Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Titolo: | Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali - A.C. 1955 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 78 | ||||
Data: | 28/11/2006 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Progetti di legge
Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali
A.C. 1955
n. 78
28 novembre 2006
SIWEB
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File AM0040
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
I precedenti interventi in materia
§ Il decreto-legge n. 240 del 2004
§ Il decreto-legge n. 86 del 2005
§ Il decreto-legge n. 23 del 2006
§ Articolo 1 (Sospensione delle procedure esecutive di rilascio)
§ Articolo 2 (Benefici fiscali)
§ Articolo 4 (Programma nazionale di edilizia residenziale pubblica)
§ Articolo 5 (Clausola di salvaguardia)
§ Articolo 6 (Copertura finanziaria)
§ A.C. N. 1955, Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali
- Commissione 2ª e 13ª Riunite)
- Commissione (1ª) (Affari costituzionali)
- Commissione (8ª) (Lavori pubblici)
Seduta del 25 ottobre 2006 (pom.)
Normativa di riferimento
§ L. 5 agosto 1978, n. 468 Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. (artt. 7, 11-ter e 11-quater)
§ L. 27 luglio 1978, n. 392 Disciplina delle locazioni di immobili urbani.(artt. 5 e 55)
§ D.Lgs. 16-2-1996 n. 104 Attuazione della delega conferita dall'art. 3, comma 27, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare.(art. 1 )
§ L. 23-12-1996 n. 662 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.(art. 3 co. 109)
§ L. 9-12-1998 n. 431 Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo. (art. 6)
§ L. 23-12-2000 n. 388 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001). (art. 43 co. 18)
§ Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002 Legge n. 431 del 1998, art. 8 - Aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa.
§ D.L. 20-6-2002 n. 122 Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione. (art. 1)
§ Del.CIPE 29 settembre 2002, n. 84/2002 Legge n. 431 del 1998, art. 8 - Modifica Del.CIPE 14 febbraio 2002, n. 4/2002 su aggiornamento elenco comuni ad alta tensione abitativa.
§ L. 5-6-2003 n. 131 Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. (art. 8)
§ Del.CIPE 13 novembre 2003, n. 87/03 Aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa (legge n. 431 del 1998, art. 8). (Deliberazione n. 87/03) (2).
§ D.L. 27-5-2005 n. 86 Misure urgenti di sostegno nelle aree metropolitane per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio. (art. 4)
§ D.L. 17-6-2005 n. 106 Disposizioni urgenti in materia di entrate. (art. 2)
§ D.L. 1-2-2006 n. 23 Misure urgenti per i conduttori di immobili in condizioni di particolare disagio abitativo, conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio in determinati comuni.(art.2)
Normativa e documentazione internazionale
§ L. 4 agosto1955 n. 848 Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.(artt. 6 e 41 conv. e 6 Prot.)
§ Consiglio d’Europa Relazione delle sentenze della Corte europea per I diritti umani doc. N. 11020 del 18 settembre 2006
§ Consiglio d’Europa Risoluzione n. 1516/2006 Attuazione delle Sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo
§ Sintesi delle pronunce 2004 – 2006 della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di sfratti (a cura dell’Avvocatura, nell’ambito dell’attività di Osservatorio permanente delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)
Giurisprudenza
§ Sentenza della Corte costituzionale 25 ottobre-9 novembre 2000, n. 482
§ Sentenza della Corte costituzionale 1-7 ottobre 2003, n. 310
§ Sentenza della Corte costituzionale 24-28 maggio 2004, n. 155
Numero del progetto di legge |
A.C. 1955 |
Titolo |
Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali |
Iniziativa |
Governativa |
Settore d’intervento |
Lavori pubblici |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
7 |
Date |
|
§ presentazione o trasmissione alla Camera |
16 novembre 2006 |
§ annuncio |
27 novembre 2006 |
§ assegnazione |
27 novembre 2006 |
Commissione competente |
VIII Commissione (Ambiente) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali) II Commissione (Giustizia) V Commissione (Bilancio) VI Commissione (Finanze) XII Commissione (Affari sociali) Commissione per le questioni regionali |
Il disegno di legge, di iniziativa del Governo, riprende nelle linee generali il contenuto del decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito presso l’altro ramo del Parlamento, a seguito dell’approvazione, nella seduta del 25 ottobre, di una questione pregiudiziale di costituzionalità.
Il provvedimento si compone di 7 articoli.
L’articolo 1, comma 1, dispone la sospensione, per un periodo di otto mesi, delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione per particolari categorie socialmente deboli residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa. In base al comma 3, il termine di sospensione è di diciotto mesi nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo da parte di alcuni enti previdenziali pubblici e di altri soggetti specificamente indicati.
Il comma 2 prevede l’autocertificazione ai fini della dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare della sospensione e disciplina le modalità di contestazione da parte del locatore della sussistenza di tali requisiti.
Il comma 4 prevede che, per l’intero periodo di sospensione dell’esecuzione, il conduttore debba corrispondere al locatore la maggiorazione del canone del 20 per cento prevista dall’art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
Il comma 5 disciplina le ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione, individuate nel mancato pagamento del canone e nella mancata adozione nel termine previsto da parte dei comuni dei programmi per l’edilizia sovvenzionata e agevolata di cui al successivo articolo 3.
Il comma 6, infine, esclude l’operatività della sospensione nei confronti del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima oppure nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione; la medesima disposizione estende a tutte le procedure esecutive per finita locazione in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998, l’applicazione del procedimento di rideterminazione della data di rilascio di cui al comma 4 dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998.
L’articolo 2 dispone agevolazioni fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo, prevedendo, al primo periodo, che, per la durata del periodo di sospensione delle procedure, il reddito dei fabbricati relativo agli immobili locati ai soggetti suddetti, non concorre alla formazione del reddito imponibile e, al secondo periodo, la facoltà per i comuni di disporre nei confronti dei medesimi proprietari riduzioni o esenzioni dell’ICI.
L’articolo 3, al comma 1, prevede la predisposizione da parte dei comuni di cui all’articolo 1, d’intesa con la regione, di un piano straordinario pluriennale per l’edilizia sovvenzionata e agevolata da inviare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche della famiglia. I successivi commi 2 e 3 prevedono la possibilità di istituire nei medesimi comuni di cui all’articolo 1 apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio e demandano alle prefetture la definizione del funzionamento e della composizione delle commissioni.
L’articolo 4 disciplinail programma nazionale di edilizia residenziale pubblica, predisposto da parte del Ministero delle infrastrutture, di concerto con gli altri Ministeri indicati e d’intesa con la Conferenza unificata, sulla base delle indicazioni emerse nel tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative. Il programma è destinato a contenere gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, nonché proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
L’articolo 5 prevede l’applicabilità delle disposizioni del disegno di legge in esame nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
L’articolo 6, ai commi 1 e 2, reca la clausola di copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, valutati in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008; il comma 3 introduce una clausola di salvaguardia, prevedendo che il Ministro dell’economia e delle finanze provveda al monitoraggio di tali oneri, ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978 o delle misure correttive da assumere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater) della medesima legge, e dispone la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati.
L’articolo 7 disciplina l’entrata in vigore del provvedimento.
Il disegno di legge è corredato:
§ dalla relazione illustrativa;
§ dalla relazione tecnica, presentata ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 2, della legge n. 468 del 1978;
§ dall’analisi tecnico-normativa e dall’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR).
Come illustrato nella scheda introduttiva, il provvedimento in esame costituisce l’ultimo di una serie di interventi, tutti realizzati con atti di rango legislativo, volti a sospendere a beneficio di alcune categorie sociali le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione.
La disciplina delle locazioni – così come la disciplina processuale sul rilascio degli immobili - appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto ricompresa all’interno dell’ambito materiale di cui alla lettera l) del comma secondo dell’art. 117 Cost. (in particolare, giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile). Con riferimento al provvedimento in esame, che detta disposizioni a favore di categorie particolarmente svantaggiate, può inoltre venire in rilievo anche l’ambito normativo di cui alla lettera m) (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale).
Con riferimento all’articolo 3, si osserva che, a seguito della riforma del titolo V, la materia dell’edilizia residenziale pubblica, che non è inclusa né tra le materie su cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, né tra quelle in cui la competenza è concorrente, sembra poter essere ricondotta alla competenza di carattere residuale delle Regioni.
Anche rispetto a tale norma potrebbe tuttavia venire in rilievo la già richiamata competenza esclusiva dello Stato in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, posto che il diritto all’abitazione costituisce “un diritto sociale fondamentale che connota la nostra forma di Stato” (sentenza n. 419 del 1991). Come affermato dalla Corte costituzionale già nella sentenza n. 282 del 2002, la competenza di cui alla lettera m) non configura una "materia" in senso stretto, ma “una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle”.
In tale contesto, si segnala la previsione, contenuta nell’articolo 1, comma 5, che ricollega alla mancata iniziativa da parte dei comuni nei termini stabiliti la decadenza dal beneficio della sospensione delle procedure esecutive. Tale disposizione andrebbe valutata in relazione all’esigenza di garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale espressa dall’articolo 117, secondo comma, lett. m). Posto, inoltre, che la decadenza dal beneficio della sospensione si verifica in situazioni in cui il disagio abitativo è ancora più grave, allorché mancano, a causa dell’inadempienza dei comuni, i programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata e agevolata, occorre anche una riflessione circa la compatibilità della disposizione con il principio di ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione.
Si richiamano le seguenti sentenze, nelle quali la Corte costituzionale ha esaminato la legittimità di precedenti provvedimenti di proroga degli sfratti con riferimento in particolare agli articoli 3, primo comma, 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione:
® nella sentenza n. 310 del 2003, la Corte ha affermato che “la sospensione della esecuzione per rilascio costituisce un intervento eccezionale che può incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato sul diritto alla riconsegna di immobile sulla base di un provvedimento giurisdizionale legittimamente ottenuto”. La Corte ha inoltre aggiunto che il legislatore, pur dovendosi fare carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio “non può indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio”.
® la sentenza n. 155 del 2004, nella quale la Corte, richiamando la precedente sentenza del 2003, ha osservato che la violazione delle norme evocate e il pregiudizio dei diritti che esse tutelano sono “tanto più gravi in quanto non soltanto non è prevista alcuna comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, ma neppure è stabilita alcuna congrua misura che, addossando alla collettività l'onere economico inerente alla protezione degli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate, allevii il sacrificio dei locatori”. La Corte ha inoltre ribadito che ove le scelte adottate dal legislatore “dovessero ulteriormente seguire la logica fin qui adottata non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d'illegittimità costituzionale (v. sentenza n. 89 del 1984), anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell'ordinamento (v. sentenza n. 108 del 1986).”
La relazione illustrativa del provvedimento sottolinea che esso, dando un segnale di discontinuità rispetto al passato, non si limita a prorogare gli sfratti, ma in ossequio alla giurisprudenza costituzionale, da un lato, contiene una «piena comparazione fra la condizione del locatore e quella del conduttore» (che si manifesta nelle previsioni che escludono l’operatività della sospensione qualora il locatore si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 1, comma 2, nelle ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione di cui all’articolo 1, comma 5, nonché nella previsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento danno), dall’altro prevede «congrue misure» al fine di porre a carico della collettività l’onere di protezione degli inquilini, consistenti in particolare nei benefici fiscali di cui all’articolo 2.
La relazione aggiunge che, a differenza dei precedenti provvedimenti, il disegno di legge in esame non contiene una mera proroga degli sfratti, ma disciplina all’articolo 3 programmi straordinari pluriennali da parte dei comuni per l’edilizia sovvenzionata e agevolata, la cui adozione condiziona l’operatività del beneficio della sospensione nei confronti delle categorie di cui all’articolo 1, comma 1.
Nel valutare la coerenza delle disposizioni di proroga contenute nel disegno di legge in esame con i principi affermati nelle citate pronunce della Corte, occorre anche tenere conto del fatto che esse hanno una portata più ampia rispetto alle precedenti proroghe. Ciò sia in relazione all’ambito territoriale di riferimento (che nel testo in esame comprende tutti i comuni limitrofi a capoluoghi di provincia con popolazione superiore ai 10.000 abitanti) sia alla durata della sospensione (pari a otto mesi e, in relazione alle ipotesi di cui all’articolo 1, comma 3, di diciotto mesi rispetto ai sei mesi delle precedenti proroghe).
In proposito, si ricorda che, con riferimento al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 86 del 2005, la Commissione affari costituzionali aveva espresso parere favorevole, anche in considerazione della riduzione della portata applicativa della proroga degli sfratti, limitata ai soli comuni nei quali il numero di procedure di rilascio sia superiore a 400 (seduta del 16 giugno 2005).
Nulla da segnalare.
Si richiama la previsione, contenuta nell’articolo 3, della predisposizione da parte dei comuni di cui all’articolo 1 di un piano straordinario pluriennale per l’edilizia sovvenzionata e agevolata da inviare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche della famiglia. La medesima disposizione prevede inoltre che, nell’ambito dei medesimi comuni, possano essere istituite apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i cd. soggetti disagiati, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di e.r.p.
Si segnala che il termine di sospensione delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione disposto dall’ultimo provvedimento di proroga è scaduto lo scorso 3 agosto. Tale proroga, prevista per un periodo di sei mesi, si riferiva tuttavia ai soli comuni con più di un milioni di abitanti (Roma, Milano e Napoli) (articolo 1 del decreto-legge n. 23 del 2006)
Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari della sospensione delle esecuzioni prevista dal provvedimento, essa viene identificata secondo criteri in parte diversi rispetto a quelli previsti dai precedenti interventi in materia. In particolare, per quanto riguarda i requisiti soggettivi si segnala l’introduzione del limite del reddito annuo familiare lordo complessivo inferiore a 27.000 euro, del requisito della mancanza di un'altra abitazione nella regione di residenza, del riferimento ai figli a carico ed ai malati terminali, nonché l’individuazione della definizione di “handicap” utile ai fini dell’applicazione del provvedimento. Per quanto riguarda l’ambito territoriale di riferimento, il disegno di legge si applica oltre che nei comuni ad alta tensione abitativa e nei comuni capoluoghi di provincia, anche nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti. Tale ultima categoria di comuni non era mai stata presa in considerazione dai precedenti provvedimenti di proroga degli sfratti.
Con riferimento all’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 2 (che impone all’ufficiale giudiziario, in caso di accesso, di tenere conto dei termini di sospensione di cui a i commi 1 e 3) occorre un chiarimento sulla finalità e sull’effettiva portata della norma, oltre che sull’opportunità della sua collocazione nell’ambito di un comma, che disciplina esclusivamente la certificazione dei requisiti soggettivi richiesti per beneficiare della sospensione. Non è chiaro in particolare se la disposizione contiene una norma transitoria volta a disciplinare procedure esecutive già iniziate; in ogni caso, occorre valutare l’opportunità di mantenere la medesima disposizione, posto che essa sembrerebbe trovare applicazione a prescindere dalla sua esplicitazione nel testo del disegno di legge.
Occorre un chiarimento anche in ordine alla portata normativa dell’articolo 1, comma 6, ultimo periodo (relativo all’applicazione del procedimento di rideterminazione della data di rilascio di cui al comma 4 dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998 a tutte le procedure esecutive per finita locazione in relazione a contratti stipulati ai sensi della medesima legge). Non è chiaro, infatti, se tale disposizione trovi applicazione soltanto rispetto alle fattispecie per le quali, ai sensi dei commi 1 e 3, è possibile la sospensione dell’esecuzione oppure se abbia portata generale, riguardando tutte le procedure relative a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998.
È opportuno chiarire, infine, a quale soggetto spetta formalmente la nomina delle commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 3.
Con riferimento all’articolo 6, recante la norma di copertura finanziaria, si rileva quanto segue:
§ il comma 1 dovrebbe specificare che l’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 2 è “valutato in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008”;
§ la disposizione del comma 2 introduce una deroga al principio di annualità del bilancio, previsto dalla vigente disciplina contabile;
§ occorre valutare l’opportunità di escludere la disposizione del comma 2 dall’ambito di applicazione dell’articolo 1, comma 46, della legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), che prevede una limitazione alla riassegnazione di entrate.
In base all’articolo 5, comma 3, della legge n. 400 del 1988, come novellato dalla legge n. 12 del 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri promuove gli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) emanate nei confronti dello Stato italiano, comunica tempestivamente alle Camere le medesime pronunce ai fini dell'esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti e presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di esecuzione delle suddette pronunce.
Con la lettera del 30 giugno 2006 indirizzata ai Presidenti delle Commissioni permanenti, il Presidente della Camera ha ribadito gli indirizzi espressi nella lettera del 30 novembre 2005 e in particolare la raccomandazione che “la valutazione di compatibilità dei progetti di legge con il diritto della CEDU, come interpretato dalla Corte europea, costituisca un criterio di riferimento nell’ambito dell’istruttoria legislativa”.
Con riferimento al provvedimento in esame, occorre valutare la compatibilità delle disposizioni che prorogano i termini delle procedure di esecuzione forzata (articolo 1, commi 1 e 3) con l’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 (Protezione della proprietà) e con l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) (Diritto ad un equo processo), quest’ultimo in particolare sotto il profilo della ragionevole durata del processo.
Sul punto, anche per una ricostruzione della giurisprudenza della Corte europea, si rinvia alle schede di lettura.
Al fine di fronteggiare l’emergenza abitativa nelle grandi città, nel corso della XIV legislatura sono stati adottati alcuni provvedimenti d’urgenza con la finalità, da un lato, di prorogare il termine relativo alla concessione dell’assistenza della forza pubblica per l’esecuzione dei provvedimenti di sfratto, di cui all’art. 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), dall’altro di introdurre specifiche misure a sostegno dei conduttori.
Preliminarmente, può essere utile richiamare i due distinti filoni normativi ai quali è riconducibile la tematica del blocco degli sfratti:
§ il differimento delle esecuzioni di rilascio per immobili abitativi previsto dall'art. 6 della legge n. 431 del 1998[1], che si applica ai soli contratti regolati dalla legge sull’equo canone e da quella sui patti in deroga e ai soli comuni ad alta tensione abitativa (individuati originariamente dall’art. 1 del decreto-legge n. 551 del 1988);
§ la sospensione delle esecuzioni di rilascio per immobili abitativi prevista – solo per finita locazione e non per morosità - per determinate categorie di conduttori dall'art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001). Anche in questo caso, la disposizione di sospensione è comunque limitata agli immobili ubicati in comuni ad alta tensione abitativa.
L'art. 80, commi 20-22, della legge finanziaria 2001reca specifiche disposizioni volte a fronteggiare il disagio abitativo nei comuni ad alta tensione abitativa. Il comma 20, in particolare, prevede che tali comuni possano destinare fino al 10% delle somme ad essi attribuite sul Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione alla locazione di immobili ad inquilini assoggettati a procedure esecutive di sfratto, purché tali soggetti abbiano nel nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, o handicappati gravi e non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti per poter accedere alla locazione di una nuova casa. Il successivo comma 21 fa obbligo ai comuni di disporre, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge (termine coincidente con il 29 giugno 2001), apposite graduatorie degli inquilini interessati. Infine, il comma 22 prevede la sospensione delle procedure esecutive di sfratto - iniziate contro inquilini che si trovavano nelle condizioni di cui al comma 20 - fino al termine assegnato ai comuni per la predisposizione delle graduatorie, al fine di consentire a tali inquilini di usufruire dei benefici previsti dalla legge finanziaria per il 2001.
I decreti-legge adottati nel corso della XIV legislatura (nonché il decreto in esame) vanno tutti collegati al secondo di tali filoni normativi.
Si segnala, inoltre, che in una prima fase della passata legislatura i provvedimenti d’urgenza adottati si sono limitati a disporre la mera proroga del termine originariamente fissato al 29 giugno 2001 dal citato art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000[2].
I decreti-legge adottati nella seconda fase[3], in particolare dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004, hanno, invece, ridotto la portata applicativa della proroga ed introdotto specifiche misure finalizzate ad agevolare i conduttori assoggettati a procedura esecutiva di rilascio.
Nella citata sentenza, la Corte si era pronunciata in senso sfavorevole ad una eventuale nuova proroga degli sfratti sulla base della considerazione che la sospensione “può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell’immobile per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato.
La sentenza 24-28 maggio 2004 n. 155, ha avuto origine dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 3 gennaio 2003, avente ad oggetto l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione) in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, primo (recte: secondo) comma, della Costituzione.
Con la citata pronuncia, la Corte ha ribadito il proprio orientamento in materia già espresso nella sentenza n. 310 del 2003 (nella quale aveva affermato che il legislatore, pur dovendo farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, anche attraverso agevolazioni, non possa tuttavia “indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l’onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio”).
Nella sentenza n. 155, la Corte ha aggiunto che la violazione di alcune delle norme costituzionali evocate ed il pregiudizio dei diritti che esse tutelano sono “tanto più gravi in quanto non soltanto non è prevista alcuna comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, ma neppure è stabilita alcuna congrua misura che, addossando alla collettività l’onere economico inerente alla protezione degli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate, allevii il sacrificio dei locatori”.
Infine, la Consulta ha avvertito che se le scelte del legislatore dovessero ulteriormente seguire la logica fin qui adottata non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d’illegittimità costituzionale, “anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell’ordinamento”.
Il decreto-legge 13 settembre 2004, n. 240, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 269, ha previsto misure in materia di locazioni ad uso abitativo, finalizzate, da un lato, ad agevolare i conduttori assoggettati a procedura esecutiva di rilascio che versano in condizioni di particolare disagio, dall’altro a modificare alcune norme procedurali relative al rilascio degli immobili.
Con riferimento al primo profilo, l’ambito soggettivo di applicazione delle nuove disposizioni è stato limitato ai soggetti appartenenti a categorie socialmente deboli, cioè anziani ultrasessantacinquenni e portatori di handicap assoggettati a procedure esecutive di rilascio che non dispongono di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di una nuova unità immobiliare e che sono in possesso dei requisiti economici previsti dal Ministero dei lavori pubblici (ora, Ministero delle infrastrutture) ai sensi della legge n. 388 del 2000.
Sono state, quindi introdotte cinque nuove tipologie di contratti di locazione di immobili, ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, che potevano essere stipulate dai soggetti in condizione di disagio già beneficiari delle precedenti sospensioni o dagli enti locali per soddisfare le esigenze dei soggetti suddetti. Al fine di favorire la sottoscrizione di tali contratti la legge in questione prevedeva incentivi economici per enti locali e locatori privati. Una volta effettuata, da parte del conduttore, la dichiarazione irrevocabile di avvalersi di una delle suddette tipologie di contratto, il termine per l'esecuzione del provvedimento di rilascio era differito per il tempo strettamente necessario alla stipula del contratto stesso e comunque non oltre il 31 marzo 2005. Al fine di fornire assistenza ai conduttori, con la Circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 10 marzo 2005, n. 452[4], è stata disposta la costituzione, presso i comuni interessati, di un apposito «sportello emergenza sfratti».
I comuni interessati dal provvedimento sono quelli ad alta tensione abitativa, ovvero i comuni indicati all’art. 1 del decreto-legge n. 551 del 1988 cui fa rinvio l'art. 6 della legge n. 431 del 1988.
All'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha aggiornato gli elenchi con una serie di delibere e, da ultimo, con delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40)[5].
Il decreto ha infine introdotto anche alcune modifiche di manutenzione normativa alla legge n. 431 del 1998 (relative alla ripartizione annuale delle risorse del Fondo per le locazioni e alle modalità di erogazione dei contributi da parte dei comuni), ed all’art. 56 della legge n. 392 del 1978, relativamente alle modalità di rilascio dell’alloggio locato (obbligo di motivazione e possibilità di opposizione).
La nuova disciplina dei contratti riservati ha trovato una applicazione limitatissima. La scadenza dell’ultimo termine di proroga ha creato quindi una nuova situazione di grave emergenza, a fronte della quale il Governo ha emanato il decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 26 luglio 2005, n. 148.
Con tale decreto sono state ridisciplinate le misure a sostegno dei conduttori disagiati e sono stati previsti interventi speciali per la realizzazione di alloggi sperimentali e di alloggi di edilizia sociale nei 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa, cui destinare le risorse non utilizzate.
Anche in questo decreto-legge la proroga veniva concessa solo al fine di favorire la fuoriuscita definitiva dalla situazione di blocco attualmente esistente e veniva circoscritta ad un numero più ristretto di comuni, come individuati dal D.M. 28 settembre 2005 (Milano, Firenze, Roma, Napoli). Le precedenti proroghe avevano, invece, riguardato la totalità dei comuni ad alta tensione abitativa.
Con riferimento alle misure a sostegno dei conduttori, il provvedimento ridestinava le risorse già previste dal decreto-legge n. 240 e ancora disponibili (pari a 104.940.000 euro) e modificava i meccanismi agevolativi previsti dal precedente decreto, in particolare disponendo che tali risorse venissero erogate, previa una distribuzione proporzionale fra i comuni interessati, direttamente ai conduttori in condizioni disagiate e che avevano già usufruito di una sospensione dello sfratto.
Si prevedeva inoltre che le risorse non utilizzate entro la data del 31 ottobre 2005 (alla luce dell’applicazione limitatissima della nuova disciplina dei contratti) venissero destinate,con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al finanziamento di interventi speciali per la realizzazione di alloggi sperimentali e di alloggi di edilizia sociale nei 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa e nei comuni ad alta tensione abitativa confinanti (art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 86 del 2005). La disposizione specificava che gli interventi speciali dovessero avere prioritariamente (ma non esclusivamente) come beneficiari i soggetti appartenenti a categorie socialmente deboli (anziani ultrasessantacinquenni e portatori di handicap con problemi economici, che abbiano beneficiato della proroga relativa all’esecuzione dei rilasci per finita locazione ai sensi dell’art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000).
La platea dei conduttori beneficiari degli interventi speciali finalizzati ad aumentare la disponibilità di alloggi di edilizia sociale è stata successivamente ampliata con il successivo decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 2, comma 3).In essa sono stati, infatti, ricompresi anche i conduttori che abbiano nel proprio nucleo familiare almeno un figlio di età inferiore ai tre anni o almeno due figli minorenni fiscalmente a carico, ovvero abbiano sostenuto spese mediche documentate superiori al dieci per cento del reddito annuo netto complessivo o abbiano componenti del nucleo familiare affetti da malattie invalidanti o che non ne consentono il trasferimento, purché non dispongano di altra abitazione, né di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile.
Il decreto ministeriale previsto è stato emanato in data 16 marzo 2006[6]e con esso sono stati ripartiti 99.234.336,32 di euro tra i 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa, sulla base del numero delle richieste delle procedure esecutive di sfratto presenti in ciascun comune. Il decreto precisa che gli interventi sono finanziati a valere sulla disponibilità accertata con contributo statale pari al 50% del costo complessivo degli stessi, mentre il restante 50% è posto a carico del singolo comune e/o della regione o degli operatori pubblici o privati aderenti alle singole iniziative.
Il decreto-legge 1° febbraio 2006, n. 23, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 marzo 2006 n. 86, ha ridotto ulteriormente, rispetto ai precedenti decreti n. 240 del 2004 e n. 86 del 2005, la portata applicativa della sospensionedella procedura esecutiva di sfratto .
Tale procedura, infatti, sospesa per la durata di sei mesi (fino al 3 agosto 2006), solo nei comuni con più di un milione di abitanti, vale a dire nelle città di Roma, Milano e Napoli (la precedente proroga includeva anche Firenze).
Anche l’ambito soggettivo è stato ulteriormente limitato attraverso la precisazione della definizione di handicap grave, per la quale è richiesta una invalidità superiore al 66%. Il blocco delle procedure esecutive di sfratto riguarda, pertanto, soggetti appartenenti a categorie socialmente deboli, quali anziani ultrasessantacinquenni e portatori di handicap grave che non dispongono di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile.
Sono stati inoltre previsti due casi in cui non è possibile ricorrere alla sospensione dello sfratto: il mancato regolare pagamento del canone d'affitto e la dimostrazione da parte del proprietario di trovarsi nelle stesse condizioni richieste dall'affittuario per ottenere la sospensione.
Il decreto ha previsto, inoltre, norme agevolative dal punto di vista fiscale (disponendo che, per tutta la durata della sospensione, vengano azzerate le imposte sul reddito dovute allo Stato e ai Comuni dai proprietari degli immobili locati ai conduttori in condizioni di particolare disagio) e ha stabilito la possibilità per tutti i Comuni (non solo quindi per quelli con più di un milione di abitanti di cui all’art. 1), nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, di concedere esenzioni o riduzioni dell'ICI e dell'addizionale comunale, per l’anno fiscale 2006, anche a quei proprietari che sospendano volontariamente per il 2006 le esecuzioni degli sfratti a conduttori che si trovano in condizioni familiari o patrimoniali particolarmente disagiate.
Il decreto, infine, come accennato in precedenza, reca, infine, una norma integrativa delle disposizioni del decreto n. 86, diretta ad ampliare la platea dei conduttori beneficiari degli interventi speciali per la realizzazione di alloggi sperimentali e di alloggi di edilizia sociale nei 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa.
In conseguenza della scadenza del termine di sospensione delle esecuzioni forzate disposto dal decreto-legge n. 23 del 2006 (3 agosto 2006), il Consiglio dei Ministri del 4 agosto, ha esaminato il problema degli sfratti e ha stabilito che, visti i prioritari e impegnativi compiti che le Forze di polizia erano chiamate a svolgere (criminalità estiva, esiti dell’indulto e sorveglianza di obiettivi sensibili), esse non avrebbero potuto essere impegnate nell’esecuzione dei decreti di sfratto.
Subito dopo la pausa estiva, in data 29 settembre 2006, il Governo ha emanato quindi il decreto-legge n. 261 con il quale ha previsto la sospensione delle procedure esecutive di sfratto fino al 30 giugno 2007, condizionandola alla predisposizione, da parte degli stessi comuni, di un programma pluriennale di edilizia agevolata e sovvenzionata. Un termine più lungo è stato previsto nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo di alcuni enti previdenziali pubblici e di alcune “grandi proprietà”.
Lo stesso decreto-legge prevedeva, inoltre, un rinnovo per nove anni del contratto scaduto in caso di unità immobiliari oggetto di operazioni di cartolarizzazione.
I requisiti soggettivi per beneficiare della sospensione erano parzialmente diversi rispetto ai precedenti provvedimenti d’urgenza (in particolare, il decreto innalzava il requisito dell'età di cinque anni - da 65 a 70 anni – ed inseriva il riferimento ai figli a carico ed ai malati terminali). Il decreto, inoltre, ampliava l’ambito territoriale di riferimento rispetto ai due decreti-legge n. 86 del 2005 e n. 23 del 2006[7], ricomprendendovi tutti i comuni capoluogo di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti. Esso, invece, non faceva riferimento ai comuni al alta tensione abitativa.
Nell’ambito del decreto-legge erano inoltre previste alcune misure a tutela del locatore, e, tra queste, agevolazioni di carattere fiscale.
Il decreto non si limitava alla mera proroga degli sfratti, ma disponeva anche l’avvio di alcuni programmi finalizzati all’aumento degli alloggi in locazione.
Il decreto, esaminato in prima lettura al Senato, è decaduto a seguito dell’approvazione, nella seduta dell’Assemblea del 25 ottobre, della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dai senatori Pastore e Ferrara.
Le disposizioni del decreto ritenute in contrasto con la Costituzione erano in particolare le seguenti:
§ l’ampliamento dell’ambito territoriale di riferimento (esteso ai comuni capoluogo di provincia e ai comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti) (art. 1, comma 1);
§ la previsione di un termine più lungo di sospensione nel caso di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti ritenuti “grandi proprietari” (articolo 1, comma 3);
§ il riconoscimento ope legis del diritto ad un rinnovo per nove anni del contratto scaduto in caso di unità immobiliari oggetto di operazioni di cartolarizzazione (art. 1, comma 7).
Rispetto a tale ultima disposizione in particolare, la Commissione Bilancio aveva rilevato profili problematici dal punto di vista della copertura finanziaria[8]. I rilievi della Commissione bilancio erano stati ripresi in sede di illustrazione della questione pregiudiziale. Si segnalava in particolare come tale norma, attraverso la proroga di ulteriore nove anni dei contratti di locazione, avrebbe determinato una svalutazione dell'immobile che avrebbe dovuto essere indennizzata dallo Stato, stante le norme vigenti in materia di cartolarizzazione, con conseguenti effetti negativi in termini aumento del debito pubblico. Problemi di copertura erano stati rilevati anche con riferimento all’art. 5, che riduceva dal 15 al 14 per cento la deducibilità dei contratti a canone libero. Entrambe le disposizioni – art. 1, comma 7 e art. 5 - non sono state inserite nel disegno di legge governativo in esame.
Dopo l’approvazione della questione pregiudiziale, il Governo ha reso comunicazioni sulla politiche per la riduzione del disagio abitativo, cui è seguito un ampio dibattito protrattosi anche nella giornata successiva (25 e 26 ottobre 2006).
Il Ministro della solidarietà sociale Ferrero ha sostenuto la costituzionalità del decreto-legge, strutturato in modo da recepire i rilievi della Consulta. Il provvedimento, infatti, non disponeva una mera proroga, ma collegava il blocco degli sfratti ad un piano di interventi; non poneva a carico dei soli proprietari gli oneri dell'intervento sociale ma prevedeva per gli stessi la possibilità di una significativa detrazione in sede di dichiarazione dei redditi; operava infine una comparazione tra le condizioni del proprietario e quelle dell'inquilino onde evitare disparità di trattamento. Per rispondere all'emergenza degli sfratti il Governo si è reso disponibile ad eliminare il comma 7 dell'articolo 1 punto nevralgico della pregiudiziale di costituzionalità, e ad affrontare un confronto in Parlamento con un nuovo provvedimento in materia abitativa teso a superare l'emergenza e ad avviare programmi per l'edilizia residenziale.
Dal monitoraggio della giurisprudenza della Corte europea degli ultimi tre anni emergono numerose pronunce che constatano la violazione da parte dello Stato italiano dell’art. 1 Prot. n. 1, in materia di diritto alla protezione dei beni, nonché dell’art. 6 CEDU in materia di diritto ad un equo processo, soprattutto sotto il profilo della ragionevole durata. Inoltre, in relazione ad alcuni ricorsi, la Corte, constato che tra i ricorrenti e lo Stato italiano era intervenuto un regolamento amichevole, ha disposto la cancellazione della causa del ruolo.
Le sentenze della Corte europea che costituiscono precedenti di riferimento per gli orientamenti giurisprudenziali della Corte stessa in materia di sfratti sono le sentenze Immobiliare Saffi c. Italia del 28 luglio 1999 e Mascolo c. Italia del 16 dicembre 2004.
Con la sentenza Immobiliare Saffi la Corte ha stabilito che ogni ingerenza della legislazione nazionale nella sfera dell’individuo, pur consentita dal secondo paragrafo dell’art. 1 del Protocollo n. 1, deve però realizzare un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale e la necessità di proteggere i diritti fondamentali individuali, in quanto deve sussistere una ragionevole relazione di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Nel determinare se questa esigenza sia stata raggiunta, la Corte ha riconosciuto che lo Stato gode di un largo margine di apprezzamento in riferimento sia alla scelta dei mezzi di applicazione e sia all’accertamento se le conseguenze dell’applicazione siano giustificate dall’interesse generale. In una materia come quella degli alloggi che gioca un ruolo centrale nelle politiche sociali ed economiche delle società moderne, la Corte, nella citata sentenza, afferma l’esigenza di rispettare la valutazione posta a base di scelte legislative come manifestazione dell’interesse generale, salvo che la valutazione sia manifestamente priva di un ragionevole fondamento. La Corte ha considerato che, in teoria, il sistema italiano di scaglionare l’esecuzione delle ordinanze di sfratto emesse dei tribunali non è di per sé oggetto di critica, avendo riguardo in particolare al margine di apprezzamento permesso dal secondo paragrafo dell’art. 1. In concreto, però il sistema di scaglionamento italiano, fondato su una scala di priorità che ha consentito, di fatto, l’esecuzione degli sfratti con assistenza di forza pubblica solo nei casi prioritari, fra l’altro di numero via via crescente, ha dimostrato di soffrire di una certa rigidità. Perciò, ad avviso della Corte, tale sistema porta con sé il rischio di imporre ai locatori un eccessivo carico, in relazione alla loro capacità di disporre dei propri beni e deve, di conseguenza, prevedere alcune protezioni procedurali tali da assicurare che l’azione del sistema ed il suo impatto sui diritti di proprietà dei locatori non siano né arbitrari né imprevedibili. La Corte ha quindi constatato la violazione dell’art. 1 del Prot. n. 1, poiché - a causa del sistema di scaglionamento dell’esecuzione delle ordinanze di sfratto, della sospensione legislativa degli sfratti, nonché della mancanza di un rimedio giurisdizionale per reclamare un ristoro per l’attesa prolungata per il recupero dell’immobile – nella fattispecie non era riscontrabile il necessario equilibrio che deve sussistere tra il diritto della società ricorrente alla protezione dei propri beni e le esigenze dell’interesse pubblico. La Corte ha inoltre constato la violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU considerando che anche l’esecuzione di pronunce giurisdizionali costituisce oggetto del diritto tutelato nell’ambito del citato articolo; inoltre, risultano in contrasto con il principio della preminenza del diritto, con riferimento ai diritti tutelati dal medesimo art. 6, la prolungata sospensione dell’esecuzione delle decisioni giudiziarie e la mancanza di un controllo giudiziario effettivo sulle decisioni amministrative in materia di esecuzione degli sfratti.
Il principio del bilanciamento degli interessi in gioco ai fini della valutazione di un’eventuale violazione dell’art. 1 Prot. n. 1, è seguito, in materia di sfratti, anche nella giurisprudenza successiva, la quale, però, tiene conto di ulteriori sviluppi intervenuti nell’ordinamento nazionale, rilevanti sia con riferimento a tale articolo che all’art.6 CEDU.
Su un piano generale, che prescinde dalla specifica materia degli sfratti, si riscontra l’emanazione della legge n. 89 del 2001, c.d. legge Pinto, che ha previsto l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, nonché la sentenza della Corte di cassazione n. 11046 del 18 giugno 2002 che ha ritenuto che anche i procedimenti per il rilascio di immobili rientrino nell’ambito applicativo della citata legge.
Con specifico riferimento alla materia degli sfratti, invece, la Corte europea prende atto della giurisprudenza nazionale riferita all’azione di danno ex art. 1591 c.c., giungendo a ritenere, quanto ai danni materiali rivendicati dai ricorrenti per violazione del diritto alla protezione dei beni, che questi, poiché derivano dal comportamento del conduttore, non sono immediatamente riferibili a comportamenti dello Stato e quindi devono essere oggetto dello specifico rimedio nazionale di cui al citato articolo 1591 c.c.. In merito ai danni per eccessiva durata del procedimento, per i ricorsi successivi alla citata sentenza della Corte di cassazione del 18 giugno 2002, la Corte ha ritenuto che debbano essere esaurite previamente le vie di ricorso interne costituite dal rimedio ex legge Pinto. In ogni caso, secondo la Corte la violazione dell’art. 6 CEDU da parte dello Stato è di ordine procedurale e successivo al comportamento del conduttore.
Questa evoluzione giurisprudenziale risulta dalle pronunce emanate con riferimento alle cause Mascolo (decisione di ricevibilità del 16 ottobre 2003 e sentenza di merito del 16 dicembre 2004) e Lo Tufo (sentenza di merito del 21 aprile 2005), ai cui principi si sono poi conformate le pronunce successive.
Nel Documento 11020 della Commissione sugli Affari giuridici e sui Diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consigli d’Europa, recante relazione del relatore Erik Jurgens, in materia di esecuzione delle sentenze della Corte europea, vi è una parte dedicata ai casi relativi alla mancata esecuzione di ordinanze di sfratto.
Il citato documento si articola come segue.
“Risoluzione interinale ResDH(2004)72
Questi casi riguardano principalmente la prolungata impossibilità per i ricorrenti di ottenere l’intervento della forza pubblica per dare esecuzione all’ordinanza di sfratto dei loro inquilini, fondamentalmente a causa dell’applicazione di disposizioni per il blocco o il rinvio degli sfratti (vedi doc. AS/Jur (2005) 32 pp. 10-11). La Corte europea è giunta alla conclusione che non sia stato rispettato il giusto equilibrio tra la protezione del diritto di proprietà dei ricorrenti e le esigenze di interesse generale (violazione dell’articolo 1 e del protocollo n.1 della CEDU). Nella maggior parte di questi casi, la Corte ha anche concluso che, in conseguenza della legge in questione, che ha annullato l’efficacia delle ordinanze di sfratto, i ricorrenti sono stati privati del loro diritto di ricorrere agli uffici di un giudice per risolvere la controversia, in pieno contrasto con il principio dello stato di diritto (violazione dell’articolo 6§1).
Misure a carattere individuale:
Nella Risoluzione interinale DH(2004)72, il Comitato ha deplorato il fatto che, persino in casi in cui la Corte europea per i diritti umani ha accertato violazioni, un buon numero di ricorrenti non sia ancora potuto rientrare in possesso delle rispettive proprietà e che la mancata attuazione delle ordinanze giudiziarie a loro favorevoli perdura da svariati anni. Nella maggior parte dei casi, i ricorrenti sono rientrati in possesso dei loro appartamenti in un arco di tempo tra i 4 e i 17 anni dopo che l’ordinanza di sfratto era stata emessa.
Questioni ancora in sospeso: I seguenti ricorrenti attendono ancora di rientrare in possesso dei rispettivi appartamenti dalla data indicata: Esposito Paola (sentenza del 19 dicembre 2002, dal 1992), M.P. (sentenza del 19 dicembre 2002, dal 1987), Marini (sentenza del 9 gennaio 2003, dal 1989), C.T. II (sentenza del 9 gennaio 2003, dal 1994), Carbone Anna (sentenza del 22 maggio 2003, dal 1996), Indelicato Antonio (sentenza del 6 novembre 2003, dal 1992), e Antonio Siena (sentenza del 11 marzo 2004, dal 1986). È necessario acquisire informazioni aggiornate su tutte queste singole situazioni.
Misure a carattere generale:
Valutazione della situazione:
Il problema della prolungata impossibilità per i ricorrenti di recuperare i propri appartamenti si sta riducendo progressivamente. I dati statistici pubblicati dal ministero dell’Interno per il decennio 1994-2004 mostrano sia una maggiore efficienza nell’esecuzione delle ordinanze, gli sfratti sono aumentati del 27,53%, sia una riduzione nel ricorso allo sfratto, con una riduzione del 35,19% delle richieste di sfratto e una riduzione del 35,93% delle ordinanze di sfratto emesse dai tribunali (fonte: <HTTP://pers.mininterno;it/dcds/index.htm>). I dati per il 2005 non sono ancora pervenuti.
La medesima tendenza positiva si registra nel numero di casi da esaminare presso la Corte europea; i nuovi ricorsi sono in graduale diminuzione e quelli in essere si riferiscono a situazioni pregresse piuttosto datate.
Il rinvio degli sfratti non compare più tra le cause principali di violazione accertata dalla Corte europea, i prefetti non possono più rimandare l’intervento della forza pubblica. Un'altra ragione dei ritardi, le sospensioni legislative degli sfratti, adesso sono meno sfruttate e frequenti. Nella sentenza n. 155 del 2004, la Corte costituzionale ha dichiarato che questo genere di interventi possono essere giustificati solo se attuati per limitati periodi di tempo, e da allora avvengono sotto il controllo della Corte costituzionale.
Una recente legge in materia, L. 148/2005, non sembra aver prodotto effetti pratici in termini di blocco degli sfratti, mentre un’altra, L. 86/2006, ha prodotto il blocco limitatamente a tre città: Milano, Roma, e Napoli. La sua applicazione è stata ulteriormente limitata dal fatto che solo un numero davvero ristretto di persone ha potuto beneficiare della sospensione dello sfratto: gli ultrasessantacinquenni, i portatori di handicap grave e coloro che non avevano mezzi per pagare l’affitto. Va sottolineato, inoltre, che la più recente legislazione in materia prevede anche un sostegno economico a favore degli inquilini e vantaggi fiscali per i proprietari. In base a tutto quanto detto si può concludere che dal 2005 il blocco degli sfratti ha avuto effetti trascurabili.
La via delle azioni a carattere nazionale: la situazione attuale
1) In relazione alle azioni contro gli inquilini: l’articolo 1591 del Codice civile obbliga l’inquilino a risarcire qualsiasi danno derivato dal ritardo nella restituzione dell’immobile al proprietario. Il risarcimento è pari a una somma equivalente all’ammontare dell’affitto pagato all’epoca della scadenza del contratto di locazione, indicizzata al costo della vita, e incrementata del 20% per ciascun periodo di affitto durante il quale il proprietario non ha potuto godere del bene di sua proprietà ( L. 61/1989). La Corte di cassazione ha stabilito che il danno subito dal proprietario può essere provato semplicemente richiedendo un aumento dell’affitto calcolato in base ai prezzi di mercato (sentenza n. 1032/1996), e che la disdetta per cessata locazione resta valida dalla scadenza del contratto in parola, indipendentemente dalla decisione del giudice in merito allo sfratto esecutivo (sentenza n. 10560/2002). In relazione all’articolo 1591 del Codice civile, la Corte di Strasburgo ha osservato (vedi sentenza Lo Tufo, 21Aprile 2005, §69) che il diritto italiano contempla la possibilità di compensare le conseguenze materiali delle violazioni e, di conseguenza, ha respinto le istanze miranti all’equa compensazione del danno patrimoniale.
2) In merito all’azione contro lo Stato in materia di violazioni dell’articolo 1 del protocollo n. 1: Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, lo Stato deve adempiere con il massimo rigore l’obbligo di garantire l’attuazione di una ordinanza giudiziaria, e l’indennizzo del cittadino è il valore fondante del risarcimento. Nella sentenza n. 3873/2004 la Corte di cassazione ha stabilito che spettava all’amministrazione e non al proprietario, dimostrare l’impossibilità di fare ricorso alla forza pubblica per eseguire le ordinanze di sfratto, e questa impossibilità non esclude comunque la responsabilità dell’amministrazione, salvo che sia dovuta a situazioni eccezionali o imprevedibili. Le eventuali situazioni di ‘crisi permanente’, come quelle che possono affliggere la giustizia o l’amministrazione, non escludono affatto le loro responsabilità per il danno patito dai cittadini, anzi, al contrario ne rafforzano la presunzione.
3) In merito all’azione contro lo Stato in materia di violazioni dell’articolo 6§1: La responsabilità dello Stato per il danno patito a causa dell’eccessiva durata di un procedimento giudiziario è prevista dalla legge Pinto (L. n. 89/2001). La giurisprudenza della Corte di cassazione, conferma che detta legge trova applicazione in materia di ritardi o mancanze nell’esecuzione delle ordinanze di sfratto. Nel suo giudizio di irricevibilità nel caso Provvedi contro Italia, la Corte europea ha rilevato che in casi di questo genere trova applicazione la legge Pinto ai sensi dell’art. 35§1 della Convenzione, che soddisfa sia l’articolo 6§1 sia l’articolo 1 del Protocollo n.1 della Convenzione.
Si attendono informazioniin merito all’applicabilità di questo strumento ai casi in cui lo sfratto sia temporaneamente bloccato in virtù di sospensione legislativa”.
Tale documento ha costituito punto di riferimento per l’Assemblea parlamentare permanente del Consiglio d’Europa ai fini dell’approvazione della risoluzione n. 1516 (2006), con la quale la medesima Assemblea, sottolineate le questioni di attuazione delle sentenze della Corte europea, ha chiamato in causa in relazione a tali questioni, non solo gli Stati parti della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali in via generale, ma più in particolare anche i Parlamenti nazionali.
Articolo 1
(Sospensione delle procedure esecutive di rilascio)
Il comma 1 dispone la sospensione per un periodo di otto mesi - a decorrere dall’entrata in vigore della legge - delle esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione per particolari categorie socialmente deboli residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della norma gli sfratti per morosità.
Da dati divulgati dal Ministero dell’interno, riportati nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, risulta che il numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto emessi nell’anno 2004 è pari a 43.892, di cui 12.449 per finita locazione (28 per cento); “dagli stessi dati risulta inoltre che il numero di richieste di esecuzione presentate all’ufficiale giudiziario per lo stesso anno è pari a 74.755. Applicando a questo numero la percentuale degli sfratti per finita locazione, incrementata prudenzialmente al 40 per cento per tenere conto del fatto che i dati citati, come indicato dalla fonte stessa, sono incompleti, si ottiene una stima del numero di sfratti in esecuzione per finita locazione ancora pendenti pari a circa 30.000”. Si stima, inoltre, che i conduttori con i requisiti di disagio di cui all’articolo 1, comma 1, siano pari a 15.000 (il 50 per cento) e il restante 50 per cento è rappresentato dai conduttori di cui all’art. 1, comma 3.
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo,la sospensione delle esecuzioni opera unicamente nei confronti di conduttori la cui condizione particolarmente disagiata sia dimostrata dal possesso dei seguenti requisiti (che, in parte, differiscono da quelli previsti dai provvedimenti d’urgenza emanati fino ad oggi):
a) reddito annuo familiare lordo complessivo inferiore a 27.000 euro;
Si osserva che il requisito in questione sostituisce quello tradizionale del "reddito [non] sufficiente ad accedere alla locazione di un nuovo immobile" basato sul possesso dei requisiti economici previsti dal decreto ministeriale 7 giugno 1999, emanato in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.In relazione a tali requisiti, con Circolare esplicativa del 23 febbraio 2001[9], il Ministero dei lavori pubblici ha forniti chiarimenti su cosa debba intendersi per “redditi insufficienti per accedere all’affitto di una nuova casa.”
Al punto 4.3, la suddetta circolare ha in particolare previsto l’applicazione dei limiti di reddito previsti dalla lettera b) dell’art. 1 del DM 7 giugno 1999, che richiede la sussistenza, in relazione al nucleo familiare dell’assegnatario, di un reddito annuo imponibile non superiore a quello previsto dalle singole normative regionali e delle province autonome per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.) (si veda l’allegato B della citata circolare). Il superamento di tali limiti di reddito è ritenuto, infatti, dal legislatore condizione sufficiente perché il locatario possa rivolgersi all’offerta di alloggi in locazione disponibili sul mercato.
I limiti di reddito previsti dalle singole normative regionali per l’assegnazione di un alloggio e.r.p. sono calcolati in maniera più articolata rispetto al nuovo limite previsto dal comma in esame; essi, infatti, tengono conto di una serie di fattori quali la natura del lavoro (autonomo e dipendente), il numero dei componenti del nucleo familiare, la base su cui viene calcolato (imponibile o netto).
Il nuovo limite di 27.000 euro sembra quindi più restrittivo dei limiti di reddito adottati nel passato; come sottolinea la relazione illustrativa, “si è inteso contenere la platea dei beneficiari della sospensione, individuando selettivamente le condizioni di difficoltà dei nuclei familiari interessati e indicando la soglia reddituale di 27.000 euro annui (da intendersi quale reddito imponibile ai fini IRPEF), che si traduce in un reddito mensile effettivamente disponibile di circa 1.200 euro, del tutto insufficiente a soddisfare le fondamentali esigenze di vita”.
b) mancanza, da parte del nucleo familiare disagiato, di un'altra abitazione dove poter vivere nella regione di residenza
Tale requisito non compariva nel testo originario del decreto-legge, non convertito, n. 261 del 2006, ma era stato introdotto durante l’esame in sede referente.
c) essere o avere nel proprio nucleo familiare:
- persone ultrasesessantacinquenni, ovvero;
- figli a carico, ovvero;
- malati terminali ovvero;
- portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento;
Rispetto ai requisiti previsti nei precedenti provvedimenti d’urgenza, è stato inserito il riferimento ai figli a carico ed ai malati terminali; inoltre, rispetto al decreto-legge n. 23 del 2006, si esplicita la definizione di handicap utile ai fini del presente provvedimento, individuata non più nell’handicap grave, ma nell'handicap con invalidità superiore al 66 per cento.
Per quanto riguarda, invece, il requisito dell'età, il testo originario del decreto-legge n. 261 del 2006, faceva riferimento a “persone ultrasettantenni”, contemplava un più ristretto ambito di soggetti beneficiari. Durante l’esame in sede referente presso l’altro ramo del Parlamento, era stato approvato un emendamento che sostituiva il limite di settant’anni con quello di sessantacinque anni. Su tale emendamento la Commissione bilancio aveva, però, espresso parere contrario ex articolo 81 della Costituzione, salvo che non fosse riformulata la norma di copertura contenuta nell’articolo 6.
