Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011 - Le politiche di settore
Riferimenti:
DOC LVII, n. 2     
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 91
Data: 09/07/2007
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

 

 

 

 

 

Documento di programmazione
economico-finanziaria 2008-2011

Le politiche di settore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 91

 

 

9 luglio 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è stato predisposto dal Servizio Studi con la collaborazione dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati e del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

Per un esame più analitico delle previsioni ed obiettivi economici e finanziari del DPEF 2008-2011 si rinvia al dossier Documentazione di finanza pubblica n. 1, predisposto dai Servizi Studi e Bilancio dello Stato della Camera dei deputati e dal Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento:     Dipartimento Bilancio e politica economica

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: BI0199a.doc

 


I N D I C E

 

Gli andamenti macroeconomici e la finanza pubblica

Andamenti macroeconomici3

§      L’economia nel 2007. 3

§      Il quadro economico per il 2008 e gli anni successivi: andamenti tendenziali e obiettivi programmatici5

La finanza pubblica. 9

§      Il quadro di finanza pubblica per il 2007. 9

§      Il quadro di finanza pubblica per gli anni 2008-2011. 13

§      La manovra di finanza pubblica. 18

Le politiche di settore

Politiche dell’entrata. 27

§      Politica tributaria. 27

§      Finanza territoriale. 39

§      Lotta all’evasione. 44

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)52

Politiche di risanamento dei conti pubblici55

§      La politica delle privatizzazioni e il debito pubblico. 55

§      Qualità della spesa, revisione del bilancio e regole fiscali59

§      La politica di gestione del debito pubblico. 67

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)70

Politiche relative all’amministrazione pubblica. 73

§      Semplificazione normativa ed amministrativa. 73

§      Modernizzazione della pubblica amministrazione. 76

§      Legalità e sicurezza. 84

§      Politiche per la giustizia. 93

§      Proiezione internazionale. 96

§      Difesa. 97

 

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)98

Politiche delle infrastrutture e dell’ambiente. 111

§      Clima e ambiente. 111

§      Infrastrutture. 122

§      Politiche abitative. 126

§      Mobilità. 129

§      Telecomunicazioni135

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)137

Politiche per la produzione e la competitività. 173

§      Mercati, concorrenza, liberalizzazioni e tutela dei consumatori173

§      Internazionalizzazione delle imprese. 186

§      Turismo. 189

§      Energia. 191

§      Scuola, università e ricerca. 198

§      Politiche culturali206

§      Agricoltura e pesca. 211

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)218

La politica regionale e per lo sviluppo del Mezzogiorno. 253

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)263

Politiche sociali e del lavoro. 267

§      Lavoro. 267

§      Pensioni278

§      Sanità. 283

§      Assistenza e servizi sociali290

§      Pari opportunità e non discriminazione. 296

§      Politiche giovanili302

§      Politiche per la famiglia. 305

§      Cooperazione allo sviluppo. 312

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)316

Appendice – Allegato infrastrutture

§      Premessa. 345

Le infrastrutture prioritarie. 347

§      La ridefinizione delle priorità. 347

§      L’assegnazione dei finanziamenti della legge obiettivo. 351

§      La distribuzione territoriale delle opere. 352

§      La valutazione ambientale degli interventi354

§      Il federalismo infrastrutturale. 355

§      I corridoi transeuropei355

§      Le nuove priorità e la programmazione operativa del quinquennio. 356

Le politiche per la casa. 362

La nuova “questione urbana”. 367

 


Gli andamenti macroeconomici
e la finanza pubblica


Andamenti macroeconomici

L’economia nel 2007

Il DPEF 2008-2011 stima, per il 2007, un tasso di crescita del PIL in termini reali del 2 per cento, a fronte dell’1,9 per cento registrato nel 2006.

 

Tanto i consumi delle famiglie (2,0 per cento) quanto gli investimenti fissi lordi (3,5 per cento) dovrebbero crescere ad un ritmo superiore a quello registrato nell’anno precedente (rispettivamente: 1,5 per cento e 2,3 per cento).

La crescita dei consumi delle famiglie sconta l’evoluzione positiva del reddito disponibile reale, legata dalla moderazione dell’inflazione al consumo.

La crescita degli investimenti in macchinari e attrezzature dovrebbe essere favorita dal previsto buon andamento della domanda estera, soprattutto tedesca. Anche gli investimenti in costruzioni, nonostante il rialzo atteso dei tassi di interesse, continuerebbero a crescere.

 

Per il settore estero, si prevede per il 2007 un rallentamento nella crescita delle esportazioni (4,4 per cento a fronte del 5,3 per cento del 2006).

Tale dato sconta le previsioni di una minore dinamica di crescita del commercio mondiale (dal 9,2 per cento del 2006 al 7 per cento nel 2007) e l’elevato livello del rapporto di cambio dell’euro rispetto alle principali valute.

E’ parimenti previsto un lieve rallentamento della crescita delle importazioni rispetto all’anno precedente (4,2 per cento, a fronte del 4,3 del 2006).

 

Si osserva che il DPEF non fornisce il dato sulla crescita in termini reali nella spesa delle pubbliche amministrazioni e delle istituzioni sociali private ed il dato aggregato sulla crescita dei consumi finali nazionali.

 


Conto economico delle risorse e degli impieghi
previsioni 2007 – raffronto tra ruef e dpef

(variazioni %)

 

2006

2007

RUEF
marzo 2007

DPEF

PIL

1,9

2,0

2,0

Importazioni

4,3

4,8

4,2

Consumi finali nazionali

1,0

-

-

- spesa delle famiglie

1,5

1,8

2,0

- spesa delle P.A. e delle I.S.P.

-0,3

-

-

Investimenti fissi lordi

2,3

3,2

3,5

- macchinari, attrezzature, varie

2,1

-

-

- costruzioni

1,8

-

-

Esportazioni

5,3

5,1

4,4

 

La crescita dell’Italia nel 2007 dovrebbe dunque risulterebbe inferiore a quella dell’area euro, che, in base alle previsioni in base alle previsioni della Commissione europea e dell’OCSE (maggio 2007), dovrebbe attestarsi tra il 2,6 ed il 2,7 per cento.

 

Quanto al mercato del lavoro, il DPEF prevede, per il 2007, il proseguimento del trend decrescente del tasso di disoccupazione (6,4 per cento, rispetto al 6,8 per cento del 2006), che si attesta ad un livello inferiore dello 0,9 per cento rispetto a quello medio stimato dalla Commissione europea per il 2007 per i Paesi dell’area euro (7,3 per cento).

Si registra peraltro un rallentamento della crescita dell’occupazione, misurata in unità di lavoro standard (ULA), per la quale è previsto un incremento dello 0,8 per cento, a fronte dell’aumento dell’1,6 per cento del 2006.

 

Si segnala inoltre una aumento della produttività del lavoro (1,1 per cento rispetto allo 0,2 per cento del 2006), cui corrisponde una riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto (1,2 per cento rispetto al 2,3 per cento del 2006).

 

Il DPEF prevede inoltre, per il 2007, un tasso di inflazione, sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) esclusi i tabacchi, dell’1,7 per cento, a fronte di un tasso di inflazione programmata del 2 per cento fissato nel DPEF dell’anno scorso.

Nel 2007, pertanto, il tasso di inflazione (FOI) segna una decelerazione rispetto all’anno precedente, in cui si è attestato al 2 per cento.

 

A differenza di quanto accaduto negli ultimi anni, il tasso di inflazione effettivo dovrebbe pertanto attestarsi nel 2007 ad un livello inferiore (0,3 per cento) rispetto a quello programmato dal DPEF dell’anno precedente.

 

Indicatori dell’occupazione e dei prezzi

(variazioni %)

 

2006

2007

Tasso di disoccupazione

6,8%

6,4%

Crescita dell’occupazione (ULA)

1,6%

0,8%

Tasso di occupazione (15-64 anni)

58,4%

59,0%

Costo del lavoro

2,5%

2,3%

Costo del lavoro per unità di prodotto (misurato sul PIL)

2,3%

1,2%

Produttività del lavoro (misurato sul PIL)

0,2%

1,1%

Tasso di inflazione (*)

2,1%

1,8%

Tasso di inflazione famiglie di operai e impiegati (**)

2,0%

1,7%

(*)  Indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale (NIC)

(**)       Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi

 

Nell’area dell’euro, l’inflazione, calcolata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), viene stimata dalla Commissione UE per il 2007 all’1,9 per cento.

 

Il quadro economico per il 2008 e gli anni successivi: andamenti tendenziali e obiettivi programmatici

Il 2008

Il DPEF indica per il 2008 una crescita del PIL in termini reali dell’1,9 per cento

Il quadro macro-economico fornito dal DPEF per il 2008 registra una coincidenza tra valori tendenziali e valori programmatici.

La manovra di finanza pubblica per il 2008 sembrerebbe pertanto non esplicare effetti in termini macro-economici nel 2008.

 

I consumi delle famiglie mostrano nel 2008 un incremento dell’1,9 per cento, inferiore dello 0,1 per cento rispetto al 2007.

Più marcato appare il rallentamento della crescita degli investimenti fissi lordi (dal 3,5 per cento del 2007 al 2,9 per cento del 2008), che dovrebbe essere ascrivibile ad una decelerazione degli investimenti in costruzioni.

 

Con riferimento al settore estero, è previsto un lieve aumento delle esportazioni (che passerebbero dal 4,4 per cento al 4,6 per cento). Il dato risulta comunque ancora inferiore a quello del commercio mondiale (7,4 per cento).

Anche le importazioni dovrebbero registrare un aumento (dal 4,2 per cento del 2007 al 4,4 per cento del 2008).

 

Si osserva che, anche con riferimento agli anni 2008 e successivi, non sono forniti il dato sulla crescita in termini reali della spesa delle pubbliche amministrazioni e delle istituzioni sociali private ed il dato aggregato sulla crescita dei consumi finali nazionali.

 

Conto risorse e impieghi 2007
Quadro tendenziale e programmatico nel DPEF
(variazioni %)

 

2007 DPEF

2008 DPEF

 

Stime

Tendenziale

Programmatico

PIL

2,0

1,9

1,9

Importazioni

4,2

4,4

4,4

Consumi finali nazionali

-

-

-

-    Spesa famiglie

2,0

1,9

1,9

-    Spesa delle P.A. e I.S.P.

-

-

-

Investimenti fissi lordi

3,5

2,9

2,9

Esportazioni

4,4

4,6

4,6

 

Anche riguardo al mercato del lavoro per il 2008 le previsioni tendenziali e programmatiche coincidono.

In particolare, è prevista unacrescita dell’occupazione, misurata in unità di lavoro standard (ULA) dello 0,8 per cento, pari al livello previsto per il 2007.

Il tasso di disoccupazione proseguirebbe ulteriormente il trend discendente (-0,2% rispetto al 2007).

 

Il DPEF prevede altresì per il 2008 un incremento di una certa consistenza della crescita del costo del lavoro, pari al 3,5 per cento, a fronte del 2,3 per cento del 2007. Tale dinamica dovrebbe trovare giustificazione dallo slittamento dell’iter per il perfezionamento di alcuni contratti del pubblico impiego.

Il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) crescerebbe del 2,4 per cento (a fronte dell’1,2 per cento del 2007).

 

Il tasso di inflazione programmata per il 2008 è fissato all’1,7 per cento.

Il tasso di inflazione, misurato in base al deflatore dei consumi[1], dovrebbe risultare invece pari all’1,9 per cento.

 

Indicatori dell’occupazione e dei prezzi
(variazione %)

 

2007 DPEF

2008 DPEF

 

Stime

Tendenziale

Programmatico

Tasso di disoccupazione

6,4

6,2

6,2

Tasso di occupazione
(età 15-64)

59,0

59,7

59,7

Costo lavoro

2,3

3,5

3,5

Costo del lavoro per unità di prodotto (misurato sul PIL (su PIL)

1,2

2,4

2,4

Occupazione (ULA)

0,8

0,8

0,8

Tasso di inflazione (*)

1,8

-

-

Tasso di inflazione famiglie di operai e impiegati (**)

1,7

-

-

Deflatore dei consumi

1,9

1,9

1,9

Inflazione programmata

2,0

-

1,7

(*)  Indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale (NIC).

(**)       Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi.

Il triennio 2009-2011

Per quanto concerne gli anni successivi, la crescita del PIL in termini reali evidenzia nel 2009 una diminuzione dello 0,1 per cento nel quadro programmatico rispetto al tendenziale (1,7 per cento a fronte dell’1,8 per cento) e, viceversa, un incremento dello 0,1 per cento nel 2010 e nel 2011 (1,8 per cento nel programmatico a fronte dell’1,7 per cento del tendenziale).

L’andamento positivo nel 2010 e nel 2011 è connesso dal DPEF agli effetti positivi della riduzione della pressione fiscale. In questi anni è prevista, confrontando nuovamente il quadro tendenziale e quello programmatico, un crescita più marcata tanto dei consumi della famiglie (0,2 per cento ) quanto degli investimenti (0,1 per cento).

 


Andamento tendenziale e programmatico nel 2008-2011
(variazioni %)


Tendenziale

Programmatico

 

2008

2009

2010

2011

2008

2009

2010

2011

PIL

1,9

1,8

1,7

1,7

1,9

1,7

1,8

1,8

Importazioni

4,4

4,2

4,1

4,1

4,4

4,2

4,3

4,4

Consumi finali nazionali

-

-

-

-

-

-

-

-

- Spesa famiglie residenti

1,9

1,8

1,6

1,6

1,9

1,8

1,8

1,8

- Spesa delle P.A. e I.S.P.

-

-

-

-

-

-

-

-

Investimenti fissi lordi

2,9

2,7

2,5

2,5

2,9

2,7

2,6

2,5

Esportazioni

4,6

4,5

4,5

4,4

4,6

4,5

4,6

4,7

 

Nell’ambito del mercato del lavoro, dovrebbe proseguire la discesa del tasso di disoccupazione.

 

Per ciò che attiene all’inflazione programmata, la stima è dell’1,5 per cento in ciascun anno del triennio 2009-2011.

 



Tendenziale

Programmatico

 

2008

2009

2010

2011

2008

2009

2010

2011

Tasso di disoccupazione
(% forza lavoro)

6,2

6,1

5,9

5,7

6,2

6,1

5,8

5,6

Tasso di occupazione
(15-64 anni)

59,7

60,3

60,9

61,4

59,7

60,3

60,9

61,5

Deflatore dei consumi

1,9

1,8

1,8

1,7

1,9

1,8

1,8

1,7

Inflazione programmata

-

-

-

-

1,7

1,5

1,5

1,5

 


La finanza pubblica

Il quadro di finanza pubblica per il 2007

Il DPEF 2008-2011 rivede l’obiettivo di indebitamento netto per il 2007, fissandolo al 2,5 per cento del PIL.

 

L’obiettivo si pone ad un livello inferiore al 2,8 per cento indicato dal DPEF dello scorso anno (luglio 2006) e confermato dall’aggiornamento annuale del Programma di stabilità (dicembre 2006).

Gli andamenti tendenziali di finanza pubblica si stanno rivelando migliori rispetto alle previsioni di fine 2006, a causa della crescita economica superiore alle stime e del favorevole andamento del gettito tributario.

Il quadro a legislazione vigente indica, infatti, un indebitamento netto del 2,1 per cento, inferiore di 0,7 punti percentuali rispetto alle previsioni di fine 2006 ed di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni della Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica (RUEF) di marzo 2007, che aveva in parte registrato il miglioramento.

Alla luce di questo andamento positivo, il Governo ha ritenuto di realizzare, contestualmente alla presentazione del DPEF, una manovra di carattere espansivo che comporta un incremento dell’indebitamento netto pari allo 0,4 per cento del PIL. La manovra è stata realizzata con il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria (AC 2852) e con il disegno di legge di assestamento (A.S. 1679).

Di conseguenza l’indebitamento netto si attesta per l’anno in corso al 2,5 per cento del PIL.

 

La tabella che segue mette a raffronto il consuntivo del conto economico delle amministrazioni pubbliche del 2006 e i dati di previsione per il 2007, come indicati nella RUEF (marzo 2007) e nel DPEF. I dati del DPEF sono forniti, rispettivamente, al netto e al lordo degli effetti della manovra espansiva.

 


Conto economico delle P.A. - raffronto tra il consuntivo 2006
e le previsioni 2007
(valori in milioni di euro e in % del PIL)

 

2006

2007

 


Consuntivo



(A)

RUEF
marzo 2007


(B)

DPEF
non integrato


(C)

Differenza DPEF non integrato –RUEF

(C-B)

DPEF
integrato



(D)

Differenza DPEF integrato –DPEF non integrato
(D-C)

Entrate correnti

675.582

708.720

710.848

2.128

710.762

-86

in % sul PIL

45,8

46,2

46,1

-0,07

46,1

-0,01

Imposte dirette

213.664

225.412

226.788

1.376

226.702

-86

in % sul PIL

14,5

14,7

14,7

0,02

14,7

-0,01

Imposte indirette

218.250

222.825

224.616

1.791

224.616

0

in % sul PIL

14,8

14,5

14,6

0,05

14,6

0,00

Contributi sociali

192.038

207.792

206794

-998

206.794

0

in % sul PIL

13,0

13,5

13,4

-0,13

13,4

0,00

Entrate in c/capitale

4.472

4.528

4.560

32

4.560

0

in % sul PIL

0,3

0,3

0,3

0,00

0,3

0,00

di cui:

- imposte in c/capitale

222

883

883

0

883

0

in % sul PIL

0,0

0,1

0,1

0,00

0,1

0,00

Entrate complessive

680.054

713.248

715.408

2.160

715.322

-86

in % sul PIL

46,1

46,5

46,4

-0,07

46,4

-0,01

Uscite correnti

656.577

683.558

683.037

-521

687.957

4.920

in % sul PIL

44,5

44,6

44,3

-0,23

44,6

0,32

Uscite correnti al netto interessi

589.025

609.567

609.278

-289

614.132

4.854

in % sul PIL

39,9

39,7

39,5

-0,20

39,8

0,31

di cui:
- redditi lavoro dipendente

162.999

165.573

164.475

-1.098

164.689

214

in % sul PIL

11,0

10,8

10,7

-0,12

10,7

0,01

- consumi intermedi (1)

119.600

122.045

123.015

970

124.955

1.940

in % sul PIL

8,1

8,0

8,0

0,03

8,1

0,13

- prestazioni sociali in denaro (2)

252.993

264.150

264.150

0

264.921

771

in % sul PIL

17,1

17,2

17,1

-0,08

17,2

0,05

Interessi passivi

67.552

73.991

73.759

-232

73.825

66

in % sul PIL

4,6

4,8

4,8

-0,04

4,8

0,00


 

 

 

 

2006

2007

 


Consuntivo



(A)

RUEF
marzo 2007


(B)

DPEF
non integrato


(C)

Differenza DPEF non integrato –RUEF

(C-B)

DPEF
integrato



(D)

Differenza DPEF integrato –DPEF non integrato
(D-C)

Uscite in c/capitale
-
al netto degli oneri straordinari

59. 315

64.272

63.988

-284

65.667

1.679

-al lordo degli oneri straordinari

88.981

 

 

 

 

 

in % sul PIL
-al netto degli oneri straordinari

6,0

4,2

4,2

-0,04

4,3

0,11

Uscite complessive
-al netto degli oneri straordinari

715.892

747.830

747.025

-805

753.624

6.599

-al lordo degli oneri straordinari

745.558

 

 

 

 

 

in % sul PIL
-al netto degli oneri straordinari

48,5

48,7

48,5

-0,27

48,9

0,43

Saldo corrente

19.005

25.162

27.811

2.649

22.805

-5.006

in % sul PIL

1,3

1,6

1,8

0,16

1,5

-0,32

Saldo primario
-al netto degli oneri straordinari

31.714

39.409

42.142

2.733

35.523

-6.619

-al lordo degli oneri straordinari

2.048

 

 

 

 

 

in % sul PIL
-al netto degli oneri straordinari

2,1

2,6

2,7

0,17

2,3

-0,43

-al lordo degli oneri straordinari

0,1

 

 

 

 

 

Indebitamento netto
-al netto degli oneri straordinari

- 35.838

-34.582

-31.617

2.965

-38.302

-6.685

-al lordo degli oneri straordinari

-65.504

 

 

 

 

 

in % sul PIL
-al netto degli oneri straordinari

-2,4

-2,3

-2,1

0,20

-2,5

-0,43

-al lordo degli oneri straordinari

-4,4

 

 

 

 

 

(1)   Nei consumi intermedi sono comprese le prestazioni sociali in natura.

(2)   Nelle prestazioni sociali in denaro sono incluse le pensioni.

 

 


Indebitamento netto 2007 – L’evoluzione delle previsioni
(% PIL)

Obiettivo DPEF 2007-2011(luglio 2006)
e Programma di stabilità (dicembre 2006)

-2,8%

Previsione RUEF (marzo 2007)

-2,3%

Previsione DPEF 2008-2011
(senza effetti decreto-legge n. 81/2007e d.d.l. di assestamento)

-2,1%

Effetti decreto-legge n. 81/2007

-0,36%

Effetto ddl di assestamento

-0,07%

Nuova previsione DPEF 2008-2011

-2,5%

 

Scontando gli effetti del decreto-legge n. 81/2007 in materia finanziaria e del disegno di legge di assestamento, i dati forniti dal DPEF indicano dunque rispetto al 2006 (considerato al netto degli oneri straordinari) un peggioramento dell’indebitamento netto di 2.464 milioni di euro (0,16 per cento del PIL), dovuto ad un aumento della spesa per interessi di 6.273 milioni di euro (0,41 per cento del PIL) compensato in parte da un miglioramento dell’avanzo primario di 3.809 milioni di euro (0,25 per cento del PIL).

 

L’indebitamento netto dell’Italia per il 2007, indicato nel DPEF al 2,5 per cento, si situa ad un livello superiore di 1,5 punti percentuali rispetto alla media dell’area euro (1,0 per cento) stimata dalla Commissione europea nel maggio 2007[2].

 

Per ciò che attiene al rapporto debito pubblico/PIL, la previsione per il 2007 passa dal 105,4 stimato dalla RUEF al 105,1% delle nuove previsioni del DPEF, con un miglioramento anche rispetto al valore di consuntivo del 2006 (106,8%).

 


Il quadro di finanza pubblica per gli anni 2008-2011

Il quadro tendenziale 2008-2011

Il quadro tendenziale di finanza pubblica prospetta per il 2008 un indebitamento netto pari al 2,2 per cento del PIL.

Rispetto al saldo previsto per l’anno in corso, nel 2008 si verificherebbe pertanto un miglioramento di 0,3 punti percentuali di PIL.

 

Tali dati scontano gli effetti della manovra espansiva adottata contestualmente alla presentazione del DPEF, che comporta un peggioramento dell’indebitamento netto di circa 1,9-2 miliardi di euro, corrispondenti allo 0,1 per cento del PIL, per ciascuno degli anni successivi al 2008 (e precisamente di 1.899 milioni nel 2008, di 2.000 milioni nel 2009, di 1.929 milioni nel 2010 e di 2.028 milioni nel 2011).

Il peggioramento è dovuto quasi totalmente ad un aumento delle spese correnti (precisamente di 1.844 milioni nel 2008, di 1.910 milioni nel 2009, di 1.929 milioni nel 2010 e di 2.028 milioni nel 2011), principalmente ascrivibile ad un aumento di 1.500 milioni annui delle prestazioni sociali in denaro, dovuto agli interventi in materia pensionistica previsti dal decreto-legge.

 

L’indebitamento netto tendenziale nel 2008 risulta da un avanzo primario pari allo 2,6 per cento del PIL (superiore di 0,3 punti di PIL rispetto al 2007), e da una spesa per interessi pari al 4,9 per cento del PIL (superiore di 0,1 punti di PIL rispetto al 2007).

 

Sulla base degli andamenti tendenziali delle entrate e delle spese, l’indebitamento netto tendenziale continuerebbe a diminuire negli anni successivi al 2008 (di 0,3 punti percentuali nel 2009, di 0,5 punti nel 2010 e di 0,1 punti nel 2011), fino a giungere all’1,3 per cento nel 2011.

 

Nelle tavole seguenti è esposto il quadro tendenziale del conto economico delle amministrazioni pubbliche per il 2008-2011, posto a raffronto con le previsioni per l’anno in corso e con i risultati dell’esercizio 2006. I dati del DPEF sono forniti, rispettivamente, al netto e al lordo degli effetti della manovra espansiva.


Quadro tendenziale - Conto economico delle P.A.
(Valori assoluti a prezzi correnti)

 

Consunt. (1)

Stime

Previsioni

 

2006

2007

2008

2009

2010

2011

 

 

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

Entrate correnti

675.582

710.848

710.762

738.025

738.050

761.845

761.845

785.301

785.301

809.282

809.282

entrate tributarie

431.914

451.404

451.318

467.811

467.836

483.702

483.702

499.220

499.220

514.846

514.846

- imposte dirette

213.664

226.788

226.702

237.544

237.569

246.514

246.514

255.317

255.317

264.042

264.042

- imposte indirette

218.250

224.616

224.616

230.267

230.267

237.188

237.188

243.903

243.903

250.804

250.804

contributi sociali

192.038

206794

206.794

216.214

216.214

223.300

223.300

230.017

230.017

236.936

236.936

Entrate c/capitale

4.472

4.560

4.560

4.766

4.766

4.868

4.868

4.891

4.891

4.919

4.919

- imposte in c/capitale

222

883

883

356

356

33

33

30

30

30

30

Entrate complessive

680.054

715.408

715.322

742.791

742.816

766.713

766.713

790.192

790.192

814.201

814.201

Uscite correnti

656.577

683.037

687.957

712.093

713.937

727.987

729.897

745.394

747.323

766.278

768.306

Uscite correnti al netto interessi

589.025

609.278

614.132

634.006

635.546

647.067

648.587

661.507

663.007

679.717

681.217

di cui:
- redditi lavoro dipendente

162.999

164.475

164.689

172.677

172.677

174.628

174.628

177.207

177.207

180.459

180.459

- consumi intermedi (2)

119.600

123.015

124.955

127.715

127.745

131.718

131.733

134.082

134.082

138.083

138.083

- prestazioni sociali in denaro (3)

252.993

264.150

264.921

275.610

277.110

281.840

283.340

290.430

291.930

300.580

302.080

Interessi passivi

67.552

73.759

73.825

78.087

78.391

80.920

81.310

83.887

84.316

86.561

87.089

Uscite in c/capitale

59.315

63.988

65.667

64.674

64.754

68.015

68.105

67.773

67.773

68.249

68.249

Uscite complessive

715.892

747.025

753.624

776.767

778.691

796.002

798.002

813.167

815.096

834.527

836.555

Saldo corrente

19.005

27.811

22.805

25.932

24.113

33.858

31.948

39.907

37.978

43.004

40.976

Saldo primario

31.714

42.142

35.523

44.111

42.516

51.631

50.021

60.912

59.412

66.235

64.735

Indebitamento netto

-35.838

-31.617

-38.302

-33.976

-35.875

-29.289

-31.289

-22.975

-24.904

-20.326

-22.354

PIL nominale

1.475.401

1.541.113

1.606.072

1.664.947

1.723.681

1.784.358

(1)I dati di consuntivo sono al netto degli oneri straordinari.

(2)Nei consumi intermedi sono comprese le prestazioni sociali in natura.

(3)Nelle prestazioni sociali in denaro sono comprese anche le pensioni.


Quadro tendenziale - Conto economico delle P.A.
(Valori in % del PIL)

 

Consunt.
(1)

Stime

Previsioni

 

2006

2007

2008

2009

2010

2011

 

 

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

dpef
non integr.

dpef
integr.

Entrate correnti

45,8

46,1

46,1

46,0

46,0

45,8

45,8

45,6

45,6

45,4

45,4

entrate tributarie

29,3

29,3

29,3

29,1

29,1

29,1

29,1

29,0

29,0

28,9

28,9

- imposte dirette

14,5

14,7

14,7

14,8

14,8

14,8

14,8

14,8

14,8

14,8

14,8

- imposte indirette

14,8

14,6

14,6

14,3

14,3

14,2

14,2

14,2

14,2

14,1

14,1

contributi sociali

13,0

13,4

13,4

13,5

13,5

13,4

13,4

13,3

13,3

13,3

13,3

Entrate in c/capitale

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

- imposte in c/capitale

0,0

0,1

0,1

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

Entrate complessive

46,1

46,4

46,4

46,2

46,3

46,1

46,1

45,8

45,8

45,6

45,6

Pressione Fiscale

42,3

42,8

42,8

42,6

42,6

42,5

42,5

42,3

42,3

42,1

42,1

Uscite correnti

44,5

44,3

46,1

44,3

44,5

43,7

43,8

43,2

43,4

42,9

43,1

Uscite correnti netto interessi

39,9

39,5

39,8

39,5

39,6

38,9

39,0

38,4

38,5

38,1

38,2

di cui:
- redditi lavoro dipendente

11,0

10,7

10,7

10,8

10,8

10,5

10,5

10,3

10,3

10,1

10,1

- consumi intermedi (2)

8,1

8,0

8,1

8,0

8,0

7,9

7,9

7,8

7,8

7,7

7,7

- prestazioni sociali in denaro (3)

17,1

17,1

17,2

17,2

17,3

16,9

17,0

16,8

16,9

16,8

16,9

Interessi passivi

4,6

4,8

4,8

4,9

4,9

4,9

4,9

4,9

4,9

4,9

4,9

Uscite in c/capitale

4,0

4,2

4,3

4,0

4,0

4,1

4,1

3,9

3,9

3,8

3,8

Uscite complessive

48,5

48,5

48,9

48,4

48,5

47,8

47,9

47,2

47,3

46,8

46,9

Saldo corrente

1,3

1,8

1,5

1,6

1,5

2,0

1,9

2,3

2,2

2,4

2,3

Saldo primario

2,1

2,7

2,3

2,7

2,6

3,1

3,0

3,5

3,4

3,7

3,6

Indebitamento netto

-2,4

-2,1

-2,5

-2,1

-2,2

-1,8

-1,9

-1,3

-1,4

-1,1

-1,3

Debito/PIL

106,8

104,7

105,1

102,7

103,2

100,9

101,4

98,7

99,3

96,6

97,2

PIL nominale

1.475.402

1.541.113

1.606.072

1.664.947

1.723.681

1.784.358

(1)I dati di consuntivo sono al netto degli oneri straordinari.

(2)Nei consumi intermedi sono comprese le prestazioni sociali in natura.

(3)Nelle prestazioni sociali in denaro sono comprese anche le pensioni.


 

Il quadro tendenziale del conto economico delle amministrazioni pubbliche, comprensivo degli effetti della manovra espansiva approvata contestualmente al DPEF, evidenzia, per quanto concerne l’andamento delle entrate, una diminuzione complessiva dell’incidenza sul PIL dello 0,1 per cento nel 2008 rispetto all’anno precedente, derivanti da una riduzione dell’incidenza delle entrate correnti. Si prevede infatti una riduzione dell’incidenza sul PIL delle imposte indirette dello 0,3 per cento, a fronte di una aumento dello 0,1 per cento delle imposte dirette e dello 0,1 per cento dei contributi sociali.

Nel 2011, l’incidenza delle entrate sul PIL dovrebbe ridursi al 45,6 per cento rispetto al 46,4 per cento del 2007.

 

A livello tendenziale, la pressione fiscale dovrebbe ridursi dal 42,8 per cento del PIL del 2007 al 42,6 per cento nel 2008, per poi scendere gradualmente fino al 42,1 per cento nel 2011.

 

Riguardo alle spese, il quadro tendenziale per il 2008 registra, rispetto alle stime per il 2007, una riduzione dell’incidenza percentuale sul PIL di 0,4 punti, che dipende soprattutto dalla riduzione dell’incidenza delle spese correnti primarie.

 

Il quadro tendenziale evidenzia inoltre una progressiva riduzione del rapporto debito/PIL: tale rapporto, che nel 2007 dovrebbe attestarsi al 105,1 per cento, dovrebbe scendere al di sotto del 100 per cento nel 2010 (99,3 per cento).

Il quadro programmatico 2008-2011

Il quadro programmatico del DPEF conferma l’obiettivo del Governo di raggiungere un bilancio in pareggio nel 2011.

Rispetto all’andamento tendenziale, che indica un indebitamento netto nel 2011 dell’1,3 per cento, il DPEF fissa per il 2011 un obiettivo programmatico di accreditamento netto dello 0,1 per cento del PIL, con un effetto complessivo di correzione dell’ordine dell’1,4 per cento.

 


Confronto tendenziale e programmatico nel 2007-2011
(valori in % del PIL)

 

Tendenziale(1)

Programmatico

 

2007

2008

2009

2010

2011

2008

2009

2010

2011

Saldo corrente

1,5

1,5

1,9

2,2

2,3

1,5

2,3

3,1

4,0

Avanzo primario

2,3

2,6

3,0

3,4

3,6

2,7

3,4

4,2

4,9

Interessi

4,8

4,9

4,9

4,9

4,9

4,9

4,9

4,9

4,8

Indebitamento netto

-2,5

-2,2

-1,9

-1,4

-1,3

-2,2

-1,5

-0,7

0,1

Indebitamento netto strutturale

 

-

-

-

-

2,1

1,4

0,7

0,2

Pressione fiscale

42,8

42,6

42,5

42,3

42,1

-

-

-

-

Fabbisogno settore statale

.-1,9

-2,1

-1,1

-0,7

-0,5

-2,1

-0,7

-0,0

0,7

Fabbisogno settore pubblico

-2,6

-2,3

-1,6

-1,2

-1,0

-2,3

-1,3

-0,6

0,1

Debito/PIL

105,1

103,2

101,4

99,3

97,2

103,2

101,2

98,3

95,0

(1)   Si considera tendenziale il valore integrato con gli effetti del decreto-legge n. 81/2007 in materia finanziaria e del disegno di legge di assestamento.

 

La decisione di non realizzare una manovra correttiva per il 2008 implica una coincidenza tra i valori tendenziali ed i valori programmatici del 2008, con un indebitamento netto del 2,2 per cento, derivante da un avanzo primario del 2,7 per cento ed una spesa per interessi del 4,9 per cento.

 

Il raggiungimento dell’obiettivo del 2011 dovrebbe derivare prevalentemente da un miglioramento dell’avanzo primario, che, nel quadro programmatico, passa dal 2,3 per cento del PIL nel 2009 al 4 per cento del PIL nel 2011 (a fronte di un quadro tendenziale che mostra un valore dell’1,9 per cento del PIL nel 2009 e di un 2,3 per cento nel 2011).

 

Per quanto attiene invece al bilancio dello Stato, il DPEF fornisce, comunque, il limite massimo, a livello programmatico, del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, che dovrà essere assunto nella legge finanziaria per il 2008.

Il saldo netto da finanziare non dovrà superare 24 miliardi di euro per il 2008, 21,5 miliardi di euro per il 2009 e 18 miliardi di euro per il 2010.

 

Passando ai confronti internazionali, come già rilevato per il 2007, l’indebitamento netto stimato per il 2008 (-2,2 per cento) si attesta ad un livello superiore rispetto a quello stimato dalla Commissione europea per l’area dell’euro (-0,8 per cento).


La manovra di finanza pubblica

Alla luce del quadro tendenziale di finanza pubblica, il Governo non ritiene necessario varare una manovra correttiva per il 2008.

Questa impostazione si discosta da un rispetto rigoroso del percorso delineato nell’ambito della procedura di deficit eccessivo cui è sottoposta l’Italia (cfr. infra).

Secondo le informazioni contenute nel DPEF, a rafforzamento della procedura, sarebbero giunte da parte delle autorità europee indicazioni nel senso di destinare integralmente le risorse derivanti dal favorevole andamento del quadro di finanza pubblica al miglioramento dei saldi e di realizzare per il 2008 una manovra correttiva di circa 10,1 miliardi di euro, corrispondenti allo 0,6 per cento del PIL.

Il Governo non ritiene peraltro questa ipotesi compatibile con le attuali condizioni economiche e sociali del Paese, anche in considerazione del rilevante aggiustamento strutturale realizzato con legge finanziaria per il 2007 e indica un percorso differente per il raggiungimento di un saldo di bilancio in pareggio nel 2011 (cfr. infra).

 

La seguente tabella mette a confronto la manovra correttiva annua da realizzare sulla base di un rispetto letterale delle indicazioni dell’Unione europea e quella indicata del DPEF, tenendo conto della manovra espansiva varata con il decreto-legge n. 81/2007 in materia finanziaria e con il disegno di legge di assestamento. Vengono altresì messi a confronto i dati della manovra cumulata per gli anni 2007-2011 e 2008-2011.

 

(in miliardi di euro)

 

Manovra annua

Manovra cumulata

 

2007

2008

2009

2010

2011

2007-2011

2008-2011

Indicazioni UE (a)

0

10,1

3

2,5

5,5

21,1

21,1

DPEF (b)

-6,7

0

6,3

6,5

11,4

17,5

24,2

Differenza (b-a)

-6,7

-10,1

3,3

4

5,9

-3,6

3,1

 

Segno “+“ = manovra correttiva; segno “-“ = manovra espansiva

 

Come emerge dai dati riportati, il Governo prospetta, rispetto alle indicazioni dell’Unione europea, una diversa scansione temporale del percorso di avvicinamento all’obiettivo di pareggio, profilando un rallentamento di tale percorso nell’anno in corso e nel 2008 ed un’accelerazione gli anni successivi.

Il DPEF non indica, peraltro, quali interventi il Governo intende adottare per attuare le correzioni previste nel triennio 2009-2011.

 

La decisione di non effettuare alcuna correzione dei conti pubblici con la manovra di finanza pubblica per il 2008 non esclude che una manovra sia comunque necessaria per il reperimento delle risorse per interventi che, pur non previsti a legislazione vigente, il Governo ritiene vincolanti e per nuove iniziative di natura politica.

 

Per quanto riguarda gli interventi che il Governo ritiene vincolanti, il DPEF indica innanzitutto quelli derivanti da “impegni sottoscritti” di natura politica già assunti sul piano interno (accordi siglati con i sindacati per il pubblico impiego e tavolo di concertazione su previdenza e lavoro) ed internazionale (Fondo globale per la lotta all’AIDS, IDA XIV e contributi ad organismi di cooperazione internazionale). Di tali interventi il DPEF fornisce una quantificazione certa.

Le ulteriori misure vincolanti riguardano invece quelle che il DPEF definisce “prassi consolidate”: si tratta di interventi per i contratti di servizio con le imprese pubbliche (Ferrovie dello Stato, ANAS, ENAV, Poste italiane) volti a garantire lo svolgimento di servizi pubblici essenziali, per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, per la proroga di agevolazioni fiscali che sono di anno in anno confermate dalla legge finanziaria e per l’integrazione del Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all’attualizzazione dei contributi pluriennali, volta ad assicurare la realizzazione di interventi, per lo più in materia di infrastrutture, già previsti a legislazione vigente ed allo stato bloccati a seguito dell’applicazione della normativa contabile europea. Per tali misure il DPEF fornisce una quantificazione meramente indicativa, con l’eccezione dei rinnovi contrattuali, per i quali non viene indicata alcuna quantificazione.

Nella manovra di finanza pubblica saranno altresì previsti ulteriori interventi (“nuove iniziative”) il cui contenuto resta ancora da definire in sede politica e per i quali si prevede di stanziare risorse per un importo (anch’esso meramente indicativo) di circa 10 miliardi di euro annui. Nell’ambito di queste iniziative il DPEF indica la riduzione dell’ICI sulla prima casa ed una detrazione a favore degli inquilini.

 


La seguente tabella riporta i dati forniti dal DPEF circa le risorse da destinare agli interventi di carattere espansivo che saranno definiti nella manovra di finanza pubblica per il 2008.

(dati in milioni di euro)  

 

2008

2009

2010

1. “Impegni sottoscritti”
(quantificazione certa)

4.104

1.711

1.711

Tavolo di concertazione su previdenza e lavoro

1.000

1.000

1.000

Contratti pubblico impiego (inclusa scuola)

2.354

561

561

Cooperazione allo sviluppo (Fondo AIDS e IDA XIV)

750

150

150

2. “Prassi consolidate”
(quantificazione indicativa)

7.160

7.660

7.660

(escluse risorse per rinnovi contrattuali del pubblico impiego)

Ferrovie dello Stato

4.000

3.500

3.500

ANAS

1.000

1.500

1.500

ENAV

30

30

30

POSTE

130

130

130

Fondo compensazione effetti contributi pluriennali

800

1.000

1.000

Proroga agevolazioni fiscali

1.200

1.500

1.500

Prossimi rinnovi contrattuali del pubblico impiego

da definire

3. “Nuove iniziative”
(quantificazione indicativa)

10.000

10.000

10.000

Totale complessivo

21.264

19.371

19.371

 

(escluse risorse per rinnovi contrattuali del pubblico impiego)

 

Le risorse da reperire con la manovra di finanza pubblica risulterebbero dunque pari a 21,3 miliardi di euro per il 2008 (corrispondenti all’1,3 per cento del PIL) e a 19,4 miliardi per il 2009 (1,2 per cento del PIL) ed il 2010 (1,1 per cento del PIL), a cui vanno aggiunte la risorse per i prossimi rinnovi contrattuali del pubblico impiego.

Appare al riguardo opportuna una quantificazione, anche di carattere puramente indicativo, sulle risorse che si reputano necessarie per i prossimi rinnovi contrattuali.

Appare inoltre opportuno che il Governo fornisca chiarimenti in ordine alla natura permanente o meno degli oneri relativi all’anno 2010.

 

Per ciò che attiene in particolare agli interventi in materia di previdenza e lavoro, il Governo ritiene di stanziare dal 2008 1 miliardo di euro annui, che si aggiungono agli 1,5 miliardi annui già previsti dal decreto-legge n. 81/2007 in materia finanziaria (per un totale di 2,5 miliardi annui), da ripartire nel seguente modo:

§       700 milioni per gli ammortizzatori sociali, di cui 600 milioni per i trattamenti diretti ed i contributi figurativi (300 milioni per i giovani) e 100 milioni per politiche attive del lavoro per i giovani;

§       300 milioni «per incrementare il salario produttività nella contrattazione decentrata e per gli straordinari».

Il DPEF sottolinea al riguardo che eventuali ulteriori risorse per la previdenza dovranno essere reperite all’interno dello stesso settore previdenziale.

 

Dalle indicazioni fornite dal DPEF sembrerebbe evincersi dunque che il miliardo di euro annui relativi al tavolo di concertazione su previdenza e lavoro dovrebbero essere destinati agli ammortizzatori sociali e ad interventi per la produttività del lavoro.

Non vengono invece fornite indicazioni circa le eventuali risorse da destinare alla trattativa in corso sull’aumento dell’età pensionabile (cd. “scalone”), le quali dovrebbero dunque essere reperite nell’ambito del sistema previdenziale.

Appare comunque necessario un chiarimento del Governo circa la correttezza di questa ricostruzione.

Occorrerebbe altresì chiarire, nel caso in cui si decida di destinare ulteriori risorse ad interventi in materia previdenziale compensativi all’interno del settore, se queste ulteriori risorse possano ritenersi già incluse nell’ambito delle “nuove iniziative” per cui si prevede di stanziare 10 miliardi annui o se debbano invece ritenersi aggiuntive.

 

Per quanto riguarda invece le “nuove iniziative”, secondo il DPEF, rientrano in questa categoria anche gli interventi che si intenderanno adottare per dare seguito alle iniziative «sbloccate dal Governo per il 2007 attraverso il decreto-legge» n. 81/2007 in materia finanziaria.

 

Tra gli interventi previsti dal decreto-legge si ricorda in particolare, la reintegrazione, per un importo di circa 2 miliardi per il 2007, delle spese del bilancio dello Stato, ridotte dall’articolo 1, comma 507, della legge finanziaria per il 2007. Quest’ultimo aveva infatti disposto in sostanza un taglio complessivo di 4,5 miliardi nel 2007, di 5 miliardi nel 2008 e di 4,9 miliardi nel 2009, che si è rivelato difficilmente sostenibile da parte delle amministrazioni[3].

Appare al riguardo opportuno che il Governo fornisca chiarimenti in ordine alla necessità di una reintegrazione delle risorse per gli anni 2008 e 2009 di carattere analogo a quella disposta dal decreto-legge » n. 81/2007 in materia finanziaria.

 

Per ciò che riguarda la individuazione e la specifica quantificazione degli interventi da finanziare, il DPEF rimanda alla «discussione che avverrà tra la presentazione del DPEF e quella del disegno di Legge finanziaria, organizzata sulle linee di un atto di indirizzo che stabilisce procedure e metodi per l’individuazione delle nuove proposte.»

 

Appare al riguardo opportuno che il Governo fornisca maggiori informazioni circa la natura e i contenuti del predetto atto di indirizzo.

 

Gli interventi prospettati – pari a 21,3 miliardi di euro per il 2008 e a 19,4 miliardi per il 2009 ed il 2010, al netto delle risorse per i prossimi rinnovi contrattuali - dovranno assicurare la neutralità sui saldi di finanza pubblica e dovranno pertanto trovare un’adeguata copertura finanziaria nell’ambito della manovra.

Al riguardo il DPEF, sottolineando l’impegno prioritario del Governo per il contenimento e la riduzione graduale della pressione fiscale, ritiene che le risorse dovrebbero[4] essere reperite attraverso interventi di riduzione della spesa.

 

Si osserva al riguardo che il DPEF non fornisce alcuna indicazione circa le specifiche iniziative di riduzione della spesa da adottare.

Sarebbe a tal fine opportuno poter disporre di informazioni aggiornate in merito agli effettivi risparmi conseguiti in virtù dei tagli orizzontali della spesa disposti dalla legge finanziaria 2007, come dalle manovre degli anni precedenti. Ciò anche al fine di poter valutare i margini per conseguire ulteriori risparmi nel 2008–2011, necessari al finanziamento degli interventi programmati.

 

Il DPEF auspica inoltre che il valore della spesa primaria sia oggetto di discussione nell’ambito del dibattito parlamentare, suggerendo la possibilità che la risoluzione parlamentare fornisca indicazioni in merito e ricordando che nel 2008 la spesa primaria raggiunge, nel quadro tendenziale, un valore di 700,3 miliardi di euro (corrispondenti al 43,6 per cento del PIL).


 

La procedura di disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia

 

Nel luglio 2005 il Consiglio ECOFIN ha adottato una decisione sull’esistenza di una situazione di disavanzo eccessivo dell’Italia e ha avviato la procedura volta a far cessare tale situazione.

Nella connessa raccomandazione, il Consiglio ha raccomandato all’Italia di:

§       riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al di sotto del 3% del PIL in modo credibile e sostenibile entro il 2007. A tal fine il Consiglio ha rilevato la necessità, oltre che di attuare con rigore il bilancio 2005, di adottare le misure necessarie per garantire una riduzione cumulativa del disavanzo corretto per il ciclo, al netto di misure una tantum e di altre misure temporanee, di almeno l'1,6% del PIL nel periodo 2006-2007 rispetto al suo livello nel 2005, con la realizzazione di almeno metà dell'aggiustamento nel 2006;

§       assicurare che il rapporto debito pubblico/PIL si riduca sufficientemente e si avvicini al valore di riferimento (60%) ad un ritmo soddisfacente, ripristinando a medio termine un adeguato livello di avanzo primario;

§       riportare le finanze pubbliche ad una posizione a medio termine prossima al pareggio o positiva, tramite una riduzione del disavanzo corretto per il ciclo, al netto di misure una tantum e di altre misure temporanee, di almeno lo 0,5% del PIL all'anno dopo la correzione del disavanzo eccessivo.

Il Consiglio ha rilevato altresì la necessità di aumentare la trasparenza nella raccolta e nel trattamento dei dati relativi alle finanze delle amministrazioni pubbliche nei conti nazionali italiani.

 

Il 14 marzo 2006, il Consiglio ha esaminato l’aggiornamento annuale del programma di stabilità presentato dall’Italia nel dicembre 2005 e lo ha ritenuto compatibile con una correzione del disavanzo eccessivo entro il 2007. Si è pertanto ritenuto di non procedere alle fasi successive della procedura di disavanzo eccessivo.

 

Nel dicembre 2006, il Governo ha presentato l’aggiornamento annuale del Programma di stabilità dell’Italia che indica, a decorrere dal 2008, una correzione in termini strutturali compresa tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento annuo, per raggiungere nel 2011, ultimo anno di previsione, un saldo positivo di bilancio, sempre al netto della componente ciclica e delle misure una tantum.

 

Il 27 febbraio 2007 il Consiglio ha espresso il parere sull’aggiornamento annuale del programma di stabilità dell’Italia e lo ha ritenuto compatibile con una correzione del disavanzo eccessivo entro il 2007, a condizione che la manovra di bilancio 2007 fosse attuata in modo completo ed efficace. Per gli anni successivi al 2007, l'aggiustamento previsto  è  stato  considerato  in  linea  con i requisiti del Patto di  stabilità e  crescita

consentendo il conseguimento dell'obiettivo di medio termine entro la fine del periodo coperto dal programma, cioè entro il 2011.

Alla luce della raccomandazione del 28 luglio 2005, relativa alle misure da adottare per la correzione del disavanzo eccessivo, il Consiglio ha invitato l'Italia:

§       a conseguire il previsto risanamento delle finanze nel 2007;

§       ad approfittare, ai fini della riduzione del disavanzo, dell'andamento del bilancio migliore del previsto e a garantire, dopo la correzione del disavanzo eccessivo, un adeguato avvicinamento all'obiettivo di medio termine, per raggiungerlo al più tardi entro il 2011, e una conseguente riduzione del rapporto debito/PIL;

§       in considerazione dell'altissimo livello del debito, a dare piena attuazione alle riforme adottate in materia di pensioni, compreso il previsto adeguamento attuariale periodico in linea con le aspettative di vita, al fine di evitare significativi aumenti della spesa connessa all'invecchiamento demografico;

§       a migliorare il processo di risanamento del bilancio aumentandone la trasparenza, specificando in maniera più dettagliata le misure di bilancio in una prospettiva a più lungo termine e attuando efficacemente meccanismi di sorveglianza e controllo della spesa, specialmente di quella sanitaria.

 

 


Le politiche di settore

 


Politiche dell’entrata

Politica tributaria

Andamento delle entrate tributarie

Il Governo evidenzia di aver intrapreso un programma di lotta all’evasione fiscale che ha dato i primi risultati già nel 2006, con un forte aumento delle entrate tributarie, dovuto per circa un terzo a un miglioramento dell’adempimento spontaneo dei contribuenti. La crescita del gettito tributario è proseguita nei primi mesi del 2007.

L’andamento delle entrate tributarie per il quinquennio 2002-2006, riportato nella tabella contenuta nelle pagine successive, evidenzia un aumento delle imposte dirette nel 2006 rispetto al 2005, del 12,8 per cento e delle imposte indirette del 6,9 per cento. L’incremento totale delle entrate tributarie erariali è del 9,9 per cento.

Si ritiene inoltre utile evidenziare, nella tabella che segue, l’andamento storico delle entrate in rapporto al PIL, nel periodo fra il 1992 e il 2006:

 

 

Imposte dirette

Imposte indirette

Imposte in conto capitale

Pressione tributaria

Contributi sociali

Pressione fiscale complessiva

1992

14,3

11,0

1,9

27,2

14,7

41,8

1993

15,7

11,7

0,7

28,0

14,9

42,8

1994

14,6

11,5

0,1

26,2

14,6

40,7

1995

14,5

11,8

0,6

26,8

14,4

41,1

1996

15,1

11,6

0,3

26,9

14,7

41,5

1997

15,8

12,2

0,7

28,7

15,0

43,6

1998

14,3

15,1

0,4

29,7

12,6

42,2

1999

14,9

14,9

0,1

29,9

12,5

42,2

2000

14,4

14,7

0,1

29,2

12,4

41,5

2001

14,7

14,2

0,1

29,0

12,3

41,2

2002

13,9

14,3

0,2

28,4

12,5

40,7

2003

13,4

14,0

1,3

28,7

12,6

41,3

2004

13,3

14,1

0,6

28,0

12,7

40,6

2005

13,3

14,2

0,1

27,7

12,9

40,5

2006

14,5

14,8

0,02

29,3

13,0

42,3

Fonte:per gli anni 1992-2005: DPEF 2007-2011, tav. III.2 a pag. 75;

             per l’anno 2006: DPEF 2008-2011, tav. III.5 a pag. 35 e pag. 41.

 


Le previsioni circa gli andamenti tendenziali delle entrate rispetto al PIL per gli anni 2007-2011 sono contenute nella tabella che segue, la quale evidenzia una progressiva riduzione della pressione fiscale:

 

 

Imposte dirette

Imposte indirette

Imposte in conto capitale

Pressione tributaria

Contributi sociali

Pressione fiscale complessiva

2007

14,7

14,6

0,1

29,3

13,4

42,8

2008

14,8

14,3

0,0

29,2

13,5

42,6

2009

14,8

14,2

0,0

29,1

13,4

42,5

2010

14,8

14,2

0,0

29,0

13,3

42,3

2011

14,8

14,1

0,0

28,9

13,3

42,1

Fonte:DPEF 2008-2011, tav. III.5 a pag. 35 e pag. 41.

 

 

Per l’analisi dell’andamento delle entrate si rinvia all’apposita scheda contenuta nella Parte IV del dossier sul DPEF 2008-2011 del 4 luglio 2007, predisposto dai Servizi Bilancio e Studi della Camera e dal Servizio Bilancio del Senato.


Cap.

Entrate tributarie erariali

2002

2003

2004

2005

2006

1023

IRPEF

123.316

127.788

131.213

135.989

144.679

1024

IRPEG – IRES

30.185

28.682

28.335

34.140

39.702

1026

Imposta sostitutiva

9.231

7.542

6.916

6.926

8.888

1034

Imposte sostitutive redditi capitale e plusvalenze

3.745

3.212

3.751

1.360

2.108

1182

Imposta sostitutiva rivalutazione dei beni

1.592

1.361

3.675

728

448

-

Altre imposte dirette

5.584

4.604

5.098

4.432

11.322

 

TOTALE IMPOSTE DIRETTE

173.653

173.189

178.988

183.575

207.147

1201

Imposte di registro

4.201

4.186

4.427

4.811

5.120

1203

IVA, di cui:

95.515

98.864

101.710

106.179

115.503

1203/1

- IVA su scambi interni

84.256

87.714

89.921

93.686

101.025

1203/2

- IVA su importazioni

11.259

11.150

11.789

12.493

14.478

1205

Bollo

3.971

3.998

5.220

5.019

5.387

1208

Assicurazioni

2.525

2.654

3.116

2.813

2.901

1210

Ipotecaria

1.243

1.248

1.227

1.440

2.038

1216

Canoni abbonamento

1.404

1.462

1.502

1.516

1.501

1217

Concessioni governative

898

1.135

1.119

1.251

1.297

1218

Tasse automobilistiche

294

467

484

548

523

1230

Imposta sugli spettacolo e sulle case da gioco

56

68

108

67

60

1239

Successioni e donazioni

719

336

148

52

25

1243

Diritti catastali e di scritturato

663

662

648

784

1.041

1401

Imposta di fabbricazione sugli spiriti

563

574

571

592

604

1409

Imposta di fabbricazione sugli oli minerali

19.912

21.131

20.752

21.226

21.337

1410

Imposta di fabbricazione sui gas incondensabili

617

644

585

698

567

1411

Imposta sull’energia elettrica e addizionali

1.097

1.201

1.198

1.336

1.253

1421

Imposta di consumo sul gas metano

2.861

3.960

3.682

4.053

4.020

1431

Imposta di consumo sugli oli lubrificanti

366

389

351

357

431

1601

Imposta di consumo sui tabacchi

7.871

8.047

8.720

9.010

9.722

1801

Proventi del Lotto

7.863

6.938

11.689

7.343

6.507

-

Altre imposte indirette

7.413

10.020

12.500

9.043

10.572

 

TOTALE IMPOSTE INDIRETTE

160.052

167.984

179.757

178.138

207.147

 

TOTALE ENTRATE TRIBUTARIE

333.705

341.173

358.745

361.713

397.556


 

 

Entrate tributarie degli enti territoriali

2002

2003

2004

2005

2006

Addizionale regionale IRPEF

4.975

6.166

6.741

6.430

6.198

Addizionale comunale IRPEF

1.096

1.571

1.615

1.555

1.561

IRAP

32.072

33.590

33.384

35.995

39.091

 

 

 

(Dati di competenza – Accertamenti).

Elaborazione del Servizio Studi sui “Bollettini sulle entrate tributarie” del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento per le politiche fiscali.


Nonostante il buon andamento delle entrate tributarie, Il Governo conferma che la lotta all’evasione resta uno dei capisaldi della propria politica fiscale per i prossimi anni (a tal proposito si rinvia al paragrafo Lotta all’evasione).

La riduzione dell’evasione fiscale, con il conseguente aumento delle risorse disponibili, consentirà al Governo di attuare progressivamente alcune priorità in ambito tributario, espressamente elencate nel paragrafo VI.2 del Documento di programmazione economico-finanziaria in commento.

Interventi in favore dei cittadini e delle imprese

Si prevede innanzitutto di ridurre il carico tributario e di dare sollievo ai redditi bassi e medi e a quelli delle famiglie numerose, sostenendo il reddito dei cittadini e delle famiglie e riducendo la tassazione sulla casa.

Il Documento ricorda che, con la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), sono già stati introdotti una serie di interventi a sostegno delle famiglie ed è stato ridotto, seppure in maniera limitata, il carico fiscale individuale.

Si tratta della riforma degli assegni al nucleo familiare, contenuta nell’articolo 1, comma 11, della citata legge, con la quale è stato ridisegnato l’andamento di tali assegni in funzione del reddito ed è stata estesa la loro fruizione a fasce di reddito precedentemente escluse.

Per quanto riguarda invece l’imposta sui redditi delle persone fisiche - IRPEF, si segnala che l’articolo 1, comma 6, della stessa legge n. 296 del 2006, ha interamente sostituito gli articoli da 11 a 13 del Testo unico delle imposte dirette - TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, recando i seguenti interventi:

§       rideterminazione degli scaglioni di reddito e delle relative aliquote di imposta e soppressione del contributo di solidarietà gravante sui redditi superiori a 100.000 euro;

Nella tabella sono poste a confronto le aliquote previgenti (compreso il contributo di solidarietà) con quelle introdotte dalla legge n. 296 del 2006:

 

CLASSI DI REDDITO
(in euro)

Aliquote previgenti

Aliquote vigenti

fino a 15.000

23%

23%

da 15.000 a 26.000

27%

da 26.000 a 28.000

33%

da 28.000 a 33.500

38%

da 33.500 a 55.000

39%

da 55.000 a 75.000

41%

da 75.000 a 100.000

43%

oltre 100.000

43%

 

-       soppressione della deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione (c.d. no tax area);

-       soppressione della deduzione per oneri di famiglia e introduzione di detrazioni per carichi di famiglia;

-       introduzione di detrazioni di importo differenziato per i redditi di lavoro dipendente e autonomo, di impresa e di pensione.

 

Gli interventi del Governo saranno indirizzati ai seguenti obiettivi:

§      sostegno ai redditi dei cittadini, rimodulando il profilo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche – IRPEF e delle relative detrazioni, in modo da:

i)        ridurre il peso della tassazione sui redditi personali,

ii)       sostenere i redditi più bassi,

iii)      rafforzare il sostegno ai redditi medi

iv)     estendere, per quanto possibile, i benefici anche ai redditi medio-alti.

§      sostegno ai redditi delle famiglie. Il Governo intende innanzitutto combinare le restituzioni mensili agli “incapienti” con un ulteriore miglioramento degli assegni al nucleo familiare. Successivamente le detrazioni ai fini IRPEF e gli assegni al nucleo familiare dovrebbero essere unificati in unico istituto a sostegno del reddito delle famiglie con figli minori, che costituirà, secondo quanto affermato nel Documento, una forma di imposta negativa a favore dei redditi bassi, in quanto il reddito disponibile dei soggetti in questione risulterà maggiore del reddito imponibile.

Si ricorda che gli incapienti sono i contribuenti che, a causa della scarsità del proprio reddito, non possono, di fatto, godere delle deduzioni e detrazioni alle quali avrebbero diritto.

Il Governo afferma espressamente che gli interventi sopra illustrati saranno attuati nell’ambìto di un sistema di tassazione su base individuale.

A tal proposito si evidenzia che presso la Commissione Finanze della Camera, nel mese di marzo 2007, è stato avviato l’esame di alcune proposte di legge abbinate[5], le quali prevedono il superamento della tassazione dei redditi della famiglia su base individuale e l’introduzione del quoziente familiare, ovvero di un sistema di imposizione sul reddito, nel quale i redditi dei componenti del nucleo familiare si sommano e il risultato viene diviso per coefficienti determinati in relazione al numero e alla qualità dei componenti il nucleo. Le aliquote d’imposta sono applicate all’importo risultante dalla divisione. L’imposta dovuta dal nucleo familiare è determinata infine moltiplicando il risultato di quest’ultima operazione per lo stesso coefficiente utilizzato per la divisione.

Anche presso la Commissione Finanze e tesoro del Senato sono attualmente all’esame cinque disegni di legge, tutti di iniziativa parlamentare, volti all’introduzione dl quoziente familiare.[6]

§      riduzione della tassazione sulla casa. Il Governo, per il quale il funzionamento del mercato della casa e degli affitti, soprattutto per i giovani, è una della principali preoccupazioni, intende ridurre l’imposta comunale sugli immobili – ICI gravante sulla prima casa, a partire dal 2008, nel quadro delle compatibilità finanziarie. Il Documento osserva che il sistema tributario può favorire lo sviluppo di un mercato funzionale mediante una riforma dell’ICI e del carico tributario sulle abitazioni principali.

Il Governo evidenzia che il sistema delle detrazioni attualmente previsto per l’ICI sull’abitazione principale ha effetti differenziati in relazione alle dimensioni del comune nel quale si trova l’immobile, consentendo, nei comuni con meno di 5.000 abitanti, l’esenzione di quasi il 40 per cento dei proprietari, mentre nei comuni con più di 500.000 abitanti, solo l’8 per cento dei proprietari risulta esente dall’imposta. Il Documento dichiara pertanto necessaria una riforma del sistema di detrazioni, al fine di ridurre la tassazione e favorire una migliore distribuzione del carico tributario.

L’articolo 8, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, recante Riordino della finanza degli enti territoriali, prevede la detrazione annua di lire 200.000 (pari a 103,29 euro) dall’ICI dovuta sull’abitazione principale. La detrazione è commisurata al periodo dell’anno nel quale l’unità immobiliare è adibita a abitazione principale e deve essere suddivisa tra i soggetti passivi che hanno adibito l’unità immobiliare a propria abitazione principale. I comuni hanno facoltà di ridurre fino al 50 per cento l’imposta dovuta per l’abitazione principale o, in alternativa, di elevare l’importo della detrazione sino a 500.000 lire (pari a 258,29 euro). La facoltà può essere esercitata anche con riferimento a specifiche categorie di soggetti in situazioni di particolare disagio economico-sociale.

Si ritiene opportuno segnalare che l’articolo 6, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Finanze della Camera, del disegno di legge A.C. 1762-A[7]delega in Governo ad emanare uno o più decreti legislativi con i quali dovrà essere disposta, con effetti a decorrere dall’anno 2008, in attesa della realizzazione della riforma del sistema estimativo del catasto dei fabbricati, una detrazione complessiva ai fini dell’ICI per l’abitazione principale non inferiore a 290 euro.

L’articolo 5 dello stesso disegno di legge, in base a una modifica introdotta nel corso dell’esame presso la Commissione Finanze della Camera, prevede che il Governo, delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per la riforma generale del sistema di valutazione del catasto dei fabbricati, riconosca, successivamente alla completa realizzazione di tale riforma, una franchigia per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, sostitutiva delle agevolazioni vigenti, per esentare, anche gradualmente, i primi 150 metri quadrati di superficie.

Ai sensi dell’articolo 8 dello stesso disegno di legge A.C. 1762-A, i decreti legislativi contenenti le sopra indicate agevolazioni, potranno essere emanati solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.

Infine si evidenzia che le sopra citate proposte di legge A.C. 2297 e A.S. 1309 prevedono l’esenzione dal pagamento dell’ICI gravante sull’abitazione principale.

Con riferimento ai soggetti che non posseggono un’abitazione e usufruiscono di un’abitazione concessa in locazione, il Governo intende preservare il loro reddito mediante l’introduzione di un sistema di detrazioni IRPEF dei canoni di locazione, in funzione delle aree geografiche, in linea con gli interventi che saranno attuati per l’ICI.

Attualmente la detrazione dei canoni di locazione ai fini IRPEF è disciplinata dall’articolo 16 del D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR, il quale riconosce una detrazione ai titolari di contratti di locazione[8] di unità immobiliari adibite ad abitazione principale. L’importo della detrazione è di lire 960.000 (pari a 495,80 euro), se il reddito complessivo non supera lire 30.000.000 (pari a 15.493,71 euro) e di lire 480.000, se il reddito complessivo supera lire 30.000.000 (pari a 15.493,71 euro) ma non lire 60.000.000 (pari a 30.987,41 euro).

Lo stesso articolo prevede una detrazione di maggiore importo (rispettivamente lire 1.920.000, pari a 991,60 euro, e lire 960.000, pari a 495,80 euro, per le stesse classi di reddito sopra indicate) in favore dei lavoratori dipendenti che trasferiscono la propria residenza per motivi di lavoro.

Si ricorda poi che con l’articolo 1, comma 319, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007)[9], ha introdotto una detrazione IRPEF dei canoni di locazione per gli studenti che frequentano università ubicate in comuni distanti da quello di residenza almeno 100 chilometri e comunque siti in una provincia diversa. La detrazione spetta nella misura del 19 per cento dei canoni versati, per un importo non superiore a 2.633 euro annui.

Si segnala infine che il già citato articolo 6 del disegno di legge A.C. 1762-A delega in Governo ad emanare uno o più decreti legislativi con i quali dovrà essere introdotto un meccanismo di detrazioni ai fini IRPEF in favore dei conduttori di immobili adibiti ad abitazione principale, tenendo conto delle diverse situazioni reddituali e prevedendo misure in favore dei conduttori che dovessero risultare incapienti e non potessero perciò usufruire delle detrazioni. Ai sensi dell’articolo 8 dello stesso disegno di legge, i decreti legislativi contenenti le indicate detrazioni, potranno essere emanati solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.

Il Documento ritiene inoltre necessario considerare una revisione della tassazione dei redditi percepiti dai soggetti che concedono unità immobiliari in locazione, nel contesto dell’attuazione dei princìpi di delega per la riforma della tassazione dei redditi da capitale.

Si evidenzia che nel disegno di legge delega che prevede, tra gli altri, la riforma della tassazione dei redditi di capitale (A.C. 1762-A) non si dispone nulla con riferimento alla tassazione dei redditi di locazione.

§      riforma dell’imposta sulle società – IRES e della tassazione delle imprese. Il Governo osserva che il sistema produttivo, cuore della crescita, è soggetto a crescenti pressioni concorrenziali e che un’equa ed equilibrata tassazione del reddito delle società di capitale e delle imprese è uno degli strumenti centrali per sostenere la competitività del sistema produttivo italiano. Il Governo propone le seguenti aree di intervento:

Riduzione delle aliquote d’imposizione sui redditi di impresa e ampliamento delle basi imponibili, adeguandosi ad una tendenza in atto da tempo in altri paesi. Implementazione progressiva delle proposte di riforma dell’IRES elaborate dalla Commissione di studio sull’imposizione fiscale sulle società, istituita con D.M. 27 giugno 2006 e presieduta dal Prof. Salvatore Biasco.[10]

Attualmente l’aliquota dell’imposta sulle società – IRES è fissata al 33 per cento (articolo 77 del D.P.R. n. 917 del 1986 – TUIR). I redditi di impresa percepiti dalle persone fisiche concorrono alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche – IRPEF, con applicazione delle relative aliquote per scaglioni (articolo 11 del TUIR). Anche i redditi derivanti alla partecipazione a società di persone concorrono alla formazione del reddito complessivo sul quale si applica l’IRPEF.

Verifica degli studi di settore e del sistema di tassazione delle piccole e medie imprese. In relazione a questa tematica, che viene considerata importante sia per la crescita che per l’equità del sistema tributario, il Governo intende attivare forme di concertazione finalizzate all’ottenimento di un risultato condiviso, affinché il rapporto tra i contribuenti interessati ed l’amministrazione finanziaria si sviluppi in armonia e rispetto reciproco.

Il Documento considera prioritaria l’identificazione delle imprese marginali, nei confronti delle quali si dovrebbero ridurre al minimo gli obblighi tributari, anche con l’eventuale introduzione di sistemi di tassazione forfetaria e semplificata.

Per gli ultimi sviluppi in materia di studi di settore si rinvia al paragrafo relativo alla Lotta all’evasione.

Per quanto riguarda i sistemi di tassazione forfetaria e semplificata, si segnala l’introduzione, da parte dell’articolo 37, comma 15, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, di un regime opzionale di franchigia ai fini IVA per i contribuenti c.d. minimi, ovvero per i contribuenti con volume d’affari non superiore a 7.000 euro annui. Tali soggetti sono esonerati dal versamento dell’IVA e da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972, fatta eccezione per gli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, nonché di certificazione e comunicazione telematica dei corrispettivi. Costoro non possono addebitare l’imposta sulle operazioni effettuate a titolo di rivalsa, né detrarre l’IVA pagata sugli acquisti e sulle importazioni.

§      incentivazione delle aggregazioni di impresa e degli investimenti in ricerca. Il Governo ricorda le difficoltà del sistema produttivo italiano, caratterizzato da una miriade di piccole e piccolissime imprese, a competere sui mercati globalizzati, nei quali la dimensione dell’impresa e la sua capacità innovativa costituiscono importanti elementi. Per rafforzare la struttura delle imprese, il Documento propone di incentivare la quotazione delle imprese e l’apertura del capitale di rischio al private equity, anche prevedendo eventuali sgravi fiscali.

A tale proposito si segnala che l’articolo 20 del disegno di legge A.C. 2272-bis-A[11] delega il Governo a emanare uno o più decreti legislativi per favorire, mediante agevolazioni fiscali, l'intervento da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari nel capitale di rischio delle società, nonché per favorire l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'Unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo.

Con riferimento invece agli incentivi per investimenti nella ricerca, si ricorda che l’articolo 1, commi 280-284, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha concesso un credito di imposta alle imprese per il triennio 2007-2009, nella misura del 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo. Ai fini della determinazione del credito d'imposta i costi non possono, in ogni caso, superare l'importo di 15 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta.[12]

Semplificazione

Il Governo afferma che gli adempimenti tributari costituiscono un costo per il sistema produttivo e la collettività e per tale motivo devono essere ridotti. Evidenzia inoltre che tale costo è particolarmente regressivo, gravando in misura relativamente maggiore sulle piccole e medie imprese.

Il Governo ritiene pertanto che per realizzare un fisco equo e giusto sia centrale la semplificazione degli adempimenti per le imprese di piccola dimensione e la riduzione dei costi per i contribuenti. Per la realizzazione di questi obiettivi il Documento dichiara importante il miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione finanziaria, l’accelerazione del sistema dei rimborsi e l’attuazione dei princìpi di delega in materia di riscossione e accertamento, per avviare la riforma del contenzioso fiscale.

Con riferimento al sistema dei rimborsi si ricorda che l’articolo 1, comma 308, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha ampliato il novero dei soggetti che possono chiedere il rimborso infrannuale dell’IVA ed ha consentito al Ministro dell’economia e delle finanze di individuare, con propri decreti, categorie di contribuenti per i quali, in relazione all’attività esercitata ed alle tipologie di operazioni effettuate, i rimborsi annuali ed infrannuali dell’IVA vengano eseguiti in via prioritaria, entro tre mesi dalla richiesta. In attuazione di tale previsione sono stati emanati:

-        D.M. 22 marzo 2007 (G.U. 31/3/2007, n. 76) che riconosce il diritto al rimborso in via prioritaria ai subappaltatori del settore edile;

-        D.M. 25 maggio 2007 (G.U. 30/6/2007, n. 150) che riconosce il diritto al rimborso in via prioritaria ai soggetti che esercitano attività di recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici.

Si segnala inoltre che l’articolo 3, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione Finanze della Camera, del già citato disegno di legge A.C. 1762-A prevede che parte delle maggiori entrate derivanti dalla gestione del denaro e dei beni confiscati agli appartenenti ad associazioni di tipo mafioso e delle somme giacenti presso la Cassa delle ammende possa essere destinato all’erogazione dei rimborsi di imposta.[13]

Con riferimento alla riscossione e all’accertamento, si segnala che il citato disegno di legge A.C. 1762-A delega al Governo l’emanazione di uno o più decreti legislativi per il riordino della disciplina della riscossione volontaria e coattiva, al fini di potenziare l’attività di recupero delle somme non versate spontaneamente (articolo 2) e uno o più decreti legislativi in materia di accertamento dei tributi erariali, volti ad armonizzare, razionalizzare e semplificare le relative disposizioni (articolo 4).

Federalismo fiscale

Il Governo osserva infine che l’attuazione del federalismo fiscale, previsto dall’articolo 119 della Costituzione, richiede una profonda revisione del sistema di finanziamento degli enti territoriali, da realizzare in modo tale da garantire sia un’autonomia finanziaria significativa ai suddetti enti, sia un adeguato grado di perequazione tra territori differenti.

Nel nuovo sistema di finanziamento degli enti territoriali, i tributi propri avranno il compito di garantire la manovrabilità dei bilanci, l’adattamento dei livelli dell’intervento pubblico alle situazioni locali e la responsabilità delle amministrazioni locali, mentre le compartecipazioni ai tributi erariali dovranno garantire la stabilità, anche in senso dinamico, del volume delle risorse finanziarie.

Accanto alle risorse derivanti dai tributi, lo Stato garantirà un sistema di trasferimenti perequativi che al fine di assicurare il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e delle funzioni fondamentali degli enti locali, come previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione.

In aggiunta alle risorse sopra indicate, in attuazione dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, dovranno essere assicurati a determinati enti territoriali trasferimenti addizionali finalizzati a promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, rimuovere gli squilibri economici e sociali e favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, fermi restando gli impegni assunti dl Governo in sede comunitaria e nazionale.

 

Si segnala che il 28 giugno 2007 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge per il conferimento al Governo della delega a disciplinare la riforma in senso federale della finanza di regioni e enti locali, con indicazione, tra gli altri, di criteri per l’istituzione e l’applicazione di tributi propri da parte degli enti territoriali. Sul testo del disegno di legge dovrà essere acquisito il parere della Conferenza unificata.

 

Per una trattazione più completa delle problematiche connesse all’autonomia finanziaria degli enti territoriali si rinvia al paragrafo relativo alla Finanza territoriale.

 

Finanza territoriale

Il Documento di programmazione economico-finanziaria sottolinea la particolare accelerazione che nel corso degli ultimi anni è stata data al processo di decentramento amministrativo con la riforma del Titolo V della Costituzione e con i conseguenti provvedimenti legislativi di attuazione.

Al riguardo, si ricorda che nel luglio 2006 le Commissioni Affari costituzionali del Senato e della Camera hanno deliberato un ciclo di audizioni congiunte, in materia di attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 2001)[14]. Fra i diversi temi è stata altresì affrontata la riforma del federalismo fiscale ed il suo rapporto con le garanzie di eguaglianza nel godimento dei diritti sociali. In particolare, si è discusso delle modalità e dei tempi di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, con riferimento alla tutela delle autonomie e all’uniforme attuazione delle garanzie costituzionali riferite ai diritti sociali.

 

Coerentemente con il rispetto del principio di sussidiarietà, l’evoluzione dei processi di attuazione della predetta riforma è diretta all’attribuzione di una maggiore autonomia finanziaria alle regioni e agli enti locali.

Il 3 luglio 2007, in un’audizione di fronte alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, il Ministro dell’economia e finanze ha tracciato l’evoluzione storica della quota delle entrate fiscali sul totale delle entrate delle amministrazioni locali. Tale quota, da un valore del 15,7 per cento del 1990, è andata crescendo nel 1995 (25,2%) e nel 2000 (44,7%) fino a quasi triplicarsi in quindici anni (il valore del 2005 è infatti pari al 44,1%).

Al riguardo, il Documento sottolinea che è necessario, da una parte, riconoscere agli enti territoriali un’autonomia tributaria, eventualmente differenziata per livello di governo, accompagnata dalla definizione delle responsabilità rispetto a determinati vincoli di spesa[15], anche con riferimento agli obblighi internazionali e, dall’altra, garantire un adeguato grado di perequazione tra i territori con gettito e spesa potenziale differente.

In particolare, si afferma che la sospensione della facoltà degli enti territoriali di variare la misura delle addizionali disposta nella scorsa legislatura ha causato una battuta d’arresto nella costruzione del federalismo e, con riferimento ai vincoli del patto di stabilità interno, ha spostato progressivamente il controllo dal saldo di bilancio alla dinamica della spesa.

 

La modifica del patto di stabilità degli enti locali attuata dalla legge finanziaria per il 2007, sottolinea il Documento, ha restituito ed ampliato gli spazi di autonomia di tali enti. Con riferimento a province e comuni cui si applica il patto[16], si è inoltre considerata la questione dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per finanziare spese di investimento che non rientrano nel computo dei saldi rilevanti ai fini del patto stesso.

Il decreto-legge n. 81 del 2 luglio 2007, approvato dal Governo contestualmente alla DPEF, all’articolo 2, ha infatti reso utilizzabile nell’esercizio 2007, per gli enti locali che abbiano rispettato il patto di stabilità nel triennio 2004-2006, un ammontare totale degli avanzi di amministrazione pari a 250 milioni di euro (50 mln. per le province e 200 mln. per i comuni).

Dai dati di consuntivo pervenuti al Ministero dell’interno, tale “sblocco” di complessivi 250 milioni di euro è operato a fronte di un valore totale degli avanzi di amministrazione di circa 1,1 miliardi di euro per il comparto delle province e di 4,6 miliardi per quello dei comuni.

Anche con riferimento alle regioni, inoltre, il Documento ritiene opportuno introdurre il saldo quale parametro di riferimento per il patto di stabilità interno, sulla scorta di quanto già disposto dalla legge finanziaria del 2007 per gli enti locali e in base alle disposizioni già inserite nel testo del disegno di legge delega sul federalismo fiscale.

Quest’ultimo provvedimento è stato esaminato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 28 giugno 2007[17] e reca i principi fondamentali secondo cui il Governo intende attuare le disposizioni dell’articolo 119 della Costituzione in materia di autonomie regionali e locali.

I principali obiettivi del disegno di legge delega sul federalismo fiscale, composto da 20 articoli, riguardano:

§      la definizione di un assetto stabile di finanza delle regioni e degli enti locali (distinti in base all’ampiezza demografica) e di una combinazione ottimale, con riferimento ai diversi di governo, di tributi propri e aliquote di compartecipazione erariale[18] per un’attuazione concreta dell’autonomia tributaria, garantita anche da leggi statali in assenza di disposizioni regionali;

§      il finanziamento integrale delle prestazioni regionali essenziali, riguardanti la sanità e l’assistenza sociale mediante un fondo perequativo alimentato da quote di compartecipazione all’IRPEF di competenza di regioni con maggiore capacità fiscale[19];

§      il coinvolgimento e la condivisione di tutti i livelli di governo nella definizione degli obiettivi programmatici, al fine di limitare quegli interventi che presentano carattere frammentario e misure che rispondono prevalentemente ad esigenze di equilibrio finanziario del complesso dei conti pubblici.

 

Il fine ultimo del disegno di legge di delega in materia di federalismo fiscale è definire un quadro di stabilità e certezza che consenta ai singoli enti territoriali di programmare la propria attività secondo il binomio autonomia/responsabilità.

In particolare, il Documento prevede che le norme della manovra di bilancio con ricadute sulla finanza regionale e locale, che attualmente confluiscono all’interno del disegno di legge finanziaria, formeranno oggetto di un apposito disegno di legge presentato nel mese di giugno, previamente concordato con regioni ed enti locali. Tale provvedimento sarà collegato alla manovra di bilancio ed approvato entro il mese di ottobre, con il duplice scopo di decongestionare la sessione di approvazione del bilancio dello Stato, da una parte, e garantire il margine di tempo necessario per gli enti territoriali di formulare autonome politiche di bilancio.

Al riguardo, si ricorda che, a breve distanza dalla conclusione della sessione di bilancio, in data 13 febbraio 2007, le Commissioni bilancio della Camera e del Senato hanno deliberato lo svolgimento di un’indagine conoscitiva congiunta sulla linee di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, approvando (rispettivamente l’8 e il 16 maggio 2007) due documenti di contenuto sostanzialmente identico. Tra i punti di maggiore criticità del quadro vigente individuati, con riferimento all’ipertrofia della legge finanziaria, èelencata l’assenza di una legge organica per il coordinamento della finanza pubblica in conformità all’articolo 119 della Costituzione. Tra le possibili soluzioni si indica una riforma non limitata all’aggiustamento della disciplina vigente, ma tale da aggiornare complessivamente la normativa in materia per giungere ad una legge quadro interamente nuova per la finanza pubblica. In particolare, il documento sottolinea l’opportunità di dare attuazione alla riforma del Titolo V della Costituzione per quanto riguarda in particolare il federalismo fiscale, e di definire, attraverso un'apposita legge organica e con una concertazione con le regioni e gli enti locali, criteri, regole e obiettivi essenziali del patto di stabilità interno, così da snellire il disegno di legge finanziaria, che conterrebbe la sola definizione degli aspetti quantitativi in materia.

La questione era stata peraltro già affrontata durante il dibattito sulla riforma delle procedure di bilancio presso la Giunta per il regolamento della Camera[20]. In tale sede, le comunicazioni del Presidente della Camera hanno sottolineato la necessità di organizzare il contenuto proprio della legge finanziaria alla luce dei nuovi compiti richiesti da un sistema di governo della finanza pubblica strutturato su più livelli.

Particolare rilevanza assume in proposito la legislazione di attuazione del federalismo fiscale che diviene uno strumento per ridistribuire la quantità di questioni che la legge finanziaria è chiamata a risolvere ogni anno, attraverso una disciplina stabile e strutturale della finanza regionale e locale. In tal modo, il quadro normativo e procedurale non si modificherebbe di anno in anno, mentre alla legge finanziaria spetterebbero le sole modulazioni quantitative coerenti con la manovra annuale e la fissazione di vincoli e obiettivi di interesse nazionale, rinviandone l’attuazione alla normativa regionale e alle procedure d’intesa. Al riguardo si afferma che il Documento di programmazione economico-finanziaria dovrebbe contenere un esame approfondito dei vincoli e degli impegni nei rapporti con l'Unione europea, delle loro conseguenze per settore di spesa e della distribuzione delle competenze tra i diversi livelli territoriali.

 

Ai fini dell’attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 2001), il DPEF fa riferimento anche al disegno di legge delega sul Codice delle autonomie, attuativo degli articoli 117, comma 2, lett. p), in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali degli enti locali, nonché dell’articolo 118 della Costituzione, in materia di funzioni amministrative degli stessi enti sulla base del principio di sussidiarietà (c.d. “funzioni proprie”), attualmente in discussione presso la Commissione affari costituzionali del Senato[21].

Il testo, in particolare, conferisce una serie di deleghe al Governo, volte a: individuare le funzioni fondamentali e le funzioni proprie degli enti locali; porre la disciplina degli organi di governo, del sistema elettorale e delle altre materie inerenti agli enti locali; istituire le città metropolitane; conferire a regioni ed enti locali ulteriori funzioni (rispetto a quelle fondamentali e a quelle proprie); porre la disciplina di Roma capitale; effettuare la revisione delle circoscrizioni delle province; adottare una “Carta delle autonomie locali”, ossia un codice diretto a riunire e coordinare sistematicamente le disposizioni statali risultanti dall’attuazione delle deleghe conferite.

I principi cui il Governo dovrà attenersi nell’esercizio della delega, tra l’altro, riguardano:

§      il rispetto dell’autonomia (riferita alle competenze dettate dalla Costituzione) degli enti territoriali e delle competenze legislative dello Stato e delle regioni;

§      l’individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali, vale a dire quelle connaturate all’ente e imprescindibili per il suo funzionamento e per il soddisfacimento dei bisogni della comunità che ne fa parte; svolte anche sulla base di accordi tra gli enti stessi, utilizzando risorse comunitarie;

§      la valutazione della qualità dell’azione di governo di ciascun ente locale assegnata all’Unità di monitoraggio, secondo le disposizioni già previste dalla legge finanziaria per il 2007[22].

Inoltre, nella previsione degli organi di governo e dei meccanismi di elezione degli stessi, il Governo dovrà ispirarsi al principio della semplificazione, anche per i casi in cui è necessario in tempi brevi il risanamento di situazioni di dissesto finanziario ed il ripristino della normale funzionalità dell’ente locale.

 

Il Documento inoltre afferma che prima della definitiva approvazione parlamentare delle deleghe relative al federalismo fiscale e al Codice delle autonomie, sia le regioni che gli enti locali saranno coinvolti in modo sistematico nella definizione di strategie settoriali come la qualificazione della spesa pubblica, gli interventi di fiscalità sociale e le infrastrutture, sulla scorta dell’esperienza positiva riguardante il patto per la salute.

Al riguardo, il comma 796 della legge finanziaria per il 2007 aveva dettato numerose disposizioni volte a garantire il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica nel comparto sanitario e la riqualificazione della spesa, anche sulla base di indirizzi concordati in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

Inoltre, si darà piena attuazione alla normativa vigente relativa al decentramento delle funzioni amministrative dello Stato agli enti territoriali, con particolare riferimento ai provvedimenti non ancora attuati per il mancato accordo sui mezzi finanziari da trasferire e sulle funzioni assegnate e dismesse dallo Stato.

Si segnala in proposito che è di recente pubblicazione il decreto sul decentramento delle funzioni catastali ai comuni, in attuazione del comma 197 della legge finanziaria per il 2007[23].

Il DPEF enumera infine una serie di interventi a livello locale:

§      una politica di sostegno a favore della montagna e dei comuni montani che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, tenga conto del potenziale economico, delle specificità territoriali e delle esigenze di coesione e sviluppo sostenibile di dette aree. A questo fine, si ritiene opportuno, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, un incremento della dotazione finanziaria del Fondo nazionale per la montagna, anche mediante un provvedimento sulla valorizzazione e tutela dei territori montani, assegnando carattere perequativo a tale Fondo;

§      promozione dello sviluppo sostenibile per le isole minori, mediante specifiche politiche nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, per favorire soggetti privati e imprese;

§      migliorare la qualità e l’efficienza dell’azione di governo locale, anche mediante misure volte a incentivare la gestione in forma associata dei servizi pubblici tra gli enti locali. Al fine di limitare i distacchi dei comuni, inoltre, nei limiti delle disponibilità finanziarie, il Documento ritiene necessario valorizzare e promuovere le realtà socio-economiche di confine con le regioni a statuto speciale;

§      assicurare la tutela delle minoranze linguistiche, anche attraverso adeguati stanziamenti, compatibili con le risorse disponibili.

Lotta all’evasione

Nel documento di programmazione economico-finanziaria si evidenzia (par. IX.9 - pag. 161) come il fenomeno dell'evasione fiscale rappresenti un fattore di criticità per lo sviluppo dell'economia italiana producendo una sottrazione di risorse per il bilancio pubblico e comportando aggravi del carico impositivo per quella parte di contribuenti che adempiono correttamente i propri doveri fiscali. L’evasione inoltre altera l'equità del sistema, causando distorsioni nella normale concorrenza sui mercati con conseguenti inefficienze del sistema economico, e contribuisce a confondere i confini tra attività legali e attività criminali.

Secondo quanto riportato del DPEF, le ragioni dell'elevato livello di evasione in Italia - le statistiche ufficiali di contabilità nazionale stimano che un’economia sommersa compresa tra il 16,6 e il 17,7 per cento del PIL - sono spiegate soprattutto con le caratteristiche della struttura economica e produttiva del paese e con alcuni fattori istituzionali ed organizzativi quali il sistema dei controlli, il livello delle sanzioni e le modalità di riscossione.

Nel Documento si ricorda anche come altri studi eseguiti da istituti e organismi indichino valori anche superiori di evasione (circa il 25-30% del PIL) che collocano l'Italia ai vertici del livello di evasione fiscale tra i Paesi dell'Unione europea, con quote del fenomeno ben superiori a quelle che possono essere considerate come fisiologiche.

A tale proposito si evidenzia che in una recente analisi[24] dell’Agenzia delle Entrate si evidenzia come l'evasione fiscale IVA in Italia abbia superato i 43 milioni di euro su circa 77,9 milioni di euro di Iva di competenza. La base imponibile complessivamente evasa sarebbe di circa 270 milioni di euro: pari al 33% del PIL. Lo studio propone inoltre l’utilizzo di un indicatore alternativo all'usuale indice di pressione fiscale utilizzato nella contabilità nazionale: «la pressione fiscale effettiva» che equivale al peso che grava sui contribuenti ed operatori adempienti. Nel 2004, a fronte di un prelievo «apparente» pari del 41,42% del PIL, i contribuenti non evasori hanno versato il 50,74% dei redditi prodotti. Nel 2000, la pressione effettiva reale sui contribuenti non evasori era del 52,26%, poi si è ridotta al 51,36% nel 2003, per arrivare al 50,74% nell'ultimo anno rilevato, che è il periodo d’imposta 2004.

 

Nel DPEF il Governo ritiene pertanto fondamentale ridurre l'evasione fiscale in Italia, attraverso adeguate politiche di contrasto e di deterrenza. Nel Documento di programmazione si ricorda che l'evasione non risulta dagli studi disponibili uniformemente distribuita, né a livello settoriale né a livello territoriale. In particolare a livello settoriale, appare particolarmente concentrata nei comparti del terziario (servizi alle imprese e alle famiglie e commercio al dettaglio), mentre territorialmente si rilevano concentrazioni sia al Nord che al Sud.

L'azione di contrasto all'evasione avviata dal Governo si propone di ristabilire un corretto rapporto tra contribuenti e istituzioni pubbliche attraverso innanzitutto l'abbandono di ogni forma di condono, in modo da ripristinare la certezza dell'obbligo tributario.

 

Per quanto riguarda i provvedimenti adottati, il Governo ricorda i seguenti interventi:

§      l'intervento nel settore delle compravendite immobiliari che ha sostituito, con alcune eccezioni, l'applicazione dell'Iva con l'imposta di registro.

Si tratta della disposizione introdotta con l’articolo 1, comma 46 della legge finanziaria 2007; che ha esteso agli agenti immobiliari, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari, l’obbligo di chiedere la registrazione di tali atti e la conseguente obbligazione al pagamento dell’imposta di registro, solidalmente con le parti contraenti. Inoltre, i contraenti di una compravendita immobiliare, in base all’articolo 35, comma 22, del decreto legge n. 223 del 2006, hanno ora l'obbligo di attestare nel rogito se l'affare sia stato intermediato da un agente immobiliare.

§      Gli interventi sulle cosiddette "società di comodo", che hanno modificato i criteri per l'identificazione delle stesse incrementando il loro reddito presunto ed i limiti introdotti all'utilizzo dei crediti Iva.

Si tratta delle disposizioni introdotte con l’articolo 1, commi da 109 a 118 e comma 326 della legge finanziaria 2007, le quali hanno modificato la disciplina delle società non operative e agevolato lo scioglimento ovvero la trasformazione delle società non operative in società semplici, intervenendo sul regime fiscale delle assegnazioni ai soci. Si ricorda che per società non operative (ovvero “società di comodo”) si intendono quelle che non sono preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare. L’ordinamento tributario prevede una disciplina di contrasto di tali società, volta ad evitarne l’utilizzo a fini antielusivi. Le modifiche intervenute hanno previsto, tra l’altro, che i criteri di individuazione delle società non operative verranno applicati non solo alle società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ma anche alle società ed enti che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché alle stesse società ed enti quotati e alle società da essi controllate, anche indirettamente.

Per quanto riguarda i limiti all’utilizzo dei crediti Iva la norma in questione è contenuta nell’articolo 35, commi 15 e 16 del D.L. n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, che ha stabilito per le società non operative che il credito in eccesso risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’IVA non possa essere ammesso al rimborso, né formare oggetto di compensazione o di cessione.

§      L'introduzione del sistema del reverse charge dell’IVA nel settore dell'edilizia.

Si tratta delle disposizioni introdotte con l’articolo 35, commi 5-6-ter del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006. In particolare il comma 35 ha esteso alle prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori il metodo della tassazione inversa (reverse charge) agli effetti dell’IVA cosicché è il destinatario della prestazione che viene ad essere tenuto al pagamento dell'imposta, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato e la fattura viene emessa dal subappaltatore senza addebito d'imposta e deve essere integrata dal destinatario della prestazione con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e annotata nel registro delle fatture o dei corrispettivi.

§      Il monitoraggio delle operazioni di "importazione parallela" di autoveicoli, che hanno dato luogo a rilevanti frodi.

§      La possibilità di controllare, in alcuni casi specifici, ex ante le compensazioni automatiche (che possono dar luogo a rimborsi e compensazioni non corretti).

§      Alcune misure finalizzate ad accrescere la disponibilità e la qualità delle informazioni utilizzabili in fase di controllo e accertamento, quali la costruzione dell'anagrafe dei conti correnti; la reintroduzione dell'elenco clienti e fornitori; l'obbligo di utilizzazione di un apposito conto per la ricezione di pagamenti; l'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi.

Per quanto riguarda l’anagrafe dei conti correnti la norma di riferimento è l’articolo 37, commi 4-7 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006. In particolare si prevede l’obbligo per le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché di ogni altro operatore finanziario di comunicare all’Anagrafe tributaria l’esistenza e la natura di qualsiasi rapporto da essi intrattenuto. L’anagrafe tributaria dovrà archiviare tali dati in un’apposita sezione, indicando i dati anagrafici, comprensivi del codice fiscale, dei titolari di tali rapporti. Con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 19 gennaio 2007 sono state dettate le modalità e i termini di comunicazione all’Anagrafe Tributaria dei dati relativi alle somme di denaro erogate, a qualsiasi titolo, da imprese, intermediari e ogni altro operatore del settore delle assicurazioni..

L’obbligo di utilizzazione di conti correnti per ricevere i pagamenti per gli esercenti arti e professioni è stato introdotto dall’articolo 35, commi 12 e 12-bis del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006. In base a tali disposizioni gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata, sono obbligati a tenere uno o più conti correnti bancari o postali in cui debbono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese. Inoltre i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni devono essere riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico. L’applicazione della disposizione è graduale, in quanto fino al 30 giugno 2007 il limite al di sotto del quale la norma non si applica è fissato in 1.000 euro, dal 1° luglio 2007 fino al 30 giugno 2008 in 500 euro, e soltanto dal 1° luglio 2008 si applicherà il limite a regime di 100 euro.

Per quanto riguarda l’elenco clienti e fornitori l’articolo 37, commi 8 e 9 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, ha introdotto a carico dei soggetti passivi dell’IVA, l’obbligo di presentare l’elenco dei soggetti nei cui confronti sono state emesse fatture nell’anno cui si riferisce la comunicazione (c.d. elenco clienti), nonché, in relazione al medesimo periodo, un elenco dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (c.d. elenco fornitori), prevedendo altresì per ciascun soggetto l’indicazione del codice fiscale (o della partita Iva per le comunicazioni fino al 31 dicembre 2006) e dell’importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con l’evidenziazione dell’imponibile, dell’imposta, nonché dell’importo delle operazioni non imponibili e di quelle esenti. Si ricorda altresì che con Provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 25 maggio 2007, pubblicato il GU del 14 giugno 2007, sono stati individuati gli elementi informativi e definite le modalità tecniche e i termini relativi alla trasmissione degli elenchi, in particolare sono stati definiti i soggetti obbligati, i dati da riportare, le operazioni escluse, le modalità tecniche, nonché, per il 2006, i termini d'invio on-line, fissati al 15 ottobre 2007, per la generalità dei contribuenti ed al 15 novembre per i soggetti che nel 2006 hanno realizzato un volume d'affari che consente di scegliere la liquidazione Iva trimestrale. A regime, cioè a partire dal 2008, l'obbligo è previsto per il 29 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.

L’obbligo di trasmissione telematica giornaliera dei corrispettivi per i commercianti al minuto e le attività assimilate, nonché per le imprese operanti nella grande distribuzione, è stato introdotto dall’articolo 37, commi 33-37 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, poi modificati dalla legge finanziaria 2007. Con la circolare n. 1/E del 19 del gennaio 2007 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che in virtù delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 327 della legge finanziaria 2007, le misure in questione non entrano in vigore il 1° gennaio 2007, bensì decorrono dalla data progressivamente individuata, per singole categorie di contribuenti, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate da adottare entro il 1° giugno 2008. Inoltre, gli apparecchi misuratori fiscali immessi sul mercato a decorrere dal 1° gennaio 2008, dovranno essere idonei alla trasmissione telematica dei corrispettivi.

Sono stati poi incrementati i poteri istruttori e sanzionatori dell'amministrazione fiscale e della riscossione, coerentemente con una strategia di potenziamento delle procedure di controllo ed accertamento.

Si ricordano a tale proposito le norme introdotte con l’articolo 35, commi 24 e 35 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006 in base alle quali si ha l’applicazione delle attribuzioni e dei poteri di controllo dell’amministrazione in materia di accertamento delle imposte sui redditi – di cui agli articoli 31 e seguenti del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – anche ai fini dell’imposta di registro, nonché delle imposte ipotecaria e catastale. In materia di riscossione sono stati ampliate le possibilità di accesso degli agenti della riscossione alle banche dati rilevanti detenute da soggetti pubblici e privati nonché ai dati dell’anagrafe tributaria.

§      Le modifiche al regime degli studi di settore, consistenti nella revisione triennale degli studi; nell’analisi della coerenza generalizzata e specifica; nell’aggiornamento del limite dei ricavi per la loro applicazione; nella ridefinizione delle cause di esclusione e nelle sanzioni per dati non veritieri. Si tratta di misure che mirano ad aggiornare e potenziare questo strumento, che il Governo considera un valido mezzo di controllo per la vasta platea di piccole e medie imprese.

Si ricorda a tale proposito che gli studi di settore, introdotti nell’ordinamento dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività. Gli Studi di settore valutano la capacità di produrre ricavi o conseguire compensi dalle singole attività economiche e si avvalgono di un metodo informatizzato, elaborato su base statistica, che consente ai contribuenti il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dall’attività di ogni singola impresa o professionista (c.d. procedura di calcolo). Tali studi sono peraltro anche un ausilio all’attività di accertamento, in quanto l’articolo 10, comma 1 della legge n. 146 del 1998 (“Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell’Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario”), ha previsto espressamente che l’Amministrazione finanziaria possa effettuare accertamenti basati sugli studi di settore.

Recenti modifiche alla disciplina degli studi di settore sono state introdotte con l’articolo 1, commi da 13 a 18 e da 23 a 27 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006). In particolare il comma 14 ha disposto, in via transitoria, che fino all’elaborazione e revisione degli studi di settore, per l’applicazione degli studi esistenti si tenga anche conto di specifici indicatori di normalità economica idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da esso svolta. Gli indicatori di normalità economica sono stati approvati con DM 2 marzo 2007.

A tale proposito si ricorda che nella seduta di martedì 26 giugno è stata approvata dall’Assemblea del Senato una mozione[25] con la quale si impegna il Governo a "rivedere" l'utilizzo del nuovo strumento degli indicatori di normalità economica, introdotto con la legge finanziaria 2007. In particolare si sottolinea la natura sperimentale per gli indicatori di normalità economica, che saranno utilizzati, senza nessun meccanismo accertativo, al fine di costruire delle liste selettive di controllo. Successivamente è stato emanato un comunicato stampa del 28 giugno 2007 nel quale L’Agenzia delle Entrate ha predisposto un elenco di riferimento ‘aperto’ e ‘integrabile’delle cause che giustificano l’eventuale non congruità rispetto alle risultanze degli studi di settore, anche con riguardo all’applicazione dei nuovi indicatori di normalità.

 

Il Governo evidenzia poi nel DPEF come le politiche e azioni di contrasto all'evasione abbiano trovato positivo riscontro nell'andamento delle entrate in quanto parte del maggior gettito del 2006 e del 2007 oltre che all'aumento delle attività di controllo può essere attribuito alle misure antievasione e antielusione, che hanno presumibilmente comportato anche un incremento dell'adeguamento spontaneo (tax compliance) e dell'emersione.

Con Comunicato stampa del 5 luglio 2007 l’Agenzia delle entrate ha poi reso noti i risultati dell’attività di contrasto all’evasione nei primi mesi del 2007, affermando che “relativamente alle imposte dirette, Iva e Irap sono stati effettuati 188.019 accertamenti contro 122.253 dello stesso periodo del 2006, le verifiche sono state 4.230 contro 3.824 del 2006 e gli accessi per il controllo degli obblighi fiscali 55.565 contro 53.596 del 2006”. Per quanto riguarda le maggiori imposte accertate queste passano “da 2,6 mld dei primi 5 mesi del 2006 a 3 mld, mentre gli importi riscossi al 30 giugno a seguito di accertamento con adesione, acquiescenza e conciliazione giudiziale passano da 390 mln a 489 mln con una crescita del 20,6 per cento.”.

 

Per quanto riguarda il futuro il Governo prevede la prosecuzione dell'azione di contrasto all'evasione individuando tre linee di azione:

§      una maggiore integrazione tra le diverse banche dati esistenti per ampliare la gamma delle informazioni disponibili ed il loro uso.

Si ricorda a tale proposito che l’articolo 1, commi 56 e 57 della legge finanziaria 2007 hanno previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, la realizzazione del sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria che ha la finalità di consentire la condivisione e la gestione coordinata delle informazioni dell’intero settore pubblico, per l’analisi ed il monitoraggio della pressione fiscale e dell’andamento dei flussi finanziari. L’individuazione delle basi di dati di interesse nazionale che compongono il sistema integrato, la definizione delle regole tecniche per l’accesso e la consultazione da parte delle pubbliche amministrazioni abilitate sono rimessi ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sentita la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, i,quali non sono stati peraltro ancora emanati. Si segnala a tale proposito che si è tenuta il 4 luglio 2007 dinanzi alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria l’audizione del capo del dipartimento per le politiche fiscali del ministero dell’economia e delle finanze, che ha avuto ad oggetto il sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria.

§      La riorganizzazione dell'anagrafe tributaria in funzione del singolo contribuente e non delle imposte, in modo di disporre di una banca dati funzionale ad un controllo esaustivo della situazione economica del singolo soggetto.

§      L'intensificazione dei controlli soprattutto quelli rivolti ai grandi contribuenti, alle società di capitali e al settori dei servizi, nonché dell'attività di contrasto alle frodi Iva e alle contraffazioni doganali. Si prevede anche la riduzione dei tempi intercorrenti tra la presentazione delle dichiarazioni e la possibilità dell'utilizzo delle stesse ai fini del controllo.

A tale proposito si ricorda che con la Circolare n. 2 del 2007, l'Agenzia delle Entrate ha illustrato i primi indirizzi operativi per assicurare che la prevenzione e il contrasto all'evasione fiscale si svolgano senza soluzione di continuità in attesa di specifiche direttive fissate nella Convenzione triennale 2007-2009. Fra le novità di maggiore rilievo vi sono le seguenti:

-       un impegno straordinario per il coordinamento delle verifiche territoriali mirate - rapportate pertanto alla concreta realtà socio-economica - riservando 200.000 ore di quelle programmate per il contrasto all'evasione a precisi interventi strutturati a livello nazionale o regionale;

-       l'intensificazione e l'affinamento dei controlli relativi ai soggetti - circa 10mila distribuiti su tutto il Paese - con volume d'affari e o compensi superiori ai 25.822.845 euro;

-       specifici piani di accertamento riferiti a categorie a maggior rischio di economia sommersa - che secondo l'Istat vanno ricercati per lo più nei "servizi" - con una particolare attenzione al settore immobiliare;

-       il rafforzamento del contrasto alle frodi Iva - soprattutto quelle intracomunitarie - concentrando l'attività di intelligence nei confronti di coloro che richiedono nuove partite Iva e che presentano elevati indici di pericolosità tramite l'utilizzo di banche dati internazionali e applicazioni informatiche evolute.

Con comunicato stampa del 5 luglio 2007 l’Agenzia delle entrate ha poi reso noti alcuni degli obiettivi dell'Agenzia delle Entrate contenuti nel piano strategico triennale:

-       abbattimento stabile della base imponibile evasa di oltre 20 miliardi;

-       innalzamento al 52,8% del numero di dipendenti destinati all'attività di controllo e accertamento.

Nell’attività di prevenzione e di contrasto all’evasione annunciata dall’Agenzia delle entrate per il 2007 si prevede poi un incremento dei controlli nei confronti dei soggetti di grandi dimensioni pari al 56% in più (da 960 del 2006 a 1.500 nel 2007) ed un incremento dei controlli con l’ausilio delle indagini finanziaria del 114% (da 1.400 nel 2006 a 3.000 come obiettivo 2007).

 


Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Lotta alla frode fiscale

La Commissione europea ha presentato diverse iniziative intese a facilitare la cooperazione tra gli Stati membri nel quadro di una strategia contro l’evasione fiscale a livello europeo, anche allo scopo di colmare la carenza di stime sull’ammontare delle imposte non percepite a causa della frode fiscale.

In particolare, la Commissione ha adottato il 31 maggio 2006 una comunicazione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta alle frodi fiscali (COM(2006)254).

 

Il documento pone in rilievo alcuni elementi di criticità:

§      in relazione alle frodi IVA, si sottolinea lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri degli strumenti offerti dal Reg. CE n. 1798/2003,. in tema di cooperazione amministrativa in materia di IVA;

§      in materia di accise, si richiama l’eventualità di dovere adottare ulteriori misure, rispetto a quelle previste dalla disciplina vigente, soprattutto a fronte di ulteriori fenomeni di frode, quali il contrabbando e la contraffazione di alcool e tabacco;

§      nel campo della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri si evidenziano alcuni problemi di funzionamento: linguistici, di mancanza di risorse umane, ecc.;

§      si rileva lo scarso utilizzo da parte degli Stati membri delle strutture di sostegno e di assistenza operativa a livello comunitario, in particolare delle risorse dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) che agisce come piattaforma di servizi per le unità operative degli Stati membri;

§      si richiama l’attenzione sull’esigenza del rafforzamento della legislazione in materia di assistenza alla riscossione per migliorare il recupero delle tasse non versate allo Stato;

 

Sul documento il Consiglio Ecofin del 5 giugno 2007 ha adottato conclusioni, in cui ha sottolineato che la lotta all’evasione fiscale, specialmente nel settore della tassazione indiretta, deve essere affrontata fattivamente e con decisione nell’interesse degli imprenditori onesti e dei bilanci degli Stati membri. Il Consiglio aveva già convenuto il 28 novembre 2006, sulla urgente necessità di elaborare, in particolare nel settore dell' imposizione indiretta, una strategia antifrode che a livello della Comunità potesse integrare gli sforzi compiuti a livello nazionale per lottare contro la frode fiscale.

Semplificazione IVA

Una delle principali finalità perseguite dall’Unione europea nel campo della politica fiscale è quello di alleggerire l’onere amministrativo a carico dei soggetti che, in ragione della propria attività economica, devono assolvere obblighi fiscali in un Paese diverso da quello nel quale risiedono.

Nell’ambito di tale obiettivo, la Commissione ha presentato il 29 ottobre 2004 un pacchetto di proposte (COM(2004)728) relativo alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA che comprende:

§      una proposta di modifica della direttiva 77/388/CEE (“Sesta direttiva IVA”) con lo scopo di semplificare gli obblighi IVA;

§      una proposta di direttiva che disciplina il rimborso dell’IVA, già previsto dalla direttiva 777/388/CEE, per i soggetti di imposta che risiedono in un altro Stato membro;

§      una proposta di modifica del regolamento (CE) 1798/20031, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.

Tra le misure ivi previste sono comprese le seguenti:

-       l’introduzione di uno “sportello unico” per i soggetti di imposta non residenti;

-       la modernizzazione della procedura di rimborso IVA;

-       l’armonizzazione della gamma di beni e servizi per i quali gli Stati membri possono limitare il diritto alla deduzione dell’imposta;

-       l’estensione del meccanismo del c.d. reverse charge, in base al quale l’imposta deve essere assolta dal cliente, se soggetto IVA nello Stato in cui avviene la transazione, anziché dal prestatore del servizio o dal cedente;

-       una revisione della disciplina speciale per le piccole e medie imprese, per le quali la normativa vigente prevede numerose e specifiche deroghe;

-       una semplificazione della disciplina sulle vendite a distanza.

 

Il pacchetto di proposte è stato esaminato nell’ambito della procedura di consultazione dal Parlamento europeo il 7 settembre 2005, dal Consiglio il 5 giugno 2007. In tale data il Consiglio ECOFIN ha raggiunto un accordo politico in vista dell’adozione definitiva entro il 31 dicembre 2007 in modo tale che il pacchetto possa entrare in vigore al più tardi il 1º gennaio 2010.

Base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB)

Il 2 maggio 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo “attuazione del programma comunitario per l’aumento della crescita e dell’occupazione e il miglioramento della competitività delle imprese europee: ulteriori progressi compiuti nel 2006 e prossimi passi verso una proposta in materia di base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB) (COM(2007)223).

Il documento è stato predisposto in esito ad una lunga fase di studio e discussione, avviata nel 2001, nel corso della quale la Commissione ha inteso verificare i presupposti e le modalità per la definizione di una base imponibile consolidata per la tassazione delle società stabilite nell’UE aventi attività di portata transfrontaliera. Ciò al fine di ridurre le distorsioni del mercato interno determinate dalla concorrenza fiscale dannosa tra Stati membri in relazione ai regimi di imposizione sulle società.

 

La comunicazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio che il 5 giugno 2007 ha invitato la Commissione a presentare il prossimo anno una proposta legislativa in materia, che sia il risultato di un lavoro congiunto con gli Stati membri.

 


Politiche di risanamento dei conti pubblici

La politica delle privatizzazioni e il debito pubblico

Il DPEF rileva che il portafoglio di partecipazioni gestito dal Ministero dell’economia e finanze (MEF), pur arricchitosi a seguito di processi di privatizzazione formale (trasformazione in S.p.A di taluni enti pubblici, nonché istituzione ex lege di società pubbliche) e dell’acquisizione di partecipazioni in precedenza in capo all’IRI (quali quelle in Alitalia, RAI e Finmeccanica), si attesta ormai su soglie appena superiori a quelle necessarie per assicurare una qualificata presenza del MEF in settori strategici, quali l’energia e la difesa[26].

Inoltre, il Governo sottolinea che vi sono partecipazioni che, per entità, tipologia di impresa, peculiarità del quadro normativo o finanziario di riferimento, non risultano tali da essere oggetto di dismissione; nonché partecipazioni statali in società che sono al momento oggetto di importanti processi di ristrutturazione, o che necessitano di un quadro regolamentare chiaro e razionalizzato, coma ad esempio Poste Italiane S.p.A.

 

A questo riguardo, si ricorda che non vi sono state operazioni di dismissione del patrimonio azionario nel corso del 2006.

 

Per ciò che attiene al Fondo ammortamento titoli di stato e al suo utilizzo per la riduzione del debito[27], i dati forniti nella Relazione sul Fondo contenuta nel Rendiconto 2006, il cui disegno di legge di approvazione è stato presentato al Senato in data 29 giugno 2007 (A. S 1678), evidenziano che nel 2006 sono affluite al suddetto Fondo circa 334 milioni di euro[28]. Di tali afflussi, 11 milioni circa hanno riguardato operazioni di dismissione effettuate nel corso del 2005 (vendita diritti di opzione legati all’aumento del capitale sociale di Alitalia -11 milioni di euro circa- e vendita delle azioni di Finmeccanica eccedenti il lotto intero di raggruppamento – 13,57 euro) [29].

Il saldo del Fondo ammortamento titoli di Stato al 31 dicembre 2006 è stato di euro 553 milioni circa. Nel corso del 2007 il Fondo è stato oggetto di ulteriori utilizzi. A tale proposito, con comunicato stampa del 1 giugno 2007 circa l’effettuazione di un’operazione -in pari data- di rimborso titoli utilizzando le disponibilità del Fondo, il MEF ha comunicato il quasi esaurimento delle disponibilità del Fondo.

 

Delineato tale quadro, il Governo indica prossimo il termine dell’operazione di dismissione di Alitalia e conferma l’impegno a proseguire una politica di apertura del capitale di società controllate dal MEF.

A tale riguardo prospetta la possibilità che nel corso degli anni futuri - una volta eliminate condizioni ostative esistenti – si proceda ad operazioni di cessione di quote azionarie detenute dal MEF in Poste Italiane e Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ad oggi interamente pubbliche.

 

Per ciò che attiene alla dismissione delle azioni in Alitalia S.p.a, si ricorda che il 1° dicembre 2006 il Consiglio dei Ministri ha deliberato di procedere alla cessione di una quota di controllo pari ad almeno il 30,1% del capitale di Alitalia attraverso una procedura di vendita competitiva a trattativa diretta.

A seguito della manifestazione di interesse da parte dei potenziali acquirenti, il MEF ha comunicato[30] contenuto e modalità di presentazione dell’offerta preliminare per l’acquisto di azioni ordinarie - rappresentative di una partecipazione non inferiore al 39,9% del capitale sociale di Alitalia stessa.

