Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Disposizioni correttive ed integrative del codice dei beni culturali e del paesaggio, in relazione al paesaggio Schema di decreto legislativo n.218 (art. 10, comma 4, L. n. 137 /2002)
Riferimenti:
SCH.DEC 218/XV     
Serie: Atti del Governo    Numero: 192
Data: 05/03/2008
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
Altri riferimenti:
L n. 137 del 06-LUG-02     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Atti del Governo

Disposizioni correttive ed integrative del codice dei beni culturali e del paesaggio, in relazione al paesaggio

Schema di decreto legislativo n.218

(art. 10, comma 4, L. n. 137 /2002)

 

 

 

 

 

n. 192

 

5 marzo 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

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File: Am0135.doc

 


I N D I C E

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni e pareri allegati8

Elementi per l’istruttoria legislativa  9

§      Conformità con la norma di delega  9

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  10

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali12

§      Compatibilità comunitaria  12

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  19

§      Impatto sui destinatari delle norme  20

§      Formulazione del testo  20

Schede di lettura

§      Il quadro normativo vigente. Le principali disposizioni della Parte terza del D.Lgs. n. 42 del 2004.23

§      Lo schema di decreto correttivo in esame. Le principali linee di intervento.33

Schema D.Lgs. n. 218

§      Disposizioni correttive e integrative del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio  57

Testo a fronte

Confronto tra le norme vigenti, lo schema di correttivo e gli emendamenti della Conferenza unificata  109

§      L. 29 giugno 1939 n. 1497 Protezione delle bellezze naturali. (artt. 10, 11 e 14)181

§      D.P.R. 24 aprile 1977 n. 616 Attuazione della delega di cui all'art. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382. (articolo 82)183

§      L. 28 febbraio 1985 n. 47 Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie. (Art. 20)187

§      D.L. 27 giugno 1985 n. 312 Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. (art. 1-quinquies)189

§      L. 8 luglio 1986, n. 349  Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale (artt. 2, 6 e 13)191

§      L. 23 agosto 1988 n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 14)195

§      L. 7 agosto 1990, n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 10-bis, 11, 14 e 15)197

§      L. 15 marzo 1997 n. 59 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.  (art.11)201

§      D.Lgs. 28 agosto 1997 n. 281 Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)205

§      D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. (art. 52)207

§      D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352.209

§      D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267  Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (artt. 24, 31 e 32)211

§      ACCORDO 19 aprile 2001  Accordo tra il Ministro per  i beni e le attivita' culturali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio.213

§      D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A).219

§      L. 6 luglio 2002 n. 137 Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici. (art. 10)221

§      D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42  Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137 (artt. 5, 6, 131-157, 159, 167, 181 e 182)223

§      L. 23 febbraio 2006 n. 51 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonchè conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative.  (art. 1)249

§      L. 9 gennaio 2006, n. 14  Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000  251

Giurisprudenza

§      Sentenza Corte Costituzionale 24 ottobre 2007, n. 367  261

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero dello schema di decreto legislativo

218

Titolo

Disposizioni correttive e integrative del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio.

Norma di delega

Art. 10, comma 4, della legge 137/2002

Settore d’intervento

Ambiente

Numero di articoli

5

Date

 

§       presentazione

12 febbraio 2008

§       assegnazione

19 febbraio 2008

§       termine per l’espressione del parere

15 aprile 2008

§       scadenza della delega

1° maggio 2008

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

Rilievi di altre Commissioni

V Commissione (Bilancio)

(entro il 16 marzo)


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il provvedimento in esame - adottato sulla base della norma di delega contenuta nell’art. 10, comma 4, della legge 6 luglio 2002, n. 137 – reca disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio, cd. codice Urbani), in relazione al paesaggio. Si segnala che è stato assegnato alla Commissione cultura un distinto schema di decreto correttivo del codice che interviene invece nel settore dei beni culturali.

La relazione illustrativa individua la ratio dell’intervento correttivo nell’esigenza di ridefinire l’assetto di competenze tra Stato ed enti territoriali in materia di paesaggio, al fine di assicurare un’azione di governo coerente con i contenuti culturali che la definizione costituzionale di paesaggio implica “e con la preminenza che la tutela del paesaggio riveste – come ha recentemente ribadito la Corte Costituzionale, peraltro confermando un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato – rispetto alla cura «degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali... » (v., in termini, la sentenza n. 367 del 24 ottobre - 7 novembre 2007); ma tenendo anche conto della ratifica della Convenzione europea del paesaggio, intervenuta con legge 9 gennaio 2006, n. 14, e della idea di «paesaggio» come contesto territoriale – «spazio» naturale, rurale, urbano e periurbano - che essa esprime e che costituisce l'ambito vasto entro il quale si collocano i tratti di paesaggio aventi valore culturale, considerati dal richiamato articolo 9 della Costituzione e costitutivi, essi soli, dell'identità nazionale”.

Lo schema di decreto correttivo si compone di cinque articoli. I primi quattro novellano il codice dei beni culturali e del paesaggio; l’ultimo reca l’abrogazione dell’articolo 82, commi primo e secondo, del d.P.R. n. 616 del 1977, che disciplina la delega alle regioni delle funzioni amministrative statali relative alla protezione delle bellezze naturali.

A parte le numerose correzioni di drafting e alcune limitate modifiche alle disposizioni generali recate dagli articoli 5 e 6 del codice (articolo 1 del correttivo), nonché alla disposizione transitoria di cui all’articolo 182 del codice (articolo 4 del correttivo), lo schema di decreto legislativo in esame incide sui seguenti ambiti di intervento:

§         la definizione di paesaggio e i principi relativi alla sua tutela e valorizzazione (articolo 2, lettere a-d del correttivo, che novella gli articoli da 131 a 134 del codice);

§         la disciplina della pianificazione paesaggistica (articolo 2, lettera e e da p a r, che novella l’articolo 135 e da 143 a 145 del codice);

§         la disciplina dell’individuazione dei beni paesaggistici (articolo 2, lettere f-o che novella gli articoli da 136 a 142 del codice);

§         le procedure di autorizzazione paesaggistica (articolo 2, lettere da s ad ae, che novella gli articoli da 146 a 155 del codice).

 

Il provvedimento inoltre interviene sulle disposizioni di prima applicazione e transitorie (articolo 2, lettere da af ad ah, che novella gli articoli 156, 157 e 159) e reca alcune limitate modifiche al Capo II della Parte quarta del codice, relativo alle sanzioni amministrative (articolo 3 del correttivo, che in particolare novella l’articolo 167, comma 3, del codice).

 

Di seguito si riportano le innovazioni più significative riferite ai vari ambiti indicati.

 

Con riguardo al primo profilo, il nuovo testo dell’articolo 131 reca talune modifiche alla definizione di paesaggio e interviene sul contenuto e sulle finalità della tutela e della valorizzazione del medesimo. Tali modifiche, come evidenziato nella relazione illustrativa, sono finalizzate ad un più completo recepimento della Convenzione europea del paesaggio (ratificata dalla legge n. 14 del 2006) e delle indicazioni contenute nella recentissima sentenza della Corte costituzionale n. 367 del 2007, relative in particolare alla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni rispetto alla tutela del paesaggio. Si segnala, in proposito, l’esplicitazione, al comma 3 del medesimo articolo 131, della competenza legislativa esclusiva dello Stato rispetto alla definizione di norme di tutela del paesaggio e la qualificazione delle medesime quali limite all'esercizio delle funzioni regionali in materia di governo e fruizione del territorio. Coerentemente con tale impostazione, nel nuovo testo dell’articolo 133 si prevede esplicitamente l’intesa tra Ministero e regioni per la definizione delle politiche per la conservazione e valorizzazione del paesaggio e si attribuisce inoltre ai medesimi soggetti il compito di cooperare per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti l'attività di pianificazione territoriale (nonché la gestione dei conseguenti interventi). A tali indirizzi e criteri sono obbligati a conformarsi gli altri enti territoriali nella loro attività di pianificazione, adeguando nell’immediato gli strumenti vigenti.

 

Le novità più significative in materia di pianificazione paesaggistica sono anch’esse motivate nella relazione illustrativa in relazione all’esigenza, “anche alla luce della gerarchia degli interessi pubblici afferenti al territorio, per come delineata dalla più volte citata sentenza della Corte n. 367/2007” di “assicurare allo Stato, titolare dell’interesse preminente, quello alla conservazione del paesaggio vincolato, un ruolo pregnante, di coordinamento operativo, nella definizione di normative d’uso del territorio vincolato specificamente intese ad assicurare la conservazione dei suoi tratti caratteristici sotto il profilo paesaggistico”.

A tal fine si richiamano in particolare l’obbligo di collaborazione con lo Stato da parte delle regioni per l’elaborazione dei piani paesaggistici per i beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d)[1] (articolo 135, comma 1) e, rispetto agli interventi da eseguirsi nell’ambito dei medesimi beni, l’attribuzione del carattere vincolante al parere reso dal soprintendente nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147 (articolo 143, comma 3).

Con riferimento poi al contenuto dei piani paesaggistici, si segnala nel nuovo testo dell’articolo 135 la previsione secondo cui i piani devono predisporre specifiche normative d’uso e provvedere all’attribuzione di adeguati obiettivi di qualità per ognuno degli ambiti individuati nel piano; con riferimento invece alla procedura per l’elaborazione dei medesimi, il nuovo testo dell’art. 143 mira ad un riordino delle varie fasi in cui essa si articola e contiene una specifica disciplina delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, confermando in tal caso che il piano è oggetto di accordo tra le pubbliche amministrazioni. Rispetto a tale ultimo profilo, le novità di carattere sostanziale rispetto al testo vigente attengono alla fissazione, nel medesimo accordo, del termine per l’approvazione da parte della regione del piano e nella limitazione del potere del Ministero di approvare in via sostitutiva il piano ai beni paesaggistici in relazione ai quali sussiste l’obbligo di elaborazione congiunta. Per quanto infine riguarda il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione, si segnala il rinvio alle leggi regionali per la definizione delle procedure per la conformazione da parte degli enti territoriali e degli enti gestori delle aree protette degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici (articolo 145, comma 4).

 

Con riferimento alla disciplina dell’individuazione dei beni paesaggistici, si segnala, nel nuovo testo dell’articolo 136 relativo agli immobili e alle aree di notevole interesse pubblico, l’esclusione delle zone di interesse archeologico (che comunque rientrano tra le aree tutelate per legge, ai sensi della lettera m) del comma 1 dell’art. 142) e, per contro, l’inserimento dei centri e dei nuclei storici. Rispetto poi alla procedura per la dichiarazione delle aree di notevole interesse pubblico – a parte talune limitate modifiche alla composizione delle commissioni regionali (art. 137) – le modifiche sostanziali all’articolo 138 attengono all’estensione del potere di iniziativa per l’avvio del procedimento anche ai componenti di parte ministeriale di tali commissioni e all’esplicito riconoscimento del potere autonomo del Ministero, su proposta motivata del soprintendente, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136. Si segnala inoltre nell’articolo 140, comma 2, l’espressa indicazione dell’immutabilità della dichiarazione di notevole interesse pubblico, che costituisce parte integrante del piano paesaggistico, nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo. Il nuovo testo dell’art. 141 disciplina specificamente le dichiarazioni di notevole interesse pubblico emanate autonomamente dal Ministero, per le quali viene riproposta – con alcune modifiche – la procedura delineata dal vigente art. 141 per le dichiarazioni ministeriali “sostitutive” nel caso della commissione o della regione. Il nuovo articolo 141-bis invece statuisce l’obbligo per le amministrazioni interessate (rispettivamente, Ministero e regioni) di provvedere all'integrazione dei vincoli paesaggistici già emanati e attribuisce al Ministero la titolarità del potere sostitutivo qualora le regioni non provvedano alle suddette integrazioni nel termine indicato.

 

Con riferimento alla disciplina delle autorizzazioni paesaggistiche, nel nuovo testo dell’art. 146 si segnalano in particolare:l’estensione del parere vincolante del soprintendente in relazione a tutti gli interventi progettati in aree sottoposte a tutela per il loro interesse paesaggistico, sia con appositi provvedimenti sia direttamente dalla legge; la previsione di limiti più stringenti alla delegabilità da parte della regione della funzione di autorizzazione paesaggistica alle province, agli ambiti sovracomunali ovvero ai comuni, e in particolare l’introduzione della condizione della sussistenza, presso tali enti, di strutture analoghe a quelle regionali tali da poter assicurare un adeguato livello di conoscenze tecnico-scientifiche, nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica rispetto ad altri interessi pubblici relativi al governo del territorio. Si rinvia ai commi 7-10 per le modifiche al procedimento di autorizzazione paesaggistica e si segnalano i commi 14 e 15 che, come precisato nella relazione illustrativa, si propongono il recupero di competenze da parte del Ministero per i beni e le attività culturali in materia di rilascio di autorizzazioni per la coltivazione di cave e torbiere, ferme restando le competenze del Ministero dell’ambiente e riportano, invece, nell'ambito delle competenze di quest’ultimo l'autorizzazione allo svolgimento di attività minerarie di ricerca ed estrazione, la cui incidenza sullo stato dei luoghi viene ritenuta di minor rilevanza.

Per quanto riguarda le ulteriori novelle al Capo IV, si richiama specificamente l’integrale sostituzione dell’articolo 154 che interviene sulla disciplina del colore delle facciate dei fabbricati, estendendo tra l’altro al Ministero la facoltà di ordinare che sia dato alle medesime un colore che armonizzi con la bellezza dell’insieme.

 

Il provvedimento correttivo in esame interviene inoltre in modo sostanziale sulle disposizioni transitorie, prevedendo in particolare il posticipo dal 1° maggio 2008 al 31 dicembre 2009 della data per la verifica e l’adeguamento dei piani paesaggistici da parte delle regioni alle previsioni di cui all’art. 143 (articolo 156) e la sostituzione, nel nuovo testo dell’articolo 159, al procedimento di autorizzazione in via transitoria di un articolato regime transitorio, che in particolare prevede l’immediata applicabilità delle disposizioni del Capo IV anche ai procedimenti di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica pendenti alla data del 1° giugno 2008 e dell’articolo 145, commi 3, 4 e 5, rispetto ai procedimenti pendenti alla medesima data di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica.

 

Con riferimento, infine, alle sanzioni amministrative, e in particolare all’ordine di rimessione in pristino di cui all’articolo 167, si segnala l’introduzione della previsione dell’utilizzo di un'apposita struttura ministeriale per l'esecuzione delle demolizioni delle edificazioni abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto legislativo correttivo è corredato della relazione illustrativa.

La Conferenza unificata si è espressa sul provvedimento lo scorso 28 febbraio, con un parere favorevole subordinato all’accoglimento di numerosi emendamenti.

Non è stata, invece predisposta la relazione tecnica, in quanto, come indicato nella relazione illustrativa, il provvedimento non comporterebbe oneri a carico della finanza pubblica.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Conformità con la norma di delega

La norma di delega è contenuta nell’art. 10, comma 4, della legge 6 luglio 2002, n. 137, che ha previsto che disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega stessa possano essere adottate, nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure, entro quattro anni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi. Poiché il decreto legislativo n. 42 è entrato in vigore il 1° maggio 2004, il termine per l’esercizio della delega scade il 1° maggio 2008.

 

Si segnala che, nel testo originario della disposizione, il termine per l’emanazione dei provvedimenti correttivi era fissato in due anni dall’entrata in vigore dei decreti legislativi. Esso è stato prorogato a quattro anni con l’articolo 1 della legge 23 febbraio 2006, n. 51[2].

 

Per quanto riguarda la procedura per l’adozione dei decreti delegati, l’articolo 10, comma 3 prevede:

§         il parere della Conferenza unificata;

§         il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

La disposizione precisa che tali pareri sono resi nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta e che, decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

 

Con riferimento allo schema di decreto correttivo in esame, non si ravvisano aspetti problematici né sotto il profilo del rispetto della disciplina procedurale né sotto il profilo del rispetto dei principi e criteri direttivi indicati all’articolo 10, comma 2 della legge delega.

 

Tale ultima disposizione, oltre a richiedere la non onerosità dei provvedimenti adottati, prevede, con riferimento alla delega di cui all’articolo 10, comma 1, lett. a) (codificazione delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali):

a) l’adeguamento agli articoli 117 e 118 della Costituzione;

b) l’adeguamento alla normativa comunitaria e agli accordi internazionali;

c) il miglioramento dell'efficacia degli interventi concernenti i beni e le attività culturali, anche allo scopo di conseguire l'ottimizzazione delle risorse assegnate e l'incremento delle entrate; la chiara indicazione delle politiche pubbliche di settore, anche ai fini di una significativa e trasparente impostazione del bilancio; snellimento e abbreviazione dei procedimenti; l’adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche;

d) aggiornare gli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali, anche attraverso la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati, senza determinare ulteriori restrizioni alla proprietà privata, né l'abrogazione degli strumenti attuali e, comunque, conformandosi al puntuale rispetto degli accordi internazionali, soprattutto in materia di circolazione dei beni culturali; riorganizzare i servizi offerti anche attraverso la concessione a soggetti diversi dallo Stato mediante la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati, in linea con le disposizioni di cui alla lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, e successive modificazioni; adeguare la disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali, modificando le soglie per il ricorso alle diverse procedure di individuazione del contraente in maniera da consentire anche la partecipazione di imprese artigiane di comprovata specializzazione ed esperienza, ridefinendo i livelli di progettazione necessari per l'affidamento dei lavori, definendo i criteri di aggiudicazione e prevedendo la possibilità di varianti oltre i limiti percentuali ordinariamente previsti, in relazione alle caratteristiche oggettive e alle esigenze di tutela e conservazione dei beni; ridefinire le modalità di costituzione e funzionamento degli organismi consultivi che intervengono nelle procedure per la concessione di contributi e agevolazioni in favore di enti ed istituti culturali, al fine di una precisa definizione delle responsabilità degli organi tecnici, secondo princìpi di separazione fra amministrazione e politica e con particolare attenzione ai profili di incompatibilità; individuare forme di collaborazione, in sede procedimentale, tra le amministrazioni per i beni e le attività culturali e della difesa, per la realizzazione di opere destinate alla difesa militare.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La relazione illustrativa individua la ratio dell’intervento correttivo nell’esigenza di ridefinire l’assetto di competenze tra Stato ed enti territoriali in materia di paesaggio, al fine di garantire “la preminenza che la tutela del paesaggio riveste – come ha recentemente ribadito la Corte Costituzionale, peraltro confermando un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato – rispetto alla cura «degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali... » (v., in termini, la sentenza n. 367 del 24 ottobre - 7 novembre 2007)”.

 

Si richiamano, in particolare, le seguenti disposizioni, che appaiono suscettibili di incidere specificamente sulla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni in materia di tutela del paesaggio: l’articolo 131, comma 3, che esplicita la competenza legislativa esclusiva dello Stato rispetto alla definizione di norme di tutela del paesaggio e qualifica le medesime quali limite all'esercizio delle funzioni regionali in materia di governo e fruizione del territorio; l’articolo 133, comma 1, che prevede l’intesa tra Ministero e regioni per la definizione delle politiche per la conservazione e valorizzazione del paesaggio e, al comma 2, attribuisce ai medesimi soggetti il compito di cooperare per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti l'attività di pianificazione territoriale (nonché la gestione dei conseguenti interventi); l’articolo 135, comma 1, che sancisce l’obbligo di collaborazione con lo Stato da parte delle regioni per l’elaborazione dei piani paesaggistici rispetto ai beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d); l’articolo 143, comma 3, che in relazione agli interventi da eseguirsi nell’ambito dei medesimi beni, attribuisce carattere vincolante al parere reso dal soprintendente nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147; articolo 138, che, al comma 1, estende il potere di iniziativa per l’avvio del procedimento per la dichiarazione delle aree di notevole interesse pubblico anche ai componenti di parte ministeriale delle commissioni regionali e, al comma 3,  contiene l’esplicito riconoscimento del potere autonomo del Ministero, su proposta motivata del soprintendente, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136; l’articolo 141-bis, che, al comma 1, prevede l’obbligo per le amministrazioni interessate (rispettivamente, Ministero e regioni) di provvedere all'integrazione dei vincoli paesaggistici già emanati e, al comma 2, attribuisce al Ministero della titolarità del potere sostitutivo in caso di inerzia delle regioni; l’articolo 146, che, al comma 5, prevede il parere vincolante del soprintendente in relazione a tutti gli interventi progettati in aree sottoposte a tutela per il loro interesse paesaggistico, sia con appositi provvedimenti sia direttamente dalla legge; l’articolo 154, in materia di colore delle facciate dei fabbricati, che estende al Ministero la titolarità della facoltà di ordinare che sia dato alle medesime un colore che armonizzi con la bellezza dell’insieme e, qualora tale facoltà venga esercitata dall’autorità competente, in ogni caso prevede il parere vincolante del soprintendente.

Si segnala, inoltre, all’articolo 145, comma 4, il rinvio alle leggi regionali per la definizione delle procedure per la conformazione da parte degli enti territoriali e degli enti gestori delle aree protette degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici.

 

Nella richiamata sentenza n. 367 del 2007, la Corte costituzionale – nel presupposto della riconducibilità della tutela del paesaggio alla competenza esclusiva dello stato di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. s) Cost. (tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali) – ha riconosciuto la preminenza dell’interesse pubblico alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, rispetto a quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni. In proposito, la Corte ha chiarito che “sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali”.

In materia si richiamano inoltre le precedenti sentenze n. 196 del 2004, che ha confermato la tesi radicata in dottrina secondo la quale il paesaggio è “forma del territorio e dell’ambiente”, la cui tutela rappresenta valore costituzionale primario  “primarietà che la stessa giurisprudenza costituzionale ha esplicitamente definito come «insuscettibilità di subordinazione ad ogni altro valore costituzionalmente tutelato, ivi compresi quelli economici»”, e n. 51 del 2006, nella quale la Corte, con chiarezza, ha affermato che “il titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione” è comprensivo “tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali” (cfr. anche la sentenza n. 182 del 2006).

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

La già richiamata sentenza n. 367 del 2007 interviene anche sulla nozione di «paesaggio», tutelato dall’articolo 9 Cost., riconducendo ad essa  “lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale” e aggiungendo che “si tratta peraltro di un valore «primario», come ha già da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche «assoluto», se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987)”. La Corte precisa, quindi, che “l'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle «bellezze naturali», ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico”.

 

La nuova definizione di paesaggio contenuta nell’articolo 131 (nella quale in particolare non si fa più riferimento a “parti di territorio” bensì allo stesso “territorio espressivo di identità”) e i nuovi principi che il medesimo articolo detta per la sua tutela e valorizzazione, sono finalizzati, secondo quanto precisato nella relazione illustrativa, al recepimento delle indicazioni che la Corte costituzionale fornisce in materia.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Non si ravvisano profili problematici sotto il profilo della compatibilità comunitaria. Si segnala, anzi, che il nuovo testo dell’articolo 132 reca un espresso rinvio all’applicazione della Convenzione europea sul paesaggio, adottata il 20 ottobre 2000 a Firenze, dai Ministri della cultura e dell'ambiente del Consiglio d'Europa.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Protezione della natura

Sono attualmente in corso dodici procedure di contenzioso per violazione delle direttive in materia di protezione della natura, vale a dire della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e della direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Tra di esse se ne segnalano brevemente alcune.

Il 20 settembre 2007 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia per violazione delle direttive n. 92/43/CEE e n. 79/409/CEE, avendo omesso di valutare l’impatto potenziale di una serie di progetti di costruzione all’interno di siti protetti. In particolare, le condanne sono relative ai seguenti casi:

Il 4 luglio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[5] per non conformità della normativa italiana di recepimento della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici alla direttiva medesima e per non corretta applicazione della stessa. Peraltro, a causa del non corretto recepimento nella legislazione nazionale dell’articolo 9 della direttiva - che disciplina le eventuali deroghe al sistema di protezione degli uccelli selvatici -, ne è derivata la non conformità alla medesima direttiva del sistema di deroghe adottato in dieci regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia)[6]. Sono infatti le regioni ad essere responsabili dell’applicazione delle deroghe e, a tal fine, sono spesso dotate di una ulteriore normativa di rango regionale che individua le regole in base alle quali le deroghe di cui all’articolo 9 della direttiva possono essere autorizzate. 

Il 13 dicembre 2005 la Commissioneeuropea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora per essere venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE[7].

Il paragrafo 4 dell’articolo 4 prevede che gli Stati membri adottino misure speciali di conservazione dell’habitat per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di alcune specie di uccelli selvatici nella loro area di distribuzione. A tale scopo, gli Stati membri classificano in particolare come ZPS (Zone di protezione speciale) i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia tali obblighi rimangono validi anche per zone che non sono state classificate come ZPS ma che avrebbero dovuto esserlo. A tale proposito, l’elenco delle zone di grande interesse per la conservazione degli uccelli selvatici, più comunemente conosciuto sotto la sigla IBA (Inventory of Important Bird Areas in the European Community), per quanto non giuridicamente vincolante, contiene secondo la Commissione elementi di prova scientifica che consentono di valutare l’osservanza da parte di uno Stato membro dell’obbligo di classificare come ZPS i territori più appropriati per numero e superficie per la conservazione delle specie protette. Tale è, a parere della Commissione, il caso della laguna di Venezia, che – presente al numero 64 dell’IBA - non è stata totalmente identificata come ZPS; soltanto alcune aree sono state, infatti, classificate come ZPS o come SIC (siti di importanza comunitaria).

In conseguenza di tale identificazione parziale, nella valutazione di impatto ambientale del progetto MOSE, l’Italia ha valutato l’incidenza del progetto sull’avifauna esclusivamente per le aree qualificate come ZPS. A parere della Commissione, se tale valutazione fosse stata effettuata per l’intera area lagunare, ciò avrebbe consentito di individuare un grave impatto del progetto sulla laguna.

Pertanto, la Commissione ritiene che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE in quanto, in riferimento agli impatti del progetto MOSE sull’IBA 064 Laguna di Venezia, non ha identificato né adottato misure idonee a prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat nonché le perturbazioni dannose agli uccelli.

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare[8] per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia previste per le zone speciali di conservazione e/o di protezione, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 92/43.

In particolare, l’Italia non avrebbe adottato le misure idonee ad evitare il degrado della zona di protezione speciale IT5210070 “Lago Trasimeno”. Tale degrado, causato da un impoverimento idrico di rilevante entità (per scopi agricoli e licenze di varia natura), ha compromesso la funzionalità ecologica del sito. Inoltre sulle parti prosciugate è in corso di costruzione una pista ciclabile senza che sia stata effettuata la valutazione di incidenza prevista dall’art. 6 della direttiva 92/43. La Commissione ritiene pertanto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.

Il 30 marzo 2004 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[9] per violazione della direttiva  79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici. Secondo la Commissione, l’Italia avrebbe omesso di adottare le misure idonee ad evitare il degrado degli habitat naturali e la perturbazione delle specie viventi nella zona protetta ZPS IT 3210018 “Basso Garda”. In particolare i rilievi della Commissione sottolineano che:

Sono inoltre pendenti le seguenti procedure di contenzioso:

 

1993/2165

Mancata designazione da parte dell’Italia delle zone di protezione speciale per gli uccelli selvatici

Parere motivato complementare 14 dicembre 2004 (sentenza di condanna del marzo 2003 – causa 378/01)

2004/4242

Sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla regione Sardegna

Parere motivato

4 aprile 2006

2004/4926

Sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla regione Veneto

Parere motivato

4 aprile 2006

2004/5159

Realizzazione di centrali idroelettriche in Val Masino (Sondrio)

Messa in mora 12/10/2005

2005/4347

Gestione del Lago d'Idro - abbassamento del Livello dell'acqua (Brescia

Messa in mora complementare

12 dicembre 2006

2006/4043

Sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla regione Liguria

Ricorso alla Corte di giustizia

13 dicembre 2006

Valutazione d’impatto ambientale (VIA)

Sono diverse le procedure di contenzioso avviate nei confronti dell’Italia per mancata e non corretta trasposizione, o per violazione delle direttive 85/337/CEE e 97/11/CE, che disciplinano la valutazione di impatto ambientale (VIA). Quattro di queste procedure sono di carattere generale, e riguardano la normativa nazionale in materia. La gran parte riguardano la realizzazione di singole opere sul territorio: di queste si dà conto con un elenco sintetico.

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[10] poiché ritiene che la disciplina in vigore sulla valutazione di impatto ambientale, di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349 e successive modifiche, nonché a leggi di singole regioni, non sia conforme ad alcune disposizioni della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 97/11/CE.

In particolare, la Commissione considera lacunosa la disciplina del procedimento VIA di competenza statale relativamente al cosiddetto “scoping”, previsto all’articolo 5, comma 2, della direttiva: le norme nazionali in vigore non prevedono che le autorità competenti, se il committente stesso lo richiede prima di presentare una domanda di autorizzazione, diano il loro parere sulle informazioni che il committente deve fornire in merito al progetto (e che sono elencate nell’allegato IV alla direttiva).

Secondo la Commissione, inoltre, la disciplina del procedimento VIA di competenza regionale sarebbe carente sia nelle previsioni generali di cui al D.P.R. 12 aprile 1996, sia in alcune singole normative regionali. Per quanto riguarda le previsioni generali, la Commissione rileva che l’Italia, nell’introdurre un criterio di maggior attenzione per le aree naturali protette dalla legislazione dello Stato, per le riserve e i parchi naturali (con l’abbassamento della soglia dimensionale al di sopra della quale il progetto è assoggettato a procedura di VIA), ha limitato tale meccanismo alle aree in cui il progetto ricade e non a tutte quelle che possono risentire dell’impatto. Inoltre, la Commissione rileva che l’Italia ha tenuto in considerazione soltanto la sensibilità delle aree protette tra i criteri elencati all’allegato III della direttiva per la selezione dei progetti da sottoporre a valutazione di impatto ambientale, ignorando in particolare il criterio del cumulo dei progetti e tutti i criteri relativi alla localizzazione del progetto e all’impatto potenziale.

La Commissione ritiene, infine, che la disciplina sulla VIA faccia riferimento ad una lista di progetti non conforme a quella della direttiva (allegati I e II).

Si segnala che, nell’intento del Governo, il decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 - che interviene a correggere ed integrare il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – è volto, tra l’altro, ad adeguare il codice ambientale al diritto comunitario, consentendo la conclusione di questa come di altre procedure di infrazione[11].

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un secondo parere motivato complementare[12], poiché ritiene che con il decreto legislativo n. 190 del 20 agosto 2002 sia stata introdotta, per una serie di opere singolarmente individuabili dette “grandi opere”, una disciplina della procedura di VIA in contrasto con l’articolo 2, comma 1, della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 97/11/CE.

In particolare la Commissione rileva che le norme italiane così introdotte non prevedono un obbligo di integrazione e aggiornamento della valutazione di impatto ambientale nei casi in cui il progetto definitivo per il quale deve essere rilasciata l’autorizzazione a costruire sia sensibilmente diverso da quello preliminare su cui è stata effettuata la procedura di valutazione di impatto ambientale; inoltre non impongono che la procedura si concluda prima del formale rilascio della autorizzazione a costruire.

Il 31 gennaio 2008 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia[13] per non aver messo in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia.

Si segnala che, dopo l’avvio della procedura di infrazione - avvenuto il 28 luglio 2005, con l’invio della lettera di messa in mora -, la citata direttiva è stata attuata con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Tuttavia la Commissione, ritenendo, da un lato, che la misura nazionale di attuazione fosse stata adottata dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato[14] e, dall’altro, che essa non fosse completa, ha deciso di presentare dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento.

Sono inoltre pendenti le seguenti procedure di contenzioso concernenti la realizzazione di opere sul territorio:

 

 

Numero di procedura

Oggetto della procedura

Stadio della procedura

2002/4787

Strada di scorrimento a 4 corsie: sezione via Eritrea – via Bovisasca (Milano)

Parere motivato

28 giugno 2006

2006/2315

 

Violazione delle norme in materia di  impatto ambientale da parte della legislazione della Regione Lombardia su progetti di cave

Messa in mora

12 ottobre 2006

2006/4820

Violazione delle norme in materia di valutazione ambientale nell'adozione del Piano Regolatore del Comune di Staranzano (Gorizia)

Messa in mora

 

Documenti all’esame delle istituzioni europee

(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

GMES (sistema globale di osservazione per l'ambiente e la sicurezza)

Nel programma legislativo e di lavoro per il 2008, la Commissione preannuncia la presentazione di una comunicazione sull'avvio del programma GMES (Sistema globale di osservazione per l'ambiente e la sicurezza), che definirà la sostenibilità nel lungo termine del programma ed il relativo quadro finanziario. La comunicazione potrebbe essere accompagnata o seguita da proposte legislative di attuazione.

Si ricorda che il 10 novembre 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES): dal concetto alla realtà[15],in cui delinea una strategia per la realizzazione di un sistema globale di osservazione della terra che ricorra a tecniche spaziali e terrestri. L’obiettivo del GMES è assicurare, su basi durevoli, servizi affidabili e puntuali riguardo ai temi ambientali e della sicurezza, per andare incontro ai bisogni di coloro che indirizzano le politiche pubbliche. Il GMES è un’iniziativa guidata dall’UE, nel cui ambito all’Agenzia spaziale europea spetta il compito di attuare la componente spaziale, mentre la Commissione gestirà le azioni volte ad individuare e sviluppare servizi basati sia su dati disponibili in situ che su dati ottenuti tramite telerilevamento. Secondo quanto indicato dalla Commissione il sistema GMES verrà sviluppato a tappe, la prima delle quali prevede che i primi tre servizi operativi relativi al monitoraggio terrestre, al monitoraggio marino e alla gestione di emergenze entrino nella fase pilota entro il 2008, grazie al finanziamento del Settimo programma quadro per la ricerca.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

A parte quanto segnalato in merito alla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, si richiamano le seguenti disposizioni:

§         l’articolo 133 che riserva a Ministero e regioni il compito di cooperare per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti l'attività di pianificazione territoriale nonché la gestione dei conseguenti interventi (nel testo vigente si fa invece riferimento alla cooperazione tra amministrazioni pubbliche) e prevede che gli altri enti territoriali debbano conformarsi a tali indirizzi e criteri, adeguando nell’immediato gli strumenti vigenti;

§         l’articolo 146, comma 6, che impone limiti più stringenti rispetto al testo vigente alla delegabilità da parte della regione della funzione di autorizzazione paesaggistica alle province, agli ambiti sovracomunali ovvero ai comuni, in particolare introducendo la condizione della sussistenza, presso tali enti, di strutture analoghe a quelle regionali tali da poter assicurare un adeguato livello di conoscenze tecnico-scientifiche, nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica rispetto ad altri interessi pubblici relativi al governo del territorio.

Attribuzione di poteri normativi

Si segnala all’articolo 145, comma 4, il rinvio alle leggi regionali per la definizione delle procedure per la conformazione da parte degli enti territoriali e degli enti gestori delle aree protette degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici.

 

Gli ulteriori adempimenti previsti dal provvedimento in esame rivestono essenzialmente natura amministrativa.

 

In proposito, tra le novità apportate dallo schema di decreto correttivo, si segnala, all’articolo 146, comma 3, l’attribuzione al Ministro per i beni e le attività culturali del potere di proposta rispetto al D.P.C.M. di individuazione della documentazione da presentare a corredo del progetto e l’eliminazione del termine per l’emanazione di tale D.P.C.M. attualmente previsto dal comma 4

Coordinamento con la normativa vigente

Anche in relazione alla natura del provvedimento di decreto legislativo correttivo, non si evidenziano profili problematici particolari.

Si segnala tuttavia l’articolo 5 dello schema di decreto correttivo che provvede ad abrogare espressamente l’articolo 82, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 616 del 1977. La relazione illustrativa giustifica tale disposizione in considerazione dell’esplicito riconoscimento, nel nuovo testo dell’articolo 138, comma 3, del potere autonomo del Ministero, su proposta motivata del soprintendente, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136. La portata dell’abrogazione appare tuttavia di portata ben più ampia rispetto alla disposizione che prevede tale potere del Ministero (articolo 82, secondo comma, lettera a), riferendosi piuttosto:

§         alla delega, in via generale, alle regioni delle funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze naturali per quanto attiene alla loro individuazione, alla loro tutela e alle relative sanzioni (articolo 82, primo comma);

§         alla specifica indicazione delle funzioni amministrative delegate a norma dell’articolo 82, secondo comma.

Collegamento con lavori legislativi in corso

È stato assegnato alla Commissione cultura un distinto schema di decreto legislativo correttivo del codice dei beni culturali e del paesaggio, che interviene esclusivamente sulla materia dei beni culturali.

Impatto sui destinatari delle norme

Il provvedimento incide essenzialmente sulla ripartizione di competenze tra Stato ed enti territoriali in materia di tutela del paesaggio, che pertanto appaiono i principali destinatari delle norme. Si rinvia sul punto ai paragrafi Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  e Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative.

Formulazione del testo

Con riferimento al nuovo testo dell’articolo 134, relativo all’individuazione dei beni paesaggistici, occorre valutare l’opportunità di un coordinamento tra la nuova lettera c) e la lettera a) della medesima disposizione, al fine in particolare di chiarire se la prima si riferisce alle aree e agli immobili riconducibili alle tipologie indicate all’articolo 136, che tuttavia non sono stati dichiarati di notevole interesse pubblico a norma degli articoli 138-141.

Per ragioni di chiarezza normativa, appare opportuno un coordinamento tra l’articolo 143, comma 9, secondo periodo, e l’articolo 145, comma 3, che si riferiscono entrambi alla cogenza dei piani e alla loro prevalenza sulle previsioni dei piani territoriali e urbanistici.


Schede di lettura

 


Il quadro normativo vigente. Le principali disposizioni della Parte terza del D.Lgs. n. 42 del 2004.

Le disposizioni contenute nella parte terza del decreto 22 gennaio 2004, n. 42, cosiddetto Codice Urbani - intitolata ai beni paesaggistici – hanno riprodotto, innovandole, le norme del titolo II del T.U. di cui al d.lgs. n. 490 del 1999.

Le principali linee innovative, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa che accompagnava il provvedimento, sono riferibili, oltre che all’esigenza di tener conto della riforma del titolo V, alla firma – avvenuta a Firenze il 20 ottobre 2000 - della Convenzione europea del paesaggio –ratificata da parte dell’Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14 - e dall’Accordo tra il Ministro per i beni e le attività culturali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio[16], concluso il 19 aprile 2001.

Può farsi riferimento, in proposito, ad uno dei principi di delega contenuti all’art. 10, comma 2, lettera d), della legge 6 luglio 2002, n. 137[17] secondo cui il decreto delegato deve provvedere all’aggiornamento degli “strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali … conformandosi al puntuale rispetto degli accordi internazionali”.

Sulla materia è intervenuto il decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157, che, in attuazione della norma di delega contenuta nell’articolo 10, comma 4, della legge 6 luglio 2002, n. 137, ha apportato disposizioni correttive ed integrative del codice Urbani, specificamente riferite al paesaggio.

 

Convenzione europea del paesaggio

 

Il 20 ottobre 2000 a Firenze, i Ministri della cultura e dell'ambiente del Consiglio d'Europa hanno aperto alla firma la Convenzione che definisce regole comuni per la protezione, la pianificazione e la gestione dei paesaggi nel diritto internazionale. L'importanza della Convenzione sta anche nell'obbligo, per i Paesi aderenti al Consiglio d'Europa che la sottoscrivono, di adeguare le proprie leggi alle direttive previste.

Tale Convenzione fissa il principio giuridico dell'unicità culturale del paesaggio: in base ad esso, la tutela dovrà essere esercitata non più su singole porzioni di territorio ma sul paesaggio nella sua complessità e totalità.

Definendo il paesaggio come una “determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, la Convenzione afferma la centralità della tutela del paesaggio come componente irrinunciabile delle strategie di gestione del territorio.

Tale Conferenza ha rappresentato – a livello nazionale – la conferma del percorso intrapreso già negli anni precedenti. Nel corso del 1999 il tema della qualità dei paesaggi italiani era stato infatti al centro della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio, un'occasione di confronto tra tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nell'opera di protezione del paesaggio.

La Conferenza aveva visto al suo termine la costituzione di una "Commissione di studio" per la riforma della norme di tutela, cui era stato affidato il compito di rafforzarle e di adeguarle ai principi espressi nella Convenzione Europea. Ai lavori della Commissione hanno partecipato, nel corso del 2000, i rappresentanti delle Regioni, degli Enti locali e dei Ministeri interessati, oltre ad esperti del settore.

Le proposte messe a punto indicano la necessità di garantire un quadro di maggiore coordinamento in materia di pianificazione paesistica ed indirizzi generali validi su tutto il territorio nazionale. Lo strumento individuato è un "Atto di indirizzo e coordinamento per la protezione e la gestione del paesaggio italiano" che - insieme alla creazione di un "Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio"- è un primo passo verso l'aggiornamento culturale e normativo.

L'Atto di indirizzo prevede ed indica, in particolare:

-   la necessità di standard minimi di tutela paesistica riguardanti il territorio nel suo complesso;

-   la necessità di interventi di recupero paesistico delle aree degradate;

-   la necessità di erogare contributi economici, riconoscimenti e premi per un marchio di qualità del paesaggio.

 

L’Accordo del 19 aprile 2001 tra il Ministro per i beni culturali e le regioni sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio

 

L’accordo del 19 aprile 2001 rappresenta un documento programmatico in cui lo Stato, da un lato, e gli enti territoriali, dall’altro, individuano le rispettive competenze in materia di pianificazione paesaggistica.

Con il decreto legislativo n. 112 del 1998, tra i compiti di rilievo nazionali rimasti in capo allo Stato viene individuato quello relativo alla identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e all’orientamento della pianificazione paesistica.

Il decreto legislativo n. 490 del 1999 ha poi disposto, con riferimento ai piani territoriali paesistici, che le Regioni possono concordare con il Ministero per i beni e le attività culturali speciali forme di collaborazione delle competenti soprintendenze alla formazione degli strumenti urbanistici territoriali.

In questo quadro il Ministero per i beni culturali, considerato che il paesaggio svolge un importante ruolo di pubblico interesse nei settori culturale, ecologico, ambientale e sociale e può costituire una risorsa favorevole all’attività economica contribuendo anche alla creazione di opportunità occupazionali, e che la tutela dello stesso comporta il perseguimento di obiettivi di sviluppo sostenibile, ha ritenuto di costituire una commissione di riforma della normativa in materia.

I lavori della commissione hanno fatto emergere l’esigenza di coordinare l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela paesaggistica, delegate alle Regioni ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; orientare i criteri della pianificazione paesistica; coordinare, in accordo con le Regioni, le funzioni di vigilanza sui beni ambientali e paesaggistici.

L’accordo, sancito dalla Conferenza Stato-Regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, risponde perciò all’esigenza di concordare tra Ministero e Regioni le reciproche attività in materia di paesaggio, considerato il ruolo di pubblico interesse dello stesso nei settori culturali, ecologici e ambientali.

L’accordo individua i criteri e le modalità per la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali aventi le medesime finalità di salvaguardia dei valori paesistici e ambientali. Prevede altresì che vengano individuati gli ambiti di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio, cui corrispondono specifici obiettivi di qualità paesistica.

La pianificazione paesistica diviene così il momento centrale di un processo di coordinamento a livello di territorio, che non può non collegarsi con gli strumenti nazionali e regionali di sviluppo economico; mentre gli enti locali sono tenuti a conformare i piani regolatori alle norme regionali. Governo e Regioni si sono anche impegnati reciprocamente ad assicurare a tutti i livelli la concertazione istituzionale e le più ampie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti privati interessati e delle associazioni.

Definizioni

L’art. 131, nel testo novellato dal decreto correttivo n. 157 del 2006, ha introdotto la definizione di paesaggio come “parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni”.

 

La novella apportata dal decreto legislativo correttivo era volta a rendere la definizione di paesaggio più convergente con la Convenzione europea del paesaggio, il cui articolo 1, lett. a), individua il paesaggio come una «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni».

Occorre inoltre richiamare la più recente giurisprudenza della Corte costituzionale e in particolare, da ultimo, la sentenza n. 367 del 2007, che al concetto di paesaggio riconduce “lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale” e aggiunge che “si tratta peraltro di un valore “primario”, come ha già da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche “assoluto”, se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987)”. Secondo la Corte, quindi, “l'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle «bellezze naturali», ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico”.

 

L’art. 134, nel testo novellato dal provvedimento correttivo, specifica quali sono i beni paesaggistici, riprendendo la disposizione contenuta nell’art. 138 del T.U. del 1999 ed integrandola con l’indicazione degli immobili e delle aree tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156.

Individuazione dei beni paesaggistici

Le disposizioni contenute nel capo II hanno consentito di attuare il criterio di delega contenuto nell’art. 10, comma 2, lettera d) della legge delega n. 137 del 2002 secondo cui il decreto delegato deve provvedere all’aggiornamento degli “strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali”.

L’art. 136 ha provveduto all’individuazione dei beni e delle aree sottoposti a tutela in ragione del loro notevole interesse pubblico, riprendendo l’elencazione contenuta nell’art. 139 del T.U. del 1999 ed integrandola con l’inserimento, tra i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale (indicati nella lettera c) dell’art. 136), anche delle zone di interesse archeologico (aggiunte dal decreto n. 157[18]).

L’individuazione dei beni suddetti avviene in seguito ad un complesso procedimento (disciplinato negli artt. 137-141) che termina con la dichiarazione di notevole interesse pubblico, emanata dalla regione, sulla base delle proposte formulate da apposite Commissioni regionali (la cui istituzione è disciplinata dall’art. 137).

L’art. 142, che riprende le disposizioni dell’art. 146 del T.U. del 1999, ha individuato le aree tutelate per legge per il loro interesse paesaggistico.

 

Rispetto al testo originario del codice, con l’emanazione del d.lgs. n. 157/2006 è stata soppressa la specificazione secondo cui la tutela operava fino all’approvazione del piano paesaggistico[19].