Per quanto concerne, infine, il concetto di "nucleo familiare" di cui all’articolo 80, comma 20, della legge n. 388 del 2000, la Corte costituzionale, nella sentenza 9-12 febbraio 2004, n. 62, ha affermato che tale locuzione non allude ad un concetto tecnico ben definito: "ai fini del soddisfacimento dell’esigenza di godere di un’abitazione il legislatore ricorre – senza pretendere di interferire nella complessità e varietà dei rapporti interpersonali, con l’operare tra di essi selezioni che suonerebbero come ingerenze in sfere strettamente personali – ad una nozione empirica di nucleo familiare, in tal modo alludendo ad un rapporto dotato di un grado di stabilità e continuità tale da consentire di definirlo, a prescindere da (meramente eventuali) relazioni di coniugio, parentela o affinità, come afferente ad un “nucleo familiare".
Per quanto riguarda l’ambito territoriale di applicazione della disposizione, il comma 1 in commento richiede che in soggetti beneficiari risiedano in uno dei seguenti comuni:
a) comuni capoluoghi di provincia;
b) comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti;
c) comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera Cipe n. 87 del 2003.
All'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha provveduto ad aggiornare gli elenchi con una serie di delibere, l’ultima delle quali è la delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40)[10].
Si segnala, inoltre, che l'ambito territoriale di applicazione della sospensione è variato più volte nel corso degli anni: originariamente, l'art. 80 della legge 388/2000 lo faceva coincidere con i comuni indicati dall'art. 6 della legge 431/1998 che, rinviava, a sua volta all’art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551 (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché i comuni confinanti con gli stessi), con gli altri comuni capoluogo di provincia e con i comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati in una serie di delibere CIPE.
Successivamente la sospensione è stata limitata ai comuni di Milano, Firenze, Roma e Napoli (combinato disposto del decreto-legge n. 86 del 2005 e del D.M. 28 settembre 2005), quindi ai soli comuni di Milano, Roma e Napoli (decreto-legge n. 23 del 2006).
La disposizione in esame, oltre a prevedere il criterio dei comuni ad alta tensione abitativa (già contemplato dalla normativa succedutasi in materia), introduce il nuovo criterio comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Per quanto riguarda i comuni capoluogo di provincia, si segnala che il punto 2 della delibera CIPE n. 4 del 2002, che demanda alle regione e alle province autonome l’individuazione dei comuni ad alta tensione abitativa entro una soglia predeterminata di popolazione, contempla il vincolo dell’inserimento dei comuni capoluogo di provincia.
Il nuovo criterio dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti si basa unicamente sulla popolazione residente e sulla contiguità con un capoluogo di provincia; i criteri dettati dalla delibera CIPE sono invece molto più articolati, in quanto sono fondati su un sistema di soglie regionali di popolazione all’interno delle quali l’individuazione dei comuni avviene mediante un coinvolgimento degli enti locali e consentono di includere nell’alta tensione abitativa piccole realtà locali in cui il problema dell’emergenza abitativa risulta prioritario.
Rispetto ai precedenti provvedimenti d’urgenza, il disegno di legge in esame amplia quindi sostanzialmente l’ambito territoriale di riferimento per l’applicazione della proroga.
Il decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, disponeva la proroga per i comuni capoluogo di provincia e per i comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, ma non faceva riferimento ai comuni ad alta tensione abitativa; nel corso dell’iter parlamentare[11], era stato chiesto al Governo “di fornire una documentazione che consenta alla Commissione di conoscere le situazioni di tensione abitativa che giustificano l'estensione della proroga ai comuni capoluoghi di provincia e a quelli limitrofi con oltre 10.000 abitanti”. Durante l’esame in sede referente era stato approvato un emendamento[12] in cui si proponeva di sostituire il criterio dei comuni con oltre 10.000 abitanti con quello dei comuni ad alta tensione abitativa. Su tale emendamento la Commissione bilancio aveva espresso parere contrario ex articolo 81 della Costituzione, in quanto suscettibile di recare nuovi oneri, salvo una riformulazione, da parte del Governo, dell’art. 6 relativo alla copertura finanziaria[13].
Si segnala, inoltre, che nel corso dell’illustrazione delle pregiudiziali di costituzionalità presso l’Assemblea del Senato[14] era stata evidenziata la portata estensiva della disposizione, rispetto ai precedenti interventi in materia, ed era stata posta la questione della sua compatibilità con la più volte citata sentenza n. 155 del 2004.
Per quanto riguarda i termini della sospensione (decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge)essa è fissata:
§ in otto mesi, in via generale (articolo 1, comma 1);
§ in diciotto mesi (articolo 1, comma 3), nel caso di immobili concessi in locazione ad uso abitativo dai seguenti soggetti:
o i soggetti di cui all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 1996[15]che, a sua volta, fa rinvio agli enti previdenziali di natura pubblica elencati al n. 1 della tabella allegata alla legge n. 70 del1975[16] e agli enti di cui al d.lgs. n. 479 del 1994[17], nonché agli enti previdenziali pubblici successivamente istituiti;
o i soggetti di cui all’art. 3, comma 109, della legge n. 662 del1996[18], come da ultimo modificato dall’art. 43, comma 18 della legge n. 388 del 2000[19];
o le casse professionali e previdenziali;
o le compagnie di assicurazione;
o gli istituti bancari;
o le società possedute dai soggetti sopra citati ovvero che svolgono, anche indirettamente per loro conto, attività di gestione dei relativi patrimoni immobiliari.
Secondo la relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, fissando un termine più lungo di sospensione – pari appunto a diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame - si è voluto promuovere la realizzazione di accordi negoziali con riguardo a locazioni di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come "grandi proprietà" per le quali l’immobile non rappresenta valore d’uso.
Rispetto al decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, non compare più la qualificazione delle cd. “grandi proprietà” individuate nei “soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio nazionale”. Durante l’illustrazione della pregiudiziale di costituzionalità presso l’altro ramo del Parlamento era stata sottolineata l’arbitrarietà del tetto di 100 unità abitative
Il termine di sospensione di otto mesi e, a maggior ragione, quello di diciotto mesi sono significativamente più lunghi rispetto ai periodi di sospensione previsti dai precedenti interventi legislativi (generalmente semestrali).
Le disposizioni che contemplano tali termini vanno tuttavia lette in combinato disposto con la previsione di cui al comma 5, che dispone la decadenza dal beneficio della sospensione nel caso in cui il comune di residenza del conduttore non provveda alla predisposizione del programma straordinario pluriennale di edilizia agevolata e sovvenzionata di cui al successivo articolo 3.
Poiché per tale adempimento è previsto un termine di quarantacinque giorni, la sospensione delle esecuzioni opera per tale periodo; per il periodo successivo è subordinata all’adozione del piano straordinario.
La relazione di accompagnamento al disegno di legge afferma che la sospensione generalizzata “è limitata a soli quarantacinque giorni, mentre l’ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei comuni, d’intesa con le regioni, dei programmi di edilizia indicati all’art. 3, da predisporre appunto entro quarantacinque giorni (la mancata predisposizione del programma fa decadere l’interessato dal beneficio della sospensione). Pertanto, a parte i quarantacinque giorni iniziali, l’ulteriore sospensione è solo eventuale, si verificherà presumibilmente solo per i comuni in situazioni più gravi e potrà comunque esaurirsi anche prima della scadenza prevista in attuazione di interventi nel frattempo realizzati”.
Per quanto riguarda la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare della sospensione di cui ai commi 1 e 3, il comma 2, dispone – analogamente a quanto già previsto dal decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 1, comma 3) – che è sufficiente l'autocertificazione degli inquilini interessati, presentata alla cancelleria del giudice procedente che, a sua volta, ne dà comunicazione all'ufficiale giudiziario e al locatore, ai sensi dell’art. 4, commi 4 e 5, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148.
La sussistenza di tali requisiti può essere contestata dal locatore nelle forme previste dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122.
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 122 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 185 del 2002, il locatore può contestare, previa notifica al conduttore, la sussistenza in capo a quest'ultimo dei requisiti richiesti per la sospensione dell'esecuzione. Il giudice dell'esecuzione procede con le modalità di cui all'art. 11, commi quinto e sesto, del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, disponendo o meno la prosecuzione dell'esecuzione con provvedimento da emanarsi nel termine di giorni otto dalla data di presentazione del ricorso. Avverso il decreto è ammessa opposizione al tribunale, che giudica in composizione collegiale con le modalità di cui all'articolo 618 del codice di procedura civile.
Rispetto al decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, la disposizione relativa alle modalità di dimostrazione dei requisiti è stata estesa oltre che agli inquilini disagiati di cui al comma 1, anche agli inquilini degli immobili dei soggetti di cui al comma 3.
L’ultimo periodo del comma 2 prevede, infine che in caso di accesso, ai fini della fissazione di una nuova data, l’ufficiale giudiziario tenga conto dei termini di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo.
Tale disposizione non era presente nel testo originario del decreto-legge n. 261 del 2006. non convertito. Essa è stata inserita nel decreto nel corso dell’esame in sede referente.
Con riferimento all’ultimo periodo del comma 2, occorre un chiarimento sulla finalità e sull’effettiva portata della norma, oltre che sull’opportunità della sua collocazione nell’ambito di un comma, che disciplina esclusivamente la certificazione dei requisiti soggettivi richiesti per beneficiare della sospensione. Non è chiaro in particolare se la disposizione contiene una norma transitoria volta a disciplinare procedure esecutive già iniziate; in ogni caso, occorre valutare l’opportunità di mantenere tale previsione, che sembrerebbe trovare applicazione a prescindere dalla sua esplicitazione nel testo del disegno di legge.
Il comma 4 prevede che, per l’intero periodo di sospensione dell’esecuzione, il conduttore debba corrispondere al locatore la maggiorazione del canone del 20 per cento prevista dall’art. 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge si legge che la finalità della corresponsione di tale maggiorazione è quella di prevedere una forma di risarcimento del danno per il prolungamento dell’utilizzazione dell’immobile, al fine di consentire una piena comparazione tra la condizione del locatore e quella del conduttore, in ossequio alle sentenze della Corte Costituzionale in materia.
Si ricorda, infatti, che l’art. 6, comma 6, della legge n. 431 del 1998 dispone, tra l’altro, che i conduttori sono tenuti a corrispondere, ai sensi dell'articolo 1591 del codice civile, una somma mensile pari all'ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente; l'importo così determinato è maggiorato del venti per cento.
Il comma 5 dispone la decadenza dal beneficio della sospensione dell’esecuzione in due casi:
§ per morosità del conduttore, come già previsto nel decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 1, comma 4, primo periodo);
§ nell’ipotesi in cui, nel termine di quarantacinque giorni, il comune di residenza del conduttore non provveda ad avviare gli interventi di edilizia sovvenzionata ed agevolata previsti dal successivo art. 3, comma 1.
Tale nuova causa di decadenza “si ricollega alla ratio complessiva del provvedimento, diretto soprattutto ad attivare le energie dei comuni per risolvere il problema abitativo, sanzionando indirettamente il comune inadempiente alla predisposizione del programma di cui all’art. 3 con la decadenza dalla sospensione a carico dei conduttori dello stesso comune, che sarebbe costretto ad un maggior impegno”.
Ai sensi del comma 6, la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima oppure nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione.
Come già ricordato, la Corte costituzionale aveva sottolineato i rischi di illegittimità costituzionale delle proroghe, laddove queste non prendevano in considerazione la situazione del locatore che avrebbe potuto trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio (sentenza n. 310 del 2003). Per tale motivo, già il decreto-legge n. 23 del 2006 (art. 1, comma 4) aveva previsto la non operatività della sospensione, nel caso in cui il locatore dimostrasse di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione.
La norma in commento estende la non operatività della sospensione anche al caso di necessità sopraggiunta dell'abitazione dimostrata dal locatore..
Come viene sottolineato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge, le disposizioni recate dai commi 4, 5 e 6, sono tutte finalizzate ad ottenere una piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, in ottemperanza alle citate sentenze della Corte costituzionale.
L’ultimo periodo del comma 6 prevede, infine, che a tutte le procedure esecutive per finita locazione in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998, si applichi quanto previsto dall’art. 6, comma 4, della medesima legge.
Il comma 4 dell’art. 6 della legge n. 431 del 1998 disciplina, limitatamente ai provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione emessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge, il procedimento di rideterminazione della data di rilascio (e l’eventuale procedura di opposizione). La disposizione, in particolare, prevede che, qualora sia già stata fissata la data di rilascio, su istanza del conduttore, sia possibile ottenere un’ulteriore dilazione, per una sola volta e per un periodo massimo di sei mesi.
Si segnala che il successivo comma 5, non richiamato dalla disposizione in commento, consente, in determinate situazioni soggettive, in parte coincidenti con queIle contemplate dalla norma in esame, consente che tale termine di sei mesi sia elevato fino a 18 mesi. Il mancato richiamo di tale previsione deve far ritenere che la disposizione in commento intenda porre in via assoluta il termine di sei mesi quale termine massimo per la rideterminazione della data di rilascio.
Le situazioni soggettive contemplate dall’articolo 6, comma 5, sono le seguenti:aver compiuto i 65 anni di età, avere cinque o più figli a carico, essere iscritto nelle liste di mobilità, percepire un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, essere formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo o prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, o acquirente di un alloggio in costruzione, o proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio. Il medesimo differimento del termine delle esecuzioni può essere fissato nei casi in cui il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare, convivente con il conduttore da almeno sei mesi, sia portatore di handicap o malato terminale.
La previsione dell’applicabilità dell’articolo 6, comma 4, che mancava nel testo originario del decreto n. 261, era stata inserita nel corso dell’esame in sede referente.
Occorre un chiarimento in ordine alla portata normativa dell’articolo 1, comma 6, ultimo periodo. Non è chiaro, infatti, se esso trovi applicazione soltanto rispetto alle fattispecie per le quali, ai sensi dei commi 1 e 3, è possibile la sospensione dell’esecuzione oppure se abbia portata generale, riguardando tutte le procedure relative a contratti stipulati ai sensi della legge n. 431 del 1998.
Si rammenta, da ultimo, che, rispetto al decreto-legge n. 261, il testo del disegno di legge in esame non contiene più la disposizione che riconosceva ai conduttori di immobili ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni (articolo 1, comma 7 del decreto).
Su tale disposizione la Commissione bilancio del Senato aveva espresso parere contrario ai sensi dell’art. 81 della Costituzione[20]; essa inoltre costituiva uno dei principali argomenti della pregiudiziale di costituzionalità approvata dal Senato nella seduta del 25 ottobre.
La disposizione prevede benefici fiscali compensativi in favore dei locatori. La finalità di tali agevolazioni, come si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, è quella di stabilire, come richiesto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 155 del 2004, “«congrue misure» che addossano sulla collettività l’onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, e che si realizzano, come per precedenti provvedimenti analoghi, con benefìci fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni”.
Il primo periodo dell'articolo in esame richiama l'art. 2, comma 1, dell'ultimo provvedimento di proroga (decreto-legge n. 23 del 2006). Tale disposizione disponeva particolari agevolazioni fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo, prevedendo in particolare che, per tutta la durata del periodo di sospensione delle procedure, il reddito dei fabbricati di cui agli art. 37 e 90 del T.U. delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, relativo agli immobili locati ai soggetti suddetti, non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società.
Si ricorda che l’articolo 37 del T.U. delle imposte sui redditi interviene in materia di determinazione del reddito dei fabbricati ai fini dell’IRPEF, mentre l’articolo 90 del medesimo testo unico descrive la disciplina fiscale dei proventi immobiliari ai fini dell’IRES.
Il secondo periodo attribuisce ai singoli comuni la facoltà di disporre a favore degli stessi proprietari riduzioni o esenzioni dell’ICI.
Tale disposizione risulta più restrittiva di quella prevista dall’art. 2, comma 2, dell’ultimo decreto n. 23 del 2006 che prevedeva la sospensione o riduzione dell’ICI da parte dei comuni, non solo nei confronti dei proprietari degli immobili locati ai soggetti individuati dal decreto, ma anche nei confronti di quei proprietari disposti a sospendere volontariamente le procedure esecutive di rilascio degli immobili locati a conduttori che abbiano un figlio di età inferiore ai tre anni o almeno due figli minorenni fiscalmente a carico, ovvero sostenuto spese mediche documentate superiori al dieci per cento del reddito annuo netto complessivo o abbiano ancora componenti del nucleo familiare affetti da malattie invalidanti o che non ne consentono il trasferimento, purché non dispongano di altra abitazione, né di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di un nuovo immobile. Inoltre, l’articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 23 del 2006 prevedeva, anche se con una formulazione non molto chiara, anche la possibilità di disporre riduzioni o esenzioni dall’addizionale comunale dell’IRPEF.
Si ricorda che l’addizionale comunale dell’IRPEF è stata istituita dal decreto legislativo n. 360 del 1998 ed è composta da un’aliquota divisa in due parti: un’aliquota base di compartecipazione, fissata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in misura eguale per tutti i comuni (in assenza della predisposizione di tale decreto, la “parte fissa” dell’aliquota è stata determinata dall’articolo 67 della legge n. 388 del 2000 per l’anno 2002 e successivamente prorogata) ed un’ulteriore aliquota facoltativa e variabile in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune , che ne determina la misura nei limiti individuati dalla legge di un massimo di 0,5 punti percentuali, con un incremento annuo non superiore a 0,2 punti percentuali (gli effetti degli aumenti delle addizionali applicati dai comuni sono stati sospesi fino al 31 dicembre 2006 in forza di successive disposizioni contenute nelle leggi finanziarie per il 2003 e per il 2004. Da ultimo, l’articolo 6 del disegno di legge finanziaria per il 2007, attualmente all’esame del Senato, A.S. 1183, ha fatto venire meno il blocco degli effetti degli aumenti delle addizionali ed ha consentito ai comuni di aumentare l’addizionale nei limiti di 0,8 punti percentuali).
Merita ricordare che sulla medesima materia interveniva anche l’articolo 3, comma 6, del decreto-legge 13 settembre 2004, n. 240, convertito in legge con modificazioni dalla legge 12 novembre 2004 n. 269, che consentiva ai comuni di deliberare aliquote agevolate o l’esenzione totale dall’ICI relativamente agli alloggi oggetto di contratti di locazione nei confronti dei soggetti in condizioni di particolare disagio abitativo previsti dall’articolo 2 del medesimo decreto-legge.
Articolo
3
(Interventi dei comuni per
l’edilizia sovvenzionata e agevolata e per la graduazione degli sfratti)
Il comma 1 prevede che i comuni interessati dal provvedimento in esame, entro quarantacinque giorni, predispongano, d’intesa con la regione, un piano straordinario pluriennale per l’edilizia sovvenzionata e agevolata da inviare ai Ministeri delle infrastrutture, della solidarietà sociale e delle politiche della famiglia.
Nella predisposizione del piano, i comuni tengono conto del fabbisogno di alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.), da determinare con particolare riferimento ai conduttori disagiati di cui all’art. 1 già inclusi nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di e.r.p.
Il decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, non prevedeva il criterio dell’inclusione dei conduttori disagiati di cui all’articolo 1 nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di e.r.p.. Esso infatti stabiliva che il fabbisogno di alloggi si determinava in base a generici elenchi dei nominativi dei conduttori disagiati predisposti dagli stessi comuni e prevedeva che nel programma fossero indicate anche le eventuali risorse finanziarie stanziate dal comune o dalla regione .
Si ricorda che con il termine di “edilizia residenziale pubblica” (e.r.p.) si intende quel complesso di attività dirette alla provvista di alloggi per i soggetti a basso reddito. Il termine e.r.p. è comprensivo degli interventi di edilizia sovvenzionata, agevolata e convenzionata.
Le leggi che hanno autorizzato la vendita di un certo numero di alloggi di e.r.p. - definendo anche quali soggetti potessero accedere all’acquisto, i criteri da adottare per scegliere gli alloggi da porre in vendita, nonché le modalità per determinare il prezzo di vendita - sono principalmente le seguenti: la legge 8 agosto 1977, n. 513 (Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell'edilizia residenziale pubblica) e la legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica).
La legge n. 513 del 1977 costituisce una delle prime leggi che hanno consentito agli assegnatari di acquistare l’alloggio. Essa ha avviato il finanziamento di un programma straordinario di intervento nel settore dell'e.r.p., fissando le condizioni generali sia per l’edilizia residenziale "agevolata" (dove per "agevolazioni" si devono intendere i contributi a parziale copertura del conto interesse dei mutui bancari), sia per l’edilizia "sovvenzionata" (dove per "sovvenzioni" si intende la copertura dei costi in conto capitale per la realizzazione dell’opera).
La legge n. 560 del 1993 ha consentito agli enti proprietari di alloggi di e.r.p. di porre in vendita parte dei patrimonio immobiliare amministrato. La disciplina introdotta con tale legge, come modificata dalla legge 30 aprile 1999, n. 136, ha definito i requisiti richiesti agli acquirenti, i criteri per la determinazione del prezzo di vendita, la destinazione delle risorse così acquisite, fissando altresì una percentuale massima, pari al settantacinque per cento, del patrimonio alienabile nel territorio di ciascuna provincia.
All’avvio della XIV legislatura, attraverso l’emanazione dei decreti attuativi[21], è stata data attuazione al maggior intervento statale nel settore dell’edilizia residenziale approvato nella legislatura precedente, la legge 8 febbraio 2001, n. 21, con la quale sono state introdotte misure volte a finanziare alcuni programmi nazionali per la riduzione del disagio abitativo mediante interventi di edilizia residenziale pubblica rivolti a categorie sociali deboli ed alla riqualificazione delle periferie. La legge ha altresì previsto che i fondi di edilizia sovvenzionata ed agevolata, già ripartiti tra le regioni, possano essere da queste riprogrammati, per rispondere alle specifiche esigenze delle singole realtà territoriali, anche senza tenere conto dei vincoli posti da precedenti delibere del CIPE.
Interventi volti alla realizzazione di alloggi sperimentali e progetti speciali per aumentare la disponibilità di alloggi di edilizia sociale nei comuni ad alta tensione abitativa e destinati prioritariamente (ma non esclusivamente) ai conduttori in condizioni particolarmente disagiate (vedi infra La scheda introduttiva) sono stati previsti in uno degli ultimi decreti-legge di proroga, vale a dire dall’art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 86 del 2005. Tale disposizione in particolare prevedeva la destinazione delle risorse non utilizzate per le finalità di cui al precedente comma 1.Il D.M. 16 marzo 2006[22] ha destinato a tali interventi risorse pari a 99.234.336,32 di euro ripartite tra i 14 comuni capoluogo di maggiore emergenza abitativa, sulla base del numero delle richieste delle procedure esecutive di sfratto presenti in ciascun comune.
Per quanto riguarda il riparto di competenze tra Stato e Regioni, si ricorda che il decreto legislativo n. 112 del 1998 ha completato il trasferimento dell'intera materia alla competenza regionale, prevedendo la diretta attribuzione alle Regioni dei fondi volti al finanziamento degli interventi e attribuendo alle medesime anche la competenza in ordine alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi e per la definizione dei canoni. Allo Stato sono rimasti i compiti di semplice determinazione di principi e finalità di carattere generale, di raccolta di informazioni, di impulso, di garanzia e di sostegno delle fasce economicamente più deboli[23].
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la materia dell’edilizia residenziale pubblica non è stata inclusa né tra le materie su cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva (art. 117, secondo comma), né tra quelle in cui la competenza è concorrente (art. 117, terzo comma), sicché ai sensi del comma quarto del nuovo art. 117 della Costituzione, essa sembra appartenere alla competenza esclusiva di carattere residuale delle Regioni.
Con riferimento ai profili più strettamente collegati all’assetto del territorio può inoltre venire in rilievo la materia “governo del territorio”, assegnata dall’articolo 117, terzo comma, alla competenza regionale concorrente. In proposito, si osserva che la Corte costituzionale ha sin dall’inizio offerto un’interpretazione molto ampia della materia, includendovi tutto ciò che attiene all’uso del territorio ed alla localizzazione di impianti e attività (cfr, tra le altre, la sentenza n. 307/2003) e ritenendo che la nozione di “governo del territorio” sia più ampia di quella di “urbanistica ed edilizia”. Da ultimo, tuttavia, con la sentenza n. 383/2005, la Corte ha precisato che la competenza legislativa regionale in materia di «governo del territorio» “non può arrivare a comprendere tutta la disciplina concernente la programmazione, la progettazione e la realizzazione delle opere o l'esercizio delle attività che, per loro natura, producono un inevitabile impatto sul territorio”. La Corte ha aggiunto che “l'ambito materiale cui ricondurre le competenze relative ad attività che presentano una diretta od indiretta rilevanza in termini di impatto territoriale, va ricercato non secondo il criterio dell'elemento materiale consistente nell'incidenza delle attività in questione sul territorio, bensì attraverso la valutazione dell'elemento funzionale, nel senso della individuazione degli interessi pubblici sottesi allo svolgimento di quelle attività, rispetto ai quali l'interesse riferibile al «governo del territorio» e le connesse competenze non possono assumere carattere di esclusività, dovendo armonizzarsi e coordinarsi con la disciplina posta a tutela di tali interessi differenziati”.
In base all'art. 1, comma 5, la mancata predisposizione da parte del comune di residenza del piano straordinario, entro il termine suddetto, comporta la decadenza del conduttore in situazione di disagio dal beneficio della sospensione dell'esecuzione.
Il comma 2 prevede la possibilità di istituire nei comuni di cui all’articolo 1 apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i cd. soggetti disagiati, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di e.r.p.
A tal proposito, la relazione osserva che “non si tratta del ripristino delle commissioni prefettizie, ma di sperimentare, sul modello continentale (Germania, Olanda e Svezia), una procedura che collochi in una sfera pubblica o meglio concertata la risoluzione del problema abitativo del singolo in quanto problema della collettività”.
Si ricorda che le Commissioni prefettizie previste dal nostro ordinamento erano state introdotte dall’art. 4 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, con il compito di fornire periodicamente al prefetto il parere relativamente ai criteri per l'impiego della forza pubblica nella esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili urbani ad uso abitativo.
Tali commissioni hanno operato per dieci anni dal 1989 al 1998 e si sono rivelate utili per la riduzione delle tensioni sociali nelle grandi città, concertando con Comuni e proprietà immobiliare il passaggio degli sfrattati da casa a casa. Tali Commissioni sono state abrogate con l'entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 (art. 14) di riforma delle locazioni, con la quale è mutato l'intero sistema delle esecuzioni degli sfratti: è stata, infatti, restituita al giudice ordinario la competenza a decidere - su istanza presentata dall'inquilino - il termine di proroga del rilascio, sottraendo tale compito alle Commissioni prefettizie.
Nei Paesi europei cui fa riferimento la relazione, seppur con diverse modalità, le autorità locali operano in stretto coordinamento con i servizi sociali al fine di evitare, in ultima istanza, i provvedimenti di sfratto e, comunque, allo scopo di aiutare il conduttore a trovare una soluzione alternativa valida. Tali interventi possono consistere sia nel fornire un’adeguata assistenza tecnica e sociale ai conduttori in tutte le fasi della procedura di sfratto, nel prevedere un’adeguata formazione per gli operatori sociali in merito agli aspetti sociali e giuridici della procedura di sfratto, fino ad arrivare anche al pagamento dei canoni di locazione arretrati, da parte di apposite “Commissioni per il sovraindebitamento” per conto dei soggetti che non sono in grado di sostenerli (Francia, Svezia e Germania).
In particolar modo in Olanda, esistono delle “social housing associations” costituite appositamente al fine sostenere finanziariamente i conduttori nel pagamento del canone di locazione e minacciati dallo sfratto a causa dei ritardi nei pagamenti dei relativi canoni. Il sostegno viene attuato attraverso una stretta cooperazione tra le autorità locali, le social housing associations e i servizi sociali a favore dei senzatetto. Tale cooperazione consiste in una politica condivisa, sia dal punto di vista finanziario che pratico, in quanto è stato dimostrato (sempre in Olanda) che una politica di aiuto preventivo ha un costo inferiore al provvedere, invece, ad una sistemazione temporanea a favore dei senzatetto.
In Germania e in Belgio le autorità regionali hanno la responsabilità di evitare i provvedimenti di sfratto: la città di Colonia, ad esempio, sostiene tutti i costi e fornisce assistenza negoziale per evitare i provvedimenti di sfratto, mentre in Belgio sono stesse le autorità regionali locali a sostenere finanziariamente e socialmente i conduttori morosi.
Sempre in Belgio, accanto ad uno sviluppo particolare dei servizi di intermediazione sociale, una legge federale assicura “more humane evictions” (sfratti più umani). Viene, infatti, garantito che una copia dell’avviso del provvedimento di sfratto sia inviata, dall’autorità locale, anche al dipartimento dei servizi sociali che è, a sua volta, obbligato a prestare assistenza adeguata. Essa può consistere nella richiesta di un prolungamento del termine dello sfratto (non oltre un mese dalla data dello sfratto indicata dal giudice) per circostanze eccezionali, quali l’impossibilità di trovare un’appropriata sistemazione alla famiglia rispetto alla capacità economica e ai bisogni della stessa.
Il comma 3, infine, attribuisce alla discrezionalità delle prefetture la definizione del funzionamento e della composizione delle commissioni, ponendo il vincolo della presenza, oltre che del sindaco e del questore (o di loro delegati) dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni della proprietà edilizia.
Il decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, prevedeva che fossero i sindaci, e non i prefetti, a definire il funzionamento e la composizione di tali commissioni e, conseguentemente, tra i loro componenti avrebbe dovuto essere assicurata la presenza del prefetto.
Per quanto riguarda le precedenti commissioni prefettizie, esse erano composte, oltre che dal prefetto che la nominava e la presiedeva, dal sindaco e da un rappresentante sia delle organizzazioni degli inquilini sia di quelle dei proprietari nominati, di comune accordo, dalle rispettive associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale anche dai seguenti soggetti:
a) dal presidente dell'Istituto autonomo case popolari o da un suo delegato;
b) da un rappresentante nominato di comune accordo dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) da un rappresentante nominato di comune accordo dalle organizzazioni sindacali degli imprenditori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
d) da un rappresentante nominato di comune accordo dagli enti assicurativi e previdenziali presenti nella provincia;
e) da un rappresentante dell'Associazione nazionale dei costruttori edili.
Da un punto di vista della formulazione del testo, occorre un chiarimento in ordine al soggetto cui spetta formalmente la nomina delle commissioni.
Articolo
4
(Programma nazionale di edilizia residenziale
pubblica)
L’articolo 4 prevede l’istituzione di un tavolo di concertazione finalizzato a definire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Ai sensi del comma 1, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministero delle infrastrutture convoca il tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative. Il termine per la conclusione dei lavori del tavolo è fissato in un mese.
Al tavolo nazionale partecipano i seguenti soggetti:
§ rappresentanti dei Ministeri della solidarietà sociale, dell’economia e finanze, delle politiche giovanili e attività sportive, delle politiche per la famiglia;
§ rappresentanti delle regioni e dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);
§ rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli inquilini, delle associazioni della proprietà edilizia, delle associazioni dei costruttori edili e delle cooperative, nonché rappresentanti della Federcasa.
Con riferimento decreto-legge n. 261 del 2006, non convertito, la partecipazione dei rappresentanti di Federcasa era stata prevista da due emendamenti approvati nel corso dell’iter al Senato. In relazione a tali emendamenti la Commissione Bilancio[24] aveva evidenziato la necessità di “acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla partecipazione di ulteriori soggetti (rappresentanti di Federcasa) al tavolo di concertazione previsto dall’articolo 4 del decreto-legge”.
Il comma 2 dispone che, sulla base delle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione, il Ministro delle infrastrutture, con il concerto dei Ministri che hanno partecipato al tavolo di concertazione e con l’intesa della Conferenza unificata ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, predispone, entro due mesi dalla conclusione del tavolo di concertazione, il programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
La richiamata disposizione della legge n. 131 del 2003 prevede che il Governo promuova la stipula di intese in sede di Conferenza Stati-regioni o di Conferenza unificata, al fine di favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni comuni. In tal caso, viene esclusa l’applicazione dell’articolo dei commi 3 e 4 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 281 del 1997, relativi alla possibilità per il Consiglio dei ministri, rispettivamente, di procedere in assenza dell’intesa in mancanza di perfezionamento della medesima nel termine di trenta giorni e, nei casi di urgenza, di adottare provvedimenti e successivamente sottoporli alla Conferenza.
Per quanto riguarda il contenuto del programma, esso differisce notevolmente rispetto a quello previsto dall’articolo 4 del decreto-legge non convertito, in quanto non fa riferimento a misure puntuali incidenti sulla materia dell’edilizia residenziale pubblica, ma piuttosto:
§ agli obiettivi e gli indirizzi generali per la programmazione regionale di e.r.p. riferita alla realizzazione, anche mediante l’acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e concordato, e alla riqualificazione di quartieri degradati;
§ a proposte legislative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
La corrispondente disposizione del decreto-legge non convertito da un lato, non garantiva l’intesa della Conferenza unificata in sede di predisposizione del piano; dall’altro prevedeva la definizione, direttamente ad opera del piano, degli interventi straordinari di edilizia residenziale pubblica.
La formulazione della disposizione dell’articolo 4 non sembra presentare profili problematici con riferimento al rispetto delle competenze regionali, posto che la funzione del piano consiste nell’individuazione di meri indirizzi generali e obiettivi, la sua predisposizione presuppone l’intesa con la Conferenza unificata, e nel tavolo di concertazione è previsto il coinvolgimento anche di rappresentanti delle regioni e dell’ANCI. Inoltre, rispetto al tipo di intervento contemplato dalla disposizione, può venire in rilievo anche la competenza esclusiva dello Stato relativa alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (articolo 117, secondo comma, lett. m).
Sulla rilevanza costituzionale del diritto all’abitazione, cfr. la sentenza n. 419/1991 si legge, nella quale la Corte costituzionale fa esplicito riferimento ad “un diritto sociale fondamentale all’abitazione che connota la nostra forma di Stato”. Si segnala che parte della dottrina riconosce il diritto all’abitazione quale diritto sociale da ricomprendere tra quelli richiamati dall’art. 117, comma 2, lett m).
Articolo 5
(Clausola di
salvaguardia)
La disposizione prevede che le disposizioni del disegno di legge in esame trovino applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
Il testo dell’articolo in esame riproduce le disposizioni di un articolo aggiuntivo approvato nel corso dell’iter al Senato nel corso della seduta delle Commissioni 2° e 13° riunite del 24 ottobre 2006.
Per l’incidenza delle disposizioni recate dal disegno di legge in esame sul riparto di competenza tra Stato e Regioni, si rinvia al commento relativo agli articoli 3 e 4.
Articolo
6
(Copertura
finanziaria)
L’articolo 6 reca la clausola di copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, che prevede benefici fiscali per i proprietari di immobili locati ai soggetti in situazione di disagio abitativo.
A tali oneri, valutati in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008, si provvede a valere sull’autorizzazione di spesa per il 2006 prevista dall’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106[25], autorizzazione di spesa relativa al premio di concentrazione per le imprese risultanti da processi di concentrazione ovvero di aggregazione rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese[26].
Si osserva che, dal punto di vista della formulazione tecnica del testo, il comma 1 dovrebbe specificare che l’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 2 è “valutato in 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008.”
A tal fine l’importo di 63 milioni di euro per l’anno 2006 relativo alla suddetta autorizzazione di spesa è conservato al 31 dicembre 2006 nel conto dei residui e versato in apposita contabilità speciale di tesoreria; tale importo è successivamente riversato all’entrata del bilancio dello Stato nella misura di 10,5 milioni di euro per il 2007 ed in 52,5 milioni di euro per il 2008.
Si osserva che la disposizione in esame introduce una deroga al principio di annualità del bilancio, previsto dalla vigente disciplina contabile.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 46, della legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) dispone che, a decorrere dall'anno 2006, l'ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non può superare, per ciascuna amministrazione, l'importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell'anno 2005[27].
Si valuti l’opportunità di escludere la disposizione in esame dall’ambito di applicazione dell’articolo 1, comma 46, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Il comma 3 introduce una clausola di salvaguardia, prevedendo che il Ministro dell’economia e delle finanze provveda al monitoraggio degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978 o delle misure correttive da assumere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge.
L’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, come modificato dal decreto-legge n. 194/2002 (cd. decreto-legge “tagliaspese”), impegna i Ministri di settore ad informare tempestivamente il Ministro dell’economia e delle finanze degli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di spesa che si verifichino nel corso dell’attuazione di provvedimenti legislativi. Il Ministro dell’economia è quindi tenuto a riferire al Parlamento con una propria relazione, che individui le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini di eventuali conseguenti iniziative legislative. Il Ministro dell'economia e delle finanze può promuovere la procedura suddetta allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.
Ai sensi dell’’articolo 11, comma 3, lettera i-quater),della legge n. 468/1978, come introdotta dal decreto-legge n. 194/2002 (cd. decreto-legge “tagliaspese”), le misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possono essere inserite nella legge finanziaria[28].
E’ prevista, inoltre, sempre a fini di salvaguardia, la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, punto 2), della legge n. 468 del 1978.
Si tratta dei decreti mediante i quali il Ministro dell’economia e finanze provvede ad aumentare gli stanziamenti di capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio, con risorse prelevate a valere sul Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine[29].
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
N. 1955 ¾
|
DISENO DI LEGGE
presentato dal ministro della solidarietà sociale
(FERRERO)
e dal ministro delle infrastrutture
(DI PIETRO)
di concerto con il ministro della giustizia
(MASTELLA)
con il ministro dell'interno
(AMATO)
con il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali
(LANZILLOTTA)
con il ministro delle politiche per la famiglia
(BINDI)
e con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOA SCHIOPPA)
Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali
Presentata il 16 novembre 2006
Onorevoli Deputati! - Il provvedimento in esame ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi precedenti e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per effetto della scadenza del termine fissato al 3 agosto scorso dal decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi: Roma, Milano e Napoli.
La mancanza di interventi convincenti in materia abitativa ha comportato l'aggravamento della situazione, soprattutto, ma non solo, nelle aree metropolitane, dove si registrano un'elevata concentrazione di famiglie a basso reddito, un numero di sfratti anche per morosità cresciuto in maniera esponenziale, una ridotta offerta aggiuntiva di alloggi pubblici, anche per effetto della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, un'elevata percentuale di immobili non occupati, l'aumento della povertà materiale e immateriale, i processi migratori.
A fronte di questo scenario il presente provvedimento vuole dare un segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione, attraverso la predisposizione di un piano straordinario pluriennale da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
La segnalata discontinuità si impone al fine di superare le obiezioni di incostituzionalità che si porrebbero nel caso di intervento legislativo limitato ad una mera proroga in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale in materia.
In particolare, il provvedimento proposto contiene una piena «comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore» (da ultimo si confronti la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004), che si manifesta, fra l'altro, nella previsione di cui al comma 6 dell'articolo 1, secondo cui «La sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione», nella previsione della decadenza dal beneficio della sospensione nel caso di mancato pagamento del canone ai sensi del comma 5 dello stesso articolo e nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungamento dell'utilizzazione dell'immobile.
Sono stabilite, inoltre, come richiesto nella sentenza citata, «congrue misure» che addossano sulla collettività l'onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, e che si realizzano, come per precedenti provvedimenti analoghi, con benefìci fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni (articolo 2).
Quanto alla durata delle sospensioni, che possono essere giustificate secondo la Corte costituzionale «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato», va osservato che la sospensione generalizzata, peraltro solo per le particolari categorie sociali svantaggiate indicate all'articolo 1, è limitata a soli quarantacinque giorni, mentre l'ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei comuni, d'intesa con le regioni, dei piani di edilizia indicati all'articolo 3, che devono essere predisposti appunto entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge (la mancata predisposizione del piano fa decadere l'interessato dal beneficio della sospensione).
Pertanto, a parte i quarantacinque giorni iniziali, l'ulteriore sospensione è solo eventuale, si verificherà presumibilmente solo per i comuni in situazioni più gravi e potrà comunque esaurirsi anche prima della scadenza prevista in attuazione di interventi nel frattempo realizzati.
Ma ciò che conta qui rilevare è che il provvedimento è ben diverso rispetto alle fattispecie considerate dalla Corte costituzionale, che esaminava decreti di mera proroga, non funzionali ad alcun ulteriore intervento. Con riguardo a quel quadro normativo era certamente giustificata l'avvertenza della Corte che, si badi, pur non ritenendo quei provvedimenti incostituzionali, segnalava che non era possibile accettare ulteriori interventi di mera proroga, seguendo «la logica fin qui adottata» (Corte costituzionale, sentenza n. 155 del 2004, citata).
Ma la logica nell'odierno provvedimento è cambiata, perché appunto non si propone una mera proroga fine a se stessa, ma una sospensione finalizzata e poi condizionata all'effettivo avvio di programmi per la soluzione del problema abitativo delle categorie interessate. In questo quadro normativo mutato, la valutazione della Corte costituzionale sarebbe ben diversa e, in ogni caso, non sono utilizzabili direttamente pronunce riferite appunto a fattispecie normative differenti.
Si passa ad illustrare il provvedimento nel dettaglio.
L'articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure esecutive di rilascio.
Il comma 1 individua i comuni, capoluoghi di provincia, comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, e le categorie sociali destinatarie del provvedimento, perché particolarmente esposte al disagio abitativo: si tratta di conduttori che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, comunque con reddito annuo lordo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro.
Si è inteso contenere la platea dei beneficiari della sospensione, individuando selettivamente le condizioni di difficoltà dei nuclei familiari interessati e indicando la soglia reddituale lorda di 27.000 euro annui (da intendere quale reddito imponibile ai fini IRPEF), che si traduce in un reddito mensile effettivamente disponibile di circa 1.200 euro, del tutto insufficiente a soddisfare le fondamentali esigenze di vita.
Il provvedimento si limita a sospendere l'esecuzione dei provvedimenti fondati sulla finita locazione ed esclude, quindi, gli sfratti per morosità.
Il comma 2 riproduce il testo dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, ai fini della dimostrazione dei requisiti previsti dal comma 1, mediante il sistema dell'autocertificazione contestabile dal locatore.
Con il comma 3 si è ritenuto di promuovere la realizzazione di accordi negoziali con riguardo a locazioni di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come «grandi proprietà», per le quali l'immobile non rappresenta valore d'uso, fissando un termine più lungo di sospensione (diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge).
Il comma 4 richiama l'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, imponendo al conduttore una maggiorazione del canone, al fine di evitare, come si è detto, che l'onere della sospensione venga posto a carico esclusivo del locatore.
Il comma 5 prevede due ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione. La prima, già prevista in precedenti disposizioni, riguarda l'ipotesi di mancato pagamento del canone nei limiti previsti dall'articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l'applicazione dell'articolo 55 della stessa legge. La seconda, nuova, si ricollega alla ratio complessiva del provvedimento diretto soprattutto ad attivare le energie dei comuni per risolvere il problema abitativo, sanzionando indirettamente il comune inadempiente alla predisposizione del piano di cui all'articolo 3, con la decadenza dalla sospensione a carico dei conduttori dello stesso comune, che sarebbe costretto ad un maggior impegno.
Il comma 6, in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale, prevede la possibilità da parte del locatore di dimostrare di trovarsi nelle stesse condizioni personali previste nell'articolo 1, comma 1, per la sospensione o la necessità sopraggiunta dell'abitazione al fine di escludere la sospensione dell'esecuzione.
L'articolo 2 introduce benefìci fiscali compensativi in favore dei locatori, per il fatto di essere chiamati a concorrere alla realizzazione di superiori interessi di carattere generale sottesi al provvedimento di sospensione, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni, attraverso l'esenzione o la riduzione dell'imposta comunale sugli immobili (ICI).
L'articolo 3 disciplina la predisposizione da parte dei comuni di un piano straordinario pluriennale, e prevede la possibilità di istituire apposite commissioni per l'eventuale graduazione degli sfratti, al fine di favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Non si tratta del ripristino delle commissioni prefettizie, ma di sperimentare, sul modello continentale (Germania, Olanda, Svezia) una procedura che collochi in una sfera pubblica, o meglio concertata, la risoluzione del problema abitativo del singolo in quanto problema della collettività.
L'articolo 4 disciplina la convocazione del tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative tra istituzioni e associazioni interessate, al fine di realizzare il programma nazionale contenente gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e concordato, e alla riqualificazione di quartieri degradati, nonché proposte normative di natura fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
L'articolo 5 reca la clausola di salvaguardia con riferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
L'articolo 6 indica la copertura finanziaria del provvedimento, attraverso il versamento di 63 milioni di euro (a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156), previa conservazione al 31 dicembre 2006 nel conto dei residui, ad apposita contabilità speciale di tesoreria per essere successivamente riversato all'entrata del bilancio dello Stato nella misura di 10,5 milioni di euro nell'anno 2007 e nella misura di 52,5 milioni di euro nell'anno 2008.
La disposizione contenuta nel comma 3 nasce dalla necessità di consentire al Ministro dell'economia e delle finanze, qualora nel corso dell'attuazione della legge si verifichi uno scostamento rispetto alle previsioni di spesa indicate dalla medesima legge, di assumere le conseguenti iniziative legislative. Tale previsione si rende necessaria in considerazione del fatto che i benefìci di cui all'articolo 2, comma 1, del presente provvedimento si configurano quali diritti soggettivi e quindi potenzialmente in grado di generare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
RELAZIONE TECNICA
(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).
Il disegno di legge in esame prevede, all'articolo 1, comma 1, la sospensione, per un periodo di otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dei provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione di immobili adibiti ad abitazione, nei confronti di conduttori residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo lordo familiare inferiore a 27.000 euro, purché non siano in possesso di un'altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
Nel comma 3 si prevede un prolungamento del termine di sospensione, per un periodo di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all'articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, da casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari, da società possedute dai soggetti citati, ovvero che, per conto dei medesimi anche indirettamente, svolgono l'attività di gestione dei relativi patrimoni immobiliari.
Per il periodo di sospensione dell'esecuzione il conduttore dovrà corrispondere al locatore la maggiorazione di cui all'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
All'articolo 2, comma 1, si prevede che per i proprietari degli immobili locati ai suddetti conduttori si applicano i benefìci fiscali di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86; quindi il relativo reddito da fabbricati previsto dall'articolo 37 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società (IRPEF e IRES). Tale agevolazione risulta valida per tutta la durata della proroga del periodo di sospensione dello sfratto.
In base a dati divulgati dal Ministero dell'interno, risulta che il numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto emessi nell'anno 2004 è pari a 43.892, di cui 12.449 per finita locazione (28 per cento).
Dagli stessi dati risulta, inoltre, che il numero di richieste di esecuzione presentate all'ufficiale giudiziario per lo stesso anno è pari a 74.755. Applicando a questo numero la percentuale degli sfratti per finita locazione, incrementata prudenzialmente al 40 per cento per tenere conto del fatto che i dati citati, come indicato dalla fonte stessa, sono incompleti, si ottiene una stima del numero di sfratti in esecuzione per finita locazione ancora pendenti pari a circa 30.000. Ai fini della presente valutazione, in via prudenziale, si considerano tutti gli sfratti in oggetto, stimando che i conduttori con i requisiti di disagio di cui al comma 1 siano pari a 15.000 (il 50 per cento) e che i conduttori di cui al comma 3 siano pari a 15.000 (il rimanente 50 per cento).
Dai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2003, risulta un ammontare medio del canone annuo dichiarato dai locatori, al netto della vigente deduzione del 15 per cento, pari a 3.230 euro; l'estrapolazione di questo dato al 2006 porta a stimare un ammontare medio annuo del canone di locazione percepito pari a circa 3.600 euro. Considerando però che il canone medio di locazione per immobile è notevolmente più elevato nei comuni previsti dalla legge rispetto alla media nazionale, ai fini della presente valutazione verrà considerato un relativo ammontare medio annuo, al netto della deduzione prevista, pari a 5.000 euro.
Considerando un'aliquota marginale media per le persone fisiche pari al 28 per cento e un'aliquota media per le società pari anch'essa al 28 per cento, si ottengono le seguenti perdite di gettito IRPEF e IRES di competenza:
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
IRPEF |
-3 |
-11 |
0 |
0 |
IRES |
-3 |
-21,0 |
-7,5 |
0 |
Addizionale regionale |
-0,11 |
-0,44 |
0 |
0 |
Addizionale comunale |
-0,04 |
-0,11 |
0 |
0 |
Totale |
-6,15 |
-32,55 |
-7,5 |
0 |
(Dati in milioni di euro).
L'andamento del gettito di cassa, considerando i termini della proroga e ipotizzando che tali variazioni normative entrino in vigore entro il mese di dicembre 2006, sarà il seguente (in milioni di euro):
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
IRPEF |
0 |
-5,1 |
-17,2 |
+8,3 |
IRES |
0 |
-5,1 |
-34,6 |
+2,5 |
Addizionale regionale |
0 |
-0,11 |
-0,44 |
0 |
Addizionale comunale |
0 |
-0,04 |
-0,11 |
0 |
Totale |
0 |
-10,35 |
-52,35 |
+10,8 |
(Dati in milioni di euro).
Infine, la disposizione contenuta nell'articolo 6, comma 3, nasce dalla necessità di consentire al Ministro dell'economia e delle finanze, qualora nel corso dell'attuazione della legge si verifichi uno scostamento rispetto alle previsioni di spesa indicate dalla medesima legge, di assumere le conseguenti iniziative legislative.
Tale previsione si rende necessaria in considerazione del fatto che i benefìci di cui all'articolo 2, comma 1, della legge si configurano quali diritti soggettivi e quindi potenzialmente in grado di generare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
ANALISI TECNICO-NORMATIVA
1. Aspetti tecnico-normativi.
A) Analisi del quadro normativo e dell'impatto normativo delle norme proposte sulla legislazione vigente.
L'esigenza di un intervento normativo nasce dalla scadenza, già avvenuta in data 3 agosto 2006, della sospensione delle procedure esecutive di rilascio disposta dal decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86.
Pertanto, l'intervento che si propone si ricollega al precedente provvedimento, pur se riferito solo alle città più grandi, allo scopo di evitare l'immediata esecuzione di provvedimenti di rilascio nei confronti di particolari categorie di soggetti disagiati, ma si inserisce anche in un quadro normativo più complesso, nell'intento di non disporre una semplice ulteriore proroga ma di avviare a soluzione il problema abitativo, attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
B) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.
Non si ravvisano elementi di contrasto con l'ordinamento comunitario. Anzi, l'intervento si propone di avviare a soluzione la situazione dello Stato italiano, che attualmente si trova in palese violazione dell'articolo 31 della Carta sociale europea ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, in merito all'impegno di prendere misure destinate a «1. Favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente; 2. a prevenire e ridurre lo status di "senza tetto" in vista di eliminarlo gradualmente; 3. a rendere il costo dell'abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti», come risulta dalla recente decisione del Comitato europeo per i diritti sociali (CEDS) adottata il 7 dicembre 2005 e resa pubblica il 24 aprile 2006.
C) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale.
Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo.
D) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.
Le disposizioni del provvedimento non inficiano l'autonomia degli enti locali.
2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.
A) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, individuazione di effetti abrogativi impliciti.
Il provvedimento:
contiene riferimenti legislativi corretti;
non reca abrogazioni implicite di norme vigenti;
non richiede previsione di delega per la redazione di un testo unico nella materia in oggetto.
ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)
A) Ambito dell'intervento; soggetti destinatari.
I destinatari del provvedimento sono i soggetti colpiti da procedure esecutive di sfratto per finita locazione e residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare lordo complessivo inferiore a 27.000 euro lordi, pari a circa 1.200 euro netti al mese e, quindi, ai limiti della sopravvivenza.
La platea dei beneficiari è comunque limitata, in quanto esclude interventi di sospensione per gli sfratti per morosità, riguardando esclusivamente l'esecuzione degli sfratti per finita locazione. Prendendo a riferimento i dati dell'Osservatorio sfratti presso il Ministero dell'interno relativi all'anno 2004, su un totale di 43.892 sentenze di sfratto emesse, 627 erano per necessità, 30.816 per morosità e solo 12.449 per finita locazione, pari a circa il 28 per cento del totale. Nell'ambito della percentuale indicata la sospensione è prevista solo per le categorie svantaggiate previste dal provvedimento e limitatamente ai comuni sopra indicati.
B) Obiettivi e risultati attesi.
Il provvedimento ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi precedenti e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto scorso, dal decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli).
Peraltro, il provvedimento vuole dare un immediato segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione, attraverso la predisposizione di piani straordinari di edilizia da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale sulla casa.
C) Valutazione dell'impatto amministrativo.
1) Ricognizione degli obiettivi del progetto e analisi dei tempi e dei mezzi individuati per il perseguimento: l'obiettivo fondamentale del progetto è la predisposizione di piani edilizi da parte dei comuni e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un programma nazionale sulla casa.