In data 22 maggio 2007 il Ministero dell’economia e delle finanze, con la “Lettera di procedura per presentazione offerte vincolanti per Alitalia “ ha confermato che la fase di presentazione delle offerte vincolanti avrà ad oggetto l’acquisto di una partecipazione pari a circa il 39,9% del capitale sociale di Alitalia, e ha peraltro comunicato di voler cedere, su richiesta dell’acquirente selezionato, anche le residue azioni detenute: si tratta di n. 138.958.598 azioni ordinarie, rappresentative di una partecipazione pari a circa il 10% del capitale sociale (denominate “azioni residue”)[31].

La procedura di vendita si trova nella fase della presentazione delle offerte vincolanti (il cui termine è il 23 luglio 2007).

 

Per ciò che concerne le partecipazioni azionarie indirette, il Governo prefigura per i prossimi mesi il collocamento in borsa di una quota di capitale di Fincantieri, società il cui controllo pubblico non sarà comunque inferiore al 51 per cento, e la dismissione di Tirrenia, in coerenza con le norme contenute nella legge finanziaria 2007 volte a completare il processo di liberalizzazione del settore dei cabotaggio marittimo e a privatizzare le società esercenti i predetti servizi (legge n. 296 del 2006, articolo 1, commi 998-999 e 1001[32]).

 

Per ciò che concerne il demanio pubblico, il Governo indica che sta per essere ultimata la consegna all’Agenzia del Demanio del primo ‘pacchetto’ dei beni immobili non più utilizzati a fini istituzionali provenienti dall’Amministrazione della difesa (si tratta di 201 immobili individuati dal Decreto del Ministero della difesa del 28 febbraio 2007).

Contemporaneamente si sta procedendo alla stesura del secondo elenco di immobili di provenienza della difesa oggetto di trasferimento, che dovrà essere emanato entro il 31 luglio 2007 e la successiva consegna all’Agenzia entro il 31 dicembre.

 

A tale proposito si ricorda che l’articolo 1, comma 263, della legge finanziaria 2007 introducendo alcune modifiche all’art. 27 del D.L. n. 269 del 2003[33], modifica la procedura di individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa non più utili per fini istituzionali. Tale attività compete ora direttamente al Ministero della difesa, con decreti da adottare d’intesa con l’Agenzia del demanio.

La procedura introdotta dalla legge finanziaria 2007 è dunque inversa rispetto a quella previgente, secondo la quale competente all’individuazione dei beni immobili era l’Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa.

La norma in commento stabilisce il valore complessivo degli immobili da individuare ai fini della dismissione (2 miliardi di euro nel 2007 e 2 miliardi di euro nel 2008), determinando altresì scadenze temporali in corso d’anno, entro cui procedere all’individuazione ed alla successiva consegna dei beni all’Agenzia del demanio.

In particolare, si prevede che un primo pacchetto di beni, per un valore complessivo di 1 milione di euro, sia individuato con decreto del Ministero della difesa adottato d’intesa con l’Agenzia del demanio e che la consegna di tali beni alla stessa Agenzia avvenga entro il 30 giugno 2007.

Si prevede poi che con le stesse modalità sopra descritte, entro il 31 luglio 2007, si individui un ulteriore pacchetto di beni immobili per un valore complessivo di 1 milione di euro. La consegna di tali beni deve avvenire entro il 31 dicembre 2007.

Tali beni sono consegnati alla medesima Agenzia del demanio, ai fini dell’inclusione inprogrammi di dismissione e valorizzazione previsti dalla legislazione vigente.

Per l’individuazione e il trasferimento di immobili ulteriori nell’anno 2008, la norma citata ribadisce le modalità e le scadenze temporali già previste per il 2007.

 

Il DPEF rileva che in relazione ad alcune difficoltà recentemente emerse è allo studio il ricorso a permute e ad accordi di programma con le amministrazioni territoriali, come peraltro già previsto dalla legge finanziaria 2007, e/o con l’imprenditoria privata.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 1, comma 262, della legge finanziaria 2007, novellando l’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001[34], ha introdotto per il Ministero della difesa la possibilità di individuare beni immobili di proprietà dello Stato - mantenuti in uso al Ministero medesimo per proprie finalità istituzionali - che siano suscettibili di permuta con gli enti territoriali[35].

Nell’audizione tenutasi presso la Commissione Bilancio della Camera dei deputati in data 27 giugno 2007, il Direttore dell’Agenzia del demanio ha rilevato che il programma relativo ai beni già in uso alla Difesa rappresenta uno dei più significativi e rilevanti progetti nazionali di “mobilizzazione” e valorizzazione di porzioni del patrimonio statale, che ha suscitato rilevanti aspettative soprattutto presso gli enti locali, con i quali l’Agenzia del demanio ha in essere una fitta rete di contatti. Fra i principali sono stati segnalati i Comuni di Roma, Milano, Torino, Venezia, Napoli, Bari, Bergamo, Piacenza, Pavia, Firenze, Cosenza e altri.

 

Il DPEF sottolinea infine in proposito la necessità che, per proseguire il programma di dismissioni, sia riformulata l’attuale norma di trasferimento all’Agenzia del demanio degli immobili militari.

 

Qualità della spesa, revisione del bilancio e regole fiscali

Il tema della qualità della spesa è affrontato trasversalmente in numerosi capitoli del DPEF 2008-2011, a partire dalla lettera introduttiva del Ministro dell’economia e poi, in particolare, nel paragrafo dedicato alla qualità della spesa ed alla riclassificazione del bilancio (VII.1), nonché nell'ambito del paragrafo relativo alle regole fiscali (IX.10).

Il messaggio che emerge dal Documento è quello della esigenza di miglioramento della composizione della spesa pubblica e della individuazione di meccanismi che evidenzino aree di inefficienza nella utilizzazione delle risorse.

 

Al fine di realizzare tale ricomposizione della spesa viene invocato il principio dello “spendere meglio”, con l'obiettivo di recuperare risorse all’interno delle pubbliche amministrazioni aumentando la qualità e l’efficienza della spesa.

Il documento in esame mostra come la composizione della spesa pubblica italiana sia rimasta sostanzialmente inalterata nel corso dell’ultimo decennio, a causa della estrema rigidità dei meccanismi che la determinano; viene evidenziato, altresì, come nell'ambito della pubblica amministrazione l’ammontare dei fattori utilizzati (input) non sia solitamente correlato al livello dei beni e servizi (output) o ai risultati (outcome). Vengono, poi, individuati alcuni fattori che rendono difficoltoso un migliore utilizzo delle risorse:

 

§      la rigidità del bilancio pubblico, in cui le spese obbligatorie e quelle predeterminate per legge rappresentano oltre il 90 per cento della spesa totale;

§      il peso percentuale della spesa di personale sul totale delle spese correnti (circa il 25 per cento per il bilancio dello Stato);

§      la debole efficacia dell’azione amministrativa;

§      la non completa applicazione del principio della responsabilità del risultato.

 

Il DPEF 2008-2011 evidenzia alcune azioni - preannunciate nello scorso DPEF e intraprese dal Governo nel corso del 2007 - destinate ad affrontare e risolvere tale situazione, soffermadosi in particolare sulla riforma della classificazione del bilancio e sulla revisione della spesa (spending review).

La spending review

Il DPEF 2008-2011 sottolinea come il programma straordinario di analisi e valutazione della spesa, prevista dal comma 480 della finanziaria 2007, nasce dall’esigenza di superare l’approccio incrementale delle decisioni di allocazione di bilancio.

Nella esperienza italiana - secondo il documento - la spending review ha la duplice finalità di agevolare il percorso di risanamento dei conti pubblici, attuando riduzioni di spesa razionali ed evitando misure di riduzione orizzontale e indiscriminata delle risorse, nonché di migliorare l’efficienza allocativa della spesa in coerenza con le priorità dell'azione pubblica.

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha predisposto una serie di strumenti finalizzati ad avviare una riforma dei bilanci pubblici, a potenziare il monitoraggio sugli andamenti di finanza pubblica e a consentire il controllo della spesa.

È stata istituita, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, la Commissione tecnica per la finanza pubblica (commi 474-479). Alla Commissione sono assegnati compiti di studio e analisi: essa formula proposte per accelerare il processo di armonizzazione e di coordinamento della finanza pubblica e di riforma dei bilanci delle amministrazioni pubbliche.[36]

Parallelamente alla predisposizione ed al rafforzamento degli organismi di studio, è stata prevista la realizzazione di un programma straordinario di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali (spending review), affidata al Ministro dell'economia. Secondo le disposizioni di legge, la relazione sui risultati del programma straordinario e sulle conseguenti iniziative di intervento dovrà essere presentata al Parlamento entro il 30 settembre.

 

In data 6 febbraio 2007 il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha trasmesso alle Camere copia della relazione sugli orientamenti del Ministero dell’economia e delle finanze in materia di struttura del bilancio e di valutazione della spesa, illustrati nel corso del Consiglio dei ministri del 2 febbraio 2007, sulla base del mandato affidato al Ministro dell’economia dalla legge finanziaria 2007.

Nei propositi del Ministro vi è l’avviamento di due azioni parallele e tra loro coordinate, anche con il supporto della Commissione tecnica per la finanza Pubblica.

1. Da un lato la relazione prevede l’attivazione del programma di analisi e valutazione della spesa pubblica ( “spending review”), articolato in due processi simultanei:

-       la riesamina delle priorità e dell’efficacia dei principali programmi di spesa dello Stato;

-       l’esame degli aspetti organizzativi comuni per il complesso delle amministrazioni.

Finalità della “spending review” è quella di stabilire precisi obiettivi per selezionati programmi di spesa, sulla base di indicatori misurabili e verificabili ex post, anche dai cittadini. Si prevede poi la costituzione di un gruppo di lavoro specifico, e il reinvestimento dei risparmi nello stesso settore di responsabilità del Ministro che concorre agli aumenti di efficienza.

Per l’analisi dei principali programmi di spesa delle amministrazioni centrali, al Presidente del Consiglio dei Ministri è demandato di individuare i programmi oggetto dell’analisi e della valutazione, nonché di impostare obiettivi per la spesa pubblica sulla base di precisi indicatori (entro il 30 settembre 2007). Caratteristica di questi obiettivi è di essere misurabili e verificabili ex-post, in modo da determinare esattamente il risultato da ottenere (in termini di servizio pubblico offerto) e il periodo di tempo necessario, così che essi possano costituire appropriati punti di riferimento per le successive analisi e valutazioni.

Viene ipotizzato un primo anno di sperimentazione della “spending review”. A regime, i Ministri responsabili dei programmi dovrebbero riferire almeno una volta l’anno al Parlamento sullo stato di attuazione dei programmi di spesa, sugli atti compiuti per il raggiungimento degli obiettivi e sulle misure adottate per migliorare l’efficienza operativa. Il processo andrebbe ripetuto con cadenza biennale, in modo da impostare l’allocazione della spesa pubblica su un orizzonte temporale di medio termine che favorisca la programmazione.

2. Dall’altro lato, la relazione trasmessa il 6 febbraio contiene delle linee-guida generali per la revisione del sistema di classificazione del bilancio, come sarà esposto in seguito.

 

Il DPEF ricorda che nel mese di aprile 2007 è iniziato, con il coordinamento dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica, il percorso di revisione della spesa per 5 ministeri: giustizia, interni, infrastrutture, trasporti ed istruzione.

Si ricorda inoltre che nel maggio 2007 presso ciascuna Commissione bilancio della Camera e del Senato è stato costituito, al proprio interno, un Comitato permanente per il monitoraggio della finanza pubblica.

La classificazione del bilancio per missioni e programmi

Nella XV legislatura è stato avviato un ampio ed intenso dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di finanza pubblica, che ha investito vari aspetti della problematica, tra cui la modifica degli strumenti con i quali si realizzano le manovre di bilancio, l’opportunità di individuare nuove regole per l’esame parlamentare della legge finanziaria, fino alla riclassificazione del bilancio dello Stato.

 

Si ricorda che alla citata Commissione tecnica per la finanza pubblica, di cui ai commi 474-479 della legge finanziaria per il 2007, con specifico riferimento al bilancio dello Stato è stato assegnato il compito di disegnare una diversa classificazione della spesa, anche mediante ridefinizione delle unità elementari ai fini dell'approvazione parlamentare, finalizzata al miglioramento della scelta allocativa e ad una efficiente gestione delle risorse[37].

 

Nel corso dell’esame del disegno di legge finanziaria in prima lettura presso la Camera, è stato accolto dal Governo, nella seduta del 18 novembre 2006, l’ordine del giorno n. 85 presentato dal Presidente della Commissione bilancio, on. Duilio, che ha impegnato l'esecutivo ad avviare sin dall'inizio del 2007 una riforma del bilancio dello Stato basata sull'integrale revisione delle poste di spesa, al fine di recuperarne trasparenza e potere decisionale, con un contestuale alleggerimento del contenuto della legge finanziaria.[38]

Con la relazione sugli orientamenti del Ministero dell’economia e delle finanze in materia di struttura del bilancio e di valutazione della spesa, (trasmessa alle camere in data 6 febbraio 2007, per cui vedi supra) , è stato illustrato l’intento di operare una revisione in via sperimentale della classificazione del bilancio, da sottoporre alla discussione del Governo e del Parlamento[39].

 

In data 13 febbraio 2007, a breve distanza dalla conclusione della sessione di bilancio, le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato hanno deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva congiunta sulle linee di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio. L'indagine conoscitiva è stata avviata con lo svolgimento dell'audizione, sempre in data 13 febbraio 2007, del Ministro dell'economia e delle finanze Padoa Schioppa, in cui sono stati illustrati, tra l’altro, i contenuti del documento conclusivo.

La Commissione Bilancio della Camera, nella seduta dell’8 maggio 2007, ha terminato i propri lavori, approvando il documento conclusivo dell’indagine, contenente gli elementi di rilievo e i risultati emersi. La Commissione Bilancio del Senato ha approvato il proprio documento conclusivo in data 16 maggio 2007.[40]

Nel proprio documento conclusivo la V Commissione della Camera ha proceduto all’individuazione dei punti di criticità del quadro vigente, individuando, in primo luogo, le crescenti difficoltà che contraddistinguono il processo di approvazione della legge finanziaria, affermando che legge finanziaria è divenuta il contenitore nel quale si concentra una quota sempre più ampia della legislazione di spesa. Un altro fattore di criticità è individuato nel ricorso del legislatore al rinvio dell’attuazione di una crescente parte della normativa contenuta nella legge finanziaria a successivi provvedimenti ministeriali. Il documento, in sintesi, riconosce che la crescente tendenza a demandare alla finanziaria il compito di dare risposta alle più diverse questioni risale all'indisponibilità di strumenti alternativi.

Il documento rileva altresì la necessità di effettuare preliminarmente una ricognizione del livello di efficienza nell’utilizzo delle risorse a legislazione vigente per ciascun settore. Viene sottolineato al riguardo il mancato sfruttamento delle potenzialità della riforma delineata dalla legge n. 94 del 1997, per quanto concerne l'articolazione del bilancio in funzioni obiettivo, nell’ottica di una maggiore trasparenza dei dati contabili, nonché del loro collegamento con obiettivi, programmi e norme che li sostengono, anche per la verifica dei risultati conseguiti.

Dopo aver illustrato i punti critici, il documento finale passa ad illustrare le possibili soluzioni. Si indica come obiettivo una riforma non limitata all'aggiustamento della disciplina vigente, ma tale da aggiornare complessivamente il quadro normativo e giungere ad una legge quadro interamente nuova per la finanza pubblica.

Ciò anche tramite appositi interventi legislativi e regolamentari, nonché tramite alcuni correttivi nelle prassi, che siano anticipatori del processo riformatore. In particolare, il documento propone di valorizzare il ruolo del DPEF,in modo tale che esso - per ciò che concerne il quadro conoscitivo - offra tra l’altro una disaggregazione dei dati con specifico riferimento ad una scomposizione della spesa per grandi finalità, che tenga conto della nuova struttura del bilancio, considerando partitamente sia gli andamenti a consuntivo sia quelli tendenziali.

La Commissione sottolinea altresì l’opportunità che il Governo proceda, in via sperimentale per il 2008 ed eventualmente a regime per il 2009, ad una riorganizzazione del bilancio dello Stato sulla base del criterio delle funzioni-obiettivo, con lo scopo di pervenire ad una migliore leggibilità del documento (sia ai fini della deliberazione parlamentare che di approvazione e successivo controllo). In particolare, si suggerisce di individuare un numero ristretto di missioni al di sotto delle quali articolare un numero comunque contenuto di programmi, con riferimento a ciascun stato di previsione, collocando a questo livello l'unità previsionale di base cui è correlato il voto parlamentare.

 

La nuova struttura del bilancio, disegnata tra gennaio e giugno 2007 in stretta collaborazione con le amministrazione di settore e con il coinvolgimento dei soggetti istituzionali interessati, è stata sancita con la emanazione della circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 21 del 5 giugno 2007. Essendo stata progettata nell'ipotesi di non modificare la legge di contabilità, la nuova classificazione si inserisce – come già rilevato nella bozza di riclassificazione presentata del maggio 2007 -sulla struttura vigente del bilancio, integrandosi con la classificazione amministrativa per stati di previsione.

Essa propone una classificazione funzionale che evidenzi in modo trasparente le finalità dell'azione pubblica e le risorse destinate all'attuazione di tali obiettivi: la struttura viene articolata anzitutto per missioni (34), che rappresentano le funzioni istituzionali principali. Le missioni corrispondono ai grandi aggregati delle politiche pubbliche: esse non corrispondono alla ripartizione degli stati di previsione, nel senso che vi sono numerosi ministeri che partecipano a più di una missione istituzionale e che vi sono missioni istituzionali affidate alla responsabilità di più ministeri; la classificazione poi avviene e per programmi (169), aggregati omogenei di attività cui dovrebbero corrispondere risultati che ciascuna amministrazione è tenuta a realizzare nel settore specifico.

Le missioni rappresentano profili politico-istituzionali ed hanno la funzione di individuare le principali finalità dello Stato, individuando le relative risorse di settore. A ciascuna missione corrispondono più programmi.

I programmi, caratterizzati quali “aggregati omogenei di attività” secondo l’articolo 2, comma 2 della legge n. 94 del 1997, presentano carattere più specifico e sono attribuiti a singoli Ministeri (a differenza delle missioni, che sono invece interministeriali). Essi indicano con quanta più precisione possibile i risultati da conseguire e sono finalizzati ad offrire omogeneità in termini dimensionali e di numerosità per missione; sono suddivisi a loro volta in macroaggregati, corrispondenti alle voci dell’attuale terzo livello delle unità previsionali di base. Si tratta in particolare delle spese relative al funzionamento (spese correnti), interventi (spese correnti), investimenti (spese in conto capitale), oneri comuni (spese correnti e in conto capitale), trattamenti di quiescenza (spese correnti), oneri per il debito pubblico (spese correnti), nonché altre spese in conto capitale (spese in conto capitale).

I macroaggregati costituirebbero le unità previsionali di base, ovvero unità fondamentali di voto nell’esame parlamentare del disegno di legge di bilancio; ciascun macroaggregato sarebbe, a fini meramente conoscitivi, a sua volta suddiviso in tre voci corrispondenti alla fonte normativa della previsione di bilancio[41].

Anche gli elementi informativi presentati in relazione al disegno di legge finanziaria dovrebbero essere adattati al nuovo schema classificatorio, prospettando i relativi effetti finanziari in termini di programmi e di missioni.

Il 13 giugno 2007, il Ministro dell’economia e delle finanze ha presentato la nuova classificazione funzionale del bilancio alle Commissioni riunite Bilancio della Camera e del Senato.

I vincoli sulla spesa e le regole fiscali (fiscal rules)

Nel DPEF 2008-2011 si dà conto dell’opinione, condivisa in ambito comunitario e presso gli organismi internazionali, della necessità di adottare appropriate regole fiscali al fine di garantire la sostenibilità a medio – lungo termine delle finanze pubbliche.

 

Per “regola fiscale”, secondo la definizione di Kopits e Symanski (1998) si intende “un vincolo permanente alla politica fiscale, espresso in termini di un indicatore sintetico di prestazione fiscale”. Esso può riguardare il deficit ed il debito pubblico, le entrate e le spese complessive ed altresì singoli comparti di spesa.

 

Il Documento espone in sintesi gli argomenti addotti dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo - OCSE a favore dell’introduzione di vincoli pluriennali alla crescita della spesa pubblica. Tra di essi si ricorda l’effetto positivo dell’introduzione di fiscal rules sul miglioramento della qualità della spesa pubblica, dal momento che esse inducono ad una maggiore attenzione nella fissazione delle priorità. Inoltre si sottolinea l’esito positivo dell’applicazione dei limiti pluriennali di spesa in altri Paesi europei ed extraeuropei, specialmente in termini di miglioramento del rapporto tra spesa primaria (al netto della componente ciclica) e PIL.

Nel sottolineare l’incremento del numero di regole fiscali avvenuto negli ultimi anni, il DPEF rileva come questi meccanismi abbiano investito anche gli enti pubblici territoriali e specifici comparti di spesa.

Nel Documento viene rilevato come il vantaggio di introdurre fiscal rules che coprano l’aggregato complessivo della spesa si manifesti in termini di semplicità e trasparenza. Si dà tuttavia conto anche degli svantaggi connessi a detta operazione, e cioè il possibile incentivo a penalizzare categorie di spesa “meno politicamente sensibili” o a condurre politiche che assecondino il ciclo economico. Infine si sottolinea l’importanza, ai fini dell’applicazione delle regole fiscali, dell’orizzonte temporale affrontato: le fiscal rules sembrano infatti esplicare maggiore efficacia nell’ottica di una programmazione pluriennale.

 

Le esperienze degli altri Paesi hanno indotto i principali organismi internazionai e la Commissione Europea a formulare raccomandazioni all’Italia sulla riforma delle procedure di bilancio, con l’obiettivo di migliorare efficienza ed efficacia del controllo della spesa.

In particolare, nelle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale contenute nel rapporto sull’Italia, vi è esplicita richiesta di fissare obiettivi pluriennali di spesa.

 La proposta di inserire rigidi vincoli di spesa, con la fissazione di tetti di durata pluriennale, è stata altresì avanzata dall’OCSE nell’ultimo rapporto sul Paese. La raccomandazione riguarda la fissazione della spesa primaria nei limiti della crescita dell’inflazione, con il conseguente blocco della crescita in termini reali sino al raggiungimento di un avanzo primario pari al 5 per cento del PIL. Dato il forte impatto della spesa locale sul complesso della spesa primaria, appare necessaria una modifica del patto di stabilità interno, al fine di coinvolgere anche regioni ed enti locali nel rispetto delle regole di spesa (consistente, in sostanza, nel taglio delle spese discrezionali).

 

Il DPEF 2008-2011 suggerisce che il valore assoluto della spesa primaria possa essere adottato quale parametro di riferimento della discussione parlamentare sul documento stesso e nella successiva fase di preparazione della manovra di bilancio per il 2008 (par. III.3).

Il documento, in particolare, prospetta che la risoluzione parlamentare possa fornire una indicazione sul livello della spesa primaria e che tale aspetto possa costituire un tassello significativo per il miglioramento della qualità della spesa e per sostenere il miglioramento dei conti pubblici. Esso sottolinea, altresì, come ciò appaia coerente con l’articolo 3, comma 2, della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni, che indica - quale contenuto dei Documenti di programmazione economico-finanziaria - le indicazioni relative ai tassi di evoluzione delle entrate e delle spese.

 

Occorre segnalare che il Documento non esplicita gli elementi che sarebbero propedeutici alla adozione di regole fiscali sulla spesa o comunque alla indicazione dei valori di spesa primaria nell'ambito della risoluzione parlamentare al DPEF.

La politica di gestione del debito pubblico

Nell’esporre le componenti e le caratteristiche del debito pubblico, il DPEF dà conto anzitutto della interruzione del trend decrescente dei tassi di interesse di mercato.

 

Si ricorda che nel mese di giugno 2007 la Banca Centrale Europea ha innalzato il tasso ufficiale d’interesse dal 3,75% al 4,0%.

 

Il Governo rileva comunque che, nonostante la crescita dei tassi, la spesa complessiva per interessi delle pubbliche amministrazioni è rimasta sostanzialmente invariata rispetto agli anni , attestandosi intorno al 4,6 per cento nell’anno 2006 (a fronte del 4,5 per cento nel 2005)[42].

 

Si sottolinea dunque l’aumento del costo marginale dei titoli di stato all’emissione (dal 2,47 per cento al 3,32 per cento) in conseguenza di detto rialzo dei tassi, prevedendo che esso avrà un impatto negativo sulla spesa per interessi a partire dal 2008.

 

 La spesa per interessi passivi indicata nella RUEF per il 2007 è superiore di oltre 6.000 milioni (0,2 punti percentuali di PIL) rispetto al dato di consuntivo 2006. Il quadro tendenziale a legislazione vigente dei conti di finanza pubblica presentato nel DPEF 2008-2011 prevede invece una spesa per interessi delle Amministrazioni pubbliche di 73.759 milioni di euro per il 2007 (pari al 4,8 per cento del PIL) di 78.087 milioni di euro (pari al 4,9 per cento del PIL) per il 2008. Anche i valori riportati per il 2009, il 2010 e per il 2011 indicano una previsione tendenziale di spesa di circa il 4,9 per cento del PIL.[43]

 

Il quadro programmatico e quello tendenziale (comprensivo degli effetti della manovra) coincidono per tutto il periodo 2008-2010, salvo uno scostamento della spesa programmatica per interessi nel 2011 (4,8 per cento, inferiore dello 0,1 per cento rispetto al quadro tendenziale, corretto per gli effetti della manovra espansiva contestuale al DPEF).

 

Il contenimento della spesa per interessi è imputato dal Governo principalmente al miglioramento del fabbisogno del settore statale, conseguente alle maggiori entrate tributarie.

 

Riguardo ai dati di cassa il DPEF 2008-2011, tenendo conto degli effetti della manovra espansiva varata contestualmente al DPEF, stima per il 2007 un fabbisogno del settore statale pari a 28.900 milioni di euro, superiore rispetto alle previsioni contenute nella RUEF per il medesimo anno (28.000 milioni di euro). Rispetto al 2006 il fabbisogno del settore statale registra una riduzione complessiva di 5.709 milioni di euro; in rapporto al PIL si verifica dunque una flessione dal 2,3 per cento del 2006 all’1,9 per cento del 2007, tenendo conto degli effetti della manovra. Il fabbisogno del settore pubblico è stimato per il 2007 al 2,6 per cento del PIL a livello tendenziale, a fronte della stima del 2,5 per cento PIL, contenuta nella RUEF.

Per ciò che riguarda le previsioni a lungo termine, relativamente al fabbisogno del settore statale il dato tendenziale evidenzia un aumento nel 2008 rispetto al valore del 2007 (2,1 per cento del PIL a fronte dell’1,9) ed una successiva riduzione negli anni seguenti, sino a raggiungere lo 0,5 per cento nel 2011. Per il fabbisogno del settore pubblico, si dovrebbe registrare un analogo miglioramento: esso passerebbe dal 2,6 per cento del PIL nel 2007 all’1 per cento nel 2011.

 

Il DPEF indica, tra gli effetti favorevoli delle maggiori entrate tributarie, la minore emissioni di titoli a breve termine (l’utilizzo dei quali fronteggia squilibri temporanei di cassa) e in genere dei titoli soggetti a maggiore discrezionalità da parte del Tesoro.

 

Obiettivo del Governo è di consolidare i risultati raggiunti in termini di esposizione del debito a rischi finanziari, con un allungamento della durata finanziaria dello stesso; si sottolinea altresì che risulta stabile la sensitività del debito, ossia l’minore impatto sulla spesa per interessi legato ad un aumento inatteso dei tassi. Detto obiettivo si completa con il consolidamento della quota di titoli a tasso fisso (68 per cento rispetto al totale dei titoli domestici), accompagnata dalla diminuzione della componente del debito a breve termine e con tasso variabile (27 per cento dei titoli domestici); ciò in relazione alle congiuntureeconomiche favorevoli e alle inferiori esigenze di finanziamento.

 

Il Governo puntualizza, in merito alla selezione degli strumenti di debito offerti al mercato nell’anno 2006, il perseguimento dell’obiettivo di collocamento dei titoli presso soggetti internazionali, nonché l’ampliamento e la diversificazione degli investitori interessati.

Si è registrata a tal proposito, per il medesimo anno 2006, una quota di detentori non residenti in lieve crescita rispetto al livello raggiunto nell’anno precedente; d’altro canto, si è rilevata una lieve flessione nella quota detenuta direttamente da famiglie ed imprese non finanziarie (dal 15 per cento del 2005 al 14 per cento del 2006).

 

In merito al rapporto debito/PIL, per il 2006 il DPEF rileva una lieve crescita rispetto all’anno precedente, così confermando il trend di ascesa del 2005.

 

Si ricorda che il rapporto debito pubblico-PIL nel 2005 è stato pari al 106,2 per cento del PIL e nel 2006 ha raggiunto il livello del 106,8 per cento.

 

La crescita di detto rapporto viene essenzialmente imputata alla necessità di fronteggiare l’onere straordinario derivante dai rimborsi IVA, come derivanti dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea del settembre 2006.

 

Nel periodo di previsione del DPEF si prevede, nel quadro a legislazione vigente, una costante e progressiva riduzione del debito, che dovrebbe scendere al di sotto del 100 per cento del PIL nel 2010 (attestandosi a circa il 97 per cento nel 2011).

 

Ancora più marcata, anche a livello programmatico, è la prevista flessione del rapporto debito-PIL, che passerebbe dal 103,2 per cento rispetto al PIL nel 2008 al 95 per cento nel 2011, inferiore dunque di circa il 2 per cento rispetto alle previsioni tendenziali integrate, con la coincidenza nel 2008 di rapporto programmatico e tendenziale.

 

Per ciò che attiene all’analisi delle componenti del debito, il Governo rileva la crescita della componente delle Amministrazioni locali (dal 6,3 per cento del 2005 al 7,3 per cento del 2007, spiegato con un maggior ricorso all’indebitamento sul mercato ed alla sostituzione dei mutui contratti verso il Ministero con quelli verso Cassa Depositi e Prestiti S.p.a., che dal 2003 non è più computabile come pubblica amministrazione), nonché dalla cartolarizzazione dei crediti sanitari delle Regioni.


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Dichiarazione annuale 2007 sull’area Euro

Il 3 maggio 2007 la Commissione europea ha presentato la Dichiarazione annuale 2007 sulla zona euro” (COM(2007)231) accompagnata dalla relazione annuale 2007 sulla zona euro (SEC(2007)550). Nei due documenti la Commissione espone le sue valutazioni sulle prestazioni economiche della zona euro e sul funzionamento dell’Unione economica e monetaria.

In particolare, la Dichiarazione annuale rileva che nel corso degli ultimi dodici mesi l’economia dell’area dell’euro si è andata progressivamente rafforzando, ma ribadisce la necessità che gli Stati membri migliorino la struttura e la qualità delle finanze pubbliche, avviando nuove riforme per rafforzare il buon funzionamento dell’UEM.

Finanze pubbliche

Il 26 aprile 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle finanze pubbliche nell’UEM 2006, nella quale chiede un’applicazione coerente e vigorosa del Patto di stabilità e crescita e insiste sulla necessità da parte degli Stati membri di riforme strutturali che, beneficiando del ciclo economico favorevole, riducano il debito pubblico e consentano di affrontare la sfida dell’invecchiamento della popolazione.

Il Consiglio Ecofin ha adottato, il 5 giugno 2007, conclusioni sulla qualità delle finanze pubbliche in cui invita gli Stati membri ad accrescere l’efficienza delle spese pubbliche e migliorare la qualità della struttura delle entrate pubbliche.

Il 13 giugno 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione sulle finanze pubbliche nell’UEM –2007 “Assicurare l’efficacia del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita” (COM(2007) 316), che accompagna l’ottava relazione annuale sulle finanze pubbliche nell’UEM (European Economy. No. 3. 2007, pubblicata il 13 giugno 2007) e sui cui risultati si basa.

La comunicazione rileva che il numero di paesi che presentano disavanzi eccessivi si sta riducendo e che è di fondamentale importanza che i governi nazionali approfittino della favorevole congiuntura economica per progredire rapidamente verso il conseguimento dell’obiettivo di finanze pubbliche sane e sostenibili. La comunicazione, inoltre, presenta proposte volte, da un lato, a migliorare il modo in cui i governi formulano e attuano le loro strategie di bilancio a medio termine e, dall’altro, a rafforzare la sorveglianza e il coordinamento delle politiche economiche e di bilancio a livello dell’UE.

Trasmissione dei dati di contabilità nazionale

Il 25 aprile 2007 il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura, con emendamenti, nell'ambito della procedura di codecisione, la proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio ("regolamento SEC 95") per quanto riguarda la trasmissione dei dati di contabilità nazionale (COM (2005)653).

La proposta di regolamento intende sostituire l’allegato B del regolamento (CE) n. 2223/96, che contiene la maggior parte delle tavole costitutive del programma di trasmissione, al fine di adeguarlo alla nuova situazione economica, con particolare riguardo alla Strategia di Lisbona e all’UEM.

Allargamento dell’eurozona

Il 4 maggio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa all’introduzione dell’euro in Slovenia (COM(2007)233), che presenta gli aspetti salienti di tale passaggio – avvenuto il 1° gennaio 2007 traendone considerazioni di cui tenere in conto l'introduzione dell’euro in altri Stati membri.

Il 16 maggio 2007 la Commissione ha presentato due proposte di decisione del Consiglio che stabiliscono che Cipro e Malta soddisfano le condizioni necessarie per l’adozione della moneta unica e potranno adottarla a decorrere dal 1° gennaio 2008 (COM(2007) 259) e COM (2007) 256). La decisione finale verrà adottata dal Consiglio ECOFIN di luglio, dopo la consultazione del Parlamento europeo.

Le due proposte sono state presentate a seguito dell’adozione, da parte della Commissione, il 16 maggio 2007, dei rapporti di convergenza positivi (COM(2007) 255 e COM(2007) 258), nei quali ritiene che Cipro e Malta soddisfino ai criteri di convergenza.

Il Consiglio ECOFIN ha condiviso, in occasione della sua riunione del 5 giugno, le valutazioni della Commissione sui progressi compiuti da Cipro e Malta in ordine ai criteri di convergenza.

Il 16 maggio la Commissione ha altresì presentato due proposte di regolamento di modifica del regolamento 974/98/CE relativo all’introduzione dell’euro, necessarie ai fini dell'introduzione della moneta unica a Cipro e a Malta (COM(2007) 257 e COM(2007)260).

Il 20 giugno 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul miglioramento delle modalità di consultazione del Parlamento europeo nelle procedure relative all’allargamento dell’area dell’euro, nella quale, tra l’altro, invita il Consiglio e la Commissione a concludere un accordo interistituzionale su un calendario e un approccio alla cooperazione con gli Stati membri che intendono aderire all’area dell’euro.

 


Politiche relative all’amministrazione pubblica

Semplificazione normativa ed amministrativa

Il DPEF dedica un paragrafo (V.5), all’interno del capitolo V (Politiche della crescita sostenibile) alle tematiche della semplificazione normativa e amministrativa.

In esso, nel ribadire lo stretto legame tra il livello qualitativo della regolazione e il grado di competitività del Paese, si sottolinea l’esigenza che il processo di semplificazione sia inserito in un quadro di azione coerente che non si limiti alla riduzione del numero delle regole, ma comprenda misure di miglioramento delle regole esistenti.

I concreti obiettivi da perseguire in questo processo includono pertanto, accanto alla semplificazione normativa e alla riduzione del numero delle leggi, la riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e per le imprese, la semplificazione delle procedure e la modernizzazione delle pubbliche amministrazioni.

 

Il tema della semplificazione normativa, quale strumento per ridurre lo stock delle leggi vigenti e per migliorare la qualità e la conoscibilità delle norme, ha ricevuto particolare attenzione negli ultimi anni.

Le due leggi di semplificazione adottate nel 2003 e nel 2005[44], pur ponendosi per vari aspetti nel solco del processo di semplificazione e riassetto normativo avviato in precedenza, per altri profili hanno determinato un nuovo orientamento di tale processo, spostandone l’asse dalla semplificazione dei procedimenti amministrativi (attraverso la delegificazione delle norme di riferimento), al riassetto normativo ed alla progressiva codificazione delle materie che ne sono oggetto, da operare mediante decreti legislativi e regolamenti governativi, secondo i princìpi e criteri generali indicati dalle medesime leggi di semplificazione, alcuni tra i quali mirano a “liberalizzare” le attività economiche eliminando per quanto possibile gli interventi amministrativi autorizzatori, riducendo l’ambito delle funzioni amministrative, promuovendo interventi di autoregolazione, etc..

La legge di semplificazione per il 2005 ha introdotto una particolare procedura volta ad una drastica riduzione e semplificazione del corpus legislativo (c.d. “norma taglialeggi”), secondo la quale, al termine di un processo di ricognizione delle disposizioni legislative statali vigenti, dovrebbe intervenire l’abrogazione generalizzata delle disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, salvo quelle ritenute indispensabili dal Governo con propri decreti legislativi.

 

In particolare, il documento segnala l’intendimento del Governo di passare dall’attuale processo di programmazione annuale tramite le leggi di semplificazione alla definizione di una “strategia fatta di azioni misurabili e programmi, con precise cadenze temporali”, e ricorda le più recenti iniziative assunte a tal fine: l’istituzione del Comitato interministeriale per l’indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione, la “cabina di regia” del Governo e l’Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione; il Tavolo permanente per la semplificazione, quale sede stabile di consultazione con le categorie produttive, le associazioni di consumatori, le Regioni e le autonomie locali; il Piano d’azione per la qualità della regolazione.

 

Il Comitato interministeriale per l’indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione è stato istituito dall’art. 1 del D.L. 4/2006[45]. Al comitato sono attribuite “l’attività di indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione, anche ai sensi della legge 28 novembre 2005, n. 246” (legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005).

Il Comitato è stato costituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 settembre 2006, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 2 novembre 2006, n. 255.

Più precisamente, il Comitato svolge funzioni di indirizzo, di coordinamento e, ove necessario, di impulso delle amministrazioni dello Stato nelle politiche della semplificazione, del riassetto e della qualità della regolazione. È altresì compito del Comitato predisporre, entro il 31 marzo di ogni anno, un Piano di azione per il perseguimento degli obiettivi del Governo in tema di semplificazione, di riassetto e di qualità della regolazione per l'anno successivo. Il piano, sentito il Consiglio di Stato, è approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alle Camere.

Il Piano può considerarsi come un memorandum delle priorità del Governo in materia di semplificazione e qualità della regolazione: una tavola riassuntiva dei compiti attuativi che, in tempi ravvicinati, incombono sull’esecutivo.

Il primo Piano di azione per la semplificazione e la qualità della regolazione, relativo al periodo 2007-2008, è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 15 giugno 2007. Su di esso ha espresso parere il Consiglio di Stato nell’adunanza del 21 maggio 2007.

Nel suo parere, il Consiglio di Stato configura il Piano quale “vero e proprio atto programmatorio che traduce in indirizzi generali per i singoli ministeri la strategia del Governo in materia di qualità della regolazione”. Si tratta, dunque, di atto di indirizzo politico-amministrativo, “fonte di impegni e di responsabilità sia per il Governo sia per le amministrazioni statali”.

Esso annovera più previsioni, raggruppate intorno ai seguenti temi:

§         riduzione degli oneri amministrativi;

§         meccanismi strutturali di miglioramento della qualità della regolamentazione;

§         controllo, verifica e aggiornamento dei relativi indicatori;

§         Riduzione e certezza dei tempi;

§         Reingegnerizzazione dei processi;

§         Semplificazione normativa e amministrativa delle attività delle Regioni e degli enti locali;

§         Interventi di supporto all’attuazione del Piano.

Quanto ai rapporti con le autonomie territoriali, si ricorda che Il 29 marzo 2007, in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali, è stato siglato un Accordo tra Governo, Regioni e autonomie locali in materia di semplificazione e miglioramento della qualità della regolamentazione[46].

È stata così data attuazione al disposto dell’art. 2 della legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005, che ha introdotto, nell’ambito della legge 15 marzo 1997, n. 59, l’art. 20-ter, prevedendo, per l’appunto, “in attuazione del principio di leale collaborazione”, la conclusione, in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, di accordi volti al “perseguimento delle comuni finalità di miglioramento della qualità normativa nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, al fine, tra l'altro, di:

a)    favorire il coordinamento dell'esercizio delle rispettive competenze normative e svolgere attività di interesse comune in tema di semplificazione, riassetto normativo e qualità della regolazione;

b)    definire princìpi, criteri, metodi e strumenti omogenei per il perseguimento della qualità della regolazione statale e regionale, in armonia con i princìpi generali stabiliti dalla presente legge e dalle leggi annuali di semplificazione e riassetto normativo, con specifico riguardo ai processi di semplificazione, di riassetto e codificazione, di analisi e verifica dell'impatto della regolazione e di consultazione;

c)    concordare, in particolare, forme e modalità omogenee di analisi e verifica dell'impatto della regolazione e di consultazione con le organizzazioni imprenditoriali per l'emanazione dei provvedimenti normativi statali e regionali;

d)    valutare, con l'ausilio istruttorio anche dei gruppi di lavoro già esistenti tra regioni, la configurabilità di modelli procedimentali omogenei sul territorio nazionale per determinate attività private e valorizzare le attività dirette all'armonizzazione delle normative regionali”.

 

Per una sintetica descrizione delle misure volte alla semplificazione degli adempimenti amministrativi recate dal disegno di legge governativo A.C. 2161 (Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese), in corso di esame alla Camera, si rinvia alla scheda di lettura concernente la Modernizzazione della pubblica amministrazione.

Modernizzazione della pubblica amministrazione

Il paragrafo VII.2, del DPEF, collocato nell’ambito del capitolo VII (Sostenibilità finanziaria) è dedicato al tema della modernizzazione della pubblica amministrazione. Il DPEF inquadra infatti le azioni volte alla modernizzazione della pubblica amministrazione nell’ambito delle politiche per la sostenibilità finanziaria, evidenziandone tuttavia valenza strategica anche ai fini della competitività del Paese.

In primo luogo, viene posto in rilievo che il Governo, con il Memorandum d’intesa sul lavoro pubblico e la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, firmato con i sindacati maggiormente rappresentativi, nonché con l’Intesa sulla conoscenza, intende creare una connessione tra la modernizzazione del settore pubblico e gli obiettivi relativi allo sviluppo del Paese e ad una maggiore efficienza dei servizi offerti ai cittadini. Per il miglioramento della qualità dei servizi e della produttività dei dipendenti occorre riformare l’organizzazione del lavoro su basi meritocratiche tramite la valutazione delle prestazioni e della professionalità, porre in atto una gestione degli uffici che ottimizzi le risorse disponibili nonché attribuire un ruolo prioritario ai processi di innovazione tecnologica.

 

Il 18 gennaio 2007 il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, il Ministro dell’Economia e delle Finanze e le Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative hanno siglato un memorandum d’intesa su lavoro pubblico e riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Allo scopo di creare condizioni di misurabilità, verificabilità ed incentivazione della qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche, le parti hanno concordato che le azioni normative, amministrative e contrattuali debbono ispirarsi ai seguenti indirizzi e criteri generali:

§      misurazione della qualità e quantità dei servizi attraverso un metodo fondato sulla fissazione di obiettivi e sulla valutazione quantitativa dei risultati dell’azione amministrativa;

§      accesso ai pubblici impieghi, laddove l’accesso per concorso resta la modalità ordinaria per tutti i livelli della pubblica amministrazione, e pianificazione del turn-over;

§      accesso alla dirigenza pubblica ordinariamente per concorsi pubblici integrati da appropriate attività formative, come strumento di selezione;

§      riassetto normativo e contrattuale nonché autonomia di bilancio per il settore della dirigenza secondo un’azione volta ad abbassare il rapporto medio dirigente/personale con vantaggi di efficienza, razionalità organizzativa e di spesa;

§      valutazione della dirigenza prendendo a riferimento la misurazione dei servizi, i parametri di capacità manageriale e i risultati conseguiti valutati, secondo modalità previste dal CCNL, dai livelli funzionali dirigenziali superiori;

§      percorsi professionali che dovranno dipendere, in modo più significativo, dai risultati conseguiti opportunamente valutati;

§      formazione e aggiornamento;

§      mobilità territoriale e funzionale per agevolare la quale verranno individuati meccanismi contrattuali di sostegno ed incentivazione, mediante agevolazioni economiche sia dirette che indirette, conseguibili anche attraverso il ricorso all’autonomia di bilancio;

§      esodi con la previsione di forme incentivate di uscita o l’attuazione di norme già previste nei contratti collettivi;

§      relazioni sindacali nei processi di riorganizzazione degli uffici pubblici;

§      contrattazione integrativa che si deve svolgere sulle materie e nelle modalità definite dai contratti nazionali.

Infine, è stato costituito un gruppo di lavoro ristretto incaricato di dare traduzione tecnica e operativa agli indirizzi e criteri generali sopra indicati, anche ai fini della predisposizione da parte del Governo e dei Comitati di settore, degli atti di indirizzo per il rinnovo di tutti i contratti di lavoro e dell’attuazione di norme.

 

Per raggiungere gli obiettivi individuati nel Memorandum, occorre, sempre secondo quanto evidenziato nel DPEF, porre in essere provvedimenti di riorganizzazione della P.A. (consistenti nel reclutamento sistematico del personale della P.A. stessa, la formazione e la mobilità intercompartimentale, previo accordo con le parti sociali), i quali, allo stesso tempo, dovranno promuovere nei confronti della dirigenza la valutazione della prestazione e dei risultati.

Al riguardo, si sottolinea come l’attività del Governo in questo campo passerà anche attraverso la nuova fase di rinnovo dei contratti pubblici.

Tra l’altro, il Documento pone in rilievo che la direttiva inviata all’ARAN per i rinnovi contrattuali ha tracciato il percorso per la definizione della parte normativa dei prossimi contratti collettivi. L’introduzione e il rafforzamento dei principi di riforma avverrà sia nel corso dell’attuale di rinnovo dei contratti collettivi sia tramite ulteriori interventi normativi e regolamentari. Per ottenere una maggiore produttività degli impiegati pubblici e quindi una maggiore efficienza dei servizi per i cittadini, il Governo si è impegnato a definire un accordo con le parti sociali al fine di stabilire, in via sperimentale e limitatamente al triennio 2008-2010, la durata dei prossimi rinnovi contrattuali in tre anni (sia per la parte normativa sia per la parte economica).

Le politiche innovative previste dal Memorandum d’intesa sul lavoro pubblico saranno sostenute sul piano finanziario tramite le risorse stanziate per il biennio economico 2006-2007 con le precedenti leggi finanziarie nonché con quelle che il Governo si è impegnato a reperire nell’ambito delle apposite intese raggiunte con i sindacati per la generalità dei dipendenti (Intese del 6 aprile e del 29 maggio 2007) e per il comparto della scuola (Protocollo del 6 aprile 2007).

 

In particolare, con l’Intesa del 6 aprile 2007, il Governo, anche al fine del raggiungimento degli obiettivi di maggiore efficienza delle funzioni pubbliche indicati nel citato Memorandum e nell’Accordo integrativo del 22 marzo 2007, con particolare riferimento all’obiettivo di rendere effettivamente operativi sistemi efficaci di misurazione della qualità e quantità dei servizi e di mobilità territoriale e funzionale, ha assunto l’impegno, nell’ambito della prossima legge finanziaria, di integrare le risorse economiche destinate ai rinnovi contrattuali del biennio economico 2006-2007 (cfr. infra) allo scopo di corrispondere i benefici retributivi previsti a regime a decorrere dal 1° gennaio 2007. L’intesa quindi ha previsto che le risorse da erogare con riferimento all’anno 2007 debbano essere integrate in modo da renderle equivalenti a quelle già stanziate per il 2008.

In particolare:

§      per il personale del settore statale, anche in regime di diritto pubblico, si prevedranno appositi stanziamenti aggiuntivi;

§      per il personale dipendente dalle regioni e dagli enti locali i corrispondenti maggiori oneri da sostenere per la corresponsione dei benefici a regime a decorrere dal 1° gennaio 2007 non saranno computati ai fini del rispetto delle disposizioni sul patto di stabilità interno per l’anno 2008;

§      per il S.S.N., il finanziamento da parte dello Stato sarà integrato limitatamente alle risorse necessarie per il riconoscimento dei benefici eccedenti i tassi di inflazione programmata nelle medesime misure e con le stesse decorrenze previste per il personale del settore statale.

Per quanto riguarda, infine, il comparto Scuola, viene fatto rinvio ad uno specifico Protocollo che costituisce parte integrante della medesima Intesa.

Dopo successive trattative, il Governo e le organizzazioni sindacali sono pervenuti all’Accordo del 29 maggio 2007, i cui punti salienti sono i seguenti:

§       la decorrenza degli aumenti a regime è stata posticipata, rispetto all’intesa del 6 aprile di un mese, al 1° febbraio 2007;

§       l’aumento delle retribuzioni di tutti i dipendenti è parametrato ad un aumento medio per i dipendenti statali pari a 101 euro lordi mensili;

§       è disposta in via sperimentale, l'allungamento della vigenza contrattuale da due a tre anni, per il successivo periodo 2008-2010.

 

Si ricorda altresì che i commi da 546 a 549 della L. 296/2007 (legge finanziaria 2007) hanno incrementato, a decorrere dal 2007, le risorse per il riconoscimento degli aumenti retributivi per il biennio 2006-2007, per il personale delle amministrazioni statali, contrattualizzato e in regime di diritto pubblico, in aggiunta a quelle già previste dalla legge finanziaria per il 2006 per la corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale.

Più in dettaglio, per la contrattazione collettiva nazionale relativa al personale contrattualizzato dipendente dalle amministrazioni dello Stato il comma 546 prevede un incremento di 807 milioni di euro per l’anno 2007 e di 2.193 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Viene inoltre precisato che il sede di definizione delle linee di indirizzo per la contrattazione collettiva del biennio 2006-2007 è reso interamente esigibile il complesso delle risorse stanziate.

Il comma 548 sostituisce il comma 7 dell’articolo 47 del D.Lgs. 165 del 2001, che disciplina la procedura di certificazione dei contratti pubblici. Fermo restando il termine di 40 giorni per la conclusione della procedura di certificazione, si dispone che decorso tale termine i contratti divengono automaticamente efficaci. Si ricorda che invece la precedente disciplina prevedeva che decorso il termine dei 40 giorni il Presidente dell'ARAN aveva mandato di sottoscrivere definitivamente il contratto collettivo, salvo che non si rendesse necessaria la riapertura delle trattative per la certificazione negativa della Corte dei conti cui seguisse la rilevata impossibilità di adeguare la quantificazione dei costi contrattuali. Al medesimo comma 7, così come modificato, si prevede inoltre che il termine in questione può essere sospeso una sola volta, per non più di 15 giorni, per motivate esigenze istruttorie del comitato di settore e del Presidente del Consiglio dei ministri e che l’ARAN è chiamata a fornire i chiarimenti richiesti entro i successivi 7 giorni. La deliberazione del Consiglio dei ministri deve avvenire comunque entro il termine di 8 giorni dalla ricezione dei chiarimenti richiesti o dalla scadenza del termine assegnato all’ARAN. Pertanto in ogni caso i contratti divengono automaticamente efficaci al massimo trascorso il cinquantacinquesimo giorno dalla sottoscrizione dell’ipotesi di accordo. Viene comunque precisato, con una clausola di salvaguardia finanziaria, che la procedura di contrattazione collettiva di cui all’articolo 47 del D.Lgs 165/2001 non può comunque determinare alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato.

Il comma 549 per il personale statale in regime di diritto pubblico ha previsto un incremento di 374 milioni di euro per l’anno 2007 e 1.032 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, nell’ambito dei quali sono specificamente destinati alle Forze armate e alle Forze di polizia 304 milioni di euro per l’anno 2007 e 805 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Sui dispone inoltre lo stanziamento, per l’anno 2007, di un’ulteriore somma pari a 40 milioni di euro e, a decorrere dall’anno 2008 una ulteriore somma pari a 80 milioni di euro da destinare al trattamento economico accessorio del personale delle Forze armate e dei Corpi di Polizia.

 

In particolare, Il Documento pone in rilievo l’opportunità di agganciare quote significative di retribuzione alla fissazione di obiettivi, in termini di servizi erogati e di prestazioni professionali di dirigenti e funzionari.

I rinnovi contrattuali saranno quindi, secondo il DPEF, lo strumento per concretizzare le nuove politiche definite nel Memorandum, attribuendo rilevanza all’incentivazione della produttività e del merito e supportando in maniera adeguata in sede contrattuale le politiche di mobilità del personale”.

 

Nel quadro degli obiettivi di valorizzazione delle risorse umane e di riconoscimento e accrescimento delle competenze individuali, il Documento richiama l’impegno del Governo a rafforzare, tra l’altro, le esigenze di formazione del personale.

Con particolare riguardo al personale dirigente, si sottolinea l’intendimento ad accelerare il processo di ricambio sulla base della competenza e del merito, a correggere alcune modalità di accesso e a meglio definire lo status della dirigenza, riaffermando il principio di valutazione ai fini del mantenimento o della revoca degli incarichi.

 

Con riguardo al tema della formazione, si ricorda che i commi 580-586 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 hanno istituito e disciplinato l’Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche – Scuola nazionale della pubblica amministrazione, destinata a sostituire l’esistente Scuola superiore della pubblica amministrazione, della quale si prevede la soppressione.

I medesimi commi prevedono che altre istituzioni di formazione facenti capo a diverse amministrazioni, quali l’Istituto diplomatico, la Scuola Superiore dell’amministrazione dell’interno e la Scuola superiore dell’economia e delle finanze, pur mantenendo la propria autonomia organizzativa e l’inquadramento del personale nelle rispettive amministrazioni, entrino a far parte dell’Agenzia per la formazione e siano soggette al suo coordinamento.

La nuova disciplina è dichiaratamente finalizzata a contribuire all’ammodernamento delle amministrazioni pubbliche, a migliorare la qualità delle attività formative pubbliche, a garantire una selezione rigorosa della dirigenza dello Stato ed a fornire adeguato sostegno alle amministrazioni nella valutazione dei loro fabbisogni formativi e nella sperimentazione delle innovazioni organizzative e gestionali.

Particolare rilievo assumono i commi 582 e 584 i quali incidono sui meccanismi di reclutamento e di formazione iniziale del personale dirigenziale delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, che sono affidati all’Agenzia (ad eccezione del personale delle carriere militare e dei corpi di polizia, affidato alle rispettive “scuole speciali”, ed ai segretari comunali e provinciali ed alla dirigenza locale, per i quali restano ferme le competenze della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale).

 

Nel disegno di modernizzazione delle pubbliche amministrazioni è altresì compreso l’impegno a proseguire, da un lato, nel processo di informatizzazione, con particolare riguardo all’erogazione dei servizi ai cittadini e alle imprese e ai loro rapporti con la pubblica amministrazione; dall’altro, in un’opera di riorganizzazione delle strutture e dei procedimenti atta a rendere meno “pesanti” e più snelli ed efficienti gli apparati pubblici.

Il processo di riorganizzazione, del quale sono altresì segnalati gli effetti di risparmio sulla spesa pubblica, è – afferma il documento – già in corso, in linea con le previsioni della legge finanziaria 2007.

 

Il co. 404 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha previsto l’emanazione entro il 30 aprile 2007 di regolamenti di delegificazione, da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato (art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988), su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro dell’economia e delle finanze, relativi al riordino dell'organizzazione e della disciplina degli uffici dei Ministeri.

Le amministrazioni, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze gli schemi di regolamento di cui al comma 404, il cui esame deve concludersi entro un mese dalla loro ricezione.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, emana linee guida per l'attuazione delle disposizioni sul riordino degli uffici ministeriali.

Allo stato, risultano approvati in via preliminare dal Consiglio dei ministri gli schemi di regolamento relativi a sei ministeri (università e ricerca; sviluppo economico; commercio internazionale; economia e finanze; beni e attività culturali; infrastrutture). Risultano in fase di istruttoria gli schemi di regolamento di riorganizzazione di altri otto ministeri (affari esteri; ambiente; difesa; interno; giustizia; politiche agricole; istruzione; solidarietà sociale).

Si ricordano inoltre i co. 482-484 della stessa legge finanziaria, che intervengono in materia di riordino degli enti pubblici.

 

Sono attualmente all’esame delle Camere diversi disegni di legge d’iniziativa governativa che possono essere ricondotti, per i loro contenuti, alle politiche di modernizzazione della pubblica amministrazione.

 

È in corso d’esame alla Camera dei deputati[47] un disegno di legge in materia di Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese (A.C. 2161). Il provvedimento si colloca nel quadro dell’azione intrapresa con il cosiddetto decreto Bersani[48] sulle liberalizzazioni.

Tra le numerose misure previste, il disegno di legge disciplina la conclusione del procedimento amministrativo, ridefinendo le modalità di determinazione dei tempi per l’adozione dei provvedimenti e abbreviando la durata massima dei termini.

Inoltre, innovativamente, pone a carico delle amministrazioni pubbliche l’obbligo di indennizzare l’utente (cittadini e imprese) per il ritardo dovuto all’inosservanza dei termini per la conclusione dei procedimenti.

Le pubbliche amministrazioni sono altresì obbligate a definire e a rendere disponibile la documentazione richiesta a corredo di ciascuna istanza e i relativi moduli e formulari, nonché i casi in cui operano il silenzio-assenso e la dichiarazione di inizio di attività.

Il provvedimento reca inoltre misure per la sperimentazione di processi di servizio innovativi nelle pubbliche amministrazioni e per la semplificazione di determinati obblighi di certificazione.

Vari princìpi recati dalla L. 241/1990 sull’azione amministrativa sono altresì estesi ai gestori, pubblici o privati dei servizi di pubblica utilità nei loro rapporti con gli utenti.

L’attività di informatizzazione prosegue, infine, con l’adozione di misure per la digitalizzazione degli atti e dei documenti nei processi amministrativo, contabile e tributario e con una delega al Governo in materia di “processo telematico”

 

Varie misure di semplificazione di adempimenti amministrativi per le imprese e di incentivo all’uso dello strumento telematico nei rapporti con le pubbliche amministrazioni sono altresì contenute nel disegno di legge governativo recante Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale (A.C. 2272-bis-bis), approvato dalla Camera dei deputati il 13 giugno scorso ed assegnato alla 10° Commissione del Senato in sede referente (A.S. 1644). Si segnala in particolare l’art. 27 ove si prevede che il Governo, le regioni e gli enti locali promuovano intese o concludano accordi affinché la pubblicazione degli atti nell’albo pretorio degli enti locali sia eseguita anche in via informatica. Secondo la relazione di accompagnamento del d.d.l. governativo, la finalità della disposizione è quella di “garantire una maggiore celerità e diffusione della pubblicità degli atti stessi e la trasparenza della comunicazione amministrativa”.

 

Il disegno di legge A.S. n. 772, recante Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali è stato presentato in data 7 luglio 2006; successivamente assegnato in sede referente alla 1ª Commissione del Senato, è stato da questa licenziato, con diverse modifiche, il 30 maggio 2007; attualmente è all’esame dell’Assemblea. Si tratta, peraltro, di d.d.l. collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2007, ai sensi dell’art. 126-bis del Regolamento.

Il disegno di legge è inteso, attraverso il conferimento di una delega al Governo, a rafforzare il quadro di regole relative ai servizi pubblici locali, nell’ottica di un’apertura alla concorrenza che fornisca opportunità di miglioramento industriale alle imprese e vantaggi nella qualità dei servizi per i cittadini.

Questi i punti fondamentali del testo: titolarità delle reti e degli impianti posta in capo agli enti locali; qualificazione dei servizi pubblici locali come parte essenziale delle funzioni fondamentali dei comuni; centralità del ricorso a gare di evidenza pubblica per l’affidamento della gestione dei servizi (fatta eccezione per il servizio idrico); obbligo di motivazione in caso di decisione dell’ente di non accedere al mercato; limitazione degli affidamenti diretti in house e a società miste; misure per il riordino e la razionalizzazione dei servizi; regole a tutela degli utenti dei servizi pubblici locali.

 

L’A.S. n. 1366, recante Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento delle Autorità indipendenti preposte ai medesimi, è stato presentato in data 5 marzo 2007; successivamente, il 15 marzo 2007, è stato assegnato alla 1ª Commissione del Senato per l’esame in sede referente, tuttora in corso di svolgimento.

Il testo interviene in materia di Autorità di regolazione e di vigilanza dei mercati, nell’intento di rafforzarne funzioni, poteri e capacità d’azione, al fine di rendere effettiva l’introduzione della concorrenza e di tutelare anche con misure urgenti gli utenti e i consumatori. Il d.d.l. inerisce infatti  – secondo la relazione – ad uno dei pilastri su cui poggia la politica economica del Governo: l’apertura alla concorrenza dei mercati protetti e la tutela dei consumatori, degli utenti e dei risparmiatori.

Il Capo I è composto dall’articolo 1, in cui si definiscono i presupposti della competenza legislativa dello Stato e si individuano le finalità dell’intervento legislativo. Il Capo II dispone in ordine alle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Il Capo III si occupa delle Autorità di vigilanza sui mercati finanziari. Il Capo IV contiene talune norme volte ad adeguare gli ordinamenti delle autorità di regolazione, di vigilanza e di garanzia dei mercati riguardate dalla proposta di legge al fine di consentirne l’immediato esercizio delle nuove funzioni attribuite.

Dall’ambito applicativo del testo sono escluse le due Autorità di garanzia operanti nel settore della protezione dei dati personali e dello sciopero nei servizi pubblici, che secondo il Governo richiedono una riflessione più ampia anche di carattere costituzionale.

 

L’A.S. n. 1464, recante Delega al Governo per l' attuazione dell' articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale n. 3 del 2001, è stato presentato in data 5 aprile 2007; successivamente è stato assegnato alla 1ª Commissione D.L. Senato per l’esame in sede referente, tuttora in corso di svolgimento. Al provvedimento in titolo sono stati abbinati, ai fini dell’esame congiunto, diversi disegni di legge d’iniziativa parlamentare .

Il d.d.l. è inteso a dare attuazione agli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione – come modificati dalla L.Cost. 3/2001 – quanto alla individuazione e allocazione delle funzioni fondamentali e delle funzioni proprie degli enti locali, al nuovo ordinamento degli enti locali, al conferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali, alla istituzione delle città metropolitane e di Roma capitale.

Il testo, in particolare, conferisce una serie di deleghe al Governo, volte a: individuare le funzioni fondamentali e le funzioni proprie degli enti locali; porre la disciplina degli organi di governo, del sistema elettorale e delle altre materie inerenti agli enti locali; istituire le città metropolitane; conferire a regioni ed enti locali ulteriori funzioni (rispetto a quelle fondamentali e a quelle proprie); porre la disciplina di Roma capitale; effettuare la revisione delle circoscrizioni delle province; adottare una “Carta delle autonomie locali”, ossia un codice diretto a riunire e coordinare sistematicamente le disposizioni statali risultanti dall’attuazione delle deleghe conferite.

 

Il DPEF formula, infine, un richiamo all’esigenza di razionalizzare i “costi della politica” sia introducendo elementi di trasparenza atti a consentire un effettivo controllo democratico, sia intervenendo sulle aree di sovrapposizione tra i diversi livelli di governo e sul regime delle incompatibilità tra cariche elettive ed incarichi gestionali.

 

Il 17 maggio 2007 la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera ha avviato l’esame in sede referente di alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 1942 ed abb.) recanti misure di contenimento dei costi direttamente connessi al funzionamento delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni. In tale ambito la Commissione ha avviato un’indagine conoscitiva, con la finalità di acquisire elementi istruttori necessari alla elaborazione di un testo volto a contenere, razionalizzare e rendere trasparente la spesa nel settore e al tempo stesso a tutelare la fondamentale esigenza del migliore e più efficiente funzionamento delle istituzioni democratiche.

Il Governo ha annunziato la presentazione di un disegno di legge recante misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza e della responsabilità. Il Consiglio dei ministri ha avviato l’esame del provvedimento nella riunione del 6 luglio 2007.

Va infine ricordato che la legge finanziaria 2007 reca varie disposizioni mirate al contenimento degli oneri finanziari in diversi ambiti istituzionali: si ricordano in particolare il co. 575 dell’art. 1, che reca una riduzione del 30% del trattamento economico di ministri e sottosegretari, i co. 587-591 che impongono alle amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, entro il 30 aprile di ciascun anno, i dati relativi ai consorzi di cui fanno parte ed alle società a totale o parziale partecipazione da parte delle amministrazioni medesime; il co. 593, che introduce tetti massimi ed oneri di pubblicità per le retribuzioni dei titolari di “qualsivoglia incarico” corrisposto dallo Stato, da enti pubblici o da società a prevalente partecipazione pubblica non quotate in borsa; i commi 721 e seguenti, che introducono misure di varia natura finalizzate al contenimento della spesa pubblica nelle regioni e negli enti locali, concernenti tra l’altro i compensi e il numero dei componenti degli organi rappresentativi e degli amministratori delle società partecipate dagli enti locali.

Legalità e sicurezza

Il DPEF identifica nelle politiche della legalità e della sicurezza e nel rafforzamento del sistema nazionale di sicurezza “un importante fattore per lo sviluppo del Paese” evidenziando il ruolo che essi rivestono nel miglioramento della qualità della vita dei cittadini e nel progresso del Paese, in particolare attraverso la creazione di condizioni favorevoli all’insediamento ed alla crescita delle attività sociali, culturali, ed economiche.

In questo contesto, si pone in evidenza l’azione di contrasto nei confronti di specifici comportamenti criminosi (criminalità organizzata, compresa quella di carattere economico; immigrazione clandestina; terrorismo interno ed internazionale; prostituzione; reati predatori; commercio di esseri umani; abusivismo commerciale; turbamento allo svolgimento di manifestazioni sportive).

Il documento segnala, in particolare, come le politiche in materia di sicurezza costituiscano sempre più il frutto della cooperazione tra i diversi livelli di governo. In tale quadro si sottolinea la rilevanza dei progetti di sicurezza integrata intrapresi negli ultimi mesi che, attraverso istituti di programmazione negoziata e di concertazione interistituzionale, hanno visto il coinvolgimento di Regioni ed enti locali nell’elaborazione di strategie organizzative che vedano il contemperamento tra il livello di sicurezza di carattere primario, attinente alla tutela dell’ordine pubblico, di competenza statale, e quello di carattere secondario, che coinvolge le competenze degli enti territoriali.

 

Sin dalla seconda metà degli anni ’90 le politiche della sicurezza si sono sempre più indirizzate nella direzione della realizzazione di modelli di “sicurezza partecipata” attraverso la promozione di strumenti di concertazione e cooperazione a livello territoriale tra Stato, Regioni, Province e Comuni.

In questo quadro volto a favorire le politiche integrate in materia di sicurezza, si è inscritto, di recente, l’art. 1, comma 439, L. 296/2006 (Legge finanziaria 2007) che prevede che il Ministro dell’interno e i prefetti, previa delega da parte del Ministro, possano stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali per realizzare programmi straordinari per incrementare i servizi di polizia a tutela della sicurezza dei cittadini e i servizi di soccorso tecnico urgente.

Nella più recente esperienza il ricorso alla procedura pattizia nel campo della sicurezza ha assunto particolare rilievo: i primi patti in materia furono stipulati nel 1997 e nel 2006 il numero degli strumenti pattizi adottati ammontava a circa 400.

In tali patti, stipulati con gli enti territorialisono, in particolare, previsti progetti finalizzati al raccordo delle attività di controllo del territorio proprie delle Forze di polizia con le competenze degli Enti locali, la costituzione di Fondi speciali, l’adozione di azioni mirate per la sicurezza e la realizzazione di interventi finalizzati ad un maggiore controllo del territorio e al contrasto dei fenomeni di legalità e disagio sociale.

Nell’ottica di una maggiore uniformazione tra i diversi strumenti pattizi[49], il 20 marzo 2007 è stato sottoscritto il "Patto per la sicurezza tra il Ministero dell'Interno e l'ANCI", e, nell'ambito di questo accordo cornice, un'intesa con i sindaci delle città metropolitane. Il Patto con l'ANCI fissa un accordo quadro per sviluppare con i Comuni italiani progetti condivisi, nel quadro di un rapporto di sussidiarietà tra gli organismi statali e gli enti locali e territoriali.

All’interno di questa cornice sono poi stati stipulati specifici patti con i sindaci delle città metropolitane[50], ed è stata raggiunta un’intesa con i rappresentanti delle città metropolitane per l’avvio di un gruppo di lavoro congiunto per definire le innovazioni legislative e normative in grado di sostenere queste intese .

Quanto ai profili operativi, il documento di programmazione pone in evidenza la necessità di sviluppare le forme di coordinamento nel controllo del territorio, in particolare attraverso gli strumenti della polizia di prossimità e di comunità. Nell’ottica di una migliore utilizzazione del personale, si pone inoltre in luce l’esigenza di riorganizzare i presidi territoriali, eventualmente sopprimendo gli uffici non più necessari, e ridurre l’utilizzo di personale di polizia per mansioni di carattere amministrativo[51].

 

Il poliziotto o carabiniere di quartiere è uno degli strumenti fondamentali del progetto di “polizia di prossimità”. I punti caratterizzanti di tale progetto – mutuato da una analoga esperienza francese (la police de proximité) e di altri paesi francofoni – sono l’avvicinamento tra polizia e cittadini, l’adattamento dell’organizzazione alle realtà locali, l’attenzione alle aspettative dei cittadini in tema di sicurezza e la collaborazione tra amministrazioni.

Il poliziotto o carabiniere di quartiere è una nuova figura professionale di operatore di polizia, in grado di stabilire col cittadino un rapporto di fiducia e capace di sviluppare un’azione di controllo del territorio prevalentemente orientata verso la prevenzione. Esso è riconoscibile per la caratteristica uniforme e per le dotazioni personali che, pur simili a quelle del corpo di appartenenza, lo distinguono dagli altri agenti ed è caratterizzato dalla continuità di azione e dall’esclusività di assegnazione, ossia gli stessi agenti operano sempre nella medesima area territoriale.

Il progetto del poliziotto e carabiniere di quartiere ha preso avvio nel dicembre 2002 con l’impiego sperimentale di 500 agenti in 28 città capoluogo di provincia. Progressivamente la sperimentazione è stata allargata a tutti i capoluoghi di provincia.

Con riferimento alla riorganizzazione territoriale dei presidi, si segnala che l’art. 1, comma 435, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) stabilisce che il Ministro dell'interno, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, predisponga, entro il 30 giugno 2007, appositi piani pluriennali, di carattere interforze, di riarticolazione e ridislocazione dei presìdi territoriali delle Forze di polizia, con l'obiettivo di realizzare una riduzione della spesa corrente per locazioni, manutenzioni e canoni di servizio.

Il documento sottolinea, inoltre, l’importanza dell’innovazione tecnologica nell’ambito delle politiche della sicurezza evidenziando la necessità di prevedere, nel rispetto delle compatibilità finanziarie, l’aggiornamento delle regole di funzionamento nel settore ed il potenziamento delle tecnologie nel campo delle telecomunicazioni e dell’informatica. In questo quadro, si sottolinea in particolare l’importanza delle iniziative volte allo sviluppo della carta di identità elettronica e all’interscambio dei dati anagrafici.

 

Al riguardo si segnala l’art. 15 dell’A.C. 2161-A (c.d. ddl Nicolais)[52], attualmente in corso di esame da parte dell’Assemblea della Camera, che reca disposizioni volte ad incidere sulla disciplina della carta di identità elettronica e delle anagrafi.

Quanto al primo profilo, i commi 1, 2 e 3 dell’art. 15 prolungano a 10 anni il periodo di validità, attualmente di 5 anni, delle carte d’identità, cartacee ed elettroniche, estendendo l’applicabilità della disposizione anche alle carte in corso di validità al momento dell’entrata in vigore della legge.

Con riferimento alla carta d’identità elettronica (CIE), si segnala come essa costituisca uno dei principali progetti del disegno di informatizzazione della pubblica amministrazione

L’art. 2, co. 10, della L. 127/1997[53] ha previsto, per la prima volta, la sostituzione della carta di identità cartacea con un documento realizzato su supporto informatico, contenente, oltre ai dati personali, il codice fiscale e, con l’accordo dell’interessato, l’indicazione del gruppo sanguigno.

Il passaggio decisivo verso la definizione della carta d’identità quale carta di servizi si ha con la modifica alla legge n. 127 operata dalla L. 191/1998[54], con cui viene previsto che la carta possa contenere, oltre ai dati personali, codice fiscale e gruppo sanguigno, anche altri dati che consentano l’erogazione al cittadino di quei servizi che ne richiedano l’identificazione, nonché tutte le informazioni, tra cui la chiave biometrica, necessarie per il suo utilizzo assieme alla firma digitale. Tra gli obiettivi dell’informatizzazione del documento di identità, la legge individua la possibilità del trasferimento elettronico dei pagamenti tra soggetti privati e pubbliche amministrazioni.

Le disposizioni sulla carta di identità e sui documenti elettronici sono in seguito confluite nell’art. 36 del testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000[55]) e, successivamente, nell’art. 66 del codice dell’amministrazione digitale[56] che costituisce la norma di riferimento per la materia.

Il quadro normativo è stato completato con due provvedimenti attuativi: l’uno finalizzato ad individuare le caratteristiche e le modalità di rilascio da parte dei comuni della carta d’identità elettronica (D.P.R. 437/1999[57]), l’altro diretto a dettare le regole tecniche e di sicurezza relative alle tecnologie ed ai materiali utilizzati per la produzione delle carte medesime (D.M. Interno del 19 luglio 2000[58]).

La fase di sperimentazione, avviata nel 2001, può considerarsi ormai conclusa. Infatti, il D.L. 7/2005[59] ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2006, la sostituzione della carta d’identità, all'atto della richiesta del primo rilascio o del rinnovo del documento, dalla carta d'identità elettronica, classificata carta valori (art. 7-vicies ter).

Per quanto riguarda, invece, la disciplina delle anagrafi, il comma 4 del medesimo articolo 15 prevede una delega legislativa, da esercitare entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, per l’emanazione di uno o più decreti per la semplificazione e il riassetto delle disposizioni in materia anagrafica, ivi compresa l'anagrafe degli italiani residenti all'estero. Nell’esercizio della delega, il Governo dovrà attenersi al rispetto dei princìpi, dei criteri direttivi e delle procedure indicate nell’art. 20 della L. 59/1997, oltre che di specifici criteri indicati dal medesimo comma 4. In base a tali ultimi criteri, nell’esercizio della delega il Governo deve:

§      riordinare, coordinare e semplificare le disposizioni vigenti in materia anagrafica;

§      revisionare le procedure in funzione dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e nel rispetto dei criteri dell'interoperabilità e della cooperazione applicativa;

§      delegificare le norme primarie di disciplina puntuale dei procedimenti anagrafici;

§      riordinare le norme di garanzia della sicurezza e della riservatezza dei dati personali;

§      semplificare e ridurre gli adempimenti richiesti al cittadino.

Con specifico riferimento all’interscambio dei dati anagrafici, si ricorda che l’art. 2-quater della L. 26/2001, di conversione del decreto-legge 392/2000[60] ha istituito presso il Ministero dell’interno l’Indice nazionale delle anagrafi (INA), modificando l’art. 1 della legge 1228/1954. Successivamente il decreto legge 44/2005 (art. 1-novies)[61] ha modificato tale disposizione precisando finalità e organizzazione dell’INA.

L’INA è un archivio di servizio, accessibile in rete a tutti i Comuni, nel quale sono contenute una serie di informazioni (cognome e nome del cittadino; luogo e data di nascita; codice fiscale; codice ISTAT del comune di ultima residenza e codice ISTAT della sezione di censimento).

Le informazioni di dettaglio continuano comunque ad essere contenute e gestite dalle rispettive anagrafi comunali: l’INA pertanto non costituisce un'anagrafe centralizzata, ma una sorta di anagrafe virtuale realizzata attraverso il collegamento telematico delle singole anagrafi comunali. L’INA è alimentato e costantemente aggiornato, tramite collegamento informatico, da tutti i comuni.

Oltre che all’esercizio delle funzioni di vigilanza di cui all’art. 12 della legge[62], l’INA è finalizzato a promuovere la circolarità delle informazioni anagrafiche essenziali al fine di consentire alle amministrazioni pubbliche centrali e locali collegate la disponibilità, in tempo reale, dei dati relativi alle generalità delle persone residenti in Italia, certificati dai comuni e, limitatamente al codice fiscale, dall’Agenzia delle entrate;

Con il decreto del Ministero dell'interno 13 ottobre 2005, n. 240 è stato adottato il regolamento di gestione dell'INA. Il regolamento disciplina le modalità di aggiornamento dell’INA da parte dei comuni e le modalità per l’accesso da parte delle amministrazioni pubbliche centrali e locali al medesimo INA, per assicurarne la piena operatività.

L’INA opera all’interno di un sistema di interconnessione delle anagrafi comunali, denominato Sistema di accesso ed interscambio anagrafico (SAIA), facente parte del piano di azione per l’e-government.

Il SAIA è stato organizzato mediante la convenzione 4 novembre 1999, seguita dall’atto 6 giugno 2000, stipulati dal Ministero dell’interno con l’ANCI; ad esso sono collegati, oltre al Centro servizi anagrafi del Ministero dell’interno, una serie di soggetti, tra i quali: l’Anagrafe tributaria del Ministero dell’economia; la Motorizzazione civile del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l’INPS[63].

La direzione centrale dei servizi demografici del Ministero dell’interno fornisce ai Comuni la consulenza e l’assistenza necessaria per l’adesione al sistema e le modalità di attuazione.

 

Viene altresì posta in rilievo l’esigenza di dedicare specifiche misure al sistema nazionale di difesa civile[64] in modo da rafforzare, anche attraverso opportuni aggiornamenti legislativi, l’apporto delle amministrazioni civili nel campo della salvaguardia della sicurezza dello Stato e dei cittadini. In tale contesto, si evidenzia in particolare la necessità che siano garantite l’efficienza e la funzionalità di infrastrutture e beni destinati alla difesa e alla sicurezza del Paese.

 

Il DPEF individua un ulteriore campo di intervento nel rispetto degli impegni assunti in sede internazionale e comunitaria in materia di immigrazione, diritto di asilo e tutela dei rifugiati, in modo assicurare nel modo migliore – nel quadro delle risorse finanziarie all’uopo disponibili – l’accoglienza e l’integrazione dei cittadini stranieri.

In questo contesto, il documento individua quali strumenti per realizzare un maggiore sviluppo dei diritti dei cittadini stranieri e dei nuovi italiani:

§      l’acquisizione della cittadinanza da parte degli stranieri;

§      la promozione di progetti di inclusione sociale;

§      il rafforzamento della collaborazione tra i diversi livelli di governo nell’ambito dei Consigli territoriali per l’immigrazione[65];

§      il miglioramento delle condizioni di vita degli immigrati ospitati nei centri di permanenza temporanea e assistenza, nei centri di accoglienza e nei centri di identificazione.

 

Per quanto attiene alle misure in materia di immigrazione, si osserva che recentemente il Governo ha approvato, su proposta del Ministro dell’interno, Giuliano Amato, e del Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, un disegno di legge per la modifica del testo unico in materia dell’immigrazione.[66]

Il disegno di legge (non ancora trasmesso alle Camere) consiste in una delega al Governo, da esercitare entro 12 mesi dall’entrata in vigore e non prima del gennaio 2008, volta a modificare il testo unico del 1998 in materia di immigrazione[67].

I punti qualificanti del progetto, anticipati in parte dal Ministro Amato nel settembre scorso[68], sono:

§      programmazione triennale delle quote di ingresso annuali, in luogo della definizione annuale delle quote tramite i “decreti flussi”;

§      predisposizione di liste di lavoratori stranieri nei Paesi di origine (una sorta di sistema di collocamento all’estero);

§      reintroduzione degli ingressi per l’inserimento nel mondo del lavoro tramite sponsor che si impegnino finanziariamente per gli immigrati. E’ prevista inoltre la possibilità per l’immigrato di “autosponsorizzarsi”, cioè di fornire egli stesso prove di adeguate risorse finanziarie al fine di ottenere il premesso di soggiorno per ricerca di lavoro;

§      semplificazione delle procedure per il rilascio del visto di ingresso e per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno;

§      concessione dell’esercizio del diritto di voto alle elezioni amministrative per gli stranieri soggiornanti di lungo periodo;

§      previsione di misure volte a rendere effettivi i rimpatri, anche attraverso forme di rimpatrio volontario;

§      rimodulazione delle sanzioni correlate alla violazione delle disposizioni in materia di immigrazione in relazione alla gravità e alla reiterazione delle violazioni;

§      superamento del sistema dei centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA);

§      potenziamento delle misure volte all’inserimento degli stranieri regolari, con particolare riguardo ai minori.

Con riferimento alla materia del diritto di asilo, si segnala che la I Commissione della Camera ha recentemente avviato l’esame di sei proposte di legge in materia[69].

I sei progetti di legge recano una disciplina organica del diritto di asilo, in attuazione della norma di cui al terzo comma dell'articolo 10 della Costituzione e delle relative convenzioni internazionali. Tutte le proposte in esame prevedono che il diritto d’asilo nel territorio italiano sia riconosciuto:

§      allo straniero o all'apolide cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra;

§      allo straniero o all'apolide che non possa o non voglia avvalersi della protezione del paese del quale è cittadino o residente abituale, se impedito nell’esercizio delle libertà garantite dalla Costituzione italiana ed esposto a pericolo per la vita propria o dei propri familiari oppure a restrizioni gravi della libertà personale.

Le proposte si differenziano poi in più punti, con particolare riferimento alla disciplina delle procedure per il riconoscimento del diritto di asilo, alla sua estinzione, ai diritti spettanti ai beneficiari dell’asilo, nonché alle misure di assistenza e di integrazione in loro favore.

La proposta di legge A.C. 2410 (on. Zaccaria ed altri) disciplina altresì fattispecie non considerate dalle altre proposte, quali la protezione sussidiaria in favore di coloro che pur non possedendo i requisiti per ottenere il diritto di asilo, sono in situazione di pericolo (articolo 3), la protezione temporanea per afflussi massicci di sfollati (articolo 5), il reinsediamento di rifugiati trasferiti in Paesi terzi (articolo 7).

Sempre in materia di asilo, si segnala altresì che sono allo stato pendenti due deleghe per il recepimento di direttive comunitarie in materia. Si tratta, in particolare:

§      della direttiva 2004/83 del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione a cittadini di Paesi terzi della qualifica di rifugiato. La legge comunitaria per il 2005 (L. 25 gennaio 2006, n. 29) reca una delega l’autorizzazione al recepimento della direttiva (il cui termine di attuazione è fissato al 10 ottobre 2006). Il termine per l’esercizio della delega scadrà il 23 agosto 2007;

§      la direttiva 2005/85 del Consiglio, del 1º dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. La legge comunitaria per il 2006[70] reca nell’allegato B all’art. 1 una delega concernente il recepimento della direttiva 2005/85. Il termine per l’esercizio della delega (12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria) scadrà il 4 marzo 2008.

Al riguardo si rileva altresì che il 20 giugno 2007, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il Ministro dell'Interno, riferendosi ai testi di due schemi di decreto legislativo volti ad attuare direttive europee in tema di asilo, ha auspicato una rapida definizione della procedura, in modo da assicurare una rapida entrata in vigore delle norme da recepire in modo da garantire procedure migliori per i richiedenti asilo, mentre il Parlamento prosegue nell’esame della legge generale e organica[71].

Con riferimento alla materia della cittadinanza, si evidenzia che presso la I Commissione della Camera è in corso l’esame di numerose proposte (A.C. 24 e abb.) di riforma della L. 91/1992[72].

Il testo unificato risultante dall’esame degli emendamenti prevede, in particolare, l’acquisizione della cittadinanza jure soli, subordinatamente ad una dichiarazione di volontà in tal sensoper chi è nato in Italia da genitori stranieri qualora almeno uno di essi risieda legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni ovvero sia nato in Italia e vi risieda legalmente, senza interruzioni, da almeno un anno. Sono inoltre previste specifiche norme volte a favorire l’acquisto della cittadinanza per gli stranieri nati o entrati in Italia entro il quinto anno di età e per quelli che abbiano frequentato corsi di istruzione nel nostro Paese.

Si prevede, altresì, un nuovo percorso per l’attribuzione della cittadinanza, al di fuori del procedimento concessorio attualmente previsto, per gli stranieri residenti legalmente in Italia da almeno cinque anni che siano in possesso di determinati requisiti reddituali, nonché per i cittadini di un Paese dell’UE o i rifugiati residenti in Italia da almeno tre anni. Per tali soggetti l’acquisizione della cittadinanza è sottoposta alla verifica della reale integrazione linguistica e sociale.

Per quanto concerne, invece, le misure in favore dell’inclusione sociale degli immigrati si segnala che la legge finanziaria 2007[73] ha disposto l’istituzione presso il Ministero della solidarietà sociale di un Fondo a tale scopo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. il Fondo provvede anche a finanziarie la realizzazione di un piano per l'accoglienza degli alunni stranieri nelle scuole, anche attraverso il ricorso, per finalità estranee alla didattica, a mediatori culturali (per ulteriori riferimenti alle politiche per l’inclusione sociale degli immigrati si veda la scheda relativa alla sezione VI.1 (Equità sociale) del documento di programmazione).

 

Politiche per la giustizia

Le politiche per la giustizia

Nel Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanzia pubblica per gli anni 2008-2011, le linee-guida che dovrebbero informare l'azione del Governo in materia di giustizia sono contenute in massima parte nel paragrafo V.3, dedicato specificatamente ai temi della giustizia, legalità e sicurezza.

 

Al riguardo, le tre priorità fondamentali che vengono in primo luogo individuate al fine di assicurare maggiore efficienza ed incisività al funzionamento dell’amministrazione giudiziaria consistono essenzialmente nella riduzione dei tempi dei processi, nel contenimento dei costi della giustizia e nella certezza del diritto.

 

In relazione alle citate finalità viene prospettata l’adozione di una nuova metodologia di organizzazione degli uffici giudiziari basata essenzialmente su più efficienti strumenti di servizio e la maggiore collaborazione e valorizzazione delle risorse umane.

A questo proposito particolare attenzione viene data al nuovo modello organizzativo dell'Ufficio per il processo con compiti di gestione amministrativa dei procedimenti assegnati ai magistrati e finalità di incremento dell’efficienza dell’attività giudiziaria, anche attraverso il migliore utilizzo degli strumenti analitici, statistici ed informatici e la valorizzazione di specifiche competenze di tutto il personale dell’amministrazione giudiziaria.

 

Più in generale, viene poi attribuita massima rilevanza all'obiettivo della informatizzazione di importanti attività nel settore della giustizia e ciò al fine di assicurare non solo una loro velocizzazione ma anche una riduzione dei relativi costi.

 

Al riguardo, l'obiettivo espressamente indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria in esame è quello di realizzare, entro il 2010, decreti ingiuntivi, notifiche ai legali, processo previdenziale ed esecutivo in via telematica in tutti gli uffici.

 

In relazione all'obiettivo relativo alla riduzione dei tempi dei processi, si segnala che sia con riferimento al processo civile, sia in relazione al processo penale, il Governo ha presentato al Parlamento due disegni di legge che si propongono di realizzare la citata finalità.

In particolare, al Senato è stato presentato il disegno di legge A.S. n. 1524, recante “Disposizioni per la razionalizzazione e l’accelerazione del processo civile”, il cui esame non è ancora iniziato.

Il disegno di legge propone modifiche al codice di procedura civile finalizzate a ridurre la durata dei processi civili, nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, sancito dall’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dall’articolo 111 della Costituzione.

Le linee di intervento consistono in particolare nella valorizzazione del principio della conciliazione giudiziale; razionalizzazione e accelerazione dei tempi del processo; attenuazione della rigidità del sistema delle decadenze e delle preclusioni; alleggerimento del peso delle questioni di competenza; previsione dell’indicazione specifica dei motivi di appello, a pena di inammissibilità; introduzione di un modello generale di procedimento sommario non cautelare; semplificazione del regime delle nullità processuali.

In relazione al processo penale, alla Camera dei Deputati è stato, invece, presentato il disegno di legge A.C. 2664, recante disposizioni per l' accelerazione e la razionalizzazione del processo penale, nonché in materia di prescrizione dei reati, recidiva e criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie. Il citato provvedimento, il cui esame non è stato ancora avviato, contiene, tra l'altro, disposizioni in materia di inutilizzabilità e notifica degli atti processuali, competenza e riti alternativi,

 

Una considerazione a parte merita poi l'attenzione che il Governo intende riservare agli interventi nel settore dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile.

Al riguardo, infatti, si evidenzia le necessità di intraprendere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, iniziative volte al potenziamento, all'adeguamento e alla messa in sicurezza delle strutture, con particolare riferimento al problema del sovraffollamento degli istituti carcerari e alla necessità di assicurare migliori condizioni di vivibilità a favore dei detenuti.

 

A questo proposito si segnala che nell'allegato infrastrutture al Documento di programmazione economico-finanziaria in esame, il Governo considera di prioritaria importanza portare a compimento le nuove strutture penitenziarie, attualmente in corso di realizzazione per lotti funzionali, di Cagliari, Sassari, Oristano, Tempo Pausania, Rovigo, Forlì, Savona, nonché quelle attualmente sospese di Reggio Calabria e Marsala.

 

In relazione, poi, al più generale tema relativo al trattamento penitenziario, il Documento di programmazione economico-finanziaria in esame attribuisce particolare rilievo alle iniziative volte a favorire il reinserimento lavorativo dei detenuti e la prestazione di cure mediche presso strutture esterne, mentre per quanto riguarda il problema relativo alla delinquenza minorile il documento considera importante intraprendere iniziative volte alla ricerca e al potenziamento del volontariato e delle collaborazioni interistituzionali a livello centrale e locale.

 

Per quanto riguarda, poi, da ultimo, il campo della cooperazione giudiziaria a livello europeo, il Documento di programmazione economico-finanziaria ribadisce l'importanza che il Dicastero della giustizia assicuri il massimo contributo operativo e professionale alle strutture che a livello europeo sono state appositamente istituite per la lotta al crimine transnazionale.

 

In relazione a questa materia si segnala che è all'esame della Commissione giustizia della Camera il disegno di legge A.C. 2665, in materia di squadre investigative comuni sopranazionali. Il provvedimento in esame, di iniziativa governativa e già approvato dal Senato in prima lettura (A.S. 1271), contiene talune novelle al codice di procedura penale al fine di disciplinare all'interno dell'ordinamento giuridico italiano le squadre investigative comuni sopranazionali, la cui previsione è contenuta sia in disposizioni comunitarie sia in accordi e convenzioni internazionali

In particolare, l’art. 13 della Convenzione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale[74] ,– allo scopo di svolgere indagini penali in uno o più Stati membri – ha previsto che le autorità competenti di tali Stati possano costituire, di comune accordo, una squadra investigativa comune, indicandone la composizione, lo scopo e la durata.

In particolare, la squadra investigativa comune, può essere costituita quando le indagini condotte da uno Stato membro su reati comportano inchieste difficili e di notevole portata che hanno un collegamento con altri Stati membri, ovvero quando più Stati membri svolgono indagini su reati che, per le circostanze del caso, esigono un'azione coordinata e concertata negli Stati membri interessati.

Proiezione internazionale

Il rafforzamento della presenza dell'Italia sullo scenario internazionale, e la finalità altrettanto importante della promozione dell'internazionalizzazione del sistema produttivo del Paese, costituiscono l'asse fondamentale enunciato dal Governo nel Documento di programmazione economica e finanziaria per il triennio 2008-2011. La proiezione internazionale dell'Italia richiede una più efficiente azione della rete diplomatico-consolare, razionalizzata e resa più efficiente anche in rapporto alle pertinenti disposizioni dettate dalla legge finanziaria per il 2007.

 

Si ricorda che numerose disposizioni della legge finanziaria (legge 27 dicembre 2006, n. 296) riguardano la rete diplomatico-consolare: sono state infatti previste risorse aggiuntive permanenti per il funzionamento e la razionalizzazione delle Ambasciate e dei Consolati, da reperire, nel limite annuo di 10 milioni di euro, a carico delle maggiori entrate annue derivanti dall'applicazione della tariffa consolare (art. 1, comma 568). Inoltre è stato autorizzato una spesa di 24 milioni di euro per il 2007 e di 14 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per le politiche di sostegno, integrazione, aggiornamento e promozione culturale delle collettività italiane all'estero, nonché a favore degli imprenditori italiani all'estero e del rafforzamento della rete consolare italiana (art. 1, comma 943). Altre norme della legge finanziaria 2007 hanno previsto la razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all'estero, mediante la messa a punto di un piano nel quale il Ministero degli affari esteri, in collaborazione con l'Agenzia del Demanio, verifichi mediante analisi comparativa quali immobili possono essere proposti per la dismissione; successivamente il Ministero dell'economia delle finanze potrà destinare una quota non inferiore al 30% dei proventi realizzati al rifinanziamento della legge 477 del 1988 sulla ristrutturazione, restauro e manutenzione degli immobili ubicati all'estero (art. 1, commi 1311 e 1314). È stato infine istituito un fondo speciale presso le rappresentanze diplomatiche e consolari per contribuire alle spese derivanti dalla manutenzione degli immobili, dal pagamento del personale e dalle attività di istituto. Al fondo affluiranno somme derivanti da atti di donazione e liberalità, nonché i corrispettivi di contratti di sponsorizzazione conclusi con soggetti pubblici e privati (art. 1, commi 1318 e 1320).

 

Difesa

Il DPEF 2008-2011 illustra sinteticamente le linee della politica di difesa nell’ambito del capitolo relativo alle politiche per la crescita sostenibile.

Il testo ricorda che l’Italia sostiene l’azione delle organizzazioni internazionali nel rispetto dei principi di multilateralismo e multipolarismo, per la promozione della pace e della legalità internazionali.

Le Forze armate assicurano, in tale quadro, la capacità di difesa e di sorveglianza del territorio nazionale e la capacità di contribuire alla gestione delle crisi.

Il conseguimento degli standard relativi allo svolgimento di tali capacità si fonda su una attenta gestione delle risorse e su un aggiornamento costante dell’organizzazione dello strumento militare e dell’amministrazione della Difesa.

E’ in atto, a tale scopo, un lavoro di approfondimento sulla sostenibilità del modello di difesa a 190.000 unità – oltre ai Carabinieri – previsto dalla legge n. 331/2000, in relazione ai compiti previsti per le Forze armate, dalla Costituzione e dagli impegni internazionali e alle risorse disponibili.

Dopo la sospensione della chiamata alla leva si sta intanto procedendo all’attuazione del modello professionale mediante: la rimodulazione degli organici; la promozione del benessere del personale, dal punto di vista dei profili previdenziali, abitativo e della rappresentanza; il completamento dell’inserimento delle donne negli organici delle Forze armate ad ogni livello e in ogni settore.

Inoltre, è intendimento del Governo salvaguardare i livelli di efficienza e funzionalità dei mezzi, dei sistemi e delle infrastrutture destinati alla difesa e alla sicurezza nazionale.

Il documento evidenzia che è in corso l’elaborazione di un piano per la revisione complessiva delle servitù militari, in previsione di una prossima Conferenza nazionale dedicata alla materia (dopo quella tenutasi nel maggio 1981), finalizzata all’armonizzazione delle esigenze di presenza e di mantenimento in efficienza delle Forze Armate con i legittimi interessi delle comunità locali.

La Commissione difesa della Camera dei deputati ha deliberato, il 1° agosto 2006, un’indagine conoscitiva sulle servitù militari, tuttora in fase di svolgimento.

E’ in corso un’azione di aggiornamento e semplificazione della codicistica e della normativa militare riguardante, con riferimento al personale militare e civile, soprattutto le materie della sicurezza e della protezione sanitaria.

E’ in corso d’esame da parte della Commissione difesa la proposta di legge A.C. 1978, che si prefigge di assicurare al personale militare volontario in ferma prefissata una adeguata assistenza sanitaria e medico-legale, nel mutato contesto organizzativo e operativo delle Forze armate.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Semplificazione normativa ed amministrativa

L’attività di semplificazione della regolamentazione europea è da alcuni anni una delle priorità dell’attività delle istituzione europee, anche in relazione al rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità di cui all’articolo 5 del Trattato istitutivo della Comunità europea e all’apposito protocollo allegato al medesimo Trattato.

In particolare, la Commissione europea, in quanto titolare del diritto di iniziativa legislativa, ha varato in proposito numerose iniziative e programmi.

In passato, tuttavia, le iniziative in questione avevano, nella maggior parte dei casi, un carattere isolato o settoriale, non essendo inserite in una strategia complessiva ed organica di semplificazione della regolamentazione vigente.

Al fine di definire un approccio generale ed organico al riguardo, il 25 ottobre 2005, la Commissione europea ha adottato la comunicazioneAttuazione del programma comunitario di Lisbona: Una strategia per la semplificazione del contesto normativo” (COM2005)535), con la quale istituisce un programma di semplificazione volto a ridurre gli oneri gravanti sugli operatori economici e sui cittadini.

Esso comprendeva, all’origine, circa 100 iniziative, di cui oltre 20 sono già state realizzate. Nel corso del 2007 saranno presentate ulteriori iniziative di semplificazione in numerosi settori, in particolare per quanto riguarda la regolamentazione dei prodotti, la normativa agricola, la legislazione ambientale e del mercato del lavoro, nonché le statistiche.

 

In coerenza con l’approccio sopra richiamato, la Commissione europea ha adottato, il 14 novembre 2006, una comunicazione sulla revisione strategica delle iniziative sulla qualità della legislazione (COM(2006)689), accompagnata da due documenti di lavoro dedicati, rispettivamente, allo stato di avanzamento della strategia per la semplificazione legislativa (COM(2006)690) e alla riduzione dei costi amministrativi nell’Unione europea (COM(2006)691). La comunicazione evidenzia che nel 2007 la Commissione intensificherà, inoltre, sensibilmente il lavoro volto a ridurre il volume dell’acquis e a migliorarne l’accessibilità e l’attuazione, mediante la presentazione di circa 350 iniziative di codificazione da qui al 2008, di cui circa 100 proposte nel 2007. Il Parlamento europeo ed il Consiglio sono invitati a far sì che le proposte di codificazione vengano adottate rapidamente.

La Commissione europea ha poi adottato il 24 gennaio 2007 una comunicazione relativa al programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione europea(COM (2007) 23). Nella comunicazione la Commissione propone, da una parte, di operare, con l'aiuto degli Stati membri, una misurazione degli oneri amministrativi legati alla legislazione comunitaria, e di elaborare iniziative per la riduzione dei medesimi; dall'altra, invita gli Stati membri a misurare e ridurre gli oneri amministrativi imposti dalle legislazioni nazionali e regionali.

 

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 – come richiamato espressamente anche dal documento di programmazione economica e finanziaria 2008-2011 - ha ribadito che il miglioramento della regolamentazione è un importante strumento per rafforzare la competitività, la crescita sostenibile e l’occupazione.

 

Il Consiglio europeo, in particolare, ha:

§      raccomandato alla Commissione di aggiornare regolarmente il suo programma di semplificazione;

§      sottolineato la necessità che il Consiglio e il Parlamento europeo si avvalgano maggiormente delle valutazioni d'impatto delle proposte legislative, con una particolare attenzione all’analisi dell’impatto economico e sulla competitività. Nella primavera del 2008 il Consiglio europeo vaglierà l'opportunità di ulteriori misure, tra le quali l’istituzione di un gruppo di esperti indipendenti incaricato di consigliare le istituzioni nei loro lavori per il miglioramento della regolamentazione;

§      sottolineato l’importanza di ridurre gli oneri amministrativi al fine di stimolare l'economia europea, accogliendo con favore il programma per la riduzione degli oneri amministrativi, che la Commissione è invitata a varare con l’ausilio degli Stati membri. Il Consiglio europeo ha, a tal fine, fissato l’obiettivo della riduzione del 25% gli oneri amministrativi derivanti dalla legislazione UE entro il 2012, invitando gli Stati membri a fissare i loro obiettivi nazionali entro il 2008. Il Consiglio e il Parlamento europeo sono stati invitati ad annettere una particolare priorità alle misure enunciate nel programma d'azione, in vista della loro adozione nel corso del 2007. Il Consiglio europeo ha poi appoggiato l'intenzione della Commissione di creare un comitato di esperti indipendenti, incaricato di assistere la Commissione e gli Stati membri nell'attuazione del programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi.

 

Il 6 giugno 2007 laCommissioneeuropea ha adottato la relazione “legiferare meglio 2006” (COM(2007)286), presentata ai sensi dell’articolo 9 del protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. La relazione illustra l’attività svolta dalla Commissione nel corso del 2006 per migliorare il contesto normativo dell’Unione europea ed a garantire la corretta applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

Giustizia, legalità e sicurezza

Orientamenti strategici dell’UE

Il programma dell’Aja, adottato dal Consiglio europeo del 5 novembre 2004[75], definisce la strategia politica per il rafforzamento dello spazio di libertà sicurezza e giustizia nell’Unione europea per il periodo 2005-2009, individuando orientamenti generali e specifici.

 

La comunicazione “Il programma dell'Aja: dieci priorità per i prossimi cinque anni - Partenariato per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia” (COM(2005)184), presentata dalla Commissione il 10 maggio 2005, ha definito un piano d’azione per concretizzare gli obiettivi e le priorità del programma.

A tal fine La Commissione ha individuato dieci aree sulle quali, dovrebbero essere concentrati gli sforzi nei prossimi cinque annie definito un calendario per l'adozione del pacchetto di politiche e iniziative europee in materia.

Le aree individuate sono: diritti fondamentali e cittadinanza; lotta al terrorismo; istituzione di un sistema comune di asilo; gestione dell’immigrazione; integrazione dei migranti; frontiere interne, frontiere esterne e visti; tutela della privacy e della sicurezza nella condivisione di informazioni; lotta alla criminalità organizzata; sviluppo di uno spazio giudiziario penale e civile europeo; condivisione di responsabilità e solidarietà tra Stati membri.

 

Il 3 luglio 2007 la Commissione ha presentato la relazione sull’attuazione del programma dell’Aja per il 2006 (COM(2007)373)[76].

Basandosi sul monitoraggio delle azioni intraprese sia a livello UE che a livello nazionale[77] la comunicazione rileva una notevole disomogeneità nei progressi realizzati nelle diverse aree politiche.

 

Livelli soddisfacenti sono stati raggiunti nei settori relativi a: rispetto e protezione dei diritti fondamentali, cittadinanza europea, cooperazione giudiziaria in materia civile, strategia europea in materia di droga, asilo e immigrazione, visti e gestione delle frontiere e lotta al terrorismo.

Il livello di attuazione appare invece insufficiente per quanto riguarda la cooperazione di polizia, la cooperazione doganale, la prevenzione e la lotta alla criminalità organizzata e la cooperazione giudiziaria penale.

La comunicazione sottolinea che, per quanto riguarda le materie contemplate dal Titolo IV del Trattato CE[78], l’azione delle istituzioni UE è stata più incisiva di quella a livello nazionale, che andrebbe quindi incrementata.

Il ritardo degli Stato membri è ancora più evidente nelle materie del Titolo VI del Trattato UE (cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale): in questi settori la trasposizione degli strumenti legislativi UE è spesso incompleta o scorretta. Sulla base di tali osservazioni e al fine di permettere un progresso ulteriore nella realizzazione dell’area di libertà sicurezza e giustizia, la Commissione ritiene sia necessario migliorare la capacità decisionale dell’Unione europea in queste materie, adottando meccanismi più efficaci, trasparenti e affidabili.

 

Le prospettive future dello spazio di Libertà, giustizia e sicurezza

Al fine di elaborare gli orientamenti futuri della politica interna dell’UE dopo il 2010, a conclusione del programma dell’Aja, il20 e 21 maggio 2007 si è svolta ad Eltville la prima riunione di un gruppo consultivo di alto livello.

Il gruppo è composto dal Vicepresidente della Commissione e dai Ministri degli interni degli Stati membri che assumeranno la presidenza dal 2007 al 2010 (Germania, Portogallo, Slovenia, Francia, Repubblica Ceca, Svezia), da un rappresentante della troika presidenziale attuale, da un rappresentante per ciascuna delle due troike presidenziali seguenti e da esperti dei vari paesi membri. Nell’autunno 2008, il gruppo presenterà un rapporto, che dovrebbe servire da proposta di base per i dibattiti e i negoziati formali, a partire dal 2009, sul programma che sostituirà quello dell’ Aja.

 

Nuove prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013

Per fornire adeguato supporto finanziario alle azioni dell’UE nell’area libertà, giustizia e sicurezza, per il periodo 2007-2013, sono stati adottati i programmi quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” (COM(2005)124-1), “Diritti fondamentali e giustizia” (COM(2005)122-1), “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005)123-1), i cui obiettivi sono in linea con le priorità politiche individuate dal programma dell’Aja. I tre programmi quadro si articolano nei seguenti programmi specifici[79] per il periodo 2007-2013:

§      programma quadro “Sicurezza e Tutela delle libertà”:

-       programma specifico“Prevenzione e lotta contro la criminalità” (decisione 2007/125/GAI), con dotazione pari a 605,6 milioni di euro;

-       programma specifico “Prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo” (decisione 2007/124/GAI), con dotazione pari a 139,4 milioni di euro;

§      programma quadro “Diritti fondamentali e giustizia”:

-       programma specifico “Diritti fondamentali e cittadinanza” (decisione 2007/252/GAI) con dotazione pari a 93,8 milioni di euro;

-       programma specifico “Giustizia penale” (decisione 2007/126/ GAI), condotazione pari a196,2 milioni di euro;

-       programma specifico “Giustizia Civile” (COM(2005)122-4, procedura di adozione in corso), condotazione prevista pari a 109,3 milioni di euro;

-       programma specifico “Lotta alla violenza (Daphne III)” (COM(2006)230, procedura di adozione in corso), con dotazione prevista pari a116,85 milioni di euro;

-       programma specifico “Prevenzione e informazione in materia di droga” (COM(2006)230, procedura di adozione in corso), con dotazione prevista pari a21,35 milioni di euro.

§      programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”:

-       programma specifico “Fondo europeo per i rifugiati” (2008-2013) (decisione 573/2007/CE), con dotazione pari a 699,3 milioni di euro;

-       programma specifico “Fondo per le frontiere esterne” (decisione 574/2007/CE), condotazione 1820 milioni di euro;

-       programma specifico” Fondo europeo per il rimpatrio” (2008-2013) (decisione 575/2007/CE), con dotazione pari a 676 milioni di euro;

-       programma specifico “Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi” (decisione 2007/435/CE), con dotazione pari a 825 milioni di euro.

 

Immigrazione, asilo, integrazione

Le linee direttrici della politica europea comune in materia di asilo e immigrazione, come definite dal programma dell’Aja, possono essere sintetizzate come segue:

§      partenariato con i paesi di origine, nel quadro di un approccio globale che affronti gli aspetti politici, i diritti dell'uomo e i problemi dello sviluppo nei paesi e nelle regioni di origine e di transito;

§      regime comune europeo in materia di asilo, fondato, a termine, su una procedura d'asilo comune e uno status unico;

§      equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri;

§      gestione dei flussi migratori, basata, segnatamente, su una politica comune attiva in materia di visti e di documenti falsi, sulla lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento economico dei migranti e sulla regolamentazione dell’entrata e del diritto di soggiorno, del permesso di lavoro e delle questioni relative al ricongiungimento familiare.

Nel quadro della Strategia di approccio globale in materia di migrazione[80], il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative, volte al sostegno dell’immigrazione legale e al contrasto all’immigrazione clandestina (cd. “pacchetto Frattini”). Le misure comprendono:

§      la comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”(COM(2007)248), volta a promuovere l’immigrazione legale e ad incoraggiare il flusso proveniente da paesi con cui l’UE concluderà accordi di cooperazione;

§      la comunicazione “Applicazione dell’approccio globale sulla questione delle migrazioni nelle regioni che confinano con l’UE ad est e a sud-est”(COM(2007)247), che intende ribadire l’importanza di rafforzare il dialogo e la cooperazione in materia di immigrazione sulla base delle iniziative già esistenti e si rivolge principalmente alle aree sud-orientali e orientali vicine all’UE;

§      la proposta di direttiva (COM(2007)249), relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, che mira ad introdurre un deterrente all’utilizzo di manodopera irregolare, riducendo le discrepanze fra le misure preventive, le sanzioni e le modalità di applicazione già esistenti nei vari Stati membri.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione è in attesa di esame in prima lettura, da parte del Parlamento europeo

Il 18 giugno il Consiglio Affari generali, nelle sue conclusioni, ha accolto favorevolmente le misure proposte, esprimendo soddisfazione per i progressi realizzati nell’attuazione della Strategia di approccio globale alla migrazione.

Per quanto riguarda la politica in materia di asilo, obiettivo del programma dell’Aja è l'instaurazione, entro il 2010, di una procedura comune e di uno status uniforme per i cittadini di paesi terzi, che hanno ottenuto l'asilo o che, necessitando di protezione internazionale pur non potendo ottenere il beneficio dell'asilo, hanno ottenuto una protezione sussidiaria. Il regime sarà basato sulla piena applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951 e del protocollo di New York del 1967, relativi allo status dei rifugiati.

In questo quadro, il 6 giugno 2007, la Commissione ha presentato un insieme di misure comprendente:

§      il Libro verde sul futuro del regime comune europeo di asilo (COM(2007)301), inteso a stimolare il dibattito sul futuro del regime comune europeo in materia di asilo;

§      una proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2003/109/CE del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (COM(2007)298), al fine di estendere il suo campo di applicazione anche ai beneficiari di una protezione internazionale;

La proposta di direttiva, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Consiglio e del Parlamento europeo.

Unitamente a tali proposte, la Commissione ha presentato una relazione sulla valutazione del sistema di Dublino (COM(2007)299), espressione con cui si indica l’insieme di regolamenti[81] attuativi della convenzione di Dublino del 19 agosto 1997, relativa alla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee.

In materia di integrazione, nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007, nelle sue conclusioni, richiamandosi al programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione del 1° settembre 2005 “Agenda comune per l’integrazione”[82], ha ribadito l’importanza di sostenere le politiche di integrazione nell’Unione europea promuovendo l’unità nella diversità. In questo quadro il Consiglio ha espresso apprezzamento per la pubblicazione del manuale sull’integrazione, ha invitato la Commissione a fornire costantemente il suo sostegno ai Punti di contatto nazionali per l’integrazione e ha esortato gli Stati membri ad avvalersi degli strumenti finanziari offerti dal programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori.

 

Lotta alla criminalità

Il programma dell’Aja rappresenta il quadro di riferimento per potenziare la cooperazione in materia di sicurezza. In tale contesto il 22 maggio la Commissione ha presentato la comunicazione “Verso una politica generale di lotta contro la cibercriminalità” (COM(2007)267), volta ad individuare azioni specifiche per incrementare la cooperazione a livello internazionale e migliorare la collaborazione e il coordinamento tra le autorità di contrasto e gli operatori del settore privato.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007 ha adottato conclusioni in cui stabilisce le priorità dell’Unione europea nella lotta contro la criminalità organizzata, sulla base della relazione Europol sulla valutazione della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata per il 2007 e in considerazione delle raccomandazioni contenute nella risoluzione che, su questo tema, il Parlamento europeo ha approvato il 24 maggio 2007.

Il Consiglio ritiene che la lotta contro questo tipo di criminalità debba innanzitutto:

§      colpire gli ostacoli che si oppongono allo smantellamento dei gruppi criminali organizzati, grazie alla loro dimensione e alla loro influenza internazionale;

§      agire sul grado di penetrazione della criminalità organizzata nella società (tra l’altro, nell’amministrazione pubblica e nell’economia) e, in particolare sull’utilizzo abusivo di strutture commerciali legali (specialmente nel settore dei trasporti);

§      contrastare l’utilizzo abusivo della tecnologia da parte dei gruppi criminali.

 

Il Consiglio ha inoltre adottato:

§      una raccomandazione in cui esprime la necessità che gli Stati membri definiscano procedure standard e norme tecniche uniformi in materia di informazione applicabile alle indagini sulle filiere di approvvigionamento d’armi per le attività criminali e ha adottato conclusioni sul rapporto annuale 2006 della Rete europea di prevenzione della criminalità;

§      una risoluzione relativa al rafforzamento della cooperazione tra Stati membri nella lotta contro la grande criminalità transfrontaliera, tramite la semplificazione del ricorso ad agenti infiltrati.

Per quanto riguarda la dimensione sociale dei fenomeni di delinquenza giovanile, il Parlamento europeo, il 21 giugno 2007, ha approvato la risoluzione “Delinquenza giovanile – Ruolo delle donne, della famiglia, della società”.

Il Parlamento europeo reputa che a livello di politiche nazionali, sia necessario porre in atto una politica integrata e valida in ambito scolastico, sociale, familiare ed educativo, che contribuisca alla trasmissione dei valori sociali e civici, e alla socializzazione precoce dei giovani; ritiene sia inoltre necessario definire una politica incentrata su una migliore coesione sociale e politica, volta a ridurre le disparità sociali e a lottare contro l’esclusione sociale e al povertà, riservando un’attenzione particolare alla povertà dei bambini,

Il Parlamento europeo raccomanda inoltre agli Stati membri di procedere con urgenza, in cooperazione con la Commissione , all’elaborazione e all’adozione di una serie di norme minime e di principi guida comuni a tutti gli Stati membri in materia di delinquenza giovanile incentrate su tre pilastri fondamentali: prevenzione; provvedimenti giudiziari e extragiudiziari; riabilitazione, integrazione e reinserimento sociale.

