Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Le società sportive
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 21
Data: 29/09/2006
Descrittori:
ORGANIZZAZIONE DELLO SPORT   SPORT PROFESSIONALE
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

 

 

 

 

 

 

 

le societa’ sportive

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 21

 

 

 

 

 

 

29 settembre 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Cultura

 

SIWEB

 

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File: CU0039.doc


INDICE

 

Scheda

Le società sportive professionistiche  7

§      1.Il quadro normativo  7

§      2. Il rapporto di lavoro professionistico  10

§      3. L’equilibrio finanziario delle società sportive: il sistema dei controlli interni e delle sanzioni13

Normativa di riferimento

§      L. 23 marzo 1981, n. 91  Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti21

§      D.L. 4 luglio 2006, n. 223  convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.  (art. 35-bis)34

Giurisprudenza

§      Sentenza della Corte di giustizia europea del 15 dicembre 1995, Union royale belge des sociétés de football association ASBL e altri contro Jean-Marc Bosman e altri38

Documentazione

§      Norme organizzative interne della F.I.G.C.81

§      Parte I – I soggetti (artt. 14-23)81

§      Parte II – Le funzioni (artt. 77-90-ter)81

§      Regolamento della Lega Nazionale Professionisti (artt. 18-25)81

§      Accordo collettivo tra F.I.G.C., L.N.P. e A.I.C ex art. 4, L. 91/1981  81

Dottrina

§      G. Vidiri, Profili societari ed ordinamentali delle recenti modifiche alla legge 23 marzo 1981, n. 91, da Rivista di diritto sportivo, n. 1, gennaio-marzo 1997  85

§      G. Chiaia Noya, La nuova disciplina delle società sportive professionistiche, da Rivista di diritto sportivo, n. 4, ottobre-dicembre 1997  85

§      M. Gallavotti, La quotazione delle società sportive tra regole del mercato e regole dello sport, da Rivista di diritto sportivo, n. 1-2, gennaio-marzo e aprile-giugno 2000  85

§      F. Cossu, L’evoluzione normativa delle società sportive, da Rivista del notariato, luglio/agosto 2000  85

§      G. Vidiri, Il lavoro sportivo tra codice civile e norma speciale, da Rivista italiana di diritto del lavoro, n. 1, 2002  85

§      A.Santa Maria, Lo sport professionistico e la concorrenza, da Giurisprudenza commerciale, n. 4 del 2004  85

§      L. Barbieri, Il settore del calcio professionistico: spunti per un’analisi, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005  85

§      M. Carta, La disciplina normativa delle società di calcio: un quadro di sintesi, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005  85

§      L. A. Bianchi, D. Corrado, I bilanci delle società di calcio tra diritto comune e norme ad hoc, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005  85

§      M. Ragno, Le “voci caratteristiche” di bilancio delle società di calcio, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005  85

§      Jabier Badiola, Il “Club elemental” e la “Sociedad Anónima Deportava” in Spagna, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005  85

§      G. D. Tirrito, l modello inglese: il calcio business, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005  85

§      P. Tosi, Sport e diritto del lavoro, da ADL Argomenti di diritto del lavoro, n. 3/2006  85

§       


Scheda

 


Le società sportive professionistiche

1.Il quadro normativo

In materia di società professionistiche, la disciplina generale è contenuta nella legge 23 marzo 1981, n. 91, recante “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”, cui è sotteso il principio fondamentale per il quale l’attività sportiva è libera, sia che venga svolta in forma individuale o collettiva, a livello dilettantistico o professionistico.

 

Quanto alla natura giuridica delle società sportive, la legge n. 91 del 1981 prevede in primo luogo che nel settore professionistico possono operare solamente le società costituite nelle forme della società per azioni o società a responsabilità limitata.

 

A seguito delle modifiche intervenute con il decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485[1], si è consentito alle società professionistiche il perseguimento dello scopo di lucro. In base alla normativa previgente, infatti, le società sportive dovevano prevedere nel proprio statuto che gli utili fossero interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva; la norma novellata (articolo 10 della legge n. 91 del 1981) dispone invece che l'atto costitutivo debba prevedere, da un lato, che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad esse connesse e, dall'altro, che una quota degli utili, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva[2].

 

Con lo stesso decreto-legge sono stati introdotti nella legge n. 91 del 1981:

§         la limitazione, al solo fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, delle verifiche sull'equilibrio finanziario delle società sportive da parte delle federazioni sportive, che effettuano tali verifiche su delega del CONI e secondo le modalità e i principi da questo stabiliti;

§         l'eliminazione - a seguito della cosiddetta “sentenza Bosman”[3] -di ogni riferimento al pagamento di una indennità di preparazione e promozione (cosiddetto “parametro”) da parte della società con la quale un atleta professionista stipula un nuovo contratto alla società titolare del precedente contratto dello stesso atleta.

 

Tali interventi hanno modificato profondamente la natura della società sportiva nel senso di una sua progressiva assimilazione alle società disciplinate dal codice civile; permangono tuttavia alcune peculiarità che consentono di definire una “specificità” delle società sportive.

 

La specificità del fenomeno sportivo ed il carattere sociale dell’attività sportiva è stato peraltro riconosciuto a livello comunitario nella dichiarazione del Consiglio europeo di Nizza del 2000[4]. In tale quadro, si segnala il Rapporto indipendente sul calcio europeo 2006[5], realizzato con l’obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali affinché intervengano con norme trasparenti nell’ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore[6].

 

In particolare, le società sportive sono sottoposte ad un sistema di controlli più invasivo di quello che il codice civile prevede per le società per azioni o a responsabilità limitata; tale sistema è sostanzialmente delineato dalla legge stessa n. 91 del 1981 e successivamente precisato, come si vedrà meglio in seguito, negli statuti e nei regolamenti interni del CONI, delle Federazioni e delle Leghe nazionali. Segnatamente, le società sportive, tra l’altro:

 

§      devono prevedere nell’atto costitutivo l’esclusivo svolgimento di attività sportiva ed attività ad esse connesse e strumentali;

§      devono ottenere l’affiliazione ad una federazione del CONI per acquisire l’omologazione dell’atto costitutivo come società sportive da parte del Tribunale[7];

§      devono depositare l'atto costitutivo presso la federazione sportiva nazionale alla quale sono affiliate, cui deve essere altresì comunicata ogni avvenuta variazione dello statuto o modificazione concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti;

§      devono provvedere obbligatoriamente alla nomina del collegio sindacale, anche in deroga alle disposizioni limitative previste dall’articolo 2477 del codice civile per le società a responsabilità limitata;

§      sono sottoposte alle verifiche sull’equilibrio economico finanziario della gestione - ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e princìpi da questo approvati - ai fini dell’ammissione al campionato.

 

Inoltre, alle federazioni sportive nazionali è attribuito un potere di denuncia al Tribunale qualora vi sia un fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società.

 

L’articolo 16-bis delle Norme organizzative interne della Federazione Italiana giuoco calcio[8] (NOIF) esclude inoltre partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale.

2. Il rapporto di lavoro professionistico

La citata legge n. 91 del 1981 detta la disciplina in materia di professionismo sportivo, definendo sportivi professionisti coloro (atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici) che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI, cui è demandata la disciplina per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.

Il rapporto di lavoro professionistico, con il conseguente tesseramento, si costituisce con la stipulazione di un contratto in forma scritta tra l’atleta e la società destinataria della prestazione sportiva, secondo il contratto tipo predisposto conformemente all'accordo stipulato ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate. La durata dei contratti viene stabilita con libera trattativa tra l’atleta e la società e non può essere superiore a cinque anni.

La prestazione si configura come lavoro subordinato tranne quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti:

a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;

b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;

c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.

 

È ammessa la cessione del contratto prima della scadenza da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive. Nel caso di primo contratto, le federazioni sportive devono prevedere un premio di addestramento e formazione tecnica alla società con la quale l’atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica. Quest’ultima deve reinvestire tale premio nel perseguimento dei fini sportivi.

La legge contiene anche disposizioni sulla tutela assicurativa, sanitaria e previdenziale degli sportivi professionisti, nonché sul trattamento tributario dei redditi derivanti dalle prestazioni sportive e dagli altri contratti tipici del settore dello sport professionistico.

 

In merito alla retribuzione dei calciatori l’accordo collettivo per la serie A e B fra FIGC, Lega Nazionale professionisti[9] e Associazione Italiana Calciatori (AIC)[10] (stipulato il 4 ottobre 2005) consente ai club di corrispondere una retribuzione fissa e una variabile, a seconda del conseguimento o meno di risultati sportivi individuali o di squadra. La parte fissa può essere convenuta in misura diversa a seconda del campionato di appartenenza e/o della competizione internazionale cui la società partecipa o parteciperà e non può essere in ogni caso inferiore ai minimi federali.

Tale accordo pone in parte rimedio alla questione dell’incertezza dei ricavi per le società calcistiche che, a fronte di un sistema di costi tendenzialmente fissi, varia in relazione alla prestazione sportiva della società.

 

Da ultimo, si segnala che i giocatori rappresentano una delle voci caratteristiche del bilancio delle società sportive e sono iscritti a bilancio tra le immobilizzazioni immateriali.

Tale circostanza ha determinato alcuni interventi legislativi volti a sanare situazioni di criticità economica connesse a notevoli variazioni del valore di tale voce di bilancio. Innanzitutto si ricorda che fino al 1996 l’indennità di preparazione e promozione prevista dalla legge n. 91 del 1981 ha consentito alle società di classificare le somme spese per acquisire i diritti alla prestazione sportiva del calciatore come investimenti e tutti questi diritti, sebbene classificati come beni immateriali, formavano parte delle immobilizzazioni della società.

Per far fronte alle problematiche derivanti dall'eliminazione di detta indennità intervenuta con il citato decreto-legge n. 485 del 1996, quest’ultimo ha introdotto un regime transitorio in base al quale le società sportive potevano iscrivere nel proprio bilancio tra le componenti attive in apposito conto un importo massimo pari al valore di detta indennità maturata alla data del 30 giugno 1996, a seguito di una apposita certificazione rilasciata dalla federazione sportiva competente. Le società hanno quindi provveduto all'ammortamento del valore iscritto in bilancio entro i successivi tre anni.

 

L’iscrizione a bilancio dei giocatori ha poi determinato un successivo intervento del governo con il decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282[11], (cosiddetto “spalmadebiti”), legato al fatto che il valore di tale voce era stato seriamente compromesso dall’andamento negativo del mercato dei giocatori senza che le società avessero provveduto ad ammortizzarne il valore ovvero a svalutarlo. Il provvedimento, attraverso l’introduzione dell’articolo 18-bis nella legge n. 91 del 1981, ha consentito alle società sportive di iscrivere in bilancio, tra le componenti attive quali oneri pluriennali da ammortizzare, le svalutazioni dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori, permettendo di procedere all'ammortamento di tale svalutazione in dieci rate annuali di pari importo[12].

Tale norma, a seguito di una inchiesta avviata dalla Commissione UE (che ha ritenuto che la disposizione potesse essere considerata una forma di "aiuto di Stato" e contenere regole contabili incompatibili con i princìpi contabili adottati dall'Unione europea) è stata poi abrogata dall’articolo 6 del DL 30 giugno 2005, n. 115, recante Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione, che, ha previsto un sostanziale dimezzamento del periodo in cui può essere applicata la norma(cinque annualità invece di dieci, sempre a partire dal 2002) e la non incidenza dell’ammortamento sulla posizione fiscale delle società interessate, dando seguito al compromesso raggiunto tra la Commissione europea e il Governo italiano.

 

Si ricorda, infine, che l’articolo 35 del DL 4 luglio 2006, n. 223[13], ha previsto, con il fine esplicito di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, che le società di calcio professionistiche inviino per via telematica all'Agenzia delle entrate copia dei contratti di acquisizione delle prestazioni professionali degli atleti professionisti, nonchè dei contratti riguardanti i compensi per tali prestazioni.

3. L’equilibrio finanziario delle società sportive: il sistema dei controlli interni e delle sanzioni

La legge n. 91 del 1981, come modificata dalla legge n. 586 del 1996, prevede che, al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società sportive siano sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli e ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e princìpi da questo approvati.

 

Più recentemente, con l’intervento riordino (decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 15, che ha modificato il decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242), è stato attribuito al CONI, in aggiunta alla funzione di stabilire i criteri e le modalità di esercizio dei controlli sulle società sportive da parte delle federazioni, un potere sostitutivo qualora ciò sia necessario per garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, in caso di verificata inadeguatezza dei controlli effettuati (articolo 5, comma 2, lett. e-bis) d.lgs. n. 242 del 1999).

A seguito di tale modifica, il CONI ha approvato, il 23 marzo 2004, i Criteri Generali e le modalità dei controlli delle Federazioni Sportive Nazionali sulle società sportive di cui all'articolo 12 della legge 23 marzo 1981, n. 91 ed ha costituito una apposita commissione incaricata di svolgere i controlli in via sostitutiva (la CO.VI.S.P., Commissione di vigilanza sugli sport professionistici).

In particolare, la delibera prevede che le Federazioni assicurino che le società professionistiche, all’atto dell’iscrizione ai campionati, garantiscano le seguenti condizioni generali: essere in regola con i pagamenti delle retribuzioni ai dipendenti e collaboratori e dei relativi contributi previdenziali, assicurativi e assistenziali e con il versamento delle ritenute fiscali; essere in regola con gli adempimenti fiscali e con il versamento delle relative imposte; presentare il bilancio consuntivo relativo all’ultimo esercizio regolarmente certificato da società di revisione, ove previsto dalla normativa vigente;  presentare lo stato patrimoniale ed il conto economico semestrale regolarmente certificato da società di revisione, ove previsto dalla normativa vigente, e accompagnato da un budget che garantisca l’equilibrio finanziario, idoneo allo svolgimento dell’intera stagione agonistica; in caso di bilancio in perdita o di delibere di aumento di capitale, prestare garanzie fidejussorie esclusivamente da parte di istituti bancari, con esclusione dell’azione di rivalsa nei confronti della società sportiva.

 

L’organismo tecnico di supporto alla FIGC per il controllo economico-finanziario delle società è la Covisoc (Commissione per la vigilanza controllo delle società di calcio professionistiche) che, nel rispetto di quanto previsto dalla legge n. 91 del 1981, esamina la documentazione per la verifica dei requisiti per l'iscrizione ai campionati e svolge una continua attività di monitoraggio sulla situazione delle società. In caso di violazione delle norme federali in materia economico-finanziaria, la Covisoc può proporre alla FIGC di assumere provvedimenti nei confronti delle società, inclusi inchieste e procedimenti disciplinari. Le sanzioni previste sono, a seconda della gravità delle violazioni, la sospensione dei contributi federali, la decadenza dagli stessi o la non iscrizione ai campionati.

Ulteriori controlli sono svolti dalla Coavisoc (Commissione di appello per la vigilanza controllo delle società di calcio professionistiche), istituita il 17 marzo 2004 come organismo di secondo grado.In particolare, essa esprime parere motivato alla F.I.G.C. sui reclami proposti dalle società avverso i provvedimenti di non ammissione ai campionati ed ha poteri decisionali in merito ai reclami delle società avverso i provvedimenti di non ammissione ad operazioni di acquisizione del diritto alle prestazioni dei calciatori.

 

Infine, la Consob, l’organismo di controllo delle società quotate in borsa, limitatamente a queste ultime, verifica, ai fini dell'autorizzazione alla pubblicazione, la correttezza del prospetto informativo riguardante l'emittente e gli strumenti finanziari delle società quotate in borsa, con particolare riferimento ai rischi derivanti dall'investimento. Essa vigila altresì sull'indipendenza e l'idoneità tecnica delle società di revisione, alle cui attività di controllo il Testo unico della finanza (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) ha attribuito, insieme ai controlli interni, una funzione di particolare rilievo.

 

Nel merito, la contabilità delle società sportive, ai sensi dell’articolo 84 delle NOIF, deve essere tenuta utilizzando il piano dei conti approvato dalla FIGC, idoneo sia alla redazione del bilancio di esercizio si a consentire alla Covisoc i controlli periodici sull’equilibrio economico-finanziario[14]. L’informativa periodica alla Covisoc, riguarda, inoltre, la relazione semestrale ed una serie di prospetti contabili: prospetto RI con indicazione del rapporto ricavi/indebitamento, prospetto PA con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale, prospetto PD con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori (articolo 85 NOIF).

Il medesimo articolo 85 delle NOIF prevede che ai fini dell’iscrizione ai campionati nazionali, le società professionistiche sono tenute a rispettare le misure dei parametri d riferimento stabilite dal Consiglio federale. In particolare, il rapporto tra ricavi e indebitamento (RI) non può essere inferiore a tre. In caso di mancato rispetto del parametro, il rapporto deve essere ripristinato mediante incremento dei mezzi propri da destinare a riduzione dell’indebitamento, la concessione di finanziamenti infruttuosi o il rilascio di garanzie.

