Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Titolo: | Gli enti locali nella legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 54 | ||
Data: | 16/03/2007 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
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Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Documentazione e ricerche
Gli enti locali
nella legge finanziaria per il 2007
(legge n. 296 del 2006)
n. 54
16 marzo 2007
Il presente dossier raccoglie le schede di lettura della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) che presentano uno specifico interesse per gli enti locali.
Dipartimento Bilancio e politica economica
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File: BI0148.doc
INDICE
§ Articolo 1, commi 101-105 (Versamento dell’imposta comunale sugli immobili)
§ Articolo 1, commi 145-151 (Imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche)
§ Articolo 1, commi 152-154 e 156 (Disposizioni in materia di imposte provinciali e comunali)
§ Articolo 1, commi 158-175 (Semplificazione e manutenzione della base imponibile)
§ Articolo 1, commi 179-182 (Poteri di accertamento e contestazione immediata)
§ Articolo 1, commi 183 (Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)
§ Articolo 1, comma 184 (Proroga della disciplina transitoria per le discariche di rifiuti)
§ Articolo 1, commi 189-193 (Compartecipazione comunale all'IRPEF)
§ Articolo 1, comma 311 (Imposta comunale sulla pubblicità)
§ Articolo 1, comma 697 (Compartecipazione provinciale al gettito IRPEF)
§ Articolo 1, commi 6-10 (Riduzione dei trasferimenti erariali in favore di regioni e enti locali)
§ Articolo 1, comma 696 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2007)
§ Articolo 1, comma 709 (Ripartizione Fondo comuni confinanti con le province di Trento e di Bolzano)
§ Articolo 1, comma 963 (Contributi erariali al comune di Roma quale sede della Capitale)
§ Articolo 1, commi 676-693 (Patto di stabilità interno per gli enti locali)
§ Articolo 1, comma 155 (Differimento della data di rientro dei debiti contratti dagli enti locali)
§ Articolo 1, comma 698 (Limiti all’indebitamento degli enti locali)
§ Articolo 1, comma 714 (Enti locali strutturalmente deficitari)
§ Articolo 1, commi 736-738 (Indebitamento degli enti locali tramite utilizzo di strumenti derivati)
§ Articolo 1, commi 739-740 (Indebitamento degli enti locali)
§ Articolo 1, comma 741 (Disposizioni relative al dissesto degli enti locali)
§ Articolo 1, commi 201-202 (Immobili confiscati ad organizzazioni criminali)
§ Articolo 1, comma 524 (Disposizioni sui segretari comunali e provinciali)
§ Articolo 1, commi 1156 e 1159 (Interventi a carico del Fondo per l'occupazione)
§ Articolo 1, comma 1166 (Disposizioni in materia di lavoratori socialmente utili)
§ Articolo 1, comma 720(Società partecipate da amministrazioni pubbliche regionali o locali)
§ Articolo 1, commi 725-733 (Interventi sulle società partecipate da enti locali)
§ Articolo 1, comma 718-719 (Indennità degli amministratori degli enti locali)
§ Articolo 1, commi 176-178 (Installazioni pubblicitarie ed affissioni abusive)
§ Articolo 1, commi 185-187 (Manifestazioni culturali legate alle tradizioni delle comunità locali)
§ Articolo 1, comma 194 (Competenze dello Stato e degli enti locali in materia di catasto)
§ Articolo 1, commi 597-599 (Contenimento delle spese di rappresentanza all’estero di enti locali)
§ Articolo 1, comma 700 (Gestione del demanio idrico dei comuni montani)
§ Articolo 1, comma 829 (Disposizioni in materia di lotta al randagismo)
§ Articolo 1, commi 892-895 (Progetti per la società dell’informazione)
§ Articolo 1, comma 1108-1109 (Gestione dei rifiuti solidi urbani)
§ Articolo 1, commi 1285-1286 (Reddito minimo di inserimento)
Le
disposizioni per gli enti locali contenute nella legge finanziaria per
il 2007
(legge n. 296/2006)
101. A decorrere dall'anno 2008, nella dichiarazione dei redditi presentata dai contribuenti diversi da quelli di cui al comma 102, per ciascun fabbricato è specificato:
a) oltre all'indirizzo, l'identificativo dell'immobile stesso costituito dal codice del comune, dal foglio, dalla sezione, dalla particella e dal subalterno. Tali dati sono indicati nelle dichiarazioni da presentare negli anni successivi unicamente in caso di variazione relativa anche a solo uno di essi;
b) l'importo dell'imposta comunale sugli immobili pagata nell'anno precedente.
102. La dichiarazione dei redditi presentata dai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in relazione ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2007, contiene tutte le indicazioni utili ai fini del trattamento dell'imposta comunale sugli immobili. Tali indicazioni sono riportate nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007, solo in caso di variazione relativa anche a solo una di esse. Con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti gli elementi, i termini e le modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui al periodo precedente ed al comma 101.
103. In sede di controllo delle dichiarazioni effettuato ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, si verifica il versamento dell'imposta comunale sugli immobili relativo a ciascun fabbricato, nell'anno precedente. L'esito del controllo è trasmesso ai comuni competenti.
104. Nelle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno 2007, nel quadro relativo ai fabbricati, per ogni immobile deve essere indicato l'importo dell'imposta comunale sugli immobili dovuta per l'anno precedente.
105. I comuni trasmettono annualmente all'Agenzia del territorio, per via telematica, i dati risultanti dalla esecuzione dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, in materia di imposta comunale sugli immobili, ove discordanti da quelli catastali, secondo modalità e nei termini stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
I commi da 101 a 105 dell’articolo 1 contengono disposizioni volte a contrastare l’evasione fiscale relativa all’imposta comunale sugli immobili (ICI), introducendo l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi i dati relativi a tale imposta e prevedendo scambi di informazioni tra uffici finanziari e comuni.
Il comma 101 dell’articolo 1 prescrive che nella dichiarazione dei redditi presentata dai contribuenti diversi da quelli di cui al successivo comma 102 (ovvero diversi da società di capitali, società cooperative e di mutua assicurazione, nonché dagli altri enti commerciali residenti), siano indicati, per ciascun fabbricato, oltre all’indirizzo, i seguenti dati:
§ l’identificativo catastale dell’immobile stesso, costituito dal codice del comune, dal foglio, dalla sezione, dalla particella e dal subalterno. L’obbligo di indicare questi dati, nelle dichiarazioni da presentare negli anni successivi a quello di prima indicazione, è riferito al solo caso in cui sia intervenuta una variazione relativa anche ad uno solo di essi;
§ l’importo dell’ICI pagata nell’anno precedente.
Tali obblighi decorrono dall’anno 2008 (dunque a partire dalla dichiarazione riferita all’anno d’imposta 2007),
Il comma 102 stabilisce che i soggetti di seguito elencati devono riportare - nella dichiarazione dei redditi relativa ai periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2007 – tutte le indicazioni utili ai fini del trattamento dell’ICI:
a) società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
b) enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.
Nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007, tali indicazioni dovranno essere riportate solo ove intervenga una variazione relativa anche ad una sola di esse.
La definizione degli elementi, dei termini e delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 101 e 102 sono rimesse ad un decreto del Capo del Dipartimento per le politiche fiscali, da adottarsi di concerto con il direttore dell’Agenzia delle entrate, previo parere della Conferenza Stato-città e autonomie locali.
Il comma 103 stabilisce che, in sede di controllo delle dichiarazioni effettuate ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, si procede a verifica del versamento dell’ICI relativa a ciascun fabbricato nell’anno precedente.
L’esito del controllo è rimesso ai comuni competenti.
L’articolo 36-bis (“Liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni”) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”) stabilisce – tra l’altro - che l’amministrazione finanziaria, avvalendosi di procedure automatizzate, proceda, entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta.
Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria, l’Amministrazione finanziaria provvede a:
a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi;
b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;
c) ridurre le detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
d) ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge;
e) ridurre i crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione;
f) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta.
Il comma 104 prevede che, nelle dichiarazioni dei redditi presentate nell’anno 2007 (e dunque riferibili all’anno fiscale 2006), debba essere indicato, nel quadro relativo ai fabbricati, per ogni immobile, l’importo dell’ICI dovuta per l’anno precedente.
Ai sensi del comma 105, i comuni sono tenuti a trasmettere annualmente, per via telematica, all’Agenzia del territorio i dati risultanti dall’esecuzione dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, recante l’istituzione e la disciplina dell’ICI, ove discordanti da quelli catastali.
Le modalità e i termini attuativi di tale disposizione sono rimessi ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi previo parere dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia (ANCI).
Articolo 1, commi 142-144
(Variazione dell'aliquota e dei criteri
della ripartizione della compartecipazione dell'addizionale comunale all'IRPEF)
142. All'articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, recante istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, a norma dell'articolo 48, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall'articolo 1, comma 10, della legge 16 giugno 1998, n. 191, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. I comuni, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, possono disporre la variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale di cui al comma 2 con deliberazione da pubblicare nel sito individuato con decreto del capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze 31 maggio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 5 giugno 2002. L'efficacia della deliberazione decorre dalla data di pubblicazione nel predetto sito informatico. La variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale non può eccedere complessivamente 0,8 punti percentuali. La deliberazione può essere adottata dai comuni anche in mancanza dei decreti di cui al comma 2»;
b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. Con il medesimo regolamento di cui al comma 3 può essere stabilita una soglia di esenzione in ragione del possesso di specifici requisiti reddituali»;
c) al comma 4:
1) le parole: «dei crediti di cui agli articoli 14 e 15» sono sostituite dalle seguenti: «del credito di cui all'articolo 165»;
2) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «L'addizionale è dovuta alla provincia e al comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell'anno cui si riferisce l'addizionale stessa, per le parti spettanti. Il versamento dell'addizionale medesima è effettuato in acconto e a saldo unitamente al saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. L'acconto è stabilito nella misura del 30 per cento dell'addizionale ottenuta applicando le aliquote di cui ai commi 2 e 3 al reddito imponibile dell'anno precedente determinato ai sensi del primo periodo del presente comma. Ai fini della determinazione dell'acconto, l'aliquota di cui al comma 3 è assunta nella misura deliberata per l'anno di riferimento qualora la pubblicazione della delibera sia effettuata non oltre il 15 febbraio del medesimo anno ovvero nella misura vigente nell'anno precedente in caso di pubblicazione successiva al predetto termine»;
d) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Relativamente ai redditi di lavoro dipendente e ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, l'acconto dell'addizionale dovuta è determinato dai sostituti d'imposta di cui agli articoli 23 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di nove rate mensili, effettuate a partire dal mese di marzo. Il saldo dell'addizionale dovuta è determinato all'atto delle operazioni di conguaglio e il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. In caso di cessazione del rapporto di lavoro l'addizionale residua dovuta è prelevata in unica soluzione. L'importo da trattenere e quello trattenuto sono indicati nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui all'articolo 4, comma 6-ter, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322»;
e) il comma 6 è abrogato.
143. A decorrere dall'anno d'imposta 2007, il versamento dell'addizionale comunale all'IRPEF è effettuato direttamente ai comuni di riferimento, attraverso apposito codice tributo assegnato a ciascun comune. A tal fine, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di attuazione del presente comma.
144. All'articolo 1, comma 51, primo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: «e 2007» sono soppresse.
I commi 142 e 143 modificano l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’IRPEF istituita con il decreto legislativo n. 360 del 1998.
L’addizionale comunale all’IRPEF, istituita dal decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, è composta di un’aliquota divisa in due parti:
§ un’aliquota base di compartecipazione, fissata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali;
§ un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti individuati dalla legge di un massimo di 0,5 punti percentuali, con un incremento annuo non superiore a 0,2 punti percentuali.
Non essendo stato adottato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze chiamato a definire la “parte fissa” dell’aliquota, l’articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha introdotto un regime transitorio a favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario, prevedendo una compartecipazione al gettito dell’IRPEF, fissata nella misura del 4,5 per cento di quanto riscosso in conto competenza nel 2002. La compartecipazione, inizialmente prevista per il solo anno 2002, è stata estesa anche all’anno 2003 dall’articolo 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002). L’aliquota di compartecipazione è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002.
Tale compartecipazione dei comuni è stata poi confermata per gli anni 2004, 2005 e 2006 (rispettivamente legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, co. 18; legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, co. 65; legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 152).
A decorrere dall’anno 2007, la legge finanziaria in esame ha disposto, ai commi da 189 a 193, l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione dei comuni all’IRPEF (cfr. la relativa scheda di lettura).
Per quanto concerne l’altra parte dell’aliquota, facoltativa e variabile, la cui applicazione è rimessa a ciascun comune, nel corso della legislatura precedente sono state adottate alcune disposizioni che hanno previsto la sospensione degli effetti degli aumenti deliberati dai comuni.
In particolare, con riferimento alla sospensione degli aumenti dell’addizionale, si ricorda che l’articolo 3, comma 1, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha disposto, tra le altre cose, la sospensione degli aumenti dell’addizionale comunale all’IRPEF, deliberati dopo il 29 settembre 2002, fino a quando non fosse intervenuto un accordo in sede di Conferenza unificata tra Stato regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale.
La sospensione dell’efficacia degli aumenti è stata via via confermata, da ultimo, dall’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), che ha prorogato il blocco fino al 31 dicembre 2006.
La disposizione prevede comunque, per i comuni che non se ne siano avvalsi in precedenza, di aumentare l’aliquota dell’addizionale all’IRPEF per il triennio 2005-2007. Gli effetti di tali aumenti rimarranno comunque sospesi, in forza della disposizione, fino al 31 dicembre 2006.
La lettera a) del comma 142 in esame consente ai comuni di variare l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale nella misura massima di 0,8 punti percentuali, invece che, come nella normativa previgente, nella misura massima di 0,5 punti percentuali con un incremento annuo non superiore a 0,2 punti percentuali.
La lettera b) del comma 142 consente ai comuni – attraverso il medesimo regolamento utilizzato per la variazione dell’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale IRPEF – di stabilire una soglia di esenzione dall’addizionale, in ragione del possesso di requisiti reddituali specifici.
Il numero 2) della lettera c) del comma 142 prevede, tra le altre cose, che il versamento dell’addizionale sia effettuato in acconto e a saldo, con un acconto stabilito nella misura del 30 per cento dell’importo ottenuto applicando l’aliquota all’imponibile IRPEF dell’anno precedente, ovvero, a determinate condizioni, quella dell’anno di riferimento.
L’aliquota da applicare è quella dell’anno di riferimento se la relativa delibera è stata pubblicata entro il 15 febbraio del medesimo anno; in caso contrario, si utilizza l’aliquota dell’anno precedente.
In proposito, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 20 dicembre 1999, che attualmente disciplina la materia, prevede invece che l’addizionale, determinata dal sostituto d’imposta all’atto di effettuazione delle operazioni di conguaglio, sia trattenuta dallo stesso in tre rate uguali a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le operazioni di conguaglio sono state effettuate o, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, in un’unica soluzione nel periodo di paga in cui sono state svolte le dette operazioni; gli importi trattenuti vanno versati entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui gli importi sono stati trattenuti. Si effettua un versamento unico anche se l’addizionale è riferita a sostituti di imposta domiciliati in comuni diversi. L’addizionale dovuta in autotassazione (ossia pagata direttamente dai contribuenti) è versata entro il termine di pagamento a saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche risultante dalla dichiarazione dei redditi.
Il comma 143 prevede che, a decorrere dall’anno d’imposta 2007, l’addizionale comunale all’IRPEF venga versata direttamente ai comuni di riferimento, attraverso un apposito codice tributo assegnato a ciascun comune.
Le modalità attuative del presente comma verranno definite con un decreto del ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 2007).
Il comma 144, conseguentemente alle disposizioni introdotte, abroga il riferimento all’anno 2007 contenuto nell’articolo 1, comma 51, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), che consentiva di variare, per gli anni 2005, 2006 e 2007, l’aliquota dell’addizionale ai soli comuni che non si siano avvalsi in passato di tale facoltà.
Articolo 1, commi 145-151
(Imposta di scopo per la realizzazione di
opere pubbliche)
145. A decorrere dal 1° gennaio 2007, i comuni possono deliberare, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, l'istituzione di un'imposta di scopo destinata esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche individuate dai comuni nello stesso regolamento tra quelle indicate nel comma 149.
146. Il regolamento che istituisce l'imposta determina:
a) l'opera pubblica da realizzare;
b) l'ammontare della spesa da finanziare;
c) l'aliquota di imposta;
d) l'applicazione di esenzioni, riduzioni o detrazioni in favore di determinate categorie di soggetti, in relazione all'esistenza di particolari situazioni sociali o reddituali, con particolare riferimento ai soggetti che già godono di esenzioni o di riduzioni ai fini del versamento dell'imposta comunale sugli immobili sulla prima casa e ai soggetti con reddito inferiore a 20.000 euro;
e) le modalità di versamento degli importi dovuti.
147. L'imposta è dovuta, in relazione alla stessa opera pubblica, per un periodo massimo di cinque anni ed è determinata applicando alla base imponibile dell'imposta comunale sugli immobili un'aliquota nella misura massima dello 0,5 per mille.
148. Per la disciplina dell'imposta si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta comunale sugli immobili.
149. L'imposta può essere istituita per le seguenti opere pubbliche:
a) opere per il trasporto pubblico urbano;
b) opere viarie, con l'esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;
c) opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;
d) opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini;
e) opere di realizzazione di parcheggi pubblici;
f) opere di restauro;
g) opere di conservazione dei beni artistici e architettonici;
h) opere relative a nuovi spazi per eventi e attività culturali, allestimenti museali e biblioteche;
i) opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell'edilizia scolastica.
150. Il gettito complessivo dell'imposta non può essere superiore al 30 per cento dell'ammontare della spesa dell'opera pubblica da realizzare.
151. Nel caso di mancato inizio dell'opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i comuni sono tenuti al rimborso dei versamenti effettuati dai contribuenti entro i due anni successivi.
I commi da 145 a 151 prevedono la possibilità per i comuni di istituire, con regolamento, un’imposta di scopo per finanziare la realizzazione di opere pubbliche.
Con il termine di “imposta di scopo” si intende una forma di imposizione che trova la sua giustificazione nel collegamento tra imposizione e destinazione del gettito. L’imposta di scopo costituisce quindi una deroga al principio dell’unità del bilancio, in base al quale, nel bilancio, la corrispondenza tra entrate e spese deve essere garantita a livello globale, non essendo possibile stabilire una specifica correlazione tra una singola entrata ed una singola spesa.
In particolare, il comma 145 rimette ad un regolamento comunale, emanato ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (“Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”), l’istituzione dell’imposta che deve essere destinata esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di specifiche opere pubbliche, individuate dai comuni nello stesso regolamento e rientranti nelle tipologie individuate dal comma 149 in commento.
In proposito, si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede che le province ed i comuni possano disciplinare, con regolamento, le proprie entrate, anche tributarie - salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi - nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
Il comma 146 prevede inoltre che il regolamento comunale istitutivo dell’imposta indichi:
a) l’opera pubblica da realizzare;
b) l’ammontare della spesa da finanziare;
c) l’aliquota di imposta (sul punto si veda anche il comma 147);
d) l’applicazione di esenzioni, riduzioni o detrazioni in favore di determinate categorie di soggetti, in relazione all’esistenza di particolari situazioni sociali o reddituali, con particolare riferimento ai soggetti che già godono di esenzioni e riduzioni sul versamento dell’ICI sulla prima casa[1] e ai soggetti con reddito inferiore a 20.000 euro;
e) le modalità di versamento degli importi dovuti.
Il comma 147 prevede che l’imposta di scopo sia calcolata applicando alla base imponibile dell’ICI un’aliquota che il Comune può individuare fino alla misura massima dello 0,5 per mille.
Si stabilisce altresì che l’imposta di scopo sia dovuta – in relazione alla stessa opera pubblica – per un periodo massimo di cinque anni.
Il comma 148 stabilisce che, per la disciplina dell’imposta di scopo, si applichino le vigenti disposizioni in materia di ICI, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1992.
In proposito, si ricorda che il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili, istituita con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato destinato a qualsiasi uso; soggetti passivi dell’imposta sono i proprietari o i titolari di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione); la base imponibile è costituita dal valore degli immobili (il valore dei fabbricati è determinato dal prodotto tra le rendite catastali e appositi moltiplicatori diversificati per gruppi catastali; il valore delle aree fabbricabili è quello di mercato al 1° gennaio di ciascun periodo di imposta; il valore dei terreni agricoli è il risultato del prodotto tra il reddito dominicale e un moltiplicatore pari a 75); l’aliquota dell’imposta è determinata dal Comune, ciascun anno per l’anno successivo, e deve essere definita in misura compresa tra il 4 e il 7 per mille; in assenza di delibera del Comune, si applica l’aliquota del 4 per mille.
Il comma 149 individua le seguenti tipologie di opere pubbliche per le quali può essere istituita l’imposta di scopo:
a) opere per il trasporto pubblico urbano;
b) opere viarie, con esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;
c) opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;
d) opere di risistemazione di parchi e giardini;
e) opere di realizzazione di parcheggi pubblici;
f) opere di restauro;
g) opere relative a nuovi spazi per eventi e attività culturali, allestimenti museali e biblioteche;
h) opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell’edilizia scolastica;
i) opere di conservazione dei beni artistici e architettonici.
Il comma 150 stabilisce che il gettito complessivo dell’imposta di scopo non possa essere superiore al 30 per cento dell’ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare.
Il comma 151 prevede che, in caso di mancato inizio dell’opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo, i comuni siano tenuti, entro i due anni successivi, a rimborsare i versamenti effettuati dai contribuenti.
Articolo 1, commi 152-154 e 156
(Disposizioni in materia di imposte
provinciali e comunali)
152. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite, sentite l'ANCI e l'Unione delle province d'Italia (UPI), le modalità ed i termini di trasmissione, agli enti locali interessati che ne fanno richiesta, dei dati inerenti l'addizionale comunale e provinciale sull'imposta sull'energia elettrica di cui all'articolo 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, e successive modificazioni, desumibili dalla dichiarazione di consumo di cui all'articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, presentata dai soggetti tenuti a detto adempimento, nonché le informazioni concernenti le procedure di liquidazione e di accertamento delle suddette addizionali.
153. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le province alle quali può essere assegnata, nel limite di spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la diretta riscossione dell'addizionale sul consumo di energia elettrica concernente i consumi relativi a forniture con potenza impegnata superiore a 200 kW, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, e successive modificazioni, con priorità per le province confinanti con le province autonome di Trento e di Bolzano, per quelle confinanti con la Confederazione elvetica e per quelle nelle quali oltre il 60 per cento dei comuni ricade nella zona climatica F prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni.
154. All'articolo 56, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, la parola: «venti» è sostituita dalla seguente: «trenta».
(omissis)
156. All'articolo 6, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, la parola: «comune» è sostituita dalle seguenti: «consiglio comunale».
Il comma 152 prevede la possibilità di trasmettere agli enti locali interessati, che ne facciano richiesta, i dati inerenti l’addizionale comunale e provinciale sull’imposta sull’energia elettrica.
L’addizionale comunale e provinciale sull’energia elettrica è prevista dall’articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988 (“Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale e locale”), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, il quale prevedeva che, per ogni kWh di consumo di energia elettrica, venisse istituita una addizionale nelle seguenti misure:
a) lire 36 in favore dei comuni per qualsiasi uso nelle abitazioni, con esclusione delle seconde case, e con esclusione delle forniture, con potenza impegnata fino a 3 kW, effettuate nelle abitazioni di residenza anagrafica degli utenti limitatamente ai primi due scaglioni mensili di consumo quali risultano fissati nelle tariffe vigenti;
b) lire 39,5 in favore dei comuni, per qualsiasi uso nelle seconde case;
c) lire 18 in favore delle province per qualsiasi uso in locale e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200.000 kWh di consumo al mese. Le province hanno facoltà di incrementare detta misura fino a 22 lire per kWh. Le province devono deliberare la misura dell’addizionale entro i termini di approvazione del bilancio di previsione e notificare, entro dieci giorni dalla data di esecutività, copia autentica della deliberazione all’ente, che provvede alla riscossione per gli adempimenti di competenza.
L’articolo 2, comma 39, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) è intervenuto sulle addizionali comunale e provinciale sull’energia elettrica, estendendone l’applicazione, anche d’acconto, non solo alle imprese distributrici, compresi i grossisti, ma anche alle imprese produttrici.
Si ricorda altresì che il l’articolo 5, comma 1 dello schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità[2], sostituisce l’articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988, recante la disciplina delle addizionali comunale e provinciale sull’energia elettrica. La nuova disciplina proposta riproduce peraltro sostanzialmente le disposizioni vigenti, in particolare per quanto riguarda la misura delle addizionali. Alcune limitate modifiche incidono invece sulle modalità di applicazione dell’addizionale.
In base al comma 152, in particolare, i comuni potranno accedere:
a) alle dichiarazioni di consumo;
In base al comma 5 dell’articolo 55 del Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, la dichiarazione di consumo, oltre alle indicazioni occorrenti per l’individuazione della ditta (denominazione, sede, ubicazione dell’officina, codice fiscale e numero della partita I.V.A.), deve contenere tutti gli elementi necessari per l’accertamento del debito d’imposta.
b) alle informazioni sulle procedure di liquidazione e di accertamento delle addizionali.
Le modalità e i termini di trasmissione dei dati suddetti agli enti locali che ne facciano richiesta sono stabiliti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, da adottarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria, previo parere dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e dell’Unione delle province d’Italia (UPI). Il provvedimento è stato emanato il 27 febbraio 2007 ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2007.
Il comma 153 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore delle presente legge finanziaria, l’individuazione delle province alle quali può essere assegnata, nel limite di spesa di 5 milioni per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la diretta riscossione dell’addizionale sul consumo di energia elettrica (relativa ai consumi con forniture di potenza impegnata maggiore di 200 kW) in deroga alle modalità di riscossione di cui all’articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988, dando priorità alle province confinanti con quelle di Trento e Bolzano, a quelle confinanti con la Confederazione elvetica, nonché a quelle nelle quali oltre il 60 per cento dei comuni ricade nella zona climatica F, di cui al D.P.R 26 agosto 1993, n. 412 (“Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell’art. 4, comma 4, della L. 9 gennaio 1991, n. 10”).
Il menzionato articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988 prevede che le addizionali sul consumo di energia elettrica siano liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’imposta erariale di consumo sull’energia elettrica e siano versate direttamente ai comuni e alle province nell’ambito del cui territorio sono ubicate le utenze, con esclusione di quelle sui consumi relativi a forniture con potenza impegnata superiore ai 200 chilowatt.
Queste ultime, infatti, sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’imposta erariale di consumo sull’energia elettrica e sono versate in apposito conto corrente aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato intestato a “Ministero del tesoro: somme da devolvere a favore dei comuni e delle province”.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, le somme affluite nel predetto conto corrente di tesoreria sono prelevate per essere iscritte nei competenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’interno, per la successiva loro ripartizione tra i comuni e le province secondo criteri individuati dal Ministro dell’interno, sentite l’UPI e l’ANCI. In relazione al particolare ordinamento finanziario delle province di Trento e di Bolzano, le addizionali in questione, riscosse nell’ambito delle province medesime, sono versate direttamente ai comuni e alle province interessate.
In base all’articolo 2, comma 1, del citato D.P.R. n. 412 del 1993, il territorio nazionale è suddiviso nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi-giorno, indipendentemente dalla ubicazione geografica:
Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600;
Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;
Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;
Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;
Zona E: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;
Zona F: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera z), per gradi-giorno di una località, si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente, convenzionalmente fissata a 20 C°, e la temperatura media esterna giornaliera; l’unità di misura utilizzata è, per l’appunto, il grado-giorno.
Il comma 154 eleva dal venti al trenta per cento la misura massima entro la quale le province possono, ai sensi dell’articolo 56, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, aumentare le tariffe per il pagamento dell’imposta provinciale di trascrizione dei veicoli al pubblico registro automobilistico, rispetto alla base predeterminata dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, secondo quanto previsto dall’articolo 56, comma 11, del medesimo decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (“Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”).
In base all’articolo 56 del decreto legislativo n. 446 del 1997, le province possono, con regolamento, istituire l’imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. L’imposta è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta della formalità. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è stabilita la misura dell’imposta provinciale di trascrizione per tipo e potenza dei veicoli.
Il comma 156 corregge il comma 1 dell’articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (“Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”), specificando che l’aliquota dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), dallo stesso decreto istituita, è stabilita dal Consiglio comunale (e non dal comune, come previsto genericamente dal testo originario).
Articolo 1, commi 158-175
(Semplificazione e manutenzione della
base imponibile)
158. Per la notifica degli atti di accertamento dei tributi locali e di quelli afferenti le procedure esecutive di cui al testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, e successive modificazioni, nonché degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province, ferme restando le disposizioni vigenti, il dirigente dell'ufficio competente, con provvedimento formale, può nominare uno o più messi notificatori.
159. I messi notificatori possono essere nominati tra i dipendenti dell'amministrazione comunale o provinciale, tra i dipendenti dei soggetti ai quali l'ente locale ha affidato, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e delle altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, nonché tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza, capacità ed affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate, previa, in ogni caso, la partecipazione ad apposito corso di formazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale, ed il superamento di un esame di idoneità.
160. Il messo notificatore esercita le sue funzioni nel territorio dell'ente locale che lo ha nominato, sulla base della direzione e del coordinamento diretto dell'ente ovvero degli affidatari del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni. Il messo notificatore non può farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti.
161. Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.
162. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati; se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama, salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Gli avvisi devono contenere, altresì, l'indicazione dell'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato, del responsabile del procedimento, dell'organo o dell'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela, delle modalità, del termine e dell'organo giurisdizionale cui è possibile ricorrere, nonché il termine di sessanta giorni entro cui effettuare il relativo pagamento. Gli avvisi sono sottoscritti dal funzionario designato dall'ente locale per la gestione del tributo.
163. Nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.
164. Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L'ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza.
165. La misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a decorrere dalla data dell'eseguito versamento.
166. Il pagamento dei tributi locali deve essere effettuato con arrotondamento all'euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, ovvero per eccesso se superiore a detto importo.
167. Gli enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di tributi locali.
168. Gli enti locali, nel rispetto dei princìpi posti dall'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, stabiliscono per ciascun tributo di propria competenza gli importi fino a concorrenza dei quali i versamenti non sono dovuti o non sono effettuati i rimborsi. In caso di inottemperanza, si applica la disciplina prevista dal medesimo articolo 25 della legge n. 289 del 2002.
169. Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.
170. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ed in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, gli enti locali e regionali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi al gettito delle entrate tributarie e patrimoniali, di rispettiva competenza. Per l'inosservanza di detti adempimenti si applicano le disposizioni di cui all'articolo 161, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno, sono stabiliti il sistema di comunicazione, le modalità ed i termini per l'effettuazione della trasmissione dei dati.
171. Le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
172. Al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5 dell'articolo 9, le parole da: «; il relativo ruolo» fino a: «periodo di sospensione» sono soppresse;
b) sono abrogati: il comma 6 dell'articolo 9; l'articolo 10; il comma 4 dell'articolo 23; l'articolo 51, ad eccezione del comma 5; il comma 4 dell'articolo 53; l'articolo 71, ad eccezione del comma 4; l'articolo 75; il comma 5 dell'articolo 76.
173. Al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 4 dell'articolo 5 è abrogato;
b) al comma 2 dell'articolo 8, dopo le parole: «adibita ad abitazione principale del soggetto passivo» sono inserite le seguenti: «, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica,»;
c) all'articolo 10, il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili»;
d) i commi 1, 2, 2-bis e 6 dell'articolo 11 sono abrogati;
e) all'articolo 12, comma 1, le parole: «90 giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni» e le parole da: «; il ruolo deve essere formato» fino alla fine del comma sono soppresse;
f) l'articolo 13 è abrogato;
g) il comma 6 dell'articolo 14 è abrogato.
174. Al comma 53 dell'articolo 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Resta fermo l'obbligo di presentazione della dichiarazione nei casi in cui gli elementi rilevanti ai fini dell'imposta dipendano da atti per i quali non sono applicabili le procedure telematiche previste dall'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, concernente la disciplina del modello unico informatico».
175. Le lettere l) e n) del comma 1 e i commi 2 e 3 dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono abrogati.
I commi da 158 a 160 dell’articolo 1 intervengono in materia di poteri di accertamento degli enti locali e prevedono innanzitutto la possibilità, per i dirigenti degli uffici competenti di tali enti, di nominare uno o più messi notificatori. Tali messi potranno provvedere alla notifica:
§ degli atti di accertamento dei tributi locali;
§ di quelli riguardanti le procedure coattive per la riscossione delle entrate patrimoniali, e dei proventi di servizi pubblici previste dal regio decreto n. 639 del 1910;
§ degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province.
Il comma 159 individua i requisiti soggettivi per la nomina a messo notificatore:
tali soggetti possono essere nominati:
§ tra i dipendenti dell’amministrazione comunale o provinciale;
§ tra i dipendenti dei concessionari del servizio di riscossione comunale.
La possibilità di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate, è prevista dall’articolo 52, comma 5, lettera b) del decreto legislativo n. 446 del 1997 richiamato dal comma 159 in esame. In proposito, si ricorda tuttavia l’intervenuta riforma del sistema nazionale della riscossione (prevista dall’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005 recante “Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005) che ha affidato il servizio nazionale della riscossione ad una società a capitale prevalentemente pubblico, la “Riscossione SpA” e alle società da questa partecipate.
§ tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza e affidabilità, forniscono idonea garanzia del corretto svolgimento delle funzioni assegnate.
Il comma 160 prevede che il messo eserciti le sue funzioni nel territorio dell’ente locale che lo ha nominato e che non possa farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti.
I commi da 161 a 171 recano disposizioni in materia di autonomia impositiva degli enti locali, individuando su molti aspetti (accertamento, sanzioni, riscossione, possibilità di effettuare compensazioni) una normativa di carattere generale in luogo delle disposizioni specifiche dettate per i diversi tributi (imposta comunale sulla pubblicità, imposta sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, imposta comunale sugli immobili).
Più dettagliatamente, i commi da 161 a 166 dell’articolo 1 recano varie disposizioni in materia di accertamento e di riscossione dei tributi propri degli enti locali. In particolare:
§ si consente agli enti locali di procedere alla rettifica delle dichiarazioni in complete o infedeli, nonché all’accertamento di ufficio (comma 161);
§ si prevede l’applicazione degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 per l’irrogazione delle sanzioni (comma 161).
L’articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che all’irrogazione delle sanzioni amministrative provveda l’ente compente all’accertamento del tributo, disciplinando la procedura per la contestazione da parte dell’ente dell’omesso o ritardato pagamento.
L’articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 disciplina invece i casi in cui risulta possibile procedere all’irrogazione immediata della sanzione.
§ si descrivono le caratteristiche degli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio (comma 161);
§ si stabilisce al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo il termine per la notifica del provvedimento di esecuzione (comma 163);
§ si stabilisce in cinque anni dal giorno del versamento ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione il termine per la richiesta, da parte dei contribuenti, delle somme versate e non dovute (comma 164);
§ si stabilisce in centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza il termine per il rimborso da parte dell’ente locale (comma 164);
§ si fissa in tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale la misura annua degli interessi (comma 165;
§ si prevede che il pagamento dei tributi locali sia effettuato con arrotondamento all’unità per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi o per eccesso se risulta superiore a tale importo (comma 166).
I commi da 167 a 170 dell’articolo 1 recano alcune disposizioni di carattere generale in ordine all’autonomia impositiva degli enti locali.
In particolare si prevede:
§ la possibilità per gli enti locali di disciplinare le modalità con le quali compensare debiti e crediti di imposta, in analogia a quanto previsto dalla legislazione statale all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 167);
§ la possibilità per gli enti locali di stabilire i limiti quantitativi per gli esoneri dalle imposte o dai relativi rimborsi, nel rispetto dell’articolo 25 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), il quale rimette ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la statuizione delle disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche. In caso di inottemperanza, è prevista l’applicazione della disciplina fissata dal medesimo articolo 25 (comma 168);
§ obbligo per gli enti locali di deliberare le tariffe e le aliquote sui tributi di propria competenza, entro la data fissata dalle norme statali per la deliberazione dei bilanci di competenza, con effetto comunque dal 1° gennaio dell’anno di riferimento (comma 169);
La legislazione vigente individua nel 31 dicembre dell’anno precedente il termine per la presentazione del bilancio di previsione. Tale termine è stato tuttavia in passato in più occasioni prorogato al 31 marzo o anche al 31 maggio del medesimo anno a cui il bilancio si riferisce.
§ obbligo di comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, ai fini del coordinamento della finanza pubblica[3], i dati relativi al gettito delle entrate tributarie (comma 170).
In caso di inosservanza dell’obbligo si prevede l’applicazione dell’articolo 161, comma 3, del Testo unico sugli enti locali emanato con decreto legislativo n. 267 del 2000, il quale dispone la sospensione dell'ultima rata dei trasferimenti erariali a valere del fondo ordinario, in caso di mancata redazione dell’apposita certificazione sui principali dati di bilancio e del rendiconto.
Il comma 171 dispone, in via generale, che le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applichino anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della legge (ossia al 1° gennaio 2007).
Il comma 172 abroga una serie di disposizioni relative all’imposta comunale sulla pubblicità e le affissioni, alla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche e alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in materia di riscossione, accertamento, rimborsi, sanzioni ed interessi, di cui al decreto legislativo n. 507 del 1993, che risultano superate dalle disposizioni di cui ai commi da 161 a 171.
Con riferimento alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, si ricorda che il decreto legislativo n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi) prevedeva la soppressione della tassa e l’istituzione di una tariffa a copertura della gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani a decorrere dal 1° gennaio 1999. Tale termine è stato tuttavia più volte prorogato e si sono introdotti termini differenziati in ragione della popolazione e del grado di copertura dei costi del servizio registrato nel 1999. Attualmente, per i comuni che raggiungessero nel 1999 un grado di copertura del servizio superiore all’85 per cento ovvero compreso tra il 55 e l’85 per cento, è stato previsto un periodo transitorio di sette anni a decorrere dal termine originario del 1° gennaio 1999, per l’adozione della tariffa.
Il comma 173, oltre ad abrogare, alle lettere d), e), f) e g), le disposizioni in materia di accertamento, riscossione e sanzioni dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), che risultano superate dalle disposizioni di cui ai commi da 161 a 170, modifica anche altri aspetti di tale tributo.
In particolare, la lettera a) abroga il comma 4 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 504 del 1992, che individua una specifica disciplina in materia di imposizione dell’ICI per i fabbricati non iscritti in catasto, nonché per i fabbricati per i quali sono proposte variazioni permanenti (per tali immobili, le disposizioni richiamate prevedono, infatti, che il valore sia determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti). In proposito, la relazione illustrativa precisa che si è inteso abbandonare il concetto oramai superato di “rendita similare”.
La lettera b) precisa che, ai fini della detrazione ICI spettante per l’abitazione principale, si intende per “abitazione principale” quella di residenza anagrafica.
La lettera c) prevede che, nei procedimenti di fallimento o liquidazione coatta, il curatore o il commissario liquidatore devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l’avvio della procedura. Essi sono inoltre tenuti al versamento dell’imposta per il periodo di durata della procedura di fallimento entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili. In proposito, la relazione illustrativa afferma che la finalità della norma è individuata nell’opportunità di assicurare al comune la conoscenza dell’avvio della procedura di fallimento.
Il comma 174 integra le disposizioni dell’articolo 37, comma 53, del decreto-legge n. 223 del 2006, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, convertito con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, che sopprimevano l’obbligo di dichiarazione degli immobili di proprietà ai fini dell’imposizione dell’ICI[4], rinviando tuttavia la soppressione all’operatività del sistema di circolazione dei dati catastali dell’Agenzia del territorio.
La disposizione in commento prevede ora che l’obbligo di dichiarazione dell’ICI permanga comunque per gli elementi rilevanti per i quali non siano applicabili le procedure telematiche degli atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, previste dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997.
La disposizione del comma 175 abroga le lettere l) e n) del comma 1 nonché i commi 2 e 3 dell’articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446[5].
L’articolo 59, comma 1, del decreto legislative n. 446 del 1997, reca disposizioni relative alla potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili. Esso prevede che con regolamento, i comuni possono:
§ in base alla lettera l), semplificare e razionalizzare il procedimento di accertamento, anche al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti e potenziare l’attività di controllo sostanziale, secondo determinati criteri direttivi;
§ in base alla lettera n), razionalizzare le modalità di esecuzione dei versamenti, sia in autotassazione che a seguito di accertamenti, prevedendo, in aggiunta o in sostituzione del pagamento tramite il concessionario della riscossione, il versamento sul conto corrente postale intestato alla tesoreria del comune e quello direttamente presso la tesoreria medesima, nonché il pagamento tramite sistema bancario.
I successivi commi 2 e 3, anch’essi abrogati dalla presente disposizione, prevedono rispettivamente:
a) il comma 2 che, se sono adottate norme regolamentari nella materia di cui alla lettera l) del comma 1, nel territorio del comune non operano, per gli anni di vigenza del regolamento, le disposizioni di cui agli articoli 10, commi 4 e 5, primo periodo, 11, commi 1 e 2, 14, comma 2, e 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
Si tratta delle seguenti disposizioni:
§ gli articoli 10, commi 4 e 5, primo periodo, disciplinano le modalità di dichiarazione dell’ICI;
§ l’articolo 11, commi 1 e 2, attiene alla liquidazione ed accertamento dell’ICI;
§ l’articolo 14, comma 2 commina una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di infedeltà della denuncia o della dichiarazione;
§ l’articolo 16, comma 1, in materia di indennità di espropriazione, era già stato abrogato.
b) il comma 3 stabilisce che, nelle disposizioni regolamentari di cui alla lettera l) del comma 1, possa essere stabilita, per anni pregressi, l’eliminazione delle operazioni di liquidazione sulla base delle dichiarazioni ovvero la loro effettuazione secondo criteri selettivi.
Articolo 1, commi 179-182
(Poteri di accertamento e contestazione
immediata)
179. I comuni e le province, con provvedimento adottato dal dirigente dell'ufficio competente, possono conferire i poteri di accertamento, di contestazione immediata, nonché di redazione e di sottoscrizione del processo verbale di accertamento per le violazioni relative alle proprie entrate e per quelle che si verificano sul proprio territorio, a dipendenti dell'ente locale o dei soggetti affidatari, anche in maniera disgiunta, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di riscossione delle altre entrate, ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 68, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, relative all'efficacia del verbale di accertamento.
180. I poteri di cui al comma 179 non includono, comunque, la contestazione delle violazioni delle disposizioni del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni. La procedura sanzionatoria amministrativa è di competenza degli uffici degli enti locali.
181. Le funzioni di cui al comma 179 sono conferite ai dipendenti degli enti locali e dei soggetti affidatari che siano in possesso almeno di titolo di studio di scuola media superiore di secondo grado, previa frequenza di un apposito corso di preparazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale stesso, ed il superamento di un esame di idoneità.
182. I soggetti prescelti non devono avere precedenti e pendenze penali in corso né essere sottoposti a misure di prevenzione disposte dall'autorità giudiziaria, ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, salvi gli effetti della riabilitazione.
I commi da 179 a 182 dell’articolo 1 consentono il conferimento di poteri di accertamento, di contestazione immediata e di redazione e sottoscrizione del processo verbale di accertamento di alcune violazioni in materia tributaria ai dipendenti degli enti locali e di soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, ai sensi dell’articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
La citata lettera b) disciplina le modalità mediante le quali i comuni e le province possono affidare, anche disgiuntamente, a terzi le attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei propri tributi e di tutte le altre entrate, indicando altresì i possibili affidatari (aziende speciali convenzionate, società di capitali a prevalente capitale pubblico locale, società miste, concessionari).
Il conferimento dei suddetti poteri è disposto con provvedimento adottato dal dirigente dell'ufficio competente e si riferisce alle violazioni delle entrate dell’ente locale e alle violazioni che si verificano sul territorio dell’ente locale. Mediante rinvio all’articolo 68, comma 1, della legge n. 488 del 1999, si chiarisce che il conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni comprende i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia prevista per gli atti pubblici dagli articoli 2699 e 2700 del codice civile (comma 179).
Il comma 180 prevede che tra i poteri conferiti ai sensi delle disposizioni in commento non rientra la contestazione delle violazioni al codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992) e che la procedura sanzionatoria amministrativa è di competenza degli uffici degli enti locali.
Per quanto riguarda i requisiti dei soggetti ai quali vengono conferite le funzioni in esame, si prevede che tali soggetti:
§ siano in possesso di titolo di studio di scuola media superiore di secondo grado;
§ abbiano frequentato un apposito corso di preparazione e qualificazione, organizzato dall’ente locale;
§ abbiano superato un esame di idoneità;
§ non abbiano precedenti e pendenze penali in corso e non siano sottoposti a misure di prevenzione disposte dall’autorità giudiziaria[6], salvi gli effetti della riabilitazione (commi 181 e 182).
Articolo 1, commi 183
(Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)
183. I criteri indicati nel secondo e nel terzo periodo del comma 3 dell'articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sono applicabili anche ai fini della determinazione delle superfici per il calcolo della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani di cui all'allegato 1, punto 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.