2) Valutazione dell'esistenza di oneri organizzativi a carico delle pubbliche amministrazioni: i comuni dovranno attivarsi per la predisposizione dei piani straordinari ai sensi dell'articolo 3, ma si tratta di un intervento che rientra nei loro compiti istituzionali e non può considerarsi, quindi, un onere aggiuntivo, se non sotto il profilo degli stretti margini per provvedere, peraltro correlati alle insostenibili condizioni di tensione abitativa. A livello centrale l'organizzazione della convocazione del tavolo di concertazione comporta un limitato onere, peraltro circoscritto nel tempo.
3) Valutazione dell'eventuale previsione della creazione di nuove strutture amministrative: non si prevede l'istituzione di nuove strutture amministrative.
4) Verifica dell'esistenza a carico di cittadini e delle imprese di oneri finanziari, organizzativi ed adempimenti burocratici: le disposizioni del provvedimento comportano oneri a carico del locatore, compensati, tuttavia, dai benefìci fiscali previsti dall'articolo 2, oltre che da eventuali benefìci comunali.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Sospensione delle procedure esecutive di rilascio).
1. Al fine di contenere il disagio abitativo e di favorire il passaggio da casa a casa per particolari categorie sociali, soggette a procedure esecutive di sfratto e residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2004, sono sospese, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge per un periodo di otto mesi, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazioni, nei confronti di conduttori con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
2. La sussistenza dei requisiti per la sospensione della procedura esecutiva di rilascio di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo è autocertificata dai soggetti interessati con dichiarazione resa nelle forme di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148, e comunicata al locatore ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 4. La sussistenza di tali requisiti può essere contestata dal locatore nelle forme di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2002, n. 185. In caso di accesso, ai fini della fissazione di una nuova data, l'ufficiale giudiziario deve comunque tenere conto dei termini di cui ai commi 1 e 3.
3. Per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti indicati all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all'articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come da ultimo modificato dall'articolo 43, comma 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, da casse professionali e previdenziali, da compagnie di assicurazione, da istituti bancari, da società possedute dai soggetti citati, ovvero che, per conto dei medesimi, anche indirettamente, svolgono l'attività di gestione dei relativi patrimoni immobiliari, il termine di sospensione di cui al comma 1 del presente articolo è fissato in diciotto mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione il conduttore corrisponde al locatore la maggiorazione prevista dall'articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
5. Il conduttore decade dal beneficio della sospensione della esecuzione se non provvede al pagamento del canone nei limiti indicati dall'articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l'applicazione dell'articolo 55 della medesima legge. La decadenza si verifica anche nell'ipotesi in cui il comune di residenza del conduttore non provveda all'intervento di cui all'articolo 3, comma 1, nel termine previsto.
6. La sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione. A tutte le procedure esecutive per finita locazione attivate in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, si applica quanto previsto dall'articolo 6, comma 4, della medesima legge.
Art. 2.
(Benefìci fiscali).
1. Per i proprietari degli immobili locati ai conduttori individuati nell'articolo 1 della presente legge si applicano, per il periodo di sospensione della procedura esecutiva, i benefìci fiscali di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1o febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86. A favore dei medesimi proprietari i comuni possono prevedere esenzioni o riduzioni dell'imposta comunale sugli immobili.
Art. 3.
(Interventi dei comuni per l'edilizia sovvenzionata e agevolata e per la graduazione degli sfratti).
1. Entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni individuati nell'articolo 1 predispongono, d'intesa con la regione, sulla base del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento alle categorie di cui al medesimo articolo 1 già presenti nelle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, un piano straordinario pluriennale da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarietà sociale e al Ministro delle politiche per la famiglia.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni individuati nell'articolo 1 possono essere istituite apposite commissioni per l'eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
3. Le prefetture - uffici territoriali del Governo definiscono il funzionamento e la composizione delle commissioni di cui al comma 2, garantendo la presenza, oltre che del sindaco e del questore, o di loro delegati, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni della proprietà edilizia.
Art. 4.
(Programma nazionale di edilizia residenziale pubblica).
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero delle infrastrutture convoca il tavolo di concertazione generale sulle politiche abitative, che conclude i lavori entro un mese, a cui partecipano rappresentanti dei Ministeri della solidarietà sociale e dell'economia e delle finanze, dei Ministri per le politiche giovanili e le attività sportive e delle politiche per la famiglia, delle regioni, dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), della Federcasa, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli inquilini, delle associazioni della proprietà edilizia e delle associazioni dei costruttori edili e delle cooperative.
2. In relazione alle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione di cui al comma 1 del presente articolo, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri della solidarietà sociale, dell'economia e delle finanze, per le politiche giovanili e le attività sportive e delle politiche per la famiglia, d'intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, predispone, entro due mesi dalla conclusione dei lavori del tavolo di concertazione di cui al citato comma 1, il programma nazionale contenente:
a) gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica riferita alla realizzazione, anche mediante l'acquisizione e il recupero di edifici esistenti, di alloggi in locazione a canone sociale e concordato e alla riqualificazione di quartieri degradati;
b) proposte normative in materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare.
Art. 5.
(Clausola di salvaguardia).
1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
Art. 6.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2 si provvede ai sensi del comma 2 del presente articolo.
2. A valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto- legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, l'importo di 63 milioni di euro relativo all'anno 2006 è conservato al 31 dicembre 2006 nel conto dei residui e versato ad apposita contabilità speciale di tesoreria per essere successivamente riversato all'entrata del bilancio dello Stato nella misura di 10,5 milioni di euro nell'anno 2007 e nella misura di 52,5 milioni di euro nell'anno 2008.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.
4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 7.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
N. 1048
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri
(PRODI)
dal Ministro delle infrastrutture
(DI PIETRO)
e dal Ministro della solidarietà sociale
(FERRERO)
di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze
(PADOA SCHIOPPA)
e col Ministro delle politiche per la famiglia
(BINDI)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 SETTEMBRE 2006
Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
Onorevoli Senatori. – L’unito decreto-legge ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi già adottati e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto scorso, ai sensi del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli). Tale circostanza rende evidente la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza per l’adozione di un decreto-legge.
La mancanza di interventi convincenti in materia abitativa ha comportato, infatti, l’aggravamento della situazione, soprattutto, ma non solo, nelle aree metropolitane, dove si registrano un’elevata concentrazione di famiglie a basso reddito, un numero di sfratti anche per morosità cresciuto in maniera esponenziale, una ridotta offerta aggiuntiva di alloggi pubblici, anche per effetto della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, un’elevata percentuale di immobili non occupati, l’aumento della povertà materiale e immateriale, i processi migratori.
A fronte di questo scenario il provvedimento intende dare un immediato segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
La segnalata discontinuità si impone al fine di superare le obiezioni di incostituzionalità che si porrebbero nel caso di intervento legislativo limitato ad una mera proroga, in ossequio alle sentenze della Corte costituzionale in materia.
In particolare il provvedimento proposto contiene una piena «comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore» (da ultimo, si confronti la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004), che si manifesta, fra l’altro, nella previsione di cui al comma 6 dell’articolo 1, secondo cui «la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione», nella previsione della decadenza del beneficio della sospensione nel caso di mancato pagamento dei canoni ai sensi del comma 5 dello stesso articolo o nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungamento dell’utilizzazione dell’immobile.
Sono stabilite inoltre, come richiesto nella sentenza citata, «congrue misure» che addossano sulla collettività l’onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, e che si realizzano, come per precedenti provvedimenti analoghi, con benefìci fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei comuni (articolo 2).
Quanto alla durata delle sospensioni, che possono essere giustificate secondo la Corte costituzionale «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato», va osservato che la sospensione generalizzata, peraltro solo per le particolari categorie sociali svantaggiate indicate all’articolo 1, è limitata a soli due mesi, mentre l’ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei comuni, d’intesa con le regioni, dei programmi di edilizia indicati all’articolo 3, da predisporre appunto entro due mesi (la mancata predisposizione del programma fa decadere l’interessato dal beneficio della sospensione).
Pertanto, a parte i due mesi iniziali, l’ulteriore sospensione è solo eventuale, si verificherà presumibilmente solo per i comuni in situazioni più gravi e potrà comunque esaurirsi anche prima della scadenza prevista in attuazione di interventi nel frattempo realizzati.
Ma ciò che conta qui rilevare è che il provvedimento è ben diverso rispetto a quelli oggetto di precedenti sentenze della Corte costituzionale, che esaminava decreti di mera proroga, non funzionali ad alcun ulteriore intervento. Con riguardo a quel quadro normativo era certamente giustificata l’avvertenza della Corte che, si badi, pur non ritenendo quei provvedimenti incostituzionali, segnalava che non era possibile accettare ulteriori interventi di mera proroga, seguendo «la logica fin qui adottata» (Corte costituzionale, sentenza n. 155 del 2004 citata).
La logica del provvedimento in esame è cambiata, perché appunto non si propone una mera proroga fine a se stessa, ma una sospensione finalizzata e poi condizionata all’effettivo avvio di programmi per la soluzione del problema abitativo delle categorie interessate. In questo mutato quadro normativo la valutazione della Corte costituzionale sarebbe ben diversa e, in ogni caso, non sono utilizzabili direttamente pronunce riferite appunto a fattispecie normative differenti.
* * *
Il provvedimento nel dettaglio dispone quanto segue.
L’articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure esecutive di rilascio.
Il comma 1 individua i comuni, capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, e le categorie sociali destinatarie del provvedimento, perché particolarmente esposte al disagio abitativo: si tratta di conduttori che siano, o abbiano nel proprio nucleo familiare, persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro.
Si è inteso contenere la platea dei beneficiari della sospensione, individuando selettivamente le condizioni di difficoltà dei nuclei familiari interessati e indicando la soglia reddituale di 27.000 euro annui (da intendersi quale reddito imponibile ai fini IRPEF), che si traduce in un reddito mensile effettivamente disponibile di circa 1.200 euro, del tutto insufficiente a soddisfare le fondamentali esigenze di vita.
Il provvedimento si limita a sospendere l’esecuzione dei provvedimenti fondati sulla finita locazione ed esclude quindi gli sfratti per morosità.
Il comma 2 riporta l’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, ai fini della dimostrazione dei requisiti previsti dal comma 1, mediante il sistema dell’autocertificazione contestabile dal locatore.
Con il comma 3 si è ritenuto di promuovere la realizzazione di accordi negoziali con riguardo a locazioni di unità immobiliari appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come «grandi proprietà» per le quali l’immobile non rappresenta valore d’uso, fissando un termine più lungo di sospensione (30 giugno 2008).
Il comma 4 richiama l’articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, imponendo al conduttore una maggiorazione del canone, al fine di evitare, come si è detto, che l’onere della sospensione venga posto a carico esclusivo del locatore.
Il comma 5 prevede due ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione. La prima, già prevista in precedenti disposizioni, riguarda l’ipotesi di mancato pagamento del canone nei limiti previsti dall’articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l’applicazione dell’articolo 55 della stessa legge. La seconda, nuova, si ricollega alla ratio complessiva del provvedimento, diretto soprattutto ad attivare le energie dei comuni per risolvere il problema abitativo, sanzionando indirettamente il comune inadempiente alla predisposizione del programma di cui all’articolo 3 con la decadenza dalla sospensione a carico dei conduttori dello stesso comune, che sarebbe costretto ad un maggior impegno.
Il comma 6, in ossequio alle decisioni della Corte costituzionale, prevede la possibilità da parte del locatore di dimostrare di trovarsi nelle stesse condizioni personali previste nell’articolo 1, comma 1, per la sospensione, o nella necessità sopraggiunta dell’abitazione, al fine di escludere la sospensione dell’esecuzione.
Il comma 7 riconosce il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni a favore dei conduttori di immobili appartenenti a particolari categorie sociali disagiate che risultino detentori, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, di unità immobiliari appartenenti a soggetti non persone fisiche oggetto di operazioni di cartolarizzazione.
L’articolo 2 introduce benefìci fiscali compensativi in favore dei locatori per il fatto di essere chiamati a concorrere alla realizzazione di superiori interessi di carattere generale sottesi al provvedimento di sospensione, sia da parte dello Stato che dei comuni, attraverso l’esenzione o la riduzione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).
L’articolo 3 disciplina la predisposizione da parte dei comuni dei programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata, di cui si è parlato nella premessa, e prevede la possibilità di istituire commissioni per l’eventuale graduazione degli sfratti al fine di favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Non si tratta del ripristino delle commissioni prefettizie, ma di sperimentare, sul modello continentale (Germania, Olanda e Svezia), una procedura che collochi in una sfera pubblica o meglio concertata la risoluzione del problema abitativo del singolo in quanto problema della collettività.
L’articolo 4 disciplina la convocazione del tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
L’articolo 5, al fine di garantire la copertura finanziaria del provvedimento con riferimento ai benefìci di cui all’articolo 2, comma 1, a parziale modifica dell’articolo 37, comma 4-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, prevede (solo per i contratti di locazione con canone libero) che il reddito dell’unità immobiliare venga determinato in misura pari a quella del canone risultante dal contratto di locazione ridotto forfettariamente del 14 per cento.
L’articolo 6 indica la copertura finanziaria del provvedimento, richiamando appunto l’articolo 5.
L’articolo 7 fissa l’entrata in vigore del decreto-legge.
1. Aspetti tecnico-normativi
A) Analisi del quadro normativo e dell’impatto delle norme proposte sulla legislazione vigente
L’esigenza di un intervento normativo urgente, con decreto-legge, nasce dalla scadenza, in data 3 agosto 2006, della sospensione delle procedure esecutive di rilascio disposta con decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86.
Pertanto l’intervento che si propone si ricollega al precedente provvedimento, pur se riferito solo alle città più grandi, allo scopo di evitare l’immediata esecuzione di provvedimenti di rilascio nei confronti di specifiche categorie di soggetti particolarmente disagiati, ma si inserisce anche in un quadro normativo più complesso, nell’intento di non disporre una semplice ulteriore proroga ma di avviare a soluzione il problema abitativo attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Ai fini della copertura finanziaria il provvedimento interviene anche sulla normativa relativa al reddito da fabbricati.
B) Requisiti di necessità e urgenza
Sussistono i requisiti di necessità e urgenza per l’adozione di un decreto-legge ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione perché la mancata sospensione rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, quantomeno con riguardo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli), alle quali si riferiva il precedente decreto, i cui effetti sono scaduti il 3 agosto scorso. Va rilevato che l’esecuzione degli sfratti ha avuto una sospensione di fatto nel periodo estivo, ma sta riprendendo con gravi conseguenze.
C) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario
Non si ravvisano elementi di contrasto con l’ordinamento comunitario, anzi l’intervento si propone di avviare a soluzione un problema dello Stato italiano, che attualmente si trova in palese violazione dell’articolo 31 della Carta sociale europea ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, in merito all’impegno di adottare misure destinate a «favorire l’accesso ad un’abitazione di livello sufficiente, a prevenire e ridurre lo status di “senza tetto“ in vista di eliminarlo gradualmente, a rendere il costo dell’abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti», come risulta dalla recente decisione del Comitato europeo per i diritti sociali adottata il 7 dicembre 2005 e resa pubblica il 24 aprile 2006.
D) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale
Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo.
E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali
Le disposizioni del provvedimento non inficiano l’autonomia degli enti locali.
2. Valutazione dell’impatto amministrativo
A) Ricognizione degli obiettivi del progetto e analisi dei tempi e mezzi individuati per il perseguimento
L’obiettivo fondamentale del decreto-legge è la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
B) Valutazione dell’esistenza di oneri organizzativi a carico delle pubbliche amministrazioni
I comuni dovranno attivarsi per la predisposizione dei programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata ai sensi dell’articolo 3, ma si tratta di un intervento che rientra nei loro compiti istituzionali e non può considerarsi quindi un onere aggiuntivo, se non sotto il profilo degli stretti margini per provvedere, peraltro correlati alle insostenibili condizioni di tensione abitativa. A livello centrale, l’organizzazione della convocazione del tavolo di concertazione comporta un limitato onere, peraltro limitato nel tempo a sessanta giorni.
C) Valutazione dell’eventuale previsione della creazione di nuove strutture amministrative
Non si prevede l’istituzione di nuove strutture amministrative.
D) Verifica dell’esistenza a carico di cittadini e delle imprese di oneri finanziari, organizzativi ed adempimenti burocratici
Le disposizioni del decreto-legge comportano oneri a carico del locatore, compensati tuttavia dai benefìci fiscali previsti dall’articolo 2 del decreto stesso, oltre che da eventuali benefìci comunali.
3. Elementi di drafting e linguaggio normativo
Il provvedimento:
- contiene riferimenti legislativi corretti;
- non reca abrogazioni implicite di norme vigenti;
- non richiede previsione di delega per la redazione di un testo unico nella materia in oggetto.
Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR)
A) Soggetti destinatari
I destinatari del decreto-legge sono i soggetti colpiti da procedure esecutive di sfratto per finita locazione e residenti nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro lordi, pari a circa 1.200 euro netti al mese e quindi ai limiti della sopravvivenza.
La platea dei beneficiari è comunque limitata, in quanto esclude interventi di sospensione per gli sfratti per morosità, riguardando esclusivamente l’esecuzione degli sfratti per finita locazione. Prendendo a riferimento i dati dell’Osservatorio sfratti presso il Ministero dell’interno relativi all’anno 2004, su un totale di 43.892 sentenze di sfratto emesse, 627 erano per necessità, 30.816 per morosità e solo 12.449 per finita locazione, pari a circa il 28 per cento del totale. Nell’ambito della percentuale indicata la sospensione è prevista solo per le categorie svantaggiate previste dal decreto e limitatamente ai comuni ad alta tensione abitativa.
B) La ratio dell’intervento
Il decreto-legge ha lo scopo di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane, che non è stato risolto con gli interventi legislativi precedenti e rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto scorso, ai sensi del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, relativo alle città più grandi (Roma, Milano e Napoli).
Peraltro il provvedimento vuole dare un immediato segnale di discontinuità rispetto al passato, non limitandosi ad un ulteriore intervento di proroga degli sfratti, ma accompagnando la necessaria sospensione con ulteriori disposizioni dirette ad avviare il problema abitativo a soluzione, attraverso la predisposizione di programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata da parte dei comuni e l’avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato per definire un piano nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Articoli 1 e 2 (Sospensione delle procedure esecutive di rilascio e benefìci fiscali)
Il decreto-legge in esame prevede, all’articolo 1, comma 1, la sospensione, fino al 30 giugno 2007, dei provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione di immobili adibiti ad abitazione, nei confronti di conduttori residenti nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, con reddito annuo familiare inferiore a 27.000 euro.
Nel comma 3 si prevede un prolungamento del termine di sospensione fino al 30 giugno 2008 per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all’articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, da casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari, società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio.
Per il periodo di sospensione dell’esecuzione il conduttore dovrà corrispondere al locatore la maggiorazione di cui all’articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
All’articolo 2, comma 1, si prevede che per i proprietari degli immobili locati ai suddetti conduttori si applicano i benefìci fiscali di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86: pertanto il relativo reddito da fabbricati, di cui all’articolo 37 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società. Tale agevolazione risulta valida per tutta la durata della proroga del periodo di sospensione dello sfratto.
In base a dati divulgati dal Ministero dell’interno, risulta che il numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto emessi nell’anno 2004 è pari a 43.892, di cui 12.449 per finita locazione (28 per cento). Dagli stessi dati risulta inoltre che il numero di richieste di esecuzione presentate all’ufficiale giudiziario per lo stesso anno è pari a 74.755. Applicando a questo numero la percentuale degli sfratti per finita locazione, incrementata prudenzialmente al 40 per cento per tenere conto del fatto che i dati citati, come indicato dalla fonte stessa, sono incompleti, si ottiene una stima del numero di sfratti in esecuzione per finita locazione ancora pendenti pari a circa 30.000. Si stima inoltre che i conduttori con i requisiti di disagio di cui all’articolo 1, comma 1, siano pari a 11.250 (il 75 per cento del 50 per cento) e che i conduttori di cui allo stesso articolo 1, comma 3, siano pari a 15.000 (il 50 per cento), per un totale di 26.250 sfratti in oggetto.
Dai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2003, risulta un ammontare medio del canone annuo dichiarato dai locatori, al netto della vigente deduzione del 15 per cento, pari a 3.230 euro; l’estrapolazione di questo dato al 2006 porta a stimare un ammontare medio annuo del canone di locazione percepito pari a circa 3.600 euro. Considerando che il canone medio di locazione per immobile è notevolmente più elevato nei comuni di cui al provvedimento in oggetto rispetto alla media nazionale, ai fini della presente valutazione verrà considerato un relativo ammontare medio annuo, al netto della deduzione prevista, pari a 5.000 euro.
Considerando un’aliquota marginale media per le persone fisiche pari al 28 per cento e un’aliquota media per le società pari anch’essa al 28 per cento (tenendo conto della caratteristica media dei soggetti locatori e delle perdite), si ottengono, nelle ipotesi previste dalla norma in esame, le seguenti perdite di gettito IRPEF e IRES di competenza (in milioni di euro), nell’ipotesi che la variazione normativa entri in vigore il 1º ottobre 2006:
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2006 |
2007 |
2008 |
IRPEF |
– 3,9 |
– 7,9 |
0 |
IRES |
– 5,3 |
– 21,0 |
– 10,5 |
Addizionale regionale |
– 0,15 |
– 0,31 |
0 |
Addizionale comunale |
– 0,04 |
– 0,08 |
0 |
Totale . . . |
– 9,4 |
– 29,3 |
– 10,5 |
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L’andamento del gettito di cassa, considerando i termini della proroga e ipotizzando che la variazione normativa entri in vigore il 1º ottobre 2006, sarà il seguente (in milioni di euro):
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2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
IRPEF |
0 |
– 7 |
– 10,8 |
+ 6 |
IRES |
0 |
– 9,2 |
––32,8 |
– 2,6 |
Addizionale regionale |
0 |
-- 0,15 |
– 0,31 |
0 |
Addizionale comunale |
0 |
– 0,04 |
– 0,08 |
0 |
Totale . . . |
0 |
– 16,4 |
– 44,0 |
+ 3,4 |
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Articolo 5 (Reddito dei fabbricati)
All’articolo 5 del decreto-legge si prevede, a parziale modifica di quanto disposto dall’articolo 37, comma 4-bis, del TUIR, una deduzione forfetaria del 14 per cento per i contratti di locazione stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (contratti a canone «non concordato»).
La legislazione vigente, al citato articolo 37, comma 4-bis, del TUIR, prevede, per i redditi in oggetto, una deduzione forfetaria del 15 per cento; la deduzione è pari al 25 per cento per i fabbricati siti nelle città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca e di Murano e Burano. Nel seguito si ipotizza che tale deduzione del 25 per cento rimanga invariata.
Dai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nell’anno 2004 risulta un ammontare di redditi da locazione, estrapolato al 2006, pari a circa 18.200 milioni di euro. Questo valore risulta al netto della deduzione del 15 per cento e del 25 per cento attualmente prevista. In via prudenziale non viene preso in considerazione l’ammontare di redditi da locazione relativo alle società, che si stima comunque pari ad un ammontare di gran lunga inferiore al suddetto valore relativo alle persone fisiche.
La percentuale del valore dei redditi in oggetto relativi a Venezia centro, Giudecca, Murano e Burano è stimata, in base a dati catastali, in circa l’1 per cento del totale.
La percentuale di affitti a «canone libero» viene stimata nell’80 per cento del totale, per un ammontare pari a circa 14.560 milioni di euro al netto delle deduzioni vigenti. Il corrispondente ammontare, al lordo della deduzione del 15 per cento, è pari a circa 16.958 milioni di euro (14.560 * 99 per cento / 85 per cento).
L’ammontare delle deduzioni del 15 per cento e del 14 per cento può quindi essere stimato in circa 2.540 e 2.370 milioni di euro rispettivamente.
Applicando un’aliquota marginale media del 28 per cento per i percettori di redditi di locazione alla differenza di reddito imponibile, pari a 170 milioni di euro (2.540 – 2.370), risulta che il decreto-legge in oggetto avrebbe come effetto un recupero di gettito IRPEF, competenza 2007 e 2008, pari a circa + 47 milioni di euro, a circa + 2 milioni di euro di addizionale regionale e a circa + 0,5 milioni di euro di addizionale comunale.
L’andamento del gettito di cassa, ipotizzando che la variazione normativa entri in vigore 1º ottobre 2006 sarà il seguente (in milioni di euro):
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2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
IRPEF |
0 |
+ 20,6 |
+ 73 |
+ 47 |
+ 47 |
Addizionale regionale |
0 |
+ 0,5 |
+ 2 |
+ 2 |
+ 2 |
Addizionale comunale |
0 |
+ 0,1 |
+ 0,5 |
+ 0,5 |
+ 0,5 |
Totale . . . |
0 |
+ 21,2 |
+ 75,5 |
+ 49,5 |
+ 49,5 |
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1. È convertito in legge il decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 29 settembre 2006
Interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo
in favore di particolari categorie sociali
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree di più alta densità abitativa, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto 2006, ai sensi del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86, e relativa alle città con oltre un milione di abitanti;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 settembre 2006;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro delle infrastrutture e del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle politiche per la famiglia;
emana
il seguente decreto-legge:
(Sospensione delle procedure esecutive di rilascio)
1. Al fine di contenere il disagio abitativo e di favorire il passaggio da casa a casa per particolari categorie sociali, soggette a procedure esecutive di sfratto e residenti nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti, sono sospese, fino al 30 giugno 2007, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazione nei confronti di conduttori con reddito annuo familiare complessivo inferiore a 27.000 euro, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento.
2. La sussistenza dei requisiti per la sospensione della procedura esecutiva di rilascio di cui al comma 1 è autocertificata dai soggetti interessati con dichiarazione resa nelle forme di cui all’articolo 4, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 148, e comunicata al locatore ai sensi del comma 5 dello stesso articolo 4. La sussistenza di tali requisiti può essere contestata dal locatore nelle forme di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º agosto 2002, n. 185.
3. Per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione dai soggetti indicati all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e all’articolo 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato dall’articolo 43, comma 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, da casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari, società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio nazionale, il termine di sospensione di cui al comma 1 è fissato al 30 giugno 2008.
4. Per tutto il periodo di sospensione dell’esecuzione il conduttore corrisponde al locatore la maggiorazione prevista dall’articolo 6, comma 6, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
5. Il conduttore decade dal beneficio della sospensione dell’esecuzione se non provvede al pagamento del canone nei limiti indicati dall’articolo 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, salva l’applicazione dell’articolo 55 della stessa legge. La decadenza si verifica anche nell’ipotesi in cui il comune di residenza del conduttore non provveda all’intervento di cui all’articolo 3, comma 1, nel termine previsto.
6. La sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell’abitazione.
7. Ai conduttori di immobili destinati ad uso abitativo ceduti a soggetti diversi dalle persone fisiche nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, di cui al decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, e al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, se appartenenti alle particolari categorie sociali di cui al comma 1, è riconosciuto il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni, non prorogabili, decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto, qualora ancora nella detenzione dell’immobile a tale data.
(Benefici fiscali)
1. Per i proprietari degli immobili locati ai conduttori individuati nell’articolo 1 si applicano, per il periodo di sospensione della procedura esecutiva, i benefici fiscali di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1º febbraio 2006, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2006, n. 86. A favore dei suddetti proprietari i comuni possono prevedere esenzioni o riduzioni dell’imposta comunale sugli immobili.
(Interventi dei comuni per l’edilizia sovvenzionata e agevolata
e per la graduazione degli sfratti)
1. I comuni individuati nell’articolo 1, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, predispongono, d’intesa con la regione, un programma pluriennale di edilizia sovvenzionata e agevolata a favore dei conduttori di cui all’articolo 1, indicando il fabbisogno di alloggi sulla base degli elenchi, predisposti dagli stessi comuni, dei nominativi dei suddetti conduttori, nonché le eventuali risorse finanziarie stanziate dal comune o dalla regione, da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e, della solidarietà sociale.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nei comuni individuati nell’articolo 1 possono essere istituite apposite commissioni per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio, finalizzate a favorire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo 1, nonché per le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
3. I comuni definiscono il funzionamento e la composizione delle commissioni di cui al comma 2, garantendo la presenza, oltre che del prefetto e del questore, o di loro delegati, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni della proprietà edilizia.
(Piano nazionale di edilizia residenziale pubblica)
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture convoca un tavolo di concertazione per definire, entro sessanta giorni dalla data di convocazione, il piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica, anche mediante acquisizione, ristrutturazione o manutenzione di edifici esistenti, finalizzato all’aumento di alloggi in locazione a canone sociale e a canone concordato, al fine di garantire il passaggio da casa a casa per i soggetti di cui all’articolo 1, nonché all’avvio di un piano complessivo sulla casa con la definizione di proposte normative, strutturali e fiscali per la normalizzazione del mercato immobiliare.
2. Al tavolo nazionale partecipano il Ministro delle infrastrutture, titolare della realizzazione delle opere, i Ministri della solidarietà sociale, dell’economia e delle finanze, delle politiche per la famiglia e per le politiche giovanili e le attività sportive, o loro delegati, i rappresentanti dell’ANCI, delle regioni, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli inquilini, delle associazioni della proprietà edilizia, delle associazioni dei costruttori edili e delle cooperative.
(Reddito dei fabbricati)
1. Per i contratti di locazione stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il reddito dell’unità immobiliare è determinato ai sensi dell’articolo 37, comma 4-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, assumendo quale riduzione forfetaria del canone di locazione la percentuale del 14 per cento.
(Copertura finanziaria)
1. All’onere derivante dall’attuazione del presente decreto, pari a euro 16,4 milioni per l’anno 2007 ed a euro 44 milioni per l’anno 2008, si provvede con le maggiori entrate derivanti dalla rideterminazione dei redditi da fabbricati di cui all’articolo 5.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 29 settembre 2006.
NAPOLITANO
Prodi – Di Pietro – Ferrero – Padoa Schioppa – Bindi
Visto, il Guardasigilli: Mastella
COMMISSIONI 2ª e13ª RIUNITE
2ª (Giustizia)
13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali
MARTEDÌ 17 OTTOBRE 2006
1ª Seduta
Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
SALVI
indi del Presidente della 13ª Commissione
SODANO
Intervengono il ministro della solidarietà sociale Ferrero e il sottosegretario di Stato per la giustizia Daniela Melchiorre.
La seduta inizia alle ore 12,10.
IN SEDE REFERENTE
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Esame e rinvio)
Dopo una breve introduzione del presidente SALVI, il senatore CONFALONIERI (RC-SE) , relatore per la 13ª Commissione, rileva che il decreto-legge in titolo prevede per la prima volta non solo una sospensione degli sfratti, ma anche l'avvio di un programma di edilizia agevolata e sovvenzionata per lo sviluppo e l'aumento di alloggi in locazione. La sospensione degli sfratti si è resa comunque necessaria per evitare effetti sociali incontrollabili, soprattutto nelle grandi città, visto che la sospensione precedente era scaduta il 3 agosto scorso.
Uno dei segnali più incoraggianti contenuti nel decreto-legge n. 261 del 2006 è dato dalle misure che si prospettano per affrontare il problema del disagio abitativo, determinato da una pluralità di cause: la diminuzione degli alloggi popolari; la crescita degli sfratti per morosità; l'incremento dei canoni di locazione; le politiche di privatizzazioni e cartolarizzazioni di patrimoni immobiliari che hanno ulteriormente inciso sul patrimonio abitativo. A fronte di tale quadro, le proroghe non rappresentano la soluzione dei problemi richiamati, perpetuando invece una situazione emergenziale in un settore, quello abitativo, che esige invece politiche strutturali in grado di dare certezza ad inquilini e proprietari. In tal senso, appare condivisibile la scelta del Governo di proporre un percorso che porti all'abbandono dello strumento delle mere proroghe.
Infatti, la sospensione degli sfratti prevista dal decreto-legge in esame si lega anche ad un'attività di programmazione da parte dei comuni, nonchè all'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato. Inoltre, rispetto ai provvedimenti precedenti sono state introdotte alcune novità, riguardanti le categorie dei soggetti beneficiari, l'ampliamento dei comuni interessati, nonchè la durata della stessa sospensione. Peraltro, sono stati recepiti i rilievi della Corte costituzionale anche per quanto attiene alla comparazione tra inquilino e proprietario, laddove quest'ultimo sia in condizioni simili o peggiori rispetto al primo.
Con riferimento alle singole disposizioni del decreto-legge, l'articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure di sfratto, individuando le categorie sociali ed i comuni interessati, mentre l'articolo 2 ripropone i benefici fiscali già inseriti nei precedenti provvedimenti. L'articolo 3 disciplina i programma pluriennali che i comuni devono predisporre, prevedendo altresì l'istituzione di commissioni per l'eventuale graduazione degli sfratti. L'articolo 4 istituisce il tavolo nazionale di concertazione allo scopo di definire il piano nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica, mentre l'articolo 5 ha ad oggetto la determinazione del reddito dei fabbricati e l'articolo 6 reca la clausola di copertura finanziaria.
In conclusione, il provvedimento in esame costituisce una grande opportunità per affrontare la drammatica emergenza degli sfratti, abbandonando la logica legata al susseguirsi delle proroghe. L'obiettivo è quello di avviare, con il concorso delle regioni e dei comuni, una nuova politica abitativa capace di fornire risposte strutturali per gli inquilini ed i proprietari. A tal riguardo, si sta valutando, insieme al relatore della Commissione giustizia, l'eventuale presentazione di alcuni emendamenti che vengono incontro alle istanze di regioni e comuni.
Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), relatore per la 2a Commissione, rileva che le norme del decreto-legge in esame incidono su due diritti fondamentali costituzionalmente garantiti: da una parte il diritto di proprietà, dall'altra il diritto all'abitazione, che trova il suo fondamento negli articoli 3, 2 e 42, comma 2, della Costituzione.
L'oratore osserva che, nel corso degli anni, la Corte costituzionale si è più volte espressa in materia di blocco degli sfratti, da ultimo con la sentenza n. 155 del 2004: in quell'occasione la Corte era stata adita per giudicare della legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, con il quale era stato prorogato il periodo di sospensione delle procedure esecutive di rilascio di immobili a carico di conduttori appartenenti a categorie protette.
Il relatore ricorda che la Corte costituzionale aveva censurato la disparità di trattamento tra i locatori a seconda che i loro inquilini appartenessero o meno a categorie protette, rilevando altresì che il regime della concessione delle proroghe ai termini delle procedure esecutive per gli sfratti impediva di fatto la consegna dell'immobile al legittimo proprietario, addossando esclusivamente ai locatori, nel contempo, l'onere dell'attuazione del diritto all'abitazione.
Ad avviso del relatore, il decreto in questione va incontro a tre criteri prospettati dalla Corte costituzionale: la necessità che la proroga sia limitata nel tempo, l'opportunità di una comparazione tra la condizione del locatore e quella del conduttore; la previsione - tramite vantaggi fiscali - di un compenso per il danno subito in conseguenza del mancato rilascio dell'immobile.
Il relatore entra quindi nel merito del decreto-legge in titolo, osservando che l'articolo 1, comma 1, individua le categorie svantaggiate sulla base di tre criteri: il reddito; il carico di ultrasettantenni, di figli, di portatori di handicap o di malati terminali; la residenza in comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Il comma 6 dell'articolo 1, nel prevedere la non operatività della sospensione a danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione, viene incontro - ad avviso del senatore - alle esigenze di comparazione tra locatore e conduttore, mentre l'articolo 2, in virtù della previsione di benefici fiscali, allevia il carico economico in capo al locatore.
L'articolo 3 dispone infine una soluzione graduale del problema abitativo attraverso lo strumento dell'edilizia sovvenzionata e agevolata, mentre l'articolo 4 prevede un piano pluriennale per l'edilizia residenziale pubblica.
Ad avviso della senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) il decreto-legge n. 261 del 2006 reca alcuni elementi innovativi rispetto ai precedenti decreti-legge in materia dal momento che estende la sospensione delle procedure di sfratto ai comuni capoluoghi di provincia e ai comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti. Inoltre, secondo quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 1, la durata del beneficio è legata non solo al pagamento del canone, ma anche all'intervento dei comuni di residenza che, ai sensi dell'articolo 3, sono tenuti a predisporre un programma pluriennale di edilizia sovvenzionata e agevolata. Altrettanto positiva è la previsione contenuta nel comma 3 dell'articolo 1 che fissa un temine più lungo di sospensione per le locazioni di immobili appartenenti al patrimonio di soggetti qualificabili come grande proprietà.
Tuttavia, accanto a queste misure sicuramente positive, il decreto-legge in titolo necessita di alcune modifiche, ad iniziare proprio dal collegamento che si è stabilito tra la decadenza del beneficio della sospensione e la predisposizione da parte dei comuni dei programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata: infatti, dovrebbe essere rivisto il termine, pari a 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, entro il quale i comuni sono tenuti ad elaborare tali programmi. Inoltre, il tavolo di concertazione di cui all'articolo 4 dovrebbe rappresentare l'occasione per discutere modifiche alla legge n. 431 del 1998.
Con riferimento poi all'articolo 1, non si comprende la ragione in base alla quale possono beneficiare della sospensione degli sfratti soltanto conduttori che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni, quando nei precedenti provvedimenti tale limite d'età era stato posto a sessantacinque anni. Inoltre, la maggiorazione del canone pari al 20 per cento, richiamata dal comma 4 dello stesso articolo, risulta eccessiva e sarebbe da applicare soltanto a coloro che praticano canoni concordati. Più in generale, merita riflessione il dato riguardante l'elevato numero di sfratti per morosità, non oggetto del presente decreto-legge: tuttavia, tale situazione rischia di essere incontrollabile, vista anche la tendenza della crescita dei canoni di locazione. Anche per tale ragione, bisognerebbe provvedere ad un maggior finanziamento del Fondo nazionale per il sostegno agli affitti.
Il senatore CARUSO(AN), nel fare riferimento alla puntuale ricostruzione svolta dal relatore Brutti in merito alle pronunce adottate negli ultimi anni dalla Corte costituzionale sulla proroga degli sfratti, rileva che la stessa Corte costituzionale può essere considerata tra i principali responsabili grazie ad una giurisprudenza che per molti anni ha avallato decisioni di merito e provvedimenti prefettizi quanto mai discutibili del virtuale blocco degli affitti e del sostanziale tradimento della legge del 1978.
La conseguenza più grave di tale situazione è stata il congelamento del mercato degli affitti, dovuto al fatto che molti proprietari hanno preferito non dare in locazione immobili di cui temevano di non riconquistare la disponibilità, creando un vasto patrimonio immobiliare inutilizzato e sostanzialmente parassitario. Ciò ha costretto gran parte di quelle famiglie che sarebbero state le naturali fruitici del mercato degli affitti a partecipare ad una corsa all'acquisto della case che è stata fra le principali cause della incontrollata espansione urbanistica e del saccheggio del territorio degli ultimi venti anni. La compressione del mercato delle locazioni ha contribuito alla progressiva perdita di mobilità geografica della società italiana, con gravi conseguenze sul mercato del lavoro e sulla funzionalità della pubblica amministrazione.
Si tratta quindi di una problematica che si è consolidata nel tempo e che è estremamente difficile avviare a soluzione.
Il decreto-legge in titolo, così come gli analoghi provvedimenti d'urgenza emanati nella scorsa legislatura e in quella ancora precedente, appaiono veramente figli della necessità e fanno buon viso a cattivo gioco, cercando di dare progressivamente attuazione agli indirizzi più recenti della Corte costituzionale.
Il provvedimento d'urgenza appare quindi nel complesso equilibrato, e a suo parere non può essere condivisa l'obiezione, pur fondata su un argomento suggestivo, avanzata dalla senatrice De Petris circa il fatto che non si introduca una distinzione in merito alla maggiorazione del canone tra i locatori che praticano un contratto concordato e quelli che praticano un contratto libero, dal momento che si tratta in tutti i casi di contratti che sono stati ormai risolti, e per i quali vi è anzi un provvedimento giudiziale di rilascio dell'immobile.
Il senatore CENTARO (FI) palesa le sue perplessità sulla differenziazione del termine di scadenza previsto al comma 3 rispetto a quello previsto al comma 1 dell'articolo 1, differenza che appare oltretutto incongrua ed ingiustificata dal momento che si prevede una proroga più lunga proprio per i conduttori che hanno stipulato un contratto di locazione con soggetti pubblici e casse professionali, che - come noto - applicano canoni inferiori rispetto a quelli di mercato.
Ad avviso dell'oratore tanto varrebbe prevedere una estensione al 2008 di tutte le proroghe previste nel decreto legge in titolo.
Il senatore si sofferma altresì sul comma 7 dell'articolo 1, rilevando che la modifica dei contratti in corso determinata da tale norma, rischia di produrre effetti scoraggianti su eventuali nuove alienazioni di immobili di enti pubblici.
Il senatore MUGNAI (AN) osserva che l'argomento della discontinuità del presente decreto-legge - il quale, rispetto ai precedenti provvedimenti, non si limita a prevedere soltanto una sospensione degli sfratti - non appare convincente poiché, anche i precedenti provvedimenti, per superare i rilievi avanzati dalla Corte costituzionale, presentavano elementi innovativi. Inoltre, dubbi di ordine costituzionale permangono anche in merito all'indeterminatezza dei criteri in base ai quali soltanto i comuni con oltre 10.000 abitanti possono usufruire dei benefici previsti. In ordine poi alla istituzione delle commissioni di cui al comma 2 dell'articolo 3 si può ragionevolmente prevedere una dilazione sine die dei provvedimenti di rilascio, per finita locazione degli immobili.
Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), relatore per la 2a Commissione, in sede di replica, rileva che la ratio della differenziazione dell'entità della proroga prevista al comma 3 e al comma 7 dell'articolo 1 risponde ad una logica perequativa proprio per quelle locazioni in cui locatore è un contraente particolarmente forte.
In riferimento alle osservazioni del senatore Mugnai, il relatore fa presente che il decreto legge in titolo manifesta un'effettiva discontinuità rispetto al provvedimento del 2003, in particolare perché le iniziative che pure tale provvedimento prevedeva, dirette ad incrementare l'offerta abitativa, apparivano giustapposte al provvedimento di proroga, mentre il testo in esame punta a una armonizzazione che renda la sospensione degli sfratti funzionale ad un processo di superamento dell'esigenza abitativa.
Il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13ª Commissione, fa presente che alcune osservazioni emerse nel corso della discussione generale sono già oggetto di approfondimento, anche al fine di presentare eventuali ipotesi emendative.
Il ministro FERRERO - in sede di replica - rileva che il decreto non solo tiene conto dei rilievi della corte costituzionale in materia, ma agisce anche con una graduazione simmetrica e proporzionale degli interventi, testimoniata dalle diverse previsioni di proroghe ivi contenute.
Per quanto concerne la previsione, fra i criteri di individuazione dei soggetti deboli, del carico di soggetti ultrasettantenni, il Ministro osserva di non essere pregiudizialente contrario alla proposta avanzata dalla senatrice De Petris di ritornare alla originaria disposizione che prevedeva il carico degli ultrasessantacinquenni, ma rileva che la disposizione de qua nasceva da un'esigenza di equilibrio tra molteplici bisogni confliggenti ed osserva inoltre che l'eventuale ritorno a 65 anni potrebbe determinare effetti fiscali rilevanti.
Il sottosegretario Danela MELCHIORRE ripercorre le ragioni che hanno indotto il governo - con l'emanazione del decreto-legge, ad aderire agli indirizzidella corte costituzionale.
Si sofferma poi sui commi 1, 3, 7 del decreto legge dell'articolo 1, la cui comune ispirazione è la tutela dei soggetti più deboli.
Il sottosegretario fornisce infine alcuni chiarimenti su taluni profili legati alla copertura finanziaria.
Il presidente SALVI rinvia il seguito dell'esame alla prossima seduta, fissando il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 12 di domani, mercoledì 18 ottobre 2006.
La seduta termina alle ore 13,30.
COMMISSIONI 2ª e13ª RIUNITE
2ª (Giustizia)
13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali
MARTEDÌ 24 OTTOBRE 2006
2ª Seduta
Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
SALVI
indi del Presidente della 13ª Commissione
SODANO
Intervengono il ministro della solidarietà sociale Ferrero e il sottosegretario di Stato per la giustizia Daniela Melchiorre.
La seduta inizia alle ore 15,30.
IN SEDE REFERENTE
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Seguito e conclusione dell'esame)
Riprende l'esame, sospeso nella seduta del 17 ottobre scorso.
Il PRESIDENTE ricorda che nella seduta del 17 ottobre si è conclusa la discussione generale ed hanno avuto luogo le repliche dei relatori e del rappresentante del Governo. Avverte quindi che l'esame prosegue con l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1del testo del decreto-legge da convertire.
Il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13a Commissione, nell'illustrare l'emendamento 1.5, rileva l'opportunità di estendere il regime della proroga previsto nel decreto ai soggetti residenti in tutti i comuni considerati ad alta tensione abitativa ai sensi della delibera CIPE del 13 novembre 2003, n. 87. Illustra altresì l'emendamento 1.10.
Dopo brevi illustrazioni degli emendamenti 1.4, 1.9, 1.14 e 1.21, da parte della senatrice DE PETRIS(IU-Verdi-Com), prende la parola il senatore CARUSO (AN) per illustrare l'emendamento 1.18, volto ad escludere dal regime di proroga biennale le società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e i soggetti fisici e giuridici detentori di oltre cento unità immobiliari ad uso abitativo. Ad avviso dell'oratore occorre infatti distinguere fra quelle persone giuridiche che detengono il patrimonio immobiliare quale strumento di garanzia delle obbligazioni assunte nei confronti degli utenti e quelle per le quali gli immobili costituiscono invece l'oggetto dell'attività di impresa. Il senatore Caruso illustra altresì l'emendamento 1.28, diretto ad estendere ai teatri la disciplina di favore prevista dagli articoli 27, 28 e 29 della legge n. 392 del 1978 per i locatari che svolgono attività alberghiera. Tale emendamento tiene conto, oltre che di una esigenza di promozione delle attività teatrali e culturali nel nostro Paese, anche del fatto che la speciale disciplina dettata dalla legge sugli affitti degli immobili urbani a favore di esercenti di attività alberghiere muoveva dalla considerazione del lungo periodo necessario per garantire l'ammortamento degli elevati investimenti effettuati per questo genere di attività; rispetto alla situazione esistente nel 1978, le normative che si sono succedute in tema di sicurezza hanno reso certamente altrettanto onerosa la realizzazione di strutture destinate allo svolgimento dell'attività teatrale.
Prima di passare alla votazione degli emendamenti, il PRESIDENTE rende noto che la Commissione bilancio ha espresso parere di nulla osta sul testo del disegno di legge, ad eccezione che sul comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge, per il quale il parere è contrario ex articolo 81 della Costituzione.
Parimenti contrario ex articolo 81 della Costituzione è il parere sugli emendamenti 1.4, 1.5, 1.10, 5.4, 1.9, 4.13, 5.1, 5.2, 5.5 e 5.6.
Si passa quindi alla votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1 del testo del decreto-legge testè illustrati.
Posti ai voti, con separate votazioni, previo parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4.
Posto ai voti, con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, è approvato l'emendamento 1.5.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano altresì respinti gli emendamenti 1.6 e 1.7.
Previa dichiarazione di voto del senatore D'ALI'(FI), con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risulta respinto l'emendamento 1.8.
Previa dichiarazione di voto contraria del senatore D'ALI', posto ai voti con il parere favorevole del relatore e del rappresentante del governo, risulta approvato l'emendamento 1.9.
L'emendamento 1.10, risulta pertanto assorbito.
I relatori Massimo BRUTTI (Ulivo) e CONFALONIERI (RC-SE) esprimono parere favorevole sull'emendamento 1.11, a condizione che sia riformulato nel senso di escludere dal blocco degli sfratti le famiglie che siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
Concorda il rappresentante del GOVERNO.
Il senatore LEONI (LNP) accoglie la formulazione proposta e l'emendamento 1.11, posto ai voti nel suo nuovo testo è approvato.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 1.12 e 1,13 mentre, posto ai voti con il parere favorevole dei relatori e del rappresentante del Governo, risulta approvato l'emendamento 1.14.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 1.15, 1.16, 1.17,1.18, 1.19, 1.20. 1.21, 1.22 e 1.23.
Il PRESIDENTE avverte che verranno posti in votazione gli identici emendamenti 1.24, 1.25 e 1.26.
Prende la parola in dichiarazione di voto il senatore D'ALI'(FI), il quale osserva che l'alienazione di immobili di proprietà pubblica ha rappresentato in questi anni un importante strumento di politica finanziaria tanto per i Governi di centro sinistra tanto per quelli di centro destra. La disposizione recata dal comma 7 dell'articolo 1, di cui gli emendamenti in votazione chiedono la soppressione rischia di pregiudicare il buon esito di nuove alienazioni che dovessero essere disposte in futuro.
Dopo che il PRESIDENTE ha ricordato che sul comma del quale gli emendamenti propongono la soppressione vi è il parere contrario della Commissione bilancio ex articolo 81 della Costituzione, questi, posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti.
Posti ai voti con il pare contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano altresì respinti gli emendamenti 1.25, 1.26 e 1.27.
Poto ai voti con i parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli emendamenti 1.28. e 1.29.
Il PRESIDENTE avverte che l'esame proseguirà con l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 3 del testo del decreto-legge da convertire.
Dopo che il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13a Commissione, ha brevemente illustrato gli emendamenti 3.2, e 3.4 e il senatore D'ALI' (FI) ha illustrato gli emendamenti 3.3, 3.6 e 3.8, il PRESIDENTE avverte che si passerà alla votazione degli emendamenti.
La senatrice DE PETRIS (IU-Verdi-Com) ritira l'emendamento 3.1.
Posto ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli identici emendamenti 3.2 e 3.3, nonché l'emendamento 3.4. L'emendamento 3.5 risulta assorbito.
Posti ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano respinti gli emendamenti 3.6, 3.7 e 3.8.
Posto ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risulta approvato l'emendamento 3.9.
Il PRESIDENTE avverte che si passerà all'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 4 del testo del decreto-legge da convertire.
Constatato che tutti i presentatori hanno rinunciato all'illustrazione, il PRESIDENTE comunica che si passerà alla votazione degli emendamenti:
Posti ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli identici emendamenti 4.1 4.2, nonché l'emendamento 4.3.
Posto ai voti con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risulta respinto l'emendamento 4.4.
Posti separatamente ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, risultano approvati gli emendamenti 4.5 e 4.6, identico all'emendamento 4.7, nonché gli emendamenti 4.8 e 4.9, risultando pertanto assorbito l'emendamento 4.10.
Previa dichiarazione di voto del senatore CARUSO(AN), che chiede ai presentatori il ritiro degli emendamenti, gli identici emendamenti 4.11 e 4.12, posti ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, sono approvati, risultando altresì ritirato l'emendamento 4.13.
Il PRESIDENTE avverte che si passerà all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 5 del testo del decreto-legge da convertire.
Constatato che tutti i presentatori hanno rinunciato all'illustrazione, avverte che verranno posti in votazione gli identici emendamenti 5.1 e 5.2
Previa dichiarazione di voto favorevole del senatore D'ALI'(FI) - il quale osserva che con la disposizione di cui all'articolo 5 la copertura degli oneri recati dal decreto-legge viene posta a carico di quegli stessi soggetti sociali che sono indubbiamente danneggiati dal carattere dirigistico di questo provvedimento - gli emendamenti, posti in votazione con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO sono respinti.
Posti in votazione con il parere contrario dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, sono altresì respinti gli emendamenti 5.3 e 5.4, mentre risultano preclusi gli emendamenti 5.5 e 5.6.
Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), relatore per la 2a Commissione, esprime una valutazione favorevole all'esigenza di tutelare la sopravvivenza delle comunità urbane della laguna veneta rappresentata dall'emendamento 5.7, e tuttavia ritiene che la deduzione forfetaria del canone proposta sia troppo elevata e pertanto ritiene che la questione possa essere meglio affrontata in Assemblea.
Concordano il senatore CONFALONIERI(RC-SE), relatore per la 13a Commissione e il rappresentante del GOVERNO.
Poiché il senatore LEONI (LNP) insiste per la votazione l'emendamento posto ai voti è respinto.
Il PRESIDENTE avverte che si passerà alla votazione dell'emendamento 5.0.1, diretto ad inserire una articolo aggiuntivo dopo l'articolo 5 del testo del decreto-legge da convertire.
L'emendamento, posto ai voti con il parere favorevole dei RELATORI e del rappresentante del GOVERNO, è approvato.
