Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento difesa , Servizio Studi - Dipartimento trasporti
Titolo: Le privatizzazioni
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 84
Data: 20/06/2007
Descrittori:
PRIVATIZZAZIONI     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

 

 

 

 

 

 

 

Le privatizzazioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 84

 

 

20 giugno 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per le schede relative a Ferrovie dello Stato S.p.A. e Finmeccanica S.p.A. hanno collaborato, rispettivamente, i Dipartimenti Trasporti e Difesa.

 

Per il capitolo relativo alla golden share e la scheda relativa ad ANAS S.p.A. ha collaborato l’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

 

 

 

Dipartimento Bilancio e politica economica

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: BI0145.doc

 


INDICE

Le privatizzazioni: disciplina generale

1.    Premessa. 3

2.    La trasformazione di enti pubblici in società per azioni6

3.    La costituzione ex lege di società per azioni di proprietà dello Stato. 10

4.    La dismissione delle partecipazioni azionarie. 12

4.1.La disciplina generale. 13

4.2.La disciplina per le società esercenti pubblici servizi16

4.3.Gli incarichi di consulenza. 17

4.4.Le operazioni di dismissione di partecipazioni18

5.    La “golden share”. 27

5.1.La disciplina dei poteri speciali prevista dal decreto-legge n. 332/94. 27

5.2.Altre clausole statutarie speciali previste dal decreto-legge n. 332/94. 33

5.3.La “poison pill”34

5.4.Altri poteri speciali nella legislazione vigente. 37

5.5.Poteri speciali per le società a partecipazione pubblica del settore energetico  38

6.    Il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. 40

La Cassa depositi e prestiti S.p.A.

1.    Evoluzione storico normativa. 59

2.    La trasformazione in società per azioni61

3.    Le attività. 63

3.1.La gestione separata. 64

3.1.1.   Il finanziamento degli enti locali e degli enti pubblici in generale. 64

3.1.2.   I fondi per il finanziamento di investimenti65

3.2.La gestione ordinaria. 67

3.3.Le partecipazioni azionarie. 68

4.    Il bilancio. 73

Le principali società interessate dalle privatizzazioni

1.    Le partecipazioni detenute dal Ministero dell’economia e delle finanze  77

2.    Agenzia nazionale per l'attrazione d'investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (ex Sviluppo Italia S.p.A.)79

3.    Alitalia S.p.A. 84

4.    Anas S.p.A. ed il settore autostradale. 91

5.    Enel S.p.A. e il settore elettrico. 104

6.    Eni S.p.A.110

7.    Ferrovie dello Stato S.p.A.114

8.    Finmeccanica S.p.A. 118

9.    Fintecna S.p.A.121

10.  Infrastrutture S.p.A.124

11.  MEFOP S.p.A. 128

12.  Patrimonio dello Stato S.p.A.130

13.  Poste italiane S.p.A. 135

14.  RAI S.p.A.136

15.  Telecom Italia S.p.A. 139

 


Le privatizzazioni: disciplina generale


1.Premessa

Il sistema economico italiano è stato caratterizzato per lungo tempo da una massiccia presenza dei soggetti pubblici e, in particolare, dello Stato.

 

Sotto il profilo giuridico, l’esercizio di attività di impresa da parte di enti pubblici è stato effettuato, principalmente, sotto tre diverse forme.

 

Un primo tipo è rappresentato dall’azienda o amministrazione autonoma. In questo caso l’impresa assume la forma di organo dell’amministrazione pubblica, e, specificamente, dell’amministrazione ministeriale, privo di una propria soggettività giuridica, ma dotato di particolari requisiti di autonomia rispetto all’amministrazione alla quale appartiene. Hanno rivestito la forma di amministrazioni autonome, prima della loro trasformazione, l’Azienda di Stato per i servizi telefonici, l’Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, l’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni.

 

La seconda forma di esercizio dell’attività di impresa da parte di soggetti pubblici è rappresentata dall’ente pubblico economico. Si tratta di un soggetto che, in relazione alla tipologia di attività svolta, di carattere imprenditoriale, ha propria personalità giuridica e, pertanto, è separato dall’amministrazione ministeriale. L’ordinamento dell’ente rimane, peraltro, di diritto pubblico e l’amministrazione ministeriale dispone di poteri di indirizzo e di controllo, che vengono esercitati attraverso atti pubblici. Sono stati enti pubblici economici, prima di essere trasformati in società per azioni, l’IRI, l’ENI, l’ENEL. Alcuni enti pubblici economici, come l’IRI o l’ENI, non esercitavano direttamente l’attività di impresa, ma avevano compiti di gestione di società per azioni da essi detenute o partecipate (enti di gestione o enti holding).

 

Gli enti pubblici, infine, hanno esercitato attività di impresa attraverso società per azioni da essi partecipate. In questo caso l’esercizio dell’attività di impresa avviene attraverso soggetti di diritto privato e nelle forme disciplinate dal diritto privato; i poteri esercitati dall’ente pubblico sono quelli che discendono, in base al codice civile, dalla proprietà della partecipazione azionaria, in rapporto alla sua consistenza (totalitaria, di maggioranza, minoritaria).

 

Già nel corso degli anni Ottanta erano state effettuate alcune importanti operazioni di privatizzazione le quali, peraltro, si collocavano nell’ambito dell’attività di gestione dell’ente holding, che definiva le modalità di cessione e ne percepiva i proventi. Erano peraltro previsti significativi poteri di indirizzo e di approvazione da parte degli organi politici e, in particolare, una delibera di indirizzo del Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (CIPI).

Tra le operazioni di privatizzazione effettuate in quegli anni, si ricordano le cessioni dell’Alfa Romeo, venduta dall’IRI alla FIAT (delibera CIPI 7 novembre 1986) e del gruppo tessile Lanerossi, venduto dall’ENI al gruppo Marzotto (delibera CIPI 17 febbraio 1987).

 

Rispetto a queste operazioni il processo di privatizzazioni che si è svolto a decorrere degli anni Novanta ha presentato caratteri di sostanziale novità, non soltanto sotto il profilo dell’entità delle operazioni effettuate, ma anche per il mutato contesto giuridico-normativo ed economico.

Tale processo si è sostanzialmente articolato in due fasi: in primo luogo, l’assunzione, da parte delle imprese ordinate in forma pubblicistica, della veste giuridica di società per azioni (c.d. “privatizzazione formale”); successivamente, la cessione a privati di una quota o della totalità della partecipazione detenuta dallo Stato (c.d. “privatizzazione sostanziale”).

 

Dal punto di vista giuridico, è stato definito un vasto quadro legislativo in materia di trasformazione degli enti pubblici in società per azioni e di individuazione delle modalità di cessione delle partecipazioni azionarie.

In secondo luogo è stato elaborato un programma ad ampio spettro di privatizzazioni, il cui ruolo fondamentale è stato assunto dal Ministero del tesoro (ora Ministero dell’economia e delle finanze), in quanto diretto azionista delle principali società di proprietà pubblica.

Inoltre, l’attuazione del programma di privatizzazioni è stato sin dall’origine finalizzato al perseguimento una pluralità di obiettivi.

Da un lato, tale attuazione è stata collocato nel quadro dei vincoli comunitari in materia di concorrenza e di aiuti di Stato alle imprese. Il progetto di privatizzazione avviato nel 1992 era infatti volto ad adeguare l’apparato produttivo nazionale alle nuove condizioni della concorrenza europea e globale, quale portato di un contesto storico segnato da importanti avanzamenti nel processo di integrazione comunitaria, culminati nell’approdo al mercato unico.

Pochi anni dopo l’avvio delle privatizzazioni, infatti, la finalità sopra descritta ha sostenuto anche gli interventi legislativi volti a liberalizzare sia settori direttamente investiti dal processo di privatizzazione, quali quello energetico e delle comunicazioni, sia settori diversi, quali il commercio.

D’altro canto, anche la dismissione del portafoglio azionario statale - con la conseguente nascita delle public companies - è stata finalizzata dal legislatore, attraverso la previsione della diffusione dell’azionariato tra il pubblico dei risparmiatori, ad una funzione liberalizzatrice.

Sotto diverso profilo, il processo di privatizzazione è stato posto in relazione a condizioni finanziarie problematiche, quali l’espansione in quegli anni del debito pubblico. A tale riguardo, si è previsto che le entrate derivanti dalla dismissione di partecipazioni dirette dello Stato confluissero nel Fondo di ammortamento dei titoli di Stato, per essere destinate alla riduzione del debito attraverso il rimborso di titoli in scadenza ovvero il riacquisto, sul mercato secondario, di titoli in circolazione.


2.La trasformazione di enti pubblici
in società per azioni

La prima normativa organica in materia di privatizzazioni è stata dettata con il decreto-legge 5 dicembre 1991, n. 386[1] (Trasformazione degli enti pubblici economici, dismissione delle partecipazioni statali ed alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica).

Il decreto-legge n. 386/1991 prevedeva procedure assai articolate, relative alla trasformazione in società per azioni degli enti pubblici economici e delle aziende autonome statali, alla cessione di partecipazioni nelle società risultanti dalla trasformazione e, infine, alle cessioni dalle quali dovesse derivare la perdita del controllo sulla società da parte dello Stato[2].

Tali procedure, anche per effetto della loro complessità, sono rimaste di fatto inattuate.

 

A breve distanza di tempo dal decreto-legge n. 386/1991, mentre le condizioni di finanza pubblica evidenziavano un sensibile aggravamento che si sarebbe riflesso nella crisi valutaria della lira del settembre del 1992, e all’indomani dell’abrogazione, in esito a referendum popolare, della legge istitutiva del Ministero delle partecipazioni statali (L. n. 1589 del 1956)[3], veniva adottato il decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333[4] (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), che introduceva modalità assai più incisive di trasformazione in società per azioni degli enti pubblici economici (articoli 14-21).

Innanzitutto, il D.L. n. 333 del 1992 ha disposto direttamente per legge la trasformazione in società per azioni dell’IRI (Istituto nazionale per la ricostruzione industriale), dell'ENI (Ente nazionale idrocarburi), dell'ENEL (Ente nazionale energia elettrica) e dell’INA (Istituto nazionale assicurazioni).

Le azioni, emesse a seguito della determinazione del capitale sociale iniziale, da effettuarsi con decreto del Ministro del tesoro, sono state attribuite al Ministero del tesoro (ora economia e finanze), che esercita i diritti dell’azionista.

Al Ministero del tesoro sono state altresì attribuite le azioni della Banca Nazionale del Lavoro (BNL) e le partecipazioni detenute dalla Cassa depositi e prestiti nell’IMI S.p.a. e negli altri istituti di intermediazione creditizia e finanziaria.

L’attribuzione al Ministero del tesoro delle azioni e della competenza ad esercitare i diritti dell’azionista (ribadita ed estesa successivamente dalla legge n. 474/1994) ha fatto del Ministero medesimo il centro di gestione delle operazioni di privatizzazione.

Era inoltre previsto un programma di riordino delle partecipazioni alle predette società, finalizzato alla valorizzazione delle partecipazioni stesse, anche attraverso la previsione di cessioni di attività e di rami di aziende, scambi di partecipazioni, fusioni, incorporazioni ed ogni altro atto necessario. Il programma doveva essere approvato dal Consiglio dei ministri, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e doveva prevedere la quotazione delle società interessate dal riordino, stabilendo l’ammontare dei ricavi da destinare alla riduzione del debito pubblico[5] (al riguardo si rinvia a pag.

 

Il decreto-legge n. 333/1992 ha inoltre dettato una procedura molto semplificata di trasformazione degli enti pubblici economici in società per azioni (art. 18).

La trasformazione è stata infatti demandata ad una delibera del CIPE, da inviare alle Camere con un anticipo di almeno quindici giorni.

La procedura disciplinata dall’articolo 18 ha avuto estesa applicazione. In particolare, poco dopo la conversione del decreto-legge n. 333/1992, con delibera CIPE del 12 agosto 1992, l’ente “Ferrovie dello Stato” (che era stato istituito in base alla legge 17 maggio 1985, n. 210, contestualmente alla soppressione dell’Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato) è stato trasformato in società per azioni.

Analogamente, per i servizi postali, il decreto legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71 ha disposto la trasformazione dell’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni nell’ente “Poste italiane” e ha prospettato la successiva trasformazione di quest’ultimo in società per azioni, che è stato effettuata con delibera CIPE n. 244/1997 del 18 dicembre 1997.

 

La trasformazione di enti pubblici in società per azioni è stata altresì attuato nell’ambito del complessivo disegno di riforma della pubblica amministrazione avviato dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (cd. legge Bassanini). Tale legge ha infatti conferito al Governo una specifica delega per riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza, le istituzioni di diritto privato e le società per azioni, controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, operanti nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale (articolo 11, comma 1, lettera b)).

 

Sulla base della citata norma di delega il Governo ha adottato vari provvedimenti di riordino, trasformazione in fondazione o in società per azioni, di numerosi, specifici enti[6].

Tra i provvedimenti più rilevanti, sono stati adottati:

-          il decreto legislativo 21 aprile 1999, n. 116, con il quale è stato riordinato l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ai fini della sua trasformazione in società per azioni; l’istituto è stato successivamente trasformato in società per azioni con delibera CIPE n. 59 del 2 agosto 2002, sulla base del citato articolo 18 del decreto-legge n. 333 /92 (cfr. supra);

-          il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, che ha disposto la trasformazione in società per azioni dell’Ente autonomo acquedotto pugliese;

-          il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 304, che ha disposto la trasformazione in società per azioni dell’Ente autonomo esposizione universale di Roma.

 

Nella medesima ottica di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni la legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001:art. 28), ha introdotto una particolare modalità di trasformazione in soggetti di diritto privato di enti e organismi pubblicida effettuarsi mediante regolamento di delegificazione[7].

Tale previsione, che non ha ancora ricevuto attuazione, è stata successivamente oggetto di numerose modifiche ed è stata recentemente novellata in maniera significativa dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006: art. 1, comma 482).

In particolare, il nuovo testo prevede che con uno o più regolamenti di delegificazione si proceda al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici, nonché di strutture amministrative pubbliche[8].

Per l’adozione dei regolamenti, è fissato il termine del 30 giugno 2007.

Tra i principi e criteri direttivi cui devono attenersi i regolamenti, è prevista la trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero, la soppressione e messa in liquidazione degli stessi[9].

 

Anche negli ultimi anni la trasformazione in società per azioni di importanti enti pubblici è stata realizzata direttamente mediante specifiche disposizioni di legge:

In particolare:

§      l'articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002 n. 138[10] ha disposto la trasformazione in società per azioni dell’ANAS (cfr. scheda a pag.

§      gli articoli 5 e 6 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269[11], hanno previsto la trasformazione in società per azioni, rispettivamente, della Cassa depositi e prestiti (cfr. a pag.

La SACE è una società per azioni, partecipata al 100% dal Ministero dell’economia e delle finanze, che opera nel settore dell’assicurazione dei crediti all'esportazione.


3.La costituzione ex lege di società per azioni
di proprietà dello Stato

La preferenza per la forma giuridica della società per azioni, anche al fine dello svolgimento di attività di interesse pubblico, ha trovato conferma nell’adozione, nella scorsa legislatura (2001-2005), di disposizioni di legge che autorizzano soggetti pubblici, in particolare ministeri, a costituire società per azioni, le quali pertanto, almeno in fase iniziale, sono interamente possedute dallo Stato o dagli enti pubblici che le hanno costituite.

 

Gli esempi più rilevanti di questa tendenza sono stati rappresentati dalle società Patrimonio dello Stato S.p.A. e Infrastrutture S.p.A., istituite in base alle disposizioni del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63[12], e incaricate di operare nel settore della gestione del patrimonio dello Stato e nel settore del finanziamento delle infrastrutture.

Infrastrutture S.p.A. è stata peraltro successivamente, con la legge finanziaria per il 2006, fusa per incorporazione in Cassa depositi e prestiti S.p.A.. Alla Cassa depositi e prestiti è stato poi attribuito il compito dipromuovere le iniziative necessarie per la liquidazione del patrimonio separato costituito da Infrastrutture S.p.A. (per Infrastrutture S.p.A. cfr. scheda a pag

Per ciò che attiene a Patrimonio dello Stato S.p.A., la totalità delle azioni sono state cedute, a decorrere dal 16 ottobre 2006, dal Ministero dell’economia a Fintecna S.p.A., società integralmente posseduta dal Ministero dell’economia medesimo (per Patrimonio dello Stato S.p.A. cfr. scheda a pag.

 

E’ stata inoltre prevista l’istituzione nella forma giuridica di società per azioni:

§      della società Sviluppo Italia, ai sensi decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, attraverso la quale è stato effettuato il riordino degli enti e delle società di promozione operanti nel Mezzogiorno, in attuazione della delega prevista dalla legge n. 59/97 (cfr. a pag.

§      della società CONI Servizi S.p.A., ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge n. 138/2002[13]. Di tale società, a totale partecipazione pubblica (le azioni sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze) si avvale il CONI per lo svolgimento delle proprie attività;

§      della “Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo ARCUS S.p.A.”, che il Ministero per i beni e le attività culturali è stato autorizzato a costituire, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 291/2003. La società è preposta alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di interventi per la conservazione e la tutela dei beni culturali nonché di iniziative a favore delle attività culturali e dello spettacolo.


4.La dismissione delle partecipazioni azionarie

Con il decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332[14], è stata dettata una disciplina generale in materia di dismissione delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato, la quale è stata oggetto di diversi interventi modificativi.

Il decreto-legge ha in via generale precisato e rafforzato le competenze in materia di attuazione del programma di privatizzazioni già attribuite al Ministero del tesoro dal precedente decreto-legge n. 333/1992.

Al riguardo sono stati assegnati alla Direzione generale del tesoroi compiti relativi alla gestione finanziaria dei titoli azionari di proprietà dello Stato, alla rappresentanza dell’azionista nell’assemblea societaria e alle attività istruttorie e preparatorie relative a operazioni di cessione e collocamento sul mercato finanziario delle partecipazioni azionarie dello Stato. In questo modo la Direzione generale del tesoro è la struttura responsabile della effettiva realizzazione delle operazioni di privatizzazione.

 

Si ricorda in proposito che il Decreto legge n. 333 del 1992 aveva previsto l’approvazione di un programma di riordino delle partecipazioni da parte del Consiglio dei Ministri, finalizzato alla valorizzazione delle partecipazioni, anche attraverso la previsione di cessioni di attività e di rami di aziende (cfr. a pag.

Detto programma è stato approvato con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 1992.

Sulla base di tale deliberazione, la del. CIPE 30 dicembre 1992 ha previsto la cessione delle partecipazioni, anche in modo parziale, mediante:

-       offerta pubblica di vendita, sia a prezzo fisso sia a prezzo determinato con sistema d'asta;

-       asta pubblica, con eventuale preselezione dei partecipanti, anche finalizzata alla formazione di un nucleo stabile di azionisti di riferimento;

-       trattativa privata.

 

Il decreto-legge n. 332/1994 è intervenuto in via generale sulle modalità di cessione delle partecipazioni e ha individuato specifici requisiti ai quali sottoporre la dismissione delle quote in società esercenti pubblici servizi.

Esso ha inoltre introdotto disposizioni che riconoscono al Governo poteri speciali in caso di cessione di società controllate (cd. golden share), con riferimento alle quali si rinvia a pag.

4.1.   La disciplina generale

L’originaria formulazione del decreto n. 332/94 (art. 1) tipizzava due modalità di cessione delle quote azionarie: l’offerta pubblica di vendita e la trattativa diretta con i potenziali acquirenti (con possibilità di ricorso contestuale ad entrambe le procedure). La scelta della procedura con riferimento ad ogni singola operazione era rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

L’intento era, nel caso di offerta pubblica di vendita, di assicurare un’ampia diffusione, anche tra i risparmiatori privati, delle azioni delle società privatizzate e, nel caso della trattativa diretta, di affidare la proprietà delle società in questione ad un gruppo di azionisti interessati alle prospettive di sviluppo industriale delle società. In relazione a questa seconda finalità, il decreto-legge n. 332/1994 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri possono essere individuate società per le quali la cessione mediante trattativa diretta è rivolta a costituire un nucleo stabile di azionisti di riferimento[15].

 

La legge finanziaria per il 2000 (articolo 66, comma 1 della legge 23 dicembre 1999, n. 488) ha introdotto una disciplina più flessibile, limitatamente alla dismissione di partecipazioni di controllo con un valore inferiore a 100 miliardi di lire e di partecipazioni non di controllo di limitato rilievo in relazione agli obiettivi di politica economica e industriale dello Stato.

In questa è stata prevista la possibilità di utilizzare anche modalità di alienazione diverse da quelle indicate dal decreto-legge n. 332/94 (offerta pubblica di acquisto e vendita diretta), purché idonee a garantire la massimizzazione del gettito, il contenimento dei costi e la rapidità di esecuzione della cessione.

Ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stata demandata l’individuazione sia delle partecipazioni da dismettere con modalità differenti da quelle prescritte dal decreto-legge n. 332/94, sia delle forme di cessione[16].

 

Intervento normativo di più ampia portata è stato effettuato con la legge finanziaria per il 2004 (articolo 4, comma 218, della legge 24 dicembre 2003, n. 350), che ha modificato la disciplina generale contenuta nel decreto-legge n. 332/94, affidando al Governo la scelta delle procedure di vendita e indicando soltanto le finalità da perseguire.

A seguito della riforma, l’alienazione delle partecipazioni dello Stato deve essere effettuata con modalità “trasparenti e non discriminatorie, finalizzate anche alla diffusione dell’azionariato tra il pubblico dei risparmiatori e degli investitori istituzionali”.

Per ciascuna società è poi confermata l’individuazione delle modalità di alienazione tramite un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive (ora sviluppo economico).

Nella sostanza la normativa di riforma consente di individuare la modalità di cessione più appropriata sul mercato finanziario, non limitando la scelta unicamente all'offerta pubblica di vendita e alla trattativa diretta. Inoltre, il rilievo attribuito agli obiettivi della diffusione dell’azionariato tra il pubblico dei risparmiatori e degli investitori istituzionali sembrerebbe privilegiare il ricorso a forme di collocamento tali da favorire la configurazione delle società privatizzate come società a bassa concentrazione proprietaria e da incentivare lo sviluppo dei mercati borsistici[17].

 

In virtù di tale disciplina, in data 3 febbraio 2005 è stato adottato il D.P.C.M recante le modalità di dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero dell’Economia e finanze in Alitalia S.p.a. (cfr. la scheda a pag.

 

Nella specifica ipotesi di vendita delle partecipazioni di limitato rilievo, cioè di quelle partecipazioni non di controllo direttamente detenute dallo Stato e di valore inferiore a 50 milioni di euro, l’individuazione delle modalità di alienazione “secondo tecniche in uso nei mercati finanziari” è rimessa ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (anziché ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), fermi restando i princìpi di trasparenza e non discriminazione. La disposizione prevede espressamente quali finalità la massimizzazione del gettito, il contenimento dei costi e la rapidità di esecuzione della cessione.

 

Per ciò che attiene alla definizione dei criteri di determinazione del prezzo dei titoli da alienare, la legge finanziaria per il 2003 (articolo 80, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289) ha previsto che, quando si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati, il prezzo di vendita sia fissato con riferimento al:

§      valore dei titoli sui mercati finanziari nel momento dell'alienazione;

§      all'esigenza di incentivare la domanda dei titoli stessi.

La congruità del prezzo così determinato deve essere attestata da un consulente finanziario terzo[18]. In ogni caso, tale prezzo può risultare inferiore rispetto a quello al quale sono state effettuate precedenti offerte di azioni della medesima società.

La disposizione pare riconducibile alla notevole diminuzione dei corsi dei titoli azionari quotati registratasi a partire dal 2001.

 

Si ricorda che nell’ambito dei provvedimenti adottati nel 2001 nei cosiddetti “cento giorni” – con una disciplina poi parzialmente modificata dalla legge finanziaria per 2004 – è stata introdotta la possibilità di dismissione di partecipazioni dello Stato a titolo di rimborso di obbligazioni dello Stato. Tale disciplina non ha peraltro avuto concreta attuazione.

 

Più precisamente, l’articolo 25 del D. L 25 settembre 2001, n. 350 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409), come novellato dalla legge finanziaria per il 2004 (articolo 3, comma 219, della legge 24 dicembre 2003, n. 350) ha previsto l’emissione di titoli di debito pubblico rimborsabili anche con azioni di società di capitali detenute dallo Stato, demandando ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione della denominazione, durata, prezzi, remunerazione e modalità di emissione dei titoli in questione, anche in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato[19].

Lo stesso l’articolo 25 ha affidato ad un decreto ministeriale la definizione delle operazioni finanziarie (non specificate dalla legge) aventi ad oggetto azioni detenute dallo Stato in società di capitali, nonché l’individuazione delle società le cui azioni possano essere cedute o essere oggetto di dette operazioni finanziarie. Alle suddette cessioni non si applica la disciplina generale dettata dal decreto-legge n. 332/1994.

La normativa non ha ricevuto attuazione e le emissioni non hanno dunque avuto luogo.

 

Si ricorda infine che il decreto-legge n. 332/1994 ha, in via generale, escluso le operazioni di privatizzazione dall’applicazione delle norme di contabilità generale dello Stato.

4.2.   La disciplina per le società esercenti pubblici servizi

Nell’ambito del decreto-legge n. 332/1994 una specifica disciplina - introdotta dalla legge di conversione - è stata riservata alle operazioni di privatizzazione delle società operanti nei settori della difesa, dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia e degli altri pubblici servizi.

 

Le dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici nelle società esercenti servizi di rilevante interesse pubblico, sono state infatti subordinate alla creazione di organismi indipendenti per la regolazione delle tariffe e il controllo della qualità dei servizi medesimi (articolo 1-bis).

 

Le autorità indipendenti con funzioni di regolazione dei servizi pubblici sono state successivamente istituite e disciplinate dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità” , la quale all’art. 3 ha disciplinato l’autorità per l’energia elettrica ed il gas; e, con riferimento al settore delle comunicazioni, dalla legge 31 luglio 1997, n. 249 “Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”.

 

Una procedura “aggravata” di dismissione delle partecipazioni di controllo detenute dallo Stato in società operanti nel settore dei servizi di pubblica utilità è stata introdotta dall’articolo 1, comma 2, della legge n. 481 del 1995[20]. In tale ipotesi, il Governo definisce i criteri per la privatizzazione di ciascuna impresa e le relative modalità di dismissione e li trasmette al Parlamento ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.

 

Questa procedura è stata applicata alla dismissione della partecipazione dello Stato in Alitalia S.p.A., le cui modalità sono disciplinate dal D.P.C.M. 3 febbraio 2005 (cfr. scheda a pag.

 

La legge finanziaria per il 2004 (legge 23 dicembre 2003, n. 250: articolo 1, comma 220) ha introdotto peraltro talune eccezioni all’applicazione della suddetta procedura “aggravata”. Questa non si applica ove ricorrano contestualmente le due seguenti condizioni:

a)      nel caso di alienazione di titoli già quotati in mercati regolamentati nazionali o comunitari;

b)      qualora il collocamento sia rivolto, direttamente o indirettamente, ad un pubblico indistinto di risparmiatori o di investitori internazionali.

In proposito la relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria evidenziava quale intento della norma quello di prevedere un “iter semplificato nella procedura di scelta delle modalità di vendita di titoli azionari di public utilities ... qualora il metodo di alienazione assicuri, di per sé, l’auspicata ulteriore diffusione dell’azionariato”.

4.3.   Gli incarichi di consulenza

Il decreto legge n. 332 del 1994 (art. 1, comma 5), come modificato dalla legge finanziaria per il 2004[21], prevede specifiche disposizioni in materia di conferimento a società nazionali ed estere e a singoli professionisti di incarichi di studio, consulenza, valutazione e assistenzaoperativa, amministrazione di titoli di proprietà dello Stato, nonché direzione delle operazioni di collocamento, relativi alle operazioni di privatizzazione.

Si prevede in particolare:

§      per ciò che attiene alle operazioni di collocamento azionario, la facoltà di compiere per conto dello Stato anche operazioni strumentali e complementari, fatte salve le incompatibilità derivanti da conflitti d'interesse;

§      l’attribuzione in via esclusiva al Ministero dell’economia e delle finanze, relativamente alle partecipazioni da questo possedute, delle competenze in materia di affidamento degli incarichi. Dette competenze sono proprie degli altri enti pubblici, qualora relative a loro partecipazioni;

§      l’esclusione, per l’affidamento degli incarichi, dell’obbligo di ricorrere a procedure concorsuali quando si tratti di importi inferiori alle soglie previste dalla normativa comunitaria;

§      la possibilità che i soggetti incaricati della valutazione partecipino ai consorzi di collocamento delle medesime partecipazioni, senza assumerne la guida;

La disciplina sopra commentata si applica anche agli incarichi conferiti dal Ministero dell’economia e delle finanze in relazione a piani di riordino, risanamento o ristrutturazione delle società partecipate dallo Stato, propedeutici alla dismissione della partecipazione[22].

La legge finanziaria per il 2007[23] prevede infine l’esclusione degli incarichi di consulenza conferiti per lo svolgimento di attività propedeutiche alla dismissionedi società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze dalla limitazione alle spese per consulenza delle pubbliche amministrazioni, disposta dalla legge finanziaria 2006[24], nonché dalla procedura per l’affidamento degli incarichi di studio, ricerca o consulenza prevista dalla legge finanziaria 2005[25].

4.4.   Le operazioni di dismissione di partecipazioni

La seguente tabella riassume le operazioni di dismissione di partecipazioni dirette detenute dal Tesoro dal 1994 effettuate dal 1994 al 2006.

 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Modalità di vendita

Ricavo


(miliardi di lire)

Trasferimento al Fondo ammortamento
(miliardi di lire)

1994

Febbraio 1994

IMI (I tranche)

27,45%

OPV

1.794

1.593

Giugno 1994

INA (I tranche)

47,25%

OPV (32,25%)
(
di cui Dipendenti 0,61%)
Inv. Ist. (4,5%)
Altri (10,5%)

4.530

4.330

1995

Luglio 1995

IMI (II tranche)

14,48%

Trattativa diretta

913

913

Ottobre 1995

INA (II tranche)

18,37%

Trattativa diretta

1.687

1.682

Novembre 1995

ENI (I tranche)

15%

OPV (33,43%)
Inv. Ist. (29,58%)
Altri (36,99%)

6.299

5.756

1996

Giugno 1996

INA (III tranche)

31,08%

Emissione di titoli convertibili in azioni INA S.p.A. (PEN’s),
con scadenza
28 giugno 2001

4.200 a

3.550, di cui:
1.103 nel 1998
982 nel 1999
1.430 nel 2000
35 nel 2001

Luglio 1996

IMI (III tranche)

6,94%

Investitori istituzionali
marketed block trade

501

493

Ottobre 1996

ENI (II tranche)

15,81%

OPV (48,68%)
Dipendenti (6,66%)
Inv. Ist. (31,48%)
Altri (13,18%)

8.872

8.444


 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Modalità di vendita

Ricavo


(miliardi di lire)

Trasferimento al Fondo ammortamento
(miliardi di lire)

1997

Maggio 1997

Istituto Bancario San Paolo di Torino b

3,36%

OPV
Investitori Istituz.
Italiani e esteri

286

277

Giugno 1997

Banco di Napoli
(I tranche)

60%

Trattativa diretta
BN Holding
(INA 51%-BNL 49%)

62

-47 c

Luglio/Agosto 1997

ENI (III Tranche)

15,81%

OPV (60,9%)
(di cui Dipendenti 4,8%)
Invest. Ist. (24,9%)
Altri (14,2%)

13.230

13.174

Luglio/Novembre 1997

SEAT d

44,7%

Trattativa diretta

1.653

1.641, di cui:
1.631 nel 1998
10 nel 1999

Ottobre/Novembre 1997

TELECOM Italia e

28%
(di cui 6,6% al nucleo stabile)

Trattativa diretta
OPV

22.880
(di cui 3.947 mld. dalla cessione al nucleo stabile)

22.322

1998

Giugno 1998

ENI (IV tranche)

14,2%

OPV (78,4%)
(di cui Dipendenti 2%)
Invest. Ist. (15,4%)
Altri (6,2%)

12.995

12.698

Dicembre 1998

BNL

62,2%
(di cui 25,3% nucleo stabile)

Trattativa diretta
OPV (59,3%)
(di cui Dipendenti 5,5%)
Invest. Ist. (40,7%)

6.707
(di cui 2.590 mld. dalla cessione al nucleo stabile)

6.577
(di cui 2.576 mld. dalla cessione al nucleo stabile)

1999

Ottobre 1999

ENEL (I tranche)

31,7%

OPV (68,5%)
(di cui Dipendenti 4,7%)
Inv. Ist. (31,5%)

32.045

31.423

Dicembre 1999

UNIM

7,49%

OPA totalitaria (Gruppo Pirelli)

53

42

Dicembre 1999

Mediocredito Centrale

100%

Trattativa diretta
(Banca di Roma)

3.944

3.904


 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Modalità di vendita

Ricavo


(miliardi di lire)

Trasferimento al Fondo ammortamento
(miliardi di lire)

2000

Maggio 2000

Credito Industriale Sardo (CIS)

53,23%

Trattativa diretta
(Banca Intesa)

42

42

Luglio 2000

Meliorbanca

7,21%

Trattativa diretta
(GFE-Banca Popolare dell’Emilia-Romagna)

59 
(di cui 29 versati al Tesoro a feb. 2001 a seguito dell’incasso otte­nuto dalla quota­zione in Borsa della società)

58, di cui  
29 nel 2000
29 nel 2001

Luglio 2000

Mediocredito Lombardo

3,39%

Trattativa diretta
(Banca Intesa)

75

75

Novembre 2000

Banco di Napoli (II tranche)

16,16%

OPA
(San Paolo IMI)

956

956

Novembre 2000

Liquidazione dell’IRI (anticipazione)

 

 

 

8.000

2001

Febbraio 2001

ENI (V tranche)

5%

OBA (Accelerated Bookbuilding Offer)

5.268

5.226

Marzo 2001

Liquidazione dell’IRI (anticipazione)

 

 

 

3.000

Maggio 2001

San Paolo IMI

0,35%

Vendita diretta sul mercato tramite intermediario finanz.

155

105

Maggio 2001

Beni Stabili

0,25%

Vendita diretta sul mercato tramite intermediario finanz.

4

4

Luglio 2001

Mediocredito Centrale

0,30%

Trattativa diretta (Banca di Roma)

3

2

Dicembre 2001

Banca Nazionale del Lavoro (BNL)

1,314%

Vendita diretta sul mercato tramite intermediario finanz.

149

149

Dicembre 2001

Mediocredito dell’Umbria f

6,86%

Trattativa diretta (Rolo Banca)

12

11


 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Modalità di vendita

Ricavo


(milioni di euro)

Trasferimento al Fondo ammortamento
(milioni di euro)

2002

Gennaio 2002

Cariverona

0,01%

Trattativa diretta (Unicredito Italiano)

0,3

0,3

Gennaio 2002

Mediovenezie

0,22%

Vendita diretta sul mercato tramite intermediario finanz. (Cariverona)

0,1

0,1

Febbraio 2002

Mediocredito Toscano

6,51%

Trattativa diretta (Monte Paschi Siena)

18

18

Marzo/Aprile 2002

INA-Generali S.p.a.

1,1%

Vendita diretta sul mercato tramite intermediario finanz.

76

76

Maggio 2002

Mediocredito Fondiario Centroitalia

3,39%

Trattativa diretta (Banca delle Marche)

6

5,6

Dicembre 2002

TELECOM ITALIA

3,46%
(az. ordinarie)
0,66%
(az. risparmio)

ABO (Accelerated Bookbuilding Offer)
riservata ai soli investitori istituz.

1.434

1.431

2003

Ottobre 2003

Mediocredito Friuli Venezia Giulia

34,01%

Trattativa diretta (Fondazione Cassa di risparmio di Trieste)

61

59,4

Novembre 2003

ENEL (II tranche)

6,6%

Bought Deal
OPV

2.173

2.170

Dicembre 2003

ENEL

10,35%

Trattativa diretta
CDP

3.156

10.991

Dicembre 2003

ENI

10%

Trattativa diretta
CDP

5.316

Dicembre 2003

Poste Italiane Spa

35%

Trattativa diretta
CDP

2.519

Dicembre 2003

ETI (Ente Tabacchi Italiani)

100%

Trattativa diretta (British American Tobacco, FB Group e Axiter)

2.325

2.310

Dicembre 2003

Cassa Depositi e Prestiti

30%

Trattativa diretta
(Fondazioni bancarie)

1.050

1.050

2004

Aprile 2004

Coopercredito Spa

14,42%

Cessione alla BNL S.p.A.

15,5

15,3

Ottobre 2004

ENEL (III tranche)

18,87%

OPV

7.636

7.500


 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Modalità di vendita

Ricavo


(miliardi di lire)

Trasferimento al Fondo ammortamento
(miliardi di lire)

2005

Aprile 2005

FIME

71,8%

Trattativa diretta

(Deloitte financial advisory services)

4,4

4,3

Luglio 2005

ENEL (IV tranche)

9,63%

OPV

4.101

4.020

Luglio 2005

TELECOM ITALIA MEDIA

0,06

OPA

0,9

0,9

Dicembre 2005

ALITALIA

12,42 (**)

Ricapitalizzazione

13,3

10,6

2006

Nel corso del 2006 non sono state effettuate operazioni di dismissione

 

(*)  Nella tavola precedente non sono stati indicati, in quanto non derivanti dalla cessione di partecipazioni azionarie, i proventi della vendita delle licenze UMTS effettuata nel dicembre 2002 per un importo complessivo di 26.750 miliardi di lire. Tali proventi sono stati peraltro, trasferiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, per una quota di 20.736 miliardi di lire (pari al 90% di quanto dovuto dalla cinque società aggiudicatarie) nel dicembre 2000; successivamente, in relazione alla cessione delle licenze UMTS, si è registrato un ulteriore trasferimento al fondo nel novembre 2002 per un importo di 638 miliardi di lire.

(**) Riduzione nella partecipazione al capitale della società, per effetto del parziale esercizio dei diritti di opzione.


La seguente tabella riassume le operazioni di dismissione di partecipazioni detenute dall’IRI dal 1992 al 2000.

 

Il 30 novembre 2002 l’IRI, in liquidazione dal 27 giugno 2000, è stato cancellato dal Registro delle imprese per effetto della fusione per incorporazione nella FINTECNA, società in precedenza posseduta al 100% dall’IRI stesso (cfr. scheda a pag.

 

 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Acquirente

Modalità di vendita

Ricavo lordo
(miliardi di lire)

1992

Dicembre 1992

Acciaierie e Ferriere Piombino
(ILVA)

100%

Lucchini (99%)
Sofimetal (1%)

 

365

Dicembre 1992

Tubi Ghisa
(ILVA)

75%

Pont a Mousson

 

121

Dicembre 1992

Pavesi
(SME)

10%

Barilla

 

82

1993

Gennaio 1993

Pavesi (SME)

41%

Barilla

 

174

Agosto 1993

Finanziaria Italgel (SME)

62,1%

Nestlè

Trattativa privata

431

Ottobre 1993

Finanziaria Cirio-Bertolli-De Rica (SME)

62,1%

FI.SVI.
(girata Gruppo Cragnotti)

Trattativa privata

311

Novembre 1993

Elsag Bailey 1
(FINMECCANICA)

39,3%

Terzi

Collocamento sul mercato

271

Dicembre 1993

Credito Italiano

54,8%

 

OPV (29,7%)
Inv. Ist. (22%)
Dipendenti (3,1%)

1.801

Dicembre 1993

Ansaldo Trasporti 1
(FINMECCANICA)

22%

Mercato

 

78

1993

Azioni SIP (STET)

-

Pubblico

Convers./Warrant

105

1993

Az. Banca di Roma

1,92%

Pubblico

Esercizio Warrant

112


 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Acquirente

Modalità di vendita

Ricavo lordo
(miliardi di lire)

1994

Gennaio 1994

Azioni Telecom
(STET)

 

Pubblico

Convers./Warrant

239

Febbraio 1994

COMIT

51,3%

 

OPV (26,7%)
Inv. Ist. (21,2%)
Dipendenti (3,4%)

2.891

Luglio 1994

AST - Acciai Speciali Terni

100%

KAI

Trattativa privata

600

Dicembre 1994

SME residua 1

32%

Schemaventi Spa (Edizioni Holding, La Leonardo Finanz., Movenpick Holding)
e Crediop

Trattativa privata

723

Dicembre 1994

Elsag Bailey 2
(FINMECCANICA)

8,6%

Merrill Lynch

 

79

1994

Ansaldo Trasporti 2
(FINMECCANICA)

15%

Mercato

 

98

Dicembre 1994

SGS Thomson
(MEI)

14,8%

Mercato

 

165

Dicembre 1994

ICE
(ILVA)

100%

Finaosta

 

86

1995

Marzo 1995

ILP - Ilva Laminati Piani

100%

RILP
(Gruppo Riva)

Trattativa privata

2.514

Marzo 1995

Italtel
(STET)

40%

Siemens AG

 

1.000

Giugno 1995

ISE
(ILVA)

74%

Edison EDF

 

370

Luglio 1995

S.I.S.H
(ILVA)

44,9%

Sahavirya
Steel H.

