Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Rapporti Internazionali |
Titolo: | Visita ufficiale del Presidente della Camera in Bolivia, Perù, Ecuador e Venezuela - Venezuela |
Serie: | Documentazione per l'attività internazionale Numero: 34 Progressivo: 4 |
Data: | 07/01/2008 |
Visita ufficiale del Presidente della Camera in Bolivia, Perù, Ecuador e Venezuela
VENEZUELA
Documentazione per l’attività internazionale
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XV legislatura |
CAMERA DEI DEPUTATIServizio Rapporti internazionali |
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Consigliere Capo Servizio |
Mirella Cassarino (9330) |
Consigliere |
Maria Teresa Calabrò (2049) |
Documentarista |
Aurora Tacus (2593) |
Segretaria |
Giulia Bernardini (9515) |
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I dossier dei Servizi e degli Uffici della Camera dei deputati sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione ai fini non consentiti dalla legge.
INDICE
1. Biografie
· Hugo Rafael Chávez Frias, Presidente della Repubblica ................ Pag. 3
· Cilia Adela Flores, Presidente dell’Assemblea Nazionale ............ “ 7
· Nicolás Maduro Moros, Ministro del Potere popolare per gli Affari esteri ............................................................................................................... “ 9
2... Scheda - Paese ........................................................................................... “ 13
3... Rapporti parlamentari ............................................................................ “ 57
· Protocollo di cooperazione parlamentare tra la Camera dei deputati della Repubblica italiana e l’Assemblea nazionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela, firmato a Roma, il 9 ottobre 2006 ................................... “ 63
1. Biografie
Profilo biografico del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela
HUGO CHAVEZ FRIAS
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E’ nato il 28 luglio 1954 a Sabaneta (Stato di Barinas).
Ha frequentato l’Accademia militare del Venezuela da cui è uscito con il grado di Sottotenente nel 1975. Durante questo periodo è nato il suo interesse per l’azione e gli ideali di Simon Bolivar.
Dopo l’Accademia ha continuato la carriera nell’Esercito fino a raggiungere il grado di Tenente Colonnello nel 1990. Contemporaneamente ha studiato Scienze Politiche presso l’Università Simon Bolivar.
Nel febbraio 1992 tenta una sollevazione contro il Presidente della Repubblica, Carlos Andrés Pérez, che però fallisce. Chávez viene arrestato con l’accusa di ribellione militare. Dopo due anni di carcere, il nuovo Presidente della Repubblica, Rafael Caldera, dichiara il “non luogo a procedere”.
Durante la detenzione approfondisce gli studi e definisce la sua dottrina politica, di cui aveva iniziato a manifestare i lineamenti già nel 1983 fondando il “Movimiento Bolivariano”, ispirandosi al pensiero dell’eroe e “Libertador” nazionale, Simón Bolivar.
Nel 1998 fonda il “Movimiento V República” in vista delle elezioni presidenziali del dicembre dello stesso anno che vince con oltre il 56 % dei voti.
Durante il primo anno di potere Chávez si dedica principalmente alla definizione di una nuova Costituzione. A seguito dell’approvazione del nuovo testo costituzionale, Chávez si sottopone ad un’ulteriore prova elettorale, risultando riconfermato Presidente con quasi il 60% dei voti.
Nell’aprile 2002, il colpo di Stato, portato avanti da alcuni settori dell’esercito e sostenuta dal capo degli industriali petrolchimici Pedro Carmona, è durato meno di 48 ore: la scarsa omogeneità nel fronte di opposizione, la fedeltà di ampi settori delle forze armate, la maggioranza delle reazioni internazionali (con il Gruppo di Rio che, riunitosi in Costa Rica, condannava “l’interruzione dell’ordine costituzionale” in Venezuela), unite a violente manifestazioni popolari a sostegno del deposto Presidente hanno determinato il fallimento del putsc.
Ripreso il potere, Chavez ha pronunciato un discorso pacato, invitando tutti i settori all’unità nel rispetto delle differenze.
Nonostante la dura opposizione interna ed internazionale, il Presidente Chávez può contare sull’appoggio del 90% dei ceti più deboli della popolazione venezuelana. Il referendum promosso dall’opposizione per destituirlo, basato sull’articolo 72 della Costituzione, ha avuto come risultato, il 15 agosto 2004, la conferma di Chávez che ha ottenuto il 58% dei consensi.
Nelle elezioni Presidenziali del 3 dicembre 2006 viene rieletto con quasi tre milioni di voti e assume l’incarico il 10 gennaio 2007 per il periodo 2007-2013, dichiarando davanti all’Assamblea Nazionale che porterà il Venezuela verso il socialismo del XXI secolo.
Nazionalizza la maggiore compagnia telefonica del Paese fissa e quella mobile, fino ad allora controllate dall’impresa nordamericana Verizon; nazionalizza inoltre la compagnia elettrica di Caracas.
Il 27 maggio decide di non rinnovare la concessione televisiva a Radio Caracas televisión che, da allora, può trasmettere solo via cavo. La decisione genera varie manifestazioni di protesta di studenti universitari e giornalisti.
Alla fine del 2007 le relazioni diplomatiche del Venezuela con la Spagna e con la Colombia peggiorano sensibilmente a causa di due diversi incidenti diplomatici relativi rispettivamente al Vertice Iberoamericano e all’Accordo umanitario.
Il 2 dicembre 2007 la proposta di riforma costituzionale voluta da Chávez è stata respinta con uno strettissimo margine. Il Presidente, subito dopo i risultati, riconosce la sconfitta, probabilmente su consiglio del suo entourage. Quando però i media divulgano le voci su tali presunte pressioni, il Presidente cambia atteggiamento e accompagnato dai vertici militari si rivolge all’opposizione dicendo testualmente: "Sepan administrar su victoria, porque ya la están llenando de mierda”.
Al di là di quello che sembra essere un momentaneo impasse, Chávez intende continuare sulla strada delle riforme, facendo ricorso ai poteri speciali per emettere decreti legge fast track di cui potrà disporre fino a luglio 2008.
Alla base della sconfitta di Chávez hanno giocato diversi fattori tra cui:
· - la rottura del fronte di appoggio a Chávez da parte del partito Podemos e il ruolo del suo leader, il generale Raul Baduel, ex Ministro della Difesa e collaboratore del Presidente fino al luglio scorso, che hanno fatto campagna per il NO;
· - l'atteggiamento poco favorevole a Chávez dei militari che hanno decisamente difeso il risultato elettorale nelle prime fasi dello scrutinio e, in generale, hanno subito l'influenza di Baudel;
· - le critiche ricevute dal Governo da parte della ex moglie di Hugo Chávez, Marisabel Rodríguez, che ha rilasciato una lunga ed aspra intervista al canale oppositore Globovision, oltre ad alcuni giornali, proprio una settimana prima delle consultazioni;
· - la riapparizione per le strade di un forte movimento studentesco che, per quanto sia stato accusato da Chávez di fare il gioco dell'impero statunitense e di essere un movimento borghese di figli di papà, ha comunque riaffermato la sua identità in senso democratico, essendo composto soprattutto dal movimento nato nelle scuole pubbliche e non solo dalle scuole private e cattoliche come nel maggio scorso;
· - una certa delusione di parte dell'opinione pubblica in seguito alla decisione di Chávez di non rinnovare la concessione al canale TV oppositore RCTV il maggio scorso;
· - il meccanismo per giungere alla proposta di riforma costituzionale non è stato sufficientemente trasparente e condiviso con la popolazione. Non v'è stata una partecipazione reale delle basi secondo quanto prevede il modello bolivariano di democrazia dal basso né s'è dato il tempo per metabolizzare e discutere adeguatamente la proposta;
· - anche l'economia ha avuto un ruolo importante dato che, secondo alcuni analisti, la carenza nell'offerta di prodotti essenziali, sperimentata quotidianamente dalla gente, unita all'aumento dei prezzi (l'inflazione di novembre al 4,4%, la più alta dal 2003) hanno scoraggiato un voto che era percepito anche come d'approvazione all'operato globale del Governo;
· la disputa di Chávez, il 10 novembre scorso, con il Re di Spagna Juan Carlos durante il vertice Iberoamericano in Cile ha avuto probabilmente effetti contrastanti e ha radicalizzato l'opinione pubblica tanto in favore come contro il Presidente.
CILIA ADELA FLORES
Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica bolivariana del Venezuela
Avvocato, specializzato in diritto penale e del lavoro.
E’ stata eletta deputato con sistema uninominale nella circoscrizione La Vega e il Paraíso, nelle fila del Movimiento V República (MVR), partito del quale è stata cofondatrice.
Nel 1993 ha fondato il Circolo bolivariano per i diritti umani.
Membro della direzione Nazionale del Movimiento Bolivariano Revolucionario 200 (MBR-200) e coordinatrice del Gruppo di Opinione del Movimiento V República.
Prima donna a presiedere il Parlamento venezuelano, Cilia Flores è stata eletta all’unanimità il 15 agosto 2006, dopo la designazione di Nicolás Maduro Moros alla carica di Ministro degli Affari esteri. Precedentemente occupava l’incarico di Presidente della Commissione per la Politica interna. Resterà in carica fino al 5 gennaio 2007 quando verrà eletto il nuovo Presidente del Parlamento.
Nicolás Maduro Moros
Ministro degli Affari esteri della Repubblica bolivariana del Venezuela
Nicolás Maduro Moros è nato a Caracas, il 23 novembre 1962. Di origine ebraica da parte di madre, è stato dirigente del movimento sindacale, nell’ambito del quale rappresentava i lavoratori della Metropolitana di Caracas, presso la quale era impiegato, negli anni ’70 ed ’80.
Tra i fondatori del Movimento V Repubblica, è stato eletto deputato al Congreso della Repubblica nel periodo gennaio-dicembre 1999; successivamente ha fatto parte dell’Assemblea Nazionale Costituente (agosto 1999-gennaio 2000).
Confermato deputato dell’Assemblea Nazionale alle elezioni del 2000, è stato Presidente del Parlamento nel periodo 2005-2006, incarico che ha lasciato ad agosto 2006 per assumere la carica di Ministro degli Affari esteri, in sostituzione di Alí Rodríguez, dimissionario per motivi di salute.
Maduro è sposato con Cilia Flores, figura di rilievo del Movimento V Repubblica e primo Presidente donna dell’Assemblea legislativa.
2. Scheda - Paese
Repubblica bolivariana del Venezuela
CENNI STORICI
Cristoforo Colombo toccò la penisola di Paria durante il suo secondo viaggio, nel 1498. Nuevo Toledo, primo insediamento spagnolo dell’America meridionale, fu fondato in Venezuela nel 1522. Nel 1681 la Corona spagnola impose il controllo diretto delle colonie e nel 1739 si compì l’unificazione politica e militare del Paese.
Dopo numerose sollevazioni, nel 1811 fu proclamata l’indipendenza dalla Spagna e nel 1812 Simon Bolivar fu proclamato Liberatore. Il paese ottenne l’indipendenza nel 1821, sotto la guida di Simon Bolivar. Il Venezuela, con Colombia, Panama ed Ecuador, costituiva la Repubblica della Grande Colombia fino al 1830, quando la Repubblica di Gran Colombia si divise nei tre Stati: Colombia ( con l’attuale Panama), Ecuador e Venezuela.
La Spagna riconobbe l’indipendenza del Venezuela nel 1851, con il Trattato di Madrid.
La maggior parte del XIX secolo fu caratterizzata da instabilità politica, regimi dittatoriali e tumulti rivoluzionari.
Nella prima metà del XX secolo, il Paese fu governato da dittature dal 1908 al 1935 e dal 1950 al 1958.
L’economia del Venezuela, incentrata sull’agricoltura, a partire dal 1922, con la scoperta di vasti giacimenti petroliferi, si fondò progressivamente sullo sfruttamento degli idrocarburi.
Dalla caduta del Gen. Marcos Perez Jimenez nel 1958, il Venezuela ha consolidato un’ininterrotta tradizione di governi democratici. Nel 1960 il Venezuela prende l’iniziativa per la costituzione dell’OPEC, il cartello internazionale dei Paesi produttori di petrolio. Fino alle elezioni del 1998, Azione Democratica (AD) ed il Partito Cristiano Democratico (COPEI) hanno dominato la scena politica.
Le fluttuazioni del prezzo del petrolio fra il 1973 ed il 1983 portarono il Paese verso la recessione, particolarmente acuta verso la fine degli anni ’80. Nel 1989 le misure di austerità e di aggiustamento strutturale adottate dalle autorità provocarono gravi tensioni sociali.
Nel 1992 si verificarono due tentativi di colpo di Stato, uno dei quali fu condotto dall’allora Tenente Colonnello Hugo Chávez Frias, eletto poi Presidente della Repubblica nel 1998, a capo del Movimento V Repubblica.
A seguito dell’approvazione – con referendum – della nuova Costituzione, che ha previsto, fra l’altro, la modifica del nome ufficiale del Paese in Repubblica Bolivariana del Venezuela, Chávez venne rieletto Presidente nel luglio 2000 per un mandato di sei anni.
L’approvazione da parte del Congresso di una legge-delega che autorizzava il Governo a legiferare per un intero anno costituì, nella primavera del 2002, l’occasione per imponenti manifestazioni da parte dell’opposizione. A seguito della repressione governativa, nell’aprile del 2002 si verificò un tentativo di colpo di Stato, con il Presidente Chávez costretto a rinunciare temporaneamente al suo mandato e sostituito dal Presidente di FEDERCAMARAS (l’associazione degli industriali) Carmona, alla testa di un governo provvisorio.
Le misure adottate da Carmona (scioglimento dell’Assemblea Nazionale, allontanamento dei vertici del sistema giudiziario, nomine avventate dei capi militari) avevano però favorito il ritorno al potere del Presidente legittimo, sostenuto dalle fasce sociali più emarginate e da buona parte delle Forze Armate. Carmona si era poi sottratto agli arresti domiciliari, per trasferirsi a Bogotá, previa formale richiesta di asilo politico.
Da allora, sebbene Chávez, tornato al potere, dichiarasse di voler riprendere il dialogo tra le forze politiche, la contrapposizione fra le istituzioni, per molti versi incapaci di compiere scelte efficaci, e l’opposizione (in cui sono confluiti, in una non semplice convivenza, gli interessi degli imprenditori, di una parte delle Forze Armate, dei sindacati, della Chiesa cattolica e dei principali mezzi d’informazione) si è costantemente aggravata, fino a giungere al grande sciopero che, a partire dal 4 dicembre 2002, ha bloccato il paese per due mesi, con l’intento di spingere il Governo ad accettare l’indizione di un referendum sulla permanenza di Chávez alla Presidenza. Lo sciopero si è concluso il 31 gennaio 2003, con la raccolta da parte dell’opposizione di ben 4 milioni di firme (pari al 40% dell’elettorato venezuelano e più dei voti ottenuti da Chávez alle elezioni del 2000).
La prospettiva dello svolgimento del referendum è stata per molti mesi la “valvola di sicurezza” per prevenire la degenerazione della contesa politica in scenari traumatici.
Il 15 agosto del 2004 ha avuto luogo il referendum, vinto da Chávez con quasi il 60% dei voti. La consultazione si è svolta senza incidenti e ha visto un notevole afflusso di elettori. La consultazione si è svolta senza incidenti ed ha visto un notevole afflusso di elettori.
Nel dicembre 2006, Chávez ha vinto, con circa il 62% dei voti, le elezioni presidenziali, guadagnando un nuovo mandato di sei anni.
DATI GENERALI |
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Superficie |
912.050 (più di tre volte la superficie dell’Italia)
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Capitale |
CARACAS (2.900.000 abitanti)
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Abitanti |
25.730.435 |
Tasso di crescita della popolazione |
1,38% |
Aspettativa di vita |
74,5 anni |
Religioni praticate |
Cattolica 96%; Riformata 2%
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CARICHE DELLO STATO
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Presidente della Repubblica e Capo del Governo |
Hugo CHÁVEZ Frias(dal 1999. Rieletto nel dicembre 2006) |
Vice Presidente della Repubblica
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Ramón CARRIZÁLEZ (dal 4 gennaio 2008) |
Presidente dell’Assemblea Nazionale |
Cilia Adela FLORES (fino al 5 gennaio 2007) |
Ministro degli Esteri |
Nicolás MADURO Moros |
Interni e Giustizia |
Pedro Miguel CARREÑO Escobar |
Finanze |
Rodrigo Eduardo CABEZAS Morales |
SCADENZE ELETTORALI
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Presidenziali |
Si sono svolte il 3 dicembre 2006, le prossime si svolgeranno nel 2012 |
Politiche |
Si sono svolte il 4 dicembre 2005 (durata della legislatura 5 anni) |
QUADRO POLITICOin collaborazione con il MAE
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Hugo Chávez, ha ottenuto un nuovo mandato di sei anni alle elezioni presidenziali del 3 dicembre 2006[1], nelle quali si è imposto con oltre il 60% delle preferenze sul candidato unico dell’opposizione, Manuel Rosales (Governatore dello Stato di Zulia). Alta è stata la partecipazione al voto, con un tasso di astensione al minimo storico. Le elezioni, nei primi commenti degli osservatori dell’UE, dell’OSA e del Centro Carter, si sono svolte in un quadro di complessiva regolarità[2]. Lo stesso candidato dell’opposizione ha riconosciuto la sconfitta. Sono, questi, segnali confortanti per la dialettica democratica nel Paese, come testimoniato anche dal fatto che buona parte dei mezzi di informazione si sono schierati, durante la campagna elettorale, a favore del candidato dell’opposizione. Soprattutto, in tale contesto, appare importante la dichiarata volontà di Rosales di continuare ad impegnarsi nel guidare l’opposizione.