Le Commissioni riunite conferiscono quindi mandato ai relatori di riferire favorevolmente in Assemblea.
La seduta termina alle ore 16,20.
Allegato
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE)
N° 1048
Art. 1
1.1
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere l'articolo
1.2
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 1.
1.3
LEONI
Al comma 1, sostituire le parole: «nei comuni capoluoghi di provincia e comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti», con le seguenti: «in comuni con più di un milione di abitanti».
1.4
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire le parole da: «capoluoghi», fino ad: «abitanti», con le seguenti: «ad alta tensione abitativa di cui all'Allegato A della delibera CIPE 13 novembre 2003, n. 87, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 2004, n. 40».
Conseguentemente:
a) all'articolo 5 comma 1, sostituire le parole: «14 per cento», con le seguenti: «13 per cento»
b) all'articolo 6, comma 1, sopprimere l'inciso: «, pari a euro 16,4 milioni per l'anno 2007 ed a euro 44 milioni per l'anno 2008,».
1.5
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1 sostituire le parole: «limitrofi con 10.000 abitanti», con le seguenti: «considerati ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE del 13 novembre 2003, n. 87»
1.6
D'ALI', SCOTTI
Al comma sostituire la cifra: «10.000», con: «100.000».
1.7
LEONI
Al comma 1, sosstituire le parole: «a 27.000 euro», con le seguenti: «quello previsto per l'accesso ai contributi del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione».
1.8
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1, sostituire le parole da: «che siano», siano alla fine del comma con le seguenti: «che siano ultrasettantenni, malati terminali o persone diversamente abili con invalidità superiore al 66 per cento o che abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasettantenni a carico, figli a carico, malati terminali o persone diversamente abili con invalidità superiore al 66 per cento».
1.9
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire la parola: «ultrasettantenni», con la seguente: «ultrasessantacinquenni».
Conseguentemente:
a) all'articolo 5 comma 1, sostituire le parole: «14 per cento», con le seguenti: «13 per cento»
b) all'articolo 6, comma 1, sopprimere l'inciso: «, pari a euro 16,4 milioni per l'anno 2007 ed a euro 44 milioni per l'anno 2008,».
1.10
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire la parola: «ultrasettantenni», con la seguente: «ultrasessantacinquenni».
1.11
LEONI
Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «purché non dispongano di altra abitazione».
1.11 (nuovo testo)
LEONI
Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella Regione di residenza».
1.12
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 2
1.13
D'ALI', SCOTTI
Sostituire il comma 2, con il seguente:
«2. La sussistenza dei requisiti per la sospensione della procedura esecutiva di rilascio di cui al comma 1 è certificata dai competenti uffici comunali entro 15 giorni dell'istanza del conduttore».
1.14
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 2, aggingere in fine, il seguente periodo: «In caso di accesso, ai fini della fissazione di una nuova data l'ufficiale giudiziario deve comunque tenere conto dei termini di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo».
1.15
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 3.
1.16
LEONI
Sopprimere il comma 3.
1.17
CENTARO
Al comma 3, dopo le parole: «ad uso abitativo» sono aggiunte le seguenti: «se appartenenti alle particolari categorie sociali di cui al comma 1».
1.18
CARUSO, MATTEOLI, MANTICA, MUGNAI
Al comma 3, sopprimere le parole: «società il cui oggetto sociale comprenda la gestione di patrimoni immobiliari e soggetti fisici o giuridici detentori di oltre 100 unità immobiliari ad uso abitativo, anche se diffuse su tutto il territorio nazionale».
1.19
CENTARO
Al comma 3, sopprimere dalle parole: «società il cui oggetto sociale» alle seguenti: «ad uso abitativo».
1.20
CENTARO
Al comma 3, sostituire la parola: «2008» con la seguente: «2007».
1.21
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 4, aggiungere in fine, il seguente periodo: «Tale maggiorazione non è dovuta nel caso di contratti stipulati ai sensi dell'articolo 2 comma 1 della legge 9 dicembre1998 n. 431 e successive modificazioni».
1.22
LEONI
Al comma 5, sopprimere il secondo periodo.
1.23
LEONI
Al comma 6, sopprimere la seguente parola: «sopraggiunta».
1.24
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere il comma 7.
1.25
LEONI
Sopprimere il comma 7.
1.26
CENTARO
Sopprimere il comma 7.
1.27
CENTARO
Al comma 7 sostituire la parola: «nove» con la seguente: «quattro».
1.28
CARUSO, MATTEOLI, MANTICA, MUGNAI
Dopo il comma 7, aggiungere i seguenti:
«7-bis. Al comma 3 dell'articolo 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392, dopo la parola: ''alberghiere'' sono aggiunte le seguenti: ''o all'esercizio di attività teatrali''.
7-ter. Al comma 1 dell'articolo 28 della legge 27 luglio 1978, n. 39, dopo la parola: ''alberghiere'' sono aggiunte le seguenti: ''o all'esercizio di attività teatrali''.
7-quater. Le disposizioni di cui ai commi 7-bis e 7-ter si applicano anche gli immobili adibiti all'esercizio di attività teatrali per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati stipulati contratti di locazione aventi scadenza successiva alla detta data, salvo che, per gli stessi, non sia stata pronunciata convalida di sfratto per morosità. I detti contratti, alla prima scadenza successiva all'entrata in vigore della presente legge, sono rinnovati di diritto per un periodo di anni nove, salva la facoltà delle parti di pattuire un adurata maggiore. È facoltà del locatore di richiedere, nel corso del detto periodo, la maggiorazione prevista nel comma 4. Alla scadenza dello stesso si applicano al contratto le disposizioni dell'articolo 28 della legge 27 luglio 1978, n. 392.»
1.29
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Dopo il comma 7, aggiungere il seguente:
«7-bis. A tutte le procedure esecutive per finita locazione attivate in relazione a contratti stipulati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431 e successive modificazioni, si applica quanto previsto dall'articolo 6 comma 4 della legge medesima».
Art. 3
3.1
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire le parole: «entro» fino a: «presente decreto» con le seguenti: «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge».
3.2
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire le parole: «entrata in vigore» con le seguenti: «conversione in legge».
3.3
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1 dopo le parole: «entrata in vigore» inserire le seguenti: «della legge di conversione».
3.4
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire le parole da: «di alloggi sulla base» fino a: «conduttori» con le seguenti: «e la tipologia di alloggi sulla bse del numero delle famiglie interessate, la quantificazione delle risorse necessarie per l'attuazione del piano,».
3.5
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, sostituire le parole: «dei nominativi dei suddetti conduttori,» con le seguenti: «contenenti il numero di famiglie interessate».
3.6
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere i commi 2 e 3.
3.7
LEONI
Sopprimere i commi 2 e 3.
3.8
D'ALI', SCOTTI
Sostituire i commi 2 e 3 con il seguente:
«2. Nello stesso termine di cui al comma 1, i comuni individuati nell'articolo 1 istituiscono apposite graduatorie per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica per i soggetti di cui al medesimo articolo 1».
3.9
D'ALI', SCOTTI
Al comma 2, dopo le parole: «entrata in vigore» inserire le seguenti: «della legge di conversione».
Art. 4
4.1
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, sostituire le parole: «entrata in vigore» con le seguenti: «conversione in legge».
4.2
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1, dopo le parole: «entrata in vigore» inserire le seguenti: «della legge di conversione».
4.3
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, dopo le parole: «per definire» aggiungere le seguenti: «anche sulla base del programma di cui all'articolo 3».
4.4
LEONI
Al comma 1, sostituire le parole: «il piano pluriennale nazionale straordinario» con le seguenti: «le linee generali per la definizione da parte delle regioni e dei comuni di un piano pluriennale».
4.5
CONFALONIERI, BRUTTI MASSIMO, relatori
Al comma 1, dopo le parole: «edifici esistenti» aggiungere le seguenti: «e la riqualificazione di quartieri degradati,».
4.6
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1, dopo le parole: «soggetti di cui all'articolo 1» aggiungere le seguenti: «fatte salve le graduatorie vigenti per l'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica».
4.7
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 1, dopo le parole: «di cui all'articolo 1» aggiungere le seguenti: «fatte salve le graduatorie vigenti per l'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica».
4.8
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 2, premettere le parole seguenti: «Fatte salve le prerogative delle regioni».
4.9
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 2, sopprimere le parole: «titolare della realizzazione delle opere».
4.10
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 2, sostituire la parola: «titolare» con la seguente: «coordinatore».
4.11
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 2, dopo le parole: «delle regioni» inserire le seguenti: «di Federcasa».
4.12
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 2, dopo le parole: «delle regioni» aggiungere le seguenti: «di Federcasa».
4.13
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Dopo il comma 2 aggiungere i seguenti:
2-bis. Le Regioni, entro tre mesi dalla predisposizione del piano di cui al comma 1, approvano i piani operativi.
2-ter. Entro 30 giorni dalla definizione del piano di cui al presente articolo i Ministeri delle Infrastrutture, dell'Economia e finanze e della Solidarietà sociale, d'intesa con la conferenza Unificata, assegnano ai comuni di cui all'articolo 1 le risorse necessarie, a cui si aggiungono le eventuali risorse dei comuni e delle regioni».
Art. 5
5.1
D'ALI', SCOTTI
Sopprimere l'articolo.
5.2
LEONI
Sopprimere l'articolo.
5.3
CENTARO
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 5
Limitatamente ai periodi di imposta 2007 e 2008, per i contratti di locazione stipulati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il reddito dell'unità immobiliare è determinato ai sensi dell'articolo 37, comma 4-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, assumendo quale riduzione forfetaria del canone di locazione la percentuale del 14 per cento».
5.4
D'ALI', SCOTTI
Al comma 1 sostituire le parole: «14 per cento» con le seguenti: «20 per cento».
5.5
DE PETRIS, BULGARELLI, PALERMI, COSSUTTA, DONATI, PECORARO SCANIO, PELLEGATTA, RIPAMONTI, ROSSI FERNANDO, SILVESTRI, TIBALDI
Al comma 1 sostituire le parole: «14 per cento» con le seguenti: «13 per cento».
Conseguentemente, all'articolo 6, comma 1, sopprimere l'inciso: «pari a euro 16,4 milioni per l'anno 2007 ed a euro 44 milioni per l'anno 2008,»
5.6
BRUTTI MASSIMO, CONFALONIERI, relatori
Al comma 1 sostituire le parole: «14 per cento» con le seguenti: «13 per cento».
Conseguentemente, all'articolo 6, comma 1, sostituire le parole: «44 milioni» con le seguenti: «80 milioni»
5.7
LEONI
Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nellle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la deduzione forfetaria del canone di locazione resta nella percentuale del 25 per cento».
5.0.1
THALER AUSSERHOFER
Dopo l'articolo 5, inserire il seguente:
«Art. 5-bis.
(Clausola di salvaguardia)
1. Le disposizioni del presente decreto sono appllicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Provincie autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione».
AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
MERCOLEDÌ 4 OTTOBRE 2006
34ª Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
BIANCO
Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Daniela Melchiorre e per la difesa Verzaschi.
La seduta inizia alle ore 14,35.
IN SEDE CONSULTIVA
(omissis)
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2a e 13a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del regolamento. Esame e rinvio)
Il relatore MALABARBA (RC-SE) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 261, volto a contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree di più alta densità abitativa, anche per la scadenza della precedente proroga, fissata al 3 agosto 2006, e relativa alle città con oltre 1 milione di abitanti. Ricorda che la Corte costituzionale, in una recente sentenza (n. 255 del 2004) ha sottolineato la necessità di una piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore. A ciò provvede, tra l'altro, la previsione di cui all'articolo 1, comma 6 del decreto-legge, in base al quale la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione e nella decadenza del beneficio della sospensione in caso di mancato pagamento dei canoni, ai sensi del comma 5 dello stesso articolo, nonché nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungato utilizzo dell'immobile.
Rammenta anche le istanze provenienti da tutte le forze politiche in favore di un provvedimento urgente volto a ridurre il disagio abitativo soprattutto nelle grandi città.
Conclude, proponendo di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.
A seguito di una richiesta specifica del senatore STORACE (AN), precisa che un chiarimento in merito alla situazione che si è venuta a determinare dalla scadenza della precedente proroga (3 agosto 2006) ad oggi potrà essere fornito dal rappresentante del Governo, mentre sottolinea l'urgenza di affrontare la grave situazione che si è determinata nel momento in cui hanno riacquisito la loro efficacia i provvedimenti di sfratto.
Il seguito dell'esame è quindi rinviato.
AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
MARTEDÌ 10 OTTOBRE 2006
36ª Seduta
Presidenza del Presidente
BIANCO
Intervengono i sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Levi e per la giustizia Daniela Melchiorre
La seduta inizia alle ore 14,35.
IN SEDE CONSULTIVA
(omissis)
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2ª e 13ª riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito dell'esame e rinvio)
Prosegue l'esame, sospeso nella seduta pomeridiana del 4 ottobre.
Il PRESIDENTE ricorda che nella seduta precedente il relatore, senatore Malabarba, aveva proposto un parere favorevole.
Il senatore PASTORE (FI) ritiene che la sussistenza dei presupposti costituzionali sia smentita dalla palese incostituzionalità di alcune disposizioni, che si desume dalle più recenti sentenze della Corte costituzionale, secondo le quali le politiche sociali non possono essere realizzate a danno di alcune componenti della collettività. Ricorda che proprio per rispettare tale principio, nella scorsa legislatura, il Governo aveva istituito un fondo destinato a sostenere le politiche di contrasto del disagio abitativo.
Contesta, in particolare, la legittimità dell'articolo 1, comma 1, che estende in misura irragionevole a tutti i capoluoghi di provincia e ai comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti la sospensione delle procedure esecutive di rilascio; inoltre, considera illegittima e comunque priva dei requisiti dell'urgenza e della necessità la norma di cui al successivo comma 3, che proroga con un termine maggiore le sospensioni riguardanti gli immobili di casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari e società immobiliari. Infine, il comma 7 incide a suo avviso sul regime giuridico della proprietà, rinnovando per nove anni la durata dei contratti riguardanti gli immobili ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione a soggetti diversi dalle persone fisiche.
Il senatore PALMA (FI) condivide le osservazioni svolte dal senatore Pastore. In particolare, trova irragionevole la disposizione dell'articolo 1, comma 3, che proroga in misura diversa la sospensione della procedura esecutiva di rilascio in base alla condizione soggettiva, non del conduttore, bensì del locatore.
Il senatore VILLONE (Ulivo) ritiene che l'urgenza del provvedimento derivi dalla stessa immediata esecutività delle procedure di rilascio.
Quanto ai ritenuti profili di dubbia costituzionalità, che secondo il senatore Pastore potrebbero incidere sulla valutazione della sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza, osserva che l'estensione territoriale della proroga, più ampia rispetto ad analoghi provvedimenti assunti in passato, si giustifica per la tensione abitativa che caratterizza non solo le grandi città ma anche altre parti del territorio.
Quanto alle perplessità sollevate sul contenuto dei commi 3 e 7 dell'articolo 1, sottolinea l'opportunità di prevedere un termine di sospensione maggiore in ragione della diversa forza economica che connota le categorie indicate.
Il senatore SAPORITO (AN) reputa inopportune le norme che dispongono interventi ulteriori rispetto alla semplice proroga del termine di sospensione delle procedure esecutive di rilascio.
Pertanto, preannuncia un voto contrario sulla proposta di parere avanzata dal relatore.
Il sottosegretario Daniela MELCHIORRE, a nome del Governo, auspica un voto favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali e ricorda che il provvedimento, in omaggio alle più recenti pronunce della Corte costituzionale, non si limita alla sospensione delle procedure esecutive ma avvia a soluzione le cause della tensione abitativa nei comuni di maggiori dimensioni.
In particolare, gli articoli 3 e 4 prevedono rispettivamente programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata e agevolata e un metodo di concertazione per definire un piano pluriennale nazionale finalizzato all'aumento di alloggi in locazione, a canone sociale e concordato, con l'avvio di un piano complessivo sulla casa. Inoltre, l'articolo 1 dispone una sospensione, ma stabilisce che il conduttore decade dal beneficio non solo se non adempie al pagamento del canone, ma anche se il comune di residenza non provvede nel termine previsto a predisporre il programma pluriennale di edilizia sovvenzionata e agevolata. Infine, il comma 6 dell'articolo 1 prescrive che la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni che danno titolo al conduttore di chiedere la sospensione, mentre il comma 4 prevede la maggiorazione del canone per il periodo di sospensione della procedura di rilascio.
Il senatore PASTORE (FI) propone di esprimere un parere contrario su alcune, specifiche disposizioni del decreto-legge, e segnatamente sui commi 1, 3 e 7 dell'articolo 1, precisando che la proposta va intesa distintamente per ciascuno di tali commi. Chiede, inoltre, che il Governo fornisca una documentazione che consenta alla Commissione di conoscere le situazioni di tensione abitativa che giustificano l'estensione della proroga ai comuni capoluoghi di provincia e a quelli limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Si passa dunque alla votazione della proposta di parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 1.
Il relatore MALABARBA (RC-SE) esprime un parere contrario sulle proposte avanzate dal senatore Pastore, confermando la sua proposta di esprimere un parere favorevole sull'intero provvedimento.
Il senatore STORACE (AN) sostiene la proposta di parere contrario avanzata dal senatore Pastore.
Il senatore VILLONE (Ulivo) preannuncia il voto contrario del suo Gruppo alla proposta di parere negativo sull'articolo 1, comma 3, ma condivide la richiesta rivolta al Governo di fornire un'ampia informativa sulle situazioni di tensione abitativa.
Il senatore PASTORE (FI) annuncia il voto favorevole del suo Gruppo alla proposta di parere negativo sull'articolo 1, comma 3.
Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la proposta di parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 1, è posta in votazione e risulta non approvata.
Si procede quindi alla votazione della proposta di parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 3.
Il senatore SAPORITO (AN) propone di sospendere l'esame per acquisire maggiori elementi di informazione da parte del Governo.
Il senatore VILLONE (Ulivo), dichiarando il voto contrario del suo Gruppo, osserva che una sospensione dell'esame non è compatibile con la procedura in corso.
Il senatore QUAGLIARIELLO (FI) chiede che il seguito dell'esame sia rinviato per consentire ai componenti della Commissione di intervenire puntualmente nella seduta dell'Assemblea che sta per cominciare. Il rinvio dell'esame potrà consentire di acquisire ulteriori informazioni da parte del Governo.
Il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo sulla proposta di parere contrario avanzata dal senatore Pastore. A suo avviso il provvedimento contiene norme, come quelle di cui ai commi 3 e 7 dell'articolo 1, che sono del tutto irragionevoli e si traducono in un autentico esproprio degli immobili.
Il senatore VILLONE (Ulivo) chiede che si proceda senz'altro alla votazione delle proposte di parere.
Il PRESIDENTE, considerato l'imminente inizio della seduta dell'Assemblea e che sono ancora iscritti a parlare per dichiarazione di voto i senatori Maffioli, Storace, Palma e, in dissenso dal proprio Gruppo, il senatore Mantovano, dispone che il seguito dell'esame sia rinviato alla seduta già convocata per domani, che sarà anticipata dalle ore 14,30 alle ore 14, per consentire alla Commissione di pronunciare il proprio parere.
La Commissione prende atto, con il dissenso del senatore SAPORITO (AN), che contesta l'anticipazione della seduta di domani.
ANTICIPAZIONE DELLA SEDUTA DI DOMANI E INTEGRAZIONE DELL'ORDINE DEL GIORNO
Il presidente BIANCO avverte che la seduta di domani, mercoledì 11 ottobre, già convocata alle ore 14,30, avrà inizio alle ore 14.
L'ordine del giorno sarà integrato con l'esame, in sede consultiva, per il parere sulla sussistenza dei presupposti costituzionali del disegno di legge n. 1069, recante "Conversione in legge del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania".
La Commissione prende atto.
La seduta termina alle ore 16,30.
AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)
GIOVEDÌ 12 OTTOBRE 2006
38ª Seduta
Presidenza del Presidente
BIANCO
Intervengono i sottosegretari di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali D'Andrea e per la solidarietà sociale Cristina De Luca.
La seduta inizia alle ore 15,15.
IN SEDE CONSULTIVA
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2a e 13a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole)
Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 10 ottobre.
Si procede alla votazione della proposta di parere contrario al riconoscimento dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 3, avanzata dal senatore Pastore nella seduta precedente.
Il senatore MAFFIOLI (UDC) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo, osservando che il comma 3 dell'articolo 1 determina una immotivata disparità di trattamento, prevedendo una proroga più lunga per i conduttori di immobili di cui siano proprietari alcuni particolari enti. Sottolinea, inoltre, l'incongruità delle norme che prevedono la predisposizione di programmi pluriennali di edilizia sovvenzionata e agevolata da parte dei Comuni senza provvedere le necessarie risorse.
Il senatore PALMA (FI) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo. A suo giudizio, il testo del comma 3 dovrebbe essere riformulato se, come sostenuto dal senatore Villone, deve intendersi riferito alle categorie di conduttori di cui al comma 1. Infatti, tale precisazione è inserita nel successivo comma 7 e dunque, in mancanza di una correzione, il comma 3 potrebbe essere interpretato nel senso che il più ampio termine di sospensione si applica indipendentemente dalle condizioni soggettive di necessità dei conduttori.
Il senatore MANTOVANO (AN) ritiene che il provvedimento in titolo determini una irragionevole limitazione del diritto di proprietà, tutelato dall'articolo 42 della Costituzione. A suo avviso, inoltre, l'ulteriore proroga delle procedure esecutive di rilascio avrà come effetto una contrazione dell'offerta nel mercato delle locazioni.
Preannuncia pertanto il voto favorevole del suo Gruppo.
Il senatore POLLEDRI (LNP) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo sulla proposta di parere parzialmente contrario formulata dal senatore Pastore. Ritiene ingiustificata la disparità di trattamento fra conduttori, a seconda della proprietà degli immobili locati.
Chiede quindi chiarimenti sulla copertura finanziaria della norma di cui all'articolo 2, che autorizza i Comuni a prevedere esenzioni o riduzioni dell'imposta comunale sugli immobili a favore dei locatori danneggiati dalla sospensione delle procedure di sfratto.
Il parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 3, è quindi posto in votazione e risulta non accolto.
Si procede quindi alla votazione della proposta di parere contrario al riconoscimento dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 7, presentata dal senatore Pastore.
Il senatore PASTORE (FI), dichiarando il voto favorevole del suo Gruppo, sottolinea l'insussistenza dei presupposti costituzionali di una disposizione come quella di cui al comma 7, che dispone un rinnovo automatico del contratto di locazione per la durata di nove anni.
Il senatore POLLEDRI (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo in considerazione delle conseguenze negative che la disposizione di cui al comma 7 può avere sulle operazioni di cartolarizzazione già compiute. Osserva inoltre che il rinnovo automatico dei contratti di locazione scoraggia ogni iniziativa volta a promuovere l'acquisto della casa da parte dei conduttori.
Il presidente BIANCO richiama l'attenzione sull'oggetto dell'esame che riguarda la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge. Altre considerazioni circa la compatibilità costituzionale o il merito del provvedimento potranno essere trattate in sede di esame della costituzionalità ovvero in sede referente nella Commissione competente.
Osserva, inoltre, che in considerazione del breve termine concesso alla Commissione per pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dei decreti-legge, in caso di una procedura come quella in corso connotata dalla presentazione di proposte articolate di parere contrario riguardanti singole disposizioni del provvedimento, egli dovrà riconsiderare l'organizzazione dei lavori per garantire che l'esame si concluda tempestivamente, considerando il termine fissato dal Regolamento.
Il senatore MANTOVANO (AN) ritiene che gli argomenti trattati, anche se non strettamente connessi alla valutazione dei presupposti costituzionali, la influenzino. Pertanto chiede che il rappresentante del Governo fornisca i chiarimenti richiesti dal senatore Polledri e dagli altri senatori intervenuti.
Il PRESIDENTE ricorda che la Commissione è in fase di votazione.
Il parere contrario sulla sussistenza dei presupposti costituzionali dell'articolo 1, comma 7, è posto in votazione e risulta non accolto.
Il senatore SAPORITO (AN), commentando le osservazioni svolte dal Presidente prima della precedente votazione, ricorda che la sua parte politica non è contraria a riconoscere i requisiti dell'urgenza e della necessità del provvedimento in esame, ma ha indicato alcune lacune e problematiche, i cui effetti potrebbero determinare un aggravio di oneri per lo Stato. È per questo che ritiene indispensabile che il rappresentante del Governo fornisca le informazioni relative alla copertura finanziaria di alcune disposizioni.
Il PRESIDENTE precisa che la copertura finanziaria sarà esaminata nelle sedi proprie. In qualità di relatore, conferma la proposta di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.
Si procede quindi alla votazione della proposta di parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali del decreto-legge n. 261, riguardo all'articolo 1, commi 2, 4, 5, 6, nonché agli articoli da 2 a 7.
Il senatore POLLEDRI (LNP) dichiara il voto contrario del suo Gruppo. Ritiene che non possa riconoscersi la necessità e l'urgenza, in particolare per la norma di cui all'articolo 2, che concede la facoltà ai Comuni di prevedere esenzioni o riduzioni dell'ICI: infatti tale facoltà è già prevista in una norma vigente inserita nelle legge finanziaria per il 2006.
Anche la complessa procedura per la definizione di un piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia pubblica, prevista dall'articolo 4, testimonia, a suo avviso, il difetto di urgenza.
Il senatore PALMA (FI) dichiarando il voto contrario del suo Gruppo, osserva che una lettura formalistica delle norme regolamentari, come quella prospettata dal Presidente, circa la distinzione della valutazione dei presupposti costituzionali dall'esame di costituzionalità del decreto-legge potrebbe indurre a riconoscere i requisiti previsti dalla Costituzione anche quando le norme del decreto-legge siano in palese contrasto con altre disposizioni costituzionali.
Ribadisce la necessità di correggere la formulazione del comma 3 dell'articolo 1 e richiama l'attenzione sull'assoluta carenza di urgenza e necessità per la previsione di benefici fiscali a favore dei proprietari, di cui all'articolo 2.
Il senatore MANTOVANO (AN) ricorda che la revisione degli estimi catastali contenuta nel disegno di legge finanziaria per il 2007 determinerà una riduzione dell'imposta comunale sugli immobili: chiede al rappresentante del Governo di chiarire quali ulteriori effetti di riduzione del gettito potranno derivare dai benefici fiscali previsti all'articolo 2 del decreto-legge, in termini di esenzioni o riduzioni dell'ICI.
Infine, si sofferma sull'articolo 4 che prevede la definizione di un piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica: si tratta a suo avviso di un disegno strategico per affrontare la questione abitativa che non può essere costretto nell'ambito di un provvedimento d'urgenza del Governo.
Il senatore SARO (DC-PRI-IND-MPA) dichiara il voto contrario del suo Gruppo. In particolare, ritiene inopportuno inserire in un provvedimento di proroga norme che dovrebbero essere esaminate attraverso le procedure della legislazione ordinaria.
Esprime quindi un giudizio critico sulla norma di cui all'articolo 1, comma 7, che riconosce il diritto al rinnovo del contratto di locazione per la durata di nove anni ai conduttori di immobili ceduti nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, dalla quale potrebbero derivare gravi conseguenze sul bilancio dello Stato.
Il senatore MANTOVANO (AN) preannuncia il voto contrario del suo Gruppo, in particolare per la mancata risposta del rappresentante del Governo alla richiesta di chiarimenti avanzata da lui e dal senatore Polledri.
La proposta di parere favorevole del relatore, limitatamente alle parti non considerate nelle proposte di parere contrario precedentemente votate, è infine posta in votazione e risulta accolta.
BILANCIO (5ª)
MARTEDÌ 17 OTTOBRE 2006
12ª Seduta
Presidenza del Presidente
MORANDO
Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.
La seduta inizia alle ore 16,05.
IN SEDE CONSULTIVA
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni riunite 2a e 13a. Esame e rinvio)
Il relatore TECCE (RC-SE) illustra il provvedimento in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che all’articolo 1, la sospensione, fino al 30 giugno 2007, delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione di immobili locati a categorie svantaggiate, con un possibile prolungamento della sospensione al 30 giugno 2008 per i conduttori di immobili ad uso abitativo concessi in locazione da enti, società, istituti bancari e assicurativi ed altre persone giuridiche aventi quale oggetto sociale la gestione di patrimoni immobiliari ovvero da parte di persone fisiche o giuridiche detentori di oltre 100 unità immobiliari. Per quanto di competenza segnala che, secondo anche quanto evidenziato nella nota di lettura n. 11 del 2006 del Servizio di bilancio cui si rinvia, la sospensione in parola potrebbe determinare un’incidenza pregiudizievole a carico dei profili finanziari e contabili delle operazioni di cartolarizzazione dei proventi della dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, posto che gli immobili interessati presentano, ove locati, un valore ridotto rispetto a quelli liberi e possono risultare di più difficile collocazione. Al riguardo, considerato peraltro che il decreto legge, all’articolo 1, comma 7, conferisce ai conduttori di immobili ceduti a persone giuridiche nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione e che si trovino in condizioni disagiate il diritto al rinnovo del contratto per la durata di nove anni, non prorogabili, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge, ritiene opportuno acquisire chiarimenti in ordine ai possibili effetti del provvedimento in relazione allo stato di attuazione delle operazioni di cartolarizzazione SCIP 2 e SCIP 3. In particolare, come segnalato dal servizio del Bilancio, osserva la necessità di chiarire le eventuali ripercussioni negative che potrebbero coinvolgere il rimborso alle scadenze dei bond dell’operazione SCIP 2 ancora in circolazione, nonché rallentare la generazione di plusvalenze connesse all’operazione medesima, e volte a ripagare alle banche il prestito di 800 milioni di euro contratto nel 2004 con garanzia dello Stato, e recare pregiudizio alla partenza dell'operazione SCIP 3, legata agli immobili della Difesa. In relazione a tali profili, segnala inoltre che la legge n. 104 del 2004 ha previsto una facoltà per la SCIP (la società veicolo incaricata della cartolarizzazione) di richiedere un indennizzo allo Stato in caso di decremento del valore patrimoniale degli immobili da collocare nel mercato, per cui chiarimenti in ordine agli effetti del decremento patrimoniale degli immobili si rendono necessari anche sotto il profilo di eventuale contenzioso. In base all’articolo 2 del decreto-legge in conversione, viene previsto a favore dei proprietari degli immobili locati ai conduttori individuati nell'articolo 1, per tutto il periodo di sospensione, il beneficio fiscale di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 23 del 2006, convertito con legge n. 86 del 2006, per cui il relativo reddito da fabbricati di cui all’articolo 37 del Testo unico delle imposte sui redditi non concorre alla formazione del reddito imponibile, ai soli fini delle imposte sui redditi delle persone fisiche e delle società. Al riguardo, chiarimenti si rendono necessari in ordine ai criteri di quantificazione adottati nella relazione tecnica per la stima della perdita di gettito che ne deriva, con particolare riferimento ai parametri assunti come base di calcolo per la determinazione del canone medio annuo che, secondo quanto evidenziato dalla nota del Servizio del bilancio cui si rinvia per gli specifici aspetti di quantificazione, viene ricostruito sulla scorta dei dati relativi all’anno di imposta 2003, sebbene risultino disponibili dati più aggiornati (banca dati SINTESI del Ministero dell’economia e delle finanze contenente i dati delle dichiarazioni presentate nel 2004). Si segnala inoltre l’opportunità di un chiarimento e una valutazione da parte del Governo circa gli effetti conseguenti al combinato disposto tra la norma del provvedimento all’esame ed il richiamato articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 23 del 2006, atteso che quest’ultimo fa riferimento ai soli redditi imponibili riferiti al 2006, e dunque sembrerebbe limitare l’ambito di efficacia della nuova disposizione al solo periodo del 2006 e non anche alla parte dell’anno 2007 che risulta invece interessata dalla sospensione dell’esecuzione degli sfratti. In merito all’articolo 4 del decreto-legge, ritiene necessario acquisire chiarimenti circa i profili di costi amministrativi connessi alla creazione di un tavolo di concertazione, convocato dal Ministro delle infrastrutture, volto a definire, entro 60 giorni dalla convocazione, il piano pluriennale nazionale straordinario di edilizia residenziale pubblica finalizzato all'aumento di alloggi in locazione a canone sociale e a canone concordato, atteso che la relazione tecnico-normativa annessa al provvedimento associa alla realizzazione del tavolo di concertazione un onere, sia pur limitato nell’importo e nel tempo.
L’articolo 5 stabilisce un abbattimento della quota percentuale deducibile dei canoni di locazione relativi a contratti di locazione stipulati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (cd. contratti a canone libero o "non concordati"), assumendo la percentuale di deduzione del 14 - anziché del 15 - per cento. Tale previsione, che costituisce, ai sensi dell’articolo 6, lo strumento di copertura degli oneri connessi al provvedimento, se in prima analisi appare determinare effetti positivi in termini di maggiori entrate, va tuttavia valutata per i possibili effetti in termini di spostamento delle preferenze dei proprietari di immobili, che potrebbero optare per la stipula di contratti con canone concordato. Osserva quindi l’esigenza di acquisire chiarimenti circa la valutazione del rischio di determinazione di tali possibili effetti di disincentivo alla sottoscrizione di contratti "non concordati", di senso contrario all’intento della norma, atteso peraltro, come evidenziato dalla nota del Servizio del bilancio, il più favorevole regime fiscale per i contratti a canone concordato. Appare opportuno, infine, acquisire chiarimenti in ordine alla portata della modifica di percentuale di deducibilità ivi prevista, che sembrerebbe prevista a regime, senza limitazione temporale al solo periodo di sospensione operata dal provvedimento, a fronte di un minor gettito che risulta invece circoscritto e limitato nel tempo, in termini di cassa, al solo periodo 2007-2008.
Il presidente MORANDO invita il Governo a fornire quanto prima le risposte ai problemi evidenziati dal relatore, con particolare riguardo alla questione dell’impatto delle disposizioni in esame sulle operazioni di cartolarizzazione degli immobili pubblici già in essere o che stanno per essere avviate.
Il senatore VEGAS (FI) concorda sull’esigenza che il Governo chiarisca il possibile impatto del provvedimento in esame sulle cartolarizzazioni, osservando che eventuali effetti negativi su tali operazioni rischierebbero anche di peggiorare il rating del Paese.
Il seguito dell’esame viene, infine, rinviato.
La seduta termina alle ore 16,25.
BILANCIO (5ª)
MARTEDÌ 24 OTTOBRE 2006
14ª Seduta
Presidenza del Presidente
MORANDO
Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.
La seduta inizia alle ore 16,05.
IN SEDE CONSULTIVA
La seduta inizia alle ore 14,10.
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere alle Commissioni 2a e 13a riunite su testo ed emendamenti. Seguito e conclusione dell'esame del testo. Parere in parte non ostativo, in parte contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione. Esame degli emendamenti. Parere in parte non ostativo, in parte contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione)
Riprende l’esame del testo sospeso nella seduta del 17 ottobre scorso.
Il sottosegretario CASULA, in relazione alle richieste di chiarimenti formulate nel corso dell’illustrazione del provvedimento, chiarisce che la quantificazione effettuata con riferimento all’articolo 2 del decreto-legge in conversione risulta di natura meramente informativa e presenta carattere prudenziale. Al riguardo, dà lettura di una specifica nota, che deposita agli atti della Commissione, con la quale vengono definiti i criteri assunti e la natura della stima effettuata. Aggiunge inoltre che, in linea con quanto affermato nella relazione tecnica, viene confermata la percentuale di deducibilità del 25 per cento del canone di locazione degli immobili siti nelle zone di Venezia, Giudecca, Murano e Burano. Con riferimento all’articolo 1, comma 7, del provvedimento ritiene necessaria la soppressione della disposizione in ragione delle problematiche ad essa connesse, già osservate nella relazione sul provvedimento ed altresì evidenziate dal Servizio del bilancio, in termini di rischio di contenzioso e dei possibili effetti riguardo alle società incaricate della cartolarizzazione degli immobili di revisione della valutazione da parte delle società di rating.
Il senatore FERRARA (FI) in ordine alle modalità di copertura individuate con l’articolo 5 del provvedimento, manifesta la necessità di ulteriori chiarimenti da parte del Governo in merito ai criteri di stima assunti in relazione al decreto-legge. In particolare, il rappresentante del Governo dichiara che si è considerata una percentuale di contratti a canone libero pari all’80 per cento, anziché al 98 per cento, rispetto ai livelli di mercato, in relazione ai possibili effetti di spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti a canone concordato. Tale affermazione non appare sufficiente e non è dato comprendere quale criterio sia stato assunto in relazione alla stima dichiarata. Si rendono dunque necessari ulteriori chiarimenti al riguardo.
Il Rappresentante del GOVERNO sottolinea che tale profilo presenta una limitata incidenza rispetto alla copertura del provvedimento, rinviando alla nota depositata per ulteriori approfondimenti e ribadisce il carattere prudenziale della stima effettuata.
Il relatore TECCE (RC-SE) richiama l’attenzione sui due principali problemi che sono stati sollevati in relazione al provvedimento. In primo luogo, in ordine all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge in conversione, rileva che il rappresentante del Governo ha chiesto l’eliminazione della disposizione, le cui conseguenze erano state sollevate in termini critici nel corso dell’illustrazione nonché nell’approfondimento predisposto dal Servizio del bilancio. La posizione espressa dal rappresentante del Governo risulta dunque positiva per le finalità rilevate, ponendosi tuttavia, per quanto attiene ai profili di merito, una preoccupazione per la posizione che verranno ad assumere gli inquilini degli immobili interessati. In ordine ai benefici fiscali previsti dall’articolo 2 del decreto-legge, prende atto dei chiarimenti forniti dal Governo in merito al carattere prudenziale della stima effettuata, che fa riferimento a una quota di contratti concordati pari all’80 per cento anziché al 98 per cento. Alla luce dei chiarimenti forniti, propone dunque di esprimere un parere favorevole sul testo del provvedimento, sul presupposto che l’articolo 5, relativo alla maggiorazione della quota di deducibilità del canone di locazione, sia stato oggetto di stima prudenziale da parte del Governo. Propone invece di esprimere un parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, in merito all’articolo 1, comma 7.
Il senatore FERRARA (FI) interviene in dichiarazione di voto per esprimere il proprio rammarico in ordine alla posizione espressa dal relatore sull’articolo 5 del decreto-legge in esame, rilevando che la relazione tecnica presenta una stima di carattere presuntivo che non è in linea con le previsioni della legge di contabilità. Pur esprimendo la propria condivisione con riferimento a quanto emerso in relazione al comma 7 dell’articolo 1 ed in particolare alla richiesta di soppressione della disposizione formulata dal Governo, formula osservazioni critiche in merito alla copertura prevista dal provvedimento. Deve infatti considerarsi il possibile effetto di diminuzione del gettito riconducibile all’eventuale spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti di locazione a canone non concordato. Permangono profili non chiariti su tale punto e sussiste dunque il rischio che il provvedimento possa rivelarsi scoperto.
Il PRESIDENTE, preso atto che non vi sono ulteriori interventi, pone dunque ai voti la proposta di parere formulata dal Relatore che risulta approvata.
Si passa dunque all’esame degli emendamenti.
Il relatore TECCE (RC-SE) illustra gli emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di propria competenza, che occorre valutare l’opportunità di acquisire una quantificazione debitamente verificata degli effetti finanziari derivanti dall’emendamento 1.4, che amplia l’ambito dei comuni interessati dal provvedimento, non più limitato ai capoluoghi di provincia, bensì al più ampio elenco di cui all’Allegato A della Delibera C.I.P.E. 13 novembre 2003, n. 87, prevedendo, a copertura di ciò, la ulteriore riduzione, al 13 per cento, della quota percentuale deducibile dei canoni di locazione relativi a contratti di locazione cd. a canone libero o "non concordati" e la conseguente soppressione della previsione di spesa e della relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione. Occorrerebbe altresì valutare, anche in relazione al testo, gli effetti in termini di un possibile spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti di locazione a canone concordato, soggetti ad un più favorevole regime fiscale. Inoltre, si rammenta che la soppressione della previsione di spesa e della relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, prevista dall’emendamento in parola, non risulta in linea con la previsione dell’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468 del 1978, che anzi impone l’indicazione della previsione di spesa e relativa copertura nonché la definizione di apposita clausola di salvaguardia. Segnala che appaiono suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri le proposte emendative 1.5 e 1.10 (che ampliano la platea dei soggetti interessati, intervenendo rispettivamente sull’ambito dei comuni interessati e sui limiti d’età per la fruizione del beneficio), nonché l’emendamento 5.4 (che aumenta la quota di deducibilità del canone di locazione, con conseguenti effetti di minor gettito). Occorre poi valutare gli effetti finanziari dell’emendamento 1.9 che amplia la platea dei soggetti beneficiari, prevedendo, a copertura di tale estensione, la ulteriore riduzione al 13 per cento della percentuale deducibile dei canoni di locazione cd. non concordati e la soppressione dell’articolo 6, comma 1 e della relativa previsione di spesa, per cui occorre acquisire chiarimenti in ordine alla quantificazione, secondo quanto già segnalato con riferimento all’emendamento 1.4. Con riferimento all’emendamento 1.21 occorre valutare se possano determinarsi effetti finanziari in conseguenza della esclusione della maggiorazione del canone prevista per i contratti stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998. Occorre inoltre valutare gli eventuali effetti finanziari derivanti dall’emendamento 1.29, atteso che la richiamata norma di cui all’articolo 6, comma 4 della legge n. 431 del 1998, in combinato disposto con il comma 5 della disposizione medesima, potrebbe determinare effetti di possibili ulteriori differimenti del termine di esecuzione. In relazione alle proposte emendative 4.11 e 4.12, occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla partecipazione di ulteriori soggetti (rappresentanti di Federcasa) al tavolo di concertazione previsto dall’articolo 4 del decreto-legge. Con riferimento all’emendamento 4.13, occorre valutare quali risorse si intendano destinare a favore dei comuni di cui all’articolo 1 del decreto-legge per le finalità previste dalla proposta emendativa, dato che le stesse non sembrano risultare comprese nelle norme di copertura finanziaria del provvedimento. In relazione agli emendamenti 5.1 e 5.2, segnala che gli stessi sopprimono la disposizione del decreto-legge deputata a fornire la copertura del provvedimento in relazione al testo. Segnala, infine, che l’emendamento 5.5, nell’operare una riduzione della percentuale di deducibilità del canone di locazione, sopprime conseguentemente la previsione di spesa di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto, con ciò risultando non in linea con il richiamato articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978 che impone l’indicazione della previsione di spesa e della relativa copertura. Chiarimenti si rendono necessari con riferimento all’emendamento 5.6, che sostituisce, in conseguenza della modifica della percentuale di deducibilità, la previsione di spesa dell’articolo 6, comma 1, che passa, per il 2008, da 44 milioni di euro a 80 milioni (e non a 88 milioni, come sarebbe prevedibile a fronte di un raddoppio, dall’uno al due per cento, della maggiorazione di deducibilità), ma che resta invece invariata a 16,4 milioni per l’anno 2007, nonostante la prevista modifica della quota deducibile. Infine, in relazione all’emendamento 5.7, occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla proposta, atteso che la previsione in tal senso risulta già contenuta nella relazione tecnica. Rileva, infine, che non vi sono osservazioni sui restanti emendamenti.
Il rappresentante del GOVERNO chiarisce che l’emendamento 1.4 prevede la sospensione dell’esecuzione delle procedure di rilascio per i conduttori residenti nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera CIPE indicata. Dà lettura di una nota che deposita agli atti contenente in dettaglio la posizione del Governo e le relative tabelle esplicative inerenti agli effetti di gettito connessi alla ulteriore riduzione, al 13 per cento, della quota di deducibilità del canone di locazione relativo ai contratti a canone libero. Al riguardo, chiarisce gli effetti di gettito rispetto alla originaria stima contenuta nella relazione tecnica e riferita ad una riduzione al 14 per cento di tale quota, affermando che non si considerano in tale ulteriore stima gli eventuali effetti derivanti dallo spostamento dai contratti a canone libero ai contratti a canone concordato in quanto già ampiamente considerati in sede di originaria relazione tecnica. Esprime dunque avviso favorevole all’emendamento in esame, a condizione che siano espunte le lettere a) e b) della proposta emendativa e sia conseguentemente riformulato l’articolo 6, comma 1, del decreto-legge.
Il presidente MORANDO esprime perplessità circa tale ultimo argomento del Governo, rilevando che la valutazione in termini prudenziali effettuata con riferimento al testo e con riguardo agli effetti di possibile spostamento verso la stipula di contratti concordati non può ritenersi acquisita con riguardo all’emendamento in esame. L’ulteriore riduzione ivi prevista della percentuale di deducibilità non consente di ritenere sufficienti i chiarimenti forniti rispetto al testo, atteso che potrebbe determinarsi un ulteriore effetto di spiazzamento e di convenienza nella scelta di diverse tipologie contrattuali rispetto a quelle per cui si dispone la riduzione della quota di deducibilità. Dichiara dunque la propria posizione contraria all’emendamento in questione, sul quale, in assenza di una relazione vistata dalla Ragioneria che chiarisca i profili critici rilevati, propone un voto contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.
Il senatore AZZOLLINI (FI) concorda con quanto rilevato dal Presidente, sottolineando come esistano nei meccanismi economici profili di anelasticità nelle scelte di preferenza.
Il senatore FERRARA (FI), richiamando le osservazioni critiche svolte in ordine ai profili di copertura con riferimento al testo, ribadisce la propria posizione critica rispetto alla formulazione della copertura come prevista dal provvedimento e rileva la necessità di chiarimenti da parte del Governo circa i criteri che vengono adottati nella stima degli effetti connessi alla riduzione della percentuale di deducibilità, anche per quanto attiene ai profili temporali e alla considerazione dei tempi necessari per la produzione di eventuali effetti di preferenza. La posizione assunta da parte del Governo in relazione all’emendamento in esame non può dunque che confermare le criticità rilevate con riferimento al sistema di copertura delineato dal provvedimento.
Si passa all’esame degli emendamenti 1.5 e 1.10.
Il rappresentante del GOVERNO esprime il proprio avviso favorevole a condizione che venga riformulato l’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, nei termini della conseguente rideterminazione della previsione di spesa connessa alla eventuale modifica. Esprime avviso contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sull’emendamento 5.4 in quanto comporta maggiori oneri, mentre sull’emendamento 1.9 dà lettura di una nota esplicativa che deposita agli atti, contenente chiarimenti in ordine agli effetti di gettito connessi alla proposta, su cui esprime avviso favorevole, analogamente a quanto rilevato rispetto all’emendamento 1.4. Esprime inoltre avviso contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti 4.13, in quanto produttivo di maggiori oneri non quantificati, 5.1 e 5.2, rispetto ai quali si associa ai rilievi formulati dal relatore, nonché sull’emendamento 5.5, in quanto soppressivo della previsione di spesa di cui all’articolo 6 del provvedimento, e sull’emendamento 5.6.
Il senatore FERRARA (FI) evidenzia la necessità di formulare un parere contrario sull’emendamento 5.5 in quanto non in linea con la legge di contabilità.
Il RELATORE si associa alle osservazioni del Governo rilevando tuttavia, con riferimento all’emendamento 5.5, che emerge una contraddizione nella posizione espressa dal Governo, che si è dichiarato favorevole alla ulteriore riduzione della quota di deducibilità, esprimendo tuttavia avviso poi contrario in ordine all’emendamento in questione. Esprime parere conforme all’avviso del Governo sull’emendamento 1.4.
Il PRESIDENTE, con riferimento all’emendamento 1.4, evidenzia la necessità di porre ai voti una proposta di riformulazione riferita all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, secondo quanto richiesto dal Governo, non potendosi altrimenti votare la richiesta governativa di riformulazione della disposizione citata, senza che vi sia evidenza dei termini in cui operare la riformulazione medesima.
Al riguardo ricorda che in assenza di tale riformulazione non si può che esprimere un parere contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, potendosi comunque il Governo riservare di proporre la riformulazione in questione per l’esame in Assemblea.
Il senatore MORGANDO (Ulivo), riferendosi anche al relatore, rileva come l’attuale testo della proposta emendativa in questione richieda una relazione tecnica che chiarisca gli aspetti di quantificazione e di conseguente adeguatezza della copertura. Risulta dunque necessario esprimere un parere contrario sull’attuale formulazione, anche considerato che lo stesso Governo profila la possibilità di una diversa copertura connessa alla modifica della percentuale di deducibilità, fermo restando che tale copertura dovrà essere esplicitata dallo stesso Governo.
Il senatore FERRARA (FI) rileva, sul piano procedurale, che il contemporaneo esame degli emendamenti presentati presso l’Assemblea e presso le Commissioni di merito ha determinato la richiesta di relazione tecnica al Governo affinché venisse fornita idonea copertura anche con riferimento alle proposte emendative. L’emendamento 1.4 risulta tuttavia privo di relazione tecnica e non è dato dunque evincere con chiarezza quali siano i profili di copertura della disposizione.
Il RELATORE dichiara di aderire alle ragioni richiamate dal Presidente nell’auspicio che il Governo possa dare soluzione al problema con la riformulazione dell’articolo 6.
Dopo un intervento del presidente MORANDO che rileva come lo stesso avviso del Governo in ordine all’emendamento 1.4 dovrebbe indurre all’espressione di un parere contrario, salva una successiva eventuale riformulazione della norma di copertura del provvedimento, il relatore TECCE (RC-SE) propone dunque di esprimere parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti 1.4, 1.5, 1.10, 5.4, 1.9, 4.13, 5.1, 5.2, 5.5 e 5.6, nonché parere di nulla osta sui restanti emendamenti.
Posta ai voti, la proposta di parere risulta approvata.
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali
(Parere all'Assemblea su emendamenti. Esame. Parere in parte non ostativo, in parte contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione)
Il relatore TECCE (RC-SE) illustra gli emendamenti trasmessi dall’Assemblea relativi al disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che occorre valutare l’opportunità di acquisire una quantificazione debitamente verificata degli effetti finanziari derivanti dall’emendamento 1.101, che amplia l’ambito dei comuni interessati dal provvedimento, non più limitato ai capoluoghi di provincia, bensì al più ampio elenco di cui all’Allegato A della Delibera C.I.P.E. 13 novembre 2003, n. 87, prevedendo, a copertura di ciò, la ulteriore riduzione, al 13 per cento, della quota percentuale deducibile dei canoni di locazione relativi a contratti di locazione cd. a canone libero o "non concordati" e la conseguente soppressione della previsione di spesa e della relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione. Occorrerebbe altresì valutare, anche in relazione al testo, gli effetti in termini di un possibile spostamento delle preferenze verso la stipula di contratti di locazione a canone concordato, soggetti ad un più favorevole regime fiscale. Inoltre, rammenta che la soppressione della previsione di spesa di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto-legge in conversione, prevista dall’emendamento in parola, non risulta in linea con la previsione dell’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468 del 1978, che anzi impone l’indicazione della previsione di spesa e della relativa copertura nonché la definizione di apposita clausola di salvaguardia. Segnala che appaiono suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri le proposte emendative 1.102 e 1.105 (che ampliano la platea dei soggetti interessati, intervenendo rispettivamente sull’ambito dei comuni interessati e sui limiti d’età per la fruizione del beneficio), nonché gli emendamenti 2.100 (che interviene in materia di determinazione dell’imposta comunale sugli immobili), 1.206 (che ha l’effetto di estendere la platea dei beneficiari delle agevolazioni fiscali) e 5.202 (che aumenta la quota di deducibilità del canone di locazione, con conseguenti effetti di minor gettito). Occorre valutare gli effetti finanziari dell’emendamento 1.104 che amplia la platea dei soggetti beneficiari, prevedendo, a copertura di tale estensione, la ulteriore riduzione al 13 per cento della percentuale deducibile dei canoni di locazione cd. non concordati e la soppressione dell’articolo 6, comma 1 e della relativa previsione di spesa, per cui occorre acquisire chiarimenti in ordine alla quantificazione, secondo quanto già segnalato con riferimento all’emendamento 1.101.
