Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: G8+5 Climate Change Dialogue Forum dei legislatori - Berlino 3-4 giugno 2007
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 75
Data: 31/05/2007
Descrittori:
CONGRESSI CONVEGNI E SEMINARI   INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

servizio studi

segreteria generale
ufficio rapporti con l’ue

 

Documentazione e ricerche

G8 + 5 Climate Change Dialogue

 

Forum dei legislatori

(Berlino, 3-4 giugno 2007)

 

 

 

 

 

 

n. 75

 

31 maggio 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Am0079.doc

 


INDICE

Il tema dei cambiamenti climatici  a dieci anni dal Protocollo di Kyoto  1

§      Il commercio dei diritti di emissione  5

§      I risultati della Conferenza di Nairobi10

§      I risultati del Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 di Washington 2007  12

§      Il ruolo delle fonti energetiche rinnovabili17

§      Risparmio ed efficienza energetica  23

La posizione europea sul cambiamento climatico  (a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea)30

§      Gli obiettivi strategici30

§      Nuovi strumenti per la politica ambientale ed energetica  34

§      Future iniziative strategiche  34

§      Attività del Parlamento europeo  35

§      Altre iniziative  37

§      Attività della Camera dei Deputati41

§      Procedure di infrazione  42

Documentazione allegata

§      VIII Commissione (Ambiente) Comunicazioni del Presidente sulla missione a Washington in occasione del Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 sui cambiamenti climatici 14-15 febbraio 2007.

-       Seduta del 28 febbraio 2007  45

§      Comunicazione della Commissione CE Una politica energetica per l’Europa Com (2007) 1  59

§      Comunicazione della Commissione CE Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius La via da percorrere fino al 2020 e oltre Com (2007) 2  91

§      Documento di lavoro dei servizi e della Commissione CE Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius La via da percorrere fino al 2020 e oltre – Sintesi della valutazione d’impatto Sec (2007) 7  105

§      Risoluzione del Parlamento europeo sui cambiamenti climatici PROV(2007)0038  113

 


 

Il tema dei cambiamenti climatici
a dieci anni dal Protocollo di Kyoto

 

Il Protocollo di Kyoto impegna i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre le emissioni di gas in grado di alterare l’effetto serra del pianeta entro il 2012.

 

 

Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (UNFCCC[1]). Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra.

I paesi industrializzati (elencati nell’Annex I del Protocollo) si impegnano a ridurre le proprie emissioni entro il 2012. Il protocollo di Kyoto non prevede vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata” secondo il quale, nel controllo delle emissioni i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni di sviluppo economico dei PVS.

Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).

Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono:

-   il miglioramento dell’efficienza energetica

-   la correzione delle imperfezioni del mercato (attraverso incentivi fiscali e sussidi)

-   la promozione dell’agricoltura sostenibile

-   la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti

-   l’informazione a tutte le altre Parti sulle azioni intraprese (cd “comunicazioni nazionali”)

La misura complessiva di riduzione deve essere del 5,2% rispetto ai livelli di emissione del 1990. L’onere, tuttavia, è stato ripartito fra i Paesi dell’Annex I in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica.

 

 

Per garantire un’attuazione flessibile del Protocollo e una riduzione di costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo sono stati introdotti i seguenti meccanismi flessibili:

§      l’emission trading (commercio dei diritti di emissione)[2], in base al quale i paesi soggetti al vincolo che riescano ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri paesi soggetti a vincolo che - al contrario - non riescano a raggiungere gli obiettivi assegnati;

§      la joint implementation(attuazione congiunta degli obblighi individuali)[3], secondo cui gruppi di paesi soggetti a vincolo, fra quelli indicati dall’Annex I, possono collaborare per raggiungere gli obiettivi fissati accordandosi su una diversa distribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, purchè venga rispettato l'obbligo complessivo. A tal fine essi possono trasferire a, o acquistare da, ogni altro Paese “emission reduction units”(ERUs) realizzate attraverso specifici progetti di riduzione delle emissioni;

§      i clean development mechanisms(meccanismi per lo sviluppo pulito)[4] , il cui fine è quello di fornire assistenza alle Parti non incluse nell’Annex I negli sforzi per la riduzione delle emissioni. I privati o i governi dei paesi dell’Annex I che forniscono tale assistenza possono ottenere, in cambio dei risultati raggiunti nei paesi in via di sviluppo grazie ai progetti, “certified emission reductions” (CERs) il cui ammontare viene calcolato ai fini del raggiungimento del target.

 

In base all’accordo le riduzioni dovranno essere conseguite nelle seguenti misure percentuali:

 

Protocollo di Kyoto

Impegni assunti[5]

Riduzione (entro il 2008-2012) dei gas serra rispetto ai livelli del 1990

Stati membri UE

8%

USA

7%

Giappone

6%

Canada

6%

Totale paesi Annex I

5,2%[6]

 

Il Protocollo di Kyoto riconosce all’Unione europea (che ha provveduto a ratificarlo in data 31 maggio 2002) la facoltà di ridistribuire tra i suoi Stati membri gli obiettivi ad essa imposti, a condizione che rimanga invariato il risultato finale. Con la decisione politica nota come accordo sulla ripartizione degli oneri (raggiunto nel Consiglio Ambiente del 16-17 giugno 1998) sono state fissate le seguenti percentuali di riduzione:

Austria

-13%

Italia

-6,5%

Belgio

-7,5%

Lussemburgo

-28%

Danimarca

-21%

Paesi Bassi

-6%

Finlandia

0%

Portogallo

+27%

Francia

0%

Regno Unito

-12,5%

Germania

-21%

Spagna

+15%

Grecia

+25%

Svezia

+4%

Irlanda

+13%

 

 

 

Il protocollo è diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005 in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia, con notevole ritardo rispetto alla firma del protocollo medesimo, causato dall'uscita dal Protocollo degli USA, che rappresentano da soli il 36% delle emissioni dei Paesi industrializzati.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 24 del Protocollo ne ha previsto l’entrata in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, comprendenti un numero di paesi dell’Annex I a cui sia riferibile almeno il 55% delle emissioni calcolate al 1990.

La ratifica dell’Italia

Per quanto riguarda l’Italia, la ratifica del protocollo di Kyoto è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale reca anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

 

L’art. 2, comma 1, dispone, infatti, che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro il 30 settembre 2002, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati, è tenuto a presentare al CIPE un piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l’aumento del loro assorbimento ed una relazione contenente lo stato di attuazione e la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998.

Nel medesimo comma viene previsto, inoltre, che la suddetta relazione debba riguardare anche lo stato di attuazione dei programmi finanziati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in attuazione del decreto-legge 30 dicembre 1999, n. 500 e del D.M. ambiente 20 luglio 2000, n. 337, nonché dei programmi pilota previsti dal successivo comma 3, in cui si prevede che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro il 30 marzo di ogni anno, individui, con proprio decreto e di concerto con i ministri interessati e con la Conferenza unificata Stato-regioni-città, i programmi pilota da attuare a livello nazionale ed internazionale per la riduzione delle emissioni e l'impiego di piantagioni forestali per l'assorbimento del carbonio[7] e che (comma 4) entro il 30 novembre di ogni anno il Ministro dell’ambiente trasmetta al Parlamento una relazione sulla loro attuazione.

 

In attuazione di tali disposizioni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010[8] (per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto), nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.

Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[9], contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Nella legge di ratifica viene specificato che tali azioni devono tendere al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, all'aumento degli assorbimenti di gas serra derivanti dalle attività e dai cambiamenti di uso del suolo e forestali, alla piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation) e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism), e, infine, all’accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l’introduzione dell’idrogeno quale combustibile e per la realizzazione di impianti per la produzione di energie alternative pulite (biomasse, biogas, combustibile derivato dai rifiuti, impianti eolici, fotovoltaici, solari).

Per il finanziamento di tali misure è da ultimo intervenuto l’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), che ha istituito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009[10].

In particolare, il comma 1112 dispone che, per il triennio considerato, siano finanziate prioritariamente le seguenti misure:

a) installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;

b) installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;

c) sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 kW con motori ad alta efficienza;

d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile e terziario;

e) eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;

f) progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero

Il commercio dei diritti di emissione

L’uso di tale strumento è volto a raggiungere gli obiettivi del Protocollo a costi più vantaggiosi attraverso il ricorso a meccanismi di mercato. Il presupposto su cui si basa la previsione di riduzione dei costi globali è fondato sulle forti variazioni nei costi di riduzione delle emissioni fra i vari paesi e fra i vari processi industriali. Attraverso la commercializzazione dei permessi di emissione, lo stesso mercato provvederà ad allocarli nel modo più efficiente, riducendo i costi globali rispetto a meccanismi più rigidi quali la tassazione o la semplice definizione di limiti.

La piena entrata in vigore a livello internazionale dell'emission trading è prevista nel 2008, ma molti governi, organizzazioni governative e società stanno conducendo prove e sperimentazioni per verificarne le modalità di funzionamento.

La direttiva 2003/87/CE

Un’importante iniziativa in tal senso è stata intrapresa dall’Unione europea con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) - al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica.

Tale direttiva, che rappresenta la prima fase attuativa del Programma europeo sul cambiamento climatico (European Climate Change Programme - ECCP) lanciato nel giugno del 2000 dalla Commissione Europea, prevede l’istituzione di un mercato delle emissioni su scala europea a partire dal 2005 da affiancare all’emission trading previsto su scala globale dal Protocollo.

La direttiva si applica alle emissioni provenienti dalle attività indicate nell'allegato I e ai gas a effetto serra elencati nell'allegato II. In particolare alle emissioni di anidride carbonica provenienti da attività di combustione energetica, produzione e trasformazione dei metalli ferrosi, lavorazione di prodotti minerari, produzione di pasta per carta, carta e cartoni.

Gli obblighi previsti per gli impianti da essa regolati sono:

1)      possedere un permesso all’emissione in atmosfera di gas serra[11];

2)      rendere alla fine dell’anno un numero di quote (o diritti) d’emissione pari alle emissioni di gas serra rilasciate durante l’anno[12].

 

Le quote d’emissioni vengono rilasciate dall’autorità nazionale competente (ANC) all’operatore di ciascun impianto regolato dalla direttiva sulla base di un piano di allocazione nazionale; ogni quota (cd. European Unit Allowance – EUA) dà diritto al rilascio di una tonnellata di biossido di carbonio equivalente.

Il piano di allocazione nazionale (redatto in conformità ai criteri previsti dall’allegato III della direttiva) prevede l’assegnazione di quote a livello d’impianto per periodi di tempo predeterminati (il primo è individuato dalla direttiva nel triennio 2005-2007, mentre i successivi nei quinquenni 2008-2012, 2013-2017, ecc).

Esso, inoltre, deve essere coerente con gli obiettivi di riduzione nazionale, con le previsioni di crescita delle emissioni, con il potenziale di abbattimento e con i principi di tutela della concorrenza.

Una volta rilasciate, le quote possono essere vendute o acquistate[13]. Tali transazioni devono poi essere registrate nell’ambito di un registro nazionale.

La restituzione delle quote d’emissione avviene attraverso il registro nazionale ed è effettuata annualmente dagli operatori degli impianti in numero pari alle emissioni reali certificate da un soggetto terzo accreditato dall’ANC.

Con la Decisione della Commissione n. 156 del 29 gennaio 2004 sono state fissate le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE.

Si ricorda, inoltre, che la direttiva 2004/101/CE (cd. direttiva linking) ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (Joint Implementation e Clean Developmnet Mechanism) all’interno dell’ETS, stabilendo la validità dei crediti di emissione (ottenuti grazie all’attuazione di tali progetti) per rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni[14].

L’attuazione nell’ordinamento italiano e l’assegnazione delle quote di emissione

Per quanto riguarda l’Italia, con il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216 sono state recepite nell’ordinamento nazionale sia la direttiva 2003/87/CE, sia la direttiva 2004/101, ed inoltre si è provveduto ad inglobare nel testo, al fine di predisporre un quadro normativo unitario, le disposizioni dettate dal D.L. n. 273/2004[15]. Tale ultimo provvedimento era stato emanato (nelle more del recepimento della direttiva 2003/87/CE) per consentire l’avvio a partire già dal 2005 del sistema previsto dalla direttiva stessa.

Il campo di applicazione del decreto (art. 2) riguarda le emissioni provenienti dalle attività indicate nell’allegato A e relative ai gas-serra elencati nell’allegato B

I punti salienti del citato decreto sono:

§         l’obbligo di autorizzazione per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del decreto stesso, in linea con le disposizioni del corrispondente articolo della direttiva;

§         la disciplina procedurale per il rilascio, da parte dell’ANC per l’attuazione della direttiva, dell’autorizzazione ad emettere gas serra (artt. 5-6);

§         l’individuazione di una procedura che, in linea con le disposizioni della direttiva, conduce dall’approvazione del Piano nazionale di assegnazione (PNA) all’assegnazione e al successivo rilascio delle quote di emissioni ai singoli impianti (artt. 10-11);

§         l’istituzione, presso la Direzione RAS del Ministero dell’ambiente, del “Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE”, cui vengono affidate le funzioni di ANC (art. 8);

§         l’istituzione del Registro nazionale delle emissioni e delle quote d’emissioni presso la succitata direzione RAS, che svolge le funzioni di amministratore del registro (art. 14);

 

In data 23 febbraio 2006 il Ministero dell'ambiente, dopo un lungo iter[16], ha emanato il decreto DEC/RAS/074/2006, recante l'assegnazione e il rilascio delle quote di CO2 per il periodo 2005-2007 sulla base della Decisione di assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2005-2007 (allegata al medesimo decreto) che rappresenta la versione definitiva e revisionata del piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione (PNA), come risultante a seguito delle integrazioni e delle prescrizioni dettate dalla Commissione europea, che individua il numero di quote complessivo, a livello di settore e di impianto, per l’attuazione della direttiva.

Il 18 dicembre 2006 i ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico hanno approvato (con decreto DEC/RAS/1448/2006) il PNA delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012[17].

In tale piano si legge che “La decisione di ratifica del Protocollo di Kyoto impone all’Italia di ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra del 6,5% rispetto ai livelli del 1990, ciò implica che le emissioni medie nel periodo 2008-2012 non potranno superare 485,7 MtCO2eq/anno. L’inventario nazionale delle emissioni di gas ad effetto serra relativo all’anno 2006 evidenzia che al 2004 le emissioni totali di gas ad effetto serra (580,7 MtCO2eq) sono aumentate del 11,8% rispetto ai livelli del 1990 (519,5 MtCO2eq). Pertanto la distanza che al 2004 separa il Paese dal raggiungimento dell’obiettivo di Kyoto è pari a 95,0 MtCO2eq”.

Di conseguenza nello stesso piano si afferma che “l’assegnazione delle quote nel periodo 2008-2012 dovrà essere parte del più generale impegno di riduzione delle emissioni e le quote assegnate dovranno essere ridotte rispetto a quelle del periodo 2005-2007 e che tale approccio è conforme con quanto indicato dalla Commissione europea nella Comunicazione “Orientamenti complementari sui Piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione della UE”[18].

Viene altresì indicata in 209,0 MtCO2/anno la quantità totale media annua che si intende assegnare nel periodo 2008-2012 (tale valore rappresenta una riduzione di 14,1 MtCO2/anno rispetto all’assegnazione 2005-2007) che viene ritenuta coerente con l’obiettivo di Kyoto.

 

Tale piano è stato trasmesso alla Commissione europea[19], che ha espresso il prescritto parere ai fini della predisposizione del successivo schema di decisione di assegnazione, che dovrà essere sottoposto al parere delle commissioni parlamentari competenti.

Nella nota rilasciata dalla Commissione europea in data 15 maggio 2007[20] si legge che “la Commissione ha accolto il piano nazionale dell’Italia a condizione che vi siano apportati cambiamenti, tra i quali la riduzione del quantitativo totale di quote di emissione proposto. L’assegnazione annua autorizzata di quote di emissione è pari a 195,8 milioni di tonnellate di CO2, il 6,3% in meno di quanto proposto dall’Italia” (pari a 13,2 milioni di tonnellate di CO2 equivalente anno).

Nella stessa nota la Commissione “invita l’Italia ad apportare altri cambiamenti al piano in relazione ai seguenti punti:

- l’Italia dovrebbe fornire maggiori informazioni sul trattamento che riserverà ai nuovi soggetti che entreranno nel sistema di scambio delle quote di emissione;

- l’Italia dovrebbe inserire nel piano gli impianti di combustione (ad esempio gli impianti di cracking), come fatto da tutti gli altri Stati membri;

- è necessario eliminare diversi adeguamenti ex-post previsti;

- il quantitativo massimo totale dei crediti di emissione concessi a titolo di progetti che rientrano nel protocollo di Kyoto, eseguiti in paesi terzi sulla base delle norme di detto protocollo e che gli operatori possono utilizzare per rispettare i propri impegni in materia di emissioni, non devono superare più del 15% circa del totale annuo.

L’approvazione della Commissione dovrà considerarsi automatica una volta che l’Italia abbia apportato gli opportuni cambiamenti”.

 

Si ricorda, infine, che il 2 aprile 2007 è stato avviato il Mercato volontario delle unità di emissione di CO2, gestito dal Gestore del mercato elettrico (GME)[21], che va ad aggiungersi alle altre “borse delle emissioni” istituite nel territorio europeo (Exaa- Austria, Ecx- Olanda, Eex- Germania, Powernext- Francia e Nordpool- Norvegia).

L’Italian Carbon Fund (ICF)

Si segnala, infine, che anche la Banca mondiale ha intrapreso un programma di emission trading attraverso l’istituzione del Community Development Carbon Fund, con il quale verranno acquistati - nei Paesi in via di sviluppo – certificati legati alla riduzione delle emissioni di gas serra generate da progetti selezionati e monitorati dalla Banca stessa. Secondo alcuni, con questa operazione la Banca Mondiale “si candida a giocare un ruolo centrale nel futuro commercio mondiale dei certificati di emissione della CO2”[22].

Tale iniziativa si affianca ad altre analoghe[23] tra cui quella che nell’ottobre 2003 ha portato alla stipula di un accordo tra il Ministero dell’ambiente e la Banca Mondiale volto ad istituire l’Italian Carbon Fund per l’acquisto di crediti di emissione da progetti che generino riduzioni di emissioni di gas serra (compatibili con i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto e con il nuovo sistema europeo di emission trading) ed apportino benefici all’ambiente globale, promuovendo nel contempo la diffusione di tecnologie moderne ed energia pulita in paesi in via di sviluppo e con economie in transizione.

Tale fondo è un partenariato pubblico-privato (dal 1° gennaio 2004 il Fondo è aperto alla partecipazione di aziende private ed agenzie pubbliche italiane) amministrato dalla Banca Mondiale e dotato di un capitale iniziale di 15 milioni di dollari messi a disposizione dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. L’attuale capitalizzazione ha quasi raggiunto i 155 milioni di dollari[24].

L’impegno finanziario profuso dal Ministero dell’ambiente nell’ICF si affianca a quello risultante dalla partecipazione dell’Italia al citato Community Development Carbon Fund per un importo di 7,7 milioni di dollari.

I risultati della Conferenza di Nairobi

In Kenya, a Nairobi, si è tenuta, dal 6 al 17 novembre 2006, la dodicesima Conferenza delle Parti (COP12[25]) e la Seconda Conferenza, dall'entrata in vigore del Protocollo, delle Parti che lo hanno ratificato (COP/MOP2[26]).

Nella stessa sede hanno avuto luogo anche le seconde sessioni dei cd. gruppi ad hoc per i nuovi impegni che i paesi industrializzati dovranno assumere dopo il 2012 (AWG-COM) e per il dialogo a lungo termine sull'obiettivo ultimo della UNFCCC (AWG-DIAL).

Durante lo svolgimento della COP-12 gli argomenti discussi hanno riguardato essenzialmente la gestione dei meccanismi e delle attività previste nella Convenzione UNFCCC. Sono stati altresì affrontati argomenti quali la lotta alla deforestazione, spesso illegale, nei paesi in via di sviluppo, di cui non si tiene conto nel protocollo di Kyoto; nonché le emissioni di gas serra derivanti dal trasporto aereo e marittimo, attualmente non conteggiate nel Protocollo.

La COP/MOP2 ha invece affrontato alcuni problemi critici per l'attuazione del Protocollo di Kyoto tra cui la definizione delle procedure sanzionatorie per i paesi che al 2012 risulteranno inadempienti nel raggiungimento dei loro obiettivi di riduzione.

Il principale argomento in discussione è stato tuttavia quello (affrontato nell’ambito dell’AWG-COM) della modifica dell'attuale protocollo di Kyoto (in base all'art. 9 dello stesso protocollo) in una versione emendata che contenga nuovi impegni e nuove modalità di attuazione per il periodo successivo al 2012[27], quando l'attuale protocollo di Kyoto sarà scaduto. Dopo lunghe ed accese discussioni si è tuttavia convenuto di rinviare la questione al 2008, successivamente all’acquisizione del quarto rapporto dell'IPCC (che sarà pubblicato nel corso del 2007) e le prime conclusioni sulle strategie a lungo termine che il gruppo di lavoro ad hoc sul dialogo (AWG-DIAL) avrà raggiunto.

È stato inoltre concordato che il nuovo protocollo che entrerà in vigore successivamente al 2012 dovrà contenere chiari obiettivi per l'adattamento ai cambiamenti climatici comprese le modalità di cooperazione, in questo campo, tra paesi sviluppati ed in via di sviluppo.

Nell’ambito del gruppo relativo al dialogo a lungo termine (AWG-DIAL) la discussione è partita dal recente Rapporto Stern sui possibili danni alle economie nazionali e al prodotto lordo internazionale causati dai cambiamenti del clima. La discussione proseguirà prossimamente su due punti prioritari: le questioni dell'adattamento ai cambiamenti climatici, e le questioni delle nuove tecnologie per combattere i cambiamenti del clima.

 

Il Rapporto Stern[28]

Tale rapporto, coordinato da Nicholas Stern, economista ed attuale consigliere del Governo Britannico, evidenzia come il costo degli effetti del cambiamento climatico possa far supporre una caduta del PIL mondiale tra il 5% ed il 20% e come l’attuazione di misure finalizzate ad evitare un aumento di più di due gradi centigradi della temperatura media, rappresenterebbe appena l’1% del PIL mondiale. Questo Rapporto elenca anche quali potrebbero essere le conseguenze del cambiamento climatico in diverse regioni del mondo, se si arrivasse a superare il suddetto aumento di temperatura, limite che si considera come massimo affinché siano ancora possibili forme di “contenimento”.

 

Si segnala, inoltre, che nel corso del Meeting ad alto livello dei ministri e capi di stato sono state evidenziate alcune priorità, tra cui l’urgenza di procedere dopo il 2012 a riduzioni più drastiche delle emissioni di gas serra.

 

Si ricorda, in proposito, che nel corso della Conferenza è stato presentato un documento che afferma che, per essere stabilizzate, le emissioni nella atmosfera debbono essere ridotte di almeno il 50% rispetto al 2000, sebbene non indichi in che data. La Germania ha proposto una riduzione del 30% entro il 2020, mentre la Finlandia a nome della UE ha ribadito la sua proposta di una riduzione fino al 60% entro il 2050. Altri paesi, tra cui gli USA, pur riconoscendo la necessità di raggiungere importanti obiettivi di riduzione non ritengono che la strada dei vincoli e degli obblighi sia percorribile.

I risultati del Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 di Washington 2007

Il 14 e il 15 febbraio 2007 si è tenuto a Washington il Secondo Forum dei legislatori del Dialogo sul cambiamento climatico dei Paesi G8 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti)+ 5 (Cina, India, Messico, Brasile e Sud Africa). Il Dialogo si pone l'obiettivo di discutere un accordo sui cambiamenti climatici «post 2012», ovvero sul periodo successivo alla prima scadenza del Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni dei gas serra, al fine di stabilire la più ampia convergenza sugli obiettivi ambientali a livello mondiale.

Il Forum di Washington, al quale hanno preso parte sessantaquattro parlamentari, provenienti da tutti i paesi G8+5, ed otto parlamentari europei, aveva l'obiettivo di presentare una piattaforma comune sul cambiamento climatico al prossimo Vertice del G8, che si terrà a Heiligendamm, in Germania, nel giugno 2007, sotto la Presidenza tedesca.

Il Forum poneva come punto di partenza della discussione le conclusioni della prima parte del quarto “Assessment Report” dell’IPCC[29] pubblicata il 2 febbraio 2007, che ha accertato - con una probabilità del 95% - come siano state le attività dell'uomo condotte dalla rivoluzione industriale ad oggi a determinare il riscaldamento del pianeta.

 

Il Quarto Rapporto dell’IPCC

L’approvazione definitiva del quarto “Assessment Report” (AR4) dell’IPCC è prevista al termine della sessione che si terrà a Valencia, in Spagna, dal 12 al 16 novembre 2007. Una volta completato, tale rapporto costituirà la base scientifica del negoziato che si terrà, nel dicembre 2007, alla Conferenza Onu di Bali, in cui si dovrà decidere il futuro del Protocollo di Kyoto dopo la scadenza del 2012.

Tale rapporto sarà composto principalmente di tre parti, risultato di gruppi di lavoro specifici, che sono già state approvate ed ora consultabili sul sito internet del Comitato[30].

Nella prima parte, intitolata “I principi fisici di base”, viene sottolineato che le concentrazioni atmosferiche attuali di anidride carbonica e degli altri gas serra sono le più alte mai verificatesi negli ultimi 650.000 anni e che l’aumento dell’anidride carbonica atmosferica osservatosi negli ultimi 200 anni (pari ad oltre il 35%) è causato dallo squilibrio complessivo tra emissioni globali di anidride carbonica provenienti dalle attività umane ed assorbimenti globali naturali da parte del suolo degli oceani e degli ecosistemi terrestri e marini. In altre parole, rispetto all’effetto serra naturale è stato introdotto un effetto serra aggiuntivo. Per quanto riguarda l’evoluzione futura, secondo l’IPCC, l’ipotesi più probabile appare quella secondo cui l’aumento della temperatura media globale sarà compreso fra 0,6 e 0,7°C al 2030 e raggiungerà circa 3°C o poco più nel 2100. Tale ultimo innalzamento, se si verificasse, determinerebbe un innalzamento del livello del mare tra i 28 ed i 43 cm, purché, però, non si inneschino fenomeni non lineari o di destabilizzazione del sistema climatico (velocità del riscaldamento medio globale superiore a 0,4° C per decennio). In tal caso, infatti, i ghiacci della Groenlandia e quelli della penisola Antartica, potrebbero collassare e l’innalzamento del livello del mare potrebbe arrivare perfino a 7 metri, anche se ciò avverrà nei secoli successivi al 2100. Si segnala, inoltre, che la calotta polare artica (quella formata dai ghiacci galleggianti) potrebbe, nel 2100, scomparire durante i mesi estivi o comunque ridursi al 10% della attuale estensione e che gli estremi climatici quali le ondate di calore, le precipitazioni intense ed alluvionali delle medie ed alte latitudini, prolungati periodi di siccità alle medie e basse latitudini, diventeranno sempre più frequenti ed intensi.

Nella seconda parte, intitolata “Impatti, adattamento e vulnerabilità”, vengono descritte le conseguenze dell’effetto serra sulle popolazioni e sull’ambiente e viene sottolineato il rischio di spostamenti geografici di specie, perdite totali di biodiversità, riduzione della produttività agricola e delle risorse idriche in vaste aree. Oltre agli effetti fisici, il rapporto dell'IPCC prefigura anche scenari preoccupanti per quanto riguarda la salute soprattutto delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo.

Il rapporto precisa che “alcune mosse per l'adattamento sono in corso, ma ancora molto limitate” e che “gli impatti sono destinati a crescere insieme alle temperature. E sebbene i primi impatti del cambiamento climatico possano essere arginati con misure di adattamento, queste avranno un minor impatto e un maggior costo via via che la temperatura aumenta”.

La conclusione della seconda parte è, dunque, che gli impatti negativi saranno inevitabili, che le vulnerabilità saranno aggravate dalla povertà e che le iniziative di adattamento vanno accompagnate da misure di mitigazione, ovvero di contenimento delle emissioni, sullo stile del Protocollo di Kyoto.

Nella terza parte, intitolata “Mitigazione dei cambiamenti climatici” e pubblicata all’inizio di maggio, l’IPCC – sottolinea che l'effetto serra si può contrastare senza costi esorbitanti (circa lo 0,12% nella crescita del PIL mondiale da qui al 2030), ma saranno cruciali i prossimi 20-30 anni e le emissioni dei gas responsabili devono cominciare a calare già dal 2015, per poi ridursi gradualmente e arrivare nel 2050 a un 50-85% in meno rispetto ai livelli del 2000. Un obiettivo giudicato realistico grazie alle innovazioni tecnologiche e che permetterebbe di contenere l'aumento della temperatura tra i 2 e i 2,4 gradi, soglia sopra la quale gli esperti ritengono si corrano gravissimi rischi per l'ambiente.

Nel rapporto viene ricordato, inoltre, che le emissioni di gas serra sono aumentate del 70% dal 1970 e che, senza un cambiamento di rotta sull'impiego dei combustibili fossili, cresceranno del 90% nei prossimi 25 anni. Per attuare tale cambiamento di rotta il rapporto suggerisce, tra l'altro, l'importanza delle energie rinnovabili, di frenare la deforestazione e di migliorare l'efficienza energetica, nonché di far aumentare il costo dei combustibili fossili, anche agendo sulla leva fiscale.

 

 

Il Forum è stato caratterizzato da due aspetti di particolare importanza nella politica relativa al cambiamento climatico.

Il primo è rappresentato dal radicale mutamento nell'orientamento americano rispetto al cambiamento climatico, annunziato dalla maggior parte dei rappresentanti statunitensi. Il tema del cambiamento climatico rappresenterebbe una priorità assoluta per gli USA, rispetto alla quale essi intenderebbero assumere la leadership mondiale.

Il secondo passaggio di particolare rilievo politico è stato rappresentato dalla posizione in merito ai gas serra dell'Europa. Al riguardo è intervenuta in videoconferenza la Cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha ricordato che già nella primavera 2007 l'Unione europea dovrà sviluppare un programma post 2012 per i paesi industrializzati. In tale prospettiva, il conseguimento dell'obiettivo posto dall'Unione europea di prevedere interventi volti a fare in modo che la temperatura mondiale non aumenti più di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali è il primo risultato da conseguire e la riduzione delle emissioni di CO2 nei Paesi UE del 20% da qui al 2020, il primo passo da compiere. Tre sono gli elementi chiave che possono portare al conseguimento di tali risultati: un aumento globale dell'efficienza energetica; un sempre maggiore ricorso alle energie rinnovabili; l'utilizzo di incentivi economici. Anche per la Merkel, come già per i senatori americani, il sostegno di nuove politiche energetiche creerà nuovi mercati, nuovi incentivi produttivi e, infine, nuovi posti di lavoro.

Il Commissario europeo per l'ambiente Stravos Dimas, ha richiamato la risoluzione del Parlamento europeo che prevede la riduzione delle emissioni in tutti i paesi industrializzati del 30 per cento in comparazione con il livello di emissioni del 1990 entro il 2020 al fine di conseguire una riduzione tra il 60 ed l'80 per cento entro il 2050. L'obiettivo che si intende perseguire a livello mondiale è quello di conseguire una riduzione di gas serra del 50 per cento nei paesi in via di sviluppo e tra il 60 e l'80 per cento nei paesi sviluppati. Ovviamente per far ciò ci vuole un accordo mondiale. I paesi industrializzati devono dare l'esempio perché nel 2020 i paesi in via di sviluppo influiranno sulla produzione di gas serra più dei paesi OCSE. I mezzi per conseguire tali obiettivi sono: in primo luogo, l'uso del mercato, attraverso il sistema di scambio di emissioni, che può diventare il nucleo portante; in secondo luogo, lo sviluppo della ricerca; in terzo luogo la lotta alla deforestazione, che contribuisce circa per il 20% all'aumento dei gas serra.

Anche la Cina, l'India ed il Brasile hanno manifestato l'intenzione di puntare quanto più possibile (la priorità per queste economie rimane pur sempre la lotta alla povertà) su forme di energia pulita e di favorire lo sviluppo sostenibile. Inoltre, hanno sostenuto la necessità di azioni congiunte tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo dirette soprattutto al trasferimento di tecnologia.

Il Forum di Washington si segnala anche per alcuni interventi di carattere tecnico di particolare rilievo. Tra questi si richiama, in primo luogo, quello di Sir Nicholas Stern, economista ed attuale consigliere del Governo britannico, coordinatore del già citato rapporto, il quale ha ricordato come in esso si evidenzi chiaramente che i costi dell'inazione saranno di gran lunga superiori a quelli dell'azione. Da qui la necessità di un'azione urgente per ridurre le emissioni, che rappresenta l'unico modo per garantire una crescita a lungo termine di tutte le economie-sviluppate, emergenti e povere.

Lo stesso Presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, si è soffermato sui costi economici dell'inazione a fronte del fenomeno del cambiamento climatico ed ha annunciato che la Banca Mondiale sta studiando misure volte a sostenere le economie dei Paesi in via di sviluppo che coniughino lotta alla povertà ed efficienza energetica.

Si è inoltre prestata attenzione alla questione dell'adeguamento agli inevitabili impatti del cambiamento climatico. La Banca Mondiale calcola, infatti, che questo fenomeno richiederà un'ulteriore somma compresa tra i 10 e i 40 miliardi di dollari l'anno. Si è evidenziato che, se non si interverrà subito per ridurre le emissioni, questa cifra aumenterà in modo impressionante e si determineranno gravi impatti sulla sanità pubblica e sulla disponibilità di risorse, inclusa l'acqua.

A conclusione del Forum è stata approvata una dichiarazione finale nella quale si chiede ai Governi dei Paesi del G8+5 di concordare, nel prossimo Vertice G8, sugli aspetti chiave di un quadro post 2012 e di richiedere che i negoziati globali su tale quadro includano una serie di indicazioni, tra cui si ricordano: obiettivi a lungo termine per i Paesi sviluppati; obiettivi adeguati per le economie in via di sviluppo; incentivi per misure volte a ridurre la deforestazione; incentivi per politiche e misure di sviluppo sostenibili nei Paesi in via di sviluppo; programmi concentrati sulla formazione di capacità, sull'accesso alle tecnologie e sugli incentivi economici, per aiutare i Paesi in via di sviluppo a investire in tecnologie più efficienti e a basso impiego di carbonio.

 


Il ruolo delle fonti energetiche rinnovabili

Un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo può venire dallo sviluppo del settore delle energie alternative. Il Rapporto Energia e Ambiente 2006 dell’ENEA evidenzia il ruolo fondamentale delle fonti rinnovabili, che potranno contribuire nel 2020 alla riduzione delle emissioni nella misura del 27 per cento.

L’intervento in questo settore passa attraverso una prima fase di forte impulso alla diffusione delle tecnologie già oggi disponibili sul mercato (con un’incisiva promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e per gli usi termici nel settore civile e per il ricorso a biocarburanti nel settore dei trasporti) e una successiva fase che prevede un utilizzo generalizzato ed economico di una seconda generazione delle rinnovabili, frutto della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Le potenzialità delle energie rinnovabili e la velocità di diffusione delle tecnologie saranno accresciute dal contestuale sviluppo dei sistemi di generazione distribuita dell’energia che, oltre a concorrere all’efficienza complessiva del sistema energetico, incrementano la quota di energia da fonti diffuse sul territorio. Si segnala, inoltre, che il Rapporto ENEA evidenzia che, in uno scenario di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, accanto ai tradizionali interventi sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica, si prospettano altre soluzioni innovative nell’ambito della comunità scientifica internazionale come quelle che riguardano nuove generazioni di tecnologie per le fonti rinnovabili, per la produzione e l’utilizzo di idrogeno e per un uso sicuro ed economico della fonte nucleare.

Nell’ambito delle fonti rinnovabili, il principale riferimento normativo comunitario è costituito dalla direttiva 2001/77/CE relativa all’energia elettrica da fonti rinnovabili volta a favorire un aumento del contributo delle fonti energetiche rinnovabili nella produzione di elettricità e porre le basi di un quadro comunitario in materia che consenta di contemperare le due esigenze di garantire la sicurezza e la diversificazione dell'approvvigionamento energetico e la tutela dell'ambiente.

Con tale direttiva, l’Unione europea ha stabilito per ogni Stato membro gli obiettivi da raggiungere nell’ambito della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; per l’Italia l’obiettivo da raggiungersi entro il 2010 è fissato al 25% di energia elettrica prodotta.

Con la circolare emanata nel 2002 dal Ministro delle attività produttive[31] avente per oggetto Obiettivi indicativi nazionali di consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili per il periodo 2003-2012 e misure adottate o previste a livello nazionale per conseguire i medesimi obiettivi, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della direttiva 2001/77/CE è stato precisato che gli obiettivi indicati nel Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010 (consistenti nel raggiungimento, entro il 2010, di una quota di produzione pari a 75TWh) “sono coerenti con le indicazioni dell’allegato alla direttiva, e dunque il disposto della direttiva medesima è soddisfatto”.

La direttiva 2001/77/CE è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387[32] che ha ulteriormente innalzato l’obbligo - stabilito dal decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (cd. decreto Bersani) - di immettere nella rete nazionale una quota di energia generata in nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili ed ha definito nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime.

 

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, di tale provvedimento, per fonti rinnovabili si intendono: «le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani».

Il decreto, oltre alla definizione degli obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione da adottare ai fini dello sviluppo della produzione di energia dalle suddette fonti, contiene disposizioni specifiche relative a singole fonti energetiche, norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.

Il provvedimento, che mira a favorire una crescita significativa, a medio termine, della quota di elettricità generata da fonti energetiche rinnovabili prevede, in particolare:

un incremento pari annualmente a 0,35 punti percentuali, a decorrere dall'anno 2004 e fino al 2006[33], della quota minima di energia da fonti rinnovabili che gli importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di immettere sul mercato (quota fissata nel 2% dall'art. 11, D.Lgs. n. 79/99);

la garanzia di origine dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili rilasciata dal GRTN in presenza di una produzione annua, ovvero produzione imputabile, non inferiore a 100 MWh;

la semplificazione delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e il rilascio di autorizzazione unica, da parte della regione o di altro soggetto istituzionale delegato dalla medesima per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione dei energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili;

la partecipazione al mercato elettrico ed il collegamento degli impianti alla rete elettrica ;

l’ammissione dei rifiuti a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti;

disposizioni sui certificati verdi.

 

Gli incentivi

Il principale meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da rinnovabili è costituito dai cd. certificati verdi, introdotto nell’ordinamento nazionale dall’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999[34], con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip 6.

Tale meccanismo incentivante consiste nell’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%[35], è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh successivamente ridotta a 50 GWh. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo della precedenza nel dispacciamento.