Il comma 183 dell’articolo 1 estende i criteri adottati per la tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) ai fini della determinazione delle superfici per il calcolo della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.
La disciplina della TARSU[7] si è innestata nella normativa recata dal D.Lgs. n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi). L’articolo 49 di tale provvedimento, in particolare, prevedeva la soppressione della tassa e l'istituzione di una tariffa a copertura dei costi di gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, a decorrere dal 1° gennaio 1999. Tale termine è stato da ultimo prorogato dall’articolo 1, comma 134, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006), che ha elevato a sette anni il termine per l’adozione della tariffa da parte dei comuni che raggiungessero nel 1999 un grado di copertura dei costi superiore all'85 per cento; il termine è stato parimenti elevato a sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85 per cento.
La disciplina della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani è ora contenuta nell’articolo 238 del D.Lgs. n. 152 del 2006 (cd. Codice ambientale), che riproduce sostanzialmente le disposizioni dell’abrogato art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997, sopra citato.
I criteri cui fa riferimento il comma 183 sono quelli di cui al secondo e al terzo periodo del comma 3 dell'articolo 70 del D.Lgs. n. 507 del 1993.[8] Tale ultima disposizione in particolare prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2005:
§ per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento per la TARSU non può in ogni caso essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale;
§ per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, con quelli dell'Agenzia del territorio.
§ nel caso, infine, in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, per l'eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento.
La relazione governativa al disegno di legge finanziaria in commento osservava che il legislatore, nell’introdurre, con l’articolo 1, comma 340, della legge n. 311 del 2004, la disposizione di cui ora si estende l’applicazione, “non ha tenuto conto della circostanza che un congruo numero di comuni ha già introdotto in via sperimentale la tariffa per la gestione dei rifiuti di cui all’art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997”. Grazie alla norma in commento si rende quindi possibile “armonizzare il criterio di calcolo della superficie per le diverse forme di prelievo, non sussistendo alcuna particolare ragione atta a giustificare un differente metodo di determinazione.”
Articolo 1, comma 184
(Proroga della disciplina transitoria per
le discariche di rifiuti)
184. Nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni:
a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 resta invariato anche per l'anno 2007;
b) in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
c) il termine di cui all'articolo 17, commi 1, 2 e 6, del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, è fissato al 31 dicembre 2007. Tale proroga non si applica alle discariche di II categoria, tipo A, ex «2A», e alle discariche per rifiuti inerti, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto.
Il comma 184 detta disposizioni applicabili nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cd. Codice ambientale.
Esso in particolare prevede che:
a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 resti invariato anche per l'anno 2007;
Si ricorda che con la parte quarta del decreto legislativo n. 152/2006 sono state introdotte numerose innovazioni in materia di rifiuti e, nello specifico, come anzidetto, con l’art. 238 è stata prevista l’istituzione di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, quale corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento degli stessi, che andrà a sostituire, non appena saranno emanati tutti i relativi provvedimenti attuativi, la TARSU. Il comma 6 dell’art. 238 prevede, infatti, che venga emanato uno specifico regolamento ministeriale col quale dovranno essere individuati i criteri generali per la determinazione della nuova tariffa ed il comma 11 dispone che, sino all’emanazione del citato regolamento restino ferme le discipline regolamentari attualmente vigenti in materia.
b) in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuino ad applicarsi le disposizioni degli artt. 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997 relativi rispettivamente alla competenza dello Stato per la determinazione dei criteri per l'assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani e alla perdurante vigenza delle norme regolamentari e tecniche sulla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sino all'adozione delle specifiche norme adottate in attuazione dello stesso decreto legislativo.
Si fa presente che le nuove norme contenute ora nell’art. 195 del D.Lgs. n. 152/2006 prevedono un limite dimensionale – 250 metri quadrati per le imprese e gli enti ubicati nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti, 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti – oltre il quale non è più consentita l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani.
Con il D.Lgs. n. 22 del 1997, invece, i Comuni potevano assimilare ai rifiuti urbani i rifiuti speciali delle utenze non domestiche senza particolari limitazioni (art. 18, comma 2, lett. d), comportando, di fatto, una privativa sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti, in quanto il Comune smaltiva ed introitava la tassa sulle aree su cui questi rifiuti erano prodotti. Naturalmente tale meccanismo produceva basi imponibili ampie su cui ripartire i costi del servizio di nettezza urbana e di spazzamento delle aree pubbliche[9].
La norma di cui all’art. 195, comma 2, lett. e) del D.Lgs. n. 152 comporterebbe, invece, l’esonero dal prelievo sui rifiuti di un consistente numero di imprese, in quanto sarebbero esonerate dal pagamento della tariffa le utenze non domestiche con superficie superiore a 250 metri quadri, dati che i rifiuti sarebbero diventati non assimilabili.
Tale norma è ora oggetto di modica (art. 1, comma 26) da parte del secondo schema di decreto correttivo al D.Lgs. n. 152, approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 ottobre 2006 e trasmesso alla Conferenza unificata.
c) siano prorogati al 31 dicembre 2007 alcuni dei termini della disciplina transitoria per le discariche dei rifiuti recata dall’art. 17 del D.Lgs. n. 36 del 2003. Tale proroga non si applica alle discariche di II categoria, tipo A, ex «2A», e alle discariche per rifiuti inerti, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto,per le quali il termine di conferimento ha coinciso, invece, con la data di entrata in vigore della legge n. 248 del 2005, di conversione del decreto-legge n. 203 del 2005 (3 dicembre 2005).
La proroga al 31 dicembre 2007 riguarda, in particolare:
- il termine entro il quale le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 36/2003, possono continuare a ricevere i rifiuti per cui sono state autorizzate (art. 17, comma 1);
- il termine entro il quale è consentito lo smaltimento nelle nuove discariche, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla deliberazione 27 luglio 1984[10] (art. 17, comma 2);
- il termine finale di validità, ai fini di cui all'art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2003, dei valori limite e delle condizioni di ammissibilità previsti dalla sopracitata deliberazione 27 luglio 1984 (art. 17, comma 6, lett. a)[11].
Si ricorda che i termini su cui incide la disposizione in esame erano da ultimo stati prorogati al 31 dicembre 2006 dall’art. 11-quaterdecies, comma 9, del già citato decreto-legge n. 203 del 2005.
Si ricorda, infine, che il D.Lgs. n. 36/2003 ha provveduto a dettare disposizioni attuative della direttiva 31/1999/CE per quel che riguarda i tipi di discarica e i rifiuti da ammettere in discarica. Ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 36 del 2003, le discariche sono state classificate sulla base della tipologia dei rifiuti conferiti, in: discarica per rifiuti inerti; discarica per rifiuti non pericolosi e discarica per rifiuti pericolosi. Tale distinzione, che riproduce la classificazione comunitaria, ha voluto semplificare, razionalizzare ed uniformare i sistemi di classificazione delle discariche introdotti con la deliberazione 27 luglio 1984.
La disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 36 si è sovrapposta, pertanto, a quella precedentemente in vigore, comportando la necessità di prevedere una disciplina di carattere transitorio riguardante le discariche già operanti in base alla normativa vigente (art. 17). I criteri per l’ammissione in discarica dei rifiuti sono invece definiti dal D.M. 3 agosto 2005.
Si richiama, infine, il comma 2-bis dell’articolo 5 del decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, che proroga al 29 aprile 2008 alcuni dei termini previsti dal d.lgs. n. 152/2006 e dal d.lgs. n. 36/2003 in particolare relativi all’adeguamento degli statuti di alcuni consorziper il recupero dei rifiuti ai principi contenuti nel medesimo decreto. Si segnala, poi, che il comma 3 dell’art. 6 proroga al 31 dicembre 2008 il termine dal quale decorre il divieto di conferimento in discarica dei rifiuti con potere calorifico superiore a 13.000 kj/kg[12], previsto dall’art. 6, comma 1, lett. p) del d.lgs. n. 36/2003 (la norma riguarda il cd. fluff, residuo del processo di frantumazione del veicolo a fine vita che separa il materiale ferroso destinato al riciclo e che è dotato di un elevato potere calorifico).
Articolo 1, commi 189-193
(Compartecipazione comunale all'IRPEF)
189. In attesa del riassetto organico del sistema di finanziamento delle amministrazioni locali in attuazione del federalismo fiscale di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione, è istituita, in favore dei comuni, una compartecipazione dello 0,69 per cento al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. La compartecipazione sull'imposta è efficace a decorrere dal 1° gennaio 2007 con corrispondente riduzione annua costante, di pari ammontare, a decorrere dalla stessa data, del complesso dei trasferimenti operati a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. L'aliquota di compartecipazione è applicata al gettito del penultimo anno precedente l'esercizio di riferimento.
190. Dall'anno 2007, per ciascun comune è operata e consolidata una riduzione dei trasferimenti ordinari in misura proporzionale alla riduzione complessiva, di cui al comma 189, operata sul fondo ordinario ed è attribuita una quota di compartecipazione in eguale misura, tale da garantire l'invarianza delle risorse.
191. A decorrere dall'esercizio finanziario 2008, l'incremento del gettito compartecipato, rispetto all'anno 2007, derivante dalla dinamica dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, è ripartito fra i singoli comuni secondo criteri definiti con decreto emanato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. I criteri di riparto devono tenere primariamente conto di finalità perequative e dell'esigenza di promuovere lo sviluppo economico.
192. A decorrere dall'anno 2009 l'aliquota di compartecipazione è determinata in misura pari allo 0,75 per cento.
193. Per i comuni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le stesse provvedono all'attuazione dei commi da 189 a 192 in conformità alle disposizioni contenute nei rispettivi statuti, anche al fine della regolazione dei rapporti finanziari tra Stato, regioni, province e comuni e per mantenere il necessario equilibrio finanziario.
I commi da 189 a 193 dell’articolo 1 istituiscono, in attesa del riassetto organico del sistema di finanziamento delle amministrazioni locali attuativo del federalismo fiscale di cui al titolo V della parte II della Costituzione, una nuova compartecipazione all’IRPEF a favore dei comuni, legata alla dinamica del gettito IRPEF.
La disciplina introdotta dai commi in esame sostituisce quella dettata dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001) e confermata, di anno in anno, dalle successive leggi finanziarie, fino all’anno 2006 (rispettivamente, legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, co. 18; legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, co. 65; legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 152).
La compartecipazione dei comuni al gettito dell’IRPEF è stata istituita dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario 2002, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003). La medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.
La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce una entrata aggiuntiva per i bilanci locali. L’attribuzione agli enti delle somme spettanti a tale titolo determina, infatti, una riduzione dei trasferimenti erariali di ciascun ente in misura corrispondente al gettito derivante dalla compartecipazione stessa. Poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa prevede che nel caso in cui illivello dei trasferimentispettanti ai singoli entirisulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).
Si ricorda, infine, che il comma 697 della legge finanziaria in esame conferma per le province, per l’anno 2007, la compartecipazione al gettito dell’IRPEF, come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002.
Il comma 189 istituisce la compartecipazione dei comuni al gettito dell’IRPEF fissando l’aliquota nella misura dello 0,69 per centodel gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e stabilisce che questa sia efficace a decorrere dal 1° gennaio 2007.
L’attribuzione ai comuni della compartecipazione IRPEF comporta una corrispondente riduzione annua costante, di pari ammontare, dei trasferimenti erariali, che la norma prevede sia operata a carico del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, istituito dall’articolo 34, comma 1, lettera a),del decreto legislativo n. 504 del 1992 (“Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”).
Si ricorda che i trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dal D.Lgs. n. 504 del 1992. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci diprovince e comuni con l'assegnazione dei seguenti fondi:
- “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;
- “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi.
- “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI). Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.
Si prevede poi che l’importo complessivo della compartecipazione da attribuire ai comuni venga calcolato applicando l’aliquota al gettito del penultimo anno precedente l’esercizio di riferimento.
Secondo le indicazioni dell’allegato 7, recante gli effetti delle norme della legge finanziaria sui saldi di finanza pubblica, le somme da attribuire ai comuni a titolo di compartecipazione sono stimate pari a 851 milioni di euro per il 2007, 902 milioni di euro per il 2008 e 1.046 milioni di euro per il 2009.
L’attribuzione ai comuni della compartecipazione al gettito dell’IRPEF nella misura dell’0,69% determina una riduzione dei trasferimenti erariali pari a 851 milioni di euro a decorrere dal 2007.
Il comma 190 definisce le modalità con le quali si procederà alla conseguente riduzione dei trasferimenti erariali.
In particolare, il comma dispone che dall'anno 2007, per ciascun comune sia operata e consolidata una riduzione dei trasferimenti ordinari in misura proporzionale alla riduzione complessiva, prevista dal comma 189, operata sul fondo ordinario ed è attribuita una quota di compartecipazione in eguale misura, tale da garantire l'invarianza delle risorse.
Il comma 191 definisce le modalità con le quali, a decorrere dal 2008, l’eventuale incremento del gettito compartecipato, rispetto al 2007, derivante dalla dinamica dell'imposta sul reddito delle persone fisiche verrà distribuito ai comuni.
In particolare, i criteri di riparto, definiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dovranno tenere primariamente conto di finalità perequative e dell'esigenza di promuovere lo sviluppo economico.
Va peraltro segnalato che il comma 702 della legge finanziaria in esame ha previsto, come misura sanzionatoria nei confronti dei comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nel 2006, che essi siano esclusi dalla ripartizione del gettito compartecipato dell’IRPEF prevista dal comma 191 per l’anno 2008.
Infine, il successivo comma 192 innalza, a decorrere dall’anno 2009, l’aliquota di compartecipazione dallo 0,69 per cento allo 0,75 per cento.
Il comma 193 stabilisce, per i comuni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le siano le stesse regioni a provvedere all'attuazione dei commi da 189 a 192 in conformità alle disposizioni contenute nei rispettivi statuti, anche al fine della regolazione dei rapporti finanziari tra Stato, regioni, province e comuni e per mantenere il necessario equilibrio finanziario.
Articolo 1, comma 311
(Imposta comunale sulla pubblicità)
311. Al comma 1-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare, d'intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro il 31 marzo 2007, possono essere individuate le attività per le quali l'imposta è dovuta per la sola superficie eccedente i 5 metri quadrati»;
b) nel secondo periodo, le parole: «di cui al periodo precedente» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al primo periodo del presente comma».
Il comma 311 interviene sulle fattispecie esenti dall’imposta comunale sulla pubblicità, modificando il comma 1-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507[13].
In tale articolo 17, è contenuta l’elencazione delle operazioni esenti dall’imposta. In particolare, il comma 1-bis prevede che l'imposta non sia dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono.
L’esenzione è attualmente prevista solo per insegne con superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.
Il comma 311 rinvia ad un regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, da emanarsi, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanarsi entro il 31 marzo 2007, la possibilità di individuare le attività per le quali l’imposta è dovuta per la sola superficie eccedente i 5 metri quadrati.
Resta invariata la facoltà dei comuni di disporre l'esenzione dal pagamento dell'imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore a tale limite, secondo quanto previsto dallo stesso comma 1-bis dell’articolo 17.
Articolo 1, comma 697
(Compartecipazione provinciale al gettito
IRPEF)
697. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate, da ultimo, per l'anno 2006, dall'articolo 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono prorogate per l'anno 2007.
Il comma 697 conferma, per l’anno 2007, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), e confermata negli anni successivi dalle varie leggi finanziarie (per il 2004 dall'art. 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per il 2005 dall’articolo 1, comma 65, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e per il 2006 dall’art. 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266).
Va segnalato che le citate disposizioni richiamate dal comma in esame si riferiscono alla compartecipazione al gettito dell’IRPEF sia delle province che dei comuni, che sino ad ora sono state disciplinate secondo analoghe modalità[14].
La mancata proroga per l’anno 2007 per i comuni dell’applicazione della compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dalla legge finanziaria per il 2003 (art. 31, comma 8, legge n. 289/2002) è da porre in relazione alle disposizioni di cui ai commi 189-193, che recano l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione comunale all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF (cfr. la relativa scheda di lettura). In sostanza, la nuova compartecipazione comunale all’IRPEF, istituita a partire dall’anno 2007 dai commi da 189 a 193 della legge finanziaria in esame, va a sostituire quella prevista dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, indicata dalla disposizione in commento.
Per quanto concerne le province, invece, per l’anno 2007 viene applicata la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002.
In particolare, la norma citata fissa la compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata (per i comuni la misura della compartecipazione era fissata al 6,5%).
In base a tale disciplina alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2007, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003).
L’attuazione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascun ente di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.
La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce, infatti, una entrata aggiuntiva per i bilanci locali.
Inoltre, poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).
Nel bilancio per il 2007, il cap. 1320, U.P.B. 2.1.2.6, dello stato di previsione del Ministero dell’interno, su cui sono allocate le somme spettanti sia alle province che ai comuni a titolo di compartecipazione all’IRPEF, è dotato di 1.263 milioni di euro (di cui 851 milioni per i comuni e 412 milioni per le province), e, conseguentemente, è stato ridotto, per pari importo, lo stanziamento del Fondo ordinario (-1.230 milioni).
Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.
Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.
Articolo 1, commi 6-10
(Riduzione dei trasferimenti erariali in
favore di regioni e enti locali)
10. I trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali sono ridotti in misura pari al maggior gettito loro derivante dalle disposizioni dei commi da 6 a 9, secondo le modalità indicate nel comma 322, da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Il comma 10 rinvia ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281 (Stato-città ed autonomie locali e Stato-regioni), per la riduzione dei trasferimenti erariali in favore delle regioni e degli enti locali in conseguenza del maggior gettito derivante a detti soggetti dall’applicazione delle disposizioni dei precedenti commi da 6 a 9 relativi alla nuova disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). Per l’individuazione delle modalità di riduzione dei trasferimenti statali, il presente comma 10 rinvia all’articolo 1, comma 322, della legge finanziaria in commento.
La previsione di un aumento delle entrate delle regioni e degli enti locali si basa sulla considerazione che le addizionali IRPEF spettanti a detti soggetti sono calcolate sul reddito complessivo del contribuente, al netto degli oneri deducibili (articolo 50 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998). Se questo reddito viene ridotto per l’applicazione delle deduzioni (che, come sopra indicato, operano sul reddito), anche l’importo spettante alle regioni e agli locali subisce una riduzione. Le detrazioni invece si applicano sull’imposta lorda del contribuente e pertanto hanno effetto esclusivamente ai fini dell’IRPEF di competenza statale.
Articolo 1, comma 696
(Determinazione dei trasferimenti
erariali agli enti locali per il 2007)
696. I trasferimenti erariali per l'anno 2007 in favore di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 1, commi 153 e 154, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Il comma 696 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2007.
Come già nelle finanziarie precedenti, la disposizione è finalizzata a dettare criteri per la definizione dell’entità dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale nel 2007, in modo da consentire l’approvazione dei relativi bilanci.
In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992 (articoli 34-43).
Per l’anno 2007, la determinazione dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale è effettuata sulla base dei criteri già adottati dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, commi 153 e 154, della legge n. 266/2005), che, di fatto, richiamandosi a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie, consolidano, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2007, i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002.
Il comma 153 della legge finanziaria dello scorso anno richiama, infatti, la norma della legge finanziaria precedente (art. 1, co. 63, legge n. 311/2004), relativa alla determinazione dei trasferimenti erariali per l’anno 2005, che confermava, a sua volta, i criteri già stabiliti dalla legge finanziaria per il 2003 (art. 31, co. 1, primo periodo, della legge n. 289/2002). In sintesi, l’art. 31, comma 1, della legge finanziaria per il 2003 definiva l’entità dei trasferimenti erariali per tale anno sulla base di due norme specifiche: l’articolo 27 della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002), recante le norme di riferimento per la determinazione dei trasferimenti relativi al 2002, e l’articolo 24 della stessa legge che, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità per gli enti locali per il 2002, disponeva una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali nel triennio 2002-2004.
Sulla base del richiamo (indiretto) all’articolo 27 della legge n. 448/2001, pertanto, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2007 vengono consolidati i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002, secondo quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie.
Il richiamo al comma 154dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso annopermette inoltre di confermare, per l’anno 2007, anche la ripartizione dei contributi e delle altre provvidenze disposte in favore degli enti locali nella stessa misura disposta lo scorso anno, al fine di garantire che ad ogni singolo ente venga attribuito nell’anno 2007 lo stesso ammontare di contributi assegnato nel 2006.
In particolare, il citato comma 154 applicava per l’anno 2006 le disposizioni contenute nell’art. 1, comma 64, della legge n. 311/2004 che disponeva la ripartizione tra gli enti locali delle maggiori risorse che si sono rese disponibili, a partire dal 2005, a legislazione vigente sui tre Fondi principali (Fondo ordinario, consolidato e perequativo) per il venir meno della riduzione disposta dall’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001[15], pari a circa 340 milioni di euro.
La ripartizione viene effettuata, anche nel 2007, nel seguente modo:
a) 260 milioni sono utilizzati per confermare nel 2007 i contributi assegnati nel 2004, ai sensi dell’art. 3, co. 27, secondo periodo, 35, 36 e 141, della legge n. 350/2003:
- contributo di 20 milioni di euro alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato dei servizi (art. 3, co. 27, legge n. 350/2003), al fine di assicurare a tali enti, anche per l’anno 2007 le risorse assegnate nell’anno precedente (31,8 milioni di euro).
- contributo di 180 milioni di euro sul Fondo ordinario, quale incremento in base del tasso di inflazione programmato, previsto ai sensi dell’art. 3, co. 35, secondo periodo, della legge n. 350/2003. Tali risorse aggiuntive sono ripartite, per il 50% alla generalità dei comuni e per il restante 50% ai comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997;
- contributo di 5 milioni di euro per le comunità montane e di 5 milioni di euro per le province (art. 3, co. 141, legge n. 350/2003);
- contributo di 50 milioni di euro per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono assegnate per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Tale contributo è infatti iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti.
b) 80 milioni di euro sono destinati in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244. Si tratta dei comuni c.d. “sottodotati”, le cui risorse, cioè, risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa[16].
Il comma in esame non dispone incrementi dei contributi assegnati agli enti locali sui principali Fondi, ma si limita a confermare il quadro normativo delineato dalle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, commi 153-154, legge n. 266/2005).
Sulla base della ripartizione indicata dal comma 154, richiamato dal comma in esame, le risorse assegnate per l’anno 2007 confluiranno nel Fondo ordinario (20 milioni per le unioni di comuni, 10 milioni per province e comunità montane, 180 milioni di incremento in base al tasso di inflazione e 80 milioni per i comuni sottodotati), fatta eccezione per 50 milioni di euro che, in quanto destinati ai comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti per finalità di investimento, saranno iscritti nel Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, di conto capitale.
Per quanto concerne l’assegnazione di trasferimenti erariali a titolo di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, si segnala che mentre il comma 697 ha confermato per le province l’attribuzione per l’anno 2007 della compartecipazione al gettito dell’IRPEF nella stessa misura di quella attribuita negli anni precedenti (cfr. la relativa scheda di lettura), per i comuni la compartecipazione al gettito dell’IRPEF è stata completamente ridisciplinata dai commi 189-193 (cfr. la relativa scheda di lettura).
La corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali, di ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione, viene peraltro operata interamente sul Fondo ordinario (senza interessare, dunque, il Fondo perequativo e il Fondo consolidato), come espressamente previsto dal comma 189.
Va inoltre ricordato che il comma 703reca numerose disposizioni in favore dei piccoli comuni, con popolazione fino a 5.000 abitanti, a sostegno dei quali sono state disposti finanziamenti a valere sulle risorse del Fondo ordinario, di cui 55 milioni di euro a vantaggio di quelli la cui popolazione residente ultrasessantacinquenne sia più del 30% della popolazione complessiva, 71 milioni in favore dei comuni la cui popolazione residente di età inferiore a 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva, 20 milioni di euro in favore delle comunità montane e 42 milioni assegnati per finalità di investimento (che verranno pertanto trasferiti dal Fondo ordinario al Fondo nazionale ordinario per gli investimenti). Ulteriori 30 milioni di euro per finalità di investimento, sono assegnati, sempre a valere sulle risorse del Fondo ordinario, in favore degli enti i cui organi siano stati sciolti in conseguenza di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, specificamente destinati alla realizzazione o manutenzione di opere pubbliche.
Risorse aggiuntive per gli enti locali sono invece autorizzate dall’Allegato 1, relativo alle “Eccedenze di spesa”, che reca le misure correttive degli effetti finanziari recati da disposizioni legislative ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978, in relazione alla compensazione delle minori entrate derivanti dall’ICI (a tale riguardo, cfr. la scheda di lettura relativa al comma 1359). In particolare, l’allegato dispone:
§ l’incremento di 248,6 milioni di euro per il 2007 e di 44,4 milioni di euro per il 2008 e il 2009, del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenza dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D (si tratta di edifici a destinazione speciali, quali opifici, alberghi, pensioni, teatri, case di cura, banche, residence, ecc).
L’importo di 248,6 milioni di euro per il 2007 si riferisce per 204,2 milioni di euro al ristoro, a titolo di regolazione debitoria, relativo agli anni 2006 e precedenti, e per 44,4 milioni di euro alla compensazione relativa all’anno 2007[17].
§ l’incremento di 11,5 milioni di euro per il 2007 e di 2,9 milioni di euro a decorrere dal 2008 del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenza dell’esenzione dal pagamento dell’imposta stessa delle pertinenze degli edifici di culto, disposta dall’articolo 2, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 206.
In base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, l’ammontare annuo dei trasferimenti compensativi dovuti a partire dal 2004 sarebbe pari a 5,4 milioni di euro, contro lo stanziamento di 2,5 milioni previsto dalla legge n. 206/2003. Pertanto, attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” si provvede a rifinanziare il Fondo ordinario per fronteggiare tali maggiori oneri, pari a 2,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2004.
Un finanziamento aggiuntivo è disposto dal comma 963, con riferimento al Comune di Roma, i cui trasferimenti erariali vengono incrementati, a decorrere dal 2007, di 175 milioni di euro, quale contributo aggiuntivo per gli oneri che il comune si assume in quanto capitale della Repubblica. Tali risorse sono iscritte sul Fondo consolidato.
Si ricorda, inoltre, che per il triennio 2007-2009, in favore del comune di Roma, è stato altresì autorizzato, ai sensi del comma 949 della legge finanziaria in esame, il rifinanziamento della legge n. 396/1990, recante interventi di carattere infrastrutturale, ambientale e culturale per Roma, capitale della Repubblica, di 212,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 170 milioni di euro per il 2009 (cfr. la relativa scheda di lettura).
Per quanto concerne i finanziamenti in conto capitale, si ricorda, infine che la Tabella D della legge finanziaria per il 2007 in esame ha rifinanziato la quota destinata all’ammortamento dei mutui degli enti locali dissestati per 116,2 milioni di euro per ciascuna delle annualità del triennio 2007-2009, nell’ambito del Fondo per lo sviluppo degli investimenti di comuni e province (D.L. n. 515/1994).
Nel bilancio per il 2007 (legge n. 298/2006 e relativo D.M. Economia e finanze 29 dicembre 2006 di ripartizione delle UPB in capitoli), i principali Fondi di parte corrente e di conto capitale destinati al finanziamento degli enti locali risultano pertanto determinati come indicato nella tavola seguente:
(milioni di euro)
Cap. |
|
Bilancio |
Assestam |
BLV
|
Effetti |
Effetti fin. 2007 |
Bilancio 2007 |
U.P.B. 2.1.2.6 parte corrente |
|||||||
1316 |
Fondo ordinario |
2.926 |
3.761 |
8.335 |
-609,4 |
-940 |
6.786 |
1317 |
Fondo perequativo |
922 |
936 |
997 |
|
-44 |
953 |
1318 |
Fondo consolidato |
1.416 |
1.416 |
2.305 |
|
+107 |
2.412 |
1319 |
Fondo federalismo amministrativo |
224 |
224 |
224 |
|
- |
224 |
1320 |
Compartecipazione all’IRPEF |
6.600 |
6.600 |
- |
|
+1.263 |
1.263 |
|
TOTALE |
12.088 |
12.937 |
11.861 |
-609,4 |
+386 |
11.638 |
Cap. |
U.P.B. 2.2.3.5 - conto capitale |
|
|
|
|
|
|
7232 |
Fondo sviluppo investimenti comuni e province |
1.276 |
1.276 |
1.012 |
|
+116 |
1.128 |
7233 |
Fondo sviluppo investimenti comunità montane |
16 |
16 |
16 |
|
- |
16 |
7235 |
Fondo nazionale speciale per gli investimenti |
- |
- |
- |
|
- |
- |
7236 |
Fondo nazionale ordinario investimenti |
50 |
50 |
- |
|
+50 |
50 |
7237 |
Fondo per il federalismo amministrativo |
676 |
676 |
676 |
|
- |
676 |
7238 |
Contributo enti locali titolari di contratti di servizio di pubblico trasporto |
156 |
169 |
109 |
|
- |
109 |
|
TOTALE |
2.174 |
2.187 |
1.813 |
- |
+166 |
1.979 |
* Le maggiori risorse sui singoli fondi di parte corrente presenti nel BLV 2007 rispetto al bilancio 2006 derivano dal fatto che a legislazione vigente non era prevista l’applicazione della compartecipazione all’IRPEF. Pertanto, i singoli Fondi nel BLV si presentavano reintegrati delle somme detratte lo scorso anno per tale finalità.
Come evidenziato della tabella, rispetto all’importo complessivo risultante a legislazione vigente, la legge finanziaria per il 2007 ha determinato maggiori trasferimenti correnti per complessivi 386 milioni di euro, cui ha fatto riscontro, tuttavia, una riduzione di oltre 609 milioni di euro operata ai sensi del D.L. n. 262/2006[18] (decreto-legge collegato alla manovra di finanza pubblica).
L’incremento di 386 milioni determinato dalla legge finanziaria corrisponde, in sostanza, all’incremento di 260 milioni di euro del Fondo ordinario, ai sensi dell’Allegato 1 “Eccedenze di spesa”, quale misura correttiva ai fini della compensazione delle minori entrate derivanti dall’ICI, e all’incremento di 175 milioni di euro del Fondo consolidato quale maggiore finanziamento in favore del comune di Roma, per gli oneri che il comune sostiene in quanto sede della capitale, in parte compensati dalla riduzione di 50 milioni di euro, quale trasferimento dal Fondo ordinario di parte corrente al Fondo nazionale ordinario per gli investimenti di conto capitale, destinati, ai sensi del comma 696 della legge finanziaria in esame, ai comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti per finalità di investimento.
Nonostante l’incremento dei trasferimenti correnti derivante dalle disposizioni della legge finanziaria, nel complesso la manovra di finanza pubblica per il 2007 ha comportato una riduzione dei trasferimenti correnti agli enti locali rispetto alla legislazione vigente, di 224 milioni di euro, in conseguenza delle disposizioni recate dall’art. 2, commi 33-39 e 40-46, del D.L. n. 262/2006, che, garantendo maggiori entrate ICI ai comuni, hanno determinato un taglio dei trasferimenti agli enti locali di 609,4 milioni di euro.
Le citate disposizioni dispongono infatti la riduzione dei trasferimenti erariali in favore dei comuni in misura corrispondente al maggior gettito derivante dall’imposta comunale sugli immobili conseguente all’aggiornamento del catasto dei terreni (479,4 milioni di euro nel 2007), alla razionalizzazione dell’accatastamento degli immobili nella categoria E (40 milioni di euro nel 2007) e all’adeguamento dei moltiplicatori degli immobili di categoria B (90 milioni di euro nel 2007).
Analizzando i singoli fondi, rispetto al bilancio a legislazione vigente, la legge finanziaria per il 2007 ha comportato le seguenti variazioni sulla dotazione dei principali fondi per gli enti locali:
a) La variazione del Fondo ordinario è determinata: dalla riduzione di complessivi 1.263 milioni di euro, operata ai sensi dei commi 189 e 697, in relazione all’attribuzione, rispettivamente, ai comuni e alle province della compartecipazione al gettito dell’IRPEF; dall’incremento di 62 milioni di euro, provenienti dai Fondi consolidato e perequativo, ai fini della ripartizione prevista dal comma 696 in esame ai sensi dell’art. 1, comma 154 della legge n. 266/2005 (complessivi 290 milioni, di cui 227 già iscritti sul Fondo ordinario); dall’incremento di 260,1 milioni, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI, ai sensi dell’Allegato 1 “Eccedenze di spesa”.
Va peraltro segnalato che il Fondo ordinario avrebbe dovuto essere ridotto di ulteriori 72 milioni di euro, da trasferire al Fondo nazionale ordinario per gli investimenti,di cui 42 milioni destinati ai comuni con 3.000 abitanti per finalità di investimento (ai sensi della lettera c) del comma 703) e 30 milioni destinati al finanziamento delle opere pubbliche dei comuni i cui organi sono sciolti in conseguenza di fenomeni di infiltrazioni di tipo mafioso (ai sensi del comma 707).
b) La riduzione del Fondo perequativo è determinata dal trasferimento al Fondo ordinario di 44 milioni ai fini della ripartizione ai sensi del comma 696 in esame (ex art. 1, comma 154, della legge finanziaria dello scorso anno).
c) L’incremento di 107 milioni di euro del Fondo consolidato è determinata: dal trasferimento al Fondo ordinario di 68 milioni ai fini della ripartizione ai sensi del comma 696 in esame (ex art. 1, comma 154, della legge finanziaria dello scorso anno) e dall’incremento di 175 milioni del finanziamento in favore del comune di Roma, per gli oneri che il comune sostiene in quanto sede della capitale, ai sensi del comma 963.
d) Il Fondo per la compartecipazione dei comuni e delle province al gettito dell’IRPEF per l’anno 2007 è determinato in 1.263 milioni di euro (di cui 421 milioni per le province e di 851 milioni per i comuni) rispetto a 6.600 milioni di euro dello scorso anno, in quanto, come sopra ricordato, mentre per le province l’attribuzione della compartecipazione al gettito dell’IRPEFè stata confermata nella stessa misura e secondo le stesse modalità di quella attribuita negli anni precedenti (comma 697), per i comuni la compartecipazione è stata completamente ridisciplinata dai commi 189-193. L’assegnazione delle somme spettanti a tale titolo ha comportato la conseguente corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali iscritti sul Fondo ordinario (-1.263 milioni).
e) L’incremento di 116 milioni del Fondo per lo sviluppo degli investimenti di comuni e province è determinato dal rifinanziamento in Tabella D, della quota destinata specificamente al pagamento delle rate di ammortamento dei mutui assunti per il risanamento finanziario degli enti locali dissestati, ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.L. n. 515/1994 (legge n. 596/1994).
f) L’incremento di 50 milioni del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti degli enti locali è determinato dal trasferimento di 50 milioni dal Fondo ordinario, ai fini della ripartizione ai sensi del comma 696 in esame (ex art. 1, comma 154, della legge finanziaria dello scorso anno) che assegna tale contributo ai comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti per il finanziamento degli investimenti.
Va peraltro segnalato che sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti avrebbero dovuto essere trasferiti, sempre a carico del Fondo ordinario, ulteriori 72 milioni di euro, di cui 42 milioni destinati ai comuni con 3.000 abitanti per le medesime finalità di investimento (ai sensi del comma 703, lett. c) e 30 milioni destinati al finanziamento delle opere pubbliche dei comuni i cui organi sono sciolti in conseguenza di fenomeni di infiltrazioni di tipo mafioso (ai sensi del comma 707).
703. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sono disposti i seguenti interventi di cui 37,5 milioni di euro destinati a compensare gli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto derivanti dalle disposizioni recate dal comma 562 del presente articolo:
a) fino ad un importo complessivo di 55 milioni di euro, il contributo ordinario, al lordo della detrazione derivante dall'attribuzione di una quota di compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, è incrementato in misura pari al 40 per cento per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, nei quali il rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e la popolazione residente complessiva è superiore al 30 per cento, secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili. Almeno il 50 per cento della maggiore assegnazione è finalizzato ad interventi di natura sociale e socio-assistenziale;
b) fino ad un importo complessivo di 71 milioni di euro, il contributo ordinario, al lordo della detrazione derivante dall'attribuzione di una quota di compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, è incrementato in misura pari al 30 per cento per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, nei quali il rapporto tra la popolazione residente di età inferiore a cinque anni e la popolazione residente complessiva è superiore al 5 per cento, secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili. Almeno il 50 per cento della maggiore assegnazione è finalizzato ad interventi di natura sociale;
c) ai comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, è concesso un ulteriore contributo, fino ad un importo complessivo di 42 milioni di euro, per le medesime finalità dei contributi a valere sul fondo nazionale ordinario per gli investimenti;
d) alle comunità montane è attribuito un contributo complessivo di 20 milioni di euro, da ripartire in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane.
704. A decorrere dall'anno 2007 gli oneri relativi alle commissioni straordinarie di cui all'articolo 144 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono posti a carico dello Stato, che provvede al rimborso a favore degli enti locali previa presentazione della relativa richiesta. Gli enti locali destinano gli importi rimborsati a spese di investimento.
705. In deroga alla normativa vigente, a favore degli enti locali i cui organi consiliari sono stati sciolti ai sensi dell'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il Ministero dell'interno provvede, su richiesta della commissione straordinaria, ad erogare in un'unica soluzione i trasferimenti erariali e la quota di compartecipazione al gettito dell'IRPEF spettanti per l'intero esercizio.
706. Per la copertura degli oneri di cui all'articolo 145 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.
707. Per gli anni 2007, 2008 e 2009 a favore degli enti locali che si trovano, alla data del 1° gennaio di ciascun anno, nella condizione di cui all'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è corrisposto dal Ministero dell'interno un contributo destinato alla realizzazione o manutenzione di opere pubbliche nella misura massima annuale di 30 milioni di euro, ripartiti in base alla popolazione residente come risultante al 31 dicembre del penultimo anno precedente. Ai fini del riparto, gli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono considerati come enti di 5.000 abitanti.
708. Agli oneri derivanti dall'applicazione dei commi da 704 a 707 si provvede a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
(omissis)
716. Ai fini dell'invarianza delle disposizioni recate dai commi da 703 a 707 sul fabbisogno e sull'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, il fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, è ridotto di 195 milioni di euro per l'anno 2007, di 130 milioni di euro per l'anno 2008 e di 65 milioni di euro per l'anno 2009.
Il comma 703 reca interventi in favore dei piccoli comuni, con popolazione fino a 5.000 abitanti, e delle comunità montane per ciascun anno del triennio 2007-2009, a sostegno dei quali sono state disposti finanziamenti per complessivi 188 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo ordinario.
Ulteriori 37,5 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo ordinario, sono invece utilizzati a compensazione degli effetti finanziari sul fabbisogno e sull’indebitamento netto derivanti dalle disposizioni di cui comma 562, relativo alle maggiori assunzioni di personale che gli enti locali non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno possono effettuare nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.
In particolare, il comma in esame prevede:
§ l’incremento di 55 milioni di euro del contributo ordinario spettante ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, al lordo della detrazione derivante dall’attribuzione di una quota di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, da ripartire tra quelli nei quali la popolazione residente ultrasessantacinquenne sia superiore al 30% della popolazione residente complessiva, secondo le più recenti rilevazioni ISTAT (lettera a).
La norma prevede che non meno del 50% di tale contributo sia finalizzato ad interventi di natura sociale e socio-assistenziale;
§ l’incremento di 71 milioni di euro del contributo ordinario spettante ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, al lordo della detrazione derivante dall’attribuzione di una quota di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, da ripartire tra quelli nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione residente complessiva, secondo le più recenti rilevazioni ISTAT (lettera b).
La norma prevede che almeno il 50% di tale maggiore assegnazione sia destinata ad interventi di natura sociale;
§ l’assegnazione di un contributo in favore dei piccolissimi comuni, con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, nell’importo complessivo di 42 milioni di euro, per il finanziamento degli investimenti (lettera c).
Tali risorse vengono assegnate ai comuni per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Pertanto, tale contributo verrà iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti;
§ l’assegnazione di un contributo di 20 milioni di euro in favore delle comunità montane, da ripartire in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane (lettera d).
I commi da 704 a 707 recano disposizioni in favore degli enti locali i cui organi siano stati sciolti in conseguenza di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, T.U.E.L.), al fine di agevolare il lavoro delle commissioni straordinarie chiamate alla gestione di tali enti.
Ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000, lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso viene disposto qualora emergano elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento nei riguardi degli amministratori stessi, che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni, nonché il regolare funzionamento dei servizi, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco e di componente di giunta, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento di tali organi, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte.
Lo scioglimento del consiglio è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il decreto di scioglimento esplica i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi, prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, al fine di assicurare il buon andamento delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati.
L’articolo 144 dispone che con il decreto di scioglimento sia nominata una commissione straordinaria per la gestione dell'ente. Essa è composta di tre membri, scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile.
In particolare, il comma 704 dispone, al fine di non gravare il bilancio dell’ente locale dell’onere connesso alle spese riferite all’organo di gestione straordinaria, che a decorrere dal 2007 gli oneri relativi alle Commissioni straordinarie nominate a seguito dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali siano posti a carico del bilancio dello Stato.
Lo Stato è tenuto pertanto a provvedere al rimborso delle spese all’uopo anticipate dagli enti locali, previa presentazione della relativa richiesta, a condizione tuttavia che gli enti locali destinino gli importi così rimborsati a spese di investimento.
Il comma 705 prevede che, in deroga alla normativa vigente, agli enti locali i cui consigli siano stati sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso possano essere erogati dal Ministero dell’interno i trasferimenti erariali e la quota di compartecipazione al gettito dell’IRPEF spettante per l’intero esercizio in un’unica soluzione.
Per accedere al beneficio è necessaria apposita richiesta da parte della commissione straordinaria prevista dall’articolo 144 del testo unico degli enti locali.
In sostanza, con la disposizione in esame viene consolidata nel nostro ordinamento una norma già operante con riferimento a singoli esercizi finanziari.
L’anticipazione dei trasferimenti erariali, attraverso l’erogazione in un’unica soluzione, era infatti stata prevista, relativamente all’esercizio finanziario 2004, dall’articolo 6, comma 1, del D.L. n. 80 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 140/2004) e per l’esercizio finanziario 2005 dall’articolo 1-octies del D.L. n. 44 del 2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 88/2005).
L’erogazione dell’intera annualità di trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione IRPEF spettanti per l’anno 2007, in un’unica soluzione e a specifica richiesta, costituisce deroga alla normativa vigente.
Infatti, ai sensi dell’articolo 31, comma 3, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) i contributi e le altre assegnazioni per gli enti locali sono erogati secondo le modalità individuate con il decreto del ministro dell’interno del 21 febbraio 2002[19].
Il citato decreto stabilisce scadenze diverse per le varie tipologie di contributi:
Tipologia di trasferimento erariale |
N. rate |
Erogazione delle rate |
Fondo ordinario, consolidato e perequativo |
3 |
entro i mesi di febbraio, maggio e ottobre |
Fondo per il federalismo amministrativo |
3 |
entro i mesi di febbraio, maggio e ottobre |
Fondo per lo sviluppo degli investimenti |
2 |
il 60% entro il mese di maggio e il saldo entro il mese di ottobre |
Fondo nazionale ordinario per gli investimenti (e i contributi a questo assimilati) |
1 |
entro il mese di giugno |
Contributi relativi al finanziamento dell’onere per incrementi di stipendi ai segretari comunali |
1 |
entro il mese di giugno |
Altri contributi (se non diversamente disciplinato) |
1 |
entro il mese di giugno (o successivamente se i dati non sono disponibili) |
Compartecipazione all’IRPEF |
2 |
entro i mesi di marzo e luglio |
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 145-bis del testo unico enti locali (inserito dall’articolo 6, comma 1-bis, del D.L. n. 80/2004) ha introdotto disposizioni speciali per la gestione finanziaria dei comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti, i cui organi siano stati sciolti a causa di fenomeni d’infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.
Per tali enti, l’articolo 145-bis definisce una specifica procedura finalizzata alla gestione e al risanamento finanziario dei predetti comuni.
In favore di tali comuni, su richiesta della commissione straordinaria nominata per la gestione, il Ministero dell’interno può anticipare un importo pari al complesso dei residui attivi[20]derivanti dal Titolo primo e dal Titolo terzo dell’entrata (entrate tributarie ed extratributarie), come risultanti dall’ultimo rendiconto approvato. Tale importo, in ogni caso, non può essere superiore al limite massimo di cinque annualità dei trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, da calcolare in base agliimporti spettanti al singolo comune per l’anno nel quale perviene la richiesta.
A decorrere dall’esercizio successivo, il Ministero dell’interno provvederà, in relazione al confronto tra l’anticipazione attribuita e gli importi annualmente spettanti a titolo di trasferimenti correnti e di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, ad effettuare le compensazioni e a determinare gli eventuali conguagli sino al completo recupero dell’anticipazione medesima.
Il finanziamento dell’anticipazione determina la contestuale decurtazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali nel loro complesso. Le somme versate dall’ente sciolto per infiltrazioni mafiose affluiscono ai trasferimenti erariali dell’anno successivo e sono assegnate nella stessa misura della detrazione. Le modalità di versamento dell’annualità sono indicate dal Ministero dell’interno all’ente locale secondo le norme vigenti. Queste disposizioni sono state introdotte per garantire la neutralità finanziaria dell’anticipazione effettuata.