 

159

Luglio 1995

Sahavirya Steel H.
(ILVA)

2,3%

Supatra Eaucheevalkul

 

109

Agosto 1995

SME residua 2

14,9%

Schemaventi e Crediop

Adesione OPA (lanciata da Schemaventi e Crediop)

341

I semestre 1995

Azioni TELECOM
(STET)

-

Mercato

Convers./Warrant

64

Ottobre 1995

SGS Thomson
(MEI)

11,3%

Mercato

 

277

II semestre 1995

Azioni TELECOM e TIM
(STET)

 

Mercato

Cessioni in borsa

500


 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Acquirente

Modalità di vendita

Ricavo lordo
(miliardi di lire)

1996

Febbraio 1996

DALMINE
(ILVA)

84,1%

Techint/Siderca

 

301

Maggio 1996

SME residua 3
inclusa Finanziaria AUTOGRILL

15,2%

Schemaventidue e Crediop

Adesione OPA

238
(di cui Finanziaria Autogrill: 117)

Giugno 1996

M.A.C.
(FINMECCANICA)

50%

Marconi (UK)

 

223

I semestre 1996

Azioni TELECOM e TIM
(STET)

 

Mercato

Cessioni in borsa

800
di cui:
TELECOM 304
TIM 496

Ottobre 1996

Nuova Portello S.r.l.
(FINTECNA)

100%

Cristallo S.r.l.

 

120

Dicembre 1996

Alfa Romeo Avio
(FINMECCANICA)

75%

FIAT Avio

 

200

Dicembre 1996

Space System Loral
(FINMECCANICA)

12,3%

LORAL

 

144

Dicembre 1996

Lucchini Siderurgica S.p.A.
(SOFINPAR)

40%

Lucchini S.p.A.

 

135

II semestre 1996

Azioni TELECOM e TIM
(STET)

 

Mercato

 

435
di cui:
TELECOM 325
TIM 110

II semestre 1996

Az. STET

 

Pubblico

Cessioni in borsa

145

1997

Aprile 1997

New Sultzer Diesel e Diesel Ricerche (FINCANTIERI)

100%
100%

Wartsila NSD Coorporation (Finlandia)

 

261

Aprile 1997

L.Q.S.S.
(Alenia - FINMECCANICA)

8,3%

Loral Space & Communication Inc.

 

136

Luglio 1997

Aeroporti di Roma
(COFIRI)

45%

Mercato

OPV

594

Luglio 1997

Galileo Inc. (Racom Teledata ALITALIA)

6,89%

Mercato

 

253

Dicembre 1997

Az. Banca di Roma

14,4%

Invest. Ist.
Invest. Stabili e Finanziari

Collocamento diretto di azioni

emissione prestito obbligazionario convertibile in azioni Banca di Roma (POC)

666

conversione POC:
353 nel 1998
2 nel 1999
872 nel 2000


 

Anno

Società ceduta

Quota ceduta %

Acquirente

Modalità di vendita

Ricavo lordo
(miliardi di lire)

1998

I semestre 1998

ALITALIA

18,38%

Pubblico

Collocamento diretto di azioni

787

I semestre 1998

Azioni Banca di Roma

 

Pubblico

Cessione di azioni

353

Ottobre 1998

EPBA
(FINMECCANICA)

62%

ABB

 

1.300

1999

Marzo 1999

Grandi Motori Trieste
(FINCANTIERI)

60%

Wartsila

 

95

Maggio 1999

Galileo Inc. (Racom Teledata ALITALIA)

1,44%

Mercato

 

125

Novembre 1999

AUTOSTRADE 1

30%
cessione al nucleo stabile

 

Trattativa diretta

4.911

Novembre 1999

AUTOSTRADE 1

56,6%

 

OPV
Inv. Ist.

8.105

Novembre 1999

Aeroporti di Roma

3%

Enti territoriali

 

100

2000

Maggio 2000

FINMECCANICA

43,7%

 

OPV
Offerta Ist.

10.659

Giugno 2000

Aeroporti di Roma

51,2%

Consorzio Leonardo

Procedura competitiva

2.572

I semestre 2000

Azioni Finmeccanica

 

 

Esercizio di warrant

350

I semestre 2000

Azioni Banca di Roma

 

 

Conversione di obbligazioni convertibili

210

I semestre 2000

Wartsila NSD
(FINCANTIERI)

15,4%

Metra Corporation

Trattativa privata

190

II semestre 2000

COFIRI

100%

Consorzio (Tosinvest, Finendo Faber factor e Senlado)

Procedura competitiva

984

II semestre 2000

Azioni Banca di Roma

 

 

Conversione di obbligazioni convertibili

664

 

*    Nella precedente tabella non sono state considerate le cessioni di importo limitato.

 


5.La “golden share”

Con il termine golden share si fa generalmente riferimento al potere di introdurre nello statuto delle società oggetto di privatizzazione poteri speciali del Governo. Tale istituto è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla già citata disciplina generale sulle privatizzazioni, dettata dal decreto-legge 13 maggio 1994, n. 332 ed è stato oggetto di diversi interventi di modifica volti a superare le censure sollevate a livello comunitario.

In realtà, oltre al decreto-legge n. 332, diversi interventi legislativi successivi hanno introdotto ulteriori diritti speciali in capo all’azionista pubblico: alcuni di essi sono previsti nella disciplina codicistica delle società, come riformata dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 e successivamente corretta in ragione della censure di incompatibilità con le disposizioni comunitarie.

Altri diritti sono contenuti in più recenti provvedimenti legislativi, come la legge finanziaria per il 2006, che ha introdotto la cd. poison pill.

 

Ulteriori disposizioni avevano poi introdotto poteri speciali nelle società a partecipazione pubblica del settore energetico (art. 1 del decreto-legge n. 192/2001) e sono state successivamente abrogate (legge 1 agosto 2006, n. 242), anche in tal caso per le censure intervenute a livello comunitario.

5.1.   La disciplina dei poteri speciali prevista dal decreto-legge n. 332/94

L’articolo 2 del decreto-legge n. 332/94 dispone che tra le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato operanti nei settori dei servizi pubblici - tra i quali sono indicati espressamente la difesa, i trasporti, le telecomunicazioni, le fonti di energia - sono individuate con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri quelle nei cui statuti, prima di ogni atto che determini la perdita del controllo, deve essere introdotta con deliberazione dell’assemblea straordinaria una clausola che attribuisca al Ministro dell’economia e delle finanze la titolarità di uno o più poteri speciali (comma 1)

Tale disciplina si applica anche alle società controllate direttamente o indirettamente da enti pubblici, individuate con provvedimento dell’ente pubblico partecipante, al quale verranno riservati altresì i poteri speciali in questione (comma 3).

 

La legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003: art. 4, commi 227-231) ha operato una generale revisione dei poteri speciali, introducendo altresì nuove disposizioni volte a specificare le relative modalità di esercizio, a seguito delle censure intervenute a livello comunitario tanto con riferimento alla disciplina originaria quanto con riferimento alle modifiche apportate dalla legge finanziaria per il 2000. Ciò nondimeno, anche la nuova disciplina è stata oggetto di rilievi da parte della Commissione europea.

 

In particolare, la Corte di Giustizia, con sentenza pronunciata il 23 maggio 2000, ha dichiarato la normativa relativa ai poteri speciali originariamente contenuta nel decreto-legge n. 332/94 in contrasto con le disposizioni del Trattato CE relative al diritto di stabilimento (art. 43 Trattato CE), alla libera prestazione dei servizi (art. 49) e alla libera circolazione dei capitali (art. 56)[26].

In un secondo tempo, con riferimento alla normativa intervenuta successivamente alla prima procedura di infrazione (articolo 66, comma 3 della legge n. 488/1999 - Legge finanziaria per il 2000 - e, in attuazione della citata disposizione, D.P.C.M. 11 febbraio 2000), la Commissione ha di nuovo inviato, nel febbraio 2003, una lettera di messa in mora al Governoitaliano, nella quale è stata prospettata la violazione degli articoli 43 e 56 del Trattato CE[27].

Il Governo italiano, nelle osservazioni inviate alla Commissione il 4 giugno 2003, si era, tra l’altro, impegnato a procedere in tempi rapidi a una modifica della regolamentazione nazionale in materia di esercizio dei poteri speciali, così da restringere la portata di tali poteri e renderli pienamente conformi ai principi del diritto comunitario e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

A seguito di tali impegni sono intervenute le modifiche disposte dalla legge finanziaria per il 2004.

 

L’individuazione delle società nei cui statuti, prima della perdita del controllo da parte dello Stato, debbano essere inserite clausole che comportino l’attribuzione di poteri speciali al Ministro dell’economia e delle finanze, è rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di intesa con il Ministro delle attività produttive (ora per lo sviluppo economico) e con i Ministri competenti per settore, e previamente comunicato alle competenti Commissioni parlamentari.

L’esercizio dei poteri speciali è affidato al Ministro dell’economia e delle finanze, di intesa con il Ministro delle attività produttive (ora Ministro per lo sviluppo economico).

 

Le società individuate con D.P.C.M. nei cui statuti è stata prevista l’introduzione di poteri speciali a favore del Governo sono le seguenti:

-       STET S.p.A. e Telecom Italia S.p.a. (D.P.C.M. 21 marzo 1997)[28];

-       ENEL S.p.A. (D.P.C.M. 17 settembre 1999);

-       Finmeccanica S.p.A. (D.P.C.M. 28 settembre 1999);

-       SNAM RETE GAS S.p.A. (D.P.C.M. 23 marzo 2006).

 

I contenuti e gli effetti dei poteri speciali (articolo 2, comma 1, lettere a-d) della legge n. 474/1994 sono così riassumibili:

a)      il potere da parte del Ministro dell’economia di opporsi all’assunzione di partecipazioni rilevanti, cioè pari almeno al 5% del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto nell’assemblea ordinaria (art. 2, comma 1, lett. a)). Ai fini della definizione di partecipazioni rilevanti il Ministro può, peraltro, anche stabilire, con proprio decreto, una percentuale più bassa[29].

L’opposizione deve essere espressa entro dieci giorni dalla comunicazione dell’acquisto della partecipazione, che deve essere effettuata dagli amministratori della società al momento della richiesta di iscrizione nel libro dei soci.

Inoltre, l’esercizio dell’opposizione deve essere debitamente motivato dal Ministroin ragione del fatto che questi ravvisi nell’assunzione di partecipazioni rilevanti un pregiudizio concreto agli interessi vitali dello Stato[30].

Il potere è esercitato con riferimento alla singola operazione ed è altresì esercitabile quando il limite fissato per l’individuazione di una partecipazione rilevante sia raggiunto o oltrepassato attraverso ripetuti e distinti atti di acquisto (legge n. 350/2003: art. 4, comma 228).

In caso di esercizio del potere di opposizione con provvedimento motivato, il cessionario che comunque eserciti i diritti di voto e quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante deve cedere le stesse azioni entro un anno. In caso di mancata ottemperanza, il tribunale, su richiesta del Ministro dell'economia e delle finanze, ordina la vendita delle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante, secondo le procedure di cui all'articolo 2359-ter del codice civile[31].

Il provvedimento con il quale è esercitato il potere di opposizione è l’impugnabile dal cessionario, entro 60 giorni, dinnanzi al tribunale regionale amministrativo del Lazio.

 

Il potere di opposizione può inoltre essere esercitato ogniqualvolta insorga l'esigenza di tutelare "sopravvenuti motivi imperiosi di interesse pubblico" (legge n. 350/2003: art. 4, comma 228).

In questa ipotesi, il potere di opposizione deve essere esercitato dieci giorni dal loro concreto manifestarsi e deve essere esplicitamente motivato con riferimento alla data in cui le ragioni che lo giustificano si sono manifestate;

 

b)      il potere di opporsi alla conclusione di patti parasociali (art. 2, comma 1, lett. b)), nel caso in cui gli aderenti al patto rappresentino almeno il 5 per cento del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria. Il Ministro, con proprio decreto, può peraltro fissare una percentuale minore[32].

La CONSOB informa il Ministro dei patti e degli accordi rilevanti ai fini dell’esercizio del potere medesimo, di cui essa abbia comunicazione in conformità alle previsioni del Testo unico sull’intermediazione finanziaria[33]. L’esercizio del potere di opposizione ha luogo entro dieci giorni dalla comunicazione della CONSOB.

Come per il potere di cui alla lettera a), l’opposizione è manifestata in un provvedimento debitamente motivato in relazione al concreto pregiudizio che il patto arrechi ad interessi vitali dello Stato[34].

In caso di opposizione del Ministro, gli accordi sono inefficaci. Nel caso in cui dal comportamento in assemblea dei soci aderenti al patto si desuma il mantenimento degli impegni assunti, sono impugnabili le delibere per le quali il voto di tali soci sia risultato determinante.

Anche il provvedimento ministeriale di opposizione alla conclusione di patti parasociali è impugnabile entro sessanta giorni dai soci aderenti al patto dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

 

Anche in tal caso il potere di opposizione può essere esercitato ogniqualvolta insorga l'esigenza di tutelare "sopravvenuti motivi imperiosi di interesse pubblico" (legge n. 350/2003: art. 4, comma 228).

Il potere deve essere esercitato dieci giorni dal loro concreto manifestarsi e deve essere esplicitamente motivato con riferimento alla data in cui le ragioni che lo giustificano si sono manifestate;

 

c)      il potere di veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o, comunque, di particolare rilevanza (art. 2, comma 1, lett. c)). Si tratta delle delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all'estero, di cambiamento dell'oggetto sociale e delle delibere volte a modificare lo statuto, sopprimendo o modificando i poteri speciali.

L’esercizio del potere di veto deve essere motivato in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato.

Il provvedimento con cui viene esercitato il potere è impugnabile dai soci dissenzienti entro 60 giorni dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

Ai soci dissenzienti dalle deliberazioni che introducono questo potere speciali è riconosciuto il diritto di recesso (art. 2, comma 2);

 

d)      il potere di nomina di un amministratore senza diritto di voto da parte del Ministro dell’economia e delle finanze (art. 2, comma 1, lett. d)).

 

L’individuazione delle società dai cui statuti deve essere eliminata la clausola di attribuzione al Ministro dell'economia e delle finanze di uno o più dei poteri speciali è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro per lo sviluppo economico e con i Ministri competenti per settore. L’eliminazione avviene con deliberazione dell'assemblea straordinaria (legge n. 350/2003: art. 4, comma 229).

 

La legge finanziaria 2004 ha demandato inoltre ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - adottato su proposta dei Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive – l’individuazione dei criteri di esercizio dei poteri speciali,limitando il loro utilizzo ai soli casi di pregiudizio degli interessi vitali dello Stato (articolo 4, comma 230).

È stato conseguentemente adottato il D.P.C.M. 10 giugno 2004 che haindividuato i criteri per l’esercizio dei poteri speciali di opposizione all’assunzione di partecipazioni rilevanti, di opposizione alla conclusione di accordi parasindacali e di veto su determinate delibere.

Il D.P.C.M. 10 giugno 2004, che sostituisce il precedente D.P.C.M. 11 febbraio 2000, condiziona l’esercizio dei poteri speciali a rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, con particolare riferimento all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla sanità pubblica e alla difesa. Sancisce altresì, rispetto alla tutela di tali interessi, un principio di proporzionalità, da concretizzarsi anche mediante l'eventuale previsione di opportuni limiti temporali all’esercizio dei poteri speciali, fermo restando il rispetto dei princìpi dell'ordinamento interno e comunitario, e tra questi il principio di non discriminazione.

In particolare, per l’esercizio di tali poteri, devono verificarsi le seguenti circostanze:

a)      grave ed effettivo pericolo di approvvigionamento nazionale minimo di prodotti petroliferi ed energetici, nonché di erogazione dei servizi connessi e conseguenti e, in generale, di materie prime e di beni essenziali alla collettività, nonché di un livello minimo di servizi di telecomunicazione e di trasporto;

b)      grave ed effettivo pericolo in merito alla continuità di svolgimento dell'esercizio di un servizio pubblico, nonché al perseguimento della missione affidata alla società nel campo delle finalità di interesse pubblico;

c)      grave ed effettivo pericolo per la sicurezza degli impianti e delle reti nei servizi pubblici essenziali;

d)      grave ed effettivo pericolo per la difesa nazionale, la sicurezza militare, l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica;

e)      emergenze sanitarie.

 

Come già detto, anche tale nuova disciplina è stata oggetto di censure da parte della Commissione europea.

In particolare, in data 13 ottobre 2005, la Commissione ha adottato un parere motivato nei confronti dello Stato Italiano, nel quale, pur riconoscendo che la normativa di riforma “sostituisce la precedente procedura (..) con un diritto di opposizione meno restrittivo”, ha ritenuto “ingiustificati i restanti controlli sull’assetto proprietario delle società privatizzate e sulle decisioni di gestione[35], valutandoli sproporzionati rispetto al loro scopo e costituenti ingiustificate limitazioni alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento (articoli 56 e 43 TCE). Ha pertanto invitato l’Italia a modificare nuovamente la legislazione.

La risposta delle autorità italiane è stata inviata nel dicembre 2005.

Tale risposta non è stata valutata tale da permettere l’arresto della procedura. In data 28 giugno 2006, l’Italia è stata deferita alla Corte di giustizia.

Il relativo procedimento innanzi alla Corte non risulta, però, allo stato, incardinato.

La golden share nell’ordinamento comunitario. La normativa sui poteri speciali italiana si ricollega agli istituti della "golden share" o "action spécifique" degli ordinamenti inglese e francese.

Tali istituti rispondono all’esigenza che, nella dismissione di imprese che incidono su interessi pubblici rilevanti, lo Stato si riservi la possibilità di esercitare poteri penetranti relativi alla composizione azionaria e alle scelte di maggior rilievo di competenza degli organi societari, anche dopo aver ceduto il controllo proprietario.

D’altra parte la disciplina sulla golden share introdotta in diversi ordinamenti nazionali può presentare profili di incompatibilità con i princìpi dell’ordinamento comunitario relativi al diritto di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali, in quanto conferisce al Governo nazionale il potere discrezionale di impedire operazioni di acquisto di partecipazioni azionarie e altre operazioni di carattere straordinario.

Per definire i criteri in base ai quali la disciplina della golden share può risultare compatibile con l’ordinamento comunitario, la Commissione europea ha adottato un’apposita comunicazione (comunicazione CE 97/C 220/06)[36] con la quale si afferma che l'esercizio dei poteri speciali, che deve comunque essere attuato senza discriminazioni, è ammesso se si fonda su "criteri obiettivi, stabili e resi pubblici" e se è giustificato da "motivi imperiosi di interesse generale". In ogni caso, secondo quanto indicato dalla Commissione europea, la definizione dei poteri speciali deve rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire deve attribuire allo Stato solo quei poteri strettamente necessari per il conseguimento dell'obiettivo perseguito.

Gli indirizzi contenuti nella comunicazione hanno costituito la base per l’avvio da parte della Commissione delle procedure di infrazione nei confronti delle disposizioni della legge n. 494/1994 recanti la disciplina dei poteri speciali (procedure di infrazione in materia di golden share hanno riguardato anche il Portogallo, il Regno Unito, la Francia e il Belgio).

5.2.   Altre clausole statutarie speciali previste dal decreto-legge n. 332/94

L’articolo 3 del citato decreto-legge n. 332/1994 ha altresì previsto la possibilità di inserire altre clausole statutarie speciali nello statuto delle società operanti nel settore dei servizi pubblici, delle banche e delle imprese di assicurazione controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici.

Con tali clausole, immodificabili per un periodo di tre anni, si fissa un limite massimo di possesso azionario nei confronti del singolo socio, del suo nucleo familiare (comprendente il socio stesso, il coniuge non separato legalmente e i figli minori) e del gruppo di appartenenza.

 

Per tale si intende il soggetto, anche non avente forma societaria, che esercita il controllo, le società controllate e quelle controllate da uno stesso soggetto controllante, nonché le società collegate.

 

Tale limite di possesso di possesso azionario, per le società operanti nei servizi pubblici, è del 5 per cento.

Il limite si applica anche ai soggetti che, direttamente o indirettamente, aderiscono a patti parasociali che coinvolgono almeno il 10 per cento del capitale di società quotate o il 20 per cento del capitale di società non quotate.

Il superamento del limite così stabilito comporta il divieto di esercitare il diritto di voto e i diritti non aventi contenuto patrimoniale per le partecipazioni che eccedono il limite stesso.

 

La clausola con cui si impone un limite al possesso azionario decade se il limite sia superato per effetto di un’offerta pubblica di acquisto da cui derivi l’assunzione della maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria.

In connessione con la clausola relativa al limite del possesso azionario, il decreto-legge n. 332/1994, all’articolo 4, ha previsto l’introduzione di una ulteriore clausola, con la quale si stabilisce che l’elezione degli amministratori abbia luogo mediante voto di lista. Questa clausola è rivolta a tutelare le minoranze azionarie: alle liste di minoranza deve essere infatti riservato complessivamente almeno un quinto degli amministratori e un rappresentante del collegio sindacale.

 

La disciplina sui limiti massimi di possesso azionario è stata successivamente integrata in maniera significativa dalla disciplina, contenuta nella legge finanziaria 2006, sulla cd. poison pill.

5.3.   La “poison pill”

La legge finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266: art 1, commi 381-384) ha introdotto la facoltà per le società in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante di emettere azioni e strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono il diritto a chiedere l’emissione di nuove azioni o strumenti partecipativi muniti di diritto di voto.

È stato così introdotto nell’ordinamento italiano uno strumento, esistente anche in ordinamenti esteri, che, in caso di offerta pubblica di acquisto riguardante società partecipate dalla mano pubblica, permetterebbe di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata.

 

Più specificamente, gli statuti delle società a rilevante partecipazione statale possono prevedere l’emissione di strumenti finanziari partecipativi ovvero creare categorie di azioni che attribuiscono all’assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di richiedere, a favore di questi ultimi, l’emissione di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria, nella misura determinata dallo statuto.

 

Sono dunque utilizzati a questo effetto i nuovi istituti previsti dalla riforma del diritto societario. Infatti, il conferimento di tali diritti può essere realizzato:

-       mediante strumenti finanziari partecipativi contemplati dall’articolo 2346, sesto comma, del codice civile (strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche amministrativi particolari);

-       mediante categorie di azioni con diritti speciali create, anche a seguito di conversione di parte delle azioni esistenti, sulla base dell’articolo 2348 del codice civile [37].

 

Le clausole statutarie inserite in virtù delle disposizioni richiamate possono essere modificate con le maggioranze previste per le modifiche statutarie. Esse sono inoltre inefficaci ove manchi l’approvazione dell’assemblea speciale dei titolari di tali strumenti.

Lo statuto delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può altresì subordinare all’approvazione da parte dell’assemblea speciale dei titolari delle azioni o degli strumenti sopra descritti l’efficacia delle deliberazioni di modifica delle clausole introdotte ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge n. 332/94 che stabiliscono un limite massimo al possesso di quote di partecipazione (e che comunque rimangono immodificabili per il primo triennio in cui sono state inserite) (cfr. a pag.

Il limite al possesso di quote partecipative sancito dall’articolo 3 del D.L. n. 332 del 1994, nel caso in cui per una sua modifica sia necessaria l’approvazione dell’assemblea speciale suddetta, non decade neppure qualora venga superato a seguito di offerta pubblica d’acquisto.

Comunque, la previsione del limite massimo del possesso azionario previsto dall’articolo 3 del D.L. n. 332, cessa di avere effettouna volta sopravvenute l’approvazione comunitaria delle disposizioni italiane sulla “poison pill” e le modifiche statutarie apportate in attuazione delle disposizioni medesime.

 

Come già detto, dunque, la disciplina in questione è suscettibile di produrre un effetto anti-scalata avverso le offerte pubbliche di acquisto di cui è oggetto la società a rilevante partecipazione statale.

La previsione di una consultazione da parte della Commissione europea è dunque giustificabile in ragione della opportunità di una verifica preventiva circa la sua compatibilità con le norme comunitarie e, in particolare, con il principio di libera circolazione dei capitali. La Commissione non si è peraltro ancora pronunciata.

 

Con riferimento alla disciplina comunitaria vigente, si ricorda, comunque, che la direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, interviene in tema di offerte pubbliche di acquisto (OPA)[38], prevedendo, tra l’altro, che gli Stati membri adottino norme recanti i seguenti obblighi:

-       l’obbligo per l’organo di amministrazione della società emittente di ottenere l'autorizzazione preventiva dell'assemblea generale degli azionisti prima di intraprendere qualsiasi atto od operazione che possa contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'OPA (ad eccezione della ricerca di altre offerte), e, in particolare, l’obbligo di ottenere l’autorizzazione preventiva prima di procedere all'emissione di azioni che possano avere l'effetto di impedire durevolmente all'offerente di acquisire il controllo della società emittente (articolo 9 della Dir. 2004/25/CE) (cd. passivity rule) (articolo 9).

Quanto sopra trova peraltro una sua attenuazione nella previsione che gli Stati membri possono, alle condizioni stabilite dagli ordinamenti nazionali, prevedere un esonero dall’obbligo di richiedere la suddetta autorizzazione preventiva, qualora la società sia oggetto di un’OPA lanciata da un’altra società che non applica lo stesso obbligo (o da una società controllata, direttamente o indirettamente, da quest'ultima) (articolo 12);

-       l’obbligo per le società di pubblicare informazioni dettagliate riguardanti qualsiasi restrizione al trasferimento di titoli, ad esempio limitazioni al possesso di titoli o l'obbligo di autorizzazione della società o di altri possessori di titoli (articolo 10).

5.4.   Altri poteri speciali nella legislazione vigente

Ulteriori diritti speciali in capo all’azionista pubblico sono previsti nella disciplina codicistica delle società, come riformata dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6.

L’articolo 2449 del codice civile dispone che se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza. Questi soggetti, così nominati, hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea e possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. La norma fa salve le disposizioni delle leggi speciali.

La norma dunque attribuisce ai membri nominati, con le modalità sopra dette, dallo Stato o dagli enti pubblici una particolare “resistenza”, potendo essi essere revocati esclusivamente dagli enti che li hanno nominati. Inoltre, tale potere di nomina da parte dello Stato o degli enti pubblici è concesso a prescindere dalla quota azionaria posseduta, che può quindi anche essere di minoranza.

 

La Corte di giustizia delle Comunità europee è stata adita nel settembre 2004 dal TAR Lombardia con una questione interpretativa pregiudiziale sull’articolo 2449 del codice civile.

In particolare, il giudice del rinvio ha rilevato dubbi circa la conformità dell’art. 2449 del codice civile in applicazione combinata con l’articolo 4 del decreto-legge n. 332/94 rispetto all’articolo 56 del trattato CE, in materia di libera circolazione dei capitali.

Le conclusioni dell’Avvocato generale sono state presentate il 7 settembre 2006 (Cause riunite C-463/04 e C-464/04)[39]. L’avvocato generale ha concluso nel senso che “una normativa nazionale in forza della quale solo lo Stato e gli enti pubblici possono fruire di poteri speciali, equivale (..) ad una restrizione della circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 56 CE”. Ciò vale non solo per le disposizioni legislative che conferiscono poteri speciali direttamente allo Stato, ma anche per le norme nazionali che, specificamente a favore dello Stato, consentono che tali poteri siano inseriti nello statuto societario[40].

 

Inoltre, con riferimento all’articolo 2449 e all’articolo 2450 del codice civile (ora abrogato), la Commissione ha avviato una procedura di infrazione (n. 2006/2104) costituendo in mora lo Stato italiano per violazione degli articoli 43 e 56 del TCE.

Il 12 dicembre 2006 è stata in particolare inviata una lettera di messa in mora complementare, con la quale non sono state dichiarate sufficienti le giustificazioni fornite dall’Italia in risposta alla prima lettera di messa in mora. In particolare, la Commissione ha richiamato le sopra citate conclusioni dell’Avvocato generale del 6 settembre 2006.

 

La riforma del diritto societario (D.Lgs. n. 6/2003) aveva infatti modificato, oltre all’articolo 2449, anche l’articolo 2450 del codice civile, ora abrogato dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 10/2007[41]. L’articolo disponeva l’applicazione delle disposizioni dell'articolo precedente anche nel caso in cui la legge o lo statuto attribuisse allo Stato o a enti pubblici, anche in mancanza di partecipazione azionaria, la nomina di uno o più amministratori o sindaci o componenti del consiglio di sorveglianza, salvo che la norma primaria non disponesse diversamente. Inoltre, qualora uno o più sindaci fossero nominati dallo Stato, il presidente del collegio sindacale doveva essere scelto tra essi.

5.5.    Poteri speciali per le società a partecipazione pubblica del settore energetico

Per ciò che invece attiene agli specifici poteri speciali previsti nelle norme relative alle partecipazioni nelle società del settore energetico (elettricità e gas), il decreto legge n. 192/2001[42] recante «Disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici», disponeva, all’articolo 1, la sospensione automatica dei diritti di voto per le partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale di imprese operanti nei settori dell’elettricità e del gas, quando tali partecipazioni fossero acquisite da imprese pubbliche non quotate in mercati finanziari regolamentati e titolari di una posizione dominante nel proprio mercato nazionale.

Con sentenza del 2 giugno 2005 (causa C-174/04), la Corte di giustizia dichiarava che l’Italia veniva meno agli obblighi su di essa incombenti ai sensi dell’art. 56 TCE, mantenendo in vigore il suddetto decreto n. 192.

Secondo la Corte di Giustizia, siffatta normativa aveva per effetto di dissuadere in particolare le imprese pubbliche aventi sede in altri Stati membri dall’acquisire azioni in tali imprese.

In data 14 maggio 2005 l’Italia ha dunque adottato il decreto-legge n. 81[43], il quale, introducendo il comma 3-bis, all’articolo 1 del D.L. n. 192, ha escluso l’applicazione della sospensione automatica dei diritti di voto verso quei soggetti, controllati direttamente o indirettamente da uno Stato membro dell'Unione europea o dalle sue amministrazioni pubbliche, titolari nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante, e dei quali le competenti Autorità avessero avviato le procedure per la privatizzazione, qualora fossero definite con il Governo italiano intese per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e per l'apertura del mercato, a condizioni di reciprocità.

La Commissione ha ritenuto tali modifiche, attenuative della previsione iniziale contenuta nel decreto-legge n. 192, non sufficienti per dare piena attuazione alla sentenza della Corte. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 228 del trattato CE, ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora, con la quale ha sollecitato informazioni complete sull’esecuzione della sentenza della Corte, ed in seguito ha emesso un parere motivato con il quale ha chiesto formalmente all’Italia di conformarsi alla sentenza della Corte.

La legge 1° agosto 2006, n. 242[44], ha abrogato sia il decreto-legge n. 192/2001 che il decreto legge n. 81/2005, conformandosi così pienamente alla sentenza della Corte.

A seguito di tali abrogazioni, la Commissione, in data 12 ottobre 2006, ha chiuso la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.

 


6.Il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato

La legge 27 ottobre 1993, n. 432 - successivamente modificata dall'articolo 1 del D.L. 8 gennaio 1996, n. 6 (legge n. 110/1996) e dai commi 181-182 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato alla manovra di finanza pubblica per il 1997) - ha istituito il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato con l’obiettivo di destinare i proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico.

Attualmente il Fondo è disciplinato dal Capo III del Titolo I (artt. 44-52) del D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 396 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico” (Testo A).

Le finalità per le quali possono essere utilizzate le disponibilità del Fondo sono le seguenti (art. 48 del D.Lgs. n. 396/2003):

§      acquisto sul mercato secondario di titoli del debito pubblico da destinare ad immediato annullamento, in modo da ridurre la consistenza complessiva dei titoli di Stato in circolazione;

§      rimborso di titoli di Stato in scadenza;

§      acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione (modifica introdotta dal comma 182 dell'articolo 2 della legge n. 662/1996)[45].

Ai sensi dell’art. 45, del D.Lgs. n. 396/2003, le risorse finanziarie di cui il Fondo può disporre sono individuate in:

a)      titoli di Stato corrisposti dagli acquirenti come prezzo dovuto per la vendita di beni del patrimonio immobiliare ovvero di partecipazioni dello Stato;

b)      proventi relativi alla vendita di partecipazioni dello Stato[46]; sono in ogni caso esclusi i proventi derivanti dalle dismissioni immobiliari;

c)      gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato, nei limiti stabiliti dai rispettivi provvedimenti legislativi;

d)      eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze;

e)      proventi derivanti da donazioni o da disposizioni testamentarie, comunque destinate al conseguimento delle finalità del Fondo;

f)        proventi derivanti dalla vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall'autorità giudiziaria e corrispondenti a somme sottratte illecitamente alla pubblica amministrazione;

g)      importo fino a lire 30.000 miliardi di lire a valere sull'autorizzazione ad emettere titoli pubblici in Italia e all'estero nell’ambito dell’importo massimo pari a 189.000 miliardi di lire, al netto dei titoli da rimborsare, stabilito dall'articolo 3, comma 5, della legge n. 539/1993[47].

Le somme destinate al Fondo affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato[48], per essere poi trasferiti ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia (capitolo 9565 dell’UPB 3.3.9.7) ed essere infine accreditate presso la Banca d'Italia, in un conto intestato appunto al Fondo.

Il Fondo di ammortamento è amministrato dal Ministro dell’economia, coadiuvato, da un Comitato consultivo composto dal Direttore generale del Tesoro, con funzioni di presidente, dal Ragioniere generale dello Stato, dal Direttore dell’Agenzia delle entrate e dal Direttore dell’Agenzia del demanio (art. 44, comma 2, del D.Lgs. n. 396/2003).

 

I criteri e le modalità per la gestione del Fondo sono definiti dall’articolo 46 del D.Lgs. n. 396/2003.

In particolare, il comma 1 precisa che le disponibilità affluite al Fondo debbono essere interamente impiegate nell'acquisto di titoli di Stato o nel rimborso di titoli in scadenza a decorrere dal 1995, nonché per l'acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione.

Le operazioni di acquisto dei titoli sono effettuate per il tramite della Banca d'Italia o di altri intermediari abilitati[49].

Le modalità di utilizzo delle somme depositate nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato sono state definite con i decreti del Ministro del tesoro 13 ottobre 1995, 13 novembre 1995, 27 maggio 1996, 21 luglio 2000, e da ultimo, con il D.M. economia 29 maggio 2001.

Sulle giacenze del Fondo la Banca centrale corrisponde semestralmente interessi calcolati sulla base di un tasso pari a quello medio dei Buoni ordinari del Tesoro emessi nel semestre precedente (articolo 46, comma 3 del D.Lgs. n. 396/2003).

 

Gli interessi maturati sulle giacenze, unitamente ai proventi delle dismissioni, costituiscono le voci più rilevanti degli importi che complessivamente affluiscono al Fondo per essere successivamente utilizzati nell'acquisto di titoli di Stato.

A tali disponibilità si è aggiunta l'entrata una tantum costituita dal controvalore di un’emissione straordinaria di titoli autorizzata dall'articolo 3 della legge n. 539/1993.

Infine, è esteso al Fondo il divieto di sequestro, pignoramento, opposizione e di altre misure cautelari previsto per quanto concerne le disponibilità del conto "Disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria", sul quale vengono giornalmente registrate le operazioni di introito e di pagamento connesse con il servizio di tesoreria, gestito dalla Banca d'Italia.

Le informazioni circa la gestione del Fondo sono contenute nella Relazione presentata annualmente dal Ministro dell’economia e finanze, riportata in allegato al conto consuntivo dello stato di previsione del Ministero dell’economia, ai sensi dell’art. 44, comma 3, Testo unico in materia di debito pubblico.

L'ultima Relazione è stata presentata nel giugno 2006 ed è riferita alla gestione 2005.

Le operazioni di privatizzazione dal 1994

Secondo i dati contenuti nella Relazione al Parlamento sull’amministrazione del “Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato” contenuta nel Rendiconto relativo all’esercizio 2005, dal 1994 (primo anno di esercizio) al 31 dicembre 2005, le entrate complessive del bilancio dello Stato, provenienti dai capp. 4055 e 3330, da destinare al Fondo, ammontano a 116,6 miliardi di euro, nell’ambito delle quali le entrate da privatizzazioni risultano pari a 111,2 miliardi di euro.

Nel medesimo periodo sono state complessivamente accreditate sul conto intestato al Fondo (al netto degli interessi maturati) risorse per un importo pari a 119.638 (mentre gli interessi ammontano a 1.577 milioni) [50]


 

Entrata in bilancio

Provenienza

Valore
(miliardi di lire fino al 2001, milioni di euro dal 2002 in poi)

Trasferimento al Fondo

Febbraio 1994

IMI 1

1.593

Dicembre 1994


Luglio 1994

INA 1

4.327

Dicembre 1994

Luglio 1995

IMI 2

913

Settembre 1995

Febbraio 1995

INA 1

2

Giugno 1995

Ottobre 1995

INA 2

1.682

Dicembre 1995

Dicembre 1995

ENI 1

5.756

Marzo 1996

Giugno 1996

IMI 3

493

Settembre 1996

Novembre 1996

ENI 2

7.286

Febbraio 1997

Dicembre 1996

ENI 2

1.158

Febbraio 1997

Marzo-Luglio 1997

ENI 3

13.173

Ottobre 1997

Giugno 1997

San Paolo Torino

277

Ottobre 1997

Novembre 1997

Gennaio 1998

Telecom

Telecom (green shoe, prest. azion.)

