Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Gli enti locali nella legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007)
Riferimenti:
L n. 244 del 24-DIC-07     
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 126
Data: 12/03/2008
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

 

 

 

 

 

 

Gli enti locali nella
finanziaria per il 2008
(legge n. 244/2007)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 126

 

12 marzo 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Bilancio e politica economica

 

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File: BI0277a.doc

 


INDICE

I fondi per il finanziamento degli enti locali

§      I fondi per gli enti locali nel bilancio per il 2008. 3

§      Gli stanziamenti dei Fondi di parte corrente e di conto capitale nella manovra per il 2008  9

-       Gli effetti della legge finanziaria per il 2008 sull’entità dei trasferimenti erariali agli enti locali10

§      I trasferimenti erariali agli enti locali per gli anni 1999-2008. 15

Le disposizioni di interesse per gli enti locali contenute nella legge finanziaria per il 2008

Entrate. 21

§      Articolo 1, commi 5 e 6, lett. b)-8 (Detrazione ICI prima casa)21

§      Articolo 1, comma 6, lett. a) (Agevolazioni ICI per la riqualificazione energetica degli edifici)25

§      Articolo 1, comma 154 (Norma interpretativa delle disposizioni di sanatoria per tributi e entrate di spettanza di province e comuni)26

§      Articolo 1, commi 224-225 (Affidamento a terzi del servizio di riscossione tributi di comuni e province)27

§      Articolo 1, comma 251 (Aumento del compenso versato alla Fondazione IFEL dai concessionari della riscossione)32

§      Articolo 1, commi 276-281 (Disposizioni in materia di catasto)34

§      Articolo 1, comma 287 (Trasferimento ai Comuni del minor gettito ICI)39

§      Articolo 2, comma 3 (Compartecipazione provinciale all’IRPEF)40

§      Articolo 2, comma 4 (Restituzioni di somme versate a fini ICI)42

§      Articolo 2, comma 288 (Norma d’interpretazione autentica in materia di facoltà dei Comuni di deliberare aliquote ICI ridotte)44

Trasferimenti45

§      Articolo 2, comma 2 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2008)45

§      Articolo 2, comma 6 (Soppressione del Fondo per la riqualificazione urbana)48

§      Articolo 2, comma 9 (Fondo per il contenimento delle tariffe relative ai servizi non commerciali degli enti locali)50

§      Articolo 2, comma 10 (Finanziamenti a favore dei piccoli comuni)52

§      Articolo 2, comma 11 (Contributo ai comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE)53

§      Articolo 2, comma 14 (Destinazione dei contributi residui assegnati ai comuni  per le alluvioni del 1994)55

§      Articolo 2, comma 44 (Integrazione del Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a statuto speciale)56

§      Articolo 2, comma 107, lett. d)-e), e comma 108 (Chiusura dell’emergenza conseguente alla crisi sismica del 1997: contributi ai comuni)59

§      Articolo 2, comma 426 (Licei linguistici gravanti sui bilanci delle province e dei comuni)61

Patto di stabilità. 63

§      Articolo 1, comma 379 (Patto di stabilità interno degli enti locali per il 2008-2010)63

§      Articolo 1, comma 386 (Esclusione degli enti commissariati dal patto di stabilità per il 2008)74

§      Articolo 3, comma 137 (Esclusione dei maggiori oneri di personale dal patto di stabilità per l’anno 2008)75

Contenimento delle spese. 77

§      Articolo 2, commi 572-573 (Razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi )77

§      Articolo 2, commi 594-600 (Contenimento delle spese di funzionamento delle amministrazioni pubbliche)79

§      Articolo 3, comma 18 (Efficacia dei contratti di consulenza stipulati con le pubbliche amministrazioni)82

§      Articolo 3, commi 54-57 (Consulenze ed incarichi esterni)84

Personale. 93

§      Articolo 1, comma 357 (Distacco del personale dall’Agenzia del territorio ai comuni)93

§      Articolo 2, commi 550-552 (Disposizioni in materia di lavoratori socialmente utili)94

§      Articolo 3, comma 79 (Utilizzo delle forme contrattuali flessibili da parte di enti locali non sottoposti al patto di stabilità)99

§      Articolo 3, commi 120-121 (Assunzioni di personale da parte degli enti locali)102

§      Articolo 3, comma 138 (Segretari comunali)105

§      Articolo 3 comma 146 (Rinnovi contrattuali per il personale delle amministrazioni non statali)108

Aspetti istituzionali109

§      Articolo 2, comma 1 (Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio)109

§      Articolo 2, commi 16-22 (Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)112

§      Articolo 2, commi 23-32 (Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)125

§      Articolo 2, commi 33-34 (Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni)145

§      Articolo 2, comma 35(Riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani nonché dei consorzi di bonifica)147

§      Articolo 2, comma 38 (Rideterminazione degli Ambiti territoriali ottimali)149

Servizi pubblici locali151

§      Articolo 1, comma 166, lett. a) (Proroga TARSU)151

§      Articolo 1, commi 295-312 (Trasporto pubblico locale)152

§      Articolo 2, comma 461 (Tutela degli utenti dei servizi pubblici locali)167

Indebitamento. 173

§      Articolo 1, commi 381-384 (Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari sottoscritti dagli enti territoriali)173

§      Articolo 2, comma 13 (Utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti)182

Società partecipate. 185

§      Articolo 3, commi 19-22 (Disposizioni in materia di arbitrato per le pubbliche amministrazioni)185

§      Articolo 3, commi 27-32 (Limiti alla costituzione e alla partecipazione in società delle amministrazioni pubbliche)188

Energia. 191

§      Articolo 2, comma 171 (Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni in materia di fonti rinnovabili)191

§      Articolo 2, commi 173-174 (Impianti fotovoltaici)192

§      Articolo 2, commi 558-559 (Contributo compensativo corrisposto a regioni e comuni per le attività di stoccaggio del gas naturale)195

§      Articolo 2, comma 560 (Misure di compensazione territoriale a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare)197

Infrastrutture e tutela del territorio. 199

§      Articolo 2, commi 264-270(Fondo di garanzia per le opere pubbliche)199

§      Articolo 2, commi 276-277 (Interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico)204

§      Articolo 2, commi 321-322 (Misure a tutela del territorio e dell’ambiente e sui cambiamenti climatici)206

§      Articolo 2, comma 340 (Potenziamento delle attività di sorveglianza e di tutela del territorio)208

§      Articolo 3, comma 24 (Abrogazione dei commi 28 e 29 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, c.d. milleopere)209

Altre disposizioni213

§      Articolo 1, comma 258-259 (Disposizioni in materia di edilizia residenziale sociale)213

§      Articolo 1, commi 313-319 (Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali)215

§      Articolo 1, comma 321 (Fondo per la mobilità alternativa nei centri storici)220

§      Articolo 1, commi 322-324 (Recupero dei centri storici)222

§      Articolo 2, comma 7 (Pubbliche affissioni)223

§      Articolo 2, comma 8 (Utilizzo dei proventi delle concessioni e delle sanzioni in materia edilizia)225

§      Articolo 2, comma 12 (Uffici unici di avvocatura degli enti locali)226

§      Articolo 2, comma 15 (Trasferimento ai comuni degli alloggi per i profughi)227

§      Articolo 2, comma 40 (Fondo nazionale per la montagna)229

§      Articolo 2, commi 41-43 (Fondo di sviluppo delle isole minori)230

§      Articolo 2, comma 131 (Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto dei prodotti alle fasce sociali di disagio)233

§      Articolo 2, comma 134 (Sviluppo della multifunzionalità nel settore agroforestale)234

§      Articolo 2, commi 196-198 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori in materia di prezzi)235

§      Articolo 2, comma 371 (Gestione dei canili e gattili sanitari)236

§      Articolo 2, comma 462 (Fondo per le politiche della famiglia)237

§      Articolo 2, commi 578-581 (Sistema pubblico di connettività)238


I fondi per il finanziamento degli enti locali


I fondi per gli enti locali nel bilancio per il 2008

I trasferimenti a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dal D.Lgs. n. 504 del 1992[1].

Nel bilancio dello Stato, i fondidi parte corrente e di conto capitale sono iscritti su appositi capitoli nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

 

Nel bilancio per il 2008, che presenta una complessiva riclassificazione delle voci di bilancio, i fondi risultano iscritti nell’ambito della Missione 2 “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” (corrispondente alla terza Missione dell’intero bilancio dello Stato), Programma 2.3 “Trasferimenti a carattere generale ad Enti locali”.

 

In particolare, secondo lo schema generale delineato dal D.Lgs. n. 504/1992, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l'assegnazione dei seguenti fondi di parte corrente, iscritti nell’ambito della U.P.B. 2.3.2 - Interventi:

-Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali”.

Il fondo ordinario è formato dal complesso delle dotazioni ordinarie e perequative e dei proventi dell'addizionale sui consumi dell'energia elettrica; nella determinazione del fondo viene assunta come base la dotazione attribuita alle amministrazioni provinciali, ai comuni ed alle comunità montane nell'anno 1993, ridotta, per i comuni, di un importo pari al gettito dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), calcolata secondo un'aliquota del 4 per mille;

-Fondo consolidato per il finanziamento dei bilanci degli enti locali”.

Nel Fondo consolidato confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

-Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI).

Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

Attraverso il Fondo ordinario e il Fondo consolidato, lo Stato concorre altresì al finanziamento dei bilanci delle comunità montane.

A seguito dell’istituzione della compartecipazione dei comuni e delle province al gettito dell’IRPEF[2] nell’ambito della medesima U.P.B. dello stato di previsione del Ministero dell’interno, è stato costituito un apposito fondo, nel quale confluiscono le somme spettanti a tale titolo a province e comuni.

Per quanto riguarda la compartecipazione all’IRPEF delle province, essa è calcolata in misura percentuale al gettito in conto competenza delle entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione (capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata), relativo all’esercizio finanziario 20002. La compartecipazione non costituisce, peraltro, una entrata aggiuntiva per i bilanci provinciali; l’attribuzione agli enti delle somme spettanti a tale titolo determina, infatti, una riduzione dei trasferimenti erariali di ciascun ente in misura corrispondente al gettito derivante dalla compartecipazione stessa[3].

Per i comuni, invece, a partire dall’anno 2007, è stata istituita una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica), legata all’andamento del gettito IRPEF, disciplinata ai sensi dell’art. 1, commi 189-193 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006). L'aliquota di compartecipazione, fissata per il 2007 e 2008 nella misura dello 0,69% del gettito IRPEF, applicata al gettito del penultimo anno precedente l'esercizio di riferimento. Anche per i comuni, tuttavia, l’attribuzione della compartecipazione comporta una corrispondente riduzione annua costante, di pari ammontare, del complesso dei trasferimenti ad essi spettanti, a valere sul fondo ordinario.

 

Nella medesima U.P.B. 2.3.2 è inoltre istituto il Fondo per il federalismo amministrativo, in cui confluiscono le risorse di parte corrente attribuite agli enti locali in conseguenza degli effetti recati dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, concernente il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato, alle regioni e agli enti locali.

 

Per quanto concerne i trasferimenti di conto capitale, il D.Lgs. n. 504/1992 prevede i seguenti fondi, iscritti in appositi capitoli nello stato di previsione del Ministero dell’interno nell’ambito della U.P.B. 2.3.6 - Investimenti:

-il “Fondo nazionale ordinario per gli investimenti”, specificamente destinato al finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico, a favore delle province, dei comuni e delle comunità montane.

Lo stanziamento del Fondo è riservato per l’80% ai comuni con meno di 5.000 abitanti, ai sensi della legge n. 449/1997, art. 49, comma 11;

-il “Fondo nazionale speciale per gli investimenti”, finanziato con i proventi di competenza dello Stato derivanti della casa da gioco di Campione d'Italia e destinato prioritariamente alla realizzazione di opere pubbliche degli enti in condizioni di degrado o degli enti i cui organi siano stati disciolti ai sensi delle norme sulla prevenzione della delinquenza di tipo mafioso[4].

Il Fondo, che era presente nel bilancio 2007 per la sola gestione di residui, non risulta iscritto nel bilancio per il 2008.

-il ”Fondo per lo sviluppo degli investimenti” dei comuni e delle province e quello delle comunità montane.

In particolare, il fondo relativo alle province e ai comuni è mantenuto tra le voci della contribuzione erariale esclusivamente per il finanziamento delle rate dei mutui stipulati anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 504/1992; la sua consistenza va pertanto riducendosi gradualmente a seguito della progressiva estinzione dell’indebitamento pregresso.

 

Anche tra gli stanziamenti di conto capitale è stato istituito un apposito Fondo per il federalismo amministrativo, in cui sono iscritte le risorse relative al finanziamento di funzioni e compiti amministrativi trasferiti agli enti locali ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

 

 

Nel bilancio per il 2008 (legge n. 245/2007 e relativo D.M. Economia e finanze 28 dicembre 2007 di ripartizione delle UPB in capitoli), nelle U.P.B. 2.3.2 e U.P.B. 2.3.6 dello stato di previsione del Ministero dell’interno, relative, rispettivamente ai finanziamenti di parte corrente e di conto capitale per gli enti locali, i principali Fondi risultano così determinati (dati di competenza):

 

(milioni di euro)

Cap.

Fondi di parte corrente

Bilancio 2006

Bilancio
2007

Assestam
2007

Bilancio
2008

Differenza Bil. 2008/
Bil. 2007

U.P.B. 2.3.2 - parte corrente

1316

Fondo ordinario

2.926

6.786

6.972

4.659

-2.127

1317

Fondo perequativo

922

953

1.020

998

45

1318

Fondo consolidato

1.416

2.412

2.496

2.480

68

1319

Fondo federalismo amministrativo

224

224

224

224

-

1320

Compartecipazione all’IRPEF

6.600

1.263

1.263

1.263

-

 

TOTALE

12.088

11.638

11.975

9.624

-2.014

(milioni di euro)

Cap.

Fondi di conto capitale

Bilancio 2006

Bilancio
2007

Assestam
2007

Bilancio
2008

Differenza Bil. 2008/
Bil. 2007

U.P.B. 2.3.6 - conto capitale

7232

Fondo sviluppo investimenti comuni e province

1.276

1.128

1.128

2.493

1.365

7233

Fondo sviluppo investimenti comunità montane

16

16

16

16

-

7236

Fondo nazionale ordinario investimenti

50

50

50

72

22

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

676

676

676

676

-

 

TOTALE

2.018

1.870

1.870

3.257

1.387

 

 

Oltre ai capitoli che strettamente si riferiscono al finanziamento dei bilanci degli enti locali ai sensi del D.Lgs. n. 504/1992, nello stato di previsione del Ministero dell’interno sono presenti ulteriori capitoli finalizzati all’assegnazione di contributi specifici, previsti da appositi provvedimenti legislativi.

Nel bilancio per il 2008, si tratta dei seguenti interventi:

§      nell’ambito della U.P.B. 2.3.2 – “Interventi”:

-       il cap. 1321 “Trasferimenti compensativi di minori introiti ICI conseguenti ad ulteriori detrazioni dall’ICI per immobili adibiti ad abitazione principale”, istituito dalla legge finanziaria per il 2008 (art. 1, co. 5 e 7, legge n. 244/2007), dotato di 904 milioni di euro;

-       il cap. 1322 “Trasferimenti compensativi di minori introiti a titolo di addizionale comunale IRPEF conseguenti alle modifiche della disciplina dell’IRPEF disposti dalla legge finanziaria 2008”, istituito dalla legge finanziaria per il 2008 (art. 1, co. 15, legge n. 244/2007), dotato di 1,5 milioni di euro;

-       il cap. 1332 “Fondo da ripartire tra gli enti locali in relazione all’assoggettamento ad IVA delle prestazioni di servizi non commerciali e proventi vari” affidate dagli enti locali a soggetti esterni alle amministrazioni”, istituito a decorrere dal 2000, al fine di “neutralizzare” l’incidenza dell’applicazione dell’IVA sui costi sostenuti dagli utenti, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, della legge n. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000), dotato di 290 milioni di euro;

-       il cap. 1328 “Contributo in conto interessi sui mutui contratti da privati per il restauro e per il ripristino funzionale di edifici ricadenti nei centri storici dei comuni con meno di 100.000 abitanti o da enti locali per il recupero e conservazione di edifici riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità o appartenenti al patrimonio culturale vincolato”, istituito dalla legge finanziaria per il 2008 (art. 1, co. 322-324, legge n. 244/2007), dotato di 10 milioni di euro;

-       il cap. 1329 “Contributo a favore di comuni che ospitano centrali nucleari o depositi di rifiuti nucleari nonché a favore dei comuni confinanti, qualora situati in province diverse e nel raggio massimo di 10 chilometri dall’impianto medesimo, istituito dalla legge finanziaria per il 2008 (art. 2, co. 560, legge n. 244/2007), dotato di 2 milioni di euro;

-       il cap. 1333 “Somme da devolvere alle province per l’addizionale sul consumo di energia elettrica” (istituito nel bilancio assestato 2007 con le somme trasferite dal cap. 3857 del Ministero dell’economia, ai fini di una migliore allocazione delle risorse), con una dotazione di 8 milioni di euro;

-       il cap. 1331 “Erogazioni straordinarie a favore dei comuni e delle province” per eventi eccezionali e per provvidenze contingenti di immediato intervento, istituito nel 2005 ai sensi dell’art. 6, co. 2, del D.L. n. 80/2004, con una dotazione di 0,258 milioni di euro;

-       il cap. 1327 “Servizio della pubblica illuminazione nel comune delle Isole Tremiti” dotato di 0,4 milioni di euro;

Nell’ambito della U.P.B. 2.3.2 figura, inoltre, ma soltanto per la gestione dei residui, il cap. 1335, “Fondo istituito per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall'abolizione del credito d'imposta”.

 

§      nell’ambito della U.P.B. 2.3.6 – “Investimenti”:

-       il cap. 7238 “Contributi erariali a favore degli enti locali titolari di contratti di servizio di pubblico trasporto”, istituto, a decorrere dal 2000, ai sensi della legge n. 472/1999 al fine di sostenere il processo di liberalizzazione dei servizi di pubblico trasporto, dotato di 109 milioni di euro;

-       il cap. 7239, recante il contributo straordinario a Napoli e Palermo per l’esecuzione di opere pubbliche (finanziamento lavoratori socialmente utili), dotato di 100 milioni di euro;

-       il cap. 7240 “Contributo straordinario quindicennale alla provincia di Reggio Calabria per la contrazione di mutui o alte operazioni finanziarie per interventi in materia di edilizia scolastica”, dotato di 1,2 milioni di euro;

-       il cap. 7243, relativo alla fornitura gratuita di libri di testo scolastici, dotato di 103,3 milioni di euro;

-       il cap. 7253 “Somma da erogare al Comune di Molfetta per la realizzazione dei lavori di completamento, banchinamento, dragaggio e di raccordo stradale della diga foranea” dotato di 6 milioni di euro;

-       il cap. 7026 recante il concorso dello Stato agli oneri per i mutui contratti dal comune di Genova per l’organizzazione del G8, istituito ai sensi della legge n. 149/2000, dotato di 1,5 milioni di euro;

-       il cap. 7028 recante il contributo straordinario in favore della Associazione nazionale Ufficiali di Stato civile e d’Anagrafe, istituito ai sensi dell’art. 1-ter della legge n. 26/2001, dotato di 0,5 milioni di euro;

-       il cap. 7257 “Contributo a favore del Comune di Pietrelcina per la predisposizione di servizi e locali di accoglienza dei pellegrini”, istituito ai sensi dell’art. 3-bis del D.L. n. 300/2006, dotato di 1,5 milioni di euro.

 

Nell’ambito della U.P.B. 2.3.6 figurano, inoltre, ma soltanto per la gestione dei residui:

-        il cap. 7256, recante il contributo ai comuni dell’obiettivo 1 con popolazione superiore a 300.000 abitanti per abbiano avviato la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro dei lavoratori socialmente utili;

-        il cap. 7248 “Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori”;

-        il cap. 7249 “Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni”. Il Fondo, istituito ai sensi dell’art. 25, comma 10, della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002), è stato dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 16 del 2004. Pertanto, l’art. 2, comma 6, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007) ha disposto l’abrogazione del comma 10 dell’art. 25 della legge n. 448/2001 e la conseguente soppressione dell’autorizzazione di spesa;

-        il cap. 7255 recante il finanziamento degli interventi dell’accordo di programma-quadro “Sicurezza dello sviluppo della Regione Puglia”.


Gli stanziamenti dei Fondi di parte corrente e di conto capitale nella manovra per il 2008

Nel bilancio per il 2008 (legge n. 245/2007 e relativo D.M. Economia e finanze 28 dicembre 2007 di ripartizione delle UPB in capitoli), l’importo complessivo degli stanziamenti assegnati ai principali fondi di parte corrente destinati al finanziamento dei bilanci degli enti locali (Fondo ordinario, perequativo e consolidato, compartecipazione IRPEF e federalismo amministrativo) risulta pari a 9.624 milioni di euro.

 

Rispetto agli stanziamenti disposti nel bilancio 2007, nel 2008 si registra una riduzione complessiva di 2.014 milioni di euro.

(milioni di euro)

Cap.

Fondi di parte corrente

Bilancio
2007

BLV
2008

Legge finanziaria 2008

Bilancio
2008

Differenza Bil. 2008/
Bil. 2007

1316

Fondo ordinario

6.786

5.251

-592

4.659

-2.127

1317

Fondo perequativo

953

998

-

998

45

1318

Fondo consolidato

2.412

2.480

-

2.480

68

1319

Fondo federalismo amministrativo

224

224

-

224

-

1320

Compartecipazione all’IRPEF

1.263

902

+361

1.263

-

 

TOTALE

11.638

9.855

-231

9.624

-2.014

 

Se si considera, invece, l’importo complessivo degli stanziamenti assegnati ai principali fondi di conto capitale, essi risultano pari a 3.257 milioni euro, con un aumento, rispetto alle disponibilità stanziate nel bilancio 2007, di 1.387 milioni di euro.

(milioni di euro)

Cap.

Fondi di conto capitale

Bilancio 2007

BLV
2008

Legge finanziaria 2008

Bilancio
2008

Differenza Bil. 2008/
Bil. 2007

7232

Fondo sviluppo investimenti comuni e province

1.128

2.493

-

2.493

1.365

7233

Fondo sviluppo investimenti comunità montane

16

16

-

16

-

7236

Fondo nazionale ordinario investimenti

50

72

-

72

22

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

676

676

-

676

-

 

TOTALE

1.870

3.257

-

3.257

1.387

 

Come si evince dalle due tabelle, la diminuzione delle risorse di parte corrente (in particolare, del Fondo ordinario), così come l’aumento delle disponibilità di conto capitale (in particolare, del Fondo per lo sviluppo degli investimenti di province e comuni), è in larga parte determinato dal bilancio a legislazione vigente (BLV 2008, A.S. 1818); soltanto una piccola quota di riduzione delle disponibilità di parte corrente (-231 milioni di euro) è infatti ascrivibile alle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2008 (a tale riguardo, cfr. § successivo).

Tali variazioni corrispondono, in realtà, ad una diversa allocazione, a legislazione vigente, dei trasferimenti erariali tra i vari Fondi, ed in particolare tra il Fondo ordinario ed il Fondo per lo sviluppo degli investimenti di province e comuni che risultano nel BLV 2008, rispettivamente, ridotto e incrementato di circa 1.500 milioni di euro rispetto al 2007.

 

La consistenza dei due Fondi è stata peraltro ridefinita con apposito atto amministrativo a gennaio 2008, come risulta da interrogazione del sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato.

Per il 2008, pertanto, il Fondo ordinario, reintegrato di 1.450 milioni di euro, risulta avere una disponibilità pari a 6.109 milioni di euro, mentre il Fondo per lo sviluppo degli investimenti di province e comuni si riduce, invece, a 993 milioni di euro (–1.500 milioni).

A seguito dell’atto amministrativo di gennaio, la dotazione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti di province e comuni per il 2008 è stata fissata in 993 milioni di euro, quale stanziamento necessario al finanziamento delle rate dei mutui stipulati dagli enti locali anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 504/1992.

Essendo, infatti, il Fondo destinato esclusivamente al finanziamento di tali mutui, la sua dotazione viene annualmente determinata sulla base delle previsioni dell’andamento dei mutui ancora in essere[5]. Le economie che si vengono annualmente a determinare per effetto dei mutui giunti ad estinzione, vengono riassorbite dal bilancio dello Stato.

Rispetto al 2007, pertanto, il Fondo è ridotto di 135 milioni di euro, corrispondenti alle economie derivanti dai mutui estinti al 31 dicembre 2007 e che si prevede si estingueranno nel corso dell’anno 2008.

Gli effetti della legge finanziaria per il 2008 sull’entità dei trasferimenti erariali agli enti locali

Rispetto alle dotazioni previste nel bilancio a legislazione vigente, l’articolato dalla legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma2, legge n. 244/2007) non dispone incrementi dei trasferimenti erariali iscritti sui Fondi di cui al D.Lgs. n. 504/1992, ma si limita a confermare, il quadro normativo delineato dalle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, legge n. 296/2006).

In particolare, è confermata per l’anno 2008 l’attribuzione alle province della compartecipazione al gettito dell’IRPEFnella stessa misura di quella attribuita negli anni precedenti (articolo 2, comma 3, legge n. 244/2007) (a tale riguardo, si veda il successivo punto a).

Risorse aggiuntive sul Fondo ordinario sono invece autorizzate dall’Allegato 1, relativo alle “Eccedenze di spesa”, che reca le misure correttive degli effetti finanziari recati da disposizioni legislative ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978, in relazione alla compensazione delle minori entrate per i comuni derivanti dall’ICI (si veda il successivo punto b).

Riduzioni dello stanziamento del Fondo ordinario sono determinate in conseguenza delle misure di contenimento dei costi della politica introdotte dalla legge finanziaria per il 2008, in particolare, con riferimento alle disposizioni di razionalizzazione delle comunità montane (articolo 2, comma 16, legge n. 244/2007) e quelle di riduzione dei costi per la rappresentanza degli organi di governo di comuni e province, ai sensi dell’art. 2, comma 31(si veda il successivo punto c).

a)Conferma per l’anno 2008 della compartecipazione provinciale al gettito IRPEF

Il comma 3 dell’articolo 2 conferma, per l’anno 2008, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), e confermata negli anni successivi dalle varie leggi finanziarie.

In base alla disciplina prevista dall’art. 31, co. 8, della legge n. 289/2002, la compartecipazione al gettito dell’IRPEF è fissata nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002.

Alle province è stato pertanto attribuito, anche nel 2008, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti, pari a 361 milioni di euro.

 

Dal momento che la compartecipazione non costituisce una entrata aggiuntiva per i bilanci provinciali, l’attribuzione agli enti delle somme ad essi spettanti a tale titolo determina una corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali.

Nel bilancio per il 2008, il capitolo 1320/U.P.B. 2.3.2, nell’ambito della missione “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” del Ministero dell’interno, su cui sono allocate le somme spettanti al province e comuni a titolo di compartecipazione, risulta dotato di complessivi 1.263 milioni di euro, di cui 902 milioni per i comuni (peraltro già iscritti nel bilancio a legislazione vigente in quanto la disciplina della compartecipazione comunale all’IRPEF è a regime dal 2007, ai sensi dell’art. 1, comma 697 della legge finanziaria dello scorso anno) e 361 milioni per le province, a seguito della conferma anche per l’anno 2008 della compartecipazione provinciale all’IRPEF, ai sensi del comma in esame, con conseguente riduzione, di pari importo, dello stanziamento del Fondo ordinario (-361 milioni di euro).

b)Compensazione di minori entrate ICI (Allegato 1- Eccedenze di spesa)

L’allegato 1 “Eccedenze di spesa” - che reca gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in corso d’anno in relazione a specifiche voci di bilancio, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978 -dispone l’incremento di 1,2 milioni di euro per il 2008 e di 0,256 milioni di euro a decorrere dal 2009 del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenza dell’esenzione dal pagamento dell’imposta stessa delle pertinenze degli edifici di culto, disposta dall’articolo 2, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 206.

L’importo di 1,2 milioni di euro per il 2008 si riferisce per 1,025 milioni di euro al ristoro, a titolo di regolazione debitoria, relativo agli anni 2007 e precedenti, e per 0,256 milioni di euro alla compensazione relativa all’anno 2008.

 

Il comma 1 dell'articolo 2 della legge 1° agosto 2003, n. 206, considera a tutti gli effetti opere di urbanizzazione secondaria, quali pertinenze degli edifici di culto, gli immobili e le attrezzature fisse destinate dagli enti ecclesiastici indicati nell'articolo 1, comma 1, della medesima legge alle attività di oratorio e similari e, quindi, esenta tali pertinenze dal pagamento dell'ICI. In base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, l’ammontare annuo dei trasferimenti compensativi, dovuti dal Ministero dell’interno a favore dei comuni interessati, a partire dal 2004, è pari a 5,6 milioni di euro, contro lo stanziamento di 2,5 milioni previsto dalla legge n. 206/2003.

Il fondo destinato al suddetto intervento è già stato integrato, attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 196/2006), nell’importo complessivo di 5,362 milioni di euro, con la previsione di un’eccedenza di 11.448 migliaia di euro per il 2007 e di 2.862 migliaia di euro a decorrere dal 2008.

 

Attraverso l’Allegato 1 della legge finanziaria 2008 si provvede dunque a rifinanziare il Fondo ordinario per fronteggiare gli ulteriori maggiori oneri rilevati, pari a 0,256 milioni annui a decorrere dal 2004, fino all’importo complessivo di 5,6 milioni di euro di trasferimenti annualmente dovuti ai comuni interessati.

(milioni di euro)

 

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

Art. 2, L. 206/2003

2,500

2,500

2,500

2,500

2,500

2,500

2,500

Allegato 1 L. 296/2006

 

 

 

8,586

2,862

2,862

2,862

Allegato 1 L. 244/2007

 

 

 

 

1,025

0,256

0,256

 

c)Le misure di contenimento dei costi della politica

La legge finanziaria per il 2008 reca alcune norme volte al contenimento dei costi della politica a livello locale, che hanno determinato una riduzione del livello dei trasferimenti erariali in favore degli enti locali.

In particolare, riduzioni del Fondo ordinario sono state disposte:

§      dall’articolo 2, commi 16-22, della legge n. 244/2007, concernenti il riordino delle comunità montane, da parte delle regioni. A regime, il riordino dovrà comportare, in ciascuna regione, la riduzione della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane per un importo pari ad un terzo della quota loro destinata del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali. Le norme prevedono che il risparmio debba essere conseguito attraverso la riduzione del numero complessivo delle comunità e la riduzione del numero dei componenti e delle indennità loro spettanti. Contestualmente, la dotazione del Fondo ordinario, su cui sono iscritti i trasferimenti erariali spettanti alle comunità montane, viene ridotta di 33,4 milioni di euro per il 2008 e di 66,8 milioni a decorrere dal 2009 (comma 16).

§      dall’articolo 2, commi 23-32, recanti misure di contenimento dei costi per la rappresentanza degli enti locali. Le norme, che prevedono la riduzione del numero massimo degli assessori e dei componenti delle giunte comunali e provinciali, la riduzione delle circoscrizioni, nonché limitazioni alle indennità o emolumenti dei rappresentanti e dei componenti i governi locali, comportano risparmi pari a 313 milioni a decorrere dal 2008, che vengono detratti dal Fondo ordinario (comma 31).

Il coma citato prevede peraltro che quota parte di tali risorse, nella misura di 100 milioni di euro, sia destinata, per l’anno 2008, all’incremento del contributo a favore dei piccoli comuni che non beneficiano dei contributi assegnati ai sensi del comma 703, art. 1, della legge n. 296/2006[6]. Pertanto dei 313 milioni di euro decurtati al Fondo ordinario, 100 milioni riconfluiranno nel Fondo medesimo.

Va inoltre ricordato che l’art. 2, comma 32, della legge finanziaria 2008 stabilisce che il Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, quantifichi entro il 30 giugno 2008, basandosi sulle certificazioni inviate dagli enti locali interessati dalle disposizioni illustrate, l’ammontare effettivo delle riduzioni di spesa conseguibili al 31 dicembre 2008. Il Ministro dispone quindi con proprio decreto l’adeguamento della dotazione del Fondo ordinario e l’eventuale integrazione dei trasferimenti ai soli enti che abbiano dato piena attuazione alle disposizioni di contenimento dei costi previste dai commi da 23 a 32.

 

 

* * *

 

Nella Tavola seguente sono evidenziati gli effetti determinati delle suesposte disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2008, con riferimento alla dotazione del Fondo ordinario.

(milioni di euro)

COMPOSIZIONE DEL FONDO ORDINARIO – cap. 1316 (milioni di euro)

 

2008

BLV 2008

 

5.251,6

Effetti legge finanziaria per il 2008 (Legge n. 244/2007), di cui:

 

 

Trasferimento risorse al Fondo compartecipazione IRPEF (art. 2, co. 3)
con conseguente incremento di pari importo del capitolo 1320

-

361,0

Riduzione dei trasferimenti erariali alle comunità montane (art. 2, co. 16)

-

33,4

Riduzione del Fondo ordinario in relazione alle economie di spesa derivanti dal contenimento dei costi per la rappresentanza politica degli enti locali (art. 2, co. 31)

-

313,0

Riassegnazione al Fondo ordinario di quota parte delle economie derivanti dal contenimento dei costi per la rappresentanza politica, in favore dei piccoli comuni (art. 2, co. 31)

+

100

Contributi per le attività di potenziamento degli uffici dei comuni interessati dalla crisi sismica del 1997 (art. 2, co. 107, lett. e)

+

13,6

Maggiori trasferimenti erariali per minori entrate ICI (Allegato 1)
di cui 1,025 milioni di euro al ristoro, a titolo di regolazione debitoria, relativo agli anni 2007 e precedenti, e per 0,256 milioni di euro alla compensazione relativa all’anno 2008

+

1,2

Bilancio 2008 (Legge n. 245/2007)

 

4.659,0*

*    Si ricorda che, con atto amministrativo di gennaio 2008, la dotazione del Fondo ordinario per l’anno 2008 è stata integrata di ulteriori 1.450 milioni di euro, per una disponibilità complessiva del Fondo nel 2008 di 6.109 milioni di euro.


I trasferimenti erariali agli enti locali per gli anni 1999-2008

Nelle tavole seguenti sono esposti gli stanziamenti relativi ai fondi di parte corrente e ai fondi di conto capitale destinati agli enti locali in ciascuno degli anni dal 1999 al 2008.

Per gli anni dal 1999 al 2006 sono indicate le previsioni definitive di competenza, come risultano dal Rendiconto generale dello Stato relativo a ciascun esercizio. Per il 2007 i dati di rendiconto sono desunti dal sistema informativo della RGS (il disegno di legge di rendiconto per il 2007 sarà disponibile nel mese di giugno 2008). Per il 2008 sono indicate le previsioni di competenza iscritte nel bilancio di previsione per il 2008.

 

Per quanto riguarda l’entità delle risorse erariali destinate agli enti locali, bisogna in ogni caso tener conto che, negli ultimi anni, il complesso dei trasferimenti ordinari correnti, confluenti sul Fondo ordinario ai sensi dell’articolo 36 del D.Lgs. n. 504/1992, è stato via via rideterminato sulla base delle norme di riordino della finanza locale che, come già detto, hanno comportato l’attribuzione agli enti locali di entrate di natura tributaria, con conseguente riduzione dei trasferimenti erariali.

La dotazione di base del Fondo ordinario, determinata ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. n. 504/1992, è stata quindi ricalcolata a partire dal 1999, in conseguenza dell’attribuzione alle province del gettito delle imposte RC Auto (imposta sulle assicurazioni, contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore) e IET (imposta erariale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico), ai sensi dell’art. 61 e 60, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997, con conseguente definitiva riduzione dei trasferimenti erariali destinati a tali enti di un importo pari al gettito stimato di tali imposte (valutato in 3.417 miliardi di lire, di cui 2.467 miliardi relativi alla RC Auto e 950 miliardi relativi alla IET).

Il Fondo ordinario ha subìto una successiva decurtazione, a partire dal 1° gennaio 2000, in conseguenza dell’attribuzione alle province e ai comuni del gettito dell’addizionale sul consumo di energia elettrica, ai sensi dell’art. 10, comma 9 e 11, della legge n. 133/1999 (c.d. collegato fiscale 1999), valutato in 586 miliardi di lire.

In sede di conguaglio, il Fondo ordinario è stato reintegrato di circa 82 milioni di euro annui, rispetto al taglio originariamente previsto.

 

Per l’anno 2000, la dotazione di base del Fondo ordinario per le province e i comuni è stata ulteriormente ridotta di 3.191 miliardi di lire in conseguenza del trasferimento del personale scolastico ausiliario, tecnico e amministrativo (ATA) degli enti locali alle dipendenze della Pubblica Istruzione, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 124/1999 (D.M. Interno del 16 ottobre 1999).

Peraltro, la soppressione della compartecipazione dei comuni e delle province al gettito IRAP (ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. n. 56/2000), attribuita per il solo 1998, ha determinato, a decorrere dal 2001, un incremento compensativo del Fondo ordinario, per un importo pari a 2.892 miliardi di lire.


Trasferimenti erariali agli enti locali per gli anni 1999-2008

Fondi di parte corrente
(milioni di euro)

 

Cap.

Denominazione

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008


1316 (ex 1601)

Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali

7.503

6.295

9.197

4.841

2.860

4.004

4.050

4.687

7.983

4.659


1317 (ex 1602)

Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale

976

971

974

950

921

903

884

883

969

998


1318 (ex 1603)

Fondo consolidato per il finanziamento dei bilanci degli enti locali

2.115

2.139

2.099

2.025

1.714

1.503

1.475

1.434

2.348

2.480


1319 (ex 1604)

Fondo per il federalismo amministrativo

-

-

132

163

175

130

126

125

130

224

1320

Compartecipazione dei comuni delle regioni a statuti ordinario al gettito dell’IRPEF (*)

-

-

-

4.298

6.612

6.294

6.429

6.527

1.260

1.263

 

Totale

10.594

9.405

12.401

12.277

12.282

12.834

12.964

13.656

12.690

9.624

 

(*)         Il Fondo è stato istituito a decorrere dal 2002, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 388/2000, e successive modificazioni

 

Fonte:   anni 1999-2007, Rendiconto generale dello Stato relativo a ciascun esercizio finanziario. Previsioni definitive;

             anno 2008: legge di bilancio (legge n. 245/2007 e relativo D.M. Economia e finanze 28 dicembre 2007 di ripartizione delle UPB in capitoli).


Trasferimenti erariali agli enti locali per gli anni 1999-2008

Fondi di conto capitale

(milioni di euro)

 

Cap.

Denominazione

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

7232

Fondo per lo sviluppo degli investimenti dei comuni e delle province

3.276

2.813

2.316

1.900

1.456

1.568

1.151

975

1.060

2.493

7233

Fondo per lo sviluppo degli investimenti delle comunità montane

13

14

15

16

16

16

15

16

15

16

7235

Fondo nazionale speciale per gli investimenti

5

per memoria

13

9

5

2

0,3

-

-

soppresso

7236

Fondo nazionale ordinario per gli investimenti

67

82

281

192

256

132

46

46

122

72

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

-

-

258

624

652

424

418

410

405

676

 

Totale

3.362

2.909

2.884

2.741

2.385

2.142

1.630

1.447

1.602

3.257

 

 

 

Fonte:   anni 1999-2007, Rendiconto generale dello Stato relativo a ciascun esercizio finanziario. Previsioni definitive;

             anno 2008: legge di bilancio (legge n. 245/2007 e relativo D.M. Economia e finanze 28 dicembre 2007 di ripartizione delle UPB in capitoli).


 

Le disposizioni di interesse
per gli enti locali contenute nella legge finanziaria
per il 2008


Entrate

 

Articolo 1, commi 5 e 6, lett. b)-8
(Detrazione ICI prima casa)

 


5. All’articolo8deldecreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detrae un ulteriore importo pari all’1,33 per mille della base imponibile di cui all’articolo 5. L’ulteriore detrazione, comunque non superiore a 200 euro, viene fruita fino a concorrenza del suo ammontare ed è rapportata al periodo dell’anno durante il quale si protrae la destinazione di abitazione principale. Se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

2-ter. L’ulteriore detrazione di cui al comma 2-bis si applica a tutte le abitazioni ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9».

6. All’articolo6deldecreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

(omissis)

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Il soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale, determina l’imposta dovuta applicando l’aliquota deliberata dal comune per l’abitazione principale e le detrazioni di cui all’articolo 8, commi 2 e 2-bis, calcolate in proporzione alla quota posseduta. Le disposizioni del presente comma si applicano a condizione che il soggetto passivo non sia titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale».

7. La minore imposta che deriva dall’applicazione del comma 5 è rimborsata, con oneri a carico del bilancio dello Stato, ai singoli comuni. Entro il 28 febbraio 2008 il Ministero dell’interno definisce il modello per la certificazione, da parte dei comuni, del mancato gettito previsto. I comuni trasmettono al Ministero dell’interno il modello compilato entro la data del 30 aprile 2008. Il trasferimento compensativo è erogato per una quota pari al 50 per cento dell’ammontare riconosciuto in via previsionale a ciascun comune entro e non oltre il 16 giugno e per il restante 50 per cento entro e non oltre il 16 dicembre dell’anno di applicazione del beneficio. Gli eventuali conguagli sono effettuati entro il 31 maggio dell’anno successivo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità con le quali possono essere determinati conguagli sulle somme trasferite per effetto del presente comma.

8. In relazione alle competenze attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di finanza locale, i rimborsi di cui al comma 7 sono disposti a favore dei citati enti, che provvedono all’attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei rispettivi territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.


 

I commi 5 e 6 lett. b) dell’articolo 1 recano disposizioni in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI) introducendo una ulteriore detrazione per gli immobili adibiti ad abitazione principale ed estendendo il diritto alla detrazione all’ex coniuge non assegnatario della casa coniugale.

I commi 7 e 8 recano norme finanziarie in favore dei Comuni al fine di compensare il minor gettito ICI che deriva dalle sopra indicate disposizioni.

 

L’Imposta Comunale sugli Immobili, disciplinata dal D.Lgs. n. 504/1992 è un’imposta reale con gettito destinato ai Comuni. Il presupposto dell’imposta è dato dal possesso di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, qualunque sia la loro destinazione.Soggetti passivi del tributo sono il proprietario dell’immobile, oppure il titolare del diritto reale di usufrutto, uso o abitazione sullo stesso, anche se non residenti nel territorio dello Stato o se non vi hanno sede legale o amministrativa o non vi esercitano l’attività.

L’imposta si calcola applicando all’imponibile un’aliquota variabile dal 4 a al 7 per mille, la cui fissazione è rimessa ad una deliberazione del comune da adottarsi entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l’anno successivo. Se la delibera non viene adottata, si applica ipso iure l’aliquota del 4 per mille.

L’articolo 8, comma 2, del citato D.Lgs. n. 504/1992 fissa una detrazione ordinaria ai fini ICI di importo annuo pari a 103,29 euro sugli immobili dovuta per l’abitazione principale. La misura del beneficio, che può essere portato in detrazione fino a concorrenza del suo ammontare, deve essere rapportato al periodo dell'anno durante il quale si protrae l’utilizzo dell’immobile come prima casa. Inoltre, se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

A decorrere dall'anno di imposta 1997, l’importo ordinario della detrazione, fissato al comma 2, può essere ulteriormente incrementato con delibera comunale. In particolare, il comma 3 del medesimo articolo 8 stabilisce che l'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo può essere ridotta fino al 50 per cento ovvero, in alternativa, la detrazione ordinaria pari a 103, 29 euro, di cui al comma 2, del presente articolo, può essere elevato, fino a 258,23 euro, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. Il successivo comma 4 estende l’applicazione dei benefici previsti dall’articolo 8 in esame alle unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari.

 

Il comma 5, introducendo i commi 2-bis e 2-ter all’articolo 8 del D.Lgs. n. 504/1992, dispone:

§      l’introduzione di una ulteriore detrazione ai fini ICI per l’imposta dovuta sulla c.d. “prima casa” in misura pari all’1,33 per mille della base imponibile e comunque di importo non superiore a 200 euro su base annua. L’ulteriore detrazione è rapportata al periodo dell’anno durante il quale si protrae la destinazione ad abitazione principale e, in presenza di più soggetti aventi diritto, deve essere ripartita in proporzione alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica (comma 2-bis);

§      l’esclusione dal beneficio relativamente all’imposta dovuta sugli immobili rientranti nelle categorie catastali A01, A08 e A09, ossia, rispettivamente, gli immobili signorili, le ville e i castelli[7] (comma 2-ter).

 

Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992, la base imponibile dell’ICI è data dal valore degli immobili gravati da tale imposta. Tale valore è determinato applicando i coefficienti fissati dalla norma alla rendita catastale incrementata del 5%. In particolare:

-        per i fabbricati, il coefficiente è pari a 100, se si tratta di abitazioni, alloggi collettivi e fabbricati a destinazione varia; è pari a 50, se si tratta di uffici e studi privati e altri fabbricati a destinazione speciale; è pari a 34, se si tratta di negozi e botteghe;

-        per le aree fabbricabili, dal valore commerciale dell’immobile al 1° gennaio dell’anno di imposizione;

-        per i terreni agricoli la misura del coefficiente è pari a 75 e deve essere applicato al reddito dominicale iscritto in catasto, aumentato del 25 per cento.

 

Il comma 6, inserendo il comma 3-bis all’articolo 6 del D.Lgs. n. 504/1992, estende i benefici ICI per l’abitazione principale ai soggetti che, in conseguenza di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione del matrimonio, non risultano assegnatari della casa coniugale.

In altre parole, il soggetto proprietario di un immobile nel quale non risiede in quanto, a seguito di separazione legale, il medesimo immobile è assegnato all’ex coniuge, determina l’ICI dovuta applicando l’aliquota agevolata prevista per l’abitazione principale e la relativa detrazione fiscale. La misura della detrazione è determinata in proporzione alla quota di possesso.

La norma precisa, inoltre, che il beneficio introdotto è subordinato all’assenza di altri diritti reali del coniuge non assegnatario su immobili situati nello stesso comune.

 

Il comma 7 prevede che la minore imposta derivante dalle maggiori detrazioni ICI sopra esaminate sia rimborsata ai singoli comuni, con oneri a carico del bilancio dello Stato.

A tal fine, i comuni, entro il 30 aprile del 2008, devono trasmettere al Ministero dell’interno, su apposito modello da approvare entro il prossimo 28 febbraio, una certificazione relativa all’ammontare del mancato gettito previsto.

Il trasferimento compensativo per minor gettito ICI è erogato, per una quota pari al 50 per cento dell’ammontare riconosciuto in via previsionale a ciascun comune, entro e non oltre il 16 giugno e, per il restante 50 per cento, entro e non oltre il 16 dicembre dell’anno di applicazione del beneficio. Si dispone inoltre che gli eventuali conguagli siano effettuati entro il 31 maggio dell’anno successivo.

La previsione delle modalità di determinazione dei conguagli sulle somme trasferite in via compensativa è demandata ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministeri dell’interno e degli Affari regionali e delle autonomie locali, d’intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si rammenta che – in base all’art. 10, co. 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 – i soggetti tenuti al pagamento dell’ICI devono effettuare il versamento dell’imposta complessivamente dovuta al comune per l’anno in corso in due rate delle quali la prima, entro il 16 giugno, pari al 50 per cento dell’imposta dovuta calcolata sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente. La seconda rata deve essere versata dal 1° al 16 dicembre, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata[8]. Il contribuente ha comunque facoltà di provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

 

Il comma 287 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, alla cui scheda si rinvia, reca disposizioni, con diversa formulazione, relative al trasferimento ai Comuni del minor gettito conseguente all’applicazione del comma 5. In particolare, stabilisce che l’ammontare del trasferimento compensativo e l’eventuale conguaglio devono essere determinati con riferimento alle aliquote e alle detrazioni vigenti alla data del 30 settembre 2007.

 

Il comma 8 dispone che, per quanto riguarda le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, i rimborsi di cui al comma 7 finalizzati a compensare il minor gettito ICI vengano erogati a favore di questi ultimi enti, che provvederanno all’attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei rispettivi territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.

Si ricorda infatti che le regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e Bolzano hanno competenza primaria in materia di ordinamento e finanza degli enti locali.


 

Articolo 1, comma 6, lett. a)
(Agevolazioni ICI per la riqualificazione energetica degli edifici)


6. All’articolo6deldecreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. La deliberazione di cui al comma 1, può fissare, a decorrere dall’anno di imposta 2009, un’aliquota agevolata dell’imposta comunale sugli immobili inferiore al 4 per mille per i soggetti passivi che installino impianti a fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica o termica per uso domestico, limitatamente alle unità immobiliari oggetto di detti interventi e per la durata massima di tre anni per gli impianti termici solari e di cinque anni per tutte le altre tipologie di fonti rinnovabili. Le modalità per il riconoscimento dell’agevolazione di cui al presente comma sono disciplinate con regolamento adottato ai sensi dell’articolo52deldecreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni»;


 

Il comma 6, lettera a) dell’articolo 1 prevede la facoltà per i comuni di applicare, a decorrere dal 2009, una aliquota agevolata ICI inferiore al 4 per mille in favore dei soggetti passivi che effettuano installazione di impianti di riqualificazione energetica.

Il D.Lgs. n. 504/1992 reca disposizioni in materia di ICI definendo, tra l’altro, l’ambito di discrezionalità applicabile da ogni Comune. Per quanto riguarda la misura dell’aliquota ICI l’articolo 6, comma 2, stabilisce che l’aliquota ICI fissata dal Comune non può essere inferiore al 4 per mille e non può essere superiore al 7 per mille.

 

Il beneficio interessa gli immobili sui quali siano installati impianti a fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica o termica per uso domestico.

In merito alla durata del beneficio, la norma prevede:

§      l’applicazione dell’aliquota agevolata per un periodo di tre anni, qualora gli interventi effettuati riguardino l’installazione di impianti solari termici;

§      l’applicazione dell’aliquota agevolata per un periodo di cinque anni “per tutte le altre tipologie di fonti rinnovabili”.

 

Per quanto concerne le modalità attuative ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, la disposizione rinvia ad un apposito regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446/1997.

Ai sensi dell’art. 52 i Comuni possono deliberare con regolamento le proprie entrate anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi. Il regolamento deve essere emanato entro il termine di approvazione del bilancio di previsione e la decorrenza non può essere anteriore al 1° gennaio dell’anno successivo. I regolamenti devono essere comunicati al Ministero dell’economia e finanze entro trenta giorni dalla data in cui divengono esecutivi. Il Ministero dell’economia e finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità.


Articolo 1, comma 154
(Norma interpretativa delle disposizioni di sanatoria per tributi e entrate di spettanza di province e comuni)

 


154. Per i tributi e le altre entrate di spettanza delle province e dei comuni le disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 426 e 426-bis, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, si interpretano nel senso che la sanatoria produce esclusivamente effetti sulle responsabilità amministrative delle società concessionarie del servizio nazio­nale della riscossione o dei commissari governativi provvisoriamente delegati alla riscossione ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dagli articoli da 47 a 53deldecreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e successive modificazioni, costituendo comunque le violazioni di cui al comma 2 dell’articolo 19 del medesimo decreto legislativo n. 112 del 1999, e successive modificazioni, causa di perdita del diritto al discarico.


 

 

Il comma 154 reca una norma di interpretazione autentica delle disposizioni di sanatoria per i tributi e le altre entrate di spettanza delle province e dei comuni, contenute nell’articolo 1, commi 426 e 426-bis della legge finanziaria 2005 (per la quale vedi supra, al commento del comma 138).

In particolare, tali disposizioni si interpretano nel senso che le stesse producono effetti esclusivamente sulle responsabilità amministrative delle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione o dei commissari governativi provvisoriamente delegati alla riscossione, ai fini dell’applicazione delle sanzioni disciplinate dagli articoli 47-53 del D.Lgs. n. 112/1999[9]. Viene inoltre chiarito che le violazioni di cui al comma 2 dell’art. 19 del D.Lgs. n. 112/1999 causano la perdita del diritto al discarico anche nelle ipotesi sopra menzionate.

 


 

Articolo 1, commi 224-225
(Affidamento a terzi del servizio di riscossione
tributi di comuni e province)

 


224. All’articolo52deldecreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accerta­mento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:

1) i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1;

2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

3) la società a capitale interamente pubblico, di cui all’articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e suc­cessive modificazioni, mediante conven­zione, a condizione: che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell’ambito territoriale di pertinenza dell’ente che la controlla;

4) le società di cui all’articolo 113, comma 5, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, iscritte nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1, del presente decreto, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei princìpi comunitari, tra i soggetti di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a condizione che l’affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica»;

b) il comma 6 è abrogato.

225. Con decreto del Ministro dell’eco­nomia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i casi e le modalità attraverso le quali, previa autorizzazione del direttore dell’Agenzia delle entrate, ai soli fini della riscossione delle entrate degli enti locali, i soggetti di cui alla lettera b) del comma 5 dell’articolo52deldecreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, come sostituita dal comma 224, lettera a), del presente articolo, possono accedere a dati e informazioni disponibili presso il sistema informativo dell’Agenzia delle entrate e prendere visione di atti riguardanti i beni dei debitori e dei coobbligati.


 

La disposizione recata dal comma 224 dell’articolo 1 è diretta ad evitare il proseguimento della procedura di infrazione comunitaria avviata dalla Commissione europea con il parere motivato del 27 giugno 2007, riguardante la normativa nazionale relativa all’accertamento e alla riscossione dei tributi locali.

 

La Commissione in tale sede rilevava come il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446[10]. (che tra l'altro riordina la disciplina dei tributi locali), nella sua originaria formulazione, riservasse la prestazione dei servizi in questione - nonché la possibilità di partecipare alle procedure concorsuali per l'affidamento della prestazione di tali servizi - a determinate società pubbliche o società miste pubblico-private, istituite dalla legge italiana, ed anche a soggetti iscritti in un albo speciale.

Si obiettava dunque che alcune condizioni prescritte per l'iscrizione nell'albo fossero discriminatorie e che - in ogni caso - l'obbligo di iscrizione in un albo avesse effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi, e che le informazioni fornite dalle autorità italiane non dimostrassero la presenza di ragioni imperative di interesse pubblico poste alla base di tali disposizioni.

Di conseguenza, la Commissione reputava la legislazione de qua non conforme agli alle norme del Trattato concernenti il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi.

 

Con le modifiche che verranno illustrate nel prosieguo, è stata dunque esclusa la possibilità di un affidamento diretto dei servizi di gestione delle entrate locali alle società miste a prevalente capitale pubblico locale.

Si consente poi ai prestatori che esercitano questo tipo di attività di poter partecipare alle gare di affidamento dei servizi in questione, senza dover preventivamente ottenere l’iscrizione nell’albo ministeriale, purché in possesso di una certificazione rilasciata dalla competente autorità di stabilimento, dalla quale risulti la sussistenza dei requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore.

 

Nel dettaglio, il comma 224 in esame apporta alcune modifiche all’articolo 52 (Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni)del citato D.Lgs. n. 446 del 1997.

Anzitutto, la lettera a) sostituisce interamente la lettera b) del comma 5 del citato articolo 52.

 

Secondo il richiamato comma 1 dell’articolo 52 in questione, le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

 

La disposizione sostituita prevedeva – nella formulazione originaria – che i regolamenti comunali e provinciali sulle entrate tributarie fossero informati al criterio secondo il quale – nel caso di affidamento a terzi, anche disgiunto, della liquidazione, dell'accertamento e della riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate - le relative attività dovessero essere affidate:

1)   mediante convenzione alle aziende speciali (di cui all'articolo 22, comma 3, lettera c), della legge n. 142/1990[11]), e, nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale (previste dall'articolo 22, comma 3, lettera e), della legge n. 142/1990), con soci privati scelti tra i soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997, oppure società che fossero già costituite prima della data di entrata in vigore del decreto concernente l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi;

In base all’art. 22, comma 3, della legge n. 142/1990, i comuni e le province erano autorizzati a gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme:

a)       in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;

b)       in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;

c)       a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;

d)       a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;

e)       a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati.

f)        nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società miste, per la gestione presso altri comuni, ai concessionari di cui al D.P.R. n. 43/1988[12], a prescindere dagli ambiti territoriali per i quali sono titolari della concessione del servizio nazionale di riscossione, ai soggetti iscritti nell'albo di cui al predetto articolo 53, fatta salva la facoltà del rinnovo dei contratti fino alla revisione del sistema delle concessioni di cui al D.Lgs. n. 112/1999[13], previa verifica della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse.

 

Si segnala che la legge n. 142/1990 è confluita nel Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali - TUEL (D.Lgs. n. 267/2000[14]); pertanto, le modalità di gestione dei servizi pubblici lo cali trovano la loro disciplina negli artt. 112 e ss. del predetto Testo unico. Di conseguenza, la modifica in esame ha altresì coordinato il testo dell’articolo 52 con le novità introdotte dal TUEL.

 

Ai sensi delle nuove norme, i regolamenti comunali e provinciali sulle entrate tributarie sono informati al criterio per cui - qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate (rispetto alla previsione originaria, è stato espunto il riferimento alla liquidazione) - le relative attività debbano essere affidate:

1)   ai soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 446/1997;

L’articolo 53, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997 prevede che – presso il Ministero delle finanze (oggi dell’economia e delle finanze) – sia istituito l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

2)   agli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

3)   alla società a capitale interamente pubblico di cui al comma 5, lettera c), dell’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, a condizione che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell’ambito territoriale di pertinenza dell’ente che la controlla. L’affidamento delle attività di accertamento e riscossione alla società di cui al presente punto 3) deve avvenire mediante convenzione.

L’articolo 113, comma 5, del TUEL, dispone che l’erogazione di servizi pubblici locali di rilevanza economica debba avvenire secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a)       a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b)       a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c)       a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

3-bis) a società di cui al sopra riportato articolo 113, comma 5, lett. b), del TUEL, ossia a società a capitale misto pubblico privato, iscritte all'albo di cui al sopra citato articolo 53, comma 1. I soci privati di tali società devono essere scelti, nel rispetto della disciplina e dei principi comunitari, tra i soggetti di cui ai precedenti punti 1) (soggetti iscritti all’apposito albo) e 2) (operatori degli Stati membri). Si richiede inoltre che l'affidamento dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica. Il presente punto 3-bis è stato introdotto in seguito all’approvazione di un emendamento nel corso dell’esame presso V la Commissione bilancio.