In relazione alle proposte emendative 4.108 e 4.109 occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla partecipazione di ulteriori soggetti (rappresentanti di Federcasa) al tavolo di concertazione previsto dall’articolo 4 del decreto-legge. Con riferimento all’emendamento 4.110, occorre valutare quali risorse si intendano destinare a favore dei comuni di cui all’articolo 1 del decreto-legge per le finalità previste dalla proposta emendativa, dato che le stesse non sembrano risultare comprese nelle norme di copertura finanziaria del provvedimento. In relazione agli emendamenti 5.100 e 5.200, segnala che gli stessi sopprimono la disposizione del decreto-legge deputata a fornire la fonte di copertura del provvedimento in relazione al testo. Chiarimenti si rendono necessari con riferimento all’emendamento 5.102, che sostituisce, in conseguenza della modifica della percentuale di deducibilità, la previsione di spesa dell’articolo 6, comma 1, che passa per il 2008 da 44 milioni di euro a 80 milioni (e non a 88 milioni, come sarebbe prevedibile a fronte di un raddoppio dall’uno al due per cento della maggiore deducibilità), ma che resta invece invariata a 16,4 milioni per l’anno 2007 nonostante la prevista modifica della quota deducibile. Segnala poi che l’emendamento 5.103, nell’operare una riduzione della percentuale di deducibilità del canone di locazione, sopprime conseguentemente la previsione di spesa e la relativa copertura di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto, con ciò non risultando in linea con il richiamato articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978 che impone l’indicazione della previsione di spesa e della relativa copertura. Infine, in relazione all’emendamento 5.104, occorre acquisire chiarimenti circa l’assenza di effetti finanziari connessi alla proposta, atteso che la previsione in tal senso risulta già contenuta nella relazione tecnica. Rileva, infine, che non vi sono osservazioni sui restanti emendamenti.
Il PRESIDENTE dà per acquisito l’avviso del Governo e del Relatore sugli emendamenti di tenore identico alle esaminate proposte emendative presentate presso le Commissioni di merito ad eccezione degli emendamenti 2.100 e 1.206 non presentati in Commissione.
Sugli emendamenti 2.100 e 1.206 il rappresentante del GOVERNO esprime avviso contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, in quanto comportanti maggiori oneri.
Il RELATORE propone dunque di esprimere un parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti 1.101, 1.102, 1.105, 2.100, 1.206, 5.202, 1.104, 4.110, 5.100, 5.200, 5.102 e 5.103, nonché parere di nulla osta sulle restanti proposte.
Posta ai voti, la Commissione approva la proposta di parere.
La seduta termina alle ore 15,30.
LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI (8ª)
MARTEDÌ 10 OTTOBRE 2006
3ª Seduta
Presidenza del Presidente
FILIPPI
Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.
La seduta inizia alle ore 16,05.
IN SEDE CONSULTIVA
La Sottocommissione ha adottato la seguente deliberazione per il provvedimento deferito:
alla Commissioni 2a e 13a riunite:
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali : parere favorevole.
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
61ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MERCOLEDI’ 25 OTTOBRE 2006
(Antimeridiana)
Presidenza del vice presidente BACCINI,
indi del vice presidente ANGIUS
e del presidente MARINI
Discussione del disegno di legge:
(1048) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali (Relazione orale) (ore 9,45)
Approvazione di questione pregiudiziale
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1048.
Prima di dare la parola ai relatori, vorrei invitare il Governo ad osservare con maggiore scrupolo l'orario dei lavori del Senato per evitare in futuro sospensioni determinate da ritardi.
I relatori, senatori Brutti Massimo e Confalonieri, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Confalonieri.
CONFALONIERI, relatore. Signor Presidente, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, signor Ministro, ci apprestiamo oggi a convertire in legge il decreto-legge n. 261 recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo, un provvedimento legislativo che ha suscitato e sta suscitando molte aspettative, sia per il tema che tratta che per le modalità con cui lo tratta; aspettative ed ampi consensi dalla maggior parte dei soggetti interessati: dagli inquilini ai Comuni, dalle Regioni alle associazioni sindacali e di categoria.
Debbo anzi dire che, seppure in un tempo ristretto, il rapporto con questi interlocutori istituzionali e sociali ha portato a modificare in talune parti il decreto medesimo, rendendolo ancora più pregnante negli scopi che si prefigge. Stiamo parlando infatti di un provvedimento legislativo che si propone di affrontare il disagio abitativo per particolari categorie sociali, guardando oltre l'emergenza sfratti. Stiamo parlando di un decreto innovativo che prevede per la prima volta non solo la proroga, ma anche un avvio, con tempi certi e determinati, di un programma di edilizia agevolata e sovvenzionata per lo sviluppo e l'aumento di alloggi in locazione.
Naturalmente, una sospensione degli sfratti - così come previsto - si è resa necessaria e urgente per evitare pesanti effetti sociali, quantomeno con riguardo alle grandi città (Roma, Milano e Napoli) alle quali si riferiva il precedente decreto, i cui effetti sono scaduti il 3 agosto scorso: l'esecuzione degli sfratti, che ha avuto una flessione nel periodo estivo, sta infatti riprendendo, con gravi conseguenze sociali. (Brusìo).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Confalonieri. Prego i colleghi di ascoltare questa interessante relazione su un argomento così importante e, comunque, di evitare dialoghi ad alta voce per dare un minimo di dignità a quest'Aula. Prego, senatore Confalonieri.
CONFALONIERI, relatore. Il decreto affronta tale questione nel contesto più ampio del disagio abitativo così come diffuso in Italia. Basti pensare che sono 600.000 i nuclei familiari collocati nelle graduatorie per l'accesso alle case popolari.
Alcuni dati indicano le cause che hanno portato a tale situazione. Nel 1984 si costruivano in Italia circa 36.000 case popolari, nel 2004 queste erano scese a 1.900. Dal 1997 la morosità è diventata la principale motivazione di sfratto, tanto che oggi rappresenta il 70-80 per cento del totale. I canoni di locazione in pochi anni hanno visto aumenti stratosferici, spingendo nella precarietà abitativa persino fette consistenti di famiglie di ceto medio che hanno un reddito troppo alto per poter anche solo partecipare ai bandi per l'assegnazione di alloggi popolari, ma troppo basso per sostenere sia il mercato della locazione a canone libero, sia il mercato della compravendita. Si calcola che l'indebitamento degli italiani per acquistare la casa superi i 200 miliardi di euro.
Le politiche di privatizzazione e di cartolarizzazione di grandi patrimoni immobiliari negli ultimi anni hanno azzerato anche quella parte di patrimonio abitativo che si frapponeva fra gli alloggi di edilizia sovvenzionata e il libero mercato. In Italia gli alloggi sociali rappresentano il 4 per cento del patrimonio costruito, mentre in Europa la media è del 16 per cento. (Brusìo).
PRESIDENTE. Mi scusi nuovamente, senatore Confalonieri. Prego tutti i colleghi presenti in Aula di adottare un atteggiamento di ascolto e di mantenere comunque un livello di brusìo accettabile, perché il relatore fa fatica a parlare e noi ad ascoltare. Quindi, vi esorto ad abbassare il tono del brusìo perché è inammissibile.
Continui, senatore, riproviamo.
CONFALONIERI, relatore. Riproviamo.
Se tutto ciò corrisponde al vero, non è certo con la politica delle proroghe e degli sfratti che si può pensare di affrontare tale questione abitativa. Questa tende, anzi, a perpetuare una situazione emergenziale in un campo che abbisogna, al contrario, di politiche strutturali in grado di dare certezza a inquilini e proprietari.
La scelta del Governo in tale contesto è stata quella di proporre un percorso che porti all'abbandono delle proroghe per le proroghe. Si è fatta così una scelta avanzata anche rispondendo agli ammonimenti della Corte costituzionale enunciati nella sentenza n. 155 del 2004, nella quale, pur non ritenendo incostituzionale la proroga per cui era stato presentato il ricorso, si faceva presente al legislatore che non erano più accettabili simili provvedimenti destinati a tradursi, senza interventi capaci di affrontare la questione, in ulteriori proroghe fini a sé stesse.
Il provvedimento al nostro esame è così finalizzato a dare inizio ad un percorso, attraverso la programmazione dei Comuni in termini certi e l'avvio di un tavolo di concertazione da parte dello Stato, capace di avviare risposte strutturali e non puramente emergenziali.
Si sottolinea, in particolare, che rispetto all'ultimo decreto di sospensione degli sfratti sono state apportate sostanziali modifiche: si sono introdotti, tra i soggetti interessati, i nuclei familiari con figlio a carico e malati terminali, oltre che con portatori di handicap e ultrasessantacinquenni; si è definito un limite di reddito pari a 27.000 euro lordi; si è infine ampliato il numero dei Comuni interessati. Nel precedente decreto erano solo quelli con più di un milione di abitanti.
La durata della sospensione delle esecuzioni di sfratto si protrae al 30 giugno 2007 per i piccoli proprietari e al 30 giugno 2008 per la grande proprietà, in quei Comuni che entro tre mesi presenteranno ai Ministri delle infrastrutture e della solidarietà sociale un piano nel quale dovranno essere indicati quanti sono i soggetti interessati e il numero di alloggi necessari, siano essi di edilizia sovvenzionata o agevolata destinati alla locazione.
Il decreto-legge, anche in questo caso rispondendo ai rilievi della Corte costituzionale, prevede all'articolo 1, comma 6, una comparazione tra inquilino e proprietario e, laddove il proprietario abbia condizioni simili o peggiori dell'inquilino, egli può chiedere al giudice di non accordare la sospensione.
Nel dettaglio, l'articolo 1 disciplina la sospensione delle procedure di sfratto, individua i Comuni interessati, indica le categorie sociali destinatarie del provvedimento, prevede la possibilità per il proprietario, sussistendo determinate condizioni, di chiedere al giudice di non accordare la sospensione, riconosce il diritto al rinnovo per 9 anni del contratto di locazione a conduttori di immobili appartenenti a soggetti oggetto di operazioni di cartolarizzazione.
L'articolo 2 riporta i benefici fiscali già previsti dalla precedente legge; l'articolo 3 riguarda i programmi pluriennali che i Comuni devono predisporre d'intesa con la Regione; l'articolo 4 istituisce il tavolo nazionale di concertazione. Con l'articolo 5 si compensano le spese per la copertura dell'articolo 2, riducendo la detrazione forfetaria prevista per coloro che affittano a canone libero. L'articolo 6, infine, indica la copertura finanziaria del provvedimento richiamando l'articolo 5.
In conclusione, la conversione in legge del decreto 29 settembre 2006, n. 261, rappresenta una grande opportunità per affrontare l'annosa e a volte drammatica questione degli sfratti uscendo dall'ottica puramente emergenziale delle proroghe. Si tratta di avviare, e questo decreto lo fa, con il concorso decisivo delle Regioni e dei Comuni, una nuova stagione per una politica abitativa, in particolar modo nel campo della locazione, capace di risposte strutturali e sicure sia per gli inquilini che per i proprietari.
Onorevoli senatrici, onorevoli senatori, sono certo che a tutti noi non sfugge la drammaticità del disagio abitativo per migliaia di famiglie nel nostro Paese, né l'importanza di superare l'emergenza all'interno della quale da anni è collocata. Questo decreto apre una strada nuova e convincente che prelude alla necessità di affrontare la questione abitativa nel nostro Paese assumendola come una delle priorità per il prossimo futuro.
Per queste ragioni e con molta convinzione sono a chiedervi il voto favorevole per la conversione in legge del decreto-legge n. 261 del 29 settembre 2006. (Applausi dai Gruppi RC-SE, Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Brutti Massimo.
BRUTTI Massimo, relatore. Signor Presidente, il collega senatore Confalonieri ha già riferito sui contenuti e sulle finalità del decreto-legge. Voglio soltanto richiamare un aspetto: le norme in esame incidono su due diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, da una parte il diritto di proprietà, dall'altra il diritto all'abitazione, che trova il suo fondamento negli articoli 2 e 3 della Costituzione e la cui configurazione può determinarsi anche sulla base dell'articolo 42, secondo comma, della Costituzione stessa, che riguarda - come è noto - il diritto di proprietà, i suoi limiti, la sua funzionalizzazione per finalità sociali.
Nel corso degli anni la Corte costituzionale si è più volte espressa in materia di blocco degli sfratti, da ultimo con la sentenza n. 155 del 2004. Allora la Corte era stata adita per giudicare della legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, con il quale era stato prorogato il periodo di sospensione delle procedure esecutive di rilascio di immobili a carico di conduttori appartenenti a categorie protette.
La Corte costituzionale aveva censurato la disparità di trattamento tra i locatori titolari di un diritto a ottenere la restituzione dell'abitazione a seconda che gli inquilini soggetti passivi di tale rapporto e di tale diritto appartenessero o meno a categorie protette. Essa aveva rilevato che il regime della concessione delle proroghe ai termini delle procedure esecutive per gli sfratti impediva, di fatto, la consegna dell'immobile al legittimo proprietario, addossando esclusivamente ai locatori l'onere dell'attuazione del diritto all'abitazione.
Ora, questo decreto-legge tiene conto delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale e, da ultimo, della sentenza che ho appena citato. La giurisprudenza costituzionale ha insistito sul fatto che il regime di proroga non potesse essere che transitorio. Ebbene, il decreto-legge va incontro a tre criteri prospettati dalla Corte costituzionale: in primo luogo, la necessità che la proroga sia limitata nel tempo; in secondo luogo, il reddito di conduttori con a carico persone anziane (ultrasettantenni o ultrasessantacinquenni, a seconda della scelta che compiremo in sede di conversione del decreto), con figli a carico, portatori di handicap o malati terminali; infine - terzo criterio - la residenza nei Comuni capoluoghi di Provincia e Comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti (quale era la stesura originaria del decreto-legge) oppure (come meglio credo possa determinarsi nella logica della norma come approvata in Commissione) prevedendo la possibilità di estendere tale disciplina alle situazioni di particolare tensione o densità abitativa.
Il comma 6 dell'articolo 1, nel prevedere la non operatività della sospensione in danno del locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione, viene incontro alle esigenze di comparazione tra la posizione del locatore e la posizione del conduttore, mentre l'articolo 2, in virtù della previsione di benefici fiscali, allevia il carico economico in capo al locatore.
L'articolo 3 dispone una soluzione graduale del problema abitativo attraverso lo strumento dell'edilizia sovvenzionata e agevolata, mentre l'articolo 4 prevede un piano pluriennale per l'edilizia residenziale pubblica. Dunque, la proroga disposta viene strettamente agganciata ad una prospettiva di graduale risoluzione del problema abitativo.
Desidero richiamare l'attenzione ancora su due aspetti. Il primo concerne la differenziazione dell'entità della proroga prevista ai commi 3 e 7 dell'articolo 1. In questo caso, vi è una proroga più estesa nel tempo sulla base di una logica perequativa. Infatti, la proroga più lunga si riferisce alle locazioni in cui il locatore è un contraente particolarmente forte. In particolare, il comma 7 dell'articolo 1 prevede una garanzia a favore di conduttori di abitazioni coinvolte nel processo di cartolarizzazione. In sostanza, si tratta di una garanzia a favore di conduttori deboli.
È questo il quadro normativo che emerge dal decreto-legge e dai lavori svolti nelle Commissioni riunite ambiente e giustizia.
Mi trovo però di fronte, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ad un problema che desidero immediatamente evidenziare e che - a mio giudizio - deve trovare soluzione. La questione fondamentale è che in particolare su due punti qualificanti - a giudizio dei relatori - della normativa contenuta in questo provvedimento la Commissione bilancio ha espresso parere contrario.
Mi riferisco al parere contrario sugli emendamenti 1.101 e 1.102 e al parere della stessa Commissione che ci indurrebbe ad approvare gli emendamenti soppressivi 1.111, 1.214 e 1.215, presentati da senatori dell'opposizione, facendo così saltare il comma 7 dell'articolo 1, quello che introduce garanzie a favore degli inquilini delle abitazioni oggetto delle procedure di cartolarizzazione.
A nostro giudizio, questa è una garanzia irrinunciabile, poiché riguarda ceti popolari, poiché riguarda conduttori deboli. È necessario garantire agli inquilini di queste case, che sono degli enti previdenziali - e la periferia di Roma, ma anche di altre grandi città, è piena di simili abitazioni - un periodo di tempo, soprattutto quando si trovino nelle condizioni di disagio indicate all'inizio dell'articolo 1. Non è possibile sbattere gli inquilini fuori di casa da un giorno all'altro. Ripeto, il comma 7 è un elemento qualificante di queste norme.
Chiedo quindi una pausa affinché il Governo indichi una copertura finanziaria che ci consenta di approvare i due emendamenti censurati dalla 5a Commissione e, soprattutto, di tenere fermo il comma 7 dell'articolo 1, che consideriamo qualificante. (Applausi del senatore Confalonieri).
BOCCIA Antonio (Ulivo). Domando di parlare. (Brusìo).
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, nella confusione che c'è in Aula...
PRESIDENTE. Invito i colleghi ad abbassare il livello del brusìo.
BOCCIA Antonio (Ulivo). ...forse non è stata percepita bene la richiesta avanzata dai relatori. Su alcuni emendamenti presentati al provvedimento la 5a Commissione ha espresso un parere contrario ai sensi dell'articolo 81, comma quarto, della Costituzione, il che crea dei problemi seri alla validità del provvedimento, a prescindere da maggioranza e opposizione. E' stata quindi chiesta una pausa per consentire al Governo di individuare le coperture necessarie.
Allora, signor Presidente, è inutile, a mio avviso, procedere nell'iter ordinario dei lavori parlamentari se prima non sappiamo qual è il testo del quale dobbiamo discutere. Chiedo dunque che si prenda in considerazione la richiesta dei relatori di una breve pausa per consentire alle Commissioni e al Governo di trovare un punto di chiusura sulle questioni che riguardano gli emendamenti 1.102 e 1.104 e, soprattutto, gli emendamenti 1.111, 1.214 e 1.215, presentati, rispettivamente, dai senatori Leoni, Centaro e D'Alì e Scotti, che chiedono la soppressione del comma 7.
PRESIDENTE. Informo i colleghi senatori che, a prescindere dal dibattito, sono state presentate due questioni pregiudiziali che, come sappiamo, hanno il diritto di precedenza su tutto.
D'ALI' (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALI' (FI). Signor Presidente, credo sarebbe il caso di procedere, come lei ha detto, con le questioni pregiudiziali. Il presupposto della richiesta di sospensione non è rappresentato dai tre emendamenti da noi presentati, ma dal parere contrario della 5a Commissione sul comma 7 dell'articolo 1. Noi possiamo essere anche favorevoli ad una sospensione, ma sempre dopo avere esaminato le pregiudiziali, se il Governo annuncia il ritiro del comma 7. Diversamente sarebbe, come già successo purtroppo in Commissione, un precedente gravissimo.
Ho solo una breve esperienza governativa, però mai un Governo o una maggioranza in Commissione si erano permessi non solo di ignorare il parere della 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, ma addirittura di dichiarare che quel parere non rilevava ai fini delle valutazioni della volontà della maggioranza. E il Governo non è intervenuto!
Sappiamo benissimo - ne parleremo nel corso della discussione delle questioni pregiudiziali - che questo parere impone al Capo dello Stato di non firmare il provvedimento.
Pertanto, signor Presidente, ci dichiariamo assolutamente favorevoli alla sua proposta di esaminare subito le questioni pregiudiziali e favorevoli ad un'eventuale sospensione solo nel caso in cui il Governo annunci il ritiro del comma 7 dell'articolo 1; diversamente, chiediamo di procedere.
PRESIDENTE. Mi sembra che le argomentazioni esposte non incidano sull'ordine dei lavori della seduta. Come tutti sappiamo, le questioni pregiudiziali sono state presentate dai senatori Pastore e Ferrara. Pertanto, a termini di Regolamento, procediamo con la loro illustrazione.
PASTORE (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE (FI). Vorrei ricordare ai colleghi che, in parte, ci siamo già occupati di tali questioni quando abbiamo sollevato in Aula il problema dei presupposti di necessità e urgenza del provvedimento in esame.
Dopo la relazione del collega Brutti ci sarebbe poco da aggiungere, perché in realtà le perplessità che trasparivano dalle sue parole costituiscono, a mio parere, un macigno sulla strada del provvedimento.
Per quanto riguarda il cuore del provvedimento, ossia il comma 1 dell'articolo 1, vorrei far presente ai colleghi che, dopo la sentenza della Corte ricordata dal collega Brutti, il legislatore ha proceduto in modo da rendere sempre meno rilevanti, da un punto di vista soggettivo, i provvedimenti di sospensione degli sfratti, "caricando" - tra virgolette - sulla solidarietà sociale, e quindi sugli interventi pubblici, la soluzione di questi gravissimi problemi umani, che non vogliamo certamente sottovalutare e che non sottovalutiamo. Ma essi, come ci ha insegnato la Corte, vanno risolti o avviati a soluzione a carico della fiscalità generale e non certamente a carico del malcapitato proprietario, che ha la legittima aspettativa di riavere la disponibilità dell'immobile di sua proprietà.
Vi è stato un percorso che ha portato alla riduzione dell'incidenza di provvedimenti di questo tipo; infatti, l'ultimo provvedimento di proroga di sospensione degli sfratti si limitava alle città con popolazione non inferiore a un milione di abitanti. Il decreto‑legge in esame estende invece a macchia d'olio la ricaduta del provvedimento, stabilendo che si applichi nei Comuni capoluoghi di provincia, che probabilmente non hanno situazioni così gravi da non poter essere risolte con gli ordinari strumenti di solidarietà previsti dal nostro ordinamento, e nei Comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti.
Noi abbiamo chiesto al Governo - e mi sembra che gli emendamenti presentati dalla stessa maggioranza dimostrino di aver colto nel segno - di spiegarci quale estensione avrebbe avuto tale provvedimento. L'estensione, evidentemente, era così ampia da indurre alla presentazione dei due emendamenti che fanno riferimento ai Comuni ad alta tensione abitativa, che sono certamente di entità ridotta rispetto a quelli indicati nel comma 1.
Rimane comunque la pregiudiziale sul testo del provvedimento. Noi - lo ripeto - invochiamo il rispetto della sentenza della Corte e, soprattutto, il rispetto di un percorso che avrebbe dovuto portarci a rendere assolutamente neutrale per la proprietà l'esistenza delle situazioni di grave disagio, facendone invece carico alla collettività.
Vi sono altre due questioni che riguardano l'articolo 1. Il comma 3, con normativa alquanto originale, prevede che per particolari soggetti, probabilmente ritenuti non meritevoli di tutela (tra questi i soggetti che fanno del reddito e della proprietà immobiliare una fonte di equilibrio finanziario, come gli enti di previdenza), il termine di sospensione, invece che al 30 giugno 2007, sia fissato al 30 giugno 2008. Viene poi stabilito per le grandi proprietà il tetto di 100 unità abitative che indubbiamente è assolutamente discrezionale, per non dire arbitrario, perché potrebbero essere anche 90 o 190: in realtà si tratta di una scelta senza alcuna logica di base.
Tuttavia è l'ultimo punto, quello già richiamato delle questioni di copertura, concernente il comma 7, da ritenersi in contrasto sostanziale con la Costituzione. Tale comma prevede - credo che i colleghi debbano rendersene conto - che per gli alloggi che hanno formato oggetto di transazioni nell'ambito delle procedure delle famose SCIP (operazioni di vendita di immobili pubblici per ristorare le casse dello Stato sulla base di precise regole, che hanno indotto le società e gli enti acquirenti a fare precisi e fondati calcoli economici) non si applica il comma 1 di questo decreto-legge. Quindi non vi è la sospensione degli sfratti, laddove vi siano sfratti esecutivi, ma addirittura il rinnovo di contratti già scaduti, e non per la durata di quattro anni, come prevedeva la materia dell'equo canone, non per sei anni, come per gli esercizi commerciali, ma addirittura per nove anni.
In sostanza, si prevede un rinnovo per legge dei contratti di locazione per nove anni, prescindendo dall'applicazione o meno del comma 1 dell'articolo 1 perché si potrebbe applicare in questo caso tale norma colpendo anche situazioni di equilibrio economico-finanziario di soggetti che si sono fidati e hanno confidato nel rispetto delle regole da parte dello Stato. Il comma 7 è uno schiaffo alla certezza del diritto, ma soprattutto alla serietà di un legislatore che promette ad alcuni che incasseranno, ma poi con una mano toglie dal portafoglio di chi già ha dato.
Questo è il punto forse più grave del provvedimento in esame, anche perché vi sono collegamenti con questioni di copertura, delle quali non mi occupo, ma che ritengo assolutamente rilevanti.
FERRARA (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, la questione di cui trattiamo preoccupa per i suoi effetti dispositivi; quindi, la pregiudiziale di costituzionalità trova ulteriore se non maggiore fondamento nella contrarietà che rileva sotto il profilo della legge sulla contabilità pubblica e, quindi, sotto il profilo dell'articolo 81 della Costituzione.
Nel provvedimento - come è stato già detto dal relatore e dal senatore Pastore - sussistono due disposizioni, una al comma 7 dell'articolo 1 e, aggiungo, una all'articolo 5, che è un articolo di copertura, che sono palesemente incostituzionali.
Il comma 7 dell'articolo 1 è volto ad attribuire ai conduttori - ripetiamo ancora una volta in quest'Aula - di immobili destinati ad uso abitativo oggetto della cartolarizzazione SCIP, se appartenenti a particolari categorie, il diritto di rinnovo per nove anni del contratto di locazione di cui sono titolari. Ma cosa succede? Questa introduzione dispositiva determina una scopertura oltremodo patente delle norme. Cerchiamo di spiegare il perché.
Se così fosse, se cioè i locatari potessero prorogare il contratto di locazione di nove anni, così come disposto dal comma 7, rispetto al valore stimato dalla società di cartolarizzazione, cioè dalla SCIP, si andrebbe incontro ad una svalutazione evidente dell'immobile: più sono gli immobili che possono essere detenuti in locazione, più il loro valore sarebbe svalutato sul mercato per un periodo maggiore di tempo.
Cosa succede? È obbligatorio da parte dello Stato che questa svalutazione, per gli effetti delle disposizioni vigenti, venga indennizzata. Ricordiamo e leggiamo che il decreto ministeriale del 21 ottobre 2002, attuativo delle disposizioni in ordine alle autorizzazioni di cartolarizzazione degli immobili, oggetto del provvedimento, stabilisce che al momento del trasferimento degli immobili dagli enti previdenziali alla SCIP, la società di cartolarizzazione versi un prezzo iniziale a titolo definitivo, e corrisponda all'importo effettivamente incassato, sempre dalla stessa SCIP, a fronte della emissione di titoli, un importo commisurato all'85 per cento - lo sottolineo poiché è un punto molto importante del ragionamento che sto per fare - del valore stimato nel mese di novembre 2002.
Inoltre, lo stesso decreto ministeriale stabilisce che si determineranno oneri per lo Stato nell'eventualità in cui il ricavato della vendita degli immobili sul mercato non sia sufficiente alla società di cartolarizzazione per far fronte agli obblighi derivanti dai prestiti contratti. È più che evidente che il valore di un immobile libero è valutato dal prezzo di mercato; invece, nel caso vengano prorogati i contratti, l'immobile detenuto in locazione sarebbe svalutato e quindi, qualora le società di cartolarizzazione potessero vendere l'immobile (bisogna infatti verificare se ciò sia possibile), immobile per il quale nell'incontro tra domanda e offerta il mercato comunque individuerebbe un valore, il prezzo sarebbe di gran lunga inferiore all'85 per cento, con un pericolo ben più che ipotetico di una riforma che, in sede comunitaria, potrebbe essere fatta sul debito pubblico.
Perché? Bisogna ricordare tale aspetto che non è stato ancora affrontato nelle Commissioni di pertinenza anche se risulta dai documenti: ricordiamo che le società SCIP hanno emesso dei bond sulle operazioni, con il conseguente interessamento bancario garantito dallo Stato. Se, però, registrassimo un abbassamento della percentuale, superiore al limite dell'85 per cento dettato dal decreto ministeriale del 21 novembre 2002 allora, per decisione EUROSTATdel 2005, l'indennizzo sarebbe valutato - così come tutta l'operazione - come un elemento dello stock di debito.
Vi è una conseguenza non solo sotto il profilo del dettato dell'articolo 81 della Costituzione e per quanto attiene alla legge di contabilità; esiste un pericolo molto, molto più grave, cioè la revisione del debito pubblico dello Stato. È una questione che deve essere affrontata perché, ancorché venisse coperta dal Governo l'entità della risorsa valutata da una relazione tecnica, che ora non c'è, sul comma 7 dell'articolo 1, se la copertura fosse pari ad una cifra superiore all'85 per cento, rimarrebbe sempre possibile una riforma del debito pubblico, che determinerebbe non solo una conseguenza sotto il profilo della costituzionalità, ma anche una conseguenza evidente per la strutturazione propria del sistema a supporto della conduzione del Tesoro.
Bisogna poi aggiungere che se il comma 7 comporta due effetti, uno certo, cioè la necessità che la norma deve essere coperta ex articolo 11 della legge di contabilità, l'altro, pericolosamente possibile, è la riclassificazione del debito pubblico: questo non è detto soltanto dall'opposizione e dalla minoranza, ma dallo stesso relatore in Commissione bilancio. Era infatti il relatore in Commissione bilancio a chiedere al Governo di fornire chiarimenti sullo stato delle operazioni di cartolarizzazione e, in particolare, proprio come stiamo continuando a dire, sulle eventuali ripercussioni negative che potessero coinvolgere il rimborso dei bond da parte della SCIP. Ancora, non è soltanto l'articolo 1, al comma 7, che ha patenti profili di incostituzionalità.
Vi è nel provvedimento in esame l'articolo 5 che abbassa dal 15 al 14 per cento la deducibilità dei contratti di locazione, se stipulati a canone libero, cioè il cosiddetto canone non concordato. Si dà la possibilità di una valutazione da parte del locatore di passare dal canone non concordato a quello concordato, che, come sappiamo, ha un migliore trattamento ai fini fiscali. Cioè il locatore che vedesse la possibilità di una riduzione della deduzione dal 15 al 14 per cento potrebbe decidere di passare dal canone libero al canone concordato, perché avrebbe un maggiore beneficio dal punto di vista fiscale.
Ma tale beneficio a livello fiscale si traduce in un minor gettito per lo Stato, e se c'è un minore gettito per lo Stato questa norma deve essere coperta. Il Governo la copre con il ragionamento per cui anche se i canoni non concordati, che sono oggi del 2 per cento, passassero al 20 per cento, la cifra individuata dalla relazione tecnica, per gli effetti dell'articolo 5 del provvedimento, sarebbe ben superiore al necessario.
Ma è evidente che esistono due motivi di contrarietà: innanzitutto l'estrapolazione fatta nella relazione tecnica non indica come la valutazione del 2004 si possa riportare al 2006; in secondo luogo, la relazione tecnica non dice nulla, così come invece disposto dalla legge di contabilità, sui dati e sui metodi utilizzati per la quantificazione e, in particolare, sul cosiddetto sistema economico adottato per dichiarare il 20 per cento bastevole al fine di conseguire l'obiettivo di compensazione degli effetti contabili. In definitiva, la norma non risponde al contenuto dell'articolo 11-ter, comma 2, della legge di contabilità, e quindi deve essere respinta così come la Commissione bilancio ha fatto.
In conclusione, il provvedimento determina evidentemente una voragine nei conti pubblici e, anche se coperto, per quanto abbiamo argomentato sullo stock, influenzerebbe molto negativamente il rating dello Stato. E proprio alla luce di quanto è stato deciso negli ultimi giorni sul rating dello Stato, che sia ulteriormente abbassato per una decisione del Governo, di un provvedimento così mal fatto non abbiamo certamente bisogno. (Applausi dal Gruppo FI).
PRESIDENTE. Ricordo che nella discussione sulle questioni pregiudiziali può prendere la parola non più di un rappresentante per ogni Gruppo parlamentare, per non più di dieci minuti.
*VILLONE (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VILLONE (Ulivo). Signor Presidente, intervengo per esprimere la nostra convinzione che sussistano i presupposti di necessità ed urgenza e che quindi la posizione espressa dai colleghi dell'opposizione non debba essere accolta.
Credo che le due relazioni iniziali svolte dai colleghi Confalonieri e Brutti Massimo abbiano ampiamente illustrato che, in questo caso, il decreto-legge risponde davvero ad un'emergenza in atto, un'emergenza certamente antica, ma non per questo meno seria, e che anzi si sta aggravando.
In particolare, il collega Confalonieri ha tratteggiato come vi siano varie concause che determinano... (Brusìo)
PRESIDENTE. Scusi, senatore Villone; pregherei i colleghi di accomodarsi. Prego, senatore Forte, si accomodi!
VILLONE (Ulivo). Dicevo che il collega Confalonieri ha tratteggiato come vi siano varie concause che determinano la situazione nella quale ci troviamo: il venir meno dei programmi di costruzione di case popolari; l'aumento forte ed indiscriminato dei canoni e la conseguenza che ormai la gran parte delle questioni che sorgono riguarda sfratti per morosità; la svendita sostanziale del patrimonio immobiliare pubblico che storicamente è stato un tampone ed ha fatto da ammortizzatore alla domanda di abitazione.
In realtà, in questo Paese da tempo non abbiamo più politiche pubbliche strutturali per la domanda abitativa. Di tali politiche c'è bisogno. Il punto è che per metterle in campo si richiedono tempi non brevi. Di qui la scelta opportuna del decreto-legge, che interviene, da un lato, tamponando l'emergenza in atto - i numeri sono noti, le famiglie che rischiano di andare per strada sono tante - e, dall'altro, mettendo in campo una prima idea, un avvio, di politica strutturale. Non c'è dubbio che da questo punto di vista sussistano i presupposti di necessità e urgenza. Nel merito, siamo di fronte a un provvedimento che è anche strettamente mirato nei suoi requisiti soggettivi e oggettivi.
Gli argomenti che portano i colleghi dell'opposizione, in realtà, attengono a supposti profili di incostituzionalità di questo o quel punto del testo. Ciò però non incide sulla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza (si tratta di una confusione abituale che fanno i colleghi dell'opposizione). Capisco che si possa dire che un decreto-legge non può essere necessario e urgente se è incostituzionale: ma dovrebbe trattarsi di un'incostituzionalità talmente palese e talmente inoppugnabile del decreto nel suo complesso da non poter reggere l'adozione in sé. Tale certamente non è il caso di questo decreto.
Non è vero, come si dice, che sia troppo esteso nell'ambito di applicazione: comunque è l'emergenza abitativa quella che esso intende affrontare. Non c'è alcun atteggiamento discriminatorio a carico di questa o quella categoria. Va anche detto che sono pienamente soddisfatti i parametri posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che nelle sue sentenze ha detto in sostanza due cose: in primo luogo, non ci possono essere proroghe continue a tempo indeterminato e a catena, e, in secondo luogo, non può farsi carico il solo locatore della necessità di soddisfare il diritto all'abitazione.
Questo è esattamente quanto si fa con tale decreto, che non solo avvia la prospettiva del superamento dell'emergenza ma prevede discipline differenziate a carico del locatore per condizioni allo stesso inerenti. Questo è evidente quando si fa una disciplina diversa per la grande proprietà immobiliare. Non c'è dubbio alcuno che ci sia una situazione diversa per la grande proprietà immobiliare rispetto al piccolo proprietario e non c'è dubbio che questa sia una disciplina differenziata che non guarda solo alle condizioni soggettive di chi prende in affitto l'immobile ma parte invece dalla condizione diversa di chi ne dispone in qualità di proprietario.
Quindi, l'impianto di tale decreto è chiaramente nel solco della giurisprudenza della Corte costituzionale. Fa poi sorridere l'argomento che in questo modo si turberebbe addirittura l'equilibrio finanziario di tali enti, in particolare di quelli previdenziali. Si può mai pensare che tale equilibrio sia turbato dal fatto che qualche poveraccio non va a finire per strada e non va a dormire sotto i ponti, o piuttosto tale equilibrio è stato turbato dalle dissennate politiche di svendita del patrimonio che ha fatto il centro-destra per anni, le quali hanno letteralmente dissipato il patrimonio immobiliare di tali enti e ne hanno messo - loro sì, con le loro scelte politiche - a rischio l'equilibrio finanziario?
Infine, per quanto riguarda il punto degli emendamenti non coperti è evidente che esso non ha a che fare con i presupposti di costituzionalità.
Non so quello che deciderà di fare la Presidenza o il Governo, ma è chiaro che su questi emendamenti si voterà, in ogni caso, secondo il Regolamento. Noto, tuttavia, che sarebbe davvero singolare che l'avere avanzato un emendamento nel corso della discussione del decreto-legge determinasse ora qui in Aula la decisione sulla esistenza dei presupposti che, lo ricordo sempre ai colleghi, comporta la decadenza immediata del decreto. Quindi, un emendamento che non è ancora parte del testo, che non è ancora stato approvato dall'Aula, che non esiste normativamente, dovrebbe indurre quest'Aula a far decadere immediatamente il decreto nella sua interezza, come accadrebbe se dall'argomento che è stato posto noi arrivassimo alla conclusione di un voto negativo sull'esistenza dei presupposti.
È del tutto evidente che questa sarebbe cosa insensata. Quindi, a prescindere dalle decisioni da assumere nel merito specifico di questi emendamenti, è del tutto ovvio che la cosa non deve riguardarci adesso, nel momento in cui votiamo sui presupposti di necessità e di urgenza.
Credo, signor Presidente che, come sempre, la questione risieda nel bilanciamento degli interessi. Anche in questo caso, esiste un bilanciamento di interessi; per una volta si bilancia a favore dei deboli e di chi versa in condizioni di difficoltà. Non mi stupisco che i colleghi del centro-destra siano, come sempre, dalla parte opposta.
Personalmente, ritengo che questa maggioranza stia dalla parte giusta e debba sostenere le ragioni della necessità e dell'urgenza.
RUBINATO (Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUBINATO (Aut). Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi mi ha preceduto ha già ampiamente motivato la insussistenza delle prospettate questioni di pregiudizialità costituzionale. In ogni caso, anch'io cercherò di argomentare al riguardo.
Credo che il decreto-legge che ci accingiamo a convertire rappresenti un forte segnale di discontinuità rispetto al passato proprio nel senso dell'attuazione dei principi costituzionali. Sappiamo che in materia le norme vanno ad incidere su due diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione: da una parte il diritto di proprietà, dall'altra il diritto all'abitazione, appunto, che trova fondamento negli articoli 2, 3, e 42, comma secondo, della Costituzione.
La Corte costituzionale ha avuto modo di esprimersi in materia di blocco di sfratti plurime volte. Vorrei qui ricordare i passaggi più rilevanti di due sentenze in materia che indicano la rotta che, in qualche modo, questo decreto-legge cerca di seguire.
Nel 2003 la Corte ebbe a rilevare in modo molto chiaro che il legislatore deve certo farsi carico «delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, in quanto appartenenti a categoria protetta, ricorrendo ad iniziative del settore pubblico o accordando agevolazioni o ricorrendo ad ammortizzatori sociali; ma non può indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio».
Successivamente, nel 2004, con la sentenza n. 155, la Corte ha ribadito ulteriormente che la sospensione delle procedure di rilascio di immobili può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell'immobile per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato. La Corte ha altresì fatto presente che, ove le scelte del legislatore dovessero ulteriormente seguire la logica del susseguirsi di proroghe e differimenti del termine di sospensione delle procedure di rilascio, queste «non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d'illegittimità costituzionale, anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell'ordinamento».
Ebbene, con questo provvedimento si prevengono le censure di disparità di trattamento dei locatori, si previene la censura relativa all'indiscriminata sospensione e proroga degli sfratti e si prevedono dei meccanismi compensativi per il danno subito dai locatori in conseguenza del mancato rilascio dell'immobile. Un provvedimento, dunque, che finalmente va nella direzione di ottemperare i precetti costituzionali.
La segnalata discontinuità in particolare si rileva nella previsione di cui all'articolo 1, comma 6, il quale dispone che «la sospensione non opera in danno del locatore che dimostri, nelle forme di cui al comma 2, secondo periodo, di trovarsi nelle stesse condizioni richieste per ottenere la sospensione medesima o nelle condizioni di necessità sopraggiunta dell'abitazione»; nella previsione della decadenza del beneficio della sospensione nel caso di mancato pagamento dei canoni, ai sensi del comma 5 dello stesso articolo; nella corresponsione della maggiorazione del canone a titolo di risarcimento del danno per il prolungamento dell'utilizzazione dell'immobile. In questo testo di legge, dunque, ritroviamo le norme che consentono di ottenere la piena comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, come imposta dalla Corte costituzionale e quindi dalla nostra Costituzione.
All'articolo 2 sono stabilite congrue misure che addossano alla collettività l'onere economico di proteggere gli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, con benefici fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato che, eventualmente, dei Comuni.
Per quanto attiene infine al profilo della durata della sospensione, la sospensione generalizzata è limitata a soli due mesi, mentre l'ulteriore periodo di sospensione previsto è condizionato alla predisposizione da parte dei Comuni, di intesa con le Regioni, dei programmi di edilizia indicati all'articolo 3, che va predisposto entro due mesi.
Ebbene - per quanto ho cercato di sintetizzare - il provvedimento è ben diverso rispetto a quelli che sono stati oggetto più volte di precedenti sanzioni e censure da parte della Corte costituzionale che esaminava decreti di mera proroga e non funzionali ad alcun intervento strutturale e sostanziale. Certamente, la logica del provvedimento in esame cambia radicalmente la prospettiva perché non si propone una mera proroga fine a sé stessa, ma una sospensione finalizzata e condizionata all'effettivo avvio di programmi per la soluzione del problema abitativo delle categorie interessate.
In proposito, mi soffermo brevemente anche sull'ultimo rilievo di pregiudizialità costituzionale, ovvero sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza per l'adozione di un decreto-legge. Ebbene, il presente decreto-legge ha lo scopo, comune a una numerosissima serie di altri decreti-legge, di contenere il disagio abitativo di particolari categorie di soggetti svantaggiati, soprattutto nelle aree metropolitane. La norma che ci accingiamo a convertire è la conseguenza del fatto che non ci sono stati, con gli interventi legislativi adottati in precedenza, soluzioni strutturali a un problema che è innegabile e che rischia di provocare effetti sociali incontrollabili, anche vista la prossima scadenza al 3 agosto della precedente proroga. Questo - a mio avviso - comprova la sussistenza, nel caso in esame, dei requisiti di necessità e urgenza per l'adozione del decreto-legge.
Vorrei qui rilevare - l'ha già fatto bene chi mi ha preceduto - la responsabilità anche da parte del legislatore di aver portato la situazione a tale aggravamento soprattutto, ma non solo, nelle aree metropolitane, dove abbiamo un'elevata concentrazione di famiglie a basso reddito, un numero di sfratti, anche per morosità, cresciuto in maniera esponenziale, un'offerta di alloggi pubblici del tutto ridotta, anche per effetto - com'è stato ben ricordato - della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, un'elevata percentuale di immobili non occupati, l'aumento della povertà materiale e immateriale, senza contare i processi migratori e le difficoltà cui assistiamo quotidianamente nelle nostre aule giudiziarie in questa materia.
A fronte di questo scenario, noi pensiamo che il decreto‑legge in esame dia un'immediata risposta ai problemi che ho cercato di evidenziare e lo faccia in ottemperanza ai precetti costituzionali. (Applausi dal Gruppo Aut).
BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, colleghi senatori, siamo contrari alla questione pregiudiziale posta dall'opposizione perché essa ha un carattere meramente ostruzionistico.
La maggioranza si trova a dover affrontare un problema che è stato lasciato insoluto dai cinque anni di Governo del centro-destra. Per questo, ci sorprende che l'opposizione, su una questione così delicata e che coinvolge direttamente la vita di molti cittadini che si trovano ad affrontare situazioni di autentico bisogno, non senta il dovere di dare il proprio contributo.
Il decreto in esame, non contenendo mere proroghe degli sfratti, ma entrando nel merito delle soluzioni al disagio abitativo, è un decreto nel pieno dei requisiti di necessità ed urgenza, che non corre il rischio di affrontare valutazioni contrarie della Corte costituzionale, come qualcuno ha paventato. Il regime di proroghe è transitorio in quanto è limitato nel tempo, legato a precisi parametri di reddito e tiene conto del carico di figli e portatori di handicap. Esso tiene inoltre conto della popolazione: Comuni con almeno 10.000 abitanti in cui si verificano situazioni di particolare disagio.
Il Governo è arrivato all'emanazione di un decreto proprio per evitare i gravi effetti sociali che sarebbero derivati dallo sfratto di centinaia di famiglie, ma soprattutto perché senza di esso città come Milano, Roma e Napoli non avrebbero potuto trovare soluzioni abitative alternative poiché neanche i Comuni avrebbero potuto nell'immediato dare un tetto a chi ne aveva bisogno.
Le Commissioni competenti hanno già abbondantemente esaminato il provvedimento nel merito e hanno apportato modifiche opportune per dare prima soluzione ad un tema che l'opposizione, se solo provasse ad approfondirlo, si renderebbe conto di quanto vasto e delicato sia. È ovvio che questa maggioranza intende tornare ad affrontare tutte le questioni connesse al disagio abitativo nelle sedi opportune e con soluzioni che non siano solo temporanee, ma che tengano nella dovuta considerazione tutto quanto ruota attorno al mondo della casa.
Il mercato immobiliare, ormai incontrollabile e ingovernabile, pone un ulteriore problema: le soluzioni abitative di tutti quei nuclei familiari che già vivono un enorme disagio. La soluzione - è ovvio - è quella di poter disporre di un numero maggiore di alloggi. E' necessario quindi un piano di edilizia pubblica di lungo periodo che, con il contributo fondamentale dei Comuni, ponga soluzione al problema, che è enorme, sia nelle grandi città, sia nei centri di media grandezza.
Ci rendiamo conto che, accanto al problema di chi è in affitto e chiede una casa, esiste anche il problema dei proprietari, spesso piccoli proprietari che hanno investito i propri risparmi nel mattone e che devono poter disporre legittimamente del proprio investimento, quasi sempre frutto dei sacrifici di un'intera vita.
Riteniamo che le misure oggi in esame debbano essere approvate dall'Aula. La nostra valutazione sulla questione pregiudiziale è pertanto certamente negativa, per il metodo e per il merito della stessa. Ci saremmo aspettati un atteggiamento più responsabile da parte dell'opposizione che, invece, si oppone ostruzionisticamente a tutto, senza distinzione di tema e senza entrare nel merito dei provvedimenti. Ancora una volta l'opposizione, con questo atteggiamento, ignora un legame con il Paese su un tema importante ed urgente, da porre come priorità della politica di un Paese moderno.
Queste sono le ragioni per cui il nostro Gruppo voterà contro la questione pregiudiziale. (Applausi dal Gruppo Ulivo).
D'ALI' (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALI' (FI). Signor Presidente, noi voteremo in maniera molto convinta a favore delle questioni pregiudiziali, non solamente per il merito delle stesse, al quale mi rifaccio (merito che è stato illustrato dai senatori Pastore e Ferrara e che il Gruppo di Forza Italia perfettamente condivide), ma anche per una grande preoccupazione in ordine ai nostri lavori parlamentari.
Il senatore Villone ha parlato di emendamenti; noi siamo entrati nel merito del provvedimento. Siamo in presenza, signor Presidente, onorevoli colleghi, di un parere contrario della 5ª Commissione bilancio, convintamente sostenuto da membri della maggioranza in ordine a una parte del provvedimento.
Innanzitutto, è singolare che un disegno di legge recante la firma del Ministro dell'economia - spero che il collega Pinza mi ascolti - attiri il parere contrario della 5ª Commissione del Senato, ma è assolutamente allarmante che in Commissione la maggioranza e il Governo, nonostante tale parere, decidano deliberatamente di andare avanti, di ignorarlo e di portare in Aula il testo nella sua interezza.
Non si tratta di discutere sul merito del provvedimento (lo hanno già fatto egregiamente i colleghi Pastore e Ferrara), che riteniamo profondamente incostituzionale: qui si tratta di difendere le prerogative dell'intera Assemblea del Senato, di maggioranza ed opposizione. (Applausi dei senatori Amato e Pastore).
Non si era mai verificato che un Governo e una maggioranza, in presenza di un parere contrario della 5a Commissione ex articolo 81 della Costituzione, non apportassero direttamente in Aula o correttivi o stralci della parte del disegno di legge bocciata dalla 5ª Commissione.
Onorevoli colleghi, è un problema di difesa delle prerogative di questa Assemblea. Se la maggioranza e il Governo ritengono di andare anche contro se stessi, ignorando il suddetto parere, noi non possiamo che essere non solamente sorpresi, ma estremamente preoccupati. Il voto favorevole alla questione pregiudiziale, oltre a riguardare, a nostro parere, il merito del provvedimento, concerne la difesa di tutti noi: le prerogative dei Gruppi, delle Commissioni e dell'iter procedurale delle nostre leggi. Ripeto: se dovesse essere posto in discussione il provvedimento nella sua interezza, comprese le parti giudicate incostituzionali, ciò verrebbe a significare l'inutilità che ogni provvedimento - come prevede il Regolamento - sia esaminato dalla 5ª Commissione per il giudizio di merito e, come in questo caso, per il giudizio sulla costituzionalità.
Pertanto, collega Villone, non interveniamo adesso sugli emendamenti, ma lo faremo nella sede opportuna; interveniamo sul testo e lei lo sa benissimo. Il nostro non è un atteggiamento ostruzionistico, senatore Barbato; al contrario, è prevaricatore e sprezzante quello della maggioranza e del Governo, è un modo di agire preoccupante. (Applausi dal Gruppo FI).
Il voto sulla questione pregiudiziale, in questo caso, non è solo sul merito del provvedimento, ma sulla difesa delle prerogative del Parlamento. Il Governo ieri ha taciuto in maniera inquietante sul parere di non costituzionalità espresso dalla 5ª Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Rammento che, anche per casi di gran lunga meno rilevanti, il Capo dello Stato si è sempre rifiutato di apporre la sua firma su provvedimenti recanti tale giudizio contrario; esso non mancherà di essere ricordato oggi, dinanzi a quest'Aula, nella fase della lettura dei pareri.
Penso in ogni caso che, qualora la maggioranza dovesse ritenere di appoggiare se stessa da un parte e di autosmentirsi dall'altra, sostenendo l'inquietante silenzio del Governo sul provvedimento e bocciando le questioni di pregiudizialità, sarà sicuramente necessario presentare - lo annuncio sin d'ora - una proposta di non passaggio agli articoli, affinché tale situazione possa essere sottoposta alla nostra attenzione, nell'interesse - ripeto - di tutti.
Tutti noi (la maggioranza, prima ancora che l'opposizione) abbiamo interesse che i provvedimenti siano adottati nell'osservanza della Costituzione e che i pareri espressi in difesa della stessa vengano rispettati. Non approvare oggi la questione pregiudiziale sarebbe un oltraggio alla Costituzione e alla 5ª Commissione, la quale, certamente, dovrebbe trarne le conseguenze attraverso la decisione di dimissioni di parte dei suoi componenti. L'intero Parlamento sarebbe privato del diritto di esercitare il controllo sugli atti del Governo e sarebbe sottoposto all'obbligo di approvarli senza esprimere un suo giudizio critico. (Applausi dai Gruppi FI e AN).
SAPORITO (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SAPORITO (AN). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, nella passata legislatura sono stati approvati provvedimenti finalizzati a risolvere il problema sociale, politico e umano dell'emergenza abitativa, a far data dalla legge finanziaria 2001, il cui articolo 80, comma 22, sancì la sospensione per sei mesi delle procedure esecutive di sfratto nei confronti degli inquilini nel cui nucleo familiare vi fossero soggetti ultrasessantacinquenni o portatori di handicap grave e che non disponessero di altre abitazioni o di redditi sufficienti ad accedere all'affitto di nuova casa. Quindi, nessuno può accusarci e accusare il Governo Berlusconi di non essere stato sensibile ai problemi socialmente importanti quale quello in discussione oggi in quest'Aula.
Successivamente, però, vi sono state diverse proroghe su cui è intervenuta la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 310 del 2003, ha sancito l'eccezionalità dei provvedimenti di sospensione dell'esecuzione per il rilascio, chiedendo al legislatore di rendere più leggera e meno punitiva la norma eccezionale, per non ridurre il diritto dei soggetti proprietari provvisti di titolo esecutivo giurisdizionale.
Sulla linea di questo orientamento era legittimo attendersi dal Governo Prodi un provvedimento legislativo più leggero, meno punitivo del privato proprietario di immobili, soprattutto con l'avvio di iniziative nel settore pubblico, ricorrendo ad agevolazioni e ad ammortizzatori sociali per non far ricadere tutto l'onere dell'intervento sociale sui proprietari di case. Nel decreto-legge 29 settembre 2006, n. 261, di cui stiamo oggi discutendo, si va in una direzione del tutto opposta alla decisione della Corte costituzionale che, con successiva sentenza n. 155 del 2004, ha stabilito che ulteriori differimenti del termine di sospensione delle procedure di rilascio «non potrebbero sottrarsi alle proposte censure di illegittimità costituzionale».
