moyal, colpita da missili qassam lanciati dalla Striscia di Gaza.

 

Il 17 ottobre 2006 il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato l’Ambasciatore italiano a Tel Aviv, Sandro de Bernardin.

 

Nel corso dell’incontro è stata delineata dall’Ambasciatore l’attuale situazione politico-istituzionale di Israele, con particolare riguardo allo stato di debolezza e difficoltà in cui verte attualmente il Primo Ministro Olmert. Ciò in particolare  in vista della discussione parlamentare della legge di bilancio che potrà richiede anche la definizione di nuove e diverse alleanze di politica interna. In tale quadro, il Primo Ministro Olmert non sembra quindi nelle condizioni di poter assumere, almeno a breve, iniziative significative per quanto riguarda i rapporti con Abu Mazen. Si è detto comunque disponibile a portare avanti “misure di fiducia” senza che questo voglia dire apertura dei negoziati. In un contesto del genere potrebbe quindi anche essere prospettata una possibile nuova iniziativa volta ad un “percorso di pace” da parte della Comunità internazionale. Restano comunque allo stato aperte la questione del Caporale e della liberazione dei due soldati prigionieri. A seguito della crisi Libanese, Israele ha dovuto prendere atto della propria vulnerabilità sul territorio; ha ora deciso di valorizzare le proprie forze aeree. Nel contempo, in Israele desta particolare preoccupazione la questione iraniana essendo convinti della necessità che la Comunità internazionale, e in primo luogo gli Stati Uniti, intervengano alla luce del forte rischio che entro un anno si concluda il ciclo produttivo che porterà a realizzare armi nucleari. L’Ambasciatore ha quindi ribadito come il clima in Israele sia nel complesso di diffuso pessimismo, fondato sulla convinzione che lo status quo sia migliore di un negoziato di pace, che costringerebbe comunque a delle cessioni. Si sta peraltro assumendo maggiore fiducia nelle potenzialità dell’Europa. Al termine dell’incontro è stata prospettato lo svolgimento di una missione del Presidente Ranieri e di due rappresentanti della Commissione Esteri – facendo seguito ad una lettera della Knesset in tal senso pervenuta – per  la seconda metà di novembre 2006.

 

 

 

 

Cooperazione multilaterale

 

Israele partecipa alla cooperazione parlamentare nell’ambito del Partenariato euromediterraneo prendendo parte a tute le sedi ove si svolge tale cooperazione.

Una delegazione di parlamentari israeliani partecipa infatti alle riunioni dell’Assemblea Parlamentare euro-mediterranea (APEM) e delle Commissioni operanti in tale ambito (membri della Knesset hanno preso parte, da ultimo, alle riunioni della Commissione Cultura dell’APEM svoltesi alla Camera dei deputati il 6 novembre 2006 ed il 27 febbraio 2007).

La Knesset ha ottenuto lo status di "osservatore" presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 2 dicembre 1957. E’ altresì membro dell’associazione Mediterraneo presso l’Assemblea parlamentare della Nato ed è Partner mediterraneo per la cooperazione in seno all’Assemblea parlamentare dell’Osce.

 

 

 

 

 

 

 

attivita’ legislativa

 

 

S. 1331 / C 2711

Ratifica ed esecuzione dell' Accordo di cooperazione relativo ad un sistema globale di navigazione satellitare civile ( GNSS ) tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri e lo Stato di Israele, fatto a Bruxelles il 13 luglio 2004.

Concluso l’esame da parte della Commissione Affari Esteri del Senato l’8 maggio 2007. Trasmesso alla Camera il 30 maggio 2007. Assegnato alla III Commissione permanente (Affari esteri e comunitari) in sede referente il 4 giugno 2007. In corso di esame.

 

 

atti di controllo e di sindacato ispettivo

 

 

        Fra i molti atti di controllo e di sindacato ispettivo presentati in Parlamento e riguardanti a vario titolo lo Stato d’Israele, si segnala l’interpellanza presentata dall’on. Alberto BURGIO il 25 luglio 2007 (2-00680, iter in corso) in cui si chiede al Ministro degli Esteri di esporre la propria posizione in relazione alla crisi medio-orientale, “e quali posizione intenda assumere in merito alla possibilità di favorire lo sviluppo di un effettivo processo di pace tra il governo di Israele ed il governo dell’Autorità Nazionale Palestinese, anche attraverso la possibile liberazione del dottor Marwan Barghouti”.

