Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||
Titolo: | Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale - schema di D.Lgs. n. 96 (Normativa di riferimento e giurisprudenza costituzionale) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 82 Progressivo: 1 | ||
Data: | 29/05/2007 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
XIV - Politiche dell'Unione europea | ||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Atti del Governo
Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale
Schema di decreto legislativo n.96
(art. 1, co. 1, 4, 5 e 6, L. n. 308/2004)
Normativa di riferimento e giurisprudenza costituzionale
n. 82/1
29 maggio 2007
Il presente dossier è costituito dai seguenti volumi:
- n. 82 contenente la scheda di sintesi e le schede di lettura;
- n. 82/1 contenente la normativa di riferimento e la giurisprudenza costituzionale;
- n. 82/2 contenente l’iter parlamentare e la dottrina.
SIWEB
I dossier
del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per
l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari.
File Am0039a
I N D I C E
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
§ Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 76 e 87)
§ L. 23 agosto 1988 n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 17)
§ D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. (art. 19)
§ D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. (art. 17)
§ D.Lgs. 28 agosto 1997 n. 281 Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)
§ D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.(art. 113)
§ L. 15 dicembre 2004 n. 308 Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione. (art. 1)
§ D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 Norme in materia ambientale. (Parti III e IV)
§ D.M. 7 aprile 2006 Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152. (All. III)
§ D.L. 4 luglio 2006 n. 223 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale. (art. 29)
§ D.L. 3 ottobre 2006 n. 262 Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria. (art. 2, comma 10)
§ D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 Disposizioni correttive e integrative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.
§ L. 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).(art. 1 comma 184)
§ D.L. 28 dicembre 2006 n. 300 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse.
Normativa comunitaria
§ Dir. 23 ottobre 2000, n. 2000/60/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.
§ Reg. (CE) n. 761/2001 del 19 marzo 2001 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
§ Comunicazione 17 luglio 2002, n. 412 della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - Gli accordi ambientali a livello di Comunità nel quadro del piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione".
§ Proposta del Parlamento europeo e del consiglio relativa ai rifiuti del 21 dicembre 2005 (COM-2005-667def)
§ Dir. 2006/12/CE del 5 aprile 2006 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti
Giurisprudenza
§ Sentenza Corte costituzionale n. 30 del 9 giugno 1961
§ Sentenza Corte costituzionale n. 32 del 20 aprile 1968
§ Sentenza Corte costituzionale n. 272 del 27 luglio 2004
§ Sentenza Corte costituzionale n. 29 del 1 febbraio 2006
Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 76 e 87)
(omissis)
(78) Vedi art. 72, comma quarto.
(omissis)
87. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere (131).
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione (132).
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo (133).
Promulga le leggi (134) ed emana i decreti aventi valore di legge (135) e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione (136).
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere (137).
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere (138).
Presiede il Consiglio superiore della magistratura (139).
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica (140) (141).
(131) Vedi anche art. 74, comma primo.
(132) Vedi art. 61, comma primo.
(133) Vedi art. 71, comma primo.
(134) Vedi artt. 73, 74 e 138, comma secondo.
(135) Vedi artt. 76 e 77.
(136) Vedi artt. 75 e 138, comma secondo.
(137) Vedi art. 80.
(138) Vedi art. 78.
(139) Vedi art. 104, comma secondo.
(140) Con D.P.R. 9 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 14 ottobre 2000, n. 241) è stato approvato il modello dello stendardo del Presidente della Repubblica.
(141) Per la sostituzione del presente articolo vedi l'art. 26 del testo di legge costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 20 ottobre 2005 e dal Senato della Repubblica nella seduta del 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 2005, n. 269. Vedi, anche, l'art. 53 dello stesso testo.
L.
23 agosto 1988 n. 400
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento
della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 17)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.
(omissis)
17. Regolamenti.
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari (28);
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
e) [l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali] (29).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari (30).
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:
a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;
b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;
c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;
d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (31).
(28) Lettera così modificata dall'art.
(29) Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
(30)
(31) Comma aggiunto dall'art.
D.Lgs.
30 dicembre 1992 n. 504
Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma
dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. (art. 19)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1992, n. 305, S.O.
(omissis)
19. Istituzione e disciplina del tributo.
[1. Salvo le successive disposizioni di raccordo con la disciplina concernente, anche ai fini di tutela ambientale, le tariffe in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, a fronte dell'esercizio delle funzioni amministrative di interesse provinciale, riguardanti l'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti, il rilevamento, la disciplina ed il controllo degli scarichi e delle emissioni e la tutela, difesa e valorizzazione del suolo, è istituito, a decorrere dal 1° gennaio 1993, un tributo annuale a favore delle province.
2. Il tributo è commisurato alla superficie degli immobili assoggettata dai comuni alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed è dovuto dagli stessi soggetti che, sulla base delle disposizioni vigenti, sono tenuti al pagamento della predetta tassa.
3. Con delibera della giunta provinciale, da adottare entro il mese di ottobre di ciascun anno per l'anno successivo, il tributo è determinato in misura non inferiore all'1 per cento né superiore al 5 per cento delle tariffe per unità di superficie stabilite ai fini della tassa di cui al comma 2; qualora la deliberazione non sia adottata entro la predetta data la misura del tributo si applica anche per l'anno successivo.
5. Il tributo è liquidato e iscritto a ruolo dai comuni contestualmente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e con l'osservanza delle relative norme per l'accertamento, il contenzioso, la riscossione e le sanzioni. I ruoli principali per il 1993 della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani deliberati nei termini di cui agli artt. 286 e 290 del T.U.F.L., approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175 e successive modificazioni, sono integrati con apposita delibera comunale di iscrizione a ruolo del tributo provinciale per il 1993, da adottare entro il 31 gennaio del medesimo anno, e posti in riscossione a decorrere dalla rata di aprile. Al comune spetta una commissione, posta a carico della provincia impositrice, nella misura dello 0,30 per cento delle somme riscosse, senza importi minimi e massimi.
6. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'ambiente, sono stabilite le modalità per l'interscambio tra comuni e province di dati e notizie ai fini dell'applicazione del tributo.
(77) Articolo abrogato dall' art. 264, D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152
D.Lgs.
5 febbraio 1997 n. 22
Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti,
della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE
sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. (art. 17)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 febbraio 1997, n. 38, S.O.
(omissis)
17. Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati.
[1. Entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro dell'ambiente,
avvalendosi dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), di
concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e
della sanità, sentita
a) i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti;
b) le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni;
c) i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei progetti di bonifica (69);
c-bis) tutte le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo al fine di evitare i rischi di contaminazione del suolo e delle falde acquifere (70).
1-bis. I censimenti di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 16 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 1989, sono estesi alle aree interne ai luoghi di produzione, raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti, in particolare agli impianti a rischio di incidente rilevante di cui al D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175 , e successive modificazioni. Il Ministro dell'ambiente dispone, eventualmente attraverso accordi di programma con gli enti provvisti delle tecnologie di rilevazione più avanzate, la mappatura nazionale dei siti oggetto dei censimenti e la loro verifica con le regioni (71).
2. Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento. A tal fine:
a) deve essere data, entro 48 ore, notifica al Comune, alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti, nonché agli organi di controllo sanitario e ambientale, della situazione di inquinamento ovvero del pericolo concreto ed attuale di inquinamento del sito (72);
b) entro le quarantotto ore successive alla notifica di cui alla lettera a), deve essere data comunicazione al Comune ed alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti degli interventi di messa in sicurezza adottati per non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento, contenere gli effetti e ridurre il rischio sanitario ed ambientale;
c) entro trenta giorni dall'evento che ha determinato l'inquinamento ovvero dalla individuazione della situazione di pericolo, deve essere presentato al Comune ed alla Regione il progetto di bonifica delle aree inquinate.
3. I soggetti e gli organi pubblici che nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali individuano siti nei quali i livelli di inquinamento sono superiori ai limiti previsti, ne danno comunicazione al Comune, che diffida il responsabile dell'inquinamento a provvedere ai sensi del comma 2, nonché alla Provincia ed alla Regione.
4. Il Comune approva il progetto ed autorizza la realizzazione degli interventi previsti entro novanta giorni dalla data di presentazione del progetto medesimo e ne dà comunicazione alla Regione. L'autorizzazione indica le eventuali modifiche ed integrazioni del progetto presentato, ne fissa i tempi, anche intermedi, di esecuzione, e stabilisce le garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore della Regione per la realizzazione e l'esercizio degli impianti previsti dal progetto di bonifica medesimo. Se l'intervento di bonifica e di messa in sicurezza riguarda un'area compresa nel territorio di più comuni il progetto e gli interventi sono approvati ed autorizzati dalla Regione.
5. Entro sessanta
giorni dalla data di presentazione del progetto di bonifica
6. Qualora la destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici in vigore imponga il rispetto di limiti di accettabilità di contaminazione che non possono essere raggiunti neppure con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, l'autorizzazione di cui al comma 4 può prescrivere l'adozione di misure di sicurezza volte ad impedire danni derivanti dall'inquinamento residuo, da attuarsi in via prioritaria con l'impiego di tecniche e di ingegneria ambientale, nonché limitazioni temporanee o permanenti all'utilizzo dell'area bonificata rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ovvero particolari modalità per l'utilizzo dell'area medesima. Tali prescrizioni comportano, ove occorra, variazione degli strumenti urbanistici e dei piani territoriali.
6-bis. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributo pubblico entro il limite massimo del 50 per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 10 e 11 (73).
8. Il completamento degli interventi previsti dai progetti di cui al comma 2, lettera c), è attestato da apposita certificazione rilasciata dalla Provincia competente per territorio.
9. Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri enti pubblici. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le Regioni possono istituire appositi fondi nell'àmbito delle proprie disponibilità di bilancio (74).
10. Gli interventi
di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale nonché la
realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale
sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e
11. Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3, sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare (76).
11-bis. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto autorizza l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale (77).
12. Le Regioni predispongono sulla base delle notifiche dei soggetti interessati ovvero degli accertamenti degli organi di controllo un'anagrafe dei siti da bonificare che individui:
a) gli ambiti interessati, la caratterizzazione ed il livello degli inquinanti presenti;
b) i soggetti cui compete l'intervento di bonifica;
c) gli enti di cui
d) la stima degli oneri finanziari.
13. Nel caso in cui
il mutamento di destinazione d'uso di un'area comporti l'applicazione dei
limiti di accettabilità di contaminazione più restrittivi, l'interessato deve
procedere a proprie spese ai necessari interventi di bonifica sulla base di un
apposito progetto che è approvato dal Comune ai sensi di cui ai commi 4 e
13-bis. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente articolo possono essere comunque utilizzate ad iniziativa degli interessati (78).
13-ter. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale previsti dal presente articolo vengono effettuati indipendentemente dalla tipologia, dalle dimensioni e dalle caratteristiche dei siti inquinati nonché dalla natura degli inquinamenti (79).
14. I progetti
relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale sono presentati al
Ministero dell'ambiente ed approvati, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni
che precedono, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i
Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità,
d'intesa con
15. I limiti, le procedure, i criteri generali di cui al comma 1 ed i progetti di cui al comma 14 relativi ad aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento sono definiti ed approvati di concerto con il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali.
15-bis. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, emana un decreto recante indicazioni ed informazioni per le imprese industriali, consorzi di imprese, cooperative, consorzi tra imprese industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi e finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione (81).
15-ter. Il Ministero dell'ambiente e le regioni rendono pubblica, rispettivamente, la lista di priorità nazionale e regionale dei siti contaminati da bonificare (82) (83)] (84).
(68) Alinea così modificato dall'art. 1, comma
(69) I criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati di cui alla presente lettera sono stati approvati con D.M. 25 ottobre 1999, n. 471.
(70) Lettera aggiunta dall'art. 2, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261).
(71) Comma aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261).
(72) Lettera così modificata dall'art. 2, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
(73) Comma aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 8 novembre
1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261), entrato in vigore il giorno
stesso della sua pubblicazione. Vedi, anche, l'art. 1, comma
(74) Comma così modificato dall'art. 2, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261), entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
(75) Comma così modificato dall'art. 9, comma
(76) Comma così modificato prima dall'art. 1,
comma
(77) Comma aggiunto dall'art. 9, comma
(78) Comma aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261).
(79) Comma aggiunto dall'art. 9, comma
(80) Periodo aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Gazz. Uff. 8 novembre 1997, n. 261).
(81) Comma aggiunto dall'art. 1, comma
(82) Comma aggiunto dall'art. 1, comma
(83) Vedi, anche, l'art. 114, commi 7, 8 e
(84) Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 264, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Vedi, anche, le altre disposizioni di cui al comma 1, lett. i) e o) dello stesso art. 264.
D.Lgs.
28 agosto 1997 n. 281
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di
interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con
Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.
(omissis)
Capo III - Conferenza unificata
8. Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.
1.
2.
3.
4.
(13)
ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
(14) Comma così modificato dal comma 21 dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181.
(15) Vedi, anche, l'art.
(16)
ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
(omissis)
D.Lgs.
18 agosto 2000 n. 267
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali.(art. 113)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.
(omissis)
Articolo 113.
Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (140).
1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164 (141).
1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni (142).
2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane (143).
3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.
4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:
a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (144);
b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (145).
5-bis. Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio (146).
5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente (147).
6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.
7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore (148).
8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali diversi da quelli del trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.
9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara.
10. È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.
11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.
13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5 (150).
14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale, salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento con gli eventuali altri gestori.
15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione (151).
15-bis. Nel caso in
cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo
periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel
presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse
dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31
dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre
2007, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono
escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto
pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante
procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle
norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a
società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici
titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a
quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più
importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la
controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla
data del 1° ottobre
15-ter. Il termine
del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31
dicembre 2007, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data
successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con
a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;
b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un àmbito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni (153).
15-quater. A
decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo
nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto
i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento
da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
400, e successive modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e
(140) Rubrica così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(141) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(142) Comma aggiunto dall'art. 1, comma
(143) Comma aggiunto dall'art. 1, comma
(144) Lettera così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(145) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(146) Comma aggiunto dall'art. 4, comma
(147) Comma aggiunto dall'art. 4, comma
(148) Comma così modificato dal comma 1 dell'art.
14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(149) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(150) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(151) Articolo così sostituito dal comma 1
dell'art.
(152) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L.
30 settembre 2003, n. 269 e poi così modificato dal comma 234 dell'art.
(153) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione e poi così modificato dall'art. 15, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(154) Comma aggiunto dall'art. 4, comma
L.
15 dicembre 2004 n. 308
Delega al Governo per il riordino, il coordinamento
e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta
applicazione. (art. 1)
Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2004, n. 302, S.O.
Art. 1. 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di testi unici:
a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;
b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;
c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione;
d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna;
e) tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente;
f) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
g) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera (2).
2. I decreti legislativi di cui al comma 1, nel disciplinare i settori e le materie di cui al medesimo comma 1, definiscono altresì i criteri direttivi da seguire al fine di adottare, nel termine di due anni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi, i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione e dei decreti ministeriali per la definizione delle norme tecniche, individuando altresì gli ambiti nei quali la potestà regolamentare è delegata alle regioni, ai sensi del sesto comma dell'articolo 117 della Costituzione.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 recano l'indicazione espressa delle disposizioni abrogate a seguito della loro entrata in vigore.
4. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro per le politiche comunitarie e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo trasmette alle Camere gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, accompagnati dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi dell'impatto della regolamentazione, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Ciascuna Commissione esprime il proprio parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli schemi dei decreti legislativi, indicando specificatamente le eventuali disposizioni ritenute non conformi ai princìpi e ai criteri direttivi di cui alla presente legge. Al fine della verifica dell'attuazione del principio di cui al comma 8, lettera c), i predetti schemi devono altresì essere corredati di relazione tecnica. Il Governo, tenuto conto dei pareri di cui al comma 4 ed al presente comma, entro quarantacinque giorni dalla data di espressione del parere parlamentare, ritrasmette alle Camere, con le sue osservazioni e con le eventuali modificazioni, i testi per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro venti giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Il mancato rispetto, da parte del Governo, dei termini di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi comporta la decadenza dall'esercizio della delega legislativa.
6. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo può emanare, ai sensi dei commi 4 e 5, disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, sulla base di una relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto.
7. Dopo l'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, eventuali modifiche e integrazioni devono essere apportate nella forma di modifiche testuali ai medesimi decreti legislativi.
8. I decreti legislativi di cui al comma 1 si conformano, nel rispetto dei princìpi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e fatte salve le norme statutarie e le relative norme di attuazione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e del principio di sussidiarietà, ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:
a) garanzia della salvaguardia, della tutela e del miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana, dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, della promozione sul piano internazionale delle norme destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello locale, regionale, nazionale, comunitario e mondiale, come indicato dall'articolo 174 del Trattato istitutivo della Comunità europea, e successive modificazioni;
b) conseguimento di maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali, nonché certezza delle sanzioni in caso di violazione delle disposizioni a tutela dell'ambiente;
c) invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica;
d) sviluppo e coordinamento, con l'invarianza del gettito, delle misure e degli interventi che prevedono incentivi e disincentivi, finanziari o fiscali, volti a sostenere, ai fini della compatibilità ambientale, l'introduzione e l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, come definite dalla direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 del Consiglio, nonché il risparmio e l'efficienza energetica, e a rendere più efficienti le azioni di tutela dell'ambiente e di sostenibilità dello sviluppo, anche attraverso strumenti economici, finanziari e fiscali;
e) piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie, al fine di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e di contribuire in tale modo alla competitività dei sistemi territoriali e delle imprese, evitando fenomeni di distorsione della concorrenza;
f) affermazione dei princìpi comunitari di prevenzione, di precauzione, di correzione e riduzione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio «chi inquina paga»;
g) previsione di misure che assicurino la tempestività e l'efficacia dei piani e dei programmi di tutela ambientale, estendendo, ove possibile, le procedure previste dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443;
h) previsione di misure che assicurino l'efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali, incentivando in particolare i programmi di controllo sui singoli impianti produttivi, anche attraverso il potenziamento e il miglioramento dell'efficienza delle autorità competenti;
i) garanzia di una più efficace tutela in materia ambientale anche mediante il coordinamento e l'integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale, fermi restando i limiti di pena e l'entità delle sanzioni amministrative già stabiliti dalla legge;
l) semplificazione, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, delle procedure relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o di notificazione in materia ambientale. Resta fermo quanto previsto per le opere di interesse strategico individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni;
m) riaffermazione del ruolo delle regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, nell'attuazione dei princìpi e criteri direttivi ispirati anche alla interconnessione delle normative di settore in un quadro, anche procedurale, unitario, alla valorizzazione del controllo preventivo del sistema agenziale rispetto al quadro sanzionatorio amministrativo e penale, nonché alla promozione delle componenti ambientali nella formazione e nella ricerca;
n) adozione di strumenti economici volti ad incentivare le piccole e medie imprese ad aderire ai sistemi di certificazione ambientale secondo le norme EMAS o in base al regolamento (CE) n. 76112001 del 19 marzo 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, e introduzione di agevolazioni amministrative negli iter autorizzativi e di controllo per le imprese certificate secondo le predette norme EMAS o in base al citato regolamento (CE) n. 761/2001 prevedendo, ove possibile, il ricorso all'autocertificazione.
9. I decreti legislativi di cui al comma 1 devono essere informati agli obiettivi di massima economicità e razionalità, anche utilizzando tecniche di raccolta, gestione ed elaborazione elettronica di dati e, se necessario, mediante ricorso ad interventi sostitutivi, sulla base dei seguenti princìpi e criteri specifici:
a) assicurare un'efficace azione per l'ottimizzazione quantitativa e qualitativa della produzione dei rifiuti, finalizzata, comunque, a ridurne la quantità e la pericolosità; semplificare, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e razionalizzare le procedure di gestione dei rifiuti speciali, anche al fine di renderne più efficace il controllo durante l'intero ciclo di vita e di contrastare l'elusione e la violazione degli obblighi di smaltimento; promuovere il riciclo e il riuso dei rifiuti, anche utilizzando le migliori tecniche di differenziazione e di selezione degli stessi, nonché il recupero di energia, garantendo il pieno recepimento della direttiva 2000/76/CE del 4 dicembre 2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all'incenerimento dei rifiuti, ed innovando le norme previste dal D.M. 5 febbraio 1998 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e successive modificazioni, con particolare riguardo agli scarti delle produzioni agricole; prevedere i necessari interventi per garantire la piena operatività delle attività di riciclaggio anche attraverso l'eventuale transizione dal regime di obbligatorietà al regime di volontarietà per l'adesione a tutti i consorzi costituiti ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; razionalizzare il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, mediante la definizione di ambiti territoriali di adeguate dimensioni all'interno dei quali siano garantiti la costituzione del soggetto amministrativo competente, il graduale passaggio allo smaltimento secondo forme diverse dalla discarica e la gestione affidata tramite procedure di evidenza pubblica; prevedere l'attribuzione al presidente della giunta regionale dei poteri sostitutivi nei confronti del soggetto competente che non abbia provveduto ad espletare le gare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, tramite la nomina di commissari ad acta e di poteri sostitutivi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio senza altri obblighi nel caso in cui il presidente della giunta regionale non provveda entro quarantacinque giorni; prevedere possibili deroghe, rispetto al modello di definizione degli ambiti ottimali, laddove la regione predisponga un piano regionale dei rifiuti che dimostri l'adeguatezza di un differente modello per il raggiungimento degli obiettivi strategici previsti; assicurare tempi certi per il ricorso a procedure concorrenziali come previste dalle normative comunitarie e nazionali e definire termini certi per la durata dei contratti di affidamento delle attività di gestione dei rifiuti urbani; assicurare una maggiore certezza della riscossione della tariffa sui rifiuti urbani, anche mediante una più razionale definizione dell'istituto; promuovere la specializzazione tecnologica delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti speciali, al fine di assicurare la complessiva autosufficienza a livello nazionale; garantire adeguati incentivi e forme di sostegno ai soggetti riciclatori dei rifiuti e per l'utilizzo di prodotti costituiti da materiali riciclati, con particolare riferimento al potenziamento degli interventi di riutilizzo e riciclo del legno e dei prodotti da esso derivati; incentivare il ricorso a risorse finanziarie private per la bonifica ed il riuso anche ai fini produttivi dei siti contaminati, in applicazione della normativa vigente; definire le norme tecniche da adottare per l'utilizzo obbligatorio di contenitori di rifiuti urbani adeguati, che consentano di non recare pregiudizio all'ambiente nell'esercizio delle operazioni di raccolta e recupero dei rifiuti nelle aree urbane; promuovere gli interventi di messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati da amianto; introdurre differenti previsioni a seconda che le contaminazioni riguardino siti con attività produttive in esercizio ovvero siti dismessi; prevedere che gli obiettivi di qualità ambientale dei suoli, dei sottosuoli e delle acque sotterranee dei siti inquinati, che devono essere conseguiti con la bonifica, vengano definiti attraverso la valutazione dei rischi sanitari e ambientali connessi agli usi previsti dei siti stessi, tenendo conto dell'approccio tabellare; favorire la conclusione di accordi di programma tra i soggetti privati e le amministrazioni interessate per la gestione degli interventi di bonifica e messa in sicurezza;
b) dare piena attuazione alla gestione del ciclo idrico integrato, semplificando i procedimenti, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di renderli rispondenti alle finalità e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36; promuovere il risparmio idrico favorendo l'introduzione e la diffusione delle migliori tecnologie per l'uso e il riutilizzo della risorsa; pianificare, programmare e attuare interventi diretti a garantire la tutela e il risanamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, previa ricognizione degli stessi; accelerare la piena attuazione della gestione del ciclo idrico integrato a livello di àmbito territoriale ottimale, nel rispetto dei princìpi di regolazione e vigilanza, come previsto dalla citata legge n. 36 del 1994, semplificando i procedimenti, precisando i poteri sostitutivi e rendendone semplice e tempestiva l'utilizzazione; prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte, sia interni che esterni; favorire il ricorso alla finanza di progetto per le costruzioni di nuovi impianti; prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le modalità per la definizione dei meccanismi premiali in favore dei comuni compresi nelle aree ad elevata presenza di impianti di energia idroelettrica;
c) rimuovere i problemi di carattere organizzativo, procedurale e finanziario che ostacolino il conseguimento della piena operatività degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela e al risanamento del suolo e del sottosuolo, superando la sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale e coordinandoli con i piani urbanistici; valorizzare il ruolo e le competenze svolti dagli organismi a composizione mista statale e regionale; adeguare la disciplina sostanziale e procedurale dell'attività di pianificazione, programmazione e attuazione di interventi di risanamento idrogeologico del territorio e della messa in sicurezza delle situazioni a rischio; prevedere meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e dei boschi che investono per prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico, nel rispetto delle linee direttrici del piano di bacino; adeguare la disciplina sostanziale e procedurale della normativa e delle iniziative finalizzate a combattere la desertificazione, anche mediante l'individuazione di programmi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica e il riuso della stessa; semplificare il procedimento di adozione e approvazione degli strumenti di pianificazione con la garanzia della partecipazione di tutti i soggetti istituzionali coinvolti e la certezza dei tempi di conclusione dell'iter procedimentale;
d) confermare le finalità della legge 6 dicembre 1991, n. 394; estendere, nel rispetto dell'autonomia degli enti locali e della volontà delle popolazioni residenti e direttamente interessate, la percentuale di territorio sottoposto a salvaguardia e valorizzazione ambientale, mediante inserimento di ulteriori aree, terrestri e marine, di particolare pregio; articolare, con adeguata motivazione, e differenziare le misure di salvaguardia in relazione alle specifiche situazioni territoriali; favorire lo sviluppo di forme di autofinanziamento tenendo in considerazione le diverse situazioni geografiche, territoriali e ambientali delle aree protette; favorire l'uso efficiente ed efficace delle risorse assegnate alle aree protette dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali; favorire la conclusione di accordi di programma con le organizzazioni più rappresentative dei settori dell'industria, dell'artigianato, dell'agricoltura, del commercio e del terzo settore, finalizzati allo sviluppo economico-sociale e alla conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale delle aree; prevedere che, nei territori compresi nei parchi nazionali e nei parchi naturali regionali, i vincoli disposti dalla pianificazione paesistica e quelli previsti dall'articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, decadano con l'approvazione del piano del parco o delle misure di salvaguardia ovvero delle misure di salvaguardia disposte in attuazione di leggi regionali; nei territori residuali dei comuni parzialmente compresi nei parchi nazionali e nei parchi naturali regionali, provvedere ad una nuova individuazione delle aree e dei beni soggetti alla disciplina di cui all'articolo 1-quinquies del citato decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985; armonizzare e coordinare le funzioni e le competenze previste dalle convenzioni internazionali e dalla normativa comunitaria per la conservazione della biodiversità;
e) conseguire l'effettività delle sanzioni amministrative per danno ambientale mediante l'adeguamento delle procedure di irrogazione e delle sanzioni medesime; rivedere le procedure relative agli obblighi di ripristino, al fine di garantire l'efficacia delle prescrizioni delle autorità competenti e il risarcimento del danno; definire le modalità di quantificazione del danno; prevedere, oltre a sanzioni a carico dei soggetti che danneggiano l'ambiente, anche meccanismi premiali per coloro che assumono comportamenti ed effettuano investimenti per il miglioramento della qualità dell'ambiente sul territorio nazionale;
f) garantire il pieno recepimento della direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985 del Consiglio, e della direttiva 97/11/CE del 3 marzo 1997 del Consiglio, in materia di VIA e della direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, in materia di VAS e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, semplificare, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le procedure di VIA che dovranno tenere conto del rapporto costi-benefìci del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale; anticipare le procedure di VIA alla prima presentazione del progetto dell'intervento da valutare; introdurre un sistema di controlli idoneo ad accertare l'effettivo rispetto delle prescrizioni impartite in sede di valutazione; garantire il completamento delle procedure in tempi certi; introdurre meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA e quella di VAS e promuovere l'utilizzo della VAS nella stesura dei piani e dei programmi statali, regionali e sovracomunali; prevedere l'estensione della procedura di IPPC ai nuovi impianti, individuando le autorità competenti per il rilascio dell'autorizzazione unica e identificando i provvedimenti autorizzatori assorbiti da detta autorizzazione; adottare misure di coordinamento tra le procedure di VIA e quelle di IPPC nel caso di impianti sottoposti ad entrambe le procedure, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni; accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione le diverse autorizzazioni ambientali, nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione della direttiva 96/61/CE del 24 settembre 1996 del Consiglio ma sottoposti a più di un'autorizzazione ambientale settoriale;
g) riordinare la normativa in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera, mediante una revisione della disciplina per le emissioni di gas inquinanti in atmosfera, nel rispetto delle norme comunitarie e, in particolare, della direttiva 222001/ 81/CE del 23 ottobre 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, e degli accordi internazionali sottoscritti in materia, prevedendo:
1) l'integrazione della disciplina relativa alle emissioni provenienti dagli impianti di riscaldamento per uso civile;
2) l'incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili o alternative anche mediante la disciplina della vendita dell'energia prodotta in eccedenza agli operatori del mercato elettrico nazionale, prolungando sino a dodici anni il periodo di validità dei certificati verdi previsti dalla normativa vigente;
3) una disciplina in materia di controllo delle emissioni derivanti dalle attività agricole e zootecniche;
4) strumenti economici volti ad incentivare l'uso di veicoli, combustibili e carburanti che possono contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della qualità dell'aria;
5) strumenti di promozione dell'informazione ai consumatori sull'impatto ambientale del ciclo di vita dei prodotti che in ragione della loro composizione possono causare inquinamento atmosferico;
6) predisposizione del piano nazionale di riduzione di cui all'articolo 4, paragrafo 6, della direttiva 2001/80/CE del 23 ottobre 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisca prescrizioni per i grandi impianti di combustione esistenti.
10. Per l'emanazione dei regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nei casi previsti dalle lettere a), b) ed f) del comma 9, si intendono norme generali regolatrici della materia i princìpi previsti dalle medesime lettere per le deleghe legislative.
11. Ai fini degli adempimenti di cui al comma 1 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale, per la durata di un anno, di una commissione composta da un numero massimo di ventiquattro membri scelti fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle materie oggetto della delega.
12. La commissione di cui al comma 11 è assistita da una segreteria tecnica, coordinata dal Capo dell'ufficio legislativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio o da un suo delegato e composta da venti unità, di cui dieci scelte anche tra persone estranee all'amministrazione e dieci scelte tra personale in servizio presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con funzioni di supporto.
13. La nomina dei componenti della commissione e della segreteria tecnica di cui ai commi 11 e 12, è disposta con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che ne disciplina altresì l'organizzazione e il funzionamento. Nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 18, con successivo decreto dello stesso Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i compensi spettanti ai predetti componenti.
14. Ai fini della predisposizione dei decreti legislativi, con atto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono individuate forme di consultazione delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali e delle associazioni nazionali riconosciute per la protezione ambientale e per la tutela dei consumatori (3).
15. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, ogni quattro mesi dalla data di istituzione della commissione di cui al comma 11, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari sullo stato dei lavori della medesima commissione.
16. Allo scopo di diffondere la conoscenza ambientale e sensibilizzare l'opinione pubblica, in merito alle modifiche legislative conseguenti all'attuazione della presente legge, è autorizzata la spesa di 250.000 euro per l'anno 2004.
17. All'onere derivante dall'attuazione del comma 16, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
18. Per
l'attuazione dei commi 11 e 12 è autorizzata la spesa di 800.000 euro per
l'anno 2004 e di 500.000 euro per l'anno 2005. Ai relativi oneri si provvede
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di
parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente
utilizzando, per gli anni 2004 e
19. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con i propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione dei commi 17 e 18.
20. All'articolo 36 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. Nei processi di elaborazione degli atti di programmazione del Governo aventi rilevanza ambientale è garantita la partecipazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio».