Il rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale (PA) non deve essere inferiore a 0,10 e il rapporto patrimonio netto contabile/diritti pluriennali (PD) non deve essere inferiore a 0,25). Tali parametri sono in grado di garantire un più stringente controllo sulle società, consentendo di evidenziare anche la relazione tra la loro situazione patrimoniale e il totale dei loro investimenti o, comunque, dei debiti che hanno assunto nel tempo. È stato poi reintrodotto - art. 88 NOIF - l’obbligo della certificazione dei bilanci per la Serie A a decorrere dalla stagione 2004-2005, esteso anche alle società di Serie B a partire dalla stagione 2005-2006. Inoltre, tutte le società professionistiche dovranno essere in regola con i pagamenti (senza rateizzazioni) nei confronti dei tesserati, dell’erario e degli enti previdenziali.

Tra i nuovi criteri di controllo sulle società sportive fissati dalla FIGC, si ricorda poi il sistema delle licenze UEFA. Ai sensi dell’art. 52-bis delle NOIF, con il termine “Licenza UEFA” si intende il titolo rilasciato dalla FIGC che consente alle società di partecipare alle competizioni internazionali per squadre di club organizzate dall’UEFA nella stagione sportiva successiva a quella del rilascio. I criteri che le società sono tenute a rispettare per conseguire la Licenza UEFA sono indicati nel “Manuale per l’ottenimento della Licenza da parte dei club” accreditato dall’UEFA.

Tale Manuale determina altresì le sanzioni a carico delle società per il mancato rispetto degli adempimenti previsti. La Licenza UEFA deve essere obbligatoriamente richiesta da tutte le società iscritte al Campionato di Serie A e può essere richiesta da qualsiasi società iscritta al Campionato di Serie B. La Licenza UEFA ha efficacia per una sola stagione sportiva e deve essere richiesta annualmente. Secondo quanto previsto dal Manuale UEFA, i criteri necessari per l’ottenimento della Licenza UEFA sono classificati in cinque macro-categorie: sportivi (capitolo 3); infrastrutturali (capitolo 4); organizzativi e relativi al personale (capitolo 5); legali (capitolo 6); economico-finanziari (capitolo 7)

 

Si evidenzia, poi, il divieto per coloro che hanno determinato la non ammissione del club al campionato per il mancato rispetto dei requisiti economico-finanziari, di partecipare alla nuova società cui viene assegnato il titolo sportivo di categoria inferiore. Infatti, in caso di non ammissione al campionato per mancato rispetto dei criteri economico-finanziari di una società costituente “espressione della tradizione sportiva italiana con un radicamento nel territorio di appartenenza”, la FIGC può attribuire, gratuitamente, il titolo sportivo inferiore di una categoria rispetto a quello di pertinenza della società ad altra società, che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale (articolo 52 NOIF, come modificato dal Consiglio federale del 14 maggio 2004 - cosiddetto Lodo Petrucci)[15].

 

Sulla base delle norme sopra descritte, il Consiglio federale della FIGC approva annualmente il documento che regola termini e modalità di ammissione delle società ai Campionati professionistici (art. 89 NOIF). Da ultimo, il documento del 20 gennaio 2006, relativo alla stagione 2006/2007, ha confermato la previsione di sanzioni amministrative e di punti di penalizzazione in classifica a carico delle società ritardatarie rispetto ai termini fissati per la presentazione della documentazione comprovante il rispetto dei prescritti adempimenti economici, fiscali e previdenziali.

 

Ulteriori norme sono infine contenute nel regolamento della Lega nazionale professionisti. In particolare, per quanto riguarda l’iscrizione ai Campionati, l’articolo 4 prevede che le società debbano: a) aver adempiuto ogni obbligazione nei confronti dei propri tesserati nonché degli Enti federali e delle società affiliate alla F.I.G.C; b) prestare garanzie idonee a coprire l'eventuale disavanzo di gestione e a costituire idonea cauzione per i debiti oggetto di controversia non ancora definita; c) depositare una lettera di impegno annuale che obblighi la Società al pagamento delle quote di contribuzione annuale.

Ai sensi dell’articolo 22, inoltre, la Lega ha facoltà di porre in atto tutti gli interventi necessari a disciplinare la conduzione amministrativa e finanziaria delle società di appartenenza al fine di assicurarne la corretta gestione a tutela della regolarità dell'attività agonistica. A tal fine, le società sono tenute ad inviare alla Lega i propri bilanci e i dati relativi alla contabilità societaria nonché a comunicare tutti gli emolumenti a qualunque titolo erogati ai propri calciatori, anche tramite il deposito degli accordi con le altre società ed i contratti con i propri tesserati.

 

Complessivamente, la situazione economica delle società calcistiche, seppure con alcuni miglioramenti, rimane piuttosto critica, con un alto livello di debito[16].

Rispondendo ad una interrogazione in Commissione Finanze, il 1 ed il 7 febbraio 2006, il sottosegretario all’Economia ha comunicato i debiti verso il fisco per i mancati versamenti dell’Irpef sugli stipendi dei calciatori o di altre imposte (Iva e Irap): il credito erariale iscritto a ruolo, sulla base dei dati aggiornati al 30 novembre 2005, nei confronti delle società di calcio professionistiche, partecipanti ai campionati di serie A, B e C negli anni 2001-2002-2003-2004 (stagione 2004-2005) ammonta a circa 553 milioni di euro. Tale importo è costituito, quanto a circa 373 milioni di euro da ruoli scaduti, quanto a circa 123 milioni di euro da ruoli con pagamento rateizzato e quanto a circa 56 milioni di euro da ruoli interessati da provvedimenti di sospensione della riscossione, emessi dall'Autorità giudiziaria e/o dai competenti Uffici locali dell'Agenzia.

 

 

 


Normativa di riferimento

 


L. 23 marzo 1981, n. 91
Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 marzo 1981, n. 86.

 

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

 

- E.N.P.A.L.S., Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo: Circ. 4 giugno 2002, n. 20;

 

- Ministero delle finanze: Circ. 26 febbraio 1997, n. 48/E; Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E;

 

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 19 dicembre 2001, n. 213/E.

 

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Capo I

 

Sport professionistico

 

Art. 1. Attività sportiva.

 

L'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero.

 

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Art. 2. Professionismo sportivo.

 

Ai fini dell'applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.

 

 

Art. 3. Prestazione sportiva dell'atleta.

 

La prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge.

 

Essa costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti:

 

a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;

 

 

b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;

 

 

c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno (3).

 

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(3)  Vedi, anche, il D.M. 31 gennaio 2003, n. 98.

 

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Art. 4. Disciplina del lavoro subordinato sportivo.

 

Il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all'accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.

 

La società ha l'obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l'approvazione.

 

Le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo.

 

Nel contratto individuale dovrà essere prevista la clausola contenente l'obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.

 

Nello stesso contratto potrà essere prevista una clausola compromissoria con la quale le controversie concernenti l'attuazione del contratto e insorte fra la società sportiva e lo sportivo sono deferite ad un collegio arbitrale. La stessa clausola dovrà contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero degli arbitri e il modo di nominarli.

 

Il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni.

 

Le federazioni sportive nazionali possono prevedere la costituzione di un fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi per la corresponsione della indennità di anzianità al termine dell'attività sportiva a norma dell'articolo 2123 del codice civile.

 

Ai contratti di cui al presente articolo non si applicano le norme contenute negli articoli 4, 5, 13, 18, 33, 34 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e negli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604. Ai contratti di lavoro a termine non si applicano le norme della legge 18 aprile 1962, n. 230.

 

L'articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, non si applica alle sanzioni disciplinari irrogate dalle federazioni sportive nazionali (4).

 

 

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(4)  Vedi, anche, il D.M. 31 gennaio 2003, n. 98.

 

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Art. 5. Cessione del contratto.

 

Il contratto di cui all'articolo precedente può contenere l'apposizione di un termine risolutivo, non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto. È ammessa la successione di contratto a termine fra gli stessi soggetti.

 

È ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un'altra, purché vi consenta l'altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali.

 

 

Art. 6. Premio di addestramento e formazione tecnica.

 

1. Nel caso di primo contratto deve essere stabilito dalle Federazioni sportive nazionali un premio di addestramento e formazione tecnica in favore della società od associazione sportiva presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile.

 

2. Alla società od alla associazione sportiva che, in virtù di tesseramento dilettantistico o giovanile, ha provveduto all'addestramento e formazione tecnica dell'atleta, viene riconosciuto il diritto di stipulare il primo contratto professionistico con lo stesso atleta. Tale diritto può essere esercitato in pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e con le modalità stabilite dalle diverse federazioni sportive nazionali in relazione all'età degli atleti ed alle caratteristiche delle singole discipline sportive.

 

3. Il premio di addestramento e formazione tecnica dovrà essere reinvestito, dalle società od associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento di fini sportivi (5).

 

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(5)  Così sostituito dall'art. 1, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente articolo erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1997, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996.

 

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Art. 7. Tutela sanitaria.

 

L'attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto Ministeriale della sanità sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (6).

 

Le norme di cui al precedente comma devono prevedere, tra l'altro, l'istituzione di una scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire con periodicità almeno semestrale.

 

In sede di aggiornamento della scheda devono essere ripetuti gli accertamenti clinici e diagnostici che sono fissati con decreto del Ministro della sanità.

 

La scheda sanitaria è istituita, aggiornata e custodita a cura della società sportiva e, per gli atleti di cui al secondo comma dell'articolo 3, dagli atleti stessi, i quali devono depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale.

 

Gli oneri relativi alla istituzione e all'aggiornamento della scheda per gli atleti professionisti gravano sulle società sportive. Per gli atleti di cui al secondo comma dell'articolo 3, detti oneri sono a carico degli atleti stessi.

 

Le competenti federazioni possono stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine di garantire l'espletamento delle indagini e degli esami necessari per l'aggiornamento della scheda.

 

L'istituzione e l'aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per l'autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell'attività degli sportivi professionisti.

 

Per gli adempimenti di cui al presente articolo le regioni potranno eventualmente istituire appositi centri di medicina sportiva.

 

 

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(6)  Con D.M. 15 settembre 1983 (Gazz. Uff. 30 settembre 1983, n. 269) sono state disposte norme per la tutela dei ciclisti professionisti. Detto decreto, peraltro, è stato abrogato dall'art. 10, D.M. 13 marzo 1995.

 

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Art. 8. Assicurazione contro i rischi.

 

Le società sportive devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni, che possono pregiudicare il proseguimento dell'attività sportiva professionistica, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all'età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d'intesa con i rappresentanti delle categorie interessate.

 

Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano alle società che hanno adempiuto all'obbligo di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (7).

 

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(7)  Comma aggiunto dall'art. 4, comma 197, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

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Art. 9. Trattamento pensionistico.

 

L'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, prevista dalla legge 14 giugno 1973, n. 366 , per i giocatori e gli allenatori di calcio è estesa a tutti gli sportivi professionisti di cui all'articolo 2 della presente legge.

 

I contributi per il finanziamento dell'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia dovuti per gli assicurati di cui al presente articolo sono calcolati sul compenso globale annuo, nei limiti del massimale mensile e nelle misure previste dalla legge 14 giugno 1973, n. 366 , per i giocatori e gli allenatori di calcio.

 

Ai fini del calcolo del contributo e delle prestazioni, l'importo del compenso mensile degli sportivi professionisti titolari di contratto di lavoro autonomo è determinato convenzionalmente con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del turismo e dello spettacolo, sentite le federazioni sportive nazionali.

 

I contributi sono ripartiti tra società sportive e assicurati nella proporzione di due terzi e un terzo; sono interamente a carico degli assicurati i contributi riguardanti gli sportivi titolari di contratto di lavoro autonomo.

 

[Del comitato di vigilanza previsto dall'articolo 5 della legge 14 giugno 1973, n. 366 , fanno parte anche due rappresentanti dei professionisti sportivi previsti dal presente articolo designati dalle organizzazioni sindacali di categoria a base nazionale. In mancanza di tali organizzazioni, i due rappresentanti sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del turismo e dello spettacolo, su proposta del presidente del CONI] (8).

 

Ai fini della determinazione del diritto alla pensione e della misura di essa, i professionisti sportivi di cui al presente articolo possono riscattare, a domanda, i periodi di attività svolta anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge con le norme e le modalità di cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 .

 

Gli sportivi professionisti iscritti al fondo speciale, istituito con legge 14 giugno 1973, n. 366 , possono conseguire il diritto alla pensione al compimento del quarantacinquesimo anno di età per gli uomini e del quarantesimo anno di età per le donne, quando risultino versati o accreditati in loro favore contributi per almeno venti anni, compresi quelli versati per prosecuzione volontaria.

 

La contribuzione di cui al comma precedente deve risultare versata per lavoro svolto con la qualifica di professionista sportivo.

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(8)  L'art. 9, D.P.R. 24 novembre 2003, n. 357 ha disposto che il presente comma si intenda abrogato per effetto dell'art. 43, comma 1, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

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Capo II

 

Società sportive e federazioni sportive nazionali

 

Art. 10. Costituzione e affiliazione.

 

Possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. In deroga all'articolo 2477 del codice civile è in ogni caso obbligatoria, per le società sportive professionistiche, la nomina del collegio sindacale (9).

 

L'atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali (10).

 

L'atto costitutivo deve provvedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10 per cento, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva (11).

 

Prima di procedere al deposito dell'atto costitutivo, a norma dell'articolo 2330 del codice civile, la società deve ottenere l'affiliazione da una o da più federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI.

 

Gli effetti derivanti dall'affiliazione restano sospesi fino all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 11.

 

L'atto costitutivo può sottoporre a speciali condizioni l'alienazione delle azioni o delle quote.

 

L'affiliazione può essere revocata dalla federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni all'ordinamento sportivo.

 

La revoca dell'affiliazione determina l'inibizione dello svolgimento dell'attività sportiva.

 

Avverso le decisioni della federazione sportiva nazionale è ammesso ricorso alla giunta esecutiva del CONI, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso.

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(9)  Periodo aggiunto dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, e poi così modificato dall'art. 8, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37.

 

(10)  Il comma secondo è stato così sostituito dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.

 

(11)  L'attuale comma terzo è stato aggiunto dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.

 

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Art. 11. Deposito degli atti costitutivi.

 

Le società sportive, entro trenta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese a norma dell'art. 2330 del codice civile, devono depositare l'atto costitutivo presso la federazione sportiva nazionale alla quale sono affiliate. Devono, altresì, dare comunicazione alla federazione sportiva nazionale, entro venti giorni dalla deliberazione, di ogni avvenuta variazione dello statuto o delle modificazioni concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti (12).

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(12)  Articolo così modificato dall'art. 8, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37.

 

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Art. 12. Garanzia per il regolare svolgimento dei campionati sportivi.

 

1. Al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società di cui all'articolo 10 sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e princìpi da questo approvati (13).

 

 

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(13)  Così sostituito dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.

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Art. 13. Controllo giudiziario.

 

Il procedimento di cui all'articolo 2409 del codice civile si applica alle società di cui all'articolo 10, comprese quelle aventi forma di società a responsabilità limitata; il potere di denuncia spetta anche alle federazioni sportive nazionali (14).

 

 

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(14)  Articolo così sostituito prima dall'art. 4, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, e poi dall'art. 8, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37.

 

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Art. 14. Federazioni sportive nazionali.

 

[Le federazioni sportive nazionali sono costituite dalle società e dagli organismi ad esse affiliati e sono rette da norme statutarie e regolamentari sulla base del principio di democrazia interna.

 

Alle federazioni sportive nazionali è riconosciuta l'autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI.

 

Per l'espletamento delle attività di amministrazione da parte degli uffici centrali, le federazioni sportive nazionali si avvalgono di personale del CONI, il cui rapporto di lavoro è regolato dalla legge 20 marzo 1975, n. 70 .

 

Per le attività di carattere tecnico e sportivo e presso gli organi periferici, le federazioni sportive nazionali possono avvalersi, laddove ne ravvisino l'esigenza, dell'opera di personale, assunto, pertanto, in base a rapporti di diritto privato. La spesa relativa graverà sul bilancio delle federazioni sportive nazionali.

 

Le federazioni sportive nazionali devono adeguare il loro ordinamento alle norme della presente legge entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa] (15).

 

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(15)  Articolo abrogato dall'art. 19, D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242.

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Capo III

Disposizioni di carattere tributario

 

15. Trattamento tributario.

 

Ai redditi derivanti dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo si applicano le disposizioni dell'articolo 49, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597 , e successive modificazioni ed integrazioni.

 

L'indennità prevista dal settimo comma dell'articolo 4 della presente legge è soggetta a tassazione separata, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, a norma dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597 , e successive modificazioni ed integrazioni.

 

L'imposta sul valore aggiunto per le cessioni dei contratti previste dall'articolo 5 della presente legge si applica esclusivamente nei modi normali ed in base all'aliquota dell'8 per cento di cui alla tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , e successive modificazioni e integrazioni. Per l'attività relativa a tali operazioni le società sportive debbono osservare le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , e successive modificazioni e integrazioni, distintamente dalle altre attività esercitate, tenendo conto anche del rispettivo volume d'affari.

 

Le somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica, ai sensi dell'articolo 6, sono equiparate alle operazioni esenti dall'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (16).

