Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Norme generali sul sistema d¿istruzione - AC 1278 ed abb.
Riferimenti:
AC n. 1278/XV   AC n. 1299/XV
AC n. 1600/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 126
Data: 20/03/2007
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetto di legge

 

 

 

 

 

 

Norme generali sul sistema d’istruzione

AC 1278 ed abb.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 126

 

 

20 marzo 2007


 

Per l’esame parlamentare degli Atti Camera 1278, 1299, 1600 sono stati predisposti due dossier:

il dossier Progetti di legge n 126 contiene la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa;le schede relative al contenuto delle proposte di legge; un  quadro riepilogativo della normativa vigente; i testi delle proposte di legge;

il dossier n. 126/1 reca la normativa di riferimento e la giurisprudenza costituzionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Cultura

Alla redazione del dossier ha collaborato il Dipartimento Affari sociali

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: CU0074

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  6

§      Contenuto  6

§      Relazioni allegate  8

Elementi per l’istruttoria legislativa  9

§      Necessità dell’intervento con legge  9

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  9

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali10

§      Compatibilità comunitaria  11

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  18

§      Impatto sui destinatari delle norme  19

§      Formulazione del testo  19

Schede di lettura

Il quadro normativo vigente  23

§      La “legge Moratti”23

§      L’attuazione della “legge Moratti”24

§      Scuola dell’infanzia e primo ciclo dell’istruzione  27

§      Secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione  32

§      Educazione degli adulti37

§      Integrazione degli studenti con handicap  38

§      Formazione delle classi41

§      Misure per il diritto allo studio e “buono scuola”41

§      Organi collegiali della scuola  44

§      Obbligo scolastico e accesso al lavoro  47

§      Asili nido  49

Contenuto delle proposte di legge in esame  54

§      La proposta di legge di iniziativa popolare (AC 1600)54

§      La proposta di legge AC 1278  72

§      La proposta di legge AC 1299  75

Progetti di legge

§      A.C. 1278, (on. Garagnani ed altri, Princìpi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo  81

§      A.C. 1299, (on. Diliberto ed altri), Disposizioni concernenti l'obbligatorietà e gratuità dell'istruzione fino a 18 anni di età e altre norme per il potenziamento del sistema scolastico  89

§      A.C. 1600, (d’iniziativa popolare), Norme generali sul sistema educativo d'istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi d'infanzia  99

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1278

Titolo

Principi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Istruzione

Iter al Senato

no

Numero di articoli

5

Date

 

§          presentazione

4 luglio 2006

§          annuncio

4 luglio 2006

§          assegnazione

9 novembre 2006

Commissione competente

VII Cultura

Sede

Referente

Pareri previsti

I, V e Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

 

Numero del progetto di legge

1299

Titolo

Disposizioni concernenti l'obbligatorietà e gratuità dell'istruzione fino a 18 anni di età e altre norme per il potenziamento del sistema scolastico

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Istruzione

Iter al Senato

no

Numero di articoli

8

Date

 

§          presentazione

5 luglio 2006

§          annuncio

5 luglio 2006

§          assegnazione

27 settembre 2006

Commissione competente

VII Cultura

Sede

Referente

Pareri previsti

I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI, XII e Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 

 

 


 

Numero del progetto di legge

1600

Titolo

Norme generali sul sistema educativo d’istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi d’infanzia

Iniziativa

Popolare

Settore d’intervento

Istruzione

Iter al Senato

no

Numero di articoli

29

Date

 

§          presentazione alla Camera

4 agosto 2006

§          annuncio

4 agosto 2006

§          assegnazione

9 ottobre 2006

Commissione competente

VII Cultura

Sede

Referente

Pareri previsti

I, V, VIII, XI, XII, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Le tre proposte di legge in esame recano disposizioni incidenti sul sistema di istruzione.

La proposta di legge AC 1600 di iniziativa popolare[1] reca un intervento organico di riforma del sistema di istruzione.  Le proposte di legge AC 1278 e 1299 presentano un ambito di applicazione più circoscritto, incidente sul diritto allo studio per la pdl AC1278, e l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione fino a 18 anni per la pdl AC 1299.

 

In particolare la proposta di legge A.C. 1600 (di iniziativa popolare)  - che consta di 29 articoli -  reca norme generali sul sistema educativo d’istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore, nonchè la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi di infanzia.

In particolare, il sistema educativo di istruzione risulta articolatonei nidi d'infanzia, nella scuola di base (composta dalla scuola dell'infanzia, della durata di tre anni, dalla scuola elementare, della durata di cinque anni, e dalla scuola media, della durata di tre anni) e nella scuola superiore (articolata in un biennio unitario ed un triennio d'indirizzo). Per l’obbligo scolastico è individuato l’arco temporale che va dal terzo anno della scuola dell’infanzia al compimento del diciottesimo anno d'età:l’assolvimento dell’obbligo si espleta esclusivamente nel sistema dell’istruzione.

La pdl reca poi misure generali volte, da un lato, ad assicurare la continuità dell’apprendimento nei diversi livelli del sistema educativo di istruzione; dall’altro a ridurre i disagi derivanti da vari fattori (handicap, diversità religiosa, linguistica, culturale, di genere). In tale ottica assume rilievo la formazione delle classi per le quali si prescrive in generale che un numero di alunni non superiore a ventidue, salvi particolari deroghe. Si demanda inoltre alle scuole l’individuazione di progetti specifici finalizzati a combattere la dispersione  ed a favorire l’integrazione degli alunni con handicap e degli alunni immigrati; prevedendo altresì che il ministero della pubblica istruzione assicuri a tali progetti adeguato supporto finanziario.

Circa la funzione docente, la proposta di legge ne prevede l’unicità, con esclusione di ogni forma di gerarchia: viene altresì sottolineata l’importanza della qualificazione iniziale ed in itinere..

Con riferimento ai programmi scolastici la pdl dispone l’adozione di quelli vigenti prima dell’emanazione dei decreti legislativi di attuazione della “legge Moratti” relativa al primo e al secondo ciclo dell’istruzione; ciò in attesa di una ridefinizione dei programmi stessi. Alla valutazione del progetto educativo provvederà ogni istituzione scolastica attraverso un percorso annuale di autovalutazione che sarà alimentato dalle riflessioni degli allievi e delle famiglie e che si avvarrà dell'apporto di professionisti.

Agli organi collegiali già operanti nella gestione delle istituzioni scolastiche la pdl affianca nuovi organismi: il consiglio dei genitori, il collegio del personale ausiliario-tecnico-amministrativo e, nelle scuole medie, il consiglio degli studenti e delle studentesse. Particolare rilievo viene attribuito alla pubblicità degli atti e dell’attività svolta dalle scuole, prescrivendo tra l’altro che ciascuna sia dotata di un sito internet, costantemente aggiornato . Viene infine disposto il varo, in tempi brevi, di un piano per l'edilizia scolastica, risultante dal concerto del Ministro della pubblica istruzione con gli enti locali preposti; si specificano contestualmente i requisiti necessari per le nuove costruzioni o per l’adeguamento di quelle esistenti.

La proposta definisce poi le caratteristiche dei nidi di infanzia e le competenze dello Stato e degli enti locali nella realizzazione e gestione degli stessi.

 

La proposta di legge AC 1299 reca disposizioni concernenti l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione fino a 18 anni.

In particolare, il provvedimento prevede l'obbligatorietà dell'istruzione fino a diciotto anni di età e, in fase di prima attuazione, fino a sedici anni di età:

La gratuità della scuola dell’obbligo, compresi i testi scolastici, è garantita per tutti gli alunni  - appartenenti a famiglie con reddito fino a 25.000 euro annui -  frequentanti la scuola di base, corrispondente ai primi otto anni dell’obbligo di istruzione, e il biennio unitario con cui si assolve all’obbligo scolastico tra i quattordici e i sedici anni.

Per la scuola di base, le istituzioni scolastiche sono tenute a garantire alle famiglie che ne facciano richiesta, il tempo pieno nei primi cinque anni della scuola di base, e il tempo prolungato per gli ultimi tre anni della scuola di base, nonchè un orario scolastico obbligatorio non inferiore alle trenta ore settimanali.

La proposta di legge interviene poi sui seguenti aspetti:

§         i posti di insegnamento precario che devono essere stabilizzatientro un triennio dalla data di entrata in vigore della legge;

§         la dispersione scolastica, per contrastare la quale ciascuna istituzione scolastica deve dotarsi di un organico funzionale di docenti;

§         l’educazione degli adulti e l'apprendimento per tutto l'arco della vita intesi come parte integrante del sistema scolastico.

 

La proposta di legge AC 1278 reca principi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo, ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 Cost..

La proposta individua i servizi e gli interventi necessari alla realizzazione del diritto allo studio, tra i quali rientrano le misure per favorire l’accesso degli studenti ai sussidi didattici, le borse di studio per i capaci e meritevoli privi di mezzi, i buoni-scuola per la copertura, in tutto o in parte, dei costi di iscrizione a scuole paritarie  consistenti in un contributo a favore dei soggetti esercenti la patria potestà sul minore, da utilizzare per il pagamento delle spese di iscrizione presso scuole paritarie aventi sede legale nel territorio regionale. L’ammontare del contributo è determinato da ciascuna regione in relazione al reddito, alle disagiate condizioni economiche, al numero dei componenti il nucleo familiare e all’entità delle spese scolastiche gravanti complessivamente sul medesimo nucleo familiare

Relazioni allegate

Le proposte di legge in esame risultano corredate della relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Le proposte di legge in esame incidono sulla materia dell’istruzione scolastica disciplinata con norme di rango primario (cfr. “legge Moratti” n. 53/2003[2] e decreti legislativi di attuazione: n. 59/2004[3]; n. 77/2005[4]; n. 226/2005[5]; n. 227/2005[6]; n. 76/2006[7]): si giustifica, pertanto, l’intervento normativo in questione con legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

I provvedimenti in esame appaiono riconducibili agli ambiti materiali “norme generali dell’istruzione” e “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” demandati, ai sensi del secondo comma, rispettivamente, lettere n) e m) dell’articolo 117 Cost., alla competenza esclusiva statale.

Si ricorda altresì che in materia di istruzione il nuovo Titolo V affida, ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 Cost., alla competenza concorrente Stato-Regioni la materia “istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”. L’articolo 116 Cost., contemplando le regioni a statuto speciale, prevede, al terzo comma  che ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in materia scolastica possano essere attribuite ad altre regioni con legge dello Stato, approvata a maggioranza assoluta, sulla base di un’intesa fra lo Stato e la regione interessata.

 

In relazione all’autonomia scolastica, si ricorda che l’art. 21 della legge n. 59/1997 (così detta “Bassanini 1) ha disposto l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia didattica, di ricerca, organizzativa e finanziaria alle singole istituzioni scolastiche, demandandone la realizzazione principalmente a regolamenti di delegificazione (ex art. 17, co. 2, della L. 400/1988 ), da adottare previo parere delle Commissioni parlamentari di merito. Tra i provvedimenti attuativi dell’art 21 della legge 59/1997 merita segnalare, per quanto qui interessa, il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275[8], che disciplina l'autonomia didattica, organizzativa e di ricerca delle istituzioni scolastiche il cui esercizio fa perno sul Piano dell'offerta formativa (POF) adottato da ciascuna istituzione.

 

Con riferimento alle disposizioni in materia di nidi di infanzia, si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 370 del 2003, dichiarando l’illegittimità delle disposizioni dell’art. 70 della legge n. 448 del 2001 relative ad un Fondo per gli asili nido, ha precisato, anche sulla base dell’evoluzione normativa , che le disposizioni in materia di asili nido attengono a profili relativi alla formazione ed istruzione pre scolare del bambino (oltre che ad alcuni profili della tutela del lavoro, connessi alla finalità di favorire la conciliazione tra tempi lavorativi ed impegni familiari): pertanto gli interventi in materia debbono essere ricondotti nell’ambito della potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’ articolo 33, secondo comma, Cost., prevede che  la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”.

Al terzo comma, la disposizione costituzionale prosegue riconoscendo ad enti e privati “…il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono parità, la legge “…deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali” (quarto comma)

 

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

La disciplina dell’istruzione non rientra fra le materie in cui, in base ai Trattati, l’Unione europea ha competenza normativa.

L’art. 149 del Trattato che istituisce la Comunità europea prevede il contributo della Comunità stessa allo sviluppo di un’istruzione di qualità, attraverso il sostegno agli Stati membri - che decidono in piena autonomia il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione - nel rispetto della loro diversità culturale e linguistica

L’attività dell’Unione si espleta pertanto nella deliberazione di indirizzi ed azioni incentivanti in materia di istruzione, escludendo esplicitamente “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.”

Tali azioni sono volte a sviluppare la dimensione europea dell'istruzione, specie con l'apprendimento e la diffusione delle lingue degli Stati membri, a favorire la mobilità di studenti ed insegnanti promuovendo tra l'altro il riconoscimento accademico dei diplomi[9], ad incentivare l’istruzione a distanza.

 

Con riguardo all’evoluzione degli orientamenti comunitari ed ai loro riflessi sulle strategie educative si ricorda che il Consiglio europeo di Lisbona del 23/24 marzo 2000, fissando l’obiettivo di rendere l’Europa più competitiva e dinamica a livello mondiale, ha posto le basi per il rilancio dei sistemi di istruzione e formazione indicando alcune priorità da raggiungere: attribuire una adeguata importanza all’apprendimento durante tutto l’arco della vita; aumentare gli investimenti pro capite in risorse umane; elevare il livello di istruzione per tutti i giovani ed offrire un’ ampia gamma di opportunità formative; definire nuove competenze di base; incrementare la mobilità, anche con l’uso di incentivi appropriati; migliorare l’occupabilità dei giovani, attraverso sistemi di alternanza diffusi, e degli adulti, con il sostegno alla formazione continua.

 

Proseguendo nell’ambito della “strategia di Lisbona”, il Consiglio europeo, nella riunione del 5-6 maggio 2003, ha indicato alcuni parametri di riferimento per l’istruzione e la formazione da conseguire entro il 2010. Tra questi figurano: la riduzione degli abbandoni scolastici entro la media del 10%; il completamento del ciclo di istruzione secondaria superiore dall’85% della popolazione giovanile; lo sviluppo dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

Nella successiva riunione del 22 e 23 marzo 2005, finalizzata alla revisione intermedia della strategia di Lisbona, il Consiglio ha richiamato l’attenzione sull’importanza di sviluppare la ricerca, l’istruzione e l’innovazione in tutte le forme che consentano di convertire la conoscenza in valore aggiunto e creare nuovi posti di lavoro[10], sulla necessità di sviluppare l’apprendimento permanente ed una società dell’informazione accessibile a tutti.

 

Recentemente, con decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 novembre 2006 è stato istituito un programma d'azione nel campo dell'apprendimento permanente (2007-2013).

Quest’ultimo sostituisce vari progetti comunitari (Socrates, Leonardo da Vinci, eLearning) venuti a scadenza alla fine del 2006, con un unico progetto di sostegno comunitario al settore dell’istruzione e della formazione in linea con la politica di apprendimento permanente.

Sono infatti previsti quattro sottoprogrammi specifici rivolti ai diversi segmenti dell’istruzione e della formazione professionale: Comenius, per le attività di istruzione generale fino al compimento del livello di istruzione secondaria; Erasmus, per l’istruzione  superiore; Leonardo da Vinci, per l’istruzione e la formazione professionale; Grundtvig, per l’istruzione degli adulti, a questi si aggiunge il programma Jean Monnet a sostegno di azioni connesse all’integrazione europea, di istituzioni e associazioni europee operanti nel campo dell’istruzione e della formazione.

Nell’ambito del nuovo programma d’azione saranno promossi e finanziati progetti di partenariato; scambi di studenti e docenti, analisi e ricerche sui differenti sistemi di istruzione e formazione.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni europee

(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Efficienza dei sistemi scolastici

L’8 settembre 2006la Commissione ha presentato la comunicazione: “Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione” (COM(2006)481), con la quale individua nell’efficienza e nell’equità i temi chiave per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati, come previsto dal quadro della Strategia di Lisbona[11]. La Commissione ritiene, infatti, che solo aumentando il livello medio di capacità della popolazione e migliorando le opportunità per i più bisognosi e per le persone diversamente qualificate è possibile creare maggiore crescita, occupazione e coesione sociale.

La Commissione ritiene, in particolare, che i sistemi di istruzione e formazione dell’obbligo debbano garantire l’istruzione di base e le competenze fondamentali indispensabili per raggiungere il benessere in una società basata sulla conoscenza. I sistemi scolastici con ”smistamento” precoce degli studenti[12], inoltre, sono considerati dalla Commissione potenzialmente in grado di esasperare le differenze e di generare effetti ancor meno equi, in termini di rendimento degli studenti e della scuola, in particolar modo nei confronti dei bambini svantaggiati. La Commissione ritiene infine che il posticipo dello smistamento al livello secondario superiore, unitamente alla possibilità di passare ad un altro tipo di scuola, possa ridurre la segregazione e promuovere l’equità, senza che diminuisca l’efficienza.

Il documento della Commissione evidenzia l’importanza di un’istruzione preelementare di qualità elevata, in grado di produrre vantaggi a lungo termine sia sul piano dell’apprendimento che su quello socio-economico, in quanto può limitare, in fasi successive dell’esistenza, spese “riparatorie” collegabili alla criminalità, alla salute e alla disoccupazione.

Il Consiglio istruzione del 15 novembre 2006 ha approvato conclusioni su efficienza ed equità nell’istruzione e formazione, osservando, tra l’altro, come sia necessaria una cooperazione a livello europeo per condividere esperienze e buone prassi ed individuare comuni indicatori e parametri di riferimento per valutarne l’evoluzione.

Apprendimento permanente e formazione professionale

Il 23 novembre 2006la Commissione ha presentato la comunicazione “Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere” (COM(2006)614), nella quale invita gli Stati membri, tra l’altro, ad adoperarsi per definire priorità ed attuare sistemi di istruzione per gli adulti efficaci ed integrati nella strategia dell’apprendimento permanente. Tali sistemi dovrebbero permettere ai partecipanti un migliore accesso al mercato del lavoro ed una migliore integrazione sociale.

Il documento della Commissione individua cinque priorità nel campo dell’educazione degli adulti: eliminare gli ostacoli alla partecipazione, garantire la qualità dell’educazione degli adulti, individuare forme di riconoscimento e convalida dei risultati dell’apprendimento, fornire stimoli ad investire nella popolazione che invecchia e nei migranti, elaborare la qualità e la comparabilità dei dati sull’educazione degli adulti. Sulla base di tali priorità, la Commissione intende presentare un piano d’azione nel 2007.

 

Il 18 dicembre 2006 è stata approvata una raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente[13], intesa a stabilire uno strumento di riferimento europeo che definisca le “competenze chiave” da fornire a tutti i cittadini, mediante l'apprendimento permanente, per contribuire alla realizzazione e allo sviluppo personale, alla partecipazione attiva e al miglioramento dell’occupabilità della persona in economie e società basate sulla conoscenza.

Il documento delinea otto competenze chiave:

1) comunicazione nella madrelingua;

2) comunicazione nelle lingue straniere;

3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;

4) competenza digitale;

5) imparare a imparare;

6) competenze sociali e civiche;

7) spirito di iniziativa e imprenditorialità;

8) consapevolezza ed espressione culturale.

 

Il Consiglio europeo di primavera 2006, nelle sue conclusioni, ha ribadito che l’apprendimento permanente costituisce una condizione sine qua non per realizzare gli obiettivi di Lisbona ed ha sottolineato la centralità dell'istruzione e della formazione all’interno dell'agenda di riforme di Lisbona.

 

Sulla base di un documento presentato il 31 ottobre 2006 e oggetto di consultazione pubblicache si concluderà il 31marzo 2007 (SEC(2006)1431), la Commissione è impegnata a sviluppare un sistema europeo di crediti accademici nel campo dell’istruzione e formazione professionale (ECVET)[14], che aiuti a trasferire, cumulare e rendere riconoscibili tra paesi e sistemi educativi diversi le conoscenze professionali acquisite lungo tutto l’arco della vita.

Una conferenza organizzata sul tema dalla Presidenza tedesca dell’Unione europea, entro giugno 2007, concluderà il processo consultivo che dovrebbe consentire alla Commissione, sulla base dei risultati ottenuti e di eventuali altri contribuiti specifici quali, ad esempio, quelli forniti dal programma Leonardo da Vinci sull’istruzione professionale, di elaborare la proposta formale, entro la fine del 2007, per l’introduzione del sistema ECVET.

 

Il 14 novembre 2006 il Consiglio istruzione ha approvato conclusioni sulle priorità future di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale (IFP)[15].

Il Consiglio, ribadendo il ruolo chiave dell’IFP nel fornire un’ampia  base  di capacità e conoscenze, nel miglioramento della coesione sociale e nel sostegno alla competitività del mercato del lavoro europeo, sottolinea, tra l’altro, la necessità di sviluppare strumenti europei comuni per creare uno spazio europeo in materia di istruzione e formazione professionale (IFP) che includono, ad esempio, l’ECVET, il sistema EUROPASS[16], ed il quadro europeo delle qualifiche.

 

Il 5 settembre 2006la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (QEQ) (COM(2006)479).

La proposta, che si inscrive nell’ambito della strategia di Lisbona, intende fornire uno strumento di riferimento per confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE. L’elemento chiave è l’insieme di otto livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostando l’attenzione dagli input dell’apprendimento (durata, tipo di istituzione) ai risultati dell’apprendimento.

Si prevede che l’adozione della proposta, attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione, possa avvenire entro il 2007.

 

Su questo tema il Parlamento europeo ha approvato, nel corso della seduta del 25 settembre 2006, una risoluzione d’iniziativa, estranea cioè ad un procedimento legislativo, sulla creazione di un quadro europeo delle qualifiche.

La risoluzione sottolinea la necessità di istituire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze al fine di favorirne la trasparenza, la trasferibilità, il riconoscimento e l’impiego da parte dei vari Stati membri, nel pieno rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali.

Mobilità

Il 18 dicembre 2006 è stata approvata una raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilità transnazionale nella Comunità a fini di istruzione e formazione: Carta europea di qualità per la mobilità[17]. Tale  raccomandazione è intesa a presentare una Carta di qualità per tutti i tipi di mobilità organizzata a fini di apprendimento, volta a rafforzarne l’efficienza e l’efficacia attraverso l’enunciazione di un insieme di principi comuni. La Carta è frutto del lavoro di un gruppo di esperti, istituito a norma della raccomandazione (2001/613/CE) relativa alla mobilità nella Comunità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori. In particolare, la Carta non intende definire un quadro normativo vincolante, ma è destinata a fornire un punto di riferimento a tutte le parti interessate, al fine di promuovere la trasparenza e il coordinamento delle iniziative in tema di mobilità, nel contesto del programma integrato sull’apprendimento permanente per il periodo 2007-2013.

Modernizzazione delle università

Il 10 maggio 2006la Commissione ha presentato la comunicazione “Portare avanti l’agenda di modernizzazione delle università: istruzione, ricerca e innovazione” (COM(2006)208).

La Commissione europea individua nove ambiti in cui si dovrebbero apportare cambiamenti per far sì che le università d’Europa, procedendo con approcci differenziati in relazione al contesto nazionale e regionale, possano raggiungere l’eccellenza nelle funzioni di insegnamento e di ricerca, contribuendo così alla creazione di una reale economia della conoscenza in accordo con l’agenda per la crescita e l’occupazione, nell’ambito della strategia di Lisbona. Il documento della Commissione risponde ad una richiesta avanzata in tal senso dal Consiglio europeo informale di Hampton Court nell’ottobre del 2005.

 

Contributo del Consiglio in vista del Consiglio europeo di primavera 2007

Il 16 febbraio 2007 il Consiglio istruzione ha approvato una serie di messaggi chiave nel settore dell'istruzione e della formazione quale contributo del Consiglio al Consiglio europeo di primavera 2007 (8-9 marzo).

In particolare, il Consiglio sottolinea che l'istruzione e la formazione costituiscono presupposti essenziali per il corretto funzionamento del triangolo della conoscenza (istruzione, ricerca, innovazione) e svolgono un ruolo centrale per stimolare la crescita e l'occupazione e assicurare pari opportunità e la coesione sociale a tutti i cittadini.

Il Consiglio, inoltre, ritiene necessario un maggiore sforzo affinché le strategie nazionali generali per l'apprendimento permanente, basate sull'efficienza e l'equità, siano varate nella maggior parte degli Stati membri. Il Consiglio evidenzia, inoltre, che per fornire un'ampia base di competenze caratterizzata dalla capacità di eccellenza e di innovazione dell'Europa, occorre intensificare le riforme per migliorare ulteriormente i vari livelli di istruzione. In particolare occorre compiere sforzi per ammodernare l'istruzione superiore e assicurare un'istruzione e una formazione professionale di alta qualità a condizioni attraenti.

Il Consiglio, infine, ritiene che:

·         gli investimenti nell'istruzione e nella formazione sono cruciali per il futuro dell'Europa;

·         le politiche e le prassi nel campo dell'istruzione richiedono una più solida base di conoscenze;

·         che occorre promuovere una cultura della valutazione;

·         che occorre favorire ulteriormente la ricerca;

·         sfruttare pienamente le opportunità offerte dai fondi strutturali e dal programma apprendimento permanente 2007-2013 (vd. supra).

Il Consiglio, inoltre, ha definito alcuni orientamenti politici quale primo contributo allo sviluppo del programma di lavoro in materia di istruzione e formazione al di là del 2010[18].

In particolare, il Consiglio considera importante:

·         Mantenere l’istruzione e la formazione al centro della strategia di Lisbona;

·         Assicurare l’accesso all’istruzione e alla formazione per ogni individuo e pari opportunità per tutti;

·         Sviluppare una cultura dell’apprendimento che sia attraente, segnatamente per i giovani;

·         Promuovere e tenere in maggiore considerazione la ricerca pedagogica;

·         Sviluppare e mantenere un approccio di apprendimento lungo l’arco di tutta la vita,  che inizi dalla prima infanzia;

·         Riconoscere il ruolo dell’istruzione e della formazione come motore per l’integrazione sociale e per l’insegnamento della democrazia.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Le proposte di legge in esame dettano disposizioni che hanno riflessi per le istituzioni scolastiche nell’esercizio della loro autonomia.

La proposta di legge AC 1600 definisce inoltre i livelli essenziali delle prestazioni che le regioni e gli enti locali devono garantire in materia di nidi di infanzia.

Infine, la proposta di legge AC 1278 individua i principi fondamentali in materia di diritto allo studio ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione: le regioni adeguano la propria normativa alle disposizioni ivi indicate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Attribuzione di poteri normativi

Nella proposta di legge AC 1600:

§         all’articolo 10, comma 4, si demanda al Governo il compito di emanare disposizioni regolamentari idonee a garantire l'effettiva applicazione della stabilizzazione degli organici e della continuità didattica nell'assegnazione dei docenti e delle docenti alle classi: ciò anche con il conferimento ogni anno di nomine a tempo indeterminato su tutte le cattedre vacanti, da effettuare esclusivamente attraverso graduatorie pubbliche, sia per titoli ed esami sia per soli titoli, nelle quali deve essere data priorità al servizio prestato nella scuola statale;

§         all’articolo 18, comma 2, si prevede che, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministero della pubblica istruzione, di concerto con gli enti locali preposti, vari un piano per l'edilizia scolastica al fine di provvedere alla costruzione di nuove strutture e all'adeguamento di quelle esistenti, secondo criteri di sicurezza, salubrità, vivibilità, accoglienza e qualità estetica. Analoga disposizione è prevista per l’edilizia in relazione ai nidi di infanzia, all’articolo 19, comma 9.;

§         all’articolo 25, comma 3, le modalità del passaggio tra indirizzi ed aree diverse del triennio di indirizzo della scuola superiore sono demandate ad un “apposito regolamento”.

 

Nella proposta di legge AC 1278, all’articolo 3, comma 4, si prevede che con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro in 31 luglio di ogni anno, sia determinata la spesa media annua statale per studente, in relazione a ciascun ciclo di istruzione, ai fini della determinazione dell’ammontare del c.d. “buono scuola” da parte di ciascuna regione.

Coordinamento con la normativa vigente

La proposta di legge AC 1600 reca  - all’articolo 29 – una serie di abrogazioni  di disposizioni normative sul cui contenuto incidono gran parte degli articoli della proposta.

Analoga disposizione non è presente nelle proposte di legge AC 1278 e AC 1299.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si ricorda che il DL n. 7/2007[19], attualmente all’esame della Camera per la conversione, interviene all’articolo 13 sulla disciplina recata dal D.Lgs 226/2005, sostituendo il sistema dei licei, quale articolazione, insieme al sistema dell'istruzione e della formazione professionale, del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, con il sistema dell'istruzione secondaria superiore del quale fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali contemplati al citato articolo 191 del D. Lgs. 297/2004.

Impatto sui destinatari delle norme

I provvedimenti in esame incidono su diverse categorie di soggetti; oltre agli studenti e ai docenti, sono infatti interessati dalle disposizioni in esame le istituzione scolastiche, nonché le regioni e le autonomie locali.

Formulazione del testo

Sul punto, si veda la scheda di lettura sul contenuto delle proposte di legge in esame.


Schede di lettura

 


Il quadro normativo vigente

La “legge Moratti”

La XIV legislatura è stata caratterizzata dall’approvazione della legge 28 marzo 2003, n. 53 (cd “legge Moratti”), che ha dettato una disciplina generale in materia di istruzione e ne harimesso l’attuazione a decreti legislativi; il provvedimento reca inoltre alcune disposizioni immediatamente applicative, concernenti l’iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria (art.7, comma 4) e la valutazione dei titoli dei docenti scolastici (art.5).

Le deleghe conferite al Governo riguardano in particolare la definizione del sistema educativo d’istruzione e formazione, articolato in due cicli; la valutazione del sistema educativo; la formazione iniziale dei docenti; l’alternanza scuola-lavoro. In attuazione di tali deleghe sono stati adottati i decreti legislativi n. 59/2004[20]; n. 77/2005[21]; n. 226/2005[22]; n. 227/2005[23]; n. 76/2006[24] che hanno delineato il nuovo ordinamento scolastico disponendone la graduale entrata a regime (vedi infra).

Si ricorda inoltre che l’art. 7 ( co.1 e 2 ) della “legge Moratti” ha demandato a regolamenti di delegificazione[25], peraltro non ancora adottati, la disciplina dei seguenti profili::

§       l’individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale;

§      le modalità di valutazione dei crediti scolastici;

§      la definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti in esito ai percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici.

Con riguardo al finanziamento della legge n. 53 del 2003, si ricorda che l’art. 1, comma 3, della legge prescriveva che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adottasse un piano programmatico di interventi finanziari, da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza unificata. L’art. 7, comma 6, stabiliva, inoltre, che all’attuazione del Piano si provvedesse attraverso stanziamenti iscritti annualmente nelle leggi finanziarie.

Il Piano programmatico è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in data 12 settembre 2003; su esso non ha tuttavia espresso il prescritto parere la Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali. Il documento valuta l’importo dei finanziamenti necessari per il quinquennio 2004-2008 in 8.320 milioni di euro e stima che; oltre alle somme già iscritte in bilancio ed ammontanti per lo stesso periodo a 4.283 milioni di euro, dovrebbero essere destinati all’attuazione della legge ulteriori 4.037 milioni di euro.

Le leggi finanziarie degli anni successivi hanno poi autorizzato appositi stanziamenti per la realizzazione del Piano: 90 milioni di euro a decorrere dall’anno 2004 (L 350/2003 art.3, comma 92); 110 milioni di euro a decorrere dal 2005 (L.311/2004 art.1, comma 130); 44 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2006, 2007, 2008 (legge 266/2005 art. 1, comma 578).

Per completare il quadro dei finanziamenti, si ricorda che leDirettive ministeriali di riparto del Fondo per l’offerta formativa gli anni dal 2003 al 2006[26] hanno indicato, tra gli obiettivi prioritari da conseguire l’attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici (nonché la formazione dei docenti e l’espansione dell’offerta formativa) destinando a tali fini appositi stanziamenti[27].

L’attuazione della “legge Moratti”

In attuazione delle deleghe recate dalla legge 53/2003 sono stati emanati  - oltre i due decreti legislativi recanti rispettivamente definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione (D.lgs. n. 59/2004) e norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione (D.Lgs.n. 226/2005), per i quali si veda oltre – i decreti legislativi sottoelencati:

 

§         il d.lgs 19 novembre 2004, n. 286, recante istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico.

Il d.lgs. ha riordinato l'INVALSI(Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione), attribuendogli la nuova denominazione di "Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e di formazione", conferendogli lo status di ente di ricerca e confermando la personalità giuridica di diritto pubblico e l'autonomia amministrativa, contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria. L'ente è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ne determina le priorità strategiche per la programmazione delle attività con propria direttiva.

L’art.3 della legge 425/1997[28] (come modificato dall’art. 1 della legge 1/2007[29]) ha attribuito all’istituto il compito della predisposizione (sulla base di indicazioni ministeriali) dei modelli per l’elaborazione della terza prova degli esami conclusivi dei corsi di istruzione secondaria nonché la valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti al termine del medesimo ciclo. L’art.1, commi 610-615 della legge finanziaria 2007 (L.27 dicembre 2006, n.628) ha poi modificato l’organizzazione dell’istituto ed ha assegnato a quest’ultimo compiti inerenti il sistema di valutazione dei dirigenti scolastici.

 

§         il d.lgs. 15 aprile 2005, n. 76, recante disciplina del diritto dovere all’istruzione ed alla formazione.