 

Per quanto riguarda la lotta alla tratta degli esseri umani, il 18 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005)514), relativa ad un approccio integrato alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla definizione di un piano d’azione sulla materia.

La comunicazione, facendo seguito agli orientamenti stabiliti in materia dal programma dell’Aja, mira a potenziare l’impegno dell’Unione europea e degli Stati membri per la prevenzione e la lotta contro la tratta degli esseri umani, realizzata ai fini dello sfruttamento sessuale o dello sfruttamento di manodopera, conformemente alle definizioni riportate nella decisione quadro del 19 luglio 2002 relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla tutela, assistenza e riabilitazione delle sue vittime. La relazione sullo stato di attuazione della decisione quadro è stata presentata dalla Commissione il 2 giugno 2006 (COM(2006)187).

 

La Commissione è attualmente impegna nell’organizzazione della prima Giornata europea contro la tratta degli esseri umani, il 18 ottobre 2007, nel quadro di un’azione di sensibilizzazione per rafforzare la lotta contro questo fenomeno.

 

Lotta al terrorismo

La prevenzione e il contrasto del terrorismo sono considerati elementi chiave del programma dell’Aja. Nel dicembre 2005, il Consiglio europeo ha adottato la Strategia antiterrorismo, che ha fornito le linee giuda per l’intervento dell’UE in questo settore. Il Piano d’azione di lotta al terrorismo adottato nel 2004[83] e riveduto, da ultimo, nel marzo 2007, ricalca il modello delineato nella Strategia, ordinando gli interventi previsti in quattro campi: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta.

In questo quadro, il Consiglio giustizia e affari interni del 19-20 aprile 2007 ha adottato conclusioni favorevoli al programma europeo di protezione delle infrastrutture critiche, che comprende la comunicazione (COM(2006)786), sul programma europeo EPCIP (European programme for critical infrastructure protection) e laproposta di direttiva (COM(2006)787), relativa all’individuazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione.

La proposta di direttiva sottolinea la necessità di operare una distinzione tra infrastrutture europee e nazionali e precisa che l’intervento dell’Unione avverrà in applicazione del principio di sussidiarietà, dato che spetta in prima istanza ai paesi dell’UE proteggere le loro infrastrutture. Tra gli obblighi della proposta di direttiva, si segnala la creazione, da parte dei responsabili, di un piano di sicurezza con misure standard e urgenti, in base ai rischi, e la designazione di un ufficiale di collegamento responsabile della sicurezza in ogni Stato membro. Le misure previste verranno finanziate per il 30% a carico UE, nell’ambito del programma “Prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo”, adottato il 12 febbraio 2007 (decisione 2007/124/CE), per il 70% dai responsabili delle infrastrutture in oggetto.

 

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007 ha adottato conclusioni in materia di lotta al terrorismo, nelle quali:

§      ha accolto favorevolmente l’iniziativa Europol di creare un portale di informazione per gli Stati membri (nell’ambito del programma Check the Web proposto dalla presidenza tedesca), al fine di sostenere la cooperazione nel contrasto all’utilizzo di Internet da parte di organizzazioni terroristiche, nel quadro della prevenzione dei fenomeni di radicalizzazione e reclutamento;

§      ha invitato gli Stati membri a cooperare nello scambio di informazioni su reati legati al traffico di armi e a stabilire standard comuni nella valutazione della pericolosità di sostanze e prodotti, al fine di limitare la disponibilità di armi ed esplosiviper il terrorismo e la criminalità;

§      ha formulato raccomandazioni agli Stati membri, riguardo allo scambio di informazioni sui casi già risolti di rapimento da parte di gruppi terroristici, al fine di creare una banca dati comparativa utile in caso di future indagini;

§      ha affermato la necessità di incrementare la rapidità di intervento degli Stati membri in caso di disastro chimico, biologico, radiologico e nucleare (CBRN), sia accidentale che dovuto ad atto terroristico, come stabilito nel programma CBRN del Consiglio e della Commissione, del 20 dicembre 2002 sulla necessità di cooperazione nella prevenzione delle conseguenze della minaccia terroristica di attacchi CBNR.

 

Il 29 giugno 2007 il Consiglio ha provveduto alla revisione delle liste di persone, gruppi ed entità cui si applicano misure restrittive per combattere il terrorismo, aggiornando l’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC (posizione comune 2007/448/PESC) e la lista prevista dal regolamento (CE)n. 2580/2001 (decisione 2007/45/CE).

 

Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007

Nelle conclusioni adottate nella riunione del 21-22 giugno 2007 in materia di giustizia e affari interni, il Consiglio europeo:

§      ha sottolineato la necessità di proseguire l’esecuzione dei programmi di Tampere e dell’Aja;

§      ha accolto favorevolmente i progressi compiuti nell’attuazione delle azioni prioritarie incentrate sull’Africa e sul Mediterraneo nel quadro dell’Approccio globale in materia di migrazione nonché la comunicazione della Commissione del 16 maggio 2007 (COM(2007)247), relativa all’applicazione dell’approccio globale alle regioni limitrofe orientali e sud-orientali dell’UE; ha, inoltre, approvato le conclusioni del Consiglio affari generali del 18 giugno scorso sulla cooperazione con tali regioni;

§      ha invitato Stati membri e Commissione ad assicurare risorse umane e finanziarie adeguate per permettere una tempestiva attuazione della politica migratoria globale, sottolineando l’importanza del rafforzamento della cooperazione con i Paesi terzi nella gestione dei flussi migratori; a tal fine ha ipotizzato l’istituzione di partenariati specifici in materia di mobilità nonché la possibilità di migrazione circolare;

§      ha sottolineato l’importanza di rafforzare la capacità dell’agenzia FRONTEX, compiacendosi dell'accordo raggiunto sul recente regolamento relativo all'istituzione di squadre di intervento rapido alle frontiere (COM(2006)401), dell'avvio di una rete di pattuglie costiere, della creazione del registro centralizzato delle attrezzature tecniche ("toolbox"), da mettere a disposizione degli Stati membri, e invitando a rendere operative al più presto le squadre di intervento rapido ai confini;

§      ha accolto con soddisfazione il recente accordo politico raggiunto dal Consiglio del 12 giugno scorso sulle proposte concernenti il regolamento sul sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (COM(2004)835) e la decisione del Consiglio, relativa all’accesso per la consultazione del VIS da parte delle autorità designate degli Stati membri e dell'Europol, ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati terroristici (COM(2005)600);

§      ha riaffermato il proprio impegno a realizzare entro il 2010 il regime europeo in materia di asilo preannunciando la valutazione della politica migratoria globale nella riunione che avrà luogo a dicembre 2007, sulla base di una relazione della Commissione;

§      si è congratulato dei lavori preparatori svolti nel quadro del progetto Sistema informativo di sicurezza SIS One4All ed ha incoraggiato gli Stati membri che partecipano al progetto a proseguire gli sforzi, volti a soddisfare tutti i requisiti fissati nelle conclusioni del Consiglio "Giustizia e affari interni" del 5 - 6 dicembre 2006, per l'abolizione dei controlli alle frontiere interne terrestri e marittime alla fine di dicembre 2007 e dei controlli alle frontiere interne aeree entro marzo 2008 al più tardi. Nel contempo, ha esortato la Commissione a fare sì che i lavori rimanenti per ultimare il progetto SIS II siano completati al più tardi entro dicembre 2008;

§      ha sottolineato l'importanza di rafforzare ulteriormente le capacità operative dell'Europol e si è compiaciuto della scelta di trasformare la convenzione Europol in una decisione del Consiglio, in conformità con le conclusioni del Consiglio del 12 - 13 giugno 2007;

§      ha invitato il Consiglio a raggiungere un accordo entro la fine dell'anno sulla decisione quadro sulla protezione dei dati personali nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale;

§      ha sottolineato la necessità di un rapido accordo sulla proposta di regolamento relativo alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (COM(2005)650) e su quella relativa alla giurisdizione e alla legge applicabile in materia matrimoniale (Roma III) (COM(2006)399), nonché su quella in materia di obbligazioni alimentari (COM(2005(649), invitando, altresì, il Consiglio a valutare la coerenza e l’organicità delle disposizioni relative al diritto delle obbligazioni nell’ordinamento comunitario, incluse quelle riguardanti i consumatori;

§       ha invitato il Consiglio ad assicurare che i sistemi dei casellari giudiziari nazionali siano al più presto interconnessi in una rete europea e a promuovere la comunicazione elettronica nel settore giuridico ("Giustizia elettronica"), in materia sia civile che penale;

§      ha accolto la comunicazione della Commissione sulla lotta contro la cibercriminalità (COM(2007)267) ed ha auspicato l'elaborazione di un quadro d'azione in questo settore.

 

 


Politiche delle infrastrutture e dell’ambiente

Clima e ambiente

Premessa

Nel quadro delle scelte strategiche, il documento si sofferma sulla rilevanza della sostenibilità ambientale, soprattutto in relazione agli obiettivi su cui l’Italia si è impegnata in campo energetico. Al proposito, viene richiamata la nuova politica energetica e ambientale dell’Unione europea, a seguito degli indirizzi proposti dalla Commissione nel cd. “pacchetto energia”[84] e del Consiglio europeo del 27 marzo 2007.

 

Nelle conclusioni del Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 si sottolinea la necessità di un intervento urgente ed efficace per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, le cui conseguenze a lungo termine, incluse quelle relative allo sviluppo economico, sono state riesaminate nella loro gravità da recenti studi in materia, anche al fine del raggiungimento degli obiettivi indicati dalla strategia di Lisbona.

Il Consiglio europeo ha inoltre sottolineato il ruolo guida dell’UE nella protezione internazionale del clima, ribadendo la necessità di un intervento concordato su scala planetaria e di avviare, in occasione della Conferenza internazionale sul clima, prevista per la fine del 2007 sotto l’egida delle Nazioni Unite, i negoziati relativi a un accordo globale e completo sulla lotta contro il riscaldamento del pianeta dopo il 2012.

In questa cornice, il Consiglio europeo considera gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra prospettati dalla Commissione nella sua comunicazione Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorrere fino al 2020 e oltre[85]come un obiettivo strategico fondamentale, da realizzare mediante un approccio integrato e completo della politica energetica e della politica ambientale.

 

In termini quantitativi gli obiettivi da perseguire entro il 2020 a livello comunitario sono i seguenti: realizzare almeno il 20 per cento dei consumi di energia con fonti rinnovabili; aumentare del 20 per cento l’efficienza energetica rispetto alle proiezioni del 2020; ridurre del 20 per cento le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990.

Gli interventi applicativi del Protocollo di Kyoto con particolare riguardo alle fonti rinnovabili

 

Nel paragrafo Clima ed ambiente del DPEF 2008-2012 un’attenzione particolare è dedicata all’aggiornamento degli adempimenti derivanti dal Protocollo di Kyoto.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 3, comma 2-ter del decreto-legge 12 novembre 2004, n. 273[86] prevedeva l’inserimento annuale nel DPEF di un aggiornamento “sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, in coerenza con gli obblighi derivanti dall'attuazione del Protocollo di Kyoto, e sui relativi indirizzi, indicando in particolare le proposte di modifica e di integrazione del Piano nazionale di assegnazione delle quote di emissioni che si rendano necessarie”. Il decreto-legge n. 273 è stato successivamente integralmente abrogato dall’art. 25 del D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 216, che ne ha inglobato la disciplina, senza tuttavia riprodurre la disposizione contenuta nel citato articolo 3, comma 2-ter.

Si segnala, inoltre, che la VIII Commissione della Camera, esaminando per le parti di propria competenza il precedente DPEF 2007-2011, aveva espresso parere favorevole con diverse osservazioni[87], relative, in particolare, al rilancio di una forte iniziativa politica di carattere strutturale, finalizzata al raggiungimento degli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto, all’inserimento nei successivi documenti di programmazione della previsione di un aggiornamento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi, all’implementazione delle più rilevanti politiche ambientali.

Nel corso dell’audizione del Sottosegretario per l'economia e le finanze, Paolo Cento, sulla programmazione delle politiche economico-finanziarie in materia di cambiamenti climatici (svoltasi nella seduta dello scorso 20 giugno presso le Commissioni riunite V e VIII della Camera), era stata prospettata la possibilità di accompagnare il DPEF con un apposito allegato (analogamente a quanto previsto per le infrastrutture), che facesse il punto sullo stato di attuazione degli impegni dell'Italia nell'ambito del Protocollo di Kyoto. In mancanza di una norma che consentisse la presentazione di tale allegato, le Commissioni V e VIII avevano concordato sull’opportunità di un passaggio legislativo, che fosse frutto del lavoro congiunto delle due Commissioni. Nel corso della medesima audizione era stato preannunciato un DPEF caratterizzato da “una lettura trasversale delle politiche ambientali connesse ai cambiamenti climatici e, conseguentemente, alle politiche energetiche”. La necessità di un approccio integrato delle varie politiche con le problematiche legate ai cambiamenti climatici era stata evidenziata anche nella risoluzione approvata il 22 gennaio 2007 dalle Commissioni VIII e X (n. 7-00103).

 

Il Governo sottolinea le conseguenze economiche derivanti dalla mancata applicazione del Protocollo, che rischiano, secondo dati recenti, di far aumentare i costi fino a 2,56 miliardi di euro l’anno per il periodo 2008-2012, in assenza di misure rigorose di riduzione delle emissioni. Il documento preannuncia quindi un programma di monitoraggio da parte dei Ministeri dell’economia e dell’ambiente, al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Protocollo.

 

Secondo i dati richiamati, il prezzo di mercato dei crediti di carbonio, cioè delle misure compensative per annullare gli effetti negativi dell'emissione dei gas serra, è pari a 20 euro per tonnellata di anidride carbonica. Moltiplicando i 128 milioni di tonnellate di anidride carbonica emessi in violazione del protocollo di Kyoto per 20 si arriva a 2,56 miliardi di euro l'anno.

 

Un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo può derivare dallo sviluppo del settore delle energie rinnovabili, che potranno contribuire nel 2020 alla riduzione delle emissioni nella misura di almeno il 20%[88].

Rispetto a tale obiettivo, il Governo richiama le misure adottate nella legge finanziaria 2007 in materia di fonti rinnovabili, nonché di efficienza ed il risparmio energetico (su cui confronta il paragrafo Energia).

 

Relativamente alle fonti rinnovabili, i commi da 1117 a 1120 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), hanno escluso la possibilità di qualificare e rilasciare Certificati Verdi ai rifiuti e ai combustibili da rifiuti, prevedendo in particolare che i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica vengano concessi esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Sono fatti salvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della presente legge, ivi comprese le convenzioni CIP6 e destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate. Le medesime disposizioni hanno escluso la possibilità di qualificare e rilasciare Certificati Verdi agli impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, agli impianti alimentati a idrogeno ed a celle a combustibile.

La stessa legge finanziaria prevede altre disposizioni per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili:

-       per gli edifici di nuova costruzione, il rilascio del permesso di costruire è stato vincolato all’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 0,2 kilowatt per ciascuna unità abitativa (comma 350);

-       le prestazioni di fornitura di energia termica prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento sono assoggettate all’aliquota IVA agevolata (comma 384).

 

Il Governo si impegna, altresì, a favorire l’uso sostenibile delle biomasse e dei biocombustibili, attraverso il sostegno alle filiere nazionali da realizzarsi con la collaborazione degli operatori agricoli che potrebbero trovare ampi spazi di crescita nel settore dell’agro-energia.

 

Sempre nella legge finanziaria 2007, in materia di bioenergie, sono state modificate una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti[89] (commi da 367 a 379), è stato esentato dall’accisa l’olio vegetale puro utilizzato a fini energetici nel settore agricolo (commi 380 e 381) e, al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica, è stata demandata a un decreto ministeriale la revisione della disciplina dei certificati verdi (commi 382 e 383).

Si segnala, inoltre, che all’inizio del 2007, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha presentato il primo contratto quadro nazionale sui biocarburanti, che rappresenta il primo passo verso la costruzione di una filiera nazionale delle agro-energie. L’intesa raggiunta rende possibile l’obiettivo, nel 2007, di 70 mila ettari di terreno per la coltivazione di semi oleosi a fini energetici e, quindi, di 70 mila tonnellate di bio-diesel da integrare nel normale carburante, produzione che si spera di triplicare entro il 2010, raggiungendo i 240 mila ettari (si veda in proposito anche il comma 1083 della legge n. 296/2006).

Sono inoltre prorogate al 31 dicembre 2007 le agevolazioni fiscali relative alle emulsioni stabilizzate, al metano per usi industriali, al gasolio da riscaldamento nelle zone montane, alle imposta sulle reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa ed energia geotermica, al gas metano per usi civili, al gasolio e GPL per riscaldamento impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate nelle zone climatiche E, al gasolio per autotrazione nelle province di Trieste e Udine, al gasolio utilizzato nelle coltivazioni in serra (commi 394 e 395).

 

Con riferimento a ulteriori profili di carattere generale attinenti al tema dei cambiamenti climatici, il Governo si impegna a garantire il pieno funzionamento dei meccanismi flessibili previsti dal Protocollo (Clean Development Mechanism e Joint Implmentation) e richiama la Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, nella quale dovrà essere affrontato il tema delle politiche di adattamento.

 

Si segnala che nella già richiamata risoluzione del 22 gennaio 2007, le Commissioni VIII e X avevano in realtà impegnato il Governo a convocare un’unica “Conferenza nazionale su clima ed energia, nella quale adottare un approccio integrato, che tenga prioritariamente conto delle questioni legate ai cambiamenti climatici, alle politiche della mobilità, al risparmio e all'efficienza energetica, al potenziamento delle fonti rinnovabili, alla sicurezza degli approvvigionamenti, all'innovazione e ricerca, anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto”.

 

Si segnala, inoltre, che sul tema del cambiamento climatico e sulla necessità della sua integrazione con le varie politiche di settore, la Commissione ambiente (in congiunta con le Commissioni competenti per le varie politiche) ha svolto una serie di audizioni ai fini della presentazione di una relazione all’Assemblea, ai sensi dell’articolo 143 del regolamento della Camera.

Da ultimo, si ricorda anche la risoluzione 7-00224 a prima firma Duilio e Realacci, in corso di esame presso le Commissioni V e VIII volta in particolare a impegnare il Governo a valutare in sede di predisposizione del DPEF “anche l'opportunità di privilegiare l'adozione di forme di incentivazione fiscale o di agevolazione per l'utilizzo di tecnologie caratterizzate da una maggiore sostenibilità ambientale, privilegiando quelle che, anche in base ai risultati conseguiti con riferimento a precedenti esperienze, quali in particolare le misure per il risparmio energetico in edilizia e per la rottamazione dei veicoli più inquinanti, si dimostrino più idonee a garantire risultati significativi a parità di oneri per la finanza pubblica”.

Le altre politiche per contrastare i cambiamenti climatici

Oltre che soffermarsi sul ruolo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica al fine di realizzare gli obiettivi ambientali ed energetici dell’UE, il documento:

sottolinea l’importanza dei meccanismi di mercato e delle politiche fiscali, quali strumenti per correggere i fallimenti del mercato in maniera efficiente dal lato dei costi, ma anche quali forme di incentivazione per incoraggiare comportamenti virtuosi da un punto di vista ambientale. In proposito, si ipotizza lo spostamento dell’onere fiscale da tasse welfare-negative (quali le tasse sul lavoro) a tasse welafare-positive (quali le tasse su attività inquinanti)

contiene un impegno per l’introduzione di un sistema di contabilità ambientale, nello Stato e negli enti territoriali, con la funzione di integrare gli atti di programmazione economico-finanziaria e di bilancio.

 

Si rammenta che l'Assemblea del Consiglio d'Europa ha approvato, il 2 marzo 2004, una Raccomandazione agli Stati membri per l'adozione, a tutti i livelli di governo, di strumenti di contabilità ambientale, e in particolare di bilanci "verdi" per perseguire uno sviluppo più sostenibile.

A livello nazionale, nel mese di dicembre 2006, è stata costituita una Commissione ministeriale per la Contabilità ambientale (presso il Ministero dell’economia e delle finanze), con l’obiettivo di predisporre uno schema di un disegno di legge per l’introduzione di un sistema di bilancio e contabilità ambientale entro il 31 maggio 2007, partendo in particolare dall'analisi del costo della mancata attuazione del protocollo di Kyoto. Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Paolo Cento, nel corso della già richiamata audizione del 20 giugno 2007 ha riferito che la commissione ha concluso nei tre mesi previsti i lavori relativi alla preparazione dello schema di disegno di legge, che dovrà essere sottoposto al Consiglio dei Ministri al Parlamento.

 

§      Evidenzia la necessità di un processo di riforma nel trasporto pubblico locale, anche attraverso il coinvolgimento delle Regioni, in grado di dare nuovo slancio a processi di liberalizzazione socialmente sostenibili e consentire uno sviluppo qualitativo e quantitativo dei servizi, attraverso l’introduzione di livelli qualitativi di riferimento nel contenuto minimo dei contratti di servizio, dei principi del costo di riferimento e della premialità nella ripartizione delle risorse.

 

Si ricordano in materia le disposizioni contenute nella legge finanziaria 2007.

L’articolo 1, comma 1031, ha istituito un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, il cui ammontare è fissato in 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. L’istituzione del fondo è finalizzata a: realizzare una migliore correlazione tra lo sviluppo economico, assetto territoriale e organizzazione del trasporti e favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani attraverso il miglioramento del servizio offerto dal trasporto pubblico locale.

Il fondo è destinato a contributi nella misura massima del 75 per cento per l’acquisto di:

-       veicoli ferroviari per l’espletamento dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a. e dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione a F.S. S.p.a., di cui, rispettivamente agli articoli 8 e 9 del D.Lgs. 422/1997;

-       veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;

-       autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.

Il comma 1032 demanda ad un decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, il riparto tra le Regioni e le Province autonome dell’ammontare del fondo, fissando nel contempo i criteri per la ripartizione.

Tale provvedimento non risulta ancora emanato.

La medesima legge finanziaria 2007, all’art. 1, commi 1121-1123, ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, del Fondo per la mobilità sostenibile, per il finanziamento di interventi finalizzati al miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane, nonché al potenziamento del trasporto pubblico, con uno stanziamento di 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. La disposizione inoltre demanda ad un successivo decreto interministeriale la definizione delle priorità per l’individuazione delle misure finanziate.

Nel corso dell’audizione del 5 giugno 2007 sulle politiche relative ai cambiamenti climatici svoltasi presso la VIII Commissione (Ambiente), il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha riferito che il decreto attuativo -in corso di redazione con il Ministero dei trasporti- reca la realizzazione di servizi e infrastrutture che favoriscano l'uso del mezzo pubblico; il potenziamento e la sostituzione della flotta dei veicoli del trasporto pubblico locale con veicoli a basso impatto ambientale; la realizzazione e il potenziamento di interventi di razionalizzazione e miglioramento del processo di distribuzione delle merci nell'ambito urbano (il famoso carico e scarico merci); la realizzazione di parcheggi di interscambio, da localizzare nei principali punti di ingresso delle aree metropolitane; la diffusione e l'utilizzo dei carburanti a basso impatto ambientale e il potenziamento delle relative reti di distribuzione; la diffusione della figura del mobility manager; il potenziamento dei servizi integrativi e complementari al trasporto pubblico locale (car sharing); la promozione della mobilità ciclistica.

 

§      preannuncia la revisione della Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia, approvata con la Deliberazione CIPE 2 agosto 2002, n. 57, coerentemente con gli indirizzi recati dalla nuova strategia dell’Unione Europea in materia adottata dal Consiglio nel giugno 2006.

 

Il Consiglio europeo ha adottato, il 16 giugno 2006, una nuova strategia europea per lo sviluppo sostenibile (l'Agenda di Goteborg), per un'Unione Europea allargata. La strategia sottolinea e rafforza l'impegno e la necessità di cooperazione che dovrà affrontare l'UE in considerazione dell'impatto dei nuovi paesi sullo sviluppo sostenibile globale. Con tale strategia l’UE si pone la finalità di integrare gli obiettivi di sostenibilità ambientale con quelli di sviluppo economico e sociale che caratterizzano invece l'altra strategia comunitaria prioritaria per i prossimi anni, l'Agenda di Lisbona (definita "motore di un'economia più dinamica") .

A livello nazionale, tra i recenti interventi normativi si segnala il comma 1124 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006), che ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, del Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare:

-       progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche;

-       l’educazione e informazione ambientale;

-       progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile.

La dotazione del fondo è determinata in 25 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 e l’individuazione annuale delle misure prioritarie da finanziare viene demandata, ad apposito decreto interministeriale che, ad oggi, non risulta ancora emanato.

Le politiche per realizzare le altre priorità ambientali dell’UE

Nel ribadire l’impegno del Governo per contrastare i fenomeni di criminalità legati all’ambiente, vengono confermati i seguenti 5 ambiti di azione:

§      facilitare l’applicazione della VIA e/o della Valutazione di incidenza.Per le realtà industriali, dare piena attuazione al D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59, che disciplina la prevenzione e la riduzione integrata dell'inquinamento proveniente dalle attività industriali indicate[90], dando integrale attuazione alla direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (cd. direttiva IPPC) e al regolamento comunitario n. 1907/2006 sul controllo e la registrazione delle sostanze chimiche (REACH), nonché alla direttiva “Severo”, per gli impianti industriali a rischio di incidente rilevante.

 

Si ricorda che nella parte seconda del D.Lgs. n. 152/2006 (cd. codice ambientale), sono state raccolte le disposizioni in materia di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), Valutazione ambientale Strategica (VAS)ed alcune norme di coordinamento relative all’Autorizzazione Ambientale Integrata (AIA). L’applicabilità di tale disciplina è stata, da ultimo, differita al 31 luglio 2007 dal comma 2 dell'art. 5, del decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300.

Per quanto riguarda la Valutazione di incidenza (cd. VINCA), essa rappresenta lo strumento principale per la salvaguardia dei SIC (siti di importanza comunitaria)[91] ed è finalizzata ad individuare e valutare gli effetti che piani territoriali, urbanistici e di settore possono avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Le norme ad essa relative sono recate dall’art. 5 del DPR n. 357/1997, come novellato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.

Si rammenta che il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 sulle sostanze e preparati chimici prodotti ed importati nell’Unione europea (cd. REACH[92]) definisce un complesso sistema di registrazione, valutazione ed autorizzazione delle sostanze e preparati chimici, che interessa circa 30.000 sostanze e sostituisce più di 40 norme vigenti sulla materia; esso è entrato formalmente in vigore il 1° giugno 2007 e andrà a pieno regime nel 2018. Il sistema REACH, obbliga il produttore e l’importatore a registrare, valutare e richiedere l’eventuale autorizzazione della sostanza prima di immetterla sul mercato. Questo obbligo vige per tutta la catena di approvvigionamento e produzione di sostanze e preparati chimici, onde pervenire alla sicurezza chimica per la tutela della salute dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente[93].

Nel disegno di legge di delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, trasmesso dal Senato lo scorso 28 giugno, tra i criteri della delega si fa esplicito al rispetto – nell’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio – del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, nonché all’eventuale coordinamento con la normativa ambientale.

Da ultimo si rammenta che le norme relative al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose per alcuni impianti industriali, sono contenute nel D.Lgs. n. 334/99 (di recepimento della direttiva 96/82/CE, cd. Seveso bis), come integrato e modificato dal D.Lgs. n. 238/2005 con cui è stata recepita la direttiva 2003/105/CE (c.d. "Seveso ter").

§      una corretta gestione delle acque e del suolo, attraverso in particolare una “corretta e piena applicazione della direttiva 2000/60”.

 

Il recepimento della direttiva 2000/60/CE rappresenta una delle principali novità in materia di difesa del suolo prevista dalle disposizioni contenute nella Parte Terza del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (artt. 53-176), unitamente alla riorganizzazione dell’assetto amministrativo disegnato dalla legge n. 183 del 1989 sui bacini idrografici.

 

In tale quadro, viene sottolineata l’esigenza di dare piena applicazione alle linee guida di programmazione forestale per rafforzare le politiche agroforestali, sia per la loro influenza sull’assetto idrogeologico che per la loro relazione con i cambiamenti climatici;

 

Le linee guida di programmazione forestale sono state approvate con DM del 16 giugno 2005 con lo scopo di valutare lo stato di conservazione del settore in relazione alla tutela della biodiversità e di individuare elementi di indirizzo per la programmazione che le regioni attueranno nel rispetto degli impegni internazionali e della normativa comunitaria e nazionale in materia. Secondo queste linee guida le foreste svolgono un ruolo multifunzionale strategico: sono una fonte di energia rinnovabile, forniscono protezione dalle catastrofi naturali, agiscono come serbatoi di carbonio, fungono da tampone contro i cambiamenti ambientali, sono fra i fattori determinanti dell'equilibrio del ciclo dell'acqua, sono una fonte di materia prima per importanti settori produttivi e svolgono un'importante funzione didattica e ricreativa.

 

§      il rafforzamento delle azioni nel settore della biodiversità proseguendo con il sostegno alle aree protette e con interventi per la tutela di specie ed habitat, in particolare attraverso il completamento degli strumenti di gestione e programmazione (carta della natura e rete ecologica);

 

Nello schema di decreto ministeriale con il quale, annualmente, vengono erogati contributi in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, gli enti parco nazionale sono destinatari, nel 2007, di una quota (51.504.194 di euro) che risulta notevolmente incrementata rispetto all’anno precedente, +26,6%. Su tale schema la VIII Commissione (Ambiente) ha espresso il proprio parere favorevole con osservazioni in data 20 giugno 2007.

Si segnala, inoltre, un disegno di legge di iniziativa governativa, il cui esame presso l’altro ramo del Parlamento non è ancora iniziato (A.S. 932), che reca Disposizioni per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica. Tale provvedimento - inteso ad assicurare la conformità dell’ordinamento italiano alla normativa comunitaria concernente la conservazione della fauna selvatica – in particolare specifica i divieti inderogabili riferiti alle Zone speciali di conservazione (ZSC) e prevede l’applicazione delle disposizioni da esso recate, se più restrittive rispetto alle misure di salvaguardia esistenti, alle ZSC che ricadono all’interno di aree naturali protette o di aree marine protette. Esso inoltre impone alle regioni (entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento) l’adeguamento del proprio ordinamento alle disposizioni comunitarie e nazionali in materia di deroghe al prelievo venatorio, sospendendo gli effetti dei provvedimenti di deroga difformi dalle suddette disposizioni adottati dalle regioni e prevedendo, decorso inutilmente il termine previsto, che le leggi ed atti regionali difformi si intendono abrogati ed annullati.

 

§      il rafforzamento degli interventi per il ripristino dei siti inquinati e la gestione dei rifiuti.

Con particolare riferimento al profilo della bonifica dei siti, il Governo segnala la necessità di prevedere procedure “chiare e snelle”, favorendo soprattutto specifici accordi di programma tra le parti interessate, e che diano impulso alla ricerca ed alla formazione ed alla specializzazione di nuove professionalità.

 

Con D.M. 28 novembre 2006, n. 308 è stato approvato il regolamento recante integrazioni al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468, concernente il programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati. Tra le misure previste si dispone che l’individuazione dei soggetti beneficiari, nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti previsti dal Programma nazionale, qualora non siano disciplinati dalle Regioni, siano regolamentati mediante il ricorso agli strumenti di programmazione negoziata da sottoscrivere tra Stato, Regioni, enti locali territorialmente competenti e soggetti attuatori.

Si segnala inoltre che, nel testo del secondo schema di decreto legislativo correttivo al codice ambientale contiene alcune modifiche alla disciplina transitoria in materia di procedimenti di bonifica prevista dall’art. 265 del cd. Codice ambientale. Su tale schema le Commissioni ambiente di Camera e Senato hanno espresso il parere di propria competenza. Lo schema di decreto dovrà nuovamente essere trasmesso alle commissioni parlamentari competenti.

In particolare, il parere espresso dall’VIII Commissione della Camera reca una condizione avente ad oggetto la revisione - attraverso una ampia e approfondita collaborazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico - della disciplina complessiva della normativa di cui al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di bonifica dei siti contaminati “(che vada oltre il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 43 e 45 dell'articolo 1 dello schema di decreto in esame), garantendo, in particolare, la coerenza con la disciplina del «danno ambientale» e con quella della tutela delle acque, nonché tenendo conto della normativa europea in materia e della futura direttiva comunitaria per la protezione dei suoli, anche anticipandone alcuni contenuti. Si segnala, in sostanza, la necessità di non limitarsi ad un regime transitorio, ma di stabilire un regime certo per le bonifiche dei siti inquinati, il quale, in ossequio ai criteri di coerenza con le direttive comunitarie e con il necessario carattere unitario, coordinato e integrato, della normativa ambientale, superi i due diversi e paralleli regimi giuridici per le bonifiche e per il danno ambientale attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 152 e disponga, al contrario, una effettiva integrazione fra queste due parti. In questo contesto, peraltro, si potranno approfondire i seguenti aspetti: accertare le diverse posizioni del responsabile della contaminazione e del soggetto interessato e/o proprietario dell'area non responsabile della contaminazione; indicare soluzioni appropriate alle attuali problematiche operative attinenti alle attività in esercizio ricadenti su aree interessate da interventi di bonifica; valorizzare e rafforzare le semplificazioni amministrative previste nello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006; garantire una maggiore articolazione del periodo transitorio; favorire e incentivare, anche sotto il profilo finanziario, gli interventi di bonifica di siti contaminati da realizzare - anche mediante appositi accordi di programma - nelle aree finalizzate alla deindustrializzazione”.

 

Con riferimento, invece, al profilo della gestione dei rifiuti, il Governo sottolinea l’esigenza di rafforzare gli interventi tesi ad incrementare la raccolta differenziata e a contenere la produzione dei medesimi. Segnala, inoltre, la necessità di superare l’attuale fase di commissariamento nazionale che grava su alcune regioni del Sud. Per il perseguimento di tali finalità, occorre individuare forme di razionalizzazione degli adempimenti normativi, soprattutto attraverso una maggiore semplificazione e una conseguente riduzione dei costi per le piccole e medie imprese.

 

In materia si ricorda, da ultimo, il decreto-legge n. 61 del 2007 (definitivamente convertito in legge nella seduta dell’Assemblea della Camera del 4 luglio scorso) recante interventi straordinari per superare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti in Campania e per garantire l’esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti.

 

§      il rafforzamento delle azione di tutela e gestione del mare, in attuazione in particolare degli impegni presi in sede internazionale, volti soprattutto a una maggiore tutela delle specie più a rischio e a diminuire gli impatti ambientali derivanti dal traffico di sostanze pericolose e da alcune modalità di pesca. Il documento sottolinea inoltre l’importanza della salvaguardia della fascia costiera.

 

Per il perseguimento di tali finalità, la legge finanziaria per il 2007, all’art. 1, comma 1100, ha destinato risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per l'attuazione di programmi annuali di interventi per la difesa del mare previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 e dei protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dalle azioni di inquinamento del 16 febbraio 1976, ratificata con legge 25 gennaio 1979, n. 30. Sono state anche previste (commi 1101-1102) disposizioni relative alle spese per le attività di antinquinamento marino con una parziale destinazione delle somme recuperate per attività di difesa del mare dagli inquinamenti.

Infrastrutture

In materia di infrastrutture, il documento evidenzia:

§      un ridimensionamento della spesa in conto capitale (che in termini dio incidenza sul PIL ha raggiunto nel 2006 il 4,1 per cento rispetto al 4,5 per cento nel 2002);

§      il decentramento che caratterizza la spesa in conto capitale della P.A. (la componente investimenti è realizzata per il 60 per cento dalle amministrazioni locali, per il 20 percento da quelle regionali).

 

Al fine di superare i deficit infrastrutturali e migliorare la dotazione di capitali si ritiene essenziale un coordinamento tra i livelli di governo, oltre che un’efficace programmazione delle risorse in conto capitale. A tal fine, è necessario da un lato selezionare le opere sulla base di valutazioni attinenti all’efficienza della spesa e alla tempistica di realizzazione; dall’altro, mirare al coinvolgimento del cofinanziamento privato e all’eventuale adeguamento delle tariffe.

Per quanto riguarda le risorse, si ipotizza la possibilità di soddisfare l’esigenza di migliorare la dotazione di capitale:

§      attraverso lo sfruttamento di una maggiore crescita del prodotto, una riduzione della componente di spesa destinata alle politiche di incentivazione alle imprese, una riqualificazione dei piani di investimento pubblico, nonché una riduzione dei costi unitari;

§      indirizzando le politiche ordinarie di investimento in una direzione tale da consentire che le risorse aggiuntive nazionali e comunitarie possano produrre gli effetti attesi.

 

Con specifico riferimento al Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla cd. legge obiettivo (legge 21 dicembre 2001, n. 443), il Documento individua delle priorità sulla base del quadro emerso a seguito del monitoraggio del programma.

 

Tale ricognizione è stata effettuata nell’ambito del tavolo tecnico istituito dal CIPE nella seduta del 29 settembre 2006, con lo scopo di elaborare una ricognizione sullo stato di attuazione del Primo Programma Infrastrutture Strategiche. L’istituzione del tavolo rispondeva all’esigenza di “sistematizzare i dati delle rilevazioni effettuate dal Ministero delle infrastrutture e dal CIPE", in collaborazione con le altre amministrazioni competenti. I lavori del tavolo si riferivano esclusivamente alle opere singolarmente approvate dal CIPE, posto che solo tali opere implicano impegni di tipo economico-finanziario. Il 30 ottobre sono stati pubblicati gli esiti del tavolo, riferiti in particolare ai costi delle opere, alle risorse e alle coperture, allo stato di attuazione e alle tipologie di interventi[94].

 

Le esigenze definite nel Documento sono le seguenti:

a)      realizzare le opere già approvate, da attivare o in corso, risolvendo le criticità riscontrate in sede di monitoraggio del Programma;

b)      aggiornare il quadro delle priorità, attraverso il confronto con gli enti territoriali.

 

Con riferimento alla prima esigenza, si segnala che un’indicazione di priorità, nell’ambito delle opere del Programma delle infrastrutture strategiche, è contenuta nell’articolo 2, comma 1, n. 20), dello schema di decreto legislativo correttivo al codice appalti, attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari competenti per il parere. Tale disposizione, attraverso una novella all’articolo 161 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) attribuisce in particolare priorità alle infrastrutture:

§      già avviate;

§      oppure con il progetto esecutivo approvato;

§      oppure quelle per le quali ricorre la possibilità di finanziamento con capitale privato, sia di rischio che di debito, nella misura maggiore possibile.

 

Tali indicazioni corrispondono sostanzialmente a quanto affermato dal sottosegretario Gobbo nel corso della sua audizione del 14 febbraio presso le Commissioni riunite VIII e IX, in ordine alla priorità da attribuire alle opere realizzabili in breve termine. In quell’occasione, il sottosegretario ha ricordato che “nel CIPE di dicembre è stata assunta una delibera molto importante, con la quale è stato costituito un cosiddetto «fondo di accelerazione degli investimenti». Stiamo operando una ricognizione per verificare se ci sono opere finanziate, in una qualche misura, che non potranno mai essere realizzate, oppure che sono talmente indietro nella loro ipotesi di realizzazione, pur essendo state finanziate in qualche misura, da poter essere definanziate. Questi soldi possono essere, almeno in linea momentanea, tolti all'opera e messi in questo fondo a favore di altre opere che, essendo già molto più avanzate, potranno essere in questo modo concluse. Lo abbiamo definito «fondo di accelerazione», e dovrebbe permettere la realizzazione di qualche opera e di vedere realizzato qualche sogno. Nello stesso tempo, si sta perseguendo una determinata politica per cercare di incentivare il capitale privato, attraverso la finanza di progetto”.

 

Con riferimento al secondo profilo, il Documento richiama il Piano generale “Infrastrutture prioritarie” elaborato dal Ministero delle infrastrutture a seguito del confronto con le singole Regioni e pubblicato lo scorso 16 novembre.

In termini generali, in base a tale Piano la programmazione degli interventi infrastrutturali per i prossimi anni deve informarsi ai seguenti principi:

§      condivisione della gerarchia delle priorità tra i vari livelli istituzionali (nazionale, regionale e subregionale);

§      coerenza con il disegno generale di programmazione dello sviluppo del territorio nazionale;

§      stato di avanzamento e livello di sostenibilità degli interventi;

§      compatibilità delle scelte con le risorse disponibili e con i tempi individuati per il loro impiego.

 

Sulla base della conseguente rivisitazione del Programma e dell’individuazione dei progetti da finanziare nel periodo 2008-2011, risulta un sistema di interventi volto alla riduzione del deficit qualitativo e quantitativo che caratterizza l’offerta infrastrutturale delle Regioni del Centro Nord e alla valorizzazione delle potenzialità dei territori del Mezzogiorno.

 

Nel documento sulle priorità infrastrutturali (e, corrispondentemente, nell’Allegato Infrastrutture) si evidenzia la “Questione settentrionale”, “rappresentata da un territorio urbanizzato sempre più esteso, fitto e irregolare, a cui si accompagna una domanda di accessibilità e mobilità – per persone e merci – debolmente soddisfatta da un’offerta infrastrutturale con gravissimi deficit qualitativi e quantitativi, relativi sia alle connessioni con le «reti lunghe» - Corridoi europei, rotte aeree, rotte marittime ecc – sia alla mobilità interna dei territori regionali e dei sistemi urbani “. Per quanto riguarda, invece, la “questione meridionale” – in relazione al ruolo potenziale del Mezzogiorno di porta europea per i traffici con i Paesi del Lontano e Medio oriente e del Nord Africa – si evidenzia la necessità di varchi di accesso portuali e aeroportuali e di reti di connessione con l’area continentale.

 

Il fabbisogno finanziario del sistema di azioni così definito è pari a 32.149 milioni di euro.

 

Con specifico riferimento agli interventi prioritari, il documento si sofferma:

§      sulla rilevanza della realizzazione di specifici interventi al fine di realizzare gli obiettivi indicati.

 

Si tratta dei seguenti: lo sviluppo del Corridoio V e delle tratte meridionali del Corridoio I; l'implementazione delle Autostrade del Mare; l'accessibilità ferroviaria al nodo aeroportuale di Malpensa, per il potenziamento dei Corridoi Tirrenico ed Adriatico; il rafforzamento delle trasversali peninsulari; le opere funzionali al decongestionamento dei nodi urbani. Con riguardo all'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, si individuano come specifici obiettivi dell'azione programmatoria la garanzia del completo finanziamento dell’opera e la significativa riduzione da parte dell’ANAS dei tempi di esecuzione, nonché il contenimento dei costi di realizzazione dei lotti ancora in stato di progettazione.

 

§      sulle scelte operate nell’ambito della programmazione stradale e ferroviaria (con specifico riferimento al Piano quinquennale 2007-2011 dell’ANAS e al Contratto di programma per il medesimo periodo tra Stato e RFI), evidenziando come tali strumenti siano informati ai criteri contenuti nel Piano generale del Ministero delle infrastrutture e “improntati al principio del corrispettivo per i servizi resi sulla base di obiettivi di efficacia ed efficienza della gestione”

 

Nell’ambito del Piano ANAS si prevede l’attivazione di un volume di investimenti afferenti a risorse ordinarie pari a 4.291 Meuro, destinati a interventi selezionati secondo il criterio di coerenza con gli obiettivi generali e connotati da carattere di completamento e complementarietà con opere già realizzate o in corso; nell’ambito del Contratto di programma RFI, il volume di investimenti ammonta a 22.165 Meuro, ripartiti tra interventi di manutenzione straordinaria della rete, potenziamento infrastrutturale su opere in corso, realizzazione di nuovi interventi prevalentemente localizzati nel Mezzogiorno.

 

§      sugli investimenti (complessivamente pari a 6.777 milioni di euro) che saranno effettuati nel Sud e nelle Isole, utilizzando le risorse previste dal Quadro strategico nazionale per i programmi nazionali “reti e mobilità” per la realizzazione di infrastrutture nel Mezzogiorno, a valere sui fondi strutturali dell’UE (FESR) e sui Fondi per le aree sottoutilizzate (FAS).

 

In tale contesto, l’Allegato infrastrutture (sul quale, cfr. l’Appendice), presentato in attuazione della previsione di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo) contiene la programmazione degli interventi infrastrutturali per il prossimo quinquennio, la rivisitazione del Programma delle infrastrutture strategiche e introduce il tema della valutazione ambientale degli interventi e del cd. federalismo infrastrutturale.

Politiche abitative

Si segnala preliminarmente che la Commissione ambiente della Camera, lo scorso 29 maggio, ha approvato una risoluzione a prima firma Realacci (n. 8-00056), volta, tra l’altro, a far sì che il prossimo documento di programmazione economica e finanziaria indichi una strategia organica destinata alla politica per la casa, volta a rilanciare il mercato della locazione, ad offrire opportunità per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio e per la sua efficienza energetica, garantendo inoltre un correlato impegno da parte del Governo al perseguimento - entro un arco temporale certo e definito - dei relativi obiettivi, secondo le linee di indirizzo indicate in premessa e ripristinando un flusso costante di finanziamenti statali per i richiamati interventi.

 

Gli altri impegni della risoluzione riguardano:

-       l’adozione, in piena sintonia con le regioni e le autonomie locali e nel rispetto delle rispettive competenze, dei necessari interventi programmatici e attuativi in materia di politica della casa, anche sulla base degli elementi emersi a seguito dei lavori del tavolo di concertazione previsto dalla legge n. 9 del 2007, assicurando una costante informazione del Parlamento, anche oltre la prevista trasmissione del relativo programma alle Camere per l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari;

-       interventi sulla materia delle agevolazioni fiscali e urbanistiche, nonché delle agevolazioni creditizie per operatori ed utilizzatori dell'housing sociale, anche in modo da aumentare l'offerta di alloggi in locazione a canone concordato mediante una ridefinizione della fiscalità immobiliare che comporti maggiori agevolazioni per i proprietari che affittano secondo le modalità del canale agevolato ai sensi della legge n. 431 del 1998, unitamente a benefici fiscali a favore degli inquilini; in questo ambito, a valutare anche il sostegno a speciali programmi di edilizia abitativa posti in essere dalle imprese in favore dei propri dipendenti, nonché il possibile superamento del pagamento dell'ICI per gli immobili di edilizia residenziale pubblica a carico delle aziende territoriali;

-       l’adozione di iniziative volte ad incrementare, di conseguenza, il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione», come strumento di base per il riequilibrio delle distorsioni esistenti nel settore abitativo e a individuare le risorse necessarie a realizzare gli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economica e finanziaria;

-       la promozione di adeguate iniziative in sede di Unione europea per la definizione, al pari di altri settori, di progetti di finanziamento dell'edilizia residenziale pubblica;

-       l’adozione di misure per favorire il rapido utilizzo - per l'edilizia pubblica sovvenzionata e agevolata - di quota parte del consistente patrimonio immobiliare demaniale, detenuto da enti statali o territoriali, in qualunque forma giuridica costituiti, mediante procedure e accordi specifici tra Agenzia del demanio ed enti territoriali o altri soggetti interessati;

-       l’impegno a valutare, in questo quadro, ogni possibile iniziativa che semplifichi la destinazione di immobili del demanio militare al soddisfacimento di esigenze abitative, favorendo i processi di recupero e riqualificazione dei medesimi immobili, anche mediante specifici accordi con il Ministero della difesa.

 

Il documento di programmazione economico-finanziaria in esame prevede:

§      la necessità di un quadro normativo coordinato con quello regionale, finalizzato all’attivazione di programmi strategici per accrescere la disponibilità di alloggi realizzabili attraverso risorse pubbliche, nonché mediante schemi di partenariato pubblico-privato;

§      Nell’ambito delle politiche per l’equità sociale, l’attuazione del richiamato piano triennale per l’edilizia abitativa, che viene inquadrato tra i punti di maggiore rilevanza critica.

 

In materia si richiama brevemente la legge 8 febbraio 2007, n. 9 recante “Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali, la quale, oltre a sospendere la procedura esecutiva di sfratto nei confronti di alcune categorie sociali particolarmente deboli, ha previsto anche alcune misure di natura strutturale.

Tra queste, si segnala:

-       la predisposizione da parte delle Regioni, su proposta dei comuni di cui all’articolo 1 (comuni capoluogo di provincia, comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87103 del 13 novembre 2003) e sulla base del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, di un piano straordinario articolato in tre annualità da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarietà sociale e al Ministro delle politiche per la famiglia pluriennale da parte dei comuni 1 (articolo 3, comma 1);

-       l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica, destinato a contenere anche gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, nonché proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare (articolo 4).

Si segnala che allo stato è pendente un ricorso presentato dalla Regione Lombardia innanzi alla Corte costituzionale avente ad oggetto le disposizioni contenute nell’articolo 3, commi 1 e 2, e, comma 2, 5, comma 1, della legge n. 9 del 2007, ritenute lesive della competenza concorrente delle Regioni in materia di edilizia residenziale pubblica.

Si richiama, infine, l’art. 1, comma 1154,della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che ha autorizzato la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la realizzazione di un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata (dove per "sovvenzioni" si intende la copertura dei costi in conto capitale per la realizzazione dell’opera), rinviando ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la definizione delle modalità di applicazione e di erogazione dei finanziamenti previsti.

 

Più in generale la politica per la casa riveste un rilievo notevole nell’ambito delle strategie di intervento del Governo, in ossequio all’osservanza al diritto sociale all’abitazione.

In particolare, si preannuncia una riduzione della tassazione sulla prima casa (ICI) a partire dal 2008, nonché un sistema di detrazioni in funzione delle aree geografiche (in linea con le modifiche che si adotteranno con l’ICI) a favore dei conduttori di abitazioni. Si ritiene, inoltre, necessario considerare una revisione della tassazione dei redditi da locazione nell’ambito dell’attuazione dei più generali principi di delega per la riforma della tassazione dei redditi da capitale.

 

Anche in relazione ai temi contenuti nella risoluzione sopra richiamata, il documento – nell’ambito del capitolo dedicato alle privatizzazioni – contiene l’impegno a continuare il programma di dismissioni, preannunciando un intervento nel senso della riformulazione dell’attuale norma di trasferimento degli immobili militari all’Agenzia del demanio.

 

La politica per la casa costituisce infine oggetto di specifica attenzione nell’ambito dell’Allegato infrastrutture (in particolare nell’Allegato D).

In tale documento emerge da un lato la necessità di ridisegnare le politiche per la residenza, inserendole in un approccio più ampio e strutturato, attraverso la sperimentazione di nuovi modelli di cooperazione interistituzionale e di partenariato sociale ed economico. Dall’altro si evidenzia come l’attuazione di una nuova politica nazionale per la casa non possa prescindere dalla definizione del Programma nazionale sulle politiche abitative, previsto dalla legge n. 9 del 2007 e finalizzato ad aumentare il numero degli alloggi da locare a canone agevolato e da destinare in proprietà a soggetti socialmente deboli, secondo le indicazioni fornite dal Tavolo di concertazione sulle politiche abitative. Nell’Allegato D si dà quindi conto degli esiti del Tavolo di concertazione che ha provveduto ad individuare gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, e ha fornito una serie di proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.

Nell’Allegato trova inoltre spazio la cd. questione urbana – intesa quale realtà atta a promuovere lo sviluppo regionale, nazionale e, conseguentemente anche europeo – e, in particolare,le linee di azione del Governo per il decongestionamento dei sistemi urbani e territoriali, nonché per il miglioramento della qualità dello spazio urbano.

Mobilità

Nel settore della mobilità, il Documento sottolinea la prioritaria esigenza di adeguare la programmazione degli interventi sulle reti infrastrutturali ai parametri fissati, in termini di analisi costi-benefici, dalla Unione Europea; ciò anche in considerazione del fatto che l’analisi dei costi ambientali costituisce un requisito di accesso ai finanziamenti comunitari per le reti transeuropee e ai fondi strutturali.

Il programma degli interventi, che verrà definito in sede di predisposizione della manovra finanziaria per il 2008, si colloca nel più ampio quadro del Piano Generale della Mobilità, di cui il Ministero dei trasporti ha avviato la realizzazione e che si configura come un progetto globale destinato a integrare tutto il sistema delle infrastrutture del trasporto nazionale (strade, ferrovie, aeroporti, porti, mobilità urbana e regionale) e finalizzato ad assicurare trasporti sicuri, efficienti e sostenibili.

Le linee di azione perseguite dal Piano vengono espressamente richiamate e illustrate nel Documento di programmazione e sono di seguito riassunte.

Mediterraneo e autostrade del mare

Nel bacino del Mediterraneo, individuato come uno dei settori strategici per lo sviluppo delle politiche dei trasporti, si prevede l’attuazione del progetto delle Autostrade del Mare - destinate ad migliorare i collegamenti del nostro paese con i paesi rivieraschi, il Nord Africa, il Mar Nero – anche mediante una valorizzazione del ruolo delle strutture portuali e aeroportuali collocate nelle nostre regioni meridionali.

 

Si ricorda, in proposito, che le autostrade del mare sono state progettate al fine di ridurre la congestione sulle reti infrastrutturali terrestri (strade e autostrade), sviluppare un trasporto più rispettoso dell’ambiente e contribuire alla sicurezza nei trasporti; tale orientamento si ricollega alle indicazioni elaborate in sede comunitaria, ed in particolare alle decisioni assunte nel 1996 dal Parlamento europeo e dal Consiglio, concernenti lo sviluppo della rete transeuropea di trasporto. Lo sforzo della Commissione e dei singoli Stati membri volti all’individuazione e allo sviluppo delle rotte marittime nelle quali sperimentare le autostrade del mare - tra le quali si segnala l’Autostrada del Mare dell’Europa Sud-Est, che collega il Mare Adriatico al Mar Ionio e al Mediterraneo orientale sino ad includere Cipro - sottolinea l’importanza di queste ultime per la politica europea nel campo dei trasporti e più specificatamente nelle azioni mirate al riequilibrio modale come lo strumento che permette il raggiungimento di molteplici obiettivi quali, in particolare, il miglioramento delle condizioni ambientali e l’incremento dell’efficienza della rete dei rapporti con i paesi europei e di questi con gli Stati extracomunitari confinanti.

A seguito dell’inserimento del progetto delle autostrade del mare nella lista delle opere prioritarie da realizzarsi a livello europeo, anche la legislazione nazionale ha sottolineato questo come elemento strategico della politica dei trasporti. Già nel Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, elaborato nel marzo del 2001, veniva indicata tra gli obiettivi strategici la piena attuazione dei progetti relativi alle autostrade del mare quale azione specifica mirante ad ottenere un sistema dei trasporti coerente con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di sicurezza stabiliti dall’Unione Europea.

Per favorire la realizzazione del progetto, è stata creata la società Rete Autostrade Mediterranee SpA, società di scopo a capitale pubblico creata da Sviluppo Italia, d’intesa con il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, per attuare il programma di sviluppo delle autostrade del Mare.

A livello legislativo si registrano diversi interventi volti al decongestionamento della rete viaria nazionale a favore del trasporto marittimo.

Il c.d. ‘collegato infrastrutture’ (Legge n. 166/2002) ha previsto due misure in questa direzione: una prima misura prevede il concorso finanziario dello Stato agli oneri sostenuti dalle imprese armatoriali per gli investimenti connessi allo sviluppo del trasporto marittimo di corto raggio al fine di incentivare l’incremento della quota di veicoli trasportati via mare; una seconda misura prevede uno stanziamento volto al proseguimento del programma di ammodernamento e riqualificazione delle infrastrutture portuali, di cui una cifra non inferiore al 20% è stata poi destinata allo sviluppo delle modalità di trasporto combinato strada-mare secondo il progetto denominato «autostrade del mare». E’ anche prevista una programmazione delle infrastrutture portuali volta a privilegiare le attività intermodali presenti nelle piastre logistiche portuali, in modo da ottimizzare le soluzioni di continuità tra la rete stradale e ferroviaria e l’offerta di trasporto via mare.

Con il decreto legge n. 209 del 2002 sono state successivamente stanziate risorse finalizzate all'innovazione del sistema dell'autotrasporto di merci, allo sviluppo delle catene logistiche, al potenziamento dell'intermodalità, con particolare riferimento alle «autostrade del mare», nonché allo sviluppo del cabotaggio marittimo, all’innovazione tecnologica e agli interventi di miglioramento ambientale.

La legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha previsto uno stanziamento di ulteriori 10 milioni di euro per l’anno 2005 per il finanziamento delle attività inerenti alla programmazione e realizzazione del sistema integrato di trasporto denominato «Autostrade del mare».

La Commissione europea, con la comunicazione COM(2007)32 del 31 gennaio 2007, nel sottolineare la necessità di estendere le reti transeuropee, al fine di collegarle con i vicini paesi extracomunitari, ha proposto di realizzare alcuni assi transnazionali, tra i quali sono compresi:

-       le autostrade del mare per collegare le regioni del mar Baltico, mare di Barents, oceano Atlantico (incluse le regioni ultraperiferiche), mar Mediterraneo, Mar Nero e Mar Caspio, nonché i paesi litoranei all'interno di tali regioni, con un'estensione verso il Mar Rosso attraverso il canale di Suez;

-       un asse sudorientale per collegare l'UE con i Balcani e la Turchia e ulteriormente con il Caucaso meridionale e il mar Caspio, come pure con il Medio Oriente, fino all'Egitto e al mar Rosso;

-       un asse sudoccidentale per collegare l'UE sudoccidentale con l'asse transmagrebino che collega Marocco, Algeria e Tunisia, con un'estensione fino in Egitto.

Intermodalità

L’applicazione del criterio della intermodalità configura una integrazione delle diverse modalità di trasporti e/o di diversi servizi nell’ambito della stessa modalità. In tale ottica, si prevedono forme di sostegno alle imprese di servizi inserite nel combinato ferroviario e marittimo.

 

Va ricordato che con l’articolo 3, comma 2 ter, del decreto legge n. 209/2002 (convertito con la legge n. 265/2002), sono stati introdotti appositi finanziamenti, finalizzati all'innovazione del sistema dell'autotrasporto di merci, dello sviluppo delle catene logistiche e del potenziamento dell'intermodalita', con particolare riferimento alle "autostrade del mare".

Anche il “collegato infrastrutture” (L. 166/2002) è intervenuto per favorire il potenziamento dell’intermodalità prevedendo contributi per le imprese che si impegnano ad effettuare il trasporto combinato strada- ferrovia.

 

Con specifico riguardo alle crescenti difficoltà riscontrate nella mobilità sull’arco alpino, il Piano per la Mobilità si propone, in una prima fase, un trasferimento del traffico merci stradale alla ferrovia (tratto italiano della Torino-Lione) ed al mare (tratto Spagna-Francia-Italia delle Autostrade del mare), e, in seguito, la realizzazione dell’asse ferroviario ad Alta Velocità Torino-Lione, ed integrazione della linea Lione-Torino-Milano-Venezia-Trieste con il sistema portuale ligure e sviluppo dei centri intermodali dell’area piemontese (Alessandria, Novara, Orbassano).

Interventi di modernizzazione e potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sono altresì previsti per l’area dello stretto di Messina, interessata da crescenti flussi di traffico.

Sostegno alla portualità

In tema di porti, gli obiettivi del Piano della Mobilità sono connessi ai primi due punti; si prevede infatti di sviluppare i servizi marittimi intermodali, collegati alle Autostrade del mare, anche mediante la realizzazione di piattaforme integrate con linee ferroviarie di interconnessione. Si rileva inoltre la necessità di completare il processo volto a conferire autonomia finanziaria alle autorità portuali, disposto dalla legge finanziaria per il 2007.

 

Va in proposito ricordato che la legge finanziaria per il 2007 ha destinato a decorrere dall'anno 2007 a ciascuna autorità portuale per la circoscrizione territoriale di competenza, al fine di garantire l’autonomia finanziaria, il gettito della tassa erariale di imbarco e di sbarco e della tassa di ancoraggio. Oltre che a fini di promozione dell’autofinanziamento delle attività e di razionalizzazione della spesa, la misura è volta anche a finanziare gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, con priorità per quelli previsti nei piani triennali già approvati, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali. Nella legge finanziaria si è altresì prevista l’emanazione di un regolamento per la ridefinizione della disciplina delle tasse e diritti marittimi, anche in relazione alla concreta attuazione della attribuzione di autonomia finanziaria alle autorità portuali. L’articolo 16 del decreto legge n. 81/2007 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria), attualmente all’esame della Camera, reca l’indicazione dei criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nell’adozione del predetto regolamento.

Trasporti sostenibili

Il tema della riduzione degli effetti inquinanti e della tutela dell’ambiente è sempre più centrale nel quadro delle politiche del trasporto. Esso si ricollega peraltro ad alcuni degli interventi strategici indicati dal Piano per la Mobilità, con particolare riguardo a quelli volti a sviluppare le infrastrutture di trasporto per via ferroviaria e marittima. Un aspetto rilevante su cui il Piano intende intervenire è costituito dall’incremento dell’efficienza energetica e della propulsione ecocompatibile.

Servizi per i passeggeri pendolari

Il tema della domanda di mobilità connessa a motivi di studio e di lavoro viene affrontato con un duplice obiettivo: quello di migliorare l’efficienza dei trasporti da e verso le aree urbane, e quello di perseguire un decongestionamento dei flussi di traffico, attraverso il potenziamento del trasporto pubblico, la disincentivazione dell’uso dei mezzi privati, la promozione dell’utilizzo dei sistemi di trasporto collettivo.

Con la legge 26 febbraio 1992, n. 211 (Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa), sono state introdotte misure e previsti finanziamenti finalizzati a migliorare la mobilità e le condizioni ambientali nelle aree urbane.

L’articolo 1, comma 1016 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha inoltre previsto ulteriori contributi destinati al completamento delle opere infrastrutturali volte alla realizzazione di sistemi di trasporto rapido di massa in corso di realizzazione.

Servizi aerei

Si prevede di accompagnare il processo di liberalizzazione in atto nel settore del trasporto aereo con una idonea pianificazione della rete aeroportuale.

Sicurezza

Il profilo sella sicurezza viene considerato dal Piano per la mobilità secondo una duplica accezione: prevenzione degli infortuni legati alla mobilità del cittadino e delle merci (safety); protezione da atti di terrorismo e di criminalità (security).

Innovazione e formazione

Nel quadro del programma di innovazione tecnologica nel settore dei trasporti, finalizzato ad un complessivo miglioramento delle prestazioni dei mezzi e dei servizi, si prevede di inserire fra le materie di insegnamento nella scuola dell’obbligo l’educazione alla mobilità.

 

Per quanto riguarda l’attività della Camera sui temi che formano oggetto del capitolo V 9, va ricordato che la Commissione IX ha concluso, con parere favorevole, l’esame dello Schema di addendum n. 4 al contratto di programma 2001-2005 tra Ministero delle infrastrutture e Rete ferroviaria italiana, il quale, oltre a prevedere la proroga per l'anno 2006 del contratto stesso (in attesa della definizione del successivo contratto) consente l'utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).

 

Per quanto riguarda l’attività del Senato in relazione alle politiche concernenti la mobilità, sono attualmente all’esame i seguenti disegni di legge di iniziativa governativa:

§      Ddl AS 1484, recante "Disposizioni in materia di delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto", presentato il 18 aprile 2007, il cui esame è stato concluso dalla 8a Commissione ("Lavori pubblici, comunicazioni") il 4 luglio 2007. Esso dispone il differimento al 31 marzo 2008 dei termini per l’adozione di decreti legislativi correttivi ed integrativi dei provvedimenti già emanati sulla base della legge n. 32 del 2005, con la quale il Governo era stato delegato ad intervenire per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e cose.

§      Ddl AS 1677, recante "Disposizioni in materia di circolazione e di sicurezza stradale", approvato dalla Camera dei deputati il 27 giugno 2007, e assegnato all'8a Commissione "Lavori pubblici, comunicazioni", che contiene una delega al Governo per la revisione del Codice della strada e introduce numerose modifiche al codice stesso, con la finalità di migliorare la sicurezza e la circolazione stradale.

§      Ddl AS 1268, recante "Delega al Governo per la riforma del trasporto aereo nazionale", in corso di esame presso l’8a Commissione "Lavori pubblici, comunicazioni", che delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riforma della disciplina del trasporto aereo, delle relative disposizioni contenute nel codice della navigazione e dell’ulteriore normativa di settore. I decreti legislativi dovranno provvedere alla ridefinizione dei poteri di indirizzo, vigilanza e controllo del Ministero dei trasporti nel settore dell’aviazione civile, riordinando altresì l’assetto ordinamentale, amministrativo ed organizzativo dell’ENAC. Viene altresì prevista l’adozione di un piano nazionale degli aeroporti volto a garantire un ordinato e coordinato sviluppo del sistema aeroportuale, ridefinendo poi il procedimento di rilascio delle concessioni di gestione aeroportuale. Inoltre, si prevede l’attribuzione dei compiti di regolazione economica ad un soggetto indipendente dagli interesse regolati.

Si segnala inoltre per completezza che, presso la 1a Commissione permanente è pendente il disegno di legge 1366 "Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento delle Autorità indipendenti preposte ai medesimi" che istituisce l'Autorità per i servizi e l'uso delle infrastrutture di trasporto" e contiene, altresì, una delega al Governo per la disciplina degli enti che operano nel settore dei trasporti, sia con riguardo alle competenze che all'eventuale riordino, fusione, privatizzazione.

 

Telecomunicazioni

Nel capitolo riservato alle reti di telecomunicazioni ed alla modernizzazione di tali strutture, si sottolinea il crescente incremento registrato in Italia negli accessi alla banda larga che – al mese di settembre 2006 - hanno superato gli otto milioni. Peraltro, mentre la crescita in valori assoluti risulta in linea con i principali paesi europei, persiste un ritardo nella percentuale di accessi calcolati su 100 abitanti: 14 in Italia, contro 19 nel Regno Unito e 24 in Olanda. Il ‘divario digitale’ interessa circa sette milioni di cittadini, la maggior parte dei quali residenti in aree svantaggiate e in piccoli comuni. Al fine di sanare progressivamente questo ritardo, sono previsti interventi di infrastrutturazione, che il Governo dovrebbe attuare d’intesa con regioni ed enti locali, utilizzando le risorse previste dalle delibere del CIPE per il 2008 a beneficio delle Aree sottoutilizzate, nonché gli stanziamenti recati dalla legge finanziaria (la somma complessiva è pari a 125 milioni per il 2008 e 60 milioni per il 2009). Si intende giungere entro il termine dell’attuale legislatura a garantire l’universalità dell’accesso alla rete internet in tutto il Paese.

 

La “banda larga” – infrastruttura di connessione che favorisce forme di comunicazione multimediali e interattive - costituisce un obiettivo strategico comune a tutti i Paesi europei ed è individuata come prima priorità nel piano e-Europe 2005. Sul piano normativo, va menzionato l’articolo 6 della legge n. 273/2002, che ha introdotto misure volte appunto a promuovere lo sviluppo della larga banda (esenzione dal contributo sulle attività di installazione e fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche, di fornitura al pubblico di servizi di telefonia vocale e di servizi di comunicazioni mobili e personali, anche per quanti abbiano investito nella realizzazione di infrastrutture di rete a larga banda in caso di perdite di esercizio).

Ulteriori contributi sono stati previsti dall’articolo 89 della legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002) e dall’articolo 1, comma 925 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), questi ultimi volti principalmente al finanziamento del programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno.

Va inoltre ricordato che Il 20 marzo 2006 la Commissione europea ha adottato una comunicazione dal titolo “Colmare il divario nella banda larga” (COM(2006)129). Secondo la Commissione, l’accesso a internet ad alta velocità attraverso le connessioni “a banda larga” appare fondamentale per lo sviluppo della società dell’informazione. La mancanza di accesso alle connessioni a banda larga costituisce un aspetto del problema più generale denominato abitualmente “divario digitale”, che descrive il divario che separa i singoli cittadini, le imprese e i territori in funzione delle possibilità di accesso e di utilizzo delle TIC (tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni).

La Commissione ricorda che l’accesso generalizzato alla banda larga è una condizione indispensabile per lo sviluppo delle economie moderne. L’Unione europea dovrebbe pertanto intensificare gli sforzi per incoraggiare l’adozione dei servizi a banda larga e favorirne una maggiore diffusione, in particolare nelle zone meno sviluppate dell’Unione.

 

Si rende parallelamente necessaria un’accelerazione del processo di modernizzazione delle reti di telecomunicazione. In questo quadro, la fase di transizione alla tecnologia digitale dovrebbe essere adeguatamente supportata, anche con l’ausilio di investimenti che possano consentire, in tempi ragionevoli, la contemporanea ricezione di programmi in tecnica analogica e digitale, in attesa della definitiva conversione al sistema interamente digitale, prevista per il 2012. Ciò nel rispetto del principio della ‘neutralità tecnologica’, sancito dalla Commissione europea.

Con riguardo alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, il Governo intende sostenere le attività di investimento finalizzate alla realizzazione del progetto di digitalizzazione, anche con specifico riferimento alla definizione di nuove offerte editoriali.

Sono infine programmati interventi volti alla diffusione e promozione della tecnologia digitale, mediante agevolazione dell’offerta di servizi interattivi di pubblica utilità, la previsione di incentivi per i fornitori di contenuti in tecnica digitale, nonché la concessione di bonus alle famiglie economicamente disagiate per l’acquisto di apparati di ricezione in tecnica digitale terrestre, via cavo o satellitare.

 

In materia di telecomunicazioni, va segnalato che il disegno di legge del Governo AC 1825 Disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale, è attualmente in corso di esame, in sede referente, presso le Commissioni VII e IX della Camera dei Deputati. Il provvedimento interviene principalmente su due aspetti che caratterizzano l’attuale situazione del mercato radiotelevisivo: l’assetto oligopolistico e la situazione dello spettro frequenziale. Inoltre, il disegno di legge intende dare seguito all’impegno assunto dal Governo nei confronti della Commissione europea in relazione alla procedura di infrazione in capo allo Stato italiano avviata con lettera di messa in mora del 19 luglio 2006, che rileva il contrasto di alcune disposizioni della legge n. 112/2004 e del successivo testo unico della radiotelevisione (D.Lgs. n. 177/2005) con il quadro della normativa comunitaria in materia di gestione dello spettro e di accesso non discriminatorio alle risorse frequenziali ed ai relativi diritti di uso.

 

Per quanto riguarda il Senato si segnala il disegno di legge di iniziativa governativa A.S. n. 1588, recante "Disciplina e riorganizzazione del servizio pubblico generale radiotelevisivo", attualmente all’esame della 8a Commissione "Lavori pubblici, comunicazioni". Il ddl propone la riqualificazione e valorizzazione della missione dell'azienda RAI, l'autonomia e la netta separazione tra le funzioni di servizio pubblico, quelle di televisione commerciale e quelle di operatore di rete, la riduzione della dipendenza dalla pubblicità ed infine l'innovazione, garantita da investimenti nella digitalizzazione. È inoltre previsto l'affidamento ad una Fondazione della proprietà della RAI spa e delle scelte strategiche dei vertici operativi dell'azienda, superandosi le vigenti disposizioni che prevedono l'alienazione della proprietà statale dell'azienda.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Cambiamento climatico

Le questioni relative al cambiamento climatico hanno acquisito negli ultimi anni carattere prioritario nell’azione dell’Unione europea, in coerenza con i più generali obiettivi di sviluppo sostenibile. Ciò si è tradotto sia nella definizione di un approccio strategico a medio e lungo termine, che integra soprattutto aspetti della politica ambientale ed energetica, sia nella predisposizione di misure specifiche.

 

Gli obiettivi strategici

Le conclusioni del Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 contengono uno specifico paragrafo dedicato alla politica climatica ed energetica integrata, nel quale si sottolinea la necessità di un intervento urgente ed efficace per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, le cui conseguenze a lungo termine, incluse quelle relative allo sviluppo economico, sono state riesaminate nella loro gravità da recenti studi in materia[95].

Il Consiglio europeo ha inoltre ribadito che la lotta al cambiamento climatico costituisce, in particolare in relazione allo sviluppo delle tecnologie ambientali e alle ecoinnovazioni, un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi indicati dalla strategia di Lisbona.

Il Consiglio europeo, infine, ha sottolineato il ruolo guida dell’UE nella protezione internazionale del clima, ribadendo la necessità di un intervento concordato su scala planetaria. A tal fine, ritiene necessario che, in occasione della Conferenza internazionale sul clima, prevista per la fine del 2007 sotto l’egida delle Nazioni Unite, vengano avviati i negoziati relativi a un accordo globale e completo sulla lotta contro il riscaldamento del pianeta dopo il 2012, basato sull’ampliamento dell’architettura del protocollo di Kyoto[96]e che tali negoziati si concludano entro il 2009.

In questa cornice, il Consiglio europeo ha pienamente accolto la comunicazione “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorrere fino al 2020 e oltre” (COM(2007)2), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007. In particolare, le conclusioni considerano gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra prospettati dalla Commissione come un obiettivo strategico fondamentale, da realizzare mediante un approccio integrato e completo della politica energetica e della politica ambientale dell’Unione.

La comunicazione propone che l’UE persegua, nell’ambito di negoziati internazionali, un obiettivo di riduzione dei gas serra pari al 30% rispetto ai valori del 1990, che i paesi industrializzati dovranno conseguire entro il 2020: in tal modo dovrebbe essere possibile contenere l’aumento della temperatura entro il limite dei 2°C in tutto il mondo[97]. Secondo la Commissione, fino a che non sarà concluso un accordo internazionale, e fatta salva la posizione che assumerà nell’ambito dei negoziati multilaterali, l’UE dovrebbe assumersi, fin d’ora, l’impegno risoluto e unilaterale di abbattere le emissioni dei gas serra di almeno il 20% entro il 2020, ricorrendo al sistema UE di scambio delle quote di emissione.

Il percorso prospettato dalla Commissione prevede che, entro il 2050, le emissioni globali siano abbattute fino al 50% rispetto al 1990; ciò significa che i paesi industrializzati dovranno ridurle del 60-80%, ma le emissioni dovranno diminuire sensibilmente anche in molti paesi in via di sviluppo.

La comunicazione ribadisce che gli strumenti di mercato, come il sistema UE di scambio delle quote di emissione, saranno un elemento determinante per far sì che l’Europa e altri paesi conseguano gli obiettivi previsti al più basso costo possibile. La Commissione ritiene, infine, auspicabile che l’UE e gli Stati membri decidano di incrementare sensibilmente gli investimenti destinati alle attività di ricerca e sviluppo nei settori della produzione di energia e del risparmio energetico.

 

Il cambiamento climatico nella Politica energetica per l’Europa (PEE)

Nell’ambito dell’approccio integrato tra le politiche dell’Unione in tema di ambiente ed energia, il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo ha individuato i tre obiettivi che la politica energetica per l’Europa (PEE) dovrà perseguire, tra cui la promozione della sostenibilità ambientale e la lotta contro il cambiamento climatico. Gli obiettivi dovranno essere perseguiti rispettando il mix energetico scelto dagli Stati membri e la loro sovranità sulle fonti di energia primaria.

Il Consiglio europeo ha altresì adottato un piano d’azione sulla politica energetica per l’Europa, per il 2007-2009 (allegato alle conclusioni del Consiglio europeo) che si basa sulla comunicazioneUna politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007 (al riguardo si rinvia alla scheda sull’energia).

Per quanto riguarda, in particolare, la lotta al cambiamento climatico, il piano d’azione prevede:

-        il rafforzamento del partenariato e della cooperazione, basandosi sui dialoghi bilaterali in materia di energia, con gli USA, la Cina, l'India, il Brasile e le altre economie emergenti, incentrandosi sulla riduzione di gas a effetto serra, sull'efficienza energetica, sulle energie rinnovabili e sulle tecnologie energetiche a bassa emissione, segnatamente la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica;

-        Il riesame del sistema comunitario di scambio di quote di emissioni da parte della Commissione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione di gas serra a lungo termine dell'UE. Tale revisione dovrebbe fornire un metodo basato sul mercato ed efficiente in termini di costi, per ottenere valori di emissione ridotti a costi minimi - anche per quanto riguarda industrie ad alta intensità energetica;

-        lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili;

-        il tempestivo riesame da parte della Commissione della disciplina degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente, e di altri pertinenti strumenti comunitari in grado di dare incentivi, al fine di renderli più idonei a sostenere gli obiettivi comunitari in materia di energia e cambiamenti climatici.

 

Nuovi strumenti per la politica ambientale ed energetica

Nel quadro degli interventi previsti dal piano d’azione adottato dal Consiglio europeo di primavera, il 28 marzo 2007 la Commissione europea ha presentato un Libro verde sugli strumenti di mercato utilizzati a fini di politica ambientale ed energetica (COM (2007)140). Il documento ribadisce che strumenti di mercato quali il sistema scambio di emissioni, le tasse ambientali e i sussidi mirati possono svolgere un ruolo importante nel conseguimento degli obiettivi di protezione del clima individuati dal Consiglio, scoraggiando le azioni indesiderabili e premiando i comportamenti positivi, come il risparmio energetico e le attività rispettose dell’ambiente, sia a livello comunitario che nazionale.

Il Libro verde intende, in particolare, aprire un confronto di opinioni in previsione della modifica della direttiva sulla tassazione dell’energia[98], invitando le altre istituzioni dell’UE, gli Stati Membri, le parti interessate e il pubblico a fornire, entro il 31 luglio 2007, le proprie osservazioni sul tema.

 

Future iniziative strategiche

Come preannunciato dal Programma legislativo e di lavoro per il 2007, il 29 giugno 2007 la Commissione ha presentato il Libro verde adattamento al cambiamento climatico in Europa – opzioni per un’azione europea(COM (2007)354). Con il Libro verde la Commissione evidenzia come, parallelamente alle iniziative volte ad invertire il senso del processo di cambiamento climatico in corso attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra, si rendano necessarie azioni urgenti per adattarsi ai cambiamenti previsti per la regione europea e per limitarne l’impatto su persone, economia ed ambiente.

Il documento definisce quattro linee di azioni prioritarie:

-        azioni immediate per sviluppare strategie di adattamento per i settori nei quali il livello delle conoscenze è sufficiente;

-        integrazione del tema dell’adattamento globale nelle relazioni esterne dell’UE e costruzione di una nuova alleanza con i partner a livello internazionale;

-        colmare le lacune conoscitive in materia di adattamento attraverso le attività di ricerca a livello comunitario e lo scambio di informazioni;

-        costituzione di un gruppo europeo di consultazione sull’adattamento al cambiamento climatico per analizzare strategie ed azioni coordinate.

A conclusione della consultazione sul Libro verde, la Commissione prevede per il 2008 la presentazione del Libro bianco “Verso un programma europeo di adattamento al cambiamento climatico”, in cui, anche tenendo conto dei risultati della consultazione, individuerà le azioni specifiche da adottare in materia di adattamento ai cambiamenti. Entro la fine del 2007 la Commissione intende inoltre lanciare una consultazione sul contributo futuro del settore marittimo alla lotta contro il cambiamento climatico, in vista dell’eventuale inclusione dei trasporti marittimi per il 2011, nel sistema di scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra.

 

Attività del Parlamento europeo

In seguito alla comunicazione della Commissione “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorrere fino al 2020 e oltre(COM(2007)2) e in vista del Consiglio europeo di primavera, il Parlamento europeo, il 14 febbraio 2007, ha approvato una risoluzione che sottolinea l’urgenza di prendere iniziative concrete a livello mondiale per affrontare i cambiamenti climatici.

Il 21 maggio 2007 la dichiarazione scritta "sull'instaurazione di un'economia verde all'idrogeno e una terza rivoluzione industriale in Europa attraverso il partenariato con le regioni e le città, le PMI e le organizzazioni della società civile interessate", promossa tra gli altri dagli europarlamentari italiani Vittorio Prodi e Umberto Guidoni,ha raccolto la firma della maggioranza dei deputati[99] e sarà quindi trasmessa alla Commissione e agli Stati membri come posizione ufficiale del Parlamento europeo.

Notando come il riscaldamento globale e i costi dei combustibili fossili continuano ad aumentare, la dichiarazione rileva che «una visione post-energia fossile e post-energia nucleare dovrebbe costituire il prossimo progetto importante dell'Unione europea»; inoltre, si sottolinea che i 5 fattori chiave per l'indipendenza energetica sono: la massimizzazione dell'efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di gas che comportano un riscaldamento globale, l'ottimizzazione dell'introduzione su scala commerciale di energie rinnovabili, la messa a punto di una tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno per immagazzinare energie rinnovabili e la creazione di griglie di energia intelligente per distribuire l'energia stessa.

 

Commissione temporanea sul cambiamento climatico

Il 25 aprile 2007 il Parlamento europeo ha deliberato la costituzione di una commissione temporanea sul cambiamento climatico. La durata dei lavori della commissione, composta da 60 deputati, dovrebbe essere di 12 mesi a partire da maggio 2007.

La commissione ha i seguenti compiti:

-        formulare proposte sulla politica climatica integrata dell’Unione europea e coordinare la posizione del Parlamento europeo in relazione ai negoziati sulla politica internazionale sui cambiamenti climatici post 2012;

-        analizzare e valutare i dati più recenti in materia di cambiamento climatico e proporre adeguate risposte politiche a tutti i livelli, tenendo conto dell’impatto finanziario e dei costi di un eventuale mancato intervento;

-        predisporre un inventario il più possibile completo dei nuovi e potenziali sviluppi nel campo della lotta al cambiamento climatico, così da fornire al Parlamento un’analisi dettagliata che lo metta in condizione di far fronte alle sue responsabilità politiche;

-        esaminare le implicazioni ambientali, legali, economiche, sociali, geopolitiche, regionali di questi nuovi e potenziali sviluppi;

-        analizzare e valutare il recepimento della legislazione comunitaria in queste materie, prendendo a tal fine contatto e svolgendo audizioni con gli Stati Membri, i parlamenti e i governi di Stati terzi, le istituzioni europee e le organizzazioni internazionali, i rappresentati della comunità scientifica ed economica e della società civile, ivi incluse le autorità locali e regionali.

Il 22 maggio 2007 la Commissione temporanea ha tenuto la riunione costituente, in cui ha proceduto all’elezione del Presidente, il deputato italiano Guido Sacconi (Gruppo socialista al Parlamento europeo), e di tre dei quattro vicepresidenti.

 

Altre iniziative

Sistema UE di scambio di quote di emissione

Dal 1° gennaio 2005 è in vigore il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE, nell’ambito del quale gli Stati membri sono stati chiamati a presentare il piano nazionale di assegnazione relativo al periodo 2008-2012.

Il 15 maggio 2007 la Commissione ha concluso la valutazione del piano nazionale dell’Italia e lo ha accolto, a condizione che vi siano apportati alcuni cambiamenti. Il più importante di essi riguarda la riduzione del quantitativo totale di quote di emissione proposto: l’assegnazione annua autorizzata è infatti pari a 195,8 milioni di tonnellate di CO2, il 6,3% in meno di quanto proposto dall’Italia (vale a dire 209 milioni di tonnellate).

Il 13 novembre 2006 la Commissione ha adottato, ai sensi dell’articolo 30 della direttiva 2003/87/CEE[100], una comunicazione sulla creazione di un mercato mondiale del carbonio, in cui si prevede una revisione del sistema di scambio di quote che dovrebbe essere applicato a partire dal 2013.

Gli assi portanti della revisione prevista dalla Commissione sono:

-        l’ampliamento del campo di applicazione del sistema ad altri settori, come quello dell’aviazione, nonché ad altri gas a effetto serra diversi dal CO2, come il protossido di azoto (N2O) indotto della produzione di ammoniaca e il metano prodotto da miniere di carbone;

-        l’armonizzazione del sistema per la tipologia degli impianti coperti dagli scambi di quote, per il trattamento da riservare ai nuovi impianti immessi sul mercato e a quelli che cessano l’attività;

-        un controllo rigoroso dell’applicazione del sistema attraverso l’elaborazione di indirizzi in materia di sorveglianza.

La Commissione intende presentare la proposta di revisione della direttiva 2003/87/CE durante il secondo semestre 2007, al termine di un’ampia consultazione pubblica.

 

Il 28 giugno 2007 il Consiglio ambiente ha adottato conclusioni in merito, in cui conferma che gli elementi identificati nella comunicazione sono essenziali per il riesame della direttiva sul sistema UE di scambio di quote e dovrebbero, tra l'altro, essere tenuti in considerazione nella prossima proposta legislativa: campo di applicazione della direttiva; maggiore armonizzazione e prevedibilità del sistema; solide procedure per garantire la conformità e il controllo dell'attuazione; collegamento con i sistemi di scambio delle emissioni di paesi terzi e soluzioni per coinvolgere i paesi in via di sviluppo e i paesi con economie in transizione.

Impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici

Il 20 dicembre 2006la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/87/CE, al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas ad effetto serra (COM(2006)818).

In base alla proposta, a partire dal 2011 rientreranno nel sistema tutti i voli nazionali ed internazionali effettuati tra aeroporti dell’UE e dal 2012 il sistema sarà esteso anche a tutti i voli internazionali in arrivo ed in partenza dagli aeroporti dell’UE.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è attualmente all’esame, in prima lettura, della Commissione ambiente del Parlamento europeo, che dovrebbe concludere i propri lavori il 3 ottobre 2007, in vista della sessione plenaria del 23 ottobre 2007.

Veicoli leggeri

Nel quadro degli obiettivi fissati dall’UE in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e di limitazione dell’aumento della temperatura globale, la Commissione ha rilevato la necessità di intervenire anche nel settore del trasporto su strada, che è il secondo settore dell’UE per emissioni di gas ad effetto serra ed uno dei pochi nei quali le emissioni continuano ad aumentare.

In tale contesto, il 7 febbraio 2007 la Commissione ha presentato le comunicazioni “Risultati del riesame della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri” (COM(2007)19) e “Un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo”(COM (2007) 22).

A questo scopo, la Commissione proporrà, se possibile già nel 2007 e al più tardi a metà del 2008, un quadro legislativo inteso a conseguire l'obiettivo indicato puntando a riduzioni obbligatorie delle emissioni di CO2 per raggiungere l'obiettivo di 130 g CO2/km per il nuovo parco auto medio, grazie amiglioramenti tecnologici apportati al motore dei veicoli,e ad un ulteriore abbattimento di 10 g CO2/km, o equivalente se tecnicamente possibile, grazie ad altri miglioramenti tecnologici e ad un maggiore uso dei biocarburanti.

Il Consiglio ambiente del 28 giugno 2007 ha adottato conclusioni in tema di emissioni di anidride carbonica dei veicoli leggeri. Nel riconfermare l’obiettivo dell’UE di una media di 120 grammi di anidride carbonica per chilometro nelle nuove automobili vendute a partire dal 2012, ha sollecitato la Commissione a proporre entro la fine del 2007 un quadro legislativo per ridurre le emissioni.

Acque

Il 17 luglio 2006la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE (COM (2006) 397).

In particolare, si ricorda che l’articolo 16 della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) definisce una strategia per far fronte all’inquinamento chimico delle acque. Il primo intervento nell'ambito di tale strategia è stata l'adozione di un elenco di sostanze prioritarie (decisione n. 2455/2001/CE), che annovera 33 sostanze che destano particolari timori a livello comunitario. La proposta intende garantire un livello elevato di protezione contro i rischi che tali sostanze prioritarie e alcuni altri inquinanti comportano per l’ambiente acquatico o attraverso di esso e per questo definisce degli standard di qualità ambientale (SQA).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura il 22 maggio 2007 dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Il 28 giugno 2007 il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta.

Il 22 dicembre 2006 è stata presentata una proposta di modifica della direttiva quadro 2000/60/CE[101], concernente aspetti relativi alla procedura di comitatologia.

La proposta è in attesa di essere esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione. L’esame in prima lettura da parte del Parlamento europeo è previsto per luglio 2007.

Biodiversità

Il 22 maggio 2006 la Commissione ha adottato la comunicazione dal titolo “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltreSostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano” (COM (2006) 216).

La comunicazione identifica quattro aree prioritarie e i relativi obiettivi:

-        la biodiversità nell’Unione europea (salvaguardare gli habitat e le specie più importanti; conservare e ristabilire la biodiversità nelle campagne e nell’ambiente marino; conciliare sviluppo territoriale e biodiversità; ridurre gli effetti delle specie allogene invasive);

-        l’Unione europea e la biodiversità globale (rafforzare l’efficacia della governance internazionale in materia di biodiversità ed ecosistemi; potenziare il sostegno alla biodiversità nell’ambito dell’assistenza esterna dell’UE; ridurre l’impatto del commercio internazionale;

-        biodiversità e cambiamenti climatici (sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici);

-        conoscenze (rafforzare le conoscenze in materia di conservazione e uso sostenibile della biodiversità).

Rifiuti

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente[102], il 21 dicembre 2005la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che comprende una comunicazione[103]e una proposta di direttiva[104] per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.

La strategia individua un obiettivo a lungo termine che mira a fare dell’Europa una società che ricicla, cerca di contenere la produzione di rifiuti e trasforma in risorsa i rifiuti che non possono essere evitati. Per realizzare tale obiettivo saranno sfruttate le conoscenze generate dalla strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali[105], adottata nella medesima data. L’attenzione è focalizzata sul concetto di ciclo di vita[106] nella politica di gestione dei rifiuti.

In tale contesto, la proposta di direttiva intende ottimizzare le disposizioni della direttiva 75/442/CEE, meglio conosciuta come direttiva quadro sui rifiuti, senza peraltro modificarne la struttura essenziale e le disposizioni principali. Ciò che si propone non è una revisione radicale, ma piuttosto un miglioramento e un adeguamento della direttiva, con riferimento a tre profili.

In primo luogo, alcune definizioni contenute nella direttiva 75/442/CEE non sono risultate sufficientemente chiare e hanno dato luogo a divergenze ed incertezze nell’interpretazione delle disposizioni principali della direttiva tra uno Stato membro e l’altro e, in alcuni casi, anche tra una regione e l’altra.

In secondo luogo, la strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti imposta in maniera nuova la politica sui rifiuti per adattarla maggiormente alla situazione attuale, nella quale gran parte delle principali operazioni di gestione dei rifiuti è ormai disciplinata dalla legislazione ambientale. È dunque importante che la direttiva quadro sui rifiuti si adegui a questa nuova impostazione, perseguendo l’obiettivo ambientale della riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla produzione e dalla gestione dei rifiuti, tenendo conto dell’intero ciclo di vita.

Si segnala infine che la proposta di modifica della direttiva 75/442/CEE introduce l’obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti.

Secondo quanto rilevato dalla Commissione tale disposizione non avrà, probabilmente, un grande impatto diretto sotto il profilo ambientale, economico o sociale, anche se le ripercussioni potranno variare in funzione delle azioni intraprese, ma consentirà di concentrare l’attenzione dei responsabili politici a livello comunitario, nazionale e sub-nazionale sulla prevenzione, intensificando in tal modo le politiche di prevenzione dei rifiuti.

Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni con le quali accoglie favorevolmente la strategia tematica della Commissione. La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 13 febbraio 2007, nell’ambito della procedura di codecisione. Il Parlamento europeo ha proposto diversi emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Il Consiglio ambiente del 28 giugno 2007 ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di direttiva, introducendo alcune modifiche. L’esame in seconda lettura del Parlamento europeo è previsto per gennaio 2008.

Ambiente marino

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 24 ottobre 2005 la Commissione ha presentato la strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino (COM(2005)504) e una proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (COM(2005)505).

Obiettivo finale della strategia è quello di raggiungere un buon livello ecologico dell’ambiente marino entro il 2021 e di proteggere tale risorsa dalla quale dipendono attività economiche e sociali rilevanti. La strategia marina costituirà il pilastro ambientale della futura politica marittima a cui la Commissione sta lavorando, disegnata per raggiungere il pieno potenziale economico di oceani e mari, in armonia con l’ambiente marino.

La proposta di direttiva che accompagna la strategia istituisce, tra l’altro, sulla base di criteri geografici e ambientali, le regioni marine europee. Ciascuno Stato membro, in stretta collaborazione con gli altri Stati membri e con i paesi terzi della medesima regione marina, sarà chiamato a sviluppare strategie marine per le proprie acque. Tali strategie conterranno una dettagliata valutazione dei fattori di rischio e di pressione cui è sottoposto l’ambiente marino, obiettivi ambientali su scala regionale, indicatori e misure di monitoraggio per valutare il grado di raggiungimento di tali obiettivi. Su queste basi ciascuno Stato sarà chiamato a sviluppare ed attuare programmi finalizzati al raggiungimento di un buon livello ecologico, accompagnati da valutazioni di impatto e analisi costi-benefici. A tal fine essi saranno incoraggiati ad operare nell’ambito di convenzioni marittime regionali.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura il 14 novembre 2006 dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Nella stessa data il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia. Il 18 dicembre 2006 il Consiglio ambienteha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di direttiva. La delegazione italiana ha affermato che intende astenersi in questa fase dei negoziati. L’esame in seconda lettura da parte del Parlamento europeo è previsto per ottobre 2007.

 

Mar Mediterraneo

Il 6 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una comunicazione in cui propone una strategia ambientale a lungo termine per la pulizia e la protezione del Mar Mediterraneo[107]. I punti centrali della strategia sono:

-        ridurre i livelli di inquinamento nella regione;

-        promuovere l’uso sostenibile del mare e delle zone costiere;

-        incoraggiare i paesi rivieraschi a cooperare sui temi ambientali;

-        aiutare i paesi partner a sviluppare istituzioni e politiche efficaci per proteggere l’ambiente.

-        coinvolgere le organizzazioni non governative e la società civile nelle decisioni ambientali che le riguardano.

Tali obiettivi saranno raggiunti attraverso quattro strumenti: supporto finanziario dei programmi dell’Unione europea già in corso o pianificati; rafforzamento del dialogo con i rappresentanti della regione; migliore coordinamento con altre organizzazioni e partner; condivisione dell’esperienza acquisita dall’Unione europea nella lotta contro l’inquinamento nel Mediterraneo e in altre regioni.

La strategia è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

Energia

Il piano d’azione del Consiglio europeo per il periodo 2007-2009

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 haapprovato un piano d’azione in materia di politica energetica europea per ilperiodo 2007-2009, sulla base di quanto prospettato dalla Commissione europea con il “pacchetto energia”, presentato il 10 gennaio 2007.

Si tratta, in particolare, di un pacchetto integrato di misure, volte a definire una nuova politica energetica per l’Europa e a contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici e a rafforzare la sicurezza energetica e la competitività dell’UE. Tali proposte sono state avanzate sulla base dei risultati della discussione promossa dalla Commissione sul Libro verde energia[108].

Con la comunicazioneUna politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1) la Commissione ha presentato il riesame strategico della politica energeticadell’Unione europea - volto a ridefinire il nuovo obiettivo strategico dell’azione europea nel settore energetico - ed un piano d’azione energetico in dieci punti[109], sulle cui basi è stato adottato quello del Consiglio.

Il 10 gennaio 2007 la Commissione ha, inoltre, presentato la comunicazione Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorrere fino al 2020 e oltre” (COM(2007)2), che integra e rafforza il pacchetto energia, condividendone la stessa impostazione e gli stessi obiettivi per un’azione mirata a contrastare in modo attivo ed efficace le conseguenze dei cambiamenti climatici per il pianeta (al riguardo si rinvia alla scheda su clima e ambiente).

Il piano d’azione del Consiglio impegna le istituzioni europee a sviluppare una politica europea climatica ed energetica integrata e sostenibile, finalizzata a trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente e a basse emissioni di CO2.Nelle sue conclusioni il Consiglio europeo ha, infatti, sottolineato l'importanza di raggiungere l'obiettivo strategico di limitare l'aumento della temperatura media globale al massimo a 2°C rispetto ai livelli preindustriali. La politica energetica per l'Europa (PEE) perseguirà, pertanto, tre obiettivi: aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento; garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili; promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro i cambiamenti climatici.

Per ciò che concerne la protezione del clima, il Consiglio europeo ha sottoscritto un obiettivo UE di riduzione del 30% delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 rispetto al 1990, quale contributo ad un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri paesi sviluppati si impegnino ad analoghe riduzioni delle emissioni e i paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati si impegnino a contribuire adeguatamente, sulla base delle loro responsabilità e rispettive capacità. Qualora una di tali condizioni non si dovesse verificare, il Consiglio europeo ha stabilito che l'UE si deve impegnare per realizzare comunque una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 20% entro il 2020 rispetto al 1990.

Il piano d'azione, comprende un insieme di azioni prioritarie all’interno di cinque settori d’intervento:

I) Mercato interno del gas e dell’elettricità

Il Consiglio europeo si è trovato d’accordo sulla necessità di assicurare:

-        la separazione effettiva delle attività di approvvigionamento e produzione dalle operazioni in rete (unbundling), mediante sistemi indipendenti di gestione della rete, adeguatamente regolamentati, a garanzia dell'accesso equo e aperto alle infrastrutture di trasporto e dell'indipendenza delle decisioni di investimento nell'infrastruttura;

-        l'ulteriore armonizzazione dei poteri e il rafforzamento dell'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione nel settore energetico;

-        la creazione di un nuovo meccanismo comunitario per i gestori delle reti di trasmissione.

 

II) Sicurezza dell’approvvigionamento

Il Consiglio europeo ha sottolineato l'importanza di avvalersi pienamente degli strumenti disponibili per migliorare la cooperazione bilaterale dell'UE con tutti i fornitori e assicurare flussi energetici affidabili nell'Unione.

 

III) Politica energetica internazionale

Il Consiglio europeo ha sottolineato l’importanza, tra l’altro, di un accordo di postpartenariato e di cooperazione con la Russia, con gli USA, la Cina, l'India, il Brasile e le altre economie emergenti; dell’intensificazione delle relazioni con l'Asia centrale, le regioni del Mar Caspio e del Mar Nero; del consolidamento delle relazioni con l'Algeria, l'Egitto ed altri paesi produttori della regione del Mashreq/Maghreb.

 

IV) Efficienza energetica ed energie rinnovabili

Il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di aumentare l'efficienza energetica nell'UE in modo da raggiungere l'obiettivo di risparmio dei consumi energetici dell'UE del 20% rispetto alle proiezioni per il 2020; ha adottato un obiettivo vincolante che prevede una quota del 20% di energie rinnovabili nel totale dei consumi energetici dell'UE entro il 2020; nonché del 10% per i biocarburanti nel totale dei consumi di benzina e gasolio per autotrazione dell'UE entro il 2020.

 

V) Tecnologie energetiche

Il Consiglio europeo ha chiesto l'elaborazione di un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, compresi la cattura e lo stoccaggio ecosostenibili dell'anidride carbonica, da esaminarsi nella riunione del Consiglio europeo di primavera del 2008.

Infrastrutture e mobilità

La realizzazione di infrastrutture europee, e segnatamente di reti di trasporto transeuropee[110], è considerata dalle istituzioni dell’UE tra gli obiettivi fondamentali del processo di integrazione europea, in quanto strumento necessario per il buon funzionamento del mercato interno ed il rafforzamento della coesione economica e sociale, anche al fine di attuare gli obiettivi della Strategia di Lisbona.

Tenuto infatti conto della centralità delle infrastrutture ai fini del rilancio della strategia di Lisbona, gli Orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione 2005-2008, adottati dal Consiglio il 12 luglio 2005 (vedi la scheda sulla strategia di Lisbona del presente dossier) contengono specifiche indicazioni in merito alle reti transeuropee. In particolare:

-        l’orientamento n. 16 individua una serie di misure intese a sviluppare, migliorare e collegare le infrastrutture europee e a portare a termine i progetti transfrontalieri prioritari. Tale orientamento stabilisce che, al fine di potenziare l’integrazione dei mercati nazionali all’interno dell’UE allargata, gli Stati membri devono: 1) creare le condizioni per favorire lo sviluppo, nel settore dei trasporti, dell’energia e delle TIC (tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni), di infrastrutture efficaci in termini di risorse (dando la priorità a quelle comprese nelle reti transeuropee) a complemento dei meccanismi comunitari, segnatamente in ambito transfrontaliero e nelle regioni periferiche, quale condizione essenziale per conseguire con successo l’apertura delle industrie di rete alla concorrenza; 2) prendere in considerazione la promozione di partenariati pubblico-privato; 3) esaminare l’opportunità di sistemi di tariffazione adeguati per garantire un uso delle infrastrutture efficiente e tendente ad un equilibrio sostenibile, puntando sulla sostituzione di tecnologia e l’innovazione e prendendo in debita considerazione i costi ambientali e le conseguenze sulla crescita;

-        l’orientamento n. 9 riguarda le iniziative volte a promuovere la diffusione e l’uso efficace delle TIC e la costruzione di una società dell’informazione pienamente inclusiva;

-        l’orientamento n. 10 èvolto a rafforzare i vantaggi competitivi della base industriale europea;

-        l’orientamento n. 11 è inteso a favorire l’uso sostenibile delle risorse e a potenziare le sinergie tra tutela dell’ambiente e crescita.

 

Anche il programma comunitario di Lisbona 2005-2008 (COM(2005)330) (vedi la scheda sulla strategia di Lisbona del presente dossier) sottolinea la necessità di concentrare i fondi disponibili sulla linea di bilancio dedicata alle reti TEN e su altri strumenti di bilancio e finanziari della Comunità al fine di realizzare, in particolare, i 30 principali assi e progetti prioritari di trasporto selezionati dalla citata decisione n. 884/2004/CE. Invita, inoltre, gli Stati membri a dare seguito ai propri impegni relativamente all’avvio dei lavori per i progetti transfrontalieri “ad avvio rapido” (vedi infra)per le reti dei trasporti e dell’energia, le connessioni a banda larga, la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione.

 

In coerenza con tale impostazione, lo sviluppo delle infrastrutture della rete di trasporto europea costituisce una delle priorità della revisione intermedia del libro bianco sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370), effettuata dalla Commissione con la comunicazione del 22 giugno 2006 “Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314).

La comunicazione, oltre a passare in rassegna i principali risultati ottenuti grazie all’adozione di larga parte delle misure proposte dal libro bianco, individua una serie di aggiustamenti ed ulteriori misure allo scopo di perseguire, entro il 2010, gli obiettivi inizialmente fissati.

Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto la Commissione sottolinea che, sebbene la qualità delle medesime sia in linea di massima elevata, si registrano tuttavia problemi legati principalmente alla congestione, all’inquinamento e all’accessibilità.

Alla luce di questa situazione la Commissione ha prospettato una serie di azioni future nel settore delle infrastrutture riguardanti, in particolare, i seguenti aspetti:

-        mobilitare tutte le fonti di finanziamento ed incoraggiare e coordinare gli investimenti in infrastrutture intelligenti, nuove o ristrutturate, per eliminare le strozzature;

-        incentivare le soluzioni co-modali di trasporto;

-        collegare le regioni periferiche ed ultraperiferiche al resto del territorio, assicurando un approccio equilibrato nella gestione del territorio stesso.

 

Con specifico riferimento alle reti transeuropee di trasporto, la Commissione ha adottato, il 21 marzo 2007, una comunicazione dal titolo “Le reti transeuropee: verso un approccio integrato(COM(2007)135) nella quale fa il punto sulla situazione per ciascuna delle tre reti interessate - trasporti, energia e telecomunicazioni - valuta la possibilità di sviluppare sinergie tra le stesse e di migliorarne il finanziamento ed individua, infine, le modalità per conciliare la realizzazione delle infrastrutture con la tutela dell’ambiente.

 

Gli orientamenti per lo sviluppo delle reti transeuropee di trasporto

La disciplina comunitaria in materia di reti TEN di trasporto è stata oggetto negli ultimi anni di importanti interventi di modifica, alcuni dei quali ancora in fase di esame o progettazione, soprattutto perché, a fronte della necessità di pervenire quanto prima alla creazione di un’unica rete di trasporto, energia e telecomunicazioni a livello comunitario, si sono registrati notevoli ritardi nella sua realizzazione. Inoltre, la recente adesione di nuovi Stati membri ha reso necessaria una revisione dell’impianto generale delle reti TEN al fine di adeguarlo al nuovo quadro geopolitico dell’Europa allargata.

A tal fine con la decisione n. 884/2004/CE è stata operata una modifica degli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea di trasporto definiti nella decisione n. 1692/96/CE. In particolare, la decisione individua, all’Allegato II, 30 progetti prioritari di interesse europeo da realizzare entro il 2020. 14 progetti erano già individuati dal testo originario dell’allegato; 16 nuovi progetti sono stati inseriti dalla richiamata decisione n. 884/2004/CE per tenere conto dell’adesione all’UE di nuovi Stati membri.

I progetti riguardanti l’Italia sono:

-        il progetto n. 1 relativo all’asse ferroviario Berlino-Verona/Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo, ivi compreso il ponte ferroviario-stradale sullo stretto di Messina da realizzare entro il 2015;

-        il progetto n. 6 riguardante l’asse ferroviario Lione-Trieste-Divaca/Koper-Divaca-Lubiana-Budapest-frontiera ucraina;

-        il progetto n. 21 relativo all’autostrada del mare dell’Europa sud-orientale (collega il mare Adriatico al mar Ionio e al Mediterraneo orientale per includere Cipro) e a quella dell’Europa sud-occidentale (collega Spagna, Francia, Italia, compresa Malta, nonché l’autostrada del mare dell’Europa sud-orientale);

-        il progetto n. 24 riguardante l’asse ferroviario Lione/Genova-Basilea-Duisburg-Rotterdam/Anversa.

Nell’ambito dell’”Iniziativa europea per la crescita”[111], la Commissione ha presentato, l’11 novembre 2003, un “programma ad avvio rapido” (quick start programme) che ha individuato 31 progetti nel settore dei trasporti per i quali i lavori potevano essere avviati al massimo entro il 2006. Il programma conteneva una lista non esaustiva di progetti, ferma restando la possibilità di includervi nuovi progetti qualora questi ultimi fossero stati conformi ai criteri fissati.

Al fine di assicurare l’avanzamento dei lavori relativamente ad alcuni dei suddetti progetti per la cui realizzazione si sono registrate forti difficoltà e di garantire il coordinamento tecnico ed operativo dei medesimi, la Commissione, nel luglio 2005, ha designato sei coordinatori europei provvisti di un mandato per facilitare l’attuazione di cinque progetti prioritari e dell’ERTMS[112], un progetto orizzontale a tutte le reti TEN. La figura del coordinatore europeo è prevista espressamente dall’articolo 17bisdella citata decisione n. 1692/96/CE, come modificata dalla decisione n. 884/2004/CE.

I sei coordinatori sono:

-        Karel Van Miert (Belgio) per il progetto prioritario n. 1 (insieme del corridoio “Asse ferroviario Berlino-Verona/Milano-Bologna-Napoli-Messina- Palermo”);

-        Etienne Davignon (Belgio) per il progetto prioritario n. 3 (insieme del corridoio “Asse ferroviario a grande velocità del sud-ovest dell’Europa”);

-        Loyola De Palacio (Spagna) per il progetto prioritario n. 6 (corridoio 5 - “Asse ferroviario Lione-Trieste-Divaca/Koper-Divaca-Lubiana-Budapest-frontiera ucraina”);

-        Peter Balazs (Ungheria) per il progetto prioritario n. 17 (insieme del corridoio “Asse ferroviario Parigi-Strasburgo-Stoccarda-Vienna-Bratislava”);

-        Pavel Telicka (Repubblica ceca) per il progetto prioritario n. 27 (insieme del corridoio “Asse ferroviario «Rail Baltica» Varsavia-Kaunas-Riga-Tallinn-Helsinki”);

-        Karel Vinck (Belgio) per il progetto orizzontale “Corridoi ferroviari ed ERTMS”.

Inoltre, con la decisione C(2006)5034 del 26 ottobre 2006 è stata istituita l’Agenzia esecutiva per le reti TEN (TEN-TEA), con sede a Bruxelles,incaricata della gestione tecnica e finanziaria dei progetti TEN e di fornire assistenza tecnica alla Commissione ed ai promotori dei progetti.

 

Di recente, con una comunicazione (COM(2007)32) del 31 gennaio 2007, la Commissione ha sottolineato la necessità di estendere i grandi assi transeuropei di trasporto ai paesi vicini. Il Consiglio trasporti del 6-8 giugno 2007 ha adottato conclusioni su questa materia nelle quali ne sottolinea l’importanza per favorire il raggiungimento degli obiettivi della politica europea di vicinato in materia di rafforzamento della sicurezza, della stabilità e della prosperità con i paesi vicini.

 

Il finanziamento delle reti TEN

La Commissione ha sottolineato in varie sedi, e da ultimo nella citata comunicazione relativa alla revisione di metà percorso del libro bianco sulla politica comune dei trasporti, che gli aspetti legati al finanziamento rivestono un’importanza fondamentale ai fini della realizzazione delle reti TEN, considerato che proprio l’insufficienza delle risorse finanziarie e la mancanza di coordinamento nella gestione delle stesse sono fra le principali cause dei ritardi che si registrano nel completamento di molti progetti.

 

Gli stanziamenti per le reti transeuropee nel quadro finanziario 2007-2013

Il 17 maggio 2006il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea hanno stipulato l’accordo interistituzionale sulle prospettive finanziarie dell’UE per il periodo 2007-2013[113].

L’accordo interistituzionale fissa il massimale medio delle spese dell’UE per il 2007-2013 all’1,048% del reddito nazionale lordo (RNL) europeo in stanziamenti di impegno (pari a 864,316 miliardi di euro) e all' 1 % in stanziamenti di pagamento (pari a 820,780 miliardi di euro).

Gli stanziamenti per il finanziamento di interventi per reti europee di trasporto sono collocati all’interno della rubrica 1 “Crescita sostenibile” del quadro finanziario 2007-2013 e in particolare nella sotto rubrica 1aCompetitività per la crescita e l’occupazione”, per la quale di seguito si riportano gli stanziamenti di impegno complessivi (solo parzialmente destinati alle reti europee di trasporto) per ciascuno degli anni del periodo di riferimento.

 

Quadro finanziario 2007-2013

(milioni di euro - prezzi 2004)

STANZIAMENTO
DI IMPEGNO

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

Totale
2007-2013

1a Competitività per la crescita e l'occupazione

8.404

9.097

9.754

10.434

11.295

12.153

12.961

74.098

 

Nell’ambito del bilancio dell’Unione europea per il 2007, approvato dal Parlamento europeo il 14 dicembre 2006, sono previsti stanziamenti di impegno pari a 1 miliardo di euro per le reti di energia e trasporti, che rappresenta un aumento del 32,9 % rispetto agli stanziamenti contenuti nel bilancio 2006.

 

Il contributo comunitario nel settore delle reti TEN

La possibilità per la Comunità di concedere finanziamenti nel settore delle reti TEN è contemplata dall’art. 155 del Trattato CE.

Esso prevede in particolare che, per i progetti riconosciuti di interesse comune sostenuti dagli Stati membri, individuati nell’ambito degli orientamenti relativi alle reti transeuropee (vedi supra), la Comunità possa appoggiare gli sforzi finanziari degli Stati membri (principio di addizionalità) mediante studi di fattibilità, garanzie di prestito, abbuoni di interesse e, per quanto riguarda i progetti specifici relativi alle infrastrutture di trasporto, sovvenzioni a valere sul Fondo di coesione.

I princìpi del finanziamento diretto da parte del bilancio comunitario sono fissati dal regolamento (CE) n. 2236/95 che stabilisce le regole generali per la concessione di un contributo finanziario comunitario nel settore delle reti TEN. Tale regolamentoè stato più volte modificato, da ultimo dal regolamento (CE) n. 680/2007 del 20 giugno 2007 che prevede, per il periodo 2007- 2013, una dotazione finanziaria pari a 8.168 milioni di euro, di cui 8.013 milioni per il settore dei trasporti.

In base alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 680/2007 il contributo finanziario della Comunità non dovrebbe superare le percentuali di seguito indicate:

-        per quanto riguarda gli studi, il 50% del costo ammissibile, a prescindere dal tipo di progetto di interesse comune di cui si tratta;

-        per quanto riguarda i lavori:

-        al massimo il 20% del costo ammissibile per i progetti prioritari nel settore dei trasporti;

-        al massimo il 30% del costo ammissibile per le sezioni transfrontaliere dei progetti prioritari nel settore dei trasporti, a condizione che gli Stati membri interessati abbiano presentato alla Commissione tutte le garanzie necessarie sulla solidità finanziaria e sul calendario per la realizzazione del progetto;

-        al massimo il 10% del costo ammissibile per i progetti nel settore dei trasporti diversi dai progetti prioritari;

-        per quanto riguarda il sistema europeo di gestione del traffico ferroviario ERTMS:

-        per gli elementi installati a terra, al massimo il 50% del costo ammissibile degli studi e dei lavori;

-        per gli elementi a bordo,al massimo il 50% del costo ammissibile di sviluppo e realizzazione dei prototipi per l’installazione dell’ERTMS sul materiale rotabile esistente, a condizione che il prototipo sia certificato in almeno due Stati membri, e al massimo il 50% del costo ammissibile delle attrezzature di serie per l’installazione dell’ERTMS;

-        per quanto riguarda i sistemi di gestione del traffico stradale, aereo, fluviale, marittimo e costiero,al massimo il 20% del costo ammissibile dei lavori.