 

Le trasformazioni, compiute nel termine di cui al primo comma dell'articolo 17, in società per azioni o in società a responsabilità limitata delle associazioni sportive che abbiano per oggetto esclusivo l'esercizio di attività sportive sono soggette alla sola imposta di registro in misura fissa.

 

È fatta salva l'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598 , recante istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche.

 

Le cessioni di diritti alle prestazioni sportive degli atleti effettuate anteriormente alla data del 31 dicembre 1994, in applicazione di norme emanate dalle federazioni sportive, non costituiscono cessione di beni agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto (17) (18).

 

 

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(16)  Comma così sostituito dall'art. 2, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente comma erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1996, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996.

 

(17)  Per l'interpretazione autentica dell'ultimo comma del presente articolo, vedi l'art. 4, L. 1° dicembre 1981, n. 692.

 

(18)  Comma così modificato dall'art. 66, D.L. 30 agosto 1993, n. 331, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

 

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Capo IV

 

Disposizioni transitorie e finali

 

Art. 16. Abolizione del vincolo sportivo.

 

Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come «vincolo sportivo» nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società.

 

Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere nel proprio bilancio tra le componenti attive, in apposito conto, un importo massimo pari al valore delle indennità di preparazione e promozione maturate alla data del 30 giugno 1996, in base ad una apposita certificazione rilasciata dalla Federazione sportiva competente conforme alla normativa in vigore (19).

 

Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma precedente debbono procedere ad ogni effetto all'ammortamento del valore iscritto entro tre anni a decorrere dalla data del 15 maggio 1996, fermo restando l'obbligo del controllo da parte di ciascuna federazione sportiva ai sensi dell'articolo 12 (20).

 

Le società appartenenti a federazioni sportive che abbiano introdotto nei rispettivi ordinamenti il settore professionistico in epoca successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, oltre che avvalersi della facoltà prevista dal secondo comma, possono altresì provvedere ad un ammortamento delle immobilizzazioni, iscritte in sede di trasformazione o di prima applicazione del vincolo di cui al primo comma, entro un periodo non superiore a tre anni, a decorrere dalla data del 15 maggio 1996 (21).

 

 

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(19)  Comma aggiunto dall'art. 3, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente articolo erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1996, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996.

 

(20)  Comma aggiunto dall'art. 3, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente articolo erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1996, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996.

 

(21)  Comma aggiunto dall'art. 3, D.L. 20 settembre 1996, n. 485 (Gazz. Uff. 21 settembre 1996, n. 222), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 18 novembre 1996, n. 586 (Gazz. Uff. 20 novembre 1996, n. 272), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. In precedenza, modifiche al presente articolo erano state disposte dal D.L. 17 maggio 1996, n. 272 (Gazz. Uff. 18 maggio 1996, n. 115) e dal D.L. 22 luglio 1996, n. 383 (Gazz. Uff. 22 luglio 1996, n. 170), non convertiti in legge, i cui effetti sono stati fatti salvi dalla suddetta legge n. 586 del 1996.

 

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Art. 17. Trasformazione delle società e decorrenza degli articoli 3, 4 e 5.

 

Le società di cui all'articolo 10 devono adeguare il loro ordinamento alle norme della presente legge entro il 31 dicembre 1994 (22).

 

La disciplina prevista dagli articoli 3, 4 e 5 si applica dal 1° luglio 1981 e non ha effetto retroattivo.

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(22)  Comma così modificato dall'art. 66, D.L. 30 agosto 1993, n. 331, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

 

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Art. 18. Applicazione della legge 8 luglio 1977, n. 406, agli organi del CONI.

 

Nei confronti dei membri degli organi di amministrazione del CONI per i quali è prevista la designazione elettiva, si applica l'articolo unico della legge 8 luglio 1977, n. 406 (23), ancorché siano nominati con decreto ministeriale.

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(23)  Modifica l'art. 32, L. 20 marzo 1975, n. 70.

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Art. 18-bis. Disposizioni in materia di bilanci.

 

[1. Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere in apposito conto nel primo bilancio da approvare successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione tra le componenti attive quali oneri pluriennali da ammortizzare, con il consenso del collegio sindacale, l'ammontare delle svalutazioni dei diritti pluriennali delle prestazioni sportive degli sportivi professionisti, determinato sulla base di un'apposita perizia giurata.

 

2. Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma 1 devono procedere, ai soli fini civilistici, all'ammortamento della svalutazione iscritta in dieci rate annuali di pari importo (24)] (25).

 

 

 

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(24)  Comma così modificato dall'art. 28, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Legge comunitaria 2004.

 

(25)  Articolo aggiunto dall'art. 3, D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e successivamente abrogato dall'art. 6, D.L. 30 giugno 2005, n. 115.

 


D.L. 4 luglio 2006, n. 223
convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248,
Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.
(art. 35-bis)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 luglio 2006, n. 153.

 

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 4 agosto 2006, n. 248 (Gazz. Uff. 11 agosto 2006, n. 186, S.O.), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 

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(omissis)

 

«35-bis. Al fine di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, le società di calcio professionistiche sono obbligate a inviare per via telematica all'Agenzia delle entrate copia dei contratti di acquisizione delle prestazioni professionali degli atleti professionisti, nonchè dei contratti riguardanti i compensi per tali prestazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze è delegato ad acquisire analoghe informazioni dalle Federazioni calcistiche estere per le operazioni effettuate da società sportive professionistiche residenti in Italia anche indirettamente con analoghe società estere

 

(omissis)

 

 

 

 


 


Giurisprudenza

 


Sentenza della Corte di giustizia europea del 15 dicembre 1995,
Union royale belge des sociétés de football association ASBL e altri contro Jean-Marc Bosman e altri

 

Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d'appel di Liegi - Belgio.

 

Libera circolazione dei lavoratori - Regole di concorrenza applicabili alle imprese - Calciatori professionisti - Regolamenti sportivi sul trasferimento dei calciatori, che obbligano la nuova società calcistica a pagare indennità alla società di provenienza - Limitazione del numero di calciatori cittadini di altri Stati membri che possono partecipare alle partite.

 

Causa C-415/93

 

raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-04921

 

1. Procedura Ä Domanda di mezzi istruttori Ä Proposizione dopo la chiusura della fase orale del procedimento Ä Presupposti di ricevibilità

 

(Regolamento di procedura della Corte, artt. 59, n. 2, e 60)

 

2. Questioni pregiudiziali Ä Competenza della Corte Ä Limiti Ä Questioni manifestamente non pertinenti e questioni ipotetiche sollevate in un contesto che esclude una soluzione utile Ä Competenza a risolvere questioni sollevate nell'ambito di un procedimento instaurato con una domanda di declaratoria consentita dal diritto nazionale

 

(Trattato CEE, art. 177)

 

3. Diritto comunitario Ä Ambito di applicazione Ä Attività sportiva esercitata come attività economica Ä Inclusione

 

(Trattato CEE, art. 2)

 

4. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Norme del Trattato Ä Presupposti di applicazione Ä Sussistenza di un rapporto di lavoro Ä Datore di lavoro non avente la qualità di imprenditore Ä Irrilevanza

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

5. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Norme del Trattato Ä Ambito di applicazione Ä Norme che disciplinano i rapporti economici fra datori di lavoro, ma influiscono sulle condizioni di assunzione dei lavoratori Ä Inclusione

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

6. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Libertà di stabilimento Ä Libera prestazione dei servizi Ä Norme del Trattato Ä Ambito di applicazione Ä Attività sportive Ä Limiti

 

(Trattato CEE, artt. 48, 52 e 59)

 

7. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Norme del Trattato Ä Portata Ä Limitazione motivata dal rispetto della diversità delle culture nazionali e regionali imposto dall'art. 128 del Trattato CE Ä Inammissibilità

 

(Trattato CEE, art. 48; Trattato CE, art. 128, n. 1)

 

8. Diritto comunitario Ä Principi Ä Diritti fondamentali Ä Libertà di associazione Ä Implicazioni Ä Diritto di associazioni sportive di emanare norme atte a limitare la libera circolazione degli sportivi professionisti Ä Esclusione

 

(Atto unico europeo, preambolo; Trattato sull'Unione europea, art. F, n. 2)

 

9. Diritto comunitario Ä Principi Ä Principio di sussidiarietà Ä Portata Ä Limitazione dell'esercizio dei diritti conferiti ai privati dal Trattato Ä Esclusione

 

10. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Norme del Trattato Ä Ambito di applicazione Ä Normative dirette a disciplinare collettivamente il lavoro subordinato, ma non emanate da un'autorità pubblica Ä Inclusione

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

11. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica Ä Possibilità per qualsiasi soggetto, pubblico o privato, di far valere tali giustificazioni

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

12. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Norme del Trattato Ä Ambito di applicazione Ä Norme emanate da associazioni sportive per stabilire le condizioni alle quali sportivi professionisti esercitano un'attività retribuita Ä Inclusione

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

13. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Norme del Trattato Ä Ambito di applicazione Ä Sportivo professionista cittadino di uno Stato membro che ha stipulato un contratto di lavoro con una società di un altro Stato membro per esercitare un'attività retribuita nel territorio di quest'ultimo Stato Ä Inclusione

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

14. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Norme emanate da associazioni sportive e che subordinano l'ingaggio di uno sportivo professionista da parte di un nuovo datore di lavoro di un altro Stato membro al versamento, da parte di tale datore di lavoro, di indennità al precedente Ä Inammissibilità Ä Giustificazione Ä Insussistenza

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

15. Libera circolazione delle persone Ä Lavoratori Ä Parità di trattamento Ä Norme emanate da associazioni sportive e che limitano la partecipazione di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri a talune competizioni Ä Inammissibilità Ä Giustificazione Ä Insussistenza

 

(Trattato CEE, art. 48)

 

16. Commissione Ä Competenze Ä Potere di dare garanzie quanto alla compatibilità di un determinato comportamento col Trattato Ä Esclusione, salvo sua specifica attribuzione Ä Autorizzazione di comportamenti contrari al Trattato Ä Esclusione

 

17. Questioni pregiudiziali Ä Interpretazione Ä Effetti nel tempo delle sentenze interpretative Ä Effetto retroattivo Ä Limiti Ä Certezza del diritto Ä Potere discrezionale della Corte

 

(Trattato CEE, art. 177)


Massima

 

1. L'istanza diretta a far disporre dalla Corte un mezzo istruttorio ai sensi dell'art. 60 del regolamento di procedura, proposta da una parte dopo la chiusura della fase orale del procedimento, può essere accolta solo se riguarda fatti che possono esercitare un'influenza decisiva e che l'interessato non ha potuto far valere prima della chiusura della detta fase.

 

2. Nell'ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall'art. 177 del Trattato, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull'interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire.

 

Nondimeno spetta alla Corte, per verificare la propria competenza, esaminare le condizioni in cui è stata adita dal giudice nazionale. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che, dal canto suo, il giudice nazionale tenga conto della funzione attribuita alla Corte, che è quella di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipotetiche.

 

In considerazione di tale funzione la Corte non può statuire su una questione sollevata da un giudice nazionale qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione o il giudizio sulla validità di una norma comunitaria chiesti da tale giudice non hanno alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica e la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte.

 

A tale proposito, devono considerarsi oggettivamente necessarie per la definizione della controversia per la quale è adito un giudice nazionale questioni da questo sollevate in sede di giudizio su domanda di declaratoria proposta per prevenire la lesione di un diritto gravemente minacciato e che, pur basandosi necessariamente su previsioni per loro natura incerte, sia ritenuta ricevibile dal detto giudice in base alla sua interpretazione del diritto nazionale.

 

3. Considerati gli obiettivi della Comunità, l'attività sportiva è disciplinata dal diritto comunitario in quanto sia configurabile come attività economica ai sensi dell'art. 2 del Trattato. E'questo il caso dell'attività dei calciatori professionisti o semiprofessionisti che svolgono un lavoro subordinato o effettuano prestazioni di servizi retribuite.

 

4. Ai fini dell'applicazione delle norme comunitarie relative alla libera circolazione dei lavoratori, non è necessario che il datore di lavoro abbia la qualità di imprenditore, giacché il solo elemento richiesto è l'esistenza di un rapporto di lavoro o la volontà di instaurare tale rapporto.

 

5. Le norme che disciplinano i rapporti economici fra i datori di lavoro in un determinato settore di attività rientrano nella sfera di applicazione delle disposizioni comunitarie relative alla libera circolazione dei lavoratori se influiscono sulle condizioni di assunzione dei lavoratori.

 

Ciò vale per le norme riguardanti il trasferimento di calciatori da una società calcistica all'altra, le quali, anche se disciplinano i rapporti economici fra società calcistiche, anziché i rapporti di lavoro fra società e calciatori, influiscono, attraverso l'obbligo delle società datrici di lavoro di versare indennità quando ingaggiano calciatori provenienti da altre società, sulle possibilità degli interessati di trovare un ingaggio nonché sulle condizioni alle quali l'ingaggio è offerto.

 

6. Le norme comunitarie sulla libera circolazione delle persone e dei servizi non ostano a normative o a prassi in ambito sportivo giustificate da motivi non economici, inerenti alla natura e al contesto specifici di talune competizioni. Tuttavia, tale restrizione della sfera d'applicazione delle dette norme deve restare entro i limiti del suo oggetto specifico e non può essere invocata per escludere un'intera attività sportiva dalla sfera d'applicazione del Trattato.

 

7. La portata della libera circolazione dei lavoratori, garantita dall'art. 48 del Trattato e che costituisce una libertà fondamentale nel sistema della Comunità, non può essere limitata dall'obbligo della Comunità di rispettare, quando esercita le competenze di rilievo ridotto attribuitele dall'art. 128, n. 1, del Trattato CE in campo culturale, la diversità delle culture degli Stati membri sul piano nazionale e regionale.

 

8. Il principio della libertà di associazione, sancito dall'art. 11 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e scaturente dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico europeo e dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario.

 

Tuttavia, non si può ritenere che norme emanate da associazioni sportive e capaci di ostacolare la libera circolazione degli sportivi professionisti siano necessarie per garantire alle dette associazioni, alle società calcistiche o ai calciatori l'esercizio di tale libertà o ne costituiscano una necessaria conseguenza.

 

9. Il principio di sussidiarietà, anche nella lata interpretazione secondo cui l'intervento delle autorità comunitarie dev'essere limitato allo stretto necessario nel settore dell'organizzazione delle attività sportive, non può avere l'effetto che l'autonomia di cui godono le associazioni private per adottare normative sportive limiti l'esercizio dei diritti, come quelli di libera circolazione, conferiti ai privati dal Trattato.

 

10. L'art. 48 del Trattato non disciplina soltanto gli atti delle autorità pubbliche, ma si applica anche alle normative di altra natura dirette a disciplinare collettivamente il lavoro subordinato.

 

Infatti, l'abolizione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone sarebbe compromessa se l'eliminazione delle limitazioni stabilite da norme statali potesse essere neutralizzata da ostacoli derivanti dall'esercizio dell'autonomia giuridica di associazioni ed enti di natura non pubblicistica. D'altra parte, se l'oggetto del detto art. 48 fosse limitato agli atti della pubblica autorità, potrebbero verificarsi disparità nell'applicazione dello stesso, dato che nei vari Stati membri le condizioni di lavoro sono disciplinate talvolta da norme di natura legislativa o regolamentare, talvolta da convenzioni e altri atti di natura privatistica.

 

11. Nulla osta a che i privati si richiamino, per giustificare limitazioni della libera circolazione dei lavoratori ad essi addebitate, ai motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, ammessi dall'art. 48 del Trattato. Infatti, la portata e il contenuto di tali giustificazioni non variano secondo la natura, pubblica o privata, di una normativa restrittiva a sostegno della quale sono invocate.

 

12. L'art. 48 del Trattato si applica a norme emanate da associazioni sportive per stabilire le condizioni alle quali gli sportivi professionisti esercitano un'attività retribuita.

 

13. Non può essere qualificata puramente interna, e quindi esulante dal diritto comunitario, la situazione di un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro che, avendo stipulato un contratto di lavoro con una società di un altro Stato membro per esercitare un'attività retribuita nel territorio di tale Stato, risponde ad un'offerta di lavoro effettiva ai sensi dell'art. 48, n. 3, lett. a), del Trattato.

 

14. L'art. 48 del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società, può essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

Infatti, anche se non sono diverse dalle disposizioni che disciplinano i trasferimenti all'interno di uno Stato membro, tali norme sono idonee a limitare la libera circolazione dei calciatori che vogliono svolgere la loro attività in un altro Stato membro poiché impediscono loro di lasciare le società cui appartengono, o li dissuadono dal farlo, anche dopo la scadenza dei contratti di lavoro che li legano ad esse.