Il nuovo strumento di incentivazione è stato esteso dal comma 71, art. 1, della legge 239/04 di riordino del settore energetico, all’energia elettrica prodotta mediante utilizzo di idrogeno e quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

In attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 71 sono stati emanati il DM 24 ottobre 2005 recante “Direttive per la regolamentazione della emissione dei certificati verdi alle produzioni di energia di cui all’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239”, e il decreto 24 ottobre 2005, recante “Aggiornamento delle direttive per l’incentivazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”, che ha ulteriormente rafforzare l’incentivazione dei rifiuti di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 387/03.

Il GSE (Gestore dei Servizi Elettrici) ha il compito di qualificare gli impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili (IAFR), una volta accertato il possesso dei requisiti previsti.

In particolare, possono ottenere la qualificazione IAFR gli impianti entrati in esercizio successivamente al 1°aprile 1999 a seguito di nuova costruzione, potenziamento, rifacimento totale o parziale, riattivazione e gli impianti che operano in co-combustione entrati in esercizio prima del 1° aprile 1999 che rispettino le condizioni specifiche previste per la qualificazione degli impianti nel suddetto decreto MAP 24/10/2005 .

La qualificazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili è necessaria per poter riconoscere successivamente al produttore, a determinate condizioni, una quota di Certificati Verdi proporzionale all'energia prodotta, con i quali i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima comprovano l’adempimento.

Per i soggetti che non rispettano l’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GSE, sono previste sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica.

 

Il meccanismo dei certificati verdi non rappresenta l’unica forma nazionale di sostegno al settore delle energie rinnovabili.

In attuazione del disposto dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 387/03, il DM 28 luglio 2005 del Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’ambiente (come integrato dal DM 6 febbraio 2006 e, da ultimo, dal DM 19 febbraio 2007), definisce criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare coerenti con le disposizioni della direttiva 2003/54/CE, introducendo una nuova modalità di incentivazione per la produzione di energia da impianti fotovoltaici con taglie comprese tra 1 kW e 1000 kW di potenza elettrica. Si prevede, in particolare, , il ricorso al cosiddetto “conto energia”, in sostituzione del precedente sistema di incentivazione basato esclusivamente su contributi in conto capitale - erogati a livello regionale, nazionale o comunitario sotto varie forme - e idoneo a finanziare il 50-75 % del costo di investimento[36].

Si segnalano, in tema di incentivazione delle fonti rinnovabili, anche l’emanazione del decreto legislativo n. 128 del 30 maggio 2005 di attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, nonché l’istituzione per il 2005 (prevista dall’art. 1, comma 248, della legge n. 311/2004 - legge finanziaria 2005) di un Fondo per la promozione delle risorse rinnovabili, con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro, finalizzato al cofinanziamento di studi e ricerche relative all’utilizzo del vettore idrogeno, prodotto a partire da fonti rinnovabili, nell’ambito di nuovi sistemi di locomozione atti a ridurre le emissioni inquinanti al fine del miglioramento della qualità ambientale, in particolare all’interno dei centri urbani[37].

 

Per quanto riguarda la produzione normativa più recente, si richiama la legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007).

Relativamente alle fonti rinnovabili, i commi da 1117 a 1120 dell’articolo 1 hanno escluso la possibilità di qualificare e rilasciare Certificati Verdi ai rifiuti e ai combustibili da rifiuti, prevedendo in particolare che i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica vengano concessi esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Sono fatti salvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione[38] anteriormente all’entrata in vigore della presente legge, ivi comprese le convenzioni CIP6 e destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate. Le medesime disposizioni hanno escluso la possibilità di qualificare e rilasciare Certificati Verdi agli impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, agli impianti alimentati a idrogeno ed a celle a combustibile (comma 1120, lettera. g)

La stessa legge finanziaria prevede altre disposizioni per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili:

§      per gli edifici di nuova costruzione, il rilascio del permesso di costruire è stato vincolato all’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 0,2 kilowatt per ciascuna unità abitativa (comma 350);

§      le prestazioni di fornitura di energia termica prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento sono assoggettate all’aliquota IVA agevolata (comma 384).

Si segnala, inoltre, il bando emanato dal Ministero dell’ambiente[39], congiuntamente con MCC S.p.A., per la promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e/o termica tramite agevolazioni alle piccole e medie imprese, sulla base delle risorse di cui all’art. 5 del D.M. n. 337/2000, pari a circa 25,8 milioni di euro.

In materia di bioenergie, vengono modificate una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti[40] (commi da 367 a 379), viene esentato dall’accisa l’olio vegetale puro utilizzato a fini energetici nel settore agricolo (commi 380 e 381) e, al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica, viene demandata a un decreto ministeriale la revisione della disciplina dei certificati verdi (commi 382 e 383).

Si segnala che, all’inizio di quest’anno, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha presentato il primo contratto quadro nazionale sui biocarburanti, che rappresenta il primo passo verso la costruzione di una filiera nazionale delle agro-energie. L’intesa raggiunta rende possibile l’obiettivo, nel 2007, di 70 mila ettari di terreno per la coltivazione di semi oleosi a fini energetici e, quindi, di 70 mila tonnellate di bio-diesel da integrare nel normale carburante, produzione che si spera di triplicare entro il 2010, raggiungendo i 240 mila ettari (si veda in proposito anche il comma 1083 della legge n. 296/2006).

Sono inoltre prorogate al 31 dicembre 2007 le agevolazioni fiscali relative alle emulsioni stabilizzate, al metano per usi industriali, al gasolio da riscaldamento nelle zone montane, alle imposta sulle reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa ed energia geotermica, al gas metano per usi civili, al gasolio e GPL per riscaldamento impiegati nelle frazioni parzialmente non metanizzate nelle zone climatiche E, al gasolio per autotrazione nelle province di Trieste e Udine, al gasolio utilizzato nelle coltivazioni in serra (commi 394 e 395).

In tema di compensazioni ambientali, i commi da 362 a 365 hanno disposto la destinazione ad un fondo del maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'IVA sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera, dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto dal DPEF per gli anni 2007-2011. Tali risorse possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale a favore dei cittadini residenti nei territori interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali. Il Fondo è inizialmente dotato, per il triennio 2007-2009, di 50 milioni annui. La ratio di questa norma è da ricercarsi nella difficoltà pratica a costruire nuove infrastrutture, a causa delle proteste delle popolazioni interessate e degli enti locali, ispirate al celebre principio NIMBY (Not In My Back Yard).


 

Risparmio ed efficienza energetica

Per efficienza energetica si intendono tutte quelle misure ed interventi che rendono disponibile un livello di servizio energetico uguale o superiore, attraverso l’utilizzo di una quantità di energia inferiore.

 

La promozione dell’efficienza energetica nei consumi è spesso indicata come l’unica opzione che sia in grado di dare una risposta, anche se parziale, ai tre principali problemi della politica energetica: sicurezza degli approvvigionamenti, tutela dell’ambiente, contenimento dei costi.

La forte attenzione per la protezione dell’ambiente, la crescente dipendenza energetica dai paesi esportatori e, infine, i forti aumenti del prezzo del petrolio e la sua instabilità hanno reso sempre più necessaria una politica di uso efficiente delle risorse energetiche. Il miglioramento dell’efficienza energetica negli usi finali rappresenta infatti uno strumento fondamentale per rispettare gli impegni assunti con la ratifica del protocollo di Kyoto, per incrementare la competitività e l’occupazione e per garantire per la sicurezza degli approvvigionamenti.

Nel quadro della mitigazione delle cause del riscaldamento globale, il Rapporto Enea Energia e Ambiente 2006 ha evidenziato la necessità di promuovere interventi finalizzati a un massiccio ricorso all’efficienza energetica negli usi finali, con un diffuso impiego di tecnologie a basso consumo nel civile, nell’industria e nei trasporti. Inoltre, nel lungo periodo (dopo il 2020), sempre secondo Enea, è necessaria la diversificazione del mix di combustibili per la generazione termoelettrica, anche mediante un maggiore ricorso al carbone, reso ambientalmente sostenibile con l’impiego delle tecnologie per il sequestro e il confinamento della CO2.

Secondo lo studio dell’Enea, gli interventi per l’efficienza negli usi finali potranno contribuire in misura del 42% alla riduzione della CO2 nel 2020. Includendo gli interventi di miglioramento dei processi di conversione dall’energia primaria agli usi finali (pari al 15%) la percentuale complessiva dovuta a interventi per l’efficienza cresce fino al 57 per cento.

La riduzione della domanda di energia conseguita attraverso un sistema energetico più efficiente viene visto, quindi, come il primo obiettivo per una politica di contenimento delle emissioni. Significativo è l’effetto che si riscontra nel settore residenziale, in particolare per quanto riguarda il riscaldamento che costituisce quasi l’80% dei consumi finali, dove le tecnologie efficienti per l’edificio e l’impianto producono una riduzione della domanda nel lungo periodo compresa tra il 16 e il 23 per cento.

 

In questo quadro vanno inseriti gli interventi introdotti dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 e dall’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, che prevedono, rispettivamente, che gli obblighi connessi al servizio di distribuzione dell’energia elettrica includano quello di perseguire l’incremento dell’efficienza energetica negli usi finali, e gli obblighi connessi al servizio di distribuzione del gas naturale includano quello di perseguire l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, secondo obiettivi quantitativi e modalità da definirsi in successivi decreti ministeriali.

A queste previsioni normative è stata data una prima attuazione con i decreti del Ministro dell’industria, del commercio e dell’agricoltura e del Ministro dell’ambiente 24 aprile 2001[41].

 

Oltre all’individuazione degli obiettivi quantitativi di cui ai d.lgs n. 79/99 e n. 164/00 per il quinquennio 2002-2006, i decreti ministeriali 24 aprile 2001 introducevano un meccanismo basato sull'imposizione ai distributori di energia elettrica e di gas naturale di maggiori dimensioni di obblighi annuali di risparmio energetico da realizzare attraverso progetti attuati presso i clienti finali, propri o altrui, e definivano le modalità con cui i distributori soggetti agli obblighi di risparmio energetico potevano conseguire tali obblighi.

Il meccanismo proposto prevede in particolare la creazione di un mercato dei titoli di efficienza energetica (i c.d. certificati bianchi), attestanti gli interventi realizzati, per certi versi simile a quello dei certificati verdi adottato per la promozione delle fonti rinnovabili di energia nella generazione elettrica.

I decreti affidano inoltre all’Autorità per l’energia elettrica e il gas il compito di definire la regolazione attuativa del meccanismo e di gestirne l’attuazione.

Il contenuto dei decreti ministeriali 24 aprile 2001 è stato rivisto con la pubblicazione dei nuovi decreti ministeriali 20 luglio 2004[42], che hanno abrogato e sostituito i precedenti, confermandone ampliamente l’impostazione e facendo salvi i procedimenti avviati dall’Autorità, quelli in corso e quelli emanati in attuazione dei decreti 24 aprile 2001.

Le principali novità previste hanno riguardato:

§         il posticipo della data di avvio del meccanismo e degli obblighi in esso contenuti al 1 gennaio 2005;

§         la rimodulazione degli obiettivi di risparmio energetico da ottenersi nel quinquennio di applicazione;

§         la previsione di un programma di iniziative di accompagnamento (campagne informative e diagnosi energetiche) gestito dal Ministero delle attività produttive e dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

§         la revisione del meccanismo sanzionatorio previsto in caso di inadempienza agli obblighi;

§         l’introduzione di alcune specifiche disposizioni relative agli interventi di risparmio energetico ammissibili ai fini del conseguimento degli obiettivi e alla possibilità di erogare un contributo tariffario per la copertura dei costi sostenuti dai distributori per il conseguimento degli obiettivi;

§         l’introduzione di specifiche misure relative al ruolo delle Regioni e delle Province autonome in materia di determinazione di obiettivi di risparmi energetico e relative modalità di raggiungimento.

I decreti ministeriali 20 luglio 2004 determinano obiettivi quantitativi nazionali di miglioramento dell’efficienza energetica per il quinquennio 2005-2009, espressi in unità di energia primaria (tonnellate equivalenti di petrolio) e definiti su base annuale, così riassumibili:

 

Anno

Decreto Elettrico

[Mtep]

Decreto Gas

[Mtep]

2005

0,1

0,1

2006

0,2

0,2

2007

0,4

0,4

2008

0,8

0,7

2009

1,6

1,3

 

Il sistema introdotto dai decreti 20 luglio 2004 prevede dunque che i distributori di energia elettrica e di gas naturale raggiungano annualmente determinati obblighi quantitativi di risparmio di energia primaria, per il quinquennio 2005/2009, a partire dal 1° gennaio 2005.

Per adempiere a questi obblighi e ottenere il risparmio energetico prefissato i distributori possono:

§         attuare progetti a favore dei consumatori finali che migliorino l'efficienza energetica delle tecnologie installate o delle relative pratiche di utilizzo. I progetti possono essere realizzati direttamente, oppure tramite società controllate, o ancora attraverso società operanti nei settori dei servizi energetici (le cosiddette ESCO-energy services companies),

§         acquistare da terzi "titoli di efficienza energetica" o "certificati bianchi" attestanti il conseguimento di risparmi energetici.

I titoli di efficienza energetica o certificati bianchi sono emessi dal Gestore del mercato elettrico a favore dei soggetti (distributori, società da essi controllate e di società operanti nel settore dei servizi energetici) che hanno conseguito i risparmi energetici prefissati. L'emissione dei titoli viene effettuata sulla base di una comunicazione dell'Autorità che certifica i risparmi conseguiti. L'Autorità infatti verifica e controlla che i progetti siano stati effettivamente realizzati in conformità con le disposizioni dei decreti e delle regole attuative definite dall'Autorità stessa.

La compravendita di questi titoli avviene tramite contratti bilaterali o in un mercato apposito istituito dal Gestore del mercato elettrico e regolato da disposizioni stabilite dal Gestore stesso d'intesa con l'Autorità.

 

La possibilità di scambiare titoli di efficienza energetica consente ai distributori che incorrerebbero in costi marginali relativamente elevati per il risparmio di energia attraverso la realizzazione diretta di progetti, di acquistare titoli di efficienza energetica da quei soggetti che invece presentano costi marginali di risparmio energetico relativamente inferiori e che pertanto hanno convenienza a vendere i propri titoli sul mercato.

Il meccanismo garantisce che il costo complessivo di raggiungimento degli obiettivi fissati risulti più contenuto rispetto ad uno scenario alternativo in cui ciascuno dei distributori fosse obbligato a soddisfare gli obblighi di risparmio energetico sviluppando in proprio progetti per l'uso razionale dell'energia.

L'Autorità per l'energia elettrica e il gas nel primo "rapporto annuale"[43] sul funzionamento in Italia del meccanismo dei certificati bianchi ha sottolineato che l’esperienza italiana è la prima al mondo di applicazione di questo strumento di mercato alla promozione dell’efficienza energetica negli usi finali. Successivamente all’introduzione in Italia, la struttura del meccanismo e della relativa regolazione attuativa sono stati oggetto di approfonditi studi e analisi da parte della Commissione Europea, dell'Agenzia Internazionale per l'Energia e di un numero crescente di Paesi, sia europei, sia extraeuropei (Stati Uniti, Australia, Giappone, Corea). Nel luglio 2006 la Francia ha introdotto un sistema di certificati bianchi che ricalca quello italiano, soprattutto dal punto di vista della regolazione attuativa.

Nell’analisi dei risultati conseguiti nei primi diciassette mesi[44] di funzionamento del meccanismo, l’Autorità evidenzia che sono circa 286.000 le tonnellate equivalenti di petrolio (tep) risparmiate, equivalenti al consumo domestico annuo di una città di circa 380.000 abitanti o alla produzione elettrica annua di una centrale di 160 MW di potenza; le emissioni evitate grazie a questi risparmi ammontano ad oltre 750.000 tonnellate di anidride carbonica.

Grazie alle iniziative intraprese tra il 2001 e il maggio di quest'anno dai distributori di energia elettrica e gas naturale, e da circa il 10% delle quasi 600 società di servizi energetici (ESCO) accreditatesi finora presso l'Autorità, gli obiettivi nazionali di risparmio fissati per il primo anno sono stati ampiamente superati.

Tra il gennaio 2005 e la fine di maggio 2006 l’Autorità ha certificato il conseguimento di un risparmio energetico complessivo pari a 286.837 tep, richiedendo al GME l’emissione di titoli di efficienza energetica così ripartiti:

- 214.244 di tipo I (attestanti la riduzione dei consumi di energia elettrica);

- 62.826 di tipo II (attestanti la riduzione dei consumi di gas naturale);

- 9.767 di tipo III (attestanti la riduzione dei consumi di combustibili solidi, liquidi e di altri combustibili gassosi).

Nel complesso, il numero di TEE di cui è stata richiesta l’emissione al GME è dunque risultato ampiamente superiore (il 184%) rispetto alla somma degli obiettivi assegnati dai due decreti ministeriali.

Gli oltre mille interventi valutati dall'Autorità coprono diversi ambiti di applicazione delle tecnologie efficienti; tra quelli che hanno prodotto la maggior parte dei risparmi spiccano:

§         l'incremento d'efficienza dei sistemi di illuminazione sia pubblica che privata,

§         l'estensione di reti di teleriscaldamento,

§         l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda.

I dati dimostrano, secondo l'Autorità, l'apprezzamento degli operatori di questo nuovo mercato per lo sforzo compiuto nella direzione della semplificazione delle procedure amministrative, considerato che il 90% dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE) è stato certificato tramite le procedure di valutazione dei risparmi basate su schede tecniche.

Caratteristica essenziale e peculiare del meccanismo è la possibilità di scambiare i certificati bianchi ottenuti: l'entrata in funzione del registro e del mercato dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE), organizzati dal GME (Gestore del Mercato Elettrico), ha contribuito a garantire l'efficienza economica del sistema. Le riduzioni dei consumi energetici ottenute grazie agli interventi di risparmio hanno garantito agli utenti finali un beneficio economico tra 6 e 10 volte superiore al prezzo medio dei certificati bianchi scambiati sul mercato e al valore del contributo di 100 euro erogato dall'Autorità per ogni tep risparmiata.

Non solo al beneficio economico diretto dei consumi evitati è legata l'importanza per il nostro Paese del sistema dei certificati bianchi; rilevante è infatti il contributo che questo meccanismo ha iniziato a dare anche per la crescita di sensibilità degli utenti alle tematiche del risparmio energetico, la nascita di nuove imprese, l'innovazione tecnologica e dunque nel complesso per il rispetto dei vincoli ambientali e per la competitività della nostra economia.

Si richiama l’intensa produzione normativa più recente in materia di’efficienza energetica.

La legge finanziaria per il 2007 contiene varie norme che vanno nella direzione indicata dall’ENEA nel suo Rapporto.

Diverse tipologie di incentivi per la rottamazione di autoveicoli[45], autocarri e motocicli, sono previste dai commi da 224 a 241, in particolare al fine di incentivare la rottamazione di veicoli classificati “euro 0” o “euro 1” e l’eventuale sostituzione con veicoli classificati “euro 4” o “euro 5”, ovvero con alimentazione a gas metano, GPL, elettrica o ad idrogeno.

In materia di efficienza energetica dell’edilizia, i commi da 344 a 349 prevedono alcune agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici). Inoltre, i commi 351 e 352 recano disposizioni volte ad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico, prevedendo il diritto ad un contributo per la realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici che rispettino particolari parametri di efficienza energetica, pari al 55 per cento dei maggiori costi sostenuti. A tal fine è costituito un Fondo di 15 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

Sempre in materia di edifici, si segnala che il 29 dicembre 2006 è stato emanato il D.Lgs. n. 311[46] che introduce modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 192/2005, recante l’attuazione della direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia, adottato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Legge comunitaria 2003).

La direttiva da ultimo richiamatala l’obiettivo del miglioramento della prestazione energetica degli edifici nella Comunità, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni per quanto riguarda il clima degli ambienti interni e l'efficacia sotto il profilo dei costi.

Per quanto riguarda l’efficienza degli elettrodomestici, il comma 353 dispone l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazioni di imposta, per la sostituzione di apparecchi domestici (frigoriferi, congelatori e loro combinazioni) con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+.

Sul fronte delle imprese, i commi da 354 a 356 riconoscono ai soggetti esercenti attività di impresa agevolazioni fiscali per la sostituzione di apparecchi illuminanti con altri ad alta efficienza energetica, fluorescenti, ovvero ad alto rendimento ottico.

Infine, per quanto riguarda il comparto dell’industria, i commi da 358 a 360 prevedono l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazioni di imposta, per motori industriali ad alta efficienza. Con il DM 19 febbraio 2007[47] è stata data attuazione a questa disposizione.

Il decreto legge n. 262 del 2006 (decreto fiscale collegato alla legge finanziaria per il 2007[48]), in tema di razionalizzazione dell’uso delle risorse energetiche e contenimento della spesa pubblica, ha invece provveduto ad autorizzare gli enti pubblici ad avviare procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto della legislazione comunitaria e nazionale sulla concorrenza, per l’individuazione di società alle quali affidare servizi di verifica, monitoraggio ed interventi diretti finalizzati all’ottenimento di riduzioni di costi di acquisto dell’energia, sia termica che elettrica. Il corrispettivo delle società assegnatarie del servizio deriva esclusivamente dalla vendita di eventuali titoli di efficienza energetica rilasciati in conseguenza dell’attività svolta.

Si segnala, inoltre, che è stato di recente emanato un decreto legislativo sulla promozione della cogenerazione (D.Lgs. n. 20 dell'8 febbraio 2007), adottato in attuazione della delega contenuta nell’art. 21 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) e volto a recepire la direttiva 2004/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004, sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia e che modifica la direttiva 92/42/CEE.

Il provvedimento definisce misure in grado di promuovere e sviluppare la cogenerazione ad alto rendimento, vale a dire la produzione combinata in un unico processo di energia elettrica ed energia termica che, rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore comporta:

un risparmio economico dovuto al minor consumo di combustibile;

una riduzione dell’impatto ambientale;

minori perdite di trasmissione e distribuzione per il sistema elettrico, derivanti dalla localizzazione degli impianti in prossimità dei bacini di utenza;

la sostituzione di modalità produttive di calore poco efficaci e maggiormente inquinanti.

Si segnala, infine, il primo “Progetto di Innovazione Industriale per l'Efficienza Energetica[49]” appena lanciato dal Governo, che ha come obiettivo il rilancio della competitività del sistema industriale, migliorando l'efficienza energetica del Paese.

Tale Piano si muove nell’ottica che l’efficienza energetica si raggiunge favorendo la nascita e il radicamento di una ecoindustria, attraverso il finanziamento di iniziative volte a realizzare investimenti industriali:

- nel settore delle energie rinnovabili (per esempio, collettori solari per produrre acqua calda nelle case, piccole centrali elettriche a cogenerazione alimentate a biomasse, solare fotovoltaico, eolico per la produzione di aerogeneratori, tecnologie di produzione stoccaggio e utilizzo dell’idrogeno, solare ad alta temperatura, biocarburanti);

- finalizzati alla riqualificazione dei comparti industriali esistenti verso nuovi prodotti a basso impatto ambientale e capaci di far risparmiare energia (per esempio, mattoni ad alto isolamento termico, frigoriferi A+, vetri che riducono le emissioni termiche);

- innovativi dei processi produttivi in modo da ridurre l’intensità energetica delle lavorazioni (esempi: motori con inverter, tecniche di riutilizzo del calore di scarto all’interno dei processi produttivi).

 


La posizione europea sul cambiamento climatico
 (a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea)

Gli obiettivi strategici

Le conclusioni del Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 contengono uno  specifico paragrafo dedicato alla politica climatica ed energetica integrata, nel quale si sottolinea la necessità di un intervento urgente ed efficace per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, le cui conseguenze a lungo termine, incluse quelle relative allo sviluppo economico, sono state riesaminate nella loro gravità da recenti studi in materia[50].

Il Consiglio europeo ha inoltre ribadito che la lotta al cambiamento climatico costituisce, in particolare in relazione allo sviluppo delle tecnologie ambientali e alle ecoinnovazioni, un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi indicati dalla strategia di Lisbona.

Il Consiglio europeo, infine, ha sottolineato il ruolo guida dell’UE nella protezione internazionale del clima, ribadendo la necessità di un intervento concordato su scala planetaria. A tal fine, ritiene necessario che, in occasione della Conferenza internazionale sul clima, prevista per la fine del 2007 sotto l’egida delle Nazioni Unite, vengano avviati i negoziati relativi a un accordo globale e completo sulla lotta  contro il riscaldamento del pianeta dopo il 2012, basato sull’ampliamento dell’architettura del protocollo di Kyoto[51]e che tali negoziati si concludano entro il 2009.

In questa cornice, il Consiglio europeo ha pienamente accolto la  comunicazione “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorrere fino al 2020 e oltre” (COM(2007)2), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007. In particolare, le conclusioni considerano gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra prospettati dalla Commissione come un obiettivo strategico fondamentale, da realizzare mediante un approccio integrato e completo della politica energetica e della politica ambientale dell’Unione.

La comunicazione[52] propone che l’UE persegua, nell’ambito di negoziati internazionali, un obiettivo di riduzione dei gas serra pari al 30% rispetto ai valori del 1990, che i paesi industrializzati dovranno conseguire entro il 2020: in tal modo dovrebbe essere possibile contenere l’aumento della temperatura entro il limite dei 2°C in tutto il mondo[53]. Secondo la Commissione, fino a che non sarà concluso un accordo internazionale, e fatta salva la posizione che assumerà nell’ambito dei negoziati multilaterali, l’UE dovrebbe assumersi, fin d’ora, l’impegno risoluto e unilaterale di abbattere le emissioni dei gas serra di almeno il 20% entro il 2020, ricorrendo al sistema UE di scambio delle quote di emissione (vedi infra), ad altre politiche in materia di cambiamenti climatici nonché a interventi nel contesto della politica energetica. Dopo il 2020 le emissioni prodotte dai paesi in via di sviluppo supereranno quelle dei paesi industrializzati; nel frattempo, il tasso di crescita delle emissioni complessive dei paesi in via di sviluppo dovrebbe cominciare a rallentare e, a partire dal 2020, dovrebbe verificarsi un calo in termini assoluti.

Il percorso prospettato dalla Commissione prevede che, entro il 2050, le emissioni globali siano abbattute fino al 50% rispetto al 1990; ciò significa che i paesi industrializzati dovranno ridurle del 60-80%, ma le emissioni dovranno diminuire sensibilmente anche in molti paesi in via di sviluppo.

La comunicazione  ribadisce che gli strumenti di mercato, come il sistema UE di scambio delle quote di emissione, saranno un elemento determinante per far sì che l’Europa e altri paesi conseguano gli obiettivi previsti al più basso costo possibile. La Commissione ritiene, infine, auspicabile che l’UE e gli Stati membri decidano di incrementare sensibilmente gli investimenti destinati alle attività di ricerca e sviluppo nei settori della produzione di energia e del risparmio energetico.

 

Il cambiamento climatico nella Politica energetica per l’Europa (PEE)

Nell’ambito dell’approccio integrato tra le politiche dell’Unione in tema di ambiente ed energia, il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo ha individuato i tre obiettivi che la politica energetica per l’Europa (PEE) dovrà perseguire:

·         aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento;

·         garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili;

·         promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro il cambiamento climatico.

Gli obiettivi dovranno essere perseguiti rispettando il mix energetico scelto dagli Stati membri e la loro sovranità sulle fonti di energia primaria.

Il Consiglio europeo ha altresì adottato un piano d’azione sulla politica energetica per l’Europa, per il 2007-2009 (allegato alle conclusioni del Consiglio europeo) che si basa sulla comunicazioneUna politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007.

Il piano d’azione sarà riesaminato regolarmente nel contesto dell’esame annuale, effettuato dal Consiglio europeo, dell’attuazione delle politiche dell’UE nel settore energetico e in materia di cambiamenti climatici. Il Consiglio europeo ha invitato, quindi, la Commissione a presentare, all'inizio del 2009, un aggiornamento dell'analisi strategica della politica energetica, che servirà di base per il nuovo piano d'azione in materia di energia per il periodo dal 2010 in poi, destinato ad essere adottato dal Consiglio europeo di primavera del 2010.

Per quanto riguarda, in particolare, la lotta al cambiamento climatico, il piano d’azione prevede:

·         il rafforzamento del partenariato e della cooperazione, basandosi sui dialoghi bilaterali in materia di energia, con gli USA, la Cina, l'India, il Brasile e le altre economie emergenti, incentrandosi sulla riduzione di gas a effetto serra, sull'efficienza energetica, sulle energie rinnovabili e sulle tecnologie energetiche a bassa emissione, segnatamente la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica;

·         Il riesame del sistema comunitario di scambio di quote di emissioni da parte della Commissione, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione di gas serra a lungo termine dell'UE. Tale revisione dovrebbe fornire un metodo basato sul mercato ed efficiente in termini di costi, per ottenere valori di emissione ridotti a costi minimi - anche per quanto riguarda industrie ad alta intensità energetica;

·         lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili;

·         il tempestivo riesame da parte della Commissione della disciplina degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente, e di altri pertinenti strumenti comunitari in grado di dare incentivi, al fine di renderli più idonei a sostenere gli obiettivi comunitari in materia di energia e cambiamenti climatici.

Il pacchetto energia

La citata comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” presenta il riesame strategico della politica energeticadell’Unione europea e contiene un piano d’azione energetico articolato in dieci punti. Il “pacchetto energetico” così delineato è  inteso a creare le condizioni per il raggiungimento del nuovo obiettivo strategico, già richiamato, di  ridurre almeno del 20 %, entro il 2020,le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990, all’interno di un’azione internazionale volta a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 30% le emissioni di gas serra a livello globale.

Il riesame strategico intende definire una politica energetica forte ed efficace, capace di fornire soluzioni alle sfide poste dai cambiamenti climatici, dalla crescente dipendenza dalle importazioni e dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici, di fronte alle quali gli Stati membri sono sempre più interdipendenti.

Sulla base dei risultati della consultazione sul Libro verde “energia”[54], la comunicazione sottolinea che una politica energetica europea incentrata su un’azione immediata per ridurre i gas serra consentirebbe di ottenere un minor consumo energetico, di usare energia più pulita, di limitare la crescente esposizione della UE alla volatilità e al rialzo dei prezzi del petrolio e del gas, di creare un mercato energetico comunitario più competitivo e di stimolare l’innovazione tecnologica e l’occupazione.

Il piano d’azione contenuto nella comunicazionepresenta, in dieci punti, un primo pacchetto di misure che intendono contribuire a trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente e a basse emissioni di CO2. In particolare, l’UE dovrebbe assumere la leadership mondiale e catalizzare una nuova rivoluzione industriale che acceleri il passaggio ad una crescita economica con basse emissioni, aumentando drasticamente la produzione e il consumo di energia locale a basse emissioni.

La nuova politica energetica proporrà di integrare gli aspetti energetici di altre politiche e sarà aggiornata, ogni due anni, da una relazione della Commissione sul riesame strategico energetico.

Ricollegandosi alla comunicazione “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius”, già richiamata in precedenza, il “pacchetto energetico” riafferma la validità delmeccanismo di scambio dei diritti di emissione in quanto meccanismo chiave per incentivare le riduzioni di emissioni di carbonio e tale da poter essere utilizzato come base per le iniziative internazionali di lotta ai cambiamenti climatici.  La revisione del sistema per lo scambio delle quote di emissione viene quindi considerata fondamentale perconseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra fissati dal pacchetto energia.

Nuovi strumenti per la politica ambientale ed energetica

Nel quadro degli interventi previsti dal piano d’azione adottato dal Consiglio europeo di primavera, il 28 marzo 2007  la Commissione europea ha presentato un Libro verde sugli strumenti di mercato utilizzati a fini di politica ambientale ed energetica (COM (2007)140). Il documento ribadisce che strumenti di mercato quali il sistema scambio di emissioni, le  tasse ambientali e i sussidi mirati possono svolgere un ruolo importante nel conseguimento degli obiettivi di protezione del clima individuati dal Consiglio, scoraggiando le azioni indesiderabili e premiando i comportamenti positivi, come il risparmio energetico e le attività rispettose dell’ambiente, sia a livello comunitario che nazionale.

Il Libro verde intende, in particolare, aprire un confronto di opinioni in previsione della modifica della direttiva sulla tassazione dell’energia[55], invitando le altre istituzioni dell’UE, gli Stati Membri, le parti interessate e il pubblico a fornire, entro il 31 luglio 2007, le proprie osservazioni sul tema.

Future iniziative strategiche

Tra le iniziative strategiche previste dal Programma legislativo e di lavoro per il 2007, la Commissione preannunzia la presentazione del Libro verde sul cambiamento climatico dopo il 2012, su cui verrà avviata una consultazione pubblica. Il documento contribuirà ad individuare gli ambiti in cui è necessario intervenire a livello comunitario per favorire l’adeguamento dell’Unione europea alle sempre maggiori ripercussioni dei cambiamenti climatici.

Il Programma legislativo prevede, inoltre, a conclusione della consultazione sul Libro verde, la presentazione del  Libro bianco “Verso un programma europeo di adattamento al cambiamento climatico”. La Commissione, anche tenendo conto dei risultati della consultazione, individuerà le azioni specifiche da adottare in materia di adattamento ai cambiamenti. Parallelamente alle iniziative volte ad invertire il senso del processo di cambiamento climatico in corso attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra, la Commissione sottolinea la necessità di azioni urgenti per adattarsi ai cambiamenti previsti per la regione europea.

Entro la fine del 2007 la Commissione intende inoltre lanciare una consultazione sul contributo futuro del settore marittimo alla lotta contro il cambiamento climatico, in vista dell’eventuale inclusione dei trasporti marittimi per il 2011, nel sistema di scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra.

Attività del Parlamento europeo

In seguito alla comunicazione della Commissione “Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius – La via da percorrere fino al 2020 e oltre” (COM(2007)2) e in vista del Consiglio europeo di primavera, il Parlamento europeo, il 14 febbraio 2007, ha approvato una risoluzione che sottolinea l’urgenza di prendere iniziative concrete a livello mondiale per affrontare i cambiamenti climatici.

In particolare, il Parlamento ritiene che entro il 2050 la maggioranza del fabbisogno energetico dell’ Unione europea debba essere coperta da fonti prive di carbonio o con tecnologie prive di emissioni di gas serra, e invita la Commissione a fissare obiettivi in tal senso. Osservando come l’efficienza energetica possa influire positivamente sulla riduzione delle emissioni, la risoluzione sollecita interventi della Commissione e degli Stati membri in questo settore. In particolare, la Commissione è invitata a presentare proposte volte a porre rimedio all’attuale inefficienza di molte centrali elettriche, imponendo agli Stati membri di sfruttare l’energia rilasciata quale sottoprodotto della generazione di elettricità, mediante la tecnologia della cogenerazione di elettricità e calore.

Il Parlamento chiede inoltre lo sviluppo di trasporti pubblici più integrati ed ecologici che rispettino l’ambiente e le risorse naturali e misure vincolanti per tale settore, affinché consegua entro il 2020 riduzioni delle emissioni equivalenti a quelle degli altri settori (introduzione di imposte sul cherosene a livello dell’Unione europea e mondiale).

Il 21 maggio 2007 la dichiarazione scritta "sull'instaurazione di un'economia verde all'idrogeno e una terza rivoluzione industriale in Europa attraverso il partenariato con le regioni e le città, le PMI e le organizzazioni della società civile interessate", promossa tra gli altri dagli europarlamentari italiani Vittorio Prodi e Umberto Guidoni,ha raccolto la firma della maggioranza dei deputati[56] e sarà quindi trasmessa alla Commissione e agli Stati membri come posizione ufficiale del Parlamento europeo.

Notando come il riscaldamento globale e i costi dei combustibili fossili continuano ad aumentare, la dichiarazione rileva che «una visione post-energia fossile e post-energia nucleare dovrebbe costituire il prossimo progetto importante dell'Unione europea»; inoltre, si sottolinea che i 5 fattori chiave per l'indipendenza energetica sono: la massimizzazione dell'efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di gas che comportano un riscaldamento globale, l'ottimizzazione dell'introduzione su scala commerciale di energie rinnovabili, la messa a punto di una tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno per immagazzinare energie rinnovabili e la creazione di griglie di energia intelligente per distribuire l'energia stessa.

Per tali motivi, la dichiarazione invita le istituzioni dell'UE a perseguire entro il 2020 un incremento del 20% dell'efficienza energetica, a ridurre del 30% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2020 i gas ad effetto serra, a produrre entro il 2020 il 33% dell'elettricità e il 25% dell'energia globale ricorrendo a fonti di energia rinnovabile e a sviluppare una tecnologia di immagazzinamento delle celle a combustibile a idrogeno.

L'Unione europea è anche invitata a sviluppare altre tecnologie di immagazzinamento per usi portatili, impianti permanenti e fini di trasporto e a mettere a punto entro il 2025 in tutti i paesi membri dell'UE un'infrastruttura a idrogeno decentralizzata, dal basso verso l'alto. I deputati, infine, chiedono di rendere, entro il 2025, le griglie di energia «intelligenti ed indipendenti» in modo che le regioni, le città, le piccole e medie imprese e i cittadini possano produrre e condividere l'energia «con lo stesso accesso aperto che esiste attualmente per quanto concerne Internet».

Nella medesima data la Commissione Affari costituzionali del Parlamento Europeo ha approvato una proposta di risoluzione sulla roadmap per il processo costituzionale europeo (relatori on. Baron Crespo PSE-SP; on. Brok PPE-DE), nella quale si sottolinea la necessità di tenere in considerazione, nella discussione sul futuro del Trattato costituzionale, la definizione di un approccio comune e adeguati mezzi di azione in alcune aree prioritarie tra cui figura la lotta al cambiamento climatico. La proposta di risoluzione dovrebbe essere esaminata nella sessione plenaria del 6 giugno 2007, in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno.

Si segnala infine che il 6 e 7 novembre prossimi si terrà a Bruxelles una Conferenza interparlamentare sul cambiamento climatico, organizzata dal Parlamento europeo e dal Parlamento portoghese.

Commissione temporanea sul cambiamento climatico

Il 25 aprile 2007 il Parlamento europeo ha deliberato la costituzione di una commissione temporanea sul  cambiamento climatico. La durata dei lavori della commissione, composta da 60 deputati, dovrebbe essere di 12 mesi a partire da maggio 2007.

La commissione avrà i seguenti compiti:

·         formulare proposte sulla politica climatica integrata dell’Unione europea e coordinare la posizione del Parlamento europeo in relazione ai negoziati sulla   politica internazionale sui cambiamenti climatici post 2012;

·         analizzare e valutare i dati più recenti in materia di cambiamento climatico e proporre adeguate risposte politiche a tutti i livelli, tenendo conto dell’impatto finanziario e dei costi di un eventuale mancato intervento;

·         predisporre un inventario il più possibile completo dei nuovi e potenziali sviluppi nel campo della lotta al cambiamento climatico, così da fornire al Parlamento un’analisi dettagliata che lo metta in condizione di far fronte alle sue responsabilità politiche;

·         esaminare le implicazioni ambientali, legali, economiche, sociali, geopolitiche, regionali di questi nuovi  e potenziali sviluppi;

·         analizzare e valutare il recepimento della legislazione comunitaria in queste materie, prendendo a tal fine contatto e svolgendo audizioni con gli Stati Membri, i parlamenti e i governi di Stati terzi, le istituzioni europee e le organizzazioni internazionali, i rappresentati della comunità scientifica ed economica e della società civile, ivi incluse le autorità locali e regionali.