Pianificazione paesaggistica

L’ambito e le finalità della pianificazione del paesaggio sono stati indicati nell’articolo 135, che ha ripreso il dettato dell’art. 2 dell’accordo del 19 aprile 2001 estendendo (e qui risiede, secondo la relazione illustrativa, il carattere innovativo della disposizione) l’attività pianificatoria all’intero territorio regionale.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 149 del T.U. del 1999 prevedeva l’obbligo per le regioni di sottoporre a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale, mediante la redazione di piani territoriali paesistici o di piani urbanistico-territoriali, il territorio includente i beni ambientali tutelati per legge, mentre per le località indicate alle lettere c) e d) dell'articolo 139 (corrispondente all’art. 136 del nuovo codice) e dichiarate di notevole interesse pubblico, tale pianificazione era facoltativa.

 

Rispetto alla formulazione originaria, il comma 1 dell’art. 135 come novellato dal decreto n. 157, esplicita il concorso dello Stato, con le regioni[20], al perseguimento delle finalità generali di tutela e valorizzazione del paesaggio, finalità che includono anche la conoscenza del paesaggio stesso. A tal fine, i piani paesaggistici vengono approvati dalla regioni, “anche in collaborazione con lo Stato”.

I principi direttivi, gli obiettivi e i contenuti del piano paesaggistico (tale riferimento riguarda sia il piano paesaggistico in senso stretto che il piano urbanistico-territoriale) sono poi disciplinati dal medesimo articolo 135 e dall’art. 143.

Rispetto alla formulazione originaria, nel nuovo art. 143 è stato soppresso il riferimento agli “obiettivi di qualità paesaggistica” contemplati dal previgente comma 2[21].

Le principali modifiche recate dal decreto n. 157 riguardano tuttavia i commi 3 e 4 dell’art. 143.

Il comma 3 prevede, infatti, che le regioni possano elaborare congiuntamente con i due Ministeri (beni culturali ed ambiente) i piani paesaggistici previa stipula di specifiche intese.

 

Sostanzialmente, la competenza alla pianificazione rimane attribuita alle Regioni, mentre viene – in modo più puntuale – disciplinata l’ipotesi (sostanzialmente già prevista nella formulazione originaria del codice) di una preventiva collaborazione fra Regioni e Ministeri nella fase genetica del piano.

 

Il comma 4 introduce la previsione secondo la quale, qualora il piano venga approvato a seguito dell'accordo di cui al comma 3, nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147, il parere del soprintendente è obbligatorio, ma non vincolante[22].

Il profilo del coordinamento tra strumenti diversi viene poi disciplinato dal successivo articolo 145 che, oltre a confermare la competenza (già prevista dal comma 1 dell’art. 150 del d.lgs. n. 490/1999) del Ministero ad individuare le linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione, al comma 2, prevede l’inserimento, nei piani paesaggistici, di “misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico”.

Rispetto alle norme previgenti, quindi, la disciplina recata dal codice prefigura una situazione in cui non sarà sufficiente la semplice conformazione delle previsioni di uno strumento a quelle dell’altro, ma piuttosto un coordinamento fra i due differenti strumenti ed una vera e propria integrazione reciproca.

Inoltre, in base al disposto del comma 3, i piani paesaggistici acquistano un valore preminente rispetto ad altri strumenti.

L’art. 144 ha, infine,  recepito il contenuto dell’art. 6 dell’accordo del 19 aprile 2001 al fine di assicurare, nei procedimenti di approvazione dei piani paesaggistici:

§         la concertazione istituzionale;

§         la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

§         ampie forme di pubblicità.

Autorizzazioni

Le disposizioni del capo IV, relative al controllo e alla gestione dei beni soggetti a tutela hanno previsto 2 tipi di autorizzazione (analogamente a quanto previsto dal T.U. del 1999):

§         quella ordinaria, disciplinata dall’art. 146;

§         quella relativa ad opere da eseguirsi da parte di amministrazioni dello Stato, regolata dall’art. 147 (che ha sostituito la procedura autorizzativa speciale prevista dal comma 1 dell’art. 156 del T.U. del 1999, con la valutazione espressa in sede di conferenza di servizi), a cui si aggiunge l’autorizzazione “in via transitoria” (prevista all’art. 159).

Per quanto riguarda il caso ordinario, l’art. 146 prevede una procedura autorizzatoria che, rispetto al precedente testo unico del 1999, non si caratterizza più per il potere di annullamento del Ministero (che viene eliminato e sostituito dalla possibilità per i soggetti interessati di impugnare l’autorizzazione paesaggistica innanzi al T.A.R. o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica), quanto per la previsione di fasi istruttorie successive volte – come si leggeva nella relazione illustrativa – “ad indirizzare le amministrazioni verso una corretta valutazione … (e) garantire il rilascio di autorizzazioni congruamente motivate”.

Nell’ambito di questa procedura viene reso obbligatorio il parere di speciali Commissioni locali per il paesaggio istituite dall’art. 148.

Il decreto n. 157 ha poi introdotto un comma 3 all’art. 146 volto a disciplinare l’eventuale delega agli enti locali, da parte delle regioni, per l’esercizio della funzione autorizzatoria paesaggistica.

Si segnala, inoltre, per il carattere innovativo che riveste, la disposizione recata dal comma 9 sempre dell’art. 146, secondo cui l’autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto dei titoli legittimanti gli interventi edilizi, per cui i lavori non possono iniziare in difetto di essa.

 

Si ricorda infatti che le disposizioni previgenti prevedevano il rilascio congiunto dell’autorizzazione (in seguito annullabile dal Ministero) e del titolo edilizio.

Tale norma veniva motivata nella relazione illustrativa al fine di “risolvere l’annosa questione della commistione fra urbanistica e tutela del paesaggio determinatasi dal confluire delle due competenze in capo ai comuni subdelegati dalle regioni”.

 

L’art. 146, comma 14, ha previsto la costituzione, presso ogni amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione - a fini di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa - di un elenco delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate, aggiornato almeno ogni 15 giorni e liberamente consultabile, con i relativi dati sintetici.

Una rilevante novità introdotta dal Codice è rappresentata dal comma 12 dell’art. 146 (introdotto dal d.lgs. n. 157/2006), che è finalizzato a consentire l’autorizzazione in sanatoria successiva alla realizzazione, anche parziale, soltanto per i “piccoli” abusi di cui ai successivi commi 4 e 5 dell’art. 167 (anch’essi introdotti dal d.lgs. n. 157, in conseguenza della citata modifica).

 

La relazione illustrativa allo schema, poi divenuto il d.lgs. n. 157, motiva l’introduzione di tale “eccezione” da un lato, con la richiesta delle stesse regioni e, dall’altro in quanto “imposta per la sopravvenienza della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (cd. delega ambientale) che, ai commi 36 e ss. dell'articolo unico, ha apportato modifiche al sistema delle sanzioni in campo paesaggistico, sia amministrative che penali, reintroducendo, sia pur limitatamente ai "piccoli" abusi, la sanabilità ex post..

In particolare, si ricorda che il richiamato comma 36 è intervenuto sul regime sanzionatorio (su cui infra) attraverso una depenalizzazione per alcuni reati paesistici di impatto ambientale “minore”[23], specificamente indicati, qualora l’autorità amministrativa competente alla tutela del vincolo accerti la compatibilità paesaggistica dell’abuso commesso.

Le disposizioni recate dai commi 37-39, invece, recano la vera e propria disciplina condonistica penale, limitatamente ad interventi eseguiti entro e non oltre il 30 settembre 2004 senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa. I termini essenziali del condono paesaggistico possono essere così riassunti:

§         si dispone, al comma 37, l’estinzione del reato di cui all’art. 181 del “codice Urbani” per i lavori compiuti su beni paesaggistici – senza autorizzazione o in difformità da essa - prima della data del 30 settembre 2004 (previo pagamento di una sanzione pecuniaria e accertamento di compatibilità paesaggistica);

§         si disciplina, al comma 38, l’utilizzo delle somme riscosse;

§         al comma 39, si regola la procedura per l’accertamento di compatibilità ambientale.

Vigilanza

Gli artt. 153 e 154 hanno riconosciuto – come si leggeva nella relazione illustrativa - il dato fattuale della delega ai comuni delle competenze regionali relative all’autorizzazione per il collocamento di cartelli e altri mezzi pubblicitari nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici e alla facoltà di imporre, nelle località contemplate dalle lettere c) e d) dell’articolo 136, che sia dato alle facciate dei fabbricati, il cui colore rechi disturbo alla bellezza dell’insieme, un diverso colore che con quella armonizzi.

Il successivo art. 155 incarica le regioni di vigilare sull’ottemperanza alle disposizioni contenute nel presente decreto legislativo da parte delle amministrazioni da loro individuate per l’esercizio delle competenze in materia di paesaggio, prevedendo che, in caso di inottemperanza o di persistente inerzia, la regione possa esercitare i poteri sostitutivi.

Disposizioni di prima applicazione e transitorie

L’art. 156, comma 1, prevede la verifica di conformità e l’eventuale successivo adeguamento alle norme dell’art. 143 - entro il 1° maggio 2008 -, per i piani adottati dalle regioni sulla base delle previsioni dell’art. 149 del precedente T.U. del 1999 (d.lgs. n. 490).

Lo stesso comma incarica il Ministero di provvedere in via sostitutiva qualora decorra inutilmente il termine sopraindicato.

Ai fini delle citate verifiche ed adeguamenti i commi successivi prevedono che il Ministero provveda alla stipula di:

§         una convenzione con le regioni (sulla base di uno schema generale predisposto dal Ministero, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni), volta a stabilire “le metodologie e le procedure di ricognizione, analisi, censimento e catalogazione degli immobili e delle aree oggetto di tutela, ivi comprese le tecniche per la loro rappresentazione cartografica e le caratteristiche atte ad assicurare la interoperabilità dei sistemi informativi” (comma 2);

§         intese con le medesime regioni per disciplinare lo svolgimento congiunto della verifica e dell'adeguamento dei piani paesaggistici (comma 3).

Lo stesso comma 3 dispone che “nell'intesa è stabilito il termine entro il quale devono essere completati la verifica e l'adeguamento, nonché il termine entro il quale la regione approva il piano adeguato” e che “il contenuto del piano adeguato forma oggetto di accordo preliminare tra il Ministero e la regione”.

 

L’art. 158 demanda ad apposite disposizioni regionali l’attuazione del provvedimento, disponendo nelle more l’applicabilità del regolamento approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.

L’art. 159 disciplina il procedimento di autorizzazione in via transitoria, previsto fino al 1° maggio 2008 o, se anteriore, all'approvazione o all'adeguamento dei piani paesaggistici.

Si segnala, infine, che il decreto legislativo n. 157/2006 ha introdotto tre nuovi commi all’art. 182 (commi da 3-bis a 3-quater) recanti disposizioni transitorie conseguenti alle modifiche introdotte nel testo soprattutto all’art. 146, comma 12 e all’art. 167 (su cui infra).

In particolare il comma 3-bis dell’art. 182 è finalizzato a disciplinare la sorte di numerosi procedimenti di autorizzazione in sanatoria, la cui domanda è stata presentata entro il 30 aprile 2004, pendenti alla data del 12 maggio 2006[24] o definiti con determinazione di improcedibilità della domanda per il sopravvenuto divieto, senza pronuncia nel merito della compatibilità paesaggistica dell'intervento.

 

La relazione illustrativa allo schema di decreto, poi divenuto il d.lgs. n. 157/2006, sottolinea, al riguardo, che si è ammessa una sorta di "ultrattività" sostanziale del vecchio regime pretorio ammissivo (senza limiti) di tale sanabilità e, anche per ragioni di tutela dell'affidamento del cittadino, tenuto conto anche del confuso intreccio normativo venutosi a creare per la sopravvenienza della norma del dicembre 2004 (legge n. 308 del 2004), si è ammessa la possibilità che i procedimenti relativi alle domande di autorizzazione paesaggistica in sanatoria presentate entro il 30 aprile 2004 e ancora pendenti possano essere definiti nel merito.

 

Il successivo comma 3-ter, invece, mira a chiarire l’efficacia anche amministrativa delle domande di condono paesaggistico presentate entro il 30 gennaio 2005 (comma 3-ter)[25].

Tale comma dispone, infatti, che le previsioni recate dal comma 3-bis vadano applicate anche alle domande di sanatoria presentate nei termini ai sensi dell'articolo 1, commi 37 e 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ferma restando la quantificazione della sanzione pecuniaria ivi stabilita. Il parere della soprintendenza di cui all'articolo 1, comma 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, si intende vincolante.

Sanzioni

Si segnalano in particolare l’art. 167 che, tra le sanzioni amministrative, prevede l’ordine di rimessione in pristino, nel caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza e l’art. 181 che reca invece sanzioni penali per le opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa.

Una rilevante modifica introdotta nel codice per opera del d.lgs. n. 157/206 riguarda il comma 1 dell’art. 167 ove viene eliminata, rispetto al testo originario del Codice, una delle due sanzioni che potevano essere comminate, in alternativa, dall’amministrazione preposta alla gestione del vincolo, vale a dire quella pecuniaria e, mantenuta, invece solo quella demolitoria della rimessione in pristino a spese del trasgressore.

 

La finalità della disposizione, come tra l’altro sottolineato nella relazione illustrativa, è volta ad una più penetrante tutela del paesaggio, in quanto tutti gli abusi vengono puniti con la demolizione e si è, inoltre, “introdotta una soluzione che elimina l'ambigua formula dell'articolo 167, comma 1, ereditata dall'articolo 15 della legge n. 1497 del 1939, che ammetteva la «scelta» dell'amministrazione, preposta alla gestione del vincolo tra sanzione pecuniaria e sanzione demolitoria (formula la cui ambiguità aveva «legittimato» l'invenzione pretoria dell'autorizzazione postuma in sanatoria), e la si è sostituita con la perentoria affermazione, di reale tutela del paesaggio, per cui tutti gli abusi sono puniti con la demolizione (in quanto sanzione ripristinatoria di tutela del bene protetto, al di là del suo contenuto afflittivo)”. A temperare la severità di tale regola generale si è però affiancata l’eccezione della sanabilità, previa valutazione dell'amministrazione competente, dei soli «piccoli abusi» che non comportino aggiunte di superfici o di volumi e abbiano, quindi, un impatto meno rilevante sul paesaggio.


Lo schema di decreto correttivo in esame. Le principali linee di intervento.

Le disposizioni generali (articoli 5 e 6)

L’articolo 1 dello schema di decreto correttivo in esame apporta limitate modifiche alla Parte prima del Codice dei beni culturali e ambientali, recante le disposizioni generali.

Esso in particolare novella l’articolo 5, comma 6,  (relativo alla cooperazione degli enti territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale), prevedendo espressamente la garanzia di un livello di governo unitario ed adeguato alle diverse finalità perseguite rispetto all’esercizio delle funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici da parte dello Stato e delle Regioni.

 

Sul riparto di competenze tra Stato e Regioni rispetto alla tutela del paesaggio, anche alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 367 del 2007, cfr. infra.

 

Per quanto riguarda la modifica all’articolo 6, comma 1, terzo periodo, del codice (su cui anche infra), essa è volta a riferire al “paesaggio” (piuttosto che, come nel testo vigente, ai “beni paesaggistici”) la norma che riconduce alla nozione di “valorizzazione” la “riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati”. 

La definizione di paesaggio e i principi relativi alla sua tutela e valorizzazione (articoli 131-134)

Le lettere da a) a d) dell’articolo 2, comma 1 – attraverso la sostituzione integrale degli articoli da 131 a 133 del “codice Urbani” - intervengono sulla definizione di paesaggio, nonché sui principi generali in materia di tutela e conservazione del paesaggio, a tal fine disciplinando anche la cooperazione tra le amministrazioni pubbliche.

Il nuovo testo dell’articolo 131, in particolare:

§         al comma 1, modifica la definizione di paesaggio, facendo in particolare riferimento non più a “parti di territorio” bensì al “territorio espressivo di identità”;

§         al comma 2, rispetto al testo vigente che fa generico riferimento alla salvaguardia dei valori che il paesaggio esprime “quali manifestazioni identitarie percepibili”, individua l’oggetto di tutela “relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell'identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali”;

§         al comma 3, contiene un’esplicita indicazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato rispetto alla definizione di norme di tutela del paesaggio e la qualificazione delle medesime quali limite all'esercizio delle funzioni regionali in materia di governo e fruizione del territorio.

 

Tale previsione è in linea con la giurisprudenza costituzionale e da ultimo con la sentenza n. 367 del 2007, che ha in particolare affermato che “Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni”.

Si richiamano inoltre le precedenti sentenze n. 196 del 2004, che ha confermato la tesi radicata in dottrina secondo la quale il paesaggio è “forma del territorio e dell’ambiente”, la cui tutela rappresenta valore costituzionale primario  “primarietà che la stessa giurisprudenza costituzionale ha esplicitamente definito come “insuscettibilità di subordinazione ad ogni altro valore costituzionalmente tutelato, ivi compresi quelli economici”; la sentenza n. 51 del 2006, nella quale la Corte, con chiarezza, ha affermato che “il titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione” è comprensivo “tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali” (cfr. anche la sentenza n. 182 del 2006).

 

Si segnala che la Conferenza unificata, nel parere reso lo scorso 28 febbraio, subordina il suo parere favorevole sullo schema di decreto correttivo all’impegno del Governo all’attivazione “di un tavolo di confronto per la definizione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione, previste all’art. 145 del Codice in oggetto”.

 

§         ai commi da 4 a 6, individua le finalità della tutela e della valorizzazione del paesaggio, nonché i principi informatori dell’attività dei soggetti che intervengono sul territorio.

 

La relazione illustrativa precisa che la tutela “costituisce un’espressione di sintesi con cui si indica sia l’attività conoscitiva, intesa ad accertare l’esistenza di valori paesistici meritevoli di protezione, sia il sistema della valutazione preventiva di compatibilità, con tali valori, degli interventi da realizzare” e che la valorizzazione è “destinata ad assicurare e a sostenere interventi di conoscenza, conservazione, riqualificazione, informazione e formazione, così da contribuire, attraverso di essa, allo sviluppo della cultura”.

 

La relazione illustrativa ricollega al nuovo testo dell’articolo 131, anche la novella apportata all’articolo 6, comma 1, terzo periodo, del codice, dall’articolo 1, comma, lett. b), in materia di valorizzazione del patrimonio culturale, che, con portata estensiva, riferisce al “paesaggio” (piuttosto che, come nel testo vigente, ai “beni paesaggistici”) la norma relativa alla qualificazione quale valorizzazione della “riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati”.  

 

Nel nuovo testo dell’articolo 132, relativo alle convenzioni internazionali, rispetto all’attuale testo dell’articolo 133, ci si limita a richiamare il comma 2, che detta una norma sulla ripartizione delle competenze in materia di paesaggio,  rinviando ai principi costituzionali e all’applicazione della Convenzione Europea sul paesaggio.

 

Con riferimento, invece, alla cooperazione tra le amministrazioni pubbliche, si segnala nel nuovo testo dell’articolo 133, rispetto al vigente articolo 132:

§         la specificazione, al comma 1, che la definizione delle politiche per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio viene effettuata “d’intesa” tra il Ministero e le regioni;

§         l’attribuzione, al comma 2, al Ministero e alle regioni – piuttosto che genericamente alle amministrazioni pubbliche – del compito di cooperare per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti l'attività di pianificazione territoriale, nonché la gestione dei conseguenti interventi;

§         la conseguente previsione, al comma 3, dell’obbligo per gli altri enti pubblici territoriali di conformare la loro attività di pianificazione agli indirizzi e ai criteri di cui al comma 2 e, nell'immediato, di adeguare gli strumenti vigenti.

 

Con riferimento, infine, all’individuazione dei beni paesaggistici, di cui al nuovo testo dell’articolo 134, si segnala l’introduzione della condizione che gli ulteriori immobili e aree di cui alla lettera c), oltre a essere sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156, siano specificamente individuati a norma dell’articolo 136.

 

La relazione illustrativa individua la ratio della disposizione nell’esigenza di evidenziare che “i beni paesaggistici sono individuati, a seguito di accertamenti di natura tecnico-discrezionale, con riguardo alle tipologie indicate in via generale dalle disposizioni del codice distintamente richiamate in detta norma”.

 

Occorre valutare l’opportunità di un coordinamento tra la nuova lettera c) e la lettera a) dell’articolo 134, al fine in particolare di chiarire se la prima si riferisce alle aree e agli immobili riconducibili alle tipologie indicate all’articolo 136, che tuttavia non sono stati dichiarati di notevole interesse pubblico a norma degli articoli 138-141.

La pianificazione paesaggistica (artt. 135, 143, 144 e 145)

L’articolo 135, in materia di pianificazione paesaggistica, viene integralmente sostituito dalla lettera e).

La diversa formulazione del comma 1, in relazione alle finalità della pianificazione paesaggistica, sembra sottolineare il carattere onnicomprensivo di quest’ultima, volta a garantire la conoscenza, la salvaguardia e la gestione di tutto il territorio, in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono.

Nella formulazione vigente la norma, infatti, non si riferisce al territorio ma al paesaggio.

 

Quanto alla collaborazione con lo Stato da parte delle regioni per l’elaborazione dei piani paesaggistici, essa cessa di essere eventuale, per divenire obbligatoria.

Tuttavia tale obbligo di collaborazione con il Ministero non riguarda la redazione dell’intero piano, ma viene limitato ai beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo.

Si ricorda, in proposito, che le citate lettere b), c) e d) del nuovo testo dell’art. 143, previsto dallo schema in esame, riguardano la ricognizione/individuazione di:

b)  immobili ed aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136;

c)  aree tutelate per legge, di cui all’art. 142, comma 1;

d)  ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell'art. 134, lettera c).

 

La relazione illustrativa dopo aver ricordato come il nuovo testo del comma 1 dell’art. 135, conformemente alla sentenza n. 367/2007 della Corte, confermi l’attribuzione alle regioni della redazione dei piani paesaggistici, precisa che, in base all’ultimo periodo dello stesso comma, “la redazione dei piani, per la parte avente ad oggetto i beni paesaggistici in senso proprio, è effettuata congiuntamente dal Ministero e dalla regione di volta in volta competente”. Ciò in relazione all’esigenza, “anche alla luce della gerarchia degli interessi pubblici afferenti al territorio, per come delineata dalla più volte citata sentenza della Corte n. 367/2007” di “assicurare allo Stato, titolare dell’interesse preminente, quello alla conservazione del paesaggio vincolato, un ruolo pregnante, di coordinamento operativo, nella definizione di normative d’uso del territorio vincolato specificamente intese ad assicurare la conservazione dei suoi tratti caratteristici sotto il profilo paesaggistico”.

 

In proposito, la Corte, nella più volte citata sentenza n. 367 del 2007, afferma esplicitamente che “sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni” e aggiunge che “la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni”. La Corte precisa inoltre che si tratta di due tipi di tutela necessariamente distinti, ma che possono essere coordinati fra loro; nel caso specifico, il coordinamento è rappresentato dall’attribuzione alle Regioni del compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale, con l'osservanza tuttavia delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato. A tal fine, la Corte richiama In particolare, l'art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, che ha previsto la possibilità, per le Regioni, di stipulare intese con il Ministero per i beni culturali ed ambientali e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per «l'elaborazione congiunta dei piani paesaggistici», precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso è poi «approvato con provvedimento regionale».

 

La novella in esame all’articolo 135 incide anche sul contenuto dei piani paesaggistici, attraverso in particolare il nuovo comma 3[26], che prevede che i piani devono predisporre specifiche normative d’uso e provvedere all’attribuzione di adeguati obiettivi di qualità per ognuno degli ambiti individuati nel piano.

Il riferimento all’”individuazione dei diversi ambiti e degli obiettivi di qualità” è confermato dall’articolo 143, comma 1, lett. i), che definisce il contenuto del piano paesaggistico.

Sia il comma 3 dell’articolo 135 in commento sia l’articolo 143, comma 1, lett. i), appaiono volti a rafforzare la generica finalità di “tutelare e migliorare la qualità del paesaggio” prevista dal vigente comma 3 e, nel contempo, di rendere la normativa nazionale maggiormente aderente alla Convenzione europea sul Paesaggio, la quale prevede gli obiettivi di qualità, definendoli all’articolo 1, lettera c), e rinviando alla legislazione degli Stati membri una più dettagliata definizione degli stessi (art. 6).

Si ricorda che, nel testo vigente dell’articolo 143, il riferimento agli “obiettivi di qualità paesaggistica” (contenuto nel testo del previdente comma 2) è stato invece espunto a seguito della novella apportata dal decreto legislativo n. 157 del 2006, motivata soprattutto dalla difficoltà di definire tale nozione, posto che i valori paesaggistici sono difficilmente collegabili a fattori passibili di misurazione.

 

Relativamente ai commi 2 e 4 del nuovo testo dell’art. 135, essi non apportano variazioni di rilievo, tali da modificare la finalità delle norme.

 

Il nuovo testo dell’art. 143 elenca, al comma 1, le attività che rientrano nell’elaborazione del piano paesaggistico.

Come sottolineato nella relazione illustrativa, “la novella ha consentito di riordinare, al comma 1, la sequenza logica delle operazioni conoscitive, in sede di pianificazione paesistica, concernenti le aree di interesse paesaggistico: si è previsto, infatti, che in primo luogo si provveda alla «ricognizione», ed alla conseguente perimetrazione, dei vincoli già esistenti, sia di quelli imposti ex lege, sia di quelli a carattere provvedimentale; che in secondo luogo, alla stregua dei criteri di interesse paesaggistico fissati all'art. 136, si proceda alla individuazione e delimitazione di ulteriori aree di interesse paesaggistico; e che, in terzo luogo, si proceda alla individuazione delle caratteristiche paesaggistiche dei diversi contesti costituenti l'intero territorio pianificato, delimitandone i relativi ambiti”.

 

Il riordino operato consente quindi di evidenziare le seguenti fasi di cui si compone la procedura dell’elaborazione del piano:

§         ricognizione del territorio e dei vincoli esistenti - lettere a), b) e c);

§         individuazione e delimitazione di ulteriori aree di interesse paesaggistico – lettere d) ed e);

§         analisi del territorio e individuazione di interventi (recupero e riqualificazione delle aree degradate, misure necessarie per il corretto inserimento nel contesto paesaggistico, ai fini di uno sviluppo sostenibile, degli interventi di trasformazione del territorio)- lettere f), g) e h);

§         individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità – lettera i).

Si noti che, rispetto al testo vigente, scompaiono le disposizioni recate dalle vigenti lettere e) ed f). Il disposto della lettera e) appare infatti superfluo alla luce del dettato del nuovo comma 3 dell’art. 135, così come quelle della lettera f) appaiono incluse nel nuovo testo, più articolato, delle lettere b) e c).

Lo stesso dicasi per il testo del vigente comma 2, che non appare più necessario alla luce delle integrazioni apportate alle lettere b), c) e d), ove si prevede la determinazione delle prescrizioni d’uso dei vari beni paesaggistici.

 

Il nuovo comma 2 dell’art. 143 conferma quanto previsto dal vigente comma 3, in merito alla facoltà per regioni, Ministero dei beni e delle attività culturali e Ministero dell’ambiente di stipulare intese per l’elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, facendo tuttavia salvo quanto previsto dal sopra richiamato articolo 135, comma 1, terzo periodo (che prevede l’obbligatorietà dell’elaborazione congiunta rispetto ai beni paesaggistici di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d). Da un punto di vista procedurale, la disposizione conferma il rinvio ad apposito accordo fra pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 15 della legge n. 241/1990.

 

Tale disposizione prevede che, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 14 (che disciplina la Conferenza di servizi), le amministrazioni pubbliche possano sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

 

Le novità procedurali di carattere sostanziale apportate dalla novella sono essenzialmente riconducibili alle seguenti:

§         il termine per l’approvazione del piano non è più fissato nei novanta giorni successivi all'accordo, ma viene stabilito nell’accordo stesso.

§         il potere riconosciuto al Ministero di approvare in via sostitutiva il piano, decorso inutilmente il termine di cui sopra, viene limitato ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, cioè a quelle parti del piano per le quali lo schema in esame introduce l’obbligo di elaborazione congiunta del piano da parte della regione e del Ministero.

 

Il nuovo comma 3 riscrive il testo del vigente comma 4 relativamente al parere reso dal soprintendente, una volta approvato il piano, nel procedimento autorizzatorio di cui agli artt. 146-147.

Nel testo vigente il carattere soltanto obbligatorio oppure vincolante del parere è legato alla circostanza che il piano sia stato o meno approvato a seguito dell'accordo tra le amministrazioni di cui al comma precedente.

Nel testo in esame, invece,si prevede in ogni caso la vincolatività del parere rispetto agli interventi da eseguirsi nell’ambito dei beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1.

 

La motivazione deve essere ricercata, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, “in ragione della riconosciuta preminenza dell'interesse pubblico alla conservazione del paesaggio tutelato rispetto a quello pertinente alla fruizione del territorio (v. Corte Cost., sent. n. 367/2007)”.

 

I commi seguenti dell’articolo in esame ripropongono, nella sostanza, il testo vigente.

Il nuovo comma 9, invece, prevede che:

§         a far data dall’adozione del piano non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso; tale disposizione riproduce il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 144 (che viene quindi espunto dal testo di tale ultima disposizione);

§         a far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici; tale disposizione riprende il contenuto del testo dell’articolo 145, comma 3.

 

Per ragioni di chiarezza normativa, appare opportuno un coordinamento tra l’articolo 143, comma 9, secondo periodo, e l’articolo 145, comma 3, che si riferiscono entrambi alla cogenza dei piani e alla loro prevalenza sulle previsioni dei piani territoriali e urbanistici.

 

L’art. 144, disciplinante la pubblicità e la partecipazione nei procedimenti di approvazione dei piani, è soggetto ad interventi correttivi di drafting, come sottolineato nella relazione illustrativa.

 

Relativamente all’art. 145, la relazione illustrativa segnala che le modifiche apportate dallo schema in esame chiariscono “i rapporti di coordinamento fra gli strumenti di pianificazione paesistica e gli altri strumenti pianificatori, sia territoriali che di settore, confermando (v. modifica al comma 1) la natura di «compito di rilievo nazionale» (già sancita anche dall'art. 52, co. 1, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, recante la definizione degli assetti tra Stato e autonomie) della funzione ministeriale di individuazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio, con riguardo alla tutela del paesaggio, e quindi (v. integrazione del comma 3) modifica la inderogabilità delle previsioni di piano paesistico da parte di piani, programmi o progetti di qualsiasi natura”.

 

La relazione illustrativa, inoltre, precisa che la prevalenza dei piani paesaggistici anche rispetto ai piani degli enti gestori delle aree protette, peraltro già prevista nel testo vigente del comma 3 dell’articolo 145, “ben si giustifica anche in considerazione della partecipazione dello Stato alla elaborazione dei piani paesaggistici con riguardo alle aree vincolate (art. 135, comma 1). Tale modalità di elaborazione costituisce sufficiente garanzia di adeguata tutela degli interessi perseguiti attraverso i piani parco”.

 

Si segnala altresì la modifica al comma 2, volta a far sì che la previsione, nei piani paesaggistici, di misure di coordinamento con altri strumenti di pianificazione (territoriale e di settore, nonché piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico), non sia più obbligatoria (come prevede il testo vigente), ma divenga facoltativa.

 

Infine si segnala la modifica del comma 4, che interviene sulle procedure per la conformazione dei vari piani al piano paesaggistico, introducendo in particolare un rinvio alla legge regionale.

L’individuazione dei beni paesaggistici (art. 136-142)

La relazione illustrativa evidenzia che le modifiche all’art. 136 sono intese a “dare spazio, nell'ambito delle tipologie di «bellezze naturali» tutelabili, alle valenze storico-morfologiche, anche con riguardo ad interi centri abitati, accanto a quelle tradizionali, prevalentemente estetiche”.

In particolare, si sottolinea l’esclusione delle zone di interesse archeologico (che comunque rientrano tra le aree tutelate per legge, ai sensi della lettera m) del comma 1 dell’art. 142, che viene conseguentemente modificata dallo schema in esame[27]), ma soprattutto l’inserimento, tra gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico, dei centri e nuclei storici.

Si ricorda, in proposito, che sia lo schema del d.lgs. n. 42/2004[28] che lo schema del primo decreto correttivo (d.lgs. n. 157/2006)[29] contenevano disposizioni di contenuto analogo, che tuttavia non erano state riprodotte nella versione definitiva dei decreti legislativi adottati.

Nelle relazioni illustrative di tali schemi, l’introduzione dei centri storici veniva motivata sulla base dell’opportunità di “riconoscere nella norma il dato fattuale”, visto che una rilevazione statistica svolta nel passato ha permesso di accertare che “su 2.166 decreti di vincolo ex legge 1497/1939, ben 129 riguardavano centri storici e comunque altri 614 avevano per oggetto un intero territorio comunale” e giustificata dal fatto che “il vincolo paesaggistico dei complessi di immobili può ben riguardare i centri storici, come del resto già suggerito dall'articolo 9, punto 4, del regolamento di cui al r.d. 1357 del 1934”.

Si segnala che nelle premesse del parere espresso dall’VIII Commissione sullo schema di decreto correttivo[30], si prendeva atto che “in merito ai beni assoggettabili a vincolo paesaggistico con provvedimento regionale, la definizione di centro storico, propria della materia urbanistica e caratterizzata dalla non omogeneità degli immobili in essa ricompresi, non appare mutuabile ai fini della tutela del paesaggio, poiché è orientamento consolidato della giurisprudenza che il vincolo paesaggistico debba essere imposto su beni oggetto di puntuale individuazione” e, conseguentemente, con una specifica osservazione, si chiedeva di espungere il riferimento ai centri storici dal testo dell’articolo 136. Il parere reso dalla VII Commissione sullo schema di codice dei beni culturali e del paesaggio[31] recava invece l’espressa condizione della soppressione, all'articolo 136, comma 1, lettera c), delle parole: «ivi compresi i centri storici, gli antichi castelli, villaggi e borghi, gli agglomerati urbani e le zone di interesse archeologico».

 

L’unica modifica rilevante apportata all’art. 137 appare quella recata al secondo periodo del comma 2, finalizzata – come sottolineato dalla relazione illustrativa – a “rendere più stringente l'obbligo delle regioni, nel costituire le apposite commissioni cui affidare il compito di formulare proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico, a scegliere i componenti di dette commissioni nell'ambito delle terne designate dalle università, dalle istituzioni aventi come fine statutario la tutela del paesaggio, e dalle associazioni ambientaliste individuate dalle vigenti disposizioni in materia di tutela dell'ambiente”. Infatti tale modalità di scelta non è più eventuale ma deve essere operata di norma.

Si prevede, inoltre, attraverso una apposito periodo aggiuntivo, l’integrazione della commissione con un rappresentante del competente comando regionale del Corpo Forestale dello Stato nei casi in cui la proposta riguardi filari, alberate ed alberi monumentali.

 

All’art. 138,integralmente riscritto, le modifiche sostanziali apportate riguardano essenzialmente i seguenti aspetti:

§         il potere di iniziativa per l’avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico viene esteso (dal nuovo testo del comma 1) anche ai componenti di parte ministeriale delle commissioni di cui all’art. 137.

Si tratta del soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio e del soprintendente per i beni archeologici competenti per territorio (art. 137).

§         il riconoscimento (da parte del nuovo testo del comma 3) del potere autonomo del Ministero, su proposta motivata del soprintendente, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136.

La relazione illustrativa richiama in proposito la sentenza della Corte costituzionale n. 334 del 1998 e ricorda che “la potestà ministeriale di procedere in via autonoma alla individuazione e sottoposizione a tutela di beni paesaggistici è tuttora prevista e disciplinata dall'articolo 82, secondo comma, lettera a), del decreto legislativo 24 luglio 1977, n. 616” e che “pertanto, la riproposizione di tale statuizione al comma 3 dell'art. 138 si accompagna alla previsione di abrogazione della disposizione dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 testé richiamata”, disposta dall’art. 5 dello schema in esame.

 

Nella sentenza n. 334 del 1998, la Corte ha ritenuto legittima l’integrazione da parte dello Stato degli elenchi delle bellezze naturali approvate dalle regioni. Secondo la Corte, tale potere di integrazione “corrisponde all'interesse, tutt'altro che secondario, della tutela (garantita dalla Costituzione tra i principi fondamentali ed affidata alla Repubblica nel suo insieme) del paesaggio, da intendersi come comprensivo dei valori ambientali insiti nelle bellezze naturali”. Si tratta quindi di un autonomo potere dello Stato, il cui esercizio “può portare anche a valutazione difforme, purché motivata e con completezza istruttoria, come iniziativa limitata e diretta alla sola imposizione di nuovo (integrativo ed additivo) vincolo, che si sovrappone (in ampliamento delle località vincolate a causa della priorità dell'interesse tutelato e degli indefettibili compiti di rilievo nazionale a tutela dell'ambiente e delle bellezze naturali) alla valutazione e alle precedenti iniziative e determinazioni positive regionali”.

L’articolo 82, secondo comma, lettera a), del decreto legislativo n. 616 del 1977 delega alle regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato concernenti l'individuazione delle bellezze naturali, facendo tuttavia salvo il potere del Ministro per i beni culturali e ambientali, sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, di integrare gli elenchi delle bellezze naturali approvate dalle regioni.

 

Si segnala che la Conferenza unificata, con un apposito emendamento, chiede la riformulazione riformulazione del comma 3, al fine di prevedere il parere della Regione interessata - da acquisire entro 30 giorni dalla richiesta – per l’esercizio del potere del Ministero di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all’articolo 136.

 

Le modifiche apportate all’articolo 139 sono – come sottolineato dalla relazione illustrativa – “di mero drafting”.

Per quanto riguarda la novella all’articolo 140, si segnala la modifica del comma 2 che ha la finalità – evidenziata nella relazione illustrativa – di “meglio definire contenuti e finalità della disciplina d'uso delle aree sottoposte a vincolo paesaggistico, che deve essere tale da assicurare la conservazione dei tratti caratteristici del territorio che hanno determinato l'imposizione del vincolo”.

Nello stesso comma 2, viene inoltre inserita una parte volta a statuire l’immutabilità della dichiarazione di notevole interesse pubblico, che costituisce parte integrante del piano paesaggistico, nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo.

 

Lo schema di decreto in esame procede inoltre ad una integrale riscrittura dell’art. 141 (Provvedimenti ministeriali) e all’introduzione dell’articolo 141-bis (Integrazione del contenuto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico).

L’attuale articolo 141 disciplina l’esercizio del potere ministeriale sostitutivo per l’emanazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico, qualora la commissione o la regione non provvedano nei termini stabiliti.

L’esercizio di tale potere sostitutivo viene disciplinato, nel testo recato dallo schema in esame, dal nuovo articolo 141-bis, seppur in un contesto diverso (v. infra). Il nuovo testo dell’art. 141 riguarda, invece, le dichiarazioni di notevole interesse pubblico emanate autonomamente dal Ministero (sulla base del potere riconosciutogli dal nuovo testo dell’art. 138, comma 3), per le quali viene riproposta – in sostanza – la procedura prevista dal vigente art. 141 per le dichiarazioni “sostitutive”.

Il comma 1 del nuovo testo dell’art. 141 estende l’applicazione della procedura prevista dagli articoli 139 e 140 ai procedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 138, comma 3. Le successive disposizioni delineano specificamente quindi la disciplina per l’adozione autonoma da parte del Ministero della dichiarazione di notevole interesse pubblico.

Nel riadattare la procedura prevista dal vigente art. 141 alla nuova fattispecie dichiarativa, vengono introdotte alcune modifiche. Le più rilevanti riguardano:

§      l’introduzione del parere del competente Comitato tecnico-scientifico, ai fini dell’adozione, da parte del Ministero, della dichiarazione di notevole interesse pubblico;

§      la specificazione del fatto che tale dichiarazione deve essere adottata “a termini dell'articolo 140, commi 1 e 2”, che recano una specifica disciplina della dichiarazione;

§      l’inserimento di una norma di chiusura, relativa all’obbligo, in capo al Ministero, di trasmettere copia della dichiarazione e delle relative planimetrie ai comuni interessati, nonché all’obbligo, in capo alla soprintendenza, di vigilare sul fatto che i comuni mettano a disposizione del pubblico la documentazione ricevuta.

 

Si ricorda, infatti, che l’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 140 dispone che “Ogni dichiarazione di notevole interesse pubblico è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino Ufficiale della regione” e che, in base al comma 4, “Copia della Gazzetta Ufficiale è affissa per novanta giorni all'albo pretorio di tutti i comuni interessati. Copia della dichiarazione e delle relative planimetrie resta depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati”.

Ebbene, il nuovo comma 4 dell’art. 141 dispone che “La trasmissione ai comuni del numero della Gazzetta Ufficiale contenente la dichiarazione, come pure la trasmissione delle relative planimetrie (quindi della documentazione di cui il comma 3 dell’art. 140 prescrive la pubblicazione e che deve essere messa a disposizione del pubblico da parte del comune, ai sensi del successivo comma 4), è fatta dal Ministero, per il tramite della soprintendenza, entro dieci giorni dalla data di pubblicazione del numero predetto. La soprintendenza vigila sull'adempimento, da parte di ogni comune interessato, di quanto prescritto dall'articolo 140, comma 4, e ne dà comunicazione al Ministero”.

 

Il nuovo art. 141-bis – come evidenziato nella relazione illustrativa – statuisce, al comma 1, “l’obbligo, per le amministrazioni interessate (rispettivamente, Ministero e regioni) di provvedere all'integrazione dei vincoli paesaggistici già emanati, corredandoli della disciplina d'uso delle aree sottoposte a tutela, recante, in conformità a quanto previsto per i vincoli da imporre ex novo dall'art. 140, la regolamentazione puntuale e specifica delle trasformazioni compatibili con i valori paesaggistici espressi dalle aree medesime. Tale previsione ovviamente non si pone in contrasto con il più generale dovere di procedere alla pianificazione territoriale paesistica, ma anzi ne costituisce una regolamentazione anticipata e speciale per le aree di maggiore valenza paesistica, atteso che tale disciplina d'uso, una volta stabilita, diventa parte integrante della futura pianificazione territoriale, non soggetta a modifiche da parte di quest'ultima (v. art. 140, co. 2, la cui disciplina è espressamente richiamata dall'art. 141-bis, co. 1)”. Il successivo comma 2 fissa un termine per l’adempimento di tale obbligo da parte delle regioni, decorso il quale è previsto il potere sostitutivo del Ministero.

Rispetto al testo vigente, quindi, l’articolo 141-bis disciplina l’esercizio del potere sostitutivo del Ministero limitatamente al caso di mancata emanazione da parte della regione di provvedimenti integrativi di vincoli paesaggistici già emanati.

Il comma 3 dell’art. 141-bisattribuisce ai provvedimenti integrativi gli stessi effetti giuridici e lo stesso regime di pubblicità previsti dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 140 per le dichiarazioni di notevole interesse pubblico.

 

Relativamente all’art. 142, la relazione illustrativa sottolinea che “gli interventi di drafting sono finalizzati, quanto alle zone di interesse archeologico, a consentire l'esercizio dell'azione di tutela paesaggistica senza vincoli di ordine temporale, attesa la costante evoluzione della ricerca archeologica”.

Tale modifica appare inoltre consequenziale all’esclusione, operata dallo schema in esame, delle zone archeologiche dagli immobili ed aree di notevole interesse pubblico di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 136. L’eliminazione del vincolo temporale previsto dalla lettera m)consente di tutelare le zone di interesse archeologico individuate dopo l’entrata in vigore del codice.

La relazione prosegue evidenziando che, quanto alle aree zonizzate degli strumenti urbanistici, gli interventi sono volti “a riportare alla loro originaria formulazione le statuizioni del Codice in ordine al regime derogatorio per esse valevole, a determinate condizioni, rispetto alla generale vigenza del vincolo paesaggistico imposto ex lege. La previsione originaria del Codice, conforme a quanto disposto dalla previgente normativa di riferimento, costituita dalle statuizioni di cui all'art. 146, co. 2 e 3, del dlgs. n. 490/1999, […] è stata novata dall'art. 12 del dlgs. n. 157/2006 con formula non del tutto coerente con le statuizioni testé richiamate”.

Si ricorda, in proposito, che la lettera b) del comma 2 dell’art. 142 del d.lgs. n. 42/2004 (nella sua originaria formulazione[32]) riproduceva il disposto della lett. b) del comma 2 dell’art. 146 del d.lgs. n. 490/1999 che disponeva la non applicazione delle disposizioni previste dal comma 1 alle aree che alla data del 6 settembre 1985 “limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione, erano delimitate negli strumenti urbanistici a norma del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 come zone diverse da quelle indicate alla lettera a) e, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati a norma dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865”.

Lo stesso dicasi per il comma 3 dell’art. 146 del d.lgs. n. 490/1999, riprodotto dall’art. 142, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004 (nella sua originaria formulazione[33]), secondo cui “La disposizione del comma 1 non si applica ai beni ivi indicati alla lettera c) che, in tutto o in parte, siano ritenuti irrilevanti ai fini paesaggistici e pertanto inclusi in apposito elenco redatto e reso pubblico dalla Regione competente. Il Ministero, con provvedimento adottato con le procedure previste dall'articolo 144, può tuttavia confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni”.

La disciplina delle autorizzazioni (artt. 146-155)

La sostituzione del vigente art. 146 è finalizzata al riordino complessivo e alla sistematizzazione della procedura autorizzatoria ordinaria.

 

Si rammenta che il capo IV, relativo al controllo e alla gestione dei beni soggetti a tutela, prevede due tipi di autorizzazione (analogamente a quanto previsto dal T.U. del 1999):

§         quella ordinaria, disciplinata dall’art. 146;

§         quella relativa ad opere da eseguirsi da parte di amministrazioni dello Stato, regolata dall’art. 147, a cui si aggiunge l’autorizzazione “in via transitoria” (prevista nell’ambito del capo V all’art. 159) che viene concessa nelle more dell’adeguamento – previsto dall’art. 143 - dei piani paesistici.

 

Pertanto la novazione di alcuni commi, come sottolinea anche relazione illustrativa, “risponde, in buona sostanza, ad esigenze di sistemazione logica della materia disciplinata”.