 

Inoltre, esse non possono costituire un mezzo adeguato per conseguire obiettivi legittimi, come la conservazione dell'equilibrio finanziario e sportivo fra le società e il sostegno della ricerca di calciatori di talento e della formazione dei giovani calciatori giacché

 

Ä in primo luogo, tali norme non impediscono alle società economicamente più forti di procurarsi i servigi dei migliori calciatori né impediscono che i mezzi finanziari disponibili costituiscano un elemento decisivo nella competizione sportiva e che l'equilibrio fra le società ne risulti notevolmente alterato,

 

Ä in secondo luogo, le indennità previste dalle dette norme si caratterizzano per incertezza e aleatorietà e, comunque, non hanno alcun rapporto con le spese effettivamente sostenute dalle società per formare giovani calciatori,

 

Ä da ultimo, gli stessi scopi possono essere conseguiti in modo altrettanto efficace con altri mezzi che non intralcino la libera circolazione dei lavoratori.

 

15. L'art. 48 del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.

 

Infatti, tali norme contrastano con il principio che vieta discriminazioni basate sulla cittadinanza per quanto riguarda l'occupazione, la retribuzione e le condizioni di lavoro e non rileva in proposito il fatto che esse non concernano l'ingaggio dei detti calciatori, che non è limitato, ma la possibilità, per le società cui appartengono, di farli scendere in campo nelle partite ufficiali poiché, consistendo la partecipazione a tali incontri l'oggetto essenziale dell'attività di un calciatore professionista, è evidente che una norma che limiti detta partecipazione incide anche sulle possibilità d'ingaggio del calciatore interessato.

 

Inoltre, le norme di cui trattasi, che non riguardano incontri specifici fra rappresentative nazionali, ma si applicano a tutti gli incontri ufficiali fra società calcistiche, non possono essere giustificate da motivi non economici, attinenti unicamente allo sport in sé e per sé, come la preservazione del legame tradizionale fra ogni società calcistica e il proprio paese, poiché il legame fra una società calcistica e lo Stato membro nel quale essa è stabilita non può considerarsi inerente all'attività sportiva, o come la costituzione di un'adeguata riserva di calciatori nazionali che consenta alle squadre nazionali di mettere in campo calciatori di alto livello in tutti i ruoli, poiché, anche se le squadre nazionali devono essere composte di calciatori cittadini del paese interessato, questi non devono essere necessariamente qualificati per le società di tale paese, o come la conservazione dell'equilibrio sportivo fra le società, poiché nessuna norma limita la facoltà delle squadre più facoltose di ingaggiare i migliori calciatori nazionali, che compromette in misura non diversa il detto equilibrio.

 

16. Al di fuori dei casi in cui tali competenze le sono espressamente attribuite, la Commissione non ha il potere di dare garanzie quanto alla compatibilità di un determinato comportamento con il Trattato e, in ogni caso, non dispone del potere di autorizzare comportamenti contrari al Trattato.

 

17. L'interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario nell'esercizio della competenza attribuitale dall'art. 177 del Trattato chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d'interpretazione, purché sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all'applicazione della detta norma.

 

Solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all'ordinamento giuridico comunitario, può essere indotta a limitare la possibilità di qualunque interessato di far valere una norma, da essa interpretata, allo scopo di rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Tale limitazione può essere ammessa soltanto dalla Corte nella stessa sentenza che statuisce sull'interpretazione richiesta.

 

Dato che i peculiari aspetti delle norme emanate dalle associazioni sportive per quanto riguarda i trasferimenti di calciatori fra società di Stati membri diversi, come pure il fatto che le stesse norme, o norme analoghe, si applicavano sia ai trasferimenti fra società aderenti alla stessa federazione nazionale sia ai trasferimenti fra società facenti parte di federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro, possono aver creato uno stato d'incertezza quanto alla compatibilità delle dette norme con il diritto comunitario, considerazioni imperative di certezza del diritto ostano a che situazioni giuridiche che hanno esaurito i loro effetti nel passato siano rimesse in discussione.

 

Di conseguenza, la Corte deve statuire nel senso che l'effetto diretto dell'art. 48 del Trattato non può essere fatto valere a sostegno di rivendicazioni relative a indennità di trasferimento, di formazione o di promozione che, alla data della sentenza che accerta la loro incompatibilità con il diritto comunitario, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data, fatta eccezione per coloro che, prima della stessa data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del diritto nazionale vigente in materia.

 

Parti

 

 

Nel procedimento C-415/93,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dalla Cour d'appel di Liegi (Belgio) nelle cause dinanzi ad essa pendenti tra

 

Union royale belge des sociétés de football association ASBL

 

e

 

Jean-Marc Bosman,

 

tra

 

Royal club liégeois SA

 

e

 

Jean-Marc Bosman, SA d'économie mixte sportive de l'union sportive du littoral de Dunkerque, Union royal belge des sociétés de football association ASBL, Union des associations européennes de football (UEFA),

 

tra

 

Union des associations européennes de football (UEFA),

 

e

 

Jean-Marc Bosman,

 

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 48, 85 e 86 del Trattato CEE,

 

LA CORTE,

 

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C.N. Kakouris, D.A.O. Edward, G. Hirsch, presidenti di sezione, G.F. Mancini (relatore), J.C. Moitinho de Almeida, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.L. Murray, P. Jann e H. Ragnemalm, giudici,

 

avvocato generale: C.O. Lenz

 

cancelliere: R. Grass, cancelliere, e signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

 

viste le osservazioni scritte presentate:

 

- per l'Union royale belge des sociétés de football association ASBL, dagli avv.ti G. Vandersanden e J.-P. Hordies, del foro di Bruxelles, e dagli avv.ti R. Rasir e F. Moïses, del foro di Liegi;

 

- per l'Union des associations européennes de football (UEFA), dall'avv. I.S. Forrester, QC;

 

- per il signor Bosman, dagli avv.ti L. Misson, J.-L. Dupont, M.-A. Lucas e M. Franchimont, del foro di Liegi;

 

- per il governo francese, dalle signore H. Duchène, segretario degli Affari esteri presso la direzione Affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e C. de Salins, vicedirettore presso la stessa direzione;

 

- per il governo italiano, dal professor L. Ferrari Bravo, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, assistito dal signor D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;

 

- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori F.E. González Díaz, membro del servizio giuridico, e G. de Bergues, funzionario nazionale messo a disposizione del servizio giuridico, e dall'avv. Th. Margellos, del foro di Atene,

 

vista la relazione d'udienza,

 

sentite le osservazioni orali dell'Union royale belge des sociétés de football association ASBL, rappresentata dagli avv.ti F. Moïses, J.-P. Hordies e G. Vandersanden, dell'Union des associations européennes de football (UEFA), rappresentata dall'avv. I.S. Forrester, e dall'avv. E. Jakhian, del foro di Bruxelles, del signor Bosman, rappresentato dagli avv.ti L. Misson e J.-L. Dupont, del governo danese, rappresentato dal signor P. Biering, kontorchef presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo tedesco, rappresentato dal signor E. Roeder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, del governo francese, rappresentato dalla signora C. de Salins e dal signor P. Martinet, segretario degli Affari esteri presso la direzione Affari giuridici del ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti, del governo italiano, rappresentato dal signor D. Del Gaizo, e della Commissione, rappresentata dai signori F.E. González Díaz e G. de Bergues e dalla signora M. Wolfcarius, membro del servizio giuridico, all'udienza del 20 giugno 1995,

 

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 settembre 1995,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

Motivazione della sentenza

 

 

1 Con sentenza 1_ ottobre 1993, pervenuta in cancelleria il successivo 6 ottobre, la Cour d'appel di Liegi ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, talune questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 48, 85 e 86 dello stesso Trattato.

 

2 Le dette questioni sono state sollevate nell'ambito di varie controversie, delle quali la prima fra l'Union royale belge des sociétés de football association ASBL (in prosieguo: l'«URBSFA») e il signor Bosman, la seconda fra il Royal club liégeois SA (in prosieguo: il «RCL») e il signor Bosman, la SA d'économie mixte sportive de l'union sportive du littoral de Dunkerque (in prosieguo: la «società di Dunkerque»), l'URBSFA e l'Union des associations européennes de football (UEFA) (in prosieguo: l'«UEFA»), e la terza fra l'UEFA e il signor Bosman.

 

L'organizzazione del gioco del calcio

 

3 Lo sport di football association - generalmente noto come «giuoco del calcio» -, professionistico o dilettantistico, viene praticato, nella forma organizzata, nell'ambito di società che, in ciascuno degli Stati membri, sono consociate in associazioni nazionali, dette anche federazioni. Solo nel Regno Unito esistono più federazioni nazionali, e precisamente quattro, rispettivamente competenti per l'Inghilterra, il Galles, la Scozia e l'Irlanda del Nord. L'URBSFA è la federazione nazionale belga. Dalle federazioni nazionali dipendono altre associazioni secondarie o sussidiarie, incaricate dell'organizzazione del gioco del calcio in taluni settori o in talune regioni. Le federazioni organizzano campionati nazionali, ripartiti in più serie secondo il valore sportivo delle società che vi partecipano.

 

4 Le federazioni nazionali aderiscono alla Fédération internationale de football association (in prosieguo: la «FIFA»), associazione di diritto svizzero che organizza il gioco del calcio a livello mondiale. La FIFA è suddivisa in confederazioni continentali, i cui regolamenti sono soggetti alla sua approvazione. La confederazione competente per l'Europa è l'UEFA, anch'essa associazione di diritto svizzero. Ne fanno parte circa cinquanta federazioni, fra le quali, segnatamente, le federazioni nazionali degli Stati membri che, conformemente allo statuto dell'UEFA, si sono impegnate a rispettare sia lo statuto sia i regolamenti e le decisioni di quest'ultima.

 

5 Ogni partita di calcio organizzata sotto l'egida di una federazione nazionale dev'essere giocata fra due società appartenenti alla detta federazione oppure da associazioni secondarie o sussidiarie affiliate. La squadra schierata da ciascuna società è composta di calciatori qualificati dalla federazione per tale società. Ogni calciatore professionista dev'essere iscritto come tale alla propria federazione nazionale e figura come attuale o ex dipendente di una specifica società.

 

La disciplina dei trasferimenti

 

6 Secondo il regolamento federale dell'URBSFA del 1983, vigente all'epoca dei fatti di cui alle cause a quibus, si devono distinguere tre rapporti: l'affiliazione, che lega il calciatore alla federazione nazionale, il tesseramento, che lega il calciatore ad una società, e la qualificazione, che costituisce il necessario presupposto della partecipazione del calciatore alle partite ufficiali. Il trasferimento è definito come il procedimento mediante il quale il calciatore affiliato ottiene una variazione temporanea di tesseramento. In caso di trasferimento temporaneo il calciatore resta tesserato presso la sua società, ma è qualificato per un'altra società.

 

7 A norma dello stesso regolamento, tutti i contratti dei calciatori professionisti, la cui durata varia da uno a cinque anni, scadono il 30 giugno. Prima della scadenza del contratto, e non oltre il 26 aprile, la società deve proporre un nuovo contratto al calciatore, il quale, in caso contrario, è considerato dilettante ai fini dei trasferimenti con la conseguente applicazione di altre disposizioni del regolamento. Il calciatore è libero di accettare o di respingere tale proposta.

 

8 Nel caso in cui la respinga, egli viene iscritto in un elenco di calciatori che possono essere oggetto, fra il 1_ e il 31 maggio, di un cosiddetto trasferimento «imposto», il quale non richiede il consenso della società cui il calciatore appartiene, ma comporta il versamento a quest'ultima, da parte della nuova società, di una cosiddetta indennità «di formazione», calcolata moltiplicando il reddito lordo annuo del calciatore per coefficienti che variano da 14 a 2, secondo la sua età.

 

9 Il 1_ giugno ha inizio il periodo dei cosiddetti trasferimenti «liberi», che richiedono il consenso delle due società e del calciatore, in specie per quanto riguarda l'ammontare dell'indennità di trasferimento che la nuova società è tenuta a versare a quella di provenienza, a pena di sanzioni che possono arrivare fino alla radiazione della prima per debiti.

 

10 Se non ha luogo alcun trasferimento, la società della quale il calciatore fa parte deve offrirgli un nuovo contratto per una stagione, che prevede le stesse condizioni stabilite dal contratto proposto entro il 26 aprile. Se il calciatore lo respinge, la società ha il diritto di adottare, entro il 1_ agosto, un provvedimento di sospensione, in mancanza del quale l'interessato riacquista la qualifica di dilettante. Il calciatore che persiste nel rifiuto di firmare i contratti proposti dalla società di appartenenza può ottenere un trasferimento come dilettante, senza il consenso della società, dopo due stagioni di inattività.

 

11 I regolamenti dell'UEFA e della FIFA, dal canto loro, non si applicano direttamente nei confronti dei calciatori, ma sono inclusi nei regolamenti delle federazioni nazionali, le sole ad avere il potere di farli applicare e di disciplinare i rapporti fra le società e i calciatori.

 

12 L'UEFA, l'URBSFA e il RCL hanno sostenuto dinanzi al giudice nazionale che le norme che si applicavano all'epoca dei fatti di causa ai trasferimenti tra società di Stati membri diversi o tra società facenti parte di federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro erano contenute in un documento intitolato «principi di collaborazione tra le federazioni aderenti all'UEFA e le loro società», approvato dal comitato esecutivo dell'UEFA il 24 maggio 1990 e in vigore dal 1_ luglio 1990.

 

13 Tale documento prevede che, alla scadenza del contratto, il calciatore sia libero di stipulare un nuovo contratto con la società di sua scelta. Quest'ultima deve informarne immediatamente la società di provenienza, la quale, a sua volta, ne informa la federazione nazionale, che è tenuta a redigere il certificato internazionale di trasferimento. Tuttavia, la società di provenienza ha il diritto di ricevere dalla nuova società un'indennità di promozione o di formazione, il cui importo, in caso di disaccordo, viene fissato da una commissione costituita nell'ambito dell'UEFA, moltiplicando il reddito lordo del calciatore nella stagione precedente per un coefficiente variabile da 12 a 1, secondo l'età dell'interessato, e con un massimo di 5 000 000 SFR.

 

14 Lo stesso documento precisa che i rapporti economici fra le due società per quanto riguarda la fissazione dell'indennità di promozione o di formazione non influiscono sull'attività del calciatore, il quale è libero di giocare per la società da lui prescelta. Tuttavia, se quest'ultima non versa immediatamente l'indennità alla società di provenienza, la commissione di controllo e di disciplina dell'UEFA esamina il caso e rende nota la sua decisione alla federazione nazionale interessata, che può a sua volta infliggere sanzioni alla società inadempiente.

 

15 Il giudice di rinvio ritiene che nella fattispecie oggetto delle cause a quibus l'URBSFA e il RCL non abbiano applicato il regolamento dell'UEFA, ma quello della FIFA.

 

16 All'epoca dei fatti quest'ultimo regolamento disponeva, in particolare, che un calciatore professionista non poteva lasciare la federazione nazionale presso la quale era tesserato fintantoché fosse vincolato dal suo contratto e dai regolamenti della sua società e della federazione nazionale, per quanto rigidi questi potessero essere. Il trasferimento internazionale era subordinato al rilascio, da parte della federazione nazionale di provenienza, di un certificato di trasferimento con il quale essa riconosceva che tutti gli obblighi di carattere finanziario, compresa un'eventuale somma per il trasferimento, erano stati adempiuti.

 

17 Successivamente all'epoca suddetta l'UEFA ha intavolato trattative con la Commissione delle Comunità europee. In particolare, nell'aprile 1991 essa si è impegnata a far inserire nei contratti dei calciatori professionisti una clausola che consentisse a costoro, alla scadenza del contratto, di stipulare un nuovo contratto con la società di loro scelta e di giocare immediatamente per essa. Disposizioni in tal senso sono state inserite nei «principi di collaborazione tra le federazioni aderenti all'UEFA e le loro società», adottati nel dicembre 1991 e in vigore dal 1_ luglio 1992.

 

18 Nell'aprile 1991 la FIFA ha anch'essa adottato un nuovo regolamento relativo allo statuto e ai trasferimenti dei calciatori. Tale documento, come modificato nel dicembre 1991 e nel dicembre 1993, dispone che il calciatore può stipulare un contratto con una nuova società se il contratto che lo vincola alla propria società è giunto a scadenza, è stato risolto o scadrà entro sei mesi.

 

19 Norme particolari vigono poi per i calciatori «non dilettanti», definiti come i calciatori che, per l'attività calcistica o per una qualsiasi attività inerente al calcio, hanno percepito un'indennità superiore all'importo delle spese sostenute nell'esercizio di tale attività, a meno che non abbiano riacquistato lo status di dilettante.

 

20 In caso di trasferimento di un calciatore non dilettante, o che diviene non dilettante entro tre anni dal trasferimento, la società di provenienza ha diritto ad un'indennità di promozione o di formazione, il cui ammontare dev'essere convenuto fra le due società interessate. Nell'ipotesi di disaccordo la controversia dev'essere sottoposta alla FIFA o alla confederazione competente.