 

Il comma 224, lettera b), abroga il comma 6 dell’articolo 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Tale ultimo comma, recando norme in ordine alle modalità di riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate degli enti locali, risulta ormai superfluo, perché in parte le norme richiamate non sono più in vigore (è il caso del D.P.R. n. 43/1988[15]) e in parte perché la disciplina è già richiamata in altri provvedimenti (come il D.P.R. n. 602/1973[16], il D.Lgs. n. 112/999[17], il D.L. n. 209/ 2002[18]).

 

Il comma 225 è volto a contemperare l’esigenza di tutela della riservatezza dei contribuenti con quella dell’efficacia dell’attività di riscossione.

Tale comma demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’individuazione dei casi e delle modalità attraverso i quali i soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), del D.Lgs. n. 446 del 1997 (come sopra modificato), possono disporre di dati ed informazioni presenti nel sistema informativo dell'Agenzia delle entrate, e prendere visione di atti riguardanti i beni dei debitori e dei coobbligati, ai soli fini della riscossione delle entrate degli enti locali. Sarà comunque necessaria la preventiva autorizzazione del direttore dell’Agenzia delle entrate. Il decreto dovrà essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008.


 

Articolo 1, comma 251
(Aumento del compenso versato alla Fondazione IFEL dai concessionari della riscossione)

 

251. Al comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 22 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2006, le parole: «dello 0,6 per mille» sono sostituite dalle seguenti: «dello 0,8 per mille».

 

Il comma 251 aggiorna l’importo che i concessionari del servizio nazionale della riscossione – in relazione all’attività di cui all’art. 10, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992 – devono versare all’Istituto per la finanza e l’economia locale (IFEL).

 

Il citato articolo 10, comma 5, prevede che - con decreti del Ministro delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani - siano approvati i modelli della dichiarazione, anche congiunta o relativa ai beni indicati nell'articolo 1117, n. 2)[19] del codice civile, e sono determinati i dati e gli elementi che essa deve contenere, i documenti che devono essere eventualmente allegati e le modalità di presentazione, anche su supporti magnetici, nonché le procedure per la trasmissione ai comuni ed agli uffici dell'Amministrazione finanziaria degli elementi necessari per la liquidazione ed accertamento dell'imposta; per l'anno 1993 la dichiarazione deve essere inviata ai comuni tramite gli uffici dell'Amministrazione finanziaria. Con decreti del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro e delle poste e delle telecomunicazioni, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono approvati i modelli per il versamento al concessionario e sono stabilite le modalità di registrazione, nonché di trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo del Ministero delle finanze. Allo scopo di consentire la prosecuzione dei servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell'attività di informazione ai contribuenti, l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) organizza le relative attività strumentali.

 

Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze vengono disciplinate le modalità per l'effettuazione dei suddetti servizi, prevedendosi un contributo pari allo 0,6 per mille del gettito dell'imposta a carico dei soggetti che provvedono alla riscossione; con decreto del Ministro delle finanze sono stabiliti i termini e le modalità di trasmissione da parte dei predetti soggetti dei dati relativi alla riscossione.

 

La Fondazione IFEL - Istituto per la finanza e l’economia locale è stata costituita in data 16 marzo 2006, conformemente a quanto previsto dal comma 2-ter del decreto legge n. 7/2005[20] (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43/2005), che ha attribuito all’ANCI l’obbligo di proseguire i servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei Comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell’attività di informazione ai contribuenti.

Conformemente quanto previsto dal successivo decreto del Ministero dell’economia e finanze del 22 novembre 2005, l’IFEL succede in tutti i rapporti attivi e passivi del Consorzio ANCI-CNC per la fiscalità locale, costituito in data 22 febbraio 1994, sulla base del D.Lgs. 504/1992, con cui è stata istituita l'Imposta Comunale sugli Immobili.

Il Consorzio ANCI-CNC aveva attuato, in dieci anni di attività, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, un complesso di servizi finalizzati alla formazione e gestione di anagrafi dei contribuenti tenuti al versamento dell'ICI, assicurando informazioni al Ministero dell'economia e delle finanze, in termini di dati, elaborazioni ed elementi utili per l'applicazione dell’ICI.

 

Con la disposizione in commento viene modificato il comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 22 novembre 2005[21], elevando dallo 0,6 per mille allo 0,8 per mille del gettito ICI il contributo da versarsi all’IFEL da parte dei concessionari del servizio nazionale della riscossione.

 

Si ricorda che dal 1° ottobre 2006, l'attività di riscossione nazionale dei tributi è attribuita all'Agenzia delle Entrate, che la esercita per mezzo di Equitalia Spa.

In base al comma 7 dell'art. 3 del D.L. n. 203 del 2005[22], Equitalia - prima denominata Riscossione - ha concluso, al 29 settembre 2006, l'acquisto delle 37 Società Concessionarie, in misura non inferiore al 51% del capitale sociale delle stesse.

Equitalia – i cui soci sono l’Agenzia delle Entrate (51%) e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (49%) -  è presente su tutto il territorio nazionale, tranne la Sicilia.


 

Articolo 1, commi 276-281
(Disposizioni in materia di catasto)

 


276. Sono soggetti all’obbligo della voltura catastale previsto dall’articolo3deldecreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650, gli atti soggetti ad iscrizione nel registro delle imprese che comportino qualsiasi mutamento nell’intestazione catastale dei beni immobili di cui siano titolari persone giuridiche, anche se non direttamente conseguenti a modifica, costituzione o trasferimento di diritti reali. Le modalità attuative delle disposizioni del presente comma sono stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, adottato d’intesa con il direttore generale per il commercio, le assicurazioni e i servizi del Ministero dello sviluppo economico.

277. Fatto salvo quanto previsto dal comma 336 dell’articolo1dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio, qualora rilevino la mancata presentazione degli atti di aggiornamento catastale da parte dei soggetti obbligati, ne richiedono la presentazione ai soggetti titolari. Nel caso in cui questi ultimi non ottemperino entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento della suddetta richiesta, gli uffici dell’Agenzia del territorio provvedono d’ufficio, attraverso la redazione dei relativi atti di aggiornamento, con applicazione, a carico dei soggetti inadempienti, degli oneri stabiliti in attuazione del comma 339 dell’articolo1dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311.

278. L’articolo23dellalegge 27 febbraio 1985, n. 52, è sostituito dal seguente:

«Art. 23. – 1. I conservatori dei registri immobiliari inviano ogni quindici giorni al procuratore della Repubblica del tribunale nella cui circoscrizione è stabilito l’ufficio copia del registro generale d’ordine su supporto informatico o con modalità telematiche».

279. In deroga all’articolo 2680, primo comma, del codice civile, fino a quando non sarà data attuazione a quanto stabilito dall’articolo 61 del codice dell’amministra­zione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, la vidimazione del registro generale d’ordine viene eseguita dal conservatore.

280. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo1, comma 14, deldecreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, all’Agenzia del territorio è assegnato uno specifico stanziamento di 12 milioni di euro, di cui 4 milioni di euro nell’anno 2008 e 8 milioni di euro nell’anno 2009, per la corresponsione di incentivi alla mobilità territoriale e di indennità di trasferta al personale dipendente, con particolare riguardo al processo di decentramento delle funzioni catastali. Al relativo onere si provvede con le maggiori entrate derivanti dagli interventi di cui ai commi 276 e 277, nonché con le riduzioni dei costi conseguenti alle misure di semplificazione in materia ipotecaria previste dai commi 278 e 279.

281. Nell’ambito delle funzioni ammini­strative catastali conferite ai sensi dell’articolo66deldecreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, per le riscossioni erariali sono applicabili ai comuni le norme previste dagli articoli 178 e 179 del regolamento di cui al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827. Le disposizioni contenute nel citato articolo 179 si intendono riferite ai responsabili delle strutture comunali sovraordinate a quelle che effettuano riscossioni erariali.


 

I commi da 276 a 281 dell’articolo 1 recano norme in materia di catasto.

In particolare, il comma 276 dispone che sono soggetti all’obbligo della voltura catastale gli atti soggetti ad iscrizione nel registro delle imprese che comportino un qualsiasi mutamento nell’intestazione catastale dei beni immobili di cui siano titolari persone giuridiche, anche se non direttamente conseguenti a modifica, costituzione o trasferimento di diritti reali.

L'obbligo della voltura catastale è quello previsto dall'articolo 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650[23].

 

Il richiamato articolo 3 stabilisce che ogniqualvolta vengano posti in essere atti civili o giudiziali o amministrativi che diano origine al trasferimento di diritti censiti nel catasto dei terreni, coloro che sono tenuti alla registrazione degli atti stessi hanno altresì l'obbligo di richiedere le conseguenti volture catastali.

Lo stesso obbligo incombe, nei casi di trasferimenti per causa di morte, a coloro che sono tenuti alla presentazione delle denunce di successione.

Le volture devono essere richieste mediante presentazione delle apposite domande, nel termine di trenta giorni dall'avvenuta registrazione degli atti o delle denunce di cui ai precedenti commi, all'ufficio tecnico erariale della provincia dove ha sede l'ufficio presso il quale ha avuto luogo la registrazione, ovvero della provincia ove si trovano i beni su cui si esercitano i diritti trasferiti.  È data facoltà di inviare le domande di volture per posta, mediante plico raccomandato.

 

La norma stabilisce poi che le modalità attuative saranno stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio, d'intesa con il direttore generale per il commercio, le assicurazioni e i servizi del Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 277 dispone che, fatte salve le competenze dei comuni, gli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio, qualora rilevino la mancata presentazione degli atti di aggiornamento catastale, ne richiedono la presentazione ai soggetti titolari e nel caso in cui non si ottemperi, gli Uffici dell’Agenzia del territorio provvedono d’ufficio, attraverso la redazione dei relativi atti di aggiornamento.

Ove non si ottemperi entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, gli uffici dell'Agenzia del territorio provvedono d'ufficio, attraverso la redazione dei relativi atti di aggiornamento.

In tal caso, si applicano, a carico dei soggetti inadempienti, gli oneri stabiliti in attuazione del comma 339 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

 

Il comma 339 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 stabilisce che con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le modalità tecniche e operative per l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 336 e 337 della medesima legge.

Ai sensi del comma 336, i comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701 del Ministro delle finanze. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. E’ altresì previsto un meccanismo sanzionatorio per la mancata ottemperanza agli obblighi previsti dalla norma[24].

Ai sensi del comma 337, le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune.

 

Il comma 278 dispone l’invio da parte dei conservatori dei registri immobiliari di copia del registro generale d’ordine al procuratore della Repubblica del tribunale nella cui circoscrizione sia effettuato su supporto informatico o con modalità telematiche.

Nel dettaglio, la disposizione sostituisce l'articolo 23 della legge 27 febbraio 1985, n. 52[25], con il seguente: «Art. 23. - 1. I conservatori dei registri immobiliari inviano ogni quindici giorni al procuratore della Repubblica del tribunale nella cui circoscrizione è stabilito l'ufficio copia del registro generale d'ordine su supporto informatico o con modalità telematiche».

 

Il comma 279 dispone che, fino alla delocalizzazione dei registri informatici, la vidimazione del registro generale d’ordine sia eseguita dal conservatore piuttosto che dal Presidente o da un giudice del tribunale nella cui circoscrizione è stabilito l’ufficio, come prevede l'articolo 2680, primo comma, del codice civile.

La delocalizzazione dei registri informatici è prevista dall’articolo 61 del Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

Ai sensi del richiamato articolo 61, fermo restando il termine di cui all'articolo 40, comma 4 (secondo il quale Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con propri decreti, fissa la data dalla quale viene riconosciuto il valore legale degli albi, elenchi, pubblici registri ed ogni altra raccolta di dati concernenti stati, qualità personali e fatti già realizzati dalle amministrazioni, su supporto informatico, in luogo dei registri cartacei) i pubblici registri immobiliari possono essere formati e conservati su supporti informatici in conformità alle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale stesso, secondo le regole tecniche stabilite dal medesimo testo normativo (articolo 71, recante per l’appunto disposizioni in materia di regole tecniche), nel rispetto della normativa speciale e dei princìpi stabiliti dal codice civile. In tal caso i predetti registri possono essere conservati anche in luogo diverso dall'Ufficio territoriale competente.

 

Il comma 280 dispone che all’Agenzia del territorio sia assegnato uno specifico stanziamento di 12 milioni di euro, di cui 4 milioni nell’anno 2008 e 8 milioni nell’anno 2009, per la corresponsione di incentivi alla mobilità territoriale e di indennità di trasferta al personale dipendente, con particolare riguardo al processo di decentramento delle funzioni catastali.

E’ specificato che al relativo onere si provvede con le maggiori entrate derivanti dagli interventi di cui ai commi 276 e 277, nonché con le riduzioni dei costi conseguenti alle misure di semplificazione in materia ipotecaria previste dai commi 278 e 279.

 

Il comma 281 dispone che nell’ambito delle funzioni amministrative catastali conferite agli enti locali dal D.Lgs. n. 112 del 1999[26], si applicano alle riscossioni erariali dei comuni le norme previste dagli articoli 178 e 179 del regolamento generale della contabilità di Stato[27], secondo le quali tutti gli agenti contabili esercitano le loro funzioni sotto la vigilanza e secondo gli ordini che ricevono dai capi delle rispettive amministrazioni centrali, dagli intendenti di finanza o dai capi degli altri uffici da cui immediatamente dipendono, intendendosi tali disposizioni riferite ai responsabili delle strutture comunali sovraordinate a quelle che effettuano riscossioni erariali.

 

Nel dettaglio, il citato articolo 178 prevede che sotto la denominazione di agenti contabili dell'amministrazione si comprendono:

a)       gli agenti che con qualsiasi titolo sono incaricati, a norma delle disposizioni organiche di ciascuna amministrazione di riscuotere le varie entrate dello Stato e di versarne le somme nelle casse del tesoro;

b)       i tesorieri che ricevono nelle loro casse le somme dovute allo Stato, o le altre delle quali questo diventa debitore, eseguiscono i pagamenti delle spese per conto dello Stato, e disimpegnano tutti quegli altri servizi speciali che sono loro affidati dal ministro delle finanze o dal direttore generale del tesoro;

c)       tutti coloro che, individualmente ovvero collegialmente, come facenti parte di consigli di amministrazione per i servizi della guerra e della marina e simili, hanno maneggio qualsiasi di pubblico danaro, o sono consegnatari di generi, oggetti e materie appartenenti allo Stato;

d)       gli impiegati di qualsiasi amministrazione dello Stato cui sia dato speciale incarico di fare esazioni di entrate di qualunque natura e provenienza;

e)       tutti coloro che, anche senza legale autorizzazione, prendono ingerenza negli incarichi attribuiti agli agenti anzidetti e riscuotono somme di spettanza dello Stato.

Il richiamato articolo 179 prevede che tutti gli agenti contabili, e gli enti di cui al precedente art. 178, esercitano le loro funzioni sotto la vigilanza e secondo gli ordini che ricevono dai capi delle rispettive amministrazioni centrali, dagli intendenti di finanza o dai capi degli altri uffici provinciali e compartimentali da cui, a seconda dei rispettivi servizi, immediatamente dipendono. Il tesoriere centrale dipende direttamente dal direttore generale del tesoro e da lui riceve gli ordini.

 


 

Articolo 1, comma 287
(
Trasferimento ai Comuni del minor gettito ICI)

 

287. L’ammontare del trasferimento compensa­tivo riconosciuto in via previsionale e dell’eventuale conguaglio spettanti a ciascun comune, a fronte della diminuzione del gettito dell’imposta comunale sugli immobili che deriva dall’applicazione del comma 2-bis dell’articolo8deldecreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, introdotto dal comma 5 del presente articolo, è determinato con riferimento alle aliquote e alle detrazioni vigenti alla data del 30 settembre 2007.

 

Il comma 287 reca disposizioni relative al trasferimento compensativo in favore dei Comuni a fronte del minor gettito dell’imposta comunale sugli immobili derivante dall’applicazione dell’ulteriore detrazione ICI per l’abitazione principale di cui all’articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 504 del 1992 come introdotto dall’articolo 1, comma 5 del provvedimento in esame e alla cui scheda si rinvia.

 

Si prevede, in particolare, che l’ammontare del trasferimento compensativo e dell’eventuale conguaglio spettanti a ciascun comune siano determinati con riferimento alle aliquote e alle detrazioni vigenti alla data del 30 settembre 2007.

 

La previsione del trasferimento ai Comuni compensativo del minor gettito ICI derivante dall’applicazione del comma 5 dell’articolo 1 è contenuta, con diversa formulazione, comma 7 del medesimo articolo 1.


 

Articolo 2, comma 3
(Compartecipazione provinciale all’IRPEF)

 

3. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all’articolo31, comma 8, dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate per l’anno 2007 dall’articolo1, comma 697, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono prorogate per l’anno 2008.

 

Il comma 3 dell’articolo 2 conferma, per l’anno 2008, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), e confermata negli anni successivi dalle varie leggi finanziarie[28].

 

Va segnalato che il comma 8 dell’articolo 31 della legge n. 289/2002 richiamato dal comma in esame si riferisce alla compartecipazione al gettito dell’IRPEF sia delle province che dei comuni, che fino al 2006 sono state disciplinate secondo analoghe modalità[29]. La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 697, legge n. 296/2006) ha peraltro confermato per le sole province la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, recando invece per i comuni l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF (art. 1, commi 189-193, della legge n. 296/2006).

 

In particolare, la disciplina dettata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, fissa la compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata (per i comuni la misura della compartecipazione era fissata al 6,5%).

In base a tale disciplina, alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2008, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003).

 

L’attuazione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascun ente di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.

La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce, infatti, una entrata aggiuntiva per i bilanci locali.

Inoltre, poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).

 

Nel bilancio per il 2008, le somme spettanti alle province e ai comuni a titolo di compartecipazione all’IRPEF sono iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’interno, al capitolo 1320/U.P.B. 2.3.2, nell’ambito della missione 3 “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” (corrispondente alla seconda missione del Ministero dell’interno). Il capitolo risulta dotato di complessivi 1.263 milioni di euro, di cui 902 milioni di euro per i comuni (peraltro già iscritti nel bilancio a legislazione vigente in quanto la disciplina della compartecipazione comunale all’IRPEF è a regime dal 2007, ai sensi dell’art. 1, comma 697 della legge finanziaria dello scorso anno) e 361 milioni di euro per le province, a seguito della conferma anche per l’anno 2008 della compartecipazione provinciale all’IRPEF, ai sensi del comma in esame, con conseguente riduzione, di pari importo, dello stanziamento del Fondo ordinario (-361 milioni di euro).

 

Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.

Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.


 

Articolo 2, comma 4
(Restituzioni di somme versate a fini ICI)

 

4. Non è ammessa la restituzione di somme eventualmente versate a titolo di imposta comunale sugli immobili ai comuni, per periodi di imposta precedenti al 2008, dai soggetti destinatari delle disposizioni di cui alla lettera i) del comma 3-bis dell’articolo9deldecreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, introdotta dall’articolo42-bisdeldecreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in relazione alle costruzioni di cui alla medesima lettera i).

 

Il comma 4 dell’articolo 2 interviene sulla disciplina ICI degli immobili ai quali è stata attribuita la qualifica di ruralità.

In particolare, la norma esclude la restituzione dell’imposta eventualmente versata dagli imprenditori agricoli nei periodi d’imposta precedenti al 2008 relativamente alle costruzioni strumentali destinate alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli (lettera i), comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto–legge n. 557/1993, come introdotta dall’articolo 42-bis del decreto legge n. 159/2007) alle quali, in virtù delle citate norme, è stato riconosciuto ai fini fiscali, carattere di ruralità.

 

L’articolo 42-bis del decreto legge n. 159/2007[30] ha modificato in più parti l’articolo 9 del decreto legge n. 557/1993[31], disciplinante l’istituzione del catasto dei fabbricati, sostituendone, tra l’altro, il comma 3-bis, relativo alle costruzioni strumentali all’attività agricola cui deve riconoscersi carattere di ruralità ai fini fiscali. Il nuovo comma 3-bis riconosce tale carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile in particolare destinate:

a)  alla protezione delle piante;

b)  alla conservazione dei prodotti agricoli;

c)  alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento;

d)  all’allevamento e al ricovero degli animali;

e)  all’agriturismo;

f)   ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;

g)  alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;

h)  ad uso di ufficio dell’azienda agricola;

i)   alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializ­zazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi ;

l)   all’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso.

 

Si ricorda che i fabbricati considerati rurali a fini fiscali non sono oggetto di autonomo accatastamento e pertanto non pagano le ordinarie imposte come fabbricati (ICI e sui redditi)[32]. Tali costruzioni vengono pertanto considerate pertinenze del terreno cui afferiscono. Viceversa, qualora perdano il requisito di ruralità, sono ricondotti a tassazione ordinaria.


 

Articolo 2, comma 288
(Norma d’interpretazione autentica in materia di facoltà dei Comuni di deliberare aliquote ICI ridotte)

 

288. L’articolo 2, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il quale prevede che i comuni, per favorire la realizzazione degli accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e quelle dei conduttori, possono deliberare, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, aliquote dell’imposta comunale sugli immobili più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite negli accordi stessi, con possibilità di deroga al limite minimo dell’aliquota, deve essere interpretato nel senso che tali aliquote possono arrivare fino all’esenzione dall’imposta.

 

Il comma 288 reca una norma d’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di facoltà dei Comuni di deliberare aliquote ICI ridotte con riferimento ad alcune tipologie di immobili locati.

La legge n. 431 regola, all’art. 2, le modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione, prevedendo, al comma 3, che le parti possano stipulare contratti di locazione, c.d. a canone concordato, definendo il valore del canone, la durata del contratto, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Tali accordi sono depositati, a cura delle organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell'area territoriale interessata. Il successivo comma 4 prevede che per favorire la realizzazione di tali accordi, i comuni possano deliberare, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, aliquote ICI più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi. I comuni che adottano tali delibere possono derogare al limite minimo stabilito, ai fini della determinazione delle aliquote, dalla normativa vigente.

La disposizione di cui al comma 288 interpreta la norma vigente nel senso che la riduzione delle aliquote ICI, che può essere deliberata dai Comuni per favorire la realizzazione degli accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e quelle dei conduttori, possa arrivare fino all’esenzione dall’imposta.

Lo stesso comma 4 dell’art. 2 della legge n. 431/1998 prevede altresì che nei comuni considerati ad alta tensione abitativa, i comuni possano altresì derogare al limite massimo stabilito dalla normativa vigente in misura non superiore al 2 per mille, limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni.


Trasferimenti

 

Articolo 2, comma 2
(Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2008)

 

2. I trasferimenti erariali per l’anno 2008 in favore di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall’articolo1, comma 696, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Il comma 2 dell’articolo 2 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2008.

 

Come già nelle finanziarie precedenti, la disposizione è finalizzata a dettare criteri per la definizione dell’entità dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale nel 2008, in modo da consentire l’approvazione dei relativi bilanci.

In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992 (articoli 34-43)[33].

 

Per l’anno 2008, la determinazione dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale è effettuata sulla base dei criteri già adottati dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, della legge n. 296/2006), che, di fatto, richiamandosi a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie, consolidano, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2008, i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002.

 

Il richiamo al comma 696 dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso annopermette inoltre diconfermare, anche per il 2008, la ripartizione dei contributi e delle altre provvidenze in favore degli enti locali nella stessa misura disposta lo scorso anno, al fine di garantire che ad ogni singolo ente venga attribuito nell’anno 2008 lo stesso ammontare di contributi assegnato nel 2007.

In particolare, il comma 696 ha disposto, ai sensi delle disposizioni già applicate negli anni precedenti (art. 1, co. 64, legge n. 311/2004) la ripartizione tra gli enti locali delle maggiori risorse che si sono rese disponibili a legislazione vigente, a partire dal 2005, sui tre Fondi principali (Fondo ordinario, consolidato e perequativo) per il venir meno della riduzione disposta dall’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001[34], pari a circa 340 milioni di euro. La ripartizione dei 340 milioni viene effettuata, anche nel 2008, nel seguente modo:

a)    260 milioni di euro per confermare i contributi assegnati ai sensi dell’art. 3, co. 27, secondo periodo, 35, 36 e 141, della legge n. 350/2003. In particolare:

-        20 milioni alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato dei servizi (art. 3, co. 27, legge n. 350/2003), al fine di assicurare a tali enti, anche nel 2008 le risorse assegnate nell’anno precedente (31,8 milioni);

-        180 milioni sul Fondo ordinario, quale incremento in base al tasso di inflazione programmato (art. 3, co. 35, secondo periodo, legge n. 350/2003). Tali risorse sono ripartite, per il 50% alla generalità dei comuni e per il restante 50% ai comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997;

-       5 milioni per le comunità montane e di 5 milioni per le province (art. 3, co. 141, legge n. 350/2003);

-        50 milioni per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono assegnate per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Tale contributo è infatti iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti;

b)    80 milioni di euro sono destinati in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244. Si tratta dei comuni c.d. “sottodotati”, le cui risorse, cioè, risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa[35].

 

Il comma in esame non dispone dunque incrementi dei contributi assegnati agli enti locali sui principali Fondi per l’anno 2008, limitandosi a confermare il quadro normativo delineato dalle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, legge n. 296/2006).

 

Si segnala tuttavia che:

-      risorse aggiuntive per gli enti locali sono autorizzate dall’Allegato 1, relativo alle “Eccedenze di spesa”, in relazione alla compensazione delle minori entrate per i comuni derivanti dall’ICI (a tale riguardo, cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 3, comma 156).

-      trasferimenti compensativi sono assegnati ai comuni in relazione ai minori introiti derivanti dall’ICI in conseguenza delle ulteriori detrazioni dall’imposta dovuta per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale (cfr. articolo 1, comma 7), nonché ai minori introiti a titolo di addizionale comunale all’IRPEF conseguenti ai provvedimenti normativi modificativi della disciplina dell’IRPEF (cfr. articolo 1, comma 15)

 

 

Nel bilancio per il 2008 (legge n. 245/2007 e relativo D.M. Economia e finanze 28 dicembre 2007 di ripartizione delle UPB in capitoli), i principali Fondi di parte corrente e di conto capitale destinati al finanziamento degli enti locali risultano determinati come indicato nella tavola seguente:

(milioni di euro)

Cap.

 

Bilancio
2007

BLV
2008

Legge finanziaria 2008

Bilancio 2008

U.P.B. 2.3.2 parte corrente

1316

Fondo ordinario

6.786

5.251

-592

4.659

1317

Fondo perequativo

953

998

-

998

1318

Fondo consolidato

2.412

2.480

-

2.480

1319

Fondo federalismo amministrativo

224

224

-

224

1320

Compartecipazione all’IRPEF

1.263

902

+361

1.263

1321

Trasferimenti compensativi minori introiti ICI

-

-

+904

904

1322

Trasferimenti compensativi minori introiti a titolo di addizionale comunale

-

-

+1,5

1,5

 

TOTALE

11.638

9.855

+674,5

10.529,5

Cap.

U.P.B. 2.3.6 - conto capitale

 

 

 

 

7232

Fondo sviluppo investimenti comuni e province

1.128

2.493

-

2.493

7233

Fondo sviluppo investimenti comunità montane

16

16

-

16

7236

Fondo nazionale ordinario investimenti

50

72

-

72

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

676

676

-

676

 

TOTALE

1.870

3.257

-

3.257

 

 

Per una analisi dettagliata dei trasferimenti erariali assegnati agli enti locali nel 2008 si rinvia al primo capitolo del presente dossier.


 

Articolo 2, comma 6
(Soppressione del Fondo per la riqualificazione urbana)

6. Il comma 10 dell’articolo25dellalegge 28 dicembre 2001, n. 448, è abrogato ed è conseguentemente soppressa l’autorizzazione di spesa prevista al comma 11 dello stesso articolo 25.

 

Il comma 6, attraverso l’abrogazione del comma 10 dell’art. 25 della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002) e la conseguente soppressione della relativa autorizzazione di spesa di cui al successivo comma 11, sopprime il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni. Tale fondo, istituito dal citato comma 10 ai fini dell'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio, era già stato dichiarato incostituzionale con sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16.

 

I commi 10-11 dell’art. 25 della legge n. 448/2001 prevedevano l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Fondo per la riqualificazione urbana dei Comuni, diretto a finanziare l'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio da parte dei Comuni: una quota non inferiore all'85% era riservata ai Comuni con popolazione non superiore a 40.000 abitanti, in particolare delle Regioni meridionali. La norma prevedeva che le modalità degli interventi e la ripartizione delle risorse del Fondo "tra gli enti interessati" fossero disciplinate con regolamento governativo, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Per l'anno 2002 le risorse del Fondo venivano fissate in 103,3 milioni di euro.

La Corte Costituzionale,con sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16, accogliendo il ricorso proposto dalla Regione Umbria, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del richiamato art. 25, comma 10. Con tale sentenza, la Corte ha affermato in termini generali che nelle materie di legislazione concorrente «non possono trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi» se non nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione. La Corte ha quindi individuato nei seguenti i criteri, confermati anche nella giurisprudenza successiva, per ricondurre una determinata tipologia di interventi a favore dei comuni nell'ambito degli interventi speciali di cui al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione:

-        il fatto che tali interventi siano aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai comuni e si riferiscano a finalità di perequazione e di garanzia enunciate dalla stessa norma costituzionale o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni;

-        la loro destinazione a determinati comuni o categorie di comuni;

-        la previsione, qualora essi riguardino ambiti di competenza legislativa delle regioni, che queste ultime siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.

Con specifico riferimento alla disposizione censurata, la Corte ha rilevato che ogni intervento sul territorio può di per sé essere presentato come volto alla «riqualificazione urbana» del territorio medesimo e quindi riconducibile all'esercizio di funzioni proprie degli enti locali interessati.


 

Articolo 2, comma 9
(Fondo per il contenimento delle tariffe relative ai servizi non commerciali degli enti locali)

 

9. Il comma 3 dell’articolo6dellalegge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dall’articolo1, comma 711, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, trova applicazione dal 1° gennaio 2007 e pertanto dalla certificazione che gli enti locali sono tenuti a presentare entro il 31 marzo 2008, ferma restando la validità delle certificazioni prodotte in precedenza.

 

Il comma 9 dell’articolo 2 dispone che l’articolo 6, comma 3 della legge n. 488/1999, trovi applicazione dal 1° gennaio 2007.

Tale norma istituisce il fondo per il contenimento delle tariffe presso il Ministero dell’interno, alimentandolo con le risorse derivanti dalle entrate IVA per prestazioni di servizi non commerciali per cui è previsto il pagamento di una tariffa, affidate dagli enti locali a soggetti esterni all’amministrazione.

Gli enti locali sono tenuti a presentare entro il 31 marzo 2008 una certificazione in ordine alle entrate relative a servizi non commerciali per i quali sia previsto il pagamento di una tariffa, ferma restando la validità delle certificazioni prodotte in precedenza.

 

Il fondo è stato istituito, a decorrere dall’anno 2000, dall’articolo 6, comma 3, della legge n. 488 del 1999. Si è inteso con ciò risolvere il problema derivante dall’aggravio dei costi a carico degli utenti, conseguente alla trasformazione in tariffa di precedenti prelievi di carattere tributario connessi alla prestazione di particolari servizi. È il caso, ad esempio, del passaggio dalla TARSU (tassa sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani) o dalla TOSAP (tassa sull’occupazione del suolo pubblico) a un sistema di tariffe. Tale trasformazione ha infatti comportato che fossero assoggettate all’IVA le prestazioni di servizi non commerciali affidate dagli enti locali a soggetti esterni, con conseguente aumento del costo finale per il soggetto fruitore.

Il fondo è alimentato proprio con le risorse finanziarie costituite dalle entrate erariali derivanti da tale assoggettamento all’IVA, a decorrere dal 1° gennaio 2000. Per l'attuazione di queste disposizioni e per la ripartizione del fondo tra gli enti interessati è stato adottato apposito regolamento, emanato con D.P.R. 8 gennaio 2001, n. 33[36].

In base a questo regolamento, al fondo è affluito inizialmente il maggior gettito dell'imposta sul valore aggiunto effettivamente realizzato nel 2000 rispetto agli importi inclusi nelle previsioni del gettito dell'imposta sul valore aggiunto per l'anno 2000. Per l’alimentazione del fondo si considerano solo i contratti aventi ad oggetto i servizi non commerciali, intendendosi per tali i servizi assoggettati all'imposta sul valore aggiunto che, ove prestati dagli enti locali, sarebbero considerati esenti ovvero non rientrerebbero nel campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. Sono esclusi i servizi relativi al trasporto pubblico locale. Il regolamento prevede inoltre che in sede di costituzione del fondo siano detratte preliminarmente le quote dell'imposta sul valore aggiunto spettanti all’Unione europea e quelle attribuite alle regioni a statuto speciale, alle province autonome di Trento e Bolzano e alle regioni a statuto ordinario in base alla vigente normativa. Su tale profilo è intervenuto l'articolo 3, comma 25, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), il quale ha disposto che fino al 31 dicembre 2003 la determinazione degli importi dell'IVA da rimborsare alle regioni a statuto ordinario e agli enti locali interessati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fosse effettuata al lordo delle quote dell'IVA spettanti alle regioni a statuto ordinario in base alla normativa vigente. È stata inoltre autorizzata la spesa di 282 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 per ristorare i predetti enti territoriali dei maggiori oneri sostenuti nel triennio 2001-2003 in cui il rimborso è stato operato al netto delle suddette quote di compartecipazione.

Per quanto riguarda la quantificazione del fondo, per gli anni successivi al 2000 il regolamento prevede che sia effettuata sulla base della determinazione definitiva della spesa relativa all'imposta sul valore aggiunto per l'anno precedente e successivamente aggiornata in relazione alle dichiarazioni che gli enti locali trasmettono entro il termine perentorio del 31 marzo di ciascun anno.

Il comma 711 della legge finanziaria per il 2007 (L. n. 296/06) ha modificato la disciplina del fondo per il contenimento delle tariffe,chiarendo che il medesimo fondo è alimentato esclusivamente dalle entrate relative a servizi non commerciali per i quali sia previsto il pagamento di una tariffa da parte degli utenti.

 


 

Articolo 2, comma 10
(Finanziamenti a favore dei piccoli comuni)

 

10. All’articolo 1, comma 703, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «25 per cento».

 

 

Il comma 10 dell’articolo 2 reca una modifica al comma 703 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), recante finanziamenti nel triennio 2007-2009 in favore dei piccoli comuni.

 

In particolare, la novella interessa la lettera a) del comma 703, relativamente ai contributi concessi in favore dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti che presentano una popolazione residente ultrasessantacinquenne particolarmente elevata, abbassando dal 30 al 25% il rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e la popolazione residente complessiva, in base al quale sono individuati i comuni beneficiari dei finanziamenti disposti dal comma 703, pari a complessivi 55 milioni di euro, da destinarsi ad interventi di natura sociale o socio assistenziale.

La norma citata prevede che i comuni che presentino tali condizioni demografiche potranno beneficiare di un incremento del contributo ordinario in misura pari al 40 per cento.

 

Si ricorda che il comma 703 prevede inoltre i seguenti contributi:

-        71 milioni, in favore dei comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva. Il 50% di tale contributo è finalizzato a interventi di natura sociale;

-        42 milioni destinati ai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane, per finalità di investimento;

-        20 milioni di euro in favore delle comunità montane, da ripartire in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane.


 

Articolo 2, comma 11
(Contributo ai comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE)

 

11. Per ciascuno degli anni 2008 e 2009, a valere sul fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è disposto un intervento fino a un importo di 10 milioni di euro per la concessione di un contributo a favore dei comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, di cui al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30. Con decreto del Ministro dell’interno sono determinate le modalità di riparto ed erogazione dei contributi.

 

Il comma 11 dispone, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, un intervento fino ad un importo di 10 milioni di euro per la concessione di un contributo a favore dei comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, di cui al D.Lgs. 30/2007[37].

Il contributo previsto dal comma in esame è posto a carico del fondo ordinario di cui all’art. 34, co. 1, lett. a), del D.Lgs. 504/1992[38].

Le modalità di riparto e erogazione dei contributi sono determinate con decreto del Ministro dell’interno.

 

Il D.Lgs. 30/2007, in conformità all’atto normativo europeo, disciplina le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell'Unione europea e dei familiari che li accompagnano o li raggiungono. Il provvedimento prevede la regolamentazione del soggiorno fino a tre mesi, del soggiorno per una durata superiore a tre mesi edel diritto di soggiorno permanente, nonché le limitazioni ai predetti diritti per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.

Il 14 gennaio 2008 è stato sottoposto alle Camere, per il parere delle competenti Commissioni, lo schema di decreto legislativo n. 210 recante modifiche al D.Lgs. 30/2007. Le modifiche, come precisato da un comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, si sono rese necessarie al fine di adeguare la normativa sugli allontanamenti di cittadini comunitari alle esigenze di celerità ed effettività della loro esecuzione in caso di comportamenti gravi e per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Tra le disposizioni modificate vi è la disciplina relativa alla dichiarazione di presenza sul territorio nazionale, la necessità che le fonti di reddito siano dimostrabili e, ovviamente, lecite, la cancellazione anagrafica in caso di allontanamento per motivi di sicurezza, l’obbligo di consegna di un attestato di ottemperanza all’ingiunzione di lasciare il territorio nazionale.

Nella riunione del 28 dicembre 2007, il Consiglio dei ministri, oltre al citato schema di decreto legislativo, ha approvato altresì il D.L. 249/2007[39] recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza. L'insieme dei due decreti, come rilevabile dalla nota del Ministero dell’interno[40], ripropone, in sostanza, i contenuti del precedente D.L. 181/2007[41], non convertito in legge, così come era stato approvato dal Senato; ciononostante i decreti si configurano, sia dal punto di vista formale che sostanziale, come misure diverse, contenute in norme diversamente strutturate.

Il D.L. 181/2007 era stato presentato per la conversione in legge al Senato e approvato, con modificazioni, da tale ramo del Parlamento. Il 17 dicembre 2007 le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) della Camera concludevano l’esame del provvedimento, conferendo ai relatori il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole sul testo del provvedimento approvato dal Senato. Il 19 dicembre, mentre in Assemblea era in corso la discussione sulle linee generali del provvedimento, il Governo ha annunciato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo la decisione di non insistere per la conversione in legge del decreto. Il seguito dell'esame del provvedimento non ha pertanto avuto luogo ed i termini per la conversione del decreto-legge sono scaduti il 1° gennaio 2008.

Il 9 gennaio 2008 è iniziato, sempre presso la Commissione affari costituzionali della Camera, l’esame in sede referente del disegno di legge di conversione (A.C. 3325) del D.L. 249/2007. Il preambolo del D.L. 249/2007 fa riferimento alla straordinaria necessità ed urgenza di “integrare gli strumenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale con particolare riguardo alla disciplina delle espulsioni per motivi di prevenzione del terrorismo” e di “disciplinare parimenti l'immediata esecuzione dei provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini dell'Unione europea adottati per motivi imperativi di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alla specifica individuazione dei motivi che ne legittimano l'adozione, considerando che il recente ampliamento dello spazio di applicazione degli accordi di Schengen rafforza l'esigenza di una immediata risposta operativa nei casi di particolare gravità”.


 

Articolo 2, comma 14
(Destinazione dei contributi residui assegnati ai comuni
per le alluvioni del 1994)

 


14. Le somme che residuano ai comuni dalle assegnazioni operate in loro favore dal Ministero dell’interno ai sensi del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, e successive modificazioni, e del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 364, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 438, e successive modificazioni, e finalizzate all’erogazione di contributi per danni subiti da soggetti privati in dipendenza dell’evento alluvionale dei giorni 5 e 6 novembre 1994 ad intervenuta definizione delle pratiche di rimborso, rimangono nella disponibilità degli enti locali stessi e sono destinate al finanziamento di spese di investimento.


 

 

Il comma 14 prevede che le somme che residuano ai comuni dalle assegnazioni disposte dal Ministero dell’interno (ai sensi del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691[42] e del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 364[43]) finalizzate all’erogazione di contributi per i danni subiti dai soggetti privati a seguito degli eventi alluvionali del 5 e 6 novembre 1994 che hanno colpito alcune zone del Nord Italia, una volta definita la pratica di rimborso, rimangano nella disponibilità degli enti stessi che le possono utilizzare per spese di investimento.

 

Le regioni colpite dagli eventi alluvionali sopra richiamati sono state individuate con il D.P.C.M. 10 novembre 1994 nelle seguenti: Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana.

Con i decreti-legge n. 691 del 1994 e n. 364 del 1995 sono state adottare le prime misure urgenti per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive in alcune zone del Nord Italia colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali verificatesi nella prima decade del mese di novembre 1994.

In particolare sono stati disposti contributi sia a favore di singoli proprietari di unità immobiliari danneggiate dagli eventi alluvionali della prima decade del mese di novembre 1994 sia a favore di imprese industriali, commerciali, artigianali e di servizi, nonché di aziende agricole, singole e associate, comprese le cooperative per la raccolta, trasformazione, commercializzazione e vendita dei prodotti agricoli, per il ripristino degli impianti, strutture, infrastrutture e opere di bonifica e di irrigazione.

 


 

Articolo 2, comma 44
(Integrazione del Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a statuto speciale)

44. Al fine di sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione interregionali, il Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale di cui al comma 7 dell’articolo6deldecreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, e successive modificazioni, è integrato di 10 milioni di euro per l’anno 2008 e di 5 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010.

 

La norma in esame integra il Fondo per le zone confinanti con le regioni a statuto speciale per il triennio 2008 - 2010.

 

Il Fondo è stato istituito dal comma 7 dell’articolo 6 del D.L. 2 luglio 2007, n. 81 e modificato dall’articolo 35 del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159 (legge n. 222/2007). Il Fondo, dotato di 25 milioni di euro per il 2007 è interamente finalizzato alla valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale.

Le modalità di erogazione sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Sulla base delle indicazioni del DPCM e sentite le regioni interessate il Fondo - gestito dal Dipartimento per gli affari regionali - dovrà essere utilizzato per finanziare specifici progetti finalizzati allo sviluppo economico e sociale dei territori dei comuni confinanti con le regioni a statuto speciale. Ai fini della valutazione dei progetti, inoltre è particolarmente importante la caratteristica sovracomunale degli stessi.

 

La norma in esame finanzia il fondo per 10 milioni di euro per l’anno 2008 e 5 milioni per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

Viene inoltre introdotta una ulteriore motivazione e finalità del Fondo stesso. Esso dovrebbe sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione tra le regioni.

 

Fondo per le zone confinanti con le regioni a statuto speciale

Il “Fondo per le zone di confine è riconducibile alle tipologie previste dall’articolo 119, quinto comma della Costituzione. Come più volte ribadito dalla Corte costituzionale lo Stato può erogare risorse in ambiti che non siano strettamente di propria competenza osservando determinati limiti: devono essere aggiuntive rispetto alla ordinaria autonomia finanziaria; rispondere alle finalità di perequazione e garanzia sociale enunciate nella norma costituzionale; devono finanziare interventi “speciali” in favore di determinati comuni (o province, o regioni o ad una specifica categoria di enti).

Il Fondo ‘riprende’ il finanziamento di 10 milioni che l’art. 1, comma 494 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 – poi integrato dal comma 709 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 - ha istituito per integrare i trasferimenti erariali ‘in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano’. Le risorse, ripartite per il 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni, sono destinate per non meno del 40% ai comuni il cui territorio confina con le province di Trento o di Bolzano.

Il finanziamento integrativo avrebbe sostenuto le maggiori spese che quei comuni avrebbero dovuto affrontare per adeguare i propri servizi alle condizioni più favorevoli in cui quei servizi sono goduti dai cittadini dei comuni confinanti nelle province autonome di Trento e Bolzano. Condizione che era divenuta la causa immediata delle richieste che molti dei comuni confinanti delle province del Veneto e della Lombardia (a partire dal comune di Lamon) andavano perfezionando per abbandonare le regioni di origine e transitare nelle speciali Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.

Successivamente, altri comuni hanno completato l’iter del procedimento che dovrebbe consentire loro di passare da una regione a statuto ordinario ad una confinante a statuto speciale. Così i comuni Carema (A.C. 2727) e Noasca (A.C. 2525) per il passaggio dal Piemonte alla Valle d’Aosta; Sovramonte (A.C. 2524) e Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana e Rotzo (A.C. 2951) per il passaggio dal Veneto al Trentino-Alto Adige; Cinto Caomaggiore (A.C. 2526) dal Veneto al Friuli-Venezia per ricordare qui, dopo Lamon (AC 1359 e 1427), soltanto quelli per i quali si è già svolto il referendum con esito positivo ed è stato presentato al Parlamento il relativo disegno di legge costituzionale.

Da ultimo (28 ottobre 2007) si è svolto il referendum – con esito favorevole - per il distacco dal Veneto e l’aggregazione al Trentino-Alto Adige dei comuni di Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia e sono stati convocati i comizi per la consultazione referendaria (il 9 marzo 2008) per chiedere il distacco del comune di Pedemonte dalla regione Veneto alla regione Trentino-Alto Adige, e del comune di Sappada dalla regione Veneto alla regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Iniziative regionali

Anche le regioni hanno intrapreso iniziative per sostenere le zone di confine. A tale proposito si segnalano le iniziative della regione Veneto a sostegno dei comuni montani e dei comuni del settore orientale. Nel luglio 2007 è stato siglato un Protocollo d’Intesa tra la regione Veneto e la Provincia autonoma di Trento con lo scopo di favorire la cooperazione tra i territori di confine, per il “migliore esercizio delle funzioni amministrative inerenti i settori dello sviluppo locale, della sanità, della cultura, dell’alta formazione, dell’istruzione, della formazione, delle infrastrutture e reti di trasporto”.

L’intesa è stata siglata ai sensi dell’art. 117, ottavo comma della Costituzione, che prevede espressamente l’utilizzo da parte delle regioni di questo strumento “per il migliore esercizio delle proprie funzioni”. L’intesa interessa 32 comuni veneti (8 in provincia di Verona, 12 in provincia di Vicenza e 12 in provincia di Belluno) e 29 comuni della provincia di Trento (confinanti con le province venete). Prevede la costituzione di una Commissione di gestione, quale organismo comune di coordinamento politico-amministrativo, con il compito di programmare gli interventi da realizzare (attuati poi mediante specifici accordi operativi). I finanziamenti sono messi a disposizione dalle due parti.

A seguito dell’Intesa la regione Veneto ha approvato legge regionale 26 ottobre 2007, n. 30 recante “Interventi regionali a favore dei comuni ricadenti nelle aree svantaggiate di montagna e nell’area del Veneto orientale”. La legge ha l’obiettivo di favorire ed armonizzare la crescita competitiva delle popolazioni venete di confine. I destinatari degli interventi sono i piccoli comuni montani, i comuni ubicati nell’area del Veneto orientale con priorità per i piccoli comuni “che sono gravati da situazioni di disparità socio-economica dovute alla sfavorevole contiguità territoriale con Regioni a Statuto speciale”. Gli interventi riguardano principalmente i servizi ai cittadini, in particolare i servizi socio-sanitari.


 

Articolo 2, comma 107, lett. d)-e), e comma 108
(Chiusura dell’emergenza conseguente alla crisi sismica del 1997: contributi ai comuni)

 


107. Al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, sono apportate le seguenti modificazioni:

(omissis)

d) dopo il comma 5 dell’articolo 12 è inserito il seguente:

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, i contributi di cui ai commi 2 e 3, determinati in 19,5 milioni di euro sulla base delle certificazioni analitiche del Ministero dell’interno relative all’anno 2006, sono assegnati annualmente per il quinquiennio 2008-2012 negli importi progressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquiennio»;

e) dopo l’ultimo periodo del comma 14 dell’articolo 14 è aggiunto il seguente: «Alla cessazione dello stato di emergenza, per il quinquennio 2008-2012, le spese necessarie per le attività previste dal presente comma, quantificate in 17 milioni di euro, assumendo come base di calcolo la spesa sostenuta nel 2006 sono erogate annualmente negli importi progressiva­mente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquennio»;

(omissis)

108. Per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 107, lettere a), b) e c), si provvede nei limiti delle risorse di cui alla lettera f) del medesimo comma 107.


 

 

Le disposizioni recate dai commi in esame introducono una serie di disposizioni connesse alla chiusura degli stati di emergenza relativi al sisma del 1997 che ha interessato le regioni Marche e Umbria.

In particolare, i commi 107 e 108 sono volti a chiarire alcune modalità procedurali in occasione del passaggio delle competenze a seguito della cessazione dello stato di emergenza conseguente al citato sisma del 1997.

Si rammenta che lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2007 dal DPCM 1 dicembre 2006[44].

 

Il comma 107 prevede, attraverso alcune novelle al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, che:

d)  per il periodo 2008-2012, i contributi concessi ai comuni ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998 vengano quantificati in 19,5 milioni di euro sulla base delle certificazioni del Ministero dell’interno relative all’anno 2006 e siano assegnati annualmente - per il citato quinquennio - con un meccanismo progressivo di riduzione per ciascun anno del quinquennio. Tali disposizioni vengono introdotte aggiungendo un comma 5-bis all’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998.

Si ricorda che l’art. 12 del decreto-legge n. 6 del 1998 reca misure a favore dei comuni interessati dalla crisi sismica. In particolare, il comma 1 prevede che a tali comuni venga concessa dal Ministero dell'interno un'anticipazione dei trasferimenti erariali per compensare gli effetti finanziari delle proroghe dei versamenti per gli anni 1997 e 1998, disposte dalle ordinanze di cui all'art. 1, relativi all'imposta comunale sugli immobili, alla tassa sui rifiuti solidi urbani e alla imposta sulla pubblicità. L'anticipazione è calcolata sulla base delle minori entrate rispetto al 1996, certificate dai comuni interessati. Al recupero dell'anticipazione provvede il Ministero dell'interno in sede di assegnazione delle rate dei contributi ordinari spettanti dopo la scadenza delle proroghe. Ai sensi del comma 2, agli stessi comuni sono assegnati, per gli anni 1997 e 1998, contributi pari ai minori accertamenti, rispetto al 1996, per i tributi di cui allo stesso comma, strettamente connessi all'evento sismico. I contributi sono assegnati sulla base di analitiche certificazioni verificate dal Ministero dell'interno. Infine, il comma 3 prevede che per il biennio 1997-1998, agli stessi comuni per i quali le abitazioni inagibili, totalmente o parzialmente, a seguito della crisi sismica rappresentano oltre il 15% del totale delle abitazioni, vengano concessi contributi per l'adeguamento alla media delle risorse relative alla fascia demografica di appartenenza. Le risorse sono costituite dai contributi ordinari e consolidati assegnati ai comuni e dall'imposta comunale sugli immobili al 4 per mille a suo tempo detratta. Agli stessi comuni è concesso, per il biennio 1997-1998, un ulteriore contributo pari al 20% delle risorse in godimento nell'anno 1997 dopo l'adeguamento alla media delle risorse della fascia demografica di appartenenza.

e)  per il 2008-2012, le spese necessarie per le attività volte al potenziamento degli uffici vengano determinate in 17 milioni di euro e siano erogate annualmente attraverso un meccanismo di riduzione per ciascun anno del citato quinquennio. Tale disposizione viene introdotta aggiungendo un periodo finale al comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998.

Il vigente comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998 dispone che le regioni e gli enti locali provvedono, per un periodo massimo di tre anni e in deroga alle vigenti disposizioni di legge, al potenziamento dei propri uffici attraverso la dotazione di strumenti e di attrezzature e assunzioni di personale tecnico e amministrativo a tempo determinato, a corrispondere al personale dipendente compensi per ulteriore lavoro straordinario effettivamente prestato, nel limite di cinquanta ore pro-capite mensili, nonché ad avvalersi di liberi professionisti o dei soggetti di cui all'art. 10 del D.Lgs. n. 468 del 1997, o di università e di enti pubblici di ricerca, di società e di cooperative di produzione e lavoro. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata una spesa nel limite del 2% dei fondi assegnati alle regioni, ai sensi dell'art. 15, comma 1, che provvedono a ripartirli secondo un piano di fabbisogno all'uopo predisposto.

 

Il comma 108 individua il limite finanziario di intervento per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) con l’utilizzo delle somme esistenti nelle contabilità speciali di cui alla precedente lett. f).


 

Articolo 2, comma 426
(Licei linguistici gravanti sui bilanci delle province e dei comuni)

 

426. Allo scopo di contribuire all’equilibrio finanziario degli enti locali, è istituito nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione un fondo per il concorso dello Stato agli oneri di funzionamento e per il personale di ruolo dei licei linguistici ricadenti sui bilanci dei comuni e delle province. La dotazione del fondo è stabilita in 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

 

Il comma 426istituisce, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, un Fondo per il concorso dello Stato agli oneri per il funzionamento ed il personale di ruolo dei licei linguistici gravanti sui bilanci delle province e dei comuni, dotandolo di 5 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

Il liceo linguistico non è compreso tra i percorsi ordinamentali di istruzione secondaria di secondo grado elencati dall’art. 191 del D.Lgs. 297/1994[45](cd “Testo unico dell’istruzione”) ed attualmente attivati in attesa dell’avvio della riforma del secondo ciclo dell’istruzione di cui al D.Lgs. 226/2005[46] (che prevede invece tra i licei uno specifico percorso linguistico). Nell’ambito dell’istruzione secondaria sono operanti tuttavia varie sperimentazioni didattiche ad indirizzo linguistico.

Il citato T.U. dell’istruzione fa riferimento al liceo linguistico nell’ambito dell’istruzione non statale (art. 363), specificando che il corso ha durata quinquennale, si svolge sulla base di programmi approvati dal ministero e rilascia un titolo di studio finale (licenza linguistica) spendibile per l’accesso all’università. Il T.U. precisa che possono ottenere il riconoscimento legale[47], (una delle forme di riconoscimento delle scuole private anteriore alla legge 62/2001[48]) quindi la validazione dei percorsi di studio, i licei privati caratterizzati da un ordinamento didattico analogo a quello di cinque licei già riconosciuti[49]:

 

A seguito dell’approvazione della legge 62/2000[50] che ha dettato criteri per il riconoscimento della parità scolastica, i licei linguistici attualmente sono non statali o paritari (se hanno ottenuto la parità in quanto in possesso dei requisiti richiesti dalla legge 62/2001[51]) in tal caso fanno parte del sistema nazionale di istruzione pubblico-privato e rilasciano titoli aventi valore legale.

 

Da informazioni acquisite presso il ministero della Pubblica Istruzione, i licei linguistici paritari gestiti da enti locali, destinatari del finanziamento disposto dalla norma in commento, risulterebbero essere quattordici (su un totale di 186, riferito all’anno scolastico 2006-2007). In particolare cinque licei sono gestiti, rispettivamente, dai comuni di Milano (liceo “Manzoni” e “Teatro alla scala”), Genova, Ruvo di Puglia e Spinazzola (in provincia di Bari); nove sono gestiti dalle province e localizzati in Sicilia (di questi, cinque sono gestiti dalla provincia di Palermo; due dalla provincia di Enna; uno dalla provincia di Ragusa; uno dalla provincia di Trapani).

Il Fondo istituito dal comma in esame è allocato nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione sul nuovo capitolo 1233, nell’ambito del Programma Istruzione secondaria superiore e del macroaggregato Funzionamento.


Patto di stabilità

 

Articolo 1, comma 379
(Patto di stabilità interno degli enti locali per il 2008-2010)


379. Per gli anni 2008-2010 le dispo­sizioni che disciplinano il patto di stabilità interno degli enti locali di cui all’articolo1dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono modificate e integrate come segue:

a) al comma 676, le parole: «per il triennio 2007-2009» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni 2007-2010»;

b) al comma 677, le parole: «2007, 2008 e 2009» sono sostituite dalle seguenti: «2007, 2008, 2009 e 2010»;

c) dopo il comma 678 è inserito il seguente:

«678-bis. Per l’anno 2010 si applicano i coefficienti stabiliti per l’anno 2009 ai sensi del comma 678, fermi restando i dati triennali originariamente assunti ai fini della quantificazione della manovra»;

d) dopo il comma 679 è inserito il seguente:

«679-bis. Per gli anni 2008-2010 il con­corso alla manovra delle province e dei comuni, determinato ai sensi dei commi 678 e 679, che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa, calcolata ai sensi del comma 680, è pari a zero. Conseguen­temente, gli obiettivi programmatici di cui al comma 681 sono pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005 calcolato in termini di competenza mista, costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti»;

e) il comma 681 è sostituito dai seguenti:

«681. Per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno gli enti devono conseguire un saldo finanziario in termini di cassa e di competenza, per l’esercizio 2007, e di sola competenza mista, per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, pari al corrispondente saldo medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annual­mente determinata ai sensi del comma 678, lettera c), ovvero dei commi 679 e 679-bis. Per il solo anno 2008 gli enti che nel triennio 2003-2005 hanno registrato un saldo medio di competenza mista positivo e maggiore del saldo medio di cassa possono conseguire l’obiettivo di miglioramento in termini di saldo finanziario di competenza mista o, in alternativa, in termini di cassa e di competenza. Le maggiori entrate derivanti dall’attuazione dei commi 142, 143 e 144 concorrono al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno.

681-bis. Per gli enti di cui al comma 679-bis che presentano, nel triennio 2003-2005, un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare, non destinate nel medesimo triennio all’estin­zione anticipata dei prestiti, superiore al 15 per cento della media delle entrate finali, al netto delle riscossioni di crediti, gli obiettivi programmatici per gli anni 2008-2010 sono ridotti di un importo pari alla differenza tra l’ammontare dei proventi in eccesso al predetto limite del 15 per cento e quello del contributo annuo determinato ai sensi dei commi 678 e 679, a condizione che tale differenza sia positiva. In caso di differenza pari a zero o negativa gli obiettivi program­matici restano determinati in misura pari al saldo finanziario medio del triennio 2003-2005 calcolato in termini di competenza mista»;

f) al comma 683, primo periodo, le parole: «Ai fini del comma 686, il saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa,» sono sostituite dalle seguenti: «Ai fini del comma 686, il saldo finanziario e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, per l’anno 2007, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa e, per gli anni 2008, 2009 e 2010, per la sola gestione di competenza mista,»;

g) il comma 684 è sostituito dal seguente:

«684. Il bilancio di previsione degli enti locali ai quali si applicano le disposizioni del patto di stabilità interno deve essere approvato, a decorrere dall’anno 2008, iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente in misura tale che, unitamente alle previsioni dei flussi di cassa di entrate e spese di parte capitale, al netto delle riscossioni e delle concessioni di crediti, sia garantito il rispetto delle regole che disciplinano il patto. A tal fine, gli enti locali sono tenuti ad allegare al bilancio di previsione un apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno.»;

h) il comma 685 è sostituito dal seguente:

«685. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno e per acquisire elementi informativi utili per la finanza pubblica, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito «www.patto­stabilita.rgs.tesoro.it», le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza che quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Con lo stesso decreto è definito il prospetto dimostrativo dell’obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi dei commi 678, 679, 679-bis e 681-bis. La mancata trasmissione del prospetto dimostrativo degli obiettivi programmatici costituisce inadempimento al patto di stabilità interno. La mancata comuni­cazione al sistema web della situazione di commissariamento ai sensi del comma 688, secondo le indicazioni di cui allo stesso decreto, determina per l’ente inadempiente l’assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno»;

i) dopo il comma 685 è inserito il seguente:

«685-bis. Al fine di attivare, con la partecipazione delle associazioni degli enti locali, un nuovo sistema di acquisizione di dati riguardanti la competenza finanziaria dei bilanci degli enti locali che si affianca al Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE), con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i contenuti e le modalità per moni­torare, in corso d’anno, gli accertamenti e gli impegni assunti, secondo aggregazioni e scansioni temporali adeguate alle esigenze della finanza pubblica. La concreta realizzazione del sistema è effettuata previa quantificazione dei costi e individuazione della relativa copertura finanziaria»;

l) al comma 686, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La mancata trasmis­sione della certificazione costituisce inadempimento al patto di stabilità interno»;

m) dopo il comma 686 è inserito il seguente:

«686-bis. Qualora si registrino preleva­menti dai conti della tesoreria statale degli enti locali non coerenti con gli obiettivi in materia di debito assunti con l’Unione europea, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, adotta adeguate misure di contenimento dei prelevamenti».