L’anticipazione è peraltro subordinata all’approvazione di un piano di risanamento della situazione finanziaria, predisposto dalla commissione straordinaria, secondo le stesse modalità previste per gli enti in stato di dissesto finanziario.
Il piano è approvato con decreto del Ministro dell’interno, su parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, di cui all’articolo 155 del testo unico[21].
L’organo di revisione dell’ente locale è tenuto a vigilare sull’attuazione del piano di risanamento, segnalando alla Commissione straordinaria o all’amministrazione successivamente subentrata le difficoltà e gli eventuali scostamenti dagli obiettivi. Il mancato svolgimento di tali compiti da parte dell’organo di revisione è considerato grave inadempimento.
Il comma 706 autorizza la spesa di 5 milioni di euro, a valere sulle risorse del fondo ordinario, a copertura degli oneri derivanti dall’assegnazione, in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti i cui organi consiliari siano stati sciolti per infiltrazioni di tipo mafioso.
La relazione illustrativa, allegata all’emendamento governativo che ha introdotto il comma in esame, chiarisce che attualmente le spese per il personale comandato o distaccato presso le gestioni straordinarie dei comuni commissariati sono finanziate con i proventi derivanti dalla vendita dei beni confiscati alle organizzazioni criminali: il sistema non è ritenuto idoneo in quanto non garantisce, a causa della complessità delle procedure di vendita dei beni confiscati, la necessaria regolarità temporale dei rimborsi delle somme anticipate dai prefetti a copertura delle spese per tale personale.
L’art. 145, co. 1, del T.U.E.L. stabilisce che, quando sia necessario assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti disciolti per inquinamento mafioso, il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria, può disporre l'assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi. Al personale assegnato è corrisposto un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei componenti della commissione straordinaria, oltre, se dovuto, al trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti pubblici in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di appartenenza.
Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi dal Ministero dell'interno. La prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli accreditamenti, può prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese.
Le spese derivanti dalla disposizione illustrata sono coperte con una quota del 10 per cento delle somme di denaro confiscate alle organizzazioni criminali di stampo mafioso e del ricavato delle vendite dei beni mobili o immobili e delle aziende confiscate alle medesime organizzazioni.
Il comma 707 autorizza un contributo nell’importo massimo annuale di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 in favore degli enti i cui organi siano stati sciolti in conseguenza di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000, destinato alla realizzazione o manutenzione di opere pubbliche, da ripartire in base alla popolazione residente risultante al 31 dicembre 2005.
Il comma precisa che il contributo è corrisposto in favore degli enti che si trovino nella condizione di scioglimento di cui all’articolo 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000 alla data del 1° gennaio di ciascun anno.
Per quanto concerne la ripartizione del contributo tra gli enti interessati, la norma precisa inoltre che il contributo verrà ripartito in base alla popolazione residente, come risultante al 31 dicembre del penultimo anno precedente.
Ai fini del riparto, gli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono considerati come enti con popolazione pari a 5.000 abitanti.
Il comma 708 specifica che i finanziamenti disposti in favore degli enti i cui organi siano stati sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, di cui ai commi da 704 a 707 sono a valere sulle risorse di cui al Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, di cui all’articolo 34, comma 1, del D.Lgs. n. 504/1992
Il Fondo ordinario, iscritto nello stato di previsione del Ministro dell’interno (U.P.B. 2.1.2.6, cap. 1316), risulta dotato, nel bilancio per il 2007, di 6.786 milioni di euro. Su tale fondo sono allocate le risorse di parte corrente, necessarie al finanziamento dei bilanci di tutti gli enti locali (comuni, province e comunità montane).
Norma di copertura finanziaria (comma 716)
Il comma 716prevede la riduzione del Fondo per le aree sottoutilizzate di 195 milioni per il 2007, di 130 milioni per il 2008 e di 65 milioni per il 2009, al fine di compensare gli effetti finanziari sul fabbisogno e sull’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 703 a 707 che autorizzano maggiori contributi in favore dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.
Per quanto riguarda la copertura finanziaria, i maggiori contributi concessi agli enti locali sono a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali, come previsto dal comma 708. Pertanto, i maggiori contributi previsti dai commi in esame non producono effetti sul saldo netto da finanziare.
Le disposizioni in esame, tuttavia, determinano effetti finanziari sull’indebitamento netto e sul fabbisogno in quanto i comuni fino a 5.000 abitanti, destinatari dei finanziamenti, sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno per l’anno 2007.
Come riportato nella relazione tecnica allegata all’emendamento governativo che ha introdotto i commi da 703 a 707, delle somme complessivamente destinate ai comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti, solo una quota pari a 65 milioni di euro è tuttavia suscettibile di generare effetti finanziari sull’indebitamento, in quanto ascrivibile ai comuni con popolazione tra i 3.000 e i 5.000 abitanti, che ai sensi della legislazione previgente sarebbero stati inclusi nel patto di stabilità per il 2007 (art. 1, comma 138, della legge finanziaria per il 2006) e che invece, in base alla nuova disciplina introdotta dai commi 676 e seguenti della legge finanziaria in esame, sono esclusi dai vincoli del Patto di stabilità.
La compensazione di tali effetti finanziari (65 milioni), effettuata a valere sulle risorse del Fondo aree sottoutilizzate, comporta peraltro una maggiorazione dell’onere nel 2007 e nel 2008, in considerazione della minore spendibilità delle risorse del Fondo (destinate a finalità di investimento) rispetto alla tipologia di spesa corrente autorizzata dai commi 703-707.
Per una ricostruzione delle disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (UPB 6.2.3.12, capitolo 8425), si rimanda alla scheda di lettura relativa al comma 863.
Articolo 1, comma 709
(Ripartizione Fondo comuni confinanti con
le province
di Trento e di Bolzano)
709. All'articolo 1, comma 494, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo il secondo periodo, è aggiunto il seguente: «La ripartizione è effettuata per il 90 per cento in base alla popolazione e per il 10 per cento in base al territorio, assicurando il 40 per cento del fondo complessivo ai soli comuni confinanti con il territorio delle province autonome di Trento e di Bolzano».
Il comma 709 integra una disposizione recata dalla legge finanziaria 2006 che incrementa di 10 milioni di euro i trasferimenti erariali in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano. La norma in esame stabilisce criteri di ripartizione delle risorse aggiuntive e individua gli enti interessati.
Il comma 494 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 (legge 266/2005) dispone la sospensione dei trasferimenti erariali relativi alle funzioni trasferite alle regioni e agli enti locali ai sensi della legge 59/1997 (cd Bassanini), per le regioni a statuto speciale e le province autonome, in relazione a quelle funzioni che già rientrano, ai sensi dei rispettivi statuti di autonomia, nelle specifiche competenze di questi enti e per tale ragione sono finanziate in modo ordinario dalle stesse regioni e province autonome.
In relazione a questo risparmio da parte dell’erario – quantificato dal Governo in 30 milioni di euro - la seconda parte del comma 494 prevede un incremento - di 10 milioni di euro - dei trasferimenti erariali in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano.
Com’è noto, l’attuazione del cd. “federalismo amministrativo” prevedeva percorsi diversi per le regioni a statuto ordinario da una parte e per le regioni ad autonomia differenziata dall’altra.
I decreti legislativi attuativi della legge 59/1997[22], prevedevano espressamente che al trasferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano delle funzioni e dei compiti conferiti da tali decreti legislativi alle regioni a statuto ordinario, si sarebbe dovuto provvedere - qualora le funzioni non fossero già attribuite - attraverso le procedure complesse disciplinate nei rispettivi statuti per l’adozione delle norme di attuazione.
Per questa ragione il processo di attuazione nelle singole regioni a statuto speciale è stato – ed è tutt’ora – molto differenziato.
La soppressione dei trasferimenti per quelle funzioni che sono già di competenza della regione secondo lo statuto di autonomia ha una portata generale che potrebbe riguardare tutte le regioni a statuto speciale. La quantificazione del Governo, invece, ha riguardato le sole province autonome. La relazione tecnica che accompagnava il
La ragione della limitazione del taglio dei trasferimenti alle sole province autonome è da ricercare, come detto, nelle diverse competenze attribuite a ciascuna regione o provincia autonoma. Si tenga presente che alle province di Trento e di Bolzano è già attribuita la quasi totalità delle funzioni contemplate dai decreti attuativi della legge 59/1997.
L’integrazione dettata dalla norma in esame, accoglie una osservazione del Governo stesso che, nella risposta ad una interrogazione a risposta immediata, svoltasi presso la Commissione bilancio il 2 febbraio 2006, si è espresso sulla difficile applicazione della norma così come formulata, in quanto non indica né criteri di individuazione degli enti interessati (si tratta dei comuni di 5 province) né criteri di ripartizione delle risorse aggiuntive.
In particolare il rappresentante del Governo, dopo aver rilevato che non risultano individuati i criteri per la ripartizione dei previsti 10 milioni di euro tra i comuni confinanti con le province autonome, auspicava l’integrazione della norma con un criterio di ripartizione in base al quale il finanziamento dovrebbe essere attribuito per il 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni.
Il comma 709 in esame accoglie i criteri indicati dal Governo, per quanto riguarda i criteri di riparto delle risorse - 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni.
Quanto agli enti interessati, la norma dispone che il 40% delle risorse aggiuntive è destinato ai comuni il cui territorio confina con le province di Trento o di Bolzano[23].
Articolo 1, comma 712
(Contributo
statale ai comuni per minor gettito ICI da minori entrate relative ai
fabbricati di categoria catastale D)
712. A decorrere dall'anno 2007, la dichiarazione di cui all'articolo 2, comma 4, del regolamento recante determinazione delle rendite catastali e conseguenti trasferimenti erariali ai comuni, di cui al decreto del Ministro dell'interno 1° luglio 2002, n. 197, attestante il minor gettito dell'imposta comunale sugli immobili derivante da fabbricati del gruppo catastale D, deve essere inviata al Ministero dell'interno entro il termine perentorio, a pena di decadenza, del 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificata la minore entrata.
Il comma 712 trasforma da ordinatorio in perentorio, dall’anno 2007, il termine entro il quale, a pena di decadenza, gli enti locali debbono inviare al Ministero dell’interno le dichiarazioni sulle minori entrate derivanti dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) in conseguenza dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali per gli immobili di categoria D.
La misura incide sulle procedure per l’erogazione di un contributo statale, istituito dall'articolo 64, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), riconosciuto, a decorrere dall'anno 2001, ai comuni che abbiano subìto diminuzione delle entrate derivanti dall'imposta comunale sugli immobili, a causa dell'autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita dai soggetti interessati sulla base delle previsioni del decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.
In base al decreto ministeriale n. 701 del 1994, è possibile – sulla base di dichiarazione sottoscritta da uno dei soggetti che ha la titolarità di diritti reali sui beni denunziati e dal tecnico redattore degli atti grafici di cui sia prevista l'allegazione, e contenente dati e notizie tali da consentire l'iscrizione in catasto con attribuzione di rendita catastale, senza visita di sopralluogo – proporre l’attribuzione della categoria, classe e relativa rendita catastale, per le unità a destinazione ordinaria, o l'attribuzione della categoria e della rendita, per le unità a destinazione speciale o particolare. In base al comma 3 dell’articolo 1 del medesimo decreto, tale rendita rimane negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l'ufficio non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, alla determinazione della rendita catastale definitiva. Il termine di dodici mesi era prorogato a ventiquattro mesi per i primi due anni di applicazione.
Per quanto riguarda l’imposta comunale sugli immobili (ICI), la determinazione del valore dei fabbricati di categoria D si ottiene, a norma del decreto ministeriale 14 dicembre 1991[24], moltiplicando la rendita catastale per il coefficiente di 50. Nel caso di fabbricati di categoria D, interamente posseduti dalle imprese e contabilizzati distintamente, ma sforniti di rendita catastale, il valore è determinato (secondo l’articolo 5, comma 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992) sulla base dei costi di acquisto e dei costi incrementativi contabilizzati, attualizzati per mezzo dei coefficienti aggiornati con decreto ministeriale[25] pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Nell’anno in cui tali fabbricati sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, anche qualora si tratti di “rendita proposta” il valore sarà determinato applicando alla rendita il coefficiente 50. Tuttavia, in caso di “rendita proposta”, il comune procederà alla riliquidazione dell’ICI, ai sensi dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 504 del 1992; qualora la rendita catastale attribuita sia superiore del 30% a quella dichiarata, la maggiore imposta dovuta viene maggiorata del 20%.
I fabbricati di categoria catastale D sono, in generale, edifici a destinazione speciale utilizzati per attività con finalità di lucro (ad esempio alberghi e pensioni, opifici, case di cura, teatri e cinema, istituti di credito e di assicurazione, palestre, fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole).
Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 64 della citata legge n. 388 del 2000 ha stabilito che, qualora ai singoli comuni che beneficiano dell’aumento dei maggiori trasferimenti erariali di cui al comma 1 derivino, per effetto della determinazione della rendita catastale definitiva da parte degli uffici tecnici erariali, introiti superiori, almeno del 30 per cento, rispetto a quelli conseguiti prima dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale “D” a norma del decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, i trasferimenti erariali di parte corrente spettanti agli stessi enti sono ridotti in misura pari a tale eccedenza. La riduzione si applica e si intende consolidata a partire dall’anno successivo rispetto a quello in cui la determinazione della rendita catastale è diventata inoppugnabile anche a seguito della definizione di eventuali ricorsi.
Il comma 3 del medesimo articolo 64 ha poi demandato ad un apposito decreto del Ministro dell'interno, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione dei criteri e delle modalità per l'applicazione di quanto previsto dai commi 1 e 2 del medesimo articolo 64. Tale regolamento, recante determinazione delle rendite catastali e conseguenti trasferimenti erariali ai comuni, è stato emanato con decreto ministeriale 1° luglio 2002, n. 197.
Per quanto riguarda l’ammontare del contributo statale e le procedure per riceverlo, il decreto ministeriale n. 197 del 2002 ha stabilito che:
- i trasferimenti erariali ai comuni che subiscano la diminuzione di gettito dell'ICI siano aumentati in misura pari alla perdita di gettito, ove quest'ultima risulti superiore a euro 1.549,37 e allo 0,5 per cento della spesa corrente risultante dal bilancio di previsione dello stesso anno in cui si è verificata la perdita, definitivamente assestato;
- il contributo statale sia pari alla differenza tra il gettito dell'ICI che sarebbe derivato dai fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, considerando la base imponibile risultante prima dell'autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali, e il gettito dell'ICI derivante dagli stessi fabbricati a seguito della predetta autodeterminazione provvisoria;
- Il contributo statale determinato in corrispondenza di tale perdita sia attribuito nell'anno successivo a quello in cui si è verificata la perdita del gettito dell'ICI e sia consolidato nei trasferimenti erariali dei comuni interessati.
La procedura per ricevere il contributo statale prevede che i comuni interessati, entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificata la minore entrata, trasmettano al Ministero dell'interno, per il tramite degli uffici territoriali del Governo, apposita dichiarazione, secondo il modello stabilito nell'allegato A al decreto, in cui attestano l'importo complessivo del minore gettito dell'ICI derivante dai fabbricati classificabili nel gruppo catastale D. Gli uffici territoriali del Governo, entro dieci giorni decorrenti dalla scadenza del predetto termine, trasmettono i certificati al Ministero dell'interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale della finanza locale.
La modifica disposta dal presente comma 712 che rende perentorio il termine, in precedenza ordinatorio, del 30 giugno di ciascun anno per l’invio di tali dichiarazioni, si rende necessaria in quanto al Ministero dell’interno continuano a pervenire dichiarazioni attestanti perdite relative non solo all’anno di riferimento, ma anche a quelli precedenti, con conseguente necessità, da parte dello stesso Ministero, di richiedere l’integrazione degli stanziamenti di bilancio relativi ai predetti anni.
Con la modifica apportata non saranno più ricevibili le dichiarazioni attestanti le minori entrate da ICI in questione, trasmesse dai comuni oltre il termine del 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento, e pertanto i comuni incorreranno nella decadenza dal diritto rispetto alla minore entrata non comunicata.
Articolo 1, comma 963
(Contributi erariali al comune di Romaquale
sede della Capitale)
963. A decorrere dall'anno 2007 e fino alla revisione del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali, il contributo previsto dall'articolo 1 della legge 25 novembre 1964, n. 1280, da ultimo rideterminato dall'articolo 9, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 494, e confluito nel fondo consolidato di cui all'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è incrementato di 175 milioni di euro annui.
Il comma 963 dispone l’incremento di 175 milioni di euro annui dei contributi assegnati al comune di Roma, ai sensi della legge n. 1280 del 1964, a titolo di concorso dello Stato negli oneri finanziari che il comune sostiene, in dipendenza delle esigenze cui deve provvedere quale sede della Capitale.
L’aumento del contributo è disposto a decorrere dall’anno 2007 fino alla riforma del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali[26].
Si ricorda in proposito che la nota di aggiornamento al DPEF include, tra i provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2007 da presentare entro il 15 novembre, un disegno di legge di delega recante norme di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale.
Attualmente, il contributo autorizzato ai sensi della legge n. 1280/1964 - come rideterminato nel corso degli anni da successivi provvedimenti legislativi - risulta pari a 121,4 milioni di euro[27].
Tale contributo è iscritto nel Fondo consolidato, istituito ai sensi dell'art. 39, comma 1, del D.Lgs. n. 504/1992 (cap. 1318, UPB 2.1.2.6/Ministero dell’interno), nel quale confluiscono diversi contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi.
Va ricordato, inoltre, che per le medesime finalità di cui alla legge n. 1280/1964, ulteriori contributi erariali correnti sono stati autorizzati in favore del comune di Roma. In particolare, l’articolo 27, comma 3, della legge n. 448/2001, ha incrementato i trasferimenti erariali correnti a favore del comune di Roma di 103,29 milioni di euroa decorrere dal 2002, al fine di adeguare il concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune di Roma sostiene quale sede della Capitale.
Tuttavia, in conseguenza dell’aumento del livello complessivo dei trasferimenti erariali, ilcomune di Roma è stato peraltro escluso dalla ripartizione delle risorse aggiuntive di cui beneficiano i cd. “enti sottodotati”, cioè gli enti le cui risorse risultino al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza (tra i quali rientrava il comune di Roma).
Si ricorda, infine, che per il triennio 2007-2009, in favore del comune di Roma, è stato altresì autorizzato, ai sensi del comma 949 della legge finanziaria in esame, il rifinanziamento della legge n. 396/1990, recante interventi di carattere infrastrutturale, ambientale e culturale per Roma, capitale della Repubblica, di 212,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 170 milioni di euro per il 2009 (cfr. la relativa scheda di lettura).
Articolo
1, commi 676-693
(Patto di stabilità interno per gli enti
locali)
676. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 con il rispetto delle disposizioni di cui ai commi da 677 a 695, che costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.
677. La manovra finanziaria è fissata in termini di riduzione del saldo tendenziale di comparto per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
678. Per la determinazione del proprio obiettivo specifico di miglioramento del saldo, gli enti di cui al comma 676 devono seguire la seguente procedura:
a) calcolare la media triennale per il periodo 2003-2005 dei saldi di cassa, come definiti al comma 680 e risultanti dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa, solo se negativa, i seguenti coefficienti:
1) province: 0,400 per l'anno 2007, 0,210 per l'anno 2008 e 0,117 per l'anno 2009;
2) comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,330 per l'anno 2007, 0,205 per l'anno 2008 e 0,155 per l'anno 2009;
b) calcolare la media triennale della spesa corrente sostenuta in termini di cassa in ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, come risultante dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa i seguenti coefficienti:
1) province: 0,041 per l'anno 2007, 0,022 per l'anno 2008 e 0,012 per l'anno 2009;
2) comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,029 per l'anno 2007, 0,017 per l'anno 2008 e 0,013 per l'anno 2009;
c) determinare l'importo annuo della manovra mediante la somma degli importi, considerati in valore assoluto, di cui alle lettere a) e b). Gli enti che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 dei saldi di cassa determinano l'importo del concorso alla manovra applicando solo i coefficienti relativi alla spesa di cui alla lettera b).
679. Nel caso in cui l'incidenza percentuale dell'importo di cui al comma 678, lettera c), sull'importo della media triennale 2003-2005 delle spese finali al netto delle concessioni di crediti risulti, per i comuni di cui al comma 676, superiore all'8 per cento, il comune deve considerare come obiettivo del patto di stabilità interno l'importo corrispondente all'8 per cento della suddetta media triennale.
680. Il saldo finanziario è calcolato in termini di cassa quale differenza tra entrate finali, correnti e in conto capitale, e spese finali, correnti e in conto capitale, quali risultano dai conti consuntivi. Nel saldo finanziario non sono considerate le entrate derivanti dalla riscossione di crediti e le spese derivanti dalla concessione di crediti.
681. Per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 gli enti devono conseguire un saldo finanziario, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata ai sensi del comma 678, lettera c), ovvero del comma 679. Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi 142, 143 e 144 concorrono al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno.
682. Ai fini dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno i trasferimenti statali sono conteggiati, in termini di competenza e di cassa, nella misura a tale titolo comunicata dall'amministrazione statale interessata.
683. Ai fini del comma 686, il saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa, quale differenza tra le entrate finali e le spese finali al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti. Nel saldo finanziario non sono considerate le entrate in conto capitale riscosse nel triennio 2003-2005, derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare destinate, nel medesimo triennio, all'estinzione anticipata di prestiti. Per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti nel saldo finanziario non sono considerate le spese in conto capitale e di parte corrente, autorizzate dal Ministero, necessarie per l'attivazione di nuove sedi di uffici giudiziari, ivi incluse quelle relative al trasloco.
684. Il bilancio di previsione degli enti locali ai quali si applicano le disposizioni del patto di stabilità interno deve essere approvato, a decorrere dall'anno 2007, iscrivendo le previsioni di entrata e di uscita in termini di competenza in misura tale da consentire il raggiungimento dell'obiettivo programmatico del patto di stabilità interno determinato per ciascun anno. Gli enti locali che hanno approvato il bilancio di previsione in data anteriore a quella dell'entrata in vigore della presente legge provvedono ad apportare le necessarie variazioni di bilancio.
685. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito «www.pattostabilita.rgs.tesoro.it», le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza, secondo la definizione indicata al comma 683, sia quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Con lo stesso decreto è definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi dei commi 678 e 679.
686. Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ciascuno degli enti di cui al comma 676 è tenuto a inviare, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 685.
687. Per gli enti istituiti nel periodo 2003-2005, si fa riferimento alla media degli anni, compresi nello stesso periodo, per i quali sono disponibili i bilanci consuntivi; se si dispone del bilancio di un solo anno, quest'ultimo costituisce la base annuale di calcolo su cui applicare le regole del patto di stabilità interno. Il termine per l'applicazione delle regole del patto di stabilità interno agli enti istituiti nell'anno 2006 ed alle province della regione autonoma della Sardegna istituite ai sensi della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4, e i cui organi sono stati eletti a seguito delle consultazioni amministrative dell'8 e 9 maggio 2005, è prorogato al 1° gennaio 2009, assumendo, quale base di calcolo su cui applicare le regole, le risultanze dell'esercizio 2007.(*)
__________
(*) Comma così modificato dall’art. 6, co. 8-octies del D.L. n. 300/2006.
688. Gli enti locali commissariati ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono soggetti alle regole del patto di stabilità interno dall'anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali.
689. Si intendono esclusi per gli anni 2006 e 2007 dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, gli enti locali per i quali negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno, l'organo consiliare è stato commissariato ai sensi degli articoli 141 e 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
690. Le informazioni previste dai commi 685 e 686 sono messe a disposizione dell'UPI e dell'ANCI da parte del Ministero dell'economia e delle finanze secondo modalità e con contenuti individuati tramite apposite convenzioni.
691. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, accertato con la procedura di cui al comma 686 del presente articolo, il Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, diffida gli enti locali ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di riferimento. Detti provvedimenti devono essere comunicati al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro la medesima data, con le modalità definite dal decreto di cui al comma 685. Qualora i suddetti enti non adempiano, il sindaco o il presidente della provincia, in qualità di commissari ad acta, adottano entro il 30 giugno i necessari provvedimenti, che devono essere comunicati, entro la medesima data, con le modalità indicate dal decreto di cui al comma 685. Allo scopo di assicurare al contribuente l'informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato cura la pubblicazione sul sito informatico di cui al comma 685 degli elenchi contenenti gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelli che hanno adottato opportuni provvedimenti nonché di quelli per i quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione.
692. Decorso inutilmente il termine del 30 giugno previsto dal comma 691:
a) nei comuni interessati, con riferimento al periodo di imposta in corso, i contribuenti tenuti al versamento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolano l'imposta maggiorando l'aliquota vigente nei comuni stessi dello 0,3 per cento;
b) nelle province interessate, con riferimento al periodo di imposta in corso, l'imposta provinciale di trascrizione, per i pagamenti effettuati a decorrere dal 1° luglio, è calcolata applicando un aumento del 5 per cento sulla tariffa vigente nelle province stesse.
693. Scaduto il termine del 30 giugno i provvedimenti del commissario ad acta non possono avere ad oggetto i tributi di cui al comma 692.
I commi da 676 a 693 recano la disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali con riferimento al triennio 2007-2009.
A differenza dello scorso anno, in cui le regole del Patto erano definite in modo uniforme per tutte le tipologie di enti territoriali, nella legge finanziaria in esame la disciplina del Patto di stabilità per il 2007 viene definita in modo differenziato per le regioni e per gli enti locali, mantenendo un’impostazione basata sul principio dell’evoluzione controllata della spesa per le regioni (articolo 1, commi 655-672) e tornando, invece, ad una impostazione basata sul vincolo riferito alla crescita del disavanzo finanziario per gli enti locali (articolo 1, commi 676-693).
Rispetto alla normativa in vigore nel 2006, che stabiliva un vincolo di contenimento delle spese finali, le regole del Patto di stabilità interno per il 2007 per le province e i comuni perseguono l’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario, inteso quale differenza tra entrate finali e spese finali (comprese dunque le spese di in conto capitale), allo scopo di far convergere quanto più possibile, come precisato nella relazione illustrativa del disegno di legge originario e nella circolare esplicativa, le regole del patto di stabilità interno con quelle previste dal patto di stabilità e crescita, sottoscritto in sede europea.
Secondo le indicazioni dell’allegato 7, recante gli effetti delle norme della legge finanziaria sui saldi di finanza pubblica, l’effetto di riduzione dell’indebitamento netto per il 2007,che dovrebbe derivare dalle nuove regole del patto per gli enti locali, viene stimato in 1.500 milioni di euro.
L’effetto sull’indebitamento netto per il 2007 del patto di stabilità per le regioni è invece valutato in ulteriori 1.760 milioni di euro, per un effetto complessivo di risparmio pari a 3.260 milioni di euro.
La disciplina relativa al patto di stabilità interno per gli enti locali per gli anni 2006-2008, dettata dai commi 676-693 della legge finanziaria in esame, è illustrata dalla Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n. 12 del 22 febbraio 2007.
Come già previsto dalla normativa precedente, le regole del patto vengono poste in relazione all’esigenza di assicurare il concorso di tutti gli enti territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica (comma 1), in considerazione del fatto che i vincoli sul disavanzo e sul debito, previsti dal Trattato CE e dal Patto di stabilità e crescita, si riferiscono al complesso delle amministrazioni pubbliche.
Il rispetto di tali vincoli, di cui il Governo è responsabile di fronte alle istituzioni comunitarie, dipende dal comportamento di tutti i livelli di governo con autonomia decisionale in materia di entrata e di spesa.
Al tempo stesso, il comma 1 inquadra la disciplina del patto di stabilità interno nell’ambito del titolo V della Costituzione, precisando che la disciplina del patto reca i princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, e 119, comma secondo, della Costituzione.
Il riferimento alla funzione di coordinamento della finanza pubblica vale non solo a indicare la funzione del patto di stabilità interno, ma anche a individuare il fondamento della competenza dello Stato nel dettarne la disciplina con propria legge.
Si osserva peraltro che, ai sensi del comma 1362, tutte le disposizioni della legge finanziaria costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
In relazione al Titolo V, il rispetto delle regole del patto di stabilità interno viene altresì posto in relazione all’esigenza di garantire la “tutela dell’unità economica della Repubblica”, che, ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione, può giustificare l’intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni e degli enti locali.
Ai sensi del comma 676, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Si conferma pertanto, anche per il triennio 2007-2009, l’esclusione dall’applicazione del patto dei comuni di minori dimensioni.
Si ricorda che le regole del patto di stabilità dettate dalla legge finanziaria dello scorso anno per il triennio 2006-2008prevedevano l’applicazione delle regole del patto, oltre che alle province, ai comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti e alle comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti. L’esclusione dei comuni fino a 5.000 abitanti era limitata al solo anno 2006.
Rispetto a quanto disposto dalla legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 266/2005, art. 1, comma 138), dall’applicazione del patto di stabilità per il 2007 vengono dunque escluse le comunità montane.
Per quanto concerne gli enti di nuova istituzione, il comma 687 prevede che per gli enti istituiti negli anni compresi tra il 2003 e il 2005, le regole del Patto di stabilità interno si applicano con decorrenza dall’anno 2007, facendo riferimento alla media degli anni compresi nel triennio 2003-2005, per i quali sono disponibili i bilanci consuntivi. Se si dispone del bilancio di un solo anno, quest'ultimo costituisce la base annua di calcolo su cui applicare le regole del patto di stabilità interno.
Per gli enti istituiti nel 2006, le regole del Patto di stabilità interno si applicano a decorrere dall’anno 2009, assumendo, quale base annua di calcolo su cui applicare le regole del patto, le risultanze dell'esercizio 2007.
Va segnalato che il D.L. 28 dicembre 2006, n. 300[28](cd. decreto-legge “mille-proroghe”) ha introdotto una novella al comma 687 in esame nella parte recante le regole per l’applicazione del patto di stabilità interno agli enti locali istituiti nel 2006, estendendo la disciplina ivi prevista (applicazione del patto dal 2009, assumendo, quale base di calcolo su cui applicare le regole, le risultanze dell’esercizio 2007) anche alle province della regione autonoma della Sardegna istituite ai sensi della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4, e i cui organi sono stati eletti a seguito delle consultazioni amministrative dell’8 e 9 maggio 2005.
La legge regionale n. 4/1997 reca disposizioni circa il riassetto generale delle province e procedure ordinarie per l’istituzione di nuove province e la modificazione delle circoscrizioni provinciali. Con successiva legge della Regione Sardegna 12 luglio 2001, n. 9 sono state istituite le province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio, i cui organi sono stati eletti nelle elezioni amministrative del maggio 2005.
Si ricorda in proposito che i commi 660-663 e 665 della legge finanziaria per il 2007 in esame disciplinano le modalità per la definizione delle regole del Patto di stabilità interno che si applica alle regioni a statuto speciale e alle province autonome e, di conseguenza, agli enti locali di questi territori. Il contenuto finanziario e le modalità di esecuzione del Patto per ciascuna regione dovrà essere definito d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e la regione interessata entro il 31 marzo di ciascun anno. In mancanza di tale intesa alla regione ed ai suoi enti locali si applica la disciplina ordinaria. È questa tuttavia una disciplina transitoria che resta in vigore sino alla approvazione della disciplina definitiva tramite l’emanazione di apposite norme di attuazione. È verosimile che al 1° gennaio 2009 tale disciplina sarà stata emanata; in tal caso, essa si applicherà alle nuove province della regione Sardegna.
Per quanto concerne gli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267),il comma 688 dispone che per quelli commissariati a decorrere dall'anno 2007 le regole del patto di stabilità interno si applicheranno a partire dall’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali.
Il comma 689 prevede, invece, l’esclusione dal patto di stabilità interno sia per l’anno 2006 che per l’anno 2007 degli enti locali che siano stati commissariati negli anni 2004 e 2005, sia per fenomeni di tipo mafioso che per le motivazioni previste dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
Più precisamente, la norma specifica che si intendono esclusi per gli anni 2006 e 2007 dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, gli enti locali i cui organi consiliari siano stati commissariati negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno, per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ovvero nelle ipotesi previste dall’articolo 141 del Testo unico, che dispone lo scioglimento degli organi consiliari a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco, dimissioni del sindaco, ecc.; c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.
Nella Circolare del Ministero dell’economia e delle
finanze n. 12/2007, si sottolinea che con il comma 689 è stata data una
interpretazione puntuale sull’assoggettamento degli enti commissariati
nell’anno 2004 alle regole del patto per l’anno 2006, per renderla in linea con
la risoluzione parlamentare n. 7-00741 del 18 gennaio 2006 della V Commissione
Come nelle sue prime formulazioni, relative agli anni 1999-2000[29], il patto di stabilità interno per il 2007 prevede il contributo della finanza locale al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica in termini di riduzione del saldo finanziario tendenziale del comparto per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 (comma 677).
Per la determinazione del concorso di ciascun ente al raggiungimento dell’obiettivo generale, il comma 678 definisce una specifica procedura.
Come precisato nella Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 12/2007, infatti, la misura del concorso di ciascun ente non è più individuata applicando una variazione percentuale uguale per tutti al rispettivo saldo finanziario, ma è ottenuta considerando alcune caratteristiche finanziarie dell’ente medesimo, in particolare, l’entità della spesa corrente e il suo livello di deficit.
In sostanza, il comma 678 stabilisce che la misura del concorso di ciascun ente alla manovra complessiva per il triennio 2007-2009 sia corrispondente alla somma, in valori assoluti, degli importi derivantidall’applicazione di determinati coefficienti alla media del triennio 2003-2005 della propria spesa corrente, sostenuta in termini di cassa, e alla media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, per i soli enti importi, considerati in valore assoluto, rappresenta l’obiettivo specifico di miglioramento del saldo che, in termini di cassa e di competenza, ogni singolo ente deve realizzare nel triennio 2007-2009 rispetto alla media del triennio 2003-2005.
Per gli enti che presentano un saldo finanziario di cassa medio positivo, l’entità del loro concorso al patto di stabilità interno è determinato applicando solo i coefficienti stabiliti per la spesa corrente.
Più in particolare, la procedura dettata dal comma 678 per definire l’entità del miglioramento del saldo-obiettivo, prevede che ciascun ente debba:
a) calcolare la media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, intesi quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, come definiti dal successivo comma 680 e risultanti dai propri conti consuntivi. Soltanto se tale media risultasse negativa, gli enti devono applicare ad essa i seguenti coefficienti (lettera a) del comma 678):
1) per le province: 0,4 per l'anno 2007, 0,210 per l'anno 2008 e 0,117 per l'anno 2009;
2) per i comunicon popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,33 per l'anno 2007, 0,205 per l'anno 2008 e 0,155 per l'anno 2009.
b) calcolare la media della spesa corrente sostenuta negli anni 2003, 2004 e 2005, considerata in termini di cassa (vale a dire pagamenti in conto competenza e in conto residui, senza alcuna esclusione), come risultante dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa i seguenti coefficienti (lettera b) del comma 678):
1) per le province: 0,041 per l'anno 2007, 0,022 per l'anno 2008 e 0,012 per l'anno 2009;
2) per i comunicon popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,029 per l'anno 2007, 0,017 per l'anno 2008 e 0,013 per l'anno 2009.
c) determinare l'importo annuo della manovra, corrispondente alla somma degli importi, considerati in valore assoluto, derivanti dalle operazioni indicate alle lettere a) e b).
Gli enti che presentano una media triennale positiva del saldo di cassa, determinano l’entità del loro concorso al patto di stabilità interno applicando solo i coefficienti relativi alla spesa corrente.
Il concorso di ciascun ente alla manovra complessiva è pertanto ottenuto come somma di una quota della spesa corrente e di una quota di deficit, considerati in valore assoluto, come desunti dai rispettivi consuntivi.
In tal modo, come sottolineato anche dalla Circolare del Ministero dell’economia n. 12/2007, tutti gli enti partecipano al patto di stabilità in ragione del volume della propria spesa corrente.
Gli enti che presentano una situazione di deficit nel triennio 2003-2005 contribuiscono ulteriormente al raggiungimento degli obiettivi di comparto, in misura proporzionale all’ampiezza del loro deficit.
Il saldo finanziario considerato dal comma 678, ai fini della determinazione del concorso alla manovra, è calcolato in termini di cassa quale differenza tra entrate finali e spese finali, risultanti dai conti consuntivi (comma 680).
Nel computo del saldo sono pertanto ricomprese tutte le voci di entrata e di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, con la sola esclusione delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, vale a dire, delle voci di entrata e di spesa di carattere finanziario.
Il saldo calcolato ai sensi del comma 680 tende ad avvicinarsi, quanto più possibile, all’indebitamento netto, vale a dire al saldo rilevante, a livello comunitario, ai fini del divieto di disavanzi eccessivi e del patto di stabilità e crescita; l’indebitamento netto è infatti calcolato in termini di competenza economica[30].
Da un lato, infatti, sono comprese nel saldo le entrate e le spese sia di parte corrente che in conto capitale, in termini di cassa; dall’altro sono escluse tutte le voci di entrata e di spesa relative a operazioni finanziarie, che, come tali, non sono registrate nel conto economico da cui risulta l’indebitamento netto.
Per i soli comuni, il comma 679 provvede ad individuare un limite massimo del concorso alla manovra.
Qualora l’importo derivante dall’applicazione dei coefficienti alla media dei disavanzi di cassa e alla media della spesa corrente rappresenti, per i comuni, un valore percentuale superiore all’8% della media delle spese finali registrate nel triennio 2003-2005, considerate al netto delle concessioni di crediti, i comuni devono considerare come obiettivo del patto l’importo corrispondente all’8% della suddetta media triennale.
In sostanza, come illustrato nella Circolare del Ministero dell’economia n. 12/2007, i comuni devono confrontare l’importo ottenuto applicando la procedura di cui al comma 678 con l’importo corrispondente all’8% del valore medio delle spese finali del triennio 2003-2005 e considerare, ai fini della determinazione dell’obiettivo del patto, il minore fra i due importi.
Come riportato nella relazione tecnica allegata all’emendamento governativo che ha introdotto il comma in esame, la disposizione è volta ad eliminare la distorsione che avrebbe potuto essere determinata dalla presenza, nel triennio considerato, di picchi di spesa registrati per fenomeni straordinari.
Una volta determinata, secondo i commi 678 e 679, l’entità del concorso di ciascun ente alla manovra, gli obiettivi programmatici del patto di stabilità interno per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 consistono nel miglioramento dei saldi finanziari medi del periodo 2003-2005 della suddetta entità.
In particolare, il comma 681 stabilisce che, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, gli enti locali devono conseguire un saldo finanziario, espresso sia in termini di competenza che in termini di cassa, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata secondo la procedura definita dal comma 678, lettera c) ovvero, se ne sussistono le condizioni, dell’importo corrispondente all’8% della media triennale delle spese finali, ai sensi del comma 679.
Come precisato dalla Circolare n. 12/2007, il mancato raggiungimento anche di uno solo dei due obiettivi (miglioramento del saldo di competenza e miglioramento del saldo di cassa) configura il mancato rispetto delle regole del patto di stabilità interno.
Il comma 681 specifica altresì che le maggiori entrate derivanti dall’attuazione dei commi 142-144 del provvedimento in esame, che prevedono la facoltà per i comuni di aumentare l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale comunale all’IRPEF (da 0,5 a 0,8%), concorrono al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità.
Analogamente, il comma 682precisa che i trasferimenti erariali vengono conteggiati ai fini del saldo finanziario rilevante per il rispetto del patto di stabilità, sia in termini di competenza che di cassa, nella misura che sarà comunicata dall’amministrazione statale interessata.
Come precisato nella Circolare n. 12/2007, la norma costituisce un elemento di certezza per l’ente locale che può conteggiare, ai fini della verifica del patto, gli importi di competenza e di cassa nella misura comunicata all’ente dalle Amministrazioni statali, senza che eventuali riduzioni di tali spettanze, in corso di esercizio, possano incidere negativamente sul raggiungimento degli obiettivi programmatici del patto.
In particolare, l’ente locale deve far riferimento a tutti i trasferimenti comunicati e provenienti dallo Stato, sia di parte corrente che in conto capitale per gli anni 2007, 2008 e 2009.
I trasferimenti registrati nel triennio 2003/2005 devono, invece, essere quelli risultanti dai conti consuntivi dell’ente, sia in termini di accertamenti che di riscossioni, come espressamente stabilito dai commi 678 e 680.
Per quanto concerne il computo del saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e quello medio del triennio 2003-2005, il comma 683 stabilisce che, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa, il saldo va calcolato quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, considerato al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, secondo i medesimi criteri adottati dal comma 680 per la determinazione del saldo utile ai fini del calcolo del concorso alla manovra.
E’ prevista l’esclusione di un’unica voce, relativa alle entrate in conto capitale riscosse nel triennio 2003-2005, derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare destinate nel medesimo triennio all’estinzione anticipata di prestiti.
Come precisato dalla Circolare del Ministero dell’economia n. 12/2007, le poste da escludere sono le riscossioni imputate nei consuntivi 2003-2005 al titolo 4° (entrate per alienazioni, trasferimenti di capitale e riscossione di crediti), categoria 1^ (alienazione di beni patrimoniali), voci economiche 61 (alienazione di beni immobili), 62 (alienazione di beni mobili) e 63 (alienazione di titoli) purché espressamente destinate, nello stesso triennio, all’estinzione anticipata di prestiti.
Per i soli comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, dal computo del saldo finanziario utile ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi programmatici sono inoltre escluse le spese, in conto capitale e di parte corrente, autorizzate dal Ministero, relative all’attivazione di nuove sedi di uffici giudiziari, ivi incluse quelle relative al trasloco.
Come peraltro precisa la Circolare n. 12/2007, l’esclusione dal saldo delle suddette spese opera solo con riferimento al triennio 2007-2009 - e non anche sul saldo medio del triennio 2003/2005 - e riguarda sia la gestione di competenza che quella di cassa.
La Circolare precisa che il comma
Inoltre, nel caso in cui le spese per l’attivazione di nuovi uffici giudiziari, ivi incluse quelle relative al trasloco, siano finanziate da trasferimenti correnti ed in conto capitale da parte del Ministero della Giustizia, si ritiene che anche tali trasferimenti statali debbano essere portati in detrazione dalle entrate e, quindi, dal saldo finanziario. Tale impostazione deriva dal fatto che appare corretto che somme a destinazione vincolata, quali le entrate che finanziano le spese in riferimento, siano utilizzate per coprire dette spese, senza che sia possibile alcun diverso utilizzo.
In sostanza, ai fini del patto di stabilità interno, il saldo medio del triennio 2003-2005 di ciascun ente, ricalcolato secondo i criteri di cui al comma 683, dovrà dunque essere migliorato dell’importo annuo del concorso alla manovra risultante dall’applicazione della procedura illustrata nel paragrafo precedente.
Il miglioramento che ne deriva costituisce l’obiettivo da conseguire in termini di saldo finanziario di competenza e di cassa per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009[31].
Al fine di sancire legislativamente il principio contabile della obbligatorietà del rispetto del patto di stabilità interno come elemento necessario per l’approvazione del bilancio di previsione, il comma 684 prevede che il bilancio di previsione degli enti soggetti al pattodi stabilità interno, debba essere redatto in coerenza con l’obiettivo programmatico da raggiungere, soprattutto in considerazione del fatto che le regole dell’attuale patto interessano l’intero bilancio e non più, come in passato, solo alcuni aggregati di spesa.
In particolare, il comma 684 prevede che il bilancio di previsione degli enti locali soggetti al patto deve essere approvato, a decorrere dall’anno 2007, iscrivendo le previsioni di entrata e di uscita, in termini di competenza, in misura tale da consentire il raggiungimento dell’obiettivo programmatico posto dal patto di stabilità interno per ciascun anno.
Gli enti locali che hanno già provveduto, alla data di entrata in vigore della legge finanziaria in esame, alla approvazione del bilancio di previsione, sono tenuti ad apportare le necessarie variazioni.
Al riguardo, nella Circolare n. 12/2007 si ritiene opportuno precisare che in alcuni enti l'azione di miglioramento del bilancio può determinare un eccesso di entrate finali rispetto alle spese finali che non coincide con la differenza tra uscite per rimborso di prestiti (titolo 3° della spesa) ed entrate derivanti da accensione di prestiti (titolo 5° dell’entrata).
In tal caso si ritiene che, qualora nella propria autonomia di bilancio l’ente non ritenga di impiegare tale eccedenza per ulteriori rimborsi di mutui e prestiti (titolo 3° della spesa), l’eccedenza stessa possa essere accantonata, iscrivendola in un apposito “fondo patto stabilità interno” ai fini del pareggio di bilancio di cui all’art. 162, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Si ricorda che il termine per l’approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2007 è stato differito al 31 marzo 2007 dal D.M. Interno del 30 novembre 2006 (pubblicato in G.U. n 287 dell’11 dicembre 2006).
I commi 685 e 686 definiscono le modalità del monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno.
La disposizione introdotta dal comma 685 delinea un sistema profondamente modificato rispetto a quello previsto dalla disciplina precedente, estendendo inoltre l’ambito di applicazione delle procedure di monitoraggio degli adempimenti a tutti gli enti cui si applica il Patto, vale a dire a tutte le province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
In base alla disciplina vigente fino al 2006, dettata dalla legge finanziaria per il 2005 (art. 1, commi 30, 31, 32, 35 e 37, della legge n. 311/2004), come successivamente modificata dalla legge finanziaria per il 2006 (art. 1, comma 150, legge n. 266/2005), le procedure relative al monitoraggio riguardavano tutte le province, i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti.