Il 22 maggio 2007 la Commissione temporanea ha tenuto la riunione costituente, in cui ha proceduto all’elezione del Presidente, il deputato italiano Guido Sacconi (Gruppo socialista al Parlamento europeo), e di tre dei quattro vicepresidenti. La prossima riunione è fissata per il 7 giugno.

Altre iniziative

Sistema UE di scambio di quote di emissione

Dal 1° gennaio 2005 è in vigore il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE, nell’ambito del quale gli Stati membri sono stati chiamati a presentare il piano nazionale di assegnazione relativo al periodo 2008-2012.

I piani nazionali di assegnazione fissano per ciascuno Stato membro il limite dei quantitativi totali di anidride carbonica che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema UE di scambio delle quote di emissione (EU ETS) e specificano il numero di quote di emissione di CO2 spettanti a ciascun impianto.

La Commissione, responsabile della valutazione dei piani nazionali proposti dagli Stati membri sulla base di 12 criteri indicati nella citata direttiva, può accettare un piano parzialmente o integralmente. I criteri di valutazione sono finalizzati a garantire, tra l’altro, che i piani siano coerenti: con il rispetto da parte della UE e degli Stati membri degli obiettivi del protocollo di Kyoto; con il livello reale delle emissioni accertate indicato dalla Commissione nelle relazioni annuali sullo stato di avanzamento; con le potenzialità tecnologiche di riduzione delle emissioni. Altri criteri di valutazione riguardano aspetti quali la non discriminazione, la concorrenza all’interno dell’UE e le norme sugli aiuti di Stato, oltre ché aspetti tecnici.

Il 15 maggio 2007 la Commissione ha concluso la valutazione del piano nazionale dell’Italia e lo ha accolto, a condizione che vi siano apportati alcuni cambiamenti. Il più importante di essi riguarda la riduzione del quantitativo totale di quote di emissione proposto: l’assegnazione annua autorizzata è infatti pari a 195,8 milioni di tonnellate di CO2, il 6,3% in meno di quanto proposto dall’Italia (vale a dire 209 milioni di tonnellate). Inoltre, secondo la Commissione:

Il 13 novembre 2006 la Commissione ha adottato, ai sensi dell’articolo 30 della direttiva 2003/87/CEE[57], una comunicazione sulla creazione di un mercato mondiale del carbonio, in cui si prevede una revisione del sistema di scambio di quote che dovrebbe essere applicato a partire dal 2013.

Gli assi portanti della revisione prevista dalla Commissione sono:

·         l’ampliamento del campo di applicazione del sistema ad altri settori, come quello dell’aviazione, nonché ad altri gas a effetto serra diversi dal CO2, come il protossido di azoto (N2O) indotto della produzione di ammoniaca e il metano prodotto da miniere di carbone;

·         l’armonizzazione del sistema per la tipologia degli impianti coperti dagli scambi di quote, per il trattamento da riservare ai nuovi impianti immessi sul mercato e a quelli che cessano l’attività;

·         un controllo rigoroso dell’applicazione del sistema attraverso l’elaborazione di indirizzi in materia di sorveglianza.

La comunicazione sottolinea la necessità che il sistema UE di scambio, inteso come strumento di mercato, sia semplificato ed ampliato per poter ridurre le emissioni di gas serra all’insegna dell’efficacia economica e far sì che funga da modello per sistemi analoghi in altre regioni del mondo.

La Commissione intende presentare la proposta di revisione della direttiva 2003/87/CE durante il secondo semestre 2007, al termine di un’ampia consultazione pubblica.

Impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici

Il 20 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/87/CE, al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas ad effetto serra (COM(2006)818.

La proposta di direttiva fa seguito ad una comunicazione del settembre 2005[58], nella quale la Commissione concludeva che il modo migliore per far fronte alle emissioni del settore aereo, da un punto di vista economico ed ambientale, era quello di includerlo nel sistema europeo di scambio delle quote di emissione. Questa posizione era stata successivamente avallata anche dal Consiglio e dal Parlamento europeo.

La proposta della Commissione intende garantire parità di trattamento a tutti gli operatori aerei, siano essi comunitari o stranieri. A partire dal 2011 rientreranno nel sistema tutti i voli nazionali ed internazionali effettuati tra aeroporti dell’UE e dal 2012 il sistema sarà esteso anche a tutti i voli internazionali in arrivo ed in partenza dagli aeroporti dell’UE. Per contenere il rapido aumento delle emissioni dovute al trasporto aereo, il numero totale delle quote di emissione assegnate sarà limitato ad un tetto massimo, pari al livello medio delle emissioni registrate nel periodo 2004-2006. Gli Stati membri potranno vendere all’asta una parte delle quote, ma la maggior parte di esse sarà rilasciata a titolo gratuito. La proposta di direttiva rientra in un approccio globale che punta ad affrontare il problema delle emissioni del trasporto aereo e che comprende anche attività di ricerca su tecnologie più pulite nonché una migliore gestione del traffico aereo.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è attualmente  all’esame, in prima lettura, della Commissione ambiente del Parlamento europeo, che dovrebbe concludere i propri lavori  il 3 ottobre 2007, in vista della sessione plenaria del  23 ottobre 2007. Sulla proposta di direttiva il Consiglio ha svolto un dibattito preliminare il 20  febbraio 2007.

Lo scambio di opinioni in seno al Consiglio ha contemplato principalmente le questioni seguenti :

Veicoli leggeri

Nel quadro degli obiettivi fissati dall’UE in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e di limitazione dell’aumento della temperatura globale, la Commissione ha rilevato la necessità di intervenire anche nel settore del trasporto su strada, che è il secondo settore dell’UE per emissioni di gas ad effetto serra ed uno dei pochi nei quali le emissioni continuano ad aumentare.

In tale contesto, il 7 febbraio 2007 la Commissione ha presentato le comunicazioni “Risultati del riesame della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri” (COM(2007)19) e Un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo”(COM (2007) 22).

Come sottolineato nelle due comunicazioni, la Commissione ha scelto un approccio integrato per perseguire l’obiettivo comunitario di ridurre le emissioni dei veicoli leggeri a 120 grammi di anidride carbonica per chilometro entro il 2012.Secondo la Commissione,tale obiettivo può essere raggiunto facendo leva su una combinazione di interventi dell'UE e degli Stati membri.

A questo scopo, la Commissione proporrà, se possibile già nel 2007 e al più tardi a metà del 2008, un quadro legislativo inteso a conseguire l'obiettivo indicato puntando a riduzioni obbligatorie delle emissioni di CO2 per raggiungere l'obiettivo di 130 g CO2/km per il nuovo parco auto medio, grazie a miglioramenti tecnologici apportati al motore dei veicoli, e ad un ulteriore abbattimento di 10 g CO2/km, o equivalente se tecnicamente possibile, grazie ad altri miglioramenti tecnologici e ad un maggiore uso dei biocarburanti. In particolare si tratterà delle seguenti misure:

·         definizione di requisiti minimi di efficienza per gli impianti di condizionamento;

·         installazione obbligatoria di sistemi precisi di controllo della pressione dei pneumatici;

·         definizione di limiti massimi di resistenza al rotolamento dei pneumatici applicabili nell'UE per i pneumatici delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri;

·         impiego di indicatori di cambio marcia, per stabilire in che misura i consumatori utilizzano questi dispositivi nelle condizioni reali di guida;

·         miglioramenti in termini di risparmio del carburante nei veicoli commerciali leggeri (furgoni), con l'obbligo di raggiungere l'obiettivo di 175 g CO2/km entro il 2012 e di 160 g CO2/km entro il 2015;

·         incremento dell'uso di biocarburanti, massimizzandone le prestazioni ambientali.

 Le comunicazioni sottolineano che, al di là del quadro legislativo, la strategia per abbattere ulteriormente le emissioni di CO2 dovrebbe anche promuovere un impegno supplementare per quanto riguarda gli altri mezzi di trasporto su strada (veicoli pesanti ecc.) da parte degli Stati membri (tassa sul CO2 e altri incentivi fiscali, appalti pubblici ecologici, gestione del traffico, infrastrutture, ecc.) e da parte dei consumatori (scelta informata al momento dell'acquisto, comportamento di guida responsabile ecc.).

Su tali proposte la Commissione ha avviato una consultazione pubblica rivolta a tutti i soggetti interessati, che si concluderà il 30 giugno 2007. La consultazione è intesa a raccogliere opinioni sull'attuazione della strategia proposta dalla Commissione, come pure contributi e idee delle parti interessate sulle diverse opzioni possibili per definire il futuro quadro legislativo, compresi gli aspetti economici, sociali e ambientali di tali opzioni.

Attività della Camera dei Deputati

Il 21 settembre 2006, in esito all’esame della relazione del Governo sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2005, la Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 6-00001 (on. Gozi e altri). Con riferimento alla politica ambientale, la risoluzione impegna il Governo “a seguire con particolare attenzione l'esame della strategia a medio e lungo termine sui cambiamenti climatici, considerando il delicato equilibrio che la tematica presenta tra le esigenze dì protezione ambientale e quelle del sistema produttivo, con particolare attenzione all'osservanza degli accordi di Kyoto e degli obiettivi di riduzione dei gas serra da essi prodotti”.

Per quanto riguarda la politica energetica, la risoluzione impegna il Governo “a sostenere la creazione di una reale politica energetica dell'Unione europea, anche in considerazione dell'importanza strategica e degli effetti positivi per il nostro Paese, centrata sulla promozione del risparmio, dell'efficienza energetica, delle fonti rinnovabili e dell'innovazione tecnologica nel settore” e  ad adoperarsi “affinché siano individuate in modo rapido ed adeguato le misure volte a dare attuazione ai tre obiettivi fondamentali: la sostenibilità, attraverso la diversificazione del mix energetico che deve poter tenere conto di tutte le diverse fonti di energia, la competitività, innanzitutto attraverso la piena realizzazione di un mercato interno dell'elettricità e del gas, la sicurezza dell'approvvigionamento”.

Procedure di infrazione

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[59],ex art 226 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), per non aver presentato, entro i termini previsti, la relazione richiesta ai sensi della Decisione 280/2004/CE relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto[60].

L’art 3(1) della decisione, infatti, prevede l’obbligo per gli Stati membri di presentare, entro il 15 gennaio di ogni anno, una relazione contenente i dati sulle emissioni di gas ad effetto serra, per consentire alla Commissione la valutazione dei progressi effettivi e la preparazione delle relazioni annuali sulle emissioni comunitarie, in applicazione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto.


Documentazione allegata


CAMERA DEI DEPUTATI - XV LEGISLATURA

Resoconto della VIII Commissione permanente

(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

 

Mercoledì 28 febbraio 2007

 

 


 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Mercoledì 28 febbraio 2007. - Presidenza del presidente Ermete REALACCI.

La seduta comincia alle 14.05.

Sulla missione a Washington in occasione del Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 sui cambiamenti climatici (14-15 febbraio 2007).

Ermete REALACCI, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Comunica, quindi, che una delegazione della VIII Commissione, composta dai deputati Francescato e Mereu (designati dal Presidente della Camera su indicazione dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi), si è recata a Washington, dal 14 al 15 febbraio 2007, per partecipare al Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 sui cambiamenti climatici. Fa presente che, in esito allo svolgimento della missione, i deputati Francescato e Mereu hanno depositato una relazione finalizzata ad illustrare alla Commissione l'andamento dei lavori del Forum (vedi allegato 1), unitamente alla dichiarazione finale approvata dai partecipanti all'iniziativa, sia nella versione in lingua originale (vedi allegato 2), sia in una traduzione non ufficiale in lingua italiana (vedi allegato 3). Ritiene, peraltro, che l'odierna discussione sulle comunicazioni in titolo e la documentazione depositata possano costituire utili elementi di integrazione della base conoscitiva a disposizione della Commissione ai fini della predisposizione della prevista relazione all'Assemblea, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici.

Grazia FRANCESCATO (Verdi), nel ringraziare per la disponibilità e la collaborazione all'organizzazione dell'evento sia la presidenza della Commissione sia gli uffici della Camera, con particolare riferimento alle strutture che si occupano delle relazioni internazionali, illustra i principali elementi emersi dal Forum di Washington, nato dall'iniziativa britannica del luglio 2005 e che già prevede una prossima tappa a Berlino, sotto il patrocinio della Presidenza tedesca. Osserva che l'incontro ha registrato la partecipazione di rappresentanti del mondo politico, ma anche di esperti, tecnici e, soprattutto, economisti, il che ha consentito di conferire al Forum un taglio di forte integrazione tra il tema dei cambiamenti climatici - che costringe tutti a riflettere sull'attualità dei rischi che il pianeta corre - e le prospettive di natura economica ad esso collegate. In tal senso, fa presente che il «punto chiave» emerso da tale iniziativa interparlamentare è costituito dalla chiara svolta intrapresa dagli Stati Uniti sul problema dei cambiamenti climatici, che ha visto - in una logica assolutamente bipartisan, fatte salve talune limitate eccezioni - la trasformazione di questo problema in una nuova priorità della politica nazionale; gli Stati Uniti, infatti, pur ribadendo la volontà di non partecipare agli attuali meccanismi del Protocollo di Kyoto, hanno tuttavia acquisito la consapevolezza che il problema del Climate Change esiste, manifestando la decisa intenzione di assumere la leadership mondiale di questo nuovo corso. In questa logica, peraltro, va letta - a suo avviso - la partecipazione all'iniziativa dell'ex candidato democratico alle ultime elezioni presidenziali, senatore Kerry, che ha fornito una visione molto preoccupata circa l'urgenza di intervenire in questo settore; allo stesso tempo, segnala l'opportunità di riflettere sulle dichiarazioni del Presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, in passato un «falco» della politica america, che si è soffermato sui costi economici dell'inazione a fronte del fenomeno del cambiamento climatico ed ha annunciato che la Banca Mondiale sta studiando misure volte a sostenere le economie dei Paesi in via di sviluppo che coniughino lotta alla povertà ed efficienza energetica.

Sottolinea che un altro punto politico di rilievo emerso dal Forum è rappresentato dalla intenzione di Cina, India e Brasile di puntare sullo sviluppo sostenibile e sull'energia pulita, a condizione che - in questo percorso - siano forniti dai Paesi industrializzati i necessari strumenti per il sostegno allo sviluppo tecnologico e all'adattamento del sistema energetico e produttivo. L'incontro interparlamentare, inoltre, ha registrato una chiara posizione dell'Unione europea, non soltanto attraverso il deciso intervento in videoconferenza della Cancelliera tedesca Angela Merkel, ma anche mediante le dichiarazioni rese dal Commissario europeo per l'ambiente. Evidenzia, infine, che un punto nodale del Forum è stato rappresentato da quello che definisce un «tentativo di matrimonio» tra ambiente ed economia, nel cui ambito sono stati segnalati i potenziali effetti che il ruolo del settore economico può produrre sui cambiamenti climatici, unitamente alle opportunità che lo stesso sviluppo sostenibile può presentare per il mondo del business.

In conclusione, ritiene che la dichiarazione finale che il Forum dei legislatori ha adottato al termine dei lavori sia sufficientemente forte da costituire una buona base di riflessione per i Governi dei Paesi interessati e per lo sviluppo delle future azioni che i Parlamenti nazionali possono porre in essere per affrontare nelle giuste dimensioni il problema dei cambiamenti climatici.

Antonio MEREU (UDC), nell'associarsi ai ringraziamenti già formulati dal deputato Francescato e nel rinviare alla sua esposizione in ordine all'andamento dei lavori del Forum dei legislatori di Washington, ritiene che la missione sia stata particolarmente utile anche per rilanciare un confronto politico a livello nazionale. Rileva, quindi, che la nuova posizione che sembra emergere dagli indirizzi illustrati dai rappresentanti degli Stati Uniti porta a rafforzare l'attenzione sul problema dei cambiamenti climatici, ponendo alla base dell'analisi su tale tema il riconoscimento dell'insostenibilità di uno sviluppo produttivo che non sia adeguatamente governato. Fa presente, peraltro, che il dibattito in sede internazionale ha dimostrato come gli interventi sui fattori climatici possano rappresentare anche un importante terreno di dialogo comune tra Paesi sviluppati e Paesi collocati in aree di crisi internazionale, contribuendo a rafforzare una cooperazione in grado di favorire la possibile pacificazione di determinate situazioni di conflitto.

Osserva inoltre che la richiesta, proveniente dai Paesi in via di sviluppo, di aiuto per l'adattamento tecnologico del sistema energetico, da affrontare con realismo, può rappresentare un modello applicabile anche a specifiche situazioni esistenti sul territorio nazionale, come ad esempio la Sardegna, nella quale esiste un problema concreto legato alle nuove prospettive di utilizzo della risorsa carbonifera. Su questi temi, a suo giudizio, occorre ragionare in Parlamento e nel Paese, in uno spirito di confronto aperto e collaborativo, tenendo presente che, accanto alle ragioni dell'ambientalismo, esiste anche l'esigenza di garantire il benessere delle popolazioni; il segnale politico prioritario che emerge dal Forum interparlamentare, infatti, è costituito dall'invito a dialogare senza atteggiamenti di antagonismo ideologico ed in un'ottica di comprensione globale di tutti i fattori coinvolti.

In ragione delle considerazioni espresse, segnala la necessità di dare certezza alla legislazione nazionale in campo ambientale, evitando di produrre continui cambiamenti nella disciplina normativa della materia. Solo così, a suo giudizio, si creano i necessari presupposti per l'avvio di una politica credibile in materia di cambiamenti climatici, che sia in grado di garantire una effettiva stabilità delle regole per le imprese cheinvestono nel settore. Ritiene che, in questa logica, lo stesso Forum di Washington possa rappresentare una solida base per lo sviluppo della futura attività della Commissione, in un quadro che individui soluzioni unitarie ed ispirate al dialogo e al confronto politico.

Aurelio Salvatore MISITI (IdV), nell'esprimere apprezzamento per la relazione depositata dai deputati Francescato e Mereu, segnala altresì l'esigenza di mantenere un atteggiamento prudente e, se del caso, critico su taluni degli elementi che emergono nelle sedi internazionali. In particolare, giudica essenziale che le riflessioni sugli aspetti economici legati ai cambiamenti climatici non trascurino il rischio, certamente attuale, di un approfondimento del gap tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, sostenendo conseguentemente di non poter concordare - sotto questi profili - con gli interventi sinora svolti. Dichiara, inoltre, di non condividere le previsioni di lungo periodo basate su modelli astratti, che sono fortemente suscettibili di creare previsioni errate; al contrario, ritiene necessario procedere con interventi mirati per la riduzione delle emissioni, senza farsi trascinare dai pericolosi richiami che, negli ultimi periodi, stanno provenendo dal mondo economico.

Grazia FRANCESCATO (Verdi), intervenendo per una precisazione, intende riconoscere l'opportunità di procedere con prudenza sugli scenari futuri. Giudica al contempo necessario, peraltro, che vi sia la massima consapevolezza degli esatti termini del problema, affinché si possa intervenire prontamente per la soluzione dei rischi attuali ed urgenti; in tal senso, ritiene che la strada indicata dalla dichiarazione finale adottata dal Forum dei legislatori sia quella giusta.

Ermete REALACCI, presidente, osserva preliminarmente che il dibattito mondiale sul tema dei cambiamenti climatici si è spostato da una riflessione sull'esistenza o meno del fenomeno ad una analisi della quantificazione della consistenza del fenomeno stesso, che ormai tutti accettano come reale. A questo punto, pertanto, occorre che la politica si faccia carico di questi sviluppi e proponga le più adeguate soluzioni. Per tali motivi, ritiene che anche la missione a Washington abbia dimostrato l'utilità della partecipazione a questi incontri internazionali, al fine di riportare in Parlamento le riflessioni su problemi di forte attualità.

Nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara quindi conclusa la discussione sulle comunicazioni in titolo.

La seduta termina alle 14.30.



ALLEGATO 1

Missione a Washington in occasione del Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 sui cambiamenti climatici (14-15 febbraio 2007).

RELAZIONE DEPOSITATA DAI DEPUTATI FRANCESCATO E MEREU

Dal 14 al 15 febbraio 2007 si è tenuto a Washington, presso la sede del Senato americano, il Secondo Forum dei legislatori del Dialogo sul cambiamento climatico dei Paesi G8+ 5. Il G8 + 5 è un Dialogo a livello parlamentare sui cambiamenti climatici che vede coinvolti rappresentati legislativi dei paesi del G8 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti) insieme a 5 paesi in fase di avanzato sviluppo (Cina, India, Messico, Brasile e Sud Africa). Il Dialogo si pone l'obiettivo di discutere un accordo sui cambiamenti climatici «post 2012», ovvero successivo alla prima scadenza del Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni dei gas serra, al fine di stabilire la più ampia convergenza sugli obiettivi ambientali a livello mondiale.

In tale prospettiva, il Dialogo intende concludere i propri lavori presentando una piattaforma comune sul cambiamento climatico al vertice dei Capi di Stato del G8 che si terrà in Giappone nel 2008.

L'iniziativa, promossa dall'Organizzazione globale dei legislatori per l'equilibrio ambientale (Globe), avente sede presso il Parlamento inglese (House of Commons), con il patrocinio della Banca mondiale, è stata lanciata a seguito del Dialogo a livello governativo (a sua volta voluto dal Premier britannico Tony Blair), cui si è dato avvio con l'approvazione, al Vertice G8 di Gleneagles del luglio 2005, del Piano d'azione del G8 su cambiamenti climatici, energia pulita e sviluppo sostenibile.

Il primo Forum si era tenuto a Bruxelles dal 7 al 9 luglio 2006 e si era concluso con una dichiarazione finale rivolta ai Capi di Stato del G8 di San Pietroburgo dello scorso luglio, al Presidente della Banca Mondiale e al Direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale dell'energia (IEA). Successivamente, il 26 ed il 27 ottobre 2006, si è svolta a Pechino la riunione dei quattro gruppi di lavoro (sviluppo e trasferimento di tecnologia; meccanismi di mercato ed economia; adeguamento e risposta al cambiamento climatico; uso efficiente delle risorse energetiche) finalizzata a predisporre la base di lavoro per il Forum di Washington. A nessuno dei due eventi, al termine dei quali è stata espressa l'esigenza di inserire il cambiamento climatico come priorità nell'agenda dei lavori del G8 sia per il 2007 (presidenza tedesca), sia per il 2008 (presidenza giapponese), nonché di inserirlo nell'ambito dei Millenium goal dell'UNDP (United Nations Development Programme), la Camera dei Deputati aveva potuto partecipare perché impegnata nei lavori parlamentari.

Il Forum di Washington, al quale hanno preso parte sessantaquattro parlamentari, provenienti da tutti i paesi G8+5, ed otto parlamentari europei, aveva l'obiettivo di presentare una piattaforma comune sul cambiamento climatico al prossimo Vertice del G8, che si terrà a Heiligendamm, in Germania, nel giugno 2007, sotto la Presidenza tedesca.

La Camera dei Deputati era rappresentata dagli onorevoli Grazia Francescato, del Gruppo dei Verdi, per la maggioranza, che fa parte dell'Advisory Board (di cui fanno parte tutti i paesi del G8+5 ed è responsabile della direzione strategica del dialogo), ed Antonio Mereu, del Gruppo dell'UDC, per l'opposizione. Invece, la delegazione del Senato della Repubblica, composta dai senatori Mario Baccini, del Gruppo dell'UDC, Vice Presidente del Senato, membro della III Commissione Affari esteri e della XIV Commissione Politiche dell'Unione europea, e Edo Ronchi, del Gruppo dell'Ulivo, Vice Presidente della XIII Commissione Territorio, Ambiente, Beni ambientali, non ha potuto partecipare al Forum. Infine, va segnalata la presenza nella delegazione del Parlamento europeo del parlamentare italiano Vittorio Prodi.

Il Forum di Washington, che poneva come punto di partenza della discussione le conclusioni della relazione del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change), pubblicata il 2 Febbraio 2007, che ha accertato - con una probabilità del 95 per cento - come siano state le attività dell'uomo condotte dalla rivoluzione industriale ad oggi a determinare il riscaldamento del pianeta, è stato caratterizzato da due aspetti di particolare importanza nella politica riguardo al cambiamento climatico.

Il primo è rappresentato dal radicale mutamento nell'orientamento americano rispetto al cambiamento climatico. Sono infatti intervenuti al Forum parlamentari di primo piano quali il senatore repubblicano John McCain, in corsa per le Presidenziali del 2008, il senatore John Forbes Kerry, candidato per i democratici alle Presidenziali del 2004, il senatore democratico Joe Lieberman, Presidente della Commissione per la Sicurezza nazionale, la senatrice democratica Barbara Boxer, Presidente della Commissione Ambiente del Senato americano, il senatore democratico Jeff Bingaman, Presidente della Commissione Energia e Risorse naturali, il senatore democratico Joe Biden, Presidente della Commissione Affari esteri, ma anche la repubblicana Olympia Snowe, della Commissione Finanze, e il deputato democratico Jay Inslee; tutti hanno manifestato l'intenzione di mutare orientamento riguardo al cambiamento climatico, che rappresenterebbe una priorità assoluta per il Paese, rispetto alla quale gli USA intenderebbero assumere la leadership mondiale. Lo stesso senatore McCain ha definito il cambiamento climatico una questione di interesse nazionale. Unica voce fuori dal coro è stata quella del senatore repubblicano Larry Craig, che ha dichiarato il Protocollo di Kyoto morto. I parlamentari americani hanno richiamato anche i contenuti della mozione Bingaman, che dovrà essere sottoposta al voto del Senato americano, e hanno ricordato come gli USA con solo il 5 per cento della popolazione mondiale siano responsabili per il 20 per cento dell'effetto serra e come si sia ormai raggiunta una massa critica scientifica che impone di prendere urgentemente dei provvedimenti, dal momento che il fattore tempo non gioca a favore. La rilevanza della questione deve indurre ad assumere accordi bypartisan, lanciando un piano per una strategia comune, un piano globale che contempli, da un lato, incentivi fiscali alle imprese per favorire il risparmio energetico, dall'altro, stanziamenti significativi nella ricerca sulle fonti energetiche al fine di diminuire la dipendenza dell'economia statunitense dai carburanti fossili. Si è inoltre ricordato il caso della California, Stato virtuoso dal punto di vista energetico.

Il secondo passaggio di particolare rilievo politico è stato rappresentato dalla posizione in merito ai GHG (greenhouse gas) dell'Europa. A riguardo è intervenuta in videoconferenza la Cancelliera tedesca Angela Merkel, che presiederà il vertice G8 di Heiligendamm di giugno. La Merkel, che insieme a Tony Blair sostiene il Forum sui cambiamenti climatici, ha dichiarato che studierà le conclusioni del Forum ed ha ricordato come la questione del cambiamento climatico abbia rappresentato una priorità già al Forum economico mondiale di Davos del gennaio scorso. Già nella primavera 2007 l'Unione europea dovrà sviluppare un programma post 2012 per i paesi industrializzati. In tale prospettiva, il conseguimento dell'obiettivo posto dall'Unione europea di prevedere interventi volti a fare in modo che la temperatura mondiale non aumenti più di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali è il primo risultato da conseguire e la riduzione delle emissioni di CO2 nei Paesi UE del 20 per cento da qui al 2020, il primo passo da compiere. Tre sono gli elementi chiave che possono portare al conseguimento di tali risultati: un aumento globale dell'efficienza energetica; un sempre maggiore ricorso alle energie rinnovabili; l'utilizzo di incentivi economici. Anche per la Merkel, come già per i senatori americani, il sostegno di nuove politiche energetiche creerà nuovi mercati, nuovi incentivi produttivi e, infine, nuovi posti di lavoro.

È quindi intervenuto il Commissario europeo per l'ambiente Stravos Dimas, che ha ricordato come il cambiamento climatico fosse il punto più importante del Forum di Davos. Ha richiamato la risoluzione del Parlamento europeo che prevede la riduzione delle emissioni in tutti i paesi industrializzati del 30 per cento in comparazione con il livello di emissioni del 1990 entro il 2020 al fine di conseguire una riduzione tra il 60 ed l'80 per cento entro il 2050. Si tratta di una decisione unilaterale dell'Unione europea che verrà discussa dal Consiglio nella prossima primavera. L'obiettivo che si intende perseguire a livello mondiale è quello di conseguire una riduzione di gas serra del 50 per cento nei paesi in via di sviluppo e tra il 60 e l'80 per cento nei paesi sviluppati. Ovviamente per far ciò ci vuole un accordo mondiale. I paesi industrializzati devono dare l'esempio perché nel 2020 i paesi in via di sviluppo influiranno sulla produzione di gas serra più dei paesi OCSE. I mezzi per conseguire tali obiettivi sono: in primo luogo, l'uso del mercato, attraverso il sistema di scambio di emissioni, che può diventare il nucleo portante; in secondo luogo, lo sviluppo della ricerca; in terzo luogo la lotta alla deforestazione, che contribuisce circa per il 20 per cento all'aumento del GHG.

Anche la Cina, l'India ed il Brasile hanno manifestato l'intenzione di puntare quanto più possibile su forme di energia pulita e di favorire lo sviluppo sostenibile. Inoltre, hanno sostenuto la necessità di azioni congiunte tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo dirette soprattutto al trasferimento di tecnologia. Il Giappone e la Cina, ad esempio, hanno già iniziato una collaborazione finalizzata al risparmio energetico. La priorità per queste economie rimane pur sempre la lotta alla povertà (risulta, ad esempio, che in Cina si stia costruendo una centrale a carbone di vecchio tipo alla settimana). In generale, le azioni da intraprendere per contrastare il cambiamento climatico dovranno tener conto delle diverse caratteristiche che distinguono le economie sviluppate, quelle in via di sviluppo e quelle povere. Da un lato, infatti, occorre riconoscere il bisogno di crescita economica e di accesso all'energia per alleviare la povertà, dall'altro, bisogna tuttavia considerare che, per ogni anno di ritardo nell'azione di controllo delle emissioni, aumenta il rischio di impatti che richiederanno riduzioni più drastiche nel futuro, con costi economici più alti e maggiori squilibri sociali. Impatti che saranno probabilmente esacerbati da meccanismi di feedback paralleli al riscaldamento del clima.

In particolare, è stata esposta dalla senatrice Serys Sihessarenko, prima, e dal deputato Antônio Palocci Filho, ex ministro delle finanze del Brasile nel periodo 2003-2006, poi, l'esperienza brasiliana nel campo dei biocombustibili ricavati dalla canna da zucchero.

Il Forum di Washington si segnala anche per alcuni interventi di carattere maggiormente tecnico di particolare rilievo.

Tra questi si richiama, in primo luogo, quello di Sir Nicholas Stern, economista ed attuale consigliere del Governo britannico, coordinatore del famoso rapporto, il quale ha ricordato come nel rapporto da lui redatto si evidenzi chiaramente che i costi dell'inazione saranno di gran lunga superiori a quelli dell'azione. Da qui la necessità di un'azione urgente per ridurre le emissioni, che rappresenta l'unico modo per garantire una crescita a lungo termine di tutte le economie-sviluppate, emergenti e povere. Infatti, secondo il rapporto Stern il costo degli effetti del cambiamento climatico fa supporre una caduta del PIL mondiale tra il 5 per cento ed il 20 per cento, mentre l'attuazione di misure finalizzate ad evitare un aumento di più di due gradi centigradi della temperatura media comporta in termini di costi una cifra pari all'1 per cento del PIL mondiale. L'obiettivo deve consistere nello stabilizzare le emissioni ad un livello compreso tra 450 e 550 parti per milione di equivalente di CO2, non essendo ipotizzabile una stabilizzazione ad un livello superiore al 550, pur riconoscendo che il conseguimento dell'obiettivo posto dall'Unione europea dell'aumento di 2 gradi Celsius richiederebbe una stabilizzazione al livello più basso di questa scala. Secondo Stern, la riduzione del CO2 è un costo che il mondo sviluppato si deve assumere e gli strumenti per conseguire tale risultato sono: un accordo sul versante degli scambi internazionali che intervenga anche sul prezzo del carbonio; lo sviluppo della tecnologia; l'arresto delle deforestazione. Al riguardo ha rilevato che in Cina, ad esempio, si sta rimboschendo e che le auto americane non si vendono in quel paese perché non corrispondono alle norme in vigore. Uno strumento al quale si potrebbe fare ricorso, secondo il professor Stern, potrebbe essere la tassa sull'esportazione di prodotti ad uso intensivo di energia.

Per conseguire questo complesso di obiettivi sarebbe necessaria una combinazione di vincoli inseriti in un contesto garantito dalle Nazioni Unite e siglati da tutte le principali economie, insieme ad un partenariato bilaterale e multilaterale, che riconosca la responsabilità dei paesi sviluppati ad assumere al guida.

Il professor Hans Joachim Schnellnhuber, direttore del Potsdam Institute e consigliere capo del Governo tedesco per la Presidenza G8 sul Cambiamento climatico, ha riferito in merito agli studi svolti dal Potsdam Institute in questi anni ed ha segnalato che, sulla base delle ricerche effettuare finora, se il pianeta continuerà a riscaldarsi a questi ritmi, si produrranno i seguenti effetti: 1) la foresta amazzonica rischia di scomparire entro la fine del secolo in ragione del cambiamento delle piogge tropicali; 2) la barriera corallina scomparirà nel 2050; 3) la calotta polare scomparirà entro cinquant'anni, il che a sua volta provocherà un quarto effetto, vale a dire un considerevole innalzamento del livello dei mari, ed un quinto effetto, la acidificazione degli oceani. Inoltre, tutti questi fenomeni potrebbero determinare una spirale degenerativa i cui effetti devastanti per il pianeta non sono preventivabili da parte degli studiosi. Anche limitare l'aumento a due gradi può essere eccessivo per alcuni valori. Ad ogni modo per arrivare ad un incremento di 2 gradi centigradi della temperatura occorre ridurre dell'80 per cento le emissioni di CO2 rispetto ai valori attuali.

Lars Josefsson, del CEO Vattenfall Group e consigliere capo del Governo tedesco per la Presidenza G8 sul Cambiamento climatico, ha richiamato il rapporto ONU sul cambiamento climatico e ha sostenuto la necessità di porre un prezzo alle emissioni.

Lo stesso Presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, si è soffermato sui costi economici dell'inazione a fronte del fenomeno del cambiamento climatico ed ha annunciato che la Banca Mondiale sta studiando misure volte a sostenere le economie dei Paesi in via di sviluppo che coniughino lotta alla povertà ed efficienza energetica.

Sono inoltre intervenuti esponenti del mondo finanziario ed imprenditoriale, quali Richard Branson, proprietario della Virgin, Rick Lazio, vicepresidente esecutivo della JP Morgan Chase, Jim Rogers della Duke/Cinergy e Roger Fergusson, della Swiss Re Amercia Corp.

Da tutti i partecipanti è stato ribadito il ruolo vitale delle tecnologie e dell'innovazione. L'Agenzia Internazionale per l'Energia calcola che nel 2050 la maggior parte dell'energia del mondo probabilmente continuerà a provenire ancora dagli idrocarburi insieme al supporto delle energie rinnovabili, dei biocarburanti sostenibili e delle tecnologie finalizzate all'efficienza energetica. Ne deriva la particolare importanza di tecnologie come la cattura e l'immagazzinamento del carbonio (CCS) per decarbonizzare i combustibili fossili. Il modo più efficace e potente per stimolare gli investimenti privati nella ricerca, nello sviluppo e nell'utilizzo delle tecnologie nuove e di quelle esistenti consiste nell'adottare politiche che fissino a lungo termine un valore di mercato per le emissioni di gas serra. La determinazione di un prezzo globale del carbonio stimolerà una rivoluzione tecnologica e l'adozione di misure di efficienza energetica, con compensi per le imprese che per prime svilupperanno tecnologie avanzate, e aiuterà a fornire incentivi per ridurre la deforestazione. Tuttavia, il prezzo del carbonio è necessario ma non sufficiente. Si devono realizzare forme di partenariato pubblico-privato per sostenere programmi di ricerca e di sviluppo che portino nuove tecnologie al mercato. È inoltre necessario intervenire maggiormente sul versante della cooperazione internazionale per favorire il trasferimento delle tecnologie esistenti. Gran parte degli interventi hanno altresì ribadito che l'efficienza energetica è il modo più vantaggioso sul piano economico per ridurre le emissioni di gas serra. Si è, inoltre, prestata attenzione alla questione dell'adeguamento agli inevitabili impatti del cambiamento climatico. La Banca Mondiale calcola infatti che questo fenomeno richiederà un'ulteriore somma compresa tra i 10 e i 40 miliardi di dollari l'anno. Si è evidenziato che, se non si interverrà subito per ridurre le emissioni, questa cifra aumenterà in modo impressionante e si determineranno gravi impatti sulla sanità pubblica e sulla disponibilità di risorse, inclusa l'acqua. Si è concordato nel ritenere che l'adeguamento deve riguardare primariamente le politiche di sviluppo e dovrebbe essere legato agli Aiuti per lo Sviluppo d'Oltremare (Overseas Development Aid) e dovrebbe essere sostenuto da meccanismi finanziari integrati.

Nella seconda giornata di lavoro si sono esaminate ed approvate le conclusioni cui sono giunti i quattro gruppi di lavoro, coordinati, il primo - Sviluppo e Trasferimento di Tecnologia, dall'eurodeputato svedese Anders Wiman, il secondo - Meccanismi di Mercato ed Economia, dal parlamentare inglese Stephen Byers, il terzo - Adeguamento al cambiamento climatico, dal parlamentare indiano Suresh Prabhu, ed il quarto - Uso efficiente delle risorse energetiche, dal parlamentare giapponese Yosuke Shinoda.

Più specificamente, il primo gruppo di lavoro - Sviluppo e Trasferimento di Tecnologia, ha incentrato la propria attenzione sugli strumenti normativi e politici per agevolare la produzione di energie a bassa emissione, sia nei paesi sviluppati che nei paesi in via di sviluppo, evidenziando gli ostacoli che si riscontrano allo sviluppo delle energie pulite e valorizzando le soluzioni più idonee a superarli, con particolare attenzione alla partnership pubblico-privato. Una particolare attenzione è stata data all'esigenza di conciliare la riduzione dei gas nocivi con il fabbisogno energetico e le priorità economiche e sociali di molti paesi in via di sviluppo e di intensificare le politiche per il trasferimento tecnologico.

Il secondo gruppo di lavoro - Meccanismi di Mercato ed Economia, ha incentrato la propria attenzione sugli strumenti finanziari e fiscali per incentivare il mercato e le imprese a investire sulle tecnologie pulite. In particolare, sono stati illustrati i vantaggi e le criticità dei cdm (clean development mechanism), il sistema che permette alle imprese dei paesi sviluppati con vincoli di emissione di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione, generando crediti di emissione che potranno essere utilizzati per l'osservanza degli impegni previsti dal protocollo di Kyoto.

