Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Rapporti Internazionali |
Titolo: | Visita ufficiale del Presidente della Camera in Bolivia, Perù, Ecuador e Venezuela - Bolivia |
Serie: | Documentazione per l'attività internazionale Numero: 34 Progressivo: 1 |
Data: | 07/01/2008 |
Visita ufficiale del Presidente della Camera in Bolivia, Perù, Ecuador e Venezuela
BOLIVIA
Documentazione per l’attività internazionale
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XV legislatura |
CAMERA DEI DEPUTATIServizio Rapporti internazionali |
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Consigliere Capo Servizio |
Mirella Cassarino (9330) |
Consigliere |
Maria Teresa Calabrò (2049) |
Documentarista |
Aurora Tacus (2593) |
Segretaria |
Giulia Bernardini (9515) |
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I dossier dei Servizi e degli Uffici della Camera dei deputati sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione ai fini non consentiti dalla legge.
INDICE
1. Biografie
· Evo Morales Ayma, Presidente della Repubblica............................ Pag. 3
· Edmundo Novillo Aguilar, Presidente della Camera dei deputati. “ 5
· David Choquehuanca Cespedes, Ministro degli Affari esteri........... “ 7
2... Scheda - Paese ........................................................................................... “ 11
3... Rapporti parlamentari ............................................................................ “ 45
4... La dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni ............................... “ 51
· Bolivia: il ruolo delle Comunità indigene, (a cura del Ministero degli Affari esteri) ................................................................................................................. “ 53
· Dichiarazione delle Nazioni Unite 61/295, sui diritti dei popoli indigeni, approvata il 13 settembre 2007 dall’Assemblea Generale ............................... “ 55
1. Biografie
(in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri)
Evo Morales Ayma è nato il 29 ottobre 1959 nella povera comunità di Isallavi, vicino al lago Poopó di Oruro. Discende da una famiglia aymara di contadini. Fin da bambino, tra le varie mansioni, aveva il compito di badare al proprio gregge di lama. Per pagarsi gli studi lavorò come muratore, come panettiere, come trombettista e dimostrò di avere talento anche nell’ambito del calcio.
La sua formazione superiore e maturazione personale ebbe luogo, citando le sue stesse parole “nell’università della vita”. Nel 1982 l’altipiano boliviano conobbe una delle maggiori siccità della storia, cosa che obbligò molte famiglie del luogo, tra cui quella di Morales, a migrare verso il Chapare (Cochabamba).
Nel 1983 venne nominato Segretario dello Sport dal suo sindacato; nel 1985 ottenne l’incarico di Segretario Generale del sindacato; dal 1988 fu Segretario Esecutivo della Federazione del Tropico e dal 1986 divenne anche Presidente del Comitato di Coordinamento delle Sei Federazioni del Tropico di Cochabamba.
Nel 1997 venne eletto, con una schiacciante maggioranza dei voti, deputato uninominale presso la Circoscrizione del Chapare. Nelle successive elezioni generali del 2002, sotto la guida di Morales, il Movimento al Socialismo (MAS), partito espressione della natura multiculturale e multietnica della Bolivia, ottenne 36 seggi. A partire dalle municipali del 2004, il MAS è divenuta la prima forza politica del Paese.
Evo Morales Ayma ha vinto le elezioni presidenziali del 18 dicembre 2005 ottenendo, contro tutte le previsioni politiche, il 53,7% dei voti ed è divenuto il primo Presidente indigeno della storia della Bolivia, rappresentando quella maggioranza tradizionalmente esclusa dalla gestione della cosa pubblica.
Morales cerca di presentarsi come Presidente di tutti i boliviani, evitando che l’origine aymara e il suo forte legame con gli altri gruppi etnici indigeni si trasformino in un limite. Morales si adopera, non sempre con successo, per dimostrare di saper risolvere le tensioni politiche e socio-economiche legate al dualismo territoriale boliviano ed alle tensioni tra l’altopiano andino, centralista, agricolo e “statalista” e favorevole al progetto di costituzione del MAS, e il tropico orientale, autonomista, produttore di petrolio e più “liberista” e tendenzialmente contrario alla riforma della Costituzione attualmente in vigore.
EDMUNDO NOVILLO AGUILAR
Presidente della Camera dei deputati della Repubblica di Bolivia
Edmundo Novello Aguilar, di professione avvocato, è nato a Totora, Cochabamba, il 28 gennaio 1963. Membro del Partito Movimiento al Socialismo, è stato eletto alla Presidenza della Camera il 19 gennaio 2006, con un ampio sostegno.
Fautore di una maggiore integrazione latino-americana, ha valutato in modo estremamente favorevole la recente decisione di fare di Cochabamba la sede del Parlamento della Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR), formato finora da 12 nazioni (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perú, Paraguay, Uruguay, Suriname e Venezuela).
Si ricorda che il Presidente Aguilar ha incontrato il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, a Roma lo scorso 4 marzo e che in precedenza aveva partecipato al Seminario di studio per una delegazione di parlamentari della Bolivia sul tema: “I rapporti tra Stato e Autonomie in Italia e in Bolivia”, svoltosi presso la Camera dei Deputati dal 26 al 28 ottobre 2005, nel corso del quale aveva svolto, in qualità di Vice Presidente della Commissione della Costituzione della Camera, una relazione sui problemi inerenti la riforma costituzionale in Bolivia, con riferimento alla ripartizione delle competenze ed alla distribuzione delle risorse fiscali ed economiche tra Stato e autonomie.
DAVID CHOQUEHUANCA CESPEDES
Ministro degli Affari esteri della Repubblica DElla Bolivia
David Choquehuanca Céspedes è nato il 7 maggio 1961 nella provincia di Omasuyus, nel dipartimento di La Paz, vicino al lago Titikaka, il lago più alto del mondo che si trova a 3800 metri d’altezza.
Dopo la scuola primaria e secondaria si è dovuto trasferire a La Paz per proseguire gli studi universitari, presso la facoltà di Filosofia della Scuola Normale Superiore, Simon Bolivar.
Negli anni ’80, quando la Bolivia viveva la complessa transizione dalla dittatura alla democrazia, David Choquehuanca ha cominciato a partecipare al processo politico e sociale del Paese, sebbene il cambiamento dalla vita del campo a quella cittadina venne vissuto in modo traumatico e percepito come discriminatorio. Le ingiustizie a cui erano sottoposti i contadini fu la molla che lo convinse a dedicarsi alla politica. Abbandonò gli studi per dedicarsi all’attività sindacale, soprattutto nell’ambito della Confederación Sindical Única de Campesinos de Bolivia (CSUTCB). Era un periodo di lotte portate avanti con mobilitazioni di massa, scioperi della fame, sit in, proteste.
Nell’’85 ottenne una borsa di studio della “Escuela Nacional de Formación de Cuadros Niceto Pérez” di Cuba per proseguire gli studi sociali.
Nel 1987 ha fatto parte di un’organizzazione di base per partecipare ai congressi del Movimiento Campesino Indígena e ha cominciato ha lavorare nella campagna “500 Anni di resistenza” che aveva l’obiettivo di recuperare la cultura, le forme di organizzazione, territoriale e i simboli propri dell’indigenismo. La partecipazione a tale campagna ha significato molto nel processo di recupero della sua autostima personale e come parte di un popolo originario.
Dal 1998 ha lavorato nel programma NINA, relativo all’educazione e alla formazione professionale dove ha svolto il ruolo di coordinatore nazionale. Tale programma ha significato per Choquehuanca una sorta di “Università politica”, che gli ha consentito di migliorare la sua formazione accanto a leader e dirigenti di livello nazionale del Movimiento Campesino Indígena.
Nel 1990 ha ottenuto un master in Storia e antropologia; nel 2001-2002 ha seguito un corso superiore sui diritti dei popoli indigeni, dell’Universidad Cordillera.
Si segnala che il ministro degli Esteri, Choquehuanca, ha partecipato ai lavori della III Conferenza Nazionale sull’America Latina (16-17 ottobre 2007).
2. Scheda - Paese
REPUBBLICA DI BOLIVIA
Cenni storici
Nel 1450, gli altipiani corrispondenti alla moderna Bolivia furono incorporati nell’impero Incas fino alla conquista spagnola nel 1525, allorquando “l’Alto Perù”, fu posto sotto l’autorità del Viceré di Lima che ne sfruttò i ricchissimi giacimenti di argento.
Dopo la cacciata degli spagnoli, nel 1809, fu dichiarata l’indipendenza seguita da 16 anni di lotte intestine fino alla proclamazione, il 6 agosto del 1825, della Repubblica di Bolivia
Sessant’anni di instabilità dominarono la scena politica boliviana e ancora alla fine dell’ottocento la sconfitta nella Guerra del Pacifico contro il Cile (1879-1883) dimostrò la debolezza interna causando la perdita della regione costiera e privando il paese di un accesso al mare.
All’inizio del XX Secolo l’aumento del prezzo internazionale dell’argento ha portato nel paese un certo benessere ed una relativa stabilità politica con la successione di una serie di governi controllati dalle oligarchie economiche caratterizzati da politiche economiche di stampo prettamente liberista poco attente alle esigenze della popolazione in grande maggioranza indigena, costretta ai margini della vita politica ed economica.
La sconfitta subita da parte del Paraguay nella Guerra del Chaco (1932-35) gettò un definitivo discredito sulla classe dirigente. A partire da quegli anni e fino alla rivoluzione del 1952, la vita politica del paese fu caratterizzata dall’emergere di nuovi gruppi politici ispirati da opposte ideologie.
Privato della vittoria nelle elezioni del 1951, il Movimento Nazionalista Rivoluzionario (MNR), partito sostenuto da un’ampia base elettorale, si pose a capo del vittorioso moto rivoluzionario del 1952. Sotto la Presidenza di Victor Paz Estenssoro, il MNR avviò una profonda opera di rinnovamento politico e sociale del paese. Dodici difficili anni di governo indebolirono la coesione interna del MNR aprendo la strada al colpo di stato della giunta militare che nel 1964 spodestò il presidente Paz Estenssoro all’inizio del suo terzo mandato.
Nel 1969 la morte del Presidente Barrientos, membro della giunta militare eletto presidente nel 1966 portò ad una successione di fragili governi fino all’insediamento, appoggiato dal MNR e dai militari nel 1971 dell’allora Colonnello Hugo Banzer Suarez che, nel 1974, si rese protagonista di una decisa svolta autoritaria. Durante la sua Presidenza l’economia boliviana conobbe alti tassi di crescita. Dal 1978 si succedettero numerosi governi militari.
Dopo il Governo di transizione dell’anziano ex Presidente Siles Suazo, nel 1985 furono indette nuove elezioni che riportarono al potere i partiti tradizionali con il ritorno alla presidenza di Paz Estenssoro a cui subentrò nel 1989 il candidato di centro-sinistra Paz Zamora e nel 1993 il candidato del MNR Gonzalo "Goñi" Sánchez de Lozada che avviò un massiccio piano di privatizzazioni. Nel 1997 tornò al potere il Generale Hugo Banzer il cui mandato si contraddistinse per un relativo benessere economico e una decisa campagna di sradicamento forzato delle coltivazioni di cocaina fin quando nell’agosto del 2001 Banzer, gravemente malato fu costretto a rinunciare all’incarico in favore del vice presidente Quiroga.
Dopo un periodo contraddistinto da frequenti sommovimenti popolari – soprattutto a causa delle controversie legate alla gestione delle risorse energetiche del Paese – che hanno portato alle dimissioni, nel dicembre del 2003, del Presidente Sánchez de Lozada (eletto nell’agosto del 2002) e del Vice Presidente Mesa, nel giugno 2005, è stato eletto Presidente, il 18 dicembre 2005, Evo Morales, leader del Movimento al Socialismo e fortemente legato all’ambiente dei cocaleros.
DATI GENERALI |
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Superficie |
1.098.580 km2 (Quasi quattro volte l’Italia) Il Paese è diviso in due grandi regioni: regioni dell’Altopiano (Dipartimenti di La Paz, Oruro, Chuquisaca, Potosi) e regioni della “Mezzaluna Orientale” (Diparti-menti di Beni, Pando, Santa Cruz e Tarija). |
Capitale |
Sucre (capitale costituzionale) La Paz (sede del Governo e capitale amministrative) |
Abitanti |
8.989.046 (poco meno della Lombardia) |
Tasso di crescita popolazione |
1,45% |
Aspettativa di vita |
65,5 |
Composizione etnica |
Quechua 30%, meticci 30%, aymará 25%, bianchi 15% |
Lingue ufficiali |
Spagnolo, quechua, aymará |
Tasso di alfabetizzazione |
87,2% |
Religioni praticate |
Cattolica romana 95%,Protestante 5% |
CARICHE DELLO STATO |
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Presidente della Repubblica e capo del Governo |
Juan Evo MORALES Ayma (dal 22 gennaio 2006, leader del Movimiento al Socialismo, MAS) |
Vice Presidente della Repubblica |
Alvaro GARCÍA LINERA |
Presidente della Camera dei senatori |
José VILLAVICENCIO AMURUZ (del Partito centrista di opposizione Unidad Nacional) |
Presidente della Camera deputati |
Edmundo NOVILLO Aguilar |
Ministro delle relazioni esterne e del culto |
Davis CHOQUEHUANCA Céspedes |
Ministro della Presidenza[1] |
Juan Ramón QUINTANA Taborga |
Ministro per gli idrocarburi |
Carlos VILLEGAS Quiroga |
Ministro dello sviluppo e la pianificazione |
Gabriel LOZA Telleria |
Ministro dell’economia |
Luis Alberto ARCE Catacora |
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SCADENZE ELETTORALI |
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Presidenziali e politiche |
Dicembre 2010 |
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QUADRO POLITICO
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Governo in carica
Le elezioni del 18 dicembre 2005 hanno rappresentato un indubbio segnale di svolta per la Bolivia, portando al potere, per la prima volta nella storia del Paese, un Presidente indio, leader di un partito, il MAS, che presenta un’agenda politica intesa a rappresentare un momento di rottura rispetto alle scelte, tradizionalmente liberiste, in economia, e filo-americane, in politica estera, che avevano caratterizzato la precedente classe dirigente creola.
Morales, che ha battuto, con il 53,745 dei voti, lo sfidante conservatore Jorge “Tuto” Quiroga, leader del partito PODEMOS[2] (28,59% dei consensi), si è insediato il 22 gennaio 2006 ed ha nominato un Esecutivo di taglio piuttosto radicale. Il nuovo Governo è infatti caratterizzato dalla presenza di numerosi esponenti delle organizzazioni sindacali di settore, oltre che da alcuni esponenti del mondo accademico e forense, le cui posizioni si sono sovente distinte, in passato, per l’ostilità nei confronti del ruolo delle multinazionali straniere nella gestione delle risorse energetiche boliviane.
Ad un anno dal suo insediamento, il 23 gennaio 2007, il Presidente Morales ha realizzato un rimpasto del suo Governo, sostituendo 7 dei suoi sedici ministri. La sostituzione più importante è quella che riguarda il Ministro dell'Interno, Alicia Munoz, che è stata sostituito da Alfredo Octavio Rada. Altro avvicendamento importante al Ministero della Pubblica Istruzione, dove al posto di Felix Patzi, che ha tentato una ''decolonizzazione'' del sistema educativo scontrandosi con la chiesa cattolica, è stato designato Victor Caceres.
