Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Attuazione della direttiva 2006/7/CE relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione Schema di decreto legislativo n.224 (art. 1, L. n. 13/2007)
Riferimenti:
SCH.DEC 224/XV     
Serie: Atti del Governo    Numero: 206
Data: 31/03/2008
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
XII-Affari sociali
XIV - Politiche dell'Unione europea
Altri riferimenti:
L n. 13 del 06-FEB-06     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

servizio studi

segreteria generale
ufficio rapporti con l’ue

 

Atti del Governo

Attuazione della direttiva 2006/7/CE relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione

Schema di decreto legislativo n.224

(art. 1, L. n. 13/2007)

 

 

 

 

 

n. 206

 

31 marzo 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è stato redatto in collaborazione con il dipartimento Affari sociali

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Am0136.doc

 


I N D I C E

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto   4

§      Contenuto  4

§      Relazioni e pareri allegati5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Conformità con la norma di delega  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali6

§      Compatibilità comunitaria  6

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  8

§      Impatto sui destinatari delle norme  8

§      Formulazione del testo  8

Schede di lettura

Il quadro normativo   13

§      La direttiva 2006/7/CE   13

§      Il quadro normativo nazionale.13

Lo schema di decreto legislativo in esame   15

§      Il Capo I – Le finalità, le definizioni e la ripartizione delle competenze  15

§      Il Capo II – La qualità e gestione delle acque di balneazione  16

§      Il Capo III – Lo scambio di informazioni18

Iter parlamentare

§      Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2006/7/CE del parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e che abroga la direttiva 76/160/CEE – Atto n. 93  69

§      Camera dei deputati79

-       VIII Commissione (Ambiente)

Seduta del 30 maggio 2007  79

Seduta del 6 giugno 2007  81

-       XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Seduta del 7 giugno 2007  83

§      Senato della Repubblica  87

-       Affari costituzionali (1a)

Seduta del 19 giugno 2007  87

-       Territorio, ambiente, beni ambientali (13ª)

Seduta del 27 giugno 2007  89

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 76 e 87)93

§      D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470 Attuazione della direttiva 76/160/CEE relativa alla qualità delle acque di balneazione.95

§      D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152  Norme in materia ambientale (artt. 76, 87 e 117)99

§      L. 6 febbraio 2007, n. 13  Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006 (artt.1, 2 e all. B)101

§      D.Lgs. 11 luglio 2007, n. 94 Attuazione della direttiva 2006/7/CE, concernente la gestione delle acque di balneazione, nella parte relativa all'ossigeno disciolto.105

Normativa comunitaria

§      Dir. 8 dicembre 1975, n. 76/160/CEE Direttiva del Consiglio  concernente la qualità delle acque di balneazione.109

§      Dir. 15 febbraio 2006, n. 2006/7/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e che abroga la direttiva 76/160/CEE.115

 

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

224

Titolo

Attuazione della direttiva 2006/7/CE del parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 20006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e che abroga la direttiva 76/160/CEE

Norma di delega

Art. 1, Legge 6 febbraio 2007, n. 13

Settore d’intervento

Ambiente e salute

Numero di articoli

19

Date

 

§       presentazione

3 marzo 2008

§       assegnazione

3 marzo 2008

§       termine per l’espressione del parere

12 aprile 2008

§       scadenza della delega

2 giugno 2008

Commissioni competenti

VIII Commissione (Ambiente), XII Commissione (Affari sociali) e XIV Commissione (Politiche dell’unione europea) (ai sensi dell’articolo 126, comma 2, del regolamento)

Rilievi di altre Commissioni

V Commissione (Bilancio) (entro il 23 marzo 2008)

 

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in esame – adottato nell’esercizio della delega recata dall’articolo 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006) – è volto al recepimento della direttiva 2006/7/CE relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione.

Si ricorda che a tale ultima direttiva è stata data una parziale attuazione nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 11 luglio 2007, n. 94, esclusivamente con riferimento al profilo della rilevanza del parametro dell’ossigeno disciolto ai fini del giudizio di idoneità per l'individuazione delle zone di balneazione.

Il provvedimento in esame, che recepisce integralmente la direttiva comunitaria, si articola in tre capi e cinque allegati.

 

Il Capo I (articoli 1-5) detta norme generali dirette:

§         a specificare il campo di applicazione e le finalità del provvedimento (articolo 1). Queste ultime in particolare sono identificate nella protezione della salute umana dai rischi derivanti dalla scarsa qualità delle acque di balneazione anche attraverso la protezione ed il miglioramento ambientale;

§         a fornire le definizioni delle espressioni in esso utilizzate (articolo 2);

§         a definire la ripartizione di competenze tra Stato, regioni e comuni (articoli 3-5).

Con riferimento a tale ultimo profilo, le funzioni attribuite allo Stato attengonoa profili generali, di coordinamento, nonché di rapporto con gli organi comunitari (articolo 3); alle regioni spettano invece compiti più direttamente connessi con i profili e le caratteristiche tecniche delle acque, nonché compiti di informazione (articolo 4); ai comuni, infine spettano prevalentemente compiti attuativi (articolo 5).

 

Il Capo II (articoli 6-13) disciplina la qualità e gestione delle acque di balneazione, attribuendo in particolare alle regioni compiti relativi all’individuazione e al monitoraggio delle acque di balneazione, alla successiva valutazione e conseguente classificazione dello stato qualitativo delle medesime, alla predisposizione dei profili delle acque di balneazione e all’adozione, in determinate circostanze, di specifiche misure di gestione.

Relativamente al profilo del monitoraggio (articolo 6), spetta in particolare alle Regioni individuare ogni anno  le acque di balneazione e determinare la durata della stagione balneare, definire un programma di monitoraggio prima dell’inizio di ogni stagione balneare, fornire indicazioni alle Agenzie regionali di protezione ambientale (ARPA) circa l’avvio del monitoraggio dei parametri indicati nell’Allegato I, comunicando l’eventuale sospensione del programma di monitoraggio in presenza di situazioni anomale al Ministero della salute.

I parametri oggetto di monitoraggio sono indicati nel richiamato Allegato I, che riproduce il corrispondente allegato della direttiva. In luogo dei diciannove parametri fissati dalla normativa previdente (d.P.R. n. 470 del 1982) vengono indicati esclusivamente due parametri di analisi (enterococchi intestinali ed escherischiacoli). Lo schema di decreto, coerentemente con la direttiva, fa salva comunque la possibilità di prendere in considerazione, in determinate circostanze, specifici parametri ulteriori, affrontando, in particolare agli articoli 11 e 12, la problematica dei cianobatteri e delle alghe tossiche marine e dettando, all’articolo 10, una norma di portata generale applicabile nel caso di situazioni inaspettate che hanno, anche solo potenzialmente, un impatto negativo sulla qualità delle acque di balneazione o sulla salute dei bagnanti.

Gli articoli 7 e 8 disciplinano rispettivamente la valutazione della qualità delle acque di balneazione e la classificazione delle acque di balneazione (rimesse a Regioni e Province autonome). Con riferimento a tale ultimo profilo, viene recepita quasi testualmente la corrispondente disposizione della direttiva con riferimento sia ai livelli di qualità delle acque (indicati in “scarsa”, “sufficiente”, “buona” o eccellente”), sia all’obiettivo della classificazione di tutte le acque di balneazione quali “sufficienti” entro la fine della stagione balneare 2015, sia alla possibilità temporanea di classificazione delle acque come “scarse” (e all’adozione di specifiche misure di garanzia) sia infine alla previsione del divieto permanente di balneazione nel caso di acque classificate di qualità scarsa per cinque anni consecutivi.