Il terzo gruppo di lavoro - Adeguamento al cambiamento climatico, ha affrontato il problema dell'impatto del cambiamento climatico sul contesto economico e sociale degli stati nazionali, in particolare nei paesi meno sviluppati, e delle relative politiche di adattamento. In particolare, si è rilevato che l'aumento costante della temperatura sta gravemente compromettendo in alcune aree del mondo gli obiettivi di sviluppo e di riduzione della povertà. Gli interventi hanno sottolineato soprattutto la necessità dell'informazione per aumentare la consapevolezza dei rischi del cambiamento climatico nei decisori politici, nelle imprese e nella società civile al fine di facilitare le azioni di adattamento e di mitigazione dei fenomeni estremi.

Il quarto gruppo di lavoro - Uso efficiente delle risorse energetiche, ha ribadito che il risparmio energetico è uno dei fattori chiave per facilitare la riduzione delle emissioni nocive. Sono state illustrate alcune linee di azione che i parlamenti possono intraprendere in questo campo sia dal lato dell'offerta che dal lato della domanda. In particolare: la razionalizzazione dell'utilizzo delle energie inquinanti, la diffusione di prodotti energetici basati sul risparmio, la diffusione di un sistema di trasporti pubblico non inquinante, standard edilizi sostenibili e via seguitando.

A conclusione del Forum di Washington è stata approvata una dichiarazione finale nella quale si chiede ai Governi dei Paesi del G8 e a quelli del +5 di concordare, nel Vertice G8 di Heiligendamm, sugli aspetti chiave di un quadro post 2012 e di richiedere che i negoziati globali su tale quadro includano: obiettivi a lungo termine per i Paesi sviluppati; obiettivi adeguati per le economie in via di sviluppo; incentivi per misure volte a ridurre la deforestazione; incentivi per politiche e misure di sviluppo sostenibili nei Paesi in via di sviluppo; programmi concentrati sulla formazione di capacità, sull'accesso alle tecnologie e sugli incentivi economici - per aiutare i Paesi in via di sviluppo a investire in tecnologie più efficienti e a basso impiego di carbonio; per i Paesi in via di sviluppo più vulnerabili, un crescente accesso ai dati sul clima, ricerca cooperativa sulle tecnologie chiave per l'adeguamento in agricoltura e salute, dando la priorità alla prevenzione dei disastri e migliorando la capacità di far fronte alla variabilità climatica.


 

ALLEGATO 2

Missione a Washington in occasione del Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 sui cambiamenti climatici (14-15 febbraio 2007).

DICHIARAZIONE FINALE (IN LINGUA ORIGINALE)


ALLEGATO 3

Missione a Washington in occasione del Forum dei legislatori dei Paesi del G8+5 sui cambiamenti climatici (14-15 febbraio 2007).

DICHIARAZIONE FINALE (TRADUZIONE NON UFFICIALE)

DICHIARAZIONE DEL FORUM DEI LEGISLATORI DI WASHINGTON 14-15 FEBBRAIO 2007

1. Mai come ora, a seguito della pubblicazione della relazione del Gruppo di Lavoro 1 del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici e della Revisione Stern, comprendiamo gli aspetti scientifici ed economici dei cambiamenti climatici. In quanto rappresentanti dei parlamenti di Paesi che producono circa due terzi delle emissioni globali di gas serra, sottoponiamo all'attenzione dei leader dei Paesi G8+5 la seguente dichiarazione:

2. La relazione del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, pubblicata il 2 febbraio 2007, conclude che è stato accertato - con una probabilità superiore al 90 per cento - che le attività dell'uomo condotte dal 1750 hanno determinato il riscaldamento del pianeta. A nostro avviso le prove che l'uomo stia cambiando il clima sono attualmente inoppugnabili.

3. Oggi è anche chiaro che i costi dell'inazione saranno superiori a quelli dell'azione. Vi è la necessità di un'azione urgente per ridurre le emissioni: questo sarebbe l'unico modo sicuro per garantire una crescita sostenibile di tutte le economie.

4. Ogni anno di ritardo nell'azione di controllo delle emissioni aumenta il rischio di impatti che richiederanno riduzioni più drastiche nel futuro, con costi economici più alti e maggiori squilibri sociali. Tali impatti saranno probabilmente aggravati da meccanismi di «feedback positivo» paralleli al riscaldamento del clima.

5. Le azioni intraprese per contrastare i cambiamenti climatici devono tener conto delle diverse caratteristiche che distinguono le economie sviluppate, quelle in via di sviluppo e quelle povere, riconoscendo le necessità di crescita economica e di accesso all'energia al fine di alleviare la povertà. Ma dobbiamo ricordare che i cambiamenti climatici sono una questione globale e tutti noi abbiamo l'obbligo di fare qualcosa in base alle nostre capacità e responsabilità storiche.

6. Sottolineiamo l'importanza dell'azione non solo per aumentare la sicurezza climatica, ma per aumentare la nostra sicurezza energetica, migliorare la qualità dell'aria e la nostra salute, sostenere la biodiversità.

7. Ormai sappiamo che disponiamo oggi delle tecnologie per ridurre le nostre emissioni, con le misure politiche giuste e i giusti incentivi. Per muoverci in modo informato e mirato abbiamo bisogno di generare un consenso internazionale sulle misure necessarie per stabilizzare il clima. Chiediamo ai governi dei Paesi G8+5 di individuare, al vertice G8 di Heiligendamm, un obiettivo a lungo termine - misurabile - per stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera. Riteniamo che tale obiettivo debba consistere nello stabilizzare le concentrazioni a un livello compreso tra 450 e 550 parti per milione di CO2 equivalente, nella consapevolezza che l'obiettivo di 2 gradi Celsius della UE richiederebbe una stabilizzazione sul valore più basso di questa fascia.

8. Per raggiungere quest'obiettivo avremo bisogno di una cornice ONU vincolante, siglata da tutte le principali economie, insieme a partenariati bilaterali e multilaterali, riconoscendo la responsabilità primaria dei paesi sviluppati. Noi apprezziamo il lavoro svolto dal Dialogo di Gleneagles, il Partenariato Asia-Pacifico, le istituzioni finanziarie internazionali, tra cui la banca Mondiale e le banche di sviluppo multilaterali, l'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA). Ma abbiamo bisogno che si faccia di più. Esortiamo il G8 e gli altri governi ad agire rapidamente a livello nazionale e internazionale nei seguenti settori politici chiave:

9. Le tecnologie e l'innovazione hanno un ruolo vitale. L'Agenzia Internazionale per l'Energia calcola che nel 2050 la maggior parte dell'energia del mondo probabilmente continuerà a provenire ancora dagli idrocarburi. Da qui deriva la particolare importanza di tecnologie come la cattura e l'immagazzinamento del carbonio (CCS) per decarbonizzare i combustibili fossili accanto al sostegno alle energie rinnovabili, i biocarburanti sostenibili e le tecnologie di efficienza energetica. Il modo più efficace e potente per stimolare gli investimenti privati nella ricerca, nello sviluppo e nell'utilizzo delle tecnologie nuove e di quelle esistenti consiste nell'adottare politiche che fissino a lungo termine un valore di mercato per le emissioni di gas serra. La determinazione di un prezzo globale del carbonio stimolerà una rivoluzione tecnologica e l'adozione di misure di efficienza energetica, premiando quelle imprese che per prime svilupperanno tecnologie avanzate, e contribuirà a fornire incentivi per ridurre la deforestazione. Il prezzo del carbonio è necessario, ma non è sufficiente. Sono determinanti anche dei partenariati tra pubblico e privato per sostenere i programmi R&D che portano nel mercato le nuove tecnologie. Resta ancora molto, troppo da fare, a livello di cooperazione internazionale, per condividere le tecnologie esistenti.

10. Plaudiamo ai progressi conseguiti nell'ambito dell'ETS (Sistema Europeo di Scambio delle Quote di Emissione), allo sviluppo della Iniziativa Regionale sui Gas Serra (Regional Greenhouse Gas Iniziative) negli Stati Uniti e agli altri programmi previsti in California, New Mexico e in Australia. Chiediamo ai leader di sviluppare e rafforzare l'ETS, e di prevedere un ampliamento di tale schema, includendovi altri settori. Esortiamo i leader ad adoperarsi perché si crei un mercato globale del carbonio, ove sia possibile, collegando lo schema europeo con gli altri che emergono nel mondo, a un mercato più profondo e più liquido, contribuendo a ridurre le emissioni al minor costo possibile.

11. L'efficienza energetica è il modo più vantaggioso sul piano economico per ridurre le emissioni di gas serra. L'Agenzia Internazionale per l'Energia calcola che, da soli, i miglioramenti sul piano dell'efficienza energetica nel 2050 potranno ridurre la domanda mondiale di energia di una quantità equivalente a quasi il 50 per cento dell'odierno consumo globale di energia, se i governi saranno pronti ad attuare misure che incoraggino gli investimenti in tecnologie ad efficienza energetica. Esiste anche un potenziale per l'introduzione di misure di risparmio energetico nelle aziende e nelle abitazioni.

12. La Banca Mondiale calcola che l'adattamento agli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici richiederà un'ulteriore spesa compresa tra i 10 e i 40 miliardi di dollari l'anno. Se non ci muoviamo adesso per ridurre le emissioni, questa cifra aumenterà in modo impressionante e ci saranno impatti gravi sulla sanità pubblica e sulla disponibilità delle risorse essenziali, inclusa l'acqua. L'adattamento deve riguardare primariamente le politiche di sviluppo e dovrebbe essere legato all'Aiuto per lo sviluppo ai paesi terzi (Overseas Development Aid) e sostenuto da meccanismi finanziari integrati.

13. Al fine di assicurare la realizzazione dell'obiettivo a lungo termine, esortiamo i governi del G8 e dei paesi +5 affinché, in occasione del Vertice G8 a Heiligendamm, concordino sugli elementi principali di un quadro post 2012 e chiedano che i negoziati mondiali su tale quadro siano avviati alla riunione di Bali del UNFCCC a novembre, per essere conclusi nel 2009. Proponiamo che questi elementi comprendano quanto segue:

a) obiettivi a lungo termine per i Paesi sviluppati;

b) obiettivi adeguati per le economie in via di sviluppo;

c) incentivi per le misure che riducano la deforestazione;

d) incentivi per politiche e misure di sviluppo sostenibile nei Paesi in via di sviluppo;

e) programmi concentrati sul rafforzamento delle capacità, sull'accesso alle tecnologie e sugli incentivi economici per aiutare i Paesi in via di sviluppo a investire in tecnologie più efficienti e a basso impiego di carbonio;

f) per i più vulnerabili tra i paesi in via di sviluppo, un maggiore accesso ai dati sul clima, alla ricerca cooperativa sulle tecnologie essenziali per l'adeguamento nei settori agricolo e sanitario, dando priorità alla prevenzione dei disastri naturali e una maggiore rispondenza alla variabilità climatica.

 

 


 

 

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

Bruxelles, 10.1.2007

COM(2007) 1definitivo

 

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO EUROPEO E AL PARLAMENTO EUROPEO

UNA POLITICA ENERGETICA PER L'EUROPA

{SEC(2007) 12}


INDICE

1.   Le sfide................................................................................................................................ 61

1.1........ Sostenibilità.................................................................................................................. 61

1.2........ Sicurezza dell'approvvigionamento................................................................................ 62

1.3........ Competitività................................................................................................................ 62

2.   Un obiettivo strategico per guidare la politica energetica dell'Europa....................................... 63

3.   Piano d'azione....................................................................................................................... 64

3.1........ Il mercato interno dell'energia........................................................................................ 64

3.2........ Solidarietà tra Stati membri e sicurezza dell'approvvigionamento di petrolio, gas e elettricità69

3.3........ L'impegno a lungo termine per la riduzione delle emissioni di gas serra e il sistema comunitario di scambio di diritti di emissione.................................................................................................................. 70

3.4........ Un programma ambizioso di misure a favore dell'efficienza energetica a livello comunitario, nazionale, locale e internazionale................................................................................................................ 70

3.5........ Un obiettivo a più lungo termine per le fonti di energia rinnovabili.................................... 71

3.6........ Un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche.............................................. 74

3.7........ Verso un uso di combustibili fossili a basse emissioni di CO2.......................................... 75

3.8........ Il futuro dell'energia nucleare......................................................................................... 76

3.9........ Una politica energetica internazionale che persegue attivamente gli interessi dell'Europa... 77

3.10...... Monitoraggio e notifiche efficaci.................................................................................... 79

4........... Portare avanti il lavoro.................................................................................................. 80


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO EUROPEO E AL PARLAMENTO EUROPEO

 

UNA POLITICA ENERGETICA PER L'EUROPA

"A tal fine, i ministri hanno convenuto i seguenti obiettivi:……. mettere a disposizione delle economie europee una quantità maggiore di energia a prezzi più convenienti …."

Dichiarazione di Messina, 1955

1.1. Le sfide

L'energia costituisce un elemento fondamentale per il funzionamento dell'Europa. Purtroppo i giorni dell'energia a buon mercato sembrano essere finiti. Tutti i membri dell'Unione europea devono adesso affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, dalla crescente dipendenza dalle importazioni e dai prezzi più elevati dell'energia. Inoltre l'interdipendenza degli Stati membri comunitari, in materia di energia come in numerosi altri settori, non fa che aumentare - un'interruzione dell'approvvigionamento di energia in un paese ha immediate conseguenze in altri paesi.

L'Europa deve agire adesso per garantire un'energia sostenibile, sicura e competitiva. Così facendo l'UE ritornerebbe alle sue origini. Nel 1952 con il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e nel 1957 con il trattato Euratom, gli Stati membri fondatori avvertirono l'esigenza di adottare un approccio comune nel settore dell'energia. I mercati energetici e le considerazioni geopolitiche sono notevolmente cambiati da allora, ma l'esigenza di un'azione comunitaria è più pressante che mai. Se l'UE non agisce, anche i suoi obiettivi in altre aree, tra cui la Strategia di Lisbona e gli Obiettivi di sviluppo del millennio, saranno più difficili da conseguire. La nuova politica energetica europea deve essere ambiziosa, competitiva e a lungo termine – a beneficio di tutti gli europei.

1.1.1.1 Sostenibilità

1.2.L'energia è all'origine dell'80% di tutte le emissioni di gas serra nell'UE[61], ed è alla base dei cambiamenti climatici e, in massima parte, dell'inquinamento atmosferico. L'UE si è impegnata ad affrontare questa problematica - riducendo le emissioni nell'UE e a livello mondiale per portarle ad un valore che limiterebbe l'aumento delle temperature mondiali a 2°C rispetto ai livelli preindustriali. Tuttavia, con le politiche vigenti in materia di energia e trasporti, le emissioni di CO2 nell'UE, invece di diminuire, aumenterebbero di circa il 5% da qui al 2030 e le emissioni mondiali aumenterebbero del 55%. Le attuali politiche energetiche dell'Unione europea in materia di energia non sono sostenibili.
1.2 Sicurezza dell'approvvigionamento

L'Europa dipende sempre più dalle importazioni di idrocarburi. Se si manterranno le tendenze attuali la sua dipendenza dalle importazioni di energia passerebbe dal 50% del consumo energetico totale attuale dell'UE al 65% nel 2030. La dipendenza dalle importazioni di gas dovrebbe aumentare dal 57% all'84% entro il 2030 e dalle importazioni di petrolio dall'82% al 93%.

Questa dipendenza comporta rischi politici ed economici in quanto la pressione sulle risorse energetiche mondiali è particolarmente forte. L'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) prevede che la domanda mondiale di petrolio aumenterà del 41% da qui al 2030. Non si sa come questa domanda sarà soddisfatta: l'AIE nell'edizione del 2006 del suo "World Energy Outlook" dichiara che la capacità e la volontà dei maggiori produttori di gas e petrolio di aumentare gli investimenti per far fronte alla crescente domanda sono del tutto incerte[62]. Aumenta il rischio di un'interruzione dell'approvvigionamento

Oltretutto non esistono ancora i meccanismi che garantiscono la solidarietà tra gli Stati membri qualora si verifichi una crisi energetica e vari Stati membri dipendono, in larga misura o completamente, da un unico fornitore di gas.

Nello stesso tempo, la domanda di energia elettrica dell'UE, ipotizzando una situazione stabile, aumenta di circa 1,5% l'anno. Anche in presenza di un'adeguata politica in materia di efficienza energetica, per la sola produzione saranno necessari, nei prossimi 25 anni, investimenti pari a 900 miliardi di euro. La prevedibilità e i mercati interni del gas e dell'elettricità efficaci, che ancora non esistono, sono indispensabili per realizzare gli investimenti a lungo termine necessari.

1.3.1.3 Competitività

L'UE risente sempre più degli effetti della volatilità dei prezzi, degli aumenti di prezzo nei mercati energetici internazionali e delle conseguenze della graduale concentrazione delle riserve di idrocarburi nelle mani di pochi. I potenziali effetti sono considerevoli: se, per esempio, il petrolio aumentasse a 100 $ il barile nel 2030, la fattura delle importazioni totali di energia dell'UE-27 aumenterebbero di circa 170 miliardi, equivalente ad un aumento annuo pari a 350 euro per ciascun cittadino dell'UE[63]. Solo una minima parte di questo trasferimento di ricchezza risulterebbe in posti di lavoro supplementari nell'Unione europea.

Previa l'istituzione della politica e dei quadri legislativi adeguati, il mercato interno dell'energia potrebbe incentivare prezzi e risparmi energetici equi e competitivi, nonché maggiori investimenti. Tuttavia, non sono ancora riunite tutte le condizioni necessarie e ciò impedisce ai cittadini e all'economia dell'Unione europea di beneficiare pienamente dei vantaggi della liberalizzazione dell'energia. Occorre stabilire un orizzonte di più lungo termine per le restrizioni sulle emissioni di carbonio al fine di incentivare gli investimenti necessari nel settore dell'elettricità.

Il rafforzamento degli investimenti, in particolare a favore dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili, dovrebbe creare posti di lavoro e promuovere l'innovazione e l'economia
della conoscenza nell'UE. L'Unione europea è già il leader mondiale nel settore delle energie rinnovabili con un fatturato di 20 miliardi di euro e 300 000 posti di lavoro
[64]. Possiede il potenziale per guidare il mercato mondiale delle tecnologie energetiche a basse emissioni carbonio in rapida crescita. Nel settore dell'energia eolica, ad esempio, le imprese UE dominano il 60% del mercato mondiale. La volontà dell'Europa di continuare a guidare la lotta mondiale contro i cambiamenti climatici offre la possibilità di orientare meglio i programmi di ricerca mondiali. Occorre mantenere tutte le opzioni al fine di garantire lo sviluppo di tecnologie emergenti.

Nello stesso tempo, in tutte le fasi della concezione e dell'attuazione delle singole misure, si deve tenere conto della dimensione sociale della politica energetica europea. Questa politica dovrebbe contribuire in generale alla crescita e all'occupazione in Europa sul lungo termine, ma potrebbe avere un impatto considerevole su alcuni prodotti e processi del commercio internazionale, in particolare per i settori industriali ad alta intensità energetica.

2.2 Un obiettivo strategico per guidare la politica energetica dell'Europa

Il punto di partenza di una politica energetica europea comporta tre aspetti diversi: lotta contro i cambiamenti climatici, limitazione della vulnerabilità esterna dell'UE nei confronti delle importazioni di idrocarburi e promozione dell'occupazione e della crescita, in modo da fornire ai consumatori un'energia sicura a prezzi accessibili.

Alla luce dei numerosi contributi pervenuti durante il periodo di consultazione sul suo Libro verde[65], la Commissione propone, nella presente analisi strategica della situazione energetica, che la politica energetica si fondi sugli elementi seguenti:

·un obiettivo per l'Unione europea, nei negoziati internazionali, di ridurre del 30% le emissioni di gas serra dal qui al 2020 (rispetto ai livelli del 1990); inoltre le emissioni di gas serra a livello mondiale dovranno, da qui al 2050, essere ridotte del 50% rispetto al 1990 e ciò presuppone riduzioni che vanno dal 60 all'80% nei paesi industrializzati nello stesso periodo;

·un impegno da parte dell'UE di conseguire comunque una riduzione di almeno 20% dei gas serra nel 2020 rispetto ai valori del 1990.

Questi elementi sono al centro della comunicazione della Commissione "Limiting Climate Change to 2° - Policy Options for the EU and the world for 2020 and beyond"[66].

Il rispetto dell'impegno preso dall'UE di agire subito sui gas serra dovrebbe essere al centro della nuova politica energetica europea per tre motivi: (i) le emissioni di CO2 dovute all'utilizzazione dell'energia costituiscono l'80% delle emissioni di gas serra nell'UE, ridurre le emissioni significa utilizzare meno energia e utilizzare più energia pulita prodotta a livello


locale; (ii) limitare la crescente esposizione dell'UE alla volatilità e all'aumento dei prezzi del petrolio e del gas e (iii) promuovere l'istituzione di un mercato energetico più competitivo a livello dell'UE, incentivare l'innovazione e le tecnologie e promuovere l'occupazione.

Considerati nell'insieme, questo obiettivo strategico e le misure concrete per conseguirlo (illustrate qui di seguito) rappresentano il nucleo centrale di una nuova politica energetica europea.

3.3. Piano d'azione

Per conseguire l'obiettivo strategico summenzionato occorre trasformare l'Europa in un'economia ad elevata efficienza energetica e basse emissioni di CO2, favorendo una nuova rivoluzione industriale che acceleri la transizione verso una crescita a basse emissioni di carbonio e producendo, nel corso degli anni, un aumento spettacolare della quantità di energia locale a basse emissioni prodotta ed utilizzata. La sfida consiste nel farlo in un modo che ottimizzi gli incrementi di competitività potenziali per l'Europa e limiti i potenziali costi.

Le misure esistenti in settori come l'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, i biocarburanti, l'efficienza energetica e il mercato interno dell'energia hanno già prodotto risultati importanti, ma non sono sufficientemente coerenti per garantire la sostenibilità, la sicurezza dell'approvvigionamento e la competitività. Nessun elemento della politica può apportare da solo tutte le risposte e per questo i vari aspetti devono essere considerati nel loro insieme. Ad esempio, come già menzionato, occorre tenere conto della dimensione sociale in tutte le fasi di concezione e attuazione delle singole misure[67]; inoltre sarà necessario sviluppare ulteriormente lo sfruttamento dei mari e degli oceani per conseguire gli obiettivi energetici dell'UE, dato il loro potenziale di sostegno alla produzione di energia e alla diversificazione delle vie e dei modi di trasporto dell'energia[68]. In primo luogo si tratterà per gli Stati membri di approvare una visione strategica e un piano d'azione per i prossimi tre anni al preciso scopo di procedere verso un'alleanza internazionale di paesi sviluppati al fine, quanto meno, di ridurre le emissioni globali dei gas serra del 30% entro il 2020 e contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni dei gas serra nell'UE di 20% da qui al 2020. Questo approccio comporterà un attento monitoraggio e l'elaborazione di relazioni sui progressi realizzati nonché uno scambio efficace di buone pratiche e una costante trasparenza – attraverso la presentazione regolare, da parte della Commissione, di un aggiornamento dell'analisi strategica della politica energetica.

Le misure presentate qui di seguito non solo metteranno l'UE sulla strada che le consentirà di diventare un'economia della conoscenza a basse emissioni di carbonio, ma renderanno più sicuro l'approvvigionamento energetico e contribuiranno a rafforzare gradualmente la competitività.

3.1.3.1 Il mercato interno dell'energia

Un vero mercato interno dell'energia è indispensabile per conseguire i tre obiettivi dell'Europa in materia di energia presentati qui di seguito.


·§  Competitività: un mercato competitivo permetterà di ridurre i costi per i cittadini e le imprese e favorirà l'efficienza energetica e gli investimenti.

·§  Sostenibilità: un mercato competitivo è essenziale affinché gli strumenti economici producano i loro effetti, in particolare il sistema di scambio di quote di emissione. I gestori delle reti di trasporto, inoltre, devono avere interesse a promuovere il collegamento a fonti rinnovabili, la produzione combinata di calore ed energia elettrica e la produzione su piccolissima scala che incentiverebbero l'innovazione ed incoraggerebbero le piccole imprese e i cittadini a prendere in considerazione fonti di approvvigionamento non tradizionali.

·§  Sicurezza dell'approvvigionamento: l'esistenza di un mercato interno dell'energia efficace e competitivo può offrire notevoli vantaggi in termini di sicurezza dell'approvvigionamento e di servizio pubblico dotato di norme rigorose. La separazione effettiva delle reti dalle parti aperte alla concorrenza nei settori del gas e dell'elettricità incentiva concretamente le imprese ad investire in nuove infrastrutture e in nuove capacità di interconnessione e produzione, e consente pertanto di evitare nuovi black-out e impennate dei prezzi immotivate. Un vero mercato unico favorisce la diversità.

La CE ha già adottato una serie di misure[69] destinate ad istituire un mercato interno dell'energia che offra veramente delle opzioni a tutti i consumatori dell'UE, cittadini o imprese, nuovi sbocchi alle imprese e più scambi transfrontalieri.

La comunicazione sul mercato interno dell'energia[70] e la relazione finale sull'indagine settoriale in materia di concorrenza[71] dimostrano che le regole e le misure attuali non hanno ancora consentito di conseguire questi obiettivi. Questa assenza di progressi sembra indurre gli Stati membri ad imporre massimali generalizzati dei prezzi dell'elettricità e del gas. In funzione dei livelli di questi massimali e della loro portata generale o meno, possono impedire al mercato interno dell'energia di funzionare ed eliminano anche qualsiasi segnale di prezzo circa l'esigenza di nuove capacità, determinando sottoinvestimenti e futuri problemi di approvvigionamento. Inoltre possono ostacolare la penetrazione nel mercato dei nuovi operatori, ivi compresi quelli che offrono energia pulita.

Alla luce delle numerose osservazioni pervenute nel periodo di consultazione sul Libro verde, la Commissione ritiene che questa situazione debba cambiare. Occorre adottare una serie coerente di misure al fine di istituire entro tre anni una Rete europea del gas e dell'elettricità e istituire un mercato energetico veramente concorrenziale su scala europea.

A tal fine, la Commissione ha stabilito i requisiti seguenti.


3.1.1.3.1.1 Separazione (unbundling)

La relazione sul mercato interno e l'indagine settoriale indicano che esiste un rischio di discriminazione e abuso quando le imprese controllano nello stesso tempo le reti energetiche e la produzione o la vendita di energia, proteggendo i mercati nazionali e impedendo la concorrenza. Una situazione di questo tipo scoraggia anche le imprese verticalmente integrate ad investire adeguatamente nelle loro reti, in quanto aumentando la capacità della rete la concorrenza che esiste sul loro "mercato domestico" aumenta e i prezzi di mercato scendono.

La Commissione ritiene che si possano considerare due opzioni per porre rimedio a tale situazione: il ricorso ad un operatore di rete del tutto indipendente (sistema in cui l'impresa verticalmente integrata rimane proprietaria degli attivi di rete e percepisce per questi una remunerazione regolamentata, ma non ne assicura l'esercizio, la manutenzione o lo sviluppo) o la separazione della proprietà (il famoso unbundling) (in cui le imprese di rete sono completamente separate dalle imprese di distribuzione e produzione)[72].

Le informazioni economiche disponibili suggeriscono che la separazione della proprietà costituisce il mezzo più efficace per garantire una scelta ai consumatori e incentivare gli investimenti, in quanto crea una rete di imprese che non sono condizionate da interessi legati alla fornitura/produzione che condizionano le loro decisioni in materia di investimenti; la separazione non richiede una regolamentazione dettagliata, complessa e vincolante e non impone modifiche amministrative sproporzionate.

L'approccio che prevede un gestore di rete indipendente sarebbe preferibile allo statu quo, ma la sua realizzazione comporta una regolamentazione dettagliata, complessa e vincolante ed è meno efficace per eliminare gli elementi che scoraggiano gli investimenti nelle reti.

Inoltre è opportuno riesaminare le disposizioni relative alla separazione delle attività di distribuzione, che attualmente esentano i distributori con meno di 100 000 clienti dalla maggior parte dei requisiti di separazione.

3.1.2.3.1.2 Regolamentazione efficace

Innanzitutto occorre armonizzare i livelli di potere e di indipendenza dei regolatori dell'energia, sulla base del massimo (e non del minimo) denominatore comune dell'UE. In seguito occorre affidare loro il compito di promuovere non solo l'adeguato sviluppo del loro mercato nazionale, ma anche quello del mercato interno dell'energia.

Si devono altresì armonizzare le norme tecniche necessarie per consentire l'adeguato funzionamento del commercio transfrontaliero. Su questo aspetto si sono fatti pochissimi passi avanti. L'istituzione dell'ERGEG (Gruppo europeo dei regolatori per il gas e l'elettricità) e la regolamentazione dell'elettricità e del gas non hanno garantito la governance necessaria. La maggior parte delle norme tecniche pertinenti differiscono ancora da uno Stato membro all'altro, rendendo gli scambi transfrontalieri difficili, se non impossibili. Tre opzioni meritano di essere considerate.


·§  Evoluzione progressiva dell'approccio attuale: rafforzare la collaborazione tra i regolatori nazionali imponendo agli Stati membri di assegnare ai regolatori nazionali un obiettivo comunitario e introdurre un meccanismo che consenta alla Commissione di esaminare alcune decisioni dei regolatori nazionali che hanno un impatto sul mercato interno dell'energia[73].

·§  Rete europea di regolatori indipendenti (“ERGEG+”): nell'ambito di questo sistema, sarebbe ufficializzato il ruolo dell'ERGEG che dovrebbe strutturare delle decisioni vincolanti per i regolatori e gli operatori del mercato interessati, come gli operatori di rete, le borse elettriche o i generatori di energia, riguardanti aspetti tecnici particolari e meccanismi relativi alle questioni transfrontaliere.

·§  Istituzione di un nuovo organo unico a livello comunitario incaricato, in particolare, di adottare decisioni individuali per il mercato comunitario del gas e dell'elettricità riguardanti aspetti tecnici e di regolamentazione importanti per consentire un funzionamento efficace egli scambi transfrontalieri[74].

Esiste una relazione tra separazione e regolazione. I mercati in cui non si è arrivati alla separazione della proprietà richiedono una regolamentazione più dettagliata, complessa e prescrittiva. In tali situazioni i regolatori nazionali devono disporre di poteri più vincolanti ed ampi per evitare qualsiasi discriminazione. Tuttavia, i regolatori non potranno mai eliminare completamente gli ostacoli che scoraggiano gli investimenti adeguati nelle reti in cui non vige la separazione della proprietà.

Per quanto riguarda le tre opzioni, la Commissione ritiene che la prima, ossia l'evoluzione progressiva dell'approccio attuale, non basterebbe, soprattutto perché i progressi continuerebbero a basarsi su un accordo volontario tra i 27 regolatori nazionali i cui interessi sono spesso divergenti. Pertanto l'approccio minimo in grado di determinare progressi rapidi e reali nell'armonizzazione degli aspetti tecnici necessari per l'adeguato funzionamento del commercio transfrontaliero sarebbe l'approccio ERGEG+.

In attesa che sia presa e attuata una decisione ufficiale, i regolatori dovrebbero essere incoraggiati a collaborare più strettamente per utilizzare i poteri di cui beneficiano in un modo più efficace, su base volontaria.

3.1.3.3.1.3 Trasparenza

La trasparenza è indispensabile per un corretto funzionamento del mercato. Attualmente gli operatori di reti di trasporto comunicano informazioni di vari livelli, rendendo la concorrenza per i nuovi operatori più agevole in alcuni mercati rispetto ad altri. Inoltre, alcuni regolatori impongono ai produttori una maggiore trasparenza per quanto concerne la disponibilità di produzione rispetto ad altri; tale obbligo può contribuire ad evitare la manipolazione dei


prezzi. Occorre stabilire requisiti minimi che tutte le imprese UE dovranno rispettare, simili a quelli adottati nel settore delle telecomunicazioni[75].

3.1.4.3.1.4 Infrastrutture

Il piano di interconnessione prioritario[76] stabilisce cinque priorità:

·§  individuare le infrastrutture mancanti più importanti da qui al 2013 e garantire un sostegno politico paneuropeo per colmare le lacune;

·§  nominare quattro coordinatori europei per seguire quattro dei più importanti progetti prioritari: il collegamento della rete elettrica tra Germania, Polonia e Lituania; i collegamenti con i parchi eolici off-shore in Europa settentrionale; le interconnessioni elettriche tra Francia e Spagna; e il gasdotto Nabucco, che trasporta gas dal Mar Caspio all'Europa centrale;

·§  stabilire di comune accordo un periodo massimo di 5 anni entro il quale le procedure di pianificazione e approvazione dovranno essere completate per i progetti definiti "di interesse europeo" nell'ambito degli orientamenti relativi alle reti transeuropee nel settore dell'energia;

·§  valutare la necessità di aumentare il finanziamento delle reti transeuropee di energia, in particolare per agevolare l'integrazione nella rete dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili; e

·§  istituire un nuovo meccanismo e una nuova struttura comunitari per gli operatori di reti di trasporto (TSO) responsabili della pianificazione coordinata delle reti.

3.1.5.3.1.5 Sicurezza delle reti

Per rafforzare l'affidabilità del sistema elettrico dell'UE e prevenire i black out, le esperienze recenti hanno evidenziato la necessità di norme di sicurezza comuni minime e vincolanti per le reti dell'Unione europea. Uno dei compiti del nuovo meccanismo e della nuova struttura comunitari per gli operatori delle reti di trasporto dovrebbe essere proprio proporre norme di questo tipo che diventerebbero vincolanti, previa l'approvazione dei regolatori di energia.

3.1.6.3.1.6 Adeguamento delle capacità di produzione di elettricità e di approvvigionamento di gas

Nel corso dei prossimi 25 anni, l'Europa dovrà investire 900 miliardi di euro in nuove capacità di produzione elettrica. Il gas rimane un ottimo combustibile, visto la sua elevata efficienza energetica, ma richiederà anch'esso degli investimenti pari a 150 miliardi di euro destinati alle centrali elettriche a gas e 220 miliardi di euro supplementari destinati alle infrastrutture. Per garantire un livello adeguato di nuovi investimenti, occorre innanzitutto fare in modo che il mercato interno dell'energia funzioni correttamente e lanci adeguati segnali in materia di investimento. Inoltre, è necessario anche un controllo accurato


dell'equilibrio tra offerta e domanda al fine di individuare eventuali carenze. Si tratterà di un ruolo fondamentale del nuovo ufficio dell'Osservatorio dell'energia (cfr. qui di seguito).

3.1.7.3.1.7 L'energia in qualità di servizio pubblico

L'energia è essenziale per tutti i cittadini europei. La legislazione europea in vigore prevede già il rispetto di oneri di servizio pubblico. L'Unione europea deve però compiere passi avanti nella lotta contro la "povertà energetica". La Commissione elaborerà una Carta del cliente nel settore dell'energia che si prefiggerà quattro grandi obiettivi:

·§  contribuire all'istituzione di regimi di aiuto per consentire ai cittadini dell'UE più vulnerabili di far fronte all'aumento dei prezzi dell'energia;

·§  migliorare il livello minimo di informazione di cui dispongono i cittadini per aiutarli a scegliere tra i vari fornitori e le opzioni di approvvigionamento;

·§  ridurre le formalità amministrative che i clienti devono svolgere per cambiare fornitore;

·§  proteggere i clienti dalle pratiche di vendita sleali.

3.2.3.2 Solidarietà tra Stati membri e sicurezza dell'approvvigionamento di petrolio, gas e elettricità

Il mercato interno dell'energia rafforza l'interdipendenza degli Stati membri in materia di approvvigionamento di elettricità e di gas. Nonostante gli obiettivi stabiliti in materia di efficienza energetica e di utilizzazione di fonti di energia rinnovabili, il petrolio e il gas continueranno a soddisfare oltre la metà del fabbisogno energetico dell'Unione, determinando una forte dipendenza dalle importazioni in entrambi i settori (oltre il 90% per il petrolio e circa l'80% per il gas nel 2030). La produzione di elettricità si baserà in larga misura sul gas. In assenza di progressi tecnologici straordinari, il petrolio manterrà una posizione dominate nel settore dei trasporti. La sicurezza dell'approvvigionamento di questi due combustibili resterà, pertanto, fondamentale per l'economia dell'UE.

L'Unione europea vanta solidi e fruttuosi rapporti con i fornitori di gas tradizionali all'interno dello Spazio economico europeo (SEE), in particolare la Norvegia, all'esterno, in particolare la Russia e l'Algeria, e confida nel rafforzamento di tali rapporti in futuro. Tuttavia per l'UE è importante promuovere la diversità in termini di fonti di approvvigionamento, fornitori, itinerari di trasporto e metodi di trasporto. Occorre inoltre istituire meccanismi adeguati per garantire la solidarietà tra Stati membri in caso di crisi energetica, tanto più che vari Stati membri dipendono, in larga misura o completamente, da un unico fornitore di gas.

La sicurezza energetica dovrebbe essere incentivata in diversi modi:

·§  Occorrono misure per aiutare gli Stati membri, che dipendono in misura eccessiva da un unico fornitore di gas, a diversificare le loro fonti di approvvigionamento. La Commissione controllerà l'attuazione della direttiva sulla sicurezza dell'approvvigionamento di gas[77], da poco recepita negli ordinamenti nazionali, e ne valuterà l'efficacia. Occorrerà elaborare progetti per trasportare il gas proveniente da altre regioni, istituire nuovi "hub" (snodi) del gas in Europa centrale e nei paesi Baltici, avvalersi in modo più adeguato delle possibilità di stoccaggio strategico ed agevolare la costruzione di nuovi terminali di gas naturale liquefatto. Si dovrebbero anche esaminare le modalità per rafforzare i meccanismi di solidarietà in caso di crisi, come la rete di "corrispondenti dell'energia" e il gruppo di coordinamento per il gas. D'altra parte l'istituzione di riserve strategiche di gas contribuirebbe a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento. I considerevoli investimenti in capacità di stoccaggio e condotte nuove, necessarie per garantire un livello più elevato di sicurezza, devono essere valutati rispetto ai costi che ciò comporterebbe per i consumatori.

·§  Il meccanismo dell'UE in materia di riserve petrolifere strategiche, coordinato con le riserve di altri paesi dell'OCSE attraverso l'AIE, funziona adeguatamente e dovrebbe essere mantenuto. Si potrebbe tuttavia migliorare il modo in cui l'UE gestisce il suo contributo a questo meccanismo. I requisiti imposti agli Stati membri in materia di rendicontazione dovrebbero essere rinforzati; occorrerebbe analizzare più da vicino l'adeguatezza delle riserve e garantire un miglior coordinamento quando l'AIE invita a sbloccare delle riserve. La Commissione analizzerà queste problematiche nel 2007.