 

21 Tali norme sono state integrate dal regolamento UEFA «relativo alla fissazione dell'indennità di trasferimento», adottato nel giugno 1993 e in vigore dal 1_ agosto 1993, il quale ha sostituito i «principi di collaborazione tra le federazioni aderenti all'UEFA e le loro società» del 1991. Questo nuovo regolamento ribadisce il principio secondo cui i rapporti economici fra le due società interessate non influiscono sull'attività sportiva del calciatore, il quale è libero di giocare per la società con cui ha stipulato un nuovo contratto. Esso dispone inoltre che, in caso di disaccordo fra le società interessate, spetta alla competente commissione dell'UEFA determinare l'importo dell'indennità di formazione o di promozione. Per i calciatori non dilettanti, il detto importo è calcolato in base al reddito lordo ottenuto dall'interessato nei dodici mesi precedenti, o al reddito fisso annuo garantito nel nuovo contratto, aumentato del 20% per i calciatori che hanno giocato almeno due volte nella prima squadra nazionale rappresentativa del loro paese, e moltiplicato per un coefficiente compreso fra 12 e 0 a seconda dell'età.

 

22 Dai documenti presentati alla Corte dall'UEFA risulta che taluni regolamenti in vigore in altri Stati membri contengono anch'essi disposizioni che, in caso di trasferimento di un calciatore fra due società della stessa federazione nazionale, obbligano la nuova società a pagare alla società di provenienza, alle condizioni fra di esse convenute, un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

23 In Francia l'indennità può essere richiesta solo se la società di provenienza è quella con cui l'interessato ha stipulato il primo contratto da professionista; in Spagna solo se il calciatore trasferito è di età inferiore a 25 anni; in Grecia, anche se la nuova società non è espressamente tenuta a pagare un'indennità, il contratto fra la società e il calciatore può subordinare il trasferimento di quest'ultimo al versamento di un determinato importo che, secondo quanto dichiarato dall'UEFA, è in realtà per lo più posto a carico della nuova società.

 

24 Le norme che si applicano in materia sono dettate, a seconda dei casi, dalle leggi nazionali, dai regolamenti delle federazioni calcistiche nazionali oppure da contratti collettivi.

 

Le norme sulla cittadinanza

 

25 A partire dagli anni sessanta numerose federazioni calcistiche nazionali hanno adottato norme che limitavano la possibilità di ingaggiare o di far partecipare alle competizioni calciatori aventi cittadinanza straniera (in prosieguo: le «norme sulla cittadinanza»). Per l'applicazione di tali norme la cittadinanza è definita con riferimento alla possibilità, per il calciatore, di essere qualificato per giocare nella squadra nazionale o nella squadra rappresentativa di un paese.

 

26 Nel 1978 l'UEFA si è impegnata nei confronti del signor Davignon, membro della Commissione delle Comunità europee, da un lato, ad abolire le limitazioni del numero dei contratti stipulati da ciascuna società con calciatori di altri Stati membri e, dall'altro, a fissare a due il numero di tali giocatori che possono partecipare a ciascuna partita. Quest'ultima limitazione non è applicabile ai calciatori stabiliti da oltre cinque anni nello Stato membro interessato.

 

27 Nel 1991, a seguito di nuovi incontri con il signor Bangemann, vicepresidente della Commissione, l'UEFA ha adottato la cosiddetta regola del «3+2», che prevede la possibilità, per le federazioni nazionali, di limitare a tre il numero di calciatori stranieri che una società può schierare in una partita di serie A del campionato nazionale, più due calciatori che abbiano giocato nel paese in cui opera la federazione nazionale interessata per un periodo ininterrotto di cinque anni, tre dei quali in squadre giovanili. Tale limitazione vale anche per le partite giocate nell'ambito di tornei per squadre di club organizzati dall'UEFA.

 

I fatti all'origine delle cause a quibus

 

28 Il signor Bosman, calciatore professionista di cittadinanza belga, è stato occupato, dal 1988, dal RCL, società belga di serie A, in base ad un contratto valido fino al 30 giugno 1990, che prevedeva una retribuzione mensile media di 120 000 BFR, premi compresi.

 

29 Il 21 aprile 1990 il RCL ha proposto al signor Bosman un nuovo contratto per la durata di una stagione, in base al quale la sua retribuzione mensile era ridotta a 30 000 BFR, vale a dire al minimo previsto dal regolamento federale dell'URBSFA. Essendosi rifiutato di firmare tale contratto, il signor Bosman è stato iscritto nell'elenco dei calciatori cedibili. L'ammontare dell'indennità di formazione è stato fissato nel suo caso, ai sensi del detto regolamento, a 11 743 000 BFR.

 

30 Poiché nessuna società aveva manifestato il proprio interesse ad un trasferimento imposto, il signor Bosman si è messo in contatto con la società calcistica francese di Dunkerque, di serie B, che lo ha poi assunto con una retribuzione mensile di circa 100 000 BFR ed un premio d'ingaggio pari a circa 900 000 BFR.

 

31 Il 27 luglio 1990 è stato del pari stipulato, fra il RCL e la società di Dunkerque, un contratto che prevedeva il trasferimento temporaneo del signor Bosman per un anno, contro il versamento, da parte della detta società al RCL, di un'indennità di 1 200 000 BFR, esigibile al momento in cui la Fédération française de football (in prosieguo: la «FFF») avesse ricevuto il certificato di trasferimento rilasciato dall'URBSFA. Il contratto accordava inoltre alla società di Dunkerque un'opzione irrevocabile per il trasferimento definitivo del calciatore in cambio della somma di 4 800 000 BFR.

 

32 Entrambi i contratti, quello fra la società di Dunkerque e il RCL e quello fra la detta società e il signor Bosman, erano tuttavia sottoposti ad una condizione sospensiva secondo cui il certificato di trasferimento doveva essere inviato dall'URBSFA alla FFF anteriormente alla prima partita della stagione, che doveva aver luogo il 2 agosto 1990.

 

33 Dubitando della solvibilità della società di Dunkerque, il RCL non ha chiesto all'URBSFA di trasmettere il detto certificato alla FFF. Di conseguenza, i due contratti sono rimasti inefficaci. Il 31 luglio 1990 il RCL ha inoltre sospeso il signor Bosman, impedendogli così di giocare per l'intera stagione.

 

34 L'8 agosto 1990 il signor Bosman ha intentato dinanzi al Tribunal de première instance di Liegi un'azione contro il RCL. Contestualmente egli ha proposto una domanda di provvedimenti urgenti diretta, in primo luogo, a far ingiungere al RCL e all'URBSFA di versargli una provvisionale di 100 000 BFR al mese fintantoché egli non avesse trovato un nuovo ingaggio, in secondo luogo, a far inibire ai convenuti di ostacolare le sue possibilità di ingaggio, segnatamente mediante la riscossione di una somma di denaro, e, in terzo luogo, a far sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.

 

35 Con ordinanza 9 novembre 1990, il giudice dell'urgenza ha ordinato al RCL e all'URBSFA di versare al signor Bosman una provvisionale mensile di 30 000 BFR ed ha ingiunto loro di non ostacolare un suo eventuale ingaggio. Esso ha inoltre sottoposto alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale (causa C-340/90) vertente sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato con riguardo alla normativa che disciplina i trasferimenti dei calciatori professionisti (in prosieguo: le «norme sui trasferimenti»).

 

36 Nel frattempo, il signor Bosman era stato ingaggiato nell'ottobre 1990 dalla società francese di serie B di Saint-Quentin, subordinatamente alla condizione sospensiva del successo della sua domanda di provvedimenti urgenti. Tale contratto è stato però risolto alla fine della prima stagione. Nel febbraio 1992 il signor Bosman ha stipulato con la società francese di Saint-Denis de la Réunion un nuovo contratto, che è stato anch'esso risolto. Dopo altre ricerche in Belgio e in Francia, egli è stato infine ingaggiato dall'Olympic di Charleroi, militante nella serie C belga.

 

37 Secondo il giudice a quo, una serie di presunzioni gravi e concordanti autorizzano a ritenere che, malgrado lo status di «libertà» attribuitogli dai provvedimenti del giudice dell'urgenza, il signor Bosman sia stato vittima di un boicottaggio da parte di tutte le società europee che avrebbero potuto ingaggiarlo.

 

38 Il 28 maggio 1991 la Cour d'appel di Liegi ha riformato l'ordinanza recante provvedimenti provvisori del Tribunal de première instance di Liegi nella parte in cui sottoponeva una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia. Essa ha confermato però la condanna del RCL a pagare una provvisionale mensile al signor Bosman ed ha ingiungo al RCL e all'URBSFA di mettere il signor Bosman a disposizione di qualsiasi società che intendesse avvalersi delle sue prestazioni, senza esigere da questa un'indennità. Con ordinanza 19 giugno 1991, la causa C-340/90 è stata cancellata dal ruolo della Corte di giustizia.

 

PER LA CONTINUAZIONE DEI MOTIVI VEDI SOTTO NUMERO: 693J0415.1

 

39 Nell'ambito del giudizio di merito instaurato dinanzi al Tribunal de première instance di Liegi, l'URBSFA, che, contrariamente a quanto era avvenuto in sede di procedimento sommario, non era stata convenuta, è intervenuta volontariamente il 3 giugno 1991. Il 20 agosto 1991 il signor Bosman ha citato l'UEFA per farla intervenire nella causa da lui intentata contro il RCL e l'URBSFA e per esperire direttamente nei suoi confronti un'azione basata sulla sua responsabilità nella redazione dei regolamenti che gli arrecavano pregiudizio. Il 5 dicembre 1991 il RCL ha chiamato in causa la società di Dunkerque per essere garantito contro un'eventuale condanna nei suoi confronti. Il 15 ottobre 1991 e, rispettivamente, il 27 dicembre 1991, il sindacato francese di categoria Union nationale des footballeurs professionnels (in prosieguo: l'«UNFP») e l'associazione di diritto olandese Vereniging van contractspelers (in prosieguo: la «VVCS») sono intervenuti volontariamente nella causa.

 

40 Con nuove conclusioni depositate il 9 aprile 1992, il signor Bosman ha modificato la sua domanda originaria contro il RCL, ha esperito una separata azione preventiva nei confronti dell'URBSFA ed ha sviluppato la domanda proposta contro l'UEFA. Nell'ambito di tali procedimenti egli ha chiesto che le norme sui trasferimenti e le norme sulla cittadinanza fossero dichiarate inapplicabili nei suoi confronti e che, a causa del loro comportamento illecito in relazione al suo mancato trasferimento alla società di Dunkerque, il RCL, l'URBSFA e l'UEFA fossero condannati a versargli, da un lato, la somma di 11 368 350 BFR, come risarcimento del danno da lui subito dal 1_ agosto 1990 sino alla fine della sua carriera, e, dall'altro, la somma di 11 743 000 BFR, corrispondente al lucro cessante subito dall'inizio della sua carriera a causa dell'applicazione delle norme sui trasferimenti. Il signor Bosman ha chiesto inoltre che fosse sottoposta alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale.

 

41 Con sentenza 11 giugno 1992, il Tribunal de première instance di Liegi si è dichiarato competente a conoscere del merito delle cause. Esso, inoltre, ha ritenuto ricevibili le domande proposte dal signor Bosman contro il RCL, l'URBSFA e l'UEFA e dirette segnatamente a far dichiarare inapplicabili le norme sui trasferimenti e le norme sulla cittadinanza nonché a far sanzionare il comportamento delle tre organizzazioni. Per contro, il detto Tribunale ha respinto la domanda proposta dal RCL nei confronti della società di Dunkerque e volta a far ordinare l'intervento in garanzia della società, ritenendo che non fosse stato provato che quest'ultima non avesse adempiuto correttamente le sue obbligazioni. Infine, rilevando che l'esame delle pretese avanzate dal signor Bosman nei confronti dell'UEFA e dell'URBSFA implicava un giudizio sulla compatibilità delle norme sui trasferimenti con il Trattato, esso ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull'interpretazione degli artt. 48, 85 e 86 del Trattato (causa C-269/92).

 

42 A seguito dell'appello interposto contro tale provvedimento dall'URBSFA, dal RCL e dall'UEFA, il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia è stato sospeso. Con ordinanza 8 dicembre 1993, la causa C-269/92 è stata infine cancellata dal ruolo in conseguenza della nuova sentenza della Cour d'appel di Liegi che ha dato origine al presente procedimento.

 

43 L'UNFP e la VVCS non sono stati citati in appello e si sono astenuti dall'intervenire in tale sede.

 

44 Nella sentenza di rinvio la Cour d'appel di Liegi ha confermato la sentenza impugnata nella parte in cui dichiarava il Tribunal de première instance di Liegi competente e le azioni ricevibili e in quanto rilevava che l'esame delle pretese avanzate dal signor Bosman nei confronti dell'UEFA e dell'URBSFA implicava quello della legittimità delle norme sui trasferimenti. La Cour d'appel ha considerato inoltre che l'esame della legittimità delle norme sulla cittadinanza era necessario, poiché la domanda al riguardo proposta dal signor Bosman era basata sull'art. 18 del Code judiciaire belga, il quale consente le azioni esperite «allo scopo di prevenire la lesione di un diritto gravemente minacciato». Ora, il signor Bosman avrebbe prodotto vari elementi obiettivi i quali farebbero presumere che il danno da lui temuto, ossia che le norme sulla cittadinanza ostacolino la sua carriera, si produrrà effettivamente.

 

45 Il giudice di rinvio ha considerato segnatamente che l'art. 48 del Trattato, al pari dell'art. 30, può vietare non soltanto le discriminazioni, ma anche gli ostacoli non discriminatori per la libera circolazione dei lavoratori, se non possono essere giustificati da esigenze imperiose.

 

46 A proposito dell'art. 85 del Trattato, esso ha osservato che i regolamenti della FIFA, dell'UEFA e dell'URBSFA potrebbero costituire decisioni di associazioni di imprese mediante le quali le società calcistiche limitano la concorrenza che si fanno per acquisire i calciatori. Anzitutto, le indennità di trasferimento avrebbero una funzione dissuasiva e determinerebbero la riduzione delle retribuzioni dei calciatori professionisti. Inoltre, le norme sulla cittadinanza vieterebbero di ottenere i servizi offerti da calciatori stranieri oltre una determinata quota. Infine, il commercio fra Stati membri sarebbe pregiudicato, in particolare dalla limitazione della mobilità dei calciatori.

 

47 La Cour d'appel prospetta poi l'esistenza di una posizione dominante detenuta dall'URBSFA o di una posizione dominante collettiva a vantaggio delle società calcistiche, ai sensi dell'art. 86 del Trattato, mentre le limitazioni della concorrenza rilevate nell'ambito dell'art. 85 possono costituire abusi vietati dal detto art. 86.

 

48 La Cour d'appel ha respinto l'istanza dell'UEFA diretta a far chiedere alla Corte di giustizia se la soluzione della questione sollevata a proposito dei trasferimenti sarebbe diversa nel caso in cui un regolamento consentisse al calciatore di giocare liberamente per la sua nuova società, anche se questa non ha versato l'indennità di trasferimento alla società di provenienza. Essa ha in particolare osservato al riguardo che, a causa della minaccia di rigorose sanzioni a carico delle società che non paghino la detta indennità, la facoltà del calciatore di giocare per la nuova società resta subordinata ai rapporti economici fra le società calcistiche.

 

49 In base a tali considerazioni, la Cour d'appel di Liegi ha deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle seguenti questioni:

 

«Se gli artt. 48, 85 e 86 del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 vadano interpretati nel senso che vietano:

 

- che una società calcistica possa pretendere di percepire il pagamento di una somma di denaro allorché un giocatore già tesserato per la stessa società, dopo la scadenza del contratto con essa stipulato, viene ingaggiato da una nuova società calcistica;

 

- che le associazioni o federazioni sportive, nazionali ed internazionali, possano includere nei rispettivi regolamenti norme che limitano la partecipazione di giocatori stranieri, cittadini dei paesi aderenti alla Comunità europea, alle competizioni che organizzano».

 

50 Il 3 giugno 1994 l'URBSFA ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Cour d'appel, chiedendo che gli effetti della pronuncia fossero estesi al RCL, all'UEFA e alla società di Dunkerque. Con lettera 6 ottobre 1994, il Procuratore generale presso la Cour de cassation del Belgio ha comunicato alla Corte che nel caso di specie il ricorso non ha effetto sospensivo.

 

51 Con sentenza 30 marzo 1995, la Cour de cassation ha respinto il ricorso dichiarando che il rigetto privava di oggetto le domande relative all'estensione degli effetti della sentenza. La Cour de cassation ha trasmesso copia della sua sentenza alla Corte di giustizia.

 

Sulle domande di provvedimenti istruttori

 

52 Con lettera pervenuta alla cancelleria della Corte il 16 novembre 1995, l'UEFA ha proposto un'istanza diretta a far disporre un mezzo istruttorio ai sensi dell'art. 60 del regolamento di procedura allo scopo di acquisire informazioni integrative sul ruolo svolto dalle indennità di trasferimento nel finanziamento delle società calcistiche di piccole o medie dimensioni, sui sistemi di ripartizione degli introiti nell'ambito delle strutture organizzative del gioco del calcio e sull'esistenza o sulla mancanza di sistemi alternativi per l'ipotesi in cui il sistema delle indennità di trasferimento fosse abolito.