QUADRO ISTITUZIONALE
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Sistema politico
La Bolivia è una Repubblica Presidenziale. La Costituzione, approvata nel 1967, è stata emendata nel 1994, nel febbraio 2004.
In particolare le ultime modifiche hanno introdotto l’istituto del referendum (per consentire la consultazione in materia di esportazione di gas) e previsto la costituzione di un’Assemblea Costituente, che ha introdotto importanti modifiche costituzionali (cfr. infra) sulle quali dovranno pronunciarsi i cittadini boliviani affinché diventino definitive. I cittadini potranno partecipare alle elezioni amministrative e generali anche se non appartengono a nessun partito politico.
E’ stato poi profondamente modificato il regime dell’immunità parlamentare, stabilendo che i membri del Congresso potranno essere sottoposti a procedimento giudiziario, ed anche all’arresto, non solo su decisione esclusiva delle Camere, ma anche su decisione di 7 degli 11 membri della Corte Suprema di Giustizia, su richiesta del Pubblico ministero.
Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica è eletto direttamente con suffragio universale per un mandato di cinque anni. Nello stesso modo e per la medesima durata viene eletto un Vice Presidente.
Il Presidente può essere eletto nuovamente solo per un altro mandato, ma dopo che sia trascorso almeno un periodo costituzionale.
Se nelle elezioni generali nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi, il Congresso eleggerà, a maggioranza assoluta, con votazione orale e nominale, tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero dei suffragi validi.
Il Presidente della Repubblica è al vertice del Potere esecutivo.
Si segnala il carattere particolare dell’istituto boliviano della Vice Presidenza della Repubblica - Presidenza del Congreso – Presidenza del Senato che svolge una funzione di raccordo tra Potere legislativo ed esecutivo.
Parlamento
Il Potere legislativo spetta al Congresso, costituito da una Camera dei deputati e da una Camera dei senatori eguali per gerarchia, sebbene con attribuzioni e responsabilità diverse e complementari.
La Camera dei deputati è composta da 130 membri (di cui 68 in circoscrizioni regionali e 62 in distretti uninominali), eletti con sistema proporzionale, che durano in carica cinque anni.
La Camera dei senatori è composta da 27 membri, eletti in numero di 3 per ciascuna regione che compone il Paese, eletti direttamente due di maggioranza e uno di minoranza. I senatori, come i deputati, restano in carica cinque anni.
All’inizio di ogni periodo legislativo, che dura un anno, ciascuna camera elegge l’Ufficio di Presidenza, le Commissioni e i comitati.
L’iniziativa legislativa spetta a ciascun membro delle due camere, al Vice Presidente della Repubblica, al Governo o, in materia giudiziaria e di riforma dei codici, alla Corte suprema.
Composizione del Congresso:
PARTITI POLITICI[3]
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VOTI PERCENTUALI |
SEGGI CAMERA |
SEGGI SENATO |
Movimiento Al Socialismo - MAS |
53,74 |
72 |
12 |
Poder democrático - PODEMOS |
28,59 |
43 |
13 |
Frente de Unidad Nacional - UN |
7,8 |
8 |
n.s |
Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR) |
6,47 |
7 |
n.s |
Sistema giudiziario
La Corte suprema è il massimo tribunale di giustizia della Bolivia. Ha sede nella città di Sucre. E’ composta da dodici ministri eletti dal Parlamento in seduta comune, su proposta del Consiglio Superiore di Magistratura (Consejo de Jefatura). Per essere eletti è necessaria la maggioranza dei due terzi dei voti. I membri della Corte suprema sono eletti per un periodo di dieci anni e non possono essere rieletti se non dopo che sia passato un periodo uguale a quello in cui hanno esercitato il loro mandato.
Struttura amministrativa
La Bolivia è suddivisa in 9 regioni, che si articolano a loro volta in province, sezioni di province e cantoni. In ogni regione il potere esecutivo è rappresentato da un prefetto nominato dal Presidente della Repubblica, che esercita la funzione di comandante generale della regione ed è a capo della struttura amministrativa.
ATTUALITÁ DI POLITICA INTERNA
In collaborazione con il MAE
La Bolivia attraversa una delicata contingenza politica. Il Presidente Morales è stato eletto sulla base di un progetto di riforma dello Stato e della società boliviana che riceveva ampi consensi e suscitava aspettative positive in tutto il Paese. Indubbiamente Morales ha saputo restituire protagonismo politico a interi settori della popolazione da sempre esclusi o emarginati - si pensi alle popolazioni indigene appartenenti alle trentasei culture della Bolivia - e si è proposto l’ambizioso e condivisibile obiettivo di ridurre l’insostenibile differenza di reddito tra le diverse fasce sociali, nel secondo Paese più povero dell’America Latina.
Il Governo Morales ha ottenuto indubbi successi in campo macroeconomico. La cosiddetta nazionalizzazione degli idrocarburi[4] (più propriamente, la rinegoziazione
dei contratti con le imprese multinazionali del settore, basata su una redistribuzione degli utili a favore dell’Erario) ha consentito un rapido miglioramento di molti indicatori economici: a fine 2006 si è verificato un avanzo del bilancio pubblico, sono cresciuti le riserve monetarie, il prodotto nazionale lordo e i depositi bancari, a costo di un’inflazione relativamente contenuta. I proventi che lo Stato riceve dalle compagnie petrolifere costituiscono oggi il 70% delle entrate pubbliche. Il dato è considerevole se confrontato con quello del 2004 del 18%. Sul piano politico e sociale, si è assistito a un significativo recupero degli indigeni e delle donne in molti incarichi pubblici.
Tuttavia, l’azione del Governo e del MAS, partito del Presidente, ha esasperato da un lato la dialettica tra popolazioni indigene - quasi esclusivamente le comunità Quechua e Aymara - e il resto della popolazione, dall’altro il confronto tra le Regioni dell’altopiano (Dipartimenti di La Paz, Oruro, Chuquisaca e Potosí) e quelle tropicali (cosiddetta Mezzaluna Orientale: Beni, Pando, Santa Cruz e Tarija, cui si è aggiunto il Dipartimento di Cochabamba). La richiesta di autonomia da parte di queste ultime, anche a seguito del relativo referendum svoltosi nel 2006, non ha trovato adeguate risposte da parte del Governo. Il confronto è stato ulteriormente accentuato dalla prima elezione dei Prefetti, che hanno assunto una funzione grosso modo di Governatori dei rispettivi Dipartimenti: in cinque casi su nove (Beni, Pando, Tarija, Santa Cruz, Cochabamba) hanno infatti prevalso i candidati dell’opposizione.
La questione si è riproposta con maggior forza con l’istituzione di un’Assemblea Costituente incaricata di dar corso alla riforma dello Stato e nel cui ambito il MAS non è riuscito a rafforzare il successo elettorale del dicembre 2005, aggiudicandosi il 51% dei seggi e fallendo l’obiettivo di ottenere i due terzi necessari a gestire autonomamente la riforma. Maggioranza ed opposizione non sono comunque state in grado di dialogare e cercare intese comuni. I maggiori punti di disaccordo sono stati i seguenti:
§ pensione universale per tutti i cittadini ultrasessantenni. L’opposizione e la “Mezzaluna Orientale” hanno contestato il progetto del Governo di finanziare la “renta dignidad” con una quota delle imposte sugli idrocarburi (IDH) di competenza dei Dipartimenti (cfr. infra) ed i membri dell’opposizione hanno denunciato atti di violenza nei confronti dei propri senatori, ai quali sarebbe stato impedito di entrare nel Congresso (nella camera alta PODEMOS è il partito di maggioranza relativa).
L’approvazione della nuova Costituzione dello Stato a Oruro, in una seduta durata sedici ore, ha approfondito la crisi politica, in corso ormai da 16 mesi. Si sono accentuati i contrasti fra le regioni e lo scontro frontale fra governo e opposizione.
Con il voto favorevole di 164 dei suoi 255 componenti, lo scorso 9 dicembre, l’Assemblea Costituente ha approvato la nuova Costituzione Politica dello Stato (CPE). Hanno partecipato alla seduta i 130 rappresentanti del Movimento verso il Socialismo (MAS) di Evo Morales e altri 24 rappresentanti dei partiti alleati. Potere Democratico e Sociale (PODEMOS).
La maggior forza dell’opposizione, ha boicottato una seduta definita “illegale”. Tuttavia, quattro dissidenti del partito non hanno accettato la decisione e hanno partecipato alla seduta.
L’unico articolo costituzionale sul quale non è stato trovato un accordo è stato quello riguardante i limiti di estensione del latifondo, che dovrà essere sottomesso a referendum[5]. Dopo i risultati di tale referendum, poi l'assemblea dovrà nuovamente esprimersi sul testo costituzionale e, infine, una nuova consultazione popolare dovrà decidere se approvare o meno la Costituzione nel suo complesso[6].
Questi i punti principali della nuova Costituzione boliviana:
“La Bolivia si costituisce in uno Stato unitario sociale di diritto plurinazionale, comunitario, libero, autonomo e decentrato, indipendente, sovrano e interculturale”, dice l’art. 1 della nuova Costituzione Politica dello Stato (CPE). Nell’art. 3 si fa menzione della diversità culturale[7]: si parla dei Boliviani appartenenti alle “comunità urbane di diverse classi sociali”, alle “nazioni e popoli indigeni originari” e alle “comunità interculturali e afroboliviane”.
Intanto, l’art. 5 enumera le 36 lingue indigene che vengono considerate, insieme allo spagnolo, “lingue ufficiali dello Stato”. L’art. 6, a sua volta, aggiunge la wiphala (bandiera di sette colori che rappresenta il pensiero filosofico dei popoli andini) ai simboli della nazione. Per quanto riguarda l’ordinamento dello Stato, l’attuale Congreso Nacional (Parlamento) viene ribattezzato come “Assemblea Legislativa Plurinazionale”. Il MAS aveva proposto inizialmente di creare una struttura unicamerale, ma alla fine ha accettato di mantenere le due Camere, ribattezzando il Senato come “Camera dei Rappresentanti Dipartimentali” (ossia le regioni), formata da quattro rappresentanti per ogni dipartimento, eletti in circoscrizioni plurinominali. La riforma più importante riguarda invece la Camera dei Deputati, che sarà formata da 121 membri, tutti eletti in circoscrizioni uninominali – rispetto all’attuale sistema misto proporzionale/uninominale –. L’opposizione ha detto che così “si elimina la rappresentanza delle minoranze”, con il rischio che un solo partito abbia la maggioranza assoluta alla Camera. La nuova Costituzione allunga il mandato del presidente della Repubblica – Capo dello Stato e del governo nel sistema presidenzialista boliviano – da quattro a cinque anni, e prevede un ballottaggio tra i due candidati più votati se nessuno supera il 50 per cento dei voti al primo turno. Un’altra alternativa per evitare il ballottaggio è quella di ottenere il 40 per cento dei voti più una differenza di 10 punti rispetto al secondo. In questo modo, si toglie al Parlamento la facoltà – prevista dalla vecchia Costituzione – di decidere l’elezione del capo dello Stato nel caso che nessuno dei candidati abbia ottenuto la maggioranza assoluta nel primo turno[8]. Nel nuovo testo, si prevede un’unica rielezione del presidente, anche se non viene preso in considerazione l’attuale mandato di Evo Morales, iniziato nel gennaio 2006 sotto la vecchia Costituzione. Si introduce anche la “revoca di mandato” che prevede la raccolta delle firme con lo scopo di indire un referendum per decidere la continuità o la cessazione del presidente o dei governatori prima della fine del loro mandato (come già in vigore in Venezuela).
Mentre la Costituente portava avanti i suoi lavori, durante le ultime settimane i gravi incidenti fuori dal Teatro Gran Mariscal di Sucre hanno provocato tre morti e centinaia di feriti.
La situazione, che ha convinto le autorità a decidere il trasferimento della sede a Oruro, si è aggravata ulteriormente il 28 novembre con lo sciopero di sei dei nove dipartimenti, che ha portato il Paese sull’orlo del baratro. “Non c’é il rischio di una disintegrazione dello Stato boliviano; è già in corso un processo di decomposizione dello Stato”, ha commentato l’argentino Jorge Castro, direttore dell’Instituto de Planeamiento Estratégico (IPE) ed editorialista del giornale Perfil di Buenos Aires.
La roccaforte dell’opposizione è il dipartimento di Santa Cruz (Mezzaluna Orientale), il cui governatore, Rubén Costas, ha detto che non accetterà la nuova Costituzione e ha accusato il MAS di portare definitivamente il Paese “all’abisso e alla frattura”. Questa regione è responsabile del 30 per cento del prodotto interno lordo nazionale e del 97 per cento della soia prodotta in Bolivia. Si sono espressi anche contro il nuovo testo costituzionale i governatori José Luis Paredes, di La Paz; Mario Cossío, di Tarija; Manfred Reyes Villa, di Cochabamba, Ernesto Suárez, di Beni; e Leopoldo Fernández, di Pando.
Gli unici che si sono espressi pubblicamente a favore della Costituzione appena approvata sono il governatore di Oruro, Luis Aguilar, e suo collega di Potosí, Mario Virreyra. Intanto, il capo del governo regionale di Chuquisaca, David Sánchez – rappresentante del MAS – dopo gli scontri delle ultime
settimane
a Sucre (capitale di Chuquisaca) ha visto ridursi di molto il suo potere.
I governatori all'opposizione soffrono, a loro volta, la pressione dei Comitati Civici, organizzazioni della società civile che fanno lobby per accelerare il decentramento dello Stato boliviano, condizionato dal nuovo testo costituzionale all’approvazione di una legge-quadro in materia di autonomie e decentramento. Rifiutano, inoltre, la decisione del presidente Evo Morales di finanziare la Renta Dignidad (destinata agli ultrasessantenni che non godono di una pensione) con il 30 per cento dell’imposta diretta sugli idrocarburi (IDH) – introdotta dalla legge sugli idrocarburi del 2005 e che viene distribuita fra i nove dipartimenti –. Questa decisione, che va a scapito dei dipartimenti, viene definita dai prefetti come “perversa ed autoritaria” e avrebbe, secondo loro, l’unico scopo di fermare il cammino verso le autonomie regionali. I governatori che si oppongono a Morales hanno respinto le proposte di tregua da parte del presidente e hanno rinnovato la loro intenzione di procedere col progetto autonomista nelle loro regioni, già a partire dal 15 dicembre.
“Questa è una grande gioia per me e per il movimento popolare, contadino e operaio”, ha detto, da Buenos Aires, Evo Morales, presente alla cerimonia di assunzione della nuova presidente dell’Argentina, Cristina Kirchner, un giorno dopo l’approvazione della nuova carta politica boliviana. Morales ha chiamato le autorità regionali a “lavorare insieme, sulla base della nuova Costituzione” per approvare la legge sulle autonomie e gli statuti delle regioni. L’ex presidente e il suo rivale alle elezioni del 2005, Jorge Tuto Quiroga – leader di PODEMOS –, non ha accolto l’invito, accusando il MAS di voler “instaurare un sistema totalitario” nel Paese.