 

Il provvedimento ha ridefinito l'obbligo scolastico di cui all'articolo 34 della Costituzione, nonché l'obbligo formativo, introdotto dall'articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, come diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere. In particolare, il comma 3 dell’articolo 1 prevede che a tutti sia assicurato il diritto all'istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

Tale diritto inizia con l’iscrizione alla prima classe della scuola primaria e si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e nelle strutture di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie[30], anche attraverso l’apprendistato[31]. Il diritto è esteso anche ai minori stranieri e garantito alle persone in situazione di handicap; si prevede infine che l’attuazione della nuova disciplina avvenga con gradualità; nel frattempo, a partire dall’anno scolastico 2005/2006, si dispone la gratuità dei primi due anni del secondo ciclo.

Si ricorda sinteticamente che su tale disciplina sono poi intervenute due disposizioni:

Ø       l’art. 28 del D.Lgs.226/2005 ha previsto che dall’anno scolastico 2006-2007 il diritto dovere all’istruzione comprende i primi tre anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale realizzati sulla base dell'accordo-quadro in sede di Conferenza unificata 19 giugno 2003. Per tali percorsi sperimentali continuano ad applicarsi l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni 15 gennaio 2004 e l'accordo in sede di Conferenza Unificata 28 ottobre 2004[32].

Ø       ’art.1, commi 622-624, della legge finanziaria finanziaria 2007 (L.27 dicembre 2006, n.628) ha ridefinito l’obbligo di istruzione previsto per almeno 10 anni ed ha contestualmente spostato dai 15 ai 16 anni l’età minima per l’accesso al lavoro.

 

§         il d.lgs. 15 aprile 2005, n. 77, recante disciplina dell’alternanza scuola lavoro.

 

Il D.Lgs.ha definito l’alternanza scuola-lavoro quale modalità di realizzazione della \formazione del secondo ciclo nei licei e nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, volta ad assicurare ai giovani l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro.

La responsabilità del percorso è espressamente attribuita all’istituzione scolastica o formativa. I percorsi in alternanza possono essere svolti anche per una sola parte del periodo formativo; è inoltre ribadito che il diritto-dovere di cui al D.Lgs.76/2005  può essere espletato anche attraverso l’apprendistato.

 

§         il d.lgs. 17 ottobre 2005 n. 227, recante disciplina della formazione iniziale dei docenti.

 

Il provvedimento ha disposto che la formazione iniziale si svolga presso corsi di laurea magistrale e corsi accademici di secondo livello istituiti, rispettivamente, dalle università e dalle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM), con numero programmato e sulla base dei posti da coprire.

Per l’individuazione delle classi dei corsi di laurea magistrale, dei requisiti minimi per la loro attivazione, del profilo formativo e professionale del docente, delle attività didattiche e di tirocinio, nonché dei relativi crediti il d.lgs. fa rinvio o più decreti il Ministro dell’istruzione[33]. Analoghi decreti determinano i percorsi formativi di secondo livello da attivare presso le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica.

Il provvedimento dispone inoltre in ordine all’accesso ai ruoli (con l’istituzione di un apposito albo regionale) ed alle procedure concorsuali.

La disciplina sin qui descritta non è stata tuttavia perfezionata con l’adozione dei prescritti decreti ministeriali.

 

Circa l’adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi attuativi della “legge Moratti”, si ricorda che l’art. 1 della legge 228/2006[34] ha disposto numerose proroghe in merito, in particolare ha procrastinato il termine per l’adozione di disposizioni correttive e integrative ai decreti legislativi recanti disciplina del diritto dovere all’istruzione e alla formazione (D.Lgs.76/2005), alternanza scuola lavoro (D.Lgs.77/2005), riordino del secondo ciclo( D.Lgs.226/2005).

Tale termine è stato prorogato a 36 mesi dalla data di entrata in vigore di questi ultimi mentre era originariamente fissato (dall’art.1 comma 4 della L. 53/2003) entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi.

Scuola dell’infanzia e primo ciclo dell’istruzione

Il 19 febbraio 2004 è stato emanato il decreto legislativo. n. 59 recante Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53, corredato da quattro allegatirecanti rispettivamente: Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati delleattività educative della scuola dell’infanzia (Allegato A),della scuola primaria (Allegato B), della scuola secondaria di I grado (Allegato C), nonché Profilo educativo culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (Allegato D)[35].

Scuola dell’infanzia

La scuola dell’infanzia ( capo I artt. 1 e 3) non è obbligatoria ed ha durata triennale. Per tale ordine di scuola vengono indicate le finalità e definito l’orario annuale (da un minimo di 875 ore ad un massimo di 1700).

L’art. 2 del d.lgs. che consentiva l’accesso alla scuola dell’infanzia ai bambini aventi 3 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento è stato abrogato dall’art. 1, comma 630, della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) Con riguardo all’età di accesso alla scuola dell’infanzia si dovrebbe pertanto ritenere ripristinata la previsione recata dall’art. 99, comma 2, del d.lgs. 297/1994[36] che fa riferimento a tre anni di età.

L’art.1, comma 630, della legge finanziaria 2007 ha sostituito la disciplina degli ingressi anticipati alla scuola materna con la previsione di un percorso sperimentale per i bambini dai 24 ai 36 mesi di età[37] (cosidette “sezioni primavera”).Si dispone infatti che sezioni sperimentali aggregate alla scuola dell'infanzia possano essere attivate, previo accordo in sede di Conferenza unificata nell’ambito di un progetto nazionale di innovazione ordinamentale promosso dal Ministro della pubblica istruzione (ai sensi dell’art. 11 del DPR 275/1999[38]); quest’ultimo assicurerà la formazione del personale (docente e non docente) che richieda di essere assegnato ai nuovi percorsi. All’onere finanziario si provvede con le risorse destinate al finanziamento della sperimentazione delle iscrizioni anticipate alla scuola dell’infanzia ed alla scuola primaria (66.2 milioni di euro a decorrere dal 2005, ai sensi dell’articolo 7, comma 5, della legge 53/2003).

Il primo ciclo di istruzione

Il primo ciclo di istruzione (art. 4) ha la durata di otto anni: cinque di scuola primaria e tre di scuola secondaria di primo grado; tale ciclo si conclude con un esame di Stato.

 La scuola primaria è articolata in un primo anno, raccordato con la scuola dell'infanzia e teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali; la scuola secondaria di primo grado si articola in un periodo didattico biennale e in un terzo anno finalizzato tra l’altro all'orientamento ed al raccordo con il secondo ciclo. Il passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado avviene a seguito di valutazione positiva al termine del secondo periodo didattico biennale.

 

Al primo anno della scuola primaria sono iscritti i bambini e le bambine che compiono i sei anni entro il 31 agosto dell’anno di riferimento; possono inoltre essere iscritti i bambini e le bambine che compiono i sei anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento.

L’orario annuale è fissato in 891 ore (escluso il tempo mensa), comprensivo di una quota riservata alle regioni (come prescritto dall’art.2 comma 1lett.l) della L.53/2003) e alle istituzioni scolastiche autonome, nonché all’insegnamento della religione cattolica). Le istituzioni scolastiche potranno organizzare, nell’ambito del Piano dell’offerta formativa (POF)[39] e tenendo conto delle prevalenti richieste della famiglie, attività e insegnamenti per ulteriori 99 ore annue la cui frequenza è opzionale e gratuita. Per tale ordine di scuola viene individuata la figura di un docente con funzioni di tutorato[40] degli alunni e coordinamento delle attività didattiche (art.7); vengono altresì dettati criteri generali per la valutazione degli alunni (art.8).

 

Quanto alla scuola secondaria di primo grado, il D.Lgs. 59/2004 ne individua (art. 9) le finalità ed indica l’orario annuale delle attività educative e didattiche(art.10): fissato in 891 ore (escluso il tempo mensa). Anche in questo caso il monte ore comprende una quota quota riservata alle regioni e alle istituzioni scolastiche autonome, nonché all’insegnamento della religione cattolica (curricolo obbligatorio); è prevista per le istituzioni scolastiche la possibilità di organizzare, analogamente a quanto disposto per la scuola primaria, nell’ambito del POF, attività per ulteriori 198 ore annue. Tali attività sono opzionali e gratuite ma, una volta effettuata la scelta all’atto dell’iscrizione, la frequenza è obbligatoria[41].

Merita inoltre segnalare, con riguardo alla didattica, che l’art. 9 del D.Lgs.59/2004 ha previsto l’alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche ed ha introdotto lo studio di una seconda lingua dell'Unione europea.

L’art. 25 del d.lgs. n. 226/2005sul secondo cilco di istruzione (non formulato come novella al citato art.10 del D.Lgs.59/2004) ha poi elevato a 957 ore l’orario annuale obbligatorio della scuola secondaria di primo grado; le 66 ore aggiuntive sono riservate per metà all’inglese e per metà alla tecnologia;il medesimo articolo ha ridotto di 66 ore (da 198 a 132) il monte ore riservato ad attività facoltative.

Anche in quest’ordine di scuola è prevista la figura di un docente tutor (art.10,comma 5 D.Lgs.59/2004[42]); si forniscono inoltre in indicazioni per la valutazione degli alunni (art.11) prescrivendo tra l’altro, ai fini della validità dell’anno, la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato, salvo deroghe autorizzate dall’istituzione scolastica.

 

L’avvio della riforma è avvenuto contemporaneamente per tutte le classi delle scuola primaria e per la prima classe del biennio della scuola secondaria di primo grado a partire dall’anno scolastico 2004-2005[43]; dall'anno scolastico 2005-2006, è stata avviata la seconda classe del predetto biennio e con l’anno scolastico in corso (2006-2007) è entrato a regime il nuovo ordinamento della scuola secondaria di primo grado.

 

In relazione alle iscrizioni si segnala che la circolare ministeriale n. 74 del 21 dicembre 2006, disciplinando la materia per l’anno scolastico 2007-2008, dispone l’iscrizione obbligatoria alla prima classe della scuola primaria dei bambini che compiono sei anni di età entro il 31 agosto 2007; consente l’iscrizione a quanti compiranno sei anni entro il 31 dicembre 2007 e, per anticipo, a coloro che li compiranno entro il 30 aprile 2008. La circolare conferma quindi per il prossimo anno scolastico la disciplina degli anticipi recata dal D.Lgs.59/2004 e dalla legge 53/2003.

 

Con riguardo ai programmi scolastici, nelle more dell’adozione dei regolamenti governativi di delegificazione recanti indicazioni del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale (ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 2, della legge 53/2003) il d.lgs. (art. 14) dispone l’adozione degli assetti pedagogico didattici definiti dai quattro allegati.

 

L’art.19 del D.Lgs. recante abrogazioni elenca alcuni articoli del D.Lgs.297/1994[44] da ritenersi abrogati a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2005-2006: si segnalano in particolare gli articoli 129 (orario delle attività didattiche nella scuola elementare) e articolo 130 (tempo lungo e tempo pieno nella scuola elementare ). Altre abrogazioni , ai sensi dei citato articolo 19 del D.Lgs.59/2004, sono disposte a decorrere dall’anno scolastico successivo all’esaurimento delle vecchie sezioni[45].

 

Per completare il quadro organizzativo dei nuovi percorsi sono state emanate numerose circolari; si segnala in particolare la Circolare ministeriale 3 dicembre 2004 n. 85 recante indicazioni per la valutazione degli alunni e per la certificazione delle competenze nella scuola primaria e nella scuola secondaria di I grado. Il provvedimento tiene conto delle innovazioni introdotte dal D.Lgs. 59/2004, soprattutto dei piani di studio personalizzati (allegati B e C, facenti parte integrante del decreto medesimo) che sostituiscono i vecchi programmi della scuola elementare e che implicano nuovi criteri per la valutazione dei risultati e la comunicazione alle famiglie.

Secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione

 

Il percorso del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione è stato delineato dal d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 e recentemente modificato dall’art. 13, comma 1, del D.L. 7/2007[46].

 

Il d.lgs. 226/2005 prevedeva che il secondo ciclo di istruzione (art. 1) fosse costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell'istruzione e della formazione professionale - di competenza regionale – finalizzato a realizzare profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione (L.E.P.) indicati dal provvedimento stesso.

ll sistema dei licei comprendeva (ai sensi dell’art. 1) otto percorsi: licei artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane.

L’art.13, comma 1, del citato D.L. 7/2007 é intervenuto su tale disciplina sostituendo il sistema dei licei, quale articolazione, unitamente al sistema dell'istruzione e della formazione professionale, del secondo ciclo di istruzione e formazione, con il sistema dell'istruzione secondaria superiore del quale fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali[47]., a quest’ultimo si affianca come già previsto il sistema dell'istruzione e della formazione professionale. Il comma ha richiamato- per tale profilo - l’elenco delle scuole secondarie di secondo grado di cui all’art. 191 del D.Lgs 297/1994 (vedi infra) ed ha contestualmente modificato o abrogato alcune disposizioni del d.lgs. 226/2005 relative ai licei economici e tecnologici (art. 2 commi 6, 7, 8; artt. 6 e 10).

 

L’art. 191 del D.Lgs. 297/1994[48] reca l’elenco delle articolazioni dell’istruzione secondaria superiore: ginnasio-liceo classico; liceo scientifico; istituti tecnici; liceo artistico; istituto magistrale e scuola magistrale (attualmente non più attivi) [49]; istituti professionali; istituti d'arte.

In particolare (ai sensi del medesimo articolo) il corso di studio degli istituti tecnici come quello del ginnasio-liceo classico e del liceo scientifico ha la durata di cinque anni; la durata degli istituti professionali è invece stabilita con decreto del Ministro della pubblica istruzione[50]. Istituti tecnici, istituti professionali, licei artistici sono articolati in indirizzi e sezioni.

Con riguardo all’istruzione professionale merita inoltre segnalare che l’art. 1, comma 605,lettera f), della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha affidato ad un decreto ministeriale la revisione degli ordinamenti di tale percorso anche attraverso riduzione del carico orario delle lezioni a partire dall’anno scolastico 2007-2008.

 

Il sistema dei licei come risulta dalle modifiche introdotte dal DL 7/2007 (art. 2, co. 6, del D.Lgs.)comprende sei percorsi: artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico,  delle scienze umane. Essi hanno durata quinquennale (art. 2) e si articolano in due periodi biennali e in un quinto anno finalizzato all'acquisizione delle abilità caratterizzanti il profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi (definito all'allegato B al decreto legislativo), secondo le indicazioni nazionali (di cui agli allegati C, C/1, C/2, C/3, C/4, C/5, C/6, C/7, e C/8).

 

A conclusione del percorso è previsto un esame di Stato necessario per l'accesso all'università ed agli istituti di alta formazione artistico musicale[51] in esito a quest’ultimo si consegue il titolo di diploma liceale con specifica del liceo e dell’eventuale indirizzo.

L'orario annuale delle lezioni (art. 3), comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome ed all’insegnamento della religione cattolica, è articolato in attività e insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti; attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo; attività e insegnamenti obbligatori a scelta dello studente; attività e insegnamenti facoltativi.

Questi ultimi, analogamente a quanto disposto per la scuola primaria e secondaria dal D.lgs.59/2004, saranno proposti nel piano dell’offerta formativa (articolo 3, comma 2); la scelta sarà facoltativa e opzionale per gli studenti, la frequenza sarà gratuita, ma obbligatoria una volta effettuata la scelta (all’atto dell’iscrizione)[52].

 

Nell’ambito dell’ultimo anno, in raccordo con università, istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica[53] e strutture di formazione tecnica superiore (IFTS)[54], sono stabilite le modalità di approfondimento delle conoscenze necessarie per proseguire gli studi o inserirsi nel mondo del lavoro; si dispone inoltre l’attivazione dell’insegnamento in lingua inglese di una delle discipline non linguistiche comprese nell’orario obbligatorio o nell’orario obbligatorio a scelta dello studente[55].

 

L’articolazione dei percorsi liceali è poi specificata negli articoli da 4 a 11del d.lgs.226/2005. Per ciascuno di essi, sono definite le finalità specifiche, gli indirizzi (con riferimento al liceo artistico), le eventuali attività di laboratorio, l’orario annuale delle attività e degli insegnamenti obbligatori e facoltativi.

Con riguardo alla valutazione degli alunni, il d.lgs. dispone (art. 13) che, oltre alle valutazioni periodiche e annuali, una valutazione specificaal termine di ciascun biennio dia luogo all’ammissione dello studente al terzo ed al quinto anno; essa sarà subordinata al raggiungimento di tutti gli obiettivi di istruzione e di formazione e terrà conto anche del comportamento.

 

Si ricorda infine che la disciplina degli esami conclusivi dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado è stata recentemente ridefinita dalla legge 1/2007[56]. Quest’ultima ha introdotto numerose innovazioni riguardo all’ammissione, ai candidati privatisti, alle prove ed alle commissioni d’esame; in particolare, abrogando l’art. 14 del D.Lgs. 226, la legge citata ha prescritto che abbiano titolo all’ammissione gli alunni che abbiano frequentato l'ultimo anno di corso, siano stati valutati positivamente in sede di scrutinio finale e abbiano comunque saldato i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici, secondo modalità definite con decreto del Ministro della pubblica istruzione.

 

Il Capo III (articolo 15-22) del d.lgs. citato detta i livelli essenziali (L.E.P) per i percorsi di istruzione e formazione professionale che le Regioni devono assicurare nell’esercizio delle loro competenze legislative. I livelli essenziali (riguardanti offerta formativa, orario annuale, requisiti dei docenti, valutazione e certificazione delle competenze, adeguatezza delle strutture) costituiscono i requisiti per l'accreditamento e l'attribuzione dell'autonomia alle istituzioni formative delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.Le modalità di accertamento del rispetto dei livelli essenziali sono demandate ad apposito regolamento.

 

I titoli e le qualifiche rilasciate a conclusione dei percorsi di istruzione e formazione professionale di durata almeno quadriennale, costituiscono titolo per l'accesso all'istruzione e formazione tecnica superiore; essi consentono inoltre di sostenere l'esame di Stato, utile anche ai fini degli accessi all'università e all'alta formazione, previa frequenza di apposito corso annuale. Le qualifiche professionali conseguite attraverso l'apprendistato di cui all'articolo 48 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 costituiscono crediti formativi per il proseguimento nei percorsi del secondo ciclo

Merita segnalare che già l’articolo 6, comma 5, del D.lgs. 15 aprile 2005, n. 76 (recante norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53) aveva previsto che, in attesa della definizione dei L.E.P., le strutture sedi dei percorsi di istruzione e formazione professionale fossero accreditate dalle regioni in base alle indicazioni del Decreto del Ministro del lavoro 25 maggio 2001 recante Accreditamento delle sedi formative e delle sedi orientative. L’accordo del 19 giugno 2003, sancito in sede di Conferenza unificata, ha poi previsto, dall’anno scolastico 2003-2004, un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale (anticipando in tal senso il diritto dovere all’istruzione previsto dalla legge 53/2003). Dall’anno scolastico 2006-2007, ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs 226/2005, tali percorsi - in alternativa al primo triennio delle scuole secondarie superiori - avrebbero costituito attuazione graduale del diritto dovere all’istruzione. Per tali percorsi sperimentali continuano ad applicarsi l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni 15 gennaio 2004 e l'accordo in sede di Conferenza Unificata 28 ottobre 2004[57].

La legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha poi ridefinito l’obbligo di istruzione previsto per almeno dieci anni (art. 1, comma 622) e, fino alla messa a regime della nuova disciplina, ha autorizzato la prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, prescrivendo l’accreditamento delle strutture formative da parte delle regioni sulla base dei criteri generali definiti con decreto adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza unificata (art.1, comma 624).

 

L’art 27 del d.lgs.226/2005 fissava l’avvio del passaggio al nuovo ordinamento dall’anno scolastico 2007-2008, a partire dalle prime classi dei percorsi liceali e dal primo anno di quelli di istruzione e formazione[58]. L’art.1, comma 8, della legge 12luglio 2006 n. 228[59] ha poi rinviato l’avvio della riforma all’anno scolastico 2008–2009[60].

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A decorrere dalla piena attuazione della riforma (e precisamente dall’anno successivo all’esaurimento delle classi funzionanti con il vecchio ordinamento), l’art. 31 del D. Lgs.226/2005 dispone l’abrogazione di vari articoli del citato Testo unico, compreso l’ art. 191 recante l’attuale ordinamento dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado[61].

 

Il d.lgs. n. 226 del 2005 provvede direttamente a individuare il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione (Allegati A e B) nonché a definire le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati dei percorsi liceali e dei rispettivi indirizzi (allegato C). Partendo dalla premessa della pari dignità dei diversi percorsi di istruzione, sono elencati gli obiettivi generali del processo formativo, gli obiettivi specifici di apprendimento, gli obiettivi formativi e le caratteristiche del portfolio delle competenze[62]. Si specifica inoltre (Allegato C, sezione ”vincoli e risorse”) che i piani di studio personalizzati saranno realizzati all’interno del Piano dell’offerta formativa di ogni istituzione scolastica, predisposto “tenendo conto dei vincoli e delle risorse esplicitati dalla normativa vigente”.

Educazione degli adulti

L’art.1, comma 632, della legge finanziaria 2007 (L.296/2006) ha disposto il potenziamento dell’istruzione degli adulti con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana da parte degli immigrati; a tal fine ha affidato ad un decretodel Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata, la riorganizzazione dei centri territoriali permanenti per l’educazione degli adulti e dei corsi serali funzionanti presso le istituzioni scolastiche. Le strutture saranno riarticolate su base provinciale (con la denominazione di Centri provinciali per l'istruzione degli adulti) e dotate di autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, nonché di un proprio organico da determinare in sede di contrattazione collettiva nazionale.

 

I Centri Territoriali Permanenti, istituiti ai sensi dell’Ordinanza Ministeriale n. 455/1997, hanno unificato le precedenti esperienze dei corsi di alfabetizzazione e dei corsi per lavoratori. Le attività per gli adulti si svolgono su più sedi anche non scolastiche e sono coordinate dal Centro Territoriale che ha come riferimento amministrativo e didattico una istituzione scolastica della fascia dell’obbligo e come coordinatore responsabile il suo dirigente. Le attività (alfabetizzazione, apprendimento della lingua ecc), si svolgono mediante corsi lunghi di istruzione o moduli a carattere monografico e si concludono con il rilascio di titoli, certificazioni o attestazioni dei crediti formativi acquisiti. L’accesso é gratuito ed aperto a tutte le età, con precedenza per quanti chiedono il conseguimento di un titolo di studio (licenza media). I docenti sono assegnati dagli uffici scolastici regionali.

In sede di Conferenza unificata è stato adottato, il 2 marzo 2000, un accordo sull’educazione degli adulti, cui ha fatto seguito il 6 febbraio 2001 l’emanazione di linee guida da parte del ministero.

Con riguardo ai docenti si ricorda che l’art. 38 del Contratto collettivo nazionale del comparto scuola per il quadriennio 2002-2005 reca disposizioni sulle assegnazioni e l’orario del personale impegnato nel settore dell’educazione degli adulti in relazione alla specificità dell’attività.

Con riguardo ai finanziamenti, lo sviluppo dell’educazione permanente rientra tra gli obiettivi prioritari indicati annualmente dal ministero della Pubblica istruzione in sede di riparto del Fondo per l’offerta formativa (istituito dalla legge 18 dicembre 1997, n. 440): si ricorda inoltre che l’educazione degli adulti è inclusa tra gli interventi da finanziare ai sensi del piano programmatico[63] predisposto in attuazione dell’art. 1 comma 3, della legge 53/2003 (recante delega per il riordino dell’istruzione e della formazione professionale) nonché tra le finalità degli stanziamenti assegnati  (90 milioni di euro a decorrere dal 2004), per l’attuazione del medesimo piano, dall’art. 3, comma 92, della legge finanziaria 2004  (L.350/2003).

Integrazione degli studenti con handicap

L’integrazione degli studenti con handicap si realizza attualmente in tutti i gradi dell’istruzione scolastica all’interno delle classi ordinarie, secondo i princìpi stabiliti dalla legge quadro sull’handicap(legge 5 febbraio 1992, n. 104) poi confluiti nel Testo unico dell’istruzione (D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297). Si prevede in particolare che all'individuazione dell'alunno come persona con handicap ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, faccia seguito la redazione di un profilo dinamico-funzionale[64] ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori, gli operatori delle aziende sanitarie e il personale insegnante specializzato della scuola (art. 314 del DLgs 297/1994). Ulteriori strumenti per l’integrazione scolastica, oltre alla fornitura degli ausili tecnici indispensabili all’alunno, ed al citatoprogetto educativo, ono la limitazione del numero complessivo di alunni nelle classi con portatori di handicap[65] ed il supporto degli insegnanti di sostegno[66] che affiancano i docenti curriculari e sono forniti di particolare specializzazione.

 

L’art. 40, comma 3, della L. n. 449/1997[67] ha ridefinito i parametri delle dotazioni organiche degli insegnanti di sostegno prevedendo il rapporto di un insegnante di sostegno per 138 alunni frequentanti le scuole delle province. In attuazione di tale disposizione è stato adottato il D.M. 24 luglio 1998, il quale ha poi disposto (art. 44) che “in presenza di handicap particolarmente gravi, il Provveditore agli studi può assumere personale con rapporto di lavoro a tempo determinato anche in deroga al rapporto numerico” prefissato. L’art. 6 del Decreto interministeriale 28 novembre 2001 (Recante determinazione degli organici per l’anno scolastico 2001-2002), ha poi attribuito al dirigente scolastico provinciale l’istituzione e copertura dei posti di sostegno ed al dirigente scolastico l’eventuale copertura di ulteriori posti da attivare “per inderogabili esigenze” dopo il 31 agosto.

Da ultimo l’art. 35, comma 7, della legge 289/2002 (Legge finanziaria 2003) ha rimesso l'attivazione di posti di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni al dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale.

Il medesimo articolo ha previsto la ridefinizione della procedura per il riconoscimento della sussistenza dell’handicap ribadendone il carattere collegiale (in luogo della precedente attribuzione allo specialista della patologia denunciata ovvero allo psicologo esperto dell'età evolutiva in servizio presso le ASL); in attuazione alla disposizione citata è stato emanato il DPCM 23 febbraio 2006, n.185[68].

La disciplina sin qui richiamata è stata oggetto di modifica dall’art. 1 comma 605, lettera b) della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006)ai sensi del quale, con decreto del ministro della pubblica istruzione risultante dal concerto con il ministro della salute, è modificato il rapporto docenti di sostegno/alunni - definito dall’art. 40, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, procedendo all’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi.

Per quanto attiene la valutazione e le prove di esame degli studenti con handicap,la riforma del sistema dell’istruzione scolastica e professionale operata della legge n. 5372003 ed i successivi provvedimenti di attuazione, hanno confermato in linea di massima la disciplina particolare in materia recata dall’art. 318 del testo unico in materia di istruzione[69].


Formazione delle classi

Attualmente la disciplina della formazione delle classi è recata principalmente da norme di rango secondario: il Decreto Intermininisteriale 24 luglio 1998, n. 331[70] prevede in linea di massima, per le classi di scuola materna un massimo di 25 alunni ed un minimo di 15, per la scuola elementare un massimo di 25 alunni ed un minimo di 10, per la scuola media un massimo di 25 alunni ed un minimo di 15. Disposizioni specifiche sono dettate per classi che accolgano portatori di handicap (art. 10 del D.I. ) che possono essere costituite con meno di 25 alunni e, in casi particolari, di 20, nonché per la classi intermedie di ciascun ordine di scuole, per le sezioni ospedaliere e per le zone disagiate.

L’art. 6 del decreto interministeriale 21 marzo 2005 (relativo alle dotazioni organiche dei docenti per l’anno scolastico 2004-2005) ha poi disposto che le prime classi nelle scuole di istruzione secondaria di secondo grado siano costituite con un numero di alunni non inferiore a 20, da elevare a 27 in caso di classi iniziali articolate in gruppi di diversi indirizzi (di almeno 12 alunni ciascuno). E’ stato inoltre previsto l’accorpamento delle classi intermedie e finali qualora se ne preveda il funzionamento con un numero ridotto di alunni.

Recentemente l’art. 1 comma 605 lett. a) della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006)ha disposto la revisione dall’anno scolastico 2007/2008, dei parametri per la formazione delle classi e l’innalzamento del valore medio del rapporto alunni/classe dello 0,4; a tale adempimento dovrà provvedere un decreto del ministro della pubblica istruzione adottato di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze(art. 1 comma 606).

Misure per il diritto allo studio e “buono scuola”

Tasse scolastiche

L'art. 28 del d.lgs. n. 226 del 2005[71],emanato ai sensi della legge n. 53 del 2003 e recante le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione,ha disposto, a partire dall'anno scolastico 2006/2007, la gratuità dell’istruzione impartita nei primi tre anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale; relativamente ai percorsi citati non sono previste pertanto tasse di iscrizione e frequenza, mentre per gli anni successivi al terzo continua ad applicarsi l’eventuale esonero in base ai limiti di reddito[72].

Recentemente l’art. 1, comma 622, della legge finanziaria 2007[73] ha previstoperalmeno dieci annil’obbligo di istruzione (vedi infra) a partire dall’anno scolastico 2007/2008 ed ha ribadito il regime di gratuità dei primi tre anni delle scuole superiori o dei percorsi di istruzione formazione professionale (già previsto e finanziato dagli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs 226/2005).

Libri di testo

Sulla fornitura dei libri di testo, la legge finanziaria 2007 (art. 1 commi 628 e 629) ha inteso ampliare le misure agevolative già previste. In particolare:

·         viene estesa agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore la gratuità parziale dei libri di testo, autorizzata per alunni in possesso di determinati requisiti di reddito, dall'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448[74];

·         si estende a tutto il corso di studi la disciplina relativa alla  compilazione dei testi scolastici ed all'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria recate sempre dall’articolo 27 della legge 448/1998[75];

·         si autorizzano le istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori;

·         si consente ai comuni di fornire ad alunni in possesso dei requisiti richiesti che adempiono l’obbligo scolastico, i libri di testo anche in comodato e non solo in maniera gratuita o parzialmente gratuita, secondo quanto finora disposto dall’articolo 27 della legge n. 448 del 1998

Si ricorda che l’articolo 27, comma 1, della legge n. 448 del 1998 ha previsto - con uno stanziamento di 200 miliardi di lire - che i comuni garantissero, per l’anno scolastico 1999-2000, la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo agli alunni della scuola dell’obbligo nonché alla fornitura di libri di testo da dare anche in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore. L’articolo rimetteva quindi ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della pubblica istruzione, previo parere della Conferenza Stato-regioni e delle competenti Commissioni parlamentari, l’individuazione delle categorie degli aventi diritto al beneficio. Il DPCM del 5 agosto 1999, n. 320 ha quindi indicato i criteri (reddito familiare fino a 30 milioni, salvo aumenti per situazioni particolari) per l'individuazione dei beneficiari della fornitura gratuita o semigratuita dei testi scolastici nella scuola dell’obbligo (in sostanza, a partire dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado, in quanto gli alunni delle elementari già beneficiavano della fornitura gratuita dei libri di testo) nonché della fornitura in comodato (prevista per gli studenti della scuola secondaria superiore) ed ha provveduto a ripartire tra le regioni le somme stanziate dall'articolo citato.

Successivamente l’articolo 53 della legge finanziaria 2000 (legge 488/1999) ha esteso il beneficio all'anno scolastico 2000-2001, autorizzando a tal fine la spesa di lire 100 miliardi, finanziamento integrato con altri 100 miliardi dalla tabella D della stessa legge finanziaria. Il DPCM del 4 luglio 2000, n. 226 ha confermato, con alcuni piccoli aggiustamenti, le disposizioni del DPCM n. 320 del 1999, rendendo però - pur in mancanza di un’esplicita previsione legislativa - permanenti i benefici, tramite un rinvio alle disponibilità di bilancio annuali ed una conferma del meccanismo di riparto dei fondi tra le regioni, da aggiornare con gli ultimi dati ISTAT disponibili.

La fornitura gratuita dei libri di testo è stata quindi rifinanziata per gli anni seguenti, sempre per l’importo di 200 miliardi di lire - divenuti 103,3 milioni di euro con l’introduzione della nuova moneta - con la tabella D di successive leggi finanziarie[76].

Da ultimo il DPCM. 6 aprile 2006 n. 211, sempre intervenendo sul DPCM del 1999, ha demandato ad un decreto dirigenziale l’aggiornamento delle tabelle con i dati ISTAT ed ha inserite nelle suddette tabelle le Province autonome di Bolzano e Trento, il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d'Aosta, secondo il dettato della sentenza della Corte costituzionale 419/2001.

“Buono scuola”

Nel corso della XIV legislatura è stato poi introdotto un contributo particolare (c.d. “buono scuola”) a favore delle famiglie i cui figli frequentassero scuole paritarie[77]. L’art.2, comma 7, della legge finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002) ha infatti autorizzato a tal fine la spesa di 30 milioni di euro, per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2003 al 2005.

L’individuazione di un limite di reddito per l’accesso al beneficio, introdotta dalla legge finanziaria 2004 (L n. 350/2003: art. 3, co. 94), è stata abrogata dall’art. 14, comma 8-bis, del D.L. 35/2005 convertito dalla legge n 80 del 2005.

Va ricordato infine che la citata legge finanziaria per il 2004 (art. 3, comma111) ha finalizzato una quota del Fondo per le politiche sociali (per l’importo massimo di 100 milioni di euro negli esercizi 2004,2005 e 2006) all’erogazione del “buono scuola”; la norma è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 2004 in quanto lesiva dell’autonomia finanziaria delle regioni dal momento che incide sulla materia dell'“istruzione” attribuita alla competenza legislativa concorrente (articolo 117, terzo comma, della Costituzione).