21. Qualora, per effetto di vincoli sopravvenuti, diversi da quelli di natura urbanistica, non sia più esercitabile il diritto di edificare che sia stato già assentito a norma delle vigenti disposizioni, è in facoltà del titolare del diritto chiedere di esercitare lo stesso su altra area del territorio comunale, di cui abbia acquisito la disponibilità a fini edificatori.
23. Il comune può approvare le varianti al vigente strumento urbanistico che si rendano necessarie ai fini della traslazione del diritto di edificare di cui al comma 21.
26. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, sono sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti, se rispondenti alla definizione di materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche di cui al comma 1, lettera q-bis), dell'articolo 6 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, introdotta dal comma 29, i rottami di cui al comma 25 dei quali il detentore non si disfi, non abbia deciso o non abbia l'obbligo di disfarsi e che quindi non conferisca a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento, ma siano destinati in modo oggettivo ed effettivo all'impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici.
27. I rottami ferrosi e non ferrosi provenienti dall'estero sono riconosciuti a tutti gli effetti come materie prime secondarie derivanti da operazioni di recupero se dichiarati come tali da fornitori o produttori di Paesi esteri che si iscrivono all'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti con le modalità specificate al comma 28.
28. È istituita una
sezione speciale dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione
dei rifiuti, di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, alla quale sono iscritte le imprese di Paesi europei ed
extraeuropei che effettuano operazioni di recupero di rottami ferrosi e non
ferrosi, elencate nell'allegato C annesso al medesimo decreto legislativo, per
la produzione di materie prime secondarie per l'industria siderurgica e
metallurgica, nel rispetto delle condizioni e delle norme tecniche riportate
nell'allegato 1 al D.M. 5 febbraio 1998 del Ministro dell'ambiente, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile
29. Al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 6, comma 1, dopo la lettera q) sono aggiunte le seguenti:
«q-bis) materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche: rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali, nonché i rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle specifiche sopra menzionate;
q-ter) organizzatore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti: l'impresa che effettua il servizio di gestione dei rifiuti, prodotti anche da terzi, e di bonifica dei siti inquinati ricorrendo e coordinando anche altre imprese, in possesso dei requisiti di legge, per lo svolgimento di singole parti del servizio medesimo. L'impresa che intende svolgere l'attività di organizzazione della gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti deve essere iscritta nelle categorie di intermediazione dei rifiuti e bonifica dei siti dell'Albo previsto dall'articolo 30, nonché nella categoria delle opere generali di bonifica e protezione ambientale stabilite dall'allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34»;
b) all'articolo 8, comma 1, dopo la lettera f-quater) è aggiunta la seguente:
«f-quinquies) il
combustibile ottenuto dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi, come
descritto dalle norme tecniche UNI 9903-1 (RDF di qualità elevata), utilizzato
in co-combustione, come definita dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del D.M.
11 novembre 1999 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 14 dicembre 1999, come
sostituita dall'articolo 1 del D.M. 18 marzo 2002 del Ministro delle attività
produttive, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 del 25 marzo
c) all'articolo 10, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. Nel caso di conferimento di
rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento,
ricondizionamento e deposito preliminare di rifiuti, indicate rispettivamente
ai punti D 13, D 14, D 15 dell'allegato B, la responsabilità dei produttori dei
rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi,
oltre al formulario di trasporto, di cui al comma 3, lettera b), abbiano
ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare
dell'impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D
d) all'articolo 40, comma 5, le parole: «31 marzo di ogni anno» sono sostituite dalle seguenti: «31 maggio di ogni anno».
30. Il Governo è autorizzato ad apportare modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2002, conseguenti a quanto previsto al comma 29, lettera b).
31. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio è autorizzato ad apportare le modifiche e integrazioni al D.M. 5 febbraio 1998 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, finalizzate a consentire il riutilizzo della lolla di riso, affinché non sia considerata come rifiuto derivante dalla produzione dell'industria agroalimentare, nonché dirette a prevedere, oltre ai cementifici, le seguenti attività di recupero della polvere di allumina, in una percentuale dall'1 al 5 per cento nella miscela complessiva:
a) produzione di laterizi e refrattari;
b) produzione di industrie ceramiche;
c) produzione di argille espanse.
33. Per l'esecuzione della demolizione di cui al comma 32 il Ministero per i beni e le attività culturali si avvale delle anticipazioni e delle procedure di cui all'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Per le medesime finalità, possono essere utilizzate le somme riscosse ai sensi del comma 38, secondo periodo, nonché, previa intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la regione Puglia, le somme riscosse dalla regione ai sensi dell'articolo 164 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e ai sensi dell'articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
34. Il Ministero per i beni e le attività culturali, d'intesa con la regione Puglia ed il comune di Bari e sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, effettuata la demolizione, procede all'elaborazione del progetto di recupero e di riqualificazione paesaggistica dell'area. Per l'esecuzione di tali interventi la regione o i comuni interessati utilizzano le somme riscosse ai sensi dell'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, ovvero altre somme individuate dalla regione.
35. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, o della regione interessata, sono individuati ulteriori opere o interventi realizzati da sottoporre ad interventi di demolizione, secondo le procedure e le modalità di cui ai commi 32, 33 e 34. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 426.
36. Al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo
167, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Laddove l'autorità
amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d'ufficio, il
direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità
amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall'accertamento
dell'illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi
nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi delle
modalità operative previste dall'articolo 41 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n.
b) all'articolo 167, il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Le somme riscosse per effetto dell'applicazione del comma 1, nonché per effetto dell'articolo 1, comma 38, secondo periodo, della legge recante: "Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione" sono utilizzate, oltre che per l'esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 3, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti.»;
c) all'articolo 181, dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. La pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1:
a) ricadano su immobili od aree che, ai sensi dell'articolo 136, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;
b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi.
1-ter. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative ripristinatorie o pecuniarie di cui all'articolo 167, qualora l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
1-quater. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.
1-quinquies. La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1».
37. Per i lavori compiuti su beni paesaggistici entro e non oltre il 30 settembre 2004 senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa, l'accertamento di compatibilità paesaggistica dei lavori effettivamente eseguiti, anche rispetto all'autorizzazione eventualmente rilasciata, comporta l'estinzione del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e di ogni altro reato in materia paesaggistica alle seguenti condizioni:
a) che le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico;
b) che i trasgressori abbiano previamente pagato:
1) la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, maggiorata da un terzo alla metà;
2) una sanzione pecuniaria aggiuntiva determinata, dall'autorità amministrativa competente all'applicazione della sanzione di cui al precedente numero 1), tra un minimo di tremila euro ed un massimo di cinquantamila euro (4).
38. La somma riscossa per effetto della sanzione di cui al comma 37, lettera b), numero 1), è utilizzata in conformità a quanto disposto dall'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004. La somma determinata ai sensi del comma 37, lettera b), numero 2), è riscossa dal Ministero dell'economia e delle finanze e riassegnata alle competenti unità previsionali di base dello stato di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali per essere utilizzata per le finalità di cui al comma 33 e al comma 36, lettera b) (5).
39. Il
proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o
dell'area interessati all'intervento, presenta la domanda di accertamento di
compatibilità paesaggistica all'autorità preposta alla gestione del vincolo
entro il termine perentorio del 31 gennaio
40. All'articolo 34 del codice della navigazione, le parole: «dell'amministrazione interessata» sono sostituite dalle seguenti: «dell'amministrazione statale, regionale o dell'ente locale competente».
42. Al fine di migliorare, incrementare ed adeguare agli standard europei, alle migliori tecnologie disponibili ed alle migliori pratiche ambientali gli interventi in materia di tutela delle acque interne, di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, nonché di aumentare l'efficienza di detti interventi anche sotto il profilo della capacità di utilizzare le risorse derivanti da cofinanziamenti dell'Unione europea, è istituita, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, una segreteria tecnica composta da non più di ventuno esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il quale ne è stabilito anche il funzionamento. Per la costituzione ed il funzionamento della predetta segreteria è autorizzata la spesa di 450.000 euro per l'anno 2004, di 500.000 euro per l'anno 2005 e di un milione di euro a decorrere dall'anno 2006.
43. All'onere
derivante dall'attuazione della disposizione del comma 42 si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte
corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia
e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando per gli
anni 2004-
44. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione del comma 43.
45. Al fine di consentire la prosecuzione degli accordi di programma in materia di sviluppo sostenibile e di miglioramento della qualità dell'aria, anche attraverso l'utilizzo e l'incentivazione di veicoli a minimo impatto ambientale, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.
46. All'onere derivante dall'attuazione del comma 45 si provvede quanto a 50 milioni di euro per l'anno 2003 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, e quanto a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
47. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione del comma 46.
48. All'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a) dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni.»;
b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane».
49. Dall'attuazione del comma 48 non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
50. Al fine di adeguare le strutture operative dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) alle esigenze di una maggiore presenza sul territorio anche a supporto tecnico degli enti locali nel coordinamento delle attività a livello locale nelle aree marine protette, negli scavi portuali e nella pesca, anche attraverso l'apertura di sedi decentrate ovvero di laboratori locali di ricerca, è autorizzata per il triennio 2003-2005 la spesa di 7.500.000 euro annui.
51. All'onere derivante dall'attuazione del comma 50 si provvede quanto a 7,5 milioni di euro per l'anno 2003 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, e quanto a 7,5 milioni di curo per ciascuno degli anni 2004 e 2005, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
52. Al fine di garantire la messa in sicurezza di emergenza e per la bonifica dei terreni e delle falde delle aree ex depositi POL della Marina Militare, zona «Celle» e zona «Cimitero» e della Aeronautica Militare, zona «Vecchia delle Vigne», nell'àmbito dell'attuazione del piano intermodale dell'area Flegrea, è autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2003, di 10 milioni di euro per l'anno 2004 e di 5 milioni di euro per l'anno 2005.
53. All'onere derivante dall'attuazione del comma 52 si provvede quanto a 4 milioni di euro per l'anno 2003, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, e quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2004 e a 5 milioni di euro per l'anno 2005 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
54. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione dei commi 51 e 53.
(2) In attuazione della delega prevista dal presente comma, vedi il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
(3) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 7 giugno 2005
(4) Per le modalità del versamento della sanzione pecuniaria aggiuntiva di cui al presente numero vedi il D.M. 17 marzo 2005
(5) Vedi, anche, il D.M. 17 marzo 2005
(omissis)
D.Lgs.
3 aprile 2006 n. 152
Norme in materia ambientale. (Parti III e IV)
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 aprile 2006, n. 88, S.O.
(2) Vedi, anche, l'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
(omissis)
Parte terza
Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche
Sezione I
Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione
Titolo I
Principi generali e competenze
Capo I
Principi generali
53. Finalità.
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione,
2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonchè preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.
3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.
54. Definizioni.
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;
b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonchè di acque di transizione o un tratto di acque costiere;
m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;
r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonchè del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;
z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico.
55. Attività conoscitiva.
1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:
a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;
d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;
e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.
3. È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonchè alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.
a) inquinamento dell'aria;
b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;
c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
d) tutela del territorio;
e) sviluppo sostenibile;
f) ciclo integrato dei rifiuti;
g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
h) parchi e aree protette.
(4) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
56. Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione.
1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:
a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;
b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonchè delle zone umide;
c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;
e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonchè la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;
g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;
h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonchè la polizia delle acque;
i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonchè della gestione dei relativi impianti;
l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;
m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;
n) il riordino del vincolo idrogeologico.
2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:
a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;
b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.
Capo II
Competenze
57. Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo.
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:
a) su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:
1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonchè per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;
2) i piani di
bacino, sentita
3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;
4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;
b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento.
2. Il Comitato dei
Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso
3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.
4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.
5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.
6. I princìpi degli
atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti
sentita
58. Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.
a) formula
proposte, sentita
b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonchè la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);
c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.
3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio svolge le seguenti funzioni:
a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo;
b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;
c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;
d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonchè con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali;
e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonchè definizione degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;
g) coordinamento dei sistemi cartografici.
59. Competenze della conferenza Stato-regioni.
1.
a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;
b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;
c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;
e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.
60. Competenze dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici - APAT.
1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) esercita, mediante il Servizio geologico d’Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:
a) svolgere l'attività conoscitiva, qual'è definita all'articolo 55;
b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;
c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.
61. Competenze delle regioni.
1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:
a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;
b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;
c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di cui all’articolo 121;
d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
e) provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio entro il mese di dicembre;
h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.
2. Il Registro
italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla
identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle
dighe di ritenuta o traverse che superano
3. Rientrano nella
competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le
attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre
1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i
4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso.
5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.
6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.
62. Competenze degli enti locali e di altri soggetti.
1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.
2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e sono tenuti a collaborare con la stessa.
63. Autorità di bacino distrettuale.
2. Sono organi
dell'Autorità di bacino:
3. Le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.
4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale permanente presieduta e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio su richiesta del Segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e le attività culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonchè i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato del Dipartimento della protezione civile. Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico della Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipano, oltre ai Presidenti delle rispettive regioni, altri due rappresentanti per ciascuna delle predette regioni, nominati dai Presidenti regionali. La conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:
a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 57;
b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che potrà eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;
c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;
e) adotta il Piano di bacino;
f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) nomina il Segretario generale.
6.
7. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:
a) all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65;
b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;
c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonchè di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
8. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonchè del consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, del consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del consorzio dell’Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua ed alla fitodepurazione.
Titolo II
I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi
Capo I
Distretti idrografici
64. Distretti idrografici.
a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
b) distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;
e) distretto idrografico dell’Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie di circa 68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.
Capo II
Gli strumenti
65. Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale.
1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.
2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle.
3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:
a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonchè dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonchè delle relative cause;
c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;
d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:
1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;
2) dei pericoli di siccità;
3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonchè del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;
e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;
f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;
g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;
h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;
i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;
m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;
n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;
o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa;
p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;
q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;
r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità;
s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;
t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonchè per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.
5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.
6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.
8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.
9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
66. Adozione ed approvazione dei piani di bacino.
1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto.
2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:
a) i termini per l'adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;
b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.
3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui ai comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
5. Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.
6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.
7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;
c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
67. I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio.
1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.
2. Le Autorità di
bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano
altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato
rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e
degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente
le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di
emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I
piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la
perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per
l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del
patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di
salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai
contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo
3. Il Comitato dei
Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già
adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al
comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con
4. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per quanto di rispettiva competenza.
5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.
6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefìci connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.
7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.
68. Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio.
1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo 66.
3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino.
4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.
Capo III
Gli interventi
69. Programmi di intervento.
1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.
2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:
a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.
3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.
4. Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.
70. Adozione dei programmi.
1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.
2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.
3. Entro il 31
dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi
di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di
cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni
contenute nei programmi e sentita
4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
71. Attuazione degli interventi.
1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.
3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.
72. Finanziamento.
1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.
2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il Comitato dei
Ministri di cui all'articolo 57, sentita
4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.
Sezione II
Tutela delle acque dall'inquinamento
Titolo I
Principi generali e competenze
73. Finalità.
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonchè la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;
2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;
3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:
a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonchè la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.
3. Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.
74. Definizioni.
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) abitante
equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica
di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a
b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa (5);
f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;
i) acque reflue urbane: il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;
l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;
n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento in una fognatura dinamica delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;
p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
q) autorità d'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;
s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;
u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;
z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;
aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
dd) rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee, per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale;
ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
ff) scarico: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;
gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonchè gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;
ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;
ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;
mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante con tenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo;
pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:
a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;
d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
i) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;
n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;
q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;
s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali o fissati dal presento, ossia lo stallo raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti noti supera gli standard di qualità ambientali fissati dall'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A ed ai sensi della parte terza del presente decreto;
aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;
cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonchè danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;
dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;
gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;
ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;
mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:
1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:
1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali o sotterranee;
2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;
pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;
qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;
rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;
ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;
tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;
uu) impianto:
l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui
all'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e qualsiasi altra
attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in
uno stabilimento e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel
caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del decreto
legislativo 18 febbraio 2005, n.
(5) I limiti esterni dell'estuario sono stati definiti con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 10 maggio 2006, n. 107). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
75. Competenze.
1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:
a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;
b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.
2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonchè quanto disposto dall'articolo 132.
3. Le prescrizioni
tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del presente decreto sono
stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati
ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio previa intesa
con
4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
5. Le regioni
assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità
delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) i
dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza
del presente decreto, nonchè quelli prescritti dalla disciplina comunitaria,
secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con
6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.
7. Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.
8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.
9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.
Titolo II
Obiettivi di qualità
Capo I
Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione
76. Disposizioni generali.
1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono";
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.
6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.
7. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonchè individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.
77. Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale.
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.
5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:
a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:
1) sull'ambiente in senso ampio;
2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;
3) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;
4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;
5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;
b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possono, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.
6. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato di "buono" entro il 22 dicembre 2015, nel rispetto di quanto stabilito al comma 9 e purchè sussista almeno uno dei seguenti motivi:
a) la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;
b) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;
c) le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti.
7. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle condizioni seguenti:
a) il corpo idrico ha subito, in conseguenza dell'attività umana, gravi ripercussioni che rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;
b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto non è perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza.
8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.
9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonchè le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.
10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purchè ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;
b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;
c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;
d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;
e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.
78. Standard di qualità per l'ambiente acquatico.
1. Ai fini della tutela delle acque superficiali dall'inquinamento provocato dalle sostanze pericolose, i corpi idrici significativi di cui all'articolo 76 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli standard di qualità riportati alla Tabella 1/A dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, la cui disciplina sostituisce ad ogni effetto quella di cui al decreto ministeriale 6 novembre 2003, n. 367.
2. I Piani di tutela delle acque di cui all'articolo 121 contengono gli strumenti per il conseguimento degli standard di cui al comma 1, anche ai fini della gestione dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione e dalla disciplina degli scarichi.
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio viene data attuazione al disposto dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE entro il 31 dicembre 2015. Entro gli stessi termini le acque a specifica destinazione di cui all'articolo 79 devono essere conformi agli standard dettati dal medesimo decreto.
79. Obiettivo di qualità per specifica destinazione.
1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.
Capo II
Acque a specifica destinazionee
80. Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.
1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.
a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.
3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.
81. Deroghe.
1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:
a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;
d) nel caso di
laghi che abbiano una profondità non superiore ai
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.
82. Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile.
1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:
a) tutti i corpi
idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre
b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.
83. Acque di balneazione.
1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.
2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.
84. Acque dolci idonee alla vita dei pesci.
1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:
a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonchè di parchi e riserve naturali regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonchè quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.
2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua ciprinicola". La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.
4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.
85. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci.
1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.
2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportali nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente le misure appropriate.
3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.
86. Deroghe.
1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.
87. Acque destinate alla vita dei molluschi.
1. Le regioni, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.
2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.
3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
88. Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi.
1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.
2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.
89. Deroghe.
1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.
90. Norme sanitarie.
1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.
Titolo III
Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
Capo I
Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento
91. Aree sensibili.
1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:
a) i laghi di cui
all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonchè i corsi d'acqua a
esse afferenti per un tratto di
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree costiere
dell'Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale
del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di
e) il lago di Garda e il lago d’Idro;
f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;
g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;
h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.
2. Il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.
4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.
6. Il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio provvede con proprio decreto, da
emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, sentita
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.
8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.
92. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.
3. Per tener conto
di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentita
4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.
5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonchè riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.
6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonchè le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.
7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.
8. Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.
9. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonchè degli interventi di formazione e informazione.
10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.
93. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione.
1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.
2. Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
94. Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano.
1. Su proposta delle Autorità d'àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonchè per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonchè, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.
3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.
4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade.
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e
stabulazione di bestiame che ecceda i
5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.
7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva.
Capo II
Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico
95. Pianificazione del bilancio idrico.
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.
3. Entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate
dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto,
previa intesa con
4. Salvo quanto
previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data
di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate
dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il
minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri
adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito
decreto, previa intesa con
5. Per le finalità
di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte
le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri
adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio
decreto, previa intesa con
6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
96. Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
"Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante ai competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un Commissario "ad acta" che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".
2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti:
"1. Tra più domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:
a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile;
b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo;
d) la quantità e la qualità dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata.
1-bis. E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001, ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di recupero e di riciclo.".
"Articolo 12-bis.
1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se:
a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato;
b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;
c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico.
2. I volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.
a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;
b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;
c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.
4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicalo. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".
"Articolo 17.
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente.
2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. E' in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".
5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.
6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.
7. I termini entro
i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla
concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1,
comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle
denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio
1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre
8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
"Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79".
9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente:
"Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.".
10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.
(6) Comma così modificato dal comma 1 dell’art. 2, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
97. Acque minerali naturali e di sorgenti.
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.
98. Risparmio idrico.
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
2. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
99. Riutilizzo dell'acqua.
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue (7).
2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate (8).
(7) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
(8) Il riferimento dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
Capo III
Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi
100. Reti fognarie.
1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.
2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:
a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;
c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.
3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi,
101. Criteri generali della disciplina degli scarichi.
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:
a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.
3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione, può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia sia separato dallo scarico terminale di ciascuno stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d) provenienti da
impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si
caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al Servizio geologico d'Italia -Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 5 (9).
9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.
10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
(9) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
102. Scarichi di acque termali.
1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:
a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;
b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;
c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;
d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.
103. Scarichi sul suolo.
1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:
a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefìci ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;
e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;
f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.
2. Al di fuori
delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono
essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero
destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto
di cui all'articolo 99, comma
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
104. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee.
1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.
6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:
a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;
b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.
7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi acquatici.
8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è revocata.
105. Scarichi in acque superficiali.
1. Gli scarichi di
acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i
valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2,
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.
6. Gli scarichi di
acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, ossia al di sopra
dei
106. Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili.
1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.
3. Le regioni
individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle
acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree
sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da
assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e
107. Scarichi in reti fognarie.
1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente.
3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione, misti ad acque provenienti da usi civili, trattati mediante l'installazione, preventivamente comunicata all'ente gestore del servizio idrico integrato, di apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte del gestore del servizio idrico integrato che è responsabile del corretto funzionamento del sistema.
4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
108. Scarichi di sostanze pericolose.
1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.
4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo Allegato 5, riceva acque reflue contenenti sostanze pericolose non sensibili al tipo di trattamento adottato, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.
Capo IV
Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici
109. Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte.
1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti.
110. Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.
3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente,
5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.
6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'Autorità d'ambito.
7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.
111. Impianti di acquacoltura e piscicoltura.
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.
112. Utilizzazione agronomica.
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.
2. Le regioni
disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla
base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del
Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri
dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, della
salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con
3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:
a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.
(10) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 7 aprile 2006.
113. Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia.
1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, disciplinano e attuano:
a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.
2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.
3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.
4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.
114. Dighe.
1. Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di
gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela
del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive e con
quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con
5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell’amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.
115. Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici.
1. Al fine di
assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella
fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i
solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle
sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze
di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di
trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia
di almeno
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
116. Programmi di misure.
1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni.
Titolo IV
Strumenti di tutela
Capo I
Piani di gestione e piani di tutela delle acque
117. Piani di gestione e registro delle aree protette.
1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.
2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
118. Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica.
1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di tutela di cui all'articolo 121, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto. Le risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e sono aggiornati ogni sei anni.
3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.
119. Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici.
1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".
2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:
a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell’acqua;
b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.
3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.
120. Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici.
1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, le Autorità d'ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.
121. Piani di tutela delle acque.
1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e le Autorità d'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza.
3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:
a) i risultati dell'attività conoscitiva;
b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;
f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
h) l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;
i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.
122. Informazione e consultazione pubblica.
1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali é stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.
3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.
123. Trasmissione delle informazioni e delle relazioni.
1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.
2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:
a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;
b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.
3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui all'articolo 116.
Capo II
Autorizzazione agli scarichi
124. Criteri generali.
1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.
5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione rilasciata dall'Autorità di ambito.
6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.
7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all'Autorità d'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Qualora detta autorità risulti inadempiente nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, salvo revoca.
8. Salvo quanto
previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n.
9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.
11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.
12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.
125. Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali.
1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.
2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:
a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.
126. Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.
127. Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue.
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
Capo III
Controllo degli scarichi
128. Soggetti tenuti al controllo.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.
129. Accessi ed ispezioni.
130. Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico.
1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze:
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.
131. Controllo degli scarichi di sostanze pericolose.
Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato 5 parte terza del presente decreto, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.
132. Interventi sostitutivi.
1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.
2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.
Titolo V
Sanzioni
Capo I
Sanzioni amministrative
133. Sanzioni amministrative.
1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro.
2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da seicento euro a tremila euro.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.
6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:
a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2:
b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.
8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.
9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
134. Sanzioni in materia di aree di salvaguardia.
135. Competenza e giurisdizione.
2. Fatto salvo
quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della
sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in
materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri
tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello
Stato e possono concorrere
3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.
4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
136. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.
1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.
Capo II
Sanzioni penali
137. Sanzioni penali.
1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.
2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni.
3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni.
4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.
5. Chiunque,
nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori
limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella
4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti
più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità
competente a norma dell'articolo 107, comma
6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.
7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.
9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.
10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.
11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.
12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.
13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.
14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.
138. Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura.
1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti.
139. Obblighi del condannato.
1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.
140. Circostanza attenuante.
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.
Sezione III
Gestione delle risorse idriche
Titolo I
Principi generali e competenze
141. Ambito di applicazione.
1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.
2. Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.
142. Competenze.
1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione (11).
2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.
3. Gli enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.
(11) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
143. Proprietà delle infrastrutture.
1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.
2. Spetta anche all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.
144. Tutela e uso delle risorse idriche.
1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.
2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.
4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.
5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.
145. Equilibrio del bilancio idrico.
2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.
3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.
146. Risparmio idrico.
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei princìpi della legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;
c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;
d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;
f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;
h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.
2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all'Autorità d'ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi (12).
(12) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
Titolo II
Servizio idrico integrato
147. Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.
1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti princìpi:
a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b) unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;
c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.
3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
148. Autorità d'ambito territoriale ottimale.
2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 1, cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.
3. I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere (13).
4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell'Autorità d'ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorità d'ambito.
5. Fermare restando
la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali
ai sensi del comma
(13) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
149. Piano d'ambito.
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'Autorità d'ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito è costituito dai seguenti atti:
a) ricognizione delle infrastrutture;
b) programma degli interventi;
c) modello gestionale ed organizzativo;
d) piano economico finanziario.
2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.
3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il programma degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.
4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi dì gestione e dì investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.
5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.
6. Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all'Autorità d'ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati (14).
(14) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
150. Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento.
3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.
4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5.
(15) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
151. Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato.
1. I rapporti fra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità d'ambito.
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:
b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;
c) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall'Autorità d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;
g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;
h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;
i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorità d'ambito ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento;
l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'Autorità d'ambito del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;
m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere,
degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;
p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.
3. Sulla base della
convenzione di cui al comma
4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.
6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.
8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci per cento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.
152. Poteri di controllo e sostitutivi.
2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l'Autorità d'ambito interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l'Autorità d'ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario "ad acta". Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, mediante nomina di un commissario "ad acta" (16).
(16) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
(17) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
153. Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.
1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare.
2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di Tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica.
154. Tariffa del servizio idrico integrato.
1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua (18).
3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.
5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.
6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.
(18) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
(19) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
155. Tariffa del servizio di fognatura e depurazione.
1. Le quote di
tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute
dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi
siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi
proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi
dell'articolo
3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.
4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.
5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". È fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.
156. Riscossione della tariffa.
1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione.
2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo della regione, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.
3. La riscossione
volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo
III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con
l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della
tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all’albo previsto
dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
(20) Comma così sostituito dal comma 10 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
157. Opere di adeguamento del servizio idrico.
1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'Autorità d'ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.
158. Opere e interventi per il trasferimento di acqua.
1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.
3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.
Titolo III
Vigilanza, controlli e partecipazione
159. Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti.
[1. Alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito denominata "Autorità", con il compito di assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto (21).
2. Sono organi dell'Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza sui rifiuti"; ciascuna sezione è composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza sui rifiuti". Il comitato esecutivo è composto dal presidente dell'Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell'Autorità è composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il presidente dell'Autorità e quattro componenti del consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, due su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, due su proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta del Ministro delle attività produttive relativamente alla "Sezione per la vigilanza sui rifiuti", quattro su designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
3. Il Presidente dell'Autorità è il legale rappresentante, presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola. Il comitato esecutivo è l'organo deliberante dell'Autorità e provvede ad assumere le relative decisioni sulla base dell'istruttoria e delle proposte formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.
5. I componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente al settore di competenza dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti di soggetti privati, né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico o, se professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l'intera durata del mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico i componenti dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza.
8. I componenti dell'Autorità e della segreteria tecnica, nell'esercizio delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio. Si applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.
9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.
10. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
(21) All'attuazione di quanto disposto dal presente comma si è provveduto con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 11 maggio 2006, n. 108). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
(22) Articolo abrogato dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
160. Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza.
[1. Nell'esercizio
delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo
a) assicura l'osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;
b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità delle reti e degli impianti;
c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;
d) promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e dei rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo 161;
e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi necessari dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia dell'ambiente;
f) specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che disciplinano la materia;
g) controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;
h) propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita l'azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia all'autorità giudiziaria le violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio dell'azione di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione delle norme medesime;
i) formula al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio proposte di revisione della disciplina vigente, segnalando nei casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione;
l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all'uso delle risorse idriche, all'andamento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché all'utilizzo dei medesimi nella produzione di energia;
m) definisce,
d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con
n) esercita le funzioni già di competenza dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dall'articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
o) può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria competenza a favore delle Autorità d'ambito e delle pubbliche amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.
3. Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorità:
a) richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all'applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed ispezione alle documentazioni in conformità ad apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
b) irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi della lettera a) o intralciano l'accesso o le ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione all'Osservatorio di cui all'articolo 161;
c) comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità d'ambito e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle lesive della concorrenza, della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti e dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei ed urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei servizi;
d) può intervenire, suistanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti delle Autorità d'ambito.
4. Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell'Autorità spetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio] (23).
(23) Articolo abrogato dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
161. Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti.
a) al censimento dei partecipanti alle gare per l'affidamento dei servizi, nonché dei soggetti gestori relativamente ai dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;
b) alle condizioni generali di contratto e convenzioni per l'esercizio dei servizi;
c) ai modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;
d) ai livelli di qualità dei servizi erogati;
e) alle tariffe applicate;
f) ai piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.
2. I gestori dei servizi idrici e di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasmettono ogni dodici mesi all'Osservatorio i dati e le informazioni di cui al comma 1 e comunque tutti i dati che l'Osservatorio richieda loro in qualsiasi momento.
3. Sulla base dei dati acquisiti, l'Osservatorio effettua, su richiesta dell'Autorità, elaborazioni al fine, tra l'altro, di:
a) definire indici di produttività per la valutazione della economicità delle gestioni a fronte dei servizi resi;
b) individuare livelli tecnologici e modelli organizzativi ottimali dei servizi;
c) definire parametri di valutazione per il controllo delle politiche tariffarie praticate, anche a supporto degli organi decisionali in materia di fissazione di tariffe e dei loro adeguamenti, verificando il rispetto dei criteri fissati in materia dai competenti organi statali;
d) individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionale dei servizi o di inosservanza delle prescrizioni normative vigenti in materia;
e) promuovere la sperimentazione e l'adozione di tecnologie innovative;
f) verificare la fattibilità e la congruità dei programmi di investimento in relazione alle risorse finanziarie e alla politica tariffaria;
g) realizzare quadri conoscitivi di sintesi.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, sono determinate, nel rispetto del principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica, la dotazione organica dell'Osservatorio, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento. Per l'espletamento dei propri compiti, l'Osservatorio, su indicazione dell'Autorità, può avvalersi della consulenza di esperti nel settore e stipulare convenzioni con enti pubblici di ricerca e con società specializzate.
162. Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti.
1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.
3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche.
163. Gestione delle aree di salvaguardia.
1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.
2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.