15.932
3.947
2.445

Novembre 1997

Giugno 1998

Novembre 1997

SEAT

1.631

Febbraio 1998

Novembre 1997

Vendita immobili

2

Settembre 1998

Gennaio 1998

ENI 2 – svincolo importi pignorati

6

Giugno 1998

Gennaio 1998

Banco di Napoli

47

Settembre 1998

Maggio 1998

Conguaglio azioni SEAT

10

Dicembre 1999

Giugno 1998

Recupero per erroneo pagamento IVA alla società Morgan & Stanley per privatizzazione Telecom

6

Settembre 1998

Luglio 1998

ENI 4

11.557

Settembre 1998

Luglio 1998

ENI 4 (green shoe)

1.141

Settembre 1998

Luglio 1998

Titoli convertiti in azioni INA (INA 3)

1.103

Settembre 1998

Dicembre 1998

BNL offerta globale

3.454

Dicembre 1998

Dicembre 1998

BNL nucleo stabile

2.576

Dicembre 1998

Gennaio 1999

BNL (green shoe)

547

Maggio 1999

Dicembre 1998

Versamento accantonamento oneri

106

Febbraio 1999

Marzo 1999

Titoli convertiti in azioni INA (INA 3)

982

Ottobre 1999

Agosto 1999

Titoli convertiti in azioni INA (INA 3)

237

Dicembre 2000

Novembre 1999

ENEL

29.713

Novembre 1999

Dicembre 1999

ENEL (green shoe)

1.710

Aprile 2000

Dicembre 1999

Mediocredito Centrale

3.904

Aprile 2000

Gennaio 2000

UNIM (Società immobiliare Gruppo INA)

42

Aprile 2000

Febbraio 2000

Titoli convertiti in azioni INA (INA 3)

1.193

Luglio 2000

Maggio 2000

Credito Industriale Sardo – CIS

42

Settembre 2000

Luglio 2000

Meliorbanca

29

Dicembre 2000

Settembre 2000

Mediocredito Lombardo

75

Gennaio 2001

Novembre 2000

IRI Anticipo di liquidazione

8.000

Marzo 2001

Settembre 2000

Titoli convertiti in azioni INA (INA 3)

35

Dicembre 2001

Dicembre 2000

Banco di Napoli (OPA del San Paolo)

956

Marzo 2001

Dicembre 2000

Licenze UMTS (90%)

20.736

Dicembre 2000

Febbraio 2001

ENI 5

5.226

Marzo 2001

Febbraio 2001

Privatizzazione Meliorbanca (differenza)

29

Aprile 2001

Marzo 2001

IRI Anticipo di liquidazione

3.000

Aprile 2001

Giugno 2001

Dismissione azioni S. Paolo IMI (quota residua)

105

Novembre 2001

Giugno 2001

Azioni Beni stabili

4

Novembre 2001

Luglio 2001

Azioni Mediocredito centrale

2

Novembre 2001

Novembre 2001

Licenze UMTS (2° versam. e interessi)

638

Novembre 2002

 

Altre operazioni minori

3

 

TOTALE ENTRATE PRIVATIZZAZIONI 1994-2001   (miliardi di lire)

157.838

al 31/12/2002

                                                                                 (milioni di euro)

81.517

 

Dicembre 2001

BNL (quota residua)

76,9

Dicembre 2002

Gennaio 2002

Cariverona

0,3

Dicembre 2002

Gennaio 2002

Mediovenezie

0,1

Dicembre 2002

Febbraio 2002

Mediocredito Toscano

17,7

Dicembre 2002

Aprile 2002

Ina-Generali

76,9

Maggio 2003

Maggio 2002

Mediocredito Fondiario Centroitalia

5,6

Maggio 2003

Dicembre 2002

Telecom (quota residua)

1.431

Maggio 2003

Ottobre 2003

Mediocredito Friuli Venezia Giulia (quota residua)

59

Novembre 2003

Novembre 2003

ENEL (II tranche)

2.170

Novembre 2003

Dicembre 2003

ETI Spa

2.310

Agosto 2004

Dicembre 2003

Cessione alla CDP di quote ENEL, ENI e Poste Italiane Spa

10.991

Agosto 2004

Dicembre 2003

Cassa Depositi e Prestiti

1.050

Agosto 2004

TOTALE ENTRATE PRIVATIZZAZIONI 1994-2003 (milioni di euro)

99.706

al 31/12/2003

Gen-dic. 94-feb. 95

Utili e dividendi

76

Ott.-Dic. 1995

Ottobre 1999

Assegnazioni straordinarie (Riserve ENEL)

4.422

Novembre 1999

Dicembre 1999

Assegnazioni straordinarie (Riserve IRI)

2.107

Aprile 2000

 

Versamenti volontari

7

 

Altre entrate Fondo 1994-2001                           (miliardi di lire)

6.612

 

                                                                                 (milioni di euro)

3.415

 

ottobre 2003

Parziale distribuzione avanzo di fusione FINTECNA

1.450

Ottobre 2003

-

Quota Rateizzazione frequenze UMTS

284

Luglio 2004

Aprile 2004

Coopercredito Spa

15,3

Agosto 2004

Ottobre 2004

Privatizzazione Enel (III tranche)

7.500

Aprile 2005

TOTALE ENTRATE PRIVATIZZAZIONI 2004          (milioni di euro)

7.515

 

-

Dismissione quota Demanio Servizi S.p.A.

0,02

Ottobre 2005

Maggio 2005

Vendita quota maggioranza FIME S.p.A.

4,3

Ottobre 2005

Luglio 2005

Quota OPA volontaria azioni proprie Telecom Italia Media S.p.A.

0,9

In attesa di trasferimento

Luglio 2005

Privatizzazione ENEL (IV Tranche)

4.020

Ottobre 2005

Agosto 2005

Vendita azioni Finmeccanica eccedenti rispetto al lotto intero

0,00001

Novembre 2006

Novembre 2005

Cessione diritti di opzione Alitalia S.p.A.

11

Novembre 2006

-

Quota rateizzazione frequenze UMTS

165,4

Dicembre 2005

Totale entrate per privatizzazioni 2005 (milioni di euro)

4.036

 

2006

 

 

Nel corso del primo e del secondo semestre del 2006 non sono state effettuate operazioni di dismissione

 

 

TOTALE ENTRATE PER PRIVATIZZAZIONI A TUTTO IL 31.12.2005 (milioni di euro)

111.257

 

 

Disponibilità del Fondo e operazioni di acquisto dei titoli di Stato

Si illustrano di seguito i dati più rilevanti relativi alle disponibilità del Fondo e alle operazioni di acquisto dei titoli di Stato effettuate negli anni attraverso di esso.

1994

Nel 1994, primo anno di attività del Fondo, sono affluiti al Fondo 5.920 miliardi di lire, di cui 1.593 miliardi relativi alla prima tranche della privatizzazione dell'IMI e 4.327 provenienti dalla prima tranche di dismissioni INA.

In tale anno non sono state fatte operazioni di riacquisto di titoli di Stato.

1995

Nel 1995 sul Fondo per l'ammortamento del debito pubblico sono affluiti i proventi delle privatizzazioni derivanti dalla seconda tranche delle operazioni IMI (913 miliardi) e INA (1.685 miliardi, di cui 2 miliardi derivanti da INA 1), per un totale di 2.598 miliardi di lire.

I proventi netti relativi alla prima tranche di dismissioni ENI, avvenuta nel mese di novembre 1995 (5.756 miliardi) sono affluiti al Fondo all'inizio del 1996 (18 marzo 1996).

Il Fondo è stato altresì alimentato dall'accreditamento da parte della Banca d'Italia di 282 miliardi di lire, a titolo di interessi sulle disponibilità del Fondo medesimo. Sul Fondo è altresì confluito il ricavo netto delle maggiori emissioni di titoli pubblici del 1994, per un importo pari a 5.961 miliardi di lire (a fronte dell'emissione pari a 6.000 miliardi in valore nominale effettuata nel 1994, sulla base dell’autorizzazione di cui all'articolo 3, comma 5, della legge n. 539/1993) e ulteriori 74 miliardi di utili e dividendi.

Parte di tali risorse è stata utilizzata per il riacquisto di titoli di Stato, mediante asta competitiva, in data 30.11.1995 e 21.12.1995, per complessivi 5.826 miliardi di lire (5.530 miliardi di valore nominale).

1996

Nel 1996 sono affluiti al Fondo i proventi relativi alla terza tranche dell'operazione IMI (493 miliardi) e all'operazione di vendita della prima tranche delle azioni dell'ENI (5.756 miliardi) avvenuta alla fine del 1995, per un importo complessivo di 6.249 miliardi di lire.

I proventi netti relativi alla seconda tranche dell'operazione ENI, avvenuta nel mese di novembre 1996, pari a 8.444 miliardi, sono affluiti al Fondo all'inizio del 1997 (3 febbraio 1997).

A titolo di interessi sulle disponibilità, nel Fondo sono stati altresì accreditati da parte della Banca d'Italia 1.096 miliardi di lire.

Per quanto riguarda l'utilizzo delle disponibilità del Fondo, ed in particolare le operazioni di acquisto di titoli di Stato in scadenza, sono stati acquistati, con due operazioni, rispettivamente, 4.500 miliardi di BTP in scadenza il 1° ottobre 1996 e 4.442 miliardi di CTO in scadenza il 20 novembre 1996.

Operazioni di riacquisto sul mercato secondario di titoli in circolazione sono state effettuate con un'asta nel mese di giugno per 2.249 miliardi, cui hanno fatto seguito due successive operazioni per 1.499 miliardi e 653 miliardi.

Le disponibilità del Fondo sono state infine utilizzate dal Tesoro per un importo di 3.000 miliardi di lire nel 1996 (in data 27 dicembre 1996) come parziale corrispettivo da versare all’IRI per il trasferimento delle azioni STET (cui si sono aggiunti ulteriori 13.500 miliardi nel 1997, di cui 6.300 in data 12 marzo 1997, 2.200 miliardi il 16 giugno 1997, e 5.000 miliardi il 17 dicembre 1997).

1997

Nel 1997, il Fondo ha registrato incassi per circa 42.360 miliardi di lire, di cui 41.775 miliardi relativi a dismissioni patrimoniali ed operazioni connesse, a fronte di utilizzi per 38.135 miliardi.

In tale anno sono affluiti al Fondo i proventi di privatizzazioni per complessivi 41.779 miliardi, tra cui:

-          8.444 miliardi, relativi alla seconda tranche dell’operazione ENI, avvenuta nel mese di novembre 1996, ma affluiti al Fondo in data 3 febbraio 1997, cui si aggiungono 292 miliardi affluiti il 21 marzo 1997;

-          277,4 miliardi relativi all’operazione San Paolo, affluiti al Fondo nell’ottobre 1997;

-          12.882 miliardi, relativi alla terza tranche dell’operazione ENI, affluiti al Fondo il 6 ottobre 1997;

-          19.879 miliardi relativi all’operazione TELECOM (di cui 15.932 miliardi relativi alla prima tranche e 3.900 miliardi relativi alla seconda tranche), affluiti al Fondo il 21 novembre 1997.

I proventi netti relativi all’operazione SEAT, effettuata nel novembre 1997, pari a 1.630 miliardi, sono affluiti al Fondo il 25 febbraio 1998.

A titolo di interessi sulle disponibilità, nel Fondo sono stati altresì accreditati da parte della Banca d'Italia 581 miliardi di lire.

Per quanto riguarda l'utilizzo delle disponibilità del Fondo, ed in particolare le operazioni di acquisto di titoli di Stato in scadenza, sono stati riacquistati BTP in scadenza il 1° dicembre 1997 per un controvalore di 14.913 miliardi.

Il riacquisto sul mercato secondario di titoli in circolazione è stato effettuato, tramite asta competitiva, con due operazioni, per complessivi 9.722 miliardi.

Le disponibilità del Fondo sono state infine utilizzate dal Tesoro, per un importo di 13.500 miliardi (6.300 in data 12 marzo 1997, 2.200 miliardi il 16 giugno 1997, e 5.000 miliardi il 17 dicembre 1997), come corrispettivo del trasferimento delle azioni STET.

1998

Nel 1998, il Fondo ha registrato incassi per circa 24.219 miliardi di lire, di cui 23.970 miliardi relativi a dismissioni patrimoniali ed operazioni connesse, a fronte di uscite per 28.322 miliardi.

In particolare, nel 1998 sono affluiti al Fondo ammortamento titoli di Stato i proventi delle seguenti operazioni principali di privatizzazione:

-          1.630 miliardi relativi all’operazione SEAT effettuata nel novembre 1997, ma affluiti al Fondo in data il 25 febbraio 1998;

-          2.443 miliardi provenienti dalla quota residuale della privatizzazione di Telecom (greenshoe);

-          47 miliardi relativi ad operazioni di privatizzazione del Banco di Napoli;

-          12.698 miliardi provenienti dalla privatizzazione di ENI 4;

-          1.103 miliardi relativi alla conversione di titoli in azioni INA;

-          3.454 miliardi provenienti dalla privatizzazione della BNL (offerta globale), cui vanno aggiunti 2.576 miliardi relativi al c.d. nucleo stabile.

Gli ulteriori 547 miliardi della privatizzazione BNL (greenshoe) sono stati accreditati al Fondo nel maggio 1999.

A titolo di interessi sulle disponibilità, nel Fondo sono stati altresì accreditati da parte della Banca d'Italia 249 miliardi di lire.

Per quanto riguarda l'utilizzo delle disponibilità del Fondo, ed in particolare le operazioni di acquisto di titoli di Stato in scadenza, sono stati acquistati, con varie operazioni, rispettivamente, 3.399 miliardi di BTP in scadenza il 1° novembre 1998 e complessivi 16.616 miliardi di CTZ in scadenza il 30 ottobre e il 30 dicembre 1998 (ulteriori 146 miliardi sono stati utilizzati per rimborsi anticipati (D.M. 21.9.1998)).

Le disponibilità del Fondo sono state infine utilizzate dal Tesoro per un importo di 8.159 miliardi nel 1998 come corrispettivo del trasferimento delle azioni STET.


1999

Per quanto riguarda la gestione 1999, il Fondo ha registrato incassi per 35.871 miliardi di lire, quasi interamente derivanti da dismissioni, a fronte di uscite per 35.995 miliardi.

In particolare, nel 1999 sono affluiti al Fondo i proventi di privatizzazioni per complessivi 35.781 miliardi di lire, tra cui:

-          547 miliardi provenienti dalla privatizzazione della BNL (greenshoe) effettuata nel novembre 1998, ma affluiti al Fondo nel maggio 1999;

-          982 miliardi relativi alla conversione in azioni INA delle obbligazioni emesse nel 1998 a completamento della relativa privatizzazione;

-          29.713 miliardi proveniente dalla privatizzazione della prima tranche dell’ENEL effettuata nel mese di ottobre 1999 (gli ulteriori 1.710 miliardi di privatizzazione ENEL relativi alla greenshoe, effettuata a dicembre 1999, sono affluiti al fondo nel 2000);

-          4.422 miliardi di assegnazioni straordinarie a valere sulla quota di azioni ENEL detenuta dal Tesoro[51].

Affluiranno al Fondo nell’esercizio 2000 le risorse frutto della privatizzazione di Mediocredito Centrale (3.904 miliardi) effettuata nel dicembre 1999.

A titolo di interessi sulle disponibilità, nel Fondo sono stati accreditati da parte della Banca d'Italia 90 miliardi di lire.

Per quanto riguarda l'utilizzo delle disponibilità del Fondo, si è provveduto al rimborso di titoli in scadenza per un importo complessivo pari a 28.748 miliardi di lire[52] e al riacquisto (buy-back) tramite asta competitiva svoltasi nel novembre 1999 di tre tranches di CCT per un importo pari a 7.246 miliardi di lire.

2000

Per quanto riguarda la gestione 2000, nel Fondo sono state accreditate risorse per 30.111 miliardi di lire, di cui soltanto circa 7.000 miliardi relativi a dismissioni, a fronte di uscite per 21.952 miliardi.

La più importante voce di entrata per il Fondo ammortamento è derivata nel 2000 dalla cessione, attraverso asta, delle licenze UMTS[53].

Nel dicembre 2000, infatti, sono affluiti al bilancio dello Stato e girati al Fondo ammortamento titoli di Stato 20.736 miliardi di lire, provenienti dagli incassi risultanti dal rilascio delle licenze UMTS. Si tratta del 90% dell’importo versato dalle cinque società aggiudicatarie della gara[54] in adempimento degli obblighi connessi allo svolgimento dell’asta e alla fase immediatamente successiva.

Per quanto concerne le privatizzazioni, nel 2000 si è registrato un rallentamento delle operazioni gestite direttamente dal Tesoro.

In particolare, l’apporto delle privatizzazioni (pari a complessivi 7.153 miliardi) è stato determinato, principalmente, dall’esercizio della greenshoe relativa alla cessione di azioni dell’ENEL, effettuata nel 1999 ma affluita al Fondo nell’aprile 2000 (1.710 miliardi); dalla vendita di Mediocredito Centrale, anch’essa effettuata nel dicembre 1999, ma trasferita al Fondo nell’aprile 2000 (3.904 miliardi); dall'esercizio dell'opzione di conversione in azioni INA delle obbligazioni a suo tempo emesse a completamento della relativa privatizzazione (1.430 miliardi), dalle dismissioni di UNIM, della Banca CIS e di Meliorbanca (circa 42 miliardi ciascuna le prime due e 29 miliardi la terza).

Ulteriori 2.107 miliardi sono derivati dalla assegnazione straordinaria a valere sulla quota detenuta in IRI dal Tesoro.

Nel 2000 sono stati inoltre acquisiti al bilancio dello Stato i proventi delle operazioni di privatizzazione del Mediocredito Lombardo (circa 75 miliardi), dell’offerta pubblica di acquisto della quota residuale del Tesoro nel Banco di Napoli (955 miliardi), nonché 8.000 miliardi di anticipazioni della liquidazione dell’IRI. Tali risorse sono peraltro confluite nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato nei primi mesi del 2001.

A titolo di interessi sulle disponibilità, nel Fondo sono stati altresì accreditati da parte della Banca d'Italia 107 miliardi di lire.

Nel 2000 le somme affluite nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato sono state principalmente utilizzate per operazioni di riacquisto di titoli sul mercato, effettuate in gran parte a fine 2000 a seguito dell’introito dei proventi delle licenze UMTS.

In particolare, sono stati complessivamente riacquistati titoli (BTP, CCT, CTZ, BOT) per un valore di 16.794 miliardi (8.642 milioni di euro); si è proceduto, inoltre, al riacquisto di titoli di Stato, mediante asta competitiva, in data 20.5.2000, per complessivi 5.157 miliardi di lire.

2001

Nel 2001 sono stati trasferiti al Fondo circa 17.815 miliardi di lire, a fronte di utilizzi pari a 25.642 miliardi.

In particolare, l’apporto delle privatizzazioni, pari a 17.432 miliardi di lire, è stato determinato:

-       956 miliardi dalla quota relativa al versamento derivante dall’adesione per l’intero quantitativo delle azioni detenute da parte del Tesoro al capitale del Banco di Napoli all’OPA da parte del SANPAOLO, effettuata nel novembre 2000, ed affluiti al Fondo nel marzo 2001;

-       75 miliardi dalla vendita di Mediocredito Lombardo, anch’essa effettuata nel luglio 2000, affluiti al Fondo nel gennaio 2001;

-       5.226 miliardi dalla quinta tranche di cessione di azioni dell’ENI;

-       35 miliardi dalla conversione in azioni INA delle obbligazioni a suo tempo emesse a completamento della relativa privatizzazione;

-       circa 140 miliardi derivanti dalle dismissioni di una quota residua di SANPAOLO IMI e di Meliorbanca (circa 105 miliardi il primo e 29 il secondo), dalla cessione di azioni del Mediocredito Centrale (circa 2 miliardi) e dalla vendita di Beni Stabili S.p.A. (circa 4,5 miliardi).

Gli altri importi in entrata provengono dalla liquidazione dell’IRI: 8.000 miliardi di lire il primo versamento e 3.000 miliardi il secondo.

A titolo di interessi sulle disponibilità, nel Fondo sono stati altresì accreditati da parte della Banca d'Italia 382 miliardi di lire.

Per quanto concerne l’utilizzo delle disponibilità del Fondo, nel primo semestre è stato disposto il riacquisto, tramite asta, di BTP e CCT con scadenze nel 2002, per un importo di 4.355 miliardi. Sono state effettuate operazioni di riacquisto, nel mese di agosto, su due BTP trentennali per un totale di 1.902 miliardi e nel mese di dicembre, su BTP con scadenze 2002 e 2003, per 1.986 miliardi.

Sono state infine effettuate operazioni di rimborso di titoli in scadenza, con un utilizzo del Fondo, nel 2001, di circa 17.400 miliardi di lire.

2002

Nel 2002 sono affluiti al Fondo ammortamento titoli di Stato circa 424 milioni di euro da operazioni di privatizzazioni.

Le entrate derivanti da operazioni di dismissione effettuate nel 2002 sono pari a circa 94,5 milioni di euro. Tra le principali:

-       76,8 milioni derivanti dalla privatizzazione della quota residua di BNL, effettuata nel 2001, trasferiti al Fondo a gennaio 2002;

-       17,7 milioni derivanti dalla vendita della quota residua detenuta nel Mediocredito Toscano (6,51%) realizzata nel febbraio 2002.

Nel corso dell’esercizio finanziario 2002 sono stati inoltre trasferiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato le risorse relative al secondo versamento e alla quota interessi dell’assegnazione delle licenze UMTS (entrate in bilancio a fine 2001) pari a 329 milioni di euro.

I proventi derivanti dalla cessione del pacchetto di minoranza residuo (1,1%) detenuto in INA-Generali, pari a 76,9 milioni, realizzata nell’aprile 2002, e dalla cessione delle azioni del Mediocredito fondiario Centroitalia pari a 5,6 milioni, effettuata nel maggio 2002, confluiranno nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato nel 2003.

 

L’operazione di privatizzazione di gran lunga più rilevante tra quelle effettuate nel corso del 2002 è, peraltro, rappresentata dalla cessione delle partecipazioni residue in TELECOM.

L’operazione ha incassato 1.434 milioni di euro lordi, che, acquisiti all’entrata del bilancio nel 2002, saranno trasferiti, al netto degli oneri per commissione, al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato nel 2003.

A titolo di interessi sulle disponibilità, nel Fondo sono stati altresì accreditati da parte della Banca d'Italia 32 milioni di euro.

Data l’esiguità degli importi disponibili per acquisti sul mercato o rimborsi a scadenza, si è proceduto, unicamente, alla residua attività di rimborso anticipato, ai prezzi di mercato del 26 novembre 1998, disposta dal D.M. 21 settembre 1998, dei titoli al portatore e nominativi appartenenti a prestiti vigenti emessi dal Tesoro di importo inferiore a 5 milioni di lire, nonché delle frazioni di capitale inferiori a tale cifra, in attuazione dell’articolo 41 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, contenente le norme per l’introduzione dell’euro in Italia.

I rimborsi durante l’anno 2002 ai sensi di tale disposizione sono stati pari a 25.000 euro in valore nominale, corrispondenti a circa 31.000 euro di utilizzo del Fondo.

2003

Nel 2003 sono stati trasferiti al Fondo circa 5.208,6 milioni di euro, a fronte di utilizzi pari a 5.818,3 milioni di euro.

In particolare, l’apporto delle privatizzazioni è stato pari a 3.743 milioni di euro.

Più precisamente, le entrate derivanti da operazioni di dismissione effettuate nel 2003 sono state pari a circa 2.229,5 milioni di euro, relative a:

-       vendita della quota del 34% detenuta nel Mediocredito Friuli Venezia-Giulia, effettuata nell’ottobre 2003, per un importo netto di circa 59,4 milioni;

-       vendita della II tranche delle quote possedute in ENEL, realizzata a novembre 2003 per un importo pari a 2.170,1 milioni.

Nel Fondo ammortamento nel 2003 sono confluiti anche circa 1.514 milioni relativi ad operazioni di dismissione effettuate nel 2002, di cui:

-       76,9 milioni derivanti dalla cessione del pacchetto di minoranza residuo (1,1%) detenuto in INA-Generali, realizzata nell’aprile 2002;

-       5,6 milioni derivanti dalla cessione delle azioni del Mediocredito fondiario Centroitalia, effettuata nel maggio 2002;

-       1.431 milioni di euro lordi derivanti dalla cessione delle partecipazioni residue in TELECOM[55].

 

Nel corso del 2003,il Ministero dell’Economia ha realizzato, complessivamente, operazioni di dismissione relative a società direttamente partecipate che hanno generato un introito lordo pari a 16,6 miliardi di euro.

Oltre, come già ricordato, alla vendita della quota del 34% detenuta nel Mediocredito Friuli Venezia - Giulia (59 milioni di euro) e della II tranche delle quote possedute in ENEL (2.170 milioni), i cui proventi sono già affluiti al Fondo ammortamento, nel 2003 sono state effettuate le seguenti operazioni:

§      vendita a 65 fondazioni bancarie di una quota complessiva pari al 30% del capitale della Cassa depositi e prestiti S.p.A., corrispondente ad un valore di 1 miliardo e 50 milioni di euro;

§      cessione, in data 12 dicembre 2003, alla Cassa depositi e prestiti S.p.A., in attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 269/2003, delle seguenti partecipazioni azionarie:

-       10,35% di ENEL, per un corrispettivo di 3.156,5 milioni;

-       10% di ENI, per un corrispettivo di 5.315,8 milioni;

-       35% di Poste Italiane S.p.A., per un corrispettivo di 2.518,7 milioni;

§      vendita dell’ETI S.p.A (ex Ente Tabacchi Italiani), effettuata il 23 dicembre 2003, per un importo netto pari a circa 2.310 milioni.

 

Gli introiti di queste ultime operazioni di privatizzazione sono affluite nel Fondo ammortamento ad agosto 2004.

 

Per quanto concerne l’utilizzo delle disponibilità del Fondo, nel 2003 le operazioni di riacquisto di titoli di Stato effettuate a valere sulle risorse del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato ammontano a oltre 2 miliardi di euro, mentre i rimborsi di titoli in scadenza ammontano a 2,330 miliardi.

 

Nel maggio 2003, inoltre, le disponibilità del Fondo sono state utilizzate per il pagamento della quota residua di azioni STET (Telecom), acquisite dal Tesoro nel 1996 attraverso la cessione alla Fintecna della partecipazione azionaria posseduta dall’IRI S.p.a., per complessivi 1.450 milioni di euro.

2004

Nell’aprile 2004 risulta effettuata l’operazione di cessione alla BNL S.p.A. della quota del 14,42% (3 milioni di azioni ordinarie) detenuta dal Ministero dell’economia in Coopercredito S.p.A., per un ammontare lordo pari a 15,3 milioni di euro, affluita nel Fondo ammortamento nel mese di agosto 2004.

Nel corso del 2004, sono inoltre affluiti al Fondo i proventi delle privatizzazioni effettuate nel dicembre 2003 (vedi supra), per un importo complessivo di 14.351 milioni di euro, di cui:

-       1.050 milioni relativi alla vendita del 30% del capitale della Cassa depositi e prestiti;

-       10.991 milioni relativi alla cessione alla Cassa depositi e prestiti S.p.A., delle partecipazioni azionarie di ENEL, ENI e Poste italiane S.p.A.;

-       2.310 milioni relativi alla vendita dell’ETI S.p.A.

 

Nel corso dell’esercizio finanziario 2004 è stato inoltre trasferito al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato l’importo derivante dal pagamento dilazionato delle licenze UMTS, pari a circa 284 milioni di euro.

 

Nell’ottobre 2004 risulta inoltre effettuata la vendita della III tranche delle quote possedute in ENEL, per un importo pari 7.500 milioni di euro, affluito però al Fondo nel 2005.

 

Nel corso del 2004 sono stati inoltre accreditati direttamente sul conto intestato al Fondo gli interessi maturati sulle giacenze rilevate dalla Banca d’Italia, per un importo complessivo di circa 15, 6 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda l’utilizzo delle disponibilità del Fondo, sono state effettuate operazioni di rimborso di titoli in scadenza per circa 10.227 milioni di euro, nonché operazioni di riacquisto titoli tramite asta per complessivi 4.459 milioni di euro.

L’utilizzo complessivo del Fondo nel 2004 risulta, dunque, di circa 14.686 milioni di euro.

2005

I proventi derivanti dalla vendita di una quota del 18,87% della partecipazione in ENEL (c.d. ENEL 3), realizzata a ottobre 2004, il cui importo lordo è stato pari a 7.636 milioni (7.518,5 milioni di euro netti), sono affluiti ad aprile 2005al Fondo di ammortamento per una somma di 7.500 milioni di euro.

Nel corso del 2005 sono state poi effettuate le seguenti operazioni di privatizzazione

-       a maggio, la dismissione relativa alla quota di maggioranza detenuta in FIME S.p.A. in liquidazione (71,8%), per un importo di circa 4 milioni di euro;

-       a luglio, la vendita della IV tranche delle azioni ENEL (9,35% del capitale sociale) per un importo di 4.020 milioni di euro;

-       la dismissione della quota azionaria in Demanio Servizi S.p.A., per un importo di 20.000 euro;

Le somme sopra citate sono affluite al Fondo nell’ottobre 2005, per un ammontare complessivo di circa 4.024 milioni di euro.

 

Nel dicembre 2005 sono stati poi trasferiti al conto intestato al Fondo 165 milioni di euro derivanti dal pagamento dilazionato delle licenze UMTS.

 

Nel corso dell’anno sono stati inoltre accreditati sul conto intestato al Fondo gli interessi maturati sulle giacenze rilevate dalla Banca d’Italia per un importo complessivo di circa 75 milioni di euro.

 

Nel corso del medesimo anno, sono state altresì concluse le seguenti operazioni di privatizzazione:

-       la dismissione, tramite OPA volontaria, di azioni proprie di Telecom Italia Media S.p.A., per un ricavo pari a circa 872.000 euro;

-       la vendita di azioni Finmeccanica eccedenti rispetto al lotto intero di raggruppamento per 13,57 euro;

-       la cessione dei diritti di opzione nell’ambito dell’operazione di aumento del capitale sociale Alitalia S.p.A., per un importo di circa 11 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda l’utilizzo delle disponibilità del Fondo, sono state effettuate operazioni di rimborso di titoli in scadenza per circa 7.773 milioni di euro, nonché operazioni di riacquisto titoli tramite asta per complessivi 3.041 milioni di euro circa.

Risulta inoltre il rimborso della somma di 788 milioni di euro, quale credito vantato da Fintecna nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze [56].

L’utilizzo complessivo del Fondo nel 2005 risulta, dunque, di circa 11.602 milioni di euro.

2006

Dalle informazioni ricevute dal Ministero dell’Economia, nel corso del primo e del secondo semestre 2006, il suddetto Ministero non ha condotto alcuna operazione di dismissione di partecipazioni direttamente detenute.

Non sono ancora disponibili, in attesa della relazione sull’operatività del Fondo per l’anno 2006 (che sarà allegata al prossimo rendiconto), dati circa l’utilizzo delle disponibilità del Fondo nell’anno considerato.

Tavole di riepilogo

Nella tavole seguenti sono riepilogati:

 

§      l’ammontare complessivo delle risorse che, per ciascuno degli anni dal 1994 al 2005, sono affluite al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato e di quelle che sono state utilizzate per il riacquisto o il rimborso di titoli (tavola 1);

§      l’ammontare delle risorse del Fondo destinate al riacquisto di titoli ancora in circolazione e al rimborso di titoli di Stato in scadenza, con distinto riferimento, per ciascuno degli anni dal 1994 al 2005, alle tipologie di titoli interessate dalle suddette operazioni (Tavola 2).

 


Tavola 1
(milioni di euro)

 

ACCREDITI

UTILIZZI

ConsistenzaFondo al 31/12

Anno

Privatizzazioni

Altro

Totale

Riacquisto titoli

Rimborso titoli

Altro

Totale

1994

3.057

-

3.057

-

-

-

-

3.057

1995

1.342

3.263

4.605

3.009

-

-

3.009

4.654

1996

3.227

566

3.793

2.273

4.618

1.549

8.440

7

1997

21.575

300

21.877

5.021

7.702

6.972

19.695

2.188

1998

12.379

129

12.508

4.214

10.412

-

14.627

69

1999

18.479

46

18.526

3.742

14.848

-

18.590

5

2000

3.697

11.853

15.551

11.337

-

 

11.337

4.219

2001

9.003

197

9.200

4.257

8.986

-

16.243

176

2002

425

32

457

-

-

-

--

633

2003

3.743

1.466

5.209

2.038

2.330

1.450

5.818

24

2004

14.366

299

14.666

4.459

10.227

-

14.686

3

2005

11.524

241

11.764

3.040

7.773

788

11.601

166

 

Tavola 2
(milioni di euro
)

BUY BACK

RIMBORSI

TOTALE
GENERALE

Anno

BOT

CTZ

CCT

BTP

Totale

CTO

CCT

BTP

CTE

CTZ

Totale

1995

-

-

871

1.985

2.856

-

-

-

-

-

-

2.856

1996

-

-

1.528

643

2.171

2.302

-

2.324

-

-

4.626

6.797

1997

-

-

3.787

1.068

4.855

-

-

7.747

-

-

7.747

12.602

1998

-

-

-

-

-

-

69

1.759

-

9.539

11.367

11.367

1999

-

-

3.688

-

3.688

-

950

6.575

1.500

6.410

15.435

19.123

2000

57,5

915,6

2.949

7.353

11.275,1

-

-

-

-

-

-

11.275

2001

-

-

1.067

3.142

4.209

-

-

5.200

-

4.000

9.200

13.409

2002

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

2003

-

-

-

2.000

2.000

-

-

2.330

-

-

2.330

4.330

2004

-

-

1.465

2.935

4.400

-

2.000

8.000

 

240

10.240

14.640

2005

-

-

-

3.000

3.000

-

3.000

4.773

-

-

7.773

10.773

Totale

57,5

915,6

15.355,0

22.126,0

38.454,1

2.302

1.019

38.708

1.500

20.189

68.718

107.172,1

 


La Cassa depositi e prestiti S.p.A.


LA CASSA DEPOSITI E PRESTITI S.P.A.

1.Evoluzione storico normativa

La Cassa depositi e prestiti (CDP) nasce nell’Italia preunitaria quando, seguendo l’esempio francese, fu istituita nel 1850 con sede a Torino. L’origine della CDP è legata all’esigenza di utilizzare per il finanziamento degli investimenti pubblici le ingenti disponibilità finanziarie, provenienti dalla raccolta del risparmio postale. Per circa un secolo la CDP è stata una direzione generale del Ministero del tesoro, pur avendo contabilità e bilancio separati da quelli dello Stato.

 

Con legge 13 maggio 1983, n. 197, la CDP ha acquisito piena autonomia e nel 1993 è stata riconosciuta all’istituto la personalità giuridica (art. 22 del D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, convertito dalla legge 19 marzo 1993, n. 68).

 

Successivamente, con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284[57], si è provveduto a riordinare l’assetto organizzativo e funzionale della CDP, ribadendo la natura giuridica di amministrazione dello Stato, dotata di propria personalità giuridica e di autonomia ordinamentale, organizzativa, patrimoniale e di bilancio, che svolge attività di interesse economico generale.

 

Con la legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001: art. 47, commi 1-5), è stato previsto che la Cassa depositi e prestiti potesse intervenire nel finanziamento del piano straordinario delle infrastrutture e delle opere di grandi dimensioni a livello regionale e locale, individuate dal CIPE, avvalendosi a tal fine anche di fondi derivanti dal collocamento sul mercato di prodotti finanziari, attraverso Poste italiane SpA, banche e altri intermediari finanziari.

 

Successivamente, con il D.L. 15 aprile 2002, n. 63[58], la CDP è stata autorizzata a costituire una società finanziaria per azioni, "Infrastrutture S.p.A.", con il compito di finanziare, in via sussidiaria rispetto a banche e altri intermediari, da un lato, le infrastrutture e le grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica, dall’altro, gli investimenti per lo sviluppo. La legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005: art. 1, commi 79-83) ha peraltro disposto la fusione per incorporazione con effetto dal 1° gennaio 2006 della Società Infrastrutture S.p.A. nella Cassa depositi e prestiti (nel frattempo a sua volta trasformata in società per azioni: v. infra), la quale ha conseguentemente assunto tutti i beni, i diritti e i rapporti giuridici attivi e passivi di Infrastrutture Spa, incluso il patrimonio separato.

 

Da ultimo, la legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296: art. 1, al comma 967) ha disposto che la Cassa depositi e prestiti promuova le iniziative necessarie per la liquidazione del patrimonio separato costituito da Infrastrutture S.p.a. (cfr. scheda a pag.

2.La trasformazione in società per azioni

L’articolo 5 del decreto-legge n. 269/2003[59] (“collegato” alla legge finanziaria 2004) ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni, denominata “Cassa depositi e prestiti S. p. A” (CDP S.p.A.).

In attuazione di quanto previsto dal D.L. 269/2003, è stato emanato, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003, che ha, tra l’altro, determinato il capitale sociale della CDP S.p.A. in 3,5 miliardi di euro. Il capitale sociale è stato interamente versato su un conto corrente presso la tesoreria centrale dello Stato.

 

Il capitale sociale è suddiviso in 350 milioni di azioni del valore nominale di 10 euro. Le azioni sono ripartite in 245 milioni di azioni ordinarie e 105 milioni di azioni privilegiate.

 

In data 27 aprile 2005 è stato inoltre adottato, con D.P.C.M. non pubblicato in Gazzetta ufficiale, lo statuto della CDP S.p.A. e sono stati nominati i componenti degli organi sociali[60].

Gli organi sociali sono stati rinnovati il 26 aprile 2007.

 

La società per azioni assume la configurazione di intermediario finanziario non bancario ed è soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del Testo unico bancario[61].

E’ inoltre previsto che altri soggetti pubblici o privati, tra cui sono indicate espressamente le fondazioni bancarie, possono detenere quote di capitale, purché nel complesso tali quote rimangano di minoranza (D.L. n. 269/2003: art. 5, comma 2).

Attualmente, la proprietà del capitale azionario è per il 70 per cento del Ministero dell’economia e finanze e per il 30 per cento corrispondente ad un valore di 1 miliardo e 50 milioni di euro, di un gruppo di 66 fondazioni bancarie.

Complessivamente le fondazioni bancarie hanno sottoscritto la totalità delle azioni privilegiate, che hanno diritto di voto nelle assemblee ordinarie e in quelle straordinarie e che saranno convertite in azioni ordinarie dal 1° gennaio 2010.


3.Le attività

L’attività della società per azioni è strutturata su due aree distinte, che comportano anche una separazione organizzativa e contabile.

 

La prima area, organizzata come gestione separata, prosegue l’attività tradizionale della Cassa depositi e prestiti.

Essa cura la concessione di finanziamenti agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico, utilizzando, come provvista, il risparmio postale garantito dallo Stato e i fondi provenienti da emissioni di titoli e altre operazioni di raccolta, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato (cfr. a pag.

Alla gestione separata sono state altresì assegnate le partecipazioni azionarie trasferite dallo Stato al momento della trasformazione in società per azioni (cfr. a pag.

Specifiche disposizioni legislative hanno previsto l’istituzione di fondi, destinati al finanziamento di investimenti, che operano presso la gestione separata (cfr. a pag.

Fanno parte dei compiti spettanti alla gestione separata anche le attività strumentali, connesse e accessorie.

La gestione separata, infine, può effettuare attività di assistenza e consulenza in favore dei soggetti beneficiari dei finanziamenti da essa concessi.

La separazione della gestione alla quale è affidato il finanziamento degli enti pubblici riguarda i profili contabili e organizzativi.

La gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, caratterizzata dai seguenti profili:

§      attribuzione del potere di indirizzo al Ministro dell’economia e delle finanze[62];

§      integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti e degli enti locali[63];

§      sottoposizione alla vigilanza di un’apposita Commissione, di cui fanno parte parlamentari;

§      possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.

 

La seconda area - gestione ordinaria - ha per compito, in base alle previsioni del decreto-legge n. 269/3003, la concessione di finanziamenti relativi alle reti e agli impianti destinati alla fornitura dei servizi pubblici ed alle bonifiche. Questi finanziamenti sono concessi a valere sui fondi provenienti da emissioni di titoli e operazioni di raccolta non assistite dalla garanzia dello Stato.

Alla CDP S.p.A. è attribuita la facoltà di costituire patrimoni separati, destinandoli specificamente al soddisfacimento dei diritti di portatori di titoli e di altri soggetti finanziatori.

 

Nell’ambito della gestione ordinaria la Cassa depositi e prestiti ha altresì intrapreso, nel corso del 2006, investimenti nel capitale di rischio di soggetti operanti nel settore delle infrastrutture, attraverso la partecipazione a fondi chiusi di investimento (cfr. a pag.

Il decreto-legge n. 269/2003 prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di apposita relazione presentata dalla CDP SpA, riferisce annualmente al Parlamento sulle attività svolte e sui risultati conseguiti dalla CDP S.p.A (art. 5, comma 16).

Si segnala che non sono state mai trasmesse relazioni in adempimento di questa disposizione.

3.1.   La gestione separata

3.1.1.     Il finanziamento degli enti locali e degli enti pubblici in generale

La prima area di attività affidata alla gestione separata riguarda la concessione di finanziamenti, sotto qualsiasi forma, allo Stato, alle regioni, agli enti locali, agli enti pubblici in generale e agli organismi di diritto pubblico.

I soggetti beneficiari dell’attività di finanziamento svolta dalla gestione separata sono principalmente gli enti locali.

L’attività di finanziamento avviene sulla base di criteri di uniformità di trattamento, senza valutazione di merito sui crediti concessi; ciò rappresenta un forte elemento di distinzione rispetto al modus operandi delle istituzione bancarie.

La quota di mercato della Cassa depositi e prestiti S.p.A. sul debito degli enti territoriali risulta pari, nel mese di dicembre 2006, al 29,2% (nel dicembre dell’anno precedente la quota di mercato era del 25,8%)[64].

Le forme di provvista relative ai finanziamenti della gestione separata sono rappresentate, in primo luogo, dal risparmio postale, raccolto attraverso libretti di risparmio postale e buoni fruttiferi postali. La distribuzione di questi prodotti è affidata a Poste italiane S.p.A. o a società da essa controllate e su di essi sussiste la garanzia dello Stato.

Si ricorda che il citato D.M. 5 dicembre 2003 ha previsto che il Ministero dell’economia subentri alla CDP nei rapporti derivanti dal servizio relativo ai conti correnti postali.