 

Tra queste modifiche: le disposizioni sul divieto di iniziare i lavori fino al rilascio dell’autorizzazione, attualmente contenute nel comma 9, vengono più correttamente riportate nel comma 2; il comma 4, che regola natura giuridica ed efficacia dell'autorizzazione paesaggistica, raggruppa in un'unica disposizione statuizioni attualmente contenute in vari commi, prevedendo anche la durata quinquennale dell’autorizzazione per un periodo di cinque anni, scaduto il quale è necessaria una nuova autorizzazione. Si segnala, inoltre, al comma 3, l’attribuzione al Ministro per i beni e le attività culturali del potere di proposta rispetto al D.P.C.M. di individuazione della documentazione da presentare a corredo del progetto e l’eliminazione del termine per l’emanazione di tale D.P.C.M. attualmente previsto dal comma 4[34].

 

Per quanto riguarda, invece, le novità sostanziali più significative introdotte con la novella:

§         al comma 5, viene esteso il parere vincolante del soprintendente in relazione a tutti gli interventi progettati in aree sottoposte a tutela per il loro interesse paesaggistico, sia con appositi provvedimenti sia direttamente dalla legge, salve, come indica la relazione illustrativa, “sempre le ipotesi di procedure semplificate, la cui operatività è però conseguente alla approvazione degli strumenti urbanistici adeguati agli atti di pianificazione paesistica”, disciplinate dall’articolo 143, commi 4 e 5.

§         al comma 6, vengono modificati i limiti alla delegabilità, da parte della regione, della funzione di autorizzazione paesaggistica, essenzialmente individuati dal vigente comma 3 nell’approvazione da parte della regione del piano paesaggistico e nell’adeguamento da parte del comune degli strumenti urbanistici.

 

Il comma 3 dispone in particolare che le regioni, ove stabiliscano di non esercitare direttamente la funzione autorizzatoria di cui al presente articolo, ne possono delegare l'esercizio alle province o a forme associative e di cooperazione degli enti locali in ambiti sovracomunali all'uopo definite ai sensi degli artt. 24, 31 e 32 del d.lgs. n. 267/2000, al fine di assicurarne l'adeguatezza e garantire la necessaria distinzione tra la tutela paesaggistica e le competenze urbanistiche ed edilizie comunali. La regione può delegare ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche nel caso in cui abbia approvato il piano paesaggistico ai sensi dell'art. 143, comma 3, e a condizione che i comuni abbiano provveduto al conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici. In ogni caso, ove le regioni deleghino ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, il parere della soprintendenza di cui al comma 8 del presente articolo resta vincolante.

 

Il nuovo testo del comma 6 prevede, invece, che nel caso la regione non intenda svolgere direttamente la funzione di autorizzazione paesaggistica può delegarne l'esercizio alle province, agli ambiti sovracomunali appositamente definiti ai sensi delle vigenti disposizioni sugli enti locali ovvero ai comuni, purché sussistano, presso tali enti condizioni organizzative – e in particolare strutture analoghe a quelle regionali – tali da poter assicurare un adeguato livello di conoscenze tecnico- scientifiche, nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica rispetto ad altri interessi pubblici relativi al governo del territorio.

In tal modo – evidenzia la relazione illustrativa - “si è ritenuto di poter precostituire garanzie organizzative e di competenza tecnica sufficienti ad assicurare, nello svolgimento della funzione autorizzatoria in materia paesaggistica, quell'adeguato livello di unitarietà dell'azione amministrativa richiesto dall'art. 118, primo co., Cost.”.

 

§         ai commi da 7 a 10, viene ridisegnato il procedimento di autorizzazione paesaggistica.

Il nuovo comma 7 affida all’amministrazione competente - regione, o agli enti locali delegati - la funzione di verifica preliminare dell’istanza (di qui la rilevanza della esistenza, presso tali enti, come appena detto, di apposite strutture specificamente dedicate), nonché della documentazione a corredo. Successivamente viene data comunicazione all’interessato dell’inizio del relativo procedimento e la documentazione, accompagnata da una relazione tecnico-illustrativa (non prevista dal comma 7 vigente), viene trasmessa al soprintendente per la espressione del relativo parere.

 

Si rammenta che il vigente testo del comma 7 prevede che l'amministrazione competente, acquisito il parere della commissione per il paesaggio di cui all'articolo 148 e valutata la compatibilità paesaggistica dell'intervento, entro il termine di quaranta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, trasmette al soprintendente la proposta di rilascio o di diniego dell'autorizzazione, corredata dal progetto e dalla relativa documentazione, dandone comunicazione agli interessati.

 

Il successivo comma 8 riduce i termini entro i quali il soprintendente è tenuto ad esprimere il parere – da sessanta a quarantacinque giorni dalla ricezione dei relativi atti e disciplina specificamente il caso in cui il soprintendente ritenga di dovere esprimere una valutazione negativa.

Nel caso di mancata espressione del parere da parte del soprintendente nel termine previsto, il comma 9 prevede l’immediata indizione da parte dell’amministrazione competente di una conferenza di servizi, alla quale partecipa anche il soprintendente.

 

Per quanto riguarda gli altri commi dell’articolo 146, si segnala il comma 12 (corrispondente al precedente comma 13), che, come sottolinea la relazione illustrativa, le cui modifiche “hanno inteso riportare a sistema il procedimento contenzioso in materia paesaggistica, eliminando alcune evidenti dissonanze introdotte dal d.lgs. n. 157/2006 (quale, ad esempio, l'obbligo per il giudice amministrativo di decidere sui ricorsi in materia paesaggistica anche nel caso di rinuncia del ricorrente per sopravvenuta carenza d’interesse”. Nel nuovo testo del comma 13 (vigente comma 14) viene allungato (da quindici a trenta giorni) il termine per l’aggiornamento dell’elenco delle autorizzazioni rilasciate da parte dell’amministrazione competente, e viene prevista la possibilità della sua libera consultazione anche in via telematica.

Come precisato nella relazione illustrativa, i commi 14 e 15 si propongono, infine, il recupero di competenze da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, in materia di rilascio di autorizzazioni per la coltivazione di cave e torbiere, la cui attività è suscettibile di incidere sullo stato dei luoghi vincolati, ferme restando anche le competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), della legge n. 349 del 1986. Si riporta invece nell'ambito delle competenze del Ministero dell'ambiente, l'autorizzazione allo svolgimento di attività minerarie di ricerca ed estrazione, la cui incidenza sullo stato dei luoghi è sicuramente di minor rilevanza.

Si ricorda che l’art. 2, comma 1, lett. d) della legge 8 luglio 1986, n. 349 recante “Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale”, assegna al Ministero le funzioni di competenza dello Stato nelle materie di cui all'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , in materia di cave e torbiere, da esercitarsi di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

 

Per quanto riguarda la disciplina delle autorizzazioni per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, di cui all’articolo 147, si segnala esclusivamente l’estensione anche alle amministrazioni statali dell'obbligo di corredare i progetti degli interventi nelle aree vincolate della documentazione prevista dall’art. 146, comma 3, ed individuata con il d.P.C.M. 12 dicembre 2005.

 

Anche le modifiche agli artt. 148 e 149 sono state introdotte ai fini di un loro coordinamento formale con le quelle previste dall'art. 146 in materia di autorizzazione paesaggistica. In particolare, è stata espunta la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 148, ritenuta non più coerente con il nuovo assetto di competenze riconosciute al soprintendente in materia di esame degli interventi in aree vincolate.

 

Le modifiche agli artt. 150, 151, 152 e 153 sull’inibizione o sospensione dei lavori, il rimborso spese a seguito della sospensione dei lavori, gli interventi soggetti a particolari prescrizioni e sui cartelli pubblicitari sono preordinate, secondo quanto riporta anche la relazione illustrativa, a riproporre il corretto recepimento di alcune disposizioni previste dalla legge n. 1497 del 1939[35] (articoli 10, 11 e 14) e alle modifiche recate dal nuovo testo dell’art. 146.

 

L’integrale sostituzione dell’art. 154 relativo al colore delle facciate dei fabbricati è dettata dall’esigenza, come indicato nella relazione illustrativa, “di procedere ad un adeguamento dei parametri di valutazione per stabilire la compatibilità fra i colori delle facciate ed il contesto vincolato, ponendo a base di tale valutazione non solo un giudizio squisitamente estetico, come è tradizione nel settore (v., in proposito, l'art. 14, terzo co., I. n. 1497/1939), ma anche un giudizio di carattere storico-critico, attesa, soprattutto nei centri storici, la necessità di assicurare interventi non solo gradevoli ma anche filologicamente corretti”.

 

Il testo vigente dell’art. 154 prevede, al comma 1, che l'amministrazione competente individuata dalla regione possa ordinare che, nelle aree contemplate dalle lettere c) e d) dell'art. 136 (vale a dire i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, ivi comprese le zone di interesse archeologico e le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze) sia dato alle facciate dei fabbricati, il cui colore rechi disturbo alla bellezza dell'insieme, un diverso colore che armonizzi con essa. Il comma 2 dispone che tale disciplina non si applica nei confronti degli immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi dell'art. 13 di cui all'art. 10, comma 3, lettere a) (ovvero le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1) e d) (ovvero le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose). Per i fabbricati ricadenti nelle zone di interesse archeologico elencate all'art. 136, lettera c), o dall'art. 142, comma 1, lettera m), il comma 3 prevede che l'amministrazione competente consulti preventivamente le competenti soprintendenze ed, infine, il comma 4 autorizza l'amministrazione a provvedere all'esecuzione d'ufficio, nel caso di inadempienza dei proprietari, possessori o detentori dei fabbricati.

 

Il nuovo testo dell’art. 154 richiede la condizione della sottoposizione della tinteggiatura delle facciate dei fabbricati a preventiva autorizzazione (ai sensi degli articoli 146 e 149) ai fini dell’esercizio della facoltà di ordinare che – nelle aree contemplate dalle lettere c) (che nel nuovo testo comprendono anche i centri storici) e d) dell'art. 136 – sia dato alle facciate dei fabbricati un colore che armonizzi con la bellezza dell’insieme.

Tale facoltà viene attribuita:

§         all’amministrazione competente, su parere vincolante del soprintendente;

§         al Ministero.

Con riferimento agli immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi dell'art. 13 di cui all'art. 10, comma 3, lettere a) e d), nonché più in generale dei beni culturali di cui al comma 1 della medesima disposizione[36], il comma 3 esplicita l’applicazione delle disposizioni di cui alla Parte seconda del codice (che riguarda specificamente i beni culturali).

 

In merito alle funzioni di vigilanza previste dall’articolo 155 i commi aggiuntivi 3 e 4 hanno la finalità di chiarire che tutti gli atti di pianificazione urbanistica si conformano ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e sono impugnabili ai sensi dell'art. 146, comma 12.

Le disposizioni di prima applicazione e transitorie (artt. 156, 157 e 159)

Relativamente agli artt. 156 e 157, si segnala il posticipo dal 1° maggio 2008 al 31 dicembre 2009 della data per la verifica e l’adeguamento dei piani paesaggistici da parte delle regioni alle previsioni di cui all’art. 143 (articolo 156, comma 1). Il testo novellato del comma 3 del medesimo articolo 156 prevede la stipula di intese (nel testo vigente meramente facoltativa) tra il Ministero e le regioni per disciplinare lo svolgimento congiunto della verifica e dell’adeguamento; esso dispone inoltre che il piano adeguato è oggetto di accordo fra il Ministero e la regione, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (prevedendo, come nel testo vigente, l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del Ministero nel caso di mancata approvazione del piano da parte della regione), e specifica che dalla data della sua adozione vigono le misure di salvaguardia di cui all’articolo 143, comma 9.

 

L’art. 159, integralmente riscritto, reca il regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica.

 

Rispetto al testo vigente che prevede uno specifico procedimento di autorizzazione in via transitoria fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 156 (ovvero, se anteriore, all’approvazione o all’adeguamento dei piani paesaggistici), il testo novellato del comma 1 dispone  l’immediata applicabilità delle disposizioni del Capo IV anche ai procedimenti di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica pendenti alla data del 1° giugno 2008. Rispetto alle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate prima dell’entrata in vigore delle disposizioni in esame, il medesimo comma 1 fa salvo, in via transitoria, il potere di annullamento da parte del soprintendente, da esercitare entro sessanta giorni dalla ricezione dei relativi atti.

Analogamente, il comma 2 sancisce l’immediata applicabilità dell’articolo 145, commi 3, 4 e 5, rispetto ai procedimenti pendenti alla medesima data del 1° giugno 2008 di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica (redatta a termini dell'art. 143 od aggiornata a termini dell'art. 156).

 

Si riportano le disposizioni dei citati commi 3, 4 e 5 dell’art. 145 relativo al coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione, come modificati dallo schema in esame:

§         Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette (comma 3).

§         I comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo (comma 4).

§         La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo (comma 5).

 

Da ultimo, il comma 3, dispone che per i beni che alla data del 1° giugno 2008 sono oggetto di provvedimenti di immodificabilità assoluta emessi ai sensi dell'art. 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, le autorizzazioni paesaggistiche potranno essere rilasciate solo dopo la loro integrazione con le prescrizioni di uso di cui al nuovo art. 141-bis (su cui supra). Il testo vigente, rispetto ai beni oggetto di tali provvedimenti, alla data di entrata in vigore del codice, pone come condizione per la concessione dell’autorizzazione l’approvazione dei piani paesaggistici.

 

L’art. 1-quinquies del decreto legge n. 312 del 1985[37] prevede che le aree e i beni individuati ai sensi dell'art. 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984 sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'articolo 1-bis, ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici.

Le modifiche alle Parti quarta e quinta (artt. 167, 181 e 182)

Gli articoli 3 e 4 dello schema di decreto correttivo in esame novella rispettivamente il Capo II della Parte quarta (relativo alle sanzioni amministrative) e quinta (recante le disposizioni transitorie, le abrogazioni e l’entrata in vigore) del codice.

Con riferimento alla Parte quarta, viene in particolare modificato l’articolo 167, comma 3 (relativo all’ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria), attraverso l’introduzione della previsione dell’utilizzo di un'apposita struttura ministeriale per l'esecuzione delle demolizioni delle edificazioni abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. La relazione illustrativa precisa che tale disposizione riguarda in particolare le edificazioni di grande impatto sul contesto vincolato (i c.d. ecomostri).

Le altre modifiche alla Parte Quarta (in particolare all’art. 181, comma 1) e la novella alla Parte quinta (in particolare all'art. 182, comma 3-bis),derivano da esigenze di mero drafting.

 


Schema D.Lgs. n. 218

 


 

 

 

 


Testo a fronte

 


Confronto tra le norme vigenti, lo schema di correttivo e gli emendamenti della Conferenza unificata

 

Codice dei beni culturali e del paesaggio

Schema di decreto in esame

Parere conferenza unificata

 

 

 

Parte prima

Disposizioni generali

 

 

(omissis)

Articolo 5
Cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale.

 

1. Le regioni, nonché i comuni, le città metropolitane e le province, di seguito denominati «altri enti pubblici territoriali», cooperano con il Ministero nell'esercizio delle funzioni di tutela in conformità a quanto disposto dal Titolo I della Parte seconda del presente codice.

2. Le funzioni di tutela previste dal presente codice che abbiano ad oggetto manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonchè libri, stampe e incisioni, non appartenenti allo Stato, sono esercitate dalle regioni. Qualora l'interesse culturale delle predette cose sia stato riconosciuto con provvedimento ministeriale, l'esercizio delle potestà previste dall'articolo 128 compete al Ministero (3).

3. Sulla base di specifici accordi od intese e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni», le regioni possono esercitare le funzioni di tutela su carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo, con relativi negativi e matrici, non appartenenti allo Stato (4).

4. Nelle forme previste dal comma 3 e sulla base dei princìpi di differenziazione ed adeguatezza, possono essere individuate ulteriori forme di coordinamento in materia di tutela con le regioni che ne facciano richiesta.

5. Gli accordi o le intese possono prevedere particolari forme di cooperazione con gli altri enti pubblici territoriali.

6. Le funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici sono esercitate dallo Stato e dalle regioni secondo le disposizioni di cui alla Parte terza del presente codice.

 

 

7. Relativamente alle funzioni esercitate dalle regioni ai sensi dei commi 2, 3, 4, 5 e 6, il Ministero esercita le potestà di indirizzo e di vigilanza e il potere sostitutivo in caso di perdurante inerzia o inadempienza.

Articolo 5
Cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale.

 

1. Le regioni, nonché i comuni, le città metropolitane e le province, di seguito denominati «altri enti pubblici territoriali», cooperano con il Ministero nell'esercizio delle funzioni di tutela in conformità a quanto disposto dal Titolo I della Parte seconda del presente codice.

2. Le funzioni di tutela previste dal presente codice che abbiano ad oggetto manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonchè libri, stampe e incisioni, non appartenenti allo Stato, sono esercitate dalle regioni. Qualora l'interesse culturale delle predette cose sia stato riconosciuto con provvedimento ministeriale, l'esercizio delle potestà previste dall'articolo 128 compete al Ministero (3).

 

3. Sulla base di specifici accordi od intese e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni», le regioni possono esercitare le funzioni di tutela su carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo, con relativi negativi e matrici, non appartenenti allo Stato (4).

4. Nelle forme previste dal comma 3 e sulla base dei princìpi di differenziazione ed adeguatezza, possono essere individuate ulteriori forme di coordinamento in materia di tutela con le regioni che ne facciano richiesta.

5. Gli accordi o le intese possono prevedere particolari forme di cooperazione con gli altri enti pubblici territoriali.

6. Le funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici sono esercitate dallo Stato e dalle regioni secondo le disposizioni di cui alla Parte terza in modo che sia sempre assicurato un livello di governo unitario ed adeguato alle diverse finalità perseguite.

7. Relativamente alle funzioni esercitate dalle regioni ai sensi dei commi 2, 3, 4, 5 e 6, il Ministero esercita le potestà di indirizzo e di vigilanza e il potere sostitutivo in caso di perdurante inerzia o inadempienza.

 

Articolo 6.
Valorizzazione del patrimonio culturale.

 

1. La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento ai beni paesaggistici la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati.

2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze.

3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.

Articolo 6.
Valorizzazione del patrimonio culturale.

 

1. La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati.

2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze.

3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.

 

(omissis)

Parte terza

Beni paesaggistici

TITOLO I

Tutela e valorizzazione.

Capo I

Disposizioni generali

 

Articolo 131.
Salvaguardia dei valori del paesaggio.

 

1. Ai fini del presente codice per paesaggio si intendono parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni.

2. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili.

Articolo 131.
Paesaggio.

 

1. Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni.

2. Il presente Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell'identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali.

3. Le norme di tutela del paesaggio, la cui definizione spetta in via esclusiva allo Stato, costituiscono un limite all'esercizio delle funzioni regionali in materia di governo e fruizione del territorio.

4. La tutela del paesaggio, ai fini del presente Codice, e' volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime. I soggetti indicati al comma 6, qualora intervengano sul paesaggio, assicurano la conservazione dei suoi aspetti e caratteri peculiari.

5. La valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. A tal fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. La valorizzazione e' attuata nel rispetto delle esigenze della tutela.

6. Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché tutti i soggetti che, nell'esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale, informano la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità.

Articolo 131.
Paesaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Richiesta di attivazione di un tavolo di confronto per la definizione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione, previste all’art. 145 del Codice in oggetto

 

 

 

Articolo 133
Convenzioni internazionali.

 

1. Le attività di tutela e di valorizzazione del paesaggio si conformano agli obblighi e ai princìpi di cooperazione tra gli Stati derivanti dalle convenzioni internazionali.

 

 

Articolo 132
Convenzioni internazionali
.

 

1. La Repubblica si conforma agli obblighi ed ai principi di cooperazione tra gli Stati fissati dalle convenzioni internazionali in materia di conservazione e valorizzazione del paesaggio.

2. La ripartizione delle competenze in materia di paesaggio è stabilita in conformità ai principi costituzionali, anche con riguardo all'applicazione della Convenzione Europea sul paesaggio, adottata a Firenze il 20 ottobre 2000, e delle relative norme di ratifica ed esecuzione.

 

 

 

 

Articolo 132
Cooperazione tra amministrazioni pubbliche.

 

1. Le amministrazioni pubbliche cooperano per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e di gestione dei relativi interventi.

2. Gli indirizzi e i criteri perseguono gli obiettivi della salvaguardia e della reintegrazione dei valori del paesaggio anche nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.

3. Al fine di diffondere ed accrescere la conoscenza del paesaggio le amministrazioni pubbliche intraprendono attività di formazione e di educazione.

4. Il Ministero e le regioni definiscono le politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio tenendo conto anche degli studi, delle analisi e delle proposte formulati dall'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, istituito con decreto del Ministro, nonché dagli Osservatori istituiti in ogni regione con le medesime finalità.

Articolo 133
Cooperazione tra amministrazioni pubbliche per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio

 

1. Il Ministero e le regioni definiscono d'intesa le politiche per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio tenendo conto anche degli studi, delle analisi e delle proposte formulati dall'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, istituito con decreto del Ministro, nonché dagli Osservatori istituiti in ogni regione con le medesime finalità.

2. Il Ministero e le regioni cooperano, altresì, per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti l'attività di pianificazione territoriale, nonché la gestione dei conseguenti interventi, al fine di assicurare la conservazione, il recupero e la valorizzazione degli aspetti e caratteri del paesaggio indicati all'articolo 131, comma I. Nel rispetto delle esigenze della tutela, i detti indirizzi e criteri considerano anche finalità di sviluppo territoriale sostenibile.

3. Gli altri enti pubblici territoriali conformano la loro attività di pianificazione agli indirizzi e ai criteri di cui al comma 2 e, nell'immediato, adeguano gli strumenti vigenti.

 

 

 

 

Articolo 134
Beni paesaggistici.

 

1. Sono beni paesaggistici:

a) gli immobili e le aree indicati all'articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141;

b) le aree indicate all'articolo 142;

c) gli immobili e le aree tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156

Articolo 134
Beni paesaggistici.

 

1. Sono beni paesaggistici:

a) gli immobili e le aree di cui all'articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141;

b) le aree di cui all'articolo 142;

c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell'articolo 136 esottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156

 

 

 

 

Articolo 135
Pianificazione paesaggistica.

 

1. Lo Stato e le regioni assicurano che il paesaggio sia adeguatamente conosciuto, tutelato e valorizzato. A tale fine le regioni, anche in collaborazione con lo Stato, nelle forme previste dall'articolo 143, sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio, approvando piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernenti l'intero territorio regionale, entrambi di seguito denominati «piani paesaggistici».

 

 

 

 

 

 

 

2. I piani paesaggistici, in base alle caratteristiche naturali e storiche, individuano ambiti definiti in relazione alla tipologia, rilevanza e integrità dei valori paesaggistici.

 

 

 

 

3. Al fine di tutelare e migliorare la qualità del paesaggio, i piani paesaggistici definiscono per ciascun ambito specifiche prescrizioni e previsioni ordinate:

a) al mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi;

b) all'individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e con il principio del minor consumo del territorio, e comunque tali da non diminuire il pregio paesaggistico di ciascun ambito, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO e delle aree agricole;

c) al recupero e alla riqualificazione degli immobili e delle aree compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti, nonché alla realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati;

d) all'individuazione di altri interventi di valorizzazione del paesaggio, anche in relazione ai principi dello sviluppo sostenibile.

Articolo 135
Pianificazione paesaggistica.

 

1. Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tal fine le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati piani paesaggistici'. L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143.

2. I piani paesaggistici, con riferimento all'intero territorio considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari, nonché le caratteristiche paesaggistiche, e ne delimitano i relativi ambiti.

3. In riferimento a ciascun ambito, i piani predispongono specifiche normative d'uso, per le finalità indicate negli articoli 131 e 133, ed attribuiscono adeguati obiettivi di qualità.

4. Per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare:

a) alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologìe dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonché delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici;

b) alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate;

c) alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio;

d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO.

Articolo 135
Pianificazione paesaggistica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eliminazione della parolaintero”

 

 

 

Capo II

Individuazione dei beni paesaggistici

 

 

 

 

Articolo 136
Immobili ed aree di notevole interesse pubblico.

 

1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico:

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, ivi comprese le zone di interesse archeologico;

d) le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

Articolo 136
Immobili ed aree di notevole interesse pubblico.

 

1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico:

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri e i nuclei storici;

d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

Articolo 136
Immobili ed aree di notevole interesse pubblico.

 

 

 

Proposta del Ministero di aggiungere dopo le parole “o memoria storica,” le parole: “ivi compresi gli alberi monumentali”

Dopo la parola “parchi” inserire le parole “e alberi monumentali”

 

 

 

Articolo 137
Commissioni regionali.

 

1. Ciascuna regione istituisce una o più commissioni con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 e delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo 136.

2. Di ciascuna commissione fanno parte di diritto il direttore regionale, il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio ed il soprintendente per i beni archeologici competenti per territorio, nonché due dirigenti preposti agli uffici regionali competenti in materia di paesaggio. I restanti membri, in numero non superiore a quattro, sono nominati dalla regione tra soggetti con qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio, eventualmente scelti nell'ambito di terne designate, rispettivamente, dalle università aventi sede nella regione, dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Decorsi infruttuosamente sessanta giorni dalla richiesta di designazione, la regione procede comunque alle nomine.

3. Fino all'istituzione delle commissioni di cui ai commi 1 e 2, le relative funzioni sono esercitate dalle commissioni istituite ai sensi della normativa previgente per l'esercizio di competenze analoghe.

Articolo 137
Commissioni regionali.

 

1. Le regioni istituiscono apposite commissioni, con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 e delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo 136.

2. Di ciascuna commissione fanno parte di diritto il direttore regionale, il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio ed il soprintendente per i beni archeologici competenti per territorio, nonché due responsabili preposti agli uffici regionali competenti in materia di paesaggio. I restanti membri, in numero non superiore a quattro, sono nominati dalla regione tra soggetti con qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio, di norma scelti nell'ambito di terne designate, rispettivamente, dalle università aventi sede nella regione, dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalleassociazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale. La commissione è integrata dal rappresentante del competente comando regionale del Corpo Forestale dello Stato nei casi in cui la proposta riguardi filari, alberate ed alberi monumentali. Decorsi infruttuosamente sessanta giorni dalla richiesta di designazione, la regione procede comunque alle nomine.

3. Fino all'istituzione delle commissioni di cui ai commi 1 e 2, le relative funzioni sono esercitate dalle commissioni istituite ai sensi della normativa previgente per l'esercizio di competenze analoghe.

Articolo 137
Commissioni regionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eliminazione della parola“ambientaliste”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 138
Proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

 

 

1. Su richiesta del direttore regionale, della regione o degli altri enti pubblici territoriali interessati, la commissione di cui all'articolo 137 acquisisce le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e gli uffici regionali e provinciali, procede alla consultazione dei comuni interessati e, ove lo ritenga, di esperti, valuta la sussistenza del notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136 e propone la dichiarazione di notevole interesse pubblico. La proposta è motivata con riferimento alle caratteristiche storiche, culturali, naturali, morfologiche ed estetiche degli immobili o delle aree che abbiano significato e valore identitario del territorio in cui ricadono o che siano percepite come tali dalle popolazioni e contiene le prescrizioni, le misure ed i criteri di gestione indicati all'articolo 143, comma 1.

2. Le proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico contengono una specifica disciplina di tutela, nonché l'eventuale indicazione di interventi di valorizzazione degli immobili e delle aree cui si riferiscono, che vanno a costituire parte integrante del piano paesaggistico da approvare o modificare.

3. La commissione delibera entro sessanta giorni dalla presentazione dell'atto di iniziativa. Decorso infruttuosamente il predetto termine, la proposta è formulata dall'organo richiedente o, in mancanza, dagli altri soggetti titolari di organi statali o regionali componenti della commissione, entro il successivo termine di trenta giorni.

Articolo 138
Avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

 

 

1. Le commissioni. di cui all'articolo 137, su iniziativa dei componenti di parte ministeriale o regionale, ovvero su iniziativa di altri enti pubblici territoriali interessati, acquisite le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e i competenti uffici regionali e provinciali e consultati i comuni interessati nonché, ove opportuno, esperti della materia, valutano la sussistenza del notevole interesse pubblico, ai sensi dell'articolo 136, degli immobili e delle aree per i quali è stata avviata l'iniziativa e propongono alla regione l'adozione della relativa dichiarazione. La proposta è formulata con riferimento ai valori storici, culturali, naturali, morfologici, estetici espressi dagli aspetti e caratteri peculiari degli immobili o delle aree considerati ed alla loro valenza identitaria in rapporto al territorio in cui ricadono, e contiene proposte per le prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione dei valori espressi.

 

 

 

 

2. La commissione decide se dare ulteriore seguito all'atto di iniziativa entro sessanta giorni dalla presentazione dell'atto medesimo. Decorso infruttuosamente il predetto termine, entro i successivi trenta giorni il componente della commissione o l'ente pubblico territoriale che ha assunto l'iniziativa può formulare la proposta di dichiarazione direttamente alla regione.

3. È fatto salvo il potere del Ministero, su proposta motivata del soprintendente, di dichiarare il notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136.

Articolo 138
Avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo le parole: del soprintendete,” aggiungere le parole. “previo parere della Regione interessata da acquisire entro 30 giorni dalla richiesta”,

 

 

 

Articolo 139
Partecipazione al
procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

 

1. La proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di immobili ed aree, corredata dalla relativa planimetria redatta in scala idonea alla loro identificazione, è pubblicata per novanta giorni all'albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati. La proposta è altresì comunicata alla città metropolitana e alla provincia interessata.

 

2. Dell'avvenuta proposta e relativa pubblicazione è data senza indugio notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione territorialmente interessata, nonché su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della regione e degli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1. Alle medesime forme di pubblicità è sottoposta la determinazione negativa della commissione.

3. Per gli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136, viene altresì data comunicazione dell'avvio del procedimento di dichiarazione al proprietario, possessore o detentore del bene.

4. La comunicazione di cui al comma 3 contiene gli elementi, anche catastali, identificativi dell'immobile e la proposta formulata dalla commissione. Dalla data di ricevimento della comunicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1.

5. Entro i trenta giorni successivi al periodo di pubblicazione di cui al comma 1, i comuni, le città metropolitane, le province, le associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e gli altri soggetti interessati possono presentare osservazioni e documenti alla regione, che ha altresì facoltà di indire un'inchiesta pubblica. I proprietari, possessori o detentori del bene possono presentare osservazioni e documenti entro i trenta giorni successivi alla comunicazione individuale di cui al comma 3.

Articolo 139
Procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

 

1. La proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 138, corredata di planimetria redatta in scala idonea alla puntuale individuazione degli immobili e delle aree che ne costituiscono oggetto, è pubblicata per novanta giorni all'albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati. La proposta è altresì comunicata alla città metropolitana e alla provincia interessate.

2. Dell'avvenuta proposta e relativa pubblicazione è data senza indugio notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione interessata, nonché su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della regione e degli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1. Alle medesime forme di pubblicità è sottoposta la determinazione negativa della commissione.

 

3. Per gli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136, viene altresì data comunicazione dell'avvio del procedimento di dichiarazione al proprietario, possessore o detentore del bene.

4. La comunicazione di cui al comma 3 contiene gli elementi, anche catastali, identificativi dell'immobile e la proposta formulata dalla commissione. Dalla data di ricevimento della comunicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1.

5. Entro i trenta giorni successivi al periodo di pubblicazione di cui al comma 1, i comuni, le città metropolitane, le province, le associazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e gli altri soggetti interessati possono presentare osservazioni e documenti alla regione, che ha altresì facoltà di indire un'inchiesta pubblica. I proprietari, possessori o detentori del bene possono presentare osservazioni e documenti entro i trenta giorni successivi alla comunicazione individuale di cui al comma 3.

 

 

 

 

Articolo 140
Dichiarazione di notevole interesse pubblico e relative misure di conoscenza.

 

1. La regione, sulla base della proposta della commissione, esaminati le osservazioni e i documenti e tenuto conto dell'esito dell'eventuale inchiesta pubblica, entro il termine di sessanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui all'articolo 139, comma 5, emana il provvedimento relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 e delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo 136.

2. I provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico paesaggistico contengono una specifica disciplina di tutela, nonché l'eventuale indicazione di interventi di valorizzazione degli immobili e delle aree cui si riferiscono, che vanno a costituire parte integrante del piano paesaggistico da approvare o modificare.

 

 

 

3. I provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione.

4. I provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 sono altresì notificati al proprietario, possessore o detentore, depositati presso il comune o i comuni interessati, nonché trascritti a cura della regione nei registri immobiliari.

5. Copia della Gazzetta Ufficiale è affissa per novanta giorni all'albo pretorio di tutti i comuni interessati. Copia della dichiarazione e delle relative planimetrie resta depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati

Articolo 140
Dichiarazione di notevole interesse pubblico e relative misure di conoscenza.

 

1. La regione, sulla base della proposta della commissione, esaminati le osservazioni e i documenti e tenuto conto dell'esito dell'eventuale inchiesta pubblica, entro sessanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui all'articolo 139, comma 5, emana il provvedimento relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree indicati, rispettivamente, alle lettere a) e b) e alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 136

 

2. La dichiarazione di notevole interesse pubblico detta la specifica disciplina intesa ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e caratteri peculiari del territorio considerato. Essa costituisce parte integrante del piano paesaggistico e non è suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo.

 

3. La dichiarazione di notevole interesse pubblico, quando ha ad oggetto gli immobili indicati alle lettere a) e b) dell'articolo 136, comma 1, é notificata al proprietario, possessore o detentore, depositata presso ogni comune interessato e trascritta, a cura della regione, nei registri immobiliari. Ogni dichiarazione di notevole interesse pubblico è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino Ufficiale della regione.

4. Copia della Gazzetta Ufficiale è affissa per novanta giorni all'albo pretorio di tutti i comuni interessati. Copia della dichiarazione e delle relative planimetrie resta depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 141
Provvedimenti ministeriali.

 

1. Qualora la commissione non deliberi entro i termini di cui all'articolo 138 o la regione non provveda nel termine di cui all'articolo 140, il competente organo ministeriale periferico comunica alla regione ed al Ministero l'avvio della procedura di sostituzione.

 

2. A questo fine il predetto organo, ricevuta copia della documentazione eventualmente acquisita dalla commissione provinciale, espleta l'istruttoria, formula la proposta e la invia contestualmente ai Ministero, alla regione, nonché ai comuni interessati affinché questi ultimi provvedano agli adempimenti indicati all'articolo 139, comma 1, e provvede direttamente agli adempimenti indicati all'articolo 139, commi 2, 3 e 4.

 

3. Il Ministero valuta le osservazioni presentate ai sensi dell'articolo 139, comma 5, e provvede con decreto entro novanta giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni. Il decreto di dichiarazione di notevole interesse pubblico è notificato, depositato, trascritto e pubblicato nelle forme previste dall'articolo 140, commi 3, 4 e 5. In caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti cui all'articolo 146, comma 1.

 

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano anche alle proposte di integrazione del contenuto dei provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico in precedenza emanati

Articolo 141
Provvedimenti ministeriali.

 

1. Le disposizioni di cui agli articoli 139 e 140 si applicano anche ai procedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 138, comma 3. In tal caso, i comuni interessati, ricevuta la proposta di dichiarazione formulata dal soprintendente, provvedono agli adempimenti indicati all'articolo 139, comma 1, mentre agli adempimenti indicati ai commi 2, 3 e 4 del medesimo articolo 139 provvede direttamente il soprintendente.

2. Il Ministero, valutate le eventuali osservazioni presentate ai sensi del detto articolo 139, comma 5, e sentito il competente Comitato tecnico-scientifico, adotta la dichiarazione di notevole interesse pubblico, a termini dell'articolo 140, commi 1 e 2, e ne cura la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino Ufficiale della regione.

3. Il soprintendente provvede alla notifica della dichiarazione, al suo deposito presso i comuni interessati e alla sua trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell'articolo 140, comma 3.

4. La trasmissione ai comuni del numero della Gazzetta Ufficiale contenente la dichiarazione, come pure la trasmissione delle relative planimetrie, è fatta dal Ministero, per il tramite della soprintendenza, entro dieci giorni dalla data di pubblicazione del numero predetto. La soprintendenza vigila sull'adempimento, da parte di ogni comune interessato, di quanto prescritto dall'articolo 140, comma 4, e ne dà comunicazione al Ministero.

5. Se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non è adottato nei termini di cui all'articolo 140, comma 1, allo scadere dei detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1.

 

Articolo 141-bis
Integrazione del contenuto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico

 

1. Il Ministero e le regioni provvedono ad integrare le dichiarazioni di notevole interesse pubblico rispettivamente adottate con la specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2.

2. Qualora le regioni non provvedano alle integrazioni di loro competenza entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministero provvede in via sostitutiva. La procedura di sostituzione è avviata dalla soprintendenza ed il provvedimento finale è adottato dal Ministero, sentito il competente Comitato tecnico-scientifico.

3. I provvedimenti integrativi adottati ai sensi dei commi 1 e 2 producono gli effetti previsti dal secondo periodo del comma 2 dell'articolo 140 e sono sottoposti al regime di pubblicità stabilito dai commi 3 e 4 del medesimo articolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 141-bis
Integrazione del contenuto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico

 

 

 

 

 

 

Sostituire il riferimento a “un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione” con la data del 31 dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 142
Aree tutelate per legge

 

1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico individuate alla data di entrata in vigore del presente codice.

2. Non sono comprese tra i beni elencati nel comma 1 le aree che alla data del 6 settembre 1985:

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B;

 

 

b)erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone diverse dalle zone A e B, ed erano ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

 

c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi  dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. La disposizione del comma 1 non si applica ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione, in tutto o in parte, abbia ritenuto, entro la data di entrata in vigore della presente disposizione, irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall’articolo 140, comma 3.

4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all’articolo 157.

Articolo 142
Aree tutelate per legge

 

1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico.

 

 

2. La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985:

 

 

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B;

b)erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi  dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. La disposizione del comma 1 non si applica, altresì, ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici, includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall’articolo 140, comma 4.

 

 

4. Resta in ogni caso fermala disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all’articolo 157.

 

Capo III

Pianificazione paesaggistica

 

 

 

Articolo 143
Piano paesaggistico

 

1. L’elaborazione del piano paesaggistico si articola nelle seguenti fasi:

a) ricognizione dell’intero territorio, considerato mediante l’analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare;

b) puntuale individuazione, nell’ambito del territorio regionale, delle aree di cui al comma 1, dell’articolo 142 e determinazione della specifica disciplina ordinata alla loro tutela e valorizzazione;

c) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;

d) individuazione degli ambiti paesaggistici di cui all’articolo 135;

e) definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio compreso negli ambiti individuati;

f) determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e, ove necessario, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico;

g) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione;

h) individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate;

i) tipizzazione ed individuazione, ai sensi dell’articolo 134, comma 1, lettera c), di immobili o di aree, diversi da quelli indicati agli articoli 136 e 142, da sottoporre a specifica disciplina di salvaguardia e di utilizzazione.

2. Il piano paesaggistico, anche in relazione alle diverse tipologie di opere ed interventi di trasformazione del territorio, individua le aree nelle quali la loro realizzazione è consentita sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti nel piano paesaggistico ai sensi del comma 1, lettere e), f), g) ed h), e quelle per le quali il piano paesaggistico definisce anche specifiche previsioni vincolanti da introdurre negli strumenti urbanistici in sede di conformazione e di adeguamento ai sensi dell’articolo 145.

 

3. Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio possono stipulare intese per l’elaborazione congiunta dei piani paesaggistici. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l’elaborazione del piano. Il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare ai sensi degli articoli 15 e 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche. Entro i novanta giorni successivi all’accordo il piano è approvato con provvedimento regionale. Decorso inutilmente tale termine, il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. L’accordo preliminare stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all’eventuale sopravvenienza di provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 140 e 141.

 

 

 

 

 

 

 

4. Nel caso in cui il piano sia stato approvato a seguito dell’accordo di cui al comma 3, nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147 il parere del soprintendente è obbligatorio, ma non vincolante.

 

 

5. Il piano approvato a seguito dell’accordo di cui al comma 3 può altresì prevedere:

a)la individuazione delle aree, tutelate ai sensi dell’articolo 142 e non oggetto di atti o provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 138, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di opere ed interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della loro conformità alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;

b)la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 146.

 

 

6. L’entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 è subordinata all’approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 145.

 

7. Il piano può subordinare l’entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di opere ed interventi senza autorizzazione paesaggistica, ai sensi del comma 5, all’esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l’effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.

 

8. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 5, lettera a), siano effettuati controlli a campione sulle opere ed interventi realizzati e che l’accertamento di un significativo grado di violazione delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell’obbligo dell’autorizzazione di cui agli articoli 146 e 147, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.

9. Il piano paesaggistico individua anche progetti prioritari per la conservazione, il recupero, la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.

 

Articolo 143
Piano paesaggistico

 

1. L’elaborazione del piano paesaggistico comprende:

a) ricognizione dell’intero territorio oggetto di pianificazione, mediante l’analisi delle sue caratteristiche paesaggistiche, impresse dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni, ai sensi degli articoli 131 e 135;

 

b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141-bis;

c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;

d) individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1;

e) individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi da quelli indicati all’articolo 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione;

f) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;

g) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela;

h) individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate;

i) individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità, a termini dell’articolo 135, comma 3.

 

2. Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall’articolo 135, comma 1, terzo periodo. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l’elaborazione del piano. Il piano è oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’accordo stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all’eventuale sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi degli articoli 140 e 141 o di integrazioni disposte ai sensi dell’articolo 141-bis. Il piano è approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell’accordo. Decorso inutilmente tale termine, il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

3. Approvato il piano paesaggistico, il parere reso dal soprintendente nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147 è vincolante in relazione agli interventi da eseguirsi nell’ambito dei beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, salvo quanto disposto al comma 4.

4. Il piano può prevedere:

a)la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell’articolo 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli articoli 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;

b)la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 146.

5. L’entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 4 è subordinata all’approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 145, commi 3 e 4.

6. Il piano può anche subordinare l’entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di interventi senza autorizzazione paesaggistica, ai sensi del comma 4, all’esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l’effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.

7. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 4, lettera a), siano effettuati controlli a campione sugli interventi realizzati e che l’accertamento di significative violazioni delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell’obbligo dell’autorizzazione di cui agli articoli 146 e 147, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.

8. Il piano paesaggistico può individuare anche linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.

9. A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali  ed urbanistici.

Articolo 143
Piano paesaggistico

 

All’alinea, aggiunta in fine della parola “almeno”

Eliminazione delle parole“l’intero”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inserire la parola“eventuale”prima di“individuazione di ulteriori immobili”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aggiungere alla fine del comma 3 le parole: “nonché quanto previsto dall’art. 146, comma5.”

 

 

 

Articolo 144
Pubblicità e partecipazione

 

1. Nei procedimenti di approvazione dei piani paesaggistici sono assicurate la concertazione istituzionale, la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e ampie forme di pubblicità. A tal fine le regioni disciplinano mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica, in particolare stabilendo che a far data dall’adozione o approvazione preliminare del piano, da parte della giunta regionale o del consiglio regionale, non sono consentiti per gli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134 gli interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela per essi previste nel piano stesso.

2. Fatto salvo quanto disposto al comma 1, il piano paesaggistico diviene efficace il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione.

Articolo 144
Pubblicità e partecipazione

 

1. Nei procedimenti di approvazione dei piani paesaggistici sono assicurate la concertazione istituzionale, la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi, individuate ai sensi  delle vigenti disposizioni in materia di ambiente e danno ambientale, e ampie forme di pubblicità..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Fatto salvo quanto disposto al all’articolo 143, comma 9, il piano paesaggistico diviene efficace il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione.

Articolo 144
Pubblicità e partecipazione

 

 

 

 

Eliminazione della parola “ambientaliste”

 

 

 

Aggiungere alla fine del comma le parole: “A tal fine le regioni disciplinano mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica anche in riferimento ad ulteriori forme di partecipazione, informazione e comunicazione.”

 

 

 

Articolo 145
Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione

 

1. Il Ministero individua ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 le linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione.

 

 

 

2. I piani paesaggistici prevedono misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico.

3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.

 

 

4. Entro il termine stabilito nel piano paesaggistico e comunque non oltre due anni dalla sua approvazione, i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano e adeguano gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica alle previsioni dei piani paesaggistici, introducendo, ove necessario, le ulteriori previsioni conformative che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l’ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.

 

5. La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.

Articolo 145
Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione

 

1. La individuazione, da parte del Ministero delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione costituisce compito di rilievo nazionale, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di principi e criteri direttivi per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali.

 

2. I piani paesaggistici possono prevedere misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico.

3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.

4. I comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.

 

 

 

 

5. La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.

 

Capo IV

Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela

 

 

 

 

Articolo 146
Autorizzazione

 

1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree oggetto degli atti e dei provvedimenti elencati all’articolo 157, oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e 141, tutelati ai sensi dell’articolo 142, ovvero sottoposti a tutela dalle disposizioni del piano paesaggistico, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.

2. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno l’obbligo di sottoporre alla regione, o all’ente locale al quale la regione ha delegato le funzioni, i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l’autorizzazione a realizzarli.

3. Le regioni, ove stabiliscano di non esercitare direttamente la funzione autorizzatoria di cui al presente articolo, ne possono delegare l’esercizio alle province, o a forme associative e di cooperazione degli enti locali in ambiti sovracomunali all’uopo definite ai sensi degli articoli 24, 31 e 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, al fine di assicurarne l’adeguatezza e garantire la necessaria distinzione tra la tutela paesaggistica e le competenze urbanistiche ed edilizie comunali. La regione può delegare ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche nel caso in cui abbia approvato il piano paesaggistico ai sensi dell’articolo 143, comma 3, e a condizione che i comuni abbiano provveduto al conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici. In ogni caso, ove le regioni deleghino ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, il parere della soprintendenza di cui al comma 8 del presente articolo resta vincolante.

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, è individuata la documentazione necessaria alla verifica di compatibilità paesaggistica degli interventi proposti.

5. La domanda di autorizzazione dell’intervento indica lo stato attuale del bene interessato, gli elementi di valore paesaggistico presenti, gli impatti sul paesaggio delle trasformazioni proposte e gli elementi di mitigazione e di compensazione necessari.