·Le interconnessioni elettriche (cfr. il punto 3.1.4) e delle norme rigorose e vincolanti in materia di affidabilità costituiranno il terzo elemento di questo approccio, in particolare per affrontare i problemi legati alla sicurezza dell'approvvigionamento di elettricità.

3.3.3.3 L'impegno a lungo termine per la riduzione delle emissioni di gas serra e il sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione

L'UE è tradizionalmente a favore del ricorso a strumenti economici per internalizzare i costi esterni, in quanto consentono al mercato di stabilire le modalità di reazione più efficaci e meno costose. In particolare, nella comunicazione Limiting Climate Change to 2° - Policy Options for the EU and the world for 2020 and beyond, la Commissione ha spiegato che il meccanismo di scambio dei diritti di emissione è e deve rimanere un meccanismo chiave per incentivare le riduzioni di emissioni di carbonio e che potrebbe essere utilizzato come base per le iniziative internazionali di lotta contro i cambiamenti climatici. La Commissione sta attualmente riesaminando il sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione affinché tutte le sue possibilità possano essere sfruttate in modo ottimale: ciò è fondamentale per creare gli incentivi necessari per indurre dei cambiamenti nei modi di produzione e di consumo dell'energia in Europa.

3.4.3.4 Un programma ambizioso di misure a favore dell'efficienza energetica a livello comunitario, nazionale, locale e internazionale

Per i cittadini europei, l'efficienza energetica è l'elemento saliente di una politica energetica europea. Il miglioramento dell'efficienza energetica può contribuire notevolmente allo sviluppo sostenibile, alla competitività e alla sicurezza dell'approvvigionamento.

Il 19 ottobre 2006 la Commissione ha adottato un piano d'azione per l'efficienza energetica[78] le cui misure specifiche dovrebbero permettere all'UE di imboccare la strada giusta per conseguire l'obiettivo chiave consistente a ridurre, da qui al 2020, del 20% il consumo globale
di energia primaria. In caso di successo, l'UE dovrebbe riuscire a consumare quasi il 13% di energia in meno rispetto a oggi, con un risparmio di 100 miliardi di euro e di circa 780 miliardi di tonnellate di CO2 l'anno. Ciò richiederà sforzi notevoli in termini di cambiamento di comportamenti, ma anche di investimenti supplementari.

Le misure principali sono:

·§  incentivare l'impiego di veicoli efficienti sotto il profilo dei consumi, fare un uso migliore dei trasporti pubblici e garantire che i consumatori sostengano i costi reali dei trasporti[79];

·§  introdurre norme più rigorose e una migliore etichettatura delle apparecchiature;

·§  migliorare rapidamente il rendimento energetico degli edifici esistenti dell'UE e impegnarsi affinché nella costruzione di nuovi edifici le "case a bassissimo consumo energetico" diventino la norma;

·§  garantire un uso coerente della politica fiscale per favorire un uso più efficiente dell'energia;

·§  migliorare l'efficienza della produzione, del trasporto e della distribuzione di calore e elettricità;

·§  concludere un nuovo accordo internazionale sull'efficienza energetica al fine di incoraggiare l'impegno comune.

Un nuovo accordo internazionale sull'efficienza energetica

Un accordo di questo tipo potrebbe riunire i paesi dell'OCSE e i principali paesi in via di sviluppo (come la Cina, l'India e il Brasile) al fine di limitare l'utilizzo di prodotti che non soddisfano dei criteri minimi e stabilire approcci comuni per i risparmi energetici. Nel 2007 l'UE potrebbe presentare ufficialmente una proposta che potrebbe essere discussa e portata avanti nell'ambito di una grande conferenza internazionale sull'efficienza energetica durante la presidenza tedesca del G8. L'obiettivo potrebbe essere firmare l'accordo durante le Olimpiadi di Pechino. Le potenzialità di risparmio energetico e di riduzione della CO2 sono enormi – secondo l'AIE il miglioramento dell'efficienza energetica da solo consentirebbe una riduzione pari a circa il 20% delle attuali emissioni mondiali di CO2 .

3.5.3.5 Un obiettivo a più lungo termine per le fonti energetiche rinnovabili

Nel 1997 l'Unione europea ha iniziato a adottare misure affinché la percentuale di energia derivante da fonti rinnovabili arrivasse, entro il 2010, al 12% dell'insieme di fonti energetiche utilizzate, percentuale che costituiva un raddoppio rispetto ai livelli del 1997. Da allora la produzione di energia da fonti rinnovabili è aumentata del 55%, ma l'UE probabilmente non conseguirà l'obiettivo che si era prefissata. Verosimilmente la quota dell'energia da fonti rinnovabili non supererà il 10% nel 2010. Il motivo principale del mancato conseguimento degli obiettivi stabiliti in materia di energia rinnovabile - oltre ai costi attualmente più elevati delle fonti di energia rinnovabili rispetto alle fonti di energia "tradizionali" – è l'assenza di un quadro strategico coerente ed efficace nell'Unione europea e di una visione di lungo termine stabile. Per questi motivi, solo pochi Stati membri hanno realizzato veri progressi in questo settore, e non è stato possibile conseguire la massa critica necessaria per generalizzare la produzione di energia a partire da fonti rinnovabili che adesso è confinata in alcuni settori economici.

L'UE deve accelerare il ritmo per offrire una visione a lungo termine credibile del futuro delle fonti energetiche rinnovabili nel suo territorio, basandosi sugli strumenti esistenti, in particolare la direttiva sulle fonti di energia rinnovabili. Si tratta di un passo fondamentale per conseguire gli obiettivi attuali[80] e suscitare ulteriori investimenti, innovazione e nuovi posti di lavoro. La politica in materia di energie rinnovabili deve raccogliere una sfida: occorre trovare il giusto equilibrio tra installare, oggi, grandi capacità di produzione e attendere che i ricercatori trovino, domani, soluzioni adeguate per ridurne i costi. Nella ricerca di questo equilibrio occorre tenere conto dei fattori seguenti:

·§  oggi l'utilizzo di fonti di energia rinnovabili è generalmente più costoso dell'uso degli idrocarburi, ma lo scarto si sta riducendo – soprattutto se tiene conto anche dei costi dei cambiamenti climatici;

·§  le economie di scala possono determinare una riduzione dei costi delle energie rinnovabili ma ciò richiede oggi importanti investimenti;

·§  le energie rinnovabili contribuiscono a migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'UE aumentando la parte di energia "domestica", diversificano il mix energetico e le fonti delle importazioni, aumentano la quota di energie provenienti da regioni politicamente stabili e creano nuovi posti di lavoro in Europa;

·§  le fonti di energia rinnovabili emettono una quantità ridotta di gas serra o non ne emettono affatto e la maggior parte di esse apportano notevoli benefici in termini di qualità dell'aria.

Alla luce delle informazioni pervenute nel corso della consultazione pubblica e della valutazione d'impatto, la Commissione propone nella sua Tabella di marcia per le fonti di energia rinnovabili[81] di assumere l'impegno di portare la quota delle fonti di energia rinnovabili nel mix energetico complessivo dell'UE da meno 7 % (attualmente) a 20% entro il 2020. Gli obiettivi per il dopo 2020 sarebbero valutati alla luce dei progressi tecnologici realizzati.

Come fare?

Il conseguimento dell'obiettivo del 20% presuppone una fortissima crescita nei tre settori delle energie rinnovabili: energia elettrica, biocarburanti, riscaldamento e raffreddamento. In tutti i settori, i quadri strategici istituiti in alcuni paesi hanno consentito di ottenere risultati che dimostrano che ciò è possibile.

Le fonti rinnovabili possono potenzialmente fornire circa un terzo dell'elettricità dell'UE da qui al 2020. L'energia eolica copre attualmente circa il 20% del fabbisogno di elettricità in Danimarca, 8% in Spagna e 6% in Germania. Quanto ad altre energie nuove – energia fotovoltaica, energia solare termica, energia maremotrice e energia delle onde – il loro costo dovrebbe diminuire rispetto agli elevati livelli attuali.

Nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, si prevedono dei progressi per una serie di tecnologie. La Svezia, ad esempio, possiede oltre 185 000 pompe di calore geotermiche. La Germania e l'Austria sono state le prime a ricorrere in modo significativo all'energia solare per il riscaldamento. Se altri paesi raggiungessero livelli analoghi, la quota dell'energia da fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento arriverebbe al 50%.

Per quanto riguarda i biocarburanti, il bioetanolo rappresenta già il 4% del mercato degli idrocarburi in Svezia, e la Germania è il numero uno mondiale del biodiesel con il 6% del mercato diesel. Entro il 2020 i biocarburanti potrebbero costituire fino al 14% dei carburanti destinati ai trasporti.

Questo obiettivo del 20% è veramente ambizioso e richiederà un grande impegno da parte di tutti gli Stati membri. Il contributo di ciascun Stato membro per il conseguimento di tale obiettivo dovrà tenere conto delle varie situazioni e dei punti di partenza nazionali, ivi compresa la tipologia dei mix energetici. Gli Stati membri dovrebbero beneficiare di un margine di manovra per promuovere le energie rinnovabili più adatte al loro potenziale e alle loro priorità specifiche. Le modalità di conseguimento degli obiettivi nazionali degli Stati membri dovrebbero essere definite nei piani d'azione nazionali notificati alla Commissione. Questi piani dovrebbero presentare gli obiettivi e le misure settoriali corrispondenti agli obiettivi nazionali globali concordati. Concretamente, nell'attuazione dei loro piani, gli Stati membri dovranno stabilire per l'elettricità, i biocarburanti, il riscaldamento e il raffreddamento i loro obiettivi che saranno esaminati dalla Commissione al fine di garantire che l'obiettivo globale sia conseguito. Nel 2007 la Commissione illustrerà questa struttura in un nuovo pacchetto legislativo sulle fonti energetiche rinnovabili.

Una caratteristica particolare di questo quadro è la necessità di uno sviluppo minimo e coordinato dei biocarburanti nell'insieme dell'UE. Anche se oggi i biocarburanti sono più cari di altre forme di energia rinnovabile e lo resteranno anche nel prossimo futuro, costituiscono per i prossimi 15 anni l'unico strumento disponibile per ridurre notevolmente la dipendenza nei confronti del petrolio nel settore dei trasporti. Nella sua tabella di marcia per le energie rinnovabili e nella sua relazione sull'attuazione della direttiva "Biocarburanti"[82], la Commissione propone pertanto di stabilire un obiettivo minimo vincolante per i biocarburanti che dovrebbero rappresentare il 10% dei carburanti destinati ai veicoli da qui al 2020 e fare in modo che i biocarburanti utilizzati siano, per loro natura, sostenibili sia nel territorio dell'UE che altrove. L'UE dovrebbe invitare i paesi terzi e i loro produttori a conseguire tale obiettivo. Il pacchetto legislativo del 2007 sulle fonti di energia rinnovabili comprenderà inoltre delle misure specifiche destinate ad agevolare la penetrazione nel mercato dei biocarburanti e dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili. La Commissione proseguirà e rafforzerà l'uso delle energie rinnovabili nell'ambito di altre politiche e misure di accompagnamento, al fine di istituire un vero mercato interno delle energie rinnovabili nell'Unione europea.

Quanto costerà?

Per giungere ad una percentuale del 20% per le energie rinnovabili, occorrerà sostenere un costo annuo medio supplementare di circa 18 miliardi di euro, vale a dire un aumento pari a circa 6% della fattura totale delle importazioni di energia dell'UE prevista per il 2020. Questo calcolo si basa su un prezzo del petrolio di 48 dollari il barile nel 2020; qualora il costo dovesse aumentare a 78 dollari il sovraccosto medio annuo scenderebbe a 10,6 miliardi di euro. Se si tiene conto del prezzo della tonnellata di carbonio di oltre 20 euro, l'obiettivo del 20% avrebbe un costo praticamente pari a quello che comporterebbe il ricorso a fonti energetiche "tradizionali", ma consentirebbe di creare numerosi posti di lavoro in Europa e sviluppare nuove imprese tecnologiche europee.

3.6.3.6 Un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche

L'Europa persegue due obiettivi principali in materia di tecnologie energetiche: ridurre il costo delle energie pulite e fare in modo che l'industria europea conquisti una posizione di punta nel settore delle tecnologie a basse emissioni di carbonio, in rapida crescita. Per realizzare questi obiettivi la Commissione proporrà nel 2007 un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche[83]. Questo piano si baserà su una visione a lungo termine al fine di raccogliere la sfida di passare ad un sistema energetico a basse emissioni di carbonio, tutelando nel contempo la competitività.

-            Da qui al 2020, le tecnologie dovranno consentire di realizzare l'obiettivo del 20% di energia prodotta da energie rinnovabili, con un considerevole aumento della quota delle energie rinnovabili meno costose (ivi compresi i parchi eolici off-shore e i biocarburanti di seconda generazione).

-            Da qui al 2030, l'energia elettrica e il calore dovranno essere prodotti in più larga misura da fonti a basse emissioni di carbonio e in grandi centrali elettriche alimentate da combustibili fossili ad emissioni ridottissime, dotate di sistemi di cattura e stoccaggio del CO2. I trasporti dovranno gradualmente essere adattati ai biocarburanti di seconda generazione e alle celle a combustibile a idrogeno.

-            Per il 2050 e oltre, il passaggio del sistema energetico europeo alle tecnologie a basse emissioni di carbonio larga misura da fonti energetiche rinnovabili, dall'utilizzo sostenibile del carbone, del gas e dell'idrogeno e, per gli Stati membri che lo desiderano, dalla fissione nucleare di quarta generazione.

Immaginiamo per il futuro un'Europa che vanta un'economia energetica fiorente e sostenibile, che ha sfruttato tutte le opportunità legate ai pericoli dei cambiamenti climatici e della mondializzazione, che gode di una posizione di primo piano in un insieme diversificato di tecnologie energetiche, pulite ed efficaci e a basse emissioni ed è diventata un motore di prosperità, crescita e creazione di posti di lavoro. Affinché questa visione diventi realtà, l'Unione europea deve agire rapidamente e in maniera concertata, concordando e attuando un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, dotato di risorse realistiche. Nell'ambito del Settimo programma quadro di ricerca, nell'UE la spesa annuale per le ricerche nel settore dell'energia dovrebbe aumentare del 50% nel corso dei prossimi sette anni, ma ciò non basterà a garantire i progressi necessari. Il piano tecnologico deve essere ambizioso, deve coordinare meglio le spese a livello comunitario e nazionale e stabilire obiettivi chiari, con tabelle di marcia (roadmaps) e tappe fondamentali (milestones) ben definite. Dovrebbe avvalersi di tutti gli strumenti comunitari disponibili, tra cui le "iniziative tecnologiche congiunte" e l'Istituto europeo della tecnologia.

Una tale iniziativa mirata potrebbe perseguire le priorità seguenti:

-            migliorare l'efficienza energetica di edifici, apparecchiature, attrezzature, processi industriali e sistemi di trasporto;

-            sviluppare i biocarburanti, in particolare quelli di seconda generazione, per farne delle alternative perfettamente competitive con gli idrocarburi;

-            garantire in tempi brevi la competitività dei grandi parchi eolici off-shore e preparare la creazione di una super-rete europea off-shore competitiva;

-            rendere l'energia fotovoltaica competitiva al fine di sfruttare l'energia solare;

-            utilizzare le tecnologie delle celle a combustibile e dell'idrogeno e sfruttarne i vantaggi nei trasporti e per la produzione decentrata di energia;

-            sviluppare tecnologie per l'uso sostenibile del gas e dell'elettricità , in particolare la cattura e lo stoccaggio del carbonio (vedi qui di seguito);

-            l'UE dovrebbe mantenere la sua leadership tecnologia nel settore dei reattori nucleari di quarta generazione e nella futura tecnologia di fusione, al fine di incentivare la competitività, la sicurezza interna ed esterna dell'energia nucleare e di ridurre il livello dei rifiuti.

Questi obiettivi settoriali dovrebbero essere completati da tappe fondamentali specifiche e da un aumento delle spese di ricerca nel settore dell'energia. La Commissione proporrà un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche per il Consiglio europeo che si svolgerà nella primavera del 2008.

3.7.3.7 Verso un futuro di combustibili fossili a basse emissioni di CO2

Il carbone e il gas garantiscono il 50% dell'approvvigionamento di elettricità nell'UE e costituiranno indubbiamente una parte fondamentale del nostro mix energetico. Le riserve a lungo termine sono considerevoli, ma, rispetto al gas, il carbone produce circa il doppio di emissioni di CO2. Occorrerà mettere a punto tecnologie del carbone molto meno inquinanti e tecnologie per l'abbattimento della CO2. Inoltre lo sviluppo di tecnologie pulite per il carbone e di cattura e stoccaggio del carbonio è fondamentale a livello internazionale. L'AIE prevede, da qui al 2030, il raddoppio dell'elettricità prodotta dal carbone con il conseguente rilascio di circa 5 miliardi di tonnellate di CO2, pari al 40% dell'aumento previsto delle emissioni di CO2 legate all'energia a livello mondiale. Oltre al piano tecnologico strategico europeo per le tecnologie energetiche, saranno necessarie altre iniziative per catalizzare le azioni e le attività di ricerca internazionali riguardanti la cattura e lo stoccaggio di CO2.

Per svolgere un ruolo di leadership a livello mondiale, l'UE deve elaborare una visione chiara per l'introduzione delle tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2, istituire un quadro regolamentare propizio al loro sviluppo e investire più e meglio nella ricerca, lanciando anche iniziative a livello internazionale. In futuro il sistema comunitario di scambio dei diritti di emissione dovrà anche integrare la cattura e lo stoccaggio.

Come indicato nella comunicazione sulla produzione di elettricità sostenibile[84], la Commissione nel 2007 avvierà dei lavori per:

·§  progettare un meccanismo destinato a incentivare la costruzione e l'esercizio, entro il 2015, di al massimo 12 dimostratori, su grande scala, per tecnologie sostenibili di combustibili fossili per la produzione commerciale di elettricità nell'UE[85];

·§  dare una chiara indicazione sulle date a partire delle quali le centrali elettriche a carbone e gas dovranno dotarsi di sistemi di cattura e stoccaggio del CO2. In base alle informazioni disponibili, la Commissione ritiene che, in linea di massima, entro il 2020 tutte le nuove centrali elettriche al carbone dovranno essere dotate di tali sistemi, mentre le centrali esistenti sarebbe equipaggiate in seguito progressivamente. Benché sia troppo presto per pronunciarsi con certezza in merito, la Commissione spera di essere grado di formulare delle raccomandazioni rigorose non appena possibile.

3.8.3.8 Il futuro dell'energia nucleare

Attualmente circa un terzo dell'elettricità e 15% dell'energia consumata nell'UE proviene dal nucleare che costituisce una delle principali fonti di energia a non produrre biossido di carbonio (CO2) in Europa. L'energia nucleare è stato uno degli strumenti di riduzione delle emissioni di CO2 nell'UE e potrebbe anche far parte, per gli Stati membri che lo desiderino, di uno scenario energetico, per i prossimi decenni, in cui sarà imperativo ridurre considerevolmente le emissioni

L'energia nucleare è meno sensibile alle fluttuazioni del prezzo del combustibile rispetto alla produzione di energia dal carbone e dal gas, in quanto l'uranio rappresenta una piccola parte del costo totale della produzione di energia elettrica, mentre le riserve disponibili bastano per vari decenni e sono presenti nell'insieme del pianeta.

Come indicato nella tabella allegata al presente documento, che descrive i vantaggi e gli inconvenienti delle varie fonti energetiche, l'energia nucleare è una delle fonti di energia a basse emissioni di carbonio meno costose attualmente disponibili nell'Unione europea e i suoi costi sono relativamente stabili[86]. La prossima generazione di reattori nucleari dovrebbe permettere di ridurre ulteriormente questi costi.

Spetta ad ogni Stato membro decidere se ricorrere all'energia nucleare. Tuttavia, qualora il livello di energia nucleare diminuisse nell'UE, questa riduzione deve assolutamente essere sincronizzata con l'introduzione di altre fonti energetiche a basse emissioni di carbonio per la produzione di elettricità, altrimenti l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra e di miglioramento della sicurezza di approvvigionamento non potrà essere conseguito.

Nel contesto energetico attuale, l'AIE prevede un aumento del consumo di elettricità di origine nucleare nel mondo da 368 GW nel 2005 a 416 GW nel 2030. Mantenere e sviluppare la posizione di leadership dell'UE in questo settore comporta pertanto dei vantaggi economici.

Come risulta dal nuovo programma nucleare indicativo[87], a livello di UE, si dovrebbe sviluppare ulteriormente, conformemente alla legislazione comunitaria, il quadro più avanzato per l'energia nucleare negli Stati membri che optano per questo tipo di energia, nel rispetto delle norme più rigorose di sicurezza e protezione e di non proliferazione, come previsto dal trattato Euratom. L'energia nucleare, tuttavia, solleva anche problematiche importanti in materia di rifiuti e di smantellamento, è opportuno pertanto includere la gestione dei rifiuti nucleari e la questione dello smantellamento nei futuri lavori comunitari. L'UE dovrebbe inoltre impegnarsi affinché queste norme così rigorose siano rispettate a livello internazionale. Per fare dei passi avanti in materia, la Commissione propone di istituire un gruppo ad alto livello sulla sicurezza e la protezione nucleari incaricato di elaborare progressivamente una posizione comune e, in un secondo tempo, delle nuove regole comunitarie in materia di sicurezza e protezione nucleari.

3.9.3.9 Una politica energetica internazionale che persegue attivamente gli interessi dell'Europa

L'Unione europea non può conseguire da sola gli obiettivi fissati in materia di energia e di cambiamenti climatici. In futuro l'UE sarà all'origine solo del 15% delle nuove emissioni di CO2 e, da qui al 2030, secondo i nuovi obiettivi, l'UE consumerà meno del 10% dell'energia mondiale. Pertanto le sfide della sicurezza dell'approvvigionamento energetico e dei cambiamenti climatici non potranno essere raccolte dalla Comunità europea o dai suoi Stati membri individualmente. L'UE deve collaborare con i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, nonché con i consumatori e i produttori di energia, per garantire un'energia competitiva, sostenibile e sicura.

L'Unione europea e gli Stati membri devono perseguire questi obiettivi esprimendosi con "una voce sola" e istituendo delle vere e proprie partnership per tradurre questi obiettivi in una politica esterna coerente. L'energia deve in effetti diventare un elemento centrale di tutte le relazioni esterne dell'Unione europea; si tratta infatti di un fattore cruciale di sicurezza geopolitica, stabilità economica, sviluppo sociale e un elemento centrale delle attività internazionali destinate a lottare contro i cambiamenti climatici. L'UE deve pertanto stabilire, nel settore dell'energia, rapporti fruttuosi con tutti i suoi partner internazionali, basati sulla fiducia reciproca, la cooperazione e l'interdipendenza. Ciò presuppone rapporti di ampia portata geografica e profondi, sulla base di accordi che comportano disposizioni importanti in materia energetica.

Il Consiglio europeo ha approvato la prospettiva di un quadro a lungo termine per la dimensione energetica esterna stabilito congiuntamente dalla Commissione e dal Consiglio[88]


e ha convenuto di istituire una rete di corrispondenti per la sicurezza energetica che garantirà un sistema di allarme tempestivo e rafforzerà la capacità dell'Unione europea di reagire prontamente nelle situazioni esterne di pressione sulla sicurezza energetica.

L'UE si esprime già con una sola voce nei negoziati di accordi internazionali, in particolare nel settore del commercio. Gli attuali e futuri accordi internazionali, bilaterali o multilaterali, possono essere utilizzati più efficacemente per stabilire impegni giuridicamente vincolanti. Questi impegni possono riguardare persino la liberalizzazione reciproca delle condizioni degli scambi o degli investimenti nei mercati a monte e a valle, nonché la concessione dell'accesso alle condotte da parte di paesi situati lungo le catene di transito e di trasporto. D'altra parte possono servire a promuovere il commercio internazionale di biocarburanti prodotti con procedimenti sostenibili o di beni ambientali, o la tariffazione delle emissioni di carbonio a livello internazionale.

Adesso l'Unione europea deve passare dalla teoria alla pratica. Il primo passo per "parlare con una voce sola" consiste nello stabilire obiettivi chiari e i mezzi per un coordinamento efficace. Le analisi strategiche regolari nel settore dell'energia costituiranno il quadro generale per dibattiti frequenti su questioni energetiche esterne in seno alle istituzioni dell'UE. Una politica energetica esterna efficace dell'UE, nei prossimi tre anni, deve incentrarsi in via prioritaria sugli aspetti elencati qui di seguito.

·§  La Comunità europea e i suoi Stati membri dovrebbero svolgere un ruolo propulsore nell'elaborazione degli accordi internazionali, tra cui il futuro trattato sulla Carta dell'energia e il regime applicabile alla politica climatica nel periodo post-2012.

·§  I rapporti tra l'Unione europea e i suoi vicini nel settore dell'energia sono fondamentali per la sicurezza e la stabilità dell'Europa. L'Unione europea deve mirare a creare intorno a sé una vasta rete di paesi, agendo sulla base di regole o principi condivisi derivanti dalla sua politica energetica.

·§  Il rafforzamento dei rapporti con i nostri fornitori di energia esterni, sviluppando ulteriormente partnership globali basate sull'interesse reciproco, la trasparenza, la prevedibilità e la reciprocità.

·§  Proseguimento di rapporti energetici più stretti con altri grandi consumatori, nell'ambito dell'AIE e del G8 o nel quadro di una cooperazione bilaterale rafforzata.

·§  Lo sviluppo dell'utilizzazione di strumenti finanziari, nell'ambito di una cooperazione rafforzata con la BEI e la BERS e dell'istituzione di un fondo di investimento per la politica di vicinato, al fine di migliorare la sicurezza energetica dell'Unione europea.

·§  Il miglioramento delle condizioni d'investimento in progetti internazionali, impegnandosi, ad esempio, per istituire un quadro giuridico chiaramente definito e trasparente e nominare dei coordinatori europei incaricati di rappresentare gli interessi dell'Unione europea in progetti internazionale di rilievo.

·§  La promozione della non proliferazione nonché della sicurezza e della protezione nucleari, in particolare nell'ambito di una cooperazione consolidata con l'Agenzia internazionale dell'energia atomica.

Le modalità d'azione dettagliate per il conseguimento di questi obiettivi, discusse attentamente dal Consiglio europeo nel corso del vertice di Lahti e del Consiglio europeo di dicembre 2006, sono riportate nell'allegato della presente analisi. La Commissione, tuttavia ritiene opportuno realizzare anche le due azioni prioritarie illustrate qui di seguito.

-            Un partenariato energetico globale Africa-Europa. L'importanza dell'Africa in quanto fornitore di energia si è considerevolmente rafforzata nel corso negli ultimi anni, ma il suo potenziale è ancora ampio. Il dialogo dovrebbe vertere anche sulla sicurezza dell'approvvigionamento, il trasferimento tecnologico nel campo delle energie rinnovabili, lo sfruttamento sostenibile delle risorse, la trasparenza dei mercati energetici e il rispetto dei principi di una buona governance. Il dialogo dovrebbe essere avviato mediante un evento congiunto di altissimo livello.

-            Come già indicato, un accordo internazionale nel settore dell'efficienza energetica.

3.9.1.3.9.1 L'integrazione delle politiche dell'Unione europea nei settori dell'energia e dello sviluppo: una soluzione vantaggiosa per tutti

I prezzi elevati dell'energia penalizzano in particolar modo i paesi in via di sviluppo. Alcuni paesi ne traggono vantaggio in quanto produttori, ma altri vedono il beneficio degli aiuti allo sviluppo che ricevono annullato dall'aumento del costo delle importazioni di energia[89]. L'Africa e altre regioni del mondo in via di sviluppo hanno assolutamente interesse, come l'Europa, a rafforzare la diversificazione e migliorare l'efficienza energetica – ciò può contribuire notevolmente agli Obiettivi di sviluppo per il millennio. L'Unione europea si impegna pertanto ad aiutare i paesi in via di sviluppo a promuovere un approvvigionamento e un consumo energetico sostenibili e sicuri.

Per concretizzare tale impegno, l'Unione europea deve privilegiare la fornitura di servizi energetici poco costosi, affidabili e sostenibili ai meno abbienti, ricorrendo in particolare alle energie rinnovabili e allo sviluppo di tecnologie pulite ed efficienti per la produzione di gas e petrolio. L'Africa offre una possibilità straordinaria di utilizzare, in modo competitivo, delle tecnologie legate alle energie rinnovabili. Può infatti saltare la fase della costruzione di costose reti di trasporto dell'energia e passare "con un solo balzo" alla nuova generazione di fonti e tecnologie pulite, decentralizzate e a basse emissioni di carbonio, come è già avvenuto per le telecomunicazioni mobili. Si tratta di una soluzione vantaggiosa per tutti che consente di rafforzare la penetrazione dell'energia rinnovabile e pulita e portare l'energia elettrica ad alcune delle comunità più povere del pianeta. Nell'Africa subsahariana, in cui le percentuali di accesso all'energia elettrica sono tra le più basse del mondo, sarà necessario un particolare sforzo.

L'UE si avvarrà a tal fine dei vari strumenti di cui dispone, ossia il 10° Fondo di sviluppo europeo, il partenariato UE-Africa per le infrastrutture che riguarda progetti regionali in materia di produzione e trasporto dell'energia, lo strumento ACP-UE per l'energia, il programma CE COOPENER e il suo successore e infine il programma EUROSOLAR per l'America Latina.

3.10.3. 10 Monitoraggio e notifiche efficaci

Il monitoraggio, la trasparenza e la notifica saranno gli elementi fondamentali dello sviluppo progressivo di una politica energetica europea efficace. La Commissione propone di istituire un Ufficio dell'osservatorio dell'energia in seno alla Direzione generale dell'energia e dei trasporti. Questo ufficio dovrebbe svolgere funzioni essenziali in relazione all'offerta e alla domanda di energia in Europa, in particolare rafforzando la trasparenza per quanto riguarda le future esigenze di investimenti nell'UE per le infrastrutture e gli impianti di produzione di elettricità e gas. Inoltre, mediante esercizi di valutazione comparativa e scambi di buone pratiche, garantirà il successo degli Stati membri nel loro impegno per modificare il loro mix energetico, al fine di contribuire efficacemente al conseguimento degli obiettivi energetici dell'Unione europea.

La Commissione definirà le responsabilità specifiche dell'osservatorio e proporrà nel 2007 una base giuridica per il finanziamento delle sue attività. Nel contempo esaminerà e semplificherà gli obblighi vigenti (per sé stessa e gli Stati membri) in materia di informazione e notifica nel campo dell'energia.

4.4. Portare avanti il lavoro

La presente analisi strategica illustra una serie di misure necessarie per realizzare gli obiettivi di un'energia sostenibile, sicura e competitiva. La prima tappa consiste nell'ottenere decisioni chiare dal Consiglio europeo e dal Parlamento europeo per quanto concerne l'approccio strategico e un piano d'azione per consentire all'Unione di conseguire obiettivi ambiziosi, ampi e di lungo termine. Le future analisi strategiche possono aiutare l'Unione europea a perfezionare e aggiornare il suo piano d'azione in modo da tenere conto delle evoluzioni – in primo luogo, ovviamente, i progressi tecnologici e l'azione internazionale di lotta contro i cambiamenti climatici. La riduzione delle emissioni in Europa e nel mondo è indissociabile dalla politica energetica europea.

Se l'Unione conseguisse gli obiettivi specifici proposti per quanto concerne l'efficienza energetica e le energie rinnovabili, sarebbe sulla buona strada per ridurre le emissioni di gas serra del 20% entro il 2020 e, su questa scia, per ridurle drasticamente entro il 2050, conformemente agli obiettivi stabiliti. Un'azione risoluta oggi consentirà di progredire per ottenere la stabilizzazione della nostra dipendenza dalle importazioni, investimenti in tempo utile, nuovi posti di lavoro e un progresso nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio. L'UE guiderebbe così il mondo verso una nuova rivoluzione industriale.

La Commissione invita pertanto il Consiglio europeo e il Parlamento a:

·§  approvare, nei negoziati internazionali, l'obiettivo per l'UE di ridurre del 30% le emissioni dei gas serra entro il 2020 (rispetto ai livelli del 1990);

·§  approvare sin d'ora l'impegno da parte dell'UE di conseguire, in ogni caso, una riduzione di almeno il 20% delle emissioni di gas serra dei paesi sviluppati da qui al 2020 (rispetto ai livelli del 1990);

·§  confermare la necessità di misure supplementari affinché i vantaggi potenziali dei mercati interni del gas e dell'elettricità diventinouna realtà per l'insieme dei cittadini e delle imprese europei. In particolare:

·§                            impegnarsi a separare ulteriormente per rafforzare la concorrenza, aumentare gli investimenti ed ampliare le opzioni disponibili per i consumatori, mediante la separazione della proprietà o il gestore indipendente della rete. Alla luce degli elementi di cui dispone, la Commissione ritiene cha la separazione della proprietà sia il modo più efficace di garantire una scelta ai consumatori e di incoraggiare gli investimenti. Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo del 9 marzo e della posizione del Parlamento europeo, la Commissione presenterà rapidamente una proposta legislativa.

·§                            Garantire una regolamentazione efficace in ogni Stato membro mediante l'armonizzazione dei poteri e dell'indipendenza dei regolatori dell'energia, sulla base del massimo denominatore comune nell'Unione europea, e l'affidamento ai regolatori del compito di sviluppare il mercato interno dell'energia e i mercati nazionali.

·§                            Accelerare l'armonizzazione delle norme tecniche necessarie per consentire l'adeguato funzionamento del commercio transfrontaliero e garantire la promozione del mercato europeo istituendo un organismo unico a livello comunitario o, perlomeno, mediante una rete europea di regolatori indipendenti che dovrebbe tenere adeguatamente conto degli interessi europei e vedrebbe un'adeguata partecipazione della Commissione.

·§                            Istituire nel 2007 un nuovo meccanismo e una nuova struttura comunitari per gli operatori di reti di trasporto responsabili della pianificazione coordinata delle reti, che riferisce anche ai regolatori nazionali e alla Commissione; questi operatori dovrebbero anche essere tenuti a proporre norme di sicurezza minime per la rete che, una volta approvate dai regolatori e dalla Commissione, diventerebbero giuridicamente vincolanti.

·§                            Approvare la presentazione nel 2007, da parte della Commissione, di norme minime in materia di trasparenza.

·§                            Accogliere favorevolmente una nuova Carta del cliente nel settore dell'energia.

·§                            Realizzare ulteriori progressi nella costruzione di nuove interconnessioni fondamentali; sottolineare la necessità di nominare dei coordinatori europei per seguire i progetti prioritari più problematici e invitare la Commissione a presentare, nel 2007, una proposta legislativa ufficiale che fissi un periodo massimo di 5 anni nel corso del quale le procedure di pianificazione e approvazione dovranno essere portate a termine per i progetti di interesse europeo.

·§  Appoggiare la necessità di realizzare ulteriori progressi per garantire la solidarietà tra gli Stati membri in caso di crisi energetica o di interruzione dell'approvvigionamento. Occorre a tal fine istituire meccanismi efficaci. Accogliere favorevolmente l'intenzione della Commissione di presentare nel 2007 una comunicazione sulle riserve strategiche che preveda, qualora opportuno, misure più rigorose.

·§  Sottolineare che l'Unione deve innanzitutto intensificare i suoi sforzi a favore di un'azione mondiale contro i cambiamenti climatici. Accogliere con favore l'intenzione della Commissione di approfittare di tutte le occasioni, nei negoziati internazionali, bilaterali o multilaterali, per promuovere la lotta contro i cambiamenti climatici, coordinare le politiche energetiche e intensificare la cooperazione in materia di tecnologie pulite.

·Approvare l'obiettivo di ridurre, in modo efficiente rispetto ai costi, il consumo di energia dell'Unione europea del 20% entro il 2020, conformemente al piano d'azione della Commissione sull'efficienza energetica e appoggiare l'intenzione della Commissione di adottare misure concrete per conseguire questo obiettivo, in particolare:

-            stabilire ed aggiornare regolarmente dei requisiti minimi di efficienza per le apparecchiature che consumano energia,

-            realizzare ulteriori risparmi energetici negli edifici, avvalendosi e sviluppando il quadro fornito dalla direttiva sul rendimento energetico degli edifici;

-            valorizzare il considerevole potenziale di efficienza energetica dei trasporti, utilizzando varie misure, anche legislative se del caso;

-            migliorare il comportamento di tutti i consumatori di energia sul piano dell'efficienza e dei risparmi energetici, dimostrando in particolare i vantaggi offerti dalle tecnologie disponibili o dai comportamenti;

-            continuare a migliorare l'efficienza della produzione di elettricità, in particolare promuovendo le tecnologie di produzione combinata di calore e elettricità ad elevata efficienza.

·§  Approvare l'obiettivo vincolante del 20% per la quota delle energie rinnovabili nel consumo energetico globale dell'Unione europea da qui al 2020 e di almeno 10% per i biocarburanti. Invitare la Commissione a presentare una nuova direttiva che traduca questi obiettivi in pratica nel 2007 e fissi obiettivi nazionali e la procedura di sviluppo dei piani d'azione nazionali per realizzarli.

·§  Sottolineare l'esigenza di un piano strategico ambizioso e mirato per le tecnologie energetiche e sostenere l'intenzione della Commissione di proporre ufficialmente questo piano nel 2007.

·§  Confermare che urge disporre di una prospettiva chiara su quando i dispositivi di cattura e stoccaggio della CO2 dovranno essere installati nelle centrali a carbone e a gas dell'Unione europea; istituire un meccanismo per incentivare la costruzione e l'utilizzo di al massimo 12 dimostratori su grande scala di tecnologie sostenibili dei combustibili fossili per la produzione commerciale di elettricità nell'Unione europea.

·§  Appoggiare l'intenzione della Commissione di istituire un gruppo comunitario ad alto livello sulla sicurezza e la protezione nucleari incaricato di sviluppare progressivamente una posizione comune e, in un secondo tempo, delle regole comunitarie nuove in materia di sicurezza e protezione nucleari, a sostegno degli sforzi degli Stati membri che hanno scelto di continuare ad avvalersi dell'energia nucleare.

·§  Ribadire l'importanza di "parlare con una voce sola" sulle questioni energetiche internazionali. Oltre alla necessità di concretizzare le conclusioni del vertice di Lahti e del Consiglio europeo di dicembre 2006, (i) approvare la proposta di un partenariato energetico globale e sostenere l'intenzione della Commissione di avviarlo con un evento congiunto di altissimo livello nel corso del 2007 e (ii) accogliere favorevolmente l'intenzione della Commissione di concludere un accordo internazionale sull'efficienza energetica e presentare al Consiglio e al Parlamento la base di un accordo di questo tipo nel primo semestre del 2007.

·§  Approfittare dei negoziati internazionali per promuovere metodi sostenibili di produzione e il commercio internazionale di beni e servizi ambientali ed energetici.

·§  Rallegrarsi dell'intenzione della Commissione di presentare una nuova analisi strategica della politica energetica ogni due anni e proporre, nel 2007, una base giuridica ufficiale per finanziare i lavori di un Ufficio dell'osservatorio dell'energia in seno alla Commissione, incaricato di coordinare e migliorare la trasparenza dei mercati energetici dell'UE.