 

Il regolamento, inoltre, fissa una serie di princìpi riguardanti le forme e le modalità per la concessione del contributo finanziario, in base ai quali:

-        possono beneficiare del contributo finanziario unicamente i progetti di interesse comune. Inoltre, per quanto riguarda il settore dei trasporti, l’ammissibilità è subordinata all’impegno che il richiedente e, se necessario, lo Stato membro o gli Stati membri interessati si impegnino a contribuire finanziariamente al progetto, anche ricorrendo a fondi privati;

-        i progetti riguardanti sezioni transfrontaliere possono beneficiare del contributo comunitario se esiste un accordo scritto fra gli Stati membri interessati o fra questi ultimi ed i paesi terzi riguardante il completamento della sezione transfrontaliera. Tale accordo non è richiesto qualora un progetto, pur non attraversando realmente la frontiera, sia necessario per il collegamento alla rete di uno Stato membro o di un paese terzo limitrofi;

-        nell’erogazione dei contributi sono privilegiati, per quanto riguarda il settore dei trasporti, i seguenti progetti:

-        i progetti prioritari;

-        i progetti volti ad eliminare le strozzature, in particolare quelleche interessano progetti prioritari;

-        i progetti presentati o sostenuti congiuntamente da almeno due Stati membri, in particolare nel caso di sezioni transfrontaliere;

-        i progetti che contribuiscono alla continuità della rete e all’ottimizzazione della sua capacità;

-        i progetti che contribuiscono al miglioramento della qualità del servizio offerto sulla rete transeuropea e che favoriscono la sicurezza degli utenti e l’interoperabilità delle reti nazionali;

-        i progetti che contribuiscono all’integrazione del mercato interno ed al riequilibrio delle modalità di trasporto, privilegiando quelle più rispettose dell’ambiente e, in particolare, il trasporto per via navigabile interna;

-        i progetti riguardanti lo sviluppo e la realizzazione dei sistemi di gestione del traffico ferroviario, stradale, aereo, marittimo, fluviale e costiero che favoriscono l’interoperabilità fra le reti nazionali.

Le altre fonti di finanziamento

Oltre agli strumenti e ai finanziamenti specifici sopra richiamati, sono previste altre forme di finanziamento per i progetti TEN, tra cui si segnalano:

§      i fondi strutturali, in particolare per l’Italia il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) ed il Fondo di coesione.

Gli orientamenti strategici comunitari per la coesione economica, sociale e territoriale 2007-2013 – fissati dalla decisione n. 2007/702/CE -prevedono che, in conformità con gli obiettivi dell’agenda di Lisbona rinnovata (cfr. la scheda sulla strategia di Lisbona del presente dossier), i programmi sostenuti dalla politica di coesione devono cercare di indirizzare le risorse verso tre priorità, una delle quali è costituita dalla finalità di rendere più attrattive per gli investimenti e l’occupazione le regioni dell’UE attraverso il potenziamento delle necessarie infrastrutture, come per esempio nel settore dei trasporti. In particolare, lo sviluppo di infrastrutture di trasporto a livello europeo (segnatamente le sezioni relative ai 30 progetti prioritari TEN) è ritenuto fondamentale per una maggiore integrazione dei mercati nazionali, specialmente all’interno di un’Unione ampliata;

§      i contributi della Banca europea per gli investimenti (BEI) e del Fondo europeo per gli investimenti (FEI), che non sono soggetti a limitazioni territoriali, ma sono concessi sulla base di criteri bancari quali la fattibilità finanziaria, tecnica ed ambientale dei progetti. In particolare, il rafforzamento delle infrastrutture di trasporto figura fra i settori prioritari di intervento della BEI.

Allo stato attuale la BEI dispone di un apposito fondo di investimento per le reti TEN, il TIF (TENs Investment Facility), che prevede un meccanismo di prestito prioritario per le reti TEN pari a 75 miliardi di euro fino al 2013. Oltre a questo strumento specifico, la BEI utilizza altri due strumenti per il finanziamento delle reti TEN: il meccanismo di finanziamento strutturato, attraverso il quale la BEI può assumere un livello di rischio di credito più elevato in occasione del finanziamento dei progetti, ed un meccanismo di garanzie per le reti TEN inteso a coprire il rischio che durante la fase iniziale di esercizio gli introiti non raggiungano i livelli previsti;

§      l’apporto del settore privato grazie all’istituzione di partenariati pubblico-privato (PPP) mediante i quali, tramite il ricorso ad appalti pubblici ed a concessioni nel settore delle infrastrutture di trasporto, le autorità pubbliche delegano ad un’impresa privata missioni di servizio pubblico.

 

Ulteriori opzioni per il finanziamento

In occasione della revisione degli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti operata dalla decisione n. 884/2004/CE è stata messa in evidenza soprattutto la necessità di accompagnare la revisione degli orientamenti con un adeguamento della disciplina vigente riguardante la concessione di contributi da parte della Comunità e di individuare nuove modalità di finanziamento allo scopo di fornire basi finanziarie più solide alla realizzazione dei progetti.

Alla luce di queste considerazioni, in occasione della revisione del libro bianco sulla politica comune dei trasporti operata dalla comunicazione sopra richiamata, la Commissione ha proposto una serie di possibili opzioni:

-        sviluppare nuovi modelli di ingegneria finanziaria;

-        favorire un maggiore utilizzo degli oneri relatvi all’uso delle infrastrutture per finanziare le sezioni delle reti di trasporto più redditizie sul piano commerciale;

-        utilizzare le risorse esistenti nell’ambito dello strumento di garanzia che, con una disponibilità massima di 1 miliardo di euro in riserve in liquidità, ripartito fra la Banca europea per gli investimenti (BEI) ed il bilancio comunitario relativo al periodo 2007-2013, otterrà 20 miliardi di euro sotto forma di prestiti bancari da destinare alle infrastrutture di trasporto;

-        ricorrere maggiormente ai partenariati pubblico-privato al fine di accelerare la realizzazione dei progetti, migliorare il rapporto prezzo-prestazioni e diminuire la pressione sulle finanze pubbliche;

-        ricorrere ad iniziative quali JASPERS (Joint Assistance to Support Projects in European Regions)[114] per agevolare l’avvio dei progetti.

 

Per quanto riguarda le azioni che la Commissione intende intraprendere a breve termine nel settore, figurano: la massimizzazione degli investimenti nelle infrastrutture transeuropee di interesse europeo, mobilitando tutte le forme di finanziamento disponibili (bilancio TEN, fondi strutturali e di coesione, prestiti sui mercati dei capitali, anche presso la BEI, la BERS, partenariati pubblico-privato), il ricorso ad iniziative congiunte di attuazione nonché l’identificazione del programma di investimenti pluriennale per le reti TEN relativamente al periodo 2007-2013.

 

Intermodalità e trasporto merci

La citata comunicazione relativa alla revisione del libro bianco sulla politica comune dei trasporti ribadisce la necessità che la politica comunitaria nel settore dei trasporti continui a perseguire gli obiettivi fissati fin dalla sua creazione che riguardano, fra l’altro, la promozione un livello elevato di mobilità per i cittadini e le imprese in tutta l’UE. A tale proposito il documento sottolinea che la mobilità costituisce non soltanto un diritto fondamentale, ma anche una componente essenziale per promuovere la competitività dell’industria e dei servizi europei. La Commissione precisa, tuttavia, che è necessario, ricorrendo ad un’ampia gamma di strumenti politici, dissociare la mobilità dalle conseguenze negative da essa prodotte. Fra le possibili opzioni, la Commissione considera di primaria importanza la promozione della co-modalità, vale a dire l’uso efficiente dei vari modi di trasporto singolarmente o in combinazione tra di loro al fine di favorire un consumo ottimale e sostenibile delle risorse, in linea con le conclusioni adottate dal Consiglio europeo del 16 giugno 2006 sulla nuova strategia per lo sviluppo sostenibile presentata al Consiglio europeo di Göteborg del giugno 2001[115].

 

Per quanto riguarda gli aspetti specifici del trasporto merci, si segnalano le seguenti iniziative all’esame delle istituzioni europee:

-        una proposta di direttiva del 22 dicembre 2006relativa al trasporto interno di merci pericolose (COM(2006)852).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 4 settembre 2007;

-        una proposta di regolamento del 27 febbraio 2006 sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica (COM(2006)79).

La proposta, presentata nell’ambito della procedura di codecisione, è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio;

-        una comunicazione del 28 giugno 2006 dal titolo “Logistica del trasporto delle merci – la chiave per una mobilità sostenibile” (COM(2006)336) nella quale si sottolinea la necessità di una migliore organizzazione del settore della logistica, considerato uno strumento essenziale per rendere il trasporto delle merci più efficiente e ridurre gli effetti negativi di una crescente mobilità quali l’inquinamento, la congestione e la dipendenza energetica;

-        una proposta di regolamento del 23 maggio 2007 riguardante l'accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada (COM(2007)265).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

 

Con riferimento alle azioni future per promuovere il trasporto delle merci, nella citata comunicazione sulla revisione del libro bianco del 2001 la Commissione si è impegnata a sviluppare, nel 2007, una strategia globale per la logistica del trasporto merci in Europa, seguita da un’ampia consultazione e finalizzata all’elaborazione di un piano d’azione.

 

Settore portuale e autostrade del mare

Nella citata comunicazione sulla revisione intermedia del libro bianco sulla politica comune dei trasporti, la Commissione rileva la grande importanza che il trasporto marittimo riveste per l’economia dell’Unione europea, soprattutto in seguito all’allargamento, ribadendo che esso costituisce una valida alternativa al trasporto su strada, grazie anche alla promozione delle autostrade del mare.

Al riguardo, la Commissione ricorda che negli ultimi anni si è registrata una crescita consistente del trasporto per via navigabile, soprattutto di quello a corto raggio[116], che contribuisce a ridurre la congestione e l’impatto ambientale delle altre modalità di trasporto. La Commissione fa notare che questo settore, che presenta ancora notevoli potenzialità di sviluppo, allo stato attuale si trova ad affrontare due problemi fondamentali:

-        l’assenza di un mercato interno della navigazione;

-        la necessità di sviluppare l’infrastruttura dei porti comunitari per trasformarli in poli di crescita. Al fine di porre rimedio alla carenza di capacità portuali è necessario, secondo la Commissione, potenziare la cooperazione fra porti europei, favorirne la specializzazione delle attività, sviluppare la concorrenza, stabilire norme chiare per i contributi pubblici agli investimenti, garantire un accesso trasparente ai servizi portuali, assicurare un equilibrio tra vincoli ambientali ed esigenze di sviluppo, promuovere servizi competitivi e migliorare la qualità dell’occupazione.

-        A questo proposito, nel programma di lavoro per il 2007, la Commissione ha incluso fra le iniziative prioritarie la presentazione di una comunicazione relativa ad una politica europea dei porti, con la quale intende riaprire il dibattito sulla liberalizzazione dei servizi portuali per elaborare, sulla base delle opinioni espresse dalle parti interessate, una nuova proposta legislativa[117].

 

Per conseguire tali obiettivi, la Commissione intende intraprendere una serie di azioni intese a:

§      sviluppare, nel 2007, una politica portuale europea;

§      ridurre le emissioni inquinanti provocate dal trasporto per via navigabile;

§      continuare a promuovere il trasporto marittimo a corto raggio e le autostrade del mare, prestando particolare attenzione ai collegamenti con l’interno;

§      promuovere un’ampia consultazione con tutti i soggetti interessati in vista della presentazione, nel 2008, di un libro bianco relativo ad una strategia globale per uno spazio marittimo comune europeo.

 

Qualità dei servizi

Nella citata comunicazione sulla revisione del libro bianco sulla politica comune dei trasporti, la Commissione sottolinea la necessità di migliorare la qualità dei servizi come componente essenziale della competitività dei modi di trasporto e di garantire l’accesso ai trasporti per le persone a mobilità ridotta.

A tal fine la Commissione intende:

§      esaminare, insieme alle parti interessate, le modalità per promuovere una migliore qualità del servizio;

§      garantire i diritti fondamentali dei passeggeri in tutti i modi di trasporto, soprattutto per le persone a mobilità ridotta;

§      esaminare gli standard minimi per il trasporto con pullman;

§      adottare, nell’autunno del 2007, un libro verde sul trasporto urbano per valutare i possibili benefici derivanti da una politica europea del trasporto urbano ed individuare i problemi, le sfide, eventuali nuove azioni e responsabilità, attraverso le quali l’UE potrà migliorare i trasporti urbani. La Commissione dovrebbe presentare, nel 2008, un seguito del libro verde.

 

Inoltre, è all’esame delle istituzioni europee una proposta riveduta di regolamento riguardante i servizi pubblici di trasporto viaggiatori per strada e per ferrovia (COM(2005)319), presentata dalla Commissione il 20 luglio 2005[118].

La proposta è intesa ad istituire un quadro giuridico chiaro e stabile, prevedendo investimenti di qualità a favore di trasporti pubblici ecologici ed efficienti. La Commissione ritiene, inoltre, che sia necessario valutare se esistono ostacoli alla politica in materia di trasporto urbano a livello comunitario ed individuare le situazioni in cui esiste un consenso favorevole allo sviluppo di soluzioni congiunte, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata approvata, con emendamenti, in seconda lettura dal Parlamento europeo il 10 maggio 2007 ed è in attesa della seconda lettura da parte del Consiglio.

Diritti dei passeggeri

Nella comunicazione sulla revisione di metà percorso del libro bianco sulla politica comune dei trasporti viene ribadito l’importante obiettivo di porre gli utenti al centro della politica comune dei trasporti.

A tal fine, la Commissione intende esaminare, insieme alle parti interessate, le modalità per migliorare la qualità dei servizi come componente essenziale della competitività dei modi di trasporto e per garantire i diritti fondamentali dei passeggeri in tutti i modi di trasporto, soprattutto per le persone a mobilità ridotta.

 

Facendo seguito agli orientamenti del libro bianco, il 16 febbraio 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione relativa al rafforzamento dei diritti dei passeggeri nell’Unione europea (COM(2005)46).

Il documento individua una serie di settori prioritari di intervento, quali:

-        la tutela dei passeggeri a mobilità ridotta che utilizzano il trasporto marittimo o il trasporto internazionale con autobus;

-        il risarcimento e l’assistenza ai passeggeri del trasporto marittimo o del trasporto internazionale con autobus in caso di interruzione del viaggio;

-        la responsabilità in caso di decesso o di ferimento dei passeggeri del trasporto internazionale con autobus;

-        i mezzi per presentare i ricorsi e le modalità di trattamento degli stessi;

-        l’informazione dei passeggeri al fine di aumentare la consapevolezza dei loro diritti;

-        la creazione di biglietterie integrate per consentire ai passeggeri di utilizzare diverse modalità di trasporto in occasione di un medesimo viaggio;

-        una maggiore tutela dei passeggeri in caso di fallimento delle compagnie aeree.

 

Fra le iniziative attualmente all’esame delle istituzioni europee, si ricordano:

-        una proposta di regolamento relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale (COM(2004)143), che fa parte del terzo pacchetto ferroviario.

Il 20 giugno 2007 il Consiglio ed il Parlamento europeo hanno raggiunto, in seno al comitato di conciliazione, un accordo sul terzo pacchetto ferroviario che dovrà essere approvato, secondo la procedura di codecisione, in terza lettura dal Parlamento europeo (durante la sessione plenaria del 24-27 settembre) e dal Consiglio;

-        una comunicazione del 4 aprile 2007 (COM(2007)168), riguardante l'applicazione del regolamento (CE) n. 261/2004 in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, cancellazione del volo o ritardo prolungato, nella quale constata alcune lacune in relazione alla sua applicazione e si impegna a valutare l’opportunità di modificarlo.

Servizi aerei

Nella comunicazione relativa alla revisione intermedia del libro bianco sulla politica comune dei trasporti, la Commissione rileva che, malgrado i risultati globalmente positivi in termini di crescita e di concorrenza del trasporto aereo comunitario a livello mondiale, per raccogliere le nuove sfide è necessario:

-        ampliare il mercato interno per migliorare le prestazioni di tutti i segmenti del trasporto aereo, estendendo i vantaggi del mercato interno anche ai collegamenti aerei con l’esterno;

-        sviluppare infrastrutture solide - sia per le operazioni in volo, sia per quelle di terra -, migliorare l’efficienza del trasporto aereo grazie all’applicazione delle misure previste dal “cielo unico europeo”[119] e fornire una guida per i futuri sistemi di gestione del traffico aereo;

-        effettuare gli investimenti necessari al fine di migliorare la capacità aeroportuale, prevedendo regole più chiare in materia di oneri aeroportuali;

-        ridurre l’impatto sull’ambiente dovuto alla rapida crescita del traffico aereo, garantendo al contempo la competitività del settore e tenendo conto del dibattito in corso su questi aspetti in seno all’ICAO (Organizzazione per l’aviazione civile internazionale).

 

Al fine di conseguire gli obiettivi precedentemente indicati, la Commissione intende:

§      continuare a monitorare gli aiuti di Stato e gli aspetti della ristrutturazione e dell’integrazione connessi alla concorrenza;

§      riesaminare il funzionamento del mercato interno e proporre le opportune modifiche;

§      completare, nel 2007, il quadro normativo per il “cielo unico europeo” e modernizzare la gestione del traffico aereo mediante l’istituzione dell’impresa comune SESAR[120].

§       L’impresa comune SESAR è stata istituita dal regolamento (CE) n. 219/2007 del 27 febbraio 2007;

§      riesaminare le misure relative alla liberalizzazione del trasporto aereo.

A questo proposito si segnala che è all’esame delle istituzioni europee una proposta di regolamento del 18 luglio 2006 recante norme comuni per la prestazione di servizi di trasporto aereo nella Comunità (COM(2006)396). La proposta è intesa a rivedere e riunire in un unico testo i regolamenti (CE) n. 2407/92, 2408/92 e 2409/92 (cosiddetto “terzo pacchetto aereo”);

§       sviluppare misure politiche per ridurre le emissioni prodotte dal trasporto aereo (vedi infra il paragrafo “Trasporto sostenibile”);

§       esaminare le questioni relative alle tasse aeroportuali e alla capacità degli aeroporti.

Il 24 gennaio 2007 la Commissione ha presentato il cosiddetto “pacchetto aeroportuale” che comprende una comunicazione sulla capacità, l’efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa (COM(2006)819), una proposta di direttivasugli oneri aeroportuali (COM(2006)820) ed una relazione sull’applicazione della direttiva 96/67/CErelativa all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti comunitari (COM(2006)821)[121].

La comunicazione, in particolare, presenta un piano d’azione che prospetta una serie di azioni concrete in cinque settori:

-        promuovere la co-modalità al fine di migliorare l'accesso agli aeroporti e di diminuire l'impatto ambientale. A questo riguardo la Commissione, pur consapevole del fatto che la co-modalità trasporto aereo-ferroviario non costituisce la soluzione ideale per decongestionare gli aeroporti, ritiene tuttavia necessario promuovere la complementarità fra queste due modalità di trasporto anche al fine di ridurre l'impatto sull'ambiente delle attività aeroportuali;

-        migliorare lo sfruttamento delle capacità aeroportuali esistenti;

-        garantire un approccio coerente delle operazioni di sicurezza negli aeroporti;

-        progettare nuove infrastrutture aeroportuali, prendendo in considerazione gli aspetti relativi alle emissioni sonore e alla pianificazione;

-        sviluppare ed applicare le nuove tecnologie in tutti gli aeroporti comunitari, a partire dal 2007.

 

Sicurezza

Nella comunicazione relativa alla revisione di metà percorso del libro bianco sulla politica comune dei trasporti, la Commissione, dopo aver ribadito la necessità di rafforzare la sicurezza di tutte le modalità di trasporto, preannuncia l’adozione di una serie di misure intese a favorire il perseguimento di tale obiettivo, fra cui:

§      l’adozione di un approccio integrato per la sicurezza stradale che comprenda la progettazione dei veicoli e le tecnologie utilizzate, le infrastrutture e il comportamento dei conducenti;

§      la valutazione, nel 2008, del funzionamento e dei costi delle norme vigenti nel settore della sicurezza per il trasporto terrestre, aereo e marittimo;

§      la promozione, nel 2007, di una strategia per la sicurezza nel trasporto terrestre e pubblico.

Sicurezza marittima

Per quanto riguarda specificamente la sicurezza marittima, si segnala che è all’esame delle istituzioni europee il terzo pacchetto sulla sicurezza marittima (“Erika III”).

Il pacchetto “Erika III” comprende sette proposte legislative:

-        una proposta di direttiva riguardante il controllo dello Stato di approdo (COM(2005)588);

-        una proposta di direttiva riguardante l'istituzione di un sistema di controllo del traffico navale e di informazione (COM(2005)589);

-        una proposta di direttiva riguardante le inchieste in caso di incidenti (COM(2005)590);

-        una proposta di regolamento sulla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare e per vie navigabili interne in caso di incidente (COM(2005)592);

-        una proposta di direttiva relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (COM(2005)586);

-        una proposta di direttiva relativa agli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (COM(2005)587);

-        una proposta di direttiva sulla responsabilità civile degli armatori (COM(2005)593).

Il 25 aprile 2007 il Parlamento europeo ha esaminato le proposte in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, approvando emendamenti. Il Consigliotrasporti del 6-8 giugno 2007 ha raggiunto un accordo politico, in vista dell’adozione della posizione comune in una delle prossime sessioni, su tre proposte del pacchetto, vale a dire quelle riguardanti il controllo dello Stato di approdo, l’istituzione di un sistema si controllo del traffico navale e le inchieste in caso di incidenti. L’esame delle altre proposte è ancora in sospeso.

Sicurezza aerea

Relativamente alla sicurezza aerea, sono all’esame delle istituzioni europee le seguenti proposte:

-        una proposta di regolamento del 22 settembre 2005 recante norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile (COM2005)429), che mira ad aggiornare il quadro normativo in vigore istituito dal regolamento (CE) n. 2320/2002, adottato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, con una nuova disciplina ispirata ai criteri di semplificazione, armonizzazione e chiarezza.

Il 25 aprile 2007 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in seconda lettura, secondo la procedura di codecisione, approvando emendamenti alla posizione comune del Consiglio dell’11 dicembre 2006;

-        una proposta di regolamento del 15 novembre 2005(COM(2005)579) volta a modificare il regolamento (CE) n. 1592/2002 con il quale è stata istituita l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA), al fine di estenderne i compiti a tutti i settori della sicurezza aerea fra cui le operazioni di volo, le licenze dei piloti e gli aeromobili dei paesi terzi.

Il 13 marzo 2007 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, approvando emendamenti. Il Consiglio trasporti dell’8 giugno 2007 ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta, in vista della posizione comune che sarà adottata in prima lettura in una delle prossime sessioni. La seconda lettura del Parlamento europeo è prevista per il 16 gennaio 2008.

Sicurezza stradale

La comunicazione relativa alla revisione intermedia del libro bianco sulla politica comune dei trasporti sottolinea che il trasporto stradale continua a rimanere il modo di trasporto meno sicuro e ricorda l’obiettivo, fissato nel citato libro bianco, di dimezzare, entro il 2010, il numero delle vittime della strada.

Tale obiettivo è peraltro riconfermato in una comunicazione del 7 febbraio 2007 dal titolo “Un quadro normativo competitivo nelsettore automobilisticoper il XXI secolo – Posizione della Commissione sulla relazione finale del gruppo ad alto livello CARS 21[122](COM(2007)22), intesa a delineare la futura politica europea in campo automobilistico.

Per quanto riguarda i profili relativi alla sicurezza stradale, la comunicazione ribadisce la necessità che un'efficace strategia di sicurezza sia basata su un approccio integrato che comprenda miglioramenti in materia di tecnologia dei veicoli, infrastrutture stradali, comportamenti di guida e applicazione delle norme. Il documento preannuncia, inoltre, una serie di iniziative che la Commissione intende adottare, sulla base delle raccomandazioni del gruppo CARS 21.

 

Innovazione

Nella comunicazione relativa alla revisione di metà percorso del libro bianco sulla politica comune dei trasporti, la Commissione rileva che la costruzione di nuove infrastrutture non può risolvere da sola tutti i problemi di congestione e di accessibilità a causa di una serie di fattori quali i costi elevati, la durata della progettazione, l’impatto ambientale e la mancanza di spazio.

Al fine di migliorare la gestione del traffico, la sicurezza e la mobilità e di ridurre l’impatto ambientale, la Commissione sottolinea la necessità di prendere in considerazione alternative quali la promozione di altre modalità di trasporto - tra cui il trasporto ferroviario e quello marittimo a lunga distanza -, l’ottimizzazione degli itinerari e della tempistica, lo sviluppo di sistemi intelligenti per lo scambio di informazioni (cosiddetti “sistemi cooperativi”) fra i veicoli e le infrastrutture stradali che, avvalendosi delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, consentono di avere informazioni sulle condizioni stradali, sui rischi meteorologici o su incidenti.

Fra le azioni future che la Commissione intende intraprendere in questo settore figurano:

§      la promozione della mobilità intelligente mediante la continuazione dei programmi già avviati, quali Automobile intelligente[123], SESAR(vedi apposita nota), ERTMS (vedi apposita nota) e RIS[124]nonché un migliore sfruttamentodei sistemi di navigazione satellitare tra cui GALILEO[125], sviluppando, nel 2009, iniziative analoghe nel settore marittimo (e-maritime);

§      il lancio, nel 2008, di un programma di ampia portata per lo sviluppo di tecnologie intelligenti per il trasporto stradale, preparando le infrastrutture per i sistemi cooperativi.

 

Trasporto sostenibile

La comunicazionerelativa al riesame intermedio del libro bianco sopra richiamata ribadisce la necessità, sottolineata in più sedi dalle istituzioni dell’UE, di garantire la sostenibilità ambientale del sistema dei trasporti. A tal fine, oltre a sottolineare la necessità di promuovere la co-modalità (vedi il paragrafo del presente dossier relativo alle infrastrutture e alla mobilità), essa prospetta una serie di azioni future in settori quali:

§      la promozione dell’efficienza energetica a livello comunitario sulla base delle misure previste dal piano d’azione sull’efficienza energetica e dal programma per le energie rinnovabili (cfr. il paragrafo del presente dossier relativo alla politica energetica dell’UE).

Il Consiglio energia del 23 novembre 2006 ha adottato conclusioni nelle quali, tra l’altro, considera prioritario sfruttare l'enorme potenziale dei trasporti in termini di efficienza energetica, utilizzando un approccio integrato ed una varietà di misure tra cui accordi volontari e, se necessario, provvedimenti legislativi;

§       il sostegno alla ricerca, alla dimostrazione e all’introduzione sul mercato di nuove tecnologie quali l’ottimizzazione dei motori, i sistemi di gestione intelligente dell’energia nei veicoli o i carburanti alternativi, fra cui i biocarburanti evoluti e l’idrogeno o le celle a combustibile.

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alla promozione di veicoli puliti nel trasporto stradale (COM(2005)634). La proposta fissa l'obbligo a carico degli enti pubblici di acquistare o prendere in leasing,ogni anno, “veicoli ecologici migliorati” per una quota pari ad almeno il 25% di mezzi pesanti superiori a 3,5 tonnellate, come autobus o camion per la raccolta dei rifiuti.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 10 ottobre 2007;

§       l’avvio, nel 2009, di un vasto programma per la propulsione ecologica.

Il 31 gennaio 2007 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva concernente la qualità dei carburanti (COM(2007)18), intesa ad aggiornare la direttiva 98/70/CE sulla qualità di benzina e gasolio, con l'obiettivo di rendere i carburanti più puliti e di incoraggiare lo sviluppodi carburanti a bassa emissione di CO2 e di altri gas ad effetto serra, con ridotta presenza percentuale di zolfo nonché dei biocarburanti di seconda generazione.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 15 gennaio 2008.

 

Inoltre, al fine di aiutare gli Stati membri e le autorità locali e regionali a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee, la Commissione ha adottato, l’11 gennaio 2006, la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718).

La strategia comprende una serie di misure da attuare in stretta cooperazione con le autorità locali ai fini del miglioramento dell’ambiente urbano, tra le quali:

-        l’adozione di orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile;

-        la promozione di attività di formazione al fine di sviluppare le competenze necessarie per gestire l’ambiente urbano e di incoraggiare la collaborazione e l’apprendimento reciproco tra le autorità locali;

-        l’elaborazione di un nuovo programma europeo per lo scambio di esperienze e conoscenze sui problemi dell’ambiente urbano.

 

La comunicazione prevede che gli Stati membri, le autorità locali e regionali nonché le parti interessate comunichino il proprio parere sull’impatto delle misure proposte ad intervalli regolari e, successivamente, in occasione di un ampio processo di consultazione nel 2009. Tali pareri, unitamente ai dati disponibili sulle prestazioni ambientali a livello urbano, saranno esaminati nel 2010, anche al fine di valutare l’opportunità di ulteriori interventi.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario ed invita l'Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell'ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l'attuazione della gestione ambientale integrata.

 

Per quanto riguarda il trasporto aereo, facendo seguito alla comunicazione “Ridurre l’impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici” (COM(2005)459), la Commissione ha recentemente avviato tre importanti iniziative:

-        l’integrazione del trasporto aereo nel sistema UE di scambio di quote di emissione di CO2, oggetto della proposta di regolamento del 20 dicembre 2006 (COM(2006)818);

-        l'iniziativa Clean Sky intesa a favorirela riduzione delle emissioni inquinanti e sonore del trasporto aereo, oggetto di una proposta di regolamento del 13 giugno 2007 (COM(2007)315);

-        l’iniziativa transatlantica AIRE (Atlantic Interoperability Initiative to reduce Emissions), avviata con gli Stati Uniti, intesa ad accelerare l’applicazione delle nuove tecnologie e delle procedure operative che hanno un impatto diretto sulle emissioni di gas ad effetto serra.

Reti di telecomunicazioni e digitalizzazioni

Nel settore delle telecomunicazioni l'Unione europea, negli ultimi anni, ha intensificato le iniziative volte a superare il 'divario digitale' che descrive la separazione dei singoli cittadini, le imprese e i territori in funzione delle possibilità di accesso e di utilizzo delle TIC (tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni) esistente soprattutto nelle zone meno sviluppate dell'Unione,

L'Unione europea è intervenuta su tre distinti versanti, tra loro connessi, e, in particolare, sull'uso della banda larga, sulla televisione digitale e sulla informatizzazione della Pubblica Amministrazione.

 

Banda larga

Secondo la Commissione l'accesso generalizzato alla banda larga è una condizione indispensabile per lo sviluppo delle economie moderne e costituisce un aspetto importante dell'agenda di Lisbona. Infatti, l'accesso a internet ad alta velocità attraverso le connessioni "a banda larga" consente immense possibilità per la società dell'informazione.

Con la comunicazione "Colmare il divario nella banda larga" (COM(2006)129), adottata il 20 marzo 2006, la Commissione ha invitato tutti gli Stati membri a ricorrere anche ad un partenariato attivo con le autorità regionali, sfruttando le sinergie tra le varie fonti di finanziamento (nazionali, fondi strutturali, fondo di sviluppo rurale). Ha inoltre auspicato che le strategie nazionali per la banda larga fissino obiettivi precisi per la connettività delle scuole, delle amministrazioni pubbliche e dei centri sanitari.

La Commissione analizzerà gli aspetti del "divario digitale" in relazioni annuali e controllerà l'attuazione della banda larga nei nuovi Stati membri.

La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo, che il 19 giugno 2007 ha approvato una risoluzione nella quale ha invitato la Commissione a sviluppare l'uso dei fondi strutturali e rurali per promuovere la diffusione e l'assorbimento della banda larga soprattutto nelle zone sottosviluppate e ha sottolineato che:

§      i finanziamenti pubblici andrebbero utilizzati solo nel caso in cui l'installazione dell'infrastruttura della banda larga non sia economicamente fattibile per le imprese private;

§      non dovrebbero essere creati doppioni con infrastrutture già esistenti in grado di fornire servizi a banda larga;

§      l'infrastruttura finanziata pubblicamente dovrebbe essere fornita sulla base di un accesso paritario e non dovrebbe favorire alcun fornitore di servizi particolare;

§      gli Stati membri, e in particolare le loro regioni e comuni, potrebbero stabilire incentivi per stimolare il mercato della banda larga nelle regioni svantaggiate.

 

Con la decisione 2007/131/CE del 21 febbraio 2007 (pubblicata in G.U.U.E n. 55 del 23.2.07, serie L), la Commissione ha inoltre autorizzato l'uso armonizzato dello spettro radio da parte delle apparecchiature che utilizzano la tecnologia a banda ultralarga (ultrawideband, UWB) in apparati elettronici di largo consumo, che funzionano in modalità wireless, quali computer portatili, telefoni cellulari, fotocamere digitali e televisori. Grazie a tale tecnologia molti dei dispositivi elettronici fino a oggi collegati via cavo avranno a disposizione un'alternativa di tipo wireless, che consentirà lo scambio di informazioni alla stessa velocità dei collegamenti via cavo disponibili oggi. L'UWB opererà nello spettro radio esistente.

 

Televisione digitale

La promozione della televisione digitale costituisce uno dei settori di intervento previsti dalla strategia di Lisbona, in quanto considerata uno strumento efficace ai fini dell'accesso generalizzato per tutti i cittadini ai nuovi servizi e applicazioni della società dell'informazione.

Nella comunicazione relativa all'accelerazione della transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale delle emissioni televisive (COM(2005)204), adottata il 24 maggio 2005, la Commissione aveva auspicato che tale transizione potesse concludersi per la maggior parte dei paesi nel 2010 ed essere definitivamente completata su tutto il territorio dell'Unione europea entro il 2012.

La comunicazione è stata esaminata il 1 ° dicembre 2005 dal Consiglio (nelle cui conclusioni gli Stati membri sono stati invitati a completare la migrazione alla radiodiffusione digitale, nella misura del possibile, entro il 2012) e dal Parlamento europeo che il 27 aprile 2006 ha approvato una risoluzione.

 

Informatizzazione Pubblica Amministrazione

La Commissione - con la comunicazione (COM(2006)611, adottata il 24 ottobre 2006 – ha espresso una valutazione positiva sul programma quinquennale IDABC (Erogazione interoperabile di servizi paneuropei di governo elettronico alle amministrazioni pubbliche, alle imprese e ai cittadini) avviato il 1° gennaio 2005 con decisione 2004/387/CE del 21 aprile 2004.

Obiettivo principale del programma è quello di individuare, sostenere e promuovere lo sviluppo e la creazione di servizi paneuropei di governo elettronico e delle connesse reti telematiche interoperabili:

-        continuando a promuovere l'introduzione delle tecnologie dell'informazione negli ambiti politici;

-        costruendo un'infrastruttura comune per gli scambi transfrontalieri di informazioni fra amministrazioni pubbliche al fine di garantire l'efficienza delle comunicazioni;

-        incoraggiando la creazione di nuovi servizi per le imprese e per i cittadini.

 

Alcune iniziative riguardano il potenziamento di servizi paneuropei di governo elettronico a sostegno delle amministrazioni pubbliche, delle imprese e dei cittadini. Altre misure di tipo orizzontale sono destinate a sostenere i progetti di interesse comune e il governo elettronico in generale e forniscono servizi di infrastruttura per i servizi pubblici della Comunità, come soluzioni tecnologiche e di software, servizi di rete, servizi di sicurezza ecc.

La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo.

 


Politiche per la produzione e la competitività

Mercati, concorrenza, liberalizzazioni e tutela dei consumatori

Consumatori, utenti, concorrenza e trasparenza

Obiettivo principale del Governo è trasformare la ripresa ciclica in atto nell’economia italiana in una crescita elevata e sostenibile, attraverso interventi socialmente equi ed ambientalmente sostenibili, capaci nel contempo di garantire un miglioramento duraturo degli equilibri di bilancio.

A tal fine, occorre anzitutto agire per rimuovere le gravi carenze del sistema economico nazionale che ancora persistono rispetto ai nostri partner europei e che deprimono il tasso di crescita potenziale, tra le quali si annoverano:

§      l’insufficiente pressione concorrenziale, in particolare nel settore dei servizi;

§      la bassa capacità di innovazione e di adozione di nuove tecnologie;

§      la penuria di infrastrutture.

 

Per colmare il divario con il resto d’Europa il Governo intende operare su più fronti, alleggerendo il peso delle Amministrazioni pubbliche aumentandone la produttività, accrescendo la concorrenza nei mercati dei prodotti e dei servizi, eliminando le strozzature nelle infrastrutture materiali che frenano lo sviluppo, perseguendo nel contempo l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.

 

In tale quadro, il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria (Cap. V.4), evidenzia come il Governo, in coerenza con le linee di intervento prefigurate dal precedente DPEF, abbia adottato rilevanti iniziative normative volte anzitutto alla rimozione dei numerosi vincoli e barriere che ostacolano l’esercizio delle attività economiche, contribuendo in tal modo a diffondere, a tutto vantaggio dei consumatori e delle imprese, una cultura orientata al mercato e alla salvaguardia, in particolare, del principio della tutela della concorrenza.

Si ricorda che già il DPEF 2007-2011 aveva posto la definizione di una politica per la concorrenza e la difesa del consumatore al centro dell’agenda del Governo, al fine di conseguire una serie di obiettivi interdipendenti, quali :

-        l’apertura di tutti i mercati dove la concorrenza è possibile;

-        interventi di regolamentazione nei settori privi di un’autorità indipendente;

-        il rafforzamento della posizione del consumatore e tutela del rapporto d’utenza.

Gli interventi adottati nell’ultimo anno, riguardanti diversi settori (bancario, assicurativo, della distribuzione commerciale, delle professioni regolamentate, dell’attività di panificazione, del trasporto pubblico locale, della telefonia, della distribuzione farmaci, del trasporto aereo e dei mutui immobiliari), hanno contribuito al rafforzamento dei processi di liberalizzazione, in particolare nel settore dei servizi, avviati negli anni passati, realizzando, attraverso l’eliminazione di restrizioni alla concorrenza, una maggiore trasparenza del mercato e una più intensa competizione tra gli operatori. Hanno inoltre contribuito al rafforzamento dei poteri dell’Antitrust e delle altre Autorità di regolazione settoriali.

 

Nel documento vengono quindi richiamate le principali iniziative adottate dal Governo (cfr. oltre) - alcune proposte legislativecontenenti misure di semplificazione amministrativa per le imprese[126] e taluni disegni di legge di interesse settoriale, in particolare in materia di azione collettiva risarcitoria (A.C. 1495), di riordino delle Autorità indipendenti (A.S. 1366), dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale (A.S. 691), dei servizi pubblici locali (A.S. 772) e di riforma delle professioni intellettuali (A.C. 2160). Viene inoltre ricordata l’attività legislativa delle Regioni volta all’adeguamento dei relativi ordinamenti ai nuovi principi in materia di concorrenza introdotti dal Governo.

 

Per quanto concerne gli interventi governativi richiamati nel DPEF si ricorda, anzitutto, il decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006[127], convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, del quale si segnalano, in particolare:

-        le disposizioni relative alle libere professioni, per le quali si prevede una maggiore flessibilità nell’offerta dei servizi, con più libertà di scelta da parte dei consumatori; le parcelle saranno negoziabili fra le parti e potranno essere legate al risultato della prestazione. Introdotta altresì la possibilità per i liberi professionisti di usare la pubblicità per far conoscere i servizi offerti, nonché la possibilità di costituire società interdisciplinari formate da professionisti con diverse specializzazioni (architetti, avvocati, commercialisti ecc.);

-        le disposizioni volte alla tutela della concorrenza nel settore delle attività commerciali e della panificazione, attraverso l’eliminazione di una serie di restrizioni, tra le quali l’obbligo di osservare una distanza minima tra un negozio e l’altro e i divieti temporali o quantitativi per le vendite promozionali;

-        la liberalizzazione della vendita dei farmaci da banco nei supermercati e nei negozi, con la facoltà di applicare sconti sui farmaci stessi;le società tra farmacisti potranno inoltre gestire più esercizi anche al di fuori della provincia;

-        il potenziamento del servizio pubblico di taxi, per adeguarlo alla domanda di mercato, attraverso il rilascio di nuove licenze, anche temporanee, l’utilizzo di veicoli sostitutivi, la fissazione di tariffe predeterminate per percorsi stabiliti;

-        il rilascio dell’autentica per il passaggio di proprietà di beni mobili da parte di qualsiasi comune o sportello telematico;

-        le disposizioni concernenti le polizze RC-Auto, con l’introduzione della figura dell’agente plurimandatario;

-        l’introduzione di strumenti di controllo sui prezzi del settore agroalimentare;

-        le disposizioni relative alla trasparenza e alle spese per i conti correnti bancari, che potranno essere chiusi senza alcun costo o penalità;

-        la soppressione di commissioni consultive;

-        le disposizioni sul trasporto locale relative alla previsione di linee aggiuntive di trasporto pubblico per favorire il diritto dei cittadini alla mobilità;

-        l’integrazione dei poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, disposta dall’articolo 14 del citato DL, che consente l’adozione di misure cautelari nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza.

 

Quanto alle misure in tema di liberalizzazioni e di trasparenza a tutela del consumatore-utente, si richiama, inoltre, il DL 31 gennaio 2007, n. 7[128], convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40. Il provvedimento, approvato definitivamente dal Senato il 30 marzo scorso, interviene, in particolare in materia di:

 

§      servizi di telefonia mobile. In tale ambito viene disposto per gli operatori del settore il divieto di applicare contributi aggiuntivi, rispetto al costo effettivo del traffico telefonico, per la ricarica di carte prepagate, nonché di prevedere limiti temporali per l’utilizzo del credito incorporato nelle carte. L’offerta delle tariffe da parte degli operatori di telefonia mobile deve inoltre evidenziare le voci che compongono il costo effettivo del traffico telefonico;

§      telefonia, TV ed internet. I contratti per adesione, stipulati con operatori di reti televisive, telefonia e comunicazione elettronica, devono prevedere per il contraente la facoltà di recesso o di trasferimento ad altro operatore, che deve essere sempre indicata nel contratto stesso, senza che ad essa siano posti vincoli temporali o previste spese non giustificate;

§      trasparenza sui prezzi del carburante praticati sulle tratte autostradali e sulle strade di primaria importanza, e avvisi tempestivi in caso di condizioni di grave limitazione del traffico. E’ prevista la promozione di programmi di installazione di ulteriori strumenti di diffusione delle informazioni da parte del il Ministero dei trasporti e la definizione di convenzioni con emittenti e gestori di telefonia, per l’ulteriore e più ampia circolazione delle informazioni stesse;

§      trasparenza delle tariffe praticate dalle compagnie aeree. Si dispone il divieto di formulare offerte e messaggi pubblicitari recanti la sola indicazione del prezzo al netto di spese, tasse ed altri oneri, riferite a singole tratte di andata o ritorno;

§      data di scadenza o termine minimo di conservazione sui prodotti alimentari preconfezionati, che devono essere riportati in maniera chiaramente leggibile e indelebile;

§      misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore nei servizi assicurativi (agenti plurimandatari anche per il ramo danni; scomparsa del vincolo di durata decennale delle polizze ramo danni; divieto di peggiorare in maniera immotivata la classe Bonus-malus RC Auto; informazioni tempestive per i consumatori sulle tariffe presenti sul mercato);

§      semplificazione nel procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari e estinzione anticipata dei mutui immobiliari per gli acquirenti della prima casa senza penale;

§      portabilità del finanziamento bancario. Al debitore mutuatario della banca è data facoltà di surrogare un nuovo mutuante nei diritti del creditore originario, anche senza il consenso di questo. L’esercizio di tale facoltà non fa venire meno i benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa;

§      comunicazione unica per la nascita dell'impresa in sostituzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, a fini previdenziali, assistenziali e fiscali. L’ufficio del registro delle imprese delle Camere di commercio, al quale viene presentata la comunicazione, rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale;

§      liberalizzazione di alcune attività economiche attualmente sottoposte a vincoli normativi di vario tipo. Per lo svolgimento di talune attività diventa in particolare sufficiente la sola dichiarazione di inizio attività (DIA), come per lo svolgimento dell’attività di acconciatore ed estetista, per il quale si richiede la sola dichiarazione di inizio di attività e il possesso di requisiti di qualificazione professionale; scompaiono inoltre criteri di distanza minima o i parametri numerici attualmente previsti e l’obbligo di chiusura settimanale. Per le imprese di pulizia si richiede la sola dichiarazione di inizio attività e l’obbligo del possesso dei requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria. Per le guide turistiche scompare l’obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell’attività e si riconferma l’obbligo del possesso dei requisiti di qualificazione professionale; misure di semplificazione sono introdotte anche per la gestione delle autoscuole, condizionata alla sola dichiarazione di inizio attività, fatto salvo il possesso dei requisiti morali e professionali, della capacità finanziaria e degli standard tecnico-organizzativi richiesti dalla vigente normativa. Sono inoltre soppressi gli attuali limiti previsti dall’art. 123 del D.Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada) per l’apertura di autoscuole. Si interviene inoltre anche in tema di servizi automobilistici interregionali di competenza statale, prevedendo la possibilità di ampliare l’apertura di nuovi servizi di linea;

§      misure per il mercato del gas; al finedi accrescere gli scambi, conseguendo una maggiore liquidità dell'offerta di gas nel mercato interno, i titolari delle concessioni di coltivazione dovranno cedere al mercato regolamentato del gas (c.d. borsa del gas), le quote del prodotto dovute allo Stato; a regime, dovrà essere offerta al mercato una quota dei volumi complessivamente importati in base alle autorizzazioni rilasciate dal Ministero per lo sviluppo economico.

 

Per quanto concerne le misure attualmente all’esame del Parlamento si segnala il disegno di legge recante “Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale “. Approvato dall'Aula della Camera dei deputati il 13 giugno scorso, è ora all’esame del Senato (AS 1644).

Il disegno di legge sulle "liberalizzazioni" (A.S. 1644) (era l’A.C. 2272-bis) è stato presentato dal Governo in un testo di 43 articoli; dopo l'approvazione da parte della Camera,  è passato all'esame del Senato in un testo che comprende 62 articoli, suddivisi in 5 capi. L'intervento che si è inteso effettuare opera su tre ambiti tra loro connessi: apertura alla concorrenza, tutela dei consumatori e la semplificazione degli adempimenti amministrativi, specie a carico delle imprese.

Il Capo I dispone diversi provvedimenti di liberalizzazione dell'esercizio di talune imprese e professioni. L’art. 1 ha il fine di rimuovere gli ostacoli in attività commerciali complementari, inclusa la distribuzione dei carburanti. L'art. 2 interviene sulla vendita di medicinali in esercizi commerciali diversi dalle farmacie. L'art. 3 consente a determinate condizioni alle imprese alimentari di vendere i prodotti di propria produzione per il consumo immediato. L’art. 4 diminuisce le aliquote dell’accisa sui carburanti e sui combustibili a compensazione delle maggiori entrate IVA derivanti dalle variazioni del prezzo del petrolio. L'art. 5 prevede che anche per la panificazione la possibile deroga all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. L’art. 6 disciplina alcune attività di intermediazione commerciale e di affari, sopprimendo le iscrizioni cui è attualmente subordinato il loro esercizio, prevedendo al suo posto la mera dichiarazione di inizio attività. L'art. 7 modifica alcuni profili della disciplina in materia di titolarità e trasferimento di farmacie. L’art. 8 interviene in materia di contratti di locazione dei serbatoi di Gas Petrolio Liquefatto (GPL). L'art. 9 vieta nuovi affidamenti a soggetti privati dei servizi idrici e fissa la titolarità delle concessioni di derivazione delle acque pubbliche in capo ad enti pubblici. L’art. 10 è volto a monitorare l'effettiva liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti civili nazionali. L’art. 11 amplia il divieto di messaggi pubblicitari di voli aerei che indicano prezzi parziali e consente formule di last minute per la vendita dei biglietti aerei. L’art. 12 qualifica come pubblicità ingannevole le offerte di voli aerei che indicano prezzi parziali. L'art. 13 contiene disposizioni attinenti al trasporto ferroviario, riguardanti l'apertura alla concorrenza, i contratti di servizio pubblico e il  trasporto combinato, mentre l’art. 14 interviene in materia di trasporto pubblico locale innovativo. L’art. 15 disciplina gli incentivi non fiscali in favore delle imprese del gas naturale, per favorire la crescita dimensionale. L’art. 16 interviene in tema di risarcimento diretto del danno causato dalla circolazioni di veicoli, coinvolgendo le imprese di autoriparazione abilitate.

Il Capo II reca come rubrica "Impresa più facile" e contiene una serie di deleghe in materia, tra l'altro, di normative tecniche, certificazioni di qualità, accreditamento e vigilanza del mercato, con riferimento alla commercializzazione dei prodotti, nonché per riassetto delle prescrizioni applicabili alle imprese. L'art. 19 è finalizzato al contrasto delle merci contraffatte. L'art. 20 introduce disposizioni fiscali a favore del commercio equo e solidale. L'art. 21 delega il Governo alla semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI). L'art. 22 elimina la denuncia di installazione o modifica per gli impianti termici civili. L’art. 23 delega il Governo a favorire alcuni interventi finanziari riguardanti gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e l’ammissione dei titoli alla quotazione nei mercati regolamentati europei. L'art. 24 delega il Governo ad agevolare la creazione di reti o aggregazioni di imprese. L'art. 25 prevede alcuni adempimenti a carico delle società cooperative, in tema di iscrizione all'Albo delle società cooperative e di requisito della mutualità prevalente. L'art. 26 estende la nozione comunitaria di piccola e media impresa nei settori dello spettacolo e dei servizi o beni culturali. L’art. 27 prefigura l’informatizzazione dell’albo pretorio. L’art. 28 elimina alcune certificazioni per imprese e semplifica alcune comunicazioni in tema di assunzioni obbligatorie e di ICI. L'art. 29 esonera le imprese fino a 15 addetti dall’osservanza di disposizioni in tema di protezione dei dati personali. L’art. 30 interviene in tema di poteri di rappresentanza dell’imprenditore e di operazioni telematiche delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione per consentire una semplificazione. L'art. 31 estende l'uso dell’indirizzo di posta elettronica certificata nell'ambito del registro delle imprese, degli ordini professionali, delle pubbliche amministrazioni al Centro nazionale per l'informatica, per semplificare le comunicazioni tra questi soggetti. L’art. 32 interviene sulla conservazione ottica sostitutiva di documenti originali unici da parte di imprese e di professionisti. L'art. 33 innova al regime di pubblicità delle società a responsabilità limitata. L’art. 34 delega il Governo a favorire lo sviluppo del lavoro autonomo e dell’attività delle microimprese, specie per i beni e servizi a carattere sociale, mentre l'art. 35 reca una delega al fine di diffondere la contabilità ambientale e la dichiarazione ambientale di prodotto.

Il Capo III dispone in tema di "Cittadino e consumatore". L’art. 36 prevede la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto. L’art. 37 limita e rende più trasparenti gli oneri che possono essere addebitati agli utenti ed estende la responsabilità per le obbligazioni pecuniarie derivanti dal servizio anche ai familiari dell’utente. L'art. 38 rende competente l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sulla pubblicità ingannevole. Il Ministero dello sviluppo economico acquista invece la competenza su diversi tipi di contratti quali quelli negoziati fuori dei locali commerciali, quelli a distanza e quelli d'acquisto di un diritto di godimento ripartito di beni immobili. L’art. 39 esenta tra l'altro da talune imposte le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine anche nei casi in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. L’art. 40 interviene in tema di obbligo di comunicazione sui depositi c.d. “giacenti”. L’art. 41, in tema di fideiussioni, rende obbligatorio indicare una scadenza definita dell’impegno fideiussorio. L’art. 42 reca disposizioni dirette ad agevolare la diffusione del prestito vitalizio ipotecario e disciplina una procedura per la vendita dell’immobile ipotecato in caso di mancata restituzione del finanziamento. L’art. 43 delega il Governo al fine di favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, al fine di ridurre i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei. L’art. 44 interviene in tema di estinzione di mutui immobiliari e di contratti di durata stipulati dalle banche. L’art. 45 modifica tra l'altro la tabella delle tasse ipotecarie e reca norme volte a garantire la massima diffusione dei dati ipotecari e catastali. L’art. 46 semplifica gli adempimenti relativi all'indennità mensile di frequenza in favore di invalidi civili minori di età. L'art. 47 interviene in tema di servizi non richiesti nel settore della telefonia mobile, di fatturazione separata fra telefonia mobile e servizi a sovrapprezzo, e di blocco selettivo di chiamata; disciplina inoltre le fasce orarie e i limiti delle attvità dei call center.  L'art. 48 rafforza la vigilanza sui costi dei servizi di segreteria telefonica. L'art. 49 abroga la norma che consente all'utente del servizio telefonico di conoscere l'operatore del numero chiamato. L'art. 50 attiva una rete di consultazioni con gli operatori di telefonia mobile per la sollecita applicazione delle decisioni dell’Unione in materia di tariffe di roaming per l’uso dei telefoni mobili all’estero. L'art. 51 interviene in tema di parità di trattamento degli acquirenti i servizi di vendita all’ingrosso delle connessioni per dati. L’art. 52 si occupa dei criteri di separazione funzionale della gestione della rete rispetto alle altre attività nel campo della telefonia mobile per avere garantire condizioni di parità di accesso alla rete agli altri operatori. L’art. 53 prevede l'abrogazione di due disposizioni che impongono un limite massimo del 15 per cento agli sconti praticabili sul prezzo dei libri. L'art. 54 interviene in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. L’art. 55 provvede a correggere un errore materiale in tema di risparmio energetico negli edifici. L’art. 56 estende - in determinati casi - la normativa sulla validità dell’attestazione sullo stato di rischio assicurativo dei veicoli a motore. L’art. 57 delimita le fattispecie nelle quali, per la liquidazione del danno derivante da furto o incendio di autoveicoli, è necessaria la presentazione del certificato di chiusa inchiesta. L’art. 58 esclude in parte le Stazioni sperimentali per l’industria dalla riduzione delle spese di funzionamento.  

Il Capo IV introduce la legge annuale per la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori, al fine - tra l'altro - di garantire i consumatori e favorire la competitività del sistema produttivo nazionale (art. 59). Il Capo V, infine,  reca le norme finali che  affermano, tra l'altro, il principio della collaborazione tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali ai fini della promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori.

Secondo il Governo, l’insieme delle iniziative sinora assunte – che sono state peraltro accolte favorevolmente dalla Commissione Europea in sede di valutazione del Rapporto sull’attuazione del Programma di Lisbona, suscitando altresì reazioni positive da parte dell’OCSE e del Fondo Monetario Internazionale - oltre a favorire la crescita, hanno contribuito a contenere l’inflazione, in particolare laddove gli effetti dei provvedimenti sono stati immediati (come nel caso dei farmaci, dei servizi bancari e della telefonia mobile). In altri casi, come nel campo delle professioni regolamentate, gli Ordini hanno adeguato i codici deontologici in conformità ai nuovi principi introdotti in materia di tariffe, pubblicità e organizzazione in forma societaria.

Oltre alle misure sopra richiamate, il Documento sottolinea come in altri settori, come quello dell’energia (sul punto cfr. il relativo paragrafo), il Governo abbia inteso operare per conformarsi pienamente agli indirizzi dell’Unione Europea, tutelando nel contempo la domanda nel delicato processo di passaggio al mercato libero.

In tale ambito, il Documento richiama in particolare il recente decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73,[129] attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge, che introduce prime misure di avvio del mercato per i clienti domestici che dal 1° luglio sono divenuti clienti idonei, mantenendo nel contempo misure di garanzia a tutela delle famiglie e delle imprese di piccole dimensioni.

 

Si sottolinea quindi come tale intervento legislativo sia stato accompagnato dalla definizione, da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, di nuove tariffe elettriche, che al fine di tutelare le fasce deboli sarà completata con la revisione, una volta acquisiti gli indirizzi del Governo, della c.d. “tariffa sociale”.

 

Da ultimo, il Documento sottolinea come siano allo studio interventi anche in tema di servizi postali, e in particolare l’introduzione di tariffe specifiche per la posta “massiva”, caratterizzata da rilevanti quantità di invii, anche al fine di individuare possibili correttivi alla normativa vigente in vista dell’apertura del mercato a partire dal 2009.

Impatto delle liberalizzazioni sui prezzi

Per quanto concerne l’impatto delle misure di liberalizzazione già operative sul livello dei prezzi, il Documento, pur evidenziando le difficoltà connesse ad una tale valutazione, rileva come nei casi in cui l’andamento dei prezzi si possa adeguatamente misurare, i risultati siano incoraggianti.

E’ questo il caso della liberalizzazione della vendita dei medicinali da banco che ha immediatamente generato esiti apprezzabili: oltre 1200 esercizi hanno infatti avviato l’attività, con riscontri positivi sul versante dei prezzi di vendita (per alcuni farmaci senza obbligo di prescrizione i prezzi al consumo sono diminuiti del 25-30 per cento, con punte anche del 40 per cento).

 

Significativi anche i dati relativi all’apertura di panifici (tra luglio 2006 e febbraio del 2007 risultano avviati 2834 nuovi impianti di panificazione).

Con riferimento alle professioni regolamentate si sono registrate riduzioni delle parcelle al di sotto dei vecchi minimi tariffari, soprattutto per le prestazioni rese nell’ambito degli appalti pubblici.

Risparmi considerevoli, stimabili complessivamente in 160 milioni di euro annui, si sono realizzati anche a beneficio di coloro che hanno usufruito della norma che ha eliminato l’esclusiva dei notai nel settore dei passaggi di proprietà dei beni mobili registrati.

Nel campo delle assicurazioni RC Auto, il nuovo sistema di risarcimento diretto dei sinistri ha fatto registrare tra febbraio e maggio 2007 una percentuale di liquidazione pari al 53 per cento dei sinistri aperti.

Per quanto concerne la liberalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, avviata nel 1998, il Documento sottolinea come questa sia stata attuata in maniera lenti e in tempi diversi nelle varie regioni, dando pertanto luogo a scarsi benefici sul versante del livello dei prezzi dei prodotti petroliferi. Il Governo si attende peraltro risultati dall’applicazione dei più recenti provvedimenti adottati al fine di aumentare l’informazione sui prezzi di vendita applicati da ciascun impianto.

Anche nel settore bancario si registrano i primi effetti sui prezzi grazie ai provvedimenti introdotti nell’ultimo anno volti a favorire la mobilità dei clienti innescando per tale via una più fluida dinamica concorrenziale (si cita al riguardo l’abolizione dei costi di chiusura dei conti correnti). Rilevanti effetti immediati sono stati inoltre riscontrati relativamente alle misure concernenti i mutui immobiliari (eliminazione delle penali e portabilità) e la rescindibilità delle polizze assicurative pluriennali. Il Governo ricorda, infine, come alcune misure siano state adottate a seguito delle numerose segnalazioni pervenute da parte di cittadini alle istituzioni e all’Antitrust, come nel caso dell’abolizione dei costi di ricarica per le carte telefoniche prepagate, dalla quale nel lungo periodo potrebbero derivare effetti concorrenziali sui costi del servizio. Innovazione e competitività – Cap.V.14.

In tema di competitività il Governo intende proseguire nell’azione di sostegno al sistema produttivo già delineata con l’iniziativa “Industria 2015” - le cui linee fondamentali sono state anticipate dalla legge finanziaria per il 2007 - e nella definizione delle strategie del citato “Quadro strategico nazionale 2007-2013”.

Come sopra accennato, con l’iniziativa “Industria 2015”, varata il 22 settembre 2006 con un disegno di legge le cui previsioni sono state recepite dalla legge finanziaria per il 2007, il Governo ha stabilito le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro, fondato su un concetto di industria esteso alle nuove filiere produttive che integrano manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie, nonché su un’analisi degli scenari economico-produttivi futuri che attendono il Paese in una prospettiva di medio-lungo periodo.

I nuovi strumenti atti a garantire il riposizionamento strategico del sistema industriale italiano nell’ambito di una economia mondiale globalizzata e fortemente competitiva sono costituiti da Reti di Impresa, finanza innovativa (Fondo per la finanza di impresa) e Progetti di Innovazione Industriale.

Le reti di impresa rappresentano forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, in particolare le PMI, che vogliono acquisire maggiore forza sul mercato senza doversi fondere o unirsi sotto il controllo di un unico soggetto. Industria 2015 prevede in tale ambito l’adozione da parte del Governo di misure volte a definire:

-        forme di coordinamento stabile di natura contrattuale tra imprese, idonee a costituire una rete di imprese in forma di gruppo paritetico o gerarchico;

-        requisiti di stabilità, coordinamento e direzione necessari a riconoscere la rete di imprese;

-        effetti giuridici della rete di imprese anche con riguardo alle conseguenze di natura contabile e impositiva.

Con riferimento alle reti che comprendono imprese con sede legale in diversi paesi, si prevede inoltre l’adozione di una disciplina delle reti transnazionali, eventualmente distinguendo tra reti europee e reti internazionali.

Il Fondo per la finanza d'impresa è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2007 con l'obiettivo di facilitare l'accesso al credito e al capitale di rischio da parte delle imprese, soprattutto le PMI. Gli interventi del Fondo sono volti a facilitare:

-        operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;

-       la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private.

Da ultimo, i Progetti di Innovazione Industriale, che costituiscono il principale e il più innovativo strumento di intervento, sono progetti miranti a favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree strategiche per lo sviluppo del Paese: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni culturali. I PII si inseriscono nel quadro di politiche pubbliche volte al rafforzamento della competitività del sistema anche attraverso le liberalizzazioni e le misure di semplificazione amministrativa e di sostegno generalizzato all’apparato produttivo, da realizzarsi prevalentemente con incentivi automatici quali il credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo. Tra le novità dei Progetti si segnala:

-        la designazione di un responsabile (Project Manager) per ogni progetto industriale;

-        la mobilitazione di una pluralità di attori per il raggiungimento degli obiettivi tecnologico-produttivi;

-        la rimodulazione degli strumenti di incentivazione per le imprese che partecipano ai PII;

-        la possibilità di attivare forme di partenariato pubblico-privato.

Per un ulteriore approfondimento dell’iniziativa si rinvia al sito web www.industria2015.ipi.it.

 

In tale ambito, il Governo intende quindi intervenire a sostegno del sistema industriale italiano orientandolo verso obiettivi ad alto contenuto tecnologico, attraverso la diffusione della cultura dell’innovazione e della ricerca.

 

Il sistema di sostegno finanziario pubblico dovrà pertanto essere riformato coerentemente con i suddetti obiettivi, attraverso una ridefinizione dei modelli organizzativi secondo criteri di semplificazione e flessibilità degli strumenti, in cooperazione con le Amministrazioni regionali.

 

Le finalità del nuovo sistema di interventi indicate dal DPEF sono:

§      l’innalzamento del livello tecnologico degli investimenti industriali, sostenendo la ricerca e l’innovazione nei comparti produttivi di maggior specializzazione;

§      il sostegno agli investimenti e alle spese di ricerca e sviluppo mediante adeguati strumenti automatici;

§      la riqualificazione dei distretti industriali e dei sistemi produttivi locali;

§      la facilitazione dell’accesso al credito e al mercato dei capitali delle PMI – in particolare di quelle operanti nel Mezzogiorno - per accompagnarne lo sviluppo e la crescita finanziaria;

§      la realizzazione di una efficace politica di attrazione degli investimenti;

§      il sostegno allo sviluppo e alla nascita di nuove imprese in settori non tradizionali.

 

In tale prospettiva, l’azione di Governo si articolerà su due assi:

 

§      il rafforzamento dei meccanismi automatici di carattere tributario, che garantiscano un aiuto alle imprese stabile e generalizzato, riferito in particolare ai processi di investimento ordinari nelle aree depresse e al supporto dell’attività di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica sull’intero territorio nazionale. Tali meccanismi automatici andranno inoltre estesi al sostegno delle start up, al fine di favorire l’accesso al capitale di rischio da parte delle giovani imprese innovative;

§      l’attuazione dei Progetti di Innovazione Industriale, già previsti dalla finanziaria 2007, in raccordo con i grandi filoni di innovazione tecnologica definiti dalla Commissione europea.

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 ha istituito il Fondo per la competitività e lo sviluppo, (comma 841) attraverso il quale vengono finanziati i citati Progetti di Innovazione Industriale (PII) (comma 842) nell’ambito di cinque aree tecnologiche, considerate strategiche per il rilancio della competitività delle imprese italiane (efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali).

 

Il DPEF segnala, infine, la particolare attenzione che il Governo intende dedicare al problema della riqualificazione ambientale dei siti industriali, a garanzia sia della tutela territoriale che dello sviluppo delle attività produttive, prevedendo, in tale ottica, l’avvio di grandi progetti di infrastrutturazione ambientale delle aree di particolare interesse per lo sviluppo produttivo, anche con il concorso di risorse pubbliche.

 

Tra i più recenti interventi a favore della ricerca e dell’innovazione si segnalano quelli contenuti nellalegge finanziaria per il 2007, che ha previsto:

§      misure per la valorizzazione dei programmi di ricerca e di sviluppo svolti dalle imprese innovative di nuova costituzione (comma 860 e 861);

§      l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), nel quale confluiscono risorse annuali del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB), del Fondo per le aree sottoutilizzate - per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca - e delle risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università. Al FIRST è destinata una dotazione aggiuntiva di 300 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 360 milioni per l'anno 2009 (commi 870-874);

§      il finanziamento di progetti – tra gli altri - di innovazione tecnologica industriale, delle nuove tecnologie per la vita e delle tecnologie innovative, a carico del Fondo per la competitività e lo sviluppo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, nel quale confluiscono le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (cd. Fondo MEF, art. 60, comma 3 della legge finanziaria 2003) e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese (art. 52 della legge n. 488/1998), nonché le risorse assegnate dal CIPE al Ministero dello sviluppo economico nell’ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate. A tali risorse si aggiunge la somma di 300 milioni di euro per il 2007 e 360 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 (commi 841-842);

§      l’istituzione del Fondo per la finanza d’impresa (art. 1, commi 847 e ss.), volto a facilitareoperazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia, nonché la partecipazione a operazioni di finanza strutturata. Con riferimento alle operazioni di partecipazione al capitale di rischio, gli interventi del Fondo sono prioritariamente destinati:

-       al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico;

-       al rafforzamento patrimoniale di PMI localizzate nelle aree degli obiettivi 1 e 2, di cui al regolamento CE n. 1260/1999;

-       a programmi di sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese.

§      la gestione coordinata degli incentivi alla ricerca applicata e alla innovazione tecnologica relativi ai Fondi di competenza dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'università e della ricerca e del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, da parte delle stesse amministrazioni (commi 886-887);

§      finanziamenti destinati alle opere di infrastrutturazione del polo di ricerca e di attività industriali ed alta tecnologia nel comune di Genova, con una autorizzazione di spesa annua di 5 milioni per quindici anni, a decorrere dall’anno 2007, per l’insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria nell’ambito del suddetto polo (comma 1333).

 

Tra i provvedimenti concernenti il settore della ricerca - con particolare riferimento all’attività svolta in ambito universitario - attualmente in corso d’esame presso la Camera dei deputati, si segnala la proposta di legge d'iniziativa del deputato Cialente ed altri (A.C. n. 308)Disposizioni in materia di appartenenza dei risultati della ricerca svolta nelle università e negli enti pubblici di ricerca”, assegnata in sede referente alle commissioni riunite VII Cultura e X Attività produttive. La proposta interviene sulla disciplina di cui all'articolo 65 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il Codice della proprietà industriale, che assegna al ricercatore la titolarità esclusiva dei diritti derivanti dall'invenzione industriale brevettabile di cui è autore quando il rapporto di lavoro intercorre con una università o con una pubblica amministrazione avente fra i propri scopi istituzionali finalità di ricerca. Scopo della proposta di legge è quello di delineare una normativa più elastica rispetto a quella attualmente esistente, considerata eccessivamente rigida e di ostacolo all'incontro tra il mondo delle imprese e il complessivo sistema italiano pubblico della ricerca.

 

Internazionalizzazione delle imprese

In via generale, il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria (Cap.V.15 e IX.6) rileva come per il terzo anno consecutivo il tasso di crescita del commercio internazionale (pari al 9,2 per cento nel 2006) sia risultato ampiamente superiore a quello del PIL mondiale (pari nel medesimo periodo al 5,4 per cento); nonostante la vitalità dei mercati internazionali, sul versante nazionale è tuttavia proseguito il fenomeno della graduale perdita quote di mercato italiane, che nell’ultimo quinquennio è andata anche accentuandosi in termini di volumi.

Di recente, e con riferimento a settori rilevanti e rappresentativi, la quota dell’Italia si è ulteriormente ridotta[130]: dal 2005 al 2006 nel tessile è passata dal 7,5% al 7,1%, e nel settore delle calzature dal 13,1% al 12,7%; nel medesimo periodo perdite di quote di mercato, seppur di minore rilievo, si sono registrate altresì per l’abbigliamento, mentre anche nei settori dove la domanda mondiale risulta essere più dinamica – quali macchine industriali e meccanica strumentale - la perdita di quote di mercato dell’Italia è stata significativa[131].

 

In tale quadro, il Documento sottolinea come lo sviluppo del tasso di internazionalizzazione del sistema produttivo – in particolare delle imprese di più piccole dimensioni - e della connessa propensione alle esportazioni, costituiscano una priorità strategica della politica economica, in particolare in un Paese, quale il nostro, dove una forte propensione all’export si combina con una struttura produttiva di piccole e medie imprese spesso non sufficientemente attrezzate nell’approccio al mercato globale e che ormai da diversi anni soffrono, soprattutto nei settori tradizionali del Made in Italy, dell’aumentata pressione concorrenziale delle nuove economie emergenti.

In questa prospettiva, il DPEF ricorda come nell’ultimo hanno il Ministero del Commercio Internazionale abbia adottato politiche di sostegno ai processi di internazionalizzazione delle PMI e di promozione del Made in Italy che hanno già prodotti rilevanti risultati in termini di sistema: dal riorientamento della rete estera dell’ICE verso mercati nuovi o emergenti (con il rafforzamento o l’apertura di nuovi uffici in CINA, India, Russia, Brasile, Usa, Paesi del Golfo e della area caucasica); all’attivazione dei “desk anticontraffazione” all’estero; dal maggior coordinamento con le Regioni, gli Enti locali e tutti gli enti operanti nel settore, sino alla salvaguardia degli interessi commerciali nazionali in sede europea.

 

Risultati apprezzabili sono stati raggiunti, nel periodo trascorso dall’ultimo DPEF, anche sul piano delle cifre: oltre 2 mila imprese sono state coinvolte nelle missioni economiche all’estero, con circa 10 mila contatti “business- to- business” avviati; rilevante anche la crescita delle esportazioni nei paesi oggetto di missioni economiche, che è risultata mediamente superiore a quella degli altri Paesi della UE, e particolarmente accentuata in paesi quali la Cina, l’India e quelli del Golfo.

 

Il Documento sottolinea quindi che a partire dal 2007 la strategia promozionale del nostro Paese si baserà su Linee Direttrici Triennali (primo ciclo 2008-2010) che garantiranno alle azioni di internazionalizzazione una maggiore continuità e capacità di programmazione.

Tali linee saranno fondate su:

§      priorità geografiche definite, con l’aggiunta dell’individuazione di Paesi Focus su base annuale, che rappresentano i mercati del futuro;

§      promozione strategica a salvaguardia delle 4 A del Made in Italy (automazione, agroalimentare, abbigliamento, arredamento), ma puntando nel contempo anche sui settori più innovativi;

§      utilizzo della leva dell’internazionalizzazione per favorire la crescita dimensionale delle PMI, puntando su progetti di aggregazione per distretti o per filiera;

§      operazioni promozionali congiunte con le Regioni.

 

Nel mese di luglio, il Ministero del Commercio Internazionale formulerà un atto di indirizzo per la Simest per orientare ulteriormente le attività di sostegno finanziario all’internazionalizzazione. Si prospetta inoltre un intervento di revisione, razionalizzazione e potenziamento delle agevolazioni finanziarie facenti capo al suddetto Ministero, con l’obiettivo di semplificare e assicurare una maggior efficienza e un maggior impiego degli strumenti agevolativi da parte delle imprese, anche sfruttando le possibilità offerte dal nuovo Quadro Comunitario di Sostegno.

 

Il DPEF sottolinea, infine, la necessità di un incremento delle risorse finanziarie, organizzative e umane da destinare alla promozione commerciale, onde fronteggiare in maniera adeguata i rapidi mutamenti degli scenari mondiali, reagendo con adeguate iniziative alle azioni dei principali concorrenti del Made in Italy sui mercati internazionali. In tale ambito si auspica l’avvio di un programma per la formazione di risorse umane idonee a fronteggiare le sfide derivanti dalla globalizzazione e dai mutamenti degli equilibri geo-economici internazionali.

Tra i provvedimenti recenti adottati dal Governo in materia di internazionalizzazione delle imprese, si segnala che la legge finanziaria per il 2007 (L. 296/06) ha previsto:

-       modifiche alla legge n. 100 del 1990, istitutiva della SIMEST, che consentono di destinare gli utili della società ad interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale (comma 934);

-       l’integrazione dell’art. 10 del D.L. n. 251/1981 (“Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane"), relativo alla concessione di contributi destinati a progetti di promozione e di internazionalizzazione, realizzati da consorzi misti di PMI per l’esportazione nei settori agroalimentare e turistico-alberghiero, nel quale è stato inserito il criterio della progettualità tra quelli necessari alla concessione dei contributi (comma 935)

-       il rifinanziamento del Fondo per le azioni a sostegno del made in Italy di ulteriori 20 milioni per il 2007 e di 26 milioni per gli anni 2008 e 2009, di cui 1 milione per ciascun anno è destinato al finanziamento di studi e ricerche diretti alla certificazione di qualità e salubrità dei prodotti tessili (comma 936);

-       l’introduzione di benefìci fiscali per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria delle imprese agroalimentari realizzati all’estero (commi 1088-1092).

Turismo

La politica del Governo in materia di turismo è stata caratterizzata, fin dall’avvio della Legislatura, da un rinnovato interesse pubblico per il settore, caratterizzato, negli ultimi anni, da crescenti difficoltà nella competizione internazionale accentuate sia al disinteresse istituzionale che dalla scarsa collaborazione in materia con le Regioni.

 

Il Documento (Cap.V.16) ricorda quindi come l’indirizzo politico-strategico del Governo nella predisposizione delle politiche turistiche sia stato rimodulato sia dal precedente DPEF che dalla legge finanziaria per il 2007.

 

Sul lato della domanda turistica, il DPEF 2007-2011 considerava prioritaria la “riconquista” del mercato nazionale, incentivando la crescita di viaggi e soggiorni nel nostro territorio, mentre sul lato dell’offerta prevedeva lo studio di interventi volti a favorire l’aumento della dimensione media degli operatori, anche incentivandone la cooperazione e l’aggregazione. Si sottolineava, quindi, la necessità, da parte del sistema Italia, di dotarsi di:

§      strategie di prodotto, per verificare i percorsi più appropriati per l’industria turistica italiana;

§      politiche coordinate, intervenendo compiutamente nei molti settori connessi allo sviluppo del turismo;

§      politiche di sostegno alle scelte da parte degli imprenditori e degli operatori privati.

Il DPEF rilevava, infine, la necessità di sostenere la competitività del settore turistico attraverso il sostegno una serie di attività (analisi dei mercati, innovazione e qualità nell’offerta, formazione continua degli addetti raggiungimento di migliori standard di servizio, politiche di promozione mirata) mediante una adeguata dotazione finanziaria a beneficio dei più significativi strumenti legislativi in vigore (L. 488/92 (aree depresse); L. 135/2001 (legge quadro sul turismo); L. 80/2005, art. 12 (progetto digitale "Scegli Italia")

Quanto alla recente legge finanziaria per il 2007 (legge 296/06) - che è intervenuta, tra l’altro, in merito alle competenze ministeriali in materia di turismo,modificando il DL n. 262/2006 che all’art. 2, comma 98, ha incardinato presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, attribuendo alla Presidenza del Consiglio le risorse della soppressa Direzione generale del turismo - si segnalano le seguenti disposizioni :

§      il rifinanziamento del “Fondo nazionale per il cofinanziamento di interventi regionali nel settore del commercio e del turismo”, istituito ai sensi dell’art. 16, comma 1, della legge 266/97 (c.d. Bersani), cui vengono destinati 30 milioni per l’anno 2007 e 40 milioni annui per il 2008 e il 2009 (Comma. 876);

§      l’autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 a sostegno del settore (comma 1227) ;

§      lo stanziamento di unasomma di 48 milioni di euro annui relativamente al triennio 2007- 2009 per le finalità di sviluppo e competitività del settore del turismo, anche in relazione alla necessità di incentivare l’adeguamento dell’offerta delle imprese turistico-ricettive (comma 1228);

§      il finanziamento di 2 milioni annui per il triennio 2007-2009 destinato all'Osservatorio nazionale del turismo per le attività di monitoraggio della domanda e dei flussi turistici ed identificazione di strategie di interesse nazionale per lo sviluppo e la competitività del settore (comma 1229).

 

Gli obiettivi che il Governo intende perseguire in materia sono i seguenti:

§      definizione di adeguate strategie di prodotto, spostando l’impegno pubblico sul miglioramento dell’offerta e in particolare del rapporto qualità/prezzo, favorendo segnatamente i progetti caratterizzati da una forte aggregazione imprenditoriale;

§      promozione di un’azione incisiva ed unitaria del turismo nazionale sul mercato mondiale;

§      rafforzamento della filiera turistica territoriale, puntando in particolare sul miglioramento della capacità di rispondere all’elevata stagionalità della domanda.

 

Stante la forte valenza intersettoriale del turismo, le risorse finanziare che saranno destinate ai suddetti obiettivi, oltre a costituire un volano per lo sviluppo del settore e il ritorno dei flussi turistici internazionali verso l’Italia, recheranno benefici anche in altri comparti.

Onde garantire una migliore corrispondenza delle attività istituzionali alle logiche di mercato in modo da assicurare la collocazione del prodotto turistico del Sistema Italia nel mondo ad un livello adeguato alle proprie potenzialità, il Documento sottolinea, infine, l’esigenza di un ripensamento del modello strutturale e funzionale degli apparati pubblici operanti nel settore.

Si ricorda che il più importante ente pubblico attivo in materia di turismo è l’ENIT: istituito nel 1919, la sua disciplina ha conosciuto diverse modifiche. Si segnala in particolare la riforma varata con la L. 11 ottobre 1990, n. 292 che ha provveduto ad aggiornare profondamente la struttura e i compiti dell'ente. Recentemente, l’art. 12 del DL 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, conv. con. modif. dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha disposto la trasformazione dell’Ente in “Agenzia nazionale del turismo”, allo scopo di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione, demandandone l’organizzazione e la disciplina ad un apposito regolamento di delegificazione (DPR 6 aprile 2006 n. 207). Scopo principale dell’Agenzia è quello di valorizzare l'immagine turistica dell'Italia all'estero. Per raggiungere tale obiettivo promuove la partecipazione a fiere internazionali, l'istituzione di uffici nei diversi Paesi e la collaborazione con le rappresentanze italiane nel mondo. Ulteriori attività dell'Agenzia riguardano il coordinamento tra le iniziative delle Regioni ed il sostegno alle attività turistiche private per la commercializzazione dei prodotti regionali all'estero.

Energia

Per quanto concerne il settore energetico, il Documento evidenzia come le scelte strategiche in materia dovranno collocarsi nell’alveo dell’approccio integrato della politica climatica ed energetica di origine comunitaria; l’obiettivo è infatti quello di conciliare i consumi energetici con le esigenze di sostenibilità ambientale, garantendo nel contempo la competitività del Paese e la disponibilità di fonti energetiche a prezzi accessibili.

 

In questa prospettiva il Governo si è mosso, nell’ultimo anno, nella direzione di una piena attuazione degli indirizzi comunitari in materia di apertura del mercato interno dell’energia elettrica e del gas, nella consapevolezza che una effettiva politica energetica comunitaria possa realizzarsi appieno solo in un contesto di regole armonizzate e, soprattutto, di eliminazione delle attuali asimmetrie nei processi di apertura dei singoli mercati nazionali.

 

Il Documento rileva quindi come un mercato maggiormente interconnesso - realizzabile attraverso investimenti nelle reti favoriti dalla separazione proprietaria delle stesse e dal passaggio a sistemi indipendenti di gestione - costituisca una condizionale fondamentale per garantire obiettivi strategici quali la sicurezza negli approvvigionamenti, la competitività delle imprese comunitarie e la realizzazione di vantaggi per i consumatori.

 

In ordine al mercato interno, si sottolinea, in particolare, come permanga il problema del rafforzamento delle infrastrutture energetiche, specie con riferimento al settore del gas naturale – utilizzato in modo crescente anche nella produzione di energia elettrica - in cui si registra un continuo aumento della domanda interna al quale non fa riscontro una adeguata crescita della capacità dei canali di importazione. Al fine di evitare pericolose crisi di fornitura, riducendo nel contempo il livello dei prezzi attraverso un aumento dell’offerta, occorre pertanto agire su più fronti, attraverso:

 

§      la realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione di GNL e gasdotti di importazione;

§      il potenziamento delle capacità dei gasdotti esistenti;

§      la rapida attivazione di nuovi stoccaggi di gas in sotterraneo sia per le riserve strategiche, sia per le esigenze di mercato;

§      la diversificazione delle rotte di approvvigionamento e dei paesi fornitori.

Per quanto concerne le iniziative legislative adottate in materia di liberalizzazione del settore energetico - tutte inquadrabili nel solco della politica energetica comunitaria - si ricorda, in primo luogo, la legge n. 242 del 1° agosto 2006, che abrogando il decreto legge 25 maggio 2001, n. 192[132] e il decreto legge 14 maggio 2005, n. 81[133], ha fatto venir meno la procedura di infrazione comunitaria avviata nei confronti di provvedimenti volti a prevedere indebiti limiti ai diritti di voto legati a partecipazioni nel capitale di imprese operanti nei settori dell’elettricità e del gas[134].

Si segnala, inoltre, che il Governo ha predisposto un disegno di legge (A.S. 691[135]) recante un’ampia delega al Governo per il completamento della liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas, nonché per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE. Esso è stato presentato, in prima lettura, in Senato il 23 giugno 2006 ed assegnato in sede referente, in data 13 luglio 2006, alla Commissione Industria, che ne ha concluso l'esame il 9 maggio 2007. Il disegno di legge è in attesa di essere esaminato dall'Assemblea. L'articolo 1 prevede una delega per completare il processo di liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale e definire conseguentemente gli aspetti connessi della normativa, ivi compresi l’assetto e le competenze delle società pubbliche. L'articolo 2 prevede una delega per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili. Gli articoli 3 e 4 sono stati soppressi dalla Commissione. L'articolo 5 (conseguentemente divenuto articolo 3 dell'A.S. 691-A) prevede una ridefinizione dei poteri dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, mentre l'articolo 6 (divenuto articolo 4 dell'A.S. 691-A) dispone una serie di abrogazioni. Alcune disposizioni contenute del disegno di legge, concernenti in particolare le tematiche del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, hanno trovato anticipazione nella legge finanziaria per il 2007 (Cfr.oltre)

L’iter del disegno di legge, che come ricordato è attualmente all’esame del Senato, non consente il recepimento in tempo utile delle disposizioni della direttiva 2003/54/CE che - si ricorda - prevede l’adozione da parte degli Stati membri di misure volte a consentire ai clienti domestici del mercato elettrico la libertà di scelta del proprio fornitore a partire dal 1° luglio 2007. Anche al fine di evitare sanzioni da parte della Commissione europea, il Governo ha ritenuto necessario adottare misure urgenti per tutelare l’utenza nella fase di passaggio.

E’ stato pertanto adottato il recente decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante “Misure urgenti per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell’energia”; il relativo disegno di legge di conversione (A.S. n. 1649) è stato presentato in Senato, in prima lettura, in data 18 giugno 2007 ed è stato assegnato alla 10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo), in sede referente, il 19 giugno. La Commissione ne ha concluso l'esame il 4 luglio successivo ed è ora in attesa di essere esaminato da parte dell'Assemblea.

Il decreto contiene misure a tutela sia gli utenti che intendono muoversi verso nuove offerte senza incorrere nel rischio di aumenti ingiustificati dei prezzi, sia per quelli che invece vogliono mantenere il proprio fornitore continuando ad usufruire delle garanzie attuali fino al completamento del processo di liberalizzazione dl settore.

In particolare, esso prevede:

§      un regime di tutela per i clienti domestici che dal 1° luglio possono recedere dal vecchio contratto di fornitura, secondo modalità stabilite dall’AEEG, mantenendo le stesse garanzie;

§      un regime di garanzia per i clienti domestici e le pmi che non scelgono un nuovo fornitore, consistente nella garanzia dell’erogazione del servizio di fornitura da parte dell’’impresa di distribuzione e nella continuità dello svolgimento della funzione di approvvigionamento da parte dell’Acquirente Unico, mantenendo al contempo le stesse garanzie. Sono fatti salvi i poteri di vigilanza e di intervento ex post dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas a tutela dei diritti degli utenti, anche in caso di verificati e ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni del servizio per i clienti che non hanno ancora esercitato il diritto di scelta;

§      un servizio di salvaguardia per gli altri clienti non domestici (imprese con oltre 50 dipendenti che, di fatto, non hanno ancora lasciato il mercato vincolato) che non scelgono un nuovo fornitore di energia elettrica e chi transitoriamente dovesse rimanere senza fornitore. Il servizio sarà svolto temporaneamente dalle imprese di distribuzione o dalle loro società di vendita, ma il Ministero dello sviluppo economico dovrebbe provvedere in tempi rapidi alla individuazione dei fornitori attraverso procedure concorsuali;

§      regole di trasparenza per l’avvio del mercato per i clienti domestici. E’ previsto, infatti, l’obbligo di separazione societaria tra attività di vendita ed attività di distribuzione di energia elettrica; la separazione funzionale tra la gestione delle infrastrutture dei sistemi elettrico e del gas naturale ed il resto delle attività (separazione estesa anche all’attività di stoccaggio del gas). Alla totale apertura del mercato dal lato della domanda corrisponderà una completa apertura dal lato dell’offerta, favorendo lo sviluppo di una piena concorrenza a beneficio dei consumatori, garantendo nel contempo la neutralità della gestione delle infrastrutture di rete;

§      l’obbligo di informazione trasparente su mix energetico utilizzato per la produzione dell’energia fornita da partedei fornitori di energia elettrica nei confronti dei loro i clienti finali, nonché delle fonti informative disponibili sull’impatto ambientale della produzione, secondo modalità operative che saranno definite dal Ministero, su proposta dell’AEEG.

Con riferimento alla riduzione delle emissioni di gas serra, il Governo si propone di definire ulteriori misure di efficienza secondo i principi della “prevenzione delle emissioni” e di “tutela attiva dell’ambiente”.

Sotto il profilo della “prevenzione delle emissioni” l’intento è quello di elaborare politiche di riduzione della domanda energetica a parità di condizioni di sviluppo, mentre il concetto di “tutela attiva dell’ambiente” sollecita l’adozione di una strategia imperniata sull’innovazione tecnologica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili – tra le quali vengono citate segnatamente le centrali solari termodinamiche – volta altresì allo sviluppo, nell’ambito del Piano di azione per l’efficienza energetica, di filiere produttive efficienti e alla riduzione del consumo energetico nei processi produttivi.

Il Governo in tale ambito mira pertanto sia al potenziamento dell’iniziativa denominata “Industria 2015(cfr. oltre), sia alla prosecuzione ed estensione delle misure fiscali adottate per incentivare l’efficienza energetica degli edifici e delle apparecchiature d’uso dell’energia, agendo in tal modo sia sull’offerta che sulla domanda di prodotti efficienti. Si prevede, inoltre, il monitoraggio e l’aggiornamento dei parametri di prestazione degli apparecchi, in modo che gli incentivi al ricambio siano temporanei ed abbiano la funzione di indurre una diversa cultura dell’energia.

Si ricorda che con l’iniziativa “Industria 2015, varata il 22 settembre 2006 con un disegno di legge le cui previsioni sono state recepite dalla legge finanziaria per il 2007, il Governo ha stabilito le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro. Tra i nuovi strumenti atti a garantire il riposizionamento strategico del sistema industriale italiano figurano i Progetti di Innovazione Industriale, voltia favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree strategiche per lo sviluppo del Paese, tra le quali sono espressamente ricompresse quelle dell’efficienza energetica e della mobilità sostenibile. Per un approfondimento dell’iniziativa si rinvia al paragrafo, relativo ai mercati e alla concorrenza, del presente dossier, nonché al sito web www.industria2015.ipi.it.

 

Tra le misure adottate in materia di energia dall’inizio della XV legislatura si segnalano, con riferimento al miglioramento dell’efficienza energetica e al risparmio energetico, quelle introdotte dalla legge finanziaria per il 2007[136].

La legge contiene un consistente “pacchetto energia”, destinato proprio alla promozione della concezione di “sostenibilità” dell’energia, che si muove su più fronti, quali la promozione dell’efficienza energetica e del risparmio energetico, la riduzione dell’inquinamento, la promozione delle fonti rinnovabili e delle bioenergie.

In primo luogo, sono previste[137] diverse tipologie di incentivi per la rottamazione di autoveicoli[138], autocarri e motocicli, al fine di incentivare la rottamazione di veicoli classificati “euro 0” o “euro 1” e l’eventuale sostituzione con veicoli classificati “euro 4” o “euro 5”, ovvero con alimentazione a gas metano, GPL, elettrica o ad idrogeno.

In materia di efficienza energetica dell’edilizia, si prevedono alcune agevolazioni fiscali[139], sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici). Sono presenti inoltre disposizioni[140] volte ad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico, prevedendo il diritto ad un contributo per la realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici che rispettino particolari parametri di efficienza energetica, pari al 55 per cento dei maggiori costi sostenuti. A tal fine è costituito un Fondo di 15 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

Per quanto riguarda l’efficienza degli elettrodomestici, si dispone[141] l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazioni di imposta, per la sostituzione di apparecchi domestici (frigoriferi, congelatori e loro combinazioni) con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+.

Sul fronte delle imprese, vengono riconosciuti[142] ai soggetti esercenti attività di impresa agevolazioni fiscali per la sostituzione di apparecchi illuminanti con altri ad alta efficienza energetica, fluorescenti, ovvero ad alto rendimento ottico.

Infine, per quanto riguarda il comparto dell’industria, si prevede[143] l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazioni di imposta, per motori industriali ad alta efficienza.

 

Sempre in tema di risparmio energetico, si segnala l’adozione di due decreti legislativi riguardanti il risparmio energetico negli edifici e la cogenerazione.

Il decreto legislativo n. 311 del 29 dicembre 2006[144] ha introdotto modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n 192/2005, recante l’attuazione della direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia, adottato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306 ("Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2003"). L'obiettivo della direttiva comunitaria recepita mediante il D.Lgs. 192/2005 è il miglioramento della prestazione energetica degli edifici nella Comunità, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni per quanto riguarda il clima degli ambienti interni e l'efficacia sotto il profilo dei costi. Alcune delle modifiche ed integrazioni proposte al D.Lgs. 192/2005 si sono rese necessarie proprio al fine di rendere maggiormente aderente il decreto sul rendimento energetico nell’edilizia alla direttiva comunitaria 2002/91/CE.

Il decreto legislativo sulla promozione della cogenerazione (D.Lgs. n. 20 dell’8 febbraio 2007) è stato adottato in attuazione della delega contenuta nell’art. 21 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) per recepire la direttiva 2004/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004. Il provvedimento ha definito misure in grado di promuovere e sviluppare la cogenerazione ad alto rendimento, vale a dire la produzione combinata in un unico processo di energia elettrica ed energia termica che, rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore, comporta un risparmio economico dovuto al minor consumo di combustibile,una riduzione dell’impatto ambientale, nonché minori perdite di trasmissione e distribuzione per il sistema elettrico, derivanti dalla localizzazione degli impianti in prossimità dei bacini di utenza.

Con riferimento specifico alle fonti rinnovabili, il Documento sottolinea anzitutto come gli strumenti della politica ordinaria debbano ritenersi adeguati sotto il profilo dell’incentivazione, ferma restando l’esigenza di sostenere, nei limiti delle compatibilità finanziarie, lo sviluppo delle attuali tecnologie e la promozione di quelle nuove. Agli strumenti di incentivazione vigenti si aggiungeranno peraltro le specifiche misure contenute nel Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013[145] e quelle del citato Programma industria 2015.

Da ultimo, il Documento evidenzia l’esigenza, ai fini dello sviluppo di una politica strutturale dell’innovazione, di rilanciare, attraverso un programma di medio-lungo periodo, la ricerca nei settori delle nuove tecnologie per l’efficienza, dello sfruttamento delle fonti rinnovabili, della cattura e sequestro chimico dell’anidride carbonica e del ciclo dell’idrogeno.

Oltre alle richiamate disposizioni in materia di risparmio ed efficienza energetica, si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 ha introdotto disposizioni anche in merito alle fonti rinnovabili.

A tale riguardo è stato previsto, in primo luogo, che gli incentivi pubblici a favore delle fonti rinnovabili siano destinati esclusivamente alla produzione di energia elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabile così come definite dalla direttiva 2001//77/CE[146]. La finalità della norma è di escludere dall’incentivazione le fonti assimilate. Sono fatti salvi gli incentivi concessi agli impianti autorizzati antecedentemente alla legge finanziaria, compresi i CIP6. Per le modalità e i criteri di erogazione, la norma rinvia a decreti del Ministro dello sviluppo economico, cui spetta anche definire condizioni e modalità di un eventuale riconoscimento degli incentivi agli impianti autorizzati non ancora in esercizio, nonché la redifinizione dell’entità e della durata del sostegno alle fonti assimilate. La stessa legge finanziaria ha previsto inoltre disposizioni per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili:

§         per gli edifici di nuova costruzione, il rilascio del permesso di costruire è stato vincolato all’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 0,2 kilowatt per ciascuna unità abitativa (comma 350);

§         le prestazioni di fornitura di energia termica prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento sono assoggettate all’aliquota IVA agevolata (comma 384).

Sempre nell’ottica della sostenibilità, la legge finanziaria ha introdotto numerose norme in tema di bioenergie. In tale ambito, sono state modificate una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti[147] (commi da 367 a 379); l’olio vegetale puro utilizzato a fini energetici nel settore agricolo è stato esentato dall’accisa (commi 380 e 381), mentre al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica, è stata demandata a un decreto ministeriale la revisione della disciplina dei certificati verdi (commi 382 e 383). Sono state inoltre prorogate al 31 dicembre 2007 le agevolazioni fiscali[148] relative alle emulsioni stabilizzate, al metano per usi industriali, al gasolio da riscaldamento nelle zone montane, alle imposta sulle reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa ed energia geotermica, al gas metano per usi civili, al gasolio e GPL per riscaldamento impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate nelle zone climatiche E, al gasolio per autotrazione nelle province di Trieste e Udine e al gasolio utilizzato nelle coltivazioni in serra.

 

Per quanto concerne le iniziative governative in materia di fonti rinnovabili attualmente all’esame del Senato, si segnala il disegno di legge A.S. n. 1347, recante attuazione di obblighi comunitari per il finanziamento all'energia da fonti rinnovabili, presentato in data 22 febbraio 2007 ed assegnato il 6 marzo in sede referente alle Commissioni riunite 10ª (Industria, commercio, turismo) e 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali), che non ne hanno ancora iniziato l'esame. Il testo è composto da un unico articolo, il quale interviene sulla disciplina prevista dai commi 1117 e 1118 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), al fine di restringere ai soli impianti realizzati e resi operativi i finanziamenti previsti da tali norme.

Nell’altro ramo del Parlamento è inoltre in corso di esame il disegno di legge di iniziativa parlamentare A.S. n. 786 (Ronchi ed altri); presentato l'11 luglio 2006, è stato assegnato il 18 luglio, in sede referente, alle Commissioni riunite 10ª e 13ª, le quali non ne hanno ancora terminato l'esame. Il disegno di legge si pone la finalità di ridurre le emissioni di gas di serra, in applicazione del Protocollo di Kyoto, riducendo i costi dell’importazione di energia primaria, favorendo l’innovazione tecnologica, la competitività, la qualità dello sviluppo e l’occupazione, adottando le migliori tecniche disponibili e le migliori esperienze europee ed internazionali. Esso promuove, inoltre: la crescita della produzione, della distribuzione e dell’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili; la crescita dell’efficienza nella produzione, nella distribuzione e negli usi finali dell’energia; l’innovazione del sistema energetico; una mobilità più sostenibile.

Scuola, università e ricerca

Scuola

Il Documento opera, prima, una ricognizione delle problematiche riguardanti il comparto per poi delineare le strategie di intervento nel triennio di riferimento.

Per quanto riguarda la parte ricognitiva e di analisi dei dati, si fa presente che, nonostante alcuni progressi, l’Italia registra ancora una situazione insoddisfacente rispetto alla media europea e agli obiettivi della strategia di Lisbona; il tasso di abbandono degli studi è ancora elevato ed il livello medio di conoscenza e di competenze base, quali la lettura e la matematica, risulta tuttora inferiore alla media europea.

In merito al livello di apprendimento, buoni sono i risultati nel Nord, decisamente insoddisfacenti nel Centro, gravemente carenti nel Sud.

 

Si ricorda che il Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000, fissando l’obiettivo di far divenire l’Europa l’economia più competitiva e dinamica del mondo, ha rilevato l’esigenza di sfruttare tempestivamente le opportunità offerte dalla nuova economia e in particolare da Internet. L’accordo di Lisbona ha inoltre posto le basi fondamentali per il rilancio dei sistemi di istruzione e formazione indicando alcune priorità: sviluppare l’apprendimento durante tutto l’arco della vita, con particolare attenzione alle fasce più deboli; aumentare gli investimenti pro capite in risorse umane; elevare il livello di istruzione per tutti i giovani ed offrire un’ampia gamma di opportunità formative; definire nuove competenze di base; aumentare la mobilità, anche tramite incentivi appropriati; migliorare l’occupabilità dei giovani, attraverso sistemi di alternanza diffusi, nonché degli adulti, con il sostegno alla formazione continua.

In tale ambito il Consiglio europeo, nella riunione del 5-6 maggio 2003, ha indicato alcuni parametri di riferimento per l’istruzione e la formazione da conseguire entro il 2010. Tra questi figurano: la riduzione degli abbandoni scolastici entro la media del 10%; il completamento del ciclo di istruzione secondaria superiore dall’85% della popolazione giovanile; lo sviluppo dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

In occasione della revisione intermedia della primavera 2005, che ha riorientato le priorità verso la crescita e l’occupazione, sono stati definiti i seguenti obiettivi strategici:

§      migliorare le politiche in materia di società dell’informazione e di ricerca e sviluppo tecnologico;

§      modernizzare il modello sociale europeo;

§      promuovere un contesto economico sano e prospettive di crescita favorevoli applicando un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche;

§      integrare pienamente la dimensione ambientale nelle politiche per lo sviluppo.

In merito agli interventi che il Governo ha iniziato a sviluppare e che ha in animo di portare a compimento nel triennio 2008-2011, il Documento fa riferimento a:

§      l’innalzamento dell’obbligo scolastico;

§      l’attuazione dell’autonomia scolastica;

§      la riorganizzazione dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI);

§      il rafforzamento dei sistemi di misurazione e di valutazione dei risultati;

§      la valorizzazione dell’istruzione tecnica e professionale;

§      l’attuazione di misure per l’edilizia scolastica;

§      l’intervento sugli ostacoli organizzativi che determinano una maggiore onerosità, per ora di insegnamento e per studente, del sistema scolastico italiano rispetto a quello europeo (in tal senso una programmazione di medio termine dovrebbe definire un quadro organizzativo sia in merito al numero di studenti per classe che in riferimento alla distribuzione delle scuole sul territorio e all’orario delle lezioni);

§      l’avvio del programma nazionale di istruzione nel Sud;

§      l’approvazione dell’”Intesa” con le organizzazioni sindacali in merito alla riqualificazione del lavoro docente (attraverso la riforma dei percorsi di entrata e di carriera e della disciplina della mobilità) e la presentazione di un Libro bianco.

 

In relazione a tale ultimo punto si segnala che Il Governo e le organizzazioni sindacali hanno firmato il 27 giugno 2007 un'Intesa per un'azione pubblica a sostegno della conoscenza[149]. Essa è prevista dal Memorandum "Per una nuova qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche", sottoscritto da Governo e confederazioni sindacali il 18 gennaio 2007, e dovrà contribuire alla realizzazione dell'obiettivo prioritario di migliorare qualità, efficienza, efficacia ed equità del sistema pubblico di istruzione, formazione, università, ricerca, accademie e conservatori. L’intesa intende garantire, tra l’altro, la stabilità pluriennale dell'organico, valorizzando l'impegno professionale, attraverso il riconoscimento delle esperienze lavorative e formative, realizzando sistemi di incentivazione, valorizzazione e progressione di carriera.

 

Con riguardo agli altri interventi menzionati nel Documento si segnalano alcuni provvedimenti già adottati nel corso della Legislatura.

La legge finanziaria 2007[150] ha previsto per quanto attiene il settore della scuola:

§      la riaggregazione degli stanziamenti di alcune unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione e la diretta assegnazione delle risorse ivi allocate alle istituzioni scolastiche (anziché tramite gli uffici scolastici regionali) (art. 1, comma 601);

§      nuove misure di contrasto degli insuccessi scolastici (pur nell’ambito dell’elevamento del valore medio del rapporto alunni/classe (art. 1, comma 605, lettera a));

§      la revisione degli ordinamenti dell'istruzione professionale, anche attraverso la riduzione dei carichi orari settimanali delle lezioni (art. 1, comma 605, lett. f))

§      l’istituzione dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica destinata adassumere i compiti svolti dagli istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione e ricerca educativa (INDIRE), contestualmente soppressi (art. 1, commi 610 e 611);

§      il riordino degli organi di gestione dell’INVALSI - Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e di formazione (art. 1, commi da 612 a 615);

§      la ridefinizione dell’obbligo scolastico ed il contestuale innalzamento - da quindici a sedici anni - dell’età minima per l’accesso al lavoro (art. 1, comma 622);

§      un’autorizzazione di spesa (50 milioni di euro per il 2007 e 100 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009) finalizzata all'attivazione dei piani di edilizia scolastica (art. 1, commi 625 );

§      la definizione[151] di indirizzi programmatici per l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro (art. 1, commi 626);

§      il riordino del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS[152]) post-secondaria (art. 1, comma 631);

§      la riorganizzazione delle strutture attualmente preposte all’ educazione degli adulti, (centri territoriali permanenti e corsi serali) al fine di qualificare meglio l’offerta di formazione, anche attraverso l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri (art. 1, comma 632);

§      la disponibilità dei locali scolastici al di fuori dell’orario di lezione, per attività destinate agli studenti ed agli adulti del territorio, nonché l’incremento delle dotazioni tecnologiche delle istituzioni scolastiche (art. 1, commi 627 e 633);

§      l’estensione al biennio delle scuole superiori delle agevolazioni per l’acquisto dei libri di testo già previste per le scuole medie inferiori e l’introduzione del comodato dei testi scolastici (art. 1, commi 628 e 629);

§      l’istituzione di “classi primavera”, destinate ai bambini fra i 2 e 3 anni, nell’ambito di un progetto educativo, cui il Ministero contribuisce con personale adeguatamente formato, d’intesa con gli enti locali, in via sperimentale (art. 1 comma 630).

In relazione alla qualità del sistema dell’istruzione ed alla misurazione e valutazione dei risultati si ricorda che la legge n. 1/2007[153] ha apportato alcune modifiche alla disciplina degli esami di maturità ed ha conferito al Governo una delega per l’adozione di decreti legislativi inerenti l’ orientamento degli studenti in uscita dal percorso scolastico nonché le misure di valorizzazione dei risultati di eccellenza.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 13 del DL n. 7/2007[154] ha reintrodotto nell’articolazione dell’istruzione secondaria di secondo grado i percorsi degli istituti tecnici e professionali, che non figuravano nell’articolazione delineata dal D.Lgs. 226/2005[155] costituita dal sistema dei licei e dall'istruzione e formazione professionale (di competenza regionale secondo livelli essenziali delle prestazioni specificati per legge).

Nell’ottica di promuovere la diffusione della cultura tecnico scientifica il medesimo articolo ha previsto la costituzione di “Poli tecnico professionali”, comprensivi di: istituti statali di istruzione secondaria (tecnici e professionali); strutture regionali preposte alla realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale[156]; istituti tecnici superiori, risultanti dalla trasformazione degli attuali Istituti di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore dei quali, come segnalato sopra, la legge finanziaria 2007 ha disposto il riordino.

Va segnalata, infine, tra le misure finalizzate al miglioramento dell’offerta formativa, la possibilità di detrarre dall’imposta o dedurre dal reddito (a seconda che si tratti di persone fisiche o imprese) le erogazioni liberali a favore delle scuole di ogni ordine e grado (art. 13, comma 3 del DL 7/2007)

Per completezza di informazione merita ricordare che il D.L. n. 81/2007[157] (AC 2852, in corso di conversione alla Camera) reca alcune disposizioni finanziarie che interessano lo stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione.

In particolare:

§      sono state integralmente ripristinate le risorse relative al Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (18,6 milioni) e al Fondo da destinare alle scuole non statali (9,2 milioni), accantonate ai sensi dell’art. 1, comma 507, della legge finanziaria 2007[158] (art. 7, comma 2 del DL);

§      è stata autorizzata - per l’esercizio finanziario 2007 - la spesa di 180 milioni di euro per il pagamento delle supplenze brevi del personale docente tecnico ed amministrativo delle istituzioni scolastiche (art. 11, comma 1 del DL).

Con riguardo ai provvedimenti all’esame della Camera dei deputati si segnalano gli atti Camera 1278, 1299, 1600, recanti, rispettivamente, disposizioni in materia di diritto allo studio; obbligatorietà e gratuità dell’istruzione fino a 18 anni; disciplina del sistema educativo d’istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore, nonché la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi di infanzia. La VII Commissione Cultura, dopo aver avviato l’esame in sede referente, ha deliberato la costituzione di un comitato ristretto per l’istruttoria delle proposte di legge citate.

Si ricorda, infine, che il disegno di legge A.C. 2272-ter (risultante dallo stralcio del cosidetto DDL liberalizzazioni[159]), nel testo approvato dalla Commissione cultura in sede referente (21 giugno 2007), contiene disposizioni relative al personale della scuola, all’organizzazione dei percorsi scolastici e degli esami, al riconoscimento dei titoli di studio acquisiti all’estero, nonché l’istituzione di due nuovi fondi nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione.

Con riguardo ai provvedimenti all’esame del Senato, merita segnalare l’A.S. n. 849, d’iniziativa della senatrice Soliani ed altri, recante delega al Governo per la promozione della cultura e dei valori costituzionali nella scuola italiana. Il disegno di legge è stato presentato in data 20 luglio 2006; successivamente è stato assegnato alla 7a Commissione per l’esame in sede referente, tuttora in corso di svolgimento. Il ddl delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per promuovere la cultura ed i valori della Costituzione nelle istituzioni scolastiche. Tra i principi ed criteri direttivi a cui la delega dovrà ispirarsi figurano: l'inserimento obbligatorio nel curriculum e nel Piano dell'offerta formativa (POF) di progetti che diffondano la storia e il contenuto della Costituzione; la conoscenza delle istituzioni della rappresentanza democratica; la partecipazione diretta di studenti, genitori e docenti alla vita della scuola. Il decreto dovrà prevedere apposite iniziative per l'integrazione culturale degli stranieri che frequentano i cicli di istruzione presso le scuole italiane, nonché la predisposizione sia di appositi spazi formativi nell'ambito della programmazione televisiva pubblica che di programmi didattici multimediali che utilizzino le nuove tecnologie. Per il finanziamento delle citate attività sarà istituito, presso il Ministero della pubblica istruzione, il «Fondo per la promozione della cultura costituzionale».

Università e ricerca

Secondo i dati riportati nel Documento, in Italia gli investimenti in ricerca e sviluppo rappresentano l’1,1 per cento del PIL, contro 1,81 dell’Europa a 25, il 2,7 degli Usa, il 3,15 del Giappone.

L’obiettivo che il Governo si prefigge a medio termine è almeno quello della media dei paesi dell’OCSE, e cioè del 2,5 per cento, di cui due terzi provenienti dal settore privato dove si registrano le maggiori carenze (l’obiettivo di Lisbona è fissato al 3 per cento nel 2010 per tutti i Paesi dell’Unione europea).

Il Documento ricorda che la quota finanziata dal Governo risulta più alta rispetto alla media europea, mentre il contrario avviene per quanto riguarda la quota finanziata dall’industria. Le imprese registrano, infatti, una scarsa propensione alla ricerca, investendo il 30 per cento in meno rispetto alla media europea. Il problema non sembra risolvile aumentando la quota di sostegno pubblico diretto quanto intervenendo sulle infrastrutture per la ricerca e nella valorizzazione dei ricercatori.

Il Documento si prefigge, quindi, i seguenti obiettivi:

§      aumentare e riqualificare la formazione universitaria, passando da un investimento dello 0,88 per cento attuale all’1,2 per cento;

§      incentivare l’attività di formazione e di apprendimento permanente svolta dall’università e rivolta al settore privato, ai professionisti, alla pubblica amministrazione e ai lavoratori in cerca di migliore qualificazione;

§      valorizzare il settore dell’alta formazione artistica e musicale;

§      incentivare le sinergie, sia in termini di finanziamenti che di progettualità, con le iniziative promosse in ambito europeo, in particolare nell’ambito del VII Programma Quadro;

§      potenziare il diritto allo studio, attraverso borse di studio, esenzioni da tasse e contributi, prestiti d’onore e offerta di nuove residenze universitarie;

§      favorire processi di internazionalizzazione delle università, con particolare riguardo all’alta formazione artistica e musicale;

§      migliorare l’efficienza e l’efficacia della spesa nel settore in modo che le risorse disponibili siano utilizzate al meglio;

§      privilegiare, nei settori ad elevato tasso di innovazione tecnologica, le misure volte a diminuire il divario con le economie più dinamiche, in modo da recuperare competitività e produttività del sistema produttivo.

 

Il Documento ricorda, quindi, le iniziative già in corso di attuazione ai fini del rilancio del settore. Si tratta, in particolare di:

§      l’istituzione dell’Agenzia di valutazione dell’università e della ricerca;

§      la definizione del nuovo sistema di reclutamento dei ricercatori universitari e degli enti di ricerca;

§      il riassetto del finanziamento della ricerca, anche attraverso il Piano nazionale 2008-2010;

§      l’istituzione del Fondo unificato (FIRST-Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica);

§      un’azione concertata con i Ministeri per lo sviluppo economico e per l’Innovazione ai fini dell’utilizzo del Fondo competitività industria 2015;

§      la definizione di iniziative CIPE e di accordi-quadro con le regioni;

§      il riordino degli enti di ricerca;

§      la revisione dei tre cicli di studio universitari.

 

Si ricorda, in proposito, chemolti degli interventi previsti sono contenuti nella legge finanziaria per il 2007 (L. n. 296/2006).

Si segnalano in particolare:

§      l’autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009 a favore della ricerca scientifica (comma 641);

§      la facoltà, per gli anni 2008 e 2009, per gli enti di ricerca pubblici (e non anche per le università) di effettuare assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sia pure entro vincoli di bilancio e vincoli di turn over (comma 643);

§      l’emanazione, in attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari, di un decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di disciplina delle modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatore, e di definizione di un numero aggiuntivo di posti da ricercatore(commi 647 e 648 e 650);

§      l’approvazione per il 2007 di un piano straordinario per l’assunzione di ricercatori presso gli enti di ricerca pubblici vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca (comma 651);

§      l'autorizzazione di spesa a favore della Fondazione per la promozione dello sviluppo della ricerca avanzata nel campo delle biotecnologie prevista nella legge finanziaria per il 2006 (art. 1, co. 341) il cui importo, seppur ridotto, ammonta a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 50 milioni di euro per l’anno 2009 (comma 1243);

§      l'autorizzazione di spesa per il Fondo per il finanziamento di progetti di ricerca - di rilevante valore scientifico, anche con riguardo alla tutela della salute e all'innovazione tecnologica, il cui importo, seppur ridotto, ammonta a 60 milioni di euro a decorrere dal 2007 (comma 1323);

§      l’estensione del campo di operatività del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca alle leggi regionali di agevolazioni per gli investimenti produttivi e la ricerca (comma 855);

§      l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), nel quale confluiscono risorse annuali del Fondo per le agevolazioni alla ricerca, del Fondo per gli investimenti della ricerca di base, del Fondo per le aree sottoutilizzate, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca e delle risorse annuali per progetti di ricerca di interesse nazionale delle università. Al FIRST è destinata una dotazione aggiuntiva di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 360 milioni di euro per l'anno 2009 (commi da 870 a 874).

 

Per quanto riguarda le iniziative all’esame del Parlamento si ricorda che il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, attualmente all’esame della Camera per la conversione, prevede:

§      all’articolo 6, comma 8, un’autorizzazione di spesa, di 65 milioni di euro per il 2007 e di 5 milioni per gli anni 2008 e 2009, finalizzata alle esigenze dell’edilizia universitaria;

§      all’articolo 7, comma 1, 10 milioni di euro a favore del Fondo per l’edilizia universitaria, 5 milioni di euro a favore del Fondo ordinario per le università statali e 10 milioni da destinare alle borse di studio post-laurea (i finanziamenti citati riguardano l’esercizio finanziario 2007);

§      all’articolo 11, comma 2, la previsione che anche per l’anno accademico 2007-2008 possano essere assegnati affidamenti o supplenze a professori e ricercatori che, peraltro, nei limiti dell’impegno orario complessivo, operano a titolo gratuito.