L’articolo 9 disciplina, in modo conforme alla direttiva comunitaria, la predisposizione, il riesame e l’aggiornamento dei profili delle acque di balneazione, che contengono informazioni circa le caratteristiche delle acque di balneazione, nonché specifiche indicazioni circa i rischi di inquinamento; l’articolo 13, infine, infine, disciplina la collaborazione tra Regioni e Province autonome, nel caso di acque interregionali in modo analogo a quanto previsto dall’articolo 10 della direttiva con riferimento alle acque transfrontaliere.

 

Il Capo III, relativo allo scambio di informazioni, disciplina all’articolo 14 il profilo della partecipazione al pubblico, all’articolo 15 quello dell’informazione al pubblico e all’articolo 16 gli obblighi informativi nei confronti delle istituzioni comunitarie. Tale ultima disposizione reca anche una norma transitoria applicabile nel periodo intercorrente tra l’avvio del monitoraggio e il momento in cui diviene possibile presentare una prima valutazione ai sensi del decreto in esame.

Nell’ambito del Capo terzo sono inoltre collocati gli articoli da 17 a 19, recanti le disposizioni transitorie e finali (articolo 17), la clausola di invarianza della spesa (articolo 18) e la norma di entrata in vigore (articolo 19).

Con riferimento alle norme transitorie e finali, si richiama in particolare la previsione della vigenza delle norme tecniche adottate ai sensi del d.P.R. n. 470 del 1982 (del quale viene disposta la cessazione dell’efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2014) fino all’adozione di diverse specifiche tecniche in materia, con il limite tuttavia della compatibilità con il decreto in esame e facendo comunque salvo il parametro di cui al sopra richiamato d.lgs. n. 94 del 2007, concernente la gestione delle acque di balneazione, nella parte relativa all'ossigeno disciolto. Si segnalano, inoltre, l’attribuzione alle Regioni della facoltà di applicare il provvedimento a decorrere dalla stagione balneare 2009 (e a decorrere dalla prossima stagione balneare, per talune specifiche disposizioni in materia di monitoraggio) e il rinvio a successivi decreti del Ministro della salute e del Ministro dell'ambiente per la definizione di criteri, modalità e specifiche tecniche per l'attuazione del provvedimento.

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto legislativo è corredato della relazione illustrativa e della relazione tecnico normativa.

La mancata trasmissione della relazione tecnica è motivata, nella relazione illustrativa, dalla non onerosità del provvedimento.

La Conferenza unificata ha espresso il parere di propria competenza nella seduta del 20 marzo scorso.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

La norma di delega sulla base del quale è stato adottato il provvedimento in esame è recata dall’articolo 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2007, n. 13,  (legge comunitaria 2006). Tale disposizione fa rinvio agli elenchi di direttive recate dagli Allegati A e B. La direttiva 2006/7/CE è riportata nell’elenco di cui all’Allegato B (è pertanto previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari).

Il termine per l’esercizio della delega, di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria, scade il 4 marzo 2008[1]. In base al comma 3 dell’articolo 1, tuttavia tale termine è prorogato di 90 giorni (quindi fino al 2 giugno 2008), in quanto il termine per l'espressione del parere parlamentare scade successivamente alla scadenza del termine di cui al comma 1.

La legge comunitaria non prevede specifici principi e i criteri direttivi per l’attuazione della direttiva 2006/7/CE. Si applicano quindi i principi e criteri direttivi di carattere generale indicati nell’articolo 2, rispetto alla cui attuazione non si ravvisano particolari profili problematici.

 

I principi e criteri direttivi da considerare ai fini della valutazione di conformità fra norma di delega e norme delegate possono riassumersi nei seguenti:

a) attuazione da parte delle amministrazioni direttamente interessate con le ordinarie strutture amministrative;

b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, introduzione delle occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatte salve le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa;

c) criteri specifici per la previsione di sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi;

d) previsione di eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse e regole specifiche per la loro copertura

e) nel caso di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, attuazione attraverso modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g) nel caso di sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse, individuazione delle procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Con riferimento al provvedimento in esame vengono in rilievo le materie:

§         della tutela dell’ambiente che l’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione rimette alla competenza esclusiva dello Stato;

§         della tutela della salute, ascritta invece dall’articolo 117, terzo comma, Cost., alle materia di competenza concorrente.

Rispetto alla ripartizione di competenze tra Stato, Regioni ed enti locali disciplinate in termini generali dagli articoli 3-5 del provvedimento e più nel dettaglio definite dalle disposizioni successive, non si ravvisano particolari profili problematici, posto che le funzioni attribuite allo Stato attengono essenzialmente a profili generali, di coordinamento e di rapporto con gli organi comunitari.

Si segnala inoltre che la Conferenza unificata ha espresso sullo schema di decreto legislativo parere favorevole, sia pure subordinato all’accoglimento di taluni emendamenti riferiti a specifiche disposizioni del testo.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Nulla da segnalare.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Il provvedimento riproduce sostanzialmente le disposizioni della direttiva 2006/7/CE.

Si segnalano, tuttavia, le seguenti disposizioni:

§         l’articolo 8, comma 3, che prescrive alle regioni l’adozione di misure appropriate per aumentare o comunque mantenere il numero delle acque di balneazione classificate di qualità “eccellente” o “buona”; tale disposizione parzialmente diverge rispetto all’articolo 5, comma 3, della direttiva che invece fa riferimento soltanto all’obiettivo di miglioramento (e non anche di semplice mantenimento) del numero delle acque di balneazione così classificate.

§         l’articolo 15, comma 4, che dispone la divulgazione delle informazioni non appena disponibili, ma non riproduce la disposizione comunitaria (articolo 12, comma 3) nella parte in cui prevede che tali informazioni siano divulgate “con effetto a decorrere dall’inizio della quinta stagione balneare successiva al 24 marzo 2008” (cioè la stagione balneare 2012).

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 4 aprile 2006 la Commissione europea ha inviato una lettera di messa in mora ex articolo 226 del Trattato[2] all’Italia, e ad altri dieci Stati membri, per avere ripetutamente soppresso zone di balneazione dagli elenchi ufficiali, evitando così di applicare le norme comunitarie a tutela della qualità delle acque, di cui alla direttiva 76/160/CEE[3].

Secondo la Commissione, esaminando le relazioni annuali sulle acque di balneazione che gli Stati membri hanno presentato nel corso degli anni a norma della citata direttiva 76/160/CEE, risulta che, tra l’inizio degli anni novanta e il 2004, l’Italia ha eliminato dall’elenco delle zone di balneazione controllate, senza alcuna spiegazione, un totale di 1258 siti, tra acque interne e costiere, per una percentuale di soppressioni pari al 18 per cento dei siti totali. La Commissione ha inoltre sollevato obiezioni in merito al mancato monitoraggio da parte dell’Italia della qualità delle acque in 244 siti.

Il 12 gennaio 2006 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia per mancata attuazione della direttiva quadro in materia di acque 2000/60/CE[4]. La direttiva, contenuta nell’allegato B della legge comunitaria 2003 (legge n. 306 del 2003), è stata successivamente recepita con l’articolo 170 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, che è in vigore con esclusione della parte seconda (procedure per la valutazione ambientale strategica, per la valutazione di impatto ambientale e per l’autorizzazione ambientale integrata). Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato ex articolo 228 del Trattato che istituisce la Comunità europeaper non essersi adeguata alla sentenza della Corte[5]. La Commissione ritiene infatti che non tutte le disposizioni della direttiva 2000/60/CE siano state trasposte nell’ordinamento italiano per mezzo di tale decreto legislativo. In particolare a parere della Commissione risultano tuttora non trasposti i paragrafi 4, lettera c), 5, lettera a) e b) e 7 dell’articolo 4.

Documenti all’esame delle istituzioni europee

(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 17 luglio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE (COM (2006) 397).