Chávez si sta impegnando ora nella realizzazione di quel “socialismo del XXI secolo” indicato come l’obiettivo ultimo della sua azione politica. Tale programma dovrebbe portare ad una radicale trasformazione del Paese e si dovrebbe sviluppare nell’arco di 14 anni (il c.d.“Progetto nazionale Simon Bolivar 2007-2021”) nel corso dei quali il Presidente aspira a mantenere il potere.
All’inizio del nuovo mandato Hugo Chávez ha proceduto ad un consistente rimpasto ministeriale: ben 13 dicasteri su 27 sono oggi guidati da nuovi ministri. Nella distribuzione degli incarichi sono stati premiati non i partiti minori della coalizione di governo ma le personalità del MVR particolarmente vicine al Presidente (per vincoli familiari e/o politici, come nel caso del fratello, Adan Chávez, esponente dell'ortodossia chavista e nuovo ministro dell'istruzione). Infine, la nomina più rilevante dal punto di vista delle relazioni bilaterali può essere considerata quella del Vice Presidente Jorge Rodríguez (la cui nonna era italiana), in sostituzione di Vicente Rangel. Tra i ministri confermati si segnalano il Ministro degli esteri, Maduro e il Ministro dell’Energia e del Petrolio (nonché Presidente di PDVSA), Ramírez. In generale il rimpasto è stato valutato come misura volta a prevenire forme di dissenso all’interno della maggioranza e a gettare le basi per la costituzione di quel Partito Socialista Unico che dovrebbe rappresentare, in futuro, la base d’appoggio parlamentare all’azione del Presidente.
Il primo passo per dare impulso al “suo” socialismo Chávez l’ha dato nel febbraio 2007 ottenendo dal Parlamento, in cui solo la maggioranza chavista è rappresentata (l’opposizione boicottò le ultime elezioni legislative del 2005), un provvedimento che gli attribuisce poteri legislativi. La legge è costituzionalmente ineccepibile e non rappresenta una novità nella storia istituzionale del Paese essendo già stata approvata sotto altre presidenze (Perez e Caldera); inoltre, prima dell’entrata in vigore, i decreti presidenziali saranno vagliati dal Tribunale Supremo di Giustizia.
Tuttavia, il giudizio politico non può prescindere da alcune considerazioni: con il provvedimento una quantità eccezionale di poteri si trova concentrata nelle mani di Chávez; la delega ha un campo di applicazione ben superiore rispetto a quelle approvate in passato dal Parlamento venezuelano a favore di altri Presidenti (riguarda ben 11 materie, tra le quali la trasformazione delle istituzioni dello Stato, i meccanismi di partecipazione popolare all’esercizio della sovranità, la sicurezza, la difesa e il settore energetico); infine, la durata della delega è di ben 18 mesi.
Il secondo passo ha riguardato le nazionalizzazioni: il Governo ha quindi disciplinato le modalità per l’acquisto delle quote di maggioranza della principale società di telefonia fissa venezuelana (CANTV), nonché della compagnia elettrica di Caracas (ELECAR), procedendo ad una Offerta Pubblica di Acquisto dei pacchetti di maggioranza delle due imprese (detenuti dalle società statunitensi Verizon e AES), per un ammontare superiore alle quotazioni di borsa (che erano state fortemente depresse dall’annuncio dei provvedimenti). Il Governo venezuelano ha inoltre assicurato di voler rispettare i diritti dei soci minoritari. La questione, oltre alle ripercussioni sui rapporti con Washington, stabilisce un precedente per il processo di ampliamento del ruolo dello Stato nell’economia. Del resto, le disponibilità di liquidità in mano al Presidente sono al momento tanto ingenti da consentirgli di acquistare pacchetti azionari anche al prezzo di mercato. Ciò che desta preoccupazione, quindi, non sono le nazionalizzazioni, visto che non si sono tradotte in espropriazioni, ma il nuovo concetto chavista di “attività economiche strategiche”.
Alla fine del processo, la gran parte dell’apparato produttivo del Paese, con l’inclusione dell'intero settore degli idrocarburi, dovrà essere di esclusivo controllo dello Stato. Si profila l'obbligo di una estensione del concetto di compagnia mista controllata da PDVSA anche alle imprese di esplorazione e produzione di gas, nonché a quelle di petrolio pesante operanti nella Falda dell'Orinoco. Il Governo, quindi, intende recuperare la proprietà pubblica di tutte le compagnie privatizzate dai Governi precedenti e oggi giudicate "strategiche".
Anche se non si tratta di nazionalizzazioni, preoccupa il crescente controllo esercitato dal governo sui media. Rientra in questo aspetto la questione del mancato rinnovo della concessione di RCTV (giunta comunque ai suoi termini naturali), anche se rimangono ancora tante le reti televisive e gli organi di stampa controllati dall'opposizione.
Dietro al mancato rinnovo della licenza vi sarebbe l’ostilità del Presidente verso la rete televisiva accusata di avere attivamente sostenuto il tentato golpe del 2003. RCTV, comunque, continua a trasmettere via cavo. In ogni caso, la chiusura di RCTV il 27 maggio ha portato ad una protesta da parte dell’UE che ha espresso preoccupazione per la decisione del Governo venezuelano al quale è stata ricordata anche la promessa di mantenere un procedimento equo e concorrenziale per l’attribuzione delle frequenze non più utilizzate da RCTV.
La bocciatura della riforma costituzionale (2 dicembre 2007)
Il referendum sulla riforma costituzionale, tenutosi il 2 dicembre 2007[3], consisteva di due proposte: una formulata direttamente dal presidente Hugo Chávez e l’altra dal Congresso. Stando a quanto ha riportato il Consiglio nazionale elettorale l’affluenza è stata del 55% degli aventi diritto al voto e la prima proposta è stata rigettata dal 50,70% dei votanti, contro il 49,29% dei sì, mentre la seconda dal 51,05%. Anche se la differenza nel primo quesito, 1,4%, è minima, il risultato del voto è stato di grande impatto. Colpisce inoltre l'alto tasso di astensionismo, arrivato al 44%. La maggior parte di coloro che si sono astenuti erano sostenitori di Chávez che hanno scelto di non appoggiare le riforme volute dal presidente.
I cambiamenti che la riforma di Chávez voleva introdurre riguardavano 69 dei 350 articoli della Costituzione in vigore dal 1999. I punti principali della riforma riguardavano, in campo politico-istituzionale:
§ l’eliminazione del limite di due mandati alla carica di presidente, che avrebbe potuto ripresentarsi alle elezioni senza alcun limite;
§ l'estensione del mandato presidenziale da sei a sette anni;
§ la creazione di nuove entità politico-territoriali e la possibilità per il Presidente della Repubblica di creare egli stesso – se ritenuto necessario – nuove entità territoriali non sempre definiti dal punto di vista funzionale (“distretti funzionali”, “città federali”; “province federali”). Tutto ciò senza pregiudicare le attuali retribuzioni delle esistenti autonomie locali e segnatamente degli Stati;
§ articolazione del potere politico a quattro livelli. Municipale, statale, nazionale. A questi si aggiungerebbe il “potere popolare” detenuto dai “Consigli” (contadini, operai, studenti, ecc.) al fine di aumentare la “democrazia partecipativa e protagonista”;
§ l'abbassamento dell’età di voto dai 18 ai 16 anni;
§ la concessione del potere di censura dei media al governo in caso di emergenza.
§ Trasformazione delle Forze Armate che da “nazionali” sarebbero diventate “bolivariane”, assumendo la connotazione di “corpo essenzialmente patriottico, popolare e antimperialista”. Oltre all’esercito, alla Marina, all’Aviazione e alla “Guardia territoriale bolivariana” (nuova denominazione della Guardia Nazionale), si sarebbe creata una “Milizia popolare bolivariana”.
Dal punto di vista economico la riforma costituzionale voleva:
§ incoraggiare l’“economia socialista”; permettere al governo di controllare la Banca centrale, affidando al presidente il potere di prendere decisioni in materia di politica monetaria,
§ dichiarare che le imprese statali non possono essere privatizzate,
§ dare all’esecutivo il potere di espropriare la proprietà privata per assicurare il fabbisogno alimentare della popolazione e vietare i grandi assembramenti proprietari in campo agricolo.
§ riduzione dell’orario della giornata di lavoro da otto a sei ore (36 ore settimanali);
§ l’introduzione dell’assistenza sociale ai lavoratori che avrebbero inteso regolarizzare la loro posizione (il lavoro in nero è una realtà che riguarda la metà della popolazione attiva nel Paese);
§ l’istituzionalizzazione di programmi di assistenza sociali con fondi provenienti dalla vendita del greggio.
La reazione del Presidente alla sconfitta
La proposta del Presidente Chávez è stata respinta innanzitutto dallo stesso elettorato “chavista” che, pur scegliendo in gran parte al referendum l’opzione dell’astensione (che ha superato il 44%), si è aggiunto di fatto allo schieramento a favore del “no” che aveva fortemente criticato il rafforzamento dei già ampi poteri del Capo dello Stato. L’affermazione del “no” al referendum sconta anche decisioni controverse come il mancato rinnovo della concessione televisiva del canale privato RCTV, le attuali difficoltà
di reperimento di generi alimentari di prima necessità in un contesto di crescente aumento dei prezzi, ed in generale una certa stanchezza diffusa anche tra il popolo “bolivariano” per discorsi sulla trasformazione sociale impregnati di ideologia e di un continuo linguaggio di attacco contro il nemico esterno” (l’”Impero”) ed interno (“oligarchia venezuelana”). A ciò si aggiunga il compattamento dell’opposizione che ha scelto di andare a votare dietro la spinta del movimento degli studenti, del cambio di schieramento di settori prima appartenenti al chavismo moderato (“Podemos”) e di influenti personalità come l’ex-Ministro della Difesa Baduel, della discesa in campo della Chiesa venezuelana che si è espressa nettamente contro la riforma.
Il presidente Chávez, dopo la diffusione dei dati che lo davano sconfitto, ha preso subito atto dell’esito delle urne. Chávez ha definito il risultato del referendum un esercizio della democrazia. “La democrazia venezuelana sta maturando - ha osservato il presidente - ed ogni processo elettorale permette il consolidamento di questa maturazione”. Ha anche aggiunto di accettare la sconfitta ma ha anche precisato che “...io una vittoria di Pirro come questa non l’avrei voluta”. Chávez ha affermato che l'agenda delle riforme andrà avanti senza modificare un solo comma della proposta iniziale, ma molti si aspettano che questo risultato possa porre un freno alla sua rivoluzione socialista. È verosimile che Chávez si aspettasse una grande vittoria, forte di quella delle elezioni di appena un anno fa che gli aveva portato il 63% dei voti. Il risultato costituisce invece la prima inversione elettorale da quando Chávez ha vinto le elezioni nel 1998.
Annuncio di rimpasto di Governo
II 3 gennaio 2008. Il Presidente Chávez ha comunicato un importante rimpasto di Governo che dovrebbe riguardare oltre che la Vice Presidenza, anche tredici ministeri. In una intervista televisiva rilasciata alla televisione di Stato, Chávez ha annunciato la nomina a Vice Presidente di Ramón Carrizález, già ministro per gli alloggi e l’ambiente urbano. L’attuale Vice Presidente Jorge Rodríguez assumerà invece l’incarico di responsabile del consolidamento del Partito socialista unito del Venezuela che terrà il suo primo congresso il 12 gennaio.
Inoltre, il Presidente Chávez ha informato che il Ministero della Presidenza sarà assunto da Jesse Chacón, che lascia il Ministero delle telecomunicazioni a Socorro Hernández, gia Presidente della compagnia telefonica Cantv. Allo strategico Ministero della Comunicazione ed Informazione è stato designato il Presidente di Telesur, Andrés Izarra, mentre del Ministero della Partecipazione e Protezione sociale è stata incarica Erica Farías, già responsabile del Ministero della Presidenza. Il Ministero degli alloggi e ambiente urbano sarà invece ricoperto dal comandante Pérez Prado che, a detta di Chávez, pur essendo poco conosciuto, ma avendo dimostrato di essere un militare efficiente sarà in grado di dare un alloggio degno a tutti i venezuelani.
Le altre reazioni politiche ed il ruolo dell’opposizione studentesca
Se da una parte il Presidente ha chiamato i suoi seguaci alla battaglia decisiva contro l’imperialismo, spostando di tanto in tanto l’attenzione dai contenuti della riforma a una presunta minaccia straniera, l’opposizione paventava la fine della democrazia e l’avvio di un regime totalitario. Essendoci state otto ore di ritardo nella diffusione dei dati ed essendo le televisioni locali bloccate per legge sugli exit poll, le celebrazioni sono cominciate in mattinata nella capitale venezuelana, tra gli attivisti che si erano opposti alle proposte del Presidente e tutti quelli che li avevano seguiti.
Leopoldo Lopez, sindaco di Chacao di Caracas, facente parte dell’opposizione, ha detto alla BBC che questo risultato dimostra che “il Venezuela ha vinto, la democrazia ha vinto, e questo traguardo avrà un importante impatto per il resto dell’America Latina”. Anche la Casa Bianca si è rallegrata del risultato. La portavoce, Dana Perino, ha affermato che sembra che i Venezuelani abbiano dato voce ai loro pensieri, e ciò è di buon augurio per il futuro del paese e per la sua libertà. Da questo referendum oltre al grande sconfitto, Chávez, emerge anche l'esistenza di nuovi attori nell'arena politica venezuelana. Da un lato, ci sono gli ex alleati del Presidente, tra cui lo stesso generale Raul Baduel, che potrebbero tentare di lanciare una nuova leadership, sempre all'interno dell'area bolivarista, in alternativa a quella di Chávez; dall'altro lato, il popolo studentesco, che ha mostrato grande dinamismo e la capacità di mobilitare migliaia di persone. Tra le fila studentesche si sta facendo strada la necessità di una “ricomposizione del quadro politico”.
Prospettive future
Alcuni analisti hanno affermato che la sconfitta potrebbe provocare un ripensamento sul ritmo e lo scopo della riforma Cháveziana. Chávez ha la presidenza garantita per altri 5 anni e poco tempo fa aveva detto che in caso di sconfitta avrebbe cominciato a pensare ad un sostituto a cui affidare il paese alla scadenza del suo mandato. Dopo l’esito del referendum non ha fatto menzione di progetti relativi ad un futuro passaggio di consegne.
Negli ultimi mesi Chávez si è concentrato sul rafforzamento del suo regime, anche attraverso l’eliminazione di potenziali fonti di dissenso (come la chiusura della RCTV - Radio Televisione Caracas), e sulla propaganda “anti-yankee”, trascurando i problemi dell’inflazione, la mancanza di beni di prima necessità e la crescente violenza nelle città. Inoltre, sebbene con lo svolgimento regolare del referendum sia stato fugato qualche dubbio sul carattere democratico del sistema bolivarista, negli ultimi mesi il capo di Stato venezuelano ha visto indebolirsi il credito che aveva conquistato all'estero, ad esempio da parte delle sinistre europee.
I prossimi mesi si preannunciano cruciali per gli sviluppi politico-istituzionali interni e potrebbero portare a sostanziali cambiamenti nel processo di affermazione del “socialismo del XXI secolo”. Tuttavia, non va dimenticato che Chávez ha saputo superare situazioni di crisi ben più gravi di quella attuale e che, nonostante le crescenti manifestazioni di dissenso e le defezioni tra i seguaci del Presidente, l'opposizione rimane ancora troppo debole e disunita per trovare la forza ed individuare le strategie per assumere il potere. La prossima nuova scadenza elettorale dell’autunno 2008 (rinnovo delle cariche dei Governatori e dei Sindaci) sarà l’occasione per misurare da un lato la capacità di recupero di Chávez e, dall’altro, quella dell’opposizione di consolidare il risultato raggiunto proponendosi come forza alternativa in vista delle presidenziali del 2012.
QUADRO ISTITUZIONALE
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Sistema politico
Il Venezuela è una Repubblica Presidenziale con ordinamento federale. La Costituzione attuale è stata varata nel 1999.
Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica è eletto direttamente con suffragio universale per un mandato di sei anni. Per essere eletto, un candidato deve ottenere la maggioranza dei voti validi. Il Presidente può essere rieletto, immediatamente e soltanto per una volta, per un altro mandato.
Il Presidente della Repubblica è alla guida del Governo, di cui nomina i Ministri ed il Vice Presidente.
Può convocare l’Assemblea Nazionale in casi di urgenza; non è comunque soggetto alla fiducia parlamentare, ma può essere destituito dal Tribunale Supremo di Giustizia e attraverso un referendum popolare, purché sia trascorsa almeno la metà del suo mandato (art. 72)[4].
Il Presidente, se autorizzato con delega dal Parlamento, può emanare provvedimenti legislativi in determinate materie. i decreti presidenziali sono in tal caso vagliati dal Tribunale Supremo di Giustizia. L’attuale Presidente, Chávez, si avvale di tale facoltà dal febbraio del 2007.
La
Costituzione del 1999 ha introdotto la figura del Vice Presidente. Il VicePresidente può presiedere, se autorizzato
dal Presidente della Repubblica, il
Consiglio dei Ministri. Presiede il Consiglio Federale di Governo, che ha il compito di coordinare le attività del governo con le entità federali (gli Stati, i territori, le dipendenze e il distretto della capitale). Il Vice Presidente può essere, al pari dei Ministri, sfiduciato dall’Assemblea Nazionale.