6. L’amministrazione competente, nell’esaminare la domanda di autorizzazione, verifica la conformità dell’intervento alle prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e ne accerta:

a) la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo ed alle finalità di tutela e miglioramento della qualità del paesaggio individuati dalla dichiarazione di notevole interesse pubblico e dal piano paesaggistico;

b) la congruità con i criteri di gestione dell’immobile o dell’area indicati dalla dichiarazione e dal piano paesaggistico.

 

 

7. L’amministrazione competente, acquisito il parere della commissione per il paesaggio di cui all’articolo 148 e valutata la compatibilità paesaggistica dell’intervento, entro il termine di quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, trasmette al soprintendente la proposta di rilascio o di diniego dell’autorizzazione, corredata dal progetto e dalla relativa documentazione, dandone comunicazione agli interessati. La comunicazione costituisce avviso di inizio del relativo procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Qualora l’amministrazione verifichi che la documentazione allegata non corrisponde a quella prevista al comma 4, chiede le necessarie integrazioni; in tal caso, il termine è sospeso dalla data della richiesta fino a quella di ricezione della documentazione. Qualora l’amministrazione ritenga necessario acquisire documentazione ulteriore rispetto a quella prevista al comma 4, ovvero effettuare accertamenti, il termine è sospeso, per una sola volta, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, dalla data della richiesta fino a quella di ricezione della documentazione, ovvero dalla data di comunicazione della necessità di accertamenti fino a quella di effettuazione degli stessi.

8. Il soprintendente comunica il parere entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla ricezione della proposta di cui al comma 7. Decorso inutilmente il termine per l’acquisizione del parere, l’amministrazione competente assume comunque le determinazioni in merito alla domanda di autorizzazione. Fino all’approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell’articolo 143, comma 3, e all’avvenuto adeguamento ad esso degli strumenti urbanistici comunali, il parere è vincolante, secondo  quanto previsto dall’articolo 143, comma 4.

9. Entro il termine di venti giorni dalla ricezione del parere del soprintendente, l’amministrazione competente rilascia l’autorizzazione oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche. L’autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto del permesso di costruire o degli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio. I lavori non possono essere iniziati in difetto di essa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10. Decorsi inutilmente i termini indicati al comma 9, è data facoltà agli interessati di richiedere l’autorizzazione alla regione, che provvede anche mediante un commissario ad acta entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Qualora venga ritenuto necessario acquisire documentazione ulteriore o effettuare accertamenti, il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta, ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti. Laddove la regione non abbia affidato agli enti locali la competenza al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la richiesta di rilascio in via sostitutiva è presentata alla soprintendenza competente.

 

11. L’autorizzazione paesaggistica diventa efficace decorsi trenta giorni dalla sua emanazione ed è trasmessa in copia, senza indugio, alla soprintendenza che ha emesso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente al parere, alla regione, agli enti locali e, ove esistente, all’ente parco nel cui territorio si trovano l’immobile o l’area sottoposti al vincolo.

12. L’autorizzazione paesaggistica, fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

13. L’autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Il ricorso è deciso anche se, dopo la sua proposizione, ovvero in grado di appello, il ricorrente dichiari di rinunciare o di non avervi più interesse. Le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate da chi sia legittimato a ricorrere avverso l’autorizzazione paesaggistica, anche se non abbia proposto il ricorso di primo grado.

14. Presso ogni amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione è istituito un elenco, aggiornato almeno ogni quindici giorni e liberamente consultabile, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione paesaggistica, con la annotazione sintetica del relativo oggetto e con la precisazione se essa sia stata rilasciata in difformità dal parere del soprintendente, ove il parere stesso non sia vincolante, o della commissione per il paesaggio. Copia dell’elenco è trasmessa trimestralmente alla regione e alla soprintendenza, ai fini dell’esercizio delle funzioni di vigilanza di cui all’articolo 155.

15. Le disposizioni dei commi  da 1 a 14 si applicano anche alle istanze concernenti le attività minerarie di ricerca ed estrazione riguardanti i beni di cui all’articolo 134.

 

 

 

 

16. Le disposizioni dei commi 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13 e 14, non si applicano alle autorizzazioni per le attività di coltivazione di cave e torbiere. Per tali attività restano ferme le potestà del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, ai sensi della normativa in materia, che sono esercitate tenendo conto delle valutazioni espresse, per quanto attiene ai profili paesaggistici, dal soprintendente competente. Il soprintendente si pronuncia entro trenta giorni dalla richiesta del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

Articolo 146
Autorizzazione

 

1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.

 

2. I soggetti di cui al comma 1  hanno l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall’avviare i  lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione.

3. La documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato. Essa è individuata, su proposta del Ministro, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, e può essere aggiornata o integrata con il medesimo procedimento.

4. L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi. L’autorizzazione è valida per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione.

5. Sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi  del comma 1, salvo quanto disposto all’articolo 143, commi 4 e 5.

 

 

 

 

 

 

 

 

6. La regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Può tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, ad ambiti sovracomunali appositamente definiti ai sensi delle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture analoghe a quelle regionali, in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia.

7. L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ricevuta l’istanza dell’interessato, verifica se la stessa sia corredata della documentazione di cui al comma 3, provvedendo, ove necessario, a richiedere le opportune integrazioni e a svolgere gli accertamenti del caso. Conclusa la verifica, l’amministrazione dà comunicazione all’interessato dell’inizio del relativo procedimento, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo. Entro i successivi quaranta giorni l’amministrazione, effettuati gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici, trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa.

 

 

 

 

 

 

 

8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero  alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Qualora ritenga di dover esprimere una valutazione negativa in ordine al progetto presentato, il soprintendente, prima dello spirare del termine indicato al primo periodo, dà comunicazione dei relativi motivi ostativi alla amministrazione competente al rilascio del provvedimento finale, affinché ne informi l’interessato, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’amministrazione, acquisite le eventuali osservazioni dell’interessato, rimette gli atti al soprintendente per la formulazione definitiva del relativo parere. In mancanza di osservazioni, l’amministrazione, alla scadenza del termine previsto dal citato articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990, richiede al soprintendente l’emissione del parere finale. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione emette  il conforme  provvedimento finale.

9. Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente indice immediatamente una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta  giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

10. Decorso inutilmente il termine indicato all’ultimo periodo del comma 8 senza che l’amministrazione si sia pronunciata,  l’interessato può richiedere l’autorizzazione in via sostitutiva alla regione, che vi provvede, anche mediante un commissario ad acta, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora la regione non abbia delegato gli enti indicati al comma 6 al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, e sia essa stessa inadempiente, la richiesta del rilascio in via sostitutiva è presentata al soprintendente.

 

 

 

 

11. L’autorizzazione paesaggistica diventa efficace decorsi trenta giorni dal suo rilascio ed è trasmessa, senza indugio, alla soprintendenza che ha reso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente allo stesso parere, alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all’ente parco nel cui territorio si trova l’immobile o l’area sottoposti al vincolo.

 

 

 

12. L’autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi  delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate dai medesimi soggetti, anche se non abbiano proposto ricorso di primo grado.

 

 

 

13. Presso ogni amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è istituito un elenco delle autorizzazioni rilasciate, aggiornato almeno ogni trenta giorni e liberamente consultabile, anche per via telematica, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione, con la annotazione sintetica del relativo oggetto. Copia dell’elenco è trasmessa trimestralmente alla regione e alla soprintendenza, ai fini dell’esercizio delle funzioni di vigilanza.

 

 

14. Le disposizioni dei commi da 1 a 13 si applicano anche alle istanze concernenti le attività di coltivazione di cave e torbiere incidenti sui beni di cui all’articolo 134, ferme restando anche le competenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), della legge 8 luglio 1986, n. 349.

15. Le disposizioni dei commi 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 13 non si applicano alle autorizzazioni per le attività minerarie di ricerca ed estrazione. Per tali attività restano ferme le potestà del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi della normativa in materia, che sono esercitate tenendo conto delle valutazioni espresse, per quanto attiene ai profili paesaggistici, dal soprintendente competente. Il soprintendente si pronuncia entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, corredata della necessaria documentazione tecnica, da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Articolo 146
Autorizzazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aggiungere alla fine del comma 5 le parole: “Il parere del soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 3, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero su richiesta della regione interessata dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eliminazione delle parole “ad ambiti sovracomunali appositamente definiti ai sensi delle”

 

e “analoghe a quelle regionali”

 

 

 

 

 

 

 

Sostituire i commi 7, 8 e 9 con i seguenti:

7. L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ricevuta l’istanza dell’interessato, verifica se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 149, comma 1, alla stregua dei criteri fissati ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 3  lettere b), c) e d). Qualora detti presupposti non ricorrano, l’amministrazione verifica se l’istanza sia corredata della documentazione di cui al comma 3, provvedendo, ove necessario, a richiedere le opportune integrazioni e a svolgere gli accertamenti del caso. Entro quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, l’amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché dando comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo.

 

 

 

8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero  alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione rilascia l’autorizzazione ad esso conforme oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9. Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente può indire conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta  giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione. Con regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 dicembre 2008, su proposta del Ministro di intesa con la Conferenza unificata, sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 147
Autorizzazione per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali

 

1. Qualora la richiesta di autorizzazione prevista dall’articolo 146 riguardi opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare, l’autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche e integrazioni.

2. Per i progetti di opere comunque soggetti a valutazione di impatto ambientale a norma dell’articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, si applica l’articolo 26.

 

 

 

3.  Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del  Ministero, d’intesa con il Ministero della difesa e con le altre amministrazioni statali interessate, sono individuate le modalità di valutazione congiunta e preventiva della localizzazione delle opere di difesa nazionale che incidano su immobili o aree sottoposti a tutela paesaggistica.

Articolo 147
Autorizzazione per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali

 

1. Qualora la richiesta di autorizzazione prevista dall’articolo 146 riguardi opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare, l’autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi indetta ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo.

2. Per i progetti di opere comunque soggetti a valutazione di impatto ambientale a norma delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale e da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, si applica l’articolo 26. I progetti sono corredati della documentazione prevista dal comma 3 dell’articolo 146.

3.  Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del  Ministero, d’intesa con il Ministero della difesa e con le altre amministrazioni statali interessate, sono individuate le modalità di valutazione congiunta e preventiva della localizzazione delle opere di difesa nazionale che incidano su immobili o aree sottoposti a tutela paesaggistica.

 

 

 

 

Articolo 148
Commissioni locali per il paesaggio

 

1. Entro il 31 dicembre 2006 le regioni promuovono l’istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 3.

2. Le commissioni, competenti per ambiti sovracomunali, in modo da realizzare il necessario coordinamento paesaggistico, sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio.

3. Le commissioni esprimono parere obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 146, 147 e 159.

 

4. Le regioni e il Ministero possono stipulare accordi che prevedano le modalità di partecipazione del Ministero alle commissioni per il paesaggio. In tal caso, il parere di cui all’articolo 146, comma 8, è espresso dalle soprintendenze nelle commissioni locali per il paesaggio, secondo le modalità stabilite nell’accordo, ferma restando l’applicazione di quanto previsto dall’articolo 146, commi 12, 13 e 14.

Articolo 148
Commissioni locali per il paesaggio

p

1. Le regioni promuovono l’istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’articolo 146, comma 6.

 

2. Le commissioni sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio.

 

 

 

3. Le commissioni esprimono pareri nel corso dei procedimenti autorizzatori previsti dagli articoli 146, comma 7, 147 e 159.

 

 

Soppresso

 

 

 

 

 

Articolo 149
Interventi non soggetti ad autorizzazione

 

1. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 143, comma 5, lettera a) non è comunque richiesta l’autorizzazione prescritta dall’articolo 146, dall’articolo 147 e dall’articolo 159:

a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;

b) per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio;

c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall’articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

lArticolo 149
Interventi non soggetti ad autorizzazione

uso del gli ambiti individuati;

1. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 143, comma 4, lettera a), non è comunque richiesta l’autorizzazione prescritta dall’articolo 146, dall’articolo 147 e dall’articolo 159:

a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;

b) per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio;

c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall’articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

 

 

 

 

Articolo 150
Inibizione o sospensione dei lavori

 

1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 3, la regione o il Ministero ha facoltà di:

a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio;

b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.

2. Il provvedimento di inibizione o sospensione dei lavori incidenti su immobili od aree non ancora dichiarati di notevole interesse pubblico cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di cui all’articolo 138 o all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’articolo 139, comma 3.

 

3. Il provvedimento di inibizione o sospensione dei lavori incidenti su di un bene paesaggistico per il quale il piano paesaggistico preveda misure o interventi di recupero o di riqualificazione cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni la regione non abbia comunicato agli interessati le prescrizioni alle quali attenersi, nella esecuzione dei lavori.

4. I provvedimenti indicati ai commi precedenti sono comunicati anche al comune interessato.

Articolo 150
Inibizione o sospensione dei lavori

 

1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 3, la regione o il Ministero hanno facoltà di:

a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio;

b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.

2. L’inibizione o sospensione dei lavori disposta ai sensi del comma 1 cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 138 o all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’articolo 139, comma 3.

 

Soppresso.

 

 

 

 

 

 

 

 

3. I provvedimenti indicati ai commi precedenti sono comunicati anche al comune interessato.

 

 

 

 

Articolo 151
Rimborso spese a seguito della sospensione dei lavori

 

1. Per lavori su beni paesaggistici che non siano già stati oggetto dei provvedimenti di cui agli articoli 138 e 141, o che non siano stati precedentemente dichiarati di notevole interesse pubblico, e dei quali sia stata ordinata la sospensione senza che fosse stata intimata la preventiva diffida di cui all’articolo 150, comma 1, l’interessato può ottenere il rimborso delle spese sostenute sino al momento della notificata sospensione. Le opere già eseguite sono demolite a spese dell’autorità che ha disposto la sospensione.

Articolo 151
Rimborso spese a seguito della sospensione dei lavori

 

1. Qualora sia stata ordinata, senza la intimazione della preventiva diffida prevista dall’articolo 150, comma 1, lettera a), la sospensione di lavori su immobili ed aree  di cui non sia stato in precedenza dichiarato il notevole interesse pubblico, ai sensi degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, l’interessato può ottenere il rimborso delle spese sostenute sino al momento della notificata sospensione. Le opere già eseguite sono demolite a spese dell’autorità che ha disposto la sospensione.

 

 

Articolo 152
Interventi soggetti a particolari prescrizioni

 

1. Nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell’ambito e in vista delle aree indicate alle lettere c) e d) dell’articolo 136, ovvero in prossimità degli immobili indicati alle lettere a) e b) dello stesso articolo, la regione, tenendo in debito conto la funzione economica delle opere già realizzate o da realizzare, ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso d’esecuzione, idonee ad evitare pregiudizio ai beni protetti da questo Titolo. La medesima facoltà spetta al Ministero, che la esercita previa consultazione della regione.

 

 

 

 

 

 

 

2. Per le zone di interesse archeologico elencate all’articolo 136, lettera c), o all’articolo 142, comma 1, lettera m), la regione consulta preventivamente le competenti soprintendenze.

Articolo 152
 Interventi soggetti a particolari prescrizioni

 

1. Nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell’ambitoe in vista delle aree indicate alle lettere c) e d) dell’articolo 136, ovvero in prossimità degli immobili indicati alle lettere a) e b) dello stesso articolo,l’amministrazione competente, su parere vincolante del soprintendente, o il Ministero, pur tenendo conto della funzione economica delle opere già realizzate o da realizzare,hannofacoltà di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso d’esecuzione, idonee comunque ad assicurare la conservazione dei valori espressi dai beni protetti ai sensi delle disposizioni del presente Titolo. Decorsi inutilmente i termini previsti dall’articolo 146, comma 8, senza che sia stato reso il prescritto parere, l’amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146.

Soppresso

 

Articolo 152
 Interventi soggetti a particolari prescrizioni

 

 

 

 

 

 

 

Dopo le parole: “su parere vincolante,”aggiungere le parole: “salvo quanto previsto dall’art. 146, comma 5,

 

 

 

Articolo 153
Cartelli pubblicitari

 

1. Nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell’articolo 134 è vietato collocare cartelli e altri mezzi pubblicitari se non previa autorizzazione dell’amministrazione competente individuata dalla regione.

 

 

 

 

 

 

 

2. Lungo le strade site nell’ambito e in prossimità dei beni indicati nel comma 1 è vietato collocare cartelli o altri mezzi pubblicitari, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi dell’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni, previo parere favorevole della amministrazione competente individuata dalla regione sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela.

Articolo 153
Cartelli pubblicitari

azioni del territorio realizzate.

1. Nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell’articolo 134 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari se non previa autorizzazione dell’amministrazione competente, che  provvede su parere vincolante del soprintendente. Decorsi inutilmente i termini previsti dall’articolo 146, comma 8, senza che sia stato reso il prescritto parere, l’amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146.

 2. Lungo le strade site nell’ambito e in prossimità dei beni indicati nel comma 1 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole del soprintendente sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela.

Articolo 153
Cartelli pubblicitari

 

 

 

 

 

 

Dopo le parole: “su parere vincolante,” aggiungere le parole: “salvo quanto previsto dall’articolo 146, comma 5,”

 

 

 

Articolo 154
Colore delle facciate dei fabbricati

 

1. L’amministrazione competente individuata dalla regione può ordinare che, nelle aree contemplate dalle lettere c) e d) dell’articolo 136, sia dato alle facciate dei fabbricati, il cui colore rechi disturbo alla bellezza dell’insieme, un diverso colore che con quella armonizzi.

 

 

 

 

 

 

2. La disposizione del comma 1 non si applica nei confronti degli immobili di cui all’articolo 10, comma 3, lettere a) e d), dichiarati ai sensi dell’articolo 13.

 

 

3. Per i fabbricati ricadenti nelle zone di interesse archeologico elencate all’articolo 136, lettera c), o all’articolo 142, comma 1, lettera m), l’amministrazione competente consulta preventivamente le competenti soprintendenze.

 

 

4. In caso di inadempienza dei proprietari, possessori o detentori dei fabbricati, l’amministrazione provvede all’esecuzione d’ufficio.

Articolo 154
Colore delle facciate dei fabbricati

 

1. Qualora la tinteggiatura delle facciate dei fabbricati siti nelle aree contemplate dalle lettere c) e d) dell’articolo 136, comma 1, o dalla lettera m) dell’articolo 142, comma 1, sia sottoposta all’obbligo della preventiva autorizzazione, in base alle disposizioni  degli articoli 146 e 149, comma 1, lettera a), l’amministrazione competente, su parere vincolante del soprintendente, o il Ministero, possono ordinare che alle facciate medesime sia dato un colore che armonizzi con la bellezza d’insieme.

2. Qualora  i proprietari, possessori o detentori degli immobili di cui al comma 1 non ottemperino, entro i termini stabiliti, alle prescrizioni loro impartite, l’amministrazione competente, o il soprintendente, provvede all’esecuzione d’ufficio.

3. Nei confronti degli immobili di cui all’articolo 10, comma 3, lettere a) e d), dichiarati di interesse culturale ai sensi dell’articolo 13, e degli immobili di cui al comma 1 del medesimo articolo 10 valgono le disposizioni della Parte seconda del presente codice.

 

Articolo 154
Colore delle facciate dei fabbricati

 

 

 

 

 

 

 

Dopo le parole: “su parere vincolante,” aggiungere le parole: “salvo quanto previsto dall’articolo 146, comma 5,”

 

 

 

 

Articolo 155
Vigilanza

 

1. Le funzioni di vigilanza sui beni paesaggistici tutelati da questo Titolo sono esercitate dal Ministero e dalle regioni.

2. Le regioni vigilano sull’ottemperanza alle disposizioni contenute nel presente decreto legislativo da parte delle amministrazioni da loro individuate per l’esercizio delle competenze in materia di paesaggio. L’inottemperanza o la persistente inerzia nell’esercizio di tali competenze comporta l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero.

Articolo 155
Vigilanza

 

1. Le funzioni di vigilanza sui beni paesaggistici tutelati dal presente titolo sono esercitate dal Ministero e dalle regioni.

2. Le regioni vigilano sull’ottemperanza alle disposizioni contenute nel presente decreto legislativo da parte delle amministrazioni da loro individuate per l’esercizio delle competenze in materia di paesaggio. L’inottemperanza o la persistente inerzia nell’esercizio di tali competenze comporta l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero.

3. Tutti gli atti di pianificazione urbanistica o territoriale si conformano ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche dei vari contesti.

4. Gli atti di pianificazione urbanistica o territoriale che ricomprendano beni paesaggistici sono impugnabili, ai fini del presente codice, ai sensi dell’articolo 146, comma 12.

 

 

 

 

Capo V
Disposizioni di prima applicazione e transitorie

 

 

 

Articolo 156
Verifica e adeguamento dei piani paesaggistici

 

1. Entro il 1° maggio 2008, le regioni che hanno redatto i piani previsti dall’articolo 149 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, verificano la conformità tra le disposizioni dei predetti piani e le previsioni dell’articolo 143 e provvedono ai necessari adeguamenti. Decorso inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 5, comma 7.

2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, il Ministero, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone uno schema generale di convenzione con le regioni in cui vengono stabilite le metodologie e le procedure di ricognizione, analisi, censimento e catalogazione degli immobili e delle aree oggetto di tutela, ivi comprese le tecniche per la loro rappresentazione cartografica e le caratteristiche atte ad assicurare la interoperabilità dei sistemi informativi.

3. Le regioni e il Ministero, in conformità a quanto stabilito dal comma 3 dell’articolo 143, possono stipulare intese per disciplinare lo svolgimento congiunto della verifica e dell’adeguamento dei piani paesaggistici. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale devono essere completati la verifica e l’adeguamento, nonché il termine entro il quale la regione approva il piano adeguato. Il contenuto del piano adeguato forma oggetto di accordo preliminare tra il Ministero e la regione. Qualora all’accordo preliminare non consegua entro sessanta giorni l’approvazione da parte della regione il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro.

 

 

 

4. Qualora l’intesa di cui al comma 3 non venga stipulata, ovvero ad essa non segua l’accordo procedimentale sul contenuto del piano adeguato, non trova applicazione quanto previsto dai commi 4 e 5 dell’articolo 143.,

Articolo 156
Verifica e adeguamento dei piani paesaggistici

colo 157, oggetto di proposta formulata 1. Entro il 31 dicembre 2009, le regioni che hanno redatto piani paesaggistici verificano la conformità tra le disposizioni dei predetti piani e le previsioni dell’articolo 143 e provvedono ai necessari adeguamenti. Decorso inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 5, comma 7.

 

 

2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice il Ministero, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone uno schema generale di convenzione con le regioni in cui vengono stabilite le metodologie e le procedure di ricognizione, analisi, censimento e catalogazione degli immobili e delle aree oggetto di tutela, ivi comprese le tecniche per la loro rappresentazione cartografica e le caratteristiche atte ad assicurare la interoperabilità dei sistemi informativi.

3. Le regioni e il Ministero, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 135, stipulanointese, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, per disciplinare lo svolgimento congiunto della verifica e dell’adeguamento dei piani paesaggistici. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale devono essere completati la verifica e l’adeguamento, nonché il termine entro il quale la regione approva il piano adeguato. Il piano adeguato è oggetto di accordo fra il Ministero e la regione, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dalla data della sua adozione vigono le misure di salvaguardia di cui all’articolo 143, comma 9. Qualora all’adozione del piano non consegua, entro sessanta giorni, la sua approvazione da parte della regione, il piano medesimo è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro.

4. Qualora l’intesa di cui al comma 3 non venga stipulata, ovvero ad essa non segua l’accordo  per l’adozione del piano adeguato, non trova applicazione quanto previsto dai commi 4 e 5 dell’articolo 143.,

Articolo 156
Verifica e adeguamento dei piani paesaggistici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sostituire la parola “stipulano”con le parole: “possono stipulare”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eliminare le parole: “entro sessanta giorni”e aggiungere dopo le parole:“da parte della regione”le parole:“entro i termini stabiliti dall’accordo,”

 

 

 

 

Articolo 157
Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti
emessi ai sensi della normativa previgente

 

1. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 143, comma 6, dell’articolo 144, comma 2 e dell’articolo 156, comma 4, conservano efficacia a tutti gli effetti:

a) le notifiche di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, eseguite in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778;

b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

c) i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

d) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi dell’articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dall’articolo 1 del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431;

 

 

 

e) i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

f) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

f-bis) i provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, come convertito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.

2. Le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico.

, Articolo 157
Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti
emessi ai sensi della normativa previgente

 

1. Conservano efficacia a tutti gli effetti:

 

 

 

a) le dichiarazioni di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, notificate in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778;

b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

c) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

d) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi dell’articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dall’articolo 1 del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431;

d-bis) gli elenchi compilati ovvero integrati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

e) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

f) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

f-bis) i provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, come convertito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.

2. Le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico.

 

 

 

 

Articolo 158
Disposizioni regionali di attuazione

 

1. Fino all’emanazione di apposite disposizioni regionali di attuazione del presente codice restano in vigore, in quanto applicabili, le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.

Articolo 158
Disposizioni regionali di attuazione

 

1. Fino all’emanazione di apposite disposizioni regionali di attuazione del presente codice restano in vigore, in quanto applicabili, le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.

 

 

 

 

Articolo 159
Procedimento di autorizzazione in via transitoria

 

 

1. Fino alla scadenza del termine previsto dall’articolo 156 ovvero, se anteriore, all’approvazione o all’adeguamento dei piani paesaggistici, l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione dà immediata comunicazione alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall’interessato nonché le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti. La comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nella comunicazione alla soprintendenza il Comune attesta di avere eseguito il contestuale invio agli interessati.

2. L’amministrazione competente deve produrre alla soprintendenza una relazione illustrativa degli accertamenti indicati dall’articolo 146, comma 6. L’autorizzazione è rilasciata o negata entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla relativa richiesta e costituisce comunque atto autonomo e presupposto della concessione edilizia o degli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio. I lavori non possono essere iniziati in difetto di essa. In caso di richiesta di integrazione documentale o di accertamenti il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti.

3. La soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente Titolo, può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6, comma 6-bis, del decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495.

4. Decorso il termine di sessanta giorni dalla richiesta di autorizzazione è data facoltà agli interessati di richiedere l’autorizzazione stessa alla soprintendenza, che si pronuncia entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento. La richiesta, corredata dalla documentazione prescritta, è presentata alla soprintendenza e ne è data comunicazione alla amministrazione competente. In caso di richiesta di integrazione documentale o di accertamenti il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti.

5. Per i beni che alla data di entrata in vigore del presente codice siano oggetto di provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale in data anteriore al 6 settembre 1985, l’autorizzazione può essere concessa solo dopo l’approvazione dei piani paesaggistici.

6. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 146, commi 1, 2, 5, 6 e 12.

Articolo 159
Regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica

 

1. La disciplina dettata al Capo IV si applica anche ai procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 1° giugno 2008 non si siano ancora conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione. Resta salvo, in via transitoria, il potere del soprintendente di annullare, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione dei relativi atti, le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate prima della entrata in vigore delle presenti disposizioni. 

2. I procedimenti di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica redatta a termini dell’articolo 143 o adeguata a termini dell’articolo 156, che alla data del 1° giugno 2008  non si siano ancora conclusi, sono regolati ai sensi dell’articolo 145, commi 3, 4 e 5.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Per i beni che alla data del 1° giugno 2008 siano oggetto di provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale in data anteriore al 6 settembre 1985, l’autorizzazione può essere concessa solo dopo l’adozione dei provvedimenti integrativi di cui all’articolo 141-bis.

 

Articolo 159
Regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica

 

Sostituire il comma 1 con il seguente:

1. La disciplina dettata al Capo IV si applica anche ai procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2008 non si siano ancora conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione. Entro tale data le regioni provvedono a verificare la sussistenza nei soggetti delegati all’esercizio della funzione autorizzato ria in maniera di paesaggio, dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnica-scientifica, stabiliti dall’articolo 146, comma 6, apportando le eventuali, necessarie modificazioni all’assetto della funzione delegata. Il mancato adempimento, da parte delle regioni,  di quanto prescritto al precedente periodo determina la decadenza delle deleghe in essere alla data del 31 dicembre 2008. Resta salvo, in via transitoria, il potere del soprintendente di annullare, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione dei relativi atti, le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate prima della entrata in vigore delle presenti disposizioni. 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE QUARTA
Sanzioni

TITOLO I
Sanzioni amministrative

Capo I
Sanzioni relative alla Parte seconda

 

(omissis)

 

Capo II
Sanzioni relative alla Parte terza

 

 

 

Articolo 167
Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria

 

1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.

2. Con l’ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere.

3. In caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d'ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d'ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall'accertamento dell'illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi delle modalità operative previste dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d'intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero della difesa.

 

4. L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l’impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.

6. Le somme riscosse per effetto dell’applicazione del comma 5, nonché per effetto dell’articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono utilizzate, oltre che per l'esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti.

Articolo 167
Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria

 

1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.

2. Con l’ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere.

3. In caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d'ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d'ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall'accertamento dell'illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi dell’apposito servizio tecnico-operativo del Ministero, ovvero delle modalità previste dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d’intesa tra il Ministero e il Ministero della difesa.

 

4. L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l’impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.

6. Le somme riscosse per effetto dell’applicazione del comma 5, nonché per effetto dell’articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono utilizzate, oltre che per l'esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti.

 

TITOLO II
Sanzioni penali.
Capo I
Sanzioni relative alla Parte seconda
(omissis)

Capo II
Sanzioni relative alla Parte terza

Articolo 181
Opere eseguite in assenza di autorizzazione

o in difformità  da essa

 

1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall’articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

 

1-bis. La pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:

a) ricadano su immobili od aree che, [ai sensi dell’articolo 136,] per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;

b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi.

1-ter. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative [ripristinatorie o] pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

1-quater. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.

1-quinquies. La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1.

2. Con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Copia della sentenza è trasmessa alla regione ed al comune nel cui territorio è stata commessa la violazione.

Articolo 181
Opere eseguite in assenza di autorizzazione

o in difformità  da essa

 

1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall’articolo 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

1-bis. La pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:

a) ricadano su immobili od aree che per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;

 

b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi.

1-ter. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative  pecuniarie di cui all’articolo 167, qualora l’autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

1-quater. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.

1-quinquies. La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d’ufficio dall’autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1.

 

 

2. Con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Copia della sentenza è trasmessa alla regione ed al comune nel cui territorio è stata commessa la violazione.

 

 

 

 

PARTE QUINTA
Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore

 

Articolo 182
Disposizioni transitorie

 

1.  In via transitoria, agli effetti indicati all’articolo 29, comma 9-bis, acquisisce la qualifica di restauratore di beni culturali:

a) colui che consegua un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368.

1-bis.  Può altresì acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, ai medesimi effetti indicati all’articolo 29, comma 9-bis, previo superamento di una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro da emanare di concerto con i Ministri dell’istruzione e dell’università e della ricerca, entro il 31 dicembre 2007:

a) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

b) colui che abbia conseguito o consegua un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

c) colui che abbia conseguito o consegua un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

d) colui che consegua un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004.

1-ter.  Ai fini dell’applicazione dei commi 1, lettere b) e c), e 1-bis, lettera a):

a) la durata dell’attività di restauro è documentata dai termini di consegna e di completamento dei lavori, con possibilità di cumulare la durata di più lavori eseguiti nello stesso periodo;

b) il requisito della responsabilità diretta nella gestione tecnica dell’intervento deve risultare esclusivamente da atti di data certa anteriore all’entrata in vigore del presente decreto emanati, ricevuti o comunque custoditi dall’autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368; i competenti organi ministeriali rilasciano agli interessati le necessarie attestazioni entro trenta giorni dalla richiesta.

1-quater.  La qualifica di restauratore di beni culturali è attribuita, previa verifica del possesso dei requisiti ovvero previo superamento della prova di idoneità, secondo quanto disposto ai commi precedenti, con provvedimenti del Ministero che danno luogo all’inserimento in un apposito elenco, reso accessibile a tutti gli interessati. Alla tenuta dell’elenco provvede il Ministero medesimo, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,sentita una rappresentanza degli iscritti. L’elenco viene tempestivamente aggiornato, anche mediante inserimento dei nominativi di coloro i quali conseguono la qualifica ai sensi dell’articolo 29, commi 7, 8 e 9.

1-quinquies.  Nelle more dell’attuazione dell’articolo 29, comma 10, ai medesimi effetti di cui al comma 9-bis dello stesso articolo, acquisisce la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali:

a) colui che abbia conseguito un diploma di laurea universitaria triennale in tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali, ovvero un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale;

b) colui che abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a tre anni;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto lavori di restauro di beni ai sensi dell’articolo 29, comma 4, anche in proprio, per non meno di quattro anni. L'attività svolta è dimostrata mediante dichiarazione del datore di lavoro, ovvero autocertificazione dell’interessato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, accompagnate dal visto di buon esito degli interventi rilasciato dai competenti organi ministeriali;

d) il candidato che, essendo ammesso in via definitiva a sostenere la prova di idoneità di cui al comma 1-bis ed essendo poi risultato non idoneo ad acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, venga nella stessa sede giudicato idoneo ad acquisire la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali.

2.  In deroga a quanto previsto dall’articolo 29, comma 11, ed in attesa della emanazione dei decreti di cui ai commi 8 e 9 del medesimo articolo, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro, la Fondazione “Centro per la conservazione ed il restauro dei beni culturali La Venaria Reale” è autorizzata ad istituire ed attivare, in via sperimentale, per un ciclo formativo, in convenzione con l’Università di Torino e il Politecnico di Torino, un corso di laurea magistrale a ciclo unico per la formazione di restauratori dei beni culturali ai sensi del comma 6 e seguenti dello stesso articolo 29. Il decreto predetto definisce l’ordinamento didattico del corso,  sulla base dello specifico progetto approvato dai competenti organi della Fondazione e delle università, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente codice, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali adottano le necessarie disposizioni di adeguamento alla prescrizione di cui all’articolo 103, comma 4. In caso di inadempienza, il Ministero procede in via sostitutiva, ai sensi dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione.

3-bis. In deroga al divieto di cui all’articolo 146, comma 12, sono conclusi dall’autorità competente alla gestione del vincolo paesaggistico i procedimenti relativi alle domande di autorizzazione paesaggistica in sanatoria presentate entro il 30 aprile 2004 non ancora definiti alla data di entrata in vigore del presente comma, ovvero definiti con determinazione di improcedibilità della domanda per il sopravvenuto divieto, senza pronuncia nel merito della compatibilità paesaggistica dell’intervento. In tale ultimo caso l’autorità competente è obbligata, su istanza della parte interessata, a riaprire il procedimento ed a concluderlo con atto motivato nei termini di legge. Si applicano le sanzioni previste dall’articolo 167, comma 5.

3-ter. Le disposizioni del comma 3-bis si applicano anche alle domande di sanatoria presentate nei termini ai sensi dell’articolo 1, commi 37 e 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ferma restando la quantificazione della sanzione pecuniaria ivi stabilita. Il parere della soprintendenza di cui all’articolo 1, comma 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, si intende vincolante.

3-quater. Agli accertamenti della compatibilità paesaggistica effettuati, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 167, comma 5.

Articolo 182
Disposizioni transitorie

 

1.  In via transitoria, agli effetti indicati all’articolo 29, comma 9-bis, acquisisce la qualifica di restauratore di beni culturali:

a) colui che consegua un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368.

1-bis.  Può altresì acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, ai medesimi effetti indicati all’articolo 29, comma 9-bis, previo superamento di una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro da emanare di concerto con i Ministri dell’istruzione e dell’università e della ricerca, entro il 31 dicembre 2007:

a) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

b) colui che abbia conseguito o consegua un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

c) colui che abbia conseguito o consegua un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

d) colui che consegua un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004.

1-ter.  Ai fini dell’applicazione dei commi 1, lettere b) e c), e 1-bis, lettera a):

a) la durata dell’attività di restauro è documentata dai termini di consegna e di completamento dei lavori, con possibilità di cumulare la durata di più lavori eseguiti nello stesso periodo;

b) il requisito della responsabilità diretta nella gestione tecnica dell’intervento deve risultare esclusivamente da atti di data certa anteriore all’entrata in vigore del presente decreto emanati, ricevuti o comunque custoditi dall’autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori o dagli istituti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368; i competenti organi ministeriali rilasciano agli interessati le necessarie attestazioni entro trenta giorni dalla richiesta.

1-quater.  La qualifica di restauratore di beni culturali è attribuita, previa verifica del possesso dei requisiti ovvero previo superamento della prova di idoneità, secondo quanto disposto ai commi precedenti, con provvedimenti del Ministero che danno luogo all’inserimento in un apposito elenco, reso accessibile a tutti gli interessati. Alla tenuta dell’elenco provvede il Ministero medesimo, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,sentita una rappresentanza degli iscritti. L’elenco viene tempestivamente aggiornato, anche mediante inserimento dei nominativi di coloro i quali conseguono la qualifica ai sensi dell’articolo 29, commi 7, 8 e 9.

1-quinquies.  Nelle more dell’attuazione dell’articolo 29, comma 10, ai medesimi effetti di cui al comma 9-bis dello stesso articolo, acquisisce la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali:

a) colui che abbia conseguito un diploma di laurea universitaria triennale in tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali, ovvero un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale;

b) colui che abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a tre anni;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto lavori di restauro di beni ai sensi dell’articolo 29, comma 4, anche in proprio, per non meno di quattro anni. L'attività svolta è dimostrata mediante dichiarazione del datore di lavoro, ovvero autocertificazione dell’interessato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, accompagnate dal visto di buon esito degli interventi rilasciato dai competenti organi ministeriali;

d) il candidato che, essendo ammesso in via definitiva a sostenere la prova di idoneità di cui al comma 1-bis ed essendo poi risultato non idoneo ad acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, venga nella stessa sede giudicato idoneo ad acquisire la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali.

2.  In deroga a quanto previsto dall’articolo 29, comma 11, ed in attesa della emanazione dei decreti di cui ai commi 8 e 9 del medesimo articolo, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro, la Fondazione “Centro per la conservazione ed il restauro dei beni culturali La Venaria Reale” è autorizzata ad istituire ed attivare, in via sperimentale, per un ciclo formativo, in convenzione con l’Università di Torino e il Politecnico di Torino, un corso di laurea magistrale a ciclo unico per la formazione di restauratori dei beni culturali ai sensi del comma 6 e seguenti dello stesso articolo 29. Il decreto predetto definisce l’ordinamento didattico del corso,  sulla base dello specifico progetto approvato dai competenti organi della Fondazione e delle università, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente codice, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali adottano le necessarie disposizioni di adeguamento alla prescrizione di cui all’articolo 103, comma 4. In caso di inadempienza, il Ministero procede in via sostitutiva, ai sensi dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione.

3-bis. In deroga al divieto di cui all’articolo 146, comma 4, secondo periodo, sono conclusi dall’autorità competente alla gestione del vincolo paesaggistico i procedimenti relativi alle domande di autorizzazione paesaggistica in sanatoria presentate entro il 30 aprile 2004 non ancora definiti alla data di entrata in vigore del presente comma, ovvero definiti con determinazione di improcedibilità della domanda per il sopravvenuto divieto, senza pronuncia nel merito della compatibilità paesaggistica dell’intervento. In tale ultimo caso l’autorità competente è obbligata, su istanza della parte interessata, a riaprire il procedimento ed a concluderlo con atto motivato nei termini di legge. Si applicano le sanzioni previste dall’articolo 167, comma 5.

3-ter. Le disposizioni del comma 3-bis si applicano anche alle domande di sanatoria presentate nei termini ai sensi dell’articolo 1, commi 37 e 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ferma restando la quantificazione della sanzione pecuniaria ivi stabilita. Il parere della soprintendenza di cui all’articolo 1, comma 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, si intende vincolante.

3-quater. Agli accertamenti della compatibilità paesaggistica effettuati, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 167, comma 5..

 

 

(omissis)

 


Normativa di riferimento

 


Costituzione della Repubblica italiana
(artt. 9, 76, 87, 117 e 118)

 

Articolo 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica (11).

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

 

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(11)  Vedi artt. 33 e 34.

 

(omissis)

Articolo 76. L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato (79) al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti .

 

--------------------------------------------------------------------------------

(79)  Vedi art. 72, comma quarto.

(omissis)

Articolo 87.  Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

Può inviare messaggi alle Camere (98).

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione (99).

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo (100).

Promulga le leggi (101) ed emana i decreti aventi valore di legge (102) e i regolamenti.

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione (103).

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere (104).

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere (105).

Presiede il Consiglio superiore della magistratura (106).

Può concedere grazia e commutare le pene.

Conferisce le onorificenze della Repubblica (107) .

 

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(98)  Vedi anche art. 74, comma primo.

(99)  Vedi art. 61, comma primo.

(100)  Vedi art. 71, comma primo.

(101)  Vedi artt. 73, 74 e 138, comma secondo.

(102)  Vedi artt. 76 e 77.

(103)  Vedi artt. 75 e 138, comma secondo.

(104)  Vedi art. 80.

(105)  Vedi art. 78.

(106)  Vedi art. 104, comma secondo.

(107)  Con D.P.R. 9 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 14 ottobre 2000, n. 241) è stato approvato il modello dello stendardo del Presidente della Repubblica.

(omissis)

Articolo 117.  La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali .

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali .

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato .

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato .

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni .

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (165).

 

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(165)  Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione del presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131 e il D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 208.

 

Articolo 118.  Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà (166) .

 

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(166)  Articolo così sostituito dall'art. 4, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione del presente articolo vedi l'art. 7, L. 5 giugno 2003, n. 131.


L. 29 giugno 1939 n. 1497
Protezione delle bellezze naturali. (artt. 10, 11 e 14)

 

Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 ottobre 1939, n. 241. 

(omissis)

10.  [Per lavori su cose, né precedentemente incluse nel pubblicato elenco delle località, né precedentemente dichiarate e notificate di notevole interesse pubblico, dei quali sia stata ordinata la sospensione, senza che fosse stata intimata la preventiva diffida di cui all'art. 8 n. 1, è data azione per ottenere il rimborso delle spese sostenute sino al momento della notificata sospensione.

Le opere già eseguite sono demolite a spese del Ministero dell'educazione nazionale (36)] (37).

 

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(36)  Vedi, ora art. 82 u.c., D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

(37)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

 

 

11.  [Nel caso di aperture di strade e di cave, nel caso di condotte per impianti industriali e di palificazione nell'ambito e in vista delle località di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 1 della presente legge, ovvero in prossimità delle cose di cui ai nn. 1 e 2 dello stesso articolo, il regio Soprintendente ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso di esecuzione, le quali, tenendo in debito conto l'utilità economica dell'intrapreso lavoro, valgano ad evitare pregiudizio alle cose e luoghi protetti dalla presente legge] (38).

 

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(38)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(omissis)

Articolo 14.  [Nell'ambito e in prossimità dei luoghi e delle cose contemplati dall'art. 1 della presente legge non può essere autorizzata la posa in opera di cartelli o di altri mezzi di pubblicità se non previo consenso della competente regia Soprintendenza ai monumenti o all'arte medioevale e moderna, alla quale è fatto obbligo di interpellare l'Ente provinciale per il turismo.

Il Ministro per l'educazione nazionale (46) ha facoltà di ordinare per mezzo del Prefetto, la rimozione, a cura e spese degli interessati, dei cartelli e degli altri mezzi di pubblicità non preventivamente autorizzati che rechino, comunque, pregiudizio all'aspetto o al libero godimento delle cose e località soggette alla presente legge.

È anche facoltà del Ministro ordinare per mezzo del Prefetto che nelle località di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 1 della presente legge, sia dato alle facciate dei fabbricati, il cui colore rechi disturbo alla bellezza dell'insieme, un diverso colore che con quella armonizzi.

In caso di inadempienza il Prefetto provvede all'esecuzione d'ufficio a' termini e agli effetti di cui all'art. 20 del vigente T.U. della legge comunale e provinciale] (47).

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(46)  Vedi, ora art. 82 u.c., D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

(47)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.


D.P.R. 24 aprile 1977 n. 616
Attuazione della delega di cui all'art. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382. (articolo 82)

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 agosto 1977, n. 234, S.O. 

(omissis)

Articolo 82. Beni ambientali.

Sono delegate alle regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze naturali per quanto attiene alla loro individuazione, alla loro tutela e alle relative sanzioni.

La delega riguarda tra l'altro le funzioni amministrative concernenti:

a) l'individuazione delle bellezze naturali, salvo il potere del Ministro per i beni culturali e ambientali, sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, di integrare gli elenchi delle bellezze naturali approvate dalle regioni;

b) la concessione delle autorizzazioni o nulla osta per le loro modificazioni;

c) l'apertura di strade e cave;

d) la posa in opera di cartelli o di altri mezzi di pubblicità;

e) la adozione di provvedimenti cautelari anche indipendentemente dalla inclusione dei beni nei relativi elenchi;

f) l'adozione dei provvedimenti di demolizione e la irrogazione delle sanzioni amministrative;

g) le attribuzioni degli organi statali centrali e periferici inerenti alle commissioni provinciali previste dall'art. 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1975, n. 805;

h) l'autorizzazione prevista dalla legge 29 novembre 1971, n. 1097, per la tutela dei Colli Euganei.

[Le notifiche di notevole interesse pubblico delle bellezze naturali e panoramiche eseguite in base alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, non possono essere revocate o modificate se non previo parere del Consiglio nazionale per i beni culturali] (30).

[Il Ministro per i beni culturali e ambientali può inibire lavori o disporne la sospensione, quando essi rechino pregiudizio a beni qualificabili come bellezze naturali anche indipendentemente dalla loro inclusione negli elenchi] (31).

[Sono sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici (32);

i) le zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico (33)] (34).

[Il vincolo di cui al precedente comma non si applica alle zone A, B e - limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione - alle altre zone, come delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, e, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ai centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (35)] (36).

[Sono peraltro sottoposti a vincolo paesaggistico, anche nelle zone di cui al comma precedente, i beni di cui al numero 2) dell'articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (37)] (38).

[Nei boschi e nelle foreste di cui alla lettera g) del quinto comma del presente articolo sono consentiti il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia (39)] (40).