A metà strada tra Morales e Quiroga si trova l’imprenditore Samuel Doria Medina, leader del partito di centro Unità Nazionale (UN), che ha partecipato con i suoi rappresentanti alla seduta di Oruro, anche se non ha votato il 100 per cento degli articoli della nuova Costituzione. Questa forza politica, tuttavia, ha accusato PODEMOS di aver attuato sulla base di “calcoli politici” e di “non preoccuparsi per il (bene del) Paese”. “Se PODEMOS avesse partecipato, insieme al resto dell’opposizione, alla seduta plenaria di Oruro, avremo raggiunto i voti necessari – un terzo dei membri presenti – per bloccare la Costituzione voluta dal MAS. Tuttavia, il loro capriccio ci ha portato a questa situazione e oggi abbiamo una Costituzione soltanto per la metà dei boliviani”, ha affermato il partito UN in un comunicato stampa.
Pochi giorni dopo l’approvazione della nuova Carta costituzionale, quattro dipartimenti della Bolivia, i più ricchi, quelli di Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija hanno dichiarato la propria autonomia.
La questione della coltivazione della coca
Rispetto alla questione della coltivazione della coca[9], Morales si è mosso con una certa prudenza: la proposta elettorale di consentire ad ogni famiglia boliviana di coltivare a coca un limitato appezzamento di terreno[10] non è stata, sinora, tradotta in pratica; solo agli iscritti al sindacato dei “cocaleros” – di cui Morales rimane presidente – è stato infatti concesso tale diritto. Il Governo ha inoltre ribadito che non intende smantellare la FELCN – unità di polizia specializzata nella lotta alla droga. La questione si presenta legata a quella del rinnovo del regime di preferenze doganali accordato unilateralmente dagli Stati Uniti a quei Paesi andini che adottino politiche atte a prevenire e reprimere la produzione illegale di foglie di coca.
ATTUALITÁ DI POLITICA ESTERA
a cura del MAE
Priorità della politica estera ed integrazione regionale |
Il netto cambio nel panorama politico boliviano determinato dal successo elettorale del Presidente Morales e del partito del MAS (dicembre 2005) ha avuto inevitabili riflessi anche sulla strategia diplomatica e sulla stessa collocazione geopolitica del Paese.
Tradizionale alleato degli Stati Uniti, la Bolivia ha immediatamente preso le distanze da Washington dopo l’insediamento di Morales, pur se con cautela, almeno inizialmente, in quanto quello nordamericano resta il principale mercato di esportazione per i prodotti boliviani, mentre USAID continua ad essere il primo donatore in termini cooperazione allo sviluppo (l’Unione Europea prevale solo se considerata nel suo complesso) e il sistema di tariffe preferenziali concesso unilateralmente dal Congresso con la legge APTDEA costituisce strumento giuridico indispensabile per il commercio estero del Paese. Il beneficio è stato recentemente prorogato per altri due periodi di sei mesi dagli Stati Uniti.
Peraltro, negli ultimi mesi le relazioni tra Washington e La Paz si sono improvvisamente deteriorate. Morales e i suoi Ministri hanno a più riprese accusato l’Ambasciatore americano Goldberg - convocato ben cinque volte - e la Casa Bianca di complottare contro l’unità del Paese. La reazione dell’Ambasciatore e del suo Governo è stata fino ad oggi estremamente prudente. Le pur gravi accuse sono state pressoché ignorate e si è riusciti a mantenere un livello di dialogo ancora sufficiente.
Altrettanto rapido e automatico è stato l’avvicinamento della nuova Bolivia alle posizioni di Cuba e Venezuela. Con Castro e con il suo Governo Morales aveva sempre avuto contatti intensi fin dall’inizio della militanza sindacale. Se L’Avana ha fornito e continua a fornire un certo sostegno ideologico e di indirizzo geopolitico (oltre ad aiuti in termini di tecnici e professionisti, come medici e insegnanti impegnati nella campagna di alfabetizzazione), Caracas garantisce un consistente aiuto economico, apprezzato dai vertici politici e amministrativi del MAS perché svincolato dalle complesse procedure tecniche proprie della cooperazione internazionale e immediatamente spendibile sotto forma di assegni. Tale modalità di spesa ha peraltro suscitato forti perplessità sul rispetto delle norme di contabilità dello Stato nonché sull’opportunità di legarsi pienamente alle strategie politiche venezuelane. Polemiche ancor più forti ha sollevato il sospetto da parte dell’opposizione che Caracas stia inviando anche aiuti militari, più o meno mimetizzati dalla presenza delle Forze Armate venezuelane ufficialmente impegnate in attività di cooperazione.
La relazione privilegiata con Cuba e Venezuela ha comportato anche l’inatteso avvicinamento all’Iran. Ahmadinejad si è recato in visita a La Paz e ha firmato con Morales importanti accordi di alleanza politica e di cooperazione economica. Il rischio è che da un lato la Bolivia entri indirettamente nella dinamica della crisi mediorientale - deteriorando ulteriormente i rapporti con Washington - dall’altro che apporti un fattore di disequilibrio nell’assetto geopolitico sudamericano: basti pensare alla forte contrapposizione tra Iran e Argentina, che accusa da anni Teheran di aver finanziato gravi attentati nel Paese.
La Bolivia continua ad essere impegnata all’interno della Comunità Andina delle Nazioni, di cui ha esercitato la presidenza di turno nella prima metà del 2007. Da un lato, il Governo Morales propugna con convinzione l’integrazione regionale, auspicando anzi una sua estensione a favore di un disegno di unità dell’intero continente, che superi la diarchia CAN-Mercosur fondendola all’interno dell’Unione Sudamericana (con possibile capitale a Cochabamba), dall’altro ha condizionato e continua a condizionare il negoziato tra Unione Europea e Comunità Andina all’esclusione di tutti i settori che vengono visti in chiave di economia liberale e dunque prossimi al modello di trattato di libero commercio: protezione degli investimenti esteri, disciplina della proprietà intellettuale, servizi pubblici e acquisti governativi. Tale rigidità ha rischiato di fermare il processo negoziale sul nascere, in occasione della Commissione Mista CAN-UE de La Paz (29-30 maggio 2007), ma la situazione si è sbloccata durante il Vertice di Tarija (12-14 giugno 2007), conclusosi con un rinnovato impegno dei Capi di Stato dei quattro Paesi membri e con un indubbio successo diplomatico di Morales.
Nel contesto continentale, al di là dei Gruppi regionali, spicca il rapporto con il Brasile, che ha attraversato negli ultimi mesi una serie di alti e bassi. Il Brasile sembrava l’alleato perfetto per Morales: un vicino che condivide migliaia di chilometri di frontiere e che dipende in parte dalle forniture di gas della Bolivia, il più grande e ricco Paese dell’America del Sud, un Governo di sinistra diretto da una personalità di prestigio negli ambienti progressisti latinoamericani. La scelta di dirigersi piuttosto verso l’asse Castro-Chávez ha indirettamente raffreddato i rapporti con il Governo Lula, resi ancor più tesi dalla nazionalizzazione di due raffinerie già di proprietà della Petrobras.
Migliori i rapporti con l’Argentina, principale acquirente del gas boliviano, grazie anche alla vicinanza personale tra Morales e Kirchner, che si ritiene possa proseguire con la Presidentessa Fernández. Analogo discorso si potrebbe fare per l’Ecuador di Correa, mentre più difficili appaiono i rapporti con la Colombia (sebbene Morales abbia più volte dimostrato un rispetto insolito per la figura di Uribe, da lui lontanissimo sul piano ideologico) e soprattutto con il Perú: entrambi i Paesi configurerebbero semplicisticamente l’asse neoliberale all’interno della CAN, contrapposto a quello progressista che correrebbe sulla direttrice Quito-La Paz.
Un discorso a parte merita il Cile, con il quale non vi sono relazioni diplomatiche dalla Guerra del Pacifico, centoventotto anni fa. L’eccellente rapporto tra Morales e Bachelet ha determinato un riavvicinamento straordinario. Difficile tuttavia che, allo stato attuale, l’uno o l’altro Governo possa cedere sulla sovranità del litorale pacifico.
I Paesi dell’Unione Europea rappresentano come complesso il più importante mercato, il principale partner di investimenti e il primo donatore della Bolivia. Il rapporto privilegiato con la Spagna è parzialmente offuscato dalla retorica anticolonialista del Governo, dalle accuse ad Aznar di finanziare movimenti di opposizione anche violenta e dall’appoggio di Morales a Chávez in occasione del contrasto con il Re Juan Carlos. In altri casi, come per la Francia e la Gran Bretagna, momenti di tensione si sono prodotti a causa della nazionalizzazione delle risorse idriche e degli idrocarburi. Nel complesso tuttavia l’Europa viene considerata un sicuro punto di riferimento dalla società e dal mondo politico - maggioranza e opposizione - della Bolivia. Particolare attenzione viene ora prestata ai movimenti migratori, che privilegiano nell’ordine Spagna, Italia, Francia e Germania.
La Bolivia guarda poi con estremo interesse a Cina e Giappone, l’uno come potenziale mercato e partner economico, l’altro come uno dei maggiori donatori e fonte di investimenti già radicati nel Paese. Nel tentativo di diversificare i rapporti diplomatici e il sostegno al proprio disegno di riforma del Paese, Morales sta intensificando infine i contatti con l’India, il Sudafrica e alcuni Paesi del Golfo.
Relazioni con le principali Organizzazioni Internazionali |
Riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
La Bolivia è tradizionalmente favorevole all’istituzione di nuovi seggi permanenti e non permanenti, sulla base di impegni presi con Germania, Giappone e, soprattutto, Brasile.
Dopo una fase di equilibrio ed equidistanza che, nel corso del 2005, il gruppo Uniting for Consensus (UfC) era riuscito faticosamente ad ottenere dalla Bolivia, a seguito dell’insediamento del Presidente Morales nel gennaio 2006 si è registrato un rinnovato appoggio di La Paz al Brasile, culminato nel comunicato congiunto boliviano-brasilano dell’aprile 2006, con il quale la Bolivia ha esplicitamente riconosciuto le aspirazioni del Brasile ad un seggio permanente. L’appoggio boliviano al Brasile è stato confermato, tra l’altro, nel corso della visita di Stato del Presidente Morales in Brasile nel febbraio 2007; in tale occasione Brasilia e La Paz hanno più in generale convenuto sull’opportunità di una riforma del CdS che assicuri un’adeguata presenza dei Paesi in via di sviluppo fra i membri permanenti.
Tuttavia, nel corso dell’incontro a margine del Dibattito Generale della 62esima UNGA tra il SS. Craxi e il Ministro degli Esteri boliviano Choquehuanca, è emerso che la questione della riforma del CdS sarebbe nuovamente oggetto di riflessione, senza escludere che La Paz possa riconsiderare il proprio atteggiamento verso la proposta di istituire nuovi membri permanenti. Si segnala, infine, che nel corso del proprio ultimo intervento a New York, il 27 settembre 2007, il Presidente boliviano non ha toccato l’argomento della riforma del CdS. In occasione dell’incontro con il Presidente Prodi a Roma ad ottobre, Morales sembrava non aver definito la propria posizione in materia.
Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e moratoria pena di morte
La Bolivia è stata eletta membro del Consiglio dei Diritti Umani alle ultime elezioni del maggio 2007 con 169 voti (l’altro Paese eletto nel Gruppo dei Paesi latino-americani è stato il Nicaragua, con 174 voti). Il mandato della Bolivia terminerà nel 2010.
Tra Italia e la Bolivia è stato concluso un accordo di reciproco sostegno, in base al quale l’Italia ha sostenuto la candidatura della Bolivia al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite e la Bolivia si è impegnata a votare l’Italia nelle elezioni del maggio 2007 al Consiglio dei Diritti Umani.
In linea generale, l’approccio italiano alla tutela dei diritti umani presenta tradizionalmente delle assonanze con quello dei Paesi latino-americani. Su questa base, è stato sinora possibile mantenere un dialogo aperto e costruttivo sui diritti umani col gruppo latino-americano ed aggirare i rischi di sterili contrapposizioni ideologiche.
Sarebbe dunque importante riuscire a coinvolgere, per quanto possibile, la Bolivia in iniziative comuni nel Consiglio dei Diritti Umani, evitando che essa venga “attratta”, nel nome della “solidarietà ideologica”, verso posizioni radicali, come ad esempio quelle espresse da Cuba. In tal senso, si può sottolineare il particolare interesse dimostrato dal Governo boliviano per tematiche come il diritto allo sviluppo e la protezione dei diritti delle popolazioni indigene
La Bolivia, Paese abolizionista, aderisce all’iniziativa italiana ed europea in sede ONU per la moratoria ed abolizione della pena di morte.
Relazioni con l’Unione Europea |
Le relazioni tra l’Unione Europea e l’Ecuador si inquadrano nel contesto delle relazioni fra l’UE e la Comunità Andina delle Nazioni (CAN: Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e, sino all’aprile 2006, Venezuela).
L’Unione Europea ha avviato un dialogo formale con la Comunità Andina (CAN: Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e, sino all’aprile 2006, Venezuela) a partire dalla metà degli anni ‘90, affrontando, nel corso del tempo, tematiche strategiche, tra cui la lotta agli stupefacenti e un’intensa cooperazione in campo commerciale[11].
Il primo round di negoziati per la conclusione di un Accordo di Associazione, inclusa la costituzione di un’area di libero scambio, tra l’UE e la Comunità Andina ha avuto luogo a Bogotà dal 17 al 20 settembre 2007.
Le relazioni bi-regionali si articoleranno attorno ai tre pilastri del dialogo politico, della cooperazione, e del commercio e libero scambio. Tra i principali risultati dell’incontro si segnala, per quanto riguarda il dialogo politico, la disponibilità andina ad includere nel testo dell’Accordo le clausole cd. “standard” del Consiglio UE (terrorismo, diritti umani, migrazione, good governance, Corte Penale Internazionale, collaborazione in materia di non proliferazione).
L’appuntamento di Bogotà ha permesso un confronto fruttuoso soprattutto sulla materia commerciale, la più controversa delle tre. Le discussioni hanno fatto registrare una convergenza di massima sugli obiettivi generali per il prosieguo delle trattative, centrati sull’effettivo accesso al mercato per i prodotti, i servizi e gli investimenti, e sulla necessità di stabilire regole che salvaguardino la flessibilità in tema di liberalizzazione commerciale. L’obiettivo perseguito dalla CAN, e pienamente condiviso dall’UE, è infatti quello di indirizzare i negoziati in modo che gli impegni che le due Parti assumeranno tengano conto delle asimmetrie di sviluppo economico esistenti fra le due regioni e all’interno dello stesso raggruppamento andino[12]. Da notare inoltre un certo ammorbidimento della richiesta boliviana, avanzata negli scorsi mesi e giudicata inaccettabile dall’UE, di escludere a priori dall’oggetto negoziale (e quindi dal programma di liberalizzazione) gli interi settori della proprietà intellettuale, dei servizi, degli appalti pubblici e degli investimenti. Tale flessibilità dovrà essere naturalmente verificata nelle prossime tornate negoziali.