La Corte ha rilevato tra l’altro che già prima della riforma del Titolo V l'articolo 138, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 112 del 1998 avevaconferito alle Regioni le funzioni amministrative relative a «i contributi alle scuole non statali»,nel cui ambito devono essere ricomprese anche le scuole paritarie (sentenza n. 177 del 2004). Vertendosi, dunque, in ambiti in cui le funzioni in esame non spettano allo Stato, la Corte ribadisce che non sono ammessi finanziamenti caratterizzati da vincoli di destinazione. La Corte ha fatto salvi comunque gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti.

Organi collegiali della scuola

Gli organi collegiali della scuola sono attualmente  disciplinati dagli artt. da 5 a 10 e da 26 a 50 del T.U. dell’istruzione.

Gli organi collegiali della scuola si collocano a livello di circolo[78] (nelle scuole materne ed elementari) e di istituto (nelle scuole secondarie) e sono:

 

·         il consiglio di intersezione (nelle scuole materne), di interclasse (nelle scuole elementari) oppure di classe (negli istituti secondari), presieduto dal dirigente scolastico, direttore didattico o dal preside (ovvero da un docente da questi delegato) e composto dai docenti di ogni singola sezione o classe, nonché da rappresentanti eletti dai genitori degli alunni e (nella scuola secondaria superiore) dagli alunni stessi.

In particolare,

·         del consiglio di intersezione  e di interclasse fa parte un rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti a ciascuna delle sezioni o classi interessate;

·         del consiglio di classe delle scuole medie fanno parte quattro rappresentanti eletti dai genitori degli iscritti;

·         del consiglio di classe delle scuole secondarie superiori fanno parte due rappresentanti dei genitori e due degli studenti .

I consigli di intersezione, di interclasse e di classe hanno il compito di formulare proposte al collegio dei docenti sull'azione educativa e didattica nonché di agevolare i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni; spettano inoltre a tali organi, alla sola presenza dei docenti, le competenze relative al coordinamento didattico ed alla valutazione periodica e finale degli alunni (art. 5 del T.U.).

 

§         il collegio dei docenti, presieduto dal dirigente scolastico e composto dai docenti di ruolo e non di ruolo: esso delibera in materia di funzionamento didattico dell'istituto, cura, nel rispetto della libertà di insegnamento dei docenti, la programmazione dell'azione educativa ed esercita, tenuto conto di eventuali proposte e pareri del consiglio di classe, tutta una serie di competenze dettagliatamente indicate nell'art. 7 del T.U..

Si ricorda inoltre che l’art.3, co.3, del D.P.R. n.275 del 1999[79], assegna al collegio dei docenti- sulla base degli indirizzi generali definiti dal consiglio di circolo o di istituto nonché delle proposte dei genitori e (per la scuola secondaria superiore) degli studenti- l’elaborazione del Piano dell’offerta formativa (POF), ai fini della successiva adozione da parte del consiglio di circolo o di istituto.

 

§         il consiglio di circolo o di istituto (art. 8 T.U.) è composto da rappresentanti del personale docente, del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, dei genitori degli studenti e - nella scuola secondaria superiore - degli studenti stessi, nonché dal dirigente scolastico. Il consiglio è presieduto da uno dei membri -eletto tra i rappresentanti dei genitori degli alunni -ed elegge nel suo seno una giunta esecutiva, composta di un docente, un impiegato amministrativo, tecnico o ausiliario, due genitori (un genitore ed un rappresentante degli studenti nella scuola secondaria superiore); sono membri di diritto della giunta esecutiva il dirigente scolastico, che la presiede, ed il capo dei servizi di segreteria dell'istituto, che svolge funzioni di segretario (art. 9 T.U.).

       Le attribuzioni del consiglio di istituto e della giunta esecutiva sono poi definite nell'art. 10 del T.U. ed integrate dai regolamenti attuativi dell’art. 21 della legge 59/1997[80] (così detta “Bassanini 1”) che ha disposto l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia didattica, di ricerca, organizzativa e finanziaria alle singole istituzioni scolastiche. I due organismi hanno, tra le altre, competenze relative all’impiego dei mezzi finanziari dell’istituzione scolastica con particolare riferimento alla predisposizione del documento contabile annuale; all’approvazione del conto consuntivo ed alla gestione dell’attività negoziale(DM 44/2001)[81]. Il consiglio di istituto ha inoltre competenze relative all’ adozione del regolamento interno, alla programmazione delle attività didattiche con particolare riferimento all’approvazione del Piano dell’offerta formativa (art.3, co.3, D.P.R. n.275 del 1999), ed alla predisposizione di iniziative complementari e integrative dell’iter formativo degli studenti (art .4, comma 4, del D.P.R. n. 567 del 1996[82],)  ivi comprese le modalità di apertura della scuola in relazione alle domande di tipo educativo e culturale provenienti dal territorio.

 

Si ricorda, infine, che ai genitori degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado e agli studenti della scuola secondaria superiore è riconosciuto il diritto di assemblea, disciplinato negli artt. da 12 a 15 del T.U.

In particolare, l’art.13 prevede che i rappresentanti degli studenti nei consigli di classe possano esprimere un comitato studentesco di istituto (comma 4), che può formulare proposte direttamente al consiglio di istituto (comma 5). L’art. 4, comma 4, del D.P.R. n. 567 del 1996, ha poi previsto che il comitato studentesco, integrato con i rappresentanti degli studenti nel consiglio di istituto e nella consulta provinciale[83], formuli proposte ed esprima pareri su tutte le attività integrative e le iniziative complementari nelle istituzioni scolastiche.

Obbligo scolastico e accesso al lavoro

La legge finanziaria 2007 (legge 296/2006, art.1, commi 622-624),ha ridefinito l’obbligo scolastico ed ha innalzato l’età minima per l’accesso al lavoro.

L’art.1 comma 622 della legge dispone infatti che, a decorrere dall’anno scolastico 2007/2008, l’istruzione sia impartita obbligatoriamente per almeno dieci anni (e sia finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età); a tal fine viene elevata a 16 anni l’età per l’accesso al lavoro[84].

 

In precedenza l’art. 1 del D.Lgs.76/2005, emanato in attuazione della legge 53/2003 - riprendendo quanto stabilito dall’art. 2, comma 1,  lettera c), della predetta legge- faceva riferimento alla nozione di “diritto-dovere all’istruzione e alla formazione” e precisava che è assicurato a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto, ai sensi del D.Lgs. citato, si realizzava nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie, anche attraverso l’apprendistato[85] .

L’articolo 28 del D.Lgs.226/2005 prevedeva che a partire dall’anno scolastico 2006-2007 il diritto dovere all’istruzione, di cui al d.lgs.76/2005 comprendesse i primi tre anni degli istituti di istruzione secondaria superiore e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale realizzati sulla base dell'accordo-quadro in sede di Conferenza unificata 19 giugno 2003. Per tali percorsi sperimentali continuano ad applicarsi l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni 15 gennaio 2004 e l'accordo in sede di Conferenza Unificata 28 ottobre 2004[86].

 

La disciplina recata dalla legge finanziaria 2007 esclude l’assolvimento dell’obbligo nell’ambito dell’apprendistato

La norma, pertanto, sembra distinguere tra il diritto-dovere, che ai sensi della legge n. 53 (non modificata) è assicurato per dodici anni, e l’obbligo scolastico, che viene assicurato per dieci anni. In entrambe le formulazioni è comunque contenuta la finalizzazione (rispettivamente dell’obbligo o del diritto-dovere)al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

 

Con riguardo all’attuazione della nuova disciplina dell’obbligo, la legge finanziaria 2007 (art.1 comma 622) rinvia ad un decreto ministeriale da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400) le indicazioni sui curricula dei primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore.

Sono comunque autorizzati accordi tra Ministero e regioni per l’effettuazione di progetti particolarmente finalizzati alla riduzione della dispersione[87] ed al successo nell'assolvimento dell'obbligo. Questi ultimi potranno essere realizzati da strutture formative accreditate inserite in apposito elenco predisposto secondo criteri predefiniti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti. In particolare poi (art.1, comma 623) si consente che nella provincia autonoma di Bolzano l’ultimo anno dell’obbligo scolastico possa essere speso anche nelle scuole professionali provinciali in abbinamento con adeguate forme di apprendistato[88]. La norma prefigura pertanto una sorta di deroga rispetto alle prescrizioni contenute nel comma 622 in materia di obbligo scolastico.

 

L’art.1, comma 624, della citata legge finanziaria 2007 autorizza, fino alla messa a regime della nuova disciplina, la prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 28 del D.Lgs. 226/2005 (vedi supra)confermando i relativi finanziamenti che tuttavia - per una quota massima del tre per cento - sono riservati a misure generali ivi compreso il monitoraggio e la valutazione. Per l’effettuazione dei corsi si demanda ad decreto ministeriale (risultante dal concerto del Ministro della pubblica istruzione con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza) l’indicazione dei criteri in base ai quali le regioni potranno accreditare apposite strutture.

Asili nido

L'asilo nido è sorto in Italia come servizio pubblico per la fascia di età fino a tre anni grazie alla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, "Piano quinquennale per l'istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato"  e dei nidi aziendali.

La legge definisce l'assistenza negli asili nido come un servizio sociale di interesse pubblico, nel quadro di una politica per la famiglia tesa anche ad assicurare l'accesso della donna al mondo del lavoro. Al fine di realizzare la costruzione in un quinquennio di 3.800 asili nido, la legge istituisce uno speciale fondo per gli asili nido che il Ministro della sanità ripartisce annualmente fra le regioni; le Regioni titolari di fondi assegnano contributi ai Comuni per la costruzione o per la gestione degli asili nido, che possono essere integrati dalle Regioni direttamente o attraverso altre forme di finanziamento. La verifica dello stato di attuazione dei piani annuali degli asili nido è di competenza del Ministro della sanità, mentre la vigilanza igienica è affidata alle ASL.

Dell’ammontare dei contributi così riscossi si tiene una contabilità separata .

I criteri generali per la costruzione, la gestione e il controllo degli asili nido sono stabiliti dalla Regione con proprie norme legislative.

 

Occorre inoltre segnalare altri due provvedimenti che interessano anche la materia dei servizi per la prima infanzia.

Il primo è la legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, che prevede finanziamenti per le attività socio-educative in favore della prima infanzia. In particolare, l’articolo 5, comma 1, ammette il finanziamento di progetti per la realizzazione di servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale per bambini da zero a tre anni, che prevedano la presenza di genitori, familiari o adulti che quotidianamente si occupano della loro cura, organizzati secondo criteri di flessibilità; nonché la realizzazione di servizi con caratteristiche educative e ludiche per l'assistenza a bambini da diciotto mesi a tre anni per un tempo giornaliero non superiore alle cinque ore, privi di servizi di mensa e di riposo pomeridiano. Il successivo comma 2 precisa che tali servizi non sono comunque sostitutivi degli asili nido previsti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e possono essere anche auto organizzati dalle famiglie, dalle associazioni e dai gruppi.

L'altro provvedimento è la L. 8 novembre 2000, n. 328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", che costituisce il quadro istituzionale di riferimento anche per le misure di sostegno e promozione della condizione dell’infanzia, dell’adolescenza e delle responsabilità familiari, da realizzare attraverso servizi, misure economiche e organizzazione dei tempi tali da favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare.

 

Per quanto concerne l’integrazione dei bambini portatori di handicap, si ricorda la legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), che disciplina anche i profili dell’integrazione scolastica.

In particolare, l’art.12 garantisce il diritto della persona portatrice di handicap all'educazione scolastica, presso asili-nido e - successivamente- in classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle università. A questo fine, dopo l'individuazione dell'alunno come persona handicappata, deve essere predisposto un piano educativo personalizzato da parte degli operatori delle USL, il personale insegnante specializzato della scuola, e l'insegnante operatore psicopedagogico, individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro dell'istruzione. Sono previste verifiche periodiche, sempre da parte degli operatori delle USL [89], della scuola e con l'apporto delle famiglie, per controllare gli effetti dei diversi interventi. Sempre l'art. 12, co. 9, precisa che per i minori portatori di handicap temporaneamente impediti a frequentare la scuola, devono essere istituite, nei luoghi di ricovero, classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale [90].

Le nuove risorse per lo sviluppo degli asili nido

L’art. 70della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), di cui l’articolo 29 del progetto di legge in esame propone l’abrogazione, ha disciplinato il finanziamento e la promozione degli asili nido, definiti come le "strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni e a sostenere le famiglie e i genitori” che “rientrano nelle competenze fondamentali dello Stato, delle regioni e degli enti locali” .

La norma dispone l’istituzione di un fondo per gli asili nido nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La dotazione del fondo è pari a 50 milioni di euro per il 2002, 100 milioni di euro per il 2003 e 150 milioni di euro per il 2004. La quantificazione per gli anni successivi è demandata alla tabella C della legge finanziaria annua.

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, è operato il riparto delle risorse del fondo tra le regioni.

In particolare, una disposizione concerne l'istituzione di micro-nidi, nell'ambito dei propri uffici, da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali (per i figli dei relativi dipendenti), nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio. Gli standard minimi organizzativi devono essere definiti dalla Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali.

La norma prevede infine anche delle agevolazioni fiscali in favore dei genitori e dei datori di lavoro per le spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro, realizzati sia dai comuni che da privati. la definizione della disciplina relativa alla deducibilità dalle imposte sui redditi è demandata a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; gli oneri a carico della finanza pubblica non potranno superare il tetto predeterminato dalla legge (6 mln di euro nel 2002, 20 mln di euro nel 2003 e 25 mln di euro nel 2004).

 

La legge n. 289 del 2002(legge finanziaria per il 2003), all’art. 91, di cui l’articolo 29 del progetto di legge in esame propone l’abrogazione, istituisce, a decorrere dall'anno 2003, il Fondo di rotazione per la realizzazione di servizi di asili nido e micro-nidi nei luoghi di lavoro, il cui finanziamento è posto a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.

Sonospecificate le indicazioni (stima dei tempi di realizzazione; entità del finanziamento richiesto; stima del costo di esecuzione dell'opera) necessarie ai fini della formulazione della domanda di ammissione al finanziamento – da presentare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali si provvede alla revoca del finanziamento in caso di ingiustificati ritardi o di gravi irregolarità nell'impiego dei contributi.

Ad un altro decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con quello dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità, è invece affidata la definizione i criteri per la concessione dei finanziamenti, tenendo conto dei alcuni parametri precisati dalla legge medesima.

I commi 1259-1260  della legge 27 dicembre dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria per il 2007) promuovonolo sviluppodel sistema territoriale dei servizi socio-educativi.

Il comma 1259 prevede che, fatte salve le competenze delle regioni e degli enti locali, il Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri della pubblica istruzione, della solidarietà sociale e per i diritti e le pari opportunità, promuove una intesa in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei criteri sulla cui base le regioni attuano un piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, al quale concorrono gli asili nido, i servizi integrativi e i servizi innovativi nei luoghi di lavoro, presso le famiglie e presso i caseggiati.

Il piano straordinario di cui sopra è finalizzato al conseguimento, entro il 2010, dell’obiettivo comune della copertura territoriale del 33 per cento fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 e alla riduzione degli squilibri esistenti tra le diverse aree del Paese.

Per le finalità del piano è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

Il comma 1260, inoltre, prevede che per le finalità del piano possa essere utilizzata anche parte delle risorse stanziate per il Fondo per le politiche della famiglia di cui al comma 1250 della stessa legge finanziaria.

Da segnalare inoltre l’articolo 1, comma 630 della stessa legge, che prevede l’attivazione di progetti sperimentali di formazione rivolti a bambini dai 24 ai 36 mesi di età, previo accordo in sede di Conferenza unificata. Viene contestualmente abrogato l'articolo 2 del D.Lgs. 59/2004, ai sensi del quale possono essere iscritti alla scuola dell’infanzia le bambine e i bambini che compiono i tre anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento. Alla copertura della spesa connessa ai nuovi percorsi, si provvede utilizzando le risorse di cui all'articolo 7, comma 5, della legge 28 marzo 2003, n. 53, destinate al finanziamento della sperimentazione delle iscrizioni anticipate alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria (66.198 euro a decorrere dal 2005).

 

Circa i Fondi statali destinati al finanziamento degli asili nido, si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 370 del 2003, ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni dell’art. 70 della legge n. 448 del 2001, pur rigettando la tesi, contenuta in alcuni ricorsi regionali, che la problematica degli asili nido sia riconducibile interamente nell’ambito dei servizi sociali e quindi rientri nella competenza esclusiva regionale. Tuttavia non può neanche richiamarsi nel caso di specie l’art. 117, comma 2, lett. m), concernente i livelli essenziali di assistenza, invocati nella memoria dell’Avvocatura dello Stato.

La Corte, anche sulla base dell’evoluzione normativa in merito alla funzione degli asili nido, ritiene infatti che siano oggi prevalenti i profili relativi alla formazione ed istruzione  pre scolare del bambino (oltre che ad alcuni profili della tutela del lavoro, connessi alla finalità di favorire la conciliazione tra tempi lavorativi ed impegni familiari): pertanto gli interventi in materia debbono essere ricondotti nell’ambito della potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni.

La Corte ritiene in conclusione illegittima, ai sensi dell’art. 119 della Cost., la costituzione di un fondo statale a destinazione vincolata, perché non rientrante nella fattispecie di cui al comma quinto dello stesso art. 119 Cost., in ordine agli interventi sociali a favore di determinate regioni o enti locali. Il Fondo in questione lederebbe pertanto l’autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali, mantenendo indebitamente poteri discrezionali allo Stato.

La Corte ha altresì censurato un’altra disposizione dell’art. 70, che affidava alla Conferenza Unificata Stato e autonomie locali la determinazione degli standard minimi organizzativi relativi ai micro nidi nei luoghi di lavoro, in quanto in tal modo si verrebbe a negare la competenza legislativa delle regioni, nell’ambito dei principi posti dal legislatore statale.

In attuazione di tale sentenza, le risorse del Fondo per gli asili nido sono confluite dell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali.

 

Con la sentenza n. 320 del 2004, è stata dichiarata l’illegittimità anche delle norme sul Fondo di rotazione per il finanziamento dei servizi di asili nido o micro nidi, di cui all’art. 91 della legge n. 289 del 2002.

La Corte richiama i principi contenuti nella sentenza n. 370 del 2003, in merito alla inclusione di tali interventi nell’ambito della potestà concorrente di Stato e Regioni. La Corte ribadisce che il sistema di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni delineato dall'art. 117 Cost. «vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiché ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze».

Nella stessa sentenza, la Corte precisa anche che «le funzioni attribuite alle Regioni ricomprendono la possibilità di erogazione di contributi finanziari a soggetti privati, dal momento che in numerose materie di competenza regionale le politiche pubbliche consistono appunto nella determinazione di incentivi economici ai diversi soggetti che vi operano e nella disciplina delle modalità per loro erogazione».

 


Contenuto delle proposte di legge in esame

Le tre proposte di legge in esame (AC 1278, AC 1299 e AC 1600) recano disposizioni incidenti, per profili diversi, sul sistema di istruzione.

La proposta di legge AC 1600 di iniziativa popolare reca un intervento organico di riforma del sistema di istruzione.  Le proposte di legge AC 1278 e 1299 presentano un ambito di applicazione più circoscritto, incidente sul diritto allo studio per la pdl AC1278, e l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione fino a 18 anni per la pdl AC 1299.

La proposta di legge di iniziativa popolare (AC 1600)

La pdl A.C. 1600 (di iniziativa popolare) si compone di 29 articoli suddivisi in cinque capi.

 

Il capo I (artt. 1-18) delinea i principi, le finalità e l’articolazione del sistema educativo di istruzione statale; definisce il diritto all’istruzione e l’obbligo scolastico; prefigura misure finalizzate a ridurre la dispersione scolastica, e ad assicurare l’integrazione degli alunni stranieri e degli alunni con handicap ( con particolare riferimento ai criteri per la formazione delle classied alla determinazione degli organici); indica nuovi strumenti di partecipazione e valutazione; dispone il varo di un piano per l’edilizia scolastica.

 Il capo II (art. 19) definisce le caratteristiche dei nidi di infanzia e le competenze dello Stato e degli enti locali nella loro realizzazione e gestione.

I capi III (artt. 20-22) e IV (23-28) precisano, rispettivamente, l’organizzazione della scuola di base e della scuola superiore.

Il capo V (art. 29) elenca le norme abrogate

Il sistema educativo di istruzione statale

Nel delineare i principî (art. 1) del sistema educativo di istruzione statale la proposta di legge richiama il pluralismo, la laicità, la crescita e valorizzazione della persona, la formazione del cittadino e della cittadina, l'acquisizione di conoscenze e competenze utili per l'inserimento nel mondo del lavoro; vengono richiamati, per tali profili, i principî sanciti dalla Costituzione,dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo[91] e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo[92]

Il sistema educativo di istruzione è chiamato poi a rimuovere le limitazioni di vario tipo all’effettiva libertà ed uguaglianza dei cittadini e delle cittadine, e ad assicurare a tutti i soggetti del mondo educativola partecipazione al governo dello stesso.

 

Si fa presente che l’articolo 1 in esame richiama il “sistema educativo di istruzione statale” che, ai sensi d successivo articolo 4, si articola nei nidi d’infanzia, nella scuola di base e nella scuola superiore. In proposito si ricorda che, ai sensi della legge n. 62/2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie e private e degli enti locali[93].

 

Le finalità (art. 2) del sistema educativo sono indicate nell’acquisizione di saperi, conoscenze, linguaggi, abilità, atteggiamenti e pratiche relazionali, considerati nell’ottica dell’apprendimento permanente e con costante attenzione all’educazione ed interazione interculturale, intesa come valorizzazione delle diversità e come metodo trasversale a tutte le discipline.

Si dispone inoltre che la pratica scolastica consista - oltre che nella didattica frontale - in attività di laboratorio, momenti ludico-educativi, lavoro individuale e di gruppo, scambi culturali tra istituti e con scuole di altri Paesi, attività aperte al territorio.

 

Si ricorda in proposito che le finalità del sistema dell’istruzione sono attualmente indicate agli art. 1, comma1, 5 e 9, comma 1, del D. Lgs. 59/2004 con riferimento, rispettivamente, alla scuola dell’infanzia, all scuola primaria ed alla scuola secondari a di primo grado; all’art.1, comma 3, del D.Lgs. 226/2005 con riferimento al secondo ciclo del sistema educativo.

Va segnalato inoltre che alcune delle indicazioni recate dall’art.2 della pdl relativamente all’organizzazione della didattica possono essere realizzate nell’ambito dell’autonomia didattico organizzativa e finanziaria attribuita alle istituzioni scolastiche dall’art. 21 della L. 59/1997 (così detta “Bassanini 1”) e dai successivi regolamenti di attuazione. In particolare queste ultime predispongono annualmente un Piano dell'offerta formativa - POF (art.3 D.P.R. 275/1999[94]) che è il “documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche”; esso “esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia”, in armonia con gli obiettivi generali di ciascun indirizzo di studio (fissati a livello nazionale), ma raccordandosi con il contesto culturale e socio-economico nel quale opera la struttura scolastica[95].

L’art. 9 del DPR citato dispone, tra l’altro, che le istituzioni scolastiche realizzino ampliamenti dell’offerta formativa anche in relazione alle esigenze del contesto socio culturale ed in collegamento con iniziative promosse dagli enti locali; tali iniziative sono destinate agli studenti ma anche ai loro genitori o comunque in generale agli adulti del territorio[96].

Da ultimo, la legge finanziaria 2007 (L.296/2006, art.1 comma 627) reca misure per il potenziamento dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche anche al di fuori dell’orario di lezione; a tal fine prevede che il ministro della pubblica istruzione definisca criteri e parametri per l’assegnazione di risorse finanziarie alle istituzioni medesime.

Nell’ambito dell’organizzazione didattica del primo e del secondo ciclo dell’istruzione, disciplinato dai D.Lgs. 59/2004 e 226/2005 attuativi della legge 53/2003, sono inoltre previsti attività e insegnamenti facoltativi. Questi ultimi saranno proposti nel piano dell’offerta formativa dell’istituzione scolastica: la scelta sarà facoltativa e opzionale per gli studenti, la frequenza sarà gratuita, ma obbligatoria una volta effettuata la scelta (all’atto dell’iscrizione ).

 

L’ art. 3 relativo al diritto allo studio riconosce a tutti i cittadini il diritto all'educazione, all'istruzione, alla formazione :tale diritto è garantito tramite la totale gratuità della scuola statale (anche per quanto riguarda libri di testo e trasporto) ed il sostegno all’educazione degli adulti.

L’articolo prevede inoltre che sia riservato al sistema educativo di istruzione almeno il 6 per cento del PIL e che l’attivazione ed il funzionamento di scuole private di ogni ordine non comporti oneri a carico dello Stato, delle regioni e degli enti locali richiamando per tale profilo l’art. 33 della Costituzione.

 

Con riguardo all’attuale disciplina del diritto allo studio si rinvia alla scheda di lettura sulla normativa vigente; si ricorda comunque che la legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) reca disposizioni relative alla gratuità e comodato dei libri di testo (art. 1, commi 628 e 629) ed al potenziamento dell’educazione degli adulti (art.1 comma 632).

La medesima legge finanziaria (art.1 commi 635 e 636) ha incrementato per complessivi 100 milioni di euro, a decorrere dal 2007, gli importi attualmente iscritti nelle u.p.b “Scuole non statali” destinandoli prioritariamente alle scuole per l’infanzia ed ha rinviato (pur stabilendo criteri di massima) ad un decreto annuale del Ministro della pubblica istruzione la definizione dei parametri per l'assegnazione dei contributi.

 

 

L’articolazione del sistema educativo di istruzione e gli obiettivi formativi dei diversi livelli sono disciplinati dagli artt. 4 e 5 .

Il sistema educativo di istruzione si articola nei nidi d'infanzia (che attualmente non ne fanno parte), nella scuola di base (composta dalla scuola dell'infanzia, della durata di tre anni, dalla scuola elementare, della durata di cinque anni, e dalla scuola media, della durata di tre anni) e nella scuola superiore (articolata in un biennio unitario ed un triennio d'indirizzo).

 

Ai sensi della “legge Moratti” (53/2003) e dei successivi provvedimenti di attuazione (vedi scheda di lettura sul quadro normativo vigente) il sistema scolastico è stato riarticolato come indicato di seguito:

§       scuola dell'infanzia di durata triennale per la quale è assicurata la generalizzazione dell'offerta formativa;

§       primo ciclo di istruzione, costituito dalla scuola primaria, della durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di tre anni La scuola primaria è articolata in un primo anno, teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali; la scuola secondaria di primo grado si articola in un biennio e in un terzo anno. Il ciclo si conclude con un esame di Stato, il cui superamento costituisce titolo di accesso al sistema dei licei e al sistema dell'istruzione e della formazione professionale;

§       secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione costituito dal sistema dell'istruzione secondaria superiore e dal sistema dell'istruzione e della formazione professionale. Fanno parte del sistema dell'istruzione secondaria superiore i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali[97].I percorsi liceali sono sei (artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico), hanno durata quinquennale e si concludono con un esame di Stato il cui superamento è titolo di accesso all'università e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica. Ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e istruzione professionale, i percorsi del sistema dell'istruzione e della formazione professionale realizzano profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale, se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione (LEP) definiti dallo Stato.

L’attuazione della cosidetta “riforma Moratti” è stata completata con l’anno scolastico 2006-2007 per quanto riguarda il primo ciclo (il cui riordino era stato avviato dall’anno scol. 2004-2005 con le 5 classi della scuola primaria e successivamente con le classi della scuola secondaria). Non è stato avviato, invece, il nuovo percorso del secondo ciclo il cui inizio - originariamente fissato per l’anno scolastico 2007-2008 (art.27 D.Lgs.226/2005) - è stato poi rinviato al 2008-2009 (art.1, comma 8, della legge 12luglio 2006 n. 228[98])

 

I capi dal II al IV della pdl (artt. 19-27), al quali si rinvia per il commento, specificano poi la caratteristiche di ciascuno dei livelli sopra elencati.

 

Con riferimento ai programmi scolastici la pdl dispone (art. 14) l’adozione di quelli vigenti[99] prima dell’emanazione dei decreti legislativi di attuazione della “legge Moratti” relativa al primo e al secondo ciclo dell’istruzione (decreti legislativi 59/2004 e 226/2005); ciò in attesa di una ridefinizione dei programmi stessi ad opera del ministero sulla base delle elaborazioni di un gruppo di lavoro costituito da docenti ed esperti  nominati su indicazione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione.

 

Per quanto attiene i programmi scolastici la legge 53/2003 (art.7) affidava ad un regolamento (da emanarsi ai sensi dell’art.17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400) l’individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio; in allegato decreti legislativi recanti riordino del primo e del secondo ciclo di istruzione sono riportate indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati relativi ai vari ordini di scuole nonché profilo educativo degli studenti in uscita; a tali indicazioni si fa riferimento nei medesimi decreti per la programmazione delle attività scolastiche.

 

Per l’obbligo scolastico la pdl in esame (art. 7) fissa l’arco temporale che va dal terzo anno della scuola dell’infanzia al compimento del diciottesimo anno d'età, precisando che l’assolvimento dell’obbligo si espleta esclusivamente nel sistema dell’istruzione.

Sono inoltre dettate (nel medesimo articolo) indicazioni generali per la valutazione degli alunni precisando che la non ammissione ad una classe non può essere determinata da motivi comportamentali, può essere proposta solo se il progetto d'individualizzazione- appositamente predisposto- non abbia avuto efficacia, deve comunque essere accompagnata da indicazioni volte al raggiungimento- nell'anno successivo -degli obiettivi prefissati.

 

Si ricorda che – facendo rinvio per maggiori dettagli alla scheda di lettura sulla normativa vigente – che l’art. 1 del D.Lgs.76/2005, emanato in attuazione della legge 53/2003, fa riferimento al “diritto-dovere all’istruzione e alla formazione”, da assicurare a tutti per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nel sistema educativo di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie, oppure nell’apprendistato[100]..

La legge finanziaria 2007 (legge 296/2006, art.1, commi 622-624),ha previsto un obbligo di istruzione per almeno 10 anni, innalzando (da 15 a 16 anni) l’età minima per l’accesso al lavoro.

L’obbligo si espleta nella frequenza delle scuole del secondo ciclo del sistema dell’istruzione, vengono pertanto esclusi apprendistato e formazione professionale (fatte salve le deroghe autorizzate dalla legge medesima).

 

La pdl reca poi misure generali (artt. 6, 8, 11, 12, 13) volte, da un lato, ad assicurare la continuità dell’apprendimento nei diversi livelli del sistema educativo di istruzione (art. 6); dall’altro a ridurre i disagi derivanti da vari fattori (handicap, diversità religiosa, linguistica, culturale, di genere).

Allo scopo di garantire continuità nell’apprendimento il Ministero della pubblica istruzione definirà i profili di uscita relativi ad ogni ordine di scuola; in relazione a questi ultimi ogni istituto predisporrà i percorsi didattici di raccordo che saranno realizzati da docenti ed alunni con il diretto sostegno del Ministero stesso(art. 6).

Con riguardo alla formazione delle classi (art. 8): si prescrive in generale che il numero degli alunni non sia superiore a ventidue, e si riduca a diciannove (art. 12, comma 5) nel caso di inserimento di un alunno con handicap ed a venti nelle aree a forte disagio socio ambientale (art. 11, comma 3).

Si esclude inoltre la formazione di classi differenziali sul piano delle abilità, dei risultati scolastici, delle credenze religiose, delle origini culturali, del genere e di qualsiasi altro criterio atto a pregiudicare le pari opportunità di apprendimento e integrazione.

Si demanda peraltro alle scuole l’individuazione di progetti specifici finalizzati a combattere la dispersione (art. 11)ed a favorire l’integrazione degli alunni con handicap(art. 12)e degli alunni immigrati (art. 13); prevedendo altresì che il ministero della pubblica istruzione assicuri a tali progetti adeguato supporto finanziario.

Con riguardo alla dispersione scolastica si prevede, in particolare, che sia assegnata alle scuole una dotazione aggiuntiva di docenti, opportunamente formati. Quest’ultima affiancherà gli insegnanti di classe nella progettazione e realizzazione interventi destinati ad alunni in situazione di disagio ambientale o con difficoltà di apprendimento.

In relazione agli alunni diversamente abili (art. 12), oltre a ribadire le modalità di integrazione già in atto -consistenti, oltre che nell’adozione di un progetto educativo individualizzato, nella riduzione del numero di alunni per classe e nell’assegnazione di insegnanti di sostegno-, si prescrive il rafforzamento della presenza dei docenti di sostegno fino a coprire tutto l’orario di permanenza dell’alunno nella scuola. Con riguardo all’assegnazione di questi ultimi si specifica che essa sarà assicurata dal Ministero della pubblica istruzione in base alla richiesta inoltrata dalle singole scuole.

Per il migliore inserimento degli alunni immigrati (art. 13) si prevede l’alfabetizzazione nella lingua italiana e l’insegnamento di lingua e cultura madre.

A tal fine si dispone l’assegnazione alle scuole di una dotazione aggiuntiva di docenti e mediatori culturali opportunamente formati; essa sarà determinata nella misura di almeno un docente ogni cinque alunni che abbiano necessità di prima alfabetizzazione, e di almeno un docente ogni venticinque studenti di recente immigrazione ( ovvero residenti in Italia da meno di tre anni).

Si prevede infine che lo Stato assicuri alle scuole i mezzi per impartire agli alunni almeno un’ora di insegnamento settimanale della lingua e cultura madre- anche in rete con altri istituti- e per realizzare percorsi di accoglienza ed orientamento riservati alle famiglie.

 

Circa il quadro normativo vigente sulle misure sopra indicate, si rinvia alla scheda di lettura sul quadro normativo vigente.