 

53 Dopo aver nuovamente sentito l'avvocato generale, la Corte ha ritenuto di dover respingere tale istanza, proposta in un momento in cui, ai sensi dell'art. 59, n. 2, del regolamento di procedura, la fase orale del procedimento era chiusa. In effetti, dalla giurisprudenza della Corte (v. sentenza 16 giugno 1971, causa 77/70, Prelle/Commissione, Racc. pag. 561, punto 7) risulta che un'istanza del genere può essere accolta soltanto se riguarda fatti che possono esercitare un'influenza decisiva e che l'interessato non ha potuto far valere prima della chiusura della fase orale.

 

54 Nel caso presente basta rilevare che l'UEFA avrebbe potuto proporre la detta istanza prima che la fase orale fosse dichiarata chiusa. Inoltre, la questione se lo scopo di conservare l'equilibrio finanziario e sportivo, e specificamente di garantire il finanziamento delle società di piccole dimensioni, possa essere conseguito con altri mezzi, come la ridistribuzione di una parte degli introiti del gioco del calcio è stata trattata, in particolare, dal signor Bosman nelle sue osservazioni scritte.

 

Sulla competenza della Corte a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali

 

55 L'URBSFA, l'UEFA, taluni dei governi che hanno presentato osservazioni e, nel corso della fase scritta, la Commissione, hanno contestato, per motivi diversi, la competenza della Corte a pronunciarsi su tutte o su parti delle questioni sollevate dal giudice a quo.

 

56 In primo luogo, l'UEFA e l'URBSFA hanno sostenuto che le cause a quibus costituiscono un artificio procedurale diretto ad ottenere che la Corte si pronunci in via pregiudiziale su questioni obiettivamente irrilevanti per la decisione delle controversie. A loro dire, infatti, il regolamento dell'UEFA non è stato applicato in occasione del mancato trasferimento del signor Bosman a Dunkerque e peraltro, se fosse stato applicato, il detto trasferimento non sarebbe stato subordinato al versamento di un'indennità di trasferimento e quindi avrebbe potuto aver luogo. Di conseguenza, l'interpretazione del diritto comunitario chiesta dal giudice nazionale non avrebbe alcun rapporto con gli aspetti concreti o con l'oggetto delle cause a quibus e, secondo una costante giurisprudenza, la Corte non sarebbe competente a risolvere le questioni sottopostele.

 

57 In secondo luogo, l'URBSFA, l'UEFA, i governi danese, francese e italiano, così come la Commissione nelle sue osservazioni scritte, hanno sostenuto che le questioni relative alle norme sulla cittadinanza non sono pertinenti alle controversie, che riguardano unicamente l'applicazione delle norme sui trasferimenti. Infatti, gli ostacoli che il signor Bosman ritiene provocati, nello sviluppo della sua carriera, dalle norme sulla cittadinanza sarebbero puramente ipotetici e non costituirebbero un valido motivo perché la Corte si pronunci sull'interpretazione del Trattato sotto tale profilo.

 

58 In terzo luogo, l'URBSFA e l'UEFA hanno rilevato all'udienza che, secondo la sentenza 30 maggio 1995 della Cour de cassation belga, la Cour d'appel di Liegi non ha ritenuto ricevibili le domande con cui il signor Bosman ha chiesto la declaratoria dell'inapplicabilità, nei suoi confronti, delle norme sulla cittadinanza contenute nel regolamento dell'URBSFA. Le cause a quibus non verterebbero quindi sull'applicazione delle dette norme e la Corte non dovrebbe risolvere le questioni sottopostele a tale proposito. Il governo francese ha aderito a questa conclusione con riserva, però, dell'accertamento della portata della sentenza della Cour de cassation.

 

59 Si deve rilevare a questo proposito che, nell'ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall'art. 177 del Trattato, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull'interpretazione del diritto comunitario la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenza 5 ottobre 1995, causa C-125/94, Aprile, Racc. pag. I-0000, punti 16 e 17).

 

60 Nondimeno la Corte ha considerato che, per verificare la propria competenza, le spettava esaminare le condizioni in cui era adita dal giudice nazionale. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che, dal canto suo, il giudice nazionale tenga conto della funzione attribuita alla Corte, che è quella di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri consultivi su questioni generali o ipotetiche (v., in particolare, sentenza 16 luglio 1992, causa C-83/91, Meilicke, Racc. pag. I-4871, punto 25).

 

61 Proprio in considerazione di tale funzione la Corte ha ritenuto di non poter statuire su una questione sollevata da un giudice nazionale qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione o il giudizio sulla validità di una norma comunitaria chiesti da tale giudice non hanno alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa a qua (v., in particolare, sentenza 26 ottobre 1995, causa C-143/94, Furlanis costruzioni generali, Racc. pag. I-0000, punto 12), oppure qualora il problema sia di natura ipotetica e la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in particolare, sentenza Meilicke, citata, punto 32).

 

62 Nella fattispecie si deve osservare anzitutto che le cause a quibus, considerate nel loro insieme, non hanno natura ipotetica e che il giudice nazionale ha esposto con precisione alla Corte il loro ambito fattuale e normativo e le ragioni che l'hanno indotto a ritenere necessaria, per poter emettere la propria sentenza, una pronuncia sulle questioni da esso sollevate.

 

63 Inoltre, anche ammesso che, come sostengono l'URBSFA e l'UEFA, il regolamento di quest'ultima non sia stato applicato in occasione del mancato trasferimento del signor Bosman alla società di Dunkerque, resta sempre il fatto che ad esso si fa riferimento nelle azioni preventive del signor Bosman contro l'URBSFA e l'UEFA (v. sopra, punto 40) e che un'interpretazione della Corte circa la compatibilità con il diritto comunitario del sistema di trasferimento istituito dal regolamento dell'UEFA potrebbe essere utile al giudice a quo.

 

64 Per quanto riguarda in particolare le questioni relative alle norme sulla cittadinanza, risulta che le domande al riguardo proposte nell'ambito delle cause a quibus sono state giudicate ricevibili in base ad una norma processuale nazionale che consente di esperire un'azione, anche a fini declaratori, per prevenire la lesione di un diritto gravemente minacciato. Come emerge dalla sua sentenza, il giudice a quo ha ritenuto che l'applicazione delle norme sulla cittadinanza potesse effettivamente ostacolare la carriera del signor Bosman, riducendone le possibilità di essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro o di giocare per essa. Il detto giudice è giunto quindi alla conclusione che le domande del signor Bosman dirette a far dichiarare inapplicabili nei suoi confronti le norme sulla cittadinanza soddisfacevano i presupposti prescritti dalla norma summenzionata.

 

65 Non compete alla Corte, nell'ambito del presente procedimento, sindacare tale giudizio. Anche se le azioni esperite nel caso di specie hanno carattere declaratorio e, mirando a prevenire la lesione di un diritto minacciato, devono necessariamente basarsi su previsioni per loro natura incerte, esse sono nondimeno consentite dal diritto nazionale come interpretato dal giudice a quo. Alla luce di tali considerazioni, le questioni sollevate dal giudice nazionale risultano obiettivamente necessarie per la soluzione delle controversie con cui esso è ritualmente adito.

 

66 Infine, dalla sentenza 30 marzo 1995 della Cour de cassation non risulta che le norme sulla cittadinanza siano estranee alle cause a quibus. La Cour de cassation ha semplicemente dichiarato che il ricorso proposto dall'URBSFA contro la sentenza del giudice a quo si basava su un'errata interpretazione di quest'ultima. Nel ricorso per cassazione l'URBSFA aveva in effetti sostenuto che il giudice suddetto aveva ritenuto ricevibile una domanda del signor Bosman diretta a far dichiarare le norme sulla cittadinanza contenute nei regolamenti della detta federazione inapplicabili nei suoi confronti. Orbene, emerge dalla sentenza della Cour de cassation che, secondo la Cour d'appel, la domanda del signor Bosman era diretta a prevenire ostacoli che sarebbero potuti derivare per la sua carriera dall'applicazione non già delle norme sulla cittadinanza contenute nel regolamento dell'URBSFA, che riguardavano calciatori di cittadinanza diversa dalla belga, ma delle analoghe norme contenute nei regolamenti dell'UEFA e delle altre federazioni nazionali aderenti a tale confederazione, che potevano riguardarlo in quanto calciatore di cittadinanza belga.

 

67 Da quanto precede risulta che la Corte è competente a pronunciarsi sulle questioni sottopostele dalla Cour d'appel di Liegi.

 

Sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato con riguardo alle norme sui trasferimenti

 

68 Con la prima delle sue questioni il giudice a quo chiede in sostanza se l'art. 48 del Trattato osti all'applicazione delle norme, emanate da associazioni sportive, secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola a una società, può essere ingaggiato da una società calcistica di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

Sull'applicazione dell'art. 48 alle norme emanate da associazioni sportive

 

69 Su questo punto, occorre esaminare in limine taluni argomenti presentati relativamente all'applicazione dell'art. 48 alle norme emanate da associazioni sportive.

 

70 L'URBSFA ha sostenuto che soltanto le maggiori società calcistiche europee possono essere considerate imprese, mentre società come il RCL esercitano un'attività economica trascurabile. Inoltre, la questione del giudice nazionale relativa alle norme sui trasferimenti non riguarda i rapporti di lavoro fra i calciatori e le società, ma i rapporti economici fra le società e le conseguenze della libertà di tesseramento presso una federazione sportiva. Pertanto, l'art. 48 del Trattato non si applicherebbe in un caso come quello di specie.

 

71 Dal canto suo, l'UEFA ha fatto valere in particolare che le autorità comunitarie hanno sempre rispettato l'autonomia dell'attività sportiva, che è difficilissimo distinguere gli aspetti economici del calcio da quelli sportivi e che una pronuncia della Corte sulla situazione degli sportivi professionisti potrebbe rimettere in discussione l'intera organizzazione del gioco del calcio. Di conseguenza, anche se l'art. 48 del Trattato dovesse applicarsi ai calciatori professionisti, sarebbe necessario attenersi a criteri di elasticità in considerazione della specificità di tale attività sportiva.

 

72 Il governo tedesco ha sottolineato anzitutto che nella maggior parte dei casi uno sport come il calcio non ha indole di attività economica. Ha poi rilevato che lo sport in generale presenta analogie con la cultura, ricordando che, ai sensi dell'art. 128, n. 1, del Trattato CE, la Comunità deve rispettare la diversità nazionale e regionale delle culture degli Stati membri. Infine, ha menzionato la libertà di associazione e l'autonomia di cui godono, in base al diritto nazionale, le federazioni sportive per concludere che, secondo il principio di sussidiarietà, considerato come principio generale, l'intervento delle autorità pubbliche e, in particolare, della Comunità nella materia considerata dev'essere limitato allo stretto necessario.

 

73 A proposito di tali argomenti si deve ricordare che, considerati gli obiettivi della Comunità, l'attività sportiva è disciplinata dal diritto comunitario in quanto sia configurabile come attività economica ai sensi dell'art. 2 del Trattato (v. sentenza 12 dicembre 1974, causa 36/74, Walrave, Racc. pag. 1405, punto 4). E'questo il caso dell'attività dei calciatori professionisti o semiprofessionisti che svolgono un lavoro subordinato o effettuano prestazioni di servizi retribuite (v. sentenza 14 luglio 1976, causa 13/76, Donà, Racc. pag. 1333, punto 12).

 

74 Si deve del pari osservare che, ai fini dell'applicazione delle norme comunitarie relative alla libera circolazione dei lavoratori, non è comunque necessario che il datore di lavoro abbia la qualità di imprenditore, giacché il solo elemento richiesto è l'esistenza di un rapporto di lavoro o la volontà di instaurare tale rapporto.

 

75 L'applicazione dell'art. 48 del Trattato non è neppure esclusa dal fatto che le norme sui trasferimenti disciplinino i rapporti economici fra società calcistiche, anziché i rapporti di lavoro fra società e calciatori. Invero, la circostanza che le società datrici di lavoro siano tenute a versare indennità quando ingaggiano calciatori provenienti da altre società influisce sulla possibilità degli interessati di trovare un ingaggio, nonché sulle condizioni alle quali l'ingaggio è offerto.

 

76 Per quanto riguarda la difficoltà di separare gli aspetti economici del calcio da quelli sportivi, la Corte ha riconosciuto, nella citata sentenza Donà, punti 14 e 15, che le norme comunitarie sulla libera circolazione delle persone e dei servizi non ostano a normative o a prassi giustificate da motivi non economici, inerenti alla natura e al contesto specifici di talune competizioni sportive. La Corte, però, ha sottolineato che tale restrizione delle sfera d'applicazione delle dette norme deve restare entro i limiti del suo oggetto specifico. Pertanto, essa non può essere invocata per escludere un'intera attività sportiva dalla sfera d'applicazione del Trattato.

 

77 Quanto alle eventuali conseguenze di questa sentenza per l'organizzazione del gioco del calcio nel suo complesso, va rilevato che, secondo una costante giurisprudenza, benché le conseguenze pratiche di ogni pronuncia giurisdizionale debbano essere vagliate accuratamente, ciò non può indurre a scalfire l'obiettività del diritto ed a compromettere la sua applicazione a motivo delle ripercussioni che tale pronuncia può provocare. Tutt'al più le dette ripercussioni potrebbero essere prese in considerazione per decidere eventualmente, se necessario, di limitare l'efficacia di una sentenza nel tempo (v., in particolare, sentenza 16 luglio 1992, causa C-163/90, Legros e a., Racc. pag. I-4625, punto 30).

 

78 Nemmeno può essere accolto l'argomento relativo alle pretese analogie fra sport e cultura, giacché la questione sollevata dal giudice nazionale verte non già sulle condizioni dell'esercizio di competenze comunitarie di rilievo limitato, come quelle basate sull'art. 128, n. 1, ma sulla portata della libera circolazione dei lavoratori, garantita dall'art. 48, che costituisce una libertà fondamentale nel sistema della Comunità (v., in particolare, sentenza 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus, Racc. pag. I-1663, punto 16).

 

79 Per quanto concerne gli argomenti relativi alla libertà di associazione, occorre riconoscere che tale principio, sancito dall'art. 11 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e scaturente dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dal preambolo dell'Atto unico europeo e dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, sono oggetto di tutela nell'ordinamento giuridico comunitario.

 

80 Tuttavia, non si può ritenere che le norme emanate da associazioni sportive e menzionate dal giudice nazionale siano necessarie per garantire alle dette associazioni, alle società calcistiche o ai calciatori l'esercizio di tale libertà o ne costituiscano una necessaria conseguenza.

 

81 Infine, il principio di sussidiarietà, come interpretato dal governo tedesco, ossia nel senso che l'intervento delle autorità pubbliche, e segnatamente delle autorità comunitarie, nella materia considerata dev'essere limitato allo stretto necessario, non può avere l'effetto che l'autonomia di cui godono le associazioni private per adottare normative sportive limiti l'esercizio dei diritti conferiti ai privati dal Trattato.

 

82 Respinte le obiezioni relative all'applicazione dell'art. 48 del Trattato ad attività sportive come quelle dei calciatori professionisti, occorre ricordare che, come la Corte ha dichiarato nella citata sentenza Walrave, punto 17, il detto articolo non disciplina soltanto gli atti delle autorità pubbliche, ma si applica anche alle normative di altra natura dirette a disciplinare collettivamente il lavoro subordinato.

 

83 La Corte, infatti, ha considerato che l'abolizione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone sarebbe compromessa se l'eliminazione delle limitazioni stabilite da norme statali potesse essere neutralizzata da ostacoli derivanti dall'esercizio dell'autonomia giuridica di associazioni ed enti di natura non pubblicistica (v. la citata sentenza Walrave, punto 18).

 

84 Inoltre, la Corte ha rilevato che nei vari Stati membri le condizioni di lavoro sono disciplinate talvolta da norme di natura legislativa o regolamentare, talvolta da convenzioni e altri atti di natura privatistica. Pertanto, se l'oggetto dell'art. 48 del Trattato fosse limitato agli atti della pubblica autorità, potrebbero verificarsi disparità nella sua applicazione (v. la citata sentenza Walrave, punto 19). Tale rischio è particolarmente evidente in un caso come quello di specie poiché, come si è sottolineato nel punto 24 di questa sentenza, le norme sui trasferimenti sono state emanate da enti diversi o secondo tecniche differenti nei vari Stati membri.

 

85 L'UEFA obietta che questa interpretazione si risolve nel conferire all'art. 48 del Trattato un valore più vincolante per i privati che per gli Stati membri, dato che solo questi ultimi possono avvalersi di limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

 

86 Tale argomento poggia su una premessa errata. Nulla osta, infatti, a che le giustificazioni attinenti all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza e alla sanità pubblica siano invocate da privati. La natura pubblicistica o privatistica della normativa di cui trattasi non incide affatto sulla portata o sul contenuto delle dette giustificazioni.

 

87 Si deve pertanto concludere che l'art. 48 del Trattato si applica a norme emanate da associazioni sportive come l'URBSFA, la FIFA, o l'UEFA per stabilire le condizioni alle quali gli sportivi professionisti esercitano un'attività retribuita.

 

Quanto al carattere puramente interno della situazione cui si riferisce il giudice nazionale

 

88 L'UEFA rileva che le cause pendenti dinanzi al giudice a quo si riferiscono ad una situazione puramente interna allo Stato belga, che esula dalla sfera d'applicazione dell'art. 48 del Trattato. Esse riguarderebbero infatti un calciatore belga il cui trasferimento non ha potuto aver luogo a causa del comportamento di una società belga e di un'associazione belga.