Parlamento
Il potere legislativo spetta all'Assemblea Nazionale, composta da 165 membri che durano in carica cinque anni. I deputati sono eletti con sistema proporzionale. Tre seggi sono riservati alle popolazioni indigene.
L’iniziativa legislativa spetta al Potere Esecutivo, alla Commissione Delegata e alle Commissioni Permanenti, ad almeno tre membri dell’Assemblea Nazionale, agli elettori purché rappresentino lo 0,1% del corpo elettorale.
I progetti di legge sono discussi in due dibattiti separati. Nel primo dibattito si discute il testo nel suo complesso. Successivamente il progetto viene inviato alla Commissione permanente competente. Ricevutane la relazione, l’Assemblea esamina il progetto in seconda lettura articolo per articolo. Se approvato senza modificazioni, viene sanzionato dal Presidente della plenaria; in caso contrario, il testo viene rimandato in Commissione. Sul testo della Commissione torna a deliberare l’Assemblea per l’approvazione finale.
Il Presidente della Repubblica può rinviare per una volta il testo approvato all'Assemblea perché lo riesamini (nel qual caso è richiesta per l'eventuale riapprovazione la maggioranza assoluta dei presenti) oppure può sottoporlo alla Sezione costituzionale del Tribunale Supremo di Giustizia. Se autorizzato dall'Assemblea, il Presidente della Repubblica può anche emanare decreti aventi forza di legge.
L’Assemblea Nazionale può sfiduciare con una mozione il Vice Presidente esecutivo ed i Ministri che compongono il Governo. La mozione deve essere votata dai due terzi dei componenti dell’Assemblea. Se nel corso di una legislatura vengono sfiduciati tre Vice Presidenti, il Presidente della Repubblica può sciogliere l’Assemblea, purché essa non sia giunta all'ultimo anno del mandato.
Si segnala infine, tra le novità della Costituzione del 1999 che ha proclamato il Venezuela Stato democratico e sociale di diritto e di giustizia nel nome di Simon Bolivar, la previsione del Consiglio morale repubblicano, di cui fanno parte anche il Difensore del Popolo, il Procuratore Generale e il Controllore Generale. Tale Consiglio è incaricato non solo di svolgere opera di prevenzione, indagine e sanzione in materia di etica pubblica e di moralità amministrativa, ma anche di promuovere l'educazione ai valori della cittadinanza e della democrazia.
Il Presidente dell’Assemblea ha mandato annuale.
Attualità di politica estera(in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri)
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La rottura dei rapporti con la Colombia
Tra Caracas e Bogotà i rapporti sono sempre stati tesi, dal momento dell'insediamento del Presidente Hugo Chávez, le cui idee politiche non collimano con quelle del suo omologo Alvaro Uribe. Nonostante questo, le relazioni, sebbene con qualche irrigidimento di tanto in tanto, sono sempre rimaste continue, fino a pochi giorni fa quando da Palazzo Miraflores (Caracas) è giunto l'annuncio del loro “congelamento”.
l gruppo paramilitare delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) è sempre stato un nodo della discordia tra i due Esecutivi, dalla fine del mandato dell'ex Capo di Stato Andrè Pastrana. Uribe, infatti, non ha mai fatto mistero di sospettare che molti esponenti del gruppo trovassero rifugio nel vicino Venezuela, con la tacita approvazione del Presidente Chávez e che da lì, complice questa sorta di omertà, avessero modo di organizzare i loro “raid”contro il suo Paese. Quasi a conferma delle sue dichiarazioni, a metà dicembre 2005, un'azione delle Forze Armate di Bogotà al di là della frontiera, aveva portato alla cattura di Rodrigo Granda, personaggio di spicco delle Farc. L'azione, però, aveva dato vita ad una veemente protesta da parte di Caracas, che aveva accusato Bogotà di violazione della sovranità nazionale, con l'incursione non autorizzata compiuta. La replica era stata di uguale durezza: il Governo colombiano aveva dichiarato che Chávez stava offrendo rifugio a Granda solo per poter poi riscuotere la taglia che pendeva sul capo dell'uomo. E così, per altri due anni, le scaramucce diplomatiche, le brevi tensioni e gli scambi di accuse non sono mai mancati, ma solo il 28 novembre 2007 si è arrivati alla sospensione dei rapporti diplomatici.
Ad agosto era apparsa su tutte le testate internazionali la notizia che l'ex candidata presidente Ingrid Betancourt era stata rilasciata grazie all'intervento del Palazzo Miraflores, notizia subito smentita dallo stesso Capo di Stato Hugo Chávez. Chávez però ha colto l'occasione per ribadire il proprio interesse per la vicenda, offrendosi ufficialmente come mediatore. Alvaro Uribe ha acconsentito a lasciare un margine d'azione al suo omologo ed al neo-eletto Primo Ministro francese Nicolas Sarkozy.
Mentre quest'ultimo non è mai stato sollevato dall'incarico, il 21 novembre, all'improvviso, il Capo di Stato di Caracas si è visto rimosso dal suo ruolo, a causa di una telefonata fatta ad un alto esponente dell'Esercito colombiano, in cui a quest’ultimo veniva chiesto il numero di soldati catturati dalle milizie rivoluzionarie. La telefonata sarebbe stata fatta senza la previa autorizzazione di Bogotà.
Dopo questa scelta, le accuse e le critiche reciproche si sono succedute per giorni. Da un lato, Uribe puntava il dito contro il suo omologo venezuelano, tacciandolo di parteggiare per le FARC, dall’altro Chávez replicava sostenendo che ad Uribe non sono mai state a cuore le condizioni degli ostaggi, ma ha sempre preferito l'opzione di una soluzione “armata” del conflitto.
A spalleggiare il Mandatario venezuelano si sono schierati i parenti della Betancourt - della quale recentemente è stato diffuso un video sequestrato ad un esponente della guerriglia – che ne hanno lodato l'impegno profuso per la scarcerazione della propria congiunta, deplorando al tempo stesso la rigidità mostrata dall'Esecutivo colombiano che non ha mai formalmente accettato i termini dello scambio predisposti da Chávez (liberazione di 45 ostaggi in cambio di 500 guerriglieri detenuti nelle carceri di Bogotà).
In questa nuova situazione, la Francia, per tramite del suo Premier, Francois Fillon, continua a chiedere una ricomposizione delle relazioni ed un ripristino dei canali del dialogo, sia nei rapporti Venezuela-Colombia, sia in quelli Venezuela-Spagna, in vista del Summit tra Unione Europea ed America Latina previsto a Lima per il mese di marzo 2008. Tuttavia il recente fallimento della cosiddetta “operazione Emanuel” in cui il Venezuela era tornato a svolgere un ruolo, è tornata a far salire la tensione tra i due Stati, con le accuse da parte di Chávez ad Uribe di aver voluto mandare all’alria l’operazione, mentre l’Alto Commissario per la Pace colombiano, Luis Carlos Restrepo, sostiene che l’esito della vicenda è dovuto all’inaffidabilità delle FARC che mentono continuamente e non al Governo colombiano che non aveva organizzato alcuna operazione militare nella zona.
In realtà, però, le divergenze affondano in un background politico che non ha mancato di emergere nei giorni successivi. Da Bogotà, infatti, è stato più volte sottolineato come l'interesse del Venezuela fosse dettato in primis dalla voglia del suo Capo di Stato di fungere, sempre e comunque, come fulcro delle vicende della regione, allo scopo di estendere la propria egemonia (ed ideologia) alle altre Nazioni. Non dissimili, sebbene diametralmente opposte a livello di contenuto sono state le dichiarazioni di Palazzo Miraflores: Uribe, secondo Caracas, sarebbe una sorta di pedina degli Stati Uniti nello scacchiere centro-sudamericano, insieme a Perù e Messico, una testa di ponte per Washington per controllare che gli Stati dell'area non si allontanino dai diktat della Casa Bianca. In tale contesto, le scelte di Bogotà in tema di ostaggi sono la semplice prosecuzione della campagna lanciata dagli USA, volta a sconfiggere le Farc sul campo e per la quale Washington ha ampiamente sovvenzionato la Colombia, in termini di armi, dollari e know-how.
Il dibattito, quindi, si incentra come sempre sulla spaccatura tra le due ideologie predominanti in America Latina, quella favorevole a relazioni strette, o quantomeno distese, con il vicino nordamericano e quella, al contrario, completamente antitetica all'Amministrazione Bush. Proprio la connotazione ideologica comporta che gli impatti della crisi bilaterale siano più vasti delle sole implicazioni economiche (sebbene anche queste abbiano una certa rilevanza, alla luce dei 5 miliardi di dollari di scambi commerciali tra i due Paesi). Ma, soprattutto, è la spaccatura della regione che si amplia progressivamente, a seguito della decisione di Hugo Chávez di non rientrare nella CAN (Comunità Andina delle Nazioni) proprio in virtù dell'adesione colombiana.
A livello regionale, inoltre, pare che la sua voglia di istituire un Mercosur (Mercato Comune del Sur) dalla forte connotazione politica anti-americana, stia perdendo consensi: a parte la Bolivia di Evo Morales e, sebbene non completamente, l'Ecuador di Rafael Correa, che guarda con apprensione il possibile abbandono del dollaro dall'Opec (come proposto dal Venezuela), Argentina e Brasile tendono a defilarsi dalle posizioni di Caracas. La prima, in piena transizione tra la gestione di Nestor Kichner e la nuova Presidenza di Cristina Fernandez, si è avvicinata immediatamente al Brasile, da cui negli anni passati aveva preso le distanze per il timore di ambizioni regionali egemoniche di Lula. Quest'ultimo, dal canto suo, non ha mai fatto mistero di non gradire una regione in cui spiccasse e primeggiasse il Venezuela, ed ha abbandonato, facendolo quasi sicuramente naufragare, il progetto del Gasdotto del Sur, fortemente voluto proprio da Caracas. Non sono pochi, poi, coloro che, all'interno delle ali più “moderate” di quasi tutti i partiti del Sudamerica, hanno guardato con sospetto l'elargizione da parte del Venezuela di sovvenzioni, fondi, e petrolio verso le proprie Nazioni, di solito in cambio di pacchetti di “bond”, intravedendo in questa strategia un modo per “acquistare influenza” nel subcontinente.
In definitiva, è necessario ammettere che non è la prima volta, e si può ragionevolmente supporre che non sarà l'ultima, che Hugo Chávez si viene a trovare in conflitto con i propri “vicini”: era già accaduto con la stessa Colombia, successivamente con il Perù, in occasione delle elezioni Presidenziali, e con il Messico, sempre al momento della chiamata alle urne. Quasi sempre le relazioni sono poi tornate alla normalità, persino con gli Stati Uniti, contro i quali ha sempre lanciato forti strali ma senza mai interrompere i commerci e la partnership per la lavorazione del petrolio. Probabilmente, quindi, anche l'ultima crisi si risolverà, magari grazie ai buoni uffici della Francia, ma ogni nuova frattura creata e poi sommariamente ricomposta lascia una cicatrice sul Mercosur e sul progetto di Unione sulla falsariga di quella Europea.
Venezuela - Spagna: crisi dei rapporti dopo lo scontro fra Chávez ed il re Juan Carlos (Santiago del Cile, 11 novembre 200/)
L’acceso diverbio scoccato durante la chiusura dei lavori del XVIII congresso ibero-americano fra il presidente venezuelano Chávez ed il re di Spagna Juan Carlos, ha aperto una crisi istituzionale fra i due paesi. Caracas ha dichiarato che riconsidererà a fondo i suoi rapporti con Madrid: “…le aziende spagnole sul nostro territorio dovranno rendere maggiormente conto delle proprie azioni…”. Un inasprimento brusco ed imprevisto dei rapporti fra le due nazioni che appena nel 2005 avevano rafforzato le proprie relazioni stringendo nuovi patti bilaterali. Una rottura apparentemente inspiegabile, che si può tentare di interpretare solo prendendo in considerazione l’attuale politica interna venezuelana e il ruolo di “leader maximo” che Chávez intende ricoprire in Sud America.
Non
meno di due anni fa, durante un incontro fra il presidente venezuelano ed il
premier spagnolo Zapatero, i due governi si erano decisamente riavvicinati. Nel
corso della precedente presidenza Aznar, infatti, vi era stato un notevole
allontanamento fra le parti dovuto a differenti visioni politiche riguardanti
soprattutto la politica estera. Solo la
vittoria elettorale di Zapatero, ideologicamente molto più vicino del suo predecessore agli ideali socialisti di Chávez, permise di riaprire la strada della collaborazione. Dal 2005, le due nazioni hanno concluso numerosi accordi economici suscitando, in qualche caso, non poche critiche. Vale a titolo di esempio la vendita da parte spagnola di alcuni mezzi di trasporto civili e militari: 4 navi costiere pattuglia, 4 corvette, 10 velivoli da trasporto C-295 e due aerei di sorveglianza marittima. Il tutto per un valore totale di 1.300 milioni di euro. Tale fornitura fu duramente criticata dagli USA che videro in quella compravendita un ulteriore distacco della Spagna dalle precedenti politiche estere filoamericane. Dopo aver ritirato le proprie truppe dall’Iraq, ora Madrid forniva supporto ad un governo decisamente non allineato con la Casa Bianca. La ritrovata cooperazione economica diede i suoi frutti anche nei rapporti aziendali. La PDVSA (Petróleos de Venezuela S.A), ovvero la compagnia statale per il controllo delle risorse petrolifere, concordò un programma di sviluppo congiunto con la spagnola Repsol, società spagnola attiva nei settori del petrolio e del gas naturale.
Tuttavia, molte società iberiche, anche negli anni precedenti e nonostante gli scarsi rapporti istituzionali, avevano aperto proprie agenzie in Venezuela. Imprese del calibro di Telefonica (azienda leader nelle telecomunicazioni), ENDESA (operante nel settore energetico), ma anche filiali bancarie della BBVA (Banco Bilbao Vizcaya) e del Banco Santander. Nel 2006, la Spagna risultò essere il paese che aveva effettuato il maggior numero di investimenti in Venezuela, per un ammontare di 5 milioni di dollari, collaborando anche alla realizzazione di numerose opere pubbliche. Dal 2004, anno della vittoria elettorale di Zapatero, si sono rafforzati anche gli scambi commerciali bilaterali. Un incremento costante che ha portato l’export spagnolo verso il paese sudamericano a raggiungere, nel 2006, un volume d’affari pari a 520,67 milioni di euro, facendo così registrare un aumento di quasi il 40% rispetto al 2004. Le previsioni future indicano un’ulteriore crescita del settore: solo nei primi otto mesi del 2007 sono stati raggiunti i 360 milioni di euro. Anche le esportazioni venezuelane in Spagna si sono intensificate: nel 2005 possedevano un valore equivalente a 214 milioni di dollari, l’anno successivo hanno toccato quota 258 milioni di dollari, con una variazione del 20,90%. In tal modo la Spagna è divenuta il terzo paese per volume di rapporti commerciali con il Venezuela, subito dopo Germania e Italia. +
Recentemente il Venezuela ha firmato un protocollo di adesione per rientrare nel MERCOSUR (Mercado Comune del Sur), il mercato comune sud americano che intrattiene stretti accordi in materia di commercio con l’UE. Il governo venezuelano, nonostante il processo di nazionalizzazione in corso, ha permesso che aziende spagnole investissero pesantemente nei settori strategici dell’economia venezuelana come ad esempio elettricità e telecomunicazioni. Questo a conferma degli ottimi rapporti che intercorrono fra Caracas e Madrid, o almeno che intercorrevano fino al mese passato.
Secondo alcuni analisti, il reale motivo che ha spinto Chávez prima a provocare Zapatero, interrompendolo più volte durante il suo discorso, e poi allo scontro verbale con
il re Juan Carlos[5] potrebbe essere una mossa politica non casuale. Già durante la cerimonia di apertura del XVIII congresso ibero-americano, Chávez non aveva esitato a definire il meeting come “una totale perdita di tempo”. I pensieri del presidente erano forse rivolti altrove. Dopo il battibecco con il re, il Venezuela si è stretto intorno al suo leader. La popolazione ha accolto le sue parole come una dichiarazione di libertà dall’antico dominatore spagnolo. Non è quindi da escludere che il presidente abbia fatto leva sullo storico risentimento popolare nei confronti della Spagna monarchica colonizzatrice, proprio per guadagnare il sostegno della sua gente. Un sostegno che avrebbe potuto trasformarsi in un fiume di consensi a favore delle riforme alla costituzione proposte dal partito al governo e sottoposte a referendum. Ma se questo era il suo obiettivo, le aspettative di Chávez sono andate deluse.
Dopo aver gettato benzina sul fuoco nei giorni successivi all’aspro dibattito, Caracas ora si sta preoccupando di normalizzare le relazioni con Madrid, che del resto ha sempre minimizzato sull’accaduto. Zapatero non ha voluto dare seguito alla scia di polemiche innescate dal collega venezuelano, invitando solo al rispetto per la Spagna e di conseguenza per la casa reale. In un’intervista a TeleSUR, rete televisiva nazionale, Chávez ha rilasciato dichiarazioni distensive: “…spero che questo incidente non mini le relazioni economiche e commerciali fra i due paesi…” dicendo altresì di aver incaricato il ministro degli esteri, Nicolàs Maduro, di chiarire e riportare alla normalità le relazioni con Madrid. Il primo passo è stato trasmettere, per tramite dell’ambasciatore venezuelano a Madrid Alfredo Toro, un messaggio di rispetto al re Juan Carlos. Nel comunicato si menziona “il desiderio di mantenere il miglior livello nelle relazioni bilaterali”. Il ministro degli esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, ha accolto con favore il gesto. Del resto, già nei giorni precedenti, il suo governo aveva assicurato che tutte le imprese iberiche in Venezuela avrebbero mantenuto la propria presenza nel paese. Raggiunto così il proprio scopo, Chávez ha provveduto a calmare le acque. Sa bene di non poter perdere un alleato nella UE così vicino alla sua visione politica, dopo essersi pesantemente inimicato gli USA.