 

 

Unione Interparlamentare

 

La sezione di amicizia Italia-Israele in ambito UIP nella XV legislatura è presieduta dal Sen. Mauro Libè (UDC) e ne fanno parte gli onn. Angela Napoli (AN), Giorgio La Malfa (Misto) ed i senatori Paolo Guzzanti (FI), Armando Cossutta (Comunisti Italiani) e Franco Danieli (PD-Ulivo).

 

 

 

 

  Parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero

 

Circoscrizione Estero - Ripartizione AFRICA, ASIA, OCEANIA e   ANTARTIDE :

§         Eletti alla Camera dei deputati

Marco FEDI - L´UNIONE (residente a Melbourne)

§         Eletti al Senato della Repubblica

Antonino (Nino) RANDAZZO - L´UNIONE (residente a Melbourne)


 

Processo di Pace

 

Aggiornamento

Valico di Rafah. Le autorità egiziane hanno completato la riparazione delle brecce aperte con la forza il 23 gennaio e hanno ultimato, nonostante i recenti scontri tra forze di sicurezza egiziane e cittadini palestinesi il 4 febbraio, il rimpatrio degli ultimi transfughi rimasti dal proprio lato del confine.

L'Egitto ha fatto chiaramente intendere ai palestinesi di Hamas che non intende tollerare altre violazioni della propria sovranità ed è pronto a rispondere con le misure più appropriate ad ogni tentativo di forzare le sue frontiere.

Gli sviluppi delle ultime settimane hanno comunque reso evidente la difficoltà di rivitalizzare l’Accordo sul Movimento e l’Accesso che aveva dato vita, nel 2005, a EUBAM. Gli egiziani non intendono assumersi la responsabilità di assicurare la sopravvivenza della Striscia di Gaza, né vorrebbero essere coinvolti in eventuali rinegoziazioni dell'accordo di cui non erano parte. Gli israeliani, dal canto loro, intendono continuare nella politica di isolamento della Striscia e sono scettici sulla possibilità che l’accordo possa essere rilanciato, anche nel caso in cui fossero dispiegati sul valico gli uomini del Governo di Ramallah. Quanto all'Autorità Palestinese, persiste un’apparente differenza di vedute tra il Primo Ministro Fayyad, che sarebbe disponibile ad assumere il controllo dei valichi della Striscia, ed il Presidente Abu Mazen, che continua a manifestare riluttanza all'idea di accettare qualsiasi responsabilità per Gaza.

 

Situazione nella Striscia di Gaza

Permane la chiusura quasi ermetica della Striscia di Gaza. Le autorità israeliane hanno consentito nei giorni scorsi solo limitati rifornimenti di generi alimentari essenziali. Il Gabinetto di Sicurezza ha inoltre deciso una riduzione progressiva, a partire dal 7 febbraio, di mezzo punto percentuale ogni settimana delle forniture di elettricità alla Striscia come parte delle misure punitive nei confronti di Hamas per il lancio dei razzi Kassam.

Nel frattempo, la diplomazia israeliana ha avviato una campagna di sensibilizzazione internazionale sull’insostenibilità della situazione di sicurezza attorno alla Striscia e sulla conseguente ormai ineludibilità di una reazione delle IDF intesa a bloccare in maniera definitiva i lanci di razzi ed i colpi di mortaio e di rimediare al build-up di materiale bellico da parte di Hamas. In proposito, sarebbe stato già da tempo predisposto dallo Stato Maggiore della Difesa un piano per la rioccupazione “in settori” della Striscia, finalizzata ad una progressiva e accurata bonifica.

 

Stato dei negoziati

Nonostante la crescente tensione nella Striscia e nel sud di Israele, i team negoziali continuano a riunirsi senza tuttavia far trapelare nulla sui progressi effettivi del negoziato. Benché giustificabile per evitare speculazioni e interferenze esterne, la riservatezza sullo stato di avanzamento del dialogo insieme all’assenza di qualsiasi evoluzione positiva della situazione sul terreno (libertà di circolazione in Cisgiordania, alleggerimento dei check point, ecc.) rischia tuttavia di indebolire la credibilità politica degli stessi negoziatori, in particolare palestinesi, e di erodere il sostegno (politico e finanziario) dei Paesi arabi. In questo quadro, ci si attende che la prossima visita di Rice nella regione, prevista ai primi di marzo, possa annunciare qualche concreto beneficio per i palestinesi.