 

E’ inoltre previsto che la CDP S.p.A. possa raccogliere fondi con l’emissione di titoli o, più in generale, l’assunzione di finanziamenti e altre operazioni finanziarie, che possono essere assistite dalla garanzia dello Stato.

Allo stato attuale la raccolta è rappresentata quasi esclusivamente da risparmio postale, che ha raggiunto nel 2006 i 145 miliardi di euro[65].

Per ciò che attiene al finanziamento attraverso l’emissione di titoli, la Cassa depositi e prestiti S.p.A. ha avviato un programma per emettere fino a 20 miliardi di covered bond [66]. Al 30 settembre 2006, i covered bond ammontavano a 8 miliardi di euro.

 

Per ciò che attiene agli impieghi, una parte della raccolta è destinata al finanziamento degli enti pubblici, la restante parte finanzia il conto di tesoreria dello Stato.

Nel 2005, il 46% degli impieghi è stato destinato ai mutui, mentre il 54% ha alimentato il conto corrente di tesoreria.

 

Si segnala infine che al 31 dicembre 2006 la quota di mercato della Cassa depositi e prestiti sul debito complessivo degli enti territoriali risulta pari al 29,2 per cento; in particolare la quota di mercato sul debito degli enti locali è pari al 42,8 per cento, mentre quella sul debito delle regioni è pari al 16,6 per cento.

3.1.2.     I fondi per il finanziamento di investimenti

Presso la gestione separata operano altresì alcuni Fondi per l’erogazione di crediti, istituiti da specifiche disposizioni legislative.

 

Si segnalano in particolare:

§      il Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti (cd. Fondo intermodalità), istituito dalla legge n. 166/2002[67] (art. 38, comma 6);

§      il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), istituito dalla legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004: art. 1, commi 354-361). finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo è stata stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE: il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio. Al Ministro competente è attribuita la funzione di stabilire, con decreto di natura non regolamentare, i requisiti e le condizioni per l'accesso ai finanziamenti agevolati. .

Una quota, pari ad almeno il 30 per cento della dotazione, è destinata, sulla base delle previsioni del decreto-legge cd. “competitività”[68] al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica. L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo è affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE.

La legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006: art. 1, commi 855-859) ha esteso il campo di operatività delFondo agli interventi previsti da leggi regionali di agevolazione ovvero conferiti alle regioni ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1998[69] per gli investimenti produttivi e per la ricerca. A tal fine, la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. è stata autorizzata ad incrementare la dotazione del Fondo fino ad un massimo di 2 miliardi di euro.

Al 31 dicembre 2006 la Cassa depositi e prestiti ha deliberato finanziamenti per un importo di 4.456 milioni di euro, di cui:

-       4.239 milioni di euro nell’ambito della legge n. 488/92, sulle agevolazione alle imprese nelle aree sottoutilizzate;

-       217 milioni di euro nell’ambito della legge n. 46/82, che ha istituito il Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica – FIT (art. 14).

 

Nell’ambito degli importi complessivamente deliberati dalla Cassa, al 31 dicembre 2006, i Ministeri competenti hanno approvato progetti per 1.927 milioni di euro (di cui 1.710 milioni nell’ambito della legge n. 488/92 e 217 milioni nell’ambito della legge n. 488/92)[70].

3.2.   La gestione ordinaria

La seconda area di attività che il decreto-legge n. 269/2003 attribuisce alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. ha per oggetto la concessione di finanziamenti, sotto qualsiasi forma, per opere, impianti, reti e dotazioni relativi alla fornitura di servizi pubblici e alle bonifiche ed è affidata alla gestione ordinaria.

 

La provvista per questi finanziamenti è reperita attraverso l’emissione di titoli e, più in generale, l’assunzione di finanziamenti e l’effettuazione di altre operazioni finanziarie.

 

La competenza a deliberare le operazioni di raccolta di fondi, sotto qualsiasi forma, spetta all’organo amministrativo della CDP S.p.A.

Non si applica il divieto, per i soggetti diversi dalle banche, di raccolta del risparmio tra il pubblico.

Per quanto concerne i finanziamenti concessi dalla gestione ordinaria per reti ed impianti destinati a servizi pubblici è escluso peraltro che la CDP S.p.A. possa raccogliere fondi rimborsabili a vista.

 

In ogni caso, per quanto concerne la raccolta dei fondi da destinare all’attività della gestione ordinaria è espressamente esclusa la garanzia dello Stato.

 

Nell’ambito della gestione ordinaria, la Cassa depositi e prestiti determina dunque autonomamente le condizioni di impiego e di raccolta, alla stessa stregua di un intermediario finanziario privato,

L’ambito di operatività della gestione ordinaria risulta al momento ben più limitato di quello della gestione separata, anche se in crescita.

Nella gestione si rileva una tendenziale correlazione tra volume di raccolta ed ammontare di erogazioni.

 

L’attività di raccolta avviene attraverso emissioni di titoli, principalmente nell’ambito del programma di emissioni di Euro Medium Term Notes (EMTN).

Al 31 dicembre 2006, risultano emessi titoli per un ammontare complessivo di 794 milioni di euro.

 

Per ciò che attiene agli impieghi, il volume complessivo di finanziamenti stipulati al 31 dicembre 2006 risulta pari a 1.410 milioni di euro, a fronte di un volume di finanziamenti erogati di 1.033 milioni di euro.

3.3.   Le partecipazioni azionarie

Il D.L. n. 269/2003 ha previsto la possibilità di trasferire, a titolo oneroso alla Cassa depositi e prestiti, con il decreto ministeriale di attuazione della trasformazione in società per azioni, partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette (art. 5, comma 3) e, più in generale, la possibilità per la Cassa di assumere partecipazioni (art. 5, comma 8).

 

La Cassa depositi e prestiti ha pertanto assunto, al momento della trasformazione in società per azioni, un ruolo molto rilevante di strumento attivo nella realizzazione dei programmi di privatizzazione delle partecipazioni ancora detenute dallo Stato.

Per effetto della trasformazione, infatti, la Cassa è stata collocata al di fuori del settore delle amministrazioni pubbliche, per cui i proventi della cessione di attività finanziarie da parte dello Stato possono essere contabilizzati a riduzione del debito pubblico. Per altro verso, il Ministro dell’economia e delle finanze continua ad esercitare un’influenza decisiva sull’attività della Cassa, in conseguenza sia della larga maggioranza detenuta nel capitale dell’istituto, sia degli specifici poteri ad esso attribuiti con riferimento alla gestione separata, alla quale sono affidate le partecipazioni cedute dallo Stato.

 

Il decreto del Ministro dell’economia e della finanze 27 gennaio 2005 ha fissato criteri guida per l’acquisizione di partecipazioni da parte di CDP (ulteriori rispetto a quelle trasferite con il DM di trasformazione in SpA).

La Cassa può acquisire, anche avvalendosi dei fondi provenienti dalla raccolta del risparmio postale, partecipazioni in società la cui attività:

§      è funzionale o ausiliaria al compimento dell’oggetto sociale (partecipazioni strumentali);

§      è legata da un vincolo di interdipendenza con l’oggetto sociale (partecipazioni connesse);

§      è legata da un vincolo di complementarietà con l’oggetto sociale (partecipazioni accessorie).

 

Attualmente le principali partecipazioni detenute dalla Cassa depositi e prestiti

sono le seguenti (per il quadro completo si rinvia a pag.

§      società quotate in borsa:

-       10% di ENI SpA, per un valore di libro di 5,3 miliardi;

-       10,35% di ENEL SpA, per un valore di libro di 3,2 miliardi;

-       30% di Terna SpA, per un valore di libro di 1,3 miliardi;

-       10,1% STMicroelectronics N.V., per un valore di libro di 1,4 miliardi;

§      società non quotate:

-       35% di Poste Italiane SpA., per un valore di libro di 2,5 miliardi.

 

I valori di libro delle partecipazioni in società quotate in borsa sono pari dunque a 11,2 miliardi di euro: i valori di mercato dovrebbero ammontare invece a circa 17,9 miliardi di euro (con una plusvalenza di circa 6,7 miliardi di euro)[71].

 

La cessione alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. delle partecipazioni dello Stato in ENI, ENEL e Poste Italiane è stata disposta, contestualmente alla privatizzazione della Cassa medesima, con il D.M. 5 dicembre 2003, che ha definito i rapporti patrimoniali tra la Cassa e il Ministero dell’economia. Complessivamente, in virtù del D.M., sono state cedute, alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. partecipazioni dello Stato per un importo di 11 miliardi di euro, prelevato dai conti correnti di tesoreria intestati alla Cassa per essere trasferito sul fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

In connessione con la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni sono state pertanto effettuate operazioni di privatizzazione per un valore complessivo di circa 12 miliardi di euro, di cui 11 miliardi relativi alle partecipazioni cedute dallo Stato alla nuova società e 1 miliardo relativo alla quota del capitale della nuova società ceduta alle fondazioni bancarie.

 

In data 26 novembre 2004, Cassa depositi e prestiti S.p.A. e Finmeccanica hanno stipulato l’accordo definitivo per il trasferimento alla CDP del 10,3% del capitale sociale di STMicroelectronics N.V.[72], per un valore di 1,44 miliardi di euro[73]. L’operazione ha costituito la principale fonte di finanziamento di Finmeccanica per l’acquisizione della quota del 50% della joint venture elicotteristica AgustaWestland N.V.

 

In data 15 settembre 2005, la Cassa depositi e prestiti ha acquisito da ENEL S.p.A. il 30 per cento del capitale sociale di Terna S.p.A.[74]. L’operazione è stata giustificata dall’esigenza di rafforzare il ruolo della Cassa depositi e prestiti nella realizzazione di investimenti infrastrutturali strategici e di consolidare la liberalizzazione nel settore elettrico.

Contestualmente, è stata disposta l’acquisizione da parte di Terna S.p.A. del ramo di azienda della società Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale S.p.A (GRTN) organizzato per l’esercizio dell’attività di trasmissione dell’energia elettrica, alla scopo di unificare in capo ad un unico soggetto la proprietà della Rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica (detenuta da Terna per il 94%) e la gestione della stessa, in attuazione dell’articolo 1-ter del decreto-legge n. 239/2003[75].

A tale proposito, si segnala che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in data 4 agosto 2005, ha emesso un’autorizzazione con condizioni alle operazioni di concentrazione relative all’acquisizione da parte di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. del 30% del capitale sociale di Terna S.p.A. e del ramo di azienda della società Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale S.p.A.[76].

In particolare, l’Autorità garante ha autorizzato l’operazione prescrivendo la cessione, a decorrere dal 1° luglio 2007 ed entro i 24 mesi successivi, da parte della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. della partecipazione detenuta nella società ENEL S.p.A. (pari al 10,2% del capitale sociale), nonché specifiche misure a garanzia della neutralità dell’operato della Cassa[77]. L’Autorità garante ha infatti ritenuto che l’acquisizione da parte di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., azionista di rilievo dell’ENEL, di una posizione dominante nel mercato della trasmissione dell’energia elettrica è idonea ad ostacolare la concorrenza nei mercati, verticalmente connessi, della vendita di energia all’ingrosso e dei servizi di dispacciamento[78].

 

La Cassa depositi e prestiti ha altresì intrapreso, dal 2006, investimenti nel capitale di rischio di soggetti operanti nel settore delle infrastrutture, attraverso la partecipazione a fondi chiusi di investimento, che operano in base ai criteri tipici dei fondi di private equity[79].

In particolare:

§      nel settembre 2006, la Cassa ha acquisito una partecipazione del 40% in Galaxy S.àr.l., società lussemburghese, che opera principalmente investimenti in infrastrutture nel settore dei trasporti, in Europa e nei paesi OCSE;

Il Fondo ha una dimensione complessiva di circa 250 milioni di euro, con un impegno finanziario della Cassa depositi e prestiti di 100 milioni (al maggio 2007 la CDP ha effettuato investimenti per un totale di 21,1 milioni).

§      nel 2006 la CDP è entrata a far parte del Fondo PPP Italia, specializzato in progetti di partenariato pubblico-privato (PPP), con finalità di investimento nei seguenti settori: edilizia civile (scuole, ospedali, pubblici uffici); ambiente e riqualificazione urbana; servizi pubblici locali.

Il Fondo ha una dimensione complessiva di circa 120 milioni di euro, con un impegno finanziario della Cassa depositi e prestiti di 17,5 milioni (al maggio 2007 la CDP ha effettuato un unico versamento dell’ammontare di quasi 0,2 milioni).

§      nel marzo 2007 la Cassa depositi e prestiti ha sottoscritto un quota di 20 milioni di euro del Fondo Abitare Sociale 1, fondo etico immobiliare promosso dalla Fondazione Cariplo, per la costruzioni di alloggi e servizi in Lombardia, con la finalità di far fronte al disagio abitativo, con particolare attenzione alle situazioni di svantaggio economico e sociale.

Il Fondo ha una dimensione complessiva di circa 85 milioni di euro, con un impegno finanziario della Cassa depositi e prestiti di 20 milioni (al maggio 2007 la CDP ha effettuato un unico versamento dell’ammontare 1 milione).

 

Si ricorda infine che, in data 23 gennaio 2007 la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., insieme a Unicredit, Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo, alcune delle principali fondazioni e la Cassa Previdenziale Geometri, ha costituito la società di gestione del risparmio F2i SGR S.p.A., che avrà il compito di promuovere e gestire il fondo chiuso di investimento “Fondo Italiano per le Infrastrutture – F2i”, per il quale è prevista una dimensione di circa 2 miliardi di euro.

A maggio 2007 la CDP detiene una partecipazione del 31,4% nel capitale di F2i SGR S.p.A., destinata ad essere ridotta al 14,3%, in seguito all’ingresso di nuovi soci.

 


La seguente tabella sintetizza il quadro delle partecipazioni detenute dalla CDP SpA, evidenziando per ciascuna partecipazione la quota del capitale sociale detenuta ed il relativo valore di bilancio (la tabella non considera la partecipazione in F2i SGR S.p.A.).

(dati in migliaia di euro)

Società non quotate

Società quotate

Private equity

Posta Italiane S.p.A

35%

2.578.406

Eni S.p.A

10%

10.199.347

Galaxy S.àr.l.

40%

 

Europrogetti &
Finanza S.p.A (EPF)

31,8%

2.125

Enel S.p.A

10,2%

4.904.134

Fondo PPP Italia

Istituto per il Credito
Sportivo (ICS)

21,6%

2.066

STMicroelectronics N.V.

10,1%**

 

Fondo Abitare Sociale 1

Sistema Iniziative
Locali S.p.A (Sinloc)

11,85%

5.554

Terna S.p.A

30%

1.311.330

 

Tunnel di
Genova S.p.A

33,3%

0**

 

 

*     Partecipazione indiretta, controllata tramite STMicroelectronics Holding N.V. di cui CDP possiede il 30,0%, per un valore di bilancio di 1.507 milionidi euro.

**   Partecipazione svalutata al 31 dicembre 2006.


4.Il bilancio

L’esercizio 2006 si è chiuso con un utile di esercizio della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. di 2 miliardi di euro, in crescita del 25% rispetto all’anno precedente (1,6 miliardi di euro). L’utile è stato peraltro influenzato in positivo da ricavi di natura non ricorrente.

Il rapporto utile/patrimonio netto iniziale (ROE) si è attestato al 19,4%, in linea con l’anno precedente.

 

(valori in milioni di euro)

Dati economici

Esercizio 2006

Esercizio 2005

Variazione
%

Margine di interesse

1.780

2.035

-12,5

Margine di intermediazione lordo

2.716

2.180

24,6

Risultato netto della gestione finanziaria

2.681

2.178

23,1

Risultato di gestione

2.614

2.110

23,9

Utile dell’operatività corrente al lordo delle imposte

2.617

2.100

24,6

Utile d’esercizio

2.053

1.642

25,0

 

 

Il patrimonio netto a fine 2006 ha raggiunto i 13,3 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 10,6 miliardi di euro del 2005[80].

(valori in milioni di euro)

Patrimonio netto

Esercizio 2006

Esercizio 2005

Variazione
%

Capitale

3.500

3.500

0,0

Riserva legale

61

14

325,7

Riserve FTA e altre riserve

1.211

415

191,5

Riserve da valutazione

6.460

5.015

28,8

Utile dell’esercizio

2.053

1.642

25,0

Totale

13.284

10.586

25,5


Le principali società
interessate dalle privatizzazioni


1.Le partecipazioni detenute dal Ministero dell’economia
e delle finanze

 

La seguente tabella espone le partecipazioni detenute dal Ministero dell’economia e delle finanze al 23 febbraio 2007.

 

Società per settore

Partecipazione del
Ministero dell'Economia
(%)

Assicurativo

 

Consap - Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A.

100

SACE

100

Bancario e Servizi finanziari

 

CDP S.p.A.

70

Difesa e Aerospazio

 

Finmeccanica S.p.A.

33,78

Editoriale e culturale

 

SEAT S.p.A.

0,1

Telecom Italia Media S.p.A.

0,1

ARCUS S.p.A.

100

Energetico

 

ENEL S.p.A.

21,14

ENI S.p.A.

20,31

Gestore dei servizi elettrici (GSE S.p.A.)

100

Società Gestione Impianti Nucleari (SOGIN S.p.A.)

100

Holding di partecipazione

 

Fintecna S.p.A.

100

RAI S.p.A.

99,55

Cinecittà Holding S.p.A.

100

Mezzogiorno

 

SOGESID - Società per la Gestione degli Impianti Idrici S.p.A.

100

Sviluppo Italia S.p.A.

100

Occupazione e previdenza

 

Italia Lavoro S.p.A.

100

Società per lo sviluppo del Mercato dei fondi pensione S.p.a (MEFOP S.p.a)

61,83

Postale

 

Poste Italiane S.p.A.

65

Servizi vari

 

Coni Servizi S.p.A.

100

Consip - Concessionaria Servizi Informativi Pubblici S.p.A.

100

EUR S.p.A.

90

Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato

100

Sistemi di consulenza per il Tesoro (SICOT S.r.l.)

100

Trasporti

 

Alitalia S.p.A.

49,90

ENAV S.p.A.

100

Ferrovie dello Stato S.p.A.

100

ANAS S.p.A.

100

Fonte:Ministero dell’economia e finanze

 


2.Agenzia nazionale per l'attrazione d'investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A.
(ex Sviluppo Italia S.p.A.)

La società per azioni “Sviluppo Italia”, interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999 (D.Lgs. 9 gennaio 1999, n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3) con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti.

 

Con la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 gennaio 1999 il capitale sociale iniziale è stato fissato in 35 miliardi di lire. Tale somma è stata interamente conferita alla società “Sviluppo Italia” quale partecipazione del Ministero dell’economia e finanze[81] che esercita, ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del D.Lgs. n. 1/1999, i diritti dell’azionista. Attualmente il capitale sociale (a seguito dell’incorporazione delle società in essa confluite) ammonta a 1.126,4 milioni di euro.

 

Come si esporrà più diffusamente in seguito, con la legge finanziaria per il 2007 (l. n. 296/2006) la società è stata oggetto di un complessivo riassetto. In virtù di esso, la denominazione sociale è mutata in “Agenzia nazionale per l'attrazione d'investimenti e lo sviluppo d'impresa SpA” (art. 1, comma 460).

 

La legge istitutiva ha assegnato a Sviluppo Italia il compito di provvedere al riordino e all’accorpamento delle attività e delle strutture delle società SPI, ITAINVEST, IG-Società per l’imprenditoria giovanile, INSUD, RIBS, ENISUD[82], FINAGRA e le quote dell’associazione IPI detenute dallo Stato o da società da questo controllate, ricollocandole in una o più società operative da essa direttamente o indirettamente controllate, ovvero, ai sensi del D.Lgs. n. 3/200, in rami di azienda.

Il consiglio di amministrazione della società nel gennaio 2000 ha conseguentemente deciso di procedere alla fusione per incorporazione delle società SPI, ITAINVEST, IG, INSUD, RIBS e FINAGRA, nonché di Progetto Italia e Investire Italia. L’operazione di fusione è stata completata nel giugno 2000[83].

Conseguentemente alla fusione, Sviluppo Italia è subentrata nella gestione di tutti gli interventi che precedentemente erano di competenza delle varie società in essa confluite:

-       l’imprenditoria giovanile e il prestito d’onore (ora definiti “autoimpiego e autoimprenditorialità”) della IG;

-       la siderurgia (legge 181/1989) e la promozione e lo sviluppo di attività imprenditoriali della SPI. Oggi è un compito generale di supporto al comparto industriale;

-       il settore turistico della INSUD;

-       le attività finanziarie di ITAINVEST;

-       gli interventi nel settore agro-alimentare di RIBS e Finagra

 

Alla luce dell’evoluzione appena esposta, tra i principali compiti assegnati a Sviluppo Italia si annoverano la promozione di attività produttive e attrazione degli investimenti, la promozione di iniziative occupazionali e nuova imprenditorialità, il supporto alle amministrazioni pubbliche centrali e locali per la programmazione finanziaria e la progettualità dello sviluppo, nonché la consulenza in materia di gestione degli incentivi nazionali e comunitari, con particolare riferimento al Mezzogiorno e alle altre aree sottoutilizzate.

 

La legge finanziaria per il 2003 (articolo 73 della legge n. 289/2002) ha previsto l’estensione della legge n. 181/1989, prima applicabile solo alle aree di crisi siderurgica, anche alle aree interessate da crisi del comparto industriale, attribuendo a Sviluppo Italia la gestione dei relativi incentivi.

 

Nel 2004, con la successiva legge finanziaria (articolo 4, commi 99-103 dellalegge n. 350/2003) è stata prevista invece l’istituzione di un Fondo, dotato di 10 milioni nel 2004, gestito da Sviluppo Italia Spa, a garanzia dei prestiti fiduciari concessi per il finanziamento degli studi universitari.

Tuttavia, la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 308 del 2004) ha dichiarato l’illegittimità della suddetta disposizione[84].

 

Diversi interventi legislativi hanno assegnato nel tempo nuovi compiti a Sviluppo Italia. In particolare:

§      con la legge finanziaria per il 2005 Sviluppo Italia è stata autorizzata (articolo 1, commi 215-218 e 221 della legge n. 311/2004) a concedere agevolazioni alle imprese, al fine di rafforzare l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate. Tale misura non è ancora operativa, in attesa della decisione in merito della Commissione UE sulla compatibilità comunitaria di tali agevolazioni.

§      il D.L. n. 35/2005 (articolo 11, commi 3-6)ha istituito il Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, assegnando a Sviluppo Italia S.p.A. il compito di curare unicamente la fase della valutazione e l’attuazione dei citati interventi.

§      la legge n. 56 del 2005 prevede inoltre (articolo 3), la costituzione di strutture - gli sportelli unici all’estero - per il sostegno all’internazionalizzazione del sistema produttivo e l’attrazione degli investimenti esteri. Tra gli organismi che partecipano a tali strutture vi è ricompressa anche Sviluppo Italia. Lo strumento non è ancora operativo.

 

Da ultimo, come già rilevato, la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 460-463 della legge n. 296 del 2006) ha operato un riassetto complessivo della Società, riducendo tra l’altro a tre il numero dei componenti del consiglio di amministrazione (comma 459).

In data 14 febbraio 2007 sono stati nominati i tre membri del CdA dell’Agenzia.

 

Anzitutto è stata mutata la denominazione di Sviluppo Italia S.p.a in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“. Essa allo stato è qualificata come società a capitale interamente pubblico, con l’attribuzione al Ministro dello sviluppo economico di una serie di poteri:

§      la definizione, con apposite direttive, delle priorità e degli obiettivi della società e l’approvazione delle linee generali di organizzazione interna, nonché del documento previsionale di gestione ed eventuali aggiornamenti;

§      l’approvazione, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, dello statuto della società;

§      l’individuazione, con decreto, degli atti di gestione ordinaria e straordinaria della Società e delle sue controllate dirette ed indirette, che necessitano della preventiva approvazione ministeriale ai fini della efficacia e validità.

I diritti dell’azionista sono comunque mantenuti in capo al Ministero dell’economia e finanze, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico.

 

E’ stata poi prevista l’adozione, entro il 31 marzo 2007, di un piano societario di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute nei settori non strategici, sulla base dei contenuti e dei termini fissati con direttiva del Ministro dello sviluppo economico.

Il piano di dismissione deve prevedere la riduzione, entro il 30 giugno 2007 delle società controllate a non più di tre e la cessione, entro lo stesso termine, anche tramite una società veicolo, delle partecipazioni di minoranza acquisite; per le società regionali si procede d’intesa con le regioni interessate, anche con la cessione gratuita delle partecipazioni a queste o ad altre amministrazioni pubbliche.

Anche il numero dei membri del consiglio di amministrazione delle società controllateche risulteranno dal piano di riordino e dismissione dovrà essere non superiore a tre.

 

In attuazione della legge finanziaria, in data 27 marzo 2007 il Ministro dello sviluppo economico ha emanato una direttiva recante priorità ed obiettivi per l’Agenzia, nonché indirizzi per il piano di riordino e dismissione delle partecipazioni societarie e per la riorganizzazione interna della medesima.

 

In particolare sono state definite “priorità per l’azione dell’Agenzia” il recupero della crescita e competitività del Mezzogiorno; a tal fine l’Agenzia dovrà:

-       favorire l’attrazione di investimenti esteri, in grado di dare un contributo allo sviluppo del sistema economico e produttivo nazionale;

-       sviluppare l’innovazione e la competitività industriale e imprenditoriale nei settori produttivi e nei sistemi territoriali.

-       promuovere la competitività e le potenzialità attrattive dei territori.

Per ognuna delle priorità suddette sono individuati una serie di obiettivi. La direttiva fornisce altresì indicazioni per la dismissione delle attività non strategiche, ribadendo in particolare l’utilizzo di una società veicolo per le dismissioni e liquidazioni. Si dispone anche che l’Agenzia dovrà “provvedere alla cessione, mediante privatizzazione, delle società controllate ritenute non strategiche, per le quali sussistano potenziali condizioni di interesse da parte del mercato”, adottando procedute ad evidenza pubblica, finalizzate alla valorizzazione degli asset patrimoniali. Gli indirizzi riguardano altresì la definizione dell’assetto dell’Agenzia all’esito del percorso di riordino: si ribadisce che essa dovrà essere organizzata secondo criteri di economicità ed efficienza. La direttiva si occupa altresì di governance dell’Agenzia e fissa criteri generali per la redazione del “Piano di riorganizzazione interna”.

 

Si ricorda che il suddetto piano di riordino non è stato ancora adottato.

 

L’Agenzia, alla data del 31 gennaio 2007, detiene la partecipazione in 87 società dislocate su tutto il territorio nazionale, in parte ereditate dalle singole società confluite nella Società, in parte acquisite successivamente alla fusione. 29 di esse sono direttamente controllate. Di queste, 17 sono società regionali operative, frutto di un processo di accorpamento e razionalizzazione delle società dislocate sul territorio volto alla costituzione di un solo soggetto per regione, e sono 12 società focalizzate su settori specifici (banda larga, porti turistici, poli turistici integrati, infrastrutture e ingegneria, riqualificazione di aree industriali).


3.Alitalia S.p.A

Il titolo VI del Codice della navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327), recante l’ordinamento dei servizi aerei, prevede agli articoli 776 e seguenti l’istituto della concessione governativa per l’esercizio dei servizi di trasporto aereo di linea.

 

Nel 1946 è stata autorizzata la partecipazione dello Stato o dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) alla costituzione di società per azioni aventi lo scopo di esercitare linee di navigazione aerea interna ed internazionale (D.Lgs. del Capo Provvisorio dello Stato 4 settembre 1946, n. 88). Il 16 settembre del 1946 è stata quindi fondata a Roma la Alitalia-Aerolinee Internazionali Italiane che 11 anni dopo, assorbendo la LAI-Linee Aeree Italiane, ha preso il nome di Alitalia-Linee Aree Italiane.

 

Detta società è stata costituita tra l’I.R.I. (Istituto per la ricostruzione industriale, allora ente pubblico economico) e la British European Airways Corporation, in esecuzione della convenzione firmata l’8 giugno 1946 tra il Ministro per l’Aeronautica del Governo italiano, da una parte, e l’ente di gestione dei servizi aerei britannici dall’altra.

 

Le azioni della società sono state inizialmente attribuite in misura maggioritaria all’IRI, vigilato all’epoca dal Ministero delle finanze. Con l’istituzione del Ministero delle partecipazioni statali (con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 maggio 1957), ad esso sono stati devoluti i compiti e le attribuzioni già esercitati dal Ministero delle finanze, fra cui quelli inerenti all’esercizio delle quote di partecipazione in Alitalia. Nel 1963 la partecipazione dello Stato al capitale della società è stata tuttavia ritrasferita all’I.R.I. (con D.M. 21 giugno 1963)[85].

 

La partecipazione maggioritaria dell’IRI al capitale sociale della società Alitalia è stata ribadita nella convenzione n. 4372, stipulata tra il Ministero dei Trasporti e della navigazione e la società stessa ed approvata con decreto interministeriale 16 aprile 1992.

 

Con la legge finanziaria per il 1997[86] è stata disposta l’abrogazione delle disposizioni legislative (peraltro non esplicitamente individuate) relative tra l’altro all’obbligo dell’I.R.I. S.p.A. (nel frattempo trasformato in società per azioni interamente possedute dal Ministero del tesoro) di detenere direttamente o indirettamente partecipazioni di maggioranza in società esercenti servizi di trasporto aereo.

La finalità della norma sembra potersi individuare nell’ottica di una successiva cessione delle quote azionarie predette. In particolare, la legge ha previsto l’obbligo del Governo di trasmettere al Parlamento, preventivamente alla cessione del controllo, il Piano industriale della società, ai fini dell’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari (cfr. infra).

 

Nel luglio 1997 la Commissione Europea ha approvato il Piano di ristrutturazione dell’Alitalia presentato nel 1996, che prevedeva una ricapitalizzazione da parte dell’azionista IRI per 3.000 miliardi di lire, successivamente ridotte a 2.750 miliardi (1,42 miliardi di euro), da erogare in tre tranches. Nei mesi successivi, il miglioramento gestionale registrato dalla società ha consentito all’IRI di strutturare un’operazione di ricapitalizzazione aperta anche agli azionisti terzi.[87]

L’articolo 1, comma 4, della legge n. 194 del 1998 ha infatti autorizzato – in relazione al processo di liberalizzazione e di privatizzazione del mercato del trasporto aereo - il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione ad erogare somme per la ricapitalizzazione delle società di trasporto aereo[88]; il Ministero dei trasporti è stato infine demandato a riferire di detto processo al Parlamento con cadenza semestrale[89].

Il 23 aprile 1998 il Consiglio di Amministrazione di Alitalia ha fissato i termini dell’operazione di aumento di capitale; nel maggio 1998 l’IRI ha collocato 27,6 milioni di azioni in portafoglio (il 18,4% del capitale della società) presso investitori istituzionali italiani ed esteri.

La cessione delle azioni ha comportato la riduzione della partecipazione IRI in Alitalia a circa il 67%, prima dell’avvio della ricapitalizzazione. Al termine dell’operazione di aumento di capitale (ivi inclusa l’offerta riservata ai dipendenti), realizzata nel periodo maggio/giugno 1998, la quota di partecipazione detenuta dall’IRI in Alitalia si è ridotta ulteriormente a circa il 53%.

 

Al fine di agevolare il processo di liquidazione dell’IRI, nel dicembre 2000 la partecipazione è stata trasferita al Tesoro. Conseguentemente, la partecipazione del Ministero del tesoro in Alitalia al 31 marzo 2001 era del 53,1%.

 

Nel corso del primo semestre dell’anno 2001 l’Alitalia ha predisposto il piano industriale 2002-2006, con il quale si proponeva di affrontare i crescenti problemi di redditività del Gruppo dovuti sia a dati di contesto internazionale e nazionale, sia alla posizione di isolamento derivante dalla repentina rottura della alleanza con KLM.

 

Gli eventi terroristici dell’11 settembre 2001 e le conseguenti drammatiche ricadute sul trasporto aereo hanno imposto al Gruppo Alitalia la riformulazione degli obiettivi di lungo periodo inducendo la società alla predisposizione del Piano Biennale 2002-2003.

 

Tale Piano Biennale è stato redatto nel tentativo di salvaguardare le strategie previste nel precedente Piano Industriale, cercando di individuare, pur in un quadro di profondo ridimensionamento della domanda, obiettivi idonei al nuovo contesto creatosi e strategie adeguate per affrontare la crisi al fine di determinare le premesse per un successivo rilancio e sviluppo del Gruppo societario.

Il piano perseguiva l’obiettivo del pareggio di gruppo entro il 2003, anche attraverso l’attivazione dei seguenti interventi:

-       versamento della seconda e terza tranche dell’aumento di capitale disposto dall’articolo 1, comma 4 della legge 194/1998 (complessivamente, 380 milioni di euro) e ricorso all'intervento degli azionisti e, più in generale, del mercato dei capitali (nell'ordine di 1.200 - 1.400 milioni di euro in forme tecniche da definire) da realizzare entro il primo semestre del 2002;

-       erogazione da parte del Governo di misure a sostegno del settore del trasporto aereo di cui Alitalia avrebbe dovuto beneficiare nel corso del biennio insieme agli altri operatori del settore presenti in Italia.

 

L’articolo 9, comma 3, del D.L. n. 63/2002[90], ha autorizzato il Ministero dell’economia e finanze a sottoscrivere nell’anno 2002 un aumento del capitale sociale della società Alitalia S.p.A., nella misura massima di 893,3 milioni di euro, in aggiunta a quanto già previsto dalle disposizioni della legge n. 194/1998: la finalità della norma era strettamente connessa al raggiungimento degli obiettivi previsti nel piano biennale 2002-2003 (vedi supra).

L’operazione prevedeva un aumento di capitale, offerto in opzione ai soci, fino ad un massimo di 1.432 milioni di euro: per metà a servizio della sottoscrizione di azioni ordinarie di nuova emissione e per l’altra metà a servizio della conversione di obbligazioni convertibili in azioni.

 

Il piano industriale 2004-2006, adottato in una prospettiva di continuità rispetto alle strategie delineate nel Piano Biennale 2002-2003, è stato approvato in data 30 ottobre 2003 con l’obiettivo di creare le condizioni strutturali di sostenibilità e recupero della redditività nel medio-lungo periodo.

 

Alla base del piano industriale venivano quindi posti due obiettivi strategici:

-       rilancio del core business, attraverso la focalizzazione delle risorse sul trasporto aereo, un’azione di incremento dei ricavi e di intervento sulla struttura dei costi, per renderla più flessibile e competitiva oltre che più efficiente; l’aumento dell’offerta al fine di riconquistare significative quote di mercato e la garanzia della sostenibilità economica sono volte a permettere ad Alitalia di ricoprire un ruolo primario all’interno dei futuri scenari di settore, delle partnership e delle alleanze.

-       recupero di redditività e creazione di valore economico, al fine di innalzare l’apprezzamento del mercato nei confronti della Compagnia e rafforzarne la posizione all’interno del processo di ampliamento e consolidamento delle partnership, in parallelo ad un percorso di ristrutturazione aziendale.

 

Nel contesto di una difficile situazione del mercato del trasporto aereo e di una evoluzione negativa della situazione finanziaria e di mercato di Alitalia Spa, è stato adottato il decreto-legge 24 giugno 2004, n. 159[91], che ha previsto la concessione di garanzie dello Stato a valere su finanziamenti di breve termine contratti da Alitalia per il tempo necessario a consentire la definizione e la successiva realizzazione da parte della stessa società di un piano industriale di ristrutturazione e rilancio. La garanzia dello Stato è riferita specificamente ad un “prestito ponte” di 400 milioni di euro (art. 1).

La Commissione Europea, con decisione del 20 luglio 2004, ha autorizzato la concessione della garanzia di Stato a favore di Alitalia di cui al citato decreto legge.

In tale occasione la Commissione “ha preso atto dell'impegno assunto dalle autorità italiane”[92] a:

§      ridurre entro dodici mesi dalla concessione della garanzia sul richiamato prestito ponte la partecipazione dello Stato al capitale di Alitalia ad una quota di minoranza (meno del 50%). La Commissione ha rilevato, in proposito, come tale impegno escludesse la possibilità di una ricapitalizzazione della compagnia dopo la ristrutturazione della stessa;

§      adottare un piano di ristrutturazíone della società che non comporti alcun aiuto di Stato.

La citata decisione della Commissione europea è stata adottata previa verifica della conformità delle misure recate dal decreto in oggetto agli orientamenti per gli aiuti destinati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà[93].

 

Il piano 2004-2006 è stato seguito dal successivo piano industriale 2005-2008, intervenuto in relazione all’impegno del Governo italiano – assunto in sede di autorizzazione da parte della Commissione europea del prestito-ponte di cui al DL n. 159/2004 - a trasmettere alla Commissione europea, entro sei mesi dalla data di autorizzazione degli aiuti (intervenuta il 20 luglio 2004), un piano di liquidazione o un piano di ristrutturazione di Alitalia. Tale impegno è stato assunto in correlazione a quello della dismissione della partecipazione azionaria dello Stato in Alitalia, destinata a scendere al di sotto della quota del 50%.

 

Con DPCM 3 febbraio 2005 sono state definite le modalità di alienazione della partecipazione statale in Alitalia S.p.a[94].

Secondo i criteri e le modalità indicati nel DPCM, l’alienazione avrebbe potuto eventualmente includere:

§      la cessione diretta delle obbligazioni convertibili detenute dal Ministero stesso;

§      la cessione indiretta delle obbligazioni convertibili detenute dal Ministero stesso.

Inoltre, l’alienazione avrebbe potuto essere effettuata, anche in più fasi:

§      sia mediante offerta pubblica di vendita;

§      sia mediante trattativa diretta, che potrà realizzarsi:

§      anche mediante adesione ad offerte pubbliche di acquisto o di scambio;

§      anche mediante operazioni di scambio di titoli.

 

Il DPCM ha previsto, almeno in una prima fase, una partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze al capitale di Alitalia non inferiore al 30 per cento.

Nelle sedute del 7 e del 10 novembre 2005, il Consiglio di Amministrazione di Alitalia ha deliberato un aumento di capitale a pagamento per un importo complessivo fino a massimi 1.006 milioni di Euro, mediante emissione di 1.257.562.072 azioni ordinarie. Le stesse sarebbero state attribuite in opzione agli azionisti ed agli obbligazionisti; in coerenza con gli impegni assunti con la Commissione Europea, il Ministero ha inteso sottoscrivere una quota dei diritti di opzione tale da far scendere la propria partecipazione al di sotto del 50%, dando disposizione a Deutsche Bank, global coordinatordell’intera operazione, di provvedere alla cessione sul mercato dei rimanenti diritti di opzione.

In linea con quanto ricordato nel paragrafo precedente, il Ministero ha assunto la decisione di esercitare integralmente i diritti di opzione riferibili alle richiamate obbligazioni convertibili in proprio possesso, ma di esercitare solo parzialmente i diritti derivanti da azioni ordinarie. Quanto ai diritti rivenienti da azioni ordinarie non destinati ad essere esercitati, il Ministero ha conferito a Deutsche Bank l’incarico della relativa cessione al meglio sul mercato, attraverso una procedura di raccolta di ordini potenziali (c.d. bookbuilding) rivolta ad investitori istituzionali. La vendita si è svolta dunque nel corso del periodo di contrattazione sul mercato dei diritti medesimi (14-25 novembre).

Dopo tale operazione, il Ministero detiene complessive 691.958.598 azioni ordinarie, pari al 49,9% del nuovo capitale sociale di Alitalia.

 

Il 1° dicembre 2006 il Consiglio dei Ministri ha deliberato di procedere alla cessione di una quota di controllo, definita dal Ministero come una quota pari ad almeno il 30,1% del capitale di Alitalia, nonché delle obbligazioni: ciò attraverso procedura competitiva a trattativa diretta rivolta a potenziali acquirenti, con facoltà da parte del Ministero di interrompere in qualsiasi momento la procedura e addivenire all'alienazione dei titoli in coerenza con il richiamato Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 febbraio 2005[95].

Nell’ambito della Procedura, la selezione dei potenziali acquirenti è avvenuta sulla base dei contenuti economici delle offerte e dell’analisi dei piani industriali che presentati dai soggetti interessati all’acquisto, anche al fine di verificarne la compatibilità con gli obiettivi di risanamento, sviluppo e rilancio dell’azienda.