[L'autorizzazione di cui all'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, deve essere rilasciata o negata entro il termine perentorio di sessanta giorni. Le regioni danno immediata comunicazione al Ministro per i beni culturali e ambientali delle autorizzazioni rilasciate e trasmettono contestualmente la relativa documentazione. Decorso inutilmente il predetto termine, gli interessati, entro trenta giorni, possono richiedere l'autorizzazione al Ministro per i beni culturali e ambientali, che si pronuncia entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Il Ministro per i beni culturali e ambientali può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l'autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla relativa comunicazione (41) (42)] (43).

[Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, il Ministro per i beni culturali e ambientali può in ogni caso rilasciare o negare entro sessanta giorni l'autorizzazione di cui all'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, anche in difformità dalla decisione regionale (44)] (45).

[Per le attività di ricerca ed estrazione di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, l'autorizzazione del Ministero per i beni culturali e ambientali, prevista dal precedente nono comma, è rilasciata sentito il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (46)] (47).

[Non è richiesta l'autorizzazione di cui all'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici, nonché per l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi per costruzioni edilizie od altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio (48)] (49).

[Le funzioni di vigilanza sull'osservanza del vincolo di cui al quinto comma del presente articolo sono esercitate anche dagli organi del Ministero per i beni culturali e ambientali (50) (51)] (52).

 

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(30)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(31)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(32)  La Corte costituzionale, con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 316 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 82, quinto comma, lettera h), aggiunto dall'art. 1 del D.L. n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, nella legge n. 431 del 1985, sollevate in riferimento agli artt. 9, 42, 3 e 97 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre motivi o profili nuovi, con ordinanza 11-18 marzo 1999, n. 71 (Gazz. Uff. 24 marzo 1999, n. 12, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza.

(33)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(34)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(35)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(36)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(37)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(38)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(39)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(40)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(41)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(42)  La Corte costituzionale, con sentenza 2-4 giugno 1997, n. 170 (Gazz. Uff. 11 giugno 1997, n. 24, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 82, nono comma, nel testo modificato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, sollevata in riferimento agli artt. 24, primo comma, 42, secondo comma, e 97, primo e secondo comma, della Costituzione.

(43)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(44)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(45)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(46)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(47)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(48)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(49)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

(50)  Gli ultimi nove commi sono stati aggiunti dall'art. 1, D.L. 27 giugno 1985, n. 312.

(51)  Vedi, ora, l'art. 2, L. 8 luglio 1986, n. 349.

(52)  I commi da 3 a 13 sono stati abrogati dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

 


L. 28 febbraio 1985 n. 47
Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie. (Art. 20)

 

Pubblicata nella Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.O. 

(omissis)

20. Sanzioni penali.

[Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

a) l'ammenda fino a lire 20 milioni per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalla presente legge, dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150 , e successive modificazioni e integrazioni, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione (40);

b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da lire 10 milioni a lire 100 milioni nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza della concessione o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;

c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da lire 30 milioni a lire 100 milioni nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 18. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza della concessione (41).

Le disposizioni di cui al comma precedente sostituiscono quelle di cui all'articolo 17 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (42)] (43).

 

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(40)  Lettera così sostituita dall'art. 3, D.L. 23 aprile 1985, n. 146.

(41)  Vedi, anche, l'art. 39, comma 12, L. 23 dicembre 1994, n. 724.

(42)  Vedi, anche, l'art. 10 , L. 21 novembre 2000, n. 353.

(43)  Articolo abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ora contenute nell'art. 44 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001.

 


D.L. 27 giugno 1985 n. 312
Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. (art. 1-quinquies)

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 giugno 1985, n. 152. 

(omissis)

Articolo 1-quinquies.  Le aree e i beni individuati ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 26 settembre 1984, sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'articolo 1-bis, ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici (16) (17) (18).

 

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(16)  Articolo aggiunto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

(17)  La Corte costituzionale con sentenza 21-28 luglio 1995, n. 417 (Gazz. Uff. 23 agosto 1995, n. 35, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-quinquies, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42, secondo e terzo comma, e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania;

ha dichiarato, inoltre, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-quinquies, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania.

(18)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.

 


L. 8 luglio 1986, n. 349
Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale (artt. 2, 6 e 13)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 luglio 1986, n. 162, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio: Circ. 25 novembre 2002;

- Ministero dell'ambiente: Circ. 7 ottobre 1996, n. GAB/96/15208; Circ. 8 ottobre 1996, n. GAB/96/15326; Circ. 7 ottobre 1996, n. GAB/96/15208; Circ. 8 ottobre 1996, n. GAB/96/15326;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 17 dicembre 1996, n. 752;

- Ministero delle finanze: Circ. 24 luglio 1996, n. 190/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 novembre 1996, n. 142.

(omissis)

2.  1. Il Ministero esercita:

a) le funzioni già attribuite al Comitato interministeriale previsto dall'articolo 3 della legge 10 maggio 1976, n. 319 , e quelle attribuite dalla stessa legge e dalle successive modifiche ed integrazioni al Ministero dei lavori pubblici;

b) le funzioni già attribuite al Comitato interministeriale previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 ;

c) le funzioni già attribuite allo Stato, in materia di inquinamento atmosferico ed acustico, salvo quelle previste dall'art. 102, numeri 1), 3), 4), 5) e 10) del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , che vengono esercitate di concerto con il Ministro della sanità; nonché quelle previste al n. 7) dell'articolo citato che vengono esercitate di concerto con il Ministro dei trasporti e con il Ministro della sanità (4);

d) le funzioni di competenza dello Stato nelle materie di cui all'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , in materia di cave e torbiere, da esercitarsi di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

 

2. [Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e sentito il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono stabilite per l'intero territorio nazionale e per zone particolari dello stesso le caratteristiche merceologiche, aventi rilievo ai fini dell'inquinamento atmosferico, dei combustibili e dei carburanti, nonché le caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione (5)] (6).

3. Le disposizioni degli articoli 12 e 13 della legge 13 luglio 1966, n. 615 , e successive modificazioni ed integrazioni, restano in vigore fino alle date che saranno indicate nei decreti di cui al precedente comma 2.

4. Il Ministro dell'ambiente è membro del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), del Comitato di Ministri per il coordinamento della politica industriale (CIPI) e del Comitato interministeriale per la politica agricola e alimentare (CIPAA).

5. Il Ministro dell'ambiente interviene, per il concerto, nella predisposizione dei piani di settore a carattere nazionale che abbiano rilevanza di impatto ambientale.

6. Il Ministro dell'ambiente adotta, d'intesa con il Ministro dei lavori pubblici, le iniziative necessarie per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di tutela dell'ambiente di cui alla presente legge con gli interventi per la difesa del suolo e per la tutela e utilizzazione delle acque.

7. In particolare, fino alla riforma dell'Amministrazione dei lavori pubblici, sono esercitate di concerto con il Ministro dell'ambiente le funzioni di cui alla lettera a) del primo comma dell'articolo 81 del decreto Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , relativamente alle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale ed alla difesa del suolo, nonché le funzioni di cui agli articoli 90 e 91 dello stesso decreto relativamente alla programmazione nazionale della destinazione delle risorse idriche.

8. Sono adottati di concerto con il Ministro dell'ambiente i provvedimenti di competenza ministeriale relativi al piano generale di difesa del mare e delle coste marine di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 .

9. I provvedimenti istitutivi, comprensivi dei piani di vincolo, delle riserve marine, di cui agli articoli 26, primo comma, e 27 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , sono adottati con decreti del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro della marina mercantile.

10. ... (7).

11. ... (8).

12. ... (9).

13. L'articolo 29 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , è soppresso.

14. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, propone al Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione dei limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinamenti di natura chimica, fisica e biologica e delle emissioni sonore relativamente all'ambiente esterno e abitativo di cui all'articolo 4 della L. 23 dicembre 1978, n. 833 . La fissazione di tali limiti, ove gli stessi siano relativi agli ambienti di lavoro, è proposta al Presidente del Consiglio dei ministri dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

15. Gli atti di indirizzo e coordinamento previsti dalla L. 23 dicembre 1978, n. 833 , relativi a funzioni trasferite alle regioni, e gli atti di esercizio di poteri relativi a funzioni delegate alle regioni stesse sono adottati di concerto con il Ministro dell'ambiente ove riferiti ad inquinamenti di natura chimica, fisica, biologica o da emissioni sonore.

16. Sono adottati dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'ambiente, i provvedimenti di competenza ministeriale relativi all'attuazione del D.P.R. 8 giugno 1982, n. 470 .

17. Il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici e con il Ministro dell'ambiente, adotta i provvedimenti di competenza ministeriale relativi all'attuazione del D.P.R. 3 luglio 1982, n. 515 .

18. Il Ministro dell'ambiente, apprezzate le circostanze, promuove le iniziative necessarie per l'adozione degli atti per i quali è previsto il suo concerto.

19. Il Ministro dell'ambiente partecipa al concerto per la predisposizione del piano nazionale per la protezione civile.

20. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica e con i Ministri interessati, predispone i piani nazionali di ricerca in materia ambientale e coordina la partecipazione italiana ai programmi di ricerca ambientale definiti dalla Comunità Europea.

 

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(4)  Lettera così sostituita dall'art. 10, L. 3 marzo 1987, n. 59.

(5)  Vedi il D.P.C.M. 2 ottobre 1995.

(6)  Comma abrogato dall'art. 297, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, con i limiti ivi indicati.

(7)  Aggiunge la lettera i) all'art. 28, terzo comma, L. 31 dicembre 1982, n. 979.

(8)  Sostituisce il quarto comma dell'art. 28, L. 31 dicembre 1982, n. 979.

(9)  Sostituisce l'ultimo comma dell'art. 28, L. 31 dicembre 1982, n. 979.

(omissis)

Articolo 6.  [1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge il Governo presenta al Parlamento il disegno di legge relativo all'attuazione delle direttive comunitarie in materia di impatto ambientale.

2. In attesa dell'attuazione legislativa delle direttive comunitarie in materia di impatto ambientale, le norme tecniche e le categorie di opere in grado di produrre rilevanti modificazioni dell'ambiente ed alle quali si applicano le disposizioni di cui ai successivi commi 3, 4 e 5, sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata su proposta del Ministro dell'ambiente, sentito il Comitato scientifico di cui al successivo articolo 11, conformemente alla direttiva n. 85/337 del 27 giugno 1985 del Consiglio delle Comunità europee (14).

3. I progetti delle opere di cui al precedente comma 2 sono comunicati, prima della loro approvazione, al Ministro dell'ambiente, al Ministro per i beni culturali e ambientali e alla regione territorialmente interessata, ai fini della valutazione dell'impatto sull'ambiente. La comunicazione contiene l'indicazione della localizzazione dell'intervento, la specificazione dei rifiuti liquidi e solidi, delle emissioni ed immissioni inquinanti nell'atmosfera e delle emissioni sonore prodotte dall'opera, la descrizione dei dispositivi di eliminazione o recupero dei danni all'ambiente ed i piani di prevenzione dei danni all'ambiente e di monitoraggio ambientale. L'annuncio dell'avvenuta comunicazione deve essere pubblicato, a cura del committente, sul quotidiano più diffuso nella regione territorialmente interessata, nonché su un quotidiano a diffusione nazionale.

4. Il Ministro dell'ambiente, sentita la regione interessata, di concerto con il Ministro per i beni culturali e ambientali, si pronuncia sulla compatibilità ambientale nei successivi novanta giorni (15), decorsi i quali la procedura di approvazione del progetto riprende il suo corso, salvo proroga deliberata dal Consiglio dei ministri in casi di particolare rilevanza. Per le opere incidenti su aree sottoposte a vincolo di tutela culturale o paesaggistica il Ministro dell'ambiente provvede di concerto con il Ministro per i beni culturali e ambientali.

5. Ove il Ministro competente alla realizzazione dell'opera non ritenga di uniformarsi alla valutazione del Ministero dell'ambiente, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri.

6. Qualora, nell'esecuzione delle opere di cui al comma 3, il Ministro dell'ambiente ravvisi comportamenti contrastanti con il parere sulla compatibilità ambientale espresso ai sensi del comma 4, o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione al Consiglio dei ministri.

7. Restano ferme le attribuzioni del Ministro per i beni culturali e ambientali nelle materie di sua competenza.

8. Il Ministro per i beni culturali e ambientali nel caso previsto dall'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 , convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431, esercita i poteri di cui agli articoli 4 e 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, di concerto con il Ministro dell'ambiente.

9. Qualsiasi cittadino, in conformità delle leggi vigenti, può presentare, in forma scritta, al Ministero dell'ambiente, al Ministero per i beni culturali e ambientali e alla regione interessata istanze, osservazioni o pareri sull'opera soggetta a valutazione di impatto ambientale, nel termine di trenta giorni (16) dall'annuncio della comunicazione del progetto] (17).

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(14)  Vedi il D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377.

(15)  Termine prorogato al 30 giugno 1998 dall'art. 1, D.P.R. 7 agosto 1997, per la valutazione di impatto ambientale relativa al progetto delle opere mobili di bocche di porto della laguna di Venezia.

(16)  Termine prorogato al 31 dicembre 1997 dall'art. 1, D.P.R. 7 agosto 1997, per la valutazione di impatto ambientale relativa al progetto delle opere mobili di bocche di porto della laguna di Venezia.

(17)  Articolo abrogato dall'art. 48, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, le cui disposizioni sono confluite nell'art. 36 dello stesso decreto a seguito delle modifiche disposte dal comma 3 dell'art. 1, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

 

 

Articolo 13.  1. Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell'ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché della continuità dell'azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale per l'ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine senza che il parere sia stato espresso, il Ministro dell'ambiente decide (25).

2. Il Ministro, al solo fine di ottenere, per la prima composizione del Consiglio nazionale per l'ambiente, le terne di cui al precedente art. 12, comma 1, lett. c), effettua, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, una prima individuazione delle associazioni a carattere nazionale e di quelle presenti in almeno cinque regioni, secondo i criteri di cui al precedente comma 1, e ne informa il Parlamento (26).

 

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(25)  Periodo aggiunto dal comma 3 dell'art. 17, L. 23 marzo 2001, n. 93.

(26)  Le associazioni di protezione ambientale di cui al presente articolo sono state individuate con D.M. 20 febbraio 1987 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1987, n. 48), con D.M. 26 maggio 1987 (Gazz. Uff. 2 giugno 1987, n. 126), modificato dal D.M. 17 febbraio 1995 (Gazz. Uff. 28 aprile 1995, n. 98), e, da ultimo, con Comunicato 1° dicembre 2001 (Gazz. Uff. 1° dicembre 2001, n. 280), con Comunicato 4 giugno 2002 (Gazz. Uff. 4 giugno 2002, n. 129), con Comunicato 11 giugno 2002 (Gazz. Uff. 11 giugno 2002, n. 135), con D.M. 26 febbraio 2003 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 7 maggio 2003, n. 104), con D.M. 16 ottobre 2003 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 11 dicembre 2003, n. 287), con D.M. 4 novembre 2003 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 11 dicembre 2003, n. 287), con D.M. 28 gennaio 2004 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 7 maggio 2004, n. 106), con Comunicato 31 maggio 2004 (Gazz. Uff. 31 maggio 2004, n. 126), con Comunicato 5 agosto 2004 (Gazz. Uff. 5 agosto 2004, n. 182), con D.M. 7 luglio 2004 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 settembre 2004, n. 219), con D.M. 22 aprile 2004 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 11 febbraio 2005, n. 34), con D.M. 28 dicembre 2004 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 5 marzo 2005, n. 53), con Comunicato 5 marzo 2005 (Gazz. Uff. 5 marzo 2005, n. 53), con D.M. 24 maggio 2005 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 27 giugno 2005, n. 147), con D.M. 29 settembre 2005 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 15 ottobre 2005, n. 241), con Comunicato 19 aprile 2006 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 91), con Comunicato 26 settembre 2006 (Gazz. Uff. 26 settembre 2006, n. 224), con Comunicato 24 marzo 2007 (Gazz. Uff. 24 marzo 2007, n. 70), con D.M. 18 aprile 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 18 maggio 2007, n. 114), con D.M. 24 maggio 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 4 giugno 2007, n. 127), con D.M. 31 maggio 2007 (pubblicati, per comunicato, nella Gazz. Uff. 19 giugno 2007, n. 140), con D.M. 1° agosto 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 24 agosto 2007, n. 196) e con D.M. 7 novembre 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 12 dicembre 2007, n. 288). Vedi, anche, l'art. 17, comma 48, L. 15 maggio 1997, n. 127 e l'art. 4, comma 3, L. 3 agosto 1999, n. 265.


L. 23 agosto 1988 n. 400
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 14)

 

Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O. 

(omissis)

Capo III - Potestà normativa del Governo

 

14. Decreti legislativi.

1. I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione.

2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.

3. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega.

4. In ogni caso, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni (29).

 

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(29)  In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 15, L. 12 dicembre 2002, n. 273.


L. 7 agosto 1990, n. 241
Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 10-bis, 11, 14 e 15)

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 agosto 1990, n. 192.

(omissis)

10-bis. Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza.

1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali (25).

 

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(25)  Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 

11. Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento (26).

1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo (27).

1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati (28).

2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili.

3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.

4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato.

4-bis. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma l, la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento (29).

5. Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

 

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(26)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(27)  Comma così modificato dall'art. 7, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(28)  Comma aggiunto dall'art. 39-quinquies, D.L. 12 maggio 1995, n. 163.

(29)  Comma aggiunto dall'art. 7, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(omissis)

Capo IV - Semplificazione dell'azione amministrativa

 

14. Conferenza di servizi (33).

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale (34).

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.

5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni (35).

 

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(33)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(34)  Vedi, anche, l'art. 2, O.P.C.M. 12 marzo 2003, n. 3268.

(35)  Articolo prima modificato dall'art. 2, L. 24 dicembre 1993, n. 537, dall'art. 3-bis, D.L. 12 maggio 1995, n. 163, dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, nel testo integrato dall'art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191, poi sostituito dall'art. 9, L. 24 novembre 2000, n. 340 ed infine così modificato dall'art. 8, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 

 

15. Accordi fra pubbliche amministrazioni (61).

1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall'articolo 11, commi 2, 3 e 5.

 

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(61)  Rubrica aggiunta dall'art. 21, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 


L. 15 marzo 1997 n. 59
Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.  (art.11)

 

Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 marzo 1997, n. 63, S.O. 

(omissis)

Capo II

 

Articolo 11.  1. Il Governo è delegato ad emanare, entro il 31 gennaio 1999 (42), uno o più decreti legislativi diretti a (43):

a) razionalizzare l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo;

b) riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza, le istituzioni di diritto privato e le società per azioni, controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, che operano, anche all'estero, nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale (44);

c) riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche;

d) riordinare e razionalizzare gli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica nonché gli organismi operanti nel settore stesso (45).

2. I decreti legislativi sono emanati previo parere della Commissione di cui all'articolo 5, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli stessi. Decorso tale termine i decreti legislativi possono essere comunque emanati.

3. Disposizioni correttive e integrative ai decreti legislativi possono essere emanate, nel rispetto degli stessi princìpi e criteri direttivi e con le medesime procedure, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore (46).

4. Anche al fine di conformare le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , e successive modificazioni, alle disposizioni della presente legge recanti princìpi e criteri direttivi per i decreti legislativi da emanarsi ai sensi del presente capo, ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , e successive modificazioni, possono essere emanate entro il 31 ottobre 1998. A tal fine il Governo, in sede di adozione dei decreti legislativi, si attiene ai princìpi contenuti negli articoli 97 e 98 della Costituzione, ai criteri direttivi di cui all'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 , a partire dal principio della separazione tra compiti e responsabilità di direzione politica e compiti e responsabilità di direzione delle amministrazioni, nonché, ad integrazione, sostituzione o modifica degli stessi ai seguenti princìpi e criteri direttivi (47):

a) completare l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa; estendere il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le altre esclusioni di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (48);

b) prevedere per i dirigenti, compresi quelli di cui alla lettera a), l'istituzione di un ruolo unico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, articolato in modo da garantire la necessaria specificità tecnica;

c) semplificare e rendere più spedite le procedure di contrattazione collettiva; riordinare e potenziare l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) cui è conferita la rappresentanza negoziale delle amministrazioni interessate ai fini della sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali, anche consentendo forme di associazione tra amministrazioni, ai fini dell'esercizio del potere di indirizzo e direttiva all'ARAN per i contratti dei rispettivi comparti;

d) prevedere che i decreti legislativi e la contrattazione possano distinguere la disciplina relativa ai dirigenti da quella concernente le specifiche tipologie professionali, fatto salvo quanto previsto per la dirigenza del ruolo sanitario di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni, e stabiliscano altresì una distinta disciplina per gli altri dipendenti pubblici che svolgano qualificate attività professionali, implicanti l'iscrizione ad albi, oppure tecnico-scientifiche e di ricerca;

e) garantire a tutte le amministrazioni pubbliche autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa nel rispetto dei vincoli di bilancio di ciascuna amministrazione; prevedere che per ciascun ambito di contrattazione collettiva le pubbliche amministrazioni, attraverso loro istanze associative o rappresentative, possano costituire un comitato di settore;

f) prevedere che, prima della definitiva sottoscrizione del contratto collettivo, la quantificazione dei costi contrattuali sia dall'ARAN sottoposta, limitatamente alla certificazione delle compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 , e successive modificazioni, alla Corte dei conti, che può richiedere elementi istruttori e di valutazione ad un nucleo di tre esperti, designati, per ciascuna certificazione contrattuale, con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro; prevedere che la Corte dei conti si pronunci entro il termine di quindici giorni, decorso il quale la certificazione si intende effettuata; prevedere che la certificazione e il testo dell'accordo siano trasmessi al comitato di settore e, nel caso di amministrazioni statali, al Governo; prevedere che, decorsi quindici giorni dalla trasmissione senza rilievi, il presidente del consiglio direttivo dell'ARAN abbia mandato di sottoscrivere il contratto collettivo il quale produce effetti dalla sottoscrizione definitiva; prevedere che, in ogni caso, tutte le procedure necessarie per consentire all'ARAN la sottoscrizione definitiva debbano essere completate entro il termine di quaranta giorni dalla data di sottoscrizione iniziale dell'ipotesi di accordo;

g) devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lettera a), tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ancorché concernenti in via incidentale atti amministrativi presupposti, ai fini della disapplicazione, prevedendo: misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso; procedure stragiudiziali di conciliazione e arbitrato; infine, la contestuale estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo altresì un regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti (49);

h) prevedere procedure facoltative di consultazione delle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi dei relativi comparti prima dell'adozione degli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro (50);

i) prevedere la definizione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica di un codice di comportamento dei dipendenti della pubblica amministrazione e le modalità di raccordo con la disciplina contrattuale delle sanzioni disciplinari, nonché l'adozione di codici di comportamento da parte delle singole amministrazioni pubbliche; prevedere la costituzione da parte delle singole amministrazioni di organismi di controllo e consulenza sull'applicazione dei codici e le modalità di raccordo degli organismi stessi con il Dipartimento della funzione pubblica (51).

4-bis. I decreti legislativi di cui al comma 4 sono emanati previo parere delle Commissioni parlamentari permanenti competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi. Decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati (52).

5. Il termine di cui all'articolo 2, comma 48, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 , è riaperto fino al 31 luglio 1997.

6. Dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 4, sono abrogate tutte le disposizioni in contrasto con i medesimi. Sono apportate le seguenti modificazioni alle disposizioni dell'articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 : alla lettera e) le parole: «ai dirigenti generali ed equiparati» sono soppresse; alla lettera i) le parole: «prevedere che nei limiti di cui alla lettera h) la contrattazione sia nazionale e decentrata» sono sostituite dalle seguenti: «prevedere che la struttura della contrattazione, le aree di contrattazione e il rapporto tra i diversi livelli siano definiti in coerenza con quelli del settore privato»; la lettera q) è abrogata; alla lettera t) dopo le parole: «concorsi unici per profilo professionale» sono inserite le seguenti: «, da espletarsi a livello regionale,».

7. Sono abrogati gli articoli 38 e 39 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 . Sono fatti salvi i procedimenti concorsuali per i quali sia stato già pubblicato il bando di concorso (53).

 

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(42)  Per la proroga dei termini al 31 luglio 1999, vedi l'art. 9, L. 8 marzo 1999, n. 50. Successivamente l'art. 1, L. 29 luglio 1999, n. 241 (Gazz. Uff. 29 luglio 1999, n. 176), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ha così disposto:

«Art. 1. 1. I termini per l'esercizio delle deleghe di cui all'articolo 10 e all'articolo 11, comma 1, lettere

b), c) e d) della legge 15 marzo 1997, n. 59, come differiti dall'articolo 9, comma 6, della legge 8 marzo 1999, n. 50, sono prorogati di novanta giorni limitatamente agli atti che risultino trasmessi alle Camere ed assegnati alla commissione competente alla data di entrata in vigore della presente legge».

(43)  Alinea così modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 191. In attuazione della delega contenuta nel presente comma sono stati emanati i seguenti decreti:

- quanto alla lettera a):

il D.Lgs. 8 gennaio 1998, n. 3, sul riordino degli organi collegiali operanti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento dello spettacolo;

il D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165, sulla soppressione dell'A.I.M.A. e l'istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA);

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 284, sul riordino della Cassa depositi e prestiti;

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 285, sul riordino del Centro di formazione studi (Formez);

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 287, sul riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione e la riqualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche;

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, sulla riforma dell'organizzazione del Governo;

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

- quanto alla lettera b):

il D.Lgs. 29 gennaio 1998, n. 19, sulla trasformazione dell'ente pubblico «La Biennale di Venezia» in persona giuridica privata denominata «Società di cultura La Biennale di Venezia»;

il D.Lgs. 29 gennaio 1998, n. 20, sulla trasformazione in fondazione dell'ente pubblico «Istituto nazionale per il dramma antico»;

il D.Lgs. 23 aprile 1998, n. 134, sulla trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate;

il D.Lgs. 13 ottobre 1998, n. 373, sulla razionalizzazione delle norme concernenti l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo;

il D.Lgs. 9 gennaio 1999, n. 1, sul riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società «Sviluppo Italia»;

il D.Lgs. 21 aprile 1999, n. 116, sul riordino dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ai fini della sua trasformazione in società per azioni;

il D.Lgs. 23

il D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258, sul riordino del Centro europeo dell'educazione, della biblioteca di documentazione pedagogica e la trasformazione in fondazione del museo nazionale della scienza e della tecnica «Leonardo da Vinci»;

 

il D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 273, sulla trasformazione in fondazione dell'ente autonomo «La Triennale di Milano»;

 

il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 304, sulla trasformazione dell'Ente autonomo esposizione universale di Roma in società per azioni;

il D.Lgs. 29 settembre 1999, n. 381, sull'istituzione dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, nonché sugli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;

il D.Lgs. 20 ottobre 1999, n. 442, sulla trasformazione dell'ente autonomo «Mostra d'oltremare e del lavoro italiano nel Mondo» in società per azioni;

il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419, sul riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali;

il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 449, sul riordino dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE);

- quanto alla lettera c):

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, sul riordino e il potenziamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche;

- quanto alla lettera d):

il D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 204, sul coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica;

il D.Lgs. 30 gennaio 1999, n. 19, sul riordino del Consiglio nazionale delle ricerche;

il D.Lgs. 30 gennaio 1999, n. 27, sul riordino dell'Agenzia spaziale italiana - A.S.I.;

il D.Lgs. 30 gennaio 1999, n. 36, sul riordino dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente - ENEA;

il D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 296, sull'istituzione dell'Istituto nazionale di astrofisica - INAF;

il D.Lgs. 29 settembre 1999, n. 381, sull'istituzione dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, nonché sugli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;

il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 454, sulla riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura;

il D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 540, sul riordino delle stazioni sperimentali per l'industria.

(44)  Lettera così modificata dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 191.

(45)  Comma così modificato dall'art. 7, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(46)  In attuazione del presente comma è stato emanato il D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 170, che contiene disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143.

(47)  Alinea così modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 191. In attuazione della delega contenuta nel presente comma vedi il D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396.

(48)  La Corte costituzionale, con ordinanza 16-30 gennaio 2002, n. 11 (Gazz. Uff. 6 febbraio 2002, n. 6, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 4, lettera a), secondo periodo, nel testo risultante dalle modificazioni apportate con i decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80 e 29 ottobre 1998, n. 387 sollevata in riferimento agli artt. 97, 98 e 3 della Costituzione.

(49)  La Corte costituzionale, con sentenza 11-17 luglio 2000, n. 292 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato non fondata questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 4, lettera g) sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato inoltre la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 4 , sollevate in riferimento agli articoli 3, 24, 76 e 113 della Costituzione.

(50)  Lettera così modificata dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 191. La predetta modificazione è consistita nell'inserimento delle parole «facoltative» dopo «procedure». Peraltro, la disposizione che ha previsto tale modificazione è stata abrogata dall'art. 9, L. 8 marzo 1999, n. 50. Pertanto, deve ritenersi che l'espressione «facoltativa» debba ritenersi ora eliminata.

(51)  Comma così modificato dall'art. 7, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(52)  Comma aggiunto dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 191.

(53)  Periodo aggiunto dall'art. 7, L. 15 maggio 1997, n. 127.

 


D.Lgs. 28 agosto 1997 n. 281
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202. 

(omissis)

Capo III - Conferenza unificata

 

8. Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.

1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (13).

2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici (14).

3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (15).

4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (16).

 

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(13)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(14) Comma così modificato dal comma 21 dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181.

(15)  Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.

(16)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

 


D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112
Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. (art. 52)

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 aprile 1998, n. 92, S.O. Nel presente decreto sono state riportate le correzioni indicate nell'avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 21 maggio 1998, n. 116. 

(omissis)

52. Compiti di rilievo nazionale.

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 , hanno rilievo nazionale i compiti relativi alla identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali, alla difesa del suolo e alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, nonché al sistema delle città e delle aree metropolitane, anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse del paese.

2. Spettano allo Stato i rapporti con gli organismi internazionali e il coordinamento con l'Unione europea di cui all'articolo 1, comma 4, lettera e), della legge 15 marzo 1997, n. 59 , in materia di politiche urbane e di assetto territoriale.

3. I compiti di cui al comma 1 del presente articolo sono esercitati attraverso intese nella Conferenza unificata.

4. All'articolo 81, comma primo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , la lettera a) è abrogata.

 


D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352.

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1999, n. 302, S.O. 

(omissis)

Capo II - Gestione dei beni

(Decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1-bis)

 

149. Piani territoriali paesistici.

[1. Le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il territorio includente i beni ambientali indicati all'articolo 146 mediante la redazione di piani territoriali paesistici o di piani urbanistico-territoriali aventi le medesime finalità di salvaguardia dei valori paesistici e ambientali.

2. La pianificazione paesistica prescritta al comma 1 è facoltativa per le vaste località indicate alle lettere c) e d) dell'articolo 139 incluse negli elenchi previsti dall'articolo 140 e dall'articolo 144.

3. Qualora le regioni non provvedano agli adempimenti previsti al comma 1, si procede a norma dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dall'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

4. Fermo il disposto dell'articolo 164 il Ministero, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e con la Regione, può adottare misure di recupero e di riqualificazione dei beni tutelati a norma di questo titolo i cui valori siano stati comunque compromessi (162)] (163).

 

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(162)  La Corte costituzionale, con sentenza 20 - 26 novembre 2002, n. 478 (Gazz. Uff. 4 dicembre 2002, n. 48, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 149 sollevate in riferimento agli artt. 5 e 128 della Costituzione.

(163)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 184, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, a decorrere dal 1° maggio 2004, ai sensi di quanto disposto dall'art. 183 dello stesso decreto.

 


D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (artt. 24, 31 e 32)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.

(omissis)

24.  Esercizio coordinato di funzioni.

1. La Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie:

a) pianificazione territoriale;

b) reti infrastrutturali e servizi a rete;

c) piani di traffico intercomunali;

d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico;

e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;

f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;

g) smaltimento dei rifiuti;

h) grande distribuzione commerciale;

i) attività culturali;

l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 50, comma 7.

2. Le disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino all'istituzione della città metropolitana (29).

 

--------------------------------------------------------------------------------

(29)  Il presente articolo corrisponde all'art. 19, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata.

(omissis)

31.  Consorzi.

1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.

2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio.

3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 50 e dell'articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili.

4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.

5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.

6. Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio.

7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.

8. Ai consorzi che gestiscono attività di cui all'articolo 113-bis, si applicano le norme previste per le aziende speciali (35) (36).

 

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(35)  Comma così modificato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

(36)  Il presente articolo corrisponde all'art. 25, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata. Vedi, anche, il comma 28 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

 

32.  Unioni di comuni.

1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza.

2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.

3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.

4. L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni.

5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati (37).

    


CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO

 

ACCORDO 19 aprile 2001
Accordo tra il Ministro per  i beni e le attivita' culturali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio.

 

                      LA CONFERENZA PERMANENTE

                     PER I RAPPORTI TRA LO STATO

                  LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME

                       DI TRENTO E DI BOLZANO

  Visto  il  decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 8;

  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;

  Vista  la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il  conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed enti  locali,  per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa, e, in particolare, l'art. 8;

  Visto  il  decreto  legislativo  31 marzo  1998, n. 112, recante il conferimento  di  funzioni  e compiti amministrativi dello Stato alle regioni  ed  agli enti locali, e, in particolare gli articoli 4, 52 e 54;

  Visto  il  decreto  legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante il testo  unico  delle  disposizioni  legislative  in  materia  di  beni culturali e ambientali, e in particolare gli articoli 149 e 150;

  Vista  la  convenzione  europea del paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000;

  Visto  l'art.  2,  comma  2,  lettera  b)  del  decreto legislativo 28 agosto  1997, n. 281, che affida a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi, secondo quanto previsto dall'art. 4 del medesimo decreto legislativo;

  Visto  l'art.  4,  comma  1,  del predetto decreto legislativo, nel quale  si  prevede  che,  in  questa  Conferenza,  Governo, regioni e province   autonome,   in   attuazione   del   principio   di   leale collaborazione,  possano  concludere  accordi  al  fine di coordinare l'esercizio  delle  rispettive  competenze  e  svolgere  attivita' di interesse comune;

  Visto lo schema di accordo in oggetto, trasmesso dal Ministro per i beni   e   le  attivita'  culturali  con  nota  dell'11 aprile  2001, predisposto  sulla  scorta dei risultati dei lavori della commissione di     riforma    della    normativa    in    materia    di    tutela paesaggistico-ambientale,  costituita  con  decreto  ministeriale del 6 giugno 2000;

  Considerato   che,   nel   corso   dell'odierna  seduta  di  questa Conferenza,  i presidenti delle regioni hanno proposto un emendamento all'art.  1  del  testo dell'accordo in oggetto, che e' stato accolto dal rappresentante del Governo;

  Acquisito  l'assenso  del  Governo  dei  presidenti delle regioni e delle  province  autonome  di  Trento e Bolzano ai sensi dell'art. 4, comma 2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

                              Sancisce

                         il seguente accordo

tra  il  Ministro  per  i  beni e le attivita' cultura e i presidenti delle  regioni  e  delle  province  autonome  di Trento e Bolzano nei termini sottoindicati:

  Ritenuto  necessario,  in  attesa  della ratifica della convenzione europea del paesaggio, concordare le forme di attivita' del Ministero per  i  beni  e  le  attivita'  culturali,  di  seguito indicato come Ministero,  e  le  regioni  perche'  le  stesse  siano  conformi alla predetta   convenzione   e  alla  vigente  normativa  in  materia  di paesaggio, al fine di orientare la pianificazione paesistica;   Ritenuto necessario attivare processi di collaborazione costruttiva fra  le  pubbliche  amministrazioni di ogni livello aventi competenza istituzionale in materia di tutela e valorizzazione paesistica;

  Considerato che secondo i principi della indicata convenzione:

    il  paesaggio  ha  un  importante ruolo di pubblico interesse nei settori  culturali,  ecologici ambientali e sociali e puo' costituire una  risorsa  favorevole  all'attivita'  economica contribuendo anche alla creazione di opportunita' occupazionali;

    la tutela del paesaggio comporta il perseguimento di obiettivi di sviluppo  sostenibile sulla base di equilibrate e armoniose relazioni tra bisogni sociali, attivita' economiche e ambiente;

  Considerato  che  la  predetta  convenzione prevede misure generali atte a realizzare obiettivi di qualita' paesistica, la protezione del paesaggio, la gestione e la sistemazione del paesaggio;

  Considerato   che   occorre   identificare  le  linee  fondamentali dell'assetto  del  territorio  nazionale  con  riferimento  ai valori storici,  paesaggistici  e  ambientali;  coordinare l'esercizio delle funzioni  amministrative in materia di tutela paesaggistica, delegate alle  regioni  ai  sensi  del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio  1977,  n.  616;  orientare  i criteri della pianificazione paesistica  coordinare,  in  accordo  con  le regioni, le funzioni di vigilanza sui beni ambientali e paesaggistici;

  Ritenuto    che    la    tutela,   la   buona   conservazione,   la riqualificazione,  la  valorizzazione  del paesaggio costituiscono un obiettivo prioritario di interesse nazionale;

  Ritenuto che gli interventi di trasformazione del paesaggio possono essere  realizzati solo se coerenti con le disposizioni dettate dalla pianificazione  paesistica  nella  quale  devono essere individuati i  valori  paesistici  del  territorio,  definiti gli ambiti di tutela e valorizzazione,  esplicitati  per  ciascun  ambito  gli  obiettivi di qualita'  paesaggistica,  nonche'  le  concrete  azioni  di  tutela e valorizzazione;

regioni  e  delle  province  autonome  di Trento e Bolzano convengono quanto segue:

 

                               Art. 1.

                          Principi generali

  1.  Le pubbliche amministrazioni che hanno competenza in materia di paesaggio  provvedono,  sino all'approvazione della legge di ratifica della  convenzione  europea  del  paesaggio, all'esercizio delle loro attribuzioni attenendosi ai principi della convenzione stessa.

  2.  La  pianificazione  paesistica  di cui all'art. 149 del decreto legislativo  29 ottobre  1999, n. 490, e' attuata secondo i criteri e le modalita' previste dal presente accordo.

  3.  Il  Ministero favorisce il ricorso alle forme di collaborazione previste  dall'art.  150,  comma  3, del testo unico per la redazione della pianificazione paesistica.

  4. Le  pubbliche  amministrazioni  di cui al comma 1 definiscono le politiche  di  tutela e valorizzazione del paesaggio italiano tenendo conto  anche  degli  studi,  delle analisi e delle proposte formulati dall'Osservatorio  nazionale per la qualita' del paesaggio, istituito con  decreto del Ministro per i beni e le attivita' culturali nonche' dagli   osservatori  costituiti  in  ogni  regione  con  le  medesime finalita.

  5.  Restano  ferme  le competenze attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.

 

                               Art. 2.

                      Pianificazione paesistica

  1.  Le  regioni  assicurano  che  i  valori paesistici presenti nel territorio  siano adeguatamente protetti e valorizzati. A tal fine le regioni  sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il territorio, mediante la redazione di piani paesistici o di  piani  urbanistico-territoriali  aventi  le medesime finalita' di salvaguardia dei valori paesistici e ambientali e dotati di contenuto conoscitivo,  prescrittivo  e  propositivo,  attenendosi  ai seguenti criteri e modalita:

    a) conoscenza  dell'intero  territorio  da  assoggettare al piano attraverso:

      l'analisi  delle  specifiche caratteristiche storico-culturali, naturalistiche,   morfologiche  ed  estetico-percettive,  delle  loro correlazioni e integrazioni;

      la  definizione  degli  elementi  e  dei  valori  paesistici da tutelare, valorizzare e recuperare;

    b) analisi delle dinamiche di trasformazione anche attraverso:

      l'individuazione  dei  fattori  di  rischio e degli elementi di vulnerabilita' del paesaggio;

      la   comparazione  con  gli  altri  atti  di  programmazione  e pianificazione;

    c) individuazione  degli  ambiti  di  tutela  e valorizzazione ai sensi dell'art. 3;

    d)  definizione  degli  obiettivi di qualita' paesistica indicati nell'art. 4;

    e) determinazione  degli  interventi  di  tutela e valorizzazione paesistica,   da  realizzarsi  coerentemente  con  le  azioni  e  gli investimenti  finalizzati  allo sviluppo economico e produttivo delle aree interessate;

    f) definizione  di  norme  prescrittive per la tutela e l'uso del territorio ricadente negli ambiti individuati ai sensi dell'art. 3.

 

                               Art. 3.

                  Ambiti di tutela e valorizzazione

  1.  La  pianificazione  paesistica regionale disciplina le forme di tutela,  valorizzazione e riqualificazione del territorio in funzione del  livello  di  integrita' e rilevanza dei valori paesistici. A tal fine la pianificazione individua i differenti ambiti territoriali, da quelli  di  elevato  pregio  paesistico  fino  a quelli compromessi o

degradati.

 

                               Art. 4.

                  Obiettivi di qualita' paesistica

  1.  In  funzione  dei  diversi  livelli di valori riconosciuti sono attribuiti  a ciascun ambito territoriale corrispondenti obiettivi di qualita' paesistica.

  2. Tali obiettivi perseguono in particolare:

    a) il  mantenimento delle caratteristiche, dei valori costitutivi e   delle   morfologie,   tenendo   conto   anche   delle   tipologie architettoniche,  nonche'  delle tecniche e dei materiali costruttivi tradizionali;

    b) la  previsione  di linee di sviluppo compatibili con i diversi livelli  di  valori  riconosciuti  e  tali da non diminuire il pregio paesistico   del   territorio,   con   particolare   attenzione  alla salvaguardia delle aree agricole;

    c) la riqualificazione delle parti compromesse o degradate per il recupero  dei  valori  preesistenti  ovvero per la creazione di nuovi valori paesistici coerenti ed integrati.

 

                               Art. 5.

                     Strumenti di incentivazione

  1.  La  pianificazione paesistica individua progetti mirati, misure incentivanti  e  di  sostegno per il recupero, la valorizzazione e la gestione  finalizzata  al  mantenimento  dei  paesaggi del territorio regionale, con la indicazione dei relativi strumenti di attuazione.

 

                               Art. 6.

                       Consultazione pubblica

  1.  Nei  procedimenti  di redazione della pianificazione paesistica sono  assicurate la concertazione istituzionale e le piu' ampie forme di pubblicita' e di partecipazione dei soggetti privati interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi.

 

                               Art. 7.

         Coordinamento con altri strumenti di pianificazione   1.  La pianificazione paesistica prevede le misure di coordinamento con  la  pianificazione  territoriale  e  settoriale  nonche' con gli strumenti nazionali e regionali di sviluppo economico.

  2.  Gli  enti  locali conformano, secondo quanto previsto dall'art. 150,  comma 2,  del  testo unico, i propri strumenti urbanistici alle previsioni  della  pianificazione  paesistica,  nell'osservanza delle modalita'  e  dei tempi da essa stabiliti. In caso di inottemperanza,

la regione provvede in via sostitutiva.

 

                               Art. 8.

             Attuazione della pianificazione paesistica   1.  Nell'attivita'  di pianificazione paesistica prevista dall'art. 149  del  testo  unico  le  regioni  si  conformano ai criteri e alle modalita' prescritti dal presente accordo.

  2.  Entro  due  anni  dalla  data di entrata in vigore del presente accordo  le regioni che hanno redatto i piani di cui all'art. 149 del testo  unico,  verificano  con apposito atto la compatibilita' tra le disposizioni  di detti piani e le previsioni del presente accordo. Le regioni  nei  due  anni  successivi  provvedono,  ove necessario, per l'adeguamento  della pianificazione paesistica, attraverso l'adozione di apposito atto.

  3. A tale adeguamento le regioni possono procedere, unitamente alla soprintendenza   regionale  ed  alle  soprintendenze  competenti  per materia, nelle forme di cui all'art. 150, comma 3 del testo unico.

  4. Salvo che nell'ipotesi di cui al comma 3, qualora le regioni non adempiano al disposto del comma 2, si applica l'art. 149, comma 3 del testo unico.

 

                               Art. 9.

                     Controllo sugli interventi

  1.  Le  amministrazioni competenti al rilascio della autorizzazione paesistica,  per  la  verifica  di  compatibilita'  degli  interventi proposti, individuano la documentazione necessaria ed accertano:

    a) la   congruita'   dell'intervento   proposto   con   i  valori riconosciuti dal vincolo;

    b) la  coerenza  dell'intervento  proposto  con  gli obiettivi di qualita' paesistica;

    c) la  conformita'  dell'intervento  proposto con le prescrizioni contenute nei piani.

  2.  La  proposta  di intervento individua comunque lo stato attuale dell'area  interessata  e  i  suoi  valori  paesistici,  nonche'  gli eventuali  impatti  delle  trasformazioni proposte sul paesaggio, gli elementi di mitigazione e di compensazione necessari.

  3.   L'autorizzazione   rilasciata   ai   fini  della  verifica  di compatibilita'   paesistica   costituisce  provvedimento  separato  e preliminare rispetto alla concessione edilizia.

 

                              Art. 10.

                              Vigilanza

  1.  In  applicazione  dell'art.  159  del  testo  unico, le regioni vigilano   sulla   puntuale   osservanza   del   presente  decreto  e sull'esercizio  delle competenze in materia paesistica da parte degli enti eventualmente da loro sub-delegati.

  2.  L'inottemperanza  al  presente decreto o la persistente inerzia nell'esercizio  delle  competenze  in materia paesistica e' motivo di revoca della sub-delega.

    Roma, 19 aprile 2001

 


D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A).

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 2001, n. 245, S.O. 

(omissis)

44. (L)  Sanzioni penali.

(legge 28 febbraio 1985, n. 47, articoli 19 e 20; decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, art. 3, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

a) l'ammenda fino a 20658 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire (43);

b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 10328 a 103290 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione (44);

c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30986 a 103290 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso (45).

2. La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.

2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa (46) (47).

 

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(43)  Lettera così rettificata con Comunicato 13 novembre 2001 (Gazz. Uff. 13 novembre 2001, n. 264).

(44)  Lettera così rettificata con Comunicato 13 novembre 2001 (Gazz. Uff. 13 novembre 2001, n. 264).

(45)  Lettera così rettificata con Comunicato 13 novembre 2001 (Gazz. Uff. 13 novembre 2001, n. 264).

(46)  Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2003, n. 16).