In particolare, si ricorda che l’articolo 16 della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) definisce una strategia per far fronte all’inquinamento chimico delle acque. Il primo intervento nell'ambito di tale strategia è stata l'adozione di un elenco di sostanze prioritarie (decisione n. 2455/2001/CE), che annovera 33 sostanze che destano particolari timori a livello comunitario. La proposta intende garantire un livello elevato di protezione contro i rischi che tali sostanze prioritarie e alcuni altri inquinanti comportano per l’ambiente acquatico o attraverso di esso e per questo definisce degli standard di qualità ambientale (SQA).

Sulla proposta, che segue la procedura di codecisione, il Consiglio del 20 dicembre 2007 ha adottato una posizione comune che è stata trasmessa al Parlamento europeo per la seconda lettura.

Il 22 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione sulla prima fase di attuazione della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE[6].

In base alla valutazione delle relazioni presentate da tutti i 27 Stati membri, la Commissione rileva che, nonostante gli indubbi progressi compiuti nel settore, il recepimento della direttiva negli ordinamenti nazionali è in molti casi inadeguato e lamenta il considerevole ritardo di alcuni Stati membri nell'incorporare strumenti economici nei sistemi di gestione dell'acqua. Per quanto riguarda le disposizioni amministrative della direttiva (art. 3), gli Stati membri hanno, invece, proceduto con successo all’istituzione dei distretti idrografici e alla designazione delle autorità competenti. A tale proposito la Commissione ricorda che gli Stati membri devono ultimare il primo piano di gestione dei bacini idrografici entro il 2009 ed istituire una politica tariffaria per le acque nel 2010.  Gli Stati membri sono inoltre invitati:

-   ad attuare completamente la normativa UE attinente alla direttiva quadro sulle acque, ed in particolare le direttive sulle acque reflue urbane (91/271/CEE) e  sull’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole (91/676/CEE);

-   a mettere in atto tutti gli strumenti economici previsti dalla direttiva (definizione delle tariffe, recupero dei costi dei servizi idrici, costi ambientali e delle risorse e principio “chi inquina paga”);

-   ad istituire un sistema nazionale completo di valutazione e classificazione ecologica che costituisca la base per attuare la direttiva e raggiungere l’obiettivo di un “buono stato ecologico” delle acque.

Ulteriori approfondimenti circa i temi affrontati dalla Comunicazione sono contenuti nel documento di lavoro della Commissione[7].

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Gli articoli 3-5 del provvedimento indicano specificamente i compiti attribuiti a Stato, Regioni ed enti locali, disciplinati dettagliatamente nelle successive disposizioni del provvedimento.

Si segnala l’articolo 7 dello schema di decreto, che disciplina la valutazione della qualità delle acque di balneazione, valutazione che, sulla base del testo della disposizione sembrerebbe rimessa a Regioni e Province autonome, anche se non esplicitamente indicata tra i compiti di tali ultimi soggetti dall’articolo 4.

Per ragioni di chiarezza normativa, occorre valutare l’opportunità di indicare in modo più esplicito nell’articolo 7 il soggetto competente a svolgere tale adempimento.

Attribuzione di poteri normativi

Si richiama l’articolo 7, comma 3, che attribuisce al Ministro della salute e al Ministro dell'ambiente (sentita la Conferenza Stato-Regioni) la facoltà di stabilire che le valutazioni di cui al comma 2, lett. c), sulla qualità delle acque di balneazione, siano riferite unicamente alle tre stagioni balneari precedenti. Non è chiaro attraverso quale atto può essere esercitata tale facoltà.

Si segnala inoltre l’articolo 17, comma 5, che demanda a successivi decreti del Ministro della salute e del Ministro dell’ambiente la definizione di criteri, modalità e specifiche tecniche per l’attuazione del decreto. Non è chiaro se la disposizione rinvia a decreti interministeriali o a distinti decreti del Ministro della salute e del Ministro dell’ambiente.

Coordinamento con la normativa vigente

Si rinvia alle schede di lettura per un quadro normativo, a livello comunitario e nazionale, della materia oggetto dello schema di decreto in esame.

Si richiama in particolare l’articolo 17 del provvedimento (recante le norme transitorie e finali), che prevede la cessazione dell’efficacia del d.P.R. n. 470 del 1982 a decorrere dal 31 dicembre 2014 e la vigenza delle norme tecniche adottate ai sensi di tale ultimo provvedimento fino all’adozione di diverse specifiche tecniche in materia. La disposizione pone tuttavia il limite della compatibilità con il decreto in esame e fa salvo il parametro di cui al decreto legislativo n. 94 del 2007, concernente la gestione delle acque di balneazione, nella parte relativa all'ossigeno disciolto. Tale ultimo provvedimento ha dato parziale attuazione alla direttiva 2006/7/CE, escludendo in particolare la rilevanza della valutazione del parametro dell'ossigeno disciolto, ai fini del giudizio di idoneità per l'individuazione delle zone di balneazione delle acque.

Posto che il rinvio al decreto legislativo n. 94 del 2007 sembra avere la finalità di confermare l’esclusione della rilevanza del parametro dell’ossigeno disciolto, occorre valutare l’opportunità di una più esplicita formulazione della disposizione.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Nulla da segnalare.

Impatto sui destinatari delle norme

Destinatari del provvedimento in esame sono essenzialmente le Regioni e i Comuni, cui vengono attribuiti i compiti elencati rispettivamente negli articoli 4 e 5 del provvedimento.

Mentre, infatti, allo Stato spettano compiti di indirizzo e coordinamento, nonché di raccordo con le istituzioni comunitarie, le regioni sono chiamate allo svolgimento delle attività previste dal provvedimento, e in particolare all’adozione delle misure di gestione riguardanti le acque di balneazione, e i comuni allo svolgimento di compiti prettamente attuativi. Peraltro, tale ripartizione di competenze conferma l’impostazione del precedente d.P.R. n. 470 del 1982 (su cui cfr le schede di lettura).

Formulazione del testo

Per ragioni sia di omogeneità con gli altri Capi dello schema di decreto legislativo sia di coerenza con la direttiva (che rubrica il Capo I “Disposizioni generali”) sarebbe opportuno inserire la rubrica nel Capo I dello schema di decreto legislativo. Sarebbe inoltre opportuno raggruppare in un apposito Capo IV gli articoli da 17 a 19 (disposizioni transitorie, finali, finanziarie e la norma di entrata in vigore), attualmente collocate nell’ambito del Capo III relativo alla scambio di informazioni.

 

Per ragioni di chiarezza normativa, all’articolo 2, comma 2, ai fini della definizione di “pubblico interessato”, sarebbe opportuno fare esplicito riferimento all’articolo 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche tenuto conto del fatto che l’articolo 1, comma 1, dello schema di decreto in esame richiama espressamente soltanto la parte terza del decreto legislativo 152/2006.

 

Occorre un chiarimento circa i tempi di applicazione dell’articolo 6 (relativo al monitoraggio delle acque di balneazione), tenendo conto anche dell’opportunità di un coordinamento con la norma transitoria di cui all’articolo 17. Coerentemente con la direttiva comunitaria (che prescrive la fissazione del programma di monitoraggio, per la prima volta, prima della stagione 2008), l’articolo 6 prevede infatti la definizione del programma di monitoraggio delle acque di balneazione prima dell’inizio della stagione balneare 2008; la medesima disposizione fissa inoltre il concreto avvio del monitoraggio, su indicazione delle regioni, nel corso della stagione balneare 2009.

L’articolo 17, invece, attribuisce in termini generali alle Regioni la mera facoltà di applicare il provvedimento a decorrere dalla stagione balneare 2009 (salvo che per talune specifiche disposizioni in materia di monitoraggio che possono essere applicate a decorrere dalla prossima stagione balneare).