Il Ministero dell’Economia e delle finanze, con comunicato stampa del 29 dicembre 2006, ha identificato quali impegni necessari e non derogabili:

§      il mantenimento di una partecipazione al capitale di Alitalia di controllo e, comunque, non inferiore al 30,1% per un periodo di tempo congruo e coerente con il perseguimento degli obiettivi del piano industriale;

§      la salvaguardia dell’identità nazionale di Alitalia;

§      la garanzia di qualità e quantità del servizio offerto e di copertura del territorio.

 

Con la “Lettera di procedura per presentazione offerte preliminari per Alitalia”, a seguito della manifestazione di interesse da parte dei potenziali acquirenti, il Ministero dell’economia e delle finanze ha comunicato il contenuto e le modalità di presentazione dell’offerta preliminare per l’acquisto di azioni ordinarie Alitalia - rappresentative di una partecipazione non inferiore al 39,9% del capitale sociale di Alitalia stessa - e n. 1.207.147.404 obbligazioni convertibili del prestito “Alitalia 7,5% 2002-2010 convertibile”.

Con la medesima comunicazione il Ministero si è riservato la facoltà di mantenere, valutati i Piani Industriali e tenuto conto degli orientamenti espressi nelle Offerte Preliminari, una partecipazione nel capitale sociale di Alitalia per un importo massimo pari al 10% del capitale sociale della stessa. Si è impegnato altresì a non aderire all’offerta pubblica di acquisto conseguente all’acquisto dei titoli comunicando l’intenzione di fornire, in un momento successivo della procedura di alienazione, ulteriori indicazioni circa le modalità di gestione della partecipazione medesima.

In data 22 maggio 2007 il Ministero dell’economia e delle finanze, con la “Lettera di procedura per presentazione offerte vincolanti per Alitalia “ ha confermato che la fase di presentazione delle offerte vincolanti avrà ad oggetto l’acquisto di una partecipazione pari a circa il 39,9% del capitale sociale di Alitalia. Il Ministero ha peraltro comunicato di voler cedere, su richiesta dell’acquirente selezionato, anche le residue n. 138.958.598 azioni ordinarie di Alitalia detenute, rappresentative di una partecipazione pari a circa il 10% del capitale sociale (denominate “azioni residue”).

Qualora tale ultima partecipazione non sia ceduta nell’ambito della Procedura, il Ministero ha affermato di impegnarsi a non aderire all’offerta pubblica di acquisto conseguente all’acquisto delle Azioni, ma a gestire la stessa alla stregua di un operatore economico privato.


4.Anas S.p.A. ed il settore autostradale

Risale al 1928 l’istituzione della Azienda autonoma statale della strada -A.A.S.S., ente originariamente investito della gestione e manutenzione della rete stradale italiana.

 

Nel 1946 (decreto legislativo presidenziale 27 giugno 1946 n. 38)[96] è stata poi costituita l’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali - ANAS.

Nel 1948 (condecreto legislativo 17 aprile 1948 n. 547, che ha apportato modifiche al D.Lgs. n. 38/1946) sono stati attribuiti a detta azienda specifici compiti istituzionali, tra cui spiccavano la gestione delle strade statali e delle autostrade appartenenti allo Stato, oltre alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria; la costruzione di nuove strade ed autostrade sia in via diretta che dietro concessione; il presidio all’attuazione delle leggi e dei regolamenti di polizia relativamente alla tutela del patrimonio delle strade ed autostrade statali, nonché alla circolazione e alla disciplina del traffico sulle medesime.

 

Nel 1961 (con legge 7 febbraio 1961, n. 59)[97] l'Azienda, amministrazione statale con ordinamento autonomo presieduta dal Ministro per i lavori pubblici, ha assunto la denominazione di Azienda nazionale autonoma delle strade (A.N.A.S.) e ha acquisito nuovi compiti.

Essi tra l’altro contemplavano (art. 2 della legge n. 59/61) la predisposizione dei programmi di sviluppo delle strade ed autostrade, la vigilanza sull’esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e il controllo sulla gestione delle autostrade il cui esercizio fosse sottoposto al medesimo regime; il presidio all'attuazione delle leggi e dei regolamenti concernenti la tutela del patrimonio delle strade e delle autostrade statali, nonché l’adozione di provvedimenti ritenuti necessari a tal fine.

Contestualmente è stata disposta una profonda ristrutturazione dell’organico dell’azienda, disciplinando in modo specifico alcuni aspetti del personale e delle modalità di svolgimento dei compiti istituzionali assegnati.

 

Nel 1994 (con il D.Lgs. n. 143 del 26 febbraio 1994 e, in attuazione di questo, con D.P.C.M. del 26 luglio 1995) l’ANAS si è trasformata in Ente nazionale per le strade, pur mantenendo la denominazione originaria di ANAS, con la veste giuridica di ente pubblico economico[98] dotato di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile e con personalità giuridica di diritto pubblico. E’ stata inoltre disposta la nomina di un amministratore straordinario per la fase transitoria, sottoponendo l’Ente all'alta vigilanza del Ministro dei lavori pubblici e dettando specifiche disposizioni in merito ai compiti, all’amministrazione ed al funzionamento.

Nel corso della XIV legislatura (2001-2005) l’ANAS è stata oggetto di una serie di successivi interventi normativi, finalizzati alla trasformazione dell’azienda in società per azioni.

La privatizzazione è stata preceduta dall’ approvazione del nuovo statuto dell’Ente (con D.P.R. 21 settembre 2001, n. 389), nonché dal commissariamento dell’ANAS.

Tali interventi - sorretti dalla tesi di fondo che le esigenze di una gestione di mercato di attività pubbliche fossero meglio soddisfatte dalla disciplina di diritto privato – sono stati mirati al raggiungimento di diversi scopi: migliorare i livelli di efficienza e competitività dell’azienda, garantire un maggior coordinamento con il Governo nella realizzazione dei propri obiettivi ed escludere i mezzi finanziari messi a disposizione da parte dell’ANAS dal computo dei finanziamenti pubblici propriamente detti.

 

La trasformazione in società per azioni dell’Ente è avvenuta con l’articolo 7 del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138[99] (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002).

Le azioni della società, ai sensi del citato articolo, sono state attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

La direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 novembre 2002 ha fissato poi le tempistiche degli adempimenti per la trasformazione (entro il 31 dicembre 2002) e le modalità di esercizio e di controllo dell'attività dell'ANAS S.p.A. da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e quindi della competente Direzione Generale Strade e Autostrade.

Il 19 dicembre 2002 l'assemblea degli azionisti ha approvato il nuovo statuto sociale e nominato il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, con operatività a partire dal 1° gennaio 2003.

 

Lo stesso articolo 7 ha attribuito all’ANAS S.p.A., a titolo di concessione, i compiti a questa prima assegnati quale ente pubblico in via diretta (dall’articolo 2, comma 1, lett. a)-g) ed l) del D.Lgs. n. 143 del 1994), e ha disciplinato altresì compiti e modalità operative della società stessa.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettere da a) a g), ed l) del D.Lgs. 26 febbraio 1994 n. 143 l'ente provvede a:

a)    gestire le strade e le autostrade di proprietà dello Stato nonché alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria;

b)    realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica;

c)    costruire nuove strade statali e nuove autostrade, sia direttamente che in concessione;

d)    vigilare sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e controllare la gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione;

e)    curare l'acquisto, la costruzione, la conservazione, il miglioramento e l'incremento dei beni mobili ed immobili destinati al servizio delle strade e delle autostrade statali;

f)      attuare le leggi ed i regolamenti concernenti la tutela del patrimonio delle strade e delle autostrade statali, nonché la tutela del traffico e della segnaletica; adottare i provvedimenti ritenuti necessari ai fini della sicurezza del traffico sulle strade ed autostrade medesime; esercitare, per le strade ed autostrade ad esso affidate, i diritti ed i poteri attribuiti all'ente proprietario;

g)    effettuare e partecipare a studi, ricerche e sperimentazioni in materia di viabilità, traffico e circolazione;

l)   espletare, mediante il proprio personale, compiti relativi ai servizi di polizia stradale[100].

 

Le disposizioni contenute nel citato articolo 7 del decreto-legge n. 138 del 2002, disciplinanti oggetto, durata e modalità di esercizio della concessione sono state ripetutamente modificate, da ultimo con la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 1018-1028).

 

A tale proposito, si ricorda in particolare che la legge finanziaria per il 2003 (art. 76 della legge 27 dicembre 2002, n. 289) aveva in prima battuta novellato l’articolo 7 prevedendo che venisse trasferita allo stato patrimoniale della società la rete autostradale e stradale nazionale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Tuttavia l’art. 6-ter del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) successivamente ha abrogato la previsione di cui sopra.

L’articolo 6-ter aveva poi previsto - introducendo il comma 5-bis all’articolo 7 del decreto - legge n. 138 - la possibilità per ANAS di subconcedere la gestione, manutenzione, miglioramento e costruzione di tratte stradali o autostradali a società da essa costituite. Tale possibilità è stata da ultimo eliminata con la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 1024, della legge n. 296 del 2006).

La disciplina della concessione tra lo Stato e ANAS S.p.A.

Secondo la disciplina vigente (articolo 7, comma 3, del D.L. n. 138/2002, come da ultimo modificato dalla legge finanziaria 2007, articolo 1, comma 1019), la disciplina della concessione è stabilita nella Convenzione di concessione, che prevede, tra l'altro:

a)      le modalità di esercizio da parte del concedente dei poteri di vigilanza e di indirizzo sull'attività del concessionario;

b)      le modalità, ivi compreso il ricorso ai contratti di concessione a terzi da parte di ANAS Spa, per gestione, manutenzione, miglioramento ed adeguamento delle strade ed autostrade statali e per la costruzione di nuove strade ed autostrade statali;

c)      le modalità per l'erogazione delle risorse finanziarie occorrenti per l'espletamento dei compiti affidati in concessione, e per la copertura degli oneri a carico dell'Ente nazionale per le strade ANAS per i compiti esercitati fino alla trasformazione;

d)      la durata della concessione, la quale non può essere superiore a cinquanta anni.

 

La disciplina della concessione è stata stabilita in una convenzione, stipulata in data 19 dicembre 2002 ed approvata con decreto interministeriale 31 dicembre 2002 n. 1030. La concessione ha una durata di trenta anni.

 

Si ricorda che il limite massimo di durata della concessione è stato innalzato da trenta a cinquanta anni dall’ultima legge finanziaria (articolo 1, comma 1019), ferma restando l’attuale durata prevista nella Convenzione con ANAS S.p.A, la legge consente al Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di adeguare la durata della concessione di ANAS Spa al nuovo limite, in occasione del perfezionamento della Convenzione unica (cfr. infra).

La legge finanziaria per il 2007 prevede (articolo 1, comma 1018) che l’ANAS predisponga un nuovo piano economico-finanziario. Tale piano, riferito all'intera durata della concessione, deve essere integrato dall'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione, ovvero di integrazione e manutenzione di quelle esistenti.

 

Le modalità di approvazione del piano: esso è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dei trasporti e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le competenti Commissioni parlamentari; con analogo decreto è approvato l'aggiornamento del piano e dell'elenco delle opere che ANAS Spa predispone ogni cinque anni.

Il termine previsto dalla norma per l’approvazione del piano è di sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria. Tale piano allo stato non risulta ancora approvato.

 

In occasione dell’adozione del piano, sarà sottoscritta una convenzione unica di cui il nuovo piano ed i successivi aggiornamenti costituiranno parte integrante.

Tale convenzione avrà valore ricognitivo per tutto quanto non derivi dal nuovo piano, ovvero dai suoi aggiornamenti.

Disciplina del canone annuo e del sovrapprezzo autostradale

L’entità e la destinazione del canone annuo corrisposto da ANAS allo Stato, quale ente concessionario, ai sensi dell’articolo 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono stati da ultimo oggetto di modifica con la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006: articolo 1, comma 1020).

In particolare, detto canone è stato incrementato, passando dall’1 al 2,4 per cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari. Inoltre, mentre la norma originaria prevedeva che tali somme fossero interamente corrisposte allo Stato, la modifica introdotta prevede invece che una parte delle medesime (pari al 42%) sia corrisposta direttamente all’ANAS, che a sua volta provvede a destinarla alle sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari, secondo direttive impartite dal Ministero delle infrastrutture,anche per il conseguimento di maggiore efficienza ed efficacia[101] (per l’esercizio delle attività di vigilanza e controllo da parte di ANAS, cfr. infra il relativo paragrafo).

Tale ultima disposizione va inoltre letta in correlazione con un’ulteriore previsione contenuta nella legge n. 296 del 2006 (articolo 1, comma 551), che autorizza, a decorrere dal 2007, la spesa di 6 milioni di euro da destinare al personale applicato alle attività di programmazione, indirizzo, vigilanza tecnica ed operativa e controllo su ANAS S.p.a. e sui concessionari autostradali, nonché alle attività programmazione, finanziamento, realizzazione e gestione delle reti infrastrutturali [102].

 

E’ stata inoltre prevista (cfr. il combinato disposto dei commi 1021 e 1025 della legge n. 296 del 2006) l’istituzione di un nuovo sovrapprezzo da versare ad ANAS, “quale corrispettivo forfetario delle sue prestazioni volte ad assicurare l'adduzione del traffico alle tratte autostradali in concessione, attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria, l'adeguamento e il miglioramento delle strade ed autostrade non a pedaggio in gestione alla stessa ANAS Spa”; ciò è disposto contestualmente alla soppressione del sovrapprezzo tariffario autostradale finalizzato ad alimentare il Fondo centrale di garanzia per le autostrade e le ferrovie metropolitane[103], anch’esso soppresso[104].

A tale riguardo, è previsto il subentro della Società ANAS nella gestione del patrimonio del fondo, nonché nei crediti e nei residui impegni nei confronti dei concessionari autostradali, e nei rapporti con il personale dipendente.

 

E’ altresì fissata l’entità del sovrapprezzo; si demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture, su proposta di ANAS, la definizione delle modalità attuative della disposizione in commento, ivi incluse le modalità relative al versamento del sovrapprezzo, nonché di utilizzazione degli introiti derivanti dal presente comma.

 

In conseguenza delle maggiori entrate derivanti dal sovrapprezzo, sono ridotti i pagamenti dovuti ad ANAS Spa a titolo di corrispettivo del contratto di servizio.

Rapporti tra ANAS e società concessionarie autostradali

Per ciò che attiene alle funzioni e i poteri dell’ANAS quale soggetto concedente nei rapporti con le società concessionarie autostradali, questi sono stati in particolare disciplinati dall’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (commi 82-85 e 87-89)[105], come modificato da ultimo dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2007, articolo 1, comma 1030).

In particolare, le richiamate disposizioni prevedono l’adozione di una convenzione unica quale sostitutiva ad ogni effetto della convenzione originaria, nonché di tutti i relativi atti aggiuntivi.

Tale convenzione unicaha valore ricognitivo per le parti diverse da quelle derivanti dall’aggiornamento ovvero dalla revisione della convenzione originaria.

Spetta al Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, assicurare che tutte le clausole convenzionali in vigore tra le parti, nonché quelle conseguenti all’aggiornamento ovvero alla revisione, siano inserite nella suddetta convenzione unica.

Per quanto riguarda i tempi, la convenzione unica deve perfezionarsi entro un anno dalla data di scadenza dell’aggiornamento periodico ovvero da quella in cui si creano i presupposti per la revisione della convenzione (comma 82).

 

Inoltre, le clausole della convenzione unica devono essere in ogni caso adeguate in modo da assicurare la realizzazione di una serie di finalità, indicate nel sopra citato articolo 2 del D. l n. 262, al comma 83, lett. da a) a i). Tra tali finalità, vi sono in particolare quelle tese a rapportare l’adeguamento annuo delle tariffe e il riallineamento periodico delle stesse all’evoluzione del traffico, alla dinamica dei costi, nonché al tasso di efficienza del concessionari e ad oprare un riequilibrio dei rapporti concessori, con una più stretta vigilanza da parte di ANAS S.p.A.[106].

 

La previsione dell’adeguamento della convenzione unica ai criteri suddetti è finalizzato dal legislatore al perseguimento di una maggiore trasparenza del rapporto concessorio, in modo tale da garantire adeguati livelli di sicurezza, di efficienza e di qualità e condizioni di economicità e di redditività. Quanto sopra è inoltre disposto nel rispetto dei princìpi comunitari e delle eventuali direttive del CIPE.

A tale proposito si segnala che, con deliberazione del 26 gennaio 2007, il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha approvato la “Direttiva in materia di regolazione economica del settore autostradale” [107]. Tale direttiva, al fine di assicurare uniformità di trattamento, è applicabile alle nuove convenzioni regolanti le concessioni autostradali e ai rapporti contrattuali in essere nei limiti e alle condizioni di cui ai commi 82 e 83 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 262 del 2006, e successive modificazioni.

 

Gli schemi di convenzione unica concordati tra le parti e redatti, conformemente ai criteri sopra citati, sentito il Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida sulla regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS), sono sottoposti all'esame del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

Tale esame si intende assolto positivamente in caso di mancata deliberazione entro quarantacinque giorni dalla richiesta di iscrizione all'ordine del giorno.

 

Gli schemi di convenzione, unitamente alle eventuali osservazioni del CIPE, sono successivamente trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

Il parere è reso entro trenta giorni dalla trasmissione. Decorso il predetto termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, le convenzioni possono essere comunque adottate.

Qualora non si addivenga ad uno schema di convenzione concordato tra le parti entro quattro mesi dalla scadenza prevista (un anno, ai sensi del già citato comma 82) il concessionario formula entro trenta giorni una propria proposta. Qualora il concedente ritenga di non accettare la proposta, il rapporto concessorio si estingue (cfr. infra, commi 87 e 88).

 

Inoltre, le società concessionarie autostradali sono assoggettate ad una serie di obblighi, indicati nell’articolo 11, comma 5 della legge n. 498 del 1992[108] (come sostituito dal comma 85 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, e ulteriormente modificato dal comma 1030 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296).

Questi sono:

a)       certificare il bilancio, anche se non quotate in borsa;

b)       mantenere adeguati requisiti di solidità patrimoniale,

Questi devono essere individuati da un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro delle infrastrutture;

c)       agire come amministrazione aggiudicatrice negli appalti di forniture e servizi di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria nonché di lavori, anche se misti con forniture o servizi, e in tale veste osservare quanto previsto dal codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e ss. modificazioni;

d)       sottoporre gli schemi dei bandi di gara delle procedure di aggiudicazione all'approvazione di ANAS Spa, che deve pronunciarsi entro trenta giorni dal loro ricevimento: in caso di inutile decorso del termine, opera il silenzio assenso; nonché vietare la partecipazione alle gare per l'affidamento di lavori alle imprese comunque collegate ai concessionari, che siano realizzatrici della relativa progettazione[109].

In virtù di quest’ultima previsione, cessa di avere applicazione, a decorrere dal 3 ottobre 2006 il divieto di partecipazione all'azionariato stabile di Autostrade Spa di soggetti che operano in prevalenza nei settori delle costruzioni e della mobilità, di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 16 maggio 1997;

e)       prevedere, a livello statutario, misure di prevenzione dei conflitti di interesse degli amministratori, e, per gli stessi, speciali requisiti di onorabilità e professionalità, nonché, per almeno alcuni di essi, di indipendenza;

Sono inoltre specificamente dettati i principi per l’affidamento dei servizi di distribuzione carbolubrificanti e delle attività commerciali e ristorative nelle aree di servizio delle reti autostradali (articolo 11, comma 5-ter della legge n. 498 del 1992, come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 939 della già citata legge finanziaria 2007)[110].

 

Inoltre, ANAS S.p.A., nell’ambito dei propri compiti istituzionali relativi alla vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e al controllo della gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione, esercita i seguenti poteri:

a)      richiede informazioni ed effettua controlli, con poteri di ispezione, di accesso, di acquisizione della documentazione e delle notizie utili in ordine al rispetto degli obblighi di cui alle convenzioni di concessione, nonché dei propri provvedimenti;

b)      emana direttive concernenti l’erogazione dei servizi da parte dei concessionari, definendo i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all’utente, sentiti i concessionari e i rappresentanti degli utenti e dei consumatori;

c)      emana direttive per la separazione contabile e amministrativa e verifica i costi delle singole prestazioni;

d)      irroga sanzioni pecuniarie amministrative, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di inosservanza degli obblighi di cui alle convenzioni di concessione, nonché dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei concessionari alle richieste di informazioni o a quelle connesse all’effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri. In caso di reiterazione ha la facoltà di proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione;

e)      segnala all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con riferimento agli atti e ai comportamenti delle imprese sottoposte al proprio controllo, nonché di quelle che partecipano agli affidamenti di lavori, forniture e servizi effettuate da queste, la sussistenza di ipotesi di violazione della normativa antitrust (articolo 2, comma 86 del citato D.L. 3 ottobre 2006, n. 262) .

 

E’ disciplinata l’estinzione del rapporto concessorio, nel caso in cui il concessionario non convenga sulla convenzione unica, ovvero nel caso in cui ANAS ritenga motivatamente di non accettare la proposta alternativa che il concessionario formuli nei 30 giorni successivi al ricevimento della proposta di convenzione. E’ fatto salvo l'eventuale diritto di indennizzo.

In tale caso, ANAS S.p.a. assume temporaneamente la gestione diretta delle attività del concessionario per il tempo necessario a consentirne la messa in gara[111]. (articolo 2, comma 87 e 88 del citato D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come rispettivamente modificato e sostituito dall’articolo 1, comma 1030 della legge finanziaria 2007).

 

Da ultimo si ricorda che, secondo la disciplina vigente, è previsto l’obbligo per il concessionario di comunicare al concedente, annualmente entro il 30 settembre, le variazioni tariffarie che intende applicare (articolo 21, comma 5 del D.L. 24 dicembre 2003 n. 355[112], come sostituito dall’articolo 2, comma 89 del citato D.L. n. 262, quest’ultimo modificato anch’esso dall’articolo 1, comma 1030 della legge n. 296/2006).

In particolare, il concedente, nei successivi quarantacinque giorni, previa verifica della correttezza delle variazioni tariffarie, trasmette la comunicazione, nonché una sua proposta, ai Ministri delle infrastrutture e dell'economia e delle finanze, i quali, di concerto, approvano o rigettano le variazioni proposte con provvedimento motivato nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

 

Per ciò che attiene alla disciplina dei rapporti tra ANAS e soggetti concessionari, si ricorda che il 14 novembre 2006 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia[113], inviando una lettera di messa in mora nella quale ha contestato l’incompatibilità dell’articolo 12del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262 Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, con gli articoli 43[114] e 56[115] del Trattato CE.

L’articolo 12 in questione è stato soppresso in sede di conversione. Tuttavia, il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 6, oggetto delle contestazioni mosse dalla Commissione, è stati, con alcune significative modifiche, sostanzialmente riprodotto nell’articolo 2, commi 82 e seguenti della legge di conversione. Si può pertanto ritenere che alcuni dei rilievi della Commissioni siano riferibili ora alle pertinenti disposizioni della legge di conversione, mentre altri appaiono superati dalle modifiche operate in sede di conversione.

Sulla base di recenti notizie di stampa[116], la Commissione europea, nonostante le modifiche legislative introdotte con legge finanziaria per il 2007 alla disciplina sopra citata, ha sostanzialmente confermato le motivazioni alla base dell’avvio della procedura di infrazione.

 

Si ricorda infine che la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1023) ha previsto che siano impartite ad ANAS S.p.A. – anche in deroga all'articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, nella formulazione derivante dalle ultime modifiche sopra esposte - direttive per realizzare l'autonomia e la piena separazione organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile delle sue attività volte alla vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, nonché al concorso nella realizzazione dei compiti di programmazione[117] degli interventi di miglioramento, adeguamento e implementazione della rete delle strade e autostrade statali, della relativa segnaletica e dei relativi servizi accessori.

Le direttive sono impartite altresì anche ai fini di garantire le modalità di gestione e le modalità dell'eventuale trasferimento delle partecipazioni già possedute da ANAS Spa in società concessionarie autostradali.

A detto scopo è prevista la forma del decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

La realizzazione della separazione delle attività di ANAS di vigilanza e controllo sui concessionari autostradali può avvenire anche attraverso la costituzione di apposita società, le cui azioni sono assegnate al Ministero dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di intesa con il Ministero delle infrastrutture.

Qualora detta società sia costituita, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze sarà istituito un nuovo capitolo di bilancio nel quale affluiranno quota parte dei contributi statali già attribuiti ad ANAS Spa, destinatia remunerare le attività della medesima società sulla base di quanto stabilito in apposito contratto di servizio, stipulato con il Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Aumento del capitale sociale di ANAS S.p.A

Ai sensi dell’articolo 7 del più volte citato decreto legge n. 138 del 2002, come modificato dalla legge n. 296 del 2006 (articolo 1, comma 1028), l'ammontare dei residui passivi dovuto all'ANAS Spa e in essere al 31 dicembre 2002, è conferito, in tutto o in parte, all'ANAS Spa in conto aumento del capitale sociale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Con ulteriore decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è quantificato l'importo da conferire e sono definite le modalità di erogazione dello stesso.

Per gli anni successivi, si provvede con stanziamenti da iscriversi in tabella D del provvedimento di legge finanziaria.


5.Enel S.p.A. e il settore elettrico

La legge n. 1643 del 1962[118] ha istituito l’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica - ENEL quale ente pubblico economico, attribuendo ad esso le seguenti attività da svolgersi in regime di riserva: esercizio nel territorio nazionale di produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta.

Tutte le fasi fondamentali del settore elettrico erano dunque affidate all'azienda di Stato in regime di monopolio.

 

Il decreto legge n. 333/1992[119] (cfr. a pag.

 

L'ENEL pertanto mutava la propria natura giuridica, diventando concessionario[120] esclusivo delle stesse attività descritte dalla legge di nazionalizzazione del '62; non veniva tuttavia modificato il regime di monopolio dell'attività da questo già svolta.

L’assetto del settore elettrico in Italia

Il decreto legislativo n. 79 del 1999 (adottato in attuazione della direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) ha ridisegnato l'intero quadro istituzionale e normativo del settore in Italia, disponendo tra l’altro la liberalizzazione dell’attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica[121].

Detto decreto riservava inoltre allo Stato in via esclusiva l'attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, le quali erano affidate ad un ente Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale - GRTN, società per azioni controllata in via esclusiva dal Ministero dell’economia[122].

L'attività di distribuzione e vendita era sottoposta a un regime di concessioni trentennali rilasciate dall’allora Ministro delle attività produttive (ora sviluppo economico)[123].

Era delineata così una nuova disciplina della rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica, in base alla quale la proprietà della rete veniva separata dalla sua gestione. La prima rimaneva all'ENEL, la seconda veniva trasferita ad un nuovo soggetto pubblico creato ad hoc, il gestore della rete.

Nel più ampio progetto di trasformazione della società elettrica nazionale si è disposta altresì la trasformazione dell'ENEL in più società, una per ciascuna attività del settore elettrico[124].

Enel SpA si è trasformata dunque in una holding industriale: le divisioni e le strutture di servizio sono diventate società operative autonome. Nello stesso anno sono state infatti create Enel Produzione S.p.A., Terna S.p.A. ed Enel Distribuzione S.p.A.: si è proceduto dunque all’esercizio in forma societaria delle attività tipiche di produzione, trasmissione e distribuzione.

 

Il modello delineato dal decreto n. 79/99, noto come “Independent System Operator – ISO”, si è rivelato non del tutto soddisfacente.

Di conseguenza, in seguito all’adozione della direttiva comunitaria n. 2003/54/CE – abrogativa della direttiva di liberalizzazione 96/92/CE -è stata prevista,nel 2003, la riunificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica di trasmissione nazionale (D.L. 29 agosto 2003, n. 239, convertito dalla legge n. 290/2003).

 

Si è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione di criteri, modalità e condizioni per suddetta operazione, nonché la definizione dei criteri per la gestione del soggetto risultante dalla unificazione stessa (compresa la disciplina dei diritti di voto e la sua successiva privatizzazione).

 

In attuazione della suddetta disposizione è stato adottato il DPCM 11 maggio 2004 che, individuando in Terna S.p.A. l’operatore indipendente competente in materia di proprietà e gestione della rete, ha disposto il trasferimento – entro il 31 ottobre 2005 - a detta società del ramo d’azienda del GRTN relativo alla trasmissione, al dispacciamento ed allo sviluppo della rete. Di conseguenza, Terna ha acquisito le attività, le funzioni, i beni, i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a GRTN S.p.a.[125].

 

Terna - Rete Elettrica Nazionale S.p.A. è una società per azioni quotata in Borsa. Essa è stata costituita il 31 maggio 1999 per l’esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione (comprensiva delle linee di trasporto e delle stazioni di trasformazione dell’energia elettrica), in ottemperanza alle disposizioni del D.Lgs. 79/99. Il collocamento delle azioni è avvenuto nel giugno 2004: attualmente l’azionista di maggioranza relativa è la Cassa Depositi e Prestiti (cfr. supra il paragrafo relativo), che detiene il 29.99% del pacchetto azionario. La cessione delle azioni da parte di Enel è avvenuta il 15 settembre 2005[126].

Dalla data di efficacia del trasferimento del ramo di azienda prima appartenente al GRTN, Terna S.p.a ha assunto la titolarità delle seguenti funzioni: obbligo di connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano richiesta, gestione dei flussi di energia, dei relativi dispositivi di interconnessione e dei servizi ausiliari necessari; adempimento di ogni altro obbligo volto ad assicurare la sicurezza, l'affidabilità, l'efficienza e il minor costo del servizio e degli approvvigionamenti; gestione della rete, di cui può essere proprietario, senza discriminazione di utenti o categorie di utenti; deliberazione degli interventi di manutenzione e di sviluppo della rete, a proprio carico se proprietario della rete, o a carico della società proprietarie, in modo da assicurare la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti, nonché sviluppo della rete medesima nel rispetto degli indirizzi del Ministro delle attività produttive.

 

A seguito della cessione, GRTN ha modificato la propria denominazione in Gestore dei Servizi Elettrici - GSE S.p.a. ed ha assunto un ruolo centrale nella promozione, nell'incentivazione e nello sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia. Azionista unico del GSE è il Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista con il Ministero delle attività produttive (ora sviluppo economico).

Il GSE è capogruppo delle due società controllate AU (Acquirente Unico) e GME (Gestore del Mercato Elettrico).

La dismissione della partecipazione statale in ENEL S.p.A.

L’operazione di dismissione delle quote ENEL da parte del Ministero del tesoro (ora economia e finanze) è stata inizialmente prevista dalle direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 1993 e del 15 ottobre 1993.

Conformemente alla disciplina generale, le modalità di cessione delle partecipazioni detenute dal Ministero del tesoro sono state individuate con D.P.C.M. 10 maggio 1995: con tale provvedimento si autorizzava l’alienazione delle partecipazioni a mezzo di offerta pubblica di vendita o mediante trattativa diretta, anche al fine di costituire un azionariato stabile.

 

La procedura di dismissione, sospesa nel 1996, è stata riavviata nel 1999 dopo l’approvazione del citato decreto legislativo n. 79/99, di recepimento della prima direttiva europea di liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas.

La vendita della prima tranche di azioni è avvenuta nel periodo settembre-novembre 1999. Le azioni sono state collocate mediante offerta globale, costituita da un’offerta pubblica di vendita di azioni in Italia (OPV), inclusa una tranche di azioni riservate ai dipendenti del Gruppo ENEL, e da un’offerta pubblica negli Stati Uniti d’America rivolta anche a investitori istituzionali statunitensi, nonché da un collocamento privato rivolto ad investitori professionali italiani ed istituzionali esteri.

A seguito della cessione della prima tranche di azioni dell’ENEL e dell’esercizio della green shoe[127], lo Stato possedeva 8.277.348.379 azioni dell’ENEL, pari al 68,26% del capitale sociale, di cui 122.158.580 azioni vincolate a garanzia dell’esercizio dell’opzione di azione gratuita (bonus share) fino alla data del 5 dicembre 2000[128].A seguito dell’esercizio di detta opzione, la partecipazione residua del Tesoro al 31 marzo 2001 era del 67,58%.

 

La vendita della seconda tranche della partecipazione detenuta dal Ministero nel capitale di ENEL, pari a 400.000.000 azioni ordinarie (circa il 6,6% del capitale azionario ordinario), è stata perfezionata nel novembre del 2003[129] attraverso la tecnica del bought deal[130].

Nel corso del 2003, a seguito della trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni, è stata demandata ad un decreto ministeriale l’individuazione delle partecipazioni societarie da trasferire dal Ministero alla CDP. In particolare è stata disposta la vendita alla CDP del 10,35% del capitale di ENEL.

 

Nell’ottobre 2004 il Ministero dell’economia ha ceduto, attraverso offerta globale, il 18,87% del capitale sociale di Enel S.p.A. (terza tranche)[131].

L’ offerta globale è stata strutturata in un’offerta pubblica di vendita in Italia (OPV), comprensiva di una quota di azioni riservate ai dipendenti del Gruppo Enel ed agli azionisti Enel, e da un’offerta istituzionale rivolta ad investitori italiani ed esteri. All’interno dell’offerta istituzionale è stato effettuato un collocamento destinato ad investitori giapponesi, nell’ambito di un’offerta pubblica senza quotazione (Public Offering Without Listing - POWL). A seguito della cessione della terza tranche di azioni Enel il Ministero dell’economia e delle finanze conservava il controllo diretto del 31,48% delle azioni della società (di tale percentuale, lo 0,5% era vincolato all’eventuale esercizio della bonus share).

 

La quarta tranche di azioni Enel è stata ceduta dal Ministero dell’economia e delle finanze nei mesi di giugno-luglio 2005 con modalità analoghe (OPV) a quelle utilizzate per la cessione della III tranche.

Al termine della cessione, il 21,87% delle azioni stesse risultava sotto il controllo diretto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il 10,20% del capitale era detenuto dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e il 67,93% si trovava in mano ad azionisti privati[132].

 

Al febbraio del 2007, il Ministero detiene direttamente il 21,4% del capitale e indirettamente un ulteriore 10,2% attraverso la Cassa depositi e Prestiti[133].


6.Eni S.p.A.

L'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) è stato istituito nel 1953 (legge 10 febbraio 1953, n. 136) con personalità giuridica di diritto pubblico e con lo scopo precipuo di promuovere ed attuare iniziative di interesse nazionale nel campo degli idrocarburi e dei vapori naturali.

 

Nel 1967 è stato altresì affidato all'Eni il compito di promuovere ed attuare iniziative di interesse nazionale nei settori della chimica e della ricerca, produzione, rigenerazione e vendita dei combustibili nucleari, nonché nel settore minerario attinente a questa attività.

Contestualmente alla nascita dell’ente è stato creato un apposito fondo di dotazione, che negli anni successivi - sino alla trasformazione dell’ENI in società per azioni - è stato rifinanziato con diversi interventi legislativi.

Con l’istituzione del Ministero delle partecipazioni statali (1956), a questo sono stati devoluti tutti i compiti e le attribuzioni allora spettanti al Consiglio dei Ministri, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a Comitati di Ministri o a singoli Ministeri relativamente – tra l’altro - all’Eni e a tutte le altre imprese con partecipazione statale diretta o indiretta.

 

Ai sensi del D.L. n. 333/92 (cfr: pag.

A detto Ministero è stato demandato l’esercizio dei diritti dell'azionista secondo le direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro da questo delegato, con il Ministro del bilancio e della programmazione economica (oggi incorporato nel MEF) e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora sviluppo economico).

 

La privatizzazione dell’Eni si è svolta tra il 1995 ed il 2001 e si è sviluppata in cinque fasi.

In particolare Eni ha fatto il suo ingresso in borsa il 28 novembre 1995. Le azioni sono state quotate sul sistema Telematico della Borsa Italiana e al NYSE e trattate sul circuito SEAQ International di Londra. Il Ministero del Tesoro ha collocato sul mercato il 15% del capitale della società.

 

A titolo di incentivo è stata accordata al pubblico dei risparmiatori una protezione, subordinatamente al possesso delle azioni senza soluzione di continuità per dodici mesi, consistente nel rimborso di un importo in denaro pari alla differenza fra il prezzo di offerta e il valore del titolo al termine dei dodici mesi, fino ad un massimo del 10% del prezzo di offerta.

 

L'incasso complessivo del collocamento è stato di oltre 3,2 miliardi di euro ( 6.300 miliardi di lire).

 

La vendita della seconda tranche[134]di azioni dell’ENI è stata effettuata nel periodo ottobre/dicembre 1996, a seguito della delibera assunta il 4 giugno dal Comitato dei Ministri per le privatizzazioni[135], sentito il Comitato di Consulenza Globale e di Garanzia per le Privatizzazioni[136]. Il collocamento è avvenuto mediante offerta globale, composta da un’offerta pubblica di vendita di azioni in Italia (OPV) e un collocamento privato destinato agli investitori istituzionali, riservato ad Italia, Regno Unito, Europa Continentale e Resto del Mondo, nonché un’offerta pubblica riservata agli Stati Uniti d’America. L’offerta pubblica in Italia è stata effettuata con la tecnica dell’offerta a prezzo aperto.[137]

L’operazione si è conclusa il 12 dicembre 1996: a seguito di essa, il Ministero possedeva 5.534.205.453 azioni dell’ENI, pari al 69,18% del capitale sociale, di cui 5.857.100 azioni vincolate per la bonus share della prima tranche e 60.348.600 per la bonus share della seconda tranche.

 

La vendita della terza tranche di azioni dell’ENI è avvenuta nel periodo giugno/luglio 1997, sulla base della delibera assunta dal Comitato dei Ministri per le privatizzazioni nell’aprile 1997, con il collocamento di circa il 18% del capitale della Società e con un incasso di circa oltre 6,8 miliardi di euro (13.300 miliardi di lire). Il collocamento è avvenuto mediante offerta globale, composta da un’offerta pubblica di vendita di azioni in Italia (OPV) e un collocamento privato destinato agli investitori istituzionali, riservato ad Italia, Regno Unito e Repubblica d’Irlanda, Europa Continentale e Resto del Mondo. E’ stato inoltre previsto un collocamento privato destinato ad investitori istituzionali riservato al Canada e un’offerta pubblica riservata agli Stati Uniti d’America.

L’offerta pubblica in Italia è stata effettuata con la tecnica dell’offerta a prezzo aperto.

Al pubblico dei risparmiatori e ai dipendenti, oltre alla "bonus share", è stato riservato uno sconto rispettivamente del 3% e del 4%.

L’operazione si è conclusa il 15 luglio 1997 e, a seguito di essa, il Tesoro possedeva il 51,54% del capitale sociale.

 

La vendita della quarta tranche di azioni dell'ENI è avvenuta nel periodo giugno-luglio 1998. Il Comitato dei Ministri per le privatizzazioni ha deliberato nel maggio 1998 di procedere al collocamento mediante offerta globale, composta da una offerta pubblica di vendita di azioni in Italia (OPV), un collocamento privato destinato agli investitori istituzionali, riservato ad Italia, Regno Unito e Repubblica d'Irlanda, Europa Continentale e Resto del Mondo, nonché un collocamento privato destinato ad investitori istituzionali riservato al Canada e un'offerta pubblica riservata agli Stati Uniti d'America. L'offerta pubblica in Italia è stata effettuata con la tecnica dell'offerta a prezzo aperto.

L’operazione si è conclusa il 27 luglio 1998.

A seguito della cessione della quarta tranche di azioni dell'ENI e dell'esercizio della bonus share ENI 3, lo Stato possedeva 2.906.685.115 azioni dell'ENI, pari al 36,33% del capitale sociale, di cui 89.578.055 azioni vincolate a garanzia dell'esercizio dell'opzione di azione gratuita (bonus share ENI 4) fino alla data del 7 ottobre 1999.

 

La vendita di un ulteriore pacchetto azionario detenuto dal Ministero dell’Economia nel capitale dell’ENI (quinta tranche) è avvenuta nel febbraio del 2001, con il collocamento presso investitori istituzionali del 5% del capitale sociale e un incasso totale di 2,720 milioni di euro.

La dismissione è stata realizzata sulla base della delibera assunta nel dicembre 2000 dal Comitato dei ministri per le privatizzazioni che, in particolare, ha disposto che l’operazione venisse effettuata mediante un’offerta riservata ad investitori istituzionali italiani ed esteri. L’offerta è stata realizzata con l’accelerated bookbuilding.

Successivamente all’operazione, il Ministero dell’Economia deteneva 2.427.463.230 azioni dell’ENI, pari a circa il 30,33% del capitale sociale.