Priorità di politica estera(a cura del MAE)
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Il Venezuela persegue una politica estera rispetto alla quale la geopolitica del petrolio è al tempo stesso strumento e funzione. Strumento perché gli enormi introiti assicurati all’erario dagli elevati corsi del greggio consentono di dispiegare un di condizionamento dei vicini, sia attraverso programmi di cooperazione a dono (caso Bolivia), sia attraverso l’acquisizione di titoli del debito pubblico (caso Argentina). Funzione perché la stessa politica estera è indirizzata alla ricerca di partner strategici per controllare i prezzi internazionali del greggio. Al di là della comune avversione agli Stati Uniti, non può infatti sfuggire che la forte sintonia tra Chávez e l’iraniano Ahmadinejad affondi le proprie radici nella comune volontà di difendere i corsi internazionali del greggio. Difficile trovare un collante ideologico tra un Paese a stragrande maggioranza cristiano il cui presidente si definisce socialista e bolivariano e un Paese musulmano retto da un regime teocratico.
Il dato fondamentale è quindi che molte delle solidarietà internazionali vantate da Caracas si basano su interessi economici dei partner prima che su una genuina comunione di visione strategica sul futuro dello sviluppo dell’America Latina e del suo ruolo nel mondo. Di qui anche la loro debolezza.
In definitiva la capacità di influenza regionale del Venezuela e la sua intrinseca fragilità derivano dalla sua stretta dipendenza dai corsi del petrolio. Il che rende l’esperienza venezuelana non assimilabile a quella cubana del passato, dove l’autentica ispirazione ideologica con la proposta di un modello di sviluppo alternativo si univano alla dimensione dell’aiuto politico ed economico canalizzato dall’Avana ma proveniente da Mosca.
In ogni caso, queste stesse esportazioni rappresentano anche uno strumento fondamentale per la politica estera venezuelana. Non è, infatti, certamente un caso che i Paesi della regione latino-americana siano stati destinatari del 41% delle esportazioni di greggio venezuelano nel 2004, a fronte del 25% del 2002. Per converso, la percentuale dell’export petrolifero destinato all’area nord-americana ha subito una flessione di 11 punti percentuali nello stesso periodo, passando dal 57% al 46%. In questo contesto, si inserisce anche l’orientamento del Governo di Caracas, andato delineandosi nel corso degli ultimi 5 anni, inteso a privilegiare le società petrolifere non anglosassoni nell’ambito dei nuovi piani di investimento finalizzati allo sfruttamento della Falda dell’Orinoco e all’estrazione del gas[6]. La tendenza a privilegiare l’America Latina ed i Caraibi si è andata rafforzando grazie ad una serie di accordi con i Paesi delle aree in questione[7] e rappresenta lo strumento privilegiato mediante il quale il Venezuela di Chávez mira a diffondere la propria concezione “solidaria” delle relazioni internazionali, con l’intento ultimo di creare un polo latino-americano capace di ridisegnare gli equilibri geo-strategici nel Continente americano, bilanciando l’attuale preponderanza statunitense. In questo contesto si inserisce l’aspirazione venezuelana di espandere la quota di esportazioni di greggio destinata al Continente europeo, a scapito di quella diretta verso gli USA[8].
Una passaggio importante nella politica estera del Venezuela è rappresentato dalla decisione, nel 2006, di entrare a far parte del Mercosur. Dal punto di vista doganale l’integrazione si estenderà in un arco di tempo fino al 2010 per dare tempo a Caracas di adottare le normativa Mercosur nel proprio ordinamento. Con la partecipazione al Mercosur, in verità non ancora finalizzata a causa delle difficoltà alla ratifica dell’atto di adesione frapposte dai Parlamenti del Brasile e del Paraguay, Caracas ha contestualmente lasciato la Comunità Andina delle Nazioni (CAN[9]). In ogni caso, il rapporto con il Mercosur non è sempre facile. Infatti, Chávez ha più volte rilasciato dichiarazioni, dicendosi poco interessato ad un Mercosur che mantenga l’attuale filosofia economica.
Del resto, segno della freddezza tra Chávez e il Mercosur è stato anche il viaggio a Mosca, Minsk e Teheran tra fine giugno ed inizio luglio 2007, proprio mentre era in corso il vertice di Asuncion.
Infine, merita di essere ricordato il Vertice sulla politica energetica latinoamericana, organizzato dal Venezuela nella cornice della Isla Margarita (16-17 aprile 2007). In tale occasione, è stato deciso (anche se non se ne fa menzione nel documento finale) di sostituire la denominazione di "Comunitá Sudamericana delle Nazioni" con "Unione delle Nazioni Sudamericane" (UNASUR) che sará dotata altresi' di un Segretariato permanente con sede a Quito e di un Segretario Generale. La creazione di un organismo maggiormente strutturato viene incontro alle richieste del Presidente Chávez che alla precedente riunione di Cochabamba aveva criticato tra l'altro la scarsa istituzionalizzazione della precedente CSN.
Nel corso della riunione di Margarita e' stato creato un Consiglio Energetico Sudamericano, integrato dai Ministri dell'Energia dei Paesi dell'America Latina, con il mandato di favorire l'integrazione della regione nel settore dell'energia e garantire la disponibilità energetica necessaria per lo sviluppo dei Paesi della regione e dove il Venezuela con le sue grandi riserve di petrolio e di gas ambisce evidentemente a svolgere un ruolo di leadership. L'integrazione energetica come strumento per combattere la povertà e promuovere il progresso sociale ed economico del continente permea tutta la dichiarazione finale che, inoltre, pone fine, almeno pubblicamente e momentaneamente, alla controversia tra biocombustibile (in particolare l'etanolo) e le tradizionali fonti di combustibile fossile (petrolio) originatesi dopo la firma delle intese Washington-Brasilia sulla collaborazione nel settore della produzione dell'etanolo.
Le linee guida di tale politica “petrolio-centrica” sono state confermate nell’agosto 2007 con due iniziative parallele: il III vertice di “Petrocaribe”, che ha riunito a Caracas gli aderenti all’accordo (i membri del Caricom, più Cuba, Nicaragua e Santo Domingo); e il viaggio di Chávez in Ecuador, dove ha concluso un accordo per la costruzione della più grande raffineria sulla costa pacifica dell’America Meridionale. Del costo di circa 5 miliardi di dollari, la raffineria servirà a proiettare l’Ecuador di Correa sul mercato degli idrocarburi per l’estremo oriente.
I rapporti fra Venezuela e Stati Uniti si mantengono tesi, soprattutto dopo l'intervento di Chávez all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed il confronto tra Venezuela e Guatemala per il seggio nel Consiglio di Sicurezza. Di fronte alle ripetute prese di posizione antiamericane dell'Amministrazione Chávez, Washington tende ad evitare polemiche dirette e a contrastare le aperture internazionali promosse da Caracas nei confronti di Iran, Siria, Bielorussia, Corea del Nord, Cina e Russia (con queste ultime due nazioni Chávez coltiva buone relazioni soprattutto in campo energetico e militare; basti pensare che a fine giugno 2007 Chávez ha visitato Mosca, Minsk e Teheran). Le prime reazioni di Washington alle elezioni in Venezuela sono state inoltre improntate a toni di pragmatica apertura e sostanziale riconoscimento del carattere democratico delle consultazioni, anche se permangono i dubbi sulle intenzioni di Chávez in merito al rafforzamento delle sue tendenze autoritarie e, in prospettiva, all’ambizione di un mandato a vita. La legge abilitante, ad esempio, non ha certo creato una buona impressione a Washington che, però, ha esercitato prudenza nel dichiarare di voler prima vedere come il Presidente intende far uso dei poteri attribuitigli. In linea generale, quindi, rapporti ambivalenti, piuttosto tesi ma soggetti sempre a brevi schiarite seguite da nuove frizioni. Dopo le aperture delle prime settimane post – elettorali, tuttavia, le relazioni si sono fatte nuovamente tese.
In ogni caso gli Stati Uniti rimangono di gran lunga il principale partner commerciale del Venezuela, anche se gli investimenti USA in Venezuela si sono ridotti a causa delle preoccupazioni per le svolte in senso “socialista” annunciate dal Presidente Chávez. Tuttavia, l’aspra polemica in corso non sembra, sinora, aver avuto significative ripercussioni nel campo delle relazioni commerciali fra i due Paesi. Gli Stati Uniti sono infatti il primo partner commerciale del Venezuela e il principale destinatario del petrolio venezuelano. Gli scambi commerciali sono andati gradatamente crescendo negli ultimi quattro anni e nel 2005 hanno raggiunto 39 miliardi di dollari, con un aumento del 35% rispetto al 2004. Gli Stati Uniti importano 1,5 milioni di barili di petrolio venezuelano al giorno, circa la metà dell’intera produzione del Paese, che risulta così, in alcuni periodi dell’anno, il primo fornitore di greggio agli USA[10]. Del resto da parte americana ci è stato detto chiaramente che Washington intende incoraggiare le proprie imprese non solo a non ritirarsi dal Venezuela, ma anzi a cogliere le opportunità offerte dal pure complesso quadro economico-politico venezuelano. Si tratta di una volontà coerente all’interesse a mantenere la società venezuelana coinvolta in un sistema di rapporti che la leghi, anche sotto il profilo degli interessi economici, al mondo occidentale, con i valori che ad esso sono collegati. Un commento meritano le forniture di armamenti: gli Stati Uniti, dopo avere a lungo mantenuto un atteggiamento improntato più alla prudenza che alla chiusura, hanno disposto la sospensione di tutte le esportazioni di armi e connessi servizi verso il Venezuela (anche quelle già autorizzate).
Due forti elementi di disturbo delle relazioni tra il Venezuela e gli USA sono costituiti dagli stretti rapporti con Cuba e con l’Iran.
Quanto a L’Avana, il legame “fraterno” con il Venezuela, cui Cuba deve la metà del proprio fabbisogno energetico giornaliero a condizioni più che vantaggiose , si fonda, secondo molte analisi, sul ruolo di Chávez quale nuovo portabandiera dell’azione castrista di disturbo e propaganda antiamericana nel continente latinoamericano. Quale che sia la fondatezza della ricostruzione che vede in Hugo Chávez un novello Fidel Castro, Caracas e L’Avana, dopo aver formalmente lanciato, l’ “ALBA” (Alternativa Bolivariana para los Pueblos de Nuestra America, ora allargata anche alla Bolivia e al Nicaragua) hanno avviato l'attuazione di questo schema in funzione alternativa all’ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe, promossa dagli USA). In questo quadro, il 24 gennaio 2007, una delegazione governativa cubana di alto livello, guidata da Carlos Lage, è approdata a Caracas per firmare ben sedici accordi di collaborazione bilaterale in questi settori: trasporti, siderurgia, metallurgia, telecomunicazioni, energia, turismo, agricoltura. Le intese mostrano come l'asse cubano-venezuelano si articoli in maniera complessa, coprendo una pluralità di settori nei quali si inseriscono i flussi di tecnici cubani (ad esempio medici ed insegnanti) che contribuiscono alle iniziative sociali in Venezuela.
I rapporti tra Caracas e Teheran, intensi da qualche anno, sembrano essersi fatti ancora più stretti negli ultimi mesi. Si fondano su tre elementi di forte sintonia: la cooperazione energetica, l’antiamericanismo e le prospettive (di cui è difficile valutare la realizzabilità) di una collaborazione militare. Dal luglio 2006, infatti, tra Iran e Venezuela sono stati conclusi più di 50 accordi. I più recenti riguardano oltre all’educazione e l’industria, il settore minerario etc., la costituzione di una impresa mista tra PDVSA e l’omologa Petropars per lo sviluppo, sfruttamento e commercializzazione di petrolio dell'Orinoco in campo internazionale. Inoltre, in occasione dell’ultima vista a Caracas di Ahmadinejad nello scorso gennaio, è stata annunciata la creazione di un Fondo di Investimento congiunto Iran-Venezuela destinato a divenire, nelle intenzioni dei suoi promotori, uno “strumento di liberazione dal giogo imperialista”, mediante il finanziamento di progetti di sviluppo anche i Paesi terzi.
Chávez e Ahmadinejad hanno poi partecipato insieme alle cerimonie di insediamento di Daniel Ortega in Nicaragua e Rafael Correa in Ecuador (gennaio 2007). Con entrambi i Paesi il Venezuela si è mostrato particolarmente generoso di “consigli” e di aiuti finanziati dai petrodollari. Una certa affinità politica e l’antiamericanismo facilitano anche i rapporti con la Bolivia. Chávez, infatti, sostiene le spinte più “radicali” della politica interna ed estera di Morales. Nel 2006 è stato firmato anche un accordo di cooperazione militare fra Bolivia e Venezuela che, sulla base di questa intesa, contribuirà alla costruzione di 20 postazioni di controllo di frontiera in Bolivia.
Nonostante gli accenti ideologici, però, la politica estera venezuelana non è scevra di realismo diplomatico nei rapporti in particolare con i Paesi dell’area sensibili al richiamo “petrolifero” esercitato da Caracas: con il Perù sono stati ricuciti i rapporti dopo le tensioni determinate dal sostegno fornito da Chávez al candidato della sinistra populista, Ollanta Humala, in occasione delle elezioni presidenziali peruviane del giugno 2006, vinte da Garcia. Migliorano anche i rapporti col Messico, grazie alla nomina (agosto 2007) di un ambasciatore del Venezuela a Città del Messico (le relazioni sono state mantenute da incaricati d’affari dopo il ritiro degli ambasciatori nei mesi scorsi).
Infine, meritano un cenno l’azione politica sviluppata dal Presidente Chávez negli ultimi anni per accrescere l’influenza del Venezuela nell’area caraibica. Il principale strumento di tale strategia è costituito dal già citato Accordo PetroCaribe che, concluso nel 2005, prevede la fornitura di petrolio a prezzi politici ai 13 Paesi dell’area firmatari dell’accordo. Il Presidente venezuelano intende altresì fare leva sulla membership venezuelana nell’Associazione degli Stati Caraibici. Non mancano tuttavia posizioni critiche nei confronti di tale politica venezuelana: in particolare, Trinidad e Tobago, che è il principale produttore di petrolio tra le isole della regione, ha espresso forti critiche verso la politica energetica del Presidente Chávez che, secondo il giudizio del Primo Ministro Manning, potrebbe compromettere la sicurezza energetica dell’intera regione. In ogni caso, le iniziative venezuelane continuano: nell’agosto 2007 è stato proposto ai partner di Petrocaribe un “trattato di sicurezza energetica” che, tra l’altro, include alcune iniziative concrete a favore di Paesi in difficoltà (Haiti, ad esempio).
Il Presidente Chávez ha avuto modo, nel corso di alcuni interventi relativi alla presenza del Venezuela alle Nazioni Unite, di ribadire la sua condanna di un sistema – quello dell’ONU – considerato delegittimato a causa della persistente influenza del “potere imperialista nordamericano”. Secondo Chávez, la deriva del sistema onusiano non sarebbe arrestabile e sarebbe, invece, necessaria una vera e propria rifondazione sulla base di quel modello “bolivariano” e solidale che rappresenta il faro di riferimento, a livello ideologico e politico, dell’attuale Presidenza venezuelana.
Per quanto riguarda la riforma del Consiglio di Sicurezza, il Venezuela si è espresso in passato a favore della concessione di seggi permanente al Brasile e all’India con una posizione pertanto contrastante rispetto a quella dell’Italia.
Nelle ultime occasioni di dibattito in sede ONU (intervento del Presidente Chávez al Dibattito Generale, il 20 settembre 2006, e consultazioni in Assemblea Generale dell’11-12 dicembre 2006), il Venezuela ha espresso sostegno all’aumento sia dei seggi permanenti che di quelli non permanenti, auspicando in particolare l’ingresso in CdS come membri permanenti sia di Paesi sviluppati sia di Paesi in via di sviluppo. Inoltre, si è espresso per l’abolizione immediata del diritto di veto.
Per quanto concerne la posizione del Venezuela in materia di pena di morte, non prevista nell’ordinamento nazionale, il Paese risulta tra gli 85 firmatari della “Dichiarazione di Associazione” sulla moratoria ed abolizione della pena capitale, presentata dalla Presidenza UE all’Assemblea Generale.
Con l’ingresso del Venezuela nel Mercosur, le relazioni UE-Venezuela si inseriscono nel quadro dei rapporti fra l’Unione e tale organizzazione.
Il negoziato per la conclusione di un Accordo di Associazione con il Mercosur rappresenta l’elemento di maggior novità e importanza nel quadro delle relazioni fra UE e continente sudamericano, nonché il più importante esercizio negoziale, in ambito commerciale, condotto da parte comunitaria dopo quello del Doha Round. L’intesa, di grande impatto politico ed economico, comporterà la creazione della più vasta area di libero scambio su scala mondiale, che interesserà oltre 650 milioni di individui con prospettive di crescita estremamente elevate.
Le trattative sono iniziate nel novembre 1999 e sinora sono stati conclusi i capitoli relativi al dialogo politico e alla cooperazione. Notevoli difficoltà sono invece emerse sul negoziato commerciale, in ragione della complessità degli interessi “offensivi” in gioco per l’una e l’altra parte: in campo agricolo per il Mercosur e nel settore dei servizi, degli investimenti e degli appalti pubblici per l’UE.