Si fa presente, altresì, che il 28 giugno 2007, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – CIPE – ha riassegnato al MIUR l'importo di 268,7 milioni di euro per il sostegno di iniziative di ricerca e formazione nel Mezzogiorno d'Italia. Le risorse sono destinate a sostenere la realizzazione di strutture di eccellenza che coinvolgono la ricerca pubblica e quella privata su settori scientifici e tecnologici di grande interesse per la competitività dei territori.

Si ricorda, inoltre, che la VII Commissione cultura sta esaminando il disegno di legge, già approvato dal Senato, recante delega in materia di riforma degli enti di ricerca (A.C. 2599).

I principi ed i criteri direttivi cui la riforma deve ispirarsi possono così sintetizzarsi: riconoscimento agli enti dell’autonomia statutaria; assegnazione delle risorse finanziarie correlata alla verifica dei risultati ottenuti dagli enti da parte dell’Agenzia di valutazione dell’università e della ricerca; riordino degli organi statutari; previsione di misure volte a potenziare la professionalità e l’autonomia dei ricercatori; raccordo con l’attività delle regioni in materia di ricerca e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; ridefinizione, attraverso accorpamenti o scorpori, di enti attivi nei settori della fisica della materia, dell’ottica e dell’ingegneria navale nonché dell’Istituto italiano di tecnologia.

Politiche culturali

Il Documento, ribadito l’impegno del Governo di valorizzare i beni e le attività culturali, afferma che le risorse disponibili per il settore dovrebbero passare, nel triennio di riferimento, dallo 0,26 per cento all’1 per cento del bilancio.

 

Per quanto riguarda i programmi che il Governo ha in animo di realizzare, essi riguarderanno prevalentemente:

§      il cinema, attraverso l’approvazione di misure di incentivazione fiscale finalizzate ad attrarre produzioni straniere sul territorio e rendere disponibile una rete distributiva attenta ai giovani autori e ai film d’essai ;

§      spettacoli dal vivo;

§      individuazione di nuovi modelli organizzativi per i musei, attraverso il ripensamento della legge n. 4/1993;

§      riconoscimento di un’autonomia economico-finanziaria alle strutture dedicate alle attività promozione dei libri e della lettura;

§      introduzione di meccanismi di incentivazione per la compravendita e la donazione di opere d’arte e per il completamento del Museo nazionale delle Arti del XXI.

 

Si fa presente, in proposito, che la legge finanziaria per il 2007 ha previsto alcuni interventi nel settore dei beni e delle attività culturali. In particolare, si ricorda che:

§      i commi 1136 e 1137 hanno istituito un Fondo per l’attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo Stato e le autonomie finanziato con 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, finalizzato al sostegno di interventi in materia di attività culturali;

§      il comma 1138 ha assegnato al Ministero per i beni e le attività culturali un contributo di 31,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per interventi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio, da individuarsi annualmente con decreto ministeriale, previo parere del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici;

§       il comma 1140 ha attribuito al Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche previsto dell'art. 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28 un contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per interventi a sostegno di istituzioni, grandi eventi di carattere culturale e ulteriori esigenze del settore dello spettacolo;

§      il comma 1142 ha autorizzato la spesa annua di 79 milioni di euro per il 2007 e di 87 milioni di euro a decorrere dal 2008 al fine di consentire interventi urgenti al verificarsi di emergenze che possano pregiudicare la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici e di procedere alla realizzazione di progetti di gestione di modelli museali, archivistici e librari, nonché di progetti di tutela paesaggistica e archeologico-monumentale e di progetti per la manutenzione, il restauro e la valorizzazione di beni culturali e paesaggistici. Le somme sono destinate annualmente con decreto del Ministro pei i beni e le attività culturali ai vari interventi e progetti;

§      il comma 1150 ha introdotto nuove norme per contrastare la mancata restituzione da parte delle imprese cinematografiche delle somme deliberate dallo Stato fino al 31 dicembre 2006 a valere sul Fondo per le attività cinematografiche;

§      il comma 1151 ha introdotto numerose modifiche al D.Lgs. n. 28 del 2004 in materia di sostegno al cinema, prevedendo, tra l’altro, che lo Stato acquisisca la completa titolarità dei diritti del film qualora entro cinque anni dall’erogazione non sia restituita almeno una quota parte delle risorse erogate, da definirsi mediante decreto ministeriale insieme con le modalità di erogazione del contributo stesso.

 

Con riguardo ai provvedimenti all’esame della Camera, merita ricordare che il D.L. n. 81/2007 (A.C. 2852, in corso di conversione) prevede, all’articolo 7, comma 2, che alcune somme, accantonate per l’anno 2007 in base a quanto disposto dall’articolo 1, comma 507, della finanziaria 2007, siano rese disponibili per gli importi indicati nell’elenco n. 2, annesso al decreto-legge.

Alcune di queste somme riguardano il Ministero per i beni e le attività culturali.

Si tratta, in particolare di:

§      circa 24 milioni di euro sul Fondo unico per gli investimenti nella parte riguardante il patrimonio culturale;

§      circa 10 milioni di euro sul Fondo unico per lo spettacolo, da destinare al finanziamento di attività di produzione cinematografica e di industrie tecniche del settore e per il sovvenzionamento di attività circensi;

§      circa 800 mila euro sull’unità “Enti ed attività culturali” da destinare alla biblioteca italiana per ciechi “Regina Margherita” di Monza e al Centro nazionale del libro parlato

 

Si ricorda, inoltre, che la VI Commissione Finanze ha iniziato l’esame di due provvedimenti:

 

A.C. 2303, recante norme in materia di agevolazioni fiscali e contributi per il sostegno del settore cinematografico e dell'audiovisivo.

Il provvedimento reca:

§      una serie di misure fiscali agevolative a favore delle imprese cinematografiche e delle persone fisiche che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore delle imprese del settore;

§      alcune modifiche alla normativa in materia di contributi alle attività cinematografiche di cui all’articolo 12 del D.L.gs. n. 28/2004, al fine di incentivare la proiezione di nuove opere cinematografiche nel periodo estivo e la proiezione di cortometraggi nazionali di interesse culturale;

§      l’istituzione di un Fondo per il passaggio al digitale e all’alta definizione;

§      la precisazione che la quota da attribuire alle attività cinematografiche a valere sul Fondo unico per lo spettacolo non possa essere inferiore al 25 per cento;

§      l’applicazione dell’aliquota Iva del 4% per le cessioni di supporti di memoria digitale nonché dei dischi e delle cassette che contengano programmi audiovisivi preregistrati.

 

A.C. 1393 recante disposizioni in favore dell’arte contemporanea.

Il provvedimento, finalizzato alla promozione della conoscenza dell’arte contemporanea, della creatività artistica a livello nazionale e allo sviluppo di un moderno sistema di arte contemporanea, prevede:

§      l’assoggettamento delle cessioni gratuite di opere d’arte alla disciplina del credito d’imposta;

§      la possibilità per i giovani artisti di optare per uno speciale regime forfetario ai fini dell’IVA e dell’IRPEF;

§      la riduzione dell’aliquota Iva al 10 per cento per le cessioni di oggetti d’arte prodotti da artisti viventi o la cui esecuzione risalga a meno di cinquant’anni;

§      la detraibilità delle spese sostenute per l’acquisto di opere d’arte fino all’importo annuo di 8.000 euro e con l’ulteriore limite del 10 per cento del reddito imponibile.

Si ricorda, inoltre, che la VII Commissione Cultura della Camera ha avviato un’indagine conoscitiva, tuttora in corso di svolgimento, sulle problematiche connesse al settore dell’arte figurativa italiana, con particolare riferimento alle condizioni della sua esistenza e sviluppo.

Come è dato leggere nel programma dell’indagine, approvato nella seduta del 30 gennaio 2007, i temi che la Commissione si prefigge di approfondire sono i seguenti:

§      ricognizione della disciplina del settore, sia sul piano della normativa esistente che in relazione all’emersione di nuove figure professionali, quali il professionista della raccolta di fondi (fund raiser) e il direttore di progetto (project manager);

§      verifica dei percorsi di formazione ed educazione degli artisti figurativi, anche in riferimento all’organizzazione degli istituti d’arte e alle Accademie;

§      organizzazione delle facoltà collegate al settore, quali le facoltà di storia dell’arte e ulteriori modalità di promozione dell’attività professionale degli storici dell’arte;

§      organizzazione del mercato delle gallerie, delle case d’asta e delle fiere d’arte;

§      caratteristiche del collezionismo privato e d’impresa, nonché caratteristiche e funzionamento della curatela delle mostre;

§      organizzazione delle sedi espositive e museali pubbliche;

§      analisi del rapporto tra informazione e arte;

§      promozione all’estero dell’arte moderna e contemporanea italiana.

 

Nella sezione dedicata alle politiche giovanili (VI.5) il Documento ricorda come la pratica sportiva sia considerata fattore rilevante per l’inclusione e l’integrazione sociale, per la qualità di vita ed il benessere psico-fisico dei cittadini ed, in particolare, dei giovani.

A tal fine il Governo intende avviare una politica di potenziamento delle strutture dedicate alla pratica sportiva nelle scuole e nella società. A tal fine il riferimento è costituito dal Programma per l’impiantistica sportiva previsto dall’articolo 11 del decreto-legge n. 8/2007.

 

Si fa presente che la legge finanziaria per il 2007 ha previsto alcune misure interessanti il settore dello sport.

In particolare, si ricorda:

§      l’istituzione di un “Fondo per gli eventi sportivi di rilevanza internazionale” presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con uno stanziamento di 33 milioni di euro per il 2007. Il fondo è volto al potenziamento degli impianti sportivi e alla promozione e realizzazione di interventi per gli eventi sportivi di rilevanza internazionale tra cui, in particolare, la partecipazione dell’Italia ai Giochi olimpici di Pechino 2008 (comma 1291);

§      l’assegnazione all'Istituto per il credito sportivo (ICS), per agevolare il credito per la realizzazione di impianti sportivi, di un contributo annuo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 (comma 1294).

Merita segnalare, inoltre, che il decreto-legge n. 8/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2007, prevede, agli articoli 11 e 11-bis norme in materia di programmi per l’impiantistica sportiva.

In particolare, l’articolo 11 stabilisce la convocazione da parte del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, d’intesa con i Ministri delle infrastrutture e dell’interno, di un tavolo di concertazione per definire un programma straordinario per l’impiantistica destinata allo sport professionistico e, in particolare, all’esercizio della pratica calcistica, al fine di maggiore rispondenza alle nuove esigenze di sicurezza, fruibilità, apertura, redditività della gestione economica finanziaria, anche ricorrendo a strumenti convenzionali.

L’articolo 11-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, ha previsto che il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, d’intesa con i Ministri della pubblica istruzione, dell’università e delle politiche per la famiglia, predisponga un programma di iniziative nelle istituzioni scolastiche, nelle università e nei luoghi dove si svolge la pratica sportiva, al fine di promuovere i valori dello sport come riconosciuti dalla Carta olimpica e si faccia promotore, d’intesa con le autonomie e sentite le federazioni sportive, di iniziative di sensibilizzazione ai valori olimpici, da svolgersi prima delle manifestazioni sportive; a tal fine, per far fronte alle relative spese, viene istituito un Fondo di solidarietà sportiva presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

In merito ai provvedimenti all’esame della Camera, si ricorda che la VII Commissione Cultura della Camera ha iniziato l’esame della proposta di legge C. 2217, recante disposizioni in materia di impianti sportivi. A tale provvedimento è stata abbinata la proposta di legge C. 2490-ter, approvata dal Senato, che, modificando la norma inserita nel decreto-legge n. 8/2007 (art. 10), prevede l’obbligo in luogo della facoltà per le società sportive di adeguare le strutture alle norme di sicurezza vigenti.

Si fa presente, infine, che la VII Commissione Cultura della Camera ha deliberato di svolgere un’indagine conoscitiva sul calcio, le cui conclusioni sono attualmente contenute nella proposta di documento conclusivo all’esame della Commissione.

Da tale documento emerge come il sistema-calcio sia stato investito da una progressiva evoluzione, per effetto della quale l’aspetto economico e commerciale sia risultato prevalente rispetto a quello sportivo.

In particolare, il documento sottolinea come non sia stato positivo considerare le società calcistiche alla stregua di qualsiasi società di lucro; le stesse, infatti, a causa delle spese elevate per l’acquisizione dei calciatori, hanno registrato un aumento della loro situazione debitoria, alla quale si è cercato di far fronte con le plusvalenze derivate dalla presenza nei mercati azionari e, in misura molto maggiore, con gli introiti della vendita dei diritti televisivi.

Compito del legislatore è, quindi, come si legge nelle conclusioni del documento, quello di spezzare il legame tra i fenomeni degenerativi del calcio e la subordinazione dello sport alla sola logica economica, favorendo una sana, efficace e certa competizione, anche economica, tra le società, delle quali sarebbe, peraltro, auspicabile una riforma.

Agricoltura e pesca

Le tematiche del settore agroalimentare e della pesca sono trattate nel loro complesso nel capitolo V.18 del Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011.

Riferimenti a materie di competenza della Commissione agricoltura si trovano tuttavia anche in altri capitoli. Si segnalano, in particolare:

§      il capitolo V.6 per quanto riguarda l’uso sostenibile di biomasse e biocombustibili e le politiche agroforestali;

§      il capitolo V.15 per il sostegno alla internazionalizzazione delle imprese del settore agroalimentare.

 

Il capitolo del DPEF 2008-2011 specificamente dedicato al sistema agroalimentare richiama innanzitutto gli interventi disposti dalla legge finanziaria 2007 per rilanciare lo sviluppo economico del settore.

 

La legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha disposto una serie di interventi per il settore agroalimentare. In particolare si ricordano le seguenti disposizioni.

 

 

Gli interventi della legge finanziaria 2007

 

Biocarburanti: i commi da 367 a 369 modificano gli obiettivi quantitativi di immissione in consumo di biocarburanti in percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti, prevedendo l’obiettivo del 2,5%, da realizzare entro il 31 dicembre 2008 e quello del 5,75% entro il 31 dicembre 2010. E’ stato inoltre esentato dall’accisa l’olio vegetale puro utilizzato a fini energetici nel settore agricolo (commi 380 e 381) e, al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica, è stata demandata a un decreto ministeriale la revisione della disciplina dei certificati verdi (commi 382 e 383). E’ stato inoltre previsto un fondo di 73 milioni di euro annui, da ripartire dal 1° gennaio 2008 tra: bioetanolo; etere etilterbutilico (ETBE), additivi e riformulanti prodotti da biomasse.

Controlli sulla qualità dei prodotti agroalimentari: i commi da 1047 a 1052 hanno inteso razionalizzare il sistema dei controlli sulla qualità dei prodotti agroalimentari, ridefinendo le competenze dell’Ispettorato Centrale repressione Frodi (ICRF) e dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), dettando disposizioni sui controlli nel settore vitivinicolo, rifinanziando l’attività dell’Agecontrol per i controlli di qualità nel settore dell’ortofrutta.

Piano irriguo nazionale: i commi da 1058 a 1062 hanno disposto lo stanziamento di risorse finanziarie per la realizzazione di opere previste nel piano irriguo nazionale.

Vendita diretta dei prodotti agricoli: i commi 1064 e 1065 hanno introdotto disposizioni volte a promuovere la vendita diretta di prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli.

Istituzione del fondo per l’imprenditoria giovanile in agricoltura : commi 1068-1071.

Istituzione di un fondo per le imprese agricole colpite da gravi crisi di mercato: commi 1072 e 1074.

Credito d’imposta per gli imprenditori agricoli: comma 1075.

Incentivi allo sviluppo della proprietà coltivatrice: il comma 1081 autorizza la Cassa Depositi e prestiti a concedere all’ISMEA mutui ventennali di incentivo per la formazione della piccola proprietà coltivatrice, con interessi a carico dello Stato.

 

Interventi nel settore forestale: il comma 1082 prevede la predisposizione di un programma quadro per il settore forestale, destinato a favorire una gestione sostenibile del territorio e valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali; il comma 1084 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il 2007 e di 50 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per l’attuazione dei piani nazionali di settore di competenza del MIPAAF, compreso quello forestale; il comma 1083 prevede l’estensione al settore forestale delle intese di fliliera e dei contratti quadro, di cui al D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102.

Agricoltura biologica: il comma 1085 incrementa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009 le risorse destinate al finanziamento del piano nazionale per l’agricoltura biologica.

Internazionalizzazione del sistema agroalimentare: i commi da 1088 a 1092 introducono benefici fiscali per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati all’estero.

Sviluppo della forma societaria in agricoltura: i commi da 1093 a 1096 sono volti a favorire lo sviluppo della forma sociale in agricoltura, consentendo alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, nonché alle società cooperative, che siano società agricole, di optare per la tassazione in base al reddito catastale agrario.

 

 

Il Documento prosegue affermando che il sistema agroalimentare italiano ha ormai consolidato i modelli di sviluppo sostenibile necessari per dare risposte efficaci :

§      ai bisogni di qualità e sicurezza alimentare dei consumatori;

§      ai processi di cambiamento climatico (sui quali si veda il cap. V.6);

§      ai nuovi scenari energetici (sui quali si veda il cap. V.7)

A sostegno di questa affermazione si citano i buoni risultati conseguiti dal settore agroalimentare italiano sui mercati internazionali.

 


 

Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari

 

Secondo i più recenti dati disponibili (ISMEA, La competitività dell’agroalimentare italiano, check-up 2007), nel 2006 il settore agroalimentare ha rappresentato il 7,9% del valore complessivo degli scambi commerciali con l’estero realizzati dall’Italia.

Nell’ultimo quinquennio la bilancia commerciale agroalimentare, strutturalmente in deficit soprattutto per lo squilibrio della componente primaria, ha mantenuto sostanzialmente stabile il livello del disavanzo, con un tasso di variazione medio annuo di +0,3%, a fronte di un andamento fortemente negativo del saldo commerciale dell’economia nel suo complesso.

Nel corso del 2006, le esportazioni agroalimentari del nostro paese sono cresciute del 6,6%, con una variazione più accentuata rispetto a quella media dell’ultimo quinquennio (+3,9% annuo). Anche per le importazioni, tuttavia, la crescita registrata nel 2006 (+5,6%) è più elevata di quella media del quinquennio (+2,7%).

Alla crescita delle esportazioni nel 2006 hanno contribuito tutti i principali settori: olio d’oliva (+10%); vino (+6,5%); animali e carni (+5%); ortofrutta fresca e trasformata (+5%); formaggi (+3); cereali e derivati (+3%).

Distinguendo tra le due componenti dei flussi di scambio, la componente industriale (+7,1%) è risultata più dinamica di quella agricola (+4,4%).

Per quanto riguarda i mercati di destinazione, la crescita dell’export ha riguardato non tanto i primi due tradizionali partner dell’Italia (Germania +1,6% e Francia +3,9%), quanto gli Stati Uniti (+8%) ed il Regno Unito (+6,7%).

A livello di quote di mercato, l’Italia ha detenuto nel 2005 il 3,8% dell’export agrolimentare mondiale. Considerando i soli scambi dell’UE a 25, l’Italia si è confermata nel 2006 al sesto posto nella graduatoria degli esportatori all’interno dell’area, con una quota pari al 7%. Per quanto riguarda invece gli scambi dell’UE a 25 con i paesi terzi, l’Italia è al quarto posto, con una quota pari all’11% delle esportazioni agroalimentari extra-UE.

Nel complesso comunque il deficit agroalimentare dell’Italia (-6.588 milioni di euro) resta nel 2006 uno dei più alti della U.E., superato solo da quelli della Germania e del Regno Unito.

 

 

Le linee guida delle politiche per il settore sono quindi così definite:

§      promozione della qualità dei prodotti e del sistema di produzione, intesa come legame con i territori di origine, capacità organizzativa e di penetrazione nei mercati;

§      sviluppo degli strumenti di promozione diretta e dei servizi in una prospettiva di Sistema Paese, e attraverso strumenti capaci di promuovere gli investimenti delle imprese orientati allo sviluppo internazionale (anche acquisizioni, fusioni all’estero);

§      interventi infrastrutturali e introduzioni di modelli innovativi per lo sviluppo sostenibile delle imprese agricole, delle cooperative agroalimentari e delle forme associate, quali ad esempio l’utilizzo efficiente delle risorse idriche ed energetiche già impostate negli ultimi anni.

 

Il documento individua altresì alcune condizioni di sistema rilevanti ai fini della competitività delle imprese del settore:

§      stabilità fiscale;

§      promozione delle aggregazioni e della crescita dimensionale delle imprese;

§      promozione di rapporti trasparenti ed efficaci con le imprese della distribuzione;

§      affermazione di nuovi strumenti di intervento finanziario in agricoltura;

§      sviluppo di filiere innovative e sostegno alle riconversioni produttive.

 

Rispetto alle indicazioni di cui sopra, e con particolare riferimento alle iniziative legislative in corso, si ricorda quanto segue.

 

Il Governo ha presentato all’inizio della legislatura un disegno di legge di delega per il riordino e lo sviluppo dell’agricoltura, attualmente all’esame della Commissione agricoltura del Senato in sede referente (A.S. 933: v. infra il box sui provvedimenti legislativi in corso di esame al Senato). I criteri di delega, che il provvedimento definisce mediante rinvio a quelli di cui alle leggi n. 57/2001 e n. 38/2003[160], abbracciano un amplissimo ambito di temi, tale da coprire potenzialmente tutte le tematiche prospettate nel Documento di programmazione.

 

Per quanto concerne in particolare le misure volte alla promozione della qualità dei prodotti e del sistema di produzione, negli ultimi anni l’Italia si è fortemente impegnata per il raggiungimento a livello comunitario di una posizione unitaria, nell’ambito dei negoziati in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), sulla difesa del sistema delle attestazioni di specificità europee e per il sostegno alla richiesta di introdurre una regolamentazione che conduca alla istituzione di un registro internazionale obbligatorio delle denominazioni di origine. Nonostante il fallimento del vertice di Cancun, uno dei principali obiettivi raggiunti in questo ambito è stato il riconoscimento, da parte degli organi arbitrali dell’OMC (attivati su ricorso di Australia e USA), della conformità del sistema europeo di protezione delle DOP e delle IGP (nel frattempo aperto a registrazioni di prodotti extra-UE con il Regolamento n. 892/2003) alle regole dell’OMC e alle esigenze dell’accordo TRIP’s.

Sul versante nazionale è stata sviluppata una ampia politica volta a tutelare e promuovere il made in Italy agroalimentare nel suo complesso (in primo luogo con il rafforzamento delle “concertazioni” tra il Ministero delle politiche agricole e forestali e gli enti rappresentativi delle categorie interessate), alla quale si sono accompagnati anche provvedimenti riguardanti specifici prodotti.

Per quanto riguarda le iniziative legislative in corso, il già citato d.d.l. A. S. 933 prevede che i decreti legislativi debbano: “garantire un costante miglioramento della qualità, valorizzare le peculiarità dei prodotti e il rapporto tra prodotti e territorio, assicurare una adeguata informazione al consumatore e tutelare le tradizioni alimentari e la presenza nei mercati internazionali, con particolare riferimento alle produzioni tipiche, biologiche e di qualità” (art. 7, comma 3, lettera e) della legge n. 57/2001, richiamato dal d.d.l.).

Il medesimo d.d.l. A.S. 933 prevede anche una specifica delega in materia di agricoltura biologica, tema sul quale il Governo ha presentato altresì alla Camera un autonomo disegno di legge (A.C. 2604), che è attualmente all’esame in sede referente della Commissione agricoltura, congiuntamente con alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare.

Sempre sul tema della promozione dei prodotti di qualità insistono anche altre proposte di legge all’esame della Commissione Agricoltura della Camera in sede referente:

-       p.d.l. A.C. 2205, Misuraca ed altri, “Disposizioni per lo sviluppo della filiera della pasta di alta qualità prodotta in Italia”;

-       p.d.l. A.C. 2234, Lion, “Istituzione e disciplina della denominazione autenticità certificata dei prodotti agroalimentari e disposizioni per lo sviluppo della filiera della pasta di alta qualità, dell’espresso e del cappuccino italiani”.

La Commissione agricoltura della Camera ha d’altra parte posto la difesa della qualità del prodotto italiano come punto focale dei documenti di indirizzo al Governo approvati a conclusione delle procedure di esame degli Atti comunitari concernenti:

-       la riforma della organizzazione comune di mercato del settore vitivinicolo (Documento approvato il 21 febbraio 2007);

-       la riforma della organizzazione comune di mercato del settore ortofrutticolo (Documento approvato il 17 maggio 2007).

 

Anche l’attività legislativa di iniziativa parlamentare avviata al Senato si caratterizza per l’attenzione rivolta al tema dei prodotti di qualità, ed in particolare alle questioni relative alla tutela del patrimonio agroalimentare tradizionale ed al sistema delle denominazioni di origine dei vini (v. infra il box relativo ai provvedimenti legislativi in corso di esame al Senato).

 

Un altro tema particolarmente rilevante per il settore è attualmente quello relativo allo sviluppo delle agroenergie.

L’obiettivoè quello di costruire le condizioni per una partecipazione significativa del mondo agricolo all’approvvigionamento energetico del paese, che riduca da un lato gli oneri e l’impatto ambientale che gravano sul sistema paese per la dipendenza da fonti non rinnovabili di provenienza estera e dall’altro fornisca a quello stesso mondo una fonte di integrazione del proprio reddito in molti casi indispensabile per garantire la continuità delle proprie attività. La questione è affrontata anche in altra parte del DPEF: nel cap. V.6 (Clima e ambiente) il Governo si impegna “a favorire l’uso sostenibile delle biomasse e dei biocombustibili, favorendo filiere nazionali da realizzarsi in collaborazione con gli operatori agricoli che nel settore dell’agroenergia possono trovare ampi spazi di crescita”.

Un primo pacchetto di misure è stato approvato con la legge finanziaria 2007 (V. supra). La Commissione agricoltura della Camera sta attualmente esaminando in sede referente alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 289 e abb.), che hanno come obiettivo comune quello di definire un quadro organico di regole capaci di consentire il pieno sviluppo delle potenzialità e delle disponibilità che si colgono nell’agricoltura italiana, tenendo presenti alcuni dati strutturali e di conformazione geografica del paese.

 

 

I disegni di legge in corso di esame presso il Senato

Relativamente alle politiche per l'agricoltura e la pesca delineate dal DPEF, è in corso di esame presso il Senato il disegno di legge di iniziativa governativa A.S. n. 933, recante delega al Governo per il riordino e lo sviluppo dell'agricoltura, presentato, in prima lettura, il 4 settembre 2006. Esso è stato assegnato alla 9a Commissione (Agricoltura e produzione agroalimentare) il 15 settembre 2006 ed è in corso di esame in Commissione.

Il disegno di legge si compone di quattro articoli, di cui il primo prevede una delega al Governo per lo sviluppo dei settori dell'agricoltura, della pesca, dell'acquacoltura, dell'agroalimentare, dell'alimentazione e delle foreste. L'articolo 2 prevede una delega al Governo in materia di produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico, l'articolo 3 una delega per la razionalizzazione della legislazione in materia di agricoltura, pesca, acquacoltura, alimentazione e foreste, mentre l'articolo 4 reca le disposizioni finali.

 

Sono inoltre in corso di esame i seguenti disegni di legge di iniziativa parlamentare. Tali provvedimenti si caratterizzano per l'affermazione di modelli di sviluppo sostenibili e per la promozione della qualità dei prodotti.

Il disegno di legge A.S. n. 236, recante "Modificazioni alla disciplina delle denominazioni d’origine dei vini" (De Petris) è stato presentato il 4 maggio 2006 e assegnato alla 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) in sede referente l'8 giugno 2006. Attualmente è in corso d'esame congiuntamente all'A.S. n. 745 (cfr. infra).


A seguito dell’approvazione della direttiva europea (2002/11/CE del Consiglio, del 14 febbraio 2002) relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, il provvedimento si propone di tutelare il comparto dei vini a denominazione d’origine dall’introduzione di piante e microrganismi modificati geneticamente, introducendo il divieto di utilizzare le denominazioni d’origine DOCG, DOC e IGT nel caso di utilizzazione di varietà di vite o microrganismi (lieviti e batteri) sottoposti a manipolazione genetica, e stabilisce un termine di sei mesi per adeguare i disciplinari di produzione dei vini a denominazione d’origine alle nuove disposizioni.

Il disegno di legge A.S. n. 745, recante "Disciplina delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche dei vini" (Scarpa Bonazza Buora ed altri), è stato presentato al Senato il 4 luglio 2006 ed è attualmente in corso d'esame presso la 9ª Commissione (Agricoltura e produzione agroalimentare) congiuntamente al suddetto A.S. n. 236.

Scopo del provvedimento è definire la disciplina della tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, disponendo l’abrogazione della normativa attualmente vigente.

Vengono quindi stabiliti la classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche (DOCG, DOC e IGT) e il relativo utilizzo, per le cui produzioni si esclude l’impiego di organismi geneticamente modificati; vengono inoltre regolamentati il riconoscimento, la revoca e la decadenza delle DOCG, delle DOC e delle IGT.

Parte del provvedimento disciplina il sistema di presentazione dei vini, i concorsi enologici e il sistema sanzionatorio.

 

Il disegno di legge A.S. n. 601, recante "Norme per la valorizzazione e la salvaguardia dei prodotti agroalimentari tradizionali" (Divina e altri), è stato presentato in Senato il 9 giugno 2006 ed è attualmente in corso di esame presso la 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) congiuntamente all'A.S. n. 228 (cfr. infra).

Il provvedimento intende salvaguardare i prodotti agroalimentari cosiddetti «tradizionali», in quanto espressione di piccole nicchie di produzioni locali impossibilitati ad adeguarsi agli standard produttivi richiesti dalle normative nazionali ed europee, e nel contempo mira a fornire al consumatore le dovute informazioni in materia.

Si prevede, quindi, che i prodotti cosiddetti «tradizionali» debbano riportare un’etichetta con la seguente avvertenza: «prodotto secondo tradizione in deroga agli standard europei sull’igiene dei prodotti alimentari».

Il disegno di legge A.S. n. 228, recante "Interventi per la valorizzazione del patrimonio agroalimentare tradizionale" (De Petris e altri), è stato presentato in Senato il 4 maggio 2006 ed è in corso di esame presso la 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) congiuntamente all'A.S. 601.

Il provvedimento, piuttosto articolato, è orientato a promuovere la conservazione e la valorizzazione del comparto della produzione alimentare nazionale maggiormente caratterizzato per qualità e tipicità, definito, nell’articolato proposto, «patrimonio agroalimentare tradizionale», che viene suddiviso in: prodotti a «denominazione d’origine protetta» (DOP), ad «indicazione geografica protetta» (IGP) e «specialità tradizionali garantite» (STG).

Vengono, tra l'altro, previsti un piano triennale di interventi di salvaguardia e valorizzazione, articolato in provvedimenti regionali, e l'istituzione del marchio «prodotto alimentare tradizionale».

 

Il disegno di legge A.S. n. 233, recante "Disciplina dell'acquacoltura biologica" (De Petris e altri), è stato presentato al Senato il 4 maggio 2006 ed è attualmente in corso di esame presso la 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare).

Il provvedimento, piuttosto complesso, intende promuovere lo sviluppo in Italia dell’acquacoltura biologica, proponendo, oltre ad importanti incentivi finanziari, un disciplinare nazionale ufficialmente riconosciuto, un marchio ed una denominazione univoca. A questo scopo, si prevede la creazione di un insieme di enti di certificazione, di norme di controllo e di un sistema sanzionatorio.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La strategia di Lisbona

Gli obiettivi

Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha definito una serie di azioni volte a far sì che entro il 2010 l’Unione europea consegua l’obiettivo di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

 

Casella di testo:  Al fine di raggiungere tali obiettivi, il Consiglio europeo ha individuato una strategia globale volta a:

§      migliorare le politiche in materia di società dell’informazione e di ricerca e sviluppo tecnologico:

-       accelerando il processo di riforma strutturale ai fini della competitività e dell’innovazione;

-       creando un ambiente favorevole all’avviamento e allo sviluppo di imprese innovative, specialmente piccole e medie imprese;

-       promuovendo riforme economiche per un mercato interno completo e pienamente operativo;

§      modernizzare il modello sociale europeo:

investendo nell’istruzione e formazione;

§      promuovendo lo sviluppo di una politica attiva dell’occupazione;

-       combattendo i fenomeni di esclusione sociale.

-       promuovere un contesto economico sano e prospettive di crescita favorevoli applicando un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche.

Il Consiglio europeo di Lisbona ha previsto il ricorso al metodo di coordinamento aperto. Tale metodo - inteso come strumento per diffondere la migliore pratica e conseguire una maggiore convergenza verso le finalità principali dell’Unione europea e concepito per assistere gli Stati membri nell’elaborazione progressiva delle loro politiche - implica:

§      la definizione di orientamenti dell’Unione in combinazione con calendari specifici per il conseguimento di obiettivi a breve, medio e lungo termine;

§      la determinazione di indicatori e parametri di riferimento quantitativi e qualitativi per confrontare le migliori pratiche nei diversi Stati membri e nei diversi settori;

§      la trasposizione degli orientamenti nelle politiche nazionali e regionali tenendo conto delle diversità nazionali e regionali;

§      il periodico svolgimento di attività di monitoraggio e valutazione inter pares.

Il Consiglio europeo di Lisbona ha previsto che il Consiglio dell’UE si riunisca ogni primavera per valutare lo stato di attuazione della strategia di Lisbona. A tal fine, la Commissione presenta ogni anno al Consiglio europeo di primavera un quadro dei progressi compiuti.

 

Revisione intermedia

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005, sulla base della comunicazione della Commissione “Lavorare insieme per la crescita e l’occupazione - il rilancio della strategia di Lisbona” (COM(2005)24), ha proceduto alla revisione intermedia della strategia di Lisbona.

Nelle conclusioni il Consiglio europeo ha rilevato, infatti, a cinque anni dall’avvio, la necessità di rilanciare la strategia di Lisbona riorientandone le priorità verso la crescita e l’occupazione, mobilitando tutti i mezzi nazionali e comunitari nei tre ambiti economico, sociale, ambientale, coinvolgendo tutte le forze interessate (Parlamenti, autorità locali, parti sociali e società civile).

Il Consiglio europeo ha individuato i seguenti assi fondamentali del rilancio:

§      Conoscenza e innovazione – motori di una crescita sostenibile

A tal fine è importante: sviluppare la ricerca, l’istruzione e l’innovazione in tutte le forme che consentano di convertire la conoscenza in valore aggiunto e creare nuovi e migliori posti di lavoro; incoraggiare un autentico dialogo tra le parti interessate, pubbliche e private, conseguire l’obiettivo generale di un livello di investimenti per la ricerca pari al 3% del PIL di ciascuno Stato membro, con una ripartizione adeguata tra investimenti privati e pubblici; rafforzare l’attrattiva dell’Europa per i ricercatori. Gli Stati membri dovranno sviluppare la politica di innovazione in funzione delle loro specificità promuovendo, tra l’altro, la ricerca congiunta tra imprese e università, e migliorando l’accesso al capitale di rischio, sviluppando partenariati per l’innovazione e poli di innovazione a livello regionale e locale.

§      Spazio attraente per investire e lavorare

Particolare importanza è attribuita al completamento del mercato interno e alla creazione di un quadro normativo più favorevole alle imprese che, da parte loro, dovrebbero sviluppare la responsabilità sociale. Il mercato interno dei servizi deve essere pienamente operativo, preservando al tempo stesso il modello sociale europeo.

§      Crescita e occupazione al servizio della coesione sociale

Il Consiglio europeo ha ribadito l’obiettivo di attrarre un maggior numero di persone sul mercato del lavoro, investendo in una politica attiva dell’occupazione e in misure volte a conciliare vita professionale e vita familiare; ha rilevato la necessità di dare priorità alle pari opportunità, alle strategie di invecchiamento attivo, alla promozione dell’integrazione sociale e alla trasformazione del lavoro non dichiarato in lavoro regolare; sviluppare nuove fonti occupazionali, nei servizi alle persone e alle imprese, nell’economia sociale, nella pianificazione territoriale e nella protezione dell’ambiente. Le conclusioni sottolineano inoltre che occorre: sviluppare nuove forme di organizzazione del lavoro e una maggiore diversità dei contratti, che combinino meglio flessibilità e sicurezza; intensificare gli sforzi per elevare il livello generale d’istruzione e ridurre il numero di giovani che lasciano la scuola precocemente; assicurare l’apprendimento permanente, in particolare per i lavoratori meno qualificati e per il personale delle piccole e medie imprese.

§      Governance

 

Il Consiglio europeo, inoltre, al fine di migliorare la governance della strategia, ha stabilito un dispositivo semplificato basato su un ciclo di tre anni, con inizio nel 2005, e che sarà rinnovato nel 2008.

 

Il ciclo è stato avviato con la relazione strategica della Commissione discussa dal Consiglio europeo di giugno 2005, che ha adottato gli orientamenti politici per le dimensioni economica, sociale e ambientale della strategia.

Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio ha adottato le linee direttrici integrate presentate dalla Commissionecontenenti indirizzi di massima per le politiche economiche e per l’occupazione.

Seguendo queste linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali, che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate. Gli Stati membri, che hanno rafforzato il coordinamento al loro interno, nominando un “coordinatore nazionale Lisbona” (per l’Italia, il ministro per le politiche comunitarie), hanno presentato i programmi di riforma nazionali nell’autunno 2005.

La Commissione ha presentato, in corrispondenza dei programmi nazionali, un programma comunitario di Lisbona, comprendente l’insieme delle azioni da intraprendere a livello comunitario.

Le relazioni sull’attuazione della strategia di Lisbona, trasmesse annualmente dagli Stati alla Commissione, saranno riunificate in un unico documento, il primo dei quali è stato presentato nell’autunno 2006.

La Commissione riferirà annualmente sull’attuazione della strategia nelle sue tre dimensioni e, conseguentemente, il Consiglio europeo di primavera si pronuncerà sui progressi compiuti e sugli eventuali adeguamenti delle linee direttrici integrate.

 

 

Linee direttrici integrate per la crescita e l'occupazione 2005-2008

Il Consiglio europeo di giugno 2005 ha definito le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008[161], poi formalmente adottate dal Consiglio nel luglio 2005.

Le linee direttrici si articolano in:

A. una raccomandazione[162] del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE)[163], applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità.

I GOPE definiscono, anzitutto, le seguenti linee direttrici macroeconomiche, intese a sostenere uno sviluppo economico equilibrato e a sfruttare il massimo potenziale attuale di crescita:

§      garantire la stabilità economica;

§      assicurare il carattere sostenibile dell’economia, attraverso la riduzione del debito;

§      favorire una allocazione efficace delle risorse;

§      rafforzare la coerenza delle politiche macroeconomiche e strutturali;

§      vigilare che l’evoluzione dei salari contribuisca alla stabilità macroeconomica e alla crescita;

§      contribuire al dinamismo e al buon funzionamento dell’UEM;

In secondo luogo, sono individuate le seguenti linee direttrici microeconomiche, intese a rinforzare l’efficacia e la capacità di adattamento dell’economia europea ed accrescerne il potenziale di crescita:

§      sviluppare e approfondire il mercato interno;

§      assicurare l’apertura e la competitività dei mercati;

§      rendere l’ambiente delle imprese più attraente;

§      incoraggiare una cultura più imprenditoriale e creare un ambiente favorevole alle PMI;

§      ampliare e migliorare le infrastrutture europee e completare i progetti transfrontalieri prioritari approvati;

§      aumentare e migliorare gli investimenti nella ricerca-sviluppo;

§      facilitare l’innovazione e l’adozione delle TIC;

§      incoraggiare l’impiego sostenibile delle risorse e rafforzare le sinergie tra la protezione dell’ambiente e la crescita;

§      contribuire alla creazione di una base industriale solida

 

B. una decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 recante le linee direttrici per l’occupazione[164] che enunciano i seguenti obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri:

§      applicare politiche per l’occupazione volte a raggiungere il pieno impiego, a migliorare la qualità e la produttività del lavoro e a rafforzare la coesione sociale e territoriale;

§      favorire un approccio al lavoro fondato sul ciclo di vita;

§      creare mercati del lavoro che favoriscano l’inserzione di coloro che sono in cerca di lavoro e delle persone svantaggiate;

§      migliorare la risposta ai bisogni del mercato del lavoro;

§      favorire la flessibilità conciliandola con la sicurezza sul lavoro e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro;

§      vigilare che l’evoluzione dei salari e degli altri costi del lavoro sia favorevole all’occupazione;

§      aumentare e migliorare gli investimenti nel capitale umano;

§      adattare i sistemi di educazione e di formazione alle nuove competenze richieste.

Programma comunitario di Lisbona 2005-2008

In ottemperanza alle conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2005 la Commissione ha presentato, il 20 luglio 2005, la comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione (COM(2005)330). Il programma ha proposto misure suddivise in tre settori principali:

§      porre la conoscenza e l’innovazione al servizio della crescita;

§      rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro;

§      creare nuovi e migliori posti di lavoro.

 

Il programma comunitario presentato dalla Commissione è corredato da una tabella che indica, nel dettaglio, le misure legislative e non legislative in corso d’esame presso le istituzioni comunitarie o in via di elaborazione da parte della Commissione europea.

In linea generale, le misure si concentrano sui seguenti obiettivi:

§      promozione della ricerca e dell’innovazione in Europa;

§      riforma del regime degli aiuti di Stato;

§      semplificazione del quadro regolamentare nel quale operano le imprese;

§      completamento del mercato interno dei servizi;

§      raggiungimento di un accordo ambizioso nei negoziati di Doha (nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio);

§      rimozione degli ostacoli alla mobilità dei lavoratori e dei ricercatori;

§      sviluppo di un approccio comune al tema dell’emigrazione per cause economiche;

§      iniziative per affrontare le conseguenze sociali delle ristrutturazioni in alcuni settori economici.

Valutazione di piani nazionali di riforma

Nell’autunno 2005 tutti gli Stati membri hanno approntato programmi nazionali di riforma, di cui la Commissione ha stimato i punti di forza e le carenze in occasione di una prima valutazione, a gennaio 2006, nell’ambito della relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori[165].

In questa prima fase la Commissione ha proposto agli Stati membri di assumere una serie di impegni decisi al fine di potenziare il processo riformatore in quattro settori prioritari: conoscenza (istruzione, ricerca e sviluppo tecnologico e innovazione); liberare il potenziale delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese; innalzare il livello occupazionale; energia.

Gli impegni sostenuti dalla Commissione hanno ricevuto il consenso dai capi di Stato e di Governo in occasione del Consiglio europeo della primavera 2006.

Le specifiche valutazioni della Commissione in relazione al programma nazionale di riforma presentato dall’Italia sono riportate in un apposito paragrafo del presente dossier.

Relazione annuale della Commissione

La Commissione ha presentato, il 12 dicembre 2006, la relazione annuale sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata “Un anno di realizzazioni” (COM(2006)816).

La relazione, che è stata presentata al Consiglio europeo di primavera del 2007, si basa sui rapporti nazionali di attuazione presentati dagli Stati membri nell’autunno 2006 e sul riesame, compiuto dalla stessa Commissione, dell’andamento delle riforme a livello di UE nel contesto del programma comunitario di Lisbona.

Tra le conclusioni chiave della relazione si segnalano le seguenti:

§      i progressi negli ultimi anni sono stati validi per quanto concerne l’impulso alla ricerca e sviluppo tecnologico e l’innovazione, il miglioramento del quadro normativo e il miglioramento del contesto in cui le aziende operano, soprattutto le PMI;

§      si sono registrati importanti passi avanti per quanto concerne il rafforzamento della sostenibilità finanziaria, grazie alle misure appropriate che i governi hanno generalmente adottato per migliorare le loro posizioni di bilancio e per affrontare i previsti aumenti dei costi delle pensioni e dell’assistenza sanitaria. La continuazione di questo processo e il risanamento delle finanze nel medio-lungo termine rimangono una sfida di rilievo;

§      la scarsa concorrenza in molti mercati, soprattutto quelli dei servizi in rete, compreso quello energetico, continua a rallentare l’Europa;

§      nei mercati del lavoro sono state adottate delle misure significative. L’occupazione è in aumento e la disoccupazione cala. Il crescente consenso a favore di un approccio di flessicurezza alla riforma del mercato del lavoro costituisce uno sviluppo estremamente positivo che, tuttavia, deve essere ancora tradotto pienamente in azione.

 

La relazione annuale comprende 25 “capitoli per paese”, nell’ambito dei quali sono esposti i progressi realizzati dagli Stati membri nell’attuazione delle misure previste dai programmi nazionali di riforma. Per le raccomandazioni relative all’Italia si rinvia al paragrafo 7.

 

Il Programma nazionale di riforma 2006-2008

Nel quadro del rilancio della strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005, le cui modalità di intervento sono state precisate dal Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005 con gli Orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione 2005-2008, il Governo italiano ha approvato, in data 14 ottobre 2005, il Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione (PICO), nel quale vengono indicati le riforme, le misure e gli interventi nazionali programmabili per perseguire gli obiettivi dell'Accordo di Lisbona del 2000.

Il Piano ha individuato cinque obiettivi prioritari:

§      l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese;

§      l’incentivazione della ricerca scientifica e tecnologica;

§      il rafforzamento dell’istruzione e della formazione;

§      l’adeguamento delle infrastrutture materiali e immateriali;

§      la tutela dell’ambiente.

In questo ambito le categorie di interventi delineate dal Piano hanno riguardato sia provvedimenti di carattere generale per il sistema economico, sia progetti specifici con effetti positivi sulla produttività e competitività dell’economia italiana.

 

Il 19 ottobre 2006 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Programma nazionale di riforma 2006-2008 – Primo Rapporto sullo stato di attuazione della strategia di Lisbona (PNR), che è stato trasmesso alla Commissione europea a cura del Ministro per il commercio internazionale e le politiche europee.

Il Programma, oltre a confermare i cinque obiettivi prioritari, reca una descrizione analitica dello stato di avanzamento dei progetti e dei provvedimenti indicati nel Piano dal precedente Governo, illustra in dettaglio le azioni che l’attuale Governo intende perseguire per accelerare e migliorare la qualità dello sviluppo:

§      estensione dell’area di libera scelta: saranno adottati provvedimenti atti a garantire una maggiore concorrenza e semplificazione della legislazione, la liberalizzazione dei servizi e la riduzione dei tempi delle autorizzazioni amministrative;

§      ricerca e l’innovazione: sono previste iniziative di forte incentivazione, anche in relazione ad un maggiore partenariato pubblico-privato;

§      istruzione e formazione: si intende favorire la formazione permanente ed una maggiore efficacia del sistema educativo, in modo da accrescere la partecipazione al lavoro (in particolare l’occupazione femminile, ancora al di sotto della media europea) e favorire l’investimento in capitale umano, ovvero garantire la qualità del lavoro;

§      infrastrutture: viene stabilito che i finanziamenti siano concentrati sulle infrastrutture prioritarie per il sistema produttivo;

§      tutela ambientale: viene previsto lo sviluppo di tecnologie utili sia ad aumentare l’efficienza energetica dei processi produttivi, sia a sostenere la competitività delle imprese.

 

Per quanto concerne la valutazione finanziaria degli interventi, il Governo ha trasmesso alla Commissione europea, in allegato al Programma nazionale di riforma, una “griglia di valutazione” delle misure con l’indicazione sia dello stato di attuazione delle medesime, sia degli stanziamenti previsti per ciascuna di esse. Si rileva che il finanziamento degli interventi è garantito, oltre che dalle risorse di provenienza comunitaria e nazionale, anche da quelle messe a disposizione dalle regioni: a tale scopo vengono infatti utilizzati anche i fondi strutturali, con il relativo cofinanziamento nazionale, e le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate.

La stima di spesa complessiva destinata all’attuazione dei programmi nazionali e comunitari è stata valutata intorno ai 60 miliardi di Euro per il periodo 2006-2008 (pari a circa l’1,3% del PIL), come si evince dalle tabelle di seguito indicate che riportano, rispettivamente, gli stanziamenti previsti per priorità nazionali e per aree di azione prioritaria, secondo le indicazioni del Consiglio europeo di marzo 2006.

Si osserva peraltro che i dati finanziari risalgono al mese di ottobre 2006: pertanto sono suscettibili di alcune correzioni dovute alle misure approvate con la Legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007)

 

Gli importi, espressi in milioni di euro, sono aggiornati al 18 ottobre 2006.

 

Ripartizione per priorità nazionali

Numero di misure

Stanziamenti

 

Estendere l’area di libera scelta

28

410,70

Ricerca e innovazione tecnologica

51

10.593,60

Aumentare l’occupazione, rafforzare la formazione e l’inclusione sociale, ridurre le disparità

59

14.875,59

Infrastrutture

11

34.330,40

Tutela ambientale

18

475,90

Sostenibilità fiscale di lungo termine

7

---

Totale

174

60.668,19

Ripartizione per aree di azione prioritaria

Numero di misure

Stanziamenti

Sbloccare il potenziale delle imprese, in particolare PMI

23

165,11

Investire di più in conoscenza e innovazione

70

11.319,36

Creare più posti di lavoro di maggiore qualità

42

14.395,42

Ottenere un mercato dell’energia efficiente e integrato

7

180,00

Totale

142

26,059,89

Tutela ambientale

14

277,90

Infrastrutture

11

34.330,40

Totale

25

34.608,30

Altre

7

 

Totale

174

60.668,19

 

Si ricorda che in precedenza la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), all’articolo 1, commi 357-360, aveva istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Fondo per l’innovazione, la crescita e l’occupazione finalizzato a finanziare:

§      i progetti individuati dal Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione;

§      gli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario, proposti dal Ministro della salute.

Il successivo comma 358 dell’articolo 1 della medesima Legge aveva, peraltro, stabilito che gli interventi e i progetti previsti dal Fondo potessero essere realizzati solo previo reperimento delle risorse finanziarie necessarie da parte di appositi provvedimenti legislativi, nonché previa identificazione di ulteriori coperture finanziarie, concordate con la Commissione europea, ai fini della compatibilità con gli impegni comunitari in sede di valutazione del programma italiano di stabilità e crescita. Le risorse affluite al fondo dovevano essere poi ripartite con delibere del CIPE, chiamate a stabilire i criteri e le modalità di attuazione dei progetti, riservando il 15% dell’importo agli interventi di adeguamento tecnologico nel settore sanitario (comma 359).

Si osserva, peraltro, che nel corso del 2006 non è stato approvato alcun provvedimento legislativo recante stanziamento di risorse a favore del citato Fondo.

 

La politica regionale per la Strategia di Lisbona

Il Programma Nazionale di Riforma 2006-2008 evidenzia come, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Strategia di Lisbona, sia necessaria una forte e puntuale partecipazione della politica regionale nazionale, basata su una stretta collaborazione tra Governo e Regioni, che ha portato queste ultime a partecipare al processo di definizione sia del Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione del 2005 sia del successivo Programma nazionale di riforma (cfr. al riguardo il paragrafo del presente dossier relativo alla politica di coesione).

 

La valutazione del PICO da parte della Commissione europea

Nella relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori, presentata nel gennaio 2006, la Commissione ha operato una specifica valutazione del PICO presentata dall’Italia.

Secondo la Commissione tra i punti di forza del programma figurano gli interventi diretti a migliorare il contesto normativo in cui operano le imprese, in particolare attraverso la riduzione dei costi amministrativi e la riforma della legge fallimentare.

La Commissione rileva che il programma nazionale riconosce l’importanza dell’integrazione fra le dimensioni microeconomica, macroeconomica e dell’occupazione; non vengono tuttavia individuati obiettivi per la spesa inerente alla ricerca e sviluppo tecnologico.

La relazione della Commissione incoraggia le autorità italiane ad accrescere i loro sforzi per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche e ad adottare misure più incisive e più specifiche per promuovere la concorrenza, soprattutto nelle industrie e nei servizi di rete. Sollecita inoltre l’adozione di un approccio più generale diretto ad accrescere l’offerta di lavoro e i tassi di occupazione, intervenendo in particolare sulle disparità regionali.

La Commissione sottolinea che la creazione di un numero consistente di posti di lavoro negli ultimi anni ha contribuito a far scendere il tasso di disoccupazione all’8% nel 2004, ossia al di sotto della media UE. Contemporaneamente il tasso di occupazione, pari al 57,6% (2004) rimane molto al di sotto dell’obiettivo di Lisbona. Osserva inoltre che l’Italia ha registrato una perdita di competitività sul piano internazionale e ha un debito pubblico molto forte.

 

Nella relazione annuale sull’attuazione della strategia di Lisbona, presentata nel dicembre 2006 (cfr. paragrafo 5), la Commissione ha formulato valutazioni aggiornate sull’attuazione del PICO. Tali valutazioni tengono conto del primo rapporto sullo stato di attuazione presentato dal Governo nell’ottobre 2006.

Secondo l’analisi della Commissione europea, l’attuazione del programma di riforma per la crescita e l’occupazione varato dall’Italia ha registrato finora progressi considerevoli. Rispetto al programma nazionale di riforma dello scorso anno, il rapporto sullo stato di attuazione presentato dall’Italia a ottobre 2006 illustra una strategia più chiara, che abbraccia tutti i settori di intervento con le rispettive sinergie, secondo un approccio più ambizioso. La Commissione rileva che i progressi più sostanziali si registrano sul versante microeconomico; per quanto riguarda le strategie e i provvedimenti sul fronte macroecoomico, la Commissione ritiene che siano in generale adeguati, ma che tutto dipenda dalla loro attuazione. Tra i punti di forza della riforma italiana, la Commissione individua: i provvedimenti volti a potenziare la competitività delle libere professioni e di altri servizi; gli sforzi per un impiego più esteso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; le misure per un maggior coordinamento degli interventi intesi a migliorare il clima commerciale.

 

La Commissione raccomanda all’Italia di:

§      perseguire una politica rigorosa di risanamento fiscale, in modo che il rapporto debito pubblico/PIL cominci a diminuire, e dare piena attuazione alle riforme pensionistiche, nell’intento di garantire la sostenibilità a lungo termine dei conti pubblici;

§      proseguire sulla strada delle riforme al fine di accrescere la competitività nei mercati dei prodotti e dei servizi;

§      ridurre le disparità regionali in termini di occupazione lottando contro il lavoro irregolare, potenziando i servizi per la prima infanzia e garantendo l’efficienza dei servizi per l’occupazione su tutto il territorio nazionale;

§      sviluppare una strategia globale di apprendimento continuo e migliorare la qualità dell’istruzione garantendone l’adeguatezza al mercato del lavoro.

 

Secondo la Commissione, inoltre, è importante che l’Italia concentri gli sforzi in materia di: ricerca e sviluppo, in cui, malgrado gli sviluppi positivi in specifici campi, la strategia rimane nell’insieme incompleta; provvedimenti efficaci volti ad una maggiore sostenibilità dei servizi sanitari e che ne garantiscano la qualità e l’accessibilità; uso sostenibile delle risorse, dove è essenziale attuare e quindi potenziare le misure; attuazione dei piani di ristrutturazione infrastrutturale; istituzione di un sistema globale di valutazione d’impatto della normativa proposta.

 

Il Consiglio europeo di primavera 2007

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha confermato quanto rilevato nella citata relazione della Commissione relativa all’attuazione della strategia nel 2006, riguardo agli sforzi concreti che gli Stati membri stanno compiendo per far avanzare le riforme, benché i risultati varino a seconda dello Stato membro e delle politiche. Il Consiglio ha approvato le raccomandazioni indirizzate dalla Commissione a ciascun paese relativamente alle politiche economiche e occupazionali per gli Stati membri e la zona dell’euro i cui Stati membri dovrebbero garantire un efficace coordinamento delle politiche.

Il Consiglio europeo, per consentire la preparazione del prossimo ciclo triennale della strategia di Lisbona rinnovata:

§      ha invitato la Commissione a presentare una relazione intermedia nell’autunno del 2007, in vista della proposta di orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione (2008-2011);

§      ha invitato gli Stati membri a presentare tempestivamente le relazioni nazionali sull’attuazione dei programmi nazionali di riforma;

§      ha sottolineato la rilevanza dello scambio di migliori pratiche nel contesto della sorveglianza multilaterale e esorta a una maggiore cooperazione tra i coordinatori di Lisbona;

§      nel confermare l’importanza di un più forte sentimento di appartenenza della società civile, delle parti sociali, delle regioni e delle autorità locali, soggetti chiave per la realizzazione degli obiettivi della strategia, ha rilevato la necessità di un ulteriore impegno per migliorare la comunicazione;

§      ha sottolineato il ruolo fondamentale delle parti sociali e la necessità del loro continuo e attivo contributo al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona.

 

Il programma delle tre Presidenze tedesca, portoghese e slovena dell’Unione europea considera una priorità l’attuazione della strategia di Lisbona riveduta, ritenuta elemento essenziale per rafforzare la competitività dell’UE, favorire la creazione di posti di lavoro e la crescita. Il programma ricorda che nel 2007 si concluderà il primo ciclo di governance della strategia, previsto dalla revisione, e che nell’autunno dello stesso anno gli Stati membri presenteranno la seconda relazione di attuazione dei rispettivi programmi nazionali di riforma. Le Presidenze intendono preparare il Consiglio a valutare efficacemente tali documenti ed elaborare conclusioni destinate al Consiglio europeo di primavera 2008. Il nuovo ciclo di governance inizierà nel gennaio 2008, quando la Commissione presenterà la sua relazione strategica, che sarà esaminata dalle pertinenti formazioni del Consiglio e discussa dal Consiglio europeo di primavera del 2008; nel giugno del 2008 saranno adottati formalmente i nuovi orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione, nonché raccomandazioni specifiche per ciascun paese. Le tre Presidenze intendono infine promuovere le opportune iniziative per contribuire al riesame della strategia di Lisbona rinnovata.

Più specificamente, la Presidenza portoghese dell’Unione europea ritiene essenziale assicurare la piena attuazione della Strategia di Lisbona e intende avviare la preparazione del nuovo ciclo che inizierà nel 2008.

 

Gli stanziamenti per la crescita e la competitività nel quadro finanziario 2007-2013

Il 17 maggio 2006Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea hanno stipulato l’accordo interistituzionale sulle prospettive finanziarie dell’UE per il periodo 2007-2013[166].

L’accordo interistituzionale fissa il massimale medio delle spese dell’UE per il 2007-2013 all’1,048% del reddito nazionale lordo (RNL) europeo in stanziamenti di impegno (pari a 864,316 miliardi di euro) e all' 1 % in stanziamenti di pagamento (pari a 820,780 miliardi di euro).

Gli stanziamenti per il finanziamento di interventi per la crescita e la competitività nell’ambito della strategia di Lisbona sono collocati nella rubrica 1 “Crescita sostenibile” del quadro finanziario 2007-2013e in particolare nella sotto rubrica 1aCompetitività per la crescita e l’occupazione”. Peraltro anche gli stanziamenti contenuti nella sotto rubrica 1bCoesione per la crescita ed occupazione”, relativi ai fondi strutturali destinati alla politica di coesione, debbano integrare gli obiettivi definiti dalla strategia di Lisbona, come previsto espressamente negli orientamenti strategici per la coesione economica, sociale e territoriale 2007-2013, adottati con la decisione 2006/702/CE.

 

Di seguito si riportano gli stanziamenti relativi alle due sottorubriche per ciascuno degli anni del periodo di riferimento.

 

QUADRO FINANZIARIO 2007-2013
(milioni di euro - prezzi 2004)

STANZIAMENTO DI IMPEGNO

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

Totale

2007-2013

1. Crescita sostenibile

51 267

52 415

53 616

54 294

55 368

56 876

58 303

382 139

1a Competitività per la crescita e l'occupazione

8 404

9 097

9 754

10 434

11 295

12 153

12 961

74 098

1b Coesione per la crescita e l'occupazione

42 863

43 318

43 862

43 860

44 073

44 723

45 342

308 041

 

Mercato interno

L’importanza del completamento del mercato interno è stata evidenziata dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005, in occasione del rilancio della strategia di Lisbona ed è stata successivamente ribadita anche dal Consiglio europeo della primavera 2006.

In considerazione delle conclusioni del Consiglio europeo di marzo 2006, il 20 aprile 2006 la Commissione ha predisposto un documento in vista dell’elaborazione di nuovi orientamenti nel settore del mercato interno, sul quale ha avviato una consultazione pubblica che si è conclusa il 15 giugno 2006. Il documento effettua una valutazione della situazione attuale ed individua una serie di priorità politiche future.

Relativamente alle priorità future, la Commissione individua cinque settori di intervento:

1)       incoraggiare il dinamismo e l’innovazione nel mercato interno mediante azioni in settori quali la proprietà intellettuale, gli appalti, nuove forme di finanziamento per i progetti innovativi, un migliore accesso al mercato per i servizi;

2)       garantire un quadro normativo di alta qualità soprattutto al fine di favorire lo sviluppo delle PMI – spesso soggette ad un onere regolamentare eccessivo - e di rendere più attraenti i mercati europei;

3)       migliorare l’attuazione e l’applicazione della normativa;

4)       rispondere più efficacemente alla globalizzazione, introducendo adeguamenti nel mercato interno al fine di attirare investimenti esteri e di consentire alle imprese europee di essere competitive a livello internazionale. In questo contesto la Commissione invita i Parlamenti nazionali, le autorità di controllo e le altre istanze regolamentari ad approfondire la loro cooperazione a livello internazionale in maniera coordinata per consentire all’UE di parlare con una sola voce e di rafforzare il suo ruolo nelle sedi internazionali destinate all’elaborazione di regole quali l’OMC (Organizzazione mondiale del commercio), la WIPO (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale) o l’UN/ECE (Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite);

5)       migliorare l’informazione dei cittadini e delle imprese sulle opportunità offerte dal mercato interno per consentire loro di trarne i massimi benefici.

Il 30 ottobre 2006 la Commissione ha pubblicato un documento di lavoro relativo ai risultati della consultazione (SEC(2006)1215) nel quale si rileva che le parti interessate esprimono il proprio sostegno alle priorità individuate, invitando la Commissione a sviluppare una visione del mercato interno più chiara e completa con proposte concrete, una solida analisi economica e un’adeguata strategia di comunicazione per informare i cittadini e le imprese delle opportunità offerte dal mercato interno e delle sue potenzialità.

Quale prosecuzione della riflessione così avviata, la Commissione ha annunciato la presentazione, tra le iniziative strategiche del programma legislativo e di lavoro per il 2007, di una comunicazione sul riesame del mercato unico - in vista dell’elaborazione di nuovi orientamentiin materia.

 

Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 ha ribadito che l’ulteriore rafforzamento delle quattro libertà del mercato interno (libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali) e il miglioramento del suo funzionamento rimangono fattori fondamentali per la crescita, la competitività e l’occupazione. Il Consiglio europeo attende con interesse la presentazione, in autunno, del riesame del mercato unico a cura della Commissione, corredato delle proposte legislative correlate.

 

Servizi postali

Il 18 ottobre 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2006)594) volta a modificare la direttiva 97/67/CE relativa a regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari ed il miglioramento della qualità del servizio (cosiddetta “direttiva postale”)[167].

L’obiettivo della proposta - che fissa una serie di princìpi armonizzati volti a regolamentare i servizi postali in un mercato aperto - è quello di completare la realizzazione del mercato interno dei servizi postali entro il 2009, abolendo i diritti speciali o esclusivi e garantendo un livello comune di servizio universale per tutti gli utenti. In base alle nuove disposizioni, il servizio universale sarà garantito in tutti gli Stati membri; a tale proposito la proposta mantiene inalterato l’obbligo a carico degli Stati membri di garantire la fornitura del servizio universale con la raccolta e la distribuzione della posta al domicilio di ogni persona fisica o giuridica tutti i giorni lavorativi e almeno 5 giorni a settimana. Sarà invece abolita la possibilità per gli Stati membri, a partire dal 1° gennaio 2009, di attribuire o mantenere diritti esclusivi a vantaggio di un operatore o di mantenere zone riservate sul proprio territorio per la prestazione dei servizi postali.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo, in prima lettura, il 10 luglio 2007.

 

Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 ha invitato il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione a concludere con celerità le discussioni sul tema del mercato interno dei servizi postali.

 

Il programma della Presidenza portoghese dell’Unione europea pone l’accento sull’esigenza di risollevare il funzionamento del mercato interno in un’ottica di efficacia; intende suscitare le condizioni che consentano di stabilire una nuova agenda del mercato interno, sulla base della annunciata comunicazione della Commissione. L’attenzione è posta in particolare sul mercato interno dei servizi finanziari, la lotta contro la frode, l’evasione fiscale e i servizi postali.

Politica industriale

Il programma della Presidenza portoghese dell’UE pone l’accento sulla revisione intermedia della politica industriale e della politica relativa alle piccole e medie imprese; intende incoraggiare un dibattito focalizzato sul rafforzamento della competitività delle piccole e medie imprese, incluso il loro accesso ai finanziamenti. Intende proseguire il piano d’azione per l’innovazione e promuovere un dibattito sull’avvenire della politica scientifica e tecnologica in Europa. Desidera favorire l’iter di approvazione della proposta di regolamento sull’Istituto europeo di tecnologia.

Il Consiglio competitività ha adottato, il 21 maggio 2007, conclusioni sulla politica industriale

In particolare, il Consiglio: conferma l’importante ruolo della politica industriale per il raggiungimento degli obiettivi del programma di Lisbona; invita la Commissione a presentare un approccio integrato per una migliore utilizzazione e tutela dei diritti di proprietà intellettuale nonché per la lotta alla contraffazione e alla pirateria; chiede alla Commissione di elaborare un approccio politico coerente per quanto riguarda le forniture di materie prime per l’industria, in tutti i pertinenti settori; si compiace dei risultati positivi delle iniziative settoriali in materia di industria automobilistica, biotecnologia, costruzione navale nonché TIC recentemente presentate dalla Commissione e dell’intenzione della Commissione di riferire in modo esaustivo, in una nuova comunicazione sulla politica industriale, in merito ai risultati delle iniziative e di presentare nuove iniziative che tengano conto del cambiamento delle condizioni quadro verificatosi dopo il 2005. Alle conclusioni generali seguono, inoltre, conclusioni specifiche per quanto riguarda: l’industria automobilistica; il settore delle scienze della vita e della biotecnologia; il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; il settore della costruzione navale.

Ricerca e innovazione

Orientamenti generali della politica europea per la ricerca e l’innovazione

Il Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005, procedendo alla revisione intermedia della strategia di Lisbona, ha indicato, nelle sue conclusioni la conoscenza e l’innovazione tra gli assi fondamentali per il rilancio di tale strategia in quanto fattori fondamentali per conseguire una crescita sostenibile dell’economia europea.

Il Consiglio ha sottolineato, tra l’altro, che è importante:

§      conseguire l’obiettivo generale di un livello di investimenti per la ricerca pari al 3% del PIL di ciascuno Stato membro[168], con una ripartizione adeguata tra investimenti privati e pubblici;

§      incoraggiare un autentico dialogo tra le parti interessate, pubbliche e private, della società della conoscenza;

§      rafforzare l’attrattiva dell’Europa per i ricercatori attraverso un miglioramento effettivo delle loro condizioni di mobilità e di esercizio della professione.

Le conclusioni del Consiglio europeo contenevano, altresì, auspici per l’istituzione di un Consiglio europeo della ricerca destinato a sostenere la ricerca di eccellenza e la ricerca di base, nonché l’invito agli Stati membri a sviluppare la politica di innovazione in funzione delle loro specificità promuovendo, tra l’altro, la ricerca congiunta tra imprese e università, e migliorando l’accesso al capitale di rischio, sviluppando partenariati per l’innovazione e poli di innovazione a livello regionale e locale.

Tali conclusioni sono state attuate attraverso una serie di iniziative, quali ad esempio la comunicazione della Commissione Potenziare la ricerca e l’innovazione – Investire per la crescita e l’occupazione: una strategia comune” (COM(2005) 488), presentata il 12 ottobre 2005, e confermate dai successivi Consigli europei, in particolare da quelli del 14-15 dicembre 2006 (v. oltre) e dell’8-9 marzo 2007.

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 ha dedicato ampio spazio al tema, ponendo l’accento, nelle conclusioni, sulla necessità di rafforzare innovazione, ricerca e istruzione. In tale prospettiva, in particolare, il Consiglio europeo:

§      ribadisce l’importanza di destinare il 3% del PIL alla ricerca e allo sviluppo entro il 2010 e sottolinea l’esigenza di ottimizzare le sinergie tra programmi comunitari, migliorare la trasformazione dei risultati della ricerca in prodotti e servizi innovativi e assicurare l’opportuna condivisione delle conoscenze tra tutti i partner;

§      invita la Commissione a presentare raccomandazioni su orientamenti per la cooperazione e il trasferimento di tecnologia tra la ricerca pubblica e l’industria e a presentare, in via prioritaria, le strategie in materia dei diritti di proprietà intellettuale e di brevetti;

§      invita la Commissione e gli Stati membri a far progredire l’attuazione della strategia politica di innovazione;

§      invita la Commissione a presentare proposte relative ad iniziative tecnologiche congiunte in determinati settori di importanza strategica e a presentare proposte per predisporre la partecipazione comunitaria ai programmi di Ricerca e sviluppo tecnologico intrapresi da vari Stati membri, nella prospettiva di lanciare le iniziative più avanzate nel 2007;

§      pone in rilievo il ruolo importante riservato al Consiglio europeo della ricerca, istituito con decisione della Commissione del 2 febbraio 2007 in attuazione del programma specifico “idee”, nell’ambito del settimo programma quadro (2007-2013) di attività comunitarie di ricerca;

§      pone l’accento su istruzione e formazione, presupposti essenziali per il buon funzionamento del triangolo della conoscenza (istruzione – ricerca – innovazione), e sottolinea che gli Stati membri sono determinati a proseguire le riforme, in particolare modernizzando l’istruzione superiore, assicurando un’istruzione e formazione professionale di alta qualità;

§      chiede al Consiglio e al Parlamento europeo di concludere l’esame della proposta della Commissione relativa ad un Istituto europeo di tecnologia al fine di adottare una decisione al riguardo entro la fine dell’anno 2007;

§      pone l’accento sulle tecnologie ambientali e le ecoinnovazioni, invitando la Commissione a presentare proposte per giungere a una strategia integrata per la promozione dell’ecoinnovazione all’inizio del 2008.

 

Dedicando una parte delle sue conclusioni ai temi della ricerca e dell’innovazione, il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007:

§      ha invitato la Commissione a presentare, agli inizi del 2008, iniziative volte a dare un seguito al libro verde sullo spazio europeo della ricerca;

§      ha invitato il Consiglio a raggiungere rapidamente un accordo sulle prime quattro proposte relative ad iniziative tecnologiche congiunte (ARTEMIS, IMI, Clean Sky, ed ENIAC) e a presentare quanto prima le restanti iniziative tecnologiche congiunte individuate nel programma specifico "Cooperazione" che attua il settimo programma quadro per le attività di ricerca;

§      ha apprezzato i progressi realizzati in merito all’approvazione della proposta di regolamento relativo alla creazione dell’Istituto europeo di tecnologia e ha invitato, pertanto, il Consiglio a giungere, ad un orientamento generale su tale regolamento, anche per quanto concerne un finanziamento adeguato in conformità delle procedure di bilancio della Comunità. Il Consiglio europeo confida, in ogni caso, che la decisione finale del Consiglio e del Parlamento europeo possa essere presa entro la fine di quest'anno;

§      ha accolto con soddisfazione l'iniziativa relativa ad una Carta europea per l'uso della proprietà intellettuale degli istituti di ricerca e università pubblici (Carta sulla proprietà intellettuale), volta a migliorare il trasferimento delle conoscenze tra ricerca e industria, e il contributo che essa potrà dare allo sviluppo dello spazio europeo della ricerca[169].

 

Programma quadro per la competitività e l’innovazione

Il 12 ottobre 2006 il Consiglio ha adottato – nell’ambito delle azioni previste dalla Strategia di Lisbona - una decisione[170] che istituisce un programma quadro per la competitività e l’innovazione (2007-2013).

Il programma, che ha una dotazione finanziaria complessiva di 3,2 miliardi di Euro per il suo periodo di durata, persegue i seguenti obiettivi: promuovere la competitività delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese; promuovere tutte le forme di innovazione; accelerare lo sviluppo di una società dell’informazione sostenibile, competitività, innovativa; promuovere l’efficienza energetica e fonti energetiche nuove e rinnovabili in tutti i settori.

 

Strategia di innovazione

Accogliendo la richiesta del Consiglio europeo della primavera 2006, il 13 settembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Mettere in pratica il sapere: una strategia di innovazione allargata per l’Unione europea” (COM(2006)502). Si tratta di un programma concernente un’azione a livello nazionale ed europeo destinata a promuovere l’innovazionecome stimolo principale dell’economia europea,[171] articolato in dieci azioni prioritarie:

§      definizione di sistemi di insegnamento favorevoli all’innovazione;

§      creazione di un Istituto europeo per la tecnologia;

§      costituzione di un mercato del lavoro unico per i ricercatori;

§      rafforzamento delle connessioni tra ricerca e industria;

§      promozione dell’innovazione regionale nel quadro dei nuovi programmi di politica di coesione;

§      riforma della regolamentazione degli aiuti di Stato in materia di ricerca e sviluppo tecnologico e di innovazione e miglioramento degli orientamenti per gli incentivi fiscali in questo settore;

§      rafforzamento della protezione dei diritti di proprietà intellettuale;

§      prodotti e servizi numerici – iniziativa concernente il percepimento dei diritti d’autore;

§      messa a punto di una strategia per i mercati pilota favorevoli all’innovazione;

§      incentivi all’innovazione attraverso gli appalti.

 

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006, sulla scorta delle discussioni effettuate nel Consiglio europeo informale che si è svolto a Lahti (Finlandia) il 20 ottobre 2006 , ha ribadito che l’innovazione è cruciale ai fini della capacità europea di rispondere con efficacia alle sfide e alle opportunità della globalizzazione e ha posto l’accento sulla necessità di un’impostazione strategica volta a creare un ambiente favorevole all’innovazione in cui la conoscenza sia convertita in prodotti e servizi innovativi.

Il Consiglio europeo, in particolare, ha invitato:

§      la Commissione a presentare, nel 2007, una strategia globale in materia di diritti di proprietà intellettuale (DPI) e la comunicazione sui brevetti[172];

§      il Consiglio ed il Parlamento europeo ad agire rapidamente per adottare, nel 2007, la decisione sulla creazione dell’Istituto europeo di tecnologia (v.infra);

§      la Commissione a presentare proposte per l’istituzione di iniziative tecnologiche congiunte sotto la guida dell’industria, aperte anche alle PMI, in modo da avviare nel 2007 le più avanzate;

§      la Commissione a proporre, in consultazione con tutte le parti interessate, azioni intese a migliorare i metodi di lavoro e le risorse complessive degli enti europei di normalizzazione.

Il Consiglio europeo sottolinea, infine, che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono essenziali per l’innovazione e la competitività; il Consiglio europeo della primavera 2008 dovrebbe passare in rassegna le sfide poste dalla prossima generazione di Internet e di reti nell’ambito della strategia di Lisbona.

Il 24 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzioneMettere in pratica la conoscenza: un’ampia strategia dell’innovazione per l’Europa”, nella quale si dichiara favorevole alla proposta della Commissione concernente l’avvio di una nuova iniziativa a favore dei mercati pilota, allo scopo di facilitare l’immissione sul mercato di nuovi prodotti e servizi innovativi nei settori in cui l’UE può diventare capofila a livello mondiale.

 

Spazio europeo della ricerca

Il Consiglio europeo di Lisbona, nel marzo del 2000, ha approvato l'obiettivo di istituire uno spazio europeo della ricerca (SER), considerato fondamentale per costruire, in Europa, una società della conoscenza in cui ricerca, istruzione, formazione e innovazione siano mobilitate per soddisfare appieno le ambizioni e le aspettative dei cittadini europei in campo economico, sociale ed ambientale.

In questo contesto, il 4 aprile 2007 la Commissione europea ha presentato il libro verde Lo spazio europeo della ricerca: nuove prospettive” (COM(2007)161), inteso ad aprire un ampio dibattito per definire quali orientamenti e quali misure siano necessarie per completare lo sviluppo dello spazio europeo della ricerca (SER).

Il Libro verde sarà sottoposto ad una consultazione fino al 31 agosto 2007. La Commissione formulerà delle proposte nel 2008 sulla base dei risultati della consultazione.

Il Libro verde della Commissione prospetta una visione del possibile sviluppo del SER, individuando sei priorità per realizzare appieno lo spazio europeo della ricerca:

1)       un flusso adeguato di ricercatori competenti, stimolati da un mercato del lavoro unico attraente, accessibile per tutti e senza ostacoli alla mobilità transnazionale;

2)       infrastrutture di ricerca di livello mondiale, integrate, connesse in rete e accessibili ad équipe di ricercatori di tutti i paesi europei e del mondo;

3)       organismi di ricerca "eccellenti", ben inseriti nel contesto sociale ed economico, ma capaci di competere e cooperare dentro e fuori dell’Europa. Tali organismi dovrebbero interagire abitualmente con il mondo dell’impresa e stabilire partnership pubblico-privato durature;

4)       una vera condivisione delle conoscenze, da realizzarsi, tra l’altro:favorendo l’accesso alle basi di conoscenza pubbliche; semplificando ed armonizzando il regime della proprietà intellettuale con l’introduzione di un sistema di brevetti efficiente e di principi condivisi, per quanto attiene alla cooperazione tra ricerca pubblica ed industria;

5)       priorità e programmi di ricerca adeguatamente coordinati, anche attraverso investimenti significativi nella ricerca pubblica programmati e coordinati congiuntamente a livello europeo;

6)       apertura dello spazio europeo della ricerca al mondo, in particolare ai paesi confinanti, unita ad un chiaro impegno ad affrontare le sfide mondiali con i partner dell'Europa, in modo che la cooperazione in campo scientifico-tecnologico contribuisca con efficacia alla stabilità, sicurezza e prosperità mondiale.

La Commissione individua, inoltre, altri tre importanti fattori, trasversali ai precedenti, che dovrebbero caratterizzare lo spazio europeo della ricerca:

§      la politica europea per la ricerca dovrebbe essere profondamente radicata nella società, contribuendo tanto ad aumentare il livello di diffusione delle conoscenze quanto a dare sostegno alle politiche per lo sviluppo sostenibile nei settori di maggior interesse pubblico quali la salute, l’energia e i cambiamenti climatici;

§      occorre trovare un giusto equilibrio tra concorrenza e solidarietà, stimolando l’eccellenza al massimo livello mantenendo, al contempo, una forte cooperazione, indirizzata verso obiettivi di interesse comune;

§      va tratto il massimo vantaggio dalla diversità europea, ulteriormente arricchita all’inizio del 2007 con l’ingresso di Bulgaria e Romania.

Secondo la Commissione, la natura sistemica del SER, che richiede azioni su più fronti e con tempistiche diverse, impone di intervenire immediatamente per poter giungere ad una piena operatività intorno al 2020.

Tra gli elementi che la Commissione individua come essenziali, ai fini di una piena realizzazione del SER, figura l’esigenza di migliorare il trasferimento delle conoscenze tra gli organismi di ricerca e i terzi, ivi compresi l’industria e gli organismi della società civile. Tale obiettivo è stato sottolineato dalla Commissione nella comunicazioneMigliorare il trasferimento delle conoscenze tra gli organismi di ricerca e le imprese nell’insieme dell’Europa: per un’innovazione aperta – Attuare l’agenda di Lisbona“(COM(2007)182), presentata il 4 aprile 2007.

 

Settimo programma quadro di attività comunitarie nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologico

Al fine di rafforzare l'eccellenza e innalzare il livello medio della ricerca in Europa, con decisione n. 1982 del 18 dicembre 2006 è stato istituito il settimo programma quadro di attività comunitarie nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologico (2007-2013).

Il principio di base che anima il programma quadro è quello di incentivare, organizzare e sfruttare tutte le forme di cooperazione nel campo della ricerca, dalla collaborazione nell’ambito di progetti congiunti e di reti fino al coordinamento dei programmi di ricerca nazionali, nonché l’applicazione congiunta di vaste iniziative tecnologiche e lo sviluppo in comune di infrastrutture di dimensione e interesse europei.

Il settimo programma quadro è strutturato in quattro programmi specifici[173], che ricalcano i quattro obiettivi principali della politica europea di ricerca:

§      Cooperazione[174]. Prevede il finanziamento dell’intera gamma di azioni di ricerca condotte nell’ambito della cooperazione transnazionale, dai progetti e le reti in collaborazione fino al coordinamento dei programmi di ricerca.

§      Idee[175]. Prevede la costituzione di un Consiglio Europeo della Ricerca (CER)[176],

§      Persone[177]. Prevede, attraverso le cosiddette “Azioni Marie Curie”, attività a favore della formazione e dello sviluppo delle prospettive di carriera dei ricercatori.

§      Capacità[178]. Prevede il finanziamento degli aspetti chiave delle capacità europee di ricerca e innovazione quali, ad esempio, le infrastrutture di ricerca, la ricerca a vantaggio delle piccole e medie imprese (PMI), i cluster regionali orientati alla ricerca, le attività orizzontali di cooperazione internazionale.

Il settimo programma quadro comprende anche il finanziamento delle azioni dirette del Centro comune di ricerca[179].

 

Trasferimento delle conoscenze

L’esigenza di migliorare il trasferimento delle conoscenze tra gli organismi di ricerca e i terzi, ivi compresi l’industria e gli organismi della società civile è stata sottolineata dalla Commissione nella comunicazioneMigliorare il trasferimento delle conoscenze tra gli organismi di ricerca e le imprese nell’insieme dell’Europa: per un’innovazione aperta – Attuare l’agenda di Lisbona“(COM(2007)182), presentata il 4 aprile 2007.

 

Istituto europeo di tecnologia

Il Consiglio europeo del 21-22 giugno, nelle sue conclusioni, si compiace dei progressi dei lavori sulla proposta di regolamento relativa all'istituzione dell’Istituto europeo di tecnologia (COM(2006)604), che si propone di divenire un faro di eccellenza in Europa e un modello di riferimento per ciò che concerne la collaborazione tra università, ricerca e imprese, al fine di rendere l’Europa un’area maggiormente competitiva.

Come auspicato dal Consiglio europeo, il Consiglio competitività del 25 giugno ha approvato un orientamento generale su tale proposta, in vista di un accordo con il Parlamento europeo che consenta l’approvazione del provvedimento, in prima lettura, entro il 2007.

L’orientamento generale prevede:

§      una copertura finanziaria (308,7 milioni di euro all’anno, per sei anni, a partire dal 1° gennaio 2008) assegnata in modo conforme alle procedure di bilancio della Comunità;

§      la realizzazione in due fasi della rete di comunità della conoscenza e dell'innovazione (CCI), che rappresentano il livello periferico della struttura e che dovrebbero essere istituite attraverso la creazione di partnership tra settore privato, comunità della ricerca e team di eccellenza provenienti dalle comunità della ricerca e delle università: all’inizio sarebbero istituite in numero limitato e selezionate sulla base delle priorità politiche dell’UE[180] per poi procedere ad ulteriori sviluppi in un secondo tempo e solo dopo una attenta valutazione dei risultati conseguiti;

§      ampia autonomia operativa di tali comunità e della struttura centrale di gestione;

§      la condivisione della definizione della strategia di lungo termine, attraverso un’agenda delle attività, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Iniziative tecnologiche congiunte

Al fine di potenziare al massimo la collaborazione tra i settori pubblico e privato nel campo della ricerca, il settimo programma quadro di ricerca (2007-2013) ha previsto la costituzione di imprese comuni per l’attuazione di iniziative tecnologiche congiunte (ITC), intese a creare partenariati pubblico-privato con il coinvolgimento delle imprese, della comunità della ricerca e delle autorità pubbliche a livello europeo (Stati membri, Commissione).

La Commissione ha presentato quattro proposte di regolamento relative all’attuazione di iniziative tecnologiche congiunte (ITC).

Si tratta, in particolare, di: una proposta di regolamento, presentata il 10 maggio, intesa ad istituire l’impresa comune per l'ITC in materia di medicinali innovativi - IMI - (COM(2007)241); una proposta di regolamento, presentata il 15 maggio, relativa alla costituzione dell’”Impresa comune ARTEMIS” (COM(2007)243), l'ITC per i sistemi informatici incorporati, vale a dire i computer invisibili che fanno funzionare le moderne apparecchiature; una proposta di regolamento, presentata il 13 giugno, che istituisce l'impresa comune "CLEAN SKY"(= cielo pulito) (COM(2007)315), che dovrà, tra l’altro, sviluppare tecnologie innovative a ridotto impatto ambientale nel settore dell'aeronautica e dei trasporti aerei; una proposta di regolamento che istituisce un’impresa comune per la gestione di una iniziativa tecnologica nel settore della nanoelettronica denominata ENIAC[1] (COM(2007)356).

Il Consiglio europeo del 21-22 giugno, nelle sue conclusioni, invita il Consiglio a raggiungere rapidamente un accordo sulle prime quattro proposte relative ad iniziative tecnologiche congiunte (ARTEMIS, IMI, Clean Sky ed ENIAC, sulle tecnologie per la nanoelettronica) e invita la Commissione a presentare quanto prima le restanti iniziative tecnologiche congiunte, individuate nel programma specifico "Cooperazione", in attuazione del settimo programma quadro per le attività di ricerca.

 

Modernizzazione delle università

Il 10 maggio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazionePortare avanti l’agenda di modernizzazione delle università: istruzione, ricerca e innovazione” (COM(2006)208). La Commissione ritiene che la ristrutturazione e l’ammodernamento delle università sia un elemento fondamentale per il successo della strategia di Lisbona, nonché per assicurare all’Europa un posto di rilievo nella competizione globale in materia di istruzione, ricerca e innovazione.

A tal fine, la Commissione europea individua nove ambiti in cui si dovrebbero apportare cambiamenti per far sì che le università d’Europa, procedendo con approcci differenziati in relazione al contesto nazionale e regionale, possano raggiungere l’eccellenza nelle funzioni di insegnamento e di ricerca.

In particolare, la Commissione ritiene prioritario: abbattere le barriere attorno alle università in Europa; assicurare una reale autonomia e responsabilità delle università ad esempio sviluppando nuovi sistemi di governance interna che siano basati su priorità strategiche e su una gestione professionale delle risorse umane, degli investimenti e delle procedure amministrative nonché il superamento della frammentazione organizzativa in facoltà, dipartimenti, laboratori e unità amministrative attraverso la concentrazione degli sforzi su priorità istituzionali di ricerca, insegnamento e servizi; incentivare i partenariati strutturati con il mondo dell’economia; fornire il giusto mix diabilità e competenze per il mercato del lavoro;ridurre il deficit di finanziamento e assicurare unamaggiore efficacia deifinanziamenti nell'istruzione e nella ricerca; accrescere l’interdisciplinarità e la transdisciplinarità; attivare le conoscenzemediante l’interazione con la società; premiare l’eccellenza al massimo livello, poiché la Commissione ritiene che unamaggiore competizione tra università, combinata con una maggiore mobilità e un’ulteriore concentrazione di risorse, dovrebbe consentire la creazione di un ambiente di lavoro più aperto e più stimolante in grado di attirare i migliori studiosi e ricercatori, di reclutarli con procedure flessibili, aperte e trasparenti, di garantire piena indipendenza di ricerca ai ricercatori e di offrire al personale interessanti prospettive di carriera; rendere lo spazio europeo dell’istruzione superiore e lo spazio europeo della ricerca più visibili e attraenti nel mondo, sviluppando una cooperazione internazionale più strutturata e compiendo degli sforzi per quanto concerne il riconoscimento accademico attraverso la creazione di un quadro coerente di qualifiche[181] e di sistemi compatibili di certificazione della qualità.

Formazione e istruzione

I più recenti Consigli europei hanno evidenziato l’importanza di puntare sull’istruzione e la formazione, quale modo per valorizzare le risorse umane, soprattutto giovanili, al fine di dare piena attuazione alla strategia di Lisbona.

In particolare, il Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005, nell’individuare gli assi fondamentali del rilancio della strategia di Lisbona, ha posto l’accento sul capitale umano, invitando gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per elevare il livello generale di istruzione e sottolineando che l’apprendimento permanente (cfr. infra) costituisce una condicio sine qua non per realizzare gli obiettivi di Lisbona.

Il Consiglio europeo del 23-24 marzo 2006, nelle sue conclusioni, considera una priorità investire nel campo dell’istruzione e della formazione, settori centrali nell’agenda di Lisbona. In tale contesto, le conclusioni pongono l’accento sul programma di apprendimento permanente per il periodo 2007-2013 e sulla necessità di migliorare i collegamenti tra istruzione superiore, ricerca e imprese nonché di accelerare riforme che pongano in essere sistemi scolastici di elevata qualità, efficaci ed equi. Il Consiglio europeo ritiene che le strategie nazionali per l’apprendimento permanente dovrebbero fornire a tutti i cittadini le competenze e le qualifiche loro occorrenti, avvalendosi di un’assistenza crescente a livello comunitario da parte di programmi di istruzione e formazione quali Erasmus e Leonardo. A tal fine, il Consiglio europeo ritiene che andrebbero compiuti progressi rispetto al quadro europeo delle qualifiche(vd. infra) per favorire maggiore mobilità e un efficiente mercato del lavoro.

Si riportano di seguito le iniziative specifiche in tale contesto all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea.

 

Efficienza ed equità

In accordo con quanto previsto dalla Strategia di Lisbona, la Commissione ha individuato nell’efficienza e nell’equità i temi chiave per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati membri. In tale contesto, l’8 settembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione: “Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione” (COM(2006)481).

La Commissione ritiene, in particolare, che i sistemi di istruzione e formazione dell’obbligo debbano garantire l’istruzione di base e le competenze fondamentali indispensabili per raggiungere il benessere in una società basata sulla conoscenza. I sistemi scolastici con ”smistamento” precoce degli studenti[182], inoltre, sono considerati dalla Commissione potenzialmente in grado di esasperare le differenze e di generare effetti ancor meno equi, in termini di rendimento degli studenti e della scuola, in particolar modo nei confronti dei bambini svantaggiati.

In tale contesto, la Commissione ritiene che il posticipo dello smistamento al livello secondario superiore, unitamente alla possibilità di passare ad un altro tipo di scuola, possa ridurre la segregazione e promuovere l’equità, senza che diminuisca l’efficienza.

Il documento della Commissione evidenzia, altresì, l’importanza di un’istruzione preelementare di qualità elevata, in grado di produrre vantaggi a lungo termine sia sul piano dell’apprendimento che su quello socio-economico, in quanto può limitare, in fasi successive dell’esistenza, spese “riparatorie” collegabili alla criminalità, alla salute e alla disoccupazione.

Tra gli altri fattori rilevanti, ai fini di efficienza ed equità dei sistemi scolastici, il documento della Commissione ricorda la qualità, l’esperienza e la motivazione degli insegnanti e il tipo di pedagogia che utilizzano. La Commissione ritiene, inoltre, fondamentale il ruolo degli insegnanti nel garantire la partecipazione dei soggetti più svantaggiati, pertanto, gli Stati membri dovrebbero elaborare politiche di assunzione in grado di attrarre insegnanti esperti e motivati nelle scuole più impegnative.

Per ciò che riguarda la soluzione, adottata da molti Stati membri, di attribuire ai singoli istituti maggiore autonomia nel decidere il contenuto dei corsi, la destinazione dei fondi o nell’assumere decisioni sul personale, in combinazione con sistemi di responsabilizzazione centralizzati, la Commissione riconosce che essa ha offerto, sul piano empirico, la possibilità di un miglioramento nel rendimento degli studenti. La Commissione ha sottolineato, tuttavia, la necessità di progettare i sistemi di responsabilizzazione in modo tale da evitare che decisioni decentrate possano avere conseguenze locali potenzialmente inique come, ad esempio, nel caso della delimitazione delle zone di utenza scolastica.

La Commissione, infine, ritiene necessario un suo particolare impegno nello sviluppo di una cultura della valutazione, ritenuta indispensabile per completare il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione europei, nel quadro della Strategia di Lisbona.

Il Consiglio istruzione del 13-14 novembre 2006 ha approvato conclusioni su efficienza ed equità nell’istruzione e formazione, osservando, tra l’altro, come sia necessaria una cooperazione a livello europeo per condividere esperienze e buone prassi ed individuare comuni indicatori e parametri di riferimento per valutarne l’evoluzione.

 

Nel quadro di un impegno volto a sviluppare una cultura della valutazione nei sistemi scolastici europei, il 13 aprile 2007,la Commissione ha presentato la comunicazioneQuadro per l'indagine europea sulle competenze linguistiche”(COM(2007)184).

Il documento della Commissione illustra le modalità di realizzazione di un’indagine volta a verificare le abilità degli alunni nelle scuole europee nella prima e seconda lingua straniera studiata, al termine della scuola dell'obbligo. L’avvio del test dovrebbe avvenire nel 2009 e sarà inteso a misurare tre competenze (comprensione scritta, comprensione orale ed espressione scritta) nelle due lingue maggiormente insegnate in ciascuno Stato membro, scelte fra le cinque lingue ufficiali complessivamente più insegnate a livello comunitario (inglese, francese, tedesco, spagnolo e italiano).

 

Apprendimento permanente e quadro europeo delle qualifiche

Il 18 dicembre 2006 è stata adottata la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2006/962/CE, relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, intesa a realizzare uno strumento di riferimento europeo che definisca le “competenze chiave” da fornire a tutti i cittadini, mediante l'apprendimento permanente, per contribuire alla realizzazione personale, alla partecipazione attiva e al miglioramento dell’occupabilità della persona in economie e società basate sulla conoscenza.

I principali scopi del quadro di riferimento sono: identificare e definire le competenze chiave necessarie per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, la coesione sociale e l'occupabilità in una società della conoscenza; coadiuvare l'operato degli Stati membri per assicurare che al completamento dell'istruzione e formazione iniziale i giovani abbiano sviluppato le competenze chiave a un livello che li renda pronti per la vita adulta e costituisca la base per ulteriori occasioni di apprendimento; fornire uno strumento di riferimento a livello europeo per i responsabili politici, i formatori, i datori di lavoro e i discenti stessi; costituire un quadro per un'azione ulteriore a livello comunitario sia nell'ambito del programma di lavoro "Istruzione e formazione 2010" sia nel contesto dei programmi comunitari nel campo dell'istruzione e della formazione.

Le competenze sono definite alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le otto competenze chiave individuate dal documento sono:

1) comunicazione nella madrelingua;

2) comunicazione nelle lingue straniere;

3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;

4) competenza digitale;

5) imparare a imparare;

6) competenze sociali e civiche;

7) spirito di iniziativa e imprenditorialità;

8) consapevolezza ed espressione culturale.

Tali competenze chiave sono intese come ugualmente importanti, poiché ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza.

Il 6 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo alla produzione e allo sviluppo di statistiche sull'istruzione e sull’apprendimento permanente (COM(2005)625), che si propone di stabilire un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche nel campo dell’educazione e dell’apprendimento permanente nell’Unione europea.

La proposta è attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo, secondo la procedura di codecisione.

Il 5 settembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (QEQ) (COM(2006)479).

La proposta intende fornire uno strumento di riferimento per confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE. L’elemento chiave è la definizione di otto livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostando l’attenzione dagli input dell’apprendimento (durata, tipo di istituzione) ai risultati dell’apprendimento.

Il Consiglio istruzione del 13 novembre 2006 ha convenuto su un orientamento generale, in attesa dell’esame in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, da parte del Parlamento europeo. La discussione in seduta plenaria si dovrebbe svolgere nella sessione del 29 settembre 2007. La Commissione auspica che l’adozione della proposta possa avvenire entro il 2007.

Il Parlamento europeo ha approvato, nel corso della seduta del 25 settembre 2006, una risoluzione d’iniziativa sulla creazione di un quadro europeo delle qualifiche.

La risoluzione sottolinea la necessità di istituire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze al fine di favorirne la trasparenza, la trasferibilità, il riconoscimento e l’impiego da parte dei vari Stati membri, nel pieno rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali.

Il 23 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazioneEducazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere” (COM(2006)614), nella quale invita gli Stati membri, tra l’altro, ad adoperarsi per definire priorità ed attuare sistemi di istruzione per gli adulti efficaci ed integrati nella strategia dell’apprendimento permanente. Tali sistemi dovrebbero permettere ai partecipanti un migliore accesso al mercato del lavoro ed una migliore integrazione sociale.

Il documento della Commissione individua cinque priorità nel campo dell’educazione degli adulti: eliminare gli ostacoli alla partecipazione, garantire la qualità dell’educazione degli adulti, individuare forme di riconoscimento e convalida dei risultati dell’apprendimento, fornire stimoli ad investire nella popolazione che invecchia e nei migranti, elaborare la qualità e la comparabilità dei dati sull’educazione degli adulti. Sulla base di tali priorità, la Commissione intende presentare un piano d’azione nel 2007.

Cultura

Agenda europea per la cultura

L’azione comunitaria nel settore della cultura è da sempre orientata al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, mettendo in evidenza, nel contempo, tutto gli elementi riconducibili ad una eredità comune[183].

Ponendo in evidenza tale ruolo fondamentale della cultura nel processo dell'integrazione europea, il 10 maggio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione su un’agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione (COM(2007)242) che propone, per la prima volta, una strategia culturale a livello europeo che comprende anche l’aspetto delle relazioni dell’Europa con i paesi terzi.

La Commissione non manca di sottolineare, tra l’altro, che la cultura è divenuta una risorsa economicaimportante, in un mondo basato sulla conoscenza, al punto che il Consiglio europeo di primavera del 2007 ha evidenziato come gli imprenditori creativi e un'industria culturale vivace costituiscano una straordinaria fonte di innovazione per il futuro.

La comunicazione definisce tre grandi obiettivi che costituiscono nel loro insieme una strategia culturale per le istituzioni europee, gli Stati membri e il settore della cultura e della creazione artistica:

§      la promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale;

§      la promozione della cultura quale catalizzatore della creatività nel quadro della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione;

§      la promozione della cultura quale elemento essenziale delle relazioni internazionali dell'UE.

Gli Stati membri e le loro regioni, la Commissione e tutti gli altri attori interessati sarebbero chiamati ad agire in tale contesto nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

 

Per l'attuazione dell'agenda per la cultura l'Europa deve contare su un forte partenariato tra tutti i protagonisti, articolato su quattro aspetti essenziali:

§      ulteriore sviluppo del dialogo con il settore culturale;

§      adozione di un metodo aperto di coordinamento;

§      sostegno all'elaborazione di politiche fondate su dati fattuali;

§      integrazione della cultura in tutte le politiche pertinenti;

A quest'ultimo proposito, in particolare, la Commissione, oltre a rafforzare il coordinamento tra servizi al proprio interno, la Commissione intende curare con particolare attenzione l’integrazione della cultura nelle politiche che fanno riferimento alla dimensione esterna. In particolare, la Commissione indica come prioritari il dialogo multiculturale, interculturale e interreligioso, la promozione della comprensione tra l'UE e i suoi partner internazionali. La comunicazione fa riferimento al ruolo svolto dall'educazione e al contributo che potrà dare, in questo senso, il nuovo programma Erasmus Mundus[184]. La Commissione sostiene, inoltre, il dialogo e le attività legate alla cultura nel quadro della politica europea di vicinato (PEV), del programma "Investire nelle persone", di istituzioni quali la Fondazione euromediterranea Anna Lindh, e anche nell'ambito dell'iniziativa dell'ONU "Alleanza di civiltà". Infine, la Commissione propone la creazione di un fondo culturale UE-ACP quale contributo europeo comune a favore della distribuzione e in alcuni casi della produzione di beni culturali degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP).

 

Attività del Consiglio

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007, nelle sue conclusioni, nel valutare i progressi ottenuti nella realizzazione degli obiettivi previsti dalla strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, al fine di realizzare un mercato interno ben funzionante, capace di rispondere alle nuove realtà economiche nonché di rafforzare ulteriormente la fiducia dei consumatori e delle imprese, chiede al Consiglio di prestare particolare attenzione alla stimolazione del potenziale delle piccole e medie imprese, anche nei settori culturale e creativo, in considerazione del loro ruolo di motore della crescita, della creazione di posti di lavoro e dell'innovazione.

Il Consiglio istruzione del 24 e 25 maggio 2007 ha approvato conclusioni in relazione al contributo dei settori culturale e creativo al conseguimento degli obiettivi di Lisbona.

Il Consiglio, nel prendere atto che lo studio sull'"economia della cultura in Europa"evidenzia il contributo dell’industria culturale alla crescita economica e all’occupazione in Europa, riconosce altresì la mancanza di dati evidenti e comparabili, che consentano di valutare in modo adeguato il contributo economico di tali settori. Rilevate, inoltre, le difficoltà che tale settore incontra a livello di informazione e formazione per i professionisti del settore, di accesso al finanziamento per le piccole imprese o di ostacoli alla libera circolazione delle persone creative e alla distribuzione dei prodotti, il Consiglio ritiene necessario:

§      promuovere l'elaborazione di politiche basata su dati comprovati, ad esempio definendo priorità e individuando nuovi settori di raccolta dei dati per misurare il contributo delle industrie culturali e creative all'agenda di Lisbona;

§      rafforzare il legame tra istruzione, formazione e settori culturale e creativo, ad esempio, promuovendo i contatti e la cooperazione tra il settore creativo e il mondo degli affari per sensibilizzare maggiormente quest'ultimo al potenziale dei settori culturale e creativo o promuovendo sinergie tra la cultura e l'istruzione al fine di sviluppare le capacità creative;

§      ottimizzare il potenziale delle piccole e medie imprese nei settori culturale e creativo, ad esempio, agevolando l’accesso delle PMI al finanziamento;

§      sfruttare meglio le strutture, i programmi e le iniziative esistenti, ad esempio, valutando meglio l'impatto dei vari programmi e iniziative comunitari sui settori culturale e creativo o utilizzando in modo più efficace il Fondo di coesione e i fondi strutturali per ottimizzare il sostegno alle PMI nei settori culturale e creativo.

 

Programmi ed azioni adottate nel campo della cultura

Nell'ambito delle nuove prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, sono stati approvati i seguenti programmi nel settore della cultura:

§      Cultura 2007” per il periodo 2007-2013 (decisione n. 1855/2006/CE del 12 dicembre 2006), per la diffusione di valori culturali europei comuni attraverso lo sviluppo della cooperazione culturale tra creativi, responsabili culturali e istituzioni culturali al fine di far emergere dal basso un’identità europea. Il programma concentra l’azione comunitaria su 3 obiettivi principali: la mobilità transnazionale di coloro che lavorano nel campo della cultura, la circolazione transnazionale delle opere d’arte e dei prodotti artistici e culturali nonché il dialogo interculturale;

§      Gioventù in azione” per il periodo 2007-2013 (decisione n. 1719/2006/CE del 15 novembre 2006), che mira a sviluppare la cooperazione nel settore della gioventù nell’Unione europea.

§      L’Europa per i cittadini” per il periodo 2007-2013 (decisione n. 1904/2006/CE del 12 dicembre 2006), per la promozione della cittadinanza europea attiva, inteso a superare il divario tra i cittadini e le istituzioni europee favorendo la cooperazione fra i cittadini e le organizzazioni della società civile dei vari paesi partecipanti.

Inoltre si segnala il programma MEDIA 2007 (decisione n. 1718/2006/CE del 15 novembre 2006), nel settore audiovisivo e cinematografico, inteso a rafforzare la competitività del settore, promuovere nell'UE e nel mondo le opere audiovisive europee nonché a conservare e valorizzare la diversità culturale europea e il suo patrimonio cinematografico audiovisivo.

 

Aiuti di Stato nel settore della cultura

Sono all’esame delle Istituzioni europee iniziative volte ad agevolare la concessione di aiuti di stato nel settore della cultura.

Tra queste, si segnala, in particolare, il piano di azione Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerari di riforma degli aiuti di Stato 2005-2009 (COM(2005)107)[185], adottato il 7 giugno 2005 dalla Commissione europea.

Tra i principi che dovranno sottendere la riforma degli aiuti di Stato, illustrati dalla Commissione nel piano d’azione figura, tra l’altro, il riesame degli atti comunitari relativi alla disciplinadegli aiuti di Stato al fine di assicurare l’applicazione coerente e generalizzata degli stessi princìpi nei medesimi atti. La Commissione annuncia che, tra tali atti, valuterà l'opportunità di procedere ad un riesame della comunicazione su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e audiovisive (COM(2001)534)[186]. Inoltre, sulla base dell'esperienza maturata in tale settore, la Commissione prospetta la possibilità di chiedere al Consiglio di estendere il campo di applicazione del regolamento (CE) n. 994/98 - relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE (ex articoli 92 e 93) a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali(cosiddetto “regolamento di abilitazione”) - in modo che anche il cinema possa beneficiare di un'esenzione per categoria[187].

Facendo seguito a quanto previsto nel piano d’azione per la riforma degli aiuti di Stato, sopra citato, il 5 ottobre 2006 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica su un progetto preliminare di proposta di regolamento volta a modificare il regolamento n. 994/98 di cuisopra. La modifica è intesa ad estendere l’esenzione dall’obbligo di notifica agli aiuti di Stato anche nel settore della cultura[188]. La consultazione si è conclusa il 9 novembre 2006.

Turismo

Il 17 marzo 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione rinnovare la politica comunitaria per il turismo: una partnership più forte per il turismo europeo” (COM(2006)134), finalizzata a migliorare la competitività dell’industria europea del turismo e creare più posti di lavoro e di qualità migliore grazie alla crescita sostenibile del turismo in Europa e a livello mondiale.

La Commissione considera il turismo un fattore decisivo per la crescita e l’occupazione, dal momento che l’Europa è la principale destinazione turistica al mondo. Le proposte presentate intendono rafforzare tale vantaggio competitivo attraverso la collaborazione tra tutte le parti impegnate nel settore turistico e contribuire a promuovere le località turistiche dell’Unione europea, come una destinazione unica.

Il 25 settembre 2006 il Consiglio ha approvato conclusioni sulla Comunicazione della Commissione. Il Consiglio concorda sull’importanza del settore per il raggiungimento degli obiettivi di crescita e occupazione previsti dalla strategia di Lisbona e, tra l’altro, invita la Commissione a garantire il coordinamento delle politiche tra i paesi UE e l'industria del settore.

Agricoltura

La Commissione europea ha messo in evidenza, nel Programma legislativo e di lavoro per il 2007, come, nel corso degli ultimi anni, l’Unione europea abbia intrapreso una grande riforma dei mercati agricoli. Tale processo prosegue, dopo l’approvazione nel mese di giugno 2007 della riforma del settore ortofrutticolo e di quello relativo ai prodotti biologici, con le proposte di riforma volte a garantire un avvenire al settore vitivinicolo, per il quale l’Europa dispone di un sicuro vantaggio sulla concorrenza.

 

La riforma del settore vitivinicolo rientra tra le iniziative strategiche della Commissione, che ha presentato, il 4 luglio 2007[189], una proposta di regolamento relativa ad un’ampia riforma i cui obiettivi sono l’aumento di competitività dei produttori europei, la riconquista dei mercati, l’equilibrio della domanda e dell’offerta, la semplificazione delle norme, la salvaguardia delle migliori tradizioni della produzione vitivinicola europea, il rafforzamento del tessuto delle zone rurali e la salvaguardia dell’ambiente.

 

Il Programma legislativo e di lavoro per il 2007, sottolinea che il riesame dei settori agricoli non modificati dalle riforme del 2003 e 2004 costituisce l’aspetto “politico” dell’obiettivo - considerato capitale per l’azione della Commissione - di semplificazione e modernizzazione del quadro comunitario della legislazione agricola, così come anticipato dalla comunicazione, presentata il 19 ottobre 2005, dal titolo “Semplificare e meglio legiferare nel quadro della politica agricola comune” (COM(2005)509).

Tra le iniziative di semplificazione che rientrano tra le priorità del programma della Commissione per il 2007 si segnala la proposta di regolamento sulla revisione della normativa in materia di azioni di informazione e promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi (COM(2007)268), presentata dalla Commissione il 23 maggio 2007 e che unifica la normativa relativa ai due settori.

Per quanto riguarda lo sviluppo rurale la Commissione sottolinea che il 2007 segna l’avvio di una vasta serie di nuovi programmi di finanziamento, nel contesto delle nuove prospettive finanziarie, per il quale sono in fase di definizione ventisette piani strategici nazionali. La definizione e il l’avvio di una nuova generazione di programmi dovrebbe permettere alla politica di sviluppo rurale di contribuire alla modernizzazione economica dell’Unione.

 

Si ricorda, infine, che il 4 aprile 2007 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento inteso ad aumentare a 6 mila euro per beneficiario, in un triennio, il massimale individuale degli aiuti di Stato di modesta entità, gli aiuti “de minimis”, a favore dell’agricoltura. Il limite massimo complessivo per Stato membro verrebbe portato allo 0,6% del valore della produzione agricola (attualmente tale limite è pari allo 0,3%). La Commissione prevede di adottare il regolamento definitivo, dopo la discussione con gli Stati membri, entro la fine del 2007.

 

 

 


La politica regionale e per lo sviluppo del Mezzogiorno

Il Documento di programmazione economico-finanziaria sottolinea che negli ultimi anni il divario tra il Centro-Nord ed il Mezzogiorno, misurato in termini di prodotto per abitante, è rimasto elevato. In particolare, il Centro-Nord ha risentito meno, in media, del forte rallentamento della crescita nel periodo 2001-2005 registrato per l’intero territorio nazionale, per i migliori risultati di variazione del PIL delle regioni del Centro.

 

Variazioni del PIL per macro-area
(valori in %)

 

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2001-2006

Centro-Nord

1,7

0,3

0,1

1,4

0,2

2,0

0,9

- Nord-Ovest

1,7

0,3

0,1

0,8

0,1

2,1

0,8

- Nord-Est

1,1

-0,8

0,3

1,0

0,5

2,2

0,7

- Centro

2,2

1,7

-0,1

2,7

0,1

1,7

1,4

Mezzogiorno

2,3

0,4

-0,2

0,4

-0,3

1,5

0,7

Italia

1,8

0,3

0,0

1,2

0,1

1,9

0,9

Fonte: Rapporto SVIMEZ 2007 sull’economia del Mezzogiorno.

 

Nel 2006, la ripresa è stata guidata in particolare dalle regioni del Nord-Est che hanno registrato un incremento del PIL superiore rispetto a quello del Nord-Ovest e del Centro. Per lo stesso anno, nel Mezzogiorno la crescita ha superato l’1,4 per cento.

Nel 2007, mentre nelle aree del Centro-Nord viene confermato un incremento del PIL pari al 2 per cento, sostenuto da una congiuntura favorevole confermata anche dagli indicatori relativi al clima di fiducia dei consumatori e delle imprese e dall’andamento delle esportazioni, nel Mezzogiorno la domanda di consumo è rimasta debole e la crescita si è attestata su valori inferiori alla media nazionale.

 

Con riferimento agli investimenti pubblici, il DPEF giudica inadeguata l’entità degli stessi rispetto all’obiettivo di recupero dei divari infrastrutturali e di servizio. In particolare, si osserva che la spesa complessiva in conto capitale della pubblica amministrazione per il Mezzogiorno non ha raggiunto gli obiettivi programmatici di incremento, rimanendo attestata su una quota-parte di circa 37,5 per cento sul totale dei valori medi del periodo 2000-2006.

 


Spesa complessiva della P.A. in c/capitale (2000-2006)
(in miliardi di euro 2006)

 

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Media 2000-2006

Spesa ordinaria

 

 

 

 

 

 

 

 

Centro-Nord

30,2

32,2

35,8

37,4

35,6

35,2

34,8

34,5

Mezzogiorno

11,2

8,9

12,9

13,2

11,0

11,6

10,0

11,3

Italia

41,4

41,1

48,7

50,5

46,6

46,8

44,8

45,7

- in % PIL

3,5

3,3

3,8

3,8

3,4

3,3

3,0

3,4

- Mezzogiorno in % Italia

27,0

21,7

26,5

26,1

23,7

24,8

22,3

24,6

Spesa aree sottoutilizzate*

 

 

 

 

 

 

 

 

Centro-Nord

3,4

3,1

2,1

2,7

2,9

3,0

2,7

2,8

Mezzogiorno

10,3

15,2

11,1

10,2

10,7

9,8

11,4

11,2

Italia

13,7

18,3

13,2

12,8

13,6

12,7

14,1

14,1

- in % PIL

1,2

1,5

1,0

1,0

1,0

0,9

1,0

1,1

- Mezzogiorno in % Italia

75,2

83,1

84,2

79,2

78,6

76,8

80,9

79,7

Spesa complessiva

 

 

 

 

 

 

 

 

Centro-Nord

33,6

35,2

37,9

40,1

38,5

38,2

37,5

37,3

Mezzogiorno

21,5

24,1

24,1

23,3

21,7

21,4

21,4

22,5

Italia

55,1

59,3

61,9

63,4

60,3

59,5

58,9

59,8

- in % PIL

4,6

4,8

4,8

4,7

4,3

4,2

4,0

4,5

- Mezzogiorno in % Italia

39,0

40,6

38,9

36,8

36,1

35,9

36,3

37,5

(*) Spesa finanziata con erogazioni del FAS e da risorse comunitarie cofinanziate a livello nazionale.

Fonte: Rapporto SVIMEZ 2007 sull’economia del Mezzogiorno.