 

All’articolo 7, comma 6, lett. b), occorre sostituire l’erroneo riferimento al comma 4, lettera c) con quello al comma 5, lettera c)

 

Agli articoli 11, comma 2, e 12, commi 1 e 2 – con riferimento alle misure di gestione da adottare nel caso di rischi da cianobatteri e di tendenza alla proliferazione di macroalghe – si segnala l’erroneo rinvio all’articolo 2, comma 1, lettera e), piuttosto che all’articolo 2, comma 1, lettera f).

Analogamente, l’articolo 15, comma 2, lett. c), reca un erroneo rinvio alla lettera e), numero 10) piuttosto che alla lettera f), numero 10) dell’articolo 2, comma 1.

 

 

 

All’articolo 17:

§         al comma 4, per ragioni di chiarezza normativa, occorre valutare l’opportunità di sostituire il generico riferimento alla “prossima stagione balneare” con quello alla “stagione balneare 2008”;

§         al comma 5, occorre sostituire la denominazione “Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio” con la denominazione corretta “Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”.

 

L’Allegato III contiene un erroneo rinvio all’articolo 6 piuttosto che all’articolo 9 dello schema di decreto legislativo, relativo ai profili delle acque di balneazione.

 


Schede di lettura


Il quadro normativo

La direttiva 2006/7/CE

La direttiva 2006/7/CE opera una revisione della direttiva 76/160/CEE che recava norme per la sorveglianza, la valutazione e la gestione della qualità delle acque di balneazione, al fine di garantirne la coerenza con il VI programma d'azione per l'ambiente, con la strategia a favore dello sviluppo sostenibile e con la direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE.

Essa si ripropone di semplificare le procedure relative ai parametri di analisi - in considerazione degli sviluppi scientifici - e di migliorare i processi partecipativi delle parti interessate, nonché l'informazione fornita al pubblico.

La direttiva 2006/7/CE si applica alle acque di superficie nelle quali l'autorità competente prevede che un congruo numero di persone pratichi la balneazione, ad eccezione delle piscine e delle terme, delle acque confinate soggette a trattamento o utilizzate a fini terapeutici nonché delle acque confinate separate artificialmente dalle acque superficiali o sotterranee.

Con specifico riferimento ai criteri da prendere in considerazione ai fini del monitoraggio, della valutazione della qualità e della classificazione delle acque di balneazione (indicati nell’Allegato I, colonna A), essa fissa due parametri di analisi (enterococchi intestinali ed escherischiacoli) al posto dei diciannove della direttiva precedente e fa salva la possibilità di prendere in considerazione, in determinate circostanze, specifici parametri ulteriori.

 

La problematica delle alghe tossiche marine e dei cianobatteri è in particolare affrontata dagli articoli 8 e 9, che prevedono, rispettivamente, l’avvio di un monitoraggio in presenza di un potenziale di proliferazione cianobatterica (e l’adozione di misure di gestione adeguate nel caso di proliferazione con rischio per la salute) e, nel caso di tendenza alla proliferazione microalgale e/o fitoplancton marino, lo svolgimento di indagini per determinare il grado di accettabilità e i rischi per la salute, nonché l’adozione di misure di gestione adeguate.

 

Gli Stati membri devono garantire la sorveglianza delle acque di balneazione, fissando annualmente la durata della stagione balneare e stabilendo un calendario di sorveglianza delle acque, il quale deve prevedere il prelievo di almeno quattro campioni per stagione (tranne in caso di stagione molto breve o di particolari impedimenti di tipo geografico). L'intervallo tra ciascun prelievo non deve essere superiore a un mese.

Gli Stati membri devono inoltre effettuare una valutazione delle acque di balneazione alla fine di ogni stagione, in linea di massima in base alle informazioni raccolte nel corso della stagione stessa e nelle tre precedenti. La valutazione può riguardare una durata più breve in alcuni casi, in particolare se le acque di balneazione sono di nuova individuazione o se, recentemente, si sono verificate modifiche tali da poter modificare la qualità dell'acqua.

In seguito a tale valutazione, le acque sono classificate, conformemente ad alcuni criteri specifici, in quattro livelli di qualità: scarsa, sufficiente, buona o eccellente.

La categoria «sufficiente» è la soglia minima di qualità alla quale devono giungere tutti gli Stati membri entro la fine della stagione 2015.

Nel caso in cui l'acqua venga classificata «scarsa», gli Stati membri devono adottare alcune misure di gestione (in particolare il divieto di balneazione o un avviso che la sconsiglia), devono informare il pubblico e prendere le misure correttive adeguate.

Gli Stati membri sono tenuti, inoltre, a stabilire il profilo delle acque di balneazione, indicando in particolare una descrizione della zona interessata, le eventuali cause di inquinamento e l'ubicazione dei punti di monitoraggio delle acque. Il profilo deve essere predisposto, per la prima volta, entro l'inizio del 2011 e può essere riesaminato in caso di modifica in grado di influire sulle acque.

Si dispone poi un’adeguata procedura di informazione del pubblico in relazione alla classificazione, descrizione delle acque di balneazione e al loro eventuale inquinamento.

Infine, si prevedono una serie di adempimenti di carattere informativo a carico della Commissione europea, nonché un riesame della direttiva nel 2020.

Dal momento del suo recepimento (previsto entro il 24 marzo 2008), la direttiva 2006/7/CE sostituirà la precedente direttiva 76/160/CEE[8] (abrogata con effetto a decorrere dal 31 dicembre 2014).

Il quadro normativo nazionale.

Con D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470, è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 76/160/CEE relativa alla qualità delle acque di balneazione.

Ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n. 470 si intendono per:

a) «acque di balneazione» le acque dolci, correnti o di lago e le acque marine nelle quali la balneazione è espressamente autorizzata ovvero non vietata;

b) «zona di balneazione» il luogo in cui si trovano le acque di balneazione di cui al punto a);

c) «stagione balneare» il periodo compreso tra il 1° maggio ed il 30 settembre, fatta salva la facoltà di ampliare la stagione balneare secondo le esigenze o le consuetudini locali;

d) «periodo di campionamento» è il periodo che inizia un mese prima della stagione balneare e termina con la fine della stessa.

 

Tale provvedimento, oltre a dettare norme sulla ripartizione di competenze tra Stato, regioni e comuni, ha disciplinato il giudizio di idoneità alla balneazione. In base all’articolo 6 l’idoneità è subordinata ai risultati favorevoli delle analisi effettuate nel periodo di campionamento, relativo all’anno precedente, con riferimento in particolare ai requisiti di qualità indicati nell’Allegato 1 (rispetto ai quali è possibile la deroga nei limiti dell’articolo 9). Il provvedimento distingue inoltre fra zone in cui sia stato disposto il temporaneo divieto di balneazione (articolo 6, ottavo comma) e zone in cui sia stato invece disposto il divieto permanente di balneazione (articolo 7), a seguito di risultati di non idoneità in due stagioni balneari consecutive. Nel primo caso, a seguito delle modifiche apportate alla disposizione dal decreto-legge 31 marzo 2003, n. 51 (convertito dalla legge 31 maggio 2003, n. 125), è prevista la possibilità di dichiarare nuovamente l’idoneità alla balneazione da parte dell’autorità competente a seguito di due campionamenti con esito positivo effettuati nel mese precedente l’inizio della stagione balneare immediatamente successiva a quella a cui si riferisce il giudizio di non idoneità.

È opportuno soffermarsi brevemente su uno dei parametri indicati dall’allegato 1, l’ossigeno disciolto (per il quale è previsto un valore compreso tra 70 e 120), in relazione al quale si sono succeduti diversi interventi normativi.