Per il futuro delle trattative, la Commissione intende procedere con prudenza e flessibilità, a cominciare da un’interpretazione non troppo rigida delle cd. “condizionalità” stabilite dall’UE per l’avanzamento del negoziato[13]. L’UE prevede quindi un’applicazione differenziata delle clausole e lunghi periodi transitori per l’applicazione delle misure di liberalizzazione commerciale evitando, al contempo, di procedere verso la conclusione di un accordo a geometria variabile che minerebbe l’intero processo di integrazione economica regionale, uno degli obiettivi principali dell’associazione con l’UE.
Relazioni commerciali
L’Unione Europea è la prima fonte di investimenti stranieri diretti (43% del totale) ed il quinto maggiore partner commerciale della Bolivia.
La Bolivia beneficia del Sistema delle Preferenze Generalizzate (SPG) e delle speciali disposizioni previste da questo regime per i Paesi della Comunità Andina (SPG droga). Grazie al regime MFN (Most-favoured Nation) e al SPG circa il 90% delle esportazioni di prodotti agricoli nell’UE è esente da tariffe doganali.
Sistema delle Preferenze Generalizzate
Dal 1 luglio 2005 per gli Stati membri della CAN è entrato in vigore l’SPG+, che si indirizza ai paesi che si impegnano a rispettare le convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo, sociali, in materia di ambiente e del buon governo (compresa la lotta contro la droga) e attraverso cui alcuni loro prodotti possono entrare in Europa in regime di totale esenzione doganale fino al 31 dicembre 2008[14].
Dal punto di vista economico, la tematica centrale resta quella dello sfruttamento delle risorse energetiche nazionali. L'accordo con le multinazionali del 28 ottobre 2006 sembra aver ricomposto la frattura determinatasi a seguito dall’approvazione, il 1° maggio dello stesso anno, del Decreto Supremo grazie al quale lo Stato ha recuperato la proprietà della totalità dei giacimenti gasiferi e petroliferi boliviani, affidando alla società statale Ypfb (Yacimentos Petroliferos Fiscales Bolivianos) tutte le fasi della filiera produttiva. In base a tale intesa, siglata con tutte e 10 le multinazionali operanti sul territorio boliviano[15], allo Stato sarà garantita una percentuale di proventi variabile dal 50% all’82% a seconda dei giacimenti, per una durata variabile fra i 24 ed i 30 anni. Resta inoltre da vedere se la disponibilità di nuove consistenti risorse consentirà di innescare dinamiche di sviluppo sostenibile, mentre non è chiaro se YPFB sia capace di gestire la filiera produttiva del greggio.
In tale contesto, la possibile prossima fine del regime di accesso preferenziale delle merci boliviane sul mercato statunitense (ATPDEA), produrrebbe gravi conseguenze sulla fragile economia del Paese andino, le cui esportazioni verso gli USA si troverebbero a subire l’agguerrita concorrenza delle merci di provenienza asiatica. A luglio 2007 la scadenza dell’ATPDEA è stata comunque posticipata.
Nel 2006, l’economia boliviana ha fatto registrare un apprezzabile tasso di crescita, nell’ordine del 4,6%, sostanzialmente il linea con la crescita del 2005 (+4,0%). Per il 2007 l’Economist Intelligenge Unit ha previsto una crescita del 3,8%. L’inflazione, attestatasi nel 2006 intorno al 4,3%, mostra una leggera flessione rispetto all’anno precedente (5,4%), nel 2007 l’EIU prevede un aumento di tale indicatore all’8,4%. Anche la bilancia delle partite correnti ha mostrato nel 2006 un miglioramento rispetto al 2005 segnando un avanzo di circa 1.319,7 milioni, che nel 2007 dovrebbe raggiungere i 1.508 milioni di dollari (previsioni EIU).
Il debito estero, seppur in flessione rispetto al 2005 (4.500 milioni di dollari nel 2006 contro i 6.200 dell’anno precedente e 3.700 nel 2007) rimane consistente e pari a circa il 60% del PIL.
I principali mercati di sbocco per le esportazioni boliviane sono rappresentati da Brasile (44%), Stati Uniti (12,5%), Argentina (10,9%). Il Paese andino importa, invece, soprattutto da Brasile (21,9%), Argentina (16,7%) e Stati Uniti (13,8%). L'Italia si colloca al 14° posto (0,9%) fra i Paesi acquirenti ed al 15° posto (1%) fra i Paesi fornitori.
FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
Membro dal dicembre 1945
Quota FMI: SDR 171,50 milioni (USD 259 milioni) pari allo 0,08% sul totale del FMI;
Rappresentato nel Comitato Esecutivo dall’Argentina;
Accordo in corso: nessuno
Debito in essere al 31.10.2006: SDR 9,66 milioni (USD 14,6 milioni).
A giudizio del Fondo la Bolivia non ha al momento bisogno di concordare alcun nuovo programma. Il FMI continuerà a collaborare con le Autorità del Paese sul piano dell'assistenza tecnica, con particolare riferimento alla politica fiscale.
BANCA MONDIALE
Membro dal dicembre 1945
Il 21 novembre 2006 la Banca Mondiale (BM) ha approvato una 'Interim Strategy Note' (ISN) per la Bolivia. La ISN stabilisce il quadro di riferimento per l'azione della BM nel Paese nei prossimi due anni ed e' dotata di un pacchetto finanziario che ammonta a USD 140 milioni. La scelta di approvare una ISN in luogo di una più completa 'Country Assistance Strategy' (CAS) si motiva con la particolare congiuntura politica del Paese, seguita all'elezione del Presidente Morales, che ha determinato l'emergere di incertezze
riguardo alcune tematiche "chiave" quali la proprietà e la gestione delle risorse naturali e le relazioni fra il Governo centrale e le realtà locali. I Direttori Esecutivi (DE) hanno comunque espresso il proprio apprezzamento per la positiva collaborazione instaurata fra il 'country team' della BM e le Autorità boliviane. La ISN individua tre obiettivi principali: governance, equità, creazione di nuova occupazione. Attualmente, il portfolio di progetti della BM in Bolivia include 7 progetti per un ammontare di USD 216 milioni.
Il Presidente Morales ha dichiarato a fine aprile 2007 di voler recedere dall’ICSID, tribunale arbitrale ritenuto troppo compiacente “nei confronti delle compagnie dei paesi capitalisti”. Altra dichiarazione preoccupante ha riguardato gli accordi bilaterali in materia di protezione degli investimenti di cui la Bolivia intenderebbe chiedere la revisione. Qualora i 22 paesi interessati (tra cui l’Italia) non accettassero, la Bolivia intenderebbe denunciare gli accordi in questione. Quanto annunciato (metà maggio 2007) non ha però avuto seguiti ufficiali.
Club di Parigi E ACCORDO CON L’ITALIA
La Bolivia ha fatto ricorso otto volte al Club di Parigi per ristrutturare il proprio debito estero. L’ultima Intesa multilaterale (10 luglio 2001) riguarda la cancellazione finale del debito nel quadro dell’“Iniziativa HIPC-Heavily Indebted Poor Countries rafforzata”, avendo il Paese raggiunto, nel giugno 2001, il “completion point”. La Bolivia aveva già beneficiato dell’Iniziativa HIPC, nella sua versione originaria di Lione del 1996, ottenendo la cancellazione dell’80% del debito eleggibile con l’Intesa multilaterale del 30.10.1998. In tale occasione vennero cancellati dal Club di Parigi USD 448 milioni, mentre con l’Intesa del luglio 2001 ne sono stati cancellati USD 262 milioni che, aggiunti agli USD 587 milioni di cancellazione da parte delle IFI, dovrebbero rendere sostenibile il debito della Bolivia nel medio-lungo periodo.
L’Accordo bilaterale di cancellazione del debito estero boliviano è stato firmato a Roma il 3.6.2002. Con esso l’Italia ha cancellato il 100% del debito estero boliviano impegnato prima del 20.6.1999, pari a USD 69,85 milioni (Euro 74,25 milioni circa) interamente derivante da crediti di aiuto.
Debito ESTERO E DEBITO con l’Italia
II debito estero complessivo della Bolivia (dati FMI) ammontava al 2005, a USD 4,95 miliardi circa.
A seguito della suddetta cancellazione il debito nei confronti dell’Italia (al 31.12.2006) è di circa USD 11,83 milioni, interamente per crediti di aiuto (riferiti a crediti erogati successivamente al 20.6.1999, che quindi devono essere regolarmente rimborsati alla loro scadenza).
RAPPORTI BILATERALI*
A cura del MAE
Ambasciatore italiano a La Paz:
S.E. Silvio Mignano
Ambasciatore della Bolivia in Italia:
S.E. Esteban Elmer Catarina
I rapporti con l'Italia, dopo la caduta dell'ultima dittatura militare, sono tornati ad essere formalmente ottimi, anche grazie al notevole impegno politico ed economico profuso dal nostro Paese nell’ultimo decennio nel settore della cooperazione allo sviluppo. La linea politica seguita dall’Italia è volta ad offrire all’amministrazione Morales una sponda di dialogo per evitare che, sentendosi isolata, essa ceda alle istanze più estremiste. In tale azione l’Italia può contare su un capitale di simpatia che le deriva dal condividere con la Bolivia un’eredità latina che, a differenza di quanto accade nel caso di altri partner europei, è scevra di ogni retaggio coloniale.
La frequenza dei contatti bilaterali non è stata in passato in linea con la qualità dei rapporti con la Bolivia,Paese tradizionalmente amico dell’Italia.
La visita più recente effettuata in Bolivia da un esponente del Governo italiano è stata quella del Sottosegretario Di Santo nel giugno 2007. Il Vice Ministro Patrizia Sentinelli si era recata a La Paz a febbraio del 2007 per la firma del Memorandum sul progetto “Misicuni II”, preceduta dal Sottosegretario Di Santo nel luglio 2006.
Nel quadro del contenzioso tra il Governo boliviano e l’impresa di telecomunicazioni Entel (controllata da Telecom Italia), il Ministro della Presidenza Quintana ha effettuato espressamente una missione a Roma, dove ha incontrato, il 3 maggio 2007, il Ministro D’Alema e il Sottosegretario Di Santo, con l’intento di chiarire le intenzioni del Governo di La Paz relativamente alle modalità di riacquisto da parte del Governo boliviano del pacchetto di controllo di Entel.
Il ministro degli Esteri, Choquehuanca, ha partecipato ai lavori della III Conferenza Nazionale sull’America Latina (16-17 ottobre 2007).
Il Presidente Morales ha incontrato a Roma il 29 e 30 ottobre 2007 i Presidenti della Repubblica, del Consiglio dei Ministri e della Camera dei Deputati.
Spazi di cooperazione si potrebbero aprire anche nel campo della collaborazione parlamentare. Si ricorda che due anni fala nostra Camera dei Deputati organizzò un seminario su riforme costituzionali e autonomie, tema di grande attualità oggi in Bolivia. Vi ha partecipato, tra gli altri, l'attuale presidente del Parlamento, Novillo. Si tratterebbe di un ulteriore ambito di collaborazione oltre alle iniziative che ci vedono già "associati" (ad esempio lo scambio di voti che ha riguardato lanostra candidatura alla Consiglio Diritti Umani e la loro candidatura all’ECOSOC).
Si segnala, infine, la costituzione, nel giugno 2007, del Gruppo parlamentare di amicizia con l’Italia (la Liga Parlamentaria Boliviano-Italiana) guidata dal parlamentare di opposizione Alejandro Colanzi.
L’interscambio commerciale non è particolarmente significativo e si è attestato nel 2006 sui 46,2 milioni di Euro (27 di esportazioni boliviane, 19 italiane), con un incremento significativo rispetto al 2005. L’ICE competente per il territorio boliviano è quello ubicato a Santiago del Cile.
Il principale investimento italiano è rappresentato dal cinquanta per cento della partecipazione Telecom nell’Entel, la più importante società telefonica del Paese, già statale ma privatizzata nel 1995. Proprio contro tale privatizzazione il Governo Morales ha emesso il 28 marzo 2007 un decreto supremo volto a costituire una commissione interministeriale con l’obiettivo di negoziare con la Telecom il recupero della proprietà dell’impresa allo Stato entro il successivo 1º maggio. L’opposizione della nostra impresa ma soprattutto l’intervento prudente ma chiaro del nostro Ministero degli Affari Esteri e dell’Ambasciata (con un ruolo non di parti del contenzioso ma di facilitatori politici) ha permesso di far scadere senza conseguenze il termine del 1º maggio e di avviare una serie di contatti, che tuttavia successivamente non hanno portato a nessun risultato. La Telecom ha nel frattempo fatto appello all’Accordo di promozione e protezione degli investimenti tra Bolivia e Paesi Bassi (essendo Amsterdam la sede legale della nostra impresa) e ha avviato il 30 aprile una procedura pre-arbitrale dinanzi all’ICSID, organo arbitrale della Banca Mondiale, dal quale La Paz ha receduto due giorni dopo, il 2 maggio 2007. In ottobre è iniziata la procedura arbitrale vera e propria, sebbene la Bolivia continui a contestare la competenza nei propri confronti dell’ICSID. La questione è stata trattata in una serie di incontri con Morales dal Sottosegretario Di Santo, dal Ministro D’Alema e dal Presidente del Consiglio Prodi, facendo sì tra l’altro che essa non pregiudicasse i nostri rapporti bilaterali né i nostri interessi economico-commerciali. Il contenzioso, per quanto tuttora latente e trattato dal Governo boliviano con estrema prudenza, resta peraltro di difficile soluzione.
Tra le altre imprese italiane di rilievo presenti nel Paese si segnala la Astaldi, che ha realizzato numerose opere di infrastruttura, tra cui il tunnel di Misicuni che fornisce di acqua potabile la regione di Cochabamba.
I settori di potenziale interesse per l’Italia sono quelli delle materie prime di qualità, come il pellame, i tessuti, il legname pregiato. Anche nel settore agroalimentare potrebbero esservi possibilità da esplorare. Di maggior rilievo le energie alternative (eolica, geotermica), che richiederebbero peraltro un notevole investimento e l’intervento di imprese di alto profilo. Maggior attenzione meriterebbe infine senz’altro il turismo, fino ad oggi poco sviluppato ma che offre potenzialità straordinarie: la Bolivia dispone del quinto tasso di biodiversità del mondo, di foreste amazzoniche intatte, del deserto di sale più grande del mondo (Uyuni), di decine di vette sopra i seimila metri di relativamente facile accesso, di siti archeologici come Tiwanaku e storico-artistici come il circuito delle Missioni della Chiquitanía, del lago più alto del mondo (Titicaca) e di tradizioni complesse e raffinate come il carnevale di Oruro.
I vincoli culturali di lunga data tra Italia e Bolivia hanno avuto negli ultimi mesi un ulteriore rilancio. Abbiamo partecipato, in molti casi per la prima volta con delegazioni ufficiali, a tutti i principali eventi del Paese: SIART o Biennale dell’Arte (con installazioni fuori concorso degli artisti Maurizio Cannavacciuolo e Giancarlo Neri, con la presenza in giuria del critico Marco Tonelli e con il Premio Italia-Europa per la miglior opera di un artista giovane offerto dalla Fondazione Incontri Internazionali d’Arte di Roma), Fiera del Libro (con un gruppo di scrittori e la donazione di tremila libri alle Biblioteche pubbliche boliviane), Biennale della Fotografia (con Ken Damy e una mostra dei più grandi fotografi italiani), Festival del Fumetto (con la prestigiosa partecipazione di Tanino Liberatore). È stata confermata la nostra partecipazione al Festival del Cinema Europeo e sono stati realizzati eventi specifici di straordinario interesse (un concerto dei Solisti Veneti, un omaggio a Pavarotti con il Teatro Nazionale dell’Opera e un tenore italiano in forza al Colón di Buenos Aires, la messa in scena dei Rusteghi di Goldoni da parte della Compagnia del Festival del Teatro de La Paz, la messa in scena di un’opera contemporanea con il Teatro de los Andes, fondato anni fa in Italia dal profugo argentino Cesar Brie e in seguito stabilitosi a Sucre, in Bolivia).