 

Il comma 379 dell’articolo 1 disciplina il patto di stabilità interno per gli enti locali con riferimento al triennio 2008-2010, novellando ed integrando le disposizioni recate dai commi 676 e seguenti dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 296/2006) ed estendendole all’anno 2010.


In sostanza, le norme recate dal comma in esame confermano in larga parte la disciplina del patto di stabilità interno dettata dalla legge finanziaria dello scorso anno, sia per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione del Patto, riferito a province e comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, sia per quanto concerne il vincolo considerato,riferito alla crescita del disavanzo finanziario.

Per il triennio 2008-2010 viene pertanto mantenuta una disciplina del Patto di stabilità per gli enti locali, finalizzata all’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario, inteso quale differenza tra entrate finali e spese finali (comprese dunque le spese di in conto capitale), allo scopo di far convergere quanto più possibile le regole del patto di stabilità interno con quelle previste dal patto di stabilità e crescita, sottoscritto in sede europea.

 

Vengono tuttavia operate alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina vigente al fine di ovviare ad alcune problematiche applicative emerse nel corso del 2007, con riferimento particolare: agli enti locali che, pur registrando saldi finanziari positivi, sulla base della normativa vigente, hanno dovuto comunque migliorare la loro posizione nel 2007; all’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per il finanziamento delle spese di investimento che, a partire dalla scorso anno, rientrano nei vincoli del patto di stabilità interno; alla contabilizzazione, nel saldo finanziario di riferimento per l’applicazione del patto, di entrate straordinarie dovute alla alienazione di beni patrimoniali.

Pertanto, nell’Accordo sottoscritto tra il Governo e gli enti locali in data 26 settembre 2007, sono state preventivamente condivise e concordate le linee di intervento riguardanti il patto di stabilità interno che sono state assunte nella legge finanziaria in esame. In sostanza, le modifiche principali riguardano:

§      l’esclusione degli enti con una media positiva del saldo finanziario di cassa del periodo 2003-2005dal concorso alla manovra per gli anni 2008-2010, con la fissazione del loro obiettivo programmatico in misura pari al saldo finanziario medio del periodo di riferimento (2003-2005);

§      l’adozione del criterio della competenza c.d. “mista”, ai fini del computo del saldo finanziario rilevante per il patto, in base le entrate e le uscite di parte corrente si considerano in termini di competenza (giuridica) e quelle in conto capitale si considerano invece in termini di cassa. Questa soluzione, oltre ad avvicinare maggiormente il saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno al saldo rilevante, a livello comunitario, ai fini del patto di stabilità e crescita e, in particolare, del divieto di disavanzi eccessivi, permetterebbe di risolvere il problema dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione a copertura delle spese di investimento;

§      una riduzione dell’obiettivo programmatico per gli entiche presentano una media positiva del saldo finanziario di cassa del periodo 2003-2005, qualora essi presentino un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio immobiliare e mobiliare particolarmente elevato.

 

Le modifiche apportate alla vigente disciplina del Patto di stabilità interno, di cui alla legge n. 296/2006, art. 1, commi 676-695, sono recate alle lettere a)-m) del comma 379 in esame.

 

In particolare, la lettera a) novella il comma 676 della legge n. 296/2006 estendendo al periodo 2007-2010 (in luogo del triennio 2007-2009) l’applicazione del Patto di stabilità previsto per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti,nel rispetto delle disposizioni recate dai commi da 677 a 695, che costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

 

Analogamente, la lettera b) novella il comma 677 della legge n. 296/2006, nel senso di estendere il contributo della finanza localeal conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, disponendo la riduzione del saldo finanziario tendenziale del comparto anche per l’anno 2010, oltre al triennio 2007-2009 già considerato.

 

Va ricordato che per la determinazione del concorso di ciascun ente al raggiungimento dell’obiettivo generale, il comma 678 della legge finanziaria 2007 definisce una specifica procedura, in considerazione di alcune caratteristiche finanziarie dell’ente medesimo, in particolare, l’entità della spesa corrente e il suo livello di deficit.

In sostanza, il comma 678 stabilisce che la misura del concorso di ciascun ente alla manovra complessiva per il triennio 2007-2009 sia corrispondente alla somma, in valori assoluti, degli importi derivantidall’applicazione di determinati coefficienti alla media del triennio 2003-2005 della propria spesa corrente, sostenuta in termini di cassa, e alla media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, per i soli enti che presentino una media negativa.

La somma di questi due valori, considerati in valore assoluto, rappresenta l’obiettivo specifico di miglioramento del saldo che ogni singolo ente deve realizzare nel triennio 2007-2009 rispetto alla media del triennio 2003-2005.

 

Più in particolare, la procedura recata dal comma 678 per definire l’entità del miglioramento del saldo-obiettivo per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, prevede che ciascun ente debba:

a)    calcolare la media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, intesi quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, come definiti dal successivo comma 680[52] e risultanti dai propri conti consuntivi. Soltanto se tale media risultasse negativa, gli enti devono applicare ad essa i seguenti coefficienti:

1)    per le province: 0,4 per il 2007, 0,210 per l'anno 2008 e 0,117 per l'anno 2009;

2)    per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,33 per l'anno 2007, 0,205 per l'anno 2008 e 0,155 per l'anno 2009.

b)    calcolare la media della spesa corrente sostenuta nel triennio 2003-2005, considerata in termini di cassa, come risultante dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa i seguenti coefficienti:

1)  per le province: 0,041 per il 2007, 0,022 per l'anno 2008 e 0,012 per l'anno 2009;

2)  per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,029 per l'anno 2007, 0,017 per l'anno 2008 e 0,013 per l'anno 2009.

c)    determinare l'importo annuo della manovra, corrispondente alla somma degli importi, considerati in valore assoluto, derivanti dall’applicazione dei coefficienti al saldo finanziario e alle spese correnti. In tal modo, il concorso di ciascun ente alla manovra complessiva è ottenuto come somma di una quota della spesa corrente e di una quota di deficit, considerati in valore assoluto, come desunti dai rispettivi consuntivi.

Per i soli comuni, il comma 679 individua un limite massimo del concorso alla manovra, pari all’importo corrispondente all’8% della media triennale delle spese finali registrate nel triennio 2003-2005, qualora l’importo derivante dall’applicazione dei coefficienti alla media dei disavanzi di cassa e alla media della spesa corrente rappresenti, per i comuni, un valore percentuale superiore all’8% della media delle spese finali registrate nel triennio 2003-2005.

 

A seguito dell’estensione dell’applicazione del patto di stabilità fino all’anno 2010, la lettera c) introduce un comma 678-bis all’articolo 1 della legge n. 296/2006, che stabilisce, ai fini della determinazione degli obiettivi programmatici per il 2010, che per tale anno si adottano i medesimi coefficienti previsti dalla legislazione vigente per il 2009.

 

Con la lettera d) viene introdotto il comma 679-bis all’articolo 1 della legge finanziaria 2007, che azzera per gli anni 2008-2010 il concorso alla manovra per le province e i comuni che, ai sensi della procedura di cui ai commi 678-679, presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa.

Va ricordato infatti che, in base alla disciplina dettata lo scorso anno, anche gli enti che avessero presentato una media 2003-2005 del saldo finanziario di cassa di valore positivo avrebbero dovuto essere soggetti alle regole del patto di stabilità negli anni 2007-2009. L’entità del loro concorso al patto veniva calcolato applicando soltanto i coefficienti stabiliti per la spesa corrente.

In tal modo, tutti gli enti avrebbero partecipato al patto di stabilità in ragione del volume della propria spesa corrente; gli enti in deficit avrebbero ulteriormente contribuito al raggiungimento degli obiettivi di comparto, in misura proporzionale all’ampiezza del loro deficit.

In considerazione delle difficoltà applicative determinate da una tale previsione, che impegna anche gli enti locali che presentano un saldo finanziario positivo in termini di cassa a migliorare tale posizione negli anni successivi, è stato introdotto il comma 679-bis nella legge finanziaria 2007 che azzera per gli anni 2008-2010 il concorso alla manovra per gli enti che presentano una media triennale positiva del saldo di cassa.

Per tali enti, gli obiettivi programmatici degli anni 2008-2010 sono fissati in misura pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

In particolare, il saldo finanziario in termini di competenza mista è costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti, per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti.

In sostanza, per la parte corrente si considera il criterio della competenza (giuridica); per la parte capitale, si considera invece il criterio della cassa.

 

Il criterio della competenza mista è peraltro esteso anche al computo del saldo finanziario che costituisce l’obiettivo programmatico del patto di stabilità interno per gli anni 2008, 2009 e 2010.

La lettera e)provvede infatti alla sostituzione del comma 681 della legge finanziaria dello scorso anno, che indicava gli obiettivi programmatici che gli enti locali dovevano conseguire per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 in termini di miglioramento dei saldi finanziari medi del periodo 2003-2005.

In particolare, la nuova formulazione del comma 681stabilisce che gli enti locali devono conseguire un saldo finanziario, espresso sia in termini di competenza che in termini di cassa per il 2007, come già previsto dalla normativa vigente, ed espresso in termini di sola competenza mista per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata secondo la procedura definita dal comma 678, lettera c) ovvero, se ne sussistono le condizioni, dell’importo corrispondente all’8% della media triennale delle spese finali, ai sensi del comma 679. Per gli enti che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa, ai sensi del comma 679-bis, gli obiettivi programmatici degli anni 2008-2010 sono fissati in misura pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

Restano pertanto invariate le modalità di calcolo del saldo finanziario rilevante ai fini dell’obiettivo programmatico 2007, che continua ad essere computato sia in termini di competenza che in termini di cassa. Per gli anni successivi, invece, si applica il criterio della competenza mista.

Come sottolineato anche nella relazione illustrativa, l’adozione del criterio della competenza mista, in base al quale le poste di parte corrente sono considerate in termini di competenza e quelle in conto capitale sono contabilizzate in termini di cassa, rappresenta una soluzione che “ha il pregio di rendere più facilmente gestibile il problema dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione a copertura di spese di investimento e, inoltre, ha il vantaggio di avvicinare maggiormente il saldo di riferimento a quello che, a consuntivo, viene calcolato dall'Istat ai fini della procedura sui deficit eccessivi di cui al Trattato di Maastricht e, pertanto, di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita”.

 

Per il solo anno 2008, gli enti che nel triennio 2003-2005 hanno registrato un saldo medio di competenza mista positivo e maggiore del saldo medio di cassa possono scegliere di conseguire l’obiettivo di miglioramento in termini di saldo finanziario di competenza mista o, in alternativa, in termini di cassa e di competenza.

 

La medesima lettera e) provvede altresì ad introdurre il comma 681-bis nella legge finanziaria 2007, che prevede una riduzione degli obiettivi programmatici in favore degli enti di cui al comma 679-bis, vale a dire quelli che presentano una media positiva del saldo di cassa del periodo 2003-2005, qualora essi presentino nel medesimo triennio 2003-2005 un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio immobiliare e mobiliare superiore al 15 per cento della media delle entrate finali (considerate al netto delle riscossioni di crediti).

Il comma 681-bis precisa peraltro che tali entrate in conto capitale derivanti da dismissionidel patrimonio immobiliare e mobiliare non devono essere state utilizzate nel triennio considerato per l’estinzione anticipata dei prestiti.

 

Qualora la media 2003-2005 delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio soddisfino le suddette condizioni (sono cioè superiori al 15% della media delle entrate finali e non sono mai state destinate, nel triennio, all’estinzione dei prestiti), il comma prevede, per gli enti “in avanzo”, una riduzione degli obiettivi programmatici per gli anni 2008-2010, in misura pari alla differenza tra l’ammontare dei proventi che eccedono il 15% e l’importo annuo della manovra, determinato ai sensi dei commi 678 e 679.

Gli enti considerati hanno diritto alla riduzione dell’obiettivo, in misura pari al valore così determinato, soltanto se tale differenza risulti positiva, vale a dire soltanto se la quota eccedente delle entrate derivanti da dismissioni dell’ente risulti superiore all’entità, in valori assoluti, del concorso dell’ente stesso alla manovra.

Se la differenza è pari a zero o è negativa gli obiettivi programmatici restano determinati in misura pari al saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

Con il comma 681-bis si è voluto pertanto dare soluzione alle difficoltà insorte per gli enti locali che nel triennio di riferimento 2003-2005 avevano registrato entrate straordinarie dovute all’alienazione di beni patrimoniali (non destinate peraltro all’estinzione anticipata dei mutui), non più ripetibili negli anni successivi, garantendo ad essi una riduzione dell’obiettivo programmatico attraverso la deduzione dell’eccedenza dei proventi da alienazioni rispetto all’obiettivo prefissato.

 

La lettera f) modifica il comma 683 della legge n. 296/2006, che reca i criteri contabili per il computo del saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e di quello medio del triennio 2003-2005, introducendo il criterio della competenza mista per il calcolo del saldo finanziario degli anni 2008, 2009 e 2010, oltre che per quello del triennio di riferimento 2003-2005, e confermando per il solo anno 2007 il riferimento, nel computo del saldo, sia alla gestione di competenza che a quella di cassa.

 

Non vengono peraltro modificati i criteri di calcolo del saldo finanziario, che continua dunque ad essere calcolato quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, considerato al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, secondo i medesimi criteri adottati dal comma 680 per la determinazione del saldo utile ai fini del calcolo del concorso alla manovra.

E’ prevista l’esclusione di un’unica voce, relativa alle entrate in conto capitale riscosse nel triennio 2003-2005, derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare destinate nel medesimo triennio all’estinzione anticipata di prestiti.

Per i soli comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, dal computo del saldo finanziario utile ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi programmatici sono inoltre escluse le spese, in conto capitale e di parte corrente, autorizzate dal Ministero, relative all’attivazione di nuove sedi di uffici giudiziari, ivi incluse quelle relative al trasloco. Come peraltro precisa la Circolare n. 12/2007, l’esclusione dal saldo delle suddette spese opera solo con riferimento al triennio 2007-2009 - e non anche sul saldo medio del triennio 2003/2005 - e riguarda sia la gestione di competenza che quella di cassa.

A seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 81/2007 (conv. con modificazioni, dalla legge n. 127/2007), nel computo del saldo finanziario non sono considerate:

-        le spese in conto capitale e di parte corrente sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza, limitatamente all’anno 2007;

-        le spese di investimento finanziate nell'anno 2007 mediante l'utilizzo di una quota dell'avanzo di amministrazione, per i soli enti che negli ultimi tre anni hanno rispettato il patto. L'esclusione delle spese di investimento è commisurata all'avanzo di amministrazione accertato al 31 dicembre 2005 e determinata: a) nella misura del 17%, per le province la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa risulta positiva. Per le restanti province la misura è del 2,6%; b) nella misura del 18,9%, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e fino a 100.000 abitanti la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa risulta positiva. Per i restanti comuni della stessa fascia demografica la misura è del 2,9%; c) nella misura del 7% per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa, risulta positiva. Per i restanti comuni della stessa fascia demografica la misura è dell’1,3%.

 

La lettera g)sostituisce il comma 684 della legge n. 296/2006, relativo alla redazione, a partire dal 2007, del bilancio di previsione degli enti soggetti al pattodi stabilità interno in coerenza con l’obiettivo programmatico da raggiungere. La previsione è stata introdotta soprattutto in considerazione del fatto che le regole del patto dettate per l’anno 2007 e seguenti interessano l’intero bilancio e non più, come in passato, solo alcuni aggregati di spesa.

La nuova formulazione del comma 684, ribadendo il principio contabile della obbligatorietà del rispetto del patto di stabilità interno come elemento necessario per l’approvazione del bilancio di previsione, fa decorrere dal 2008 le nuove regole sulla definizione del bilancio.

In particolare, stabilisce che il bilancio di previsione degli enti locali ai quali si applicano le disposizioni del patto deve essere approvato iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente in misura tale che, unitamente alle previsioni dei flussi di cassa di entrate e spese di parte capitale, al netto delle riscossioni e delle concessioni di crediti, sia garantito il rispetto delle regole che disciplinano il patto.

In sostanza, la nuova formulazione del comma 684 è in coerenza con l’applicazione del nuovo criterio della competenza mista, introdotto per quanto concerne il calcolo del saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità a partire dal 2008, che considera le previsioni di entrate e di spese di parte corrente in termini di competenza e le previsioni di entrate e di spese di parte capitale in termini di cassa.

A tal fine, la norma prevede altresì che gli enti locali provvedano ad allegare al bilancio di previsione un apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno.

 

La lettera h)sostituisce il comma 685 della legge n. 296/2006, recante, insieme al comma 686, le modalità del monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno.

In sostanza, la nuova formulazione del comma 685 conferma le procedure introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno, prevedendo che tutti gli enti soggetti al patto di stabilità interno hanno l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa.

La comunicazione dovrà essere indirizzata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, esclusivamente attraverso l’utilizzo del sistema web appositamente istituito per il monitoraggio del patto di stabilità.

Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali. Con lo stesso decreto verrà definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi dei commi 678, 679, 679-bis e 681-bis.

Il nuovo comma 685 sottolinea peraltro, diversamente dalla legislazione vigente, l’obbligatorietà della trasmissione delle suddette informazioni al Ministero dell’economia e delle finanze prevedendo che la mancata trasmissione del prospetto dimostrativo degli obiettivi programmatici costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.

Anche la mancata comunicazione al sistema web della situazione di commissariamento dell’ente per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso–che, ai sensi del comma 688 della legge n. 296/2006, esclude gli enti dall’applicazione del patto di stabilità fino l’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali[53]- determina per l'ente inadempiente l'assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno.

Analogamente, la modifica apportata dalla lettera l) al comma 686 della legge finanziaria 2007, mantenendo fermi gli ulteriori adempimenti ivi previsti ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno - obbligo per gli enti soggetti al patto deve inviare al Ministero dell'economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 685 – è volta ad aggiungere anche in questo comma la previsione per cui la mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.

 

Va ricordato che le misure di carattere sanzionatorio applicabili agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente, sono definite dai commi 691-693 della legge n. 296/2006.

I citati commi prevedono, in sostanza, un meccanismo di automatismo fiscale (incremento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione), che si attiva qualora l’ente, a seguito della diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri, non adotti autonomamente le necessarie misure per il riassorbimento dello scostamento.

 

La lettera i)introduce il comma 685-bisalla legge n. 296/2006 che intende attivare un nuovo sistema di acquisizione di dati, condiviso tra Governo e enti locali, riguardanti la competenza finanziaria dei bilanci di comuni e province, che - in aggiunta al SIOPE[54] (Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici), che rileva telematicamante tutte le operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai cassieri delle amministrazioni pubbliche - possa consentire, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni degli enti locali, una analisi più completa degli andamenti della finanza locale.

Scopo del sistema è infatti quello di monitorare, in corso d’anno, gli accertamenti e gli impegni assunti, secondo aggregazioni e scansioni temporali adeguate alle esigenze della finanza pubblica.

I relativi contenuti e modalità sono stabiliti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Interno e con il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. La concreta realizzazione del sistema è tuttavia condizionata, sia alla previa quantificazione dei costi che all'individuazione della relativa copertura finanziaria.

 

La lettera m) aggiunge il comma 686-bis alla legge n. 269/2006, con il quale si autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ad adottare adeguate misure di contenimento dei prelevamenti effettuati dagli enti locali sui conti della tesoreria statale, qualora si registrino prelevamenti non coerenti con gli obiettivi in materia di debito assunti con l'Unione europea.


 

Articolo 1, comma 386
(Esclusione degli enti commissariati dal patto di stabilità per il 2008)

386. È prorogata per l’anno 2008 l’esclusione dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, già prevista per gli anni 2006 e 2007 dall’articolo1, comma 689, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli enti locali per i quali negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno, l’organo consiliare è stato commissariato ai sensi degli articoli 141 e 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Relativamente alle spese per il personale, si applicano a questi enti le disposizioni previste per gli enti inclusi negli obiettivi del patto di stabilità interno.

 

Il comma 386 dell’articolo 1 estende all’anno 2008 l’applicazione della disposizione contenuta all’articolo 1, comma 689, della legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 296/2006), relativa alla esclusione dal patto di stabilità interno degli enti locali commissariati negli anni 2004 e 2005, sia per fenomeni di tipo mafioso che per le motivazioni previste dall’articolo 141 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

Il citato comma 689 della legge n. 269/2006 prevedeva l’esclusione degli enti locali commissariati nel 2004 e 2005 dal patto di stabilità interno valido per il 2006 e il 2007.

 

Più precisamente, si intendono esclusi per l’anno 2008 dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno gli enti locali i cui organi consiliari siano stati commissariati negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno:

§      per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ovvero

§      nelle ipotesi previste dall’articolo 141 del Testo unico, che dispone lo scioglimento degli organi consiliari: a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco, dimissioni del sindaco, ecc.; c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.

 

Nonostante tali enti commissariati siano esclusi dai vincoli del patto di stabilità per il 2008, il secondo periodo della norma in esame prevede l’applicazione per questi enti degli obiettivi di contenimento della spesa per il personale, secondo le medesime disposizioni previste per gli enti soggetti al patto (cfr. successivo articolo 3, comma 78).


 

Articolo 3, comma 137
(Esclusione dei maggiori oneri di personale dal patto di stabilità per l’anno 2008)

 

137. In relazione a quanto previsto dalle intese ed accordi di cui al comma 131, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno i corrispondenti maggiori oneri di personale sono esclusi, per l’anno 2008, dal computo delle spese rilevanti ai fini del rispetto delle disposizioni del patto di stabilità.

 

Il comma 137 dell’articolo 3 si riferisce alle regioni e agli enti locali sottoposti a patto di stabilità interno disponendo l’esclusione, per l’anno 2008, dal computo delle spese rilevanti ai fini del rispetto del patto stesso, dei maggiori oneri di personale determinatisi in virtù delle intese e degli accordi intercosi tra Governo e OO.SS. in materia di pubblico impiego.

 

Si ricorda, infatti, che i commi da 131 a 137 dell’articolo 3 recano disposizioni relative all’integrazione delle risorse per i rinnovi contrattuali per il biennio 2006-2007 per il personale delle pubbliche amministrazioni. In sostanza, si è provveduto a dare attuazione alle intese ed accordi intercorsi tra Governo e OO.SS. in materia di pubblico impiego del 6 aprile 2007 e 29 maggio 2007, in modo da garantire il riconoscimento di benefici economici medi pari a 101 euro mensili per i dipendenti del comparto Ministeri ed incrementi corrispondenti per i dipendenti dei rimanenti comparti.

A tal fine, il comma 131dispone un incremento delle risorse destinate, dall’articolo 1, comma 546, della legge finanziaria per il 2007, per il biennio 2006-2007, alla contrattazione collettiva nazionale relativa al personale contrattualizzato dipendente dalle amministrazioni dello Stato (comprese le Agenzie fiscali e la Presidenza del Consiglio dei ministri) di 1.081 milioni di euro per l’anno 2008 e di 220 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

 


Contenimento delle spese

 

Articolo 2, commi 572-573
(Razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi )


572. In relazione ai parametri di prezzo-qualità di cui al comma 3 dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso Consip s.p.a., entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche gli strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l'utilizzo dei detti parametri, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.

573. Per raggiungere gli obiettivi di contenimento e di razionalizzazione della spesa pubblica, fermo restando quanto previsto dagli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i soggetti aggiudicatori di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, possono ricorrere per l'acquisto di beni e servizi alle convenzioni stipulate da Consip s.p.a. ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nel rispetto dei princìpi di tutela della concorrenza.


 

I commi da 569 a 576 dell’articolo 2recano norme volte a razionalizzare il sistema degli acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche.

In particolare, il comma 572 prevede che il Ministero dell’economia, attraverso CONSIP S.p.a., metta a disposizione delle amministrazioni pubbliche, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria, strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l’utilizzo dei parametri di prezzo-qualità stabiliti da CONSIP S.p.a per l’acquisto di beni e servizi, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.

La disposizione è finalizzata a garantire un’effettiva applicazione delle disposizioni in materia di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione di cui all’articolo 26 della legge 488/1999, precisando e confermando, al fine di evitare dubbi interpretativi, che gli acquisti di beni e servizi, anche da parte delle amministrazioni regionali e locali, oltre che centrali, debbano fare riferimento ai parametri Consip.

 

Il comma 573 estende la possibilità di ricorrere per gli acquisti di beni e servizi alle convenzioni quadro Consip a tutti i soggetti tenuti all’applicazione della normativa nazionale e comunitaria in tema di appalti pubblici - ossia i “soggetti aggiudicatori”ai sensi del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

Ai sensi del Codice degli appalti pubblici (articolo 3, comma 25 del D.Lgs. 163/2006[55]), sono “soggetti aggiudicatori” i seguenti soggetti: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

 

La norma specifica peraltro che rimane fermo il sistema degli acquisti della P.A. mediante convenzioni, come risultante dalle disposizioni di cui alla legge finanziaria 2000 (articolo 26), legge finanziaria 2001 (articolo 58) e legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 449).

 

In particolare, l’art. 26, comma 3, della legge 488/1999 (finanziaria 2000) combinato con il disposto dell’art. 58 della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) prevede che le amministrazioni pubbliche possano ricorrere alleconvenzioni Consip[56], ovvero possano utilizzarne i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l'acquisizione di beni e servizi.

L’ultimo periodo di tale comma disponeva che quanto sopra non si applicasse ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e ai comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti. Su tale disposizione ha inciso l’articolo 1, comma 449 della legge finanziaria 2007. Il comma 449, in particolare:

-        demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione, entro il mese di gennaio di ogni anno, delle tipologie di beni e servizi per il cui approvvigionamento le amministrazioni statali centrali e periferiche - ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - sono obbligate a utilizzare le convenzioni–quadro stipulate dalla Consip s.p.a.;

-        dispone che gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento, la cui istituzione è prevista al comma 456 della stessa legge finanziaria 2007;

-        dispone che le restanti amministrazioni pubbliche, tra cui rientrano gli enti territoriali, possono ricorrere alle convenzioni Consip e a quelle stipulate dalle centrali regionali di acquisto, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti.


 

Articolo 2, commi 594-600
(Contenimento delle spese di funzionamento delle amministrazioni pubbliche)

 


594. Ai fini del contenimento delle spe­se di funzionamento delle proprie strutture, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo1, comma 2, deldecreto legisla­tivo 30 marzo 2001, n. 165, adottano piani triennali per l’individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell’uti­lizzo:

a) delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell’automazione d’ufficio;

b) delle autovetture di servizio, attra­verso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo;

c) dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali.

595. Nei piani di cui alla lettera a) del comma 594 sono altresì indicate le misure dirette a circoscrivere l’assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità e limitatamente al periodo necessario allo svolgimento delle partico­lari attività che ne richiedono l’uso, individuando, nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza dei dati personali, forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze.

596. Qualora gli interventi di cui al comma 594 implichino la dismissione di dotazioni strumentali, il piano è corredato della documentazione necessaria a dimostrare la congruenza dell’operazione in termini di costi e benefici.

597. A consuntivo annuale, le ammini­strazioni trasmettono una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti competente.

598. I piani triennali di cui al comma 594 sono resi pubblici con le modalità pre­viste dall’articolo11deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dall’articolo 54 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005.

599. Le amministrazioni di cui al comma 594, sulla base di criteri e modalità definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, sentita l’Agenzia del demanio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, all’esito della ricognizione propedeutica alla adozione dei piani triennali di cui alla lettera c) del comma 594 provvedono a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze i dati relativi a:

a) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infra­strutturali, sui quali vantino a qualunque titolo diritti reali, distinguendoli in base al relativo titolo, determinandone la consi­stenza complessiva ed indicando gli eventuali proventi annualmente ritratti dalla cessione in locazione o in ogni caso dalla costituzione in relazione agli stessi di diritti in favore di terzi;

b) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infra­strutturali, dei quali abbiano a qualunque titolo la disponibilità, distinguendoli in base al relativo titolo e determinandone la consistenza complessiva, nonché quantifi­cando gli oneri annui complessivamente sostenuti a qualunque titolo per assicurarne la disponibilità.

600. Le regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dai commi da 588 a 602.


 

 

Icommi da 594 a 600 dell’articolo 2 recano norme complessivamente finalizzate alla razionalizzazione della spesa delle pubbliche amministrazioni.

 

Più in particolare, il comma 594 dispone che le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[57], adottino piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo:

§      delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio;

§      delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo;

§      dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali.

 

In relazione alle dotazioni strumentali, il comma 595 dispone che nei piani triennali siano indicate altresì misure dirette alla limitazione dell’asse­gnazione di telefoni cellulari al personale in servizio.

Nello specifico, tali misure:

§      sono dirette a circoscrivere l'assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità, limitatamente alperiodo necessario allo svolgimento delle particolari attività che ne richiedono l'uso,

§      individuano, nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza dei dati personali, forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze.

 

Il comma 596 prescrive che, qualora gli interventi di pianificazione implichino la dismissione di dotazioni strumentali, essi siano corredati della documentazione necessaria a dimostrare la congruenza dell'operazione in termini di costi e benefici.

 

Il comma 597 dispone la trasmissione, a consuntivo annuale, di una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti competente.

Il comma 598, infine, prevede che i suddetti piani triennali siano resi pubblici dagli Uffici per le Relazioni con il Pubblico e attraverso la pubblicazione sui siti web delle pubbliche amministrazioni, secondo le modalità previste, rispettivamente, dall’articolo 11 del citato decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dall'articolo 54 del Codice dell'amministrazione digitale.

 

Il comma 599 prevede disposizioni per il censimento degli immobili in mano pubblica. Tutte le pubbliche amministrazioni interessate dalla suddetta pianificazione triennale sono infatti tenute a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, all’esito della ricognizione propedeutica alla redazione del piano triennale di razionalizzazione di cui al comma 7, lettera c), i datirelativi a:

a)  i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, sui quali vantino a qualunque titolo diritti reali. Si dispone che essi vengano distinti in base al relativo titolo, determinandone la consistenza complessiva ed indicando gli eventuali proventi annualmente ritratti dalla cessione in locazione o in ogni caso dalla costituzione in relazione agli stessi di diritti in favore di terzi;

b)  i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, dei quali abbiano a qualunque titolo la disponibilità, distinguendoli in base al relativo titolo e determinandone la consistenza complessiva, nonché quantificando gli oneri annui complessivamente sostenuti a qualunque titolo per assicurarne la disponibilità.

La comunicazione di tali dati avviene sulla base di criteri e modalità definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare, sentita l'Agenzia del demanio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

 

Il comma 600,nel presupposto che la materia disciplinata dall’articolo in esame afferisca al coordinamento della finanza pubblica (in relazione al quale la Costituzione prevede la legislazione concorrente), dispone che le Regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, adottino, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dal presente articolo.


 

Articolo 3, comma 18
(Efficacia dei contratti di consulenza stipulati con le pubbliche amministrazioni)

 

18. I contratti relativi a rapporti di consulenza con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono efficaci a decorrere dalla data di pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale dell’ammini­strazione stipulante.

 

 

Il comma 18 dispone in ordine al diverso tema delle consulenze delle pubbliche amministrazioni.

Esso condiziona l’efficacia dei contratti di consulenza stipulati con le pubbliche amministrazioni (individuate mediante l’usuale rinvio all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001) alla pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale della pubblica amministrazione stipulante.

 

Si ricorda che la materia degli incarichi di consulenza delle pubbliche amministrazioni è stata oggetto, nel corso degli ultimi anni, di una pluralità di interventi di contenimento.

L’articolo 1, comma 9, della legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005) ha stabilito, ad esempio, che, a decorrere dall’anno 2006, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni non può essere superiore al 40 per cento di quella sostenuta nell'anno 2004. Precedentemente, l’articolo 1, comma 11, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) ha previsto che l'affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all'amministrazione debba essere adeguatamente motivato e che è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell'ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l'atto di affidamento di incarichi e consulenze deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L'affidamento di incarichi in assenza dei predetti presupposti costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Si ricorda, inoltre, per quanto concerne l’affidamento di incarichi di consulenze, che ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, le amministrazioni pubbliche - a fronte di esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio - possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

L’art. 53 del citato D.Lgs. 165/2001 stabilisce inoltre che le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti .

L'altra norma di riferimento in materia - in relazione agli enti locali - è l'articolo 110, comma 6, del D.Lgs. n. 267/2000, in base al quale per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento sull'ordinamento degli uffici può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Accanto a tale norma di carattere generale, esistono poi altre disposizioni, di tipo speciale, che consentono agli enti locali di conferire incarichi (ad esempio l'articolo 17 della legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994, che prevede la possibilità, alle condizioni e con le modalità ivi stabilite, di conferire incarichi per la progettazione di opere pubbliche).

Le norme di carattere generale richiamate sono quelle che consentono, tra l’altro, il ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative: da esse emerge infatti la possibilità di ricorrere a rapporti di collaborazione solo per prestazioni di elevata professionalità e di elevata autonomia nel loro svolgimento.

Sempre con riferimento specifico agli enti locali, l’articolo 1, comma 42 della legge finanziaria 2005 disciplina il conferimento di incarichi di studio e di consulenze da parte degli enti locali con popolazione superiore a 5.000 abitanti, introducendo una serie di aggravi procedurali, volti a rendere più complesso il procedimento di affidamento degli incarichi a soggetti estranei all'amministrazione locale (adeguata motivazione del conferimento dell’incarico, con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale e trasmissione alla Corte dei conti dell’atto di affidamento).


 

Articolo 3, commi 54-57
(Consulenze ed incarichi esterni)

 


54. All’articolo1, comma 127, dellalegge 23 dicembre 1996, n. 662, le parole da: «pubblicano» fino a: «erogato» sono sostituite dalle seguenti: «sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’inca­rico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collabo­razione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto».

55. L’affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze, a soggetti estranei all’amministrazione può avvenire solo nell’ambito di un programma approvato dal consiglio ai sensi dell’articolo 42, comma 2, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

56. Con il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi emanato ai sensi dell’articolo 89del citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono fissati, in conformità a quanto stabilito dalle disposizioni vigenti, i limiti, i criteri e le modalità per l’affidamento di incarichi di collaborazione, di studio o di ricerca, ovvero di consulenze, a soggetti estranei all’amministrazione. Con il medesimo regolamento è fissato il limite massimo della spesa annua per gli incarichi e consulenze. L’affidamento di incarichi o consulenze effettuato in violazione delle disposizioni regolamentari emanate ai sensi del presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsa­bilità erariale.

57. Le disposizioni regolamentari di cui al comma 56 sono trasmesse, per estratto, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti entro trenta giorni dalla loro adozione.


 

 

Il comma 54 reca una novella all’art. 1, co. 127 della L. 662/1996[58], in materia di pubblicità dei rapporti di collaborazione e di consulenza a titolo oneroso.

Nel testo vigente il comma 127 stabilisce che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso debbano pubblicare elenchi nei quali sono indicati i soggetti percettori, la ragione dell’incarico e l’ammontare erogato e debbano trasmettere semestralmente copia di detti elenchi al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.

In base alla modifica testuale apportata dal comma in esame, le amministrazioni non devono limitarsi alla pubblicazione (in forma libera) degli elenchi, ma devono pubblicare sul loro sito web i provvedimenti con cui hanno affidato gli incarichi, con l’indicazione dei soggetti beneficiari dei pagamenti, degli importi erogati e della ragione dell’affidamento dell’incarico.

In caso di omessa pubblicazione, si prevede che la liquidazione del corrispettivo per la collaborazione o l’incarico costituisca illecito disciplinare e determini l’insorgere della responsabilità amministrativa del dirigente preposto.

Non viene innovata, invece, la disposizione relativa alla trasmissione degli elenchi al Dipartimento per la funzione pubblica.

In generale, si rileva che la norma in esame sembra presentare forti analogie e margini di sovrapponibilità con disposizioni introdotte negli ultimi annial fine di rafforzare la trasparenza circa gli incarichi di consulenza affidati dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, si segnala che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 223/2006 (c.d. “decreto Bersani 1”)[59], l’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 già prevede che le pubbliche amministrazioni[60] rendano noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico[61].

 

Al riguardo, si osserva, che rispetto all’art. 53 del D.Lgs 165/2001 la portata innovativa della disciplina in esame sembra limitarsi all’introduzione dell’obbligo di pubblicare non solo i dati relativi alle consulenze, ma anche i provvedimenti con i quali sono conferiti gli incarichi, con l’indicazione anche delle ragioni dell’incarico stesso. Inoltre, mentre la disposizione dell’articolo 53 del D.Lgs. 165/2001 fa riferimento ai soli consulenti, la disposizione oggetto della novella in esame si applicherebbe più genericamente anche a tutte le forme di collaborazione esterna.

 

Il comma 18 dell’art. 3 della presente legge (sul quale v. supra) prevede inoltre che l’efficacia dei contratti di consulenza stipulati con le pubbliche amministrazioni (individuate mediante l’usuale rinvio all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001) sia condizionato alla pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale della pubblica amministrazione stipulante.

 

I commi da 55 a 57 recano norme volte a rafforzare i controlli sulle spese degli enti locali per incarichi di studio o di ricerca, ovvero per consulenze.

 

In particolare, il comma 55 stabilisce che i suddetti incarichi possano essere conferiti dall’ente locale solo nell’ambito di un programma approvato dal Consiglio dell’ente stesso.

 

La norma richiama espressamente i programmi approvati ai sensi dell’art. 42, co. 2, lett. b) del testo unico sugli enti locali (T.U.E.L.[62]). Tale disposizione riporta un elenco delle attribuzioni dei Consigli comunali e provinciali, nella quale la competenza dell’organo consiliare ècircoscritta agli atti fondamentali di natura programmatoria o aventi un elevato contenuto di indirizzo politico, mentre sono affidati alle Giunte comunali tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo. In particolare, la lettera b) richiamata dalla disposizione in esame prevede che spetti ai Consigli la competenza su atti di programmazione e su documenti di bilancio (“programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie”). Il comma 4 del medesimo art. 42 esclude che deliberazioni in ordine alle materia affidate alla competenza dei Consigli possano essere adottate in via d’urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo per quanto attinente alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta, che devono essere sottoposte a ratifica del Consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.

 

La ratio della disposizione è evidentemente quella di limitare la discrezionalità delle Giunte comunali e provinciali nelle scelte circa l’affidamento di incarichi esterni, rimettendo la decisione in ordine alla previsione degli incarichi stessi ad un programma di carattere generale deliberato dall’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell’ente locale.

 

Il comma 56 demanda al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali[63] la definizione, in conformità alla legislazione vigente in materia, dei limiti, dei criteri e delle modalità per il conferimento di incarichi esterni, nonché del limite massimo della relativa spesa annua.

La disposizione reca inoltre una specifica norma sanzionatoria, prevedendo che il conferimento di incarichi esterni in violazione delle norme del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità amministrativa.

 

Quanto al campo di applicabilità della disciplina introdotta dai co. 55 e 56, si segnala che nelle due disposizioni si fa riferimento a fattispecie che non paiono del tutto coincidenti: mentre, infatti, il co. 55 menziona incarichi di studio o di ricerca e consulenze, il successivo comma indica anche, più genericamente, gli “incarichi di collaborazione”.

 

Le differenze tra le tre fattispecie individuate da entrambe le disposizioni (incarichi di studio, ricerca e consulenze) sono state oggetto di ricostruzione, in particolare da parte della giurisprudenza contabile.

In particolare si è evidenziato[64] come gli incarichi di studio possono essere individuati con riferimento ai parametri indicati dal D. P. R. n. 338/1994[65] che, all’articolo 5, determina il contenuto dell’incarico nello svolgimento di un’attività di studio, nell’interesse dell’amministrazione. In particolare, si individua come requisito essenziale, per il corretto svolgimento di un incarico di studio la consegna di una relazione scritta finale, nella quale saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte.

Per gli incarichi di ricerca, invece, la Coorte dei Conti riteneva invece necessaria la preventiva definizione del programma da parte dell’amministrazione, in modo analogo a quanto ora disposto dal comma 55 della disposizione in esame.

Le consulenze vengono, infine, identificate più genericamente nelle richieste di pareri ad esperti. In generale, con riferimento alla disciplina degli incarichi di studio e ricerca, nonché delle consulenze, si segnala in primo luogo che – con una disposizione di carattere generale, che trova applicazione con riferimento a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, e quindi anche agli enti locali – l’art. 7 del D.Lgs 165/2001, come modificato dal D.L. 223/2001[66] (c.d. “decreto Bersani 1), prevede (co. 6 e 6-bis) che le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa solo per esigenze cui non possano far fronte con personale in servizio e in favore di esperti di provata competenza (a seguito delle modifiche apportate dall’art. 3, co. 76, della presente legge – sulla quale v. infrasi è precisato che lacompetenzadebba risultaresulla base di particolare e comprovata specializzazione universitaria).

Gli incarichi devono essere, inoltre, attribuiti nel rispetto dei seguenti principi:

-        l’oggetto della prestazione deve rientrare nelle competenze dell’amministrazione conferente e deve corrispondere ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

-        l’amministrazione deve in via preliminare accertare l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane a disposizione;

-        la prestazione deve avere natura temporanea e altamente qualificata;

-        devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

La disposizione prevede altresì che tutte le amministrazioni pubbliche debbano disciplinare e rendere pubbliche procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

Con più specifico riferimento, agli enti locali il T.U.E.L.[67] si limita a stabilire che per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Peraltro, il comma 6-ter del ricordato art. 7 del D.Lgs. 165/2001 – anch’esso introdotto dal c.d. “decreto Bersani 1” – precisa che i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi debbano ispirarsi ai principi di carattere generale introdotti per tutte le pubbliche amministrazioni. Accanto a tale norma di carattere generale, esistono poi altre disposizioni, di tipo speciale, che consentono agli enti locali di conferire incarichi (ad esempio l'articolo 17 della legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994, che prevede la possibilità, alle condizioni e con le modalità ivi stabilite, di conferire incarichi per la progettazione di opere pubbliche).

 

Il successivo comma 57 prevede che le disposizioni del regolamento dei servizi e del personale adottate in materia di incarichi esterni in attuazione del comma 56 siano trasmesse per estratto alla sezione regionale della Corte dei Conti entro 30 giorni dalla loro adozione.

 

Con riferimento alla materia dei controlli sugli atti degli enti locali, occorre osservare in via preliminare che l’assetto di tali controlli ha subito profonde modifiche a seguito dell’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001. Fino a tale riforma, infatti, la Costituzione[68] prevedeva che un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercitasse, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali. Era altresì previsto che in casi determinati dalla medesima legge potesse essere esercitato un controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.

La legislazione attuativa di tale disposizione costituzionale si è progressivamente evoluta nel senso di affievolire la funzione di controllo, con l’abolizione totale del controllo di merito e la riduzione degli atti sottoposti a controllo di legittimità preventivo. L’ art. 126 del T.U.E.L. prevedeva in questo quadro che il controllo preventivo di legittimità di cui all’art. 130 Cost. si esercitasse esclusivamente sugli statuti dell’ente, sui regolamenti di competenza del Consiglio, esclusi quelli attinenti all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso Consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal Consiglio, sul rendiconto della gestione. L’art. 127 prevedeva inoltre forme di controllo eventuale, attivabili su richiesta di un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, per deliberazioni riguardanti:

-        appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario;

-        dotazioni organiche e relative variazioni;

-        assunzioni del personale.

Il sistema delineato è tuttavia stato superato dal nuovo quadro costituzionale, che è unanimemente stato interpretato nel senso della soppressione dei controlli di legittimità di tipo preventivo e del venir meno dei compiti affidati in materia ai comitati regionali di controllo (Co.re.Co.). Come osservato anche dal Consiglio di Stato[69], infatti, deve ritenersi che “con l’abrogazione dell’art. 130 Cost., siano venuti meno, insieme alle norme che li disciplinavano, i controlli di legittimità sugli atti degli enti locali”.

In questo quadro, particolare rilievo assumono, quindi, i controlli – di diverso carattere – attribuiti dalla legislazione vigente alla Corte dei conti.

Tali forme di controllo sono comunemente ricostruite dalla dottrina in termini di controlli “ausiliari” ad altre attività, in quanto volti a consentire in particolare una maggiore efficacia del controllo politico effettuato dalle assemblee elettive, sia a livello centrale, che a livello degli enti territoriali. Con riferimento al rapporto con tali ultimi enti, la dottrina e la giurisprudenza hanno altresì evidenziato la natura “collaborativa” dei controlli svolti dalla Corte, sottolineando come essi siano tesi a stimolare autonome misure correttive da parte degli enti locali, delle quali la Corte stessa può valutare congruità ed efficacia.

Quanto ai controlli svolti dalla Corte dei conti con riferimento alle autonomie territoriali, assumono in primo luogo rilievo le disposizioni dell’art. 3, co. 4, 5 e 6 della L. 20/1994[70], con le quali è stato disciplinato il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, il controllo sulla gestione delle amministrazioni regionali e dei loro enti strumentali, nonché il controllo sulla gestione degli enti locali territoriali e i loro enti strumentali (e anche delle università e delle istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione). Con particolare riferimento agli enti locali, la L. 20/1994 ha mantenuto in vigore i controlli già previsti dal D.L 786/1981[71], che prevedeva l’esame dei conti consuntivi delle province e dei comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti ai fini di riferire al riguardo al Parlamento.

In particolare l’art. 7 della L. 131/2003[72] (c.d. legge La Loggia), nel disciplinare forme di controllo successivo sugli enti locali, reca[73] un’articolata disciplina delle funzioni della Corte dei conti, a fini di coordinamento della finanza pubblica: in particolare, la Corte è tenuta a verificare il rispetto degli equilibri di bilancio da parte degli enti territoriali, nonché (tramite le sezioni regionali di controllo) il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni. Al fine di rafforzare la natura collaborativa dei controlli previsti, l’art. 7 prevede inoltre che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti riferiscano sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai Consigli degli enti controllati.

Comuni, Province e Città metropolitane possono richiedere, di norma attraverso il Consiglio delle autonomie locali, ulterioriforme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

In questo quadro, nel quale il controllo della Corte dei Conti non ha ad oggetto singoli atti, bensì la gestione complessiva dell’ente locale, e non mira direttamente alla irrogazione di sanzioni, ma ad evitare il verificarsi o il ripetersi di irregolarità o disfunzioni, è successivamente intervenuto l’art. 1, commi 166-169, della legge finanziaria per il 2006[74].

Tale disposizione ha introdotto una nuova forma di controllo della Corte dei Conti, imponendo la trasmissione alla Corte di apposite relazioni degli organi di revisione degli enti locali sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto di esercizio ai fini di un monitoraggio finalizzato in particolare a prevenire squilibri di bilancio. A tal fine, si prevede che la Corte dei conti definisce unitariamente criteri e linee guida cui debbono attenersi gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria nella predisposizione della relazione d trasmettere. Qualora le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertino comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno, adottano una specifica pronuncia al riguardo, vigilando sull’adozione da parte dell’ente locale delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto di stabilità interno

Con riferimento alla compatibilità con il quadro costituzionale delineatosi a seguito della modifica del titolo V della Costituzione di disposizioni statali che introducono forme di controllo contabile sugli enti locali, si segnala che recentemente, con la sent. 179/2007, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all’art. 1, commi 166-169, della legge finanziaria per il 2006. Al riguardo, la Consulta ha avuto modo di evidenziare come dette norme “introducono un nuovo tipo di controllo affidato alla Corte dei conti, dichiaratamente finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost.”.

In questo contesto, la Corte ha sottolineato la natura collaborativa del controllo disciplinato dalle norme della finanziaria per il 2006, che si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente stesso l’adozione delle misure necessarie. C’è, dunque – secondo la Corte – una netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività amministrativa degli enti, che sono sottoposti al controllo stesso, né la Corte ritiene possa dirsi che la vigilanza sull’adozione delle misure necessarie da parte degli enti interessati implichi un’invasione delle competenze amministrative di questi ultimi, poiché l’attività di vigilanza, limitatamente ai fini suddetti, è indispensabile per l’effettività del controllo stesso.

Pertanto, la Consulta ritiene che, alla luce del fatto che il controllo sulla gestione finanziaria è complementare rispetto al controllo sulla gestione amministrativa, ed è utile per soddisfare l’esigenza degli equilibri di bilancio, la previsione da parte di una legge dello Stato del controllo in esame rientri nella competenza propria di quest’ultimo di dettare principi nella materia concorrente della “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica” (art. 117, terzo comma, Cost.).

Al riguardo, si ricorda altresì che con la sentenza n. 417 del 2005, la Corte Costituzionale aveva, tra l’altro, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di una disposizione[75] la quale prevedeva che gli organismi degli enti locali competenti in materia di controlli di gestione dovessero fornire le proprie conclusioni, oltre che agli amministratori ed ai responsabili dei servizi, anche alla Corte dei conti.

In quella sede la Corte evidenziò come tale obbligo non fosse di per sé idoneo a pregiudicare l'autonomia delle regioni e degli enti locali, in quanto esso doveva considerarsi «espressione di un coordinamento meramente informativo»

Richiamando la propria precedente giurisprudenza in materia, la Corte riconduce inoltre la disposizione alla competenza statale in materia di princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, con funzione regolatrice della finanza pubblica allargata, allo scopo di assicurare il rispetto del patto di stabilità. La finalità dell'azione di coordinamento finanziario comporta infatti che a livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì la determinazione di norme puntuali, quali quelle relative alla disciplina degli obblighi di invio di informazioni sulla situazione finanziaria dalle regioni e dagli enti locali alla Corte dei conti. La fissazione di dette norme da parte del legislatore statale è diretta, infatti, a realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario – che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali - e, proprio perché viene «incontro alle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di rispetto del patto di stabilità interno», è idonea a realizzare l'ulteriore finalità del buon andamento delle pubbliche amministrazioni.

 


Personale

 

Articolo 1, comma 357
(Distacco del personale dall’Agenzia del territorio ai comuni)

357. Il distacco del personale dall’Agenzia del territorio ai comuni in attuazione dell’articolo1, comma 199, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è disposto con le modalità di cui all’articolo30, comma 2, deldecreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

 

Il comma 357prevede che il distacco del personale dall’Agenzia del territorio ai comuni, in attuazione dell’articolo 1, comma 199, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) che ha previsto l’assegnazione ai comuni delle funzioni catastali, sia disposto con le modalità di cui all’articolo 30, comma 2, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276[76].

 

I commi da 195 a 200 dell’art. 1 della L. 296/2006 recano le modalità di esercizio delle funzioni catastali spettanti agli enti locali. In particolare, il comma 195 prevede che i comuni – a decorrere dal 1° novembre 2007 – esercitino direttamente le funzioni catastali ad essi attribuite dall’articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. In base alla condizione posta nel richiamato comma 199, l’Agenzia del territorio è tenuta a salvaguardare il mantenimento degli attuali livelli di servizio all’utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso, su tutto il territorio nazionale, la circolazione e la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia deve inoltre fornire assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale. Si prevede che l’assegnazione di personale (dall’Agenzia ai comuni) possa avere luogo anche attraverso, appunto, l’istituto del distacco.

In proposito, si ricorda che l’art. 30 del D.Lgs. 276/2003 ha disciplinato l’istituto del distacco, che si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa (comma 1).Inoltre, in caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore (comma 2).Il distacco che comporti un mutamento di mansioni, ai sensi del comma 3, deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.


 

Articolo 2, commi 550-552
(Disposizioni in materia di lavoratori socialmente utili)

 


550. Nel limite di spesa di 55 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale è autorizzato a stipulare apposite convenzioni con i comuni destinatari degli interventi di cui all’articolo1, comma 1166, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, previa intesa con le regioni competenti, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavoratori socialmente utili, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU), per l’attuazione di misure di politiche attive del lavoro finalizzate alla stabilizzazione occupazionale dei lavoratori impiegati in ASU, nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, nonché dei soggetti utilizzati da questi ultimi attraverso convenzioni stipulate ai sensi dell’articolo10, comma 3, deldecreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, estendendo a quest’ultima tipologia di lavoratori i benefìci e gli incentivi previsti per i lavoratori socialmente utili.

551. Per le finalità di cui al comma 550, gli enti utilizzatori possono avvalersi, in deroga ai vincoli legislativi in materia di assunzioni e di spesa annuale di cui all’articolo1, comma 557, dellacitatalegge n. 296 del 2006, della facoltà di procedere ad assunzioni in pianta organica a tempo indeterminato nelle categorie A e B dei soggetti di cui al comma 550, nonché ad assunzioni a tempo determinato, con inquadramento nelle categorie C e D, secondo i profili professionali previsti dai rispettivi ordinamenti, in ogni caso attraverso procedure selettive. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale dispone annualmente con proprio decreto, a far data dall’esercizio 2008, a beneficio dei comuni di cui al comma 550, la copertura integrale degli oneri relativi alla prosecuzione delle ASU e alla gestione a regime delle unità stabilizzate tramite assunzioni in pianta organica o assunzione a tempo determinato.

552. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è autorizzato, nel limite di spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, a concedere un contributo ai comuni con meno di 50.000 abitanti per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con oneri a carico del bilancio comunale da almeno otto anni, utilizzando quota parte delle risorse trasferite alle regioni in attuazione della legge 17 maggio 1999, n. 144.


 

Il comma 550autorizza il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la regione interessata[77], a stipulare, nel limite di spesa annuo di 55 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, apposite convenzioni direttamente con i comuni destinatari degli interventi di cui all’articolo 1, comma 1166, della legge finanziaria 2007, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, ai fini dello svolgimento di attività socialmente utili (ASU), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro volte a garantire una definitiva stabilizzazione occupazionale sia dei lavoratori impiegati in ASU che siano nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno tre anni, sia dei lavoratori che, provenienti dal medesimo bacino, siano già stati interessati dalle convenzioni di cui all’articolo 10, comma 3[78], del D.Lgs. 468 del 1997[79], provvedendo ad estendere a quest’ultima categoria di lavoratori i benefici e gli incentivi previsti per i lavoratori socialmente utili.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1166, della legge finanziaria 2007 ha provveduto:

-        ad autorizzare il Ministro del lavoro, previa intesa con la regione interessata, a prorogare, limitatamente all’esercizio 2007, le convenzioni stipulate direttamente con gli enti locali, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, ai fini dello svolgimento delle attività socialmente utili (ASU), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro, riproducendo analoghe disposizioni contenute nell’art. 1, comma 430, della legge finanziaria per il 2006 (L. 266/2005);

-        in presenza delle predette convenzioni, a prorogare sino al 31 dicembre 2007 il termine relativo alla destinazione delle risorse del Fondo per l'occupazione (impegnate per attività socialmente utili) per il pagamento dei sussidi e degli assegni ai soggetti impegnati in attività socialmente utili.

 

Si ricorda inoltre che l’articolo 10, comma 3, del D.Lgs. 468/1997 ha disposto, per l'affidamento a terzi dello svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti di lavori socialmente utili da essi promossi, che gli enti interessati possano, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti, stipulare convenzioni di durata non superiore a 60 mesi con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani, a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia costituita nella misura non inferiore al 40% da lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi ancorché promossi da altri enti e nella misura non superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati, in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, o di soci lavoratori, o di partecipanti al consorzio.

Successivamente, l’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81[80], così come modificato dall’articolo 52, comma 71, della L. 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) ha disposto l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 10, commi 1, 2 e 3, del D.Lgs. 468 del 1997, fino al 31 dicembre 2002.

 

Il comma 551 prevede la possibilità,da parte degli enti utilizzatori di lavoratori socialmente utili, in deroga ai vincoli in materia di assunzioni e di spesa per il personale di cui all’articolo 1, comma 557, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), di procedere:

§      all’assunzione di ruolo a tempo indeterminato, con inquadramentonelle categorie A e B, dei lavoratori impiegati in ASU e dei soggetti utilizzati dai comuni sulla base delle su citate convenzioni;

§      ad assunzioni a tempo determinato con inquadramento nelle categorie C e D, secondo i profili professionali previsti dai rispettivi ordinamenti e comunque attraverso procedure selettive.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 557, della legge finanziaria 2007, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 previste dalla stessa legge finanziaria 2007, attua una revisione, a partire dall’anno 2007, degli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno[81] relativi al contenimento delle spese per il personale. Si consideri infatti che, nell’ambito della legge finanziaria 2007, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno gli obiettivi di risparmio perseguiti dalla precedente dettagliata disciplina vincolistica di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 (Finanziaria per il 2005) e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005 (Finanziaria per il 2006), sono confluiti nelle regole del patto di stabilità interno e nei rispettivi saldi finanziari da rispettare.

Ribadendo l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale da perseguire anche tramite la razionalizzazione delle strutture amministrative, il menzionato comma 557 si limita ad indicare ai medesimi enti, come principi meramente orientativi, una serie di regole fissate per le amministrazioni dello Stato su cui possono far leva, nella loro autonomia, per ridurre la spesa per il personale in funzione del rispetto dei saldi finanziari fissati dalle regole del patto di stabilità interno.

Lo stesso comma prevede quindi che le disposizioni volte a stabilire limiti alla possibilità di effettuare assunzioni e specifici obiettivi di riduzione della spesa per il personale di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005 non si applicano più a decorrere dal 1° gennaio 2007 alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità, ferma restando la loro applicazione per gli anni 2005 e 2006.