Allegato 1: Priorità della politica energetica internazionale dell'UE

Allegato 2: Vantaggi e inconvenienti delle diverse fonti di energia elettrica, sulla base dei prezzi attuali del petrolio, del gas e del carbone  

Allegato 3: Vantaggi e inconvenienti delle diverse fonti di energia per il riscaldamento

Allegato 4: Vantaggi e inconvenienti delle diverse fonti di energia per il trasporto stradale

Le fonti delle cifre contenute negli allegati sono indicate nel documento di lavoro dei servizi della Commissione: dati della politica energetica dell'Unione europea[90].


Allegato 1

4.1.4.1 Priorità della politica energetica internazionale dell'Unione europea

La politica energetica esterna dell'UE nei prossimi tre anni deve incentrarsi in via prioritaria sugli aspetti elencati qui di seguito:

·§  La promozione di accordi internazionali, in particolare il regime applicabile alla politica climatica nel periodo post-2012, l'estensione dello scambio dei diritti di emissione ai partner mondiali, il futuro trattato sulla Carta dell'energia, nonché lo sviluppo e la diffusione di tecnologie pulite per le energie rinnovabili. Ciò presuppone il rafforzamento del coordinamento tra l'UE e gli Stati membri nei consessi internazionali e di migliorare la collaborazione con l'Agenzia internazionale dell'energia. L'UE parteciperà anche ad iniziative multilaterali, tra cui la partnership della Banca mondiale mirante alla riduzione del gas flaring (pratica, nell'estrazione del greggio, che consiste nel bruciare del gas naturale a cielo aperto) e l'iniziativa a favore della trasparenza delle industrie estrattive. Per rafforzare la coerenza, l'UE dovrebbe anche impegnarsi, se del caso, a aderire alle organizzazioni internazionali pertinenti.

·§  L'istituzione di rapporti energetici con i paesi confinanti dell'Unione europea, sulla scia della recente proposta della Commissione relativa allo sviluppo della politica europea di vicinato (PEV)[91] anche nel settore dell'energia, con un eventuale trattato energetico UE-PEV cui, a lungo termine, potrebbero aderire tutti i paesi vicini interessati. Il trattato che istituisce la Comunità dell'energia costituisce già la base di un mercato energetico regionale che dovrebbe mirare ad estendersi progressivamente al di fuori del territorio dell'Unione e dei Balcani occidentali, per integrare dei paesi limitrofi come la Moldova, la Norvegia, la Turchia e l'Ucraina. Occorre migliorare i rapporti energetici con l'Egitto ed altri fornitori e paesi di transito del Mashrek/Maghreb, nonché con la Libia. Sia la Norvegia che l'Algeria meritano una particolare attenzione e rapporti definiti su misura.

·§  La riduzione delle minacce di eventuali interruzioni di approvvigionamento o di una distruzione fisica di infrastrutture energetiche critiche al di fuori del territorio dell'Unione europea mediante uno scambio di migliori pratiche con tutti i partner dell'Unione e le organizzazioni internazionali interessate, sulla base delle azioni relative alle infrastrutture interne menzionate nella recente comunicazione della Commissione su un programma europeo di protezione delle infrastrutture.

·§  Il rafforzamento delle relazioni con la Russia mediante la negoziazione di un nuovo accordo quadro solido e completo che istituisca, a vantaggio di entrambe le parti, un vero partenariato nel settore dell'energia per creare le condizioni necessarie per nuovi investimenti. Questo accordo dovrebbe porre l'accento sui vantaggi reciproci che la Russia e l'Unione europea ne trarranno a lungo termine e integrare i principi del mercato, del trattato sulla Carta dell'energia e del progetto di protocollo sul transito.

·§  L'approfondimento del dialogo e delle relazioni con i principali produttori di energia e i paesi di transito, nell'ambito di organizzazioni come l'OPEP e il Consiglio di cooperazione del Golfo o mediante la completa attuazione dei protocolli di accordo con l'Azerbaigian e il Kazakistan. Stabilimento di nuovi contatti con altri importanti produttori dell'Asia centrale come il Turkmenistan e l'Uzbekistan. Inoltre occorre assolutamente agevolare il trasporto delle risorse energetiche del mar Caspio verso l'Unione europea. La Commissione presenterà anche una comunicazione sulla cooperazione con il mar Nero nel corso della primavera del 2007. Questo aspetto della strategia dovrebbe contemplare anche paesi molto più distanti (America latina e Caraibi, ad esempio) per ottimizzare la diversificazione geografica dell'approvvigionamento energetico. Si dovrebbero inoltre esaminare nuove fonti di energia, avviando il dialogo con il Brasile per integrare i biocarburanti, e organizzando nel 2007 una conferenza internazionale sui biocarburanti.

·§  Istituzione di una nuova partnership Africa-Europa nel settore dell'energia. L'importanza dell'Africa in quanto fornitore di energia continua ad aumentare e i rapporti devono passare attraverso un dialogo globale che comprenda la sicurezza dell'approvvigionamento, il trasferimento tecnologico nelle energie rinnovabili, lo sfruttamento sostenibile delle risorse, la trasparenza dei mercati energetici e il rispetto dei principi di una buona governance. Il dialogo dovrebbe essere avviato mediante un evento congiunto di altissimo livello.

·§  Il miglioramento dei rapporti con altri importanti consumatori di energia. In particolare, i rapporti con partner come gli Stati Uniti dovrebbero continuare a riguardare settori come la promozione di mercati mondiali dell'energia aperti e competitivi, l'efficienza energetica, la cooperazione nel campo della regolamentazione e la ricerca. Le misure già adottate nei confronti della Cina dovrebbero essere ulteriormente sviluppate ponendo l'accento sulle tecnologie avanzate del carbone a "bassissime emissioni", i risparmi energetici e le energie rinnovabili. Sarebbe opportuno adottare un approccio analogo con l'India.

·§  La promozione della non proliferazione, e della sicurezza e della protezione nucleari, in particolare nell'ambito di una cooperazione rafforzata con l'Agenzia dell'energia atomica e con il nuovo strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare.

§      La realizzazione di questi obiettivi presuppone la ridefinizione dei rapporti con questi partner per porre l'energia in una posizione centrale. Oltre al dialogo e ai negoziati internazionali per difendere i suoi obiettivi strategici, l'Unione europea dispone di una serie di strumenti che dovrebbe utilizzare al meglio, tra cui:

·§  Nei negoziati commerciali, l'UE parla già "con una voce sola" e la sua competenza è incontestabile. Gli accordi internazionali in materia commerciale e di investimenti, bilaterali o multilaterali, possono essere utilizzati più efficacemente per stabilire strumenti giuridicamente vincolanti. Possono contribuire alla creazione delle condizioni necessarie per un aumento degli investimenti e una produzione e una concorrenza più sostenibili. Forte degli strumenti e dei mandati adeguati, l'Unione europea sarà in grado, ad esempio, di operare meglio a favore della liberalizzazione reciproca delle condizioni degli investimenti e degli scambi sui mercati a monte e a valle, ed eventualmente per ottenere l'accesso alle condotte. Lo stesso vale per la promozione di una tariffazione internazionale delle emissioni di carbonio o del commercio dei biocarburanti.

·§  Miglioramento della cooperazione con la BEI e la BERS per utilizzare strumenti finanziariche consentiranno di sostenere i partenariati energetici mediante azioni concrete, finanziando progetti importanti quali il corridoio energetico che attraversa la regione del Mar Caspio o i progetti Africa subahariana–Maghreb–UE. I progetti energetici potrebbero costituire un elemento fondamentale nei fondi di investimento proposti a favore della politica di vicinato, concepiti per mobilitare da 4 a 5 volte l'importo del finanziamento disponibile nell'ambito dello strumento europeo per la politica di vicinato.

·§  La promozione di condizioni più favorevoli per gli investimenti nei progetti internazionali, grazie ad un quadro chiaramente definito e trasparente e con il sostegno dei coordinatori europei. Innanzitutto si dovrebbe nominare un coordinatore europeo per il gasdotto Nabucco, dal Bacino del Mar Caspio fino all'Austria e all'Ungheria. In futuro si potrebbe pensare di nominare dei coordinatori per dei progetti riguardanti il trasporto di energia da paesi partner come la Turchia, l'Asia centrale e l'Africa del Nord. 


Allegato 2: Vantaggi e inconvenienti delle varie fonti di energia elettrica

Fonti energetiche

Tecnologia considerata per la stima dei costi

Costo nel 2005

(euro/MWh)

Costo previsto per il 2030

(euro/MWh)

Emissioni di gas serra

(Kg CO2eq/MWh)

Dipendenza dell'UE-27 dalle

importazioni

Efficienza

Sensibilità al prezzo del combustibile

Riserve accertate

/

Produzione annua

Fonte AIE

2005

2030

Gas naturale

Turbina a gas a ciclo aperto

45 – 70

55-85

440

57%

84%

40%

Molto elevata

64 anni

Turbina a gas a ciclo combinato (CCGT)

35 - 45

40-55

400

50%

Molto elevata

Petrolio

Motore diesel

70 - 80

80-95

550

82%

93%

30%

Molto elevata

42 anni

Carbone

Combustibile polverizzato con desolforazione dei gas di scappamento

30 - 40

45-60

800

39%

59%

40-45%

Media

155 anni

Combustione a letto fluido circolante (CFBC)

35 - 45

50-65

800

40-45%

Media

Gassificazione integrata a ciclo combinato (IGCC)

40 - 50

55-70

750

48%

Media

Energia nucleare

Reattore ad acqua leggera

40 - 45

40 - 45

15

Quasi 100% per il minerale d'uranio

33%

Bassa

Riserve ragionevoli: 85 anni

Biomassa

Centrale a biomassa

25 - 85

25 - 75

30

nessuna

30 - 60%

Media

Energie rinnovabili

Energia eolica

Terrestre

35 - 175

28 - 170

30

95-98%

Nessuna

35 – 110

28 – 80

Off shore

50 - 170

50 - 150

10

95-98%

60 – 150

40 – 120

Idroelettricità

Grande

25 - 95

25 - 90

20

95-98%

Piccola (<10MW)

45 - 90

40 - 80

5

95-98%

Energia solare

Fotovoltaica

140 - 430

55 -260

100

/


Allegato 3: Vantaggi e inconvenienti delle varie fonti di energia per il riscaldamento

Fonti energetiche

Quota di mercato dell'UE-25 per fonte energetica

 Prezzo di mercato

(euro/tep )

Costo del ciclo di vita

(euro/tep )

Emissioni di gas serra

(t CO2eq/tep )

Dipendenza dell'UE dalle importazioni

2005

2030

Combustibili fossili

Gasolio da riscaldamento

20%

525

(0,45 euro/l)

300-1300

3.1

82%

93%

Gas naturale

33%

230 – 340

(20-30 euro/MWh)

2.1

57%

84%

Carbone

1,8%

70

(100 euro/tec)

4

39%

59%

Biomassa

Trucioli

5,7%

280

545-1300

0.4

0

?

Pellet

540

630-1300

0.4

0

?

Energia elettrica

31%

550 - 660

(50-60 euro/MWh)

550 - 660

0 to 12

<1%

?

Energia solare

0,2%

/

680-2320

Ridottissime

0

0

Energia geotermica

0,4%

/

230-1450

Ridottissime

0

0


Allegato 4: Vantaggi e inconvenienti delle varie fonti di energia per il trasporto stradale

 

 Prezzo di mercato

(euro/tep)

Emissioni di CO2

(t CO2/tep)[92]

 

2005

2030

Benzina e diesel

398-582[93]

3,6–3,7

82%

93%

Gas naturale

230–340

(NB: richiede un veicolo appositamente adattato e un sistema di distribuzione specifico)

3,0

57%

84%

Biocarburante domestico

609-742

1,9–2,4

0%

0%

Bioetanolo tropicale

327-540

0,4

100%

100%

Biocarburante di seconda generazione

898–1 109

0,3–0,9

/

15%

 

 

 


COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

Bruxelles, 10.1.2007

COM(2007)2 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius

La via da percorrere fino al 2020 e oltre

{SEC(2007) 7}

{SEC(2007) 8}


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius

La via da percorrere fino al 2020 e oltre

1.           Sintesi

I cambiamenti climatici sono una realtà e occorre intervenire con urgenza per limitarli in modo che siano gestibili. L'UE deve adottare i provvedimenti necessari al proprio interno e assumere una posizione leader in ambito internazionale per garantire che l'innalzamento della temperatura media a livello mondiale non superi di oltre 2 °C i livelli dell'era preindustriale.

La presente comunicazione e la scheda d'impatto che l'accompagna indicano che si tratta di un obiettivo realizzabile sotto il profilo tecnico ed economicamente sostenibile, a condizione che i principali responsabili delle emissioni agiscano tempestivamente. I benefici, infatti, superano di gran lunga i costi.

La presente comunicazione è destinata al Consiglio europeo di primavera del 2007, che dovrebbe decidere in merito ad un approccio integrato e completo nell'ambito delle politiche dell'UE nei settori dell'energia e dei cambiamenti climatici. Fa seguito alla comunicazione del 2005 "Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici", che proponeva raccomandazioni concrete sulle politiche climatiche dell'UE e definiva i principali elementi che dovevano costituire la futura strategia climatica dell'UE. Nel definire le prossime fasi della nostra politica sui cambiamenti climatici, il Consiglio europeo dovrebbe adottare decisioni che favoriscano l'instaurazione delle condizioni necessarie a raggiungere un nuovo accordo globale che faccia seguito ai primi impegni derivanti dal protocollo di Kyoto dopo il 2012.

La presente comunicazione propone che l'UE persegua, nell'ambito di negoziati internazionali, un obiettivo di riduzione dei gas serra pari al 30% rispetto ai valori del 1990, che i paesi industrializzati dovranno conseguire entro il 2020: in questo modo sarà possibile contenere l'aumento della temperatura entro il limite dei 2 °C in tutto il mondo. Fino a che non sarà concluso un accordo internazionale, e fatta salva la posizione che assumerà nell'ambito dei negoziati internazionali, l'UE dovrebbe fin d'ora assumersi l'impegno risoluto e unilaterale di abbattere le emissioni dei gas serra di almeno il 20% entro il 2020 ricorrendo al sistema UE di scambio delle quote di emissione, ad altre politiche in materia di cambiamenti climatici e a interventi nel contesto della politica energetica. Questo approccio permetterà all'UE di dimostrare la propria posizione di leader a livello internazionale nelle questioni riguardanti il clima, oltre a segnalare all'industria che il sistema UE di scambio delle quote andrà avanti anche oltre il 2012, incoraggiando così gli investimenti nelle tecnologie per l'abbattimento delle emissioni e le alternative a basse emissioni di carbonio.

Dopo il 2020 le emissioni prodotte dai paesi in via di sviluppo supereranno quelle dei paesi industrializzati; nel frattempo, il tasso di crescita delle emissioni complessive dei paesi in via di sviluppo dovrebbe cominciare a rallentare e, a partire dal 2020, dovrebbe verificarsi un calo in termini assoluti. Questo obiettivo potrà essere raggiunto senza compromettere la crescita economica e la lotta alla povertà, grazie ad un'ampia rosa di misure nei settori dei trasporti e dell'energia, che presentano notevoli possibilità di riduzione delle emissioni e potranno, di per sé, anche apportare benefici immediati sotto il profilo sociale ed economico.

Entro il 2050 le emissioni globali dovranno essere abbattute fino al 50% rispetto al 1990; ciò significa che i paesi industrializzati dovranno ridurle del 60-80%. Ma le emissioni dovranno diminuire sensibilmente anche in molti paesi in via di sviluppo.

Gli strumenti di mercato come il sistema UE di scambio delle quote di emissione saranno un elemento determinante per far sì che l'Europa e altri paesi conseguano gli obiettivi previsti al più basso costo possibile. La disciplina che entrerà in vigore dopo il 2012 dovrebbe consentire di collegare tra loro sistemi analoghi di scambio dei diritti di emissione in vigore in vari ambiti nazionali e in questo contesto il sistema di scambio dell'UE dovrebbe rappresentare il fulcro del futuro mercato globale del carbonio. Il sistema UE continuerà ad accettare i crediti derivanti dai progetti nell'ambito del meccanismo di sviluppo pulito (CDM) e dell'attuazione congiunta (JI) previsti dal protocollo di Kyoto, anche dopo il 2012.

È auspicabile che l'UE e gli Stati membri decidano di incrementare sensibilmente gli investimenti destinati alle attività di ricerca e sviluppo nei settori della produzione di energia e del risparmio energetico.

2.           La sfida del clima: realizzare l'obiettivo dei 2 °C

Dati scientifici affidabili dimostrano che è ormai imprescindibile intervenire con urgenza per far fronte ai cambiamenti climatici. Studi recenti, come il rapporto Stern, ribadiscono che la mancanza di intervento avrà costi molto ingenti, non solo economici, ma anche sociali e ambientali, che ricadranno in particolare sulle fasce più povere della popolazione, sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli industrializzati. L'inazione avrà inoltre gravi implicazioni in termini di sicurezza, sia in ambito locale che mondiale. Gran parte delle soluzioni possibili esiste già, ma ora i governi sono chiamati ad adottare le politiche necessarie per metterle in atto. Sotto questo profilo, oltre al fatto che i costi correlati sono gestibili, si può affermare che la lotta ai cambiamenti climatici avrà anche notevoli benefici sotto altri aspetti.

L'UE si pone l'obiettivo di contenere l'aumento della temperatura media mondiale entro 2 °C prendendo come riferimento i valori preindustriali. Ciò limiterà gli effetti dei cambiamenti climatici e l'eventualità di sovvertimenti massicci e irreversibili dell'ecosistema mondiale. Il Consiglio ha sottolineato che, per ottenere tale risultato, le concentrazioni dei gas serra in atmosfera dovranno rimanere al di sotto delle 550 ppmv di CO2 equivalente: se si stabilizzano le concentrazioni sul lungo termine a circa 450 ppmv di CO2 equivalente, c'è il 50% di probabilità di riuscita. A tal fine, da qui al 2025 le emissioni dei gas serra dovranno stabilizzarsi, per poi ridursi fino al 50% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Il Consiglio ha concordato sul fatto che i paesi industrializzati dovranno proseguire sulla strada intrapresa e ridurre le proprie emissioni del 15-30% per il 2020. Il Parlamento europeo, a sua volta, ha proposto un obiettivo di riduzione del CO2 per l'UE del 30% per il 2020 e del 60-80% entro il 2050.

La presente comunicazione individua le possibili soluzioni finalizzate ad adottare misure efficaci e realistiche all'interno dell'UE e su scala mondiale che permettano di conseguire l'obiettivo dei 2 ºC. L'andamento delle emissioni dei gas serra presentato nella valutazione d'impatto rappresenta uno scenario economicamente efficace per realizzare l'obiettivo, partendo dal presupposto che entro il 2020 i paesi industrializzati riducano del 30% le proprie emissioni rispetto ai valori del 1990. La valutazione dimostra inoltre che le riduzioni ottenute dai paesi industrializzati, da sole, non basteranno. Secondo i dati disponibili, infatti, nel 2020 le emissioni dei paesi in via di sviluppo supereranno quelle del mondo industrializzato e tale aumento renderà vane le riduzioni conseguibili nei paesi industrializzati oltre quella data. Per un intervento efficace contro i cambiamenti climatici sarà dunque necessario diminuire l'incremento delle emissioni di gas serra prodotte dai paesi in via di sviluppo e invertire la tendenza per le emissioni connesse alla deforestazione.

Una politica sostenibile ed efficace a favore delle foreste rafforza inoltre il contributo che queste danno alla riduzione complessiva delle concentrazioni di gas serra.

3.           I costi dell'inazione e dell'azione

Nella comunicazione del 2005 "Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici" la Commissione ha dimostrato che i benefici derivanti dal contenimento dei cambiamenti climatici sono superiori ai costi degli interventi necessari. Studi recenti hanno confermato che i cambiamenti climatici hanno vaste ripercussioni, dall'agricoltura alla pesca, dalla desertificazione alla biodiversità, dalle risorse idriche alla mortalità legata alla calura o al clima rigido, dalle zone costiere ai danni derivanti dalle alluvioni.

L'impatto dei cambiamenti climatici sarà probabilmente disomogeneo; alcune regioni dell'UE saranno particolarmente colpite. Nell'Europa meridionale, ad esempio, i cambiamenti climatici faranno verosimilmente diminuire la resa delle colture, aumentare la mortalità dovuta alla calura e avranno ripercussioni negative sul turismo nella stagione estiva.

Il rapporto Stern stabilisce che i cambiamenti climatici sono il risultato del più ampio fallimento del mercato mai registrato a livello mondiale. Il fatto di non aver considerato i costi dei cambiamenti climatici nei prezzi di mercato che determinano il nostro comportamento economico implica enormi costi economici e sociali. Secondo il rapporto, i costi dell'inazione – che possono variare dal 5 al 20% del PIL mondiale – ricadranno esageratamente sui ceti più poveri, che hanno anche minori capacità di adattamento, e ciò acuirà l'impatto sociale dei cambiamenti climatici.

Nel 2030 il PIL mondiale dovrebbe essere circa doppio rispetto al 2005. La crescita del PIL nei paesi in via di sviluppo maggiormente responsabili delle emissioni rimarrà più elevata di quella dei paesi industrializzati. La valutazione d'impatto mostra che l'intervento contro i cambiamenti climatici a livello mondiale è pienamente compatibile con la crescita su scala mondiale. Nel periodo 2013-2030 gli investimenti in un'economia a basse emissioni di carbonio richiederanno circa lo 0,5% del PIL mondiale totale, il che ridurrà la crescita di quest'ultimo soltanto dello 0,19% annuo fino al 2030, una percentuale relativa del tasso di crescita previsto del PIL (+2,8%). Si può affermare che si tratti di una sorta di premio assicurativo da versare per ridurre sensibilmente il rischio di danni irreversibili conseguenti ai cambiamenti climatici. Occorre inoltre sottolineare un fattore ancora più importante e cioè che tali cifre sovrastimano molto l'impegno richiesto, perché non tengono conto dei benefici sanitari connessi, della maggiore sicurezza energetica e della riduzione dei danni dovuti al fatto di aver evitato i cambiamenti climatici.

4.           I benefici dell'azione, legame con altre politiche

Negli ultimi tre anni il prezzo del petrolio e del gas è raddoppiato e quello dell'elettricità lo ha seguito a ruota; il prezzo dell'energia dovrebbe rimanere elevato e aumentare nel tempo. Il Piano d'azione per l'efficienza energetica che la Commissione ha presentato di recente dimostra che c'è una valida motivazione economica per adottare politiche che migliorino l'efficienza complessiva dell'uso delle risorse, anche senza tener conto delle riduzioni delle emissioni che ne deriverebbero.

La valutazione d'impatto mette in luce che l'intervento dell'UE per combattere i cambiamenti climatici dovrebbe aumentare notevolmente la sicurezza energetica dell'UE: basti pensare che, per il 2030, le importazioni di petrolio e di gas dovrebbero ridursi del 20% circa ciascuna rispetto alla situazione di status quo. La possibilità di integrare le politiche energetiche con quelle sui cambiamenti climatici garantirà, pertanto, che queste si rafforzino a vicenda.

L'azione contro i cambiamenti climatici riduce, inoltre, l'inquinamento atmosferico. Se, ad esempio, nell'UE le emissioni di CO2 diminuissero del 10% entro il 2020, i benefici in termini sanitari sarebbero enormi (le stime parlano di importi compresi tra 8 e 27 miliardi di euro). Tali politiche dovrebbero pertanto agevolare il conseguimento degli obiettivi fissati nella strategia dell'UE sull'inquinamento atmosferico.

Benefici di questo tipo riguardano anche altri paesi: secondo le stime, nel 2030 gli Stati Uniti, la Cina e l'India dovrebbero importare come minimo il 70% del petrolio che consumano. Potrebbero inoltre insorgere tensioni geopolitiche dovute allo scarseggiare delle risorse. Al contempo, l'inquinamento atmosferico è in aumento, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Ridurre le emissioni dei gas serra in altri paesi migliorerà la loro sicurezza sotto il profilo energetico e la qualità dell'aria.

5.           Interventi in ambito UE

(a) Fissare obiettivi di riduzione delle emissioni

Nell'UE il potenziale per ridurre le emissioni di gas serra è ancora enorme. Il riesame strategico della politica energetica dell'UE propone interventi per sfruttare gran parte di tale potenziale. Inoltre, le misure adottate nell'ambito del Programma europeo per il cambiamento climatico e altre iniziative in corso continueranno a ridurre le emissioni dopo il 2012.

L'UE potrà conseguire gli obiettivi che si è fissata in termini di cambiamenti climatici solo attraverso un accordo internazionale. Gli interventi all'interno dell'UE hanno dimostrato che è possibile tagliare le emissioni di gas serra senza compromettere la crescita economica e che le tecnologie e gli strumenti politici necessari a tal fine esistono già. L'UE continuerà ad intervenire al proprio interno per combattere i cambiamenti climatici e questo le permetterà di dare l'esempio nel contesto dei negoziati internazionali.

Sarebbe opportuno che il Consiglio decidesse che l'UE e gli Stati membri propongano, per il 2020, una riduzione del 30% delle emissioni dei gas serra da parte dei paesi industrializzati; tale proposta dovrebbe inserirsi in un accordo internazionale finalizzato a contenere il surriscaldamento del pianeta a 2 ºC al di sopra dei livelli preindustriali. Fino a che non si arriverà ad un accordo internazionale, e fatta salva la posizione che assumerà nell'ambito dei negoziati internazionali, l'UE dovrebbe fin d'ora assumersi l'impegno risoluto e unilaterale di abbattere le emissioni dei gas serra di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 facendo ricorso al sistema UE di scambio delle quote di emissione, ad altre politiche in materia di cambiamenti climatici e a interventi nel contesto della politica energetica. In questo modo verrà lanciato un segnale all'industria europea, che potrà contare sul fatto che ci sarà una forte domanda di quote anche dopo il 2012, e saranno incentivati gli investimenti nelle tecnologie di abbattimento delle emissioni e nelle alternative a basse emissioni di carbonio.

(b) Azioni derivanti dalla politica energetica dell'UE

In linea con il riesame strategico della politica energetica dell'UE, l'adozione delle misure concrete illustrate di seguito permetterà di disporre di un sistema energetico competitivo, più sostenibile e sicuro, con una forte riduzione delle emissioni dei gas serra prodotti dall'UE nel 2020. Sarà auspicabile:

migliorare del 20% l'efficienza energetica dell'UE entro il 2020;

incrementare la percentuale dell'energia ricavata da fonti rinnovabili fino al 20% entro il 2020;

adottare una politica sulla cattura e lo stoccaggio del carbonio (Carbon Capture and Storage - CCS) che sia sicura sotto il profilo ambientale e che comprenda la costruzione di dodici impianti dimostrativi di vasta scala in Europa entro il 2015.

(c) Rafforzare il sistema UE di scambio delle quote di emissione

Il 45% delle emissioni di CO2 dell'UE rientra nel sistema UE di scambio delle quote; a partire dal 2013 tale percentuale dovrebbe aumentare. Nell'ambito del riesame del sistema UE di scambio sarebbe opportuno valutare almeno le soluzioni indicate di seguito che mirano a rafforzarne il ruolo.

L'assegnazione delle quote dovrebbe riguardare un periodo superiore ai cinque anni attuali: in tal modo si garantirebbe la prevedibilità necessaria per poter prendere decisioni sugli investimenti a lungo termine.

Il sistema dovrebbe essere esteso ad altri gas e settori.

Le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio devono essere riconosciute e ammesse nel sistema di scambio.

Occorre armonizzare il processo di assegnazione delle quote tra i vari Stati membri, anche attraverso un più ampio ricorso alle aste, per evitare distorsioni della concorrenza in Europa.

È opportuno collegare il sistema UE di scambio delle quote ad altri sistemi analoghi a carattere vincolante (ad esempio quelli esistenti in California e in Australia).

(d) Limitare le emissioni dei trasporti

Le emissioni del settore dei trasporti dell'UE hanno continuato ad aumentare, annullando buona parte dei risultati ottenuti nei settori dei rifiuti, dell'industria manifatturiera e dell'energia. Segue un elenco degli interventi per il comparto.

Sarebbe opportuno che il Consiglio e il Parlamento adottassero la proposta della Commissione che mira ad includere il trasporto aereo nel sistema UE di scambio delle quote.

Il Consiglio dovrebbe adottare la proposta della Commissione per correlare le tasse automobilistiche ai livelli di emissione del CO2.

Per affrontare il problema delle emissioni di CO2 prodotte dalle auto, nella comunicazione di prossima pubblicazione riguardante il conseguimento dell'obiettivo di emissione fissato dall'UE per il 2012, pari a 120 g CO2/km secondo un approccio coerente e completo, verranno proposte altre misure. Sarà inoltre valutata la possibilità di ottenere ulteriori riduzioni dopo il 2012.

Occorre rafforzare le misure che incidono sulla domanda, come quelle definite nel Libro bianco sulla politica europea dei trasporti fino al 2010 e nel riesame della stessa.

È opportuno contenere maggiormente le emissioni di gas serra prodotte dal trasporto merci su strada e per via navigabile, tenuto conto della dimensione internazionale.

È necessario ridurre le emissioni di CO2 rilasciate nell'intero ciclo di vita dei carburanti da trasporto, ad esempio accelerando lo sviluppo dei biocarburanti sostenibili ed in particolare di quelli di seconda generazione.

(e) Riduzione delle emissioni di gas serra in altri settori

Edilizia residenziale e commerciale

Il consumo di energia degli edifici potrà essere ridotto fino al 30% se si amplierà il campo di applicazione della direttiva sul rendimento energetico degli edifici e se si introdurranno requisiti UE di prestazione che incentivino un'edilizia a bassissimo consumo di energia (e che ne favoriscano l'espansione entro il 2015). Poiché i cambiamenti climatici colpiranno le fasce più sfavorite della società, i governi dovrebbero prevedere politiche energetiche specifiche per l'edilizia popolare.

Gas diversi dal CO2

Per affrontare il problema delle emissioni dei gas diversi dal CO2, che rappresentano il 17% delle emissioni dell'UE, sarebbe opportuno proporre vari interventi, quali:

una migliore attuazione delle misure previste dalla politica agricola comune e dal piano d'azione dell'UE per le foreste, in modo da ridurre le emissioni prodotte dalle attività agricole dell'UE e da promuovere il sequestro biologico;

la definizione di limiti di emissione per il metano prodotto dai motori a gas e dovuto alla produzione di carbone, petrolio e gas o l'inclusione di tali emissioni nel sistema UE di scambio delle quote;

l'ulteriore limitazione o il divieto di utilizzo dei gas fluorurati;

la riduzione delle emissioni di protossido di azoto derivanti dalla combustione e l'inclusione delle emissioni di N2O prodotte dai grandi impianti nel sistema UE di scambio delle quote.

(f) Ricerca e sviluppo tecnologico

Nell'ambito del Settimo programma quadro comunitario, i finanziamenti destinati alla ricerca nei settori dell'ambiente, dell'energia e dei trasporti nel periodo 2007‑2013 sono aumentati, passando a 8,4 miliardi di euro. Tali finanziamenti dovrebbero essere utilizzati al più presto, per incentivare lo sviluppo di tecnologie pulite nel campo dell'energia e dei trasporti da diffondere il più rapidamente possibile e per accrescere ancora le conoscenze sui cambiamenti climatici e i relativi impatti. Dopo il 2013 il bilancio destinato a tali attività dovrebbe aumentare ancora e sarebbe opportuno intraprendere iniziative analoghe in ambito nazionale. Il piano d'azione strategico per le tecnologie energetiche e il piano d'azione per le tecnologie ambientali dovrebbero avere piena attuazione; occorre infine promuovere maggiormente i partenariati pubblico-privato.

(g) Politica di coesione

Gli orientamenti strategici in materia di coesione, adottati nell'ottobre del 2006, incentivano i trasporti e l'energia sostenibili nonché le tecnologie e le innovazioni ambientali attraverso le sovvenzioni erogate dai fondi strutturali e dal Fondo di coesione. Questi provvedimenti dovrebbero essere inseriti nei programmi operativi.

(h) Altri provvedimenti

L'UE dovrebbe valutare tutte le soluzioni possibili per ridurre le emissioni di gas serra e garantire che le misure da adottare sia tra loro coerenti sotto il profilo economico e ambientale. Nel secondo rapporto del Gruppo ad alto livello sulla competitività, l'energia e l'ambiente, si proponeva di analizzare la praticabilità di tutti i potenziali interventi che potrebbero offrire gli incentivi necessari per incoraggiare i partner commerciali dell'UE ad intraprendere misure efficaci per l'abbattimento delle emissioni dei gas serra[94].

L'UE dovrebbe incentivare anche la sensibilizzazione del pubblico in generale alle ripercussioni che le proprie azioni hanno in termini di cambiamenti climatici e coinvolgere i cittadini nell'impegno a limitare tali impatti.

6.           Interventi in ambito internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici

La battaglia contro i cambiamenti climatici si può vincere solo con un intervento di scala planetaria, ma per raggiungere l'obiettivo dei 2 ºC il dibattito internazionale deve andare oltre la retorica e arrivare a negoziati in cui si discuta di impegni concreti. Per l'UE il raggiungimento di un accordo in questo senso dovrebbe essere la priorità internazionale a tutti i livelli: per esercitare tutto il suo peso dovrebbe organizzarsi e presentare, negli anni, una posizione e una politica unitaria dell'UE e un approccio coerente e convincente, come richiede un impegno di questa portata. Tutto ciò renderà necessari metodi di lavoro diversi in termini di coordinamento e di azione internazionale.

Un accordo del genere si può raggiungere solo così. In paesi come gli Stati Uniti e l'Australia, che non hanno ratificato il protocollo di Kyoto, aumenta la consapevolezza dei pericoli insiti nei cambiamenti climatici e ciò ha dato vita a iniziative regionali per contenere le emissioni dei gas serra. Le imprese, più che alcuni governi, stanno facendo propria una visione di lungo termine e stanno diventando l'elemento trainante nella lotta ai cambiamenti climatici; a tal fine chiedono un quadro politico coerente, stabile ed efficiente che orienti le decisioni in materia di investimenti. Molte delle tecnologie di riduzione delle emissioni di gas serra esistono già o sono in fase avanzata di sviluppo e sono in grado di abbattere le emissioni (cfr. grafico 1). Ciò che serve ora è l'appoggio dei principali responsabili delle emissioni per giungere ad un accordo di lungo termine che ne garantisca un maggiore sviluppo e diffusione.

 

Fonte: CCR-IPTS, POLES

6.1         Come devono intervenire i paesi industrializzati

I paesi industrializzati sono responsabili del 75% dell'attuale concentrazione di gas serra di origine industriale nell'atmosfera e del 51% se si tiene conto della deforestazione (concentrata in massima parte nei paesi in via di sviluppo). Essi hanno inoltre la capacità tecnologica e finanziaria per ridurre le proprie emissioni: per questo dovrebbero dare il contributo maggiore nei prossimi dieci anni.

Il potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra dei paesi industrializzati che non hanno ratificato il protocollo di Kyoto è ancora superiore a quello dell'UE. Al fine di conseguire l'obiettivo dei 2 °C, e nel contesto di un accordo internazionale che si applichi dopo il 2012, l'Unione europea dovrebbe proporre ai paesi industrializzati d'impegnarsi a ridurre del 30% le proprie emissioni rispetto ai valori del 1990 entro il 2020.

I sistemi di scambio delle emissioni saranno uno strumento cruciale per consentire ai paesi sviluppati di realizzare i traguardi fissati in maniera economicamente efficace. Sistemi analoghi a quello dell'UE sono in fase di preparazione anche in altri paesi. I vari sistemi nazionali di scambio con livelli comparabili di rigorosità dovrebbero essere connessi tra loro, per ridurre i costi legati all'adempimento degli obblighi.

Il regime che entrerà in vigore dopo il 2012 deve prevedere norme vincolanti ed efficaci per verificare e far applicare gli impegni assunti: in tal modo verrà a crearsi un clima di fiducia nel fatto che tutti i paesi manterranno i rispettivi impegni e che non ci saranno inversioni di rotta come quelle rilevate di recente.

6.2         Interventi nei paesi in via di sviluppo

Nel futuro immediato è opportuno che i paesi industrializzati intervengano in maniera decisa per abbattere le proprie emissioni. Ma le economie dei paesi in via di sviluppo e, di conseguenza, le emissioni prodotte crescono in termini assoluti e relativi ed entro il 2020 rappresenteranno più del 50% delle emissioni globali (cfr. grafico 2). Ne consegue che un'azione anche più incisiva, ma intrapresa solo dai paesi industrializzati, non solo perderà di efficacia, ma non sarà semplicemente sufficiente, anche se questi paesi riusciranno ad abbattere drasticamente le proprie emissioni. È pertanto indispensabile che anche i paesi in via di sviluppo, e soprattutto le principali economie emergenti, comincino a ridurre al più presto l'aumento delle proprie emissioni e ad abbattere le emissioni in termini assoluti dopo il 2020. Occorre inoltre agire con incisività per arrestare le emissioni risultanti dalla deforestazione. Questo obiettivo è perfettamente realizzabile senza compromettere in alcun modo la crescita economica e la lotta alla povertà. Crescita economica e lotta alle emissioni di gas serra sono due elementi perfettamente compatibili. Nella valutazione d'impatto si stima che il PIL complessivo dei paesi in via di sviluppo "che dispongono di una politica climatica" nel 2020 dovrebbe risultare leggermente inferiore (-1%) rispetto al PIL generato in assenza di una politica climatica. In realtà, la differenza è ancora più esigua, se non addirittura inesistente, perché le stime non tengono conto dei danni connessi ai cambiamenti climatici che vengono evitati. Nello stesso periodo, si prevede che il PIL di Cina e India raddoppierà e che quello del Brasile aumenterà del 50% circa. Lo sforzo di coinvolgere i paesi in via di sviluppo a fare qualcosa sarà più convincente se tutti i principali paesi industrializzati che producono le emissioni ridurranno sensibilmente le proprie.

 

Fonte: CCR-IPTS, POLES

Molti paesi in via di sviluppo stanno già intervenendo per ridurre sensibilmente la crescita delle emissioni di gas serra che producono attraverso politiche a livello di economia, sicurezza o ambiente locale e hanno a loro disposizione molte soluzioni che presentano benefici superiori ai costi.

L'aumento della produttività legata all'utilizzo dell'energia, oggi bassa, consente di dare una risposta alle crescenti preoccupazioni per i costi dell'energia e la sicurezza.

Le politiche riguardanti le energie rinnovabili sono spesso efficaci sotto il profilo economico, in particolare per soddisfare il fabbisogno di energia elettrica delle zone rurali.

Le politiche in materia di qualità dell'aria presentano vantaggi per la salute delle persone.

Il metano emesso dalle discariche, dai letti di carbone, dai rifiuti organici in decomposizione e da altre fonti e poi recuperato è una fonte di energia a basso costo.