 

L’obiettivo programmatico del Governo è di riqualificare la spesa pubblica nel Mezzogiorno ed aumentarne gradualmente la quota fino al 41,4 per cento del totale nazionale nel periodo 2010-2011. Rispetto al periodo 2000-2006, si prevede che la spesa in conto capitale della P.A. varierà secondo la tabella che segue:

 

Spesa in conto capitale della P.A.
(valori in %)

 

2000-2006

2007-2009

2010-2011

 

% PIL

Quota %

% PIL

Quota %

% PIL

Quota %

Centro-Nord

3,4

62,5

3,4

62,1

3,2

58,6

Mezzogiorno

6,5

37,5

6,6

37,9

7,1

41,4

Italia

4,2

100,0

4,1

100,0

4,1

100,0

Fonte: DPEF 2008-2011

Le risorse complessive della politica regionale nella programmazione 2007-2013

Con riferimento alla politica regionale di coesione e sviluppo, Il Documento sottolinea inoltre l’importanza della unificazione della programmazione delle nuove risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale con le dotazioni del Fondo per le aree sottoutilizzate, realizzata con la presentazione alla Commissione europea del nuovo Quadro strategico nazionale (QSN 2007-2013)[190]. Infatti, nella precedente programmazione 2000-2006, la complessa articolazione tra i diversi strumenti finanziari (a livello comunitario, nazionale e regionale) ha limitato la piena attuazione degli obiettivi strategici predefiniti per l’intero periodo.

Pertanto, coerentemente con le linee unitarie di intervento delle politiche regionali, il QSN 2007-2013 ha previsto una programmazione settennale di tutti gli strumenti finanziari di attuazione della politica di coesione e di sviluppo, vale a dire i fondi strutturali comunitari[191], il cofinanziamento nazionale e le risorse aggiuntive nazionali (FAS)[192], relativamente alle nuove aree obiettivo[193].

Il DPEF traccia un quadro delle risorse programmate per area obiettivo che ripropone sostanzialmente quanto già presentato nel QSN 2007-2013. In particolare si sottolinea che il Quadro strategico inserisce dei correttivi e delle integrazioni rispetto all’impianto strategico precedentemente sperimentato, “per accentuarne la funzione a servizio di competitività, innovazione e miglioramento dei servizi pubblici”.

Le dotazioni complessive delle risorse definite nel QSN 2007-2013 ammontano per l’intero periodo a oltre 124 miliardi di euro e sono ripartite per area obiettivo secondo le misure riportate in tabella:

 

QSN 2007-2013 – Dotazioni finanziarie complessive
(in miliardi di euro, valori indicizzati al 2006)

 

Fondi strutturali

Cofinanz. nazionale

FAS[194]

TOTALE

QSN 2007-2013
(risorse complessive)
[195]

28,7

31,6

64,4

124,7

Obiettivo 1
Convergenza
(Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Basilicata in regime transitorio di phasing-out)

21,6

21,8

-

43,4

Obiettivo 2
Competitività reg. e occup.

(Regioni non rientranti nell’obiettivo 1, di cui Sardegna in regime transitorio di phasing-it)

6,3

9,6

-

15,9

Obiettivo 3
Cooperazione territoriale
(Tutte le regioni con aree di interesse transfrontaliero e transnazionale)

0,8

0,2

-

1

 

A livello di macro-area territoriale, le risorse complessive (comunitarie e nazionali) previste per il Mezzogiorno ammontano a 101,6 miliardi di euro e per il Centro-Nord a 22,1 miliardi. Per le risorse aggiuntive nazionali del FAS finalizzate allo sviluppo territoriale, in particolare, è prevista una ripartizione nella misura del 15 per cento per il Centro-Nord e dell’85 per cento per il Mezzogiorno. In quest’ultima macro-area sono incluse tutte le regioni dell’obiettivo Convergenza (Campagna, Puglia, Calabria e Sicilia, oltre alla Basilicata in regime transitorio a sostegno della fase di uscita dall’obiettivo 1) e le regioni Abruzzo, Molise e Sardegna in regime transitorio a sostengo della fase di ingresso nell’obiettivo 2 (Competitività regionale e occupazione).

Di seguito è indicata la ripartizione delle risorse previste dal QSN 2007-2013 per macroarea:

 

QSN 2007-2013 – Ripartizione delle dotazioni finanziarie per macroarea
(in miliardi di euro)

 

Fondi strutturali (*)

Cofinanz. nazionale

FAS (**)

Totale

Centro-Nord

4,9

7,5

9,7

22,1

Mezzogiorno

23,0

23,9

54,7

101,6

Totale

27,9

31,4

64,4

123,7

(*)    Relativi alle sole aree obiettivo 1 e 2, pari a oltre il 97 per cento delle risorse comunitarie complessive, escludendo quindi la dotazione di 1 miliardo di euro assegnata all’obiettivo 3 (Cooperazione territoriale).

(**)   Nella misura del 15 e 85 per cento del totale rispettivamente per il Centro-Nord e per il Mezzogiorno. Ai fini della ripartizione effettiva ai programmi finanziati, la quota complessiva FAS deve intendersi al netto di una riserva premiale di 17 miliardi di euro, destinata ai meccanismi incentivanti.

 

Riguardo alle politiche di intervento previste per il Centro-Nord, il DPEF riporta la strategia già inserita nel QSN che mira a consolidare e innovare la capacità competitiva dei sistemi territoriali, rafforzando la dimensione sostenibile dello sviluppo, con particolare attenzione ai processi di innovazione delle imprese.

Con riferimento alla macro-area del Mezzogiorno, inoltre,il QSN 2007-2013 prevede una dotazione finanziaria di risorse comunitarie pari a 23 miliardi di euro, di cofinanziamento nazionale pari a 23,9 miliardi e di risorse aggiuntive nazionali (FAS) pari a 54,7 miliardi.

Dunque, l’ammontare complessivo di risorse destinate al Mezzogiorno per il periodo 2007-2013 ammonta a oltre 84 miliardi di euro, ripartiti secondo 4 macro-obiettivi, a loro volta declinati in 10 priorità strategiche. Per queste ultime, le quote di allocazione programmatica dei fondi comunitari, delle risorse di cofinanziamento e del Fondo per le aree sottoutilizzate, sono ripartite come indicato nella tabella che segue:

 

QSN 2007-2013 – Quote di ripartizione delle risorse tra le priorità della politica regionale 2007-2013 per il Mezzogiorno
(in percentuale)

Macro-obiettivi

Priorità del QSN 2007-2013

Quote di riparto

Quota-parte
FS
(*)

Quota-parte
FAS

1).. Sviluppare i circuiti della conoscenza

Risorse umane

di cui: istruzione

Ricerca e innovazione per la competitività

9,0

5,0

14,0

72,1

 

55,4

27,9

 

44,6

2).. Accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale

Energia sostenibile e ambiente

di cui: energia rinnovabile e risparmio energetico

15,8

2,8

55,4

44,6

Servizi per l’attrattività territoriale

di cui: sicurezza

8,8

1,4

55,4

44,6

3).. Potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza.

Risorse naturali e culturali, attrattività e sviluppo

di cui:attrattori culturali, naturali e turismo

9,0

2,3

65,4

35,7

Reti e mobilità

17,0

43,7

56,3

Competitività dei sistemi produttivi e occupazione

16,0

55,4

44,6

Sistemi urbani

7,2

44,4

55,7

4).. Internazionalizzare e modernizzare.

Apertura internazionale e attrazione di investimenti e consumi

1,2

55,4

44,6

Capacità istituzionali (governance)

2,0

80,4

19,6

Totale

 

 100

55,4

44,6

(*)  Fondi strutturali più quota di cofinanziamento nazionale indicativo.

Fonte: QSN 2007-2013, Allegato tecnico.

 

Dunque, le priorità strategiche cui la politica regionale destinerà più risorse nel periodo 2007-2013 sono le reti e la mobilità (17%) e la competitività dei sistemi produttivi (16%), entrambe appartenenti al macro-obiettivo riferito al potenziamento della produttività, dei servizi e della concorrenza, seguiti dall’energia sostenibile e ambiente (15,8%), dalla ricerca ed innovazione (14%) e dalle risorse umane (9%). Il DPEF sottolinea inoltre che sono incrementate le risorse stanziate per il macro-obiettivo dell’inclusione sociale e per la priorità strategica riferita ai sistemi urbani, con particolare riferimento alle zone di svantaggio socio-occupazionale per favorire l’attività delle piccole imprese. Al riguardo, il DPEF fa riferimento alle agevolazioni fiscali pluriennali che possono essere realizzate in via sperimentale con le Zone Franche Urbane (ZFU) e alle normative specifiche che saranno emanate per l’attuazione delle risorse già definite dalla legge finanziaria 2007 per il sostegno orizzontale alle imprese[196].

Un esplicito impegno assunto nel Documento è di puntare sulla cooperazione istituzionale e sul coinvolgimento dei vari livelli di governo per la definizione delle politiche e degli interventi socio-economici in materie complesse e trasversali. Allo scopo l’obiettivo è intensificare e sostenere l’attività dei Tavoli di concertazione territoriale, a partire dalle iniziative già avviate nel corso del 2007[197].

 

In termini finanziari, la ripartizione gli oltre 84 miliardi di euro nel periodo 2007-2013 delle dotazioni comunitarie e di cofinanziamento nazionale, nonché delle risorse aggiuntive relative al Mezzogiorno è la seguente:

 

QSN 2007-2013 – Ripartizione programmatica delle risorse tra le priorità della politica regionale 2007-2013 per il Mezzogiorno
(in milioni di euro)

Priorità del QSN 2007-2013

Fondi Strutturali + cofinanziamento nazionale

FAS (*)

TOTALE

Risorse umane

5.460,6

2.111,6

7.572,2

di cui: istruzione

2.332,6

1.874,3

4.206,9

Ricerca e innovazione per la competitività

6.531,2

5.247,9

11.779,1

Energia sostenibile e ambiente

7.370,9

5.922,6

13.293,5

di cui: energia rinnovabile e risparmio energetico (interreg.)

1.541,8

 

1.541,8

Servizi per l’attrattività territoriale

4.105,3

3.298,7

7.404

di cui: sicurezza

1.157,9

 

1.157,9

Risorse naturali e culturali, attrattività e sviluppo

4.871,7

2.700,6

7.572,3

di cui: attrattori culturali, naturali e turismo

988,8

946,3

1935,1

Reti e mobilità

6.248,0

8.055,2

14.303,2

Competitività dei sistemi produttivi e occupazione

7.464,2

5.997,6

13.461,8

Sistemi urbani

2.685,8

3.372,0

6.057,8

Apertura internazionale e attrazione di investimenti e consumi

559,8

449,8

1009,6

Capacità istituzionali (governance)

1.353,7

329,0

1.682,7

TOTALE

46.651,1

37.485,0

84.136,1

(*)  Al netto della quota di riserva pari a circa 17 miliardi di euro destinati ai meccanismi premiali.

Fonte: QSN 2007-2013, Allegato tecnico.

Dal confronto tra la nuova programmazione del risorse assegnate agli obiettivi comunitari di coesione e sviluppo per il periodo 2007-2013 e la ricostruzione della programmazione 2000-2006 in termini di competenza, effettuata dal Dipartimento per le politiche dello sviluppo del MISE, si evincono le seguenti differenze tra i complessivi stanziamenti di risorse:

 

QSN 2007-2013 – Differenze tra le risorse complessive stanziate nella nuova (2007-2013) e nella precedente programmazione (2000-2006) della politica regionale di coesione e sviluppo per il Mezzogiorno
(in milioni di euro)

 

Fondi Strutturali + cofinanziamento nazionale

FAS

TOTALE

2007-2013

44.012,3 (*)

35.724,7 (**)

79.737

2000-2006 (***)

40.674,2

48.733,5

89.407,7

(*)     Valori al netto di 2,6 miliardi di euro per interventi interregionali.

(**)    Valori al netto di 17 miliardi di riserva premiale FAS e di 1,7 miliardi di euro per interventi interregionali.

(***)   Con l’esclusione dei fondi comunitari FEOGA e SFOP per omogeneità con la nuova programmazione.

Fonte: QSN 2007-2013, Allegato tecnico.

Le risorse comunitarie e nazionali destinate al Mezzogiorno

Con riferimento alla scansione annuale dell’assegnazione delle risorse complessive destinate dalla Commissione europea alle aree obiettivo, la ripartizione finanziaria, comprensiva delle quote aggiuntive di indicizzazione ai prezzi correnti, è la seguente:

 

Risorse dei Fondi comunitari per obiettivo
(in milioni di euro indicizzati al 2006)

Obiettivi comunitari

2007

2008

2009

2010-2013

Totale

Convergenza[198]

2.853,1

2.910,1

2.968,3

12.479,1

21.210,6

Basilicata ph. Out[199]

90,5

81,5

72,1

185,7

429,8

Competitività[200]

720,0

734,4

745,1

3.153,0

5.352,5

Sardegna ph. Out[201]

229,3

195,7

160,6

386,8

972,4

Cooperazione[202]

110,7

113,4

116,7

505,7

846,5

 

4.003,6

4.035,1

4.062,8

16.710,3

28.811,8

 

Pertanto, per il 2007, una buona approssimazione[203] delle risorse comunitarie assegnate alla macro-area Mezzogiorno (nella quale fanno parte anche Abruzzo e Molise già rientranti nell’obiettivo 2 Competitività) è data dalla somma delle dotazioni dell’obiettivo Convergenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) e delle quote dei regimi transitori di sostegno di Basilicata e Sardegna, per un totale di oltre 3,2 miliardi di euro, pari a circa l’80 per cento delle dotazioni complessive per l’anno considerato.

Gli stanziamenti annuali delle dotazioni di risorse nazionali per il triennio 2007-2009 (FAS e quota di cofinanziamento nazionale) per il Mezzogiorno si possono ricavare dalla ricostruzione, a legislazione vigente, della consistenza del Fondo per le aree sottoutilizzate (tenendo conto della ripartizione 85% Mezzogiorno – 15% Centro-Nord) e del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, da cui derivano le risorse per il cofinanziamento nazionale dei Fondi strutturali:

Risorse nazionali per le aree sottoutilizzate[204]

(in milioni di euro)

 

2007

2008

2009

2010-2015

Totale

FAS MISE

(Tabella F corretta)

4.366,2

4.733,8(*)

4.850,0

7.595,4

21.545,4

FAS Interno

4,0

-

-

-

4,0

FAS Comunicazioni

30,0

30,0

-

-

60,0

FAS Università e ricerca

100,0

100,0

100,0

-

300,0

Finanziamento FAS

Art. 1, co. 863

100,0

100,0

5.000,0

59.179,0

64.379,0

TOTALE FAS(**)

4.600,2

4.963,8

9.950,0

66.774,4

86.288,4

Fondo di rotazione

4.204,0

5.700,0

4.899,5

5.000,0

19.803,5

TOTALE COMPLESSIVO

8.804,2

10.663,8

14.849,5

71.774,4

106.091,9

Elaborazioni del Servizio Studi.

(*)         L’importo è stato corretto rispetto a quanto esposto in Tabella F della legge finanziaria per il 2007, in cui il rifinanziamento di Tabella D relativo al Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 6.2.3.12 – cap. 8425/Sviluppo economico) risulta contabilizzato due volte.

(**)       Si ricorda che, in attuazione dei commi 703 e 707 della legge finanziaria per il 2007, il comma 716 della predetta legge dispone la riduzione del Fondo per le aree sottoutilizzate pari a 195 mln per il 2007, 130 mln per il 2008 e di 65 mln per il 2009, al fine di compensare gli effetti finanziari sul fabbisogno e sull’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni derivanti dai maggiori contributi ai piccoli comuni.

Pertanto, le risorse nazionali stanziate per il 2007 per le aree sottoutilizzate, le quali comprendono anche le somme FAS per il Mezzogiorno, ammontano a circa 4,6 miliardi di euro. La parte di cofinanziamento nazionale dei fondi comunitari per lo stesso anno è pari a oltre 4,2 miliardi di euro[205].

Si ricorda, infine, che l’attuazione finanziaria al 30 aprile 2007 delle risorse comunitarie che hanno complessivamente interessato il Mezzogiorno (Obiettivo 1) nel periodo di programmazione 2000-2006, è stata la seguente:

 

Attuazione finanziaria delle risorse comunitarie nel periodo 2000-2006
(in milioni di euro)

 

Contributo complessivo 2000-2006

Impegni

Pagamenti

Impegni
(in %)

Pagamenti
(in %)

F.E.S.R.

32.934,8

32.275,1

21.506,2

98,0

65,3

F.S.E.

6.722,2

6.133,0

4.477,4

91,2

66,6

S.F.O.P.

763,1

670,2

423,9

87,8

55,6

F.E.O.G.A.

5.604,5

4.942,5

3.634,1

88,2

64,8

TOTALE

46.024,6

44.020,8

30.041,6

95,6

65,3

Fonte: IGRUE- RGS.

 

Gli stanziamenti per le aree sottoutilizzate previsti dal bilancio dello Stato negli anni 2002-2006 e la corrispondente incidenza sul PIL, hanno avuto il seguente andamento:

Risorse nazionali a sostegno delle aree sottoutilizzate (2000-2006)
(in milioni di euro)

 

2002

2003

2004

2005

2006

Fondo aree sottoutilizzate (settore 4 legge finanziaria)

7.777,8

9.023,9

5.511,2

6.683,4

8.025,4

Crediti di imposta investimenti e occupazione

-

-

2.464,9

-

-

Bonus occupazione

-

1.009,9

-

-

-

Totale FAS

7.777,8

10.033,8

7.976,1

6.683,4

8.025,4

% sul PIL

0,61

0,77

0,59

0,49

0,54

Fondo di rotazione per le politiche comunitarie

3.079,6

3.772,1

4.096,0

4.189,3

2.000,0

Altri interventi

145,1

160,1

-

286,6

100,0

Totale complessivo

11.002,5

13,966,0

12.072,1

11.159,3

10.125,4

% sul PIL

0,87

1,07

0,89

0,81

0,71

Elaborazioni Servizio studi su dati Rapporto SVIMEZ 2007 sull’economia del Mezzogiorno.

 

Dai dati di consuntivo si osserva che nel 2006, le risorse del FAS, pari a oltre 8 miliardi, risultano incrementate rispetto all’anno precedente di 1,34 miliardi, a fronte di una riduzione dei fondi ordinari dal 2005 al 2006, pari a oltre 2,3 miliardi di euro.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Politica di coesione

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale che descrive la situazione economica, sociale e territoriale dell’UE a 27 e delle sue 268 regioni[206].

In particolare, il documento:

§      contiene un’analisi della situazione delle regioni in termini di prodotto interno lordo (PIL), produttività e posti di lavoro, approfondendo, in modo particolare, la valutazione dell’impatto della coesione europea nel periodo di programmazione 2000-2006;

§      opera una prima stima della nuova programmazione 2007-2013 sulla base delle strategie nazionali e dei progetti di programmi operativi già sottoposti alla Commissione da parte degli Stati membri fino al mese di aprile 2007;

§      individua una serie di sfide che gli Stati membri e le regioni saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni, particolarmente importanti per la politica di coesione in quanto suscettibili di produrre un impatto disuguale sul territorio dell’Europa amplificando le disparità sociali ed economiche: l’aumento della pressione a livello globale verso la ristrutturazione e la modernizzazione dei sistemi economici, il cambiamento climatico, l’aumento dei prezzi dell’energia, i nuovi squilibri demografici e l’aumento delle tensioni sociali, la difficoltà che incontrano le politiche nazionali a reagire rapidamente ai cambiamenti imposti da tali mutamenti.

In una comunicazione (COM(2007)273) che accompagna la IV Relazione, la Commissione suggerisce una serie di questioni per avviare il dibattito sul futuro della politica di coesione[207]; a tal fine, in occasione del Quarto forum sulla coesione (che si terrà a Bruxelles il 27 e 28 settembre), la Commissione avvierà una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione.

Nel 2007 e nel 2008, la Commissione svilupperà il suo approccio sulla politica di coesione in vista della revisione del bilancio dell’UE prevista per il 2008/2009.

Dimensione territoriale della coesione

Nel corso del 2006 la Commissione ha presentato due iniziative relative al ruolo che le città e le regioni dovranno assumere nella programmazione 2007-2013 dei fondi strutturali.

In particolare, il 13 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all’impiego in seno alle regioni (COM(2006)385).

Tale documento è volto ad aiutare le autorità nazionali, regionali e locali a preparare il nuovo ciclo di programmi operativi relativi ai fondi strutturali per il 2007-2013, completando e precisando gli orientamenti strategici comunitari per la coesione adottati il 6 ottobre 2006[208] e rafforzandone la dimensione urbana. Le azioni individuate prendono forme diverse in funzioni delle caratteristiche e dei bisogni particolari delle diverse zone urbane e suggeriscono varie possibilità per rendere le città più attrattive, creare un maggior numero di reti tra le città, rafforzare il loro ruolo come poli di crescita, favorire lo spirito d’impresa, l’innovazione e l’economia della conoscenza, sostenere le piccole e medie imprese, ridurre le disparità tra quartieri e gruppi sociali e, infine, lottare contro la delinquenza e la paura che questa ingenera nella popolazione.

L’8 novembre 2006, la Commissione ha presentato la comunicazione: “Le regioni, attrici del cambiamento economico”. (COM (2006)675), che prospetta una serie azioni volti a imprimere una nuova spinta verso l’innovazione favorendo partenariato tra le regioni europee in grado di aiutarle a trarre profitto dalle esperienze acquisite e dalle migliori pratiche.

Il 24 e 25 maggio, si è svolta a Lipsia, la riunione informale dei ministri responsabili dello sviluppo urbano e della coesione territoriale, nel corso della quale sono stati adottati due documenti: l’“Agenda territoriale dell’UE” e la “Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili[209].

Il primo documento è inteso a promuovere una intensificazione della cooperazione territoriale tra diversi livelli di governo attorno ai temi della crescita economica sostenibile, delle politiche del mercato del lavoro; dello sviluppo urbano e territoriale sostenibile, associando i diversi attori regionali e locali.

Il secondo documento intende promuovere, a livello europeo, nazionale e regionale, una pianificazione urbana integrata, quale condizione indispensabile per lo sviluppo sostenibile delle città europee. A tal fine esso propone le strategie volte a valorizzare il tessuto urbano e a migliorare il mercato dell’occupazione, i trasporti urbani e l’integrazione degli immigrati.

 

 


Politiche sociali e del lavoro

Lavoro

Il DPEF 2008-2011 conferma l’impegno del Governo nel perseguire le principali linee guida in materia di politiche del lavoro già indicate nel primo DPEF della legislatura in corso. In attuazione delle suddette linee guida l’Esecutivo ha già realizzato alcuni rilevanti interventi normativi, con le conseguenti attività amministrative, in merito alle problematiche connesse con l’occupazione e il mercato del lavoro, tra i quali vanno segnalati quelli contenuti nella legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) e l’art. 36-bis del decreto-legge n. 223 del 2006 (cfr. infra).

Pertanto, per quanto riguarda le politiche del lavoro, il DPEF individua cinque grandi aree nell’ambito delle quali l’intervento del Governo è destinato a svilupparsi ulteriormente:

§      contrasto al lavoro sommerso;

§      rafforzamento dell’azione volta a prevenire gli infortuni sul lavoro assicurando il rispetto della normativa sulla salute e la sicurezza del lavoro;

§      promozione del lavoro subordinato a tempo indeterminato, quale principale tipologia di lavoro, da un lato attraverso misure di incentivazione della medesima tipologia di lavoro, e dall’altro contrastando il ricorso improprio a forme contrattuali non standard con particolare riferimento alle collaborazioni a progetto, come avvenuto con apprezzabili risultati nel settore dei call center;

§      rilancio delle politiche del lavoro in funzione proattiva, mediante l’azione coordinata ed integrata dei centri per l’impiego, delle politiche formative e degli ammortizzatori sociali;

§      interventi mirati in favore dei soggetti appartenenti alle fasce più deboli del mercato del lavoro, cioè alle donne, i giovani ed ai lavoratori ultracinquantenni.

 

In particolare viene sottolineata l’esigenza di proseguire nell’azione per il contrasto al lavoro “nero” e per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori anche sul piano della tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Nello specifico, relativamente al lavoro sommerso, il DPEF ravvisa la necessità di potenziare le azioni di contrasto delle diverse Istituzioni interessate, sia a livello centrale che periferico e locale, coinvolgendo, nell’implementazione di tali misure, anche le parti sociali. Viene poi evidenziato che il lavoro sommerso, che resta ancora oggi attestato, nel nostro Paese, su posizioni preoccupanti, va contrastato in maniera decisa poiché produce effetti dannosi non solamente per quanto riguarda la dignità, i diritti e la sicurezza dei lavoratori, ma anche sul piano dei mancati introiti per la finanza pubblica e della concorrenza sleale nei confronti delle imprese in regola.

 

Si ricorda che recentemente sono state approvate varie misure volte a migliorare la qualità del lavoro contrastando il lavoro irregolare, talvolta prevedendo appositi incentivi volti a favorirne l’emersione.

L’articolo 36-bis, commi 1-8, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, ha introdotto una serie di misure per contrastare il lavoro sommerso e per promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro con riferimento al settore dell’edilizia che rappresenta uno dei settori più critici e a rischio per tali problematiche, prevedendo, in particolare, che, in attesa dell’adozione di un testo unico in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, le violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro possano condurre all’emanazione di provvedimenti di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni, compresa la partecipazione a gare pubbliche (cfr. amplius infra).

L’articolo 1, commi da 1192 a 1201, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) detta misure volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare, sulla base di accordi aziendali o territoriali, concedendo al datore di lavoro che procede alla regolarizzazione agevolazioni relative al versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi pregressi. I datori di lavoro, a tal fine, possono presentare apposita istanza all’INPS entro il 30 settembre 2007, dopo la stipula di un accordo aziendale o (se nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali aziendali o unitarie) territoriale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. I periodi oggetto di regolarizzazione devono comunque essere non anteriori ai cinque anni rispetto alla data di presentazione della richiesta.

La stessa legge finanziaria 2007, inoltre, riformulando l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510 del 1996 (articolo 1, commi 1180-1185), ha esteso a tutti i datori di lavoro, compresi i datori di lavoro agricoli, l’obbligo della comunicazione preventiva dell’assunzione dei lavoratori (entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del relativo rapporto), introdotta precedentemente dal citato articolo 36-bis, comma 6, del D.L. 223 del 2006 per il solo settore dell’edilizia. La previsione in oggetto è volta evidentemente a contrastare pratiche elusive da parte delle imprese, rafforzando i poteri degli organi accertativi sul piano probatorio.

Sempre la legge finanziaria per il 2007 ha disposto l’introduzione, in via sperimentale (articolo 1, commi 1173-1174), di indici di congruità intesi a valutare la congruità del rapporto tra qualità dei beni e servizi offerti e quantità di ore di lavoro impiegate al fine di promuovere la regolarità contributiva quale requisito per la concessione dei benefici e degli incentivi previsti dall’ordinamento. Tali indici potrebbero inoltre servire ad individuare eventuali anomalie per orientare l’attività ispettiva nel contrasto al lavoro irregolare.

 

Sulla base dei dati ISTAT[210] nel 2004 il valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico è compreso tra un minimo del 16,6% del PIL (pari a circa 230 miliardi di euro) e un massimo del 17,7% (pari a circa 246 miliardi di euro).

Inoltre nel medesimo anno nel complesso dell’economia risultavano occupate circa 24 milioni e 294 mila unità di lavoro (circa 16 milioni e 988 mila come dipendenti e circa 7 milioni e 306 mila come indipendenti), di cui circa 2 milioni e 794 mila non regolari (circa 2 milioni e 167 mila dipendenti e 627 mila indipendenti).

Il tasso di irregolarità (calcolato come incidenza delle unità di lavoro non regolari sul totale delle unità di lavoro) si attesta nel 2004 intorno all’11,5% (rispetto al 13,3% del 2000). Il tasso diminuisce tra le unità di lavoro dipendenti mentre è in leggera crescita tra quelle indipendenti; l’incidenza delle unità di lavoro non regolari dipendenti passa dal 15,4% del 2000 al 12,8% nel 2004, quella delle unità di lavoro non regolari indipendenti dall’8,5% all’8,6%. I settori maggiormente coinvolti dall’irregolarità del lavoro sono quelli dell’agricoltura e dei servizi.

 

Per quanto concerne, in particolar modo, la problematica della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro, nel Documento si auspica la rapida approvazione del disegno di legge di iniziativa governativa recante la delega per il riordino e la riforma della relativa normativa (A.C. 2849, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera), il quale permetterà sia l’applicazione immediata di prime misure più urgenti, come quelle volte al rafforzamento del coordinamento a livello territoriale delle attività di prevenzione e vigilanza, sia l’adozione di decreti delegati che, riordinando e semplificando una disciplina frammentata e stratificatasi nel tempo, permetteranno di tutelare in maniera più ampia ed efficace la salute e sicurezza dei lavoratori nel contempo sgravando le imprese, in particolare quelle piccole, di adempimenti meramente formali.

Viene quindi evidenziato che l’intervento normativo attuato tramite tale disegno di legge sarà nel complesso improntato ad una visione integrata ed organica delle diverse misure, in modo da rendere più efficace il sistema di tutela e protezione dei lavoratori. Per esempio, il previsto aumento del personale ispettivo permetterà dirafforzare l’azione capillare sul territorio in termini di prevenzione e vigilanza.

 

L’esame del citato disegno di legge A.C. 2849, approvato dal Senato, e dell’abbinata proposta di legge A.C. 2636 (Fabbri ed altri), recanti disposizioni relative alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, è iniziato presso le Commissione riunite XI e XII della Camera il 5 luglio scorso.

Il disegno di legge A.C. 2849 in primo luogo contiene all’articolo 1 la delega, per il Governo, ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati.

Ai fini dell’esercizio della delega il disegno di legge prevede una serie di principi e criteri direttivi, tra cui si segnalano quelli che prevedono:

-       l’applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati;

-       la razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto delle funzioni svolte da ciascun soggetto, con particolare riguardo alla responsabilità del preposto, e della natura formale o invece sostanziale della violazione;

-       la realizzazione del coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro;

-       la previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi;

-       la razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza;

-       la revisione della normativa in materia di appalti, prevedendo, tra le altre, misure dirette a migliorare l’efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore, a modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso al fine di garantire che l’assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, nonché a modificare la disciplina contenuta nel codice degli appalti pubblici prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui;

-       la rivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria, adeguandola alle differenti modalità organizzative del lavoro e alle particolarità delle lavorazioni.

 

I successivi articoli del provvedimento, aggiunti nel corso dell’esame presso il Senato, recano misure precettive volte a rafforzare immediatamente gli strumenti per tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

In particolare, l’articolo 2 prevede che, nei casi di esercizio dell’azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesione personale colposa commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro, il pubblico ministero ne dà notizia immediatamente all’INAIL ai fini dell’eventuale costituzione di parte civile e dell’azione di regresso.

L’articolo 3 reca modifiche al D.Lgs. 626 del1994, che intervengono sostanzialmente sulle specifiche tutele da adottare nel caso di contratto d’appalto e sulla disciplina relativa alle modalità di elezione nonché alle attribuzioni del rappresentante per la sicurezza.

L’articolo 4 dispone che con D.P.C.M., previa intesa in sede di Conferenza unificata, sia disciplinato il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro affidato ai comitati regionali di coordinamento, individuando i settori prioritari di intervento e i piani di attività da attuare a livello territoriale.

Le amministrazioni pubbliche più direttamente coinvolte dalla materia in esame devono provvedere ad integrare i rispettivi archivi informativi, anche attraverso la creazione di banche dati unificate.

Al fine di rafforzare l’azione ispettiva, si dispone che si proceda dal 1° luglio 2007 (tale termine, poiché ormai superato, andrà evidentemente adeguato nel corso dell’iter parlamentare) all’assunzione dei 300 ispettori del lavoro ai sensi del comma 544 della legge finanziaria 2007 e che le risorse non utilizzate a tal fine nel primo semestre 2007 (4,25 milioni di euro) siano destinate al funzionamento e al potenziamento dell’attività ispettiva, alla costituzione di appositi nuclei di pronto intervento e all’incremento delle dotazioni strumentali.

Inoltre, si dispone l’avvio di progetti sperimentali, in ambito scolastico e nei percorsi di formazione professionale, volti a favorire la conoscenza delle tematiche in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.

L’articolo 5, al fine di contrastare il lavoro sommerso e promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, è volto ad estendere, a tutti i settori produttivi, i poteri di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche) previsti dall’art. 36-bis, commi 1 e 2, del D.L. 223/2006, nei casi di violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro che avvengano nel settore dell’edilizia. Inoltre viene aggiunta un’ulteriore fattispecie in cui possono essere adottati tali provvedimenti di sospensione ed interdizione, relativa a gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

L’articolo 6 quindi, per agevolare l’azione di accertamento degli organi ispettivi, prevede che, nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, a decorrere dal 1° settembre 2007, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento. Vengono così estese a tutte le attività espletate in regime di appalto o subappalto gli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento per il personale, già previsto dall’art. 36-bis, commi da 3 a 5, del D.L. 223/2006, con riferimento ai cantieri edili.

L’articolo 7 attribuisce agli organismi paritetici di cui all’art. 20 del D.Lgs. 626/1994 la possibilità di effettuare nei luoghi di lavoro rientranti nel proprio ambito di competenza sopralluoghi per valutare l’applicazione della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

L’articolo 8, intervenendo sul decreto legislativo n. 163 del 2006 (cd. codice dei contratti pubblici), include tra i criteri da adottare nella predisposizione delle gare e nella valutazione delle offerte anomale, anche quello dei costi relativi alla sicurezza.

L’articolo 9 è volto ad introdurre apposite sanzioni pecuniarie e interdittive per le persone giuridiche i cui dirigenti siano responsabili dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.

L’articolo 10 concede un credito di imposta per le spese sostenute dai datori di lavoro per la partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione in materia di tutela e sicurezza sul lavoro. Il credito di imposta è concesso in via sperimentale per il biennio 2008-2009, entro un limite di spesa di 20 milioni di euro annui.

L’articolo 11, con riferimento alle misure volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare, sulla base di accordi aziendali o territoriali (commi 1192-1201 della legge finanziaria 2007), è volto a modificare la previsione secondo cui nei confronti dei datori di lavoro che presentino l’istanza di regolarizzazione sono sospese le ispezioni o verifiche per un anno a decorrere dall’istanza. Con la modifica introdotta invece si dispone che dalla prevista sospensione delle ispezioni o verifiche sono escluse quelle concernenti la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Infine l’articolo 12, al fine di rafforzare l’organico degli ispettori del lavoro, autorizza il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a decorrere dal mese di gennaio 2008, ad assumere, per un numero massimo complessivo di 300 unità, gli idonei non vincitori dei concorsi pubblici regionali per esami banditi dal medesimo Ministero nell’anno 2004, rispettivamente per 795 posti di ispettore del lavoro e per 75 posti di ispettore tecnico del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del medesimo Ministero stesso.

L’abbinata proposta di legge A.C. 2636 reca una disciplina organica in materia di salute e sicurezza sul lavoro, volta ad un riordino e ad una riforma complessiva delle disposizioni vigenti in materia. La proposta di legge, che si compone di tredici Titoli (195 articoli) e di sedici Allegati, riprende, con alcune modifiche, i contenuti dello schema di decreto legislativo recante testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (atto n. 479), presentato nella scorsa Legislatura in attuazione della delega contenuta nell'articolo 3 della legge 29 luglio 2003, n. 229, ma ritirato dal Governo allora in carica, in relazione ad alcune questioni riguardanti la compatibilità della disciplina proposta con il riparto costituzionale delle competenze legislative tra Stato e regioni in materia di sicurezza del lavoro. Contrariamente al disegno di legge A.C. 2849, che conferisce una delega legislativa al Governo intervenendo con disposizioni precettive solamente su singoli e limitati profili, il disegno di legge A.C. 2636 si pone come una disciplina organica immediatamente precettiva. Nella relazione illustrativa si legge che il provvedimento intende assumere una portata non solamente compilativa ma anche innovativa e di semplificazione rispetto alla vigente normativa in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, fermo restando il rispetto della ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni ai sensi del Titolo V della Costituzione.

 

Per quanto attiene invece alle misure volte a rafforzare la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro già entrate in vigore recentemente, si ricorda, oltre al richiamato articolo 36-bis del D.L. 223 del 2006, che l’articolo 1, commi 780-781, della legge finanziaria per il 2007, nel prevedere per gli anni 2007 e 2008 una riduzione per il settore dell’artigianato dei premi INAIL per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ha disposto che tali benefici siano prioritariamente riconosciuti alle imprese in regola con gli obblighi previsti dalla vigente normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, che abbiano adottato piani pluriennali di prevenzione per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro e non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente alla data della richiesta di ammissione al beneficio.

 

Il DPEF evidenzia inoltre, in tema di politiche del lavoro ed ammortizzatori sociali, l’intenzione di adottare apposite misure (già prefigurate in sede di confronto con le Parti sociali) rivolte non solamente al perfezionamento delle misure già esistenti per svilupparne le potenzialità, ma anche a correggere alcune norme che si sono dimostrate inefficaci o che addirittura hanno prodotto effetti distortivi sul piano della qualità dell’occupazione.

L’azione governativa sarà prevalentemente rivolta verso la valorizzazione degli istituti che possono aiutare nell’intento di creare un lavoro di qualità e che pertanto sono di notevole importanza, oltre che per la crescita professionale dei lavoratori, anche per la realizzazione di un sistema produttivo il più possibile efficiente e competitivo. A tal fine continuerà l’azione volta a contrastare l’uso distorto delle forme di lavoro flessibile, cioè non rispondente a legittime esigenze di flessibilità delle imprese ma rivolto esclusivamente ad eludere le tutele e i costi connessi al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

Nella L. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) sono contenute una serie di disposizioni volte, da una parte, a favorire la crescita dell’occupazione stabile e quindi a ridurre il fenomeno del lavoro precario, dall’altra, ad accrescere comunque le tutele e le garanzie per i lavoratori titolari di contratti di lavoro flessibile.

Sotto il primo profilo, occorre segnalare innanzitutto le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 266-270, dirette a favorire la crescita dell’occupazione stabile (oltre che la competitività delle imprese) facendo leva sulla riduzione del cosiddetto “cuneo fiscale e contributivo”. Tale riduzione viene realizzata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), tramite l’introduzione di ulteriori deduzioni dalla base imponibile nel caso di impiego di lavoratori a tempo indeterminato prevedendo particolari agevolazioni nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici. La misura in esame quindi, applicandosi esclusivamente al costo del lavoro subordinato a tempo indeterminato, è diretta in particolare ad incentivare l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato e quindi a ridurre la percentuale dei lavoratori precari.

Per quanto riguarda le misure volte a ridurre l’utilizzo di forme di lavoro precario tramite la previsione di incentivi per la stabilizzazione dei lavoratori,si ricorda inoltre che l’articolo 1, commi da 1202 a 1210 reca disposizioni finalizzate a promuovere la trasformazione di rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co), anche a progetto, in rapporti di lavoro subordinato di durata non inferiore a 24 mesi.

La legge finanziaria per il 2007 dispone inoltre l’incremento al 23% dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla Gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 dai lavoratori autonomi che esercitano un’attività professionale o di collaborazione non iscritti ad altre forme pensionistiche obbligatorie (articolo 1, comma 770). Tale misura, oltre ad andare nella direzione di garantire pensioni più dignitose per i lavoratori in questione, ha lo scopo di evitare un abuso dei rapporti di collaborazione a progetto riducendone il differenziale di costo rispetto ai rapporti di lavoro subordinato.

Si consideri, inoltre, che la legge finanziaria per il 2007 prevede una serie di misure volte alla stabilizzazione del personale non di ruolo presso le pubbliche amministrazioni o comunque dirette ad evitare la formazione di ulteriore precariato nel settore pubblico. Soffermandosi solamente sulle misure di maggiore rilievo, la legge finanziaria per il 2007 prevede:

-       la possibilità per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, comprese le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001, di procedere, per l’anno 2007, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale a tempo determinato in possesso di determinati requisiti, utilizzando una quota pari al 20% di quanto stanziato per il 2007 nel Fondo di cui all’art. 1, comma 96, ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (articolo 1, comma 519);

-       analogamente, a decorrere dal 1° gennaio 2007, la possibilità per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, fermo restando l’obbligo del rispetto dei vincoli del patto di stabilità, di procedere alla stabilizzazione, nei limiti dei posti vacanti in organico, del personale a tempo determinato in possesso dei medesimi requisiti di cui al comma 519 e dei soggetti occupati in attività socialmente utili (articolo 1, comma 558);

-       la possibilità per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, incluse le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici e gli enti indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 di procedere, per gli anni 2008 e 2009, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519 nel limite di un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente (articolo 1, comma 526);

-       l’autorizzazione, per le pubbliche amministrazioni, a decorrere dal 1° gennaio 2007, all’attuazione delle procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro (articolo 1, comma 528);

-       l’istituzione di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato alla realizzazione di piani straordinari per l’assunzione a tempo indeterminato di personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato. Si autorizza, a decorrere dall’anno 2007, la spesa di 5 milioni di euro per il finanziamento del medesimo Fondo, prevedendo altresì che tale Fondo possa essere anche alimentato da una somma pari al risparmio di interessi derivanti dalla riduzione del debito pubblico ottenuto tramite specifiche operazioni (articolo 1, commi 417-420).

 

Relativamente le misure della legge finanziaria per il 2007 indirizzate a garantire maggiori tutele ai lavoratori precari, cercando di contemperare la flessibilità con la necessità di maggiore sicurezza sociale (cd. “flessicurezza”), si ricorda che l’articolo 1, comma 788, dispone l’estensione, a decorrere dal 1° gennaio 2007, ai lavoratori a progetto e le categorie assimilate iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, di alcuni benefici relativi agli eventi della malattia e del parto. Più in dettaglio, si prevede che per tali lavoratori l’indennità di malattia spetta entro il limite massimo di giorni pari a un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a 20 giorni. Inoltre si prevede la corresponsione ai lavoratori in questione, aventi titolo all’indennità di maternità, per gli eventi di parto verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007, di un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, in misura pari al 30 per cento del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità. Tale trattamento economico viene concesso anche nei casi di adozione o affidamento per ingressi in famiglia con decorrenza dal 1° gennaio 2007.

Inoltre, l’articolo 1, comma 791, attraverso modifiche all’articolo 64, comma 2, del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, concernente la tutela della maternità per le lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335[211] che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie, reca disposizioni volte ad estendere alle medesime lavoratrici la tutela più ampia sotto il profilo temporale nonché sotto il profilo del trattamento economico e normativo prevista per le lavoratrici dipendenti.

 

Per quanto riguarda invece le iniziative legislative attualmente all’esame del Parlamento, si segnala, con particolare riferimento alla stabilità dell’occupazione e al miglioramento della qualità del lavoro, che la XI Commissione ha avviato l’esame in sede referente della proposta di legge A.C. 1807 (Burgio ed altri), recante modifiche al D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, in materia di contratti di lavoro a tempo determinato. Tale proposta, partendo dal presupposto che il D.Lgs. 368 del 2001 che attualmente disciplina il contratto di lavoro a tempo determinato, si presta ad un “abuso” dell’utilizzo del rapporto di lavoro a termine, è volta a ripristinare espressamente il principio (già previsto dalla normativa abrogata dalla riforma introdotta dal D.Lgs. 368 del 2001) per cui il rapporto di lavoro deve essere “di norma” stipulato a tempo indeterminato, limitando la possibilità di apporre un termine al contratto di lavoro solamente nei casi di comprovate esigenze aziendali di natura temporanea e circostanziata. Conseguentemente, la proposta di legge prevede espressamente che l’onere di provare l’esistenza delle ragioni che giustificano l’apposizione del termine spetta al datore di lavoro e che l’insussistenza delle ragioni addotte per giustificare l’apposizione del termine determina solamente l’inefficacia della relativa clausola ma non si ripercuote sulla validità dell’intero contratto di lavoro, che dovrebbe quindi intendersi stipulato a tempo indeterminato.

Si ricorda inoltre che la XI Commissione della Camera ha svolto un’indagine conoscitiva sul lavoro precario nel mondo del lavoro, al fine di approfondire tale fenomeno sia nel settore privato sia in quello pubblico. L’indagine si è posta l’obiettivo non solo di quantificare l’entità del fenomeno al momento attuale, ma anche di cercare di coglierne l’andamento negli ultimi cinque anni[212].

 

Nel sottolineare come la riforma degli ammortizzatori sociali sia fondamentale per la riqualificazione del mercato del lavoro e del sistema delle tutele dal rischio della disoccupazione, il Documento pone in rilievo che il Governo sta operando con le parti sociali per una revisione complessiva dell’impianto del sistema degli strumenti di sostegno al reddito per renderli più efficaci sul piano delle politiche attive per la ricollocazione lavorativa e quindi per evitare che presentino un carattere di semplice sussidio salariale. A tal fine è necessaria l’attività dei servizi per l’impiego e delle strutture preposte all’attività formativa, poiché solamente l’integrazione tra i vari strumenti (sostegno reddituale, formazione, offerta di nuovi posti di lavoro) può assicurare la creazione di reali opportunità lavorative, valorizzando la professionalità del lavoratore e incentivandolo all’attività di formazione e alla ricerca di una nuova occupazione.

 

Con riferimento ancora al mercato del lavoro, il DPEF evidenzia che particolare attenzione deve essere dedicata alle fasce più deboli del mercato del lavoro, cioè le donne, i giovani e i lavoratori ultracinquantenni.

Il Governo preannuncia una serie di azioni mirate per promuovere l’occupazione femminile, al fine appunto di incrementare non soltanto il relativo tasso di occupazione (soprattutto nel Sud), ma anche la qualità dell’occupazione medesima. Difatti il tasso di occupazione femminile in Italia, uno dei peggiori in ambito europeo (addirittura pari solamente al 30% circa nel Mezzogiorno), costituisce uno degli ostacoli principali per l’effettiva realizzazione della parità tra generi oltre che di un maggiore tasso di crescita. Pertanto viene preannunciato un piano straordinario per l’occupazione femminile e l’accesso alle carriere e all’impresa, che non può prescindere da un quadro di riconoscimento dei diritti, tra cui la tutela della maternità soprattutto per quelle lavoratrici precarie che sono attualmente prive di ogni tipo di tutela.Inoltre, si ritiene necessario attivare politiche di formazione continua dirette ad accrescere la possibilità di collocazione lavorativa delle donne appartenenti a categorie a rischio, in particolare immigrate e donne in cerca di occupazione dopo un temporaneo ritiro dal mercato del lavoro.

 

Si consideri che la L. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto vari interventi a sostegno della maternità e paternità e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che tra l’altro possono agevolare un inserimento lavorativo delle donne.

Oltre ai commi 788 e 791 dell’articolo 1 dellaL. 296/2006, che hanno ampliato le tutele previste in caso di maternità per le lavoratrici a progetto e categoria assimilate (cfr. supra), si ricorda l’articolo 1, commi 1254-1256della L. 296/2006, che provvede a modificare la disciplina relativa alle misure per favorire la conciliazione tra tempo di vita e di lavoro di cui all’articolo 9 della legge n. 53 del 2000 consistenti nell’erogazione di contributi per incentivare l’applicazione da parte delle aziende di accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità degli orari di lavoro.

 

Il DPEF assicura un’attenzione anche alle problematiche lavorative dei giovani, che sono i più interessati dalle forme di lavoro flessibile, anche attraverso azioni che siano in grado migliorarne le tutele e le prospettive pensionistiche.

Viene inoltre posto in rilievo che i giovani, essendo più interessati dal lavoro flessibile, sono spesso privi di tutele contro la disoccupazione, poiché gli ammortizzatori sociali sono congegnati per un modello di mercato del lavoro basato sul rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

Al riguardo, si consideri che il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, attualmente in fase di conversione presso la Camera dei deputati (A.C. 2852), all’articolo 5 reca misure con cui si intende dare attuazione agli impegni assunti dal Governo in materia pensionistica in sede di confronto con le parti sociali nell’ambito del tema “crescita ed equità”.

In primo luogo, ai commi 1 e 2, vengono stanziati 900 milioni di euro per l’anno 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici più bassi.

Inoltre, al comma 3, si dispone, a decorrere dall’anno 2008, l’istituzione di un Fondo per il finanziamento, nel limite complessivo di 1.500 milioni di euro annui:

-       dell’incremento dei trattamenti pensionistici bassi;

-       del miglioramento del meccanismo di perequazione per le pensioni di importo non superiore a 5 volte il trattamento minimo mensile vigente nell’Assicurazione generale obbligatoria;

-       di misure agevolative relative al riscatto del corso legale di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali, rivolte, in particolare, ai soggetti per i quali si applichi in maniera integrale il metodo contributivo di calcolo della pensione, al fine di migliorare la misura dei trattamenti pensionistici. Nella relazione illustrativa si legge che “tali misure miglioreranno i trattamenti pensionistici di un’ampia platea di soggetti tra i quali, in particolare, i giovani in quanto più direttamente interessati, da un lato, dal regime contributivo e, dall’altro, dai processi di modifica del mercato del lavoro e dalle nuove tipologie flessibili, ovvero non standard, di lavoro”.

 

Altri interventi in materia di lavoro e di occupazione saranno indirizzati ad agevolare il reinserimento dei lavoratori ultracinquantenni, che appunto rappresentano i soggetti più a rischio in caso di ridimensionamento o ristrutturazione aziendale per la difficoltà di ricollocazione lavorativa con notevoli ripercussioni sulle condizioni di vita.

Pensioni

Per quanto attiene al settore previdenziale e, in particolare, alla sostenibilità finanziaria della spesa pensionistica, il DPEF 2008-2001 effettua una stima dell’andamento di medio-lungo periodo della spesa pensionistica in rapporto al PIL.

A tal fine vengono adottate, per quanto riguarda le variabili demografiche, le ipotesi di fecondità, mortalità e flussi migratori sottostanti le elaborazioni dell’ISTAT con base 2005.

Per quanto riguarda lo scenario macroeconomico, si ipotizza una produttività per occupato intorno all’1,7% medio annuo (1,8% a partire dal 2026 e gradualmente crescente verso tale valore negli anni precedenti) ed una dinamica del tasso di occupazione che passa, nella fascia 15-64 anni, dal 58,4% del 2006 al 67,9% del 2050.

Sulla base di tali ipotesi, la dinamica endogena del PIL si colloca intorno all1,4-1,5% medio annuo nell’intero periodo di previsione. Per il periodo 2008-2011 si assume però, secondo la scelta metodologica delle precedenti previsioni, un tasso di crescita del PIL pari all’1,5-1,6% l’anno che equivale in pratica al tasso di variazione medio degli ultimi 15-20 anni.

La stima dell’andamento previsto della spesa pensionistica si basa invece sulla normativa vigente, scontando gli effetti della revisione decennale dei coefficienti di trasformazione.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 11, della L. 8 agosto 1995, n. 335[213], ha stabilito il principio della revisione decennale dei coefficienti di trasformazione di cui al precedente comma 6. Nell’ambito del sistema contributivo di calcolo della pensione, il coefficiente di trasformazione è il valore al quale si moltiplica il montante individuale dei contributi al fine di ottenere l’importo attualizzato della pensione annua, in altri termini è la percentuale per la quale si moltiplicano i contributi accumulati in tutta la vita lavorativa al fine di determinare l'assegno pensionistico.

 

In particolare, il DPEF evidenzia come l’andamento di medio-lungo periodo del rapporto tra spesa pensionistica e PIL, dopo una lieve contrazione nel periodo 2008-2015, dovuta all’elevamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento anticipato di cui all’articolo 1, comma 6, della L. 23 agosto 2004, n. 243[214], riprenda a crescere, a causa del deterioramento del quadro demografico, raggiungendo il valore massimo pari al 15,2% attorno al 2038, attestandosi successivamente al 13,8% nel 2050.

Si ricorda che l’elevamento dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico riguarda sia le pensioni di anzianità (art. 1, comma 6, lettera a), della L. 243/2004) sia le pensioni di vecchiaia liquidate esclusivamente con il sistema contributivo (art. 1, comma 6, lettera b), della L. 243/2004): cfr. amplius infra.

 

La seguente tabella, estrapolata dal rapporto n. 8, del dicembre 2006, della Ragioneria Generale dello Stato, sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario, indica l’andamento del rapporto tra spesa pensionistica e PIL fino al 2050.

 

Anno

1995

2000

2005

2010

2015

2020

2025

2030

2035

2040

2045

2050

S/P

13,4

13,8

14,1

14,3

14,1

14,2

14,3

14,8

15,1

15,1

14,6

13,8

 

In particolare, viene rilevato come la spesa per pensioni è stimata crescere in media al 3,3%, in relazione al numero di pensioni di nuova liquidazione, ai tassi di cessazione stimati e alle regole in vigore di rivalutazione delle pensioni in base all’inflazione. Gli andamenti risentono inoltre, a decorrere dal 2008, e in particolar modo dal 2009, degli effetti dell’innalzamento dei requisiti per l’accesso al pensionamento di anzianità previsti dalla L. 243 del 2004. L’incidenza della spesa pensionistica sul PIL è proiettata in progressiva riduzione nel periodo, collocandosi nel 2001 al 13,7% del PIL.

 

Le seguenti tabelle indicano l’entità della spesa per pensioni e lo scostamento delle previsioni dai dati rilevati nella Relazione Unificata per l’Economia e la Finanza pubblica (già Trimestrale di cassa) del marzo 2007.

 

Conto della P.A. a legislazione vigente (dati in mln di euro)

Anno

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Pensioni

207.001

215.110

224.020

230.120

237.030

244.630

 

Scostamento delle previsioni periodo 2007-2009 rispetto alla RUEF (dati in mln di euro)

Anno

2006

2007

2008

2009

 

Cons.

RUEF

DPEF

Diff.

RUEF

DPEF

Diff.

RUEF

DPEF

Diff.

Pensioni

207.001

215.110

215.110

0

224.020

224.020

0

230.120

230.120

0

 

Si ricorda che le misure previste dalla L. 243 del 2004, per differire l’uscita dal mondo del lavoro, tra di esse complementari, sono essenzialmente di due tipi:

-       innalzamento ex lege dei requisiti di età anagrafica richiesto per l’accesso al pensionamento di anzianità a partire dal 2008 ;

-       riconoscimento, per il periodo 2004-2007, di incentivi economici per i lavoratori dipendenti del settore privato che, pur avendo maturato i requisiti per accedere alla pensione di anzianità, decidono di proseguire l’attività lavorativa. In tal caso i lavoratori, rinunciando agli accrediti contributivi, percepiscono direttamente ed integralmente in busta paga la somma corrispondente a detti accrediti.

 

La legge n. 243/2004 non ha modificato il regime di accesso alle prestazioni pensionistiche per coloro che maturano i requisiti del diritto alle pensioni di anzianità o di vecchiaia entro il 31 dicembre 2007; i requisiti restano pertanto quelli definiti dalla legge n. 335 del 1995 e dalla legge n. 449 del 1997, siano esse calcolate con il sistema retributivo, con quello contributivo o con quello misto[215].

Pertanto ai lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, sino al il 31 dicembre 2007, il diritto alla pensione di anzianità è riconosciuto in presenza di 57 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, qualora ricorra un requisito contributivo più elevato (39 anni per il biennio 2006-2007). Per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS sono attualmente richiesti 58 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, 40 anni di contributi.

Sempre fino al 31 dicembre 2007, per i medesimi lavoratori, per la pensione di vecchiaia calcolata con il sistema retributivo o misto, i requisiti sono rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età per le donne e 65 anni d’età per gli uomini.

Per la pensione di vecchiaia calcolata integralmente con il sistema contributivo, valgono invece le seguenti condizioni di accesso: almeno 5 anni di contributi, 57 anni di età ed una pensione da liquidare di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Si prescinde dal requisito legato all’importo della pensione al compimento dei 65 anni di età.

I lavoratori che entro la fine del 2007 conseguiranno i requisiti sopra indicati potranno accedere al relativo trattamento pensionistico secondo la normativa vigente anteriormente all’entrata in vigore della L. 243/2004, anche successivamente al 31 dicembre 2007. Questi stessi lavoratori, dunque, potranno esercitare il diritto alla prestazione pensionistica in base alla disciplina previgente in un qualsiasi momento successivo alla maturazione dei predetti requisiti, indipendentemente dalle modifiche della normativa, e possono chiedere all’ente di appartenenza la certificazione di tale diritto. Per costoro il computo dei periodi di anzianità contributiva, maturati fino al conseguimento del diritto alla pensione, ai fini del calcolo dell’ammontare della prestazione, è comunque effettuato in base alla normativa previgente. Tali disposizioni sono volte evidentemente ad evitare una “fuga” verso le pensioni nel 2007, in considerazione della consistente elevazione del requisito di età anagrafica per l’accesso alla pensione di anzianità previsto a decorrere dal 2008.

Come detto, infatti, a partire dal 1° gennaio 2008 si assisterà alla riforma strutturale, con l’introduzione dei seguenti requisiti per accedere al pensionamento:

-       pensione di anzianità nel sistema retributivo e misto: 35 anni di contributi e 60 anni di età, con incremento di 1 anno nel 2010 e poi ancora di uno nel 2014, salvo verifica degli effetti finanziari; per i lavoratori autonomi il requisito anagrafico è fissato in 61 anni nel biennio 2008-2009, ed a 62 anni nel periodo 2010-2013. In presenza di 40 anni di anzianità contributiva si prescinde dal requisito anagrafico;

-       pensione di vecchiaia nel sistema contributivo: 65 anni per gli uomini e 60 per le donne e un quinquennio di contributi; 40 anni di contributi a prescindere dall'età; 35 anni di contributi e 60 anni di età (61 per gli autonomi) con gli incrementi anagrafici di cui al precedente punto.

 

Come eccezione è consentito, in via sperimentale fino al 2015, alle lavoratrici che optano per la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, di conseguire la pensione di anzianità ancora con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 anni per le lavoratrici autonome).

A decorrere dal 2014 viene previsto l’aumento di un anno del requisito anagrafico che passa da 61 a 62 anni per i lavoratori dipendenti, e da 62 a 63 per i lavoratori autonomi. Tale incremento potrà essere differito qualora, a seguito di apposita verifica da effettuarsi nel 2013, emergano effetti positivi di risparmio sulla spesa previdenziale superiori a quelli che potrebbero derivare dall’elevazione del requisito anagrafico.

Si consideri, inoltre, che viene modificata in senso restrittivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la disciplina della decorrenza del pensionamento (cd. finestre), per i lavoratori, di età inferiore a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne, che hanno diritto alla pensione di anzianità o alla pensione di vecchiaia liquidata con il sistema contributivo. Rispetto alla disciplina valida sino al 2007, per i lavoratori che hanno diritto alla pensione di anzianità, le “finestre” di uscita vengono portate da quattro a due, mentre per i lavoratori cui si applica esclusivamente il sistema contributivo, le “finestre di uscita sono introdotte ex novo.

 

Il miglioramento del rapporto spesa previdenziale/PIL nella parte finale del periodo di previsione, sempre secondo quanto riportato nel DPEF, è riconducibile essenzialmente al passaggio dal sistema di calcolo misto al sistema di calcolo contributivo, nonché alla progressiva eliminazione per morte delle generazioni del baby boom.

 

Lo stesso DPEF, peraltro, evidenzia come, in assenza della revisione decennale dei coefficienti di trasformazione, di cui all’articolo 1, comma 11, della L. 8 agosto 1995, n. 335, il rapporto tra la spesa pensionistica ed il PIL risulterebbe più elevato di circa l’1,5% nel 2040 e di poco meno del 2% alla fine del periodo preso in considerazione.

Tali dati sono confermati anche nel richiamato rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del dicembre 2006, nel quale si sottolinea che, “in assenza di revisione dei coefficienti di trasformazione, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL tende a peggiorare gradualmente collocandosi, alla fine del periodo di previsione, a circa 2 punti percentuali di PIL in più rispetto alla previsione a normativa vigente”. Inoltre, “l’incremento risulta di 0,7 e 1,5 punti percentuali, rispettivamente, nel 2030 e nel 2040. L’aggravio di spesa in termini di PIL presenta un profilo crescente dovuto alla stratificazione delle pensioni liquidate parzialmente o integralmente con il sistema contributivo e all’effetto cumulato della revisione”.[216]

 

Per quanto riguarda invece la valutazione del sistema pensionistico sul piano dell’equità sociale, il DPEF sottolinea l’esigenza di dare un assetto maturo allo stato sociale, intervenendo, tra gli altri, anche sul settore pensionistico.

Con riferimento al sistema di welfare, il Documento rileva che le criticità maggiori sono le pensioni basse, spesso al di sotto dei livelli di autosufficienza economica, nonché una forte penalizzazione per alcune categorie sociali quali le donne, i giovani e gli anziani.

 

In relazione al livello dei trattamenti pensionistici, si consideri che il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, attualmente in fase di conversione presso la Camera dei deputati (A.C. 2852), all’articolo 5 reca misure con cui si intende dare attuazione agli impegni assunti dal Governo in materia pensionistica in sede di confronto con le parti sociali nell’ambito del tema “crescita ed equità” e che, tra le varie misure previste, si dispone un incremento dei trattamenti pensionistici più bassi.

Più in dettaglio, per il 2007, nel limite dello stanziamento di 900 milioni di euro, si provvede all’incremento dei trattamenti pensionistici per i titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, gestite da enti pubblici previdenziali, nonché delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (e dei lavoratori delle miniere, cave e torbiere), il cui importo complessivo annuo, al netto dei trattamenti di famiglia, non superi la soglia massima determinata in base ai criteri stabiliti da un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, al fine di individuare la platea dei destinatari e la misura del beneficio (commi 1 e 2).

Inoltre, a decorrere dall’anno 2008, si prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di un Fondo per il finanziamento di una serie di specifici interventi in materia previdenziale, nel limite complessivo di 1.500 milioni di euro annui, consistenti nell’incremento dei trattamenti pensionistici bassi in precedenza richiamati, in un più favorevole meccanismo di perequazione per le pensioni di importo non superiore a 5 volte il trattamento minimo mensile vigente nell’AGO e misure agevolative relative al riscatto del corso legale di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali (comma 3).

Sanità

Il Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011 precisa che nel periodo 2000-2006 la spesa sanitaria ha registrato un aumento di 1,2 punti percentuali di PIL. Tale crescita, che ha interessato trasversalmente tutti i comparti del settore sanitario, si è dimostrata particolarmente significativa relativamente alla spesa per il personale[217] e per gli acquisti di beni e servizi.

Il Documento ricorda, altresì, che legge finanziaria per il 2007, in linea con le indicazioni contenute nel Patto per la salute, siglato tra Governo e regioni nel settembre 2006, ha adeguato le risorse messe a disposizione del Servizio sanitario nazionale, incrementando di 6 miliardi di euro il livello di finanziamento cui lo Stato concorre ordinariamente.

 

La legge finanziaria 2007 ha stabilito i seguenti livelli di finanziamento del Servizio sanitario nazionale: 96.040 milioni di euro per il 2007 (a tale importo si sommano i 1.000 milioni di euro relativi al Fondo transitorio per le regioni in disavanzo, v. infra); 99.082 milioni di euro per il 2008; 102.285 milioni di euro per il 2009[218].

Si ricorda che il livello di spesa per il 2006, a seguito della legge finanziaria per il 2006, ammontava a 90.960 milioni di euro[219].

La legge finanziaria 2007 ha peraltro incrementato di 2.000 milioni di euro il finanziamento per l’anno 2006 a favore del Servizio sanitario nazionale[220].

 

Il documento sottolinea, inoltre, che la legge finanziaria 2007 ha disposto un incremento di 2,6 miliardi di euro della spesa pluriennale per gli interventi di ristrutturazione edilizia ed ammodernamento tecnologico (elevando pertanto a 20 miliardi di euro l’ammontare complessivo delle risorse a ciò dedicate).

Per le stesse finalità, ulteriori risorse sono state destinate dallo Stato e dalle regioni nell’ambito del programma dei fondi strutturali europei 2007-2013[221].

 

Si rammenta, infatti, che, in data 21 dicembre 2006, la Conferenza unificata ha approvato il Quadro strategico nazionale per la politica regionale di sviluppo relativo al periodo 2007-2013[222].

Successivamente, in linea con gli obiettivi del citato Quadro strategico nazionale, finanziato dai fondi strutturali europei, i Ministri dello Sviluppo economico e della Salute e i Presidenti di otto regioni meridionali e insulari (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) hanno siglato, il 17 aprile 2007, un Protocollo d'intesa e un Memorandum, al fine di superare la separazione tra le politiche di finanziamento dei servizi sanitari e socio-sanitari e politiche di investimento strutturale, anche in considerazione dell’esigenza di ridurre le disuguaglianze territoriali tra il Nord e il Sud del Paese. Per il raggiungimento degli obiettivi ivi previsti, il Memorandum definisce un fabbisogno di 3.000 milioni di euro.

 

Nel Documento si segnalano, inoltre, le disposizioni della legge finanziaria 2007 che hanno definito un finanziamento transitorio triennale per le regioni che in passato hanno registrato elevati disavanzi. Si tratta, in particolare, della istituzione del Fondo transitorio (1.000 milioni di euro per il 2007)[223], alle cui risorse le regioni accedono nel rispetto di alcuni adempimenti, ossia:

§      la stipula di un accordo tra i Ministeri della salute e dell’economia e la regione interessata, comprensivo di un programma di rientro dal disavanzo entro il 2010;

 

§      l’incremento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito (IRPEF) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo è disposto l’automatico innalzamento delle suddette aliquote oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente. Tale meccanismo viene esteso anche agli anni successivi al 2006.

 

Il Documento richiama, infine, le ulteriori risorse destinate a fronteggiare il debito delle regioni relativo al periodo 2001-2005.

 

A tal fine, il decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23[224] (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale) prevede, nel quadro delle misure definite dalla legge finanziaria, il concorso straordinario dello Stato, per il periodo 2001-2005, al ripiano dei disavanzi strutturali dei servizi sanitari regionali, a condizione che le regioni interessate assolvano ad alcuni adempimenti.

In particolare, si autorizza, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 3.000 milioni di euro per l’anno 2007 a beneficio delle regioni che sottoscrivono un accordo con lo Stato volto alla riorganizzazione dei servizi sanitari regionali e che, a decorrere dal 2007, attivano a tal fine specifiche misure fiscali ovvero destinano quote di manovre fiscali già adottate o quote di tributi erariali attribuiti alle regioni, in via ulteriore rispetto all’incremento nella misura massima dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

I nuovi obiettivi previsti dal Documento di programmazione economico-finanziaria riguardano, in particolare:

§      l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA)[225] attraverso il potenziamento delle prestazioni ad elevata rilevanza sociale;

 

§      l’attivazione di un sistema di monitoraggio attraverso la predisposizione di un adeguato pacchetto di indicatori;

 

§      la valorizzazione delle risorse umane (medici e personale sanitario[226]) mediante il graduale superamento del fenomeno del precariato;

 

§      il potenziamento della rete delle cure primarie attraverso la realizzazione di forme di associazionismo tra i medici e di integrazione con l’attività dei distretti sanitari;

In questo ambito si ricorda che l’articolo 1, comma 805, della legge finanziaria per il 2007, istituisce un Fondo per il cofinanziamento dei progetti volti a superare le disomogeneità tra le diverse aree territoriali nell’attuazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale. L’importo annuale del citato Fondo è pari a 65,5 milioni di euro per il triennio 2007-2009, di cui 5 milioni per iniziative nazionali e 60,5 milioni da assegnare alle regioni e alle province autonome per diversi progetti, tra i quali è contemplata la sperimentazione del modello assistenziale case della salute (10 milioni di euro);

 

§      la riorganizzazione della rete ospedaliera e la razionalizzazione di acquisto di beni e servizi;

 

§      la promozione della qualità del Servizio sanitario nazionale[227], mediante il monitoraggio del gradimento dei servizi da parte degli utenti.

 

Al fine di promuovere il miglioramento delle prestazioni sanitarie e ridurre il rischio clinico, il disegno di legge A.S. 1598 - presentato dal Governo al Senato il 24 maggio 2007 – interviene su diversi profili del settore sanitario. In particolare, gli articoli da 1 a 3 riguardano, rispettivamente, l'esigenza della sicurezza delle cure, la responsabilità civile delle strutture e del personale sanitario, la definizione stragiudiziale delle controversie aventi ad oggetto danni derivanti da operatori del Servizio sanitario nazionale; l'articolo 4 concerne l'attività libero-professionale intramuraria, mentre l'articolo 5 disciplina il carattere esclusivo o meno del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari[228].

Per quanto concerne la razionalizzazione del rapporto tra il settore sanitario e quello universitario, si ricorda altresì che è stato presentato dal Governo al Senato il disegno di legge A.S. 1334 ("Interventi per il settore sanitario e universitario"). Le commissioni riunite 7a e 12a hanno concluso l'esame in sede referente il 13 giugno 2007, apportando alcune modifiche. Il citato disegno di legge reca vari interventi nei settori sanitario ed universitario, intesi ad assicurare sia la completa integrazione fra l’attività didattica e di ricerca delle facoltà di medicina e chirurgia e l’attività assistenziale sia la piena funzionalità del Servizio sanitario nazionale[229].

 

Ai fini del potenziamento delle suddette azioni e nel quadro delle risorse disponibili, il Documento segnala l’esigenza di effettuare i seguenti ulteriori interventi:

§      adeguamento delle risorse destinate all’edilizia sanitaria e all’innovazione tecnologica;

 

Al riguardo si rammenta che è all’esame della Commissione affari sociali della Camera, in sede referente, la proposta di legge A.C. 1232, che prevede la realizzazione di un programma straordinario di interventi per la sanità nel Mezzogiorno.

In particolare, il citato programma straordinario è finalizzato al potenziamento dei servizi territoriali connessi alla medicina di base, all'adeguamento edilizio delle strutture sanitarie, all'ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario, alla promozione dell'eccellenza e dell'alta specializzazione, allo sviluppo della ricerca biomedica nonché alla formazione e la qualificazione del personale sanitario.

A tal fine, si prevede l’istituzione del Fondo per gli investimenti nella sanità del Mezzogiorno, alimentato, in parte, da risorse determinate annualmente dalle legge finanziaria (2 miliardi di euro) e, in altra parte, mediante mutui contratti dalle regioni con la Banca europea per gli investimenti.

 

§      riforma del settore farmaceutico, con particolare riferimento al controllo della spesa ed alla necessità di pervenire ad una regolazione dei prezzi volta alla creazione di un mercato più favorevole alla competizione, all’innovazione e alla ricerca;

 

Sul contenimento della spesa farmaceutica è utile segnalare che la legge finanziaria per il 2007 (articolo1, comma 796, lett. f)conferma, per gli anni 2007 e seguenti, i provvedimenti adottati dal dicembre 2005 al settembre 2006 dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), ai fini del contenimento della spesa farmaceutica nei limiti massimi stabiliti dall’ordinamento.

La stessa legge finanziaria ha inoltre introdotto disposizioni riguardanti l’accesso al contributo integrativo dello Stato previsto per le regioni che abbiano raggiunto gli obiettivi di copertura del disavanzo nel comparto farmaceutico, con riferimento agli esercizi 2005 e 2006[230].

La spesa farmaceutica netta a carico del Servizio sanitario nazionale nel 2006 si è attestata a circa 12.334 milioni di euro con un incremento del 4,1 per cento rispetto al 2005[231].

Per quanto concerne il prezzo dei medicinali, la medesima legge finanziaria reca alcune specifiche norme[232] relative al prezzo di vendita al pubblico dei medicinali non soggetti a prescrizione medica, stabilendo, in particolare, che esso è fissato da ciascuna farmacia o struttura commerciale legittimata alla vendita. La nuova normativa, che prescrive, tra l’altro, anche l’obbligo di rendere noto al pubblico mediante listini o altre equivalenti modalità il prezzo dei medicinali in questione, sopprime, dunque, il principio di determinazione di un prezzo massimo di vendita da parte dei titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio.

Nel quadro di una maggiore liberalizzazione, l’articolo 5 del decreto-legge n. 223 del 2006 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale) è intervenuto relativamente alla vendita di farmaci non soggetti a prescrizione medica al di fuori delle farmacie, alla disciplina degli sconti sui medicinali, alla revisione degli obblighi a carico dei distributori di farmaci e alla disciplina della titolarità delle farmacie. Nello stesso ambito, si segnalano, inoltre, gli articoli 2 e 7 del disegno di legge di iniziativa governativa cosiddetto sulle "liberalizzazioni", A.S. 1644 - approvato con modifiche dalla Camera in prima lettura e trasmesso al Senato. L'articolo 2 modifica la disciplina relativa alla vendita di medicinali in esercizi commerciali diversi dalle farmacie, consentendo a questi ultimi di dispensare anche i farmaci soggetti a prescrizione medica, con esclusione di quelli ammessi a rimborso, totale o parziale, a carico del Servizio sanitario nazionale. L'articolo 7 dello stesso disegno di legge modifica alcuni profili della disciplina in materia di titolarità e trasferimento di farmacie.

 

§      revisione della compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini improntata su principi di equità;

In merito a questo specifico aspetto si segnala che in sede di conversione del già citato decreto legge n. 23 del 2007 è stata disposta la sospensione fino al 31 dicembre 2007 delle disposizioni della legge finanziaria 2007 che prevedono l’applicazione di una quota fissa di 10 euro sulle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, che si aggiunge al ticket di 36,15 euro[233].

La legge finanziaria 2007 ha altresì stabilito un ticket sulle prestazioni di pronto soccorso non seguite da ricovero, classificate con il "codice bianco", pari a 25 euro.

 

§      promozione dell’assistenza odontoiatrica;

§      graduale avvio del passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale[234];

 

Il Documento conferma, infine, la necessità di sviluppare forme di integrazione socio-sanitaria, con particolare riferimento all’assistenza domiciliare integrata a favore dei non autosufficienti.

Con riferimento alle misure di sostegno per la non autosufficienza, la stessa legge finanziaria ha istituito, altresì, uno specifico Fondo per le non autosufficienze[235] presso il Ministero della solidarietà sociale, al fine di attuare i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riferimento alle persone non autosufficienti. La dotazione del Fondo è pari a 100 milioni di euro per l’anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Assistenza e servizi sociali

Il Documento di programmazione economica e finanziaria 2008-2011, nel richiamare quanto già evidenziato nel Programma di Governo e nel precedente DPEF 2007-2010, sottolinea alcuni profili di criticità che caratterizzano la situazione italiana, ossia un tasso di povertà superiore alla media europea, un ridotto investimento nelle politiche sociali, un limitato sostegno alle persone non autosufficienti e ai giovani, un forte disagio abitativo.

In particolare, con riferimento al tema della povertà e della disuguaglianza, il paragrafo IX.1 del Documento evidenzia che in Italia il 20 per cento più ricco della popolazione possiede 5,6 volte il reddito del 20 per cento più povero. Si tratta di valori tra i più alti rispetto a quelli registrabili nei principali Paesi dell’Unione europea (Europa a 15), sensibilmente inferiori solo rispetto al massimo del Portogallo. Inoltre, la distribuzione territoriale dei livelli di povertà si presenta disomogenea, con una incidenza nel Mezzogiorno più elevata di quattro volte rispetto al Centro e di oltre cinque rispetto alle regioni settentrionali.

I dati statistici confermano, poi, che le famiglie più numerose e le coppie con almeno un anziano sono quelle a maggior rischio di povertà. Il disagio economico e l’esclusione sociale sono aggravati dall’assenza di una misura nazionale di contrasto alla povertà, con particolare riferimento alle sue forme più estreme. Si segnala, tuttavia, che la povertà soggettiva (povertà percepita) si è sostanzialmente stabilizzata nell’ultimo anno rispetto all’anno precedente, dopo aver registrato marcati aumenti nel periodo giugno 2003-giugno 2005.

Le rilevazioni ISTAT (riferite al 2003) sottolineano, poi, anche la scarsa fluidità sociale intergenerazionale e le limitate opportunità di mobilità da una classe sociale all’altra.

In tale contesto, il Governo ritiene prioritario proseguire gli interventi già avviati sia con la legge finanziaria per il 2007 che con altre specifiche iniziative, al fine di colmare il divario con i più avanzati Paesi europei nel settore delle politiche sociali. In particolare, nel rispetto delle compatibilità finanziarie, il Documento segnala le seguenti priorità di intervento:

§      sostegno al reddito e lotta alla povertà, con particolare riferimento all’incremento e alla diffusione universalistica degli assegni per l’infanzia, alle misure a favore degli “incapienti”[236] e alla prosecuzione del progetto relativo al reddito minimo di inserimento;

Per quanto concerne le risorse dedicate alle politiche sociali, si ricorda che il principale strumento di finanziamento è costituito dal Fondo nazionale per le politiche sociali, istituito dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, con la finalità, tra l’altro, di assicurare il contrasto alla povertà, la tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e della condizione degli anziani, la prevenzione ed il trattamento delle tossicodipendenze, le misure di sostegno agli immigrati. Con l’ultima legge di bilancio è stato stanziato l’importo 1,637 miliardi di euro per l’anno finanziario 2007.

Sul piano istituzionale, si ricorda, inoltre, che, a seguito del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[237], la competenza in materia di politiche sociali è stata attribuita al Ministero della solidarietà sociale (in precedenza tale competenza spettava al Ministero del lavoro e delle politiche sociali).

Per quanto concerne le misure di sostegno per l’infanzia, si segnala che, da ultimo, il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81[238] ha stabilito, per l'anno 2007, un’integrazione di 40 milioni di euro dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 334, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che riserva ai cittadini italiani o comunitari residenti in Italia il beneficio economico di un assegno di 1.000 euro (cd. “bonus bebè”) in favore dei genitori, in caso di nascita o di adozione di un bambino[239].

Con riferimento al reddito minimo di inserimento, si ricorda, invece, che la legge finanziaria per il 2007 ha prorogato, dal 30 aprile 2006 al 30 giugno 2007, la prosecuzione della sperimentazione di tale istituto[240].

§      incremento dei servizi per l’infanzia e degli asili nido (Per maggiori dettagli su tale argomento, cfr. la scheda sulla sezione VI.3 del Documento);

§      ridefinizione dei profili professionali degli operatori sociali (incluse le “assistenti familiari”) e della Carta dei servizi;

 

La Carta dei servizi sociali è prevista dall’articolo 13 della legge 8 novembre 2000, n. 328[241], il quale stabilisce che, al fine di tutelare le posizioni soggettive degli utenti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è adottato lo schema generale di riferimento per la redazione della citata Carta. Successivamente, ciascun ente erogatore di servizi adotta una Carta dei servizi sociali, dandone adeguata pubblicità agli utenti. La Carta definisce i criteri per l'accesso ai servizi, le modalità del relativo funzionamento, le condizioni per facilitarne la valutazione da parte dei fruitori, nonché le procedure per assicurare la tutela degli utenti. Al fine di rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti, la Carta prevede la possibilità di attivare ricorsi nei confronti dei responsabili della gestione dei servizi.

La legge n. 328 del 2000 prevede, inoltre, che l'adozione della Carta dei servizi sociali da parte degli erogatori delle prestazioni e dei servizi sociali costituisce requisito necessario ai fini dell'accreditamento.

Per quanto attiene alle misure per le “assistenti familiari”, cfr. la scheda sulla sezione VI.3 del Documento.

§      definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (a partire da quelli relativi alle non autosufficienze) da garantire su tutto il territorio nazionale come diritti individuali esigibili[242];

§      realizzazione del Sistema informativo dei servizi sociali;

 

Il Sistema informativo dei servizi sociali (SISS) è già previsto dall’articolo 21 della legge n. 328 del 2000. In particolare, la norma stabilisce che lo Stato, le regioni, le province e i comuni istituiscono un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie e formative con le politiche del lavoro.

Gli oneri per l’attivazione del sistema informativo sono posti a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali. Nell'àmbito dei piani nazionale, regionali e di zona degli interventi e servizi sociali, sono definite le risorse destinate alla realizzazione del citato sistema informativo.

 

§      Attuazione del piano triennale dell’edilizia abitativa (per ulteriori dettagli sul tema, cfr. la scheda relativa alla sezione V.11 “Infrastrutture” del Documento);

§      potenziamento della lotta alla droga, in linea con il piano nazionale sulle droghe previsto dall’Unione europea;

 

Nel quadro delle misure in materia di lotta alla tossicodipendenza, la legge finanziaria per il 2007[243] è intervenuta sulla disciplina dell'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze e del Fondo nazionale per le comunità giovanili di cui alla legge finanziaria per il 2006.

In particolare, l’Osservatorio ha ora assunto la denominazione di Osservatorio per il disagio giovanile legato alle dipendenze[244] ed è istituito presso il Ministero della solidarietà sociale. Analogamente, presso il suddetto Ministero è ora istituito il Fondo nazionale per le comunità giovanili, volto alla promozione della salute e alla prevenzione dei comportamenti a rischio e del fenomeno delle dipendenze. La dotazione del Fondo, pari a 5 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009, è destinata per il 25 per cento ai compiti istituzionali del Ministero della solidarietà sociale e per il restante 75 per cento alle associazioni e reti giovanili individuate con decreto ministeriale d’intesa con la Conferenza Stato-regioni[245].

Si segnala, inoltre, che il Ministero della solidarietà sociale e le regioni hanno concluso il 14 dicembre 2006 un Accordo[246] concernente un programma di collaborazione finalizzato a realizzare interventi di prevenzione in materia di tossicodipendenze. Il programma prevede, tra l’altro, progetti sperimentali concernenti gli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e riduzione del danno nell'ambito delle dipendenze e del consumo di sostanze stupefacenti legali e illegali.

Per quanto concerne la normativa comunitaria, il principale strumento sul contrasto della tossicodipendenza è costituito dalla Strategia dell'Unione europea in materia di droga 2005-2012, approvata dal Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 sotto la Presidenza olandese. La Strategia, che rappresenta il punto riferimento degli Stati membri nella programmazione delle politiche nazionali, si basa su un approccio integrato, multidisciplinare ed equilibrato tra riduzione della domanda e riduzione dell’offerta. Per il raggiungimento degli obiettivi, la Strategia si sviluppa su due Piani d’azione della durata di quattro anni ciascuno, in cui sono programmati eventi comuni, interventi specifici e misure operative[247].

§      le politiche per l’infanzia e l’adolescenza;

 

Specifiche disposizioni sono state dettate dalla legge finanziaria per il 2007[248] con riferimento al Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, previsto dalla legge 28 agosto 1997, n. 285[249]. In particolare, a decorrere dal 2007, tale Fondo è provvisto di una dotazione determinata annualmente dalla legge finanziaria[250]. Il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed è finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale destinati a favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza.

 

§      le politiche di inclusione sociale degli immigrati.

 

Per quanto concerne la condizione degli immigrati, si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2007 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la promozione da parte del Ministero della salute di uno specifico progetto di sperimentazione gestionale da autorizzare da parte della regione Lazio con la partecipazione delle altre regioni interessate[251].Tale progetto è finalizzato alla creazione di un Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà, con sede in Roma.

In tema di politiche per l’integrazione, la stessa legge finanziaria[252] ha istituito un Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati presso il Ministero della solidarietà sociale. La dotazione del Fondo è pari a 50 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009. Il Fondo è, fra l’altro, finalizzato alla realizzazione di un piano per l’accoglienza degli alunni stranieri, anche per favorire il rapporto scuola-famiglia, mediante l’utilizzo, per fini non didattici, di apposite figure professionali madrelingua, quali i mediatori culturali.

La stessa legge finanziaria contiene ulteriori disposizioni a favore degli immigrati, quali:

-       la riorganizzazione dei centri locali per l’istruzione degli adulti, anche con il fine di diffondere la conoscenza della lingua italiana[253];

-       la destinazione del 90 per cento del contributo di solidarietà dei trattamenti di fine rapporto più alti alle iniziative volte a favorire l’istruzione e la tutela delle donne immigrate[254];

-       l’estensione dell’esenzione dall’IVA per le prestazioni socio-sanitarierese a migranti, richiedenti asilo, donne vittime di tratta[255].

Nel corso della legislatura, è stato adottato altresì il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5[256], il quale apporta modificazioni ed integrazioni al Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, per quanto attiene al tema dei ricongiungimenti familiari, rimuovendo alcune condizioni che limitavano o appesantivano l'esercizio del diritto al ricongiungimento.

 

L’attuazione degli interventi sopra indicati, che costituisce la base iniziale su cui costruire politiche sociali idonee ad assicurare a tutti i cittadini il godimento dei diritti essenziali senza discriminazioni, richiede l’azione coordinata dei diversi soggetti pubblici (Stato, regioni, province e comuni) e privati interessati, incluso il coinvolgimento del volontariato[257].

I maggiori oneri derivanti dallo sviluppo delle citate iniziative è, in parte, compensato dai risparmi derivanti dalla maggiore inclusione sociale, dalla promozione dell’efficienza, dalla più oculata gestione da parte degli attori istituzionali, dall’incremento del controllo da parte dei cittadini, anche mediante l’utilizzo della Carta dei servizi.

In questa prospettiva, il Documento prevede che le politiche sociali possono determinare effetti positivi sul piano dello sviluppo economico e sociale, riducendo i costi degli interventi disorganici ed emergenziali, incrementando l’occupabilità dei soggetti deboli sul mercato del lavoro, evitando il depauperamento degli investimenti in educazione e formazione e realizzando, in linea generale, le condizioni per lo sviluppo della creatività e della piena partecipazione alle attività produttive.

Pari opportunità e non discriminazione

Il documento di programmazione inquadra le azioni in materia di pari opportunità e diritti di cittadinanza nell’ambito delle politiche per l’equità sociale, evidenziandone la finalità di promozione di una crescita stabile ed equilibrata del Paese.

Quanto alle politiche, il Governo indica di voler dare continuità ai progetti previsti in materia nel precedente DPEF e nella legge finanziaria per il 2007, provvedendo progressivamente ad adeguarli alle direttive emanate nel corso del 2007, anno che la Commissione europea ha indicato quale “Anno europeo delle pari opportunità per tutti”[258].

 

Il DPEF 2007-2011 indicava tra gli obiettivi da realizzare nel corso della legislatura l’avvio di un piano straordinario per le pari opportunità e l’allargamento dei diritti di cittadinanza comprendente, tra l’altro:

-       interventi volti a sostenere l’occupazione femminile ed a promuovere l’imprenditoria femminile;

-       il potenziamento delle politiche pubbliche per la conciliazione tra vita lavorativa e vita personale e familiare;

-       il sostegno ad azioni e regole che, “in sintonia con la riforma dell’art. 51 della Costituzione e le direttive europee, promuovano nelle Istituzioni, negli Enti, nelle professioni e nelle carriere (fino ai livelli di responsabilità più alti), il riconoscimento dei talenti, a partire dalle donne e dai giovani, investendo così nel valore e nella responsabilità della persona”;

-       la promozione di studi, ricerche, statistiche di genere, campagne civiche al fine di promuovere una cultura di pari opportunità e di rispetto dei diritti e dei doveri civili e sociali delle persone;

-       il rilancio del ruolo del Comitato interministeriale per i diritti umani e il rafforzamento dell’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni.

Per quanto riguarda, invece, la legge finanziaria 2007, si ricorda in particolare che l’articolo 1, comma 1261, ha incrementato la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità istituito dall’art. 19 del D.L. 223/2006[259] presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, prevedendo un aumento di 40 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.

Il citato comma 1261 dispone che una quota parte dell’incremento sia destinata al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere (fondo che al momento non risulta ancora istituito). Il ministro per i diritti e le pari opportunità, con decreto emanato di concerto con i ministri delle politiche sociali, del lavoro, della salute e della famiglia, stabilirà i criteri di ripartizione del Fondo, una quota parte del quale sarà destinata all’istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere e una quota parte al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

Al riguardo, si segnala altresì che il D.L. 81/2007[260] ha previsto un’ulteriore integrazione di 2 milioni di euro dell’autorizzazione di spesa relativa al contrasto della violenza di genere.

 

Più specificamente, il Governo intende istituire, nel quadro delle compatibilità finanziarie, un fondo destinato a tre fondamentali linee di azione:

§      la promozione e la tutela dei diritti umani, nel cui ambito realizzare un programma specifico contro le molestie e la violenza. In tale quadro, anche al fine di monitorare forme di violenza e di abuso connesse a nuovi fondamentalismi, il Governo intende in particolare valorizzare l’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale, in favore dell’istituzione del quale, come si è detto, la legge finanziaria per il 2007 ha previsto lo stanziamento di appositi fondi, operando in stretta connessione con la Conferenza unificata e con i movimenti e le associazioni interessate al problema. Viene segnalata altresì l’esigenza di rilanciare attraverso opportune campagne informative il numero utile 1522[261].

 

Si osserva che su questo argomento sono all'esame della Commissione giustizia della Camera dei deputati numerose proposte di legge dirette, in particolare, al potenziamento degli strumenti relativi alla lotta contro la violenza sessuale e al rafforzamento della tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale, anche attraverso l'individuazione nel nostro codice penale di una nuova fattispecie di reato in materia di «molestie assillanti» o «molestie insistenti».

In particolare, il disegno di legge A.C. 2169 di iniziativa governativa, oltre a contenere specifiche misure di sensibilizzazione, prevenzione e repressione dei reati contro la persona, nell'ambito della famiglia e per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione, prevede, altresì, all'articolo 7 l'istituzione del Registro dei Centri antiviolenza presso la Presidenza del Consiglio, Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, allo scopo di monitorare la presenza dei Centri antiviolenza sul territorio nazionale, contribuendo al contempo a garantirne livelli omogenei di prestazione e di orientarne politiche comuni di intervento.

§      l’adozione di un piano d’azione contro ogni forma di discriminazione (di genere, età, etnia, cultura, orientamento sessuale e disabilità), in conformità alla normativa europea in materia ed alle deleghe al Ministro per i diritti e le pari opportunità[262]. In questo ambito il DPEF individua specifiche misure da realizzare nel quadro dei programmi di protezione e recupero delle vittime della tratta di esseri umani, quali la costituzione di un osservatorio sul traffico degli esseri umani, il potenziamento del numero verde nazionale per le vittime della tratta ed il rafforzamento degli strumenti e degli organismi esistenti in tale settore, con particolare riferimento alla Consulta per i diritti umani e il dialogo fra le culture. Un’altra direttrice di intervento è invece indicata nel sostegno ai piani di prevenzione e contrasto delle mutilazioni genitali femminili.

 

In proposito, si segnala che l'articolo 18 del citato disegno di legge governativo A.C. 2169 interviene su alcune disposizioni contenute nella L. 654/1975[263] e nella cd. legge Mancino (DL 122/1993, convertito dalla L. 205/1993, Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa) integrandone il contenuto sanzionatorio con il riferimento anche alle forme di discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

In particolare, si prevede la modifica del contenuto dell’art. 3 della legge 654/1975 (comma 1) al fine di sanzionare anche l’istigazione o la commissione di atti discriminatori o di violenza o atti di provocazione alla violenza fondati su tale orientamento (comma 1, lett. a e b). Analogo intervento è operato sul comma 3 che così vieta anche ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi religiosi o fondati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

I commi 2, 3 del citato articolo 18 integrano poi, con identiche finalità, sia la rubrica dell’art. 1 che il contenuto dell’art. 3, comma 1 della citata legge Mancino. E’, quindi, estesa la circostanza aggravante (aumento della pena fino alla metà) anche per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio motivato da orientamento sessuale o dall’identità di genere, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità.

§      l’adozione di un piano straordinario per il lavoro alle donne e l’accesso alle carriere e all’impresa. Il Documento evidenzia che l’incremento del tasso di occupazione femminile è un presupposto di una maggiore crescita economica e di un aumento della natalità, dal momento che l’Italia si situa all’ultimo posto, rispetto agli altri Paesi europei, per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile. Tale problematica è acuita dal fatto che il Paese è diviso praticamente in due diverse realtà: il tasso di occupazione femminile è pari al 60% al Nord, mentre nel Mezzogiorno è solamente del 30%. Il Governo, pertanto, proseguendo quanto già attuato con l’ultima legge finanziaria, intende realizzare un programma volto a favorire l’estensione del lavoro femminile specie nel Mezzogiorno, a riconoscere il diritto alla tutela della maternità per le lavoratrici discontinue e a favorire l’imprenditoria femminile. Inoltre, viene evidenziata la necessità di attivare politiche di formazione continua dirette ad accrescere la possibilità di collocazione lavorativa delle donne appartenenti a categorie a rischio, in particolare immigrate e donne in cerca di occupazione dopo essersi temporaneamente ritirate dal mercato del lavoro.

 

Si ricorda che, in attuazione dell’articolo 6 della L. 28 novembre 2005 (legge di semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), è stato emanato il D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, che provvede ad un riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità. Il provvedimento è suddiviso in quattro Libri, aventi rispettivamente ad oggetto le disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna (Libro I, artt. 1-23), le pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico-sociali (Libro II, artt. 24 e 25), le pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici (Libro III, artt. 26-57) e le pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti civili e politici (Libro IV, artt. 58-59). Per quanto concerne, più specificamente, le pari opportunità in materia di lavoro, il Titolo I (articoli 25-51) del Libro III si divide in cinque Capi concernenti le nozioni di discriminazione, i divieti di discriminazione, la tutela giudiziaria, la promozione delle pari opportunità nel lavoro e la tutela e sostegno della maternità e paternità.

 

Si consideri, inoltre, che la L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha previsto vari interventi a sostegno della maternità e paternità e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

L’articolo 1, comma 788 della L. 296/2006 estende la possibilità di usufruire del congedo parentale ai lavoratori a progetto e le categorie assimilate iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie[264]. In particolare, si dispone la corresponsione ai lavoratori in questione, aventi titolo all’indennità di maternità, per gli eventi di parto verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007, di un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, in misura pari al 30 per cento del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità. Tale trattamento economico viene concesso anche nei casi di adozione o affidamento per ingressi in famiglia con decorrenza dal 1° gennaio 2007.

L’articolo 1, comma 791 dellaL. 296/2006, attraverso modifiche all’articolo 64, comma 2, del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151[265], concernente la tutela della maternità per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335 che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie, è volto ad estendere alle medesime lavoratrici la tutela più ampia sotto il profilo temporale nonché sotto il profilo del trattamento economico e normativo prevista per le lavoratrici dipendenti. In primo luogo si prevede che resta ferma l’applicazione della disciplina di cui al citato D.M. 4 aprile 2002, per quanto riguarda l’estensione agli iscritti alla Gestione separata INPS della tutela della maternità nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente[266]. In sostanza si attribuisce alla disciplina di cui al D.M. 4 aprile 2002 una valenza “a regime”. Si evidenzia che, per quanto riguarda l’indennità di maternità, tale disciplina ricalca sostanzialmente, quanto alla durata e alla misura, quanto previsto per i lavoratori dipendenti dal combinato disposto degli articolo 16 e 22 del D.Lgs. 151/2001.

Inoltre si dispone che con un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, sia disciplinato - nei limiti delle risorse provenienti da una specifica aliquota contributiva da definire con il medesimo decreto ministeriale - l’ambito dell’estensione alle lavoratrici in oggetto della tutela più ampia prevista per le lavoratrici dipendenti dagli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 151/2001, rispettivamente per quanto riguarda l’anticipazione temporale dell’astensione obbligatoria per maternità (con diritto alla relativa indennità) e il trattamento economico e normativo connesso al congedo di maternità[267].

L’articolo 1, commi 1254-1256della L. 296/2006, invece, provvede a modificare la disciplina relativa alle misure per favorire la conciliazione tra tempo di vita e di lavoro di cui all’articolo 9 della legge n. 53 del 2000, che dispone l’erogazione di contributi per incentivare l’applicazione da parte delle aziende di accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità degli orari, volte a conciliare i tempi di vita e di lavoro.

Per quanto riguarda le iniziative legislative attualmente all’esame del Parlamento, si segnala la proposta di legge A.C. 1538 (Nicchi ed altri), approvata dalla Camera, che ha lo scopo di contrastare la pratica di far firmare al lavoratore le cd. dimissioni “in bianco” al momento dell’assunzione e quindi nel momento in cui la posizione dello stesso lavoratore è più debole, pratica riguardante prevalentemente le donne lavoratrici. In particolare, si prevede che l’efficacia della lettera di dimissioni volontarie, presentata dalla lavoratrice, dal lavoratore nonché dal prestatore d’opera e volta a dichiarare l'intenzione del medesimo soggetto di recedere dal contratto di lavoro, sia subordinata all’utilizzo, a pena di nullità, di appositi moduli predisposti e resi disponibili, gratuitamente, dalle direzioni provinciali del lavoro e dagli uffici comunali.

Con riferimento alle amministrazioni pubbliche, si segnala che il 24 maggio 2007 il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e il Ministro per i diritti e le pari opportunità hanno adottato una direttiva sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche[268]. La direttiva, destinata ai vertici delle amministrazioni ed in particolare ai responsabili del personale che dovranno orientare le politiche di gestione delle risorse umane e l’organizzazione del lavoro secondo le linee da essa indicate, intende “promuovere e diffondere la piena attuazione delle disposizioni vigenti, aumentare la presenza delle donne in posizioni apicali, sviluppare politiche per il lavoro pubblico, pratiche lavorative e, di conseguenza, culture organizzative di qualità tese a valorizzare l’apporto delle lavoratrici e dei lavoratori delle amministrazioni pubbliche”.

È altresì iniziato recentemente l’esame abbinato presso la Commissione affari costituzionali della Camera di due proposte di legge (AA.CC. 2045 e 2065) finalizzate a realizzare pienamente il dettato costituzionale in materia di parità e pari opportunità per donne e uomini, promuovendo il riequilibrio di genere negli organi di decisione, direzione, indirizzo, gestione e controllo delle amministrazioni pubbliche dello Stato.

Il Governo esprime, infine, la volontà di favorire, anche attraverso il sostegno ad interventi normativi in materia, la predisposizione di un piano nazionale di campagne in favore della diffusione della cultura del rispetto della dignità della persona, della valorizzazione delle differenze e dell’ampliamento dei diritti civili.

Politiche giovanili

Nel Documento di programmazione economica-finanziaria per gli anni 2008-2011 le politiche giovanili rappresentano un necessario investimento, per accrescere la competitività del Paese.

A tale proposito, il Piano nazionale giovani, predisposto dal Ministero per le politiche giovanili e per le attività sportive con il coinvolgimento dei soggetti istituzionali e delle realtà associative, rappresenta il principale strumento per la promozione del diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e per la diffusione dei principi di autonomia, responsabilità e cittadinanza attiva. Al fine di raggiungere tale obiettivo, è necessario assicurare il coordinamento delle attività dei diversi Ministeri interessati.

 

Il citato Piano nazionale mira, in particolare, ad agevolare l’accesso dei giovani al mondo del lavoro, a sviluppare e valorizzare le competenze dei giovani, a favorire l’accesso al credito per i giovani, a contrastare la disuguaglianza digitale, a favorire la partecipazione alla vita pubblica, a combattere il disagio giovanile, a stilare il Rapporto annuale sui giovani, a stimolare il dialogo interreligioso e interculturale.

 

Le risorse per l’attuazione delle citate iniziative sono quelle previste nel Fondo per le politiche giovanili. In particolare, nel Documento di programmazione economica-finanziaria si precisa che le risorse del Fondo saranno finalizzate, come già avvenuto nel corso del 2007, per garantire l’affermazione dei diritti delle giovani generazioni alla casa, al lavoro, alla formazione, alla cultura, al credito, alla mobilità.

Si sottolinea, inoltre, che gli accordi di programma definiti o in corso di definizione con le regioni e le ulteriori intese raggiunte con gli enti locali costituiscono il quadro di riferimento per la realizzazione di politiche territoriali in grado di rispondere alla domanda di partecipazione sociale dei giovani.

 

In proposito, va ricordato che, al fine di implementare le politiche giovanili territoriali con gli obiettivi del suddetto Piano nazionale, il Governo, nell’ambito del rapporto di collaborazione istituzionale, ha stipulato diversi Accordi di programma quadro (APQ) con le regioni (già siglato nel mese di luglio quello con la Regione Puglia ed in via di definizione quelli con Lazio, Marche, Trentino, Campania, Piemonte e Friuli) nonché Piani locali giovani con i comuni (un primo Accordo, siglato nel dicembre 2006, prevede, in via sperimentale, il finanziamento di 27 Piani locali in altrettanti comuni appartenenti a 16 regioni)[269].

 

Il Documento evidenzia che le politiche pubbliche devono garantire più opportunità ai giovani e valorizzarne il talento, il merito e la creatività, sfruttando tali potenzialità per rendere il Paese più dinamico e competitivo.

Il Governo manifesta l’impegno a proseguire nell’opera di costruzione di interventi organici finalizzati a:

§      facilitare l’accesso dei giovani nel mondo del lavoro, contrastando la precarietà lavorativa;

§      valorizzare le competenze e la formazione professionale.

§      favorire l’accesso alla casa, sia per i giovani a basso reddito sia per gli studenti fuori sede;

 

Tra le misure fiscali previste dalla legge finanziaria per il 2007, si ricorda la detrazione del 19 per centoIRPEFdei canoni di locazione derivanti dai contratti stipulati o rinnovati dagli studenti universitari fuori sede per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi[270].

 

§      promuovere la creatività e favorire i consumi culturali “meritori”;

§      incentivare la partecipazione alla vita pubblica e la rappresentanza;

§      contrastare la disuguaglianza digitale.

 

Il Documento assegna alla politica fiscale il compito di rendere più equo il rapporto tra le generazioni e di rafforzare la solidarietà sociale, intervenendo principalmente sulla riduzione del debito pubblico. Inoltre, si sottolinea l’esigenza di assicurare, come obiettivi prioritari della politica economica e sociale del Governo, anche la ricostituzione dell’avanzo primario del bilancio, il potenziamento della crescita economica.

Altri ambiti di intervento evidenziati dal Documento riguardano la diffusione dell’attività motoria e sportiva, come fattore di inclusione e integrazione sociale e di benessere psico-fisico[271]. In particolare, nella scuola primaria e secondaria l’educazione motoria deve essere incentivata, potenziando le strutture esistenti e sviluppando, nei limiti delle compatibilità finanziarie, una nuova politica impiantistica per la pratica sportiva, come già avvenuto attraverso il Programma per l’impiantistica sportiva[272]. (per una più puntuale analisi di tali aspetti, si rimanda alle schede relativa alle politiche culturali - sezione V.17 del Documento).

 

Per quanto riguarda il profilo delle competenze istituzionali sulle politiche giovanili, l’articolo 1, comma 19, lettera d), del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[273], ha attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili[274], specificando che il trasferimento riguarda anche le funzioni di competenza statale in materia di coordinamento delle politiche per le giovani generazioni, ivi comprese le funzioni di indirizzo e vigilanza sull'Agenzia nazionale per i giovani[275], esercitate congiuntamente con il Ministro della solidarietà sociale. Ai sensi dell’articolo 1, comma 22, lettera c), del citato decreto-legge n. 181 del 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri presiede, altresì, il Forum nazionale dei giovani[276], del quale può avvalersi per l'esercizio delle funzioni trasferite.

Conseguentemente, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2006[277] è stata conferita la delega relativa alle funzioni di indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, in materia di politiche giovanili, al Ministro senza portafoglio per le politiche giovanili e le attività sportive.

Per quanto concerne le risorse dedicate alle politiche giovanili, si ricorda che l’articolo 19, comma 2, del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223[278], ha istituito il Fondo per le politiche giovanili, dotato di uno stanziamento pari a 10 milioni di euro annui dal 2007 e finalizzato a promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare l’accesso all'abitazione e al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi.

L’articolo 1, comma 1290, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha disposto, inoltre, un incremento dello stanziamento relativo al Fondo per le politiche giovanili di 120 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.

 

Si ricorda che è all’esame della Camera dei deputati la conversione del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 (A.C. 2852), recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, che istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un apposito fondo rotativo, per favorire l'accesso al credito dei giovani di età compresa tra i diciotto ed i trentacinque anni, con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, provvedendo a tale onere, mediante corrispondente riduzione della dotazione del suddetto Fondo per le politiche giovanili[279].

Politiche per la famiglia

Per quanto concerne le politiche per la famiglia, il Documento richiama preliminarmente sia gli esiti della Conferenza nazionale della famiglia sia l’iniziativa del Consiglio dell’Unione europea del 30 maggio 2007, che ha deliberato la creazione di una Alleanza per la famiglia con l’obiettivo di rilanciare la crescita e la coesione sociale nell’Unione europea.

 

La Conferenza nazionale della famiglia, svoltasi a Firenze il 24, 25 e 26 maggio 2007, ha rappresentato un momento istituzionale di ascolto, di elaborazione e di partecipazione sui temi che interessano le famiglie italiane, anche al fine di favorire un incontro tra conoscenze professionali e responsabilità politico-istituzionali, esperienze associative e rappresentanze sociali. La Conferenza, promossa dal Ministero della famiglia[280], si colloca nel quadro delle iniziative finalizzate allo sviluppo e al rilancio delle politiche familiari, intese come fattore di coesione e di sviluppo sociale e come strumento per promuovere la crescita economica e l’occupazione. I temi trattati riguardano, tra l’altro, la situazione demografica, il sostegno alla genitorialità, l’invecchiamento della popolazione, il ruolo della donna nella società, le difficoltà dei giovani a realizzare nuovi nuclei familiari, la tutela dei minori, degli anziani e dei non autosufficienti, le politiche di conciliazione fra i tempi di cura e di lavoro, le forme di aiuto pubblico alle famiglie, la condizione delle famiglie di immigrati.

L’obiettivo della Conferenza è stato, in primo luogo, quello di contribuire alla definizione del primo Piano nazionale della famiglia, ossia di un programma volto a delineare gli interventi relativi all’attuazione dei diritti della famiglia e a concorrere alla costruzione di un modello di welfare più europeo.

L’evento si inserisce nel quadro dell’iniziativa della Presidenza dell’Unione europea di realizzare una Alleanza europea per la famiglia. Quest’ultimo progetto mira a definire un quadro di collaborazione e di scambio di esperienze in tema di politiche familiari con l’obiettivo di facilitare, a livello nazionale ed europeo, l’attuazione della Strategia di Lisbona, in ambiti fondamentali quali la crescita economica, la coesione sociale e le pari opportunità.

Per quanto concerne le più recenti iniziative parlamentari, appare utile ricordare che la XII Commissione affari sociali della Camera ha concluso, nella seduta del 24 aprile 2007, l’indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia.

Il documento conclusivo dell’indagine, nell’analizzare i processi di trasformazione che caratterizzano le famiglie italiane, l’evoluzione demografica, il rapporto famiglia-lavoro e la complessiva situazione socio-economica della compagine familiare, ha rilevato diversi profili di criticità, con particolare riguardo al fenomeno della denatalità, alle relazioni intrafamiliari, alla violenza contro le donne e in ambito domestico, alla conciliazione dei tempi di cura e di lavoro, al ruolo di protezione sociale della famiglia, alle anomalie del sistema fiscale, previdenziale, sanitario e delle politiche sociali.

In tale contesto, sono state messi in luce anche gli squilibri relativi agli strumenti di sostegno alla non autosufficienza e alla disabilità, all’impoverimento e al sovraindebitamento delle famiglie, nonché alla peculiare condizione degli immigrati e sono state delineate alcune proposte in ordine alle priorità e ai possibili interventi.

 

Al fine di rilanciare le politiche familiari, il Documento ritiene necessario superare la logica assistenzialista e sviluppare nuove politiche volte a riconoscere e contemperare i diritti e i bisogni della famiglia con quelli dei singoli.

In tale contesto, viene evidenziata l’esigenza di promuovere la cittadinanza sociale della famiglia, mediante la definizione di un Piano nazionale della famiglia con il coinvolgimento delle regioni, degli enti locali, del parlamento, delle forze sociali, del mondo dell’associazionismo e del volontariato.

 

Al riguardo, si ricorda che la legge finanziaria per il 2007[281] ha previsto che le risorse del Fondo per le politiche della famiglia siano destinate, in parte, a finanziare l’elaborazione - da parte del Ministero delle politiche per la famiglia, d'intesa con le altre amministrazioni statali competenti e con la Conferenza unificata - di un Piano nazionale della famiglia e a verificarne l’efficacia, mediante l’organizzazione, con cadenza biennale, di una Conferenza nazionale. Il Piano costituisce il quadro conoscitivo, promozionale e orientativo degli interventi relativi all'attuazione dei diritti della famiglia.

Il principale strumento di finanziamento delle politiche di sostegno alla famiglia è il Fondo per le politiche della famiglia[282], istituito dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223[283]presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con uno stanziamento pari a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007, al fine di:

-       realizzare e promuovere interventi per la tutela della famiglia, in tutte le sue componenti e le sue problematiche generazionali;

-       supportare l’Osservatorio nazionale sulla famiglia.

La legge finanziaria per il 2007[284] ha integrato le risorse del suddetto Fondo, prevedendo uno stanziamento complessivo di 210 milioni di euro per l’anno 2007 e 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Tali risorse sono utilizzate per le seguenti finalità: istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia; iniziative di conciliazione del tempo di vita e lavoro; iniziative per la riduzione dei costi dei servizi per le famiglie numerose; iniziative di sostegno dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile dell’Osservatorio per l’infanzia e del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia; valorizzazione delle iniziative degli enti locali ed imprese in materia di politiche familiari; sostegno delle adozioni internazionali e della Commissione per le adozioni.

La citata legge finanziaria per il 2007[285] ha altresì dispostoche il Fondo in esame sia utilizzato, oltre che per il già ricordato finanziamento del Piano nazionale per la famiglia e per la qualificazione del lavoro delle assistenti familiari, anche per la realizzazione di un’intesa in sede di Conferenza unificata relativa alla riorganizzazione dei consultori.

Il riparto delle risorse è effettuato con decreto del Ministro delle politiche della famiglia.

In data 27 giugno 2007, è stata siglata una Intesa in sede di Conferenza unificatatra i Ministri delle politiche per la famiglia, della salute, del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e le regioni, le province, i comuni e le comunità montane in merito alla ripartizione del Fondo delle politiche per la famiglia[286].

L’Intesa destina l’importo di 97.000.000 di euro per le seguenti finalità:

-       riorganizzazione dei consultori familiari;

-       qualificazione del lavoro delle assistenti familiari;

-       sperimentazione di iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con numero di figli pari o superiore a quattro.

Inoltre, si prevede di destinare, sempre a carico del Fondo per le politiche della famiglia, un importo aggiuntivo di euro 50.000.000 al piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi[287] e di integrare le risorse dedicate ai cosiddetti “nidi primavera”[288] per un importo di euro 10.000.000[289].

 

Il Documento evidenzia, quindi, i seguenti obiettivi prioritari da realizzare nel corso della legislatura:

§      rimozione degli ostacoli (quali il precarietà del lavoro e il disagio abitativo) che limitano l’autonomia dei giovani e la creazione di nuove famiglie;

§      sostegno alle famiglie con figli, anche al fine di promuovere una maggiore presenza delle donne sul mercato del lavoro;

§      adeguamento della rete dei servizi per l’infanzia e la famiglia, con particolare riguardo agli anziani non autosufficienti.

 

Con specifico riferimento alle iniziative di carattere economico-finanziario, il Documento prevede lo sviluppo delle azioni già intraprese con l’ultima legge finanziaria, realizzando, in particolare, i seguenti interventi:

§      sostegno al reddito dei nuclei familiari meno abbienti[290];

§      agevolazioni per l’accesso ai servizi per le famiglie numerose, mediante la revisione dell’Indicatore di situazione economica equivalente (ISEE);

§      conciliazione dei tempi di cura e di lavoro, tramite la realizzazione di nuovi asili nido;

§      riduzione dell’onere fiscale (ossia dell’imposta comunale sugli immobili) sulla prima casa a partire dal 2008[291], anche in relazione all’esigenza di garantire il diritto sociale all’abitazione.

Nel richiamare le indicazioni contenute nella sezione VI.2 (relativa alla politica tributaria), il Documento ribadisce la finalità di rafforzare le forme di sostegno al reddito, con particolare attenzione ai nuclei con redditi bassi e medi e a quelli numerosi. L’obiettivo da realizzare, nei limiti delle compatibilità finanziarie, è quello di unificare in un solo istituto le detrazioni IRPEF e gli assegni al nucleo familiare, in modo da costituire una dote fiscale per il figlio svincolata dallo status lavorativo dei genitori. Tale istituto, che si concreta nell’erogazione di un assegno, dovrebbe consentire una riduzione della pressione fiscale netta sulle famiglie, operando, per quelle di reddito basso, come una sorta di imposta negativa.

Una particolare attenzione è rivolta, inoltre, alla realizzazione di nuovi servizi socio-educativi per l’infanzia (in linea con l’obiettivo definito dal Consiglio europeo di Lisbona di raggiungere un tasso di copertura di almeno il 33 per cento della popolazione di età compresa tra 0 e 3 anni entro il 2010) e alle misure di sostegno alla genitorialità e all’inclusione sociale. I piani di realizzazione e gestione delle nuove strutture sono destinati a coinvolgere i soggetti del terzo settore e del privato sociale, promuovendo le “migliori pratiche” mediante uno specifico sistema di regolazione, accreditamento e verifica della qualità.

 

La legge finanziaria per il 2007 ha già previsto alcune specifiche iniziative volte allo sviluppodel sistema territoriale dei servizi socio-educativi[292].