In base alle disposizioni del comma 685, tutti gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno hanno pertanto l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa.
La comunicazione dovrà essere indirizzata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, esclusivamente attraverso l’utilizzo del sistema web appositamente istituito per il monitoraggio del patto di stabilità[32].
Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali.
Con lo stesso decreto verrà definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi del comma 3.
In base alla disciplina precedente, ulteriori adempimenti rispetto a quelli indicati dal comma in esame, erano previsti per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, i quali erano tenuti a predisporre, entro il mese di febbraio, una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese rilevanti ai fini del rispetto del Patto, coerente con l’obiettivo annuale.
Al collegio dei revisori dei conti dell’ente, quale organo di revisione economico-finanziario, spettava la valutazione della coerenza tra gli obiettivi trimestrali e l’obiettivo annuale del saldo finanziario. Il collegio era altresì tenuto a verificare, entro e non oltre il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell’obiettivo trimestrale e, in caso di mancato conseguimento, a darne comunicazione sia all’ente che al Ministero dell’economia e delle finanze (per le province e i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti), ovvero alle Ragionerie provinciali (per i comuni con popolazione da 5.000 a 30.000 abitanti).
Il mancato rispetto degli obiettivi trimestrali comportava per gli enti l’obbligo di riassorbire lo scostamento registrato attraverso una azione di contenimento sui pagamenti, sia correnti che di conto capitale, tale da garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti.
All’organo di revisione economico-finanziario dell’ente spettava anche la verifica a consuntivo del rispetto degli obiettivi annuali del patto, sia in termini di competenza che di cassa, con l’obbligo di dare comunicazione al Ministero dell’interno in caso di mancato rispetto dell’obiettivo.
Nuovi adempimenti, rispetto alla disciplina precedente, sono invece disposti dal comma 686,ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno.
In particolare, la norma prevede che ciascuno degli enti soggetti al patto deve inviare al Ministero dell'economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 685.
Infine, come peraltro già previsto dalla disciplina precedente (art. 1, co. 37, legge n. 311/2004), il successivo comma 690 prevede che le informazioni inviate dagli enti locali ai fini del monitoraggio di cui al commi 685 e 686 siano messe a disposizione dell'UPI e dell'ANCI da parte del Ministero dell'economia e delle finanze secondo modalità e con contenuti individuati tramite apposite convenzioni.
Le misure di carattere sanzionatorio applicabili agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente, sono definite dai commi 691-693.
La disciplina delineata dai commi in esame è profondamente diversa rispetto a quella in vigore fino all’anno 2006 (definita dall’articolo 1, comma 33, della legge n. 311/2004).
A differenza della normativa precedente, in cui erano previste misure correttive agli andamenti di spesa degli enti locali nelle ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi del patto[33], la nuova disciplina introduce, in sostanza, un meccanismo di automatismo fiscale (incremento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione), che si attiva qualora l’ente, a seguito della diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri, non adotti autonomamente le necessarie misure per il riassorbimento dello scostamento.
In particolare, i commi in esame definiscono gli obblighi che possono essere posti a carico degli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno e, contestualmente, la disciplina per l’attivazione del potere sostitutivo da parte dello Stato nel caso in cui esse non adempiano a tali obblighi.
L’attivazione del potere sostitutivo nei confronti degli enti territoriali fa capo alle disposizioni dell’articolo 120 della Costituzione e alla disciplina attuativa dettata dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (c.d. legge La Loggia)[34]. La disciplina generale prevede che si esplichi obbligatoriamente una procedura contestativa, seguita eventualmente da un termine monitorio e, solo successivamente, dalla attivazione del potere sostitutivo.
In caso di mancato raggiungimento da parte degli enti locali dell’obiettivo annuale posto dal patto, accertato con la certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, che gli enti soggetti al patto devono inviare al Ministero dell'economia entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, il comma 691 in esame prevede l’intervento del Presidente del consiglio dei Ministri che, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), diffida gli enti locali ad adottare i necessari provvedimenti entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di riferimento.
La disposizione in esame lascia indefinita la natura e la tipologia e delle azioni che il Presidente del Consiglio dei ministri può prescrivere.
Il procedimento si esplica nelle seguenti fasi:
1. L’ente è tenuto a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Statoi provvedimenti che intende adottare per riportare i conti in linea con gli obiettivi del patto di stabilità interno, entro la data indicata del 31 maggio, con le modalità che saranno definite dal decreto, di cui al comma 685, relativo alle procedure di monitoraggio.
2. Qualora l’ente diffidato non adempia nei termini indicati, il sindaco o il presidente della provincia, in qualità di commissari ad acta, adottano entro il 30 giugno i necessari provvedimenti, che devono essere comunicati al Ministero dell’economia e finanze, entro la medesima data, con le modalità indicate dal decreto di cui al comma 685.
Ai sensi del comma 693, scaduto il termine del 30 giugno al commissario ad acta è fatto divieto di adottare misure che comprendano l’aumento delle aliquote dei tributi comunali e provinciali, indicati dal comma 692.
Allo scopo di assicurare al contribuente l'informazione necessaria per il corretto adempimento degli obblighi tributari, il comma 691 prevede inoltre che il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato cura la pubblicazione, sul sito informatico, degli elenchi contenenti gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, di quelli che hanno adottato opportuni provvedimenti nonché di quelli per i quali i commissari ad acta non hanno inviato la prescritta comunicazione.
3. Decorso inutilmente anche il termine del 30 giugno si attiva, automaticamente, la fase sanzionatoria vera e propriacostituita dall’aumento diretto (ex lege) delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione.
Più precisamente:
a) nei comuni interessati, con riferimento al periodo di imposta in corso, i contribuenti tenuti al versamento dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche calcolano l'imposta maggiorando l'aliquota vigente nei comuni stessi dello 0,3 per cento[35].
Si segnala che l’addizionale comunale all’IRPEF è disciplinata dai commi 142-144 della legge finanziaria in esame (cfr. la relativa scheda di lettura).
b) nelle province interessate, con riferimento al periodo di imposta in corso, l'imposta provinciale di trascrizione, per i pagamenti effettuati a decorrere dal 1° luglio, è calcolata applicando un aumento del 5 per cento sulla tariffa vigente nelle province stesse[36].
Nella Circolare del
Ministero dell’economia e delle finanze del 20 febbraio 2007, n. 12 si precisa
che, poiché la disciplina normativa sulle sanzioni fiscali recata dal comma 693
troverà applicazione a partire dall’anno
Articolo 1, commi 701-702
(Disapplicazionedi
alcuni adempimenti relativi al monitoraggio
e delle sanzioni per il mancato rispetto del Patto di stabilità interno per il
2006 e ripartizione del gettito della compartecipazione comunale all’IRPEF)
701. Il primo periodo del comma 150 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è sostituito dal seguente: «Continuano ad applicarsi le disposizioni recate dall'articolo 1, commi 30, 32 e 37, della legge 30 dicembre 2004, n. 311».
702. In ragione del contributo apportato nel 2006 al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, la ripartizione dell'incremento del gettito compartecipato di cui al comma 191, sarà effettuata nel 2008 esclusivamente a favore dei comuni che hanno rispettato nel 2006 il patto di stabilità interno.
Il comma 701 sostituisce il primo periodo del comma 150 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), che confermava, per l’anno 2006, l’applicazione delle disposizioni relative al monitoraggio del rispetto dei vincoli posti dal Patto di stabilità interno per gli enti locali per l’anno 2006, recate dall’articolo 1, commi 30, 31, 32 e 37 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) e delle disposizioni concernenti le sanzioni da applicare agli enti locali nelle ipotesi di mancato rispetto degli obiettivi del Patto medesimo, recate dai commi 33, 34 e 35 della medesima legge n. 311/2004.
La nuova formulazione del primo periodo del comma 150 della legge n. 266/2005 disposta dal comma 701 in esame prevede il richiamo all’applicazione dei soli commi 30, 32 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004.
Le disposizioni confermate riguardano il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno per le regioni, le province autonome, le province e i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e per le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti (comma 30), la verifica del rispetto degli obiettivi del patto da parte dell'organo di revisione economico-finanziaria degli enti locali (comma 32) ed il concorso delle associazioni degli enti locali al monitoraggio sull’andamento delle spese (comma 37).
In particolare, per quanto concerne gli adempimenti relativi al monitoraggio del patto di stabilità per il 2006, a seguito della modifica introdotta dal comma 701 è esclusa soltanto l’applicazione della disposizione di cui al comma 31 della legge n. 311/2004, che richiedeva adempimenti specifici per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
In particolare, il comma 31 prevede l’obbligo, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, di predisporre, entro il mese di febbraio, una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese rilevanti ai fini del rispetto del Patto, coerente con l’obiettivo annuale. La valutazione della coerenza tra gli obiettivi trimestrali e l’obiettivo annuale del saldo finanziario spetta al collegio dei revisori dei conti dell’ente, quale organo di revisione economico-finanziario. Il collegio è altresì tenuto a verificare, entro e non oltre il mese successivo al trimestre di riferimento, il rispetto dell’obiettivo trimestrale e, in caso di mancato conseguimento, a darne comunicazione sia all’ente che al Ministero dell’economia e delle finanze. Il mancato rispetto degli obiettivi trimestrali, o semestrali, comporterebbe per gli enti l’obbligo di riassorbire lo scostamento registrato attraverso una azione di contenimento sui pagamenti, sia correnti che di conto capitale, tale da garantire il rientro delle spese nei limiti stabiliti.
In base alla modifica introdotta dalla disposizione in esame al comma 150 della legge n. 266/2005, è inoltre esclusa l’applicazione delle misure sanzionatorie, disciplinate dalle disposizioni di cui ai commi 33, 34 e 35 della legge n. 311/2004, nei confronti degli enti locali in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo annuale del Patto di stabilità interno.
In particolare, il comma 33 della legge n. 311/2004 prevede che, a decorrere dal 2006, gli enti locali inadempienti alle regole del patto di stabilità sono soggetti alle seguenti misure:
a) divieto di effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell'ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, nell’ipotesi in cui l’ente sia risultato sempre inadempiente, obbligo di ridurre le spese per l’acquisto di beni e servizi almeno del 10%, rispetto alla corrispondente spesa effettuata nel penultimo anno precedente.
b) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
c) divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare investimenti.
Il comma 34 stabilisce l’applicazione delle suddette misure sanzionatorie anche nel 2005, per gli enti locali che non hanno rispettato gli obiettivi del patto per l’anno 2004.
Il comma 35 della legge n. 311/2004, dispone inoltre, a decorrere dal 2006, che tutti gli enti territoriali soggetti alle regole del patto di stabilità, al fine di reperire, attraverso mutui e prestiti obbligazionari, risorse per il finanziamento degli investimenti, sono tenuti a produrre agli enti creditizi una attestazione circa il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere dalle regioni e dagli enti locali con istituzioni creditizie e finanziarie devono, pertanto, essere corredati da tale apposita attestazione.
L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non possono, infatti, procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione.
In sostanza, con la modifica introdotta dal comma 701 in esame, vengono meno tutte le sanzioni previste dalla legge finanziaria dello scorso anno nei confronti degli enti locali che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l’anno 2006.
Va segnalato che il divieto di procedere ad assunzioni di personale, a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto, per gli enti locali che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2006 era peraltro confermato dal comma 561 della legge finanziaria in esame (cfr. la relativa scheda di lettura).
Il D.L. 28 dicembre 2006, n. 300[37] (cd. decreto-legge “mille-proroghe”) ha stabilito la non applicazione, per l'anno 2007, delle disposizioni previste dal comma 561 in esame, agli enti che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2006 (articolo 6, comma 8-sexies).
Dal combinato disposto delle due disposizioni dovrebbe dunque discendere un divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo a decorrere dal 2008, per gli enti che non hanno rispettato le regole del patto di stabilità per il 2006.
Va peraltro segnalato che il D.L. 28 dicembre 2006, n. 300“Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”, convertito con modificazioni dalla legge n. 17/2007, ha stabilito all’articolo 6, comma 8-sexies, la non applicazione, per l'anno 2007, delle disposizioni previste dall'articolo 1, comma 561, della legge finanziaria 2007 in esame, agli enti che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2006.
In base al comma 702, inoltre, i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nel 2006 sono peraltro esclusi dalla ripartizione dell’incremento del gettito della compartecipazione comunale all’IRPEF, derivante dalla dinamica dell’imposta,prevista dal comma 191 per l’anno 2008 (cfr. la relativa scheda di lettura).
Su tale punto, nella Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze del 22 febbraio 2007, n. 12, concernente il Patto di stabilità interno per gli enti locali per gli anni 2007-2009, si rinvia, per l’applicazione del comma 702, a chiarimenti che verranno successivamente forniti dal Ministero.
La nuova disciplina che emerge per gli enti locali che non hanno rispettato il patto di stabilità interno per il 2006 è pertanto la seguente:
§ comuni: ai sensi del comma 701 non si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente, ma è disposta dal comma 702 l’esclusione dalla nuova ripartizione del gettito compartecipato dell’IRPEF;
§ province e comunità montane (con popolazione superiore a 50.000 abitanti): ai sensi del comma 701 è prevista la mera disapplicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente;
§ per tutti gli enti: divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, a decorrere dal 2008.
Va infine segnalato che a decorrere dal 2007, tutte le norme dettate dalla legge n. 311/2004 relative al monitoraggio del Patto di stabilità interno e alle sanzioni in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo annuale, la cui applicazione era prevista a decorrere dal 2006, sono da considerarsi superate dalla nuova disciplina del Patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 dettata dai commi 676-693 dalla legge finanziaria in esame (cfr. la relativa scheda di lettura), che reca ai commi 685-686 le nuove regole per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno e ai commi 691-693 le nuove misure sanzionatorie da applicarsi in caso di mancato rispetto degli obiettivi annuali del patto medesimo.
Articolo 1, comma 155
(Differimento della data di rientro dei
debiti contratti dagli enti locali)
155. Gli enti locali possono presentare istanza motivata al Ministero dell'economia e delle finanze per ottenere un differimento della data di rientro dei debiti contratti in relazione ad eventi straordinari anche mediante rinegoziazione dei mutui in essere. Il Ministero si pronuncia sull'istanza entro i successivi trenta giorni. Dal differimento ovvero dalla rinegoziazione non devono derivare aggravi delle passività totali o, comunque, oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Il comma 155 consente agli enti locali di presentare istanza motivata al Ministero dell’economia e delle finanze per ottenere un differimento della data di rientro dei debiti contratti in relazione ad eventi straordinari, anche mediante rinegoziazione dei mutui in essere.
Il Ministero si deve pronunciare sull’istanza entro i trenta giorni successivi alla presentazione.
Il differimento della data di rientro dei debiti contratti dagli enti locali, disciplinato dalla norma in esame, è peraltro limitato ai soli debiti contratti in relazione ad eventi straordinari.
Dal differimento o dalla eventuale rinegoziazione dei mutui in essere, non devono derivare aggravi delle passività totali o, comunque, oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
Si ricorda che in base all’articolo 119 della Costituzione, il ricorso all’indebitamento da parte degli enti locali è ammesso esclusivamente per il finanziamento degli investimenti.
Oltre al vincolo costituzionale, le regole per l’indebitamento degli enti locali sono dettate dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in particolare Titolo IV, Capo II e III (artt. 202-207).
In base alla normativa citata, le tradizionali fonti di indebitamento degli enti locali sono rappresentate:
- dalla assunzione di mutui a medio e lungo termine, con la Cassa depositi e prestiti e con il sistema bancario in genere (comprese le Istituzioni creditizie europee);
- dalle aperture dei credito, introdotte con il comma 68 della legge n. 311/2004;
- dall’emissione di titoli obbligazionari, originariamente dettata dall’art. 35 della legge n. 724/1994, e successivamente integrata dall’art. 41 della legge n. 448/2001.
Le regole dettate dal TUEL per il finanziamento mediante indebitamento si applicano a tutte e tre le tipologie di indebitamento e nei rapporti con qualsiasi istituto finanziatore.
Va ricordato che, in base all’art. 203 del TUEL, il ricorso all’indebitamento è possibile solo se sussistono le seguenti condizioni:
a) avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento;
b) avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni.
Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l’art. 203 prevede che l'organo consiliare adotti apposita variazione al bilancio annuale e, contestualmente modifichi il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione.
La normativa risulta più stringente per l’emissione dei prestiti obbligazionari, in quanto l’emissione non può avvenire se dal conto consuntivo del penultimo esercizio risulti un disavanzo di amministrazione.
Oltre al rispetto delle suddette condizioni, l’art. 204, comma 1, del TUEL, modificato dal comma 698 della legge finanziaria in esame (cfr. la relativa scheda di lettura), prevede un limite massimo alla capacità di indebitamento degli enti locali: l'ente può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle aperture di credito stipulate non superi il 15% delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui.
Per quanto concerne le modalità di ammortamento, la normativa prevede:
a) l’ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e di interessi, disciplinato dall’art. 204, comma 2, del TUEL. Tale modalità è applicabile, sia per le aperture di credito che per i mutui, secondo le seguenti condizioni:
- la durata minima dell'ammortamento è fissata in cinque anni;
- la decorrenza della prima rata dell'ammortamento, comprensiva della quota capitale e della quota interessi, è fissata al 1° gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata al 1° luglio seguente o al 1° gennaio del secondo anno successivo a quello della stipula. Per i contratti stipulati nel primo semestre dell’anno, la decorrenza può essere anticipata al 1° luglio dell’anno medesimo.
b) l’ammortamento (c.d. bullet) con rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza dell’ammortamento, previsto dall’art. 41 della legge n. 448/2001, come modificato dal comma 70 della legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004). Tale modalità di ammortamento si applica soltanto ai titoli obbligazionari, essendo espressamente vietata la contrazione di mutui da parte degli enti locali con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza.
La normativa citata prevede che al momento dell’emissione si provveda alla costituzione di un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero alla conclusione di operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.
Articolo 1, comma 698
(Limiti all’indebitamento degli enti locali)
698. All'articolo 204, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, le parole: «non supera il 12 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «non supera il 15 per cento». All'articolo 1, comma 45, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alla lettera b), le parole: «non superiore al 16 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «non superiore al 15 per cento» e la lettera c) è abrogata.
Il comma 698, al primo periodo, reca una novella all’articolo 204 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante regole e limiti per il ricorso all’indebitamento degli enti locali.
La novella introdotta all’articolo 204 del TUEL è volta a modificare il limite previsto per il ricorso all’indebitamento degli enti locali, elevando dal 12% al 15% delle entrate relative ai primi tre titoli dell’entrata del rendiconto del penultimo anno precedente l’entità delle spese per interessi che rappresentano il livello massimo di indebitamento degli enti locali.
L’articolo 204 del T.U pone un limite alla possibilità di indebitamento degli enti locali, fissando al 12% delle entrate relative ai primi tre titoli dell’entrata (come risultanti dal rendiconto del penultimo anno precedente) l’entità delle spese per interessi, che rappresentano il livello massimo di indebitamento degli enti locali, come risultante dall’accensione di mutui e da qualunque altra forma di finanziamento reperibile sul mercato cui l’ente possa accedere (emissione di titoli obbligazionari ed aperture di credito).
Si ricorda peraltro che il limite al 12% è stato fissato di recente, con la novella recata all’art. 204 del TUEL dalla legge finanziaria 2005 (art. 1, comma 44, della legge n. 311/2004), che è intervenuto a limitare fortemente la possibilità di indebitamento degli enti locali, fissata dal testo originario al 25% delle entrate relative ai primi tre titoli dell’entrata.
In sostanza, la novella introdotta all’articolo 204 del T.U. amplia la possibilità di indebitamento degli enti locali rispetto alla normativa previgente, consentendo che l'ente locale possa assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi ed a quello derivante da garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non sia superiore al 15% delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui (anziché al 12%).
Il secondo periodo del comma 698 in esame introduce una novella al comma 45 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) che, in relazione alla forte riduzione della possibilità di indebitamento degli enti locali introdotta dal comma 44 della medesima legge n. 311/2004 - dal 25% al 12% dei primi tre titoli dell’entrata – dettava una disciplina transitoria volta a permettere, agli enti locali che registravano i più alti livelli di indebitamento, una progressiva riduzione del livello di indebitamento,fino al limite consentito, in un arco temporale di 8 anni.
Più precisamente, per gli enti che all’inizio del 2005 superavano il limite di indebitamento consentito (12% dei primi tre titoli dell’entrata), era definito un percorso di graduale riduzione del proprio livello di indebitamento, fino al raggiungimento del limite del 12% entro il 2013 (in particolare, 20% entro il 2008, 15% entro il 2010, 12% entro il 2013).
In relazione con l’aumento del limite di indebitamento degli enti locali dal 12 al 15% (dei primi tre titoli delle entrate) disposto dal primo periodo del comma in esame, la disposizione introdotta dal secondo periodo riduce il percorso temporale concesso per la graduale riduzione dell’indebitamento, anticipando il termine finale dal 2013 al 2010, disponendo dunque che entro la fine dell’esercizio 2010 l’importo annuale degli interessi debba raggiungere la misura del 15%.
Articolo 1, comma 699
(Abrogazione delle norme sull’estinzione anticipata dei debiti contratti dagli
enti locali con la Cassa depositi e prestiti)
699. Al comma 3 dell'articolo 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il secondo periodo è soppresso con decorrenza dal 1° gennaio 2007.
Il comma 699 modifica l’articolo 28, comma 3, della legge n. 448 del 1998 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1999), recante la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per gli anni 1999-2001, sopprimendo, a decorrere dal 1º gennaio 2007, la disposizione che introduceva una misura premiale per gli enti locali, intesa a favorire e ad accelerare il raggiungimento dell’obiettivo della riduzione del rapporto tra l’ammontare del debito proprio degli enti locali e il prodotto interno lordo.
Si ricorda che nella versione originaria del patto di stabilità interno, introdotta dal citato articolo 28 della legge n. 448/1998, in aggiunta all’obiettivo principale della riduzione del disavanzo degli enti territoriali, era previsto, come obiettivo di natura derivata, la riduzione del rapporto tra l’ammontare del debito degli enti territoriali e il PIL, anche attraverso speciali programmi di dismissione di partecipazioni mobiliari.
A tal fine, la disposizione che viene ora soppressa dal comma 699 in esame definiva un procedimento che consentiva agli enti locali e alle regioni, che avessero presentato al Ministero dell’economia e delle finanze uno o più piani finanziari, almeno quinquennali, di riduzione progressiva e continuativa del rapporto tra il proprio ammontare di debito e il PIL, di estinguere anticipatamente i debiti contratti con la Cassa depositi e prestiti, ponendo a carico dello Stato sia gli oneri aggiuntivi che il pagamento dell’indennizzo previsto per le estinzioni anticipate dei mutui.
La procedura per l’estinzione agevolata dei mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti era dettata nella Circolare ministeriale n. 1 del 26 marzo 1999, che disciplinava le caratteristiche del piano finanziario di rientro del debito degli enti interessati, gli adempimenti formali a carico dell’ente e le procedure da adottare per l’estinzione agevolata, il monitoraggio annuale dei piani finanziari e gli accertamenti del raggiungimento degli obiettivi di rientro.
La mancata realizzazione degli obiettivi del piano avrebbe comportato il pagamento di una penale calcolata in base alle vigenti disposizioni, da effettuare in tre anni, anche mediante riduzione dei trasferimenti erariali.
In sostanza, come risulta dalla relazione tecnica del Governo presentata al Senato, il comma 699 in esame è volto ad impedire che possano continuare a maturare oneri a carico dello Stato per rimborsare la Cassa depositi e prestiti dei mancati introiti derivanti dalle estinzioni anticipata dei mutui che gli enti locali hanno richiesto, ai sensi dell’articolo 28, comma 3, della legge n. 448/1998, senza pagamento di indennizzo.
Vengono in tal modo “congelate”, nell’importo di circa 30 milioni, le spettanze dovute alla Cassa depositi e prestiti per le estinzioni effettuate fino al 31 dicembre 2006.
Del pari è abrogata la comminazione della penale, in caso di mancata realizzazione degli obiettivi del piano.
Articolo 1, comma 714
(Enti locali strutturalmente deficitari)
714. All'articolo 242, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, concernente l'individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fino alla fissazione di nuovi parametri triennali si applicano quelli vigenti per il triennio precedente».
Il comma 714novella l’articolo 142, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), recante criteri e modalità per l’individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari.
In particolare, la novella dispone che fino alla fissazione di nuovi parametri triennali per la valutazione di deficitarietà strutturale, si applicano i parametri vigenti per il triennio precedente.
L’articolo 242 del D.Lgs .n. 267 del 2000, T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, disciplina criteri e modalità di individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari, e i relativi controlli.
In base all’articolo citato sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali (comuni, province e comunità montane) che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione. Tale tabella contiene parametri obiettivi dei quali almeno la metà devono presentare valori deficitari. Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento.
Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare entro settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, la fissazione, per il triennio successivo, dei suddetti parametri obiettivi, nonché le modalità per la compilazione della tabella di cui sopra.
I parametri sono determinati con riferimento a un calcolo di normalità dei dati dei rendiconti dell'ultimo triennio disponibile.
Articolo 1, commi 736-738
(Indebitamento degli enti locali tramite
utilizzo di strumenti derivati)
736. Le norme del presente comma costituiscono princìpi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione. Le operazioni di gestione del debito tramite utilizzo di strumenti derivati, da parte delle regioni e degli enti di cui al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell'esposizione ai rischi di mercato. Gli enti possono concludere tali operazioni solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al contenimento dei rischi di credito assunti.
737. All'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. A partire dal 1° gennaio 2007, nel quadro di coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 119 della Costituzione, i contratti con cui le regioni e gli enti di cui al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, pongono in essere le operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e le operazioni in strumenti derivati devono essere trasmessi, a cura degli enti contraenti, al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro. Tale trasmissione, che deve avvenire prima della sottoscrizione dei contratti medesimi, è elemento costitutivo dell'efficacia degli stessi. Restano valide le disposizioni del decreto di cui al comma 1 del presente articolo, in materia di monitoraggio.
2-ter. Delle operazioni di cui al comma precedente che risultino in violazione alla vigente normativa, viene data comunicazione alla Corte dei conti per l'adozione dei provvedimenti di sua competenza».
738. Gli enti tenuti alle comunicazioni previste dall'articolo 41 della legge n. 448 del 2001 conservano, per almeno cinque anni, appositi elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento effettuate ai sensi della normativa sopra citata. L'organo di revisione dell'ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento da parte degli enti stessi.
I commi da 736 a 738 contengono disposizioni in materia di indebitamento degli enti locali tramite utilizzo di strumenti derivati.
In materia è intervenuta la circolare esplicativa del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007, pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007.
Il comma 736 è diretto a ridurre l’utilizzo, da parte di regioni ed enti locali[38], di strumenti finanziari derivati per le operazioni di gestione del debito.
Il comma in esame afferma che le operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati effettuate da regioni e enti locali devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato. È stabilito inoltre che le suddette operazioni possono essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al rischio di credito assunto.
Attualmente il ricorso agli strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali è disciplinato dall’articolo 3 del D.M. 1° dicembre 2003, n. 389, emanato in attuazione dell’articolo 41, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002).
Tale articolo stabilisce che, qualora le operazioni d’indebitamento siano effettuate in valute diverse dall'euro, è prescritta la copertura del rischio di cambio mediante «swap di tasso di cambio», definito come «contratto tra due soggetti che assumono l'impegno di scambiarsi regolarmente flussi di interessi e capitale espressi in due diverse valute, secondo modalità, tempi e condizioni contrattualmente stabiliti».
Sono inoltre consentite le seguenti operazioni derivate:
a) «swap di tasso d’interesse» tra due soggetti che assumono l'impegno di scambiarsi regolarmente flussi di interessi, collegati ai principali parametri del mercato finanziario, secondo modalità, tempi e condizioni contrattualmente stabiliti;
b) acquisto di «forward rate agreement» in cui due parti concordano il tasso d’interesse che l'acquirente del forward s’impegna a pagare su un capitale stabilito ad una determinata data futura;
c) acquisto di «cap» di tasso d’interesse in cui l'acquirente viene garantito da aumenti del tasso d’interesse da corrispondere oltre il livello stabilito;
d) acquisto di «collar» di tasso d’interesse in cui all'acquirente viene garantito un livello di tasso d’interesse da corrispondere, oscillante all'interno di un minimo e un massimo prestabiliti;
e) altre operazioni derivate contenenti combinazioni di operazioni di cui alle lettere precedenti, in grado di consentire il passaggio da tasso fisso a variabile e viceversa al raggiungimento di un valore limite predefinito o quando sia trascorso un periodo di tempo predeterminato;
f) altre operazioni derivate finalizzate alla ristrutturazione del debito, solo qualora non prevedano una scadenza posteriore a quella associata alla sottostante passività. Dette operazioni sono consentite ove i flussi con esse ricevuti dagli enti interessati siano uguali a quelli pagati nella sottostante passività e non implichino, al momento del loro perfezionamento, un profilo crescente dei valori attuali dei singoli flussi di pagamento, ad eccezione di un eventuale sconto o premio da regolare al momento del perfezionamento delle operazioni, non superiore all’1 per cento del nozionale della sottostante passività.
Le suddette operazioni derivate, come previsto anche dal presente comma 736, sono consentite esclusivamente in corrispondenza di passività effettivamente dovute e possono essere indicizzate esclusivamente a parametri monetari di riferimento nell'area degli Stati appartenenti al gruppo dei sette paesi più industrializzati.
Al fine di contenere l'esposizione creditizia verso le controparti delle operazioni derivate indicate nel medesimo articolo 3, è consentita la conclusione di contratti soltanto con intermediari contraddistinti da adeguato merito di credito, così come certificato da agenzie di rating riconosciute a livello internazionale. Qualora l'importo nominale delle operazioni derivate complessivamente poste in essere dall'ente territoriale interessato arrivi a superare i 100 milioni di euro, l'ente dovrà progressivamente tendere, attraverso le operazioni successive all'entrata in vigore del presente decreto, a far sì che l'importo nominale complessivo delle operazioni stipulate con ogni singola controparte non ecceda il 25 per cento del totale delle operazioni in essere.
Per le regioni, le illustrate disposizioni si applicano fino all'emanazione di specifiche normative regionali.
Le disposizioni illustrate costituiscono, come espressamente dichiarato, princìpi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.
Il terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione stabilisce che nelle materie di legislazione concorrente, come è l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica,spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Il secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione riconosce a comuni, province, città metropolitane e regioni l’autonomia finanziaria in materia di entrata.
I commi 737 e 738 introducono obblighi di comunicazione a carico delle regioni e degli enti locali che pongono in essere operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati.
Ai sensi del comma 737, che introduce i commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), le regioni e gli enti locali, prima della sottoscrizione di contratti relativi alle operazioni sopra indicate, devono trasmetterli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro. La trasmissione è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti stessi. Sono espressamente confermate le disposizioni di cui al citato D.M. n. 389 del 2003 in materia di controllo sull’andamento delle operazioni. La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2007.
L’articolo 1 del D.M. n. 389 del 2003, concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali e delle regioni, prevede che tali soggetti comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.
Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR.
Il nuovo comma 2-ter stabilisce che le operazioni di cui al nuovo comma 2-bis (operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati) che vìolano la vigente normativa sono comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.
Il comma 738 stabilisce che gli enti tenuti alle comunicazioni di cui al citato articolo 41 della legge n. 448 del 2001 debbono conservare, per almeno cinque anni, elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette all’obbligo di comunicazione. L’organo di revisione dell’ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento dell’obbligo da parte degli enti vigilati.
Gli obblighi di comunicazione a carico di regioni ed enti locali, previsti dal citato articolo 41, sono quelli di cui nuovo comma 2-bis, introdotto dal precedente comma 737, e l’obbligo di comunicare periodicamente al Ministero dell’economia i dati relativi alla propria situazione finanziaria, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di vigilare sugli andamenti di finanza pubblica.
Articolo 1, commi 739-740
(Indebitamento degli enti locali)
739. Dal 1° gennaio 2007 alle operazioni di indebitamento di cui al comma 17 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si aggiungono le operazioni di cessione o cartolarizzazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi per i cui pagamenti l'ente assume, ancorché indirettamente, nuove obbligazioni, anche mediante la ristrutturazione dei piani di ammortamento. Sono escluse le operazioni di tale natura per le quali la delibera della Giunta regionale sia stata adottata prima del 4 settembre 2006, purché completate entro e non oltre il 31 marzo 2007.
740. Al comma 17, primo periodo, dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono soppresse le parole: «non collegati a un'attività patrimoniale preesistente».
I commi 739 e 740 intervengono sull’articolo 3, comma 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), il quale definisce le operazioni che costituiscono indebitamento per le regioni e gli enti locali, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, ampliando l’elenco delle operazioni che rientrano in tale categoria.
L’articolo 119 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 5 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nell’attribuire autonomia finanziaria di entrata e di spesa a comuni, province, città metropolitane e regioni, stabilisce, al sesto comma, che tali enti possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese d’investimento, esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti da essi contratti.
Il citato articolo 3, commi da 16 a 21, della legge n. 350 del 2003, ha stabilito le modalità di interpretazione e di applicazione della norma recata dall’articolo 119, comma 6, della Costituzione.
In particolare, i commi 16 e 21 definiscono l’ambito soggettivo di applicazione della norma. Ai sensi del comma 16, i soggetti destinatari sono individuati nelle regioni a statuto ordinario, nei comuni, nelle province, nelle città metropolitane, nelle comunità montane, nelle comunità isolane e di arcipelago e nelle unioni di comuni[39]. Il comma 21dispone che rientrano nell’ambito soggettivo anche le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano[40].
Il comma 18 individua l’elenco delle operazioni che rappresentano investimenti. Vi rientrano l’acquisto, costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di fabbricati residenziali e non residenziali; la costruzione, demolizione, ristrutturazione, recupero e manutenzione straordinaria di opere e impianti; l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzazione pluriennale; gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale; l’acquisizione di aree e la costituzione di servitù onerose; le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale; i trasferimenti in conto capitale, destinati alla realizzazione di investimenti da parte di un altro soggetto appartenente al settore delle amministrazioni pubbliche; i trasferimenti in conto capitale, se destinati a soggetti concessionari di lavori pubblici ovvero a soggetti operanti nel settore dei servizi pubblici (in quanto proprietari o gestori della rete o erogatori del servizio); gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi ed esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale, aventi finalità pubblica e volti al recupero e alla valorizzazione del territorio.
Il comma 17 dell’articolo 3, che viene integrato dalla disposizione in esame, individua le operazioni che costituiscono indebitamento, agli effetti dell’applicazione dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione[41], nelle seguenti:
- l’assunzione di mutui;
- l’emissione di prestiti obbligazionari;
- le operazioni di cartolarizzazione, nel caso in cui sussista almeno una delle seguenti condizioni:
a) cartolarizzazione di flussi futuri di entrata non collegati ad una attività patrimoniale preesistente;
b) cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all’85% del prezzo di mercato dell’attività oggetto di cartolarizzazione;
c) cartolarizzazioni accompagnate da garanzie fornite dalle amministrazioni pubbliche;
d) cartolarizzazioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche;
- la cessione di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche.
Il medesimo comma individua anche il complesso delle operazioni che costituiscono indebitamento non solo in positivo, ma anche in negativo, precisando che non costituiscono indebitamento le operazioni che comunque non comportano risorse aggiuntive[42].
Il comma 739 include tra le operazioni di indebitamento sopra elencate, di cui all’articolo 3, comma 17, della legge n. 350/2003, le operazioni di cessione o cartolarizzazione effettuate dai soggetti che forniscono beni e servizi all’ente locale e aventi ad oggetto i crediti vantati dai fornitori stessi nei confronti dell’ente, quando, in relazione a tali cessioni e cartolarizzazioni, l’ente locale assume nuove obbligazioni, ancorché indirettamente, anche mediante la ristrutturazione dei piani di ammortamento.
L’inclusione di tali operazioni nella categoria delle operazioni di indebitamento opera a decorrere dal 1° gennaio 2007.
È fatta comunque espressa eccezione per le operazioni di cui sopra che siano state deliberate dalla Giunta regionale prima del 4 settembre 2006, a condizione che le stesse siano completate entro e non oltre il 31 marzo 2007.
Come precisato nella circolare esplicativa del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007 (pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007), la disposizione introdotta dal comma 739 è volta a qualificare come debiti alcune fattispecie di operazioni finanziarie, alla luce dei criteri definiti da Eurostat nella sua comunicazione del 4 settembre 2006.
La citata comunicazione ha chiarito il trattamento contabile secondo il SEC95 delle operazioni di cessione e di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti vantati da fornitori di beni e servizi alle ASL, in base alle quali le regioni si impegnano mediante l'emissione di una nuova delegazione di pagamento, derivante dalla ristrutturazione dei flussi finanziari rivenienti dai piani di ammortamento che da detti accordi scaturiscono. Eurostat, in tale comunicazione, chiarisce che l'emissione di una nuova delegazione di pagamento, congiuntamente alla ridefinizione temporale dei flussi di pagamento, rappresenta una sostanziale novazione della passività originaria, che produce il cambiamento di natura della stessa da debito commerciale in debito finanziario, aumentando il livello complessivo di debito dell'ente - e, di conseguenza, della pubblica amministrazione - secondo i criteri definitori stabiliti dalla normativa comunitaria per il rispetto dei parametri fissati nel Trattato di Maastricht.
Sono rilevanti ai fini del presente comma tutti i crediti, anche se divenuti proprietà di operatori finanziari o società veicolo, originati da forniture di beni e servizi ai soggetti di cui al comma 17 dell'art. 3 della legge 14 dicembre 2003, n. 350.
Si considerano ristrutturazioni dei piani di ammortamento le dilazioni di pagamento superiori a dodici mesi non contenute nelle clausole iniziali di pagamento della fornitura ed oggetto di successivi accordi contrattuali, nonché le rinegoziazioni delle nuove obbligazioni assunte, anche indirettamente, dall'ente (quale, ad esempio, la delegazione di pagamento) in corrispondenza di tali rimodulazioni temporali dei pagamenti.
Il comma 740, inoltre, sopprimendo alcune parole del citato articolo 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003, estende la categoria delle operazioni di cartolarizzazione che costituiscono indebitamento, ricomprendendovi tutte lecartolarizzazioni di flussi futuri di entrata, indipendentemente dalla circostanza che siano collegati ad un’attività patrimoniale preesistente.
Articolo 1, comma 741
(Disposizioni relative al dissesto degli enti locali)
741. All'articolo 255 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il comma 10 è sostituito dal seguente:
«10. Non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese, nonché l'amministrazione dei debiti assistiti dalla garanzia della delegazione di pagamento di cui all'articolo 206».
Il comma 741 interviene in materia di risanamento degli enti locali dissestati, specificando l’ambito delle attività escluse dalla competenza dell’organo straordinario di liquidazione.
In particolare, la disposizione modifica l’articolo 255 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, relativo alla acquisizione e alla gestione da parte dell'organo straordinario di liquidazione dei mezzi finanziari per il risanamento, sostituendo il comma 10 che reca l’indicazione delle attività che non rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione.
Secondo la nuova formulazione del comma 10, non competono all’organo straordinario di liquidazione:
§ l’amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, compreso il pagamento delle spese relative, come peraltro già previsto nel testo originario della norma;
§ l’amministrazione dei debiti assistiti da garanzia della delegazione di pagamento, prevista all’articolo 206 del TUEL.
L’articolo 206 richiamato prevede che, quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, gli enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale (per le comunità montane il riferimento va fatto ai primi due titoli dell'entrata).L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo
Si ricorda brevemente che il risanamento finanziario degli enti locali deficitari o in situazione di dissesto finanziario è disciplinato dal titolo VIII del D.Lgs. n. 267 del 2000 (artt. 242-269).
La gestione dello stato di dissesto finanziario è affidata all’organo straordinario di liquidazione. I compiti attribuiti in via generale all'organo straordinario di liquidazione sono disciplinati dall’art. 252, comma 3. Essi consistono nella rilevazione della massa passiva dell’ente locale; nell’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; nella liquidazione e pagamento della massa passiva.
Verificata la situazione debitoria, l’organo straordinario di liquidazione provvede all’accertamento della massa passiva, attraverso la formulazione di un piano di rilevazione, e alla acquisizione dei mezzi finanziari disponibili per il risanamento (artt. 254-255). Entro 24 mesi dall’insediamento, l’organo straordinario di liquidazione è tenuto a predisporre il piano di estinzione delle passività, che viene sottoposto al Ministero dell’interno, cui spetta approvarlo, previo parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (artt. 256-257).
A seguito dell’approvazione del piano di estinzione, l’organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento delle residue passività, sino alla concorrenza della massa attiva realizzata. Nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, sia tale da compromettere il risanamento dell’ente, il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.
Mentre l’organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell’indebitamento pregresso, gli organi istituzionali dell’ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria,rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto. Entro il termine di tre mesi dalla nomina dell’organo straordinario di liquidazione, il consiglio dell’ente è tenuto a presentare al Ministro dell’interno un’ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, istruita dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che esprime il proprio parere sulla validità delle misure disposte dall’ente per consolidare la propria situazione finanziaria entro quattro mesi. Il riequilibrio viene realizzato mediante l’attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti, anche attraverso la rideterminazione della dotazione organica da sottoporsi all’esame della Commissione per la finanza egli organici degli enti locali, secondo una disciplina che vincola la gestione del bilancio dal momento della deliberazione del dissesto fino a quella dell’approvazione del bilancio riequilibrato (artt. 259-263).
Infine, a seguito dell’approvazione ministeriale dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, l’ente provvede alla deliberazione del bilancio dell’esercizio cui l’ipotesi si riferisce. Il testo unico stabilisce le prescrizioni e i limiti conseguenti al risanamento dell’ente locale, a seguito dell’emanazione del decreto ministeriale di approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. L’osservanza delle prescrizioni è curata dagli amministratori ordinari e straordinari, che hanno l’obbligo di riferire sullo stato di attuazione nella relazione al rendiconto annuale, per tutto il periodo interessato al risanamento, fissato in cinque anni (artt. 264-267).
201. Alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, dopo le parole: «protezione civile» sono inserite le seguenti: «e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse,».
202. La lettera b) del comma 2 dell'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituita dalla seguente:
«b) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti o sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché alle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni. Se entro un anno dal trasferimento l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi».
I commi 201 e 202 ampliano le ipotesi di utilizzo degli immobili confiscati alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso.
La legge 31 maggio 1965, n. 575, recante “Disposizioni contro la mafia” prevede il potenziamento della lotta al crimine organizzato mediante l’utilizzo delle cosiddette misure di prevenzione patrimoniali (sequestro e confisca). Tali misure differiscono dalle pene in senso stretto e dalle misure di sicurezza in quanto sono irrogate indipendentemente dalla previa commissione di un fatto costituente reato (ante delictum) per contenere la pericolosità sociale di determinate categorie di soggetti (in questo caso, i sospettati di appartenenza alla mafia e ad altre organizzazioni criminali).
L’articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965 prevede che, nel corso del procedimento di applicazione di una delle misure di prevenzione personale previste dalla legge n. 1423 del 1956 (sorveglianza speciale, divieto o obbligo di soggiorno), il tribunale possa procedere al sequestro di beni del sospettato quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Con l’adozione della misura di prevenzione personale, la confisca di prevenzione è disposta dallo stesso tribunale, contestualmente all’adozione della misura di prevenzione personale, o anche successivamente all’adozione della medesima purché non ne sia ancora cessata l’esecuzione, nel caso in cui non venga dimostrata la legittima provenienza dei beni sequestrati.
L’articolo 2-undecies della legge individua la procedura mediante la quale sono devolute allo Stato, da parte dell’amministratore nominato dal tribunale, le somme oggetto di confisca, nonché la procedura di destinazione dei beni immobili confiscati.
Il comma 201, che novella l’articolo 2-undecies, comma 2, lettera a), della legge 31 maggio 1965, n. 575, prevede che i beni immobili confiscati ai sensi della stessa legge possono essere mantenuti al patrimonio dello Stato e utilizzati, oltre che per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile, anche,qualora siano idonei, per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse. Resta ferma la possibilità di vendere gli immobili confiscati per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso.
Il comma 202 novella l’articolo 2-undecies, comma 2, lettera b), della citata legge n. 575 del 1965, prevedendo che, in alternativa alla destinazione di cui al comma precedente, gli stessi immobili possono essere trasferiti, per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria al patrimonio del comune (come prevedeva già la versione originaria della norma) oppure anche (come previsto dalla presente disposizione) al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito ai soggetti espressamente indicati; rispetto all’elenco contenuto nella versione originaria della norma, sono ora aggiunte le associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali e le associazioni ambientaliste, di cui all’articolo 13 della legge n. 349 del 1986.
261. All'articolo 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Per i soggetti di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 11, qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 2, secondo periodo, del presente articolo, la durata delle concessioni o locazioni può essere stabilita in anni cinquanta».
Il comma 261 eleva a cinquanta anni il termine massimo delle concessioni o locazioni del patrimonio immobiliare dello Stato nei riguardi di regioni, province e comuni. L’articolo 14, comma 1, del D.P.R. n. 296 del 2005, recante il regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione di beni immobili appartenenti allo Stato, fissa tale termine, in linea generale in sei anni, elevabile, in presenza di determinate condizioni, a diciannove anni.