In particolare, l'articolo 1 del decreto-legge n. 109 del 1993, in attesa di una revisione della normativa di recepimento della direttiva CEE n. 76/160 (e comunque per non oltre un triennio dalla data di entrata in vigore del presente decreto), ha previsto che i valori limite dell'ossigeno disciolto, che i provvedimenti regionali devono considerare ai fini del giudizio di idoneità delle acque di balneazione, possano essere compresi tra 50 e 170 (anziché tra 70 e a 120). Il provvedimento regionale di deroga ai valori limite fissati dal D.P.R. n. 470/1982, è comunque subordinato all'accertamento che il superamento dei valori limite di cui al medesimo D.P.R. dipenda esclusivamente da fenomeni di eutrofizzazione, cioè fenomeni che non comportano danni per la salute umana.

La disposizione ha inoltre confermato l'obbligo per le regioni di adottare, contemporaneamente al provvedimento di deroga, un programma di sorveglianza per la rilevazione di alghe aventi possibili implicazioni igienico-sanitarie, adottato nell'ambito delle competenze della regione, a valere sulle sue ordinarie disponibilità di bilancio e sulla base dei criteri indicati dal decreto del Ministro della sanità, adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente il 17 giugno 1988. A norma sempre dell'art. 1 (comma 3-bis) i risultati dei programmi di sorveglianza sono parte della relazione sullo stato delle acque di balneazione, di cui all'art. 13 della direttiva n. 76/160/CEE che il Ministro della sanità presenta al Parlamento entro il 31 marzo di ciascun anno. L’ultima relazione, riferita all’anno 2005, è stata trasmessa lo scorso 17 maggio (Doc. CLXXXIX, n. 1).

L'articolo 2 del decreto n. 109 ha quindi previsto una serie di adempimenti posti a carico delle Regioni che si avvalgono della facoltà di deroga prevista dall'art. 1.

In particolare la Regione deve comunicare, al termine della stagione balneare e comunque non oltre il 31 gennaio dell'anno successivo, il provvedimento di deroga al Ministero della sanità e al Ministero dell'ambiente, indicando puntualmente i tratti di costa nei quali vengono applicati i valori limite, la durata di applicazione dei limiti stessi e le strutture coinvolte nel programma di sorveglianza, adottato dalla Regione stessa per la rilevazione di alghe aventi possibili implicazioni igienico-sanitarie.

La norma precisa inoltre che i valori limite indicati nell'art. 1 si applicano a decorrere dal periodo di campionamento successivo, ferma restando la possibilità per la Regione di avvalersi dei valori limite nel corso della stagione balneare per tratti di costa precedentemente non interessati da fenomeni di eutrofizzazione, a condizione che vengano immediatamente attuati i programmi di sorveglianza di cui sopra, e ne sia data comunicazione ai Ministeri della sanità e dell'ambiente.

Infine, le Regioni che esercitano la facoltà di deroga di cui all'art. 1 debbono comunicare, entro il 31 dicembre di ogni anno, ai Ministeri della sanità e dell'ambiente un rapporto dettagliato che evidenzi i risultati del programma di sorveglianza posto in essere e gli eventuali interventi realizzati nella lotta contro il fenomeno dell'eutrofizzazione.

 

Sulla materia sono intervenuti vari provvedimenti di urgenza che – attraverso il differimento della disciplina prevista dal decreto-legge 13 aprile 1993, n. 109 – hanno prorogato la possibilità di derogare con provvedimento regionale agli ordinari parametri riguardanti la presenza di ossigeno disciolto nelle acque di balneazione previsti dal D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470.

Si tratta di un lungo elenco di provvedimenti di proroga, il più recente dei quali dei quali rappresentato dal decreto-legge 4 giugno 2004, n. 144, che differiva tale possibilità di deroga al 31 dicembre 2006[9].

 

Da ultimo, con il decreto legislativo 11 luglio 2007, n. 94, esclusivamente con riferimento al parametro dell’ossigeno disciolto, è stata data parziale attuazione alla direttiva 2006/7/CE.

L’articolo 1 del provvedimento ha in particolare escluso la rilevanza della valutazione del parametro dell'ossigeno disciolto, ai fini del giudizio di idoneità per l'individuazione delle zone di balneazione delle acque, in sede di svolgimento delle indagini per determinare i potenziali rischi per la salute umana. La medesima disposizione ha previsto inoltre la garanzia dell’adozione di misure di gestione adeguate, che includono la prosecuzione delle attività di controllo algale, sulla base della vigente normativa, nonché l'informazione al pubblico.

 

Si ricorda che il parametro dell’ossigeno disciolto, previsto dalla normativa nazionale, non viene preso in considerazione dalla direttiva 2006/7/CE; la precedente direttiva 76/160/CEE (abrogata a far data dal 2014) indicava per tale parametro dei valori guida aventi natura di semplice raccomandazione per gli Stati membri.

Si segnala, in proposito, che il parere favorevole reso dalla Commissione ambiente sullo schema di decreto legislativo nella seduta del 6 giugno era condizionato, da un lato, alla sollecita emanazione del decreto legislativo di integrale recepimento della direttiva 2006/7/CE; dall’altro, alla previsione della garanzia da parte del Governo, eventualmente mediante apposite disposizioni legislative da inserire nello schema di decreto legislativo in esame, che il monitoraggio del parametro dell'ossigeno disciolto proseguisse secondo le modalità attualmente previste dalla legge e dalla normativa secondaria in vigore, esplicitando, in particolare, quali soggetti siano tenuti a svolgere l'azione di monitoraggio del parametro richiamato.


Lo schema di decreto legislativo in esame

Il Capo I – Le finalità, le definizioni e la ripartizione delle competenze

Il Capo I dello schema di decreto legislativo (artt. 1-5) detta norme generali dirette a specificare le finalità e il campo di applicazione del provvedimento, a fornire le definizioni dei termini in esso utilizzati ed a specificare le competenze statali, regionali e comunali in materia.

La finalità complessiva del provvedimento è enunciata dal comma 1 dell’articolo 1 che la identifica nella protezione della salute umana dai rischi derivanti dalla scarsa qualità delle acque di balneazione anche attraverso la protezione ed il miglioramento ambientale. Viene inoltre chiarito che le nuove disposizioni integrano quelle contenute nella parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), parte recante Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche. La formulazione del comma in esame diverge pertanto lievemente dalle prescrizioni di cui al comma 2 dell’articolo 1 della citata direttiva 15 febbraio 2006, n. 2006/7/CE[10]. Riproducono invece pressoché testualmente le disposizioni di cui all’articolo 1 della citata direttiva le norme contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo 1, specificanti, rispettivamente, la materia disciplinata dallo schema di decreto (monitoraggio e classificazione della qualità delle acque di balneazione, gestione di essa ed informazione al pubblico in merito ad essa) e il campo di applicazione dello stesso (acque superficiali o parte di esse in cui l’autorità competente ha previsto la pratica della balneazione senza imporre un divieto permanente in tal senso). Vengono tuttavia contemplate (comma 4) alcune eccezioni all’applicazione del provvedimento (conformemente alla normativa comunitaria) riguardanti le piscine e le terme, le acque confinate soggette a trattamento o utilizzate a fini terapeutici e le acque confinate create artificialmente e separate dalle acque superficiali e sotterranee.