Si ricorda comunque che la legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha disposto (art. 1 comma 605 lett. a) e b)) la revisione dei parametri per la formazione delle classi (con innalzamento del valore medio del rapporto alunni/classe dello 0,4) nonché la modifica del rapporto docenti di sostegno/alunni (ora definito in ragione di uno ogni 138 alunni frequentanti le scuole della provincia[101]) nell’ottica di individuare gli organici corrispondenti alle effettive esigenze. L’attuazione delle misure elencate è demandata a decreti del ministro della pubblica istruzione da adottare di concerto con gli altri ministri interessati (art. 1 comma 606 della L.296/2006).

 

Gli articoli 9 e 10 della pdl recano disciplina della funzione docente e degli organici. Si stabilisce tra l’altro l’unicità della funzione docente, con esclusione di ogni forma di gerarchia e si sottolinea l’importanza della qualificazione iniziale ed in itinere. Per la nomina dei capi di istituto si prevede un concorso nazionale per titoli ed esami, aperto ai docenti con 10 anni di servizio nella scuola statale.

 

L’accesso alla dirigenza scolastica è in corso di ridefinizione in quanto l’art.1, comma 618, della L. 296/2006 ha affidato ad un regolamento di delegificazione l’indicazionedi una nuova procedura concorsuale (in sostituzione di quella recata dall’art. 29 del D. Lgs.165//2001[102]) ed ha stabilito per tale procedura alcuni criteri generali.

 

La pdl dispone la determinazione annuale delle dotazioni organiche, con previsione di dotazioni aggiuntive finalizzate alla realizzazione dei progetti speciali (cui si è accennato sopra) per la riduzione della dispersione, l’integrazione degli alunni con handicap e degli alunni immigrati. Si dispone altresì l’adozione di regolamenti atti a realizzare la stabilizzazione del personale docente.

 

Alla valutazione del proprio progetto educativo (art. 15) provvederà ogni istituzione scolastica attraverso un percorso annuale di autovalutazione che sarà alimentato dalle riflessioni degli allievi e delle famiglie e che si avvarrà dell'apporto di professionisti (docenti o specialisti in discipline connesse alla didattica). Per tale attività è previsto il sostegno finanziario dello Stato.

 

La valutazione del sistema scolastico è attualmente affidata all Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e di formazione  secondo le indicazioni recate dal D.Lgs. 286/2004[103](emanato in attuazione della più volte citate L.53/2003). L’istituto, in concorso con le istituzioni scolastiche e formative e con gli enti locali, ha il compito di valutare l'efficienza e l'efficacia del sistema di istruzione inquadrando tale valutazione nel contesto internazionale. A tal fine l’Istituto effettua verifiche periodiche sulle conoscenze degli studenti; collabora con le singole scuole per la realizzazione di autonome iniziative di monitoraggio, valutazione e autovalutazione; promuove studi e ricerche[104].

 

 Agli organi collegiali già operanti nella gestione delle istituzioni scolastiche (consiglio di classe, collegio dei docenti, consiglio di circolo o di istituto, comitato degli studenti[105]) la pdl affianca (art.16) nuovi organismi: il consiglio dei genitori, il collegio del personale ausiliario-tecnico-amministrativo e, nelle scuole medie, il consiglio degli studenti e delle studentesse.

Particolare rilievo viene attribuito alla pubblicità degli atti e dell’attività svolta dalle scuole, prescrivendo tra l’altro che ciascuna sia dotata di un sito internet, costantemente aggiornato (art.17).

 

Viene infine disposto il varo, in tempi brevi, di un piano per l'edilizia scolastica (art.18), risultante dal concerto del Ministro della pubblica istruzione con gli enti locali preposti; si specificano contestualmente i requisiti necessari per le nuove costruzioni o per l’adeguamento di quelle esistenti.

 

La materia dell’edilizia scolastica è stata disciplinata dalla legge 11 gennaio 1996, n. 23[106]; ai sensi di questa (art. 4) la programmazione si realizza mediante piani generali triennali e piani annuali di attuazione predisposti e approvati dalle regioni, sentiti gli uffici scolastici regionali, sulla base delle proposte formulate dagli enti territoriali competenti sentiti gli uffici scolastici provinciali, che all’uopo adottano le procedure consultive dei consigli scolastici distrettuali e provinciali[107].

Alla ripartizione delle risorse tra le regioni provvede il Ministro dell’istruzione con proprio decreto (l’ultimo dei quali, relativo alle prime due annualità del terzo triennio di programmazione,cioè dal 2003 al 2005, reca la data del 30 ottobre 2003).

Quanto alla ripartizione delle competenze, ai comuni spetta la fornitura e la manutenzione degli edifici da destinare a sede delle scuole elementari e medie, alle province spettano compiti analoghi per le sedi degli istituti di istruzione secondaria superiore.

Senza ricapitolare i finanziamenti erogati negli ultimi anni, si ricorda che recentemente l’art.1, comma 625, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per l'attivazione dei piani di edilizia scolastica di cui al citato articolo 4 della legge 23/1996.

Nido d’infanzia

Ai sensi dell’articolo 19, comma 1, il nido d’infanzia viene definito come un servizio educativo e sociale di interesse pubblico che non rientra tra i servizi pubblici a domanda individuale[108] ed è pertanto rivolto alla collettività. Il servizio deve essere garantito dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni. A questi ultimi è affidato il compito di erogare il servizio (comma 1).

Il nido ospita bambini di età compresa fra i tre mesi e i  tre anni che vivono nel territorio nazionale. E’ comunque  garantito l’inserimento dei bambini con svantaggi psico-fisici e sociali (comma 2).

Il Ministero della pubblica istruzione definisce i livelli essenziali, garantisce il progetto educativo e la formazione del personale, favorisce, inoltre, progetti sperimentali di continuità tra il nido d’infanzia e la scuola dell’infanzia (comma 4).

Le regioni definiscono i criteri per la costruzione, la gestione ed il controllo dei nidi. L’assistenza sanitaria e psicologica deve essere garantita in modo continuativo (comma 5).

Specifiche disposizioni disciplinano la dotazione organica degli educatori e delle educatrici (comma 6).

I comuni si occupano dell’apertura e della gestione degli asili nido e vigilano sui nidi non comunali (comma 7).

La spesa per la gestione del servizio è ripartita tra Il Ministero della pubblica istruzione ed i comuni con la partecipazione delle famiglie. E’ prevista la costituzione di un apposito fondo sociale le cui risorse sono destinate ad agevolare le famiglie meno abbienti che non sono in grado di sostenere gli oneri per il pagamento della retta. Nel Fondo, erogato ai comuni, confluiscono risorse derivanti da fondi regionali vincolati per tali finalità (comma 8).

 Si prevede infine, ad un anno dall’ entrata in vigore della legge,  il varo di un piano nazionale straordinario di edilizia per i nidi di infanzia attraverso l’erogazione di fondi vincolati per il tramite delle regioni (comma 9).

 

Circa il quadro normativo vigente in materia, si rinvia all’apposita scheda di lettura.

Scuola di base

L’articolo 20 - relativo alla scuola dell'infanzia – precisa che tale articolazione della scuola di base, che può essere statale, comunale o regionale, costituisce il livello di istruzione cui hanno diritto tutte i bambini e le bambine di età compresa tra i tre e i sei anni presenti sul territorio nazionale.

Non è previsto alcuna forma di anticipo per l’iscrizione alla scuola di infanzia. In particolare, ai fini dell’iscrizione ai tre anni della scuola è necessario aver compiuto, rispettivamente, tre, quattro e cinque anni, entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento.

La disposizione – in linea con quanto già previsto all’articolo 7- specifica che la frequenza all’ultimo anno della scuola di infanzia costituisce obbligo scolastico.

Ad ogni classe della scuola di infanzia sono assegnati due docenti, contitolari e corresponsabili, che garantiscono almeno dieci ore di compresenza sulle quaranta settimanali che devono essere garantite. È prevista poi una flessibilità di orario di frequenza, concordata con la famiglia e scuola, per particolari esigenze dei bambini/e ( inserimento iniziale o altre motivazioni).

Per i comuni è previsto l’obbligo di assicurare, nei casi di comprovata necessità, un servizio con personale qualificato di accoglienza anticipata o posticipata per un massimo di tre ore giornaliere complessive.

 

L’articolo 21 reca disposizioni in materia di scuola elementare a cui accedono i bambini che abbiano compiuto sei anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento (comma 1).

La scuola propone ai genitori due modelli organizzativi intesi come progetti didattici unitari (comma 2):

§         modello modulare di trenta ore settimanale;

§         modello a tempo pieno di quaranta ore settimanale.

Nel computo delle ore settimanali sono compresi il tempo dedicato alla mensa e al gioco.

E’ fissato a quindici il numero minimo di alunni/e per la formazione delle classi in base al modello organizzativo scelto. Sono altresì previste deroghe nei casi di :

Ø      mancata rispondenza al rapporto cubatura/numero di alunni che non trova definizione nel testo;

Ø      territori peculiari quali quelli di montagna delle isole, delle frazioni isolate, di aree a forte flusso immigratorio o a rischio.

La disposizione prevede l’assegnazione di almeno tre docenti ogni due classi a modulo e almeno due per ogni classe a tempo pieno. I docenti operano collegialmente e sono contitolari del percorso formativo: essi hanno cura di garantire la continuità didattica e, ove possibile, le diverse competenze disciplinari. Eventuali variazioni nell’attribuzione e nell’organizzazione degli ambiti didattici possono essere effettuate tra i docenti contitolari che le abbiano preventivamente concordate (commi 5, 6 e 7). Sono previste poi ore di compresenza (almeno tre ore settimanali per ogni classe a modulo ed almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno) per favorire l'arricchimento del percorso formativo ed il recupero delle situazioni di svantaggio (comma 8).

L’articolo in esame prevede il passaggio da una classe alla successiva della scuola elementare per scrutinio: la non ammissione alla classe successiva può essere proposta - in casi eccezionali – al consiglio di interclasse :

§         per motivi diversi da quelli comportamentali;

§         se il progetto d'individualizzazione- appositamente predisposto- non abbia avuto efficacia;

§         deve comunque essere accompagnata da indicazioni volte al raggiungimento- nell'anno successivo -degli obiettivi prefissati.

Ai fini del passaggio dalla scuola elementare alla scuola media, la disposizione non prevede alcun esame finale in quanto esse (la scuola elementare e la scuola media) sono - secondo quanto indicato nella relazione illustrativa – “due segmenti (non gradi) di uno stesso ordine di scuola, la scuola di base, in ottemperanza a quanto previsto dalla Costituzione all'articolo 33, quinto comma”.

 

L’articolo 22 - relativo alla scuola media - prevede l’accesso a tale segmento della scuola di base dei ragazzi presenti sul territorio nazionale che abbiano superato lo scrutinio dell'ultimo anno della scuola elementare. Per i ragazzi “di recente immigrazione”, per i quali non risulti possibile la valutazione dei titoli scolastici conseguiti nel Paese di provenienza, è prevista quale età minima per l’ammissione alla scuola media il compimento di undici anni: tali ragazzi non devono comunque un’ età superiore ai quindici anni entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento (comma 1).

 

L’articolo 45 del DPR n. 394/1990[109] prevede che i minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.

In particolare, l’articolo 45, al comma 2, stabilisce che i minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:

a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno, che può determinare l'iscrizione ad una classe, immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica;

b) dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno;

c) del corso d situdi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza;

d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno.

 

Anche per la scuola media è prevista – all’atto dell’iscrizione – la scelta dei genitori tra due modelli didattici, un modello normale di trenta ore settimanale ed un modello a tempo prolungato di trentasei ore (a cui va aggiunto il tempo per la mensa a cui è riconosciuta una funzione formativa dal successivo comma 5), fatte salve le sperimentazioni di quaranta ore (comma 2)..

Il limite numerico per la formazione delle classi in base al modello scelto è di quindici alunni, salvole deroghe già previste per la formazione delle classi della scuola elementare (vedi supra) (comma 3).

La disposizione prevede poi ore di compresenza per attività interdisciplinari, di laboratorio, curricolari (comma 6).

L’ammissione alla classe successiva è deliberata dal consiglio di classe, con la sola componente docente, in sede di valutazione finale annuale; per la non ammissione valgono le indicazioni di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 7 previste già per la non ammissione alla classe successiva nella scuola elementare.

Per l’accesso alla scuola superiore è previsto - al termine del terzo anno – un esame di Stato (comma 8).

L’articolo in esame prevede infine il riconoscimento da parte del Ministero della pubblica istruzione di sperimentazioni finalizzate alla unificazione tra scuola elementare e scuola media,e quindi all'individuazione di un modello organizzativo e didattico che permetta il superamento della divisione tra i due livelli di scuola. In sede di sperimentazione le attività didattiche sono organizzate in relazione ai bisogni dei ragazzi con particolare attenzione alla didattica laboratoriale, all'interdisciplinarietà, alla cooperazione (comma 9).

 

Nella relazione illustrativa del provvedimento in esame si evidenziano le difficoltà del segmento della scuola media, alla luce delle quali viene inquadrata la possibilità di sperimentazioni che permettano, in prospettiva, l'unificazione tra scuola elementare e scuola media; nella relazione viene evidenziata l’indifferibilità “di un percorso di riflessione e sperimentazione che vada in questa direzione, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati”.

Scuola superiore

Gli articoli da 23 a 28 recano disposizioni in materia di scuola superiore.

 

Nella relazione illustrativa si precisa che la proposta di legge, prevedendo l’obbligo scolastico fino al compimento del diciottesimo anno di età, con conseguente spazio per la formazione professionale nel periodo successivo rappresenta “una rivoluzione copernicana dell'attuale istruzione superiore, che può far compiere al Paese, dopo quaranta anni, un balzo culturale in avanti paragonabile a quello seguito all'istituzione della scuola media unificata”.

 

La scuola superiore - a cui accedono i ragazzi presenti sul territorio nazionale che abbino superato l’esame conclusivo della scuola media - è articolata in un biennio unitario ed in un triennio di indirizzo.

 

Il biennio unitario  - previsto all’articolo 24 - è costituito da:

§         un curricolo di base di trenta ore settimanali, uguale in tutti gli istituti superiori e avente una impostazione laboratoriale;

§         un curricolo di orientamento di sei ore settimanali; le attività svolte nelle sei ore di orientamento offrono agli allievi un primo approccio alle discipline che caratterizzano gli indirizzi presenti nell'istituto prescelto.

I singoli istituti ,entro un monte orario non superiore a quaranta ore settimanali, possono prevedere:

§         moduli orari supplementari su base laboratoriale;

§         tempi di studio assistito;

§         progetti didattici.

Nel biennio unitario il passaggio da un istituto all'altro è libero: non è previsto alcun esame integrativo per le materie di orientamento, ma solo moduli di integrazione attivati dalla scuola di accoglienza.

 

Il triennio di indirizzo  si articola in cinque aree (umanistica, scientifica, tecnico-professionale, artistica, musicale), ciascuna delle quali è ripartita in indirizzi con un proprio monte ore settimanale.

E’ demandato ad un regolamento la definizione delle modalità per il passaggio  tra indirizzi ed aree diverse (articolo 25).

 

A tale proposito, si fa presente che l’articolo 25, al comma 3, reca un rinvio generico ad “apposito regolamento” per la definizione delle modalità per il passaggio  tra indirizzi ed aree diverse.

 

La costituzione di nuovi indirizzi – comunque successiva alla sperimentazione effettuata in un numero congruo di istituti per almeno un triennio, su proposta degli stessi istituti, delle regioni o del Ministero della pubblica istruzionedeve essereadottata dal Ministero della pubblica istruzione (articolo 26).

 

Nel corso del triennio, le scuole hanno l’obbligo di organizzare percorsi studio-lavoro con finalità formative e di orientamento (articolo 28). I percorsi studio-lavoro hanno una durata compresa tra le due e le tre settimane e si effettuano nel corso dell'anno scolastico, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra le scuole e le realtà lavorative pubbliche e private del territorio di riferimento, quali aziende, cooperative, laboratori di ricerca, biblioteche, musei, agenzie di controllo del territorio e simili, fatta eccezione per i centri e gli enti di formazione professionale e le agenzie regionali per l'impiego.

I percorsi studio-lavoro possono articolarsi in :

Ø      intervento di esperti in classe su argomenti e tematiche specifiche correlate con l'indirizzo di riferimento, in orario curricolare e in compresenza con i docenti o le docenti;

Ø      inserimento nella realtà di lavoro e di ricerca convenzionata, alla presenza di un responsabile didattico-organizzativo delle attività, che a conclusione dei percorsi, documenta quanto svolto in una relazione scritta. La scuola è poi tenuta a verificare quanto attestato dal responsabile didattico organizzativo richiedendo allo studente una descrizione in forma scritta delle attività svolte, nonché un giudizio sulle stesse anche attraverso la risposta a questionari elaborati dall’istituto scolastico.

La frequenza al percorso studio-lavoro nella forma dell’inserimento nella realtà di lavoro o di ricerca convenzionata rientra nella discrezionalità  dello studente

 

Al termine della scuola superiore, è previsto un esame di Stato. La commissione esaminatrice, nominata dal Ministero della pubblica istruzione, è una commissioni mista, costituita per il 50 per cento da docenti interni e per il 50 per cento da docenti di altro istituto. Il diploma conseguito – che assume la denominazione dell’area e dell’indirizzo - ha valore legale e dà accesso a tutti i livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del lavoro (articolo 27).

 

Circa l’esame di Stato, si ricorda che la legge 11 gennaio 2007, n. 1 ha modificato la disciplina dell’esame di Stato conclusivo dei corsi di istruzione secondaria superiore, novellando alcuni articoli della legge 10 dicembre 1997, n. 425.

Con riguardo alla commissione di esame, la legge prevede il ripristino della composizione mista delle commissioni di esame, con commissari interni ed esterni al 50 per cento oltre al presidente esterno, al quale sono affidate non più di due commissioni-classe, nonché la definizione del numero massimo dei componenti la commissione (sei unità)

Circa altri aspetti della nuova disciplina, si ricorda: a) lo scrutinio per l’ammissione all'esame, con l'obbligo di aver saldato i debiti contratti negli anni precedenti; b) premi all'eccellenza degli studenti, con incentivi di natura anche economica, per un importo di 5 milioni di euro finalizzati alla prosecuzione degli studi; c) percorsi di orientamento nell'ultimo anno di studi che permetteranno agli studenti di scegliere con più consapevolezza il corso di laurea idoneo, anche con la partecipazione in classe di docenti universitari.

Abrogazioni

L’articolo 29 reca le abrogazioni delle seguenti disposizioni:

 

a) la legge 28 marzo 2003, n. 53 (“legge Moratti”)e i decreti legislativi di attuazione (D. Lgs. n. 59/2004; n. 286/2004; n. 76/2005; n. 77/2005; n. 226/2005, e n. 227/2005);  circa il contenuto di tali atti normativi si rinvia alla scheda di lettura sul quadro normativo vigente;

 

b) articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni.

 

L’articolo 68 della legge n. 144/1999 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali) reca disposizioni relative all’obbligo di frequenza di attività formative, prevedendo la progressiva istituzione dell'obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età. Tale obbligo può essere assolto in percorsi anche integrati di istruzione e formazione nel sistema di istruzione scolastica, nel sistema della formazione professionale di competenza regionale, nell'esercizio dell'apprendistato.

 

Si fa presente che tale disposizione è stata in parte abrogata dall'art. 31 del d.lgs. n. 226/2005, peraltro soppresso dall’articolo in commento.

 

c) articolo 5 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345.

 

L’articolo sostituisce l’articolo 3 della legge. 17ottobre 1967 n. 977 (Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti) prevedendo che l'età minima per l'ammissione al lavoro è fissata al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non può essere inferiore ai 15 anni compiuti.

Si ricorda che il comma 622 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 prevede l'elevazione a sedici anni dell'età per l'accesso al lavoro.

 

 

d) il decreto Presidente della Repubblica 12 luglio 2000, n. 257.

 

Il D.P.R. 12 luglio 2000 n. 257 reca il regolamento di attuazione dell'articolo 68 della L. 17 maggio 1999, n. 144, concernente l'obbligo di frequenza di attività formative fino al diciottesimo anno di età, norma abrogata dal presente articolo(vedi supra).

 

 

e) articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

 

Il D.Lgs. n. 276/2003 reca l’ attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30.

L’articolo 48. (Apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione) prevede che possano essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni.

Il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e di formazione ha durata non superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l'impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l'accertamento dei crediti formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53.

 

f) commi 4 e 7 dell'articolo 22 e articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

 

L’articolo 22. della legge 448/2001 (legge finanziaria 2002) reca disposizioni in materia di organizzazione scolastica In particolare il comma 4 dispone che nel rispetto dell'orario di lavoro definito dai contratti collettivi vigenti, i dirigenti scolastici attribuiscono ai docenti in servizio nell'istituzione scolastica, prioritariamente e con il loro consenso, le frazioni inferiori a quelle stabilite contrattualmente come ore aggiuntive di insegnamento oltre l'orario d'obbligo fino ad un massimo di 24 ore settimanali. Il comma 7 recava disposizioni relative alla composizione delle commissioni per gli esami di maturità (commissari interni per le scuole statali e paritarie, parità tra commissari interni ed esterni per le scuole legalmente riconosciute e le pareggiate) gia abrogate dall'art. 3 della legge11 gennaio 2007, n. 1. (Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università). Resta ancora in vigore l’ultimo periodo del comma 7 che fissa in 40,24 milioni di euro il limite di spesa per le commissioni, tale limite è stato elevato a  63 milioni di euro per l'anno 2006, dall'art. 1, del D.L. 12 giugno 2006, n. 210. (Disposizioni finanziarie urgenti in materia di pubblica istruzione).

 

L’articolo 70  reca disposizioni in materia di asili nido. Per un’illustrazione di tale articolo si veda il commento all’articolo 19 della proposta di legge.

 

g) comma 1 dell'articolo 35 e articolo 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

 

Il comma 35 della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003) reca misure di razionalizzazione in materia di organizzazione scolastica.

In particolare il comma 1 dispone che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 22 , comma 4 della legge 448/2001 (abrogato dalla lettera n) del presente articolo, v. supra), le cattedre costituite con orario inferiore all'orario obbligatorio d'insegnamento dei docentisiano ricondotte a 18 ore settimanali, anche mediante l'individuazione di moduli organizzativi diversi da quelli previsti dai decreti costitutivi delle cattedre, salvaguardando l'unitarietà d'insegnamento di ciascuna disciplina.

 

L’articolo 91 reca disposizioni in materia di asili nido nei luoghi di lavoro. Per un’illustrazione di tale articolo si veda il commento all’articolo 19 della proposta di legge.

 

h) comma 3 dell'articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

 

L’articolo 40 della legge 449/1997 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) reca disposizioni relative al personale della scuola. In particolare il comma 3 dispone che la dotazione organica di insegnanti di sostegno per l'integrazione degli alunni portatori di handicap sia fissata nella misura di un insegnante per ogni 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia.

Si ricorda che il comma 605, lettera b), della legge finanziaria 2007prescrive che, con decreto del ministro della pubblica istruzione risultante dal concerto con il ministro della salute, si modifichi il rapporto docenti di sostegno/alunni  definito dalla norma che si intende abrogare, con l’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi.

 

i) comma 1 dell'articolo 37 del decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998.

 

L’articolo 37 (Dotazione provinciale degli insegnanti di sostegno) del D.M. 24 luglio 1998 (Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della scuola) reca l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 40 della legge 449/1997 (v. supra)

 

l) commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Il comma 128 della legge 311/2004 (legge finanziaria 2005) dispone che l'insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria sia impartito dai docenti della classe in possesso dei requisiti richiesti o da altro docente facente parte dell'organico di istituto sempre in possesso dei requisiti richiesti. Possono essere attivati posti di lingua straniera da assegnare a docenti specialisti solo nei casi in cui non sia possibile coprire le ore di insegnamento con i docenti di classe o di istituto. A tal fine sono attivati corsi di formazione la cui partecipazione è obbligatoria per tutti i docenti privi dei requisiti previsti per l'insegnamento della lingua straniera.

 

Il successivo comma 129 prevede che la spesa per supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario non possa superare l'importo di 766 milioni di euro per l'anno 2005 e di 565 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006.

 

m) articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

L'articolo 25 del decreto legislativo 165/2001 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) reca disposizioni relative ai dirigenti delle istituzioni scolastiche.

La norma prevede che nell'àmbito dell'amministrazione scolastica periferica sia istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonoma a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59. . Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane.

 

n) ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

 

Si fa presente, infine, che nel testo della proposta di legge in esame non è prevista alcuna disposizione in ordine alla copertura finanziaria degli oneri ivi previsti.

La proposta di legge AC 1278

La proposta di legge AC 1278 (di iniziativa dei deputati Garagnani ed altri) reca principi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo.

 

La proposta di legge riprende quasi integralmente il contenuto della pdl 2113 presentata nella XIV legislatura dal deputato Garagnani e finalizzata all’armonizzazione della normativa relativa al diritto allo studio e alla parità scolastica, il cui esame presso la VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) non è stato concluso.

 

La proposta di legge si compone di 5 articoli.

L’articolo 1 reca le norme generali.

Dopo aver definito, al comma 1, la libertà di apprendimento, istruzione ed educazione come diritto fondamentale dell’individuo, il comma 2 specifica che la Repubblica riconosce e tutela le iniziative di istruzione e di educazione promosse da enti pubblici e privati, da singoli o da associazioni di cittadini, da istituzioni, da società cooperative tra genitori o tra genitori e insegnanti, da associazioni private dotate di personalità giuridica che corrispondano alle norme generali dell’istruzione, siano coerenti con la domanda formativa delle famiglie e rispondano alle esigenze di un agevole inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

Ai sensi del comma 3, l’iniziativa privata nel campo dell’istruzione e dell’educazione si esplica secondo i principi di cui all’articolo 33 della Costituzione.

Il comma 4 esplicita l’oggetto della legge, consistente nella definizione dei princìpi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione che, demandando alla competenza legislativa concorrente la materia “istruzione”, riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali della materia e alle regioni la normativa di dettaglio.

Il comma 5, infine, reca una norma di salvaguardia per le competenze riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

 

L’articolo 2 individua i servizi e gli interventi necessari alla realizzazione del diritto allo studio, finalizzati a promuovere il successo formativo degli studenti e a garantire la libertà di scelta del percorso educativo all’interno del sistema nazionale di istruzione. Si tratta di:

a) misure per favorire l’accesso degli studenti ai sussidi didattici;

b) borse di studio per i capaci e meritevoli privi di mezzi, in attuazione di quanto previsto all’articolo 34, terzo comma, della Costituzione;

c) buoni-scuola per la copertura, in tutto o in parte, dei costi di iscrizione a scuole paritarie;

d) altri interventi comunque diretti al perseguimento delle finalità sopra indicate.

 

Circa le scuole paritarie, si ricorda che la legge n. 62/2000[110] prevede che il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia di cui ai commi 4, 5 e 6 dell’articolo 1 (progetto educativo in armonia con i princìpi della Costituzione; piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci; disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti; istituzione e funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica; iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare; applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio; organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe; personale docente fornito del titolo di abilitazione; contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore; dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale di valutazione secondo gli standard stabiliti dagli ordinamenti vigenti; accertamento dell'originario possesso e della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità).

 

Con riferimento ai buoni scuola, si ricorda che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 423 del 2004, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 101, della legge finanziaria per il 2003 nella parte in cui prevedeva la erogazione delle somme ivi indicate (risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali) per incrementare il contributo (c.d. “buono scuola”), introdotto dall’articolo 2, comma 7, della legge n.289/2002 , con la finalità di ridurre gli oneri effettivamente rimasti a carico delle persone fisiche per l'iscrizione di componenti del nucleo familiare presso scuole paritarie[111].

Al riguardo la Corte rileva che la norma – essendo relativa a contributi per la iscrizione a scuole paritarie – incide sull’istruzione, materia di competenza legislativa concorrente. Già prima della riforma del Titolo V l’art. 138, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 112 del 1998 aveva conferito alle Regioni le funzioni amministrative relative ai contributi alle scuole non statali, nel cui ambito devono essere ricomprese anche le scuole paritarie (v. sentenza n. 177 del 2004). Pertanto, secondo la Corte, appare “implausibile che il legislatore costituzionale abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita nella forma della competenza delegata dall’art. 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998” (sentenza n. 13 del 2004). Vertendosi, dunque, in ambiti in cui le funzioni in esame non spettano allo Stato, la Corte ritiene necessario ribadire “che non sono ammessi finanziamenti caratterizzati da vincoli di destinazione”[112].

 

L’articolo 3 reca principi in materia di buoni-scuola. In particolare, tali buoni-scuola, ai sensi del comma 1, consistono in un contributo a favore dei soggetti esercenti la patria potestà sul minore o dei suoi rappresentanti legali, da utilizzare per il pagamento delle spese di iscrizione presso scuole paritarie aventi sede legale nel territorio regionale. L’ammontare del contributo è determinato da ciascuna regione in relazione al reddito, alle disagiate condizioni economiche, al numero dei componenti il nucleo familiare e all’entità delle spese scolastiche gravanti complessivamente sul medesimo nucleo familiare, avendo come riferimento la spesa media annua statale per studente, dichiarata annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, da adottare entro il 31 luglio di ciascun anno (co. 2 e 4).

Al fine di garantire l’erogazione dei buoni scuola, le regioni sono chiamate a rimodulare gli interventi e i servizi per il diritto allo studio previsti alle lettere a), b) e c) del comma 2 dell’articolo 2 (misure per l’accesso ai sussidi didattici; borse di studio per i capaci e i meritevoli privi di mezzi, buoni-scuola per la copertura di tutto o parte dei costi di iscrizione a scuole paritarie) (co. 3).

 

L’articolo 4 attribuisce alle regioni il compito di promuovere e disciplinare, mediante appositi piani pluriennali di attuazione, i servizi e gli interventi necessari per garantire il diritto allo studio, nonché il sostegno dei processi educativi, in un quadro di collaborazione con gli enti locali, con l’amministrazione periferica della pubblica istruzione, con gli organi collegiali territoriali della scuola, con le istituzioni scolastiche autonome, con le agenzie formative, con le famiglie e con le forze sociali presenti sul territorio.

Il comma 3 prevede, infine, che le regioni adeguino la propria normativa alle disposizioni in esame entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

L’articolo 5 reca la clausola di invarianza della spesa, in base alla quale dall’attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori.

 

La proposta di legge AC 1299

La proposta di legge AC 1299 (d’iniziativa dei deputati Diliberto ed altri) reca disposizioni concernenti l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione fino a 18 anni.

In particolare, il provvedimento prevede l'obbligatorietà dell'istruzione fino a diciotto anni di età e, in fase di prima attuazione, fino a sedici anni di età: l’obbligo si realizza in un biennio unitario fra i quattordici e i sedici anni di età. Inoltre, i primi otto anni dell'obbligo di istruzione costituiscono la scuola di base, caratterizzata da un percorso educativo unitario.

La gratuità della scuola dell’obbligo, compresi i testi scolastici, è garantita per tutti gli alunni della scuola di base e per i frequentanti il biennio unitario appartenenti a famiglie con reddito fino a 25.000 euro annui. Al fine di favorire l’estensione dell’obbligo di istruzione fino a 18 anni, sono previste forme di reddito minimo per le famiglie degli alunni tra i sedici e i diciotto anni con redditi fino a 15.000 euro annui.

 

La legge finanziaria 2007 (legge 296/2006, art.1, commi 622-624), ha recentemente ridefinito l’obbligo scolastico e innalzato l’età minima per l’accesso al lavoro. L’art.1 comma 622 della legge dispone infatti che, a decorrere dall’anno scolastico 2007/2008, l’istruzione sia impartita obbligatoriamente per almeno dieci anni (e finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età); a tal fine viene elevata a 16 anni l’età per l’accesso al lavoro[113].

L’art. 1, comma 622, della legge finanziaria ribadisce inoltre il regime di gratuità dei primi tre anni delle scuole superiori o dei percorsi di istruzione formazione professionale (già previsto dagli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs 226/2005, recante disciplina del secondo ciclo di istruzione nonché, per i primi due anni del secondo ciclo, dald.lgs. n. 76 del 2005, recante definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e formazione).

Con riguardo all’attuazione della nuova disciplina dell’obbligo, la legge finanziaria 2007 (art.1 comma 622) rinvia ad un decreto ministeriale (emanato sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400) le indicazioni sui curricula dei primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore.

 

Sulla fornitura dei libri di testo è intervenuta recentemente la legge finanziaria 2007 (legge 296/2006, art. 1 commi 628 e 629) che ha inteso ampliare le misure agevolative già previste. In particolare:

§         viene estesa agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore la gratuità parziale dei libri di testo, autorizzata per alunni in possesso di determinati requisiti di reddito, dall'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448[114];

§         si estende a tutto il corso di studi la disciplina relativa alla  compilazione dei testi scolastici ed all'individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria recate sempre dall’articolo 27 della legge 448/1998[115];

§         si autorizzano le istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori;

§         si consente ai comuni di fornire ad alunni in possesso dei requisiti richiesti che adempiono l’obbligo scolastico, i libri di testo anche in comodato e non solo in maniera gratuita o parzialmente gratuita, secondo quanto finora disposto dall’articolo 27 della legge n. 448 del 1998.

 

Gli articoli 2 e 3 prevedono, per la scuola di base, la piena soddisfazione delle richieste delle famiglie in relazione al tempo pieno per i primi cinque anni, e il tempo prolungato per gli ultimi tre anni: l’orario scolastico obbligatorio non è inferiore alle trenta ore settimanali.

 

L'articolo 4 prevede di garantire a tutti i bambini e a tutte le bambine dai tre ai sei anni di età la possibilità di frequentare la  scuola dell'infanzia pubblica che risponda un termine di orario, alla domanda e ai bisogni della comunità.