Il sopraggiunto stallo del negoziato commerciale
multilaterale del Doha Round, il cui
andamento ha pesantemente condizionato, di fatto pressoché sospendendole, le
già
faticose trattative UE-Mercosur, ha, tuttavia, riportato d’attualità queste ultime, aprendo nuove prospettive di dialogo. In questo contesto si inserisce lo scambio di un non-paper tra le due Parti, avvenuto negli ultimi mesi, che sembra preludere ad un nuovo e promettente metodo di contrattazione, che affronta tutti i temi oggetto delle trattative (beni, servizi, proprietà intellettuale, ecc.), indicando con chiarezza gli obiettivi e le possibili concessioni del negoziato.
Anche il Parlamento Europeo, in una risoluzione del 13 ottobre 2006,ha ribadito che la conclusione di un accordo di associazione e di libero scambio tra UE e Mercosur è un obiettivo strategico prioritario per le relazioni esterne dell’Unione, invitando la Commissione a giungere, il più rapidamente possibile, ad un'intesa “completa, ambiziosa ed equilibrata”. Il ritardo nella finalizzazione dell’accordo, prosegue la risoluzione, comporta ogni anno un mancato incremento dell'interscambio commerciale pari a 3,7 miliardi di euro per i soli beni, fino a giungere agli oltre 5, ove si considerino anche servizi ed investimenti. Ricordando, infine, che la Commissione ha presentato, sul piano agricolo, l’offerta più ambiziosa mai fatta dall’UE in un negoziato bilaterale, il Parlamento Europeo ritiene che l’Unione abbia il diritto di esigere dalla controparte un’offerta altrettanto ambiziosa.
A seguito dell’ incontro negoziale a livello tecnico, svoltosi a Rio il 6-7 novembre 2006, le Parti sembrerebbero più che mai impegnate nella finalizzazione dell’accordo, avendo proceduto ad un proficuo scambio di vedute sui margini di flessibilità comunitaria sulle questioni agricole e sulla possibilità di nuove offerte Mercosur in tema di prodotti industriali (NAMA) e servizi.
L'UE guarda comunque con interesse al nuovo scenario che si profila con la partecipazione del Venezuela nel Mercosud: la combinazione delle risorse energetiche venezuelane con l'agricoltura brasiliana porterebbe ad una crescita del 14% del PIL complessivo della regione. Dal punto di vista del negoziato con l’Unione, l'ingresso di Caracas non dovrebbe introdurre ulteriori elementi di complicazione, poiché il Venezuela non dispone di settori industriali e di produzioni agricole bisognosi di particolari protezioni. Maggiori perplessità suscitano invece le incognite legate, da un lato, ad una certa opacità in merito agli impegni assunti da Caracas nei confronti del Mercosud (il Venezuela è tenuto ad applicare solo la parte di acquis comune in vigore alla data della firma del protocollo di adesione[11]) e, dall'altro, alle conseguenze che la paventata ideologizzazione del Mercosud potrebbe produrre sul futuro dei processi di integrazione latino-americana e degli esercizi negoziali avviati dall'UE con i singoli raggruppamenti. L’Unione guarda inoltre con grande attenzione anche alla decisione che il Mercosud adotterà in merito alla singolare richiesta della Bolivia di far parte al tempo stesso della CAN e del Mercosud, che potrebbe rappresentare in prospettiva un ulteriore elemento di complicazione nei negoziati in corso con l’Unione.
Dal punto di vista strettamente bilaterale, il Venezuela, la cui
politica commerciale è principalmente legata all’esigenza di diversificare le
esportazioni e di guadagnare l’accesso a nuovi mercati, beneficia,
provvisoriamente, dal luglio 2005 e definitivamente
dal gennaio 2006 e fino al 31 dicembre 2008, del Sistema delle Preferenze
Generalizzate Plus[12]
(SPG+). Grazie a tale sistema e alla clausola della Nazione più favorita, circa
l’85 per cento dei prodotti del Paese sudamericano sono immessi sul mercato
comunitario senza essere oggetto di dazi doganali.
Per il Venezuela, l’Unione è un partner commerciale di media importanza. Nel 2005, ha rappresentato solo l’8% del commercio a fronte di un 48% di quello con gli USA. Il Paese sudamericano incide per uno 0,31% sull’import comunitario e per uno 0,27 sull’export. I principali prodotti destinati al mercato dell’Unione provengono dal settore dell’energia (circa l’80% nel 2006), mentre dal mercato comunitario arrivano in Venezuela soprattutto macchinari (22%), materiale elettrico (11%), prodotti chimici (7,5%). La bilancia commerciale è sempre stata favorevole all’Unione fino al 2004. Tra il 1998 e il 2001 in media il surplus è stato di 928 milioni di euro, per poi scendere negli ultimi anni, a seconda delle variazioni del prezzo del petrolio, fino a una quota di circa 188 milioni di euro nel 2004 per poi divenire favorevole al paese sudamericano che nel 2005-2006 ha totalizzato un surplus commerciale pera a 2,3 miliardi di euro. Infine, l’UE è fra i principali investitori in Venezuela, soprattutto nei settori dei servizi e dell’energia.
Quadro economico(in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri) |
PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI 2007[13]
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PIL |
220,4 miliardi di dollari |
Composizione per settore |
Agricoltura 3,7%; industria 41%; servizi 55,3% |
Crescita PIL |
6,7% |
PIL pro capite 2006(a parità di potere d’acquisto)
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7.200 dollari (Italia 30.200) |
Inflazione |
18,1% |
Disoccupazione |
9,2% |
Popolazione al di sotto della soglia di povertà
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37,9% (dato 2005) |
Debito estero |
46,6 miliardi di dollari |
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Dopo la grave crisi economica del 2001, che ha portato, nel 2003, ad una contrazione del PIL del 7,7% - causata in buona misura dallo sciopero-serrata d’inizio anno e dalla susseguente rigida applicazione di un sistema di controllo dei cambi - nel 2004 si è assistito ad un’accentuata ripresa nei diversi settori dell’economia nazionale con un aumento del PIL pari al 17,3%, trend confermato con un ulteriore incremento del 10,3% sia nel 2005 che nel 2006. Per l’anno in corso l’Economist Intelligenge Unit prevede che la crescita si attesti al 6,7%.
Tale trend positivo è principalmente dovuto all’espansione delle attività petrolifere (il Venezuela è attualmente il 5° esportatore mondiale e le sue riserve sono stimate essere le settime a livello planetario, e ciò senza considerare le ricchissime riserve di petrolio extrapesante situate nella Falda dell’Orinoco[14]). Gli alti prezzi del petrolio incoraggiano il Venezuela a perseguire una strategia petrolifera ambiziosa e mirata, all’interno, ad espandere la capacità di produzione e, all’esterno, a diffondere la propria concezione “solidaria” delle relazioni internazionali. Il petrolio, inoltre, fornisce allo Stato circa il 50% delle sue entrate e circa l’80% della valuta estera.
Ulteriori 16 miliardi di investimenti sono previsti nel settore della produzione di gas, con l’intenzione di espandere la produzione giornaliera dagli attuali 6,3 miliardi di piedi cubici al giorno fino a 11,5 miliardi nel giro di 6 anni. Resta da vedere se la decisione del Governo venezuelano di mutare il regime giuridico che disciplina gli investimenti stranieri in campo energetico in joint-ventures a capitale misto, con partecipazione maggioritaria (dal 60 all’80%) dell’Ente petrolifero di Stato venezuelano, PDVSA, non pregiudicherà le capacità di sfruttamento degli attuali giacimenti e la possibilità di disporre del capitale e del know-how necessari all’incremento di produzione previsto. L’Agenzia Moody’s, secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, ritiene invece che proprio la solidità economica della società Petroleos de Venezuela sia a rischio a causa del continuo prelievo di cash per finanziare il “Socialismo del siglo XXI”. In particolare, la PDVSA spenderebbe ormai di più per “pagamenti politici” piuttosto che per investimenti in sicurezza degli impianti, nuove tecnologie e prospezioni. In queste condizioni, la sfida che si impone a PDVSA è quella di riuscire a mantenere al proprio interno una maggiore percentuale dei proventi petroliferi, posto che, comunque, una flessione del prezzo del greggio manderebbe in crisi non solo la Petroleos de Venezuela, ma anche buona parte del programma di distribuzione della ricchezza su cui si basa il “Socialismo del siglo XXI”.
Per quanto riguarda le compagnie petrolifere straniere, le concessioni di cui hanno beneficiato le imprese straniere dai tempi della presidenza Caldera sono state riviste portando alla creazione di imprese miste. Ora, la legge abilitante prevede che il Presidente possa adottare decreti in materia energetica per mezzo dei quali procedere alla nazionalizzazione delle società operanti nello studio e nelle attività di prospezione della fascia dell'Orinoco e appartenenti a multinazionali straniere (si fa riferimento alle controllate da Exxon Mobil, Chevron, ConocoPhillips, Total, BP e Statoil). Esse non erano comprese nel regime di imprese miste stabilite nel corso del 2006, regime che, invece, riguardava i contratti in corso in zone di estrazione già attive. Pertanto, a partire dal 1 maggio 2007, lo Stato ha preso comunque il controllo dei campi di studio e prospezione della fascia dell’Orinoco. A tal fine secondo la nuova Legge Organica degli Idrocarburi, la partecipazione di PDVSA nelle nuove imprese miste e' stata stabilita nella misura minima del 60% con conseguente controllo delle operazioni di estrazione da parte dell'ente petrolifero venezuelano.
Le imprese multinazionali operanti nell'area che hanno già concluso le negoziazioni e sottoscritto i relativi MoU per il trasferimento delle quote (necessarie al fine di assicurare a PDVSA il controllo del 60% del pacchetto azionario di ciascuna associazione), si sono impegnate a vendere all'ente petrolifero venezuelano quote variabili tra il 10 e il 20%. Non si tratta quindi di una nazionalizzazione, ma di un semplice passaggio di azioni considerato che le multinazionali del petrolio - le uniche in possesso delle tecnologie necessarie per la raffinazione del greggio extra-pesante - rimarranno socie, anche se minoritarie, di PDVSA e che riceveranno adeguati compensi per quanto ceduto (per quanto riguarda ENI si veda il paragrafo relativo alle relazioni economiche bilaterali).
Il Venezuela di Chávez si appresta a sviluppare anche il settore del gas, grazie ad un Piano Nazionale 2007 – 2012 del valore di circa 18 miliardi di dollari per la creazione di gasdotti e l’ammodernamento di impianti obsoleti. Le riserve accertate di gas del Venezuela sono le maggiori del Sud America (80% del totale), e le ottave nel mondo (con il 2,4% delle riserve del globo). Il Venezuela non riesce però al momento a soddisfare il proprio fabbisogno nazionale (soprattutto per l'elevata richiesta dell'industria petrolchimica) essendo un importatore netto di gas, in particolare dalla Colombia. Con il Piano gasifero annunciato domenica scorsa, Chávez ambisce a soddisfare la crescente domanda dell'industria petrolchimica e ad alimentare il piano di integrazione energetica del subcontinente mediante la fornitura ai Paesi dell'area.
Il settore non petrolifero, dal canto suo, ha registrato una crescita generalizzata, in particolare nell’industria manifatturiera (48%), della costruzione (19,5%), del commercio (27,9%) e dei trasporti (25,3%).
La bilancia commerciale venezuelana nel 2006 ha fatto registrare un saldo attivo pari ad oltre 32 miliardi di dollari, in crescita rispetto al 2005. Diversamente dal 2005 il flusso di capitali in uscita registra una crescita ancora superiore (15,2 mld di USD nei primi 6 mesi contro i 9,6 dello stesso periodo dell’anno precedente). Per il 2007, però, l’E.I.U. prevede che il saldo attivo della bilancia commerciale scenda a circa 20 miliardi di dollari.
Il Governo ha poi ottenuto nel 2006 entrate ordinarie dell’ordine di 36.795 miliardi, che rappresentano un aumento dell’81,6% rispetto al 2002, senza contare le entrate straordinarie derivanti dagli alti prezzi attuali del petrolio. A tale proposito PDVSA ha versato oltre 25.000 miliardi di bolivares per i gettiti fiscali di tutto il 2004, superando di oltre 10.000 miliardi quanto era stato previsto in sede di programmazione.
Le riserve internazionali del Banco Centrale de Venezuela hanno raggiunto i 29.417 milioni di dollari nel 2006, una cifra quasi doppia del normale fabbisogno per le importazioni d un anno. In effetti a partire dall’instaurazione del controllo dei cambi nel febbraio del 2004 le riserve, grazie anche all’alto prezzo del petrolio, sono andate quasi costantemente crescendo. Sempre secondo stime EIU nel 2007 ammonteranno a 27.982 milioni di dollari.
Nel tentativo di porre un freno ad un tasso di inflazione sempre piuttosto sostenuto, il Venezuela ha mantenuto un regime di cambio regolato mirante ad evitare eccessive oscillazioni del valore del bolivar rispetto al dollaro. Il valore del bolivar, fissato nel febbraio 2004 a 1920/1USD ha raggiunto i 2147 bolivares per dollaro sul mercato “ufficiale”, contro i 2.700 del “cambio parallelo”.
Il perdurare di un regime di cambio regolato viene visto con preoccupazione soprattutto dai partner commerciali del Venezuela che vedono penalizzate le proprie potenzialità di esportazioni in quel Paese. Gli effetti sul tasso di inflazione si sono dimostrati, inizialmente, positivi, consentendo una riduzione dell’inflazione annua dal 30% del 2003, al 21,7% del 2004, al 16,0% del 2005 ed al 13,7 nel 2006. Per il 2007 se ne prevede un aumento al 18,1% (EIU). Anche la spesa pubblica ha fatto segnare un certo incremento nel 2006, con un deficit tendenziale dello 0,3% rispetto all’avanzo dell’1,7 fatto registrare nel 2005.
A partire dal 1° gennaio 2008 entrerà in circolazione (con un periodo di transizione oscillante tra i sei e i 12 mesi) la nuova valuta nazionale, denominata “Bolivar fuerte” (Bs.F) che prevede una rivalutazione nominale della moneta per cui ogni “Bolivar fuerte” corrisponderà a 1.000 Bolivar attualmente in circolazione. Il piano di rivalutazione nominale della moneta nazionale nasce con l’intento di consolidare la crescita dell’economia. E’ probabile che tale operazione non produca alcun effetto antinflazionistico rilevante. Secondo la maggioranza degli economisti la sola rivalutazione della moneta non sarà in grado di assicurare stabilità e forza al Bolivar. Per garantire il successo di una simile operazione sarebbe necessaria una preventiva diminuzione o controllo del ritmo di crescita dell’inflazione.
Il principale partner commerciale del Venezuela sono gli Stati Uniti che rappresentano, nel 2005, il 29,9% del flusso delle importazioni venezuelane ed il 63,3% delle esportazioni. Altri partner di rilievo sono la Colombia, il Giappone, il Brasile, il Messico, il Canada, la Germania e la Spagna.
Sul versante delle importazioni venezuelane, l’Italia si attesta al 9° posto (2,85% del totale), mentre fra i Paesi acquirenti, il nostro Paese figura 13°, con una percentuale dello 0,3%.
FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
Membro dal dicembre 1946
Il Venezuela non ha al momento alcun programma in corso con il FMI. L’ultimo accordo, scaduto nel luglio 1997, riguardava un credito “Stand-by” di SDR 975,65 milioni. Il FMI ha espresso dubbi in merito all’uso improprio delle entrate provenienti dal mercato petrolifero. Il FMI ha sostenuto infine la necessità di utilizzare la politica monetaria per tenere sotto controllo l’inflazione ed ha criticato la crescita della pressione fiscale e l’adozione del regime di cambio fisso con lo USD.
BANCA MONDIALE
Membro dal dicembre 1946. L’azione di assistenza della BM è indirizzata al miglioramento del sistema sanitario, del trasporto urbano e della qualità di vita della popolazione residente nelle zone degradate di Caracas.
Si segnala che nel corso dell'evento relativo al mutamento delle condizioni contrattuali per le imprese che operano nella falda dell’Orinoco, il 1 maggio 2007, il Presidente Chávez ha annunciato l'intenzione del Venezuela di ritirarsi formalmente dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Peraltro il Paese ha estinto alcuni mesi fa tutti i suoi debiti verso i due organismi internazionali in vista della costituzione del "Banco del Sur", istituzione economica che dovrebbe essere gestita dalle sole nazioni sudamericane e in gran parte finanziata con le entrate petrolifere del Venezuela.
Il Venezuela non ha mai fatto sinora ricorso al Club di Parigi. Il debito estero totale del Venezuela (dati Banca Mondiale), a fine 2004 (ultimo dato disponibile), ammontava a USD 35,57 miliardi.
Il debito nei confronti dell’Italia ammonta a 2,49 milioni di EURO, interamente derivante da crediti commerciali.
Relazioni bilaterali(in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri)
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AMBASCIATORE ITALIANO A CARACAS:
S.E. LUIGI MACCOTTA
AMBASCIATORE DEL VENEZUELA IN ITALIA:
S.E. RAFAEL ALEJANDRO LACAVA EVANGELISTA (dal 26/7/2007)
Il Venezuela rappresenta, con Argentina e Brasile, un partner tradizionale dell’Italia in America Latina. La valorizzazione del ruolo della numerosa comunità italiana e di origine italiana e l’importanza strategica delle riserve di idrocarburi (più per l’effetto indotto relativo alle attività di sviluppo economico che quale nostra fonte di approvvigionamento energetico) costituiscono fattori essenziali per l’azione italiana nei confronti del Venezuela.