164. Disciplina delle acque nelle aree protette.
1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.
2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
165. Controlli.
1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.
2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.
3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.
Titolo IV
Usi produttivi delle risorse idriche
166. Usi delle acque irrigue e di bonifica.
1.I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati ai pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.
3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.
4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.
167. Usi agricoli delle acque.
1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.
2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.
3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.
4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
168. Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico.
1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:
a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;
b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.
169. Piani, studi e ricerche.
1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.
Sezione IV
Disposizioni transitorie e finali
170. Norme transitorie.
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.
2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 3 65, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.
2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina (24).
3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:
a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;
b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;
c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;
d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;
f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;
i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2,
all’affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all'affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 6 dicembre 2004;
l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.
4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;
r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.
5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.
6. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.
7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.
9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.
10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.
11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.
12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
13. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
(24) Comma aggiunto dal comma 3 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284. Vedi, anche, il comma 4 dello stesso articolo 1.
171. Canoni per le utenze di acqua pubblica.
1. Delle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:
a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;
d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. Il canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;
e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;
f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;
g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.
2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.
172. Gestioni esistenti.
1. Le Autorità d'ambito che alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto abbiano già provveduto alla redazione del piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione ed avviato la procedure di affidamento, sono tenute, nei sei mesi decorrenti da tale data, a deliberare i predetti provvedimenti.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, la regione, entro trenta giorni, esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento (25).
4. Qualora gli enti locali non aderiscano alle Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 148 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, la regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni e dandone comunicazione all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente (26).
5. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.
6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.
(25) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
(26) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
173. Personale.
1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.
174. Disposizioni di attuazione e di esecuzione.
1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.
2. Il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti e
(27) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
175. Abrogazione di norme.
a) l'articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;
e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;
g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 236;
1) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;
u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;
v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni,
del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;
aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;
cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.
176. Norma finale.
1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.
Parte quarta
Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati
Titolo I
Gestione dei rifiuti
Capo I
Disposizioni generali
177. Campo di applicazione.
1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli oli usati, sulle batterie esauste, sui rifiuti di imballaggio, sui policlorobifenili (PCB), sulle discariche, sugli inceneritori, sui rifiuti elettrici ed elettronici, sui rifiuti portuali, sui veicoli fuori uso, sui rifiuti sanitari e sui rifiuti contenenti amianto. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.
2. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso.
178. Finalità.
1. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dalla parte quarta del presente decreto al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi.
2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
3. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario "chi inquina paga". A tal fine le gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza.
4. Per conseguire le finalità e gli obiettivi della parte quarta del presente decreto, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.
5. I soggetti di cui al comma 4 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.
179. Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti.
1. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, in particolare mediante:
a) lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
c) lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero.
2. Nel rispetto delle misure prioritarie di cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni adottano, inoltre, misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie, nonché all'uso di rifiuti come fonte di energia.
180. Prevenzione della produzione di rifiuti.
1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all'articolo 179 riguardano in particolare:
a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo;
b) la previsione di clausole di gare d'appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali finalizzati, con effetti migliorativi, alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;
d) l'attuazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e degli altri decreti di recepimento della direttiva 96/61/CE in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.
181. Recupero dei rifiuti.
1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le pubbliche amministrazioni favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
a) il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio;
b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima secondaria dai rifiuti;
c) l'adozione di misure economiche e la previsione di condizioni di appalto che prescrivano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato di tali materiali;
d) l'utilizzazione dei rifiuti come mezzo per produrre energia.
2. Al fine di favorire e incrementare le attività di riutilizzo, di reimpiego e di riciclaggio e l'adozione delle altre forme di recupero dei rifiuti, le pubbliche amministrazioni ed i produttori promuovono analisi dei cicli di vita dei prodotti, ecobilanci, campagne di informazione e tutte le altre iniziative utili.
3. Alle imprese che intendono modificare i propri cicli produttivi al fine di ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti prodotti ovvero di favorire il recupero di materiali sono concesse in via prioritaria le agevolazioni gravanti sul Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica, previste dagli articoli 14 e seguenti della legge 17 febbraio 1982, n. 46. Le modalità, i tempi e le procedure per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni predette sono stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, dell'economia e delle finanze e della salute.
4. Le pubbliche amministrazioni promuovono e stipulano accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati o con le associazioni di categoria rappresentative dei settori interessati, al fine di favorire il riutilizzo, il reimpiego, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti, nonché l'utilizzo di materie prime secondarie, di combustibili o di prodotti ottenuti dal recupero dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata. Nel rispetto dei principi e dei criteri previsti dalle norme comunitarie e delle norme nazionali di recepimento, detti accordi e contratti di programma attuano le disposizioni previste dalla parte quarta del presente decreto, oltre a stabilire semplificazioni in materia di adempimenti amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie e con l'eventuale ricorso a strumenti economici.
5. Gli accordi e i
contratti di programma di cui al comma 4 sono pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale e sono aperti all'adesione dei soggetti interessati, in conformità
alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al
Comitato delle regioni, Com (2002) 412 definitivo del 17 luglio
6. I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materia prima secondaria, combustibili o prodotti devono garantire l'ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto ministeriale 5 febbraio 1998 ed al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161. Le predette caratteristiche possono essere altresì conformi alle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 210 del presente decreto.
7. Nel rispetto di quanto previsto ai commi 4, 5 e 6 del presente articolo, i soggetti economici interessati o le associazioni di categoria rappresentative dei settori interessati, anche con riferimento ad interi settori economici e produttivi, possono stipulare con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e sentito il parere del Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), appositi accordi di programma ai sensi del comma 4 e dell'articolo 206 per definire i metodi di recupero dei rifiuti destinati all'ottenimento di materie prime secondarie, di combustibili o di prodotti. Gli accordi fissano le modalità e gli adempimenti amministrativi per la raccolta, per la messa in riserva, per il trasporto dei rifiuti, per la loro commercializzazione, anche tramite il mercato telematico, con particolare riferimento a quello del recupero realizzato dalle Camere di commercio, e per i controlli delle caratteristiche e i relativi metodi di prova; i medesimi accordi fissano altresì le caratteristiche delle materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti ottenuti, nonché le modalità per assicurare in ogni caso la loro tracciabilità fino all'ingresso nell'impianto di effettivo impiego.
8. La proposta di accordo di programma, con indicazione anche delle modalità usate per il trasporto e per l'impiego delle materie prime secondarie, o la domanda di adesione ad un accordo già in vigore deve essere presentata al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che si avvale per l'istruttoria del Comitato nazionale dell'Albo di cui all'articolo 212 e dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), che si avvale delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA). Sulla proposta di accordo è acquisito altresì il parere dell'Autorità di cui all'articolo 207.
9. Gli accordi di cui al comma 7 devono contenere inoltre, per ciascun tipo di attività, le norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni alle quali l'attività di recupero dei rifiuti è dispensata dall'autorizzazione, nel rispetto delle condizioni fissate dall'articolo 178, comma 2.
10. I soggetti
firmatari degli accordi previsti dal presente articolo sono iscritti presso
un'apposita sezione da costituire presso l'Albo di cui all'articolo
11. Gli accordi di programma di cui al comma 7 sono approvati, ai fini della loro efficacia, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro della salute, e sono successivamente pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Tali accordi sono aperti all'adesione di tutti i soggetti interessati.
12. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino al completamento delle operazioni di recupero, che si realizza quando non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo industriale o commercializzati come materia prima secondaria, combustibile o come prodotto da collocare, a condizione che il detentore non se ne disfi o non abbia deciso, o non abbia l'obbligo, di disfarsene.
13. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti non si applica ai materiali, alle sostanze o agli oggetti che, senza necessità di operazioni di trasformazione, già presentino le caratteristiche delle materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti individuati ai sensi del presente articolo, a meno che il detentore se ne disfi o abbia deciso, o abbia l'obbligo, di disfarsene.
14. I soggetti che trasportano o utilizzano materie prime secondarie, combustibili o prodotti, nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo, non sono sottoposti alla normativa sui rifiuti, a meno che se ne disfino o abbiano deciso, o abbiano l'obbligo, di disfarsene.
182. Smaltimento dei rifiuti.
1. Lo smaltimento
dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase
residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della
competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le
operazioni di recupero di cui all'articolo
2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero.
3. Lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nei decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tecniche approvate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, tenendo conto di eventuali norme tecniche di settore esistenti, anche a livello comunitario.
5. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. Sono esclusi dal divieto le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinate al recupero per le quali è sempre permessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto di prossimità agli impianti di recupero.
6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3.
7. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.
8. È ammesso lo smaltimento della frazione biodegradabile ottenuta da trattamento di separazione fisica della frazione residua dei rifiuti solidi urbani nell'ambito degli impianti di depurazione delle acque reflue previa verifica tecnica degli impianti da parte dell'ente gestore.
183. Definizioni.
1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi:
b) produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti cioè il produttore iniziale e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;
c) detentore: il produttore dei rifiuti o il soggetto che li detiene;
d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura;
e) raccolta: l'operazione di prelievo, di cernita o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto;
f) raccolta differenziata: la raccolta idonea, secondo criteri di economicità, efficacia, trasparenza ed efficienza, a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, al momento della raccolta o, per la frazione organica umida, anche al momento del trattamento, nonché a raggruppare i rifiuti di imballaggio separatamente dagli altri rifiuti urbani, a condizione che tutti i rifiuti sopra indicati siano effettivamente destinati al recupero;
g) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
h) recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o più edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di un'area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali sono originati i rifiuti;
l) stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell'Allegato C alla medesima parte quarta;
m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 parti per milione (ppm), né policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione (ppm);
2) i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore;
2.1) con cadenza almeno bimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
oppure
2.2) quando il
quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunga i
oppure
2.3) limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità;
3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a scelta del produttore;
3.1) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
oppure
3.2) quando il
quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunga i
oppure
3.3) limitatamente al deposito temporaneo effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantità;
4) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
5) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti pericolosi;
n) sottoprodotto: i prodotti dell'attività dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo. Non sono soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto i sottoprodotti di cui l'impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodotti impiegati direttamente dall'impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l'impresa stessa direttamente per il consumo o per l'impiego, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo; a quest'ultimo fine, per trasformazione preliminare s'intende qualsiasi operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità, ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già possiede, e che si rende necessaria per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo. L'utilizzazione del sottoprodotto deve essere certa e non eventuale. Rientrano altresì tra i sottoprodotti non soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto le ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, provenienti dal processo di arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di ferro per la produzione di acido solforico e ossido di ferro, depositate presso stabilimenti di produzione dismessi, aree industriali e non, anche se sottoposte a procedimento di bonifica o di ripristino ambientale. Al fine di garantire un impiego certo del sottoprodotto, deve essere verificata la rispondenza agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche, di sicurezza e di settore e deve essere attestata la destinazione del sottoprodotto ad effettivo utilizzo in base a tali standard e norme tramite una dichiarazione del produttore o detentore, controfirmata dal titolare dell'impianto dove avviene l'effettivo utilizzo. L'utilizzo del sottoprodotto non deve comportare per l'ambiente o la salute condizioni peggiorative rispetto a quelle delle normali attività produttive;
o) frazione umida: rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di umidità, proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani;
p) frazione secca: rifiuto a bassa putrescibilità e a basso tenore di umidità proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani, avente un rilevante con tenuto energetico:
q) materia prima secondaria: sostanza o materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell'articolo 181;
r) combustibile da rifiuti (CDR): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità normale, che è recuperato dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti finalizzati a garantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonché a ridurre e controllare:
1) il rischio ambientale e sanitario;
2) la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile e il contenuto di umidità;
3) la presenza di sostanze pericolose, in particolare ai fini della combustione;
s) combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità elevata, cui si applica l'articolo 229 (28);
t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;
u) materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche la cui utilizzazione è certa e non eventuale:
1) rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero completo e rispondenti a specifiche Ceca, Aisi, Caef, Uni, Euro o ad altre specifiche nazionali e internazionali, individuate entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, non avente natura regolamentare;
2) i rottami o scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle specifiche di cui al numero 1). I fornitori e produttori di materia prima secondaria per attività siderurgiche appartenenti a Paesi esteri presentano domanda di iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, ai sensi dell'articolo 212, comma 12, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al numero 1);
v) gestore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti: l'impresa che effettua il servizio di gestione dei rifiuti, prodotti anche da terzi, e di bonifica dei siti inquinati ricorrendo, coordinandole, anche ad altre imprese, in possesso dei requisiti di legge, per lo svolgimento di singole parti del servizio medesimo. L'impresa che intende svolgere l'attività di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti deve essere iscritta nelle categorie di intermediazione dei rifiuti e bonifica dei siti dell'Albo di cui all'articolo 212 nonché nella categoria delle opere generali di bonifica e protezione ambientale stabilite dall'Allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34;
z) emissioni: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico;
aa) scarichi idrici: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione;
bb) inquinamento atmosferico: ogni modifica atmosferica dovuta all'introduzione nell'aria di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;
cc) gestione integrata dei rifiuti: il complesso delle attività volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti, ivi compresa l'attività di spazzamento delle strade, come definita alla lettera d);
dd) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti su strada.
(28) Vedi, anche, il D.M. 2 maggio 2006.
184. Classificazione.
1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.
2. Sono rifiuti urbani:
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).
3. Sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 186;
c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, comma 1, lettera i);
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;
m) il combustibile derivato da rifiuti;
n) i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive si provvede ad istituire l'elenco dei rifiuti, conformemente all'articolo 1, comma 1, lettera a), della direttiva 75/442/CE ed all'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CE, di cui alla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla direttiva del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 9 aprile 2002, pubblicata nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 10 maggio 2002 e riportata nell'Allegato D alla parte quarta del presente decreto (29).
5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell'elenco di cui all'Allegato D alla parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta.
(29) L'elenco dei rifiuti previsto dal presente comma è stato istituito con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 18 maggio 2006, n. 114, S.O). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
185. Limiti al campo di applicazione.
1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:
a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera di cui all'articolo 183, comma 1, lettera z);
b) gli scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue;
c) i rifiuti radioattivi;
d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;
e) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole ed in particolare i materiali litoidi o vegetali e le terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal lavaggio dei prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici, anche dopo trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli che riducano i carichi inquinanti e potenzialmente patogeni dei materiali di partenza;
f) le eccedenze derivanti dalle preparazioni nelle cucine di qualsiasi tipo di cibi solidi, cotti e crudi, non entrati nel circuito distributivo di somministrazione, destinati alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281, nel rispetto della vigente normativa;
g) i materiali esplosivi in disuso;
h) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto, in misura superiore ai limiti stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i limiti di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471;
i) il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo;
l) materiale litoide estratto da corsi d'acqua, bacini idrici ed alvei, a seguito di manutenzione disposta dalle autorità competenti;
m) i sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali, che rimangono disciplinati dalle speciali norme di settore nel rispetto dei principi di tutela dell'ambiente previsti dalla parte quarta del presente decreto. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono custoditi i medesimi materiali e rifiuti costituiscono opere destinate alla difesa militare non soggette alle autorizzazioni e nulla osta previsti dalla parte quarta del presente decreto;
n) i materiali e le infrastrutture non ricompresi nel decreto ministeriale di cui alla lettera m), finché non è emanato il provvedimento di dichiarazione di rifiuto ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1976, n. 1076, recante il regolamento per l'amministrazione e la contabilità degli organismi dell'esercito, della marina e dell'aeronautica.
2. Resta ferma la disciplina di cui al regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 ottobre 2002, recante norme sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non destinate al consumo umano, che costituisce disciplina esaustiva ed autonoma nell'ambito del campo di applicazione ivi indicato.
186. Terre e rocce da scavo.
1. Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono, perciò, esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto solo nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3 (30).
2. Ai fini del presente articolo, le opere il cui progetto è sottoposto a valutazione di impatto ambientale costituiscono unico ciclo produttivo, anche qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti utilizzi, a condizione che tali utilizzi siano tutti progettualmente previsti.
3. Il rispetto dei limiti di cui al comma 1 può essere verificato, in alternativa agli accertamenti sul sito di produzione, anche mediante accertamenti sui siti di deposito, in caso di impossibilità di immediato utilizzo. I limiti massimi accettabili nonché le modalità di analisi dei materiali ai fini della loro caratterizzazione, da eseguire secondo i criteri di cui all'Allegato 2 del titolo V della parte quarta del presente decreto, sono determinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, salvo limiti inferiori previsti da disposizioni speciali. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i valori di concentrazione limite accettabili di cui all'Allegato 1, tabella 1, colonna B, del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471 (31).
4. Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di inquinanti di cui al comma 3 deve essere verificato mediante attività di caratterizzazione dei materiali di cui al comma 1, da ripetersi ogni qual volta si verifichino variazioni del processo di produzione che origina tali materiali.
5. Per i materiali di cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale, nonché il riempimento delle cave coltivate, oppure la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente, qualora ciò sia espressamente previsto, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato.
6. Qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti cicli di produzione industriale, le autorità amministrative competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli provvedono a verificare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei materiali; a tal fine l'utilizzatore è tenuto a documentarne provenienza, quantità e specifica destinazione.
7. Ai fini del
parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione
dell'ambiente, di cui ai commi 1 e 5, per i progetti non sottoposti a
valutazione di impatto ambientale, alla richiesta di riutilizzo ai sensi dei
commi da
8. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato riutilizzo del materiale di scavo, dovrà anche essere indicato il sito di deposito del materiale, il quantitativo, la tipologia del materiale ed all'atto del riutilizzo la richiesta dovrà essere integrata con quanto previsto ai commi 6 e 7. Il riutilizzo dovrà avvenire entro sei mesi dall'avvenuto deposito, salvo proroga su istanza motivata dell'interessato.
9. Il parere di cui al comma 5 deve essere reso nel termine perentorio di trenta giorni, decorsi i quali provvede in via sostitutiva la regione su istanza dell'interessato.
10. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava.
(30) Per l'interpretazione autentica delle parole «trasformazioni preliminari», contenute nel presente comma, vedi l'art. 7, D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
(31) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
187. Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi.
1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui all'Allegato G alla parte quarta del presente decreto ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.
3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni di cui all'articolo 178, comma 2.
188. Oneri dei produttori e dei detentori.
1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti.
2. Il produttore o detentore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità:
a) autosmaltimento dei rifiuti;
b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti;
c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione;
d) utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate;
e) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall'articolo 194.
3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa:
a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;
b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.
4. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare, indicate rispettivamente ai punti D13, D14, D15 dell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto di cui al comma 3, lettera b), abbiano ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D1 a D12 del citato Allegato B. Le relative modalità di attuazione sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che dovrà anche determinare le responsabilità da attribuire all'intermediario dei rifiuti.
189. Catasto dei rifiuti.
1. Il Catasto dei rifiuti, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente e, ove tali Agenzie non siano ancora costituite, presso la regione. Le norme di organizzazione del Catasto sono emanate ed aggiornate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 4 agosto 1998, n. 372. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, dei dati raccolti ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura prevista nel Catalogo europeo dei rifiuti, di cui alla decisione 20 dicembre 1993, 94/3/CE.
3. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi ed i consorzi istituiti con le finalità di recuperare particolari tipologie di rifiuto comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila.
4. Nel caso in cui i produttori di rifiuti pericolosi conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio e previa apposita convenzione, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita.
5. I soggetti istituzionali responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati comunicano annualmente, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:
a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;
b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;
c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;
d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;
e) i dati relativi alla raccolta differenziata;
f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.
6. Le Sezioni
regionali e provinciali e delle province autonome del Catasto, sulla base dei
dati trasmessi dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
provvedono all'elaborazione dei dati ed alla successiva trasmissione alla
Sezione nazionale entro trenta giorni dal ricevimento, ai sensi dell'articolo
2, comma 2, della legge 25 gennaio 1994, n. 70, delle informazioni di cui ai
commi 3 e
7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2 (32).
(32) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
190. Registri di carico e scarico.
1. I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. I soggetti che producono rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate:
a) per i produttori, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo:
b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione del trasporto;
c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione della transazione relativa;
d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.
2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere:
a) l'origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti;
b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato;
c) il metodo di trattamento impiegato.
3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, nonché presso la sede dei commercianti e degli intermediari. I registri integrati con i formulari di cui all'articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque anni dalla data dell'ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell'attività devono essere consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione.
4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.
5. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta.
6. I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata.
7. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente articolo è definita con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 9, e di cui alla circolare del Ministro dell'ambiente del 4 agosto 1998.
8. Sono esonerati
dall'obbligo di cui al comma 1 le organizzazioni di cui agli articoli 221,
comma 3, lettere a) e e), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e
9. Nell'Allegato 6.C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: «in litri» la congiunzione: «e» è sostituita dalla disgiunzione: «o».
191. Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi.
1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.
2. Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell'inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini.
3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.
4. Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per più di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini.
5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio alla Commissione dell'Unione europea.
192. Divieto di abbandono.
2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
4. Qualora la
responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti
di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in
solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti
della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno
2001, n.
193. Trasporto dei rifiuti.
1. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati:
a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell'istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore o dal detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore o il detentore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.
3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri.
5. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente articolo è definita con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145.
6. La definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione e le modalità di numerazione, di vidimazione e di gestione dei formulari di identificazione, nonché la disciplina delle specifiche responsabilità del produttore o detentore, del trasportatore e del destinatario sono fissati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio tenendo conto delle specifiche modalità delle singole tipologie di trasporto, con particolare riferimento ai trasporti intermodali, ai trasporti per ferrovia e alla microraccolta. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni:
a) relativamente alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145;
b) relativamente alla numerazione e vidimazione, i formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro IVA acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.
7. Il formulario di cui al presente articolo è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.
8. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle fattispecie disciplinate dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativo ai fanghi in agricoltura, compatibilmente con la disciplina di cui al regolamento (CEE) n. 259/1993 del 1° febbraio 1993.
9. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.
10. Il documento commerciale, di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, per gli operatori soggetti all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 190, sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione di cui al comma 1.
11. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, dev'essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni dev'essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.
12. La sosta durante il trasporto dei rifiuti caricati per la spedizione all'interno dei porti e degli scali ferroviari, delle stazioni di partenza, di smistamento e di arrivo, gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera 1), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.
13. Il formulario di identificazione dei rifiuti di cui al comma 1 sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392.
194. Spedizioni transfrontaliere.
1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all'articolo 19 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, e dal decreto di cui al comma 3.
2. Sono fatti
salvi, ai sensi dell'articolo 19 del predetto regolamento (CEE) 1° febbraio
1993, n. 259, gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano,
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993 sono disciplinati:
a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 27 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;
b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 1, del regolamento;
c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2;
d) le modalità di verifica dell'applicazione del principio di prossimità per i rifiuti destinati a smaltimento.
4. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto interministeriale 3 settembre 1998, n. 370.
5. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993:
a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;
b) l'autorità di transito è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
c) corrispondente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
6. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 38 del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.
7. Ai rottami ferrosi e non ferrosi di cui all'articolo 183, comma 1, lettera u), si applicano le disposizioni di cui all'articolo 212, comma 12.
Capo II
Competenze
195. Competenze dello Stato.
1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:
a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, nonché l'individuazione dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione;
c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;
d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi:
e) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f)
l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni,
degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale
da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione
è operata, sentita
g) la definizione,
nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano
nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è
operata, sentita
h) l'indicazione delle tipologie delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
i) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di materia prima secondaria dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203;
l) l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;
m) la
determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i
rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui
all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con
n) la
determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del servizio
per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con
o) la determinazione,
d'intesa con
p) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
q) l'indicazione dei criteri generali per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
r) la
determinazione, d'intesa con
s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);
t) l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.
2. Sono inoltre di competenza dello Stato:
a) l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 178, comma 5;
b) l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;
c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;
d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;
e) la
determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per
l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti
speciali ai rifiuti urbani, derivanti da enti e imprese esercitate su aree con
superficie non superiore ai
f) l'adozione di un modello uniforme del certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che dovrà indicare per ogni carico e/o conferimento la quota smaltita in relazione alla capacità autorizzata annuale dello stesso impianto;
g) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti;
h) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie a favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti sottoposti all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo;
i) la riorganizzazione e la tenuta del Catasto nazionale dei rifiuti;
l) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti, ivi inclusa l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche devono essere trasportati con modalità ferroviaria;
m) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;
n) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso (33);
o) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a);
p) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;
q) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata;
r) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire;
s) l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da Università o Istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori al fine di prevenire l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attività esercitata.
3. Salvo che non
sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni
di cui ai comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400,
su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno,
sentite
4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti (34).
5. Fatto salvo
quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della
sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della normativa
in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli
smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente
(C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il
Corpo forestale dello Stato e possono concorrere
(33) I modelli di registro di carico e scarico dei rifiuti e le relative modalità di tenuta sono stati approvati con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
(34) I modelli di registro di carico e scarico dei rifiuti e le relative modalità di tenuta sono stati approvati con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
196. Competenze delle regioni.
1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all'articolo 195:
a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;
c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;
d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera f);
e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione;
g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera r):
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera b);
n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p);
o) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
p) l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di selezione per l'aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli altri requisiti e condizioni. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203, e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche.
197. Competenze delle province.
a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;
b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;
d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.
2. Ai fini
dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante
apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali
per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze
tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e
3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.
4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.
5. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti.
6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.
198. Competenze dei comuni.
1. I comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
2. I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d'ambito adottati ai sensi dell'articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:
a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all'articolo 184, comma 2, lettera f);
e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
g) l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d).
3. I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provìncia ed alle Autorità d'ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste.
4. I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.
Capo III
Servizio di gestione integrata dei rifiuti
199. Piani regionali.
1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei princìpi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m) ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono misure tese alla riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti.
3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:
a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;
b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale;
c) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);
d) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
e) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali attraverso una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;
f) le prescrizioni contro l'inquinamento del suolo ed il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che comunque possano incidere sulla qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate ai sensi dell'articolo 65, comma 3, lettera f);
g) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;
h) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);
i) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti;
l) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia;
m) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani:
n) i tipi, le quantità e l'origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire, suddivisi per singolo ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani;
o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, comprese quelle di cui all'articolo 225, comma 6;
p) i requisiti tecnici generali relativi alle attività di gestione dei rifiuti nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria.
4. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati.
5. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);
b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.
7. La regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto; nel frattempo, restano in vigore i piani regionali vigenti.
9. Qualora le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale nei termini e con le modalità stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all'attuazione del piano medesimo, il Ministro dell'ambiente e tutela del territorio diffida le autorità inadempienti a provvedere entro un termine non inferiore a centottanta giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Ministro può adottare, in via sostitutiva, tutti i provvedimenti necessari e idonei per l'attuazione degli interventi contenuti nel piano. A tal fine può avvalersi anche di commissari ad acta".
10. I provvedimenti di cui al comma 9 possono riguardare interventi finalizzati a:
a) attuare la raccolta differenziata dei rifiuti;
b) provvedere al reimpiego, al recupero e al riciclaggio degli imballaggi conferiti al servizio pubblico;
c) favorire operazioni di trattamento dei rifiuti urbani ai fini del riciclaggio e recupero degli stessi;
d) favorire la realizzazione e l'utilizzo di impianti per il recupero dei rifiuti solidi urbani.
11. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono all'aggiornamento del piano nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.
12. Sulla base di appositi accordi di programma stipulati con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, d'intesa con la regione interessata, possono essere autorizzati, ai sensi degli articoli 214 e 216, la costruzione e l'esercizio, oppure il solo esercizio, all'interno di insediamenti industriali esistenti, di impianti per il recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale, qualora ricorrano le seguenti condizioni:
a) siano riciclati e recuperati come materia prima rifiuti provenienti da raccolta differenziata, sia prodotto composto da rifiuti oppure sia utilizzato combustibile da rifiuti;
b) siano rispettate le norme tecniche di cui agli articoli 214 e 216;
c) siano utilizzate le migliori tecnologie di tutela dell'ambiente;
d) sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti.
200. Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.
1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;
c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;
d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;
e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.
2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.
3. Le regioni interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.
4. Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
5. Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.
6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all'assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.
7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195.
201. Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.
1. Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amminstrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.
4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall'Autorità d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:
a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;
b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO.
a) è raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;
b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.
6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.
202. Affidamento del servizio.
2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata all'offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti.
3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull'utente sia in termini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico.
4. Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio.
5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37 -bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.
6. Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.
(35) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
203. Schema tipo di contratto di servizio.
1. I rapporti tra le Autorità d'ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).
2. Lo schema tipo prevede:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
c) la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;
d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all'uopo preposte;
g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;
h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;
i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;
m) l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze.
3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d'ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d'ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall'applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.
204. Gestioni esistenti.
1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta" che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento (36).
4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento.
(36) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
205. Misure per incrementare la raccolta differenziata.
a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.
2. La frazione organica umida separata fisicamente dopo la raccolta e finalizzata al recupero complessivo tra materia ed energia, secondo i criteri dell'economicità, dell'efficacia, dell'efficienza e della trasparenza del sistema, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1.
3. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni.
4. Con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il
Ministro delle attività produttive d'intesa con
5. Sino
all'emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la
disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da
6. Le regioni tramite apposita legge, e previa intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero.
206. Accordi, contratti di programma, incentivi.
1. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, e d'intesa con le regioni, le province autonome e gli enti locali può stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto:
a) l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;
c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;
d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;
e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento:
f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;
g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione;
h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti;
i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, può altresì stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per:
a) promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001;
b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero di materia prima secondaria, anche mediante procedure semplificate per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti, le quali devono comunque garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente.
3. I predetti accordi sono stipulati di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali qualora riguardino attività collegate alla produzione agricola.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi.
5. Ai sensi della
comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione delle Comunità
europee è inoltre possibile concludere accordi ambientali che
207. Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti.
[1. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti di cui all'articolo 159, di seguito denominata "Autorità", garantisce e vigila in merito all'osservanza dei principi ed al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta del presente decreto, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, all'economicità ed alla trasparenza del servizio.
3. La struttura e la composizione dell'Autorità sono disciplinate dall'articolo 159.
5. Per l'espletamento dei propri compiti ed al fine di migliorare, incrementare ed adeguare agli standard europei, alle migliori tecnologie disponibili ed alle migliori pratiche ambientali gli interventi in materia di tutela delle acque interne, di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, nonché di aumentare l'efficienza di detti interventi anche sotto il profilo della capacità di utilizzare le risorse derivanti da cofinanziamenti, l'Autorità si avvale della Segreteria tecnica di cui all'articolo 1, comma 42, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente. Essa può avvalersi, altresì, di organi ed uffici ispettivi e di verifica di altre amministrazioni pubbliche] (37).
(37) Articolo abrogato dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.
Capo IV
Autorizzazioni e iscrizioni
208. Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
1. 1 soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.
2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle Autorità d'ambito e degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare, con preavviso di almeno venti giorni, anche il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. La documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la riunione; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
4. Entro novanta
giorni dalla sua convocazione,
a) procede alla valutazione dei progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali;
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.
5. Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
6. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza di servizi e sulla base delle risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva, approva il progetto e autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.
9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.
10. Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;
b) i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto al progetto approvato;
c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;
d) la localizzazione dell'impianto da autorizzare;
e) il metodo di trattamento e di recupero;
f) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;
g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; a tal fine, le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
h) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;
i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.
13. Quando, a seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti, questi non risultino conformi all'autorizzazione di cui al presente articolo, ovvero non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni contenute nella stessa autorizzazione, quest'ultima è sospesa, previa diffida, per un periodo massimo di dodici mesi. Decorso tale termine senza che il titolare abbia adempiuto a quanto disposto nell'atto di diffida, l'autorizzazione è revocata.
14. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 194 del presente decreto.
15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ad esclusione della sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica.
16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.