 

L'articolo 5, comma 1 prevede che l'organico delle singole istituzioni scolastiche sia commisurato al numero degli alunni iscritti, alla necessità di garantire la realizzazione del tempo pieno, l'azione di recupero e l’attività di ricerca; deve essere inoltre garantita la presenza di mediatori culturali per l'integrazione degli alunni stranieri e di insegnanti di sostegno con un rapporto non inferiore, sul piano nazionale, a quello di un insegnante ogni due alunni in condizione di handicap.

Il comma 2 prevede un numero massimo di alunni per classe pari a venticinque nella scuola dell'infanzia, ventitre nella scuola primaria e a ventisei nella scuola secondaria di primo e secondo grado.

 

Si ricorda che l’articolo 1 della presente p.d.l. prevede che i primi otto anni dell'obbligo di istruzione costituiscono la scuola di base, caratterizzata da un percorso educativo unitario, non distinguendo quindi tra  scuola primaria e scuola secondaria di primo grado.

 

Il comma 3 dispone la stabilizzazione entro un triennio di tutti i posti di insegnamento precari esistenti alla data di entrata in vigore della legge.

 

Circa gli insegnanti di sostegno ricorda che l’art. 1, comma 605, lettera b) della legge finanziaria 2007  ha previsto che, con decreto del ministro della pubblica istruzione adottato di concerto con il ministro della salute, si modifichi il rapporto docenti di sostegno/alunni - definito dall’art. 40, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449[116] (in ragione di uno ogni 138 alunni frequentanti le scuole della provincia )- procedendo all’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi.

 

Circa la disciplina vigente sulla formazione delle classi; si rinvia alla scheda di lettura sul quadro normativo vigente.

 

Per quanto riguarda l’assorbimento del precariato nella scuola si ricorda che il comma 605, lettera c) dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 dispone che (con decreto del ministro della pubblica istruzione di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze e delle riforme ed innovazioni nella p.a) siano definiti due Piani triennali, rispettivamente, per l’assunzione a tempo indeterminato di 150 mila unità di personale docente e  di 20 mila di personale ATA (amministrativo, tecnico ed ausiliario) per gli anni 2007-2009.

 

L'articolo 6 prevede che ciascuna istituzione scolastica sia dotata di un organico funzionale di docenti per realizzare interventi contro la dispersione scolastica.

 

L'articolo 7 indica l’educazione degli adulti e l'apprendimento per tutto l'arco della vita come parte integrante del sistema scolastico. In tale ottica l’educazione e l’apprendimento per tutto l’arco della vita, previe indicazioni generali e risorse dello Stato, sono realizzate dall’istituto scolastico in collaborazione con le altre realtà territoriali.

 

L’art.1, comma 632, della legge finanziaria 2007 ha disposto il potenziamento dell’istruzione degli adulti con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana da parte degli immigrati; a tal fine ha affidato ad un decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata, la riorganizzazione dei centri territoriali permanenti e dei corsi serali funzionanti presso le istituzioni scolastiche.

 

L’articolo 8 reca la copertura finanziaria degli oneri previsti dalla proposta di legge pari a 800 milioni di euro annui.

A tal fine si prevede:

§         il ripristino dell’imposta di successione e donazioni nelle misure e con le modalità previste dalle disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge n. 383/2001 recante la soppressione di tale imposta.

Si ricorda che il comma 47 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 262 del 2006, come convertito in legge, ha reintrodotto le imposte gravanti sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte (imposta sulle successioni), sui trasferimenti di beni e diritti per donazione o a titolo gratuito  (imposta sulle donazioni), nonché sulla costituzione di vincoli di destinazione , disciplinate dal decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”), nella versione vigente alla data del 24 ottobre 2001, data di entrata in vigore della citata legge n. 383 del 2001.

§         l’utilizzo di una quota parte delle entrate derivano dalla rimodulazione delle quote delle imposte sul reddito di cui all’articolo 13 del testo unico di cui al Presidente della Repubblica n. 917/1986

 


Progetti di legge


N. 1278

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

GARAGNANI, ARACU, BAIAMONTE, BERNARDO, BOCCIARDO, BONDI, BRUSCO, CARLUCCI, CECCACCI RUBINO, COLUCCI, DI VIRGILIO, FABBRI, FERRIGNO, FRANZOSO, GIRO, MARINELLO, MAZZARACCHIO, MISTRELLO DESTRO, MONDELLO, PALMIERI, PELINO, PICCHI, ROMELE, SANZA, SIMEONI, STAGNO D'ALCONTRES, STRADELLA

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Princìpi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo

 

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Presentata il4 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si propone di rendere omogeneo il quadro normativo in materia di diritto allo studio e libertà di scelta del percorso educativo: le norme oggi vigenti in Italia, nel campo del diritto allo studio e della scuola in genere, non garantiscono, infatti, ancora un effettivo pluralismo educativo. Le famiglie e gli studenti che scelgono scuole non statali (anche comunali, per quanto riguarda la scuola materna) sono in condizioni di grave svantaggio economico rispetto alle altre famiglie e agli altri studenti. Nel settore della scuola materna, ad esempio, gli enti locali hanno dato vita a un «submonopolio culturale». I cittadini, le famiglie che preferiscono ricorrere a strutture scolastiche ed educative non statali e non comunali devono poi sostenerne in proprio i relativi costi, dopo avere peraltro contribuito a pagare, a beneficio altrui, i costi della scuola statale e comunale. Le leggi approvate da alcune regioni costituiscono finalmente un notevole passo avanti nel riconoscimento del ruolo oggettivo di «servizio pubblico» svolto da strutture educative private, mentre la normativa adottata recentemente in altre rimane ancorata a una concezione pubblicistica e totalizzante della scuola, muovendosi nel solco di una logica ormai superata che non si può o non si vuole abbandonare. Pur nel riconoscimento della piena autonomia delle regioni di regolamentare questo importante settore, occorre riconoscere che l'attuale situazione vede la convivenza di sistemi scolastici aperti al privato sociale o caratterizzati da un arroccamento sul ruolo del pubblico, determinando così situazioni di notevole disparità fra i cittadini di uno stesso Stato.

      Pare importante sottolineare che in alcune regioni si è di fronte non al riconoscimento di una libertà, ma al semplice, facoltativo e discrezionale allargamento di una offerta che resta sempre governata dal potere pubblico: governata tanto più ferreamente quanto più il denaro delle convenzioni è indispensabile alla sopravvivenza delle scuole «private».

      Occorre, pertanto, favorire l'attuazione del dettato costituzionale dell'articolo 33, quarto comma, che recita: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali».

      Equipollenza di trattamento scolastico, si intende su tutti gli aspetti della vita scolastica, compresi quelli economici, proprio perché la Costituzione non ne esclude nessuno. Il «senza oneri per lo Stato», di cui all'articolo 33, terzo comma, della Costituzione, in relazione alla istituzione di scuole da parte di «enti e privati», va letto alla luce dei contenuti di cui al quarto comma del citato articolo 33 nei riguardi degli alunni di scuole paritarie. «Senza oneri», significa che nessuno può obbligare lo Stato a erigere scuole non statali; nel contempo Stato e regioni possono decidere di sostenere le scuole esistenti, o agevolare i genitori nel compito costituzionale e civile di educare i propri figli.

      Vi è, invece, l'obbligo statale di garantire almeno una scuola dell'obbligo gratuita per tutti i cittadini in base all'articolo 34, secondo comma, della Costituzione. Non vi è riscontro che la scuola dell'obbligo debba essere assicurata solo a chi frequenta le scuole statali. Anzi. La nostra Costituzione si basa sul principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini e sul dovere dello Stato di rimuovere le cause che la impediscono. Tocca allo Stato, quindi, garantire non solo l'insegnamento e l'apprendimento, ma anche l'effettivo esercizio di tali libertà a parità di condizioni.

      Entrando in Europa, è venuta ulteriormente a maturare non solo l'esigenza di riformare lo Stato, ma anche di rivedere alcune impostazioni e concezioni che miravano a limitare la libertà di educazione. In Europa siamo, con la Grecia, le uniche due nazioni a non avere compiutamente legiferato in merito alla parità scolastica. Dobbiamo pertanto definitivamente colmare questa carenza. In materia di istruzione scolastica, l'articolo 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ha da tempo delegato alle regioni le seguenti funzioni amministrative:

          a) la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale;

          b) la programmazione sul piano regionale nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a);

          c) la suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa;

          d) la determinazione del calendario scolastico;

          e) i contributi alle scuole non statali;

          f) le iniziative e le attività di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite.

      Bisogna quindi tenere conto del ruolo delle regioni in merito ai contributi per la scuola non statale, d'altronde confermate dal nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione e dalle pronunce della Corte costituzionale in materia.

      Quanto alle spese degli enti locali per il «diritto allo studio», va rilevato che di queste non sono destinatari i gestori delle scuole, ma le famiglie degli alunni per specifici servizi (libri, trasporti, mense eccetera) che agevolano l'esercizio del diritto allo studio e non coprono assolutamente gli esborsi effettivi.

      La scuola non statale svolge a tutti gli effetti un servizio «pubblico» per chiunque lo desideri, svolto sotto il controllo degli organi dello Stato e degli enti locali.

      Oggi tale scuola è in grave crisi economica; non aiutarla comporterebbe, come insana conseguenza, far mancare il servizio in aree geografiche in cui non esistono offerte educative statali o comunali, e in ogni caso una presa in carico per l'ente locale (impossibilitato a farlo) di tutti i costi ingentissimi attualmente ricadenti sui gestori di scuole e sulle famiglie, con il conseguente obbligo di organizzare e gestire una scuola che attualmente funziona bene, è aperta a tutti, è di qualità.

      L'attribuzione alle regioni delle funzioni amministrative in materia di istruzione scolastica ha indubbiamente risposto ad una esigenza diffusa nel Paese.

      In questa ottica, si è provveduto in passato a decentrare alle regioni le relative competenze in materia di formazione professionale e, più di recente, di impostazione delle politiche attive per il lavoro finalizzate alla creazione di occupazione.

      Possiamo dire in sintesi che il ruolo dello Stato-gestore si va trasformando sempre più nel ruolo dello Stato-regolatore.

      Il ruolo dello Stato egemone tende ad essere occupato, nell'ambito politico, da una articolazione democratica delle istituzioni con riconoscimento a pieno titolo di soggetti diversi, caratterizzati nell'ambito dell'organizzazione economica, dalla logica della economia di mercato, e, nell'ambito della società civile, dall'ideale di una società «aperta», sempre più permeabile al riconoscimento e alla valorizzazione dei concetti di multiculturalità.

      A sua volta il concetto di «pubblico», sinonimo in passato di «statale», è stato inteso in senso sempre più allargato, di esercizio di funzioni rispetto a finalità comuni, sollecitando in ogni campo il pluralismo dei servizi e il decentramento dei poteri.

      In particolare, il decentramento dei poteri nella sua forma estrema di autonomia decisionale delle istituzioni periferiche ha portato a un mutamento nelle strutture dei sistemi formativi, modificandone gli assetti e soprattutto l'organizzazione dell'insegnamento.

      In questa mutata prospettiva, ai fattori di crescita prodotti dalle innovazioni dei sistemi formativi con la modernizzazione dei processi di istruzione, si aggiungono nuovi elementi, quali la formazione continua e l'autonomia delle istituzioni scolastiche.

      È soprattutto l'autonomia ad aprire gli spazi per una radicale innovazione delle logiche del sistema: una autonomia che si esplica da un lato nella elaborazione di distinti progetti educativi e nella gestione delle singole istituzioni scolastiche, anche in relazione a particolari esigenze delle persone e della comunità territoriale, e dall'altro persegue finalità generali e obiettivi comuni che la società assegna al sistema nazionale dell'istruzione.

      In questo clima culturale, superata la vecchia contrapposizione ideologica fra scuola dello Stato laica e scuola privata cattolica, si è giunti alla definizione anche della dialettica più complessa fra ruolo della scuola gestita dallo Stato e ruolo di una scuola paritaria riconosciuta, insieme alla scuola statale, quale «secondo pilastro» del sistema nazionale di istruzione nella erogazione di un servizio educativo e formativo valido per l'intera società, e perciò anch'esso pubblico.

      All'antica contrapposizione fra scuola dello Stato e scuola dei privati, si è sostituita una diversa visione della scuola che, per essere «pubblica» ossia di tutti ed avere perciò accesso al finanziamento dello Stato, deve tendere, pur nell'ambito di progetti educativi diversi, alla formazione di soggetti liberi e capaci di autonomia critica e perciò essere fondata sulla libertà di apprendimento e sulla libertà di insegnamento.

      In quest'ottica diventa dunque necessario che gestori statali e non statali assolvano alla medesima funzione pubblica in un sistema fondato su una convergenza culturale e sociale circa gli obiettivi formativi e governato da norme comuni.

      Un sistema educativo così concepito è sicuramente la migliore garanzia alle legittime aspettative degli studenti e delle loro famiglie di potere contare su di un quadro normativo omogeneo con standard minimi ugualiper tutti e quindi di potere scegliere in assoluta libertà.

      In questo ambito, la presente proposta di legge valorizza al massimo il ruolo delle regioni chiamate a definire le modalità di attuazione di una effettiva libertà di scelta delle famiglie tra scuole pubbliche e private, e nel contempo garantisce alle famiglie la tutela di un diritto imprescindibile sancito dalla Carta costituzionale per tutti i cittadini.

      Occorre, infatti, precisare che la presente proposta di legge non si muove nell'ottica di penalizzare o restringere le competenze regionali, che devono essere salvaguardate a tutti gli effetti e valorizzate purché non ledano diritti fondamentali del cittadino, quale quello della libertà di educazione che è riconosciuto dalla normativa statale e regionale.

      È evidente che uno Stato anche «federale», non può non porre, in questo come in altri settori, parametri e standard minimi di assistenza validi in ogni parte del suo territorio, come esplicitato d'altronde nel nuovo testo dell'articolo 117 della Carta costituzionale, che alla lettera m) del secondo comma, nell'ambito della legislazione esclusiva dello Stato, vi include fra l'altro la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

      In conclusione, proprio l'applicazione del principio di sussidiarietà riconosciuto da molti statuti regionali e da tutte le leggi fondamentali delle regioni richiede l'introduzione delle disposizioni previste dalla presente proposta di legge.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Norme generali).

      1. La Repubblica considera la libertà di apprendimento, istruzione ed educazione come diritto fondamentale dell'individuo.

      2. La Repubblica riconosce e tutela le iniziative di istruzione e di educazione promosse da enti pubblici e privati, da singoli o da associazioni di cittadini, da istituzioni, da società cooperative tra genitori o tra genitori e insegnanti da associazioni private dotate di personalità giuridica che corrispondono alle norme generali sull'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e rispondono alle esigenze di un agevole inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

      3. L'iniziativa privata nel campo dell'istruzione e dell'educazione, promossa e gestita dai soggetti di cui al comma 2, si esplica secondo i princìpi di cui all'articolo 33 della Costituzione.

      4. La presente legge definisce i princìpi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

      5. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze ad esse riconosciute dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

Art. 2.

(Servizi e interventi per il diritto allo studio).

      1. Il diritto allo studio si articola nell'insieme dei servizi e degli interventi finalizzati a promuovere il successo formativo degli studenti e a garantire la libertà di scelta del percorso educativo all'interno del sistema nazionale di istruzione.

      2. I servizi e gli interventi di cui al comma 1 comprendono:

          a) misure per favorire l'accesso degli studenti ai sussidi didattici;

          b) borse di studio per i capaci e meritevoli privi di mezzi, in attuazione di quanto previsto all'articolo 34, terzo comma, della Costituzione;

          c) buoni-scuola per la copertura, in tutto o in parte, dei costi di iscrizione a scuole paritarie;

          d) altri interventi comunque rivolti al perseguimento delle finalità di cui al comma 1.

Art. 3.

(Princìpi in materia di buoni-scuola).

      1. I buoni-scuola di cui all'articolo 2, comma 2, lettera c), consistono in un contributo in favore dei soggetti esercenti la patria potestà sul minore o dei suoi rappresentanti legali, da utilizzare per il pagamento delle spese di iscrizione presso scuole paritarie aventi sede legale nel territorio regionale.

      2. L'ammontare del contributo è determinato da ciascuna regione in relazione al reddito, alle disagiate condizioni economiche, al numero dei componenti il nucleo familiare e all'entità delle spese scolastiche gravanti complessivamente sul medesimo nucleo familiare, prendendo come parametro di riferimento la spesa media annua statale per studente, in relazione a ciascun ciclo di istruzione.

      3. Al fine di garantire l'erogazione dei contributi di cui al presente articolo, le regioni rimodulano gli interventi e i servizi di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a), b) e c).

      4. La spesa per studente di cui al comma 2 viene dichiarata annualmente con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro in 31 luglio di ogni anno.

Art. 4.

(Compiti delle regioni).

      1. Le regioni promuovono e disciplinano, nel rispetto di quanto stabilito dagli articoli 2 e 3, i servizi e gli interventi necessari per garantire il diritto allo studio, nonché il sostegno dei processi educativi, in un quadro di collaborazione con gli enti locali, con l'amministrazione periferica della pubblica istruzione, con gli organi collegiali territoriali della scuola, con le istituzioni scolastiche autonome, con le agenzie formative, con le famiglie e con le forze sociali presenti sul loro territorio.

      2. La continuità dei servizi e degli interventi è garantita mediante l'approvazione da parte delle regioni di appositi piani pluriennali di attuazione.

      3. Le regioni adeguano la propria normativa alle disposizioni della presente legge entro sei mesi dalla data della sua entrata in vigore.

Art. 5.

(Disposizione finanziaria).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 


N. 1299

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

DILIBERTO, SGOBIO, TRANFAGLIA, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, CRAPOLICCHIO, DE ANGELIS, GALANTE, LICANDRO, NAPOLETANO, PAGLIARINI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, VACCA, VENIER

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Disposizioni concernenti l'obbligatorietà e gratuità dell'istruzione fino a 18 anni di età e altre norme per il potenziamento del sistema scolastico

 

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Presentata il5 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presentazione, a pochi mesi dall'inizio della legislatura, di una proposta di legge che prevede di elevare l'obbligo di istruzione gratuito fino a diciotto anni di età e, in prima applicazione, fino a sedici, è motivata dalla presa d'atto di una drammatica «emergenza istruzione» presente nel nostro Paese, che ricerche recentissime hanno dimostrato essersi fortemente aggravata. Con la presentazione di questa proposta di legge intendiamo porre Parlamento e Governo di fronte alla responsabilità urgente di intervenire, essendo a rischio, in ragione di tale «emergenza istruzione», lo sviluppo sociale, civile, democratico ed economico dell'intero Paese. Scriveva Tullio De Mauro, in un suo testo recente, che in Italia «più di due milioni di adulti sono analfabeti completi, quasi quindici milioni sono semianalfabeti, altri quindici milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione e comunque sono ai margini inferiori delle capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa come è la nostra che non voglia solo dirsi ma essere democratica». Ricerche recentissime (PISA e UNLA, per esempio) descrivono una situazione se possibile ancora più drammatica. A ciò si deve aggiungere che in Italia solo il 70 per cento dei giovani è in possesso del titolo della scuola secondaria di secondo grado (90 per cento nei Paesi membri dell'Unione europea, 78 per cento nell'intera Europa); solo il 9 per cento della popolazione ha una laurea di fronte ad una media europea del 21 per cento; solo il 5 per cento degli adulti partecipa ad attività di apprendimento permanente a fronte dell'8,5 per cento in Europa.

      In questi dati sta il dramma dell'arretratezza culturale e dell'«emergenza istruzione» in Italia. Fronteggiarla deve costituire una assoluta priorità nazionale.

      Presentando questa proposta di legge intendiamo sottoporre tale priorità al Parlamento.

      Una grande priorità nazionale. La proposta di legge risulta composta da pochi articoli essenziali (che fanno propri alcuni essenziali contenuti di una proposta di legge molto più articolata e complessa di riforma della scuola della quale alcuni di noi furono sottoscrittori). Essa dunque, per i suoi caratteri di essenzialità, potrebbe essere approvata in tempi brevissimi essendo sostenuta da altissime ragioni di valore culturale, sociale, civile, democratico.

      Abrogare i provvedimenti del centro-destra. Siamo consapevoli di presentare questa proposta di legge a un Parlamento che, nella XIV legislatura, ha approvato provvedimenti che vanno nella direzione esattamente opposta a quella da noi indicata. Con tali provvedimenti è stato ridotto l'obbligo di istruzione (crediamo si tratti dell'unico caso al mondo), si è istituita la canalizzazione precoce fra istruzione e formazione professionale, si è ridotto l'orario scolastico nella scuola dell'obbligo, si è colpita duramente la scuola pubblica con tagli senza precedenti alle risorse e con provvedimenti che preludevano a una sua trasformazione in senso privatistico, si è (da ultimo, con la cosiddetta «devolution») tentato di frantumare il sistema nazionale dell'istruzione regionalizzandolo.

      Scelte, queste, finalizzate a rendere endemica la situazione di arretratezza e di «emergenza istruzione» descritta, anzi a peggiorarla fortemente nel medio e lungo periodo.

      L'approvazione della proposta di legge che presentiamo comporterebbe, ovviamente, la completa abrogazione dei provvedimenti citati.

      Sapere e istruzione: diritti inalienabili. Quali sono le ragioni che ci convincono a indicare nell'estensione del diritto di istruzione per tutti, nell'elevamento dell'obbligo di istruzione una grande priorità nazionale?

      Anzitutto la consapevolezza che l'estensione del diritto per tutti a un'istruzione qualificata costituisce l'imprescindibile premessa per far sì che a tutti siano assicurati i fondamentali diritti di cittadinanza a iniziare da quello al lavoro, per consentire lo sviluppo economico, sociale, civile, democratico dell'intera società italiana. Partiamo cioè dalla premessa che nella società della conoscenza quello all'istruzione è un diritto inalienabile, la base strutturale su cui costruire la società della democrazia e dell'uguaglianza. Per questo l'elevamento dell'obbligo di istruzione costituisce un obiettivo strategico per il futuro di tutti.

      È uno dei princìpi di fondo che, sessant'anni fa, ispirò la nostra Costituzione fondando il nostro sistema scolastico statale come scuola dell'inclusione, come scuola di tutti.

      Recita la Costituzione, all'articolo 34: «L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi»; e ancora, all'articolo 33: «La Repubblica [...] istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi».

      Il diritto di istruzione è individuato (insieme a quello al lavoro) quale valore fondante per la democrazia costituzionale.

      In effetti, in relazione a nessun altro diritto (se escludiamo, appunto, quello al lavoro che nell'articolo 1 della Carta costituzionale fonda l'esistenza stessa della Repubblica) il testo della Costituzione è tanto precettivo e cogente.

      Una scelta per il futuro di tutta la società. Con la riforma della scuola media unica del 1962 si dà attuazione alla prescrizione costituzionale elevando l'obbligo di istruzione a quattordici anni di età. Grazie a quella riforma il nostro Paese ha compiuto un passo in avanti importantissimo nella fruizione da parte di tutti del diritto di istruzione: oggi il 97 per cento dei ragazzi assolve all'obbligo di istruzione conseguendo la licenza di terza media.

      A quasi quarantacinque anni da quella riforma si rende indispensabile un ulteriore salto di qualità nella estensione e nell'elevamento del diritto ad un'istruzione qualificata per tutti.

      Un salto di qualità che non solo è voluto da quell'«almeno» scritto nel citato articolo 34 della Costituzione oltre sessant'anni fa, ma che ci è imposto dalle trasformazioni epocali che stanno attraversando la società contemporanea. In proposito, i Capi di Stato e di Governo riuniti nel Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000 hanno sottolineato che «l'Unione europea si trova dinanzi a una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dalle sfide presentate da una nuova economia basata sulla conoscenza». Nel 2004 lo stesso Consiglio europeo, con un'ampia e dettagliata comunicazione dal titolo «Istruzione e formazione 2010», fa il punto e ridefinisce le tappe fondamentali per realizzare gli obiettivi di Lisbona.

      Sono fondamentali, fra gli obiettivi del 2010: far sì che l'85 per cento della popolazione ventiduenne dell'Unione europea completi un ciclo di istruzione secondaria superiore; portare al 12 per cento il tasso di partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente. Recita lo stesso documento del Consiglio europeo: «Secondo alcune stime, l'innalzamento di un anno del livello di istruzione medio della popolazione si traduce in un aumento del tasso di crescita del 5 per cento a breve termine e di un altro 2,5 a lungo termine. Inoltre l'impatto positivo dell'istruzione sull'occupazione, la salute, l'inclusione sociale e la cittadinanza attiva è stato ampiamente dimostrato».

      Il rischio della descolarizzazione di massa. Anche alla luce di tutto questo lasciano veramente allibiti le scelte compiute nella scorsa legislatura: esse, invece che fronteggiarla per cercare di porvi rimedio, rendono endemica e sono persino destinate a peggiorare la situazione di arretratezza e di emergenza culturale descritta. Esse sono destinate a produrre fenomeni di descolarizzazione che, nel medio periodo, coinvolgerebbero la maggioranza dei giovani al di sopra dei quattordici anni di età. Basti considerare che già oggi circa il 30 per cento dei giovani non consegue il diploma della scuola secondaria di secondo grado, che già oggi quasi la metà dei diplomati della scuola secondaria di primo grado ottiene la qualifica di «sufficiente» (ad indicare un livello di preparazione sicuramente non elevato).

      Ebbene, in tale contesto, provvedimenti legislativi quali l'abbassamento dell'obbligo di istruzione, la canalizzazione precoce, la riduzione dell'orario nella scuola dell'obbligo pongono le premesse per un drammatico scenario futuro: quello che vede la maggioranza dei ragazzi oltre i quattordici anni di età non procedere negli studi in quella che è oggi la scuola secondaria di secondo grado. Uno scenario veramente apocalittico per una società in cui l'istruzione non sarebbe più annoverata fra i fondamentali, inalienabili diritti di cittadinanza, ma considerata privilegio di classe riservato a ristrette élite dominanti. Uno scenario al di fuori del quadro costituzionale e che comprometterebbe le possibilità di sviluppo dell'intera società.

      Sorge il dubbio non certamente infondato che un popolo incolto, una maggioranza di cittadini «collocata ai margini inferiori della capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa» sia funzionale al modello di società che il centro-destra intendeva costruire: una società classista, senza democrazia partecipata, composta prevalentemente da sudditi-consumatori più che da cittadini consapevoli; un Paese privo di mobilità sociale e che tende sempre più a fondarsi sulla disuguaglianza anziché sull'uguaglianza; un Paese con una struttura economica subalterna e senza sviluppo.

      Con la presentazione della nostra proposta di legge partiamo dall'assunto esattamente opposto. Quello secondo il quale l'elevamento dell'obbligo di istruzione costituisce una scelta senza alternative affinché ogni persona possa essere cittadino a pieno titolo nella società della conoscenza; costituisce una scelta senza alternative per l'affermazione dei fondamentali diritti di uguaglianza, per la realizzazione della mobilità sociale, per l'emancipazione dell'intera società; costituisce una scelta senza alternative se non si vuole condannare il nostro Paese all'arretratezza, a uno sviluppo economico marginale e subalterno.

      Quattro presupposti per la reale fruibilità dell'obbligo. Con questa proposta di legge, dunque, ci proponiamo di perseguire un obiettivo strategico fondamentale: quello di creare le condizioni affinché, nel medio periodo, quel 30 per cento di ragazzi diciottenni che oggi non consegue il titolo di istruzione della scuola secondaria di secondo grado possa raggiungerlo. Indichiamo anche un passaggio intermedio: quello dell'obbligo a sedici anni di età.

      Si tratta di un obiettivo strategico, necessario e nel contempo ambizioso e molto difficile da perseguire, un obiettivo che si deve realizzare nella scuola, che non è solo o principalmente della scuola, ma dell'intera società.

      In questo senso quattro sono i fondamentali presupposti della sua realizzabilità. Il primo è che l'elevamento del livello culturale e di istruzione del Paese sia finalmente eletto a obiettivo prioritario dell'iniziativa parlamentare e governativa anche sul piano delle risorse. Il secondo è che nella sua realizzazione sia coinvolta la società intera. Il terzo è il coinvolgimento degli operatori scolastici nella sua realizzazione. Il quarto è che l'assolvimento dell'obbligo si realizzi in un sistema scolastico unitario e nazionale, in una scuola pubblica, laica, democratica e pluralista, come prescritto dalla Costituzione laddove impegna la Repubblica a istituire «scuole statali per tutti gli ordini e gradi».

      Gli atti di riforma. Riteniamo che la scuola così come è oggi strutturata non sia in grado di assicurare il raggiungimento di tale obiettivo. In questo senso la legge sull'elevamento dell'obbligo di istruzione deve accompagnarsi a interventi, provvedimenti, processi riformatori del nostro sistema scolastico che rendano effettivamente fruibile per tutti la scuola primaria fino a sedici, poi fino a diciotto anni di età.

      Questi i fondamentali atti di riforma da realizzare.

          1. La completa gratuità della scuola dell'obbligo (libri di testo compresi) così come prescrive la Costituzione e l'individuazione di risorse indirizzate a incentivare la prosecuzione degli studi fino al diciottesimo anno di età. Oggi gli esclusi dalla scuola fino a sedici-diciotto anni di età sono prevalentemente i ragazzi provenienti da situazioni socio-culturali più svantaggiate, da famiglie con redditi medio bassi: per tale ragione la scelta della gratuità è obbligata. Avendo inoltre presente che oltre il 20 per cento delle famiglie con figli in età scolare è titolare di redditi inferiori a 15.000 euro annui, mentre in regioni quali la Sicilia, la Calabria, la Campania, tali percentuali raggiungono anche il 35 per cento.

          2. Avviare una riforma dei percorsi e dei programmi dell'ultimo triennio della scuola secondaria di secondo grado.

          3. Una scelta fra le più importanti e difficili: intervenire sulla fascia critica del sistema attuale, quella fra gli undici e i sedici anni di età, quella dove sono maggiormente concentrate le cause e la realtà della dispersione scolastica. Fra gli interventi a monte vi è quello della generalizzazione della scuola dell'infanzia e dell'estensione del tempo pieno nella scuola primaria e del tempo prolungato nella scuola secondaria di primo grado. Si dovrà inoltre mirare a una unitarietà della scuola primaria che si caratterizzi per gli obiettivi comuni ed escluda opzionalità facoltative. Il nuovo biennio obbligatorio dai quattordici ai sedici anni di età dovrà avere caratteri comuni su tutto il territorio nazionale, nel dovuto rispetto dell'autonomia scolastica, dovrà essere un biennio unitario e di indirizzo.

          4. Interventi volti a realizzare la possibilità di istruzione e di apprendimento per tutto l'arco della vita. È la risposta necessaria al diffuso fenomeno per cui le competenze acquisite nella scuola, se non adeguatamente esercitate, regrediscono particolarmente in presenza di titoli di studio medio-bassi. Basti pensare che oggi quasi il 40 per cento della popolazione non è in grado di comprendere e di scrivere frasi che siano un po' più che complesse, tanto meno è in grado di leggere e di comprendere un giornale quotidiano. L'istruzione e l'apprendimento per tutto l'arco della vita devono divenire parte integrante del nostro sistema scolastico, devono quindi impegnare direttamente lo Stato per quanto riguarda risorse e indicazioni generali e vedere protagonisti gli enti locali.

          5. Rendere vivibili le scuole come luogo di socialità, formazione, apprendimento. L'entità del fenomeno multietnico che si va diffondendo in modo impetuoso nella nostra scuola deve costituire una delle priorità di intervento per far sì che esso costituisca una possibilità reale di arricchimento culturale, di positiva socializzazione, di confronto, di contaminazione fra culture, usi, costumi, religioni diversi. A questo fine devono essere formate e rese disponibili le professionalità necessarie nelle persone degli insegnanti curricolari e dei mediatori culturali. Interventi adeguati devono essere previsti per quanto concerne l'inserimento dei portatori di handicap, nel senso di una sempre maggiore qualificazione degli insegnanti di sostegno e di un incremento del loro numero, al fine di rendere sempre più positiva l'esperienza dell'integrazione che qualifica il nostro sistema formativo.

      Sarà inoltre necessario predisporre un piano di intervento per l'edilizia scolastica a partire dalle numerose strutture che versano in condizioni di degrado inaccettabili.

          6. Valorizzazione piena del ruolo culturale e sociale degli insegnanti, nella consapevolezza che in assenza di una loro piena corresponsabilizzazione nella realizzazione del progetto l'obiettivo dell'innalzamento dell'obbligo scolastico non è realizzabile. Un investimento forte deve essere fatto sulla loro professionalità, riconoscendola anche sul piano economico, eliminando la precarietà del lavoro, rendendo disponibili tempi, competenze, spazi per l'aggiornamento, per la formazione continua in servizio, predisponendo strumenti che consentano forme di valutazione-autovalutazione del lavoro svolto finalizzate a misurare l'efficacia dell'azione didattica, a correggerne gli errori, a migliorarla.

          7. La democrazia nella scuola. Essa, per esercitarsi compiutamente, deve anzitutto vedere l'intera società, insieme alla scuola, coinvolta nel dibattito e nella realizzazione del grande progetto di dare più scuola e più istruzione a tutti. La consapevolezza e la partecipazione dimostrate in questi anni da genitori e da studenti, insieme agli insegnanti, costituiscono un viatico molto importante per il governo democratico della scuola. Un governo che si realizzi nel contesto del sistema unitario nazionale dell'istruzione, nel pieno rispetto e valorizzazione dell'autonomia didattica e organizzativa delle istituzioni scolastiche, una democrazia che si eserciti con la partecipazione e la rappresentanza paritetica di tutte le componenti scolastiche nella gestione della scuola. Un governo democratico che può compiutamente realizzarsi anche in ragione di un rapporto e di un confronto con la realtà socio-culturale circostante, con le istituzioni rappresentative dei cittadini e del territorio, quegli enti locali il cui intervento economico è decisivo dovunque per la qualità e il funzionamento delle istituzioni scolastiche. Inoltre, democrazia significa riconoscimento dell'autonomia dei collegi dei docenti nelle scelte di programmazione e di indirizzo didattico e garanzia per ogni insegnante della libertà di insegnamento, come prescritto dalla Costituzione e come garanzia insostituibile per la qualità, il pluralismo, la laicità della scuola.