 

Si ricorda altresì che il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269[138], che ha disposto la trasformazione della CDP in società per azioni ha demandato ad un decreto ministeriale l’individuazione delle partecipazioni societarie da trasferire dal Ministero alla CDP. In attuazione di tale disposizione il D.M. 5 dicembre 2003 ha disposto la cessione alla CDP, tra l’altro, del 10% del capitale di ENI (cfr. a pag.

 

Eni attualmente opera nelle seguenti attività: petrolio, gas naturale, generazione di energia elettrica, ingegneria e costruzioni, petrolchimica.

Oggi lo Stato detiene il 20,31% del controllo diretto in ENI S.p.A[139], oltre alla partecipazione indiretta del 10% tramite la Cassa Depositi e Prestiti.


7.Ferrovie dello Stato S.p.A.

Ferrovie dello Stato S.p.A. è una holding che gestisce la rete dei trasporti ferroviari di passeggeri e di merci in Italia.

 

Le Ferrovie dello Stato sono nate nel 1905 con la nazionalizzazione delle tre reti ferroviarie private allora esistenti: alla qualifica di proprietario della rete lo Stato aggiungeva anche quella di esercente diretto del servizio. Nel 1924 sono confluite nel Ministero delle Comunicazioni per divenire poi, nel 1944, una Direzione Generale del Ministero dei Trasporti.

Nel 1958 è stata istituita l’azienda autonoma Ferrovie dello Stato, come direzione generale del Ministero dei trasporti; pur presentando caratteri di autonomia, si è profilata l’esigenza di riconoscere all’azienda una più vasta autonomia operativa e una maggiore responsabilità imprenditoriale.

Nel 1985 è quindi istituito l’Ente Ferrovie dello Stato con personalità giuridica, autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria, posto sotto la sorveglianza del Ministero dei trasporti. Detta riorganizzazione tuttavia non ha permesso di conseguire le aspettative sull’aumento di qualità dei servizi.

 

Nell’ambito del processo di privatizzazione delle imprese pubbliche l’Ente Ferrovie dello Stato è stato trasformato nel 1992 in società per azioni. La trasformazione è avvenuta sulla base della delibera del Cipe del 12 agosto 1992, ai sensi dell’art. 18 del D.L. 333/1992 (cfr. pag.

I rapporti con lo Stato sono regolati da un atto di concessione la cui durata è stata da ultimo ridefinita in 60 anni[140]per gestire il trasporto pubblico su ferrovia e via mare e per progettare e realizzare nuove linee e nuovi impianti.

 

Per quanto concerne gli strumenti che regolano i rapporti tra Ferrovie dello Stato S.p.A. e lo Stato, con la legge finanziaria per il 1994 (articolo 4, comma 4, della legge 538/1993) si è disposto che un contratto di servizio disciplini essenzialmente gli obblighi di servizio pubblico posti a carico della società[141].

L’oggetto del contratto di servizio è costituito dai rapporti tra Ministero dei trasporti e la società Trenitalia Spa relativi ai servizi ferroviari viaggiatori: a partire dal contratto di servizio 2002-2003 sono stati esclusi gli obblighi di servizio pubblico relativi al trasporto delle merci, a seguito della liberalizzazione del mercato del trasporto ferroviario.

 

Il contratto di programma regola invece gli oneri di gestione dell’infrastruttura posti a carico dello Stato e gli investimenti per lo sviluppo ed il mantenimento in efficienza della rete.

Il contratto di programma attualmente vigente è stato sottoscritto dal Ministero dei trasporti e della navigazione e dal gestore dell’infrastruttura - Ferrovie dello Stato Spa il 2 maggio 2001, previo parere favorevole del CIPE , e si riferisce al periodo 2001-2005.

 

Per quanto riguarda l'assetto della società, ed in particolare la separazione delle attività di gestione dell'infrastruttura da quelle di gestione dei servizi di trasporto[142], l'art. 17 del primo atto di concessione (D.M. 26 novembre 1993, n. 225/T, conseguente alla citata delibera del CIPE del 12 agosto 1992) aveva previsto la mera separazione contabile.

Tale previsione è stata in parte superata dall'art. 8 del contratto di programma 1994-2000 (approvato il 25 marzo 1996) che ha impegnato invece le F.S. a creare due distinti soggetti societari[143].

La separazione contabile è stata disposta dalla società nel luglio 1998.

 

Dopo il completamento del processo di divisionalizzazione[144], dal 1° giugno 2000 si è realizzata la separazione societaria tra gestione dell’infrastruttura e attività di trasporto, con la costituzione di una società separata che svolge l’attività di trasporto (ITF Spa, attualmente Trenitalia Spa)cui ha fatto seguito, il 1° luglio 2001, la costituzione di un’ulteriore società per la gestione dell’infrastruttura (RFI - Rete Ferroviaria Italiana Spa)[145], mentre Ferrovie dello Stato Spa ha assunto il ruolo di società holding.

Il progetto di riassetto societario del gruppo Ferrovie dello Stato Spa è stato approvato, con la nota del 31 luglio 2000, n. 5516, dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

A tale progetto di riassetto si richiama il contratto di programma 2001-2005 tra il Ministero dei trasporti e la Ferrovie dello Stato Spa. Tale contratto è tuttora vigente e ad esso si sono aggiunti ulteriori addenda.

 

A seguito della costituzione della società di gestione dell’infrastruttura (RFI – Rete Ferroviaria Italiana Spa), quest’ultima, oltre a divenire destinataria esclusiva dell’atto di concessione, è divenuta la destinataria finale del contratto di programma.

Il contratto, nell’individuare gli effetti della ristrutturazione societaria, prevede tra l’altro che, in ottemperanza alla nota richiamata,, a decorrere dal completamento della ristrutturazione societaria, il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) non detenga partecipazioni azionarie dirette nel soggetto societario gestore dell’infrastruttura (RFI Spa), mentre è prevista una diretta partecipazione nella società holding (FS Spa), che a sua volta ha il controllo del gestore dell’infrastruttura.

 

Gli obblighi di finanziamento assunti dallo Stato in virtù del contratto di programma sono adempiuti mediante aumento del capitale sociale di FS Spa, che provvede poi a trasferire detti finanziamenti (sempre sotto forma di aumenti di capitale) alla società di gestione dell’infrastruttura.

L’attività di trasporto ferroviario è stata conferita da FS Spa alla controllata Trenitalia Spa dapprima con un contratto di affitto e, successivamente (dal 1° dicembre 2000), con un contratto di cessione di ramo d’azienda, mentre nel secondo semestre del 2000 è stato avviato il progetto di scissione parziale delle attività di holding da quelle di gestione e sviluppo dell’infrastruttura.

 

Per ciò che specificamente attiene a RFI–TAV, il 23 gennaio 1991 il Ministero dei Trasporti e l'Ente Ferrovie dello Stato hanno sottoscritto il contratto di programma 1991-1992, il quale ha stabilito che il finanziamento della realizzazione del sistema Alta Velocità fosse ripartito tra Stato e privati.

In particolare, lo Stato si impegnava a coprire il 40% dei costi, più gli oneri per gli interessi relativi alle fasi di costruzione delle opere, di avviamento e di pre-esercizio. E’ nata dunque (19 luglio dello stesso anno) TAV S.p.A., il cui capitale sociale di 100 miliardi era costituito per il 40% circa da fondi pubblici delle Ferrovie dello Stato e per il 60% da investimenti privati, sottoscritti da istituti bancari, banche di investimento, società finanziarie e compagnie d'assicurazione nazionali ed estere.

Nel dicembre 1992, contestualmente alla trasformazione delle Ferrovie dello Stato in S.p.A., è stato stipulato tra queste e il ministero dei Trasporti il nuovo Contratto di Programma 1993-1995, che ha stabilito l'entità dell'impegno pubblico per la realizzazione del sistema Alta Velocità.

Nel dicembre 1997 il consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato ha avviato la riorganizzazione di TAV, decidendo di acquisirne le quote detenute dagli azionisti privati. Con l'approvazione dell'atto modificativo della Convenzione, di regolamentazione dei rapporti tra Ferrovie dello Stato e TAV, l'attività di TAV si è concentrata sulla costruzione della rete italiana ad Alta Velocità/Alta Capacità, ed è stata riconfermata la struttura finanziaria del progetto (ricorso a capitali privati in misura almeno pari al 60% dell'intero investimento, anche attraverso il ricorso a project financing).

In data 10 marzo 1998 TAV diventava al 100% proprietà delle Ferrovie dello Stato, che acquistavano le quote azionarie pari al 57% del capitale sociale, detenute da 42 soci tra banche, assicurazioni e istituti di credito italiani ed esteri. Nel 2001, con la costituzione di Rete Ferroviaria Italiana, si è concluso il processo di riorganizzazione del Gruppo Ferrovie dello Stato iniziato, per rispondere alla normativa comunitaria, nel 1998 con la istituzione della Divisione Infrastruttura e proseguito con la costituzione della Soc. TRENITALIA il 1° giugno 2000.

Il rapporto tra TAV e RFI è stato ridisegnato nel dicembre 2003 con la firma della Convenzione RFI/TAV.

 

La partecipazione azionaria dello Stato in Ferrovie dello Stato S.p.A., come già rilevato, è del 100%.

 


8.Finmeccanica S.p.A

La Società Finanziaria Meccanica Finmeccanica è stata costituita dall'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) nel 1948, con l’originario compito di gestire le partecipazioni nell'industria meccanica e cantieristica acquisite nei primi 15 anni di vita dell'IRI.

Oggi il Gruppo Finmeccanica controlla l’80% delle capacità industriali italiane nel settore della difesa.

 

Nei primi anni di vita di Finmeccanica l'attenzione del gruppo si è concentrata su settori come l'automotoristico, la cantieristica, il ferroviario ed il macchinario industriale e l'emergente elettronica, con la gestione di aziende quali Ansaldo, Alfa Romeo, San Giorgio, Sant'Eustachio, Navalmeccanica, Cantieri Navali dell'Adriatico. Negli anni Sessanta erano scorporate da Finmeccanica le aziende ferroviarie e quelle elettroniche, mentre venivano invece acquisite quelle elettromeccaniche.

Negli anni Settanta Finmeccanica era presente in diversi settori industriali: automotoristico (con l'Alfa Romeo), termo-elettro-meccanico (con l'Ansaldo) ed aerospaziale (con l'Aeritalia, costituita al 50% con la FIAT nel 1969).

Negli anni Ottanta le attività del gruppo Finmeccanica si sono concentrate gradualmente nei settori elettromeccanico ed aerospaziale.

Nel 1989 l'IRI riportava in ambito Finmeccanica Selenia, Elsag e SGS, aziende a prevalente tecnologia elettronica precedentemente trasferite alla STET[146]. Finmeccanica ha fatto così ingresso in mercati come i sistemi civili, la fabbrica automatica, i sistemi di comando e controllo, la missilistica, le apparecchiature biomedicali, la robotica complessa, la componentistica microelettronica.

Negli anni Novanta è avvenuta la fusione di Aeritalia e Selenia, che ha dato vita ad Alenia, società che oggi riunisce le attività delle due aziende nell'aeronautica, nell'elettronica per la difesa, nella missilistica e nel controllo del traffico aereo. Intanto Elsag ha acquisito Bailey, ampliando le già rilevanti presenze nell'automazione dei processi e dei servizi. Nel 1991 è stata costituita Ansaldo Energia, in cui sono confluite Ansaldo GIE e Ansaldo Componenti.

 

Nel 1992 è avvenuta la fusione di Finmeccanica con la società controllata Società Immobiliare e Finanziaria per Azioni - SIFA Spa[147] ed il contestuale ingresso in borsa con denominazione di “Finmeccanica Società per Azioni”.

 

Al momento dell’avvio del processo di dismissione (fine degli anni Novanta), il Ministro del tesoro era titolare dell'intero capitale sociale dell'IRI S.p.A., che a sua volta deteneva direttamente il controllo maggioritario, pari al 59,7%, del capitale sociale di Finmeccanica S.p.A.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 settembre 1999 il Ministero del tesoro è stato autorizzato ad emanare le disposizioni per l’attribuzione dei poteri speciali, secondo quanto previsto dalla già citata l. 474/94, di conversione del D.L. n. 332/94 (per cui si veda pag.

In detto decreto si dava atto dell’avvio del progetto di privatizzazione di Finmeccanica S.p.a. da parte dell’IRI; si dava atto altresì che per mezzo di esso, attraverso aumenti di capitale sociale di quest'ultima e/o collocamento di azioni e/o integrazioni della stessa con altre società pubbliche, la partecipazione del Tesoro avrebbe raggiunto una quota non maggioritaria del capitale stesso, sia pure non inferiore al 30%.

 

Nella medesima ottica del rafforzamento patrimoniale della società, in data 20 dicembre 1999 è stata perfezionata la fusione della MEI[149] nella Finmeccanica, con efficacia a decorrere dal 31 dicembre 1999 ed effetti contabili dal 1 gennaio 2000. Finmeccanica, previo annullamento delle vecchie azioni, ha emesso complessive n. 8.392.324.500 azioni ordinarie, assegnate in parte ai precedenti azionisti (IRI ed azionisti terzi) e, quanto alle residue, ai soci MEI (IRI e Ministero del tesoro, con quote, rispettivamente, del 50,06% e del 49,04%).

 

Pertanto, a seguito dell’operazione la quota pubblica detenuta nel capitale Finmeccanica è cresciuta a circa l’83%, destinata però ad una successiva dismissione, salvo il mantenimento di una quota minima del 30% in capo al tesoro.

 

Il Consiglio di Amministrazione dell’IRI nel maggio del 2000 ha deliberato di fissare in 3.200 milioni di azioni il quantitativo di azioni oggetto di vendita tramite offerta globale; di tale ammontare, almeno 1.280 milioni di azioni sarebbero state destinate ad essere cedute mediante offerta pubblica di vendita (OPV). Il 22 maggio del medesimo anno è stato avviato il book-buiding[150], concluso il 2 giugno contestualmente all’offerta pubblica di vendita (avviata il 29 maggio 2000).

L’Assemblea degli azionisti IRI del 3 giugno 2000, tenuto conto delle positive risultanze del book-building e delle raccomandazioni espresse dai consulenti, ha deliberato quindi di fissare il prezzo dell’OPV in 1,50 Euro per azione e di determinare in 3.300 milioni di azioni l’ammontare definitivo dell’offerta globale.

Sono state dunque trasferite al Ministero del tesoro, in coerenza alla premessa del D.P.C.M. del 28 settembre 1999 sopra citato, circa 300 milioni di azioni Finmeccanica da parte dell’IRI.

A seguito dell’offerta il Ministero del tesoro deteneva 2.723,9 milioni di azioni, corrispondenti ad una partecipazione del 32,45% del capitale sociale di Finmeccanica. Ciò a seguito dell’eventuale integrale conversione del prestito obbligazionario convertibile; dell’aumento di capitale connesso all’assegnazione delle residue stock options al management di Finmeccanica, nonché dell’ulteriore aumento di capitale ipotizzato dalla Finmeccanica per sostenere iniziative di razionalizzazione societaria.

Il 18 luglio 2005 hanno avuto inizio le azioni di raggruppamento delle azioni ordinarie.

Al 31 dicembre 2006 il Ministero dell'Economia e delle Finanze possedeva il 32,45% del capitale sociale di Finmeccanica; la parte rimanente risultava detenuta dal pubblico indistinto italiano e da investitori istituzionali italiani ed esteri.

 

Le attività di Finmeccanica, prima organizzate come divisioni, sono state riaggregate negli ultimi anni in società operative omogenee e coerenti con la strategia di sviluppo internazionale, lasciando a Finmeccanica le funzioni di indirizzo e controllo strategico e industriale. Sono così nate Alenia Spazio e Agusta nel 2000, Galileo Avionica e Oto Melara nel 2001, Alenia Aeronautica nel 2002.

Nel settore trasporto, nel 2001 sono state costituite AnsaldoBreda e Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari. Nel 2002 sono state acquisite Marconi Mobile (oggi SELEX Communications), OTE e Telespazio.

Nel settore aerospazio e difesa Finmeccanica ha rafforzato il proprio ruolo con le acquisizioni di Aermacchi e del 30% di Fiat Avio (oggi Avio Group, per la parte restante controllato da The Carlyle Group).

 

Secondo i dati più recenti[151] la partecipazione del Ministero dell’economia e delle finanze in Finmeccanica S.p.A. è del 33,78%.


9.Fintecna S.p.A.

L’inizio dell'attività di Fintecna (“Finanziaria per i Servizi Industriale e dei Servizi S.p.A.”) è conseguente all’approvazione nel novembre 1993 del piano di ristrutturazione relativo ai settori delle costruzioni, dell'ingegneria civile e dell'impiantistica facenti capo al Gruppo IRI, attivato con la liquidazione della società Iritecna SpA (nata dalla fusione tra Italstat ed Italimpianti)[152].

In detto contesto, compito di Fintecna era di agevolare il collocamento sul mercato delle realtà industriali precedentemente confluite in Iritecna, nonché guidare la ristrutturazione delle attività rilanciabili e avviarne il processo di privatizzazione.

 

Fintecna ha promosso in detto quadro la cessione di oltre 200 società, tra le quali Italimpianti, Condotte d’Acqua, Italstrade, Ponteggi Dalmine, Italinpa, gestendone le situazioni di criticità e i relativi processi di ristrutturazione.

 

I risultati conseguiti hanno indotto il Ministero dell’economia e delle finanze, nella sua qualità di azionista, ad ampliare il perimetro delle attività affidate a Fintecna, conferendole il mandato di coordinamento, gestione e controllo di tutti i processi di liquidazione, ristrutturazione e smobilizzo facenti capo all’IRI.

In particolare è prevista (con D.L. 15 aprile 2002, n. 63, art. 9)[153] la possibilità che il Ministero dell’economia e finanze affidi ad una società direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale, la gestione delle procedure di liquidazione e del contenzioso degli enti di diritto pubblico e degli altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e interessanti comunque la finanza statale, i cui scopi siano cessati o non più perseguibili, o che si trovino in condizioni economiche di grave dissesto o nella impossibilità concreta di attuare i propri fini statutari, da sopprimere e porre in liquidazione con le modalità stabilite dalla legge, ovvero incorporati in enti similari (cosiddetti “enti disciolti”, ex l. 4 dicembre 1956, n. 1404[154]).

Con provvedimento del ragioniere generale dello Stato emanato in data 17 dicembre 2002, il soggetto affidatario dei compiti di cui alla norma sopra citata è stato individuato nella Fintecna - Finanziaria per i settori industriali e dei servizi S.p.a. facendo rinvio, come previsto dalla norma stessa, ad apposita convenzione. Essa è stata sottoscritta in data 27 settembre 2004 ed approvata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze avente medesima data[155].

 

Nell'ambito di tali attività è proseguito il processo di concentrazione delle liquidazioni, tale da condurre alla fusione mediante incorporazione dell'IRI in Fintecna, intervenuto in data 26 novembre 2002. Fintecna ha acquisito così il residuo portafoglio di attività in capo all’Istituto per la Ricostruzione Industriale, costituito principalmente dalle partecipazioni in Fincantieri e Tirrenia.

 

Fintecna allo stato attuale si occupa della gestione e dismissione del proprio portafoglio azionario, in parte derivante dallo smantellamento dell’IRI ed in parte acquisito nel tempo. In questo ambito rientra il progetto di riassetto industriale ed economico-finanziario del Gruppo Alitalia (per Alitalia S.p.A., cfr. infra la relativa scheda a pag.

 

Nel corso del 2006 Fintecna è stata oggetto di alcuni specifici interventi. In primis sono state trasferite alla società, a titolo gratuito, tutte le azioni della Patrimonio dello Stato S.p.A. (cfr. infra la relativa scheda, pag.

 

Inoltre la legge finanziaria per il 2007(art. 1, comma 1155 della legge n. 296/2006) ha disposto[157] che le risorse finanziarie originariamente destinate alla realizzazione del Ponte sullo stretto - inerenti gli impegni assunti da Fintecna S.p.a., per la costruzione dello stesso, nei confronti di Stretto di Messina S.p.a. - non siano più destinate al solo capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture "Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali e di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria", ma siano destinate a due distinti capitoli, uno facente capo al Ministero delle infrastrutture e l’altro del Ministero dell’ambiente, denominati rispettivamente “Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali in Sicilia e in Calabria" e "Interventi di tutela dell’ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria"[158].

La medesima legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 484) prevede che la società acquisti nell'anno 2007 gli immobili delle gestioni liquidatorie di cui alla già citata l. n. 1404/1956 per un controvalore non inferiore a 180 milioni di euro.

 

Secondo i dati più recenti forniti dal MEF, quest’ultimo detiene il 100% della partecipazione azionaria in Fintecna S.p.A.

 

Principali società con partecipazione diretta di FINTECNA S.p.A.

 

Società

Partecipazione di FINTECNA SpA (%)

Alitalia servizi

49,36 (*)

Fincantieri

98,7893

Finsider in liquidazione

99,820

Fintecna immobiliare

100

Mededil in liquidazione

99,993

Patrimonio dello Stato

100

Quadrante

50

Servizi tecnici in liquidazione

100 (**)

Stretto Messina

68,848

Tirrenia

100

Veneta Traforo

100

(*)     Alitalia ha concesso a Fintecna l'usufrutto su azioni ordinarie rappresentative dell'1,64% del relativo capitale. Fintecna ha pertanto acquisito la maggioranza dei diritti di voto in assemblea.

(**)    Società per le quali è in avanzata fase di attuazione, il processo di incorporazione in Fintecna.

 


10.   Infrastrutture S.p.A.

Con il decreto legge n. 15 aprile 2002, n. 63[159], la Cassa depositi e prestiti è stata autorizzata a costituire una società finanziaria per azioni, Infrastrutture S.p.A. (ISpa), assegnandole funzione principale il finanziamento delle infrastrutture e delle grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica, e la concessione di finanziamenti finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico (articolo 8). Tale finanziamento avrebbe dovuto avere carattere di sussidiarietà rispetto a quelli concessi da banche e da altri intermediari finanziari.

 

In particolare, Infrastrutture Spa si configura come un intermediario finanziario non bancario, sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia, creato dalla Cassa Depositi e Prestiti, che interviene sussidiariamente al sistema bancario, secondo una duplice modalità: sia con prestiti a lungo termine, di durata media di 10-20 anni, erogati direttamente a soggetti privati impegnati nella realizzazione di grandi progetti nel quadro delle procedure speciali della legge-obiettivo, sia con finanziamenti a medio termine a favore di banche – a loro volta – finanziatrici di interventi infrastrutturali.

Sotto il profilo finanziario, la società trae la provvista economica necessaria a finanziare la propria attività attraverso l’emissione di titoli di debito e l’assunzione, in generale, di finanziamenti. Sui titoli di debito emessi dalla società, sugli strumenti di finanziamento da essa utilizzati e sulle garanzie da essa prestate il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre con proprio decreto la garanzia dello Stato.

Al Ministero dell’economia e delle finanze è attribuito un potere generale di vigilanza sulla società.

 

La costituzione di Infrastrutture S.p.a è avvenuta il 9 dicembre 2002, per atto unilaterale, mediante iscrizione nel registro delle imprese di Roma; le linee direttrici per l’operatività della società sono state definite con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 maggio 2003[160].

 

Relativamente ai finanziamenti per grandi opere pubbliche, la legge finanziaria 2003 ha attribuito ad Infrastrutture S.p.A. il compito di finanziare prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema alta velocità/alta capacità (AV/AC) (articolo 75 della L. n. 289/2002).

La disposizione era finalizzata anche a ridurre la quota a carico dello Stato relativamente ai predetti investimenti. Per preservare l’equilibrio economico-finanziario della società, era peraltro posta a carico dello Stato l'integrazione dell'onere per il servizio della parte del debito nei confronti di Infrastrutture Spa non adeguatamente remunerabile utilizzando i soli flussi di cassa previsionali per il periodo di sfruttamento economico del «Sistema alta velocità/alta capacità».

 

E’ stato dunque introdotto un meccanismo di finanziamento delle opere per il completamento del sistema AV/AC da parte del gestore della infrastruttura ferroviaria (TAV/RFI) basato su prestiti concessi a quest’ultimo da parte di Infrastrutture S.p.A. (ISPA), la quale si è finanziata sul mercato dei capitali principalmente con emissione di obbligazioni.

Il rimborso dei prestiti erogati da ISPA ad RFI/TAV, avrebbe dovuto essere assicurato:

-       dai flussi di cassa generati nel periodo di sfruttamento economico dell’opera, cioè dai corrispettivi pagati dai gestori dei servizi di trasporto al gestore della infrastruttura;

-       dai trasferimenti dello Stato ad RFI/TAV per la parte del servizio del debito non coperta dai predetti flussi di cassa[161].

 

Eurostat, con decisione del 23 maggio 2005, ha peraltro ritenuto che il debito contratto da Infrastrutture Spa per il finanziamento del «Sistema alta velocità/alta capacità», dovesse essere comunque classificato come debito dello Stato[162].

 

La decisione ha comportato un incremento del fabbisogno e, quindi, del debito pubblico nel 2004 e nel 2005 pari complessivamente a 12.950 milioni di euro, corrispondenti all’intero ammontare del debito contratto da ISpa.

 

Dopo la decisione di Eurostat, la legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005: art. 1, commi 79-83) ha disposto la fusione per incorporazione con effetto dal 1° gennaio 2006 della Società Infrastrutture S.p.A. nella Cassa depositi e prestiti, la quale ne ha conseguentemente assunto tutti i beni, i diritti e i rapporti giuridici attivi e passivi.

Alla Cassa depositi e prestiti è stato conseguentemente attribuito il compito di svolgere, attraverso il patrimonio separato, le attività connesse agli interventi finanziari intrapresi da Infrastrutture Spa.

Per le obbligazioni emesse ed i mutui contratti da Infrastrutture Spa fino al 1° gennaio 2006 è stata prevista la garanzia integrale dello Stato, ferme restando le previsioni della legge finanziaria 2003 (articolo 75) sul finanziamento del sistema AC/AV.

 

Da ultimo, la legge finanziaria 2007 ha disposto l’accollo del debito di infrastrutture S.p.a da parte dello Stato e ha previsto che la Cassa depositi e prestiti promuove le iniziative necessarie per la liquidazione del patrimonio separato costituito da Infrastrutture S.p.a. (legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 966-970 e 1364).

Il debito è comprensivo degli oneri per capitale ed interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti da Infrastrutture S.p.A. (ISPA) fino al 31 dicembre 2005 per il finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria ad alta velocità “Linea Torino – Milano - Napoli“, nonché gli oneri delle relative operazioni di copertura[163].

La legge finanziaria 2007 ha conseguentemente abrogato quelle disposizioni, sopra citate, che prevedevano già l’accollo o la garanzia da parte dello Stato di una parte del debito nei confronti di ISPA e disponevano la destinazione prioritaria dei proventi derivanti dall’utilizzo del sistema «Alta velocità/alta capacità» al rimborso dei finanziamenti concessi da ISPA medesima[164]. Ha comunque fatto salvi i diritti dei creditori del patrimonio separato costituito da ISPA.

Con la liquidazione del patrimonio separato di Infrastrutture S.p.a cessa la destinazione dei crediti e proventi derivanti dall’utilizzo del sistema «Alta velocità/alta capacità» al rimborso dei finanziamenti concessi da ISPA e sono estinti i debiti di Ferrovie dello Stato S.p.A. e delle società del Gruppo relativi al citato patrimonio separato sia nei confronti del patrimonio separato stesso sia nei confronti dello Stato[165].

Le disposizioni relative all’assunzione del debito di ISPA S.p.A da parte dello Stato hanno comportato un peggioramento dell’indebitamento netto del 2006 pari a 12.950 milioni di euro, corrispondenti allo 0,9% del PIL[166].

 

In attuazione delle sopra citate disposizioni, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 dicembre 2006[167] ha disciplinato l'accollo del debito già contratto da Infrastrutture S.p.a. a carico del bilancio dello Stato.

Il suddetto decreto ha in particolare rimesso a «CDP S.p.a.» le iniziative necessarie per ottenere l'adesione, da parte dei creditori del patrimonio separato, all'accollo da parte dello Stato delle obbligazioni derivanti dai titoli e dai mutui di ISPA. Gli oneri derivanti dai predetti rapporti sono assunti direttamente a carico del bilancio dello Stato con efficacia dalla data del decreto (27 dicembre 2006).

Alla liquidazione del patrimonio separato si procede poi secondo le modalità previste dal codice civile per la liquidazione dei patrimoni della società destinati ad uno specifico affare (art. 2447-nonies)[168].


11.   MEFOP S.p.A

MEFOP S.p.A., creata al fine di favorire lo sviluppo del mercato dei fondi pensione, è stata costituita l’8 marzo 1999 (con operatività dall’8 giugno 1999) in attuazione della legge Finanziaria per il 1998 (art. 59, comma 31, della l. 27 dicembre 1997, n. 449).

 

Al fine di supportare lo sviluppo delle forme pensionistiche complementari, la norma sopra citata autorizzava la stipula di una convenzione tra il Ministero del tesoro - ora economia e finanze - e il Mediocredito Centrale S.p.A.[169] A seguito della Convenzione del 16 settembre 1998 è stata dunque costituita la “Mefop - Società per lo sviluppo dei fondi pensione S.p.A.”; la convenzione è stata modificata ed integrata nell’ottobre 1999 ed infine rinnovata in data 9 marzo 2001.

 

All’atto della costituzione della Mefop S.p.A. il Mediocredito Centrale S.p.A. ne deteneva l’intero pacchetto azionario per conto del Ministero del tesoro (ora economia e finanze). A seguito della privatizzazione dell’Istituto bancario, nonché in attuazione della legge finanziaria per il 2001[170] e della citata convenzione, nel corso del 2001 il pacchetto azionario è stato così alienato:

§      in data 9 aprile 137.880 azioni (68,94%) sono state trasferite al Ministero dell’economia e delle finanze;

§      tra l’11 aprile ed il 18 ottobre del medesimo anno, il resto delle azioni - a titolo gratuito – sono state cedute ad un gruppo di 35 fondi pensione (di cui 7 attraverso usufrutto, trasformatosi poi in proprietà definitiva nel corso dei mesi successivi).

 

La partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze nella Mefop S.p.a alla data del 31 dicembre 2001 ammontava al 70,9 % del capitale sociale.

 

Con il D.P.C.M. 10 dicembre 2002 sono state disciplinate le modalità di ulteriore alienazione ai fondi pensione delle azioni detenute dal Ministero dell'economia e delle finanze nella Mefop S.p.a., sulla base di criteri tali da assicurare parità di trattamento tra fondi pensione azionisti, in considerazione della loro appartenenza alla tipologia dei fondi negoziali ovvero a quella dei fondi aperti e del numero degli aderenti, nonché la più ampia diffusione delle partecipazioni azionarie presso i soggetti considerati.

 

Si dispone nel decreto che l’alienazione - a titolo gratuito - avvenga mediante trattativa diretta con i fondi pensione potenziali acquirenti, e che il Ministero dell'economia e della finanze informi il Ministero delle attività produttive (oggi sviluppo economico) in merito alle alienazioni effettuate e ad ogni variazione della compagine sociale. Inoltre, per i fondi pensione non ancora autorizzati ed iscritti nell'Albo Covip interessati all'acquisto, le norme stabiliscono che la cessione definitiva sia preceduta dalla costituzione di un diritto di usufrutto gratuito sulle partecipazioni; che l’alienazione sia subordinata alla stipula tra il fondo pensione aderente e la Mefop S.p.a. di un contratto di erogazione di servizi. L'alienazione delle azioni della Mefop S.p.a. deve avvenire in modo tale da mantenere comunque il controllo della società, ai sensi dell'art. 2359, comma primo, del codice civile, in capo al Ministero dell'economia e delle finanze.

 

In attuazione delle citate disposizioni, dal 2003 sono iniziate le ulteriori cessioni di azioni dal Ministero ad altri fondi pensione.

Alla fine del 2006 l’assetto azionario contemplava una partecipazione alla Mefop S.p.A. da parte di 16 fondi pensione aperti (pari all’8% delle quote), 27 fondi pensione negoziali (pari al 22,17% delle quote) e di 27 fondi pensione preesistenti (pari al 13,50% delle quote).

 

Allo stato attuale la maggioranza azionaria rimane di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze; poco più del 44% appartiene a diversi fondi pensione.


12.   Patrimonio dello Stato S.p.A.

L’articolo 7 del decreto legge 15 aprile 2002 n. 63, ha previsto l’istituzione della Patrimonio dello Stato S.p.A. ai fini della valorizzazione, della gestione e dell’alienazione del patrimonio dello Stato, nel rispetto dei requisiti e delle finalità proprie dei beni pubblici.

 

La prima assemblea della Società, convocata dal Ministro dell’economia nella seduta del 31 ottobre 2002, ha approvato lo statuto sociale e ha nominato gli organi sociali.

 

La società, il cui capitale è stato stabilito in 1 milione di euro, ha avuto fino al 15 novembre 2006 quale titolare dell’intero pacchetto azionario il Ministero dell’economia e delle finanze. Successivamente, con Decreto del Direttore generale del tesoro del 16 novembre 2006 è stato disposto il trasferimento a titolo gratuito, a decorrere dalla data di emanazione del decreto, dell’intero patrimonio azionario della suddetta società a Fintecna S.p.A.

 

Il trasferimento è stato operato ai sensi delle disposizioni istitutive della Patrimonio dello Stato S.p.A. (articolo 7, comma 3, D.L. n. 63/2002), che consentono al Ministero dell’economia e finanze di trasferire a titolo gratuito ad altre società da esso direttamente e totalmente possedute tutte o parte delle azioni di Patrimonio dello Stato S.p.A.

Il trasferimento è stato motivato, si legge in premessa del decreto, in considerazione del fatto che “Fintecna S.p.A., società di cui il Ministero dell'economia e delle finanze detiene direttamente l'intero capitale sociale, ha consolidato le proprie competenze, oltre che nella gestione delle partecipazioni e dei processi di liquidazione nel settore immobiliare, anche attraverso l'acquisizione della proprietà di un rilevante patrimonio immobiliare dello Stato e lo sviluppo di attività commerciali connesse alla vendita dello stesso, e “pertanto appare il soggetto idoneo ad assumere un ruolo strategico nel coordinamento degli interventi in materia di patrimonio immobiliare” (per un approfondimento sulla società Fintecna, v. infra, scheda relativa).

 

Le norme istitutive della Patrimonio dello Stato S.p.a hanno attribuito al Ministero dell’economia il potere di dettarne gli indirizzi strategici, previa definizione da parte del CIPE delle direttive di massima per lo svolgimento dell'attività da parte della società.

In tali direttive, deliberate dal CIPE il 19 dicembre 2002[171], è stato precisato, in osservanza delle norme istitutive, l’oggetto dei beni trasferibili alla Patrimonio dello Stato S.p.a.: crediti, concessioni, beni immateriali, beni immobili e mobili nonché ogni altra componente dell'attivo dello Stato ivi incluse quote di partecipazioni dello Stato in società, qualora esse abbiano come oggetto sociale lo svolgimento di attività nel settore immobiliare.

 

L'eventuale trasferimento alla Società di beni pubblici di particolare valore storico, artistico, culturale ed ambientale non modifica in alcun modo i vincoli gravanti sugli stessi. La Società può quindi alienare tali beni solo se consentito dalla normativa vigente ed alle condizioni in essa previste. E’ in ogni caso necessaria l'autorizzazione del ministero competente [172].

Inoltre, la legge istitutiva della società in commento prevede che il trasferimento alla società di beni demaniali non modifica il regime giuridico previsto per il demanio pubblico dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile. [173].

Nello svolgimento di tutte le sue attività, la Società opera, in via generale, in stretta collaborazione, per i rispettivi ambiti di competenza, con il Ministero dell'economia, il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Ministero dell'ambiente e con le altre amministrazioni centrali dello Stato, nonché con l'Agenzia del demanio e con gli enti locali coinvolti [174].Utilizza altresì le strutture dell'Amministrazione pubblica, ove disponibili, anche attraverso la definizione di apposite convenzioni ed avvalendosi di servizi di terzi.

La legge istitutiva della società (art. 7, comma 12-bis), prevede che il conto consuntivo, economico e patrimoniale di questa sia allegato, ogni anno, al rendiconto generale dello Stato. Un apposito allegato del rendiconto contiene poi il conto consolidato della gestione di bilancio statale e della gestione della Patrimonio dello Stato S.p.a..

La delibera CIPE del 2002 prevede inoltre che la Patrimonio dello Stato predisponga una relazione annuale di sintesi sull'attività svolta che, attraverso il Dipartimento del tesoro, deve essere presentata al CIPE e poi inoltrata al Parlamento.

Tali relazioni, peraltro, non risultano allo stato inoltrate al Parlamento.

 

Per il perseguimento dell’oggetto sociale, la Società può, anche avvalendosi di terzi, svolgere le seguenti attività (specificate nell’articolo 4 dello Statuto):

a)      piani di fattibilità, piani di ristrutturazione di beni immobili ed ogni altra operazione che rientri nei settori degli investimenti, connessi ai beni ad essa trasferiti anche in gestione;

b)      redazione di studi e analisi su voci dell'attivo del Rendiconto generale del patrimonio dello Stato (crediti e partecipazioni, beni mobili e immobili), fornendo raccomandazioni al Ministero dell'economia ai fini della loro valorizzazione;

c)      ideazione, promozione e realizzazione di iniziative ed interventi di recupero, valorizzazione e riqualificazione ambientale di beni immobili ad essa trasferita o affidati in gestione;

d)      amministrazione, vigilanza e tutela dei beni affidati in gestione, anche attraverso interventi di manutenzione e ristrutturazione di tali beni, e mediante l’utilizzazione degli stessi;

e)      individuazione e gestione di procedure di alienazione di beni e/o cessione e/o concessione di diritti sugli stessi osservando principi di trasparenza;

f)        effettuazione di operazioni di cartolarizzazione, come espressamente previsto dall’art. 7, comma 11 del D.L. n. 63/2002, in conformità alla disciplina contenuta nel D.L. n. 351/2001;

g)      valorizzazione, gestione, alienazione e acquisizione, a condizioni di mercato, del patrimonio di altri soggetti pubblici;

h)      acquisizione e cessione, a condizioni di mercato, di beni di terzi funzionali al raggiungimento dell'oggetto sociale[175].

 

Infine, la legge istitutiva prevedeva inoltre che la Patrimonio dello Stato S.p.a. potesse trasferire, esclusivamente a titolo oneroso, i propri beni alla società Infrastrutture S.p.a., con le medesime modalità stabilite per il trasferimento dei diritti su beni mobili e immobili dello Stato a favore della Patrimonio S.p.a. (articolo 7, comma 12).(per le vicende relative ad ISPA, si rinvia alla scheda relativa).

 

In attuazione di quanto previsto dalle norme istitutive, che rimettono ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle modalità e dei valori di trasferimento, il D. M 21 luglio 2003 [176], ha disposto il trasferimento alla Patrimonio dello Stato S.p.A. di alcuni dei beni che erano stati già individuati per una loro alienazione con decreto interministeriale del 27 marzo 2000 (trentanove immobili) [177].

E’ stata a tal fine disposta l’apertura di un conto presso la Tesoreria centrale dello Stato nel quale sono versate le somme rinvenenti dalla gestione, dalla valorizzazione e dalla vendita dei beni alla stessa trasferiti ai sensi del decreto in commento e di eventuali successivi decreti di trasferimento [178].

Successivamente, il D.M. 17 febbraio 2004 ha ulteriormente disposto il trasferimento di taluni beni immobili precedentemente utilizzati quali strutture carcerarie o istituti di pena[179] (undici immobili), alcuni dei quali rivestono carattere storico e artistico.

 

Sulla base di quanto risulta dall’ultima Relazione sulla gestione della Patrimonio dello Stato S.p.A. allegata al Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2005, nel corso del suddetto esercizio la società ha svolto le seguenti attività operative:

1)       Proseguimento dell’attività, avviata nel 2004, di alienazioni degli immobili trasferiti dai già citati decreti del 21 luglio 2003 e 17 febbraio 2004.

A seguito di tali dismissioni, si legge nella relazione, sono state realizzate plusvalenze per circa 4,2 milioni di euro (8 immobili). Tra il 2005 e l’inizio del 2006, tutti gli immobili alienabili trasferiti (circa 47) sono stati posti in asta almeno una volta. Inoltre, nel corso del 2006 sono state perfezionate le vendite di tre ulteriori unità, le quali hanno determinato plusvalenze per 3,1 milioni di euro;

2)       Attività propedeutica alla costituzione, nel mese di dicembre 2005, del Fondo immobiliare “Patrimonio Uno”, per un importo di circa 650 milioni di euro.