In tale quadro, sono d'accordo - e lo affermo a nome del mio partito - con i colleghi senatori Pastore e Ferrara, che hanno correttamente sollevato questioni pregiudiziali all'ulteriore prosieguo dell'esame del provvedimento, che anziché alleggerire il rapporto tra bisogni sociali e diritti dei soggetti in causa lo aggrava, aumentando il numero dei Comuni interessati anziché ridurlo, facendo diventare ancora più divaricante l'equilibrio tra il diritto dei proprietari e le aspettative delle categorie da proteggere.
Per tali motivi, il Gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore dell'accoglimento delle questioni pregiudiziali.
Preciso che il mio partito e il mio Gruppo non sono contrari ad ulteriori iniziative di proroga, tenuto conto dell'antica, forte e consolidata attenzione del mio partito ai problemi delle categorie più deboli del nostro ordinamento, ma a condizione - lo hanno affermato altri colleghi e lo ribadisco a nome del mio Gruppo - che il provvedimento d'urgenza venga armonizzato con il quadro indicato dalla Corte costituzionale e delineato dalle proposte emendative presentate dalla Casa delle Libertà nelle Commissioni consultive e di merito. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
TECCE (RC-SE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TECCE (RC-SE). Signor Presidente, quello al nostro esame è un decreto-legge sicuramente indifferibile ed urgente: la relazione allegata al provvedimento e i due relatori, senatori Confalonieri e Brutti, lo hanno richiamato. Aggiungo anche che esso è di rilevante interesse pubblico, vista sia la situazione delle grandi aree metropolitane come Milano, Roma, Torino, Napoli e Firenze, sia quella di tanti Comuni ad alta densità abitativa.
Vorrei richiamare i pronunciamenti dei sindaci, al di là dei colori politici, e quelli dell'ANCI, organismo che rappresenta tutti i Comuni italiani, che con forza - è bene ricordarlo - a fine luglio, quando si avvicinava la scadenza del precedente provvedimento, prevista per il 3 agosto scorso, chiedevano al Governo di fare presto. Ricordo di avere personalmente sollecitato i Ministeri competenti in relazione alla situazione drammatica della città di Napoli, che ben conosco.
Ebbene, nessuno faccia finta di dimenticare che migliaia di cittadini più deboli senza questo decreto-legge oggi non vedrebbero risolta la loro problematica abitativa. Si tratta - lo ricordo - di persone il cui reddito familiare complessivo è inferiore ai 27.000 euro, che sono o hanno a carico persone ultrasettantenni, figli, portatori di handicap. Stiamo parlando, in sostanza, delle donne e degli uomini più deboli di questo Paese.
In secondo luogo, l'aspetto positivo di questo provvedimento è che, a differenza di tutti gli altri (senza polemizzare con i decreti-legge presentati dall'allora vice ministro Martinat), non soltanto risolve un problema oggettivamente urgente - ripeto, si è verificato un rischio di scopertura tra il 3 agosto e la data di presentazione di questo decreto-legge - ma addirittura lo fa nell'ottica dei due rilievi espressi nelle varie sentenze della Corte costituzionale. Si passa, cioè, dall'emergenza ad un inizio di nuova programmazione dell'edilizia. E ciò riguarda la stessa durata delle sospensioni.
Per conferire maggiore responsabilità alle Regioni e ai Comuni al tavolo di concertazione di cui all'articolo 4 del provvedimento, è stabilito che la proroga sarà legata ai tempi nei quali essi definiranno i piani. Sia chiaro: quei Comuni che non predisporranno, entro sessanta giorni, un programma di edilizia faranno decadere i benefici.
Inoltre - altro aspetto di rilievo - gli interessi del conduttore e del locatore questa volta sono ben individuati. Non è vero che saranno i proprietari a dover pagare la proroga. Ci sono evidenti vantaggi per i locatori, sia attraverso la maggiorazione del canone del 20 per cento sia da parte della fiscalità generale, mediante la riduzione forfetaria al 14 per cento del canone del reddito - mi riferisco all'articolo 4 - assunto come base imponibile. E' questa la copertura finanziaria del provvedimento a cui si provvede proprio con le maggiori entrate derivanti dalla rideterminazione dei redditi da fabbricati di cui all'articolo 5.
Pur essendo in fase di esame di una questione pregiudiziale sul testo, senatore D'Alì, da parte di qualche collega si è fatto riferimento agli emendamenti. Mi sembra del tutto logico che, se anche la stessa Commissione bilancio ha detto che la copertura - affronterò poi l'obiezione che fa lei - assumendo la percentuale del 14 per cento va bene, diventa molto faticoso sostenere che se con un emendamento si allarga la platea dei beneficiari dai settantenni ai sessantacinquenni, dai Comuni capoluogo e Comuni limitrofi al di sopra dei 10.000 abitanti a quelli invece compresi nell'elenco della delibera CIPE n. 87 del 2003 e si abbassa al 13 per cento la percentuale forfetaria, con ciò determinandosi un raddoppio delle entrate, le cose non siano chiare. E' bene che il Governo faccia luce se questo rischia di ampliare la platea dei beneficiari e, nel rischio, si possono creare cambiamenti di preferenza tra contratti liberi e contratti concordati, ma mi sembra che un chiarimento del Governo, come da me più volte sollecitato in 5a Commissione, possa dissipare i dubbi sollevati dalla Commissione bilancio sui commi 4 e 5.
Quanto al parere contrario, esso riguarda esclusivamente una formulazione del Governo in Aula. Il sottosegretario Casula ha chiesto di ritirare l'attuale comma 7 dell'articolo 1 ed eventualmente procedere ad una sua nuova formulazione. Quindi, la 5a Commissione ha espresso un parere ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione semplicemente perché il Governo aveva detto che non era possibile mantenere l'attuale formulazione. I tempistretti non hanno permesso di attenderne una nuova. Se però essa sarà presentata in Aula, se ne terrà conto.
Quanto all'ultimo aspetto della vicenda, vi è da fare una valutazione politica. L'opposizione deve dire se, nei territori ad alta densità abitativa, come, ad esempio, Milano, ritiene utile un provvedimento di legge per uscire dall'emergenza abitativa. Credo che se c'è spirito di collaborazione si possono tranquillamente superare questioni interpretative che anche da parte della Commissione bilancio sono state affrontate con particolare rigore.
Ma c'è un punto innegabile. Questo decreto, rispetto agli altri che vengono citati nelle relazioni, esce dalle fasi delle proroghe sic et simpliciter e prevede una proroga differenziata per Comuni, tra quelli che faranno un programma per uscire dall'emergenza e quelli che non lo faranno, una proroga i cui oneri non ricadranno solo a carico dei proprietari. Infatti, sia con interventi agevolativi dei Comuni sia con interventi di fiscalità generale, ci sono evidenti vantaggi per i locatori proprietari.
Se c'è una preoccupazione che noi esprimiamo, è che l'eventuale inadempienza dei Comuni e delle Regioni possa penalizzare i cittadini, non in relazione al loro reddito, non in relazione alla loro drammatica condizione abitativa, ma alla maggiore o minore capacità dei Comuni, che diventa un parametro dei tempi della proroga.
Ecco perché convintamente, non solo e non tanto come Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, ma come Unione, voteremo contro la questione pregiudiziale che riteniamo, dal punto di vista della incostituzionalità, totalmente infondata, perché raramente ci sono stati provvedimenti così urgenti e così indifferibili (per avere degli interessi costituiti e un rilevante interesse pubblico) e raramente c'è stata una tale adesione nel provvedimento alle preoccupazioni e alle indicazioni espresse dalla Corte costituzionale. (Applausi dal Gruppo RC-SE. Congratulazioni).
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, il nostro Gruppo ritiene che le questioni poste alla base delle pregiudiziali oggi presentate siano assolutamente infondate; quindi, voterà contro.
Vorrei ricordare che questo è il primo decreto sugli sfratti e sul disagio abitativo che va incontro ai rilievi formulati dalla Corte costituzionale, che aveva invece espresso una serie di osservazioni significative, senza comunque giungere ad una dichiarazione di incostituzionalità, sui provvedimenti precedenti. In questa occasione ciò non accade, perché le proroghe non sono fini a se stesse, ma sono collegate ad un piano delle Regioni e dei Comuni sul disagio abitativo, ma soprattutto perché tiene conto anche dei diritti del locatore (argomento oggetto invece in passato di rilievi da parte della Corte costituzionale).
In merito al parere contrario espresso dalla 5a Commissione sul comma 7 dell'articolo 1, vorrei far presente al senatore D'Alì, che forse era distratto, anche perché arrivato in ritardo in Commissione, che non è assolutamente vero che in quella sede la questione non sia stata posta. Nelle Commissioni riunite in sede referente, il parere della 5a Commissione è stato correttamente letto da parte del Presidente. Se i membri delle Commissioni hanno poi deciso, come poi è accaduto anche sugli emendamenti, di andare avanti e di confermare il loro voto, hanno semplicemente esercitato la loro prerogativa. Non è la prima volta che accade, anzi, anzi, anzi.
Il suo ragionamento, senatore D'Alì, avrebbe potuto avere validità se noi avessimo ignorato il parere, ma i membri della 5a Commissione erano pienamente coscienti e, in piena coscienza, esercitando le loro prerogative di parlamentari, hanno deciso diversamente. Peraltro sono assolutamente convinta di una certa infondatezza di quel parere contrario, ma poi ne discuteremo e troveremo - credo - anche delle soluzioni. Basterebbe andare a vedere il parere sul decreto-legge n. 351 del 2001.
Respingendo le pregiudiziali difendiamo dunque le prerogative dei parlamentari che, in scienza e coscienza, decidono di andare avanti sul provvedimento, di trovare soluzioni. D'altronde, lei sa perfettamente che il relatore aver chiesto una sospensione proprio per trovare una soluzione e superare così una serie di rilievi.
Per tali motivi, ribadisco l'infondatezza delle questioni pregiudiziali. Mi rivolgo al presidente Baccini, che in questo momento presiede l'Aula: lei sa perfettamente, signor Presidente, qual è la situazione drammatica che si verrebbe a creare non solo a Roma, ma in tutte le grandi città e nell'intero Paese se questo decreto dovesse oggi trovare una battuta d'arresto. Abbiamo trovato una situazione seria che si è incancrenita col passare degli anni, perché non si è fatto assolutamente nulla dal punto di vista degli interventi.
Le cartolarizzazioni, il punto di cui al comma 7, hanno creato ulteriori problemi e disagio facendo venir meno un patrimonio pubblico su cui si poteva intervenire per far fronte alle esigenze dei cittadini più bisognosi. Il decreto in esame non solo prevede una proroga, ma mette in atto una serie di provvedimenti; rappresenta l'inizio di un percorso per cominciare ad affrontare tali problemi.
Per queste ragioni, invito l'Aula a respingere le pregiudiziali, avvalendosi anzi, a maggior ragione, delle proprie prerogative di parlamentari. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com e RC-SE).
ANDREOTTI (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREOTTI (Misto). Signor Presidente, credo che se questo decreto-legge fosse bloccato creeremmo una situazione obiettiva di grande disagio in quella parte della popolazione interessata dal provvedimento.
Vorrei ricordare però - ho chiesto la parola proprio per questo - che nell'immediato dopoguerra, per anni, abbiamo sempre avuto all'ordine del giorno il problema della carenza di abitazioni e quello di una certa regola limitatrice da porre ai canoni di affitto. Abbiamo avuto ministri benemeriti a mio avviso (Fanfani, Alvisio, Tupini) che, o con le "case Fanfani" o favorendo le cooperative, hanno consentito a un numero notevole di famiglie italiane di non avere più il problema di come fronteggiare la condizione di inquilini.
Oggi però - e per questo ho preso la parola - ci troviamo in una situazione di emergenza nata da un fenomeno che, nella mia limitatezza mentale, non so spiegarmi. Perché molti istituti di previdenza, che avevano le loro riserve in immobili (quindi quello che è considerato il modo migliore di disporre di una riserva), hanno massicciamente proceduto ad una smobilitazione, permettendo il formarsi di un potentato immobiliare italiano - mi riferisco adesso al problema romano che conosco - che è alla base di tanti sfratti che sono stati eseguiti negli ultimi tempi? Forse il Governo dovrebbe aiutarci a dare una spiegazione a questo fenomeno, che penso possa essere giustamente considerato inquietante.
Ci sono poi gli aspetti che riguardano l'articolo 81 della Costituzione e il parere della Commissione bilancio, ma se ne occuperanno i colleghi tecnici. Personalmente volevo solo richiamare l'attenzione su tale aspetto, perché la stessa configurazione sociale della nostra società nazionale ha avuto motivi di inquietudine per quanto sta succedendo. Non è un fatto limitato ad una città o ad alcune città.
Quindi, avere qualche mese per poter approfondire questo problema e decidere tutti, senza pregiudiziali e con maggiore serenità di coscienza, credo che sia indispensabile. (Applausi dal Gruppo Ulivo e del senatore Bonadonna).
D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, relatori, onorevoli rappresentanti del Governo, ho chiesto di intervenire, per la verità, dopo aver ascoltato l'illustrazione delle questioni pregiudiziali fatta in quest'Aula e, in particolare dopo le considerazioni del collega D'Alì, alle quali in qualche misura è stata data una risposta politico-sociale e non costituzionale dai colleghi De Petris e Andreotti. Ma non voglio sfuggire di fronte alla questione che è stata posta.
È evidente che se dovessimo scegliere tra la tutela del diritto alla casa come valore, e la tutela dell' inquilino permanente sceglieremmo la tutela del diritto alla casa. Questa è stata la battaglia storica della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati dal 1948 in poi. Lo dico ai colleghi di sinistra: la scelta tra proprietà di casa e non proprietà di casa, di questo si è trattato e ha fatto bene il senatore Andreotti a ricordare i meriti straordinari che Ministri di parte democristiana, e non solo di tale parte, hanno conseguito in ordine alla tutela della proprietà dell'immobile destinato a casa. Abbiamo visto questa posizione contrastata da coloro i quali invece per anni hanno finito con il sostenere che l'inquilino era un valore in sé; mancava una politica dell'accesso alla proprietà dell'immobile casa.
Oggi non possiamo essere presi per il cuore e dire che c'è il problema della casa di alcuni; o ci si dice da parte della maggioranza di Governo - ecco la questione posta da D'Alì - che il diritto ad acquisire la proprietà di casa è un diritto costituzionalmente e politicamente tutelato, allora la pregiudiziale non è una pregiudiziale contro la proprietà dell'immobile destinato a casa, ma è una pregiudiziale per consentire l'accesso alla proprietà di casa e, allora, noi vinceremmo una battaglia storica in questo Parlamento. Non è questione dei diritti dei parlamentari; è questione di uno scontro sociale drammatico che per oltre 30 anni ha visto contrapposti i partiti alleati con la Democrazia Cristiana e i partiti della sinistra in questo Paese. Dico questo alla collega De Petris.
Sono stato candidato alle elezioni comunali di Roma qualche anno fa e avevo come manifesto di base «Giù le mani dalla prima casa»; mi sono scontrato anche allora con colleghi della sinistra, presenti oggi in Aula, che sostenevano che non esisteva il diritto alla proprietà dell'immobile destinato alla casa; di questo tema oggi si sta ancora una volta trattando. Allora, sarebbe opportuno da parte della maggioranza politica e del Governo una dichiarazione del ritiro di quel famoso comma, in modo che non si possa più considerare irrilevante il parere della Commissione bilancio dalla maggioranza e dal Governo: di questo si tratta, non del diritto dei singoli parlamentari, collega De Petris. È il diritto della maggioranza a dirci una volta per tutte in modo chiaro se c'è o no il diritto alla proprietà dell'immobile. Non possono esserci da parte della maggioranza di Governo due proposte! (Applausi dai Gruppi UDC e FI).
Alla commissione sugli sfratti si è parlato del problema del cuore, dell'immobile, dei problemi sociali; il Ministero dell'economia ha risposto che non ci sono soldi. Si dica una volta per tutte se c'è una maggioranza che sul diritto alla casa ha una politica o due! Per questa ragione, la pregiudiziale è un fatto politico di rilievo; il Gruppo dell'UDC, se il Governo ritirerà il comma in oggetto, chiederà ai colleghi di ritirare la pregiudiziale, ma se il Governo non lo farà l'UDC voterà a favore della pregiudiziale stessa. Attendiamo una risposta del Governo, il quale non può tacere a lungo su tale questione. (Applausi dal Gruppo UDC).
BRUTTI Massimo, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo, relatore. Signor Presidente, i relatori esprimono parere contrario sulle questioni pregiudiziali. Richiamo brevemente i princìpi che emergono dalla giurisprudenza costituzionale e che riguardano la materia.
La Corte costituzionale ha stabilito come primo principio che le proroghe, cui si è più volte fatto ricorso, debbano trovare un limite: la proroga deve essere limitata nel tempo. Secondo principio, occorre prevedere una comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore. Terzo principio, occorre una misura di equità che stabilisca a carico della collettività un onere economico inerente alla protezione degli inquilini che appartengono alle categorie svantaggiate al fine di alleviare il sacrificio dei locatori. Infine, dalla giurisprudenza costituzionale emerge una esigenza che pienamente condividiamo e che trova espressione nel decreto legge: quella di uscire dalla emergenza.
Presidenza del vice presidente ANGIUS (ore 11,17)
(Segue BRUTTI Massimo, relatore). Negli articoli 3 e 4 del decreto-legge si inserisce una norma volta a collocare in una sfera pubblica, o meglio concertata, le iniziative volte ad una graduale risoluzione del problema abitativoed una norma che prevede l'avvio di un piano nazionale dell'edilizia residenziale pubblica. Il decreto-legge quindi si colloca esattamente nella prospettiva indicata dalla giurisprudenza costituzionale. Poiché esso prevede una proroga, è evidente che ricorrono in questo caso i requisiti di necessità e di urgenza. La proroga è agganciata ad un meccanismo, volto a far uscire il problema del disagio abitativo dall'emergenza.
Questi argomenti mi sembra siano sufficienti a respingere le pregiudiziali che in termini generali si riferiscono ad una pretesa incostituzionalità del decreto o che comunque negano la sussistenza dei requisiti di necessità e di urgenza.
Ho ascoltato sia nell'intervento del collega Ferrara, sia nell'intervento del senatore D'Alì altre argomentazioni. Essi hanno fatto riferimento alle questioni poste dalla 5a Commissione e al parere negativo che riguarda alcuni emendamenti e poi al parere positivo che riguarda gli emendamenti soppressivi del comma 7 dell'articolo 1. Le questioni poste dalla 5a Commissione verranno risolte, come è nella fisiologia dei lavori parlamentari, secondo le regole e sarà l'Assemblea, proprio questa Assemblea del Senato, le cui prerogative in modo così vibrante difende il senatore D'Alì, a decidere in ultima istanza sulle questioni poste.
Vorrei anche sottolineare che vi sono nelle norme di questo decreto-legge alcune scelte di valore, alle quali i relatori sono particolarmente sensibili, convinti che le norme che si riferiscono alla tutela dei conduttori deboli e quelle che dispongono una comparazione tra la posizione del conduttore e quella del locatore siano norme di equità che devono essere sostenute e, se corrispondono ad una concezione del diritto all'abitazione, esse corrispondono al programma del centro-sinistra.
Tuttavia, permettetemi di chiedere a ciascuno dei senatori dell'opposizione di guardare dietro di sé poiché qui abbiamo a che fare con forze politiche che hanno un ampio elettorato, quindi anche popolare. Mi permetto di chiedere a ciascun senatore dell'opposizione di guardare alle condizioni di vita, ai diritti, alle esigenze di coloro che li hanno eletti poiché tra coloro che li hanno eletti vi sono ceti popolari.
Tanto per fare un esempio, le abitazioni coinvolte nei processi di cartolarizzazione sono nella stragrande maggioranza, nella quasi totalità, abitazioni di ceti popolari, di famiglie con redditi bassi, di famiglie nell'ambito delle quali vi sono persone anziane, pensionati al minimo. Allora, ciascuno di voi si domandi se questi interessi non meritino oggi tutela e garanzie, soprattutto quando il locatore è forte, quando si tratta di una grande proprietà o quando si tratta delle società che sono state costituite da enti bancari, per l'acquisizione di quelle case nell'ambito dei processi di cartolarizzazione.
Invito il Governo a fare tutto quello che è nelle sue possibilità per garantire che il comma 7 dell'articolo 1 non vada incontro a censure e possa essere conservato e mantenuto nel testo che ci accingiamo a convertire in legge, perché quella norma introduce garanzie a favore di conduttori deboli che hanno di fronte grandi società, grandi enti bancari. Posso allora comprendere che il senatore D'Alì consapevolmente e puntualmente dica che vi è un'esigenza di tutela degli interessi di quei grandi enti.
La maggioranza sceglie in questo caso di garantire i conduttori deboli ed io chiedo a ciascun senatore dell'opposizione di domandare a se stesso se, in questo caso, non sia necessario stare dalla parte dei conduttori deboli. (Applausi dal Gruppo RC-SE).
PRESIDENTE. Chiedo al rappresentante del Governo se intende pronunciarsi sulla questione pregiudiziale in esame. (Cenni di diniego da parte del ministro Ferrero).
Poiché il Ministro non intende intervenire, rimettendosi all'intervento svolto dal relatore Brutti Massimo, metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, la questione pregiudiziale, avanzata, con diverse motivazioni, dai senatori Pastore e Ferrara.
Per comodità di calcolo del voto, al fine di evitare contestazioni, invito i colleghi senatori ad accomodarsi ciascuno al proprio posto e a rimanere seduti.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
BAIO (Ulivo). (Rivolgendosi ad un senatore di AN). Siediti!
PRESIDENTE. Prego i colleghi di sedersi, evitiamo contestazioni e lungaggini! (Alcuni senatori della maggioranza segnalano luci accese sui banchi del Gruppo AN cui non corrisponderebbe la presenza di senatori). Dichiaro chiusa la votazione.
Il Senato approva. (Vivi applausi dai Gruppi FI, AN, UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA. Commenti e proteste dai banchi della maggioranza).
Colleghi, sospendo ora la seduta per cinque minuti, perché dobbiamo verificare il passaggio all'altro punto dell'ordine del giorno.
LUSI (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUSI (Ulivo). Signor Presidente, le chiedo innanzitutto di comunicarci l'esito della votazione.
PRESIDENTE. Posso senz'altro rispondere a questa sua richiesta, senatore Lusi.
LUSI (Ulivo). La ringrazio, Presidente. In secondo luogo, vorrei segnalare che nel penultimo banco in alto... (Proteste dai banchi dell'opposizione). Posso parlare?
PRESIDENTE. Senatore Lusi, questa sua segnalazione non corrisponde a ciò che i senatori segretari, che hanno seguito attentamente la votazione, hanno sostenuto.
LUSI (Ulivo). Allora lo dirò ai senatori segretari.
MATTEOLI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, mi sembra che lei abbia risolto il problema in maniera un po' troppo semplice, chiedendo una sospensione di cinque minuti.
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Matteoli, per dire la verità l'ho chiesto più per me che per i colleghi, perché devo effettuare alcune verifiche in merito al secondo punto all'ordine del giorno dopo quello che stiamo espletando. Soltanto questo. Lo chiedo soltanto come forma di cortesia da parte del Senato.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, lungi da me voler criticare la sua decisione, però non possiamo non sottolineare l'aspetto politico di quanto accaduto... (Commenti dai banchi del centro-sinistra. Proteste dai banchi del centro-destra).
PRESIDENTE. Senatore Matteoli, di questo aspetto politico avremo modo di discutere alla ripresa della discussione (Commenti del senatore Matteoli). Scusi, senatore Matteoli, le darò nuovamente la parola alla ripresa della seduta.
Poiché la questione fondamentale che mi è stata posta mi sembra invece quella dell'interesse dell'Aula a conoscere esattamente l'andamento e l'esito del voto, non ho alcuna difficoltà a fornire il risultato della votazione: presenti 299; votanti 298; maggioranza 150; voti favorevoli 151; voti contrari 147; astenuti nessuno. Questo è l'esito del voto. (Applausi dal Gruppo FI).
Come ho detto, sospendo la seduta per cinque minuti. Pregherei i colleghi di attenersi al tempo stabilito.
(La seduta, sospesa alle ore 11,28, è ripresa alle ore 11,35).
La seduta è ripresa.
Comunico che, avendo sentito il Presidente del Senato in merito anche all'evoluzione che i nostri lavori hanno avuto dopo la votazione che si è conclusa poco fa, procederemo ora con il successivo punto all'ordine del giorno relativo alla votazione sulle dimissioni reiterate dai senatori Bubbico e Pinza. Successivamente è convocata, naturalmente d'intesa con i Presidenti dei Gruppi, la Conferenza dei Capigruppo.
(omissis)
Sulle questioni politiche connesse all'approvazione della questione pregiudiziale
sul disegno di legge n. 1048
D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, siamo chiamati a votare sulla richiesta di dimissioni di due colleghi senatori. Ho motivo di conoscere molto sommariamente il collega Bubbico, lucano; conosco di più il collega Pinza. Mi sembra però che vi sia una connessione politica tra le vicende che hanno caratterizzato il voto dell'Aula di qualche minuto fa e la prossima richiesta di votazione delle dimissioni.
Chiedo al collega Pinza come può onestamente chiedere di dimettersi da senatore dopo aver concorso a non sciogliere il nodo politico, oltre che costituzionale, che avevamo di fronte. Il nodo era come il governo dell'economia, da parte di questa maggioranza, considera il problema della proprietà dell'immobile destinato a casa. Le dimissioni - alle quali non avrei avuto difficoltà a dare il mio consenso - in questo caso rappresentano una fuga dalle proprie responsabilità di parlamentare della maggioranza.
Sono queste le ragioni per le quali voterò contro le dimissioni del collega Pinza; lascio da parte il collega Bubbico, contro cui non ho motivazioni particolari. Peraltro, si tratta di votazioni con libertà di coscienza, quindi non do istruzioni di voto.
Domando anche come possa il collega Pinza immaginare di chiedere a quest'Aula, che ha votato poco fa esattamente a tutela delle sue posizioni contro quelle di una parte della maggioranza, di accogliere le sue dimissioni. Siamo contrari alla fuga dal Senato dei membri del Governo. In questo caso sono contrarissimo al fatto che il collega Pinza chieda le dimissioni e mi chiedo come possa insistere in una richiesta così clamorosamente smentita dal voto dell'Aula.
Chiederei che il collega Pinza - se lo ritiene opportuno - illustrasse ancora una volta le ragioni delle dimissioni, dopo il voto dell'Aula di poco fa, perché la mia opinione contraria alle sue dimissioni la confermo rafforzata dopo il voto dell'Aula di qualche minuto fa. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).
MATTEOLI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, ero fuori alla ripresa dei lavori perché lei ha sospeso i lavori veramente poco più di cinque minuti. Chiedo scusa.
Credo che i lavori per quest'oggi dovrebbero essere sospesi non su richiesta del Parlamento, ma - auspicavo - del Governo.
PRESIDENTE. Intervengo per aiutarla nel suo intervento. Forse le è sfuggito: ho detto che dopo le votazioni sulle dimissioni reiterate dei senatori Bubbico e Pinza è convocata la Conferenza dei Capigruppo.
MATTEOLI (AN). Siccome i motivi delle dimissioni sono legati all'azione di Governo e mi pare che il Governo abbia incassato un voto contrario su un provvedimento di una certa importanza, vorrei capire se questi due colleghi confermano le dimissioni per un Governo che in questo momento - mi pare - debba chiarire se c'è ancora o meno. (Applausi dal centro-destra).
Da cosa si dimettono questi due colleghi se questo Governo, allo stato, mi pare che abbia delle difficoltà a dire che esiste ancora? Il provvedimento non era marginale, era di una certa importanza e non voglio nascondermi dietro un dito - era un provvedimento, signor Presidente e signori del Governo, che aveva, per alcuni aspetti, anche una valenza sociale e la sua mancata approvazione per alcuni può rappresentare un grosso problema. Voglio sottolineare questo aspetto. (Applausi ironici dai Gruppi Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Colleghi, desidererei fosse consentito al senatore Matteoli, presidente del Gruppo di Alleanza Nazionale, di svolgere il suo intervento.
MATTEOLI (AN). Colleghi della maggioranza, voglio mutuare una battuta del collega Storace: quando si va alla guerra, bisogna avere gli eserciti sufficienti per farla. (Applausi dai Gruppi AN e FI). Mi pare che voi non abbiate avuto l'esercito sufficiente per farla. Visto che non avete l'esercito, il Governo ci dica se vuol continuare a svolgere la funzione di Governo minoritario nel Paese, oppure se vuole dimettersi. Ma passare ora alla votazione sulle dimissione dei due colleghi, con la motivazione che hanno comunicato in tutto il Paese da alcuni mesi, mi pare un fuor luogo.
Pertanto, chiedo che sia sospesa la seduta ora e che il Governo, dopo lo svolgimento della Conferenza dei Capigruppo, torni in Senato a riferire se intende proseguire nella sua azione o meno. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
BOCCIA Antonio (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, l'opposizione è prevalsa nel voto e questo è un fatto politico che nessun intervento può sminuire. È accaduto, c'è. Però, signor Presidente, mi consenta di osservare che si introducono adesso nella riflessione che è stata fatta, anche ultimamente, dall'autorevole capogruppo Matteoli, elementi che impongono una qualche precisazione.
Signor Presidente, nelle partite di calcio, quando un giocatore si infortuna, normalmente la squadra avversaria butta il pallone fuori e si sospende il gioco. I colleghi dell'opposizione sanno bene che nelle fila della maggioranza ci sono ben quattro colleghi ricoverati in ospedale. Non era proprio il caso di approfittare di questa circostanza per una prova di forza. (Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione). Ripeto: non era proprio il caso di approfittare di questa circostanza per una prova di forza. (Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, il senatore Boccia sta svolgendo un intervento, che tra l'altro è abbastanza sintonico, nelle conseguenze e nelle propositive, a quello del senatore Matteoli. Prego, senatore Boccia.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, i colleghi dell'opposizione sanno bene - e direi che la questione si pone anche in termini più generali - che ci sono almeno quattro colleghi (Dini, Casson, Pollastri e Sinisi) che sono in missione, in rappresentanza del Senato. Sono andati a rappresentare, non la maggioranza, ma sono andati a rappresentare... (Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Prego i colleghi di lasciar svolgere e concludere il suo intervento al senatore Boccia.
BOCCIA Antonio (Ulivo). Dicevo che questi colleghi sono andati a rappresentare tutto il Senato.
Allora, signor Presidente, io non penso ci sia molto da enfatizzare se il senso di responsabilità verso le istituzioni e se la situazione contingente determinano certi effetti, cioè se, per casi di oggettiva malattia e per missioni in nome e per conto del Senato, la maggioranza ha qualche numero in meno.
Vorrei quindi chiedere ai colleghi di esultare per il successo, ma di non dare alcun significato politico ad un risultato che dipende da fattori estranei ai rapporti di forza. (Applausi dal Gruppo Ulivo. Commenti dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Senatore Boccia, se ho capito bene lei, in sostanza, ha avanzato la proposta di una sospensione della seduta. È così o sto sbagliando?
BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, è evidente che dal mio punto di vista, non sussistendo un fatto politico ma soltanto un incidente di percorso...
PRESIDENTE. Questo l'ho capito.
BOCCIA Antonio (Ulivo). ...l'unica cosa che la Presidenza deve valutare, per dare certezza ai nostri lavori, dal momento che la votazione sulle dimissioni dei senatori era prevista al termine della seduta, è se, accogliendo alcune delle richieste formulate, non sia il caso di fissare un orario per la suddetta votazione.
PRESIDENTE. La ringrazio per la sua precisazione, senatore Boccia.
STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, vorrei ricordare al collega Antonio Boccia che la Nota di aggiornamento al DPEF è passata per un voto mentre due senatori dell'opposizione erano in ospedale. Quindi, non avanzerei un'analoga giustificazione al risultato di oggi.
Signor Presidente, siamo di fronte ad un fatto molto rilevante che è di natura politica. Il Governo si è visto respingere un decreto-legge, un atto che ha considerato straordinario e urgente: i Governi un tempo cadevano, quando i decreti-legge erano respinti, venivano in Parlamento e presentavano le loro dimissioni. (Applausi dai Gruppi DC-PRI-IND-MPA, FI e AN).
Non è possibile che si cerchi di sottovalutare un fatto di questa rilevanza attribuendolo a incidenti di percorso. Infatti, signor Presidente, anche i senatori che erano in missione a rappresentare il Senato sapevano benissimo quale fosse il calendario dei lavori e non si poteva certo pensare - come non si è mai potuto - che l'opposizione in quest'Aula facesse sconti.
Pertanto, signor Presidente, chiedo che si sospendano i lavori, si chiami il Governo e gli si chieda di rispondere di questo momento politico determinante, perché in passato - lo ricordo - sui decreti-legge che non passavano in Parlamento i Governi si dimettevano. (Applausi dai Gruppi DC-PRI-IND-MPA, FI e AN).
STORACE (AN). Domando di parlare. (Commenti dei senatori Sodano e Russo Spena).
PRESIDENTE. Stanno intervenendo senatori dei diversi Gruppi. Senatore Storace, essendo intervenuto già il senatore Matteoli a nome del suo Gruppo...
STORACE (AN). Io intervengo sulla proposta del senatore Antonio Boccia.
PRESIDENTE. Capisco, però è già intervenuto il senatore Matteoli; la prego quindi di svolgere un intervento stringato.
STORACE (AN). Se vuole non parlo.
PRESIDENTE. No, le ho dato la parola per parlare, non per tacere.
STORACE (AN). Signor Presidente, credo che il senatore Boccia abbia introdotto un argomento interessante: ovvero, di non considerare questo voto un dato politico. Da ciò il senatore Boccia fa discendere l'elementare constatazione che, non essendo un dato politico, possiamo tranquillamente fermarci e aspettare l'orario in cui era previsto si votasse sulle dimissioni dei senatori.
La proposta che mi permetto di avanzare è di votare dopo le determinazioni della Conferenza dei Capigruppo, proprio perché il ragionamento di Boccia non è convincente ed è affatto sintomatico - con le tesi del collega Matteoli - per almeno tre ordini di motivi, Presidente. Innanzitutto per i nostri lavori: senatore Boccia, lei ha detto che ci sono alcuni senatori in missione: ma i senatori in missione, da quando è iniziata la presente legislatura, appartengono a entrambi gli schieramenti.
Lei ha citato la metafora del calcio: è vero, se un giocatore si infortuna, la squadra che beneficia del mancato impiego di quel giocatore infortunato, butta la palla fuori campo. Ma quanto dura tale infortunio? Cioè, per quanto tempo ci sarà questa malattia? E poi, davvero conviene introdurre questo argomento? Come ha dimostrato il collega Stracquadanio, può capitare, capita anche a noi. Il problema non è la malattia di un senatore, ma è la salute del Governo, caro senatore Boccia.
Di fronte alla bocciatura secca di un decreto, qualunque esso sia, poiché il Governo ha scelto tale strada e si è visto bocciare dal Senato un decreto-legge varato per sua stessa scelta, volete che facciamo finta di nulla? Se ora andiamo a votare sulle dimissioni dei senatori Pinza e Bubbico, posto che possiamo intervenire tutti per dichiarazione di voto, vorrei sapere: rientrano i quattro colleghi in missione?
Rientrano i quattro malati? Siete sicuri che passino le dimissioni? Ma davvero vogliamo ridurre quest'Aula - lo dico alla presidente Finocchiaro - in condizioni di irrespirabilità?
Siete stati voi ad approfittare delle nostre assenze quando vi è convenuto: consentiteci di chiedere al Governo un timeout - per restare nel gergo sportivo - e di farci sapere se ritiene di andare avanti nonostante tutto! Questa è una richiesta elementare che può fare l'opposizione e per questo chiedo al Presidente di riprendere i nostri lavori dopo che lo avrà deciso la Conferenza dei Capigruppo.
PRESIDENTE. Dato il rilievo politico della votazione di poc'anzi, credo sia giusto interpretare il Regolamento - mi assumo questa responsabilità - dando la parola a diversi senatori. Tuttavia, date le decisioni che dobbiamo prendere e il fatto che deve essere convocata la Conferenza dei Capigruppo, pregherei tutti i colleghi di esprimere le loro opinioni e valutazioni, che peraltro mi sembrano convergenti nella sostanza conclusiva e deliberativa, nell'arco del tempo necessario, in un tempo congruo con le decisioni che dobbiamo assumere.
CASTELLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI (LNP). Signor Presidente, intervengo rapidamente anche sulla proposta del senatore Storace. Intanto vorrei chiosare le parole dell'intervento del collega Antonio Boccia per dire che evidentemente avrebbe dovuto - pur capendo che questo è un momento così problematico per lui - riordinare le idee. È infatti riuscito a dire nello stesso intervento che era accaduto un grave fatto politico e subito dopo a dichiarare che non era accaduto alcun fatto politico, perché la maggioranza è andata sotto semplicemente perché vi erano quattro senatori all'ospedale, a cui ovviamente auguro pronta guarigione (su questo non c'è dubbio).
Credo che il punto sia proprio questo, perché, se fosse accaduto quello che probabilmente accadrà fra poco e che è accaduto le volte scorse, ovvero che un pezzo di opposizione vota contro un provvedimento, come probabilmente accadrà per le dimissioni (in proposito chiedo veramente ai due colleghi di ripensarci e di sospendere la loro richiesta), il Governo potrebbe dire: su questo particolare provvedimento non abbiamo la maggioranza, è stato bocciato, però andiamo avanti. È già accaduto altre volte che il Governo venisse battuto in Aula, che su un provvedimento particolare venisse battuto nella sostanza, ma qui la situazione è un'altra ed è molto più grave: voi non avete la possibilità di governare in questo ramo del Parlamento perché basta, come dice il senatore Boccia, che qualcuno sia malato e voi non potete più governare. Questo è il dato fondamentale!
Vorrei segnalare che pochi minuti fa è uscita un'agenzia nella quale si legge che il senatore Cossiga ha dichiarato che, per il bene del Paese, i senatori a vita - non so se parlava per tutti o era un auspicio - avrebbero votato a favore della finanziaria. Ebbene, invito i senatori a vita a non assumersi questa responsabilità, che è tutta politica e che verrebbe assunta da persone che non sono state elette. (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN). Penso che i senatori a vita debbano giocare in maniera diversa il loro ruolo. Questo - e mi rivolgo ai colleghi della Casa delle Libertà - dobbiamo sottolinearlo con civiltà, ma con grande fermezza (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN),affinché il destino del Paese non sia in mano a persone che il Paese non ha votato. Credo che questo sia assolutamente da sottolineare fin d'ora; poi avremo tutto il tempo per sviluppare altri ragionamenti politici in Aula e fuori.
Non ritengo di poter addivenire alla richiesta del senatore Storace. Per prima cosa invito, come ha fatto il senatore D'Onofrio, i colleghi a ripensarci e a ritirare, in questo momento così delicato, le loro dimissioni. Ma, se non ci ripensano, credo sia il caso di votare immediatamente. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).
PETERLINI (Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (Aut). Signor Presidente, senza voler gettare ulteriore benzina sul fuoco, desidero però evidenziare un fatto che deve stare a cuore a tutti e che finora non ha trovato soluzione, pur essendo stato posto anche in sede di Conferenza dei Capigruppo. L'Italia è rappresentata, con delegazioni composte da colleghi di maggioranza e di opposizione, in vari organi internazionali, ad esempio in Consiglio d'Europa, dove ci onoriamo di avere un nostro rappresentante.
Ora, questo non è un caso singolare che si presenta oggi, ma avviene continuamente, e quindi svolgo tale rilievo a prescindere dalla giornata odierna e dalle assenze che abbiamo sentito essere determinanti per garantire il numero legale in Aula. Dobbiamo decidere se partecipare attivamente all'attività di questi organi o non parteciparvi più. Perché se vi partecipiamo dobbiamo trovare una regola che consenta alla maggioranza e all'opposizione di essere equamente presenti, senza mettere ogni volta in difficoltà i lavori dell'Aula.
Non è più possibile che accada quanto avvenuto l'ultima volta alla seduta inaugurale dell'Assemblea del Consiglio d'Europa in cui il nostro collega Pinzger, membro della delegazione italiana, è rimasto solo proprio nel momento ufficiale della riunione, quando bisognava procedere all'insediamento delle commissioni; di tutta la delegazione non c'era più nessun italiano. Mi chiedo che figura stiamo facendo in Europa e in tutti gli altri organi internazionali. Non siamo più capaci di garantire la presenza degli italiani negli organi internazionali. Non può accadere questo. (Commenti dal Gruppo AN. Brusìo).
Questa osservazione va oltre quanto accaduto in questo momento. Sottopongo pertanto nuovamente alla Presidenza il problema, che è di fondo e che dovrebbe stare a cuore a tutti, non solo alla maggioranza. Dovrebbe interessare tutti noi che rappresentiamo il Senato, il Parlamento intero e il popolo italiano.
STORACE (AN). Ma che pretende dall'opposizione?
PETERLINI (Aut). Non è possibile fare queste figure in sede europea, perché l'alternativa per la maggioranza è dire - come è accaduto anche oggi che si tiene l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a Parigi - state tutti qui perché altrimenti non possiamo garantire il numero legale. Questa non può essere la soluzione. Pertanto, il mio è un appello che rivolgo a tutti, indipendentemente dal colore politico, e chiedo nuovamente che la questione sia sottoposta ai Capigruppo.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, desidero ritornare alla vera questione e a quanto accaduto oggi, ricordando che all'interno delle Commissioni competenti - colgo l'occasione per rispondere anche al senatore Castelli - vi era stato un assoluto atteggiamento di disponibilità e di collaborazione nei riguardi di questo provvedimento. Ai colleghi dell'opposizione dico che quando si tratta di esaminare provvedimenti che affrontano, come nel caso specifico, il disagio sociale presente nel nostro Paese e che riguardano tanta povera gente bisognerebbe avere tutti uno spirito di collaborazione.
Ora, stiamo discutendo delle conseguenze politiche di quanto accaduto, ma io desidero evidenziare soprattutto le ricadute dal punto di vista sociale. Nei cinque anni precedenti (Brusio. Richiami del Presidente) tutti i vostri decreti di proroga degli sfratti... (Brusio. Richiami del Presidente). Chi vi parla credo abbia condotto per cinque anni una durissima battaglia in quest'Aula...
STORACE (AN). È vero.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Questo non è mai accaduto, anzi c'è sempre stato un clima di collaborazione, soprattutto in materia di sfratti.
STORACE (AN). Ma quando mai?
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). In realtà, non avete voluto proseguire in quell'atteggiamento di ampia collaborazione, dimostrato anche dall'accoglimento di emendamenti dell'opposizione in Commissione, per portare a buon fine questo decreto-legge. (Commenti dal Gruppo AN).
PRESIDENTE. Per favore, colleghi, non è possibile continuare così. Stiamo discutendo della decisione di quando votare, eventualmente se votare o sospendere la seduta. Non vorrei essere costretto a decidere io, unilateralmente.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Quindi, ritornando alle responsabilità, vorrei richiamarvi - questa volta sommessamente - alle vostre e alle conseguenze derivanti dal fatto di non aver voluto trovare soluzioni che sarebbero venute incontro ai problemi veri di questo Paese.
È bello, e lo dico a molti di voi che hanno fatto manifesti contro gli sfratti e contro le cartolarizzazioni. Adesso vorrei sapere cosa andate a raccontare.
SAPORITO (AN). Devi dirlo al Governo!
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità in quest'Aula (Commenti dai banchi dell'opposizione), come noi ce le siamo assunte sui decreti che riguardavano problemi generali del Paese.
PRESIDENTE. Inviterei i colleghi... (Commenti del senatore Storace). Non accetto richiami di alcun genere da parte di alcuno.
STORACE (AN). Chiedevo solo chiarificazioni.
PRESIDENTE. Dicevo, inviterei i colleghi ad ascoltare le argomentazioni che vengono portate, come è stato fatto, e a contrastarle con altrettanti interventi. Bisogna avere la pazienza dell'ascolto, cosa forse più faticosa del pronunciamento della parola. Ma questo dovreste saperlo tutti.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Invito tutti a riflettere sull'assunzione di responsabilità per una questione molto delicata. Con quel decreto discutevamo infatti della vita delle persone, del futuro e del diritto alla casa di tantissime famiglie nel nostro Paese. Ovviamente sono anch'io favorevole ad una sospensione. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, Ulivo e RC-SE).
PRESIDENTE. In questa discussione, che ha numerosi aspetti politici, inviterei i colleghi ad avere un confronto di opinioni, sicuramente diversissime, in un ambito, non solo di correttezza, ma anche di un minimo di reciproco ascolto.
BUTTIGLIONE (UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Senatore Buttiglione, mi dia una mano a portare la calma.
BUTTIGLIONE (UDC). Signor Presidente, molto volentieri. Però ho l'obbligo di assicurare la collega De Petris del fatto che l'UDC e l'opposizione tutta in quest'Aula non hanno minore coscienza sociale e minore preoccupazione per la situazione di chi non ha casa, o rischia di perderla, di quanta ne abbia il Governo. (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN, LNP e DC-PRI-IND-MPA)
TECCE (RC-SE). Non ci crede nessuno.
BUTTIGLIONE (UDC). È inaccettabile il ricatto morale di chi prima fa un pessimo provvedimento, tecnicamente mal congegnato, che si espone a dubbi di incostituzionalità, che genera divisioni nella maggioranza stessa, perché quel che sto dicendo lo pensano molti di voi (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN e LNP), e poi accusa di mancanza di coscienza civile l'opposizione, anzi, non l'opposizione, ma il Senato, il Parlamento, dove risiede la sovranità del popolo italiano, perché lo boccia.
È chiaro ed evidente a tutti che non siamo contro un provvedimento che intervenga per risolvere la situazione del disagio - e che disagio! - che peraltro si prolunga da tempo immemorabile, di chi rischia di dover lasciare la casa, ma anche di tanti proprietari che non possono disporre di un bene che loro appartiene. Non siamo contrari ad un provvedimento che risolva il problema, siamo contrari a questo provvedimento, perché non risolve il problema. Questo a futuro memoria.
Vorrei poi dire al senatore Peterlini che condivido interamente le sue preoccupazioni. Ha ragione. Però quando penso al prestigio internazionale dell'Italia, più dei deprecabili eventi cui lui fa riferimento, mi preoccupa il decreto suicida in materia di fusione Autostrade-Abertis fatto da un Ministro di questo Governo (Applausi dal Gruppo UDC); mi preoccupa di più la sentenza negativa che abbiamo incassato senza transare, quando era il tempo di farlo, in materia di IVA sulle automobili (Commenti delle senatrici De Petris e Donati); mi preoccupa di più il giudizio del "Financial Times" sulla legge finanziaria; mi preoccupa di più il declassamento del debito italiano da parte dalle agenzie Fitch e Standard & Poor's...
GARRAFFA (Ulivo). Ma dal 2001 al Governo ci siete stati voi.
BUTTIGLIONE (UDC). ...che vuol dire più soldi che il contribuente italiano dovrà pagare per lo stesso ammontare di debito pubblico. Mi preoccupa di più il fatto che il Presidente del Consiglio prima deteriori i rapporti con la Russia fino al punto cui sono arrivati e poi assista silente, senza sentire il dovere di contraddire o di alzarsi e andarsene, quando Putin insulta l'Italia in sede di G8. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN). Mi pare che questi siano aspetti più gravi di quelli cui il senatore Peterlini ha fatto riferimento.
Quanto al tema più immediato, cari colleghi, non si può affermare che questa vicenda non abbia rilievo politico, e ringrazio il Presidente per aver detto chiaramente che essa abbia rilievo politico. Tuttavia, se si ritiene che la questione non abbia rilievo politico e che non bisogna chiedere al Governo di venire in Aula a spiegare le sue ragioni (se ne ha), allora si deve votare immediatamente. Non si capisce quale sia il motivo di sospendere i lavori se non vi è un fatto politico rilevante ed importante. Inoltre, come qualcuno ha ricordato in quest'Aula: tutto è fatto politico rilevante, considerati i rapporti che esistono tra maggioranza ed opposizione.
Pertanto, o si decide una sospensione perché vi è un fatto politico, e il Governo viene in Senato, oppure si vota immediatamente. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).
RUSSO SPENA (RC-SE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO SPENA (RC-SE). Signor Presidente, vorrei fare tre brevi e pacate osservazioni, riprendendo anche elementi emersi dal dibattito.
La prima è la seguente: credo che non dobbiamo continuare a parlare, né a polemizzare di malati, di assenti e di componenti del Senato in missione. Peraltro, sono per la medicina preventiva e sono anche abituato a ritenere che una maggioranza debba sapersi gestire. Ciò allude a problemi tattici, se ve ne sono. Per quanto riguarda il nostro Gruppo, esso ha deciso, ma ciò rientra nella facoltà di ogni Gruppo, che nei giorni in cui si riunisce l'Aula non si va in missione e quindi i nostri componenti non vanno in missione. Riguarda le questioni tattiche se vi siano o non vi siano ammalati; anche noi oggi abbiamo un componente del Gruppo in ospedale, in genere siamo 27 su 27.
Credo però che, in questo senso, la maggioranza abbia bisogno di un'accortezza tattica maggiore. Ovviamente, si tratta soprattutto di un'autocritica in prima persona, perché credo che non bisogna mai aspettarsi che l'avversario politico - non il nemico, ma l'avversario - butti la palla in fallo laterale quando l'uomo è a terra. Sono un tifoso del Napoli e del grande Maradona. Con la «mano di Dio» di Maradona l'Argentina ha vinto un campionato del mondo, quindi non mi attendo mai che la palla venga buttata in fallo laterale. Bisogna risolvere i propri problemi da sé.
La seconda osservazione riguarda quanto affermato dai colleghi Matteoli, Storace ed altri, ossia che è avvenuto un fatto politico. Io credo che un fatto politico sia certamente avvenuto: ho troppo rispetto per le istituzioni e per il Senato per non comprendere che un voto negativo, peraltro su una pregiudiziale e non sul merito del provvedimento, sia un fatto politico. Ma non mi pare, rispetto all'inizio della legislatura e alla composizione di quest'Aula, che sia avvenuto un fatto politico nuovo che comporti, come addirittura un collega dell'opposizione ha prima dichiarato, la necessità delle dimissioni del Governo.
Credo che siamo di fronte ad un problema, ad un intralcio, ad una ricerca necessaria, ma non ad un fatto nuovo. Altre volte ho sostenuto in quest'Aula che dobbiamo abituarci, come maggioranza e quindi anche come opposizione, a dei voti alternati. Tante volte, vista la composizione numerica dell'Aula, questa maggioranza sarà sconfitta. Non sempre queste sconfitte determinano un condizionamento, uno sfibramento e una debolezza del programma del Governo tali da portare alle dimissioni. A volte sì, e credo che allora abbiamo la coscienza per dirlo, e a volte invece no.
Chiudo il mio intervento con una terza osservazione. Perché questa volta ritengo di dire di no? Perché siamo di fronte a un provvedimento che, se non fossimo in qualche modo tutti - e non voglio accusare nessuno in particolare - oscurati nella nostra lucidità, senatore Buttiglione, un po' dalla propaganda e dalla demagogia (lo ricordava prima il senatore Andreotti, la cui esperienza ed intelligenza rispetto sempre), avremmo dovuto votare tutti insieme, magari con degli emendamenti o cambiando alcuni aspetti. Questo è infatti un provvedimento che attiene ad un tema sociale su cui le vostre e le nostre file hanno prodotto una grande campagna di massa; non sono solo i manifesti di Alleanza Nazionale e dei suoi giovani a Roma, ma tutti siamo all'interno dei comitati di difesa dagli sfratti.
Credo che un provvedimento che attiene non ad una semplice proroga, ma che coglie lo spirito della Corte costituzionale per tentare di portare avanti in qualche modo con i requisiti certi di un decreto, che sono quelli immediati di necessità ed urgenza, anche a favore del locatore - senatore Buttiglione, se ha letto il provvedimento -, non una semplice proroga, avrebbe dovuto vedere quest'Aula attenta alla connessione sociale e politica del problema; non tanto alla sconfitta sulla pregiudiziale.
Non vorrei, senatore Matteoli (mi riferisco a lei perché ha fatto un intervento che politicamente ho apprezzato), che le destre oggi avessero vinto in quest'Aula, ma di fronte al Paese e alla società avessero conseguito una vittoria di Pirro, cioè la caduta di un provvedimento sociale che tanti poveri, tanti sfrattati e tanti locatori si aspettano. Andremo, comunque, nelle strade e nelle piazze a dire che il provvedimento caduto era un provvedimento a favore della società. (Applausi dai Gruppi RC-SE, IU-Verdi-Com e Misto-IdV).