 

Si consideri, inoltre, che il sistema professionale di inquadramento del personale è articolato in maniera differente nella contrattazione relativa al comparto regioni ed autonomie locali (dove sono previste le “categorie”) rispetto a quella del comparto Ministeri (dove invece sono previste le “aree”)

La classificazione professionale del personale non dirigente del comparto regioni ed autonomie locali è stata rivista con il CCNL del 31 marzo 1999.

Il sistema di classificazione in questione è articolato in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D. Per il personale della categoria D è prevista la istituzione di una area delle posizioni organizzative.

Le categorie sono individuate mediante le declaratorie riportate nell’allegato A del citato CCNL, che descrivono l’insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse. I profili descrivono il contenuto professionale delle attribuzioni proprie della categoria. A titolo esemplificativo, nell’allegato A sono riportati alcuni profili relativi a ciascuna categoria.

Si prevede che gli enti, in relazione al proprio modello organizzativo, identificano i profili professionali non individuati nell’allegato A o aventi contenuti professionali diversi rispetto ad essi e li collocano nelle corrispondenti categorie nel rispetto delle relative declaratorie, utilizzando in via analogica i contenuti delle mansioni dei profili indicati a titolo esemplificativo nell’allegato A.

La Tabella C provvede all’inquadramento del personale in servizio nel nuovo sistema di classificazione. In particolare:

-        è collocato nella categoria A il personale precedentemente inquadrato nelle qualifiche funzionali (o livelli) I, II e III;

-        è collocato nella categoria B il personale precedentemente inquadrato nelle qualifiche funzionali (o livelli) IV e V;

-        è collocato nella categoria C il personale precedentemente inquadrato nella VI qualifica funzionale (o livello);

-        è collocato nella categoria D il personale precedentemente inquadrato nelle qualifiche funzionali (o livelli) VII e VIII.

 

Lo stesso comma, infine, demanda, a decorrere dal 2008, ad un decreto annuale del Ministro del lavoro, a beneficio dei comuni di cui al comma precedente, la copertura integrale degli oneri relativi alla prosecuzione delle attività socialmente utili nonché di quelli relativi alla gestione a regime delle unità stabilizzate tramite assunzioni di ruolo a tempo indeterminato o assunzioni a termine.

 

Il comma 552, infine, autorizza il Ministero del lavoro,previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, nel limite di spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, a concedere un contributo ai comuni con meno di 50 mila abitanti al fine di procedere alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con oneri a carico del bilancio dei medesimi comuni da almeno 8 anni, a valere sulle risorse trasferite alle regioni in attuazione della L. 144 del 1999[82].

 

Si ricorda che la legge n. 144/1999 ha inteso segnare una decisa inversione di tendenza, delineando un progressivo superamento dell'istituto dei lavori socialmente utili (LSU). L'intervento della L. n. 144/1999 in materia di LSU si è articolato su due fronti. Da un lato le disposizioni di immediata applicabilità contenute nell'art. 45 (commi 6-11) e 58 (comma 17) hanno, tra l'altro:

-        chiuso il bacino dei soggetti ammessi alla prestazione di LSU, disponendo che (sino alla ipotizzata riforma degli ammortizzatori sociali) possano essere approvati o prorogati solo progetti che utilizzino esclusivamente soggetti già utilizzati in tale tipo di attività per almeno dodici mesi nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1998 ed il 31 dicembre 1999;

-        potenziato le misure per la ricollocazione lavorativa dei soggetti impegnati in LSU, elevando al 30% la riserva dei posti negli avviamenti a selezione da parte delle pubbliche amministrazioni e consentendo il cumulo in capo al medesimo lavoratore del contributo per la prosecuzione volontaria della contribuzione utile al pensionamento e dell'altro contributo (18 milioni pro-capite) concesso al datore di lavoro in caso di assunzione del lavoratore stesso);

-        rifinanziato alcuni dei progetti in corso, in modo da consentirne la proroga;

-        previsto l'assegnazione alle regioni, per lo svolgimento di politiche attive per l'impiego e la stabilizzazione occupazionale di soggetti già impegnati in LSU, delle risorse del Fondo per l'occupazione utilizzate allo scopo nel 2000, sulla base di apposite convenzioni da sottoscrivere tra il ministero del lavoro e le regioni interessate.

 

Dall'altro lato la legge n. 144/1999 ha conferito al Governo (art. 45, comma 2) una ulteriore delega per la revisione della normativa sui LSU.

Tale delega è stata esercitata con il D.Lgs. n. 81/2000, che ha provveduto a sistematizzare la delimitazione dei soggetti utilizzabili in LSU e a disciplinare modalità e limiti della proroga dei progetti in corso. In particolare, per quanto riguarda la platea dei soggetti utilizzabili, si escludono alcune categorie di lavoratori in ragione della possibilità per i soggetti interessati di conseguire la pensione, ovvero nei casi di avvenuta ricollocazione lavorativa o di rifiuto ingiustificato delle attività proposte. Per quanto riguarda le proroghe sono definite analiticamente le procedure e soprattutto viene fissato un limite massimo di durata oltre il quale il rinnovo determina l'assunzione a carico dell'ente utilizzatore di una quota pari al 50% dell'assegno spettante al lavoratore.


 

Articolo 3, comma 79
(Utilizzo delle forme contrattuali flessibili da parte di enti locali non sottoposti al patto di stabilità)

 


79. L’articolo36deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

«Art. 36. - (Utilizzo di contratti di lavoro flessibile). – 1. Le pubbliche ammini­strazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa se non per esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi, fatte salve le sostituzioni per maternità relativamente alle autonomie territoriali. Il provvedimento di assunzione deve contenere l’indicazione del nominativo della persona da sostituire.

2. In nessun caso è ammesso il rinnovo del contratto o l’utilizzo del medesimo lavoratore con altra tipologia contrattuale.

3. Le amministrazioni fanno fronte ad esigenze temporanee ed eccezionali attraverso l’assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a sei mesi, non rinnovabile.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva.

5. Le amministrazioni pubbliche tra­smettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le convenzioni concernenti l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili.

6. In ogni caso, la violazione di disposi­zioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. Le amministrazioni pubbliche che operano in violazione delle disposizioni di cui al presente articolo non possono effettuare assunzioni ad alcun titolo per il triennio successivo alla suddetta violazione.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli uffici di cui all’articolo 14, comma 2, del presente decreto, nonché agli uffici di cui all’articolo 90 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Sono altresì esclusi i contratti relativi agli incarichi dirigenziali ed alla preposizione ad organi di direzione, consultivi e di controllo delle amministrazioni pubbliche, ivi inclusi gli organismi operanti per le finalità di cui all’articolo1dellalegge 17 maggio 1999, n. 144.

8. Per l’attuazione di programmi e progetti di tutela e valorizzazione delle aree marine protette di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979, e 6 dicembre 1991, n. 394, il parco nazionale dell’arcipelago della Maddalena, di cui alla legge 4 gennaio 1994, n. 10, e gli enti cui è delegata la gestione ai sensi dell’articolo2, comma 37, dellalegge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, sono autorizzati, in deroga ad ogni diversa disposizione, ad assumere personale con contratto di lavoro a tempo determinato, della durata massima di due anni eventualmente rinnovabili, nel contingente complessivo stabilito con disposizione legislativa e ripartito tra gli enti interessati con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica ammini­strazione, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. In prima applicazione, il predetto contingente è fissato in centocinquanta unità di personale non dirigenziale alla cui copertura si provvede prioritariamente con trasformazione del rapporto di lavoro degli operatori attualmente utilizzati con contratti di lavoro flessibile.

9. Gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno e che comunque abbiano una dotazione organica non superiore alle quindici unità possono avvalersi di forme contrattuali di lavoro flessibile, oltre che per le finalità di cui al comma 1, per la sostituzione di lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempreché nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.

10. Gli enti del Servizio sanitario nazionale, in relazione al personale medico, con esclusivo riferimento alle figure infungibili, al personale infermie­ristico ed al personale di supporto alle attività infermieristiche, possono avvalersi di forme contrattuali di lavoro flessibile, oltre che per le finalità di cui al comma 1, per la sostituzione di lavoratori assenti o cessati dal servizio limitatamente ai casi in cui ricorrano urgenti e indifferibili esigenze correlate alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza, compatibilmente con i vincoli previsti in materia di contenimento della spesa di personale dall’articolo1, comma 565, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.

11. Le pubbliche amministrazioni pos­sono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di programmi o attività i cui oneri sono finanziati con fondi dell’Unione europea e del Fondo per le aree sottoutilizzate. Le università e gli enti di ricerca possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università. Gli enti del Servizio sanitario nazionale possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca finanziati con le modalità indicate nell’articolo 1, comma 565, lettera b), secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. L’utilizzazione dei lavoratori, con i quali si sono stipulati i contratti di cui al presente comma, per fini diversi determina responsabilità amministrativa del dirigente e del responsabile del progetto. La violazione delle presenti disposizioni è causa di nullità del provvedimento».


 

Il comma 79 dell’articolo 3 riscrive l’articolo 36 del D.Lgs. 165 del 2001, che disciplina l’utilizzazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale.

 

In sostanza, il nuovo articolo 36 dispone che le pubbliche amministrazioni effettuano assunzioni di personale utilizzando esclusivamente il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dalla disciplina privatistica al solo scopo di fronteggiare esigenze stagionali o per periodi non superiori a 3 mesi, fatte salve le sostituzioni per maternità attuate dalle autonomie territoriali (comma 1). Non si ammette in nessun caso il rinnovo del contratto o l’utilizzo dello stesso lavoratore con altra tipologia contrattuale (comma 2) e si prevede che per fronteggiare esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni ricorrono all’assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo massimo di 6 mesi, non rinnovabili (comma 3). Viene precisato che le disposizioni in precedenza richiamate non sono derogabili dalla contrattazione collettiva (comma 4).

Il comma 5 prevede per le amministrazioni pubbliche un obbligo di comunicazione, alla Presidenza del Consiglio (Dipartimento della funzione pubblica) e al Ministero dell’economia (Ragioneria Generale dello Stato), delle convenzioni concernenti l’utilizzazione di lavoratori socialmente utili. Al comma 6, si introduce ex novo la previsione del divieto di assunzione per le amministrazioni che violano la disciplina relativa all’utilizzo delle forme di lavoro flessibile di cui all’articolo 36 per il triennio successivo alla violazione stessa. Al comma 7 viene precisato che la disciplina di cui al medesimo articolo 36 non si applica agli uffici di diretta collaborazione del Ministro, agli uffici di supporto agli organi di direzione politica degli enti locali, nonché ai contratti relativi agli incarichi dirigenziali ad alla preposizione ad organi di direzione, consultivi e di controllo delle pubbliche amministrazioni, ivi inclusi gli organismi operanti per le finalità di cui all’articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144.

Il comma 8, ai fini dell’attuazione di programmi di tutela e valorizzazione delle aree marine protette, autorizza il parco nazionale dell’arcipelago de La Maddalena ad assumere, in deroga alla normativa vigente, personale con contratto di lavoro a termine, della durata massima di 2 anni eventualmente rinnovabili, per un contingente complessivo che sarà stabilito con successiva disposizione legislativa e la cui ripartizione tra gli enti interessati sarà definita con apposito decreto.

 

I commi da 9 a 11 del nuovo articolo 36 prevedono, per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno con organico inferiore a 15 unità, per gli enti del Servizio sanitario nazionale e per gli enti di ricerca e le università, la possibilità di utilizzare forme contrattuali flessibili, oltre che per le finalità su indicate, anche in relazione ad ulteriori esigenze specificamente e tassativamente indicate e diverse a seconda degli enti interessati.

 

In particolare, il comma 9 del nuovo articolo 36 prevede, per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno con una dotazione organica inferiore o pari alle quindici unità, la possibilità di utilizzare forme contrattuali flessibili, oltre che per le finalità su indicate, anche per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, a condizione che nel contratto di lavoro a termine sia indicato il lavoratore sostituito e la causa della sostituzione.

 


 

Articolo 3, commi 120-121
(Assunzioni di personale da parte degli enti locali)


120. All’articolo1, comma 557, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Eventuali deroghe ai sensi dell’articolo19, comma 8, dellalegge 28 dicembre 2001, n. 448, fermi restando i vincoli fissati dal patto di stabilità per l’esercizio in corso, devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti ulteriori condizioni:

a) che l’ente abbia rispettato il patto di stabilità nell’ultimo triennio;

b) che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario;

c) che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto».

121. All’articolo1, comma 562, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Eventuali deroghe ai sensi dell’articolo19, comma 8, dellalegge 28 dicembre 2001, n. 448, devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti condizioni:

a) che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ridotto del 15 per cento;

b) che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto, ridotto del 20 per cento».


 

Il comma 120 reca disposizioni in materia di assunzione degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, novellando a tal fine il comma 557 della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

Il citato comma 557, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità internoper il triennio 2007-2009 previste dalla legge finanziaria 2007, attua una revisione, a partire dall’anno 2007, degli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno relativi al contenimento delle spese per il personale. Si consideri infatti che, nell’ambito della legge finanziaria 2007, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno gli obiettivi di risparmio perseguiti dalla precedente dettagliata disciplina vincolistica di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311/2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266/2005, sono confluiti nelle regole del patto di stabilità interno e nei rispettivi saldi finanziari da rispettare.

Ribadendo l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale da perseguire anche tramite la razionalizzazione delle strutture amministrative, il comma 557 si limita ad indicare ai medesimi enti, come principi meramente orientativi, una serie di regole fissate per le amministrazioni dello Stato su cui possono far leva, nella loro autonomia, per ridurre la spesa per il personale in funzione del rispetto dei saldi finanziari fissati dalle regole del patto di stabilità interno.

Lo stesso comma prevede quindi che le disposizioni volte a stabilire limiti alla possibilità di effettuare assunzioni e specifici obiettivi di riduzione della spesa per il personale di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311/2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266/2005 non si applicano più a decorrere dal 1° gennaio 2007 alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità, ferma restando la loro applicazione per gli anni 2005 e 2006.

 

Il comma condiziona le possibilità di assunzione di personale degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, con una disposizione ulteriore rispetto al patto di stabilità, facendo comunque salvo quanto previsto dal medesimo patto.

In particolare il comma in esame introduce un periodo all’articolo 1, comma 557, della legge finanziaria 2007, precisando le condizioni a cui è subordinata l’eventuale deroga al principio di riduzione complessiva della spesa di cui all’articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

 

Si ricorda che tale disposizione prevede che, a decorrere dal 2002, gli organi di revisione contabile degli enti locali accertano che i documenti di programmazione del fabbisogno di personale siano improntati al rispetto del principio di riduzione complessiva della spesa di cui all'articolo 39 della L. 449 del 1997 (che reca disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche tenute alla programmazione triennale) e che eventuali deroghe a tale principio siano analiticamente motivate[83].

 

Il comma 120 dispone quindi che eventuali deroghe ai sensi dell’articolo 19, comma 8, della L. 448/2001, fermi restando i vincoli fissati dal patto di stabilità per l’esercizio in corso, devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti ulteriori condizioni:

a)  che l’ente abbia rispettato il patto di stabilità nell’ultimo triennio;

b)  che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario;

Si ricorda che con D.M. 10 giugno 2003, n. 217, è stato approvato il Regolamento concernente la definizione dei parametri obiettivi, validi per il triennio 2001-2003, ai fini dell'accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ai sensi dell'articolo 242 del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, il cui comma 1 prevede che sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella da allegare al certificato di rendiconto di gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari.

c)  che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto.

 

Il comma 121 reca disposizioni in materia di assunzione, invece, con riferimento agli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno, novellando a tal fine il comma 562 della legge finanziaria 2007.

 

Il citato comma 562 della legge finanziaria 2007 impone agli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno un duplice limite in tema di spesa per il personale[84].

Da un lato, tali enti non devono superare l’ammontare della spesa per il personale effettuata nel 2004. A tal fine le spese di personale si considerano al lordo degli oneri contributivi e dell’IRAP, mentre non comprendono gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali.

Dall’altro, i medesimi enti possono effettuare assunzioni di personale (è da intendersi: a tempo indeterminato)nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente avvenute nell'anno precedente, anche ai fini della stabilizzazione del personale precario di cui al comma 558 della legge finanziaria 2008.

Si consideri quindi che il medesimo comma 562, nulla disponendo rispetto ad una eventuale limitazione temporale delle norme da esso previste, introduce per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno una disciplina “a regime” relativa al contenimento delle spese per il personale e alle assunzioni di personale a tempo indeterminato. Pertanto tale nuova disciplina, regolando ex novo le medesime questioni, determina implicitamente il superamento della precedente disciplina in materia di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311/2004 e all’articolo 1, comma 198 della legge n. 266/2005.

 

Il comma 121 condiziona le possibilità di assunzione di personale degli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno.

In particolare il comma introduce un periodo all’articolo 1, comma 562, della legge finanziaria 2007, precisando che eventuali deroghe al principio di riduzione complessiva della spesa di cui all’articolo 19, comma 8, della L. 448 del 2001 (cfr. supra), devono comunque assicurare il rispetto delle seguenti condizioni:

a)  che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ridotto del 15 per cento;

b)  che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto, ridotto del 20%.


 

Articolo 3, comma 138
(Segretari comunali)

 


138. In sede di rinnovo contrattuale del biennio 2006-2007 si provvede alla valorizzazione del ruolo e della funzione dei segretari comunali e provinciali e alla razionalizzazione della struttura retributiva della categoria attraverso strumenti che assicurino la rigorosa attuazione del principio dell’omnicomprensività della retri­buzione, con particolare riguardo alla contrattazione integrativa e agli istituti ivi disciplinati. Ai predetti fini, nell’ambito del fondo di mobilità di cui all’articolo 20 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, una quota di 5 milioni di euro è altresì destinata, a decorrere dall’anno 2008, con finalità perequative e solida­ristiche, agli enti non sottoposti al patto di stabilità interno. Per gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno sono definite, in sede contrattuale, puntuali misure volte ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi indicati dal presente comma anche con il concorso delle risorse derivanti dalla razionalizzazione delle singole voci retributive alla copertura degli oneri del rinnovo contrattuale e fermo restando il rispetto del patto di stabilità interno.


 

 

L’articolo 3, comma 138, destina, nell’ambito del fondo finanziario di mobilità dei segretari comunali e provinciali, una quota di 5 milioni di euro a decorrere dal 2008, con finalità perequative, agli enti locali non sottoposti al Patto di stabilità interno (vale a dire ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti).

La disposizione è finalizzata sostanzialmente a recepire i principi generali dell’intesa per il rinnovo del contratto dei segretari comunali e provinciali del 28 novembre 2007 (sul quale, vedi infra) e, più specificamente, l’equiparazione, in sede di rinnovo contrattuale del biennio 2006-2007, del trattamento economico dei segretari comunali e provinciali a quello dei dirigenti del comparto Regioni e Autonomie locali.

La disposizione stabilisce che, per i comuni di minore dimensione demografica (non sottoposti al Patto di stabilità), i costi aggiuntivi derivanti dal rinnovo contrattuale saranno parzialmente compensati dai contributi erogati dall’Agenzia dei segretari a valere sul fondo finanziario di mobilità di cui all’art. 20 del D.P.R. 465/1997[85] (vedi infra).

Per gli enti locali sottoposti al Patto di stabilità, saranno invece definite specifiche misure, in sede contrattuale, che prevedono anche l’utilizzo delle risorse derivanti dalla razionalizzazione dell’attuale sistema retributivo dei segretari, che sarà attuata con il fine di pervenire ad un trattamento economico onnicomprensivo analogo a quello del personale delle aree dirigenzialiI.

 

Il 28 novembre 2007 è stato siglato un protocollo di intesa per la valorizzazione dei segretari comunali e provinciali. All’accordo, sottoscritto dai Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, e dell’economia, dall’ANCI, dall’UPI e dalle organizzazioni sindacali di categoria, si è pervenuti a conclusione di una lunga trattativa sullo status dei segretari degli enti locali e sul rinnovo del contratto di lavoro iniziata nel 2002. Esso recepisce l’intesa sugli obiettivi da raggiungere con il contratto relativo al biennio 2006-2007, che dovrebbe essere rinnovato entro la primavera del 2008.

In sintesi, l’accordo prevede che il contratto di lavoro, valorizzando la funzione dirigenziale svolta dai segretari, permetta di raggiungere, nel successivo rinnovo contrattuale (biennio 2006-2007):

-        per i segretari di fascia A e di fascia B[86] la piena equiparazione del trattamento economico tabellare con quello dei dirigenti del comparto Regioni e Autonomie Locali;

-        per i segretari di fascia C un trattamento economico tabellare pari all’ 80% di quello previsto per i dirigenti del medesimo comparto.

Nel documento si evidenzia la necessità accompagnare l’equiparazione con un una razionalizzazione e sistematizzazione dell’attuale struttura retributiva, con particolare riguardo ad alcuni istituti regolamentati dalla contrattazione integrativa, al fine di pervenire ad un trattamento onnicomprensivo analogo a quello del personale delle aree dirigenziali, che remuneri ogni funzione o compito attribuito ai medesimi e assorba ogni altro emolumento o indennità accessoria corrisposta.

Con riferimento al nuovo ruolo del segretario, nell’intesa si richiama il disegno di legge delega per il nuovo ordinamento degli enti locali, (A.S. 1464, all’esame della Commissione affari costituzionali del Senato), che reca la previsione di una figura di vertice negli enti locali che garantisca la distinzione e il raccordo tra gli organi politici e l’apparato organizzativo, nonché il coordinamento unitario dell’azione amministrativa per assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (principio di delega di cui all’art. 2, comma 4, lettera cc), del disegno di legge).

Il 15 gennaio 2008 l’ARAN e le organizzazioni e confederazioni sindacali rappresentative hanno firmato le ipotesi di contratto dei segretari comunali e provinciali per il quadriennio normativo 2002 – 2005 e per i due bienni economici 2002 – 2003 e 2004 – 2005. La preintesa contrattuale è attualmente all’esame della Corte dei Conti per il necessario controllo di copertura finanziaria.

L’art. 5 del CCNL per il biennio economico 2004-2005 reca una norma programmatica che recepisce i punti nodali del protocollo di intesa sottoscritto il 27 novembre 2007, e in particolare sancisce il “completo allineamento” della struttura della retribuzione “a quella dei dirigenti del Comparto Regioni-Autonomie Locali. Tale allineamento stipendiale dovrà essere realizzato nell’ambito del biennio economico 2006-2007, anche in relazione ai principi ed alle previsioni del citato protocollo che costituiscono il riferimento inderogabile per il CCNL 2006-2007”.

E’ stata avviata la trattativa per concludere, entro marzo 2008, il rinnovo contrattuale relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007.

 

Per quanto riguarda la figura e il ruolo dei segretari comunali e provinciali, si ricorda che essa è stata riformata dalla legge 127/1997. I commi 67 e seguenti dell’art. 17 della legge 127/1997, in seguito confluiti negli articoli da 97 a 106 del Testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000), hanno mantenuto in capo a tali soggetti rilevanti compiti di alta consulenza presso l’ente locale e di coordinamento dell’attività dei dirigenti. Ai sensi della nuova disciplina, tuttavia, essi non sono più funzionari statali facenti capo al Ministero dell’interno, ma dipendenti di un’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari, appositamente istituita quale soggetto di diritto pubblico e posta sotto la vigilanza del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali.

I segretari comunali e provinciali sono iscritti in un apposito albo nazionale, articolato in sezioni regionali e suddiviso per fasce professionali, cui si accede per concorso dopo aver conseguito l’abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale. Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario scegliendolo tra gli iscritti all’albo.

Il segretario comunale o provinciale dipende funzionalmente dal capo dell’ammi­nistrazione locale. Il suo rapporto di lavoro è disciplinato in base alla contrattazione collettiva, secondo la disciplina generale prevista dal D.Lgs. 165/2001 per i dipendenti di pubbliche amministrazioni. Il trattamento economico fondamentale è distinto nelle seguenti componenti: retribuzione tabellare, indennità integrativa speciale, tredicesima mensilità, retribuzione individuale di anzianità, assegno personale, maturato economico, retribuzione di posizione.

Il D.P.R. 465/1997 ha regolato l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia, l’amministrazione dell’albo e la sua articolazione in sezioni e in fasce professionali, le modalità di accesso, i criteri di prima iscrizione all’albo ed altri aspetti ordinamentali. Alle spese di funzionamento dell'Agenzia e a quelle occorrenti per la realizzazione degli obiettivi previsti dalla legge si provvede mediante le risorse del fondo finanziario di mobilità, previsto dall’art. 102, comma 5, del TUEL e disciplinato nel dettaglio dall’art. 20 del D.P.R. 465/1997, nel quale confluiscono i proventi dei diritti di segreteria[87]. Il fondo finanziario di mobilità è determinato percentualmente sul trattamento economico del segretario e graduato in rapporto alla dimensione dell'ente.


 

Articolo 3 comma 146
(Rinnovi contrattuali per il personale delle amministrazioni non statali)

 


146. Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali per il biennio 2008-2009 sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell’articolo48, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Per il personale delle università, incluso quello di cui all’articolo3, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i maggiori oneri di cui al presente comma sono inclusi nel fondo di cui all’articolo 2, comma 428. In sede di deliberazione degli atti di indirizzo previsti dall’articolo47, comma 1, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i comitati di settore provvedono alla quantificazione delle relative risorse, attenendosi ai criteri ed ai parametri, anche metodologici, di determinazione degli oneri, previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato di cui al comma 131. A tal fine, i comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell’economia e delle finanze comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale dipendente.


 

 

Con il comma 146 si prevede che, per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, gli oneri conseguenti ai rinnovi contrattuali per il biennio 2008-2009 sono comunque a carico dei rispettivi bilanci, ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001. Per il personale delle università, compresi i professori e i ricercatori universitari, gli oneri derivanti da tali rinnovi contrattuali vengono inclusi nel Fondo istituito, dall’articolo 2, comma 428, in precedenza richiamato (cfr. la relativa scheda), ai fini del concorso dello Stato agli oneri per gli adeguamenti retributivi del personale delle università. Infine, nell’ambito della deliberazione degli atti di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale di cui all’articolo 47, comma 1, del D.Lgs. 165/2001, la quantificazione delle risorse relative ai rinnovi contrattuali sarà stabilita dagli specifici comitati di settore attenendosi ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni statali. A tal fine, i richiamati comitati di settore si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell’economia e delle finanze comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale dipendente.

 


Aspetti istituzionali

 

Articolo 2, comma 1
(Scioglimento dei consigli comunali nei casi
di mancata approvazione del bilancio)

1. Ai fini dell’approvazione del bilancio di previ­sione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio sono confermate, per l’anno 2008, le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 1° marzo 2005, n. 26.

 

Il comma 1 dell’articolo 2 conferma per l’anno 2008 l’applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

In sostanza, la disposizione citata richiama l’applicazione delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002)[88], concernenti la procedura per lo scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti.

Più in particolare, le disposizioni richiamate disciplinano lo scioglimento dei consigli comunali nel caso in cui un comune non abbia predisposto lo schema di bilancio o approvato il bilancio stesso nei termini previsti dal testo unico degli enti locali (art. 141, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000), nonché nel caso in cui il consiglio non abbia adottato le necessarie misure per riportare in equilibrio il bilancio.

In tali casi, l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 attribuisce al prefetto i poteri, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso.

 

Lo scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio di previsione, ovvero per mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio, è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.

La disposizione stabilisce che i consigli comunali e provinciali vengano sciolti, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, in presenza di determinate fattispecie, tra le quali, appunto, la mancata approvazione nei termini del bilancio[89].

In tale specifica ipotesi, l’art. 141 del TUEL prevede che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) nomina un commissario affinché predisponga lo schema d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

La norma prevista dal D.L. n. 13/2002, che assegna al prefetto la nomina del commissario ad acta, è stata introdotta a seguito dell’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione che individuava nel CO.RE.CO. l’organo cui era affidato il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, abrogazione disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. In assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente, anche nella fase intermedia tra scioglimento e rinnovo elettorale delle assemblee. Con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 è stata quindiintrodotta una disciplina di carattere transitorio, diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi con l’abrogazione della norma costituzionale.

Le norme del D.L. n. 13/2002, dettate per l’anno 2002, sono state richiamate da successivi provvedimenti legislativi, ed applicate anche negli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007.

 

La procedura introdotta dal D.L. n. 13/2002 e, di fatto, richiamata dal comma in esame, prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato:

a)      nell’ipotesi di mancata predisposizione dello schema del bilancio da parte della Giunta, il prefetto nominerà un commissario per la predisposizione dell’atto d’ufficio e, successivamente, assegnerà al Consiglio un termine di venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione;

b)      nell’ipotesi in cui lo schema di bilancio risulti già predisposto dalla Giunta, il prefetto dovrà assegnare al Consiglio, con atto notificato ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione.

Decorso inutilmente il termine assegnato al Consiglio per l’approvazione del bilancio, il prefetto si sostituisce, mediante apposito commissario, all’ammini­strazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

Va evidenziato in proposito che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 13/2002 afferma il principio per cui spetta agli statuti degli enti locali disciplinare, in tale ipotesi, le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio. L’attribuzione al prefetto dei poteri di nomina del commissario, pertanto, si applica soltanto nel caso in cui lo statuto comunale non detti una disciplina diversa.

In ogni caso, il termine entro il quale deve avere luogo l’approvazione del bilancio nel caso di ricorso alla nomina di un commissario è fissato in 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto.

 

L’applicazione della procedura sopra illustrata si applica anche all’ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del D.Lgs. n. 267/2000.

Ai sensi dell’articolo 193 del Testo unico, gli enti locali sono tenuti, durante la gestione, al rispetto del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio sia per la copertura delle spese correnti che per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal Testo unico.

Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare deve provvedere, con propria delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio (di cui all’articolo 194), e per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato.

Qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, il Consiglio adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.

La mancata adozione, da parte dell’ente, dei suddetti provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 del Testo unico, e dà luogo alla procedura di scioglimento del Consiglio prevista in tale ipotesi.


 

Articolo 2, commi 16-22
(Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)

 


16. Il fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 33,4 milioni di euro per l’anno 2008 e di 66,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

17. Le regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono con proprie leggi, sentiti i consigli delle autonomie locali, al riordino della disciplina delle comunità montane, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in modo da ridurre a regime la spesa corrente per il funzionamento delle comunità montane stesse per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario di cui al comma 16, assegnata per l’anno 2007 all’insieme delle comunità montane presenti nella regione.

18. Le leggi regionali di cui al comma 17 tengono conto dei seguenti princìpi fondamentali:

a) riduzione del numero complessivo delle comunità montane, sulla base di indicatori fisico-geografici, demografici e socio-economici e in particolare: della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell’indice di vecchiaia, del reddito medio pro capite, dell’acclività dei terreni, dell’altimetria del territorio comunale con riferimento all’arco alpino e alla dorsale appenninica, del livello dei servizi, della distanza dal capoluogo di provincia e delle attività produttive extra-agricole;

b) riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle comunità montane;

c) riduzione delle indennità spettanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

19. I criteri di cui al comma 18 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai benefìci e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

20. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al comma 17 entro il termine ivi previsto, si producono i seguenti effetti:

a) cessano di appartenere alle comunità montane i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

b) sono soppresse le comunità montane nelle quali più della metà dei comuni non sono situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di 500 metri; nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di 600 metri;

c) sono altresì soppresse le comunità montane che, anche in conseguenza di quanto disposto nella lettera a), risultano costituite da meno di cinque comuni, fatti salvi i casi in cui per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione delle stesse con almeno cinque comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

d) nelle rimanenti comunità montane, gli organi consiliari sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che ciascun comune non può indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita dall’assemblea di tutti i consiglieri dei comuni, che elegge i componenti dell’organo consiliare con voto limitato. Gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare.

21. L’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa di cui al comma 17 è accertato, entro il 31 luglio 2008, sulla base delle leggi regionali promulgate e delle relative relazioni tecnico-finanziarie, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentite le singole regioni interessate. Gli effetti di cui al comma 20 si producono dalla data di pubblicazione del predetto decreto.

22. Le regioni provvedono a disciplinare gli effetti conseguenti all’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 17, 18 e 20 ed in particolare alla soppressione delle comunità montane, anche con riguardo alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro, a tempo indeterminato esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Sino all’adozione o comunque in mancanza delle predette discipline regionali, i comuni succedono alla comunità montana soppressa in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale, ed in relazione alle obbligazioni si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.


 

 

I commi 16-22 dell’articolo 2 affidano alle regioni il compito di provvedere con legge al riordino delle comunità montane, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2008[90]. A regime, il riordino dovrà comportare, in ciascuna regione, la riduzione della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane per un importo pari ad un terzo della quota loro destinata del “Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali” (comma 17).

 

Contestualmente la dotazione del Fondo medesimo viene ridotta di 33,4 milioni di euro per il 2008 e di 66,8 milioni a decorrere dal 2009 (comma 16).

Il risparmio deve essere conseguito attraverso la riduzione del numero complessivo delle comunità e la riduzione del numero dei componenti e delle indennità loro spettanti (comma 18).

 

È introdotta, inoltre, una disposizione sostitutiva che scatta in caso di inerzia delle regioni: essa prevede la soppressione automatica delle comunità montane che non corrispondono a precisi criteri altimetrici e di quelle costituite da meno di cinque comuni; la decadenza dalla partecipazione alle comunità dei comuni capoluogo, di quelli costieri e di quelli con più di 20.000 abitanti; la riduzione del numero dei consiglieri e dei membri dell’esecutivo delle comunità (comma 20).

 

Le disposizioni sostitutive si applicano dopo aver accertato l’effettiva entità del risparmio, accertamento da effettuarsi entro il 31 luglio 2008 (comma 21).

In caso di eventuale soppressione di comunità montane, le regioni disciplinano gli effetti giuridici conseguenti (comma 22).

Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse (D.Lgs. 267/2000, art. 27 e 28[91]), “create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei Comuni montani, ‘funzioni proprie’, ‘funzioni conferite’ e funzioni comunali”[92]. Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di Comuni, di enti dotati di un certo grado di autonomia, non solo dalle Regioni ma anche dai Comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare[93]. Spetta alle regioni l’individuazione degli ambiti territoriali per la costituzione delle comunità montane e la istituzione delle stesse comunità, che avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale. Alla legge regionale è demandata la disciplina delle comunità montane che comprende tra l’altro, le modalità di approvazione dello statuto, i criteri di ripartizione dei finanziamenti, la regolazione dei rapporti con gli altri enti locali.

Attualmente le comunità montane sono 355, situate in tutte le regioni ad eccezione della Sicilia. Ne fanno parte 4.201 comuni (3.546 montani e 655 parzialmente montani) con una popolazione complessiva di 10.822.605 abitanti[94] (si veda la tabella in calce alla presente scheda). Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla XII e alla XIII relazione sullo stato della montagna italiana presentate alle Camere dal Presidente del Consiglio ai sensi dell’art.24, co. 4, della L. 97/1994 e trasmesse, rispettivamente, il 21 novembre 2006 e il 18 gennaio 2008 (doc. CXV, n. 1 e 2).

Il comma 16 riduce il Fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 504/1992 di un importo pari a 33,4 milioni per il 2008, che sale a 66,8 milioni annui a decorrere dal 2009.

 

Si ricorda che i trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dal D.Lgs. 504/1992[95]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi di parte corrente:

§      “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§      “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§      “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI). Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

Il sistema è completato dalla presenza di due ulteriori fondi per i trasferimenti in conto capitale: il fondo nazionale ordinario per gli investimenti e il fondo nazionale speciale per gli investimenti, disciplinati sempre dal citato art. 34.

 

La disposizione di cui al comma 16 è strettamente collegata con la finalità di risparmio – fissata dal successivo comma 17 in un terzo della quota destinata alle comunità montane del citato Fondo – che le regioni dovranno perseguire attraverso il riordino delle comunità entro sei mesi dall’approvazione della legge finanziaria.

 

Il comma 17 fissa l’obiettivo del contenimento della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane, come accennato, ad un terzo della quota del Fondo ordinario citato spettante alle comunità montane presenti in ciascuna regione. La riduzione, viene specificato, dovrà essere conseguita “a regime” e, quindi, presumibilmente, a partire dal 2009, data dalla quale, ai sensi del comma 1, decorre la decurtazione del fondo di 66,8 milioni all’anno.

Nel 2006 sono state attribuiti alle Comunità montane trasferimenti erariali per complessivi 169,15 milioni. I contributi correnti sono ripartiti tra il fondo ordinario di 116,12 milioni e il fondo consolidato di 37,42 milioni. I contributi per sviluppo e investimenti 2006 ammontano a 15,61 milioni. La ripartizione dei contributi complessivi favorisce in particolare la Campania (25,74 milioni) e la Calabria (19,74 milioni)[96].

La legge finanziaria 2007[97] (art. 1, co. 703) ha disposto l’assegnazione di un contributo di 20 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 in favore delle comunità montane, da ripartire in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane, a valere sulle risorse del Fondo ordinario.

Per il 2007 i contributi spettanti alle comunità montane ammontano a 189,6 milioni di euro di cui: fondo ordinario 136,13 milioni; fondo consolidato 37,41 milioni; contributi per sviluppo e investimenti 16,04 milioni[98].

Risorse finanziarie spettanti alle comunità montane. Anno 2007.

Regioni

Fondo ordinario

Fondo consolidato

Fondo sviluppo investimenti

Totale contributi

Piemonte

12.861.110,79

1.139.835,75

1.002.642,64

15.003.589,18

Lombardia

16.300.868,45

1.259.325,28

2.010.816,68

19.571.010,41

Veneto

6.312.078,54

426.319,76

682.454,21

7.420.852,51

Liguria

6.216.352,82

520.624,76

803.448,67

7.540.426,25

Emilia - Romagna

5.957.899,69

324.836,48

512.074,58

6.794.810,75

Toscana

7.027.318,16

925.391,72

616.194,05

8.568.903,93

Umbria

5.914.436,53

984.187,53

766.382,65

7.665.006,71

Marche

4.873.803,37

826.392,52

451.943,34

6.152.139,23

Lazio

9.154.068,12

835.716,39

990.909,19

10.980.693,70

Abruzzo

6.925.303,96

876.788,33

1.223.797,62

9.025.889,91

Molise

3.374.395,54

1.277.348,89

527.493,68

5.179.238,11

Campania

11.161.758,22

14.667.875,30

1.451.898,77

27.281.532,29

Puglia

3.657.835,00

1.314.583,81

719.180,06

5.691.598,87

Basilicata

5.533.560,23

3.150.825,44

904.678,40

9.589.064,07

Calabria

11.685.094,83

8.189.692,43

1.676.874,53

21.551.661,79

Sicilia (*)

7.996.373,08

131.058,17

-

8.127.431,25

Sardegna

11.180.054,01

561.055,58

1.703.663,42

13.444.773,01

Totale

136.132.311,34

37.411.858,14

16.044.452,49

189.588.621,97

Fonte: Relazione sullo stato della montagna 2007

(*)  La legislazione siciliana non prevede l’istituzione di comunità montane; il finanziamento, effettuato tramite le province, è destinato ai comuni montani.

 

L’obiettivo di risparmio dovrà essere conseguito attraverso il riordino delle comunità montane operato da ciascuna regione con leggi regionali da emanarsi, con il parere dei consigli delle autonomie locali, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

 

L’articolo 7 della legge costituzionale n. 3 del 2001[99], di riforma del Titolo V della Costituzione, ha aggiunto un comma all’art. 123 Cost., prevedendo l’istituzione di un organo regionale consultivo, rappresentativo delle autonomie locali, denominato Consiglio delle autonomie locali. Null’altro dispone il comma in ordine a quest’organo, la cui disciplina è espressamente rimessa agli statuti regionali.

 

La disposizione in esame prevede la consultazione del Consiglio delle autonomie locali, organismo previsto dall’art. 123 Cost., che al momento non risulta essere stato istituito in tutte le regioni.

Si segnala inoltre che il comma 17, subordinando l’adozione delle leggi regionali al parere dei Consigli delle autonomie locali, introduce con legge dello Stato un adempimento aggiuntivo a corredo del procedimento legislativo regionale, materia quest’ultima ordinariamente rientrante nella potestà statutaria della regione.

 

Il comma 18 individua i seguenti criteri generali di cui il legislatore regionale deve tener conto nell’adempiere alle disposizioni sopra indicate:

§      la riduzione del numero delle comunità montane sulla base di alcuni indicatori fisico-geografici (dimensione territoriale, acclività dei terreni, altezza altimetrica, distanza dal capoluogo di provincia), demografici (dimensione demografica, indice di vecchiaia) e socio-economici (reddito medio pro capite, livello dei servizi, presenza di attività produttive extra-agricole);

§      la riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle comunità montane;

§      la riduzione delle indennità spettanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall’art. 82 del testo unico in materia di enti locali (D.Lgs. 267/2000).

 

Ciascuna comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo, composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità (art. 27, co. 2, TU).

L’art. 82, co. 1, del TU comprende tra gli amministratori locali che hanno diritto ad un’indennità di funzione il presidente della comunità montana e i componenti degli organi esecutivi delle comunità montane.

Il comma 2 dello stesso articolo (come modificato dal comma 25 dell’articolo in esame) prevede inoltre, per i consiglieri delle comunità montane, la corresponsione di un gettone di presenza per l’effettiva partecipazione alle riunioni dei consigli e delle commissioni comunitarie. L’ammontare percepito nell’arco di un mese non può comunque superare un quarto dell’indennità massima prevista per il presidente della comunità montana.

Le indennità di funzione non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna (art. 82, co. 5, TU).

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di tutti gli amministratori locali (compresi quelli delle comunità montane) è demandata (art. 82, co. 8, TU) ad un regolamento ministeriale adottato con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro dell’economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto di specifici criteri (D.M. 4 aprile 2000, n. 119).

Sono validi, anche per le indennità degli amministratori delle comunità montane, i limiti di spesa previsti per quelle dei componenti delle unioni di comuni: le indennità di funzione del presidente e degli assessori sono pari al massimo al 50% dell’indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione della comunità montana (art. 82, co. 8, lett. c), TU, come modificato dall’art. 25 del presente articolo).

 

Il comma 19 reca disposizioni che riproducono in parte il contenuto nel secondo periodo del comma 5 dell’art. 27 del TU, volto a non escludere dai provvedimenti comunitari, statali e regionali a favore della montagna, i territori montani che non abbiano titolo per l’inserimento nelle comunità montane. In altri termini, per beneficiare dei relativi interventi di sostegno non è condizione necessaria essere comunità montana.

Nel testo in esame, analogamente, si dispone che i criteri limitativi dettati al comma 18 (ivi indicati come principi), che le regioni devono seguire ai fini della costituzione delle unioni di comuni montani, non rilevano tuttavia in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

 

Il comma 20 dispone direttamente la riduzione automatica delle comunità montane qualora le regioni non abbiano provveduto entro i sei mesi di tempo prescritti alla loro riordino (ma sull’efficacia temporale di tale disposizione sostitutiva si veda anche il seguente comma 21).

In primo luogo, si dispone la cessazione dell’appartenenza alle comunità montane dei comuni capoluogo di provincia, dei comuni costieri e di quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti.

Vengono, inoltre, soppresse le comunità montane nelle quali almeno la metà dei comuni non sono situati per almeno l’80% della loro superficie al di sopra di 500 m (600 m nelle regioni alpine) di altitudine s.l.m, oppure, non sono situati per almeno il 50% della loro superficie al di sopra di 500 m di altitudine s.l.m. e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore è almeno 500 m (600 m nelle regioni alpine).

In terzo luogo, sono soppresse le comunità montane che sono costituite da meno di 5 comuni. Tale effetto si produce anche se la riduzione al di sotto della soglia consentita è il risultato della cessazione ex lege dell’appartenenza alle comunità delle categorie di comuni di cui sopra (capoluoghi di provincia, comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti).

Infine, vengono introdotti alcuni limiti numerici alla composizione degli organi rappresentativi delle comunità:

§      gli organi consiliari devono essere composti da non più di un membro per ciascun comune, in modo tale, però, da garantire (come previsto dalla normativa vigente, art. 27, co. 2, TU) la presenza delle minoranze; a tal fine la base elettiva è composta da tutti i consiglieri dei comuni, che procedono all’elezione con voto limitato[100];

§      gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare.

Si ricorda che attualmente il numero degli amministratori delle comunità montana è determinato dallo statuto di ciascuna comunità, deliberato, come si è accennato, secondo le modalità fissate con legge regionale.

 

Il comma 21 differisce l’applicazione delle riduzioni automatiche di cui al comma 20 alla data di pubblicazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e di quello degli affari regionali, sentite le singole regioni interessate, che accerti l’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa stabilite al comma 17. Tale accertamento deve effettuarsi entro il 31 luglio 2008 sulla base delle leggi regionali nel frattempo promulgate e delle relative relazioni finanziarie.

Pertanto, la scansione temporale che le disposizioni in esame prefigurano si può così riassumere:

§      entro il 30 giugno 2008 le regioni devono adottare le leggi di riordino delle comunità montane;

§      nel mese di luglio 2008 il Governo deve procedere all’accertamento delle riduzioni di spesa effettivamente conseguite;

§      entro il 31 luglio 2008 deve essere emanato il D.P.C.M. relativo a tale accertamento;

§      al momento della pubblicazione del D.P.C.M., (che può in ipotesi aver luogo anche successivamente al 31 luglio), scattano le riduzioni automatiche del numero delle comunità montane e del numero dei loro amministratori.

 

Infine, il comma 22 pone in capo alle regioni il compito di disciplinare gli effetti giuridici derivanti dall’applicazione delle disposizioni recate dall’articolo in esame, ed in particolare gli effetti conseguenti l’eventuale soppressione delle comunità montane. Le regioni dovranno, in particolare, provvedere alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Non viene specificato né lo strumento da utilizzare da parte delle regioni per la disciplina degli effetti giuridici conseguenti la riduzione delle comunità, né il termine entro cui provvedervi. Verosimilmente, le regioni potranno dare attuazione a queste disposizioni con la stessa legge di riordino delle comunità.

In ogni caso, una norma di chiusura prevede che, nelle more del provvedimento regionale o in caso di mancata adozione, i comuni subentrino alla comunità montana soppressa in tutti i rapporti giuridici di cui questa è titolare. La disposizione prevede che in relazione alle obbligazioni si applichino i principi della solidarietà attiva e passiva.

 

L’espressione “solidarietà attiva e passiva” richiama le cosiddette obbligazioni solidali e descrive, nel caso della solidarietà attiva, il vincolo in forza del quale, in presenza di più creditori di un medesimo debitore, ogni creditore può pretendere l’intera prestazione, e l’adempimento da lui conseguito libera il debitore anche nei confronti degli altri; il concreditore che avrà riscosso dovrà corrispondere ai restanti concreditori la parte della prestazione di loro spettanza.

Con solidarietà passiva si indica invece il vincolo in forza del quale, in presenza di più debitori di un unico creditore, i debitori sono solidalmente obbligati per la medesima prestazione, così che il creditore può pretendere l’intera prestazione da uno qualunque dei debitori, il cui adempimento libera tutti gli altri. Il condebitore che ha pagato avrà azione di rivalsa nei confronti degli altri, per ottenere il rimborso della sua parte.

 

Compatibilità costituzionale

La giurisprudenza costituzionale affermatasi successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, comprende le comunità montane nell’ambito della competenza regionale residuale, il che di per sé parrebbe escludere l’ambito di intervento statale, salvo per tale ambito si rilevi un titolo ulteriore. Le comunità montane, infatti, non sono considerate dalla Costituzione come enti locali necessari, né sono considerati all’interno della disposizione che attribuisce allo Stato competenza in tema di funzioni fondamentali degli enti locali ed organi degli enti locali.

Secondo la Corte, infatti, (sent. 456/2005) la disciplina delle comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel D.Lgs. 267/2000, rientra ora nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Inoltre (da ultimo, sent. 397/2006) l’art. 114 (che individua nei comuni, province, città metropolitane, regioni e nello Stato gli enti costituenti la Repubblica) e l’art. 117, secondo comma, lettera p) (che affida alla legislazione esclusiva dello Stato la legislazione elettorale, gli organi di Governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane) della Costituzione non trovano applicazione nei confronti delle comunità montane, in quanto in tali disposizioni si fa esclusivo riferimento ai comuni, alle province e alle città metropolitane e l’indicazione deve ritenersi tassativa (sentt. 456/2005 e 244/2005). Allo stesso modo non si estende alle comunità montane il sistema delle garanzie, in sede di esercizio delle funzioni amministrative, assicurato dal nuovo art. 118 della Costituzione. Le comunità montane sono “enti locali costituzionalmente non necessari” (sent. 238/2007).

Tuttavia, non sembra potersi negare ogni titolo all’intervento statale, il cui fondamento potrebbe trovarsi sia nella finalità del coordinamento finanziario (essendo finalità della norma la riduzione delle spese), sia nel riflesso – sulle comunità montane – di disposizioni dettate comunque in riferimento agli organi degli enti locali con “copertura” costituzionale, quali sono i comuni. Questo solo se – ammesso che le ipotizzate titolarità abbiano fondamento – non sia rinvenuta una eventuale “prevalenza” della competenza regionale residuale.

L’applicabilità, poi, della norma in esame nei confronti delle autonomie differenziate è un effetto della norma non agevolmente affermabile in modo univoco. A parte il caso della Sicilia (che ha soppresso le comunità montane con L.R. 9/1986[101]), per le altre regioni a statuto speciale, l’articolo 3, comma 163, del provvedimento in esame, contenente la cosiddetta “clausola di salvaguardia” non appare sicuro indice di riferimento per determinare l’applicabilità o meno: la competenza delle autonomie differenziate in tema di comunità montane appare indubbia, ma si potrebbe ritenere che concorra la già affermata competenza statale in tema di coordinamento finanziario (non l’altra, in tema di organi comunali, propria delle Regioni a statuto speciale a differenza delle Regioni a statuto ordinario[102]).

La Corte ha spesso ribadito che i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica attinenti alla spesa “devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica” (sentt. 169/2007, 82/2007, nonché sentt., da questa richiamate, 417/2005, 353/2004, 345/2004 e 36/2004, 416/1995; in senso analogo, anche sent. 267/2006).

 

Già a partire dal mese di gennaio 2008, molte regioni hanno avviato l’iter per l’adozione delle misure di contenimento dei costi delle comunità montane in attuazione delle disposizioni in esame.

Tra le iniziative legislative concluse o in corso nel 2007 si segnalano le seguenti.

La regione Umbria, come accennato, ha, in un certo senso, anticipato la riforma con l’approvazione della legge regionale 23 luglio 2007, n. 24, che ha operato un radicale riassetto della disciplina di settore: le comunità montane saranno ridotte da 9 a 5, con un risparmio per la regione calcolato in due terzi delle spese.

Nel 2007 in Sardegna è proseguito il processo di riordino delle comunità montane avviato con la legge regionale 2 agosto 2005, n. 12. La Giunta regionale ha, infatti, definitivamente approvato il Piano per il riordino dell’associazionismo comunale (Delibera del 15 dicembre 2006, n. 52/2) cui è conseguito lo scioglimento delle comunità montane sarde e la nomina dei presidenti alla carica di commissari straordinari liquidatori delle rispettive comunità (Delibera 26 marzo 2007, n. 35). Nuove comunità montane potranno essere costituite dai comuni interessati secondo le procedure e i criteri fissati dalla citata legge regionale n. 12.

La regione Calabria ha ridotto a 3 il numero dei rappresentanti di ogni Comune nei consigli delle comunità montane (L.R 11 maggio 2007, n. 9, art. 29).

La giunta regionale della Campania ha approvato il 20 luglio 2007 un disegno di legge di riforma della materia che prevede la riduzione sia del numero dei comuni partecipanti alle comunità montane campane (da 365 a 313), sia del numero complessivo delle comunità montane (da 27 a 25). Il progetto dovrà ora essere esaminato dal Consiglio regionale e, presumibilmente, emendato in modo da recepire le disposizioni della legge finanziaria in commento.

 

La legge finanziaria contiene altre norme di interesse per le comunità montane e per la montagna in genere.

Tra queste, si ricordano in particolare:

-        art. 2, comma 24: limita la possibilità di collocamento in aspettativa non retribuita, per il periodo di espletamento del mandato, soltanto ad alcune figure di amministratori locali (tra i quali i presidenti delle comunità montane). Inoltre, sono interamente posti a carico di alcune categorie di amministratori locali (tra cui i consiglieri delle comunità montane) gli oneri previdenziali e assistenziali qualora questi siano stati collocati – a domanda – in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato;

-        art. 2, co. 25: riduce da un terzo a un quarto dell’indennità del sindaco o del presidente dell’organo rappresentativo dell’ente locale, il gettone di presenza che consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire per la partecipazione a consigli e commissioni; elimina la possibilità di trasformare il gettone di presenza in indennità di funzione e di cumulare entrambi gli emolumenti; riduce il tetto massimo delle indennità del presidente e degli assessori di unioni di comuni, consorzi e comunità montane (non oltre il 50% della misura prevista per un singolo comune di eguale popolazione o di popolazione pari alla popolazione montana della comunità montana) elimina la facoltà per gli organi degli enti locali di adeguare gli importi dei gettoni di presenza e riduce la possibilità di incremento dell’indennità unicamente ai sindaci, i presidenti di provincia e gli assessori (con delibera della giunta) e ai presidenti delle assemblee (con delibera del consiglio);

-        2, co. 28: consente l’adesione da parte di un comune ad unica forma associativa tra quelle previste dal testo unico;

-        art. 1, co. 240: dispone una proroga, sino al 31 dicembre 2008, dell’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone montane;

-        art. 2, co. 35-37: dettano disposizioni sulla riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organismi esecutivi ovvero sulla soppressione di alcuni enti, tra cui i consorzi dei bacini imbriferi montani;

-        art. 2, co. 40: reca una autorizzazione di spesa pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 a favore del Fondo nazionale per la montagna;

-        art. 2, co. 44: integra per 10 milioni per il 2008, 5 milioni per il 2009 e 5 milioni per il 2010, il fondo per le aree svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale al fine di sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione interregionali.

-        art. 2, co. 45: trasferisce all’Ente Italiano Montagna (EIM), le risorse già attribuite all’istituto nazionale per la montagna (IMONT);

-        art. 2, co. 134: prevede che le cooperative ed i loro consorzi che esercitino prevalentemente nei comuni montani le loro attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e del territorio e degli ambienti rurali, possano ricevere in affidamento diretto dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio nonché la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricola;

-        art. 2, co. 332: prevede la definizione e attivazione, da parte del Ministero dell’ambiente sulla base delle richieste dei comuni e delle comunità montane, di un programma di interventi di manutenzione del reticolo idrografico minore e dei versanti che privilegi la realizzazione di opere tradizionali e a basso impatto ambientale e che sia finalizzato alla mitigazione del rischio idrogeologico e alla tutela dell’assetto del territorio, nonché all’incentivazione alla permanenza delle popolazioni nelle aree di montagna e di collina.


La montagna italiana al 1° gennaio 2007

Regioni

Comuni

Comuni montani


comunità
montane

Superf.
Territ.
Ha (a1)

Superf.
Montana
Ha (a2)

%
(b1/a1)

Pop.
Totale
(a2)

Pop.
Montana
(b2)

%
(b2/a2)

 

(A)

Tot.
(B)

Parz.
(C)

B+C

C/A

 

 

 

 

 

 

 

PIEMONTE

1.206

503

27

530

43,95

48

2.540.246

1.316.591

51,83

4.341.733

675.253

15,55

VDA

74

74

0

74

100,00

8

326.324

326.324

100,00

123.978

123.978

100,00

LIGURIA

235

167

20

187

79,57

19

542.155

441.834

81,50

1.610.134

348.558

21,65

LOMBARDIA

1546

529

13

543

35,12

30

2.386.280

1.032.322

43,26

9.475.202

1.265.687

13,36

TRENTO

223

223

0

223

100,00

11

620.690

620.690

100,00

502.478

502.478

100,00

BOLZANO

116

116

0

116

100,00

8

739.992

739.992

100,00

482.650

482.650

100,00

VENETO

581

119

39

158

27,19

19

1.839.885

588.703

32,00

4.738.313

410.588

8,67

FVG

219

84

21

105

47,95

4

785.839

447.349

56,93

1.208.278

174.432

14,44

EMI.ROM.

341

95

29

124

36,36

18

2.211.734

851.977

38,52

4.187.557

371.736

8,88

TOSCANA

287

114

43

157

54,70

20

2.299.351

1.086.904

47,27

3.619.872

533.049

14,73

MARCHE

246

103

21

124

50,41

13

969.406

571.873

58,99

1.528.809

315.874

20,66

UMBRIA

92

69

22

91

98,91

9

845.604

725.875

85,84

867.878

552.830

63,70

LAZIO

378

175

65

240

63,49

22

1.723.597

761.634

44,19

5.304.778

753.428

14,20

ABRUZZO

305

200

27

227

74,43

19

1.076.271

824.885

76,64

1.305.307

479.777

36,76

MOLISE

136

111

12

123

90,44

10

443.768

349.157

78,68

320.907

224.006

69,80

CAMPANIA

551

197

102

298

54,08

27

1.359.024

765.979

56,36

5.790.929

687.215

11,87

PUGLIA

258

26

35

61

23,64

6

1.935.790

479.609

24,78

4.071.518

315.384

7,75

BASILICATA

131

106

9

115

87,79

14

999.461

712.243

71,26

594.086

393.653

66,26

CALABRIA

409

218

68

286

69,93

26

1.508.055

990.991

65,71

2.004.415

733.784

36,61

SICILIA

390

102

83

185

47,44

0

2.571.140

943.179

36,68

5.017.212

640.510

12,77

SARDEGNA

377

215

19

234

62,07

24

2.408.989

1.793.774

74,46

1.655.677

837.735

50,60

TOTALE

8.101

3.546

655

4.201

51,86

355

30.133.601

16.371.885

54,33

58.751.711

10.822.605

18,42

Fonte: Elaborazioni UNCEM su dati ISTAT al 31/12/2005


 

Articolo 2, commi 23-32
(Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)

 


23. All’articolo 47, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «dodici». La presente disposizione entra in vigore a decorrere dalle prossime elezioni amministrative locali.

24. All’articolo 81, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni di cui all’articolo 22, comma 1, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86».

25. All’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali»;

b) i commi 4 e 6 sono abrogati;

c) al comma 8, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

«c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana»;

d) al comma 11, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità» e il terzo periodo è soppresso.

26. L’articolo 83 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 83. - (Divieto di cumulo) – 1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente capo.

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta».

27. L’articolo 84 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 84. - (Rimborso delle spese di viaggio) – 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate».