Ad una funzione definitoria assolve l’articolo 2, anch’esso pressoché conforme alle prescrizioni della direttivan. 2006/7/CE. Vengono pertanto specificati (comma 1) i termini di:

§         Autorità competente, con cui si intende quella o quelle di cui ai successivi articoli 3, 4 e 5 (statali, regionali, comunali) incaricate di garantire il rispetto delle norme del provvedimento (art. 2, n. 2 della direttiva);

§         Permanente/permanentemente, riferito al divieto di balneazione, che deve riguardare almeno un’intera stagione balneare (art. 2, n. 3 della direttiva);

§         Inquinamento, con cui si intende la presenza di contaminazione microbiologica o di altri organismi o di materiale/sostanza specificamente definiti ai successivi articoli 11 (Rischi da cianobatteri) e 12 (Altri parametri), nonché all’Allegato I, colonna Adel provvedimento, che influiscono sulla qualità delle acque di balneazione e comportano un rischio per la salute dei bagnanti (art. 2, n. 5 della direttiva);

§         Inquinamento di breve durata con il quale si intende la contaminazione microbiologica  di cui alla citata colonna A dell’Allegato I, che abbia cause facilmente identificabili, un’influenza sulla qualità delle acque di balneazione non superiore a 72 ore dal momento della prima incidenza e per il quale l’autorità competente ha stabilito specifiche procedure, ai sensi dell’allegato II che dispone in tema di valutazione e classificazione delle acque di balneazione (art. 2, n. 8 della direttiva);

§         Stagione balneare, intesa come il periodo di tempo compreso fra il 1°maggio e il 30 settembre di ogni anno, salvo eccezioni dovute a motivi climatici, in cui le acque di balneazione vangano utilizzate a tale scopo (art. 2, n. 6 della direttiva). Tale definizione appare comprensibilmente più puntuale di quella contenuta nella direttiva comunitaria, che si riferisce al periodo di tempo in cui si può prevedere un congruo numero di bagnanti;

§         Misure di gestione, espressione con cui si intende una serie di misure specificamente indicate e riguardanti, in generale, l’attività di monitoraggio, valutazione e classificazione delle acque di balneazione, nonché di valutazione delle cause di inquinamento, di informazione al pubblico e di riduzione del rischio dell’inquinamento (art. 2, n. 7 della direttiva). In aggiunta alla enunciazione contenuta nella direttiva vengono espressamente contemplate le azioni volte alla rimozione delle cause di inquinamento ed al miglioramento delle acque di balneazione;

§         Situazione anomala, definita come un evento o combinazione di eventi che impattano sulla qualità delle acque di balneazione e il cui verificarsi è previsto non più di una volta ogni quattro anni (art. 2, n. 9 della direttiva);

§         Serie di dati sulla qualità delle acque di balneazione, vale a dire i dati ottenuti ai sensi del successivo articolo 6 che disciplina la procedura di monitoraggio  (art. 2, n. 10);

§         Valutazione della qualità delle acque di balneazione, con cui si intende il processo di valutazione secondo il metodo di valutazione di cui al citato allegato II del provvedimento (art. 2, n. 11 della direttiva);

§         Proliferazione cianobatterica, come un accumulo di cianobatteri sotto forma di fioritura, stratificazione o schiuma (art. 2, n. 12 della direttiva);

§         Acque di balneazione, come definite dal comma 3 dell’articolo 1;

§         Punto di monitoraggio, con cui si intende la stazione localizzata all’interno di ciascuna acqua di balneazione in cui si prevede il maggior afflusso di bagnanti o il rischio più elevato di inquinamento (art. 3, comma 3 della direttiva);

Il comma 2 dell’articolo in esame si richiama poi alle definizioni contenute nel citato decreto legislativo 152/2006 per i significati da attribuire ai termini acque superficiali, sotterranee, interne, di transizione, costiere e di bacino idrografico e pubblico interessato.

 

A tale proposito va ricordato che le definizioni da attribuire ai termini sopraccitati sono contenute nell’articolo 54 e nell’articolo 5 del decreto legislativo 152/2006.

Per acque superficiali si intendono pertanto le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali; per acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo; per acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali; per acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce; per acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione; per bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta (art. 54);

Ai sensi dell’articolo 5 (lettera r) del medesimo decreto legislativo, poi, si intende per “pubblico interessato” il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), si considerano titolari di siffatto interesse.

 

Per ragioni di chiarezza normativa, all’articolo 2, comma 2, ai fini della definizione di “pubblico interessato”, sarebbe opportuno fare esplicito riferimento all’articolo 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Infatti l’articolo 1, comma 1, dello schema di decreto in esame richiama espressamente soltanto la parte terza del decreto legislativo 152/2006.

 

 Gli articoli 3-5 del provvedimento individuano i compiti attribuiti, rispettivamente, allo Stato, alle regioni ed ai comuni, disciplinati in modo dettagliato nelle successive disposizioni del provvedimento.

Le competenze attribuite allo Stato sono elencate dall’articolo 3 eattengonoa profili generali, di coordinamento, nonché di rapporto con gli organi comunitari. Esse si articolano in:

§         funzioni di indirizzo, promozione, consulenza e coordinamento di tutte le attività connesse con l’applicazione del provvedimento;

§         aggiornamento delle tabelle e degli allegati tecnici a seguito di nuove acquisizioni scientifiche o comunque per il miglioramento qualitativo delle acque di balneazione;

§         elaborazione dei dati di monitoraggio e trasmissione alla Commissione europea di tutte le informazioni previste;

§         informazioni al pubblico, così come previste e disciplinate dal successivo articolo 15.

Alle regioni spettano invece compiti più direttamente connessi con i profili e le caratteristiche tecniche delle acque, nonché compiti di informazione. Essi, ai sensi dell’articolo 4, riguardano:

§         l’individuazione delle acque di balneazione e dei punti di monitoraggio: le acque individuate dovranno poi essere riportate in appositi registri, per le finalità di cui all’articolo 117 del decreto legislativo 152/2006, disciplinante i piani di gestione ed il registro delle aree protette;

§         l’istituzione e l’aggiornamento del profilo delle acque, secondo le indicazioni dell’Allegato III del provvedimento;

§         l’istituzione di un programma di monitoraggio prima dell’inizio di ogni stagione balneare e la classificazione delle acque ai sensi del successivo articolo 8;

§         la possibilità, a seconda delle esigenze e consuetudini locali, di ampliare o ridurre la stagione balneare (qualificata, dalla lettera e) dell’articolo 2, come il periodo di tempo compreso fra il 1°maggio e il 30 settembre di ogni anno);

§         l’aggiornamento dell’elenco delle acque di balneazione, le azioni dirette al loro miglioramento e all’eliminazione delle cause di inquinamento nonché l’informazione al pubblico. 

Ai comuni, infine spettano prevalentemente compiti attuativi, definiti dettagliatamente dall’articolo 5 e riguardanti:

§         la delimitazione, prima dell’inizio della stagione balneare delle acque, ricadenti nel proprio territorio, non adibite alla balneazione e permanentemente vietate in conformità delle disposizioni stabilite dalla regione;

§         la delimitazione, in questo caso in modo autonomo, delle zone vietate alla balneazione qualora si verifichi una situazione inattesa che ha o potrebbe avere conseguenze negative sulla qualità delle acque o sulla salute dei bagnanti;

§         la revoca dei provvedimenti sopra descritti quando ne vengano meno i presupposti;

§         compiti di segnalazione: apposizione di segnaletica, nelle zone interessate, in un’ubicazione di facile accesso e vicina alle acque di balneazione che indichi i divieti di balneazione o gli inquinamenti di breve durata;

§         compiti di informazione al pubblico.

Il Capo II – La qualità e gestione delle acque di balneazione

Il Capo II (articoli 6-13) disciplina la qualità e gestione delle acque di balneazione, attribuendo in particolare alle regioni compiti relativi all’individuazione e al monitoraggio delle acque di balneazione, alla successiva valutazione e conseguente classificazione dello stato qualitativo delle medesime, alla predisposizione dei profili delle acque di balneazione e all’adozione, in determinate circostanze, di specifiche misure di gestione.

 

L’articolo 6, relativo al monitoraggio, sostanzialmente riproduce l’articolo 3 della direttiva 2006/7/CE.