 

89 Certo, risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenze 28 marzo 1979, causa 175/78, Saunders, Racc. pag. 1129, punto 11; 28 giugno 1984, causa 180/83, Moser, Racc. pag. 2539, punto 15: 28 gennaio 1992, causa C-332/90, Steen, Racc. pag. I-341, punto 9; e Kraus, citata, punto 15) che le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione dei lavoratori, e segnatamente l'art. 48, non possono essere applicate a situazioni puramente interne di uno Stato membro, ossia in mancanza di qualsiasi criterio di collegamento ad una qualunque delle situazioni previste dal diritto comunitario.

 

90 Tuttavia, dagli accertamenti di fatto compiuti dal giudice a quo risulta che il signor Bosman aveva stipulato un contratto di lavoro con una società di un altro Stato membro per esercitare un'attività retribuita nel territorio di tale Stato. Come ha giustamente osservato l'interessato, egli ha, ciò facendo, risposto ad un'offerta di lavoro effettiva ai sensi dell'art. 48, n. 3, lett. a).

 

91 Poiché la situazione di cui alle cause a quibus non può qualificarsi puramente interna, l'argomento prospettato dall'UEFA dev'essere respinto.

 

Sull'esistenza di un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori

 

92 Occorre quindi accertare se le norme sui trasferimenti costituiscano un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, vietato dall'art. 48 del Trattato.

 

93 Come la Corte ha affermato più volte, la libera circolazione dei lavoratori costituisce uno dei principi fondamentali della Comunità e le norme del Trattato che garantiscono tale libertà hanno effetto diretto sin dalla fine del periodo transitorio.

 

94 La Corte ha inoltre considerato che l'insieme delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira a facilitare ai cittadini comunitari l'esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio della Comunità ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un'attività economica nel territorio di un altro Stato membro (v. sentenze 7 luglio 1988, causa 143/87, Stanton, Racc. pag. 3877, punto 13, e 7 luglio 1992, causa C-370/90, Singh, Racc. pag. I-4265, punto 16).

 

95 In tale contesto i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il paese d'origine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di esercitare un'attività economica (v., in particolare, sentenze 5 febbraio 1991, causa C-363/89, Roux, Racc. pag. I-273, punto 9, e Singh, citata, punto 17).

 

96 Le disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d'origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono quindi ostacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (v., anche sentenza 7 marzo 1991, causa C-10/90, Masgio, Racc. pag. I-1119, punti 18 e 19).

 

97 D'altro canto, la Corte ha rilevato, nella sentenza 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail and General Trust (Racc. pag. 5483, punto 16), che, sebbene le norme del Trattato relative alla libertà di stabilimento mirino in particolare a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato d'origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un suo cittadino o di una società costituita secondo la sua normativa e corrispondente, peraltro, alla definizione dettata dall'art. 58. I diritti garantiti dall'art. 52 e seguenti del Trattato sarebbero vanificati se lo Stato d'origine potesse vietare alle imprese di lasciare il suo territorio per stabilirsi in un altro Stato membro. Le stesse considerazioni valgono, sotto il profilo dell'art. 48 del Trattato, per le norme che ostacolano la libera circolazione dei cittadini di uno Stato membro che intendano svolgere un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro

 

98 Ora, è vero che le norme sui trasferimenti contestate nelle cause a quibus si applicano anche ai trasferimenti di calciatori fra società appartenenti a federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro e che norme analoghe disciplinano i trasferimenti fra società appartenenti alla stessa federazione nazionale.

 

99 Tuttavia, come hanno fatto notare il signor Bosman, il governo danese e l'avvocato generale nei paragrafi 209 e 210 delle sue conclusioni, tali norme sono idonee a limitare la libera circolazione dei calciatori che vogliono svolgere la loro attività in un altro Stato membro poiché impediscono loro di lasciare le società cui appartengono, o li dissuadono dal farlo, anche dopo la scadenza dei contratti di lavoro che li legano ad esse.

 

100 In effetti, prevedendo, come fanno, che un calciatore professionista può esercitare la sua attività in una nuova società stabilita in un altro Stato membro solo se quest'ultima ha versato alla società di provenienza l'indennità di trasferimento il cui importo è stato convenuto fra di esse o determinato ai sensi dei regolamenti delle federazioni sportive, le dette norme costituiscono un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.

 

101 Come ha rilevato correttamente il giudice nazionale, tale conclusione non è inficiata dal fatto che norme sui trasferimenti emanate dall'UEFA nel 1990 hanno disposto che i rapporti economici fra le due società non influiscono sull'attività del calciatore, il quale può giocare liberamente per la sua nuova società. Quest'ultima, infatti, resta tenuta a versare l'indennità di cui trattasi, a pena di sanzioni che possono giungere fino alla sua radiazione per debiti; e ciò le impedisce con altrettanta efficacia di ingaggiare un calciatore proveniente da una società di un altro Stato membro senza prima pagare la detta indennità.

 

102 La conclusione dianzi esposta non è infirmata nemmeno dalla giurisprudenza della Corte, invocata dall'URBSFA e dall'UEFA, la quale esclude che l'art. 30 del Trattato si applichi a provvedimenti che limitano o vietano talune modalità di vendita, purché essi valgano per tutti gli operatori interessati che esercitano la loro attività nel territorio nazionale e incidano in uguale misura, in diritto come in fatto, sullo smercio dei prodotti nazionali e dei prodotti provenienti da altri Stati membri (v. sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard, Racc. pag. I-6097, punto 16).

 

103 Basta rilevare, invero, che, sebbene le norme di cui si discute nelle cause a quibus si applichino anche ai trasferimenti fra società facenti parte di federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro e siano analoghe a quelle che disciplinano i trasferimenti fra società aderenti alla stessa federazione nazionale, resta pur sempre il fatto che esse condizionano direttamente l'accesso dei calciatori al mercato del lavoro negli altri Stati membri e in tal modo sono idonee ad ostacolare la libera circolazione dei lavoratori. Esse non possono quindi venire assimilate alle normative riguardanti le modalità di vendita delle merci che la sentenza Keck e Mithouard ha ritenuto esulare dalla sfera d'applicazione dell'art. 30 del Trattato (v. anche, in materia di libera prestazione di servizi, sentenza 10 maggio 1995, causa C-384/93, Alpine Investments, Racc. pag. I-1141, punti 36-38).

 

104 Di conseguenza, le norme sui trasferimenti costituiscono ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori vietati, in linea di principio, dall'art. 48 del Trattato. Ad una diversa conclusione si potrebbe giungere solo se le dette norme perseguissero uno scopo legittimo compatibile con il Trattato e fossero giustificate da imperiosi motivi d'interesse pubblico. Anche in tale ipotesi, però, la loro applicazione dovrebbe essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non dovrebbe eccedere quanto necessario per farlo (v., in particolare, sentenza Kraus, citata, punto 32, e sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-0000, punto 37).

 

Sull'esistenza di giustificazioni

 

105 L'URBSFA, l'UEFA e i governi francese e italiano hanno anzitutto sostenuto che le norme sui trasferimenti sono giustificate dall'intento di conservare l'equilibrio finanziario e sportivo fra le società e di sostenere la ricerca di calciatori di talento e la formazione dei giovani calciatori.

 

106 Considerata la notevole importanza sociale dell'attività sportiva e, specialmente, del gioco del calcio nella Comunità, si deve riconoscere la legittimità degli scopi consistenti nel garantire la conservazione di un equilibrio fra le società, preservando una certa parità di possibilità e l'incertezza dei risultati, e nell'incentivare l'ingaggio e la formazione dei giovani calciatori.

 

107 Per quanto riguarda il primo di questi scopi, il signor Bosman ha giustamente rilevato che l'applicazione delle norme sui trasferimenti non costituisce un mezzo adeguato per garantire la conservazione dell'equilibrio finanziario e sportivo nel mondo del calcio. Tali norme non impediscono alle società economicamente più forti di procurarsi i servigi dei migliori calciatori né impediscono che i mezzi finanziari disponibili costituiscano un elemento decisivo nella competizione sportiva e che l'equilibrio fra le società ne risulti notevolmente alterato.

 

108 Quanto al secondo scopo, si deve ammettere che la prospettiva di percepire indennità di trasferimento, di promozione o di formazione è effettivamente idonea ad incoraggiare le società a cercare calciatori di talento e ad assicurare la formazione dei giovani calciatori.

 

109 Tuttavia, essendo impossibile prevedere con certezza l'avvenire sportivo dei giovani calciatori e poiché solo pochi di essi si dedicano all'attività professionistica, le dette indennità si caratterizzano per incertezza e aleatorietà e, comunque, non hanno alcun rapporto con le spese effettivamente sostenute dalle società per formare sia i futuri calciatori professionisti sia i giovani che non diventeranno mai tali. Ciò considerato, la prospettiva di ricevere indennità del genere non può svolgere un ruolo determinante nell'incentivare l'ingaggio e la formazione dei giovani calciatori né costituire un mezzo idoneo per finanziare tali attività, soprattutto nel caso delle società calcistiche di piccole dimensioni.

 

110 Peraltro, come ha rilevato l'avvocato generale nei paragrafi 226 e seguenti delle sue conclusioni, gli stessi scopi possono essere conseguiti in modo almeno altrettanto efficace con altri mezzi che non intralcino la libera circolazione dei lavoratori.

 

111 Inoltre è stato sostenuto che le norme sui trasferimenti sono necessarie a salvaguardare l'organizzazione mondiale del gioco del calcio.

 

112 A questo proposito si deve rilevare che il presente procedimento verte sull'applicazione delle norme in esame all'interno della Comunità e non riguarda i rapporti tra le federazioni nazionali degli Stati membri e quelle dei paesi terzi. D'altra parte, l'applicazione di norme diverse ai trasferimenti fra società facenti parte delle federazioni nazionali della Comunità e ai trasferimenti fra tali società e quelle aderenti alle federazioni nazionali dei paesi terzi non può creare difficoltà particolari. Infatti, come emerge dai precedenti punti 22 e 23, le norme che a tutt'oggi disciplinano i trasferimenti nell'ambito delle federazioni nazionali di alcuni Stati membri differiscono da quelle che si applicano a livello internazionale.

 

113 Infine, l'argomento secondo cui le dette norme sono necessarie per compensare le spese che le società hanno dovuto sostenere per pagare indennità al momento dell'ingaggio dei loro calciatori non può essere accolto, giacché tende a giustificare la conservazione di ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori con il semplice fatto che tali ostacoli possono essere esistiti in passato.

 

114 Di conseguenza, la prima questione dev'essere risolta nel senso che l'art. 48 del Trattato osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società, può essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

Sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato con riguardo alle norme sulla cittadinanza

 

115 Con la seconda questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l'art. 48 del Trattato osti all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.

 

Sull'esistenza di un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori

 

116 Come la Corte ha rilevato sopra, nel punto 87, l'art. 48 del Trattato si applica a norme emanate da associazioni sportive che determinano le condizioni alle quali gli sportivi professionisti esercitano un'attività retribuita. Pertanto, occorre accertare se le norme sulla cittadinanza costituiscano un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, vietata dall'art. 48.

 

117 L'art. 48, n. 2, dispone espressamente che la libera circolazione dei lavoratori implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza fra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l'occupazione, la retribuzione e le condizioni di lavoro.

 

118 La citata disposizione è stata attuata, in particolare, dall'art. 4 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), ai sensi del quale le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che limitano, per impresa, per ramo di attività, per regioni o su scala nazionale, il numero o la percentuale degli stranieri occupati non sono applicabili ai cittadini degli altri Stati membri.

 

119 Lo stesso principio osta a che le norme dei regolamenti delle associazioni sportive limitino il diritto dei cittadini di altri Stati membri di partecipare, come professionisti, ad incontri di calcio (v. sentenza Donà, citata, punto 19).

 

120 A questo proposito, il fatto che tali norme non riguardino l'ingaggio dei detti calciatori, che non è limitato, ma la possibilità, per le società cui appartengono, di farli scendere in campo nelle partite ufficiali è irrilevante. Poiché la partecipazione a tali incontri costituisce l'oggetto essenziale dell'attività di un calciatore professionista, è evidente che una norma che limiti detta partecipazione incide anche sulle possibilità d'ingaggio del calciatore interessato.

 

Sull'esistenza di giustificazioni

 

121 Essendo stata accertata l'esistenza di un ostacolo, occorre verificare se esso possa essere giustificato con riguardo all'art. 48 del Trattato.

 

122 L'URBSFA, l'UEFA e i governi tedesco, francese e italiano osservano che le norme sulla cittadinanza sono giustificate da motivi non economici, attinenti unicamente allo sport in sé e per sé.

 

123 Infatti, esse servirebbero, in primo luogo, a preservare il legame tradizionale fra ogni società calcistica e il proprio paese, che è molto importante per consentire al pubblico di identificarsi con la squadra preferita e per far sì che le società che partecipano a gare internazionali rappresentino effettivamente il proprio paese.

 

124 In secondo luogo, le dette norme sarebbero necessarie per costituire un'adeguata riserva di calciatori nazionali che consenta alle squadre nazionali di mettere in campo calciatori di alto livello in tutti i ruoli.

 

125 In terzo luogo esse contribuirebbero a conservare l'equilibrio sportivo fra le società impedendo a quelle economicamente più forti di ingaggiare i migliori calciatori.

 

126 Infine, l'UEFA sottolinea che la regola del «3+2» è stata elaborata di concerto con la Commissione e dev'essere riesaminata regolarmente in funzione dell'evoluzione della politica comunitaria.

 

127 Va sottolineato al riguardo che nella citata sentenza Donà, punti 14 e 15, la Corte ha riconosciuto che le norme del Trattato in materia di libera circolazione delle persone non ostano a normative o prassi che escludano i calciatori stranieri da determinati incontri per motivi non economici, attinenti al carattere e all'ambito specifici di tali partite e che quindi hanno natura prettamente sportiva, come, ad esempio, nel caso di incontri fra le rappresentative di paesi diversi. La Corte ha sottolineato, però, che tale restrizione della sfera d'applicazione delle norme di cui trattasi deve restare entro i limiti del suo oggetto specifico.

 

128 Nella fattispecie le norme sulla cittadinanza non riguardano incontri specifici fra rappresentative nazionali, ma si applicano a tutti gli incontri ufficiali tra società calcistiche e, quindi, alla parte essenziale dell'attività esercitata dai calciatori professionisti.

 

129 Alla luce di quanto precede le norme sulla cittadinanza non possono essere considerate conformi all'art. 48 del Trattato. Questa norma sarebbe altrimenti privata del suo effetto utile e il diritto fondamentale di accedere liberamente a un'occupazione, che essa conferisce individualmente ad ogni lavoratore della Comunità (v., sentenza 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens, Racc. pag. 4097, punto 14), sarebbe vanificato.

 

130 Nessuno degli argomenti fatti valere dalle associazioni sportive e dai governi che hanno presentato osservazioni può inficiare tale conclusione.

 

131 In primo luogo si deve rilevare che il legame fra una società calcistica e lo Stato membro nel quale essa è stabilita non può considerarsi inerente all'attività sportiva, in ogni caso non più del legame che unisce tale società al suo quartiere, alla sua città o alla sua regione, oppure, come nel caso del Regno Unito, al territorio di competenza di ciascuna delle quattro federazioni. Nei campionati nazionali, infatti, si affrontano società di regioni, di città o di quartieri diversi, ma nessuna norma limita, relativamente a tali partite, il diritto delle società di schierare in campo calciatori provenienti da altre regioni, da altre città o da altri quartieri.

 

132 Inoltre, la partecipazione alle gare internazionali è riservata alle società che hanno ottenuto determinati risultati sportivi nel loro rispettivo paese, senza che la cittadinanza dei loro calciatori rivesta un ruolo particolare.

 

133 In secondo luogo, va osservato che, anche se le squadre nazionali devono essere composte di calciatori cittadini del paese interessato, questi non devono essere necessariamente qualificati per le società di tale paese. Peraltro, ai sensi dei regolamenti delle associazioni sportive, le società che hanno alle loro dipendenze calciatori stranieri sono tenute a permettere loro di partecipare a determinati incontri nelle file della nazionale del loro paese.

 

134 Inoltre, se è vero che la libera circolazione dei lavoratori, rendendo accessibile il mercato del lavoro di uno Stato membro ai cittadini degli altri Stati membri, ha l'effetto di ridurre le possibilità dei lavoratori nazionali di trovare un'occupazione nel territorio dello Stato cui appartengono, è anche vero che essa offre loro in cambio nuove prospettive di occupazione negli altri Stati membri. Manifestamente, tali considerazioni valgono anche per i calciatori professionisti.

 

135 In terzo luogo, per quanto riguarda l'equilibrio sportivo, occorre rilevare che le norme sulla cittadinanza, che impedirebbero alle squadre più facoltose di ingaggiare i migliori calciatori stranieri, non sono idonee a conseguire questo scopo giacché nessuna norma limita la loro facoltà di ingaggiare i migliori calciatori nazionali, che compromette in misura non diversa il detto equilibrio.