Articolo 1, comma 262
(Programmi di valorizzazione degli
immobili pubblici
per la promozione dello sviluppo locale)
262. All'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, dopo il comma 15 sono inseriti i seguenti:
«15-bis. Per la valorizzazione di cui al comma 15, l'Agenzia del demanio può individuare, d'intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale. Per il finanziamento degli studi di fattibilità dei programmi facenti capo ai programmi unitari di valorizzazione dei beni demaniali per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali si provvede a valere sul capitolo relativo alle somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata. È elemento prioritario di individuazione, nell'ambito dei predetti programmi unitari, la suscettività di valorizzazione dei beni immobili pubblici mediante concessione d'uso o locazione, nonché l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.
15-ter. Nell'ambito dei processi di razionalizzazione dell'uso degli immobili pubblici ed al fine di adeguare l'assetto infrastrutturale delle Forze armate alle esigenze derivanti dall'adozione dello strumento professionale, il Ministero della difesa può individuare beni immobili di proprietà dello Stato mantenuti in uso al medesimo Dicastero per finalità istituzionali, suscettibili di permuta con gli enti territoriali. Le attività e le procedure di permuta sono effettuate dall'Agenzia del demanio, d'intesa con il Ministero della difesa, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico-contabile».
Il comma 262disciplina, nell’ambito delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, programmi unitari di valorizzazione degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale.
Il comma in commento si riferisce agli immobili individuati dall’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 451. I beni così individuati sono stati sottoposti a procedure di cartolarizzazione, tramite trasferimento a società veicolo appositamente costituite, che hanno provveduto alla dismissione degli immobili stessi.
L’articolo 3, comma 15, del citato decreto-legge n. 351 del 2001, prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze convochi una o più conferenze di servizi o promuova accordi di programma, per sottoporre all’approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto di individuazione da parte dell’Agenzia delle entrate. Lo stesso comma 15 rimette ai decreti del Ministro dell’economia e delle finanze di trasferimento alle società veicolo, la fissazione dei criteri per l’assegnazione, agli enti territoriali interessati dal procedimento, di una quota, non inferiore al 5 per cento e non superiore al 15 per cento, del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.
Il comma 262 inserisce due nuovi commi - il 15-bis e il 15-ter - nell’articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001.
Il nuovo comma 15-bis prevede che, per la valorizzazione di cui al citato comma 15, l’Agenzia del demanio possa individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell’ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale.
Il secondo periodo del nuovo comma 15-bis individua le risorse per il finanziamento degli studi di fattibilità necessari per la realizzazione dei programmi di valorizzazione, utilizzando le somme presenti sul capitolo relativo alle somme da attribuire all’Agenzia del demanio per l’acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata.
Nella predisposizione dei programmi in commento dovrà essere valutata in maniera prioritaria la possibilità di valorizzare gli immobili pubblici, mediante concessione d'uso o locazione, nonché attraverso l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.
Il nuovo comma 15-ter dell’articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001 attribuisce al Ministero della difesa la possibilità di individuare beni immobili di proprietà dello Stato - mantenuti in uso al Ministero medesimo per proprie finalità istituzionali – che siano suscettibili di permuta con gli enti territoriali.
Il Ministero della difesa, nell’esercizio della suddetta prerogativa, dovrà agire coerentemente con i processi di razionalizzazione dell’uso degli immobili pubblici e al fine di adeguare l’assetto infrastrutturale delle forze armate alle esigenze derivanti dall’adozione dello strumento professionale.
Le attività e le procedure di permuta saranno effettuate dall’Agenzia del demanio, previa intesa con il Ministero della difesa, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico-contabile.
265. All'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, dopo il comma 6-ter è inserito il seguente:
«6-quater. Sui beni immobili non più strumentali alla gestione caratteristica dell'impresa ferroviaria, di proprietà di Ferrovie dello Stato spa o delle società dalla stessa direttamente o indirettamente controllate, che siano ubicati in aree naturali protette e in territori sottoposti a vincolo paesaggistico, in caso di alienazione degli stessi è riconosciuto il diritto di prelazione degli enti locali e degli altri soggetti pubblici gestori delle aree protette. I vincoli di destinazione urbanistica degli immobili e quelli peculiari relativi alla loro finalità di utilità pubblica sono parametri di valutazione per la stima del valore di vendita».
Il comma 265 aggiunge un comma all’articolo 1 del D.L. n. 351/2001[43], prevedendo un diritto di prelazione degli enti locali e degli altri soggetti pubblici gestori delle aree protette, in caso di alienazione dei beni immobili non più strumentali alla gestione caratteristica dell’impresa ferroviaria, di proprietà di Ferrovie dello Stato S.p.a. o delle società dalla stessa direttamente o indirettamente controllate, ubicati in aree naturali protette o in territori sottoposti a vincolo paesaggistico.
La disposizione prevede infine che i vincoli di destinazione urbanistica degli immobili e quelli peculiari relativi alla loro finalità di utilità pubblica sono parametri di valutazione per la stima del valore di vendita.
Si ricorda che sui beni immobili di ferrovie dello stato è intervenuto il comma 6-bis dell’articolo 1 del citato D.L. n. 351/2001 - aggiunto dal comma 10 dell’articolo 26 del D.L. n. 269/2003 e successivamente modificato dal comma 277 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) – che, alla luce della disciplina sulla cartolarizzazione dei beni dello Stato, ha ridefinito la procedura di alienazione del patrimonio immobiliare di Ferrovie dello Stato S.p.A. non strettamente funzionale alla gestione dell’infrastruttura, di fatto consentendo che tali beni siano sottratti alla ordinaria procedura di cartolarizzazione.
Il comma 6-bis ha previsto infatti l’alienazione e la valorizzazione, diretta o con le procedure di cartolarizzazione di cui al medesimo D.L. n. 351, di quei beni immobili che siano di proprietà di Ferrovie dello Stato S.p.A. o di società dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate ovvero siano stati acquisiti ad altro titolo e che non siano più strumentali alla gestione caratteristica dell’impresa ferroviaria[44]. Per tali alienazioni Ferrovie dello Stato S.p.A. è esonerata dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà e di quelli attestanti la regolarità urbanistica, edilizia e fiscale dei beni da alienare. La disposizione si applica a tutte le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato al momento dell’alienazione dei beni, previa emanazione dei decreti previsti dall’articolo 1 del D.L. n. 351/2001.
Il comma 88 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha aggiunto il comma 6-ter all’articolo 1 del D.L. n. 351/2001[45], prevedendo la sanatoria urbanistica dei beni immobili appartenenti a FS Spa e alle società da essa direttamente e integralmente controllate. Il comma 6-ter prevede, infatti, che tali beni si presumono regolarmente costruiti in base alle leggi urbanistiche vigenti al momento della loro edificazione. Entro tre anni, vale a dire entro il 2008, FS Spa e le società da essa controllate, possono quindi ottenere dal comune una documentazione sostitutiva di quella attestante la regolarità urbanistica ed edilizia mancante, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
Il comma 88 attribuisce, inoltre, la stessa facoltà anche ai soggetti che acquistino tali immobili da FS Spa e dalle società dalla stessa direttamente o indirettamente integralmente controllate, ma la somma da corrispondere a titolo di oblazione ed oneri concessori, è pari al 30%. Viene quindi previsto che la dichiarazione sostitutiva sia equiparata ad una concessione rilasciata in sanatoria, a condizione che il comune non rilevi, entro sessanta giorni dal deposito, l’esistenza di opere non sanabili, notificandone all’interessato le motivazioni. In nessun caso la dichiarazione sostitutiva può valere come una regolarizzazione degli abusi non sanabili ai sensi delle norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia.
In relazione, infine, alle aree naturali protette, si ricorda che legge quadro n. 394/1991 ha, per la prima volta, definito un complesso ed articolato quadro normativo per la istituzione e gestione di aree naturali protette al fine di «garantire e promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione dei patrimonio naturale del paese». La legge quadro ha quindi introdotto una normativa organica applicabile a tutte le aree protette che ricadono nella competenza dello Stato e contenente principi uniformi di riferimento per l’esercizio da parte delle regioni delle proprie competenze legislative. Di particolare rilievo il Titolo Il della legge che regola l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette statali. Per i parchi nazionali la gestione viene demandata ad un apposito Ente, l'Ente Parco, che provvede all'adozione degli atti fondamentali per la gestione, quali lo statuto, il regolamento e il piano per il parco.
Articolo 1, comma 694
(Abrogazione delle disposizioni
relative alle limitazioni all’acquisto
di beni immobili da parte delle P.A.)
694. I commi 23, 24, 25 e 26 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono abrogati.
Il comma 694 abroga le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 23, 24, 25 e 26 della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), le quali disponevano limitazioni all'acquisto di beni immobili da parte dalle Amministrazioni pubbliche, comprese le amministrazioni territoriali, a decorrere dall’anno 2006, fatta eccezione per l'acquisto di immobili da destinare a sedi di ospedali, ospizi, scuole e asili.
Come espressamente indicato nel testo delle citate disposizioni, si trattava di disposizioni adottate in considerazione dei criteri definitori degli obiettivi di manovra strutturale adottati dalla Commissione europea per la verifica degli adempimenti assunti in relazione al Patto di stabilità e crescita.
In particolare, il comma 23 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 prevedeva che a decorrere dal 2006 le pubbliche amministrazioni[46] - con l'eccezione degli enti territoriali, le cui limitazioni sono regolate dal comma successivo, e degli enti previdenziali destinatari delle operazioni di cartolarizzazione[47] - potessero annualmente acquisire immobili per un importo non superiore alla spesa media effettuata nei tre anni precedenti per la medesima finalità.
Il comma 24 disponeva limitazioni all’acquisto di immobili da terzi da parte degli enti territoriali nell’anno 2006 calcolata in rapporto alla spesa media del quinquennio precedente per tale finalità, prevedendo una riduzione dei trasferimenti erariali a qualsiasi titolo spettanti agli enti territoriali soggetti al patto di stabilità interno, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in misura pari alla differenza tra la spesa sostenuta nel 2006 per l'acquisto di immobili da soggetti terzi e la spesa media sostenuta nei precedenti cinque anni per la medesima finalità.
Il comma 25 escludeva, dalle limitazioni disciplinate dai commi precedenti, l'acquisto di immobili da destinare a sedi di ospedali, ospizi, scuole e asili.
Il comma 26 recava le norme relative al monitoraggio dell’andamento delle spese, nel rispetto degli obiettivi strutturali di manovra concordati con l’Unione europea nel quadro del patto di stabilità e crescita, introducendo, a carico delle pubbliche amministrazioni, compresi gli enti territoriali, l’obbligo di una comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, su base trimestrale, contenente le informazioni trimestrali cumulate relative agli acquisti e alle vendite di immobili per esigenze di attività istituzionali o finalità abitative – anche attraverso il sistema web, laddove previsto[48].
Le modalità e lo schema di comunicazione delle informazioni suddette sono state definite con il D.M. Economia 5 aprile 2006 e la successiva Circolare del 24 maggio 2006, n. 25, per le amministrazioni pubbliche individuate ai sensi del comma 23.
523. Per gli anni 2008 e 2009 le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente. Il limite di cui al presente comma si applica anche alle assunzioni del personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Le limitazioni di cui al presente comma non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette e a quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 25 della medesima legge n. 226 del 2004.
Il comma 523 dispone limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 per alcune pubbliche amministrazioni. Si tratta in particolare delle seguenti amministrazioni:
§ amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
§ agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali;
§ enti pubblici non economici;
§ enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001[49].
Tali amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente[50].
Si consideri che la disposizione in esame in sostanza incide, dettando limiti più restrittivi, sulla possibilità per le suddette amministrazioni di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato per gli anni su indicati, dal momento che l’articolo 1, comma 103, della L. 311 del 2004 prevedeva che, a partire dall’anno 2008, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001 e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del medesimo decreto potessero assumere personale a tempo indeterminato - dopo aver esperito le procedure di mobilità - entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.
Si evidenzia che tra le amministrazioni cui si applica il comma 103 della L. 311/2004 sono ricomprese anche tutte le amministrazioni di cui al comma 523 in esame.
Al riguardo si ricorda che l’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001 prevede che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).
Si consideri peraltro che il successivo comma 537 della legge in esame (cfr. la relativa scheda) provvede a novellare il comma 103 della L. 311/2004, facendo decorrere l’applicazione della relativa disposizione dal 2010 anziché dal 2008.
Pertanto, per il combinato disposto del comma 523 della legge in esame e del comma 103 della legge n. 311/2004 (così come modificato dal comma 537 della legge in esame), le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici egli enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 possono procedere ad assunzioni a tempo indeterminato:
§ per gli anni 2008 e 2009, nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente;
Si consideri però che il comma 526 (alla cui scheda si rinvia) attribuisce alle medesime pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 la possibilità di usufruire di limiti meno rigidi per le assunzioni da effettuare negli anni 2008 e 2009 rispetto a quelli fissati dal comma 523, procedendo alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519 nel limite di un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.
§ a partire dall’anno 2010 entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.
Il secondo periodo del comma 523 estende le limitazioni relative alle assunzioni prevista dallo stesso comma anche alle assunzioni del personale ancora in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165 del 2001.
Invece le medesime limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette e a quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge n. 331 del 2000, al D.Lgs. n. 215 del 2001 e alla legge n. 226 del 2004, fatto salvo quanto previsto all’articolo 25 della medesima legge n. 266/2004.
La legge n. 331/2000, recante Norme per l’istituzione del servizio militare professionale, ha conferito una delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo diretto a disciplinare la progressiva trasformazione dello strumento militare in professionale, attraverso la sostituzione, entro sette anni dall’entrata in vigore del decreto medesimo, dei militari di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa.
La legge n. 226/2004 dispone la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. L’articolo 25, in particolare, riguarda la disciplina temporanea dell’accesso nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo militare della Croce Rossa per gli anni 2004 e 2005. Il comma 1, fatti salvi i posti già coperti attraverso le procedure stabilite dal regolamento di cui al citato D.P.R. n. 332/1997, riserva gli ulteriori posti disponibili, non derivanti da incrementi degli organici, a favore di coloro che prestano o hanno prestato servizio di leva in qualità di ausiliari nelle rispettive Forze di polizia a ordinamento militare e civile e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Per la copertura dei posti si procede secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. Per i posti eventualmente non coperti resta, comunque, aperta a tutti i cittadini in possesso dei requisiti la possibilità di partecipazione ai relativi concorsi.
Se gli ulteriori posti disponibili derivano da incrementi degli organici, il comma 2 prevede, per gli stessi anni 2004 e 2005, che i relativi concorsi siano riservati, secondo le misure percentuali di cui all’articolo 16, comma 4, lettera a), a favore di coloro che prestano o hanno prestato servizio di leva in qualità di ausiliari nelle rispettive Forze di polizia a ordinamento militare e civile; e, secondo le misure percentuali di cui all’articolo 16, comma 4, lettera b), a favore dei volontari di truppa delle Forze armate, in servizio o in congedo.
Per i posti non coperti il comma 3 rinvia alla disciplina prevista dall'articolo 17 della stessa legge 226. Il comma 4 prevede che, nei concorsi di cui al comma 1, relativi all'accesso nelle carriere iniziali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è fatta salva la riserva del 25 per cento dei posti a favore dei volontari dei vigili del fuoco, prevista dal già citato articolo 1, comma 3, del D.L. n. 512/1996[51].
Il comma 5, infine, contiene disposizioni di coordinamento intese a neutralizzare l'effetto di inadeguata alimentazione delle carriere iniziali in parola che, altrimenti, si verificherebbe negli anni 2009 e 2010, dovuto alla maggior durata del periodo di ferma da svolgere nelle Forze armate prima dell'immissione, stabilita dalla legge (quattro anni), rispetto al sistema precedente (tre anni). Si dispone, quindi, che, in deroga a quanto previsto dall'articolo 16, comma 4, della legge, per la copertura dei posti di appuntato e carabiniere, e di appuntato e finanziere del Corpo della guardia di finanza, relativi all'anno 2009, e dei posti di agente e assistente della Polizia di Stato, agente e assistente del Corpo forestale, agente e assistente del Corpo di polizia penitenziaria, relativi all'anno 2010, siano indetti concorsi, secondo le modalità previste dall'articolo 12 del già citato D.P.R. n. 332/1997, ai quali partecipano i volontari delle Forze armate che hanno completato senza demerito la ferma triennale. I vincitori sono immessi direttamente nelle carriere iniziali delle relative amministrazioni.
Articolo 1, comma 524
(Disposizioni sui segretari comunali e provinciali)
524. L'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali procede a bandire il corso- concorso per l'accesso in carriera dei segretari comunali e provinciali secondo le vigenti disposizioni normative. Il corso-concorso, fermo restando per il resto quanto previsto dalle norme vigenti, ha una durata di nove mesi ed è seguito da un tirocinio pratico di tre mesi presso uno o più comuni. Durante il corso è prevista una verifica volta ad accertare l'apprendimento.
La disposizione del comma 524 autorizza l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali a bandire un corso-concorso per l’accesso in carriera dei segretari comunali e provinciali, dimezzando contestualmente i termini di svolgimento del corso stesso e del tirocinio successivo.
In deroga alle norme vigenti, la durata del corso-concorso di formazione è pertanto ridotta a nove mesi (rispetto ai diciotto previsti dall’art. 13, co. 2, del D.P.R. 465/1997[52]); il corso è seguito da un tirocinio pratico di tre mesi (anziché di sei) presso uno o più comuni. Durante il corso, i partecipanti sono sottoposti ad una verifica finalizzata ad accertarne l’apprendimento (l’art. 13, co. 6, del D.P.R. citato stabilisce invece che le verifiche siano effettuate con cadenza semestrale).
La disposizione è finalizzata ad accelerare le procedure per il reclutamento di un congruo numero di segretari, in quanto al momento circa 500 Comuni risultano privi di segretario.
Con il DPR 28 aprile 2006[53] l’Agenzia è stata autorizzata ad assumere 124 unità di personale comprensive: dei segretari che hanno richiesto la permanenza in servizio fino al compimento del 70° anno di età; di coloro che sono stati iscritti all’albo con deliberazione n. 283/2003 a seguito dell’espletamento del 1° corso-concorso per l’accesso in carriera (COA I) ma che a tutt’oggi non hanno assunto la titolarità di alcuna sede di segreteria; di coloro che risultano aver superato il 2° corso-concorso per l’accesso in carriera (COA II), ed infine di alcune unità iscritte all’albo in attesa di prima nomina e già oggetto di individuazione, da parte di un sindaco, quali segretari titolari di sede.
Ai sensi del citato DPR 28 aprile 2006, l’autorizzazione ad assumere segretari è stata adottata, da un lato, in considerazione del fatto che “all’atto dell’effettiva assunzione dei segretari comunali e provinciali gli oneri saranno posti a carico dell’ente territoriale con il quale verrà ad instaurarsi il rapporto di servizio, nei limiti di spesa previsti dall’articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”, dall’altro, in riscontro alla “richiesta dell’Agenzia autonoma per la gestione dell’Albo dei segretari comunali e provinciali al fine di assicurare la presenza dei predetti segretari comunali in tutti i comuni che si trovano ad operare in condizioni di estrema difficoltà, anche in considerazione che il numero dei segretari comunali in posizione di disponibilità si è notevolmente ridotto”.
L’accesso alla carriera di segretario comunale e provinciale avviene per corso-concorso ed è regolato dall’art. 13 del D.P.R. 465/1997. Sono iscritti all'Albo nazionale dei segretari, nella prima fascia professionale, i laureati in giurisprudenza o economia e commercio o scienze politiche, che abbiano ottenuto a tal fine l’abilitazione da parte della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale (SSPAL), ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno. L’abilitazione viene rilasciata al termine del corso-concorso per l’abilitazione all’iscrizione all’albo dei segretari comunali e provinciali (CO.A).
Il corso-concorso ha una durata di diciotto mesi residenziali, più sei mesi di tirocinio pratico da effettuare presso uno o più Comuni. Ai partecipanti viene erogata una borsa di studio non superiore al 50% del trattamento economico dei segretari di prima nomina. Al corso-concorso si accede mediante concorso pubblico per esami bandito per un numero di posti preventivamente determinato dal Consiglio di amministrazione dell’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo, in relazione alle esigenze di immissione all’albo dei segretari comunali e provinciali[54]. Durante il corso sono previste, con cadenza semestrale, verifiche volte ad accertare l'apprendimento. Al termine del corso, si provvede alla verifica finale dell'apprendimento ed alla formazione della graduatoria dei partecipanti ai corsi. L'inclusione nella graduatoria dà diritto all'iscrizione all'albo nazionale nella fascia iniziale.
Si ricorda che fino alla prima nomina e presa di servizio presso un ente, coloro che conseguono l’abilitazione per l’accesso alla carriera dei segretari risultano quali meri “iscritti” all’albo, non configurandosi alcuna assunzione a tempo indeterminato poiché, in questa fase, il rapporto di lavoro non si è ancora costituito, non realizzandosi prestazioni lavorative da assolvere e correlate retribuzioni da corrispondere, né oneri finanziari da sostenere da parte dell’Agenzia o degli enti. Una volta assunta la titolarità di un ente, la retribuzione è a carico di quest’ultimo[55]. I segretari infatti hanno un particolare status giuridico in quanto sono titolari, al tempo stesso, di un rapporto di lavoro con l’Agenzia e di un rapporto di dipendenza funzionale con l’ente comunale o provinciale presso cui sono nominati. Pertanto il loro trattamento economico è interamente posto a carico degli enti effettivamente destinatari della prestazione lavorativa, sul cui bilancio gravano i relativi oneri.
Dopo la riforma complessiva, nel 1997, della disciplina concernente i segretari comunali sono stati banditi due corsi-concorso per il conseguimento dell’abilitazione richiesta per l’accesso alla carriera dei segretari: il primo, per 130 borsisti ai fini dell’iscrizione nell’Albo di 100 segretari comunali, nel 1998[56]; il secondo, per un pari numero di borsisti, nel 2000[57]. Quest’ultimo corso-concorso ha avuto inizio il 5 luglio 2004; le procedure sono state ultimate nel luglio 2006 con l’approvazione, da parte del consiglio nazionale di amministrazione dell’Agenzia, della graduatoria finale, così come predisposta dalla SSPAL con il provvedimento n. 87 del 19 luglio 2006, dei 90 partecipanti ai fini del rilascio dell’abilitazione di cui all’art. 98, comma 4, del D.Lgs. 267/2000.
557. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica di cui ai commi da 655 a 695, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, anche attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative. A tale fine, nell'ambito della propria autonomia, possono fare riferimento ai princìpi desumibili dalle seguenti disposizioni: a) commi da 513 a 543 del presente articolo, per quanto attiene al riassetto organizzativo; b)articolo 1, commi 189, 191 e 194, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa al fine di rendere coerente la consistenza dei fondi stessi con l'obiettivo di riduzione della spesa complessiva di personale. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, fermo restando quanto previsto dalle disposizioni medesime per gli anni 2005 e 2006, sono disapplicate per gli enti di cui al presente comma, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
558. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti di cui al comma 557 fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, possono procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché del personale di cui al comma 1156, lettera f), purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive.
559. Il personale proveniente dai consorzi agrari ai sensi dei commi 6 e 7 dell'articolo 5 della legge 28 ottobre 1999, n. 410, e collocato in mobilità collettiva alla data del 29 settembre 2006 può essere inquadrato a domanda presso le regioni e gli enti locali nei limiti delle dotazioni organiche vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
560. Per il triennio 2007-2009 le amministrazioni di cui al comma 557, che procedono all'assunzione di personale a tempo determinato, nei limiti e alle condizioni previste dal comma 1-bis dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel bandire le relative prove selettive riservano una quota non inferiore al 60 per cento del totale dei posti programmati ai soggetti con i quali hanno stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, esclusi gli incarichi di nomina politica, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006.
561. Gli enti che non abbiano rispettato per l'anno 2006 le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto.
562. Per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2004. Gli enti di cui al primo periodo possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno, ivi compreso il personale di cui al comma 558.
Il comma 557, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 previste dai “commi da 655 a 695” (rectius: “commi da 655 a 693”), attua una revisione, a partire dall’anno 2007, della disciplina relativa agli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno relativi al contenimento delle spese per il personale.
La disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome è prevista dai commi 655-672, mentre la disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali è prevista dai commi 676-693 (cfr. infra).
Si consideri che, ai sensi del comma 676, per quanto riguarda gli enti locali, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Pertanto, come negli anni precedenti, i comuni di minori dimensioni vengono esclusi dalle regole del patto di stabilità interno.
Si consideri tuttavia che le regole del patto di stabilità dettate dalla legge finanziaria dello scorso anno per il triennio 2006-2008 prevedevano l’applicazione delle regole del patto, oltre che alle province, ai comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti e alle comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti. L’esclusione dei comuni fino a 5.000 abitanti era limitata al solo anno 2006.
Rispetto a quanto disposto dalla legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 266/2005, art. 1, comma 138), dall’applicazione del patto di stabilità per il triennio 2007-2009 vengono inoltre escluse le comunità montane.
Si consideri infatti che, ai sensi dei commi su citati, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno gli obiettivi di risparmio perseguiti dalla precedente dettagliata disciplina vincolistica di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005, sono confluiti nelle regole del patto di stabilità interno e nei rispettivi saldi finanziari da rispettare.
Pertanto l’articolo in esame, ribadendo l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale da perseguire anche tramite la razionalizzazione delle strutture amministrative, si limita ad indicare ai medesimi enti, come principi meramente orientativi, una serie di regole fissate per le amministrazioni dello Stato su cui possono far leva, nella loro autonomia, per ridurre la spesa per il personale in funzione del rispetto dei saldi finanziari fissati dalle regole del patto di stabilità interno.
In particolare le regioni e gli enti locali, per contenere la spesa per il personale, possono far leva sui principi desumibili dalle seguenti disposizioni:
§ commi da 513 a 543 del provvedimento in esame, relativi al riassetto organizzativo (cfr. supra);
§ articolo 1, commi 189, 191 e 194 della legge n. 266/2005, relativamente alla determinazione dei fondi per la contrattazione integrativa, al fine di rendere coerente l’entità dei medesimi fondi con l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale.
Si ricorda che i commi da 189 a 196 della legge n. 266 recano interventi in materia di risorse destinate alla contrattazione integrativa del pubblico impiego.
Il comma 187 prevede, a decorrere dal 2006, un limite all’ammontare complessivo dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa dello Stato, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali, degli enti pubblici non economici, inclusi gli enti di ricerca e gli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001, e delle università. Si prevede che tali fondi debbano avere un importo massimo pari a quello previsto per l’anno 2004, come certificato dagli organi di controllo di cui all’articolo 48, comma 6, del richiamato D.Lgs. 165 del 2001 e, se previsti, all’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998)[58].
Ai sensi del comma 190, è richiesta la certificazione della compatibilità economico finanziaria dei fondi relativi al biennio precedente per la costituzione (in sede contrattuale) di nuovi fondi.
Il successivo comma 191 contiene una clausola di salvaguardia che permette di incrementare l’ammontare complessivo dei richiamati fondi degli importi fissi previsti dai contratti collettivi nazionali, a condizione che tali importi non risultino già confluiti nei fondi dell’anno 2004. Lo stesso comma, inoltre, introduce una disciplina a regime per gli importi che non risultino già confluiti nei fondi dell’anno 2004.
Il successivo comma 192, al fine di uniformare i criteri di costituzione dei fondi, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, le eventuali risorse aggiuntive da destinare ai fondi stessi debbano coprire tutti gli oneri accessori, compresi quelli a carico delle amministrazioni, anche se di pertinenza di altri capitoli di spesa.
Ai sensi del comma 193, gli importi relativi alle spese per le progressioni all’interno di ciascuna area professionale o categoria (le cd. progressioni orizzontali), devono continuare ad essere a carico dei fondi pertinenti. Tali importi devono essere, inoltre, portati in detrazione, in ragione d’anno, dai fondi stessi per essere assegnati ai capitoli stipendiali fino alla data del passaggio di area o categoria dei dipendenti che ne hanno usufruito, o di cessazione di servizio a qualsiasi titolo avvenuta. Lo stesso articolo dispone altresì che i richiamati importi debbano essere riassegnati, dalla data individuata in precedenza, ai fondi medesimi in base alla normativa contrattuale vigente.
Il comma 194 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, le amministrazioni pubbliche debbano “tenere conto”, ai fini del finanziamento della contrattazione integrativa, dei processi di rideterminazione delle dotazioni organiche e degli effetti delle limitazioni in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato.
Il successivo comma 195 pone un vincolo di destinazione ai risparmi che deriveranno dall’applicazione delle disposizioni in esame. In particolare, tali risparmi costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni statali, mentre per gli enti diversi dalle amministrazioni dello Stato, devono concorrere al miglioramento dei saldi di bilancio. L’ultimo periodo del comma ribadisce il divieto, negli anni successivi, dell’utilizzo di tali somme ai fini dell’incremento dei più volte citati fondi.
Il comma 196, infine, impone al collegio dei revisori di ciascuna amministrazione, o al diverso, equivalente, organo di controllo interno, di vigilare sulla corretta applicazione delle norme poste dall’articolo in esame, con particolare riferimento alla nullità e inapplicabilità delle clausole contrattuali difformi, di cui all’articolo 40, comma 3, del più volte citato D.Lgs. 165 del 2001.
L’ultimo periodo del comma 557 quindi, per quanto sopra già detto, prevede che le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della legge n. 266 del 2005 non si applicano più, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, ferma restando la loro applicazione per gli anni 2005 e 2006.
Si ricorda che il comma 98 della legge n. 311/2004 prevede che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007, previa attivazione delle procedure di mobilità e fatte salve le assunzioni del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale. Le misure di cui al comma 98 devono garantire, per le regioni e le autonomie locali, la realizzazione di economie di spesa lorde non inferiori a 213 milioni di euro per l'anno 2005, non inferiori a 572 milioni di euro per l'anno 2006, a 850 milioni di euro per l'anno 2007 e a 940 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale, devono garantire economie di spesa lorde non inferiori a 215 milioni di euro per l'anno 2005, a 579 milioni di euro per l'anno 2006, a 860 milioni di euro per l'anno 2007 e a 949 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.
Inoltre il comma 107 della legge n. 311/2004 prevede che per le regioni, le autonomie locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale le economie derivanti dall'attuazione delle disposizioni conseguenti a misure limitative delle assunzioni per gli anni 2006, 2007 e 2008 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi.
In attuazione del citato comma 98 citato, sono stati emanati i previsti D.P.C.M. relativi ai criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007 che, distintamente per il personale delle Regioni e del S.S.N. e per il personale degli enti locali, recepiscono sostanzialmente il contenuto dell’Accordo del 24 novembre 2005 concluso in sede di Conferenza unificata. Si tratta: per la parte relativa al personale delle Regioni e del SSN, del D.P.C.M 15 febbraio 2006[59], pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2006, n. 51; per la parte relativa al personale degli enti locali, del D.P.C.M. 15 febbraio 2006[60], pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2006, n. 52.
Si consideri inoltre che il comma 198 della legge n. 266 prevede che le regioni, gli enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali devono adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 venga ridotta dell'1% rispetto a quella del 2004. L'aggregato di spesa è identificato in modo ampio, e quindi comprensivo degli oneri a carico delle amministrazioni e dell'IRAP sulle retribuzioni, degli oneri per il personale a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. Il comma 198 conferma comunque gli obiettivi di riduzione di spesa per il personale già fissati dalla legge finanziaria per il 2005 (articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).
Il comma 199 reca disposizioni per la definizione dell'aggregato relativo alle "spese di personale", sottoposto a riduzione. In particolare tali spese sono considerate al netto:
a) per l'anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi di lavoro;
b) per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, delle spese derivanti dai rinnovi dei medesimi contratti intervenuti successivamente all'anno 2004.
Si è prevista per gli enti interessati dalle disposizioni in esame la possibilità di fare riferimento, quali indicazioni di principio per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa, alle misure previste nella legge finanziaria in materia di contenimento della spesa per la contrattazione integrativa (commi 189-196), di limiti all'utilizzo di personale a tempo determinato (commi 187-188) e, più in generale, alle altre specifiche misure in materia di personale (comma 200).
Per quanto riguarda il finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004-2005, il comma 202 dispone che ad esso concorrano le economie di spesa di personale riferibili all'anno 2005 come individuate dall'articolo 1, comma 91, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005)[61].
Il comma 203 riguarda gli enti del Servizio sanitario nazionale e precisa che le disposizioni in esame costituiscono “strumento di rafforzamento dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, attuativa dell'art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”. La norma specifica altresì che gli “effetti delle disposizioni in esame”, nonché di quelle previste per i medesimi enti del SSN dall’articolo 1, commi 98 e 107, della legge n. 311 del 2004, sono valutati nell'ambito del "tavolo tecnico" per la verifica degli adempimenti previsto all'art. 12 della Intesa del 23 marzo 2005.
Il comma 204[62] prevede per le regioni e gli enti locali[63], in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa previsti nel citato comma 198, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.Pertanto, al fine del monitoraggio e della verifica di tali obiettivi di risparmio da parte degli enti interessati, il comma prevede che, con D.P.C.M. da emanare previo accordo da concludere in sede di Conferenza unificata entro il 30 settembre 2006, si provveda a costituire un Tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell'Economia e delle Finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell’interno[64].
Ai sensi del comma 204-bis, il risultato della verifica del Tavolo tecnico è trasmesso annualmente alla Corte dei Conti, anche ai fini del referto sul costo del lavoro pubblico di cui al titolo V del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Il mancato invio della documentazione di cui alla lettera a) del comma 204 comporta, in ogni caso, il divieto di procedere a nuove assunzioni a qualsiasi titolo per gli enti inadempienti.
Infine il comma 204-ter prevede una disposizione volta a “premiare” gli enti locali più virtuosi, ai fini dei limiti previsti per la spesa relativa al personale. In particolare si prevede che “ai fini dell’attuazione dei commi 198, 204 e 204-bis” – con esclusivo riferimento agli enti locali che presentano un bilancio in avanzo negli ultimi tre esercizi - sono escluse dal computo delle spese per il personale i costi relativi a contratti di lavoro a tempo determinato e a contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati nel corso del 2005.
Il comma 205 prevede che le economie derivanti dalle misure limitative alle assunzioni di personale per le regioni e le autonomie locali restino acquisite ai rispettivi bilanci ai fini del miglioramento dei relativi saldi.
Infine il comma 206 chiarisce al fine di evitare eventuali ricorsi al giudizio della Corte costituzionale, da parte di regioni – a statuto ordinario o speciale – che ritenessero invasa la proprio sfera di competenza in materia, fermo restando, ovviamente, la possibilità di giudizio della Corte, che le disposizioni sopra illustrate costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, comma 3, e 119, comma 2, della Costituzione.
Il comma 558 prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge in esame (1° gennaio 2007), gli enti di cui al precedente comma 557, ossia le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, fermo restando l’obbligo del rispetto dei vincoli del patto di stabilità, possono procedere alla stabilizzazione, nei limiti dei posti vacanti in organico, del personale non dirigenziale a tempo determinato che, alternativamente:
§ sia già in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;
§ consegua il requisito del servizio a tempo determinato di almeno tre anni (anche non continuativi) sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;
§ sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Oltre a tale personale, gli enti in questione possono procedere alla stabilizzazione (sempre nei limiti dei posti vacanti in organico) del personale di cui al comma 1156, lettera f)[65], cioè dei soggetti occupati in attività socialmente utili (ASU).
Si ricorda che la disposizione da ultimo citata, nell’ambito degli interventi a carico del Fondo per l’occupazione, prevede la possibilità, in deroga all’articolo 12, comma 4 del D.Lgs 1° dicembre 1997, n. 468[66] e limitatamente all’anno 2007, per i comuni con meno di 5.000 abitanti che hanno posti disponibili in organico, di procedere ad assunzioni di soggetti già collocati in attività socialmente utili, per qualifiche per le quali non sia richiesto un titolo di studio superiore alla scuola dell'obbligo, nel limite massimo complessivo di 2.450 unità. Gli oneri previsti, pari a 23 milioni di euro annui decorrenti dal 2007, sono posti a carico del Fondo per l'occupazione, che viene incrementato della medesima misura.
Il comma in esame prevede, inoltre, che può beneficiare della stabilizzazione solamente il personale che, in possesso dei requisiti sopra citati, sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o “previste da norme di legge”. Invece alla eventuale stabilizzazione di personale che, pur presentando gli altri requisiti richiesti, sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse, si provvede previo espletamento di prove selettive.
Si osserva che il comma in esame si presta a rilievi sul piano della redazione formale, dal momento che il riferimento nel primo periodo alla necessità di essere stati già assunti tramite procedure selettive per beneficiare della stabilizzazione non può riguardare i soggetti occupati in attività socialmente utili, il cui impiego non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro (come specificato dall’articolo 3 del D.Lgs. 81/2000).
In ogni caso, considerando l’iter del provvedimento, sembrerebbe (nonostante l’ultimo periodo del comma in esame faccia riferimento esclusivamente al personale a tempo determinato) che la norma debba essere interpretata nel senso che i soggetti occupati in attività socialmente utili - poiché il loro impiego nelle medesime attività non avviene sulla base di procedure selettive - possono beneficiare della stabilizzazione solamente previo espletamento di prove selettive.
Il successivo comma 559prevede l’inquadramento a domanda presso le regioni e gli enti locali, nei limiti delle dotazioni organiche vigenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, del personale proveniente dai consorzi agrari ai sensi dei commi 6 e 7 dell’articolo 5 della legge 28 ottobre 1999, n. 410[67] e collocato in mobilità collettiva alla data del 29 settembre 2006.
Si fa presente che numerose disposizioni della legge n. 410 del 1999, tra cui i menzionati commi 6 e 7 dell’articolo 5, sono state abrogate dal comma 9-bis dell'art. 1 del D.L. 18 maggio 2006, n. 181[68]. Tale decreto-legge ha introdotto una nuova disciplina dei consorzi agrari, ricondotti nel novero delle società cooperative a responsabilità limitata e sottoposti, pertanto, alla disciplina codicistica sulle cooperative. Inoltre, la vigilanza sui consorzi è stata attribuita congiuntamente al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro delle politiche agricole.
I commi 6 e 7 dell’articolo 5 della legge 410/1999 riguardavano i lavoratori dipendenti dei consorzi agrari in servizio alla data del 1° gennaio 1997 e successivamente collocati in mobilità e quei lavoratori che, in base ai piani di riorganizzazione aziendale, non rientravano nell'organico aziendale. Per questi lavoratori si prevedeva che il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione[69], di concerto con i Ministeri competenti, sentita la Conferenza Stato-regioni e le parti sociali, individuasse le modalità di ricollocazione presso enti pubblici e privati operanti nel settore agricolo e dei servizi all'agricoltura, anche previa riqualificazione professionale dei lavoratori interessati. Inoltre, si prevedeva l’applicazione di agevolazioni contributive di cui alla legge n. 223/1991[70] per le imprese private che assumessero detti lavoratori.
Il comma 560 dispone che, per il triennio 2007-2009, nell’ambito delle assunzioni a tempo determinato effettuate regioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, una quota pari al 60% dei posti sia riservata a soggetti già titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con i medesimi enti[71].
Più in particolare gli enti in questione, nel bandire le relative prove selettive, sono tenute a riservare una quota del 60% del totale dei posti programmati ai soggetti con i quali abbiano stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29 settembre 2006. Sono esclusi dalla previsione gli incarichi di nomina politica.
Il comma precisa che le assunzioni a tempo determinato comunque devono essere effettuate nel rispetto delle condizioni e dei limiti posti dall’articolo 36, comma 1-bis del D.Lgs. 165/2001.
L’articolo 36, comma 1-bis del D.Lgs. 165/2001, stabilisce che le amministrazioni pubbliche possono instaurare rapporti a tempo determinato o altri rapporti di lavoro “flessibili” solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l'opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi.
Un’analoga riserva, nell’ambito della stipula di nuovi contratti a tempo determinato, è prevista dal precedente comma 529 con riguardo alle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, le agenzie ed alcuni enti pubblici non territoriali (cfr. infra).
Il comma 561 dispone un divieto generale di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto per gli enti che non abbiano rispettato per l’anno 2006 il patto di stabilità interno.
Va peraltro segnalato che il D.L. 28 dicembre 2006, n. 300[72](cd. decreto-legge “mille-proroghe”) ha stabilito la non applicazione, per l'anno 2007, delle disposizioni previste dal comma 561 in esame, agli enti che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2006 (articolo 6, comma 8-sexies).
Dal combinato disposto delle due disposizioni dovrebbe dunque discendere un divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo a decorrere dal 2008, per gli enti che non hanno rispettato le regole del patto di stabilità per il 2006.
Il divieto sembrerebbe inoltre riguardare tutti gli enti sottoposti al patto di stabilità interno per l’anno 2006 (regioni e province autonome, province, comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti), e non solamente gli enti locali, come previsto dalle precedenti leggi finanziarie.
Si ricorda inoltre che il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo è una delle misure sanzionatorie generali disposte dalla legge finanziaria per il 2006 (art. 1, comma 150, legge n. 266/2005) nei confronti degli enti locali (province, comuni e comunità montane), a decorrere dall’anno 2006, nelle ipotesi di mancato rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno[73].
Il comma 701 della legge finanziaria in esame ha peraltro escluso l’applicazione di tali misure sanzionatorie nei confronti degli enti locali che non hanno rispettato gli obiettivi del Patto di stabilità interno per il 2006 (cfr. la relativa scheda di lettura).
Per tali enti tuttavia, in assenza della citata disposizione del cd. decreto-legge “mille-proroghe”, il divieto di procedere ad assunzioni di personale sarebbe rimasto in vigore , in forza della disposizione dal comma 561.
Il comma 562 impone agli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno un duplice limite in tema di spesa per il personale.
Si consideri che, ai sensi del comma 676, per quanto riguarda gli enti locali, la nuova disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Conseguentemente, per il triennio 2007-2009, gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno sono:
- i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti;
- le unioni di comuni, le comunità montane ed i consorzi.
Da un lato, tali enti non devono superare l’ammontare della spesa per il personale effettuata nel 2004. A tal fine le spese di personale si considerano al lordo degli oneri contributivi e dell’IRAP, mentre non comprendono gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali.
Dall’altro, i medesimi enti possono effettuare assunzioni di personale (è da intendersi: a tempo indeterminato) nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente avvenute nell'anno precedente.
Si osserva che il riferimento al “personale di cui al comma 558” (cioè il personale che può essere assunto tramite procedura di stabilizzazione), non appare corretto, dal momento che il medesimo comma riguarda esclusivamente gli enti sottoposti al patto di stabilità interno.
Si consideri che il comma in esame, nulla disponendo rispetto ad una eventuale limitazione temporale delle norme da esso previste, sembra introdurre per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno una disciplina “a regime” relativa al contenimento delle spese per il personale e alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.
Pertanto tale nuova disciplina, regolando ex novo le medesime questioni, sembrerebbe determinare implicitamente il superamento della precedente disciplina in materia di cui all’articolo 1, comma 98 della legge n. 311 del 2004 e all’articolo 1, comma 198 della legge n. 266 del 2005.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 198 della legge n. 266 del 2005 dispone che le regioni, gli enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali devono adottare le misure necessarie a garantire che la spesa per il personale per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 venga ridotta dell'1% rispetto a quella del 2004.
Inoltre il citato D.P.C.M. 15 febbraio 2006[74] che, in attuazione dell’articolo 1, comma 98 della L. 311 del 2004, stabilisce per enti locali i criteri e i limiti per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007, dispone (con riferimento ai comuni) che:
- i comuni con popolazione inferiore ai 2.000 abitanti, le Unione di Comuni le Comunità montane ed i Consorzi possono procedere alla copertura totale del turn-over verificatosi nel corso del triennio 2004-2006;
- i comuni con popolazione compresa tra i 2.000 e i 5.000 abitanti possono assumere n. 1 unità a fronte di una cessazione. Effettuata l’assunzione, si può effettuare la seconda solamente successivamente al verificarsi, nel corso del triennio, di ulteriori 6 cessazioni. Sono inoltre previste disposizioni specifiche per alcuni enti che abbiano già in corso determinate cessazioni;
- i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti possono assumere nel limite del 25% delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso del triennio 2004-2006 (cfr. amplius supra).
Pertanto per l’anno 2007 non dovranno più applicarsi i criteri e limiti per le assunzioni stabiliti dal citato D.P.C.M. 15 febbraio 2006, bensì la nuova disciplina introdotta dal comma in esame (che peraltro, come detto, sembra avere una valenza “a regime”), in base alla quale gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno (cioè i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, le unioni di comuni, le comunità montane ed i consorzi) possono procedere a nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite delle cessazioni intervenute nell’anno precedente.
Invece appare dubbio se, anche con riferimento alla nuova disciplina relativa al contenimento delle spese di personale di cui al comma 562, continuino ad applicarsi le disposizioni di cui ai commi da 199 a 206 della legge n. 266 del 2005 (cfr. supra) che “facevano sistema” con la norma - come detto ormai implicitamente superata ma analoga nella ratio a quella del comma 562 - di cui al comma 198 della medesima legge.