17. Fatti salvi
l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di
cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187, le
disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo
effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 183, comma 1,
lettera m). La medesima esclusione opera anche quando l'attività di deposito
temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto
autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del
produttore all'affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli
obblighi di cui all'articolo 188, comma
20. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.
209. Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale.
1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto, ovvero per il rinnovo dell'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas) ed operino nell'ambito del sistema Ecolabel di cui al regolamento 17 luglio 2000, n. 1980, o certificati UNI-EN ISO 14001 possono sostituire tali autorizzazioni o il nuovo certificato di iscrizione al suddetto Albo con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
5. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.
6. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212, comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
210. Autorizzazioni in ipotesi particolari.
1. Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto non abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione alla gestione dell'impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica dell'autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano il rinnovo presentano domanda alla regione competente per territorio, che si pronuncia entro novanta giorni dall'istanza. La procedura di cui al presente comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali.
2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;
b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto alla nuova forma di gestione richiesta;
c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;
d) la localizzazione dell'impianto da autorizzare;
e) il metodo di trattamento e di recupero;
f) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico;
g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;
h) le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente, o altre equivalenti; tali garanzie sono in ogni caso ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;
l) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità a quanto previsto dall'articolo 208, comma 12.
4. Quando a seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti, la cui costruzione è stata autorizzata, questi non risultino conformi all'autorizzazione predetta, ovvero non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni contenute nell'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di cui al comma 1, quest'ultima è sospesa, previa diffida, per un periodo massimo di dodici mesi. Decorso tale termine senza che il titolare abbia adempiuto a quanto disposto nell'atto di diffida, l'autorizzazione stessa è revocata.
5. Le disposizioni
del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel
rispetto delle condizioni di cui all'articolo 183, comma 1, lettera m), che è
soggetto unicamente agli adempimenti relativi al registro di carico e scarico
di cui all'articolo 190 ed al divieto di miscelazione di cui all'articolo 187.
La medesima esclusione opera anche quando l'attività di deposito temporaneo nel
luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto autorizzato
alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del produttore
all'affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli obblighi
di cui all'articolo 188, comma
6. Per i rifiuti in aree portuali e per le operazioni di imbarco e sbarco in caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti si applica quanto previsto dall'articolo 208, comma 14.
7. Per gli impianti mobili, di cui all'articolo 208, comma 15, si applicano le disposizioni ivi previste.
8. Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell'autorizzazione entro i termini previsti dal comma 1, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
9. Le autorizzazioni di cui al presente articolo devono essere comunicate, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212, comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
211. Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione.
1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;
b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.
3. Qualora il
progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e
autorizzati entro il termine di cui al comma
212. Albo nazionale gestori ambientali.
1. È costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio, l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:
a) due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di cui uno con funzioni di Presidente;
b) uno dal Ministro delle attività produttive, con funzioni di vice-Presidente;
c) uno dal Ministro della salute;
d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze
e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
f) uno dal Ministro dell'interno;
g) tre dalle regioni;
h) uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;
i) sei dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle associazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti;
l) due dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e sono composte;
a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;
b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;
c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;
d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio;
e) da due esperti designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche;
f) da due esperti designati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
4. Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono svolte, sino alla scadenza del loro mandato, rispettivamente dal Comitato nazionale e dalle Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti già previsti all'articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dai nuovi componenti individuati ai sensi, rispettivamente, del comma 2, lettera 1), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto previsto dal comma 16.
7. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, le imprese che effettuano attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti, senza detenzione dei medesimi, e le imprese che effettuano l'attività di gestione di impianti mobili di smaltimento e recupero dei rifiuti devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quarantapercento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.
8. Le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare nonché le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità che non eccedano trenta chilogrammi al giorno o trenta litri al giorno non sono sottoposte alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 7 e sono iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali a seguito di semplice richiesta scritta alla sezione dell'Albo regionale territorialmente competente senza che la richiesta stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e alla idoneità tecnica e senza che vi sia l'obbligo di nomina del responsabile tecnico. Tali imprese sono tenute alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione pari a 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
9. Le imprese che effettuano attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 2, lettera h). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Le garanzie di cui al presente comma devono essere in ogni caso prestate in base alla seguente distinzione:
a) le imprese che effettuano l'attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per ogni impianto che viene gestito;
b) le imprese che effettuano l'attività di bonifica dei siti e dei beni contenenti amianto devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per ogni intervento di bonifica.
10. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, sentito il parere del Comitato nazionale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione, nonché le modalità e gli importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato. Fino all'emanazione del predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:
a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;
b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);
c) trattamento uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire l'efficienza operativa;
d) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione.
11. Con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita
12. È istituita,
presso l'Albo, una Sezione speciale, alla quale sono iscritte le imprese di
paesi europei ed extraeuropei che effettuano operazioni di recupero di rottami
ferrosi e non ferrosi, elencate nell'articolo 183, comma 1, lettera u), per la
produzione di materie prime secondarie per l'industria siderurgica e
metallurgica, nel rispetto delle condizioni e delle norme tecniche nazionali,
comunitarie e internazionali individuate con decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio. Sino all'emanazione del predetto decreto
continuano ad applicarsi le condizioni e le norme tecniche riportate
nell'Allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio
14. Fino all'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni già in vigore alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto.
15. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo.
16. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. L'integrazione del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali con i rappresentanti di cui ai commi 2, lettera 1), e 3, lettere e) ed f), è subordinata all'entrata in vigore del predetto decreto. Sino all'emanazione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 20 dicembre 1993 e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 13 dicembre 1995 (39).
17. La disciplina
regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7
agosto 1990, n.
18. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216, ed effettivamente avviati al riciclaggio ed al recupero, e le imprese che trasportano i rifiuti indicati nella lista verde di cui al regolamento (CEE) 259/93 del 1 ° febbraio 1993 non sono sottoposte alle garanzie finanziarie di cui al comma 8 e sono iscritte all'Albo mediante l'invio di comunicazione di inizio di attività alla Sezione regionale o provinciale territorialmente competente. Detta comunicazione deve essere rinnovata ogni cinque anni e deve essere corredata da idonea documentazione predisposta ai sensi dell'articolo 13 del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406, nonché delle deliberazioni del Comitato nazionale dalla quale risultino i seguenti elementi:
a) la quantità, la natura, l'origine e la destinazione dei rifiuti;
b) la rispondenza delle caratteristiche tecniche e della tipologia del mezzo utilizzato ai requisiti stabiliti dall'Albo in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare;
c) il rispetto delle condizioni ed il possesso dei requisiti soggettivi, di idoneità tecnica e di capacità finanziaria.
19. Entro dieci
giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio di attività le Sezioni
regionali e provinciali prendono atto dell'avventa iscrizione e inseriscono le
imprese di cui al comma
20. Le imprese iscritte all'Albo con procedura ordinaria ai sensi del comma 5 sono esentate dall'obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo svolgimento dell'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216 ed effettivamente avviati al riciclaggio e al recupero non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte.
21. Alla
comunicazione di cui al comma 18 si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alle imprese che svolgono le
attività di cui al comma
22. I soggetti firmatari degli accordi e contratti di programma previsti dall'articolo 181 e dall'articolo 206 sono iscritti presso un'apposita sezione dell'Albo, a seguito di semplice richiesta scritta e senza essere sottoposti alle garanzie finanziarie di cui ai commi 8 e 9.
23. Sono istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni, nei quali sono inseriti, a domanda, gli elementi identificativi dell'impresa consultabili dagli operatori secondo le procedure fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono resi disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via telematica, secondo i criteri fissati dal predetto decreto. Le Amministrazioni autorizzanti comunicano al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell'autorizzazione, la ragione sociale dell'impresa autorizzata, l'attività per la quale viene rilasciata l'autorizzazione, i rifiuti oggetto dell'attività di gestione, la scadenza dell'autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell'autorizzazione stessa. Nel caso di ritardo dell'Amministrazione superiore a trenta giorni dal rilascio dell'autorizzazione, l'impresa interessa ta può inoltrare copia autentica del provvedimento, anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone l'inserimento nei registri (40).
24. Le imprese che effettuano attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi nel luogo di produzione dei rifiuti stessi ai sensi dell'articolo 215 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo.
25. Le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 216 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo.
26. Per la tenuta dei registri di cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni tipologia di registro, pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al commi 8, 24 e 25 sono versati, secondo le modalità di cui al comma 16, alla competente Sezione regionale dell'Albo, che procede a contabilizzarli separatamente e ad utilizzarli integralmente per l'attuazione dei medesimi commi.
27. La tenuta dei registri di cui ai commi 22 e 23 decorre dall'entrata in vigore del decreto di cui al comma 16.
28. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
(38) L'iscrizione all'Albo prevista dal presente comma è stata disciplinata con Del. 26 aprile 2006 (Gazz. Uff. 22 maggio 2006, n. 117).
(39) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
(40) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
213. Autorizzazioni integrate ambientali.
1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:
a) le autorizzazioni di cui al presente capo;
b) la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.
2. Al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto.
Capo V
Procedure semplificate
214. Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate.
1. Le procedure semplificate di cui al presente Capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci.
2. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che danno vita ai fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti, e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.
3. Il comma 2 può essere attuato anche secondo la disciplina vigente per gli accordi di programma di cui agli articoli 181 e 206 e nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia.
4. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:
a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;
b) i limiti di emissione non siano inferiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;
d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, comma 2, e 216, commi 1, 2 e 3,
5. Sino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.
6. La emanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato II del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259.
7. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla Sezione regionale dell'Albo il diritto di iscrizione annuale di cui all'articolo 212, comma 26.
8. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211.
9. Alle denunce,
alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente Capo si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private
sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n.
241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge
7 agosto 1990, n.
215. Autosmaltimento.
2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:
a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;
d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;
e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.
3.
a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;
b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.
4. Qualora
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.
6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.
216. Operazioni di recupero.
2. Le condizioni e
le norme tecniche di cui al comma
a) per i rifiuti non pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;
3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
b) per i rifiuti pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;
4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.
3. La sezione regionale dell'Albo iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:
a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;
b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
c) le attività di recupero che si intendono svolgere;
d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;
e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.
4. Qualora la competente Sezione regionale dell'Albo accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la medesima sezione propone alla provincia di disporre, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.
6. La procedura
semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle
variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti
individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di
emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l'autorizzazione
di cui all'articolo
7. Le disposizioni semplificate del presente articolo non si applicano alle attività di recupero dei rifiuti urbani, ad eccezione:
a) delle attività per il riciclaggio e per il recupero di materia prima secondaria e di produzione di compost di qualità dai rifiuti provenienti da raccolta differenziata;
b) delle attività di trattamento dei rifiuti urbani per ottenere combustibile da rifiuto effettuate nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 1.
8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all'articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell'utilizzazione dei rifiuti come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001 e dal relativo decreto legislativo di attuazione 29 dicembre 2003, n. 387.
9. Con apposite norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, da pubblicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, è individuata una lista di rifiuti non pericolosi maggiormente utilizzati nei processi dei settori produttivi nell'osservanza dei seguenti criteri:
a) diffusione dell'impiego nel settore manifatturiero sulla base di dati di contabilità nazionale o di studi di settore o di programmi specifici di gestione dei rifiuti approvati ai sensi delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
b) utilizzazione coerente con le migliori tecniche disponibili senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
c) impiego in impianti autorizzati.
10. I rifiuti individuati ai sensi del comma 9 sono sottoposti unica mente alle disposizioni di cui agli articoli 188, comma 3,189, 190 e 193 nonché alle relative norme sanzionatorie contenute nella parte quarta del presente decreto. Sulla base delle informazioni di cui all'articolo 189 il Catasto redige per ciascuna provincia un elenco degli impianti di cui al comma 9.
11 Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero.
12. Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dell'Unione europea tre mesi prima della loro entrata in vigore.
13. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.
14. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.
15. Le comunicazioni già effettuate alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto ai sensi dell'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e le conseguenti iscrizioni nei registri tenuti dalle Province restano valide ed efficaci fino alla scadenza di cui al comma 5 del medesimo articolo 33.
Titolo II
Gestione degli imballaggi
217. Ambito di applicazione.
1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.
2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della "responsabilità condivisa", che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita.
3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.
218. Definizioni.
1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:
a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;
b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;
c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;
e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito e progettato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni all'interno di un circuito di riutilizzo.
f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;
g) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera d);
h) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l'ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo;
i) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l'imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato;
l) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia;
m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
n) recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore;
o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o di biogas con recupero energetico, ad esclusione dell'interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico;
p) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori;
r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;
s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;
t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari;
u) utente finale: il soggetto che nell'esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;
v) consumatore: il soggetto che fuori dall'esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate;
z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti interessati, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 220;
aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge attività di recupero e riciclo a fine vita dell'imballaggio stesso;
bb) ritiro: l'operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili;
cc) ripresa: l'operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari dall'utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell' imballaggio stesso;
dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso.
2. La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell'articolo 3 della direttiva 94/62/CEE, così come modificata dalla direttiva 2004/12/CE e sugli esempi illustrativi riportati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
219. Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio.
a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità ai princìpi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;
d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati.
2. Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio «chi inquina paga» nonché la cooperazione degli stessi secondo i princìpi della «responsabilità condivisa», l'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti princìpi:
a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della raccolta differenziata, della valorizzazione e dell'eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale;
d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.
3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:
a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;
d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.
5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto decreto dovrà altresì prescrivere l'obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell'imballaggio da parte dell'industria interessata, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.
220. Obiettivi di recupero e di riciclaggio.
1. Per conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'articolo 224 comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all'anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità ai sensi del regolamento (CEE) del 1° febbraio 1993, n. 259, del Consiglio, del regolamento (CE) 29 aprile 1999, n. 1420, del Consiglio e del regolamento (CE) 12 luglio 1999, n. 1547, della Commissione sono presi in considerazione, ai fini dell'adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l'operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria. L'Autorità di cui all'articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell'Unione europea in materia.
3. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, per motivi ambientali o in considerazione del rapporto costi-benefici, il recupero energetico ove esso sia preferibile al riciclaggio, purché non si determini uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi nazionali di recupero e di riciclaggio.
4. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l'uso di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante:
a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;
b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l'uso di tali materiali.
5. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio,
6. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio e di recupero al netto degli scarti e sono adottati ed aggiornati in conformità alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive.
7. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive notificano alla Commissione dell'Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell'ambito del titolo medesimo.
8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive forniscono periodicamente all'Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell'Unione europea con la decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.
221. Obblighi dei produttori e degli utilizzatori.
1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti.
2. Nell'ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all'articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall'accordo di programma di cui all'articolo 224, comma 5, adempiono all'obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l'attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell'articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.
3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all'obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:
a) organizzare autonomamente, anche in forma associata, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale;
b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223;
c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.
4. Ai fini di cui
al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati
secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un
luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli
utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti
imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri
determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e). Fino all'adozione
dei criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), il conferimento degli
imballaggi usati secondari e terziari e dei rifiuti di imballaggio secondari e
terziari al servizio pubblico è ammesso per superfici private non superiori a
5. I produttori che non aderiscono al Consorzio nazionale imballaggi e a un consorzio di cui all'articolo 223 devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa idonea ed esaustiva documentazione, il riconoscimento del sistema adottato ai sensi del comma 3, lettere a) o c), entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r) o dal recesso anche solo da uno dei suddetti consorzi; il recesso è efficace decorsi dodici mesi dalla relativa comunicazione. A tal fine i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all'articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione da parte del Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa.
6. I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225.
7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225.
8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all'Autorità prevista dall'articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno solare precedente, comprensiva dell'indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa.
9. Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall'Autorità, previo avviso all'interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l'obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall'articolo 224. I provvedimenti dell'Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L'adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall'articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'Autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall'articolo 261.
10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per:
a) il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari;
b) gli oneri aggiuntivi relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l'Autorità d'ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro;
c) il riutilizzo degli imballaggi usati;
d) il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
e) lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.
11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.
222. Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione.
1. La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:
a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun ambito territoriale ottimale, tenuto conto del contesto geografico;
b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.
2. Nel caso in cui l'Autorità di cui all'articolo 207 accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo 220, può richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi medesimo mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all'interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l'organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Qualora il Consorzio nazionale imballaggi, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall'articolo 220, decida di aderire alla richiesta, verrà al medesimo corrisposto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ove il Consorzio nazionale imballaggi non dichiari di accettare entro quindici giorni dalla richiesta, l'Autorità, nei successivi quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata e documentata affidabilità e capacità a cui affidare la raccolta differenziata e conferire i rifiuti di imballaggio in via temporanea e d'urgenza, fino all'espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione.
3. Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti.
4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle attività produttive curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera g).
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell'Unione europea.
223. Consorzi.
1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la ripresa degli imballaggi usati, la raccolta dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari su superfici private e il ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, nonché il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza, i produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono uno o più consorzi per ciascun materiale di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale. Ai consorzi di cui al presente comma possono partecipare i recuperatori e i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi.
2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottatta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai princìpi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. I consorzi già riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti ad adeguare il loro statuto in conformità al nuovo schema tipo entro centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (41).
3. I consorzi di cui al comma 1 sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma 3, lettera h), secondo le modalità indicate dall'articolo 224, comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei princìpi della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi.
4. Ciascun consorzio mette a punto e trasmette al Consorzio nazionale imballaggi ed all'Autorità di cui all'articolo 207 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225.
5. Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
6. Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare all'Autorità di cui all'articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente, con l'indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio.
(41) Lo schema-tipo di statuto dei consorzi per ciascun materiale di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale è stato approvato con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 24 maggio 2006, n. 119). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
224. Consorzio nazionale imballaggi.
1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive.
2. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il CONAI adegua il proprio statuto ai princìpi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive (42).
3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:
a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;
b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;
c) elabora ed aggiorna, sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225;
d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l'attuazione;
e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all'articolo 223, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente destinando una quota del contributo ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Nella medesima misura è ridotta la quota del contributo spettante ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero;
f) garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli altri operatori economici;
g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale;
h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori i maggiori oneri per la raccolta differenziata di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI;
i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall'articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione;
l) promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui all'articolo 223 e i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell'intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l'utilizzazione del contributo ambientale CONAI;
m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall'Autorità di cui all'articolo 207 e assicura l'osservanza degli indirizzi da questa tracciati.
4. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all'articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI.
5. Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con l'Unione delle province italiane (UPI) o con le Autorità d'ambito al fine di garantire l'attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubbliche amministrazioni. In particolare, tale accordo stabilisce:
a) l'entità dei maggiori oneri per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), da versare alle competenti pubbliche amministrazioni, determinati secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza di gestione del servizio medesimo, nonché sulla base della tariffa di cui all'articolo 238, dalla data di entrata in vigore della stessa;
b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti;
c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze delle attività di riciclaggio e di recupero.
7. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione.
8. Il contributo
ambientale CONAI è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi
primari o comunque conferiti al servizio pubblico ed è attribuito dal CONAI,
sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all'articolo
10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e dal Ministro delle attività produttive.
11. Al Consiglio di amministrazione del CONAI non possono partecipare gli amministratori ai quali siano attribuite deleghe operative ed i titolari di cariche direttive degli organismi di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), e 223.
13. Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all'articolo 225, il CONAI adotta, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all'articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
(42) Comma così modificato prima dal comma 6 dell'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e poi dal comma 2-bis dell’art. 5, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
225. Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.
1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire i seguenti obiettivi:
a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;
c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;
d) miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.
2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:
a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale;
b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a).
3. Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all'Autorità di cui all'articolo 207 un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
4. La relazione
generale consuntiva relativa all'anno solare precedente è trasmessa per il
parere all'Autorità di cui all'articolo 207, entro il 30 giugno di ogni anno.
Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
Ministro delle attività produttive, d'intesa con
5. Nel caso in cui
il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva
dall'Autorità di cui all'articolo
6. I piani regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.
226. Divieti.
1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.
3. Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 9 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all'emanazione del predetto decreto si applica l'Allegato F alla parte quarta del presente decreto (43).
4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/CE dell' 8 febbraio 1999.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell'Unione europea:
a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;
b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.
(43) Gli standard di cui al presente comma sono stati aggiornati con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 11 maggio 2006, n. 108). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
Titolo III
Gestione di particolari categorie di rifiuti
227. Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto.
1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:
a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE e direttiva 2003/108/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more dell'entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;
c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE;
d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248.
228. Pneumatici fuori uso.
1. Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di ottimizzare il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.
2. Con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con
3. Il trasferimento all'eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per il recupero, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell'anno precedente costituisce adempimento dell'obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità.
4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell'inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.
229. Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q.
1. Ai sensi e per gli effetti della parte quarta del presente decreto, il combustibile da rifiuti (CDR), di seguito CDR, come definito dall'articolo 183, comma 1, lettera r), è classificato come rifiuto speciale.
2. Ferma restando
l'applicazione della disciplina di cui al presente articolo, è escluso
dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto il
combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q), di seguito CDR-Q, come
definito dall'articolo 183, comma 1, lettera s), prodotto nell'ambito di un
processo produttivo che adotta un sistema di gestione per la qualità basato
sullo standard UNI-EN ISO 9001 e destinato all'effettivo utilizzo in
co-combustione, come definita dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto
del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 11 novembre 1999,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 14 dicembre
3. La produzione del CDR e del CDR-Q deve avvenire nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti e rimane comunque subordinata al rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio dell'impianto previste dalla parte quarta del presente decreto. Nella produzione del CDR e del CDR-Q è ammesso per una percentuale massima del cinquanta per cento in peso l'impiego di rifiuti speciali non pericolosi. Per la produzione e l'impiego del CDR è ammesso il ricorso alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216.
4. Ai fini della costruzione e dell'esercizio degli impianti di incenerimento o coincenerimento che utilizzano il CDR si applicano le specifiche disposizioni, comunitarie e nazionali, in materia di autorizzazione integrata ambientale e di incenerimento dei rifiuti. Per la costruzione e per l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica e per i cementifici che utilizzano CDR-Q si applica la specifica normativa di settore. Le modalità per l'utilizzo del CDR-Q sono definite dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002.
5. Il CDR-Q è fonte
rinnovabile, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n.
6. [Il CDR e il CDR-Q beneficiano del regime di incentivazione di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (44)] (45).
(44) Vedi, anche, il D.M. 2 maggio 2006.
(45) Comma abrogato dal
comma 1120 dell'art.
230. Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture.
1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.
2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.
4. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture, sono definite le modalità di gestione dei rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle fognature, sulla base del criterio secondo il quale tali rifiuti si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva.
231. Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.
1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore.
2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.
3. I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all'adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.
4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l'assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale, dell'impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA).
5. La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli effetti dell'articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso.
7. I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.
8. Gli estremi della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
9. Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell'articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
10. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L'origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.
11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l'attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l'idoneità e la funzionalità.
13. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all'adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all'Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 (46).
(46) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
232. Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico.
1. La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182.
2. Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.
3. Ai punti 2.4 dell'allegato 1 e 6.6.4 dell'Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione: "e" è sostituita dalla disgiunzione: "o".
233. Consorzi nazionali di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti.
1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono uno o più consorzi. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. I consorzi già riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti ad adeguare il loro statuto in conformità al nuovo schema tipo entro centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
3. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) assicurano la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;
b) assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;
c) promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.
4. Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti.
5. Partecipano ai consorzi:
a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;
b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;
c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;
d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).
6. Le quote di partecipazione ai consorzi sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria,
7. La determinazione e l'assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione dei consorzi che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.
8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.
9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente, anche in forma associata, la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonoma mente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.
10. I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie dei consorzi sono costituite:
a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;
b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
c) dalle quote consortili;
d) da eventuali contributi di riciclaggio a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di garantire l'equilibrio di gestione dei consorzi.
11. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
12. Decorsi novanta
giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di
approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della
propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti
è obbligato a conferirli ai consorzi direttamente o mediante consegna a
soggetti incaricati dai consorzi, fermo restando quanto previsto al comma
13. Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento ai consorzi, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.
14. Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.
15. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. Resta altresì consentita per i soggetti di cui al comma 5, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione, successiva al termine di cui al comma 9, di nuovi consorzi o l'adozione del sistema di cui al medesimo comma 9, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.
234. Consorzi nazionali per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene.
1. Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, sono istituiti uno o più consorzi per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231, nonché, in quanto considerati beni durevoli, i materiali e le tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature e al trasporto di gas e acque. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono individuate le tipologie di beni in polietilene di cui al comma 1.
3. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai princìpi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. I consorzi già riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti ad adeguare il loro statuto in conformità al nuovo schema tipo entro centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
4. Ai consorzi partecipano:
a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
c) i riciclatori e i recuperatoli di rifiuti di beni in polietilene.
5. Ai consorzi possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell'ambito dello statuto di cui al comma 3.
6. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. Resta altresì consentita per i soggetti di cui ai commi 4 e 5, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione, successiva al termine di cui al comma 7, di nuovi consorzi o l'adozione del sistema di cui al medesimo comma 7, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.
7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:
a) organizzare autonomamente, anche in forma associata, la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;
b) mettere in atto un sistema di restituzione dei beni in polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero.
Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite.
8. I consorzi di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;
b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;
c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;
d) promuovono l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
e) assicurano l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.
9. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, i consorzi possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.
10. I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento del consorzi sono costituiti:
a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;
b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
d) dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13.
11. Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti.
12. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
13. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull'importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto.
14. Decorsi novanta
giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione
dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività,
detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno dei
consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati
dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma
(47) Le tipologie di beni in polietilene di cui al presente articolo sono state individuate con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 11 maggio 2006, n. 108). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
235. Consorzi nazionali per la raccolta e trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi.
1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15 del presente articolo, che non aderiscono al consorzio di cui al medesimo articolo 9-quinquies costituiscono uno o più consorzi, i quali devono adottare sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.
2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e, salvo quanto previsto dal comma 17, sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
3. I consorzi di cui al comma 1, contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, devono trasmettere copia della comunicazione stessa al consorzio di cui all'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal presente decreto. Alla violazione dell'obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189, comma 3.
4. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) assicurare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
b) cedere le batterie al piombo esauste e i rifiuti piombosi alle imprese che ne effettuano il recupero;
c) assicurare il loro smaltimento, nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento;
d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di produzione, recupero e smaltimento;
e) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi.
5. Ai consorzi di cui al comma 1 partecipano:
a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;
b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.
6. Le quote di partecipazione dei consorziati sono determinate di anno in anno con i criteri di cui al comma 3-bis dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 16 del presente articolo.
7. Le deliberazioni degli organi dei consorzi di cui al presente articolo, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese partecipanti.
8. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. Resta altresì consentita per gli stessi soggetti, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione di nuovi consorzi, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.
9. Decorsi novanta
giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto
ministeriale di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene
batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento
ai consorzi, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del
consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le
attività di gestione di tali rifiuti, fermo restando quanto previsto al comma
10. Al fine di assicurare, ai consorzi, i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un sovrapprezzo di vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte dei produttori e degli importatori delle batterie stesse, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori verseranno direttamente ai consorzi i proventi del sovrapprezzo.
11. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il sovrapprezzo di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con l'applicazione di tale sovrapprezzo.
12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai sensi del comma 9, detenga batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti.
13. I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
14. Al comma 2 dell'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è aggiunta la seguente lettera: «d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi».
15. Il comma 3 dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è sostituito dal seguente:
«Al Consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:
a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;
b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo e sauste e dei rifiuti piombosi;
d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.».
16. Dopo il comma 3, dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è inserito il seguente:
«3-bis: Nell'ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:
a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria;
b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d'importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del sovrapprezzo versato al netto dei rimborsi;
c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell'artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo.».
17. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Consorzio di cui dell'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, adegua il proprio statuto ai princìpi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva, di concerto con il Ministro delle attività produttive, nei successivi novanta giorni, salvo motivate osservazioni cui il citato Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il citato Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive (48).
18. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.
(48) Comma così modificato dal comma 2-bis dell’art. 5, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
236. Consorzi nazionali per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati.
1. Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all'assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, o ad uno dei consorzi da costituirsi ai sensi del comma 2. I consorzi adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.
2. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive nei successivi novanta giorni, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescrìtti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive. I Consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e quelli diversi dal Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al Consorzio richiedente con le relative osservazioni. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei Consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (49).
3. I Consorzi di cui al comma 2 devono trasmettere al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, copia della comunicazione stessa. Alla violazione dell'obbligo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3. Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all'uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzi di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa.
4. Ai Consorzi partecipano tutte le imprese che:
a) producono oli base vergini;
b) producono oli base provenienti dal processo di rigenerazione;
c) immettono al consumo oli lubrificanti.
5. Le quote di partecipazione ai Consorzi sono determinate di anno in anno in proporzione alle quantità di oli lubrificanti finiti che ciascun consorziato immette al consumo nell'anno precedente, rispetto al totale dei lubrificanti immessi al consumo, nel medesimo anno, da tutti i partecipanti al Consorzio stesso.
6. Le deliberazioni degli organi dei Consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. La rappresentanza negli organi elettivi dei Consorzi è attribuita in misura pari all'ottanta per cento alle imprese che producono oli base vergini e immettono sul mercato oli lubrificanti finiti e in misura pari al venti per cento alle imprese che producono e immettono al consumo oli lubrificanti rigenerati.
7. I consorzi determinano annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell'anno al netto dei ricavi per l'assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell'olio lubrificante che sarà messo a consumo nell'anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.
8. Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9.
9. Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio.
10. I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I Consorzi di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
11. Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei consorzi e le relative modalità di nomina.
12. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
a) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;
b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;
c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;
d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;
e) cedere gli oli usati raccolti:
1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;
2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;
3) in difetto dei requisiti per l'avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;
f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi:
g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria, delle acque del suolo;
h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa;
i) garantire ai rigeneratori, nei limiti degli oli usati rigenerabili raccolti e della produzione dell'impianto, i quantitativi di oli usati richiesti a prezzo equo e, comunque, non superiore al costo diretto della raccolta;
l) assicurare lo smaltimento degli oli usati nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.
13. I consorzi possono svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L'attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità dei consorzi stessi.
14. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei Consorzi di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. Resta altresì consentita per i predetti soggetti, aderenti ad uno dei Consorzi di cui al comma 1, la costituzione di nuovi Consorzi, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente Consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.
15. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento ai Consorzi di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.
16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.
(49) Comma così modificato dal comma 2-bis dell’art. 5, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
237. Criteri direttivi dei sistemi di gestione.
1. I sistemi di gestione adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonché il massimo rendimento possibile.
Titolo IV
Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
238. Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.
1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.
2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.
3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d'ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.
4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
5. Le Autorità d'ambito approvano e presentano all'Autorità di cui all'articolo 207 il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l'integrale copertura dei costi.
6. Il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle
attività produttive, sentiti
7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l'integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.
8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.
10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi.
11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.
12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l'Agenzia delle entrate.
Titolo V
Bonifica di siti contaminati
239. Princìpi e campo di applicazione.
1. Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio "chi inquina paga".
2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.
3. Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.
240. Definizioni.
1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono:
a) sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali struttore edilizie e impiantistiche presenti;
b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;
c) concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito;
d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;
f) sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;
g) sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio attività produttive sia industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali e quelle adibite ad attività accessorie economiche, ivi comprese le attività di mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della successiva ripresa delle attività;
h) sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;
i) misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;
l) misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi;
m) messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;
n) messa in sicurezza operativa: l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate;
o) messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;
p) bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici;
r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine:
s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto;
t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio;
1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda:
3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4) pericolo di incendi ed esplosioni.
241. Regolamento aree agricole.
1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali.
242. Procedure operative ed amministrative.
1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.
3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.
4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
5 Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:
a) i parametri da sottoporre a controllo;
b) la frequenza e la durata del monitoraggio.
6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L'anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.
7. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi il termine per l'approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l'esecuzione dei lavori ed è fissata l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi.