Le attività preparatorie e di promozione del Fondo svolte da parte della Società, in collaborazione con il Ministero dell’economia, non hanno determinato per la stessa alcuna provvigione, ciò al fine di massimizzare i proventi per il Ministero stesso.

Si ricorda qui brevemente che il Decreto 20 ottobre 2004 ha promosso la costituzione di un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso cui apportare o trasferire, tra l'altro, immobili ad uso diverso da quello residenziale individuati tra quelli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici non territoriali.

La Patrimonio dello Stato S.p.a., a ciò autorizzata dal Ministero dell'economia e delle finanze, aveva peraltro già promosso l'avvio della costituzione di tale fondo, denominato «Patrimonio Uno», ai sensi dell'art. 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86 [180], fra l'altro selezionando, con procedura ad evidenza pubblica, la società di gestione del Fondo (Società BNL Fondi Immobiliari SGR S.p.A)

Con tre decreti del 23 dicembre 2005, denominati ”Decreto operazione”, “Decreto di apporto” e “decreto di trasferimento” sono stati trasferiti al Fondo una serie di immobili indicati in allegato a tali decreti [181]. Al 30 giugno 2006, Il portafoglio immobiliare del Fondo al 30 giugno 2006 risultava rappresentato da 74 immobili, di cui 65 apportati e trasferiti dal MEF e 9 acquisiti da CONI [182];

3)       Attività di dismissione delle ex-carceri.

La relazione precisa che al 2005 sono state dimesse 4 delle 11 ex carceri trasferite, per un ricavo complessivo di circa 4,7 milioni di euro, di cui 861 mila euro di plusvalenza.

Per la realizzazione del “progetto carceri” è stata poi appositamente istituita nel luglio 2003 la società Dike Aedifica S.p.a., interamente controllata da Patrimonio dello Stato S.p.a, con il compito di realizzare interventi di edilizia carceraria con i proventi derivanti dall’alienazione degli istituti penitenziari dimessi. La Dike Aedifica è stata per tutto il 2005 inattiva, e per contenere i costi dei consiglieri, è stato nominato previa modifica statutaria un amministratore unico;

4)       Attività di collaborazione con il Tesoro.

Tale attività ha in particolare riguardato il progetto”conto patrimoniale delle amministrazioni pubbliche” e altre iniziative riguardanti gli immobili pubblici;

5)       Trattamento di oneri sostenuti dalla società per lo svolgimento delle attività in favore dell’azionista.

 

Complessivamente, la società nel 2005 ha ottenuto un utile di esercizio di circa 31 mila euro, destinati alla copertura delle pregresse perdite di circa 6, 5 milioni di euro.


13.   Poste italiane S.p.A

L’Amministrazione autonoma delle poste e delle telecomunicazioni è stata trasformata in ente pubblico economico, denominato "Ente Poste Italiane" (EPI) nel 1993, ai sensi del decreto legge 1° dicembre 1993, n. 487[183]. Tale decreto prevedeva, contestualmente, la successiva trasformazione dell'ente in società per azioni.

 

A tale trasformazione si è proceduto con la delibera CIPE del 18 dicembre 1997, con la quale è stata costituita la società per azioni denominata “Poste italiane S.p.A.”. Le azioni della società sono state attribuite al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora Ministero dell’economia e delle finanze), che esercita i diritti dell'azionista.

 

Ai sensi del decreto-legge n. 487/93 era provvisoriamente demandato all'ente Poste Italiane lo svolgimento di attività e dei servizi individuati nello statuto e in un apposito contratto di programma[184], nonché, fino all'adozione dei medesimi, le attività e i servizi in precedenza esercitati dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni.

 

Ai sensi del D.M. 17 aprile 2000 è stato confermato l’affidamento alla società Poste italiane S.p.A. del servizio universale[185] per un periodo comunque non superiore a quindici anni, che deve essere determinato dall'Autorità di regolamentazione compatibilmente con il processo di liberalizzazione in sede europea. Tale periodo potrà essere ridotto in relazione all’andamento del processo di liberalizzazione a livello europeo.

A seguito della trasformazione in società per azioni della Cassa Depositi e Presiti (cfr. pag.

 

Attualmente Poste Italiane Spa è partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze per il 65% e per il restante 35% dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A..


14.   RAI S.p.A.

Con decreto legislativo luogotenenziale del 26 ottobre 1944, n. 457 l’EIAR ha assunto la nuova denominazione di RAI (Radio Audizioni Italia). La denominazione “RAI – Radio Televisione Italiana” è stata attribuita nel 1954, con l’introduzione delle trasmissioni televisive all’interno del Paese.

 

Brevemente si ricorda che la Società Anonima U.R.I,[186] concessionaria dell’esercizio delle trasmissioni radiofoniche ai sensi del R.D. n. 1067 del 1923[187], nel novembre 1927 era stata trasformata in Ente di Stato col nome di E.I.A.R. (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) pur formalmente mantenendo la veste di società anonima [188]. Dopo l’entrata in vigore del codice civile del 1942 essa era diventata una società per azioni. L’EIAR aveva la concessione dei servizi di radiodiffusioni circolari; quattro membri del suo consiglio di amministrazione erano rappresentanti del Governo. Lo statuto dell’ente e le sue eventuali modifiche dovevano essere approvati dal Ministro delle poste e telecomunicazioni, sentito il Consiglio dei Ministri.

 

La legge n. 223 del 1990[189], nell’affidare “preminente interesse generale” all’attività di diffusione di programmi radiofonici e televisivi, in linea con l’assetto normativo precedente, sanciva che l’affidamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo avvenisse mediante concessione ad una società per azioni avente totale partecipazione pubblica (art. 2, comma 2, legge n. 223/90).

 

Sulla base della disciplina vigente (legge n. 112/2004)[190], lo svolgimento del servizio pubblico radiotelevisivo è effettuato in virtù di un contratto nazionale di servizio con il Ministero delle comunicazioni e di contratti di servizio regionali o, per le province autonome di Trento e di Bolzano, provinciali, con i quali sono individuati i diritti e gli obblighi della società concessionaria. Tali contratti sono rinnovati ogni tre anni.

Attualmente la concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, per la durata di dodici anni, alla RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A., nata dalla fusione per incorporazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI Holding Spa.

 

La legge 112/2004, oltre a dettare una specifica disciplina societaria per la RAI, tendenzialmente adeguandola a quella generale delle società per azioni, sancisce altresì le modalità di dismissione della partecipazione dello Stato[191], da avviarsi mediante la tecnica dell’offerta pubblica di vendita (art. 21, legge n. 112/2004).

La legge demanda altresì a una o più deliberazioni del CIPE la definizione dei tempi, delle modalità di presentazione, delle condizioni e degli altri elementi dell'offerta o delle offerte pubbliche di vendita.

Attesa la previsione di un limite al possesso azionario dell’1%, la società concessionaria si configurerà come società ad azionariato diffuso (cosiddetta “public company”).

 

Si ricorda che specifici poteri - correlati alla nomina del presidente e dei membri del consiglio d’amministrazione - rimangono tuttora affidati alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi: ai sensi dell’art. 20 della l. n. 112/2004, la nomina del presidente del consiglio di amministrazione della società è effettuata dal consiglio nell'ambito dei suoi membri e diviene efficace dopo l'acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Si ricorda altresì che l'elezione degli amministratori avviene mediante voto di lista: a tal proposito, ai sensi del medesimo art. 20, comma 7, il rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze nell'assemblea, in sede di nomina dei membri del consiglio di amministrazione e fino alla completa alienazione della partecipazione dello Stato, presenta una autonoma lista di candidati, indicando un numero massimo di candidati proporzionale al numero di azioni di cui è titolare lo Stato. Tale lista è formulata sulla base delle delibere della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e delle indicazioni del Ministero dell'economia e delle finanze per l'immediata presentazione secondo modalità e criteri proporzionali di cui al comma 9 (cfr. infra).

Inoltre lo stesso rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, nelle assemblee della società concessionaria convocate per l'assunzione di deliberazioni di revoca o che comportino la revoca o la promozione di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, esprime il voto in conformità alla deliberazione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi comunicata al Ministero medesimo.

La legge dispone altresì (art. 20, comma 9) che, fino a quando il numero delle azioni alienato non superi la quota del 10 per cento del capitale della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, in considerazione dei rilevanti ed imprescindibili motivi di interesse generale connessi allo svolgimento del servizio pubblico generale radiotelevisivo da parte della concessionaria, ai fini della formulazione dell'unica lista di candidati al consiglio di amministrazione, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi indica sette membri eleggendoli con il voto limitato a uno; i restanti due membri, tra cui il presidente, sono invece indicati dal socio di maggioranza. La nomina del presidente diviene efficace dopo l'acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. In caso di dimissioni o impedimento permanente del presidente o di uno o più membri, i nuovi componenti sono nominati con le medesime procedure del presente comma entro i trenta giorni successivi alla comunicazione formale delle dimissioni presso la medesima Commissione.

 

In attuazione della l. 112/2004 è stato emanato il testo unico della radiotelevisione (D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177) che rinvia alla medesima legge per ciò che attiene all’alienazione della partecipazione statale nella società

 

Con comunicato stampa del 26 novembre 2004, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha segnalato che, sentito il Comitato Privatizzazioni, era stata scelta Rothschild quale consulente finanziario per l'operazione di cessione di una quota azionaria di RAI, e che la stessa Rothschild e UBM Unicredit Banca Mobiliare erano state selezionate nel ruolo di valutatori.

 

Al momento la partecipazione azionaria direttamente detenuta dal Ministero dell’Economia e delle finanze nella RAI S.p.A. è del 99,55%[192].

 

Si segnala che nella G.U. n. 123 del 29 maggio 2007 è stato pubblicato il nuovo Contratto Nazionale di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI.


15.   Telecom Italia S.p.A

La nascita formale della società risale al 30 giugno 1994, con l’atto del Consiglio di Amministrazione dell’IRI che ha approvato il “Piano di riassetto delle telecomunicazioni” nel quadro delle disposizioni contenute nel già citato decreto legge n. 386/1991[193], nonché dei criteri fissati dal CIPE.

 

Il Piano ha previsto la fusione delle cinque società del gruppo IRI-STET impegnate nel settore telefonico (SIP, IRITEL, ITALCABLE, TELESPAZIO e SIRM) e la nascita di una nuova società per azioni, Telecom Italia. Esso è stato approvato il 30 luglio dal Ministro delle Poste e Telecomunicazioni e il 27-28 settembre dai Consigli di Amministrazione delle cinque società interessate[194].

 

Breve cronologia del sistema di gestione della rete telefonica in Italia - Nel 1925 è stata effettuata la ripartizione del servizio telefonico in cinque zone di gestione del territorio nazionale, mentre la rete telefonica interurbana e internazionale è stata affidata alla Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (ASST), costituita ad hoc e dipendente dal Ministero delle comunicazioni. Ad essa erano attribuiti compiti di sorveglianza e di controllo sull’attività delle cinque concessionarie di zona. Nel mese di luglio 1925 sono state approvate le concessioni alle società STIPEL (Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda), TELVE (Società Telefonica delle Tre Venezie), TIMO (Telefoni Italia Medio-Orientale), TETI (Società Telefonica Tirrenia) e SET (Società Esercizi Telefonici), con l’obbligo di assorbire le concessionarie preesistenti. Fra le concessionarie spiccava la STIPEL, aggiudicataria della prima zona (la maggiore per impianti, abbonati e potenzialità di sviluppo), creata nel 1924 e controllata dalla SIP, Società Idroelettrica Piemontese.

Nel 1933 la creazione dell’IRIha comportato l’assunzione in capo all’istituto di tutte le partecipazioni industriali della Banca Commerciale Italiana, tra cui il pacchetto di controllo della SIP. Il 21 ottobre è stata fondata la Società Torinese Esercizi Telefonici – STET, (prima finanziaria di settore dell’IRI), con scopi di controllo, coordinamento tecnico amministrativo e di attuazione delle operazioni finanziarie delle società telefoniche STIPEL, TIMO e TELVE. In questo modo oltre la metà del sistema telefonico italiano tornava in mano pubblica: tale processo si è completato nel dicembre 1957, con il passaggio di SET e TETI in mano all’IRI. Nel 1958 l’IRI ha trasferito i pacchetti di maggioranza di SET e TETI al gruppo STET.

Per la prima volta dalle sue origini, tutto il sistema telefonico italiano – ad eccezione delle linee interurbane di lunga distanza (gestite dall’ASST) e di quelle internazionali (gestite dalla Italcable) – era controllato e coordinato da un solo gruppo.

Nel 1964, a seguito della nazionalizzazione del settore dell’energia elettrica, con l’attribuzione in via esclusiva a ENEL di tutte le attività inerenti il settore, le cinque società concessionarie sono state fuse e incorporate nella SIP, la quale ha dunque mutato la propria denominazione in Sip-Società italiana per l’esercizio telefonico.

La legge n. 58/1992[195] di riforma del settore delle telecomunicazioni ha sancito che l’attività di gestione del servizio telefonico fosse separata da quella di normazione e controllo del settore, disponendo contestualmente la soppressione della ASST (Azienda di Stato per i Servizi Telefonici). Il 20 marzo del 1992 il Consiglio di Amministrazione dell’IRI ha autorizzato la costituzione di IRITEL S.p.A., la quale ha acquisito le attività di ASST.

Con il D.P.C.M. 6 dicembre 1996[196] il Governo ha emanato le direttive necessarie ad effettuare il trasferimento al Ministero del tesoro (ora economia e finanze) delle azioni STET detenute dall’IRI, con l’esplicita finalità di agevolare in un secondo momento la dismissione delle partecipazioni azionarie indirettamente possedute dal Ministero.

Lo stesso dicastero è stato incaricato di procedere alla fusione di STET con Telecom Italia, con l’ulteriore compito di assumere “tutte le […] iniziative utili alla massimizzazione del ricavato della dismissione stessa”.

Il 30 gennaio 1997 il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia ha avviato, secondo le indicazioni formulate dal Ministero, le procedure di fusione tramite incorporazione nella STET di Telecom Italia. Il 18 luglio si è verificata dunque tale fusione, con cambiamento della denominazione in “Telecom Italia”.

 

La vendita della quota detenuta dal Ministero dell’economia in Telecom Italia è avvenuta nel periodo ottobre/novembre 1997. Le modalità di cessione, stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto 1997, hanno previsto che l’alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero del tesoro in Telecom Italia fosse effettuata sia mediante offerta pubblica di vendita, sia mediante trattativa diretta, al fine di costituire un azionariato stabile. L’offerta pubblica di vendita delle azioni possedute dal Tesoro ha avuto luogo tra il 20 e il 24 ottobre[197].

Per la costituzione dell’azionariato stabile, il Ministero del tesoro ha condotto alcune trattative bilaterali. Il 25 settembre 1997 sono stati sottoscritti i contratti con i componenti detto azionariato stabile, che si impegnavano a non cedere le azioni acquistate per un periodo di tre anni. Successivamente il Ministero del tesoro ha ceduto la propria partecipazione residua mediante offerta globale, composta da un’offerta pubblica di vendita di azioni in Italia (OPV) e da un collocamento privato destinato agli investitori professionali italiani ed istituzionali esteri, in Italia, Regno Unito e Repubblica d’Irlanda, Resto del Mondo. Era stata anche prevista un’offerta pubblica negli Stati Uniti d’America e in Canada. L’offerta pubblica in Italia è stata effettuata con la tecnica dell’offerta a prezzo aperto.

A seguito dell’operazione, nonché in conseguenza degli aumenti di capitale nel frattempo intervenuti, al 31 marzo 2001 lo Stato deteneva una partecipazione pari al 2,64% del capitale sociale[198].

 

La vendita della quota residua detenuta dal Ministero nel capitale di Telecom Italia è avvenuta nel dicembre del 2002. La quota consisteva di 182.085.456 azioni ordinarie, rappresentanti circa il 3,46% del capitale azionario ordinario, e di 13.477.353 azioni di risparmio, pari a circa lo 0,66% del capitale azionario di risparmio[199].

L’offerta è stata riservata ai soli investitori istituzionali e realizzata con la tecnica dell’accelerated bookbuilding[200]. Per il residuo pacchetto azionario di Telecom, l’offerta è stata realizzata nella sola giornata del 9 dicembre 2002.

Con quest’ultima operazione di dismissione il Ministero dell’economia e delle finanze ha ceduto interamente la propria partecipazione azionaria nella società.

 

Per completezza espositiva, si citano le vicende societarie relative all’assetto azionario di Telecom Italia dal 1999 in poi[201].

Nel febbraio 1999 l’Olivetti ha annunciato la volontà di lanciare un’Offerta Pubblica di Acquisto sul capitale TELECOM ITALIA. L’offerta, autorizzata dalla Consob, è partita ufficialmente il 30 aprile e si è conclusa con esito positivo il 21 maggio. In giugno l’Olivetti ha ottenuto il controllo della società, con l’acquisto di una quota del 51,02% (da verificare).

Con l'approvazione del Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia del 15 marzo 2000 è partito il progetto di integrazione Tin.it - Seat Pagine Gialle: ad aprile è stata costituita Tin.it S.p.A, controllata al 100% da Telecom Italia, poi scissa e fusa per incorporazione in Seat.

A maggio è seguita l'Offerta Pubblica di Acquisto di Telecom Italia sulle azioni ordinarie e di risparmio di Seat; il 15 novembre è stata perfezionata la fusione tra Seat PG e Tin.it.

A fine luglio 2001 Olimpia S.p.A., società posseduta da Pirelli S.p.A., Edizione Finance International SA (Gruppo Benetton), Intesa Bci ed UniCredito Italiano SpA, ha acquistato circa il 27,7% del capitale ordinario Olivetti (detentrice del 55% di Telecom Italia).

Nel 2003 le Assemblee degli Azionisti di Telecom Italia e di Olivetti hanno approvato il progetto di fusione di Telecom Italia in Olivetti. Il progetto si è chiuso il 4 agosto, con l'inizio delle negoziazioni in borsa delle azioni Telecom Italia, società nata dalla fusione Olivetti/Telecom Italia.

 

Si ricorda inoltre che il Ministero dell’economia e finanze oggi detiene lo 0,1 per cento delle azioni di Telecom Italia Media S.p.A.. Questa fa parte del Gruppo Telecom Italia ed è focalizzata sul mondo dei media. Opera nel settore televisivo direttamente con il marchio La7 e attraverso la società controllata MTV Italia; nel mondo dell'informazione opera attraverso TMnews (APCom).


 



[1]     Convertito dalla legge 29 gennaio 1992, n. 35. Il decreto-legge n. 386/1991 reiterava il decreto-legge 3 ottobre 1991, n. 309, di contenuto pressoché analogo, che non era stato convertito per decorrenza dei termini previsti dalla Costituzione. Gli effetti del D.L. 309/1991 erano fatti salvi ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 386/1991.

[2]     Il decreto-legge n. 386/2001 prospettava la facoltà di trasformare in società per azioni gli enti di gestione delle partecipazioni statali, gli altri enti pubblici economici e le aziende autonome statali. A tal fine si prevedeva l’adozione da parte del CIPE di una delibera di indirizzo, sulla quale le competenti commissioni parlamentari erano chiamate ad esprimere il parere. In conformità agli indirizzi dettati dal CIPE, gli organi competenti degli enti interessati (e delle azione autonome) potevano adottare una delibera di trasformazione. La delibera, infine, doveva essere approvata con decreto interministeriale (decreto del Ministro del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro del tesoro e con i Ministri competenti).

      Anche riguardo alla possibilità di vendita delle azioni delle società risultanti dalla trasformazione si prevedeva l’adozione di una delibera di indirizzo del CIPE, sottoposta al parere delle competenti commissioni parlamentari, alla quale, tra l’altro, era demandata la definizione delle modalità di cessione. L’atto di alienazione avrebbe dovuto conformarsi ai criteri stabiliti dal CIPE.

      Nel caso in cui la cessione delle partecipazioni comportasse la perdita del controllo di maggioranza, diretto o indiretto, da parte dello Stato, il decreto-legge n. 386/2001 richiedeva l’adozione di specifiche deliberazioni delle Camere, alle quali avrebbe fatto seguito l’approvazione delle operazioni di alienazione con deliberazione del Consiglio dei Ministri.

      Secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 11, la cessione delle partecipazioni avrebbe dovuto essere eseguita con modalità tali “da assicurare, di regola, diffusione di esse fra il pubblico e da prevenire, anche in forma indiretta, concentrazioni o posizioni dominanti”.

      Per quanto concerne la destinazione dei proventi delle operazioni di privatizzazione, il decreto-legge n. 386/2001 a stabiliva che essi fossero versati all'entrata del bilancio dello Stato (articolo 1, comma 13).

[3]     Il D.P.R. 5 giugno 1993 n. 174 ha disposto l’abrogazione, a seguito di referendum popolare, della legge 22 dicembre 1956, n. 1589, recante istituzione del Ministero delle partecipazioni statali.

      Il referendum si è svolto il 18 aprile 1993.

      Nelle more della consultazione referendaria, indetta con D.P.R. 25 febbraio 1993, l'art. 1, D.L. 23 aprile 1993, n. 118, aveva disposto la soppressione, con effetto dalla data del 22 febbraio 1993, del Ministero delle partecipazioni statali.

[4]     Convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359.

[5]     Il decreto-legge 333/1992 ha, infine, garantito, a titolo di concessione per una durata non inferiore a venti anni, la continuità, in capo alle società per azioni risultanti dalla trasformazione, di tutte le attività e i diritti, riservati per disposizioni di legge o per atto amministrativo agli enti originari.

[6]     Si ricorda, tra gli altri, il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419, che ha previsto tra le misure per la razionalizzazione di una serie di enti pubblici nazionali senza scopo di lucro la privatizzazione dei medesimi (artt. 2 e 3).

[7]     Da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. [7]    Da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tale disposizione prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

[8]     I regolamenti in questione devono essere adottati – secondo un procedimento analogo a quello già dettato dall’art. 28 della legge finanziaria 2002 nella formulazione previgente – su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione (in luogo del Ministro per la funzione pubblica), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale. Il riordino è finalizzato al conseguimento degli obiettivi di stabilità e crescita, alla riduzione del complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Dall’attuazione è infatti previsto un miglioramento dell'indebitamento netto (non meno di 205 milioni di euro per il 2007, 310 per il 2008 e 415 a decorrere dal 2009). A tal fine, entro il 30 settembre 2007, il Governo dà conto dei provvedimenti adottati in apposito documento, allegato alla relazione sui risultati del programma straordinario di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali (articolo 1, comma 483 della legge finanziaria 2007).

[9]     Nel nuovo testo, non figura dunque la disposizione che stabiliva la soppressione automatica degli enti per i quali non fosse stato adottato alcun provvedimento entro il termine indicato.

[10]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178,

[11]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326,

[12]    D.L. n. 63/2002 “Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture”, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002 n. 112.

[13]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002 n. 178.

[14]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, Norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni)

[15]    In queste ipotesi gli acquirenti, che devono presentare requisiti di idonea capacità imprenditoriale, si impegnano ad assicurare, mediante accordo, particolari condizioni finanziarie, economiche e gestionali; a non cedere, per un periodo determinato, le partecipazioni acquistate e a non cedere l’azienda; a corrispondere un determinato risarcimento in caso di inadempimento delle clausole del contratto di cessione e dell’accordo

[16]    In attuazione di tale disposto, è stato adottato il D.P.C.M. 29 settembre 2000 e, in base a tale DPCM, il D.M. 9 marzo 2001. Quest’ultimo ha individuato, nell’ambito delle partecipazioni elencate nel D.P.C.M. 29 settembre 2000, le partecipazioni non quotate da alienare mediante trattativa privata con i potenziali acquirenti. In sostanza, pertanto, si è scelta una modalità di alienazione che era già prevista dal decreto-legge n. 332/1994.

[17]    La Relazione della CONSOB per l’anno 2002, nel rilevare l’elevato grado di concentrazione proprietaria del complesso delle società quotate italiane, sottolineava che le privatizzazioni avevano prodotto un significativo effetto positivo sul grado di concentrazione proprietaria essenzialmente negli anni 1997 e 1998. Successivamente, l’aumento della diffusione proprietaria era stato riassorbito, a causa, da un lato, della natura parziale di privatizzazioni e, dall’altro, del fatto che la maggior parte delle principali società privatizzate ad azionariato diffuso erano state oggetto di successive acquisizioni che avevano portato in alcuni casi al loro delisting o alla determinazione di un assetto di controllo fortemente concentrato.

[18]    La legge finanziaria per il 2004 ha soppresso la previsione che escludeva dai soggetti che potevano procedere alla attestazione i soggetti coinvolti nella strutturazione dell’operazione di alienazione (legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 220).

[19]    Nello specifico, il sopra citato articolo 3, co. 219 della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) ha precisato che il rimborso dei titoli possa essere effettuato non solo attraverso la cessione di azioni di proprietà dello Stato, ma anche attraverso le modalità consuete di rimborso per cassa.

[20]    L. n. 481/1995 “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”.

[21]    Legge 23 dicembre 2003, n. 350: art. 4, comma 218, lett. b).

[22]    Il comma 218, lett. b), ha introdotto un comma 5-bis all’art. 1 del decreto legislativo in commento.

[23]    Legge 27 dicembre 2006, n. 296: art. 1, comma 467.

[24]    L’articolo 1, comma 9, della legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005) dispone che la spesa annua sostenuta dalle pubbliche amministrazioni per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, non può essere superiore al 40 per cento di quella sostenuta nell'anno 2004

[25]    L’articolo 1, comma 11, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) prevede che l'affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all'amministrazione deve essere adeguatamente motivato ed è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell'ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l'atto di affidamento di incarichi e consulenze deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L'affidamento di incarichi in assenza dei predetti presupposti costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

a    Come riportato nel Libro bianco sulle operazioni di privatizzazione 1996-2001, a seguito delle conversioni avvenute nel corso degli anni e per effetto dei diversi tassi di cambio vigenti al momento delle singole conversioni di azioni INA, al cap. 4055 dell’entrata del bilancio dello Stato, destinato al finanziamento Fondo ammortamento titoli di Stato, sono complessivamente affluiti 4.200 miliardi di lire (anziché i 3.260 miliardi previsti inizialmente).

b    L’operazione complessiva di dismissione dell’Istituto Sanpaolo di Torino effettuata nel maggio 1997 ha riguardato la vendita di 250 milioni di azioni (rispetto ad un capitale sociale costituito da 815.992.852 azioni), di cui 27 milioni circa detenute direttamente dal Tesoro e 23 milioni circa detenute dalle Ferrovie dello Stato (quest’ultima partecipata al 100% dal Tesoro). Ulteriori quote di azioni privatizzate erano detenute dal Gruppo Bancario San Paolo di Torino.

c    L’importo della vendita del pacchetto azionario del Banco di Napoli è stato in parte destinato alla copertura delle eventuali perdite del Banco di Napoli per gli interventi a favore della società cessionaria dei crediti anomali del Banco.

d    Le partecipazioni detenute dal Tesoro in SEAT sono state trasferite al Ministero del tesoro dall’IRI nel dicembre 1996.

e    Le partecipazione detenute dal Tesoro in TELECOM sono state trasferite al Ministero del tesoro dall’IRI nel dicembre 1996.

f     I proventi della dismissione delle partecipazioni del Mediocredito dell’Umbria non risultano affluiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

[26]    Sentenza della Corte di Giustizia del 23 maggio 2000 nella causa C-58/99, Commissione contro Italia.

[27]    Per una disamina della disciplina previgente sulla golden share, quella originaria recata dal D.L. n. 332, nonché quella recata dalla sopra citata Legge Finanziaria 2000, si rinvia al Dossier di ricerca n. 103 del 28 settembre 2004.

[28]    Con D.M. 21 marzo 1997 è stato determinato il contenuto dei poteri di cui sopra e con D.M. 24 marzo 1997 è stata stabilita la misura della partecipazione rilevante ai fini dell'esercizio del potere speciale del gradimento attribuito al Ministro del tesoro in relazione alle suddette società.

[29]    Il raggiungimento del limite che costituisce una partecipazione rilevante è valutato calcolando, nel caso in cui si tratti di una persona fisica, le quote detenute dal socio e dai membri del suo gruppo familiare (coniuge non separato legalmente e figli minori). Sono altresì calcolate le quote detenute dal gruppo di appartenenza, costituito dal soggetto (anche diverso da una società) che esercita il controllo, dalle società controllate e dalle società collegate. Sono, infine, computate anche le quote detenute, direttamente o indirettamente, dagli aderenti a patti parasociali, nel caso in cui tali patti riguardino il 10% delle azioni con diritto di voto nel caso di società quotate e il 20% delle quote o delle azioni con diritto di voto nel caso di società non quotate.

[30]    Nelle more di decorrenza del termine per l'esercizio del potere di opposizione, è sospeso il diritto di voto e gli altri diritti aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, relativamente alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante.

[31]    L’articolo 2359-ter del codice civile demanda all’assemblea l’individuazione delle modalità con le quali devono essere alienate le azioni o quote della società controllante acquistate dalla società controllata in violazione dei limiti stabiliti dall’articolo 2359-bisAcquisto di azioni o quote da parte di società controllate.

[32]    Ai sensi del comma 5 dell’articolo 122 del D.Lgs. n. 58/1998 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria) gli obblighi previsti dall’articolo medesimo in relazione ai patti parasociali si applicano ai patti, in qualunque forma stipulati:

a)       che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano;

b)       che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse;

c)       che prevedono l'acquisto delle azioni o degli strumenti finanziari previsti dalla lettera b);

d)       aventi per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società.

[33]    Secondo quanto previsto dai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 122 del D.Lgs. n. 58/1998 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria), i patti parasociali, individuati dall’articolo medesimo, in qualunque forma stipulati, sono:

a)   comunicati alla CONSOB entro cinque giorni dalla stipulazione;

b)   pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana entro dieci giorni dalla stipulazione;

c)   depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sede legale entro quindici giorni dalla stipulazione.

La CONSOB stabilisce con regolamento le modalità e i contenuti della comunicazione, dell'estratto e della pubblicazione. In caso di inosservanza degli obblighi previsti, i patti sono nulli.

[34]    Parimenti, durante la decorrenza del termine per l’esercizio del potere di opposizione sono sospesi il diritto di voto e gli altri diritti aventi contenuto diverso da quello patrimoniale spettanti ai soci che aderiscono al patto.

[35]    Cfr., sul punto, comunicato stampa IP/05/1270 del 13 ottobre 2005.

[36]    Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti giuridici attinenti agli investimenti intracomunitari (97/C 220/06), pubblicata nella Gazzetta ufficiale CE n. C 220 del 19 luglio 1997.

[37]    A tutela dei diritti patrimoniali degli altri azionisti è consentito che le azioni o gli strumenti finanziari che attribuiscono i predetti diritti siano emessi a titolo gratuito, purché a favore di tutti gli azionisti, ovvero a pagamento, se a favore di uno o più azionisti, individuati in base all’ammontare della partecipazione detenuta. In quest’ultimo caso, i criteri per la determinazione del prezzo di emissione sono quelli stabiliti in via generale con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

      Gli strumenti finanziari e le azioni qui contemplate godono di un diritto limitato di partecipazione agli utili o alla suddivisione dell’attivo residuo in sede di liquidazione.

      Si stabilisce poi che le deliberazioni assembleari aventi ad oggetto la creazione delle suddette azioni o strumenti finanziari e le deliberazioni di modifica delle disposizioni statutarie che prevedono lo strumento in commento non determinano il diritto di recesso in favore dei soci che non vi hanno concorso.

[38]    Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 20 maggio 2006 (articolo 21 della direttiva). L’articolo 1, comma 1 della legge comunitaria 2005 (l. 18 aprile 2005, n. 62) aveva delegato il governo a dare attuazione, con decreto legislativo, alla direttiva in questione, inserita in allegato B. Il termine ultimo per il recepimento fissato dunque al 12 novembre 2006 (una volta scaduti 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria).

      E’ ora all’esame della Camera l’A. C 2600 recante “Delega legislativa per il recepimento delle direttive 2002/15/CE dell' 11 marzo 2002, 2004/25/CE del 21 aprile 2004 e 2004/39/CE del 21 aprile 2004, nonché per le disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva 2002/98/CE”.

[39]    In due procedimenti avviati contro il Comune di Milano, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sottoposto alla Corte una serie di questioni concernenti l’interpretazione dell’art. 56 CE. Tali questioni in entrambi i casi riguardano la situazione in cui un ente pubblico, che ha conservato una partecipazione azionaria di minoranza in un’impresa privatizzata, occupa, relativamente al controllo di tale società, una posizione di privilegio rispetto agli altri azionisti. L’impresa in questione è l’AEM, in cui il Comune di Milano, dopo aver ceduto parte della sua quota azionaria di maggioranza, ha conservato una partecipazione pari al 33.4%. Ciononostante esso ha mantenuto altresì il potere di nominare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione. Secondo i ricorrenti ciò sarebbe incompatibile con l’art. 56 CE, come interpretato dalla Corte nella sua giurisprudenza in tema delle cosiddette «golden shares» (azioni che conferiscono poteri speciali).

      Il Governo italiano, invece, in risposta alle censure presentate, ha eccepito che “l’art. 2449 del codice civile non è in contrasto con la disciplina generale in materia societaria. In base a tale normativa, la nomina della maggioranza degli amministratori ad opera di un azionista di minoranza non è per nulla inaccettabile. In linea di principio, il diritto societario italiano non prevede che il diritto di nominare amministratori spettante ad un azionista sia proporzionale al numero delle azioni detenute”.

[40]    In particolare, l’avvocato generale ha osservato che “al fine di stabilire se la libera circolazione dei capitali sia limitata quando lo Stato fruisce di speciali poteri in una società, è indifferente come tali poteri siano concessi (con una norma di diritto societario o meno) o quale forma giuridica essi assumano”.

[41]    D.L. 15 febbraio 2007 n. 10, “ Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali ”.

[42]    D. L 192/2001 convertito in legge 20 luglio 2001, n. 301.

[43]    D.L. 14 maggio 2005 n. 81, recante “Disposizioni urgenti in materia di partecipazioni a società operanti nel mercato dell'energia elettrica e del gas”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, Legge 13 luglio 2005, n. 131.

[44]    L. n. 242/2006, recante “Abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale”.

[45]    La modifica è stata introdotta per finanziare il trasferimento al Tesoro della partecipazione nella STET detenuta dall’IRI; a questa operazione ha fatto seguito la privatizzazione della TELECOM.

[46]    Il comma 181 dell'articolo 2 della legge n. 662/1996 ha, infatti, modificato l'articolo 3, comma 1, lettera b) della legge n. 432/1993, nel senso di prevedere tra i conferimenti al Fondo i soli proventi relativi alla vendita di partecipazioni, siano esse regolate in titoli di Stato o in altro modo, escludendo quindi gli altri proventi costituenti il corrispettivo delle alienazioni di beni del patrimonio immobiliare dello Stato (come previsto invece dal testo originario della legge n. 432/1993).

[47]    Il comma 4 dell'articolo 1 del D.L. n. 6/1996 ha soppresso le lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 432/1993, che includevano tra i conferimenti al Fondo di ammortamento i dividendi delle società per azioni derivate dalla trasformazione degli Enti pubblici di cui al capo III del D.L. n. 333/1992, convertito con modificazioni dalla legge n. 359/1992 (lettera c); e gli utili che gli Enti pubblici sono tenuti a versare al Tesoro in base a disposizioni normative o statutarie.

[48] Si tratta dei capitoli 3330 “versamenti per donazioni ed eventuali assegnazioni da parte del ministero dell’economia e delle finanze” (UPB 6.2.2) e 4055 “dismissioni patrimoniali” (UPB 6.3.2) dello stato di previsione dell'entrata.

[49]    Secondo quanto disposto dall’art. 46, comma 2 del D.Lgs. n. 396/2003, tali operazioni sono esenti dalla tassa sui contratti di borsa di cui al R.D. 30 dicembre 1923, n. 3278, e successive modificazioni. La disposizione appare finalizzata a garantire un'esenzione assoluta dalla tassa per i contratti di trasferimento di titoli o valori a tutti i contratti di acquisto di titoli di Stato, indipendentemente dal fatto che la transazione si svolga o meno in mercati regolamentati.

[50]   La differenza di cifre tra il totale delle somme trasferite o accreditate (119.638 milioni di euro circa) e il totale delle entrate affluite in bilancio da destinare al fondo di ammortamento nel periodo considerato (116.571 milioni di euro circa) è dovuta al fatto che nel totale degli accrediti al Fondo sono stati trasferiti nell’anno 1995 sopra citate assegnazioni straordinarie derivanti dalle maggiori emissioni ai sensi dell’art. 3, comma 5 l. 539/93.

[51]    Un’analoga assegnazione straordinaria a valere sulla quota detenuta in IRI pari a 2.107 miliardi, entrata al bilancio dello Stato nel dicembre 1999, sarà trasferita al Fondo nell’anno 2000.

[52]    In particolare.

-       rimborso di CCT in scadenza al 1° novembre 1999 per un valore di 1.832 miliardi di lire;

-       rimborso di CTE in scadenza il 22 novembre 1999 per un valore di 2.894 miliardi di lire;

-       rimborso di BTP quinquennali in scadenza il 1° dicembre 1999 per un importo di 12.663 miliardi;

-       rimborso di CTZ biennali in scadenza al 15 dicembre 1999 per un importo 11.358 miliardi.

[53]    Da un punto di vista contabile, sulla base di quanto deciso da Eurostat (l’ufficio statistico comunitario), la cessione delle licenze UMTS è stata considerata come vendita di attività non-finanziarie.

[54]    Il corrispettivo ricavato dallo Stato dalla vendita delle licenze UMTS è stato pari complessivamente a 26.750 miliardi, di cui 23.550 equivalenti alla somma delle cinque offerte formulate dalle società aggiudicatarie e 3.200 miliardi relativi alle due ulteriori bande di frequenza riservate ai nuovi operatori.

[55]    Dato del rendiconto 2006

[56]    Detto credito era sorto originariamente in capo all’IRI, poi fusa per incorporazione in Fintecna S.p.a., in relazione al trasferimento, in forza del D.M. 21 dicembre 2000, da parte di IRI stesso al Ministero dell’economia e delle finanze della partecipazione in Alitalia S.p.a.

[57]    In attuazione dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[58]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.

[59]    D. L n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003

[60]    Organi della società sono l’Assemblea, il Consiglio di amministrazione, composto da 9 membri, e il Collegio sindacale, composto da 5 sindaci effettivi e da 2 sindaci supplenti.

      Il Consiglio di amministrazione nomina il Direttore generale.

      E’ prevista, inoltre, l’istituzione di un Comitato di indirizzo con funzioni consultive e propositive nei confronti del Consiglio di amministrazione, relativamente alla formulazione degli indirizzi strategici della società. Il Comitato di indirizzo è composto dal Direttore generale e da 8 membri nominati dal Consiglio di amministrazione.

[61]    L’articolo 107 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) prevede l’iscrizione in un elenco speciale degli intermediari finanziari che presentano determinati requisiti, relativi all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio, individuati dal Ministro del tesoro, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB.

[62]    In particolare il Ministro, con propri decreti di natura non regolamentare, stabilisce:

-       i criteri per la definizione delle condizioni economiche e generali degli strumenti di raccolta (libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali, nonché titoli emessi e altre operazioni di finanziamento) che sono assistiti dalla garanzia dello Stato;

-       i criteri per la definizione delle condizioni economiche e generali degli impieghi; al riguardo vengono espressamente indicati i princìpi di accessibilità, uniformità di trattamento, predeterminazione e non discriminazione;

-       le norme in materia di trasparenza, pubblicità, contratti e comunicazioni periodiche;

-       i criteri per la gestione delle partecipazioni assegnate.

[63]    Il consiglio di amministrazione della CDP S.p.A. è integrato, per gli atti di amministrazione relativi alla gestione separata, dal ragioniere generale dello Stato, dal direttore generale del Tesoro e da tre esperti in materie finanziarie in rappresentanza, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni, nominati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, scegliendoli da terne presentate dalla Conferenza dei presidenti delle giunte regionali, dall'UPI e dall'ANCI.

[64]    Il dato è tratto da CDP SpA – Sintesi del bilancio 2006, pubblicato sul sito internet della CDP.