Sono presenti due Comitati della Dante Alighieri, a La Paz e Santa Cruz, ed è in programma la costituzione di un terzo a Cochabamba. L’Università statale de La Paz (Mayor de San Andrés) ci ha chiesto l’attivazione di una cattedra di italiano, il cui procedimento di finanziamento è stato avviato presso il MAE.
76 cittadini boliviani iscritti presso Università italiane nel 2006-07, mentre sono state 24 le mensilità offerte dall’Italia come borse di studio per il 2007-08 (700 euro). Non sono presenti istituzioni scolastiche italiane
Notevole infine la nostra presenza nel restauro (chiese di San Francisco a La Paz e Santa Teresa a Cochabamba) e nell’archeologia (decine di missioni di nostre Università).
ACCORDO DI COLLABORAZIONE CULTURALE
Data e luogo della firma: il 31.01.1953 a La Paz. (verrà riesaminato in occasione della prossima riunione della Commissione mista che avrà luogo in Italia il 24 gennaio 2008. L’Italia ha proposto al riguardo di elaborare un unico accordo generale di collaborazione culturale, scientifica e tecnologica, ma la Bolivia si è ancora pronunciata al riguardo)
PROTOCOLLO ESECUTIVO DI COLLABORAZIONE CULTURALE
Data e luogo della firma: il 16.04.1997 a Roma, scaduto a fine 1999. la parte boliviana non appare interessata al rinnovo.
Collettività italiana in Bolivia
La collettività italiana non è particolarmente ampia, soprattutto se comparata con quella residente negli altri Paesi del continente. I cittadini iscritti all’AIRE sono più di duemila, diecimila forse quelli di origine italiana. La comunità più grande risiede a Santa Cruz (circa millequattrocento connazionali), seguita da Cochabamba e La Paz con alcune centinaia di cittadini ciascuna. A Santa Cruz, Sucre e Cochabamba sono attivi tre Consolati Onorari.
L’emigrazione italiana risale in parte agli anni Venti e Trenta (con esempi anche anteriori: il primo studio fotografico della Bolivia fu fondato a La Paz nel 1907 dall’italiano Gismondi), in parte agli anni Cinquanta e Sessanta. Si è perfettamente integrata, collocandosi nel quadro di una media borghesia imprenditoriale ed intellettuale. Flussi più recenti sono rappresentati da missionari (alcune centinaia, soprattutto a Cochabamba), volontari e tecnici della cooperazione. In generale, la nostra comunità ha un grado di istruzione medio, soprattutto per quel che riguarda la vecchia generazione; i connazionali giunti in Bolivia negli ultimi anni, soprattutto a seguito degli investimenti della Telecom Italia e della ditta Astaldi, posseggono invece un elevato livello di formazione: si tratta di tecnici o giovani laureati che restano nel Paese per un periodo di due o tre anni, per poi essere sostituiti.
Storicamente l’influenza italiana è perfino maggiore della relativamente ridotta presenza: il primo grande pittore boliviano fu il religioso italiano Vitti, il fondatore della scuola di musica barocca meticcia della Chiquitanía fu Domenico Zipoli, Cambiasso e altri architetti hanno realizzato le principali chiese e strutture civili e religiose del Paese, l’inno nazionale fu musicato nel XIX secolo dal romano Benedetto Vincenti.
In occasione delle elezioni politiche dell’aprile 2006, si e’ riscontrata una buona partecipazione al voto con una percentuale del 47,16% di buste restituite rispetto ai plichi inviati.
Comunità boliviana in Italia
La comunità boliviana legalmente soggiornante nel nostro Paese ammonta, in base ai dati forniti dal Ministero dell’Interno, conta oltre 3.300 persone. Indicazioni dell’Ambasciata di Bolivia a Roma fanno tuttavia stato di un numero di circa 30.000 boliviani. E’ stato aperto a marzo un consolato onorario a Bergamo dove risiederebbero circa 15.000 dei 30.000 boliviani presenti, legalmente o illegalmente, nel nostro Paese. In prospettiva sembra che la Bolivia sia intenzionata ad aprire un consolato (di carriera) a Milano.
Il numero dei boliviani rintracciati sul territorio italiano in posizione irregolare nell’ultimo triennio risulta modesto: 389 nel 2006, 110 nei primi tre mesi del 2007. Al 31 dicembre 2006 risultavano detenuti in Italia 23 cittadini boliviani, tra cui 9 donne.La Bolivia non costituisce, comunque, territorio di origine o di passaggio di rilevanti flussi di immigrati clandestini verso l’Europa. Pertanto fino ad oggi non si è ravvisata, né da parte dell’Italia né da parte dell’Unione Europea, la necessità di avviare negoziati finalizzati alla conclusione di un Accordo di riammissione..
In relazione alla possibilità di concludere un Accordo bilaterale in materia migratoria, sentiti i Ministeri dell’Interno e della Solidarietà Sociale, si evidenzia come l’attuale politica italiana in materia sia volta ad agevolare l’ingresso legale dei lavoratori stranieri sul nostro territorio e non prevede la possibilità di intese con gli Stati di origine dei flussi migratori, in vista della regolarizzazione dei loro concittadini irregolarmente presenti in Italia.
In proposito è comunque significativo il fatto che l’anno scorso, a fronte di un eccesso di domande di ingresso per lavoro non stagionale presentate da cittadini stranieri, rispetto alle quote stabilite con un primo decreto flussi, si è proceduto ad emanarne un secondo, che permettesse l’assorbimento del predetto esubero. In tale contesto 1.541 cittadini boliviani hanno fatto domanda di ingresso per lavoro in Italia e hanno buone possibilità di vederla accettata.
Solitamente, inoltre, gli accordi di regolamentazione e gestione dei flussi migratori per ragioni di lavoro vengono sottoscritti con Paesi a forte pressione migratoria verso l’Italia, il cui impegno a collaborare nella lotta all’immigrazione clandestina sia stabile e comprovato. Per quanto riguarda la Bolivia, non sembrano verificarsi le condizioni di cui sopra.
Tuttavia, La Bolivia ha manifestato interesse per la conclusione con Italia e Spagna di un accordo bilaterale in tema di flussi migratori. Da parte italiana è stato fatto presente che prima di stabilire quote preferenziali è necessario concludere un accordo di riammissione, inteso come strumento volto a contrastare nuovi flussi di immigrazione illegale.
· Introduzione del visto per i boliviani che intendono viaggiare verso un Paese dell’area Schengen
1. La proposta di introdurre il visto per i boliviani è stata avanzata dalla Francia nel 2004 a causa di un‘intensa e persistente pressione migratoria di cittadini boliviani registratasi in tale paese ed in Spagna.
Tale fenomeno, secondo le valutazioni francesi sarebbe stato indice di una situazione di particolare gravità, riconducibile a quelle contemplate nell’art.64.2 del Trattato dell’Unione (rischio migratorio, falsificazione documentale, esistenza di organizzazioni criminali nei paesi di destinazione etc.) e come tali sufficienti all’introduzione dell’obbligo di visto a carico dei cittadini del paese in cui tali condizioni si verificano.
2. La Commissione Europea aveva respinto la richiesta francese di ricorrere alla clausola di salvaguardia di cui al citato art.64,2, rilevando che non sussistevano le condizioni per applicarla.
3. Successivamente, nel quadro della periodica revisione delle liste dei Paesi terzi inclusi negli allegati I e II del Reg. 539/2001, la Francia ha nuovamente avanzato la proposta di introduzione dell’obbligo di visto per i boliviani, con argomentazioni e dati, che hanno poi indotto la Commissione Europea a recepirla. Sulla base di aspetti connessi essenzialmente alle tendenze migratorie, tale proposta ha avuto poi il sostegno della Spagna e della Germania, cui si sono allineati anche altri Paesi membri.
4. La posizione italiana in proposito è da tempo nota. Fin dal 2004, allorché la Francia propose di introdurre l’obbligo di visto per i boliviani, la Delegazione italiana al Gruppo Visti, d’intesa con la Direzione Generale per le Americhe, e sulla base dei pareri forniti anche dal Ministero dell’Interno- sostanziale assenza del rischio migratorio e della falsificazione documentale, inesistenza di organizzazioni criminali boliviane sul territorio italiano- aveva assunto una posizione contraria all’inserimento della Bolivia nella lista di cui all’All.1 del Reg.(CE) 539/2001.L’orientamento italiano era maturato anche alla luce dell’attuale fase politica interna della Bolivia, sia in considerazione degli equilibri internazionali.
Tuttavia, dato il forte sostegno della Commissione, favorevole all’introduzione dell’obbligo di visto per i boliviani, anche in considerazione del consistente flusso migratorio boliviano che ha interessato la Spagna negli ultimi anni, la nostra posizione si è successivamente allineata all’orientamento manifestato dalla Commissione e dalla maggioranza dei Paesi membri, privilegiando il principio della solidarietà comunitaria, pur a fronte di notevoli perplessità politiche sul merito della questione.
5. Con l’adozione da parte del Consiglio dell’Unione Europea della proposta di regolamento di modifica al regolamento CE n.359/2001, la Bolivia, a partire dal 1 aprile 2007, inclusa nell’elenco dei Paesi Terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri anche per soggiorni di breve durata.
6. A fronte dell’introduzione dell’obbligo di visto per i cittadini boliviani vi è stato un aumento delle richieste di visto presso la nostra Ambasciata a La Paz , che ha già segnalato l’inadeguatezza della propria struttura a far fronte all’atteso incremento.
Si prevede un flusso giornaliero di 30-50 richieste di visto.
Nel 2006, la Bolivia si è collocata al 115° posto nella classifica relativa all’indice di sviluppo umano redatta dall’UNDP[16].
La Bolivia è Paese prioritario per la nostra cooperazione allo sviluppo nel continente. Progetti e programmi per decine di milioni di euro sono attivi nel Paese. A Misicuni, dopo la realizzazione del tunnel, l’Italia ha finanziato la costruzione di una diga che dovrà fornire di acqua potabile un milione di abitanti a Cochabamba e dintorni. La relativa gara d’appalto, andata deserta una volta, sta per essere riproposta (40 milioni di euro, di cui 15 per il tunnel già realizzato e 25 per la diga). A giorni sarà lanciata anche la licitazione per la realizzazione del tratto Toledo-Ancaravi della strada Oruro-Pisiga (18,2 milioni di euro). La nostra cooperazione garantisce tutto il sistema socio-sanitario del Dipartimento di Potosí (4,7 milioni di euro) e il sostegno alle defensorías dell’infanzia e dell’adolescenza in tutto il Paese, con un progetto pilota a El Alto, congiuntamente con l’UNICEF e con un consorzio di nostre ONG (1,8 milioni di euro). A inizio 2007 abbiamo fornito il primo e più consistente aiuto di emergenza per le inondazioni delle regioni tropicali, che sarà ora raddoppiato con una nuova fornitura alimentare (in totale, quasi 3 milioni). Un primo progetto di prevenzione dei disastri è stato finanziato dal nostro Ministero attraverso la FAO (quasi 1 milione di euro) e sarà presto accompagnato da un intervento diretto in tutto il Paese (8 milioni di euro).
Attraverso il BID abbiamo finanziato il restauro della Chiesa di San Francisco, la più importante de La Paz, e vi è un forte interesse dello stesso BID e della CAF ad impostare nuovi interventi sulla base dei trust fund italiani. Sta per iniziare infine un ambizioso programma ART (sviluppo umano a livello locale e sostegno al coinvolgimento delle comunità locali in attività economiche e nella gestione del territorio) finanziato dall’Italia insieme all’UNDP.
Numerosi sono i progetti finanziati realizzati dalle ONG o dalla cooperazione decentrata, per un valore di decine di milioni di euro nei settori della sicurezza alimentare, dell’agricoltura, delle risorse idriche, della sanità.
Fonte ISTAT milioni di EURO
|
Genn.– Giug. 2006 |
Genn.– Giug. 2007 |
Variaz. % periodo |
Export |
9,7 |
11,1 |
14,4% |
Import |
12,8 |
15,0 |
17,2% |
Saldo |
- 3,1 |
- 3,9 |
|
Interscambio |
22,5 |
26,1 |
16,0% |
Fonte: ISTAT milioni di EURO
PRINCIPALI ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI ITALIANE |
|
ESPORTAZIONI |
IMPORTAZIONI |
Macchine per impieghi speciali |
Cuoio |
Macchine ed apparecchi per produzione e impiego di energia meccanica |
Articoli di abbigliamento in tessuto ed accessori |
Apparecchi riceventi per la radiodiffusione e la televisione |
Legno e prodotti in legno (escluso mobili) |
Altre macchine ad impiego generale |
Prodotti grezzi di cave e miniere |
Fonte: ICE |
INCIDENZA INTERSCAMBIO SUL COMMERCIO ESTERO ITALIANO (2006) |
|
Esportazioni verso Bolivia sul totale delle esportazioni italiane |
0,0034% |
Importazioni da Bolivia sul totale delle importazioni italiane |
0,0043% |
QUOTE DI MERCATO 2006 |
|||
PRINCIPALI FORNITORI |
% su import |
PRINCIPALI ACQUIRENTI |
% su export |
1. Brasile |
24,65 |
1. Brasile |
42,73 |
2. Argentina |
18,75 |
2. Stati Uniti d'America |
11,98 |
3. Cile |
12,23 |
3. Argentina |
10,59 |
4. Stati Uniti d'America |
9,20 |
4. Colombia |
7,51 |
5. Perù |
7,30 |
5. Giappone |
6,08 |
6. Colombia |
2,76 |
6. Perù |
4,68 |
7. Germania |
2,76 |
7. Cile |
1,85 |
8. Cina |
2,48 |
8. Cina |
1,50 |
9. Messico |
2,45 |
9. Canada |
1,39 |
10.Venezuela |
1,90 |
10.Corea del Sud |
1,33 |
11.Giappone |
1,71 |
11.Paesi Bassi |
1,33 |
12.Paraguay |
1,24 |
12.Messico |
1,29 |
13.Spagna |
1,08 |
13.Italia |
1,08 |
14.Italia |
1,01 |
14. |
|
Fonte: ICE |
INVESTIMENTI E DISINVESTIMENTI DIRETTI ITALIANI |
|||
anno |
investimenti |
disinvestimenti |
saldo |
2001 |
842 |
n.d. |
|
2002 |
756 |
335 |
+ 507 |
2003 |
987 |
516 |
+ 471 |
2004 |
784 |
548 |
+ 236 |
2005 |
734 |
711 |
+ 23 |
Fonte UIC – valori in migliaia di euro |
SACE (agg. Set .06 - in milioni di EURO ) |
||
Categoria di rischio |
7^, classe C, sospensiva |
|
Impegni in essere |
--- |
|
Indennizzi erogati da recuperare |
--- |
|
Sinistri in essere |
--- |
|
Esposizione complessiva |
-- |
|
Fonte SACE |
SITUAZIONE DEBITORIA BILATERALE
|
|
Ultima intesa Club di Parigi |
Il Governo boliviano ha fatto ricorso 8 volte al Club di Parigi, l'ultima il 10.07.2001. Quest'ultima volta riguarda la cancellazione finale del debito Boliviano nel quadro dell'Iniziatica HIPC rafforzata |
Ultimo Accordo Bilaterale |
Firmato in data 3 giugno 2002. Con esso si è cancellato il 100% del debito estero boliviano, pari a circa |
Debito attuale |
Il debito nei confronti dell’Italia è di circa 24,09 milioni di USD, di cui 3,35 (pari a 2,84 milioni di Euro) per indennizzi da recuperare da parte SACE e 10,74 milioni per crediti d’aiuto successivi al 20.06.1999 che dovranno essere rimborsati alla loro scadenza. |
Fonte SACE |
3. Rapporti parlamentari
RAPPORTI PARLAMENTARI
ITALIA-BOLIVIA
Incontri del Presidente
|
Il 21 dicembre 2007, il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti,ha ricevuto la visita dell’ambasciatore della Bolivia a Roma, Steban Elmer Catarina Ma mani. Durante il colloquio l’ambasciatore si è soffermato sul recente processo costituzionale boliviano ed ha chiesto al Presidente Bertinotti il sostegno del Parlamento italiano a favore di una “Dichiarazione internazionale” di appoggio alla democrazia in Bolivia. Il Presidente Bertinotti, riferendosi al suo prossimo viaggio in America latina previsto per l’inizio di gennaio, ha sottolineato che è volto a favorire un migliore rapporto tra l’Europa e l’America latina, nonché a conoscere meglio e a facilitare la soluzione della questione indigene, infatti il tema della coesistenza di etnie diverse è un problema generale che riguarda tutti i Paesi. L’ambasciatore boliviano ha ricordato che la Bolivia è il primo Paese che ha elevato a legge la dichiarazione dei popoli indigeni ed ha annunciato anche la visita in Bolivia, sempre nel mese di gennaio, di una delegazione italiana, guidata da tre senatori.