Stabilità politica e apertura economica rappresentano condizioni irrinunciabili per tutelare la nostra comunità e promuovere in modo efficace i nostri interessi economico-commerciali. In questo contesto, la battuta d’arresto subita, grazie alla bocciatura referendaria del progetto di riforma costituzionale, dal processo di trasformazione rivoluzionaria del paese avviato dal Presidente Chávez nell’ultimo anno, potrebbe confermare ulteriormente la validitá del mantenimento di una posizione di dialogo talora anche critico con il Governo di Caracas, e consentire al nostro Paese di svolgere un ruolo significativo in particolare tra i Paesi dell’Unione Europea funzionale altresí alle esigenze di tutela della vasta comunitá di connazionali presente in Venezuela, spesso peraltro vittima di sequestri di persona a scopo estorsivo.
· Relazioni politiche
Per quanto riguarda le visite e gli incontri bilaterali, Chávez ha visitato il nostro Paese più volte (in due occasioni nel 1999; poi nuovamente nel 2001 e nel 2005). Oltre agli incontri con il Presidente Ciampi e l’ex Presidente del Consiglio Berlusconi (visto anche in bilaterale a margine del Vertice UE-LAC di Madrid nel 2002), nel corso della sua ultima visita in Italia il leader venezuelano ha partecipato alla Seconda Conferenza Nazionale sull’America Latina (Milano il 17-18 ottobre 2005).
Numerose anche le viste di nostri Sottosegretari e di delegazioni di commissioni parlamentari italiane in Venezuela. Merita di essere ricordata quella a Caracas nel novembre 2005 dell’allora Sottosegretario Bettamio (con l’ex Vice Ministro alle Attività Produttive Urso) in occasione della prima riunione dei “Gruppi di Lavoro” istituiti dal Consiglio italo-venezuelano per la cooperazione economica. Nel corso della visita sono stati firmati 11 Memorandum of Understanding in vari settori; di particolare rilievo quelli riguardanti la collaborazione in campo energetico e la cooperazione sul versante delle infrastrutture. Nell’aprile 2006 il Sen. Bettamio si è nuovamente recato in visita a Caracas in occasione della firma del “Progetto complementare” al contratto siglato dal Governo venezuelano con il “Gruppo Imprese Italiane” (Astaldi, Ghella, Impresilo) per la realizzazione di 3 importanti tratte ferroviarie nel Paese latinoamericano (vd. aspetti economici). Si segnala anche, nell’ottobre 2006, il Seminario Italo-Venezuelano a Montecitorio, che ha messo in rilievo il ruolo delle rispettive Assemblee parlamentari nell’approfondire e consolidare le storiche relazioni fra i due Paesi.
Il Sottosegretario Di Santo ha visitato Caracas dal 7 all’11 marzo 2007, incontrando sia esponenti del Governo, sia rappresentanti dell’opposizione. Nel corso dei colloqui con il Vice Presidente Jorge Rodriguez, con il Ministro per la Pianificazione e lo Sviluppo, Jorge Giordani, e con il Vice Ministro degli Esteri Jorge Valerio, il Sottosegretario ha sottolineato l’importanza che l’Italia attribuisce ad una relazione matura con tutti i Paesi dell’America Latina, incluso il Venezuela, e in questo contesto ha messo l’accento sulla necessità che tale relazione sia fondata su valori comuni quali la democrazia, la libertà e il rispetto dei diritti umani. Gli incontri con rappresentanti dei partiti di opposizione hanno consentito di valutare le critiche rivolte al Governo: economia fuori controllo, nazionalizzazione di settori, come energia e telecomunicazioni, che in regime privato hanno funzionato bene, inefficace lotta all’inflazione, scarsa attenzione ai settori dell’economia non legati al petrolio. E’ stata espressa preoccupazione anche per la forte presenza di militari nel Governo, così come riguardo alla libertà di stampa, agli alti livelli di corruzione e alla carenza di misure contro la criminalità.
Il tono delle relazioni
politiche bilaterali è comunque molto buono: pur non condividendo il tono e la
sostanza degli appelli “antimperialisti” e antiamericani del Presidente Chávez,
l’Italia ha tuttavia mantenuto aperto un canale di vigile dialogo e di
confronto con la leadership venezuelana. Ciò in considerazione sia della
fitta rete di interessi economici e sociali tra i due Paesi, sia per evitare
che un atteggiamento di chiusura totale da parte dell’Europa offrisse al
Presidente Chávez l’occasione per accentuare certi tratti autoritari nella
gestione della politica interna e i toni di critica nei
confronti dell’“Occidente”. E’ in quest’ottica che si colloca l’astensione italiana nel voto tra Guatemala e Venezuela per l’elezione del membro del GRULAC in Consiglio di Sicurezza (novembre 2006), comportamento dettato oltre che dalle considerazioni summenzionate, anche dalla volontà di evitare che la contrapposizione tra i due Paesi latinoamericani creasse lacerazioni profonde nel fragile tessuto dell’integrazione regionale, che il nostro Paese sostiene sia a livello bilaterale sia a livello di rapporti UE – LAC. Di fronte alle preoccupazioni manifestate da certi Paesi alleati e anche da settori politici nazionali, è stato comunque chiarito che l’astensione mirava al superamento della contrapposizione e quindi non costituiva un sostegno, pur indiretto, al Venezuela di Chávez. Tale atteggiamento è stato apprezzato sia da parte venezuelana che dagli altri Paesi della regione e, ben compreso, anche a Washington.
Quanto ai temi più rilevanti dell’agenda bilaterale si segnala, oltre al contenzioso ENI-PDVSA per la questione del campo di Dación (per il quale si rinvia al paragrafo su relazioni economiche bilaterali), la proposta venezuelana di concludere un MoU per stabilire meccanismi di consultazione politica tra i due Ministeri degli Esteri. Si tratta di un meccanismo sarebbe già operante tra Venezuela e Polonia e altri paesi dell’Europa centro-orientale. Si tratta di una proposta attualmente in fase di studio da parte italiana.
La stessa prudenza occorre nel gestire il tema dei sequestri di persona che, in numerose occasioni, hanno coinvolto cittadini venezuelani di origine italiana o doppi cittadini. La questione, oltre ad essere seguita dall’Unità di Crisi, resta di responsabilità esclusiva delle forze dell’ordine del Venezuela. Tuttavia, l’Italia è pronta a collaborare per offrire strumenti tecnici di collaborazione (si veda l’apposito paragrafo nella sezione dedicata ai connazionali italiani in Venezuela). Tra le iniziative più rilevanti si segnala il corso di formazione sulle tecniche di contrasto al fenomeno dei sequestri. Il corso è organizzato dal nostro Ministero dell’Interno, in collaborazione con l’Unità di Crisi della Farnesina, ed è destinato ad operatori venezuelani nella lotta ai sequestri di persona.
Si segnala infine la sottoscrizione di un MoU per la mutua collaborazione volta all’interscambio di informazioni e di assistenza tecnica in materia di criminalità organizzata in occasione della vista a Caracas (26-28 marzo 2007) del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso. Nel maggio 2007, invece, è stata firmata una lettera d’intenti tra gli organi di Protezione civile dei due Paesi.
Nonostante la firma dell’atto di Miraflores (agosto 2005) con cui venne sanzionata la riconciliazione tra il Governo venezuelano e la comunità italiana residente nel Paese dopo le tensioni degli anni precedenti, rimane in parte irrisolto il problema delle espropriazioni a danno di cittadini italiani o di origine italiana. Da oltre un anno é stata avviata, a seguito di intese anche con la Presidenza della Repubblica, la procedura presso il competente Istituto Nazionale di Terre (INTI) per l’acquisto, da parte dello Stato venezuelano, di terre appartenenti ad un gruppo di proprietari terrieri italiani oggetto di invasioni da parte di gruppi di contadini locali. Nonostante la conferma a più riprese da parte delle Autorità venezuelane della volontà di procedere in tal senso e, a fine dello scorso marzo, della firma di un atto da parte dello stesso INTI e dei suddetti proprietari italiani oltre che, in qualità di testimone, di un rappresentante dell’Ambasciata d’Italia in Caracas, ad oggi non si è ancora pervenuti alla firma dei relativi contratti. In base ad informazioni raccolte, l’INTI non avrebbe ancora ricevuto la necessaria autorizzazione da parte della Presidenza della Repubblica e del Ministero dell’Agricoltura venezuelani.
Le relazioni economiche bilaterali sono eccellenti: con la firma il 14 febbraio 2001 dell’Accordo Quadro di Cooperazione Economica, Industriale e per lo Sviluppo e dell’Accordo per la Promozione e Protezione degli Investimenti (quest’ultimo in attesa di ratifica) é stato definito un adeguato quadro normativo. Il 6 aprile 2005 si è tenuta la prima riunione del Consiglio Italo Venezuelano, previsto da tale Accordo, seguita nel novembre dello stesso anno dalla riunione dei Gruppi di lavoro contemplati da tale Consiglio. A testimonianza della vitalità di tale organismo è prevista una nuova riunione, che dovrebbe aver a Roma nel corso del primo trimestre del 2008.
E’ generalmente riconosciuto che gli immigrati di origine italiana, così come le imprese di grandi costruzioni del nostro Paese, hanno contribuito in maniera essenziale allo sviluppo dell’apparato industriale e finanziario venezuelano. La comunità imprenditoriale locale é caratterizzata tuttora da una forte componente di italo-venezuelani, mentre grandi imprese italiane mantengono a loro volta una rilevante presenza nel Paese. L'Italia gode di un notevole vantaggio competitivo, rispetto ad altri Paesi concorrenti, grazie alla vasta comunità di connazionali residenti in Venezuela che ha contribuito a divulgare il gusto ed i prodotti italiani. Esistono quindi le basi per continuare a promuovere e consolidare le posizioni del ''Sistema Paese” mediante una serie di eventi promozionali, come il “Festival Italiano”, da organizzare in collaborazione con i locali ICE e Camera di Commercio, e le Regioni (quest’ultime peraltro poco attive nel Paese).
L’interscambio commerciale tra i due paesi è stato tradizionalmente fiorente. Il 2006 si è chiuso con un saldo a nostro favore di 395 milioni di euro. Anche il 2007 sembra confermare con i valori dei primi sei mesi tale tendenza: le nostre esportazioni sono cresciute del 14,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le importazioni del 5,9%. Tutte le principali imprese italiane presenti in Venezuela (Astaldi, Ghella, Impregilo, Iveco, Pirelli, Parmalat ecc.) hanno ottenuto negli ultimi anni ottimi risultati, aumentando sensibilmente il proprio fatturato.
Nel 2006 l’Italia è stata l’ottavo partner commerciale del Venezuela per le importazioni venezuelane (primo fra i paesi comunitari) ed il diciottesimo per le esportazioni (petrolio escluso). I principali prodotti esportati dall’Italia sono macchine per impieghi speciali, macchine ed apparecchi per la produzione e l’impiego di energia meccanica, altre macchine di impiego generale, prodotti chimici di base e parti ed accessori per autoveicoli e loro motori. L’Italia importa dal Venezuela principalmente prodotti della siderurgia, prodotti petroliferi raffinati, carbon fossile, minerali di ferro, pesci conservati e trasformati e prodotti a base di pesce.
Tra le imprese italiane storicamente presenti nel paese merita ricordare la Parmalat con 5 impianti industriali e 75 centri di distribuzione; la Snam Progetti per la produzione di fertilizzanti, l’Iveco, la Danieli e l’Eni.
Da segnalare la controversia insorta fra l’ENI – titolare di diversi investimenti in Venezuela ed in particolare del campo petrolifero di Dación (capace di una produzione superiore ai 50.000 barili di greggio al giorno) – e le Autorità venezuelane, a causa del rifiuto della società italiana di aderire alla richiesta di Caracas di mutare l’attuale regime giuridico che disciplina gli investimenti stranieri in campo energetico in joint-ventures a capitale misto, con partecipazione maggioritaria (dal 60 all’80%) dell’Ente petrolifero di Stato venezuelano, PDVSA. In un primo momento, anche l’americana ExxonMobil, la francese Total e la norvegese StatOil avevano annunciato l’intenzione di abbandonare il Paese, salvo successivamente, e dopo lunghe trattative, raggiungere un accordo con le Autorità venezuelane per la creazione di società miste. L’ENI ha invece optato per il mantenimento di una linea di fermezza, intesa in primo luogo a salvaguardare il valore del proprio investimento – valutato dalle Autorità venezuelane circa la metà di quanto indicato dalla società petrolifera italiana – ed ha iscritto (inizio novembre 2006) un ricorso presso il competente foro (International Center for Settlement of Investment Disputes – ICSID[15]) per avviare la procedura di arbitrato nei confronti della compagnia di stato venezuelana, PDVSA, per la confisca del campo petrolifero di Dación, avvenuta nell’ aprile 2006.
Ciò, comunque, non ha impedito ad ENI, il 26 giugno u.s., di concludere un contratto in forza del quale è entrato, con una quota minoritaria di circa il 20 %, in una società mista a controllo pubblico venezuelano per lo sfruttamento dei campi di Paria Est e Paria Ovest. ENI dimostra così di accettare lo schema contrattuale proposto dal Governo venezuelano, ma non di mutare le condizioni precedentemente stabilite per le attività pregresse (Dación).
Significativa la partecipazione delle imprese italiane anche al piano di sviluppo del settore del gas (vedi pag.10). L'ENI si e' aggiudicata nel gennaio 2006 la licenza esplorativa della durata di trenta anni del Blocco off-shore 'Cardon IV' operato insieme con Repsol - YPF, nell'ambito del progetto Rafael Urdaneta. Presenti imprese italiane anche nel settore della progettazione (Foster Wheeler Italia - Snamprogetti) e per la fornitura di turbine e compressori (Nuovo Pignone) dei nuovi impianti per il trattamento del gas.
Merita una menzione la firma (6 aprile 2006), a Caracas (presente il Sottosegretario, Sen. Bettamio) del “Programma complementare” al contratto fra Governo venezuelano e “Gruppo di Imprese Italiane” (Astaldi-Ghella-Impregilo) per la costruzione di tre importanti tratte ferroviarie nel Paese latinoamericano, per un valore complessivo di circa 5 miliardi di euro. Tale rilevante commessa, che si può considerare, almeno in parte, un portato dell’Accordo Quadro del 2001, testimonia dell’attuale ottimo stato delle relazioni economiche bilaterali.
Anche se il 2007 si apre come un momento di stasi in campo economico a causa delle iniziative prese dal Presidente Chávez in materia di nazionalizzazioni e deleghe a legiferare con decreti presidenziali per i prossimi 18 mesi anche in materia di investimenti pubblici, la collaborazione con l’Italia si è andata ulteriormente rafforzando.
E’ stato firmato il contratto per la costruzione di una diga nell’Amazzonia venezuelana tra la società elettrica statale Edelca ed un consorzio di cui è parte l’Impregilo (40%), per un valore di circa 1 miliardo e mezzo di USD. Il contratto sarà cofinanziato nella misura del 70% da BID e CAF. Quest’assegnazione segue l’aggiudicazione da parte di Impregilo del contratto per la realizzazione delle opere preparatorie della diga, del valore di circa 100 milioni di USD. Resta da aggiudicare la realizzazione delle opere elettromeccaniche della diga (ca 300 milioni di USD).
Nel gennaio 2007 sono iniziati dei negoziati tra il Ministero dei Trasporti venezuelano e la ditta IVECO (anche con investitori locali) al fine di costituire una compagnia a capitale misto pubblico e privato per assemblare, commercializzare e fornire assistenza post vendita a veicoli destinati al trasporto pubblico di massa su gomma. Una volta concluse le trattative l’investimento previsto ammonterà a circa 60 milioni di dollari USA mentre il valore della produzione dovrebbe totalizzare annualmente circa 1,2 miliardi di USD.
L’IVECO è presente nel Paese da circa 50 anni mediante la filiale Iveco Venezuela C.A. e con una fabbrica di assemblaggio che ha fatto registrare nel 2006 una crescita del 30% rispetto all’anno precedente.
Da segnalare, le prospettive della società ANAS, in consorzio con Impregilo, Astaldi, Ghella, Maccaferri e CMC, di ottenere un’importante commissione per la realizzazione di numerose opere infrastrutturali connesse alla costruzione di Puerto Bolivar.
Accordi di Collaborazione e Protocolli Esecutivi
Gli strumenti che regolano la cooperazione culturale tra l’Italia e Venezuela sono l’ Accordo di Collaborazione Culturale[16] del 1990 e l’Accordo di Cooperazione Scientifica e Tecnologica del 1987. Sebbene entrambi siano stati già ratificati e, con riferimento all’accordo culturale, siano anche stati previsti gli stanziamenti, mancano i protocolli esecutivi. Per quanto riguarda la collaborazione culturale, è iniziato il negoziato per la definizione del Protocollo Esecutivo ma non si è ritenuto, da parte venezuelana, di potervi dare corso; riguardo invece al Protocollo Esecutivo di Collaborazione Scientifica e Tecnologica, dal 1993 non è stato più rinnovato per volontà venezuelana.