28. Ai fini della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, ad ogni amministrazione comunale è consentita l’adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatte salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti. A partire dal 30 settembre 2008, se permane l’adesione multipla ogni atto adottato dall’associazione tra comuni è nullo ed è, altresì, nullo ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte dell’amministrazione comunale interessata. Il presente comma non si applica per l’adesione delle amministrazioni comunali ai consorzi istituiti o resi obbligatori da leggi nazionali e regionali.(*)

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(*)  Comma così modificato dall’art. 35-bis, co. 1 del D.L. n. 248/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.

 

29. All’articolo 17 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «100.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «250.000 abitanti»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento ai sensi di quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti».

30. Le funzioni della commissione elettorale comunale previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, sono attribuite al responsabile dell’ufficio elettorale comunale, salvo quanto disposto dagli articoli 12, 13 e 14 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1967, e successive modificazioni. L’incarico di componente delle commissioni elettorali comunali e delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali è gratuito, ad eccezione delle spese di viaggio effettivamente sostenute. In tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto la materia elettorale, ad eccezione degli articoli 3, 4, 5 e 6dellalegge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modificazioni, ogni riferimento alla commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

31. A decorrere dal 2008 il fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 313 milioni di euro. In sede di ripartizione delle risorse del fondo ordinario, come rideterminate ai sensi del presente comma, si tiene conto, anche sulla base di certificazioni prodotte dagli enti interessati, delle riduzioni di spesa derivanti, per ciascun ente territoriale, dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 23 a 31. Le risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 23 a 29, valutate in 313 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, sono destinate, per l’anno 2008, per 100 milioni di euro, salvo quanto disposto dal comma 32, all’incremento del contributo ordinario di cui all’articolo1, comma 703, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartire in proporzione alla popolazione residente, e per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dai commi 383 e 384.

32. Entro il 30 giugno 2008, sulla base delle certificazioni prodotte dagli enti interessati, il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, quantifica l’ammontare effettivo delle riduzioni di spesa conseguibili al 31 dicembre 2008. A seguito di tale accertamento, il Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione alla differenza riscontrata tra l’ammontare delle economie di spesa e la riduzione dei trasferimenti, adegua con propri decreti la dotazione per l’anno 2008 del fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, per i soli enti che hanno dato piena attuazione alle disposizioni previste dai commi da 23 a 32, a valere e nei limiti dell’incremento del fondo ordinario di cui al comma 31.


 

I commi da 23 a 29 dell’articolo 2 modificano in più parti il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali[103] al principale fine di contenere i costi per la rappresentanza degli enti locali.

Una parte del contenuto normativo delle disposizioni in esame, sia nella versione originaria del disegno di legge governativo, sia nella attuale formulazione, corrisponde sostanzialmente allo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito Internet del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza”. Iniziative legislative sul tema sono all’esame della Camera dei deputati[104].

 

Si ricorda che le disposizioni del TUEL non trovano applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano[105] che, in forza dell’autonomia normativa in materia di ordinamento degli enti locali loro riconosciuta, hanno emanato specifiche disposizioni.

Il comma 23 interviene sull’art. 47, co. 1, del TUEL, riducendo il previsto tetto massimo di assessori (comunali e provinciali) da 16 a 12. Come espressamente previsto, la disposizione entra in vigore a partire dalle prossime elezioni amministrative.

 

La norma in precedenza vigente stabiliva che la Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a 16 unità.

 

Considerando che la composizione delle giunte comunali e provinciali è direttamente correlata (art. 47, co. 1, TUEL) a quella dei rispettivi consigli, la modifica introdotta ha l’effetto di ridurre il numero massimo dei componenti delle giunte:

§      nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti;

§      nei comuni che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluogo di provincia;

§      nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti.

 

L’art. 37 del TUEL determina la composizione dei consigli comunali[106] e provinciali[107] in relazione alla dimensione demografica degli enti, come risulta dall’ultimo censimento.

Nelle due tabelle seguenti si riporta il numero degli enti (comuni e province) che sono interessati dalla disposizione illustrata, suddivisi per classe demografica, con l’indicazione del numero di consiglieri previsti dall’art. 37 del TUEL e del tetto massimo di assessori indicato dall’art. 47 del TUEL, prima e dopo la modifica apportata dall’art. 2, comma 23[108].

Componenti delle Giunte comunali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il sindaco)

Tetto massimo degli assessori

Numero dei comuni

 

 

prima della modifica

dopo la modifica

 

100.001-250.000 e capoluoghi di provincia con popolazione inferiore

41

14

12

75

250.001-500.000

47

16

12

5

500.001-1.000.000

51

16

12

2

Oltre 1.000.000

61

16

12

3

Totale

 

 

 

85

 

Componenti delle Giunte provinciali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il presidente della provincia)

Tetto massimo degli assessori

Numero delle province

 

 

prima della modifica

dopo la modifica

 

oltre 1.400.000 abitanti

45

15

12

5

 

Si osserva peraltro che il co. 2 dell’art. 47 del TUEL stabilisce che gli statuti possono fissare in modo rigido il numero degli assessori, oppure determinarne il numero massimo: in quest’ultimo caso, il sindaco e il presidente della provincia hanno piena facoltà di limitare la composizione della giunta nominando un numero di assessori inferiore a quello massimo.

 

Il comma 24, articolato nelle lettere a) e b), interviene sull’articolo 81 del TUEL, che disciplina il regime delle aspettative degli amministratori locali.

La disposizione di cui alla lettera a), modificando il primo periodo dell’art. 81 del TUEL, limita la possibilità di collocamento in aspettativa non retribuita, per il periodo di espletamento del mandato, soltanto ad alcune figure di amministratori locali, vale a dire ai: sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali, presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di aree metropolitane.

 

L’art. 81, nel testo in precedenza vigente, prevedeva che il collocamento a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato spettasse a tutti gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che fossero lavoratori dipendenti.

Attraverso il richiamo all’art. 77, secondo comma, la normativa previgente comprendeva dunque – oltre alle figure espressamente contemplate dal comma in esame – i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

 

La disposizione di cui alla lettera b) ha aggiunto invece all’art. 81 un nuovo periodo, che riguarda i “consiglieri” di cui all’articolo 77, comma 2, del TUEL; attraverso quest’ultimo rinvio, essa sembra fare dunque riferimento ai seguenti soggetti in quanto componenti dei rispettivi organi rappresentativi: i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i consiglieri delle comunità montane[109], i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti dei consigli circoscrizionali. La novella introdotta dalla lettera b) della disposizione in esame dispone che tutti costoro, nel caso in cui siano stati collocati – a domanda – in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, devono assumere a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86.

 

L’art. 86, co. 1, pone a carico degli enti locali il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi per i seguenti amministratori locali che siano lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato: sindaci, presidenti di provincia, presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, assessori provinciali e assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, presidenti dei consigli provinciali; presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni; presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.

Il comma 25, con le disposizioni di cui alle lettere da a) a d), apporta alcune modifiche all’art. 82 del TUEL, relativo alle indennità degli amministratori locali.

 

La lettera a), sostituendo il testo del co. 2 dell’art. 82, riduce da un terzo a un quarto dell’indennità del sindaco o del presidente dell’organo rappresentativo dell’ente locale, il limite massimo di valore del gettone di presenza che consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali delle comunità montane hanno diritto a percepire per la partecipazione a consigli e commissioni.

Il nuovo testo del comma 2 dell’art. 82, inoltre:

§      limita la corresponsione del gettone di presenza ai consiglieri circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia;

§      esclude dal diritto all’indennità tutti i consiglieri circoscrizionali.

 

La lettera b), abrogando i commi 4 e 6 del testo dell’art. 82, sopprime la possibilità di trasformare il gettone di presenza in indennità di funzione e di cumulare i due emolumenti.

 

Il comma 4 (abrogato) dell’art. 82 del TUEL stabiliva che gli statuti e i regolamenti degli enti potessero prevedere che l’interessato optasse, a richiesta, per la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comportasse per l’ente pari o minori oneri finanziari. Nel caso in cui si fosse scelto il regime di indennità di funzione, questo avrebbe dovuto prevedere l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di assenza ingiustificata dalle sedute degli organi collegiali.

Ai sensi del comma 6 (anch’esso abrogato) del medesimo articolo, le indennità di funzione erano cumulabili con i gettoni di presenza soltanto nel caso in cui fossero dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

Il comma 7 (che è rimasto in vigore) dispone che agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione, non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

 

La lettera c) sostituisce il testo della lett. c) del co. 8 dell’art. 82, recante alcuni dei criteri per la quantificazione delle indennità e dei gettoni di presenza.

 

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è demandata (art. 82, co. 8) ad un regolamento, adottato con decreto del ministro dell’interno[110] nel rispetto di specifici criteri, elencati nelle lettere da a) a f) del medesimo comma 8.

La lettera c), in particolare, nel testo previgente, disponeva che l’importo dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, è parametrato in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Ai sensi della medesima disposizione, le indennità del presidente e degli assessori delle forma associative di enti locali sono invece pari a quelle previste per un comune che abbia popolazione pari alla popolazione dell’unione dei diversi enti locali associati o alla popolazione montana della comunità montana.

 

Nel nuovo testo della lett. c) del co. 8 dell’art. 82:

§      è stato eliminato il riferimento ai “consiglieri” che hanno optato per le indennità, essendo venuta meno tale possibilità (in conseguenza della già esaminata soppressione del co. 4 dell’art. 82);

§      è stata ridotta l’entità massima delle indennità del presidente e degli assessori delle forme associative di enti locali (unioni di comuni, consorzi e comunità montane), stabilendo che l’indennità corrisposta a tali soggetti non può superare il 50 per cento[111] di quella prevista per un singolo comune di popolazione eguale a quella complessiva dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana.

 

La lettera d) sostituisce il primo periodo e sopprime il terzo periodo del co. 11 dell’art. 82, concernente la facoltà degli organi degli enti locali di modificare gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza.

 

L’art. 82, co. 11, nel testo previgente stabiliva che le misure delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza possono essere incrementate (se l’ente non versa in stato di dissesto finanziario) o diminuite con delibera consiliare o della giunta, sulla base di valutazioni e scelte politiche e di gestione[112]. La disposizione citata pone un limite agli incrementi: la spesa complessiva per le indennità e i gettoni di presenza risultante non deve superare una quota dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dalla tabella D del D.M. 119/2000.

Il legislatore è già intervenuto nelle precedenti manovre finanziarie nella materia disciplinata dall’art. 82 del TUEL: la L. 266/2005 (legge finanziaria 2006), all’art. 1, co. 201, ha disposto in via generale che gli enti locali possono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali, da adottare ai sensi dell’art. 82, co. 11, del TUEL.

il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746-bis), nel testo originario presentato dal Governo, prevedeva, all’art. 76, co. 1, lett. i), la soppressione della facoltà per gli organi degli enti locali di aumentare, ai sensi dell’art. 82, co. 11, del TUEL, le indennità e i gettoni di presenza, mantenendo ferma la possibilità di apportare riduzioni a tali emolumenti. La disposizione stabiliva inoltre che gli eventuali incrementi già disposti dovessero essere eliminati dalle amministrazioni locali entro un mese dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2007. La previsione illustrata, presente anche nel testo approvato in prima lettura dalla Camera (A.S. 1183, art. 18, co. 361), venne successivamente soppressa nel corso dell’esame al Senato in seguito all’approvazione del “maxiemendamento” del Governo.

 

Nel nuovo testo del co. 11 dell’art. 82 è stato soppresso il riferimento ai gettoni di presenza: in tal modo, risulta del tutto eliminata la facoltà per gli organi degli enti locali di adeguare gli importi dei gettoni di presenza.Inoltre, la possibilità di disporre l’aumento delle indennità di carica viene limitata ai sindaci, presidenti di provincia e assessori (con delibera della giunta) e ai presidenti delle assemblee (con delibera del consiglio): l’incremento non è dunque più possibile per i presidenti di comunità montane e dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di provincia e i componenti degli organi esecutivi di comunità montane, unioni di comuni e consorzi fra enti locali.

Il nuovo testo, inoltre, preclude la possibilità di incremento delle indennità, non soltanto agli enti locali che si trovino in condizioni di dissesto finanziario (come peraltro già previsto nel testo previgente, precisando però che l’esclusione sussiste fino al superamento di tale stato), ma anche agli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno, fino all’accertamento del rientro dei parametri. Per le delibere adottate in violazione di tali divieti la disposizione sancisce la nullità di diritto.

Infine, il co. 11 dell’art. 82, come riformulato, subordina la corresponsione dei gettoni di presenza alla effettiva partecipazione del consigliere alle riunioni di consigli e commissioni, rimettendo al regolamento (comunale) la definizione dei termini e delle modalità.

 

Il comma 26 sostituisce l’art. 83 del TUEL, che disciplina il divieto di cumulo degli emolumenti degli amministratori locali.

Il testo previgente constava di un solo comma, con cui si stabiliva che ai parlamentari nazionali o europei, e ai consiglieri regionali venissero corrisposti soltanto i gettoni di presenza, escludendo pertanto l’erogazione delle indennità di funzione previste dal TUEL. Nella nuova formulazione il co. 1 dell’art. 83 stabilisce che i medesimi soggetti non possono percepire i gettoni di presenza.

Dal tenore letterale della disposizione, come novellata, non sembra esclusa la possibilità per i medesimi soggetti di percepire (ove previste) le indennità: possibilità che il testo previgente (ricorrendo al termine “solo”) chiaramente negava. Tale lettura è peraltro difficilmente conciliabile con la finalità inequivoca della norma, che si inserisce in un intervento complessivo di contenimento dei costi della rappresentanza locale, comportando essa la corresponsione di emolumenti (le indennità) che risulterebbero più onerosi per gli enti locali di quelli contemplati in precedenza (i gettoni di presenza) e che comunque, prima della modifica illustrata, non venivano erogati.

È stato poi aggiunto all’art. 83 un comma 2, ai sensi del quale agli amministratori locali (definiti in senso ampio, con riferimento all’art. 77, co. 2, del TUEL[113]) non viene erogato alcun compenso per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominati, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

Il medesimo comma 2 precisa che sono invece percepibili le indennità di missionee che sono fatte salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, per le indennità dei cui amministratori in realtà non risulta essere prevista un disciplina specifica.

Con il comma 3, anch’esso aggiunto dalla novella in esame, si dispone infine che, qualora rivestano cariche tra di loro incompatibili, gli amministratori locali non possono cumulare le rispettive indennità di funzione: si stabilisce pertanto il principio secondo cui, nel caso in cui sussista l’incompatibilità, non può essere riconosciuta più di una indennità di funzione.

L’indennità spettante per la carica sopraggiunta (che si è cioè aggiunta – in modo incompatibile – a quella già esercitata) non viene corrisposta, fino al momento dell’esercizio dell’opzione (che è l’ordinaria modalità di risoluzione delle incompatibilità) a chi venga a trovarsi a cumulare la carica incompatibile.

 

La rimozione della condizione di incompatibilità rende poi percepibile l’unica indennità alla quale si ha, da quel momento, diritto.

L’indennità per la carica “sopraggiunta” non dovrebbe competere fin dal momento di acquisizione della nuova carica, ma il momento di accertamento di tale status potrebbe essere successivo: in tal caso, potrebbe dunque porsi la questione del recupero di indennità indebitamente percepite.

 

Il comma 27, novellando l’articolo 84 del TUEL, sostituisce l’indennità di missione percepita dagli amministratori locali in caso di viaggio, con un rimborso forfetario onnicomprensivo per le spese diverse da quelle di viaggio. L’importo del rimborso è fissato con decreto dei ministri dell’interno e dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città; è comunque mantenuto, unitamente a quello forfetario, il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute.

 

La disposizione, per il resto, conferma quella vigente, ad eccezione del comma 4 (soppresso), che prevedeva la possibilità di sostituire l’indennità di missione con il rimborso delle spese effettivamente sostenute.

 

L’art. 84 del TUEL disponeva in precedenza che gli amministratori che si recano, per motivi dipendenti dal loro mandato, fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente hanno diritto al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché all’indennità di missione.

Le missioni devono essere autorizzate dal capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, dal presidente del consiglio, nel caso di consiglieri.

Le richieste di rimborso delle spese di viaggio e soggiorno devono essere documentate e accompagnate da una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione. Agli amministratori che non risiedono nel capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, sono rimborsate le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, e per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle loro funzioni. L’indennità di missione può essere sostituita dal rimborso di tutte le spese - non solo quelle di viaggio - effettivamente sostenute (comma 4).

 

Il comma 28 stabilisce che ogni comune possa aderire ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del TUEL (si tratta, sostanzialmente, dei consorzi e delle unioni di comuni, vedi infra).

Finalità della norma è la semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture.

Essa incide in particolar modo sui Comuni di piccole dimensioni, che generalmente aderiscono a più di un consorzio per garantire l’erogazione dei servizi minimi.

 

La disposizione sanziona la permanenza di un comune in più di una forma associativa dello stesso tipo (“adesione multipla”) oltre il termine del 30 settembre 2008. In tal caso è nullo non solo ogni atto adottato dall’associazione (forma associativa), ma anche ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte del comune interessato (per il quale – dovrebbe intendersi – permanga l’adesione a più forme associative).

L’articolo 35-bisdel recente D.L. 248/2007[114], convertito con modificazioni in L. 31/2008, recante proroghe di termini legislativi e altre disposizioni urgenti, ha così modificato il termine del 1° aprile 2008, originariamente previsto dalla L. 244/2007 per l’applicazione della norma che sanziona la permanenza dell’adesione da parte dei comuni a più di una forma associativa tra quelle previste dal TUEL.

 

La nullità degli atti dell’“associazione” pare colpire anche i comuni ad essa partecipanti eventualmente incolpevoli (per i quali non si configuri cioè adesione multipla), nonché tutte le associazioni alle quali il comune partecipi, inclusa – ad esempio – la prima alla quale abbia aderito.

Si ricorda, ai fini del collocamento della disposizione nel quadro delle competenze dello Stato e delle Regioni delineate dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che l’art. 33 del TUEL disciplina le linee principali dell’intervento regionale in materia di incentivazione delle forme associative dei Comuni ai fini della riorganizzazione sovracomunale dei servizi e delle funzioni.

La disposizione illustrata non si applica all’adesione a consorzi obbligatori. Essa fa inoltre salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti, per le quali sia rinvia alla scheda relativa alla disposizione sugli ambiti territoriali ottimali (ATO) di cui all’art. 2, co. 38.

 

Gli articoli 31, 32 e 33 del TUEL sono contenuti, insieme ad altri, nel capo V[115] del Testo unico, intitolato appunto alle forme associative.

Ivi si prevedono, oltre alle convenzioni[116] (art. 30), i “consorzi” e le “unioni di comuni” (art. 32). Si ricorda peraltro che il comma 7 dell’art. 31 dispone comunque che tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio; inoltre, la legge dello Stato, in caso di rilevante interesse pubblico, può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori. L’art. 33 non individua ulteriori forme di associazione e di cooperazione tra i Comuni; esso attribuisce alle Regioni il compito di promuovere l’esercizio associato delle funzioni dei Comuni e di individuare i livelli ottimali di esercizio delle stesse. Le regioni predispongono, concordandolo con i Comuni nelle apposite sedi concertative, un programma per l’individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, prevedendo la corresponsione di contributi per incentivare l’unificazione tra gli enti.

I consorzi e le unioni di comuni, differentemente dalle convenzioni, prevedono la costituzione di organi amministrativi per la loro conduzione. Si ricorda peraltro, che, per quanto riguarda le unioni di comuni, il presidente dell’unione deve essere scelto tra i sindaci dei comuni interessati e gli altri organi devono essere formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati (art. 32, comma 2).

 

Il comma 29, novellando l’art. 17 del TUEL, modifica i parametri demografici per l’istituzione delle circoscrizioni di decentramento comunale, con lo scopo di ridurne il numero.

La loro istituzione è divenuta pertanto obbligatoria nei soli comuni con più di 250.000 abitanti (rispetto alla previsione precedente che fissava la soglia demografica minima per la loro istituzione a 100.000 abitanti) e facoltativa nei comuni con popolazione compresa tra 100.000 e 250.000 abitanti (la possibilità di istituire le circoscrizioni era prima prevista per i comuni nella fascia tra 30.000 e 100.000 abitanti); in questo secondo caso la popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti.

La presenza obbligatoria delle circoscrizioni rimane pertanto una prerogativa dei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti: ossia Torino, Milano, Genova, Venezia, Verona, Firenze, Bologna, Roma, Napoli, Bari. Non sono compresi tra questi i comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale; al riguardo si osserva che le disposizioni del TUEL non trovano applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome che, in forza dell’autonomia normativa in materia di ordinamento degli enti locali loro riconosciuta, hanno emanato specifiche disposizioni[117].

In applicazione della nuova formulazione dell’art. 17 del TUEL, le circoscrizioni possono dunque essere mantenute, o create, e comunque nel rispetto del limite demografico cui si è in precedenza accennato, nei seguenti comuni:

Comuni tra 100.000 e 250.000 abitanti

 

 

Comune

Abitanti

1

Padova

204.870

2

Taranto

202.033

3

Brescia

187.567

4

Reggio di Calabria

180.353

5

Modena

175.502

6

Prato

172.499

7

Parma

163.457

8

Livorno

156.274

9

Foggia

155.203

10

Perugia

149.125

11

Reggio nell’Emilia

141.877

12

Salerno

138.188

13

Ravenna

134.631

14

Ferrara

130.992

15

Rimini

128.656

16

Monza

120.204

17

Pescara

116.286

18

Bergamo

113.143

19

Forlì

108.335

20

Latina

107.898

21

Vicenza

107.223

22

Terni

105.018

23

Novara

100.910

24

Ancona

100.507

Fonte:   D.P.C.M. 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001[118].

 

Per il calcolo della popolazione è stato applicato il principio secondo cui, in materia di composizione degli organi, la popolazione è determinata in base ai risultati dell’ultimo censimento[119]. Tale disposizione è contenuta nell’art. 37, co. 4, del TUEL, e si riferisce alla composizione dei consigli comunali e provinciali, ma viene applicata alla formazione di tutti gli organi rappresentativi locali, compresi quindi i consigli circoscrizionali.

Non è più prevista, pertanto, la possibilità di istituire le circoscrizioni nei 210 comuni[120] delle regioni a statuto ordinario (un quarto dei quali sono capoluoghi di provincia) che hanno una popolazione compresa fra 30.000 e 100.000 abitanti.

Da una prima indagine effettuata dall’ANCI[121], sono 74 i comuni compresi nella fascia tra i 30.000 e i 100.000 abitanti nei quali risultano attualmente istituite le circoscrizioni, che verrebbero pertanto soppresse; si riporta di seguito l’elenco.

 

 

Comune

1

Afragola

2

Alessandria

3

Arezzo

4

Ascoli Piceno

5

Asti

6

Augusta

7

Avellino

8

Barletta

9

Biella

10

Bollate

11

Brindisi

12

Camaiore

13

Carbonia

14

Carrara

15

Casoria

16

Castellammare di Stabia

17

Catanzaro

18

Cinisello Balsamo

19

Cisterna di Latina

20

Civitavecchia

21

Como

22

Cosenza

23

Crotone

24

Faenza

25

Fano

26

Fasano

27

Foligno

28

Formia

29

Frosinone

30

Gallarate

31

Gorizia

32

Grosseto

33

Guidonia Montecelio

34

Jesi

35

La Spezia

36

Lamezia Terme

37

L'Aquila

38

Lecce

39

Lodi

40

Lucca

41

Macerata

42

Manfredonia

43

Mantova

44

Marino

45

Nola

46

Pavia

47

Piacenza

48

Piombino

49

Pisa

50

Pistoia

51

Pordenone

52

Pavia

53

Piacenza

54

Piombino

55

Pisa

56

Pistoia

57

Pordenone

58

Pavia

59

Piacenza

60

Piombino

61

Segrate

62

Senigallia

63

Sesto San Giovanni

64

Siena

65

Teramo

66

Trapani

67

Udine

68

Varese

69

Verbania

70

Viareggio

71

Vibo Valentia

72

Vigevano

73

Viterbo

74

Voghera

 

 

L’articolo 42-bis del citato D.L. 248/2007, recante proroga di termini legislativi, rinvia alle elezioni successive all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso[122] l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2, co. 29, della L. 244/2007 testé illustrate, che dispongono la riduzione del numero delle circoscrizioni di decentramento comunale attraverso la modifica dei parametri demografici per la loro istituzione.

 

Si ricorda che anche l’art. 12 dello schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito Internet del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza” dispone l’eliminazione dei consigli circoscrizionali nei comuni con popolazione inferiore a 250.000 abitanti. L’art. 19 del medesimo schema reca una norma transitoria, con cui si rinvia l’applicazione delle misure che riducono il numero dei rappresentanti locali (e dei consigli circoscrizionali) alle prime elezioni successive alla data di entrata in vigore del provvedimento.

 

Per quanto riguarda l’istituzione delle circoscrizioni, il TUEL prevedeva, prima della modifica introdotta dalla disposizione in esame, i seguenti ambiti territoriali:

-        comuni fino a 30.000 abitanti: in essi non era consentita la creazione di circoscrizioni, pur essendo possibile realizzare altre forme di decentramento e di partecipazione ai sensi degli artt. 6 e 8 del TUEL[123];

-        comuni da 30.000 a 100.000 abitanti: avevano la facoltà, se lo ritenevano opportuno, di istituire le circoscrizioni (art. 17, co. 3);

-        comuni con oltre 100.000 abitanti: per essi vi era l’obbligo di istituire le circoscrizioni (art. 17, co. 1).

 

Il comma 30 ridefinisce le competenze in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali previste dal Testo unico sull’elettorato attivo (D.P.R. 223/1967[124]), trasferendole dalla Commissione elettorale comunale al responsabile dell’ufficio elettorale comunale e stabilendo, a fini di coordinamento, che in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale, ogni riferimento alla Commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

La disposizione attribuisce dunque al responsabile dell’ufficio elettorale comunale (cioè ad una figura gerarchica del personale dell’ente, in qualche modo sottoposta al sindaco) le funzioni in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali in precedenza svolte dalla Commissione elettorale comunale (che è invece un organo collegiale, eletto dal Consiglio comunale al suo interno).

L’intervento normativo è finalizzato ad un contenimento della spesa pubblica, in particolare di quella degli enti locali. Inoltre, la disposizione, trasferendo - in tutti i comuni - ad un organo monocratico alcune competenze prima attribuite alla Commissione elettorale comunale, si colloca nell’ambito del processo di snellimento e semplificazione dell’azione della pubblica amministrazione, in quanto si propone di ottenere maggiore efficienza ed economicità nel procedimento di formazione ed aggiornamento delle liste elettorali, valorizzando, al tempo stesso, la funzione svolta dal personale dei comuni preposto al servizio elettorale[125].

La disposizione fa salve le norme del citato Testo unico sull’elettorato attivo che disciplinano l’istituzione della Commissione elettorale comunale e ne regolano la composizione e le modalità di funzionamento.

In virtù del riferimento alla L. 95/1989[126] contenuto nell’ultimo periodo della norma in esame continuano a rimanere di competenza della Commissione elettorale comunale le attribuzioni ad essa affidate dagli artt. 3, 4, 5 e 6 della citata L. 95/1989, relative alla tenuta e all’aggiornamento dell’albo delle persone idonee all’ufficio di scrutatore di seggio elettorale e alla nomina degli scrutatori.

 

La citata circolare del Ministero dell’interno ha precisato che in tale contesto normativo restano vigenti le disposizioni del successivo articolo 15 del Testo unico sull’elettorato attivo, volte ad assicurare il pieno svolgimento delle funzioni della commissione elettorale comunale, attraverso la disciplina delle ipotesi di decadenza, della sua rinnovazione e di interventi sostitutivi.

Il Consiglio comunale nella prima seduta elegge, tra i propri membri, la Commissione elettorale comunale, composta dal sindaco e da tre componenti effettivi e tre supplenti nei comuni al cui consiglio sono assegnati fino a cinquanta consiglieri, da otto componenti effettivi e otto supplenti negli altri comuni (art. 12, D.P.R. 223/1967).

Il riferimento alla Commissione elettorale comunale contenuto in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale si intende effettuato, ai sensi dell’art. 26, comma 13, della legge 340/2000[127], all’Ufficiale elettorale.

Secondo quanto stabilisce l’art. 4-bis del D.P.R. 223/1967 (aggiunto dall’art. 26, comma 1, della citata legge 340/2000, e in seguito sostituito dall’art. 10 della legge n. 270/2005), alla tenuta e all’aggiornamento delle liste elettorali provvede l’Ufficio elettorale e in ciascun comune l’Ufficiale elettorale è la Commissione elettorale prevista dagli articoli 12, 13, 14 e 15 dello stesso testo unico. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la Commissione elettorale può delegare e revocare le funzioni di Ufficiale elettorale al segretario comunale o a un funzionario del comune.

In proposito, la circolare più volte citata, chiarisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, il responsabile dell’ufficio elettorale comunale assume le funzioni della commissione elettorale comunale in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, agendo nella veste di Ufficiale elettorale (secondo quanto prevede l’articolo 2, comma 30, della legge 244/2007, in combinato-disposto con l’articolo 4-bis, comma 2, del D.P.R. 223/67). Ne consegue la caducazione della delega eventualmente già conferita ai sensi del comma 3 del predetto art. 4-bis del D.P.R. n. 223/67.

 

La disposizione sopprime inoltre il gettone di presenza che veniva in precedenza corrisposto ai componenti delle commissioni e delle sottocommissioni elettorali circondariali, mantenendo invece il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute.

 

In ogni comune capoluogo di circoscrizione giudiziaria, dopo l’insediamento del consiglio provinciale, è costituita, con decreto del presidente della corte di appello, una commissione elettorale circondariale[128], presieduta dal prefetto o da un suo delegato e composta da quattro componenti effettivi e da quattro componenti supplenti, di cui uno effettivo ed uno supplente designati dal prefetto, e tre effettivi e tre supplenti designati dal consiglio provinciale (art. 21 del D.P.R. 223/1967). Nei circondari con popolazione superiore a 50.000 abitanti può essere costituita, su proposta del presidente della Commissione circondariale, una sottocommissione elettorale circondariale.

L’art. 21 del D.P.R. 223/1967 (che non è stato abrogato) stabilisce che ai componenti e ai segretari delle commissioni (e delle sottocommissioni) elettorali circondariali può essere corrisposto, oltre al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, un gettone di presenza pari a lire 60.000 (euro 30,99), al lordo delle ritenute di legge, in luogo di quello previsto dalle disposizioni in vigore per i componenti delle commissioni costituite presso le amministrazioni dello Stato. L’importo del gettone di presenza è rivalutato, a partire dall’anno 2000, con le procedure ed i termini previsti dalla L. 117/1985[129].

 

Il comma 31 contiene le disposizioni di rilievo finanziario relative alle risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 23 a 29 che precedono.

A decorrere dal 2008 il Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali è ridotto di 313 milioni di euro, vale a dire di un ammontare pari a quello per il quale vengono valutati i risparmi derivanti dai commi da 23 a 29.

Il comma in esame, quindi, destina la stessa cifra di 313 milioni di euro derivante, in sostanza, dai predetti risparmi, alle seguenti finalità nell’anno 2008:

-          per 100 milioni di euro, salvo quanto disposto dal successivo comma 32, all’incremento del contributo a favore dei piccoli comuni (con popolazione fino a 5.000 abitanti) che non beneficiano dei contributi assegnati ai sensi del comma 703, art. 1, della legge n. 296/2006.

Si ricorda che il comma 703 della legge finanziaria dello scorso anno assegna, per ciascuno degli anni 2007-2009, contributi in favore degli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali. In particolare:

-         55 milioni, in favore dei comuni con popolazione residente oltre i 65 anni superiore al 30% della popolazione complessiva;

-         71 milioni, in favore dei comuni con popolazione residente al di sotto dei 5 anni superiore al 5% della popolazione complessiva;

-         42 milioni, in favore dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane, per finalità di investimento;

-         contributo di 20 milioni di euro in favore delle comunità montane.

§      per 213 milioni di euro, a copertura di quota parte degli oneri derivanti dai commi 383 e 384 del medesimo articolo 2. Tali commi istituiscono presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un fondo per la repressione dei reati in danno agli animali, dotato di 1 milione di euro per gli anni 2008, 2009 e 2010.

 

Il comma 32 stabilisce che il Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, quantifichi entro il 30 giugno 2008, basandosi sulle certificazioni inviate dagli enti locali interessati dalle disposizioni illustrate, l’ammontare effettivo delle riduzioni di spesa conseguibili al 31 dicembre 2008.

Il Ministro dispone quindi con proprio decreto l’adeguamento della dotazione del Fondo ordinario e l’eventuale integrazione dei trasferimenti ai soli enti che abbiano dato piena attuazione alle disposizioni di contenimento dei costi previste dai commi da 23 a 32.

 

L’articolo 40, comma 4-bis, del citato D.L. 248/2007, recante proroga di termini, ha aggiunto all’articolo 2 della L. 244/2007 il comma 32-bis, con il quale si estende agli enti locali delle regioni a statuto speciale l’efficacia delle disposizioni relative al contenimento dei costi della politica e, nella specie, le misure indicate come necessarie a consentire la riduzione di 313 milioni di euro del Fondo ordinario per i comuni, riduzione disposta dal comma 31 quale ammontare dei risparmi attesi dalla realizzazione delle misure di indicate ai precedenti commi da 23 a 29.

 

Il primo periodo del comma 32-bispone a carico delle regioni a statuto speciale l’obbligo di emanare disposizioni idonee a che quelle misure siano assunte, nei medesimi termini e tempi, anche dagli enti locali del proprio territorio per modo che anche essi concorrano alla realizzazione del risparmio atteso. La disposizione si rende necessaria perché nelle regioni a statuto speciale la disciplina della finanza degli enti locali è materia che rientra nella competenza primaria (o esclusiva) delle regioni. L’intervento della legislazione statale si legittima tuttavia sotto il profilo del coordinamento della finanza pubblica, coordinamento al quale soggiace anche la competenza legislativa delle regioni a statuto speciale. L’accollo di parte dei “risparmi” agli enti locali delle regioni a statuto speciale diminuisce di pari somma l’entità delle riduzioni poste a carico di ciascuno degli enti.

Il secondo periodo del comma 32-bis dispone che in caso di inadempimento – della Regione – o di mancato adempimento da parte degli organi locali, i trasferimenti derivanti dal fondo comune siano ridotti – anche per gli enti locali delle regioni a statuto speciale – della medesima misura comminata per gli inadempimenti degli enti locali delle regioni a statuto ordinario.


 

Articolo 2, commi 33-34
(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti
da duplicazione di funzioni)

 


33. Anche ai fini del coordinamento del­la finanza pubblica, in attuazione del­l’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni, nell’ambito di rispettiva compe­tenza legislativa, provvedono all’accorpa­mento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque deno­minati, titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

34. I comuni e le province provvedono alla soppressione degli enti, agenzie ed organismi, comunque denominati, istituiti dai medesimi enti locali nell’ambito della rispettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle svolte dagli enti locali medesimi.


 

I commi 33 e 34 dell’articolo 2 contengono una disposizione di indirizzo diretta alla razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa degli enti territoriali, in particolare alla soppressione o accorpamento di enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni – o parte di esse – esercitate dagli enti territoriali.

Scopo della norma è il miglioramento dei saldi di bilancio di regioni ed enti locali, miglioramento non quantificabile e da considerare come misura ulteriore (non determinante) per il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità.

 

Il comma 33 è indirizzato alle regioni che, in coordinamento con lo Stato, dovrebbero provvedere alla revisione dell’allocazione delle funzioni al fine, come detto, di eliminarne le duplicazioni.

 

Il comma 34 è diretto agli enti locali, per quanto concerne enti ed organismi da essi istituiti.

Le disposizioni in esame sono in relazione con quanto disposto dall’articolo 2, comma 634, lettera c) della legge finanziaria in esame, secondo cui lo Stato provvede a sopprimere od accorpare enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni - in tutto o in parte – esercitate da regioni ed enti locali su conferimento o delega dello Stato.

 

La norma richiama il principio di coordinamento della finanza pubblica e l’attuazione dell’articolo 118 della Costituzione.

Com’è noto il principio di coordinamento della finanza pubblica, contenuto nel secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione, può essere alla base dell’intervento legittimo dello Stato sulle politiche degli enti territoriali imponendo anche vincoli di bilancio - come nel caso delle regole del patto di stabilità e crescita - a condizione che venga mantenuto il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento. In altre parole lo Stato può prescrivere criteri ed obiettivi ma non imporre nel dettaglio gli strumenti per raggiungerli[130].

L’articolo 118 della Costituzione statuisce il principio secondo cui le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni e ogni diversa allocazione – anche per assicurarne l’esercizio unitario - deve ispirarsi ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza.

 

Norma di indirizzo ispirata ai principi sopra citati, non è accompagnata da disposizioni sulla rilevazione di adempimenti specifici o comunque sul monitoraggio del comportamento delle regioni e degli enti locali a riguardo. Sono altresì assenti disposizioni su conseguenti sanzioni in caso di non osservanza.

Si osserva infine che in caso di inadempienza – peraltro come visto non rilevata - non sembrano esserci gli estremi per un eventuale esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 120 secondo comma della Costituzione. Lo Stato potrebbe ‘solamente’ impugnare innanzi la Corte costituzionale la legge regionale emanata in violazione dei principi richiamati dalla norma.


 

Articolo 2, comma 35
(Riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani nonché dei consorzi di bonifica)


35. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani, costituiti ai sensi dell’articolo1dellalegge 27 dicembre 1953, n. 959, nonché dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di cui al capo I del titolo V del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni. La riduzione del numero dei componenti degli organi di cui al presente comma deve essere conforme a quanto previsto per le società partecipate totalmente anche in via indiretta da enti locali, ai sensi dell’articolo1, comma 729, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.


 

Il comma 35 detta disposizioni sulla riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi di bonifica e miglioramento fondiario, di cui al Capo I del titolo V del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, nonché dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani, di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1953 n. 959.

In particolare, il comma dispone che, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano provvedano alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani, nonché dei consorzi di bonifica e miglioramento fondiario. La riduzione deve essere conforme a quanto disposto dall’art. 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) per le società partecipate totalmente da enti locali.

 

L’art. 1, comma 729, della finanziaria 2007 pone il limite numerico di tre componenti ai consigli di amministrazione delle società totalmente partecipate, anche in viaindiretta, da enti locali. Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare è stato fissato con il DPCM 26 giugno 2007 (G.U. 7 agosto 2007, n. 182). Per tutte le società miste, partecipate cioè anche da altri soggetti pubblici o privati, la norma dispone che il numero massimo dei componenti il consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali (inclusi, se presenti, quelli di nomina regionale) non sia superiore a cinque. Entro i successivi tre mesi è fatto obbligo alle società di apportare i necessari adeguamenti statutari, nonché di adeguare eventuali patti parasociali.

 

Si segnala che l’articolo 27 del D.L. n. 248/2007 (c.d. mille proroghe), a seguito delle modifiche apportate in sede di conversione (legge n. 31/2008), interviene sul comma 35 in commento, precisando che la riduzione ivi prevista dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi “non si applica ai membri eletti dai consorziati utenti che partecipano agli organi a titolo gratuito”.

Il medesimo articolo 27 del D.L. n. 248/2007 reca inoltre l’abrogazione dei commi 36 e 37 dell’articolo 2 della legge finanziaria 2007, i quali prevedevano, in alternativa alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi prevista dal comma 35, che le Regioni e le province autonome, d’intesa con lo Stato, potessero procedere alla soppressione o al riordino dei Consorzi di cui al medesimo comma 35.

Il contenuto degli abrogati commi 36 e 37 della L. finanziaria 2008 è peraltro riformulato, con riferimento ai soli Consorzi di bonifica e miglioramento fondiario (nullasi dispone infatti rispettoai Consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani),dal citato art. 27 del D.L. n. 248/2007[131], con il quale, in particolare, si dispone quanto segue:

-       le regioni possono procedere entro il 30 giugno 2008 (il termine era fissato dalla L. finanziaria al 1°gennaio 2009) al riordino dei consorzi di bonifica, “anche mediante accorpamento o eventuale soppressione di singoli consorzi”, secondo criteri definiti di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, su proposta dei ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali e delle infrastrutture;

-       sono fatti salvi le funzioni ed i compiti attualmente svolti dai Consorzi e le relative risorse, incluse le contribuzioni di carattere statale o regionale;

-       i contributi consortili devono essere contenuti nei limiti dei costi sostenuti per l’attività istituzionale;

-       dall’attuazione delle disposizioni di cui sopra non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


 

Articolo 2, comma 38
(Rideterminazione degli Ambiti territoriali ottimali)

 


38. Per le finalità di cui al comma 33, le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in ottemperanza agli obblighi comunitari, procedono entro il 1° luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi secondo i princìpi dell’efficienza e della riduzione della spesa nel rispetto dei seguenti criteri generali, quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a) in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i princìpi di cui agli articoli147 e 200deldecreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

b) destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze, al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali, nonché al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali.


 

Il comma 38 prevede l’obbligo, per le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente, in ottemperanza agli obblighi comunitari, di procedere entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi.

 

Per quanto riguarda i criteri cui devono attenersi le regioni nella rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi, la disposizione fa riferimento in termini generali ai principi dell’efficienza e della riduzione della spesa e, nello specifico, ai seguenti criteri, definiti quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a)      oltre al richiamo ai criteri e i princìpi di cui ai già citati articoli 147 e 200 del codice ambientale, si prevede la valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali. Tale previsione è finalizzata all’attribuzione:

-        delle funzioni in materia di rifiuti alle province;

-        delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi.

La medesima disposizione prevede in alternativa l’attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e ss. del TUEL di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (consorzi, unioni di comuni, ecc.), composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

b)      si prevede inoltre la destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze:

-       al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali;

-       al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali[132].


Servizi pubblici locali

 

Articolo 1, comma 166, lett. a)
(Proroga TARSU)

 

166. All’articolo1, comma 184, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera a), dopo le parole: «anno 2007» sono aggiunte le seguenti: «e per l’anno 2008»;

 

Il comma 166, lettera a), prevede la proroga dell’attuale regime di prelievo della TARSU anche per l'anno 2008.

 

Nel dettaglio, si dispone che all'articolo 1, comma 184, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), dopo le parole: «anno 2007» siano aggiunte le seguenti: «e per l'anno 2008»".

Il richiamato articolo 1, comma 184, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 stabilisce, nel testo previgente, che nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante il Codice dell’ambiente, il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 resta invariato anche per l'anno 2007.

 

Si ricorda che l’articolo 238 del codice ambientale prevede l’istituzione di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, quale corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento degli stessi, che sostituirà la tariffa che attualmente può essere adottata in via sperimentale dai Comuni, in luogo della TARSU, ai sensi dell’art. 49 del decreto Ronchi.

Tale sostituzione avverrà non appena saranno emanati tutti i relativi provvedimenti attuativi. Il comma 11 dell’art. 238 dispone, infatti, che sino a quando non sarà emanato il regolamento che individuerà i criteri generali per la determinazione della nuova tariffa, e comunque fino al compimento di tutti gli adempimenti necessari per l’applicazione della stessa, restano ferme le discipline regolamentari attualmente vigenti in materia.

 


 

Articolo 1, commi 295-312
(Trasporto pubblico locale)


295. Al fine di promuovere lo sviluppo dei servizi del trasporto pubblico locale, di attuare il processo di riforma del settore e di garantire le risorse necessarie per il mantenimento dell’attuale livello dei servizi, incluso il recupero dell’inflazione degli anni precedenti, alle regioni a statuto ordinario è riconosciuta la compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione.

296. La compartecipazione di cui al comma 295 è attribuita mensilmente a ciascuna regione, per gli anni 2008-2010, nella misura complessiva indicata nella tabella 1 allegata alla presente legge. A decorrere dall’anno 2011 le quote di compartecipazione di ciascuna regione a statuto ordinario restano determinate nella misura stabilita per lo stesso anno 2011 con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in modo tale che le stesse, applicate ai volumi di gasolio impiegato come carburante per autotrazione erogati nell’anno 2010 in ciascuna regione, consentano di corrispondere l’importo complessivo come nella citata tabella 1 allegata alla presente legge e quello individuato, a decorrere dall’anno 2011, in base al comma 302. Con lo stesso decreto sono individuate le modalità di trasferimento delle somme spettanti alle singole regioni. Nelle more dell’emanazione del decreto continuano ad essere attribuite a ciascuna regione, a titolo di acconto, le quote mensili determinate ai sensi del primo periodo del presente comma.

297. La compartecipazione di cui al comma 296 sostituisce e, a decorrere dall’anno 2011, integra le seguenti risorse:

a) compensazione della minore entrata registrata relativamente alla compartecipazione dell’accisa sul gasolio di cui all’articolo 3, comma 12-bis, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per un importo annuo pari a 254,9 milioni di euro;

b) trasferimenti di cui agli articoli 8 e 20deldecreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni, per un importo annuo pari a 670,5 milioni di euro;

c) compensazione della riduzione dell’accisa sulla benzina non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche di cui all’articolo1, comma 58, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, per un importo annuo pari a 342,5 milioni di euro;

d) trasferimenti per i rinnovi dei contratti di lavoro relativi al settore del trasporto pubblico locale di cui all’articolo23deldecreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, all’articolo1, comma 2, deldecreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, e all’articolo1, comma 1230, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, per un importo annuo pari a 480,2 milioni di euro.

298. A decorrere dall’anno 2008, al fine di adeguare le risorse destinate ai servizi di trasporto pubblico locale, comprese quelle di cui all’articolo8deldecreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni, è attribuita alle regioni a statuto ordinario una quota dell’accisa sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione, ulteriore rispetto a quella prevista ai sensi del comma 297 del presente articolo, determinata nella misura di 0,00860 euro per l’anno 2008, di 0,00893 euro per l’anno 2009 e di 0,00920 euro a partire dall’anno 2010 per ogni litro di gasolio erogato nei rispettivi territori regionali.

299. L’ammontare della quota di compartecipazione di cui al comma 298 è versato direttamente dai soggetti obbligati al pagamento dell’accisa e riversato dalla struttura di gestione in apposito conto corrente aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato. La ripartizione tra le regioni a statuto ordinario delle somme ad esse spettanti ai sensi del comma 298 è effettuata sulla base dei quantitativi di gasolio erogati nell’anno precedente dagli impianti di distribuzione di carburanti, come risultanti dai registri di carico e scarico previsti dall’articolo 25, comma 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. A decorrere dalla ripartizione relativa all’anno 2011, le somme spettanti alle regioni a statuto ordinario ai sensi del comma 298 possono essere rideterminate sulla base dei criteri di commisurazione, da stabilire con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo8, comma 6, dellalegge 5 giugno 2003, n. 131, finalizzati a valutare lo stato di adozione e di applicazione, da parte delle regioni, di quanto stabilito dagli articoli 14, 16, 17, 18 e 19deldecreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al comma 298 e di quelle contenute nel presente comma.

300. È istituito presso il Ministero dei trasporti l’Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, cui partecipano i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali, al fine di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico correlati a quelli regionali e di assicurare la verifica dell’andamento del settore e del completamento del processo di riforma. Per il funzionamento dell’Osservatorio è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008. Con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definiti i criteri e le modalità di monitoraggio delle risorse destinate al settore e dei relativi servizi, ivi comprese quelle relative agli enti locali, nonché le modalità di funzionamento dell’Osservatorio. L’Osservatorio presenta annualmente alle Camere un rapporto sullo stato del trasporto pubblico locale alle competenti Commissioni parlamentari.

301. A decorrere dall’anno 2008 non può essere previsto alcun trasferimento aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato finalizzato al finanziamento delle spese correnti del trasporto pubblico locale, ivi compresi gli oneri per i rinnovi contrattuali degli addetti al comparto successivi alla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni a statuto ordinario riversano le risorse destinate agli enti locali entro quattro mesi dalla data della loro acquisizione, ferma restando la possibilità di adottare una modalità di versamento di maggior favore per gli stessi enti locali.

302. Le risorse per i servizi di cui all’articolo9deldecreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, continuano ad essere corrisposte sino a tutto l’anno 2010. Dall’anno 2011 si provvede alla loro sostituzione adeguando le misure della compartecipazione di cui al comma 296; a tal fine, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei trasporti e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro il 15 febbraio 2010, è individuata la somma spettante a ciascuna regione a statuto ordinario, di cui tenere conto ai fini dell’emanazione del decreto di cui al comma 296.

303. Nelle more di un’organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, è esteso al settore del trasporto pubblico locale il sistema previsto dall’articolo2, comma 28, dellalegge 23 dicembre 1996, n. 662, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato.

304. Per promuovere lo sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economico-sociali è istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, il Fondo per la promozione e il sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale, con una dotazione di 113 milioni di euro per l’anno 2008, di 130 milioni di euro per l’anno 2009 e di 110 milioni di euro per l’anno 2010. Per gli anni successivi, al finanziamento del Fondo si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Le risorse del Fondo sono destinate alle finalità di cui all’articolo1, comma 1031, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dal comma 306, e di cui all’articolo9dellalegge 26 febbraio 1992, n. 211, con le procedure e le modalità previste da tali disposizioni. Gli interventi finanziati, ai sensi e con le modalità della legge 26 febbraio 1992, n. 211, con le risorse di cui al presente comma, individuati con decreto del Ministro dei trasporti, sono destinati al completamento delle opere in corso di realizzazione in misura non superiore al 20 per cento. Il finanziamento di nuovi interventi è subordinato all’esistenza di parcheggi di interscambio, ovvero alla loro realizzazione, che può essere finanziata con le risorse di cui al presente comma.

305. La ripartizione delle risorse di cui al comma 304 tra le finalità ivi previste è definita con decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In fase di prima applicazione, per il triennio 2008-2010, le risorse sono ripartite in pari misura tra le finalità previste. A decorrere dall’anno 2011 la ripartizione delle risorse tra le finalità di cui al comma 304 è effettuata con il medesimo decreto, tenendo conto di princìpi di premialità che incentivino l’efficienza, l’efficacia e la qualità nell’erogazione dei servizi, la mobilità pubblica e la tutela ambientale. All’articolo1, comma 1032, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, la lettera d) è abrogata.

306. All’articolo1, comma 1031, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:

«c-bis) per l’acquisto di elicotteri e di idrovolanti destinati ad un servizio minimo di trasporto pubblico locale per garantire collegamenti con isole minori con le quali esiste un fenomeno di pendolarismo;

c-ter) all’acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b) è riservato almeno il 50 per cento della dotazione del fondo».

307. Al Ministero dei trasporti è altresì destinata una quota pari a 12 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008 per la riattivazione, in via d’urgenza, dei lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti in relazione all’apertura di procedimenti tesi a riesaminare le procedure contrattuali da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee.

308. A decorrere dall’anno 2008 i finanziamenti statali per il rinnovo del contratto relativo al settore del trasporto pubblico locale di cui alle disposizioni richiamate nel comma 297 sono corrisposti direttamente alle regioni a statuto ordinario dal Ministero dell’economia e delle finanze con le modalità di cui al comma 296. L’esclusione delle spese relative ai rinnovi contrattuali del settore del trasporto pubblico locale dal patto di stabilità interno si applica esclusivamente nei confronti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

309. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale spetta una detrazione dall’imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento per un importo delle spese stesse non superiore a 250 euro. La detrazione spetta sempreché le spese stesse non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. La detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12.

310. L’articolo 3, comma 1, del decreto- legge 9 dicembre 1986, n. 833, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 18, si interpreta nel senso che le somme di cui all’articolo 1 del medesimo decreto-legge, nonché quelle che gli enti locali proprietari o soci hanno versato o versano per il ripiano delle perdite di esercizio dell’azienda o del consorzio di pubblico trasporto, ancorché riferite ad esercizi precedenti al 1982, come pure quelle provenienti dal Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all’articolo9dellalegge 10 aprile 1981, n. 151, e successive modificazioni, non rilevano ai fini degli articoli 61 e 109, comma 5, nonché dell’articolo 84, comma 1, quarto periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

311. I crediti vantati dalla società Ferrovie della Calabria s.r.l. nei confronti della regione Calabria e rientranti nella regolazione delle partite debitorie di cui all’articolo145, comma 30, dellalegge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, sono destinati alla definitiva copertura dei disavanzi pregressi a tutto il 31 dicembre 2000 della ex gestione commissariale governativa delle Ferrovie della Calabria e, per la parte residua, ad investimenti per il rinnovo e il potenziamento dei servizi ferroviari gestiti dalla medesima società.

312. Sono abrogate le disposizioni recate dall’articolo 3, comma 12-bis, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dall’articolo20, comma 2, deldecreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e dall’articolo1, comma 58, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni.


 

Il commi da 295 a 312 dell’articolo 1 recano disposizioni relative al finanziamento dei servizi del trasporto pubblico locale.

 

Si ricorda che la riforma dei trasporti pubblici locali (TPL) è stata avviata dal D.Lgs. n. 422 del 1997, successivamente modificato ed integrato dal D.Lgs. 400 del 1999 e da ulteriori disposizioni. A tale revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59.

Il D.Lgs. 422 del 1997 ha disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi medesimi.

Le funzioni delegate alle regioni riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale. Le competenze conferite sono essenzialmente di carattere programmatorio, amministrativo e finanziario.

Al conferimento e all’attribuzione delle relative risorse si provvede, previo accordo di programma tra Ministero dei trasporti e regione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati ed il Ministro del tesoro. E’ demandata ad apposite leggi regionali la puntuale individuazione delle funzioni conferite.

 

Secondo la normativa ora richiamata, la regione è dunque individuata come unico soggetto regolatore di tutto il comparto. Ad essa è attribuita una doppia responsabilità, pianificatoria e finanziaria. In ossequio al principio di sussidiarietà, le regioni sono peraltro tenute a conferire a province, comuni ed enti locali le funzioni in materia di trasporto pubblico locale che non richiedano un unitario esercizio a livello regionale; gli enti locali godono peraltro di competenza residuale.

Il comma 295 riconosce alle regioni a statuto ordinario la compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione,[133] per la realizzazione dei seguenti obiettivi:

§      promozione dello sviluppo dei servizi del trasporto pubblico locale;

§      attuazione del processo di riforma del settore;

§      garanzia delle risorse necessarie per il mantenimento dell’attuale livello dei servizi, incluso il recupero dell’inflazione degli anni precedenti.

 

Il comma 296 stabilisce che per gli anni dal 2008 al 2010 la compartecipazione al gettito dell’accisa è attribuita, mediante versamenti mensili, nella misura complessiva indicata nella tabella 1, allegata alla presente legge, la quale contiene anche la ripartizione tra le regioni a statuto ordinario.

Si evidenzia che gli importi riportati nella menzionata tabella sono quelli attualmente trasferiti alle regioni a statuto ordinario, in applicazione delle norme elencate dal successivo comma 297 del presente articolo.

A decorrere dall’anno 2011 si applicano le quote di compartecipazione che verranno stabilite, per lo stesso anno 2011, per ciascuna regione da un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Le quote di compartecipazione, espresse in euro per litro di gasolio, saranno ottenute dividendo l’importo complessivo risultante dalla somma degli importi indicati nella tabella 1 e di quelli spettanti, a decorrere dal 2011, ai sensi del comma 302 dell’articolo in esame, per il quantitativo di gasolio impiegato come carburante per autotrazione, erogato nell’anno 2010 in ciascuna regione.

Il decreto ministeriale che stabilisce le quote di compartecipazione dovrà individuare anche le modalità di trasferimento delle somme spettanti a ciascuna regione. Sino al momento dell’emanazione del decreto continuano ad essere attribuite alle regioni, a titolo di acconto, le quote mensili corrispondenti agli importi indicati nella tabella 1.

 

Il comma 297 stabilisce che per gli anni dal 2008 al 2010 la compartecipazione di cui al precedente comma 296 sostituisce le seguenti risorse:

a)   compensazione della minore entrata registrata in relazione alla compartecipazione dell’accisa sul gasolio, di cui all’articolo 3, comma 12-bis, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per un importo annuo di 254,9 milioni di euro;

Il citato comma 12-bis, introdotto dall’articolo 1, comma 12, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), attribuisce, a decorrere dal 1° gennaio 2007, una quota dell’accisa sul gasolio per autotrazione alle regioni a Statuto ordinario nel cui territorio avviene il consumo. La quota è pari a 0,00266 euro al litro per il 2007, a 0,00288 euro per il 2008 ed a 0,00307 euro per il 2009. (Per l’abrogazione della disposizione citata si veda il successivo comma 312 del presente articolo).

Si segnala che la compartecipazione è concessa per compensare le minori entrate registrate relativamente alla compartecipazione all’accisa sulla benzina e non all’accisa sul gasolio, come indicato nel testo della disposizione in commento.

b)   trasferimenti di cui agli articoli 8 e 20 del D.Lgs. n. 422 del 1997, per un importo annuo di 670,5 milioni di euro;

Il citato articolo 8, nell’àmbito del conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, delega alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai servizi ferroviari di interesse regionale e locale, non in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a. (oggi Trenitalia S.p.a.). Il successivo articolo 20 dello stesso decreto legislativo disciplina la procedura per la determinazione delle risorse da trasferire alle regioni in conseguenza del trasferimento delle funzioni. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 novembre 2000[134] sono state determinate le risorse finanziarie da attribuire alle regioni per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti di cui al citato articolo 8. (Per l’abrogazione del comma 2 del citato articolo 20 si veda il successivo comma 312 del presente articolo).

c)   compensazione della riduzione dell’accisa sulla benzina, non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, di cui all’articolo 1, comma 58, della legge 20 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), per un importo annuo di 342,5 milioni di euro;

Il citato comma 58 ha riconosciuto l'importo di euro 342,583 milioni per compensare la perdita di gettito realizzata dalle regioni a statuto ordinario per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell'accisa sulla benzina, non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, come determinato dall'articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. (Per l’abrogazione della norma citata si veda il già ricordato comma 312 del presente articolo).

d)   trasferimenti per i rinnovi dei contratti di lavoro del settore del trasporto pubblico locale, previsti dalle seguenti disposizioni, per un importo complessivo annuo di 480,2 milioni di euro:

-       articolo 23 del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47;

Il citato articolo 23 ha autorizzato la spesa di 337,5 milioni di euro per l'anno 2004 e di 214,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, al fine di assicurare il rinnovo del contratto collettivo relativo al settore del trasporto pubblico locale.

-       articolo 1, comma 2, del D.L. 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58;

La citata disposizione ha autorizzato la spesa di 260 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, al fine di assicurare il rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale.