Articolo 1, commi 1156 e 1159
(Interventi a carico del Fondo per
l'occupazione)
1156. A carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, si provvede ai seguenti interventi, nei limiti degli importi rispettivamente indicati, da stabilire in via definitiva con il decreto di cui al comma 1159 del presente articolo:
a) entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le organizzazioni nazionali comparativamente più rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro, adotta un programma speciale di interventi e costituisce una cabina di regia nazionale di coordinamento che concorre allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e di promozione di occupazione regolare nonché alla valorizzazione dei comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES). Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, un apposito Fondo per l'emersione del lavoro irregolare (FELI), destinato al finanziamento, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, di servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivino i processi di emersione di cui ai commi da 1192 a 1201. Ai fini della presente lettera si provvede, per ciascuno degli anni 2007 e 2008, nei limiti di 10 milioni di euro annui;
b) sono destinati 25 milioni di euro per l'anno 2007 alla finalità di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni;
c) in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e comunque non oltre il 31 dicembre 2007, possono essere concessi trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro;
d) in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, al fine di sostenere programmi per la riqualificazione professionale ed il reinserimento occupazionale di collaboratori a progetto, che hanno prestato la propria opera presso aziende interessate da situazioni di crisi, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti criteri e modalità inerenti alle disposizioni di cui alla presente lettera. Agli oneri di cui alla presente lettera si provvede nel limite di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008;
e) il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è autorizzato a stipulare con i comuni, nel limite massimo complessivo di 1 milione di euro per l'anno 2007, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nuove convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l'attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in attività socialmente utili, nella disponibilità da almeno sette anni di comuni con popolazione inferiore a 50.000 abitanti;
f) in deroga a quanto disposto dall'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e limitatamente all'anno 2007, i comuni con meno di 5.000 abitanti che hanno vuoti in organico possono, relativamente alle qualifiche di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni, procedere ad assunzioni di soggetti collocati in attività socialmente utili nel limite massimo complessivo di 2.450 unità. Alle misure di cui alla presente lettera è esteso l'incentivo di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81. Agli oneri relativi, nel limite di 23 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007, si provvede a valere sul Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, che a tal fine è integrato del predetto importo;
g) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, dispone annualmente di una quota del Fondo per l'occupazione, nei limiti delle risorse disponibili del Fondo medesimo, per interventi strutturali ed innovativi volti a migliorare e riqualificare la capacità di azione istituzionale e l'informazione dei lavoratori e delle lavoratrici in materia di lotta al lavoro sommerso ed irregolare, promozione di nuova occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale ed in ogni altro settore di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
(omissis)
1159. All'assegnazione delle risorse finanziarie per gli interventi di cui al comma 1156 si provvede con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
I commi 1156 e 1159 prevedono, a carico del Fondo per l’occupazione di cui al D.L. decreto legge 23 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236, una serie di interventi a tutela dell’occupazione nei limiti degli importi rispettivamente indicati (comma 1156), che tuttavia verranno stabiliti in via definitiva con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia che provvederà anche all’assegnazione delle risorse finanziarie ai medesimi interventi (comma 1159).
Si ricorda che il Fondo per l’occupazione è stato istituito dall’articolo 1, comma 7, del D.L. 148 del 1993, per la promozione di iniziative di sostegno per l’occupazione, ed in particolare:
- l'erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto a quelle occupate alla data di entrata in vigore del DL 148/93;
- il finanziamento dei lavori socialmente utili e dei piani di inserimento professionale dei giovani privi di occupazione;
- la promozione dell'imprenditorialità giovanile;
- il finanziamento dei contratti di solidarietà;
- ulteriori finalità previste da provvedimenti emanati successivamente al D.L. 148 (a titolo esemplificativo: proroga di trattamenti di sostegno al reddito, rimodulazione dell'orario di lavoro, tirocini formativi…).
In particolare, il comma 1156 pone a carico del Fondo per l’occupazione i seguenti interventi:
a) nei limiti di 10 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2007 e 2008, si prevede, con decreti ministeriali, l’adozione – entro 3 mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007 - di un programma speciale di interventi in materia di occupazione, la costituzione di una cabina nazionale di regia al fine di concorrere allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e alla valorizzazione dei CLES, nonché l’istituzione – entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007- di un apposito Fondo per l’emersione del lavoro irregolare destinato al finanziamento (d’intesa con le regioni e gli enti locali) di servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivano i processi di emersione di cui ai commi 1192-1201 (cfr. la relativa scheda);
b) si destinano 25 milioni di euro al rifinanziamento per l’anno 2007 dell’intervento di proroga per ulteriori 12 mesi del trattamento di CIGS stabilito dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 249 del 2004, nel caso di crisi aziendali;
c) la possibilità di concedere anche per l’anno 2007, nel limite di spesa di 45 milioni di euro, il trattamento di CIGS e il trattamento di mobilità ai lavoratori subordinati delle imprese del commercio con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.
d) in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, nel limite di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008, si prevede che con apposito decreto ministeriale – da emanare entro 2 mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007 - siano definiti criteri e modalità per finanziare programmi per la riqualificazione professionale e il reinserimento lavorativo di collaboratori a progetto, che hanno prestato la propria opera presso aziende interessate da situazioni di crisi;
e) si autorizza il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare, limitatamente all'anno 2007 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in ASU che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni.
Si ricorda che nelle precedenti leggi finanziarie si sono previste disposizioni di analogo tenore. In particolare L'articolo 3, comma 82, della L. 350 del 2003 ha previsto, limitatamente all’esercizio 2004, nel limite complessivo di spesa di 1 milione di euro, l’autorizzazione alla stipula diretta di nuove convenzioni tra il Ministero del lavoro ed i comuni con meno di 50.000 abitanti, sia per lo svolgimento di attività socialmente utili sia per l’attuazione di misure volte a garantire la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno cinque anni.Successivamente l’articolo 1, comma 263, della L. 311 del 2004 ha autorizzato il Ministro del lavoro, limitatamente all'anno 2005 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, a prorogare le medesime convenzioni ed ha specificato, ai fini della proroga, l’obbligo di avvalersi della graduatoria allegata al decreto dirigenziale del 25 ottobre 2004[75]. Infine l’articolo 1, comma 430, della citata L. 266 del 2005 ha autorizzato il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare, limitatamente all'anno 2006 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di ASU e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni.
f) si autorizzano i comuni con meno di 5.000 abitanti che hanno posti disponibili in organico, per l'anno 2007, a procedere ad assunzioni di soggetti già collocati in attività socialmente utili (ASU), per qualifiche per le quali non sia richiesto un titolo di studio superiore alla scuola dell'obbligo, nel limite massimo complessivo di 2.450 unità. Si prevede che ciò possa avvenire in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 12, comma 4, del D.Lgs. 1° dicembre 1997, n. 468[76], quindi le assunzioni possono essere effettuate anche oltre la quota di riserva del 30% prevista per i soggetti collocati in ASU. Allo stesso tempo, per assunzioni in questione è prevista l’estensione del contributo, pari a 9.296,22 euro per ogni soggetto assunto, erogato ai datori di lavoro ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81[77]. Gli oneri derivanti dalle presenti disposizioni, pari a 23 milioni di euro annui decorrenti dal 2007, sono posti a carico del Fondo per l'occupazione.
Si ricorda che il richiamato articolo 12 del D.Lgs. 468 del 1997 ha dettato disposizioni transitorie valide per i lavoratori che alla data di entrata in vigore del provvedimento stesso risultavano impegnati da oltre 12 mesi in progetti di L.S.U. approvati ai sensi del D.L. 510 del 1996. In particolare, il comma 4 ha disposto che le pubbliche amministrazioni debbano riservare ai soggetti utilizzati in ASU una quota del 30% dei posti per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo da ricoprire mediante avviamento a selezione.
L’articolo 7, comma 1, del richiamato D.Lgs. 81 del 2000 ha stabilito che ai datori di lavoro privati e agli enti pubblici economici, comprese le cooperative e loro consorzi, che assumono a tempo pieno e indeterminato i soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili e che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999, è riconosciuto il contributo in precedenza evidenziato per ciascun soggetto assunto.
Il comma 6 del medesimo articolo ha previsto che tale contributo è riconosciuto, a fronte dell'onere relativo alla copertura contributiva, anche ai soggetti collocati in ASU a cui le amministrazioni pubbliche avessero precedentemente attribuito incarichi di collaborazione coordinata e continuativa o di lavoro autonomo per lo svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti di lavori socialmente utili. Si precisa che la corresponsione di tale contributo comporta la decadenza da ogni altro beneficio previsto dal D.Lgs. 81/2000 a carico del Fondo per l’occupazione.
g) l’attuazione e il finanziamento, da parte del Ministero del lavoro del previdenza sociale, di interventi strutturali volti a migliorare la capacità di azione istituzionale e l’informazione dei lavoratori in materia di lotta al lavoro irregolare, promozione dell’occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale e in altri ambiti di competenza del Ministero del lavoro.
Articolo 1, comma 1166
(Disposizioni in materia di lavoratori
socialmente utili)
1166. Nel limite complessivo di 35 milioni di euro, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale è autorizzato a prorogare, previa intesa con la regione interessata, limitatamente all'esercizio 2007, le convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con gli enti locali, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l'attuazione, nel limite complessivo di 15 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi enti da almeno un triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una definitiva stabilizzazione occupazionale di tali soggetti. In presenza delle suddette convenzioni, il termine di cui all'articolo 78, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è prorogato al 31 dicembre 2007. Ai fini di cui al presente comma, il Fondo per l'occupazione, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è rifinanziato di 50 milioni di euro per l'anno 2007.
Il comma 1166 reca disposizioni in merito allo svolgimento di attività socialmente utili (ASU).
In particolare, il primo periodo del comma in esame, riproducendo analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 430, della legge finanziaria per il 2006 (L. 266 del 2005), autorizza il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Regione interessata[78], a prorogare, limitatamente all’esercizio 2007, le convenzioni stipulate direttamente con gli enti locali, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, ai fini dello svolgimento delle attività socialmente utili (ASU), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro.
Più specificamente, le convenzioni in questione sono state stipulate:
a) direttamente con gli enti locali, per lo svolgimento di ASU;
b) oppure al fine dell’attuazione di misure volte a garantire una definitiva stabilizzazione occupazionale sia dei lavoratori che siano nella disponibilità dei comuni stessi da almeno tre anni per le medesime attività, sia dei lavoratori che, provenienti dal medesimo bacino, siano già stati interessati dalle convenzioni di cui all’articolo 10, comma 3[79], del D.Lgs. 468 del 1997[80] e prorogate in attesa di una definitiva stabilizzazione dei soggetti interessati.
Si ricorda, in proposito, che l’articolo 41, comma 1, della L. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva autorizzato il Ministro del lavoro a concedere, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, limitatamente all'esercizio 2003, proroghe delle convenzioni stipulate con i comuni per lo svolgimento di attività straordinarie riferite a lavoratori socialmente utili. I suddetti lavoratori dovevano essere nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio; le proroghe erano ammesse nel limite complessivo di 80 milioni di euro a valere sullo stanziamento complessivo recato dal comma richiamato. Tale proroga riguardava le convenzioni - concluse direttamente dai comuni e aventi gli altri requisiti sopra ricordati – che dovevano cessare entro il 31 dicembre 2002[81].
Successivamente, l’articolo 3, comma 76, della L. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), l’ articolo 1, comma 262, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) e l’articolo 1, comma 430, della L. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) hanno autorizzato analoghe proroghe delle suddette convenzioni con riferimento, rispettivamente, all’anno 2004, all’anno 2005 e all’anno 2006.
Il limite complessivo di spesa viene fissato in 35 milioni di euro destinati alla realizzazione delle misure indicate alla lettera a), ed in 15 milioni di euro per le misure di cui alla lettera b) sopra illustrate.
Il secondo periodo del comma in esame, in presenza delle predette convenzioni, ai fini dell’utilizzo delle risorse del Fondo per l’occupazione (impegnate per attività socialmente utili) per il pagamento dei sussidi e degli assegni ai soggetti impegnati in attività socialmente utili, provvede a prorogare sino al 31 dicembre 2007 il termine[82] di cui all’articolo 78, comma 2, della legge n. 388 del 2000, già prorogato al 31 dicembre 2004 dall’art. 3, comma 77, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), al 31 dicembre 2005 dall’art. 1, comma 262 della Legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) e al 31 dicembre 2006 dall’art. 1, comma 430 della legge n. 266 del 2005.
Si ricorda, in proposito, che l’articolo 78, commi 1-6, della L. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), ha previsto disposizioni in materia di lavori socialmente utili.
In particolare, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stato autorizzato a stipulare convenzioni con le regioni in riferimento a situazioni straordinarie che non consentivano, entro il 30 giugno 2001, di esaurire il bacino regionale dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 81 del 2000[83].
Si consideri, per quanto in questa sede maggiormente interessa, che lo stesso articolo 78, al comma 2, ha prorogato dal 30 aprile 2001 al 30 giugno 2001 la previsione, contenuta nell'articolo 8, comma 3, del citato D.Lgs. 81, relativa alla destinazione delle risorse del Fondo per l'occupazione (impegnate per attività socialmente utili) per il pagamento dei sussidi e degli assegni ai soggetti impegnati in attività socialmente utili[84].
E’ stata inoltre allungata di due mesi la durata massima complessiva della prestazione in attività socialmente utili (introdotta a partire dal 1° maggio 2000): sei mesi più rinnovo per otto mesi, anziché sei mesi più rinnovo per sei mesi.
La norma ha previsto che le convenzioni, i cui contenuti sono disciplinati dallo stesso articolo 78 del D.Lgs. 388 del 2000, siano sottoscritte nei limiti delle risorse del Fondo per l'occupazione preordinate allo scopo e tenendo conto dei conguagli derivanti dall'applicazione dell'articolo 45, comma 6, L. n. 144 del 1999, che individua la destinazione delle risorse destinate alle attività progettuali di lavori socialmente utili e non utilizzate per tali finalità. Si è stabilito quindi che, a seguito dell'attivazione di tali convenzioni, siano trasferite alle regioni le responsabilità di programmazione e di destinazione delle risorse finanziarie, in conformità alle disposizioni precedentemente citate.
In conseguenza delle misure sopra illustrate, l’ultimo periodo del comma in commento provvede a rifinanziare il Fondo per l’occupazione per un importo pari a 50 milioni di euro per il 2007.
1230. Al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, a decorrere dall'anno 2007 è autorizzata la spesa di 190 milioni di euro. Le risorse di cui al presente comma sono assegnate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le risorse sono attribuite con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del 30 ottobre 2006 presso le aziende di trasporto pubblico locale e presso le aziende ferroviarie, limitatamente a quelle che applicano il contratto autoferrotranvieri di cui all'articolo 23 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47. Le spese sostenute dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano per la corresponsione alle aziende degli importi assegnati sono escluse dal patto di stabilità interno.
Il comma 1230 autorizza la spesa di 190 milioni di euro per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale. Il testo originario prevedeva che lo stanziamento, fissato nella misura di 60 milioni di euro e portato a 190 milioni di euro dal maxiemendamento del Governo al Senato, fosse finalizzato all'espletamento delle funzioni e dei compiti in materia di trasporto pubblico locale.
A seguito delle modifiche apportate dall’Assemblea della Camera le risorse sono state destinate al rinnovo del contratto ed è stata stabilita la procedura di assegnazione attraverso un decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata, con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del 30 ottobre 2006 sia presso le aziende di trasporto pubblico locale sia presso le aziende ferroviarie, limitatamente a quelle che applicano il contratto autoferrotranvieri.
Lo stanziamento è volto a garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
La disposizione mantiene ferma l’esclusione dal patto di stabilità delle spese sostenute da regioni e province autonome di Trento e Bolzano per la corresponsione alle aziende degli importi assegnati.
Per quanto concerne specificamente la tematica della contrattazione nel trasporto pubblico locale, si ricorda che l'art. 23, comma 1, del DL 355/2003[85] ha autorizzato la spesa di euro 337.500.000 per l'anno 2004 e di euro 214.300.000 annui a decorrere dall'anno 2005, al fine di assicurare il rinnovo del contratto collettivo relativo al settore del trasporto pubblico locale (secondo biennio economico 2002-2003), stabilendo altresì che i trasferimenti erariali conseguenti dovessero essere effettuati con le procedure e le modalità stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata Stato - Regioni - Città.
Successivamente l'art. 1, comma 2, del DL 16/2005[86] ha autorizzato la spesa di 260 milioni di euro a decorrere dal 2005, al fine di assicurare il rinnovo del primo biennio (2004-2005) del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale. Al conseguente onere si provvedeva, quanto a 200 milioni di euro annui, con quota parte delle maggiori entrate derivanti dal comma 9 (aumento dell'aliquota di accisa su benzina e gasolio) e, quanto a 60 milioni di euro annui, con riduzione dei trasferimenti erariali attribuiti dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato a qualsiasi titolo assegnati a ciascun ente territoriale interessato sulla base del riparto stabilito con il decreto di cui al comma 3.
Il comma 3 prevedeva che tali risorse fossero assegnate alle regioni con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la suddetta Conferenza unificata.
Successivamente, l'art. 16, comma 1, del DL 223/2006[87] (cosiddetto “decreto Bersani”) ha stabilito che, a parziale modifica di quanto stabilito dal suddetto art. 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 16/2005, a decorrere dall'anno 2006 l'importo di 60 milioni di euro annui è corrisposto ai servizi di trasporto pubblico locale direttamente dalle regioni individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 1° marzo 2006, emanato d'intesa con la Conferenza unificata, senza dover procedere preliminarmente alla corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali nei confronti delle predette regioni.
La relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge di conversione del decreto-legge 223/2006 spiegava che la modifica alla suddetta normativa si rendeva necessaria al fine di superare le perplessità manifestate dalla Corte dei Conti, in sede di applicazione del ricordato art. 1, commi 2 e 3, del decreto legge 16/2005, sul decreto di variazione al bilancio dello Stato per l' anno 2005 con il quale si è proceduto a disporre la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti alle regioni a statuto ordinario - corrispondenti all'onere che la richiamata normativa ha posto a carico delle regioni in aggiunta all'onere di 200 milioni di euro annui originariamente a carico dello Stato - a valere sulle somme da attribuire a titolo di compartecipazione all' IVA. Le perplessità sono state manifestate poiché la compartecipazione IVA non configura un trasferimento ma una manifestazione di fiscalità locale.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione in commento chiariva che le disposizioni contenute nel suddetto art. 16 non comportavano alcun effetto sostanziale sull'intervento finanziario disposto per il rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale.
Infatti nella relazione si sosteneva che la modifica era volta soltanto ad eliminare la complessa procedura originariamente prevista, stabilendo che l'intervento dello Stato venisse corrisposto alle regioni nell'importo posto a effettivo carico del bilancio statale, al quale doveva essere aggiunto direttamente dalle regioni la quota a loro carico, e non nell'importo lordo comprensivo della quota di 60 milioni di euro posta a carico delle regioni e recuperato sui trasferimenti statali.
Articolo 1, comma 720
(Società partecipate da
amministrazioni pubbliche regionali o locali)
720. All'articolo 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 3, primo periodo, le parole: «dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «ventiquattro mesi»;
b) al comma 3, secondo periodo, sono soppresse le seguenti parole: «da collocare sul mercato, secondo le procedure del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, entro ulteriori diciotto mesi»;
c) al comma 4, secondo periodo, la parola: «perfezionate» è sostituita dalla seguente: «bandite».
Il comma 720 novella i commi 3 e 4 dell’articolo 13 del D.L. 223/2006[88], la recente normativa che prevede – tra l’altro – la dismissione, da parte delle società costituite o partecipate dalle regioni o dagli enti locali, delle attività concernenti la prestazione di servizi a favore di enti diversi da quelli costituenti.
In particolare, il comma:
§ estende a 24 mesi (dai 12 del testo previgente) il termine entro il quale le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, cessano le attività non consentite;
§ sopprime l’obbligo di ricorrere alle procedure del D.L. 31 maggio 1994, n. 332, per il collocamento sul mercato nel caso di costituzione di società aventi ad oggetto le attività non consentite;
§ fa salvi gli effetti dei contratti (relativi ad attività non consentite) conclusi dopo l’entrata in vigore del D.L. 223/2006, ma le cui procedure di aggiudicazione sono state bandite prima (anziché perfezionate prima, come prevedeva il testo previgente).
L'art. 13 del citato D.L. 223/2006 è intitolato alla riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza.
Il comma 1 dispone limiti all'attività delle società a capitale interamente pubblico o anche misto, costituite, o partecipate, dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali con le seguenti finalità:
- produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti;
- svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza.
Si chiarisce, inoltre, che per produzione di beni e servizi strumentali all’attività di regioni e di enti locali si intendono quelli “in funzione della loro attività”, ad esclusione dei servizi pubblici locali.
Tali società:
- debbono operare esclusivamente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti; la norma richiede dunque che le società siano affidatarie di compiti solo da parte degli enti costituenti;
- non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara; la norma è complementare a quella precedente, ma specifica l'ininfluenza della modalità di affidamento, se con gara o diretta: neppure la presenza di una gara legittima la società ad assumere servizi per conto di soggetti che non siano gli enti costituenti;
- non possono partecipare ad altre società o enti (sono escluse da tale divieto le società di intermediazione finanziaria, la cui attività istituzionale comprende anche l’assunzione di partecipazioni );
- sono ad oggetto sociale esclusivo.
Il comma 2 prevede appunto che le società in questione sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole disposte al comma 1 e sopra riportate. È il successivo comma 4 a sanzionare specificamente con la nullità i contratti conclusi in violazione delle prescrizioni sopra descritte (di cui ai commi sia 1 che 2).
Inoltre, le società predette (comma 3):
- cessano entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite;
- in alternativa, cedono le attività non consentite a terzi ovvero le scorporano, anche costituendo una separata società da collocare sul mercato, secondo le procedure del D.L. 31 maggio 1994, n. 332 (conv. con mod. dalla L. 30 luglio 1994, n. 474), entro 18 mesi. In caso di inadempienza dell’obbligo di cessione delle attività, i relativi contratti perdono efficacia allo scadere dei 12 mesi previsti sopra per la cessazione delle attività.
Il D.L. 332/1994 citato reca norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni. Per quanto riguarda la parte generale relativa alle procedure di vendita, esso stabilisce innanzitutto che, in deroga alla legislazione vigente, tutte le operazioni necessarie alle dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici possono essere compiute anche in difformità dalle norme sulla contabilità generale, con lo scopo di facilitare il processo di privatizzazione. Il decreto poi stabilisce le procedure di vendita, che sono due: offerta pubblica di vendita e trattativa diretta con i potenziali acquirenti, ammettendo anche entrambe le procedure. Il decreto precisa che l'alienazione dovrà effettuarsi "di norma" mediante offerta pubblica di vendita.
Il comma 4, come anticipato sopra, stabilisce la nullità dei contratti stipulati, dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, in difformità di quanto ivi previsto. Sono fatti salvi gli effetti dei contratti conclusi dopo l’entrata in vigore del decreto, ma le cui procedure di aggiudicazione si sono concluse prima. Resta, comunque, l’obbligo anche per questa ipotesi di cessione dell’attività entro 12 mesi, come prescritto dal comma 3.
Articolo 1, commi 725-733
(Interventi sulle società partecipate da
enti locali)
725. Nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente all'80 per cento e per i componenti al 70 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia ai sensi dell'articolo 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura ragionevole e proporzionata.
726. Nelle società a totale partecipazione pubblica di una pluralità di enti locali, il compenso di cui al comma 725, nella misura ivi prevista, va calcolato in percentuale della indennità spettante al rappresentante del socio pubblico con la maggiore quota di partecipazione e, in caso di parità di quote, a quella di maggiore importo tra le indennità spettanti ai rappresentanti dei soci pubblici.
727. Al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione sono dovuti gli emolumenti di cui all'articolo 84 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, alle condizioni e nella misura ivi stabilite.
728. Nelle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici o privati, i compensi di cui ai commi 725 e 726 possono essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, nella misura di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale, e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per cento del capitale.
729. Il numero complessivo di componenti del consiglio di amministrazione delle società partecipate totalmente anche in via indiretta da enti locali, non può essere superiore a tre, ovvero a cinque per le società con capitale, interamente versato, pari o superiore all'importo che sarà determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nelle società miste il numero massimo di componenti del consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali comprendendo nel numero anche quelli eventualmente designati dalle regioni non può essere superiore a cinque. Le società adeguano i propri statuti e gli eventuali patti parasociali entro tre mesi dall'entrata in vigore del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
730. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano ai princìpi di cui ai commi da 725 a 735 la disciplina dei compensi degli amministratori delle società da esse partecipate, e del numero massimo dei componenti del consiglio di amministrazione di dette società. L'obbligo di cui al periodo che precede costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica.
731. Nell'articolo 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, dopo le parole: «consigli circoscrizionali» sono inserite le seguenti: «dei soli comuni capoluogo di provincia»;
b) al comma 2, dopo la parola: «circoscrizionali» sono inserite le seguenti: «, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia,».
732. Nel comma 3 dell'articolo 234 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il numero: «5.000» è sostituito dal seguente: «15.000».
733. Le disposizioni di cui ai commi da 725 a 730 non si applicano alle società quotate in borsa.
I commi 725-733 mirano al contenimento della spesa degli enti territoriali. In particolare, i commi 731 e 732 trattano degli emolumenti dei consiglieri circoscrizionali e della composizione dell’organo di revisione economico-finanziario; gli altri commi limitano sia l’entità massima dei compensi spettanti agli amministratori di società partecipate da comuni o province sia il numero complessivo dei componenti i relativi consigli di amministrazione; disposizioni che valgono quali princìpi per le Regioni.
Il comma 725 introduce un tetto massimo al compenso lordo annuale del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione nelle società a totale partecipazione di comuni o province, rispettivamente pari all’80 per cento e al 70 per cento delle indennità spettanti al sindaco e al presidente della provincia. È mantenuta la possibilità di prevedere indennità di risultato, ma solo nel caso di produzione di utili ed in misura ragionevole e proporzionata.
La determinazione della misura delle indennità di funzione per i sindaci e i presidenti delle province è demandata, ai sensi dell’art. 82 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000) ad un regolamento ministeriale, adottato con le modalità e nel rispetto dei criteri indicati dal medesimo art. 82.
Ai sensi del comma 726, in caso di società interamente partecipata da più enti locali, si assume come parametro l’indennità spettante al rappresentante dell’ente con la maggiore quota di partecipazione; in caso di parità di quote, l’indennità di maggiore importo tra quelle spettanti ai rappresentanti degli enti locali soci.
Il comma 727 riconosce al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione (presumibilmente, delle stesse società di cui ai commi precedenti) il diritto al rimborso delle spese di viaggio e l’indennità di missione previste per gli amministratori locali dall'art. 84 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000).
Il comma 728 disciplina il caso di società a partecipazione mista di enti locali e di altri soggetti pubblici o privati, consentendo l’elevazione dei tetti summenzionati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, in misura differenziata (due punti ovvero un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali) a seconda che la partecipazione degli enti locali sia o no minoritaria.
Il comma 729 pone il limite numerico di tre componenti ai consigli di amministrazione delle società totalmente partecipate, anche in via indiretta, da enti locali. Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare è fissato con D.P.C.M. da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, su proposta del ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i ministri dell'interno e dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Per tutte le società miste, partecipate cioè anche da altri soggetti pubblici o privati, il Senato – modificando in parte la disciplina proposta dalla Camera – dispone che il numero massimo dei componenti il consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali (inclusi, se presenti, quelli di nomina regionale) non sia superiore a cinque.
Entro i successivi tre mesi è fatto obbligo alle società di apportare i necessari adeguamenti statutari, nonché di adeguare eventuali patti parasociali.
Le disposizioni illustrate – e in particolar modo quelle recate dai commi 725 e 729 operano una deroga alla disciplina generale recata dal codice civile, secondo la quale spetta all’atto costitutivo o all’assemblea dei soci stabilire il numero degli amministratori delle società per azioni e determinare i relativi compensi (artt. 2328, 2380-bis e 2389 c.c.)[89].
Il comma 730 fa obbligo alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano di adeguare la propria normativa ai princìpi ricavabili dalle disposizioni sin qui illustrate. Tale obbligo, precisa il testo approvato dal Senato, costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica.
Si ricorda che l’art. 1, co. 56 e 58, della legge finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266), all’esplicito fine di soddisfare esigenze di coordinamento della finanza pubblica ha ridotto del 10 per cento – rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005 – gli emolumenti (indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate) corrisposti per incarichi di consulenza ovvero ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati, presenti nelle pubbliche amministrazioni e negli enti da queste ultime controllati. Le disposizioni menzionate fanno parte di una serie di interventi, recati dalla legge finanziaria 2006 (principalmente, art. 1, co. 52-64), volti al contenimento dei “costi della politica”. Va tuttavia rilevato che il successivo co. 64 ha escluso l’applicazione (tra gli altri) dei co. 56 e 58 alle regioni, alle province autonome e agli enti locali.
Il comma 731 apporta una novella all’art. 82 (commi 1 e 2) del T.U.E.L., ai sensi della quale i presidenti dei consigli circoscrizionali e i consiglieri circoscrizionali non hanno più titolo alla corresponsione, rispettivamente, dell’indennità di funzione e del gettone di presenza se non nelle circoscrizioni facenti parte dei comuni capoluogo di provincia.
Il comma 732reca infine una novella all’art. 234 del citato testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, relativo alla disciplina dell’organo di revisione economico-finanziario, estendendo ai comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti la figura del revisore unico.
La legislazione previgente dettata dall’art. 234 prevede infatti che, mentre negli enti locali di maggiori dimensioni (province, comuni con più di 5.000 abitanti e città metropolitane) l’organo di revisione economico-finanziario sia costituito da un collegio di revisori, composto da tre membri eletti dai rispettivi consigli (scelti, uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri), nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità montana a maggioranza assoluta dei membri, scelto tra i soggetti sopra indicati.
Il comma 733, infine, esclude dall’applicazione dei precedenti commi 725-730 le società quotate in borsa.
735. Gli incarichi di amministratore delle società di cui ai commi da 725 a 734 conferiti da soci pubblici e i relativi compensi sono pubblicati nell'albo e nel sito informatico dei soci pubblici a cura del responsabile individuato da ciascun ente. La pubblicità è soggetta ad aggiornamento semestrale. La violazione dell'obbligo di pubblicazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro, irrogata dal prefetto nella cui circoscrizione ha sede la società. La stessa sanzione si applica agli amministratori societari che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato di cui al comma 725, entro trenta giorni dal percepimento.
Il comma 735 dispone che sia data pubblicità agli incarichi e ai compensi ricevuti dagli amministratori delle società di cui ai precedenti commi 725-734 (cioè delle società a totale o parziale partecipazione pubblica) nominati dalla parte riferibile all’azionariato pubblico.
Ciò dovrà avvenire tramite pubblicazione nell’albo del socio pubblico e nel sito informatico facente ad esso capo.
La pubblicazione è curata da un responsabile individuato da ciascun ente, e deve essere aggiornata semestralmente.
Relativamente alla pubblicità e alla trasparenza patrimoniale degli amministratori pubblici, si ricorda l’art. 12 della L. 441/1982[90], che dispone l’obbligatorietà di deposito, presso l’Ufficio di Presidenza di una delle due Camere, di una dichiarazione concernente i diritti reali sui beni immobili e sui beni mobili iscritti in pubblici registri, sulle azioni di società, sulle quote di partecipazione a società nonché copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche. Tali disposizioni sono applicate, oltre che ai membri del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai ministri, ai sottosegretari di Stato, ai consiglieri regionali e ai consiglieri provinciali, nonché:
§ ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Consiglio dei ministri od a singoli ministri;
§ ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano lo Stato o enti pubblici, nelle varie forme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al venti per cento;
§ ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano lo Stato o enti pubblici in misura superiore al cinquanta per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio ed a condizione che queste superino la somma annua di lire cinquecento milioni;
§ ai direttori generali delle aziende autonome dello Stato;
§ ai direttori generali delle aziende speciali di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578[91], dei comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai centomila abitanti.
Il secondo periodo del comma punisce la violazione dell’obbligo di pubblicazione con una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro, irrogata dal Prefetto nella cui circoscrizione ha sede la società.
L’ultimo capoverso, prevede uguale sanzione per gli amministratori che non comunichino ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dalla nomina ovvero dal percepimento dell’indennità di risultato di cui al comma 725.
Articolo 1, comma 710
(Scioglimento dei consigli comunali nei
casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti)
710. Ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio sono confermate, per l'anno 2007, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° marzo 2005, n. 26.
Il comma 710 conferma per l’anno 2007 l’applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.
La disposizione citata richiama, a sua volta, l'articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 80/2004 (legge n. 140/2004), che prevedeva l’applicazione, nell’esercizio finanziario 2005, delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali degli enti locali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti.
Più in particolare, le disposizioni richiamate disciplinano la procedura per lo scioglimento del consiglio comunale nel caso in cui un comune non abbia predisposto lo schema di bilancio o approvato il bilancio stesso nei termini previsti dal testo unico degli enti locali (art. 141, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000), nonché nel caso in cui il consiglio non abbia adottato le necessarie misure per riportare in equilibrio il bilancio.
In tali casi, l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 attribuisce al prefetto i poteri, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso.
Lo scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio di previsione, ovvero per mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio, è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.
La disposizione stabilisce che i consigli comunali e provinciali vengano sciolti, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, in presenza di determinate fattispecie, tra le quali, appunto, la mancata approvazione nei termini del bilancio[92].
In tale specifica ipotesi, l’art. 141 del TUEL prevede che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) nomina un commissario affinché predisponga lo schema d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
La norma prevista dal D.L. n. 13/2002, che assegna al prefetto la nomina del commissario ad acta, è stata introdotta a seguito dell’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione che individuava nel CO.RE.CO. l’organo cui era affidato il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, abrogazione disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. In assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente, anche nella fase intermedia tra scioglimento e rinnovo elettorale delle assemblee. Con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 è stata quindiintrodotta una disciplina di carattere transitorio, diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi con l’abrogazione della norma costituzionale.
Le norme del D.L. n. 13/2002, dettate per l’anno 2002, sono state richiamate da successivi provvedimenti legislativi, ed applicate anche negli anni 2003, 2004, 2005 e 2006.
La procedura introdotta dal D.L. n. 13/2002 e, di fatto, richiamata dal comma in esame, prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato:
a) nell’ipotesi di mancata predisposizione dello schema del bilancio da parte della Giunta, il prefetto nominerà un commissario per la predisposizione dell’atto d’ufficio e, successivamente, assegnerà al Consiglio un termine di venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione;
b) nell’ipotesi in cui lo schema di bilancio risulti già predisposto dalla Giunta, il prefetto dovrà assegnare al Consiglio, con atto notificato ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione.
Decorso inutilmente il termine assegnato al Consiglio per l’approvazione del bilancio, il prefetto si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.
Va evidenziato in proposito che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 13/2002 afferma il principio per cui spetta agli statuti degli enti locali disciplinare, in tale ipotesi, le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio.
L’attribuzione al prefetto dei poteri di nomina del commissario, pertanto, si applica soltanto nel caso in cui lo statuto comunale non detti una disciplina diversa.
In ogni caso, il termine entro il quale deve avere luogo l’approvazione del bilancio nel caso di ricorso alla nomina di un commissario è fissato in 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto.
L’applicazione della procedura sopra illustrata si applica anche all’ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del D.Lgs. n. 267/2000.
Ai sensi dell’articolo 193 del Testo unico, gli enti locali sono tenuti, durante la gestione, al rispetto del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio sia per la copertura delle spese correnti che per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal Testo unico.
Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare deve provvedere, con propria delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi.
In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio (di cui all’articolo 194), e per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato.
Qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, il Consiglio adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.
La mancata adozione, da parte dell’ente, dei suddetti provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 del Testo unico, e dà luogo alla procedura di scioglimento del Consiglio prevista in tale ipotesi.
715. Nei casi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali ai sensi dell'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli incarichi di cui all'articolo 110 del medesimo testo unico nonché l'incarico di revisore dei conti e i rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata e continuativa sono risolti di diritto se non rinnovati entro quarantacinque giorni dall'insediamento della commissione straordinaria per la gestione dell'ente.
Il comma 715 introduce, con riferimento agli enti locali sciolti a causa di infiltrazioni mafiose, un “meccanismo automatico” volto ad agevolare l’avvicendamento in determinati incarichi. Destinatari della disposizione sono
§ i titolari di incarichi a tempo determinato di responsabili di servizi o uffici ovvero di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, di cui all’art. 110 del T.U.E.L.;
§ i revisori dei conti;
§ coloro che hanno in corso rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata e continuativa con l’ente locale.
La disposizione in esame prevede che gli incarichi suindicati siano considerati risolti di diritto qualora la commissione straordinaria per la gestione dell’ente non provveda a rinnovarli entro 45 giorni dal suo insediamento.
L’intervento normativo è motivato, nella relazione illustrativa allegata all’emendamento governativo che ha introdotto il comma in esame, richiamando l’esperienza delle commissioni straordinarie[93], da cui appare evidente che i fenomeni di infiltrazione mafiosa negli enti locali sono presenti non soltanto negli organi di governo degli enti, ma anche, e in alcuni casi con maggiore penetrazione, negli apparati amministrativi che provvedono alla gestione operativa degli enti stessi.
Ai sensi dell’art. 110 del T.U.E.L., gli enti locali possono, a condizione che lo prevedano i rispettivi statuti, stipulare contratti a tempo determinato con esterni all’amministrazione per coprire posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione. I contratti hanno natura pubblicistica; solo eccezionalmente e con deliberazione motivata, possono essere di diritto privato.
Negli enti in cui è prevista la dirigenza, tali contratti sono stipulati, secondo i limiti, i criteri e le condizioni dettati dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, anche al di fuori della dotazione organica dell'ente e comunque in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione stessa, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità. Negli enti in cui non è presente la dirigenza, i contratti in questione possono essere stipulati soltanto in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente.
Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, gli enti possono inoltre nominare collaboratori esterni in possesso di requisiti di elevata professionalità.
L’art. 110 del T.U.E.L. già reca disposizioni analoghe a quella in esame (assimilabili ai meccanismi c.d. di spoils system) in quanto stabilisce che i contratti a tempo determinato degli incarichi esterni di dirigenza e di alta specializzazione non possono avere durata superiore al mandato del sindaco o del presidente della provincia in carica. E’ inoltre stabilito che il contratto è risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.
È in corso presso la 1ª Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati l’esame congiunto di quattro proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 1134, 1664, 1679 e 1777) intese a modificare o integrare la disciplina sullo scioglimento degli organi degli enti locali per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso e sulla gestione straordinaria di tali enti, contenuta negli artt. 143 e seguenti del testo unico in materia di enti locali (D.Lgs. 267/2000).
Articolo 1, comma 718-719
(Indennità degli amministratori degli
enti locali)
718. Fermo restando quanto disposto dagli articoli 60 e 63 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, l'assunzione, da parte dell'amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società.
719. L'indennità di fine mandato prevista dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, spetta nel caso in cui il mandato elettivo abbia avuto una durata superiore a trenta mesi.
Il comma 718 esclude che l'assunzione, da parte di un amministratore locale, della carica di componente di organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente possa dare titolo alla corresponsione di emolumenti a carico della società.
La disposizione non modifica in alcun modo il regime delle ineleggibilità e delle incompatibilità recato dagli artt. 60 e 63 del testo unico degli enti locali[94].
Il comma 719 limita la corresponsione dell'indennità di fine mandato prevista dall’art. 10 del regolamento approvato con D.M. 119/2000[95], ai soli casi in cui il mandato elettivo abbia avuto una durata superiore a 30 mesi.
L’art. 10 del regolamento citato dispone che, a fine mandato, spetti ai sindaci e ai presidenti di provincia un’integrazione dell’indennità pari ad una indennità mensile spettante per 12 mesi di mandato, con riduzione proporzionale per periodi inferiori all'anno.
In relazione agli emolumenti dei consiglieri degli enti locali, la relativa disciplina ha la sua base nell’art. 82 del testo unico, ai sensi del quale (co. 2) ai citati soggetti spetta un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono tuttavia prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari (co. 4). Quanto ai presidenti e componenti degli esecutivi degli enti locali, il medesimo art. 82 (co. 1) prevede una indennità di funzione per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, nonché per i componenti degli organi esecutivi dei comuni e, ove previste, delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.
La determinazione della misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è demandata (co. 8) ad un regolamento ministeriale[96]adottato con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (oggi, dell’economia e finanze), sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali nel rispetto di specifici criteri[97]. Tale misura può (co. 11) essere incrementata (se l’ente non versa in stato di dissesto finanziario) o diminuita con delibera consiliare o della giunta, ma nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal citato decreto ministeriale.
Si ricorda che l’art. 1, comma 54, della legge finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266), all’esplicito fine di soddisfare esigenze di coordinamento della finanza pubblica ha ridotto del 10 per cento – rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005 – le indennità di funzione e i gettoni di presenza spettanti, in virtù della normativa vigente, agli amministratori (regionali e) locali, nonché le utilità comunque spettanti ai medesimi soggetti per la partecipazione ad organi collegiali. La disposizione fa parte di una serie di interventi, recati dalla legge finanziaria 2006 (principalmente, art. 1, co. 52-64), volti al contenimento dei “costi della politica”.
724. Al fine di assicurare un controllo indipendente e continuativo della qualità dell'azione di governo degli enti locali, è istituita un'Unità per il monitoraggio con il compito di accertare la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento delle misure premiali previste dalla normativa vigente e di provvedere alla verifica delle dimensioni organizzative ottimali degli enti locali anche mediante la valutazione delle loro attività, la misurazione dei livelli delle prestazioni e dei servizi resi ai cittadini e l'apprezzamento dei risultati conseguiti, tenendo altresì conto dei dati relativi al patto di stabilità interno. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono emanate le disposizioni relative alla composizione dell'Unità, alla sua organizzazione ed al suo funzionamento. Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali sono attribuite le funzioni di vigilanza sull'Unità. Per il funzionamento dell'Unità è istituito un fondo, nell'ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione finanziaria pari a 2 milioni di euro a decorrere dal 2007. Restano ferme le competenze istituzionali della Ragioneria generale dello Stato e della Corte dei conti.
Il comma 724 istituisce un’Unità per il monitoraggio dotata dei seguenti compiti:
§ accertare la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento agli enti locali delle “misure premiali previste dalla normativa vigente”; tale espressione sembra far generico riferimento all’insieme dei benefìci, con funzione incentivante, destinati agli enti locali che conseguano determinati obiettivi di contenimento e di efficienza della spesa, previsti da disposizioni contenute principalmente nelle manovre di finanza pubblica;
§ verificare le dimensioni organizzative ottimali degli enti locali medesimi.
A tal fine l’Unità procede anche alla valutazione delle attività di tali enti, alla misurazione dei livelli delle prestazioni e dei servizi resi ai cittadini e all’apprezzamento dei risultati conseguiti, anche alla luce del patto di stabilità interno.
Si può ritenere che l’Unità per il monitoraggio costituisca una struttura amministrativa istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e più precisamente presso il Dipartimento per gli affari regionali. L’Unità è infatti sottoposta alla vigilanza del ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, e per il suo funzionamento il comma istituisce un fondo nello stato di previsione della Presidenza del Consiglio, la cui dotazione finanziaria è pari a due milioni di euro annui a decorrere dal 2007.
Poiché finalità dichiarata della norma è quella di “assicurare un controllo indipendente e continuativo della qualità dell’azione di governo degli enti locali”, è tuttavia da presumere che il nuovo organismo debba godere di un certo grado di autonomia funzionale.
Tali profili sono peraltro solo accennati nel testo in esame, che rinvia la disciplina di dettaglio – composizione, organizzazione e funzionamento dell’Unità – a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del ministro per gli affari regionali e le autonomie locali di concerto con i ministri dell’interno e dell’economia, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali. Non è previsto un termine per l’adozione del decreto.
I compiti attribuiti all’Unità si affiancano, ma non sostituiscono le funzioni di verifica e controllo contabile e di gestione propri della Ragioneria Generale dello Stato e della Corte dei conti, le cui competenze istituzionali sono espressamente tenute ferme dalla disposizione in esame.
Ai sensi dell’art. 148 del testo unico sugli enti locali, la Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione degli enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui alla L. 20/1994[98] e successive modificazioni.
Di recente, l’art. 7 della L. 131/2003[99] ha previsto (al co. 7) che la Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifichi il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati.
Ulteriori disposizioni sono state introdotte dalle ultime leggi finanziarie. In particolare, i commi da 166 a 170 della legge finanziaria per il 2006 introducono disposizioni volte a disciplinare e rafforzare l’attività di controllo da parte della Corte dei conti sui bilanci degli enti locali (co. 166-168) e degli enti del servizio sanitario nazionale (co. 170).
Con riferimento specifico alla verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno agli enti locali, l’attività di controllo della Corte dei conti si viene ad aggiungere all’attività di monitoraggio effettuata dal Ministero dell’economia e finanze sugli andamenti finanziari di regioni, province autonome, province, comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti, ai sensi dell’art. 1, co. 30-35 della legge n. 311 del 2004 confermata, per il triennio 2006-2008, dal co. 150 della legge finanziaria per il 2006[100].