8. 1 criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l'individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. - Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto,
9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati con attività in esercizio, garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell'efficacia delle misure adottate ed indicano se all'atto della cessazione dell'attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente.
10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.
11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l'esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.
12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.
13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.
243. Acque di falda.
1. Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto.
244. Ordinanze.
1. Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
4. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250.
245. Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione.
1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate suiniziativa degli interessati non responsabili.
2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi dì bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità.
3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza dell'obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto verrà definita dalla regione territorialmente competente in base alla pericolosità del sito, determinata in generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine.
246. Accordi di programma.
1. I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo.
2. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti che interessano il territorio di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le regioni interessate.
3. Nel caso in cui
vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale
bonifica di una pluralità di siti dislocati su tutto il territorio nazionale o
vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un medesimo sito di
interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento possono essere
definiti con accordo di programma da stipularsi, entro diciotto mesi
dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242,
con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con i
Ministri della salute e delle attività produttive, d'intesa con
247. Siti soggetti a sequestro.
1. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.
248. Controlli.
1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo, comprensiva delle misure di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d'uso e delle prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell'articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente competenti ai fini dell'effettuazione dei controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati.
2. Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente.
3. La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per io svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.
249. Aree contaminate di ridotte dimensioni.
1. Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure semplificate di intervento riportate nell'Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto.
250. Bonifica da parte dell'amministrazione.
1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
251. Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare.
1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), predispongono l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:
a) l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;
b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo 242.
2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.
3. Per garantire l'efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell'anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA).
252. Siti di interesse nazionale.
1. I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.
2. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;
b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;
d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante;
e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;
f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni.
3. Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili.
4. La procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministero delle attività produttive. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio può avvalersi anche dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente delle regioni interessate e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.
5. Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, avvalendosi dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dell'Istituto superiore di sanità e dell'E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.
7. Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.
9. E' qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l'area interessata dalla bonifica della ex discarica delle Strillaie (Grosseto). Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si provvederà alla perimetrazione della predetta area (50).
(50) Con D.M. 11 agosto 2006 (Gazz. Uff. 2 novembre 2006, n. 255) si è provveduto alla perimetrazione del sito di bonifica di interesse nazionale in località Le Strillaie-Grosseto.
253. Oneri reali e privilegi speciali.
1. Gli interventi
di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati
qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi dell'articolo
2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.
3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.
5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
Titolo VI
Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali
Capo I
Sanzioni
254. Norme speciali.
1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.
255. Abbandono di rifiuti.
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinque euro a seicentoventi euro. Se l'abbandono di rifiuti sul suolo riguarda rifiuti non pericolosi e non ingombranti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da venticinque euro a centocinquantacinque euro.
2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.
3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.
256. Attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.
3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.
5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).
6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.
7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.
8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto di cui all'articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.
9 Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.
257. Bonifica dei siti.
1. Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da mille euro a ventiseimila euro.
2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.
3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.
258. Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari.
1. I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore.
3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 2 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.
4. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.
5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 43 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193.
259. Traffico illecito di rifiuti.
1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
260. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni,
2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.
4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.
261. Imballaggi.
1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiano all'obbligo di raccolta di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottino, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a sei volte le somme dovute al CONAI, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi.
2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui all'articolo 221, comma 4.
3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interne imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5.
4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.
262. Competenza e giurisdizione.
1. Fatte salve le
altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n.
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati ai comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.
263. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.
1. I proventi delle
sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni
della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle province e sono
destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale,
fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui
all'articolo 261, comma
Capo II
Disposizioni transitorie e finali
264. Abrogazione di norme.
a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;
b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915;
c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell'articolo 9 e dell'articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n, 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
d) il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies;
e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;
f) l'articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell'articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
h) l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;
i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
l) l'articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;
m) l'articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle parole: "i soggetti di cui all'articolo 38, comma 3, lettera a) sino alla parola: "CONAI";
n) l'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;
o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
p) l'articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93.
2. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.
265. Disposizioni transitorie.
1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi.
3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi.
4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all'autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L'autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.
5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità, presupposti ed effetti economici per l'ipotesi in cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo diniego dell'autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430 dell'Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato.
266. Disposizioni finali.
1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all'articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.
2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato.
3. Le spese per l'indennità e per il trattamento economico del personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, salvo quanto previsto dal periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse.
4. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività.
5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.
6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004.
7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale (51).
(51) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.
(omissis)
D.M.
7 aprile 2006
Criteri e norme tecniche generali per la disciplina
regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui
all'articolo 38 del D.Lgs. 11 maggio
1999, n. 152. (All. III)
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 maggio 2006, n. 109, S.O.
(omissis)
Allegato III
Strategie di gestione degli effluenti zootecnici per il riequilibrio del rapporto agricoltura/ambiente
PARTE GENERALE
Gli effluenti zootecnici rappresentano un mezzo di concimazione dei terreni da privilegiare, nel rispetto di un rapporto equilibrato tra carico di bestiame e superficie agraria. In assenza di tale equilibrio, a causa di un apporto di effluenti eccedentario rispetto alla capacità delle colture di asportare i nutrienti contenuti negli stessi, si possono avere ripercussioni negative sulla qualità delle acque sotterranee e superficiali tali da rendere inefficaci i Programmi d'azione rispetto agli obblighi comunitari (direttiva 91/676/CEE) e nazionali (decreto legislativo n. 152/99.)
In questi casi va ridotto il carico di nutrienti e/o il volume dell'effluente con il ricorso a particolari trattamenti. A tal fine è necessario ricorrere a tecniche che possono essere variamente combinate tra di loro per ottenere delle «linee di trattamento» adattabili a diverse situazioni aziendali e a differenti vincoli ambientali.
Le modalità di trattamento riportate nella Tabella 3 dell'allegato I del presente decreto, in particolari contesti territoriali caratterizzati da elevata vulnerabilità da nitrati e a rischio di eutrofizzazione delle acque superficiali, possono rivelarsi insufficienti.
In tali situazioni il ricorso ad impianti centralizzati di trattamento o a modalità di gestione che coinvolgono sia le singole aziende sia strutture centralizzate può rappresentare la soluzione da adottare per il ripristino del corretto equilibrio agricoltura/ambiente.
Si riportano di seguito le modalità da eleggere per il trattamento dei liquami:
A. Trattamenti aziendali di liquami zootecnici e gestione interaziendale dei prodotti di risulta;
B. Trattamenti consortili di liquami zootecnici:
1. impianti interaziendali con utilizzo agronomico dei liquami trattati;
2. trattamento dei liquami zootecnici in eccedenza in depuratori di acque reflue urbane.
PARTE A:
TRATTAMENTI AZIENDALI DI LIQUAMI ZOOTECNICI E GESTIONE AZIENDALE O INTERAZIENDALE DEI PRODOTTI DI RISULTA
In aree ad elevata densità di allevamenti zootecnici in cui è necessario riequilibrare il rapporto tra carico di bestiame e suolo disponibile per lo spandimento dei liquami, la notevole riduzione del carico di nutrienti, in particolare azoto, si ottiene attraverso tecniche di trattamento (separazione solido/liquido, aerazione, digestione anaerobica, compostaggio) da realizzare nelle singole aziende e la gestione dei liquami e delle frazioni risultanti dai trattamenti in modo anche consortile, garantendo, inoltre, l'uso agronomico fuori dall'area di produzione. In alternativa, può esserne effettuata la valorizzazione come ammendanti organici e la loro immissione sui mercato dei fertilizzanti.
La costituzione di consorzi o altre forme di cooperazione interaziendale di cui all'articolo 27, comma 3 è finalizzata a rendere possibili il trattamento di liquami zootecnici nelle singole aziende con mezzi propri o di proprietà del consorzio e la gestione dei prodotti di risulta a cura di un apposito servizio facente capo al consorzio stesso.
Si riportano di seguito alcune linee di gestione che possono essere adottate in tale ambito:
1. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee aziendali, ritiro del compost da parte della struttura interaziendale, trasporto del compost verso aree agricole di utilizzo, poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilire la fertilità dei suoli; utilizzo in ambito aziendale della frazione chiarificata, alleggerita dei nutrienti, a fini agronomici;
2. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee gestite dalla struttura interaziendale, commercializzazione del compost oppure trasporto del medesimo verso aree agricole di utilizzo, poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilire la fertilità dei suoli; utilizzo in ambito aziendale della frazione chiarificata, alleggerita dei nutrienti, a fini agronomici;
3. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee aziendali, ritiro del compost da parte della struttura interaziendale, trasporto del compost verso aree agricole di utilizzo, poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilire la fertilità dei suoli; depurazione in ambito aziendale della frazione chiarificata, alleggerita dei nutrienti, e scarico della medesima in pubblica fognatura per il trattamento finale in depuratore di acque reflue urbane;
4. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee aziendali, ritiro del compost da parte dei centro interaziendale, trasporto del compost verso aree agricole di utilizzo poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilire la fertilità dei suoli; depurazione della frazione chiarificata in centro interaziendale;
5. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. flottatori) da effettuarsi in ambito aziendale; digestione anaerobica del fango addensato con recupero di biogas in un centro interaziendale; depurazione in ambito aziendale della frazione chiarificata e scarico della medesima in pubblica fognatura per il trattamento finale in depuratore di acque reflue urbane e/o utilizzo fertirriguo sul suolo aziendale di superficie ridotta.
Le tipologie di trattamento su menzionate ed altre possibili combinazioni di azioni aziendali ed interaziendali tra di loro integrate sono di raccomandata applicazione ad opera delle regioni in zone non vulnerabili, al fine di una tutela preventiva delle acque superficiali e sotterranee e sono rese obbligatorie anche in sinergia con i trattamenti consortili trattati nella successiva parte B, nelle aree ad elevata densità di allevamenti zootecnici in cui è necessario riequilibrare il rapporto tra carico di bestiame e suolo disponibile per lo spandimento dei liquami.
PARTE B:
TRATTAMENTI CONSORTILI DI LIQUAMI ZOOTECNICI
1. Impianti interaziendali con utilizzo agronomico dei liquami trattati
Gli impianti interaziendali con utilizzo agronomico dei liquami trattati prevedono in testa la digestione anaerobica per sfruttare al meglio il potenziale energetico dei liquami (produzione di biogas). Dopo la digestione anaerobica (che consente il recupero di energia rinnovabile, la stabilizzazione e la deodorizzazione dei liquami, ma non la riduzione dei nutrienti) i liquami vengono sottoposti a separazione solido/liquido: la frazione solida viene stoccata e poi avviata, previo eventuale compostaggio, ad utilizzo agronomico; la frazione liquida viene sottoposta ad un trattamento aerobico per ridurre il tenore di azoto e, dopo stoccaggio di alcuni mesi, alla fertirrigazione su suolo agricolo. Il suolo per l'utilizzo agronomico sia della frazione solida che liquida può essere messo a disposizione sia dagli allevatori che consegnano il liquame all'impianto che da altri agricoltori.
Oltre alla riduzione dell'eccedenza di nitrati ed alla produzione di compost di cui alla legge 19 ottobre 1984, n. 748, il ricorso ai sopra citati sistemi integrati anaerobici/aerobici comporta ulteriori vantaggi:
• si migliora nettamente il bilancio energetico dell'impianto, in quanto nella fase anaerobica si ha in genere la produzione di un surplus di energia rispetto al fabbisogno dell'intero impianto;
• si possono controllare meglio e con costi minori i problemi olfattivi; le fasi maggiormente odorigene sono gestite in reattore chiuso e le «arie esauste» sono rappresentate dal biogas (utilizzato e non immesso in atmosfera);
• si ha un minor impegno di superficie a parità di rifiuto trattato, pur tenendo conto delle superfici necessarie per il post-compostaggio aerobico, grazie alla maggior compattezza dell'impiantistica anaerobica;
• si riduce l'emissione di CO2 in atmosfera da un minimo del 25% sino al 67% (nel caso di completo utilizzo dell'energia termica prodotta in cogenerazione); l'attenzione verso i trattamenti dei rifiuti a bassa emissione di gas serra è un fattore che assumerà sempre più importanza in futuro.
Nella Figura 1 si riporta, a titolo di esempio, un possibile schema di ciclo di trattamento anaerobico di effluenti zootecnici eventualmente integrato con trattamento aerobico.
2. Trattamento dei liquami zootecnici in depuratori di acque reflue urbane
L'avvio ai depuratori di acque reflue urbane rappresenta un'ulteriore possibilità di trattamento dei liquami zootecnici eccedentari.
Il collettamento separato dei liquami zootecnici dalle acque reflue urbane ed il loro invio diretto alla digestione anaerobica, in miscela con i fanghi di supero dell'impianto di depurazione aerobico, permettono di sfruttarne al meglio il potenziale energetico. Ne consegue la produzione di una elevata quantità di biogas la cui combustione in impianti di cogenerazione consente di ottenere energia da fonti rinnovabili. I fanghi disidratati possono essere destinati all'uso agronomico ai sensi del decreto legislativo n. 99/92 (vedi schema figura 2).
Figura 2 - Schema di flusso per il trattamento dei liquami zootecnici in depuratori di acque reflue urbane
Gli impianti di depurazione di acque reflue urbane dotati di una linea di stabilizzazione fanghi con digestione anaerobica possono essere adeguati per effettuare la codigestione di liquami zootecnici e/o altri scarti agroindustriali, con un importante beneficio energetico (aumento dei biogas prodotto) e in alcuni casi anche con un miglioramento dell'efficienza del comparto di denitrificazione che spesso richiede, per un buon funzionamento, una fonte aggiuntiva di carbonio.
Inoltre, per una maggior stabilizzazione dei fanghi di depurazione destinati all'utilizzo in agricoltura, risulta vantaggioso, nei depuratori di acque reflue urbane, affiancare alla linea fanghi con digestione anaerobica una linea di stabilizzazione e valorizzazione agronomica mediante compostaggio dei fanghi stessi (vedi schema di figura 3). Nella linea di compostaggio trovano una maggior valorizzazione (produzione di un fertilizzante organico di miglior qualità) anche i liquami zootecnici e gli scarti agroindustriali, oltre ad eventuali frazioni organiche da raccolta differenziata dei rifiuti urbani e scarti verdi (manutenzione verde pubblico e privato).
(omissis)
D.L.
4 luglio 2006 n. 223
Disposizioni urgenti per il rilancio economico e
sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica,
nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale. (art. 29)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 luglio 2006, n. 153.
(omissis)
29. Contenimento spesa per commissioni comitati ed altri organismi.
1. Fermo restando il divieto previsto dall'articolo 18, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la spesa complessiva sostenuta dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, comunque denominati, operanti nelle predette amministrazioni, è ridotta del trenta per cento rispetto a quella sostenuta nell'anno 2005. Ai suddetti fini le amministrazioni adottano con immediatezza, e comunque entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le necessarie misure di adeguamento ai nuovi limiti di spesa. Tale riduzione si aggiunge a quella prevista dall'articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
2. Per realizzare le finalità di contenimento delle spese di cui al comma 1, per le amministrazioni statali si procede, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al riordino degli organismi, anche mediante soppressione o accorpamento delle strutture, con regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per gli organismi previsti dalla legge o da regolamento e, per i restanti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. I provvedimenti tengono conto dei seguenti criteri:
a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;
b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;
c) limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi;
d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi;
e) riduzione dei compensi spettanti ai componenti degli organismi;
e-bis) indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione che alla scadenza l'organismo è da intendersi automaticamente soppresso (60);
e-ter) previsione di una relazione di fine mandato sugli obiettivi realizzati dagli organismi, da presentare all'amministrazione competente e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (61);
2-bis.
3. Le amministrazioni non statali sono tenute a provvedere, entro lo stesso termine e sulla base degli stessi criteri di cui al comma 2, con atti di natura regolamentare previsti dai rispettivi ordinamenti, da sottoporre alla verifica degli organi interni di controllo e all'approvazione dell'amministrazione vigilante, ove prevista. Nelle more dell'adozione dei predetti regolamenti le stesse amministrazioni assicurano il rispetto del limite di spesa di cui al comma 1 entro il termine ivi previsto.
4. Gli organismi non individuati dai provvedimenti previsti dai commi 2 e 3 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono soppressi (63).
5. Scaduti i termini di cui ai commi 1, 2 e 3 senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti è fatto divieto alle amministrazioni di corrispondere compensi ai componenti degli organismi di cui al comma 1.
6. Le disposizioni del presente articolo non trovano diretta applicazione alle regioni, alle province autonome, agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.
7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli organi di direzione, amministrazione e controllo.
--------------------------------------------------------------------------------
(60) Lettera aggiunta dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.
(61) Lettera aggiunta dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.
(62) Comma aggiunto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.
(63) Comma prima sostituito dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248 e poi così modificato dall'art. 46, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262.
D.L.
3 ottobre 2006 n. 262
Disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria. (art. 2, comma 10)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 ottobre 2006, n. 230.
(omissis)
Articolo 2.
Comma 10. All’articolo 156 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. La riscossione
volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo
III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con
l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della
tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all’albo previsto
dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
D.Lgs.
8 novembre 2006, n. 284
Disposizioni correttive e integrative del D.Lgs. 3
aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 novembre 2006, n. 274.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;
Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, ed in particolare l'articolo 1, comma 6, che prevede la possibilità di emanare disposizioni correttive ed integrative del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entro due anni dalla data di entrata in vigore;
Vista la relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del citato articolo 1, comma 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 giugno 2006;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso nella seduta del 19 luglio 2006;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in data 26 luglio 2006;
Vista la seconda preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 luglio 2006;
Acquisito il secondo parere della commissione VIII della Camera dei deputati;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31 agosto 2006;
Sulla proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, dell'interno, della giustizia, della difesa, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, della salute, delle infrastrutture e delle politiche agricole alimentari e forestali;
Emana il seguente decreto legislativo:
1. Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
1. Con decreto correttivo adottato prioritariamente, sono indicate le disposizioni della Parte terza e quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dei relativi decreti attuativi, che continuano ad applicarsi e quelle abrogate.
2. Con successivi decreti, fatto salvo quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono adottate norme correttive e integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel rispetto delle norme e dei principi dell'ordinamento comunitario e delle decisioni rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea.
3. All'articolo 170 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina.».
4. Fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo correttivo di cui al comma 2-bis dell'articolo 170 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come inserito dal comma 3, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle autorità di bacino dal 30 aprile 2006.
5. Gli articoli 159, 160 e 207 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati ed il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti sono ricostituiti ed esercitano le relative funzioni. Tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono soppressi.
6. All'articolo 224, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «centottanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi».
7. Dall'attuazione del presente decreto non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2. Entrata in vigore.
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
L.
27 dicembre 2006, n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).(art. 1 comma 184)
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 299, S.O.
Articolo 1
(omissis)
comma 184. Nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni:
a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune per l'anno 2006 resta invariato anche per l'anno 2007;
b) in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lettera d), e 57, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
c) il termine di cui all'articolo 17, commi 1, 2 e 6, del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, è fissato al 31 dicembre 2007. Tale proroga non si applica alle discariche di II categoria, tipo A, ex «2A», e alle discariche per rifiuti inerti, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto.
D.L.
28 dicembre 2006 n. 300
Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative e disposizioni diverse.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 dicembre 2006, n. 300.
(omissis)
5. Proroga di termini in materia ambientale.
1. Il termine di cui all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, è prorogato fino alla data di adozione dei provvedimenti attuativi di cui agli articoli 13, comma 8, e 15, comma 1, del medesimo decreto legislativo e, comunque, non oltre il 30 giugno 2007.
2. Il comma 1 dell'articolo 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
«1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 49 e 50, la parte seconda del presente decreto entra in vigore il 31 luglio 2007.».
«2-bis. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 224, comma 2, le parole: «Entro dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «Entro ventiquattro mesi»;
b) all'articolo 235, comma 17, primo periodo, le parole: «Entro centottanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «Entro ventiquattro mesi»;
c) all'articolo 236, comma 2, primo periodo, le parole: «Entro centottanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «Entro ventiquattro mesi» (37).
Dir.
23 ottobre 2000, n. 2000/60/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che
istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.
(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 22 dicembre 2000, n. L 327. Entrata in vigore il 22 dicembre 2000.
(2) Termine di recepimento: 22 dicembre 2003.
(3) Per l'istituzione di un registro di siti destinati a formare la rete di intercalibrazione conformemente alla presente direttiva, vedi la decisione 2005/646/CE.
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato
che istituisce
vista la proposta della Commissione (4),
visto il parere del Comitato economico e sociale (5),
visto il parere del Comitato delle regioni (6),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (7), visto il progetto comune adottato dal comitato di conciliazione il 18 luglio 2000,
considerando quanto segue:
(1) L'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale.
(2) Le conclusioni
del seminario ministeriale sulla politica comunitaria in materia di acque,
tenutosi a Francoforte nel 1988, avevano messo in luce la necessità che la
legislazione comunitaria disciplinasse la qualità ecologica delle acque. Nella
risoluzione del 28 giugno 1988 (8), il Consiglio ha
invitato
(3) La dichiarazione del seminario ministeriale sulle acque sotterranee, tenutosi a L'Aia nel 1991, riconosceva l'esigenza di intervenire per evitare il deterioramento delle acque dolci nel lungo periodo, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, e richiedeva l'attuazione di un programma di interventi che garantisse, entro il 2000, la gestione e la protezione sostenibili delle fonti di acqua dolce. Nelle risoluzioni del 25 febbraio 1992 (9) e del 20 febbraio 1995 (10), il Consiglio ha auspicato l'elaborazione di un programma d'azione per le acque sotterranee, nonché la revisione della direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, sulla protezione delle acque sotterranee contro l'inquinamento provocato da alcune sostanze pericolose nell'ambito di una politica globale per la protezione delle acque dolci.
(4) Le acque comunitarie subiscono pressioni sempre maggiori a causa del continuo aumento della domanda di acqua di buona qualità in quantità sufficienti per qualsiasi utilizzo. Il 10 novembre 1995, nella relazione "L'ambiente nell'Unione europea è 1995", l'Agenzia europea per l'ambiente ha presentato una relazione aggiornata sullo stato dell'ambiente, nella quale confermava la necessità di intervenire per tutelare le acque comunitarie sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo.
(5) Il 18 dicembre
1995, il Consiglio ha adottato conclusioni che richiedevano, tra l'altro,
l'elaborazione di una nuova direttiva quadro che fissi i principi di base di
una politica sostenibile in materia di acque a livello dell'Unione europea,
invitando
(6) Il 21 febbraio
1996,
(7) Il 9 settembre
1996,
(8) Il 29 maggio
1995,
(9) È necessario sviluppare una politica comunitaria integrata in materia di acque.
(10) Il Consiglio,
il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale e il Parlamento
europeo hanno invitato
(11) Come stabilito dall'articolo 174 del trattato, la politica ambientale della Comunità deve contribuire a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, che dev'essere fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga".
(12) A norma
dell'articolo 174 del trattato, nel predisporre la politica in materia
ambientale,
(13) Le diverse condizioni ed esigenze riscontrabili all'interno della Comunità richiedono l'adozione di soluzioni specifiche. È opportuno tener conto di tale diversità nella programmazione e nell'esecuzione di misure atte a garantire la protezione ed un utilizzo sostenibile delle acque nell'ambito del bacino idrografico. Le decisioni dovrebbero essere adottate al livello più vicino possibile ai luoghi di utilizzo effettivo o di degrado delle acque. Si dovrebbero privilegiare le azioni che rientrino fra le competenze degli Stati membri, attraverso programmi di misure adeguati alle condizioni regionali e locali.
(14) Il successo della presente direttiva dipende da una stretta collaborazione e da un'azione coerente a livello locale, della Comunità e degli Stati membri, oltre che dall'informazione, dalla consultazione e dalla partecipazione dell'opinione pubblica, compresi gli utenti.
(15) La fornitura idrica è un servizio d'interesse generale, come indicato nella comunicazione della Commissione "I servizi di interesse generale in Europa" (12).
(16) È necessario integrare maggiormente la protezione e la gestione sostenibile delle acque in altre politiche comunitarie come la politica energetica, dei trasporti, la politica agricola, la politica della pesca, la politica regionale e in materia di turismo. La presente direttiva dovrebbe rappresentare la base per un dialogo continuo e per lo sviluppo di strategie tese ad ottenere una maggiore integrazione tra le varie politiche. La presente direttiva può altresì apportare un contributo decisivo in altri settori della cooperazione tra Stati membri, tra l'altro la "Prospettiva per lo sviluppo territoriale europeo" (ESDP).
(17) Una politica delle acque efficace e coerente deve tener conto della fragilità degli ecosistemi acquatici vicini alla costa o alle foci di fiumi, o in golfi o mari relativamente chiusi, in quanto il loro equilibrio è molto influenzato dalla qualità delle acque interne che ricevono. La tutela dello stato delle acque in un bacino idrografico porta vantaggi economici contribuendo alla protezione delle popolazioni ittiche, anche costiere.
(18) La politica
comunitaria nel settore delle acque richiede un quadro legislativo trasparente,
efficace e coerente.
(19) La presente direttiva intende mantenere e migliorare l'ambiente acquatico all'interno della Comunità. Tale obiettivo riguarda principalmente la qualità delle acque interessate. Il controllo della quantità è un elemento secondario fra quelli che consentono di garantire una buona qualità idrica e pertanto si dovrebbero istituire altresì misure riguardanti l'aspetto quantitativo ad integrazione di quelle che mirano a garantire una buona qualità.
(20) Lo stato quantitativo di un corpo idrico sotterraneo può influire sulla qualità ecologica delle acque superficiali e sugli ecosistemi terrestri connessi a tale corpo idrico sotterraneo.
(21)
(22) La presente direttiva deve contribuire alla graduale riduzione delle emissioni di sostanze pericolose nelle acque.
(23) Occorre disporre di principi comuni per coordinare gli interventi degli Stati membri diretti a migliorare la protezione delle acque della Comunità sia quantitativamente che qualitativamente, promuovere un'utilizzazione sostenibile dell'acqua, contribuire al controllo dei problemi delle acque di rilevanza transfrontaliera, per proteggere gli ecosistemi acquatici nonché gli ecosistemi terrestri e le zone umide che dipendono direttamente da essi, e per salvaguardare e sviluppare le utilizzazioni potenziali delle acque della Comunità.
(24) Una buona qualità delle acque contribuirà ad assicurare la fornitura di acqua potabile alla popolazione.
(25) È opportuno
stabilire definizioni comuni di stato delle acque, sotto il profilo qualitativo
e anche, laddove ciò si riveli importante per la protezione dell'ambiente,
sotto il profilo quantitativo. Si dovrebbero fissare obiettivi ambientali per
raggiungere un buono stato delle acque superficiali e sotterranee in tutta
(26) Gli Stati membri dovrebbero cercare di raggiungere almeno l'obiettivo di un buono stato delle acque definendo e attuando le misure necessarie nell'ambito di programmi integrati di misure, nell'osservanza dei vigenti requisiti comunitari. Ove le acque abbiano già raggiunto un buono stato, si dovrebbe mantenere tale situazione. Per le acque sotterranee, oltre ai requisiti di un buono stato, si dovrebbe identificare e correggere qualsiasi tendenza significativa e prolungata all'aumento della concentrazione di sostanze inquinanti.
(27) L'obiettivo finale della presente direttiva è quello di eliminare le sostanze pericolose prioritarie e contribuire a raggiungere valori vicini a quelli del fondo naturale per le concentrazioni in ambiente marino di sostanze presenti in natura.
(28) In teoria, le acque superficiali e sotterranee sono risorse naturali rinnovabili. In particolare, per garantire un buono stato delle acque sotterranee è necessario un intervento tempestivo e una programmazione stabile sul lungo periodo delle misure di protezione, visti i tempi necessari per la formazione e il ricambio naturali di tali acque. Nel calendario delle misure adottate per conseguire un buono stato delle acque sotterranee e invertire le tendenze significative e durature all'aumento della concentrazione delle sostanze inquinanti nelle acque sotterranee è opportuno tener conto di tali tempi.
(29) Gli Stati membri, nel prefiggersi di conseguire gli obiettivi indicati nella presente direttiva e nel definire un programma delle misure da adottare a tal fine, possono attuare gradualmente il programma di misure al fine di ripartire i costi dell'attuazione.
(30) Per garantire l'attuazione piena e coerente della presente direttiva, qualsiasi proroga del calendario dovrebbe effettuarsi in base a criteri adeguati, chiari e trasparenti ed essere giustificata dagli Stati membri nell'ambito dei piani di gestione dei bacini idrografici.
(31) Ove le ripercussioni subite dal corpo idrico in seguito all'attività umana o a motivo delle sue condizioni naturali siano tali che risulti impossibile o eccessivamente oneroso ottenere un buono stato delle acque, possono essere fissati obiettivi ambientali meno rigorosi, fondati su criteri oggettivi e trasparenti, e si dovrebbe fare il possibile per prevenire un ulteriore deterioramento dello stato delle acque.
(32) A precise condizioni, vi possono essere motivi per dispensare dall'obbligo di prevenire un ulteriore deterioramento o di conseguire un buono stato, se il mancato raggiungimento dei risultati è dovuto a circostanze impreviste o eccezionali, in particolare inondazioni o siccità o a motivi di interesse pubblico di primaria importanza, o a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello dei corpi sotterranei, purché sia fatto il possibile per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico.
(33) L'obiettivo di ottenere un buono stato delle acque dovrebbe essere perseguito a livello di ciascun bacino idrografico, in modo da coordinare le misure riguardanti le acque superficiali e sotterranee appartenenti al medesimo sistema ecologico, idrologico e idrogeologico.
(34) Ai fini della protezione ambientale, è necessario integrare maggiormente gli aspetti qualitativi e quantitativi delle acque superficiali e sotterranee tenendo conto delle condizioni naturali di scorrimento delle acque nel ciclo idrologico.
(35) Nei bacini idrografici ove l'utilizzo dell'acqua può avere ripercussioni a livello transfrontaliero, i requisiti per il conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dalla presente direttiva e, in particolare, tutti i programmi di misure dovrebbero essere coordinati per l'ultimo distretto idrografico. Per i bacini idrografici che si estendono oltre le frontiere della Comunità, gli Stati membri dovrebbero cercare di assicurare l'opportuno coordinamento con i paesi terzi interessati. La presente direttiva deve contribuire al rispetto degli obblighi assunti dalla Comunità in forza delle convenzioni internazionali sulla protezione e la gestione delle acque, in particolare della convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, approvata con decisione 95/308/CE del Consiglio, e dei successivi accordi di applicazione.
(36) È necessario
procedere ad analisi delle caratteristiche di un bacino idrografico e
dell'impatto delle attività umane nonché all'analisi economica dell'utilizzo
idrico. L'evoluzione dello stato delle acque dovrebbe essere sorvegliata dagli
Stati membri in modo sistematico e comparabile in tutta
(37) Gli Stati membri dovrebbero designare le acque usate per la produzione di acqua potabile, garantendo il rispetto della direttiva 80/778/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.
(38) Può risultare opportuno che gli Stati membri ricorrano a strumenti economici nell'ambito di un programma di misure. Il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e delle risorse, in relazione ai danni o alle ripercussioni negative per l'ambiente acquatico, dovrebbe essere preso in considerazione, in particolare, in base al principio "chi inquina paga". A tal fine, sarà necessaria un'analisi economica dei servizi idrici, basata sulle previsioni a lungo termine della domanda e dell'offerta nel distretto idrografico.
(39) È necessario prevenire o attenuare le conseguenze degli inquinamenti dovuti a cause accidentali. È opportuno stabilire misure a tal fine nel programma di misure.
(40) Per quanto riguarda la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, la politica comunitaria dell'acqua dovrebbe ispirarsi ad un approccio combinato che riduca l'inquinamento alla fonte, fissando valori limite per le emissioni e norme di qualità ambientali.
(41) Sotto il profilo quantitativo, è opportuno istituire principi generali per limitare l'estrazione e l'arginazione delle acque, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale dei sistemi idrici interessati.