-       articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

Il citato comma 1230 ha autorizzato la spesa di 190 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2007, al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri derivanti dal rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale.

 

A decorrere dall’anno 2011 la compartecipazione di cui al comma 296 integra, anziché sostituire, le risorse sopra indicate.

Si osserva, in proposito, che la disposizione sembra intesa a garantire per il triennio 2008-2010 una quota di finanziamento già quantificata, sostitutiva delle risorse sopra indicate, mentre, a decorrere dal 2011, il livello del finanziamento potrà risultare incrementato, in relazione all’utilizzo del gasolio impiegato per autotrazione in ciascuna regione.

 

Il comma 298 attribuisce alle regioni a statuto ordinario una ulteriore quota dell’accisa sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione al fine di adeguare le risorse destinate ai servizi di trasporto pubblico locale, comprese quelle per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale, non in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a., di cui al sopra citato articolo 8 del D.Lgs. n. 422 del 1997. La quota destinata a tal fine, che è espressamente indicata come ulteriore rispetto a quella di cui al comma 296 dell’articolo in esame, è determinata nelle seguenti misure, per litro di gasolio erogato in ciascun territorio regionale:

§      0,00860 euro per l’anno 2008,

§      0,00893 euro per l’anno 2009,

§      0,00920 euro a partire dall’anno 2010.

 

Il comma 299 detta disposizioni per il versamento e la ripartizione tra le regioni delle somme di cui al comma 298, prevedendo che le stesse siano versate direttamente dai soggetti obbligati al pagamento dell’accisa[135] e riversate, dalla struttura di gestione, in un apposito conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato. La ripartizione è effettuata sulla base dei quantitativi di gasolio[136] erogati nell’anno precedente dagli impianti di distribuzione di carburante siti nei rispettivi territori regionali. A decorrere dalla ripartizione relativa all’anno 2011 le somme spettanti alle regioni a statuto ordinario possono essere rideterminate sulla base di criteri di commisurazione che tengano conto dello stato di adozione e di applicazione, da parte delle regioni, delle disposizioni sull’organizzazione del trasporto pubblico locale, contenute negli articoli 14, 16, 17, 18 e 19 del D.Lgs. n. 422 del 1997.[137]

I criteri di commisurazione saranno stabiliti con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province Autonome di Trento e Bolzano[138]. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze saranno invece stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 298 e al presente comma 299.

 

Il comma 300 istituisce l’Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, con il compito di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico, entrambi correlati a quelli regionali. L’Osservatorio assicura inoltre la verifica dell’andamento del settore e del completamento del processo di riforma.

All’Osservatorio, istituito presso il Ministero dei trasporti, partecipano i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali.

Si ritiene che i Ministeri competenti, i rappresentanti dei quali partecipano all’Osservatorio, potrebbero essere quelli che dovranno predisporre il decreto previsto dal terzo periodo del comma in esame.

Per il funzionamento dell’Osservatorio è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2008. L’Osservatorio deve presentare annualmente alle Camere un rapporto sullo stato del trasporto pubblico locale.

Un successivo decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e delle autonomie locali, da emanare sentita la Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 281 del 1997, dovrà definire i criteri e le modalità di monitoraggio delle risorse destinate al settore e dei relativi servizi, comprese quelle relative agli enti locali, e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio.

A tal proposito si osserva che non è previsto alcun termine per l’emanazione del decreto.

 

Il comma 301 dispone che, a decorrere dal 2008, non può essere previsto, a carico del bilancio dello Stato, alcun trasferimento aggiuntivo per il finanziamento delle spese correnti del settore del trasporto pubblico locale, comprendendo in tale categoria anche gli oneri per i rinnovi contrattuali degli addetti al comparto, successivi all’entrata in vigore della legge in esame.

Si stabilisce inoltre che le regioni a statuto ordinario sono tenute a riversare agli enti locali le risorse ad essi destinate, entro quattro mesi dalla loro acquisizione. E’ fatta salva la possibilità di adottare modalità di versamento più favorevoli nei confronti degli enti locali.

 

Il comma 302 stabilisce che per gli anni dal 2008 al 2010 continuano ad essere corrisposte le risorse per i servizi di cui all’articolo 9 del D.Lgs. n. 422 del 1997.

Il citato articolo 9, nell’àmbito del conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, delega alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai servizi ferroviari in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a. (oggi Trenitalia S.p.a.) di interesse regionale e locale. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 novembre 2000[139] sono state determinate in 2.286,9 miliardi di lire annue (pari a 1.181,1 milioni di euro) le risorse finanziarie da attribuire alle regioni per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti di cui al citato articolo 9.

A decorrere dal 2011 tali risorse sono sostituite mediante adeguamento delle misure della compartecipazione di cui al precedente comma 296 dell’articolo in esame. Ai fini di tale adeguamento, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei trasporti e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, dovrà emanare, entro il 15 febbraio 2010, un decreto con il quale è individuata la somma spettante a ciascuna regione a statuto ordinario. Della somme così determinate si dovrà tener conto per l’emanazione del decreto previsto dal menzionato comma 296.

 

Il comma 303 prevede, in attesa della riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, l’estensione al settore del trasporto pubblico locale delle misure previste dall’articolo 2, comma 38, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (provvedimento collegato alla legge finanziaria 1997).

Tale norma dispone che, con decreto del Ministero del lavoro, vengano definite, in via sperimentale, misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito dei processi di ristrutturazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità, nonché delle categorie e settori di impresa sprovvisti del sistema di ammortizzatori sociali.

 

Il comma 304 istituisce, nello stato di previsione del Ministero del trasporti, il Fondo per la promozione e il sostegno allo sviluppo del trasporto pubblico locale, con una dotazione di:

§      113 milioni di euro per l’anno 2008,

§      130 milioni di euro per l’anno 2009,

§      110 milioni di euro per l’anno 2010.

Per gli anni successivi i relativi stanziamenti saranno indicati in tabella D della legge finanziaria, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978.[140]

Le risorse del Fondo sono destinate alle finalità di cui alle seguenti disposizioni, nel rispetto delle relative procedure e modalità :

§      articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007);

La citata norma autorizza stanziamenti per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale. Il successivo comma 306 dell’articolo in esame amplia la tipologia di veicoli che possono essere acquistati con le risorse del fondo.

§      articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, recante “Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa”.

La citata norma prevede la corresponsione di contributi in relazione ai mutui contratti, da enti locali e soggetti attuatori, per la realizzazione degli interventi contemplati dalla medesima legge in vista dello sviluppo, nelle aree urbane, dei sistemi di trasporto pubblico ed in particolare dei sistemi di trasporto rapido di massa e di tranvie veloci.

Il quarto e quinto periodo del comma in esame prevedono che l’individuazione degli interventi da finanziare ai sensi della sopra citata legge n. 211 del 1992 sia effettuata con decreto del Ministro dei trasporti e che le relative risorse siano destinate, in misura non superiore al 20 per cento, al completamento delle opere in corso di realizzazione. Il finanziamento di nuovi interventi è subordinato all’esistenza di parcheggi di interscambio, o alla loro realizzazione, che può essere finanziata con le risorse stanziate dal comma in esame.

 

Il comma 305 demanda la ripartizione delle risorse del Fondo per la promozione e il sostegno allo sviluppo del trasporto pubblico locale tra le finalità previste dal precedente comma 304 a un decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano; nella ripartizione delle risorse si dovrà tenere conto dei princìpi di premialità che incentivino l’efficienza, l’efficacia e la qualità nell’erogazione dei servizi, la mobilità pubblica e la tutela ambientale. Per il triennio 2008-2010 le risorse sono attribuite in misura pari tra le due finalità previste dal comma 304.

Il quarto periodo del comma in esame abroga la lettera d) dell’articolo 1, comma 1032, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007)

Il citato comma 1032, demandando ad un decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, il riparto, tra le regioni e le province autonome, del Fondo, di cui al comma 1031 dello stesso articolo, per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, indica i criteri secondo i quali deve essere effettuato il riparto. In particolare la lettera d), della quale si propone l’abrogazione, stabilisce che sia data priorità alle regioni ed alle province autonome le cui imprese si siano attenute alle previsioni di cui ai commi da 3-ter a 3-septies dell'articolo 18 del D.Lgs. n. 422 del 1997, relative al periodo transitorio nel corso del quale vi è la facoltà di mantenere tutti gli affidamenti ai concessionari ed alle società derivanti dalle trasformazioni, ma con l'obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali, previa revisione dei contratti di servizio in essere, se necessaria[141].

 

Il comma 306 integra l’articolo 1, comma 1031, della legge finanziaria 2007, il quale ha istituito un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, e, in particolare, di:

a) veicoli ferroviari da destinare ai servizi di competenza regionale;

b) veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;

c) autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.

Il comma in esame prevede:

-       che il fondo sia finalizzato anche all’acquisto di elicotteri destinati a garantire collegamenti con isole minori interessate da fenomeni di pendolarismo;

-       che almeno il 50 per cento della dotazione del fondo venga riservato all’acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b) del citato comma 1031.

 

Il comma 307 destina, a decorrere dal 2008, 12 milioni di euro al Ministero dei trasporti, affinché possano essere riattivati, in via d’urgenza, i lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti all’apertura di procedimenti tesi al riesame, da parte della Corte di giustizia europea, delle procedure contrattuali.

Si segnala che, nella materia oggetto del presente comma, sono attualmente pendenti le seguenti procedure:

-        il 28 gıugno 2006 la Commıssıone ha ınvıato all’Italıa un parere motıvato ın relazıone all’affidamento di una concessione di lavori relativa alla progettazione ed alla realizzazione di una tramvia su gomma a L’Aquila, con gestione funzionale ed economica da parte dell’affidatario (procedura 2004/4963);

-        il 21 marzo 2007 la Commıssıone ha ınvıato all’Italıa una lettera dı messa ın mora per l’affidamento di servizi alla Società A.S.TER. (Azienda Servizi Territoriali) da parte del Comune di Genova (procedura 2005/4376).

 

Il comma 308 dispone che i contributi statali per i rinnovi dei contratti del trasporto pubblico locale vengono corrisposti direttamente alle regioni a statuto ordinario dal Ministero dell’economia, con le modalità indicate dal comma 297, che, per la compartecipazione delle regioni al gettito dell’accisa, prevede l’emanazione di un apposito decreto del Ministro dell’economia. Il comma precisa che l’esclusione dal Patto di stabilità interno delle spese connesse al rinnovo dei predetti contratti si applica solo alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano.

Per un approfondimento della normativa sul patto di stabilità interno si rinvia alla scheda di lettura del comma 379 del presente articolo 1.

 

Il comma 309 reca una disposizione di carattere fiscale, prevedendo che spetta una detrazione dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento e per un importo non superiore a 250 euro.

La detrazione spetta purché le medesime spese non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo; la detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell’interesse delle persone a carico (indicate nell’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi DPR 917/1986) che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12 – che abbiano cioè un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

 

Il comma 310 reca una norma di interpretazione autentica in materia di contributi erogati da Stato e Regioni al settore del trasporto pubblico locale, diretta ad escludere tali contributi dall’ambito di applicazione degli articoli 61, 109, comma 5, e 84, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, i quali prevedono un meccanismo proporzionale di deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi del reddito e di riporto delle perdite pregresse, in presenza di proventi non computabili nella determinazione del reddito.

I contributi ai quali si riferisce il comma in esame sono:

-       le somme di cui all’articolo 1 del D.L. 9 dicembre 1986, n. 833 (convertito con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 18);

Il citato articolo 1 ha previsto che i disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e private, nonché dei servizi di trasporto in gestione diretta degli enti locali, relativi agli esercizi dal 1982 al 1986, che non hanno trovato copertura con i contributi di esercizio erogati dalle regioni, di cui all’articolo 6 della legge 10 aprile 1981, n. 151,[142] sono assunti a carico dei bilanci delle regioni in misura pari all'80 per cento del loro ammontare.

-       le somme che gli enti locali proprietari o soci hanno versato o versano per il ripiano delle perdite di esercizio dell'azienda o del consorzio di pubblico trasporto, ancorché riferite ad esercizi precedenti al 1982;

-       le somme provenienti dal fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e private, di cui all’articolo 9 della citata legge n. 151 del 1991.

Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del citato D.L. n. 833 del 1986, i contributi sopra menzionati non sono da considerarsi componenti positive del reddito e quindi non sono compresi tra i ricavi ai fini delle imposte sui redditi.

In considerazione della non imponibilità di tali contributi, è stato chiesto un parere all’Agenzia delle entrate in ordine all’applicabilità o meno, alle aziende che percepiscono i contributi medesimi, degli articoli 61, 109 e 84 del TUIR.

 

Si evidenzia che l’articolo 61 del TUIR disciplina la deduzione degli interessi passivi ai fini della determinazione del reddito di impresa dei soggetti IRPEF, consentendo tale deduzione in misura corrisponde al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito di impresa, o che non vi concorrono in quanto esclusi, da una parte, e tutti i ricavi e proventi, dall’altra.

L’articolo 109, comma 5, del TUIR stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi di reddito, non direttamente riferibili ad attività o beni dai quali derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito di impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

L’articolo 84, comma 1, quarto periodo,[143] del TUIR infine impedisce che la perdita fiscale riportabile a nuovo sia formata da variazioni in diminuzione operate a causa di proventi che non concorrono alla formazione del reddito e che non hanno subito alcuna forma di tassazione.

Si segnala che i tre articoli del TUIR sopra citati sono stati novellati dal comma 33 dell’articolo 1 in esame.

 

L’Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 126/E del 12 agosto 2005[144], ha ritenuto applicabili i citati articoli del TUIR ai contributi in questione, con conseguente limitazione, per le aziende che li percepiscono, della possibilità di dedurre gli interessi passivi, le spese e gli altri componenti negativi di reddito e di riportare le perdite pregresse.

Il comma 310 in esame, contrariamente all’interpretazione fornita dall’Agenzia delle entrate, afferma l’irrilevanza dei contributi in questione ai fini del pro-rata di deducibilità degli interessi passivi, delle spese e degli altri componenti negativi di reddito e del riporto delle perdite pregresse.

 

Il comma 311 interviene in relazione ai crediti maturati dalla Ferrovia della Calabria s.r.l. nei confronti della Regione Calabria, stabilendo che essi vengano destinati alla copertura dei disavanzi determinati dalla ex Gestione Commissariale Governativa Ferrovie della Calabria fino al 31 dicembre 2000, e, per la parte residua, investiti per rinnovo e potenziamento dei servizi ferroviari gestiti dalla predetta società.

I crediti ai quali si riferisce il comma 311 sono quelli rientranti nella regolazione delle partite debitorie, di cui all’articolo 145, comma 30, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001).

L’articolo 145, comma 30, della legge n. 388 del 2000 è stato emanato per dare attuazione all’articolo 8, comma 6, del già citato D.Lgs. n. 422 del 1997, il quale ha posto a carico dello Stato la copertura dei disavanzi maturati dalle ferrovie in gestione commissariale governativa e delle ferrovie in concessione non affidate alla Ferrovie dello Stato. In particolare il comma 30 dell’articolo 145 ha previsto che per le regolazioni debitorie dei disavanzi delle ferrovie concesse e in ex gestione commissariale governativa, ad esclusione della società Ferrovie dello Stato S.p.A., e per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale, relativi all'anno 1999, il Ministro dei trasporti e della navigazione, con proprio decreto provvede nell'anno 2001 all'erogazione di 1.500 miliardi di lire (pari a 774,7 milioni di euro), nonché di ulteriori 300 miliardi di lire (pari a 154,9 milioni di euro) per la copertura, per il tramite dell'INPS, degli oneri sopportati dalle aziende esercenti pubblici servizi di trasporto in conseguenza del mancato allineamento, per l'anno 1999, delle aliquote contributive di dette aziende a quelle medie del settore industriale.

 

Il comma 312, infine, dispone l’abrogazione di alcune norme, conseguente alle disposizioni recate dai commi da 295 a 302 dell’articolo 1 in esame.

Vengono quindi abrogati:

-       l’articolo 3, comma 12-bis, della legge n. 549 del 1995, in materia di attribuzione alle regioni di una quota dell’accisa sul gasolio;

-       l’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 422 del 1997, relativo al trasferimento alle regioni delle risorse relative all'espletamento delle funzioni ad esse delegate in materia di trasporto pubblico locale;

-       l’articolo 1, comma 58, della legge n. 311 del 2004, con il quale veniva riconosciuto alle regioni a statuto ordinario un contributo in relazione alla perdita di gettito realizzata dalle regioni stesse per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell'accisa sulla benzina, non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche.


 

Articolo 2, comma 461
(Tutela degli utenti dei servizi pubblici locali)

 


461. Al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l’universalità e l’economicità delle relative prestazioni, in sede di stipula dei contratti di servizio gli enti locali sono tenuti ad applicare le seguenti disposizioni:

a) previsione dell’obbligo per il soggetto gestore di emanare una «Carta della qualità dei servizi», da redigere e pubblicizzare in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, recante gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per proporre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell’utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;

b) consultazione obbligatoria delle associazioni dei consumatori;

c) previsione che sia periodicamente verificata, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, l’adegua­tezza dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato fissati nel contratto di servizio alle esigenze dell’utenza cui il servizio stesso si rivolge, ferma restando la possibilità per ogni singolo cittadino di presentare osservazioni e proposte in merito;

d) previsione di un sistema di monitoraggio permanente del rispetto dei parametri fissati nel contratto di servizio e di quanto stabilito nelle Carte della qualità dei servizi, svolto sotto la diretta responsabilità dell’ente locale o dell’ambito territoriale ottimale, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori ed aperto alla ricezione di osservazioni e proposte da parte di ogni singolo cittadino che può rivolgersi, allo scopo, sia all’ente locale, sia ai gestori dei servizi, sia alle associazioni dei consumatori;

e) istituzione di una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori nella quale si dia conto dei reclami, nonché delle proposte ed osservazioni pervenute a ciascuno dei soggetti partecipanti da parte dei cittadini;

f) previsione che le attività di cui alle lettere b), c) e d) siano finanziate con un prelievo a carico dei soggetti gestori del servizio, predeterminato nel contratto di servizio per l’intera durata del contratto stesso.


 

 

Il comma 461, prevede una serie di prescrizioni rivolte agli enti locali al fine di incrementare la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali, implementando qualità, universalità ed economicità delle relative prestazioni.

 

Giova ricordare brevemente che nel corso della XIV legislatura sono stati approvati due interventi di riordino complessivo volti alla liberalizzazione della gestione dei servizi pubblici locali.

La “prima” riforma dei servizi pubblici locali è stata attuata dall’art. 35 della L. 448/2001, legge finanziaria per il 2002, recante un complesso di disposizioni concernenti sia la proprietà e la gestione delle reti, sia l’erogazione dei servizi. In tale ambito appare di particolare rilievo rammentare l’introduzione del principio generale secondo il quale l’erogazione dei servizi di rilevanza industriale avviene in regime di concorrenza e attraverso l’affidamento del servizio.

A differenza dell’esercizio dei servizi pubblici, completamente liberalizzato, gli enti locali mantengono un notevole controllo sulle reti e le altre infrastrutture (in parte attenuato dall’art. 35 che ha introdotto anche in questo campo alcuni elementi di concorrenza), considerato che l’ente locale titolare del servizio rimane proprietario delle reti e degli impianti necessari all’erogazione del servizio.

La “seconda” riforma dei servizi pubblici locali è stata adottata nell’ambito del D.L. 269/2003 , il cosiddetto decreto per la competitività, ed in particolare dall’articolo 14.

Ulteriori modifiche all’art. 113 del testo unico sono state introdotte - poco dopo la conversione del D.L. 269 – dall’art. 4, co. 234, della legge finanziaria per il 2004

Si segnala, infine, che presso l’Assemblea del Senato è incardinato un disegno di legge recante “Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali” (A.S. n. 772) nel quale, come si evince dalla relazione di accompagno, “entrano in gioco da protagonisti gli utenti dei servizi pubblici locali, con la obbligatorietà della adozione da parte di ciascun gestore di una carta dei servizi che indichi:

-    modalità di accesso alle informazioni;

-    modalità di reclamo;

-    modalità per adire le vie conciliative e giudiziarie;

-    livelli minimi di ciascun servizio;

-    modalità di ristoro dell’utenza (in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza)”.

L’intento del d.d.l. pendente presso il Senato appare, pertanto, il rafforzamento del diritto di cittadinanza, della qualità dei servizi, l’apertura al confronto con le associazioni dei consumatori e delle imprese, con le quali deve essere concordata la stessa carta. La carta, prosegue la relazione, viene introdotta “non come un vuoto vademecum privo di effetti sul piano pratico, perché dall’osservanza della carta si fa discendere lo stesso perdurare dell’affidamento, insieme alla valutazione della soddisfazione degli utenti alla luce dell’evasione dei reclami presentati dalle rilevazioni mediante sondaggi caratterizzati dalla maggiore obbiettività e compilati sotto la vigilanza dell’ente locale e delle autorità nazionali di regolazione.

Più specificamente, l’articolo 3 del suddetto disegno di legge, come modificato dalla I Commissione Affari Costituzionali del Senato, alla lettera a) del comma 1 prevede che ogni soggetto gestore di servizio pubblico locale debba tempestivamente pubblicizzare mediante mezzi idonei, a pena di revoca dell’affidamento, una carta dei servizi resi all’utenza, approvata dall’Autorità competente e adottata in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, che indichi anche le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per porre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie, nonché i livelli minimi garantiti per ciascun servizio e le modalità di ristoro dell’utenza, mediante meccanismi di rimborso automatico ovvero in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza, avendo particolare riguardo alle categorie deboli e in specie ai diversamente abili.

 

La norma in esame prevede che, in sede di stipula dei contratti di servizio, gli enti locali sono tenuti al rispetto delle seguenti disposizioni:

a)  il soggetto gestore è tenuto ad emanare una "Carta della qualità dei servizi", redatta e pubblicizzata sulla base di intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, dalla quale si possano evincere gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, con particolare riferimento a quelle concernenti la proposizione dei reclami e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell'utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;

Ai sensi dell’art. 11 del D.L. 30 luglio 1999, n. 286, i soggetti che erogano servizi di pubblica utilità sono tenuti ad adottare una Carta dei Servizi secondo gli schemi emanati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la quale assumono nei confronti dell'utente impegni diretti a garantire predeterminati e controllabili livelli di qualità delle prestazioni.

Si ricorda che in data 27 gennaio 1994, attraverso una Direttiva della Presidenza del Consiglio sono stati recepiti le regole ed i principi di un documento di studio del governo Ciampi, in seguito ulteriormente recepiti in altre leggi (v. art. 2, D.L. n. 165/1995, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 273/1995, articolo successivamente abrogato e sostituito dall'art. 11, D.Lgs. n. 286/1999; L. n. 481/1995 sui poteri delle Autorità di regolazione), che hanno definitivamente sanzionato l'obbligo legislativo di adottare le carte dei servizi.

La c.d. direttiva Ciampi, relativa ai "Principi sull'erogazione dei servizi pubblici", ha fissato i principi cui deve essere progressivamente uniformata l'erogazione dei servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione, a tutela delle esigenze dei cittadini che possono fruirne nel rispetto delle esigenze di efficienza e imparzialità cui l'erogazione deve uniformarsi. Il rispetto di detti principi deve essere assicurato dalle amministrazioni pubbliche nell'esercizio dei loro poteri di direzione, controllo e vigilanza.

Nella direttiva viene affermato, per la prima volta, mutuando in gran parte dall'esperienza britannica, il principio in base al quale "le aziende si impegnano nei confronti del cittadino-utente a fornire determinati livelli di servizio ed a garantire precise forme di tutela…" ed "i soggetti erogatori danno immediato riscontro all'utente circa le segnalazioni e le proposte da esso formulate".

I punti fondamentali della Direttiva possono così sintetizzarsi:

-        enunciazione dei principi fondamentali cui devono attenersi i soggetti che erogano un servizio pubblico;

-        adozione degli standard di qualità e quantità del servizio ed indicazione di eventuali fattori esterni che potrebbero incidere significativamente sul conseguimento degli standard. Tali standard devono essere sottoposti a verifica con gli utenti in adunanze pubbliche e devono essere periodicamente aggiornati

-        semplificazione delle procedure relative agli atti concernenti la prestazione di servizio pubblici, con un espresso riferimento alla semplificazione e all'informatizzazione dei sistemi di prenotazione e delle forme di pagamento delle prestazioni

Il citato articolo 2 della legge 273/1995, dalla rubrica "qualità dei servizi pubblici", prevedeva che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri venissero emanati schemi generali di riferimento delle carte dei servizi pubblici predisposti dal Dipartimento della funzione pubblica d'intesa con le singole amministrazioni interessate.

Successivamente, l'art. 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, ha abrogato il suddetto articolo 2 della legge 273/1995, prevedendo al comma 2 che "le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all'utenza per mancato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Un ultimo importante aspetto delle carte dei servizi che va ancora segnalato, e del quale al momento non si conoscono risvolti giurisdizionali significativi ha riguardo alla carta dei servizi come strumento di tutela dell'utente. Infatti, tra le esigenze cui si ritiene dovrebbero rispondere le carte dei servizi vi è anche quella di assicurare un sostegno delle aspettative dei cittadini ad una prestazione del servizio pubblico secondo regola d'arte. In questo senso le carte dei servizi potrebbero contribuire a puntualizzare e specificare l'obbligo di prestare il servizio, che non è più quello di erogare una prestazione qualunque, ma una prestazione con caratteristiche oggettivamente stabilite.

b)  gli enti locali sono tenuti a consultare le associazioni dei consumatori.

In merito a quanto sopra si ricorda che il cd. Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) nella Parte V (artt. 136-141), raccoglie le norme in materia di associazioni dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale. In tale ambito, oltre alle norme in materia di azioni inibitorie e legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori, particolare rilievo assume l’articolo 141 che, in attuazione di quanto previsto dal criterio di delega di cui all'articolo 7, comma 1, lett. d) della legge n. 229/2003, reca disposizioni in tema di composizione extragiudiziale delle controversie, prevedendo l’attivazione di tali forme di composizione extragiudiziale allo scopo di deflazionare il carico di contenzioso pendente e di agevolare la rapida soluzione delle liti.

Tra le disposizioni più innovative della legge si ricordano il riconoscimento della legittimazione delle associazioni di consumatori ad agire in giudizio per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti (articolo 3) e l’istituzione di un apposito organismo, il "Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti", presso il MAP, con il compito di svolgere tra l’altro attività consultive e di ricerca (articolo 4).

c)  obbligo per il soggetto gestore, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, di verificare periodicamente l'adeguatezza dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato, fissati nel contratto di servizio, alle esigenze dell'utenza cui il servizio stesso si rivolge con la possibilità per ogni singolo cittadino di far conoscere osservazioni e proposte in merito;

d)  obbligo di approntare un sistema di monitoraggio permanente in ordine al rispetto dei parametri fissati nel contratto di servizio e di quanto stabilito nelle "Carte della qualità dei servizi" con una responsabilità diretta in capo all'ente locale od ambito territoriale ottimale prevedendo la partecipazione delle associazioni dei consumatori come pure la ricezione di osservazioni e proposte da parte di ogni singolo cittadino che potrà rivolgersi, allo scopo, tanto all'ente locale quanto a gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori;

e)  previsione dell’obbligo per il soggetto gestore di istituire una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori nella quale si dia conto di reclami, proposte ed osservazioni pervenute, da parte dei cittadini, a ciascuno dei soggetti partecipanti;

f)   le attività di cui alla lettere b), c) e d) dovranno essere finanziate con un prelievo a carico dei soggetti gestori del servizio predeterminato nel contratto di servizio per l'intera durata del contratto stesso».


Indebitamento

 

Articolo 1, commi 381-384
(Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari
sottoscritti dagli enti territoriali)

 


381. I contratti di strumenti finanziari anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, sono informati alla massima trasparenza.

382. I contratti di cui al comma 381 devono recare le informazioni ed essere redatti secondo le indicazioni specificate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca d’Italia. Il Ministero dell’economia e delle finanze verifica la conformità dei contratti al decreto.

383. La regione o l’ente locale sotto­scrittore degli strumenti finanziari di cui al comma 381 deve attestare espressamente di aver preso piena conoscenza dei rischi e delle caratteristiche dei medesimi, evidenziando in apposita nota allegata al bilancio gli oneri e gli impegni finanziari derivanti da tali attività.

384. Il rispetto di quanto previsto ai commi 382 e 383 è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti. In caso di contratti stipulati in violazione di quanto previsto al comma 382 o al comma 383, viene data comunicazione alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di competenza.


Premessa

I commi da 381 a 384 dell’articolo 1 pongono norme per limitare i rischi insiti nei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati, sottoscritti dagli enti pubblici territoriali.

La diffusione degli strumenti finanziari derivati è fenomeno recente, che s’inquadra nell’elaborazione di strategie finanziarie volte a permettere ai soggetti operanti sul mercato di garantirsi da rischi finanziari connessi alla loro attività o di realizzare una gestione attiva dell’indebitamento, adeguandolo all’evoluzione delle condizioni di mercato per fruire delle opportunità derivanti dalle oscillazioni dei tassi d’interesse.

Un accorto impiego di questi strumenti può consentire infatti di modificare le caratteristiche del debito esistente, ristrutturandolo in maniera conveniente e riducendo per conseguenza l’esposizione complessiva, senza estinguerlo anticipatamente o rinegoziarne le condizioni (operazioni che possono essere in talune circostanze onerose o impossibili).

 

Ad esempio, attraverso un contratto di interest rate swap è possibile ottenere su un debito a tasso d’interesse fisso effetti corrispondenti all’applicazione di un tasso variabile, o viceversa, ovvero mutare l’indice di riferimento per un debito contratto a tasso d’interesse variabile o modificare i tempi di pagamento degli interessi o del capitale.

L’operazione può servire per ristrutturare l’intero debito pregresso oppure quote di esso, ad esempio per diversificarne le caratteristiche in modo da ridurre il rischio complessivo. La diversificazione può riferirsi a tre elementi: tipo d’indicizzazione (tasso fisso o variabile con differenti indici); scadenza (breve, media, lunga); divisa (valuta nazionale o estera)[145].

Le descritte operazioni finanziarie possono risultare per converso svantaggiose qualora le scelte operate si fondino su un’analisi erronea.

Può infatti verificarsi che le scelte compiute non siano corrispondenti alla struttura di attività e passività del bilancio del soggetto che le compie, sia perché invece di diversificare la struttura del debito ne accentuino gli squilibri, sia perché nel determinare le date per la regolazione periodica dei flussi di pagamento non siano stati adeguatamente considerati gli andamenti di cassa delle parti (con conseguente rischio di mancanza di liquidità).

I rischi tipici di queste operazioni sono il rischio legato alle variazioni di valore degli indici di riferimento o delle attività sottostanti, e il rischio di credito[146].

L’applicazione di queste tecniche alla finanza degli enti territoriali è assai recente, poiché in precedenza l’indebitamento di essi consisteva in mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti (a tasso fisso) o con istituti bancari (a tassi stabiliti entro i limiti massimi fissati dall’autorità di Governo). L’esigenza di una gestione più attenta e responsabile del debito di questi enti, con la cessazione di talune forme di sostegno a carico della finanza statale, ha imposto la ricerca di finanziamenti a condizioni di mercato. In questo contesto si è sviluppato l’impiego delle emissioni obbligazionarie, le cui condizioni dipendono dall’andamento del mercato e dal merito di credito degli enti emittenti, per il quale può rendersi necessario il rilascio di un rating da parte delle agenzie specializzate.

Nel medesimo quadro, la dottrina ha segnalato le opportunità che potevano sorgere anche in favore degli enti locali dall’impiego di strumenti innovativi di finanza derivata, in relazione alle caratteristiche della loro gestione finanziaria[147].

 

Sulle problematiche relative al collocamento di strumenti finanziari derivati la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati sta conducendo una serie di audizioni informali. Da ultimo, nella seduta del 15 novembre 2007, si è tenuta l’audizione dei rappresentanti dell’Unione delle Province d’Italia (UPI) e dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

 

L'impiego di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali

Nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali, contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’articolo 205 autorizza gli enti locali a contrarre prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.

L’emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali è disciplinata dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1995), e dal regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.

La disciplina consente a regioni, province, comuni e unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane e consorzi tra enti locali territoriali di deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti[148].È esplicitamente previsto il divieto di finanziare spese di parte corrente.

 

Per quanto riguarda le regioni, la legge n. 724 del 1994 rinvia alla disciplina contenuta nell'articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in base alla quale la facoltà di emettere titoli obbligazionari deve essere esercitata mediante apposita legge regionale di autorizzazione entro precisi limiti quantitativi e contabili.

 

Il regolamento, oltre a determinare le caratteristiche dei titoli obbligazionari e i criteri e le procedure che gli enti emittenti sono tenuti ad osservare per la raccolta del risparmio[149], definisce altresì l'ammontare delle commissioni di collocamento da corrispondere agli intermediari autorizzati e i criteri di quotazione sul mercato secondario.

 

Relativamente alle emissioni in valuta, l’articolo 2 del medesimo regolamento emanato con il decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420, prescrive la copertura del rischio di cambio mediante una corrispondente operazione di swap che trasformi, per l'emittente, l'obbligazione in valuta estera in un'obbligazione in valuta nazionale, senza introdurre elementi di rischio. L'operazione dovrà essere effettuata da intermediari di provata affidabilità ed esperienza nel settore, con riferimento anche alla valutazione loro assegnata dalle maggiori agenzie di rating.

 

Il comma 1 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica, ha conferito al Ministero dell'economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all'accesso al mercato dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni[150].

I commi 2 e 3 hanno modificato la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.

 

In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet). In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.

Questi metodi tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.

 

Il comma 3 ha abrogatoil primo periodo del comma 6 dell’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché l’articolo 3 del regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420[151].

 

Varie disposizioni sono contenute nel regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389[152].

Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004[153]. Dettagliate indicazioni sono fornite circa le tipologie di operazioni derivate ammesse. Oltre agli swap di tasso di cambio a copertura del rischio di cambio nel caso di indebitamento in valuta, sono quelle espressamente indicate nelle lettere da a) a d) dell’articolo 3, comma 2, del regolamento, da intendersi nella forma «plain vanilla»[154].

Non sono ammessi gli strumenti derivati che contengono leve o moltiplicatori dei parametri finanziari (ad esempio, pagare due volte il tasso Euribor), né operazioni derivate riferite ad altre operazioni derivate preesistenti, in base alla considerazione che nessun derivato è configurabile come una passività.

 

Nel caso in cui si verifichi una variazione della passività sottostante ad un derivato, ad esempio perché è stata rinegoziata o convertita oppure perché ha raggiunto un ammontare inferiore a quanto inizialmente previsto, la posizione nello strumento derivato può essere riadattata sulla base di condizioni che non determinino una perdita per l'ente; solo nel caso in cui l'ente ritenga di dover chiudere la posizione nello strumento derivato è ammissibile la conclusione di un derivato uguale e di segno contrario con un'altra controparte.

 

Per la determinazione del rischio di credito degli intermediari valgono le stesse regole indicate in relazione ai fondi e agli swap d’ammortamento.

 

Infine, atteso il rischio inerente all'attività in derivati, la circolare raccomanda agli enti di fare altresì riferimento alle norme del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998 e successive modificazioni (in particolare articoli da 25 a 31) e al "Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari" ad esso allegato.

 

Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2007

I commi da 736 a 738 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) contengono disposizioni in materia di indebitamento degli enti locali tramite utilizzo di strumenti derivati.

 

In materia sono intervenute le circolari esplicative del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007, pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007 e 22 giugno 2007, n. 6301, pubblicata in G.U. n. 151 del 2 luglio 2007.

 

Il comma 736 è diretto a ridurre l’utilizzo, da parte di regioni ed enti locali[155], di strumenti finanziari derivati per le operazioni di gestione del debito.

Il comma in esame afferma che le operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati effettuate da regioni e enti locali devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato. È stabilito inoltre che le suddette operazioni possono essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al rischio di credito assunto.

I commi 737 e 738 introducono obblighi di comunicazione a carico delle regioni e degli enti locali che pongono in essere operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati.

Ai sensi del comma 737, che introduce i commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), le regioni e gli enti locali, prima della sottoscrizione di contratti relativi alle operazioni sopra indicate, devono trasmetterli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro. La trasmissione è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti stessi. Sono espressamente confermate le disposizioni di cui al citato D.M. n. 389 del 2003 in materia di controllo sull’andamento delle operazioni. La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2007.

L’articolo 1 del D.M. n. 389 del 2003, concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali e delle regioni, prevede che tali soggetti comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.

Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR.

Il nuovo comma 2-ter stabilisce che le operazioni di cui al nuovo comma 2-bis (operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati) che vìolano la vigente normativa sono comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.

 

Il comma 738 stabilisce che gli enti tenuti alle comunicazioni di cui al citato articolo 41 della legge n. 448 del 2001 debbono conservare, per almeno cinque anni, elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette all’obbligo di comunicazione. L’organo di revisione dell’ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento dell’obbligo da parte degli enti vigilati.

 

Gli obblighi di comunicazione a carico di regioni ed enti locali, previsti dal citato articolo 41, sono quelli di cui nuovo comma 2-bis, introdotto dal precedente comma 737, e l’obbligo di comunicare periodicamente al Ministero dell’economia i dati relativi alla propria situazione finanziaria, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di vigilare sugli andamenti di finanza pubblica.

Le disposizioni recate dai commi in esame

I commi in esame hanno riguardo ai contratti su strumenti finanziari derivati.

Il comma 381 dispone che i contratti su strumenti finanziari derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono essere informati alla massima trasparenza.

 

Il comma 382 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite la Consob e la Banca d’Italia, il compito di indicare le informazioni che devono recare i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali nonché il compito di specificare le indicazioni secondo le quali tali contratti devono essere redatti.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze sarà quindi tenuto a verificare la conformità dei contratti al predetto decreto ministeriale.

Il comma 382 prevede che il Ministero dell’economia e finanze verifichi la conformità dei contratti alle indicazioni recate dal decreto dello stesso MEF, sopprimendo il riferimento più generale ai modelli di contratto che secondo il testo originario avrebbe dovuto delineare lo stesso Ministero.

 

Il comma 383 stabilisce che la regione o l’ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione:

a) dei rischi dello strumento proposto;

b) delle caratteristiche dello strumento proposto.

 

L’ente pubblico territoriale deve evidenziare gli impegni finanziari derivanti dal contratto in apposita nota allegata al bilancio.

 

Ai sensi del comma 384, il rispetto di quanto previsto ai commi 382 e 383 è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti.

La norma di chiusura recata dal comma 384 parrebbe significare - qualificando il rispetto di quanto previsto ai commi precedenti in termini di “elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti” - che il contratto stipulato tra l’ente territoriale e la sua controparte avente ad oggetto strumenti finanziari anche derivati non deve ritenersi nullo ovvero annullabile anche ove non siano rispettate le disposizioni recate dai commi 382 e 383.

Il mancato rispetto di tali norme impedirebbe, infatti, soltanto il dispiegarsi dell’efficacia del contratto.

Pertanto, un adeguamento successivo dell’ente territoriale alle prescrizioni recate dai commi 382 e 383 consentirebbe al contratto, di per sé valido, di produrre anche gli effetti suoi propri.

La violazione delle norme introdotte dall’articolo va comunicata alla Corte dei conti, che sarà tenuta ad adottare i provvedimenti che rientrano ella sua competenza.


 

Articolo 2, comma 13
(Utilizzo dell’avanzo di amministrazione per
l’estinzione anticipata di prestiti)

 

13. All’articolo 187, comma 2, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono aggiunte, in fine, le parole: «e per l’estinzione anticipata di prestiti».

 

Ilcomma 13 dell’articolo 2 modifica il comma 2, lettera b), dell’articolo 187 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali,di cui al D.Lgs. n. 267/2000, introducendo la possibilità per gli enti locali di utilizzare l’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti.

 

In base al comma 2 dell’articolo 187 del TUEL, l'eventuale avanzo di amministrazione, accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso, può essere utilizzato soltanto:

a)  per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provve­dendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza;

b)  per la copertura dei debiti fuori bilancio;

c)  per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento;

d)  per il finanziamento di spese di investimento.

 

Va segnalato che una norma di contenuto analogo è stata introdotta dall’articolo 11 del D.L. n. 159/2007 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2007, n. 222), dichiarato collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008.

In particolare, la norma citata prevede l’attribuzione di contributi, fino all’importo di 30 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009,perincentivare l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni.

I contributi sono corrisposti per far fronte agli indennizzi correlati strettamente alle estinzioni anticipate effettuate negli anni 2007, 2008 e 2009.

Si ricorda, infatti, che la legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 699, legge n. 296/2006), modificando l’articolo 28, comma 3, della legge n. 448 del 1998, ha abrogato la disposizione che prevedeva la possibilità, per gli enti locali che avessero presentato al Ministero dell’economia e delle finanze piani finanziari quinquennali di riduzione del rapporto debito/PIL, di estinguere anticipatamente i debiti contratti con la Cassa depositi e prestiti, ponendo a carico dello Stato sia gli oneri aggiuntivi che il pagamento dell’indennizzo previsto per le estinzioni anticipate dei mutui.

La disposizione introdotta dal provvedimento collegato rappresentava una deroga alle norme recate dall’articolo 187, comma 2, del TUEL, che, nel testo vigente, non prevede l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per fini diversi da quelli espressamente elencati dall’articolo medesimo.

 

Con la norma in esame, il comma 2 dell’art. 187 del TUEL viene novellato proprio al fine di ricomprendere l’estinzione anticipata dei prestiti tra le finalizzazioni per le quali gli enti locali hanno facoltà di utilizzare l’avanzo di amministrazione.


Società partecipate

 

Articolo 3, commi 19-22
(Disposizioni in materia di arbitrato per le pubbliche amministrazioni)


19. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo1, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere com­promessi. Le clausole compromissorie ovvero i compromessi comunque sotto­scritti sono nulli e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti.

20. Le disposizioni di cui al comma 19 si estendono alle società interamente possedute ovvero partecipate maggiori­tariamente dalle pubbliche amministrazioni di cui al medesimo comma, nonché agli enti pubblici economici ed alle società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente da questi ultimi.

21. Relativamente ai contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi già sottoscritti dalle amministrazioni alla data di entrata in vigore della presente legge e per le cui controversie i relativi collegi arbitrali non si sono ancora costituiti alla data del 30 settembre 2007, è fatto obbligo ai soggetti di cui ai commi 19 e 20 di declinare la competenza arbitrale, ove tale facoltà sia prevista nelle clausole arbitrali inserite nei predetti contratti; dalla data della relativa comunicazione opera esclusivamente la giurisdizione ordinaria. I collegi arbitrali, eventualmente costituiti successivamente [al 30 settembre e fino alla data di entrata in vigore della presente legge], decadono automatica­mente e le relative spese restano integralmente compensate tra le parti.(*)

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(*)  Parole soppresse dall’art. 15, co. 1 del D.L. n. 248/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.

 

22. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministra­zione, il Ministro delle infrastrutture ed il Ministro della giustizia, provvede annualmente a determinare con decreto i risparmi conseguiti per effetto dell’applicazione delle disposizioni dei commi da 19 a 23 affinché siano corrispondentemente ridotti gli stanziamenti, le assegnazioni ed i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato e le relative risorse siano riassegnate al Ministero della giustizia per il miglioramento del relativo servizio. Il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette annualmente al Parlamento ed alla Corte dei conti una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni dei commi da 19 a 23.


 

 

I commi 19-22 intervengono in materia di arbitrato in relazione ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi.

Le disposizioni in commento vietano, in particolare, alle pubbliche amministrazioni di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi.

 

Ai sensi dei commi 19 e 20, il divieto si applica:

-    alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Si tratta di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;

-    alle società interamente possedute ovvero maggioritariamente partecipate dalle pubbliche amministrazioni suddette;

-    agli enti pubblici economici ed alle società interamente possedute ovvero maggioritariamente partecipate da questi ultimi.

 

Si segnala che i soggetti destinatari del divieto non coincidono con i soggetti tenuti all’applicazione del codice dei contratti pubblici. In primo luogo, la nozione di “amministrazione aggiudicatrice” ricomprende anche gli organismi di diritto pubblico (articolo 3, commi 25 e 26), ovvero qualsiasi organismo, anche in forma societaria che sia: a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) dotato di personalità giuridica; c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. In secondo luogo, esso trova applicazione – entro determinati limiti e a determinate condizioni – rispetto ad appalti affidati da altri soggetti aggiudicatori e, in primo luogo, dai concessionari di lavori pubblici (cfr. in particolare gli articoli 32 e 142).

 

Il comma 19 individua le conseguenze della violazione del divieto:

§      nella nullità delle clausole compromissorie ovvero dei compromessi comunque sottoscritti;

§      nella configurabilità dell’illecito disciplinare e nella responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti.

 

Il comma 21 reca la norma transitoria volta a disciplinare le controversie relative a contratti già sottoscritti dalle amministrazioni alla data di entrata in vigore della disposizione per le cui controversie i relativi collegi arbitrali non si sono ancora costituiti alla data del 30 settembre 2007. In tal caso, i soggetti di cui ai commi 19 e 20 hanno l'obbligo di declinare la competenza arbitrale, a condizione però che tale facoltà sia prevista nelle clausole arbitrali inserite nei predetti contratti. Dalla data della relativa comunicazione opera esclusivamente la giurisdizione ordinaria.

 

L’articolo 15 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (c.d. mille proroghe)(legge n. 31/2008) ha differito al 30 giugno 2008 il termine del 30 settembre 2007, relativo alla costituzione dei collegi arbitrali.

A seguito di tale differimento, l’obbligo di declinare la competenza arbitrale opera rispetto ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge finanziaria (1° gennaio 2008), per le cui controversie i collegi arbitrali non si siano ancora costituiti alla data del 30 giugno 2008; i collegi arbitrali costituiti successivamente a tale data decadono automaticamente.

La disposizione precisa inoltre che i collegi arbitrali, eventualmente costituiti successivamente a tale data, decadono automaticamente e le relative spese restano integralmente compensate tra le parti.

 

Il comma 22 disciplina il monitoraggio degli effetti finanziari della disposizione e la destinazione di eventuali risparmi da essa generati.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro delle infrastrutture ed il Ministro della giustizia, provvede annualmente a determinare con decreto i risparmi conseguiti per effetto dell’applicazione delle disposizioni dei commi da 19 a 23 affinché siano corrispondentemente ridotti gli stanziamenti, le assegnazioni ed i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato. Le relative risorse devono essere riassegnate al Ministero della giustizia per il miglioramento del relativo servizio.

La disposizione prevede inoltre la trasmissione annuale al Parlamento ed alla Corte dei conti da parte del Presidente del Consiglio dei ministri di una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni dell'articolo in esame.

 

Si segnala che sull’entrata in vigore delle norme in commento è intervenuto il decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (legge n. 31/2008) che prevede, all’articolo 15, il differimento al 1° luglio 2008 dell’applicabilità delle disposizioni recanti il divieto di arbitrato per i contratti pubblici, contenute nell’art. 3, commi da 19 a 22, al fine, esplicitamente indicato nella disposizione, di consentire la devoluzione delle competenze alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale.

 


 

Articolo 3, commi 27-32
(Limiti alla costituzione e alla partecipazione in società delle amministrazioni pubbliche)

 


27. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo1, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipa­zioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all’articolo1, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza.

28. L’assunzione di nuove partecipa­zioni e il mantenimento delle attuali devono essere autorizzati dall’organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 27.

29. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni di cui all’articolo1, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, cedono a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27.

30. Le amministrazioni che, nel rispetto del comma 27, costituiscono società o enti, comunque denominati, o assumono partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione o decen­tramento, adottano, sentite le organizza­zioni sindacali per gli effetti derivanti sul personale, provvedimenti di trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i soggetti di cui al presente comma e provvedono alla corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica.

31. Fino al perfezionamento dei provve­dimenti di rideterminazione di cui al comma 30, le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari al numero dei posti coperti al 31 dicembre dell’anno precedente all’istituzione o all’assunzione di partecipazioni di cui al comma 30, tenuto anche conto dei posti per i quali alla stessa data risultino in corso di espletamento procedure di recluta­mento, di mobilità o di riqualificazione del personale, diminuito delle unità di personale effettivamente trasferito.

32. I collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di cui ai commi 30 e 31 asseverano il trasfe­rimento delle risorse umane e finanziarie e trasmettono una relazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze – Diparti­mento della Ragioneria generale dello Stato, segnalando eventuali inadempimenti anche alle sezioni competenti della Corte dei conti.


 

 

L'articolo 3, commi 27-32, pone limiti alla costituzione e alla partecipazione in società da parte delle pubbliche amministrazioni.

Ai sensi del comma 27 al fine di tutelare la concorrenza ed il mercato, le pubbliche amministrazioni non possono:

§      costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali,

§      assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

 

Destinatarie del divieto sono le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ossia tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

È comunque sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle suddette amministrazioni, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza.

 

Si ricorda che, secondo la prassi comunitaria, per servizi di interesse generale si intendono i servizi forniti dalle grandi industrie di rete quali i trasporti, i servizi postali, l'energia e le comunicazioni, nonché qualsiasi altra attività economica soggetta ad obblighi di servizio pubblico, come ad esempio, il servizio pubblico radiotelevisivo.

 

Il comma 28 prevede che l'assunzione di nuove partecipazioni ed il mantenimento di quelle esistenti devono essere autorizzate dall’organo competente, con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 27.

 

Il comma 29 prevede che le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27 devono essere cedute a terzi entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame e tale cessione deve avvenire nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica.

 

Ai sensi del comma 30, nei casi in cui sia comunque necessario costituire, nel rispetto dei limiti di cui al comma 27, società o enti, comunque denominati, o assumere partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione o decentramento, le amministrazioni devono:

§      adottare, sentite le organizzazioni sindacali per gli effetti derivanti sul personale, i provvedimenti di trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i suddetti società, enti, ecc.,

§      provvedere alla corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica.

 

Il comma 31 prevede che, sino al perfezionamento dei provvedimenti di rideterminazione di cui al comma 30, le dotazioni organiche sono individuate provvisoriamente in misura pari al numero dei posti coperti al 31 dicembre dell’anno precedente alla costituzione di società o enti o all’assunzione di partecipazioni, tenuto anche conto dei posti per i quali alla stessa data risultino in corso di espletamento procedure di reclutamento, di mobilità o di riqualificazione del personale, diminuito delle unità di personale trasferito.

 

Ai sensi del comma 32, i collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di cui ai commi 30 e 31 devono asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie e trasmettere una relazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, segnalando eventuali inadempimenti anche alle sezioni competenti della Corte dei conti.


Energia

 

Articolo 2, comma 171
(Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni
in materia di fonti rinnovabili)

 

171. Le regioni promuovono il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

 

 

I commi da 167 a 172 regolano le funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di fonti rinnovabili.

 

In particolare, il comma 171 prevede che le regioni promuovano il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

 


Articolo 2, commi 173-174
(Impianti fotovoltaici)

 


173. Nell’ambito delle disponibilità di cui all’articolo 12 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, e ai fini dell’applicazione dell’articolo 6 del medesimo decreto, gli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali sono considerati rientranti nella tipologia dell’impianto, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b3), del medesimo decreto.

174. L’autorizzazione di cui al comma 3 dell’articolo12deldecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, per la costituzione e l’esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali, ove necessaria ai sensi della legislazione nazionale o regionale vigente e in relazione alle caratteristiche e alla ubicazione dell’impianto, è rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 12 per il complesso degli impianti.


 

 

I commi 173 e 174 dell’articolo 2 recano disposizioni concernenti gli impianti fotovoltaici i cui “soggetti responsabili” sono gli enti locali.

Ai sensi dell’art. 2, lettera h) del DM 19 febbraio 2007[156], richiamato dal comma 173 per "soggetto responsabile" si intende il soggetto responsabile dell'esercizio dell'impianto e che ha diritto, nel rispetto delle disposizioni del decreto stesso, a richiedere e ottenere le tariffe incentivanti.

In particolare il comma 173 prevede che i suddetti impianti fotovoltaici rientrino ex lege nella tipologia di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica, di cui alla lettera b3) dell'articolo 2 del citato decreto ministeriale 19 febbraio 2007 nell'ambito delle disponibilità indicate dall'articolo 12 del DM e ai fini dell’applicazione delle tariffe incentivanti ventennali fissate dall’articolo 6 dello stesso decreto.

Secondo la lettera b3) citata, per impianto fotovoltaico con integrazione architettonica si intende l'impianto fotovoltaico i cui moduli sono integrati, secondo le tipologie elencate nell’allegato 3 dello stesso decreto, in elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Le altre possibili classificazioni degli impianti fotovoltaici sono le seguenti:

-        b1) impianto fotovoltaico non integrato, è l'impianto con moduli ubicati al suolo, ovvero con moduli collocati, con modalità diverse dalle tipologie di cui agli allegati 2 e 3, sugli elementi di arredo urbano e viario, sulle superfici esterne degli involucri di edifici, di fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione;

-        b2) impianto fotovoltaico parzialmente integrato, è l'impianto i cui moduli sono posizionati, secondo le tipologie elencate in allegato 2, su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Tale classificazione avviene ai fini dell'applicazione delle tariffe incentivanti ventennali previste dall'articolo 6 del DM citato.

Infatti le tariffe per gli impianti con integrazione architettonica (lettera b3) sono mediamente superiori del 21 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti non integrati (lettera b1) e del 10,3 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti con integrazione parziale (lettera b2).

La tabella sottostante fornisce i valori in euro della tariffa:

 

Tariffa incentivante (valori in euro)

Potenza

non integrati (b1)

parziale integrazione (b2)

integrati (b3)

da 1 a 3 kW

0,40

0,44

0,49

da 3 a 20 kW

0,38

0,42

0,46

 più di 20 kW

0,36

0,40

0,44

Peraltro, in base al comma 4 dell'articolo 6 del DM, tali tariffe sono incrementate del 5% con arrotondamento commerciale alla terza cifra decimale, tra l'altro, nel caso in cui il cui soggetto responsabile sia una scuola pubblica o paritaria di qualunque ordine e grado o una struttura sanitaria pubblica o un ente locale con popolazione residente inferiore a 5000 abitanti sulla base dell'ultimo censimento Istat.

 

Quanto alle disponibilità di cui all’art. 12 del DM, cui rinvia la disposizione in esame, si segnala che detto articolo fissa in 3000 MW l'obiettivo nazionale di potenza nominale fotovoltaica cumulata da installare entro il 2016, mentre il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere tariffe incentivantiè fissato dal successivo articolo 13. Tale articolo stabilisce, infatti, in 1200 MW il limite massimo di tutti gli impianti che possono ottenere le tariffe incentivanti. In aggiunta ad essi hanno diritto alle suddette tariffe gli impianti i cui soggetti responsabili sono gli enti locali che entrino in esercizio entro ventiquattro mesi dalla data nella quale verrà comunicato il raggiungimento del limite di potenza nominale di 1200 MW. (Il predetto termine è ridotto a quattordici mesi per gli impianti i cui soggetti responsabili non sono enti locali).

Sul sito Internet del GSE[157]. (accesso avvenuto in data 23 gennaio 2008) risultano i seguenti dati relativi al numero e alla potenza nominale degli impianti fotovoltaici:

 

NUOVO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

2.670

Potenza (kW)

13.604

VECCHIO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

4.123

Potenza (kW)

52.253

 

Il comma 174 prevede che l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali venga rilasciata – qualora sia necessaria ai sensi della vigente legislazione e in relazione alle caratteristiche e all’ubicazione dell’impianto - a seguito del procedimento unico disciplinato dal comma 4 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387[158] per il complesso degli impianti.

Il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da FER è disciplinato dal comma 3 dell'articolo 12 del citato D.Lgs. 387/03. Il comma stabilisce, infatti, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504[159], e successive modificazioni.

Quanto alla disciplina del procedimento unico si rinvia alla scheda relativa all’art. 2, commi 158-161 nel presente dossier.

 


 

Articolo 2, commi 558-559
(Contributo compensativo corrisposto a regioni e comuni per le attività di stoccaggio del gas naturale)

 


558. A decorrere dal 1° gennaio 2008, i soggetti titolari, ai sensi dell’articolo11deldecreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, di concessioni per l’attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, o comunque autoriz­zati all’installazione e all’esercizio di nuovi stabilimenti di stoccaggio di gas naturale, corrispondono alle regioni nelle quali hanno sede i relativi stabilimenti di stoc­caggio, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio, un importo annuo pari all’1 per cento del valore della capacità complessiva autoriz­zata di stoccaggio di gas naturale.

559. La regione sede degli stabilimenti di cui al comma 558 provvede alla ripartizione del contributo compensativo ivi previsto tra i seguenti soggetti:

a) il comune nel quale hanno sede gli stabilimenti, per un importo non inferiore al 60 per cento del totale;

b) i comuni contermini, in misura pro­porzionale per il 50 per cento all’esten­sione del confine e per il 50 per cento alla popolazione, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale.


 

 

I commi 558 e 559 riguardano l’istituzione di un "contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio" corrisposto, dai concessionari per le attività di stoccaggio del gas naturale, alle regioni (di cui tuttavia beneficia il comune sede dello stabilimento ed i comuni contermini).

 

Il comma 558 prevede che, a decorrere dal 1º gennaio 2008, i soggetti titolari di concessioni per l’attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, o comunque autorizzati all’installazione e all’esercizio di nuovi stabilimenti di stoccaggio di gas naturale, corrispondano alle regioni - nelle quali hanno sede i relativi stabilimenti di stoccaggio - un importo annuo pari all’1 per cento del valore della capacità complessiva autorizzata di stoccaggio di gas naturale, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio.

 

Il D.Lgs. 23 maggio 2000 n. 164, che ha avviato il processo di liberalizzazione del settore del gas naturale in attuazione della direttiva 98/30/CE, all’articolo 11 disciplina l'attività di stoccaggio che è svolta sulla base di concessione, di durata non superiore a venti anni, rilasciata dal Ministero dell'industria (ora dello sviluppo economico) ai richiedenti che abbiano la necessaria capacità tecnica, economica ed organizzativa e che dimostrino di poter svolgere, nel pubblico interesse, un programma di stoccaggio rispondente alle disposizioni del decreto stesso, ai sensi delle disposizioni contenute nella legge 26 aprile 1974, n. 170 (“Stoccaggio di gas naturale in giacimenti di idrocarburi"), così come modificata dallo stesso D.Lgs. n. 164. Al Ministro della attività produttive compete anche l’approvazione, con proprio DM, di un disciplinare tipo. Nel caso in cui il titolare di una concessione di coltivazione richieda una concessione di stoccaggio, il conferimento di questa comprende anche la concessione di coltivazione. In particolare, si ricorda che l’art. 5 della legge 26 aprile 1974, n. 170, prevede che la concessione scaduta possa essere rinnovata per periodi di dieci anni, qualora il concessionario abbia ottemperato agli obblighi impostigli[160].