157. Dopo l'articolo 20 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«Art. 20.1. - (Oneri per la rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti). - 1. Ai fini della salvaguardia degli enti locali, a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti sono a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salvo prova contraria».
Il comma 157 inserisce un nuovo articolo (numerato come 20.1), dopo l'articolo 20 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, con il quale si prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti siano a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salvo prova contraria.
Il decreto legislativo n. 507 del 1993 reca disposizioni in tema di revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Il servizio per le pubbliche affissioni, in base all’articolo 18 del decreto legislativo n. 507 del 1993, è inteso a garantire specificatamente l'affissione, a cura del comune, in appositi impianti a ciò destinati, di manifesti di qualunque materiale costituiti, contenenti comunicazioni aventi finalità istituzionali, sociali o comunque prive di rilevanza economica, ovvero, ove previsto, e nella misura stabilita nelle disposizioni regolamentari di cui all'art. 3, di messaggi diffusi nell'esercizio di attività economiche.
In base all’articolo 24, comma 1, il comune è tenuto a vigilare sulla corretta osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti l'effettuazione della pubblicità. Alle violazioni di tali disposizioni conseguono sanzioni amministrative per la cui applicazione si osservano le norme contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, o, per le violazioni delle norme tributarie, quelle sulla disciplina generale delle relative sanzioni amministrative, salvo quanto specificamente previsto nei successivi commi dell’articolo 24.
Il comma 2 dell’articolo 24 prevede, in particolare, che per le violazioni delle norme regolamentari stabilite dal comune si applichi la sanzione da lire quattrocentomila a lire tre milioni con notificazione agli interessati, entro centocinquanta giorni dall'accertamento, degli estremi delle violazioni riportati in apposito verbale. Il comune dispone altresì la rimozione degli impianti pubblicitari abusivi facendone menzione nel suddetto verbale ed in caso di inottemperanza all'ordine di rimozione entro il termine stabilito, il comune provvede d'ufficio, addebitando ai responsabili le spese sostenute.
In base al comma 3 inoltre, il comune, o il concessionario del servizio, può effettuare, indipendentemente dalla procedura di rimozione degli impianti e dall'applicazione delle sanzioni di cui al comma 2, la immediata copertura della pubblicità abusiva, in modo che sia privata di efficacia pubblicitaria, ovvero la rimozione delle affissioni abusive, con successiva notifica di apposito avviso secondo le modalità previste dall'art. 10.
La modifica operata dal comma 157 in commento inverte il principio di responsabilità per gli oneri derivanti dall’affissione abusiva, in precedenza sancito dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 507 del 1993 che, nel disciplinare i profili sanzionatori, prevede al comma 4-bis[101] che qualora il manifesto riguardi l'attività di soggetti elencati nell'articolo 20, il responsabile sia esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell'atto d'affissione e che non sussista responsabilità solidale.
Il comma 4-bis in questione viene pertanto contestualmente abrogato dal comma 176 della presente legge finanziaria, contenente ulteriori disposizioni in materia di affissioni abusive (vedi la scheda relativa).
Si ricorda che l’articolo 20 prevede la riduzione della metà della tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni per:
a) i manifesti riguardanti in via esclusiva lo Stato e gli enti pubblici territoriali;
b) i manifesti di comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;
c) i manifesti relativi ad attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;
d) i manifesti relativi a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza;
e) gli annunci mortuari.
Si ricorda altresì che l' articolo 20-bis, comma 1, anch’esso abrogato dal comma 176 della legge finanziaria, stabiliva che i comuni dovessero riservare il 10% degli spazi totali per l’affissione dei manifesti ai soggetti indicati all’articolo 20 e che l’affissione negli spazi riservati fosse esente dal diritto sulle pubbliche affissioni.
Articolo 1, commi 176-178
(Installazioni pubblicitarie ed
affissioni abusive)
176. Al fine di contrastare il fenomeno delle affissioni abusive, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) il comma 2-bis dell'articolo 6, il comma 1-bis dell'articolo 20, l'articolo 20-bis, il comma 4-bis dell'articolo 23 e il comma 5-ter dell'articolo 24 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni;
b) il comma 13-quinquies dell'articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
c) il terzo comma dell'articolo 6 ed il quarto comma dell'articolo 8 della legge 4 aprile 1956, n. 212, e successive modificazioni.
177. Sono fatti salvi gli effetti prodotti dall'articolo 20-bis, comma 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.
178. All'articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole da: «sono a carico» fino a: «del committente» sono sostituite dalle seguenti: «sono a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile»;
b) al comma 19, il terzo periodo è soppresso.
I commi da 176 a 178 abrogano o modificano una serie di disposizioni relative all’affissione di manifesti ed alla disciplina dell’affissione abusiva.
La ratio complessivadelle modifiche è quella di contrastare il fenomeno delle affissioni abusive nonché quella di ripristinare anche il principio di responsabilità per le affissioni abusive in capo sia al committente la pubblicità, sia al detentore del mezzo pubblicitario. L’abrogazione di tali norme va infatti letta contestualmente alla modifica operata dal comma 157 della presente legge finanziaria, che ha fissato, a decorrere dal 1° gennaio 2007, il nuovo principio in base al quale gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti siano a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salvo prova contraria [cfr. la scheda relativa].
Le norme che vengono abrogate o modificate dai commiin commento erano state tutte introdotte dall’articolo 1, commi da 480 a 483 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).
Una parte delle norme abrogate sono contenute nel decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507[102], che disciplina l’imposta di pubblicità ed il diritto sulle pubbliche affissioni. Si tratta di quelle abrogate dalla lettera a) del comma 176:
§ il comma 2-bis dell’articolo 6, che dispone la non applicazione dell'imposta sulla pubblicità per i soggetti che usufruiscono della riduzione al 50 per cento del diritto sulle pubbliche affissioni;
§ il comma 1-bis dell'articolo 20, che prevede l’applicazione della riduzione al 50% del diritto sulle pubbliche affissioni per le persone fisiche che non intendono affiggere manifesti negli spazi riservati di cui all'articolo 20-bis;
§ l’articolo 20-bis,che obbliga i comuni a riservare il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione dei manifesti ai soggetti di cui all’articolo 20 (Stato, comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro; manifesti relativi ad attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali; manifesti relativi a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza; annunci mortuari);
§ il comma 4-bis dell’articolo 23, in materia di sanzioni, il quale dispone che, qualora il manifesto riguardi l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione, escludendo ogni forma di responsabilità solidale;
§ il comma 5-ter dell’articolo 24, il quale, in materia di sanzioni amministrative, prevede che, se il manifesto riguarda l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20, il responsabile è esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione, escludendo ogni forma di responsabilità solidale.
Si ricorda che le pubbliche affissioni sono soggette, in base all’articolo 1 del decreto legislativo n. 507 del 1993, al pagamento di un diritto a favore del comune nel cui territorio sono effettuate.
Il servizio delle pubbliche affissioni (art. 18) è inteso a garantire specificatamente l’affissione, a cura del comune, in appositi impianti a ciò destinati, di manifesti di qualunque materiale costituiti, contenenti comunicazioni aventi finalità istituzionali, sociali o comunque prive di rilevanza economica, ovvero, ove previsto, e nella misura stabilita nelle disposizioni regolamentari di cui all’art. 3, di messaggi diffusi nell’esercizio di attività economiche.
Il servizio deve essere obbligatoriamente istituito nei comuni che abbiano una popolazione residente superiore a tremila abitanti; negli altri comuni il servizio è facoltativo.
Il diritto è dovuto in solido da chi richiede il servizio e da colui nell'interesse del quale il servizio stesso è richiesto, a favore del comune che provvede alla loro esecuzione. Il diritto è comprensivo dell'imposta sulla pubblicità.
E’ invece assoggettata ad imposta di pubblicità (art. 5), la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile.
Fruiscono di un’agevolazione nella misura del 50% della tariffa sulle pubbliche affissioni, le seguenti tipologie di manifesti, elencati all’articolo 20:
a) i manifesti riguardanti in via esclusiva lo Stato e gli enti pubblici territoriali, che non rientrano nei casi per i quali è prevista l'esenzione;
b) i manifesti di comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;
c) i manifesti relativi ad attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, da chiunque realizzate, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;
d) i manifesti relativi a festeggiamenti patriottici, religiosi, a spettacoli viaggianti e di beneficenza;
e) gli annunci mortuari.
L’agevolazione è, come detto, del 50% (in base al comma 1-bis dell’articolo 20, che viene ora abrogato dal comma 176) qualora i manifesti in questione siano affissi da persone fisiche negli spazi non riservati.
L’articolo 20-bis, (anch’esso abrogato dal comma 176 in commento)prevede invece che, qualora tali manifesti siano affissi nella quota del 10% degli spazi ad essi obbligatoriamente riservata da parte del comune ai sensi dell’articolo 20, gli stessi manifesti siano esenti dal diritto sulle affissioni.
La lettera b) del comma 176 abroga poi il comma 13-quinquies dell’articolo 23 (“Pubblicità sulle strade e sui veicoli”) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (“Nuovo codice della strada”).
Si tratta della disposizione che stabilisce che, qualora il manifesto riguardi l’attività di soggetti elencati nell’articolo 20 sopra citato del decreto legislativo n. 507 del 1993, il responsabile sia esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione e che non sussista alcuna forma di responsabilità solidale.
La lettera c) del comma 176 abroga infine il terzo comma dell’articolo 6 ed il quarto comma dell’articolo 8 della legge 4 aprile 1956, n. 212 (“Norme per la disciplina della propaganda elettorale”).
Tali disposizioni prevedono che:
§ nel caso di sottrazione o distruzione di stampati, giornali murali od altri, o manifesti di propaganda elettorale, sia responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione e che non sussista responsabilità solidale;
§ sia responsabile esclusivamente colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto di affissione e che non sussista responsabilità solidale, nel caso di violazione del divieto di effettuare propaganda elettorale luminosa o figurativa durante i trenta giorni precedenti la data delle elezioni.
Il comma 177 fa salvi gli effetti prodotti dall’articolo 20-bis, comma 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, qui abrogato dalla lettera a) del predetto comma 176.
Si tratta della norma che ha disposto la sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2005), relativamente alle violazioni compiute mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari. In base a tale norma le violazioni, anche ripetute, potevano essere definite, in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia.
Tale versamento doveva essere effettuato a favore della tesoreria del comune competente o della provincia, qualora le violazioni fossero state compiute in più di un comune della stessa provincia; in tal caso, la provincia avrebbe dovuto provvedere al ristoro, proporzionato al valore delle violazioni accertate, ai comuni interessati, ai quali competeva l’obbligo di inoltrare alla provincia la relativa richiesta entro il 30 settembre 2005. In caso di mancata richiesta da parte dei comuni, la provincia avrebbe destinato le entrate al settore ecologia. La definizione in questione non dava luogo ad alcun diritto al rimborso di somme eventualmente già riscosse a titolo di sanzioni per le predette violazioni. Il termine per il versamento era fissato, a pena di decadenza dal beneficio al 31 maggio 2005.
Lo stesso comma 2 stabiliva poi la non applicabilità delle disposizioni dell’articolo 15, commi 2 e 3, della legge n. 515 del 1993 (“Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”):
- il comma 2 dell’articolo 15 della legge n. 515 del 1993, che prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1 milione di lire a 50 milioni di lire in caso di inosservanza delle norme di cui all’articolo 3 (propaganda elettorale per il voto a liste, a gruppi di candidati o a singoli candidati a mezzo di manifesti e giornali murali);
- il comma 3 che pone a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile le spese sostenute dal comune per la rimozione della propaganda abusiva nelle forme di scritte o affissioni murali e di volantinaggio.
Il comma 178 apporta infine modifiche all’articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (“Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”):
L’articolo 15 contiene l’elencazione delle sanzioni e prevede, al comma 3, che le spese sostenute dal comune per la rimozione della propaganda abusiva nelle forme di scritte o affissioni murali e di volantinaggio siano a carico esclusivamente dell’esecutore materiale e che non sussista responsabilità solidale neppure del committente.
Con la novella di cui alla lettera a) del comma 178, si prevede che le spese per le rimozioni suddette vengano poste a carico, in solido, dell’esecutore materiale e del committente responsabile.
La modifica della lettera b) del comma 178 sopprime, sempre all’articolo 15, il terzo periodo del comma 19.
Si tratta della disposizione in base alla quale, per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo, si applicano le disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689 (“Modifiche al sistema penale”), salvo quanto diversamente disposto.
Dunque, non si applica l’articolo 16 della medesima legge n. 689 del 1981, che prevede il pagamento in misura ridotta[103]. La responsabilità in materia di manifesti è personale e non sussiste responsabilità neppure del committente.
Articolo 1, commi 185-187
(Manifestazioni culturali legate alle
tradizioni delle comunità locali)
185. A decorrere dal 1° gennaio 2007, le associazioni che operano per la realizzazione o che partecipano a manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità locali, sono equiparate ai soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle società, indicati dall'articolo 74, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. I soggetti, persone fisiche, incaricati di gestire le attività connesse alle finalità istituzionali delle predette associazioni, non assumono la qualifica di sostituti d'imposta e sono esenti dagli obblighi stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. Le prestazioni e le dazioni offerte da persone fisiche in favore dei soggetti di cui al primo periodo del presente comma hanno, ai fini delle imposte sui redditi, carattere di liberalità.
186. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i soggetti a cui si applicano le disposizioni di cui al comma 185, in termini tali da determinare un onere complessivo non superiore a 5 milioni di euro annui.
187. In ogni caso, nei confronti dei soggetti di cui ai commi 185 e 186 non si fa luogo al rimborso delle imposte versate.
Il comma 185 dispone l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società (IRES), a decorrere dal 1° gennaio 2007, a beneficio delle associazioni che operano per la realizzazione o che partecipano a manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi e alle tradizioni delle comunità locali.
Come specificato dalla disposizione in commento, le suddette associazioni sono pertanto equiparate ai soggetti esenti dall’IRES, indicati dal comma 1 dell’articolo 74 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), emanato con il D.P.R. n. 917 del 1986.
Trattasi degli organi e delle amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, dei comuni, dei consorzi tra enti locali, delle associazioni ed enti gestori di demanio collettivo, delle comunità montane, delle province e delle regioni.
Il comma 185 prevede inoltre che le persone fisiche incaricate di gestire attività connesse alle finalità istituzionali di tali associazioni non assumano la qualifica di sostituti d’imposta e non siano soggetti agli obblighi di dichiarazioni annuali, di tenuta di scritture contabili e di effettuazione delle ritenute alla fonte di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 (“Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”).
La norma stabilisce altresì che le prestazioni e le dazioni offerte da persone fisiche in favore di dette associazioni abbiano carattere di liberalità, ai fini delle imposte sui redditi. La norma non specifica peraltro da quali norme del TUIR dovranno essere disciplinate tali “prestazioni e dazioni”. Presumibilmente il riferimento potrà essere fatto agli articoli 10 e 15 del TUIR che prevedono, rispettivamente, forme di deducibilità e di detraibilità (nei limiti, in quest’ultimo caso, del 19 per cento degli oneri sostenuti), di varie tipologie di erogazioni liberali.
Dal decreto ministeriale previsto dal successivo comma 186 è presumibile attendersi la specificazione dell’esatta tipologia di agevolazione fiscale fruibile da parte delle associazioni di cui alla disposizione in commento.
Il comma 186 rimette infatti ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria, l’individuazione delle associazioni rientranti nell’ambito di applicazione del comma in commento.
La suddetta individuazione dovrà essere tale da determinare un onere complessivo annuale non superiore a 5 milioni di euro.
In base al comma 187 le suddette associazioni non hanno comunque diritto al rimborso delle imposte versate in precedenza.
Articolo 1, comma 194
(Competenze dello Stato e degli enti
locali in materia di catasto)
194. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 dell'articolo 65:
1) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) alla tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure e certificati ipotecari»;
2) la lettera g) è sostituita dalla seguente:
«g) al controllo di qualità delle informazioni e dei processi di aggiornamento degli atti»;
3) la lettera h) è sostituita dalla seguente:
«h) alla gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni di cui alla lettera g), assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il sistema pubblico di connettività e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati»;
b) la lettera a) del comma 1 dell'articolo 66 è sostituita dalla seguente:
«a) alla conservazione, alla utilizzazione ed all'aggiornamento degli atti catastali, partecipando al processo di determinazione degli estimi catastali fermo restando quanto previsto dall'articolo 65, comma 1, lettera h)».
Il comma 194 modifica alcune norme del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[104], relative al decentramento delle funzioni catastali ai comuni, chiarendo la ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali per le funzioni relative agli atti catastali.
In particolare, vengono modificati gli articoli 65 e 66 di tale decreto legislativo, che elencano rispettivamente le funzioni conservate in capo allo Stato e quelle conferite agli enti locali.
La lettera a), n. 1, del presente comma 194, in particolare, apporta modifiche all’articolo 65, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998, nel quale sono elencate le funzioni mantenute dallo Stato. In particolare, viene modificata la lettera d), che affidava allo Stato la tenuta dei registri immobiliari, con l’esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione di visure ipotecarie.
In base alla disposizione novellata, allo Stato si confermano affidate le funzioni di tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure. Viene peraltro aggiunta, come funzione spettante allo Stato, la gestione dei certificati ipotecari.
La lettera a), n. 2, sostituisce invece la lettera g) del comma 1 dell’articolo 65 del decreto legislativo n. 112 del 1998.
La versione previgente di tale disposizione attribuiva allo Stato le funzioni di controllo della qualità delle informazioni, e di monitoraggio dei relativi processi di aggiornamento.
Per effetto della novella apportata, si specifica che – tra le funzioni conservate in capo allo Stato – vi è, oltre al controllo della qualità delle informazioni, la funzione di controllo della qualità dei processi di aggiornamento degli atti catastali, anziché il solo monitoraggio dei processi di aggiornamento.
Una terza modifica all’articolo 65, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998, riguarda la riformulazione della lettera h), operata dalla lettera a), n. 3, del presente comma 194.
La disposizione previgente prevedeva che allo Stato spettasse la gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni e consentendo l'accesso ai dati ai soggetti interessati.
La disposizione novellata aggiorna tale formulazione per renderla coerente con le modifiche intervenute in questi anni, in particolare quelle contenute nel Codice della pubblica amministrazione digitale.
La nuova disciplina prevede che allo Stato spetti la gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il Sistema pubblico di connettività e cooperazione (SPC), e garantendo l’accesso ai dati a tutti i soggetti interessati.
Si ricorda a tale proposito che il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42 , recante “Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione, a norma dell'articolo 10, della legge 29 luglio 2003, n. 229”, è intervenuto nel campo del coordinamento informativo ed informatico dei dati delle pubbliche amministrazioni sostituendo la preesistente Rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA), istituita ai sensi dell’art. 15, comma 1, della legge n. 59 del 1997.
Il nuovo sistema, denominato Sistema pubblico di connettività e cooperazione (SPC), è ritenuto maggiormente idoneo a garantire l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i sistemi informativi delle diverse amministrazioni pubbliche, centrali e locali, consentendo a queste di utilizzare i servizi telematici per elaborare ed erogare i propri servizi direttamente ai cittadini e alle imprese.
II successivo decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, recante il “Codice dell’amministrazione digitale”, ha recentemente abrogato il precedente decreto legislativo n. 42 del 2005, facendone confluire i contenuti nello stesso Codice.
Con la modifica recata dal comma 194, lettera b), viene novellato l’articolo 66, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 1998.
L’articolo 66, comma 1, lett. a), nel testo previgente, attribuiva ai comuni le funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché la revisione degli estimi e del classamento
La nuova disposizione conferma l’attribuzione ai comuni delle funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali, cioè la possibilità di utilizzare le banche dati catastali.
Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, in precedenza attribuita ai comuni, la nuova formulazione chiarisce anche che i comuni partecipano al solo processo di determinazione degli estimi, ed elimina il riferimento alle funzioni relative al classamento.
La relazione governativa al provvedimento chiariva a tale proposito che la partecipazione al processo di determinazione degli estimi catastali include sia la funzione di attribuzione specifica alla singola unità, sia l’intervento in relazione ad eventuali future revisioni.
L’articolo 61 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, definisce il classamento come l’operazione consistente “nel riscontrare sopraluogo per ogni singola unità immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità stessa in quella tra le categorie e classi prestabilite per la zona censuaria (...) che, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo, presenta destinazione e caratteristiche conformi od analoghe”, disponendo che le unità immobiliari urbane devono essere classate in base alla destinazione ordinaria e alle caratteristiche che hanno all'atto del classamento.
Il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dalla legge 311 del 30 dicembre 2004 (legge finanziaria per il 2005: articolo 1, commi 335 e seguenti). Anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 37 del 26 gennaio 2004 ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".
Si ricorda che le modifiche del comma 194 in commento sono collegate a quelle contenute nei successivi commi 195-200 della legge finanziaria, che definiscono le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali (cfr. la relativa scheda).
A proposito della conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, l'articolo 9, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito dalla legge n. 133 del 1994, ha previsto il censimento, da parte del Ministero delle finanze, di tutti i fabbricati e la loro iscrizione nel catasto edilizio urbano, con la nuova denominazione di "catasto fabbricati". In attuazione di tale disposizione, è stato emanato il decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28 recante il regolamento per la costituzione del catasto fabbricati e per le modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale, il quale ha disposto la formazione del catasto dei fabbricati, affidando transitoriamente al dipartimento del territorio del Ministero delle finanze, la sua conservazione in base alla legge istituiva del "nuovo catasto edilizio urbano" (R.D.L. n. 652 del 1939, convertito dalla legge n. 1249 del 1939), e disponendo che l’aggiornamento fosse eseguito dagli uffici o affidato in appalto.
Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, la materia era stata delegificata con l'articolo 3, commi 154 e 156, della legge n. 662 del 1996 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1997), il quale aveva disposto un complessivo riordino della materia catastale, da attuarsi con l’emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, per:
a) la revisione generale delle zone censuarie e delle tariffe d'estimo;
b) la qualificazione, classificazione ed il classamento degli immobili;
c) la revisione delle commissioni censuarie;
d) la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali.
Nel complessivo disegno di riforma, vi erano tre elementi essenziali: in primo luogo, la partecipazione diretta dei comuni, a cui spettava il potere di definizione delle microzone; in secondo luogo, l’adozione di criteri di tipo parametrale e, infine, l’utilizzazione di tecnologie informatiche e telematiche, allo scopo di razionalizzare la tassazione del mercato immobiliare e di assicurare una concreta trasparenza nella definizione dei valori.
In attuazione della delega, sono stati emanati, due regolamenti: il D.P.R. n. 138 del 1998, recante le norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri, nonché delle commissioni censuarie, e il D.P.R. n. 139 del 1998, recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali. Con il D.P.R. n. 138 del 1998, si è perseguito in particolare l’obiettivo di imprimere un’accelerazione alle operazioni da tempo avviate sia da parte degli uffici periferici del Dipartimento del Territorio (poi Agenzia del territorio, in seguito alla riforma del Ministero delle finanze), sia da parte dei comuni.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2000, sono state individuate le risorse per il trasferimento ai comuni delle funzioni in materia di catasto. In particolare, secondo quanto convenuto nell’accordo del 1° giugno 2000 in sede di Conferenza unificata, si è concordato il passaggio delle funzioni in maniera graduale, in considerazione dell’importanza del servizio del catasto nel processo di acquisizione delle entrate e della necessità di armonizzare il trasferimento delle risorse con la costituzione della citata Agenzia del territorio.
Il D.P.C.M. 22 luglio 2004 ha successivamente modificato il comma 1 dell'articolo 6 del D.P.C.M. 19 dicembre 2000, portando da tre a cinque anni i termini per individuare le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire ai Comuni per l'esercizio delle funzioni in materia di catasto.
L’articolo 1, comma 3, del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha recentemente previsto norme per la semplificazione dei servizi catastali. Il comma 3, in particolare, ha rimesso a un provvedimento interdirigenziale dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, la fissazione dei termini e delle modalità per la progressiva estensione delle procedure telematiche, disciplinate dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997[105], a tutti i soggetti e a tutti gli atti. Tra gli atti ai quali dovranno essere estese le procedure telematiche, sono inclusi la registrazione di atti e denunce, la presentazione di dichiarazioni di successione, le trascrizioni, iscrizioni ed annotazioni nei registri immobiliari e le volture immobiliari, da qualunque titolo derivanti.
L’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997 stabiliva che alla registrazione di atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, si provvedesse, a decorrere dal 30 giugno 2000, con procedure telematiche. Era prevista l’emanazione di un decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, per la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche, e a particolari tipologie di atti, nonché l'eventuale attribuzione di un codice unico immobiliare.
Il comma 2 disponeva inoltre che le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonché le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali fosse attivata la procedura telematica, venissero presentate su un modello unico informatico, da trasmettere per via telematica unitamente a tutta la documentazione necessaria. In attuazione di tale disposizione, è stato emanato il decreto interdirigenziale 13 dicembre 2000[106] con cui è stato approvato il modello unico informatico e sono state disciplinate le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati per gli adempimenti in materia di atti immobiliari. Con successivi provvedimenti interdirigenziali del 1° agosto 2002, del 18 aprile 2003 e del 9 giugno 2004, sono state disposte la progressiva estensione del regime di obbligatorietà a tutti i distretti notarili relativamente agli atti di compravendita di immobili (registrazione, trascrizione e voltura) e l’estensione del regime di facoltatività del modello unico informatico ad ulteriori tipologie di atti.
Si ricorda, infine, che l’articolo 34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha introdotto in via transitoria (sino all’attivazione del modello unico per l’edilizia previsto dallo stesso decreto-legge), una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata con la collaborazione dei comuni.
Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione[107] e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.
Le procedure attuative di tale disposizione, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti saranno disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Articolo 1, commi 195-200
(Modalità di esercizio delle funzioni
catastali conferite agli enti locali)
195. A decorrere dal 1° novembre 2007, i comuni esercitano direttamente, anche in forma associata, o attraverso le comunità montane, le funzioni catastali loro attribuite dall'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come da ultimo modificato dal comma 194 del presente articolo, fatto salvo quanto stabilito dal comma 196 per la funzione di conservazione degli atti catastali. Al fine di evitare maggiori oneri a carico della finanza pubblica, resta in ogni caso esclusa la possibilità di esercitare le funzioni catastali affidandole a società private, pubbliche o miste pubblico-private.
196. L'efficacia dell'attribuzione della funzione comunale di conservazione degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano decorre dalla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa tra l'Agenzia del territorio e l'ANCI, recante l'individuazione dei termini e delle modalità per il graduale trasferimento delle funzioni, tenendo conto dello stato di attuazione dell'informatizzazione del sistema di banche dati catastali e della capacità organizzativa e tecnica, in relazione al potenziale bacino di utenza, dei comuni interessati. La previsione di cui al precedente periodo non si applica ai poli catastali già costituiti.
197. Fatto salvo quanto previsto dal comma 196, è in facoltà dei comuni di stipulare convenzioni soltanto con l'Agenzia del territorio per l'esercizio di tutte o di parte delle funzioni catastali di cui all'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come da ultimo modificato dal comma 194 del presente articolo. Le convenzioni non sono onerose, hanno durata decennale e sono tacitamente rinnovabili. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso criteri definiti previa consultazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, tenuto conto delle indicazioni contenute nel protocollo di intesa concluso dall'Agenzia del territorio e dall'ANCI, sono determinati i requisiti e gli elementi necessari al convenzionamento e al completo esercizio delle funzioni catastali decentrate, ivi compresi i livelli di qualità che i comuni devono assicurare nell'esercizio diretto, nonché i controlli e le conseguenti misure in caso di mancato raggiungimento degli stessi, e, in particolare, le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, la determinazione delle risorse umane strumentali e finanziarie, tra le quali una quota parte dei tributi speciali catastali, da trasferire agli enti locali nonché i termini di comunicazione da parte dei comuni o di loro associazioni dell'avvio della gestione delle funzioni catastali.
198. L'Agenzia del territorio, con provvedimento del Direttore, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, predispone entro il 1° settembre 2007 specifiche modalità d'interscambio in grado di garantire l'accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale. Le modalità d'interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l'unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell'ambito del sistema pubblico di connettività.
199. L'Agenzia del territorio salvaguarda il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all'utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso su tutto il territorio nazionale la circolazione e la fruizione dei dati catastali; fornisce inoltre assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale. L'assegnazione di personale può avere luogo anche mediante distacco.
200. Al fine di compiere un costante monitoraggio del processo di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 195 a 199, l'Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, elabora annualmente l'esito della attività realizzata, dandone informazione al Ministro dell'economia e delle finanze ed alle competenti Commissioni parlamentari.
I commi da 195 a 200 recano le modalità di esercizio delle funzioni catastali spettanti agli enti locali.
Il comma 195 prevede che i comuni – a decorrere dal 1° novembre 2007 – esercitino direttamente le funzioni catastali ad essi attribuite dall’articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”), come modificato dal comma 194 della legge finanziaria (cfr. la relativa scheda).
Il secondo periodo del comma 195 specifica che è esclusa la possibilità di esercitare le funzioni catastali affidandole a società private, pubbliche o miste pubblico-private, al fine di evitare maggiori oneri per la finanza pubblica.
La lettera a) del comma 1 del menzionato articolo 66 – nella versione risultante dalle modifiche apportate dal comma 194, capoverso lettera b), della legge finanziaria – conferma l’attribuzione ai comuni delle funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali, cioè la possibilità di utilizzare le banche dati catastali.
Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, in precedenza attribuita ai comuni, la nuova formulazione chiarisce anche che i comuni partecipano al solo processo di determinazione degli estimi, ed elimina il riferimento alle funzioni relative al classamento. Tali funzioni catastali potranno essere esercitate dai comuni anche in forma associata, o attraverso le comunità montane.
Il successivo comma 196 interviene circa la funzione di conservazione degli atti catastali, subordinando l’efficacia dell’attribuzione della funzione comunale di conservazione degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano all’emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa tra l’Agenzia del territorio e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). Ovviamente, la suddetta previsione non trova applicazione per i poli catastali già costituiti.
Salvo quanto disposto nel comma 196, il successivo comma 197 attribuisce ai comuni la facoltà di stipulare convenzioni non onerose con l’Agenzia del territorio, per l’esercizio di tutte o di parte delle funzioni catastali ad essi attribuite, specificando però che queste convenzioni hanno durata decennale e sono tacitamente rinnovabili. La stipula di tali convenzioni è possibile con la sola Agenzia del territorio.
Con uno o più D.P.C.M. su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze - attraverso criteri definiti previa consultazione con le organizzazioni sindacali più rappresentative e tenuto conto delle indicazioni contenute nel protocollo d’intesa concluso tra l’Agenzia del territorio e l’ANCI - saranno determinati i requisiti e gli elementi necessari al convenzionamento ed al completo esercizio delle funzioni decentrate. Anche i livelli di qualità che i comuni devono assicurare nell’esercizio diretto, nonché i controlli e le conseguenti misure in caso di mancato raggiungimento dei predetti livelli saranno determinati con i suddetti D.P.C.M.
La disciplina fissata dai citati D.P.C.M. riguarderà, in particolare, le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, la determinazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie – tra cui una quota dei tributi speciali catastali – da trasferire agli enti locali, nonché i termini per le comunicazioni, da parte dei comuni o delle loro associazioni, dell’avvio della gestione delle funzioni catastali.
Il comma 198 rinvia ad un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche del Codice dell’amministrazione digitale[108], la predisposizione, entro il 1o settembre 2007, di specifiche modalità d’interscambio in grado di garantire l’accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale.
Le modalità d’interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l’unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell’ambito del sistema pubblico di connettività.
In base alla condizione posta nel comma 199, l’Agenzia del territorio è tenuta a salvaguardare il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all’utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso, su tutto il territorio nazionale, la circolazione e la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia deve inoltre fornire assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale. Si prevede che l’assegnazione di personale (dall’Agenzia ai comuni) possa avere luogo anche attraverso distacco.
Infine, in base al comma 200, l’Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, dovrà redigere annualmente una relazione sull’esito dell’attività esercitata, dandone informazione al Ministro dell’economia e delle finanze e alle competenti Commissioni parlamentari, per poter effettuare un costante controllo sull’andamento del processo di attuazione delle disposizioni in esame.
Articolo 1, commi 362-365
(Interventi sulla fiscalità energetica
per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento sul territorio di
infrastrutture energetiche)
362. Il maggiore gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto sui prezzi di carburanti e combustibili di origine petrolifera, in relazione ad aumenti del prezzo internazionale del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011, è destinato, nel limite di 100 milioni di euro annui, alla costituzione di un apposito Fondo da utilizzare a copertura di interventi di efficienza energetica e di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali.
363. Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico è istituito il Fondo di cui al comma 362 che, per il triennio 2007-2009, ha una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui.
364. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le condizioni, le modalità e i termini per l'utilizzo della dotazione del Fondo di cui al comma 362, da destinare al finanziamento di interventi di carattere sociale, da parte dei comuni, per la riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili a favore di clienti economicamente disagiati, anziani e disabili e, per una somma di 11 milioni di euro annui per il biennio 2008-2009, agli interventi di efficienza energetica di cui ai commi da 353 a 361.
365. Per dare efficace attuazione a quanto previsto al comma 364, sono stipulati accordi tra il Governo, le regioni e gli enti locali che garantiscano la individuazione o la creazione, ove non siano già esistenti, di strutture amministrative, almeno presso ciascun comune capoluogo di provincia, per la gestione degli interventi di cui al comma 364, i cui costi possono in parte essere coperti dalle risorse del Fondo di cui al comma 362.
I commi 362-365 contengono disposizioni in materia di fiscalità energetica per finalità sociali e per l’efficienza energetica.
In particolare il comma 362 destina ad un apposito Fondo, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera, dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto dal documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011. Il Fondo è destinato alla copertura di interventi di efficienza energetica e di riduzione dei costi della fornitura energetica per fini sociali.
Nella relazione governativa al disegno di legge finanziaria si segnalava che il citato documento di programmazione economica e finanziaria imposta le previsioni di gettito sulla base di un prezzo di 71 dollari per barile di petrolio greggio. Nella citata relazione si segnalava, inoltre, come la misura dalla presente disposizione (istituzione del Fondo presso il Ministero dello sviluppo economico) sia stata fortemente richiesta dai consumatori, che lamentano come in un periodo di prezzi dei prodotti petroliferi in crescita, la fiscalità generale tragga “vantaggio” dalla situazione per effetto dell’incidenza percentuale dell’imposta sul valore aggiunto sulla componente di prezzo costituita dal costo industriale (che ovviamente cresce al crescere de prezzi della materia prima sui mercati internazionali) comprensivo di accisa.
Il comma 363 precisa che il Fondo previsto dal precedente comma viene istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui riferita al triennio 2007-2009.
Ai sensi del comma 364 la definizione di condizioni, modalità e termini di utilizzo del suddetto fondo è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia, per la cui adozione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è fissato il termine ultimo di tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
Il fondo deve essere destinato:
§ per una quota pari a 11 milioni di euro annui per il biennio 2008-2009 agli interventi di efficienza energetica previsti dai commi 353-361. Si tratta dei contributi per gli interventi di efficienza energetica per apparecchi domestici (co. 353), per l'illuminazione (co. 354-356),per l'acquisto di apparecchi televisivi dotati di sintonizzatori digitali integrati (co. 357 e 361) e motori industriali ad alta efficienza di potenza elettrica (co. 358-360).
Si segnala che in base al comma 356, undici milioni di euro annui del fondo in esame dovrebbero essere destinati per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a coprire unicamente gli interventi previsti dai commi 354 e 355.
§ per la quota restante:
- a finanziare interventi di carattere sociale, da parte dei comuni, per la riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili a favore di clienti economicamente disagiati, anziani e disabili;
- per coprire i costi delle strutture amministrative da creare almeno presso ciascun comune capoluogo di provincia (cfr. comma successivo).
Il comma 365 prevede la stipula di accordi tra il Governo, le regioni e gli enti locali che garantiscano l’individuazione o la creazione, almeno in ciascun capoluogo di provincia – ove non si sia già provveduto – di strutture amministrative destinate alla gestione degli interventi previsti dal precedente comma 364. A parziale copertura dei costi di tali strutture si potrà ricorrere alle risorse del Fondo istituito dal comma 362.
439. Per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, il Ministro dell'interno e, per sua delega, i prefetti, possono stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali che prevedano la contribuzione logistica, strumentale o finanziaria delle stesse regioni e degli enti locali. Per le contribuzioni del presente comma non si applica l'articolo 1, comma 46, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Il comma 439 autorizza il ministro dell’interno e i prefetti, previa delega da parte del ministro, a stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali al fine di realizzare programmi straordinari per incrementare i servizi di polizia a tutela della sicurezza dei cittadini e i servizi di soccorso tecnico urgente. Quest’ultima finalizzazione risponde all’esigenza di assicurare, anche al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la possibilità di accedere alle eventuali risorse che le regioni e gli enti locali intendessero destinare ai cittadini nel loro territorio per gli scopi suindicati.
Tali convenzioni potranno avere ad oggetto il contributo logistico, strumentaleo finanziario delle stesse regioni e degli enti locali.
L’ultimo periodo del comma esclude le contribuzioni finanziarie in questione, provenienti dalle regioni o dagli enti locali in favore del Ministero dell’interno, dall’applicazione dell’art. 1, comma 46, della L. 266/2005 (finanziaria 2005), che stabilisce, per ciascuna amministrazione, un limite massimo all’ammontare delle riassegnazioni di entrate. Tale limite è fissato, a decorrere dal 2006, nell’importo complessivo delle riassegnazioni effettuate, per ciascuna amministrazione, nell’anno 2005.
Nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1) s’incontra più d’un riferimento al ruolo chiave nell’agevolare i processi di sviluppo, esercitato dagli interventi dello Stato volti a favorire l’efficace tutela dei diritti, la legalità e la sicurezza dei cittadini e delle imprese.
Tale concetto è particolarmente sottolineato nel capitolo V, dedicato a Sviluppo e competitività del Mezzogiorno e politica regionale, ove si osserva che “la precaria situazione della legalità e della sicurezza in molte regioni meridionali continua a costituire un grave ostacolo allo sviluppo economico e sociale”.
Premesso che “le condizioni di vita dei cittadini e l’accessibilità dei servizi condizionano la capacità di attrazione e il potenziale competitivo di un’area”, il documento conclude sul punto ribadendo l’indispensabilità di “azioni che, soprattutto in alcune regioni del Mezzogiorno, contrastino e prevengano i fenomeni criminali, ripristinando condizioni di adeguata sicurezza”. Tali azioni “andranno condotte con un forte impegno sulla qualità delle risorse umane coinvolte e con un legame alle iniziative territoriali, che è finora mancato”.
La definizione di intese e accordi in sede locale che consentano di mobilitare in modo integrato le risorse disponibili sul territorio e di finalizzarle al raggiungimento di obiettivi specifici è stata indicata dal Governo[109] tra le misure che consentono di conseguire il più razionale impiego delle risorse umane, logistiche e tecnologiche e dei mezzi delle forze di polizia nell'espletamento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica, senza incidere sull’efficienza e l’efficacia dei servizi resi dalle Forze di polizia.
Si tratta di un modello che il Governo sta già applicando per alcune delle grandi emergenze criminali, dalla Calabria fino a Napoli, e sul quale si ripone massima fiducia al fine di consentire il mantenimento, e dove necessario l'innalzamento, dei livelli di sicurezza della collettività pur nel rispetto dei limiti posti alla spesa pubblica.
Articolo 1, commi 597-599
(Contenimento delle spese di
rappresentanza all’estero di enti locali)
597. Fatti salvi gli uffici di rappresentanza delle associazioni nazionali degli enti locali presso gli organi dell'Unione europea, non è consentito a comuni e province, anche in forma associata, acquistare o gestire sedi di rappresentanza in Paesi esteri, o l'istituzione di uffici o di strutture comunque denominate per la promozione economica, commerciale, turistica.
598. È fatto altresì divieto a comuni e province di coprire, con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato, le spese sostenute, anche in forma associata, nell'ambito delle fattispecie di cui al comma 596.
599. Qualora gli enti locali sostengano, anche in forma associata, spese ricadenti nelle fattispecie di cui al comma 596, una cifra pari alle spese da ciascun ente sostenute nell'anno viene detratta dai fondi a qualsiasi titolo complessivamente trasferiti a quell'ente dallo Stato nel medesimo anno.
Icommi sono intesi a contrastare e a sanzionare le spese che gli enti locali sostengono per l’istituzione ed il mantenimento all’estero di proprie sedi di rappresentanza, o di uffici e strutture per la promozione economica, commerciale e turistica.
I commi 597-599 recano un divieto per i comuni e le province di acquistare o gestire, da soli o in forma associata, sedi di rappresentanza in paesi esteri o di istituire uffici o strutture comunque denominate per la promozione economica, commerciale o turistica. La norma fa salvi gli uffici di rappresentanza delle associazioni nazionali degli enti locali presso gli organi dell’Unione europea. Gli enti locali, inoltre, per le spese sostenute per le sedi suddette non possono utilizzare fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato (comma 598).
E’ inoltre prevista una sanzione per gli enti che violano il divieto di cui al comma 597: dai trasferimenti ad essi spettanti a qualsiasi titolo viene detratta (e trattenuta allo Stato) una somma pari alle spese che essi hanno sostenuto nell’anno per l’acquisizione e il mantenimento di quelle sedi ed uffici.
E’ da ritenere che il divieto e la sanzione siano applicabili dall’entrata in vigore della legge anche per sedi ed uffici già esistenti, o per i quali siano già state assunte le deliberazioni istitutive.
Articolo 1, comma 700
(Gestione del demanio idrico dei comuni
montani)
700. Sono abrogati i commi 38, 39, 40 e 41 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Il comma 700 dispone l’abrogazione dei commi 38, 39, 40 e 41 dell’art. 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004), che avevano attribuito alle province montane le competenze e l’introito dei proventi relativi alla gestione del demanio idrico. La finalità di tale disposizione consiste quindi nel riportare in capo alle regioni la gestione del demanio idrico.
Si ricorda, infatti, che il citato comma 38 prevedeva, nel caso di province composte per almeno il 95% da comuni montani, il trasferimento da parte delle regioni alle medesime province delle funzioni di gestione del demanio idrico e, conseguentemente, attribuiva alle stesse province i proventi dei canoni ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico (introitati dalle regioni, ai sensi dell’art. 86, comma 2, del D.Lgs. n. 112/1998). Si trattava, in sostanza, di un ulteriore trasferimento di risorse dalle regioni alle province maggiormente dotate della risorsa acqua in quanto costituite prevalentemente da territori montani. I successivi commi 39-41 disponevano rispettivamente: un contributo a favore delle Regioni a copertura dell'onere aggiuntivo a carico delle medesime; le modalità per la ripartizione di tale contributo tra le regioni interessate e la possibilità per queste ultime di riconoscere alle province di cui al comma 38 condizioni speciali di autonomia nella gestione delle risorse del territorio montano.
Da ultimo, si ricorda che le province interessate dalle citate abrogazioni, in quanto interamente montane, sono tre (Sondrio, Belluno e Verbano Cusio Ossola) e che solo le regioni Veneto e Piemonte avevano provveduto ad ottemperare alle disposizioni della legge n. 350 del 2003, mentre la regione Lombardia aveva trasferito alla provincia di Sondrio unicamente le risorse finanziarie, ma non le relative funzioni.
Articolo 1, comma 713
(Utilizzo dei proventi derivanti dalle
concessioni edilizie e dalle relative sanzioni)
713. Per l'anno 2007, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere utilizzati per una quota non superiore al 50 per cento per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale.
Il comma 713 consente i seguenti utilizzi, per l’anno 2007, dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico in materia edilizia):
§ per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti;
§ per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale.
La norma in commento - eccezion fatta per la previsione di una quota relativa al finanziamento di spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale - ripropone per il 2007 quanto disposto per il 2006 dall’art. 1, comma 43, della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311). Tale ultima disposizione aveva tuttavia stabilito il limite massimo del 75 per cento per l’anno 2005 e del 50 per cento per l’anno 2006.
Si ricorda, inoltre, che nella vigente normativa, recata dal citato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è stato eliminato (attraverso l’abrogazione dell’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) qualsiasi vincolo di destinazione sui proventi in questione.
Si segnala, infine, che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di permesso di costruire. Ciò non ha peraltro comportato l’eliminazione del contributo da corrispondere per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Articolo 1, comma 829
(Disposizioni in materia di lotta al randagismo)
829. All'articolo 4 della legge 14 agosto 1991, n. 281, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite incruenti attraverso la sterilizzazione. A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6. I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6».
La disposizione sostituisce il comma 1 dell’articolo 4 della legge 14 agosto 1991 n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) ed affida alla competenza dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane la realizzazione di piani di controllo delle nascite degli animali di affezione, mediante interventi di sterilizzazione.
A seguito della riformulazione del citato comma 1 dell’articolo 4, è destinata all’attuazione dei suddetti piani una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all’articolo 3, comma 6, della stessa legge n. 281 del 1991.
I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e alla costruzione di rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui al predetto articolo 3, comma 6.