(42) È opportuno fissare norme di qualità ambientali comuni e valori limite di emissione come prescrizioni minime nella legislazione comunitaria per alcuni gruppi o famiglie di sostanze inquinanti. È opportuno fissare disposizioni affinché tali norme vengano adottate a livello comunitario.
(43) L'inquinamento causato dallo scarico, da emissioni e da perdite di sostanze pericolose prioritarie deve essere arrestato o gradualmente eliminato. Il Parlamento europeo e il Consiglio, su proposta della Commissione, dovrebbero definire le sostanze da considerare prioritarie ai fini dell'azione e le misure specifiche da adottare contro l'inquinamento dell'acqua da esse causato, tenendo conto di tutte le fonti significative e identificando il livello e l'insieme di controlli economicamente valido ed equilibrato.
(44) L'identificazione delle sostanze pericolose prioritarie dovrebbe tener conto del principio di precauzione e fondarsi sulla individuazione di effetti potenzialmente negativi del prodotto e su una valutazione scientifica del pericolo.
(45) Gli Stati membri dovrebbero adottare misure per eliminare l'inquinamento delle acque superficiali ad opera delle sostanze prioritarie e ridurre gradualmente l'inquinamento causato dalle altre sostanze che impedirebbero loro altrimenti di conseguire gli obiettivi per i corpi idrici superficiali.
(46) Per garantire la partecipazione del pubblico, compresi gli utenti dell'acqua, nel processo di elaborazione ed aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici, è necessario fornire informazioni adeguate sulle misure previste e riferire in merito ai progressi della loro attuazione in modo da coinvolgere il pubblico prima di adottare le decisioni definitive e le misure necessarie.
(47) La presente direttiva dovrebbe fornire i meccanismi atti ad affrontare gli ostacoli al miglioramento dello stato delle acque che non rientrino nella sfera di applicazione della normativa comunitaria sulle acque, al fine di preparare le strategie opportune per superarli.
(48) A scadenze
annue,
(49) È necessario
definire, nell'ambito della presente direttiva, specifiche tecniche che
garantiscano un approccio coerente in tutta
(50) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.
(51) L'attuazione della presente direttiva deve consentire di pervenire ad un livello di protezione delle acque almeno equivalente a quello previsto in taluni atti precedenti, che dovrebbero quindi essere abrogati una volta che sia data piena attuazione alle pertinenti disposizioni della presente direttiva.
(52) Le disposizioni della presente direttiva riprendono quelle relative alla riduzione dell'inquinamento provocato da sostanze pericolose, di cui alla direttiva 76/464/CEE. Pertanto, detta direttiva dovrebbe essere abrogata una volta che sia data piena attuazione alle disposizioni della presente direttiva.
(53) È necessario
garantire la piena attuazione e applicazione della legislazione vigente in
materia ambientale ai fini della protezione delle acque. È indispensabile
garantire la corretta applicazione delle disposizioni di attuazione della
presente direttiva in tutta
hanno adottato la presente direttiva:
(4) In G.U.C.E. 17 giugno 1997, n. C 184 e in G.U.C.E. 20 gennaio 1998, n. C 16.
(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 21 novembre 1997, n. C 355.
(6) Pubblicato nella G.U.C.E. 11 giugno 1998, n. C 180.
(7) Parere del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1999 (G.U.C.E. 28 maggio 1999, n. C 150) confermato il 16 settembre 1999, posizione comune del Consiglio del 22 ottobre 1999 (G.U.C.E. 30 novembre 1999, n. C 343) e decisione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2000, decisione del Parlamento europeo del 7 settembre 2000 e decisione del Consiglio del 14 settembre 2000.
(8) Pubblicato nella G.U.C.E. 9 agosto 1988, n. C 209.
(9) Pubblicato nella G.U.C.E. 6 marzo 1992, n. C 59.
(10) Pubblicato nella G.U.C.E. 28 febbraio 1995, n. C 49.
(11) Pubblicato nella G.U.C.E. 25 novembre 1996, n. C 355.
(12) Pubblicato nella G.U.C.E. 26 settembre 1996, n. C 281.
Articolo 1
Scopo.
Scopo della presente direttiva è istituire un quadro per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee che:
a) impedisca un ulteriore deterioramento, protegga e migliori lo stato degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico;
b) agevoli un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;
c) miri alla protezione rafforzata e al miglioramento dell'ambiente acquatico, anche attraverso misure specifiche per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e delle perdite di sostanze prioritarie e l'arresto o la graduale eliminazione degli scarichi, delle emissioni e delle perdite di sostanze pericolose prioritarie;
d) assicuri la graduale riduzione dell'inquinamento delle acque sotterranee e ne impedisca l'aumento, e
e) contribuisca a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità
contribuendo quindi a:
- garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo,
- ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee,
- proteggere le acque territoriali e marine, e
- realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino: con azione comunitaria ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 3, per arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche.
Articolo 2
Definizioni.
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1) "acque superficiali": le acque interne, ad eccezione delle acque sotterranee; le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
2) "acque sotterranee": tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;
3) "acque interne": tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
4) "fiume": un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;
5) "lago": un corpo idrico superficiale interno fermo;
6) "acque di transizione": i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
7) "acque costiere": le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
8) "corpo idrico artificiale": un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
9) "corpo idrico fortemente modificato": un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dallo Stato membro in base alle disposizioni dell'allegato II;
10) "corpo idrico superficiale": un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
11) "falda acquifera": uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
12) "corpo idrico sotterraneo": un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
13) "bacino idrografico": il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
14) "sottobacino": il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua (di solito un lago o la confluenza di un fiume);
15) "distretto idrografico": area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, è definito la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
16) "autorità competente": l'autorità o le autorità definite dall'articolo 3, paragrafi 2 e 3;
17) "stato delle acque superficiali": espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;
18) "buono stato delle acque superficiali": lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
19) "stato delle acque sotterranee": espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;
20) "buono stato delle acque sotterranee": lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
21) "stato ecologico": espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'allegato V;
22) "buono stato ecologico": stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'allegato V;
23) "buon potenziale ecologico": stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'allegato V;
24) "buono stato chimico delle acque superficiali": stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non supera gli standard di qualità ambientali fissati dall'allegato IX, e in forza dell'articolo 16, paragrafo 7 e di altre normative comunitarie pertinenti che istituiscono standard di qualità ambientale a livello comunitario;
25) "buono stato chimico delle acque sotterranee": stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella 2.3.2 dell'allegato V;
26) "stato quantitativo": espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;
27) "risorse idriche sotterranee disponibili": velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 4, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;
28) "buono stato quantitativo": stato definito nella tabella 2.1.2 dell'allegato V;
29) "sostanze pericolose": le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
30) "sostanze prioritarie": le sostanze definite ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, ed elencate nell'allegato X. Tra queste sostanze, vi sono "sostanze pericolose prioritarie" che sono quelle definite ai sensi dell'articolo 16, paragrafi 3 e 6, che devono essere oggetto di misure a norma dell'articolo 16, paragrafi 1 e 8;
31) "inquinante": qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'allegato VIII;
32) "immissione diretta nelle acque sotterranee": immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
33) "inquinamento": l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno, che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
34) "obiettivi ambientali": gli obiettivi fissati all'articolo 4;
35) "standard di qualità ambientale": la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata, per tutelare la salute umana e l'ambiente;
36) "approccio combinato": il controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo l'impostazione di cui all'articolo 10;
37) "acque destinate al consumo umano": le acque disciplinate dalla direttiva 80/778/CEE, modificata dalla direttiva 98/83/CE;
38) "servizi idrici": tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:
a) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee;
b) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;
39) "utilizzo delle acque": servizi idrici assieme alle altre attività di cui all'articolo 5 e all'allegato II, che incidono in modo significativo sullo stato delle acque.
Tale nozione si applica ai fini dell'articolo 1 e dell'analisi economica effettuata a norma dell'articolo 5 dell'allegato III, lettera b);
40) "valori limite di emissione": la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, in particolare quelle di cui all'articolo 16.
I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione. Per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;
41) "controlli delle emissioni": controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni. L'uso del termine "controllo delle emissioni" nella presente direttiva, in riferimento alle disposizioni di altre direttive, non va considerato in alcun modo come una reinterpretazione di tali disposizioni.
Articolo 3
Coordinamento delle disposizioni amministrative all'interno dei distretti idrografici.
1. Gli Stati membri individuano i singoli bacini idrografici presenti nel loro territorio e, ai fini della presente direttiva, li assegnano a singoli distretti idrografici. Ove opportuno, è possibile accomunare in un unico distretto bacini idrografici di piccole dimensioni e bacini di dimensioni più grandi, oppure unificare piccoli bacini limitrofi. Qualora le acque sotterranee non rientrino interamente in un bacino idrografico preciso, esse vengono individuate e assegnate al distretto idrografico più vicino o più consono. Le acque costiere vengono individuate e assegnate al distretto idrografico o ai distretti idrografici più vicini o più consoni.
2. Gli Stati membri provvedono a adottare le disposizioni amministrative adeguate, ivi compresa l'individuazione dell'autorità competente, per l'applicazione delle norme previste dalla presente direttiva all'interno di ciascun distretto idrografico presente nel loro territorio.
3. Gli Stati membri
provvedono affinché un bacino idrografico che si estende sul territorio di più
Stati membri sia assegnato a un distretto idrografico internazionale. Su
richiesta degli Stati membri interessati,
Ciascuno Stato membro provvede ad adottare le disposizioni amministrative adeguate, ivi compresa l'individuazione dell'autorità competente, per l'applicazione delle norme previste dalla presente direttiva in ogni parte di distretto idrografico internazionale presente nel suo territorio.
4. Gli Stati membri
provvedono affinché i requisiti stabiliti dalla presente direttiva per
conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo
5. Se un distretto idrografico supera i confini della Comunità, lo Stato membro o gli Stati membri interessati si adoperano per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi in questione, per realizzare gli obiettivi della presente direttiva in tutto il distretto idrografico. Gli Stati membri provvedono all'applicazione delle disposizioni della presente direttiva nell'ambito del loro territorio.
6. Ai fini della presente direttiva, gli Stati membri possono individuare quale autorità competente un organismo nazionale o internazionale esistente.
7. Gli Stati membri individuano l'autorità competente entro il termine di cui all'articolo 24.
8. Entro sei mesi dalla data di cui all'articolo 24 gli Stati membri forniscono alla Commissione un elenco delle rispettive autorità competenti e delle autorità competenti di tutti gli organismi internazionali di cui fanno parte. Per ciascuna autorità competente forniscono le informazioni stabilite nell'allegato I.
9. Gli Stati membri comunicano alla Commissione eventuali cambiamenti delle informazioni presentate in base al paragrafo 8 entro tre mesi dalla data in cui essi hanno effetto.
Articolo 4
Obiettivi ambientali.
1. Nel rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici:
a) Per le acque superficiali
i) gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, fatta salva l'applicazione dei paragrafi 6 e 7 e fermo restando il paragrafo 8;
ii) gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali, salva l'applicazione del punto iii) per i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all'allegato V entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l'applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;
iii) gli Stati membri proteggono e migliorano tutti i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all'allegato V entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l'applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;
iv) gli Stati membri attuano le misure necessarie a norma dell'articolo 16, paragrafo 1, e dell'articolo 16, paragrafo 8, al fine di ridurre progressivamente l'inquinamento causato dalle sostanze prioritarie (13) e arrestare o eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite di sostanze pericolose prioritarie,
fermi restando, per le parti interessate, i pertinenti accordi internazionali di cui all'articolo 1.
b) Per le acque sotterranee
i) gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire o limitare l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee e per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei, salva l'applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8 del presente articolo e salva l'applicazione dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera j);
ii) gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano i corpi idrici sotterranei, e assicurano un equilibrio tra l'estrazione e il ravvenamento delle acque sotterranee al fine di conseguire un buono stato delle acque sotterranee in base alle disposizioni di cui all'allegato V, entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l'applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, salvo il paragrafo 8 e salva l'applicazione dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera g);
iii) gli Stati membri attuano le misure necessarie a invertire le tendenze significative e durature all'aumento della concentrazione di qualsiasi inquinante derivante dall'impatto dell'attività umana per ridurre progressivamente l'inquinamento delle acque sotterranee.
Le misure volte a conseguire l'inversione di tendenza vengono attuate a norma dell'articolo 17, paragrafi 2, 4 e 5, tenendo conto degli standard applicabili stabiliti nella pertinente normativa comunitaria, fatta salva l'applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8.
c) Per le aree protette
gli Stati membri si conformano a tutti gli standard e agli obiettivi entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salvo diversa disposizione della normativa comunitaria a norma della quale le singole aree protette sono state istituite.
2. Quando un corpo idrico è interessato da più di uno degli obiettivi di cui al paragrafo 1, si applica quello più rigoroso.
3. Gli Stati membri possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:
a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:
i) sull'ambiente in senso più ampio,
ii) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o il diporto;
iii) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione,
iv) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo, o
v) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;
b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi i quali rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.
Tali designazioni e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di gestione dei bacini idrografici prescritti dall'articolo 13 e sono riesaminate ogni sei anni.
a) gli Stati membri stabiliscono che tutti i miglioramenti necessari dello stato dei corpi idrici non possono essere ragionevolmente raggiunti entro i termini fissati nel suddetto paragrafo per almeno uno dei seguenti motivi:
i) la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;
ii) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;
iii) le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti;
b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate e spiegate nel piano di gestione dei bacini idrografici prescritto dall'articolo 13;
c) le proroghe non superano il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico, tranne i casi in cui le condizioni naturali non consentono di conseguire gli obiettivi entro tale periodo;
d) nel piano di gestione del bacino idrografico figurano un elenco delle misure previste dall'articolo 11 e considerate necessarie affinché i corpi idrici raggiungano progressivamente lo stato richiesto entro il termine prorogato, la giustificazione di ogni significativo ritardo nell'attuazione di tali misure, nonché il relativo calendario di attuazione. Negli aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico devono essere inclusi un riesame dell'attuazione di tali misure e un elenco delle eventuali misure aggiuntive.
5. Gli Stati membri possono prefiggersi di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli previsti dal paragrafo 1, per corpi idrici specifici qualora, a causa delle ripercussioni dell'attività umana, definita ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, o delle loro condizioni naturali, il conseguimento di tali obiettivi sia non fattibile o esageratamente oneroso, e ricorrano le seguenti condizioni:
a) i bisogni ambientali e socioeconomici cui sono finalizzate dette attività umane del corpo idrico non possono essere soddisfatti con altri mezzi i quali rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale e tale da non comportare oneri esagerati;
b) gli Stati membri garantiscono:
- per le acque superficiali, il raggiungimento del migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell'attività umana o dell'inquinamento,
- per le acque sotterranee, le minime modifiche possibili allo stato delle acque sotterranee, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;
c) non si verifica alcun ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione;
d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall'articolo 13 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni.
6. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, in particolare alluvioni violente e siccità prolungate, o in esito a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non costituisce una violazione delle prescrizioni della presente direttiva, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) è fatto tutto il possibile per impedire un ulteriore deterioramento dello stato e per non compromettere il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici non interessati da dette circostanze;
b) il piano di gestione del bacino idrografico prevede espressamente le situazioni in cui possono essere dichiarate dette circostanze ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;
c) le misure da adottare quando si verificano tali circostanze eccezionali sono contemplate nel programma di misure e non compromettono il ripristino della qualità del corpo idrico una volta superate le circostanze in questione;
d) gli effetti delle circostanze eccezionali o imprevedibili sono sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui al paragrafo 4, lettera a), è fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente agli effetti di tali circostanze;
e) una sintesi degli effetti delle circostanze e delle misure adottate o da adottare a norma delle lettere a) e d) sia inserita nel successivo aggiornamento del piano di gestione del bacino idrografico.
7. Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:
- il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o
- l'incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,
purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) è fatto tutto il possibile per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
b) le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall'articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;
c) le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l'ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e
d) per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.
8. Gli Stati membri, nell'applicare i paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7, assicurano che l'applicazione non pregiudichi la realizzazione degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici dello stesso distretto idrografico e che essa sia coerente con l'attuazione di altri atti normativi comunitari in materia di ambiente.
9. È necessario prendere provvedimenti per garantire che l'applicazione delle nuove disposizioni, inclusa l'applicazione dei paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7 garantisca almeno il medesimo livello di protezione rispetto alla vigente legislazione comunitaria.
(13) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
Articolo 5
Caratteristiche del distretto idrografico, esame dell'impatto ambientale delle attività umane e analisi economica dell'utilizzo idrico.
1. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, o parte di distretto idrografico internazionale compreso nel loro territorio, siano effettuati, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati II e III, e completati entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva:
- un'analisi delle caratteristiche del distretto,
- un esame dell'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, e
- un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
2. Le analisi e gli esami di cui al paragrafo 1 sono riesaminati ed eventualmente aggiornati entro tredici anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni sei anni.
Articolo 6
Registro delle aree protette.
1. Gli Stati membri provvedono all'istituzione di uno o più registri di tutte le aree di ciascun distretto idrografico alle quali è stata attribuita una protezione speciale in base alla specifica normativa comunitaria al fine di proteggere le acque superficiali e sotterranee ivi contenute o di conservarne gli habitat e le specie presenti che dipendono direttamente dall'ambiente acquatico. Essi provvedono affinché i registri delle aree protette siano ultimati entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.
2. Il registro o i registri contengono tutti i corpi idrici individuati a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, e tutte le aree protette di cui all'allegato IV.
3. Il registro o i registri delle aree protette devono essere tenuti aggiornati per ciascun distretto idrografico.
Articolo 7
Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile.
1. All'interno di ciascun distretto idrografico gli Stati membri individuano:
- tutti i corpi
idrici utilizzati per l'estrazione di acque destinate al consumo umano che
forniscono in media oltre
- i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
Gli Stati membri
provvedono al monitoraggio, a norma dell'allegato V, dei corpi idrici che, in
base all'allegato V, forniscono in media oltre
2. Per ciascuno dei corpi idrici individuati a norma del paragrafo 1, gli Stati membri, oltre a conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 4 attenendosi ai requisiti prescritti dalla presente direttiva per i corpi idrici superficiali, compresi gli standard di qualità fissati a livello comunitario a norma dell'articolo 16, provvedono a che, secondo il regime di trattamento delle acque applicato e conformemente alla normativa comunitaria, l'acqua risultante soddisfi i requisiti di cui alla direttiva 80/778/CEE, modificata dalla direttiva 98/83/CE.
3. Gli Stati membri provvedono alla necessaria protezione dei corpi idrici individuati al fine di impedire il peggioramento della loro qualità per ridurre il livello della depurazione necessaria alla produzione di acqua potabile. Gli Stati membri possono definire zone di salvaguardia per tali corpi idrici.
Articolo 8
Monitoraggio dello stato delle acque superficiali, dello stato delle acque sotterranee e delle aree protette.
1. Gli Stati membri provvedono a elaborare programmi di monitoraggio dello stato delle acque al fine di definire una visione coerente e globale dello stato delle acque all'interno di ciascun distretto idrografico:
- nel caso delle acque superficiali, i programmi in questione riguardano
i) il volume e il livello o la proporzione del flusso idrico nella misura adeguata ai fini dello stato ecologico e chimico e del potenziale ecologico
ii) lo stato ecologico e chimico e il potenziale ecologico è nel caso delle acque sotterranee, riguardano il monitoraggio dello stato chimico e quantitativo,
- nel caso delle aree protette, i suddetti programmi sono integrati dalle specifiche contenute nella normativa comunitaria in base alla quale le singole aree protette sono state create.
2. I programmi devono essere operativi entro sei anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, se non specificato diversamente nella pertinente normativa. Il monitoraggio in questione è effettuato secondo le prescrizioni di cui all'allegato V.
3. Le specifiche tecniche e i metodi uniformi per analizzare e monitorare lo stato delle acque sono stabiliti secondo la procedura di cui all'articolo 21.
Articolo 9
Recupero dei costi relativi ai servizi idrici.
1. Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'allegato III e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".
Gli Stati membri provvedono entro il 2010:
- a che le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della presente direttiva,
- a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato III e tenendo conto del principio "chi inquina paga".
Al riguardo, gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione.
2. Nei piani di gestione dei bacini idrografici, gli Stati membri riferiscono circa i passi previsti per attuare il paragrafo 1 che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi ambientali della presente direttiva, nonché circa il contributo dei vari settori di impiego dell'acqua al recupero dei costi dei servizi idrici.
3. Il presente articolo non osta al finanziamento di particolari misure di prevenzione o di risanamento volte al conseguimento degli obiettivi della presente direttiva.
4. Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora decidano, secondo prassi consolidate, di non applicare le disposizioni di cui al paragrafo 1, secondo periodo, e le pertinenti disposizioni del paragrafo 2 per una determinata attività di impiego delle acque, ove ciò non comprometta i fini ed il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva. Gli Stati membri riferiscono sui motivi della applicazione incompleta del paragrafo 1, secondo periodo, nei piani di gestione dei bacini idrografici.
Articolo 10
Approccio combinato per le fonti puntuali e diffuse.
1. Gli Stati membri garantiscono che tutti gli scarichi nelle acque superficiali, di cui al paragrafo 2, siano controllati secondo l'approccio combinato indicato nel presente articolo.
2. Gli Stati membri provvedono all'istituzione e/o alla realizzazione dei:
a) controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili,
b) controlli dei pertinenti valori limite di emissione,
c) in caso di impatti diffusi, controlli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali,
stabiliti:
- nella direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento,
- nella direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane,
- nella direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dell'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole,
- nelle direttive adottate a norma dell'articolo 16 della presente direttiva,
- nelle direttive elencate nell'allegato IX,
- in ogni altra normativa comunitaria pertinente,
entro 12 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salvo diversa indicazione della normativa in questione.
3. Qualora un obiettivo di qualità o uno standard di qualità, stabilito a norma della presente direttiva, delle direttive elencate nell'allegato IX o di ogni altra normativa comunitaria, prescriva requisiti più severi di quelli che risulterebbero dall'applicazione del paragrafo 2, sono fissati di conseguenza controlli più rigidi sulle emissioni.
Articolo 11
Programma di misure.
1. Per ciascun distretto idrografico o parte di distretto idrografico internazionale compreso nel suo territorio, ciascuno Stato membro prepara un programma di misure, che tiene conto dei risultati delle analisi prescritte dall'articolo 5, allo scopo di realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 4. Tali programmi di misure possono fare riferimento a misure derivanti dalla legislazione adottata a livello nazionale e applicabili all'intero territorio di uno Stato membro. Lo Stato membro può eventualmente adottare misure applicabili a tutti i distretti idrografici e/o a tutte le parti di distretti idrografici internazionali compresi nel suo territorio.
2. Ciascun programma annovera le "misure di base" indicate al paragrafo 3 e, ove necessario, "misure supplementari".
3. Con l'espressione "misure di base" si intendono i requisiti minimi del programma, in particolare:
a) misure necessarie per attuare la normativa comunitaria in materia di protezione delle acque, ivi comprese quelle contemplate dalla normativa di cui all'articolo 10 e all'allegato VI, parte A;
b) misure ritenute appropriate ai fini dell'articolo 9;
c) misure volte a garantire un impiego efficiente e sostenibile dell'acqua, per non compromettere la realizzazione degli obbiettivi di cui all'articolo 4;
d) misure per adempiere alle prescrizioni di cui all'articolo 7, incluse le misure relative alla tutela della qualità dell'acqua al fine di ridurre il livello della depurazione necessaria per la produzione di acqua potabile;
e) misure di controllo dell'estrazione delle acque dolci superficiali e sotterranee e dell'arginamento delle acque dolci superficiali, compresi la compilazione di uno o più registri delle estrazioni e l'obbligo di un'autorizzazione preventiva per l'estrazione e l'arginamento. Dette misure sono periodicamente riesaminate e, se del caso, aggiornate. Gli Stati membri possono esentare dalle misure di controllo le estrazioni e gli arginamenti che non hanno alcun impatto significativo sullo stato delle acque;
f) misure di controllo, compreso l'obbligo di ottenere un'autorizzazione preventiva per il ravvenamento o l'accrescimento artificiale dei corpi sotterranei. L'acqua impiegata può essere di qualunque provenienza superficiale o sotterranea, a condizione che l'impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;
g) per gli scarichi da origini puntuali che possono provocare inquinamento, l'obbligo di una disciplina preventiva, come il divieto di introdurre inquinanti nell'acqua, o un obbligo di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti, che stabiliscono controlli delle emissioni per gli inquinanti in questione, compresi i controlli a norma dell'articolo 10 e dell'articolo 16. Tali misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;
h) per le fonti diffuse che possono provocare inquinamento, misure atte a impedire o controllare l'immissione di inquinanti. Le misure di controllo possono consistere in un obbligo di disciplina preventiva, come il divieto di introdurre inquinanti nell'acqua, o in un obbligo di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti, qualora tale obbligo non sia altrimenti previsto dalla normativa comunitaria. Tali misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;
i) per qualsiasi altro impatto negativo considerevole sullo stato dei corpi idrici, di cui all'articolo 5 e all'allegato II, in particolare misure volte a garantire che le condizioni idromorfologiche del corpo idrico permettano di raggiungere lo stato ecologico prescritto o un buon potenziale ecologico per i corpi idrici designati come artificiali o fortemente modificati. Le misure di controllo possono consistere in un obbligo di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti, qualora un tale obbligo non sia altrimenti previsto dalla normativa comunitaria. Le misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;
j) divieto di scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee, fatte salve le disposizioni in appresso.
Gli Stati membri possono autorizzare la reintroduzione nella medesima falda di acque utilizzate a scopi geotermici.
Essi possono autorizzare inoltre, a determinate condizioni:
- l'introduzione di acque contenenti sostanze derivanti da operazioni di prospezione e estrazione di idrocarburi o attività minerarie e l'inserimento di acque per motivi tecnici in formazioni geologiche da cui siano stati estratti idrocarburi o altre sostanze o in formazioni geologiche che per motivi naturali siano permanentemente inidonee per altri scopi. Tale inserimento non deve comportare sostanze diverse da quelle derivanti dalle operazioni summenzionate,
- la reintroduzione di acque sotterranee estratte da miniere e cave oppure di acque associate alla costruzione o alla manutenzione di opere di ingegneria civile,
- l'introduzione di gas naturale o di gas di petrolio liquefatto (GPL) a fini di stoccaggio in formazioni geologiche che per motivi naturali siano permanentemente inidonee per altri scopi,
- l'introduzione di gas naturale o di gas di petrolio liquefatto (GPL) a fini di stoccaggio in altre formazioni geologiche ove sussista l'esigenza imprescindibile di assicurare la fornitura di gas e ove l'introduzione eviti qualsiasi pericolo attuale o futuro di deterioramento della qualità delle acque sotterranee riceventi,
- la costruzione, le opere di ingegneria civile e attività analoghe sul o nel terreno che vengono direttamente a contatto con le acque sotterranee. A tal fine gli Stati membri possono determinare quali di queste attività debbano ritenersi autorizzate, a condizione che siano effettuate in base alle norme vincolanti di carattere generale elaborate dallo Stato membro in relazione a dette attività,
- gli scarichi di piccoli quantitativi di sostanze finalizzati alla marcatura, alla protezione o al risanamento del corpo idrico, limitati al quantitativo strettamente necessario per le finalità in questione,
purché tali scarichi non compromettano il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati per il corpo idrico in questione;
k) in base all'azione intrapresa a norma dell'articolo 16, misure per eliminare l'inquinamento di acque superficiali da parte delle sostanze precisate nell'elenco delle sostanze prioritarie (14) convenuto in osservanza dell'articolo 16, paragrafo 2, e per ridurre progressivamente l'inquinamento da altre sostanze che altrimenti impedirebbe agli Stati membri di conseguire gli obiettivi fissati all'articolo 4 per i corpi idrici superficiali;
l) ogni misura necessaria al fine di evitare perdite significative di inquinanti dagli impianti tecnici e per evitare e/o ridurre l'impatto degli episodi di inquinamento accidentale, ad esempio dovuti ad inondazioni, anche mediante sistemi per rilevare o dare l'allarme al verificarsi di tali eventi, comprese tutte le misure atte a ridurre il rischio per gli ecosistemi acquatici, in caso di incidenti che non avrebbero potuto essere ragionevolmente previsti.
4. Per "misure
supplementari" si intendono i provvedimenti studiati e messi in atto a
complemento delle misure di base, con l'intento di realizzare gli obiettivi
fissati a norma dell'articolo
Gli Stati membri possono altresì adottare ulteriori misure supplementari per garantire una protezione aggiuntiva ai corpi idrici contemplati nella presente direttiva ovvero un loro miglioramento, fra l'altro nell'attuazione di pertinenti accordi internazionali di cui all'articolo 1.
5. Allorché i dati del monitoraggio o dati di altro tipo indicano che il raggiungimento degli obiettivi enunciati all'articolo 4 per il corpo idrico considerato è improbabile, gli Stati membri assicurano che:
- si indaghi sulle cause delle eventuali carenze,
- siano esaminati e riveduti, a seconda delle necessità, i pertinenti permessi e autorizzazioni,
- siano riesaminati e adattati, a seconda delle necessità, programmi di monitoraggio,
- siano stabilite le misure supplementari eventualmente necessarie per consentire il raggiungimento di detti obiettivi, compresa la fissazione di appropriati standard di qualità ambientale secondo le procedure di cui all'allegato V.
Allorché le cause in questione derivano da circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e tali da non poter essere ragionevolmente previste, in particolare alluvioni violente e siccità prolungate lo Stato membro può decretare che le misure supplementari non sono applicabili, fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 6.
6. Gli Stati membri, nell'applicare le misure a norma del paragrafo 3, prendono le iniziative necessarie per non accrescere l'inquinamento delle acque marine. Fatta salva la normativa vigente, l'attuazione delle misure adottate a norma del paragrafo 3 non può in nessun caso condurre, in maniera diretta o indiretta, ad un aumento dell'inquinamento delle acque superficiali. Tale condizione non si applica, ove comporti un aumento dell'inquinamento dell'ambiente nel suo complesso.
7. I programmi di misure sono approntati entro nove anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e tutte le misure sono applicate entro 12 anni da tale data.
8. I programmi di misure sono riesaminati ed eventualmente aggiornati entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e successivamente, ogni sei anni. Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell'ambito di un programma aggiornato, sono applicate entro tre anni dalla loro approvazione.
(14) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
Articolo 12
Aspetti che non possono essere affrontati a livello di Stato membro.
1. Qualora uno Stato membro venga a conoscenza di un aspetto che presenta ripercussioni per la gestione delle sue acque ma che non può essere risolto al suo interno, esso può demandare la questione alla Commissione e a qualsiasi altro Stato membro interessato, eventualmente raccomandando soluzioni.
2.
Articolo 13
Piani di gestione dei bacini idrografici.
1. Per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro provvede a far predisporre un piano di gestione del bacino idrografico.
2. Per i distretti idrografici interamente compresi nella Comunità, gli Stati membri si coordinano al fine di predisporre un unico piano di gestione del bacino idrografico internazionale. Se detto piano unico non è predisposto, gli Stati membri approntano piani di gestione del bacino idrografico che abbraccino almeno le parti del distretto idrografico internazionale comprese nel loro territorio, ai fini del conseguimento degli obiettivi della presente direttiva.
3. Per i distretti idrografici internazionali che oltrepassano i confini della Comunità, gli Stati membri si impegnano per predisporre un unico piano di gestione del bacino e, se ciò non risulta possibile, un piano che abbracci almeno la parte del distretto idrografico internazionale compresa nel territorio dello Stato membro in questione.
4. Il piano di gestione del bacino idrografico comprende le informazioni riportate all'allegato VII.
5. I piani di gestione dei bacini idrografici possono essere integrati da programmi e piani di gestione più dettagliati per sotto-bacini, settori, problematiche o categorie di acque al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica. L'attuazione di tali misure non esenta gli Stati membri dagli obblighi loro imposti dal resto della presente direttiva.
6. I piani di gestione dei bacini idrografici sono pubblicati entro nove anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.