Il Presidente Bertinotti ha incontrato a Roma, il 29 ottobre 2007, il Presidente della Repubblica di Bolivia, Evo Morales, in Italia per una visita ufficiale.
I principali temi trattati nell’incontro sono stati: rapporti cooperazione bilaterali, diritti umani e questione indigena. Il Presidente della Camera ha evidenziato la collaborazione e la crescente attenzione che l’Italia e l’Europa dedicano ai Paesi latino-americani. Morales ha a sua volta evidenziato come la Bolivia, Paese dalle grandi potenziali economiche, sia affetta da un grave squilibrio sociale, squilibrio che il Governo in carica ha intenzione di contrastare con il massimo impegno.
Il 4 marzo 2007, il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha ricevuto il Presidente dell'Assemblea nazionale della Bolivia, Edmundo Novello Aguilar.
Durante l’incontro, il Presidente boliviano ha sottolineato l’importanza di approfondire la cooperazione parlamentare, ricordando come esperienza estremamente positiva il seminario di studio, organizzato nel 2005 dalla Camera dei deputati, per una delegazione di parlamentari boliviani, relativo ai rapporti tra Stato e autonomie e a cui aveva partecipato. Il Presidente Bertinotti ha convenuto sul fatto che la nuova esperienza politica che attraversa i Paesi dell’America latina richiede nuove forme di cooperazione tra i Parlamenti. In relazione ai lavori dell’Assemblea costituente, il Presidente Aguilar ha affermato che si tratta di un progetto per disegnare globalmente un nuovo Paese, capace di dare vera rappresentanza alle componenti indigene, che non hanno mai avuto una reale possibilità di partecipare al processo politico. Il Presidente Aguilar, dopo aver invitato il Presidente Bertinotti a visitare la Bolivia, ha auspicato la creazione di un Gruppo parlamentare di collaborazione.
Conferenze ed incontri internazionali
Conferenza su Il ruolo dei parlamenti nella promozione di politiche per lo sviluppo della società dell’informazione
Una delegazione boliviana, costituita dal Presidente dell'Assemblea nazionale della Bolivia, Edmundo Novello Aguilar, e dall’on. Iván Jorge Canelas Alurralde ha partecipato alla Conferenza sul "Ruolo dei Parlamenti nella promozione di politiche strategiche per lo sviluppo della società dell'informazione", che si è tenuta alla Camera dei deputati, il 3 e 4 marzo 2007.
Unione Interparlamentare (UIP)
Nell’ambito dell’Unione Interparlamentare opera la sezione di amicizia Italia-America Meridionale (Bolivia, Ecuador, Perù, Paraguay, Uruguay), la cui Presidenza, per la parte italiana, è stata affidata al Sen. Francesco D’ONOFRIO (UDC). Ne fanno parte altresì gli onn. Dario RIVOLTA (FI), Andrea MARTELLA (Ulivo), Mariza BAFILE (Ulivo), Ramon MANTOVANI (Rifondazione comunista), Ricardo MERLO (Misto).
Si segnala, inoltre, che è stata comunicata da parte boliviana la costituzione, il 7 giugno 2007, della parte boliviana della sezione di amicizia Bolivia-Italia (Liga Parlamentaria Boliviano-Italiana), della quale fanno parte i deputati Sandra Yaez Eid (Podemos) e Gustavo Ugarte Ruíz (MNR) oltre alla senatrice Marìa Esther Udaeta (MAS). Il Gruppo è presiedutao dall’italo-boliviano Alejandro Colanzi Zeballos (Unidad National).
Il neocostituito Gruppo di amicizia ha incontrato il Sottosegretario Di Santo nel corso della visita di quest’ultimo a La Paz il 16-18 giugno 2007. Nel colloquio si è espresso l’auspicio che possano essere intensificati i rapporti tra la Liga e le analoghe strutture del Parlamento italiano, anche nel quadro delle attività dell’Unione interparlamentare.
Il Seminario italo-boliviano
Roma, 26-28 ottobre 2005
Si segnala che nella XIV legislatura si è tenuto, dal 26 al 28 ottobre 2005, presso la Camera dei Deputati, un Seminario di studio per una delegazione di parlamentari della Bolivia sul tema: “I rapporti tra Stato e Autonomie in Italia e in Bolivia” al quale parteciparono parlamentari italiani e 14 parlamentari boliviani[17].
Atti di controllo e di indirizzo
Si segnala l’interrogazione a risposta scritta 4/03429, presentata dall’on. Pedrini (Italia dei Valori), il 24/4/2007, nella seduta 149, relativa alla questione degli investimenti Telecom Italia in Bolivia, a cui ha risposto per il Governo il sottosegretario di Stato con delega agli Esteri, Di Santo, il 10 settembre 2007.
Inoltre, sempre sul medesimo argomento, è stata presentata, in data 9 maggio 2007, l’interrogazione a risposta orale dall’on. Tassone (UDC), il cui iter è ancora in corso.
4. La dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni
LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEI POPOLI INDIGENI
Il 13 settembre 2007, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione dei Diritti delle Popolazioni Indigene, uno strumento internazionale i cui negoziati sono durati circa vent’anni e che proteggeranno circa 370 milioni di persone appartenenti a comunità indigene in tutto il mondo.
Il testo è stato approvato con 143 voti a favore e 4 contrari – Canadà, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia – e 11 astenuti.
La Dichiarazione, di 46 articoli, stabilisce parametri minimi di rispetto dei diritti dei popoli indigeni che includono proprietà della terra, accesso alle risorse naturali dei territori dove risiedono, rispetto e tutela delle proprie tradizioni e autodeterminazione. Il documento riconosce altresì i diritti individuali, collettivi relativi all’istruzione, alla salute e al lavoro.
Uno dei punti più importanti del testo fa riferimento al legame degli indigeni alla terra; diversi articoli menzionano il diritto al suo possesso, al suo utilizzo e sviluppo. In questo senso prevede che gli Stati assicurino il riconoscimento e la protezione giuridica di quelle terre, territori e ricchezze e non procedano a nessuna modifica senza il “consenso libero, previo e informato delle popolazioni indigene interessate, né senza un accordo previo su un indennizzo giusto ed equo.
Il testo sottolinea inoltre l’importanza dell’educazione bilingue e fa riferimento all’implementazione di misure speciali per assicurare il miglioramento continuo delle condizioni economiche e sociali, in particolare, degli anziani, delle donne e dei minori.
La Dichiarazione non è giuridicamente vincolante ma rappresenta uno strumento dinamico nelle norme internazionali che aiuteranno a proteggere le popolazioni indigene contro le discriminazioni e l’emarginazione.
Il Governo boliviano di Evo Morales è stato il primo ad adottare la Dichiarazione dell’ONU sui diritti dei popoli indigeni come legge interna del Paese. In occasione della visita in Bolivia il relatore speciale dell’ONU per i diritti umani dei popoli indigeni, Rodolfo Stavenhagen, il 7 dicembre 2007, ha espresso preoccupazione per la discriminazione di cui sono vittime le donne indigene e per il richiamo all’odio contro queste comunità che viene sollevato da alcuni partiti politici che incitano alla violenza contro queste comunità etniche. Stavenhagen ha anche espresso costernazione per le espressioni contro gli indigeni usate dai mezzi d’informazione e per la condizione di servitù in cui sono costretti a vivere alcune comunità guaranìes, in conseguenza dell’esproprio dei loro territori.
Bolivia: il ruolo delle comunità indigene
Dati demografico-sociali[18]
La Bolivia è, tra tutti i Paesi dell’America Latina, quello con la percentuale più alta di popolazione indigena: durante il censimento ufficiale effettuato nel 2001, in risposta ad una specifica domanda, circa il 62% della popolazione si è dichiarato indigeno e appartenente ad uno dei 36 popoli originari. L’Instituto Nacional de Estadistica fornisce i seguenti dati per le principali etnie:
etnia |
Popolazione |
Dipartimenti |
Quechua |
2.281.198 |
La Paz, Oruro, Potosí, Chuquisaca, Cochabamba |
Aymara |
1.525.321 |
La Paz, Oruro |
Guaraní |
62.575 |
Santa Cruz |
Chiquitani |
61.250 |
Santa Cruz |
Moxeñi |
4.228 |
Beni, Pando |
In termini assoluti, circa 4.133.000 boliviani dichiarano la propria appartenenza ad un’etnia indigena. Di seguito la divisione per dipartimento:
Dipartimento |
Pop. Totale |
Pop. indigena |
La Paz |
2.350.466 |
1.402.184 |
Chuquisaca (Sucre) |
531.522 |
345.010 |
Cochabamba |
1.455.711 |
999.963 |
Oruro |
391.870 |
238.829 |
Potosí |
709.013 |
572.592 |
Tarija |
391.226 |
69.936 |
Santa Cruz |
2.029.471 |
447.955 |
Beni |
362.521 |
50.630 |
Pando |
52.525 |
6.039 |
totale |
8.274.325 |
4.133.138 |
Le comunità indigene secondo la nuova Costituzione
Uno degli impegni prioritari del Presidente Evo Morales è quello di dare maggiore dignità e maggiore potere alle comunità indigene presenti nel Paese. Per attuare ciò, nell’agosto 2006 un’Assemblea Costituente, democraticamente eletta, è stata incaricata di redigere un nuovo testo costituzionale. Il progetto di nuova Costituzione è stato infine approvato lo scorso 10 dicembre dall’Assemblea Costituente. Per entrare in vigore, il testo dovrà essere sottoposto ad un Referendum confermativo.
Il progetto di nuova Costituzione prevede che la Bolivia si costituisca in uno Stato Unico Plurinazionale Comunitario Sociale di Diritto, libero, decentrato, federalistico, indipendente, sovrano, democratico ed interculturale. Il suo fondamento è il pluralismo politico, economico, giuridico, culturale e linguistico, nel quadro del processo di integrazione del Paese.
I diritti degli indigeni ricevono speciale attenzione. Tra i principi salvaguardati dalla nuova Costituzione vi sono: la titolarità collettiva delle terre e territori, l’amministrazione diretta e partecipativa, la giustizia comunitaria (che seguirà norme e procedure proprie di ogni popolo indigeno originario), il rispetto della medicina tradizionale, la salvaguardia delle lingue indigene e delle tradizioni folkloriche e religiose per quanto riguarda i popoli indigeni.
Tra i punti più qualificanti (ma anche controversi) del progetto costituzionale, vi sono quello sulla divisione amministrativa dello Stato e quello sulla cosiddetta “giustizia comunitaria”. Secondo il primo aspetto, il territorio boliviano verrà suddiviso amministrativamente in Dipartimenti, Province, Comuni e comunità indigene, intese queste ultime non come sottodivisioni rispetto alle municipalità ma come zone tradizionali giuridicamente a se stanti e dotate di proprio autogoverno. Secondo il secondo aspetto, si prevede la speciale tutela delle norme ancestrali afferenti alla giustizia tradizionale indigena. Come tale, detta normativa comunitaria esisterà in parallelo con il complesso di norme e disposizioni di giustizia ordinaria.