Esso, in particolare, attribuisce alle Regioni il compito:

§         di individuare ogni anno le acque di balneazione e di determinare la durata della stagione balneare. Tale compito viene svolto - per la prima volta - anteriormente all’inizio della stagione balneare immediatamente dopo il 24 marzo 2008; per gli anni successivi, entro il 30 novembre di ciascun anno (termine non contemplato dalla direttiva);

Dati i tempi di trasmissione dello schema di decreto (privo peraltro del parer della Conferenza unificata) e i termini regolamentari per l’espressione del parere parlamentare, si segnala che il provvedimento è destinato ad entrare in vigore ben oltre la data del 24 marzo 2008.

§         di definire un programma di monitoraggio prima dell’inizio di ogni stagione balneare (e, per la prima volta, prima della stagione 2008);

§         di fornire indicazioni alle Agenzie regionali di protezione ambientale (ARPA) circa l’avvio del monitoraggio dei parametri indicati nell’Allegato I, (che deve essere effettuato secondo la cadenza e le modalità indicate nell’Allegato IV) e di garantire l’applicazione dei metodi di riferimento specificati nell’Allegato I e delle procedure di cui all’Allegato V. Si prevede anche la possibilità che il Ministero della salute consenta l’applicazione di metodi e procedure alternative (purché producano risultati equivalenti a quelle previste), nel qual caso tutte le relative informazioni sono trasmesse alla Commissione europea;

§         di comunicare l’eventuale sospensione del programma di monitoraggio in presenza di situazioni anomale al Ministero della salute (cui spettano precisi obblighi informativi nei confronti della Commissione europea).

 

I parametri oggetto di monitoraggio sono indicati nell’Allegato I, che riproduce il corrispondente allegato della direttiva. In luogo dei diciannove parametri fissati dal DPR n. 470 del 1982 (attuativo della precedente direttiva del 1976) vengono indicati esclusivamente due parametri di analisi (enterococchi intestinali ed escherischiacoli).

 

La relazione illustrativa precisa che tali parametri microbiologici “rappresentano la migliore corrispondenza disponibile tra inquinamento di origine fecale e ripercussioni per la salute nelle acque destinate alla balneazione. I due parametri relativi agli indicatori fecali stabiliti nella nuova direttiva sono gli enterococchi intestinali come indicatore particolarmente significativo di contaminazione fecali negli studi epidemiologici attualmente disponibili ed Escherichia coli per la lunga serie storica di dati disponibili e come buoni indicatori fecali in acque dolci. È pertanto evidente che la drastica riduzione dei parametri prescelti nella nuova direttiva sulle acque di balneazione comporterà ingenti riduzioni dei costi, eviterà duplicazioni ma non porterà ad alcuna riduzione nel grado di protezione dei cittadini”.

 

Lo schema di decreto, coerentemente con la direttiva, fa salva comunque la possibilità di prendere in considerazione, in determinate circostanze, specifici parametri ulteriori.

In particolare, gli articoli 11 e 12 affrontano la problematica delle alghe tossiche marine e dei cianobatteri. Tali disposizioni prevedono l’avvio di un monitoraggio in presenza di un potenziale di proliferazione cianobatterica (e l’adozione di misure di gestione adeguate nel caso di proliferazione con rischio per la salute) e, nel caso di tendenza alla proliferazione microalgale e/o fitoplancton marino, lo svolgimento di indagini per determinare il grado di accettabilità e i rischi per la salute (nonché anche in tal caso l’adozione di misure di gestione adeguate). Vengono inoltre affidate alle ARPA le ispezione visive delle acque di balneazione per individuare inquinanti quali residui bituminosi, vetro, plastica, gomma o altri rifiuti, in conseguenza delle quali possono essere adottate misure di gestione adeguate.

 

Con riferimento alle misure di gestione da adottare, si segnala agli articoli 11, comma 2, e 12, commi 1 e 2, l’erroneo rinvio all’articolo 2, comma 1, lettera e), piuttosto che all’articolo 2, comma 1, lettera f).

 

L’articolo 10, inoltre, contiene una norma di portata generale che impone alle autorità competenti l’adozione di misure di gestione tempestive e adeguate (che possono eventualmente comprendere un divieto temporaneo di balneazione) nel caso di situazioni inaspettate che hanno, anche solo potenzialmente, un impatto negativo sulla qualità delle acque di balneazione o sulla salute dei bagnanti.

 

L’articolo 7, che ricalca l’articolo 4 della direttiva, disciplina la valutazione della qualità delle acque di balneazione, che dal testo della disposizione si desume essere rimessa a Regioni e Province autonome.

La disposizione in particolare rinvia all’Allegato II per la procedura, disciplina la serie di dati da prendere in considerazione ai fini delle valutazioni e, dal punto di vista temporale, prevede che le valutazioni vengano effettuate al termine di ciascuna stagione balneare.

 

Per ragioni di chiarezza normativa, occorre valutare l’opportunità di indicare in modo più esplicito nell’articolo 7 il soggetto competente ad effettuare la valutazione della qualità delle acque di balneazione.

 

L’articolo 8 recepisce in modo quasi testuale la corrispondente disposizione della direttiva (articolo 5), relativa alla classificazione delle acque di balneazione (rimessa a Regioni e Province autonome), sia con riferimento sia ai livelli di qualità delle acque (indicati in “scarsa”, “sufficiente”, “buona” o eccellente”), sia all’obiettivo della classificazione di tutte le acque di balneazione quali “sufficienti” entro la fine della stagione balneare 2015, sia alla possibilità temporanea di classificazione delle acque come “scarse” (e all’adozione di specifiche misure di garanzia) sia infine alla previsione del divieto permanente di balneazione nel caso di acque classificate di qualità scarsa per cinque anni consecutivi.

 

Si segnala tuttavia che la prescrizione dell’adozione da parte delle Regioni di misure appropriate per aumentare o comunque mantenere il numero delle acque di balneazione classificate di qualità “eccellente” o “buona”, parzialmente diverge rispetto all’articolo 5 della direttiva che invece fa riferimento soltanto all’obiettivo di miglioramento (e non anche di semplice mantenimento) del numero delle acque di balneazione così classificate.

 

L’articolo 9 disciplina, in modo conforme alla direttiva comunitaria, la predisposizione (entro il 24 marzo 2011), il riesame e l’aggiornamento dei profili delle acque di balneazione, che contengono informazioni circa le caratteristiche delle acque di balneazione, nonché specifiche indicazioni circa i rischi di inquinamento. L’Allegato III, cui la disposizione rinvia, indica dettagliatamente il contenuto di tali informazioni, nonché i criteri e le scadenze per il riesame delle acque di balneazione.

 

Si segnala che l’Allegato III contiene l’erroneo rinvio all’articolo 6 piuttosto che all’articolo 9 dello schema di decreto legislativo, relativo ai profili delle acque di balneazione.

 

L’articolo 13, infine, disciplina la collaborazione tra Regioni e Province autonome, nel caso di acque interregionali in modo analogo a quanto previsto dall’articolo 10 della direttiva con riferimento alle acque transfrontaliere.

Il Capo III – Lo scambio di informazioni

Il Capo III, relativo allo scambio di informazioni, disciplina all’articolo 14 il profilo della partecipazione al pubblico, all’articolo 15 quello dell’informazione al pubblico e all’articolo 16 gli obblighi informativi nei confronti delle istituzioni comunitarie. Esso reca inoltre le disposizioni transitorie e finanziarie (articoli 17 e 18), oltre che la norma di entrata in vigore (articolo 19).

La prima di tali disposizioni sostanzialmente ricalca il corrispondente articolo della direttiva (articolo 11), con l’aggiunta della previsione secondo la quale il Ministero della salute fornisce informazioni al pubblico, utilizzando i dati sulla balneazione inviati dalle Regioni e Province autonome, utilizzando una tecnologia geo-referenziata.