 

136 Infine, per quanto riguarda l'argomento relativo al fatto che la Commissione ha partecipato all'elaborazione della regola del «3+2», si deve ricordare che, al di fuori dei casi in cui tali competenze le sono espressamente attribuite, la Commissione non ha il potere di dare garanzie quanto alla compatibilità di un determinato comportamento con il Trattato (v., anche, sentenza 27 maggio 1981, cause riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo, Racc. pag. 1413, punto 16). Essa, in ogni caso, non dispone del potere di autorizzare comportamenti contrari al Trattato.

 

137 Da quanto precede risulta che l'art. 48 del Trattato osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive, secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.

 

Sull'interpretazione degli artt. 85 e 86 del Trattato

 

138 Poiché i due tipi di norme menzionate nelle questioni pregiudiziali sono in contrasto con l'art. 48, non occorre pronunciarsi sull'interpretazione degli artt. 85 e 86 del Trattato.

 

Sugli effetti di questa sentenza nel tempo

 

139 Nelle loro osservazioni scritte e orali l'UEFA e l'URBSFA hanno attirato l'attenzione della Corte sulle gravi conseguenze che dalla sua sentenza potrebbero risultare per l'organizzazione del gioco del calcio nel suo complesso, qualora essa giudicasse incompatibili con il Trattato le norme sui trasferimenti e le norme sulla cittadinanza.

 

140 Dal canto suo, il signor Bosman, pur osservando che una soluzione in tal senso non è ineluttabile, ha rilevato che la Corte potrebbe limitare nel tempo gli effetti della sua sentenza per quanto riguarda le norme sui trasferimenti.

 

141 Secondo una giurisprudenza costante, l'interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario nell'esercizio della competenza attribuitale dall'art. 177 del Trattato chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d'interpretazione, purché sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all'applicazione della detta norma (v., in particolare, sentenza 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot, Racc. pag. 379, punto 27).

 

142 Solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all'ordinamento giuridico comunitario, può essere indotta a limitare la possibilità di qualunque interessato di far valere una norma, da essa interpretata, allo scopo di rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Tale limitazione può essere ammessa soltanto dalla Corte nella stessa sentenza che statuisce sull'interpretazione richiesta (v., in particolare, sentenze Blaizot, citata, punto 28, e Legros e a., citata, punto 30).

 

143 Nel caso di specie i peculiari aspetti delle norme emanate dalle associazioni sportive per quanto riguarda i trasferimenti di calciatori fra società di Stati membri diversi, come pure il fatto che le stesse norme, o norme analoghe, si applicavano sia ai trasferimenti fra società aderenti alla stessa federazione nazionale sia ai trasferimenti fra società facenti parte di federazioni nazionali diverse nell'ambito dello stesso Stato membro, possono aver creato uno stato d'incertezza quanto alla compatibilità delle dette norme con il diritto comunitario.

 

144 Pertanto, considerazioni imperative di certezza del diritto ostano a che situazioni giuridiche che hanno esaurito i loro effetti nel passato siano rimesse in discussione. Occorre prevedere, tuttavia, un'eccezione a favore delle persone che abbiano preso tempestivamente iniziative per salvaguardare i loro diritti. Infine, si deve precisare che la limitazione degli effetti della detta interpretazione può essere ammessa solo per le indennità di trasferimento, di formazione o di promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data.

 

145 Di conseguenza, si deve statuire nel senso che l'effetto diretto dell'art. 48 del Trattato non può essere fatto valere a sostegno di rivendicazioni relative a indennità di trasferimento, di formazione o di promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data, fatta eccezione per coloro che, prima della stessa data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del diritto nazionale vigente in materia.

 

146 Per quanto riguarda invece le norme sulla cittadinanza, la limitazione temporale degli effetti di questa sentenza non può essere ammessa. Infatti, alla luce delle citate sentenze Walrave e Donà, nessuno poteva ragionevolmente ritenere che le discriminazioni derivanti da tali norme fossero compatibili con l'art. 48 del Trattato.

 

 

 

Decisione relativa alle spese

 

 

Sulle spese

 

147 Le spese sostenute dai governi danese, tedesco, francese e italiano e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

 

 

 

Dispositivo

 

 

Per questi motivi,

 

LA CORTE,

 

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Cour d'appel di Liegi con sentenza 1_ ottobre 1993, dichiara:

 

1) L'art. 48 del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali un calciatore professionista cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società, può essere ingaggiato da una società di un altro Stato membro solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, di formazione o di promozione.

 

2) L'art. 48 del Trattato CEE osta all'applicazione di norme emanate da associazioni sportive secondo le quali, nelle partite delle competizioni che esse organizzano, le società calcistiche possono schierare solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.

 

3) L'effetto diretto dell'art. 48 del Trattato CEE non può essere fatto valere a sostegno di rivendicazioni relative a indennità di trasferimento, di formazione o di promozione che, alla data di questa sentenza, siano state già pagate o siano ancora dovute in adempimento di un'obbligazione sorta prima di tale data, fatta eccezione per coloro che, prima della stessa data, abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi equivalenti ai sensi del diritto nazionale vigente in materia.

 

 

(Fonte: http://eur-lex.europa.eu)

 


Documentazione

 


Norme organizzative interne della F.I.G.C.

Parte I – I soggetti (artt. 14-23)

Parte II – Le funzioni (artt. 77-90-ter)

Regolamento della Lega Nazionale Professionisti (artt. 18-25)

Accordo collettivo tra F.I.G.C., L.N.P. e A.I.C ex art. 4, L. 91/1981

 

 

 

 

 

 


Dottrina

 


G. Vidiri, Profili societari ed ordinamentali delle recenti modifiche alla legge 23 marzo 1981, n. 91, da Rivista di diritto sportivo, n. 1, gennaio-marzo 1997

G. Chiaia Noya, La nuova disciplina delle società sportive professionistiche, da Rivista di diritto sportivo, n. 4, ottobre-dicembre 1997

M. Gallavotti, La quotazione delle società sportive tra regole del mercato e regole dello sport, da Rivista di diritto sportivo, n. 1-2, gennaio-marzo e aprile-giugno 2000

F. Cossu, L’evoluzione normativa delle società sportive, da Rivista del notariato, luglio/agosto 2000

G. Vidiri, Il lavoro sportivo tra codice civile e norma speciale, da Rivista italiana di diritto del lavoro, n. 1, 2002

A.Santa Maria, Lo sport professionistico e la concorrenza, da Giurisprudenza commerciale, n. 4 del 2004

L. Barbieri, Il settore del calcio professionistico: spunti per un’analisi, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005

M. Carta, La disciplina normativa delle società di calcio: un quadro di sintesi, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005

L. A. Bianchi, D. Corrado, I bilanci delle società di calcio tra diritto comune e norme ad hoc, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005

M. Ragno, Le “voci caratteristiche” di bilancio delle società di calcio, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005

Jabier Badiola, Il “Club elemental” e la “Sociedad Anónima Deportava” in Spagna, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005

G. D. Tirrito, l modello inglese: il calcio business, da Analisi Giuridica dell'Economia, n. 2 del 2005

P. Tosi, Sport e diritto del lavoro, da ADL Argomenti di diritto del lavoro, n. 3/2006


 

 

 

 

 

 

 

 



[1]     “Disposizioni urgenti per le società sportive professionistiche”, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586

[2]    In proposito, l’AGCM, nella delibera del 1° luglio 1999 sulla vendita collettiva dei diritti TV, ha sottolineato che “la riforma del settore dello sport professionistico, determinata dalle modifiche alla disciplina delle società sportive apportate dalla legge n. 586/1996, ha reso coerente la struttura formale-giuridica delle società sportive con l'attività imprenditoriale svolta, eliminando il vincolo relativo alla distribuzione dei dividendi”.

      Più recentemente, l’AGCM - nel provvedimento di apertura di un'indagine conoscitiva di natura generale nel settore del calcio professionistico (IC27, provv. n. 14156 del 31 marzo 2005) - ha riconosciuto le peculiarità proprie del mondo dello sport e, in particolare, del calcio professionistico, che includono la definizione di regole, non solo tecniche, necessarie al corretto funzionamento delle competizioni sportive; l’Autorità ha inoltre riconosciuto che tali regole, qualora incidano sull'attività economica degli operatori coinvolti, potrebbero comunque giustificare delle restrizioni della concorrenza, quando siano finalizzate al raggiungimento del legittimo obiettivo di garantire un equilibrato svolgimento delle competizioni sportive, nonché parità di condizioni nello sviluppo dell'attività sportiva medesima.

[3]    Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 15 dicembre 1995, nel procedimento C-415/93, con la quale la Corte ha altresì dichiarato illegittime, ai sensi dell'articolo 48 del trattato CEE, le norme adottate dalle organizzazioni sportive che consentivano alle società calcistiche di schierare nelle competizioni ufficiali solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri.

[4]    Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”.

      Con la dichiarazione di Nizza nel dicembre 2000 il Consiglio europeo ha preso atto delle caratteristiche specifiche dello sport e delle sue funzioni sociali in Europa di cui tener conto nell'attuazione delle politiche comuni. Lo sport viene definito “un'attività umana che si fonda su valori sociali, educativi e culturali essenziali” nonché “un fattore di inserimento, di partecipazione alla vita sociale, di tolleranza, di accettazione delle differenze e di rispetto delle regole”. In tale circostanza, il Consiglio ha espresso l’intenzione di salvaguardare la coesione e i legami di solidarietà che uniscono le pratiche sportive a tutti i livelli, l'imparzialità delle competizioni, gli interessi morali e materiali, segnatamente quelli dei giovani sportivi minorenni, nonché l'integrità fisica degli sportivi.

[5]    The Independent European sport review 2006; l’indagine trae origine da un incontro - svoltosi a Lipsia l’8 dicembre 2005, su iniziativa della presidenza di turno britannica dell’Unione europea, tra i ministri dello sport di Austria (in quel momento presidente di turno) Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, la Commissione europea e le autorità indipendenti del calcio (UEFA e FIFA) – durante il quale è emersa la necessità di approfondire in particolare i seguenti temi: governo del calcio e ruolo delle autorità indipendenti; controllo sulle società calcistiche; fissazione di un limite alla spese; disciplina dell’attività degli  agenti dei calciatori e dei trasferimenti; distribuzione dei ricavi e sviluppo del movimento di base; investimenti per stadi sicuri.  Su queste basi si è sviluppato il lavoro di 12 esperti coordinati dall’ex ministro portoghese José Luìs Arnaut, anche attraverso numerosi incontri ed audizioni nonché l’apertura di un dibattito pubblico con la realizzazione di un apposito sito internet. Per una sintesi più dettagliata del rapporto, vedi il dossier Documentazione e ricerche del Servizio Studi n. 9.

[6]    Vedi dossier del Servizio Studi, serie Documentazione e ricerche, n. 9. In particolare, per quanto qui interessa, il Rapporto indica (quinto capitolo) alcune misure necessarie per migliorare la governance delle società e delle autorità sportive. Viene innanzitutto riconosciuta la specificità del calcio, che richiede controlli e limitazioni particolari. Sono auspicate regole di incompatibilità per gli amministratori dei club e maggiori controlli sugli intrecci proprietari, che possono essere anche indiretti. Si propone, ad esempio, un certificato di probità e onestà per gli aspiranti dirigenti di grandi club.

[7]    Si segnala peraltro che l‘art. 10 della citata legge n. 91 del 1981 prevede la revoca dell'affiliazione da parte della federazione sportiva nazionale per gravi infrazioni all'ordinamento sportivo; tale revoca  determina l'inibizione dello svolgimento dell'attività sportiva.

[8]    La Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) è l’associazione, con personalità giuridica di diritto privato, delle società e delle associazioni che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia e degli altri organismi ad essa affiliati che svolgono attività strumentali al perseguimento di tale fine. Ai sensi del proprio statuto, la FIGC svolge le proprie funzioni in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e di gestione. In particolare, sono affidate alla FIGC - oltre alla disciplina sportiva e alla gestione tecnico-organizzativa ed economica delle squadre nazionali, alla determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse attribuite alla F.I.G.C. e alla tutela del principio di solidarietà finanziaria tra calcio professionistico e dilettantistico -  tutte le funzioni che, a motivato giudizio del Consiglio federale, le Leghe non possono svolgere autonomamente a causa degli effetti generali delle decisioni da adottare (art. 3 dello Statuto).

[9]    Ai sensi dell’articolo 1 del proprio regolamento, la Lega Nazionale Professionisti associa in forma privatistica le società affiliate alla F.I.G.C. che partecipano ai Campionati di Serie A e B e che, a tal fine, si avvalgono delle prestazioni di calciatori professionisti. La Lega, quale associazione di società, affiliata alla F.I.G.C., agisce altresì nell'ambito delle funzioni ad essa demandate dallo Statuto e dalle norme federali. Essa, per il raggiungimento delle proprie finalità, gode di autonomia organizzativa ed amministrativa e, con funzioni rappresentative delle società associate, svolge tutti i compiti e le attribuzioni conseguenti, salvo quelli che, per disposizioni di legge, di Statuto Federale o contenute nelle Norme Organizzative Interne della F.I.G.C., sono di competenza di quest'ultima.

[10]   L'Associazione Italiana Calciatori assiste i calciatori professionisti di serie A, B, C1 e C2, e dal 2000 anche i calciatori del settore dilettanti (compresi il calcio femminile ed il calcio a 5), principalmente nel confronto con la FIGC e le Leghe per la gestione di tutta la normativa che riguarda il rapporto calciatori/società, vale a dire l'Accordo Collettivo e il Contratto tipo, ma anche la disciplina del tesseramento dei calciatori stranieri, il regolamento degli Agenti dei calciatori, il funzionamento dei Collegi Arbitrali che devono decidere sulle controversie tra i calciatori e società, la disciplina dei rapporti calciatori/società in tema di diritti pubblicitari.

[11]    “Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità”, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27.

[12]   La soluzione normativa introdotta dal DL 282/2002 è stata oggetto di rilievi critici in sede di commento tecnico-giuridico, in quanto essa costituirebbe deroga  rilevante ai generali principi contabili contenuti nella disciplina civilistica. In particolare, è stato fatto osservare che, in base all’articolo 2426, n. 3, del codice civile, l'immobilizzazione che, alla data di chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1 e 2 del medesimo articolo, deve essere iscritta a tale minor valore. La svalutazione deve, in effetti, essere distinta dalla ordinaria procedura di ammortamento: quest’ultimo viene operato per correlare il costo di un fattore pluriennale con i ricavi conseguiti anche mediante il concorso dello stesso, mentre la svalutazione è imposta quando il fattore pluriennale ha perso utilità. In sostanza, la perdita compromette la possibilità di ammortizzare il costo del bene e, pertanto, si determina un impedimento a effettuare l'ammortamento. La disposizione in esame consente, invece, di non rilevare immediatamente una perdita e di non svalutare un valore, ma di "spalmare", con una sorta di ammortamento, tale perdita, nei successivi dieci esercizi.

[13]   Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248

[14]   Da ultimo, tale modello è stato approvato con Comunicato ufficiale FIGC del 6 settembre 2006

[15] Ai sensi dell’art. 52 delle NOIF, il titolo sportivo è il riconoscimento da parte della F.I.G.C. delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato Campionato. In nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione. Il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito, entro il termine della data di presentazione della domanda di iscrizione al campionato successivo, ad un’altra società a condizione che la nuova società, con sede nello stesso comune della precedente, dimostri: 1) di avere acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza; 2) di avere ottenuto l’affiliazione alla F.I.G.C.; 3) di essersi accollata e di avere assolto tutti i debiti sportivi della società cui è stata revocata l’affiliazione ovvero di averne garantito il pagamento mediante rilascio di fideiussione bancaria a prima richiesta; 4) di possedere un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza; 5) di aver depositato, per le società professionistiche, dichiarazione del legale rappresentante contenente l’impegno a garantire con fideiussione bancaria a prima richiesta le obbligazioni derivanti dai contratti con i tesserati e dalle operazioni di acquisizione di calciatori.

[16]   Secondo i dati pubblicati dalla Lega Calcio, complessivamente le società di Serie A sono passate da un passivo di 535 milioni di euro al 30 giugno 2003 ad un passivo di 452 milioni di euro al 30 giugno 2004, mentre le società di serie B hanno addirittura aumentato il passivo dal 95 milioni di euro nel 2003 a 142 milioni di euro nel 2004. Con riferimento ai bilanci 2004/2005, per le squadre di Serie A il valore della produzione aumenta del 15%; prosegue la contrazione, seppur in misura minima, dei costi (stipendi, costi generali) mentre rimangono stabili gli ammortamenti: ciò consente di ridurre le perdite a circa 200 milioni di euro (vale a dire la metà rispetto allo scorso anno). Le plusvalenze si riducono ulteriormente, come si riduce anche il debito a breve. Per la Serie B si segnala una maggiore riduzione del costo del lavoro (ridotto del 20%) ed una riduzione del debito, che deriva sostanzialmente dall’assenza, dal quadro complessivo di riferimento, delle squadre non ammesse al campionato.