Il testo originario del comma 1 del citato articolo 4 della legge n. 281 del 1991 prevedeva unicamente la competenza dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane relativamente agli interventi di risanamento dei canili comunali esistenti e alla costruzione di rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge regionale e avvalendosi dei contributi all’uopo destinati dalle regioni.
Ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della citata legge n. 281 del 1991, per la realizzazione degli interventi regionali relativi alla prevenzione del randagismo, le regioni medesime si possono avvalere di una somma non superiore al 25 per cento dei fondi assegnati con apposito decreto ministeriale. La restante somma deve essere devoluta dalle stesse regioni agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di rispettiva competenza.
La legge n. 281 del 1991 demanda alle regioni, oltre all’istituzione dell’anagrafe canina (articolo 3, comma 1), anche la definizione dei criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani (articolo 3, comma 2). Alle regioni spetta, altresì, la predisposizione di un programma di prevenzione del randagismo che prevede specifici interventi, quali:
- iniziative di informazione da svolgere, anche in ambito scolastico, al fine di conseguire il rispetto della vita animale e la difesa del suo habitat;
- corsi di aggiornamento o formazione per il personale addetto ai servizi veterinari e agli altri interventi previsti dalla legge nonché per le guardie zoofile volontarie (articolo 3, commi 3 e 4)[110].
Per il finanziamento degli interventi previsti dalla citata legge n. 281 del 1991, la legge 2 dicembre 1998, n. 434 (Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo), ha autorizzato la spesa di 2,6 miliardi di lire annue a decorrere dall’anno 1999. A decorrere dal 1° gennaio 2000, il finanziamento della legge n. 434 del 1998 è stato inserito nella Tabella C della legge finanziaria stessa (5.1.2.3 prevenzione del randagismo – cap. 5340); le leggi finanziarie per il 2005 ed il 2006 indicano, rispettivamente, uno stanziamento di 4,336 e 4,018 milioni di euro.
Per l’anno finanziario 2007, nella Tabella C allegata alla legge finanziaria, lo stanziamento previsto è pari 4,986 milioni di euro.
892. Al fine di estendere e sostenere in tutto il territorio nazionale la realizzazione di progetti per la società dell'informazione, è autorizzata una spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Con decreto di natura non regolamentare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali per gli interventi relativi alle regioni e agli enti locali, individua le azioni da realizzare sul territorio nazionale, le aree destinatarie della sperimentazione e le modalità operative e di gestione di tali progetti.
893. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un apposito fondo, denominato «Fondo per il sostegno agli investimenti per l'innovazione negli enti locali», con una dotazione finanziaria pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Fondo finanzia progetti degli enti locali relativi agli interventi di digitalizzazione dell'attività amministrativa, in particolare per quanto riguarda i procedimenti di diretto interesse dei cittadini e delle imprese.
894. Con successivo decreto dei Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, previo parere della Commissione permanente per l'innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali di cui all'articolo 14, comma 3-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, vengono stabiliti i criteri di distribuzione ed erogazione del Fondo di cui al comma 893.
895. Nella valutazione dei progetti da finanziare, di cui al comma 892, è data priorità a quelli che utilizzano o sviluppano applicazioni software a codice aperto. I codici sorgente, gli eseguibili e la documentazione dei software sviluppati sono mantenuti in un ambiente di sviluppo cooperativo, situato in un web individuato dal Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione al fine di poter essere visibili e riutilizzabili.
I commi 892-895 dispongono finanziamenti per la realizzazione di progetti per la società dell’informazione, con la previsione di investimenti specifici negli enti locali e di procedure concertate con gli organismi consultivi degli enti territoriali per la loro erogazione.
Il comma 892 autorizza uno stanziamento annuale di 10 milioni di euro per il triennio 2007-2009 finalizzato alla realizzazione di progetti per la società dell'informazione.
L’attuazione degli interventi è demandata ad un decreto di natura non regolamentare del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da emanarsi entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con il quale saranno individuate:
§ le azioni da realizzare;
§ le aree destinatarie della sperimentazione;
§ le modalità operative e di gestione dei progetti.
Nella procedura di emanazione del decreto di attuazione degli interventi, con riferimento agli interventi che interessano le Regioni e gli enti locali, è previsto il concerto del ministro per gli affari regionali e le autonomie locali.
Il comma 893 istituisce presso la Presidenza del Consiglio un Fondo per il sostegno agli investimenti per l’innovazione negli enti locali, con una dotazione finanziaria annuale di 15 milioni di euro per il triennio 2007-2009.
Il Fondo è destinato a finanziare gli interventi di digitalizzazione dell’attività amministrativa che gli enti locali intendono realizzare, con particolare riferimento ai procedimenti amministrativi che coinvolgono direttamente cittadini e imprese.
I criteri di distribuzione e di erogazione del Fondo sono stabiliti, ai sensi del comma 894, con un decreto dei Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e per gli affari regionali e le autonomie locali, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni, Città e Autonomie locali e dopo aver acquisito il parere della Commissione permanente per l’innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali.
Tra i principi generali sanciti dal Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005[111]) si ricorda quello (art. 14) secondo cui lo Stato, le regioni e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso la Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare un processo di digitalizzazione dell'azione amministrativa coordinato e condiviso. Lo Stato a tal fine istituisce organismi di cooperazione con le regioni e le autonomie locali, promuove intese ed accordi tematici e territoriali, favorisce la collaborazione interregionale, incentiva la realizzazione di progetti a livello locale, in particolare mediante il trasferimento delle soluzioni tecniche ed organizzative, previene il divario tecnologico tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale.
La Commissione per l’innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali, prevista dall’art. 14. co. 3-bis, del Codice, è stata istituita con deliberazione della Conferenza unificata del 14 settembre 2006. La Commissione esercita le funzioni istruttorie e consultive a supporto della Conferenza unificata in ordine alle politiche riguardanti l’innovazione tecnologica di Regioni ed Enti locali. Nella Commissione, presieduta dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sono presenti rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali, oltre che dei ministri per gli affari regionali e le autonomie locali, delle riforme e innovazione nella pubblica amministrazione, dell’interno, delle comunicazioni, della salute, dell’economia e finanze, e dello sviluppo economico. Il compito specifico della Commissione, che si è insediata il 10 ottobre 2006, è di concertare le priorità e gli indirizzi del processo di innovazione tecnologica, individuando gli standard minimi e i livelli essenziali nel quadro condiviso del processo di informatizzazione.
Il comma 895 stabilisce che nella valutazione dei progetti per la società dell’informazione finanziati ai sensi del comma 892 si dovrà dare prioritaria attenzione a quelli che utilizzano o sviluppano applicazioni software a codice aperto.
Per rendere visibili e riutilizzabili tali software, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione individuerà un sito web dove mantenere i codici sorgente, gli eseguibili e l’altra documentazione dei software.
Per programmi a codice sorgente aperto o open source si intendono le applicazioni informatiche il cui codice sorgente può essere liberamente studiato, copiato, modificato e ridistribuito[112].
Esse si differenziano dai programmi a licenza d'uso, o pacchetti, che vengono ceduti in uso (e non in proprietà) dal fornitore al cliente. Una ulteriore categoria è costituita dai programmi basati su tecnologia di tipo proprietario, ceduti in uso dietro pagamento di una licenza, che garantisce solo la fornitura del codice eseguibile e non del codice sorgente.
Le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 68 del Codice dell’amministrazione digitale, acquisiscono programmi informatici, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le soluzioni disponibili sul mercato:
- sviluppo di programmi informatici per conto e a spese dell'amministrazione sulla scorta dei requisiti indicati dalla stessa amministrazione committente;
- riuso di programmi informatici sviluppati per conto e a spese della medesima o di altre amministrazioni;
- acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso;
- acquisizione di programmi informatici a codice sorgente aperto;
- acquisizione mediante combinazione delle modalità di cui sopra.
La possibilità di acquisizione ed utilizzo di programmi informatici open source viene sancita con la Direttiva del Ministro per l'innovazione e le tecnologie del 19 dicembre 2003.
Il CNIPA, in attuazione della direttiva ha costituito l'Osservatorio Open Source.
1108. Al fine di realizzare rilevanti risparmi di spesa ed una più efficace utilizzazione delle risorse finanziarie destinate alla gestione dei rifiuti solidi urbani, la regione, previa diffida, provvede tramite un commissario ad acta a garantire il governo della gestione dei rifiuti a livello di ambito territoriale ottimale con riferimento a quegli ambiti territoriali ottimali all'interno dei quali non sia assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime:
a) almeno il quaranta per cento entro il 31 dicembre 2007;
b) almeno il cinquanta per cento entro il 31 dicembre 2009;
c) almeno il sessanta per cento entro il 31 dicembre 2011.
1109. Per gli anni successivi al 2011, la percentuale minima di raccolta differenziata da assicurare per i fini di cui al comma 1108 è stabilita con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in vista di una progressiva riduzione della quantità di rifiuti inviati in discarica e nella prospettiva di rendere concretamente realizzabile l'obiettivo «Rifiuti zero».
Il comma 1108 fissa i seguenti obiettivi minimi di raccolta differenziata da raggiungere negli ambiti territoriali ottimali (ATO):
§ 40% entro il 31 dicembre 2007;
§ 50% entro il 31 dicembre 2009;
§ 60% entro il 31 dicembre 2011.
Le percentuali e le scadenze indicate rappresentano obiettivi intermedi rispetto a quelli contemplati dall’art. 205 del decreto legislativo n. 152/2006.
Tale articolo, infatti, prevede che in ogni ATO sia assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:
a) almeno il 35% entro il 31 dicembre 2006;
b) almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008;
c) almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012.
Al fine di realizzare rilevanti risparmi di spesa ed una più efficace utilizzazione delle risorse finanziarie destinate alla gestione dei rifiuti solidi urbani, la disposizione prevede che negli ATO in cui tali obiettivi non sono raggiunti, la Regione, previa diffida, provveda tramite un commissario ad acta a garantire il governo della gestione dei rifiuti a livello di ambito territoriale ottimale.
Il comma 1109 dispone che la percentuale minima di raccolta differenziata per gli anni successivi al 2011, da assicurare per i fini di cui al precedente comma è stabilita con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-Regioni.
Viene altresì specificato che tale percentuale dovrà essere fissata in vista di una progressiva riduzione della quantità di rifiuti inviati in discarica e nella prospettiva di rendere concretamente realizzabile l’obiettivo "Rifiuti zero" (rispetto al contenuto del quale, peraltro, sarebbe stato opportuno un chiarimento).
Il comma in esame riprende, nella sostanza, le disposizioni recate dall’AS 1021 (di iniziativa dei senatori Sodano ed altri, il cui esame non è ancora iniziato presso la competente Commissione), aventi l’obiettivo di conferire “effettiva vincolatività agli obiettivi percentuali già stabiliti da norme vigenti (articolo 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) al fine di responsabilizzare al massimo gli amministratori locali e di sollecitare il loro convinto impegno sul fronte della realizzazione di un efficiente sistema di raccolta differenziata”[113].
L’articolo 205 del decreto legislativo n. 152 prevede, al comma 3, che “nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni”.
Articolo
1, commi 1285-1286
(Reddito minimo di inserimento)
1285. All'articolo 80, comma 1, alinea, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «30 aprile 2006» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2007».
1286. Le somme non spese da parte dei comuni entro il 30 giugno 2007 devono essere versate dai medesimi all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Il comma 1285interviene sull’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001)[114], disponendo una nuova proroga, dal 30 aprile 2006 al 30 giugno 2007, dell’utilizzo delle risorse, relative agli anni 2001 e 2002, finalizzate alla prosecuzione della sperimentazione del reddito minimo di inserimento.
Ai sensi del comma 1286, le somme non spese dai comuni entro la suddetta data (30 giugno 2007) devono essere comunque versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere poi riassegnate al Fondo nazionale per le politiche sociali[115].
L’istituto del reddito minimo di inserimento è stato introdotto, in via sperimentale, dalla legge 449/1997 (articolo 59, comma 47), a valere sul Fondo per le politiche sociali, istituito dalla medesima legge. La stessa legge reca una delega per la definizione delle modalità di attuazione dell’istituto, esercitata con il decreto legislativo 18 giungo 1998, n. 237[116].
L’istituto riguarda i soggetti “privi di reddito ovvero con un reddito che, tenuto conto di qualsiasi emolumento a qualunque titolo percepito e da chiunque erogato, non sia superiore alla soglia di povertà stabilita in Lire 500.000 mensili per una persona che vive sola. In presenza di un nucleo familiare composto da due o più persone, tale soglia di reddito è determinata sulla base della scala di equivalenza allegata al decreto legislativo”.
Si ricorda che l’istituto del reddito minimo di inserimento è stato sostituito, di fatto, dal c.d. “reddito di ultima istanza”, prospettato nell’ambito del Patto per l’Italia e disciplinato dallalegge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350)[117];in base a tale norma, lo Stato concorre, insieme alle regioni, al finanziamento del reddito di ultima istanza, la cui istituzione rientra nell’ambito della discrezionalità delle regioni. Si tratta di un beneficio economico collegato ai programmi di reinserimento sociale e destinato, secondo la definizione di cui alla citata legge n. 350 del 2003, alle famiglie:
- a rischio di esclusione sociale;
- e i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro.
Su quest’ultima disposizione, è peraltro intervenuta la Corte Costituzionale che, con sentenza 16 dicembre 2004, n. 423[118], ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in quanto essa risulta riferita ad interventi di natura assistenziale, rientranti perciò nella competenza esclusiva regionale.
[1] L’articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992 prevede che dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detraggano, fino a concorrenza del suo ammontare, lire 200.000 rapportate al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente.
E’ altresì stabilito che, a decorrere dall’anno di imposta 1997, con la deliberazione comunale da adottarsi entro il 31 ottobre di ogni anno, l’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo possa essere ridotta fino al 50 per cento; in alternativa, l’importo di lire 200.000, di cui al comma 2 del presente articolo, può essere elevato, fino a lire 500.000, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. La predetta facoltà può essere esercitata anche limitatamente alle categorie di soggetti in situazioni di particolare disagio economico-sociale, individuate con deliberazione del competente organo comunale.
[2] Schema di decreto (atto n. 38) emanato in attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 3 della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004), presentato alla Camera il 2 novembre 2006 e sul quale è stato espresso parere favorevole con osservazioni, dalla VI Commissione Finanze in data 13 dicembre 2006.
[3] La disposizione richiama anche l’articolo 117, comma secondo, lettera r), della Costituzione che affida alla competenza legislativa esclusiva dello Stato il coordinamento informativo, statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale.
[4] Tale dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi purché non si verifichino modificazioni dei dati e degli elementi dichiarati: in sostanza la dichiarazione viene presentata solo in occasione dell’acquisto di immobili.
[5] Recante “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”.
[6] La norma richiama la legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante “Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità” e la legge 31 maggio 1965, n. 575, recante “Disposizioni contro la mafia”.
[7] La TARSU è disciplinata dal D.Lgs. n. 507 del 1993 (Capo III, articoli 58-81), e successive modificazioni. La tassa è dovuta per il servizio di smaltimento, raccolta, cernita, trasporto, trattamento, ammasso, deposito e discarica sul suolo e nel suolo dei rifiuti solidi urbani interni, e dei rifiuti ad essi equiparati, effettuato nell'ambito di tutto il territorio comunale. Il soggetto passivo obbligato alla corresponsione della tassa è colui che occupa oppure detiene i locali o le aree scoperte interessate al tributo.
[8] Il secondo e terzo periodo del comma 3 del citato articolo 70 sono stati introdotti dall’articolo 1, comma 340, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
[9] Secondo Confindustria, invece, è estremamente preoccupante il ritorno alla norma che perpetua il regime di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani con le modalità scelte dai Comuni, in quanto i nuovi criteri di assimilazione fissati dal D.Lgs. 152 hanno portato chiarezza in un settore in cui ogni Comune agiva, invece, con totale discrezionalità.
[10] Si ricorda che la deliberazione 27 luglio 1984 prevedeva una classificazione delle discariche in categorie (di I categoria per rifiuti solidi urbani, rifiuti speciali assimilati agli urbani, fanghi non tossici e nocivi; di II categoria suddivise, a loro volta, in discariche di Tipo A per i soli rifiuti inerti e di Tipo B (per rifiuti sia speciali che tossici e nocivi, tal quali o trattati, a condizione che non contengano – in determinate concentrazioni - sostanze appartenenti ai gruppi 9-20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al D.P.R. n. 915/1982 e di III categoria per rifiuti tossici e nocivi contenenti sostanze appartenenti ai gruppi 9, 20 e 24, 25, 27, 28 di cui all'allegato al D.P.R. n. 915/ anche in concentrazioni superiori a una determinata soglia fissata dalle stesse norme). Tale delibera contiene, inoltre, condizioni e limiti di accettabilità per lo smaltimento in discarica dei rifiuti.
[11] Il comma 6 alla lettera a) prevede l’abrogazione del paragrafo 4.2 e delle parti attinenti allo stoccaggio definitivo dei paragrafi 5 e 6 della citata Delib. 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale; mentre ai fini di cui al comma 2, restano validi fino al 16 luglio 2005 i valori limite e le condizioni di ammissibilità previsti dalla deliberazione.
[12] Cosiddetto fluff, residuo del processo di frantumazione del veicolo a fine vita che separa il materiale ferroso destinato al riciclo, che ha un elevato potere calorifico.
[13] “Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale”.
[14] La compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita, per i comuni, dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003). La medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.
[15] Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.
In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro per il 2004, di cui 227 milioni di euro a valere sul Fondo ordinario, 68 sul Fondo consolidato e 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo.
[16] A tal fine, le risorse che vengono considerate sono quelle costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I. parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica.
[17] La voce esposta nell’allegato 1 si riferisce all’articolo 64 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001), che prevedeva, a decorrere dal 2001, che il minor gettito ICI derivante dalla autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D fosse compensato con un corrispondente aumento dei trasferimenti erariali. A partire dall’anno 2001, il Fondo ordinario per gli enti locali è stato pertanto incrementato di 12,9 milioni di euro.
Successivamente, si è
provveduto ad integrare tale importo attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di
spesa” della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) di 97,9 milioni
di euro per il 2004 (riferito per 71,1 milioni di euro al triennio 2001-2003 e
per 26,1 milioni di euro al 2004) e di 26,1 milioni di euro a decorrere dal
L’importo di 248,6 milioni di euro per il 2007 e di 44,4 milioni a decorrere dal 2008, autorizzato dall’Allegato 1 della legge finanziaria per il 2007 in esame si aggiunge, pertanto, all’integrazione già disposta dalle precedenti leggi finanziarie, per compensare i minori introiti dell’ICI.
[18] Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
[19] Il suddetto decreto non si applica agli enti locali per i quali sia prevista una differente disciplina. In particolare, il comma 3 ne esclude espressamente l’applicazione nei confronti degli enti locali cui si applicano le disposizioni di cui all’art. 47, comma 1, della legge n. 449 del 1997, e all’art. 66, comma 1, della legge n. 388 del 2000, che subordinano i pagamenti a carico del bilancio dello Stato in favore degli enti locali al raggiungimento di determinati limiti di giacenza delle disponibilità liquide nei conti di tesoreria degli enti medesimi.
Nei confronti di tali enti, infatti, l’art. 47, comma 1, della legge n. 449 del 1997 ha abrogato espressamente le norme che stabiliscono scadenze predeterminate per i pagamenti a carico del bilancio dello Stato: tali enti ricevono l’accreditamento dei contributi erariali non più attraverso rate a scadenza fissa ma soltanto dopo che sia stato accertato che le loro disponibilità liquide sulle contabilità speciali di tesoreria sono scese al di sotto del limite stabilito annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Fino al 31 dicembre 2000, la citata disposizione – secondo quanto in essa espressamente previsto – si è applicata alle province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e ai comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti. A partire dal 2001, l’applicazione è stata estesa dall’articolo 66, comma 1, della legge n. 388 del 2000 a tutte le province e ai comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti.
[20] Ai sensi dell’articolo 189 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali, costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine dell’esercizio.
Sono mantenute tra i residui dell’esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l’ente locale creditore della correlativa entrata. Alla chiusura dell’esercizio costituiscono residui attivi anche le somme derivanti da mutui per i quali è intervenuta la concessione definitiva da parte della Cassa depositi e prestiti o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del contratto per i mutui concessi da altri Istituti di credito.
[21] La Commissione, istituita ai sensi dell’articolo 155 del T.U., costituisce organo consultivo del Ministero dell’interno in materia di enti dissestati e strutturalmente deficitari per quanto concerne le dotazioni organiche, i provvedimenti di assunzione di personale e le procedure di risanamento dello stato di dissesto.
La composizione e le competenze della Commissione sono disciplinate dal D.P.R. 13 settembre 1999, n. 420, successivamente modificato dal D.P.R. 18 agosto 2000, n. 273.
[22] I decreti legislativi emanati in attuazione della delega contenuta nella legge 59/1997 sono i seguenti: D.Lgs. 143/1997 in materia di agricoltura; D.Lgs. 422/1997 in materia di trasporto pubblico locale, D.Lgs. 469/1997 in materia di mercato del lavoro e 112/1998 di conferimento generale di funzioni e compiti amministrativi a regioni ed enti locali.
[23] Sono complessivamente 50 comuni, il cui territorio è compreso in 5 province (Sondrio, Brescia, Verona, Vicenza, Belluno).
[24] “Determinazione dei moltiplicatori da applicare, a partire dal 1992, alle rendite catastali dei fabbricati e dei terreni per stabilire il valore minimo da dichiarare ai fini dell'imposta di registro, dell'imposta sulle successioni e donazioni, e delle connesse imposte ipotecarie e catastali, e dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili”.
[25] Per il 2005 i coefficienti sono fissati dal decreto 22 febbraio 2005.
[26] Un tentativo di riforma del sistema dei trasferimenti è stato effettuato con il D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244, in concomitanza con l’ampliamento dell’autonomia tributaria degli enti locali disposto dal D.Lgs. n. 446/1997. Tale decreto, tuttavia, non è mai divenuto operativo. La sua operatività è stata definitivamente sospesa dall’articolo 27, comma 1, della legge n. 448/2001.
Le disposizioni di delega adottate durante la XIII legislatura, con l’obiettivo di una revisione del sistema dei trasferimenti agli enti locali in funzione delle nuove esigenze di perequazione connesse all’aumento dell’autonomia impositiva e alla capacità fiscale degli enti locali realizzata nell’ultimo decennio, non hanno ricevuto attuazione.
In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992.
[27] Con la legge 25 novembre 1964, n. 1280 (Provvidenze per il Comune di Roma) è stata autorizzata, a decorrere dall’anno 1964, la concessione di un contributo annuo di 5 miliardi di lire in favore del comune di Roma, quale sostegno dello Stato agli oneri finanziari che il comune sostiene quale sede della Capitale.
Tale contributo è stato nel tempo rideterminato, in 10 miliardi di lire dall’art. 1 della legge n. 99/1969, in 19 miliardi dall’art. 1 della legge n. 686/1974, in 25 miliardi di lire dall'art. 35, comma 17, della legge n. 730/1983 e poi ulteriormente elevato, a decorrere dall'anno finanziario 1986, a 35 miliardi di lire dall’art. 32, comma 26, della legge n. 41/1986. Da ultimo, il contributo è stato elevato di ulteriori 200 miliardi di lire a decorrere dal 1999, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della legge n. 494/1999. Dal 1999, pertanto, il contributo è pari a 121,4 milioni di euro.
[28] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17/2007,
[29] Il patto di stabilità per gli anni 1999 e 2000 prevedeva il contributo della finanza regionale e locale al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per quegli anni attraverso l’obiettivo primario di riduzione del disavanzo degli enti territoriali, per un importo complessivo pari ad almeno 0,1 punti percentuali del prodotto interno lordo. L’obiettivo di riduzione del disavanzo era espresso in termini aggregati con riferimento all’intero comparto degli enti territoriali (regioni a statuto ordinario e province autonome, province e comuni) ed era calcolato come correzione dei saldi rispetto all’andamento tendenziale. Soltanto le successive circolari ministeriali determinarono il risparmio atteso da ciascuna componente del comparto e le modalità tecniche con le quali l’obiettivo si sarebbe tradotto in vincoli posti alla formazione del bilancio di ciascuno degli enti tenuti alla sua osservanza.
[30] In base al principio della competenza economica, adottato dal sistema europeo dei conti (SEC95), i flussi sono registrati nel sistema dei conti allorché un valore economico è creato, trasformato o eliminato o allorché crediti e obbligazioni insorgono, sono trasformati o vengono estinti. Il criterio della competenza economica non coincide dunque né con il criterio della competenza (giuridica) né con il criterio della cassa adottati nei bilanci a livello nazionale.
[31] Si segnala che al fine di facilitare il calcolo del concorso alla manovra e la determinazione degli obiettivi programmatici di ciascun ente, il Ministero dell’economia e delle finanze ha ritenuto opportuno predisporre un’applicazione informatica che calcola automaticamente gli obiettivi programmatici per il 2007, 2008 e 2009 di ciascun ente soggetto al patto. Gli enti che desidereranno avvalersi di detta procedura, potranno collegarsi al sito web dedicato al Patto di stabilità interno “www.pattostabilita.rgs.tesoro.it”. L’applicazione calcolerà, evidenziandone le modalità, sia l’entità del contributo annuo alla manovra di ciascun ente che gli obiettivi programmatici di cassa e di competenza (per ulteriori dettagli si veda l’allegato B/07 alla circolare del Ministero dell’economia 22 febbraio 2007, n. 12).
[32] La circolare n. 12/2007 precisa che per i
comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 20.000 abitanti che, a partire dal
2007, sono soggetti per la prima volta al
[33] Si ricorda che in base alla normativa precedente, gli enti locali inadempienti alle regole del patto di stabilità interno erano soggetti alle seguenti misure:
a) divieto di effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell'ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, nell’ipotesi in cui l’ente sia risultato sempre inadempiente, obbligo di ridurre le spese per l’acquisto di beni e servizi almeno del 10%, rispetto alla corrispondente spesa effettuata nel penultimo anno precedente.
b) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
c) divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare investimenti (con riferimento sia ad operazioni di emissione di titolo di debito, sia di mutuo, prestito o anticipazione).
A decorrere dal 2006, inoltre, era previsto che tutti gli enti territoriali soggetti alle regole del patto di stabilità, al fine di reperire, attraverso mutui e prestiti obbligazionari, risorse per il finanziamento degli investimenti, fossero tenuti a produrre agli enti creditizi una attestazione circa il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente (comma 35, legge n. 311/2004).
[34] Per questa ipotesi di potere sostitutivo il primo comma di quell’articolo recita: 8. Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.
1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
[35] L'addizionale comunale all’IRPEFè stata istituita dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998. L’aliquota dell’addizionale è distinta in due parti, la prima delle quali è rappresentata da un’aliquota di compartecipazione, fissata annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione delle aliquote erariali di IRPEF. Tale aliquota, peraltro, non ha finora ricevuto attuazione.
La seconda parte consiste, invece, in un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. In particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 360/1998, l’ente locale poteva deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell’aliquota non poteva, in ogni caso, essere superiore allo 0,5%. La disciplina introdotta dai commi 142-144 della legge finanziaria in esame pone il limite massimo allo 0,8%.
[36] L’articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997 ha consentito alle province di istituire, a decorrere dal 1° gennaio 1999, un’imposta provinciale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico, destinata a sostituire l'imposta erariale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico (IET) e l'addizionale provinciale alla suddetta imposta (APIET).
Le tariffe, determinate con decreto ministeriale n. 435 del 1998, possono essere aumentate dalle province fino al 20%. L’IPT viene applicata in misura fissa (150,81 euro + eventuale maggiorazione provinciale) per gli atti di vendita soggetti ad IVA qualunque sia la potenza del veicolo e per gli atti di vendita relativi a veicoli con potenza inferiore a 53 Kilowatt. L’IPT viene, invece, applicata in misura proporzionale per gli atti di vendita non soggetti ad IVA (ad esempio compravendita fra privati) relativi a veicoli con potenza superiore a 53 Kilowatt (es. per autovetture e autoveicoli 3,51 euro per ogni Kw + eventuale maggiorazione provinciale).
[37] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17/2007
[38] Si tratta di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale (articolo 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000).
[39] Queste disposizioni si applicano, inoltre, ai consorzi ai quali partecipano enti locali, e alle aziende e organismi i cui rendiconti devono essere allegati al bilancio di previsione dell’ente locale, quali le aziende speciali e le istituzioni. Sono invece escluse dall’applicazione di questa disciplina le società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici, in quanto la loro gestione economica e finanziaria è regolata dalle norme di diritto privato.
[40] Per le regioni e le province autonome, per gli enti ed organismi da esse dipendenti, nonché per gli enti locali e gli altri enti ed organismi individuati nel comma 16 che hanno sede nel territorio delle regioni e delle province autonome le disposizioni in esame trovano applicazione sulla base delle esigenze di tutela dell’unità economica della Repubblica e in quanto espressione di princìpi generali del coordinamento della finanza pubblica.
[41] L’individuazione si fonda sulle regole di contabilità nazionale fissate dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali della Comunità (SEC 95), in rapporto alle quali vengono determinati i valori di deficit e di debito pubblico rilevanti ai fini delle disposizioni sui disavanzi eccessivi previste nel Trattato CE e nel Patto di stabilità e crescita.
[42] A tal fine vengono indicate due caratteristiche atte a individuare le operazioni in esame:
1) operazioni finalizzate a superare una momentanea carenza di liquidità; in tal caso l’elemento qualificante pare doversi individuare nella brevità del termine entro cui saranno restituite le risorse acquisite con l’operazione di finanziamento;
2) operazioni che permettono di effettuare spese per le quali è in ogni caso prevista in bilancio un’adeguata copertura finanziaria. Il profilo decisivo qui pare essere dato dalla certezza di risorse stanziate in bilancio o comunque affluenti al bilancio dell’ente e destinate a far fronte alla spesa per la quale viene assunto il finanziamento. Quest’ultimo, pertanto, si configura come una mera anticipazione.
[43] D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 recante Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.
[44] Si tratta per esempio di alloggi, case cantoniere, terreni, capannoni, porzioni di tratte ferroviarie dismesse, ecc.
[45] D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 recante Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.
[46] Il comma 23 faceva riferimento alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi del quale “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
[47] Esclusione prevista dall’art. 34-ter delD.L. 4 luglio 2006, n. 223 (legge n. 248/2006).
[48] La comunicazione deve essere inviata altresì all'Agenzia del territorio, che provvede alla verifica della congruità dei valori degli immobili acquisiti, segnalando gli scostamenti rilevanti agli organi competenti per le eventuali responsabilità.
[49] Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).
[50] Una disciplina ad hoc relativa alla possibilità di procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009, per gli enti di ricerca pubblici, è invece prevista al comma 643 della legge in esame (cfr. la relativa scheda).
[51] Vedi sopra nel commento all’articolo 16 della legge.
[52] D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465, Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, a norma dell'articolo 17, comma 78, della L. 15 maggio 1997, n. 127.
[53] D.P.R. 28 aprile 2006, Autorizzazione ad assumere personale nelle pubbliche amministrazioni nell'anno 2006, a norma dell'articolo 1, commi 95, 96 e 97 della L. 30 dicembre 2004, n. 311 e dell'articolo 1, comma 246 della L. 23 dicembre 2005, n. 266. Pubblicato nella G.U. 22 maggio 2006, n. 117.
[54] Tali esigenze sono individuate dall'art. 98, co. 2, del D.Lgs. 267/2000 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), che stabilisce che il numero complessivo degli iscritti all’albo dei segretari non può essere superiore al numero dei comuni e delle province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni due anni dal Consiglio di amministrazione dell’Agenzia e in funzione dell’esigenza di garantire un’adeguata opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di provincia.
[55] Come è ricordato nella deliberazione n. 189 del 21 dicembre 2005dell’Agenzia autonoma per la gestione dell’Albo dei segretari comunali e provinciali.
[56] Il bando è stato pubblicato nella G.U. del 29 dicembre 1998, 4a serie speciale, n. 100.
[57] Pubblicato nella G.U. del 4 gennaio 2000, 4a serie speciale, n. 1.
[58] Ai sensi del richiamato articolo 48, comma 6, del D.Lgs. 165, l’organo di controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio è il collegio dei revisori dei conti; laddove tale organo non sia previsto, deputati al controllo sono i nuclei di valutazione o i servizi di controllo interno, ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, emanato in attuazione dell’articolo 11 della L. 59 dl 1997, e recante il riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche. Ai sensi dell’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997, per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché per gli enti pubblici non economici e per gli enti e le istituzioni di ricerca con organico superiore a duecento unità, i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli oneri derivanti dall'applicazione della nuova classificazione del personale, certificata dai competenti organi di controllo, laddove operanti, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico-finanziaria. Decorso tale termine, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative.
[59] Fissazione dei criteri e dei limiti per le assunzioni di personale a tempo indeterminato, per gli anni 2005, 2006 e 2007, per le regioni e gli enti del Servizio sanitario nazionale, in attuazione dell'articolo 1, commi 93 e 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
[60] Fissazione dei criteri e dei limiti per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2005, 2006 e 2007 per gli enti locali, di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000.
[61] Il citato comma 91 prevede che gli oneri dei rinnovi contrattuali e dei miglioramenti economici del personale di amministrazioni non statali sono a carico dei rispettivi bilanci, tenuto anche conto dei risparmi derivanti dalle disposizioni di vincolo alle assunzioni nel pubblico impiego (commi da 93 a 106 della legge finanziaria 2005). Ai comitati di settore è assegnato il compito di quantificare le relative risorse e la quota da destinare all'incentivazione della produttività, attenendosi al "tetto" alla crescita delle retribuzioni stabilito per il personale dello Stato (comma 88 della legge finanziaria 2005).
[62] Così come riformulato dall’articolo 30 del decreto-legge n. 223/2006 (convertito dalla legge n. 248/2006), che ha peraltro introdotto i commi 204-bis e 204-ter nella legge n. 266/2005.
[63] Si consideri che la nuova formulazione del comma 204 introdotta dal d.l. 223/2006 non sembra invece interessare, almeno sul piano letterale, gli enti del Servizio sanitario nazionale (considerati invece, ai fini dei vincoli per il contenimento della spesa, dal citato comma 198), in quanto essi non sono qualificabili "enti locali". Pertanto il controllo sul conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa da parte degli enti del SSN rimarrebbe affidato allo speciale Tavolo tecnico, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, per la verifica degli adempimenti in materia di spesa sanitaria (cfr. art. 1, comma 203, legge finanziaria 2006).
[64] Gli obiettivi del "tavolo tecnico" sono:
a) acquisire, per il tramite del Ministero dell'Economia e delle Finanze, la documentazione da parte degli enti destinatari della norma, certificata dall'organo di revisione contabile, delle misure adottate e dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi di contenimento della spesa per il personale di cui al citato comma 198;
b) fissare specifici criteri e modalità operative per il monitoraggio e la verifica dell'effettivo conseguimento, da parte degli enti, dei previsti obiettivi di contenimento della spesa. La verifica potrà essere effettuata a campione solamente per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti e per le comunità montane con popolazione inferiore a 50.000 abitanti;
c) verificare, sulla base dei predetti criteri e modalità operative, oltreché della documentazione ricevuta, la puntuale applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento;
d) elaborare analisi e proposte operative dirette al contenimento strutturale della spesa di personale per le Regioni e gli enti locali.
[65] Il comma 1159 del testo in esame coincide con il testo dell’art. 18, comma 665 del testo approvato dalla Camera in prima lettura (A.S. 1183).
[66] Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196.
[68] D.L. 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2006, n. 233.
[69] Tale Comitato è previsto dal D.P.C.M. del 15 settembre 1992, come modificato dal D.P.C.M. del 10 gennaio 1993.
[70] L. 23 luglio 1991, n. 223, Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro. In particolare, si fa riferimento alle agevolazioni contributive previste dall'articolo 8, commi 2 e 4, e dall'articolo 25, comma 9 della medesima legge.
[71] Si ricorda che alle amministrazioni pubbliche non si applica la specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative (lavoro a progetto), introdotta dagli articoli 61-69 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 con la finalità di superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Difatti l’articolo 1 del D.Lgs. 276/2003 precisa che, dall’applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo, resta escluso il personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Si consideri inoltre che la circolare del 15 luglio 2004, n. 4, del Dipartimento della funzione pubblica, ha fornite alcune indicazioni relative all’utilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative da parte delle pubbliche amministrazioni, specificamente per quanto concerne i presupposti e i limiti alla stipula dei contratti, gli aspetti relativi all'oggetto degli incarichi e agli elementi caratteristici del rapporto che lo differenziano rispetto al lavoro subordinato, il regime fiscale e previdenziale nonché l’autonomia contrattuale (cfr. amplius infra, la scheda relativa al comma 538).
[72] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17/2007
[73] Più precisamente, per quanto concerne le misure sanzionatorie da applicare agli enti locali che non rispettino gli obiettivi posti dal patto di stabilità interno per il 2006, il citato comma 150 della legge n. 266/2005, si richiama alla disciplina dettata dall’art. 1, commi 33, 34 e 35 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
A sua volta il comma 33 della legge n. 311/2004 prevede che a decorrere dall’anno 2006, gli enti locali inadempienti alle regole del patto di stabilità interno sono soggetti alle seguenti misure:
a) divieto di effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi in misura superiore alla corrispondente spesa dell'ultimo anno in cui si è accertato il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, ovvero, nell’ipotesi in cui l’ente sia risultato sempre inadempiente, obbligo di ridurre le spese per l’acquisto di beni e servizi almeno del 10%, rispetto alla corrispondente spesa effettuata nel penultimo anno precedente.
b) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
c) divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare investimenti.
[74] Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2006, n. 52. Fissazione dei criteri e dei limiti per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2005, 2006 e 2007 per gli enti locali, di cui all'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000.
[75] Ai sensi del richiamato decreto sono rientrati nella graduatoria, ai fini della stipulazione delle convenzioni, i seguenti comuni: Caltabellotta (provincia di Agrigento); Capranica (provincia di Viterbo); Cianciana (provincia di Agrigento); Cigognola (provincia di Pavia); Cipriano Po (provincia di Pavia); Fragneto Monforte (provincia di Benevento); Latronico (provincia di Potenza); Lirio (provincia di Pavia); Melilli (provincia di Siracusa); Orta di Atella (provincia di Caserta); Ostra (provincia di Ancona); Pesco Sannita (provincia di Benevento); Porto Torres (provincia di Sassari); Samo (provincia di Reggio Calabria); Sant’Arsenio (provincia di Salerno); Sciacca (provincia di Agrigento); Scilla (provincia di Reggio Calabria); Termoli (provincia di Campobasso). Si ricorda, inoltre, che i criteri e le modalità per la definizione delle graduatorie e l'assegnazione delle risorse sono stati stabiliti dal decreto direttoriale del 31 marzo 2004.
[76] Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196
[77] Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144
[78] La previsione della necessità dell’intesa preventiva con la Regione interessata, necessità peraltro già evidenziata nel richiamato articolo 1, comma 430, della precedente legge finanziaria, ai fini della proroga delle convenzioni, appare opportunamente finalizzata ad introdurre un meccanismo di coinvolgimento delle Regioni nella stipula delle convenzioni, così come richiesto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale. Si consideri, infatti, che la Corte costituzionale, con sentenza 6-8 giugno 2005, n. 219 , ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dei commi 76 e 82 dell’articolo 3 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), nella parte in cui non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.
[79] Il citato comma 3 prevede che gli enti interessati possano, per l'affidamento a terzi dello svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto di progetti di lavori socialmente utili da essi promossi e nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti, stipulare convenzioni di durata non superiore a 60 mesi con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani, a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia costituita nella misura non inferiore al 40% da lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi ancorché promossi da altri enti e nella misura non superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati, in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, o di soci lavoratori, o di partecipanti al consorzio.
[80] Recante la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196,
[81] Il termine è stato così prorogato dall'art. 52, comma 71, della L. 28 dicembre 2001, n. 448.
[82] Termine del 30 giugno 2001. Si consideri che il citato art. 78, comma 2, della L. 388 del 2000 aveva a sua volta prorogato il termine del 30 aprile 2001, originariamente previsto dall’articolo 8, comma 3, del D.Lgs. 81 del 2000. Tale termine era stato prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2006 dal richiamato articolo 1, comma 430, della L. 266 del 2005.
[83] L'articolo 2, comma
[84] L’art. 8, comma 3, del D.Lgs. 81 del 2000 aveva previsto che la risorse del Fondo per l’occupazione, qualora impegnate per attività socialmente utili, fossero destinate al pagamento del 50% degli assegni e dei sussidi ai soggetti impegnati in attività (socialmente utili) progettuali locali e interregionali di competenza regionale, per il periodo dal 1° novembre 2000 al 30 aprile 2001.
[85] Decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, in legge 27 febbraio 2004, n. 47 recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
[86] Decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16 convertito, con modificazioni, in legge 22 aprile 2005, n. 58, recante Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica.
[87] Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248 recante Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.
[88] D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (conv. con mod. dalla L. 4 agosto 2006, n. 248), Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.
[89] In tal senso si esprime anche la circolare del Ministero dell’interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali n. FL 05/2007 dell’8 marzo 2007 (par. 6).
[90] L. 5 luglio 1982, n. 441, Disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti.
[91] R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578. Approvazione del testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province.
[92] In particolare, l’articolo 141, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000 dispone che i consigli comunali e provinciali siano sciolti:
a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;
c) quando non sia approvato nei termini il bilancio;
c-bis)nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1.000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (lettera aggiunta dal comma 7 dell’articolo 32 del D.L. n. 269/2003, conv. dalla legge n. 326/2003).
[93] Sull’attività svolta dalla commissioni per la gestione straordinaria dei comuni i cui consigli comunali sono stati sciolti per condizionamento di tipo mafioso, si veda la relazione annuale che il ministro dell’interno presenta alle Camere ai sensi dell’art. 146, co. 2, del T.U.E.L.. L’ultima relazione, riferita all’anno 2004, è stata trasmessa il 5 maggio 2006, Doc. LXXXVIII, n. 1.
[94] D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
[95] Decreto del ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, Regolamento recante norme per la determinazione della misura dell'indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, a norma dell'articolo 23 della legge 3 agosto 1999, n. 265.
[96] Il D.M. è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio. Il vigente regolamento è stato approvato con D.M. 4 aprile 2000, n. 119.
[97] Oltre all’assenza di maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, i criteri sono i seguenti:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;
c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;
d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;
e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;
f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
[98] L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.
[99] L. 5 giugno 2003, n. 131, recante Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
[100] In base alla normativa richiamata, al fine di consentire il monitoraggio degli adempimenti del Patto, le regioni, le province autonome, le province, i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti hanno l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa. Ulteriori adempimenti sono previsti per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, i quali sono tenuti a predisporre, entro il mese di febbraio, una previsione di cassa cumulata e articolata per trimestri del complesso delle spese rilevanti ai fini del rispetto del Patto, coerente con l’obiettivo annuale. Al collegio dei revisori dei conti dell’ente, quale organo di revisione economico-finanziario, spetta la valutazione della coerenza tra gli obiettivi trimestrali e l’obiettivo annuale del saldo finanziario.
[101]Introdotto dall'articolo 1, comma 480, della legge 30 dicembre 2004, n. 311(legge finanziaria 2005).
[102]“Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale”.
[103]La disposizione ammette il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
[104]Recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
[105]Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, recante “Semplificazione in materia di versamenti unitari per tributi determinati dagli enti impositori e di adempimenti connessi agli uffici del registro, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettere f) e g), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”. L’articolo 3-bis è stato aggiunto dall'articolo 1 del decreto legislativo 18 gennaio 2000, n. 9.
[106]Pubblicato nella Gazzetta ufficiale. n. 297 del 12 dicembre 2001.
[107]Si ricorda che le dichiarazioni di variazione possono riguardare la persona del proprietario o del possessore dei beni, nonché la persona che gode di diritti reali sui beni stessi, ovvero lo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe catastale.
[108] Si tratta del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
[109]Camera dei deputati, Commissione affari costituzionali, seduta dell’8 febbraio 2007, intervento del Viceministro per l’interno Minniti.
[110]L’articolo 2 della stessa legge n. 281 del 1991 disciplina il trattamento dei cani e degli altri animali di affezione, inclusi quelli vaganti, prevedendo, in particolare, che il controllo della popolazione dei cani e dei gatti, mediante la limitazione delle nascite, sia effettuato, tenuto conto del progresso scientifico, presso i servizi veterinari delle unità sanitarie locali.
[111] D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.
[112] Direttiva del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, 19 dicembre 2003, Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni.
[113] AS 1021 - Relazione illustrativa
(www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=15&id=223877).
[114] Il citato articolo 80, comma 1, della legge n. 388 del 2000 è stato modificato prima dall’articolo 5 del decreto-legge 25 ottobre 2002, n. 236, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 284 e, successivamente, dall'articolo 7-undecies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43. I fondi stanziati erano pari a 350 miliardi di lire per il 2001 e 430 miliardi di lire per il 2002.
[115] Tale fondo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dall'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
[116] Disciplina dell'introduzione in via sperimentale, in talune aree, dell'istituto del reddito minimo di inserimento (in attuazione della delega recata dall'articolo 59, commi 47 e 48, della legge 27 dicembre 1997, n. 449).
[117] Articolo 3, comma 101.
[118] Cfr. G.U. del 5 gennaio 2005.