      Per quanto riguarda i contenuti specifici della proposta di legge, essa si compone di 8 articoli.

      L'articolo 1 prevede la gratuità e l'obbligatorietà dell'istruzione fino a diciotto anni di età e, in fase di prima attuazione, fino a sedici anni di età. Fra i quattordici e i sedici anni di età l'obbligo si realizza in un biennio unitario e di indirizzo. La gratuità è assicurata a tutti fino alla conclusione di quello che è attualmente il primo ciclo di istruzione (ridefinito come «scuola di base»); è altresì assicurata prioritariamente agli alunni frequentanti il biennio unitario e appartenenti a famiglie con reddito fino a 25.000 euro annui. Per l'assolvimento dell'obbligo fino a diciotto anni di età vengono assicurate forme di reddito minimo per gli appartenenti a famiglie titolari di redditi fino a 15.000 euro annui.

      Gli articoli 2 e 3 prevedono la promozione e l'estensione del tempo pieno e prolungato e un orario scolastico obbligatorio nelle scuole del primo ciclo non inferiore alle trenta ore settimanali.

      L'articolo 4 prevede la generalizzazione della scuola dell'infanzia pubblica.

      L'articolo 5 prevede vincoli per l'organico in relazione al numero degli alunni, all'integrazione di alunni stranieri, al sostegno e al numero degli alunni per classe.

      L'articolo 6 prevede interventi contro la dispersione scolastica.

      L'articolo 7 indica l'esigenza dell'educazione e dell'apprendimento per tutto l'arco della vita come parte integrante del sistema scolastico.

      Ai sensi dell'articolo 8, alle spese previste dalla presente proposta di legge si fa fronte, per l'anno 2006 e seguenti, per i quali si stima una spesa di 800 milioni di euro annui, ripristinando l'imposta sulle successioni e donazioni sui grandi patrimoni, e cioè abrogando l'articolo 13 e il comma 1 dell'articolo 14 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e utilizzando quota parte delle entrate derivanti dalla rimodulazione delle aliquote delle imposte sui redditi.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Obbligo e gratuità).

      1. L'istruzione è obbligatoria e gratuita fino a diciotto anni di età. In fase di prima attuazione della presente legge l'istruzione è obbligatoria fino a sedici anni di età. Fra i quattordici e i sedici anni di età l'obbligo si realizza in un biennio unitario. I primi otto anni dell'obbligo di istruzione costituiscono la scuola di base che è caratterizzata da un percorso educativo coerente e unitario. La gratuità della scuola dell'obbligo, ivi compresi i testi scolastici, è garantita a tutti fino all'ottavo anno della scuola di base; è altresì assicurata prioritariamente agli alunni frequentanti il biennio unitario appartenenti a famiglie con reddito fino a 25.000 euro annui. Al fine di favorire la rapida estensione dell'obbligo di istruzione a diciotto anni di età, alle famiglie degli alunni tra i sedici e i diciotto anni di età e titolari di redditi fino a 15.000 euro annui, sono assicurate forme di reddito minimo a parziale compensazione del ritardato ingresso dei figli nel mondo del lavoro.

Art. 2.

(Tempo pieno).

      1. Nei primi cinque anni della scuola di base le istituzioni scolastiche promuovono il tempo pieno che è garantito a tutte le famiglie che ne facciano richiesta. L'orario scolastico obbligatorio non può essere comunque inferiore alle trenta ore settimanali.

Art. 3.

(Tempo prolungato).

      1. Negli ultimi tre anni della scuola di base l'orario obbligatorio non può essere inferiore alle trenta ore settimanali. Devono essere altresì pienamente soddisfatte tutte le richieste per la fruizione del tempo prolungato.

Art. 4.

(Generalizzazione della scuola dell'infanzia).

      1. La scuola dell'infanzia pubblica è generalizzata. Lo Stato deve garantire a tutti i bambini e a tutte le bambine dai tre ai sei anni di età la possibilità di frequentarla. Essa deve assicurare un servizio scolastico che, in termini di orario, corrisponda alla domanda e ai bisogni della comunità.

Art. 5.

(Qualità dell'insegnamento e organico).

      1. L'organico delle singole istituzioni scolastiche garantito dallo Stato deve essere commisurato al numero degli alunni iscritti e alla necessità di consentire una efficace azione didattico-laboratoriale, la realizzazione del tempo pieno e prolungato, l'azione di recupero e una adeguata attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo; deve altresì garantire la presenza di mediatori culturali che facilitino l'integrazione degli alunni stranieri e di insegnanti di sostegno il cui numero, in relazione alla gravità dell'handicap, non deve comunque essere inferiore, sul piano nazionale, al rapporto di un insegnante ogni due alunni.

      2. Il numero massimo di alunni per classe non può superare i venticinque nella scuola dell'infanzia, i ventitre nella scuola primaria, i ventisei nella scuola secondaria di primo e secondo grado.

      3. Nel corso di un triennio devono essere stabilizzati tutti i posti di insegnamento precari esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 6.

(Interventi contro la dispersione scolastica).

      1. Al fine di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, la scuola progetta interventi rivolti alle alunne e agli alunni in situazione di disagio socio-ambientale e in difficoltà di apprendimento. A tale scopo lo Stato assicura a ciascuna istituzione scolastica un organico funzionale di docenti.

 

Art. 7.

(Educazione degli adulti).

      1. L'educazione degli adulti nonché l'istruzione e l'apprendimento per tutto l'arco della vita sono parte integrante del sistema scolastico, devono essere progettati dalle singole istituzioni scolastiche in collaborazione con le diverse realtà territoriali, a partire dagli enti locali, e devono impegnare direttamente lo Stato per quanto concerne risorse e indicazioni generali.

Art. 8.

(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari complessivamente a 800 milioni di euro annui, si provvede, a decorrere dall'anno 2006, mediante quota parte del gettito derivante dall'imposta sulle successioni e donazioni, che è ripristinata a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nelle misure e con le modalità previste dalle disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge 18 ottobre 2001, n. 383.

      2. L'articolo 13 e il comma 1 dell'articolo 14 della citata legge n. 383 del 2001 sono abrogati.

      3. Al medesimo onere si provvede, altresì, mediante l'utilizzo di quota parte delle entrate derivanti dall'incremento, fino alla concorrenza dell'importo necessario per la copertura dell'onere, delle aliquote recate dalle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di aliquote per scaglioni di reddito ai fini della determinazione dell'imposta..

 


N. 1600

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

D'INIZIATIVA POPOLARE

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Norme generali sul sistema educativo d'istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi d'infanzia

 

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Presentata il4 agosto 2006

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Onorevoli Deputati! - La nostra proposta di legge di iniziativa popolare riguarda il sistema educativo di istruzione statale. Detta le norme generali inerenti la scuola e definisce i livelli essenziali delle prestazioni per quanto attiene ai nidi d'infanzia, cui sono assegnate anche finalità educative e pertanto da considerarsi interni al sistema.

Princìpi (articolo 1).

      Il sistema delineato nella proposta di legge trova le sue ragioni di essere nella Costituzione e in quel sistema di regole condivise che la comunità internazionale ha costruito e a cui riconosciamo valore, fino alla Convenzione sui diritti del fanciullo che, in fatto di educazione e istruzione, rappresenta per noi un riferimento costante.

      Il sistema è detto educativo di istruzione perché, nei limiti delle sue competenze, cura la crescita dei soggetti che gli vengono affidati come persone, come cittadini e cittadine, come futuri lavoratori e lavoratrici.

Finalità (articolo 2).

      Il sistema educativo di istruzione cura l'acquisizione consapevole di saperi con un'attenzione costante all'interazione e all'educazione interculturale: valori dei quali

la società del futuro non potrà fare a meno. Nel testo si fa cenno all'apprendimento permanente per sottolineare che la scuola deve offrire strumenti agli allievi/e affinché, dopo aver assolto l'obbligo scolastico, siano in grado di proseguire un percorso di apprendimento che duri per tutto l'arco della vita e consenta di interpretare il mondo in maniera originale. In uno slogan: la scuola come luogo dove si impara ad imparare.

      Nella nostra proposta di legge sottolineiamo anche il valore di alcune scelte di qualità metodologiche: le attività laboratoriali, i momenti ludici e soprattutto il lavoro di gruppo. Quest'ultimo ci sembra particolarmente importante in una società sempre più avviata sulla strada della competizione selvaggia, in cui, quindi, il valore della collaborazione e del lavoro cooperativo va recuperato e rivalutato. L'apertura al territorio, e in generale al mondo esterno, rappresenta per le scuole un arricchimento e una spinta in più per la loro vita.

      Come esempio, l'apertura pomeridiana delle scuole superiori, gestita in modo consapevole dallo spirito di iniziativa degli studenti e delle studentesse, in concorso con tutte le agenzie del territorio che si occupano di giovani (compresa la scuola stessa), può far diventare ciascuna scuola un luogo di produzione e fruizione culturale, di crescita, di socializzazione, di cittadinanza consapevole, fuori dai percorsi didattici in senso stretto, eppure in sinergia con essi.

Articolazione del sistema (articoli 4 e 5).

      Entrando nello specifico, il sistema educativo di istruzione si articola nei nidi d'infanzia, nella scuola di base (scuola dell'infanzia della durata di tre anni, scuola elementare della durata di cinque anni e scuola media della durata di tre anni) e nella scuola superiore (biennio unitario e triennio d'indirizzo). Nel testo sono descritti gli obiettivi di ognuno di tali segmenti.

Il diritto all'istruzione (articolo 3).

      Nella proposta di legge si afferma che deve essere garantito per tutti i cittadini il diritto all'educazione, all'istruzione, alla formazione, a partire dalla gratuità della scuola statale sia per l'accesso sia per i libri di testo sia per il trasporto. Una buona scuola ha bisogno di risorse adeguate per garantire al meglio il perseguimento delle sue finalità, con un investimento che veda un notevole incremento rispetto a quanto oggi il nostro Paese destina a questo scopo: elevare il tetto di spesa almeno al 6 per cento del PIL vuol dire investire nel futuro del Paese.

L'obbligo scolastico (articolo 7).

      A rinforzare la garanzia del godimento di tale diritto riteniamo che l'obbligo scolastico debba iniziare col compimento del quinto anno e durare fino al diciottesimo anno d'età; esso va assolto all'interno del sistema educativo di istruzione. La scuola dovrà predisporre progetti di individualizzazione per offrire a ciascuno una risposta alle proprie esigenze di crescita e a tutti la possibilità di superare le eventuali difficoltà incontrate. Proprio per questo la proposta di legge prevede la non ammissione alla classe successiva solo se il progetto d'individualizzazione predisposto per superare le relative difficoltà di apprendimento non abbia avuto efficacia comprovata. In caso di non ammissione la scuola ha il dovere di progettare il raggiungimento degli obiettivi prefissati nell'anno successivo.

La gestione del disagio (articoli 6, 8, 11, 12 e 13 ).

      Particolare cura andrà posta nella gestione delle discontinuità del percorso di apprendimento, consapevoli che i passaggi da un livello ad un altro rappresentano prove di crescita per la persona se questa è messa nelle condizioni più favorevoli per affrontarle e trarre così beneficio dal loro superamento. Sono necessari con urgenza investimenti e sinergie professionali per combattere la dispersione e il disagio in tutte le sue forme, così come per la valorizzazione delle diversità e il sostegno all'alfabetizzazione e all'integrazione degli alunni/e migranti. Prima condizione di fattibilità è rappresentata dalla formazione di classi meno numerose delle attuali, in cui sia rispettato il tetto massimo di ventidue alunni per classe, da abbassare ulteriormente nei casi in cui siano inserite persone diversamente abili. In secondo luogo occorre prevedere dotazioni organiche aggiuntive, e potenziare quelle già esistenti, sia per la lotta alla dispersione sia per il sostegno all'handicap sia per l'alfabetizzazione degli alunni/e migranti.

      Tali problematiche vanno identificate, curate e monitorate con professionalità adeguate e attenzione costante.

Il personale (articoli 9 e 10).

      La questione degli organici è di fondamentale importanza in generale perché su di essa il sistema fonda la possibilità di raggiungere le sue alte finalità. La scuola ha bisogno di professionisti a cui sia riconosciuta la grande responsabilità che il ruolo comporta e che siano messi nelle condizioni migliori per esercitarla.

      Questo vuol dire poter contare su organici stabili, adeguati per numero, formati alle dinamiche di insegnamento-apprendimento e con pari dignità, senza gerarchie di ruolo, giuridiche e funzionali. La stabilità dell'organico consente il rispetto di quella continuità didattica che finora è sempre stata la prima caratteristica di qualità ad essere sacrificata in nome di esigenze di natura puramente economica. Si realizza assegnando incarichi a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti.

      Ciò è indifferibile anche per un senso di giustizia, di derivazione costituzionale, verso professionisti che da troppo tempo sono trattati in modo lesivo della loro dignità professionale. Per quanto attiene alla formazione del personale docente, essa rappresenta una delle precondizioni su cui si fonda una buona scuola e per questo occorre dare continuità e razionalità agli interventi, individuando i bisogni specifici.

      Utilizziamo il termine «formazione» poiché il solo aggiornamento, centrato nel pensiero comune sull'ammodernamento delle conoscenze disciplinari del/della docente, è certamente necessario ma non sufficiente per le esigenze della buona scuola che vogliamo. Formazione per noi vuol dire apprendimento in situazione, ricerca-azione, sperimentazione di comportamenti e tecniche tendenti a migliorare i risultati dell'azione collettiva dei gruppi che operano in una scuola; significa anche privilegiare tematiche trasversali afferenti la comunicazione, la relazione, il lavoro di gruppo...

I programmi (articolo 14).

      Anche i programmi del sistema educativo di istruzione devono essere rivisti per rispondere alle esigenze di una società che muta molto rapidamente e di un mondo giovanile che ha bisogno di risposte adeguate. La loro definizione è affidata a gruppi di lavoro che sono costituiti in modo significativo da docenti di provata esperienza di ogni ordine e grado, oltre che da esperti dei vari settori della società. Una fase d'ascolto nelle scuole, con il coinvolgimento diretto e attivo di tutti i soggetti interessati, deve esserne il punto di partenza.

La partecipazione (articolo 16).

      Un'attenzione particolare viene dedicata alla partecipazione, supportata dalla valorizzazione degli organi collegiali esistenti e dall'istituzione di nuovi organi di cui si avverte la necessità: il consiglio dei genitori, il collegio del personale ausiliario-tecnico-amministrativo e, nelle scuole medie, il consiglio degli studenti e delle studentesse. Il consiglio dei genitori dovrà essere il volano della partecipazione dei genitori alla vita della scuola con un ruolo riconosciuto nella formulazione del piano dell'offerta formativa. Il collegio del personale ausiliario-tecnico-amministrativo porterà il suo contributo per la migliore realizzazione delle finalità specifiche dell'istituzione scolastica. Il consiglio degli studenti e delle studentesse nelle scuole medie sarà l'istituzionalizzazione di numerose esperienze di partecipazione che si vanno sperimentando in questi anni. A proposito degli organi collegiali, segnaliamo un aspetto che per noi è di grande rilevanza: ogni organo collegiale elegge al suo interno il suo presidente. Proponiamo così che il collegio dei docenti sia presieduto da un docente eletto dal collegio stesso.

      Questo, se si lega alla scelta contenuta nell'articolo 29, che abroga l'istituzione della dirigenza scolastica, sposta decisamente l'ottica con cui ci si è mossi finora e restituisce ai/lle docenti una funzione di autogoverno delle proprie scelte professionali, salvaguardandone la sovranità. Non diminuisce il ruolo e la funzione del capo d'istituto, a cui, primo tra pari, spetta il compito di gestire in termini organizzativo-funzionali l'istituzione scolastica e valorizzare, attuandole al meglio, le scelte professionali del collegio dei docenti, costruite sulla base degli indirizzi generali dettati dagli altri organi collegiali, per le loro competenze. Siamo convinti altresì che la partecipazione sia un atteggiamento culturale che si può affermare solo in presenza di un'abitudine all'attuazione di pratiche di confronto e condivisione.

      La scuola, dunque, deve essere una palestra di cittadinanza fondata sulla costruzione concordata e condivisa delle decisioni. Per questo nella proposta di legge si pone l'accento sull'importanza della progettazione partecipata a partire dalla scuola dell'infanzia e si sottolinea in modo inequivocabile il dovere della scuola di valorizzare il ruolo dei genitori con azioni concrete che ciascuna istituzione scolastica coniugherà nella propria realtà.

Informazione e trasparenza (articolo 17).

      Non c'è partecipazione se non c'è garanzia di circolazione delle informazioni con un impegno alla trasparenza di tutti gli atti che riguardano la vita della scuola e che non ricadano nella normativa a difesa della privacy dei singoli. Le scuole garantiscono la circolazione delle informazioni anche attraverso l'uso delle nuove tecnologie.

Edilizia scolastica (articolo 18).

      Una buona scuola ha bisogno anche di luoghi adeguati. Dal punto di vista edilizio, questi devono rispondere a criteri di sicurezza, salubrità, vivibilità, accoglienza, qualità estetica ed essere realizzati in modo da consentire al meglio lo svolgimento delle attività qualificanti dei percorsi didattici. Per questo chiediamo un piano di edilizia scolastica che intervenga a sanare le situazioni di sofferenza e a fornire nuove strutture attraverso una progettazione partecipata. L'urgenza di tali azioni è sottolineata dai vincoli temporali entro i quali il piano dovrà essere approntato.

L'autovalutazione (articolo 15).

      Ogni istituzione scolastica, con lo scopo di meglio rispondere ai bisogni specifici dei propri allievi e allieve, avvia un percorso periodico di autovalutazione che rappresenta un processo dinamico di riflessione sul proprio operato, sulla propria capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati e formalizzati nel piano dell'offerta formativa. Un percorso che, a nostro avviso, richiede formazione e competenze. Per questo le istituzioni scolastiche, partendo dall'ascolto degli allievi/e e dei genitori, si avvalgono dell'apporto di professionisti, i quali con un «occhio esterno», non giudicante ma professionalmente competente, aiutano il mondo della scuola a guardare a se stesso per migliorarsi.

Nidi d'infanzia (articolo 19).

      L'idea forte è che anche i nidi devono essere intesi come un servizio rivolto alla collettività e non come servizi pubblici a domanda individuale. Ovviamente lo Stato non provvede da solo a garantire tale servizio, ma lo fa in concorso con regioni e comuni. Questi ultimi ne sono i diretti erogatori, mentre le regioni fissano i criteri per la costruzione, la gestione ed il controllo, qualitativo e organizzativo, dei nidi. Il Ministero invece definisce i livelli essenziali, si fa garante del progetto educativo, della formazione e del titolo di studio delle educatrici e degli educatori, cura e monitorizza la continuità con la scuola dell'infanzia. Le famiglie contribuiscono alle spese di gestione che sono ripartite tra Stato e comuni. Le famiglie meno abbienti vengono sostenute con un fondo sociale costituito attingendo a fondi regionali vincolati.

Scuola dell'infanzia (articolo 20).

      Non è prevista alcuna forma di anticipo nell'iscrizione a tale segmento della scuola di base e il terzo anno rientra, come già detto, nell'obbligo scolastico. Due docenti, contitolari e corresponsabili, sono assegnati ad ogni classe (non più «sezione» in coerenza col resto della scuola statale) e garantiscono almeno dieci ore di compresenza sulle quaranta settimanali previste. È prevista una flessibilità nella frequenza, concordata tra famiglie e scuola, per venire incontro a particolari bisogni dei bambini/e.

Scuola elementare (articolo 21).

      Anche nella scuola elementare non è prevista alcuna forma di anticipo e si è ripristinata l'offerta di due modalità organizzative, quella modulare di trenta ore e il tempo pieno di quaranta ore, intesi come progetti didattici unitari. La proposta di legge fissa a quindici - prevedendo deroghe in situazioni particolari - il numero minimo di alunni/e per formare una classe, secondo le scelte espresse dalle famiglie. L'organico dei/lle docenti è fissato in almeno tre per ogni due classi a modulo e almeno due per ogni classe a tempo pieno. Essi/e operano collegialmente ed utilizzano le compresenze (almeno tre ore settimanali per ogni classe a modulo ed almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno) per favorire l'arricchimento del percorso formativo ed il recupero delle situazioni di svantaggio. Non è previsto l'esame di Stato nel passaggio tra scuola elementare e scuola media, perché esse sono due segmenti (non gradi) di uno stesso ordine di scuola, la scuola di base, in ottemperanza a quanto previsto dalla Costituzione all'articolo 33, quinto comma.

Scuola media (articolo 22).

      La scuola media offre due modelli didattici, uno a trenta ore e uno a trentasei ore, fatte salve le sperimentazioni a quaranta ore. Il limite di quindici alunni/e è il minimo - con le deroghe già citate - per formare una classe sulla base delle scelte dei genitori. Nel testo è confermato il valore delle compresenze che vanno previste per attività interdisciplinari, di laboratorio, curricolari.

      Non ci siamo però nascosti le difficoltà di questo segmento di scuola e per questo motivo nella proposta di legge abbiamo previsto la possibilità di sperimentazioni che permettano, in prospettiva, l'unificazione tra scuola elementare e scuola media. È per noi indifferibile un percorso di riflessione e sperimentazione che vada in questa direzione, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.

Scuola superiore (articoli da 23 a 28).

      La scuola superiore, come si vede anche dal numero di articoli ad essa dedicati, richiede molte attenzioni, anche perché si tratta dell'ordine di scuola in cui meno si è intervenuti nella storia della Repubblica. La scuola superiore è articolata in un biennio unitario ed in un triennio di indirizzo.

      Alcuni vorrebbero salvaguardare il principio della doppia intelligenza, secondo cui l'intelligenza di tipo pratico non potrebbe trovare spazio nella scuola, ma dovrebbe essere incanalata più o meno precocemente verso la formazione professionale o un'istruzione di livello inferiore.

      Noi crediamo che questo sia solo un modo mascherato di contravvenire al principio costituzionale secondo cui tutti hanno diritto a raggiungere i più alti livelli di istruzione e compito della Repubblica è quello di rimuovere gli ostacoli di tipo economico e materiale che lo impediscono. Riteniamo che la nostra proposta, che prevede che tutti i ragazzi e le ragazze vadano a scuola fino al compimento del diciottesimo anno di età e che solo dopo possa esservi spazio per la formazione professionale, rappresenti una rivoluzione copernicana dell'attuale istruzione superiore, che può far compiere al Paese, dopo quaranta anni, un balzo culturale in avanti paragonabile a quello seguito all'istituzione della scuola media unificata.

      Il biennio unitario ha una forte impostazione laboratoriale ed ha un curricolo di base di trenta ore, uguale in tutti gli istituti superiori, a cui si aggiungono sei ore di orientamento. Nel biennio il passaggio da un istituto all'altro è libero, non si prevede cioè alcun esame integrativo per le materie di orientamento, ma solo moduli di integrazione attivati dalla scuola di accoglienza. Le attività svolte nelle sei ore di orientamento offrono agli allievi/e un primo approccio alle discipline che caratterizzano gli indirizzi presenti nell'istituto prescelto.

      Il triennio delle superiori prevede cinque macroaree, ciascuna delle quali è ripartita in indirizzi con un proprio monte ore settimanale. Le cinque macroaree sono: umanistica, scientifica, tecnico-professionale, artistica, musicale. Il testo non cita gli indirizzi, la cui definizione è demandata ad apposita decretazione. Occorrerà anche regolamentare il passaggio da un indirizzo all'altro. È consentita l'introduzione di nuovi indirizzi, purché a seguito di sperimentazione effettuata in un numero congruo di istituti per almeno un triennio.

      Nella proposta di legge si è voluta riconoscere l'importanza delle esperienze di stage che rappresentano per i ragazzi/e degli attuali istituti tecnici e professionali un primo contatto assistito con il mondo del lavoro. I percorsi studio-lavoro previsti dalla proposta di legge riguardano però tutte e cinque le macroaree e si è voluto regolamentarli per superare i limiti che tutti questi anni di esperienza hanno evidenziato.

      L'esame di Stato torna ad essere tenuto da commissioni miste, costituite per il 50 per cento da docenti interni e per il 50 per cento da docenti di altro istituto. Il diploma conseguito ha valore legale e dà accesso a tutti i livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del lavoro.

      Come già accennato in precedenza, si vuole incentivare l'uso delle scuole da parte dei giovani anche oltre l'orario di lezione, attraverso strutture e servizi che lo Stato promuove e sostiene.

Abrogazioni (articolo 29).

      Nella proposta di legge avremmo potuto scrivere semplicemente che si intendono abrogate tutte le norme precedenti che risultano in contrasto con il contenuto della legge stessa.

      Si è invece voluta ribadire con forza l'abrogazione della legge n. 53 del 2003 e di tutti i decreti legislativi ad essa collegati [lettere da a) a g)].

      Nell'elenco abbiamo inserito anche altre norme sulla scuola varate dal Governo di centro-destra [lettere m), n), o) e r)] e dal precedente Governo di centro-sinistra [lettere h), i), l), p), q) e s)], ritenute incompatibili con l'idea di scuola delineata nella nostra proposta di legge.

Il linguaggio.

      La proposta di legge che vi proponiamo di discutere presenta un accurato sforzo linguistico su tre fronti: il linguaggio di genere (con la dichiarazione dei sostantivi e degli aggettivi al maschile e al femminile), perché siamo convinti che anche attraverso le parole passino i concetti; l'accurata eliminazione di termini e riferimenti di tipo aziendalista o economicista, che riteniamo debbano rimanere estranei al mondo della scuola; l'indicazione dei concetti in positivo e non come negazione di qualcos'altro, ad indicare una costante volontà di miglioramento.

Gli intenti.

      La proposta di legge che vi proponiamo di discutere rappresenta l'esito di un dibattito e di un percorso che ha coinvolto in modo democratico migliaia di genitori, docenti e studenti di varie parti d'Italia, che hanno avuto così l'opportunità di riflettere e condividere un'idea di scuola composita e complessa. Un percorso articolato, lungo, onesto e sofferto che ha visto ciascuno fare i conti con le idee e i bisogni dell'altro, nella ricerca della migliore mediazione possibile. L'esito finale è la proposta di legge che vi presentiamo, riconosciuta come propria da tutti quelli che hanno partecipato a costruirla. Non abbiamo la presunzione di interpretare, nel suo contenuto, il sentire di tutto il Paese, ma siamo convinti che questo sia il metodo da seguire per avviare un cambiamento, partecipato e condiviso, che produca effetti positivi e di lungo respiro sul sistema scuola. Un tale metodo è sempre mancato nell'intervenire sulla scuola. Esso rappresenta quanto di rigidamente irrinunciabile è presente nel codice genetico della nostra proposta.

      Buon lavoro.


 


 


proposta di legge

D'INIZIATIVA POPOLARE

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Capo I

IL SISTEMA EDUCATIVO

DI ISTRUZIONE STATALE

Art. 1.

(Princìpi).

      1. Il sistema educativo di istruzione statale:

          a) si ispira a princìpi di pluralismo e di laicità;

          b) è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, alla formazione del cittadino e della cittadina, all'acquisizione di conoscenze e competenze utili anche per l'inserimento nel mondo del lavoro, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e ciascuna, secondo i princìpi sanciti dalla Costituzione, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo;

          c) concorre altresì a rimuovere gli ostacoli, di ordine economico, sociale, culturale e di genere, che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini e delle cittadine;

          d) garantisce la partecipazione democratica al suo governo da parte di docenti, educatori, personale ausiliario-tecnico-amministrativo, genitori e studenti.

Art. 2.

(Finalità generali).

      1. Il sistema educativo di istruzione promuove l'acquisizione consapevole di saperi, conoscenze, linguaggi, abilità, atteggiamenti

e pratiche di relazione, visti come aspetti del processo di crescita e di apprendimento permanente, con un'attenzione costante all'interazione ed all'educazione interculturale, che si caratterizza come riconoscimento e valorizzazione delle diversità di qualsiasi tipo ed è intesa come metodo trasversale a tutte le discipline.

      2. Ai fini di cui al comma 1, la pratica scolastica si organizza in un'alternanza di lezioni frontali, attività laboratoriali, momenti ludico-educativi, lavoro individuale e cooperativo, organizzazione di scambi culturali tra istituti e con scuole di altri Paesi, interventi educativi aperti al territorio.

Art. 3.

(Diritto all'istruzione).

      1. Lo Stato riconosce a tutti e a tutte il diritto all'educazione, all'istruzione e alla formazione, garantendo a questo scopo l'accesso gratuito alle scuole statali di base e superiori.

      2. Lo Stato garantisce la gratuità dei libri di testo e del trasporto scolastico per gli alunni e le alunne delle scuole statali dell'obbligo di ogni ordine.

      3. Lo Stato, mediante appositi finanziamenti, promuove e incentiva l'accesso ai saperi ed al mondo della cultura.

      4. Lo Stato promuove e sostiene l'attivazione di corsi per l'educazione degli adulti. Tali corsi, fatta salva l'equiparazione degli obiettivi e dei titoli conseguiti, competono alle scuole ed ai centri territoriali permanenti, che forniscono gli spazi ed il personale docente e non docente per la loro realizzazione.

      5. Lo Stato assicura al sistema educativo di istruzione statale risorse adeguate, destinando ad esso un ammontare di risorse non inferiore al 6 per cento del prodotto interno lordo italiano.

      6. Ai sensi dell'articolo 33, terzo comma, della Costituzione, l'attivazione e il funzionamento di scuole private di ogni ordine non comporta oneri a carico dello Stato, delle regioni e dei comuni.

Art. 4.

(Articolazione).

      1. Il sistema educativo di istruzione si articola nei nidi d'infanzia, nella scuola di base e nella scuola superiore.

      2. La scuola di base è composta dalla scuola dell'infanzia, della durata di tre anni, dalla scuola elementare, della durata di cinque anni, e dalla scuola media, della durata di tre anni.

      3. La scuola superiore si articola in un biennio unitario e in un triennio d'indirizzo.

Art. 5.

(Obiettivi dei diversi livelli del sistema

educativo di istruzione).

      1. Il nido d'infanzia concorre alla crescita ed allo sviluppo delle potenzialità individuali dei bambini e delle bambine, nel quadro di una politica socio-educativa della prima infanzia.

      2. Nell'ambito della scuola di base, il contesto educativo si basa sulla relazione, strumento e fine di ogni apprendimento. In particolare:

          a) la scuola dell'infanzia, nella sua autonomia, unitarietà e specificità pedagogica e didattica, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle bambine, nel rispetto della loro personalità, per lo sviluppo dell'identità, dell'autonomia e delle competenze, nell'ambito cognitivo, in quello affettivo ed in quello sociale, assicurando un'effettiva uguaglianza delle opportunità educative;

          b) la scuola elementare, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali, favorisce la costruzione delle conoscenze, dei saperi e delle abilità di base e potenzia le capacità affettive e relazionali, attraverso un percorso di conoscenza e valorizzazione di sé e dell'altro o altra in un ambiente accogliente e stimolante;

          c) la scuola media persegue l'educazione sociale, affettiva ed emotiva dei ragazzi e delle ragazze, per la valorizzazione di sé e dell'altro o altra, organizza ed accresce le conoscenze e le abilità, cura la dimensione sistematica delle singole discipline e della loro interrelazione; essa è finalizzata allo sviluppo ed al rafforzamento delle capacità di studio autonomo e favorisce la scelta consapevole della scuola superiore.

      3. La scuola superiore persegue le finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze acquisite in precedenza, sostenere e incoraggiare le attitudini e le aspirazioni, fornire strumenti per l'affermazione dell'autonomia personale, arricchire la formazione culturale, umana e civile, sostenendo la progressiva assunzione di responsabilità, offrire conoscenze e capacità adeguate per l'accesso ai livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del lavoro.

Art. 6.

(Gestione delle discontinuità).

      1. Ogni scuola del sistema educativo di istruzione realizza i necessari collegamenti con quelle dei livelli precedente e successivo per gestire le discontinuità del processo di apprendimento. A tale scopo il Ministero della pubblica istruzione definisce i profili di uscita relativi ad ogni ordine di scuola. A partire da questi, ogni singolo istituto predispone sedi opportune di confronto, progettazione ed attuazione operativa di percorsi didattici di raccordo, da attuare tra docenti dei due ordini di scuola coinvolti, con gli alunni e le alunne e con il coinvolgimento dei genitori. Tali progetti sono promossi e sostenuti direttamente dal Ministero della pubblica istruzione.

Art. 7.

(Obbligo scolastico).

      1. L'obbligo scolastico si assolve e si certifica nel sistema educativo di istruzione, decorre a partire dalla frequenza del terzo anno della scuola dell'infanzia e termina con il compimento del diciottesimo anno d'età.

      2. A partire dalla scuola elementare, il passaggio da una classe alla successiva avviene per scrutinio nell'ambito del consiglio di interclasse o di classe con la sola componente insegnante.

      3. Può essere proposta la non ammissione dell'alunno o alunna alla classe successiva solo se il progetto d'individualizzazione predisposto per superare le relative difficoltà di apprendimento non abbia avuto efficacia comprovata.

      4. La non ammissione alla classe successiva non può essere determinata da motivi comportamentali e deve essere accompagnata da precise indicazioni progettuali, atte a garantire all'alunno o alunna il raggiungimento nell'anno successivo degli obiettivi prefissati.