Tutte queste politiche possono essere rafforzate con uno scambio di buone pratiche in fase di elaborazione e pianificazione e di cooperazione tecnologica. In tal modo i paesi in via di sviluppo saranno in grado di svolgere un ruolo di maggiore peso nell'ambito delle attività di abbattimento delle emissioni su scala mondiale. L'UE continuerà le proprie attività di cooperazione in questo senso, approfondendole.

Ci sono varie soluzioni possibili per coinvolgere i paesi in via di sviluppo in un'azione più incisiva.

 

(a) Un nuovo approccio al meccanismo CDM

Il meccanismo di sviluppo pulito (CDM) del protocollo di Kyoto deve essere razionalizzato ed esteso. Per il momento, genera crediti nel caso di investimenti in progetti di abbattimento delle emissioni che si realizzano nei paesi in via di sviluppo; tali crediti possono essere utilizzati dai paesi industrializzati per rispettare i propri obiettivi di riduzione e in tal modo si creano importanti flussi di capitali e di tecnologie. Il CDM potrebbe essere esteso a interi settori nazionali, generando crediti di emissione se tutto il settore nazionale fosse in grado di superare uno standard predefinito di emissione. Un meccanismo di portata più ampia potrà però funzionare unicamente in presenza di una maggiore domanda di crediti e ciò accadrà solo se tutti i paesi industrializzati si assumeranno consistenti impegni di riduzione.

(b) Migliore accesso ai finanziamenti

Nei paesi in via di sviluppo le previsioni indicano che, per sostenere la crescita economica, gli investimenti per la generazione di nuova elettricità dovrebbero superare i 130 miliardi di euro l'anno; gran parte di queste risorse proverrà dai principali paesi in via di sviluppo medesimi. I nuovi impianti saranno operativi per decine d'anni e determineranno le emissioni dei gas serra dopo il 2050. Per questo dovrebbero essere impianti all'avanguardia; questa è dunque un'occasione unica per ridurre le emissioni nei paesi in via di sviluppo.

Per abbattere drasticamente le emissioni di CO2 nel settore dell'energia elettrica serviranno altri investimenti pari a circa 25 miliardi di euro l'anno. Questo divario non potrà essere colmato con il CDM, anche se questo avesse una portata più ampia come proposto in precedenza, e nemmeno con gli aiuti allo sviluppo. Sarà invece necessaria una combinazione di CDM, aiuti allo sviluppo, meccanismi di finanziamento innovativi (come il Fondo globale per l'efficienza energetica e le energie rinnovabili proposto dall'UE), prestiti mirati di istituti finanziari internazionali e l'impegno dei paesi in via di sviluppo che hanno i mezzi per contribuire. Più rapidamente verrà colmato il divario e meno aumenteranno le emissioni dei paesi in via di sviluppo.

(c) Approcci settoriali

Un'altra soluzione potrebbe essere l'introduzione di scambi di emissione a livello di imprese di tutto un settore, laddove esista la capacità di monitorare le emissioni e di garantire il rispetto degli impegni, soprattutto per i settori ad alto consumo energetico come la produzione di energia elettrica, gli impianti di lavorazione dell'alluminio, del ferro, dell'acciaio, del cemento, le raffinerie e l'industria della carta e della pasta per carta, che sono in massima parte soggetti alla concorrenza internazionale. Tali sistemi di scambio potrebbero essere di scala nazionale o mondiale: nel caso di regimi nazionali, nei paesi in via di sviluppo dovrebbero essere collegati con quelli esistenti nei paesi industrializzati e gli obiettivi definiti per ciascun settore partecipante dovrebbero essere gradualmente inaspriti fino ad avvicinarsi a quelli dei paesi industrializzati. Un approccio di questo tipo servirebbe anche a limitare il trasferimento di impianti ad alte emissioni da paesi che impongono obblighi di riduzione verso paesi che non lo fanno.

 

 

(d) Limiti di emissione quantificati

I paesi che raggiungono un grado di sviluppo paragonabile a quello dei paesi industrializzati dovrebbero assumersi impegni di riduzione sulla base del rispettivo grado di sviluppo, delle emissioni pro capite, del potenziale di riduzione delle emissioni e della propria capacità tecnica e finanziaria di attuare altre misure di limitazione e riduzione delle emissioni.

(e) Assenza di impegni per i paesi meno sviluppati

I paesi meno sviluppati saranno quelli che subiranno maggiormente le conseguenze dei cambiamenti climatici. Poiché emettono quantità ridotte di gas serra non dovrebbero essere vincolati a ridurre le proprie emissioni. L'UE rafforzerà ancora la propria cooperazione con i paesi meno sviluppati per aiutarli ad affrontare i problemi posti dai cambiamenti climatici, in particolare attraverso iniziative volte a migliorare la sicurezza alimentare, la capacità di monitorare i cambiamenti climatici, la gestione del rischio di catastrofi, la loro preparazione e risposta in caso di disastri. Oltre agli aiuti allo sviluppo necessari per affrontare le problematiche dei cambiamenti climatici, serviranno altri finanziamenti per permettere ai paesi più vulnerabili di adattarsi al fenomeno. L'UE e altri paesi dovrebbero infine aiutarli a partecipare maggiormente ai progetti nell'ambito del CDM.

Altri elementi

In un futuro accordo internazionale dovrebbero figurare anche gli elementi descritti di seguito.

§      Il cambiamento tecnologico necessita una maggiore cooperazione internazionale a livello di ricerca e sviluppo tecnologico. L'UE dovrebbe accelerare fortemente la propria cooperazione in ambito tecnologico e di ricerca con i paesi terzi, anche istituendo progetti di dimostrazione di vasta scala in determinati paesi in via di sviluppo, in particolare per la cattura e lo stoccaggio geologico del carbonio. La cooperazione internazionale nel campo della ricerca dovrebbe servire anche a quantificare gli impatti dei cambiamenti climatici in ambito regionale e locale e a predisporre le opportune strategie di adattamento e mitigazione degli effetti. Le attività di ricerca dovrebbero infine approfondire aspetti quali le interazioni tra gli oceani e i cambiamenti climatici.

§      Le emissioni derivanti dalla perdita netta di copertura forestale devono cessare definitivamente nel giro di vent'anni e successivamente ci deve essere un'inversione di tendenza. Tra le possibili soluzioni per combattere la deforestazione vi sono politiche forestali efficaci (di scala internazionale e nazionale) abbinate ad incentivi economici. Servono rapidamente dei sistemi pilota di vasta scala che consentano di esaminare quali siano gli approcci più efficaci in grado di abbinare gli interventi in ambito nazionale al sostegno internazionale.

§      Le iniziative finalizzate a favorire l'adattamento alle inevitabili conseguenze dei cambiamenti climatici dovranno essere parte integrante del futuro accordo mondiale sul clima. La necessità di adeguarsi agli impatti del fenomeno dovrebbe essere un elemento da considerare nelle decisioni sugli investimenti pubblici e privati. Partendo dall'attuazione del piano d'azione UE su cambiamenti climatici e sviluppo, che dovrà essere riesaminato nel 2007, l'UE dovrebbe rafforzare il processo di cooperazione con i paesi in via di sviluppo per quanto riguarda le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici e mitigazione dei relativi effetti.

§      La conclusione di un accordo internazionale su norme di efficienza energetica che coinvolga i principali paesi produttori di apparecchiature avrà vantaggi in termini di accesso al mercato e servirà ad abbattere le emissioni di gas serra.


 

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

Bruxelles, 10.1.2007 SEC(2007)7

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE

Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius
La via da percorrere fino al 2020 e oltre

Sintesi della valutazione d'impatto

{COM(2007) 2 def.}
1SEC(2007) 8}



1         INTRODUZIONE

Nella comunicazione del 2005 dal titolo "Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici" venivano illustrate le problematiche che si sarebbero presentate nella lotta a questo fenomeno_ Sia il Consiglio europeo che il Parlamento hanno confermato l'obiettivo di contenere l'innalzamento della temperatura media mondiale ad un massimo di 2 °C rispetto ai valori dell'epoca preindustriale. Il Consiglio europeo ha evidenziato la necessità di prendere in esame strategie in grado di ridurre le emissioni come richiesto ed ha invitato la Commissione europea a svolgere un'analisi più approfondita. La presente comunicazione fa seguito a tale invito.

2.                               BILANCIO DELLE RACCOMANDAZIONI CONTENUTE NELLA COMUNICAZIONE DEL 2005

 

L'UE dovrebbe riuscire a conseguire gli obiettivi fissati nel protocollo di Kyoto_ Dalle proiezioni riguardanti le politiche in vigore nell'UE-15 si evince che, nel 2010, le emissioni di gas serra saranno calate di appena lo 0,6% rispetto ai livelli dell'anno di riferimento, attestandosi cioè ben al di sopra dell'obiettivo collettivo di riduzione fissato all'8% per il periodo 2008-2012. Misure supplementari potranno dimezzare il divario e i meccanismi di Kyoto e la rimozione del carbonio tramite pozzi di assorbimento faranno il resto. Questi dati sottolineano quanto sia importante mettere in atto tutte le misure esistenti e quelle supplementari.

 

Nell'ottobre del 2005 è partita la seconda fase del Programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP). Da allora la Commissione europea ha presentato una proposta intesa a includere il trasporto aereo nel sistema UE di scambio delle quote di emissione e nel corso del2007 presenterà una comunicazione sulle emissioni delle automobili, una proposta riguardante la cattura e lo stoccaggio geologico del carbonio (Carbon Capture and Storage - CCS) e un Libro verde sull'adattamento ai cambiamenti climatici. E inoltre iniziato il riesame del sistema UE di scambio delle quote e il Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo (2007-2013) aumenta il bilancio destinato ad ambiente, energia e trasporti, che adesso ammonta a circa 8 miliardi di curo.

 

È stata incentivata anche la cooperazione internazionale, ad esempio con contatti periodici con paesi che rivestono posizioni chiave come la Cina, l'India e gli Stati Uniti. È aumentata la cooperazione in campo tecnologico, in particolare per quanto riguarda le attività CCS, e il Settimo programma quadro la promuoverà ancora di più. Viene inoltre favorito un maggiore accesso ai finanziamenti per lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, ad esempio nell'ambito del Fondo globale per l'efficienza energetica e le energie rinnovabili (GEEREF).

3.               ULTIMI DATI SCIENTIFICI SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Gli studi più recenti confermano che il clima sta effettivamente cambiando e, dalle indicazioni disponibili, risulta che tali cambiamenti hanno subito un'accelerazione: basti pensare che i 10 anni più caldi mai registrati si sono tutti verificati dopo il 1990. Le concentrazioni odieme di metano e di CO2 in atmosfera hanno raggiunto Iivelli mai rilevati negli ultimi 650 000 anni ed è stata osservata anche un'accelerazione nell'innalzamento del livello dei mari. Anche

 


buona parte dei servizi ecosistemici subirà le conseguenze del fenomeno, perché verrà ridotta la copertura dei ghiacci e aumenterà }'acidificazione degli oceani, con impatti potenzialmente drammatici sull'ambiente.

Diminuisce anche l'incertezza sugli effetti dei cambiamenti climatici. In base ai dati disponibili è possibile prevedere che, nel corso di questo secolo, quasi certamente verranno raggiunte le temperature critiche che rischiano di determinare perturbazioni su vasta scala, a conferma della necessità di contenere l'aumento della temperatura entro 1 2 °C. Studi recenti evidenziano che, se la concentrazione dei gas serra supererà le 450 parti per milione in volume di CO2 equivalente (ppmv di C02 eq.), aumenterà il rischio che la temperatura s'innalzi di oltre 2 °C.

4.              COSTO DELL'INAZIONE PER L'EUROPA

A causa di lacune nelle metodologie e nei dati scientifici non è stato ancora possibile svolgere un'analisi completa dei costi che potrebbero derivare dall'inazione. Lo studio PESETA, attualmente in corso con il coordinamento del Centro comune di ricerca, ha t'obiettivo di colmare in parte i dati mancanti per l'UE. Il progetto prende in esame gli effetti dei cambiamenti climatici nei seguenti campi: agricoltura, salute umana, turismo, bacini idrografici e sistemi costieri.

 

I risultati preliminari disponibili mettono in evidenza che è previsto un calo della resa delle colture cerealicole nell'Europa meridionale a fronte di un aumento nell'Europa settentrionale. Tra gli effetti sulla salute si può annoverare l'aumento della mortalità e della morbilità (malattie) dovute alla calura estiva; nella stagione invernale la tendenza è esattamente contraria. Sempre dai risultati preliminari emerge anche che, senza un'acclimatazione, per la fine del secolo l'aumento dei decessi dovuti alla calura potrebbe essere superiore al calo della mortalità dovuta al freddo. 1 danni imputabili all'innalzamento del livello del mare all'interno dell'UE saranno molto gravi se non si interverrà in termini di adattamento. Nel medio termine, gli interventi di adattamento riescono a ridurre i costi anche del 50% e sul lungo termine fino al 70%. 1 risultati disponibili dimostrano i benefici derivanti dall'adozione tempestiva di provvedimenti di adattamento come la costruzione di dighe e la ricostruzione e la manutenzione delle spiagge, anche se i costi di tali interventi rimangono elevati.

I fenomeni meteorologici estremi come le alluvioni di grande portata dovrebbero aumentare. i risultati preliminari riguardanti due bacini idrografici giungono a conclusioni analoghe. I danni complessivi di un evento alluvionale di media probabilità (che ricorre cioè ogni I00 anni) dovrebbero aumentare anche del 40% nel bacino dell'Alto Danubio e fino al 14% nel bacino della Mosa. Dai dati preliminari risulta anche che la zona nella regione del Mediterraneo, oggi caratterizzata da ottime condizioni atmosferiche che favoriscono il turismo balneare, tenderà a spostarsi verso Nord; d'altro canto, nella regione miglioreranno le condizioni atmosferiche in primavera e in autunno. L'intensità di tali impatti dipenderà dal grado di adattamento dei turisti ai cambiamenti delle condizioni atmosferiche.

5.              BENEFICI DEGLI INTERVENTI SUL CLIMA IN ALTRI SETTORI

Qualità dell'aria: Le politiche sui cambiamenti climatici e sull'inquinamento atmosferico sono strettamente correlate tra loro. L'abbattimento delle emissioni di CO2 determina un notevole calo di altri inquinanti atmosferici, soprattutto il diossido di zolfo, le particelle e gli

 


ossidi di azoto. Riducendo le emissioni di CO2 di circa i122% rispetto al valore di riferimento entro il 2020 sarà possibile contenere le ripercussioni sulla salute umana, con un beneficio quantificabile tra 27,8 e 48,1 miliardi di euro e una notevole riduzione dei costi connessi al raggiungimento degli obiettivi riguardanti altri inquinanti atmosferici. Benefici correlati analoghi, se non maggiori, sono previsti anche nei paesi in via di sviluppo.

Sicurezza energetica: Sviluppi recenti hanno riportato alla ribalta il problema della volatilità dei mercati dell'energia. I1 G8 ha invitato a procedere con le politiche per la lotta ai cambiamenti climatici e a favore dell'energia pulita. Tale invito giunge in un momento nel quale gli investimenti nel sistema energetico raggiungeranno livelli mai visti in precedenza: i dati dell'Agenzia internazionale dell'energia parlano di investimenti di poco superori a 20 triliardi di dollari fino al 2030. Questi dati aprono delle prospettive. Scegliere la strada che porta ad un'economia a basse emissioni di carbonio risulta meno oneroso dal punto di vista economico nel momento in cui si devono sostituire o ampliare le infrastrutture. La Banca iondiale stima che per passare ad una produzione di energia elettrica a basse emissioni di carbonio nei paesi che non fanno parte dell'OCSE occorrono investimenti incrementali che potranno raggiungere i 25 miliardi di euro l'anno. Nessuna delle tecnologie che l'AIE ha individuato come strumento per abbattere le emissioni potrà avere un costo d'investimento incrementale superiore a 20 curo per tonnellata di C02 emesso, al momento della piena diffusione.

La sicurezza energetica è diventata un problema importante all'interno dell'UE. Secondo le proiezioni ottenute con il modello PRIMES, le importazioni di petrolio dovrebbero aumentare del 25% circa tra il 2000 e il 2030 e quelle di gas naturale dovrebbero più che raddoppiare. Nel Libro verde del marzo 2006 "Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura" vengono presentate tre politiche che potrebbero garantire la sicurezza energetica e la realizzazione degli obiettivi riguardanti i cambiamenti climatici: efficienza energetica, energie rinnovabili e attività CCS. Una migliore efficienza energetica e una penetrazione più diffusa delle energie rinnovabili dovrebbero avere effetti positivi consistenti e ridurre le emissioni di COZ rispetto ai valori del 1990, arrivando ad un abbattimento del 21 % entro il 2020, a quella data, le importazioni di petrolio e di gas potrebbero scendere di oltre il 15% rispetto alla situazione che si verificherebbe in caso di status quo. La possibilità di catturare e stoccare il carbonio rappresenta un'altra variante di tecnologia a basse emissioni di carbonio_ Le proiezioni ottenute con il modello POLES sui sistemi energetici di scala mondiale attribuiscono una funzione importante alle attività CCS, che entro il 2030 dovrebbero essere in grado di sequestrare circa il 30% delle emissioni di CO2 prodotte dalle centrali elettriche a combustibili fossili, nell'UE e nel mondo, favorendo in tal modo anche la sicurezza energetica.

Occupazione. La valutazione d'impatto del piano d'azione sulla biomassa stimava che tale piano potesse creare da 250 000 a 300 000 nuovi posti di lavoro all'interno dell'US. In Europa anche il settore dell'energia colica si sta espandendo rapidamente e vanta già circa 120 000 addetti solo in Germania, Danimarca e Spagna_ La Confederazione europea dei sindacati sta svolgendo uno studio sulla relazione tra politiche climatiche e occupazione: dai risultati intermedi risulta che la maggior parte degli studi disponibili concorda che, nel complesso, le politiche climatiche possono avere ripercussioni positive sull'occupazione.

Fertilità del suolo: La materia organica presente nel suolo è un elemento importante nel ciclo del carbonio: il suolo, infatti, emette carbonio e lo trattiene. Recentemente nel Regno Unito sono state rilevate ingenti perdite di carbonio dal suolo; se questi dati fossero confermati in altre regioni dell'UE, si tratterebbe di un problema serio che richiederebbe un ulteriore

 


intervento. L'incertezza al riguardo è elevata e occorre proseguire con le ricerche. La Strategiatematica per la protezione del suolo punta a combattere la perdita di materia organica nei suoli europei, a conservare la fertilità del suolo o ad aumentare i livelli di carbonio stoccati dal suolo.

6.           STRATEGIE INTERNAZIONALI PER OTTENERE RIDUZIONI CREDIBILI DELLE EMISSIONI ENTRO IL 2050

 

Profili delle emissioni

Studi recenti confermano che, riuscendo a stabilizzare le emissioni attorno alle 450 ppmv di CO2 eq., le probabilità di raggiungere l'obiettivo dei 2 °C sono del 50%: già adesso le concentrazioni dei gas serra si avvicinano alle 430 ppmv e aumentano di circa 2 ppmv l'anno. Per contenere la temperatura entro 1 2 °C le concentrazioni dei gas serra dovranno ridursi a 450 ppmv di C02 eq. a lungo termine, dopo aver superato tale limite nei prossimi venti o trent'anni. Si tratta del cosiddetto scenario di superamento (overshooling), simile a quello presentato nel rapporto Stern che ipotizza una concentrazione pari a 500 ppmv di CO2 eq.

 

La Commissione europea ha realizzato una valutazione d'impatto nel caso si verificasse tale scenario utilizzando il modello POLES (modello di equilibrio parziale), il modello GEM E3 (modello di equilibrio generale) e il modello DIMA (per la silvicoltura). Se si verificasse lo scenario che prevede il superamento delle concentrazioni, la possibilità di realizzare l'obiettivo dei 2 °C sarebbe del 50% e le emissioni globali dovrebbero raggiungere il picco e stabilizzarsi tra il 2015 e il 2020. Le emissioni dovute a cambiamenti di utilizzo del terreno, in particolare la deforestazione, rappresentano il 20% circa delle emissioni globali e dovrebbero registrare un'inversione di tendenza entro il 2020. D'altra parte, sarebbe necessario che le emissioni di gas serra provenienti da altre fonti diminuissero di circa il 25% rispetto ai valori del 1990 entro il 2050.

Fino al 2050 è stato applicato il modello POLES per ottenere delle previsioni sulle tecnologie future e sono state prodotte stime dei costi fino al 2030. Lo scenario di riferimento comprende stime recenti (e dunque più elevate) dei prezzi dell'energia e ipotizza che nell'ambito del sistema UE di scambio delle quote di emissione il prezzo del carbonio sia piuttosto basso (5 curo/tonnellata di CO2). Nello scenario che prevede una riduzione delle emissioni, le emissioni globali di gas serra si stabilizzano entro il 2020 e successivamente si riducono del 25% entro il 2050 rispetto al 1990.

Le politiche in materia di efficienza energetica sono attuate in tutti i paesi motivati a far fronte all'aumento del prezzo dell'energia. Si ipotizza che i paesi industrializzati s'impegnino a ridurre le emissioni. Le industrie ad alto consumo energetico partecipano al mercato globale del carbonio che si fa sempre più integrato. All'inizio i paesi in via di sviluppo presentano un prezzo inferiore del carbonio, che simula la limitata penetrazione del prezzo del carbonio a livello di azienda attraverso strumenti come il meccanismo di sviluppo pulito (CDM). Nel 2030, però, il divario è esiguo grazie alla presenza di un quadro normativo più adeguato anche nei paesi in via di sviluppo, eccetto quelli a più basso reddito. Altri settori non partecipano al mercato globale del carbonio, ma si presume che nei paesi industrializzati siano in vigore politiche con effetti analoghi, mentre nei paesi in via di sviluppo sono attuate solo politiche di efficienza energetica.

Proiezioni sulle emissioni di gas serra

 


In base allo scenario di riferimento, nel 2050 le emissioni planetarie di gas serra dovrebbero aumentare dell'86% rispetto al 1990. Nel 2020 le emissioni dei paesi in via di sviluppo dovrebbero superare quelle del mondo industrializzato.

Considerando invece lo scenario che prevede un abbattimento delle emissioni, nel 2020 le emissioni dei paesi industrializzati sarebbero già inferiori a quelle del 1990 (-18%), con un ulteriore calo nel 2030 (-32%). Per ME-25, l'abbattimento rispetto al 1990 dovrebbe aggirarsi attorno al 21% nel 2020 e al 36% nel 2030. Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, le emissioni dovrebbero stabilizzarsi tra il 2020 e i1 2025. Nel 2030 le emissioni globali dovrebbero superare i livelli del 1990 di appena il M.

 

Fattibilità dal punto di vista tecnico

II sistema energetico deve cambiare fortemente. L'intervento più importante è senz'altro quello diretto a contenere i consumi energetici attraverso una maggiore efficienza. 1 settori residenziale e del terziario sono quelli che risparmiano di più e che rispondono maggiormente all'applicazione di norme di efficienza energetica. L'efficienza delle centrali elettriche a combustibili fossili aumenta anche grazie alla sostituzione delle tradizionali centrali elettriche a carbone con impianti a tecnologia più avanzata. Nel 2030 l'UE dovrebbe ridurre del 60% le proprie importazioni di carbone e del 20% quelle di petrolio e di gas, sempre rispetto allo scenario di riferimento.

Il settore della generazione di energia elettrica rimane uno dei più importanti per l'abbattimento delle emissioni. Secondo le previsioni, tra il 2005 e il 2050 le energie rinnovabili, esclusa l'energia idroelettrica, dovrebbero aumentare di 24 volte. Le tecnologie CCS saranno un'importante tecnologia di transizione a livello mondiale, anche se il consumo di carbone dovrebbe diminuire. Gli impianti a carbone saranno sostituiti da tecnologie avanzate del carbone. Il gas naturale compenserà parzialmente il carbone e nel 2025 rappresenterà il 33% della produzione mondiale di elettricità. II nucleare sarà utilizzato di più nella produzione di energia elettrica ma in termini assoluti occupa sostanzialmente la stessa posizione che ha nello scenario di riferimento.

 

Costi e scambio delle quote di emissione

Secondo le proiezioni del modello POLES, il prezzo mondiale del carbonio dovrebbe raggiungere i 37 curo per tonnellata di CO2 nel 2020 e i 64 curo per tonnellata nel 2030. 1 costì derivanti dagli investimenti ìn tecnologie a basse emissioni di carbonio dovrebbero rappresentare meno dello 0,5% del P1L mondiale annuo fino al 2030. La definizione di obiettivi di riduzione fino al 30% per il 2020 e fino al 50% nel 2030 dovrebbero incentivare loscambio delle emissioni e in tal modo sarà possibile abbattere le emissioni a livello planetario all'insegna dell'efficacia economica. Se si conseguissero gli obiettivi di riduzione fissati per i paesi industrializzati attraverso lo scambio delle quote, il costo globale dell'abbattimento scenderebbe del 75%.

Non bisogna confondere i costi derivanti dagli investimenti supplementari in tecnologie a basse emissioni di carbonio con l'impatto sulla crescita economica. Quest'ultimo impatto è stato analizzato con il modello GEM E3 per l'intera economia. Ipotizzando che le emissioni seguano un andamento compatibile con l'obiettivo dei 2 °C, il P1L mondiale risulterebbe comunque quasi raddoppiato nei prossimi 25 anni: nel 2030 la sua crescita dovrebbe essere inferiore a quella della situazione di riferimento di appena lo 0,19% in termini annui. L'impatto sul PIL nazionale varia in funzione dei diversi impegni di riduzione. Le differenze

 


registrate nel PIL, in termini annui, per l'UE sono maggiori rispetto a quelle calcolate per il PIL mondiale e passano da -0,19% nel 2020 a - 0,24% nel 2030. Anche nei grandi paesi in viadi sviluppo, che pur non devono adempiere a obblighi di riduzione nel 2020, il PIL subisce unleggero calo rispetto allo scenario di riferimento (da -0,06% in Brasile e Cina fino a -0,1% in India, sempre in termini annui); tale calo è una conseguenza degli scambi.

La valutazione dimostra che è possibile ridurre le emissioni planetarie in modo da realizzare l'obiettivo dei 2 °C, ma deve aumentare la partecipazione. Tutti i paesi devono migliorare la propria efficienza energetica e abbattere le emissioni dei trasporti, del settore residenziale e del terziario. 1 settori ad alto consumo energetico, soprattutto quello dell'energia elettrica, devono gradualmente aderire a un mercato globale del carbonio, garantendo l'efficacia dei costi. II gruppo dei paesi industrializzati deve fissarsi obiettivi di riduzione decisi: - 30% circa rispetto al 1990 nel 2020 per passare a -40/-55% nel 2030; devono inoltre partecipare integralmente al mercato globale del carbonio. Realizzando tali obiettivi nel 2020 le emissioni nazionali dei paesi industrializzati dovrebbero scendere del 20%. Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, le loro emissioni dovrebbero cominciare a stabilizzarsi tra il 2020 e il 2025 per poi iniziare a calare.

Riduzione delle emissioni all'interno dell'UE

L'abbattimento delle emissioni all'interno dell'UE avrebbe vari aspetti positivi in termini di sicurezza energetica e minor inquinamento atmosferico, senza contare l'effetto di promozionedi tecnologie competitive. I1 modello GEM E3 ha valutato l'impatto della decisione unilaterale dell'UE di abbattere le proprie emissioni del 21% e del 31% entro il 2020, senza un'ampia partecipazione. Una decisione unilaterale di questo tipo avrebbe indubbiamente un importantevalore sotto il profilo politico, ma darebbe un esiguo contributo alla riduzione delle emissioni globali, che diminuirebbero solo del 5% rispetto al valore di riferimento. Anche senza un'ampia partecipazione, sarà necessario accedere ai progetti CDM, che fungono da valvola di sicurezza. Senza tali progetti, il prezzo del carbonio sarebbe da 8 a 11 volte più elevato. Con l'accesso al CDM conseguire gli obiettivi di abbattimento risulterebbe molto meno costoso rispetto a quanto avverrebbe secondo uno scenario di riduzione che prevede una partecipazione di scala mondiale.

La possibilità di accedere pienamente al meccanismo CDM ridurrebbe limitatamente le emissioni a livello interno e avrebbe scarsi benefici collaterali, ma tali riduzioni e benefici potrebbero essere garantiti da politiche energetiche comunitarie concomitanti.

 

Deforestazione_ invertire la tendenza

Le emissioni dovute alla deforestazione saranno un fattore decisivo per realizzare l'obiettivo dei 2 °C. I1 modello DIMA (Dynamic Integrated Model of Forestry and Alternative Land Use), un modello dinamico integrato per la silvicoltura e l'uso alternativo del terreno, analizza le cause della deforestazione. Al fine della presente valutazione d'impatto il modello ha considerato anche un incentivo finanziario per tonnellata di COz simile al prezzo previsto nel modello POLES a ]]-vello regionale. L'impatto che ne consegue è notevole: entro il 2020 ci sarebbe infatti un'inversione netta e si passerebbe da una situazione in cui c'è una fonte netta di emissioni ad una in cui si ottiene un effetto netto di assorbimento. Invertire la tendenza in atto in questo modo sarà una sfida.

Prima di introdurre incentivi finanziari per invertire l'attuale tendenza alla deforestazione occorre un'attenta analisi. Gli incentivi previsti dal modello D1MA potrebbero raggiungere

 


livelli astronomici se fossero concessi per evitare la deforestazione di tutte le risorse forestali e boschive esistenti. Gli incentivi in questo caso sono una soluzione complessa per molti aspetti. Il degrado delle foreste è dovuto a svariati motivi; la governante e le norme in materia di proprietà variano e spesso manca chiarezza in merito. In un recente rapporto della Banca mondiale il finanziamento del carbonio figura tra gli strumenti proposti, ma viene anche sottolineata la necessità di attuare altri provvedimenti come finanziamenti alla biodiversità, migliori attività di monitoraggio e valutazione, una migliore normativa sui diritti di proprietà e procedure di pianificazione più adeguate, ad esempio per la costruzione di strade.

Vari regimi di incentivi e altre soluzioni analoghe sono già stati applicati ed esiste una certa esperienza in questo campo, che è tuttavia difficile da trasferire in ambito internazionale. Uno dei prossimi passi dovrebbe essere quello di acquisire esperienza pratica attraverso progetti pilota.


Risoluzione del Parlamento europeo sui cambiamenti climatici
PROV(2007)0038

Il Parlamento europeo ,

–   vista la dodicesima sessione della Conferenza delle Parti (COP 12) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC) e la seconda sessione della Conferenza delle Parti quale riunione delle Parti del Protocollo di Kyoto (COP/MOP 2) svoltasi a Nairobi in Kenia dal 6 al 17 novembre 2006,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sui cambiamenti climatici ed in particolare quelle delle 16 novembre 2005 su "Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici"(1) e del 26 ottobre 2006 sulla "Strategia dell'Unione europea per la Conferenza di Nairobi" (COP 12 - COP/MOP 2)(2) ,

–   vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su "Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a più 2 gradi Celsius - La via da percorrere fino al 2020 e oltre" (COM(2007)0002),

–   vista la conclusione formale approvata il 2 febbraio 2007 in occasione della 10a sessione del gruppo di lavoro I dell'Intergovernmental Panel on climate change (IPCC) svoltasi a Parigi, quale contributo alla quarta relazione di verifica dell'IPCC che descrive le attuali conoscenze dei fattori umani e naturali all'origine dei cambiamenti climatici e fornisce una stima delle proiezioni future di tali cambiamenti,

–   visto l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.   considerando che i recenti episodi di estremo maltempo, quali la devastante tempesta Kyrill, hanno intensificato le discussioni sui cambiamenti climatici,

B.   considerando che anche se un singolo episodio di estremo maltempo non può essere direttamente collegato ai cambiamenti climatici occorre considerare che molti scienziati ritengono che l'aumentata intensità degli episodi di maltempo estremo sia collegato ai cambiamenti climatici,

C.   considerando che recenti rapporti scientifici danno ragione di temere che i processi di cambiamento climatico già in corso possano accelerare a causa di varie forme di feedback positivo,

1.   sottolinea che è urgente prendere iniziative concrete a livello mondiale per affrontare i cambiamenti climatici e che è necessaria una leadership politica per portare avanti questo processo;

2.   si compiace in questo contesto del fatto che sia la Commissione che la Presidenza in carica abbiano messo al centro della propria agenda politica i cambiamenti climatici;

3.   sollecita l'Unione europea a mantenere il proprio ruolo di guida nei negoziati in vista di un quadro internazionale post-2012 sui cambiamenti climatici conservando aspettative ambiziose nelle discussioni future con i suoi partner internazionali;

4.   sollecita l'Unione europea a dimostrare la propria volontà di affrontare i cambiamenti climatici con misure quantificabili riducendo le proprie emissioni di gas serra (GHG) e rispettando i propri obiettivi nazionali e internazionali per la riduzione delle emissioni;

5.   riconosce che la quota di emissioni UE di GHG, che secondo la quarta relazione sulle comunicazioni nazionali della Comunità europea a norma dell'UNFCC è pari al 14%, può apparire modesta; sottolinea tuttavia che se misurata in termini di emissioni pro capite, la quota UE è tra le più alte del mondo; al fine di diminuire queste differenze ricorda alla Commissione e agli Stati membri i loro impegni nel quadro del Protocollo di Kyoto e degli accordi di Marrakesh volti a garantire la complementarietà dell'uso dei meccanismi flessibili;

6.   sottolinea la necessità di accelerare in modo significativo i negoziati internazionali sul quadro post-2012 in modo da garantire che non si creino lacune tra il primo e il secondo periodo di impegni nel quadro del Protocollo di Kyoto e da lasciare il tempo alla comunità internazionale di pianificare le misure necessarie; ribadisce il suo auspicio di raggiungere un accordo entro il 2008 o al massimo entro il 2009;

7.   sottolinea che l'UE dovrebbe basare la sua strategia sul presupposto che si raggiunga un accordo a livello internazionale sul quadro post-2012; ritiene pertanto che sia prematuro nella fase attuale discutere una strategia di ripiego qualora detto accordo internazionale non venga raggiunto;

8.   ricorda che, come indicato nelle sue risoluzioni del 16 novembre 2005 e del 26 ottobre 2006 e come in parte ammesso dalla Commissione nella sua comunicazione, la strategia UE sui cambiamenti climatici dovrebbe basarsi sui seguenti obiettivi chiave:

   i) limitare l'aumento della temperatura globale media a non più di 2° centigradi rispetto ai livelli di preindustrializzazione,

   ii) impegnarsi a raggiungere una riduzione complessiva delle emissioni per tutti i paesi industrializzati del 30% entro il 2020 rispetto ai livelli di emissioni del 1990, per giungere entro il 2050 ad una riduzione dell'ordine del 60-80%; 

9.   si rammarica della mancanza di chiarezza del pacchetto "clima ed energia" della Commissione rispetto all'obiettivo delle riduzioni delle emissioni di GHG per il 2020; sottolinea che è necessaria una riduzione complessiva del 30% per tutti i paesi industrializzati per poter avere una possibilità ragionevole di raggiungere l'obiettivo UE di limitare l'aumento della temperatura media a non più di 2° centigradi;

10.   insiste sul fatto che l'UE deve basare tutte le politiche e le misure interne sull'obiettivo di riduzione del 30% entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990;

11.   sottolinea che al fine di raggiungere un accordo a livello internazionale in merito ad una riduzione del 30% delle emissioni di GHG in tutti i paesi industrializzati, l'Unione europea deve concentrarsi non solo sulla politica ambientale ma anche sulla politica estera e degli scambi internazionali nonché sulla possibilità di modificare la richiesta di energia e delle altre risorse naturali; questo quadro più ampio pertanto deve essere parte della discussione sulla strategia per giungere all'obiettivo summenzionato;

12.   ritiene che gli Stati membri economicamente sviluppati abbiano esportato gran parte delle proprie attività e tecnologie che consumano energie e risorse naturali verso paesi meno sviluppati, nei quali la stessa attività probabilmente produce emissioni di GHG più elevate; sollecita pertanto la Commissione e gli Stati membri a definire politiche per impedire dette pratiche;

13.   insiste sulla specifica responsabilità dei paesi industrializzati nell'affrontare a livello mondiale i cambiamenti climatici; invita pertanto le Parti dell'Allegato I dell'UNFCCC a osservare i propri impegni attuali e a prevedere obiettivi ambiziosi per un secondo periodo di impegni dopo il 2012; invita inoltre i paesi industrializzati che non abbiano ratificato il Protocollo di Kyoto a riconsiderare la propria posizione, a prendere energiche misure interne e a svolgere un ruolo attivo nei futuri negoziati internazionali in modo da partecipare al futuro regime sui cambiamenti climatici;

14.   invita la Commissione e gli Stati membri a esaminare la possibilità di adottare misure di aggiustamento frontaliero sugli scambi in modo da neutralizzare eventuali vantaggi competitivi che possano affluire ai produttori dei paesi industrializzati sui quali non gravano vincoli per le emissioni di carbonio;

15.   ribadisce la sua proposta di riesaminare il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) al fine di armonizzare il metodo di assegnazione basato su un sistema di aggiudicazione all'asta e di valori di riferimento; propone di ridurre l'assegnazione gratuita di certificati di emissione e suggerisce agli Stati membri di restituire ai cittadini e alle imprese interessate le somme derivanti ad esempio delle aste;

16.   concorda con la Commissione che i paesi che non figurano all'Allegato I dell'UNFCCC devono essere maggiormente coinvolti nel processo in parola, ma sottolinea che i paesi in via di sviluppo non possono essere considerati come un blocco unico e che le attività intraprese da o all'interno dei paesi in via di sviluppo devono essere differenziate sulla base delle loro specifiche situazioni nazionali; sottolinea inoltre che tra questi paesi quelli meno sviluppati non dovrebbero essere obbligati a prendere impegni;

17.   invita la Commissione e gli Stati membri, al fine di garantire una situazione internazionale neutrale, a esaminare la proposta di obiettivi settoriali per industrie di esportazione ad alta intensità di energia nei paesi non gravati da impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni, per integrare gli obiettivi vincolanti per le emissioni dei paesi industrializzati;

18.   sottolinea che la politica energetica rappresenta un elemento cruciale della strategia globale UE sui cambiamenti climatici e che la diversificazione delle risorse energetiche rinnovabili e un passaggio alle tecnologie più efficienti in termini energetici, prive o a bassa emissione di carbonio hanno un grande potenziale nel quadro delle riduzioni delle emissioni, garantendo al tempo stesso una minore dipendenza energetica da fonti esterne;

19.   è convinto che l'attuale inefficienza di molte centrali elettriche contribuisca ad aggravare notevolmente il problema del riscaldamento globale, ed invita la Commissione a presentare proposte volte ad obbligare tutti gli Stati membri a garantire che l'energia rilasciata quale sottoprodotto della generazione di elettricità sia sfruttata mediante la tecnologia della cogenerazione di elettricità e calore;