Il comma 61, art. 1, della legge 239/04 di riordino del settore energetico (cd legge Marzano) ha stabilito,in proposito chei titolari di concessioni di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo possano usufruire di non più di due proroghe di dieci anni, qualora abbiano eseguito i programmi di stoccaggio ed adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalle concessioni medesime.

Con riferimento alla problematica oggetto della disposizione in esame, può essere utile ricordare come, con la sentenza del 21 giugno 2007 nella causa C-173/05, la Corte di Giustizia delle Comunità europee abbia definitivamente riconosciuto l’incompatibilità con il diritto comunitario della c.d. “tassa sul tubo” istituita dall’articolo 6 della legge della Regione Sicilia 26 marzo 2002, n. 2. Ponendo tale tributo (per tale ragione espressamente qualificato come “ambientale”) a carico dei proprietari di gasdotti ricadenti nel territorio regionale ed esercenti attività di trasporto, distribuzione, vendita o acquisto del gas metano, il legislatore siciliano si proponeva di “ridurre e prevenire il potenziale danno ambientale derivante dalle condotte”, tanto che il relativo gettito era destinato al finanziamento di “investimenti” diretti “alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità dell’ambiente, con particolare riguardo alle aree interessate dalla presenza” delle condotte medesime. In sostanza, pertanto, si trattava di un tributo di scopo con (sia pure generiche) finalità di tutela dell’ambiente[161].

 

Il comma 559 disciplina l'ulteriore ripartizione del contributo compensativo, prevedendone la devoluzione:

a)  al comune nel quale hanno sede gli stabilimenti, per un importo non inferiore al 60 per cento del totale;

b)  ai comuni contermini, in misura proporzionale per il 50 per cento all’estensione del confine e per il 50 per cento alla popolazione, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale.


 

Articolo 2, comma 560
(Misure di compensazione territoriale a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare)

 

560. Al comma 1-bis dell’articolo4deldecreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché dei comuni confinanti, qualora situati in province diverse e nel raggio massimo di 10 chilometri dall’impianto medesimo».

 

Il comma 560novella il comma 1-bis dell’articolo 4 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314[162] al fine di estendere le misure di compensazione territoriale previste a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo di combustibile nucleare, anche ai comuni confinanti, qualora situati in province diverse e nel raggio massimo di dieci chilometri dall’impianto stesso.

 

Si ricorda che il richiamato art. 4 del decreto-legge n. 314 del 2003 dispone l’adozione di misure di compensazione territoriale fino al definitivo smantellamento degli impianti, a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare. In particolare il comma 1-bis reca le modalità di determinazione dell’ammontare complessivo annuo del contributo e di assegnazione del medesimo, prevedendo: l’assegnazione annuale con deliberazione del CIPE sulla base delle stime di inventario radiometrico dei siti determinato annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell'APAT, valutata la pericolosità dei rifiuti; la ripartizione, per ciascun territorio, in pari misura tra il comune e la provincia che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare. Alla data della messa in esercizio del Deposito nazionale di cui all'articolo 1, comma 1, e proporzionalmente all'allocazione dei rifiuti radioattivi, il contributo è assegnato in misura del 20% in favore del comune nel cui territorio è ubicato il Deposito, in misura del 30% in favore dei comuni con questo confinanti, proporzionalmente alla popolazione residente, in misura del 25%, rispettivamente, in favore della regione e della provincia.

 


Infrastrutture e tutela del territorio

 

Articolo 2, commi 264-270
(Fondo di garanzia per le opere pubbliche)

 


264. La Cassa depositi e prestiti s.p.a. è autorizzata a costituire, presso la gestione separata, un apposito fondo, denominato Fondo di garanzia per le opere pubbliche (FGOP).

265. La dotazione iniziale del Fondo di cui al comma 264 e le successive variazioni sono stabilite dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a. a valere sulle risorse previste ai sensi dell’articolo71, comma 2, dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289.

266. Il Fondo di cui al comma 264 è finalizzato al sostegno finanziario dei lavori, di competenza dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 7, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, da realizzare mediante:

a) contratti di concessione di cui all’articolo 53, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) contratti di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale di cui all’articolo 173 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

267. Il Fondo di cui al comma 264, al fine di ridurre le contribuzioni pubbliche a fondo perduto, presta garanzie, in favore dei soggetti pubblici o privati coinvolti nella realizzazione o nella gestione delle opere, volte ad assicurare il mantenimento del relativo equilibrio economico-finanziario.

268. La Cassa depositi e prestiti S.p.a., nel rispetto degli indirizzi fissati dal Ministro dell’economia e delle finanze nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo5, comma 9, deldecreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, fissa con proprio regolamento limiti, condizioni, modalità e caratteristiche della prestazione delle garanzie e dei relativi rimborsi, tenendo conto della redditività potenziale dell’opera e della decorrenza e durata della concessione o della gestione.

269. Dalle disposizioni di cui ai commi da 264 a 268 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

270. Sono abrogati i commi da 1 a 5 dell’articolo71dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289.


 

 

I commi dal 264 al 270 autorizzano la Cassa depositi e prestiti s.p.a. a costituire, presso la gestione separata, un apposito Fondo di garanzia per le opere pubbliche (FGOP).

Tale Fondo sostituisce il Fondo rotativo per le opere pubbliche (FROP), le cui norme istitutive vengono quindi abrogate dal successivo comma 270.

Il Fondo di garanzia per le opere pubbliche è finalizzato, ai sensi del comma 266, al sostegno finanziario dei lavori, di competenza dei soggetti di cui all’art. 5, comma 7, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).

Si tratta, in particolare, dello Stato, delle regioni, degli enti locali, degli enti pubblici e degli organismi di diritto pubblico.

 

La Cassa depositi e prestiti, trasformata in società per azioni dall’articolo 5 del decreto-legge n. 269/2003 (“collegato” alla legge finanziaria 2004)[163] assume la configurazione di intermediario finanziario non bancario ed è soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del Testo unico bancario[164].

L’attività della società è strutturata su due aree distinte, che comportano anche una separazione organizzativa e contabile: la prima area, organizzata come gestione separata, prosegue l’attività tradizionale della Cassa depositi e prestiti. La seconda area, che consiste nella gestione ordinaria, ha per compito, in base alle previsioni del decreto-legge n. 269 del 2003, la concessione di finanziamenti relativi alle reti e agli impianti destinati alla fornitura dei servizi pubblici ed alle bonifiche

Per ciò che attiene alla gestione separata, la Cassa depositi e prestiti cura la concessione di finanziamenti agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico, utilizzando, come provvista, il risparmio postale garantito dallo Stato e i fondi provenienti da emissioni di titoli e altre operazioni di raccolta, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.

Alla gestione separata sono state altresì assegnate le partecipazioni azionarie trasferite dallo Stato al momento della trasformazione in società per azioni.

Specifiche disposizioni legislative hanno poi previsto l’istituzione di fondi, destinati al finanziamento di investimenti, i quali operano presso la gestione separata[165] La gestione separata, infine, può effettuare attività di assistenza e consulenza in favore dei soggetti beneficiari dei finanziamenti da essa concessi.

La separazione della gestione alla quale è affidato il finanziamento degli enti pubblici riguarda i profili contabili e organizzativi. La gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, la quale è caratterizzata dai seguenti aspetti:

-        attribuzione del potere di indirizzo al Ministro dell’economia e delle finanze ;

-        integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti degli enti locali;

-        sottoposizione alla vigilanza di un’apposita Commissione, di cui fanno parte parlamentari;

-        possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.

La disciplina del FROP fa riferimento ai lavori di competenza dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lett. b), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284, cioè Stato, regioni, enti locali, enti pubblici, nonché – nei casi indicati – privati.

 

Come per il FROP, il comma 266 individua nelle modalità di realizzazione dell’opera un secondo elemento in base al quale viene definito l’ambito delle opere pubbliche al cui sostegno sono destinati gli interventi del Fondo.

Le opere beneficiarie devono essere infatti realizzate secondo una delle due seguenti modalità:

§      contratti di concessione, di cui all’art. 53, comma 1, del codice dei contratti pubblici approvato con il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163;

Si segnala che, in realtà, l’art. 53, comma 1, si limita a prevedere che i lavori pubblici possono essere affidati mediante contratti di appalto o contratti di concessione. La definizione di “concessione di lavori pubblici” è contenuta nell’art. 3, comma 11, e la relativa disciplina nel Capo II del Titolo III della Parte II del D.Lgs. n. 163 del 2006 (art. 142 e ss.). In particolare, in base all’art. 3, comma 11, per “concessioni di lavori pubblici” si intendono quei contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto, in conformità al presente codice, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al presente codice.

§      contratti di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale di cui all’art. 173 del citato codice.

Ai sensi dell’art. 173 del D.Lgs. n. 163 del 2006 la realizzazione di infrastrutture strategiche è oggetto di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale.

Si premette che anche le concessioni disciplinate dagli artt. 142 e ss. del D.Lgs. n. 163 vengono comunemente denominate concessioni di costruzione e gestione. Esse hanno in comune con le concessioni richiamate dall’art. 173 gli elementi caratterizzanti il rapporto negoziale, consistenti nell’oggetto della prestazione (l’esecuzione dei lavori pubblici, o di pubblica utilità) e nella controprestazione a favore del concessionario (il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati). Gli elementi di differenziazione sono legati al fatto che le concessioni di cui all’art. 173 sono espressione di un regime speciale dettato specificamente per le infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale (di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, cd. legge obiettivo), che contiene la previsione di alcune semplificazioni ed accelerazioni che hanno lo scopo di garantire un canale privilegiato ad opere di particolare rilevanza.

Per quanto riguarda l’affidamento a contraente generale, esso è disciplinato dagli artt. 176 e seguenti del D.Lgs. n. 163. In base al comma 1 di tale disposizione, “il soggetto aggiudicatore, in deroga all'art. 53, affida ad un soggetto dotato di adeguata esperienza e qualificazione nella costruzione di opere nonché di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori”. Il general contractor è il soggetto che assume su di sé le funzioni di progettista, costruttore ed in parte di finanziatore dell'opera da realizzare e ne assume, di conseguenza, integralmente la responsabilità economica. Il contraente generale si fa in particolare carico del rischio economico dell'opera, impegnandosi a fornire "un pacchetto finito" a prezzi, termini di consegna e qualità predeterminati contrattualmente.

 

Il comma 265 dispone che la dotazione iniziale del Fondo e le successive variazioni sono stabilite dalla Cassa depositi e prestiti a valere sulle risorse previste ai sensi dell’art. 71, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il Fondo rotativo delle opere pubbliche.

 

L’art. 71, comma 2, della legge n. 289/2002 aveva assegnato al Fondo rotativo delle opere pubbliche una dotazione iniziale di un miliardo di euro, che doveva essere poi alimentata dalla Cassa depositi e prestiti. Il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del direttore generale della Cassa depositi e prestiti, avrebbe potuto apportare con proprio decreto variazioni alla consistenza del fondo.

 

Ai sensi del comma 267, il Fondo interviene a sostegno delle opere pubbliche mediante la prestazione di garanzie volte ad assicurare il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario nella realizzazione o gestione delle opere medesime. I soggetti beneficiari delle garanzie possono essere, indistintamente, soggetti pubblici o privati coinvolti nella realizzazione o nella gestione delle opere; la disposizione precisa inoltre che la prestazione di garanzie da parte del Fondo è rivolta a ridurre le contribuzioni pubbliche a fondo perduto.

 

La finalità di tale disposizione, sembrerebbe, pertanto, analogamente a quelle del Fondo rotativo per le opere pubbliche, quella di istituire un servizio di tipo innovativo che possa incentivare la partecipazione di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche e permetta, per questa via, di ridurre i contributi pubblici a fondo perduto. Le garanzie prestate dal fondo dovrebbero infatti permettere una riduzione dei costi di finanziamento della realizzazione e gestione delle opere, con conseguente beneficio per i soggetti che ne sono coinvolti.

 

Il comma 268 attribuisce alla Cassa depositi e prestiti la facoltà di definire i limiti, condizioni, le modalità e le caratteristiche della prestazione delle garanzie e dei relativi rimborsi, nel rispetto degli indirizzi fissati dal Ministro dell’economia e delle finanze nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 5, comma 9, del citato decreto-legge n. 269 del 2003.

A tal fine la disposizione in esame indica alcuni elementi di cui tener conto, quali la redditività potenziale dell’opera e la decorrenza e durata della concessione e della gestione.

 

Si ricorda che il comma 9 dell’art. 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze specifici poteri di indirizzo sulla gestione separata della Cassa depositi e prestiti disposta dal precedente comma 8 che prevede che per le attività di finanziamento a favore degli enti pubblici, tra cui lo Stato, le regioni e gli enti locali, e degli organismi di diritto pubblico, sia istituita una apposita gestione separata. Si ricorda che la gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, che è caratterizzata dai seguenti profili:

-        specifici poteri attribuiti al Ministro dell’economia e delle finanze (commi 9 e 11);

-        integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti e degli enti locali (comma 10);

-        vigilanza della Commissione parlamentare (comma 9);

-        possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato (comma 15).

 

Il comma 269 reca la clausola di invarianza della spesa.

 

Il comma 270, come già detto, abroga le disposizioni istitutive del Fondo rotativo per le opere pubbliche (art. 71, commi da 1 a 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289).

 


 

Articolo 2, commi 276-277
(Interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico)

 


276. Il fondo di cui all’articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è incrementato di 20 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2008, da destinare ad interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché alla costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispen­sabili a sostituire quelli a rischio sismico, secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità.

277. Per l’utilizzazione delle risorse di cui al comma 276, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 2 dell’articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è emanato sentiti i Ministri delle infrastrutture, della pubblica istruzione e dell’economia e delle finanze.


 

 

Il comma 276 incrementa di 20 milioni di euro, a decorrere dal 2008, il Fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio per interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché per la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico, secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità.

Tale fondo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dall’art. 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), al fine precipuo di contribuire alla realizzazione di interventi infrastrutturali, con priorità per quelli connessi alla riduzione del rischio sismico e per far fronte ad eventi straordinari nei territori degli enti locali, delle aree metropolitane e delle città d'arte.

 

La stessa disposizione ha autorizzato una spesa di 73,5 milioni di euro per l'anno 2003 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005. Per le modalità di attivazione del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono state, quindi, emanate l’O.P.C.M. 8 luglio 2004, n. 3362 e l'O.P.C.M. 17 settembre 2004, n. 3376. Con tali ordinanze si è in particolare provveduto a ripartire le risorse assegnate per interventi statali e regionali (la somma di 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2004 e 2005, è stata così ripartita: 67,5 milioni di euro per interventi di competenza regionale e 32,5 milioni di euro per interventi di competenza statale) e sono state definite le tipologie di interventi ammessi al finanziamento

Per quanto riguarda la messa in sicurezza degli edifici scolastici, il comma 21 dell’art. 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), ha specificatamente previsto che, nell’ambito della 21 dicembre 2001, n. 443 (cd. legge obiettivo), il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca predisponga un “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” nelle zone soggette a rischio sismico. L’art 3, comma 91, della legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria 2004) ha destinato al “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” un importo non inferiore al 10% delle risorse ex art. 13 della legge 1° agosto 2002, n. 166, disponibili al 1° gennaio 2004 e l’art. 4, comma 176, invece, ha autorizzato ulteriori limiti di impegno nel biennio 2005-2006.

Con delibera CIPE 20 dicembre 2004, n. 102[166], modificata dalla delibera 2 dicembre 2005, n. 157, e con delibera 17 novembre 2006, n. 143[167],è stato approvato il Primo programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Il Piano si articola in due stralci per complessivi 489 Meuro riferiti a 1.594 interventi[168].

 

Il comma 277 dispone che, ai fini dell’assegnazione di tali risorse, il DPCM previsto dal comma 2 del citato art. 32-bis del decreto-legge n. 269 del 2003 sia adottato anche con il parere del Ministro delle infrastrutture e della pubblica istruzione, oltre che dell’economia.

 

Il citato comma 2 dell’art. 32-bis del decreto-legge demanda ad un DPCM, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione degli interventi da realizzare, degli enti beneficiari e delle risorse da assegnare nell'ambito delle disponibilità del fondo.

In attuazione di tale disposizione sono stati emanati i seguenti provvedimenti: il DPCM 8 luglio 2004, il DPCM 19 novembre 2004, il DPCM 27 aprile 2006, il DPCM 29 marzo 2006, il DPCM 5 marzo 2007, il DPCM 30 marzo 2007 e, da ultimo, il DPCM 3 agosto 2007.


 

Articolo 2, commi 321-322
(Misure a tutela del territorio e dell’ambiente
e sui cambiamenti climatici)

 


321. Per le finalità della difesa del suolo e della pianificazione di bacino nonché per la realizzazione degli interventi nelle aree a rischio idrogeologico di cui al decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta piani strategici nazionali e di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico e per favorire forme di adattamento dei territori, da attuare d’intesa con le autorità di bacino territorialmente competenti, con le regioni e con gli enti locali interessati, tenuto conto dei piani di bacino. A tal fine sono utilizzate le risorse iscritte sulle autorizzazioni di spesa di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come determinate dalla Tabella F della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma nonché delle disposizioni di cui ai commi 322, 323, 325, 326, 331 e 332 è autorizzata la spesa di euro 265 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sulle risorse di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183.

322. È istituito nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, nonché per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico. A decorrere dall’anno 2008 sono destinate al fondo di cui al presente comma risorse per un importo annuale di 40 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 321. Entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, individua le modalità di utilizzazione del fondo, anche prevedendo iniziative di cofinanziamento con regioni ed enti locali o con altri soggetti, pubblici o privati, nonché mediante l’attivazione di fondi di rotazione.


 

 

Il comma 321 prevede l’adozione, da parte del Ministro dell’ambiente,di piani strategici nazionali e di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologicoe per favorire forme di adattamento dei territori. L’attuazione di tali piani deve avvenire d’intesa con le autorità di bacino competenti, le regioni e gli enti locali interessati e tenuto conto dei piani di bacino.

La norma in esame ripropone, almeno in parte, gli obiettivi dell’art. 1 del DL 11 giugno 1998, n. 180 (ora confluito nell’art. 67 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, cd. codice ambientale) e dell’art. 16 della legge 31 luglio 2002, n. 179, concernenti la realizzazione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico.

Si ricorda, in proposito, che il DL n. 180 del 1998 ha introdotto una serie di misure finalizzate da un lato all'accelerazione del processo attuativo della legge 18 maggio 1989, n. 183, sulla difesa del suolo, dall'altro all'adozione di interventi urgenti, anche attraverso lo stanziamento di specifiche risorse finanziarie. L’art. 1 di tale decreto, ora abrogato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, prevedeva - tra l’altro - l’adozione, entro tempi definiti, da parte di tutte le autorità di bacino, di piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico (PAI) “che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime”, nonché la definizione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico con priorità per le aree per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza. Lo stesso articolo prevedeva che per la realizzazione di tali interventi potessero essere adottate ordinanze di protezione civile.

Tale disposizioni si trovano ora riprodotte, nella sostanza, nell’art. 67 del citato D.Lgs. n. 152 del 2006.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 16 della legge n. 179 del 2002 ha previsto, per le finalità di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico di cui al DL n. 180 del 1998, la definizione e attuazione (entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge), da parte del Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, di programmi di interventi urgenti per il riassetto territoriale delle aree medesime per le quali viene dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

 

Per le finalità indicate, sono utilizzate le risorse iscritte sulle autorizzazioni di spesa di cui alla legge n. 183/1989 e al D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, come determinate dalla tabella F della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006).

Nella tabella F della legge finanziaria 2007, relativamente alla legge n. 183/1989 e al DL n. 398/1993, è indicato uno stanziamento di 265 milioni per ciascuno degli anni 2008- 2009.

L’ultimo periodo del comma 321 in commento autorizza quindi la spesa di 265 milioni di euro per ciascuno degli anni del biennio 2008-2009 a valere sulle risorse di cui alla legge n. 183 del 1989.

 

Il comma 322 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, di un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, e per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico.

La dotazione del fondo è stabilita in 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, a valere sulle risorse di cui al comma 321.

Lo stesso comma demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente l’individuazione, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria (vale a dire entro il 1° giugno 2008), delle modalità di utilizzazione del fondo.

Viene altresì previsto che tali modalità possano contemplare anche iniziative di cofinanziamento con regioni ed enti locali o con altri soggetti, pubblici o privati, nonché l’attivazione di fondi di rotazione.


 

Articolo 2, comma 340
(Potenziamento delle attività di sorveglianza e di tutela del territorio)

 

340. Al fine di potenziare le attività di sorveglianza e di tutela del territorio e di disincentivare l’esecuzione di lavori senza titolo o in difformità dalle norme e dagli strumenti urbanistici, nonché di sostenere gli oneri a carico dei comuni per l’immediata demolizione delle opere abusive, il Fondo per le demolizioni delle opere abusive, di cui all’articolo32, comma 12, deldecreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è incrementato di ulteriori 10 milioni di euro per l’anno 2008.

 

 

Il comma 340 prevede l’incremento di 10 milioni di euro, per l’anno 2008, del Fondo di rotazione per la demolizione delle opere abusive istituito dall’art. 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269[169], al fine di:

§      potenziare l’attività di sorveglianza e di tutela del territorio;

§      disincentivare l’esecuzione di lavori senza titolo o in difformità dalle norme e dagli strumenti urbanistici;

§      sostenere gli oneri a carico dei comuni per l’immediata demolizione delle opere abusive.

Si ricorda che l’art. 32, comma 12, del decreto-legge n. 269 del 2003 ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, a mettere a disposizione l'importo massimo di 50 milioni di euro per la costituzione, presso la Cassa stessa, di un Fondo di rotazione, denominato Fondo per le demolizioni delle opere abusive, per la concessione ai comuni e ai soggetti titolari dei poteri di cui all'art. 27, comma 2, del DPR 6 giugno 2001 n. 380 (testo unico in materia edilizia), di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive anche disposti dall'autorità giudiziaria e per le spese giudiziarie, tecniche e amministrative connesse.

Lo stesso comma ha demandato la disciplina delle modalità di restituzione delle citate anticipazioni (che deve comunque avvenire in un periodo massimo di cinque anni), ad apposito decreto interministeriale, emanato in data 23 luglio 2004.

Il comma 12 dell’art. 32 dispone inoltre che, qualora le somme anticipate non siano rimborsate nei tempi e nelle modalità stabilite, il Ministro dell'interno provvede al reintegro alla Cassa depositi e prestiti, trattenendone le relative somme dai fondi del bilancio dello Stato da trasferire a qualsiasi titolo ai comuni.


 

Articolo 3, comma 24
(Abrogazione dei commi 28 e 29 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, c.d. milleopere)

 

24. I commi 28 e 29 dell’articolo1dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, sono abrogati a decorrere dal 1° agosto 2008 e, conseguentemente, sono corrisposti i soli contributi per i quali, entro il 31 luglio 2008, siano stati assunti i relativi impegni di spesa da parte dei soggetti pubblici beneficiari e siano state adottate le dichiarazioni di assunzione di responsabilità di cui al comma 29 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, da parte dei soggetti beneficiari non di diritto pubblico.(*) [Le risorse non impegnate sono riversate all’entrata dello Stato]. (**)

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(*)  Comma così modificato dall’art. 47, co. 1 del D.L. n. 248/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.

(**)Periodo soppresso dall’art. 47, co. 2 del D.L. n. 248/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.

 

 

Il comma 24 dell’articolo 3, come modificato dall’articolo 47 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria (leggen. 31/2008)), fissa al 1° agosto 2008 il termine di abrogazione dei commi 28 e 29 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 – che prevedono la concessione di contributi statali per la realizzazione di interventi volti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio - disponendo la corresponsione dei soli contributi per i quali, entro il 31 luglio 2008, siano stati assunti i relativi impegni di spesa da parte dei soggetti pubblici beneficiari ovvero siano state adottate le dichiarazioni di assunzione di responsabilità da parte dei soggetti beneficiari non di diritto pubblico.

 

Il comma 24, nel testo originario,disponeva invece l’abrogazione dei commi 28 e 29 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 e il conseguente riversamento all’entrata dello Stato delle risorse non impegnate.

 

Le risorse per la concessione dei contributi in oggetto iscritte in bilancio per il 2008 ammontano a 96,050 milioni di euro e risultano allocate alla UPB 14.1.6, cap. 7436 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nella missione 14 “Casa e assetto territoriale”, programma 14.1 “Edilizia abitativa e politiche territoriali”.

 

Si ricorda, in particolare, che l’articolo 1, comma 28, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) ha autorizzato la spesa di 201,5 milioni di euro per il 2005, di 176,5 milioni per il 2006 e di 170,5 milioni per il 2007 per la realizzazione di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio.

Ulteriori finanziamenti sono stati autorizzati dall’art. 2-bis del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7 (legge n. 43/2005). In particolare, la disposizione ha autorizzato la spesa di ulteriori 65 milioni per l'anno 2004, di 10,230 milioni per l'anno 2005, di 23,755 milioni per l'anno 2006 e di 2,6 milioni per l'anno 2007 per la concessione di contributi statali al finanziamento degli interventi di cui al comma 28 della legge n. 311/2004.

Successivamente, l’art. 11-bis del D.L. n. 203/2005 (legge n. 248/2005), ha autorizzato la spesa di 222 milioni di euro per il 2005 per la concessione di ulteriori contributi statali per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 1, comma 28, della legge n. 311/2004, volti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali e alla promozione dello sviluppo economico e sociale del territorio.

La legge finanziaria per il 2006 (art. 1, comma 575, legge n. 266/2005) ha integrato gli stanziamenti indicati dal D.L. n. 203/2005, novellando l’articolo 11-bis e disponendo una ulteriore autorizzazione di spesa di 5 milioni di euro per il 2006 (che si affiancano ai 222 milioni di euro già previsti per il 2005).

Va, inoltre, ricordato che la legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) ha provveduto, con la tabella F, a rimodulare negli anni le risorse autorizzate dall’art. 1, comma 28, della legge n. 311/2004, posticipando al 2008 46,2 milioni stanziati per il 2006 e 49,8 milioni stanziati per l’anno 2007.

Per effetto di tale rimodulazione, le risorse autorizzate dal comma 28 della legge n. 311/2004 per gli anni 2006 e 2007 si sono ridotte rispetto a quanto previsto dalla norma originaria (da 176,5 a 130 milioni lo stanziamento per il 2006 e da 170,5 a 120 milioni quello per il 2007), ma si è creato un nuovo stanziamento, di complessivi 96 milioni di euro per il 2008.

Poiché gli stanziamenti autorizzati dal comma 28 della legge n. 311/2004 sono già stati ripartiti con il D.M. 18 marzo 2005, l’articolo 39-septiesdecies del D.L. n. 273/2005 ha autorizzato il Ministero dell’economia a procedere ad una rideterminazione, in misura proporzionale, per gli anni 2006-2008, dei contributi statali già attribuiti agli enti beneficiari per il 2006 e il 2007 ai sensi del decreto del Ministro dell’economia del 18 marzo 2005.

 

Per quanto concerne la ripartizione delle risorse, il comma 29 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 prevede che l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi sia effettuata con decreto del Ministro dell’economia e finanze.

L’individuazione deve essere peraltro effettuata in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare.

Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze recante l’individuazione degli enti beneficiari dei 195,960 milioni di euro per l’anno 2005, è stato emanato il 1° marzo 2006), secondo le indicazioni dettate nelle risoluzioni parlamentari del 22 dicembre 2005; il decreto relativo alla ripartizione degli ulteriori 26,04 milioni per il 2005 e 5 milioni per il 2006 è stato emanato il 7 marzo 2006.

Va ricordato che l’articolo 1, comma 29, terzo periodo, della legge finanziaria per il 2005 (come successivamente modificato dall’articolo 1-ter del D.L. n. 314/2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005[170]) introduce inoltre una disciplina dettagliata relativamente alle modalità di attribuzione e di revoca dei contributi assegnati secondo le indicate modalità. In particolare:

-        nel caso in cui gli assegnatari dei contributi siano enti pubblici, il comma 29 prevede che se alla data del 31 agosto di ciascun anno i contributi non risultano impegnati nel bilancio dell’ente, siano revocati per essere riassegnati ad altri interventi secondo la medesima procedura;

-        per gli altri soggetti non di diritto pubblico è richiesta, ai fini della verifica dell’impegno dei contributi, la presentazione annuale della dichiarazione di assunzione di responsabilità in ordine al rispetto del vincolo di destinazione del finanziamento statale.

 

Per ottenere l'erogazione del finanziamento, l'ente beneficiario deve trasmettere entro il 30 settembre di ciascun anno apposita attestazione al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, secondo lo schema stabilito con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 marzo 2005, emanato in attuazione del comma 29 medesimo.

All'attribuzione dei contributi provvede il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche in deroga alle disposizioni di cui all'art. 3, co. 12, del D.L. n. 323/1996 (legge n. 425/1996)[171].

Relativamente alle assegnazioni effettuate con i decreti del 18 marzo 2005 e dell’8 luglio 2005 (di ripartizione delle risorse autorizzate dall’art. 1, comma 28, della legge n. 311/2004 e dall’art. 2-bis del D.L. n. 7/2005), il Ministero dell’economia e finanze ha proceduto alla revoca di alcuni finanziamenti, secondo le indicazioni fornite in apposite comunicazioni della Ragioneria generale dello Stato.

Con apposita risoluzione sono stati indicati al Governo gli ulteriori interventi da finanziare a valere sulle risorse revocate e rassegnate con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze in data 1° marzo 2006 e 3 agosto 2007.


Altre disposizioni

 

Articolo 1, comma 258-259
(Disposizioni in materia di edilizia residenziale sociale)

 


258. Fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta alle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all’entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti è possibile prevedere, inoltre, l’eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale.

259. Ai fini dell’attuazione di interventi finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, il comune può, nell’ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale nei limiti di incremento massimi della capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui al comma 258.


 

 

I commi da 258 a 259 dettano disposizioni in materia di edilizia residenziale sociale.

In particolare, i comma 258 consente ai comuni di prevedere meccanismi di compensazione urbanistica, nelle more della definizione della riforma organica del governo del territorio, al fine di incrementare la disponibilità di alloggi a canone concordato, calmierato e sociale.

Si ricorda, in proposito, che sono attualmente all’esame della 13a Commissione del Senato le proposte di legge S. 1691 (Ronchi e altri) recante “Norme per la tutela ed il governo del territorio e deleghe al Governo in materia di fiscalità urbanistica e immobiliare e per il riordino e il coordinamento della legislazione vigente”, S. 1652 (Piglionica) recante “Princìpi fondamentali per il governo del territorio. Delega al Governo in materia di fiscalità urbanistica e immobiliare” e S. 1298 (Sodano e altri) recante “Princìpi fondamentali in materia di pianificazione del territorio e recepimento della direttiva 2001/42/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull' ambiente”.

 

La disposizione in particolare prevede, in aggiunta alle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al DM 2 aprile 1968, n. 1444[172], e alle relative leggi regionali, la definizione, negli strumenti urbanistici, di ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale.

Si fa notare che il meccanismo contemplato dal comma in esame si configura come una sorta di “compensazione urbanistica”. Una definizione di tale espressione, non rinvenibile nella legislazione nazionale, è stata introdotta in alcune recenti leggi regionali[173] ove viene indicata come “la tecnica che consente al Comune di convenire con i proprietari la cessione di aree destinate a servizi, a fronte di diritti edificatori di pari valore da utilizzare in ambiti a ciò preventivamente destinati”.

Viene altresì previsto che ciò avvenga in rapporto al fabbisogno locale e in relazione alla entità e al valore della trasformazione.

In tali ambiti è possibile prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale.

 

Il comma 259 prevede la facoltà per il comune di consentire, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, aumenti volumetrici premiali nei limiti di incremento massimi della capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui al comma precedente, ai fini della realizzazione di interventi:

§         finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale sociale;

§         di rinnovo urbanistico ed edilizio;

§         di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti.

 

La norma in esame permette quindi ai comuni l’attivazione di un sistema premiale al fine di incentivare i proprietari a cedere le aree e gli immobili destinati a edilizia residenziale sociale, vincolandolo tuttavia alla realizzazione di interventi di interesse generale determinati.

 


 

Articolo 1, commi 313-319
(Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali)

 


313. Al fine di attivare significativi processi di sviluppo locale attraverso il recupero e il riuso di beni immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, economico e sociale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, tramite l’Agenzia del demanio, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, d’intesa con gli enti territoriali interessati, e nel rispetto dei piani urbanistici comunali, individua ambiti di interesse nazionale nei quali sono presenti beni immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici per promuovere, in ciascun ambito, un programma unitario di valorizzazione di cui all’articolo 3, comma 15-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Il complesso dei programmi di valorizzazione costituisce il Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali.

314. Il Piano di cui al comma 313 è proposto dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti i Ministri competenti, ed è approvato d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, anche in applicazione delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. In tale Piano, oltre all’individuazione degli ambiti di intervento, sono determinati gli obiettivi di azione, le categorie tematiche, sociali, economiche e territoriali di interesse, i criteri, i tempi e le modalità di attuazione dei programmi unitari di intervento, nonché ogni altro elemento significativo per la formazione dei suddetti programmi.

315. Sulla base delle indicazioni conte­nute nel Piano di cui al comma 313, la regione e gli enti territoriali e locali interessati, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, promuovono la formazione dei programmi unitari di valorizzazione, individuando gli interventi, le modalità di attuazione, le categorie di destinazioni d’uso compatibili, l’entità e la modalità di attribuzione agli enti territoriali di quota parte del plusvalore da realizzare, nonché ogni altro elemento significativo per l’attuazione di quanto previsto nei programmi medesimi.

316. Per la definizione dei contenuti, finalità, condizioni e limiti per l’attuazione dei programmi unitari di valorizzazione concorrono le amministrazioni centrali e territoriali interessate, nonché tutti i soggetti competenti, anche utilizzando la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguentidellalegge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, con particolare riguardo all’identificazione delle modalità di intervento per gli immobili soggetti a tutela ambientale, paesaggistica, architettonica, archeologica e storico-culturale, e ricom­presi in aree demaniali, nel pieno rispetto delle disposizioni contenute nel codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, individuando gli elementi necessari per la migliore definizione progettuale degli interventi compresi nei programmi unitari di valorizzazione.

317. Ciascun programma unitario di valorizzazione è approvato con decreto del presidente della regione o della provincia interessata, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per i beni e le attività culturali. I consigli comunali provvedono alla ratifica del programma, a pena di decadenza, nel rispetto delle forme di pubblicità e di partecipazione, entro novanta giorni dall’emanazione del predetto decreto. La suddetta approvazione produce gli effetti previsti dall’articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e dalle relative leggi regionali, nonché, ove necessario, la relativa dichiarazione di pubblica utilità per le opere pubbliche o di interesse generale in esso comprese.

318. Ciascun programma unitario di valorizzazione o parti di esso, in relazione alla sua approvazione, può assumere, in considerazione della tipologia e dei contenuti degli interventi previsti, il valore e gli effetti dei piani, programmi e strumenti attuativi di iniziativa pubblica e privata, ai sensi della vigente normativa nazionale e regionale. Al programma unitario di valorizzazione è applicabile, ove neces­sario, il comma 5 dell’articolo27dellalegge 1° agosto 2002, n. 166.

319. Per la predisposizione degli studi di fattibilità, dei progetti e di eventuali ulteriori misure di accompagnamento e di supporto del Piano di cui al comma 313 si provvede a valere sul capitolo relativo alle somme da attribuire all’Agenzia del demanio per l’acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità, fino ad un importo massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2008.


 

 

I commi da 313 a 319 dell’articolo 1 recano disposizioni in materia di valorizzazione dei beni pubblici. In particolare, i commi 313, 314 e 319 introducono il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”; il medesimo comma 313, nonché i commi da 315 a 318, si occupano di specificare la disciplina dei programmi unitari di valorizzazione.

 

In particolare, il comma 313 stabilisce che il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e tramite l’Agenzia del demanio, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni e di intesa con gli enti locali interessati individui ambiti di interesse nazionale nei quali sono presenti immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici, per promuovere, in ciascun ambito, un programma unitario di valorizzazione di tali beni (per i quali cfr. infra), di cui all’articolo 3, comma 15-bisdel decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351[174].

L’attività di promozione dei programmi unitari di valorizzazione deve avvenire altresì nel rispetto dei piani urbanistici comunali.

 

Ai sensi del citato articolo 3, comma 15-bis(aggiunto dall’articolo 1, comma 262 della legge finanziaria per il 2007, l. n. 296/2006) del decreto-legge n. 351/2001 viene affidato all’Agenzia del demanio il compito di individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico che sia, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale.

Nell'ambito dei predetti programmi unitari è considerata elemento prioritario di individuazione la possibilità di valorizzare gli beni immobili pubblici mediante concessione d'uso o locazione, nonché l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.

 

La norma prevede che il complesso dei programmi di valorizzazione costituisca il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, per attivare significativi processi di sviluppo locale attraverso il recupero e il riuso di beni immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, economico e sociale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana.

 

Il comma 314 si occupa della procedura di approvazione del Piano di valorizzazione, nonché del relativo contenuto.

Esso è proposto dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti i ministri competenti, ed approvato d’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali.

A seguito delle modifiche apportate dal citato maxiemendamento 1.100 del Governo, l’approvazione è effettuata anche in applicazione delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).

 

Il Piano contiene l’individuazione degli ambiti di intervento, gli obiettivi di azione, le categorie tematiche, sociali, economiche e territoriali di interesse, i criteri, i tempi e le modalità di attuazione dei programmi unitari di intervento, ogni altro elemento significativo per la formazione dei suddetti programmi unitari.

 

La formazione dei programmi unitari di valorizzazione (comma 315) è promossa dalla Regione e dagli enti territoriali e locali interessati, d’intesa con il Ministero dell’economia e di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali sulla base delle indicazioni contenute nel Piano di valorizzazione..

 

Le amministrazioni centrali e territoriali interessate, nonché tutti i soggetti competenti, concorrono alla definizione dei contenuti, delle finalità, delle condizioni e dei limiti per l’attuazione dei suddetti programmi, anche attraverso lo strumento della conferenza di servizi (comma 316), con  particolare riguardo all’identificazione delle modalità di intervento per gli immobili sottoposti a specifiche forme di tutela (ambientale, paesaggistica, architettonica, archeologica e storico-culturale) i quali – come specificato a seguito delle modifiche apportate con il citato maxiemendamento del Governo – siano ricompresi in aree demaniali, nel pieno rispetto delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio.

 

La conferenza di servizi, disciplinata dagli articoli 14 e ss.gg. della legge sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni) può essere indetta dall’amministrazione procedente ove sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo; è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. Infine,  la conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente, ma può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

Nei programmi di valorizzazione sono dunque individuati gli interventi, le modalità di attuazione, le categorie di destinazioni d’uso compatibili, l’entità e la modalità di attribuzione agli enti territoriali di quota parte del plusvalore da realizzare, ogni altro elemento significativo per l’attuazione degli stessi programmi.

 

Il comma 317 specifica che l’approvazione del programma unitario di valorizzazione avviene con decreto del Presidente della regione o della provincia interessata d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Ministro per i beni e le attività culturali. E’ altresì previsto che i Consigli comunali ratifichino  il programma entro novanta giorni dall’emanazione del suddetto decreto, a pena di decadenza, nel rispetto delle forme di pubblicità e di partecipazione.

L’approvazione del programma di valorizzazione produce i medesimi effetti dell’ accordo di programma[175]di cui all’articolo 34 del Testo unico delle disposizioni concernenti gli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e delle relative leggi regionali. Inoltre, esso integra gli estremi della dichiarazione di pubblica utilità  delle opere pubbliche o di interesse generale comprese nel programma stesso.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 34, comma 4 del TUEL, l'accordo di programma, qualora adottato con decreto del presidente della Regione e qualora vi sia l’assenso del Comune interessato, può comportare variazioni agli strumenti urbanistici e sostituire le concessioni edilizie.

 

Il comma 318 attribuisce a ciascun programma unitario di valorizzazione, o a parti di esso, in relazione alla sua approvazione ed in considerazione della tipologia e dei contenuti degli interventi previsti, il valore e gli effetti dei piani, programmi e strumenti attuativi di iniziativa pubblica e privata.

La norma dispone inoltre che l’approvazione dei programmi di valorizzazione costituisca, ove necessario, presupposto per la costituzione di consorzi facoltativi ai fini della presentazione al comune delle proposte di realizzazione degli interventi di riabilitazione urbana, di cui all’articolo 27 della legge 1 agosto 2002, n. 166[176].

 

Infine, ai sensi del comma 319, perla predisposizione degli studi di fattibilità, progetti ed eventuali misure ulteriori di accompagnamento e supporto del Piano di valorizzazione si provveda con le risorse iscritte al capitolo di bilancio relativo alle somme da attribuire all’Agenzia del demanio per interventi sui beni immobili (acquisto, manutenzione, ristrutturazione, risanamento e valorizzazione dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato, nonché per interventi su immobili confiscati alla criminalità).

 

A tal fine è autorizzata una spesa, per l’anno 2008, nel limite massimo di 10 milioni di euro.


 

Articolo 1, comma 321
(Fondo per la mobilità alternativa nei centri storici)

 

321. Per favorire i processi di mobilità alternativa nei centri storici di città di particolare rilievo urbanistico e culturale già riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, è istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dei trasporti pari a 4 milioni di euro annui, per gli anni 2008, 2009 e 2010.

 

L’articolo 1, comma 321, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo di 4 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con la finalità di favorire processi di mobilità alternativa nei centri storici di città di particolare rilievo urbanistico e culturale, già riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità ovvero, sulla base di un’interpretazione letterale, i centri storici di Firenze; Roma; San Gimignano; Siena; Napoli; Pienza; Urbino.

 

Si ricorda che, in base alla Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO il 16 novembre 1972, è considerato “patrimonio dell'umanità UNESCO” un luogo specifico considerato, in base a criteri precisi, di eccezionale importanza, naturale ovvero culturale: più esattamente si intende per “patrimonio culturale” un monumento, un gruppo di edifici o un sito di valore storico, estetico, archeologico, scientifico, etnologico o antropologico; per “patrimonio naturale” invece un’area con peculiari caratteristiche fisiche, biologiche e geologiche, habitat di specie animali e vegetali in pericolo ovvero dotato di particolare valore scientifico ed estetico.

Il programma internazionale dei patrimoni dell'umanità, il World Heritage Fund, amministrato dall'UNESCO, ha lo scopo di catalogare, indicare e preservare tali siti attraverso finanziamenti che vengono erogati in presenza di precise condizioni.

Attualmente la lista è composta da un totale di 830 siti (644 beni culturali, 162 naturali e 24 misti) presenti in 138 Nazioni del mondo. L'Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti (41) inclusi nella lista dei patrimoni dell'umanità, seguita dalla Spagna (40) e dalla Cina (35). I siti italiani patrimonio dell’umanità sono:

-          incisioni rupestri della Val Camonica - 1979;

-          Chiesa di Santa Maria delle Grazie e Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano - 1980;

-          centro storico di Firenze - 1982;

-          Venezia e la sua laguna – 1987;

-          Piazza dei Miracoli a Pisa – 1987;

-          centro storico di San Gimignano – 1990;

-          i Sassi di Matera – 1993;

-          Vicenza e Ville del Palladio in Veneto – 1994;

-          centro storico di Siena – 1995;

-          centro storico di Napoli – 1995;

-          Crespi d'Adda – 1995;

-          Ferrara, città del Rinascimento e il suo delta del Po – 1995;

-          Castel del Monte – 1996;

-          trulli di Alberobello – 1996;

-          monumenti paleocristiani e mosaici a Ravenna – 1996;

-          centro storico di Pienza – 1996;

-          Reggia di Caserta, parco, acquedotto Vanvitelli e complesso di San Leucio – 1997;

-          residenze Sabaude a Torino – 1997;

-          orto botanico a Padova – 1997;

-          Portovenere, Cinque Terre e Isole di Palmaria, Tino e Tinetto – 1997;

-          Cattedrale, Torre civica e Piazza Grande di Modena – 1997;

-          aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata – 1997;

-          Costiera Amalfitana – 1997;

-          area Archeologica di Agrigento – 1997;

-          Piazza Armerina e Villa Romana del Casale – 1997;

-          Su Nuraxi (villaggio nuragico) di Barumini – 1997;

-          Parco Nazionale del Cilento e Valle di Diano, siti archeologici di Paestum e Velia, Certosa di Padula – 1998;

-          centro storico di Urbino – 1998;

-          zona archeologica e Basilica di Aquileia – 1998;

-          Villa Adriana a Tivoli – 1999;

-          Isole Eolie – 2000;

-          Basilica di San Francesco e luoghi francescani ad Assisi, – 2000;

-          Verona – 2000;

-          Villa d'Este a Tivoli – 2001;

-          città barocche della Val di Noto (Palazzolo Acreide, Caltagirone, Catania, Militello in Val di Catania, Modica, Noto, Ragusa e Scicli) – 2002;

-          Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia – 2003;

-          Val d'Orcia – 2004;

-          necropoli etrusca di Cerveteri e Tarquinia – 2004;

-          necropoli rupestre di Pantalica – 2005;

-          Strade Nuove e Sistema dei Palazzi dei Rolli a Genova – 2006.

-          centro storico di Roma, le proprietà della Santa Sede che godono dei diritti di extraterritorialità e San Paolo Fuori le Mura - 1980,1990.


 

Articolo 1, commi 322-324
(Recupero dei centri storici)

 


322. Le banche appositamente conven­zionate con il Ministero dell’economia e delle finanze sono autorizzate alla stipula di contratti di mutuo ventennale fino a 300.000 euro con i titolari di edifici situati nei centri storici dei comuni con popolazione inferiore a 100.000 abitanti, per il restauro e per il ripristino funzionale degli immobili, o di porzioni di essi, ponendo il totale costo degli interessi a carico del bilancio dello Stato.

323. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre mutui con la Cassa depositi e prestiti Spa, con onere per interessi a carico del bilancio dello Stato, per il recupero e la conservazione degli edifici riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità o appartenenti al patrimonio culturale vincolato ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

324. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, definisce modalità e criteri per l’erogazione del contributo in conto interessi di cui ai commi 322 e 323, al fine di garantire che all’attuazione dei medesimi commi si provveda nel limite di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.


 

 

I commi 322 e 323 autorizzano la stipula dei seguenti mutui contratti per il recupero dei centri storici, ponendo a carico del bilancio dello Stato il costo dei relativi interessi:

§      mutui ventennali fino a 300.000 euro, stipulati dagli istituti di credito appositamente convenzionati con il Ministero dell’economia e delle finanze con i titolari di edifici ricadenti nei centri storici di comuni con popolazione inferiore a 100.000 abitanti, per il restauro e il ripristino funzionale degli immobili o porzioni di essi;

§      mutui contratti dagli enti locali con la Cassa depositi e prestiti per il recupero e la conservazione degli edifici riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità o appartenenti al patrimonio culturale vincolato ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. n. 42/2004.

 

Il comma 324 fissa un limite di spesa di 10 milioni di euro per l’attuazione delle disposizioni recate dai commi 322 e 323.

La stessa disposizione prevede l’emanazione – entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria (vale a dire entro il 31 gennaio 2008) – di un decreto interministeriale (adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con quello per i beni e le attività culturali)che definisca modalità e criteri per l’erogazione del contributo in conto interessi al fine di garantire il rispetto del limite citato.


 

Articolo 2, comma 7
(Pubbliche affissioni)

 


7. Dopo l’articolo 20.1 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è inserito il seguente:

«Art. 20.2. - (Spazi riservati ed esenzione dal diritto) – 1. I comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione di manifesti ai soggetti di cui all’articolo 20, o quelli che intendono riservarli per motivi attinenti ai princìpi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari, possono continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque in misura non superiore alla predetta percentuale del 10 per cento.

2. Il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, già previsto dall’articolo 20-bis, comma 2, è fissato al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio».


 

 

Il comma 7 dell’articolo 2 aggiunge un nuovo articolo (art. 20.2) al D.Lgs. 507/1993[177] (che disciplina, tra l’altro, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni), dopo l’attuale art. 20.1.

 

Si ricorda in premessa che il comma 1 dell’art. 20-bis del D.Lgs. 507/1993[178] prevedeva (a decorrere dal 1° gennaio 2005) l’obbligo per i comuni di riservare il 10 per cento degli spazi complessivamente destinati all’affissione dei manifesti, ai soggetti di cui al precedente art. 20, in esenzione dal diritto sulle pubbliche affissioni.

I soggetti menzionati dal citato art. 20[179] sono i seguenti:

-        Stato ed enti pubblici territoriali (fatti salvi i casi per i quali è prevista l’esenzione ai sensi dell’art. 21);

-        comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;

-        soggetti che realizzano attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;

-        soggetti che realizzano festeggiamenti patriottici, religiosi, spettacoli viaggianti e di beneficenza;

-        soggetti che effettuano annunci mortuari.

Il comma 2 dell’art 20-bis disponeva inoltre la sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2005), relativamente alle violazioni compiute mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari. In base a tale norma le violazioni, anche ripetute, potevano essere definite, in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia. Il termine per il versamento era stato fissato, a pena di decadenza dal beneficio, al 31 maggio 2005.

L’articolo 20-bis è stato abrogato dall’art. 1, co. 176, lett. a), della legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296), a decorrere dal 1° gennaio 2007. Il successivo comma 177 ha tuttavia fatto salvi gli effetti prodotti dal comma 2 dell’art. 20-bis.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 20.2 riguarda i comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione di manifesti ai soggetti di cui all’art. 20 del medesimo D.Lgs. 507/1993, o che intendono riservarli per motivi attinenti ai principi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari.

Tali comuni, secondo la norma in esame, potranno continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque non oltre il 10 per cento del totale, pari alla quota già prevista dall’abrogato art. 20-bis.

Effetto della norma pare quello di rendere possibile, anche per il futuro (per i comuni che “intendono riservare […]”) la riserva di spazi che l’abrogato art. 20-bis prevedeva come obbligatoria.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 20.2 riapre il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, in sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità verificatesi sino al 1° gennaio 2005. Il termine, già fissato al 31 maggio 2005 dal comma 2 dell’abrogato art. 20-bis, è differito al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio.

 

Si ricorda infine che il comma 157 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha introdotto un art. 20.1 nel D.Lgs. 507/1993, a norma del quale, ai fini della salvaguardia degli enti locali e a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti sono a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salva prova contraria.

 


 

Articolo 2, comma 8
(Utilizzo dei proventi delle concessioni
e delle sanzioni in materia edilizia)

 

8. Per gli anni 2008, 2009 e 2010, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere utilizzati per una quota non superiore al 50 per cento per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

 

Il comma 8consente i seguenti utilizzi, per il triennio 2008-2010, dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia):

§       per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti;

§       per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

La norma in commento ripropone nella sostanza, per il triennio 2008-2010, quanto disposto per il solo 2007 dal comma 713 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).

Si ricorda, inoltre, che nella vigente normativa, recata dal citato testo unico in materia edilizia, è stato eliminato (attraverso l’abrogazione dell’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) qualsiasi vincolo di destinazione sui proventi in questione.

Si segnala, infine, che il medesimo testo unico ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di permesso di costruire. Ciò non ha peraltro comportato l’eliminazione del contributo da corrispondere per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.


 

Articolo 2, comma 12
(Uffici unici di avvocatura degli enti locali)

12. Gli enti locali di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono istituire, mediante apposite convenzioni, da stipulare ai sensi dell’articolo 30 del medesimo testo unico, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati.

 

L’articolo 2, comma 12, attribuisce agli enti locali la facoltà di istituire, attraverso lo strumento della convenzione previsto dall’art. 30 del TUEL, uffici unici di avvocatura per svolgere le attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti che aderiscono alla convenzione.

La disposizione si applica agli enti indicati dall’articolo 2, comma 1, del TUEL, vale a dire comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale.

L’istituzione di uffici unici di avvocatura mediante forme associative consente agli enti locali di realizzare economie di spesa e di fruire di un servizio più efficiente, in particolare per quanto riguarda i comuni di minori dimensioni. In alcuni casi questi ultimi si trovano, per carenza di risorse, nell’impossibilità di istituire un proprio servizio di assistenza legale.

Lo strumento della convenzione rientra tra le forme associative degli enti locali previste dal TUEL e da essi utilizzate per gestire in forma associata lo svolgimento di proprie funzioni e servizi. Nelle convenzioni, che sono approvate dall’organo consiliare ai sensi dell’art. 42, co. 2, lett. c), del TUEL, devono essere stabilite le finalità da perseguire, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie (art. 30, TUEL). Ai fini del concreto esercizio dell’attività in forma associata, gli enti possono prevedere la costituzione di uffici comuni, nei quali ciascun ente partecipante alla convenzione può distaccare proprio personale o delegare le proprie funzioni per le attività previste dalla convenzione a favore di uno degli enti che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.

In generale, l’avvocatura comunale (ufficio legale) è istituita allo scopo di rappresentare in giudizio l’ente e di fornire consulenza legale su questioni di particolare rilievo, nei comuni di maggiori dimensioni, i quali richiedono un servizio di tal genere a causa della particolare complessità delle attività che sono chiamati a svolgere e dispongono di maggiore capacità di spesa per realizzarlo.

Peraltro convenzioni ai sensi dell’articolo 30 del TUEL sono state già in passato stipulate da alcuni enti locali allo scopo di fornire assistenza legale agli enti aderenti.


 

Articolo 2, comma 15
(Trasferimento ai comuni degli alloggi per i profughi)


15. Gli alloggi di cui all’articolo4, commi 223 e 224, dellalegge 24 dicembre 2003, n. 350, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati ai sensi dell’articolo1, comma 441, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Il vincolo di destinazione di cui al citato articolo4, comma 224, dellalegge n. 350 del 2003 resta fermo esclusivamente per le domande di acquisto regolarmente presentate dagli assegnatari entro il termine stabilito dall’articolo45, comma 3, dellalegge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché per le assegnazioni in locazione sulla base di un bando riservato alla categoria dei profughi, il cui espletamento deve precedere il trasferimento ai comuni.


 

Il comma in esame dispone, al primo periodo, il trasferimento in proprietà ai comuni, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, degli alloggi di cui all’art. 4, commi 223-224, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), cioè degli alloggi costruiti per i profughi. La disposizione specifica che tale trasferimento avviene a favore dei comuni, nel cui territorio tali alloggi sono ubicati, ai sensi dell’art. 1, comma 441, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

 

Il citato comma 441 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 dispone che “gli alloggi di cui all'articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro 120 giorni dalla data della volturazione, all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell'articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, nonché agli alloggi di cui al comma 442”. In base al richiamato art. 2 della legge n. 449/1997 “gli alloggi e le relative pertinenze di proprietà dello Stato, costruiti in base a leggi speciali di finanziamento per sopperire ad esigenze abitative pubbliche, compresi quelli affidati agli appositi enti gestori, ed effettivamente destinati a tali scopi, possono essere trasferiti, a richiesta, a titolo gratuito, in proprietà dei comuni nei cui territori sono ubicati a decorrere dal secondo mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. Le relative operazioni di trascrizione e voltura catastale sono esenti da imposte”.

La finalità della norma recata dal comma 441 veniva indicata, nella relazione illustrativa del relativo disegno di legge, nel fatto che non tutti i comuni si sono avvalsi della facoltà (prevista dall’art. 2 della legge n. 449/1997) di richiedere il trasferimento in proprietà e che, pertanto, anche “laddove è stata avanzata la richiesta questa ha riguardato parte e non la totalità degli alloggi esistenti sul territorio” e, quindi, è stata vanificata la finalità delle norme di cui all’art. 2 della legge n. 449/1997, che era quella di “riunificare a livello locale la titolarità e l’intera gestione dell’edilizia residenziale pubblica”.

Relativamente agli alloggi interessati dal trasferimento, si ricorda che il comma 223 dell’art. 4 della legge n. 350/2003 reca l’interpretazione autentica del comma 24 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, specificando che solo gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi dell'articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, sono ceduti in proprietà ai profughi assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge e che, per la determinazione delle condizioni di vendita debba farsi riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell'alloggio. L’interpretazione autentica sembrerebbe propendere per una interpretazione restrittiva dell’art. 1, comma 24, della legge n. 560/1993, ovvero della locuzione “alloggi realizzati ai sensi della legge 4 marzo 1952, n. 137 e successive modificazioni”, applicabile quindi ai soli assegnatari di alloggi costruiti con i finanziamenti post-bellici acquistabili da parte dei profughi secondo la normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto. Del resto, come è stato precisato da fonti ministeriali, il comma 223 si proponeva la finalità di chiudere alcuni casi ancora pendenti relativi a domande di acquisto di immobili presentate circa 40-50 anni fa e relative ad immobili costruiti prevalentemente nel 1952 a favore dei profughi dalmati ed istriani.

Il comma 224 dell’art. 4 della legge n. 350/2003 reca una disposizione riguardante gli immobili di cui al comma 3 dell'articolo 45 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, realizzati ed assegnati ai profughi, che prevede che tali immobili non possono essere utilizzati per finalità diverse da quelle originarie e, di conseguenza, anche se gestiti da amministrazioni non statali, il preesistente vincolo di destinazione non può essere modificato.

Si ricorda che l’art. 45, comma 3, della legge n. 388/2000 dispone che “le disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, si applicano a tutti gli immobili destinati ai profughi di cui alla predetta legge 4 marzo 1952, n. 137, e successive modificazioni; tra i predetti immobili sono ricompresi anche quelli realizzati nelle regioni a statuto speciale, o di proprietà dell'ex Opera Profughi, dell'ex EGAS e dell'ex Ente Nazionale Tre Venezie […]”.

 

Il secondo periodo del comma in esame riproduce esattamente il corrispondente periodo del richiamato articolo 1, comma 441, della legge finanziaria 2005, disponendo che i comuni procedono all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie, entro 120 giorni dalla volturazione.