In base all’articolo 2, comma 2, il termine «pubblico interessato» ha lo stesso significato ad esso attribuito dal decreto legislativo 152/2006 e successive modificazioni (cd. codice ambientale).

 

L’articolo 2 della direttiva 2006/7, per definire la nozione di “pubblico interessato”, rinvia al significato che tale espressione ha nella direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.

L’articolo 5 del codice ambientale (collocato nella Parte seconda del codice, relativa alle procedure VAS, VIA e IPPC, che costituisce attuazione anche della direttiva 85/337/CEE) definisce il “pubblico interessato” come “il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure” e prevede, ai fini di tale definizione, che “le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), si considerano titolari di siffatto interesse”.

 

Anche l’articolo 15 sostanzialmente ricalca la corrispondente disposizione della direttiva (articolo 12). Esso pone specifici obblighi informativi a carico dei comuni e più generali obblighi di fornire informazioni a carico delle autorità competenti, prevedendo che le informazioni indicate siano divulgate non appena disponibili.

Relativamente ai termini di divulgazione delle informazioni, si segnala che non viene riprodotta la disposizione comunitaria nella parte in cui prevede che tali informazioni siano divulgate “con effetto a decorrere dall’inizio della quinta stagione balneare successiva al 24 marzo 2008” (cioè la stagione balneare 2012).

Sempre con riferimento all’articolo 15, si segnala che il comma 2, lett. c) reca un erroneo rinvio alla lettera e), numero 10) piuttosto che alla lettera f), numero 10) dell’articolo 2, comma 1 (relativo alle misure di gestione).

L’articolo 16, coerentemente con l’articolo 13 della direttiva, pone in capo al Ministero della salute specifici obblighi di comunicazione alla Commissione europea e reca una norma transitoria applicabile nel periodo intercorrente tra l’avvio del monitoraggio e il momento in cui diviene possibile presentare una prima valutazione ai sensi del decreto in esame. In tale periodo, in particolare, ai fini della relazione annuale il parametro 1 dell'allegato I del D.P.R. n. 470 del 1982 (coliformi totali) non viene preso in considerazione nella relazione annuale ed i parametri 2 (coliformi fecali) e 3 (streptococchi fecali) del medesimo allegato I vengono considerati equivalenti ai parametri 2 (escherichia coli) e 1 (enterococchi intestinali) dell'allegato I, colonna A, del decreto in esame.

 

L’articolo 17 reca le norme transitorie e finali, prevedendo in particolare:

§         la cessazione dell’efficacia del d.P.R. n. 470 del 1982a decorrere dal 31 dicembre 2014, coerentemente con la previsione, contenuta nell’articolo 17 della direttiva, relativa all’abrogazione della direttiva 76/160/CEE con effetto a decorrere dal 31 dicembre 2014;

§         la vigenza delle norme tecniche adottate ai sensi del D.P.R. n. 470 del 1982 fino all’adozione di diverse specifiche tecniche in materia. La disposizione pone tuttavia il limite della compatibilità con il decreto in esame e fa salvo il parametro di cui al decreto legislativo n. 94 del 2007, concernente la gestione delle acque di balneazione, nella parte relativa all'ossigeno disciolto.

 

L’articolo 1 del provvedimento ha in particolare escluso la rilevanza della valutazione del parametro dell'ossigeno disciolto, ai fini del giudizio di idoneità per l'individuazione delle zone di balneazione delle acque, in sede di svolgimento delle indagini per determinare i potenziali rischi per la salute umana.

 

Premesso che il rinvio al decreto legislativo n. 94 del 2007 sembra avere la finalità di confermare l’esclusione della rilevanza del parametro dell’ossigeno disciolto, occorre valutare l’opportunità di una più esplicita formulazione della disposizione.

 

§         l’attribuzione alle Regioni della facoltà di applicare il provvedimento a decorrere dalla stagione balneare 2009 (e a decorrere dalla prossima stagione balneare, per le specifiche disposizioni in materia di monitoraggio indicate dal comma 4).

 

Appare necessario un coordinamento tra l’attribuzione alle Regioni di una mera facoltà di applicare il provvedimento a decorrere dalla stagione balneare 2009 e l’imposizione di specifici obblighi alle medesime con l’indicazione, peraltro corrispondente alle previsioni comunitarie, di precise scadenze temporali (cfr. in particolare l’articolo 6).

§         l’esclusione della rilevanza di alcuni dei parametri indicati dal D.P.R. n. 470 del 1982 all’articolo 6, all. 1 (e, in particolare, dei parametri pH, colorazione e trasparenza), con la garanzia dell’adozione, tuttavia, di misure di gestione adeguate che includano la prosecuzione delle attività di controllo algale, sulla base delle vigenti disposizioni e l’informazioni al pubblico.

 

La disposizione, inoltre, demanda a successivi decreti del Ministro della salute e del Ministro dell'ambiente la definizione di criteri, modalità e specifiche tecniche per l'attuazione del provvedimento anche in relazione ai nuovi indirizzi comunitari.

 

Con riferimento all’adozione dei provvedimenti attuativi del decreto, occorre precisare se l’articolo 17, comma 5, rinvia a decreti interministeriali o a distinti decreti del Ministro della salute e del Ministro dell’ambiente.

Nella medesima disposizione occorre sostituire la denominazione “Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio” con la denominazione corretta “Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”.

 

Gli articoli 18 e 19 recano rispettivamente la clausola di invarianza della spesa e la norma di entrata in vigore.

 




[1]    Il termine per il recepimento della direttiva 2006//7/CE è fissato nel 24 marzo 2008 (articolo 18).

[2]Procedura di infrazione 2006/2017. L’articolo 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) prevede che la Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù di detto Trattato, possa porlo, attraverso l’invio di una lettera di messa in mora, in condizione di presentare le sue osservazioni. La procedura d’infrazione può proseguire con l’invio di un parere motivato, che rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario. Il parere motivato rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario, secondo quanto previsto dall’art. 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE).

[3]Direttiva 76/160/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1975, concernente la qualità delle acque di balneazione. La direttiva 76/160/CEE è abrogata con effetto a decorrere dal 31 dicembre 2014. Non appena uno Stato membro adotta tutti i necessari provvedimenti legali, amministrativi e pratici per conformarsi alla direttiva 2006/7/CE, quest’ultima è applicabile e sostituisce la direttiva 76/160/CEE.

[4]Procedura 2004/59 – causa C-85/05.

[5]    La lettera di messa in mora ex articolo 228 è stata inviata il 12 dicembre 2006. Sulla base di detto articolo, qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può adire nuovamente la Corte di giustizia, in questo caso precisando l'importo della somma forfetaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.

[6]    COM (2007)128.

[7]SEC(2007) 362.

[8]    Direttiva 76/160/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1975, concernente la qualità delle acque di balneazione. La direttiva 76/160/CEE è abrogata dalla direttiva 2006/07/CE con effetto a decorrere dal 31 dicembre 2014.

[9]    I seguenti provvedimenti hanno disposto le precedenti proroghe: al 31 dicembre 1997, art. 4, D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, convertito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 649; al 31 dicembre 1998, art. 1, D.L. 25 maggio 1998, n. 156, convertito dalla L. 22 luglio 1998, n. 243; al 31 dicembre 1999, art. 1, D.L. 11 maggio 1999, n. 127, convertito dalla L. 9 luglio 1999, n. 220; al 31 dicembre 2000, art. 1, L. 18 agosto 2000, n. 245 ; al 31 dicembre 2001, art. 1, D.L. 3 maggio 2001, n. 159, convertito dalla L. 2 luglio 2001, n. 249; al 31 dicembre 2003, art. 1, D.L. 10 maggio 2002, n. 92, convertito dalla L. 11 luglio 2002, n. 140.

[10]   Ai sensi del comma 2 citato finalità della direttiva è quella di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e la salute umana.