ANDREOTTI (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREOTTI (Misto). Signor Presidente, l'osservazione fatta dal collega Castelli non è tale da configurare un fatto personale, altrimenti chiederei la parola alla fine della seduta. Essa ha, tuttavia, posto un problema di principio che vorrei solo accennare, cioè lo status dei senatori a vita. Un giorno forse si stabilirà diversamente - tra l'altro abbiamo pendente una proposta del senatore Cossiga - con una manovra che ci manterrà in vita, togliendoci però il diritto di voto; comunque ciò si vedrà nella sede propria.
Per il resto, mi sia consentito di dire, non per fare delle discriminazioni tra noi senatori a vita, ma il giorno in cui ho avuto l'onore di essere trasferito, nel 1991, a Palazzo Madama, non mi sono sentito diverso da quello che per 45 anni ero stato, mandato dal popolo alla Camera dei deputati. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur).
SCHIFANI (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIFANI (FI). Signor Presidente, innanzitutto la ringrazio per aver consentito a tutti i Gruppi, anche con più di un intervento, di poter parlare questa mattina sulla vicenda che si è determinata. È una vicenda che ha delle refluenze e riteniamo delle ricadute politiche non indifferenti.
Nella precedente legislatura non era mai successo che un decreto-legge venisse bocciato con una pregiudiziale di costituzionalità e che decadesse; si tratta di un fatto politico. Sono tra coloro i quali non ritengono che questa vicenda possa essere archiviata così, sic et simpliciter, come un incidente d'Aula. È un fatto politico che si verifica nel momento in cui vi è un Governo e una maggioranza in difficoltà sull'iter della finanziaria; le contraddizioni all'interno della stessa coalizione esplodono, anzi implodono. Tanto è vero che ci accingevamo addirittura a votare un testo sul quale la stessa Commissione bilancio aveva manifestato delle perplessità sulla copertura; nonostante ciò, la Commissione di merito, la Commissione ambiente, a colpi di maggioranza, intendeva andare avanti contro la stessa maggioranza e la Commissione bilancio.
Ho ascoltato con attenzione e interesse i precedenti interventi dei colleghi della maggioranza, però, a coloro i quali lamentano la scarsa rappresentatività del Parlamento, e quindi del Senato, in sede internazionale, mi permetto di rimandare questa preoccupazione allo stesso Presidente del Consiglio e alle sue parole, quando la notte delle elezioni ebbe a dire, davanti a milioni di italiani, che avrebbe governato il Paese perché in Parlamento, quindi sia alla Camera che al Senato, vi era una robusta maggioranza che gli avrebbe consentito di guidare il Paese. Inviterei allora i colleghi della maggioranza a rivolgersi al Presidente del Consiglio, non certo a questa opposizione che, quando era maggioranza nella precedente legislatura, non ha avuto nessuno sconto, nemmeno sul numero legale (Applausi dal Gruppo FI), nemmeno sui testi dove vi era condivisione nel merito.
Si è detto: voi siete maggioranza, avete il dovere di garantire il numero legale; se tenete il numero legale, noi eventualmente valuteremo di votare a favore se siamo d'accordo. Vogliamo introdurre il voto per delega per gli ammalati, vogliamo arrivare a questo? Non credo. Vogliamo impedire le missioni? Signor Presidente, ho partecipato assieme a lei, su posizioni diverse, al ruolo di grande responsabilità che sono stato chiamato a ricoprire come Capogruppo, e sapevo per certo che nel corso del tempo sarebbero iniziate le missioni, che si sarebbero verificati inconvenienti in Aula, dovuti all'assenza per malattia di alcuni colleghi che - bontà loro - non possono stare sempre bene! È fisiologico nella legislatura! Di questa fisiologia - che avrebbe portato ad una caduta di un decreto-legge e quindi alla crisi di un Governo, credo che il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto tener conto, quando quella notte ebbe a dichiarare: io governerò il Paese perché ho una maggioranza in Parlamento! (Applausi dal Gruppo FI).
Allora non vogliamo né infierire né criticare: prendiamo atto del fatto che la crisi del Governo Prodi si è aperta oggi, per cui torniamo a chiedere all'unisono che il Governo e la maggioranza prendano atto di questa crisi, che l'Esecutivo ci faccia sapere cosa intende fare, non tanto nell'ambito di una Conferenza dei Capigruppo, ma con una dichiarazione politica in Aula, circa la prosecuzione dei lavori del Parlamento e la sua agenda politica.
Archivio in serie B il voto sulle dimissioni dei Ministri o dei Sottosegretari; non mi innamoro di questa tesi. Se la maggioranza se la sente di andare al voto segreto sulle dimissioni dei senatori, già rigettate tante volte, lo faccia! Noi riteniamo che sarebbe opportuno, signor Presidente, sospendere l'attività dei lavori dell'Assemblea di questa mattina, in presenza di una dichiarazione politica del Governo e della maggioranza che prendano atto del fatto che in Aula è accaduto un fatto politicamente grave. (Applausi dal Gruppo FI).
PRESIDENTE. Mi pare che ci stiamo avviando alla conclusione della seduta.
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La prego di essere molto breve.
CALDEROLI (LNP). Signor Presidente, credo che nelle pregiudiziali non ci sia solo una valutazione di merito, ma soprattutto di costituzionalità. Se la 5a Commissione esprime dei dubbi sulla copertura di un comma di un decreto-legge, se vengono approvati degli emendamenti con il parere contrario della 5a Commissione, evidentemente il provvedimento non è coperto e quindi non è costituzionalmente riconosciuto. Quindi, ben venga una pregiudiziale che bocci un decreto non coperto!
Entrando nel merito, che nessuno si sogni - lo dico in relazione agli ultimi interventi - di poter attribuire la responsabilità all'opposizione per quello che di buono poteva esserci in quel provvedimento, perché se si prende il tabulato dei voti ci si rende conto che oggi mancavano 11 senatori della maggioranza, il che non può essere considerato un incidente, ma un fatto politico! È inutile poi appellarsi a qualche soccorso esterno. La responsabilità è di chi non c'era e, se fossi stato della maggioranza oggi, avrei chiesto un voto elettronico nominale per capire chi oggi non c'era e chi ha fatto il sabotaggio del Governo, ma sabotaggio del decreto-legge e del Governo siede di là; non di qua! (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN).
FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, proprio per togliere dalle condizioni di irrespirabilità - come dice il senatore Storace - la discussione di quest'oggi, vorrei innanzitutto fare gli auguri di pronta guarigione ai colleghi di maggioranza e di opposizione che non sono presenti in Aula per motivi di salute. Non mi è sembrato elegante il modo con cui ci siamo accaniti sulle disgrazie altrui.
La seconda questione è che certamente quello di oggi è un voto politico per due ordini di ragioni. Il primo ordine di ragione è che si tratta di un voto politico perché la maggioranza è andata sotto su una questione pregiudiziale. È un decreto-legge, però un dato politico è un dato politico sempre. Ciascuno di noi qui fa il suo mestiere di sostegno o di opposizione al Governo; vorrei però sommessamente ricordare che nella scorsa legislatura solo alla Camera dei deputati, dove godeva di una maggioranza vastissima, il Governo Berlusconi andò sotto cento volte: due volte, in particolare, su pregiudiziali di costituzionalità, una delle quali era una pregiudiziale di costituzionalità ad un decreto.
C'è poi un fatto politico e forse questo è uno di quei rari momenti in cui veramente tutti siamo chiamati a responsabilità: il fatto politico è che il Parlamento non approverà, nei tempi che si era dato, un provvedimento che riguarda il disagio abitativo di milioni di famiglie italiane. Si tratta di un fatto politico che ci inchioda tutti. Naturalmente non condivido, anche se posso comprendere, le ragioni che hanno mosso i colleghi dell'opposizione a sostenere la pregiudiziale di costituzionalità, ma il fatto politico resta immenso: milioni di famiglie italiane che guardavano all'approvazione di questo decreto-legge come un momento di sollievo rispetto a una situazione di precarietà in relazione al bene primario dell'abitazione, sono riprecipitate in una situazione di angoscia e viva preoccupazione.
Dico questo, colleghi, perché da questo momento in poi, nella mia gerarchia delle questioni politiche, il primo problema non sarà discutere sugli 11 tra senatori a vita, senatori malati o inviati in missione e su ciò che questo significa per il Governo Prodi, perché altrimenti avremmo dovuto concludere, da quelle cento sconfitte alla Camera, che il Governo Berlusconi abbia governato "illegittimamente": si tratta naturalmente di una stupidata. Il problema politico che abbiamo davanti è invece come i Gruppi del Senato, il Governo e la Camera dei deputati si attrezzano rispetto a questa enorme questione politica che riguarda non noi, non la maggioranza e l'opposizione, ma milioni di famiglie italiane. (Applausi dai Gruppi Ulivo, IU-Verdi-Com e RC-SE).
Se è così, penso che tutte le argomentazioni qui adoperate verranno rivisitate, dovranno essere rivisitate e francamente me lo auguro, non perché io tenda sempre all'unanimità sui provvedimenti - ovviamente mi conviene, facendo il mestiere che faccio ora - ma perché credo che tocca a tutti cercare di comprendere come riuscire a dare risposta a questo problema politico che interpella nello stesso modo e con la stessa aggressività sia la maggioranza che l'opposizione.
Allora a questo punto forse la cosa migliore da fare è convocare la Conferenza dei Capigruppo e in tal senso avanziamo una richiesta alla Presidenza del Senato, perché in Conferenza si torni a ragionare su questo fatto politico, con la presenza del Governo, e si ragioni anche sul punto originariamente previsto all'ordine del giorno della seduta odierna, cioè la votazione sulle dimissioni presentate dai colleghi Bubbico e Pinza. (Applausi dai Gruppi Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Dopo la discussione qui svolta e sentito anche il parere del Presidente del Senato, sospendo la seduta fino alla conclusione dei lavori della Conferenza dei Capigruppo, convocata per le ore 12,30.
(La seduta, sospesa alle ore 12,25, è ripresa alle ore 14,26).
Presidenza del presidente MARINI
Sui lavori del Senato
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
A seguito della Conferenza dei Capigruppo, vi comunico che il Governo è già stato sollecitato, ma la Presidenza si impegna a contattare l'Esecutivo affinché nella mattinata di domani venga in Aula per riferire e proporre come questo problema sociale, rimasto aperto con la caduta del decreto-legge, possa essere risolto, possibilmente in collaborazione con il Parlamento. C'è stato accordo su questo. Il Governo ha qualche ora di tempo per vedere gli eventuali orientamenti da assumere, sentendo anche le forze politiche e parlamentari.
(omissis)
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
62ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MERCOLEDI’ 25 OTTOBRE 2006
(Pomeridiana)
Presidenza del vice presidente CALDEROLI,
indi del presidente MARINI
e del vice presidente CAPRILI
(omissis)
Comunicazioni del Governo sulle politiche per la riduzione del disagio abitativo
e conseguente discussione (ore 19,34)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Governo sulle politiche per la riduzione del disagio abitativo».
Ha facoltà di parlare il ministro della solidarietà sociale, onorevole Ferrero.
FERRERO, ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, nella discussione e nei fatti di stamattina sono state poste questioni su piani diversi. Prima di passare alle proposte sul merito, è opportuno intervenire a questo proposito.
La prima questione, il primo punto che è stato posto, è stato il nodo politico di questa mattina. La nostra opinione è che stamattina si sia verificata non una modifica della condizione politica in cui ci troviamo, ma semplicemente una situazione in cui l'assenza giustificata di alcuni senatori della maggioranza ha determinato, in virtù delle determinazioni assunte dall'opposizione, il risultato che conosciamo: non si tratta di una novità, ma di una conferma delle condizioni numeriche in cui ci troviamo al Senato.
Dal punto di vista invece del merito della votazione di questa mattina, è evidente che la situazione che ci troviamo a fronteggiare è la seguente. La bocciatura della conversione in legge del decreto sulgli sfratti determina un doppio problema: il primo è quello dei soggetti deboli che venivano tutelati dal decreto e in particolare dei malati terminali, degli ultrasettantenni, degli invalidi al di sopra del 66 per cento e delle famiglie con minori che, a questo punto, dopo la bocciatura del provvedimento, rischiano concretamente, a fine novembre, di essere coinvolti dalle procedure di sfratto.
Il secondo elemento di gravità che deriva dalla bocciatura di questa mattina è che quel decreto conteneva anche la predisposizione di un piano, d'intesa con i Comuni e le Regioni, per ricostruire un intervento sul versante dell'edilizia residenziale pubblica, che era strettamente connessa al blocco degli sfratti. Anche questo intervento viene a cadere in una situazione che è, come tutti voi sapete, grave su questo versante, non solo perché circa 600.000 famiglie sono presenti negli elenchi dell'edilizia residenziale pubblica e non hanno, ad oggi, ricevuto alcuna risposta al loro bisogno abitativo, ma anche per l'assenza di politiche sulla casa che è andata avanti per anni.
Infatti, confrontando i dati dell'ultimo ventennio, osserviamo che nel 1984 si costruivano 35.000 alloggi all'anno in qualche modo sovvenzionati dal pubblico, mentre nel 2004 se ne sono costruiti 1.900.
Viviamo una situazione unica in Europa, in quanto il nostro patrimonio abitativo pubblico rappresenta il 4 per cento del totale, a fronte di una media europea del 16 per cento. La bocciatura del decreto ha determinato che, su entrambi questi fronti (quello dell'emergenza sfratti e quello della predisposizione di un piano di edilizia residenziale pubblica), siamo oggi in una condizione di empasse.
Nel merito sono stati avanzati problemi relativamente alla costituzionalità del decreto. Io voglio sottolineare determinati elementi che poi ci permetteranno di ragionare su come andare avanti. La Corte costituzionale, nel 2004, aveva avanzato alcuni rilievi rispetto al cosiddetto decreto di proroga degli sfratti del 2004 su tre profili: la prima questione, diceva la Corte costituzionale, è che non si può proseguire con mere proroghe degli sfratti.
Devo dire che il decreto in discussione questa mattina in Aula era stato costruito in modo da non essere una mera proroga, ma collegava il blocco degli sfratti per le categorie di cittadini particolarmente disagiate ad un piano da costruire con i Comuni e le Regioni; quindi, il rilievo di costituzionalità non poteva toccare questo decreto perché, a differenza dei decreti degli anni precedenti, non prevedeva una mera proroga degli sfratti. (Commenti del senatore Storace).
Assolutamente no. Il voto è valido e non è contestabile. Sto spiegando le motivazioni sottese al decreto, che porteranno alla proposta che avanzerò alla fine.
Inoltre, il secondo rilievo di costituzionalità avanzato dalla Corte costituzionale riguardava il fatto che non fosse possibile scaricare sul solo proprietario l'onere di un beneficio sociale più ampio, cioè che non si potesse scaricare sul singolo individuo proprietario che si trovava ad avere in una casa di sua proprietà un inquilino non sottoponibile a sfratto l'onere del medesimo. Per venire incontro a questa obiezione, nel decreto si era introdotta la possibilità per il proprietario che si veniva a trovare in queste condizioni di praticare una detrazione significativa dalla propria dichiarazione dei redditi, pari all'affitto pagato dall'inquilino maggiorato del 20 per cento.
In ultimo, il terzo rilievo di costituzionalità riguardava la mancata comparazione, nel decreto del 2004, delle condizioni tra il proprietario e l'inquilino. Ci si poteva infatti trovare nella situazione in cui un proprietario malato terminale poteva non essere nella condizione di rientrare nel possesso pieno dell'alloggio di sua proprietà perché affittato ad un inquilino malato terminale e, giustamente, la Corte costituzionale segnalava una disparità di trattamento. Anche in questo caso, nel decreto è stato previsto espressamente che, in caso di parità di condizioni, ci fosse la disponibilità dell'alloggio per il proprietario.
Dico questo perché a me pare che il decreto fosse costruito esattamente per rispondere ai nodi di costituzionalità sollevati in precedenza dalla Corte costituzionale.
Infine, c'è un punto su cui il Governo, in caso le votazioni fossero proseguite, avrebbe espresso parere favorevole ed era la cassazione dell'articolo 1, comma 7, in cui non era prevedibile l'esito sulle quotazioni delle società in oggetto. Il Governo sarebbe addivenuto alla cancellazione dell'articolo 1, comma 7, non perché mancasse il finanziamento del decreto, che invece era previsto in altre forme, ma per evitare di intervenire su altre voci del bilancio dello Stato in una modalità non prevedibile, che mi pare fosse uno dei rilievi avanzati da più voci dell'opposizione.
STORACE (AN). Del Senato!
FERRERO, ministro della solidarietà sociale. Chiedo scusa. In questo caso, ho sentito le voci stamattina, nel dibattito cui ho partecipato e a quelle mi riferisco.
PRESIDENTE. Il senatore Storace è implacabile.
STORACE (AN). Semplicemente, è il Senato che ha bocciato il decreto, non l'opposizione.
FERRERO, ministro della solidarietà sociale. Ma io non parlavo di chi lo ha bocciato e, in ogni caso, tutti i rilievi di tipo istituzionale non possono che trovarmi concorde sulla precisione del rilievo medesimo.
Ciò detto, stiamo verificando con gli uffici quale sia la strada migliore per far fronte al bisogno sociale cui il decreto intendeva rispondere e quindi come si riesca, entro la fine di novembre, a risolvere il problema del blocco degli sfratti per queste categorie di persone e a incardinare la costruzione del piano.
Per quanto ci riguarda, a partire dalle posizioni dette, stiamo per verificare se sia possibile la strada del decreto. Stiamo verificando l'aspetto della costituzionalità; ovviamente non è possibile reiterare un decreto che abbia la stessa natura di quello bocciato e quindi stiamo verificando quali modifiche siano necessarie e se si tratti di modifiche che comunque preservino l'efficacia di un eventuale decreto oppure no.
Nel caso in cui le verifiche risultassero negative, evidentemente bisognerebbe passare ad un'ipotesi di disegno di legge.
Per quanto ci riguarda, come Governo, così come siamo stati disponibili nel percorso che ci ha portato fino ad oggi, siamo disponibili e interessati a svolgere un dibattito parlamentare - in sede di Commissione o in qualsiasi altra sede si ritenga opportuno - per verificare come risolvere il problema sociale presente, come riuscire, cioè, in tempi brevi (nell'arco di un mese), a bloccare gli sfratti per i soggetti deboli e ad incardinare la costruzione di un piano per dar soluzione al problema della casa.
Quindi, a questa sera il Governo non ha ancora scelto la strada (se ripresentare, cioè, un decreto-legge o passare ad un disegno di legge), ma la sta verificando, essendo del tutto evidente che quella più breve sarebbe la prima: è molto difficile, infatti, ipotizzare la possibilità di approvare un disegno di legge, nei due rami del Parlamento, nell'arco di 30 giorni (in tempo utile, quindi, per evitare gli sfratti). Tali verifiche, però, ad oggi, a quest'ora, non sono concluse.
Pertanto, nelle prossime ore, vedremo quale sarà la strada percorribile. In ogni caso, ribadisco che, per quanto ci riguarda, l'unico punto politico decisivo è la soluzione di questi due problemi, al fine di rinvenire la strada per non trovarci nella condizione di aggiungere a situazioni sociali e a sofferenze particolarmente gravi e pesanti problemi addirittura di ordine pubblico.
Non sfugge a nessuno, infatti, il rischio che le forze dell'ordine si producano nel determinare sgomberi di case i cui inquilini si trovino nelle condizioni previste dal decreto‑legge: ne risulterebbe, per il nostro Paese tutto, un alto grado di inciviltà.
Per questi motivi, per quanto riguarda il Governo, nella definizione dell'una o dell'altra strada, l'unico problema è tentare di fornire una risposta alla questione, oltre che di incardinare un percorso strutturale, al fine di ricominciare a realizzare una politica sulla casa mirante a fornire una risposta, appunto, strutturale al problema questione. (Applausi dai Gruppi RC-SE, Ulivo e IU-Verdi-Com).
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro della solidarietà sociale Ferrero per il suo intervento.
Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo.
È iscritto a parlare il senatore Franco Paolo. Ne ha facoltà.
FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, questo non è certo un question time, ma un intervento che dovrebbe essere conseguente a quanto avvenuto oggi in Aula: mi dichiaro, però, comunque, non assolutamente soddisfatto dell'intervento del Ministro, perché la questione non risiede certo nella spiegazione dell'importanza - a suo dire fondamentale, ma della quale, ad un certo punto, potremmo anche discutere, perché, comunque, non ci vede d'accordo - del decreto-legge, che era in discussione e che è decaduto, in quanto bocciato dal Senato (quindi, non certo dall'una o dall'altra maggioranza).
Non è tanto nel merito che voglio entrare, in questo intervento, ma nella conseguenza. Mi auguravo che il Ministro non venisse a farci la lezioncina sul contenuto del decreto (che, naturalmente, conoscevamo già). Il problema è politico; il problema, signor Ministro, non è quanto vi era scritto nel decreto, che - ripeto - non era coperto, all'interno della propria normativa prevedeva ovvietà e riportava considerazioni assolutamente non attinenti alla risoluzione del problema in maniera drastica ed efficace.
La questione sta nel fatto che il decreto - e quindi il suo Governo, cui lei appartiene - è stato cassato, in quanto è stata approvata da quest'Aula la questione pregiudiziale di costituzionalità: il decreto, pertanto, è decaduto e così com'è non sarà convertito nel conseguente disegno di legge.
Mi auguravo che il Ministro, invece di venire a farci - ripeto - la lezioncina sull'importanza di tale decreto, esprimesse anche una considerazione di carattere politico. È evidente, signor Ministro (e questo non è un incidente di percorso!), che quanto di bello ci ha riferito sull'importanza di tale provvedimento non gode di una maggioranza parlamentare.
Quindi, lei dice che, per altri versi, per altre vie, con altri strumenti, lei e il Governo che rappresenta in questo momento verrete e tenterete di dare una risposta, secondo il vostro avviso. Ho visto anche oggi, nelle agenzie di stampa, risposte in maniera inusitata roboanti, sotto questo profilo, ad un problema molto rilevante, al quale noi, nella scorsa legislatura, in più occasioni abbiamo dato risposte, che hanno visto i voti contrari anche della senatrice De Petris, che oggi con tanta cortesia ci ha ricordato la responsabilità che dovrebbe soggiacere all'approvazione di questo decreto.
La conclusione è questa: queste belle idee che lei ci ha espresso avranno una maggioranza che permetterà loro di tradursi in un provvedimento legislativo concreto ed efficace? Quello che io chiedo e che la Lega Nord chiede, signor Ministro, è se, dietro alla bocciatura di oggi, ci sia ancora una maggioranza ed un Governo in grado di governare il Paese.
Quando si parla, come abbiamo fatto oggi, di responsabilità, mi chiedo: la responsabilità sta in chi fa rilevare quello che già si sapeva (che non c'è una maggioranza in grado di governare questo Paese, almeno in Senato) o l'irresponsabilità sta in chi finge che non ci siano le condizioni per prendere decisioni drastiche e non si accorge che quindi l'unico che deve essere sfrattato è il presidente del Consiglio Prodi?
Sappiamo benissimo che la Costituzione dice che non è un voto contrario ad un provvedimento del Governo, da parte di una o di entrambe le Camere, che ne costringa obbligatoriamente le dimissioni. Non è così, questo è evidente e lo dice anche la Costituzione. Ma non è il primo caso: è successo già sull'ordinamento giudiziario ed in altre occasioni importanti; questa è una di quelle. Non è un caso fortuito o unico.
Lei non ci ha dato una risposta; forse non poteva, forse non sapeva, forse, all'interno della collegialità del Governo, non è stata data una risposta e si attendono tempi migliori. È tuttavia gravissima la responsabilità che sta dietro a questo fingere che non ci sia la questione di una maggioranza che sostiene il Governo, cercando di nasconderla dietro ai valori di un decreto che prorogava gli sfratti e che attuava una miriade di interventi, a vostro dire importanti sotto questo profilo.
Il Paese di cosa ha bisogno? Ha bisogno di un Governo che si piange addosso, signor Ministro, come ha fatto lei stasera, e ci dice che in un modo nell'altro cercherà, per amor di patria, di risolvere questo problema o ha bisogno di un Governo che prenda atto che non ha una maggioranza in grado di permettergli di governare in uno dei due rami del Parlamento? Qual è la responsabilità vera?
La responsabilità o l'irresponsabilità è quella vostra. È l'irresponsabilità di chi cerca di dimenticarsi (magari grazie anche al fatto che c'è un po' di sciopero in giro nell'informazione), di far passare la nottata, come dicono in certe parti, in modo che domani ci si dimentichi e che, a fronte di qualche altro voto positivo, possa essere superata questa pseudo, finta crisi parlamentare. Non è vero.
La realtà dei fatti sta in quello che è successo oggi e la risposta che ci deve dare questo Governo non è come riuscirà a risolvere questo problema né come intende agire nei confronti di questo provvedimento, se lo reitererà (vedremo in che maniera, perché sappiamo che non è possibile farlo per i decreti) o se presenterà un disegno di legge, come ci ha gentilmente spiegato lei. Il punto è la risposta politica che il Governo intende dare al Paese per far fronte gli impegni elettorali che si è assunto, allo scopo, secondo l'illustrazione che ci ha fatto lei anche stasera, di continuare a governare.
Questa è la domanda. Lei dovrebbe far capire all'Aula se la politica che intende attuare questo Governo ha un sostegno parlamentare o no. Come? Non lo so. Ce lo dica lei se c'è una maggioranza diversa che può sostenere questo Governo, se d'incanto i parlamentari malati o in missione si ripresenteranno in Aula e saranno sempre presenti; ma sappiamo sia lei che noi che non sarà così.
Questa è la risposta che ci attendiamo: e quale altra? Ci dica se lei sarà in grado di approvare un provvedimento in questi termini: se, senza la fiducia, il decreto fiscale che ci sta arrivando dalla Camera in questi giorni sarà convertito in legge: no! Nonostante le belle intenzioni e le considerazioni di principio, non c'è una risposta a tale quesito. Questo volevo attendere e sapere. Per carità, poteva essere una risposta assolutamente politica e di buone intenzioni; un richiamo alla pseudomaggioranza di centro-sinistra ad essere presente, a votare e ad archiviare quanto successo oggi come un incidente di percorso.
Spettava a lei, come rappresentante del Governo, venire a riferire in Aula. Invece, non ho sentito nulla sotto questo profilo. Quindi, temo, signor Presidente, che la conduzione politica, la gestione del Governo continuerà facendo orecchie da mercante ai fatti parlamentari che occorrono e che accadono, cercando più o meno di far leva dove sarà possibile in caso di emergenza con il voto di fiducia. Non so quante volte abbiate intenzione di chiederlo. Sempre a questo punto è meglio al Senato far leva sul voto dei senatori a vita, sulla loro assistenza politica e sociale - lei ha parlato dell'importanza sociale di questo provvedimento - il voto dei quali diventa ovviamente una assistenza sociale ai provvedimenti del Governo, che voi ritenete così fondamentali.
La realtà è questa: non abbiamo avuto risposta al quesito per il quale avevamo chiesto al Governo di presentarsi in Aula. Non abbiamo avuto una risposta univoca, chiara che dovrebbe venire anche dalle altre parti della maggioranza, per chiarire quali sono le politiche che intendete fare a livello parlamentare affinché non succeda quanto successo adesso. Altrimenti, in caso contrario ed opposto, signor Ministro - questo è un messaggio che le voglio adesso comunicare, visto che lei non ci ha dato alcuna indicazione in questo senso - significa che questa è la via della irresponsabilità: continuerete, facendo - ripeto - orecchie da mercante, tirando la palla lunga alla «spera in Dio» o alla «viva il parroco», che qualcosa succeda!
Succederà ancora, signor Ministro, che i decreti verranno bocciati, che i disegni di legge passeranno solo con la fiducia. Quindi, accadrà che il Paese alla fine dovrà pagare in maniera molto cara la irresponsabilità che lei oggi ha dimostrato, non parlando delle questioni politiche, e che evidentemente sta dimostrando il Governo Prodi. (Applausi dal Gruppo LNP).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice De Petris. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, ringrazio ed apprezzo le dichiarazioni del Ministro perché ci riporta tutti - mi dispiace che il richiamo di stamani al senso di responsabilità possa essere frainteso - alla questione davanti a noi: come oggi, cioè, il Governo intende affrontare l'emergenza che si è creata. Il decretoa questo punto decadrà naturalmente il 29 novembre.
È chiaro che in questi 30 giorni bisogna trovare una soluzione - mi permettodi avanzarne alcune - che venga incontro alla risoluzione del problema. Le pregiudiziali - vorrei ricordare ai colleghi dell'opposizione - non fanno in alcun modo riferimento ai presupposti di necessità ed urgenza del decreto, in base all'articolo 77 della Costituzione. Quindi, è evidente a tutti che, anche se sono state approvate dal Senato le pregiudiziali, il non aver esse riguardato i presupposti della necessità ed urgenza del decreto, riconsegna al Governo la possibilità appunto di poter e di dover intervenire per necessità ed urgenza. Spesso abbiamo assistito anche nella scorsa legislatura ad un utilizzo smisurato dei decreti, che non avevano nulla a che fare con l'articolo 77 della Costituzione: non erano cioè certamente basati sui presupposti di necessità ed urgenza. Questo lo era, eccome!
Si tratta, infatti, di un decreto-legge che rispetto alla mera proroga degli sfratti faceva uno sforzo in più e su tale punto vorrei richiamare la vostra attenzione. Lo sforzo maggiore era finalizzato proprio a venire incontro alla sentenza della Corte costituzionale n. 155 del 2004 in due modi: introducendo una parità tra il locatore e il conduttore (pur sapendo che nel caso delle grandi proprietà tale parità non esiste ma forniva gli strumenti per superare anche una possibile disparità) e, cosa più importante, legando le proroghe a piani abitativi affidati ai Comuni, ai quali veniva riconosciuto un periodo di tempo per realizzare programmi di edilizia e censire il fabbisogno abitativo; tutto questo allo scopo di arrivare ad un piano nazionale sul problema dell'emergenza casa e quindi di edilizia residenziale pubblica.
Questo rappresentava un grande passo in avanti - lo voglio ricordare con forza - proprio perché il decreto non si basava unicamente sulla proroga di termini. Pertanto, il danno arrecato è abbastanza grave. Se non poniamo rimedio ci troveremo di fronte ad una situazione di grande disagio per moltissime famiglie con gravi problemi. Come sapete, i beneficiari dell'articolo 1 del decreto-legge in questione sono soprattutto anziani, malati terminali, portatori di handicap e persone con gravi necessità.
Signor Ministro, vorrei sottolineare che nella stessa discussione che oggi ha riguardato le pregiudiziali possiamo individuare gli elementi per intervenire con necessità ed urgenza, la qualcosa non è stata affatto messa in discussione dalle pregiudiziali.
Credo sia ancora possibile e sacrosanto intervenire con un decreto-legge, che certamente dovrà essere compatibile con l'articolo 15, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in base al quale il Governo non può rinnovare le disposizioni di un decreto-legge decaduto. Ma proprio perché il provvedimento non riguardava solo ed unicamente le proroghe ma individuava anche la strada dei piani su cui intervenire, credo che il Governo in questi 30 giorni possa ancora emanare un provvedimento con i presupposti di necessità ed urgenza per dare risposta ai problemi in essere. Tanti, infatti, erano i motivi che avevano portato il Governo ad emanare un decreto-legge.
Vorrei anche ricordare la necessità e l'urgenza di intervenire per definire i rapporti giuridici posti in essere in questo mese, che rendono auspicabile l'emanazione di un decreto. Vorrei, altresì, ricordare al Ministro che nella scorsa legislatura si è verificato un caso analogo. Il decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, recante interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica, di fatto non fu convertito alla Camera. Immediatamente dopo il Governo ha presentato un altro decreto-legge che solo in pochissime parti differiva dal decreto decaduto.
Tra l'altro, vorrei far presente che quel decreto era decaduto alla Camera proprio a seguito dell'approvazione di due pregiudiziali di costituzionalità, che, tra l'altro, facevano riferimento ai presupposti di necessità e urgenza. Nonostante ciò esso è stato poi reiterato, con gli stanziamenti praticamente identici.
Da questo punto di vista, quindi, abbiamo la possibilità di intervenire anche rapidamente. Soprattutto vorrei sottolineare la responsabilità di tutti noi. Capisco che l'opposizione voglia ovviamente tentare strumentalmente di averne un beneficio politico da tutta questa vicenda, però - lo ripeto stasera che siamo tutti più pacati - vorrei invitare i colleghi del centro-destra ad intervenire e a dare il proprio contributo. Il problema è tutto dinanzi a noi: è nelle città e nella gravità della situazione che si è venuta a creare.
Vorrei dire anche con altrettanta chiarezza che dovremmo ancora una volta riprendere lo spirito del decreto-legge, che era quello di andare avanti e di andare oltre rispetto alla vera proroga. È un aspetto al quale credo dovremmo essere tutti interessati per poter finalmente cominciare in questo Paese, dopo cinque anni in cui il dramma della casa si è solo aggravato, a trovare e a mettere finalmente in atto tutti gli strumenti necessari a riavviare una seria politica della casa nel nostro Paese. (Applausi dai Gruppi IU-Verdi-Com, Ulivo, RC-SE e dal senatore Formisano).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cutrufo. Ne ha facoltà.
CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, penso che la Provvidenza stamattina ci abbia messo mano, perché, senatrice De Petris, questo provvedimento non è affatto un buon provvedimento. Siamo purtroppo abituati a vedere le cose dal punto di vista della nostra convenienza politica. C'è un passaggio del programma di Prodi che riguarda l'emergenza abitativa e le sue soluzioni.
Ebbene, se la soluzione è quella di questo decreto-legge per fortuna esso non esiste più, grazie a un voto del Senato. È un decreto che mette povera gente contro povera gente; è un decreto non soltanto ingiusto ma dal punto di vista sociale - questo sì - è un mezzo per aizzare le folle.
Perché non ci convinciamo una volta per tutte che è vero che esiste un'emergenza abitativa e che delle persone e delle famiglie hanno la necessità del supporto dello Stato? Parlo di supporto dello Stato, colleghi senatori, non di altri privati; lo Stato costringe, da qualche anno, gruppi di privati a sostenere mancanze di altri gruppi di privati, che noi condividiamo essere mancanze gravi. Come non pensare al pensionato che con lacrime e sangue si è fatto una seconda casetta, o che magari sta in affitto e si è fatto finalmente una casa di proprietà, e al quale viene requisita l'abitazione da un altro privato, grazie alle leggi di questo Stato?
In relazione a questa problematica si passa, ormai da decenni, di proroga in proroga, immaginando che da una parte vi siano sono alcuni stolti e sciocchi ricchi che debbono dare ad altri e, fra questi, alcuni molto furbi e nemmeno poveri.
Basta pensare allo scandalo degli IACP. A tal proposito, voglio sapere se il Ministro ha la stessa esperienza di altri qui dentro che magari hanno fatto gli amministratori locali, anche in grande metropoli come Roma, per esempio. Lo scandalo dello IACP che, quando nacque, grazie alla Democrazia Cristiana, riuscì...
BONADONNA (RC-SE). Prima della Democrazia Cristiana.
CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Con Mussolini, molto prima.
BONADONNA (RC-SE). Ancora prima di Mussolini.
CUTRUFO (DC-PRI-IND-MPA). Ma poi lo attuò la Democrazia Cristiana e continuò con la legge Fanfani e con la legge Tupini, se si vogliono proprio precisare le vicende della casa e della Democrazia Cristiana, rendendo proprietari in Italia circa l'80 per cento dei cittadini italiani. Ancora molti degli abitanti dei cosiddetti IACP, gli istituti autonomi delle case popolari, sono gli stessi entrati nel 1950, nel 1956, nel 1965, nel 1970.
Oggi i loro figli sono affermati dentisti, professionisti, ingegneri, avvocati, ed è giusto che sia così, proprio grazie a quella politica. Sono ancora lì dentro, però, a sottrarre la casa, la prima abitazione, a chi oggi ha realmente bisogno, alle famiglie di oggi che vogliono nascere e non hanno la possibilità. Allora, cosa fa lo Stato? Anche con il suo provvedimento, Ministro, chiede di nuovo ai privati di avere pazienza, di lasciare le cose così come stanno perché le case gli servono ancora, perché, come negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, non si riesce a risolvere l'emergenza abitativa.
Voglio segnalare, a proposito del sindaco Veltroni, che dopo circa 25 anni tornano le baracche - mi dispiace che non sia presente il senatore Bettini, ma c'è la senatrice De Petris - nel comune di Roma. Sempre riguardo a questo provvedimento, Ostia che cos'è? Un quartiere di Roma o una cittadina di villeggiatura? Anche lì ci sono le famiglie povere; ci sono, ci sono, lo so bene. Ma quanti furbi sono annidati dietro una dichiarazione di 10.000 euro all'anno per rientrare nella no tax area quando invece non sono affatto bisognosi di una casa e stanno alle spalle di un altro privato che magari è bisognoso, dentro il suo appartamento. Si tratta di una legge truffa per questi cittadini italiani che hanno gli stessi diritti di coloro i quali hanno l'esigenza di avere una casa, ma non la loro.
Allora, intanto ristabiliamo un principio di equità e di eguaglianza tra i cittadini italiani e finalmente lo facciamo, perché non è il torto di questo Ministro, è una vicenda che si trascina negli anni e in questi governi. Smobilitiamo gli IACP, ad esempio; utilizziamo quei soldi per costruire nuove case per chi veramente ha bisogno, oppure facciamo un buono affitto con quei soldi di 300-400 euro al mese. Liberalizziamo il mercato degli affitti e vedrete come crolleranno i prezzi d'affitto delle case quando stabiliremo con la normativa - ed è una prima proposta che le faccio, Ministro - una cosa sola: una data certa e non la finita locazione dopo quattro anni, rinnovabili per altri quattro. Tutto passa per anni di cause e qui sono scritte cose - mi scusi se uso questo termine - anche un po' furbescamente, perché si dice che le cause per finita locazione, ma passate in giudicato, sono 12.000.
Lei ha idea di quante centinaia di migliaia di cause ci sono per finita locazione che giacciono nei tribunali intasando la giustizia civile - come lei sa bene - e non trovano soluzione da 10-20 anni? Non è vera, quindi, nemmeno questa dichiarazione.
Senatore Bonadonna, lei che si è occupato di casa, qui ci sono delle cifre non veritiere. Vogliamo approfittare dell'incidente avvenuto stamattina? Allora, parliamo di finita locazione con chiavi in mano al proprietario di casa senza passare per i tribunali e diamo noi una soluzione alternativa. Vedrete come crolla il mercato perché qualunque proprietario di casa, se ha la certezza di rientrare in possesso della propria abitazione dopo quattro o cinque anni, è disponibile anche a diminuire del 30 per cento il valore del contratto di affitto dell'appartamento.
Si tratta soltanto di ribadire un principio - e non so se sono tutti d'accordo sul punto - la proprietà privata non è un furto e lo Stato non può approfittare della presunta agiatezza di altri cittadini per risolvere i problemi di chi ritiene essere più povero, ma insisto sulla furbizia di questa fascia. Quanti realmente bisognosi, tra quelli che occupano case di terzi, sono meritevoli di questa attenzione da parte dello Stato?
Dovremmo approfondire un'indagine patrimoniale su questi cittadini, perché poi sono quelli che hanno in garage macchine di grossa cilindrata.
Ricordo un episodio che ha fatto storia a Spinaceto, una zona della città di Roma che non tutti conoscono. Santoro strumentalizzava, intervistando dallo Zen, e chiedeva: «Ma questa è la situazione dell'Italia?», e gli rispondevano: «Sì, purtroppo qui moriamo tutti di fame». Ricordate la trasmissione «Il rosso e il nero»? Era il più grande disinformatore nella storia della televisione italiana.
Io, che a ventisette anni ero presidente dell'associazione commercianti del Laurentino 38 - e chi conosce questa zona sa che è lo Zen di Roma - ero anche il presidente della squadra di calcio del Laurentino 38 ed ero anche un punto di riferimento in quel quartiere, so bene quali bisogni e quali mancanze vi fossero e da buon democristiano me ne sono sempre occupato: siamo arrivati anche alla demolizione di alcuni ponti, perché totalmente nelle mani della malavita.
Vorrei fare un confronto con Santoro su queste vere informazioni: cosa hanno fatto lo Stato o il Comune per risolvere realmente questo conflitto d'interessi che c'è tra povero e povero?
Dobbiamo agire più in profondità, Ministro. Se vuole realmente approfittare dell'occasione, non risolva il problema dicendo «Facciamo un'altra proroga degli sfratti», perché ci saranno migliaia di persone che a queste parole avranno un brivido lungo la schiena, come del resto alcune altre migliaia lo avranno se questa proroga non ci sarà. Allora diamo tempi certi e diamo soluzioni immediate.
Quando vedo che si vuole fare un provvedimento del genere senza copertura economica, capisco che non c'è una vera buona fede, perché senza una copertura economica, i Comuni che dovrebbero individuare le zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare ai sensi della legge n. 167 del 1962 - anche in questo caso mi dispiace che non siano presenti i senatori Bettini e Montino - non possono farlo; a Roma, ad esempio, migliaia di ettari di terreni agricoli sono stati trasformati in terreni edificabili senza che fossero individuate le aree di cui alla legge n. 167.
Parliamo di questo e con queste carte andiamo a prendere il giudizio di queste che noi definiamo oggi persone che hanno bisogno, ed hanno veramente bisogno.
E allora dotiamo i Comuni anche degli strumenti economici, per risolvere soprattutto i problemi delle grandi metropoli; distinguiamo aree ed aree e non facciamo di tutta l'erba un fascio, perché ci sono Comuni come Rapallo che sono effettivamente Comuni turistici, anche di un certo livello, che secondo questa normativa avrebbero anch'essi case bloccate, magari da qualche furbo. (Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Matteoli. Ne ha facoltà.
MATTEOLI (AN). Signor Presidente, onorevoli senatori, onorevole Ministro, lei è stato mandato qui - uso un termine che non vuole essere assolutamente offensivo - e come ha affrontato questo suo intervento? Tornando a discutere del contenuto del decreto, ma non è questo l'argomento, non è questo il motivo per cui l'Assemblea del Senato ha chiesto la presenza del Governo.
Noi abbiamo chiesto la presenza del Governo perché il Governo doveva dimostrare, attraverso il suo intervento, di avere ancora una maggioranza. Me lo consenta, non è sua competenza specifica, è sua competenza in quanto - mi scusi il bisticcio di parole - è componente di un Governo, ma non è competenza sua.
Se affrontiamo l'argomento ed entriamo nel merito, vediamo che in Italia - questo lo diciamo - ci sono stati Governi di centro-sinistra, di centro-destra e centristi, ma non si è mai risolto il problema di fondo su chi deve ricadere il costo dell'abitazione. In Italia, da questo punto di vista, il costo ricade sul proprietario della casa, ricade sull'affittuario quando paga l'affitto o ricade sulla mano pubblica? È un miscuglio che non è mai stato risolto. Ma questo era un argomento da affrontare durante il dibattito sul decreto: un decreto che non c'è più, signor Ministro, perché il Senato l'ha bocciato.
Lei, iniziando il suo intervento, ha dichiarato (forse le è scappato, mi passi il termine poco parlamentare) che il voto del Senato è grave. Non esistono voti del Senato gravi: i senatori votano liberamente e questa volta hanno votato in un modo diverso da quello che lei auspicava.
È venuto ad illustrare ancora una volta il decreto, mentre ci aspettavamo che venisse ad avanzare una proposta. Ha detto invece che state studiando e «a questa sera» - cito le sue parole - «il Governo non ha ancora scelto la strada».
Non voglio entrare nel merito del decreto. Il decreto non c'è e non può essere reiterato. L'argomento oggetto della discussione, ripeto, è un altro: siete in condizione di continuare a governare? Se volevate entrare nel merito non del decreto ma del problema (perché è questo l'argomento), vi dovevate rivolgere all'opposizione, oggi diventata maggioranza almeno su questo argomento.
Era necessaria umiltà, tesa a contattare i leader dell'opposizione, oggi maggioranza, per trovare insieme una soluzione. Nessuno vuole, infatti, tanto meno noi, mettere cittadini in mezzo alla strada. Sarebbe veramente criminale se, della mancata conversione di un decreto di questa natura, ne facessero le spese proprio i meno abbienti. Non è questo l'obiettivo che vogliamo raggiungere. Se vi fosse stata più umiltà, si sarebbe trovata una soluzione. Il problema, ripeto, è politico.
Ma non ci sono novità: anche la giornata odierna si è aperta all'insegna della confusione e della contraddittorietà di opinioni all'interno del Governo, tra Governo e maggioranza e all'interno della stessa maggioranza. Ha cominciato questa mattina il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l'onorevole Enrico Letta che, probabilmente per rimediare all'impatto mediatico negativo sulla questione del 45 per cento di tasse per i redditi più alti, è sceso nella sala stampa di Montecitorio per chiarire che il Governo non condivideva l'emendamento presentato dall'Ulivo.
Poco dopo, il ministro Damiano (Enrico Letta e Damiano fanno parte dello stesso Governo) in una dichiarazione ha, invece, affermato che l'aliquota del 45 per cento è una buona idea. Per carità, discutiamo pure, ma mettetevi d'accordo: quale delle due strade volete seguire?
Successivamente si è proseguito con una ben nota bocciatura del Governo sul decreto sugli sfratti, un provvedimento che - intendo qui sottolinearlo - non presentava la copertura finanziaria: questo, infatti, è il motivo della bocciatura. Il decreto era, quindi, incostituzionale e non era stato concordato, come gli altri decreti-legge, con l'opposizione.
Il collega Baldassarri - che se ne intende certamente più di me - in una sua dichiarazione afferma che il decreto è «palesemente privo di copertura finanziaria, tanto che la stessa Commissione bilancio del Senato ha espresso parere contrario in Aula. Così l'Aula del Senato ha battuto il Governo votando una sacrosanta pregiudiziale di incostituzionalità».
Ebbene, la maggioranza è stata battuta, in maniera clamorosa, dall'opposizione, divenuta quest'oggi maggioranza, almeno su questo argomento. Ma la cosa più grave è che il Governo era rappresentato in Aula da tanti Sottosegretari e da alcuni Ministri, tra cui il Ministro di riferimento, che era lei, onorevole Ferrero (ho visto il suo imbarazzo questa mattina: ha preferito prendere la porta e uscire), e nessuno ha ritenuto di dover prendere la parola e spiegare cosa intendesse fare, come intendesse proseguire e come volesse rimediare ad una questione che presenta profili sociali che debbono essere affrontati e risolti.
È veramente curiosa l'accusa che viene rivolta dai colleghi dell'estrema sinistra nei confronti dei banchi della destra: la colpa è vostra - cioè nostra - se è caduto il decreto che risolveva i problemi abitativi della povera gente. Ma come? Quando vi rivolgete alla destra ci tacciate da padroni della ferriere e ora ci riconoscete una forte sensibilità sociale, tanto che vi meravigliate che abbiamo bocciato il decreto? (Applausi del senatore Storace). Il decreto non l'ha bocciato un'opposizione, ma il Senato, perché tredici assenti hanno compiuto una scelta diversa.
Un po' di rispetto - lo dico soprattutto all'estrema sinistra - per la vostra storia politica e anche per la vostra propaganda. Diceva Lenin che una bugia ripetuta mille volte diventa realtà; ebbene, voi per mille volte avete ripetuto che la destra non si occupava del sociale; questa mattina, però, tanti interventi erano del tenore: ma come, voi che andate nelle periferie, a difendere gli sfrattati, ora votate contro questo decreto‑legge? Un po' di coerenza, colleghi della maggioranza, oggi opposizione.
Il Governo è fuggito dall'Aula lasciando soli i Presidenti dei Gruppi della maggioranza. Ho apprezzato molto - lo dico senza nessuna ironia, credetemi, perché sono un uomo politico da tanti anni e, quindi, conosco questi passaggi - il fatto che oggi i Presidenti dei Gruppi della maggioranza, oggi minoranza, abbiano ricoperto tre ruoli: quello istituzionale che compete loro come Presidenti dei Gruppi di appartenenza, quello di segretari di partito e quello di rappresentanti del Governo.
C'è stato, infatti, il silenzio di tutti i segretari di partito nei confronti del Governo e nessun rappresentante dell'Esecutivo ha parlato fino a quando è intervenuto il ministro Ferrero, che ringrazio. Egli, tuttavia, è venuto a riproporci un dibattito sul decreto-legge che non c'entra più, l'argomento è un altro. Avete parlato solo voi perché siete stati lasciati soli dalla vostra maggioranza, dal Governo e dai leader di partito, perché non sanno più cosa dire per difendersi, tant'è vero che il senatore Salvi - come ho detto in un precedente intervento - parla di «una conduzione da parte del Governo che denuncia un agire con un po' di dilettantismo».
Il vice presidente del Consiglio Rutelli, raggiunto dai giornalisti che gli chiedono un parere sull'argomento, dice di non sapere nulla e di essersi occupato di libri. Si è occupato di libri, non dei problemi degli sfrattati. D'Alema, ancora più curioso di tutti, fa affermazioni del seguente tenore: non sono io che ho convocato la riunione di sabato e non sarò io a fare la relazione; chiedetelo al presidente Prodi. Subito dopo, alla domanda se sia vero che al Governo dell'Unione manca lo spirito del 1996, come ha affermato il vice premier D'Alema, il presidente Prodi è netto e risponde: «Nego alla base la verità di questa affermazione: non è vero che non c'è lo spirito del '96. La Fabrica del programma...»(Commenti del senatore Morando).
PRESIDENTE. Ognuno interviene come ritiene, senatore Morando. Deve, però, concludere, senatore Matteoli. (Commenti del senatore Buccico. Richiami del Presidente).
MATTEOLI (AN). Il presidente Prodi risponde con ironia; tutto si può concedere al presidente del Consiglio Prodi, ma che sia capace di fare ironia è un po' difficile; ebbene, qui ci ha provato e ha detto: «E tutto il resto è musica. Andatelo a dire a Vasco Rossi, non a me».
Di fronte a questo, signor Ministro, noi ci aspettavamo una sua presa di posizione nei confronti del Governo per chiarire se avete ancora una maggioranza, se siete nelle condizioni di poter continuare a governare.
Il problema del decreto-legge non esiste più: esso non c'è più, è stato bocciato. Siamo disponibili ad esaminare insieme a voi la possibilità di risolvere il problema degli alloggi, soprattutto per gli aspetti sociali molto forti che ne conseguono, ma dovete essere voi a chiederlo, certamente non possiamo essere noi a proporlo. (Applausi dal Gruppo AN).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Formisano. Ne ha facoltà.
FORMISANO (Misto-IdV). Signor Presidente, svolgerò solo poche e brevi considerazioni, non saranno neanche necessari i dieci minuti a mia disposizione.
Un aspetto che mi ha colpito negli interventi che mi hanno preceduto è che tutti i colleghi di centro-destra hanno teso a mettere in evidenza il fatto che il decreto-legge fosse stato bocciato dal Senato, tentando quasi di evitare che si dicesse che ciò è accaduto perché loro hanno votato in un certo modo.
Allora, non è una provocazione, ma è quasi come se avessero paura che l'opinione pubblica venisse a conoscenza del fatto che questo provvedimento in Senato è stato bocciato perché un certo numero di senatori di una certa parte politica ha votato contro.
Io facevo l'avvocato civilista. Se avessi continuato a fare questo lavoro domani avrei preso il «Corriere della Sera» o «Il Sole 24 Ore» e ai clienti che mi avessero chiesto quale fosse la fine dei provvedimenti di sfratto esecutivo e passivo alla data del 29 novembre, avrei risposto che non era più operante un decreto-legge in vigore fino al 28 novembre in quanto ritenuto non costituzionale e che bisognava quindi aspettare l'intervento del Parlamento in materia. Se mi fosse stato chiesto come mai il Senato avesse bocciato questo decreto-legge, avrei risposto che una maggioranza composta da questi partiti aveva ritenuto di agire in tal modo.
La mia, dunque, non è una provocazione; credo però che molte volte noi perdiamo il senso di quanto facciamo in quest'Aula in rapporto a quanto avviene fuori di essa. Questa è la mia preoccupazione.
Per la verità, signor Ministro, se la sua precisazione sul comma 7 fosse intervenuta questa mattina, probabilmente molto sarebbe cambiato. Infatti, ho capito che quello era uno dei punti nodali, sul quale si sviluppava la discussione e si attagliavano le critiche maggiori dei colleghi dell'opposizione. Probabilmente, staremmo ora discutendo in positivo e non in negativo.
Quali sono le mie conclusioni in base all'esperienza di questa vicenda? Innanzitutto, ringrazio il Ministro per avere indicato quali saranno le linee guida dell'azione di Governo nei prossimi giorni per evitare di arrivare al 28 novembre con una totale scopertura. Soltanto chi non vuole vedere, non riesce a capire cosa possa significare l'assenza di un provvedimento al momento della scadenza dell'efficacia di questo decreto.