Resolución aprobada por la Asamblea General, 13 de septiembre de 2007
La Asamblea General
Guiada por los propósitos y principios de la Carta de las Naciones Unidas y la buena fe en el cumplimiento de las obligaciones contraídas por los Estados de conformidad con la Carta,
Afirmando que los pueblos indígenas son iguales a todos los demás pueblos y reconociendo al mismo tiempo el derecho de todos los pueblos a ser diferentes, a considerarse a sí mismos diferentes y a ser respetados como tales,
Afirmando también que todos los pueblos contribuyen a la diversidad y riqueza de las civilizaciones y culturas, que constituyen el patrimonio común de la humanidad,
Afirmando además que todas las doctrinas, políticas y prácticas basadas en la superioridad de determinados pueblos o personas o que la propugnan aduciendo razones de origen nacional o diferencias raciales, religiosas, étnicas o culturales son racistas, científicamente falsas, jurídicamente inválidas, moralmente condenables y socialmente injustas,
Reafirmando que, en el ejercicio de sus derechos, los pueblos indígenas deben estar libres de toda forma de discriminación,
Preocupada por el hecho de que los pueblos indígenas hayan sufrido injusticias históricas como resultado, entre otras cosas, de la colonización y enajenación de sus tierras, territorios y recursos, lo que les ha impedido ejercer, en particular, su derecho al desarrollo de conformidad con sus propias necesidades e intereses,
Consciente de la urgente necesidad de respetar y promover los derechos intrínsecos de los pueblos indígenas, que derivan de sus estructuras políticas, económicas y sociales y de sus culturas, de sus tradiciones espirituales, de su historia y de su filosofía, especialmente los derechos a sus tierras, territorios y recursos,
Consciente también de la urgente necesidad de respetar y promover los derechos de los pueblos indígenas afirmados en tratados, acuerdos y otros arreglos constructivos con los Estados,
Celebrando que los pueblos indígenas se estén organizando para promover su desarrollo político, económico, social y cultural y para poner fin a todas las formas de discriminación y opresión dondequiera que ocurran,
Convencida de que el control por los pueblos indígenas de los acontecimientos que los afecten a ellos y a sus tierras, territorios y recursos les permitirá mantener y reforzar sus instituciones, culturas y tradiciones y promover su desarrollo de acuerdo con sus aspiraciones y necesidades,
Considerando que el respeto de los conocimientos, las culturas y las prácticas tradicionales indígenas contribuye al desarrollo sostenible y equitativo y a la ordenación adecuada del medio ambiente,
Destacando la contribución de la desmilitarización de las tierras y territorios de los pueblos indígenas a la paz, el progreso y el desarrollo económicos y sociales, la comprensión y las relaciones de amistad entre las naciones y los pueblos del mundo,
Reconociendo en particular el derecho de las familias y comunidades indígenas a seguir compartiendo la responsabilidad por la crianza, la formación, la educación y el bienestar de sus hijos, en observancia de los derechos del niño,
Considerando que los derechos afirmados en los tratados, acuerdos y otros arreglos constructivos entre los Estados y los pueblos indígenas son, en algunas situaciones, asuntos de preocupación, interés y responsabilidad internacional, y tienen carácter internacional,
Considerando también que los tratados, acuerdos y demás arreglos constructivos, y las relaciones que éstos representan, sirven de base para el fortalecimiento de la asociación entre los pueblos indígenas y los Estados,
Reconociendo que la Carta de las Naciones Unidas, el Pacto Internacional de Derechos Económicos, Sociales y Culturales y el Pacto Internacional de Derechos Civiles y Políticos(2), así como la Declaración y el Programa de Acción de Viena(3) afirman la importancia fundamental del derecho de todos los pueblos a la libre determinación, en virtud del cual éstos determinan libremente su condición política y persiguen libremente su desarrollo económico, social y cultural,
Teniendo presente que nada de lo contenido en la presente Declaración podrá utilizarse para negar a ningún pueblo su derecho a la libre determinación, ejercido de conformidad con el derecho internacional,
Convencida de que el reconocimiento de los derechos de los pueblos indígenas en la presente Declaración fomentará relaciones armoniosas y de cooperación entre los Estados y los pueblos indígenas, basadas en los principios de la justicia, la democracia, el respeto de los derechos humanos, la no discriminación y la buena fe,
Alentando a los Estados a que cumplan y apliquen eficazmente todas sus obligaciones para con los pueblos indígenas dimanantes de los instrumentos internacionales, en particular las relativas a los derechos humanos, en consulta y cooperación con los pueblos interesados,
Subrayando que corresponde a las Naciones Unidas desempeñar un papel importante y continuo de promoción y protección de los derechos de los pueblos indígenas,
Considerando que la presente Declaración constituye un nuevo paso importante hacia el reconocimiento, la promoción y la protección de los derechos y las libertades de los pueblos indígenas y en el desarrollo de actividades pertinentes del sistema de las Naciones Unidas en esta esfera,
Reconociendo y reafirmando que las personas indígenas tienen derecho sin discriminación a todos los derechos humanos reconocidos en el derecho internacional, y que los pueblos indígenas poseen derechos colectivos que son indispensables para su existencia, bienestar y desarrollo integral como pueblos,
Reconociendo que la situación de los pueblos indígenas varía según las regiones y los países y que se debe tener en cuenta la significación de las particularidades nacionales y regionales y de las diversas tradiciones históricas y culturales,
Proclama solemnemente la Declaración de las Naciones Unidas sobre los derechos de los pueblos indígenas, cuyo texto figura a continuación, como ideal común que debe perseguirse en un espíritu de solidaridad y respeto mutuo:
Artículo 1
Los indígenas tienen derecho, como pueblos o como personas, al disfrute pleno de todos los derechos humanos y las libertades fundamentales reconocidos por la Carta de las Naciones Unidas, la Declaración Universal de Derechos Humanos(4) y la normativa internacional de los derechos humanos.
Artículo 2
Los pueblos y las personas indígenas son libres e iguales a todos los demás pueblos y personas y tienen derecho a no ser objeto de ningún tipo de discriminación en el ejercicio de sus derechos, en particular la fundada en su origen o identidad indígenas.
Artículo 3
Los pueblos indígenas tienen derecho a la libre determinación. En virtud de ese derecho determinan libremente su condición política y persiguen libremente su desarrollo económico, social y cultural.
Artículo 4
Los pueblos indígenas, en ejercicio de su derecho de libre determinación, tienen derecho a la autonomía o al autogobierno en las cuestiones relacionadas con sus asuntos internos y locales, así como a disponer de los medios para financiar sus funciones autónomas.
Artículo 5
Los pueblos indígenas tienen derecho a conservar y reforzar sus propias instituciones políticas, jurídicas, económicas, sociales y culturales, manteniendo a la vez su derecho a participar plenamente, si lo desean, en la vida política, económica, social y cultural del Estado.
Artículo 6
Toda persona indígena tiene derecho a una nacionalidad.
Artículo 7
1. Las personas indígenas tienen derecho a la vida, la integridad física y mental, la libertad y la seguridad de la persona.
2. Los pueblos indígenas tienen el derecho colectivo de vivir en libertad, paz y seguridad como pueblos distintos y no serán sometidos a ningún acto de genocidio ni a ningún otro acto de violencia, incluido el traslado forzado de niños del grupo a otro grupo.
Artículo 8
1. Los pueblos y las personas indígenas tienen derecho a no sufrir la asimilación forzada o la destrucción de su cultura.
2. Los Estados establecerán mecanismos eficaces para la prevención y el resarcimiento de:
a) Todo acto que tenga por objeto o consecuencia privar a los pueblos y las personas indígenas de su integridad como pueblos distintos o de sus valores culturales o su identidad étnica;
b) Todo acto que tenga por objeto o consecuencia enajenarles sus tierras, territorios o recursos;
c) Toda forma de traslado forzado de población que tenga por objeto o consecuencia la violación o el menoscabo de cualquiera de sus derechos;
d) Toda forma de asimilación o integración forzada;
e) Toda forma de propaganda que tenga como fin promover o incitar a la discriminación racial o étnica dirigida contra ellos.
Artículo 9
Los pueblos y las personas indígenas tienen derecho a pertenecer a una comunidad o nación indígena, de conformidad con las tradiciones y costumbres de la comunidad o nación de que se trate. No puede resultar ninguna discriminación de ningún tipo del ejercicio de ese derecho.
Artículo 10
Los pueblos indígenas no serán desplazados por la fuerza de sus tierras o territorios. No se procederá a ningún traslado sin el consentimiento libre, previo e informado de los pueblos indígenas interesados, ni sin un acuerdo previo sobre una indemnización justa y equitativa y, siempre que sea posible, la opción del regreso.
Artículo 11
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a practicar y revitalizar sus tradiciones y costumbres culturales. Ello incluye el derecho a mantener, proteger y desarrollar las manifestaciones pasadas, presentes y futuras de sus culturas, como lugares arqueológicos e históricos, utensilios, diseños, ceremonias, tecnologías, artes visuales e interpretativas y literaturas.
2. Los Estados proporcionarán reparación por medio de mecanismos eficaces, que podrán incluir la restitución, establecidos conjuntamente con los pueblos indígenas, respecto de los bienes culturales, intelectuales, religiosos y espirituales de que hayan sido privados sin su consentimiento libre, previo e informado o en violación de sus leyes, tradiciones y costumbres.
Artículo 12
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a manifestar, practicar, desarrollar y enseñar sus tradiciones, costumbres y ceremonias espirituales y religiosas; a mantener y proteger sus lugares religiosos y culturales y a acceder a ellos privadamente; a utilizar y controlar sus objetos de culto, y a obtener la repatriación de sus restos humanos.
2. Los Estados procurarán facilitar el acceso y/o la repatriación de objetos de culto y de restos humanos que posean mediante mecanismos justos, transparentes y eficaces establecidos conjuntamente con los pueblos indígenas interesados.
Artículo 13
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a revitalizar, utilizar, fomentar y transmitir a las generaciones futuras sus historias, idiomas, tradiciones orales, filosofías, sistemas de escritura y literaturas, y a atribuir nombres a sus comunidades, lugares y personas y mantenerlos.
2. Los Estados adoptarán medidas eficaces para garantizar la protección de ese derecho y también para asegurar que los pueblos indígenas puedan entender y hacerse entender en las actuaciones políticas, jurídicas y administrativas, proporcionando para ello, cuando sea necesario, servicios de interpretación u otros medios adecuados.
Artículo 14
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a establecer y controlar sus sistemas e instituciones docentes que impartan educación en sus propios idiomas, en consonancia con sus métodos culturales de enseñanza y aprendizaje.
2. Las personas indígenas, en particular los niños indígenas, tienen derecho a todos los niveles y formas de educación del Estado sin discriminación.
3. Los Estados adoptarán medidas eficaces, junto con los pueblos indígenas, para que las personas indígenas, en particular los niños, incluidos los que viven fuera de sus comunidades, tengan acceso, cuando sea posible, a la educación en su propia cultura y en su propio idioma.
Artículo 15
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a que la dignidad y diversidad de sus culturas, tradiciones, historias y aspiraciones queden debidamente reflejadas en la educación pública y los medios de información públicos.
2. Los Estados adoptarán medidas eficaces, en consulta y cooperación con los pueblos indígenas interesados, para combatir los prejuicios y eliminar la discriminación y promover la tolerancia, la comprensión y las buenas relaciones entre los pueblos indígenas y todos los demás sectores de la sociedad.
Artículo 16
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a establecer sus propios medios de información en sus propios idiomas y a acceder a todos los demás medios de información no indígenas sin discriminación alguna.
2. Los Estados adoptarán medidas eficaces para asegurar que los medios de información públicos reflejen debidamente la diversidad cultural indígena. Los Estados, sin perjuicio de la obligación de asegurar plenamente la libertad de expresión, deberán alentar a los medios de comunicación privados a reflejar debidamente la diversidad cultural indígena.
Artículo 17
1. Las personas y los pueblos indígenas tienen derecho a disfrutar plenamente de todos los derechos establecidos en el derecho laboral internacional y nacional aplicable.
2. Los Estados, en consulta y cooperación con los pueblos indígenas, tomarán medidas específicas para proteger a los niños indígenas contra la explotación económica y contra todo trabajo que pueda resultar peligroso o interferir en la educación del niño, o que pueda ser perjudicial para la salud o el desarrollo físico, mental, espiritual, moral o social del niño, teniendo en cuenta su especial vulnerabilidad y la importancia de la educación para el pleno ejercicio de sus derechos.
3. Las personas indígenas tienen derecho a no ser sometidas a condiciones discriminatorias de trabajo, entre otras cosas, empleo o salario.
Artículo 18
Los pueblos indígenas tienen derecho a participar en la adopción de decisiones en las cuestiones que afecten a sus derechos, por conducto de representantes elegidos por ellos de conformidad con sus propios procedimientos, así como a mantener y desarrollar sus propias instituciones de adopción de decisiones.
Artículo 19
Los Estados celebrarán consultas y cooperarán de buena fe con los pueblos indígenas interesados por medio de sus instituciones representativas antes de adoptar y aplicar medidas legislativas o administrativas que los afecten, a fin de obtener su consentimiento libre, previo e informado.
Artículo 20
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a mantener y desarrollar sus sistemas o instituciones políticos, económicos y sociales, a que se les asegure el disfrute de sus propios medios de subsistencia y desarrollo y a dedicarse libremente a todas sus actividades económicas tradicionales y de otro tipo.
2. Los pueblos indígenas desposeídos de sus medios de subsistencia y desarrollo tienen derecho a una reparación justa y equitativa.
Artículo 21
1. Los pueblos indígenas tienen derecho, sin discriminación alguna, al mejoramiento de sus condiciones económicas y sociales, entre otras esferas, en la educación, el empleo, la capacitación y el readiestramiento profesionales, la vivienda, el saneamiento, la salud y la seguridad social.
2. Los Estados adoptarán medidas eficaces y, cuando proceda, medidas especiales para asegurar el mejoramiento continuo de sus condiciones económicas y sociales. Se prestará particular atención a los derechos y necesidades especiales de los ancianos, las mujeres, los jóvenes, los niños y las personas con discapacidad indígenas.
Artículo 22
1. Se prestará particular atención a los derechos y necesidades especiales de los ancianos, las mujeres, los jóvenes, los niños y las personas con discapacidad indígenas en la aplicación de la presente Declaración.
2. Los Estados adoptarán medidas, junto con los pueblos indígenas, para asegurar que las mujeres y los niños indígenas gocen de protección y garantías plenas contra todas las formas de violencia y discriminación.
Artículo 23
Los pueblos indígenas tienen derecho a determinar y a elaborar prioridades y estrategias para el ejercicio de su derecho al desarrollo. En particular, los pueblos indígenas tienen derecho a participar activamente en la elaboración y determinación de los programas de salud, vivienda y demás programas económicos y sociales que les conciernan y, en lo posible, a administrar esos programas mediante sus propias instituciones.
Artículo 24
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a sus propias medicinas tradicionales y a mantener sus prácticas de salud, incluida la conservación de sus plantas medicinales, animales y minerales de interés vital. Las personas indígenas también tienen derecho de acceso, sin discriminación alguna, a todos los servicios sociales y de salud.
2. Las personas indígenas tienen derecho a disfrutar por igual del nivel más alto posible de salud física y mental. Los Estados tomarán las medidas que sean necesarias para lograr progresivamente la plena realización de este derecho.
Artículo 25
Los pueblos indígenas tienen derecho a mantener y fortalecer su propia relación espiritual con las tierras, territorios, aguas, mares costeros y otros recursos que tradicionalmente han poseído u ocupado y utilizado de otra forma y a asumir las responsabilidades que a ese respecto les incumben para con las generaciones venideras.
Artículo 26
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a las tierras, territorios y recursos que tradicionalmente han poseído, ocupado o de otra forma utilizado o adquirido.
2. Los pueblos indígenas tienen derecho a poseer, utilizar, desarrollar y controlar las tierras, territorios y recursos que poseen en razón de la propiedad tradicional u otra forma tradicional de ocupación o utilización, así como aquellos que hayan adquirido de otra forma.
3. Los Estados asegurarán el reconocimiento y protección jurídicos de esas tierras, territorios y recursos. Dicho reconocimiento respetará debidamente las costumbres, las tradiciones y los sistemas de tenencia de la tierra de los pueblos indígenas de que se trate.
Artículo 27
Los Estados establecerán y aplicarán, conjuntamente con los pueblos indígenas interesados, un proceso equitativo, independiente, imparcial, abierto y transparente, en el que se reconozcan debidamente las leyes, tradiciones, costumbres y sistemas de tenencia de la tierra de los pueblos indígenas, para reconocer y adjudicar los derechos de los pueblos indígenas en relación con sus tierras, territorios y recursos, comprendidos aquellos que tradicionalmente han poseído u ocupado o utilizado de otra forma. Los pueblos indígenas tendrán derecho a participar en este proceso.