 

Sviluppi di sicurezza in Israele. L’attentato di Dimona, cittadina nel Negev dove ha sede una delle due centrali nucleari del Paese, ha dimostrato come le organizzazioni terroristiche continuino ad essere capaci di colpire all'interno di Israele, anche se per il momento sembrano dover limitare la propria azione alla periferia del Paese, ed ha confermato i timori sul rischio di infiltrazione di elementi terroristici provenienti da Gaza. In particolare, i Servizi di sicurezza israeliani temono ora la possibilità che armamenti moderni (missili anti-aereo e razzi-antitank, oltre che materiale destinato ad incrementare la gittata dei Kassam) siano potuti entrare nella Striscia.

 

Questione degli insediamenti. Il Primo Ministro Olmert sembra aver finalmente assunto il controllo di tutti i dossier relativi all'attività edilizia oltre la Linea Verde ed aver, di fatto, bloccato l'avvio di nuove costruzioni. Sull’assunzione di tale decisione può effettivamente aver pesato il forte richiamo dell'ultimo CAGRE che chiedeva un completo ed effettivo congelamento degli insediamenti nei Territori Occupati. Resta tuttavia, anche nell’impostazione di Olmert, la distinzione tra la situazione di Gerusalemme (entro i cui confini municipali Israele non ammette contestazioni all'esercizio di qualsiasi attività), quella dei grandi “blocchi” di insediamenti (che Israele ritiene siano destinati a rimanere sotto la sua sovranità e possano quindi continuare a svilupparsi assecondando la naturale crescita demografica) e quella del resto della Cisgiordania (cui si applicherebbe la disposizione della Road Map relativa al congelamento). La distinzione resta soprattutto perché il partito nazionalista Shas (decisivo per la sopravvivenza della coalizione di maggioranza) ed anche alcune componenti dello stesso partito Kadima hanno diffidato il Premier dall'avallare dubbi sul destino finale della “Gerusalemme riunificata”.

 

 



[1] Di questi, circa il 32,1% provengono dall’Europa o dagli USA, il 20,8% sono israeliani di nascita, il 14,6% provengono dall’Africa ed il 12,6% provengono dall’Asia.

Dal 1989 ad oggi, circa 950.000 ebrei sono emigrati in Israele dai territori dell’ex Unione sovietica e rappresentano oltre il 16% della popolazione totale (Fonte: Il Cannocchiale: febbraio 2006).

*Cia The World Factbook, 2008.

[2] Da notizie di agenzie di stampa

[3] Le ragioni della rottura sono legati alla questione del processo di pace con i palestinesi. Mentre per Olmert la strada dei colloqui resta l’unica percorribile nel futuro per trovare una soluzione, per l’ex ministro degli Affari strategici Lieberman è impossibile discutere con l’ANP  su questioni chiave come i confini tra i due futuri stati. La scelta di Yisrael Beintenu (sostenuto in gran parte da immigrati dell’ex Unione Sovietica) conferma la sua vocazione ostile nei confronti degli arabi israeliani (i palestinesi di cittadinanza israeliana sono 1/5 della popolazione), per i quali continua ad essere chiesto lo “spostamento” nei territori dell’Autorità Palestinese.

[4] E’ allo studio una Costituzione scritta. I maggiori oppositori sono i Partiti religiosi che temono possa incrinare il carattere “ebraico” dello Stato.

[5] Si ricorda, in particolare, che la Corte si è espressa con sfavore riguardo alla costruzione della barriera di difesa.

[6] G. Meir - 59 anni, sposato con Amira da cui ha avuto tre figli - ha lavorato come numero due nelle ambasciate di Londra e Ottawa, è stato console a Washington e ha fatto parte della delegazione che ha lavorato agli accordi di Camp David. Negli ultimi anni è stato vice direttore generale del dipartimento per i media e gli affari pubblici del Ministero degli Esteri. In tale veste, è stato il responsabile del ministero con il compito di spiegare, tra l’altro,  la politica di Israele allo scoppio della seconda intifada palestinese,  nell’autunno del 2000.