      5. La valutazione periodica dell'alunno o alunna ed il giudizio finale sono documentati con apposito attestato fornito dal Ministero della pubblica istruzione.

      6. Al superamento di ogni ordine di istruzione è previsto il rilascio di un apposito diploma uguale su tutto il territorio nazionale.

Art. 8.

(Formazione delle classi).

      1. Ogni istituto scolastico definisce il numero di classi in modo che in ciascuna di esse il numero degli alunni e delle alunne non sia superiore a ventidue, salvo quanto disposto dagli articoli 11 e 12.

      2. Non è consentita la formazione di classi differenziali sul piano delle abilità, dei risultati scolastici, delle credenze religiose, delle origini culturali, del genere e di qualsiasi altro criterio che di fatto discrimini e pregiudichi le pari opportunità di apprendimento e integrazione.

Art. 9.

(Funzione docente).

      1. Nel sistema educativo di istruzione sono sancite l'unicità della funzione docente, senza gerarchie di ruolo, giuridiche e funzionali, e la pari dignità di tutte le discipline e ambiti disciplinari.

      2. La qualificazione dei docenti e delle docenti è centrata sulla formazione, sia iniziale sia in itinere. Essa è condotta prevalentemente secondo la metodologia della ricerca-azione e rappresenta un obbligo, sia per lo Stato, che garantisce risorse adeguate, sia per le singole istituzioni scolastiche. I docenti e le docenti progettano e partecipano agli interventi formativi ritenuti collegialmente necessari.

      3. La nomina a capo d'istituto avviene a seguito del superamento di un concorso nazionale per titoli ed esami, sulla base del punteggio riportato. La relativa graduatoria nazionale rimane aperta per cinque anni. Requisito necessario per la partecipazione al concorso è l'aver insegnato nella scuola statale per almeno dieci anni.

Art. 10.

(Organici).

      1. Le dotazioni organiche delle istituzioni scolastiche sono determinate annualmente entro il 31 marzo, sulla base del numero di classi e dei modelli didattico-organizzativi preventivati dai singoli istituti.

      2. L'organico di ciascun istituto scolastico è incrementato per rispondere alle esigenze di cui agli articoli 11, 12 e 13, secondo norme dettate con regolamento governativo.

      3. Lo Stato riconosce il valore della stabilizzazione degli organici e della continuità didattica nell'assegnazione dei docenti e delle docenti alle classi, quali elementi che concorrono ad una maggiore qualità del sistema educativo di istruzione.

      4. In coerenza con le norme costituzionali vigenti in materia, il Governo emana disposizioni regolamentari idonee a garantire l'effettiva applicazione di quanto previsto al comma 3, anche con il conferimento ogni anno di nomine a tempo indeterminato su tutte le cattedre vacanti, da effettuare esclusivamente attraverso graduatorie pubbliche, sia per titoli ed esami sia per soli titoli, nelle quali deve essere data priorità al servizio prestato nella scuola statale.

      5. Allo scopo di assicurare il rispetto dei princìpi contenuti nella presente legge, le amministrazioni competenti devono garantire adeguate dotazioni organiche, costituite da personale a tempo indeterminato in possesso di specifici titoli professionali.

Art. 11.

(Lotta alla dispersione scolastica).

      1. Al fine di perseguire le finalità di cui all'articolo 1 e di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, ogni scuola progetta interventi rivolti agli alunni ed alle alunne in situazioni di disagio socio-ambientale o in difficoltà di apprendimento.

      2. Lo Stato assicura ad ogni scuola una dotazione aggiuntiva di docenti opportunamente formati o formate, che concorre alla progettazione e realizzazione di tali interventi, insieme ai docenti e alle docenti delle singole classi. Ogni scuola progetta e realizza gli interventi in collaborazione con i servizi territoriali.

      3. Nelle aree a forte disagio socio-ambientale il numero di alunni e alunne per classe non deve essere superiore a venti.

Art. 12.

(Valorizzazione delle diversità).

      1. Il sistema educativo di istruzione valorizza tutte le diversità e affronta il disagio scolastico in tutte le sue espressioni.

      2. L'integrazione delle persone diversamente abili si realizza ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, della legge 4 agosto 1977, n. 517, e del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni.

      3. Su richiesta di ogni singola scuola, il Ministero della pubblica istruzione assicura, prima dell'inizio dell'anno scolastico, l'assegnazione di tutti gli insegnanti o le insegnanti di sostegno necessari a garantire il progetto didattico, costruito in base alla diagnosi funzionale, con il concorso delle figure professionali coinvolte.

      4. La formazione delle classi iniziali nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare è effettuata, di norma, con l'inserimento di un solo alunno o alunna diversamente abile; le classi successive delle medesime scuole e le classi della scuola media e della scuola superiore non possono essere costituite con l'inserimento di un numero superiore a due alunni o alunne diversamente abili.

      5. Per assicurare la massima efficacia al processo di integrazione scolastica, le classi che accolgono un alunno o alunna diversamente abile sono costituite con tre alunni o alunne in meno rispetto a quanto disposto dall'articolo 8, comma 1. Qualora siano inseriti nella classe due alunni o alunne diversamente abili, la classe stessa viene costituita con un numero ancora inferiore di alunni o alunne.

      6. Nella determinazione dell'organico deve essere garantita l'assegnazione di docenti di sostegno per tutto l'orario richiesto dal progetto didattico-educativo, fino a coprire interamente l'orario di permanenza a scuola dell'alunno o alunna, se necessario.

      7. La scuola garantisce il regolare e periodico funzionamento dei gruppi di lavoro handicap, ai quali devono obbligatoriamente partecipare tutte le componenti.

      8. Il Ministero della pubblica istruzione destina adeguate risorse per qualificare professionalmente tutti gli operatori delle scuole con alunni e alunne in situazione di disabilità e disagio.

      9. Il Ministero della pubblica istruzione eroga alle scuole un fondo speciale da utilizzare secondo le esigenze dei progetti didattico-educativi previsti.

Art. 13.

(Alfabetizzazione e integrazione degli alunni e delle alunne migranti).

      1. Al fine di promuovere l'alfabetizzazione nella lingua italiana, lo Stato assicura a ciascuna scuola una dotazione aggiuntiva di docenti e mediatori o mediatrici culturali opportunamente formati; tale dotazione aggiuntiva è determinata in misura di almeno un docente o una docente ogni cinque alunni o alunne con necessità di prima alfabetizzazione e di almeno un o una docente ogni venticinque alunni o alunne di recente immigrazione, intendendosi per tali coloro che sono da meno di tre anni in Italia.

      2. Lo Stato assicura alle scuole i fondi e le risorse necessarie per garantire agli alunne e alle alunne migranti almeno un'ora alla settimana di insegnamento della lingua e della cultura madre, anche in rete con altri istituti, aperta alla partecipazione di tutti gli alunni e alunne, e per realizzare percorsi di accoglienza, orientamento e supporto a favore delle loro famiglie, al fine di renderle pienamente partecipi dell'esperienza formativa dei propri figli e favorirne la partecipazione alla vita sociale.

Art. 14.

(Programmi).

      1. Allo scopo di garantire un'omogenea offerta didattica e formativa sul territorio nazionale, il Ministero della pubblica istruzione adotta programmi didattici e definisce gli obiettivi di base che devono essere raggiunti dagli alunni e dalle alunne di ciascun ordine di istruzione su tutto il territorio nazionale.

      2. I programmi didattici della scuola di base e del curricolo di base del biennio unitario della scuola superiore, di cui all'articolo 24, comma 2, sono progettati in modo da favorire un'evoluzione armonica di approccio alle discipline, in un'ottica di governo delle discontinuità didattiche tra tutti i livelli del sistema educativo di istruzione.

      3. I programmi sono elaborati da gruppi di lavoro costituiti da docenti rappresentativi delle diverse scuole del sistema educativo di istruzione e da esperti o esperte di riconosciuto valore scientifico, nominati su indicazione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, con procedura pubblica. La loro attività deve prevedere una fase di ascolto nelle scuole, con il coinvolgimento diretto e attivo di insegnanti, genitori, studenti, personale ausiliario-tecnico-amministrativo e cittadini.

      4. Fino all'adozione di programmi didattici di cui al presente articolo, si applicano gli orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 giugno 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 1991, i nuovi programmi didattici per la scuola primaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, n. 104, i programmi per la scuola media statale di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 9 febbraio 1979, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 20 febbraio 1979.

Art. 15.

(Autovalutazione).

      1. Al fine di agevolare il raggiungimento di un alto livello qualitativo del sistema educativo di istruzione, ogni scuola realizza annualmente al suo interno un percorso di autovalutazione. Tale percorso è mirato ad identificare eventuali punti deboli su cui intervenire o esperienze didattico-educative efficaci da diffondere, a stabilire se la dotazione ed il livello delle risorse disponibili è adeguato, a valorizzare, coinvolgere e responsabilizzare il personale scolastico relativamente al raggiungimento degli obiettivi posti in sede di programmazione.

      2. L'autovalutazione, attraverso incontri collegiali e di gruppo, questionari, colloqui e altre iniziative ritenute utili, a partire dall'ascolto degli alunni e alunne e dei loro genitori, aiuta la scuola a ripensare al suo operato ed alla ricaduta della sua azione educativa, didattica e progettuale sugli alunni e alunne, sui docenti e le docenti e sui genitori.

      3. Ai fini di cui al presente articolo, ogni scuola, con il supporto di opportuni finanziamenti statali, si avvale del contributo di figure professionali esterne, quali docenti di altre scuole, anche di diverso ordine, e di facoltà universitarie, nonché specialisti o specialiste in discipline variamente attinenti alle problematiche della didattica, che hanno il compito di facilitare l'azione autovalutativa e didattica, di aiutare la gestione delle dinamiche dei gruppi di lavoro e di contribuire alla risoluzione di ogni eventuale problema.

Art. 16.

(Partecipazione).

      1. Lo Stato promuove e garantisce a tutti i soggetti coinvolti la partecipazione alla gestione dei nidi d'infanzia e della scuola di ogni ordine.

      2. La progettazione partecipata deve trovare nelle scuole, a partire da quelle dell'infanzia, occasioni diffuse e differenziate per formare, sin da bambini, l'abitudine ad essere coinvolti in prima persona nella costruzione del proprio presente e futuro.

      3. La partecipazione dei genitori, per la sfera di loro competenza, è considerata uno degli aspetti fondamentali per la finalizzazione degli interventi educativi delle istituzioni scolastiche, che hanno il dovere di valorizzarne il ruolo con azioni concrete rispondenti alle esigenze delle diverse realtà, anche in concorso con gli enti locali.

      4. La partecipazione si realizza attraverso gli organi collegiali esistenti, come disciplinati dalle disposizioni del testo unico di ci al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, e dei seguenti ulteriori organi, con funzioni consultive ed autogestionali per tutti gli aspetti di rispettiva pertinenza: il consiglio dei genitori, il collegio del personale ausiliario-tecnico-amministrativo e, nelle scuole medie, il consiglio degli studenti e delle studentesse.

      5. Il consiglio dei genitori è composto dai rappresentanti e dalle rappresentanti dei genitori eletti all'interno dei consigli di classe e di interclasse e del consiglio di istituto e di circolo; elegge tra i suoi membri un presidente che non può ricoprire contemporaneamente la carica di presidente di consiglio di circolo o di istituto. Il consiglio dei genitori si insedia subito dopo l'elezione dei rappresentanti di classe, indìce almeno due volte all'anno un'assemblea generale di tutti i genitori ed è obbligatoriamente consultato nella stesura del piano dell'offerta formativa.

      6. Ogni scuola mette a disposizione gli spazi per gli incontri ed ogni altro strumento finalizzato a favorire la più ampia partecipazione.

 

Art. 17.

(Informazione e trasparenza).

      1. Le scuole garantiscono la più ampia informazione sulle proprie attività. Tutti gli atti delle scuole sono pubblici, ad eccezione delle parti contenenti dati che ledono il diritto alla riservatezza dell'individuo. Tutti i genitori, gli insegnanti e le insegnanti, il personale ausiliario-tecnico-amministrativo, gli studenti e le studentesse possono prendere visione degli atti pubblici delle scuole.

      2. Ogni scuola è tenuta a dotarsi di un proprio sito INTERNET, costantemente aggiornato in merito all'attività didattica, ai progetti di integrazione tra scuola e territorio, alle attività ed alle decisioni degli organi collegiali, agli atti amministrativi e ad ogni altro aspetto dell'attività istituzionale. Lo Stato e gli enti locali assicurano la gratuità della connessione in rete e adeguati finanziamenti annuali ai progetti di comunicazione basati sull'utilizzo delle tecnologie informatiche.

Art. 18.

(Edilizia scolastica).

      1. Lo Stato determina e garantisce i livelli essenziali qualitativi e quantitativi in merito ai parametri fisico-ambientali delle strutture degli istituti scolastici.

      2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della pubblica istruzione, di concerto con gli enti locali preposti, vara un piano per l'edilizia scolastica al fine di provvedere alla costruzione di nuove strutture e all'adeguamento di quelle esistenti, secondo criteri di sicurezza, salubrità, vivibilità, accoglienza e qualità estetica.

      3. Le strutture degli edifici scolastici devono essere adeguatamente dotate di laboratori, palestre e di tutti gli spazi di uso specifico necessari alle attività didattiche previste.

      4. Gli edifici scolastici devono essere costruiti o adeguati secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica.

      5. La progettazione di nuovi edifici scolastici o di interventi migliorativi o di ristrutturazione di quelli esistenti deve essere realizzata con il metodo della progettazione partecipata di insegnanti, genitori, alunni e alunne, personale ausiliario-tecnico-amministrativo.

Capo II

NIDO D'INFANZIA

Art. 19.

(Nido d'infanzia).

      1. Il nido d'infanzia è un servizio educativo e sociale di interesse pubblico garantito dallo Stato, dalle regioni e dai comuni, rivolto alla collettività, che non rientra tra i servizi pubblici a domanda individuale. I comuni, singolarmente o in associazione fra loro, sono tenuti a erogare il servizio secondo i bisogni espressi dal territorio.

      2. Il nido d'infanzia accoglie tutti i bambini e le bambine di età compresa fra tre mesi e tre anni che vivono nel territorio nazionale.

      3. Lo Stato tutela e garantisce l'inserimento dei bambini e delle bambine portatori di svantaggio psico-fisico e sociale.

      4. Il Ministero della pubblica istruzione definisce i livelli essenziali che gli enti locali devono assicurare e si fa garante del progetto educativo, della formazione e del titolo di studio delle educatrici e degli educatori. Sostiene ed autorizza progetti sperimentali di continuità tra il nido d'infanzia e la scuola dell'infanzia, ne verifica puntualmente la validità e ne promuove la diffusione.

      5. Le regioni, con proprie leggi, fissano i criteri per la costruzione, la gestione ed il controllo dei nidi d'infanzia e dei loro standard qualitativi e organizzativi. È assicurata l'assistenza sanitaria e psicologica in modo continuativo.

      6. La dotazione organica degli educatori e delle educatrici è definita nel rispetto dei seguenti parametri:

          a) almeno un educatore o educatrice ogni cinque lattanti iscritti;

          b) almeno un educatore o educatrice ogni sei piccoli iscritti;

          c) almeno un educatore o educatrice ogni otto grandi iscritti.

      7. Ai comuni compete l'apertura, la gestione dei nidi d'infanzia ed il controllo di quelli non comunali, nel rispetto degli standard fissati.

      8. La spesa per la gestione dei nidi d'infanzia è ripartita tra il Ministero della pubblica istruzione ed i comuni, con il contributo delle famiglie. Dalle spese di gestione devono essere escluse le spese per il terreno, l'edificio ed i relativi mutui. I contributi dovuti da famiglie non in grado di pagare in parte o totalmente la retta, sono sostituite da risorse rinvenienti da un apposito fondo sociale, erogato ai comuni attingendo a fondi regionali vincolati per tale finalità.

      9. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato vara un piano nazionale straordinario di edilizia per i nidi d'infanzia, prevedendo l'erogazione di fondi vincolati, per il tramite delle regioni.

Capo III

SCUOLA DI BASE

Art. 20.

(Scuola dell'infanzia).

      1. La scuola dell'infanzia statale, comunale e regionale costituisce il livello di istruzione cui hanno diritto tutte i bambini e le bambine di età compresa tra i tre e i sei anni presenti sul territorio nazionale.

      2. L'iscrizione al primo ed al secondo anno della scuola dell'infanzia è possibile per chi compie rispettivamente i tre o i quattro anni entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento.

      3. L'ultimo anno è obbligatorio per tutti i bambini e le bambine che abbiano compiuto i cinque anni entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento.

      4. È garantito un orario settimanale di quaranta ore. Sono previste flessibilità di orario di frequenza, concordate con i genitori, per momenti di inserimento iniziale o per particolari bisogni del bambino o bambina.

      5. Ad ogni classe sono assegnati o assegnate due insegnanti contitolari e corresponsabili, che garantiscono almeno dieci ore di compresenza settimanale.

      6. I comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata per un massimo di tre ore giornaliere complessive, utilizzando personale qualificato.

Art. 21.

(Scuola elementare).

      1. La scuola elementare accoglie tutti i bambini e tutte le bambine presenti sul territorio nazionale che abbiano compiuto i sei anni entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento.

      2. Ogni scuola propone ai genitori la scelta tra l'organizzazione modulare a trenta ore settimanali ed il tempo pieno a quaranta ore settimanali. All'atto dell'iscrizione i genitori esprimono la loro scelta. Entrambi i modelli proposti dalle scuole costituiscono progetti didattici unitari. Essi comprendono il tempo dedicato alla mensa ed al gioco, durante il quale è assicurata la partecipazione del personale docente titolare della classe.

      3. Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai genitori, ove il numero degli alunni e alunne interessati non sia inferiore a quindici.

      4. In situazioni logistiche che non rispettino il previsto rapporto cubatura/numero di alunni e alunne ed in situazioni territoriali peculiari, quali quelle delle scuole di montagna, delle isole, delle frazioni isolate, di aree a forte flusso immigratorio o a rischio, sono istituiti plessi e formate classi anche di numero inferiore, in deroga al comma 3.

      5. Sono assegnate o assegnati almeno tre docenti ogni due classi a modulo e almeno due docenti ad ogni classe a tempo pieno, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica e, ove possibile, le diverse competenze disciplinari e le preferenze sul modello didattico esplicitate dalle docenti o dai docenti coinvolti.

      6. Nell'ambito della classe, i docenti e le docenti operano collegialmente e sono contitolari del percorso formativo, con pari dignità e responsabilità educativo-didattica.

      7. Variazioni concernenti l'attribuzione o l'organizzazione degli ambiti didattici possono essere effettuate all'interno del gruppo dei docenti e delle docenti contitolari che ne concordino la modifica.

      8. Per favorire l'arricchimento del percorso formativo ed il recupero delle situazioni di svantaggio, sono garantite ai bambini e alle bambine almeno tre ore settimanali di compresenza per ogni classe a modulo e almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno. Qualora nella classe siano presenti docenti specialisti, può essere aumentato il monte ore a disposizione per la compresenza, da utilizzare su progetti didattici approvati dal collegio docenti.

      9. Il passaggio da una classe alla successiva avviene per scrutinio. I docenti e le docenti di classe possono proporre, solo in casi eccezionali, al consiglio di interclasse, con la sola componente docenti, la non-ammissione dell'alunno o alunna alla classe successiva con le modalità di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 7.

      10. I comuni sono tenuti ad assicurare, nei casi di comprovata necessità, un servizio di accoglienza anticipata o posticipata per un massimo di due ore giornaliere complessive, utilizzando personale qualificato.

Art. 22.

(Scuola media).

      1. La scuola media accoglie tutti i ragazzi e le ragazze presenti sul territorio nazionale che abbiano superato lo scrutinio dell'ultimo anno della scuola elementare. I ragazzi e le ragazze di recente immigrazione, ove non si possano valutare i titoli scolastici conseguiti nel Paese di provenienza, sono ammessi se hanno compiuto undici anni e non hanno superato i quindici anni entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento, in accordo con la normativa vigente.

      2. Ogni scuola offre la scelta tra un modello a tempo normale di trenta ore settimanali ed un modello a tempo prolungato di trentasei ore settimanali, cui deve essere aggiunto il tempo mensa, fatte salve le sperimentazioni di quaranta ore settimanali. All'atto dell'iscrizione i genitori esprimono la loro scelta.

      3. Le nuove classi si formano in base al modello scelto dai genitori, ove il numero degli alunni o alunne interessati non sia inferiore a quindici, fatte salve eventuali deroghe legate a situazioni logistiche che non rispettino il previsto rapporto cubatura/numero di alunni o alunne ed a situazioni territoriali peculiari quali quelle delle scuole di montagna, delle isole, delle frazioni isolate, delle aree a forte processo immigratorio o a rischio, nelle quali vengono istituiti plessi e formate classi anche di numero inferiore.

      4. Il modello didattico a tempo prolungato si basa sull'istituzione di cattedre orario comprensive delle ore d'insegnamento e del tempo mensa.

      5. Il tempo mensa svolge una funzione formativa e concorre alla determinazione dell'organico d'istituto.

      6. Sono previste ore di compresenza per attività interdisciplinari, di laboratorio, curricolari.

      7. Il consiglio di classe, con la sola componente docente, in sede di valutazione finale annuale delibera l'ammissione alla classe successiva per gli alunni e alunne delle classi prima e seconda. Nel caso di non ammissione, si applica quanto disposto ai commi 3 e 4 dell'articolo 7.

      8. Al termine del terzo anno l'alunno o alunna sostiene l'esame di Stato per l'accesso alla scuola superiore.

      9. Il Ministero della pubblica istruzione riconosce e sostiene sperimentazioni che abbiano lo scopo di realizzare percorsi di unificazione tra scuola elementare e media, finalizzati all'individuazione di un modello organizzativo e didattico che permetta il superamento, in prospettiva, della divisione tra i due livelli di scuola. Le attività didattiche sono organizzate in relazione ai bisogni degli alunni e delle alunne, dando ampio spazio alla didattica laboratoriale, all'interdisciplinarietà, alla cooperazione.

Capo IV

SCUOLA SUPERIORE

Art. 23.

(Disposizioni generali).

      1. La scuola superiore accoglie tutti i ragazzi e le ragazze presenti sul territorio nazionale che abbiano superato l'esame di Stato conclusivo della scuola media.

      2. I ragazzi e le ragazze di recente immigrazione, ove non si possano valutare i titoli scolastici conseguiti nel Paese di provenienza, sono ammessi d'ufficio se hanno compiuto quattordici anni entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento, in accordo con le norme vigenti.

      3. Allo scopo di rendere realmente possibile l'assolvimento dell'obbligo scolastico, nelle scuole superiori situate in aree caratterizzate da forte pendolarismo studentesco, sono predisposti tutti i servizi indispensabili per rendere agevole la frequenza scolastica e la permanenza a scuola anche al di fuori dell'orario di lezione. Lo Stato trasferisce agli enti locali preposti i finanziamenti necessari all'erogazione degli specifici servizi richiesti dalle singole scuole.

      4. Il Ministero della pubblica istruzione promuove e sostiene con appositi progetti l'ampliamento dell'orario didattico con approccio laboratoriale e il pieno utilizzo degli edifici scolastici, anche con l'attivazione di mense scolastiche e spazi aggiuntivi per lo studio individuale, la ricerca, l'attività artistica, culturale e sportiva, attraverso appositi finanziamenti.

Art. 24.

(Biennio unitario).

      1. Il biennio unitario è costituito da un curricolo di base di trenta ore settimanali e da uno di orientamento di sei ore settimanali.

      2. Il curricolo di base è uguale in tutti gli istituti superiori ed è caratterizzato da una forte impostazione laboratoriale.

      3. Il curricolo di orientamento propone agli studenti e alle studentesse un primo approccio agli indirizzi presenti nel triennio dell'istituto prescelto.

      4. I singoli istituti possono offrire moduli orari supplementari a base laboratoriale, tempi di studio assistito, progetti didattici, senza che il carico orario superi le quaranta ore settimanali. L'organico di istituto è aumentato di conseguenza.

      5. Nel biennio unitario il passaggio fra diversi istituti è libero. La scuola di accoglienza attiva moduli di integrazione per il recupero delle materie di orientamento.

Art. 25.

(Triennio di indirizzo).

      1. Il triennio di indirizzo della scuola superiore si articola in cinque aree: umanistica, scientifica, tecnico-professionale, artistica, musicale.

      2. Le aree sono ripartite in indirizzi, ciascuno con un proprio numero di ore settimanale.

      3. Il passaggio tra indirizzi ed aree diverse è possibile secondo modalità stabilite da un apposito regolamento.

Art. 26.

(Sperimentazioni).

      1. La costituzione di nuovi indirizzi deve essere approvata dal Ministero della pubblica istruzione, a seguito della sperimentazione attuata in un congruo numero di istituti per almeno un triennio.

      2. La sperimentazione può essere proposta dagli stessi istituti, dalle regioni o dal Ministero della pubblica istruzione.

Art. 27.

(Esame di Stato).

      1. Al termine della scuola superiore gli studenti e le studentesse sostengono l'esame di Stato.

      2. Ogni commissione esaminatrice, nominata dal Ministero della pubblica istruzione, è presieduta da un docente o da una docente di scuola statale e composta per il 50 per cento da docenti di altro istituto.

      3. Superato l'esame, gli studenti e le studentesse conseguono un diploma che assume la denominazione dell'area e dell'indirizzo frequentati.

      4. Il diploma ha valore legale, dà accesso a tutti i livelli successivi di istruzione e formazione ed al mondo del lavoro. I diplomi conseguiti nelle scuole superiori dell'area tecnico-professionale consentono l'accesso alle relative figure lavorative.

Art. 28.

(Percorsi studio-lavoro).

      1. Nel corso del triennio di indirizzo, al fine di raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 5, comma 3, di agevolare le scelte professionali future degli studenti e delle studentesse mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, dell'università e della ricerca, le scuole superiori di tutte le aree organizzano percorsi studio-lavoro con finalità formative e di orientamento.

      2. I percorsi studio-lavoro possono prevedere sia l'intervento di esperti in classe, sia l'inserimento del singolo allievo o allieva nella realtà di lavoro e di ricerca convenzionata. Hanno una durata compresa tra le due e le tre settimane e si effettuano nel corso dell'anno scolastico, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra le scuole e le realtà lavorative pubbliche e private del territorio di riferimento, quali aziende, cooperative, laboratori di ricerca, biblioteche, musei, agenzie di controllo del territorio e simili. Sono esclusi dalle convenzioni i centri e gli enti di formazione professionale e le agenzie regionali per l'impiego.

      3. Gli interventi di esperti sono progettati appositamente per la classe su argomenti e tematiche specifiche correlate con l'indirizzo di riferimento; si svolgono in

orario curricolare e in compresenza con i docenti o le docenti.

      4. Gli inserimenti dei singoli allievi o allieve nelle realtà di lavoro sono progettati in modo che siano funzionali al percorso di apprendimento complessivo. I soggetti promotori hanno l'obbligo di garantire la presenza di un responsabile didattico-organizzativo delle attività, che a conclusione dei percorsi deve documentare quanto svolto dallo studente o dalla studentessa in una relazione scritta.

      5. La scuola è tenuta a verificare con lo studente o la studentessa la veridicità di quanto dichiarato dal tutore e la validità dell'esperienza, richiedendogli o richiedendole di descrivere in forma scritta le attività svolte e di esprimere un giudizio nel merito, anche attraverso la formulazione di questionari elaborati dall'istituto.

      6. L'organizzazione dei percorsi studio-lavoro è obbligatoria per tutte le scuole, nel rispetto di tutte le disposizioni del presente articolo, ma la frequenza, per quanto concerne l'inserimento nella realtà di lavoro o di ricerca convenzionata, è a discrezione dello studente o studentessa.

Capo V

ABROGAZIONI

Art. 29.

(Abrogazioni).

      1. Sono abrogati:

          a) la legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni;

          b) il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e successive modificazioni;

          c) il decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286;

          d) il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76;

          e) il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77;

          f) il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni;

          g) il decreto legislativo 4 novembre 2005, n. 227;

          h) l'articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni;

          i) l'articolo 5 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345;

          l) il decreto Presidente della Repubblica 12 luglio 2000, n. 257;

          m) l'articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

          n) i commi 4 e 7 dell'articolo 22 e l'articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448;

          o) il comma 1 dell'articolo 35 e l'articolo 91 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

          p) il comma 3 dell'articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449;

          q) il comma 1 dell'articolo 37 del decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell'11 novembre 1998;

          r) i commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311;

          s) l'articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

          t) ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

 


 



[1]    L’articolo 71 della Costituzione prevede, al secondo comma, che “Il popolo esercita l’iniziativa delle legge, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.

[2]    Legge 28 marzo 2003, n. 53 recante Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

[3]    D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59  recante Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[4]    D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77 recante Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[5]    D.Lgs. 17ottobre 2005, n. 226 recante Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[6]    D.Lgs. 17ottobre 2005, n. 227 recante Definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento, a norma dell'articolo 5 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[7]    D.Lgs. 15aprile 2005, n. 76 recante Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della L. 28 marzo 2003, n. 53.

 

[8]    D.P.R. 08-03-1999, n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n.59

[9]    A tale proposito si segnala che la legge comunitaria 2005 (L.25 gennaio 2006 n.29) ha provveduto a semplificare la procedura di riconoscimento dei diplomi di istruzione dei cittadini comunitari, dei Paesi dello Spazio europeo e della Confederazione elvetica (art.13) applicando a questi ultimi , con le necessarie modifiche, la procedura dettata all’art. 379 del Testo unico in materia di istruzione (D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado).

[10] A tal fine si è proposto un livello di investimento pari al 3%, il rafforzamento dell’attrattiva dell’Europa per i ricercatori, istituzione di un Consiglio europeo della ricerca, promozione della ricerca congiunta tra imprese e università.

[11]   Il Consiglio europeo di primavera 2006, nelle sue conclusioni, dopo avere ricordato che l'istruzione e la formazione sono elementi cruciali per lo sviluppo delle potenzialità dell'UE a lungo termine sotto il profilo della competitività nonché della coesione sociale, ha sottolineato la necessità di accelerare riforme che pongano in essere sistemi scolastici di elevata qualità che siano tanto efficaci quanto equi.

[12] Ad esempio, quei sistemi che prevedono scuole totalmente commisurate a gruppi di studenti con esigenze e livelli di apprendimento analoghi.

[13]   Pubblicata in G.U.U.E. del 30 dicembre 2006, L 394.

[14]    ECVET: European Credit System for Vocational Education and Training.

[15]  Sulla base di tali conclusioni, il 4–5 dicembre 2006 i ministri europei dell’istruzione hanno elaborato il “comunicato di Helsinki”, documento che aggiorna le strategie e le priorità del processo di Copenhagen per lo sviluppo della cooperazione europea nel settore dell’istruzione e formazione professionale. Il processo di Copenhagen, a cui aderiscono i 27 stati membri dell’Unione europea, due dei paesi candidati (Croazia e Turchia), tre paesi dell’EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), le parti sociali e la Commissione europea, è nato quale contributo alla realizzazione degli obiettivi generali della strategia di Lisbona ed è aggiornato da una conferenza ministeriale che si tiene ogni due anni.

[16]   La decisione n. 2241/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 istituisce un quadro comunitario unico per realizzare la trasparenza delle qualifiche e delle competenze mediante l'istituzione di una raccolta personale e coordinata di documenti, denominata Europass, che i cittadini possono utilizzare su base volontaria per meglio comunicare e presentare le proprie qualifiche e competenze in tutta Europa. La decisione prevede che gli Stati membri, responsabili dell’attuazione del sistema Europass,  designino un Centro nazionale Europass (CNE) che confluirà in una rete  europea di CNE, le cui attività sono coordinate dalla Commissione.

[17]   Pubblicata in G.U.U.E. del 30 dicembre 2006, L 394.

[18] Il 23 febbraio 2006 il Consiglio, d’intesa con la Commissione, ha approvato una relazione intermedia comune 2006 sui progressi compiuti nell’ambito del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” (pubblicata in G.U.U.E. DEL 1° aprile 2006, C 79). Il programma “Istruzione e formazione 2006 è stato approvato nel 2002 quale quadro strategico  dell’UE per la cooperazione in materia di istruzione e formazione. La prossima relazione intermedia comune del Consiglio e della Commissione sarà preparata nel 2007 per essere adottata nel 2008.

[19]   D.L. 31gennaio 2007, n. 7 recante Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.

 

[20]   D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59  recante Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[21]   D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 77 recante Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[22]   D.Lgs. 17ottobre 2005, n. 226 recante Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[23]   D.Lgs. 17ottobre 2005, n. 227 recante Definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento, a norma dell'articolo 5 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[24]   D.Lgs. 15aprile 2005, n. 76 recante Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[25]   Da definire, ai sensi e dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[26]   La legge 18 dicembre 1997, n. 440, ha istituito tale Fondo nello stato di previsione del MInistero della pubblica istruzione,definendone obiettivi e modalità di utilizzazione. Le disponibilità del fondo (indicate in tabella C della legge finanziaria) sono ripartite annualmente (previo parere delle Commissioni parlamentari competenti) con direttive del ministro dell’istruzione università e ricerca indicanti, tra l’altro, gli interventi prioritari.

[27]   136,16 milioni di euro per il 2003, 126 milioni di euro per il 2004 e 135,7 milioni di euro per il 2005 e 111 per il 2006.

[28]   Legge 10 dicembre 1997 n. 425 Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria

[29]   Legge 11-1-2007, n. 1, Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università.

[30]   L’assolvimento del diritto dovere può comunque avvenire anche privatamente ( come stabilito dall’articolo 111 del TU sull’istruzione con riferimento all’obbligo scolastico).