Artículo 28
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a la reparación, por medios que pueden incluir la restitución o, cuando ello no sea posible, una indemnización justa, imparcial y equitativa, por las tierras, los territorios y los recursos que tradicionalmente hayan poseído u ocupado o utilizado de otra forma y que hayan sido confiscados, tomados, ocupados, utilizados o dañados sin su consentimiento libre, previo e informado.
2. Salvo que los pueblos interesados hayan convenido libremente en otra cosa, la indemnización consistirá en tierras, territorios y recursos de igual calidad, extensión y condición jurídica o en una indemnización monetaria u otra reparación adecuada.
Artículo 29
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a la conservación y protección del medio ambiente y de la capacidad productiva de sus tierras o territorios y recursos. Los Estados deberán establecer y ejecutar programas de asistencia a los pueblos indígenas para asegurar esa conservación y protección, sin discriminación alguna.
2. Los Estados adoptarán medidas eficaces para garantizar que no se almacenen ni eliminen materiales peligrosos en las tierras o territorios de los pueblos indígenas sin su consentimiento libre, previo e informado.
3. Los Estados también adoptarán medidas eficaces para garantizar, según sea necesario, que se apliquen debidamente programas de control, mantenimiento y restablecimiento de la salud de los pueblos indígenas afectados por esos materiales, programas que serán elaborados y ejecutados por esos pueblos.
Artículo 30
1. No se desarrollarán actividades militares en las tierras o territorios de los pueblos indígenas, a menos que lo justifique una razón de interés público pertinente o que se haya acordado libremente con los pueblos indígenas interesados, o que éstos lo hayan solicitado.
2. Los Estados celebrarán consultas eficaces con los pueblos indígenas interesados, por los procedimientos apropiados y en particular por medio de sus instituciones representativas, antes de utilizar sus tierras o territorios para actividades militares.
Artículo 31
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a mantener, controlar, proteger y desarrollar su patrimonio cultural, sus conocimientos tradicionales, sus expresiones culturales tradicionales y las manifestaciones de sus ciencias, tecnologías y culturas, comprendidos los recursos humanos y genéticos, las semillas, las medicinas, el conocimiento de las propiedades de la fauna y la flora, las tradiciones orales, las literaturas, los diseños, los deportes y juegos tradicionales, y las artes visuales e interpretativas. También tienen derecho a mantener, controlar, proteger y desarrollar su propiedad intelectual de dicho patrimonio cultural, sus conocimientos tradicionales y sus expresiones culturales tradicionales.
2. Conjuntamente con los pueblos indígenas, los Estados adoptarán medidas eficaces para reconocer y proteger el ejercicio de estos derechos.
Artículo 32
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a determinar y elaborar las prioridades y estrategias para el desarrollo o la utilización de sus tierras o territorios y otros recursos.
2. Los Estados celebrarán consultas y cooperarán de buena fe con los pueblos indígenas interesados por conducto de sus propias instituciones representativas a fin de obtener su consentimiento libre e informado antes de aprobar cualquier proyecto que afecte a sus tierras o territorios y otros recursos, particularmente en relación con el desarrollo, la utilización o la explotación de recursos minerales, hídricos o de otro tipo.
3. Los Estados establecerán mecanismos eficaces para la reparación justa y equitativa por esas actividades, y se adoptarán medidas adecuadas para mitigar las consecuencias nocivas de orden ambiental, económico, social, cultural o espiritual.
Artículo 33
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a determinar su propia identidad o pertenencia conforme a sus costumbres y tradiciones. Ello no menoscaba el derecho de las personas indígenas a obtener la ciudadanía de los Estados en que viven.
2. Los pueblos indígenas tienen derecho a determinar las estructuras y a elegir la composición de sus instituciones de conformidad con sus propios procedimientos.
Artículo 34
Los pueblos indígenas tienen derecho a promover, desarrollar y mantener sus estructuras institucionales y sus propias costumbres, espiritualidad, tradiciones, procedimientos, prácticas y, cuando existan, costumbres o sistemas jurídicos, de conformidad con las normas internacionales de derechos humanos.
Artículo 35
Los pueblos indígenas tienen derecho a determinar las responsabilidades de los individuos para con sus comunidades.
Artículo 36
1. Los pueblos indígenas, en particular los que están divididos por fronteras internacionales, tienen derecho a mantener y desarrollar los contactos, las relaciones y la cooperación, incluidas las actividades de carácter espiritual, cultural, político, económico y social, con sus propios miembros así como con otros pueblos a través de las fronteras.
2. Los Estados, en consulta y cooperación con los pueblos indígenas, adoptarán medidas eficaces para facilitar el ejercicio y garantizar la aplicación de este derecho.
Artículo 37
1. Los pueblos indígenas tienen derecho a que los tratados, acuerdos y otros arreglos constructivos concertados con los Estados o sus sucesores sean reconocidos, observados y aplicados y a que los Estados acaten y respeten esos tratados, acuerdos y otros arreglos constructivos.
2. Nada de lo señalado en la presente Declaración se interpretará en el sentido de que menoscaba o suprime los derechos de los pueblos indígenas que figuren en tratados, acuerdos y otros arreglos constructivos.
Artículo 38
Los Estados, en consulta y cooperación con los pueblos indígenas, adoptarán las medidas apropiadas, incluidas medidas legislativas, para alcanzar los fines de la presente Declaración.
Artículo 39
Los pueblos indígenas tienen derecho a la asistencia financiera y técnica de los Estados y por conducto de la cooperación internacional para el disfrute de los derechos enunciados en la presente Declaración.
Artículo 40
Los pueblos indígenas tienen derecho a procedimientos equitativos y justos para el arreglo de controversias con los Estados u otras partes, y a una pronta decisión sobre esas controversias, así como a una reparación efectiva de toda lesión de sus derechos individuales y colectivos. En esas decisiones se tendrán debidamente en consideración las costumbres, las tradiciones, las normas y los sistemas jurídicos de los pueblos indígenas interesados y las normas internacionales de derechos humanos.
Artículo 41
Los órganos y organismos especializados del sistema de las Naciones Unidas y otras organizaciones intergubernamentales contribuirán a la plena realización de las disposiciones de la presente Declaración mediante la movilización, entre otras cosas, de la cooperación financiera y la asistencia técnica. Se establecerán los medios de asegurar la participación de los pueblos indígenas en relación con los asuntos que les conciernan.
Artículo 42
Las Naciones Unidas, sus órganos, incluido el Foro Permanente para las Cuestiones Indígenas, y los organismos especializados, en particular a nivel local, así como los Estados, promoverán el respeto y la plena aplicación de las disposiciones de la presente Declaración y velarán por la eficacia de la presente Declaración.
Artículo 43
Los derechos reconocidos en la presente Declaración constituyen las normas mínimas para la supervivencia, la dignidad y el bienestar de los pueblos indígenas del mundo.
Artículo 44
Todos los derechos y las libertades reconocidos en la presente Declaración se garantizan por igual al hombre y a la mujer indígenas.
Artículo 45
Nada de lo contenido en la presente Declaración se interpretará en el sentido de que menoscaba o suprime los derechos que los pueblos indígenas tienen en la actualidad o puedan adquirir en el futuro.
Artículo 46
1. Nada de lo señalado en la presente Declaración se interpretará en el sentido de que confiere a un Estado, pueblo, grupo o persona derecho alguno a participar en una actividad o realizar un acto contrarios a la Carta de las Naciones Unidas, ni se entenderá en el sentido de que autoriza o fomenta acción alguna encaminada a quebrantar o menoscabar, total o parcialmente, la integridad territorial o la unidad política de Estados soberanos e independientes.
2. En el ejercicio de los derechos enunciados en la presente Declaración, se respetarán los derechos humanos y las libertades fundamentales de todos. El ejercicio de los derechos establecidos en la presente Declaración estará sujeto exclusivamente a las limitaciones determinadas por la ley y con arreglo a las obligaciones internacionales en materia de derechos humanos. Esas limitaciones no serán discriminatorias y serán sólo las estrictamente necesarias para garantizar el reconocimiento y respeto debidos a los derechos y las libertades de los demás y para satisfacer las justas y más apremiantes necesidades de una sociedad democrática.
3. Las disposiciones enunciadas en la presente Declaración se interpretarán con arreglo a los principios de la justicia, la democracia, el respeto de los derechos humanos, la igualdad, la no discriminación, la buena administración pública y la buena fe.
Véase la resolución 2200 A (XXI), anexo.
A/CONF.157/24 (Part I), cap. III.
[1] Il Ministro della Presidenza ha l’incarico di coordinare l’azione dei diversi ministeri, curare le relazioni con il Parlamento e informare i cittadini sull’attività di Governo.
[2]In virtù del meccanismo elettorale, PODEMOS, giunto secondo in tutti i dipartimenti in cui ha primeggiato il MAS, detiene, con 13 scranni, la maggioranza al Senato, ove il MAS ne ha ottenuti solo 12. Netta, invece, la maggioranza del MAS alla Camera Bassa.
[3] Fonte sito Unione Interparlamentare
[4] Anche se sul fronte delle nazionalizzazioni il successo è generalmente accertato, dalla Corte suprema al Tribunale costituzionale si levano crescenti disapprovazioni nei confronti del governo. L'opposizione continua a considerare la nazionalizzazione incostituzionale ed aumentano le dimissioni e le decisioni sfavorevoli. Il 31 luglio è stata approvata la legge 3719 per la nazionalizzazione delle risorse del monte Posokoni, dove si trova il più vasto giacimento di stagno del paese, situato a Huanuni, nel dipartimento di Oruro. Questa iniziativa conclude il processo iniziato con il decreto 28901, siglato dalla sezione esecutiva del governo nell’ottobre 2006, che incorporava la società mineraria di Huanuni nella boliviana COMIBOL. Il decreto, stabiliva che lo sfruttamento del monte Posokoni spettava al legittimo proprietario del giacimento, la COMIBOL, e fu seguito da scontri tra i minatori della cooperativa e quelli statali statali della Huanuni. Sebbene la nuova legge confermi che lo Stato è responsabile dello sfruttamento della miniera, il governo boliviano ha dichiarato che avrebbe provveduto affinché i minatori della cooperativa fossero impiegati in altri progetti di estrazione.
[5] Mentre alcuni membri dell’Assemblea proponevano di definire latifondo una proprietà di estensione pari a 10 mila ettari, altri parlavano invece di 5 mila ettari
[6] Il decreto presidenziale che ha convocato le elezioni per la Costituente, ha imposto che ogni articolo dovesse essere approvato con una maggioranza dei due terzi. Nonostante il governo, senza i voti dell'opposizione, avesse approvato un nuovo regolamento con il quale gli articoli avrebbero potuto essere approvati con la maggioranza semplice, il testo finale dipenderà comunque dall'approvazione dei due terzi. Non raggiungendo questa quota di voti, il testo sarà sottoposto a referendum popolare per dirimere le divergenze.
[7] Nel mese di luglio, 800 indigeni appartenenti a 36 gruppi etnici della Bolivia orientale hanno fatto una marcia di protesta, partendo da Santa Cruz de la Sierra e dirigendosi a Sucre, il centro amministrativo e politico dove si stava riunendo l'Assemblea Costituente. La manifestazione è stata organizzata per rivendicare i loro diritti, richiedere una rappresentanza autonoma al Congresso ed il rispetto della terra in cui vivono gli indigeni delle diverse etnie, nonché il recupero di quelle perdute.
[8]Questo sistema ha fatto sì che nel 1989 venisse eletto un candidato – Jaime Paz Zamora – che era finito terzo nel voto popolare.
[9] La Bolivia è il secondo produttore mondiale di coca, con quasi 25.400 ettari coltivati e circa 90 tonnellate di cocaina prodotte nel 2005. Il trend, in ogni caso, per la prima volta dal 2000, segna un decremento rispettivamente dell’8% e del 16% rispetto al 2004. La legislazione boliviana stabilisce in 12.000 ettari la produzione consentita per gli usi tradizionali e medicinali.
[10] 1 “cato”, pari a circa 1600 mq.
[11] I rapporti commerciali tra UE e Cominità Andina sono attualmente basati sul Sistema delle Preferenze Generalizzate con concessioni supplementari (SPGplus), che assicura, ai Paesi impegnati a rispettare le convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo, sociali, in materia di ambiente e buon governo e di lotta al narcotraffico, l’accesso al mercato europeo in regime di totale esenzione doganale sino al 31 dicembre 2008.
[12] Si prevede, in sostanza, la partecipazione di tutti e quattro i Paesi della CAN ai negoziati, salvo invocare la richiesta di asimmetrie nel processo di liberalizzazione non appena saranno toccati interessi che ciascun Paese, soprattutto la Bolivia, considererà vitali (l'eccezione dovrebbe essere invocata da parte boliviana per proprietà intellettuale e investimenti).
[13] Le trattative dovranno procedere con la contestuale verifica di significativi progressi, da parte dei Paesi andini, in quattro settori specifici: l’adozione di un punto di partenza comune per lo smantellamento tariffario, l’armonizzazione delle procedure doganali, l’ulteriore liberalizzazione dei servizi e l’agevolazione del trasporto stradale transfrontaliero.
[14] L’SPG+ fa parte del più ampio Sistema di Preferenze Generalizzate (SPG), che è stato adottato dal Consiglio dell’UE lo scorso 28 giugno (Reg. 980/05) entrando ufficialmente in vigore dal 1 gennaio 2006.
[15] Le più importanti sono la brasiliana PETROBRAS, la spagnola REPSOL, la francese TOTAL e la britannica BRITISH GAS.
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri.
[16] Ultimo fra i Paesi sudamericani, la Bolivia è preceduta dalla Moldova e seguita dalla Mongolia.
[17] Sen. Gonzalo Chirveches Ledesma Tercer Secretario de Directiva
Sen. José G. Justiniano Sandóval Presidente Comisión RR.EE.
Sen. Hugo Carvajal Donoso Presidente Comisión de Hacienda
Sen. Moira Paz Estenssoro Presidente Comisión de Part.Popular
Sen. Carlos Sandy Antezana Presidente Comité Régimen Electoral
Sen. Huascar Aguilar Jordán Presidente de la Brigada de Pando.
Dip. Norma Cardona Alcócer Tercera Secretaria de Directiva
Dip. Oscar Sandóval Morón Presidente Comisión de Constitución
Dip. Edmundo Novillo Aguilar Vicepresidente Comisión de Constitución
Dip. Iván Morales Nava Secretario Comité de Constitución
Dip. María Teresa Paz Secretaria Comité de Asistencia Social
Dip. Raúl Araoz Velasco Secretario Comité de Justicia
Dip. Erika Brockmann Quiroga Vocal Comité Ministerio Público
Dip. Carlos Sonnesnschein Vocal Comisión de Defensa y FF.AA.
[18]La raccolta di dati demografico-sociali affidabili in merito all’appartenenza etnica è quanto mai ardua. Vi sono infatti forti discrepanze numeriche e percentuali dovute all’oggettiva difficoltà di classificare univocamente l’appartenenza indigena. Lo stesso INE (Instituto Nacional de Estadistica) riporta dati ufficiali chiaramente non congruenti: la percentuale che al censimento del 2001, in risposta ad una specifica domanda, si è dichiarata indigena (62%) non collima con i valori assoluti di popolazione indigena rispetto al totale (4.133.138, ossia circa il 50%) ricavati mediante altro metodo di rilevazione.