(47)  Le sanzioni pecuniarie di cui al presente articolo sono state incrementate del cento per cento ai sensi di quanto disposto dal comma 47 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

 


L. 6 luglio 2002 n. 137
Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici. (art. 10)

 

Pubblicata nella Gazz. Uff. 8 luglio 2002, n. 158. 

(omissis)

Articolo 10.  Delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto d'autore.

1. Ferma restando la delega di cui all'articolo 1, per quanto concerne il Ministero per i beni e le attività culturali il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e, limitatamente alla lettera a), la codificazione delle disposizioni legislative in materia di:

a) beni culturali e ambientali (10);

b) cinematografia (11);

c) teatro, musica, danza e altre forme di spettacolo dal vivo (12);

d) sport;

e) proprietà letteraria e diritto d'autore.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1, senza determinare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, si attengono ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) adeguamento agli articoli 117 e 118 della Costituzione;

b) adeguamento alla normativa comunitaria e agli accordi internazionali;

c) miglioramento dell'efficacia degli interventi concernenti i beni e le attività culturali, anche allo scopo di conseguire l'ottimizzazione delle risorse assegnate e l'incremento delle entrate; chiara indicazione delle politiche pubbliche di settore, anche ai fini di una significativa e trasparente impostazione del bilancio; snellimento e abbreviazione dei procedimenti; adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche;

d) quanto alla materia di cui alla lettera a) del comma 1: aggiornare gli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali, anche attraverso la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati, senza determinare ulteriori restrizioni alla proprietà privata, né l'abrogazione degli strumenti attuali e, comunque, conformandosi al puntuale rispetto degli accordi internazionali, soprattutto in materia di circolazione dei beni culturali; riorganizzare i servizi offerti anche attraverso la concessione a soggetti diversi dallo Stato mediante la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati, in linea con le disposizioni di cui alla lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, e successive modificazioni; adeguare la disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali, modificando le soglie per il ricorso alle diverse procedure di individuazione del contraente in maniera da consentire anche la partecipazione di imprese artigiane di comprovata specializzazione ed esperienza, ridefinendo i livelli di progettazione necessari per l'affidamento dei lavori, definendo i criteri di aggiudicazione e prevedendo la possibilità di varianti oltre i limiti percentuali ordinariamente previsti, in relazione alle caratteristiche oggettive e alle esigenze di tutela e conservazione dei beni; ridefinire le modalità di costituzione e funzionamento degli organismi consultivi che intervengono nelle procedure per la concessione di contributi e agevolazioni in favore di enti ed istituti culturali, al fine di una precisa definizione delle responsabilità degli organi tecnici, secondo princìpi di separazione fra amministrazione e politica e con particolare attenzione ai profili di incompatibilità; individuare forme di collaborazione, in sede procedimentale, tra le amministrazioni per i beni e le attività culturali e della difesa, per la realizzazione di opere destinate alla difesa militare (13);

e) quanto alle materie di cui alle lettere b) e c) del comma 1: razionalizzare gli organismi consultivi e le relative funzioni, anche mediante soppressione, accorpamento e riduzione del numero e dei componenti; snellire le procedure di liquidazione dei contributi e ridefinire le modalità di costituzione e funzionamento degli organismi che intervengono nelle procedure di individuazione dei soggetti legittimati a ricevere contributi e di quantificazione degli stessi; adeguare l'assetto organizzativo degli organismi e degli enti di settore; rivedere il sistema dei controlli sull'impiego delle risorse assegnate e sugli effetti prodotti dagli interventi;

f) quanto alla materia di cui alla lettera d) del comma 1: armonizzare la legislazione ai princìpi generali a cui si ispirano gli Stati dell'Unione europea in materia di doping; riordinare i compiti dell'Istituto per il credito sportivo, assicurando negli organi anche la rappresentanza delle regioni e delle autonomie locali; garantire strumenti di finanziamento anche a soggetti privati;

g) quanto alla materia di cui alla lettera e) del comma 1: riordinare, anche nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi indicati all'articolo 14, comma 1, lettera b), della legge 15 marzo 1997, n. 59, la Società italiana degli autori ed editori (SIAE), il cui statuto dovrà assicurare un'adeguata presenza degli autori, degli editori e degli altri soggetti creativi negli organi dell'ente e la massima trasparenza nella ripartizione dei proventi derivanti dall'esazione dei diritti d'autore tra gli aventi diritto; armonizzare la legislazione relativa alla produzione e diffusione di contenuti digitali e multimediali e di software ai princìpi generali a cui si ispira l'Unione europea in materia di diritto d'autore e diritti connessi.

3. I decreti legislativi di cui al comma 1 indicano esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, resi nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta. Decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque adottati (14).

4. Disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto degli stessi princìpi e criteri direttivi e con le medesime procedure di cui al presente articolo, entro quattro anni dalla data della loro entrata in vigore (15).

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(10)  In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 30 e il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

(11)  In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 e il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 32.

(12)  In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 33.

(13)  In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 30 e il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

(14)  Comma così sostituito dall'art. 1-bis, D.L. 18 febbraio 2003, n. 24, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(15)  Comma così modificato dall'art. 1, L. 23 febbraio 2006, n. 51 (Gazz. Uff. 28 febbraio 2006, n. 49, S.O.), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 


 

D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42
Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137 (artt. 5, 6, 131-157, 159, 167, 181 e 182)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 febbraio 2004, n. 45, S.O.

(2)  Così corretto con Comunicato 26 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 26 febbraio 2004, n. 47).

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76, 87, 117 e 118 della Costituzione;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, recante istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modifiche e integrazioni;

Visto il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352;

Visto l'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 settembre 2003;

Acquisito il parere della Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 gennaio 2004;

Sulla proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro per gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

 

Art. 5

Cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale.

1. Le regioni, nonché i comuni, le città metropolitane e le province, di seguito denominati «altri enti pubblici territoriali», cooperano con il Ministero nell'esercizio delle funzioni di tutela in conformità a quanto disposto dal Titolo I della Parte seconda del presente codice.

 

2. Le funzioni di tutela previste dal presente codice che abbiano ad oggetto manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonchè libri, stampe e incisioni, non appartenenti allo Stato, sono esercitate dalle regioni. Qualora l'interesse culturale delle predette cose sia stato riconosciuto con provvedimento ministeriale, l'esercizio delle potestà previste dall'articolo 128 compete al Ministero (3).

 

3. Sulla base di specifici accordi od intese e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni», le regioni possono esercitare le funzioni di tutela su carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo, con relativi negativi e matrici, non appartenenti allo Stato (4).

 

4. Nelle forme previste dal comma 3 e sulla base dei princìpi di differenziazione ed adeguatezza, possono essere individuate ulteriori forme di coordinamento in materia di tutela con le regioni che ne facciano richiesta.

 

5. Gli accordi o le intese possono prevedere particolari forme di cooperazione con gli altri enti pubblici territoriali.

 

6. Le funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici sono esercitate dallo Stato e dalle regioni secondo le disposizioni di cui alla Parte terza del presente codice (5).

 

7. Relativamente alle funzioni esercitate dalle regioni ai sensi dei commi 2, 3, 4, 5 e 6, il Ministero esercita le potestà di indirizzo e di vigilanza e il potere sostitutivo in caso di perdurante inerzia o inadempienza (6).

 

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(3)  Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(4)  Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(5)  Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(6)  Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 6

Valorizzazione del patrimonio culturale.

 

1. La valorizzazione consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento ai beni paesaggistici la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati (7).

 

2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze.

 

3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.

 

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(7)  Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156 e dall'art. 2, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

 

 

Parte terza

Beni paesaggistici

TITOLO I

Tutela e valorizzazione.

Capo I

Disposizioni generali

 

Art. 131

Salvaguardia dei valori del paesaggio.

1. Ai fini del presente codice per paesaggio si intendono parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni (62).

 

2. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili.

 

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(62)  Comma così modificato dall'art. 3, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 132

Cooperazione tra amministrazioni pubbliche.

1. Le amministrazioni pubbliche cooperano per la definizione di indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e di gestione dei relativi interventi.

 

2. Gli indirizzi e i criteri perseguono gli obiettivi della salvaguardia e della reintegrazione dei valori del paesaggio anche nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.

 

3. Al fine di diffondere ed accrescere la conoscenza del paesaggio le amministrazioni pubbliche intraprendono attività di formazione e di educazione.

 

4. Il Ministero e le regioni definiscono le politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio tenendo conto anche degli studi, delle analisi e delle proposte formulati dall'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, istituito con decreto del Ministro, nonché dagli Osservatori istituiti in ogni regione con le medesime finalità (63).

 

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(63) Vedi, anche, gli articoli 6, 7, 8 e 9, D.P.R. 14 maggio 2007, n. 89.

 

Art. 133

Convenzioni internazionali.

1. Le attività di tutela e di valorizzazione del paesaggio si conformano agli obblighi e ai princìpi di cooperazione tra gli Stati derivanti dalle convenzioni internazionali.

 

 

Art. 134

Beni paesaggistici.

 

1. Sono beni paesaggistici:

 

a) gli immobili e le aree indicati all'articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141;

b) le aree indicate all'articolo 142;

c) gli immobili e le aree tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156 (64).

 

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(64)  Lettera così modificata dall'art. 4, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 135

Pianificazione paesaggistica.

1. Lo Stato e le regioni assicurano che il paesaggio sia adeguatamente conosciuto, tutelato e valorizzato. A tale fine le regioni, anche in collaborazione con lo Stato, nelle forme previste dall'articolo 143, sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio, approvando piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernenti l'intero territorio regionale, entrambi di seguito denominati «piani paesaggistici».

 

2. I piani paesaggistici, in base alle caratteristiche naturali e storiche, individuano ambiti definiti in relazione alla tipologia, rilevanza e integrità dei valori paesaggistici.

 

3. Al fine di tutelare e migliorare la qualità del paesaggio, i piani paesaggistici definiscono per ciascun ambito specifiche prescrizioni e previsioni ordinate:

 

a) al mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi;

b) all'individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e con il principio del minor consumo del territorio, e comunque tali da non diminuire il pregio paesaggistico di ciascun ambito, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO e delle aree agricole;

c) al recupero e alla riqualificazione degli immobili e delle aree compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti, nonché alla realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati;

d) all'individuazione di altri interventi di valorizzazione del paesaggio, anche in relazione ai principi dello sviluppo sostenibile (65).

 

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(65)  Articolo così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

 

Capo II

Individuazione dei beni paesaggistici

 

Art. 136

Immobili ed aree di notevole interesse pubblico.

1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico:

 

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, ivi comprese le zone di interesse archeologico (66);

d) le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

 

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(66)  Lettera così modificata dall'art. 6, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 137

Commissioni regionali.

1. Ciascuna regione istituisce una o più commissioni con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 e delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo 136.

 

2. Di ciascuna commissione fanno parte di diritto il direttore regionale, il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio ed il soprintendente per i beni archeologici competenti per territorio, nonchè due dirigenti preposti agli uffici regionali competenti in materia di paesaggio. I restanti membri, in numero non superiore a quattro, sono nominati dalla regione tra soggetti con qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio, eventualmente scelti nell'ambito di terne designate, rispettivamente, dalle università aventi sede nella regione, dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Decorsi infruttuosamente sessanta giorni dalla richiesta di designazione, la regione procede comunque alle nomine.

 

3. Fino all'istituzione delle commissioni di cui ai commi 1 e 2, le relative funzioni sono esercitate dalle commissioni istituite ai sensi della normativa previgente per l'esercizio di competenze analoghe (67).

 

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(67)  Articolo così sostituito dall'art. 7, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 138

Proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

1. Su richiesta del direttore regionale, della regione o degli altri enti pubblici territoriali interessati, la commissione di cui all'articolo 137 acquisisce le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e gli uffici regionali e provinciali, procede alla consultazione dei comuni interessati e, ove lo ritenga, di esperti, valuta la sussistenza del notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136 e propone la dichiarazione di notevole interesse pubblico. La proposta è motivata con riferimento alle caratteristiche storiche, culturali, naturali, morfologiche ed estetiche degli immobili o delle aree che abbiano significato e valore identitario del territorio in cui ricadono o che siano percepite come tali dalle popolazioni e contiene le prescrizioni, le misure ed i criteri di gestione indicati all'articolo 143, comma 1.

 

2. Le proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico contengono una specifica disciplina di tutela, nonché l'eventuale indicazione di interventi di valorizzazione degli immobili e delle aree cui si riferiscono, che vanno a costituire parte integrante del piano paesaggistico da approvare o modificare.

 

3. La commissione delibera entro sessanta giorni dalla presentazione dell'atto di iniziativa. Decorso infruttuosamente il predetto termine, la proposta è formulata dall'organo richiedente o, in mancanza, dagli altri soggetti titolari di organi statali o regionali componenti della commissione, entro il successivo termine di trenta giorni (68).

 

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(68)  Articolo così sostituito dall'art. 8, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 139

Partecipazione al procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

1. La proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di immobili ed aree, corredata dalla relativa planimetria redatta in scala idonea alla loro identificazione, è pubblicata per novanta giorni all'albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati. La proposta è altresì comunicata alla città metropolitana e alla provincia interessata.

 

2. Dell'avvenuta proposta e relativa pubblicazione è data senza indugio notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione territorialmente interessata, nonchè su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della regione e degli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1. Alle medesime forme di pubblicità è sottoposta la determinazione negativa della commissione.

 

3. Per gli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136, viene altresì data comunicazione dell'avvio del procedimento di dichiarazione al proprietario, possessore o detentore del bene.

 

4. La comunicazione di cui al comma 3 contiene gli elementi, anche catastali, identificativi dell'immobile e la proposta formulata dalla commissione. Dalla data di ricevimento della comunicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1.

 

5. Entro i trenta giorni successivi al periodo di pubblicazione di cui al comma 1, i comuni, le città metropolitane, le province, le associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e gli altri soggetti interessati possono presentare osservazioni e documenti alla regione, che ha altresì facoltà di indire un'inchiesta pubblica. I proprietari, possessori o detentori del bene possono presentare osservazioni e documenti entro i trenta giorni successivi alla comunicazione individuale di cui al comma 3 (69).

 

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(69)  Articolo così sostituito dall'art. 9, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 140

Dichiarazione di notevole interesse pubblico e relative misure di conoscenza.

 

1. La regione, sulla base della proposta della commissione, esaminati le osservazioni e i documenti e tenuto conto dell'esito dell'eventuale inchiesta pubblica, entro il termine di sessanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui all'articolo 139, comma 5, emana il provvedimento relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 e delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo 136.

 

2. I provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico paesaggistico contengono una specifica disciplina di tutela, nonché l'eventuale indicazione di interventi di valorizzazione degli immobili e delle aree cui si riferiscono, che vanno a costituire parte integrante del piano paesaggistico da approvare o modificare.

 

3. I provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione.

 

4. I provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 136 sono altresì notificati al proprietario, possessore o detentore, depositati presso il comune o i comuni interessati, nonché trascritti a cura della regione nei registri immobiliari.

 

5. Copia della Gazzetta Ufficiale è affissa per novanta giorni all'albo pretorio di tutti i comuni interessati. Copia della dichiarazione e delle relative planimetrie resta depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati (70).

 

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(70)  Articolo così sostituito dall'art. 10, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 141

Provvedimenti ministeriali.

1. Qualora la commissione non deliberi entro i termini di cui all'articolo 138 o la regione non provveda nel termine di cui all'articolo 140, il competente organo ministeriale periferico comunica alla regione ed al Ministero l'avvio della procedura di sostituzione.

 

2. A questo fine il predetto organo, ricevuta copia della documentazione eventualmente acquisita dalla commissione provinciale, espleta l'istruttoria, formula la proposta e la invia contestualmente ai Ministero, alla regione, nonché ai comuni interessati affinché questi ultimi provvedano agli adempimenti indicati all'articolo 139, comma 1, e provvede direttamente agli adempimenti indicati all'articolo 139, commi 2, 3 e 4.

 

3. Il Ministero valuta le osservazioni presentate ai sensi dell'articolo 139, comma 5, e provvede con decreto entro novanta giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni. Il decreto di dichiarazione di notevole interesse pubblico è notificato, depositato, trascritto e pubblicato nelle forme previste dall'articolo 140, commi 3, 4 e 5. In caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti cui all'articolo 146, comma 1.

 

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano anche alle proposte di integrazione del contenuto dei provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico in precedenza emanati (71).

 

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(71)  Articolo così sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 142

Aree tutelate per legge.

1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

 

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico individuate alla data di entrata in vigore del presente codice.

 

2. Non sono comprese tra i beni elencati nel comma 1 le aree che alla data del 6 settembre 1985:

 

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B;

b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone diverse dalle zone A e B, ed erano ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

 

3. La disposizione del comma 1 non si applica ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione, in tutto o in parte, abbia ritenuto, entro la data di entrata in vigore della presente disposizione, irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall'articolo 140, comma 3.

 

4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all'articolo 157 (72).

 

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(72)  Articolo così sostituito dall'art. 12, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

 

Capo III

Pianificazione paesaggistica

 

Art. 143

Piano paesaggistico.

1. L'elaborazione del piano paesaggistico si articola nelle seguenti fasi:

 

a) ricognizione dell'intero territorio, considerato mediante l'analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare;

b) puntuale individuazione, nell'ambito del territorio regionale, delle aree di cui al comma 1, dell'articolo 142 e determinazione della specifica disciplina ordinata alla loro tutela e valorizzazione;

c) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonchè la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;

d) individuazione degli ambiti paesaggistici di cui all'articolo 135;

e) definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l'uso del territorio compreso negli ambiti individuati;

f) determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e, ove necessario, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico;

g) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione;

h) individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate;

i) tipizzazione ed individuazione, ai sensi dell'articolo 134, comma 1, lettera c), di immobili o di aree, diversi da quelli indicati agli articoli 136 e 142, da sottoporre a specifica disciplina di salvaguardia e di utilizzazione.

 

2. Il piano paesaggistico, anche in relazione alle diverse tipologie di opere ed interventi di trasformazione del territorio, individua le aree nelle quali la loro realizzazione è consentita sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti nel piano paesaggistico ai sensi del comma 1, lettere e), f), g) ed h), e quelle per le quali il piano paesaggistico definisce anche specifiche previsioni vincolanti da introdurre negli strumenti urbanistici in sede di conformazione e di adeguamento ai sensi dell'articolo 145.

 

3. Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio possono stipulare intese per l'elaborazione congiunta dei piani paesaggistici. Nell'intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l'elaborazione del piano. Il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare ai sensi degli articoli 15 e 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Entro i novanta giorni successivi all'accordo il piano è approvato con provvedimento regionale. Decorso inutilmente tale termine, il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. L'accordo preliminare stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all'eventuale sopravvenienza di provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 140 e 141.

 

4. Nel caso in cui il piano sia stato approvato a seguito dell'accordo di cui al comma 3, nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147 il parere del soprintendente è obbligatorio, ma non vincolante.

 

5. Il piano approvato a seguito dell'accordo di cui al comma 3 può altresì prevedere:

 

a) la individuazione delle aree, tutelate ai sensi dell'articolo 142 e non oggetto di atti o provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 138, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di opere ed interventi può avvenire previo accertamento, nell'ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della loro conformità alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;

b) la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 146.

 

6. L'entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 è subordinata all'approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell'articolo 145.

 

7. Il piano può subordinare l'entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di opere ed interventi senza autorizzazione paesaggistica, ai sensi del comma 5, all'esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l'effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.

 

8. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 5, lettera a), siano effettuati controlli a campione sulle opere ed interventi realizzati e che l'accertamento di un significativo grado di violazione delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell'obbligo dell'autorizzazione di cui agli articoli 146 e 147, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.

 

9. Il piano paesaggistico individua anche progetti prioritari per la conservazione, il recupero, la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti (73).

 

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(73)  Articolo così sostituito dall'art. 13, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 144

Pubblicità e partecipazione.

1. Nei procedimenti di approvazione dei piani paesaggistici sono assicurate la concertazione istituzionale, la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e ampie forme di pubblicità. A tale fine le regioni disciplinano mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica, in particolare stabilendo che a fare data dall'adozione o approvazione preliminare del piano, da parte della giunta regionale o del consiglio regionale, non sono consentiti per gli immobili e nelle aree di cui all'articolo 134 gli interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela per essi previste nel piano stesso (74).

 

2. Fatto salvo quanto disposto al comma 1, il piano paesaggistico diviene efficace il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della regione (75).

 

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(74)  Periodo aggiunto dall'art. 14, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(75)  Comma così sostituito dall'art. 14, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 145

Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione.

1. Il Ministero individua ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità di indirizzo della pianificazione.

 

2. I piani paesaggistici prevedono misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico (76).

 

3. Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette (77).

 

4. Entro il termine stabilito nel piano paesaggistico e comunque non oltre due anni dalla sua approvazione, i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano e adeguano gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica alle previsioni dei piani paesaggistici, introducendo, ove necessario, le ulteriori previsioni conformative che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l'ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.

 

5. La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.

 

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(76)  Comma così modificato dall'art. 15, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(77)  Comma così modificato dall'art. 15, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

 

Capo IV

Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela

 

Art. 146

Autorizzazione.

1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree oggetto degli atti e dei provvedimenti elencati all'articolo 157, oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e 141, tutelati ai sensi dell'articolo 142, ovvero sottoposti a tutela dalle disposizioni del piano paesaggistico, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.

 

2. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno l'obbligo di sottoporre alla regione o all'ente locale al quale la regione ha delegato le funzioni i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l'autorizzazione a realizzarli.

 

3. Le regioni, ove stabiliscano di non esercitare direttamente la funzione autorizzatoria di cui al presente articolo, ne possono delegare l'esercizio alle province o a forme associative e di cooperazione degli enti locali in ambiti sovracomunali all'uopo definite ai sensi degli articoli 24, 31 e 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, al fine di assicurarne l'adeguatezza e garantire la necessaria distinzione tra la tutela paesaggistica e le competenze urbanistiche ed edilizie comunali. La regione può delegare ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche nel caso in cui abbia approvato il piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 143, comma 3, e a condizione che i comuni abbiano provveduto al conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici. In ogni caso, ove le regioni deleghino ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, il parere della soprintendenza di cui al comma 8 del presente articolo resta vincolante.

 

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, è individuata la documentazione necessaria alla verifica di compatibilità paesaggistica degli interventi proposti (78).

 

5. La domanda di autorizzazione dell'intervento indica lo stato attuale del bene interessato, gli elementi di valore paesaggistico presenti, gli impatti sul paesaggio delle trasformazioni proposte e gli elementi di mitigazione e di compensazione necessari.

 

6. L'amministrazione competente, nell'esaminare la domanda di autorizzazione, verifica la conformità dell'intervento alle prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e ne accerta:

 

a) la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo ed alle finalità di tutela e miglioramento della qualità del paesaggio individuati dalla dichiarazione di notevole interesse pubblico e dal piano paesaggistico;

b) la congruità con i criteri di gestione dell'immobile o dell'area indicati dalla dichiarazione e dal piano paesaggistico.

 

7. L'amministrazione competente, acquisito il parere della commissione per il paesaggio di cui all'articolo 148 e valutata la compatibilità paesaggistica dell'intervento, entro il termine di quaranta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, trasmette al soprintendente la proposta di rilascio o di diniego dell'autorizzazione, corredata dal progetto e dalla relativa documentazione, dandone comunicazione agli interessati. La comunicazione costituisce avviso di inizio del relativo procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Qualora l'amministrazione verifichi che la documentazione allegata non corrisponde a quella prevista al comma 4, chiede le necessarie integrazioni; in tale caso, il termine è sospeso dalla data della richiesta fino a quella di ricezione della documentazione. Qualora l'amministrazione ritenga necessario acquisire documentazione ulteriore rispetto a quella prevista al comma 4, ovvero effettuare accertamenti, il termine è sospeso, per una sola volta, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, dalla data della richiesta fino a quella di ricezione della documentazione, ovvero dalla data di comunicazione della necessità di accertamenti fino a quella di effettuazione degli stessi.

 

8. Il soprintendente comunica il parere entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricezione della proposta di cui al comma 7. Decorso inutilmente il termine per l'acquisizione del parere, l'amministrazione competente assume comunque le determinazioni in merito alla domanda di autorizzazione. Fino all'approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 143, comma 3, e all'avvenuto adeguamento ad esso degli strumenti urbanistici comunali, il parere è vincolante, secondo quanto previsto dall'articolo 143, comma 4.

 

9. Entro il termine di venti giorni dalla ricezione del parere del soprintendente, l'amministrazione competente rilascia l'autorizzazione oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10- bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. L'autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto del permesso di costruire o degli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio. I lavori non possono essere iniziati in difetto di essa.

 

10. Decorsi inutilmente i termini indicati al comma 9, è data facoltà agli interessati di richiedere l'autorizzazione alla regione, che provvede anche mediante un commissario ad acta entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Qualora venga ritenuto necessario acquisire documentazione ulteriore o effettuare accertamenti, il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta, ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti. Laddove la regione non abbia affidato agli enti locali la competenza al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, la richiesta di rilascio in via sostitutiva è presentata alla soprintendenza competente.

 

11. L'autorizzazione paesaggistica diventa efficace decorsi trenta giorni dalla sua emanazione ed è trasmessa in copia, senza indugio, alla soprintendenza che ha emesso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente al parere, alla regione, agli enti locali e, ove esistente, all'ente parco nel cui territorio si trovano l'immobile o l'area sottoposti al vincolo.

 

12. L'autorizzazione paesaggistica, fuori dai casi di cui all'articolo 167, commi 4 e 5, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

 

13. L'autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Il ricorso è deciso anche se, dopo la sua proposizione, ovvero in grado di appello, il ricorrente dichiari di rinunciare o di non avervi più interesse. Le sentenze e le ordinanze del tribunale amministrativo regionale possono essere appellate da chi sia legittimato a ricorrere avverso l'autorizzazione paesaggistica, anche se non abbia proposto il ricorso di primo grado.

 

14. Presso ogni amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione è istituito un elenco, aggiornato almeno ogni quindici giorni e liberamente consultabile, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione paesaggistica, con la annotazione sintetica del relativo oggetto e con la precisazione se essa sia stata rilasciata in difformità dal parere del soprintendente, ove il parere stesso non sia vincolante, o della commissione per il paesaggio. Copia dell'elenco è trasmessa trimestralmente alla regione e alla soprintendenza, ai fini dell'esercizio delle funzioni di vigilanza di cui all'articolo 155.

 

15. Le disposizioni dei commi da 1 a 14 si applicano anche alle istanze concernenti le attività minerarie di ricerca ed estrazione riguardanti i beni di cui all'articolo 134.

 

16. Le disposizioni dei commi 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13 e 14, non si applicano alle autorizzazioni per le attività di coltivazione di cave e torbiere. Per tali attività restano ferme le potestà del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ai sensi della normativa in materia, che sono esercitate tenendo conto delle valutazioni espresse, per quanto attiene ai profili paesaggistici, dal soprintendente competente. Il soprintendente si pronuncia entro trenta giorni dalla richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (79).

 

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(78)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 12 dicembre 2005.

(79)  Articolo così sostituito dall'art. 16, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 147

Autorizzazione per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali.

1. Qualora la richiesta di autorizzazione prevista dall'articolo 146 riguardi opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare, l'autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche e integrazioni.

 

2. Per i progetti di opere comunque soggetti a valutazione di impatto ambientale a norma dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, si applica l'articolo 26 (80).

 

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero, d'intesa con il Ministero della difesa e con le altre amministrazioni statali interessate, sono individuate le modalità di valutazione congiunta e preventiva della localizzazione delle opere di difesa nazionale che incidano su immobili o aree sottoposti a tutela paesaggistica.

 

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(80)  Comma così modificato dall'art. 17, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 148

Commissioni locali per il paesaggio.

1. Entro il 31 dicembre 2006 le regioni promuovono l'istituzione e disciplinano il funzionamento delle commissioni per il paesaggio di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 3.

 

2. Le commissioni, competenti per ambiti sovracomunali, in modo da realizzare il necessario coordinamento paesaggistico, sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio.

 

3. Le commissioni esprimono parere obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 146, 147 e 159.

 

4. Le regioni e il Ministero possono stipulare accordi che prevedano le modalità di partecipazione del Ministero alle commissioni per il paesaggio. In tale caso, il parere di cui all'articolo 146, comma 8, è espresso dalle soprintendenze nelle commissioni locali per il paesaggio, secondo le modalità stabilite nell'accordo, ferma restando l'applicazione di quanto previsto dall'articolo 146, commi 12, 13 e 14 (81).

 

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(81)  Articolo così sostituito dall'art. 18, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 149

Interventi non soggetti ad autorizzazione.

1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 143, comma 5, lettera a), non è comunque richiesta l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146, dall'articolo 147 e dall'articolo 159 (82):

 

a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

b) per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;

c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

 

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(82)  Alinea così modificato dall'art. 19, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 150

Inibizione o sospensione dei lavori.

1. Indipendentemente dall'avvenuta pubblicazione all'albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall'avvenuta comunicazione prescritta dall'articolo 139, comma 3, la regione o il Ministero ha facoltà di (83):

 

a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio (84);

b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.

 

2. Il provvedimento di inibizione o sospensione dei lavori incidenti su immobili od aree non ancora dichiarati di notevole interesse pubblico cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all'albo pretorio della proposta di cui all'articolo 138 o all'articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall'articolo 139, comma 3 (85).

 

3. Il provvedimento di inibizione o sospensione dei lavori incidenti su di un bene paesaggistico per il quale il piano paesaggistico preveda misure o interventi di recupero o di riqualificazione cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni la regione non abbia comunicato agli interessati le prescrizioni alle quali attenersi, nella esecuzione dei lavori (86).

 

4. I provvedimenti indicati ai commi precedenti sono comunicati anche al comune interessato.

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(83)  Alinea così modificato dall'art. 20, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(84)  Lettera così modificata dall'art. 20, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(85)  Comma così modificato dall'art. 20, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(86)  Comma così modificato dall'art. 20, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 151

Rimborso spese a seguito della sospensione dei lavori.

1. Per lavori su beni paesaggistici che non siano già stati oggetto dei provvedimenti di cui agli articoli 138 e 141, o che non siano stati precedentemente dichiarati di notevole interesse pubblico, e dei quali sia stata ordinata la sospensione senza che fosse stata intimata la preventiva diffida di cui all'articolo 150, comma 1, l'interessato può ottenere il rimborso delle spese sostenute sino al momento della notificata sospensione. Le opere già eseguite sono demolite a spese dell'autorità che ha disposto la sospensione.

 

Art. 152

Interventi soggetti a particolari prescrizioni.

1. Nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell'ambito e in vista delle aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 136 ovvero in prossimità degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dello stesso articolo, la regione, tenendo in debito conto la funzione economica delle opere già realizzate o da realizzare, ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso d'esecuzione, idonee ad evitare pregiudizio ai beni protetti da questo Titolo. La medesima facoltà spetta al Ministero, che la esercita previa consultazione della regione (87).

 

2. Per le zone di interesse archeologico elencate all'articolo 136, lettera c), o all'articolo 142, comma 1, lettera m), la regione consulta preventivamente le competenti soprintendenze (88).

 

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(87)  Comma così sostituito dall'art. 21, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(88)  Comma così modificato dall'art. 21, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 153

Cartelli pubblicitari.

1. Nell'àmbito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell'articolo 134 è vietato collocare cartelli e altri mezzi pubblicitari se non previa autorizzazione dell'amministrazione competente individuata dalla regione.

 

2. Lungo le strade site nell'àmbito e in prossimità dei beni indicati nel comma 1 è vietato collocare cartelli o altri mezzi pubblicitari, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni, previo parere favorevole della amministrazione competente individuata dalla regione sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela.

 

 

Art. 154

Colore delle facciate dei fabbricati.

1. L'amministrazione competente individuata dalla regione può ordinare che, nelle aree contemplate dalle lettere c) e d) dell'articolo 136, sia dato alle facciate dei fabbricati, il cui colore rechi disturbo alla bellezza dell'insieme, un diverso colore che con quella armonizzi.

 

2. La disposizione del comma 1 non si applica nei confronti degli immobili di cui all'articolo 10, comma 3, lettere a) e d), dichiarati ai sensi dell'articolo 13.

 

3. Per i fabbricati ricadenti nelle zone di interesse archeologico elencate all'articolo 136, lettera c), o dall'articolo 142, comma 1, lettera m), l'amministrazione competente consulta preventivamente le competenti soprintendenze (89).

 

4. In caso di inadempienza dei proprietari, possessori o detentori dei fabbricati, l'amministrazione provvede all'esecuzione d'ufficio.

 

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(89)  Comma così modificato dall'art. 22, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 155

Vigilanza.

1. Le funzioni di vigilanza sui beni paesaggistici tutelati da questo Titolo sono esercitate dal Ministero e dalle regioni.

 

2. Le regioni vigilano sull'ottemperanza alle disposizioni contenute nel presente decreto legislativo da parte delle amministrazioni da loro individuate per l'esercizio delle competenze in materia di paesaggio. L'inottemperanza o la persistente inerzia nell'esercizio di tali competenze comporta l'attivazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero (90).

 

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(90)  Comma così modificato dall'art. 23, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

 

Capo V

Disposizioni di prima applicazione e transitorie

 

Art. 156

Verifica ed adeguamento dei piani paesaggistici.

1. Entro il 1° maggio 2008, le regioni che hanno redatto i piani previsti dall'articolo 149 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, verificano la conformità tra le disposizioni dei predetti piani e le previsioni dell'articolo 143 e provvedono ai necessari adeguamenti. Decorso inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi dell'articolo 5, comma 7.

 

2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, il Ministero, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone uno schema generale di convenzione con le regioni in cui vengono stabilite le metodologie e le procedure di ricognizione, analisi, censimento e catalogazione degli immobili e delle aree oggetto di tutela, ivi comprese le tecniche per la loro rappresentazione cartografica e le caratteristiche atte ad assicurare la interoperabilità dei sistemi informativi.

 

3. Le regioni e il Ministero, in conformità a quanto stabilito dal comma 3 dell'articolo 143, possono stipulare intese per disciplinare lo svolgimento congiunto della verifica e dell'adeguamento dei piani paesaggistici. Nell'intesa è stabilito il termine entro il quale devono essere completati la verifica e l'adeguamento, nonché il termine entro il quale la regione approva il piano adeguato. Il contenuto del piano adeguato forma oggetto di accordo preliminare tra il Ministero e la regione. Qualora all'accordo preliminare non consegua entro sessanta giorni l'approvazione da parte della regione il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro.

 

4. Qualora l'intesa di cui al comma 3 non venga stipulata, ovvero ad essa non segua l'accordo procedimentale sul contenuto del piano adeguato, non trova applicazione quanto previsto dai commi 4 e 5 dell'articolo 143 (91).

 

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(91)  Articolo così sostituito dall'art. 24, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 157

Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente.

 

1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 143, comma 6, dell'articolo 144, comma 2 e dell'articolo 156, comma 4, conservano efficacia a tutti gli effetti:

 

a) le notifiche di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, eseguite in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778;

b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

c) i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

d) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dall'articolo 1 del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431 (92);

e) i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

f) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (93).

f-bis) i provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (94).

 

2. Le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, si astata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico.

 

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(92)  Lettera così modificata dall'art. 25, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(93)  Lettera così modificata dall'art. 25, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(94)  Lettera aggiunta dall'art. 25, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

Art. 159

Procedimento di autorizzazione in via transitoria.

1. Fino alla scadenza del termine previsto dall'articolo 156 ovvero, se anteriore, all'approvazione o all'adeguamento dei piani paesaggistici, l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione dà immediata comunicazione alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall'interessato nonché le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti. La comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nella comunicazione alla soprintendenza il Comune attesta di avere eseguito il contestuale invio agli interessati.

 

2. L'amministrazione competente deve produrre alla soprintendenza una relazione illustrativa degli accertamenti indicati dall'articolo 146, comma 6. L'autorizzazione è rilasciata o negata entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla relativa richiesta e costituisce comunque atto autonomo e presupposto della concessione edilizia o degli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio. I lavori non possono essere iniziati in difetto di essa. In caso di richiesta di integrazione documentale o di accertamenti il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti.

 

3. La soprintendenza, se ritiene l'autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente Titolo, può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 6- bis, del decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali 13 giugno 1994, n. 495.

 

4. Decorso il termine di sessanta giorni dalla richiesta di autorizzazione è data facoltà agli interessati di richiedere l'autorizzazione stessa alla soprintendenza, che si pronuncia entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento. La richiesta, corredata dalla documentazione prescritta, è presentata alla soprintendenza e ne è data comunicazione alla amministrazione competente. In caso di richiesta di integrazione documentale o di accertamenti il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti.

 

5. Per i beni che alla data di entrata in vigore del presente codice siano oggetto di provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale in data anteriore al 6 settembre 1985, l'autorizzazione può essere concessa solo dopo l'approvazione dei piani paesaggistici.

 

6. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146, commi 1, 2, 5, 6 e 12 (95).

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(95)  Articolo così sostituito dall'art. 26, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

 

Capo II

Sanzioni relative alla Parte terza

 

Art. 167

Ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria.

1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.

 

2. Con l'ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere.

 

3. In caso di inottemperanza, l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d'ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d'ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall'accertamento dell'illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi delle modalità operative previste dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d'intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero della difesa.

 

4. L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

 

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

 

5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.

 

6. Le somme riscosse per effetto dell'applicazione del comma 5, nonchè per effetto dell'articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono utilizzate, oltre che per l'esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti (97).

 

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(97)  Articolo prima modificato dall'art. 1, comma 36, L. 15 dicembre 2004, n. 308 e poi così sostituito dall'art. 27, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 

 

Capo II

Sanzioni relative alla Parte terza

 

Art. 181

Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa.

1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

 

1-bis. La pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:

 

a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori (100);

b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi (101).

 

1-ter. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 167, qualora l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica (102):

 

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (103).

 

1-quater. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni (104).

 

1-quinquies. La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1 (105) (106).

 

2. Con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Copia della sentenza è trasmessa alla regione ed al comune nel cui territorio è stata commessa la violazione (107).

 

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(100)  Lettera così modificata dall'art. 28, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(101)  Comma aggiunto dall'art. 1, comma 36, L. 15 dicembre 2004, n. 308.

(102)  Alinea così modificato dall'art. 28, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(103)  Comma aggiunto dall'art. 1, comma 36, L. 15 dicembre 2004, n. 308.

(104)  Comma aggiunto dall'art. 1, comma 36, L. 15 dicembre 2004, n. 308.

(105)  Comma aggiunto dall'art. 1, comma 36, L. 15 dicembre 2004, n. 308.

(106) La Corte costituzionale, con ordinanza 18-27 aprile 2007, n. 144 (Gazz. Uff. 2 maggio 2007, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 181, comma 1-quinquies, comma aggiunto dall'art. 1, comma 36, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(107)  Vedi, anche, l'art. 1, comma 37, L. 15 dicembre 2004, n. 308.

 

 

Parte quinta

Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore

 

Art. 182

Disposizioni transitorie.

1. In via transitoria, agli effetti indicati all'articolo 29, comma 9- bis, acquisisce la qualifica di restauratore di beni culturali:

 

a) colui che consegua un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 (108).

 

1-bis. Può altresì acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, ai medesimi effetti indicati all'articolo 29, comma 9- bis, previo superamento di una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro da emanare di concerto con i Ministri dell'istruzione e dell'università e della ricerca, entro il 31 dicembre 2007 (109):

 

a) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

b) colui che abbia conseguito o consegua un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

c) colui che abbia conseguito o consegua un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

d) colui che consegua un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004 (110).

 

1-ter. Ai fini dell'applicazione dei commi 1, lettere b) e c), e 1-bis, lettera a):

 

a) la durata dell'attività di restauro è documentata dai termini di consegna e di completamento dei lavori, con possibilità di cumulare la durata di più lavori eseguiti nello stesso periodo;

b) il requisito della responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento deve risultare esclusivamente da atti di data certa anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto emanati, ricevuti o comunque custoditi dall'autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368; i competenti organi ministeriali rilasciano agli interessati le necessarie attestazioni entro trenta giorni dalla richiesta (111).

 

1-quater. La qualifica di restauratore di beni culturali è attribuita, previa verifica del possesso dei requisiti ovvero previo superamento della prova di idoneità, secondo quanto disposto ai commi precedenti, con provvedimenti del Ministero che danno luogo all'inserimento in un apposito elenco, reso accessibile a tutti gli interessati. Alla tenuta dell'elenco provvede il Ministero medesimo, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sentita una rappresentanza degli iscritti. L'elenco viene tempestivamente aggiornato, anche mediante inserimento dei nominativi di coloro i quali conseguono la qualifica ai sensi dell'articolo 29, commi 7, 8 e 9 (112).

 

1-quinquies. Nelle more dell'attuazione dell'articolo 29, comma 10, ai medesimi effetti di cui al comma 9- bis dello stesso articolo, acquisisce la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali:

 

a) colui che abbia conseguito un diploma di laurea universitaria triennale in tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali, ovvero un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale;

b) colui che abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a tre anni;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto lavori di restauro di beni ai sensi dell'articolo 29, comma 4, anche in proprio, per non meno di quattro anni. L'attività svolta è dimostrata mediante dichiarazione del datore di lavoro, ovvero autocertificazione dell'interessato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, accompagnate dal visto di buon esito degli interventi rilasciato dai competenti organi ministeriali;

d) il candidato che, essendo ammesso in via definitiva a sostenere la prova di idoneità di cui al comma 1- bis ed essendo poi risultato non idoneo ad acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, venga nella stessa sede giudicato idoneo ad acquisire la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali (113).

 

2. In deroga a quanto previsto dall'articolo 29, comma 11, ed in attesa della emanazione dei decreti di cui ai commi 8 e 9 del medesimo articolo, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro, la Fondazione «Centro per la conservazione ed il restauro dei beni culturali La Venaria Reale» è autorizzata ad istituire ed attivare, in via sperimentale, per un ciclo formativo, in convenzione con l'Università di Torino e il Politecnico di Torino, un corso di laurea magistrale a ciclo unico per la formazione di restauratori dei beni culturali ai sensi del comma 6 e seguenti dello stesso articolo 29. Il decreto predetto definisce l'ordinamento didattico del corso, sulla base dello specifico progetto approvato dai competenti organi della Fondazione e delle università, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (114).

 

3. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente codice, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali adottano le necessarie disposizioni di adeguamento alla prescrizione di cui all'articolo 103, comma 4. In caso di inadempienza, il Ministero procede in via sostitutiva, ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione.

 

3-bis. In deroga al divieto di cui all'articolo 146, comma 12, sono conclusi dall'autorità competente alla gestione del vincolo paesaggistico i procedimenti relativi alle domande di autorizzazione paesaggistica in sanatoria presentate entro il 30 aprile 2004 non ancora definiti alla data di entrata in vigore del presente comma, ovvero definiti con determinazione di improcedibilità della domanda per il sopravvenuto divieto, senza pronuncia nel merito della compatibilità paesaggistica dell'intervento. In tale ultimo caso l'autorità competente è obbligata, su istanza della parte interessata, a riaprire il procedimento ed a concluderlo con atto motivato nei termini di legge. Si applicano le sanzioni previste dall'articolo 167, comma 5 (115).

 

3-ter. Le disposizioni del comma 3-bis si applicano anche alle domande di sanatoria presentate nei termini ai sensi dell'articolo 1, commi 37 e 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ferma restando la quantificazione della sanzione pecuniaria ivi stabilita. Il parere della soprintendenza di cui all'articolo 1, comma 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, si intende vincolante (116).

 

3-quater. Agli accertamenti della compatibilità paesaggistica effettuati, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 167, comma 5 (117).

 

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(108)  Gli attuali commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(109) Alinea così modificato dall'art. 3-ter, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(110)  Gli attuali commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(111)  Gli attuali commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(112)  Gli attuali commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(113)  Gli attuali commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(114)  Comma così sostituito dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156.

(115)  Comma aggiunto dall'art. 29, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(116)  Comma aggiunto dall'art. 29, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(117)  Comma aggiunto dall'art. 29, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

 


L. 23 febbraio 2006 n. 51
Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonchè conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative.  (art. 1)

 

Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 febbraio 2006, n. 49, S.O. 

 

Articolo 1.  1. Il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonchè conseguenti disposizioni urgenti, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.

2. All'articolo 1, comma 3, della legge 7 marzo 2003, n. 38, le parole: «entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 15 maggio 2006».

3. All'articolo 10, comma 4, della legge 6 luglio 2002, n. 137, le parole: «entro due anni» sono sostituite dalle seguenti: «entro quattro anni».

4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


L. 9 gennaio 2006, n. 14
Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 20 gennaio 2006, n. 16, S.O.

(2)  Il Ministero degli affari esteri, con Comunicato 8 giugno 2006 (Gazz. Uff. 8 giugno 2006, n. 131), ha reso noto che si è provveduto al deposito dello strumento di ratifica previsto per l'entrata in vigore della Convenzione qui allegata; di conseguenza la suddetta Convenzione, a norma dell'articolo 13 della stessa, è entrata in vigore sul piano internazionale il 1° settembre 2006.

 

1. Autorizzazione alla ratifica.

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000.

 

2. Ordine di esecuzione.

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 13 della Convenzione stessa.