Lo scorso mese di luglio é stato perfezionato con il Governo Venezuelano un accordo peri il reciproco riconoscimento dei titoli di studio che, una volta ratificato dal locale Parlamento, consentirà agli studenti delle scuole superiori italiane di accedere direttamente alle Università venezuelane. A regime tale accordo potrà fornire ulteriore impulso all’insegnamento dell’italiano nel Paese, che viene attualmente impartito in due scuole italiane parificate ed in una trentina di istituti scolastici venezuelani, nei quali è prevista l’obbligatorietà dell’insegnamento dell’italiano come seconda lingua mediante provvedimento dell’Assemblea Nazionale venezuelana.
Un ulteriore strumento funzionale alla diffusione della lingua italiana nel Paese sarà costituito dall’intesa in corso di negoziazione con l’Istituto Universitario Pedagogico di Caracas, volta a consentire agli insegnanti di italiano delle scuole venezuelane, che ne sono per la maggior parte sprovvisti, di acquisire la c.d. componente docente o abilitazione all’insegnamento.
Borse di studio
N° mensilità offerte dall’Italia per l’a.a. 2006-2007: 132 mensilità (euro 700) + 38 mensilità in favore degli Italiani residenti in Venezuela (euro 700), oltre al biglietto aereo A/R per le borse della durata uguale o superiore agli 8 mesi.
Diffusione della lingua italiana
In Venezuela è presente un Istituto di Cultura a Caracas.
Principali eventi del 2007: nel quadro di una cooperazione sempre più intensa con le Istituzioni culturali locali, si segnala il prestigioso Sistema Nazionale delle Orchestre Infantili e Giovanili del Venezuela (FESNOJIV) impegnato in un progetto di formazione di interpreti lirici di concerto con l’Accademia del Bel Canto di Vignola. Si segnala, poi, la tournée della Mahler Chamber Orchestra, diretta dal Maestro Claudio Abbado, Caracas il 2 e 4 marzo. Per l’arte si segnalano l’esposizione d’arte contemporanea “Via Crucis” di Lucio Fontana (20 maggio-17 giugno, Museo Alejandro Otero di Caracas), curata da Enrico Crispoldi.E’ inoltre attesa per il 2008 la Mostra itinerante della Collezione Farnesina Viaggio nell’arte italiana 1950-80: 100 opere dalla Collezione Farnesina”
La domanda di lingua italiana è aumentata in questi ultimi anni, come dimostra il numero degli iscritti ai corsi di lingua dell’Istituto Italiano di Cultura.
Presso la Universidad Central de Venezuela di Caracas opera un lettore di ruolo inviato dal MAE.
L’insegnamento dell’italiano è presente, inoltre, nella Universidad Simon Bolivar di Caracas, nella Universidad Metropolitana di Caracas, nella Universidad del Zulia di Maracaibo, nella Universidad Bicentenaria de Aragua di Maracay, nella Universidad de Los Andes di Merida, nella Universidad de Oriente – Nucleo Nueva Esparta di Porlamar.
È operante, a Maracay, un Comitato della Società Dante Alighieri.
Istituzioni scolastiche italiane
A Caracas funziona un complesso scolastico paritario a livello infanzia, primario, secondario I e II grado gestito dall'Associazione "Agostino Codazzi" istituito nel 1956.
Dal corrente anno scolastico funziona a Caracas il “Collegio Bolivar y Giuseppe Garibaldi” paritario a livello infanzia, primario e secondario di I grado.
A partire dall'anno scolastico 2001/2002 con decreto n.3712 del 5.6.2001, emanato dal Ministero dell'Educazione della Repubblica Venezuelana, è stato introdotto lo studio della lingua italiana come insegnamento obbligatorio in 25 scuole private venezuelane.
Collettività italiana in Venezuela
La collettività italiana è la quarta collettività straniera nel Paese, dopo quelle di Colombia, Spagna e Portogallo. I connazionali iscritti presso le anagrafi dei nostri Uffici consolari in Venezuela alla data del 31dicembre 2006 sono 108.744, di cui 93.544 a Caracas e 15.200 a Maracaibo.
I cittadini venezuelani di origine italiana, secondo stime, sono più di un milione. Numerosi connazionali, infatti, a causa del divieto di doppia cittadinanza della Costituzione venezuelana del 1961, hanno dovuto rinunciare alla cittadinanza per esercitare determinate professioni o partecipare a società commerciali. La costituzione entrata in vigore il 30.12.1999 ammette, invece, la doppia cittadinanza.
La comunità italiana, che presenta per lo più carattere permanente, risulta pienamente inserita nel contesto venezuelano ed è generalmente apprezzata. E’ dedita, per la maggior parte, ad attività economico-commerciali (costruzioni in particolare), industriali (meccanica, edile, alimentare) e alle libere professioni. Il coinvolgimento nella politica è piuttosto limitato. La presenza di italiani o oriundi italiani nel mondo culturale, scientifico, artistico e accademico è forte. Tra i politici, si segnalano il Vice Presidente della Repubblica, Jorge Rodríguez, il Ministro della Pianificazione, Joha presentato al Capo dello Stato le credenziali quale nuovo Ambasciatore in Italia.
Il coinvolgimento nella politica nazionale ha conosciuto un salto di qualità a seguito dell’Atto di Miraflores firmato nel luglio 2005 dal presidente Chávez e dai rappresentanti della nostra comunità su impulso della nostra ambasciata a Caracas. Esso è stato inteso soprattutto a superare attraverso il dialogo alcune incomprensioni e timori sorti a seguito della svolta impressa dal governo alla conduzione politica del paese. Con l’Atto di Miraflores sono stati costituiti tre Comitati - politico, economico e culturale- per esaminare le problematiche che suscitano maggiore preoccupazione in seno alla collettività italiana e, nel contempo, offrire al governo collaborazione nei temi sui quali essa vanta maggiore capacità e competenza. La prima riunione dei tre Comitati si è tenuta nel luglio scorso alla presenza del nostro ambasciatore a Caracas e del Vice Presidente Rodrigo Chaves.
Tra le principali problematiche che interessano la nostra collettività in Venezuela, si segnala la questione dell’espropriazione di immobili di proprietà dei cittadini italiani nella capitale.
Alle elezioni politiche dell’aprile 2006 ha partecipato circa il 50% degli elettori aventi diritto. E’ risultata eletta un deputato residente in Venezuela, l’On. Mariza Bafile, candidata per l’Unione.
In Venezuela sono presenti attualmente tre COMITES: uno a Caracas, uno a Maracaibo ed uno a Puerto Ordaz (dove, da parte di alcuni esponenti della collettività italiana, viene richiesta l’apertura di un consolato di carriera competente per la parte orientale del Paese).
Nel Consiglio Generale degli Italiani all’Estero i connazionali residenti nel Paese sono rappresentati da 3 Consiglieri, tutti neo-eletti, uscenti dalle ultime elezioni dell’estate 2004: il Signor Michele Coletta, residente a Maracaibo e i signori Nello Collevecchio e Ugo Di Martino, entrambi residenti a Caracas.
In relazione al rilascio dei nuovi modelli di passaporto elettronico, la cui emissione è cominciata sia in Italia che all’estero il 26 ottobre scorso, in Venezuela si è registrata fino ad ora una richiesta decisamente superiore alle aspettative. Il Consolato Generale a Caracas aveva infatti rilasciato, alla data del 1° marzo 2007, 7.669 nuovi libretti, mentre, nello stesso arco di tempo, i Consolati Generali a San Paolo e a Buenos Aires, nelle cui circoscrizioni vive un numero di connazionali quasi doppio rispetto a quella di Caracas,ne hanno rilasciati rispettivamente 3.053 e 2.497.
Tale fenomeno sembra possa trovare giustificazione nel senso di incertezza sul futuro da parte della collettività italiana che si sente tranquillizzata dal fatto di possedere, anche senza averne necessità immediata, un passaporto italiano così da poter lasciare definitivamente o temporaneamente il Paese in caso di necessità.
Un’attenzione particolare va dedicata al fenomeno dei sequestri di persona a in Venezuela, che colpisce la collettività italiana (in quanto benestante). Il Ministero degli Esteri ha promosso, attraverso l’Unità di Crisi, numerose iniziative per fornire assistenza ai connazionali e sensibilizzare le autorità venezuelane, che naturalmente hanno la responsabilità principale di attuare misure di contrasto alla criminalità ed al fenomeno dei sequestri sul territorio nazionale. Comunque appare utile sottolineare soprattutto ai connazionali che l'impegno del nostro governo è forte, ma la responsabilità primaria per la sicurezza nel paese rimane affidata alle autorità locali; ciò tanto più nei confronti di residenti che sono comunque in primo luogo cittadini venezuelani.
In questo contesto, il Ministero, venendo incontro a specifiche esigenze prospettate dalla collettività italiana residente, ha ottenuto dal Ministero dell’Interno l’estensione delle competenze dell’Ufficio della Polizia di Stato che opera presso l’Ambasciata d’Italia a Caracas, competenze che ora si estendono, oltre alla lotta al traffico di stupefacenti, anche alla criminalità, con particolare riferimento alla problematica dei sequestri. L’Ufficio è stato da tempo rafforzato con l’invio in missione, finanziata dall’Unità di Crisi, di esperti antisequestro che forniscono collaborazione alle autorità venezuelane, mantengono regolari contatti con la Polizia locale e prestano assistenza ai familiari dei connazionali rapiti nelle fasi delicate delle indagini e delle eventuali trattative.
A queste iniziative volte a coadiuvare le autorità venezuelane ed a prestare collaborazione nella lotta al fenomeno dei sequestri si unisce una costante attività, svolta direttamente dall’Unità di Crisi e dalla nostra Ambasciata, di assistenza ai connazionali e di prevenzione dei rischi. Infatti, l’adozione di adeguate norme comportamentali e di misure di prevenzione riveste primaria importanza per limitare le possibilità di divenire obiettivo di sequestro. In tale ottica, l’Unità di Crisi, con il supporto tecnico degli esperti della Polizia di Stato italiana, ha pubblicato anche in lingua spagnola un manuale sulla prevenzione dei sequestri, che è stato distribuito alla collettività italiana.
A fronte di una recrudescenza del fenomeno e dell’esigenza di sollecitare un rinnovato più efficace impegno da parte delle autorità venezuelane, nel giugno 2006 si è svolta a Caracas una missione congiunta Esteri/Interno, guidata dall’Unità di Crisi, cui ha fatto seguito, nel novembre 2006, la visita a Caracas e a Maracaibo del Vice Ministro Franco Danieli.
Infine, si segnala che il Ministero dell’Interno ha organizzato per settembre 2007 il citato corso di formazione in Italia per operatori della polizia venezuelana. Il Viminale ha inoltre confermato che il DVD risulta in via di avanzata realizzazione. Dal canto suo, l’Unità di Crisi è pronta a finanziarne il numero di copie sufficiente ad assicurarne una distribuzione alla collettività italiana in loco.
Comunità venezuelana in Italia
La comunità venezuelana legalmente soggiornante nel nostro Paese è costituita da circa quattromila persone. Al 31 dicembre 2006 i cittadini venezuelani detenuti nelle carceri italiane erano 69, di cui 14 donne.
Nel Decreto Flussi 2006, sono ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei due genitori fino al quarto grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Uruguay, Argentina e Venezuela, entro una quota massima di 500 unità. Nello stesso decreto le domande presentate dai cittadini venezuelani per il lavoro non stagionale, sono state 238, di cui 129 per lavoro domestico, 8 nel settore edile, 101 in altri settori produttivi.
I cittadini venezuelani sono esenti dall’obbligo del visto Schengen per soggiorni fino a tre mesi e necessitano del visto d’ingresso nazionale solo per soggiorni superiori a 90 giorni.Non sussiste comunque alcun problema relativo al rilascio dei visti con tale Paese anche perché attualmente il Venezuela non è un Paese di origine o transito di flussi migratori clandestini verso l’Italia.
Nel 2006 si è registrato un aumento, rispetto all’anno precedente, del totale dei visti rilasciati dal Consolato Generale d’Italia a Caracas (658 visti, rispetto ai 566, rilasciati nel 2005, pari a + 16,46 %). Tale incremento ha riguardato in particolare i visti per studio.
Nel 2006, il Venezuela si è collocato al 72° posto nella classifica relativa all’indice di sviluppo umano redatta dall’UNDP[17].
Principali iniziative
Il Venezuela, con un reddito pro capite superiore ai 5.500 dollari, non è considerato un Paese di cooperazione. Tuttavia permangono notevoli disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza e numerosi donatori internazionali hanno pertanto mantenuto o intrapreso programmi di aiuto, anche se tendenzialmente in calo (la Commissione Europea ha previsto aiuti per 40 milioni di euro per il periodo 2007-2013).
La cooperazione italiana è attualmente presente con una sola iniziativa in corso: un progetto della ONG SVI in materia di sviluppo comunitario nell’oriente del Paese, mentre si è appena concluso un progetto del CESVI nel settore dello sviluppo agricolo sostenibile (tecniche di coltivazione di cacao nella zona di Barlovento). Una seconda iniziativa presentata dal CESVI concernente la lotta alla prostituzione minorile, è stata recentemente approvata dal Comitato Direzionale, mentre un progetto della stessa ONG, relativo nuovamente al settore cacaicolo, è in fase di studio presso la DGCS. È presente nel Paese, ma con finanziamenti UE o di altra fonte, anche un’altra ONG italiana, il COSV.
Rimane inoltre tuttora aperta la questione del credito d’aiuto di 7,5 milioni di Euro a favore della ristrutturazione dell’Università Simon Bolivar nello Stato Vargas, colpita dalle gravi inondazioni del 1999 approvato dal Comitato Direzionale nel 2005 dopo una lunga fase di negoziazione. Il Governo venezuelano, nonostante innumerevoli solleciti, non ha tuttavia mai confermato ufficialmente la volontà di dare seguito alla realizzazione del progetto, autorizzando in particolare la firma del MoU necessario per negoziare la relativa Convenzione finanziaria. Recentemente le autorità venezuelane avevano suggerito una leggera variazione del progetto originario, ma una proposta tecnica dettagliata non è ancora pervenuta.
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Genn.– Giug. 2006 |
Genn.– Giug. 2007 |
Variaz. % periodo |
Export |
318,0 |
364,3 |
+ 14,6% |
Import |
153,5 |
162,5 |
+ 5,9% |
Saldo |
164,5 |
201.8 |
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Interscambio |
471,5 |
526,8 |
+ 11,7% |
Fonte: ISTAT milioni di EURO
PRINCIPALI ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI ITALIANE (2006) |
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ESPORTAZIONI |
IMPORTAZIONI |
1. Macchine per impieghi speciali |
1. Prodotti della siderurgia |
2. Macchine e apparecchi per la produzione e l’impiego di energia meccanica |
2. Prodotti petroliferi raffinati |
3. Altre macchine di impiego generale |
3.Carbon fossile |
4. Prodotti chimici di base |
4. Minerali di ferro |
5. Parti ed accessori per autoveicoli e loro motori |
5. Pesci conservati e trasformati e prodotti a base di pesce |
Fonte: ICE |
INCIDENZA INTERSCAMBIO SUL COMMERCIO ESTERO ITALIANO (2006) |
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Esportazioni verso Venezuela sul totale delle esportazioni italiane |
0,214 % |
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Importazioni da Venezuela sul totale delle importazioni italiane |
0,087 % |
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QUOTE DI MERCATO (2006) |
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PRINCIPALI FORNITORI |
% su import |
PRINCIPALI ACQUIRENTI (1) |
% su export |
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1. USA |
30,19 |
1. USA |
47,78 |
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2. Colombia |
9,97 |
2. Antille Olandesi |
7,52 |
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3. Brasile |
8,22 |
3. Cina |
3,16 |
|
4. Messico |
6,26 |
4. Spagna |
2,60 |
|
5. Cina |
5,69 |
5. Colombia |
1,82 |
|
6. Giappone |
3,82 |
6. Canada |
1,39 |
|
7. Panama |
3,82 |
7. Regno Unito |
1,33 |
|
8. Italia |
2,96 |
8. Messico |
1,29 |
|
9. Germania |
2,72 |
9. Paesi Bassi |
1,23 |
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10. Ecuador |
1,14 |
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11. Trinidad e Tobago |
1,14 |
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12. Germania |
0,88 |
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13. Francia |
0,84 |
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14. Perù |
0,82 |
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15. Costa Rica |
0,71 |
|
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16. Belgio |
0,66 |
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17. Nicaragua |
0,46 |
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18. Italia |
0,45 |
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(1) non include le esportazioni di petrolio e minerale di ferro del settore pubblico Fonte: ICE |
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INVESTIMENTI E DISINVESTIMENTI DIRETTI ITALIANI |
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anno |
investimenti |
disinvestimenti |
saldo |
2002 |
12.465 |
12.331 |
+ 134 |
2003 |
8.251 |
10.991 |
- 2.740 |
2004 |
2.363 |
2.459 |
- 96 |
Fonte UIC – valori in migliaia di euro |
SACE (30 settembre 2006 - in milioni di EURO) |
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Categoria di rischio (dal 10 nov. 2004) |
6a |
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Impegni in essere |
679,31 |
3% del totale (9° paese) |
Indennizzi erogati da recuperare |
2,49 |
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Sinistri in essere |
0 |
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Esposizione complessiva |
681,80 |
2,4% del totale |
Fonte SACE |
3. Rapporti parlamentari
Incontri del Presidente
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Il 21 dicembre 2007, in preparazione del viaggio in Venezuela, il Presidente della Camera Fausto Bertinotti ha ricevuto l’ambasciatore venezuelano in Italia, Rafael Alejandro Lacava Evangelista. Durante l’incontro sono state esaminate le questioni più attuali delle politica venezuelana, in particolare gli esiti referendari che hanno comunque rappresentato una verifica della democraticità del sistema venezuelano. Inoltre sono stati presi in considerazione alcuni profili della prossima visita ufficiale: in particolare si ci è soffermati sull’intervento del Presidente Bertinotti davanti all’Assemblea Nazionale, ricordando come lo stesso onore sia stato attribuito a Fidel Castro, José Luis Rodríguez Zapatero, Néstor Kirchner, Evo Morales.