[65]    In particolare, su 144.540 milioni di euro, 70.583 milioni sono stati raccolti attraverso libretti postali e 73.957 attraverso buoni fruttiferi.

[66]    I covered bond, o obbligazioni bancarie garantite, sono titoli obbligazionari connotati dalla presenza di una garanzia su specifiche categorie di attività del soggetto emittente.

[67]    Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti.

[68]    Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[69]    Recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicato nella G. U. 21 aprile 1998, n. 92, S.O.

[70]    Cfr. documentazione rilasciata dai rappresentanti della Cassa depositi e prestiti nel corso dell’audizione svolta presso la V Commissione Bilancio della Camera il 9 maggio 2007.

[71]    Cfr. documentazione rilasciata dai rappresentanti della Cassa depositi e prestiti nel corso dell’audizione svolta presso la V Commissione Bilancio della Camera il 9 maggio 2007.

[72]    La STMicroelectronics è stata costituita nel 1987 dalla fusione tra l’italiana SGS Microelettronica e la francese Thomson Semiconducteurs ed opera nel settore della produzione di componenti elettronici a semiconduttore.

[73]    Il trasferimento è avvenuto tramite la cessione di una quota del capitale sociale della holding italo-franceseSTHolding Microelectronics N.V., attraverso la quale Finmeccanica e FT1CI (la holding partecipata da Areva e France Télécom) detenevano le rispettive partecipazioni in STM. La quota acquisita ha assicurato alla CDP la soglia rilevante al fine del mantenimento della governance congiunta italo-francese di STH (e quindi di STM) e ne ha fatto il socio di maggioranza della compagine italiana.

[74]    Terna - Trasmissione Elettricità Rete Nazionale S.p.A. è la società responsabile in Italia della trasmissione e del dispacciamento dell’energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione su tutto il territorio nazionale. Terna è una società per azioni quotata in Borsa. Il collocamento delle azioni è avvenuto nel giugno 2004. Attualmente l’azionista di maggioranza relativa è la Cassa Depositi e Prestiti, che detiene il 29,99% del pacchetto azionario.

[75]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 290/2003. Cfr. anche il DPCM 11 maggio 2004.

[76]    Provvedimento n. 14542 del 4 agosto 2005.

[77]    E’ stata in particolare disposta l'adozione da parte della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.,, in via transitoria e fino alla prescritta cessione della quota di capitale di ENEL, dei seguenti impegni:

-       approvazione da parte del Consiglio di Amministrazione della società Terna S.p.A., entro sei mesi dalla unificazione tra la proprietà e la gestione della Rete di Trasmissione Nazionale, di una delibera che disponga le procedure idonee a definire il ruolo dell'organo denominato Comitato di Consultazione di cui all'articolo 1 del D.P.C.M. 11 maggio 2004;

-       nomina di almeno sei dei sette consiglieri della società Terna S.p.A. nell'ipotesi di un Consiglio di Amministrazione composto da dieci membri, con caratteristiche di indipendenza tali da garantire una gestione improntata al rispetto dei principi di neutralità ed imparzialità,. con mantenimento di analoga proporzione qualunque sia il numero dei membri del consiglio di amministrazione.

[78]    Il TAR del Lazio, con sentenza del 13 marzo 2006, ha riconosciuto la legittimità della delibera dell’Autorità garante, respingendo il ricorso presentato dalla Cassa depositi e prestiti. La sentenza del TAR è stata nella sostanza confermata dal Consiglio di Stato, con decisione del 12 febbraio 2007; il Consiglio di Stato ha infatti annullato la delibera dell’Autorità garante limitatamente alla prescrizione relativa alla nomina dei consiglieri di amministrazione di Terna (cfr. nota precedente).

[79]    Con il termine private equity si fa riferimento agli investimenti istituzionali in capitale di rischio.

[80]    I dati tengono conto della nuova applicazione dei principi contabili IAS/IFRS; il patrimonio netto al 31 dicembre 2005 rilevato con l’applicazione dei principi contabili italiani risultava pari a 5,8 miliardi di euro.

[81]    Ai sensi del D.Lgs. n. 1/1999, alle successive sottoscrizioni di capitale sociale della società possono partecipare anche le regioni, gli enti locali e funzionali, le loro associazioni o enti associativi, per un importo complessivamente non superiore ad 1/4 della sua entità.

[82]    Per quanto riguarda ENISUD, si ricorda che inizialmente, la direttiva del 26 gennaio 1999 prevedeva la eventuale acquisizione della società da parte di Sviluppo Italia, successivamente peraltro alla valutazione della convenienza economica. Non è stato dato, tuttavia, ulteriore seguito all’acquisizione di ENISUD.

[83]   Al fine di accelerare l’operazione di fusione, Sviluppo Italia ha acquisito il controllo totalitario di tutte le Società destinate a fondersi.

      In data 2 marzo 2000, le Assemblee straordinarie delle citate Società hanno deliberato l’approvazione della operazione di fusione per incorporazione nella capogruppo Sviluppo Italia Spa, sulla base delle rispettive situazioni patrimoniali al 30 settembre 1999.

      La stipula dell’atto di fusione è avvenuta in data 30 maggio 2000, con effetti dal successivo 30 giugno.

      La quota associativa in IPI è stata successivamente trasferita al Ministero dell’industria (art. 19, comma 2, legge n. 340/2000), mentre non è stato dato ulteriore seguito all’acquisizione di ENISUD.

[84]    La Consulta ha infatti affermato che, dal momento che l’istruzione appartiene alle materie su cui vi è competenza concorrente di Stato e Regioni ai sensi dell’art. 117 Cost., le scelte discrezionali relative ai criteri di individuazione degli studenti capaci e meritevoli spetterebbero alle Regioni e non ad organismi centrali (quali, nello specifico, la società Sviluppo Italia).

[85]    Pubblicato nella G. U. 30 settembre 1963, n. 256.

[86]    Art. 2, comma 192, della legge 23 dicembre 1996, n. 662recante misure per la razionalizzazione della finanza pubblica.

[87]    Fonte: MEF, Libro bianco sulle privatizzazioni, 2001.

[88]    Si prevedeva un limite di spesa di lire 196 miliardi per l'anno 1998, di lire 322 miliardi per l'anno 1999, di lire 500 miliardi per l'anno 2000 e di lire 500 miliardi per l'anno 2001.

[89]    In adempimento della predetta disposizione di legge è pervenuta al Parlamento la “Relazione concernente l’andamento del processo di liberalizzazione e di privatizzazione del mercato del trasporto aereo”, presentata dal Ministro dei trasporti e trasmessa alla Presidenza della Camera il 14 marzo 2001 (Doc. XXVII, n. 9). In essa si dava atto che la società Alitalia, alla data di presentazione della relazione, aveva ricevuto un contributo pubblico, approvato dall’Unione europea, per un ammontare previsto di 2.750 miliardi di lire, nonché aveva ricevuto dall’IRI 2000 miliardi di lire erogati tra il 1997 ed il 1997, rinunciando invece alle tranches del 1998 e del 1999 (rispettivamente di 500 e 250 miliardi).

[90]    DL 15 aprile 2002, n. 63, recante Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 15 giugno 2002, n. 112.

[91]    Recante Misure urgenti per favorire la ristrutturazione ed il rilancio dell'Alitalia convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2004, n. 203.

[92]    Cfr. la lettera del Ministro per le politiche comunitarie al Commissario per i Trasporti e l'Energia della Commissione Europea in data 13 luglio 2004.

[93]    Questi orientamenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee serie C, n. 288 del 9 ottobre 1999. A partire dal 10 ottobre 2004 sono stati sostituiti dai nuovi orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, contenuti nella comunicazione 2004/C pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie C, n. 244 del 1° ottobre 2004.

[94]    Si ricorda peraltro che il Documento di programmazione economico finanziaria (DPEF) per gli anni 2003-2006 aveva previsto all’interno del programma di privatizzazioni - finalizzato al programma di riduzione del rapporto debito/PIL - la dismissione a breve termine della partecipazione statale nella società Alitalia-Linee aeree italiane: il documento ipotizzava in una prima fase una riduzione della quota di partecipazione non al di sotto del 30%.

[95]    Come si desume dal documento intitolato “Invito a manifestare interesse all’acquisto di (i) una quota non inferiore al 30,1% del capitale di Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.A. (“Alitalia” o la “Società”) e (ii) n. 1.207.147.404” pubblicato sul sito del MEF e recante data 29 dicembre 2006.

obbligazioni convertibili del prestito “Alitalia 7,5% 2002-2010 convertibile”.

[96]    Recante l’Istituzione dell'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali (A.N.A.S.).

[97]    Essa ha disposto il riordinamento strutturale e revisione dei ruoli organici dell'Azienda nazionale autonoma delle strade (A.N.A.S.).

[98]    L’art. 11 del decreto n. 143/1994 disponeva infatti che entro novanta giorni, previa approvazione dello statuto, l'ANAS fosse trasformata nell'Ente nazionale per le strade, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici.

[99]    Recante “Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate”.

[100]  Tali compiti sono quelli di cui comma 3 dell'art. 12 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e dell'art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495.

[101]  Lo stesso Ministero provvede, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, all’esercizio delle sue funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica ed operativa nei riguardi di ANAS Spa, nonché dei concessionari autostradali.

[102]  Si tratta delle attività di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 luglio 2006.

[103]  Il sovrapprezzo a favore del Fondo centrale di garanzia è previsto in particolare:

-       dall’articolo 15, quinto e sesto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 531 (recante il Piano decennale per la viabilità di grande comunicazione e misure di riassetto del settore autostradale), che determina la misura del sovrapprezzo e prevede l’utilizzazione da parte del Fondo di tale sovrapprezzo (oltre che dell’eventuale eccedenza delle tariffe effettivamente applicate rispetto a quelle previste in convenzione) per il pagamento delle rate dei mutui contratti e delle obbligazioni emesse dalle società autostradali, con garanzia dello Stato, e rimaste insolute;

-       dall’articolo 11, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (recante disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993), che interviene sull’entità di tale sovrapprezzo

[104]  In particolare, le disponibilità nette presenti nel patrimonio del Fondo alla data della sua soppressione - e derivanti altresì dalla riscossione dei crediti nei confronti dei concessionari autostradali - sono impiegate da ANAS Spa, per gli interventi di completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria attuativi delle deliberazioni adottate dal CIPE, ai sensi della legislazione vigente e secondo le direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Detto stanziamento integra le risorse già destinate a tale scopo, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.

[105]  Convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286

[106]  Le successive lettere da b) ad f) del comma 83 prevedono inoltre che le clausole della convenzione unica perseguano le seguenti finalità:

b)   la destinazione della extraprofittabilità data dallo svolgimento della concessione sui sedimi demaniali di attività commerciali;

c)   il recupero della parte degli introiti tariffari relativi a impegni di investimento programmati nei piani finanziari e non realizzati nel periodo precedente;

d)   il riconoscimento degli adeguamenti tariffari dovuti per investimenti programmati del piano finanziario esclusivamente a fronte della effettiva realizzazione degli stessi investimenti, accertata dal concedente;

e)   la specificazione del quadro informativo minimo dei dati economici, finanziari, tecnici e gestionali che le società concessionarie trasmettono annualmente, anche telematicamente, ad ANAS S.p.a. per l’esercizio dei suoi poteri di vigilanza e controllo nei riguardi dei concessionari. Tali dati, a loro volta, sono resi disponibili da ANAS S.p.a. al Ministro delle infrastrutture per l’esercizio delle sue funzioni di indirizzo, controllo nonché vigilanza tecnica ed operativa su ANAS S.p.a.; ANAS S.p.a., deve inoltre esercitare un potere di direttiva e di ispezione in ordine alle modalità di raccolta, elaborazione e trasmissione dei dati da parte dei concessionari;

f)    la individuazione del momento dopo il quale l’eventuale variazione degli oneri di realizzazione dei lavori rientra nel rischio d’impresa del concessionario, salvo forza maggiore o fatto del terzo;

g)   il riequilibrio dei rapporti concessori, per quanto riguarda l’utilizzo a fini reddituali ovvero la valorizzazione dei sedimi destinati a scopi strumentali o collaterali rispetto a quelli della rete autostradale;

h)   l’introduzione di sanzioni a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione imputabile al concessionario, anche a titolo di colpa; la graduazione di tali sanzioni in funzione della gravità dell’inadempimento;

i)    l’introduzione di meccanismi tesi alla migliore effettività della clausola di decadenza dalla concessione, nonché di maggiore efficienza, efficacia ed economicità del relativo procedimento nel rispetto del principio di partecipazione e del contraddittorio.

[107]  Pubblicata nella G.U. 19 febbraio 2007.Come precisato nella premessa della deliberazione, tale direttiva è finalizzata a soddisfare l’esigenza di garantire una maggiore trasparenza del rapporto concessorio e di adeguare la regolamentazione dello stesso al perseguimento degli interessi generali connessi all'approntamento delle infrastrutture e alla gestione del servizio secondo adeguati livelli di sicurezza, efficienza e qualità ed in condizioni di economicità e di redditività, nel rispetto dei principi comunitari.

[108]  L. 23 dicembre 1992 n. 498, recante “Interventi urgenti in materia di finanza pubblica”.

[109]  Nei casi di cui alle sopra citate lettere c) e d), le commissioni di gara per l’aggiudicazione dei contratti sono nominate dal Ministro delle infrastrutture. Restano fermi i poteri di vigilanza dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. La composizione del consiglio dell’Autorità è aumentata di due membri con oneri a carico del suo bilancio. Il presidente dell’Autorità è scelto fra i componenti del Consiglio.

[110]Essi sono:

a)       verifica preventiva della sussistenza delle capacità tecnico-organizzative ed economiche dei concorrenti per garantire un adeguato livello e la regolarità del servizio, secondo la normativa di settore;

b)       valutazione delle offerte dei concorrenti che valorizzino l'efficienza, la qualità e la varietà dei servizi, gli investimenti in coerenza con la durata degli affidamenti e la pluralità dei marchi.;

c)       modelli contrattuali idonei ad assicurare la competitività dell'offerta in termini di qualità e disponibilità dei servizi nonché dei prezzi dei prodotti “oil” e “non oil”.

      Per completezza espositiva si ricorda che lo stesso articolo 11, al comma 5-bis (come introdotto dal comma 85 dell’articolo 2 del decreto legge n. 262 del 2006) dispone che con decreto del Ministro delle infrastrutture sono stabiliti i casi in cui i progetti relativi alle opere da realizzare da parte di ANAS S.p.a. e delle altre concessionarie devono essere sottoposte al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici per la loro valutazione tecnico-economica.

[111]  Nel conseguente bando di gara devono essere previste speciali garanzie di stabilità presso il concessionario subentrante per il personale del concessionario cessato, dipendente dello stesso da almeno un anno prima della dichiarazione di cui al primo periodo. Con decreto del Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sono stabiliti i termini e le modalità per l’esercizio delle eventuali istanze di indennizzo del concessionario cessato

[112]  D.L n. 355 del 2003, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”.

[113]  Procedura n. 2006/2419.

[114]  Ai sensi dell’articolo 43 sono vietate le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro nonché le restrizioni relative all’apertura di agenzie,

[115]  L’articolo 56 stabilisce che sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e Paesi terzi. La Commissione, richiamandosi all’allegato I della direttiva 88/361/CEE, chiarisce che gli investimenti diretti sotto forma di partecipazione azionaria devono essere considerati movimenti di capitali. Lo stesso allegato precisa che gli investimenti diretti sono caratterizzati, in particolare, dalla possibilità di partecipare effettivamente alla gestione della società o al suo controllo; pertanto anche l’acquisizione di partecipazioni di controllo, e il pieno esercizio dei diritti di voto connessi, in società nazionali da parte di altri investitori UE è considerata come un movimento di capitali. Inoltre, gli investimenti diretti rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 43.

[116]  Cfr. Il Sole-24ore di venerdì 15 giugno 2007, n. 163, articolo di Laura Serafini, pag. 37.

[117]  Di cui all'articolo 6-ter, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[118]  La legge n. 1643/1962 (concernente l’istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e d il trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche) costituisce il caso più noto di applicazione del principio contenuto nell'art. 43 della Costituzione, ai sensi del quale "a fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale".

[119]  Convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1992, n. 359 "Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica".

[120]  La citata normativa ha avuto lo scopo specifico di consentire agli enti pubblici trasformati in società per azioni di continuare ad esercitare le attività svolte e i diritti già attribuiti, rendendo così - per questo limitato aspetto - irrilevante la trasformazione per legge in società per azioni e mantenendo, in altre parole, il regime organizzativo ad essa preesistente. A tale fine, attività e diritti già esercitati in via di esclusiva dagli enti trasformati sono stati, grazie allo strumento della concessione, idealmente rilevati dallo Stato il quale, una volta divenutone titolare, ne ha attribuito contestualmente l'esercizio alle società risultanti dalla trasformazione.

      Il rapporto di concessione, dunque, sorge per legge prima che vi sia uno specifico atto amministrativo che lo regoli e prevede che le concessioni vengano disciplinate dalle amministrazioni competenti in conformità alle disposizioni vigenti. Si dispone (art. 14) che, ove la materia non sia regolata da leggi preesistenti, la disciplina sarà stabilita dall'atto di concessione in conformità ai principi generali vigenti in materia e che le concessioni stesse avranno la durata massima prevista dalle norme vigenti, comunque non inferiore a venti anni. E’ prevista la facoltà delle amministrazioni competenti di modificarle o integrarle.

[121]  In origine la legge 1643 del 1962 (articolo 1) riservava all'ENEL il compito di esercitare in tutto il territorio nazionale anche l'import - export, oltre alla produzione, trasmissione e distribuzione; ma mentre per queste ultime attività sono state previste, fin dalla legge del 1962, alcune eccezioni, l'importazione ed l'esportazione sono state esercitate esclusivamente dall'ENEL.

[122]  La società per azioni denominata "Gestore della rete di trasmissione nazionale" è stata costituita con deliberazione dell'assemblea dell'ENEL in data 23 aprile 1999 ed ha assunto titolarità e funzioni di gestore della rete a decorrere dal 1° aprile 2000, ai sensi del decreto del Ministro dell'industria in data 21 gennaio 2000; in pari data sono state emanate dal Ministro le direttive per l'attività della società (G.U. n. 21 del 27 gennaio 2000). Ulteriori direttive sono state impartite con il D.M. 7 agosto 2000 (G.U. n. 214 del 13 settembre 2000).

[123]  Era inoltre prevista l’istituzione, da parte del GRTN, dell’Acquirente Unico (AU), società per azioni con il compito di stipulare e gestire i contratti di fornitura con i produttori ed i contratti di vendita con i distributori di energia, per assicurare condizioni di continuità del servizio e parità di trattamento tariffario.

[124]  L'articolo 13 del decreto completa la riforma delineata stabilendo che l'ENEL, previa autorizzazione del Ministero dell'industria (ora sviluppo economico), costituisca più società per azioni, avendo ciascuna per oggetto esclusivamente una delle attività del settore elettrico, ed elenca dette attività.

[125]  Sono stati esclusi dal conferimento i beni, i rapporti giuridici e il personale relativi alle funzioni di cessione dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica, nonché all’acquisto ed alla vendita di diritti di produzione da fonti rinnovabili (art. 3, commi 12 e 13; art. 11, comma 3 del D.Lgs. 79/99), nonché le attività consistenti nell’acquisto da parte del GRTN, in virtù del subentro nei relativi diritti e obbligazioni prima facenti capo all’ENEL, dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e venduta a prezzi “incentivati”. Sono state inoltre escluse dal conferimento a Terna S.p.a le partecipazioni detenute dal GRTN nelle società GME S.p.a e Acquirente Unico S.p.a, nonché gli oneri (ed i relativi stanziamenti a copertura) di carattere risarcitorio e sanzionatorio per le attività poste in essere dal GRTN fino alla data di efficacia del trasferimento disposto dal provvedimento in esame.

[126]  A tale proposito, si segnala che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in data 4 agosto 2005, ha emesso un’autorizzazione con condizioni alle operazioni di concentrazione relative all’acquisizione da parte di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. del 30% del capitale sociale di Terna S.p.A. e del ramo di azienda della società Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale S.p.A. Per una disamina più dettagliata della questione si rinvia a pag. 69

[127]  La green shoe è un’opzione che permette, all'atto del collocamento dei titoli di una società finalizzato all’ingresso in Borsa, la facoltà per l’emittente di aumentare la dimensione dell’offerta in modo da rispondere in modo adeguato alla domanda di titoli da parte degli investitori.

[128]  Fonte: “Libro bianco sulle operazioni di privatizzazione”, Ministero dell’economia e delle finanze, 2001.

[129]  Fonte: Ministero dell’economia e delle finanze, “Relazione al Parlamento sulle operazioni di cessione delle partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato”, luglio 2004.

[130]  Il “bought deal” è un’offerta nella quale un unico soggetto (o un gruppo di soggetti, tipicamente banche d’affari) acquista a fermo la totalità delle azioni oggetto di offerta allo scopo di ri-collocarle, in brevissimo tempo, presso gli investitori istituzionali finali. Tale tecnica presuppone un’elevata fiducia dell’acquirente nelle potenzialità del titolo. Essa consente al venditore di ottenere la certezza del prezzo di cessione, nonché di trasferire il rischio di mercato (prezzo di cessione agli investitori finali) sull’acquirente stesso. A fronte di questi più contenuti rischi per il venditore, nella prassi generalmente si riscontra che nel caso di operazioni di BD lo sconto medio riconosciuto all’acquirente rispetto all’ultimo prezzo di mercato risulta leggermente superiore a quello verificabile in media in operazioni di ABB. Nella transazione Enel 2, a tutela dello Stato, sono state inserite specifiche clausole volte ad assicurare maggiore flessibilità al contratto di cessione. In particolare è stato inserito un meccanismo – c.d. “earn out” - che consente al venditore di beneficiare, in parte, dell’eventuale maggiorazione di prezzo che l’acquirente potrebbe realizzare nella successiva cessione dei titoli agli investitori istituzionali, qualora il titolo si apprezzasse nel periodo immediatamente successivo all’offerta.

[131]  Fonte: Ministero dell’economia e delle finanze, “Relazione al Parlamento sulle operazioni di cessione delle partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato”, maggio 2005.

[132]  Fonte: Ministero dell’economia e delle finanze, “Relazione al Parlamento sulle operazioni di cessione delle partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato”, dicembre 2005.

[133]  Eventuali variazioni nelle quote partecipate dal MEF, in assenza di operazioni istituzionali di privatizzazione, derivano dall’esercizio delle stock options riservate agli amministratori.

[134]  Fonte: MEF, Libro bianco sulle Privatizzazioni, 2001.

[135]  Detto Comitato è composto dai Ministri che, sulla base del settore di operatività della società, esercitano di concerto i diritti dell’azionista.

[136]  Comitato istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 1993. Il Comitato ha il compito di fornire assistenza tecnica alle Autorità preposte al programma di dismissione delle partecipazioni pubbliche, nonché di assolvere a funzioni di garanzia della trasparenza e della congruità delle procedure poste in essere dal Governo.

[137]  Data la forte domanda registrata nel corso della fase di raccolta degli ordini, sia da parte del pubblico in Italia che da parte degli investitori istituzionali, il Ministero del tesoro ha deciso di aumentare l’offerta globale di 400 milioni di azioni, destinando tale quantitativo addizionale interamente all’OPV italiana. L’offerta globale è divenuta, pertanto, pari a 1.100 milioni di azioni e la quota massima di azioni destinata all’esercizio della green shoe pari a 165 milioni di azioni.

[138]  D.L. n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003.

[139]  Fonte: Sito MEF, Partecipazioni al 23 febbraio 2007, http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Partecipaz/Partecipaz/Partecipate.htm_cvt.htm.

[140]  L’ultimo atto di concessione tra Stato e Ferrovie ha stabilito infatti una durata pari a 60 anni (ed è stato approvato con D.M. 31 ottobre 2000, n. 138/T.

[141]Il contratto di servizio è lo strumento negoziale che regola i rapporti tra amministrazione pubblica ed imprese di trasporto, al fine di garantire servizi di trasporto adeguati alle esigenze sociali, ambientali e di assetto del territorio, nonché di garantire agevolazioni in favore di determinate categorie di utenti. Nella misura in cui tali servizi siano in contrasto con l’interesse commerciale dell’impresa, l’autorità pubblica, a fronte dell’obbligo di offrire detti servizi, eroga una compensazione corrispondente. La legge 14 luglio 1993, n. 238 prevede inoltre che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti trasmetta al Parlamento, per l’espressione del parere da parte delle Commissioni permanenti competenti per materia, prima della stipulazione con le Ferrovie dello Stato Spa., i contratti di programma, i contratti di servizio e i relativi eventuali aggiornamenti, corredati dal parere, ove previsto, del CIPE. Le Commissioni parlamentari competenti esprimono parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione.

[142]  Prescritta dalla direttiva 91/440/CEE (recepita dal DPR n. 277/1998).

[143]  La scelta della separazione societaria è stata ribadita dall'articolo 5 della direttiva emanata dal Presidente del Consiglio il 30 gennaio 1997 (c.d. direttiva Prodi), e dalla direttiva emanata dal Presidente del Consiglio il 18 marzo 1999 (c.d. direttiva D’Alema), che fissava il termine del mese di aprile 1999 per la realizzazione della separazione contabile e prevedeva che, a far data dal 1° gennaio 2000, si procedesse alla separazione societaria tra infrastrutture e attività di trasporto.

[144]  Nel 1998 viene creata la divisione Infrastruttura; nel maggio 1999 sono costituite altre tre divisioni che assicurano il trasporto di passeggeri sulla media e lunga distanza, il traffico delle merci, il trasporto in ambito locale.

[145]Entrambe le società sono interamente controllate dalla holding FS Spa, interamente partecipata dallo Stato tramite il Ministero dell’economia e delle finanze.

[146]  Vedi infra, nel paragrafo concernente la privatizzazione di Telecom Italia.

[147]  La SIFA S.p.A. svolgeva attività di intermediazione mobiliare e di finanziamento alle grandi imprese.

[148]  In attuazione di detto decreto sono stati successivamente emanati due Decreti del Ministro del Tesoro: uno per l’attribuzione dei poteri speciali, l’altro per fissare al 3% il limite alla partecipazione al capitale oltre il quale era necessario il preventivo gradimento del Ministero stesso.

[149]  MEI era la società italiana che possedeva (pariteticamente con un partner pubblico francese) il 22% della ST Microelectronics, società leader nei semiconduttori.

[150]  Il “book-building” è la procedura - che si svolge nell'ambito di una Initial Public Offering o del lancio di altri titoli - mediante la quale, prima della fissazione definitiva del prezzo di emissione, vengono prima considerate le aspettative di prezzo dei grandi investitori istituzionali. Diversamente dalla procedura di assunzione a fermo, nel metodo del bookbuilding l'emittente si assume il rischio di collocamento.

[151]  Sito istituzionale del MEF, aggiornamento al 23 febbraio 2007.

[152]  Fonti: relazione della Corte dei Conti al Parlamento, Doc. XV, n. 101, trasmessa alla Presidenza il 9 marzo 2007; relazione della Corte dei Conti al Parlamento, Doc. XV, n. 363, trasmessa alla Presidenza il 29 novembre 2005, nonché sito istituzionale Fintecna, www.fintecna.it.

[153]  D.L. 15 aprile 2002, n. 63 Intitolato “Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture.”

[154]  La l. 4 dicembre 1956, n. 1404 reca disposizioni in merito alla soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale.

[155]  L’attività di Fintecna nell'ambito di questa seconda fase ha comportato la progressiva fusione per incorporazione di alcune società controllate in liquidazione o non destinate alla privatizzazione, al fine di gestire in modo unitario le attività residuali.

[156]  Con decreto del Direttore Generale del Tesoro datato 16 novembre 2006.

[157]  Novellando i commi 92-93 dell’art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262.

[158]  Si dispone inoltre che il decreto per la definizione delle modalità di utilizzo delle risorse destinate a interventi in materia ambientale sia adottato dal Ministro dell’ambiente, con il concerto del Ministro dell’economia.

[159]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.

[160]  Lo statuto della società «Infrastrutture S.p.a.» è stato approvato con D.M. 3 dicembre 2002 e modificato, da ultimo, con D.M. 23 maggio 2005.

      Il capitale sociale iniziale è stato fissato in un milione di euro ed è stato versato interamente all’atto della costituzione. Successivamente, con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 maggio 2003 è stato in effetti disposto un aumento del capitale sociale fino alla somma massima di 3.200 milioni di euro, a valere sulle risorse derivanti dall’operazione di cartolarizzazione di propri crediti effettuata dalla Cassa depositi e prestiti. Agli amministratori è stata conferita la facoltà di aumentare il capitale, in una o più volte, fino alla detta somma massima entro un periodo di cinque anni.

      La Cassa depositi e prestiti ha depositato la somma di 3.200 milioni di euro su uno specifico conto fruttifero presso la tesoreria dello Stato.

[161]  Il contratto di finanziamento, sottoscritto tra Infrastrutture S.p.a, in qualità di mutuante, e Rete Ferroviaria Italiana S.p.a e Treno Alta velocità TAV S.p.a, in qualità di mutuatari, è stato sottoscritto il 23 dicembre 2003.

[162]  In sintesi, secondo EUROSTAT, nel finanziamento del Sistema AV/AC, ISpa non assume alcun rischio: dal momento che i ricavi derivanti dalla gestione del progetto AV/AC risultano insufficienti al servizio del debito e che l’intervento integrativo dello Stato è certo, sostanziale ed indispensabile, il “vero” debitore deve essere individuato nello Stato.

[163]  Secondo quanto è osservato dall’aggiornamento annuale del programma di Stabilità dell’Italia, presentato nel dicembre 2006, il Governo ha ritenuto opportuno procedere all’accollo del debito ex ISPA perché ciò avrebbe comportato “il beneficio di rendere più coerente la rappresentazione contabile di tale debito che attualmente, pur essendo stato riclassificato a tutti gli effetti quale “debito pubblico”, è, formalmente, in capo ad un soggetto – RFI/TAV – al di fuori del perimetro della Pubblica Amministrazione. Questa operazione comporterà un peggioramento dell’indebitamento netto della pubblica amministrazione per il 2006 di circa 13 miliardi. Queste operazioni, chiudendo una fase in cui differenti sistemi di finanziamento si sono stratificati dalla partenza del progetto nel 1991 ad oggi, consentiranno una ristrutturazione del sistema di finanziamento della rete AV/AC volta a dare certezza alla disponibilità dei fondi necessari al completamento dell’opera. Infatti grazie all’operazione di accollo, e previo l’assenso dell’assemblea degli obbligazionisti (dei titoli emessi da ISPA), si renderanno disponibili i corrispettivi (pedaggi) che i gestori dei servizi di trasporto ferroviario pagheranno al gestore della rete ferroviaria AV/AC, attualmente destinati prioritariamente al soddisfacimento del debito ex-ISPA. In sintesi il fabbisogno finanziario del progetto Torino-Milano-Napoli viene stimato in circa 33,2 miliardi.»

[164]  L’articolo 1, comma 966 della l. Finanziaria 2007 ha in particolare abrogato, all’ articolo 75 della legge n. 289/2002, l’ultimo periodo del comma 1, l’ultimo periodo del comma 2 e il comma 4.

[165]  E’ stata inoltre esclusa la rilevanza a fini fiscali dell’assunzione degli oneri a carico del bilancio dello Stato e dell’estinzione dei debiti di Ferrovie dello Stato S.p.A. e di società del gruppo.

[166]  Si ricorda in proposito che la decisione Eurostat del maggio 2005 aveva comportato un peggioramento del fabbisogno e, quindi, del debito, senza incidere invece sull’indebitamento netto (l’operazione di finanziamento era stata infatti classificata come “attività finanziaria”, nella forma di un prestito del Governo a RFI/TAV; gli effetti in termini di indebitamento netto erano dunque limitati agli importi effettivamente versati di anno in anno dallo Stato al Gruppo FS per il pagamento degli interessi ed il rimborso del capitale).

[167]  Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 15 gennaio 2007, n. 11.

[168]  Art. 2447-nonies. c.c. prevede che quando si realizza ovvero è divenuto impossibile l'affare cui è stato destinato un patrimonio della società, gli amministratori redigono un rendiconto finale che, accompagnato da una relazione dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione contabile, deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese.

Nel caso in cui non siano state integralmente soddisfatte le obbligazioni contratte per lo svolgimento dello specifico affare cui era destinato il patrimonio, i relativi creditori possono chiederne la liquidazione mediante lettera raccomandata da inviare alla società entro novanta giorni dal deposito di cui al comma precedente.

L’articolo dispone che in tale caso si applicano esclusivamente le disposizioni sulla liquidazione delle società, in quanto compatibili.

Sono comunque salvi, con riferimento ai beni e rapporti compresi nel patrimonio destinato, i diritti dei creditori, come previsti dall'articolo 2447-quinquies del codice civile.

[169]  Con detta convenzione si sarebbero tra l’altro individuate le forme organizzative adeguate al conseguimento dei fini previsti dalla legge, con l’esplicita possibilità di costituire a tal fine una società di capitali.

[170]  L’art. 69 della n. 388/2000 detta disposizioni relative al sistema pensionistico: al comma 17 si stabilisce che, per il finanziamento degli oneri derivanti dall'articolo 59, comma 31, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è autorizzata per l'anno 2001 la spesa di lire 3 miliardi, da iscrivere in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. I fondi pensione possono acquisire a titolo gratuito partecipazioni della società per azioni costituita ai sensi della medesima disposizione.

[171]  Deliberazione 19 dicembre 2002, n. 124 (pubblicata nella G.U. del 22 marzo 2003).

[172]  La Società assicura altresì particolare attenzione alla gestione e tutela dei beni di valore artistico, storico, paesistico ed ambientale, operando nel rispetto dei ruoli e in stretta collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ai quali periodicamente fornisce una relazione dettagliata in ordine alle attività svolte relative a tali beni.

[173]  Le disposizioni richiamate prevedono, in particolare, l’inalienabilità dei beni del demanio pubblico e l’adozione di un apposito atto amministrativo per dichiarare il passaggio di un bene dal demanio al patrimonio dello Stato (c.d. sdemanializzazione).

[174]  In particolare, in data 16 maggio 2003 è stato firmato un protocollo d’intesa tra Patrimonio dello Stato S.p.a e Agenzia del demanio

[175]  Inoltre, a favore di amministrazioni pubbliche, enti territoriali, enti pubblici e società a totale partecipazione pubblica la società fornisce, a condizioni di mercato, attività di consulenza, assistenza e fornitura di servizi, nei settori:

-       della realizzazione di progetti di sviluppo locale e di strumenti innovativi di programmazione e qualificazione del territorio;

-       della costituzione di iniziative di partenariato pubblico-privato;

-       della finanza di progetto.

      Per il raggiungimento dell'oggetto sociale, infine, la società può compiere, purché in via strumentale, tutte le operazioni mobiliari, immobiliari e finanziarie ritenute utili e opportune, nonché assumere partecipazioni in altre società e enti costituiti o da costituire.

[176]Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del 25 settembre 2003.

[177]Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2000.

[178]  Sulla giacenza media del medesimo conto il Ministero dell'economia e delle finanze corrisponde semestralmente alla Patrimonio dello Stato S.p.a. interessi calcolati ad un tasso pari a quello corrisposto dalla Banca d'Italia sul conto «disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria» ai sensi della legge 26 novembre 1993, n. 483. Il pagamento degli interessi è posto a carico dell'unità previsionale di base 4.1.7.1. «Interessi sul risparmio postale ed altri conti di tesoreria», Capitolo 3100 dello stato di previsione del bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze. La Patrimonio dello Stato S.p.a. può utilizzare uno o più conti correnti diversi da quello acceso presso la tesoreria centrale dello Stato, da aprirsi presso primari istituti di credito, per le operazioni attinenti la gestione ordinaria della stessa.

[179]  Il trasferimento, si legge in premessa al decreto è stato motivato con il fine di consentire alla stessa società di procedere ad una valorizzazione, dismissione e costruzione di nuovi edifici da adibire a strutture carcerarie o istituti di pena.

[180]  L'art. 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86 concerne le modalità operative per la istituzione di fondi immobiliari con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.

      Successivamente, l'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, ha specificamente autorizzato il Ministro dell'economia e delle finanze a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, attraverso il conferimento di beni immobili, ad uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Il D.M. 20 ottobre 2004 è stato adottato in base a tale normativa.

[181]  In particolare, il D.M. 23 dicembre 2005 «Decreto Operazione» contiene disposizioni volte a regolare alcuni aspetti afferenti la complessiva operazione di conferimento al Fondo di taluni immobili, incluse previsioni concernenti il contratto di locazione, l'assegnazione degli stessi immobili agli enti titolari che li hanno in uso, la destinazione prioritaria dei canoni derivanti dal contratto stesso e degli altri proventi derivanti dallo sfruttamento degli immobili, le dichiarazioni e impegni che il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a rilasciare, per conto degli enti titolari. Successivamente (con D.M. 29 dicembre 2005 “decreto di chiusura”) sono stati definiti alcuni aspetti ulteriori dell'operazione, con particolare riferimento al valore degli Immobili trasferiti e alle quote corrisposte dal Fondo al Ministero dell'economia e delle finanze a seguito del conferimento degli immobili.

[182]  Fonte: Rendiconto semestrale al 30 giugno 2006-Relazione degli Amministratori BNL Fondi immobiliari

[183]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71, concernente la trasformazione dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e la riorganizzazione del Ministero.

[184]  Per la funzione del contratto di programma cfr. scheda relativa a Ferrovie dello Stato S.p.A.

[185]  Il servizio postale universale, incluso quello transfrontaliero, ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, comprende:

a)    la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg;

b)    la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg;

c)    i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati .

[186]  Nel 1924 veniva costituita la società anonima URI (Unione Radiofonica Italiana) come accordo tra le maggiori compagnie del settore: la società Radiofono, controllata dalla compagnia Marconi, e la SIRAC (Società Italiana Radio Audizioni Circolari). L’URI era la prima società in Italia ad ottenere la concessione per l’esercizio delle trasmissioni di cui supra. Ex art. 2 del R.D. 1067/1923, era “in facoltà del Governo di accordare a qualsiasi persona, ente o amministrazione, pubblica o privata, concessioni o licenze per l'impianto e l'esercizio dei servizi indicati nell'art. 1”.

[187]  Il R.D. 8 febbraio 1923 n. 1067 affidava allo Stato l'esclusiva sulle trasmissioni radiofoniche e ne disponeva l’esercizio a mezzo di concessione da rilasciarsi, tra l’altro, anche a soggetti privati

[188]  L’annesso A – allegato al R.D.L. n. 2207 del 1927, all’articolo 1, prevedeva che “l’ente concessionario EIAR [fosse] costituito in società anonima e [risultasse] dalla trasformazione dell’Unione Radiofonica Italiana ex concessionaria”.

[189]  Recante la disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato.

[190]  In particolare sulla base dell’articolo 17, comma 4 dalle legge 3 maggio 2004, n. 112, recante “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione”.

[191]  A tal proposito, l’art. 2,. comma 2, sancisce che “per quanto non sia diversamente previsto dalla presente legge la RAI-Radiotelevisione italiana Spa è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni, anche per quanto concerne l'organizzazione e l'amministrazione”

[192]  Fonte: Sito del MEF, Partecipazioni statali al 23 febbraio 2007.

[193]  Convertito con legge 29 gennaio 1992, n. 35.

[194]  Fonte: sito istituzionale Telecom Italia.

[195]  L. 29 gennaio 1992, n. 58, recante disposizioni per la riforma del settore delle telecomunicazioni.

[196]  Il D.P.C.M. reca una direttiva del Governo concernente il trasferimento al tesoro delle azioni possedute dall'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI) S.p.a. nella STET S.p.a. (Società finanziaria telefonica), allo scopo di provvedere alla successiva dismissione delle azioni stesse.

[197]  Fonte: MEF, “Libro bianco sulle privatizzazioni”, 2001.

[198]  Fonte: Ministero dell’economia e delle finanze, Libro bianco sulle privatizzazioni, 2001.

[199]  Fonte: Ministero dell’economia e delle finanze, La Relazione sulle privatizzazioni, aprile 2003.

[200]  Tale tecnica consiste nella vendita di azioni mediante raccolta di ordini di acquisto provenienti da investitori istituzionali, che si perfeziona in tempi molto ristretti (solitamente da 1 a 3 giornate borsistiche).

[201]  Fonte: sito istituzionale Telecom Italia, www.telecomitalia.it.