 

3. Entrata in vigore.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Convenzione europea del Paesaggio (3)

 

(Traduzione non ufficiale)

 

Preambolo

Gli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari della presente Convenzione,

Considerando che il fine del Consiglio d'Europa è di realizzare un'unione più stretta fra i suoi membri, per salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che sono il loro patrimonio comune, e che tale fine é perseguito in particolare attraverso la conclusione di accordi nel campo economico e sociale;

Desiderosi di pervenire ad uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente;

Constatando che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica e che salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro;

Consapevoli del fatto che il paesaggio concorre all'elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell'Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell'identità europea;

Riconoscendo che il paesaggio é in ogni luogo un elemento importante della qualità della vita delle popolazioni nelle area urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana;

Osservando che le evoluzioni delle tecniche di produzione agricola, forestale, industriale e mineraria e delle prassi in materia di pianificazione territoriale, urbanistica, trasporti, reti, turismo e svago e, più generalmente, i cambiamenti economici mondiali continuano, in molti casi, ad accelerare le trasformazioni dei paesaggi;

Desiderando soddisfare gli auspici delle popolazioni di godere di un paesaggio di qualità e di svolgere un ruolo attivo nella sua trasformazione;

Persuasi che il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo;

Tenendo presenti i testi giuridici esistenti a livello internazionale nei settori della salvaguardia e della gestione del patrimonio naturale e culturale, della pianificazione territoriale, dell'autonomia locale e della cooperazione transfrontaliera e segnatamente la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale d'Europa (Berna, 19 settembre 1979), la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico d'Europa (Granada, 3 ottobre 1985), la Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico (rivista) (La Valletta, 16 gennaio 1992), la Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Madrid, 21 maggio 1980) e i suoi protocolli addizionali, la Carta europea dell'autonomia locale (Strasburgo, 15 ottobre 1985), la Convenzione sulla biodiversità (Rio, 5 giugno 1992), la Convenzione sulla tutela del patrimonio mondiale, culturale e naturale (Parigi, 16 novembre 1972) e la Convenzione relativa all'accesso all'informazione, alla partecipazione del pubblico al processo decisionale e all'accesso alla giustizia in materia ambientale (Aarhus, 25 giugno 1998);

Riconoscendo che la qualità e la diversità dei paesaggi europei costituiscono una risorsa comune per la cui salvaguardia, gestione e pianificazione occorre cooperare;

Desiderando istituire un nuovo strumento dedicato esclusivamente alla salvaguardia, alla gestione e alla pianificazione di tutti i paesaggi europei,

Hanno convenuto quanto segue:

 

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(3)  Si riporta soltanto il testo della traduzione non ufficiale.

 

Capitolo I - Disposizioni generali

 

Articolo 1

Definizioni.

Ai fini della presente Convenzione:

a) «Paesaggio» designa una determinata parte di territorio, cosi come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori e/o umani e dalle loro interrelazioni;

b) «Politica del paesaggio» designa la formulazione, da parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l'adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e pianificare il paesaggio;

c) «Obiettivo di qualità paesaggistica» designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro contesto di vita;

d) «Salvaguardia dei paesaggi» indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d'intervento umano;

e) «Gestione dei paesaggi» indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali;

f) «Pianificazione dei paesaggi» indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.

 

Articolo 2

Campo di applicazione.

Fatte salve le disposizioni dell'articolo 15, la presente Convenzione si applica a tutto il territorio delle Parti e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Essa comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiani, sia i paesaggi degradati.

 

Articolo 3

Obiettivi.

La presente Convenzione si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo.

 

Capitolo II - Misure nazionali

 

Articolo 4

Ripartizione delle competenze.

Ogni Parte applica la presente Convenzione e segnatamente i suoi Articoli 5 e 6, secondo la ripartizione delle competenze propria al suo ordinamento, conformemente ai suoi principi costituzionali e alla sua organizzazione amministrativa, nel rispetto del principio di sussidiarietà, tenendo conto della Carta europea dell'autonomia locale. Senza derogare alle disposizioni della presente Convenzione, ogni Parte applica la presente Convenzione in armonia con le proprie politiche.

 

Articolo 5

Misure generali.

Ogni Parte si impegna a:

a) riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità;

b) stabilire e attuare politiche paesaggistiche volte alla salvaguardia, alla gestione e alla pianificazione dei paesaggi, tramite l'adozione delle misure specifiche di cui al seguente articolo 6;

c) avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nella definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche menzionate al precedente capoverso b);

d) integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle altre politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio.

 

Articolo 6

Misure specifiche.

A) Sensibilizzazione

Ogni Parte si impegna ad accrescere la sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche al valore dei paesaggi, al loro ruolo e alla loro trasformazione.

B) Formazione ed educazione

Ogni Parte si impegna a promuovere:

a) la formazione di specialisti nel settore della conoscenza e dell'intervento sui paesaggi;

b) programmi pluridisciplinari di formazione sulla politica, la salvaguardia, la gestione. e la pianificazione del paesaggio destinati ai professionisti del settore pubblico e privato e alle associazioni di categoria interessate;

c) insegnamenti scolastici e universitari che trattino, nell'ambito delle rispettive discipline, dei valori connessi con il paesaggio e delle questioni riguardanti la salvaguardia, la gestione e la pianificazione.

C) Identificazione e valutazione

1. Mobilitando i soggetti interessati conformemente all'articolo 5.c, e ai fini di una migliore conoscenza dei propri paesaggi, ogni Parte si impegna a:

a) i identificare i propri paesaggi, sull'insieme del proprio territorio;

ii analizzarne le caratteristiche, nonché le dinamiche e le pressioni che li modificano;

iii seguirne le trasformazioni;

b) valutare i paesaggi identificati, tenendo conto dei valori specifici che sono loro attributi dai soggetti e dalle popolazioni interessate;

2. I lavori di identificazione e di valutazione verranno guidati dagli scambi di esperienze e di metodologie organizzati tra le Parti, su scala europea, in applicazione dell'articolo 8 della presente Convenzione.

D) Obiettivi di qualità paesaggistica

Ogni Parte si impegna a stabilire degli obiettivi di qualità paesaggistica riguardanti i paesaggi individuati e valutati, previa consultazione pubblica, conformemente all'articolo 5.c.

E) Applicazione

Per attuare le politiche del paesaggio, ogni Parte si impegna ad attivare gli strumenti di intervento volti alla salvaguardia, alla gestione e/o alla pianificazione dei paesaggi.

 

Capitolo III - Cooperazione europea

 

Articolo 7

Politiche e programmi internazionali.

Le Parti si impegnano a cooperare nel momento in cui prendono in considerazione la dimensione paesaggistica delle politiche e programmi internazionali e a raccomandare, se del caso, che vi vengano incluse le considerazioni relative al paesaggio.

 

Articolo 8

Assistenza reciproca e scambio di informazioni.

Le Parti si impegnano a cooperare per rafforzare l'efficacia dei provvedimenti presi ai sensi degli articoli della presente Convenzione, e in particolare a:

a) prestarsi reciprocamente assistenza, dal punto di vista tecnico e scientifico, tramite la raccolta e lo scambio di esperienze e di attività di ricerca in materia di paesaggio;

b) favorire gli scambi di specialisti del paesaggio, segnatamente per la formazione e l'informazione;

c) scambiarsi informazioni su tutte le questioni trattate nelle disposizioni della presente Convenzione.

 

Articolo 9

Paesaggi transfrontalieri.

Le Parti si impegnano ad incoraggiare la cooperazione transfrontaliera a livello locale e regionale, ricorrendo, se necessario, all'elaborazione e alla realizzazione di programmi comuni di valorizzazione del paesaggio.

 

Articolo 10

Controllo dell'applicazione della Convenzione.

1. I competenti Comitati di esperti già istituiti ai sensi dell'articolo 17 dello Statuto del Consiglio d'Europa sono incaricati dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del controllo dell'applicazione della Convenzione.

2. Dopo ogni riunione dei Comitati di esperti, il Segretario Generale del Consiglio d'Europa trasmette un rapporto sui lavori e sul funzionamento della Convenzione al Comitato dei Ministri.

3. I Comitati di esperti propongono al Comitato dei Ministri i criteri per l'assegnazione e il regolamento del Premio del Paesaggio del Consiglio d'Europa.

 

Articolo 11

Premio del Paesaggio del Consiglio d'Europa.

1. Il Premio del Paesaggio del Consiglio d'Europa può essere assegnato agli Enti locali e regionali e ai loro consorzi che, nell'ambito della politica paesaggistica di uno Stato Parte contraente e della presente Convenzione, abbiano attuato una politica o preso dei provvedimenti volti alla salvaguardia, alla gestione e/o alla pianificazione sostenibile dei loro paesaggi che dimostrino una efficacia durevole e possano in tal modo servire da modello per gli altri Enti territoriali europei. Tale riconoscimento potrà ugualmente venir assegnato alle organizzazioni non governative che abbiano dimostrato di fornire un apporto particolarmente rilevante alla salvaguardia, alla gestione o alla pianificazione del paesaggio.

2. Le candidature per l'assegnazione del Premio del Paesaggio del Consiglio d'Europa saranno trasmesse ai Comitati di esperti, di cui all'articolo 10, dalle Parti. Possono essere candidati Enti locali e regionali transfrontalieri, nonché dei raggruppamenti di collettività locali o regionali, purché gestiscano in comune il paesaggio in questione.

3. Su proposta dei Comitati di esperti di cui all'articolo 10, il Comitato dei Ministri definisce e pubblica i criteri per l'assegnazione del Premio del Paesaggio del Consiglio d'Europa, ne adotta il regolamento e conferisce il premio.

4. L'assegnazione del Premio del Paesaggio del Consiglio d'Europa stimola i soggetti che lo ricevono a vigilare affinché i paesaggi interessati vengano salvaguardati, gestiti e/o pianificati in modo sostenibile.

 

Capitolo IV - Clausole finali

 

Articolo 12

Relazioni con altri strumenti giuridici.

Le disposizioni della presente Convenzione non precludono l'applicazione di disposizioni più severe in materia di salvaguardia, gestione o pianificazione dei paesaggi contenute in altri strumenti nazionali od internazionali vincolanti che sono o saranno in vigore.

 

Articolo 13

Firma, ratifica, entrata in vigore.

1. La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa. Sarà sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

2. La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data in cui dieci Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dalla Convenzione conformemente alle disposizioni del precedente paragrafo.

3. Per ogni Stato firmatario che esprimerà successivamente il proprio consenso ad essere vincolato dalla Convenzione, essa entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione (4).

 

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(4)  Il Ministero degli affari esteri, con Comunicato 8 giugno 2006 (Gazz. Uff. 8 giugno 2006, n. 131), ha reso noto che si è provveduto al deposito dello strumento di ratifica previsto per l'entrata in vigore della Convenzione che, di conseguenza, a norma del presente articolo, è entrata in vigore sul piano internazionale il 1° settembre 2006.

 

Articolo 14

Adesione.

1. Dal momento dell'entrata in vigore della presente Convenzione, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa potrà invitare la Comunità Europea e ogni Stato europeo non membro del Consiglio d'Europa ad aderire alla presente Convenzione, con una decisione presa dalla maggioranza prevista all'articolo 20.d dello Statuto del Consiglio d'Europa, e all'unanimità degli Stati Parti contraenti aventi il diritto a sedere nel Comitato dei Ministri.

2. Per ogni Stato aderente o per la Comunità Europea in caso di adesione, la presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data del deposito dello strumento di adesione presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

 

Articolo 15

Applicazione territoriale.

1. Ogni Stato o la Comunità Europea può, al momento della firma o al momento del deposito del proprio strumento di ratifica, accettazione, approvazione o di adesione, designare il territorio o i territori in cui si applicherà la presente Convenzione.

2. Ogni Parte può, in qualsiasi altro momento successivo, mediante dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, estendere l'applicazione della presente Convenzione a qualsiasi altro territorio specificato nella dichiarazione. La Convenzione entrerà in vigore nei confronti di detto territorio il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui la dichiarazione è stata ricevuta dal Segretario Generale.

3. Ogni dichiarazione fatta in virtù dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata per quanto riguarda qualsiasi territorio specificato in tale dichiarazione, con notifica inviata al Segretario Generale. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese che segue lo scadere di un periodo di tre mesi data del ricevimento della notifica da parte del Segretario Generale.

 

Articolo 16

Denuncia.

1. Ogni Parte può, in qualsiasi momento, denunciare la presente Convenzione, mediante una notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

2. Tale denuncia prenderà effetto il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui la notifica è stata ricevuta da parte del Segretario Generale.

 

Articolo 17

Emendamenti.

1. Ogni Parte o i Comitati di esperti indicati all'articolo 10 possono proporre emendamenti alla presente Convenzione.

2. Ogni proposta di emendamento è notificata per iscritto al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, che a sua volta la trasmette agli Stati membri del Consiglio d'Europa, alle altre Parti contraenti e ad ogni Stato europeo non membro che sia stato invitato ad aderire alla presente Convenzione ai sensi dell'articolo 14.

3. Ogni proposta di emendamento verrà esaminata dai Comitati di esperti indicati all'articolo 10 e il testo adottato a maggioranza dei tre quarti dei rappresentanti delle Parti verrà sottoposto al Comitato dei Ministri per l'adozione. Dopo la sua adozione da parte del Comitato dei Ministri secondo la maggioranza prevista all'articolo 20.d dello Statuto del Consiglio d'Europa e all'unanimità dei rappresentanti degli Stati Parti contraenti aventi il diritto di partecipare alle riunioni del Comitato dei Ministri, il testo verrà trasmesso alle Parti per l'accettazione.

4. Ogni emendamento entra in vigore, nei confronti delle parti che l'abbiano accettato, il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui tre Parti contraenti, membri del Consiglio d'Europa avranno informato il Segretario Generale di averlo accettato/ Per qualsiasi altra Parte che l'avrà accettato successivamente, l'emendamento entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui la detta Parte avrà informato il Segretario Generale di averlo accettato.

 

Articolo 18

Notifiche.

Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà agli Stati membri del Consiglio d'Europa, a ogni Stato o alla Comunità Europea che abbia aderito alla presente Convenzione:

a) ogni firma;

b) il deposito di ogni strumento di ratifica, accettazione, approvazione o di adesione;

c) ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione conformemente agli articoli 13, 14 e 15;

d) ogni dichiarazione fatta in virtù dell'articolo 15;

e) ogni denuncia fatta in virtù dell'articolo 16;

f) ogni proposta di emendamento, cosi come ogni emendamento adottato conformemente all'articolo 17 e la data in cui tale emendamento entrerà in vigore;

g) ogni altro atto, notifica, informazione o comunicazione relativo alla presente Convenzione.

In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a questo fine, hanno firmato la presente Convenzione.

Fatto a Firenze, il 20 ottobre 2000, in francese e in inglese, facendo i due testi ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa ne trasmetterà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d'Europa, nonché a ciascuno degli Stati o alla Comunità Europea invitati ad aderire alla presente Convenzione.

 


Giurisprudenza

 


 

SENTENZA N. 367

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Franco     BILE  Presidente

- Francesco    AMIRANTE      Giudice

- Ugo      DE SIERVO         "

- Paolo        MADDALENA       "

- Alfio     FINOCCHIARO        "

- Alfonso          QUARANTA         "

- Franco     GALLO       "

- Luigi         MAZZELLA      "

- Gaetano        SILVESTRI      "

- Sabino      CASSESE      "

- Maria RitaSAULLE     "

- GiuseppeTESAURO      "

- Paolo Maria  NAPOLITANO      "

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5, da 7 a 14, 16, 18, da 24 a 29 del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), modificativi e sostitutivi di vari articoli del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, promossi con ricorsi delle Regioni Toscana, Calabria e Piemonte, notificati il 23 e 26 giugno 2006, depositati in cancelleria il 27, il 28 ed il 30 giugno 2006 ed iscritti al n. 81, n. 82 e n. 83 del registro ricorsi 2006.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 ottobre 2007 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Giuseppe Naimo per la Regione Calabria, Emiliano Amato e Anita Ciavarra per la Regione Piemonte e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. ¾Con ricorso notificato il 23 giugno 2006 e depositato il successivo 27 giugno, la Regione Toscana ha promosso, in riferimento agli artt. 76, 114, 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), e segnatamente:

- dell’art. 12, che sostituisce l’art. 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), con particolare riferimento ai commi 1 e 3 del novellato art. 142;

- dell’art. 13, che sostituisce l’art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, con particolare riferimento al comma 4 del novellato art. 143;

- dell’art. 16, che sostituisce l’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, con particolare riferimento ai commi 3 e 8 del novellato art. 146;

- dell’art. 25, che modifica l’art. 157 del d.lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui inserisce la lettera f-bis) al comma 1 del suddetto art. 157;

- dell’art. 26, che sostituisce l’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004, con particolare riferimento al comma 3 del novellato art. 159.

1.1. ¾La Regione Toscana premette che, a seguito delle modificazione apportate dal d.lgs. n. 157 del 2006 al Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. n. 42 del 2004, è scaturito un sistema volto a rafforzare, in contrasto con la valorizzazione delle autonomie locali, «la partecipazione dello Stato nell’esercizio delle funzioni amministrative già attribuite alle Regioni in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio»; sistema, peraltro, già valutato negativamente dalla stessa Conferenza unificata in sede di parere espresso sullo schema del decreto legislativo nella seduta del 26 gennaio 2006.

La ricorrente osserva che nella materia in esame insistono una pluralità di interessi ed oggetti che non attengono esclusivamente alla competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e dei beni culturali, ma riguardano anche ambiti di competenza concorrente delle Regioni e, in particolare, il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, come peraltro riconosciuto dalla stessa giurisprudenza costituzionale (tra le altre: sentenze n. 232 del 2005 e n. 182 del 2006). Ciò posto, argomenta ancora la ricorrente, le impugnate disposizioni del d.lgs. n. 157 del 2006 in materia di paesaggio non sarebbero rispettose delle prerogative regionali costituzionalmente garantite, giacché non assicurano alle stesse «un ruolo primario anche in considerazione del delicato intreccio tra diverse materie, di competenza statale e regionale».

1.2. ¾ E’ denunciato, anzitutto, l’art. 12 che sostituisce l’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, con particolare riferimento al comma 1 del novellato art. 142 in esame, «nella parte in cui reintroduce l’illimitata vigenza del vincolo paesaggistico per le categorie di beni tutelati ai sensi della legge n. 431/1985, nonché con particolare riferimento al comma 3 dello stesso art. 142, nella parte in cui preclude alle regioni di individuare con il piano paesaggistico i corsi d’acqua irrilevanti dal punto di vista del paesaggio».

La Regione Toscana sostiene che, diversamente da quanto stabilito nella formulazione originaria dell’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, la novella in esame impone «la vigenza illimitata del vincolo paesaggistico con riferimento alle categorie di beni individuate dalla legge n. 431/1985 (cosiddetta legge Galasso)», in tal modo eliminando la possibilità, già affidata alle Regioni, di specificare e disciplinare, tramite il piano paesaggistico, detti beni «sulla base di analisi puntuali dei contesti regionali e dei relativi elementi caratterizzanti». Inoltre, alle Regioni è stata preclusa, in forza del comma 3 del medesimo art. 142 novellato, la facoltà di individuare, nell’ambito del piano paesaggistico, i corsi d’acqua irrilevanti dal punto di vista del paesaggio, sulla base di una verifica dei casi concreti, così da impedire l’esercizio «del potere di accertare l’adeguatezza della tutela paesaggistica in relazione alle aree presenti sul proprio territorio, e quindi di verificare la perdurante effettività del vincolo paesaggistico».

Ad avviso della ricorrente, tale normativa determinerebbe «un inammissibile passo indietro rispetto alle prerogative riconosciute alle regioni dal previgente d.lgs. n. 42/2004», secondo cui la tutela paesaggistica dei beni in esame era prescritta in via transitoria e cioè fino all’approvazione e/o all’adeguamento del piano paesaggistico, con il quale le Regioni dettano la disciplina d’uso e di tutela dei beni, «sulla base delle specifiche esigenze di salvaguardia, attualizzando i vincoli posti in modo astratto ed a prescindere dalla reale consistenza dei beni». Con la conseguenza, peraltro, che sarebbe vanificata tutta «l’attività nel frattempo già posta in essere dalle Regioni – proprio in attuazione del previgente d.lgs. n. 42/2004 – in vista della riconsiderazione delle categorie dei beni tutelati ex lege e della loro individuazione sul proprio territorio».

Il denunciato art. 12 del d.lgs. n. 157 del 2006 violerebbe, pertanto, l’art. 117, terzo comma, Cost., incidendo «sullo svolgimento delle funzioni, attinenti al governo del territorio, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, riservate alla potestà concorrente delle Regioni».

Inoltre, sussisterebbe il contrasto con l’art. 118 Cost. e con il principio di leale collaborazione, giacché l’individuazione dei beni da tutelare ed il regime di tutela, in quanto incidenti su competenze regionali, «dovrebbero essere statuiti d’intesa con le Regioni». Del resto, la concreta individuazione delle aree da tutelare era rimessa, secondo il d.lgs. n. 42 del 2004, al piano paesaggistico, che veniva elaborato dalle Regioni d’intesa con lo Stato.

La norma censurata sarebbe affetta, infine, dal vizio di eccesso di delega in violazione dell’art. 76 Cost., in quanto – diversamente dalle limitate integrazioni e/o correzioni facoltizzate dall’art. 10, comma 4, della legge n. 137 del 2002 – introdurrebbe «rilevanti innovazioni rispetto al sistema delineato con l’approvazione del d.lgs. n. 42/2004», così da compromettere, come già evidenziato, le prerogative regionali in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni ambientali.

1.3. ¾ Vengono, poi, denunciati: l’art. 13, che sostituisce l’art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, «con particolare riferimento al comma 4 del novellato art. 143 in esame, nella parte in cui prevede che il parere della Soprintendenza nel procedimento autorizzatorio sia oltre che obbligatorio anche vincolante, fino all’approvazione del piano paesaggistico elaborato di intesa»; nonché l’art. 16, che sostituisce l’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, «con particolare riferimento ai commi 3 e 8 del novellato art. 146 in esame: il comma 3, nella parte in cui prevede che il parere della Soprintendenza, ai fini autorizzatori, è sempre vincolante, allorché la regione abbia delegato le funzioni amministrative ai comuni; il comma 8, laddove prevede che, fino all’approvazione del piano paesaggistico elaborato di intesa, il parere della Soprintendenza, ai fini dell’autorizzazione, è vincolante».

Le censurate disposizioni impongono la vincolatività del parere espresso dalla soprintendenza, in sede di procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, nelle seguenti ipotesi: a) allorché il piano paesaggistico non sia stato elaborato congiuntamente tra Stato e Regione (art. 143, comma 4, e art. 146, comma 8, come sostituiti, rispettivamente, dall’art. 13 e dall’art. 16 del d.lgs. n. 157 del 2006) secondo quanto previsto dal novellato art. 143, comma 3 (ossia: stipula dell’intesa Stato-Regione per l’elaborazione congiunta del Piano paesaggistico; accordo preliminare sul contenuto del Piano; approvazione del Piano elaborato congiuntamente da parte della Regione; eventuale esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato in caso di inerzia della Regione); b) ove la Regione decida – in deroga a quanto stabilito dal Codice dei beni culturali e del paesaggio attualmente vigente – di affidare le funzioni in materia di autorizzazione paesaggistica ai comuni e non alle province e/o comunque ad enti aventi ambito sovracomunale (art. 146, comma 3, come sostituito dall’art. 16 del d.lgs. n. 157 del 2006).

Secondo la Regione Toscana, siffatta disciplina comporterebbe «un’illegittima ingerenza dello Stato nelle funzioni amministrative in materia di autorizzazioni paesaggistiche affidate, per espressa disposizione dello stesso Codice, alle Regioni». Infatti, l’art. 146, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, come sostituto dall’art. 16 del d.lgs. n. 157 del 2006, obbliga i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, a «sottoporre alla regione o all’ente locale al quale la regione ha delegato le funzioni i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l’autorizzazione a realizzarli». Sicché, osserva la ricorrente, «vincolare la decisione sull’autorizzazione paesaggistica alle determinazioni della soprintendenza significa privare la regione, e/o l’ente da questa individuato, dell’effettivo esercizio della funzione autorizzatoria in parola», affidandola, di fatto, allo Stato. Peraltro, la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 183 del 2006, ha ritenuto «legittimo il parere vincolante della Soprintendenza nei procedimenti di accertamento di conformità paesaggistica degli abusi, solo perché limitato ai profili penali», mentre le censurate disposizioni non investono ambiti di rilevanza penale, ma riguardano «ambiti attribuiti alla competenza concorrente delle regioni, quali il governo del territorio (in particolare sotto i profili urbanistico ed edilizio) e la valorizzazione dei beni ambientali, oltre ad incidere pesantemente sulla potestà autorizzatoria regionale», con conseguente violazione degli artt. 117 e 118 Cost.

Ad avviso della ricorrente, l’intervento dello Stato non potrebbe giustificarsi in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., giacché «il paesaggio, così come l’ambiente, va configurato come un “valore” costituzionalmente protetto, ossia come ambito materiale la cui tutela è idonea a investire trasversalmente una pluralità di materie, al cui perseguimento sono chiamati a contribuire, nell’ambito delle rispettive competenze, tutti livelli territoriali di governo»; la competenza statale relativa alla tutela ambientale e paesaggistica non potrebbe, quindi, «intervenire in maniera così incisiva – come è nel caso di specie – nelle attribuzioni proprie delle regioni». Inoltre, imporre per il rilascio dell’autorizzazione il parere vincolante della soprintendenza significherebbe impedire alla Regione – o agli enti locali cui la Regione abbia trasferito le funzioni – «di far valere eventualmente diverse valutazioni in ordine alla compatibilità dell’opera proposta», così da allocare la funzione di valutare detta compatibilità in capo allo Stato, senza però che sussistano esigenze di carattere unitario e, dunque, in violazione dell’art. 118 Cost. Peraltro, il contrasto con l’art. 118 Cost. sussisterebbe in ogni caso, per la mancata previsione di adeguate procedure d’intesa con le Regioni, «invece imprescindibili, in caso di allocazione in capo allo Stato di funzioni che interferiscono con materie di competenza regionale», come avverrebbe nel caso di specie in quanto «la valutazione in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica incide anche, e in modo consistente, sull’assetto urbanistico ed edilizio e sulla pianificazione territoriale».

La Regione Toscana sostiene, infine, che anche i denunciati artt. 13 e 16 del d.lgs. n. 157 del 2006 violerebbero l’art. 76 Cost. per eccesso di delega, giacché apporterebbero «rilevanti innovazioni al previgente d.lgs. n. 42/2004», in contrasto con i principi ed i criteri direttivi di cui all’art. 10, comma 4, della legge n. 137 del 2002.

1.4. ¾ La ricorrente impugna, altresì, l’art. 16 che sostituisce l’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, «con particolare riferimento al comma 3 del novellato art. 146 in esame, in quanto prevede che la regione deleghi le funzioni in materia di autorizzazione paesaggistica alle province e/o a forme associative sovracomunali».

La disposizione denunciata porrebbe un vincolo alle Regioni che decidano di non esercitare direttamente la funzione autorizzatoria, giacché individua «ex lege i possibili destinatari di tali competenze nelle province e/o nelle forme associative e di cooperazioni degli enti locali di livello sovracomunale».

La ricorrente rammenta che già l’art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), attribuiva alle Regioni le funzioni amministrative riguardanti la gestione del vincolo paesaggistico e, quindi, la competenza in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica; competenza che è stata confermata dall’art. 146, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, anche nella formulazione modificata dallo stesso art. 16 del d.lgs. n. 157 del 2006. Peraltro, si argomenta ancora nel ricorso, la Regione Toscana, con la legge regionale 2 novembre 1979, n. 52 (Sub-delega ai Comuni delle funzioni amministrative riguardanti la protezione delle bellezze naturali), «ha dapprima sub-delegato ai comuni le funzioni autorizzatorie in parola […] ed ha quindi confermato la competenza dei comuni al rilascio delle autorizzazioni con la recente l.r. 1/2005 (artt. 87 e ss.)».

Sicché, ad avviso della ricorrente, la norma denunciata, in violazione degli artt. 117 e 118 Cost., lederebbe l’autonomia regionale nell’organizzazione delle funzioni autorizzatorie attribuite dallo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Inoltre, il censurato art. 16 reintrodurrebbe «il concetto di “delega” delle funzioni amministrative non più ammessa dall’art. 118 Cost. il quale prevede il pieno conferimento delle funzioni agli enti locali nel rispetto dell’art. 114 Cost. che sancisce la equi-ordinazione degli enti medesimi».

Infine, sussisterebbe anche il contrasto con l’art. 76 Cost. per eccesso di delega per le medesime ragioni in precedenza evidenziate.

1.5. ¾ La Regione censura, poi, l’art. 25 che modifica l’art. 157 del d.lgs. n. 42 del 2004,  inserendo, al comma 1, la lettera f-bis), «nella parte in cui stabilisce che conservano efficacia a tutti gli effetti i provvedimenti di imposizione dei vincoli paesaggistici, emanati in attuazione della legge n. 431/1985».

La norma denunciata «reintroduce la validità dei vincoli paesaggistici imposti in via transitoria, con i decreti ministeriali emanati ai sensi della legge Galasso» e, tuttavia, «detti vincoli risultano, quanto meno con riferimento alla Regione Toscana, superati e/o ridefiniti attraverso la pianificazione paesaggistica».

La ricorrente sostiene che ripristinare i vincoli predetti, «anche in contrasto con i piani paesaggistici già predisposti dalle regioni, a prescindere da una concreta valutazione dell’effettiva esigenza di tutela dei beni in questione, determina evidentemente un’inammissibile ingerenza nelle funzioni regionali in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni ambientali e culturali»; ciò, peraltro, senza la previsione di forme di concertazione idonee con le stesse Regioni. Di qui, la dedotta violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.

Infine, per le stesse ragioni innanzi illustrate, sarebbe violato l’art. 76 Cost. per eccesso di delega.

1.6. ¾ Da ultimo, la Regione Toscana impugna l’art. 26 che sostituisce l’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004, «con particolare riferimento al comma 3 del novellato art. 159 in esame, in quanto estende il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, anche per motivi di merito».

La norma predetta rafforzerebbe il potere della soprintendenza nel rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, sino all’adeguamento del piano paesaggistico elaborato d’intesa dalla Regione con lo Stato, giacché – diversamente da quanto previsto dall’originario d.lgs. n. 42 del 2004 – introdurrebbe «la possibilità della Soprintendenza di intervenire per l’annullamento delle autorizzazioni rilasciate dall’ente competente, alla luce di valutazioni non più solo attinenti alla legittimità dell’autorizzazione ma anche al merito del provvedimento autorizzatorio».

Vi sarebbe, pertanto, «un inammissibile accentramento delle funzioni in materia di autorizzazione paesaggistica, la cui effettiva gestione è in definitiva individuata in capo allo Stato (per il tramite delle Soprintendenze)», in assenza «di adeguati modelli concertativi aderenti al principio di leale collaborazione».

Donde la violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.

La ricorrente sostiene, infine, che anche il denunciato art. 26 contrasterebbe, per le ragioni già evidenziate, con l’art. 76 Cost., per eccesso di delega.

     2. ¾ Con ricorso notificato il 23 giugno 2006 e depositato il successivo 28 giugno, la Regione Calabria, previa richiesta di sospensione ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha promosso, con riferimento agli artt. 76 e 77 Cost., in relazione all’art. 10 della legge n. 137 del 2002, e agli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost., nonché al principio di leale collaborazione, questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157.

In particolare, sono denunciati gli artt. 1, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 18, 27, 28 e 29, nella parte in cui sostituiscono, modificano e/o integrano gli artt. 5, 135, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 146, 148, 167, 181 e 182 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, «nei limiti meglio appresso indicati».

La portata delle denunce è, difatti, così delimitata dalla ricorrente:

- quanto all’art. 1, si censura la sostituzione all’art. 5, comma 6, delle parole «conferite alle regioni» con le parole «esercitate dallo Stato e dalle regioni», ed al comma 7 delle parole «di cui ai» con le parole: «esercitate dalle regioni ai sensi dei»;

- quanto all’art. 5, si censura l’introduzione del comma 3 dell’art. 135, nonché il comma 1, nella parte in cui inserisce nuove competenze statali;

- quanto all’art. 7, si censura il comma 2 del nuovo art. 137 ove dispone che le Commissioni regionali sono composte anche da «due dirigenti preposti agli uffici regionali competenti in materia di paesaggio. I restanti membri, in numero non superiore a quattro, sono nominati dalla regione tra soggetti con qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio, eventualmente scelti nell’ambito di terne designate, rispettivamente, dalle università aventi sede nella regione, dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Decorsi infruttuosamente sessanta giorni dalla richiesta di designazione, la regione procede comunque alle nomine»;

- quanto all’art. 8, si censura il comma 3 del nuovo art. 138, ove dispone che «La commissione delibera entro sessanta giorni dalla presentazione dell’atto di iniziativa. Decorso infruttuosamente il predetto termine, la proposta è formulata dall’organo richiedente o, in mancanza, dagli altri soggetti titolari di organi statali o regionali componenti della commissione, entro il successivo termine di trenta giorni»;

- quanto all’art. 9, si censura il comma 5 del nuovo art. 139, ove riduce da 60 a 30 giorni il termine per comuni, città metropolitane e province per presentare osservazioni e documenti;

- quanto all’art. 10, si censura il comma 1 del nuovo art. 140, nella parte in cui fissa alla Regione un termine perentorio di sessanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui all’articolo 139, comma 5, per l’emanazione del provvedimento;

- quanto all’art. 11, si censura il comma 1 del nuovo art. 141, nella parte in cui rinvia ai termini fissati dagli artt. 138 e 139 (nella nuova formulazione);

- quanto all’art. 12, si censura l’alinea del comma 1 del nuovo art. 142, nella parte in cui dispone che «Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo»;

- quanto all’art. 13, si censura il comma 3 del nuovo art. 143, nella parte in cui dispone che «Entro i novanta giorni successivi all’accordo il piano è approvato con provvedimento regionale. Decorso inutilmente tale termine, il piano è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio», ed il comma 4, ove prevede che, nel caso in cui il piano sia stato approvato a seguito dell’accordo di cui al comma 3, nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147, sia obbligatorio (pur se non vincolante) il parere del soprintendente, prima non previsto;

- quanto all’art. 14, si censura l’aggiunta al comma 1 dell’art. 144, che prevede: «A tale fine le regioni disciplinano mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica, in particolare stabilendo che a fare data dall’adozione o approvazione preliminare del piano, da parte della giunta regionale o del consiglio regionale, non sono consentiti per gli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134 tali interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela per essi previste nel piano stesso»;

- quanto all’art. 16, si censura la modifica al comma 10 del previgente art. 146 (ora diventato comma 12), nella parte in cui dall’espresso divieto di rilascio di autorizzazione paesaggistica in sanatoria vengono ora espressamente esclusi i «casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5», nonché il comma 8, nella parte in cui introduce un parere vincolante del soprintendente ed il comma 3, nella parte in cui disciplina eccessivamente in dettaglio la facoltà di delega delle Regioni;

- quanto all’art. 18, si censura la previsione del comma 2 del nuovo art. 148, nella parte in cui individua le Commissioni come «competenti per ambiti sovracomunali, in modo da realizzare il necessario coordinamento paesaggistico»,

- quanto all’art. 27, si censura la previsione del comma 4 dell’art. 167, nella parte in cui consente ora l’accertamento di compatibilità paesaggistica per gli stessi lavori compiuti dopo il 30 settembre 2004, che sono elencati secondo lo stesso  testo del comma 1-ter dell’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, nonché il successivo comma 5, che consente di presentare in qualunque momento «apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento delle compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi», ma dispone che «qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione», mentre «in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria», e precisa altresì che «la domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma», nonché il comma 6, nella parte in cui sottrae somme precedentemente assegnate alle amministrazioni competenti, sostituendo il riferimento all’art. 1, comma 37, lettera b), n. 1, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione);

- quanto all’art. 28, si censura la modifica dell’art. 181, comma 1-ter, del d.lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui ha soppresso l’applicazione delle «sanzioni amministrative ripristinatorie»;

- quanto all’art. 29, viene censurato, nella parte in cui aggiunge all’art. 182 il comma 3-bis, secondo cui «In deroga al divieto di cui all’articolo 146, comma 12, sono conclusi dall’autorità competente alla gestione del vincolo paesaggistico i procedimenti relativi alle domande di autorizzazione paesaggistica in sanatoria presentate entro il 30 aprile 2004 non ancora definiti alla data di entrata in vigore del presente comma, ovvero definiti con determinazione di improcedibilità della domanda per il sopravvenuto divieto, senza pronuncia nel merito della compatibilità paesaggistica dell’intervento. In tale ultimo caso l’autorità competente è obbligata, su istanza della parte interessata, a riaprire il procedimento ed a concluderlo con atto motivato nei termini di legge. Si applicano le sanzioni previste dall’articolo 167, comma 5», e il comma 3-ter, ai sensi del quale «Le disposizioni del comma 3-bis si applicano anche alle domande di sanatoria presentate nei termini ai sensi dell’articolo 1, commi 37 e 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ferma restando la quantificazione della sanzione pecuniaria ivi stabilita. Il parere della soprintendenza di cui all’articolo 1, comma 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, si intende vincolante».

2.1. ¾ La Regione Calabria argomenta, in via preliminare, sull’interesse che sorreggerebbe il proposto ricorso, assumendo, anzitutto, che – alla stregua dell’art. 117, terzo comma, Cost. (ove prevede la competenza concorrente regionale in tema di valorizzazione dei beni ambientali), dell’art. 117, terzo e quarto comma, Cost. (ove prevede, in materia di edilizia ed urbanistica, la competenza residuale delle Regioni) e dell’art. 118 (in ordine alle funzioni proprie degli enti locali in ordine al governo delle destinazioni urbanistiche del territorio) – alle «regioni ed agli enti locali è oggi riconosciuta al riguardo una competenza legislativa (e/o amministrativa) più ampia, per oggetto, di quella contemplata nell’originario testo dell’art. 117 Cost.». Malgrado ciò, sostiene la ricorrente, «le norme impugnate incidono pesantemente sulle competenze pianificatorie regionali […] e sulla possibilità per la regione di disciplinare autonomamente i correlati procedimenti per la parte che le compete, ponendo vincoli eccessivamente stringenti (anche sotto il profilo temporale) ai margini operativi dell’ente regionale, vanificando la legislazione regionale adottata in materia (nel caso di specie, leggi regionali nn. 19/2002 e 10/2003) e compatibile con la precedente formulazione, nonché sulle funzioni proprie di comuni e province, ex artt. 114 e 118 Cost.». Si pensi, infatti, alla nuova formulazione dell’art. 142, comma 1, che comporta «il ritorno ad una illimitata vigenza del vincolo gravante sulle categorie di beni individuati dalla legge Galasso, non più condizionata dalla approvazione del piano paesistico»; ovvero, ancora, alla modifica dell’art. 5 da parte dell’art. 1 del d. lgs. n. 157 del 2006, che ha determinato «un complessivo arretramento del livello delle funzioni pianificatorie proprie delle regioni, che la precedente formulazione – in linea di continuità con quanto disposto dal d.PR n. 8/1972 – riteneva competessero esclusivamente alle regioni».

Peraltro, si deduce ancora nel ricorso, la normativa oggetto di denuncia escluderebbe «totalmente i comuni dalla possibilità di gestire i vincoli urbanistici ed ambientali all’interno del loro territorio» ed imporrebbe «sia all’ente regione sia agli enti locali presenti nella regione ambiti territoriali predeterminati senza alcuna logica». Ed inoltre, afferma sempre la ricorrente, «il sostanziale allentamento del vincolo e la riduzione delle sanzioni, con conseguente maggiore possibilità di ottenere la sanatoria per “lavori di qualsiasi natura” realizzati in zona vincolata, non solo dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche, in concreto, sotto il profilo urbanistico (si veda, ad esempio, la nuova formulazione dell’art. 146, comma 12), incide non solo sulla materia del governo del territorio, ma anche sulla valorizzazione dei beni ambientali, la cui fruibilità sarà obiettivamente ridotta dalla più semplice e quasi automatica concessione della sanatoria a fini ambientali, con conseguente – in ipotesi di opere edilizie – maggior carico urbanistico in zone protette, e conseguente maggior onere anche finanziario per tutti gli enti regionali e sub regionali». E ciò in quanto si sarebbe «in concreto introdotta una “condonabilità edilizia permanente”, che prima delle modifiche apportate con il d.lgs. n. 157/2006 non era possibile ottenere anche per abusi commessi in zona vincolata, dal momento che il rilascio di “autorizzazioni paesaggistiche postume” o “autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria” è sempre stato escluso dalla disciplina previgente».

La Regione Calabria sostiene, quindi, che sarebbe evidente l’«arretramento rispetto a posizioni ormai ritenute acquisite», richiamando a tal fine la disciplina recata dal decreto legislativo n. 112 del 1998 e, segnatamente, gli artt. 5, 52, 54, 56, 57 e 73, «che illustrano perfettamente l’inammissibile regresso in punto di competenze regionali operato dalla norme censurate».

Infine, la ricorrente evidenzia che «la sanatoria sopra indicata e la modifica all’art. 167, comma 6, operata dall’art. 27, sottraggono risorse alla regione agli enti locali, comportando per contro spese particolarmente ingenti e di vario genere a carico della regione e degli enti locali, a fronte di una compartecipazione al gettito delle operazioni di sanatoria realmente esigua, con conseguente violazione dell’art. 119 Cost.».

2.2. ¾Tanto premesso in punto di interesse a ricorrere, la Regione ricorrente deduce che «le norme sopra indicate» violano, anzitutto, gli artt. 76 e 77 Cost. – in riferimento all’art. 10 della legge n. 137 del 2002 – nonché il «principio di effettiva e leale collaborazione».

La ricorrente, richiamando i pareri resi dalla Conferenza unificata in sede di approvazione del d.lgs. n. 157 del 2006, in forza di quanto previsto dall’art. 10, comma 3, della legge n. 137 del 2002, afferma che, diversamente da quanto avvenuto in sede di approvazione del d.lgs. n. 42 del 2004, «il Ministero ha sottoposto alle Regioni un articolato autonomamente definito da una Commissione di esperti, senza alcun preliminare confronto, che aveva invece caratterizzato l’approvazione del c.d “Codice Urbani”». Donde l’evidente contrasto delle norme impugnate con il principio di leale collaborazione, che dovrebbe avere un carattere di effettività, «pena la riduzione dello stesso ad uno sterile e vuoto rituale».

Peraltro, soggiunge la Regione Calabria, il comma 4 del citato art. 10 della legge n. 137 del 2002 prevede che «Disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure di cui al presente articolo»; sicché, non potrebbe revocarsi in dubbio «che l’iter procedurale che ha portato all’approvazione del d.lgs. n. 42 del 2004 sia totalmente diverso dall’iter che ha condotto all’approvazione delle norme qui censurate».

Ed ancora, secondo la ricorrente, la violazione della legge delega non si esaurirebbe «sotto l’invocato profilo procedimentale», giacché sussisterebbero anche «gravi violazioni sostanziali». Non potrebbe infatti sostenersi «che le norme dettagliatamente sopra indicate si siano limitate a “correggere ed integrare” le norme preesistenti», in quanto «esse si sostanziano in quanto segue: l’introduzione “ex novo” di una dettagliata definizione del contenuto dei piani paesistici (art. 5); il regresso dalla attribuzione esclusiva alle regioni delle funzioni di valorizzazione del territorio al mero esercizio congiunto (art. 5); il porre un vincolo prima inesistente alla potestà legislativa regionale (art. 14) e disciplinare eccessivamente in dettaglio la facoltà di delega delle regioni (art. 16) o l’ambito territoriale di riferimento (art. 18); la modifica della composizione delle Commissioni regionali, per le quali lo stesso Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero B.A.C. riconosce (p. 5 memoria del 25 gennaio 2006) che la competenza a disciplinare le Commissioni “spetta alle regioni”, salvo poi dettare una norma di eccessivo dettaglio, che impedisce alla regione qualunque margine di autonomia sul punto (art. 7); fissazione di termini perentori prima non previsti e/o riduzione di termini già fissati ad una misura assolutamente incongrua, con istituzione di poteri sostitutivi in capo al Ministro (artt. 8 - 11, 13); eliminazione della potestà pianificatoria regionale, riconosciuta dalla precedente formulazione “Fino all’approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 156, […]” (art. 12); la previsione di un parere obbligatorio prima non richiesto (art. 13); l’aver introdotto, per i lavori relativi ad abusi di tipo formale, la possibilità del rilascio della “autorizzazione paesaggistica postuma”. Infatti, ora l’autorizzazione paesaggistica può essere rilasciata “in sanatoria” successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi: il disposto legislativo suddetto, infatti, non è riferito all’art. 181 del “Codice” non attiene quindi alla “sanatoria” dei reati penali, ma riguarda espressamente la disciplina urbanistica della “concessione in sanatoria” per abusi formali in zona vincolata di cui sia stato verificato tanto l’accertamento di conformità urbanistica quanto l’accertamento di compatibilità paesaggistica mediante il rilascio della autorizzazione paesaggistica postuma (art. 16); l’introduzione di un parere vincolante, peraltro con riferimento ad altra norma (art. 143, comma 4), che invece prevede un parere obbligatorio ma non vincolante (sempre l’art. 16); la soppressione delle sanzioni amministrative ripristinatorie (art. 28); l’introduzione della sopra indicata (con formula sintetica) condonabilità permanente (artt. 27 e 29); la sottrazione di risorse precedentemente assegnate (art. 27)».

Ad avviso della Regione Calabria, un ulteriore argomento conforterebbe la dedotta violazione della delega, e cioè il fatto che «a fine 2004, per apportare alcune modifiche sostanziali al d.lgs. 42/2004, il Legislatore – ritenuta evidentemente esaurita la delega concessa al Governo – ha sostituito e/o modificato i commi 3 e 4 dell’art. 167, nonchè aggiunto i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell’art. 181 con la legge 15 dicembre 2004, n. 308». Sicché, il legislatore delegato non solo avrebbe «attivato impropriamente – per apportare modifiche rivoluzionarie all’intero corpo normativo – la potestà “integrativa” ormai esaurita, ma ha addirittura modificato alcune delle modifiche apportate direttamente dal Parlamento». In particolare, l’art. 27 avrebbe riformulato i commi 3 e 6 dell’art. 167, già inseriti – con diversa numerazione – dall’art. 1, comma 36, lettera a) e b) della legge n. 308 del 2004; mentre l’art. 28 avrebbe soppresso alcune previsioni inserite dall’art. 1, comma 36, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ed implicitamente abrogato il comma 39 della medesima legge.

In definitiva, le norme denunciate avrebbero «comportato una complessiva rinconsiderazione ab imis della materia, con un considerevole ampliamento dei compiti dello Stato rispetto alle funzioni attribuite alle regioni dal testo previgente, regioni che dovranno subire (unitamente agli enti locali) gli effetti – anche sotto il profilo di un maggiore e non previsto aggravio di carico delle proprie strutture amministrative – della indiscriminata sanatoria sopra esposta».