[31]   Il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30, ha delineato la nuova organizzazione del mercato del lavoro e della relativa disciplina legale. In particolare, l’articolo 48 prevede il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

[32]   Nelle more del decreto di attuazione della delega recata in proposito dalla legge 53/2003, l’accordo del 19 giugno 2003, sancito in sede di Conferenza unificata, ha previsto la realizzazione, a partire dall’anno scolastico 2003-2004, di una offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale; a tal fine era previsto lo stanziamento di 11,34 milioni di euro a valere sul fondo di cui alla legge 440/97(recante Istituzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi), nonché di 204,71 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui all’articolo 9, comma 5 del DL 148/1993. Successivamente, l’accordo del 15 gennaio 2004, sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni, ha definito gli standard formativi minimi relativi alle competenze di base nell’ambito dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale. Infine, è stato siglato in data 28 ottobre 2004 un accordo per la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi tra il MIUR, il Ministero del Lavoro, le Regioni e gli Enti locali ai fini della spendibilità dei titoli su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento ai percorsi formativi sperimentali avviati sulla base dell’Accordo del 19 giugno 2003

[33]   I decreti sono adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 95 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo). Si ricorda in proposito che tale norma ha avviato una radicale riforma degli ordinamenti didattici universitari e della tipologia dei corsi, riconoscendo ai singoli atenei l’autonomia nella definizione dei percorsi formativi in conformità a criteri generali definiti con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con altri Ministri interessati. In attuazione di tale norma è stato adottato il regolamento approvato con D.M. 509/1999, recante norme sull’autonomia didattica degli atenei, recentemente sostituito dal D.M. 270/2004, i cui punti cardine possono riassuntivamente indicarsi nella disciplina delle modalità di definizione degli ordinamenti didattici, nell’articolazione dei corsi di studio in conformità con gli standard condivisi dai Paesi dell’Unione europea (i due livelli della laurea e della laurea magistrale, oltre ai corsi di dottorato, di specializzazione e di alta formazione), nelle norme di accesso ai corsi universitari.

[34]   Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione.

[35]   Gli allegati A, B, C definiscono gli obiettivi generali e specifici del processo formativo, le caratteristiche del portfolio delle competenze di ciascun segmento di istruzione, nonché vincoli e risorse a disposizione; gli allegati B e C riportano inoltre gli obiettivi specifici di apprendimento delle singole materie, ripartiti per classe o per biennio.

Con riferimento ai primi tre allegati viene specificato che le indicazioni ivi contenute esplicitano i livelli essenziali di prestazione a cui le scuole del Sistema nazionale di istruzione sono tenute ad aderire per garantire il diritto all’istruzione.

L’Allegato D traccia il profilo finale dello studente al termine del primo ciclo scolastico strutturandolo secondo la seguente articolazione: identità, strumenti culturali, convivenza civile.

[36]   Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “TU”). L’articolo citato peraltro fi gura tra gli articoli da abrogare all’entrata a regime del nuovo ordinamento ( art. 19 D.Lgs.59/2004).

[37]   Si ricorda in proposito che la legge 28 marzo 2003, n. 53 aveva previsto, con un'apposita norma transitoria (articolo 7, comma 4), l’iscrizione sperimentale alla scuola dell’infanzia (subordinata a disponibilità di posti e risorse), per i tre anni scolastici dal 2003-2004 al 2005-2006 , dei bambini che avessero compiuto tre anni di età entro il 28 febbraio, ovvero entro date ulteriormente anticipate, rispetto al 30 aprile, giorno previsto - come data di riferimento a regime per le iscrizioni - dall’articolo 2, comma 1, lettera e), della stessa legge n. 53 del 2003, nonché dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 59/2004. Quest’ultimo ha inoltre confermato (articolo 12), in via transitoria ed in subordine alle condizioni già elencate, l’eventuale iscrizione anticipata fino al limite del 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento. L'articolo 6 del DL 30 dicembre 2005, n. 273, (recante definizione e proroga di termini) convertito dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha quindi prorogato l'applicazione della descritta disposizione transitoria per l'anno scolastico 2006-2007; un’ulteriore proroga per l’anno scolastico 2007/2008 è stata disposta dall’art.1 comma 6 della legge 12 luglio 2006, n. 228, di conversione del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173. Da ultimo la circolare n. 74 del 21 dicembre 2006 relativa alle iscrizioni per il 2007-2008 prevede l’iscrizione alla scuola dell'infanzia dei bambini che abbiano compiuto o compiano, entro il 31 dicembre 2007, il terzo anno di età nonchè, a conferma di una consolidata prassi amministrativa, i bambini che compiano i tre anni di età entro il 31 gennaio 2008; viene inoltre prorogato limitatamente all’anno scolastico 2007-2008 (ai sensi del D.L. 173/2006 convertito con legge n. 228/2006) il regime transitorio relativo all’accesso anticipato alla scuola dell’infanzia.

[38]   L’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 ( Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 59/1999) prevede che il Ministro della pubblica istruzione, anche su proposta del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, del Servizio nazionale per la qualità dell'istruzione, di una o più istituzioni scolastiche, di uno o più Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamenti educativi, di una o più Regioni o enti locali, promuova, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale. Tali progetti possono riguardare gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, l'integrazione fra sistemi formativi.

[39]    Ai sensi del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 ( Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59), il Piano dell’offerta formativa (POF) è il documento costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche e comprende anche attività extracurricolari ed educative progettate in relazione al contesto culturale e socioeconomico (iniziative di recupero, sostegno, orientamento scolastico e professionale, attivazione di insegnamenti facoltativi e percorsi didattici individualizzati). Il POF è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi definiti dal consiglio di circolo o di istituto, e tenendo conto delle proposte e dei pareri formulati dai genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il documento viene poi adottato dal consiglio di circolo o di istituto, reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all'atto dell'iscrizione.

[40]   La circolare del MIUR 5 marzo 2004, n. 29, ha poi specificato che l’attività tutoriale non comporta l’istituzione di una nuova figura professionale, concretizzandosi in una funzione rientrante nel profilo professionale del docente. La circolare ha poi demandato la definizione delle modalità di svolgimento a successivi confronti nelle sedi competenti. Al riguardo, con sentenza n. 279 del 15 luglio 2005, la Corte Costituzionale, pronunciandosi su alcune questioni di legittimità costituzionale relative al d.lgs. 59/2004, ha dichiarato non fondata la questione concernente il tutor, chiarendo che si tratta di materia di esclusiva competenza statale in quanto riconducibile al rapporto di lavoro del personale statale. Sul punto, merita ricordare che il contratto collettivo nazionale di lavoro del 24 luglio 2003, relativo al personale del comparto scuola per il quadriennio normativo 2002/2005 e il primo biennio economico 2002/2003, ha previsto (articolo 43) una norma di rinvio a successivi accordi che si rendessero necessari in relazione all'entrata in vigore della legge n. 53/2003 e delle connesse disposizioni attuative. L’accordo contrattuale 17 luglio 2006 ha poi previsto la disapplicazione di alcuni disposizioni del D.Lgs.59/2004 che interessano la funzione docente, tra queste la previsione del tutor nella scuola primaria e secondaria di primo grado(art. 7 comma 5 e 10 comma 5).

[41] L’insegnamento relativo alle attività facoltative può essere affidato ad esperti con contratti di prestazione d’opera.

[42]   L’accordo contrattuale 17 luglio 2006 ha poi previsto la disapplicazione di alcuni disposizioni del D.Lgs.59/2004 che interessano la funzione docente, tra queste la previsione del tutor nella scuola primaria e secondaria di primo grado(art.7 comma 5 e 10 comma 5).

[43]   Indicazini inproposito sono contenute nella circolare ministeriale 5 marzo 2004, n.29.

[44]   Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “TU”). L’articolo citato peraltro figura tra gli articoli da abrogare all’entrate a regime del nuovo aordimaneto ( art. 19 D.Lgs.59/2004).

[45]   Si tratta in particolare  dei seguenti articoli del D.lgs.297/1994

•     articolo 99, commi 1 e 2: finalità della scuola  materna e età dei bambini (da 3 a 6 anni) ad essa ammessi;

•     articolo 104: orario di funzionamento e organici della scuola materna (art. 3, co.1)

•     articolo 109, commi 2 e 3: istruzione obbligatoria (art. 4, co. 1);

•     articolo 118: finalità della scuola elementare (art. 5);

•     articolo 119: continuità educativa nella scuola elementare (art. 7, co. 7);

•     articolo 128, commi 3 e 4: assegnazione dei docenti alle classi del “modulo” da parte del direttore didattico e collegialità dei docenti delle classi del “modulo”

•     articolo 145: ammissione alle classi successive alla prima nella scuola elementare (art. 8, co. 1 e 2);

•     articolo 148: esame di licenza elementare

•     articolo 149: valore della licenza elementare ;

•     articolo 150: rilascio dell’attestato di licenza elementare ;

•     articolo 161, comma 2: finalità della scuola media ;

•     articolo 176: accesso alla scuola media con la licenza elementare ;

•     articolo 177: valutazione nella scuola media, compreso il giudizio di idoneità per l’accesso alla seconda e terza classe, nonché per l’ammissione all’esame di licenza;

•     articolo 178 commi 1 e 3 accesso alle classi successiva alla prima nella scuola media, esclusi i privatisti;

•     articolo 183, comma 2: ammissione all’esame di licenza media per i candidati privatisti;

•     articolo 442: dotazioni organiche.

[46]   D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese) in corso di conversione alla Camera (A.C. 2201).

[47]   Secondo la relazione governativa al ddl di conversione, il ripristino degli istituti tecnici e professionali è connesso all’incertezza determinatasi nella popolazione scolastica in ordine alla formazione assicurata dai costituendi licei economico e tecnologico, con prevedibile calo delle iscrizioni e depotenziamento della filiera formativa tecnico-professionale.

[48]   Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “TU”). Si ricorda che il TU ha compiuto una complessa opera di sistemazione delle fonti (legislative ma anche, in alcuni casi, di natura originariamente regolamentare) che sono andate man mano disciplinando i vari tipi di istituti e scuole ivi menzionati.

[49]   Scuole ed istituti magistrali (della durata di tre e di quattro anni) erano preposti alla formazione dei docenti della scuola materna ed elementare; l’art. 3 della legge 341/1990 (recante riforma degli ordinamenti didattici) ha previsto invece il conseguimento di un titolo di laurea a seguito di appositi corsi per l’insegnamento in tali ordini di scuole ed ha demandato ad un DM la definizione del graduale passaggio al nuovo regime. Contestualmente all’effettiva attivazione dei nuovi corsi di laurea il Decreto del Ministro dell’istruzione 10 marzo 1997 ha disposto la graduale soppressione (a partire dall’anno scolastico 1998-1999) dei corsi ordinamentali delle scuole e degli istituti magistrali.

[50]   Gli istituti professionali sono stati originariamente istituiti ai sensi dell’art. 9 del R.D.L. 21 settembre 1938 n. 2030 che autorizzava il Governo alla costituzione o alla trasformazione di scuole tecniche ad ordinamento speciale. Tali strutture, le cui caratteristiche (compresi orari e programmi) erano definite nei decreti istitutivi, sono finalizzate ad una formazione di carattere pratico in settori quali agricoltura, nautica, artigianato, commercio, turismo, industria alberghiera. I diplomi rilasciati a conclusione dei corsi (solitamente di durata triennale) hanno carattere di qualifica professionale; tuttavia in tale settore dell’istruzione sono state avviate numerose sperimentazioni, confermate dall’art. 191 comma 6 del D.Lgs.297/1994, consistenti in un biennio post qualifica (facoltativo) che completa la formazione professionale e consente l’accesso all’università.

[51]   Per l’accesso all'istruzione e formazione tecnica superiore è invece sufficiente l’ammissione al quinto anno.

[52]   Dalle indicazioni più specifiche sull’orario delle varie tipologie di insegnamenti nei diversi percorsi (articoli da 4 a 11 del d.lgs.) si rileva che un monte ore per attività facoltative è previsto in tutti i licei tranne che nel liceo artistico.

[53]   Si ricorda che la legge 21 dicembre 1999, n. 508 ha riordinato il settore della formazione artistico musicale attribuendo un'autonomia paragonabile a quella delle università (e parimenti fondata sull'art. 33 della Costituzione) agli istituti che ne fanno parte, e cioè: le Accademie di belle arti; l'Accademia nazionale di arte drammatica; gli Istituti superiori per le industrie artistiche; Conservatori di musica, gli Istituti musicali pareggiati (non statali) e l'Accademia nazionale di danza.

[54]   A partire dal 1999 è stato realizzato un sistema di formazione tecnico-professionale superiore integrata (FIS), di livello non universitario, denominato sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), al quale si accede di norma con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Tale percorso ha lo scopo di riqualificare e ampliare l'offerta formativa integrando le risorse dei soggetti presenti sul territorio; esso è stato avviato sperimentalmente dall'art. 69 della L. 144/1999 .

[55]   Per il liceo linguistico tale insegnamento decorre già dal quarto anno.

[56]   L 11 gennaio 2007 n. 1 Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università.

[57]   Nelle more del decreto di attuazione della delega recata in proposito dalla legge 53/2003 (cosidetta legge Moratti), l’accordo del 19 giugno 2003, sancito in sede di Conferenza unificata, ha previsto la realizzazione, a partire dall’anno scolastico 2003-2004, di una offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale; a tal fine era previsto lo stanziamento di 11,34 milioni di euro a valere sul fondo di cui alla legge 440/97(recante Istituzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi), nonché di 204,71 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui all’articolo 9, comma 5 del DL 148/1993. Successivamente, l’accordo del 15 gennaio 2004, sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni, ha definito gli standard formativi minimi relativi alle competenze di base nell’ambito dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale. Infine, è stato siglato in data 28 ottobre 2004 un accordo per la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi tra il MIUR, il Ministero del Lavoro, le Regioni e gli Enti locali ai fini della spendibilità dei titoli su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento ai percorsi formativi sperimentali avviati sulla base dell’Accordo del 19 giugno 2003

[58]   Con riguardo a tale riforma si ricorda che il ministero dell’Istruzione università e ricerca, dopo avere definito le Tabelle di confluenza dei percorsi e dei titoli relativi al secondo ciclo con quelli dell’ordinamento previgente (Decreto 28 dicembre 2005,adottato ai sensi dell’art.27 co.1 lettere a) e b) del D.Lgs. 226/05) ed incrementato fino al 20% la quota dei piani di studio rimessa alle istituzioni scolastiche (DM 28 dicembre 2005), ha autorizzato con DM 31 gennaio 2006, n. 775 un progetto di innovazione in ambito nazionale concernente l’introduzione di innovazioni riguardanti gli ordinamenti liceali e l’articolazione dei relativi percorsi di studio, come previsti dal d.lgs. 226/2005. Le innovazioni, da attuarsi nell’anno scolastico 2006-2007 limitatamente alle prime classi, avrebbero dovuto essere adottate liberamente dagli istituti di istruzione secondaria superiore interessati.

Nella XV legislatura, con DM 31 maggio 2006 tale disposizione è stata poi sospesa, anche in relazione al contenzioso in atto promosso da numerose Regioni davanti al TAR del Lazio ed al ricorso elevato dalla Regione Toscana davanti alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzioni (ricorso pubblicato sulla G.U. prima serie speciale n. 19del 10.05.2006). Con due decreti emessi in pari data (13 giugno 2006, n. 46 e 47) il ministero ha poi precisato l’inapplicabilità del DM relativo alle tabelle di confluenza e viceversa ha confermato la quota oraria dei curricoli riservata alle istituzioni scolastiche (20 %).

[59]   Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione.

[60]   Si ricorda inoltre che il citato art. 27 del D. Lgs. 226/2005, con riferimento all’istruzione e formazione professionale (disciplinata dal capo III del provvedimento) nel ribadire la competenza regionale in materia, ha previsto che, fino al perfezionamento degli adempimenti connessi alla competenza esclusiva regionale, l'offerta formativa nel settore fosse assicurata dagli istituti professionali di Stato (comma 7).

[61]   L’abrogazione disposta non concerne il comma 7 che prevede la presenza nelle scuole di laboratori, officine, reparti di lavorazione.

[62]   Si ricorda che il Portfolio delle competenze individuali è un documento che accompagna l’alunno fin dalla scuola dell’infanzia; le sue caratteristiche sono delineate dagli allegati al d.lgs. 59/2004 (recante norme generali sulla scuola dell’infanzia e sul primo ciclo dell’istruzione). Analogamente a quanto previsto per il primo ciclo, nel sistema dei licei il portfolio comprende una sezione dedicata alla valutazione e un'altra riservata all'orientamento; esso è compilato dal docente tutor in collaborazione con le famiglie (per i profili relativi ad interessi e metodi di apprendimento dello studente). Il documento ha particolare rilievo ai fini delle scelte future nell’ambito dell’istruzione superiore o nel caso di passaggio ad altri indirizzi formativi secondo ciclo. Si segnala in proposito che, con provvedimento del 26 luglio 2005 (Gazzetta ufficiale 8 agosto 2005), il garante per la protezione dei dati personali ha prescritto le misure da osservare ai fini della tutela della riservatezza e degli altri diritti degli interessati.

[63]   Il piano predisposto da Governo è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in data 12 settembre 2003; su di esso non ha espresso tuttavia parere la Conferenza unificata Stato regioni autonomie locali.

[64]   Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute e progressivamente rafforzate; indicazioni  e parametri per la redazione della diagnosi e del  profilo sono fornite dal D.P.R. 24 febbraio 1994 Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap.

[65]   L’art.10 del DM 24 luglio 1998 n.331  (come sostituito dal DM 3 giugno 1999 n.141) prevede che le classi con alunni in situazione di handicap sono costituite con non più di 20 alunni  (a fronte del numero fissato per le altre in 25) purchè sia motivata la necessità di riduzione in rapporto ai bisogni formativi dell’allievo.

[66]   L’art. 40, comma 3, della L. n. 449/1997 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica)  hadefinito  i parametri di determinazione delle dotazioni organiche degli insegnanti di sostegno prevedendo un rapporto di un docente ogni 138 alunni iscritti negli istituti della provincia. Tale disposizione è comunque integrata dalle previsioni dell’ art. 40 comma 1 della stessa legge che, nell’ambito della ridefinizione delle dotazioni organiche dei docenti e dei criteri per la formazione delle classi tramite decreti ministeriali finalizzati a garantire economie di spesa, fa salva la possibilità di derogare al rapporto insegnanti alunni sopra indicato assumendo docenti con incarico a tempo determinato “in presenza di handicap particolarmente gravi”.

[67]   L. 27 dicembre 1997, n. 449 Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[68]   Il D.P.C.M. prevede che le Aziende Sanitarie dispongano, su richiesta documentata dei genitori, accertamenti collegiali da effettuarsi in tempi utili rispetto all'inizio dell'anno scolastico e comunque non oltre trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Tali accertamenti si concludono con la redazione di un verbale (di individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap) recante indicazione della patologia, accertata con riferimento alle classificazioni internazionali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, e specificazione dell'eventuale carattere di particolare gravità della medesima. Successivamente si redige la diagnosi funzionale dell'alunno (indicante tra l’altro le ore di sostegno necessarie), a tale adempimento provvede l'unità multidisciplinare (composta da operatori sanitari, dal personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola) in collaborazione con la famiglia. Il verbale di accertamento, con l'eventuale termine di rivedibilità, ed il documento relativo alla diagnosi funzionale, sono trasmessi ai genitori e da questi all'istituzione scolastica presso cui l'alunno va iscritto, ai fini della tempestiva adozione dei provvedimenti conseguenti.

[69]   Si ricorda che l’art.318 del T.U. (d. lgs. 297/1994) dell’istruzione reca una disciplina particolare per la valutazione del rendimento e le prove di esame degli studenti con handicap; queste ultime, quando ricadono nell’ambito dell’istruzione obbligatoria (finora comprendente la scuola elementare, la scuola secondaria di primo grado ed il primo anno della scuola secondaria di secondo grado) sono diversificate rispetto a quelle della classe d’appartenenza e tengono conto delle potenzialità individuali e del progetto educativo seguito per gli esami da sostenere. Nel percorso scolastico successivo (istituti secondari di secondo grado) l’art. 318 del TU prevede invece la predisposizione di “prove equipollenti” a quelle sostenute dalla generalità degli studenti, in ragione dell’identico valore legale dei titoli di studio conseguiti, consentendo tuttavia l’utilizzo di tempi più lunghi.

[70]   Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della scuola.

[71]   Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53";

[72] Il Ministero della pubblica istruzione con circolare n 13 del 30 gennaio 2007 ha  fissato i limiti di reddito per l’esenzione dalle tasse nell’anno scolastico 2007/2008.

[73]   Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[74]   L’ampliamento progressivo del regime di gratuità era stato già previsto dal d.lgs. n. 76 del 2005 (recante definizione delle norme generali sul diritto dovere all’istruziobne ed alla formazione) in relazione all’attuazione del diritto-dovere all’istruzione e formazione; quest’ultimo (art.6)di sponeva che a partire dall’anno scolastico 2005/2006 non fossero previste tasse scolastiche per i primi due anni del secondo ciclo.

[75]   Il comma 3 del citato articolo 27 ha disposto che, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, fossero emanate, nel rispetto della concorrenza tra editori, le norme e le avvertenze tecniche per la compilazione del libro di testo da utilizzare nella scuola dell'obbligo ed individuati i criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno, da assumere quale limite all'interno del quale i docenti decidono le adozioni dei testi scolastici.

[76]    Più precisamente per l’esercizio 2001 dalla legge finanziaria per lo stesso anno (legge 388/2000), per gli esercizi 2002, 2003 e 2004 dalla legge finanziaria per il 2002 (legge 448/2001) e, da ultimo, per gli esercizi 2005 e 2006, dalla legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004);la legge finanziaria 2007 (l.296/2006) reca in Tabella D un rifinanziamento, sempre per il medesimo importo, per il triennio 2007-2009.

[77]   Si ricorda che, ai sensi della legge 10 marzo 2000 n. 62, queste ultime, subordinatamente al possesso di requisiti attinenti il progetto educativo, l’accoglienza, la pubblicità dei bilanci, l’idoneità dei locali e delle strutture, i requisiti dei docenti, ed il rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro, fanno parte del sistema nazionale dell’istruzione unitamente agli istituti statali e rilasciano titoli di studio aventi valore legale.

[78]    Il circolo didattico costituisce una circoscrizione amministrativa, affidata al direttore didattico, che raggruppa classi di più scuole elementari. Per la scuola materna l'istituzione dei circoli, pure prevista dal D.P.R. n. 416/1974 (art. 30: ora art. 44 del T.U.) non è stata mai effettuata, e trova quindi ancora applicazione la norma transitoria (art. 33 del D.P.R. n. 416/1974: ora art. 47 del T.U.) in base alla quale gli organi collegiali della scuola materna sono costituiti presso il competente circolo didattico di scuola elementare.

[79]    D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art.21 della legge 15 marzo 1997, n.59”.

[80]   Legge 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

[81]   D.M. 1 febbraio 2001, n. 44, “Regolamento recante le <<Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche”.

[82]    D.P.R. 10 ottobre 1996, n.567, “Regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolastiche”.

[83]   L’art.6 del D.P.R. 567/1996 ha istituito-con compiti di consulenza e supporto a varie iniziative- la consulta provinciale degli studenti, composta da due rappresentanti degli studenti per ciascun istituto o scuola di istruzione secondaria superiore (eletti entro il 31 ottobre di ogni anno scolastico).

[84]   In precedenza, l’art. 3 della legge 977/1967(Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti) fissava l'età minima per l'ammissione al lavoro alla conclusione del periodo di istruzione obbligatoria  e comunque non prima dei 15 anni.

[85]   Il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30, ha delineato la nuova organizzazione del mercato del lavoro e della relativa disciplina legale. In particolare, l’articolo 48 prevede il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

[86]   Nelle more del decreto di attuazione della delega recata in proposito dalla legge 53/2003, l’accordo del 19 giugno 2003, sancito in sede di Conferenza unificata, ha previsto la realizzazione, a partire dall’anno scolastico 2003-2004, di una offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale; a tal fine era previsto lo stanziamento di 11,34 milioni di euro a valere sul fondo di cui alla legge 440/97(recante Istituzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi), nonché di 204,71 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui all’articolo 9, comma 5 del DL 148/1993. Successivamente, l’accordo del 15 gennaio 2004, sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni, ha definito gli standard formativi minimi relativi alle competenze di base nell’ambito dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale. Infine, è stato siglato in data 28 ottobre 2004 un accordo per la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi tra il MIUR, il Ministero del Lavoro, le Regioni e gli Enti locali ai fini della spendibilità dei titoli su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento ai percorsi formativi sperimentali avviati sulla base dell’Accordo del 19 giugno 2003

[87]   La legge n. 53 del 2003 ha indicato, tra gli interventi del Piano programmatico (di cui all’articolo 1, comma 3) per la realizzazione delle finalità della legge, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per la realizzazione del diritto - dovere di istruzione e formazione. In tale ambito, l’articolo 4 del d.lgs. 15 aprile 2005, n. 76 (Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione) ha previsto l’adozione di linee guida per la realizzazione di piani di intervento per l'orientamento e la prevenzione ed il recupero degli abbandoni.

[88]   Con riferimento al sistema dell’istruzione e della formazione professionale della Provincia autonoma di Bolzano, si ricorda che il D.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (recante Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) ha incluso, all’articolo 8, tra le materie di competenze esclusiva della Provincia, l’addestramento e formazione professionale; ai sensi del successivo articolo 9 l’apprendistato e l’istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale e artistica) rientrano tra le materie di competenza concorrente. Successivamente, il D.P.R. 1 novembre 1973, n. 689, ha definito le norme di attuazione dello statuto concernenti addestramento e formazione professionale mentre il D.P.R. 10 febbraio 1983, n. 89, come modificato e integrato dal d.lgs. 24 luglio 1996, n. 434, ha dettato le norme di attuazione dello statuto in materia di ordinamento scolastico.

[89]   I compiti delle USL sono regolati da apposito atto di indirizzo e coordinamento (D.P.R. 24 febbraio 1994).

[90]    A tale proposito si segnala l'art. 4, co. 5, del D. M. Pubblica Istruzione 14 gennaio 1993, con il quale è stato previsto il funzionamento di classi per alunni portatori di handicap ricoverati.

[91]   La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo fu adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 con la Risoluzione n. 217 A (III): si tratta di una dichiarazione di principi, di per sé non vincolante giuridicamente, che gli Stati membri dell’ONU non furono tenuti a ratificare. L’appartenenza alle Nazioni Unite viene però di solito considerata un’accettazione implicita dei principi della Dichiarazione.

[92]   La Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989 (ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176) è il trattato che annovera il maggior numero di Paesi aderenti, essendo stata ratificata da quasi tutti gli Stati del mondo. I diritti riconosciuti nei 54 articoli di cui si compone la Convenzione ineriscono a ogni aspetto della condizione esistenziale del bambino, definito come ogni essere umano che non abbia ancora raggiunto la maggiore età, al quale vengono garantiti standard minimi di tutela.

[93]   Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia in relazione, tra l'altro, al progetto educativo, all'organica costituzione di corsi completi, all'accoglienza degli studenti con handicap, all'impiego di personale docente fornito del titolo di abilitazione. Le scuole paritarie sono soggette alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale di valutazione secondo gli standard stabiliti dagli ordinamenti vigenti. Il Ministero della pubblica istruzione accerta l'originario possesso e la permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità.

[94]   DPR 8 marzo-1999 n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59

[95]   Il Piano è elaborato dal collegio dei docenti, sulla base delle scelte di fondo definite dal consiglio di circolo o di istituto e tenendo conto delle proposte delle famiglie e (nelle scuole superiori) degli studenti; esso è adottato dal consiglio di circolo o di istituto ed è reso noto agli studenti all'atto dell'iscrizione.

[96]   Iniziative complementari e integrative dell'iter formativo degli studenti da realizzare al di fuori dell’orario scolastico erano autorizzate anche dal DPR 10 ottobre 1996, n. 567

[97]   L’art.13 del DL 7/2007 citato ha modificato l’impianto del secondo ciclo di istruzione e formazione originariamente delineato dal D.Lgs 226/2005 e costituito dal sistema dei licei e dal sistema di istruzione e formazione professionale.

[98]   Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione.

[99]   Si tratta in particolare degli orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 giugno 1991, dei programmi didattici per la scuola primaria di cui al DPR 12 febbraio 1985, n. 104, e dei programmi per la scuola media statale di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 9 febbraio 1979.

[100]Il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30, ha delineato la nuova organizzazione del mercato del lavoro e della relativa disciplina legale. In particolare, l’articolo 48 prevede il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

[101]Art. 40, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[102]D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[103]Il D.Lgs. 19 novembre 2004 n. 286,( recante Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53) ha riordinato l'INVALSI, facendogli assumere la nuova denominazione di "Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e di formazione", conferendogli lo status di ente di ricerca e confermando la personalità giuridica di diritto pubblico e l'autonomia amministrativa, contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria. L'ente è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ne determina le priorità strategiche per la programmazione delle attività con propria direttiva.

[104]Disposizioni recenti hanno inoltre attribuito all’istituto compiti inerenti il sistema di valutazione dei dirigenti scolastici (art.1, comma 613, della legge finanziaria 2007) nonché la predisposizione  di modelli per l’elaborazione della terza prova degli esami conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria (art. 3 della legge 425/1997, come modificato dall’art. 1 della legge 1/2007).

[105]Per la descrizione della composizione e delle attribuzioni di tali organi si rinvia alla scheda di lettura sulla normativa vigente.

[106]  Norme per l’edilizia scolastica

[107]  Si ricorda che l’amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione è stata riordinata dal regolamento approvato con D.P.R. 6 novembre 2000, n. 347, che ha disposto la soppressione dei provveditorati agli studi, presenti a livello provinciale. Inoltre, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 1999, n. 233, recante riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, i consigli scolastici distrettuali e provinciali sono stati sostituiti dai consigli scolastici locali, di nuova istituzione. Si ricorda, altresì, che a fini applicativi e di finanziamento della legge n.23 del 1996 sono intervenuti, da ultimo, l’art.5 della legge n.191 del 1998 (c.d. legge Bassanini-ter), nonché l’art.2, co.2, della legge n.295 del 1998.

[108]Si ricorda che il D.L. 28 febbraio 1983, n. 55 (convertito dalla L. 26 aprile 1983, n. 131) stabilisce che province e Comuni definiscano la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale, compresi gli asili nido, da finanziarsi tramite tariffe o contribuzioni o entrate specificamente destinate. La misura della copertura di tali servizi pubblici deve essere, ai sensi del co. 5, non inferiore al 22% nel 1983, al 27% nel 1984 e al 30% nel 1985; Si segnala il medesimo D.L. 55/1983 (art. 6), pur definendo alcuni servizi pubblici a domanda individuale (asili nido, bagni pubblici, mercati, impianto sportivi, servizio trasporti funebri, colonie e soggiorni, teatri e parcheggi comunali) aveva demandato al Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri del tesoro e delle finanze - sentite l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia, l’Unione delle province d’Italia e l’Unione nazionale comuni, comunità e enti montani - la definizione di un decreto che individuasse esattamente la categoria dei servizi pubblici a domanda individuale. Il D.M. 31 dicembre 1983, emanato in ottemperanza a tale disposto, ha esplicitamente ribadito l’appartenenza degli asili nido alla categoria dei servizi pubblici a domanda individuale.

 

 

[109]Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto1999, n. 394 recante Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

 

[110]Legge 10 marzo 2000, n. 62 recante Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione

[111]Tale comma, come peraltro modificato dall'art. 13 del D.L. 147/2003(proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali), prevede che con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono determinati i criteri per l'attribuzione alle persone fisiche di un contributo, finalizzato alla riduzione degli oneri effettivamente rimasti a carico per l'attività educativa di altri componenti del medesimo nucleo familiare presso scuole paritarie, nel limite complessivo massimo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.

[112]Sul punto, si ricorda che la Corte costituzionale ha in più occasioni affermato che, nonostante la mancata definizione dei principi di coordinamento della finanza pubblica necessari ai fini dell’autonomia di entrata e di spesa delle regioni, l'art. 119 della Costituzione pone, comunque, precisi limiti al legislatore statale nella disciplina delle modalità di finanziamento delle funzioni spettanti al sistema delle autonomie. Innanzitutto, non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata, in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, siano esse rientranti nella competenza esclusiva delle Regioni ovvero in quella concorrente, pur nel rispetto, per quest'ultima, dei principi fondamentali fissati con legge statale (sentenze numeri 16 del 2004 e 370 del 2003). D'altronde, come precisato con la sentenza n. 16 del 2004, ove non fossero osservati tali limiti e criteri, il ricorso a finanziamenti ad hoc rischierebbe di divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza.

 

[113]In precedenza , l’art. 3 della legge 977/1967(Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti )fissava l'età minima per l'ammissione al lavoro alla conclusione del periodo di istruzione obbligatoria  e comunque non prima dei 15 anni.

[114]L’ampliamento progressivo del regime di gratuità era stato già previsto dal d.lgs. n. 76 del 2005 in relazione all’attuazione del diritto-dovere all’istruzione e formazione; quest’ultimo (art.6)di sponeva che a partire dall’anno scolastico 2005/2006 non fossero previste tasse scolastiche per i primi due anni del secondo ciclo.

[115]Il comma 3 del citato articolo 27 ha disposto che, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, fossero emanate, nel rispetto della concorrenza tra editori, le norme e le avvertenze tecniche per la compilazione del libro di testo da utilizzare nella scuola dell'obbligo ed individuati i criteri per la determinazione del prezzo massimo complessivo della dotazione libraria necessaria per ciascun anno, da assumere quale limite all'interno del quale i docenti decidono le adozioni dei testi scolastici.

[116]L. 27 dicembre 1997, n. 449 Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.