Il 27 settembre 2007, il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto la visita di una delegazione parlamentare venezuelana formata dai deputati Francisco Torrealba e Calixto Ortega, portavoce del Presidente della Repubblica Chávez. La delegazione era accompagnata dall’ambasciatore del Venezuela in Italia, e già Presidente della Parte venezuelana della Commissione parlamentare di collaborazione, Rafael Lacava.
Durante l’incontro sono stati esaminati i temi della riforma costituzionale, con particolare attenzione ai profili relativi al rafforzamento della partecipazione popolare. Inoltre ampio spazio è stato dato alla prospettiva del secondo viaggio del Presidente della Camera in America latina, nell’ambito del quale è prevista la visita del Venezuela, e allo svolgimento della seconda riunione della Commissione parlamentare di collaborazione italo-venezuelana che prevede lo svolgimento di un seminario su temi di interesse comune.
Il 12 marzo 2007, il Presidente Bertinotti, ha ricevuto la visita del Ministro dell’economia popolare della Repubblica bolivariana del Venezuela, Pedro Morejón.
Durante l’incontro, il Presidente della Camera, dopo aver ricordato i legami che uniscono i due popoli, ha affermato che l’Italia guarda con interesse all’esperienza della Repubblica bolivariana e che, più in generale, l’Europa segue con attenzione la rinascita della politica in America latina ed ambisce ad approfondire il dialogo per costruire una prospettiva di pace. Il Ministro Morejón si è soffermato sui cambiamenti in atto nel Paese, in particolare sulla questione delle comunità indigene che, con la nuova Costituzione, hanno ottenuto un’effettiva rappresentanza nel Parlamento del Venezuela. E’ stata poi sottolineata l’importanza della cooperazione parlamentare tra le due Assemblee; il Presidente Bertinotti, nel ricordare che la prossima riunione del Gruppo è prevista a Caracas, ha suggerito alcune problematiche sociali comuni che potrebbero essere messe all’ordine del giorno della riunione.
Il 9 ottobre 2006, il Presidente Bertinotti si è incontrato con la Presidente dell’Assemblea Nazionale del Venezuela, on. Cilia Adela Flores, per procedere alla firma del Protocollo di cooperazione parlamentare tra la Camera dei deputati e l’Assemblea Nazionale della Repubblica bolivariana del Venezuela che ha istituito la Commissione di collaborazione parlamentare. All’incontro erano presenti i deputati Gennaro Migliore e Rafael Lacava[18], Presidenti dell’istituenda Commissione di collaborazione parlamentare, i componenti dell’istituenda Commissione, l’ambasciatore italiano in Venezuela, Gerardo Carante, e l’ex ambasciatore del Venezuela in Italia ed attuale Vice Ministro per l’Europa, Rodrigo Oswaldo Chaves Samudio.
Durante l’incontro, svoltosi in un clima di grande intesa e cordialità, è stata sottolineata da entrambe le Parti l’importanza di approfondire le relazioni parlamentari tra le due Assemblee, di assicurare un costante scambio di informazioni sull’attività legislativa e confrontare le rispettive posizioni su questioni di interesse comune. La Presidente Flores ha sottolineato come la realizzazione del Protocollo sia stata fortemente sostenuta dal Presidente della Repubblica, Hugo Chávez, che considera l’Italia un Paese particolarmente importante, non solo sotto il profilo dei rapporti economici, ma anche per i vincoli storici e di fratellanza che ci uniscono. Ha inoltre sottolineato l’importanza che il Parlamento venezuelano attribuisce all’Accordo di collaborazione parlamentare, precisando che il testo di tale Accordo è stato sottoposto al vaglio dell’Assemblea che lo ha approvato all’unanimità.
Il 10 maggio 2006, il Presidente Bertinotti ha ricevuto la visita del Presidente delle Repubblica bolivariana del Venezuela, Hugo Chávez Frías, accompagnato da una delegazione composta da membri del Governo e da parlamentari, guidati dall’allora Presidente dell’Assemblea Nazionale, Nicolás Maduro Moros. E’ presente all’incontro il Presidente della parte venezuelana del Gruppo di amicizia Italia-Venezuela, in ambito UIP, on. Raffaele Lacava e il sindaco di Caracas.
Durante il colloquio, svoltosi in un clima di grande cordialità, il Presidente Bertinotti ha sottolineato l’interesse italiano per il Venezuela e per il ruolo che svolge in America latina, auspicando che l’Italia possa a sua volta svolgere un ruolo incisivo nell’ambito dell’Unione europea, anche al fine di approfondire le relazioni con l’America latina che sta sperimentando un interessante processo di rinascita della politica. Ha inoltre ricordato l’importante presenza della collettività italiana in Venezuela e l’opportunità di rafforzare le relazioni parlamentari tra i due Paesi, prevedendo forme di collaborazione tra i Parlamenti. Il Presidente Chávez, dopo essersi congratulato con il Presidente Bertinotti per la sua elezione, ha a sua volta auspicato un approfondimento delle relazioni reciproche. Sono stati poi esaminati temi relativi ai processi di globalizzazione ed alla questione energetica. In tale occasione si è concordato di approfondire le relazioni parlamentari tra le due Camere attraverso la firma di un Protocollo di cooperazione e lo svolgimento di seminari regolari su argomenti di interesse reciproco.
Protocollo di cooperazione
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Il 9 ottobre 2006, il Presidente della Camera dei deputati, on. Fausto Bertinotti, e la Presidente dell’Assemblea Nazionale del Venezuela, on. Cilia Adela Flores, hanno firmato un Protocollo di collaborazione tra le due Camere, che prevede la creazione di una Commissione parlamentare di collaborazione con l’obiettivo di migliorare il dialogo e favorire lo scambio d’informazioni sull’attività legislativa.
La Commissione parlamentare di collaborazione, composta da un Presidente e da otto deputati per parte, si riunisce una volta l'anno, alternativamente in Italia ed in Venezuela, per lo scambio di esperienze e il dialogo su temi di interesse comune. Congiuntamente alla riunione della Commissione è prevista l’organizzazione di seminari italo-venezuelani dedicati allo studio e all’approfondimento delle rispettive realtà.
La Commissione
La parte italiana della Commissione parlamentare di collaborazione è presieduta dal deputato Gennaro Migliore (Rifondazione comunista) e composta dai deputati: Mariza Bafile (L’Ulivo), Giampaolo Dozzo (LN), Fabio Evangelisti (IdV), Angela Napoli (AN), Giorgio Oppi (UDC), Dario Rivolta (FI), Ruggero Ruggeri (L’Ulivo), Luana Zanella (Verdi). Nella prima riunione l’on. Giampaolo Dozzo è stato sostituito, con il consenso degli altri componenti, dall’on. Angelo Alessandri (LN) che ha svolto la relazione, per la parte italiana, sulle politiche agricole.
La parte venezuelana è presieduta dal deputato Elvis Amoroso (in sostituzione del deputato Lacava, divenuto nel frattempo Ambasciatore del Venezuela in Italia) e composta dai deputati Eduardo Arónica, Tania D’Amelio, Oscar Figuera, Darío Vivas. Hanno altresì partecipato all’evento i deputati venezuelani Johnny Milano, Presidente della Sottocommissione Industria e Commercio, e Braulio Álvarez, membro della Commissione per lo sviluppo economico e dirigente del movimento contadino.
La Prima Riunione e il Seminario (Roma, 9-11 ottobre 2006)
La prima riunione della Commissione si è tenuta a Roma, subito dopo la firma del Protocollo, il 9 e il 10 (mattina) ottobre 2006 ed è stata dedicata a tre temi:
1. II modello di democrazia partecipativa venezuelana
2. Le piccole e medie imprese: l’esperienza dei distretti industriali
3. Le politiche agricole
Le stesse tematiche sono state poi esaminate, con il contributo di esperti, in un seminario che si è tenuto presso la Camera dei deputati il 10 (pomeriggio) e l’11 ottobre 2006, a cui sono stati invitati esponenti delle categorie interessate ed specialisti italiani e venezuelani.
La Seconda Riunione (Caracas 16-21 gennaio 2008)
Dal 16 al 21 gennaio si terrà in Venezuela la Seconda Riunione della Commissione, al fine di dare continuità ai lavori della Commissione stessa. La riunione, che rappresenta il seguito di quella svoltasi nel 2006 a Roma e che, in base al Protocollo, dovrebbe avere cadenza annuale, avrebbe dovuto tenersi nel 2007, ma a causa degli impegni di entrambe le parti è slittata all’inizio del 2008.
I lavori parlamentari si svolgeranno presso l’Assemblea nazionale nel pomeriggio di giovedì 17 gennaio, a partire dalle ore 15, e nella mattina di venerdì 18 gennaio.
Nel corso della riunione si tratteranno i seguenti temi:
Giovedì 17 gennaio, ore 15,30
I Sessione:
“I rapporti di cooperazione economica e commerciale tra l’Italia e il Venezuela:
1° parte: con particolare riguardo all’esperienza del settore energetico”
Relatore per la parte italiana: on. Giorgio Oppi
2° parte: analisi e prospettive di sviluppo anche alla luce del ruolo delle piccole e medie imprese”
Relatore per la parte italiana: on. Dario Rivolta
Venerdì 18 gennaio, ore 10:
II Sessione dei lavori:
“Il riconoscimento dei profili costituzionali della questione indigena e il suo ruolo nella preservazione del territorio”
Relatore per la parte italiana: on. Luana Zanella
Osservazione delle elezioni
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Il 30 novembre 2006, una delegazione della Camera dei deputati, composta dai deputati Gennaro Migliore (RC), Mariza Bafile(Ulivo) e Angelo Alessandri (LNP), si è recata in missione in Venezuela al fine di monitorare le elezioni Presidenziali del 3 dicembre.
Unione Interparlamentare
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E’ stata ricostituita la sezione di amicizia Italia-Venezuela e Paesi dei Caraibi. La presidenza è stata affidata al sen. Learco SAPORITO (AN) e ne fanno parte gli onn. Giulio Marini (FI), Basilio CATANOSO (AN), Roberto SOFFRITTI (Comunisti italiani), Ramon MANTOVANI (RIf. Com.) e Camillo PIAZZA (Verdi).
[1]In occasione delle elezioni presidenziali, una delegazione di deputati italiani, composta dagli On.li Migliore (PRC), Bafile (ULIVO – circ. America meridionale) ed Alessandri (LN) ha svolto una missione di osservazione elettorale .
[1] Il rapporto finale è stato presentato all’inizio di marzo del 2007. Si tratta di un documento equilibrato che fa stato del carattere pacifico e sostanzialmente corretto delle elezioni. Esso tuttavia mette in luce alcune criticità nei settori della copertura propagandistica, uso dei mezzi di informazione e comportamento non neutrale da parte di pubblici funzionari; viene però considerato efficace e trasparente, nonostante certe difficoltà d’uso, il sistema di voto elettronico. Il rapporto, che non dovrebbe generare grosse critiche da parte del Governo venezuelano, è il frutto della Missione di Osservazione Elettorale europea, svoltasi su invito del Consiglio Nazionale Elettorale Venezuelano con 154 membri guidati dalla deputata italiana a Strasburgo Monica Frassoni (Verdi)[1].
[3]Il referendum si è svolto con tranquillità in contrasto con le dure dichiarazioni della vigilia. L’unico episodio di un certo rilievo è stata una sparatoria avvenuta mentre il generale Raul Baduel, a lungo a fianco di Chávez e oggi vicino all’opposizione, usciva dal seggio. Il militare è rimasto illeso ma quattro persone sono rimaste ferite. Nonostante ciò, il presidente del Consiglio Nazionale Elettorale, Tibisay Lucena, ha fatto sapere che questo referendum è stato “uno dei processi elettorali più tranquilli che il Venezuela abbia conosciuto”. La Lucena ha anche confermato la detenzione di cinque persone, arrestate dalla polizia per aver commesso reati relativi al suffragio.
[4] L’art. 72 della Costituzione recita così: “Tutte le cariche e le magistrature sono revocabili. Trascorsa la metà del periodo per il quale è stato eletto un funzionario, un numero non inferiore del 20% degli elettori iscritti nella corrispondente circoscrizione potrà sollecitare un referendum per revocare il suo mandato. Quando un numero uguale o maggiore di elettori, rispetto a quelli che hanno eletto il funzionario, abbiano votato a favore della revoca, e sempre che al referendum partecipino almeno il 25% degli elettori della circoscrizione, il funzionario si considererà deposto”.
[5] Durante le interruzioni al discorso conclusivo del premier Zapatero, Chávez ha incolpato, con accuse del tutto fuori dal contesto trattato, l’ex primo ministro spagnolo Aznar non solo di essere un fascista, ma anche di essere stato a conoscenza del fallito colpo di stato realizzato contro la sua persona nel 2002. L’obiettivo, evidentemente raggiunto in pieno, era scatenare l’ira del re. L’innervosita replica reale con un secco “…ma perché non stai zitto…”, ha permesso a Chávez di centrare in pieno il suo scopo. Presentare la Spagna come una monarchia arrogante, che pretende di esercitare ancora il suo potere coloniale azzittendo capi di stato democraticamente eletti. Un argomento perfetto per canalizzare l’attenzione mediatica del paese, distogliere la popolazione dai problemi interni creando un nemico esterno. Ma le parole di Chávez hanno, forse inaspettatamente, raggiunto anche un altro obiettivo. Dopo la frase pronunciata dal re, il clima si è definitivamente surriscaldato. Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega Saavedra, ha colto l’occasione per contestare l'atteggiamento di un’azienda spagnola nel suo paese: l'Union Fenosa. Nei giorni successivi molti altri paesi della regione hanno espresso parole di sostegno al presidente venezuelano. Oltre Cuba, persino una nazione influente nella regione come il Brasile di Lula, si è schierato al fianco del Venezuela. Un risultato, forse non in programma, che rafforza ancor di più la posizione di primo attore che il eader socialista intende ricoprire nella regione.
[6] Per quanto riguarda specificatamente la Falda dell’Orinoco (riserve di petrolio “pesante” stimate in 235 miliardi di barili a fronte dei 261 dell’Arabia Saudita, dei 113 dell’Iraq, dei 94 del Kuwait, dei 93 degli EAU e dei 90 dell’Iran – da considerare i notevoli costi di estrazione che rendono conveniente lo sfruttamento del petrolio “pesante” solo in presenza di elevati prezzi al barile), colossi quali Royal Dutch Shell ed Exxonmobil non appaino presenti nei piani di sfruttamento dei 27 distinti campi di estrazione in cui è stata divisa l’area. Mantengono la loro tradizionale presenza sul mercato venezuelano Chevron e Conoco Phillips, mentre emergono quali importanti attori, quantomeno potenziali, la brasiliana Petrobras, le imprese russe Gazprom e Lukoi, la spagnola Repsol, la francese Total, la società norvegese Statoil, la cinese China National Petroleum Corporation e la compagnia petrolifera statale iraniana, tutte società che hanno già manifestato il loro interesse a concorrere per l’assegnazione dei nuovi campi di estrazione.
[7] Particolare menzione meritano il PETROSUR (di cui fanno parte Argentina, Brasile e Uruguay) e il PETROCARIBE (siglato con 14 Paesi caraibici), mentre è ancora allo stato di proposta una simile iniziativa per l'area andina.
[8] Attualmente solo l’8% dell’export di greggio venezuelano è destinato a Paesi europei.
[9] Caracas sembra peraltro nutrire un certo ritrovato interesse nei confronti della CAN, proprio in considerazione delle contestuali difficoltà con il Mercosur. In ogni caso, per il Governo Chávez dovrebbe trattarsi di una CAN “rifondata”, cioè intesa non solo come area di libero scambio, ma come nucleo di aggregazione politica e sociale.
[10] In effetti, l’11% circa delle importazioni di greggio degli Stati Uniti provengono dal Venezuela. Il dato è ancor più significativo se si considera che le importazioni di greggio venezuelano ammontano a solo lo 0,04 del fabbisogno nazionale dell’Italia.
[11] Al momento solo Uruguay e Venezuela hanno ratificato il protocollo di adesione al Mercosur.
[12] Il regime SPG Plus è destinato dal Regolamento comunitario n. 980 del giugno 2005 a quei paesi che si impegnano a rispettare le convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo, sociali, in materia di ambiente e del buon governo (compresa la lotta contro la droga). Di tale sistema beneficiano oltre 7.000 prodotti che possono entrare in Europa in regime di totale esenzione doganale.
[13] Fonti: MAE, CIA worldfactbook 2007
[14] Se sfruttate, tali riserve, pari a circa 235 miliardi di barili, farebbero del Venezuela il Paese con la maggiore quantità di riserve di greggio al mondo.
[15] Organismo della Banca Mondiale competente per i contenziosi concernenti gli investimenti internazionali.
[16] L'Accordo culturale, ratificato nel 1997, prevede espressamente l'impegno a studiare la soluzione per il riconoscimento bilaterale dei titoli di studio rilasciati dalle scuole dell'altra Parte funzionanti sul proprio territorio.
[17] Il Venezuela è preceduta da Saint Lucia e seguita dall’Albania.
[18] L’on. Lacava è stato nominato, nel luglio 2007, ambasciatore del Venezuela a Roma.