7. I piani di gestione dei bacini idrografici sono riesaminati e aggiornati entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni sei anni.
Articolo 14
Informazione e consultazione pubblica.
1. Gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della presente direttiva, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi di gestione delle acque importanti, identificati nel bacino idrografico, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;
c) copie del progetto del piano di gestione del bacino idrografico, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
Su richiesta, si autorizza l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del piano di gestione del bacino idrografico.
2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, gli Stati membri concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti in questione.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei piani in questione.
Articolo 15
Relazioni.
1. Entro tre mesi dalla loro pubblicazione, gli Stati membri inviano alla Commissione e agli altri Stati membri interessati copia dei piani di gestione dei bacini idrografici e di tutti gli aggiornamenti successivi:
a) per i distretti idrografici interamente situati nel territorio di uno Stato membro, tutti i piani di gestione dei bacini idrografici relativi al loro territorio nazionale e pubblicati a norma dell'articolo 13;
b) per i distretti idrografici internazionali, almeno la parte dei piani di gestione dei bacini idrografici che riguarda il territorio dello Stato membro.
2. Gli Stati membri presentano, entro tre mesi dal loro completamento, relazioni sintetiche:
- delle analisi richieste a norma dell'articolo 5, e
- dei programmi di monitoraggio di cui all'articolo 8, effettuati per le finalità previste dai piani di gestione dei bacini idrografici.
3. Gli Stati membri, entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun piano di gestione dei bacini idrografici o dall'aggiornamento previsto all'articolo 13, presentano una relazione provvisoria che riferisce i progressi realizzati nell'attuazione del programma di misure previsto.
Articolo 16
Strategie per combattere l'inquinamento idrico.
1. Il Parlamento europeo e il Consiglio adottano misure specifiche per combattere l'inquinamento idrico prodotto da singoli inquinanti o gruppi di inquinanti che presentino un rischio significativo per l'ambiente acquatico o proveniente dall'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile. Le misure contro tali inquinanti mirano a ridurre progressivamente e, per la sostanze pericolose prioritarie di cui all'articolo 2, punto 30, ad arrestare o gradualmente eliminare gli scarichi (15), emissioni e perdite. Tali misure sono adottate sulla base di proposte presentate dalla Commissione, secondo le procedure stabilite dal trattato.
2.
a) a una valutazione dei rischi effettuata a norma del regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, o
b) a una valutazione mirata dei rischi [secondo la metodologia di cui al regolamento (CEE) n. 793/93] incentrata unicamente sulla determinazione dell'ecotossicità acquatica e della tossicità per le persone attraverso l'ambiente acquatico,
Qualora risulti necessario al fine di rispettare il calendario di cui al paragrafo 4, la priorità d'intervento attribuita alle sostanze viene definita in base al rischio per l'ambiente acquatico o da esso originato, determinato in base a una procedura semplificata di valutazione dei rischi, fondata su principi scientifici e che tenga conto in particolare di quanto segue:
- prove riguardanti il rischio intrinseco della sostanza interessata e, in particolare, la sua ecotossicità acquatica e la tossicità per le persone attraverso vie di esposizione acquatiche,
- prove derivanti dal monitoraggio di fenomeni di contaminazione ambientale diffusi, e
- altri fattori comprovati che possano indicare la possibilità di una contaminazione ambientale diffusa, quali il volume di produzione o di uso della sostanza interessata e le modalità d'uso.
3. La proposta
della Commissione individua inoltre le sostanze pericolose prioritarie (17). In tale contesto
4.
5. Nel preparare la
proposta,
6. Per le sostanze
incluse nell'elenco delle sostanze prioritarie (19),
- la riduzione progressiva di scarichi, emissioni e perdite delle sostanze interessate e, in particolare,
- l'arresto o la graduale eliminazione di scarichi, emissioni e perdite delle sostanze individuate a norma del paragrafo 3, con un opportuno calendario a tale scopo. Il calendario non supera i 20 anni dalla adozione di dette proposte da parte del Parlamento europeo e del Consiglio a norma del presente articolo.
Allo stesso tempo,
7.
8.
9.
10. Nell'elaborare
le proposte di cui ai paragrafi 6 e 7,
Tutti i controlli di cui all'allegato IX per i quali è proposta una revisione sono soppressi entro l'entrata in vigore della revisione.
(15) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(16) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(17) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(18) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(19) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(20) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
Articolo 17 Strategie per prevenire e controllare l'inquinamento delle acque sotterranee.
1. Il Parlamento
europeo e il Consiglio adottano misure specifiche per prevenire e controllare
l'inquinamento delle acque sotterranee. Tali misure sono volte a raggiungere
l'obiettivo del buono stato chimico delle acque sotterranee, a norma
dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), e sono adottate sulla base di una
proposta che
2. Nel proporre le
misure,
a) criteri per valutare il buono stato chimico delle acque sotterranee, secondo l'allegato II, punto 2.2 e dell'allegato V, punti 2.3.2 e 2.4.5;
b) criteri per individuare tendenze significative e durature all'aumento e per la determinazione di punti di partenza da utilizzare per le inversioni di tendenza secondo l'allegato V, punto 2.4.4.
3. Le misure derivanti dall'applicazione del paragrafo 1 sono incluse nei programmi di misure prescritti dall'articolo 11.
Articolo 18
Relazione della Commissione.
1.
2. La relazione comprende almeno i seguenti aspetti:
a) una verifica dei progressi realizzati nell'attuazione della direttiva;
b) un riesame dello stato delle acque superficiali e sotterranee all'interno della Comunità, effettuato in coordinamento con l'Agenzia europea dell'ambiente;
c) un'indagine dei piani di gestione dei bacini idrografici presentati secondo le disposizioni dell'articolo 15, compresi eventuali suggerimenti per migliorare i piani futuri;
d) una sintesi della risposta a ciascuna delle relazioni o raccomandazioni presentate alla Commissione dagli Stati membri a norma dell'articolo 12;
e) una sintesi delle eventuali proposte, misure di controllo e strategie elaborate in base all'articolo 16;
f) una sintesi delle risposte alle osservazioni del Parlamento europeo e del Consiglio sulle precedenti relazioni di attuazione.
3.
4.
5.
Fra i partecipanti dovrebbero figurare rappresentanti delle autorità competenti, compreso il Parlamento europeo, delle ONG, delle parti sociali e dei soggetti economici delle associazioni dei consumatori, del mondo accademico e scientifico.
Articolo 19
Piani per future misure comunitarie.
2.
Articolo 20
Adeguamenti tecnici della direttiva.
1. Gli allegati I,
III, e il punto 1.3.6 dell'allegato V possono essere adeguati all'evoluzione
scientifica e tecnica secondo la procedura dell'articolo 21, tenendo conto dei
periodi di riesame e di aggiornamento dei piani di gestione dei bacini
idrografici di cui all'articolo 13. Ove necessario,
2. Ai fini dell'invio e dell'elaborazione dei dati, comprese le informazioni statistiche e cartografiche, i formati tecnici necessari ai fini del paragrafo 1 possono essere adottati secondo la procedura dell'articolo 21.
Articolo 21
Comitato di regolamentazione.
1.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 22
Abrogazioni e disposizioni provvisorie.
1. I seguenti atti sono abrogati sette anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva:
- direttiva 75/440/CEE, del 16 giugno 1975, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri,
- decisione 77/795/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, che instaura una procedura comune di scambio di informazioni sulla qualità delle acque dolci superficiali nella Comunità,
- direttiva 79/869/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1979, relativa ai metodi di misura alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri.
2. I seguenti atti sono abrogati 13 anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva:
- direttiva 78/659/CEE del Consiglio, del 18 luglio 1978, sulla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci,
- direttiva 79/923/CEE del Consiglio, del 30 ottobre 1979, relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura,
- direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose,
[- direttiva 76/464/CEE, ad eccezione dell'articolo 6, che è abrogato a decorrere dall'entrata in vigore della presente direttiva] (21).
3. Alla direttiva 76/464/CEE si applicano le seguenti disposizioni transitorie:
a) l'elenco di priorità adottato a norma dell'articolo 16 della presente direttiva sostituisce l'elenco delle sostanze prioritarie riportato nella comunicazione della Commissione al Consiglio del 22 giugno 1982;
b) ai fini dell'articolo 7 della direttiva 76/464/CEE, gli Stati membri possono applicare i principi previsti nella presente direttiva per individuare i problemi relativi all'inquinamento e le sostanze che li provocano, istituire standard di qualità e adottare misure.
4. Per quanto riguarda le sostanze prioritarie per le quali non esistono ancora norme comunitarie, gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4 e gli standard di qualità ambientale stabiliti nell'allegato IX e a norma dell'articolo 16, paragrafo 7, e dagli Stati membri, in base all'allegato V per le sostanze che non sono incluse nell'elenco delle sostanze prioritarie (22) e a norma dell'articolo 16, paragrafo 8, sono considerati standard di qualità ambientale ai fini dell'articolo 2, punto 7, e dell'articolo 10 della direttiva 96/61/CE.
5. Una sostanza che sia inclusa nell'elenco delle sostanze prioritarie adottato a norma dell'articolo 16 e che non figuri nell'allegato VIII della presente direttiva o nell'allegato III della direttiva 96/61/CE è inclusa in tali allegati.
6. Per i corpi idrici superficiali, gli obiettivi ambientali stabiliti dai piani di gestione dei bacini idrici previsti dalla presente direttiva dovranno avere standard di qualità almeno altrettanto rigorosi di quelli richiesti per l'attuazione della direttiva 76/464/CEE.
(21) Trattino abrogato dall'allegato II, parte A della direttiva 2006/11/CE.
(22) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
Articolo 23
Sanzioni.
Gli Stati membri determinano le sanzioni applicabili alle violazioni delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Articolo 24
Attuazione.
1. Gli Stati membri
mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 22 dicembre 2003.
Essi ne informano immediatamente
Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri
comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto
interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 25
Entrata in vigore.
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Articolo 26
Destinatari.
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 23 ottobre 2000.
Per il Parlamento europeo
N. Fontaine
Per il Consiglio
Il Presidente
J. Glavany
Allegato I Informazioni richieste per la compilazione dell'elenco delle autorità competenti
Secondo l'articolo 3, paragrafo 8, gli Stati membri forniscono le informazioni indicate di seguito sulle autorità competenti all'interno di ciascun distretto idrografico, nonché la parte degli eventuali distretti idrografici internazionali presenti nel loro territorio.
i) Nome e indirizzo dell'autorità competente: nome e indirizzo ufficiali dell'autorità individuata a norma dell'articolo 3, paragrafo 2.
ii) Estensione geografica del distretto idrografico: nomi dei principali fiumi situati all'interno del distretto e descrizione precisa del perimetro del distretto. Per quanto possibile queste informazioni devono essere rese disponibili per l'inserimento in un sistema di informazione geografica (GIS) e/o nel sistema di informazione geografica della Commissione (GISCO).
iii) Situazione giuridica dell'autorità competente: descrizione della situazione giuridica dell'autorità competente ed eventualmente sintesi o copia dello statuto, dell'atto costitutivo o di ogni altro documento giuridico equivalente.
iv) Competenze: descrizione delle competenze giuridiche e amministrative di ciascuna autorità competente e del rispettivo ruolo all'interno di ciascun distretto idrografico.
v) Composizione: quando un'autorità competente funge da organo di coordinamento per altre autorità competenti, è necessario un elenco degli organismi in questione e una sintesi dei rapporti interistituzionali esistenti, al fine di garantire un coordinamento.
vi) Relazioni internazionali: se un distretto idrografico si estende sul territorio di vari Stati membri o comprende Stati non membri, è necessario presentare un profilo dei rapporti interistituzionali esistenti, al fine di garantire un coordinamento.
Allegato II 1. ACQUE SUPERFICIALI
1.1. Caratterizzazione dei tipi di corpi idrici superficiali
Gli Stati membri individuano l'ubicazione e il perimetro dei corpi idrici superficiali ed effettuano di tutti una caratterizzazione iniziale, seguendo la metodologia indicata in appresso. Ai fini di tale caratterizzazione iniziale gli Stati membri possono raggruppare i corpi idrici superficiali.
i) Individuare i corpi idrici superficiali all'interno del distretto idrografico come rientranti in una delle seguenti categorie di acque superficiali - fiumi, laghi, acque di transizione o acque costiere - oppure come corpi idrici superficiali artificiali o corpi idrici superficiali fortemente modificati.
ii) Per ciascuna categoria di acque superficiali, classificare i rispettivi corpi idrici superficiali del distretto idrografico in due tipi. Questi ultimi vanno definiti seguendo il "sistema A" o il "sistema B" descritti al punto 1.2.
iii) Se si segue il sistema A, classificare in primo luogo il corpo idrico superficiale del distretto idrografico per ecoregioni secondo le aree geografiche descritte al punto 1.2 e indicate nella mappa riportata nell'allegato X. Classificare poi i corpi idrici di ciascuna ecoregione nei tipi di corpi idrici superficiali secondo i descrittori contenuti nelle tabelle relative al sistema A.
iv) Se si segue il sistema B, gli Stati membri devono conseguire almeno lo stesso grado di classificazione realizzabile con il sistema A. Pertanto, classificare i corpi idrici superficiali del distretto idrografico in tipi avvalendosi dei valori relativi ai descrittori obbligatori nonché di descrittori opzionali, o combinazioni di descrittori, tali da garantire che si possano determinare in modo affidabile le condizioni biologiche di riferimento tipiche specifiche.
v) Per i corpi idrici superficiali artificiali o fortemente modificati, la classificazione si effettua secondo i descrittori relativi a una delle categorie di acque superficiali che maggiormente somigli al corpo idrico artificiale o fortemente modificato di cui trattasi.
vi) Gli Stati membri presentano alla Commissione una mappa o mappe (GIS) dell'ubicazione geografica dei tipi in funzione del grado di classificazione prescritto in base al sistema A.
1.2. Ecoregioni e tipi di corpi idrici superficiali
1.2.1. Fiumi
Sistema A
|
|
Tipologia fissa |
Descrittori |
|
|
|
|
Ecoregione |
Ecoregioni indicate nella mappa A riportata nell'allegato XI |
|
|
|
|
Tipo |
Tipologia in base all'altitudine |
|
elevata:
> |
|
media
da: |
|
bassa:
< |
|
Tipologia della dimensione in base al bacino idrografico |
|
piccolo
da: |
|
medio
da: > |
|
grande
da: > |
|
molto grande: > 10000 km2 |
|
Composizione geologica |
|
calcarea |
|
silicea |
|
organica |
|
|
|
|
Sistema B
|
|
Caratterizzazione alternativa |
Fattori fisici e chimici che determinano le caratteristiche del fiume o di parte del fiume e quindi incidono sulla struttura e la composizione della popolazione biologica |
|
|
|
|
Fattori obbligatori |
altitudine |
|
latitudine |
|
longitudine |
|
composizione geologica |
|
dimensioni |
|
|
|
|
Fattori opzionali |
distanza dalla sorgente del fiume |
|
energia di flusso (in funzione del flusso e della pendenza) |
|
larghezza media del corpo idrico |
|
profondità media del corpo idrico |
|
pendenza media del corpo idrico |
|
forma e configurazione dell'alveo principale |
|
categoria in funzione della portata del fiume (flusso) |
|
configurazione della valle |
|
trasporto di solidi |
|
capacità di neutralizzazione degli acidi |
|
composizione media del substrato |
|
cloruro |
|
intervallo delle temperature dell'aria |
|
temperatura media dell'aria |
|
precipitazioni |
|
|
|
|
1.2.2. Laghi
Sistema A
|
|
Tipologia fissa |
Descrittori |
|
|
|
|
Ecoregione |
Ecoregioni indicate nella mappa A riportata nell'allegato XI |
|
|
|
|
Tipo |
Tipologia in base all'altitudine |
|
elevata: > |
|
media da: |
|
bassa: < |
|
Tipologia della profondità in base alla profondità media |
|
< |
|
da |
|
> |
|
Tipologia della dimensione in base alla superficie |
|
da |
|
da |
|
da |
|
> 100 km2 |
|
Composizione geologica |
|
calcarea |
|
silicea |
|
organica |
|
|
|
|
Sistema B
|
|
Caratterizzazione alternativa |
Fattori fisici e chimici che determinano le caratteristiche del lago e quindi incidono sulla struttura e la composizione della popolazione biologica |
|
|
|
|
Fattori obbligatori |
altitudine |
|
latitudine |
|
longitudine |
|
profondità |
|
composizione geologica |
|
dimensioni |
|
|
|
|
Fattori opzionali |
profondità media del lago |
|
forma del lago |
|
tempo di residenza |
|
temperatura media dell'aria |
|
intervallo delle temperature dell'aria |
|
caratteristiche di mescolamento (ad esempio monomittico, dimittico, polimittico) |
|
capacità di neutralizzazione degli acidi |
|
livello di fondo della concentrazione di nutrienti |
|
composizione media del substrato |
|
fluttuazione del livello delle acque |
|
|
|
|
1.2.3. Acque di transizione
Sistema A
|
|
Tipologia fissa |
Descrittori |
|
|
|
|
Ecoregione |
Seguenti ecoregioni descritte nella mappa B riportata nell'allegato XI: |
|
Mar Baltico |
|
Mare di Barents |
|
Mar di Norvegia |
|
Mare del Nord |
|
Oceano Atlantico settentrionale |
|
Mar Mediterraneo |
Tipo |
In base alla salinità media annuale |
|
< 0,5 ‰: acqua dolce |
|
da 0,5‰ a < 5‰: oligoalino |
|
da |
|
da |
|
da |
|
In base all'escursione media di marea |
|
< 2 m: microtidale |
|
da |
|
> 4 m: macrotidale |
|
|
|
|
Sistema B
|
|
Caratterizzazione alternativa |
Fattori fisici e chimici che determinano le caratteristiche delle acque di transizione e quindi incidono sulla struttura e la composizione della popolazione biologica |
|
|
|
|
Fattori obbligatori |
latitudine |
|
longitudine |
|
escursione di marea |
|
salinità |
|
|
|
|
Fattori opzionali |
profondità |
|
velocità della corrente |
|
esposizione alle onde |
|
tempo di residenza |
|
temperatura media dell'acqua |
|
caratteristiche di mescolamento |
|
torbidità |
|
composizione media del substrato |
|
configurazione |
|
intervallo delle temperature dell'acqua |
|
|
|
|
1.2.4. Acque costiere
Sistema A
|
|
Tipologia fissa |
Descrittori |
|
|
|
|
Ecoregione |
Seguenti ecoregioni descritte nella mappa B riportata nell'allegato XI: |
|
Mar Baltico |
|
Mare di Barents |
|
Mar di Norvegia |
|
Mare del Nord |
|
Oceano Atlantico settentrionale |
|
Mar Mediterraneo |
Tipo |
In base alla salinità media annuale |
|
<0,5‰: acqua dolce |
|
da |
|
da |
|
da |
|
da |
|
In base alla profondità media |
|
acqua bassa: <
|
|
intermedia: (da |
|
profonda: > |
|
|
|
|
Sistema B
|
|
Caratterizzazione alternativa |
Fattori fisici e chimici che determinano le caratteristiche delle acque costiere e quindi incidono sulla struttura e la composizione della comunità biologica |
|
|
|
|
Fattori obbligatori |
latitudine |
|
longitudine |
|
escursione di marea |
|
salinità |
|
|
|
|
Fattori opzionali |
velocità della corrente |
|
esposizione alle onde |
|
temperatura media dell'acqua |
|
caratteristiche di mescolamento |
|
torbidità |
|
tempo di ritenzione (insenature chiuse) |
|
composizione media del substrato |
|
intervallo delle temperature dell'acqua |
|
|
|
|
1.3. Fissazione delle condizioni di riferimento tipiche specifiche per i tipi di corpo idrico superficiale
i) Per ciascun tipo di corpo idrico superficiale caratterizzato in base al punto 1.1, sono fissate condizioni idromorfologiche e fisico-chimiche tipiche specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità idromorfologica e fisico-chimica che l'allegato V, punto 1.1, specifica per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell'allegato V, punto 1.2. Sono fissate condizioni biologiche di riferimento tipiche specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità biologica che l'allegato V, punto 1.1 specifica per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell'allegato V, punto 1.2.
ii) Nell'applicare le procedure stabilite nel presente punto ai corpi idrici superficiali fortemente modificati o artificiali, i riferimenti allo stato ecologico elevato sono considerati riferimenti al potenziale ecologico massimo definito nell'allegato V, tabella 1.2.5. I valori relativi al potenziale ecologico massimo per un corpo idrico sono riveduti ogni sei anni.
iii) Le condizioni tipiche specifiche ai fini dei punti i) e ii) e le condizioni biologiche di riferimento tipiche specifiche possono basarsi su criteri spaziali o fondarsi sulla modellizzazione ovvero discendere da una combinazione dei due metodi. Nell'impossibilità di seguire tali metodi, gli Stati membri possono stabilire dette condizioni ricorrendo a perizie di esperti. Nel definire lo stato ecologico elevato riguardo alle concentrazioni di inquinanti sintetici specifici, i limiti di rilevazione corrispondono ai limiti raggiungibili dalle tecniche a disposizione nel momento in cui si devono fissare le condizioni tipiche specifiche.
iv) Per le condizioni biologiche di riferimento tipiche specifiche basate su criteri spaziali, gli Stati membri istituiscono una rete di riferimento per ciascun tipo di corpo idrico superficiale. La rete è composta di un numero sufficiente di siti di stato elevato, atto a garantire un sufficiente grado di attendibilità per i valori relativi alle condizioni di riferimento, in considerazione della variabilità dei valori degli elementi qualitativi corrispondenti allo stato ecologico elevato per il tipo di corpo idrico superficiale in questione e tenuto conto delle tecniche di modellizzazione da applicare a norma del punto v).
v) Le condizioni biologiche di riferimento tipiche specifiche, basate sulla modellizzazione, possono discendere da modelli di estrapolazione o da metodi di estrapolazione all'indietro. I metodi utilizzano i dati storici, paleologici o di altro tipo disponibili e garantiscono un livello di attendibilità circa i valori delle condizioni di riferimento sufficiente ad assicurare che le condizioni così determinate siano coerenti e valide per ciascun tipo di corpo idrico superficiale.
vi) Se non risulta possibile stabilire, per un elemento qualitativo in un dato tipo di corpo idrico superficiale, condizioni di riferimento tipiche specifiche attendibili a causa della grande variabilità naturale cui l'elemento è soggetto - non soltanto in conseguenza delle variazioni stagionali -, detto elemento può essere escluso dalla valutazione dello stato ecologico per tale tipo di acque superficiali. In questo caso, gli Stati membri specificano i motivi dell'esclusione nel piano di gestione del bacino idrografico.
1.4. Individuazione delle pressioni
Gli Stati membri raccolgono e tengono aggiornate informazioni sul tipo e la grandezza delle pressioni antropiche significative cui i corpi idrici superficiali di ciascun distretto idrografico rischiano di essere sottoposti, in particolare quanto segue.
Stima e individuazione dell'inquinamento significativo da fonte puntuale, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell'allegato VIII, proveniente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, tra l'altro in base alle informazioni raccolte a norma:
i) degli articoli 15 e 17 della direttiva 91/271/CEE
ii) degli articoli 9 e 15 della direttiva 96/61/CE,
e, ai fini del primo piano di gestione del bacino idrografico:
iii) dell'articolo 11 della direttiva 76/464/CEE
iv) delle direttive 75/440/CEE, 76/160/CEE, 78/659/CEE e 79/923/CEE.
Stima e individuazione dell'inquinamento significativo da fonte diffusa, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell'allegato VIII, proveniente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, tra l'altro in base alle informazioni raccolte a norma:
i) degli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 91/676/CEE
ii) degli articoli 7 e 17 della direttiva 91/414/CEE
iii) della direttiva 98/8/CE
e, ai fini del primo piano di gestione del bacino idrografico:
iv) delle direttive 75/440/CEE, 76/160/CEE, 76/464/CEE, 78/659/CEE e 79/923/CEE.
Stima e individuazione delle estrazioni significative di acqua per usi urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, comprese le variazioni stagionali, la domanda annua complessiva e le perdite dai sistemi di distribuzione.
Stima e individuazione dell'impatto delle regolazioni significative del flusso idrico, compresi trasferimenti e deviazioni delle acque, sulle caratteristiche complessive del flusso e sugli equilibri idrici.
Individuazione delle alterazioni morfologiche significative dei corpi idrici.
Stima e individuazione di altri impatti antropici significativi sullo stato delle acque superficiali.
Stima dei modelli di utilizzazione del suolo, compresa l'individuazione delle principali aree urbane, industriali e agricole, nonché - ove pertinente - delle zone di pesca e delle foreste.
1.5. Valutazione dell'impatto
Gli Stati membri effettuano una valutazione della vulnerabilità dello stato dei corpi idrici superficiali rispetto alle pressioni così individuate.
Gli Stati membri si servono delle informazioni raccolte, e di qualsiasi altra informazione pertinente, compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale, per valutare l'eventualità che i corpi idrici superficiali del distretto idrografico in questione non riescano a conseguire gli obiettivi di qualità ambientale che l'articolo 4 fissa per i corpi idrici. Per facilitare tale valutazione, gli Stati membri possono ricorrere a tecniche di modellizzazione.
Per i corpi che si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi di qualità ambientale è effettuata, ove opportuno, una caratterizzazione ulteriore per ottimizzare la progettazione dei programmi di monitoraggio di cui all'articolo 8 e dei programmi di misure prescritti all'articolo 11.
Allegato II
2. ACQUE SOTTERRANEE
2.1. Prima caratterizzazione
Gli Stati membri effettuano una prima caratterizzazione di tutti i corpi idrici sotterranei allo scopo di valutarne gli utilizzi e appurare in che misura essi rischiano di non conseguire gli obiettivi fissati nell'articolo 4 per ciascun corpo idrico sotterraneo. Ai fini di questa prima caratterizzazione, gli Stati membri possono raggruppare i corpi idrici sotterranei. Per l'analisi possono essere utilizzati gli esistenti dati di tipo idrologico, geologico, pedologico, dati relativi all'utilizzazione del suolo, allo scarico, all'estrazione e dati di altro tipo. L'analisi deve tuttavia individuare:
- l'ubicazione e il perimetro del corpo o dei corpi idrici sotterranei;
- le pressioni cui il corpo o i corpi idrici sotterranei rischiano di essere sottoposti, comprese:
- le fonti diffuse di inquinamento,
- le fonti puntuali di inquinamento,
- l'estrazione,
- il ravvenamento artificiale;
- la natura generale degli strati sovrastanti nel bacino idrografico da cui il corpo idrico sotterraneo si ravvena;
- i corpi idrici sotterranei da cui dipendono direttamente ecosistemi acquatici superficiali ed ecosistemi terrestri.
2.2. Caratterizzazione ulteriore
A seguito della prima caratterizzazione, gli Stati membri ne effettuano una ulteriore per i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei che sono stati definiti a rischio, al fine di valutare più precisamente l'entità del rischio in questione e di individuare le eventuali misure da attuare a norma dell'articolo 11. Di conseguenza, la caratterizzazione ulteriore contiene informazioni pertinenti sull'impatto delle attività umane e, se del caso, informazioni circa:
- le caratteristiche geologiche del corpo idrico sotterraneo, compresi l'estensione e il tipo delle unità geologiche;
- le caratteristiche idrogeologiche del corpo idrico sotterraneo, compresi la conduttività idraulica, la porosità e il confinamento;
- le caratteristiche dei depositi e dei terreni superficiali situati nel bacino idrografico da cui il corpo idrico sotterraneo si ravvena, compresi lo spessore, la porosità, la conduttività idraulica e le proprietà assorbenti dei depositi e dei terreni;
- le caratteristiche di stratificazione delle acque sotterranee all'interno del corpo idrico sotterraneo;
- un inventario dei sistemi superficiali connessi, compresi gli ecosistemi terrestri e i corpi idrici superficiali con cui il corpo idrico sotterraneo ha una connessione dinamica;
- le stime delle direzioni e delle velocità di scambio dell'acqua fra il corpo idrico sotterraneo e i sistemi superficiali connessi;
- i dati sufficienti per calcolare la velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine;
- caratterizzazione della composizione chimica delle acque sotterranee, inclusa la specificazione delle immissioni derivanti dall'attività umana. Gli Stati membri possono utilizzare tipologie di caratterizzazione delle acque sotterranee all'atto di stabilire i livelli di fondo naturale per questi corpi idrici sotterranei.
2.3. Riesame dell'impatto delle attività umane sulle acque sotterranee
Quanto ai corpi idrici sotterranei che attraversano la frontiera tra due o più Stati membri o che, in base alla prima caratterizzazione effettuata a norma del punto 2.1, si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi fissati per ciascun corpo nel quadro dell'articolo 4, se del caso, per ciascuno di tali corpi idrici sotterranei si raccolgono e si tengono aggiornate le seguenti informazioni:
a) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo usati per l'estrazione di acqua, con l'eccezione dei
- punti di
estrazione che forniscono, in media, meno di
- punti di
estrazione di acqua destinata al consumo umano che forniscono, in media, meno
di
b) medie annue di estrazione da tali punti;
c) composizione chimica dell'acqua estratta dal corpo idrico sotterraneo;
d) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo in cui l'acqua è direttamente scaricata;
e) tasso di scarico in tali punti;
f) composizione chimica degli scarichi nel corpo idrico sotterraneo;
g) utilizzazione del suolo nel bacino o nei bacini idrografici da cui il corpo idrico sotterraneo si ravvena, comprese le immissioni di inquinanti e le alterazioni antropiche delle caratteristiche di ravvenamento, quali deviazione di acque meteoriche e di dilavamento mediante riempimento del suolo, ravvenamento artificiale, sbarramento o drenaggio.
2.4. Riesame dell'impatto delle variazioni dei livelli delle acque sotterranee
Gli Stati membri individuano inoltre i corpi idrici sotterranei per cui devono essere fissati obiettivi meno rigorosi a norma dell'articolo 4, anche prendendo in considerazione gli effetti dello stato del corpo:
i) sulle acque superficiali e gli ecosistemi terrestri connessi,
ii) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni e il drenaggio dei terreni,
iii) sullo sviluppo umano.
2.5. Riesame dell'impatto dell'inquinamento sulla qualità delle acque sotterranee
Gli Stati membri identificano i corpi idrici sotterranei per i quali devono essere specificati obiettivi meno rigorosi ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5, laddove in conseguenza dell'attività umana, determinata ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, il corpo idrico sotterraneo sia talmente inquinato da rendere impraticabile oppure sproporzionatamente dispendioso ottenere un buono stato chimico delle acque sotterranee.
Allegato III
Analisi economica
L'analisi economica riporta informazioni sufficienti e adeguatamente dettagliate (tenuto conto dei costi connessi alla raccolta dei dati pertinenti) al fine di:
a) effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, di cui all'articolo 9, tenuto conto delle previsioni a lungo termine riguardo all'offerta e alla domanda di acqua nel distretto idrografico in questione e, se necessario:
- stime del volume, dei prezzi e dei costi connessi ai servizi idrici,
- stime dell'investimento corrispondente, con le relative previsioni;
b) formarsi
un'opinione circa la combinazione delle misure più redditizie, relativamente
agli utilizzi idrici, da includere nel programma di misure di cui all'articolo
Allegato IV
Aree protette
1. Il registro delle aree protette istituito dall'articolo 6 comprende i seguenti tipi di aree protette:
i) aree designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano a norma dell'articolo 7;
ii) aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico;
iii) corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le aree designate come acque di balneazione a norma della direttiva 76/160/CEE;
iv) aree sensibili rispetto ai nutrienti, comprese quelle designate come zone vulnerabili a norma della direttiva 91/676/CEE e le zone designate come aree sensibili a norma della direttiva 91/271/CEE;
v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, compresi i siti pertinenti della rete Natura 2000 istituiti a norma della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 79/409/CEE.
2. La sintesi del registro da inserire nel piano di gestione del bacino idrografico contiene mappe che indicano l'ubicazione di ciascuna area protetta, oltre che la descrizione della normativa comunitaria, nazionale o locale che le ha istituite.