20.   ritiene che esista un ampio potenziale di riduzione delle emissioni nel settore dell'efficienza energetica; invita la Commissione e gli Stati membri a prendere misure e a fissare obiettivi ambiziosi in questo settore esplorando la possibilità di superare l'obiettivo di riduzione del 20% proposto dalla Commissione;

21.   ritiene che con sistemi nazionali bene equilibrati di imposizione e prelievi fiscali si possa aumentare l'efficienza energetica negli Stati membri impedendo un inutile consumo di energia;

22.   invita inoltre la Commissione e gli Stati membri a esaminare la possibilità di istituire un sistema d'imposizione a livello UE volto a promuovere un'economia a basse emissioni di carbonio, incentivando al riguardo le tecnologie e i processi produttivi migliori a disposizione e favorendo modelli di consumo più sostenibili;

23.   invita gli Stati membri ad adempiere ai propri impegni prendendo le misure adeguate a garantire la veloce attuazione della direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sull'efficienza energetica degli edifici(3) , entrata in vigore il 4 gennaio 2003, i cui risparmi a livello dei costi nel settore dell'edilizia sono stimati intorno al 22%; invita pertanto la Commissione ad avviare le procedure contro gli Stati membri che ancora non abbiano preso le necessarie misure di attuazione della direttiva 2002/91/CE;

24.   sottolinea che nel settore dei trasporti si sta registrando il più elevato aumento dei consumi energetici e che il trasporto su strada contribuisce per circa il 25% alle emissioni comunitarie di CO2; pertanto chiede lo sviluppo dei trasporti pubblici e misure vincolanti per il settore dei trasporti, incluso il settore dell'aviazione, affinché consegnua entro il 2020 riduzioni delle emissioni equivalenti a quelle degli altri settori, più integrati ed ecologici che rispettino l'ambiente e le risorse naturali;

25.   sottolinea l'urgente necessità di ridurre le emissioni di CO2 prodotte dalle autovetture e insiste pertanto affinché la Commissione imponga un obiettivo vincolante di 120 grammi per chilometro (gpk) entro il 2012 per le autovetture nuove commercializzate nell'Unione europea;

26.   ribadisce che le emissioni del settore dell'aviazione e marittimo dovrebbero essere incluse negli impegni internazionali di riduzione dei gas ad effetto serra per il periodo post-2012 e chiede un nuovo impegno per l'introduzione di imposte sul cherosene a livello dell'Unione europea e mondiale;

27.   prende atto della proposta di stabilire un obiettivo vincolante di aumento del livello dell'energia rinnovabile nel mix energetico UE al 20% entro il 2020, e la considera un buon punto di partenza;

28.   prende atto dell'assenza di obiettivi vincolanti settoriali per le energie rinnovabili; mette in rilievo che questi porterebbero ad un'effettiva riduzione delle emissioni di GHG al fine di affrontare i cambiamenti climatici; sollecita la Commissione a proporre che gli Stati membri, oltre ad un obiettivo generale, presentino obiettivi specifici settoriali per l'energia rinnovabile, in particolare per la produzione di energia elettrica, riscaldamento e raffreddamento, tenendo conto delle loro diverse situazioni, come proposto nella valutazione d'impatto della Roadmap per l'energia rinnovabile (COM(2006)0848);

29.   ribadisce che le attività di riscaldamento e di raffreddamento basate sull'energia rinnovabile offrono un ampio potenziale per la riduzione di CO2 e della dipendenza dai combustibili fossili; si rammarica che la Commissione non abbia presentato una proposta di direttiva a sostegno del riscaldamento e del raffreddamento basato sull'energia rinnovabile come era stato promesso al Parlamento europeo, ma nota che la Commissione sta ancora programmando misure legislative in questo settore;

30.   ribadisce con forza le sue raccomandazioni sullo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili ai fini di riscaldamento e raffreddamento contenute nella sua risoluzione del 14 febbraio 2006(4) ;

31.   prende atto della proposta della Commissione di un obiettivo minimo vincolante per i biocarburanti pari al 10% dei carburanti per autovetture nel 2020; ritiene che sarebbe realistico e auspicabile anche un obiettivo del 12,5%; sottolinea l'importanza della produzione sostenibile dei biocarburanti; invita la Commissione a introdurre un sistema di certificazione e delle norme (ad esempio una legislazione tecnica) che consentano la produzione sostenibile di biocarburanti e che si applichino sia ai biocarburanti prodotti nell'UE che a quelli importati;

32.   prende atto che la Commissione riconosce l'importanza a medio termine del ruolo dei combustibili fossili e la possibilità di intraprendere ulteriori studi per ridurre la loro intensità di carbonio in linea con l'obiettivo dei 2°C per la riduzione del CO2; ritiene che tali sviluppi debbano comprendere il continuo ammodernamento e il miglioramento dell'efficienza di tali combustibili, lo sviluppo di una nuova generazione di impianti, l'ulteriore sviluppo di un metodo efficiente ed economico per la cattura del carbonio e il suo stoccaggio in relazione a carbone, gas e petrolio, in accordo con le decisioni assunte dalla Piattaforma tecnologica europea per delle centrali elettriche a combustibili fossili a emissioni zero (ZEP, Zero Emission Fossil Fuel Power Plant), e l'eliminazione delle barriere create dalla legislazione dell'UE; riconosce il ruolo delle tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio nella riduzione delle emissioni di gas serra;

33.   sostiene la proposta di un partenariato energetico con l'Africa; tuttavia, raccomanda vivamente di istituire un partenariato simile anche con la Cina e con l'India, tenendo conto della rapidissima crescita delle emissioni di GHG in questi due paesi e dell'urgente necessità di aiutarli a costruire la loro capacità nonché i loro investimenti in tecnologie efficienti da un punto di vista energetico e prive o a basso contenuto di carbonio (con particolare attenzione alle energie rinnovabili), ribadendo comunque che l'UE coopera con le regioni interessate per far cessare la deforestazione dei Tropici e per incoraggiare invece i lavori di riforestazione e rimboschimento; propone, inoltre, di rafforzare la cooperazione energetica con la Russia, l'Ucraina, i paesi del Nordafrica e della regione del Mar Caspio;

34.   ritiene che importanti iniziative volte a ridurre le emissioni possano andare di pari passo con lo sviluppo economico ed anzi rappresentino un requisito di base per lo sviluppo economico sostenibile nei prossimi decenni; ribadisce che le tecnologie ambientali possono dare all'Unione europea un maggiore grado di competitività contribuendo enormemente alla riduzione delle emissioni; nota pertanto che le tecnologie ambientali sono centrali ad una strategia di sviluppo sostenibile, compatibile con gli impegni UE di Kyoto e con la Strategia di Lisbona;

35.   sottolinea i costi economici, sociali e sanitari di un'assenza di iniziative, dimostrati fra l'altro dallo Studio STERN sulle conseguenze economiche dei cambiamenti climatici; ricorda che la mancanza di iniziative causerebbe un danno corrispondente al 5-20% del PNL globale annuo, mentre il costo di una seria politica climatica e di investimenti nelle tecnologie pulite è valutato a circa lo 0,5-1% del PNL globale annuo fino al 2050, senza tenere conto dei benefici accessori in termini di ambiente e di salute; riconosce che temporeggiare aumenterebbe il rischio di effetti ambientali negativi e i costi necessari per mitigarne gli effetti;

36.   riconosce che il cambiamento climatico sta causando gravi problemi ambientali che richiedono un'azione immediata a livello di UE e a livello internazionale; ritiene che entro il 2050 la stragrande maggioranza del fabbisogno energetico dell'UE dovrà essere coperta da fonti prive di carbonio o con tecnologie prive di emissioni di gas serra, concentrando gli sforzi sul risparmio energetico, l'efficienza e le energie rinnovabili, e che vi sia pertanto la necessità di fissare una chiara tabella di marcia per la realizzazione di tale obiettivo; invita la Commissione a fissare obiettivi ambiziosi ma realistici per fare in modo che entro il 2020 il 60% della domanda di elettricità nell'UE sia soddisfatto da tecnologie energetiche ad emissioni di CO2 bassissime o nulle o CO2 neutre, a sostegno degli obiettivi europei in materia di clima e di sicurezza dell'approvvigionamento;

37.   ritiene che vada promossa la ricerca in questo campo e che dovrebbero essere adottati chiari obiettivi ambientali per incoraggiare lo sviluppo e l'uso di un maggiore numero di tecnologie dolci che rispettino l'ambiente;

38.   ritiene che la riduzione delle emissioni globali non debba portare ad altre minacce quale quella di proliferazione nucleare o di terrorismo; pertanto ritiene che il nucleare debba rimanere escluso dal meccanismo per lo sviluppo pulito/attuazione congiunta o da altri meccanismi volti a compensare le riduzioni di emissioni nei paesi in via di sviluppo;

39.   incoraggia un coinvolgimento molto più ampio nelle iniziative volte a mitigare i cambiamenti climatici a livello dei cittadini europei; chiede pertanto alla Commissione di intensificare le sue attività di sensibilizzazione in merito all'urgenza della situazione allo scopo di informare i singoli sul loro ruolo nel controllare i cambimenti climatici;

40.   invita ancora l'Unione europea e i suoi Stati membri ad adottare un'ambiziosa politica di partenariato tecnologico e di trasferimenti di tecnologie pulite nei confronti dei paesi in via di sviluppo, aiutandoli a sviluppare la propria economia e ad aumentare il proprio benessere in un modo più sostenibile;

41.   chiede alla Commissione di valutare le ripercussioni dei cambiamenti climatici sull'aumento della temperatura a terra, sulla riduzione delle piogge, sullo stato delle falde freatiche; ritiene specialmente importante studiare gli effetti della riduzione delle superfici coltivabili quali fonti di biomassa e di falde di carbonio; sottolinea l'importanza di talune pratiche di gestione agricola;

42.   chiede che tutte le sue commissioni e delegazioni competenti cooperino strettamente sui cambiamenti climatici in modo che la sua politica industriale, energetica, dei trasporti, dell'agricoltura, della ricerca e sviluppo e altre iniziative siano maggiormente coordinate in vista degli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici ed in modo che questo tema sia regolarmente sollevato a livello delle delegazioni interparlamentari nel contesto del dialogo legislativo transatlantico;

43.   invita le tre presidenze (Germania, Portogallo e Slovenia) a far sì che si acceleri l'interesse per i cambiamenti climatici e si aumenti il livello dell'impegno politico e il numero di partner internazionali nell'ambito del processo a livello mondiale;

44.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al Segretariato dell'UNFCC, con la richiesta che sia fatta circolare a tutte le parti contraenti che non sono membri dell'UE.

 

 

 

(1) GU C 280 del 18.11.2006, pag. 120.

(2) Testi adottati, P6_TA (2006)0460.

(3) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 65.

(4) GU C 290 E del 29.11.2006, pag. 115.

 

 


Testi approvati dal Parlamento

 

Martedì 22 mag 2007 - Strasburgo

 

Edizione provvisoria

Parlamento Europeo Dichiarazione sull’Economia verde all'idrogeno in Europa P6_TA-PROV(2007)0197

Dichiarazione del Parlamento europeo sull'instaurazione di un'economia verde all'idrogeno e una terza rivoluzione industriale in Europa attraverso il partenariato con le regioni e le città, le PMI e le organizzazioni della società civile interessate

Il Parlamento europeo ,

 

–   visto l'articolo 116 del suo regolamento,

 

A.   considerando che il riscaldamento globale e i costi dei combustibili fossili continuano ad aumentare e tenendo conto del dibattito avviato dal Parlamento europeo e dalla Commissione sul futuro della politica energetica e sul cambiamento climatico,

 

B.   considerando che una visione post-energia fossile e post-energia nucleare dovrebbe costituire il prossimo progetto importante dell'Unione europea,

 

C.   considerando che i 5 fattori chiave per l'indipendenza energetica sono: la massimizzazione dell'efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di gas che comportano un riscaldamento globale, l'ottimizzazione dell'introduzione su scala commerciale di energie rinnovabili, la messa a punto di una tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno per immagazzinare energie rinnovabili e la creazione di griglie di energia intelligente per distribuire l'energia stessa,

 

1.   invita le istituzioni dell'UE:

  -      a perseguire entro il 2020 un incremento del 20% dell'efficienza energetica,

  -      a ridurre del 30% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2020 i gas a effetto serra,

  -      a produrre entro il 2020 il 33% dell'elettricità e il 25% dell'energia globale ricorrendo a fonti di energia rinnovabile,

  -      a sviluppare una tecnologia di immagazzinaggio delle celle a combustibile a idrogeno, e altre tecnologie di immagazzinaggio, per usi portatili, impianti permanenti e fini di trasporto e a mettere a punto entro il 2025 in tutti i paesi membri dell'UE un'infrastruttura a idrogeno decentralizzata, secondo un approccio dal basso verso l'alto,

  -      a rendere entro il 2025 le griglie di energia intelligenti ed indipendenti in modo che le regioni, le città, le PMI e i cittadini possano produrre e condividere l'energia con lo stesso accesso aperto che esiste attualmente per quanto concerne internet;

 

2.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente dichiarazione, con l'indicazione dei nomi dei firmatari, alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

 

Elenco dei firmatari

 

Adamou, Agnoletto, Aita, Albertini, Alvaro, Andersson, Andria, Angelilli, Antoniozzi, Arif, Arnaoutakis, Athanasiu, Attwooll, Aubert, Auken, Badía i Cutchet, Bărbuleţiu, Barón Crespo, Battilocchio, Batzeli, Becsey, Beer, Beglitis, Belohorská, Bennahmias, Beňová, Berend, van den Berg, Berlinguer, Berman, Birutis, Bliznashki, Bösch, Bonde, Borrell Fontelles, Bourzai, Bowis, Bowles, Bozkurt, Braghetto, Brepoels, Breyer, Brie, van Buitenen,Buitenweg, Bullmann, Busk, Busquin, Buzek, Capoulas Santos, Cappato,Carlotti, Carnero González, Casaca, Cashman, Casini,Castex, Castiglione, Catania, Cavada, Chatzimarkakis, Chervenyakov,Chiesa, Christensen, Christova, Chruszcz, Ciornei,Claeys, Cocilovo, Coelho, Cohn-Bendit, Corbett, Corbey, Correia, Costa, Cottigny, Cramer, Creţu C., Creţu G., Crowley, Daul, Davies, de Brún, Degutis, De Keyser, Demetriou,De Michelis, Deprez, De Rossa, Désir, Deva, De Vits, Dillen, Dimitrakopoulos, Dîncu, Dobolyi, Douay, Dover, Doyle, Drčar Murko, Duff, Ebner, Ek, El Khadraoui, Elles, Esteves, Estrela, Ettl, Evans Jillian, Evans Robert, Färm, Falbr, Fatuzzo, Fava, Fazakas, Fernandes, Ferreira A., Ferreira E., Flasarová, Flautre, Florenz, Foglietta, Ford, Frassoni, Fruteau, Gahler, Gál, Gargani, Gawronski, Gebhardt, Gentvilas, Geremek, Geringer de Oedenberg, Gibault, Gierek, Gill, Glante, Golik, Gomes, Gottardi,Grabowska, Graefe zu Baringdorf, Grech, Gröner, de Groen-Kouwenhoven, Grosch, Gruber, Guardans Cambó, Guidoni, Gurmai, Guy-Quint, Hall, Hammerstein Mintz, Hamon, Handzlik, Harangozó, Harkin, Harms, Hasse Ferreira, Hassi, Hatzidakis, Hazan, Hedh, Hegyi, Hellvig, Henin, Hennicot-Schoepges, Hennis-Plasschaert, Herczog, Holm, Horáček, Hudghton, Hughes, Hutchinson, in 't Veld, Isler Béguin, Iturgaiz Angulo, Jäätteenmäki, Jensen, Joan i Marí, Jöns, Jørgensen, Jonckheer, Juknevičienė, Kacin, Kallenbach, Karim, Kaufmann, Kelam, Kelemen, Kinnock, Kirilov, Koch-Mehrin, Kónya-Hamar, Kósáné Kovács, Koterec, Kratsa-Tsagaropoulou, Kreissl-Dörfler, Kristovskis, Kuc, Kuhne, Kułakowski, Kusstatscher, Lagendijk, Lambert, Lambrinidis, Lambsdorff, Laperrouze, La Russa, Lavarra, Lax, Lehideux, Lehtinen, Leichtfried, Leinen, Lévai, Lewandowski, Liberadzki, Lichtenberger, Liotard, Lipietz, Locatelli, López-Istúriz White, Losco,Lucas, Lyubcheva,Maaten, McAvan, McCarthy, Madeira, Manders, Maňka, Mann E., Mantovani, Marinescu, Markov, Marques, Martin D., Martin H.-P., Martínez Martínez, Masip Hidalgo, Maštálka, Matsouka, Mauro, Mavrommatis, Meijer, Méndez de Vigo, Meyer Pleite, Miguélez Ramos, Mihăescu, Mihalache, Mikko, Mikolášik, Mohácsi, Moraes, Moreno Sánchez, Morgan, Morgantini, Morillon, Mulder, Musacchio, Muscardini, Muscat, Musotto, Musumeci, Myller, Napoletano, Navarro, Newton-Dunn, Neyts-Uyttebroeck, Niebler, van Nistelrooij, Obiols i Germà, Occhetto, Öger, Özdemir, Olajos, Olbrycht, Ó'Neachtain, Onesta, Onyszkiewicz, Ortuondo Larrea, Oviir, Paasilinna, Pafilis, Pahor, Paleckis, Panayotopoulos-Cassiotou, Pannella, Panzeri, Papadimoulis, Paparizov, Papastamkos, Parish, Parvanova, Pflüger, Piecyk, Pinior, Pirilli, Piskorski, Pistelli, Pittella, Pleguezuelos Aguilar, Podgorean, Poettering, Poignant, Polfer, Popeangă, Portas, Prets, Prodi, Ransdorf, Rasmussen, Remek, Resetarits, Reynaud, Riera Madurell, Ries, Rivera, Rizzo, Rocard, Romagnoli, Romeva i Rueda, Rosati, Roth-Behrendt, Rothe, Rouček, Roure, Rühle, Rutowicz, Ryan, Sacconi, Saïfi, Sakalas, Saks, Samaras, Sánchez Presedo, dos Santos, Sârbu, Sartori, Savary, Savi, Sbarbati, Schapira, Scheele, Schlyter, Schmidt F., Schöpflin, Schröder, Schroedter, Schulz, Schuth, Schwab, Segelström, Severin, Sifunakis, Silva Peneda, Simpson, Sinnott, Siwiec, Skinner, Søndergaard, Sofianski, Sonik, Sornosa Martínez, Staes, Stănescu, Staniszewska, Šťastný, Sterckx, Stockmann, Strož, Susta, Svensson, Swoboda, Szejna, Szent-Iványi, Tabajdi, Tajani, Takkula, Tarabella, Tarand, Tatarella, Thomsen, Ticău, Titley, Toia, Trakatellis, Trautmann, Triantaphyllides, Trüpel, Turmes, Tzampazi, Uca, Vaidere, Vakalis, Vălean, Valenciano Martínez-Orozco, Van Lancker, Varvitsiotis, Veraldi, Vergnaud, Vernola, Vincenzi, Voggenhuber, Wagenknecht, Watson, Weisgerber, Westlund, Wiersma, Wijkman, Wurtz, Záborská, Zaleski, Zani, Zappala', Ždanoka, Zimmer, Zingaretti, Zwiefka

 

 

Ultimo aggiornamento: 24 mag 2007


Conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles, 8-9 marzo 2007 (7224/1/07 REV 1)



[1]    http://unfccc.int

[2]    Previsto dall’art. 3 del Protocollo.

[3]    Prevista dall’art. 6 del Protocollo.

[4]    Previsti dall’art. 12 del Protocollo.

[5]    Le percentuali di responsabilità nelle emissioni globali sono le seguenti: gli Stati membri UE sono responsabili del 22,1%, gli USA del 30,3%, il Giappone del 3,7%, il Canada del 2,3%.

[6]    La percentuale di riduzione globale che il Protocollo si prefigge quale obiettivo è scesa - dopo l’abbandono del negoziato da parte degli Stati Uniti - dal 5,2% al 3,8%.

[7]    I programmi pilota sono stati definiti: con il DM 3 novembre 2004 (programmi pilota a livello nazionale), con il D.M. 2 febbraio 2005 (programmi pilota a livello nazionale in materia di afforestazione e riforestazione) e con il D.M. 11 febbraio 2005 (programmi pilota a livello internazionale).

[8]    Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet:

http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf.

[9]    Pubblicata nella G.U. n. 68 del 22 marzo 2003 e consultabile anche all’indirizzo internet http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/pia/docs/deliberaCIPE_19_12_02.pdf.

[10]   Un successivo decreto interministeriale, da emanare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge (1° aprile 2007) dovrà individuare le modalità per l'erogazione dei finanziamenti e definire le priorità per l’individuazione delle misure finanziate.

[11]   Tale permesso è rilasciato dall’autorità nazionale competente previa verifica da parte della stessa della capacità dell’operatore dell’impianto di monitorare nel tempo le proprie emissioni di gas serra.

[12]   La mancata resa di una quota d’emissione prevede una sanzione pecuniaria di 40 Euro nel periodo 2005-2007 e di 100 Euro nei periodi successivi; le emissioni oggetto di sanzione non sono esonerate dall’obbligo di resa di quote.

[13]   Ogni anno i gestori degli impianti regolati dalla direttiva 2003/87 sono tenuti a restituire un numero di quote corrispondenti alle emissioni reali prodotte. L’eventuale surplus di quote (differenza positiva tra le quote assegnate ad inizio anno e le emissioni effettivamente immesse in atmosfera) potrà essere accantonato o venduto sul mercato, mentre il deficit potrà essere coperto attraverso l’acquisto delle quote. Gli Stati membri dovranno quindi assicurare la libera circolazione delle quote di emissioni all’interno della Comunità Europea consentendo lo sviluppo effettivo del mercato europeo dei diritti di emissione.

[14]   In particolare dei CERs a partire dal 2005 e delle ERUs a partire dal 2008.

[15]   Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 316.

[16]   Le versioni del PNA che si sono via via succedute sono consultabili nel sito web del Ministero, all’indirizzo

www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/pnac02_schema_assegnazione.asp.

[17]   Cfr. http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/pna_c02.asp.

[18]   COM(2005)703 def.

[19] Cfr. http://ec.europa.eu/environment/climat/2nd_phase_ep.htm.

[20] Il comunicato stampa diramato dalla Commissione è consultabile all’indirizzo web:

http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/07/667&format=PDF&aged=0&language=IT&guiLanguage=en.

[21] Il testo del regolamento che disciplina il funzionamento di tale mercato è consultabile all’indirizzo http://www.mercatoelettrico.org/GmeWebItaliano/MenuBiblioteca/documenti/20070315RegolamentoEmissionsMarket.pdf.

[22]   Si veda, ad esempio, L. De Simone, A. Nobili “Con i certificati verdi ed emission trading sviluppo economico sempre più sostenibile”, in Ambiente e sicurezza – Supplemento n. 4/2003.

[23]   Una rassegna delle iniziative della Banca Mondiale in materia è contenuta nel sito http://carbonfinance.org.

[24]   Per approfondimenti si rinvia al documento di presentazione dell’iniziativa predisposto congiuntamente dal Ministero dell’ambiente e dalla Banca mondiale e disponibile all’indirizzo internet http://carbonfinance.org/docs/ItalianCarbonFundItalianLanguage.pdf, nonché al recente Carbon Finance Unit Annual Report 2006 della Banca mondiale, disponibile all’indirizzo web http://carbonfinance.org/docs/CFU_AR_2006.pdf.

[25]   Costituita da 189 Paesi.

[26]   Costituita da 157 Paesi.

[27]   Si ricorda che l’impegno di aprire i negoziati per estendere il protocollo di Kyoto anche al periodo successivo al 2012 (in linea con quanto stabilito dall'art. 3.9 del Protocollo stesso) è stato assunto nel corso della COP11 – COP/MOP1 tenutasi a Montreal nel 2005. Nella stessa sede si è deciso di affidare tali negoziati a un gruppo di lavoro creato ad hoc, fra i paesi industrializzati al fine di considerare ulteriori obiettivi di riduzione per il periodo successivo al 2012, ed è stata inoltre sollecitata una conclusione di tali accordi il più veloce possibile, in modo da garantire che non vi sia alcun "buco" tra i due periodi di riferimento (2008/2012 e post 2012), che crei incertezza nel mercato delle emissioni.

[28]   Il testo completo del rapporto è consultabile all’indirizzo internet www.hm-treasury.gov.uk/independent_reviews/stern_review_economics_climate_change/sternreview_index.cfm.

[29] Intergovernmental Panel on Climate Change.

[30]http://www.ipcc.ch.

[31]   Cfr. http://europa.eu.int/comm/energy/res/legislation/doc/electricity/member_states/it_2002_report_it.pdf

[32]   Pubblicato nella G.U. 31 gennaio 2004, n. 25, S.O.

[33]   Gli ulteriori incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 saranno stabiliti con decreti ministeriali.

[34]   in attuazione della direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica.

[35]   Come già ricordato, tale quota è stata poi innalzata dal d.lgs. n. 387/2003 (art. 4), che ne ha stabilito un incremento annuo dello 0,35% per il triennio 2004-2006, demandando a successivi decreti la fissazione degli ulteriori incrementi per i trienni successivi.

[36]   Tali programmi non sono tuttavia ancora estinti. Si pensi al bando del Ministero dell'ambiente per le piccole e medie imprese, finalizzato al cofinanziamento (tramite le risorse indicate all'art. 5, comma 1, del D.M. n. 337 del 20 luglio 2000) di interventi che prevedono l'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica e/o di calore da fonte rinnovabile, di cui al comunicato pubblicato nella G.U. n. 12 del 16 gennaio 2007.

[37] Si segnala, in proposito, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 133/2006 (G.U. 5 aprile 2006, n. 14 - I serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del comma citato, nella parte in cui non prevede che la sua attuazione e l'erogazione delle risorse avvengano d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

[38]   Si segnala che, all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria, il Governo ha precisato che tale formulazione è scaturita da un errore materiale di redazione, in quanto gli impianti dovevano essere già “realizzati” e non solo “autorizzati”. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha poi annunciato un intervento sul tema, confermando “l'interpretazione del Comma 1119 della legge Finanziaria secondo cui gli impianti a cui ci si riferisce per gli interventi di contributo finanziario alle energie rinnovabili sono quelli gia realizzati e operativi. Il Governo quindi assicura che interverrà per porre rimedio all'errore materiale, già evidenziato con una lettera da me inviata al presidente del Senato, e che non è stato possibile correggere per semplici motivi procedurali". Peraltro, allo stato attuale la norma non ha ancora subito interventi correttivi.

[39] Pubblicato nella G.U. n. 12 del 16 gennaio 2007.

[40]   Vengono modificati gli obiettivi quantitativi di immissione in consumo di biocarburanti in percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti, prevedendo l’obiettivo del 2,5%, da realizzare entro il 31 dicembre 2008 e quello del 5% entro il 31 dicembre 2010. Viene inoltre eliminata l’esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituita con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Si prevede inoltre un fondo di 73 milioni di euro annui, da ripartire dal 1° gennaio 2008 tra: bioetanolo; etere etilterbutilico (ETBE), additivi e riformulanti prodotti da biomasse.

[41]   recanti “Individuazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento dell’efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n.79” e “Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164”.

[42]   recanti “Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento dell’efficienza energetica negli usi finali di energia, ai sensi dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79” (DM per il settore elettrico) e “Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali per il risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili, di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n.164 (DM per il settore gas naturale).

[43]   Il documento è disponibile sul sito dell’AEEG al link http://www.autorita.energia.it/ee/index.htm.

[44]   Il Rapporto fa riferimento al periodo 1 gennaio 2005 - 31 maggio 2006, tenuto conto del fatto che, ai sensi dei decreti ministeriali, la verifica di conseguimento degli obiettivi annuali in capo ai distributori avviene dopo il 31 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento dell’obiettivo.

[45]   Si tratta, a seconda dei casi, della concessione di un contributo per il costo della demolizione, oppure di un contributo pari al costo dell’abbonamento annuale al trasporto pubblico locale (qualora la demolizione sia effettuata senza la sostituzione del veicolo), oppure di un contributo per la sostituzione con veicoli “euro 4”, “euro 5”,con alimentazione a gas metano, GPL, elettrica o ad idrogeno e l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per due anni.

[46]   Il decreto modificativo è stato emanato, come si evince dal verbale di approvazione del Consiglio dei ministri, “alla luce della duplice esigenza di tenere conto del bilancio emergente dai primi dieci mesi di applicazione e di sviluppare la politica energetica nazionale e regionale nel settore civile. Con l’obiettivo di varare misure che contribuiscano a una efficace politica di contenimento dei consumi di energia, sono di particolare importanza le innovazioni in materia di certificazione energetica degli edifici (che diventa oltretutto condizione per accedere ad incentivi ed agevolazioni fiscali), nonché la previsione che entro il 31 dicembre 2008 le regioni e le province autonome, in accordo con gli enti locali, predisporranno un programma di qualificazione energetica del patrimonio immobiliare, finalizzato al conseguimento di ottimali risultati di efficienza energetica”.

[47]   Decreto del Ministro dello Sviluppo economico recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese sostenute per l'acquisto e l'installazione di motori ad elevata efficienza e variatori di velocita' (inverter), di cui all'articolo 1, commi 358 e 359, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[48]   Decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 24 novembre 2006, n. 286. Si tratta dell’articolo 2, commi 149 e 150.

[49]    Maggiori nformazioni sul progetto sono reperibili all’indirizzo

http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/innovazione_industriale/efficienza_energetica.html. Per quanto riguarda le risorse, il Ministero per lo sviluppo economico ha già stanziato 350 milioni per i prossimi tre anni, dal Fondo per la Competitività e lo Sviluppo. A questi si aggiungeranno le ingenti risorse disponibili attraverso i Fondi Strutturali e il Fondo per le Aree Sottoutilizzate. Altre risorse potranno essere messe a disposizione dal Ministero dell'università e della ricerca. dalle singole Regioni o da altre Amministrazioni Centrali.

[50] La gravità delle conseguenze dei cambiamenti climatici è riaffermata nella relazione tecnica presentata dal Gruppo di lavoro II dell’IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change) il 6 aprile 2007, dal titolo “Climate change Impacts, Adaptation  and Vulnerability”.

[51] Il Consiglio ambiente del 20 febbraio 2007 ha adottato conclusioni sul tema “Obiettivi dell’UE per l’ulteriore sviluppo del regime climatico internazionale oltre il 2012”, in cui ribadisce l’impegno fermo ed indipendente dell’Unione europea nella riduzione dell’emissioni di gas  ad effetto serra, da attuare attraverso politiche comunitarie e ripartizione concordata degli oneri, e riafferma  il ruolo guida dell’UE nella ricerca di un accordo globale sui cambiamenti climatici.

[52]La comunicazione fa seguito a quella dell’ottobre 2005 “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” (COM(2005)35), che proponeva raccomandazioni concrete sulle politiche climatiche dell’UE e definiva i principali elementi che dovevano costituire la futura strategia climatica dell’UE. Con la comunicazione del 2005 la Commissione ha lanciato la seconda fase del programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP II) – avviato nel giugno 2000 quale strumento principale della strategia europea per l’attuazione del protocollo di Kyoto - volta a definire la politica comunitaria in materia di cambiamento climatico per il periodo successivo al 2012.

[53] La richiesta di urgenti e significative riduzioni delle emissioni di gas ad effetto serra a livello mondiale avanzata dall’UE è confermata dalla relazione tecnica presentata il 4 maggio 2007 dal Gruppo di lavoro III dell’IPPC dal titolo “Mitigation of climate change“. Secondo le proiezioni proposte dalla relazione in assenza di misure urgenti le emissioni totali saranno nel 2030 dal 25 al 90 percento superiori a quelle attuale e il riscaldamento globale raggiungerà livelli pericolosi. 

[54] Il Libro verde sull’energia (COM(2006)105), presentato l’8 marzo 2006, stabilisce gli obiettivi strategici della sostenibilità, competitività e sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

[55] Direttiva 2003/96/CE, come modificata dalle direttive 2004/74/CE e 2004/75/CE.

[56]   La dichiarazione è stata firmata da 420 deputati. L’articolo 116 del regolamento del Parlamento europeo prevede che cinque deputati al massimo possano presentare una dichiarazione scritta non superiore a 200 parole su un argomento attinente alle attività dell'Unione europea. Tali dichiarazioni, stampate nelle lingue ufficiali, figurano in un registro pubblico. Ogni deputato può apporre la sua firma su una dichiarazione iscritta nel registro.

[57]   Comunicazione della Commissione “Realizzare un mercato globale del carbonio – relazione a norma dell’articolo 30 della direttiva 2003/87/CE” (COM(2006)676).

[58]   Comunicazione della Commissione “Ridurre l’impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici” (COM(2005)459).

[59]   Procedura 2007/2097.

[60]   Nella stessa data la Commissione europea ha adottato decisioni nei confronti di altri otto Stati membri (Bulgaria, Cipro, Estonia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta e Polonia), i quali non hanno fornito le informazioni richieste nel quadro del dispositivo messo in atto dall’UE per combattere i cambiamenti climatici.

[61]    Fonte – Agenzia europea dell'Ambiente. Altri dati provengono dalla Commissione europea, se non diversamente specificato.

[62]    "World Energy Outlook 2006" dell'AIE.

[63]    Tasso di cambio considerato di 1,25 dollari per euro rispetto ad un prezzo del petrolio di 60 dollari (valore attuale) nel 2030.

[64]    Consiglio europeo sulle energie rinnovabili “Renewable Energy Targets for Europe: 20% by 2020”.

[65]    "Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura", COM(2006) 105 def. dell'8 marzo 2006; Documento di lavoro dei servizi della Commissione, relazione di sintesi dell'analisi del dibattito sul Libro verde "Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura", SEC(2006) 1500.

[66]    Comunicazione delle Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, COM(2007) 2.

[67]    Comunicazione sulle ristrutturazioni del 31 marzo 2005, COM(2005) 120.

[68]    Comunicazione della Commissione "Verso una politica marittima dell’Unione: una visione europea degli oceani e dei mari", COM(2006) 275.

[69]    Tra cui le seconde direttive concernenti l'apertura del mercato, i regolamenti destinati ad armonizzare le norme tecniche necessarie per consentire il funzionamento degli scambi transfrontalieri e le direttive concernenti la sicurezza dell'approvvigionamento.

[70]    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle prospettive del mercato interno del gas e dell'elettricità, COM(2006) 841.

[71]    Comunicazione della Commissione "Sector Enquiry under Art. 17 of Regulation 1/2003 on the gas and electricity markets (final report)", COM(2006) 851.

[72]    Questo è già stato realizzato per l'elettricità in Danimarca, Finlandia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna, Slovacchia, Slovenia e Svezia e per il gas in Danimarca, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna e Svezia. Il GRT separato è anche proprietario delle rete.

[73]    Come già indicato, questa idea si ispira all'approccio già utilizzato nel settore delle comunicazioni elettroniche e in relazione alle deroghe sull'accesso dei terzi alle nuove infrastrutture di gas e elettricità.

[74]    Nell'ambito del progetto di accordo interistituzionale relativo all'inquadramento delle agenzie europee di regolazione (COM(2005) 59 def.), un organismo di questo tipo può essere incaricato di applicare norme comunitarie a casi particolari. A tal fine, l’agenzia ha il potere di adottare decisioni individuali che producono effetti giuridici vincolanti nei confronti di terzi (articolo 4).

[75]    Direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica.

[76]    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Piano di interconnessione prioritario, COM(2006) 846.

[77]    Direttiva 2004/67/CE del Consiglio, del 26 aprile 2004, concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas naturale, GU L 127 del 29.4.2004, pagg. 92–96.

[78]      Piano d'azione per l'efficienza energetica: concretizzare le potenzialità, COM(2006) 545 del 19 ottobre 2006.

[79]    Vedi anche Mantenere l’Europa in movimento - una mobilità sostenibile per il nostro continente. Riesame intermedio del Libro bianco sui trasporti pubblicato nel 2001 dalla Commissione europea COM(2006) 314 del 22 giugno 2006.

[80]    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: "Follow up actions of the Green Paper: report on progress in renewable electricity", COM(2006) 849.

[81]    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio "Renewable Energy Roadmap: Renewable Energies in the 21st century; building a sustainable future", COM(2006) 848.

[82]    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: "Biofuels progress report", COM(2006) 845.

[83]    Vedi anche la comunicazione della Commissione: "Towards a European Strategic Energy Technology Plan ", COM(2006) 847.

[84]    Comunicazione della Commissione: Sustainable Power Generation from fossil fuels: aiming at near zero emission by 2020, COM(2006) 843.

[85]    La piattaforma tecnologica europea per delle centrali elettriche a combustibili fossili a zero emissioni (ZEP TP) comprende, nelle principali raccomandazioni del suo programma strategico di ricerca adottato ala fine del 2006, un invito alla rapida realizzazione di 10-12 progetti di centrali elettriche di dimostrazione su ampia scala dotate di sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio.

[86]    Secondo il "World Energy Outlook" dell'AIE le nuove centrali nucleari potrebbero produrre elettricità ad un costo compreso tra 4,9 e 5,7 centesimi di dollaro per kWh (da 3,9 a 4,5 centesimi di euro al tasso di cambio vigente a metà novembre 2006) a condizione che i rischi legati alla costruzione e all'esercizio siano attenuati; in tali condizioni, con un costo di 10 dollari per tonnellata di CO2 emessa, il nucleare è competitivo rispetto alle centrali a carbone.

[87]    Progetto di programma nucleare indicativo, COM(2006) 844.

[88]    Documento della Commissione europea e dell'Alto rappresentante "An external policy to serve Europe's energy interests, giugno 2006 S160/06; seguito dalla comunicazione "Le relazioni esterne nel settore dell'energia: dai principi all’azione, COM(2006) 590 def.

[89]    137 miliardi di dollari l'anno per i paesi in via di sviluppo importatori di petrolio rispetto ad un aiuto pubblico allo sviluppo di 84 miliardi di dollari nel 2005, netto alleggerimento addizionale del debito. Vedi "The Vulnerability of African Countries to Oil Price Shocks: Major factors and Policy Options. The Case of Oil Importing Countries". Rapporto ESMAP 308/05, Banca mondiale, agosto 2005.

[90]    SEC(2007)12; pagina web http://ec.europa.eu/energy/energy_policy/index_en.htm

[91]    Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sullo sviluppo della politica europea di vicinato, COM(2006) 726 def. del 4.12.2006.

[92]    I valori relativi ai biocarburanti si riferiscono alle tecniche di produzione meno costose

[93]    Assumendo un prezzo del petrolio pari a 48 $/barile e 70 $/barile, rispettivamente

[94]    Il riesame strategico della politica energetica presentato dalla Commissione e adottato in concomitanza con la presente comunicazione annovera tra i possibili contributi anche provvedimenti nell'ambito della politica commerciale.