In particolare, essa prevede che, fatte salve le competenze delle regioni e degli enti locali, il Ministro delle politiche per la famiglia promuove una intesa in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei criteri sulla cui base le regioni attuano un piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, al quale concorrono gli asili nido, i servizi integrativi e i servizi innovativi nei luoghi di lavoro, presso le famiglie e presso i caseggiati. Il piano straordinario di cui sopra è finalizzato al conseguimento del già ricordato obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 nonché alla riduzione degli squilibri esistenti tra le diverse aree del Paese[293]. La spesa autorizzata ammonta a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

Per le finalità del piano si prevede che possa essere utilizzata anche parte delle risorse stanziate per il Fondo per le politiche della famiglia.

La medesima legge finanziaria per il 2007 prevede, inoltre, l’attivazione di specifici progetti sperimentali di formazione rivolti a bambini dai 24 ai 36 mesi di età (cosiddetti “classi primavera”), previo accordo in sede di Conferenza unificata[294].

Inoltre, è stata fissata una detrazione ai fini IRPEF del 19 per cento delle spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento delle rette degli asili nido[295].

 

Il Documento sottolinea, inoltre, l’obiettivo di pervenire ad un rafforzamento delle politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sul versante dei congedi parentali, ipotizzando una riforma della legge 8 marzo 2000, n. 53[296]. L’obiettivo prioritario è quello di aiutare i genitori a fronteggiare i costi derivanti dalla crescita e dall’educazione dei figli.

 

La normativa in materia di tutela della maternità e paternità di cui alla legge n. 53 del 2000 è stato completata con il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante un Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, e con il decreto legislativo 23 aprile 2003, n. 115. Secondo la citata normativa, la gravidanza e la nascita del bambino sono tutelate, in primo luogo, attraverso la previsione di periodi di astensione dal lavoro e di permessi e mediante l’istituto dei congedi parentali.

Per quanto riguarda i provvedimenti più recenti, numerose disposizioni sul fronte del sostegno alla maternità e alla paternità sono contenute nella legge finanziaria per il 2007. Tra le previsioni più significative si segnala quella contenuta nell’articolo 1, comma 788, che prevede l’estensione, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alla categoria dei lavoratori parasubordinati[297] di alcuni benefici riconosciuti ai lavoratori dipendenti con riferimento all’evento del parto.

La stessa legge estende alle lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS, che non risultino iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie, la più ampia tutela prevista per le lavoratrici dipendenti, sotto il profilo dell’anticipazione temporale dell’astensione obbligatoria e del trattamento economico e normativo connesso al congedo di maternità[298].

Con riferimento, inoltre, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, appare rilevante la disposizione concernente (articolo 1, commi 1254-1256) l’erogazione di contributi per incentivare l’applicazione da parte delle aziende di accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità degli orari.

 

Il Documento prevede, altresì, interventi normativi in materia di tutela dell’infanzia, con particolare riferimento all’attività della Commissione per le adozioni internazionali[299], dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile[300], dell’Osservatorio nazionale della famiglia[301] e all’istituzione delle sezioni specializzate nel campo della giustizia. Una particolare attenzione è dedicata, inoltre, al potenziamento dei consultori.

Da ultimo, si prevedono interventi finalizzati ad una maggiore qualificazione del lavoro delle assistenti familiari e a promuovere l’incontro tra la domanda e l’offerta in tale settore del mercato del lavoro, anche in relazione alle peculiari esigenze dei soggetti non autosufficienti.

 

A tal fine, la legge finanziaria per il 2007[302] ha stabilitoche una quota delle risorse del Fondo per le politiche della famiglia sia destinata, tra l’altro, a promuovere un accordo in sede di Conferenza Stato-regioni per la qualificazione del lavoro delle assistenti familiari.

Nella stessa legge è stata introdotta una detrazione del 19 per centoai fini IRPEFdelle spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale (c.d. badanti), nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana[303].

Cooperazione allo sviluppo

La relazione del Governo non manca di ricordare l'importanza dell'attività di cooperazione internazionale verso i Paesi più poveri: non viene sottaciuto il sensibile ritardo che l'Italia ha accumulato negli ultimi anni nell'assolvimento dei propri impegni finanziari per quanto concerne l'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e si espone una tabella di marcia per un recupero, per il quale si prevede una significativa mobilitazione di risorse finanziarie aggiuntive. Il Documento ricorda il duplice impegno contratto dall'Italia nel 2005, da un lato di giungere a una percentuale sul PIL dell'aiuto pubblico allo sviluppo dello 0,51% entro il 2010, e dello 0,7% nel 2015, e dall'altro di un raddoppio degli aiuti specificamente destinati all'Africa.

Si osserva, in proposito, come i dati preliminari relativi al 2006 forniti dal Comitato di assistenza allo sviluppo dell'OCSE registrino tuttora l'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia fermo alla misura dello 0,20% del PIL, ben al di sotto dello 0,33% che l'Italia nel 2002 si era impegnata in varie sedi internazionali a raggiungere entro il 2006. Anche con riferimento al 2009, anno in cui l'Italia ricoprirà nuovamente la Presidenza del G8, si rende quindi necessario un significativo aumento degli stanziamenti per l'aiuto pubblico allo sviluppo.

Il Ministero degli affari esteri il Ministero dell'economia e delle finanze fisseranno, a tale scopo, obiettivi annuali per il periodo 2008-2010 volti al raggiungimento dello 0,33% nel 2008, dello 0,42% nel 2009 e dello 0,51% nel 2010. Viene altresì ribadito che l'Africa costituirà un terminale preferenziale di tali stanziamenti, in ragione degli impegni pregressi.

 

Si osserva al proposito che i fondi che ciascun paese destina alla cooperazione internazionale (con stanziamenti su una specifica voce del proprio bilancio) costituiscono solo una parte del più ampio aggregato denominato APS (Aiuto pubblico allo sviluppo), stimato dall’OCSE e che rappresenta il più significativo e il più noto indicatore in materia. Questo aggregato supera ad esempio notevolmente gli stanziamenti di bilancio italiani per la cooperazione allo sviluppo (gestiti dal Ministero degli Affari Esteri[304]), in quanto include anche tutta una serie di operazioni finanziarie, come ad esempio la riduzione o cancellazione del debito – tanto a livello di iniziative multilaterali, quanto nei rapporti bilaterali dell’Italia con i PVS.

Ciò premesso, va evidenziato che il trend negativo di cui sopra nei fondi dell’APS italiano[305] ha conosciuto un’inversione di tendenza nel 2005, quando, secondo dati definitivi dell’OCSE, essi assommavano a 5,05 miliardi di dollari USA (circa 3.885 milioni di euro), con un incremento, rispetto al 2004, pari al 105,2 per cento: nel 2004, infatti, il totale dell’APS italiano era stato di 2,46 miliardi di dollari, pari all’incirca a 1.892 milioni di euro. Il notevole incremento dell’APS italiano si evince anche dal raffronto percentuale con il Prodotto interno lordo (PIL), passato da 0,15% nel 2004 a 0,29% nel 2005.

Come sopra ricordato, tuttavia, vi è stato nel 2006 un parziale rallentamento, che sembra nuovamente allontanare la prospettiva del raggiungimento degli obiettivi: va in merito ricordato che già da 15 anni è stato fissato a livello internazionale l’obiettivo, per i Paesi sviluppati, di stanziamenti per l’APS pari al rapporto di 0,7% sul PIL. Per quanto riguarda l’Unione europea, il Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 ha stabilito un’impegnativa tabella di marcia in tale direzione che prevedeva entro il 2006 una media di 0,39% per gli Stati membri nel loro insieme, con un risultato minimo di 0,33% per ciascuno di essi. L’obiettivo è stato peraltro già raggiunto e superato dalla Svezia (0,92% nel 2005), dal Lussemburgo (0,87%), dai Paesi Bassi (0,82%) e dalla Danimarca (0,81%).

Nell’ultima sessione di bilancio vi è stato comunque un incremento significativo della voce che riguarda direttamente i fondi per la cooperazione allo sviluppo propriamente detta, quali risultanti dalla Tabella C/Esteri della legge finanziaria 2007. Tali fondi ammontano per il 2007 a 646,9 milioni di euro, con un incremento, rispetto al bilancio 2006, pari al 65 per cento.

La relazione previsionale e programmatica sulla cooperazione allo sviluppo per il 2007 indica tra l’altro le priorità settoriali di intervento per l’Italia, ossia l’ambiente e lo sviluppo rurale, l’agricoltura – con particolare attenzione all’obiettivo dell’autosufficienza e della sovranità alimentare dei Paesi più poveri -, le fonti energetiche alternative e rinnovabili, le politiche di genere, la salute[306], l’istruzione. E’ evidente l’ampia interazione di tali priorità con gli obiettivi di sviluppo del Millennio, contenuti della Dichiarazione sottoscritta l’8 settembre 2000, nel corso del Millennium Summit dell’Assemblea Generale dell’ONU, e la cui attuazione è stata prevista per l’anno 2015. Si tratta in dettaglio di intraprendere azioni allo scopo di conseguire:

1 - Eliminazione della miseria e della fame

2 - Istruzione primaria per tutti

3 - Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne

4 - Ridurre la mortalità infantile

5 - Migliorare la salute materna

6 - Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie

7- Assicurare un ambiente sostenibile

8 - Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo

Per quanto poi riguarda le priorità geografiche, la cooperazione italiana continuerà in primis a indirizzarsi verso l’Africa subsahariana. In secondo luogo essa investirà Paesi verso i quali di recente sono stati assunti rilevanti impegni nel contesto di missioni internazionali di pace, quali l’Afghanistan e il Sudan – per i quali sono stati stanziati con la legge 247/2006 17,5 milioni di euro, nonché il Libano (30 milioni nell’ambito della nostra partecipazione al rafforzamento della missione UNIFIL). Infine la cooperazione dell’Italia manterrà il proprio impegno in tradizionali aree di intervento, quali l’America latina e il Mediterraneo/Medio Oriente.

La ripartizione percentuale degli aiuti italiani, che nel medio periodo risulta abbastanza stabile, vede il quaranta per cento destinato all’Africa sub-sahariana, il venticinque al Medio Oriente e Nord Africa, il dodici per cento all’Europa balcanica, il quindici per cento all’America latina e l’otto per cento all’Asia. I 49 paesi meno avanzati sono l’obiettivo all’incirca del quaranta per cento degli aiuti italiani: dal punto di vista, invece del reddito, i paesi con reddito pro-capite che non raggiunge 745 dollari all’anno assorbono il sessanta per cento degli aiuti italiani.

 

Strumentalmente rispetto al conseguimento degli obiettivi prefissati a livello internazionale per l'aiuto pubblico allo sviluppo italiano, ma in una prospettiva di più lungo periodo, il Governo ha presentato al Senato - ove è attualmente in corso di discussione presso la Commissione affari esteri, nell’ambito del comitato ristretto, congiuntamente ai disegni di legge A.S. 83, 517, 1260, 1398, 1599 - un disegno di legge di delega per la riforma della cooperazione italiana allo sviluppo (A.S. 1537)

 

Il disegno di legge del Governo presenta numerose novità sia sul piano dei principi che su quello organizzativo. Peculiare rilievo assume il criterio di delega volto a distinguere gli interventi militari e quelli di cooperazione e, inoltre, quello volto ad affermare il principio dello "slegamento" dell'aiuto pubblico italiano allo sviluppo (ossia la previsione che i finanziamenti destinati ai Paesi in via di sviluppo non siano vincolati all'acquisizione di beni e servizi di origine italiana). Ancora in materia di principi, di particolare rilevo è quello volto ad assicurare l’unitarietà della politica di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale, anche prevedendo forme di coordinamento di tutte le iniziative di cooperazione, nonché quello volto a prevedere la valorizzazione, la consultazione e il coinvolgimento, in una logica partecipativa, di tutti i soggetti pubblici e privati operanti nel sistema nazionale della cooperazione. Viene qui in causa il tema, affrontato dal disegno di legge delega, del riconoscimento del ruolo e della funzione della cooperazione decentrata, per il quale si prevede l’introduzione di modalità di coordinamento con la politica nazionale delle iniziative delle regioni, delle province autonome, delle province e dei comuni. A tale ultimo riguardo, è noto che sia negli interventi dell'Unione Europea che nelle più recenti tendenze della cooperazione italiana ha acquisito una sempre maggiore rilevanza la cosiddetta "cooperazione decentrata", un approccio alla cooperazione internazionale basato su modalità di partenariato territoriale, imperniate su accordi-quadro tra territori e comunità locali del nord e del sud del mondo che cooperano coinvolgendo in un impegno organico e continuo tutti gli attori delle rispettive realtà. La responsabilità politica e le funzioni di indirizzo e coordinamento sono da riconoscere in capo al Ministro degli affari esteri, tenuto peraltro a garantire il raccordo con le politiche di cooperazione allo sviluppo adottate in sede di Unione europea ed in particolare in sede OCSE/DAC.

Da ultimo, venendo alle innovazioni recate dal ddl di delega sul piano dei modelli organizzativi, si rileva come anche in tal caso si è inteso adeguare il sistema di cooperazione dell’Italia ai modelli già operanti nella maggior parte dei Paesi europei, delineando un nuovo sistema di organizzazione delle strutture preposte alla gestione e alla esecuzione degli interventi, attraverso l’istituzione di una apposita Agenzia per la cooperazione allo sviluppo e la solidarietà internazionale. Inquadrata come organismo di diritto pubblico con piena capacità di diritto privato, l’Agenzia attua gli indirizzi e le finalità della politica di cooperazione stabiliti dal Ministro degli affari esteri o dal vice-Ministro delegato, cui è attribuito il potere di controllo e vigilanza sull’attuazione della politica di cooperazione. Tra i restanti profili di rilievo - oltre agli aspetti di razionalizzazione connessi con l’istituzione di un Fondo unico ove confluiscono le risorse economiche e finanziarie del bilancio dello Stato per l’aiuto pubblico allo sviluppo - vi è la previsione di forme di partenariato con soggetti privati per la realizzazione di specifiche iniziative di cooperazione.

 

Si ricorda, inoltre, che di cooperazione multilaterale si occupa il ddl di iniziativa governativa A.S. n. 1108, “Partecipazione finanziaria italiana alla ricostituzione delle risorse di Fondi e Banche internazionali”.

Il disegno di legge autorizza la partecipazione finanziaria dell’Italia alla ricostituzione di risorse di quattro Fondi internazionali di sviluppo: il Fondo africano di sviluppo (AFDF), il Fondo Asiatico di sviluppo (AsDF), l’Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA) ed il Chernobyl Shelter Fund, costituito nell’ambito della BERS, Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Tali fondi utilizzano i contributi a fondo perduto dei Paesi donatori per concedere prestiti a tasso zero ai Paesi più poveri.

Dallo status di membro dei fondi di sviluppo deriva al nostro Paese l’impegno a partecipare alle ricostituzioni di risorse (con cadenza, generalmente, triennale).

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Politiche del lavoro

La strategia politica annuale della Commissione per il 2008 prevede la presentazione di nuove iniziative per modernizzare il diritto europeo del lavoro, in particolare al fine di coniugare flessibilità e sicurezza, nonché iniziative volte a prevenire e a combattere le discriminazioni al di fuori del mercato lavorativo, oltre a permettere di conciliare meglio vita familiare e vita professionale.

Il programma delle Presidenze dell’UE (1° gennaio 2007 – 30 giugno 2008) prevede che si favorisca lo sviluppo di un diritto del lavoro moderno, sociale e sostenibile a livello dell’UE, con particolare attenzione al Libro verde sul futuro del diritto del lavoro. Le Presidenze intendono inoltre procedere alla valutazione delle direttive vigenti in materia di sicurezza sul luogo di lavoro e protezione dei lavoratori, e, in base a proposte della Commissione, alla loro modifica o codificazione.

La Presidenza portoghese, in particolare, pone l’accento sulla creazione di posti di lavoro di migliore qualità; ritiene che la ricerca di un equilibrio tra flessibilità e sicurezza in relazione al mercato del lavoro, implichi che si prenda in considerazione: l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita; i dispositivi di protezione sociale; le politiche attive del mercato del lavoro; la flessibilità funzionale; la diversità dei modelli e le situazioni esistenti tra Stati membri. La Presidenza ritiene che, in questo ambito, nel rispetto della partecipazione delle parti sociali, si potrà contribuire alla definizione dei principi generali comuni a livello europeo.

 

Libro verde sul diritto del lavoro

Il 22 novembre 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro VerdeModernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo“[307] (COM (2006)708) al fine di avviare una consultazione sul modo di far evolvere il diritto del lavoro, in linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona e, in particolare, con quello di una crescita sostenibile con più posti di lavoro di migliore qualità.

Secondo la Commissione la modernizzazione del diritto del lavoro costituisce un elemento fondamentale per garantire la capacità di adattamento dei lavoratori e delle imprese e i mercati del lavoro europei devono pertanto raccogliere la sfida consistente nel conciliare una maggiore flessibilità con la necessità di massimizzare la sicurezza per tutti. In tale ottica, il Libro verde intende esaminare il ruolo che potrebbe svolgere il diritto del lavoro nel promuovere la “flessicurezza” (flessibilità combinata con la sicurezza del posto di lavoro) al fine di rendere il mercato del lavoro più equo, più reattivo e più inclusivo, e accrescere la competitività dell’Europa.

La consultazione si è conclusa il 31 marzo 2007; le principali questioni e opzioni politiche identificate nelle risposte degli Stati membri, delle parti sociali e delle altre parti interessate saranno esaminate nel quadro di una comunicazione che la Commissione intende presentare nel corso del 2007. Il Libro verde annuncia, inoltre, che la Commissione presenterà nel giugno del 2007 una comunicazione sulla “flessicurezza”, con lo scopo di definire gli argomenti a favore di tale tematica, nonché una serie di principi comuni volti ad aiutare gli Stati membri ad aumentare gli sforzi nel processo di riforma.

La relazione annuale della Commissione “Un anno di realizzazioni” relativa ai progressi compiuti nell’attuazione della Strategia di Lisbona, considera una priorità la modernizzazione dei mercati del lavoro europei e pone l’accento sulla flessicurezza. Gli Stati membri sono chiamati, entro la fine del 2007, a:

-        fare in modo che a ogni diplomato o laureato venga offerta un’occupazione, uno stage, un’ulteriore formazione o qualsiasi altra opportunità che favorisca l’inserimento professionale entro sei mesi dall’inizio del periodo di disoccupazione (quattro mesi a partire dal 2010);

-        provvedere a maggiori servizi per l’infanzia di qualità e economicamente accessibili, in linea con gli obiettivi definiti dai singoli Stati;

-        introdurre incentivi mirati al fine di prolungare la vita lavorativa e di estendere le opportunità di formazione per gli ultra-quarantacinquenni.

 

Flessicurezza

Il 27 giugno la Commissione ha presentato una comunicazione intesa a definire principi comuni in materia di flessicurezza, nella quale indica anche alcuni percorsi tipici per consentire agli Stati membri di sviluppare strategie proprie al riguardo adattate alle sfide che essi si trovano ad affrontare a livello nazionale. La Commissione incoraggia gli Stati membri a collaborare con le parti sociali al fine di includere i loro approcci in materia di flessicurezza nei loro programmi nazionali facenti capo alla Strategia di Lisbona.

La comunicazione delinea proposte in merito a otto principi comuni di flessicurezza, che costituiscono dei riferimenti su cui gli Stati membri dovrebbero concordare. Essi comprendono:

-        rafforzare l’attuazione della strategia UE per la crescita e l’occupazione e corroborare il modello sociale europeo;

-        trovare un equilibrio tra diritti e responsabilità;

-        adattare la flessicurezza alle circostanze, esigenze e sfide diverse che gli Stati membri si trovano ad affrontare;

-        ridurre il divario tra coloro che hanno un’occupazione atipica, a volte precaria da un lato e coloro che hanno un’occupazione permanente a tempo pieno;

-        sviluppare la flessicurezza interna ed esterna aiutando i lavoratori ad avanzare nella carriera (interna) come anche a progredire attraverso il mercato del lavoro (esterna);

-        sostenere la parità dei generi e promuovere le pari opportunità per tutti;

-        produrre pacchetti politici equilibrati per determinare una situazione che vada a vantaggio di tutti e alimentare un clima di fiducia tra le parti sociali, le autorità pubbliche e gli altri interessati;

-        assicurare un’equa distribuzione dei costi e benefici derivanti dalle politiche di flessicurezza e contribuire a politiche finanziarie valide ed economicamente sostenibili.

 

Condizioni di lavoro

La Commissione ha presentato, il 24 maggio 2006, una comunicazione per sostenere le azioni e migliorare la coerenza delle politiche a favore del lavoro dignitoso (COM(2006) 249).

La comunicazione sottolinea che il lavoro dignitoso può aiutare i paesi in via di sviluppo a lottare contro la povertà; può altresì aiutare i paesi sviluppati a migliorare le loro condizioni di lavoro e di vita e ad applicare politiche adeguate in una fase in cui la globalizzazione, i progressi tecnologici e l’evoluzione demografica provocano profondi cambiamenti.

Il Consiglio ha adottato, durante la sessione del 30 novembre - 1°dicembre 2006, conclusioni sulla comunicazione nelle quali, in particolare: sottolinea che la promozione di un lavoro dignitoso ovunque nel mondo costituisce una delle principali leve per favorire lo sviluppo, l’eliminazione della povertà e la coesione sociale; rileva l’importanza di sostenere l’integrazione dell’occupazione e del lavoro dignitoso nelle strategie nazionali e regionali di riduzione della povertà e nelle altre strategie di sviluppo compreso il microcredito, il commercio equo e solidale, la protezione sociale e una migliore gestione delle migrazioni e del loro potenziale in termine di sviluppo. Il Consiglio si rallegra per il fatto che l’UE cooperi maggiormente con le Nazioni Unite, l’Organizzazione internazionale del lavoro e le altre parti interessate, al fine di promuovere il lavoro dignitoso per tutti.

 

Il Parlamento europeo ha approvato, il 23 maggio 2007, una risoluzione sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti.

La risoluzione, tra l’altro, ribadisce che il lavoro dignitoso è essenziale per la lotta contro la povertà e l’esclusione; afferma che l’UE può fornire un contributo significativo alla promozione del lavoro dignitoso per tutti attraverso le sue politiche interne ed esterne, applicando i suoi valori e principi sociali, combattendo le forme di dumping lavorativo e facendo valere il suo ruolo a livello internazionale. Il Parlamento europeo, inoltre, invita gli Stati membri a considerare il lavoro dignitoso una priorità della loro politica economica e sociale, privilegiando la creazione di impieghi di qualità e il rispetto dei diritti fondamentali del lavoro per tutte le categorie di lavoratori, il rafforzamento della protezione sociale e la promozione del dialogo sociale.

 

Relazione comune sull’occupazione

Il Consiglio occupazione del 22 febbraio 2007 ha approvato la relazione comune della Commissione e del Consiglio sull’occupazione, che è stata successivamente presentata al Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007.

La relazione comune esamina, insieme alla relazione comune sulla protezione e sull’inclusione sociale (v. oltre), i progressi compiuti e quelli da compiere per raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. La relazione comune sull’occupazione ha inteso contribuire alle conclusioni del Consiglio europeo, su cui si baseranno gli orientamenti 2007 riguardanti l’occupazione[308]; il documento analizza gli aspetti occupazionali dei programmi nazionali di riforma e affronta le questioni seguenti: progressi realizzati nel perseguimento degli obiettivi della strategia europea per l’occupazione; piena occupazione; qualità dell’occupazione e produttività; coesione sociale e territoriale; attuare le priorità di azione; attrarre e mantenere più persone nel mercato del lavoro, aumentare l’offerta di manodopera e modernizzare i sistemi di protezione sociale; migliorare la capacità di adattamento dei lavoratori e delle imprese; aumentare l’investimento in capitale umano migliorando l’istruzione e le competenze.

 

Salute e sicurezza sul luogo di lavoro

Il 21 febbraio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro” (COM(2007) 62), il cui obiettivo principale è una riduzione continua, durevole ed omogenea degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. In particolare, la Commissione mira a ridurre del 25% l’incidenza degli infortuni sul lavoro a livello dell’UE-27, entro il 2012.

Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione propone le seguenti misure:

-       garantire una buona attuazione della legislazione dell’UE;

-       sostenere le PMI nell’applicazione della legislazione in vigore;

-       adattare il contesto giuridico all’evoluzione del mondo del lavoro e semplificarlo;

-       favorire lo sviluppo e l’attuazione di strategie nazionali;

-       promuovere un mutamento dei comportamenti dei lavoratori, nonché approcci orientati alla salute presso i datori di lavoro;

-       mettere a punto metodi per l’identificazione e la valutazione dei nuovi rischi potenziali;

-       migliorare il follow-up dei progressi realizzati;

-       promuovere la salute e la sicurezza a livello internazionale.

Il 30 maggio 2007 il Consiglio ha approvato una risoluzione con cui accoglie favorevolmente la strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro proposta dalla Commissione.

Il 25 giugno il Consiglio competitività ha adottato una risoluzione sulla medesima strategia, nella quale, rallegrandosi per la comunicazione, invita gli Stati membri, fra l’altro, a sviluppare ed attuare strategie per la salute e sicurezza sul lavoro adeguate alle condizioni nazionali, in cooperazione con le parti sociali e, se del caso, con obiettivi misurabili per una riduzione ulteriore di incidenti sul lavoro e incidenza della malattia professionale.

Pensioni

In coerenza con gli orientamenti espressi dal Consiglio europeo e dalla Commissione in relazione all’attuazione della strategia di Lisbona, il Consiglio ECOFIN, nella sessione dell’8 maggio 2007, ha adottato conclusioni in materia di invecchiamento della popolazione e mercati finanziari, nelle quali, fra l’altro: invita gli Stati membri a esaminare eventuali ulteriori soluzioni per accrescere i livelli di partecipazione e di contribuzione delle famiglie ai regimi pensionistici non obbligatori; nonché ad incoraggiare gli sforzi compiuti dal settore per accrescere, se del caso, l’offerta di prodotti di risparmio a fini pensionistici; invita la Commissione a valutare se siano necessari ulteriori lavori per lo sviluppo di un mercato unico dei prodotti pensionistici.

Il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di trasferibilità dei diritti alla pensione complementare (COM(2005) 507). La proposta, che segue la procedura di codecisione, mira ad agevolare la mobilità dei lavoratori eliminando gli ostacoli derivanti dai differenti ordinamenti nazionali in materia di regimi pensionistici complementari.

Il Consiglio - che ha proceduto ad un primo esame generale della proposta il 1° giugno 2006 nell’ambito della procedura di codecisione – ha definito, nella riunione del 30 novembre – 1° dicembre 2006, i principali punti di consenso e dissenso tra le delegazioni. Il 20 giugno il Parlamento europeo ha esaminato in prima lettura la proposta di direttiva, approvando emendamenti.

Politica sociale

Obiettivi generali

Il Programma delle Presidenze dell’UE per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 30 giugno 2008 riconosce la priorità della lotta alla povertà e della promozione dell’inclusione sociale, nell’ambito dell’obiettivo generale di rafforzamento del modello sociale europeo, quale parte integrante della strategia di Lisbona.

La Presidenza portoghese considera tra le sue priorità l’inclusione sociale, la lotta contro la povertà, in particolare per quanto riguarda i bambini, la conciliazione tra lavoro, vita privata e familiare. Intende inoltre integrare la questione di genere in tutti i settori politici.

Protezione e inclusione sociale

Il 22 febbraio 2007 il Consiglio ha approvato il testo della Relazione congiunta per il 2007 sulla protezione e sull’inclusione sociale, presentata dalla Commissione europea.(COM(2007)13).

La relazione esamina i progressi compiuti dagli Stati membri in materia di inclusione sociale, pensioni, assistenza sanitaria e cure di lunga durata, secondo gli obiettivi fissati dal Metodo Aperto di Coordinamento (MAC) integrato,[309] introdotto nel 2006. La relazione traccia inoltre un profilo per ciascuno Stato membro, mettendo in evidenza i principali problemi che restano da affrontare, e fissa gli obiettivi per l’impegno futuro in materia.

Per quanto riguarda la lotta alla povertà, la relazione pone in evidenza, in particolare, i seguenti aspetti:

-        ridurre la povertà infantile;

-        promuovere l’inclusione attiva;

-        promuovere una maggiore partecipazione al lavoro dei disabili;

-        migliorare il sistema pensionistico, aumentando la popolazione attiva e in, particolare, operando una apertura del mercato del lavoro ai lavoratori anziani, attraverso incentivi finanziari e disposizioni flessibili verso la fine della vita attiva.

 

Con specifico riferimento alla situazione italiana, il documento sottolinea che le politiche di inclusione e protezione sociale hanno acquisito maggiore importanza nell’agenda del governo. La sfida principale riguarda la possibilità di garantire una sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche promuovendo, al tempo stesso, una forte crescita economica e maggiore coesione ed equità a livello sociale.

Per affrontare la sfida, l’Italia ha individuato quattro settori di intervento, in linea con i tre obiettivi generali del MAC integrato: riduzione della povertà; sviluppo del sistema pensionistico per garantirne l’adeguatezza e la sostenibilità finanziaria; disponibilità di un sistema sanitario più accessibile, efficiente ed adattato; riduzione delle disparità regionali;

La relazione rileva però che i risultati raggiunti non sono sempre soddisfacenti, soprattutto per lo scarso sviluppo in materia di governance (terzo obiettivo generale del MAC) e per la mancanza di riferimenti alla strategia comunitaria per lo sviluppo sostenibile.

 

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha accolto con favore la relazione congiunta sulla protezione e l’inclusione sociale, rilevando la necessità, al fine di rafforzare la coesione sociale, di combattere la povertà e l’esclusione sociale, in particolare, la povertà infantile, e di offrire a tutti i bambini pari opportunità. Il Consiglio ha affermato la necessità di una maggiore attenzione all’inclusione attiva, ossia alla garanzia di risorse minime di livello adeguato per tutti, rispettando nel contempo il principio di accrescere l’attrattiva del lavoro, auspicando che la relazione della Commissione sulla valutazione sociale apporti un contributo ulteriore al dibattito sulle questioni sociali.

 

Servizi sociali

Il 26 aprile 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sui servizi sociali d’interesse generale nell’Unione europea (COM(2006)177), formulandone un elenco in base alle caratteristiche specifiche. Obiettivo della comunicazione è avviare un processo di consultazione al fine di consentire alla Commissione di acquisire elementi per meglio tener conto delle specificità di questi servizi in fase di attuazione della legislazione comunitaria.

 

Il programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 considera fra le sue priorità e tra le iniziative strategiche la presentazione di una comunicazione su una strategia europea per i servizi sociali di interesse generale: in base a ulteriori consultazioni con gli Stati membri e le parti interessate, questa comunicazione di follow-up è intesa a stabilire i passi ulteriori da compiere per sviluppare un approccio più sistematico nell’applicazione del diritto e dei principi comunitari nel settore dei servizi sociali.

 

Progress

Il 24 ottobre 2006 è stato istituito, con decisione n. 1672, il programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale PROGRESS.

Il programma, relativo al periodo 2007-2013, intende sostenere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, contribuendo in tal modo alla realizzazione della strategia di Lisbona in tali settori.

Il programma si articola in cinque sezioni corrispondenti a cinque grandi settori di attività: occupazione, protezione sociale e inclusione, condizioni di lavoro, lotta contro la discriminazione e la diversità, pari opportunità.

 

La dotazione finanziaria del programma PROGRESS ammonta a 657.590.000 euro, secondo la ripartizione seguente:

 

sezione 1

occupazione

23%

sezione 2

protezione sociale e integrazione

30%

sezione 3

condizioni di lavoro

10%

sezione 4

diversità e lotta contro la discriminazione

23%

sezione 5

parità fra uomini e donne

12%

 

Inventario della realtà sociale

Il 26 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una relazione intermedia sull’inventario della realtà sociale (COM(2007) 63) destinata al Consiglio europeo di primavera dell’8 e 9 marzo 2007. La relazione è accompagnata da un documento di consultazione e da un sondaggio Eurobarometro incentrato su questioni connesse al benessere. Con tali documenti la Commissione ha inteso lanciare una vasta consultazione sui temi e le sfide sociali dell’Europa nell’intento di intavolare il dialogo con i vari interlocutori per discutere cosa caratterizzi la “realtà sociale” europea. La consultazione, che si concluderà entro la fine del 2007, mira a raccogliere i diversi punti di vista sul mutamento sociale, sui principali fattori che presiedono alla trasformazione delle società in Europa, senza vagliare specifiche posizioni politiche.

Lo scopo è quello di lanciare il dibattito su alcune questioni centrali connesse al benessere: opportunità economiche, natura del lavoro, nuovi modelli di vita familiare, povertà e disuguaglianza, ostacoli alla salute e alla mobilità sociale, qualità della vita, diversità culturale e impedimenti all’integrazione, criminalità e comportamenti antisociali.

Nella misura del possibile, la Commissione intende tener conto dei risultati della consultazione in vista di iniziative politiche future, quali la revisione intermedia dell’agenda della Commissione per la politica sociale nei prossimi mesi. In particolare, la Commissione elaborerà una relazione, intesa ad esaminare le evoluzioni sociali, con le relative implicazioni, e ad individuare una serie di problematiche e sfide principali con cui l’Europa si confronta a tutti i livelli di governo.

Agenda sociale

Il 9 febbraio 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione sulla ”Agenda sociale” (COM(2005) 33), relativa al periodo 2006-2010, volta ad affrontare l’ammodernamento del modello sociale europeo. L’Agenda prospetta una serie di azioni chiave relativamente all’occupazione, alle pari opportunità e all’inclusione.

 

L’Agenda si concentra su due aspetti prioritari:

-        Verso la piena occupazione. L’Agenda sottolinea che l’Europa deve agire sia sulla quantità che sulla qualità dei posti di lavoro e sulla produttività del lavoro. Pone l’accento sulla necessità di eliminare gli ostacoli alla mobilità della manodopera, in particolare quelli derivanti da sistemi pensionistici; di continuare a promuovere il dialogo sociale europeo interprofessionale e settoriale nonché la responsabilità sociale delle imprese.

-        Una società più solidale: pari opportunità per tutti. L’Agenda evidenzia i seguenti obiettivi: ammodernare la protezione sociale; combattere la povertà e promuovere l’inclusione sociale; chiarire il ruolo e le caratteristiche dei servizi sociali di interesse generale.

Edilizia abitativa

Il 10 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di iniziativa sugli alloggi e la politica regionale, che analizza tutte le possibilità di intervento presenti a livello europeo rispetto al tema dell’alloggio, riconoscendo la responsabilità propria dell'UE in tale ambito.

La risoluzione propone tra l’altro di riaprire il dibattito circa l’estensione a tutti gli Stati membri dell’accesso ai fondi comunitari per le spese di rinnovo degli alloggi a vocazione sociale, al fine di realizzare delle economie di energia e di proteggere l’ambiente, così come già è previsto per alcuni paesi di recente adesione.

Inclusione sociale degli immigrati

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione (COM(2005) 669) relativa ad un piano d’azione per l’immigrazione legale, che definisce le azioni e le iniziative legislative che la Commissione intende intraprendere, al fine di sviluppare una politica coerente dell’UE in materia di immigrazione legale, nel periodo rimanente del programma dell’Aia (2006-2009).

Il piano d’azione è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006 e dal Parlamento europeo (che ha adottato una risoluzione) il 24 ottobre 2006.

 

In relazione all’integrazione degli immigrati legali e delle persone a loro carico, il piano d’azione per l’immigrazione legale, presentato dalla Commissione il 21 dicembre 2005 (COM(2005)669) prevede che sia dato seguito alle misure prefigurate nella comunicazione (COM(2005)389), presentata dalla Commissione il 1° settembre 2005, su “Un’agenda comune per l’integrazione”, nella quale viene proposto un quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea.

Tra le misure raccomandate nel piano d’azione figura il miglioramento dei programmi e delle attività di accoglienza per gli immigrati legali e per le persone a loro carico. Tali misure dovrebbero includere dei fascicoli informativi per gli immigrati economici appena arrivati, nonché corsi di orientamento linguistico e di educazione civica, finalizzati a far sì che gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali ed europei.

Il Consiglio, nel corso della riunione del 1° dicembre 2005, ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha adottato conclusioni in proposito, nelle quali si esprime in modo favorevole sul documento. Il Parlamento europeo ha esaminato il documento nel corso della seduta del 6 luglio 2006, approvando una risoluzione

 

Il 25 giugno 2007 è stata adottata la decisione 2007/435/CE che istituisce un nuovo strumento di solidarietà: il Fondo europeo per l’integrazione[310]dei cittadini dei paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori.

Il Fondo, con una dotazione pari a 825 milioni di euro, è destinato a sostenere la direttiva quadro, di prossima presentazione, sui diritti degli immigrati legali e i progetti volti a promuovere la Strategia europea dell’integrazione.

 

Nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi[311].

Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione, relativamente ai temi della abitazione e dell’’integrazione economica.

Il manuale suggerisce modalità di integrazione economica che permettano di facilitare l’accesso degli immigrati al mercato del lavoro e strategie antidiscriminatorie sul posto di lavoro, che si basino sulla valorizzazione della diversità.

 

Relativamente alla tutela della diversità etnica e alla promozione dell’integrazione, è opportuno ricordare che il 19 aprile 2007 il Consiglio ha adottato il programma specifico Diritti fondamentali e cittadinanza per il periodo 2007-2013, come parte del programma generale Diritti fondamentali e giustizia (Decisione 2007/252/GAI).

Violenza contro bambini, giovani e donne

Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata di decisione (COM(2006)230), che istituisce il programma specifico “Lotta alla violenza (Daphne III)” nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”.

Il programma, istituito per il periodo dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 con una dotazione di 116,85 milioni di euro, prevede i seguenti obiettivi specifici:

-        prevenire e combattere tutte le forme di violenza che si verificano nel settore pubblico o privato contro i bambini, i giovani e le donne, adottando misure preventive e sostenendo le vittime e i gruppi a rischio;

-        promuovere azioni transnazionali.

Lotta alla droga

Nel dicembre 2004, il Consiglio europeo ha approvato la strategia anti-dorga dell’UE (2005-2012), che fissa il quadro, gli obiettivi e le priorità per due piani d’azione quadriennali consecutivi che verranno proposti dalla Commissione.

Il 14 febbraio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un piano d’azione dell’UE in materia di lotta contro la droga (2005-2008) (COM(2005)45).

La strategia si concentra sui due aspetti principali della politica in materia di lotta contro la droga, ovvero la riduzione della domanda e la riduzione dell’offerta, non tralasciando tuttavia una serie di temi trasversali, quali la cooperazione internazionale, la ricerca, l’informazione e la valutazione. L’obiettivo finale del piano d’azione consiste nel ridurre in maniera significativa il consumo di droga nella popolazione, nonché i danni sociali e per la salute causati dall’uso e dal traffico di sostanze stupefacenti illecite. Con il piano d’azione la Commissione intende creare un quadro per un approccio equilibrato con cui ridurre, grazie ad una serie di azioni specifiche, sia l’offerta che la domanda di sostanze stupefacenti.

 

Il 22 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato, in seconda lettura, secondo la procedura di codecisione, la posizione comune del Consiglio sulla proposta di decisione che istituisce per il periodo 2007-2013 il programma specifico “Prevenzione e informazione in materia di droga” (COM(2006) 230), nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”.

Il 26 giugno 2006 la Commissione ha presentato il Libro verde sul ruolo della società civile nella politica in materia di droga nell’UE (COM(2006) 316).

Sanità

Nel Programma legislativo e di lavoro per il 2007, la Commissione rileva che tra gli aspetti fondamentali del benessere delle persone vi è la salute. Preannuncia la presentazione di un libro bianco sulla strategia in materia di sanità che prospetterà le modalità con cui, a livello europeo, si può contribuire a migliorare la situazione e ad organizzare la politica sanitaria in Europa in modo da ottimizzare la sua efficacia nella lotta contro le pandemie e nelle sfide poste dal rafforzamento della promozione della salute.

Il Programma delle presidenze dell’UE per il periodo 1 gennaio 2007-30 giugno 2008 considera prioritarie la promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’innovazione e l’accesso all’assistenza sanitaria, soprattutto dal punto di vista delle sperequazioni di genere e nei confronti dei migranti.

 

Nella Relazione congiunta per il 2007 sulla protezione e sull’inclusione sociale, già citata in precedenza, la Commissione ribadisce che i sistemi di assistenza sanitaria devono garantire a tutti un uguale accesso a servizi di elevata qualità, attraverso un uso più efficace delle risorse, in termini di spesa e di personale impiegato. L’evoluzione demografica impone, inoltre, di sviluppare le cure di lunga durata e di dar loro una base finanziaria adeguata.

Per quanto riguarda la situazione italiana le sfide future indicate nella relazione sono quelle di:

-        migliorare l’efficienza e ridurre gli sprechi mediante un uso più razionale delle risorse;

-        migliorare il coordinamento e l’organizzazione dei servizi sanitari e delle cure a lungo termine riducendo al tempo stesso gli squilibri geografici;

-        per quanto riguarda le cure a lungo termine, sostenere i servizi domiciliari e locali, come alternativa alle cure ospedaliere e residenziali, in una prospettiva di approccio integrato fra i livelli regionali e locali.

In tema di tutela della salute, il 6 aprile 2005, la Commissione europea ha presentato una comunicazione dal titolo “Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori” ed una proposta di decisione che istituisce il programma comunitario per la salute e la protezione dei consumatori per gli anni 2007-2013 (COM(2005)115). Tale proposta unificava i due settori di attività fino ad allora separati; tenuto conto del parere del Parlamento europeo in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato due nuove proposte di decisione modificate, relative ciascuna ad uno dei due settori. In particolare, la proposta di decisione modificata (COM(2006)234), relativa ad un programma d’azione per la salute per il periodo di programmazione 2007-2013, con una dotazione finanziaria di 365,6 milioni di euro contempla i seguenti tre grandi obiettivi, che adeguano la futura azione a favore della sanità agli obiettivi comunitari globali di prosperità, solidarietà e sicurezza:

§      “Migliorare la sicurezza sanitaria dei cittadini “;

§      “Promuovere la sanità al fine di favorire la prosperità e la solidarietà”;

§      “Generare e diffondere conoscenze sulla sanità”.

 

Il 23 marzo 2007 il Consiglio ha adottato la posizione comune sulla proposta modificata. Il Parlamento europeo esaminerà la proposta in seconda lettura, nell’ambito della procedura di codecisione, presumibilmente nella seduta dell’11 luglio 2007.

 

Per quanto riguarda il rapporto tra salute e ambiente, il 9 giugno 2004 la Commissione ha presentato la comunicazione relativa al piano d’azione in materia di salute e ambiente per il periodo 2004-2010.(COM(2004)416).

Il 20 aprile 2007 la Commissione ha presentato i risultati della consultazione, conclusasi il 12 febbraio 2007[312], su un documento di riflessione dal titolo “La sanità in Europa: un approccio strategico[313], volto ad offrire alle parti interessate la possibilità di commentare i progetti concernenti una strategia globale in materia di sanità, che la Commissione intende presentare nell’estate del 2007. Tale strategia, che coprirà un periodo di dieci anni, definirà una serie di obiettivi attorno a tre assi d’intervento relativi al miglioramento dei servizi sanitari, alla risposta alle minacce sanitarie mondiali e all’integrazione dei problemi della salute in tutte le politiche.

In tema di accesso alla salute, il 21 maggio 2007 è stata pubblicata la “Relazione di sintesi delle risposte alla consultazione relativa ad un’azione comunitaria nel settore dei servizi sanitari”, conclusasi il 31 gennaio 2007. La consultazione aveva ad oggettoun documento relativo ai mezzi giuridici più idonei a garantire la sicurezza e certezza delle cure sanitarie transfrontaliere, nonché a favorire la cooperazione tra i vari sistemi sanitari degli Stati membri (SEC(2006)1995-4). Sulla base dei risultati della consultazione la Commissione intende presentare alcune proposte nel corso del 2007[314].

Pari opportunità

I più recenti Consigli europei hanno ribadito l'importanza di sviluppare politiche volte al conseguimento della parità di genere. In particolare, il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha sottolineato che gli Stati membri continueranno a sviluppare ulteriormente le politiche che promuovono le pari opportunità tra uomini e donne.

Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 ha quindi invitato gli Stati membri, la Commissione e le parti sociali a fare buon uso dell’Alleanza per la famiglia al fine di promuovere le buone prassi e approcci innovativi in materia di politiche favorevoli alla famiglia compatibili con l’ordine pubblico nazionale degli Stati membri e di promuovere la parità di genere.

Anno europeo delle pari opportunità per tutti

Con decisione n. 771 del 2006 è stato istituito l’anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) –Verso una società giusta.

Gli obiettivi dell’anno europeo sono i seguenti:

-        diritti: sensibilizzare sul diritto alla parità e alla non discriminazione nonché sulla problematica delle discriminazioni multiple;

-        rappresentatività: stimolare il dibattito sulle possibilità di incrementare la partecipazione alla vita sociale dei gruppi vittime di discriminazioni nonché una partecipazione equilibrata alla vita sociale di uomini e donne;

-        riconoscimento: favorire e valorizzare la diversità e la parità;

-        rispetto: promuovere una società più solidale.

 

Per conseguire tali obiettivi, verranno organizzate o sostenute le seguenti attività: incontri e manifestazioni; campagne promozionali, informative ed educative; indagini e studi a livello comunitario o nazionale.

La dotazione finanziaria prevista per le attività indicate, relativamente al periodo dal 1° gennaio 2006 al 31 dicembre 2007, è pari a 15 milioni di EUR.

 

Tabella di marcia 2006-2010

La Commissione ha presentato, il 1° marzo 2006, la tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (COM(2006)92) e il Consiglio europeo ha adottato il patto sulla parità di genere, nel marzo 2006. Tali documenti considerano prioritarie le politiche per conciliare lavoro e vita privata.

In particolare, la comunicazione relativa ad una tabella di marcia individua sei ambiti prioritari dell’azione dell’UE in tema di parità tra i generi per il periodo 2006-2010:

-        una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini;

-        l’equilibrio tra attività professionale e vita privata;

-        la pari rappresentanza nel processo decisionale;

-        l’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere;

-        l’eliminazione di stereotipi sessisti;

-        la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo.

 

Considerando la tabella di marcia, quindi, il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006 ha adottato un patto europeo per la parità di genere, al fine di incoraggiare l’azione a livello di Stati membri e di Unione europei nei seguenti settori: misure per colmare i divari di genere e combattere gli stereotipi di genere nel mercato del lavoro; misure per promuovere un migliore equilibrio tra vita professionale e familiare per tutti; misure per rafforzare la governance tramite l’integrazione di genere.

 

Il 13 marzo 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla “tabella di marcia”, nella quale, fra l’altro, chiede alla Commissione, in collaborazione con gli Stati membri e le parti sociali, di incoraggiare la creazione di politiche di conciliazione fra vita familiare e vita professionale.

La risoluzione invita gli Stati membri chiede di integrare o rafforzare i propri piani nazionali per l’occupazione e l’integrazione sociale al fine di inserirvi misure volte a favorire l’accesso delle donne al mercato del lavoro in situazione di pari dignità e di pari retribuzione per pari lavoro e a promuovere l’imprenditoria femminile, nonché a identificare e promuovere nuove opportunità di lavoro nel settore socio-sanitario e nei servizi alla persona e alla famiglia, dove la forza lavoro è prevalentemente composta di donne, mettendo in rilievo il valore economico e sociale di tali lavori e prevedendo un contesto normativo atto ad assicurare la qualità dei servizi, il riconoscimento dei diritti sociali e la dignità degli operatori. Ritiene che, a causa della loro sfavorevole posizione in campo sociale ed economico, caratterizzata da indici di disoccupazione più elevati e retribuzioni inferiori a quelle maschili, le donne siano maggiormente esposte allo sfruttamento.

 

Relazione sulla parità tra donne e uomini - 2007

Il 7 febbraio 2007 la Commissione europea ha presentato la relazione sulla parità tra donne e uomini – 2007 (COM(2007)49).Nel documento la Commissione invita il Consiglio europeo a esortare gli Stati membri ad accordare un’attenzione particolare a:

-        eliminare lo scarto di retribuzioni tra donne e uomini;

-        rafforzare l’integrazione di una prospettiva di parità uomo-donna nell’attuazione delle politiche dell’occupazione;

-        proseguire gli sforzi tesi a permettere a uomini e donne di conciliare vita professionale, vita privata e vita familiare e sostenere le parti sociali nell’attuazione di misure in tal senso;

-        adottare un metodo per quanto riguarda le questioni legate ai cambiamenti demografici, che tenga conto della parità uomo-donna e la sostenga;

-        utilizzare pienamente il potenziale offerto dalla Politica di coesione e di sviluppo rurale per sostenere la promozione della parità tra uomo e donna attraverso programmi cofinanziati dai fondi strutturali;

-        recepire prontamente le direttive 2006/54/CE, riguardante la parità di trattamento tra uomini e donne (rifusione), e 2004/113/CE, relativa alla parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura.

La relazione richiama l’attenzione, in particolare, sull’esigenza di favorire un miglior equilibrio tra donne e uomini nella suddivisione delle responsabilità private e familiari. Al riguardo sottolinea che molti obblighi limitano la libera scelta degli individui di conciliare la vita professionale e la vita privata, ad esempio la mancanza di servizi per la custodia dei bambini, gli aspetti finanziari, la penalizzazione della carriera, il rischio della perdita di competenze, le difficoltà del ritorno sul posto di lavoro o la pressione degli stereotipi. La relazione, inoltre, afferma che le modalità dei congedi dovrebbero essere riesaminate per contribuire a una ripartizione migliore delle responsabilità private e familiari tra uomini e donne e favorire così la qualità della vita e il benessere dei bambini.

 

Progress

Il 24 ottobre 2006 è stato istituito, con decisione n. 1672, il programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale PROGRESS. Il programma, relativo al periodo 2007-2013, intende sostenere la realizzazione degli obiettivi dell’UE nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, contribuendo alla realizzazione della strategia di Lisbona in tali settori.

Il programma si articola in cinque sezioni corrispondenti:

-        occupazione

-        protezione sociale e inclusione

-        condizioni di lavoro

-        lotta contro la discriminazione e la diversità

-        pari opportunità.

 

La dotazione finanziaria prevista per la realizzazione delle attività comunitarie contemplate dal programma PROGRESS per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 ammonta a 657.590.000 euro, secondo la ripartizione che segue:


 

sezione 1

occupazione

23%

sezione 2

protezione sociale e integrazione

30%

sezione 3

condizioni di lavoro

10%

sezione 4

diversità e lotta contro la discriminazione

23%

sezione 5

parità fra uomini e donne

12%

 

Molestie e violenza sul lavoro

Il 26 aprile le parti sociali europee hanno firmato un accordo quadro sulle molestie e la violenza sul lavoro, volto a prevenire e, in caso di fallimento, a gestire le situazioni di bullismo, di molestia e di violenza fisica sul luogo di lavoro.

Politiche giovanili

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005 ha adottato il Patto europeo per la gioventù, come strumento per attuare una serie di politiche e misure in favore dei giovani europei che si integrino appieno nella strategia di Lisbona. A questo fine il Consiglio europeo ha invitato l’Unione e gli Stati membri ad ispirarsi ad una serie di linee d’azione in materia di occupazione, integrazione e promozione sociale, istruzione, formazione e mobilità, finalizzate, tra l’altro, alla conciliazione della vita professionale con la vita personale e familiare.

 

Con decisione n. 1719/2006 del 15 novembre 2006, è stato istituito il programma “gioventù in azione” per il periodo 2007-2013. Il programma mira ad offrire ai giovani opportunità di scambi di gruppo e di volontariato e a sostenere una serie di attività nel settore della gioventù.

In particolare, il programma prevede che gli obiettivi vengano attuati attraverso le azioni seguenti:gioventù per l’Europa, volta a sostenere gli scambi di giovani; servizio volontario europeo, volto a favorire la partecipazione dei giovani a varie forme di attività di volontariato, sia all’interno che all’esterno dell’UE; gioventù nel mondo, per sostenere progetti con i paesi partner, in particolare lo scambio di coloro che sono attivi nell’animazione giovanile e le iniziative che rafforzano la comprensione reciproca dei giovani, il loro senso della solidarietà e della tolleranza; sistemi di sostegno per i giovani, intesi a sostenere organizzazioni attive a livello europeo nel settore della gioventù, in particolare le organizzazioni non governative; sostegno alla cooperazione europea nel settore della gioventù, al fine di organizzare il dialogo strutturato tra i vari soggetti del mondo della gioventù, promuovere seminari giovanili su tematiche sociali, culturali e politiche, contribuire allo sviluppo della cooperazione politica nel settore della gioventù, facilitare lo sviluppo delle reti necessarie ad una migliore conoscenza della gioventù.

 

Il Consiglio istruzione del 24 e 25 maggio 2007 ha approvato:

§      la risoluzione "Creare pari opportunità per tutti i giovani - Piena partecipazione alla società”;

§      conclusioni sulle prospettive future della cooperazione europea nel settore della politica in materia di gioventù.

Politiche dell’UE per la famiglia

Orientamenti generali

Il programma delle Presidenze dell’UE prevede un aumento della sensibilizzazione e una intensificazione dello scambio di opinioni ed esperienze sulle politiche filofamiliari.

La Presidenza portoghese considera tra le sue priorità l’inclusione sociale, la lotta contro la povertà, in particolare per quanto riguarda i bambini, la conciliazione tra lavoro, vita privata e familiare. Intende inoltre integrare la questione di genere in tutti i settori politici.

Conciliazione della vita professionale, privata e familiare

Sulla base di un apposito documento (SEC(2006)1245), la Commissione ha avviato, il 12 ottobre 2006, la prima fase di consultazione dei partner sociali europei (UNICE/ueapme, CEEP e CES) sulla conciliazione della vita professionale, privata e familiare, conformemente alla procedura prevista all’articolo 138 del Trattato CE[315]. Il 30 maggio 2007 la Commissione ha avviato la seconda fase della consultazione.

Essendo emersi pareri molto divergenti sulla maniera di procedere, il documento su cui si basa la seconda fase insiste sul fatto che è cruciale progredire in diversi settori – anche non legislativi – affinché i cittadini europei possano godere di una vita migliore al lavoro, nella sfera privata e in famiglia. Dalla prima fase di consultazione è altresì emerso che il miglioramento delle politiche di conciliazione (ad es. attraverso un ampliamento dei congedi parentali) non deve, comunque, comportare un aumento indiscriminato del costo del lavoro, a detrimento della strategia di crescita per le imprese.

Sul piano delle misure concrete, il documento invita le parti sociali a rendere noto il proprio punto di vista sul modo migliore di:

-        sviluppare l’offerta di strutture di accoglienza per i bambini, assicurandosi che non siano costose, che siano accessibili e di buona qualità;

-        rafforzare lo scambio di buone pratiche;

-        incoraggiare gli uomini ad approfittare delle misure volte a conciliare lavoro e vita privata/familiare;

-        sviluppare e promuovere delle organizzazioni del lavoro innovative, modulabili e flessibili.

Conclusivamente, la Commissione ritiene necessario, per favorire le politiche di conciliazione, fissare diritti minimi per i lavoratori, in modo da migliorare la legislazione in materia, considerando a tale scopo di intraprendere un’azione a livello comunitario.

Più nello specifico, la Commissione indica che l’eliminazione di differenze retributive tra i sessi è un campo d’azione prioritario, in riferimento al quale intende adottare – nel luglio 2007 – una specifica comunicazione.

La Commissione chiede, altresì, alle parti sociali di valutare le disposizioni dell’accordo quadro sul congedo parentale[316], nella prospettiva del suo eventuale riesame e di riferire sui progressi registrati entro marzo 2008. Sulla base del parere delle parti sociali europee, la Commissione deciderà sull’opportunità di una proposta legislativa. Anche la direttiva sulle lavoratrici incinte (92/85/CEE) può essere migliorata, soprattutto sotto tre profili:

-        durata del congedo;

-        livello di retribuzione;

-       tutela della donna, una volta tornata al lavoro.

 

Si ricorda che già in precedenza il patto europeo per la gioventù, adottato dal Consiglio europeo del marzo 2005, aveva sottolineato la necessità di migliorare la conciliazione tra vita professionale, familiare e privata, in modo da consentire ai giovani, se lo desiderano, di avere figli e, al tempo stesso, di partecipare pienamente alla formazione e istruzione o di entrare nel mondo del lavoro.

 

Più recentemente, il 19 giugno 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione su un quadro regolamentare per misure di conciliazione della vita familiare e degli studi per le giovani donne nell’Unione europea.

La risoluzione, in particolare:

-        sottolinea che l’istruzione e la formazione è un diritto umano delle ragazze e delle donne e un presupposto necessario per poter godere appieno di tutti gli altri diritti sociali, economici, culturali e politici;

-        incoraggia gli Stati membri a tenere maggiormente conto della situazione dei giovani e delle giovani che, oltre a seguire un corso di studi o di formazione, hanno anche responsabilità familiari, e in particolare a mettere a loro disposizione aiuti specificamente adattati alle loro esigenze;

-        invita gli Stati membri, considerando che sono soprattutto le donne a occuparsi delle persone dipendenti, a sollevare i giovani, in particolare le giovani donne, dalla responsabilità che incombe loro nei confronti di persone dipendenti, affinché possano proseguire gli studi e a istituire servizi sociali di promozione dell’autonomia personale e di assistenza alle persone in una situazione di dipendenza;

-        invita gli Stati membri e gli istituti di credito a semplificare e a facilitare la concessione di prestiti a condizioni vantaggiose per i giovani e le giovani che combinano responsabilità familiari con un periodo di studi o di formazione;

-        invita gli Stati membri a ridurre o sopprimere l’imposizione fiscale dei giovani, uomini e donne, che, studiando e lavorando, assumono responsabilità familiari o nei confronti di persone dipendenti;

-        incoraggia gli Stati membri, in collaborazione con gli enti locali e gli istituti di insegnamento superiore e professionale, ad adottare le misure necessarie affinché gli studenti che sono anche genitori possano beneficiare di alloggi adeguati alle loro esigenze nonché di sufficienti e idonei servizi di custodia per l’infanzia in base agli stessi criteri di ammissibilità previsti per i genitori che lavorano;

-        incoraggia gli istituti di insegnamento superiore e professionale a predisporre servizi di custodia dei bambini all’interno delle loro infrastrutture e invita gli Stati membri ad appoggiare questo tipo di iniziative; sottolinea inoltre l’importanza del ruolo dei membri più anziani della famiglia (nonni) nell’educazione dei bambini e nell’assistenza ai giovani genitori che studiano e lavorano;

-        invita gli Stati membri e gli istituti di insegnamento superiore e professionale a garantire la parità di trattamento e la non discriminazione a livello di inizio, proseguimento e ripresa degli studi per le studentesse in gravidanza e le madri di bambini piccoli e a tenere particolarmente conto delle loro esigenze; a sensibilizzare il proprio personale insegnante e professionale alle specifiche esigenze degli studenti/delle studentesse aventi persone a carico e, se del caso, a predisporre servizi di sostegno e di consulenza in modo da facilitare il loro ingresso, proseguimento o ripresa dell’istruzione superiore o professionale; a tener conto della situazione finanziaria dei giovani con responsabilità familiari al momento della determinazione delle tasse scolastiche;

-        incoraggia i datori di lavoro a concedere borse di studio di cui potrebbero beneficiare anche gli studenti/le studentesse con responsabilità familiari;

-        invita gli Stati membri e le parti sociali a incoraggiare e facilitare la formazione lungo tutto l’arco della vita prevedendo, tra l’altro, la possibilità di congedi parentali o di maternità, oppure di aspettative per motivi di custodia legale o di assistenza a persone anziane dipendenti o a persone disabili;

-        ricorda che il maggior coinvolgimento delle giovani donne nella cura delle persone dipendenti comporta una discriminazione tra uomini e donne a livello educativo e professionale; sottolinea che il rafforzamento delle responsabilità spettanti agli uomini per quanto riguarda i lavori domestici e la presa a carico dei figli e di altre persone dipendenti è un elemento fondamentale per consentire a un maggior numero di giovani donne di conciliare il ruolo di madri e gli studi;

-        invita Eurostat e gli Stati membri ad adeguare gli indicatori esistenti al fine di raccogliere i dati necessari per determinare, a livello degli Stati membri e dell’Unione europea il numero di studenti e studentesse che hanno responsabilità familiari, le loro condizioni di vita e in quale misura le responsabilità familiari siano un fattore di abbandono degli studi, in particolare per le giovani donne;

-        asserisce che il principio di responsabilità genitoriale condivisa potrebbe anche valere per giovani donne e uomini conviventi su basi diverse dal matrimonio ufficiale specifiche a ciascun paese.

Alleanza per la famiglia

Nella riunione dell’8 e 9 marzo 2007 il Consiglio europeo ha convenuto che la creazione di un’alleanza per la famiglia (su cui si veda infra) offrirà una piattaforma per lo scambio di opinioni e di conoscenze sulle politiche favorevoli alla famiglia nonché di buone prassi tra gli Stati membri, per affrontare meglio le sfide e cogliere le opportunità dei cambiamenti demografici. Il Consiglio ha sottolineato inoltre che gli Stati membri continueranno a sviluppare ulteriormente le politiche che promuovono la parità di opportunità tra uomini e donne, come pure il ruolo dei giovani, degli anziani nonché delle persone scarsamente qualificate quali partecipanti attivi all’economia e al mercato del lavoro, al fine di sfruttare appieno il loro potenziale per contribuire allo sviluppo economico e sociale delle nostre società. Il Consiglio ha altresì sottolineato la necessità, al fine di rafforzare la coesione sociale, di combattere la povertà e l’esclusione sociale, in particolare la povertà infantile, e di offrire a tutti i bambini pari opportunità.

 

Il 10 maggio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazionePromuovere la solidarietà tra le generazioni” (COM(2007)244), con la quale accoglie favorevolmente l’iniziativa di una Alleanza europea per la famiglia, annunciata dal Consiglio europeo di primavera, che servirà da piattaforma per lo scambio di conoscenze e di esperienze.

In particolare, la Commissione precisa che l’Alleanza per la famiglia costituirà una piattaforma di scambi e di conoscenze sulle politiche favorevoli alle famiglie e sulle buone pratiche degli Stati membri, destinate a rispondere alle sfide poste dal cambiamento demografico. Per costituire questa piattaforma, la Commissione intende sviluppare, dal 2007, strumenti per sistematizzare lo scambio di buone pratiche e la ricerca. Inoltre, in tale contesto, la Commissione intende stimolare la cooperazione e il partenariato tra tutte le parti interessate per favorire una migliore conciliazione tra vita professionale, familiare e privata, ricorrendo a nuovi mezzi messi a disposizione dai fondi strutturali. Infine, in occasione del terzo forum demografico previsto per il 2010, la Commissione presenterà una relazione sulle realizzazioni portate a termine nel quadro dell’Alleanza.

Il Consiglio occupazione ha adottato, nella sessione del 30 e 31 maggio 2007, conclusioni sull’importanza delle politiche favorevoli alla famiglia in Europa e sulla creazione di un’Alleanza per la famiglia.

Le conclusioni, nel riconoscere la diversità delle famiglie e delle politiche familiari nell’Unione europea, sottolineano che:

-        un migliore sostegno alla famiglia e il miglioramento del benessere dei bambini sono fondamentali per migliorare la qualità della vita e per lo sviluppo economico dell’Europa;

-        l’Unione europea, pur tenendo conto del fatto che gli Stati membri hanno la responsabilità di formulare adeguate politiche della famiglia sostenibili, dovrebbe anche trarre vantaggio dal contributo decisivo che scambi europei in questo settore possono fornire al conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona e gli obiettivi di coesione sociale dell’Unione europea;

-        l’Alleanza per la famiglia costituisce una piattaforma per lo scambio di opinioni e di conoscenze e rappresenta un impegno sostenibile dell’Unione europea e dei suoi Stati membri per affrontare, nel contesto del cambiamento demografico, le questioni connesse con le politiche favorevoli alla famiglia, per sostenersi vicendevolmente nella ricerca di risposte politiche lungimiranti e per mettere dette conoscenze ed esperienze a disposizione di tutti gli attori, in modo da rafforzare gli sforzi condivisi.

Gli Stati membri e la Commissione sono invitati a:

-        prendere in considerazione le esigenze delle famiglie, in particolare quelle con responsabilità assistenziali, nei lavori dei pertinenti comitati e gruppi di esperti a livello europeo preposti alla formulazione di politiche;

-        riunire le misure adottate e i progressi compiuti nel contesto dell’Alleanza per la famiglia in un portale Internet pubblico che includa anche le informazioni pertinenti fornite dagli Stati membri, dalle parti sociali e dalle organizzazioni non governative.

La Commissione è esortata a:

-        istituire un quadro in cui gli Stati membri, le parti sociali, le organizzazioni della società civile e altri soggetti interessati possano trarre insegnamenti dall’esperienza reciproca e utilizzare la stessa per migliorare le condizioni delle famiglie, promuovendo, fra l’altro, attività di ricerca sulla situazione delle famiglie e sulle politiche favorevoli alla famiglia e tenendo in debito conto le questioni legate alla politica della famiglia nelle future relazioni demografiche e nei futuri forum sulla demografia, a partire dal 2008;

-        utilizzare le informazioni fornite dagli Stati membri per descrivere il loro stato di preparazione per il cambiamento demografico, ogni due anni utilizzando la relazione annuale;

-        valutare i progressi conseguiti dall’Alleanza per la famiglia e presentare i risultati in occasione del Forum europeo sulla demografia del 2010.

Gli Stati membri sono esortati a:

-        fare un uso intensivo delle opportunità di scambi di opinioni e di esperienze offerte dall’Alleanza per la famiglia;

-        stabilire una stretta cooperazione con le parti sociali e coinvolgere le imprese e le organizzazioni non governative nel preparare ed organizzare i forum, a livello locale, regionale e nazionale su questioni demografiche e collegate alla famiglia;

-        utilizzare le possibilità offerte dai fondi strutturali europei e da altri pertinenti strumenti europei di finanziamento per assicurare l’adeguato sostegno finanziario alle iniziative locali, regionali o nazionali a favore della famiglia;

-        prendere le misure necessarie per promuovere un’equa ripartizione tra uomini e donne delle responsabilità assistenziali;

-        utilizzare le informazioni e esperienze messe a disposizione tramite uno scambio intensificato a livello europeo per individuare possibili miglioramenti del rispettivo quadro a sostegno della famiglia.

 

Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 ha invitato gli Stati membri, la Commissione e le parti sociali a fare buon uso dell’Alleanza per la famiglia al fine di promuovere le buone prassi e approcci innovativi in materia di politiche favorevoli alla famiglia compatibili con l’ordine pubblico nazionale degli Stati membri e di promuovere la parità di genere.

Cooperazione allo sviluppo

Nell’ottica di facilitare il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio[317], il Consiglio del 24 maggio 2005 ha deciso di aumentare l’aiuto ufficiale allo sviluppo (APS), concordando un nuovo obiettivo collettivo comunitario dello 0,56 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) per il 2010, che comporta un importo annuale aggiuntivo di venti miliardi di euro. Nell’ambito di tale obiettivo il Consiglio ha previsto che:

§      gli Stati membri che non hanno ancora raggiunto un livello di aiuto pari allo 0,51% del reddito nazionale lordo si impegnano a raggiungerlo entro il 2010;

§      gli Stati membri che hanno aderito all'UE dopo il 2002 e che non hanno raggiunto un livello dello 0,17% si adopereranno per raggiungerlo entro il 2010;

§      gli Stati membri si impegnano a raggiungere l'obiettivo dello 0,7% entro il 2015 mentre quelli che hanno già raggiunto tale obiettivo si impegnano a rimanere al di sopra di tale livello; gli Stati membri che hanno aderito all'UE dopo il 2002 si adopereranno per aumentare entro il 2015 il loro APS fino allo 0,33%.

Tali obiettivi sono stati confermati dal Consiglio europeo di giugno 2005.

Facendo seguito agli impegni assunti dalle istituzioni europee nel contesto degli OSM, il 2 marzo 2006 la Commissione ha presentato tre comunicazioni nelle quali propone misure concrete per migliorare l’efficacia, la coerenza e l’incidenza degli aiuti comunitari allo sviluppo.

§      La comunicazione “Gli aiuti dell’UE: dare di più, meglio e più rapidamente[318]presenta un piano d’azione concreto. Essa stabilisce per ciascuna azione un programma operativo d’intervento per il biennio 2006-2007.

§      La comunicazione “Rafforzare l’impatto europeo: un quadro comune per l'elaborazione dei documenti di strategia nazionale e la programmazione pluriennale comune[319] rappresenta uno dei primi obiettivi concreti del piano d’azione. Essa propone una disciplina comunitaria congiunta per la programmazione degli aiuti allo sviluppo al fine di migliorarne l’efficacia.

§      La comunicazione “Finanziamento dello sviluppo ed efficacia degli aiuti - Le sfide poste dall’aumento degli aiuti UE nel periodo 2006-2010[320]organizza il controllo dei risultati realizzati dall’Unione europea in rapporto agli impegni assunti, in termini di volume degli aiuti e di efficacia della loro fornitura. Per quanto concerne il biennio 2003-2004, la comunicazione segnala che, nel complesso, l’Unione procede all’attuazione dei propri impegni finanziari secondo le scadenze stabilite, mentre il rendimento individuale di alcuni Stati membri risulta ancora insufficiente. Si stima invece molto positivamente la capacità dei nuovi Stati membri di far fronte agli impegni assunti.

La Commissione propone un piano d’azione che prevede nove azioni limitate nel tempo, che la Commissione e gli Stati membri dovranno attuare congiuntamente. Alcune di esse, quali l’accurata cartografia degli aiuti comunitari attraverso atlanti dei donatori regionali, il sostegno ai procedimenti di coordinamento locale e l’elaborazione di una disciplina congiunta per la programmazione degli aiuti, possono essere avviate immediatamente. Altre, tra cui il proposto meccanismo di cofinanziamento dei fondi comunitari, possono essere attuate nel corso dei prossimi quattro anni.

In merito alle comunicazioni della Commissione, il 28 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione "Cooperare di più, cooperare meglio: il pacchetto 2006 sull'efficacia degli aiuti dell'UE" in cui tra l’altro:

-        invita gli Stati membri e la Commissione a compiere sforzi congiunti per far sì che l'Unione europea parli con una sola voce, onde consolidare e perpetuare una leadership basata non solo sulla rilevanza degli importi destinati alla cooperazione allo sviluppo ma anche su una maggiore efficacia;

-        è convinto che, affinché gli aiuti dell'Unione europea siano efficaci, vada garantito uno spazio politico sufficiente per i paesi in via di sviluppo, e che l'efficacia degli aiuti debba essere valutata in termini di progressi concreti verso il raggiungimento degli OSM;

-        invita l'Unione europea a prendere in considerazione il fatto che l'aumento degli importi degli APS ha senso solo se va di pari passo con un aumento significativo della sua efficacia e della sua qualità, e a adoperarsi quindi per far sì che tale miglioramento assurga a priorità assoluta della politica di cooperazione allo sviluppo di ciascuno Stato membro nonché delle istituzioni europee interessate;

-        invita i Parlamenti nazionali degli Stati membri ad esercitare maggiori controlli sui fondi erogati e sull'attuazione dei programmi di cooperazione bilaterali.

Il Parlamento europeo è tornato sul tema degli aiuti allo sviluppo il 21 giugno 2007, approvando una risoluzione che valuta i risultati ottenuti a metà del percorso verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio. Nella risoluzione il PE tra l’altro chiede di: aumentare progressivamente gli aiuti ai paesi in via di sviluppo, anche cercando fonti innovative di finanziamento; cancellare integralmente il debito per 60 paesi e ridurlo ulteriormente per gli altri; finanziare in particolare lo sviluppo umano e sociale; migliorare la qualità e la coerenza dell’aiuto.

Nella risoluzione si deplora che, a metà del periodo di attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, l'aiuto pubblico allo sviluppo fornito dall'UE a 15, espresso in termini di percentuale del reddito nazionale lordo, sia sceso dallo 0,44% del 2005 allo 0,43% del 2006: a fronte di Stati membri che hanno raggiunto o superato l'obiettivo di un rapporto aiuto pubblico allo sviluppo/reddito nazionale lordo (APS/RNL) pari allo 0,7% o che stanno aumentando il livello effettivo dell'aiuto, ci si rammarica del fatto che nel 2006 alcuni dei paesi dell’UE a 15 abbiano mancato l'obiettivo intermedio dello 0,33%.

Il Parlamento europeo invita quindi tutti gli Stati membri in difetto «a rispettare le promesse fatte» e a «impegnarsi immediatamente ad aumentare il volume reale dell'aiuto nel 2007 per «garantire il raggiungimento dell'obiettivo intermedio UE per il 2010, che fissa la percentuale dell'aiuto allo 0,56%». La risoluzione rileva in particolare che, nel 2005, i paesi del G8 si sono impegnati a Gleneagles a raddoppiare entro il 2010 gli aiuti a favore dell'Africa subsahariana ed esprimono disappunto per il fatto che nel 2006, secondo quanto indicato dall'OCSE, l'aiuto pubblico allo sviluppo per l'Africa subsahariana, esclusa la cancellazione del debito, è rimasto immutato. Secondo quanto indicato nella risoluzione, per onorare gli impegni finanziari assunti nei confronti dell'Africa, i donatori del G8 dovranno stanziare ciascuno, entro il 2010, altri 15 miliardi di euro rispetto al livello dell'aiuto nel 2004, «ma sinora essi sono lontani da tale obiettivo».

Plaudendo al passo compiuto da molti Stati membri dell'UE che hanno cancellato il debito dei paesi in via di sviluppo, il Parlamento europeo esprime tuttavia il timore che le misure di cancellazione del debito «abbiano gonfiato artificialmente di circa il 30%, nel 2006, i dati relativi agli aiuti UE» e invita quindi l'Unione europea e il G8 a scorporare dai dati relativi all'Aiuto Pubblico allo Sviluppo la cancellazione e riduzione del debito, conformemente al Consenso di Monterrey[321] e alle conclusioni del Consiglio dell'aprile 2006.

A questo proposito la risoluzione rileva che i paesi che «hanno maggiormente gonfiato i propri aiuti» sono l'Austria (57%), la Francia (52%), l'Italia (44%), la Germania (53%) e il Regno Unito (28%), mentre la Germania, che detiene sia la Presidenza dell'UE che quella del G8, non avrebbe raggiunto l'obiettivo di un rapporto APS/RNL pari allo 0,33% se non avesse gonfiato il proprio aiuto.


APPENDICE


ALLEGATO INFRASTRUTTURE

Premessa

La presentazione dell’allegato al DPEF contenente l’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS), costituisce adempimento dell’obbligo prescritto dall’articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo).

 

Tale disposizione prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate predisponga un programma destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), con l'indicazione dei relativi stanziamenti. Pertanto, lo stesso Parlamento si pronuncia sul programma in sede di esame del DPEF. In sede di prima applicazione della legge, il programma delle infrastrutture strategiche (PIS) è stato approvato con la delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121, e, per gli anni successivi, l’elenco delle opere è stato integrato ed aggiornato per mezzo di un apposito allegato al DPEF.

 

Il contenuto di tale documento viene definito dal comma 1-bis della medesima disposizione (aggiunto dall'art. 13, comma 4, della legge n. 166/2002), che prevede che il programma contenga le seguenti indicazioni:

a)      l’elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare;

b)      i costi stimati per ciascuno degli interventi;

c)      le risorse disponibili e relative fonti di finanziamento;

d)      lo stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati;

e)      il quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi.

 

Con riferimento al documento in esame, si segnala preliminarmente che esso:

§      considera come ambito temporale il quinquennio 2008-2012, piuttosto che il periodo 2008-2011 al quale si riferisce invece il documento di programmazione economico-finanziaria;

§      ha un contenuto ben più esteso rispetto all’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche. Esso in particolare contiene una programmazione di opere ulteriori rispetto agli interventi della legge obiettivo e, ancora più in generale, delinea la politica del Governo in materia di assetto del territorio, con riferimento anche agli interventi per la città e alle politiche per la casa.

 

Il filo conduttore delle politiche infrastrutturali viene individuato in tre questioni ritenute decisive per lo sviluppo del Paese:

§      la mobilità, in relazione all’esigenza di potenziare il sistema infrastrutturale per assicurare idonee condizioni di accessibilità territoriale, intervenendo sulle grandi direttrici strategiche ed i relativi nodi di rango internazionale, sul decongestionamento dei nodi urbani, nonché favorendo condizioni di migliore equilibrio modale dei sistemi di trasporto e accelerando la realizzazione degli interventi sostenibili e di quelli mirati allo sviluppo della logistica;

§      la città, intervenendo sulle reti infrastrutturali e sulle interconnessioni con gli spazi urbani e considerando la città come un’unica infrastruttura di contesto;

§      la casa, considerando l’edilizia residenziale sociale come materia di interesse generale, in modo da soddisfare il diritto all’abitazione anche grazie a nuovi modelli di finanziamento, fermo restando l’intervento pubblico diretto in materia di edilizia sovvenzionata.

 

Il documento trasmesso contiene quindi: una prima parte riferita al Programma delle infrastrutture strategiche, che in realtà individua anche opere ulteriori rispetto a quelle della legge obiettivo, nonché le linee di una nuova politica nazionale sulla città; una seconda parte consistente in una relazione illustrativa nella quale, oltre ad una descrizione dello scenario europeo di riferimento, si dà conto dello stato di attuazione delle opere della legge obiettivo approvate dal CIPE, dei criteri per l’individuazione delle opere prioritarie e della conseguente programmazione operativa nel quinquennio, nonché di quella che viene definita la nuova “questione urbana”.

Il documento contiene anche una serie di allegati e appendici cartografiche e in particolare:

§      l’Allegato A che riporta i dati sullo stato di attuazione della legge obiettivo, risultanti dai lavori del tavolo tecnico istituito dal CIPE nella seduta del 29 settembre 2006. Tali dati si riferiscono esclusivamente alle opere singolarmente approvate dal CIPE e non anche al complesso delle opere inserite nel Programma delle infrastrutture strategiche;

§      l’Allegato B, che contiene il quadro complessivo degli interventi della legge obiettivo;

§      l’Allegato C che contiene l’articolazione degli interventi selezionati tra PON «Reti e Mobilità» e PNM «Reti e Mobilità»;

§      l’Allegato D che contiene il documento finale del tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative,

§      l’Allegato E che contiene le schede di diagnosi strategica relative alle Piattaforme territoriali transnazionali;

§      l’Allegato G che riproduce il documento Priorità infrastrutturali del Ministero delle infrastrutture concordato con le Regioni e pubblicato lo scorso 16 novembre.


Le infrastrutture prioritarie

La ridefinizione delle priorità

Il documento in esame definisce un nuovo quadro di priorità infrastrutturali.

Ciò si realizza sia attraverso l’individuazione delle opere realisticamente programmabili nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo, sia attraverso l’individuazione di infrastrutture ulteriori definite prioritarie.

Il nuovo quadro delle priorità deriva dall’aggiornamento del Documento Infrastrutture prioritarie del Ministero delle infrastrutture del 16 novembre 2006. Tale documento risulta dal confronto con le Regioni e indica le opere ritenute irrinunciabili per ciascuna regione.

 

Come indicato nell’Allegato, la ragione dell’avvio del confronto con le regioni si fonda sul fatto che la legge obiettivo “pur meritoria nelle intenzioni, si è mostrata meno efficace rispetto alle attese proprio laddove avrebbe dovuto sciogliere i nodi principali. Infatti la mancanza di una reale valutazione economica e tecnica dei progetti ha di fatto impedito l’individuazione di una scala di priorità delle opere, comportando l’inserimento generalizzato nella legge obiettivo. Questa situazione, unitamente alla mancanza di un’organica programmazione temporale e finanziaria per le realizzazioni (effettuata sui fondi realmente disponibili), al permanere di interessi localistici e a lentezze procedurali, ha determinato un sostanziale stato di impasse rispetto all’apertura dei cantieri e al completamento delle opere”.

 

Nel complesso, l’Allegato infrastrutture individua le finalità del nuovo quadro delle opere prioritarie nelle seguenti:

§      il potenziamento delle capacità trasportistiche e logistiche del sistema infrastrutturale (intervenendo sulle grandi direttrici strategiche ed i relativi nodi di rango internazionale, ovvero i corridoi transeuropei, la rete delle autostrade del mare, il sistema dei grandi hub aeroportuali, nonché sugli assi di rilevanza nazionale);

§      il rafforzamento delle connessioni di secondo livello e dei sistemi urbani e territoriali.

 

a)      L’individuazione delle priorità nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS)

 

Il quadro complessivo degli interventi della legge obiettivo è definito nell’Allegato B (da B.1 a B.4), il quale distingue le opere in ultimate, in corso integralmente coperte, in corso con copertura parziale, e da avviare entro il 2012. A tali opere si aggiungono le opere prioritarie Reti TEN.

Il medesimo allegato B fa inoltre riferimento ad ulteriori opere da avviare entro il 2012, non comprese nell’ambito della legge obiettivo.

 

Le tabelle seguenti riassumono rispettivamente il quadro degli interventi ricompresi nel PIS, il quadro delle reti TEN prioritarie e le ulteriori opere da avviare entro il 2012.

 

Tabella 1. Infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo
(dati in milioni di euro)

Stato delle opere

Numero

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Ultimate

8

2.171,79

--

In corso

69

35.080,11

8.593,83

Integralmente coperte

53

13.696,38

--

Finanziate parzialmente

16

21.383,73

8.593,83

Da avviare entro il 2012

84

55.906,64

19.816,04

Totale

161

93.158,54

28.409,87

 

 

Si segnala che il totale indicato del costo delle opere finanziate parzialmente e di quelle da avviare entro il 2012 (rispettivamente 21.383,73 Meuro e 55.906,64 Meuro) è inferiore rispetto al totale effettivamente risultante dalle somme delle voci di costo delle singole opere (rispettivamente 21.488,23 Meuro e 55.967,15 Meuro) con una differenza nel costo complessivo delle opere di circa 165 Meuro.

Si segnala, inoltre, che nell’ambito delle opere da avviare entro il 2012, vi è la voce Nodo di Perugia (tratta Corciano-Madonna del Piano- Collestrada), per la quale non è indicata alcuna previsione di costo.

 

Tabella 2. Opere prioritarie Reti TEN
(dati in milioni di euro)

Intervento

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Corridoio V – Collegamento Torino-Lione

5.365

5.016

Tratta AV/AC Milano-Genova: terzo valico di Giovi

5.060

4.837

Asse ferroviario Monaco-Verona: galleria del Brennero

3.000

2.740

Totale

13.425

12.593


Tabella 3. Ulteriori opere da avviare entro il 2012
(dati in milioni di euro)

Stato delle opere

Numero

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Da avviare entro il 2012

9 (*)

4.971,07

3.739,58

(*)  Tali interventi riguardano: la Val d’Aosta (1 opera); la Lombardia (2 opere); l’Emilia Romagna (1 opera); il Lazio (2 opere); la Campania (1 opera); la Puglia (1 opera); la Basilicata (1 opera).

 

La tabella che segue confronta il nuovo Programma delle infrastrutture strategiche con lo stato delle opere deliberate dal CIPE ricomprese nel Programma delle infrastrutture strategiche al 30 aprile 2007 (dati tratti dal 3° Rapporto del Servizio studi della Camera sullo stato di attuazione della legge obiettivo).

Si segnala preliminarmente che alcune delle opere prese unitariamente in considerazione nell’Allegato infrastrutture in realtà sono scomponibili in una pluralità di interventi[322].

 

Tabella 3. Confronto con lo stato di attuazione della legge obiettivo al 30 aprile 2007. Escluse le Reti TEN

 

Opere deliberate dal CIPE(*)(al 30 aprile 2007)

Allegato al DPEF 2008-2012

Numero

139

161

Costo complessivo

89.704

93.158,54

Fabbisogno residuo

55.050

28.409,87

Incidenza fabbisogno su costo

61,4%

30,5%

(*)  dati al netto del Ponte sullo stretto di Messina

Se si aggiungono anche le Reti TEN dal confronto risultano i dati seguenti:

 

Tabella 3. Confronto con lo stato di attuazione della legge obiettivo
al 30 aprile 2007. Comprese le Reti TEN

 

Opere deliberate dal CIPE(*)(al 30 aprile 2007)

Allegato al DPEF 2008-2012

Numero

139

164

Costo complessivo

89.704

106.583,5

Fabbisogno residuo

55.050

41.002,87

Incidenza fabbisogno su costo

61,4%

38,5%

(*)  dati al netto del Ponte sullo stretto di Messina

 

Se si confrontano gli interventi contenuti nella legge obiettivo con i dati relativi alle opere deliberati dal CIPE, risultano:

§      45 opere inserite nel Programma delle infrastrutture strategiche, ma non deliberate dal CIPE;

§      9 nuove opere non ricomprese nel Programma.

 

Per contro, 27 opere per le quali vi è una specifica delibera CIPE non sono state inserite tra le priorità.

 

Al fine della copertura del fabbisogno residuo delle Reti TEN, nell’Allegato si fa riferimento al possibile cofinanziamento da parte dell’Unione europea in attuazione del bando del 25 maggio scorso.

 

Escludendo queste ultime e prendendo invece in considerazione l’insieme costituito dalle opere della legge obiettivo e delle opere ulteriori da avviare entro il 2012, il costo complessivo è pari a 98 miliardi e il fabbisogno finanziario per la realizzazione di tali opere nei prossimi cinque anni è pari a circa 32 miliardi di euro.

 

A tale fabbisogno residuo si prevede di far fronte mediante:

§      i limiti di impegno stabiliti dalla legge finanziaria 2007 (che all’articolo 1, comma 1, comma 977 rifinanzia il PIS, attraverso contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009), una quota dei quali tuttavia è destinata ad interventi specifici (pari a 158 milioni di euro);

§      i limiti di impegno che saranno stabiliti per il 2008 e 2009 (200 milioni di euro per anno), che saranno incrementati negli anni 2010 e 2011 fino a 250 milioni di euro e nel 2012 fino a 425 milioni di euro.

 

 

b)      Gli interventi al Sud cofinanziati dall’UE

 

Il Quadro strategico nazionale prevede risorse aggiuntive per i programmi nazionali “reti e mobilità” per la realizzazione di infrastrutture nel Mezzogiorno, a valere sui fondi strutturali dell’UE (FESR) e sui Fondi per le aree sottoutilizzate (FAS).

 

Casella di testo: 14La ripartizione su base regionale delle risorse a disposizione del Ministero delle infrastrutture è avvenuta utilizzando le "chiavi di riparto" del FAS e dei Fondi Strutturali.

Le quote attribuibili alle singole regioni sono pertanto le seguenti:

 

Regioni

PON "Reti e mobilità

PNM "Reti e Mobilità

Totale (ME)

Quota
%

Quota
%

Risorse FESR

Quota
%

Risorse FAS

Abruzzo

--

--

4,73

190,5

190,5

2,81

Basilicata

--

--

4,98

200,6

200,6

2,96

Calabria

14,29

392,8

10,34

416,5

809,3

11,94

Campania

29,57

812,9

22,72

915,1

1.728,0

25,50

Molise

--

 

2,64

106,3

106,3

1,57

Puglia

24,14

663,6

18,11

729,4

1.393,0

20,56

Sardegna

--

--

12,61

507,9

507,9

7,49

Sicilia

32,00

879,7

23,87

961,4

1.841,1

27,17

Totale

100

2749,5

100

4.027,6

6.771,1

100

 

Nell’Allegato è contenuto, regione per regione, l’elenco delle opere finanziate.

L’assegnazione dei finanziamenti della legge obiettivo

L’Allegato individua i criteri per l’assegnazione dei finanziamenti e la relativa articolazione temporale nei seguenti:

§      la tipologia funzionale;

§      l’avanzamento progettuale;

§      la copertura finanziaria disponibile;

§      la capacità di tiraggio della spesa dei singoli progetti prioritari;

§      l’equa distribuzione territoriale delle risorse.

 

Tra i criteri ulteriori indicati vi è anche quello di un’articolazione per tipologia funzionale coerente con gli obiettivi della pianificazione e della programmazione di settore, che ha tra gli obiettivi principali il riequilibrio modale tra strada e ferrovia.

Si segnala che l’articolo 1, comma 1, numero 20), dello schema di decreto legislativo correttivo al codice dei contratti pubblici, attraverso l’introduzione del comma 1-ter nell’articolo 161, prevede l’attribuzione di priorità nell’ambito del PIS alle infrastrutture:

§      già avviate;

§      oppure con il progetto esecutivo approvato;

§      oppure quelle per le quali ricorre la possibilità di finanziamento con capitale privato, sia di rischio che di debito, nella misura maggiore possibile.

In relazione a tale finalità, il precedente comma 1-bis, al fine di favorire il contenimento dei tempi necessari per il reperimento delle risorse relative al finanziamento delle opere strategiche e per la loro realizzazione, prevede che i soggetti aggiudicatori siano tenuti a:

§      predisporre studi di fattibilità delle infrastrutture strategiche da realizzare, secondo modelli definiti con delibera del CIPE;

§      acquisire le valutazioni dell'Unità tecnica Finanza di Progetto (di cui all'art. 7 della legge 17 maggio 1999, n. 144) su tali studi.

Lo stesso comma prevede, inoltre, che queste ultime valutazioni siano dirette a verificare, per le infrastrutture che presentano un potenziale ritorno economico derivante dalla gestione dell'opera stessa, le forme per il ricorso a capitali privati ed i presupposti per la concreta attuabilità.

Viene infine disposto che le valutazioni dell’Unità siano acquisite comunque dal CIPE, ai fini delle proprie deliberazioni, per le infrastrutture strategiche che prevedono il ricorso a capitali privati.

 

Occorre comprendere in che modo la nuova definizione delle priorità contenuta nella richiamata disposizione del correttivo al codice dei contratti pubblici si integra con i criteri enunciati nell’Allegato infrastrutture al DPEF, con particolare riferimento alle opere per le quali ricorre la possibilità di finanziamento con capitale privato.

La distribuzione territoriale delle opere

Con riferimento al criterio territoriale, l’Allegato evidenzia:

§      la “Questione settentrionale”, “rappresentata da un territorio urbanizzato sempre più esteso, fitto e irregolare, a cui si accompagna una domanda di accessibilità e mobilità – per persone e merci – debolmente soddisfatta da un’offerta infrastrutturale con gravissimi deficit qualitativi e quantitativi, relativi sia alle connessioni con le «reti lunghe» - Corridoi europei, rotte aeree, rotte marittime ecc – sia alla mobilità interna dei territori regionali e dei sistemi urbani “. Al fine di risolvere tale questione, gli interventi programmati sono finalizzati a dare un impulso alle reti lunghe, con specifico riferimento alle reti dei corridoi transnazionali, nonché a rafforzare le direttrici secondarie e decongestionare i centri urbani.

§      la “Questione meridionale”, caratterizzata dal perdurare di rilevanti deficit infrastrutturali, da valutare tenendo conto del ruolo potenziale del Mezzogiorno di porta europea per i traffici con i Paesi del Lontano e Medio oriente e del Nord Africa. A tal fine, si ritiene necessario intervenire non solo “attraverso grandi opere, strade, autostrade, porti e aeroporti, ma anche attraverso infrastrutture soft di contesto o di prossimità direttamente funzionali all’insediamento, al funzionamento e allo sviluppo del tessuto produttivo”.

La tabella che segue opera un confronto tra l’Allegato infrastrutture e le opere deliberate dal CIPE al 30 aprile 2007[323] sotto il profilo della distribuzione per regione:


Tabella 4. Dati disaggregati per Regione

 

Interventi deliberati dal CIPE
(al 30 aprile 2007)

Allegato al DPEF

 

Numero opere

Costo Totale

Numero opere

Costo Totale

Piemonte

4

7.258

6

7561

Valle d'Aosta

-

-

-

-

Lombardia

28(1)

21.006

21(10)

14812

Liguria

7(2)

7.569

9(2)

8404

Trentino Alto Adige

1

2.550

1

3000

Veneto

5

11.884

10(11)

15.530

Friuli Venezia Giulia

3

1.127

4

2331

Emilia Romagna

6(3)

3.428

5

8110

Toscana

-

-

7(12)

3874

Umbria

8(4)

6.264

5(13)

739

Marche

1

210

4(14)

2345

Lazio

11

9.906

16

8203

Abruzzo

1

37

3

77

Molise

3(5)

198

4

1695

Campania

17(6)

6.031

14(15)

4707

Puglia

4

613

8

812

Basilicata

11(7)

447

11

791

Calabria

9

3.116

10

12228

Sicilia

12

6.115

16

10013

Sardegna

6(8)

879

6

390

Non ripartibili

2(9)

1.067

4(16)

1128

TOTALE

139

89.704

164

106.750

Dati al netto del Ponte sullo Stretto di Messina.

**    Opere costituite da più lotti funzionali con stato di avanzamento differente.

(1)       Compresa la linea AV/AC Milano-Verona che coinvolge anche il Veneto

(2)       Compreso il “Terzo valico dei Giovi” linea AV/AC Milano-Genova che coinvolge anche il Piemonte

(3)       Compreso il Raccordo autostradale della Cisa A15 - autostrada del Brennero A22 Fontevivo (Pr)-Nogarole Rocca (Vr) che coinvolge anche Lombardia e Veneto

(4)       Compresi il Raddoppio della tratta ferroviaria Foligno-Fabriano e il Quadrilatero Marche Umbria che coinvolgono anche le Marche

(5)       Compreso l'acquedotto Molisano Destro che coinvolge anche Campania e Puglia

(6)       Compreso il tratto dell'Autostrada Salerno-Reggio Calabria (4° megalotto) dal km 108+000 al km 139+000, che coinvolge anche la Basilicata, e la S.S.7 Quater Domiziana - Lavori di ammodernamento alla sezione tipo A nel tratto tra il km 0+000 e il km 27+000, compresa la variante di Mondragone, che coinvolge anche il Lazio.

(7)       Compresa la ristrutturazione dell'adduttore idraulico San Giuliano-Ginosa - lotto secondo - completamento delle opere principali di cui al progetto BAS 03 e l'adduttore del Sinni - ristrutturazione e telecontrollo che coinvolgono anche la Puglia

(8)       Compreso il Nuovo collegamento sottomarino a 500 kv in corrente continua SAPEI (Sardegna-Penisola Italiana) che coinvolge anche il Lazio

(9)       Programma Grandi Stazioni e Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici

(10)    Compresa la linea elettrica S. Fiorano-Robbia, che coinvolge anche l’Emilia

(11)    Compresi: i lotti 1 e 2-4 del collegamento ferroviario Fortezza-Verona, che coinvolgono anche il Trentino, l’ampliamento autostrada A4 (tratta Quarto d’Altino-Villesse, che coinvolge anche il Friuli e il raccordo autostradale CISA che coinvolge anche l’Emilia)

(12)    Compresa la Pontremolese che coinvolge anche l’Emilia

(13)    Compresi la tratta Terni-Rieti che coinvolge anche il Lazio e il Nodo di Perugia, per cui non è indicato il costo

(14)    Compreso il Quadrilatero che coinvolge anche l’Umbria

(15)    Compresi i lotti ultimati della Salerno-Reggio Calabria la Ferrovia Battipaglia-Reggio Calabria che coinvolgono anche la Calabria

(16)    Programma Grandi Stazioni (due sottointerventi), Piano straordinario edifici scolastici e edifici istituzionali


La valutazione ambientale degli interventi

Nella parte A dell’Allegato infrastrutture, si segnala la necessità che l’individuazione delle priorità infrastrutturali avvenga in coerenza con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra nel comparto dei trasporti, obiettivi da perseguire in primo luogo attraverso il riequilibrio modale.

 

Nella risoluzione 7-00224 a prima firma Duilio e Realacci, in corso di esame presso le Commissioni V e VIII, volta in particolare a impegnare il Governo a valutare in sede di predisposizione del DPEF “l'opportunità che gli interventi per il potenziamento delle infrastrutture, da inserire nell'apposito allegato di cui all'articolo 1 della legge n. 443 del 2001, tengano conto dell'esigenza di orientare le politiche in tale settore nel senso di una maggiore attenzione alla loro dimensione ambientale, concentrando le risorse sugli interventi effettivamente prioritari e raccordando le iniziative poste in essere dai diversi soggetti responsabili, con particolare attenzione al potenziamento delle modalità dai minori costi ambientali idonee a favorire un minore ricorso al trasporto su gomma”.

 

La valutazione degli interventi sotto il profilo ambientale riguarda anche i risvolti positivi che gli stessi possono garantire sotto il profilo della decongestione delle aree metropolitane, del rafforzamento del trasporto su rotaia, della disincentivazione dell’uso del mezzo privato, dello sviluppo del cabotaggio e elle autostrade del mare.

Con particolare riferimento all’obiettivo, esplicitato nel documento del riequilibrio modale tra strade e ferrovie, la tabella che segue mette a confronto i dati relativi alle tipologie delle opere strategiche indicate come prioritarie nell’Allegato e di quelle deliberate dal CIPE al 30 aprile 2007.

 

 

Opere deliberate dal CIPE

(al 30 aprile 2007)

Allegato al DPEF 2008-2012

Numero complessivo interventi

139(*)

164(**)

Costo totale interventi

89.704

106.583,5

Opere stradali

Numero

53

78

Costo

36.374

57.994

Incidenza del numero sul totale

38,1%

47,6%

Incidenza del costo sul totale

40,5%

54,4%

Opere ferroviarie(***)

Numero

38

42

Costo

44.149

40.742

Incidenza del numero sul totale

27,3%

25,6%

Incidenza del costo sul totale

49,2%

38,2%

(*)     Dati al netto del Ponte sullo stretto

(**)   Tale numero comprende anche i tre interventi sulle reti TEN, che nell’Allegato B sono oggetto di distinta considerazione.

(***)  Comprese le ferrovie metropolitane

Il federalismo infrastrutturale

L’Allegato richiama il modello operativo adottato con la CAL (Concessioni autostrade Lombarde) nella finanziaria 2007, “quale prima concreta applicazione di un sistema di federalismo infrastrutturale che si fonda sulla stretta collaborazione tra lo Stato, la regione e gli enti locali”.

 

L’art. 1, comma 979, della legge finanziaria 2007, con riferimento alla realizzazione della Pedemontana Lombarda, nonché dell’autostrada Brescia-Bergamo-Milano (cd. Brebemi) e delle tangenziali esterne di Milano, ha previsto che l’ANAS S.p.A. possa affidare il completamento della progettazione e della relativa attività esecutiva ad un organismo di diritto pubblico costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa società e dalla Regione Lombardia. A tal fine, in data 19 febbraio 2007, è stata istituita la Società Concessioni Autostradali Lombarde Spa, composta al 50% da Anas e al 50% da Infrastrutture Lombarde Spa (società controllata al 100% dalla Regione Lombardia).

 

Si ipotizza l’implementazione di tale modello in altre realtà territoriali per la realizzazione di alcune arterie autostradali (si fa espresso riferimento al Passante di Mestre, al Corridoio Tirrenico Meridionale-“Nuova Pontina”, alla Termoli-S. Vittore)

I corridoi transeuropei

La politica delle reti transeuropee, che trae origine dalle indicazioni contenute nella decisione n. 1692/96/CE, finalizzata ad complessivo miglioramento della efficienza nel sistema dei trasporti, intende garantire la mobilità delle persone e dei beni, mediante un efficace utilizzo delle strutture esistenti ed uno sviluppo della interoperabilità di tutti gli elementi del sistema stesso. Essa mira ad assicurare i collegamenti all’interno della Comunità e ad estendersi progressivamente nei Paesi dell’EFTA (Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein), dell’Europa centrale e orientale e del Mediterraneo.

Con la decisione n. 884/2004/CE, è stato adottato un programma di azione organico (Master Plan) per l’attuazione delle reti transeuropee, individuando i Corridoi stradali, ferroviari e marittimi che dovranno costituire l’articolazione di tali reti. Alcuni di essi – compresi fra i 30 progetti prioritari, i cui lavori dovrebbero iniziare entro il 2010 - interessano anche l’Italia. Si tratta, in particolare, dal Corridoio I (Berlino-Verona-Bologna-Roma-Napoli-Reggio Calabria-Palermo); dal Corridoio V (Kiev-Trieste-Milano-Torino-Lione-Lisbona); dal Corridoi dei due mari (asse Genova-Rotterdam); dalle Autostrade del mare (Mediterraneo occidentale ed orientale).

La Commissione ha previsto un contributo di circa 6,4 miliardi di euro per la realizzazione delle opere relative al Corridoio I, al tratto Torino-Lione del Corridoio V, nonché al valico dei Giovi compreso nel Corridoio Genova –Rotterdam.

Per quanto riguarda l’estensione delle reti di trasporto ad aree esterne al territorio della Comunità, il nostro Paese è prevalentemente coinvolto nella regione dei Balcani occidentali, con il progetto di potenziamento della linea ferroviaria Bar-Belgrado e con lo sviluppo del Corridoio VII stradale e ferroviario, e nel Bacino del Mediterraneo, in relazione alla creazione di una zona di libero scambio che dovrebbe essere realizzata entro il 2010.

A fronte di tali impegni, si prevede la necessità di uno stanziamento pari ad almeno 3 milioni di euro nel triennio 2008-2010.

Il sistema disegnato dai Corridoi transeuropei prevede quali elementi complementari le c.d. ‘piattaforme territoriali strategiche’, destinate ad assumere rilevante interesse per le potenzialità di sviluppo economico e sociale ad esse attribuite dal progetto comunitario. Tali piattaforme coincidono infatti con aree transfrontaliere, che possono rafforzare i legami economici e sociali fra regioni comunitarie ed extracomunitarie, e costituire occasione di iniziative per la produzione di beni e servizi connessi con le attività di transito dei flussi di traffico marittimo e terrestre.

Le nuove priorità e la programmazione operativa del quinquennio

In termini generali, i principi cui deve informarsi la programmazione degli interventi infrastrutturali per i prossimi anni sono individuati nei seguenti:

§      condivisione della gerarchia delle priorità tra i vari livelli istituzionali (nazionale, regionale e subregionale);

§      coerenza con il disegno generale di programmazione dello sviluppo del territorio nazionale;

§      stato di avanzamento e livello di sostenibilità degli interventi;

§      compatibilità delle scelte con le risorse disponibili e con i tempi individuati per il loro impiego, ipotizzando anche modalità di cofinanziamento pubblico-privato, con capitale privato reperibile attraverso la valorizzazione delle aree interessate dalle infrastrutture.

Sistema stradale e autostradale

Il Ministero delle infrastrutture, sulla base delle risorse assegnate ad ANAS dalla legge finanziaria 2007 (1.120 milioni per il 2007 e 1560 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009) e tenuto conto delle indicazioni formulate dalla medesima, ha formulato una proposta tecnica di Piano quinquennale 2007-2011 che destina una quota pari al 35 per cento delle risorse ad interventi localizzati nel Mezzogiorno.

 

Si ricorda che sull’ANAS sono intervenute alcune disposizioni della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che, tra l’altro, hanno introdotto l’obbligo di predisposizione del piano economico-finanziario e lo strumento della convenzione unica (commi 1018 e 1019) e hanno disciplinato il canone annuo e il sovrapprezzo autostradale (commi 1020 e 1021), nonché taluni aspetti dell’attività dell’ANAS (commi 1023 e 1024). In attuazione dell’art. 1, comma 118 citato, il Ministro delle infrastrutture ha trasmesso alla Camera dei deputati, il 26 giugno 2006, lo schema di piano economico finanziario dell’ANAS Spa 2007-2052, nonché l’elenco delle opere di nuova realizzazione.

Da ultimo con il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria”, in corso di conversione, sono state introdotte anche alcune norme che riguardano l’Anas, tra le quali l’art. 6, comma 5, che eleva il limite dei pagamenti per spese di investimento da parte dell’ANAS, fissandolo in 4.200 milioni di euro, al fine di assicurare la prosecuzione e il completamento di interventi infrastrutturali in materia di viabilità e l’art. 8 , comma 4, che dispone l’erogazione, per l’anno 2007, di un contributo pari a 426.592.642 euro a titolo di apporto al capitale sociale dell’ANAS, al fine di ripianare la perdita di esercizio relativa all’anno 2006.

Il sistema ferroviario

Riguardo al settore ferroviario il programma delle infrastrutture allegato al DPEF rileva come, una volta ultimato il processo di liberalizzazione dal punto di vista normativo, occorra creare le condizioni di attrattività per il settore che favoriscano l’ingresso di nuovi soggetti imprenditoriali.

In particolare il documento evidenzia la criticità della situazione economico-finanziaria in cui versa il settore ferroviario, sia in conseguenza dei tagli dei trasferimenti statali operati dalle ultime leggi finanziarie sia in relazione all’entrata in esercizio delle prime tratte ad alta velocità.

A livello programmatico sono previste le seguenti categorie di interventi, da realizzarsi anche attraverso gli stanziamenti recati della legge finanziaria per il 2007:

§      opere in corso, rispetto alle quali gli investimenti ammontano a 87.500 milioni di euro e il fabbisogno complessivo recato dal contratto di programma ammonta a 16.300 milioni di euro destinati alla manutenzione ordinaria, al potenziamento delle tecnologie, al potenziamento infrastrutturale della rete convenzionale e della rete ad alta velocità;

§      opere da avviare, i cui investimenti complessivi ammontano a 8.700 milioni di euro e il contratto evidenzia un fabbisogno pari a 3.500 milioni di euro; tra questi si evidenziano il nodo di Palermo, alcuni interventi lungo i corridoi intermodali, interventi sulla linee Palermo-Messina e Napoli-Bari;

§      altre opere da realizzare, con un investimento complessivo di 36.500 milioni di euro a fronte di un fabbisogno di 6.800 milioni di euro.

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha recato una serie di stanziamenti a favore di FS, sia per il potenziamento della rete sia per la prosecuzione degli interventi sulle tratte ad alta velocità.

In particolare l’articolo 1, comma co. 964 ha previsto un’autorizzazione di spesa complessiva di 8.100 milioni di euro per il periodo 2007-2021 finalizzata alla prosecuzione degli interventi relativi al sistema “Alta velocità/Alta capacità” della linea Torino-Milano-Napoli; il comma 965 autorizza lo stanziamento di 24 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 finalizzati alla prosecuzione degli interventi alle linee trasversali e, in particolare, per la progettazione definitiva del raddoppio dell'intero tracciato della linea ferroviaria Parma-La Spezia (Pontremolese), funzionale al rafforzamento del corridoio plurimodale Tirreno-Brennero; il comma 966 dispone l’assunzione a carico del bilancio dello Stato degli oneri per capitale ed interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti da Infrastrutture S.p.A. (ISPA) fino al 31 dicembre 2005 per il finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria ad alta velocità “Linea Torino Milano Napoli“, nonché gli oneri delle relative operazioni di copertura;; il comma 975 ha rimodulato e modificato la destinazione finale degli stanziamenti previsti dall’articolo 1, comma 84 della legge finanziaria per il 2006, disponendo contributi per 15 anni per un ammontare di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 al fine di proseguire gli interventi relativi al “Sistema alta velocità/alta capacità” Torino – Milano – Napoli e di 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2007 a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell’infrastruttura ferroviaria nazionale.

Da ultimo l’articolo 8, comma 3 del DL 81/2007 ha stanziato 700 milioni di euro anch’essi destinati anch’essi ad investimenti sulla rete ferroviaria convenzionale.

La sicurezza delle gallerie stradali e ferroviarie

Il documento informa delle iniziative adottate al fine dell’adeguamento delle gallerie della Rete Transeuropea ai requisiti previsti dalla direttiva 2004/54/CE (attuata con il D.Lgs. n. 264 del 2006), nonché delle azioni intraprese per la valutazione del livello di sicurezza delle gallerie ferroviarie.

L'adeguamento riguarda tutte le gallerie della rete TEN di lunghezza superiore a 500 mt. e dovrà essere ultimato entro il 30 aprile 2019.

In analogia con le azioni intraprese per le gallerie stradali, il Ministero ha in corso la valutazione del livello di sicurezza delle infrastrutture ferroviarie, attraverso il diretto coinvolgimento del Gestore della rete (RFI).

La sicurezza - sia in ambito stradale che ferroviario - risulta da una combinazione ottimale di requisiti applicati all'infrastruttura, al materiale rotabile ovvero agli autoveicoli ed alle misure organizzative ed operative, considerando le gallerie nell'insieme delle strutture esistenti nell'itinerario stradale e ferroviario e non come elemento a se stante.

Pertanto, il Ministero si ripropone di conseguire tali obiettivi in un ragionevole lasso di tempo e con un dialogo aperto con i Gestori e le Concessionarie, attraverso un razionale utilizzo delle risorse finanziarie.

La realizzazione di questi interventi, posta a carico dei Gestori e delle Concessionarie, dovrà, infine, raccordarsi con l'equilibrio economico finanziario delle società stesse.

Lo sviluppo della portualità

I recenti interventi infrastrutturali nel settore portuale si sono concentrati su due obiettivi strategici: l’intercettazione di flussi transoceanici, da integrare con le autostrade del mare; la massimizzazione dei benefici riconducibili alla realizzazione delle reti transeuropee.

A livello programmatico l’allegato prevede politiche di intervento che potenzino le infrastrutture di accesso e di collegamento, la realizzazione di approdi adeguati, la costituzione ovvero il potenziamento delle piattaforme intermodali e un crescente uso di tecnologie innovative. Il documento evidenzia inoltre l’attenzione da porsi al profilo della sicurezza dei collegamenti marittimi.

Tra le opere avviate sulla base degli stanziamenti operati dall’ultima legge finanziaria (vedi infra) il documento evidenzia due programmi di intervento che prevedono investimenti pari a 225 e 165 milioni di euro. A valere sulle ordinarie disponibilità di bilancio è stato predisposto il programma triennale delle opere marittime per gli anni 2007-2009, che prevede investimenti per 348 milioni di euro.

 

Il settore portuale è regolato dalla legge 84/1994 che ha innovato il precedente modello organizzativo, basato su porti interamente pubblici introducendo al suo posto un modello caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo delle infrastrutture portuali - che sono affidate al soggetto pubblico e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali, che sono affidate a privati, fermo restando la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture. La legge ha inoltre provveduto ad istituire nei principali porti nazioni le Autorità portuali, chiamate a svolgere attività di indirizzo, programmazione, coordinamento e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e ordinanza anche in riferimento alla sicurezza; spettano alle autorità inoltre la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni, l'affidamento e il controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti di servizi di interesse generale.

 

Per favorire l’infrastrutturazione dei porti sono stati previsti investimenti a partire dalla legge 413/1998, successivamente rifinanziata dalle leggi finanziarie per il 2000 e per il 2001 e dal collegato infrastrutture.

Da ultimo la legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), oltre ad intervenire sul meccanismo di finanziamento delle autorità portuali, ha previsto uno stanziamento di 100 milioni di euro – metà dei quali assegnati al porto di Gioia Tauro – per lo sviluppo degli hub portuali di interesse nazionale (articolo 1, comma 1003-1008); ha autorizzato due contributi quindicennali per un totale di 25 milioni di euro a decorrere dal 2007 per la realizzazione di grandi infrastrutture portuali immediatamente cantierabili.

Gli interventi nel sistema aeroportuale

Riguardo al sistema aeroportuale l’allegato sottolinea l’insieme degli interventi realizzati o in fase di realizzazione per l’ammodernamento e la riqualificazione delle infrastrutture aeroportuali nazionali, finanziati attraverso risorse pubbliche con la compartecipazione delle società di gestione aeroportuali. Si tratta di interventi previsti da specifiche leggi (L. 135/1990 e L. 194/1998), ovvero da specifici accordi di programma quadro sottoscritti tra il Ministero dell’economia, delle infrastrutture e dei trasporti, l’ENAC e l’ENAV. Tali interventi sono stati per lo più volti al potenziamento delle infrastrutture di ricezione dei passeggeri e alla realizzazione di opere infrastrutturali aeroportuali nel Mezzogiorno.

Quanto alle prospettive future di sviluppo l’allegato segnala che l’ENAC sta provvedendo ad elaborare un piano strategico per la programmazione degli interventi in questo settore.

Gli interventi nel settore idrico

Un’attenzione particolare viene dedicata al tema dell'acqua, soprattutto a causa delle ripetute situazioni di criticità idrica verificatesi prevalentemente nelle regioni del Sud.

Viene considerato prioritario intervenire “in tempi rapidissimi” sulla gestione dell'acqua, proseguendo nelle iniziative volte al risparmio idrico ed al contenimento dei consumi, attraverso la programmando di interventi strutturali nelle aree più critiche del Paese necessari alla produzione ed al trasporto dell'acqua.

A tal fine il Programma delle infrastrutture strategiche della legge obiettivo ha previsto interventi sugli schemi idrici nel mezzogiorno, mirati a risolvere situazioni di emergenza.

Ciò comporterà una serie di interventi tra i quali: il completamento delle dighe in costruzione, la realizzazione di nuovi invasi con progetti approvati e finanziati, il recupero delle capacità di quelle soggette a limitazione di invaso, la costruzione di nuovi acquedotti per il trasporto di acqua, interventi di manutenzione straordinaria sui sistemi idrici realizzati nel passato, nonché l'applicazione di tecnologie avanzate per la gestione dei sistemi idrici complessi.

Gli interventi nell’edilizia statale

Nell’ambito delle politiche legate alla sicurezza, vengono considerati prioritari anche alcuni interventi di edilizia statale volti al completamento dei programmi infrastrutturali destinati alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri, Vigili del fuoco, Guardia di finanza, forestale e Capitanerie di porto.