2.3. ¾ Secondo la ricorrente, sarebbero vulnerati anche gli artt. 114, 117 e 118 Cost., giacché, in costanza della competenza regionale e comunale «in materia di interventi di pianificazione e controllo locale», le norme denunciate ridurrebbero «drasticamente i margini di autonomia delle regioni e degli enti locali, i quali saranno costretti a subire, anziché governare, le destinazioni urbanistiche del territorio e la ridotta valorizzabilità dei beni ambientali, con un radicale svuotamento del principio di sussidiarietà».

In particolare, verrebbe ancora in rilievo «la previsione (artt. 8, 11 e 13) di termini concretamente troppo brevi (rispettivamente, 30, 60 e 90 gg.) alla luce della complessità delle valutazioni richieste agli enti interessati».

Inoltre, i poteri sostitutivi in capo al Ministero (previsti, ad esempio dall’art. 11, in relazione alla proposta di istituzione di nuovi vincoli paesaggistici) contrasterebbero con i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale in materia, «soprattutto in relazione alla mancata previsione di adeguate garanzie procedurali in favore dell’ente “sostituito” in ordine alla possibilità di interloquire col Ministero (ord. Corte cost. n. 53/2003), fondandosi l’esercizio del potere sostitutivo esclusivamente sul decorso dei brevissimi termini sopra indicati, e in ordine alla tipologia di attività per le quali il potere è azionabile, non risultando rivolto – nel caso di specie – al compimento “di atti o attività prive di discrezionalità”».

Ed ancora, la previsione di un parere vincolante, in riferimento ad una disposizione (art. 143, comma 4) che invece prevede un parere obbligatorio ma non vincolante (art. 16), comporterebbe «l’istituzione di un sindacato di merito che priva di qualunque autonomia» le Regioni e gli enti locali.

Per di più, sostiene sempre la Regione ricorrente, le già evidenziate innovazioni introdotte dalle norme censurate sembrerebbero «tutte finalizzate […] a ridurre i margini di azione riconosciuti dalla precedente formulazione principalmente alle regioni (sia sotto il profilo normativo che sotto il profilo amministrativo, soprattutto in materia di delega) ed anche agli enti locali, nonché ad imporre – a seguito delle innovazioni introdotte dagli artt. 16, 27, 28 e 29 […] – ai medesimi enti carichi (anche finanziari, sia in termine di riduzione di trasferimenti sia in termini di mancate entrate per ridotta fruibilità dei beni ambientali) in relazioni ai quali non viene riconosciuto loro alcuna concreta incidenza».

La Regione Calabria deduce, infine, la sussistenza del contrasto delle norme impugnate con l’art. 119 Cost., il cui quarto comma afferma che «le normali entrate dei comuni devono consentire “di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite”»; mentre, «la modifica (da “per effetto dell’articolo 1, comma 38, secondo periodo” a “per effetto dell’articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308”) dell’art. 167 comporta una illegittima sottrazione di risorse».

2.4. ¾Da ultimo, quanto alla proposta istanza di sospensione ai sensi dell’art. 35 della legge n. 87 del 1953, la ricorrente sostiene che sussisterebbe «la ragionevole possibilità nelle more di veder conformare rapporti in base ad una normativa la cui legittimità è contestata, e ciò determinerebbe una situazione di fatto tale da rendere assai difficile e costoso riportare lo status quo ante nel caso di esito positivo della decisione nel merito, mentre non deriverebbe nessun pregiudizio ad interessi costituzionalmente garantiti ove invece quest’ultima fosse sospesa».

3. ¾ Con ricorso notificato il 26 giugno 2006 e depositato il successivo 30 giugno, la Regione Piemonte ha promosso, in riferimento agli artt. 76, 97, 117, 118 e 120 Cost, nonché ai «principi di leale collaborazione, sussidiarietà, adeguatezza, proporzionalità, buon andamento della Pubblica Amministrazione», questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 e, segnatamente, «degli artt. 1, 5, 8, 10, 11, 12, 13, 16, 24 in quanto modificano e sostituiscono rispettivamente gli artt. 5, 135, 138, 140, 141, 142, 143, 146, 156 del d.lgs. n. 42/2004».

     3.1. ¾La ricorrente osserva, anzitutto, che la Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome ha espresso, in data 26 gennaio 2006, parere sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, evidenziando «gravi rilievi di negativo giudizio per il metodo e per il merito». Nel richiamare il contenuto di detto parere, la Regione Piemonte sostiene che i «rilievi espressi dalle regioni non hanno avuto seguito alcuno», ciò determinando una «puntuale violazione del procedimento di formazione delle norme considerate con riguardo ai limiti ed alle specifiche prescrizioni della legge di delega, integrandosi violazione dell’art. 76 della Costituzione», oltre al contrasto con il principio di leale collaborazione per le «modalità concrete con le quali si è svolto il procedimento ed in relazione altresì all’affidamento riposto dalle regioni nelle modalità di concertazione precedentemente attuate con il Ministro competente».

L’assenza del dovuto confronto con le Regioni e le autonomie locali avrebbe comportato, secondo la difesa della Regione Piemonte, «un’impostazione fortemente accentratrice sulle attività degli organi statali e la sottovalutazione delle effettive esigenze di integrazione di atti pianificatori attinenti a diversi oggetti e di tempestività e puntualità di atti ed interventi gestionali sul territorio». E ciò proprio in materia in cui la compresenza e l’intreccio di competenze statali e regionali avrebbe richiesto «necessariamente un modus operandi improntato al canone della leale collaborazione», il cui mancato rispetto «si riverbera su tutta l’impostazione della novella considerata».

Inoltre, argomenta sempre la Regione Piemonte, il d.lgs. n. 157 del 2006 avrebbe «introdotto una serie di importanti innovazioni modificando significativamente parti di disciplina con mutamento di impostazione e di contenuti essenziali, concretizzando esorbitanza dai limiti della legge di delega come sopra ricordati e quindi violazione dell’art. 76 Cost. che rileva in ordine alle competenze regionali, che vengono sotto più aspetti significativamente compresse o pretermesse».

Ed ancora, si evidenzia nel ricorso, il decreto legislativo n. 157 del 2006 avrebbe proceduto «ad un rifacimento ex novo della disciplina della parte terza del Codice Urbani, senza apprezzabile razionale giustificazione in ordine al perseguimento di esigenze unitarie e superando senza tenerne conto la legislazione regionale vigente in materia, particolarmente intesa al coordinamento ed integrazione delle diverse competenze settoriali, insieme alla organizzazione di funzioni già attuata nel territorio, in contrasto anche con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, per l’ingiustificato rivolgimento apportato a funzioni e procedure attualmente vigenti ed efficacemente operative in ambito regionale».

La ricorrente assume, altresì, che il principio di sussidarietà non avrebbe trovato corretta applicazione, non essendo «oggettivamente giustificata da esigenze di considerazione unitaria a livello nazionale degli interessi coinvolti» l’attrazione di funzioni a livello statale compiuta dal decreto legislativo n. 157 del 2006, senza che, peraltro, siano state perseguite procedure di leale collaborazione e di intesa per la codeterminazione dei contenuti interessanti anche l’ambito di competenza regionale.

3.2. ¾Ad avviso della Regione Piemonte, tali rilievi troverebbero concretezza nei seguenti specifici profili di censura concernenti le singole disposizioni denunciate.

3.2.1. ¾ L’art. 1, comma 1, lettera a), reca la modifica dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 42 del 2004, il quale, «in tema di cooperazione delle regioni e degli enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale, aveva sancito il conferimento alle regioni delle funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici in relazione alle disposizioni della parte terza del codice». La norma denunciata prevede, invece, che dette funzioni amministrative sono «esercitate dallo Stato e dalle regioni», così da contemplare «una parallela competenza dello Stato che si estende a tutti gli ambiti amministrativi considerati, ben al di là dei compiti essenziali di tutela e di salvaguardia di valori, principi, criteri unitari», finendo «per soverchiare e comunque in sostanza controllare l’attività amministrativa regionale anche in ambiti di competenza di quest’ultima».

3.2.2. ¾ L’art. 5, che sostituisce l’art. 135 del d.lgs. n. 42 del 2004, determina «una significativa modificazione della individuazione dell’oggetto della pianificazione paesaggistica», specificando, ai commi 1 e 2, che il piano, pur riguardando l’intero territorio regionale, deve procedere alla puntuale individuazione e regolamentazione d’uso con riferimento alle sole aree sottoposte a vincolo paesaggistico, così da abbandonare «la visione di una pianificazione volta alla tutela del valore paesaggistico diffuso del territorio per tornare ad un pianificazione meramente strumentale alla conservazione delle aree vincolate». Ne conseguirebbe, secondo la ricorrente, che l’ambito di applicazione della pianificazione di competenza regionale «diviene residuale, con l’evidente compromissione del significato e dell’utilità dell’elaborazione di piani urbanistico-territoriali con valenza paesaggistica», ciò comportando anche una «sostanziale riduzione dell’attività pianificatoria del territorio nella sua complessità e capacità di soddisfare più esigenze pubbliche e di salvaguardia dei valori della tutela del paesaggio e dei beni culturali ed ambientali che sul territorio si radicano e si presentano in una molteplicità di aspetti anche al di là delle aree sottoposte a vincolo». Inoltre, il terzo comma dello stesso art. 135 oggetto di modificazione «non riporta più l’obbligo per il piano paesaggistico di individuare gli “obbiettivi di qualità paesaggistica” quale fondamento della disciplina di tutela e valorizzazione di ciascun ambito territoriale, nonostante che ciò sia stabilito dalla Convenzione europea del paesaggio, peraltro appena ratificata dallo Stato italiano con la legge 9 gennaio 2006, n. 14».

3.2.3. ¾ La Regione Piemonte sostiene, altresì, che concorrano ulteriormente «alla diminuzione e limitazione della portata delle funzioni regionali di pianificazione paesaggistica le disposizioni di cui agli artt. 142 e 143 del d.lgs. n. 42/2004 come sostituti dagli artt. 12 e 13 del decreto impugnato». Sempre richiamando il citato parere della Conferenza unificata, nel ricorso si evidenzia che il novellato art. 142 reintroduce relativamente alle categorie oggetto di tutela per legge «la illimitata vigenza del vincolo paesaggistico, eliminando la competenza del piano paesaggistico a specificare e disciplinare detti ambiti, sulla base di analisi puntuali dei contesti regionali e dei relativi elementi caratterizzanti».

3.2.4. ¾ In riferimento, poi, al novellato art. 143, questo, al comma 1, presenta «le limitazioni già sopra rilevate con riferimento all’art. 135», mentre, ai commi 3, 4 e 5, impone «in maniera perentoria l’obbligo delle regioni di elaborare i piani paesaggistici congiuntamente al Ministero, previa conclusione di un apposito accordo, al fine di accedere a forme di semplificazione della gestione dei vincoli, peraltro individuate in modo più limitato rispetto a quanto anteriormente previsto».

3.2.5. ¾ Quanto al regime autorizzativo, si evidenzia una «accentuata limitazione degli ambiti di autonomia legislativa ed organizzativa regionale, anche rispetto al conferimento di funzioni agli enti locali, con pervasivo vincolo alle determinazioni degli organi ministeriali, senza che le innovazioni introdotte appaiano effettivamente necessarie per il rispetto di esigenze di unitarietà e giustificate secondo i canoni di proporzionalità ed adeguatezza». La censura si appunta specificatamente sull’art. 16 che sostituisce l’art. 146, commi 3 e 10, del d.lgs. n. 42 del 2004, rispetto al quale si richiamano anche i rilievi negativi espressi dalla Conferenza unificata nel parere del gennaio 2006, dai quali risulterebbe evidente anche la violazione del principio del buon andamento della P.A.

3.2.6. ¾ Sotto altro profilo – che investe segnatamente l’art. 138, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, novellato dal denunciato art. 8, nonché l’art. 140, comma 1, dello stesso d.lgs. n. 42, novellato dal denunciato art. 10 – si registrerebbe una fissazione di termini procedurali per l’emanazione di atti di competenza regionale, «che non sono giustificati da esigenze di generale tutela od uniformità di comportamenti e che oltretutto vengono stabiliti in tempi assai ristretti ed incongruenti con la natura ed il contenuto delle attività a cui si riferiscono» (l’art. 138, comma 3, citato, prevede sessanta giorni per la deliberazione della commissione regionale di proposta della dichiarazione di notevole interesse pubblico; l’art. 140, comma 1, citato, stabilisce il termine di sessanta giorni per l’emanazione del provvedimento regionale di dichiarazione di notevole interesse pubblico).

3.3. ¾ Ad avviso della ricorrente, l’impostazione «pregiudizialmente centralistica che impronta la novella si manifesta infine con particolare evidenza nella accentuazione del potere sostitutivo statale, il cui esercizio è attribuito al Ministero ed alle Sovrintendenze con automatico effetto allo scadere di termini prefissati all’attività regionale e, come si è prima rilevato, in taluni casi anche troppo restrittivamente ed incongruamente stabiliti».

3.3.1. ¾ A tal riguardo rileva, anzitutto, l’art. 141, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, come sostituito dal denunciato art. 11, «che fa scattare l’attività sostitutiva del competente organo ministeriale periferico allo scadere dei termini di sessanta giorni di cui agli artt. 138 e 140, […] che riguardano attività di valutazione ampiamente discrezionale». La censura investe anche l’art. 143, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, come sostituito dal denunciato art. 13, «che stabilisce che, qualora la regione non provveda entro novanta giorni dalla stipulazione dell’accordo relativo al piano paesaggistico formato con elaborazione congiunta alla sua approvazione, ad essa provveda in via sostitutiva il Ministro». Ed ancora, viene in evidenza l’art. 146, comma 10, del d.lgs. n. 42 del 2004, come sostituito dal denunciato art. 16, «che assegna alla soprintendenza competente l’attività in via sostitutiva per il mancato rilascio entro sessanta giorni dell’autorizzazione sui progetti di opere». Infine, rileva l’art. 156, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, come sostituto dal denunciato art. 24, «che prevedono l'attività in via sostitutiva del Ministro al decorso dei termini stabiliti per la verifica e l’adeguamento alle nuove disposizioni dei piani paesaggistici già redatti».

Le richiamate disposizioni oggetto di impugnazione contrasterebbero, secondo la Regione ricorrente, con l’art. 120 Cost., giacché, in violazione delle condizioni e dei limiti individuati dalla giurisprudenza costituzionale per l’esercizio del potere sostitutivo (vengono richiamate, tra le altre, le sentenze n. 227 del 2004 e n. 43 del 2004), nella specie «il potere sostitutivo è configurato come un ovvio automatismo che interviene sulla cadenzata attività delle regioni e degli enti locali anzichè quale intervento di natura comunque eccezionale rispetto allo svolgimento delle funzioni amministrative da parte delle regioni e degli enti locali».

4. ¾ In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale, rinviando a separate memorie l’esposizione della proprie ragioni, ha concluso in ogni caso per l’inammissibilità o per l’infondatezza dei ricorsi.

5. ¾ Nell’imminenza dell’udienza hanno depositato memorie illustrative la Regione Calabria e la Regione Toscana.

5.1. ¾ La Regione Calabria, nell’insistere per l’incostituzionalità delle disposizioni denunciate, contesta le generiche conclusioni formulate dalla difesa erariale in punto di inammissibilità del ricorso e ribadisce, quanto al merito delle questioni sollevate, il contrasto delle norme impugnate sia con l’art. 76 Cost., che con gli artt. 114, 117 e 118 Cost.

In particolare, quanto alla dedotta violazione dell’art. 76 Cost., nella memoria si sostiene che le modifiche apportate al decreto originario sarebbero intervenute a delega «ormai completamente esaurita», come sarebbe comprovato dal fatto che il Governo, con proprio emendamento presentato in sede di discussione parlamentare, ha introdotto il comma 36 dell’art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, con il quale ha apportato «sostanziali» modifiche al d.lgs. n. 42 del 2004.

In definitiva, secondo la Regione Calabria, pur essendo il Governo ancora nei termini per utilizzare la delega, ha ritenuto, invece, che essa «fosse completamente esaurita» e quindi ha utilizzato, per modificare il codice Urbani, lo strumento dell’emendamento ad una legge ordinaria.

La ricorrente ribadisce, inoltre, che il d.lgs. n. 157 del 2006 non si sarebbe limitato a correggere ed integrare il testo originario, ma avrebbe apportato modifiche “strutturali” che apparirebbero «addirittura estranee al contenuto minimale della delega conferita».

5.2. ¾ La Regione Toscana evidenzia, anzitutto, di aver raggiunto, successivamente al deposito del ricorso, l’intesa con lo Stato (e per esso con il Ministero per i beni e le attività culturali) per l’elaborazione congiunta del piano paesaggistico (protocollo d’intesa definitivamente stipulato il 24 luglio 2007 ed approvato dalla Regione con delibera della Giunta n. 512 del 9 luglio 2007) e con essa sarebbe venuto meno l’interesse alla decisione di merito sulle questione relative ai denunciati artt. 13 e 16 del d.lgs. n. 157 del 2006 (che rispettivamente sostituiscono gli artt. 143 e 146 del d.lgs. n. 42 del 2004), chiedendo, pertanto, che in riferimento a dette specifiche questioni venga dichiarata la cessazione della materia del contendere.

La ricorrente insiste, invece, per la declaratoria di incostituzionalità degli artt. 12, 25, 26 del d.lgs. n. 157 del 2006 (che, rispettivamente, sostituiscono gli artt. 142, 157 e 159 del d.lgs. n. 42 del 2004) per le ragioni già illustrate nel ricorso.

Considerato in diritto

1. ¾ Con tre distinti ricorsi (iscritti rispettivamente ai numeri 81, 82 e 83 del registro ricorsi dell’anno 2006) le Regioni Toscana, Calabria e Piemonte hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio).

In particolare, sono stati impugnati: dalla Regione Toscana gli artt. 12, 13, 16, 25 e 26; dalla Regione Calabria gli artt. 1, 5, da 7 a 14, 16, 18, 27, 28 e 29; e dalla Regione Piemonte, gli artt. 1, 5, 8, da 10 a 13, 16 e 24

1.1. ¾ Tutte le Regioni ricorrenti lamentano, in riferimento a ciascuna disposizione denunciata, la violazione dell’art. 76 (e la Regione Calabria anche dell’art. 77) della Costituzione, per eccesso di delega, evocando a norma interposta l’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell’organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici), il cui comma 4 prevede la possibilità per il Governo di adottare, in materia di beni culturali ed ambientali (comma 1, lettera a), «disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi […] nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure di cui al presente articolo».

Ci si duole del fatto che, mentre la delega autorizzava esclusivamente l’introduzione di «limitate disposizioni correttive e/o integrative», che risultassero eventualmente necessarie a seguito «di un primo monitoraggio della sua applicazione», il decreto legislativo n. 157 del 2006 avrebbe invece apportato «rilevanti innovazioni» al sistema disegnato dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), incidendo in modo pregiudizievole sulle potestà regionali in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni ambientali.

La Regione Calabria lamenta, peraltro, che l’iter procedurale adottato per l’emanazione del d.lgs. n. 42 del 2004 sarebbe stato totalmente diverso rispetto a quello che ha portato all’approvazione delle norme “correttive” contenute nel d.lgs. n. 157 del 2006 e ciò appunto in contrasto con il citato art. 10, comma 4, della legge n. 137 del 2002.

1.2. ¾ Le ulteriori censure evocano a parametri gli artt. 114, 117, 118, 119 e 120 Cost. (e la Regione Piemonte anche l’art. 97 Cost.), secondo profili differenziati, ma tutti riconducibili alla prospettata lesione delle competenze regionali in materia di valorizzazione dei beni ambientali, di governo del territorio, nonché alla violazione del principio di leale collaborazione anche in riferimento all’esercizio del potere sostitutivo. In particolare:

- l’art. 1 del d.lgs. n. 157 del 2006  (che sostituisce l’art. 5 del Codice) è impugnato dalla Regione Calabria e dalla Regione Piemonte, in quanto prevede «una parallela competenza dello Stato che si estende a tutti gli ambiti amministrativi considerati, ben al di là dei compiti essenziali di tutela e di salvaguardia di valori, principi, criteri unitari»;

- l’art. 5 (che sostituisce l’art. 135 del Codice), è impugnato dalla Regione Calabria, nella parte in cui, ai commi 1 e 3 dell’art. 135, prevede nuove competenze statali;  e dalla Regione Piemonte in quanto determina «una significativa modificazione della individuazione dell’oggetto della pianificazione paesaggistica», con conseguente «sostanziale riduzione dell’attività pianificatoria del territorio nella sua complessità»;

- l’art. 7 (che sostituisce l’art. 137 del Codice) è censurato dalla Regione Calabria ove, al comma 2 dell’art. 137, regola la composizione delle commissioni regionali con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico dei beni paesaggistici;

- l’art. 8 (che sostituisce l’art. 138 del Codice) e l’art. 10 (che sostituisce l’art. 140) sono impugnati dalle Regioni Calabria e Piemonte nella parte in cui, rispettivamente al comma 2 dell’art. 138 ed al comma 1 dell’art. 140, fissano termini procedurali per il compimento di atti di competenza regionale, asseritamente ingiustificati secondo esigenze di generale tutela od uniformità di comportamenti e che oltretutto prevedono tempi assai ristretti ed incongruenti con la natura ed il contenuto delle attività a cui si riferiscono;

- per motivi analoghi è impugnato dalla Regione Calabria anche l’art. 11 (che sostituisce l’art. 141 del d.lgs. n. 42 del 2004), nella parte in cui, al comma 1 dell’art. 141, rinvia ai termini fissati dagli artt. 138 e 139;

- l’art. 12 (che sostituisce l’art. 142 del Codice) è impugnato dalla Regione Toscana «nella parte in cui reintroduce l’illimitata vigenza del vincolo paesaggistico per le categorie di beni tutelate ai sensi della legge n. 431/1985, nonché con particolare riferimento al comma 3 dello stesso art. 142, nella parte in cui preclude alle Regioni di individuare con il piano paesaggistico i corsi d’acqua irrilevanti dal punto di vista del paesaggio»; è impugnato, altresì, dalla Regione Calabria nella parte in cui dispone che le aree indicate «Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo» (alinea del comma 1); infine, è censurato dalla Regione Piemonte perché comporterebbe una ulteriore «diminuzione e limitazione della portata delle funzioni regionali di pianificazione paesaggistica»;

- l’art. 13 (che sostituisce l’art. 143 del Codice) è impugnato dalla Regione Toscana, nella parte in cui prevede che il parere del soprintendente nel procedimento autorizzatorio sia oltre che obbligatorio anche vincolante, fino all’approvazione del piano paesaggistico elaborato di intesa; è denunciato dalla Regione Calabria, nella parte in cui prevede che il parere del soprintendente nel procedimento autorizzatorio sia oltre che obbligatorio anche vincolante, fino all’approvazione del piano paesaggistico elaborato di intesa; è, inoltre, censurato dalla stessa Regione Calabria e dalla Regione Piemonte, nella parte in cui si prevede il potere sostitutivo del Ministro per l’approvazione del piano paesaggistico, nel caso in cui la Regione non provveda nel termine di 90 giorni; è, infine, impugnato dalla Regione Piemonte, sempre in riferimento alla portata delle funzioni regionali di pianificazione paesaggistica, perché impone «in maniera perentoria l’obbligo delle regione di elaborare i piani paesaggistici congiuntamente al Ministero».

- l’art. 16 (che sostituisce l’art. 146 del Codice) è impugnato dalla Regione Toscana nella parte in cui qualifica come vincolanti i previsti pareri del soprintendente (commi 3 e 8); prevede «che la Regione deleghi le funzioni in materia di autorizzazione paesaggistica alle Province e/o a forme associative sovracomunali»; è denunciato dalla Regione Calabria, oltre per il già ricordato carattere vincolante dei pareri della soprintendenza, anche nella parte in cui dall’espresso divieto di rilascio di autorizzazione paesaggistica in sanatoria vengono ora espressamente esclusi «i casi di cui all’art. 167, commi 4 e 5»; è impugnato dalla Regione Piemonte nella parte in cui sostituisce i commi 3 e 10 dell’art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004;

- l’art. 25 (che modifica l’art. 157 del Codice) è censurato dalla Regione Toscana, nella parte in cui inserisce al comma 1 del suddetto art. 157 la lettera f-bis),  stabilendo «che conservano efficacia a tutti gli effetti i provvedimenti di imposizione dei vincoli paesaggistici, emanati in attuazione della legge n. 431/1985»;

- l’art. 26 (che sostituisce l’art. 159 del Codice) è impugnato dalla Regione Toscana «con particolare riferimento al comma 3, in quanto estende il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, anche per motivi di merito»;

- gli artt. 11, 13, 16 e 24 (che sostituiscono, rispettivamente, gli artt. 141, comma 1, 143, comma 3, 146, comma 10, e 156, commi 1 e 3, del Codice) sono impugnati dalla Regione Piemonte in quanto evidenzierebbero l’impostazione «pregiudizialmente centralistica» della novella, una «accentuazione del potere sostitutivo statale, il cui esercizio è attribuito al Ministero ed alle Sovrintendenze con automatico effetto allo scadere di termini prefissati all’attività regionale, in taluni casi anche troppo restrittivamente ed incongruamente stabiliti»;

- gli artt. 27 (che sostituisce l’art. 167 del Codice), 28 e 29 che, rispettivamente, modificano gli artt. 181 e 182 del Codice, sono impugnati dalla Regione Calabria in riferimento alla prevista articolata regolamentazione dei procedimenti relativi alle domande di autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

2. ¾ I giudizi vanno riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia in quanto le questioni investono lo stesso decreto legislativo n. 157 del 2006 e, in parte, le stesse disposizioni recate da detto decreto.

3. ¾ Preliminarmente, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Regione Calabria, giacché la delibera della Giunta con la quale l’impugnazione è stata autorizzata non reca l’indicazione delle norme da sottoporre a scrutinio di costituzionalità.

La delibera si limita, infatti, a dedurre la lesività del d.lgs. n. 157 del 2006 quanto alle modifiche introdotte relativamente «al sistema di pianificazione paesaggistica, alla gestione dei vincoli attraverso il sistema delle autorizzazioni e la ripartizioni di funzioni tra Ministero, Regioni ed Enti locali», indicando solo genericamente settori od oggetti di disciplina che, invero, trovano articolata e complessa regolamentazione in plurime disposizioni del d.lgs. n. 157 del 2006 (il quale consta di 30 articoli). A fronte di ciò, l’impugnazione da parte della difesa tecnica della Regione Calabria ha riguardato, proprio nell’ambito di ciascun oggetto di disciplina innanzi menzionato, talune norme e non altre, sostituendosi dunque all’organo politico nell’individuazione stessa delle disposizioni suscettibili di censura.

Di qui appunto l’inammissibilità del ricorso (sentenze. n. 98 del 2007, n. 216 del 2006, n. 50 del 2005 e n. 425 del 2004), che assorbe anche ogni pronuncia sull’istanza di sospensione ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

4. ¾ Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alle questioni di costituzionalità degli artt. 13 e 16 del d.lgs. n. 157 del 2006 (che rispettivamente sostituiscono gli artt. 143 e 146 del d.lgs. n. 42 del 2004), promosse, in riferimento agli artt. 76, 114, 117 e 118 Cost., dalla Regione Toscana, in quanto, come fatto palese dalla stessa Regione, è venuto meno il suo interesse ad una decisione nel merito a seguito dell’intesa raggiunta, successivamente al deposito del ricorso, con lo Stato per l’elaborazione congiunta del piano paesaggistico (protocollo d’intesa sottoscritto il 23 gennaio 2007 ed approvato dalla Regione con la delibera di Giunta n. 512 del 9 luglio 2007).

     5. ¾ Sia la Regione Toscana, in riferimento alle denunce degli artt. 12, 25 e 26 del d.lgs. n. 157 del 2006, che la Regione Piemonte, in relazione a tutte le norme impugnate (artt. 1, 5, 8,  da 10 a 13, 16 e 24 dello stesso d.lgs. n. 157), prospettano la violazione dell’art. 76 Cost.

     5.1. ¾ La Regione Toscana ritiene violato l’art. 76 della Costituzione, sotto il profilo dell’eccesso di delega, in quanto, mentre la legge n. 137 del 2002 autorizzava esclusivamente l’introduzione di «limitate disposizioni correttive e/o integrative», che risultassero eventualmente necessarie a seguito «di un primo monitoraggio della sua applicazione», il decreto legislativo n. 157 del 2006 avrebbe apportato «rilevanti innovazioni» al sistema disegnato dal d.lgs. n. 42 del 2004.

Con particolare riferimento all’art. 12 del d.lgs. n. 157 del 2006, che sostituisce l’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, sempre secondo la ricorrente, l’eccesso di delega inciderebbe direttamente sulle potestà regionali in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni ambientali attribuite dagli artt. 117, comma 3, e 118 della Costituzione.

5.1.1. ¾ La Regione Piemonte lamenta la violazione dell’art. 76 Cost. sotto un duplice profilo. Da un punto di vista procedurale, sostiene che l’iter adottato per l’emanazione del d.lgs. n. 42 del 2004 sarebbe totalmente diverso rispetto a quello che ha portato all’approvazione delle norme “correttive” contenute nel d.lgs. n. 157 del 2006. Nel primo caso, infatti, le norme emanate sarebbero state il risultato di un preliminare confronto tra Stato e Regioni, mentre nel secondo caso tale previo confronto sarebbe del tutto mancato.

Sotto il profilo sostanziale, invece, la medesima Regione si duole che il Governo non si è limitato a “correggere ed integrare” il d.lgs. n. 42 del 2004. Le nuove norme invece, ad avviso della Regione, avrebbero stravolto completamente l’impianto originale del Codice, con un ingiustificato ampliamento dei poteri statali rispetto alle funzioni già attribuite alle Regioni.

5.2. ¾  Le questioni sono in parte infondate e in parte inammissibili.

5.2.1. ¾ L’art. 10, comma 4, della legge 6 luglio 2002, n. 137, prevede la possibilità per il Governo di adottare, in materia di beni culturali e ambientali (comma 1, lettera a), «disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi […] nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure di cui al presente articolo, entro quattro anni dalla data della loro entrata in vigore». Le procedure sono quelle previste dal secondo periodo del precedente comma 3 dello stesso art. 10 e cioè: «I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, resi nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta».

Tali procedure sono state seguite nell’emanazione del decreto legislativo n. 157 del 2006, sicché la prima censura sollevata dalla Regione Piemonte non è fondata.

5.2.2. ¾ Sotto altro profilo le censure mosse dalle Regioni ricorrenti al decreto legislativo n. 157 del 2006, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, si sostanziano nel fatto che le disposizioni impugnate avrebbero carattere innovativo e non sarebbero delle semplici integrazioni e correzioni del testo originario.

A tal riguardo, questa Corte, con la sentenza n. 206 del 2001, ha affermato che i decreti correttivi ed integrativi devono avere lo stesso oggetto del decreto originario e seguire gli stessi criteri e principi direttivi ai quali quest’ultimo si è ispirato.

Ne consegue che le censure rivolte al decreto correttivo e integrativo, sollevate in riferimento all’art. 76 della Costituzione, devono necessariamente indicare quali criteri e principi direttivi posti dalla legge delega sono stati violati dal decreto correttivo e integrativo medesimo.

Le ricorrenti, invece, nel dolersi di un eccesso di delega per la presunta carica “innovativa” del d.lgs. n. 157 del 2006 rispetto al precedente d.lgs. n. 42 del 2004, nel senso di una riduzione delle attribuzioni regionali, non indicano, in modo puntuale ed argomentato, rispetto a quali specifici principi e criteri direttivi della delega del 2002 le norme denunciate si porrebbero in contrasto. Le questioni, in quanto genericamente prospettate, sono, dunque, inammissibili.

     6. ¾ Vanno, altresì, dichiarate inammissibili, per genericità della prospettazione, le questioni di costituzionalità degli artt. 1, 5, 8, 10 e 12 del d.lgs. n. 157 del 2006 promosse dalla Regione Piemonte in riferimento agli artt. 97, 117, 118 e 120 della Costituzione.

Il ricorso non correla strettamente  ciascuna disposizione impugnata alle argomentazioni che sorreggono la dedotta violazione del parametro. In definitiva, rispetto alle predette disposizioni, le censure muovono da doglianze più generali sull’impianto del d.lgs. n. 157 del 2006, che, come tali, potrebbero utilmente corroborare qualsivoglia denuncia, senza però che si riesca a distinguere chiaramente l’aggancio con la singola disposizione che recherebbe il vulnus  a quel determinato parametro.

7. ¾ La Regione Toscana impugna l’art. 12 del decreto legislativo n. 157 del 2006, che sostituisce l’art. 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004, «nella parte in cui reintroduce l’illimitata vigenza del vincolo paesaggistico per le categorie di beni tutelate ai sensi della legge n. 431 del 1985, nonché, con particolare riferimento al comma 3 dello stesso art. 142, nella parte in cui preclude alle Regioni di individuare con il piano paesaggistico i corsi d’acqua irrilevanti dal punto di vista del paesaggio». Si prospetta il contrasto della predetta disposizione con: 1) l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, giacché essa incide «sullo svolgimento delle funzioni, attinenti al governo del territorio ed alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, riservate alla potestà concorrente delle Regioni»; 2) l’art. 118 della Costituzione ed il principio di leale collaborazione, poiché l’individuazione dei beni da tutelare ed il regime di tutela, in quanto incidenti su competenze regionali, «dovrebbero essere statuiti d’intesa con le Regioni».

7.1. ¾ La questione non è fondata.

Come si è venuto progressivamente chiarendo già prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale.

Si tratta peraltro di un valore “primario”, come ha già da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche “assoluto”, se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l’ambiente (sentenza n. 641 del 1987).

L’oggetto tutelato non è il concetto astratto delle “bellezze naturali”, ma l’insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico.

Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni.

La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni.

Si tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti. E in proposito la legislazione statale ha fatto ricorso, ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, proprio a forme di coordinamento e di intesa in questa materia, ed ha affidato alle Regioni il compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale, con l’osservanza delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato. In particolare, l’art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, novellato dall’art. 13 del d.lgs. n. 157 del 2006, ha previsto la possibilità, per le Regioni, di stipulare intese con il Ministero per i beni culturali ed ambientali e con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per «l’elaborazione congiunta dei piani paesaggistici», precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso è poi «approvato con provvedimento regionale».

In buona sostanza, la tutela del paesaggio, che è dettata dalle leggi dello Stato, trova poi la sua espressione nei piani territoriali, a valenza ambientale, o nei piani paesaggistici, redatti dalle Regioni.

In questo stato di cose, la Regione Toscana non può certo lamentarsi di non poter statuire d’intesa l’individuazione dei beni da tutelare ed il regime di tutela, in quanto incidenti su competenze regionali. Come sopra si è chiarito, le competenze regionali non concernono le specifiche modalità della  tutela dei beni paesaggistici (rimessa alla competenza esclusiva dello Stato), ma la concreta individuazione e la collocazione di questi ultimi nei piani territoriali o paesaggistici.

Quanto alla reintroduzione nel Codice dei beni culturali e del paesaggio della tipologia dei beni paesaggistici previsti dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si deve inoltre sottolineare che detta legge ha dato attuazione al disposto del citato articolo 9 della Costituzione, poiché la prima disciplina che esige il principio fondamentale della tutela del paesaggio è quella che concerne la conservazione della morfologia del territorio e dei suoi essenziali contenuti ambientali.

Alla luce di quanto detto cade anche l’altra  censura della Regione Toscana, secondo la quale non le dovrebbe essere preclusa la possibilità di «individuare con il piano paesaggistico i corsi d’acqua irrilevanti dal punto di vista paesaggistico».

8. ¾ La Regione Toscana denuncia anche l’art. 25 del d.lgs. n. 157 del 2006 (che modifica l’art. 157 del d.lgs. n. 42 del 2004), «nella parte in cui inserisce al comma 1 del suddetto art. 157 la lettera f-bis)», stabilendo «che conservano efficacia a tutti gli effetti i provvedimenti di imposizione dei vincoli paesaggistici, emanati in attuazione della legge n. 431/1985», per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, in quanto il ripristino dei vincoli predetti, «anche in contrasto con i piani paesaggistici già predisposti dalle regioni, a prescindere da una concreta valutazione dell’effettiva esigenza di tutela dei beni in questione, determina evidentemente un’inammissibile ingerenza nelle funzioni regionali in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni ambientali e culturali»; ciò, peraltro, senza la previsione di forme di concertazione idonee con le stesse Regioni.

8.1. ¾ La questione non è fondata.

La disposizione censurata fa rivivere le cosiddette misure di salvaguardia, di cui all’art. 1-ter del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431, nei casi in cui, alla luce delle nuove disposizioni di tutela paesaggistica, si impone la redazione di un nuovo piano paesaggistico o la modifica di quello esistente. In detti casi, il ripristino dei vincoli di cui al citato art. 1-ter costituisce una diretta conseguenza delle modifiche alla disciplina della tutela del paesaggio legittimamente previste dallo Stato in base alla sua competenza esclusiva in materia.

9. ¾ Ancora la Regione Toscana impugna l’art. 26 del d.lgs. n. 157 del 2006 (che sostituisce l’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 2004), «con particolare riferimento al comma 3 del novellato art. 159 in esame, in quanto estende il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, anche per motivi di merito», per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. ed il principio di leale collaborazione, in quanto determinerebbe «un inammissibile accentramento delle funzioni in materia di autorizzazione paesaggistica, la cui effettiva gestione è in definitiva individuata in capo allo Stato (per il tramite delle Soprintendenze)», in assenza «di adeguati modelli concertativi».

9.1. ¾ La questione non è fondata.

La norma denunciata, infatti, non attribuisce all’amministrazione centrale un potere di annullamento del nulla-osta paesaggistico per motivi di merito, così da consentire alla stessa amministrazione di sovrapporre una propria valutazione a quella di chi ha rilasciato il titolo autorizzativo, ma riconosce ad essa un controllo di mera legittimità che, peraltro, può riguardare tutti i possibili vizi, tra cui anche l’eccesso di potere.

10. ¾ La Regione Piemonte, infine, denuncia congiuntamente gli artt. 11, 13, 16 e 24 del d.lgs. n. 157 del 2006 – nella parte in cui sostituiscono, rispettivamente, gli artt. 141, comma 1, 143, comma 3, 146, comma 10, e 156, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 42 del 2004 – in quanto evidenzierebbero l’impostazione «pregiudizialmente centralistica» della novella, una «accentuazione del potere sostitutivo statale, il cui esercizio è attribuito al Ministero ed alle Sovrintendenze con automatico effetto allo scadere di termini prefissati all’attività regionale e, come si è prima rilevato, in taluni casi anche troppo restrittivamente ed incongruamente stabiliti».

10.1. ¾ La questione non è fondata, in quanto, anche a prescindere da regolamentazioni espresse, l’esercizio del potere sostitutivo implica, in ogni caso, il rispetto delle garanzie procedimentali improntate al principio di leale collaborazione (sentenze nn. 227 e 43 del 2004 e n. 313 del 2003).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

     riuniti i giudizi,

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5, da 7 a 14, 16, 18, 27, 28 e 29 del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), promosse, in riferimento agli artt. 76, 77, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso in epigrafe;

     dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 16 del predetto decreto legislativo n. 157 del 2006, promesse, in riferimento agli artt. 76, 114, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso in epigrafe;

     dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, 25 e 26 dello stesso decreto legislativo n. 157 del 2006, promosse, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso in epigrafe;

     dichiara in parte inammissibili e in parte non fondate, nei termini di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5, 8, 10, 11, 12, 13, 16 e 24 del citato decreto legislativo n. 157 del 2006, sollevate, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dalla Regione Piemonte con il ricorso in epigrafe;

     dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5, 8, 10 e 12 del medesimo decreto legislativo n. 157 del 2006, sollevate, in riferimento agli artt. 97, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Piemonte con il ricorso in epigrafe;

     dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, 25 e 26 del predetto decreto legislativo n. 157 del 2006, promosse, in riferimento agli artt. 114, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso in epigrafe;

     dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11, 13, 16 e 24 dello stesso decreto legislativo n. 157 del 2006, sollevate, in riferimento all’art. 120 della Costituzione, dalla Regione Piemonte con il ricorso in epigrafe.

     Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2007.

 

 

 

 



[1]    Ovvero per gli immobili ed aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, per le aree tutelate per legge, di cui all’art. 142, comma 1, per gli ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell'art. 134, lettera c)

[2]    Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative.

[3]Procedura di infrazione n. 2001/4156. Causa C-388/05. L’articolo 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) prevede che la Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato ad uno degli obblighi a lui incombenti in virtù di detto Trattato, possa porlo, attraverso l’invio di una lettera di messa in mora, in condizione di presentare le sue osservazioni. La procedura d’infrazione può proseguire con l’invio di un parere motivato, che rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario.

[4]    Procedura di infrazione n. 2003/5046. Causa C-304/05.

[5]Procedura d’infrazione n. 2006/2131.

[6]    Si segnala che anche il sistema di deroghe adottato dalle regioni Veneto, Liguria e Sardegna è stato ritenuto dalla Commissione non conforme alla medesima direttiva. In tali casi sono state avviate tre distinte procedure di infrazione, come risulta dall’elenco riportato nella scheda.

[7]Procedura 2003/4762.

[8]Procedura di infrazione n. 2002/4342.

[9] Procedura di infrazione n. 2001/5308.

[10]   Procedura 2003/2049.

[11]   Nella relazione tecnica allegata allo schema di decreto legislativo presentato per il parere alle competenti commissioni parlamentari, si fa esplicito riferimento anche alle procedure di infrazione 2005/640 e 2002/5170 di seguito descritte.

[12]   Procedura 2002/5170. L’articolo 228 del Trattato della Comunità europea conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di uno Stato membro che non si sia conformato a una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee attraverso l’invio di un primo ammonimento scritto (messa in mora complementare) e di un secondo e ultimo ammonimento scritto (parere motivato complementare). A norma del medesimo articolo, la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere una sanzione pecuniaria allo Stato membro interessato, qualora non ottemperi al parere motivato.

[13]   Procedura 2005/640 causa C-69/07.

[14]   Con il parere motivato del 13 dicembre 2005, la Commissione ha invitatol’Italiaad adottare i provvedimenti necessari entro due mesi a decorrere dal suo ricevimento.

[15] COM (2005) 565.

[16]   Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2001.

[17]“  Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici”.

[18]   Nella relazione illustrativa tale integrazione viene giustificata dal fine di "spostare" le zone di interesse archeologico, di cui alla legge "Galasso", dall'ambito dei vincoli ex lege (art. 142) a quelle dei vincoli provvedimentali (art. 136), atteso che tali zone, per loro natura in quanto "contesti di giacenza" di (anche potenziali) resti archeologici esigono un atto di perimetrazione e di individuazione, non essendo individuabili visibilmente né in base al criterio meramente geografico morfologico, né in base a quello ubicazionale (come accade, invece, ad es., per le aree e gli immobili compresi nelle Università agrarie).

[19]   Tale modifica viene motivata, nella relazione illustrativa, con la necessità di “fugare l'equivoco, che si era affacciato in taluni interpreti nella prima applicazione del Codice, che il predetto inciso potesse rendere solo temporanee la tutela delle zone ex lege "Galasso", da trattarsi alla stregua di beni paesaggistici "minori". Nella relazione di sintesi viene aggiunto che “Una diversa interpretazione del Codice del 2004 – nel senso dell’abrogazione dei vincoli ex lege Galasso – avrebbe reso il Codice medesimo in parte qua incostituzionale per palese violazione del limite, imposto dalla legge delega 137 del 2002, di non diminuire gli strumenti di tutela vigenti”.

[20]   Nella relazione illustrativa viene sottolineato che le modifiche al comma 1 sono intese “ad esplicitare ciò che peraltro era pacifico, benché solo implicito, già nel testo vigente che lo Stato non è (ovviamente) estraneo alle finalità generali di tutela e valorizzazione del paesaggio”.

[21]   La scelta sembrerebbe motivata dalla circostanza che la nozione di “obiettivi di qualità paesaggistica”, appare difficile da definire, in quanto i valori paesaggistici sono – ad esempio - difficilmente collegabili a fattori passibili di misurazione. Tuttavia si ricorda che la Convenzione europea sul Paesaggio prevede gli obiettivi di qualità, definendoli all’articolo 1, lettera c) e rinviando alla legislazione degli Stati membri una più dettagliata definizione degli stessi (art. 6).

[22]   Si ricorda, in proposito, che in seguito alle modifiche recate dal decreto n. 157, al successivo art. 146, comma 8, viene introdotta la previsione del parere vincolante del soprintendente sulla proposta di autorizzazione regionale.

[23]   Si tratta di tre condizioni che vengono elencate alla lettera c) del comma 36 (comma 1 ter dell’articolo 181 del codice:

a)   i lavori, realizzati in assenza o difformita` dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b)   i lavori realizzati con l’impiego di materiali in difformita` all’autorizzazione paesaggistica;

c) i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380  “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.

[24]   Data di entrata in vigore delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 157/2006.

[25]   La finalità della norma, evidenziata nella relazione illustrativa, è di risolvere un difficile problema di coordinamento normativo, in linea con le indicazioni al riguardo fornito dal parere dalla sez. II del Consiglio di Stato in data 15 giugno 2005 (trasmesso al Ministero richiedente il 12 ottobre 2005) sui quesiti posti dal Ministero in tema di condono paesaggistico e di condono edilizio su aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

[26]   Il vigente comma 3 viene infatti riprodotto, con limitate modificazioni, dal comma 4 del testo in esame.

[27]   Attraverso l’eliminazione del riferimento alle zone di interesse archeologico già individuate alla data di entrata in vigore del codice (sul punto cfr. infra).

[28]    http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/elenchipdl/apritesto.asp?file=295.

[29]   http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/elenchipdl/apritesto.asp?file=595.

[30]   Seduta del 15 febbraio 2006.

[31]   Seduta del 14 gennaio 2004.

[32]   https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/04042dl.htm.

[33]   https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/04042dl.htm.

[34]   Si ricorda che l’individuazione della documentazione necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti è avvenuta con D.P.C.M. 12 dicembre2005.

[35]   Recante Protezione delle bellezze naturali.

[36]   Ovvero le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.

[37]   Il decreto legge n. 312 del 1985 è stato abrogato dall'art. 166 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.