Ho capito che si tiene, si teneva e si terrà nella debita considerazione tutta la serie di rilievi posti dalla Corte costituzionale. Quella è la strada da perseguire anche con l'adozione di un ulteriore atto avente forza legislativa. A questo punto non so quale possa essere tale atto, ma non escludo che, d'intesa con il Quirinale, si possa procedere ulteriormente a decretazione, fatta in un certo modo. È chiaro, però, che vanno compiuti passi in tal senso.
Quanto al provvedimento, in Conferenza dei Capigruppo ho mostrato al presidente Matteoli, ovviamente mettendolo in difficoltà, le dichiarazioni di Alemanno risalenti a poco prima delle elezioni. Egli dichiarava che tale provvedimento andava adottato per incontrare le esigenze dei cittadini. È ovvio che su provvedimenti del genere non c'è colore o parte politica che tengano. Siamo tutti d'accordo che su di essi si debba procedere in un certo modo e trovo strano che in questa occasione non siamo riusciti a fare quanto fatto, anche pochi giorni fa, su altre questioni sulle quali tutti ritenevamo di dover essere d'accordo.
Senza che ciò suoni a provocazione, ma ho quasi la sensazione che qualcuno si sia pentito di aver impedito il decorso di questo decreto-legge anche attraverso evidenti - dal vostro punto di vista - miglioramenti del testo. Probabilmente in Aula stamattina c'è stata fretta nell'incardinare questioni pregiudiziali e sospensive quando da più parti, non soltanto dalle opposizioni, provenivano richieste di un maggiore approfondimento e di una sospensione.
Ciò mi serve semplicemente per dire che secondo me in questo bipolarismo molte volte le prove muscolari, che pure hanno senso, nel merito non sempre producono gli effetti voluti. Questo vale per voi ma anche per noi, in quanto questo Senato ha dimostrato nei giorni scorsi di saper fare cose buone in modo intelligente e con amplissima convergenza. Allora, la prossima volta non facciamo prove muscolari su argomenti così direttamente incidenti su quanto gli italiani subiranno quale risultato di esse.
Probabilmente, in alcuni di voi si è determinato il convincimento di aver sbagliato ad impedire che questo provvedimento seguisse il suo iter fino alla conclusione, anche attraverso miglioramenti che l'Aula e le Commissioni hanno dimostrato di saper fare.
Ringrazio ancora il Ministro perché è venuto a riferirci come il Governo si muoverà al riguardo. Sono convinto che non ci sia tempo da perdere perché il 28 novembre è dietro l'angolo. Purtroppo, l'unico di voi che ha parlato di incidente è stato il senatore Cutrufo, che probabilmente ha capito lo spirito nel quale alcuni di noi si sono mossi. Altri invece hanno voluto per forza di cose rimarcare che si trattava del Senato, mentre io affermo che era il Senato in una sua componente ben precisa.
Probabilmente la recriminazione è che forse era meglio consentire il miglioramento di questo provvedimento in Commissione e poi in Aula, piuttosto che esporci a quella che potrebbe essere - e alcuni lo hanno già fatto - una facile messa in campo di iniziative politiche contro chi, eventualmente, si sia reso artefice di una iniziativa parlamentare che non blocca più gli sfratti dal 29 novembre.
Personalmente non farò questo, né lo farà il mio Gruppo politico, però la prossima volta le prove muscolari facciamole su provvedimenti che hanno minore incidenza diretta sui cittadini italiani. Forse riusciremo a recuperare il clima che avevamo qualche settimana fa, quando, sempre su temi che hanno a che fare con la giustizia, siamo riusciti a produrre una buona norma, abbiamo mostrato una buona capacità di produzione normativa nella quale ci siamo riconosciuti in tanti.
PONTONE (AN). Allora imparate a scrivere le leggi!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Onofrio. Ne ha facoltà.
D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, credo che le considerazioni da svolgere sulla vicenda che si è verificata oggi al Senato siano essenzialmente due, una di ordine politico generale (e mi auguro che il Ministro possa riferirla al Presidente del Consiglio) e l'altra di ordine più specifico, concernente la questione oggetto del decreto-legge sul quale si è registrato il voto contrario del Senato. Per carità, non ho alcuna preoccupazione che quel voto sia stato espresso prevalentemente dal centro-destra: assumo il merito per questo motivo e dico anche per quale ragione è motivo di merito.
Signor Ministro, la prima considerazione di ordine politico: da quando il Governo si è formato, è chiaro che non è possibile governare il Paese avendo in quest'Aula un contesto politico che consente come fatto normale la imprevedibilità di ogni voto su qualunque provvedimento. Questa è la questione politica. Oggi non è un fatto eccezionale il voto contrario a questo decreto-legge, è un fatto del tutto normale.
BOCCIA Antonio (Ulivo). È la legge elettorale!
D'ONOFRIO (UDC). È capitato su questo, poteva capitare ieri, addirittura sull'assestamento di bilancio, su cui il Governo ha avuto la maggioranza perché qualche collega dell'opposizione ha sbagliato a votare, potrà capitare domani su altri provvedimenti importanti.
Quindi, la questione politica di fondo, non è il voto contrario di oggi su questo decreto-legge: non è questa l'eccezionalità. L'eccezionalità consiste nel fatto che siamo in presenza di un Governo che afferma di voler governare l'Italia per cinque anni, in un contesto nel quale non ci fa capire come intenda affrontare il problema politico del Senato, non il problema giuridico-parlamentare. Questa è una questione seria.
Lei è qui stasera per questa ragione signor Ministro (giustamente lo ha detto poco fa il collega Matteoli): non solo e non tanto per la questione degli sfratti - arriverò alla questione specifica, ma fra un attimo - ma per la questione politica generale. Siamo in attesa di conoscere come il Governo intenda affrontare il problema della governabilità del Paese sulla base del suo programma, sapendo che in ogni momento, su qualunque argomento del suo programma, dal bilancio all'assestamento, alla finanziaria, alle case, alla politica internazionale si corre il rischio di avere una maggioranza che diventa minoranza.
Questo è il problema politico. Non dica che si è verificata oggi una situazione eccezionale: oggi è stato colpito, per circostanze fortuite, un pezzo importante della politica del Governo. Ieri poteva essere colpito addirittura l'assestamento di bilancio: lei capisce cosa avrebbe significato questo? Se ieri i nostri colleghi, che hanno sbagliato a votare, avessero votato come avrebbero politicamente dovuto, sarebbe stato bocciato l'assestamento di bilancio e non so con quali conseguenze politiche generali.
Il problema politico che le chiedo di riferire al Presidente del Consiglio, signor Ministro, e sul quale la invito a svolgere una riflessione sua, come membro del Governo, e della parte politica alla quale lei appartiene, è il seguente: è di tutta evidenza che questo programma di Governo, in quanto tale, non è in grado di andare avanti nelle due Camere, soprattutto al Senato, per la imprevedibilità dell'esito delle votazioni, tranne che del voto di fiducia, ammesso che i senatori a vita sulla fiducia decidano di votare in un certo modo anziché, come può capitare, valutare di volta in volta. Vale a dire che questa maggioranza non è maggioranza strutturale al Senato.
Signor Ministro, questo è il problema politico: siamo 322 componenti del Senato, la maggioranza è rappresentata da 162 voti, che la maggioranza in questo momento non ha. Questo è il problema strutturale del Senato ed il problema politico fondamentale.
Detto questo, mantengo il rammarico di non aver avuto neanche un accenno di risposta al riguardo da parte sua e preciso che non ho mai ritenuto che fosse in gioco il Governo in quanto tale oggi; ho ritenuto che oggi fosse accaduto un ulteriore episodio di grande rilievo politico. Non era in discussione questo Governo oggi, ma evidentemente in questo momento il Governo stesso sa di non avere, al Senato, la maggioranza sulle basi fondamentali del suo programma: non su singoli punti, ma su provvedimenti a caso; oggi è capitato sul decreto-legge sugli sfratti, domani può capitare su un'altra cosa.
Questo è il problema politico che la giornata del 25 ottobre 2006 pone in evidenza; questo problema non ha ricevuto nessuna risposta e non credo che essa sarà data sabato dall'incontro del vertice cosiddetto di maggioranza del Presidente del Consiglio con i segretari dei partiti che ufficialmente sostengono il Governo e che, se anche lo sostenessero tutti, in modo totale, presenti sempre, non formerebbero la maggioranza strutturale al Senato. Questo è il problema politico che noi abbiamo posto.
Vengo alla conseguenza del ragionamento politico: quali parti fondamentali del suo programma il Governo - se ancora non lo ha capito è bene che lo capisca - corre il rischio di vedere bocciate? Quelle sulle quali la sua maggioranza è divisa, perché, come lei ha visto essendo presente oggi in Senato, onorevole Ministro, noi non abbiamo votato la pregiudiziale in quanto, per un colpo di fortuna, abbiamo avuto la maggioranza; abbiamo chiesto fino alla fine ed io per primo (credo che se rilegge il mio intervento lo ritrova) ho chiesto che il Governo ritirasse il comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge che era quello sul quale si era dimostrato lo scontro interno alla maggioranza. È una maggioranza che per un verso ci chiede di approvare un decreto che comporta spese, per un altro verso ci dice che quelle spese non le può sopportare.
Questo è il problema di questo Governo: ci sono due filosofie politiche di fondo sul rapporto con la proprietà. Questo riguarda le pensioni, la politica sociale, la finanziaria, la politica estera e quindi anche il decreto di cui lei è sostanzialmente il protagonista principale. Le due filosofie di fondo sull'istituto della proprietà privata sono due filosofie che vengono a scontrarsi in Aula per la semplice ragione che su questo scontro l'opposizione non farà sconti al Governo, è bene che lo capisca.
E allora la domanda è questa: è in grado il Governo di trovare un punto di equilibrio al suo interno su tale problema, visto che questo decreto‑legge è giunto in Aula con due diverse posizioni, alternative, della maggioranza sul punto fondamentale? Lo risolve questo problema? Dopo ci dirà con quale strumento, disegno di legge, decreto-legge o altro.
Comunque, quando avrà risolto il problema interno alla sua maggioranza, risorgerà quello politico generale: su questi temi, con l'opposizione, vuole avere un rapporto preventivo o no? I temi non sono quelli generici di questo o quell'argomento, non sono materie da cosiddetto «inciucio», come ho detto nel mio intervento non si tratta di allargamento della maggioranza o di sostituzione della maggioranza con pezzi da una parte e dall'altra, non c'è nessuna intenzione - parlo come Capogruppo dell'UDC - di fare questo.
La domanda è: sulle questioni strutturali questa maggioranza, che è divisa dal punto di vista fondamentale, con l'opposizione si vuole confrontare cercando il punto di intesa, al quale forse faceva riferimento il collega Formisano prima? Allora potrebbe ottenere una larghissima maggioranza. Lo abbiamo tentato positivamente sul tema della religiosità, pochi giorni fa, approvando all'unanimità una mozione su un tema straordinariamente difficile, sul quale non ho motivo di dubitare che la maggioranza abbia opinioni diverse dall'opposizione e all'interno della maggioranza e dell'opposizione ci siano opinioni diverse; ciononostante abbiamo votato all'unanimità. Lo abbiamo fatto in materia di giustizia a proposito di due decreti sui quali il Governo chiedeva la sospensione, quello sull'ordinamento delle procure e quello sulla disciplina dei magistrati, e l'abbiamo fatto con una larghissima maggioranza.
Siamo in grado di trovare l'intesa anche sul decreto sugli sfratti. Ma ovviamente è possibile a una condizione: che la maggioranza ci dica cosa vuol fare della proprietà privata della casa. Deve decidere cosa fare, se cioè ritiene che il proprietario della casa è un delinquente e l'inquilino è una persona per bene, secondo modelli paleomarxisti. (Commenti del ministro Ferrero). Il decreto-legge su questo è caduto. Ministro, lei deve sapere che, se ci ripropone questo decreto, o lo approva la sua maggioranza o cade nuovamente. Il fatto dev'essere molto chiaro: non serve l'appello al buon cuore nei confronti degli sfrattati, l'ha detto il senatore Cutrufo prima.
Occorre capire: siamo in presenza di una politica che vuol far giungere tutti gli italiani alla proprietà dell'immobile destinato alla casa? Allora, si affronti questa emergenza. O vuole, invece, tenere una quantità di italiani in condizioni di non proprietà per un tempo indefinito, per ragioni strutturali che sono anche di consenso politico e, quindi, di agitazione sociale? Questo il problema, queste le due componenti politiche dell'attuale maggioranza. (Richiami del Presidente).
Quando avrà risolto il problema all'interno della sua maggioranza, ci venga a dire, in un altro contesto, che cosa vuol fare con l'opposizione, sapendo che, se il problema è quello delle due culture opposte sul tema della proprietà della casa, voteremo contro. Se, invece, troverete un punto d'intesa accettabile, che risolva l'emergenza, avrete il nostro consenso, sapendo che, però, si va verso la proprietà generalizzata con una politica della casa quale quella seguita da gran parte dei Governi democristiani (prima ancora, durante il ventennio fascista, si è tentato di fare cose che non erano pensabili; in Italia si è giunti a una proprietà privata della casa spaventosa, considerata un bene dal Paese). Se, dunque, il Governo si muove in questo senso, trova il nostro consenso; se si muove contro, invece, no.
Questa è la questione che, quindi, dal punto di vista del merito del decreto-legge, avrei piacere che lei ci riferisse, signor Ministro non pretendevo che oggi, in quattro o cinque ore, il Governo risolvesse un problema che è di struttura della sua maggioranza. Non vorrei che ci impiegasse un mese né, soprattutto, che facesse finta di non capire che questa è la questione politica di fondo, perché nascondersi dietro un dito non serve a nessuno: certamente non serve al Governo, ma non serve neanche a lei.
Questo il problema, questo il punto fondamentale: o saltate il fossato, cercando su questo - come su altri punti - un'intesa strategica con l'opposizione, o dovrete esserci solo voi per approvare i vostri decreti.
FERRARA (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, vi sono ancora quattro iscritti a parlare e abbiamo a disposizione quindici minuti, per cui, chiaramente, dovremo terminare domani mattina. Lo faccio per il senatore Bonadonna e per gli altri colleghi: forse, lo svolgimento di questi interventi si potrebbe rimandare a domattina.
PRESIDENTE. Quindi, senatore Ferrara, lei propone - e mi pare che l'accordo sia unanime - di proseguire domani mattina il seguito della discussione.
FERRARA (FI). Esatto. Ho chiesto tempestivamente la parola, signor Presidente, perché, se fossi intervenuto dopo il senatore Buonadonna, l'avrei fatto prima del discorso del senatore Pastore.
PRESIDENTE. Della sua correttezza ero sicuro, senatore Ferrara.
RUSSO SPENA (RC-SE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO SPENA (RC-SE). Signor Presidente, innanzi tutto sono d'accordo con il fatto che la decisione spetti alla Presidenza.
PRESIDENTE. Certo, questo va da sé.
RUSSO SPENA (RC-SE). Bisogna inchinarsi, in questo momento, all'autorevolezza del Presidente.
Poi, però, senatore Ferrara, dipende anche un po' dal Ministro, che non so se ha impegni che gli impediscano di essere qui domattina, perché sarebbe importante che il dibattito si concludesse con la sua presenza.
PRESIDENTE. Il Ministro, ovviamente, è a disposizione del Senato.
RUSSO SPENA (RC-SE). Allora, se il Presidente è d'accordo, lo siamo anche noi.
PASTORE (FI). Il Ministro è a disposizione!
PRESIDENTE. Poiché non si fanno osservazioni, rinvio il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo ad altra seduta.
(omissis)
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
63ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
GIOVEDI’ 26 OTTOBRE 2006
(Antimeridiana)
Presidenza del vice presidente BACCINI,
indi del vice presidente CAPRILI
e del presidente MARINI
Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo in ordine alle politiche per la riduzione del disagio abitativo (ore 9,34)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo in ordine alle politiche per la riduzione del disagio abitativo.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri è intervenuto il Ministro della solidarietà sociale ed ha avuto inizio la discussione sulle sue comunicazioni.
È iscritto a parlare il senatore Bonadonna. Ne ha facoltà.
BONADONNA (RC-SE). Signor Presidente, credo sia stato un atto di grande sensibilità e lealtà da parte del Governo e del ministro Ferrero venire ieri pomeriggio in Aula a riprendere il filo del ragionamento nel merito di un provvedimento molto atteso e peraltro socialmente significativo che riguarda la tutela del diritto alla casa per una fascia debole della popolazione sottoposta allo sfratto. Si tratta di un provvedimento che, oltre ad intervenire nell'emergenza degli sfratti, per la prima volta, fin dal suo primo articolo, si pone l'obiettivo - sempre ribadito, ma mai concretizzato in un provvedimento - della garanzia del trasferimento da casa a casa.
Penso che tutti si siano resi conto che ieri in quest'Aula c'è stato un cortocircuito tra un dichiarato ed esplicito consenso alla finalità di assicurare una condizione di garanzia per la tipologia di famiglie sottoposte a sfratto, quelle particolarmente deboli, e la necessità dell'opposizione di cogliere l'occasione di segnalare la debolezza della maggioranza, possibilmente dando un colpo anche al Governo, obiettivo assolutamente legittimo conseguito attraverso la presentazione di una questione pregiudiziale, sollevata, alimentata e in qualche modo legittimata da un voto della Commissione bilancio, che per molti versi ha dell'incredibile.
Ho visto gli atti della Commissione e francamente è incredibile che il Sottosegretario al bilancio sia venuto a dire in quella sede che vi sono problemi di copertura di un provvedimento che è stato presentato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e il Ministro delle infrastrutture. Poiché non è la prima volta che in Commissione bilancio si propongono correzioni o si fanno dichiarazioni dello stesso tipo da parte del Ministero, mi chiedo se ci troviamo di fronte ad una sorta di coazione a reiterare provvedimenti, che vengono presentati quasi con l'obiettivo di essere affondati.
Voglio dire che la Commissione bilancio ha alzato una palla talmente bella che l'opposizione avrebbe fatto un errore gravissimo a non coglierla e a non schiacciarla contro il Governo. Non è però di questo argomento che voglio parlare adesso, ma del fatto che abbiamo il dovere, entro il 29 novembre, di assicurare a queste famiglie una condizione di garanzia, perché sulla questione dell'abitazione e del diritto all'abitare convergiamo tutti. Ho ascoltato tutti gli interventi svolti nella mattinata e anche ieri sera che hanno affrontato questo aspetto. Non c'è dubbio che il decreto che ieri è decaduto aveva il pregio di avviare un piano per l'edilizia residenziale pubblica, un piano per la casa.
Ieri il senatore Andreotti ricordava come la politica della casa, a partire dal piano Fanfani, sia stata una delle costanti, cioè lo Stato si è preoccupato di garantire alle fasce più deboli, ai lavoratori, ai cittadini in condizioni di indigenza, il diritto alla casa, il diritto costituzionale all'abitazione. Voglio ricordare che c'era alla base di questo anche uno strumento, che è stato poi cancellato un po' più di dieci anni fa: mi riferisco alla GESCAL, ovvero uno strumento finanziario che aveva anche una funzione per certi versi redistributiva e solidaristica, che finanziava i piani di edilizia residenziale pubblica, la gestione per le case ai lavoratori.
Con la privatizzazione degli enti previdenziali, la GESCAL è stata sciolta, i suoi fondi sono stati distribuiti alle Regioni. (Brusìo).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Bonadonna, mi consenta; pregherei i colleghi di prendere posto perché è difficile per il senatore Bonadonna intervenire, c'è un brusìo inaccettabile. (Brusìo). Colleghi senatori, pregherei di abbassare il tono della voce, altrimenti è impossibile parlare in questo contesto. (Brusìo). Non ci siamo capiti, forse. Senatore Bordon, la prego, prenda posto. Invito i colleghi a sgombrare l'emiciclo; per favore, senatore Martone, sottosegretario Vernetti.
Ristabiliamo un po' d'ordine, capisco che i colleghi stanno entrando, ma possibilmente lasciamo l'emiciclo libero e abbassiamo il tono della voce per consentire a tutti di ascoltare e di parlare. Senatore Cabras, per cortesia, cerchiamo di recuperare un po' di ordine.
Prego, senatore Bonadonna, e mi scusi.
BONADONNA (RC-SE). Grazie, Presidente. Evidentemente, non essendoci la tensione verso uno scontro squisitamente politico e politicista, l'attenzione dell'Assemblea cala.
Dicevo, improvvidamente è stata cancellata la GESCAL e nel 1992 sono stati sostanzialmente distribuiti i suoi fondi alle Regioni.
Il fatto è che questo Paese, oltre ad avere il 4 per cento di edilizia residenziale pubblica contro il 16 per cento della media europea (come ricordava anche ieri il Ministro), si trova da ben quindici anni a non avere alcun finanziamento per l'edilizia residenziale pubblica. Questo rappresenta un elemento gravissimo su cui bisogna intervenire.
Nell'esposizione fatta ieri dal ministro Ferrero si propone un percorso: il Governo sta studiando la possibilità di produrre un nuovo decreto, cosa che ritengo e che riteniamo assolutamente possibile perché la questione ha i requisiti dell'urgenza, tanto più che il Ministro ha dichiarato che già ieri il Governo era pronto a ritirare il comma 7 dell'articolo 1, quello tanto contestato; quindi lo strumento del decreto a nostro avviso può essere utilizzato e, se ho capito bene, grazie alla sensibilità dimostrata anche da interventi che sono venuti ieri dall'opposizione (mi riferisco in modo particolare all'intervento del presidente Matteoli), anche con una corsia preferenziale accelerata che produca un intervento fattivo entro il 29 novembre, in modo da garantire... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Senatore Bonadonna, concluda, prego.
BONADONNA (RC-SE). Ho concluso, Presidente.
L'importante è che tutti noi abbiamo la consapevolezza che c'è una priorità: il diritto alla casa per i cittadini; poi c'è pure la difesa degli interessi delle società immobiliari, ma mi permetto di dire che non solo queste vengono dopo, ma che anche in questo decreto sarebbero state abbondantemente ristorate dagli sgravi fiscali contemplati per coloro i quali avessero continuato a mantenere l'inquilino, il conduttore dell'alloggio, così come all'articolo 2 del decreto decaduto era previsto. (Applausi dal Gruppo RC-SE).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pastore. Ne ha facoltà.
PASTORE (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, mi rifaccio al suo intervento perché ho colto alcuni elementi, naturalmente dal suo punto di vista assolutamente comprensibili, che possono così riassumersi: è stato un intervento riduttivo sul valore politico della pregiudiziale di costituzionalità; pochi cenni sul da farsi; e una enfatizzazione degli effetti sociali collegati al blocco di questo provvedimento.
Pur comprendendo, naturalmente, le ragioni che le hanno ispirato questo suo modo di porgere la questione all'Aula, devo però dissentire profondamente, perché il voto di ieri ha un notevole valore politico; naturalmente, quando dico «notevole valore politico» non intendo riferirmi a possibili crisi di Governo, a divisioni o ad altro, ma sicuramente il voto di ieri è stato, per usare una formula pugilistica, un uppercut, un colpo allo stomaco al Governo, che credo ne abbia fortemente risentito.
Vede, signor Ministro, anche la questione delle presenze in Aula va vista nella sua giusta ottica: abbiamo registrato, in questo inizio di legislatura, parecchie vicende nelle quali la maggioranza ha prevalso per un voto, in assenza di senatori dell'opposizione per le ragioni più varie, per lo più per ragioni giustificate; eppure, in quei casi noi avremmo potuto accampare queste assenze per sostenere che in quell'ipotesi la maggioranza sarebbe andata sotto e quindi avrebbe dovuto lasciare gli scranni del potere. In democrazia i voti si contano, non si pesano e i voti o i non voti hanno valore prescindendo dalle ragioni del loro esserci o del loro non esserci.
Il dato importante, però, che abbiamo potuto verificare è che ieri vi è stata una flebile mobilitazione dei banchi della maggioranza o probabilmente una debole risposta alla mobilitazione per occupare i banchi della maggioranza.
Dico ciò, cari colleghi, perché questo decreto-legge, al di là delle misure sociali in esso contenute, era assolutamente ideologico, alla sua base vi erano ragioni ideologiche ed esso, utilizzando il pericolo degli sfratti esecutivi, cercava di introdurre nel nostro ordinamento una serie di norme punitive per la proprietà e per la proprietà delle abitazioni in particolare.
Questa volontà politica, questa scelta ideologica ha determinato le forzature costituzionali che noi abbiamo lamentato, cioè l'estensione praticamente a quasi tutto il territorio nazionale del provvedimento, l'esaltazione, quasi, di valori pauperistici ed antiborghesi contenuti nel provvedimento, che certamente la sinistra radicale ha imposto alla maggioranza della quale fa parte.
Signor Ministro, sappiamo benissimo che questo decreto‑legge fa parte del pacchetto preteso dalla sinistra radicale, magari per ingoiare qualche altro rospo da parte della maggioranza della quale è costitutiva e parte fondamentale.
Credo che in questo decreto-legge vi siano tutti questi segnali, tutti questi elementi, non ultimo lo svuotamento del valore degli immobili delle SCIP, cioè del patrimonio pubblico acquisito dalle società che hanno partecipato a queste operazioni, e che è dettato, non da ragioni funzionali alla tutela delle famiglie disagiate, ma da ragioni puramente ideologiche. Si è voluto infatti quasi punire chi ha osato acquisire, a prezzi di mercato, il patrimonio pubblico per metterlo a disposizione della collettività.
Signor Ministro, colleghi, questo è un provvedimento che guarda al passato perché è frutto di una visione della proprietà immobiliare e della proprietà in generale che non è propria di quest'epoca: è una visione ottocentesca, o della prima metà del Novecento. Questa visione è però fatta propria da una parte fondante della maggioranza, cioè dalla sinistra radicale, dimenticando che in questi anni vi sono stati un boom dell'edilizia e, soprattutto, una diffusione della proprietà immobiliare grazie alla quale i problemi sociali sono enormemente diminuiti; non dico che non ve ne siano più, ma, ripeto, sono enormemente diminuiti. Questo è un dato di fatto: quasi il 90 per cento delle famiglie italiane è proprietario della casa nella quale abita e questo è un dato che non possiamo assolutamente dimenticare. Ogni azione diretta contro la proprietà degli immobili e in particolare dell'abitazione, è pertanto un'azione socialmente negativa perché colpisce tutti e soprattutto, in questo caso, le famiglie più deboli.
Il secondo capitolo è cosa fare per il futuro. Noi non vogliamo naturalmente sminuire l'importanza soprattutto della prima parte del provvedimento, l'importanza di venire incontro a famiglie che si trovano in situazioni di gravissima difficoltà. Ricordo che il Governo Berlusconi, nel febbraio di quest'anno ha emanato l'ultimo suo decreto-legge proprio per venire incontro a queste situazioni di disagio. È però chiaro che il prosieguo, nelle Aule parlamentari, dell'iter di un provvedimento analogo a quello che ieri abbiamo bloccato, è una risposta che devono dare il Governo e la maggioranza.
Noi - ripeto - non siamo contrari ad un provvedimento a favore delle famiglie disagiate, ma vogliamo che il provvedimento sia rigoroso e, quindi, rispettoso alla lettera dei precetti contenuti nella Costituzione e sviluppati dalla Corte costituzionale; vogliamo che sia funzionale a risolvere quei problemi, vogliamo cioè che non vi siamo ampliamenti nel provvedimento che siano punitivi per la proprietà immobiliare.
Occorre quindi anche verificare quali e quante situazioni di disagio sono presenti nel nostro territorio. Ho ascoltato ieri l'intervento del Presidente del Gruppo dell'Ulivo, che ha parlato di milioni di famiglie; il Ministro ci parla di 600.000; altri dati ci parlano di 40.000-50.000 casi.
Vorremmo sapere con una certa esattezza quali sono i casi ai quali occorre provvedere.
Infine, dev'essere un provvedimento equilibrato, che non sacrifichi le famiglie, i proprietari di immobili che si trovino costretti a vedere il rapporto di locazione prolungato nel tempo, ma che vada a carico della fiscalità generale, di tutti e non a carico della fiscalità relativa alla sola proprietà immobiliare. Diversamente, il precetto della Corte costituzionale per cui non si può scaricare sul proprietario l'onere della funzione sociale, in questo caso, della proprietà, sarebbe disatteso; alla fine sarebbe sempre la proprietà immobiliare a pagare le conseguenze: devono pagarle, invece, tutti i cittadini.
Annuncio anche che Forza Italia ha presentato ieri un disegno di legge a prima firma del senatore Schifani in questa direzione, un provvedimento rigoroso, funzionale ed equilibrato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Brutti Massimo. Ne ha facoltà.
BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, il ministro Ferrero ha enunciato le preoccupazioni del Governo, che il Gruppo dell'Ulivo condivide, in ordine alla bocciatura del decreto-legge in materia di disagio abitativo. Ha anche indicato una via possibile per introdurre nuove norme in tema di edilizia abitativa, norme che dovranno guardare - noi ci auguriamo - oltre l'emergenza, puntando sulla prospettiva dei piani di edilizia residenziale pubblica ed anche su misure equitative a favore dei conduttori deboli.
In questo quadro, credo che si dovrà intervenire con una misura a tempo sulle situazioni di particolare disagio, che sono quelle nelle quali è in corso una procedura di sfratto nei confronti di persone e famiglie appartenenti alle categorie più disagiate e alle fasce sociali più deboli.
Ci accingevamo ieri ad affrontare i singoli problemi posti da questa normativa e, tra l'altro, a sciogliere le questioni che erano state sollevate dalla 5a Commissione con i suoi pareri: sfavorevoli a due degli emendamenti e favorevoli ad un emendamento soppressivo del comma 7 dell'articolo 1. La pausa di riflessione che avevo chiesto non c'è stata, il Governo si apprestava a presentare emendamenti che avrebbero reso necessaria la fissazione di un termine per eventuali subemendamenti. In quel momento, dopo le nostre relazioni, la scelta dell'opposizione nel suo insieme è stata quella di puntare sull'approvazione di una pregiudiziale tale da far colare a picco l'insieme del decreto-legge.
Avremmo potuto risolvere secondo le procedure parlamentari le questioni relative alla copertura di quelle norme e attendevamo la proposta del Governo su questo tema. Invece no: approfittando di una situazione nella quale vi era una temporanea lieve maggioranza a favore delle forze di opposizione, la scelta che avete compiuto è stata di liquidare nel loro insieme queste norme.
Voglio rispondere alle questioni poste ieri dal collega Matteoli (che non vedo nei banchi di Alleanza Nazionale), il quale ha sollevato quesiti ai quali è necessario, da parte nostra, fornire una risposta. Il senatore Matteoli ha chiesto se il Governo ha una maggioranza. Ebbene, parliamoci chiaro: voi sapete quali sono i rapporti di forza dentro quest'Aula e come sia ristretto il margine del quale possiamo disporre. Tuttavia, vorrei serenamente rispondere al collega Matteoli: sì, il Governo ha una maggioranza e lo ha dimostrato in un voto politico, qual era quello di ieri pomeriggio sulle dimissioni di uno dei nostri colleghi che fanno parte del Governo; lo ha dimostrato a voto segreto di avere una maggioranza.
Naturalmente, il percorso di approvazione di norme delicate e oggetto di discussione è sempre accidentato. Capiterà che voi riusciate, facendo leva su qualche assenza, ad avere una maggioranza momentanea in quest'Aula. È successo ieri e, con realismo, dobbiamo prevedere che possa accadere altre volte. Ieri avevate varie possibilità di utilizzare quella posizione di vantaggio nella quale per il volgere di mezza giornata vi siete trovati: lasciatemi dire che avete scelto il modo peggiore per usare quella posizione.
Non eravate d'accordo sul comma 7 dell' articolo 1, come ha detto in Aula il senatore D'Onofrio? Potevate aspettare le votazioni su quegli emendamenti soppressivi, tra l'altro assistiti dal parere favorevole della 5a Commissione, per far valere il vostro punto di vista. Non eravate d'accordo su altri aspetti di quelle norme? Potevate far valere questo vostro dissenso. Avete invece scelto la via della pregiudiziale per affossare il complesso del decreto.
STORACE (AN). Leggi la rassegna stampa.
BRUTTI Massimo (Ulivo). Mi fa piacere sollecitare qualche reazione, invece che parlare nella disattenzione generale. Le reazioni sono benvenute. (Commenti del senatore Storace).
PRESIDENTE. Prosegua, senatore Brutti, non accetti provocazioni. Senatore Storace, per cortesia. (Commenti del senatore Cursi). Senatore Cursi!
BRUTTI Massimo (Ulivo). Avete scelto quella strada nonostante alcuni di noi avessero richiamato la vostra attenzione sulla natura e sui contenuti di quelle norme. Potevate comunque tutelare e salvare le norme riguardanti i ceti popolari. (Il senatore Matteoli rientra in Aula).
Collega Matteoli, sono contento di poterle rivolgere direttamente la parola, data la sua presenza in Aula. Potevate fare questa scelta e non perché, appellandomi alla vostra attenzione, io formulassi un giudizio di valore sulle posizioni o sulla cultura dell'una o dell'altra forza politica. Vede, collega Matteoli, l'atteggiamento da tenere, a mio giudizio, nei nostri dibattiti e nella lotta politica di cui noi siamo parte e protagonisti, dev'essere sempre improntato al rispetto nei confronti degli avversari. Rispettare gli avversari significa anche, in qualche misura, rispettare sé stessi.
Allora, nel pieno rispetto delle vostre posizioni io mi sono limitato ad osservare, e ancora oggi su questo richiamo la vostra attenzione, che le famiglie colpite dall'affossamento del decreto sono le famiglie dei ceti popolari, la gente delle periferie. Siccome i vostri partiti prendono un certo numero di voti è inevitabile che nel vostro elettorato siano presenti anche quelle famiglie e quei ceti popolari. Vi chiedevo di tenerne conto e avreste potuto farlo votando contro le parti del decreto sulle quali non eravate d'accordo! (Applausi dal Gruppo Ulivo). Invece, per una scelta di schieramento voi affossate il decreto rendendo impossibile in questo momento una proroga congrua della sospensione degli sfratti. Questo è il dato politico! Questo è il rilievo della scelta compiuta ieri da voi approfittando della posizione di vantaggio in cui vi trovavate!
Il Governo ha assunto degli impegni e la maggioranza farà tutto quel che può affinché norme nuove che corrispondano agli interessi, alle esigenze, ai diritti di quelle persone, di quelle famiglie siano varate quanto prima dal Parlamento italiano.
Voglio rassicurare il collega D'Onofrio: non è in discussione il diritto di proprietà. In quelle norme equilibrate ieri in discussione era perfino recepito dalla giurisprudenza costituzionale il principio della comparazione tra la posizione del locatore e la posizione del conduttore. Certo, vi erano maggiori garanzie per i conduttori deboli quando la parte locatrice era una grande proprietà; ma questo corrisponde all'articolo 3 della Costituzione repubblicana ed anche all'articolo 42, secondo comma, della Costituzione repubblicana. Il collega D'Onofrio lo sa bene.
Non vi era quindi scontro ideologico su quelle norme e avremmo potuto comunque trovare un'intesa, anche accogliendo esigenze ed emendamenti da voi posti, come, del resto in Commissione avevamo accolto all'unanimità l'emendamento proposto dal collega Caruso. Avete voluto la rottura per ragioni politiche e di schieramento e di questa scelta dovrete rispondere all'elettorato! (Applausi dal Gruppo Ulivo).
PRESIDENTE. Essendo terminati tutti gli interventi nella discussione sulle comunicazioni del Governo in ordine alle politiche per la riduzione del disagio abitativo, passerei al prossimo punto all'ordine del giorno.
BALDASSARRI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BALDASSARRI (AN). Signor Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori.
Passando alla votazione delle reiterate dimissioni presentate dal senatore Pinza, faccio notare che abbiamo dedicato ampio spazio al dibattito in merito al decreto-legge sugli sfratti, ma che tecnicamente era già emerso, in sede di Commissione bilancio, che quel provvedimento era privo di copertura finanziaria. Capisco che la Costituzione qualche volta possa essere bypassata ... (Commenti dal Gruppo Ulivo).
PRESIDENTE. Senatore Baldassarri, la prego di attenersi al Regolamento.
BALDASSARRI (AN). Il dato politico è l'insipienza tecnica di un Governo che sapeva già, quarantotto ore prima, di presentare un decreto-legge privo di copertura finanziaria.
PRESIDENTE. Senatore Baldassarri, la prego di intervenire sull'ordine dei lavori.
BALDASSARRI (AN). Sull'ordine dei lavori, signor Presidente. Visto che dobbiamo procedere alla votazione delle dimissioni del vice ministro Pinza, desidero chiedere ancora una volta al Governo se quella delle dimissioni dei membri di Governo è una regola generale o se dobbiamo procedere, anche in futuro, caso per caso.
STORACE (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa, senatore Storace?
STORACE (AN). Letteralmente sull'ordine dei lavori, Presidente. Conosco il Regolamento.
PRESIDENTE. Non ho dubbi, senatore. (Brusìo).
STORACE (AN). Lo dico per portare un contributo alla sua conduzione dell'Assemblea, anche se è difficile parlare in queste condizioni. Si tratta di una questione delicata, dal momento che lei ha detto che adesso passeremo al successivo punto all'ordine del giorno.
Ora, non conosco - e di questo mi scuso con lei e con il Presidente del Senato - le determinazioni della Conferenza dei Capigruppo sul dibattito seguito alle dichiarazioni del ministro Ferrero. C'è un particolare: il Ministro e i Gruppi sono intervenuti. La questione che pongo è la seguente: è prevista o meno la replica del rappresentante del Governo?
Lo chiedo per un motivo molto semplice. Ho apprezzato la disponibilità del Ministro per arrivare ad una strada possibilmente condivisa; poi se ci arriveremo si vedrà. Vedo però da parte del Capogruppo del maggior Gruppo di maggioranza un'aggressione all'opposizione. Allora vorrei capire qual è la linea: se il Ministro intende ribadire quella di un tentativo di persuasione o quella dell'aggressione nei confronti dell'opposizione parlamentare, perché altrimenti non ci siamo.
PRESIDENTE. Senatore Storace, non è prevista la replica del Governo, che peraltro non è stata nemmeno richiesta. Prendiamo atto del suo intervento.
Ringrazio il Ministro per la sua presenza così costante in Aula.
Passiamo ora al successivo punto all'ordine del giorno.
Normativa di riferimento
L. 5 agosto 1978, n. 468
Riforma di alcune norme di contabilità
generale dello Stato in materia di bilancio. (artt. 7,
11-ter e 11-quater)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 22 agosto 1978, n. 233.
(omissis)
7. Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine.
Nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è istituito, nella parte corrente, un «Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine» le cui dotazioni sono annualmente determinate, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.
Con decreti del Ministro del tesoro, da registrarsi alla Corte dei conti, sono trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento sia delle dotazioni di competenza che di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie:
1) per il pagamento dei residui passivi di parte corrente, eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa, [in caso di richiesta da parte degli aventi diritto, con reiscrizione ai capitoli di provenienza, ovvero a capitoli di nuova istituzione nel caso in cui quello di provenienza sia stato nel frattempo soppresso] (41);
2) per aumentare gli stanziamenti dei capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio o connessi con l'accertamento e la riscossione delle entrate.
Allo stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro è allegato l'elenco dei capitoli di cui al precedente numero 2), da approvarsi, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.
(41) Le parole tra parentesi quadre sono state abrogate dall'art. 6, D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270.
11-ter. Copertura finanziaria delle leggi.
1. In attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime. La copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, è determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalità (57):
a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'articolo 11-bis, restando precluso sia l'utilizzo di accantonamenti del conto capitale per iniziative di parte corrente, sia l'utilizzo per finalità difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali;
b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti o in contabilità speciali presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale iscrizione nello stato di previsione della entrata delle risorse da utilizzare come copertura;
c) [a carico o mediante riduzione di disponibilità formatesi nel corso dell'esercizio sui capitoli di natura non obbligatoria, con conseguente divieto, nel corso dello stesso esercizio, di variazioni volte ad incrementare i predetti capitoli. Ove si tratti di oneri continuativi pluriennali, nei due esercizi successivi al primo, lo stanziamento di competenza dei suddetti capitoli, detratta la somma utilizzata come copertura, potrà essere incrementato in misura non superiore al tasso di inflazione programmato in sede di relazione previsionale e programmatica. A tale forma di copertura si può fare ricorso solo dopo che il Governo abbia accertato, con la presentazione del disegno di legge di assestamento del bilancio, che le disponibilità esistenti presso singoli capitoli non debbano essere utilizzate per far fronte alle esigenze di integrazione di altri stanziamenti di bilancio che in corso di esercizio si rivelino sottostimati. In nessun caso possono essere utilizzate per esigenze di altra natura le economie che si dovessero realizzare nella categoria «interessi» e nei capitoli di stipendi del bilancio dello Stato. Le facoltà di cui agli articoli 9 e 12, primo comma, non possono essere esercitate per l'iscrizione di somme a favore di capitoli le cui disponibilità siano state in tutto o in parte utilizzate per la copertura di nuove o maggiori spese disposte con legge] (58);
d) mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuove e maggiori spese correnti con entrate in conto capitale.
2. I disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo e gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati da una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme da adottare con i regolamenti parlamentari (59).
3. Le Commissioni parlamentari competenti possono richiedere al Governo la relazione di cui al comma 2 per tutte le proposte legislative e gli emendamenti al loro esame ai fini della verifica tecnica della quantificazione degli oneri da essi recati.
4. I disegni di legge di iniziativa regionale e del CNEL devono essere corredati, a cura dei proponenti, da una relazione tecnica formulata nei modi previsti dal comma 2.
5. Per le disposizioni legislative in materia pensionistica la relazione di cui ai commi 2 e 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari. Per le disposizioni legislative in materia di pubblico impiego la relazione contiene i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla loro completa attuazione, nonché sulle loro correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili. Per le disposizioni legislative recanti oneri a carico dei bilanci di enti appartenenti al settore pubblico allargato la relazione riporta la valutazione espressa dagli enti interessati.
6. Ogni quattro mesi la Corte dei conti trasmette al Parlamento una relazione sulla tipologia delle coperture adottate nelle leggi approvate nel periodo considerato e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. La Corte riferisce, inoltre, su richiesta delle Commissioni parlamentari competenti nelle modalità previste dai Regolamenti parlamentari, sulla congruenza tra le conseguenze finanziarie dei decreti legislativi e le norme di copertura recate dalla legge di delega (60).
6-bis. Le disposizioni che comportano nuove o maggiori spese hanno effetto entro i limiti della spesa espressamente autorizzata nei relativi provvedimenti legislativi. Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, è accertato l'avvenuto raggiungimento dei predetti limiti di spesa. Le disposizioni recanti espresse autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto per l'anno in corso alla medesima data (61).
6-ter. Per le Amministrazioni dello Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche attraverso gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie provinciali dello Stato, vigila sulla corretta applicazione delle disposizioni di cui al comma 6-bis. Per gli enti ed organismi pubblici non territoriali gli organi interni di revisione e di controllo provvedono agli analoghi adempimenti di vigilanza e segnalazione al Parlamento e al Ministero dell'economia e delle finanze (62).
7. Qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi. Il Ministro dell'economia e delle finanze può altresì promuovere la procedura di cui al presente comma allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari. La stessa procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri (63) (64).
(57) Alinea così modificato dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione
(58) Lettera abrogata dall'art. 1-bis, D.L. 20 giugno 1996, n. 323, nel testo aggiunto dalla relativa legge di conversione.
(59) Comma così modificato dall'art. 3, L. 25 giugno 1999, n. 208.
(60) Comma così modificato dall'art. 13, L. 29 luglio 2003, n. 229.
(61) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Decr. 5 maggio 2003, il Decr. 15 luglio 2003 e il Decr. 1° giugno 2006.
(62) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
(63) Comma così modificato dal comma 2 dell'art. 1, D.L. 6 settembre 2002, n. 194, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(64) Articolo aggiunto dall'art. 7, L. 23 agosto 1988, n. 362 (Gazz. Uff. 25 agosto 1988, n. 199, S.O.).
11-quater. Leggi di spesa pluriennale e a carattere permanente.
1. Le leggi pluriennali di spesa in conto capitale quantificano la spesa complessiva, l'onere per competenza relativo al primo anno di applicazione, nonché le quote di competenza attribuite a ciascuno degli anni considerati nel bilancio pluriennale; la legge finanziaria può annualmente rimodulare le quote previste per ciascuno degli anni considerati nel bilancio pluriennale, nei limiti dell'autorizzazione complessiva a norma dell'articolo 11, comma 3, lettera c).
2. Le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma indicata dalle leggi di cui al comma 1 ovvero nei limiti indicati nella legge finanziaria. I relativi pagamenti devono, comunque, essere contenuti nei limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.
3. Le leggi di spesa a carattere permanente quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio pluriennale. Esse indicano inoltre l'onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo alla legge finanziaria a norma dell'articolo 11, comma 3, lettera d).
4. Il disegno di legge finanziaria indica, in apposito allegato, per ciascuna legge di spesa pluriennale di cui all'articolo 11, comma 3, lettera c), i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e, ove siano previsti versamenti in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria, le giacenze in essere alla medesima data (65).
(65) Aggiunto dall'art. 8, L. 23 agosto 1988, n. 362 (Gazz. Uff. 25 agosto 1988, n. 199, S.O.).
L. 27 luglio 1978, n. 392
Disciplina delle locazioni di immobili
urbani.(artt. 5 e 55)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 luglio 1978, n. 211.
(omissis)
5. Inadempimento del conduttore.
Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile (6).
(6) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-28 dicembre 1998, n. 448 (Gazz. Uff. 7 gennaio 1999, n. 1, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.
(omissis)
55. Termine per il pagamento dei canoni scaduti.
La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice.
Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta.
In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato.
La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.
Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto (84).
(84) La Corte costituzionale, con sentenza 18-21 gennaio 1999, n. 3 (Gazz. Uff. 27 gennaio 1999, n. 4, Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La stessa Corte costituzionale, con successiva ordinanza 3-14 dicembre 2001, n. 410 (Gazz. Uff. 19 dicembre 2001, n. 49, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
D.Lgs. 16-2-1996 n. 104
Attuazione della delega conferita
dall'art. 3, comma 27, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di
dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di
investimenti degli stessi in campo immobiliare.(art. 1 )
Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 marzo 1996, n. 52, S.O.
1. Ambito di applicazione e finalità.
1. Il presente decreto legislativo, in attuazione delle norme di cui all'art. 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335 , disciplina l'attività in campo immobiliare degli enti previdenziali di natura pubblica elencati al numero 1 della tabella allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70 , ed altresì di quelli di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, e di enti previdenziali pubblici successivamente istituiti, per quanto attiene alla gestione dei beni, alle forme del trasferimento della proprietà degli stessi e alle forme di realizzazione di nuovi investimenti immobiliari secondo princìpi di trasparenza, economicità e congruità di valutazione economica (4).
2. Le norme del presente decreto, relative al trasferimento della proprietà, non trovano applicazione riguardo ai beni di proprietà degli enti che gli stessi utilizzano quali sede di uffici propri o di enti o soggetti con i quali gli enti proprietari sono stabilmente collegati o ai quali partecipano in vista del raggiungimento delle proprie finalità istituzionali. Nell'individuazione dei predetti immobili si tiene conto dei piani di riorganizzazione e decentramento degli enti, definiti anche in collaborazione fra gli stessi al fine di una possibile unificazione di sedi e sportelli aperti al pubblico in modo da migliorare il servizio all'utenza.
3. In presenza di disposizioni legislative che vincolano gli enti a costituire riserve a garanzia degli obblighi di prestazione a favore dei beneficiari della tutela previdenziale e ad investire quote delle riserve in immobili, a copertura di tali quote si pongono i beni individuati dagli enti, previo parere dell'Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali di cui all'articolo 10, relativi in particolare alle seguenti tipologie:
a) immobili la cui alienazione determinerebbe gravi ripercussioni di carattere sociale in relazione alle specifiche caratteristiche del mercato immobiliare e delle zone di ubicazione degli immobili, anche con riferimento alla tipologia reddituale e alle caratteristiche medie di composizione del nucleo familiare proprie dei relativi conduttori;
b) immobili di particolare pregio storico-monumentale per i quali possono essere previsti specifici programmi di valorizzazione;
c) immobili di cui al comma 2;
d) immobili ad uso non abitativo interessati da specifici progetti che assicurino, nel periodo massimo di tre anni, una redditività in linea con quella di mercato; i progetti sono sottoposti a preventiva verifica dell'Osservatorio di cui all'art. 10 che accerta anche i presupposti della effettiva redditività. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di redditività ipotizzati, gli enti sono tenuti ad inserire gli immobili nei piani di cessione.
4. La copertura delle riserve tecniche può in ogni caso essere realizzata anche attraverso la sottoscrizione di titoli rappresentativi di beni immobili.
(4) Per l'interpretazione autentica del presente comma vedi il comma 38 dell'art. 1, L. 23 agosto 2004, n. 243.
(omissis)
L. 23-12-1996 n. 662
Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica.(art. 3 co. 109)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 dicembre 1996, n. 303, S.O.
(omissis)
Articolo 3
(omissis)
Comma 109. Le amministrazioni pubbliche che non rispondono alla legge 24 dicembre 1993, n. 560, la Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa (CONSAP) e le società derivanti da processi di privatizzazione nelle quali, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica è uguale o superiore al 30 per cento del capitale espresso in azioni ordinarie, procedono alla dismissione del loro patrimonio immobiliare con le seguenti modalità (359):
a) è garantito, nel caso di vendita frazionata e in blocco, anche a cooperative di abitazione di cui siano soci gli inquilini, il diritto di prelazione ai titolari dei contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti e non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, sempre che siano in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto (360);
b) è garantito il rinnovo del contratto di locazione, secondo le norme vigenti, agli inquilini titolari di reddito familiare complessivo inferiore ai limiti di decadenza previsti per la permanenza negli alloggi di edilizia popolare. Per famiglie di conduttori composte da ultrasessantacinquenni o con componenti portatori di handicap, tale limite è aumentato del venti per cento;
c) [il diritto di prelazione di cui alla lettera a) e la garanzia del rinnovo del contratto di locazione di cui alla lettera b), nonché le modalità di determinazione del prezzo di vendita di cui alla lettera d) si applicano anche nel caso di dismissione del patrimonio immobiliare da parte delle società privatizzate o di società da queste controllate] (361);
d) per la determinazione del prezzo di vendita degli alloggi è preso a riferimento il prezzo di mercato degli alloggi liberi diminuito del trenta per cento fatta salva la possibilità, in caso di difforme valutazione, di ricorrere ad una stima dell'Ufficio tecnico erariale;
e) i soggetti alienanti di cui al presente comma, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative degli inquilini, disciplinano le modalità di presentazione delle domande di acquisto per gli immobili posti in vendita e di accesso ad eventuali mutui agevolati;
f) il 10 per cento del ricavato della dismissione degli immobili appartenenti alle amministrazioni statali è versato su un apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata; il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (362);
f-bis) gli alloggi in edifici di pregio sono definiti con circolare del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Si considerano comunque di pregio gli immobili che sorgono in zone nelle quali il valore unitario medio di mercato degli immobili è superiore del 70 per cento rispetto al valore di mercato medio rilevato nell'intero territorio comunale. Tali alloggi sono offerti in vendita ai titolari di contratti di locazione in corso ovvero di contratti scaduti non ancora rinnovati purché si trovino nella detenzione dell'immobile, e ai loro familiari conviventi, in regola con i pagamenti al momento della presentazione della domanda di acquisto, ad un prezzo di vendita pari al prezzo di mercato degli alloggi liberi, con le modalità di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma. All'offerta degli immobili si provvede mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, recante indicazione del prezzo di vendita dell'alloggio, inviata dall'ente proprietario ai soggetti di cui alla lettera a). Entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della lettera raccomandata i soggetti presentano domanda di acquisto per gli alloggi offerti. Decorso inutilmente tale termine gli immobili sono posti in vendita con asta pubblica al migliore offerente (363).
(359) Alinea così modificato dall'art. 43, comma 18, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
(360) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 5, L. 23 dicembre 1999, n. 488.
(361) Lettera prima modificata dall'art. 2, comma 5, L. 23 dicembre 1999, n. 488 e poi abrogata dall'art. 43, comma 18, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
(362) Vedi, anche, l'art. 4, comma 14, L. 23 dicembre 1999, n. 488.
(363) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 2, L. 23 dicembre 1999, n. 488.
L. 9-12-1998 n. 431
Disciplina delle locazioni e del
rilasci