Il terzo periodo dispone che il vincolo di destinazione di cui all’art. 4, comma 224, della legge finanziaria 2004, resta fermo esclusivamente per:

§      le domande di acquisto regolarmente presentate dagli assegnatari entro il termine stabilito dall’art. 45, comma 3, della legge finanziaria 2001;

§      nonché per le assegnazioni in locazione sulla base di un bando riservato alla categoria dei profughi, il cui espletamento deve precedere il trasferimento ai comuni.


 

Articolo 2, comma 40
(Fondo nazionale per la montagna)

40. Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all’articolo2dellalegge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2008 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

 

Il comma 40 stanzia a favore del Fondo nazionale per la montagna 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

Si ricorda che l’art. 1, comma 1278 della finanziaria per il 2007 aveva recato una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per il solo esercizio 2007.

Nei documenti di bilancio, il Fondo era stato trasferito dalla tabella del dicastero dell’economia e finanze allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, nella quale era stato istituito il nuovo centro di responsabilità “Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione”. Con l’esercizio 2008 tuttavia, in conseguenza dell’approvazione del D.L. n. 181/2006[180], il Fondo è confluito tra le spese riferibili alla Presidenza del Consiglio e pertanto iscritto nella tabella dell’economia, dove costituisce quota parte del cap. 2115 (UPB 21.3.3) intitolato Fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio, rientrando nella Missione 1 “Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

Il Fondo per la montagna è stato istituito dalla legge n. 97/1994, che nel suo complesso mira alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane comprese nel territorio nazionale, attraverso interventi che attengano la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, cui devono associarsi azioni di promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Compito del Fondo è disporre il sostegno finanziario di tali interventi; su di esso confluiscono i trasferimenti comunitari, quelli statali e di enti pubblici.

Relativamente ai criteri di ripartizione del Fondo per la montagna tra le regioni e le province autonome, interviene l’articolo 2, comma 5, della legge n. 97/94 che stabilisce che essi siano definiti con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle politiche agricole e forestali. I criteri relativi all'impiego delle risorse assegnate sono invece definiti dalle singole regioni con proprie leggi.


 

Articolo 2, commi 41-43
(Fondo di sviluppo delle isole minori)


41. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, il Fondo di sviluppo delle isole minori, con una dotazione finanziaria pari a 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Il Fondo finanzia interventi specifici nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone, assegnando priorità ai progetti realizzati nelle aree protette e nella rete «Natura 2000», prevista dall’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti, alla gestione delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, al contingentamento dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici, alla certificazione ambientale dei servizi, oltre a misure dirette a favorire le imprese insulari in modo che le stesse possano essere ugualmente competitive. All’erogazione del Fondo si provvede sulla base del Docu­mento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Asso­ciazione nazionale comuni isole minori (ANCIM), nel quale sono indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

42. Al fine di assicurare il necessario coordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi a favore delle isole minori e ferme restando le contribuzioni per i progetti già approvati con i decreti del Ministro dell’interno 13 dicembre 2004 e 8 novembre 2005, pubblicati rispettivamente nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 29 dicembre 2004 e nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2005, le risorse iscritte sul Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori di cui all’articolo25, comma 7, dellalegge 28 dicembre 2001, n. 448, dello stato di previsione del Ministero dell’interno, sono trasferite al Fondo di cui al comma 41, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali.

43. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Il comma 41 istituisce il Fondo di sviluppo delle isole minori presso il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione pari a 20 milioni di euro a decorrere dal 2008.

Tale fondo è destinato a finanziare:

§      specifici interventi nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone.

E’ inoltre disposto l’uso prioritario dei fondi peruna serie di finalità; quali i progetti realizzati nelle aree protette e nella rete “Natura 2000[181]”, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti e delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, alla contingentazione dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici e alla certificazione ambientale dei servizi.

§      misure dirette a favorire la competitività delle imprese insulari.

 

All’erogazione del fondo si provvede sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Associazione nazionale isole minori (ANCIM), nel quale devono essere indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni.

Tale documento è approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri , su proposta del Ministro per gli affari regionali e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata (di cui all’articolo 8, D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281[182]).

 

Il comma 42 stabilisce, al fine di assicurare il necessario coordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi in favore delle isole minori, il trasferimento al Fondo per le isole minori delle risorse iscritte sul “Fondo per la tutela e sviluppo delle isole minori” dello stato di previsione del Ministero dell’interno (di cui all’articolo 25, comma 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 488, legge finanziaria per il 2002).

 

Si ricorda che i commi 7 e 8 del citato articolo 25 avevano istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo denominato “Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori”, dotato di 51,65 milioni di euro per l’anno 2002, per l’adozione urgente di misure di salvaguardia ambientale e di sviluppo socio-economico delle isole minori, individuate tra gli ambiti territoriali indicati nell’allegato “A” annesso alla legge finanziaria. L’allegato “A” elencava singolarmente le isole e per ciascuna di esse determinava la porzione di acque territoriali entro le quali potevano attuarsi gli interventi finanziati dal fondo:

Le modalità procedurali di attivazione del Fondo erano stabilite dal comma 9 del medesimo articolo 25. In particolare, si stabiliva che la tipologia e i settori di intervento ammessi ad accedere al Fondo fossero determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2002, su proposta del Ministro dell’interno.

Le modalità di accesso al Fondo e i criteri per la ripartizione delle risorse dovevano, invece, essere definiti con decreto del Ministro dell’interno, da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria, sentita la Conferenza Stato–Città ed Autonomie locali. Il comma 9, infine, richiamava genericamente le disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 281 del 1997, che disciplina i poteri e i compiti della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza unificata.

 

La disposizione di cui al comma 42 fa tuttavia salve le contribuzioni per i progetti già approvati con i D.M. Interno 13 dicembre 2004 e 8 novembre 2005.

 

Il D.P.C.M. 7 marzo 2003, emanato ai sensi del citato articolo 25, comma 9, l. n. 448/2001, ha individuato la tipologia ed i settori degli interventi ammessi ad accedere al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori. I criteri e le modalità di accesso al Fondo sono stati stabiliti con D.M. Interno 15 marzo 2004, n. 163.

Il D.M. Interno 13 dicembre 2004 ha successivamente individuato i progetti ammessi al riparto delle risorse (detto decreto è stato parzialmente annullato dal D.M. 8 novembre 2005, che ha escluso le isole ponziane e la provincia di Latina dal riparto delle risorse).

 

Il comma 43 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 2, comma 131
(Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto
dei prodotti alle fasce sociali di disagio)

 

 

131. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di intesa con gli enti locali, promuove l’organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo, nonché l’attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali sono disponibili, in tutto o in parte, tali panieri e di quelli meritevoli, in ragione dei prezzi praticati.

 

I commi da 127 a 132 dell’articolo 2 recano norme volte ad assicurare condizioni di trasparenza del mercato e a contrastare l’andamento anomalo dei prezzi nelle filiere agroalimentari in funzione della tutela del consumatore.

 

In particolare, con il comma 131 il Ministero delle politiche agricole è incaricato, di intesa con gli enti locali, di promuovere l’organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo; il ministero deve anche promuovere l’attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali gli individuati panieri sono disponibili, nonché degli esercizi meritevoli in ragione dei prezzi praticati.

 


 

Articolo 2, comma 134
(Sviluppo della multifunzionalità nel settore agroforestale)


134. Le cooperative e i loro consorzi di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l’importo dei lavori o servizi non sia superiore a 190.000 euro per anno, dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e anche tramite apposite convenzioni:

a) lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistemazione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde;

b) servizi tecnici attinenti alla realizzazione delle opere di cui alla lettera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricolo-forestale.


 

Il comma 134 prevede che le cooperative ed i loro consorzi che esercitino prevalentemente nei comuni montani le loro attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possano ricevere in affidamento diretto dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e per un importo non superiore a 190.000 euro per anno, lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio – quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo – nonché servizi tecnici attinenti alla realizzazione di tali opere. Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricola[183].


 

Articolo 2, commi 196-198
(Misure urgenti per la tutela dei consumatori in materia di prezzi)

 


196. Ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura rende noto al pubblico il proprio «ufficio prezzi», che riceve segnalazioni e verifica le dinamiche concernenti le variazioni dei prezzi di beni e servizi praticati ai consumatori finali.

197. Lo svolgimento delle attività di verifica di cui al comma 196 può essere disciplinato da convenzioni non onerose stipulate fra le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, i comuni e gli altri enti interessati e la prefettura-ufficio territoriale del Governo, che individuano anche le modalità di rilevazione e di messa a disposizione dei consumatori, anche in forma comparata, delle tariffe e dei prezzi rilevati.

198. Ai fini del comma 197, la Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, può disciplinare, d’intesa con l’Unioncamere, l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e i Ministeri dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’interno e dell’economia e delle finanze, la convenzione tipo e le procedure standard.


 

 

I commi da 196 a 203 dell’articolo 2 recano disposizioni varie concernenti la tutela dei consumatori in materia di prezzi, prevedendo in particolare l’istituzione del Garante per la sorveglianza dei prezzi (c.d. Mister prezzi).

 

In particolare, il comma 196affida agli “uffici prezzi” di ciascuna camera di commercio – che provvederà a renderli noti – il compito di ricevere segnalazioni e di verificare le dinamiche di variazione dei prezzi di beni e servizi praticati ai consumatori finali.

L’attività di verifica dei suddetti uffici può essere svolta sulla base di convenzioni non onerose, stipulate tra le camere di commercio, i comuni, gli altri enti interessati e la prefettura - ufficio territoriale di Governo. Le convenzioni, oltre a disciplinare lo svolgimento dell’attività di cui al precedente comma, provvederanno altresì ad individuare le modalità di rilevazione e di messa a disposizione dei consumatori delle tariffe e dei prezzi rilevati, anche in forma comparata (comma 197).

Il comma 198 riconosce inoltre alla Conferenza Unificata la possibilità di disciplinare la convenzione tipo e le procedure standard, d’intesa con l’Unioncamere, l’ANCI e i Ministeri dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell’interno e dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 2, comma 371
(Gestione dei canili e gattili sanitari)

 

371. All’articolo4, comma 1, dellalegge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono a gestire i canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti».

 

 

Il comma 371 detta un’ulteriore modifica alla legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), aggiungendo un periodo all’articolo 4, comma 1 della legge medesima, già modificata dal comma 370.

Le novità introdotte dal comma in esame riguardano le modalità di gestione dei canili e gattili sanitari da parte dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane.

Gli enti in questione provvedono alla gestione delle citate strutture direttamente o mediante convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati che assicurino la presenza di volontari delle medesime associazioni con l’incarico di gestire le adozioni e gli affidamenti dei cani e dei gatti.


 

Articolo 2, comma 462
(Fondo per le politiche della famiglia)

 


462. All’articolo1, comma 1251, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte le seguenti lettere:

«c-bis) favorire la permanenza od il ritorno nella comunità familiare di persone parzialmente o totalmente non autosuffi­cienti in alternativa al ricovero in strutture residenziali socio-sanitarie. A tal fine il Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale e della salute, promuove, ai sensi dell’articolo8, comma 6, dellalegge 5 giugno 2003, n. 131, una intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, avente ad oggetto la definizione dei criteri e delle modalità sulla base dei quali le regioni, in concorso con gli enti locali, definiscono ed attuano un programma sperimentale di interventi al quale concorrono i sistemi regionali integrati dei servizi alla persona;

c-ter) finanziare iniziative di carattere informativo ed educativo volte alla preven­zione di ogni forma di abuso sessuale nei confronti di minori, promosse dall’Osser­vatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all’articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269».


 

La disposizione aggiunge all’articolo 1, comma 1251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), le lettere c- bis) e c-ter), volte ad ampliare il novero delle finalità alle quali sono destinate le risorse del Fondo per le politiche della famiglia, istituito presso la Presidenza del Consiglio.

In particolare, lanuova lettera c-bis) del citato articolo 1, comma 1251, della legge n. 296 del 2006 prevede che le risorse del Fondo per le politiche della famiglia siano utilizzate, tra l’altro, per la permanenza o il ritorno nella comunità familiare di soggetti (parzialmente o totalmente) non autosufficienti, in alternativa al ricovero in strutture residenziali socio-sanitarie.

 

Si prevede, altresì, che il Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale e della salute, promuove, una intesa in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto la definizione dei criteri e delle modalità sulla base dei quali le regioni, in concorso con gli enti locali, definiscono ed attuano un programma sperimentale di interventi al quale concorrono i sistemi regionali integrati dei servizi alla persona.

 

La lettera c-ter) stabilisce che le disponibilità del Fondo per le politiche della famiglia siano destinate, altresì, alle iniziative di carattere informativo ed educativo, volte alla prevenzione di ogni forma di abuso sessuale nei confronti di minori, promosse dall’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all’articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269.


 

Articolo 2, commi 578-581
(Sistema pubblico di connettività)

 


578. Al fine di promuovere e sostenere la realizzazione delle infrastrutture centrali e regionali idonee allo sviluppo di tutte le componenti del SPC, ivi inclusa quella relativa allo sviluppo delle infrastrutture applicative, le regioni e gli enti locali, per la parte di rispettiva competenza, defini­scono, di concerto con il CNIPA, le componenti progettuali tecniche e organizzative del SPC nell’ambito di un programma organico contenente la determinazione dei livelli di responsabilità, dei tempi e delle modalità di attuazione, nonché dell’ammontare del relativo onere finanziario. Qualora la realizzazione del programma comporti l’ampliamento di infrastrutture nazionali già disponibili, i relativi costi sono individuati nello stesso programma.

579. Nell’ambito del programma sono altresì individuati i servizi di cooperazione applicativa di interesse nazionale che le amministrazioni si impegnano a realizzare.

580. Il programma, sentita la Commis­sione di cui all’articolo 80 del citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è approvato con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione.

581. Il CNIPA sviluppa il progetto esecutivo del programma sulla base delle indicazioni della Commissione di cui all’articolo 80 del citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, che lo approva in via definitiva.


 

 

I commi da 577 a 585 dell’articolo 2 recano norme volte a favorire la piena realizzazione del sistema pubblico di connettività (SPC)[184] e a dare nuovo impulso all’attività di informatizzazione della normativa statale vigente avviata nel 2001.

In particolare, per favorire la realizzazione delle infrastrutture centrali e regionali per lo sviluppo di tutte le componenti del SPC, i commi da 578 a 581 prevedono la definizione da parte delle Regioni e degli enti locali, per le parti di rispettiva competenza, e di concerto con il CNIPA, di un programma organico in cui sono individuate le componenti progettuali tecniche ed organizzative del sistema.

Nel programma inoltre sono definiti i livelli di responsabilità dei soggetti coinvolti, i tempi e le modalità attuative, i costi relativi e i servizi di cooperazione applicativa di interesse nazionale che le singole amministrazioni si impegnano a realizzare.

Il programma è quindi approvato con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dopo che la Commissione di coordinamento del SPC ha espresso il proprio parere.

Nella fase successiva, il CNIPA predispone, sulla base delle indicazioni della Commissione di coordinamento, il progetto esecutivo del programma, che viene sottoposto all’approvazione della commissione medesima.

 

La Commissione, in quanto organismo preposto al coordinamento del sistema pubblico di connettività, svolge le seguenti funzioni, puntualmente indicate dall’art. 79 del Codice dell’amministrazione digitale:

-        assicura il raccordo tra le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle funzioni e dei compiti spettanti a ciascuna di esse;

-        approva le linee guida, le modalità operative e di funzionamento dei servizi e delle procedure per realizzare la cooperazione applicativa fra i servizi erogati dalle amministrazioni;

-        promuove l'evoluzione del modello organizzativo e dell'architettura tecnologica del SPC in funzione del mutamento delle esigenze delle pubbliche amministrazioni e della evoluzione delle tecnologie;

-        promuove la cooperazione applicativa fra le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole tecniche;

-        vigila sui fornitori qualificati del SPC e sui relativi elenchi, verificando la qualità e la sicurezza dei servizi da essi erogati;

-        promuove il recepimento degli standard necessari a garantire la connettività, l'interoperabilità di base e avanzata, la cooperazione applicativa e la sicurezza del SPC.

 

Per assicurare l’integrità dei dati delle amministrazioni statali, degli enti pubblici nazionali non economici, delle regioni, degli enti locali e dei concessionari di pubblici servizi e per garantire la disponibilità e continuità dei servizi da questi ultimi erogati, anche nel caso in cui si verifichino disastri o situazioni di emergenza, i commi 582 e 583 attribuiscono al CNIPA il compito di individuare, mediante lo strumento della conferenza di servizi, le soluzioni tecniche e funzionali idonee a tale scopo.

 


 



[1]     In attesa di un riordino complessivo, il sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali continua ad essere disciplinato dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (articoli da 34 a 43).

      Un tentativo di riforma del sistema è stato effettuato con il decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, che aveva recato il riordino del sistema dei trasferimenti in concomitanza con l’ampliamento dell’autonomia tributaria degli enti locali disposto dal D.Lgs. n. 446/1997. Tale decreto, tuttavia, non è mai divenuto operativo. Da ultimo, la sua operatività è stata definitivamente sospesa dall’articolo 27, comma 1, della legge n. 448/2001, appunto in attesa della più generale riforma del sistema dei trasferimenti erariali. Successive disposizioni di delega non hanno ricevuto attuazione.

[2]     La compartecipazione dei comuni al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata originariamente istituita, per l’anno 2002, dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001). La disciplina, , successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria 2002), è stata via via estesa agli anni successivi, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) - che ha definitivamente fissato l’aliquota di compartecipazione dei comuni al 6,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente - ha inoltre istituito una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.

Fino all’anno 2006, la compartecipazione sia comunale che provinciale all’IRPEF sono state disciplinate secondo analoghe modalità, ai sensi del citato comma 8 dell’art. 31 della legge n. 289/2002.

La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 697, legge n. 296/2006) ha peraltro confermato la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002 per le sole province, recando invece per i comuni l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF, la cui disciplina è recata dai commi 189-193 della legge finanziaria medesima.

[3]     La normativa vigente prevede, in proposito, che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (articolo 67, comma 4, della legge n. 388/2000).

[4]     Il D.M. Interno 25 luglio 2000 ha fissato i parametri obiettivi volti ad individuare gli enti in gravissime condizioni di degrado; il medesimo decreto ha inoltre destinato una quota pari al 30% del fondo agli enti locali con meno di 3.000 abitanti, per la realizzazione di opere pubbliche i cui oneri non siano diversamente fronteggiabili, a prescindere dalla graduatoria formata sulla base delle condizioni di degrado. La ripartizione del fondo tra gli enti interessati è determinata annualmente con decreto del Ministro dell’interno.

[5]    In particolare, la legge finanziaria per il 2003 (art. 31, co. 11, legge n. 289/2002) ha precisato che, a decorrere dall’anno 2003, la dotazione del Fondo sia annualmente stabilita nella misura strettamente necessaria alla sola attribuzione dei contributi sulle rate di ammortamento dei mutui ancora in essere e dei mutui contratti o concessi ai sensi dell’articolo 46-bis del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41 (legge n. 85/1995). La quantificazione annuale del Fondo dipende, pertanto, dall’entità complessiva dei mutui ancora in essere. Di conseguenza, la sua consistenza va riducendosi gradualmente a seguito della progressiva estinzione dell’indebitamento pregresso.

[6]    Il comma 703 della legge finanziaria dello scorso anno assegna, per ciascuno degli anni 2007-2009, contributi in favore degli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali. In particolare:

-        55 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente ultrasessantacinquenne sia superiore al 30% della popolazione complessiva;

-        71 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva;

-        42 milioni, per finalità di investimento, in favore dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane;

-        contributo di 20 milioni di euro in favore delle comunità montane.

[7]    Il testo originario del disegno di legge, prima delle modifiche introdotte dal Senato, escludeva dal beneficio i soggetti con un reddito complessivo IRPEF superiore a 50.000 euro.

[8]    Il versamento dell’imposta può essere effettuato anche tramite versamenti su conto corrente postale con bollettini conformi al modello indicato con circolare del Ministero dell’economia e delle finanze.

[9]    Si tratta in particolare delle sanzioni comminate per:

-          omissione dei riversamenti agli enti creditori;

-          ritardo nell'esecuzione della restituzione di somme dichiarate indebite;

-          ritardo o omissione di riversamento dal concessionario delegato al concessionario delegante;

-          atti compiuti da personale non autorizzato;

-          omessa o irregolare tenuta del registro cronologico;

-          ritardata, omessa o irregolare comunicazione dei dati di riscossione;

-          mancato rispetto del termine di notifica della cartella in materia di riscossione spontanea a mezzo ruolo;

-          altre violazioni.

[10]    Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[11]   Legge 8 giugno 1990, n. 142, recante “Ordinamento delle autonomie locali”.

[12]    Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, L. 4 ottobre 1986, n. 657.

[13]    Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337.

[14]   Decreto legislativo 18 agosto 2000, recante “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.”

[15]    Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, L. 4 ottobre 1986, n. 657.

[16]    Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[17]    Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337.

[18]    Disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione della base imponibile, di contrasto all'elusione fiscale, di crediti di imposta per le assunzioni, di detassazione per l'autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di bollo, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 265 del 2002.

[19]    Trattasi delle parti comuni dei condomini: locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune.

[20]    Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti

[21]    Modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43.

[22]    Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005.

[23]   Perfezionamento e revisione del sistema catastale.

[24]   Si applicano in particolare le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 (recante l’accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano) convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

[25]   Modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario, in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari.

[26]   D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 122, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337.

[27]   R.D. 23 maggio 1924, n. 827, recante il regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato.

[28]   Per il 2004 dall'art. 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per il 2005 dall’articolo 1, comma 65, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per il 2006 dall’art. 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e per il 2007 dell’art. 1, co. 697, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[29]    La compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita, per i comuni, dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003). La medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.

[30]   Decreto legge n. 159 del 1 ottobre 2007, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 29 novembre 2007.

[31]   Legge n. 557 del 30 dicembre 1993, recante Ulteriori interventi correttivi di finanza pubblica per l'anno 1994.

[32]   Ciò è previsto dal combinato disposto degli articoli 1 e 2 del D.lgs. n. 504 del 1992 , recante “Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”, e degli articoli 27, 36 commi 1 e 2, e 42 del Testo unico delle Imposte sui redditi. (D.P.R. n. 917 del 1986).

[33]   A tale riguardo si rinvia al primo capitolo del presente dossier

[34]    Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.

In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro per il 2004, di cui 227 milioni di euro a valere sul Fondo ordinario, 68 sul Fondo consolidato e 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo.

[35]    A tal fine, le risorse che vengono considerate sono quelle costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I. parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica.

[36]    Regolamento emanato ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della L. 23 dicembre 1999, n. 488, recante la disciplina e i criteri di ripartizione del fondo, istituito presso il Ministero dell'interno, per il contenimento delle tariffe applicate dagli enti locali ed alimentato con le risorse finanziarie derivanti dall'assoggettamento ad IVA di prestazioni di servizi non commerciali affidati dagli enti locali a soggetti esterni all'amministrazione.

[37]    D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[38]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[39]   D.L. 29 dicembre 2007, n. 249, Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

[40]    http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurezza/­0871_2007_12_28_Decreto_sicurezza_.html

[41]   D.L. 1 novembre 2007, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.

[42]   Recante Misure urgenti per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive nelle zone colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali nella prima decade del mese di novembre 1994 e convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35.

[43]   Recante Ulteriori disposizioni a favore delle zone alluvionate nel novembre 1994 e convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 438.

[44]  GU n. 289 del 13-12-2006.

[45]   D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.

[46]   D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[47]   il riconoscimento legale (art. 355 del T.U.) è il provvedimento amministrativo con il quale il Ministero della pubblica istruzione attribuisce validità a studi ed esami sostenuti nella scuola secondaria non statale destinataria del provvedimento stesso. Il riconoscimento è subordinato ad alcuni requisiti: idoneità della sede, adeguamento dei programmi di insegnamento a quelli delle scuole statali, possesso, da parte degli alunni, dei titoli di studio legali per le classi che frequentano e, da parte dei docenti, dei titoli necessari per l’insegnamento nelle scuole statali. Attualmente, a seguito dell’approvazione dell’art.1 bis del DL 250/2005, convertito con modif. dalla legge 27/2006; le diverse tipologie di scuole non statali previste dal citato TU dell’istruzione (scuole parificate, riconosciute ecc.) sono ricondotte alle due tipologie individuate dalla legge 62/2000 e cioè: scuole paritarie riconosciute e scuole non paritarie.

[48]   Legge 10 marzo 2000 n. 62, Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione.

[49]   Si tratta dei licei«Alessandro Manzoni» di Milano; «Grazia Deledda» di Genova; «Marcelline» di Milano; «S. Caterina da Siena» di Venezia Mestre; «Orsoline del Sacro Cuore» di Cortina d'Ampezzo.

[50]   Legge 10 marzo 2000 n. 62, Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione.

[51]   Ai sensi della legge le scuole private e quelle degli enti locali sono, a domanda, riconosciute come scuole paritarie ed abilitate al rilascio di titoli di studio aventi valore legale a condizione che:

-        adottino un progetto educativo in armonia con i princìpi della Costituzione e con gli ordinamenti e le disposizioni vigenti;

-        accolgano chiunque, accettando il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni con handicap o in condizioni di svantaggio;

-        abbiano bilanci pubblici, locali, arredi e attrezzature idonee, organi interni improntati alla partecipazione democratica, insegnanti forniti del titolo di abilitazione all'insegnamento e assunti nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro;

-        si sottopongano alle valutazioni operate dal sistema nazionale di valutazione secondo gli standard stabiliti per le corrispondenti scuole statali.

[52]   Il saldo finanziario considerato dal comma 678, ai fini della determinazione del concorso alla manovra, è calcolato in termini di cassa quale differenza tra entrate finali e spese finali, risultanti dai conti consuntivi (comma 680) .Nel computo del saldo sono pertanto ricomprese tutte le voci di entrata e di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, con la sola esclusione delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, vale a dire, delle voci di entrata e di spesa di carattere finanziario.

[53]   Più precisamente, il comma 688 della legge n. 296/2006 dispone che per gli enti commissariati a decorrere dall'anno 2007 per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), le regole del patto di stabilità interno si applicheranno a partire dall’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali.

[54]   Il SIOPE (istituito dall’articolo 28 della legge finanziaria per il 2003) consiste, sostanzialmente, in un sistema di rilevazione telematica di tutte le operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai cassieri delle amministrazioni pubbliche, rese omogenee attraverso un sistema di codificazione uniforme per tipologia di enti, che permette di rilevare in tempo reale le informazioni sui flussi di cassa delle amministrazioni, anche al fine di migliorare la conoscenza dei conti pubblici nazionali e garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni previste dall'art. 104 del trattato istitutivo della Comunità Europea, relativo alla procedura sui disavanzi eccessivi.

[55]    Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[56]    Si tratta delle convenzioni, stipulate dalla Consip, con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria. Si ricorda che il D.M. 24 febbraio 2000, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 26, comma 3 della legge n. 488/1999 ha disciplinato il “Conferimento alla CONSIP S.p.a. dell'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato”.

[57]    Si ricorda che il citato comma 2 intende, per amministrazioni pubbliche, tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999 (comprese le agenzie fiscali).

Per le Regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale si veda tuttavia il comma 13 del presente articolo.

[58]    Legge 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[59]    D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[60]    La disposizione, essendo inserita nell’ambito del D.Lgs. 165/2001, si applica a “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (art. 1, co. 2, D.Lgs. 165/2001).

[61]   L’art. 53 del citato D.Lgs. 165/2001 stabilisce inoltre che le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti .

[62]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[63]   Il regolamento è disciplinato dall’art. 89 del T.U.E.L., che prevede i principi ispiratori per la sua redazione e ne disciplinai i contenuti essenziali.

[64]   Corte dei Conti, Sezioni riunite in sede di controllo, delib. n. 6/CONTR/05 del 15 febbraio 2005.

[65]   Regolamento recante semplificazione del procedimento di conferimento di incarichi individuali ad esperti da parte dei Ministri.

[66]   Il testo iniziale dell’art. 7 del D.Lgs. 165/2001 prevedeva che “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”.

[67]    Art. 110, comma 6, D.Lgs. 267/2000.

[68]    Art. 130 Cost., abrogato dall’art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

[69]    Consiglio di Stato, Sez. V. sentenza 25 marzo – 8 agosto 2003, n. 4598.

[70]    L. 14 gennaio 1994 n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti. L’art. 148 del T.U.E.L. per quel che concerne il controllo esterno sulla gestione degli enti locali contiene esclusivamente un rinvio alle norme della L. 20/1994.

[71]    Art. 13 del D.L. 22 dicembre 1981, n. 786, Disposizioni in materia di finanza locale, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1982, n. 51.

[72]    L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[73]    Si vedano i commi 7-9 dell’art. 7.

[74]    L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006.

[75]    Si trattava, in particolare, dell’art. 1, co. 5, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, che ha inserito nel T.U.E.L. l’art. 198-bis.

[76]    “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[77]    La previsione della necessità dell’intesa preventiva con la regione interessata, necessità peraltro già evidenziata nell’articolo 1, comma 1166, della legge finanziaria 2007, ai fini della proroga delle convenzioni, appare opportunamente finalizzata ad introdurre un meccanismo di coinvolgimento delle regioni nella stipula delle convenzioni, così come richiesto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale. Si consideri, infatti, che la Corte costituzionale, con sentenza 6-8 giugno 2005, n. 219, ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dei commi 76 e 82 dell’articolo 3 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nella parte in cui non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.

[78]    Il citato comma 3 prevede che gli enti interessati possano, per l'affidamento a terzi dello svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto di progetti di lavori socialmente utili da essi promossi e nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti, stipulare convenzioni di durata non superiore a 60 mesi con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani, a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia costituita nella misura non inferiore al 40% da lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi ancorché promossi da altri enti e nella misura non superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati, in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, o di soci lavoratori, o di partecipanti al consorzio.

[79]    Recante la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196,

[80]   D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, ,n. 144.

[81]    Si consideri che, ai sensi del comma 676, per quanto riguarda gli enti locali, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

[82]   L. 17 maggio 1999 n. 144, “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”.

[83]    Con sentenza n. 4/2004, la Corte costituzionale ha stabilito che la norma di cui all'art. 19, comma 8, della L. 448 del 2001 è costituzionalmente legittima, quale norma strumentale rispetto al fine di coordinamento della finanza pubblica, e norma di principio (e non già di dettaglio), in quanto prevede che eventuali deroghe al principio della riduzione complessiva della spesa, cui deve improntarsi il documento di programmazione del fabbisogno del personale, siano analiticamente motivate.

[84]    Si consideri che, ai sensi del comma 676, per quanto riguarda gli enti locali, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

Conseguentemente, per il triennio 2007-2009, gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno sono:

-     i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti;

-     le unioni di comuni, le comunità montane ed i consorzi.

[85]    D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465, Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, a norma dell’articolo 17, comma 78, della L. 15 maggio 1997, n. 127.

[86]   La fascia A comprende i segretari idonei alla titolarità di sedi di comuni con popolazione superiore a 65.000 abitanti, di comuni capoluogo di provincia, nonché di Provincia;

      la fascia B gli idonei alla titolarità di sedi di comuni, non capoluogo di provincia, con popolazione compresa tra 3.000 e 65.000 abitanti;

      la fascia C gli idonei alla titolarità di sedi di comuni, non capoluogo di provincia, con popolazione fino a 3.000 abitanti.

[87]   I diritti di segreteria sono entrate correlate all’esercizio, da parte dell’ente locale, di pubbliche funzioni, dovuti per la prestazione di servizi organizzati nell’interesse generale e forniti su richiesta dei cittadini (artt. 40-42 della legge 604/1962). Dal 1 gennaio 1998 il 10% dei diritti di segreteria di cui alla tabella D della legge 604/1962 (esclusi quelli sugli atti urbanistico edilizi) riscossi dai comuni, province, comunità montane e consorzi è versato all’Agenzia per i segretari comunali.

[88]   Più precisamente, l’art. 1, co. 1-bis, del D.L. n. 314/2004 richiama l'articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 80/2004 , che prevedeva l’applicazione, nell’esercizio finanziario 2005, delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002).

[89]    L’articolo 141, comma 1, del TUEL dispone che i consigli comunali e provinciali siano sciolti:

a)       quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

b)      quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi per le seguenti cause:

1)       impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;

2)       dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;

3)       cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;

4)       riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

c)       quando non sia approvato nei termini il bilancio;

c-bis)nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1.000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (lettera aggiunta dal comma 7 dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003).

[90]    Le disposizioni in esame recepiscono alcuni principi contenuti nello schema di disegno di legge sul contenimento dei costi della politica e degli apparati amministrativi approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 (art. 13).

[91]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[92]   Corte costituzionale, sentenza n. 229 del 2001.

[93]   Corte costituzionale, sentenza n. 244 del 2005.

[94]    Dati al 31 dicembre 2006, fonte UNCEM (www.uncem.it). La regione Umbria ha provveduto nel 2007 alla riforma dell’assetto delle comunità montane che saranno ridotte da 9 a 5 (L.R. 23 luglio 2007, n. 24). Nella regione Sardegna è in corso una rifondazione delle 24 comunità montane che attualmente sono in fase di commissariamento in attesa della istituzione di nuove comunità montane in base ai criteri fissati con la legge regionale 12/2005.

[95]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[96]    Ministero dell'Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Testo redatto per la relazione generale sulla situazione economica del Paese - Anno 2006, Roma, marzo 2007 (http://finanzalocale.interno.it/docum/studi/isae2006/relazione2006.html).

[97]    L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[98]    Presidenza del Consiglio dei ministri, XIII relazione sullo stato della montagna italiana. Anno 2007, presentata alle Camere il 18 gennaio 2008 (doc. XCV, n. 2)

[99]   L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.

[100]  Anche il principio del voto limitato è contemplato dal testo unico (art. 27, co. 2). In proposito, si segnala la circolare del Ministero dell’interno-Direzione centrale per le autonomie dell’8 maggio 2003, avente per oggetto l’ordinamento delle comunità montane, che precisa quanto segue: “Per voto limitato deve intendersi il meccanismo in base al quale ciascun consigliere-elettore vota indicando un numero di preferenze inferiore rispetto a quello dei rappresentanti da eleggere in seno alla comunità montana.

Considerato che alcune leggi regionali prevedono procedimenti di votazione separata tra forze di maggioranza e quelle di minoranza, si è di frequente prospettata la problematica circa la compatibilità del sistema del ‘voto limitato’ con i predetti procedimenti di votazione separata.

Su tale questione il Consiglio di Stato ha formulato l’avviso che i sistemi di votazione separata, previsti da alcune leggi regionali, sono compatibili con la normativa del T.U.E.L. n. 267 e, pertanto, applicabili, in quanto idonei a realizzare la finalità perseguita dalla norma, che è quella di garantire la partecipazione dei rappresentanti della minoranza nel Consiglio Comunitario. Al riguardo, va peraltro rilevato che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato (v. sentenza n. 2586 del 13 maggio 2002) aveva affermato, in sede giurisdizionale, il diverso orientamento per il quale il sistema del voto separato, là dove previsto dalla legislazione regionale, dovesse considerarsi incompatibile con la normativa statale sopravvenuta”.

[101]  L.R. 6 marzo 1986, n. 9, Istituzione della Provincia regionale (art. 45).

[102]  La Corte ha già avuto occasione di affermare, con specifico riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., che la competenza primaria attribuita alle Regioni a statuto differenziato in materia di ordinamento degli enti locali «non è intaccata dalla riforma del titolo V, parte seconda della Costituzione, ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti definiti dagli statuti» (sentenze n. 238/2007, n. 48/2003).

[103]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (nel prosieguo: TUEL).

[104]A.C. 1942 e abbinati, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali.

[105]  In questo senso anche l’art. 1, comma 2, del TUEL.

[106]Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:

-        da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;

-        da 50 membri nei comuni con più di 500.000 abitanti;

-        da 46 membri nei comuni con più di 250.000 abitanti;

-        da 40 membri nei comuni con più di 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;

-        da 30 membri nei comuni con più di 30.000 abitanti;

-        da 20 membri nei comuni con più di 10.000 abitanti;

-        da 16 membri nei comuni con più di 3.000 abitanti;

-        da 12 membri negli altri comuni.

[107]Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:

-          da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

-          da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;

-          da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;

-          da 24 membri nelle altre province.

[108]  Non sono state considerate né le province né i comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale. Per il numero dei comuni e la loro ripartizione in classi demografiche si è fatto riferimento ai dati del censimento 2001. Per quanto riguarda le province, sono state considerate quelle costituite al 31 dicembre 2006.

[109]Il riferimento ai “consiglieri” contenuto nella lettera b) del comma 24 dell’art. 2 sembrerebbe escludere gli assessori delle comunità montane e gli assessori o componenti del consiglio di amministrazione delle unioni di comuni.

[110]Il vigente regolamento è stato approvato con D.M. 4 aprile 2000, n. 119. Il co. 10 dell’art. 82 prevede l’adeguamento degli importi ogni tre anni. Non essendo stato emanato un nuovo D.M., attualmente continua ad applicarsi il D.M. 119/2000 con le relative tabelle.

[111]  Prima della modifica introdotta dalla L. 244/2007, l’indennità era fissata in misura pari al 100 %.

[112]Il Ministero dell’interno, con la circolare 5 giugno 2000 n. 5/2000, Misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, ha precisato che, qualora gli organi intendano aumentare o diminuire gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza stabiliti dal D.M., attese le implicazioni d’ordine politico e gestionale-contabile della scelta, spetta necessariamente alla giunta ed al consiglio deliberare dette variazioni nei confronti, ciascuno, dei propri componenti. Va, altresì, tenuto conto che competenti a deliberare in ordine alle indennità di funzione spettanti ai presidenti dei consigli comunali e provinciali sono i rispettivi consigli, in quanto rileva l’appartenenza all’organo.

[113]Vale a dire: i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

[114]  D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, conv. con mod. in L. 28 febbraio 2008, n. 31.

[115]Del titolo II della parte I.

[116]Nel testo approvato in prima lettura dalla Commissione affari costituzionali del Senato, l’obbligo di aderire ad un’unica forma associativa era previsto anche per quanto riguarda le convenzioni. Con un emendamento approvato dall’Assemblea, tale obbligo è stato soppresso, lasciando libera per i Comuni la possibilità di stipulare convenzioni con altri Comuni. La previsione soppressa, come ha osservato il relatore, sarebbe stata suscettibile di far aumentare le spese.

[117]Si ricorda inoltre che l’art. 1, comma 2, del TUEL stabilisce che le disposizioni del TUEL si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano soltanto in quanto compatibili con i rispettivi statuti.

[118]Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 7 aprile 2003, n. 87, S.O. n. 54.

[119]  I dati del censimento 2001 sono pubblicati nel D.P.C.M. 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001.

[120]Per mantenere la concisione della scheda, si è ritenuto opportuno non riportare l’elenco di tali comuni, che è comunque disponibile presso il Servizio Studi.

[121]L’indagine è stata svolta sia verificando i siti web degli enti locali interessati, sia contattando direttamente gli stessi.

[122]La L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, è entrata in vigore il 1° marzo 2008, giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, secondo quanto stabilito dall’art. 1, co. 2, della stessa legge 31/2008.

[123]  L’art. 6 del TUEL prevede che gli statuti comunali e provinciali stabiliscono, tra l’altro, le forme di partecipazione popolare e di decentramento. Ai sensi dell’art. 8 del TUEL i comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione.

[124]D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.

[125]Si veda in tal senso, la circolare n. 1 dell’8 gennaio 2008 della Direzione Centrale dei Servizi Elettorali del Ministero dell'interno.

[126]L. 8 marzo 1989, n. 95, Norme per l'istituzione dell'albo e per il sorteggio delle persone idonee all'ufficio di scrutatore di seggio elettorale e modifica all'articolo 53 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

[127]L. 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999.

[128]La Commissione elettorale circondariale:

-        esamina le operazioni compiute dalla Commissione elettorale comunale e decide sui ricorsi presentati contro di esse;

-        cancella dagli elenchi formati dalla Commissione comunale i cittadini indebitamente proposti per la iscrizione o per la cancellazione, anche quando non vi sia reclamo;

-        decide sulle domande d’iscrizione o di cancellazione che possono esserle pervenute direttamente.

[129]L. 4 aprile 1985, n. 117, Norme per l’adeguamento degli onorari dei componenti gli uffici elettorali di sezione.

[130]  Sentenze Corte costituzionale 390/2004, 417/2005, 449/2005, 169/2007 (coordinamento finanza pubblica)

[131]Si segnala al riguardo che l’ordine del giorno 9/3256/300, accolto dal Governo durante l’esame in Assemblea alla Camera del d.d.l. finanziaria (seduta del 15 dicembre 2007), impegna il Governo “a intervenire con il primo provvedimento normativo utile sull'articolo 2, comma 36, del provvedimento in esame prevedendo il riordino della disciplina dei consorzi di bonifica con un accordo tra Stato e Regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e che tale riordino sia finalizzato ad una razionalizzazione del sistema consortile sul territorio con riduzione dei costi di funzionamento e contenimento dei contributi alle proprietà consorziate nei limiti dei costi sostenuti per le attività dei consorzi stessi”.

[132]  Relativamente a quest’ultimo aspetto, con specifico riferimento alle tariffe del servizio idrico, non mancano considerazioni di segno opposto in merito alla necessità di elevare le tariffe sia per evitare gli sprechi che per consentire agli enti gestori adeguati investimenti sulle reti. Si richiama in proposito la posizione di Federutility (http://www.confservizicampania.it/­stampa_zoom.php?id=167) circa il fatto che “in Italia si registrano i consumi d'acqua pro-capite più elevati che nel resto d'Europa, accompagnati anche dalle tariffe più basse pagate dagli utenti per l'intero ciclo integrato (acqua potabile, fognature, depurazione)”. Da uno studio di Federutility “emergono infatti dati interessanti che rivelano le abitudini dei cittadini nel loro rapporto con le risorse idriche. A Berlino, dove l'acqua costa 4,30 euro ogni mille litri, i cittadini hanno un consumo pro-capite al giorno di 117 litri, mentre a Roma o a Torino (dove la tariffa varia tra i 0,78 ed i 0,81 euro al metro cubo) si superano tranquillamente i 220 litri per persona al giorno. A livello internazionale, anche extraeuropeo, sono poche le metropoli in cui il prezzo dell'acqua è al di sotto della media nazionale italiana. Solo Buenos Aires (0,17 euro/mc); Sao Paulo (0,68), Atene, Hong Kong , Miami e poche altre grandi città, registrano tariffe del servizio idrico integrato (acqua potabile, fognatura, depurazione) comparabili con quelle italiane”. In una nota diffusa sul web (http://www.enel.it/attivita/novita_eventi/energy_views/faq/index_10.asp) e basata su dati Eurostat, l’Enel evidenzia che “i consumi domestici medi per abitante sono in Italia assai più elevati che non in altri Paesi europei con tenore di vita più alto e ciò anche perché le tariffe non incentivano un consumo più attento: sono tra le più basse di tutti i Paesi occidentali. Il prezzo medio dell’acqua potabile è in Italia meno della metà di quello inglese, un terzo di quello svedese e circa un quinto di quello tedesco. Contrariamente a quanto avviene negli altri Paesi, il ridotto valore monetario del bene è altresì causa di usi impropri (ad esempio innaffiamento dei giardini o pulizia delle autovetture con acqua potabile) e di limitato interesse alla manutenzione degli impianti interni e al controllo delle perdite”.

      Sul punto, si richiama, infine, l’articolo 154 del codice ambientale che, al comma 6, prevede che “nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali”. Insomma, se proprio vogliamo abbassare le tariffe facciamolo solo per certe categorie.

[133]  Le accise sui prodotti energetici sono disciplinate dal D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, recante “Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative”. L’accisa è calcolata in misura fissa per quantità di prodotto. Attualmente (articolo 6 del D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26) l’accisa sul gasolio per autotrazione è pari a 423 euro per mille litri (corrispondente a 0,423 euro per litro).

[134]  Recante “Individuazione e trasferimento alle regioni delle risorse per l'esercizio delle funzioni e compiti conferiti ai sensi degli articoli 8 e 12 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 in materia di trasporto pubblico locale” (pubblicato sulla G.U. 30 dicembre 2000, S.O. n. 224).

[135]  Si segnala che, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, “È obbligato al pagamento dell'accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l'immissione in consumo e, in solido, il soggetto che si sia reso garante di tale pagamento ovvero il soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per l'esigibilità dell'imposta”.

[136]  I quantitativi di gasolio da prendere in considerazione sono quelli contabilizzati nel registro di carico e scarico, tenuto, ai sensi dell’articolo 25, comma 4, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, dagli esercenti di impianti e depositi soggetti all’obbligo di denuncia.

[137]  Gli articoli citati dal comma in esame riguardano i seguenti aspetti:

-          articolo 14: programmazione dei trasporti locali;

-          articolo 16: servizi minimi;

-          articolo 17: obblighi di servizio pubblico;

-          articolo 18: organizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale;

-          articolo 19: contratti di servizio.

[138]  Il comma in esame richiama a tal proposito l’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, secondo il quale il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni, il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

[139]  Recante “Individuazione e trasferimento alle regioni delle risorse per l'esercizio delle funzioni e compiti conferiti ai sensi degli articoli 9 e 12 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 in materia di trasporto pubblico locale” (pubblicato sulla G.U. 30 dicembre 2000, S.O. n. 224).

[140]  L’articolo 11, comma 3, lett. f), della legge n. 468 del 1978, prevede il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.

[141]  Per completezza di esposizione si segnala che le altre lettere del comma 1032, non abrogate, prevedono i seguenti criteri di riparto:

a)   priorità al completamento dei programmi finanziati con la legge n. 194 del 1998 e con la legge n. 211 del 1996, relative ad interventi nel settore del trasporto pubblico locale e nel trasporto rapido di massa e ferroviario;

b)   condizioni di vetustà degli attuali parchi veicolari;

c)   congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto.

[142]  Recante “Legge quadro per l'ordinamento, la ristrutturazione ed il potenziamento dei trasporti pubblici locali. Istituzione del Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio e per gli investimenti nel settore”.

[143]  In seguito alle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 3, lettera g), n. 1), della presente legge, il periodo al quale deve essere fatto riferimento è il terzo e non il quarto.

[144]  La risoluzione dell’Agenzia delle entrate fa riferimento alla numerazione degli articoli del TUIR precedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 344 del 2003.

[145]  Le decisioni a ciò relative si fondano su una tecnica di gestione integrata dell’attivo e del passivo (cosiddetto Asset liability management) che prevede un’analisi articolata in quattro passaggi: - determinazione del rischio complessivo attuale, mediante raccolta dei dati sulla struttura del bilancio che individui, in un periodo pluriennale, le conseguenze derivanti dalla scadenza delle attività e delle passività in esso presenti; - effetto di possibili variazioni dei tassi d’interesse nel periodo considerato; - confronto tra il rischio effettivo risultante dalle analisi sub 1) e 2) con il rischio voluto, ossia il livello di rischio che s’intende affrontare; - eventuale introduzione di strumenti finanziari volti a ridurre l’esposizione al rischio, tenendo conto anche dei costi dei relativi contratti.

[146]  l primo si concreta, per i contratti di swap, in un andamento dei tassi d’interesse diverso dalle previsioni sulla cui base è stata impostata l’operazione. Esso risulta tanto maggiore quanto più lungo è l’orizzonte temporale del rapporto, che rende difficile prevedere gli andamenti futuri dei tassi e, quindi, la convenienza delle scelte da operarsi inizialmente. Per il suo contenimento possono essere utilizzate opzioni cap e collar, che accrescono ovviamente il costo del contratto. Qualora l’andamento del mercato sia diverso da quello atteso, è inoltre possibile valutare la convenienza dell’uscita da un’operazione di swap, che può realizzarsi attraverso un’operazione di effetto contrario (reversing), ovvero con la cessione ad un terzo (assigning) o, infine, con mediante accordo con la controparte per porre termine al contratto dietro pagamento del suo valore di mercato (unwinding). Il secondo si riferisce alla possibilità d’insolvenza della controparte con cui è stato stipulato il contratto. Esso può venire stimato sulla base del merito di credito (rating) di tale soggetto. Nell’esecuzione del contratto, è minore se i termini per la regolazione dei flussi di pagamento delle due parti coincidono (con versamento del solo differenziale). Sul complesso dei rapporti contrattuali può venire limitato attraverso un’opportuna diversificazione delle controparti.

[147]  In primo luogo, si è rilevato che lo sfasamento temporale esistente tra flussi di uscita e di entrate nei loro bilanci (a data tendenzialmente fissa i primi, con periodicità spesso irregolare i secondi, nella forma sia dei trasferimenti statali sia delle entrate proprie) impone una gestione indipendente di attivo e passivo. Inoltre si è osservato che nella gestione del passivo di tali enti può riuscire utile diversificare la struttura del debito, sovente concentrato in alcune categorie di tasso, con il principale fine di renderla più flessibile, riducendo i rischi connessi all’oscillazione, e di realizzare economie sugli interessi da pagare nel breve periodo. Per l’impiego di swap a questo fine si è rilevata l’esigenza di considerare non singole posizioni debitorie, bensì l’esposizione complessiva dell’ente; è stata ricordata altresì la necessità di analizzare previamente le tendenze del mercato per desumerne proiezioni di medio e lungo periodo sul possibile andamento dei tassi, di adottare obiettivi di copertura caratterizzati da basso livello di rischio, di verificare i risultati dell’operazione nel corso del suo svolgimento per rimodularne le caratteristiche secondo l’evoluzione del mercato. Inoltre, si è richiamata l’opportunità di comparare la convenienza dell’impiego degli strumenti finanziari derivati rispetto ad altre possibili forme di ristrutturazione del debito (estinzione o rinegoziazione) e, comunque, le diverse condizioni offerte dagli operatori e l’adeguatezza degli elementi dei contratti – la cui conformazione può essere modellata in aderenza alle specifiche necessità del caso – rispetto alle effettive esigenze dell’ente.

[148]  Le obbligazioni possono essere emesse esclusivamente a fronte di un preciso investimento chiaramente individuato, e il ricavo netto dell’emissione deve essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle acquisizioni che si intendono effettuare. L’emissione di titoli non può dunque essere in alcun caso operazione di acquisizione di mezzi finanziari non finalizzati.

[149]  È opportuno sottolineare che l'indebitamento mediante titoli degli enti territoriali si configura come raccolta di risparmio, definita dall'articolo 11, comma 1, del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) come l'attività che si esercita attraverso l'acquisizione di fondi con obbligo di restituzione sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma. L'elemento qualificante della fattispecie è pertanto costituito dall'obbligo della restituzione, che vale a distinguere la raccolta di risparmio in oggetto dalla raccolta di risparmio cosiddetto "di rischio". Più specifico è invece il criterio che individua la nozione di "sollecitazione del pubblico risparmio", che presuppone un'operatività limitata ai mercati regolamentati.

[150]  A tal fine i predetti enti sono tenuti a comunicare periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria. La definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento nonché dell’invio dei dati sono demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, recante altresì le norme relative all’ammortamento del debito e all’utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti. A quest’adempimento si è provveduto con il decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389.

[151]  In tal modo, sono stati eliminati l'obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l'obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze), e per conoscenza al Ministero dell'interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.

[152]  Tale regolamento prevede, all’articolo 1, che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunicano entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse. Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro, che entro dieci giorni può indicare, con determinazione motivata, il momento più opportuno per l'attuazione dell'operazione. In mancanza, l'operazione potrà essere conclusa entro venti giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione, nei casi di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, e nei termini indicati dagli enti in tutti gli altri casi. Restano escluse dalla comunicazione preventiva le operazioni di provvista con oneri a carico del bilancio dello Stato, per le quali si applicano le specifiche disposizioni di legge. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR. L’articolo 2 reca disposizioni sull’ammortamento del debito. L’articolo 3 riguarda specificamente le operazioni in strumenti derivati.

[153]  In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004). Sono state inoltre enunziate alcune linee guida. Il criterio dell'attività di coordinamento dell'accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento. Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento. Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento. La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.

[154]  Nello swap plain vanilla una delle controparti riceve periodicamente (di solito ogni semestre) un pagamento variabile legato ad un indice (ad es. Libor), e paga un tasso d’interesse fisso (ad es. il rendimento di una particolare categoria di titoli di Stato aumentato di un differenziale).

[155]  Si tratta di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale (articolo 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000).

[156]  Decreto del Ministero dello sviluppo economico 19 febbraio 2007 (GU 23 febbraio 2007, n. 45) recante “Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387”.

[157]  Il Gestore dei servizi elettrici - GSE spa - è il soggetto attuatore del DM (articolo 2, comma 1, lettera i)). In base al comma 3 dell'articolo 13 del DM il soggetto attuatore pubblica sul proprio sito internet e aggiorna con continuità la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito dei decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 e, separatamente, la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito del presente decreto. Sito internet : http://www.gsel.it/ita/.

[158]  Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.

[159]  Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.

[160]  A carico dei titolari di concessioni di stoccaggio il D.Lgs. 164 pone una serie di obblighi, tra i qualirientrano: la gestione in modo coordinato e integrato delle capacità di stoccaggio se si tratta di titolare di più concessioni; la fornitura di capacità di stoccaggio minerario, strategico e di modulazione agli utenti che ne facciano richiesta e il cui sistema abbia idonee capacità e purché i servizi richiesti siano realizzabili sia economicamente che tecnicamente, sulla base dei criteri di cui al DM 9 maggio 2001 e il DM 26 settembre 2001 (articolo 12).

[161]  Sulla complessa vicenda si rinvia a M. BARBERO, "Bocciatura definitiva per la “tassa sul tubo” della Regione Sicilia", in : http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/nuovi%20­pdf/Giurisprudenza/corte_di_giustizia/0001_barbero.pdf

[162] Convertito con modificazioni dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368.

[163]In attuazione di quanto previsto dall’articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003, è stato emanato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003.

[164]  L’articolo 107 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) prevede l’iscrizione in un elenco speciale degli intermediari finanziari che presentano determinati requisiti, relativi all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio, individuati dal Ministro del tesoro, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB.

[165]Fanno parte dei compiti spettanti alla gestione separata anche le attività strumentali, connesse e accessorie.

[166]  Corretta con Comunicato 18 ottobre 2005 (Gazz. Uff. 18 ottobre 2005, n. 243).

[167]  Corretta con Comunicato 7 maggio 2007 (Gazz. Uff. 7 maggio 2007, n. 104).

[168]  Dati tratti dal 3° rapporto predisposto dal Servizio studi della Camera su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” (luglio 2007).

[169]Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[170]In particolare,con l’art. 1-ter del D.L. n. 314/2004 è stata eliminata la previsione che imponeva agli enti beneficiari di presentare i progetti preliminari ai fini dell’ammissione ai benefici.

[171]  La disposizione citata prevede che gli impegni sui capitoli del bilancio dello Stato, relativi a erogazioni a favore di soggetti ed enti pubblici o privati, siano assunti con cadenza trimestrale per quote di pari importo. Per effettive, motivate e documentate esigenze, il Ministro dell’economia, su proposta dei Ministri interessati, può autorizzare l'assunzione di impegni per importi superiori al predetto limite trimestrale.

[172]  Recante “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765”.

[173]  Si veda ad esempio l’art. 2 della legge della Regione Friuli n. 5 del 2007 (Riforma dell'urbanistica e disciplina dell'attività edilizia e del paesaggio), pubblicata nel BUR 28 febbraio 2007, n. 9.

[174]  D.L.  25 settembre 2001, n. 351, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 23 novembre 2001, n. 410 e recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

[175]  Ai sensi del citato articolo 34 del TUEL, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

[176]  Legge 1 agosto -2002,  n. 166, recante disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti. L’articolo 16 dispone che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri interessati, di intesa con la Conferenza unificata, sono definiti i criteri e le modalità di predisposizione, di valutazione, di finanziamento, di controllo e di monitoraggio di programmi volti alla riabilitazione di immobili ed attrezzature di livello locale e al miglioramento della accessibilità e mobilità urbana, denominati «programmi di riabilitazione urbana», nonché di programmi volti al riordino delle reti di trasporto e di infrastrutture di servizio per la mobilità attraverso una rete nazionale di autostazioni per le grandi aree urbane.

[177]  D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[178]  Introdotto dall’art. 1, co. 480, lett. c), della legge finanziaria 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311).

[179]  Per tali soggetti, ai sensi del medesimo articolo, la tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni è ridotta alla metà.

[180]Il D.L. 18 maggio 2006 n. 181, convertito con modificazioni nella legge 114/06, ha recato “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”. Il comma 2 dell’articolo 1 ha, tra l’altro, trasferito alla Presidenza del Consiglio, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, la segreteria del CIPE, già istituita presso il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze. Il trasferimento delle strutture è stato disposto con il DPCM 31 gennaio 2007 che ha incluso tra le spese afferenti le funzioni del trasferito Servizio centrale di segreteria del CIPE anche quelle relative al Fondo nazionale per la montagna.

[181]Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa, ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva "Habitat", nonché delle specie di cui all'allegato I della Direttiva "Uccelli" e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva "Habitat" (art. 3), è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS). Attualmente la "rete" è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva "Uccelli", e i Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC); tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa se­parazione.(cfr.http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/rete_natura2000/rete_natura2000.asp.).

[182]D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, recante misure di definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[183]Si ricorda che l’art. 8 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, recante “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma della L. 5 marzo 2001, n. 57”, prevede che le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.

A tali soggetti si rende quindi applicabile il disposto dell’art. 15 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57”, ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni possono stipulare delle convenzioni con gli imprenditori agricoli, al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e alla promozione di prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. Tali convenzioni stabiliscono le prestazioni a carico delle pubbliche amministrazioni, inclusa la possibilità di concedere finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le suddette finalità, le pubbliche amministrazioni, anche in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti di appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 Euro nel caso di imprenditori singoli e 300.000 Euro nel caso di imprenditori in forma associata.

[184]Il Sistema Pubblico di Connettività e Cooperazione (SPC), istituito e disciplinato con il D.Lgs. 42/2005, ha sostituito la Rete Unitaria delle Pubbliche Amministrazioni (RUPA) con l’obiettivo di raccordare i sistemi informatici di tutte le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali. Il SPC è una infrastruttura e un insieme di servizi di connettività condivisi dalle pubbliche amministrazioni interconnesse finalizzato a garantire la piena interazione e la cooperazione applicativa tra i sistemi informativi dello Stato, delle Regioni e delle autonomie locali; esso consente a questi soggetti di utilizzare i servizi telematici per elaborare ed erogare i propri servizi direttamente ai cittadini e alle imprese. Accanto al SPC, ed a questo interconnessa, il D.Lgs. 42/2005 ha istituito una Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni, volta a permettere il collegamento tra queste e gli uffici italiani all’estero.