Il Governo ricorda che per tali interventi l’art. 30, comma 8 della legge n. 166 del 2002 ha previsto uno stanziamento complessivo di 30 milioni di euro annui.

Nel Documento viene ritenuto prioritario ultimare anche la costruzione di alcune nuove strutture penitenziarie in corso di realizzazione per lotti funzionali, nonché provvedere all’adeguamento di quelle esistenti

Le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia

Il Programma degli interventi previsti in occasione della celebrazione del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia che avverrà nel 2011, prevede la realizzazione di una serie di opere infrastrutturali nelle città di Roma, Firenze e Venezia.

Viene prevista la realizzazione di un primo nucleo del "Centro delle scienze e delle tecnologie" nella città di Roma, la realizzazione del nuovo "Parco della musica" da realizzarsi nell'area dell'ex "Officina grandi riparazioni" della città di Firenze e la costruzione di un nuovo "Palazzo del cinema e dei congressi" nella città di Venezia, nell'ambito della riqualificazione delle aree del Lido.

Per poter garantire la realizzazione delle opere con rapidità di azione e certezza dei risultati, le stesse sono inserite, ai soli fini delle procedure di approvazione, nel programma della legge obiettivo.

La politica regionale unitaria: PON e PNM Reti e mobilità 2007-2013

Con specifico riferimento al Quadro Strategico Nazionale (QSN) previsto dall’art. 27 del Regolamento Generale sui Fondi strutturali europei, il Governo ha predisposto il QSN 2007-2013, approvato poi dal CIPE con delibera n. 174 del 2006.

Il QSN 2007-2013 individua il Ministero delle infrastrutture come Autorità titolare di due Programmi nazionali:

1.  il Programma Operativo Nazionale Convergenza "Reti e mobilità", cui vengono destinate risorse pari a 2.749,5 milioni di euro (di cui 1.374,7 milioni a valere sul FESR), da utilizzare unicamente nelle regioni in Obiettivo "Convergenza": Campania, Calabria, Puglia, e Sicilia;

2.  il Programma Nazionale Mezzogiorno "Reti e mobilità", con risorse pari a 4.027,6 milioni di euro a valere sul FAS, da investire nell'insieme delle otto regioni del Mezzogiorno.

L'articolazione degli interventi selezionati tra PON " Reti e Mobilità" e PNM " Reti e Mobilità" è riportata nell'allegato C.


Le politiche per la casa

Nell’Allegato emerge da un lato la necessità di ridisegnare le politiche per la residenza, inserendole in un approccio più ampio e strutturato, attraverso la sperimentazione di nuovi modelli di cooperazione interistituzionale e di partenariato sociale ed economico. Dall’altro, si evidenzia che l’attuazione di una nuova politica nazionale per la casa non possa prescindere dalla definizione del programma nazionale sulle politiche abitative, finalizzato ad aumentare il numero degli alloggi da locare a canone agevolato e da destinare in proprietà a soggetti socialmente deboli, secondo le indicazioni fornite dal Tavolo di concertazione sulle politiche abitative, costituitosi ai sensi dell’art. 4 della citata legge n. 9 del 2007.

 

Nell’Allegato D si dà specificamente conto degli esiti del Tavolo di concertazione.

Priorità di intervento

Durante il tavolo di concertazione sono state preliminarmente individuate alcune misure prioritarie di intervento, rivolte a superare l’emergenza abitativa soprattutto con riferimento alle categorie socialmente deboli destinatarie della proroga delle procedure di rilascio per finita locazione di cui alla legge n. 9 del 2007. Si tratta delle seguenti:

§      l’utilizzo delle risorse previste dal comma 1154 della legge finanziaria 2007, (che ha autorizzato la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la realizzazione di un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata) per la realizzazione dei piani straordinari predisposti dai comuni ai sensi dell’art. 3 della citata legge n. 9/2007;

§      recuperare, entro sei mesi, il patrimonio di edilizia residenziale pubblica non assegnabile perché inadeguato sul piano della dimensione, dei servizi o degli impianti;

§      finanziare programmi regionali e sperimentali immediatamente cantierabili;

§      riconvertire il consistente patrimonio demaniale, soprattutto militare, attraverso procedure speciali e accordi specifici tra Ministero della difesa, Agenzia del demanio ed enti locali;

§      aumentare la dotazione di alloggi sociali nelle regioni del Sud, utilizzando quota dello stanziamento di 50 milioni di euro ciascuno degli anni 2008 e 2009 per le "zone franche" di cui all' art. 1, comma 340 della legge finanziaria 2007 e coinvolgendo anche private..

Linee guida per la definizione del Programma nazionale sulle politiche abitative

Le posizioni emerse nel corso dei lavori del Tavolo di concertazione hanno portato all’individuazione dei seguenti obiettivi ed indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, nonché di una serie di proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare, come previsto dall’art. 4 della legge n. 9/2007.

Tra gli obiettivi ed indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale si segnalano:

§      l’introduzione di un nuovo concetto di "edilizia residenziale sociale" che include quello fino ad oggi utilizzato di edilizia residenziale pubblica;

§      la destinazione di una quota rilevante delle risorse pubbliche disponibili all'incremento ed alla manutenzione del patrimonio residenziale di proprietà pubblica ed alla realizzazione di alloggi privati da destinare anche alla locazione permanente a canone agevolato.

§      l’individuazione di nuove modalità che permettano agli enti locali l’immissione nel patrimonio degli stessi di nuovi alloggi da destinare all'edilizia abitativa sociale;

§      agevolare, mediante cessione gratuita delle aree necessarie, interventi costruttivi di edilizia residenziale sovvenzionata ed altri interventi in relazione ai quali i soggetti attuatori si obblighino alla locazione permanente a canone agevolato delle unità abitative realizzate;

§      favorire il recupero dei centri storici e degli ambiti urbani degradati ai fini residenziali nell'ambito di politiche più generali di rivitalizzazione urbana;

§      promuovere programmi da parte di aziende in aree a forte espansione occupazionale, anche mediante l'applicazione di oneri concessori ridotti, per la realizzazione, l'acquisto o il recupero di alloggi da affittare a canone agevolato ai propri dipendenti, con la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali;

§      realizzare interventi o progetti speciali di interventi di edilizia sovvenzionata e agevolata anche mediante cambi di destinazione;

§      considerare l'edilizia residenziale pubblica ed eventualmente l'intera edilizia sociale parte aggiuntiva degli standard urbanistici da assicurare come dotazione di servizi generali da garantire in rapporto ad ogni utente da insediare nel caso di nuove urbanizzazioni;

§      promuovere le Agenzie per l'affitto a livello comunale per favorire l'accesso al mercato della locazione alle famiglie cd. disagiate con un ruolo di "garante" verso i proprietari degli immobili.

 

Nel corso del Tavolo sono state formulate, inoltre, anche proposte normative in materia fiscale all'interno delle quali individuare possibili misure che contribuiscano alla riduzione del disagio abitativo, tra cui:

§      ridefinire la fiscalità immobiliare con maggiori agevolazioni per i proprietari che affittano secondo le modalità del canale agevolato della legge 431/98; unitamente a benefici fiscali a favore degli inquilini;

§      innalzare dal 30 al 50% la detrazione aggiuntiva per i redditi dei proprietari che affittano a canone concordato;

§      azzerare l’ICI per gli immobili affittati a canone concordato;

§      rendere deducibili dal reddito i canoni di affitto corrisposti dagli inquilini con particolare attenzione agli eventuali effetti sugli inquilini incapienti;

§      eliminare il carico fiscale gravante sulle operazioni attuate dagli enti locali relativamente al patrimonio di edilizia residenziale sovvenzionata e eliminare l’ICI sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, a fronte di compensazioni statali.

§      ridurre le imposte sulle compravendite della prima casa e i costi di intermediazione;

§      trasferire ai comuni il gettito derivante dall'imposta di registro sui contratti di affitto;

§      richiedere forme specifiche di pagamento dei canoni di locazione (bonifico o assegno bancario) ai fini della riduzione dell'evasione fiscale.

§      rendere permanenti le agevolazioni fiscali (36%) sulle ristrutturazioni edilizie innalzandole fino al 50% nei casi di consolidamento statico e adeguamento antisismico e di adeguamento ai fini dell'accessibilità e della sicurezza degli alloggi di proprietà degli anziani a basso reddito. Le agevolazioni andranno estese anche al patrimonio di erp, anche in situazioni di regime condominale. Inoltre, occorre prevedere l'innalzamento della detrazione anche fino al 50% dei costi sostenuti, nel caso in cui il proprietario assuma l'obbligo di destinare l'alloggio ristrutturato alla locazione a canone agevolato

 

Per quanto, riguarda, le proposte per la normalizzazione del mercato immobiliare, il Tavolo di concertazione ha individuato le seguenti:

§      realizzare interventi in locazione permanente o a lungo termine attraendo investitori privati e istituzionali;

§       impegnare il Ministero dell'economia ad acquisire dati quantitativi/qualitativi sul patrimonio degli enti previdenziali, delle Poste e di RFI;

§      impegnare le Regioni e gli enti locali ad acquisire dati quantitativi e qualitativi degli alloggi di proprietà pubblica, anche ai fini della costituzione della banca dati dell'Osservatorio della condizione abitativa.

§      attribuire ai Comuni il diritto di prelazione in ogni fase del processo di vendita del patrimonio degli enti previdenziali;

§      conferire poteri speciali ai Sindaci per l'attuazione dei provvedimenti autorizzativi esclusivamente per la realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica in presenza di situazioni di emergenza abitativa;

§      prevedere un regime fiscale agevolato per la costituzione e le attività dei Fondi immobiliari etici il cui oggetto prevalente sia costituito dall'offerta di alloggi sociali

 

Sono state anche individuate una serie di misure per la cooperazione istituzionale, tra le quali:

§      l'effettivo avvio dell’Osservatorio nazionale delle politiche abitative da mettere in rete con gli Osservatori regionali e di altri soggetti interessati, il quale oltre alla raccolta dei dati, sia in grado di offrire un sistema di conoscenze - anche costituendo una "Banca dati degli alloggi e degli utenti" - in grado di orientare la programmazione delle risorse in relazione alle diverse specificità territoriali;

§      la costituzione di Osservatori comunali sul mercato dell'affitto prevedendo anche l'attivazione di Commissioni per la conciliazione del contenzioso.

 

È stato quindi ritenuto prioritario che il Programma nazionale riceva un consistente finanziamento, che dovrebbe attestarsi tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro/anno, attivando una pluralità di risorse che potrebbero derivare:

§      dalla destinazione di risorse statali certe che facciano da “volano” per determinare, all'interno dei programmi regionali, la necessaria attivazione di risorse locali per sviluppare un'offerta pluriennale di alloggi sociali;

§      dalla possibilità di attivare nuovi strumenti finanziari quali i Fondi immobiliari etici, sostenuti da risorse pubbliche, private e fondazioni bancarie.

§      dalla possibilità di utilizzare finanziamenti di natura straordinaria quali quelli attribuiti alle Regioni con la programmazione del F.A.S.;

§      dall’incremento di almeno 500 milioni di euro annui del Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni.

Si rammenta che l’ultima legge finanziaria 2007 reca un finanziamento del Fondo per circa 211 milioni di euro (per ciascuno degli anni 2007-2009), decrescente rispetto all’anno precedente in cui era stato pari a circa 311 milioni di euro.

 

Da ultimo sono emerse nel corso dei lavori del Tavolo di concertazione anche alcune posizioni differenziate su temi specifici che richiederanno ulteriori approfondimenti, soprattutto in relazione alla necessità di conoscere le risorse che effettivamente potranno essere destinate al comparto dell'edilizia residenziale.

 

Tali questioni riguardano: la riduzione o abbattimento ICI prima casa; la revisione degli estimi catastali; la cedolare secca sui redditi da locazione; l’imposta di scopo per la realizzazione di e.r.p. a canone sociale; il Fondo di rotazione per il rilancio del mercato dell’affitto a canone libero; la sospensione dei processi di dismissione del patrimonio e.r.p.; la qualificazione dei soggetti gestori di alloggi di proprietà pubblica; i disincentivi fiscali al canale “libero”; la registrazione dei provvedimenti di convalida degli sfratti; la revisione dei criteri di assegnazione e permanenza per gli alloggi e.r.p.; le agevolazioni fiscali per enti previdenziali privatizzati.


La nuova “questione urbana”

Nell’Allegato Infrastrutture trova spazio anche la tematica della questione urbana intesa quale realtà atta a promuovere lo sviluppo regionale, nazionale e, conseguentemente anche europeo.

Rispetto al tema delle politiche per le città si individuano i seguenti problemi specifici:

§      il congestionamento dei sistemi urbani e territoriali;

§      la domanda di qualità dello spazio urbano.

Il decongestionamento dei nodi urbani

La questione viene considerata di prioritaria importanza, nel quadro di un processo di sviluppo che deve tenere conto delle significative problematiche – sociali, economiche, ambientali – coinvolte dal progressivo intensificarsi dei carichi di traffico che gravano sulle città.

Viene peraltro sottolineato come le modalità dei nuovi assetti urbani, e dei connessi problemi legati alla crescita dei flussi di traffico privato, formano oggetto di riflessione e preoccupazione nella maggior parte dei Paesi della Comunità. (In tal senso, appare significativo rilevare come, secondo le analisi effettuate dalla Commissione europea, il trasporto su strada di passeggeri e merci registri un sensibile incremento rispetto al trasporto pubblico su ferro).

 

Ai fini di adottare una concreta strategia di alleggerimento delle direttrici di traffico gravanti sulle aree urbane, sono state individuate sei linee principali di intervento, finalizzate a potenziare:

1.  le direttrici di gronda, che consentono ai flussi veicolari a lunga percorrenza di superare i centri urbani, evitandone l’attraversamento, e quindi alleggerendo il carico di traffico sulle strade interne;

2.  le direttrici, tangenziali che mettono in connessione gli spostamenti di lunga percorrenza e quelli a breve raggio, con l’effetto, anche in questo caso, di ridurre i flussi di traffico nei centri urbani;

3.  le linee complanari, anch’esse destinate a funzione di smistamento dei veicoli su percorsi non direttamente gravanti sulle aree centrali;

4.  le linee di ingresso urbano ad andamento radiale, che consentono l’alleggerimento delle tradizionali vie di accesso ai centri urbani;

5.  le strade di collegamento con le infrastrutture (Hub) di smistamento di persone e merci, quali aeroporti, stazioni, porti;

6.  i sistemi infrastrutturali di supporto al trasporto pubblico locale, con particolare riferimento alle reti metropolitane.

 

Un ulteriore elemento per la definizione degli indirizzi di azione ai fini del decongestionamento dei nodi urbani è rappresentato dal controllo dei modelli insediativi.

Viene ricordato, infatti, come in molti Paesi europei lo sviluppo di modelli insediativi diffusi stia diventando un problema reale sul piano della antropizzazione (e quindi del consumo del territorio) e dal punto di vista economico, considerando i costi sui bilanci della collettività, nonché le ricadute sulle relazioni fra mobilità pubblica e mobilità privata.

Gli studi sulle motivazioni della cosiddetta "città diffusa" concordano nel rilevare come la concentrazione nella dispersione stia diventando uno dei temi centrali della città contemporanea. Pertanto, il conseguente controllo dei modelli insediativi sta diventando una questione prioritaria che necessita di soluzioni adeguate.

 

Infine, viene ricordato il problema dei modelli di governance delle città,ai fini di una corretta e adeguata programmazione e gestione delle trasformazioni delle città stesse.

La scelta del Governo, confermata anche dalle esperienze europee, propende per una forma del governo della nuova dimensione della città “costruita dal basso”, ovvero di un governo sovracomunale costruito consensualmente e gradualmente sui problemi reali. Tale processo dovrà comunque avvenire all'interno di una visione strategica di sviluppo territoriale, in una logica di sostenibilità e di coesione verso gli altri Paesi dell'Unione.

Più in generale emerge l'esigenza di una collaborazione istituzionale senza la quale questioni decisive per la qualità della vita delle popolazioni urbane non troverebbero soluzione.

La qualità dello spazio urbano

L’altro problema centrale per le politiche della città è rappresentato dalla qualità dello spazio urbano, intendendo per esso più che la qualità architettonica dei singoli progetti, la risposta che una città ed un territorio possono offrire agli abitanti in termini di qualità della vita.

In questo contesto appare fondamentale la definizione di una nuova politica nazionale per la città, per offrire risposte ai nuovi fabbisogni emergenti, all'esigenza di contrapporsi al degrado e di elevare i livelli di sicurezza.

Al fine di perseguire una nuova qualità urbana viene ritenuto necessario programmare azioni a carattere non episodico, in grado di offrire continuità alle politiche di riqualificazione.

Tra gli obiettivi principali di una nuova politica ordinaria per la città si ricordano:

§      il governo dei flussi materiali ed immateriali che gravitano sul territorio urbano;

§      la sincronizzazione dell'offerta territoriale esistente con i mutamenti della società (mobilità, benessere, economia del tempo libero, qualità diffusa, housing sociale);

§      l'individuazione e promozione di azioni specifiche rivolte alle parti più deboli del territorio nazionale (periferie urbane, aree a forte tensione abitativa, insediamenti produttivi in abbandono..);

§      la garanzia del pieno accesso ai servizi di interesse generale;

§      l'elaborazione di programmi finalizzati a sperimentare nuovi modelli di cooperazione interistituzionale e di partenariato sociale ed economico sui temi dei diritti di cittadinanza e della "valorizzazione sociale" (diritto alla casa, nuovi bisogni di accoglienza, servizi residenziali per la terza età…).

La nuova politica nazionale per la città riguarda quindi dovrà interessare le reti infrastrutturali e la loro interconnessione con gli spazi urbani, considerando lo spazio territoriale ed urbano come un'unica "infrastruttura di contesto".

Per la definizione di tale politica occorrerà far affidamento su risorse stabili, destinando a tali interventi una parte certa del bilancio statale.

Per definire un panorama delle possibili azioni perseguibili vengono richiamate alcune delle proposte avanzate dal Tavolo di concertazione sulle politiche abitative, considerando queste ultime come uno degli elementi su cui intervenire per il rafforzamento delle città e dei sistemi urbani e si ribadisce la necessità della definizione del programma nazionale sulle politiche abitative finalizzato all'incremento del numero degli alloggi da locare a canone agevolato e di alloggi in proprietà per particolari categorie sociali e di alloggi di e.r.p.

 


 



[1]     Il deflatore dei consumi è l’indice previsivo dei prezzi al consumo fornito dal DPEF; esso non è peraltro confrontabile con il tasso di inflazione programmata, che è rapportato all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (esclusi i tabacchi).

[2]    Le stime della Commissione europea non tengono naturalmente conto degli effetti della manovra espansiva adottata dal Governo italiano contestualmente alla presentazione del DPEF.

[3]    I dati riportati sono in termini di saldo netto da finanziare. In termini di indebitamento netto, la reintegrazione è stata pari a 1.519 milioni nel 2007, 80 milioni nel 2008 e 90 milioni nel 2009, a fronte di un accantonamento valutato in 3.198 milioni per il 2007, 4.510 milioni per il 2008 e 4.574 milioni per il 2009.

[4]    Nel DPEF si afferma che “la ricerca delle risorse per finanziare tutti gli interventi della prima categoria già quantificati, quelli della seconda la cui quantificazione è ancora oggetto di approfondimento e alcuni di quelli della terza categoria deve avvenire all’interno della componente della spesa primaria.” Cfr pag. 50.

[5]     Si tratta delle seguenti proposte di legge di iniziativa parlamentare:

-       A.C. n. 492, on. Ronconi: Modifica dell’articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di trattamento fiscale della famiglia;

-       A.C. n. 1867, on. Vichi e altri: Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare;

-       A.C. n. 2297, on. Armani ed altri: Misure tributarie a sostegno della famiglia;

-       A.C. n. 2299, on. Antonio Pepe e altri: Delega al Governo per l’introduzione dell’istituto del quoziente familiare e altre agevolazioni fiscali in favore delle famiglie.

[6]     In data 26 ottobre 2006 è stato avviato l’esame dei disegni di legge:

-       A.S. 32, sen. Eufemi: Istituzione del quoziente familiare per la determinazione dell’imposta sul reddito e modificazione della disciplina delle detrazioni;

-       A.S. 843, sen. Costa: Istituzione del quoziente familiare per la determinazione dell’imposta sul reddito e modificazione della disciplina delle detrazioni.

-       In data 13 febbraio 2007 è stato abbinato il disegno di legge:

-       A.S. 1129, sen. Curto e altri: Disposizioni relative al regime fiscale del nucleo familiare.

-       In data 2 maggio 2007 sono infine stati abbinati i disegni di legge:

-       A.S. 1309, sen. Baldassarri e altri: Provvedimenti a sostegno della famiglia;

-       A.S. 1333, sen. Bobba e altri: Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare.

[7]     Recante Deleghe al Governo per il riordino della normativa sulla tassazione dei redditi di capitale, sulla riscossione e accertamento dei tributi erariali, sul sistema estimativo del catasto fabbricati nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi erariali.

[8]     I contratti di locazione devono essere stipulati sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, e dell’articolo 4, commi 2 e 3, della legge n. 431 del 1991.

[9]     Il citato articolo 1, comma 319, ha novellato l’articolo 15 del D.P.R. n. 917 del 1986 – TUIR.

[10]    La relazione finale della Commissione è reperibile su internet all’indirizzo www.finanze.gov.it/commissioneires/documenti/commissione_Biasco_relazione_finale.pdf.

[11]    Recante Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale.

[12]    L’efficacia delle disposizioni sopra indicate è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

[13]    Il citato articolo 3 stabilisce che la gestione dei beni e delle somme sopra indicati sia affidata ad una società, appositamente costituita, interamente posseduta da Equitalia spa (società alla quale è affidato il servizio nazionale di riscossione dei tributi).

[14]   Le audizioni si sono svolte a partire da luglio 2006 e sono proseguite nel periodo fra ottobre e dicembre 2006. L’ultima audizione si è tenuta il 26 febbraio 2007. Il documento conclusivo è ancora in corso di elaborazione.

[15]   Nella citata audizione del 3 luglio 2007 al Senato, il Ministro dell’economia ha sottolineato che i dati di consuntivo del 2005 fanno registrare una spesa di regioni, province e comuni rispettivamente pari a 128,8 miliardi (di cui 94,2 per la sanità), 10,6 e 58,7 miliardi di euro, complessivamente pari al 31,7 per cento del totale della spesa pubblica della PA (al netto degli interessi). Quest’ultimo dato è in linea con quello dei paesi europei con ordinamento federale (Germania, Spagna e Belgio). Con riferimento alla sola spesa conto in capitale, inoltre, la quota spesa dagli enti territoriali sul totale della spesa in conto capitale della PA sale al 57,8%.

[16]   Si tratta dei comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti.

[17]   Cfr. verbale di seduta del Consiglio dei ministri n. 57 del 28 giugno 2007. Al riguardo, nella citata audizione del 3 luglio 2007 al Senato, il Ministro dell’economia ha parlato di un’intensa concertazione con le autonomie del testo riguardo al testo del disegno di legge delega sul federalismo fiscale che passa all’esame della Conferenza unificata. Il Ministro ne ha ipotizzato l’avvio dell’esame parlamentare all’inizio del prossimo settembre 2007.

[18]   I tributi propri avranno il compito di garantire la “manovrabilità” dei bilanci, mentre le aliquote di compartecipazione garantiranno stabilità tendenziale al volume delle risorse finanziarie. Per le regioni, le fonti di finanziamento saranno sia i tributi propri e le aliquote di compartecipazione IVA, da una parte, sia un’addizionale regionale IRPEF, in aggiunta o meno ad un’aliquota di compartecipazione IRPEF. Per gli enti locali, le fonti di finanziamento saranno una compartecipazione IRPEF e, in particolare per le province, la trasformazione in tributo proprio dell’imposta sulle assicurazioni RCA.

[19]   Il fondo finanzierà anche il trasporto pubblico di competenza regionale e le spese riconducibili a funzioni fondamentali dei comuni minori.

[20]   Il dibattito è stato avviato in data 28 febbraio 2007 ed è proseguito nelle successive sedute del 13, 20 e 27 marzo.

[21]   Il provvedimento è stato presentato in data 5 aprile 2007; successivamente è stato assegnato alla 1a Commissione per l’esame in sede referente, tuttora in corso di svolgimento. Al provvedimento in titolo sono stati abbinati, ai fini dell’esame congiunto, diversi disegni di legge d’iniziativa parlamentare (A.S. 104, A.S. 1020, A.S. 1196, A.S. 1265, A.S. 1281, A.S. 1520).

[22]   Il comma 724, articolo 1, della legge finanziaria per il 2007 ha infatti previsto una struttura amministrativa, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, presso il Dipartimento per gli affari regionali, con funzioni di valutazione dell’attività degli enti locali, di misurazione dei livelli delle prestazioni e dei servizi resi ai cittadini e di apprezzamento dei risultati conseguiti, anche rispetto ai vincoli del patto di stabilità interno.

[23]   G.U. n. 154 del 5 luglio 2007.

[24]    Ufficio Studi dell’Agenzia delle Entrate, 2007: “Le basi imponibili IVA. Aspetti generali e principali risultati per il periodo 1980-2004”.

[25]    Mozione n. 1-00114 a firma dei Capigruppo di maggioranza e di altri senatori del centrosinistra.

[26]    Per una specifica analisi del pacchetto azionario detenuto dal MEF si rinvia al Dossier di Ricerca n. 84 “Le privatizzazioni”, predisposto dal Servizio Studi nel giugno 2007.

[27]    La legge 27 ottobre 1993, n. 432 - successivamente modificata dall'articolo 1 del D.L. 8 gennaio 1996, n. 6 (legge n. 110/1996) e dai commi 181-182 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato alla manovra di finanza pubblica per il 1997) - ha istituito il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, prevedendo che a tale Fondo affluiscano, tra l’altro, le entrate derivanti dalla dismissione di partecipazioni dirette dello Stato, per essere destinate alla riduzione del debito attraverso il rimborso di titoli in scadenza ovvero il riacquisto, sul mercato secondario, di titoli in circolazione.

      Attualmente il Fondo è disciplinato dal Capo III del Titolo I (artt. 44-52) del D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 396 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico” (Testo A). .

[28]    Le somme corrisposte a titolo di interessi sono state invece pari a circa 53 milioni.

[29]    323 milioni di euro sono invece affluiti al fondo nel corso del 2006 quale quota corrispondente al 90 per cento derivante dal pagamento dilazionato delle licenze UMTS. La Relazione sul Fondo prevede inoltre che nel corso dell’ultimo bimestre 2007 sarà trasferito al Fondo il ricavato dell’adesione all’OPA volontaria di acquisto di azioni proprie Telecom Italia Media S.p.A, esercitata a luglio 2005, per un importo pari a 872 mila euro circa.

[30]    Con la “Lettera di procedura per presentazione offerte preliminari per Alitalia”.

[31]    Qualora tale ultima partecipazione non sia ceduta nell’ambito della Procedura, il Ministero ha affermato di impegnarsi a non aderire all’offerta pubblica di acquisto conseguente all’acquisto delle Azioni, ma a gestire la stessa alla stregua di un operatore economico privato.

[32]    L’articolo 1, ai commi 998-1000, prevede la stipula di nuove convenzioni con alcune società marittime. A tal fine, il comma 998 autorizza la spesa di 50 milioni di euro a decorrere dal 2009 per la stipula di nuove convenzioni - entro il 30 giugno 2007 e la cui scadenza non deve essere fissata prima del 31 dicembre 2012 - con le società marittime esercenti i servizi di collegamento con le isole maggiori e minori; servizi postali e commerciali con le isole dell'Arcipelago toscano, Partenopee, Pontine, Eolie, Egadi, Pelagie, di Ustica e di Pantelleria;servizi marittimi sovvenzionati di carattere locale nella costa orientale dell’Adriatico. La disposizione è esplicitamente finalizzata a completare il processo di liberalizzazione del settore dei cabotaggio marittimo e a privatizzare le società esercenti i predetti servizi.

      Il comma 999 disciplina la procedura per la stipula delle convenzioni e ne indica i contenuti.

      Il comma 1000 reca l’abrogazione di alcune disposizioni relative ai servizi marittimi sovvenzionati e alle società che li esercitano.

      Infine, il comma 1001 reca una modifica all’art. 1, comma 1, della legge n. 169/1975, volta a precisare che la partecipazione della società Tirrenia alle società di navigazione a carattere regionale che effettuano i servizi postali e commerciali con le isole dell'Arcipelago toscano, Partenopee, Pontine, Eolie, Egadi, Pelagie, di Ustica e di Pantelleria nella misura prevista dalla legge (cioè non inferiore al 51%) avrà luogo fino all’attuazione del processo di privatizzazione del Gruppo Tirrenia e delle singole società che ne fanno parte.

[33]    D.L. n. 30 settembre 2003, recante “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici”.

[34]    D.L. n. 351 del 25 settembre 2001, recante Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare, convertito con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001.

[35]    Il Ministero della difesa, nell’esercizio della suddetta prerogativa, dovrà agire coerentemente con i processi di razionalizzazione dell’uso degli immobili pubblici e al fine di adeguare l’assetto infrastrutturale delle forze armate alle esigenze derivanti dall’adozione dello strumento professionale. Le attività e le procedure di permuta saranno effettuate dall’Agenzia del demanio, previa intesa con il Ministero della difesa, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico-contabile.

[36]    La legge finanziaria 2007 ha previsto inoltre l’istituzione di un apposito Servizio studi nell’ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, con finalità di raccordo alla Commissione tecnica (comma 476), ed il rafforzamento delle attività e degli strumenti di analisi e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica già esistenti, anche con il potenziamento ed il collegamento delle strutture di supporto del Parlamento (comma 481).

      La Commissione tecnica per la finanza pubblica è stata istituita con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 16 marzo 2007

[37]    Al fine di migliorare la trasparenza dei dati conoscitivi della finanza pubblica, viene sottolineata la necessità di un’evidenziazione nel bilancio dello Stato della quota di stanziamenti afferenti alle autorizzazioni legislative di spesa, nonché con una prospettazione delle decisioni in termini di classificazione funzionale, economica e per macrosettori.

[38]    Si ricorda altresì che l’ordine del giorno in commento ha impegnato il governo altresì a cooperare con il Parlamento per pervenire, anche attraverso modifiche legislative, a una distribuzione tra una pluralità di strumenti decisionali delle funzioni attualmente imputate alla legge finanziaria; nonché a predisporre in corso d'anno, e comunque prima della legge finanziaria, i provvedimenti volti a contenere i flussi di spesa e a predisporre, dopo la presentazione del disegno di legge finanziaria, appositi provvedimenti collegati volti a definire le modalità di utilizzo delle risorse stabilite per ciascun settore dal disegno di legge finanziaria.

[39]    Gli indirizzi di massima sono i seguenti:

a)    la struttura del bilancio dovrebbe ricondurre ad una classificazione per funzioni dello Stato, utilizzando opportunamente e in maniera flessibile l’approccio funzionale definito negli standard internazionali (COFOG). In particolare, si sostiene l’utilità dell’ avvicinarsi all’articolazione (i) dei Ministeri e (ii) delle Commissioni parlamentari “di merito”. In tal modo, dovrebbe risultare più chiaro il rapporto tra andamenti tendenziali e innovazioni legislative di settore;

b)    una piena attuazione dell’informatizzazione del sistema della contabilità di finanza pubblica;

c)    una ristrutturazione della legge finanziaria, in modo da ricalcare la classificazione del bilancio;

d)    una diminuzione della mole complessiva degli interventi connessi alla manovra di bilancio, definendo in tale sede le misure per il raggiungimento degli obiettivi, e attuando altri specifici interventi legislativi nel corso dell’anno.

[40]    Esso è di contenuto sostanzialmente identico a quello approvato alla Camera: le differenze sono più che altro riconducibili a diversità delle norme contenute nei due regolamenti di Camera e Senato.

[41]    Verrebbero in particolare evidenziate: la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese predeterminate per legge (c.d. fattori legislativi), vale a dire spese obbligatorie previste da disposizioni normative che quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in bilancio. Questa quota non può essere modificata né in aumento né in riduzione durante l’esame parlamentare. Con riferimento ad essa sarebbe fornito l’elenco delle autorizzazioni legislative sottostanti, con l’indicazione anche dell’apporto finanziario recato da ciascuna di esse; la quota della dotazione finanziaria corrispondente ad oneri inderogabili, vale a dire spese obbligatorie previste da disposizioni normative che non quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in bilancio, il quale è determinato in base all’effettivo fabbisogno; conseguentemente tale quota può essere modificata solo in caso di necessità di adeguamento al fabbisogno; la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese discrezionali, la quale possono essere modificate in sede parlamentare. A tale proposito il Governo ha preannunciato che della voce spese discrezionali sarà anche precisata la quota che corrisponde a spese aventi natura giuridica obbligatoria, in quanto si tratta di spese che pur essendo di natura discrezionale sono relative ad impegni giuridici assunti dall’amministrazione i quali devono in ogni caso essere adempiuti (es. canoni di locazione di immobili).

[42]    Il dato fornito nel DPEF è coerente con il consuntivo ISTAT, che per il 2006 indica una spesa delle AA. PP. per interessi passivi di importo pari a 67.552 milioni di euro.

[43]    Le misure del decreto-legge presentato contestualmente al DPEF sono valutate come aventi effetti trascurabili sulle previsioni della spesa per interessi, che rimarrebbero tendenzialmente stabili nel periodo 2007-2011.

[44]    Legge n. 229 del 2003 e legge n. 246 del 2005.

[45]    D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione, convertito con modificazioni dalla L. 9 marzo 2006, n. 80

[46]    L’accordo è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 13 aprile 2007. Il contenuto dell’accordo è stato illustrato nel dossier della collana “Documentazione e ricerche” n. 70, redatto in collaborazione con l’Ufficio per la fattibilità amministrativa e per l’analisi di impatto degli atti in itinere (Servizio per la qualità degli atti normativi del Senato della Repubblica).

[47]    All’A.C. 2161 sono state abbinate cinque p.d.l. di iniziativa parlamentare: C. 590 (Lucchese), C. 1505 (Pedica), C. 1588 (Nicola Rossi), C. 1688 (La Loggia), C. 2080 (Turci). Il 14 giugno 2007 la Commissione affari costituzionali della Camera ha dato mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento, nel testo modificato dagli emendamenti approvati. La discussione in Assemblea è iniziata nella seduta del 18 giugno.

[48]    Decreto-legge n. 223 del 2006 (convertito dalla legge n. 248 del 2006).

[49]    Per un’illustrazione dei patti in materia di sicurezza si veda l’audizione del Ministro dell'interno Giuliano Amato e del Viceministro dell'interno Marco Minniti svoltasi il 30 maggio 2007 nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia, in corso presso la I Commissione della Camera.

[50]    Patto per Roma sicura (18/5/07); Patto per Milano sicura (18/05/07); Patto per Torino sicura (22/05/07); Patto per Cagliari sicura (11/06/07); Patto per Catania sicura (11/06/07); Patto per Genova sicura (14/06/07); Patto per Bari sicura (18/06/07); Bari, Protocollo d'intesa sulla destinazione e sull'utilizzo a fini sociali e produttivi dei beni immobili confiscati alla criminalità (18/06/07); Patto per Bologna sicura (19/06/07); Intesa interistituzionale per la sicurezza nell'area metropolitana di Bologna(19/06/07). Patto per Genova sicura (14/06/07). Il Patto per la sicurezza di Napoli e provincia risale invece al 3 novembre 2006.

[51]    Anche con riferimento a tali ultimi temi si veda l’audizione del Ministro dell'interno Giuliano Amato e del Viceministro dell'interno Marco Minniti svoltasi il 30 maggio 2007.

[52]    A.C. 2161-A, Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese.

[53]    L. 15 maggio 1997, n. 127, Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo.

[54]    L. 16 giugno 1998, n. 191, Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo 1997, n. 59, e 15 maggio 1997, n. 127 nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica.

[55]    D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[56]    D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[57]    D.P.R. 22 ottobre 1999, n. 437, Regolamento recante caratteristiche e modalità per il rilascio della carta di identità elettronica e del documento di identità elettronico.

[58]    Decreto del Ministro dell’interno 19 luglio 2000, Regole tecniche e di sicurezza relative alla carta d’identità e al documento d’identità elettronici. Con successivi decreti 14 maggio 2003 e 2 agosto 2005 del Ministro dell’interno sono state apportate modifiche al citato decreto del 19 luglio 2000.

[59]    D.L. 31 gennaio 2005, n. 7 (conv. L. 31 marzo 2005, n. 43), Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti.

[60]    D.L. 27 dicembre 2000 n. 392, Disposizioni urgenti in materia di enti locali, convertito in legge dall’art. 1, L. 28 febbraio 2001, n. 26. L’art. 2-quater della L. 26/2001 ha novellato l’art. 1 della L. 24 dicembre 1954 n. 1228, Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente.

[61]    D.L. 31 marzo 2005, n. 44, Disposizioni urgenti in materia di enti locali.

[62]    Ai sensi dell’art. 12 della L. 1228/1954, la vigilanza sulla tenuta delle anagrafi della popolazione residente è esercitata dal Ministero dell'interno e dall'ISTAT.

[63]    Con la circolare del Ministero dell’interni 27 dicembre 2000, n. 16, sono stati ulteriormente precisati i termini del servizio previsto dalle convenzioni.

[64]    La nozione di difesa civile nel nostro ordinamento non pare di facile identificazione in quanto tale locuzione viene sviluppata in modo ampio solo in testi legislativi assai risalenti, nei quali la difesa civile è stata per lo più interpretata nella particolare prospettiva della "mobilitazione civile" o, come più chiaramente si sono espresse le norme legislative che si sono occupate della materia, come organizzazione dell'intera Nazione (e non solo della sua componente militare) per la guerra. Una più moderna definizione del concetto della “difesa civile” (affidata dall’art. 14 del D.Lgs. 300/1999 alla competenza del Ministero dell’interno, che vi provvede attraverso il Dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile) è rinvenibile nelle relazioni illustrative ai provvedimenti che hanno proceduto al riassetto del Corpo dei vigili del fuoco, precisandone le funzioni sia con riferimento alle tradizionali missioni istituzionali del Corpo, cioè il soccorso pubblico, la prevenzione incendi e la protezione civile, sia alla nuova missione della difesa civile. Nella relazione al disegno di legge governativo, che ha dato origine alla delega per la nuova disciplina del rapporto d'impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco” (L. 30 252/2004) si evidenzia come la difesa civile rappresenti una materia “connaturata all'essenza stessa dello Stato, in quanto comprende in sé la garanzia e la sicurezza delle istituzioni, la capacità di sopravvivenza economica, produttiva e logistica del "sistema Paese" in occasione di crisi interne o internazionali e, nell'ambito di tali crisi, la gestione di rischi di tipo non convenzionale derivanti dall'impiego in danno di persone o beni di armi di distruzione di massa di tipo nucleare, batteriologico e chimico”.

[65]    Previsti dall’art. 3, comma 6, del D.Lgs. 286/1998, i Consigli territoriali per l’immigrazione sono stati istituiti in tutte le Prefetture con il D.P.C.M. del 18 dicembre 1999. Essi sono presieduti dai prefetti e composti da rappresentanti delle competenti amministrazioni locali dello Stato, della Regione, degli Enti locali, della camera di commercio, degli enti localmente attivi nell'assistenza agli immigrati, delle organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei lavoratori extracomunitari e costituiscono uno strumento di monitoraggio ed analisi delle problematiche connesse al fenomeno dell'immigrazione e delle esigenze degli immigrati, nonché di promozione dei relativi interventi.

[66]    Consiglio dei ministri n. 57 del 28 giugno 2007 (Presidenza del Consiglio dei ministri, Comunicato del 28 giugno 2007). Il testo del Disegno di legge delega al Governo per la modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero, approvato dal Consiglio dei ministri è pubblicata sul sito del Ministero dell’interno: www.interno.it. Sul testo del disegno di legge, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 24 aprile 2007 la Conferenza unificata Stato-Regioni ha espresso parere favorevole il 14 giugno 2007.

[67]    D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[68]    Senato della Repubblica, Commissione affari costituzionali, Seduta del 27 settembre 2006, Comunicazioni del Ministro dell'interno sul Consiglio dei ministri dell'Unione europea in materia di immigrazione.

[69]    S tratta, in particolare, dell’A.C. 191 (On. Boato); dell’A.C. 1449 (On. Piscitello); dell’A.C. 1646 (On. De Zulueta); dell’A.C. 2099 (On. Mascia ed altri); dell’A.C. 2181 (Onn. Santelli e Bruno) e dell’A.C. 2410 (On. Zaccaria ed altri).

[70]    L. 6 febbraio 2007, n. 13, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006.

[71]    Si veda il comunicato stampa del 20 giugno 2007 pubblicato nel sito www.interno.it.

[72]    L. 5 febbraio 1992, n. 91, Nuove norme sulla cittadinanza.

[73]    L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), art. 1, co. 1267-1268.

[74]    Adottata a Bruxelles il 29 maggio del 2000.

[75]    Il programma dell’Aja fa seguito al precedente programma di Tampere, approvato dal Consiglio europeo nel 1999, che dà attuazione alle disposizioni del trattato di Amsterdam relative alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea.

[76]    La prima relazione relativa all’attuazione del programma dell’Aja, riguardante le azioni intraprese nel 2005, è stata presentata dalla Commissione il 28 giugno 2006 (COM(2006)333). Nella stessa data la Commissione ha presentato inoltre le comunicazioni Valutazione delle politiche dell’UE in materia di libertà, sicurezza e giustizia(COM(2006)332) e Attuazione del programma dell’Aja: prospettive per il futuro (COM(2006)331).

[77]   La comunicazione prende in considerazione anche le misure, complementari al programma dell’Aja, previste dal Piano d’azione antidroga 2005-2008 (COM(2005)45, dalla Strategia sugli aspetti esterni dell’area libertà, sicurezza e giustizia (COM(2005)475) e al Piano d’azione sulla lotta al terrorismo ( Consiglio europeo 17-18 giugno 2004; l’ultima relazione sull’attuazione del piano è stata presentata il 21 maggio 2007)

[78]    Il trattato di Amsterdam ha provveduto alla comunitarizzazione delle disposizioni in materia di visto, asilo e immigrazione, tramite l’introduzione, nel Trattato CE, del Titolo IV relativo a “Visti, asilo e altre politiche commesse alla libera circolazione delle persone”. La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale permane invece nell’ambito della cooperazione intergovernativa.

[79]    Le comunicazioni della Commissione relative ai 3 programmi quadro sono state presentate il 6 aprile 2005. I singoli programmi specifici in cui i programmi quadro si sostanziano sono stati sottoposti ad approvazione del Consiglio e del Parlamento secondo le procedure di codecisione o di consultazione. Per alcuni programmi specifici le procedure di approvazione sono tuttora in corso.

[80]    Il Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 ha adottato il documento “Approccio globale in materia di migrazione: azioni prioritarie incentrate sull'Africa e il Mediterraneo” con l’indicazione di una serie di interventi da attuare nel 2006 e la definizione di un programma di azioni prioritarie in tre settori: potenziamento della cooperazione e dell'operato degli Stati membri, cooperazione con i principali Paesi d’origine in Africa e cooperazione con i Paesi vicini dell'area mediterranea. Il 30 novembre 2006la Commissione ha presentato la comunicazione dal titolo “L'approccio globale in materia di migrazione un anno dopo: una politica generale dell'Europa sulla migrazione” (COM(2006)735), su cui il Consiglio ha adottato conclusioni nel dicembre 2006.

[81]    Regolamento del Consiglio (CE) n. 343/2003 del 18 Febbraio 2003 (Regolamento di Dublino) e relativo regolamento di attuazione (Regolamento della Commissione (CE) n. 1560/2003 del 2 settembre 2003), e regolamento (CE) n. 2725/2000 dell’ 11 Dicembre 2000, concernente l’istituzione del sistema “EURODAC” per il confronto delle impronte digitali per un efficace applicazione della convenzione di Dublino (Regolamento Eurodac) e relativo regolamento di attuazione (Regolamento del Consiglio (CE) n. 407/2002 del 28 febbraio 2002)

[82]    COM(2005)389

[83]    Piano d’azione sulla lotta al terrorismo adottato dal Consiglio europeo del17-18 giugno 2004.

[84]    Cfr. la Comunicazione della Commissione Una politica energetica per l’Europa Com (2007) 1, presentata il 10 gennaio 2007.

[85]    (COM(2007)2, presentata il 10 gennaio contestualmente al cd. “pacchetto energia”.

[86]    Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 316.

[87]    Seduta del 19 luglio 2006.

[88]    Secondo Il Rapporto Energia e Ambiente 2006 dell’ENEA tale riduzione può arrivare fino al 27 per cento.

[89]    Vengono modificati gli obiettivi quantitativi di immissione in consumo di biocarburanti in percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti, prevedendo l’obiettivo del 2,5%, da realizzare entro il 31 dicembre 2008 e quello del 5% entro il 31 dicembre 2010. Viene inoltre eliminata l’esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituita con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Si prevede inoltre un fondo di 73 milioni di euro annui, da ripartire dal 1° gennaio 2008 tra: bioetanolo; etere etilterbutilico (ETBE), additivi e riformulanti prodotti da biomasse.

[90]    Tale autorizzazione sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale per le attività industriali di maggiore dimensione e rilievo dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente.

[91]    Il recepimento della direttiva n. 92, nota come direttiva habitat, è avvenuto nel 1997 con l’adozione del DPR n. 357/1997, che reca una definizione di SIC e di zona di conservazione delineando nel contempo le misure conservazione da applicarsi.

[92]    Acronimo di “Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals”.

[93]    L’articolo 5-bis del D.L. n. 10/2007 affida al Ministero della salute il compito di provvedere - di intesa con i Ministeri dell’ambiente, dello sviluppo economico e con il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri - agli adempimenti previsti dal regolamento REACH, e designa lo stesso Ministero della salute quale “autorità competente” ai sensi dell’articolo 121 del citato regolamento.

[94]    Tali esiti sono disponibili sul sito internet del CIPE all’indirizzo: http://www.cipecomitato.it/documentazione/Documenti_in_primo_piano/83/TavoloRicognizioneDatiPIS.pdf

[95]La gravità delle conseguenze dei cambiamenti climatici è riaffermata nella relazione tecnica presentata dal Gruppo di lavoro II dell’IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change) il 6 aprile 2007, dal titolo “Climate change Impacts, Adaptation and Vulnerability”.

[96]   Il Consiglio ambiente del 20 febbraio 2007 ha adottato conclusioni sul tema “Obiettivi dell’UE per l’ulteriore sviluppo del regime climatico internazionale oltre il 2012”, in cui ribadisce l’impegno fermo ed indipendente dell’Unione europea nella riduzione dell’emissioni di gas ad effetto serra, da attuare attraverso politiche comunitarie e ripartizione concordata degli oneri, e riafferma il ruolo guida dell’UE nella ricerca di un accordo globale sui cambiamenti climatici.

[97]   La richiesta di urgenti e significative riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra a livello mondiale avanzata dall’UE è confermata dalla relazione tecnica presentata il 4 maggio 2007 dal Gruppo di lavoro III dell’IPPC dal titolo “Mitigation of climate change“. Secondo le proiezioni proposte dalla relazione in assenza di misure urgenti le emissioni totali saranno nel 2030 dal 25 al 90 percento superiori a quelle attuale e il riscaldamento globale raggiungerà livelli pericolosi.

[98]   Direttiva 2003/96/CE, come modificata dalle direttive 2004/74/CE e 2004/75/CE.

[99]   La dichiarazione è stata firmata da 420 deputati. L’articolo 116 del regolamento del Parlamento europeo prevede che cinque deputati al massimo possano presentare una dichiarazione scritta non superiore a 200 parole su un argomento attinente alle attività dell'Unione europea. Tali dichiarazioni, stampate nelle lingue ufficiali, figurano in un registro pubblico. Ogni deputato può apporre la sua firma su una dichiarazione iscritta nel registro.

[100]Comunicazione della Commissione “Realizzare un mercato globale del carbonio – relazione a norma dell’articolo 30 della direttiva 2003/87/CE” (COM(2006)676).

[101]COM (2006) 921.

[102]Il programma è stato istituito con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002.

[103]COM (2005) 666.

[104]COM (2005) 667.

[105]COM (2005) 670.

[106]La comunicazione sottolinea che va tenuto in considerazione, da un punto di vista ambientale, l’intero ciclo vitale delle risorse, essendo ormai riconosciuto che l’impatto ambientale di molte risorse è spesso connesso alla fase del loro utilizzo e non soltanto alla fase iniziale e finale del loro ciclo di vita.

[107]COM (2006) 475.

[108]La riflessione si temi dell’energia era già stata avviata l’8 marzo 2006 con la presentazione del Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105), che illustrava e delineava i tre obiettivi fondamentali della futura politica energetica europea: la sostenibilità, la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento. Il Libro verde, che è stato oggetto di consultazione pubblica, è stato accolto favorevolmente sia dal Consiglio sia dal Parlamento europeo.

[109]Il piano, tra l’altro, comprende: una comunicazione sullo stato di attuazione del mercato interno dell’energia (COM(2006)841), basata anche sui risultati dell'indagine settoriale della Commissione sull'efficienza della concorrenza nei mercati del gas e dell'energia elettrica (COM(2006)851); il piano d’azione sull’efficienza energetica (COM(2006)545), presentato dalla Commissione il 19 ottobre 2006; una roadmap per le energie rinnovabili (COM(2006)848); una comunicazione sulle tecnologie pulite del carbone (COM(2006)843); una comunicazione su un nuovo progetto di Programma indicativo nucleare[109] (COM(2006)844).

[110]Le reti transeuropee sono assi di collegamento volti ad interconnettere le reti di trasporto, energia e telecomunicazioni degli Stati membri dell’Unione europea. La politica relativa alle reti transeuropee è stata inserita nelle competenze comunitarie dal Trattato di Maastricht, al titolo XV, artt. 154-156. In particolare, l’articolo 154 del Trattato CE stabilisce che l’azione della Comunità in questo settore mira a favorire l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti nazionali nonché l’accesso a tali reti. Al fine di favorire il perseguimento di questo obiettivo, l’art. 155 assegna alla Comunità il compito di stabilire una serie di orientamenti che contemplano gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni previste nel settore delle reti TEN e di dare il proprio sostegno a progetti di interesse comune sostenuti dagli Stati membri, contribuendone al finanziamento.

[111]Si ricorda che l”Iniziativa europea per la crescita” è stata promossa, nel luglio 2003, dalla Commissione europea e dalla Presidenza italiana dell’Unione europea al fine di individuare una serie di misure normative e finanziarie dirette a favorire la crescita mediante investimenti nel settore delle reti TEN e in quello della ricerca e dello sviluppo tecnologico.

[112]L’ERTMS (European Rail Traffic Mangement System) è il sistema europeo armonizzato di segnalazione ferroviaria volto a garantire un alto livello di sicurezza e di interoperabilità, secondo un piano di dispiegamento da concordare con gli Stati membri.

[113] Le prospettive finanziarie stabiliscono, in relazione alle priorità politiche da esse individuate, il quadro delle grandi categorie di spesa del bilancio dell’Unione europea, indicando il massimale e la composizione delle spese prevedibili per ogni categoria nell’intero periodo di riferimento ed in ciascuno degli anni in esso ricompresi. L’adozione delle prospettive finanziarie, che non è espressamente prevista dal Trattato CE, è operata - a partire dal 1988 - mediante la conclusione di un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione.

[114]JASPERS è una forma di partnership tra la BEI (Banca europea per gli investimenti), la BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) e la DG politiche regionali della Commissione europea. Essa è volta a fornire assistenza tecnica gratuita agli Stati membri in relazione a tutte le fasi di preparazione di un progetto al fine di favorire la preparazione di progetti di qualità che possano essere adottati rapidamente dalla Commissione e di aiutare i paesi membri ad utilizzare al meglio i finanziamenti comunitari. JASPERS concentra la propria azione su progetti di grandi dimensioni che beneficiano del contributo comunitario; per quanto riguarda il settore dei trasporti si tratta di progetti il cui costo supera i 50 milioni di euro.

[115]La strategia europea per lo sviluppo sostenibile è stata delineata dalla Commissione in una comunicazione (COM(2001)264) del 15 maggio 2001. Con specifico riferimento alla politica comune dei trasporti, la strategia proposta prevede l'istituzione di un quadro normativo in materia di tariffazione, la concentrazione degli investimenti sui trasporti pubblici e ferroviari, sulle vie navigabili interne e sul trasporto marittimo a corto raggio e la liberalizzazione completa del settore ferroviario ed aereo. Il 13 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa al riesame della strategia sullo sviluppo sostenibile (COM(2005)658) la quale, con specifico riferimento al settore dei trasporti, sottolinea la necessità che i benefici della mobilità siano realizzati ad un costo sociale, ambientale ed economico nettamente inferiore, riducendo la necessità di trasporti, utilizzando più efficacemente le infrastrutture ed i veicoli, potenziando i trasporti pubblici, utilizzando veicoli più rispettosi dell’ambiente e promuovendo carburanti alternativi al petrolio quali i biocarburanti. Il Consiglio europeo del 16 giugno 2006 ha adottato la strategia rinnovata proposta dalla Commissione, impegnandosi a seguirne attentamente l’attuazione; in quella sede il Consiglio ha ribadito che lo sviluppo sostenibile è un obiettivo fondamentale dell'Unione europea e che malgrado i risultati globalmente positivi, raggiunti dopo il Consiglio europeo di Göteborg, permangono molte sfide da affrontare.

[116]Il 7 aprile 2003 la Commissione ha adottato una comunicazione con la quale definisce un piano d’azione relativo alla promozione del trasporto marittimo a corto raggio (COM(2003)155). Il 13 luglio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa alla revisione intermedia del programma d’azione (COM(2006)380).

[117]Si segnala che una prima proposta di direttiva sull’accesso al mercato dei servizi portuali era stata respinta dal Parlamento europeo nel 2004. Una seconda proposta (COM(2004)654) è stata ritirata dalla Commissione il 17 marzo 2006, dopo essere stata rigettata, il 18 gennaio 2006, dal Parlamento europeo in prima lettura, nell’ambito della procedura di codecisione, mentre in seno al Consiglio, a causa di forti contrasti, non era stato possibile raggiungere alcun accordo.

[118]Con la presentazione di questa proposta, che riformula quella originaria del 2000 (COM(2000)7), la Commissione intende conciliare le posizioni del Parlamento europeo, espresse in prima lettura nel 2001, e del Consiglio, che non ha mai adottato la posizione comune in prima lettura a causa dei forti contrasti tra gli Stati membri.

[119]Il “cielo unico europeo” contempla un insieme di misure, che interessano sia il settore militare, sia quello civile, intese ad ammodernare il sistema di gestione del traffico aereo al fine di rafforzare la sicurezza e l’efficienza del trasporto aereo. Esso comprende: il regolamento (CE) n. 549/2004 che stabilisce i princìpi generali per l'istituzione del cielo unico europeo; il regolamento (CE) n. 550/2004 sulla fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo; il regolamento (CE) n. 551/2004 sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo; il regolamento (CE) n. 552/2004 sull'interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo.

[120]SESAR (Single European Sky ATM Research Programme) è il sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo volto a modernizzare l’infrastruttura di controllo del traffico aereo, tenendo conto delle trasformazioni che hanno interessato il settore in seguito alla creazione del "cielo unico europeo”.

[121]Per un approfondimento si rinvia al Bollettino tematico XV legislatura, n. 7 “Pacchetto aeroportuale”, del 14 febbraio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[122]CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century) è un gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione nel gennaio 2005 e composto dai principali attori del settore automobilistico.

[123]“Automobile intelligente – sensibilizzazione all’uso delle TIC per dei veicoli più intelligenti, sicuri e puliti” (COM(2006)59).

[124]River Information Services , il sistema per la fornitura di servizi di informazione fluviale.

[125]GALILEO è un programma di radionavigazione satellitare di natura civile messo a punto dall’Unione europea al fine di garantire la propria indipendenza nei confronti dei sistemi satellitari americano (GPS) e russo (GLONASS), in un settore considerato di grande valore strategico.Membri fondatori sono la Comunità europea, rappresentata dalla Commissione, e l’Agenzia spaziale europea (ESA). Il programma, che è stato approvato dal Consiglio con la risoluzione del 5 aprile 2001, si articola in tre fasi: una fase di sviluppo e convalida finalizzata alla ricerca (fino al 2009), una fase di spiegamento che comprende la costruzione ed il lancio dei satelliti della costellazione e l’installazione completa dei componenti terrestri del sistema (2009-2010) e una fase operativa in cui il sistema sarà in funzione, specie in ambito commerciale (probabilmente a partire dalla fine del 2010). Il 17 ottobre 2003 è stata istituita dal regolamento (CE) n. 876/2002 l’impresa comune Galileo per assicurare l'unicità di gestione e di controllo finanziario del progetto di ricerca, sviluppo e dimostrazione del programma Galileo. Il 16 maggio 2007 la Commissione, rispondendo alla richiesta del Consiglio dei ministri dei trasporti e del Parlamento europeo, ha adottato una comunicazione dal titolo “Galileo a un bivio: l’attuazione dei programmi europei di navigazione satellitare ”(COM(2007)261) nella quale si legge che l’attuazione del programma Galileo è in ritardo di 5 anni rispetto al calendario stabilito inizialmente e sottolinea la necessità di istituire un partenariato pubblico-privato per fare fronte ai rischi legati alla sua gestione.

[126]Tra gli interventi diretti alla riduzione degli oneri amministrativi posti a carico sia dei cittadini che delle imprese, allo scopo di favorire la competitività del sistema economico, si segnala che è attualmente all’esame della 10a Commissione del Senato (Industria, commercio, turismo) il progetto di legge di iniziativa parlamentare Capezzone ed altri (A.S. 1532). Esso è stato trasmesso in data 27 aprile 2007 dalla Camera dei deputati, dove era stato presentato con il titolo "Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività" (A.C. 1420, on. Capezzone ed altri) ed aveva assorbito l'A.C. 1543                           " Disposizioni per la semplificazione delle procedure per l'avvio di attività di impresa" (on. Allasia ed altri). Il progetto contiene una disciplina finalizzata alla semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese attraverso uno snellimento dei procedimenti di competenza dello sportello unico per le attività produttive e la riduzione dei relativi termini e un più ampio ricorso agli istituti dell'autocertificazione e della dichiarazione di inizio attività. Lo scopo è quello di rendere più agevole l'esercizio dell'attività imprenditoriale, con particolare riferimento alla fase di avvio dell'attività, cercando di recuperare il ritardo e la maggiore arretratezza dell’Italia rispetto agli altri paesi. In particolare, il progetto di legge prevede la predisposizione in formato elettronico e la trasmissione per via telematica delle domande, dichiarazioni, atti dell’amministrazione e relativi allegati. E' prevista una procedura per l'immediato avvio di nuovi impianti o di modifiche ad impianti preesistenti, con disposizioni volte tra l'altro ad accelerare l'approvazione, ove necessario, di eventuali varianti urbanistiche. Esso reca, inoltre, disposizioni relative all'autorizzazione degli impianti produttivi mediante conferenza di servizi per via telematica e alla comunicazione di chiusura dei lavori e collaudo, nonché modifiche alla disciplina della dichiarazione di inizio attività. Intereventi volti a ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese sono previsti anche nel disegno di legge recante “Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale”, attualmente all’esame del Senato (A.S. 1644) (Crf. oltre).

[127]  “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”.

[128]“Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli”.

[129]  Recante “Misure urgenti per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell’energia”. Per una disamina del contenuto del decreto si rinvia al paragrafo successivo del presente dossier relativo all’energia.

[130]  La quota dell’Italia sulle esportazioni mondiali calcolata a prezzi correnti è passata dal 3,7% del 2005 al 3,5% del 2006.

[131]  Il Capitolo IX del Documento sottolinea, peraltro, come si sia verificata al contrario una sostanziale stabilizzazione delle quote in valore a fronte di un sensibile aumento dei prezzi delle esportazioni, rappresentati dai valori medi unitari. Laddove l’Italia ha mostrato il più elevato livello di specializzazione si è in genere verificato il maggiore aumento dei VMU e, parallelamente, la maggiore contrazione delle quantità esportate. Secondo alcune analisi, responsabile di tale fenomeno sarebbe il modello “sbagliato” di specializzazione produttiva del nostro Paese, ancora fortemente orientato nei settori tradizionali ad elevata intensità di lavoro non specializzato e con una dimensione d’impresa contenuta rispetto a quella dei principali competitors e tale da non favorire l’innovazione.

[132]  “Disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici”,convertito dalla legge 20 luglio 2001, n. 301.

[133]  “Disposizioni urgenti in materia di partecipazioni a società operanti nel mercato dell'energia elettrica e del gas”, convertito dalla legge 13 luglio 2005, n. 131

[134]  In relazione alla citata procedura di infrazione si segnala che nella sentenza del 2 giugno 2005, relativa alla causa C-174/04, la Corte di giustizia ha stabilito che mantenendo in vigore il citato decreto-legge 25 maggio 2001, n. 192, l’Italia era venuta meno agli obblighi che le incombevano in virtù delle regole del trattato CE relative alla libera circolazione dei capitali (articolo 56). Il provvedimento prevedeva, infatti, la sospensione automatica dei diritti di voto legati a partecipazioni superiori al 2% del capitale di imprese operanti nei settori dell’elettricità e del gas, quando queste partecipazioni fossero acquisite da imprese pubbliche non quotate su mercati finanziari regolamentati e che detengono una posizione dominante sul mercato nazionale.

[135]  Recante “Delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell' energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE”.

[136]  Legge 27 dicembre 2006 n. 296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, pubblicata nella GU 27 dicembre 2006, n. 299, S.O.

[137]  Commi da 224 a 241.

[138]  Si tratta, a seconda dei casi, della concessione di un contributo per il costo della demolizione, oppure di un contributo pari al costo dell’abbonamento annuale al trasporto pubblico locale (qualora la demolizione sia effettuata senza la sostituzione del veicolo), oppure di un contributo per la sostituzione con veicoli “euro 4”, “euro 5”,con alimentazione a gas metano, GPL, elettrica o ad idrogeno e l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per due anni.

[139]  Commi da 344 a 349.

[140]  Commi 351 e 352.

[141]  Comma 353.

[142]  Commi da 354 a 356.

[143]  Commi da 358 a 360.

[144]  Il D.Lgs. 311 reca “Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia”.

[145]  Il Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, previsto dall’art. 27 del Regolamento generale CE 1083/2006 sui Fondi Strutturali, è il documento di orientamento strategico che gli Stati Membri sono tenuti a presentare alla Commissione Europea in attuazione della politica di coesione comunitaria. La strategia e le priorità del Quadro, la lista dei programmi operativi e la loro allocazione finanziaria per Obiettivo e per Fondo e la dimostrazione del rispetto del Fondo e la dimostrazione del rispetto del principio di addizionalità sono oggetto di decisione comunitaria.

Il Piano presenta quattro macro obiettivi che costituiranno il riferimento costante per l’attuazione della politica regionale unitaria:

-       sviluppare i circuiti della conoscenza;

-       accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei territori;

-       potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza;

-       internazionalizzare e modernizzare l’economia, la società e le amministrazioni

All’interno dei suddetti obiettivi sono state definite le 10 Priorità tematiche del Quadro, tra le quali, al numero 3, l’Energia e l’Ambiente.

[146]  Commi da 1117 a 1120.

[147]  Vengono modificati gli obiettivi quantitativi di immissione in consumo di biocarburanti in percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti, prevedendo l’obiettivo del 2,5%, da realizzare entro il 31 dicembre 2008 e quello del 5% entro il 31 dicembre 2010. Viene inoltre eliminata l’esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituita con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Si prevede, infine, un fondo di 73 milioni di euro annui, da ripartire dal 1° gennaio 2008 tra: bioetanolo; etere etilterbutilico (ETBE), additivi e riformulanti prodotti da biomasse.

[148]  Commi 394 e 395.

[149]In particolare l’intesa è stata siglata dal Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, dal Ministro della Pubblica Istruzione, dal Ministro dell'Università e della Ricerca, dalle Confederazioni Sindacali CGIL, CISL, CONFSAL, UIL, CGU e dalle Organizzazioni sindacali CGIL FLC, CISL SCUOLA, SNALS-CONFSAL, UIL SCUOLA, FED.NAZ GILDA/UNAMS.

[150]Legge 27 dicembre 2006 n. 296.

[151]Gli indirizzi in questione devono essere definiti dal Consiglio di indirizzo e di vigilanza dell’INAIL, d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della pubblica istruzione e con gli enti locali competenti.

[152]Disciplinato originariamente dall’ articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144. Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

[153]L. 11 gennaio 2007, n. 1 Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università.

[154]D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 recante Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.

[155]D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 Decreto legislativo concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53. Il D.Lgs è stato predisposto ai sensi degli art 1, 2 e7 della Legge 53/2003 (cosiddetta “legge Moratti”).

[156]Tali strutture espletano l’attività di istruzione e formazione professionale di competenza regionale secondo livelli essenziali delle prestazioni specificati per legge (dal Capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005).

[157] D.L. 2 luglio 2007 n. 81, Disposizioni urgenti in materia finanziaria.

[158]L’art 1, comma 507, della legge 296/2007 ha disposto che sia accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare (cioè proporzionale), una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni di euro per il 2008 e a 4.922 milioni di euro per il 2009, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato, anche con riferimento ad autorizzazioni di spesa predeterminate legislativamente, relative a determinate categorie economiche. Sono esclusi dall’accantonamento gli effetti finanziari derivanti dalla legge finanziaria. La disposizione si applicava a specifiche categorie indicate dalla norma stessa. Gli accantonamenti costituiscono nella sostanza riduzioni degli stanziamenti di bilancio, in quanto le somme accantonate e rese indisponibili sono destinate alla fine dell’anno ad andare in economia.

Gli accantonamenti, disposti in maniera proporzionale, hanno riguardato per il 2007 il 12,6 per cento degli stanziamenti interessati, con l’eccezione del Ministero della pubblica istruzione, in cui l’accantonamento è pari al 2,4 per cento degli stanziamenti.

[159]Originariamente il ddl recava gli artt. 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge AC 2272, stralciati con deliberazione dell’Assemblea il 17 aprile 2007.

[160]  Legge 5 marzo 2001, n. 57, “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”; legge 7 marzo 2003, n. 38, “Disposizioni in materia di agricoltura”.

[161]  Nota anche come “Orientamenti integrati”.

[162]  Raccomandazione 2005/601/CE, relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (per il periodo 2005-2008).

[163]  L’articolo 99 del Trattato istitutivo della Comunità europea prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.

[164]  Decisione 2005/600/CE sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.

[165]  Il 25 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “E’ ora di cambiare marcia. Il nuovo partenariato per la crescita e l’occupazione” (COM(2006)30),relativa alla nuova relazione annuale sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata destinata al Consiglio europeo di primavera.

[166]  Le prospettive finanziarie stabiliscono, in relazione alle priorità politiche da esse individuate, il quadro delle grandi categorie di spesa del bilancio dell’Unione europea, indicando il massimale e la composizione delle spese prevedibili per ogni categoria nell’intero periodo di riferimento e in ciascuno degli anni in esso ricompresi. L’adozione delle prospettive finanziarie, che non è espressamente prevista dal Trattato CE, è operata - a partire dal 1988 - mediante la conclusione di un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione..

[167]  Vedi Bollettino tematico n. 5 “Proposta di direttiva relativa alla liberalizzazione dei servizi postali”, del 30 ottobre 2006, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[168]  Il Consiglio europeo di Barcellona del 2002 ha fissato l’obiettivo di innalzare nell’UE l’investimento complessivo nella ricerca portandolo dall’1,9% del PIL a circa 3% entro il 2010, aumentando la quota del finanziamento privato portandolo dal 55% a due terzi.

[169]  Sulla base dell’accoglimento dell’iniziativa da parte del Consiglio europeo, la Commissione è impegnata a redigere una nuova carta per la gestione dei diritti di proprietà intellettuale, che dovrebbe comprendere una serie di principi e linee guida non vincolanti sotto l'aspetto giuridico, sui quali i partner della ricerca potrebbero basare volontariamente la propria cooperazione in materia.

[170]  Decisione n. 1639 del 24 ottobre 2006

[171]  Con tale documento la Commissione ha inteso fornire un punto di partenza al dibattito che si è svolto in occasione del Consiglio informale di Lahti (Finlandia) il 20 ottobre 2006.

[172]  La comunicazione “Migliorare il sistema dei brevetti in Europa” (COM(2007) 165) è stata presentata il 3 aprile 2007 dalla Commissione.

[173]  Tutte le decisioni relative ai programmi specifici sono state adottate il 19 dicembre 2006.

[174]  Decisione 2006/971/CE.

[175]  Decisione 2006/972/CE.

[176]  Effettivamente istituito con la Decisione della Commissione 2007/134/CE del 2 febbraio 2007. Il CER è costituito da un consiglio scientifico indipendente assistito da una specifica struttura esecutiva snella istituita sotto forma di agenzia esecutiva, e destinato a sostenere la “ricerca di frontiera” realizzata da équipe in concorrenza tra loro a livello europeo e relativa a tutti i settori scientifici e tecnologici, ad esempio l’ingegneria, le scienze socio-economiche e le scienze umanistiche.

[177]  Decisione 2006/973/CE.

[178]  Decisione 2006/974/CE.

[179]  Decisione 2006/975/CE. Il Centro comune di ricerca (CCR) ha la missione di fornire un supporto scientifico e tecnico personalizzato alla progettazione, allo sviluppo, all'attuazione e al controllo delle politiche dell'UE. Istituito presso la Commissione europea, il CCR gode dello status di Direttorato Generale che ne garantisce l’indipendenza da interessi specifici, siano essi privati o nazionali. Il CCR comprende 7 istituti di ricerca specializzati, dislocati in cinque sedi europee e conta su un personale composto di 2 700 addetti e su un bilancio di funzionamento di 300 milioni di EUR all'anno. I principali settori di competenza sono: prodotti alimentari, prodotti chimici e salute; ambiente e sostenibilità; sicurezza nucleare e controlli di sicurezza, nonché attività orizzontali relative a materiali e misurazioni di riferimento, previsioni tecnico-economiche, sicurezza pubblica e lotta antifrode.

[180]  Fonti informali riferiscono che potrebbero essere istituite inizialmente solo due comunità, nel settore dell’energia e del cambiamento climatico.

[181]  Il 5 settembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (QEQ) (COM(2006)479), intesa a fornire uno strumento di riferimento per confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE. L’elemento chiave è la definizione di otto livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostando l’attenzione dagli input dell’apprendimento (durata, tipo di istituzione) ai risultati dell’apprendimento.

[182]  Ci si riferisce alla segregazione dei bambini in scuole separate in base all’abilità prima dei 13 anni, che anche se non comporta necessariamente una separazione tra i percorsi accademico/generale e professionale, nella pratica tende ad avere questo effetto.

[183]  Si veda, a tale proposito, l’articolo 151 (ex 128) del Trattato che istituisce la Comunità europea che costituisce tuttora la base giuridica per l’azione dell’UE nel campo della cultura. In base a tali disposizioni, inoltre, l'azione della Comunità deve incoraggiare la cooperazione tra Stati membri nonché la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali competenti in materia di cultura, in particolare con il Consiglio d'Europa. La Comunità, infine, deve tener conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge in tutte le altre politiche previste dal trattato, in particolare ai fini di rispettare e promuovere la diversità delle sue culture.

[184]  Tra le iniziative prioritarie previste nel programma legislativo e di lavoro per il 2007, la Commissione intende presentare, entro luglio 2007, la proposta di decisione relativa all’istituzione di un programma “Erasmus Mundus II” per il potenziamento della qualità nell'istruzione superiore e la promozione della comprensione interculturale attraverso la cooperazione con i paesi terzi. La proposta provvederebbe alla sostituzione dell’attuale programma Erasmus Mundus, che ha una durata di cinque anni (2004-2008) ed è stato istituito con la decisione n. 2317/2003/CE del 5 dicembre 2003.

[185]  Sul documento la Commissione europea ha condotto una consultazione pubblica che si è svolta tra il 7 giugno e il 15 settembre 2005.

[186]  Si tratta della cosiddetta “comunicazione sul cinema”, presentata dalla Commissione il 26 settembre 2001 e integrata dalla comunicazione sul “seguito alla comunicazione della Commissione su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive (comunicazione sul cinema)” (COM(2004)171).

[187]  Si ricorda che il regolamento (CE) n. 994/1998 del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli articoli 87 e 88 del TCE a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali, è volto, in sostanza, a delegare alla Commissione il compito di individuare – per il tramite di appositi regolamenti di esecuzione – certe categorie di aiuto come compatibili con il mercato comune ed esentate, quindi, da obblighi di notifica.

[188]  Gli altri settori a cui la Commissione propone di estendere l’esenzione dell’obbligo di notifica sono i settori agricolo, della conservazione del patrimonio, delle calamità naturali nonché gli aiuti a carattere sociale nel settore dei trasporti.

[189]  Si ricorda che sul settore vitivinicolo, la Commissione aveva presentato, il 22 giugno 2006, una comunicazione nella quale si prospettava una riforma complessiva per la quale venivano analizzati quattro opzioni o scenari di riforma, tra cui quello relativo ad una riforma radicale, considerato dalla Commissione come il più adeguato agli interessi del settore e da attuare secondo un piano in una o due fasi.

[190]     Si ricorda che il QSN 2007-2013, il documento presentato alla Commissione europea per definire le modalità di attuazione degli obiettivi comunitari, è stato redatto secondo le “Linee guida” tracciate dall’intesa approvata dalla Conferenza unificata Stato-Regioni-enti locali nel febbraio 2005 e definite con delibera del CIPE n. 77 del luglio 2005. II processo di costruzione del QSN delineato dalle predette Linee guida si è svolto in una prima fase, che si è conclusa nel 2005, nella quale le Amministrazioni centrali hanno predisposto un Documento strategico preliminare nazionale e le singole regioni hanno predisposto i loro Documenti strategici regionali. Successivamente, è avvenuto il confronto tra i diversi livelli di governo e le parti economiche e sociali sulle opzioni strategiche. In ultimo, nell’ottobre 2006, il governo italiano ha inviato alla Commissione europea il QSN 2007-2013, con l’individuazione degli indirizzi strategici e operativi per l’attuazione della politica regionale comunitaria e nazionale.

      Alla data di presentazione del DPEF 2008-2011, il QSN 2007-2013 risulta ancora in fase di negoziazione e in attesa della decisione finale di adozione da parte della Commissione europea.

      L’ultima versione del Quadro strategico (giugno 2007), disponibile all’indirizzo ‘http://www.dps.mef.gov.it/documentazione/QSN/docs/QSN2007-2013_giu_07.pdf’, contiene alcune modifiche apportate a seguito delle osservazioni della Commissione europea relative, in particolare, alla specificazione delle risorse aggiuntive.

[191]Si ricorda che i Fondi strutturali nella nuova programmazione sono stati ridotti a tre: Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), Fondo sociale europeo (FSE) e Fondo di coesione. Quest’ultimo, in particolare, non finanzia nessuno degli obiettivi di coesione individuati per l’Italia.

[192]La legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha istituito il Fondo aree sottoutilizzate (FAS). Con tale fondo, coincidente con l’ambito territoriale delle aree depresse di cui alla legge n. 208/1998, si programmano unitariamente l’insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, in attuazione dell’art. 119, comma 5, della Costituzione. La disciplina del FAS è stata modificata dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) che ne ha modificato la modulazione temporale delle assegnazioni, estendendola da quattro a sette anni per renderla omogenea alla programmazione delle risorse comunitarie.

[193]Nella nuova programmazione delle risorse gli obiettivi comunitari sono tre:

-       l’obiettivo 1 “Convergenza” comprende quattro regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) oltre alla Basilicata cui si applica un regime di sostegno transitorio per l’uscita dalle aree in ritardo di sviluppo, per ragioni statistiche dovute all’allargamento ai PECO (Stati dell’Europa centrorientale);

-       l’obiettivo 2 “Competitività regionale e occupazione” comprende tutte le regioni del Centro-Nord, oltre all’Abruzzo, al Molise e alla Sardegna. A quest’ultima si applica un regime di sostegno transitorio per l’ingresso nell’obiettivo 2;

-       l’obiettivo 3 “Cooperazione territoriale”, comprende le aree transfrontaliere e transnazionali (con riferimento a Francia, Svizzera, Austria, Grecia, Malta, Slovenia, Tunisia, bacino del Mediterraneo, Adriatico e Spazio alpino).

[194]La legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) ha modificato la modulazione temporale delle assegnazioni relative al Fondo per le aree sottoutilizzate, estendendola da quattro a sette anni. In particolare, il comma 863, articolo 1, della predetta legge finanziaria incrementa il Fondo per le aree sottoutilizzate (istituito dall’art. 61, legge n. 289 del 2002) di 64.379 milioni di euro, di cui 100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008, 5.000 milioni per l’anno 2009 e 59.179 milioni entro il 2015, con riferimento agli interventi di politica regionale che, a livello nazionale, sono relativi al periodo di programmazione 2007-2013.

[195]Risorse comprensive di indicizzazione, assegnate all’Italia con nota della Commissione n. D(2006)1027 del 7 agosto 2006.

[196]Si tratta dell’introduzione - dal 1° gennaio 2007 e fino al 2013 - di un credito d’imposta per quelle attività imprenditoriali che realizzano nel Mezzogiorno nuovi investimenti per l’acquisto di macchinari e impianti (commi 271-279, articolo 1). Le corrispondenti risorse sono indicate nella versione definitiva dell’Allegato 7 della legge finanziaria per il 2007 e ammontano a 377 milioni per il 2008 e a 763 milioni per il 2009. Inoltre, per le ZFU (comma 340, articolo 1) sono stanziati 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

[197]In particolare, si fa riferimento al “Tavolo istituzionale Milano”, all’ “Unità speciale di concertazione per lo sviluppo economico dell’area metropolitana di Napoli e della Campania” e ai Tavoli istituzionali delle regioni Calabria e Sardegna e della città di Taranto.

[198]Decisione 2006/594/CE, Allegato I.

[199]Decisione 2006/594/CE, Allegato II.

[200]Decisione 2006/593/CE, Allegato I.

[201]Decisione 2006/593/CE, Allegato II.

[202]Decisione 2006/609/CE, Allegato.

[203]Le somme calcolate infatti non includono gli stanziamenti comunitari dei programmi operativi per Abruzzo e Molise già rientranti nell’obiettivo 2 Competitività cui sono riferibili rispettivamente 19 e 10 milioni di euro di risorse comunitarie per il 2007 (valori a prezzi 2004).

[204]  Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 inoltre prevede per le aree sottoutilizzate la riduzione del cuneo fiscale ed incentivi all’occupazione femminile (commi 266-270, articolo 1) con uno stanziamento di 2.450 mln per il 2007, 4.410 mln per il 2008 e 4.680 mln, oltre ai già citati interventi per il Mezzogiorno relativi all’introduzione di un credito d’imposta per nuovi investimenti in macchinari e impianti (377 mln per il 2008 e 763 mln per il 2009) e alle Zone Franche Urbane (50 mln per ciascuno degli anni 2008 e 2009), cfr. nota 7.

[205]Si segnala che lo stanziamento di bilancio relativo al Fondo di rotazione (upb 4.2.3.8, cap. 7493/Economia) reca anche una quota pari a 50 milioni di euro, riservata all’attuazione delle disposizioni che derivano dall’approvazione annuale della legge comunitaria.

[206]  Il Parlamento europeo ha approvato, il 24 aprile 2007, una risoluzione d’iniziativa sull’impatto dei futuri allargamenti sull’efficacia della politica di coesione, nella quale constata la necessità di provvedere ad un ulteriore bilancio di 150 miliardi di euro per i fondi strutturali 2007-2013 (da aggiungere ai 308 miliardi previsti dalle prospettive finanziarie) per far fronte alle ulteriori adesioni. Inoltre, secondo il Parlamento le regioni degli attuali Stati membri non dovrebbero perdere l’eleggibilità per i fondi strutturali per ragioni statistiche dovute ai prossimi allargamenti.

[207]Il Parlamento europeo ha approvato il 23 maggio 2007, una risoluzione di iniziativa sull’impatto e le conseguenze delle politiche strutturali sulla coesione dell’Unione europea, nella quale sostiene che la politica di coesione deve diventare la principale voce di bilancio dell’UE, in vista della revisione del bilancio stesso prevista per il 2008/2009.

[208]   Decisione 2006/702/CE.

[209]Si veda il dossier Politiche dell’Unione europea “Agenda territoriale dell’UE e Carta di Lipsia sulle città”, n. 16, del 20 giugno 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[210]  Cfr. ISTAT, La misura dell’economia sommersa secondo le statistiche ufficiali. Anni 2000-2004. Si tratta delle ultime stime ufficiali diffuse dall’ISTAT, aggiornate al 2004, sull’economia sommersa e sul lavoro non regolare (14 dicembre 2006).

[211]  Si ricorda che, tra gli altri soggetti, sono obbligati ad iscriversi a tale Gestione separata i collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto.

[212]  L’indagine si è conclusa il 31 maggio 2007.

[213]  “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[214]“Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”.

[215]  Si ricorda che, a seguito della riforma del sistema pensionistico attuata dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, alla generalità dei lavoratori dipendenti sono applicabili diversi sistemi di calcolo della pensione a seconda dell’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995. In particolare:

-       continua ad applicarsi integralmente il sistema retributivo, per i lavorati che al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva di almeno 18 anni;

-       si applica il sistema misto, per i lavoratori che alla predetta data avevano un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni: in tal caso la pensione è liquidata in parte con il sistema retributivo (per la quota corrispondente alle anzianità maturate prima 31 dicembre 1995) in parte con il sistema contributivo (per la quota corrispondente alle anzianità maturate successivamente);

-       si applica integralmente il sistema contributivo ai lavoratori non ancora occupati alla data del 31 dicembre 1995 e quindi iscritti per la prima volta a forme di previdenza obbligatoria in data successiva.

[216]  In materia di revisione dei coefficienti di trasformazione è intervenuta anche la Corte dei conti. Nella relazione del Presidente della Corte in merito alla relazione sul rendiconto generale dello Stato relativo all’esercizio finanziario 2006, del 27 giugno 2007, infatti, si osserva come “la revisione periodica dei coefficienti è un elemento fondamentale anche delle proiezioni di medio-lungo termine della spesa pensionistica e che, in mancanza di essa, si verificherebbe una maggiore e crescente incidenza della spesa sul PIL”.

[217]Al fine di garantire gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, anche in attuazione degli accordi tra Stato e regioni (Patto per salute), la legge finanziaria ridefinisce la disciplina sui vincoli alla spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale. In particolare, tali enti dovranno adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 sia ridotta dell'1,4 per cento rispetto a quella del 2004, fermo restando il rispetto dei vincoli già stabiliti dalle precedenti leggi finanziarie per gli anni 2005 e 2006.

[218]Articolo 1, comma 796, lettera a).

[219]La legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) ha incrementato, infatti, il livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, al cui finanziamento concorre lo Stato, di 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006. Tale livello di spesa era stato determinato dalla legge finanziaria per il 2005 (articolo 1, comma 164, della legge 30 dicembre 2004, n. 311) in 88.195 milioni di euro per l'anno 2005, 89.960 milioni di euro per l'anno 2006 e 91.759 milioni di euro per l'anno 2007

[220]Articolo 1, comma 797.

[221]Si tratta delle risorse per il progetto “sanità sviluppo economico”.

[222]Il quadro strategico è stato approvato dal CIPE, nella seduta del 22 dicembre 2006. Esso è elaborato in attuazione della politica di coesione comunitaria (articolo 27 del Regolamento generale CE 1083/2006 sui Fondi strutturali).

[223]Articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007).

[224]Convertito, con modificazioni, dalla legge. 17 maggio 2007, n. 64.

[225]Si ricorda che con l’articolo 1, comma 796, lett. q) della legge finanziaria per il 2007 è stata prevista la modifica con D.P.C.M. dei livelli essenziali di assistenza al fine di ampliare sia le prestazioni da erogare in sede ambulatoriale anziché ospedaliera, sia le prestazioni erogabili in regime di ricovero ospedaliero diurno. In adempimento al disposto della legge finanziaria è stato, di recente, adottato il D.P.C.M. 13 febbraio 2007, n. 57.

[226]Con riferimento alle professioni sanitarie, si ricorda che il disegno di legge A.S. 1645 - già approvato, in prima lettura, dalla Camera il 14 giugno 2007 - differisce di diciotto mesi (4 marzo 2008) il termine previsto dall'articolo 4 della legge 1 febbraio 2006, n. 43, per l'esercizio della delega relativa all'istituzione degli ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione.

[227]Sul tema della qualità del Servizio sanitario nazionale si ricorda che è all’esame della Commissione affari sociali della Camera il progetto di legge (A.C. 2814) diretto ad istituire una Commissione bicamerale di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate. La stessa Commissione affari sociali ha avviato, inoltre, l’esame della proposta di istituzione di una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sugli errori in campo sanitario (Doc. XXII, n. 8). Il Senato, con deliberazione del 19 luglio 2006, ha istituito, infine, la Commissione parlamentare (monocamerale) di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale.

[228]Più nel dettaglio, l'articolo 1 del citato disegno di legge prevede che le regioni assicurino un sistema per la gestione del rischio clinico per la sicurezza dei pazienti, incluso il rischio di infezioni nosocomiali. L'articolo 2, nel sancire la responsabilità civile della struttura sanitaria per i danni a persone causati dal personale sanitario, consente, in alternativa alla copertura assicurativa, di istituire forme di garanzia equivalenti, purché esse non comportino maggiori costi. L'articolo 3 prevede che le regioni adottino misure organizzative intese alla definizione stragiudiziale del contenzioso relativo ai danni derivanti da prestazioni fornite da operatori del Servizio sanitario nazionale. L'articolo 4 prevede, altresì, che le regioni adottino idonee iniziative per assicurare, entro il 31 luglio 2008, il passaggio al "regime ordinario" dell'attività libero-professionale intramuraria (con la cessazione della possibilità, per l'esercizio dell'attività suddetta, di impiegare il proprio studio professionale). Per quanto concerne la disciplina del carattere esclusivo del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, l’articolo 5 stabilisce un vincolo di esclusività del rapporto per i soggetti titolari di direzione di struttura complessa, nonché per quelli titolari di direzione di "struttura semplice dipartimentale con autonomia gestionale" nonché la possibilità di cambiare la natura del rapporto solo al termine del contratto individuale.

[229]L'articolo 1 del suddetto disegno di legge prevede la costituzione delle aziende integrate ospedaliero-universitarie. Le disposizioni sono, in particolare, volte a concretare il "modello unico di azienda ospedaliero-universitaria", stabilito dal decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, modello che, in genere, non è stato ancora attuato. L'articolo 2 concerne gli immobili in uso alle università statali per le finalità istituzionali delle facoltà di medicina e chirurgia. L'articolo 4 dispone uno stanziamento, pari a 200.000 euro per il 2007 e ad 1 milione di euro annuo a decorrere dal 2008, ai fini dell'istituzione, in ogni azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera, azienda integrata ospedaliero-universitaria ed istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, dell'unità di gestione del rischio clinico. L'ultimo comma del medesimo articolo 4 - inserito dalle Commissioni riunite 7a e 12a - prevede l'emanazione di linee guida che precisino le procedure diagnostiche e terapeutiche, connesse alle singole patologie, al fine di ridurre al massimo i rischi di qualsiasi tipo di infezione nosocomiale.

[230]Articolo 1, comma 796 lett. l)

[231]Dati dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali.

[232]Articolo 1, commi 801-804.

[233]Conseguentemente, l'importo derivante dalla manovra di cui all'articolo 1, comma 796, lettera p), primo periodo, della legge finanziaria per il 2007, è rideterminato per l’anno 2007 da 811 milioni a 300 milioni di euro. A tal fine il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è incrementato per l'anno 2007 di 511 milioni di euro.

[234]Al riguardo si ricorda che all’inizio del 2004, le Commissioni riunite Affari sociali e Giustizia della Camera hanno avviato un’indagine conoscitiva sulla sanità penitenziaria, al fine di verificare lo stato della medicina penitenziaria ed approfondire la conoscenza della situazione sanitaria nelle carceri italiane, dopo la riforma del 1999[234], che aveva avviato un processo sperimentale di riordino delle competenze sia a livello ministeriale (tra i ministeri della giustizia e della salute) sia tra Amministrazioni centrali e le Regioni. L’indagine conoscitiva non si è peraltro conclusa, né ha avuto temine l’esame avviato preso le medesime Commissioni di una proposta di legge in materia.

[235]Si ricorda che sono all’esame della XII Commissione affari sociali della Camera numerose proposte di legge (A.C. 11 e abb.) che stanziano risorse finanziarie, nella gran parte dei casi attraverso l’istituzione di appositi Fondi, al fine di migliorare il sistema di protezione sociale a favore dei soggetti non autosufficienti, integrando i servizi e le prestazioni del Servizio sanitario nazionale nel campo della prevenzione, della cura e della riabilitazione.

[236]Si tratta dei soggetti a più basso reddito che potrebbero restare esclusi dai benefici di carattere fiscale.

[237]  Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri.

[238]  Articolo 7, comma 1.

[239]  In particolare, il predetto assegno è concesso per ogni figlio nato ovvero adottato nell'anno 2005 e per ogni figlio nato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato. Gli assegni sono riscossi presso gli uffici postali dall'esercente la potestà sui figli, purché residente, cittadino italiano ovvero comunitario ed appartenente a un nucleo familiare con un reddito complessivo non superiore ad euro 50.000. Per tale beneficio era stata autorizzata la spesa di 696 milioni di euro per l'anno 2006. L’articolo 1, comma 1287, della legge finanziaria per il 2007 ha previsto, inoltre, la non ripetibilità delle somme indebitamente percepite dai cittadini extracomunitari.

[240]  Il reddito minimo di inserimento, introdotto dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, costituisce una misura finalizzata a combattere la povertà e l’esclusione sociale attraverso il sostegno delle condizioni economiche e sociali delle persone impossibilitate per cause psichiche, fisiche e sociali al mantenimento proprio e dei figli. Il reddito minimo di inserimento si traduce in una serie di interventi che possono essere riassunti sostanzialmente in due tipologie:

-       trasferimenti monetari integrativi al reddito;

-       realizzazione di programmi personalizzati.

Con la legge finanziaria per il 2001 sono stati previsti ulteriori stanziamenti, al fine di ampliare l’ambito della sperimentazione ad altri comuni.

[241]Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

[242]Ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 328 del 2000, i seguenti interventi costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi: le misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito; le misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti; gli interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; le misure per il sostegno delle responsabilità familiari e per favorire l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare; le misure di sostegno alle donne in difficoltà; gli interventi per la piena integrazione delle persone disabili; gli interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l'inserimento presso famiglie, persone e strutture di accoglienza di tipo familiare; le prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci; l’informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.

[243]Articolo 1, comma 1293.

[244]Tale Osservatorio si affianca all’Osservatorio per la verifica dell'andamento del fenomeno delle droghe e delle tossicodipendenze.

[245]La stessa legge finanziaria ha ridefinito lo stanziamento relativo al funzionamento della Consulta del volontariato per la lotta contro l’Aids, istituita presso il Ministero della salute, autorizzando, a decorrere dal 2007, la spesa di 500.000 euro annui.

[246]Accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (rep. 2715).

[247]Una rilevante novità rispetto alla precedente normativa è la previsione di valutazioni annuali, di una valutazione d’impatto al termine del primo quadriennio e di una valutazione globale della Strategia e dei Piani d’azione alla fine degli otto anni. Il Consiglio europeo del 27 giugno 2005, ha adottato, sotto Presidenza lussemburghese, il primo dei due Piani d’azione quadriennali (2005-2008).

[248]Cfr. articolo 1, comma 1258.

[249]Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza.

[250]Tale dotazione è determinata con le modalità di cui all’articolo 11, comma 3, della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio). La legge finanziaria 2007 prevede altresì che le somme impegnate ma non liquidate, entro la chiusura dell’esercizio finanziario, in favore dei comuni indicati all’articolo 1, comma 2, della legge 28 agosto 1997, n. 285, sono conservate nella dotazione dello stato di previsione del Ministero della solidarietà sociale per cinque anni.

[251]Cfr. l’articolo 1, comma 827, della legge finanziaria per il 2007. La norma richiama i programmi di sperimentazioni gestionali, previsti dall’articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Si tratta di iniziative autorizzate dalle regioni e dalle province autonome, aventi ad oggetto nuovi modelli gestionali che prevedono forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato.

[252]Cfr. l’articolo 1, commi 1267-1268.

[253]Articolo 1, comma 632.

[254]Articolo 1, comma 223.

[255]Articolo 1, comma 312.

[256]Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare.

[257]Con riferimento al ruolo del volontariato, si segnala che la XII Commissione affari sociali ha avviato l’esame dei progetti di legge, d’iniziativa parlamentare, A.C. 1171 e A.C. 1386, diretti a riformare la legge 11 agosto 1991, n. 266 (legge-quadro sul volontariato).

[258]L’Anno europeo è stato inaugurato il 30 e 31 gennaio 2007 a Berlino in occasione del primo vertice sull’uguaglianza, un’iniziativa congiunta della Commissione europea e della Presidenza tedesca dell’UE.

      Ogni Stato membro ha designato un organismo nazionale di coordinamento responsabile dell’implementazione della strategia nazionale relativa all’anno europeo delle pari opportunità per tutti e le relative schede d’azione. In Italia l’organismo designato quale responsabile dell’attuazione del Piano Nazionale d’Azione per il 2007è stato il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità. Nell’ambito di tale Piano, sono state elaborate 15 azioni facenti ognuna riferimento ai sei fattori di discriminazione: età, orientamento sessuale ed identità di genere, religione, razza ed etnia, disabilità, secondo un approccio orizzontale. Il Piano nazionale è reperibile nel sito www.pariopportunita.gov.it.

[259]  D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, conv. con mod. dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[260]Art. 7, comma 1, elenco n. 1, D.L. 2 luglio 2007, n. 81, Disposizioni urgenti in materia finanziaria.

[261]Il numero di pubblica utilità 1522 “Antiviolenza Donna” è attivo dall’8 Marzo 2006 e intende offrire un supporto, alla protezione e all’assistenza delle donne vittime di maltrattamenti e violenze, fornendo alle vittime un sostegno psicologico e giuridico nonché indirizzandole verso le strutture pubbliche e private presenti sul territorio. Il servizio, cui risponde personale esclusivamente femminile dotato di specifica formazione, è operante 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, multilingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, russo), ed accessibile gratuitamente dall’intero territorio nazionale, da rete fissa e mobile. Il servizio è fruibile da parte delle donne nell’assoluto anonimato.

[262]In base alla lettera g) dell’art. 1 del D.P.C.M. 15 giugno 2006, Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di diritti e pari opportunità al Ministro senza portafoglio on. dott.ssa Barbara Pollastrini il Ministro è delegato “a promuovere e coordinare le azioni di Governo in tema di diritti umani delle donne e diritti delle persone, nonché a prevenire e rimuovere le discriminazioni per cause direttamente o indirettamente fondate, in particolare, sulla razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età e gli orientamenti sessuali”.

[263]  L. 13 ottobre 1975, n. 654, Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

[264]  Il comma 788 introduce anche, per i medesimi soggetti, una disciplina relativa all’indennità di malattia.

[265]  Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53.

[266]  Si ricorda che il D.M. in questione, in attuazione dell'articolo 80, comma 12, della L. 23 dicembre 2000, n. 388, disciplina la corresponsione e la misura dell’indennità di maternità, dell’indennità di paternità e dell’indennità di adozione o affidamento (oltre che degli assegni familiari) ai medesimi soggetti.

[267]  L’articolo 17 del D.Lgs. 151/2001 dispone che, in determinate ipotesi (gravi complicanze della gravidanza o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; condizioni di lavoro o ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni nei casi previsti dal D.Lgs. 151/2001, cioè qualora la lavoratrice sia addetta a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri o qualora i risultati della valutazione dei rischi riveli un pericolo per la salute della medesima), l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice, fermo restando il diritto alla relativa indennità, sia anticipata rispetto ai termini ordinariamente previsti dall’articolo 16 del D.Lgs. 151/2001, che prevede tale astensione durante i due mesi precedenti alla data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto.

Invece l’articolo 22 del D.Lgs. 151/2001 prevede la corresponsione di un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, comprensivo sia del periodo di astensione obbligatoria ordinariamente previsto dal citato articolo 16 sia del periodo di anticipazione dell’astensione obbligatoria nei casi previsti dal citato articolo 17. Il medesimo articolo prevede che i periodi di congedo di maternità siano computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie e siano considerati come attività lavorativa ai fini della progressione nella carriera. Viene precisato inoltre che le ferie e le assenze spettanti ad altro titolo non devono essere utilizzate contemporaneamente ai periodi di astensione obbligatoria per maternità.

[268]  Il testo della direttiva è stato pubblicato nel sito http://www.pariopportunita.gov.it.

[269]  Fonte: www.pogas.it.

[270]Articolo 1, comma 319.

[271]Al fine di incentivare la pratica sportiva, la legge finanziaria per il 2007 ha previsto una detrazione ai fini IRPEF del 19 per cento delle spese sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni .

[272]Cfr. l’articolo 11 del decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni dalla legge 4 aprile 2007, n. 41 (Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive) che prevede l’apertura di un tavolo di concertazione, cui partecipano i Ministri per le politiche giovanili e le attività sportive, delle infrastrutture, dell’interno e dell’economia e delle finanze, il CONI, nonché i rappresentanti dell’ANCI, delle regioni e delle organizzazioni sportive, per definire un programma straordinario per l’impiantistica destinata allo sport professionistico e, in particolare, all’esercizio della pratica calcistica.

[273]Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri).

[274]In precedenza le competenze in materia di politiche giovanili erano esercitate, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso la Direzione generale per la famiglia, i diritti sociali e la responsabilità sociale delle imprese (CSR).

[275]  L’articolo 5 del decreto legge 27 dicembre 2006, n. 297, (Disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l'adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all'assistenza a terra negli aeroporti, all'Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio), convertito, con modificazioni dalle legge 23 febbraio 2007, n. 15, ha istituito l’Agenzia nazionale per i giovani, con il compito di realizzare il programma d’azione comunitaria Gioventù per il periodo 2007-2013, di cui alla decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006.

[276]  Il Forum è una associazione costituita a Roma nel 2004 e finanziata dall’articolo 1, comma 154 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria per il 2005) , che rappresenta 44 associazioni, anche a carattere regionale e locale. L’obiettivo principale di tale associazione è fornire alle Istituzioni nazionali pareri e proposte che contribuiscano a migliorare gli interventi riguardanti le politiche giovanili.

[277]  Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 29 giugno 2006, n. 149.

[278]  Convertito, con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale).

[279]  Cfr. l’articolo 15, comma 6.

[280]Per quanto concerne i profili relativi alle competenze istituzionali, il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia. Tali competenze sono state delegate al Ministro delle politiche per la famiglia.

[281]Articolo 1, comma 1251.

[282]Si rammenta che con la legge n. 266 del 2005 è stata prevista la costituzione di un Fondo di 1.140 milioni di euro per il 2006 per interventi “volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio economico”. La quota più rilevante di tali risorse (696 milioni di euro) è destinata al sostegno dei genitori, con l’assegnazione di un assegno di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato nell’anno 2005 e per ogni figlio nato nel 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato.

[283]Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (cfr. l’articolo 19).

[284]Articolo 1, comma 1250.

[285]Articolo 1, comma 1251.

[286]Rep. n. 50/CU del 27 giugno 2007.

[287]Articolo 1, comma 1259, della legge n. 206 del 2006.

[288]Articolo1, comma 630, della legge n. 206 del 2006.

[289]Le risorse del Fondo per la famiglia si aggiungono a quelle che le Regioni, nell’ambito della propria autonomia, stanziano per le stesse finalità, ferma restando la necessità che le regioni destinino al perseguimento di ciascuna delle predette finalità non meno del 20 per cento delle risorse complessivamente trasferite. Le modalità e i criteri con i quali perseguire le finalità indicate nelle tre aree d’intervento sono rimesse a specifiche Intese da adottare in Conferenza unificata. Si prevedono, inoltre, accordi di programma quadro tra Dipartimento delle politiche per la famiglia e le singole regioni per la definizione delle dimensioni quantitative dei servizi, la tempistica degli interventi, la quota di cofinanziamento regionale e/o locale, le modalità di svolgimento delle attività di monitoraggio e di assistenza tecnica. Al Dipartimento delle politiche per la famiglia è affidato il monitoraggio degli interventi, al fine di verificarne l’impatto su scala nazionale e di valorizzare le “migliori pratiche”.

[290]Nell’ambito delle agevolazioni previste per le categorie più deboli, si segnala che la legge finanziaria per il 2007 destina ad un apposito Fondo, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'IVA sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera. Il Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui riferita al triennio 2007-2009, finanzia, in parte, interventi di carattere sociale per la riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili a favore di clienti economicamente disagiati, anziani e disabili.

[291]  Per maggiori dettagli su tale aspetto, cfr. la scheda sulla sezione VI.2 del Documento.

[292]  Articolo 1, commi 1259-1260.

[293]  Si ricorda che il Consiglio europeo di Lisbona, nel marzo 2000, ha identificato lo sviluppo delle strutture per l’infanzia come uno degli snodi principali per l’incremento della partecipazione femminile al mercato del lavoro in modo da raggiungere l’obiettivo del 60 per cento entro il 2010. In particolare, si è rilevata la necessità di favorire tutti gli aspetti delle pari opportunità, compresa la riduzione della segregazione occupazionale, e di rendere più facile la conciliazione della vita professionale con la vita familiare, anche effettuando una nuova analisi comparativa in materia di miglioramento dei servizi di custodia dei bambini. Al fine di raggiungere gli obiettivi sopra indicati, nel marzo 2002, il Consiglio europeo di Barcellona ha invitato gli Stati membri ad elevare l’offerta di asili nido, in modo da consentirne la frequenza al 33 per cento dei bambini sotto i tre anni entro il 2010.

[294]  Articolo 1, comma 630.

[295]Articolo 1, comma 400. Le spese sono ammesse in detrazione per un importo non superiore a 632 euro annui. La detrazione è riconosciuta relativamente al solo periodo di imposta 2006.

[296]  Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città.

[297]  Si tratta dei lavoratori a progetto e delle categorie assimilate, iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. In particolare, la legge finanziaria dispone che ai lavoratori in questione, aventi titolo all’indennità di maternità, sia corrisposto per gli eventi di parto verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007 di un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, in misura pari al 30 per cento del reddito preso a riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità. Tale trattamento economico viene concesso anche nei casi di adozione o affidamento per ingressi in famiglia con decorrenza dal 1° gennaio 2007.

[298]Articolo 1, comma 791, della legge finanziaria per il 2007.

[299]  La Commissione per le adozioni internazionali è un organismo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, col compito di garantire che le adozioni di minori stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale. La Commissione, in particolare, svolge le seguenti principali funzioni: collabora con le autorità centrali degli altri Stati; propone al Governo la stipulazione di accordi bilaterali; autorizza gli enti allo svolgimento della loro attività in Italia e all'estero nel campo dell'adozione internazionale; cura la pubblicazione e la tenuta dell'albo degli enti autorizzati e vigila sul loro operato; autorizza l'ingresso in Italia dei minori adottati o affidati; invia ogni due anni una relazione al Presidente del Consiglio dei ministri, che a sua volta la trasmette al Parlamento.

[300]  La previsione dell’istituzione dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile è contenuta nell’art. 20 della legge 6 febbraio 2006, n. 38, recante Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet. I compiti dell’Osservatorio, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, sono quelli di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte da tutte le pubbliche amministrazioni, per la prevenzione e la repressione della pedofilia. Le attività dell’Osservatorio supportano quelle del Comitato interministeriale di coordinamento per la lotta alla pedofilia “CICLOPE”.

[301]  L’Osservatorio nazionale sulla famiglia, basato su una convenzione tra l’ex Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il comune di Bologna, come capofila di 25 comuni italiani, svolge, in particolare, le seguenti attività: osservazione dei cambiamenti strutturali della famiglia e delle tipologie familiari; promozione e sostegno delle relazioni e responsabilità familiari; raccolta e diffusione delle iniziative delle amministrazioni locali e delle associazioni; raccordo con gli Osservatori già esistenti a livello regionale e locale; banca dati della legislazione esistente in campo nazionale e internazionale; attività di rilevazione e monitoraggio su esperienze locali di solidarietà familiare e reti di associazioni familiari.

[302]  Articolo 1, comma 1251.

[303]Articolo 1, comma 319. Le spese sono ammesse in detrazione per un importo non superiore a 2.100 euro annui. Possono beneficiare di tale agevolazione solo i contribuenti il cui reddito complessivo non ecceda i 40 mila euro.

[304]  Al proposito il viceministro degli Affari esteri, Patrizia Sentinelli, nel corso dell’audizione sulla cooperazione allo sviluppo presso la Commissione Affari esteri della Camera (seduta del 18 ottobre 2006) ha quantificato in un terzo la quota dell’APS di pertinenza del proprio Dicastero, i restanti due terzi essendo amministrati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, preannunciando altresì iniziative per giungere a “determinare l’unitarietà della gestione”.

[305]  L’APS italiano si suddivide per un terzo nella componente bilaterale, e per la restante parte in quella multilaterale: quest’ultima tuttavia include la quota italiana dell’APS europeo, che rappresenta la metà dell’APS multilaterale italiano.

[306]  In proposito assume particolare importanza la partecipazione italiana al Fondo globale contro l’AIDS, la tubercolosi e la malaria: a seguito dell’impegno assunto con gli altri Paesi del G8, il Governo italiano si era impegnato a versare circa 200 milioni di dollari USA per il biennio 2002-2003 ed un’identica somma per il biennio successivo. Con l’art. 5 del d.l. n. 2 del 19 gennaio 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 10 marzo 2005, è stata infatti autorizzata la spesa di 180 milioni di euro da destinarsi al Fondo globale per gli anni 2004-2005. Si ricorda, infine, che l’art. 6, comma 3 del D.L. 2 luglio 2007, n. 81 (“Disposizioni urgenti in materia finanziaria”) autorizza la spesa di 260 milioni di euro per il 2007, al fine di consentire l’erogazione del contributo italiano residuo al Fondo globale per il periodo 2004-2007. Peraltro la proposta di legge a prima firma dell’On. Leoni (A.C. 1194) - attualmente all’esame in sede referente da parte della Commissione Affari esteri di Montecitorio - è diretta a rendere certo e stabile il contributo italiano al Fondo globale per la lotta all’AIDS, la tubercolosi e la malaria, assicurando nel contempo la distinzione del medesimo contributo rispetto agli stanziamenti destinati alla cooperazione internazionale.

      Nel DPEF attualmente all’esame del Parlamento, nel quale il Governo anticipa di non voler procedere per il 2008 a nessuna manovra correttiva dei conti pubblici, sono contenuti tuttavia alcuni impegni già sottoscritti e ritenuti vincolanti: tra questi, sul piano dei rapporti internazionali dell’Italia, figurano risorse – da reperire comunque con una manovra aggiuntiva di finanza pubblica – da destinare alla XIV ricostituzione delle risorse dell’International Development Association (IDA), del gruppo della Banca Mondiale, nonché al contributo italiano al citato Fondo globale per la lotta all’AIDS, TBC e malaria. Si segnala che l’art. 5 del disegno di legge A.S. 1108, attualmente in stato di relazione per l’Assemblea di Palazzo Madama, prevede, proprio per la XIV ricostituzione delle risorse dell’IDA, uno stanziamento di 193,2 milioni di euro, suddiviso in 31,5 milioni per l’anno 2006, 80,8 milioni per il 2007 e 80,7 milioni per il 2008. Tali somme vanno quindi parzialmente ricomprese nella proiezione triennale 2008-2010 delle risorse complessive da reperire per la partecipazione italiana a IDA XIV e al Fondo globale, che il DPEF fissa in 750 milioni di euro per il 2008 e in 150 milioni per ciascuna delle due annualità successive.

[307]In proposito, si veda il Bollettino sull’attività dell’Unione europea n. 13 del 10 gennaio 2007 “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo”, a cura dell’Ufficio RUE.

[308]L’articolo 125 del trattato stabilisce che gli Stati membri e la Comunità si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, di cui definisce gli obiettivi. La relazione comune sull’occupazione, unitamente alle raccomandazioni agli Stati membri e gli orientamenti annuali sull’occupazione, è elemento costitutivo della strategia europea per l’occupazione, avviata dal Consiglio europeo di Lussemburgo nel novembre 1997. La procedura annuale della strategia europea per l’occupazione è definita nell’articolo 128 del trattato: in base a una relazione annuale comune del Consiglio e della Commissione, il Consiglio europeo esamina annualmente la situazione dell’occupazione nella Comunità e adotta le conclusioni del caso. Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio elabora annualmente degli orientamenti di cui devono tener conto gli Stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione. Ciascuno Stato membro trasmette al Consiglio e alla Commissione, una relazione annuale, riguardante il programma nazionale di riforma, sulle principali misure adottate per l’attuazione della propria politica in materia di occupazione, alla luce degli orientamenti in materia di occupazione. Il Consiglio procede annualmente ad un esame dell’attuazione delle politiche degli Stati membri in materia di occupazione alla luce di dette relazioni sui programmi e può rivolgere raccomandazioni agli Stati membri. Inoltre, sulla base dei risultati di detto esame, il Consiglio e la Commissione trasmettono al Consiglio europeo una relazione annuale comune in merito alla situazione dell’occupazione nella Comunità. Dal 1997 la strategia europea per l’occupazione è stata rafforzata da iniziative adottate nelle riunioni del Consiglio europeo di primavera. Attualmente, nell’ambito del ciclo triennale 2005-2008, la strategia europea per l’occupazione ha tre obiettivi generali: piena occupazione, qualità e produttività sul posto di lavoro, coesione e mercati del lavoro inclusivi.

[309]  Il metodo di coordinamento aperto fornisce un nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri per far convergere le politiche nazionali al fine di realizzare certi obiettivi comuni.Esso si basa essenzialmente su: identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere (adottati dal Consiglio); strumenti di misura definiti congiuntamente (statistiche, indicatori, linee guida); il « benchmarking » vale a dire l'analisi comparativa dei risultati degli Stati membri e lo scambio di pratiche ottimali (sorveglianza effettuata dalla Commissione).

     Nel 2006 è stato introdotto un nuovo metodo aperto di coordinamento (MAC), potenziato riguardante le politiche di protezione sociale e di lotta contro la povertà.

[310]  L’Unione europea ha finora sovvenzionato le politiche di integrazione degli stati membri mediante strumenti come le Azioni Preparatorie per l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi (INTI). Anche il Fondo europeo di sviluppo regionale sostiene alcune misure di integrazione.

[311]  L’idea di elaborare un manuale sull’integrazione è nata dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, al fine di sviluppare la cooperazione e gli scambi di informazioni tra i differenti Punti di contatto nazionali sull’integrazione, allora istituiti. La prima edizione del manuale è stata pubblicata nel novembre 2004, durante la presidenza olandese.

[312]SEC(2006)1195/4

[313]Vedi Bollettino Consultazioni “La sanità in Europa. Un approccio strategico”, n. 14, del 24 gennaio 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[314]Vedi Bollettino Consultazioni “Prestazioni sanitarie transfrontaliere”, n. 12, 8 gennaio 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[315]In base all’art. 138 del Trattato, la Commissione ha il compito di promuovere la consultazione delle parti sociali a livello comunitario e prende ogni misura utile per facilitarne il dialogo provvedendo a un sostegno equilibrato delle parti. A tal fine, la Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione comunitaria. Se, dopo tale consultazione, ritiene opportuna un’azione comunitaria, la Commissione consulta ulteriormente le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Le parti sociali trasmettono alla Commissione un parere o, se opportuno, una raccomandazione. La durata della procedura non supera i nove mesi, salvo proroga decisa in comune dalle parti sociali interessate e dalla Commissione.

[316]Direttiva 96/34/CE del 3 giugno 1996 concernente l’accordo-quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES.

[317]In occasione del Vertice del millennio nel 2000, la Comunità internazionale ha adottato la dichiarazione del millennio, impegnandosi in un progetto mondiale destinato a ridurre significativamente la povertà estrema nelle sue diverse dimensioni. Associati alla dichiarazione del millennio, gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) sono: ridurre la povertà e la fame nel mondo; assicurare l'istruzione primaria per tutti; promuovere la parità fra i sessi; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l'HIV/AIDS e altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; partecipare ad un partenariato globale per lo sviluppo.

[318]COM (2006) 87.

[319]COM (2006) 88.

[320]COM (2006) 85.

[321]Il Consenso di Monterrey, adottato dalla Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo (FfD) svoltasi in Messico dal 18 al 22 marzo 2002, costituisce un importante quadro per guidare gli sforzi comuni della comunità internazionale in materia di cooperazione allo sviluppo e un’importante piattaforma per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio.

[322]  Ci si riferisce in particolare alle voci: Autostrada Salerno-Reggio Calabria-lotti ultimati e Autostrada Salerno-Reggio Calabria-lotti in completamento.

[323]  Dati tratti dal 3° Rapporto del Servizio studi della Camera sullo stato di attuazione della legge obiettivo