Allegato V
Indice
1. STATO DELLE ACQUE SUPERFICIALI
1.1. Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico
1.1.1. Fiumi
1.1.2. Laghi
1.1.3. Acque di transizione
1.1.4. Acque costiere
1.1.5. Corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati
1.2. Definizioni normative per la classificazione dello stato ecologico
1.2.1. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei fiumi
1.2.2. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei laghi
1.2.3. Definizioni di stato ecologico elevato, buono e sufficiente nelle acque di transizione
1.2.4. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente delle acque costiere
1.2.5. Definizioni del potenziale ecologico massimo, buono e sufficiente dei corpi idrici fortemente modificati o artificiali
1.2.6. Procedura per la fissazione degli standard di qualità chimica da parte degli Stati membri
1.3. Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali
1.3.1. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza
1.3.2. Carattere del monitoraggio operativo
1.3.3. Progettazione del monitoraggio di indagine
1.3.4. Frequenza temporale del monitoraggio
1.3.5. Requisiti supplementari per il monitoraggio delle aree protette
1.3.6. Norme per il monitoraggio degli elementi di qualità
1.4. Classificazione e presentazione dello stato ecologico
1.4.1. Comparabilità dei risultati del monitoraggio biologico
1.4.2. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato e del potenziale ecologici
1.4.3. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato chimico
2. ACQUE SOTTERRANEE
2.1. Stato quantitativo delle acque sotterranee
2.1.1. Parametro per la classificazione dello stato quantitativo
2.1.2. Definizione di stato quantitativo
2.2. Monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee
2.2.1. Rete di monitoraggio del livello delle acque sotterranee
2.2.2. Intervallo spaziale tra i siti di monitoraggio
2.2.3. Frequenza temporale del monitoraggio
2.2.4. Interpretazione e presentazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee
2.3. Stato chimico delle acque sotterranee
2.3.1. Parametri per la determinazione dello stato chimico delle acque sotterranee
2.3.2. Definizione di stato chimico buono delle acque sotterranee
2.4. Monitoraggio dello stato chimico delle acque sotterranee
2.4.1. Rete di monitoraggio delle acque sotterranee
2.4.2. Monitoraggio di sorveglianza
2.4.3. Monitoraggio operativo
2.4.4. Rilevamento delle tendenze riguardo agli inquinanti
2.4.5. Interpretazione e presentazione dello stato chimico delle acque sotterranee
2.5. Presentazione dello stato delle acque sotterranee
1.1. Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico
1.1.1. Fiumi
Elementi biologici
Composizione e abbondanza della flora acquatica
Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici
Composizione, abbondanza e struttura di età della fauna ittica
Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici
Regime idrologico
massa e dinamica del flusso idrico
connessione con il corpo idrico sotterraneo
Continuità fluviale
Condizioni morfologiche
variazione della profondità e della larghezza del fiume
struttura e substrato dell'alveo
struttura della zona ripariale
Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici
Elementi generali
Condizioni termiche
Condizioni di ossigenazione
Salinità
Stato di acidificazione
Condizioni dei nutrienti
Inquinanti specifici
Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (23) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico
Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative
1.1.2. Laghi
Elementi biologici
Composizione, abbondanza e biomassa del fitoplancton
Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica
Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici
Composizione, abbondanza e struttura di età della fauna ittica
Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici
Regime idrologico
massa e dinamica del flusso idrico
tempo di residenza
connessione con il corpo idrico sotterraneo
Condizioni morfologiche
variazione della profondità del lago
massa, struttura e substrato del letto
struttura della zona ripariale
Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici
Elementi generali
Trasparenza
Condizioni termiche
Condizioni di ossigenazione
Salinità
Stato di acidificazione
Condizioni dei nutrienti
Inquinanti specifici
Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (24) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico
Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative
1.1.3. Acque di transizione
Elementi biologici
Composizione, abbondanza e biomassa del fitoplancton
Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica
Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici
Composizione e abbondanza della fauna ittica
Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici
Condizioni morfologiche
variazione della profondità
massa, struttura e substrato del letto
struttura della zona intercotidale
Regime di marea
flusso di acqua dolce
esposizione alle onde
Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici
Elementi generali
Trasparenza
Condizioni termiche
Condizioni di ossigenazione
Salinità
Condizioni dei nutrienti
Inquinanti specifici
Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (25) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico
Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative
1.1.4. Acque costiere
Elementi biologici
Composizione, abbondanza e biomassa del fitoplancton
Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica
Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici
Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici
Condizioni morfologiche
variazione della profondità
struttura e substrato del letto costiero
struttura della zona intercotidale
Regime di marea
direzione delle correnti dominanti
esposizione alle onde
Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici
Elementi generali
Trasparenza
Condizioni termiche
Condizioni di ossigenazione
Salinità
Condizione dei nutrienti
Inquinanti specifici
Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (26) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico
Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative
1.1.5. Corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati
Ai corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati si applicano gli elementi di qualità applicabili a quella delle suesposte quattro categorie di acque superficiali naturali che più si accosta al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in questione.
(23) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(24) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(25) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(26) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
Tabella 1.2. Definizione generale per fiumi, laghi, acque di transizione e acque costiere
Il testo seguente fornisce una definizione generale della qualità ecologica. Ai fini della classificazione i valori degli elementi di qualità dello stato ecologico per ciascuna categoria di acque superficiali sono quelli indicati nelle tabelle da 1.2.1 a 1.2.4 in appresso.
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Generale |
Nessuna alterazione antropica, o |
I valori degli elementi di qualità biologica |
I valori degli elementi di qualità biologica |
|
alterazioni antropiche poco rilevanti, dei |
del tipo di corpo idrico superficiale |
del tipo di corpo idrico superficiale si |
|
valori degli elementi di qualità fisico- |
presentano livelli poco elevati di |
discostano moderatamente da quelli di |
|
chimica e idromorfologica del tipo di |
distorsione dovuti all'attività umana, ma |
norma associati al tipo di corpo idrico |
|
corpo idrico superficiale rispetto a quelli |
si discostano solo lievemente da quelli di |
superficiale inalterato. I valori presentano |
|
di norma associati a tale tipo inalterato. |
norma associati al tipo di corpo idrico |
segni moderati di distorsione dovuti |
|
|
superficiale inalterato. |
all'attività umana e alterazioni |
|
|
|
significativamente maggiori rispetto alle |
|
|
|
condizioni dello stato buono. |
|
I valori degli elementi di qualità biologica |
|
|
|
del corpo idrico superficiale rispecchiano |
|
|
|
quelli di norma associati a tale tipo |
|
|
|
inalterato e non evidenziano nessuna |
|
|
|
distorsione, o distorsioni poco rilevanti. |
|
|
|
Si tratta di condizioni e comunità tipiche |
|
|
|
specifiche. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Le acque aventi uno stato inferiore al moderato sono classificate come aventi stato scarso o cattivo.
Le acque che presentano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali le comunità biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato scarso.
Le acque che presentano gravi alterazioni dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali mancano ampie porzioni di comunità biologiche interessate di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato cattivo.
Elementi di qualità biologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fitoplancton |
Composizione tassonomica del |
Lievi variazioni nella composizione e |
Composizione dei taxa planctonici che si |
|
fitoplancton che corrisponde totalmente |
abbondanza dei taxa planctonici rispetto |
discosta moderatamente dalle comunità |
|
o quasi alle condizioni inalterate. |
alle comunità tipiche specifiche. Tali |
tipiche specifiche. |
|
Abbondanza media del fitoplancton |
variazioni non indicano nessuna crescita |
Abbondanza moderatamente alterata, che |
|
totalmente conforme alle condizioni |
accelerata di alghe tale da provocare |
potrebbe provocare una significativa |
|
fisico-chimiche tipiche specifiche e non |
un'alterazione indesiderata della |
alterazione indesiderata dei valori di altri |
|
tale da alterare significativamente le |
composizione equilibrata degli organismi |
elementi di qualità biologica e fisico- |
|
condizioni di trasparenza tipiche |
presenti nel corpo idrico o |
chimica. |
|
specifiche. |
della qualità fisico-chimica delle |
Possibile un moderato aumento nella |
|
Fioriture di fitoplancton con frequenza e |
acque o dei sedimenti. |
frequenza e intensità delle fioriture di |
|
intensità conformi alle condizioni fisico- |
Possibile un lieve aumento della |
fitoplancton. Possibili fioriture |
|
chimiche tipiche specifiche. |
frequenza e intensità delle fioriture di |
persistenti nei mesi estivi. |
|
|
fitoplancton tipiche specifiche. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Macrofite e |
Composizione tassonomica che |
Lievi variazioni nella composizione e |
Composizione dei taxa macrofitici e |
fitobentos |
corrisponde totalmente o quasi alle |
abbondanza di taxa macrofitici e |
fitobentonici che si discosta |
|
condizioni inalterate. |
fitobentonici rispetto alle comunità |
moderatamente dalle comunità tipiche |
|
Nessuna variazione riscontrabile |
tipiche specifiche. Tali variazioni non |
specifiche e diverge molto di più dallo |
|
dell'abbondanza macrofitica e |
indicano nessuna crescita accelerata di |
stato buono. |
|
fitobentonica media. |
fitobentos o di forme più elevate di vita |
Evidenti variazioni moderate |
|
|
vegetale tale da provocare un'alterazione |
dell'abbondanza macrofitica e |
|
|
indesiderata della composizione |
fitobentonica media. |
|
|
equilibrata degli organismi presenti nel |
Gruppi/stati batterici dovuti ad attività |
|
|
corpo idrico o della qualità fisico- |
antropiche che possono interferire con e, |
|
|
chimica delle acque o dei sedimenti. |
in talune aree, soppiantare la comunità |
|
|
Presenza di gruppi/strati batterici dovuti |
Fitobentonica. |
|
|
ad attività antropiche, che non danneggia |
|
|
|
la comunità fitobentonica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Macroinvertebrati |
Composizione e abbondanza |
Lievi variazioni nella composizione e |
Composizione e abbondanza dei taxa |
bentonici |
tassonomica che corrispondono |
abbondanza dei taxa invertebrati rispetto |
invertebrati che si discosta |
|
totalmente o quasi alle condizioni |
alle comunità tipiche specifiche. |
moderatamente dalle comunità tipiche |
|
inalterate. |
|
specifiche. |
|
Rapporto tra taxa sensibili e taxa |
Rapporto tra taxa sensibili e taxa |
Assenti i gruppi tassonomici principali |
|
tolleranti che non presenta variazioni |
tolleranti che presenta lievi variazioni |
della comunità tipica specifica. |
|
rispetto ai livelli inalterati. |
rispetto a livelli tipici specifici. |
|
|
Livello di diversità dei taxa invertebrati |
Livello di diversità dei taxa invertebrati |
Rapporto tra taxa sensibili e taxa |
|
che non presenta variazioni rispetto ai |
che presenta lievi variazioni rispetto ai |
tolleranti e livello di diversità che sono |
|
livelli inalterati. |
livelli tipici specifici. |
sostanzialmente inferiori al livello tipico |
|
|
|
specifico e significativamente inferiori |
|
|
|
allo stato buono. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fauna ittica |
Composizione e abbondanza della specie |
Lievi variazioni della composizione e |
Composizione e abbondanza delle specie |
|
che corrispondono totalmente o quasi |
abbondanza delle specie rispetto alle |
che si discostano moderatamente dalle |
|
alle condizioni inalterate. |
comunità tipiche specifiche, attribuibili |
comunità tipiche specifiche a causa di |
|
Presenza di tutte le specie sensibili alle |
agli impatti antropici sugli elementi di. |
impatti antropici sugli elementi di qualità |
|
alterazioni tipiche specifiche. |
qualità fisico-chimica e idromorfologica |
fisico-chimica o idromorfologica. |
|
Strutture di età delle comunità ittiche che |
Strutture di età delle comunità ittiche che |
Struttura di età delle comunità ittiche che |
|
presentano segni minimi di alterazioni |
presentano segni di alterazioni |
presenta segni rilevanti di alterazioni |
|
antropiche e non indicano l'incapacità a |
attribuibili a impatti antropici sugli |
antropiche che provocano l'assenza o la |
|
riprodursi o a svilupparsi di specie |
elementi di qualità fisico-chimica o |
presenza molto limitata di una |
|
particolari. |
idromorfologica e, in taluni casi, |
percentuale moderata delle specie tipiche |
|
|
indicano l'incapacità a riprodursi o a |
specifiche. |
|
|
svilupparsi di una specie particolare che |
|
|
|
può condurre alla scomparsa di talune |
|
|
|
classi d'età. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità idromorfologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Regime idrologico |
Massa e dinamica del flusso e la |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
|
risultante connessione con le acque |
raggiungimento dei valori sopra |
raggiungimento dei valori sopra |
|
sotterranee, rispecchiano totalmente o |
precisati per gli elementi di qualità |
precisati per gli elementi di qualità |
|
quasi le condizioni inalterate. |
biologica. |
biologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Continuità del fiume |
La continuità del fiume non è alterata |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
|
da attività antropiche; è possibile la |
raggiungimento dei valori sopra |
raggiungimento dei valori sopra |
|
migrazione indisturbata degli organismi |
precisati per gli elementi di qualità |
precisati per gli elementi di qualità |
|
acquatici e il trasporto del sedimento. |
biologica. |
biologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Condizioni |
Caratteristiche del solco fluviale, |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
morfologiche |
variazioni della larghezza e della |
raggiungimento dei valori sopra |
raggiungimento dei valori sopra |
|
profondità, velocità di flusso, |
precisati per gli elementi di qualità |
precisati per gli elementi di qualità |
|
condizioni del substrato nonché |
biologica. |
biologica. |
|
struttura e condizioni delle zone |
|
|
|
ripariali corrispondono totalmente o |
|
|
|
quasi alle condizioni inalterate. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità fisico-chimica [1]
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Condizioni generali |
Valori degli elementi fisico-chimici che |
Temperatura, bilancio dell'ossigeno, |
Condizioni coerenti con il |
|
corrispondono totalmente o quasi alle |
pH, capacità di neutralizzare gli acidi e |
raggiungimento dei valori sopra |
|
condizioni inalterate. |
salinità che non raggiungono livelli |
precisati per gli elementi di qualità |
|
Concentrazioni di nutrienti entro la |
superiori alla forcella fissata per |
biologica. |
|
forcella di norma associata alle |
assicurare il funzionamento |
|
|
condizioni inalterate |
dell'ecosistema tipico specifico e il |
|
|
Livelli di salinità, pH, bilancio |
raggiungimento dei valori sopra |
|
|
dell'ossigeno, capacità e temperatura di |
precisati per gli elementi di qualità |
|
|
neutralizzazione degli acidi che non |
biologica. |
|
|
presentano segni di alterazioni |
Concentrazioni dei nutrienti che non |
|
|
antropiche e restano entro la forcella di |
superano i livelli fissati per assicurare il |
|
|
norma associata alle condizioni |
funzionamento dell'ecosistema e il |
|
|
inalterate. |
raggiungimento dei valori sopra |
|
|
|
precisati per gli elementi di qualità |
|
|
|
biologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Inquinanti sintetici |
Concentrazioni prossime allo zero e |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
specifici |
almeno inferiori ai limiti di rilevazione |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|
delle più avanzate tecniche di analisi di |
cui al punto 1.2.6, fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|
impiego generale. |
direttive 91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa) |
biologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Inquinanti non |
Concentrazioni entro la forcella di |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
sintetici specifici |
norma associata alle condizioni |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|
inalterate (livello di fondo naturale = |
cui al punto 1.2.6 [2] fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|
bgl). |
direttive 91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa) |
biologica. |
|
|
|
|
|
|||
[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale. |
|||
[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di |
|||
fondo naturale: (sqa > bgl). |
|||
|
Elementi di qualità biologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fitoplancton |
Composizione e abbondanza |
Lievi variazioni nella composizione e |
Composizione e abbondanza dei taxa |
|
tassonomica del fitoplancton che |
abbondanza dei taxa planctonici rispetto |
planctonici che si discostano |
|
corrisponde totalmente o quasi alle |
alle comunità tipiche specifiche. Tali |
moderatamente dalle comunità tipiche |
|
condizioni inalterate. |
variazioni non indicano nessuna crescita |
specifiche. |
|
Biomassa media del fitoplancton |
accelerata di alghe tale da provocare |
Biomassa moderatamente alterata, che |
|
conforme alle condizioni fisico- |
un'alterazione indesiderata della |
potrebbe provocare una significativa |
|
chimiche tipiche specifiche e non tale |
composizione equilibrata degli |
alterazione indesiderata delle condizioni |
|
da alterare significativamente le |
organismi presenti nel corpo idrico o |
di altri elementi di qualità biologica e |
|
condizioni di trasparenza tipiche |
della qualità fisico-chimica delle acque |
della qualità fisico-chimica delle acque |
|
specifiche. |
o dei sedimenti. |
o dei sedimenti. |
|
Fioriture di fitoplancton con frequenza e |
Possibile un lieve aumento della |
Possibile un moderato aumento nella |
|
intensità conformi alle condizioni fisico- |
frequenza e intensità delle fioriture di |
frequenza e intensità delle fioriture di |
|
chimiche tipiche specifiche. |
fitoplancton tipiche specifiche. |
fitoplancton. Possibili fioriture |
|
|
|
persistenti nei mesi estivi. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Macrofite e |
Composizione tassonomica che |
Lievi variazioni nella composizione e |
Composizione dei taxa macrofitici e |
fitobentos |
corrisponde totalmente o quasi alle |
abbondanza dei taxa macrofitici e |
fitobentonici che si discosta |
|
condizioni inalterate. |
fitobentonici rispetto alle comunità |
moderatamente dalle comunità tipiche |
|
Nessuna variazione riscontrabile |
tipiche specifiche. Tali variazioni non |
specifiche e diverge molto di più dalla |
|
dell'abbondanza macrofitica e |
indicano nessuna crescita accelerata di |
qualità buona. |
|
fitobentonica media. |
fitobentos o di forme più elevate di vita |
Evidenti variazioni moderate |
|
|
vegetale tale da provocare |
dell'abbondanza macrofitica e |
|
|
un'alterazione indesiderata della |
fitobentonica media. |
|
|
composizione equilibrata degli |
Gruppi/stati batterici dovuti ad attività |
|
|
organismi presenti nel corpo idrico o |
antropiche che possono interferire con e, |
|
|
della qualità fisico-chimica delle acque. |
in talune aree, soppiantare la comunità |
|
|
Presenza di gruppi/strati batterici dovuti |
fitobentonica. |
|
|
ad attività antropiche, che non |
|
|
|
danneggia la comunità fitobentonica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Macroinvertebrati |
Composizione e abbondanza |
Lievi variazioni della composizione e |
Composizione e abbondanza dei taxa |
bentonici |
tassonomica che corrispondono |
abbondanza dei taxa invertebrati |
invertebrati che si discosta |
|
totalmente o quasi alle condizioni |
rispetto alle comunità tipiche specifiche. |
moderatamente dalle condizioni tipiche |
|
inalterate. |
Rapporto tra taxa sensibili e taxa |
specifiche. |
|
Il rapporto tra taxa sensibili e taxa |
tolleranti che presenta lievi variazioni |
Assenti i gruppi tassonomici principali |
|
tolleranti non presenta variazioni |
rispetto ai livelli tipici inalterati. |
della comunità tipica specifica. |
|
rispetto ai livelli inalterati. |
Livello di diversità dei taxa invertebrati |
Rapporto tra taxa sensibili e taxa |
|
Il livello di diversità dei taxa |
che presenta lievi variazioni rispetto ai |
tolleranti e livello di diversità che sono |
|
invertebrati non presenta variazioni |
livelli tipici specifici. |
sostanzialmente inferiori al livello tipico |
|
rispetto ai livelli inalterati. |
|
specifico e significativamente inferiori |
|
|
|
allo stato buono. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fauna ittica |
Composizione e abbondanza delle |
Lievi variazioni della composizione e |
Composizione e abbondanza delle |
|
specie che corrispondono totalmente o |
abbondanza delle specie rispetto alle |
specie che si discostano moderatamente |
|
quasi alle condizioni inalterate. |
comunità tipiche specifiche, attribuibili |
dalle comunità tipiche specifiche a |
|
Presenza di tutte le specie sensibili alle |
agli impatti antropici sugli elementi di |
causa di impatti antropici sugli elementi |
|
alterazioni tipiche specifiche. |
qualità fisico-chimica e |
di qualità fisico-chimica o |
|
Strutture di età delle comunità ittiche |
idromorfologica. |
idromorfologica. |
|
che presentano segni minimi di |
Strutture di età delle comunità ittiche |
Struttura di età delle comunità ittiche |
|
alterazioni antropiche e non indicano |
che presentano segni di alterazioni |
che presenta segni rilevanti di |
|
l'incapacità a riprodursi o a svilupparsi |
attribuibili agli impatti antropici sugli |
alterazioni attribuibili agli impatti |
|
di specie particolari. |
elementi di qualità fisico-chimica o |
antropici sugli elementi di qualità fisico- |
|
|
idromorfologica e, in taluni casi, |
chimica o idromorfologica che |
|
|
indicano l'incapacità a riprodursi o a |
provocano l'assenza o la limitatissima |
|
|
svilupparsi di una specie particolare che |
abbondanza di una porzione moderata |
|
|
può condurre alla scomparsa di talune |
delle specie tipiche specifiche. |
|
|
classi di età. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità idromorfologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Regime idrologico |
Massa e dinamica del flusso, livello, |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
|
tempo di residenza e risultante |
raggiungimento dei valori sopra |
raggiungimento dei valori sopra |
|
collegamento alle acque sotterranee che |
precisati per gli elementi di qualità |
precisati per gli elementi di qualità |
|
rispecchiano totalmente o quasi le |
biologica. |
biologica. |
|
condizioni inalterate. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Condizioni |
Variazioni della profondità del lago, |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
morfologiche |
massa e struttura del substrato e |
raggiungimento dei valori sopra |
raggiungimento dei valori sopra |
|
struttura e condizione della zona |
precisati per gli elementi di qualità |
precisati per gli elementi di qualità |
|
ripariale che corrispondono totalmente |
biologica. |
biologica. |
|
o quasi alle condizioni inalterate. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità fisico-chimica [1]
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Condizioni generali |
Valori degli elementi fisico-chimici |
Temperatura, bilancio dell'ossigeno, |
Condizioni coerenti con il |
|
che corrispondono totalmente o quasi |
pH, capacità di neutralizzare gli acidi, |
raggiungimento dei valori sopra |
|
alle condizioni inalterate. |
trasparenza e salinità che non |
precisati per gli elementi di qualità |
|
Concentrazioni di nutrienti entro la |
raggiungono livelli esterni alla forcella |
biologica. |
|
forcella di norma associata alle |
fissata per assicurare il funzionamento |
|
|
condizioni inalterate. |
dell'ecosistema e il raggiungimento |
|
|
Livelli di salinità, pH, bilancio |
dei valori sopra precisati per gli |
|
|
dell'ossigeno, capacità di neutralizzare |
elementi di qualità biologica. |
|
|
gli acidi, trasparenza e temperatura che |
Concentrazioni dei nutrienti che non |
|
|
non presentano segni di alterazioni |
superano i livelli fissati per assicurare |
|
|
antropiche e restano entro la forcella di |
il funzionamento dell'ecosistema e il |
|
|
norma associata alle condizioni |
raggiungimento dei valori sopra |
|
|
inalterate. |
precisati per gli elementi di qualità |
|
|
|
biologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Inquinanti sintetici |
Concentrazioni prossime allo zero o |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
specifici |
almeno inferiori ai limiti di rilevazione |
standard fissati secondo la procedura |
raggiungimento dei valori sopra |
|
delle più avanzate tecniche di analisi |
di cui al punto 1.2.6, fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|
di impiego generale. |
direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (< |
biologica. |
|
|
sqa) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Inquinanti non sintetici |
Concentrazioni entro la forcella di |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
specifici |
norma associata alla condizioni |
standard fissati secondo la procedura |
raggiungimento dei valori sopra |
|
inalterate (livello di fondo naturale = |
di cui al punto 1.2.6 [2], fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|
bgl). |
direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (< |
biologica. |
|
|
sqa) |
|
|
|
|
|
|
|||
[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni: bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale. |
|||
[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di |
|||
fondo naturale. |
|||
|
|||
|
|
|
|
Elementi di qualità biologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fitoplancton |
Composizione e abbondanza dei taxa di |
Lievi variazioni nella composizione e |
Composizione e abbondanza dei taxa di |
|
fitoplancton conformi alle condizioni |
abbondanza dei taxa di fitoplancton. |
fitoplancton che si discostano |
|
inalterate. |
Lievi variazioni della biomassa rispetto |
moderatamente dalle condizioni tipiche |
|
Biomassa media del fitoplancton |
alle condizioni tipiche specifiche. Tali |
specifiche. |
|
conforme alle condizioni fisico-chimiche |
variazioni non indicano nessuna crescita |
Biomassa moderatamente alterata, che |
|
tipiche specifiche e non tale da alterare |
accelerata di alghe tale da provocare |
potrebbe determinare una significativa |
|
significativamente le condizioni di |
un'alterazione indesiderata della |
alterazione indesiderata della condizione |
|
trasparenza tipiche specifiche. |
composizione equilibrata degli organismi |
di altri elementi di qualità biologica. |
|
Fioriture di fitoplancton con frequenza e |
presenti nel corpo idrico o della qualità |
Possibile un moderato aumento nella |
|
intensità conformi alle condizioni fisico- |
fisico-chimica dell'acqua. |
frequenza e intensità delle fioriture di |
|
chimiche tipiche specifiche. |
Possibile un lieve aumento della |
fitoplancton. Possibili fioriture persistenti |
|
|
frequenza e intensità delle fioriture di |
nei mesi estivi. |
|
|
fitoplancton tipiche specifiche. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Macroalghe |
Composizione dei taxa di macroalghe |
Lievi variazioni nella composizione e |
Composizione dei taxa di macroalghe che |
|
conforme alle condizioni inalterate. |
abbondanza dei taxa di macroalghe |
si discosta moderatamente dalle |
|
Nessuna variazione riscontrabile della |
rispetto alle comunità tipiche specifiche. |
condizioni tipiche specifiche e diverge |
|
copertura di macroalghe in conseguenza |
Tali variazioni non indicano nessuna |
molto di più dalla qualità buona. |
|
di attività antropiche. |
crescita accelerata di fitobentos o di |
Evidenti variazioni moderate |
|
|
forme più elevate di vita vegetale tale da |
dell'abbondanza media di macroalghe, |
|
|
provocare un'alterazione indesiderata |
che potrebbero determinare |
|
|
della composizione equilibrata degli |
un'alterazione indesiderata della |
|
|
organismi presenti nel corpo idrico o |
composizione equilibrata degli organismi |
|
|
della qualità fisico-chimica delle acque. |
presenti nel corpo idrico. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Angiosperme |
Composizione tassonomica che |
Lievi variazioni nella composizione dei |
Composizione dei taxa di angiosperme |
|
corrisponde totalmente o quasi alle |
taxa di angiosperme rispetto alle |
che si discosta moderatamente dalle |
|
condizioni inalterate. |
comunità tipiche specifiche. |
comunità tipiche specifiche e diverge |
|
Nessuna variazione riscontrabile |
Lievi segni di alterazione |
molto di più dalla qualità buona. |
|
dell'abbondanza di angiosperme in |
nell'abbondanza di angiosperme. |
Alterazioni moderate nell'abbondanza di |
|
conseguenza di attività antropiche. |
|
taxa di angiosperme. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Macroinverte- |
Livello di diversità e abbondanza dei taxa |
Livello di diversità e abbondanza dei taxa |
Livello di diversità e abbondanza dei taxa |
brati bentonici |
di invertebrati entro la forcella di norma |
di invertebrati leggermente esterno alla |
di invertebrati moderatamente esterno alla |
|
associata alle condizioni inalterate. |
forcella associata alle condizioni tipiche |
forcella associata alle condizioni tipiche |
|
Presenza di tutti i taxa sensibili alle |
specifiche. |
specifiche. |
|
alterazioni associati alle condizioni |
Presenza della maggior parte dei taxa |
Presenza di taxa indicativi di |
|
inalterate. |
sensibili delle comunità tipiche |
inquinamento. |
|
|
specifiche. |
Assenza di molti dei taxa sensibili delle |
|
|
|
comunità tipiche specifiche. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fauna ittica |
Composizione e abbondanza delle specie |
Abbondanza delle specie sensibili alle |
Assenza di una percentuale moderata |
|
conformi alle condizioni inalterate. |
alterazioni che presenta lievi segni di |
delle specie sensibili alle alterazioni |
|
|
discostamento dalle condizioni tipiche |
tipiche specifiche, dovuta agli impatti |
|
|
specifiche, attribuibili agli impatti |
antropici sugli elementi di qualità fisico- |
|
|
antropici sugli elementi di qualità fisico- |
chimica o idromorfologica. |
|
|
chimica o idromorfologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità idromorfologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Regime di marea |
Regime di flusso di acqua dolce che |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
|
corrisponde totalmente o quasi alle |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
|
condizioni inalterate. |
per gli elementi di qualità biologica. |
per gli elementi di qualità biologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Condizioni |
Variazioni di profondità, condizioni del |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
morfologiche |
substrato nonché struttura e condizione |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
|
delle zone intercotidali che |
per gli elementi di qualità biologica. |
per gli elementi di qualità biologica. |
|
corrispondono totalmente o quasi alle |
|
|
|
condizioni inalterate. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità fisico-chimica [1]
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Condizioni generali |
Elementi fisico-chimici che |
Temperatura, condizioni di |
Condizioni coerenti con il |
|
corrispondono totalmente o quasi alle |
ossigenazione e trasparenza che non |
raggiungimento dei valori sopra |
|
condizioni inalterate. |
raggiungono livelli esterni alle forcelle |
precisati per gli elementi di qualità |
|
Concentrazioni di nutrienti entro la |
fissate per assicurare il funzionamento |
biologica. |
|
forcella di norma associata alle |
dell'ecosistema e il raggiungimento dei |
|
|
condizioni inalterate. |
valori sopra precisati per gli elementi di |
|
|
Temperatura, bilancio dell'ossigeno e |
qualità biologica. |
|
|
trasparenza che non presentano segni di |
Concentrazioni dei nutrienti che non |
|
|
alterazioni antropiche e restano entro la |
superano i livelli fissati per assicurare il |
|
|
forcella di norma associata alle |
funzionamento dell'ecosistema e il |
|
|
condizioni inalterate. |
raggiungimento dei valori sopra |
|
|
|
precisati per gli elementi di qualità |
|
|
|
biologica. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Inquinanti sintetici |
Concentrazioni prossime allo zero o |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
specifici |
almeno inferiori ai limiti di rilevazione |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|
delle più avanzate tecniche di analisi di |
cui al punto 1.2.6, fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|
impiego generale. |
direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. |
biologica. |
|
|
(< sqa) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Inquinanti non |
Concentrazioni entro la forcella di |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
sintetici specifici |
norma associata alle condizioni |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|
inalterate (livello di fondo naturale = |
cui al punto 1.2.6 [2], fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|
bgl). |
direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (< |
biologica. |
|
|
sqa) |
|
|
|
|
|
|
|||
[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale. |
|||
[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di |
|||
fondo naturale. |
|||
|
|||
|
|
|
|
Elementi di qualità biologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fitoplancton |
Composizione e abbondanza dei taxa di |
Lievi segni di alterazione nella |
Composizione e abbondanza dei taxa di |
|
fitoplancton conformi alle condizioni |
composizione e abbondanza dei taxa di |
fitoplancton che presentano segni di |
|
inalterate. |
fitoplancton. |
moderata alterazione. |
|
Biomassa media del fitoplancton |
Lievi variazioni della biomassa rispetto |
Biomassa di alghe sostanzialmente al di |
|
conforme alle condizioni fisico- |
alle condizioni tipiche specifiche. Tali |
fuori della forcella associata alle |
|
chimiche tipiche specifiche e non tale |
variazioni non indicano nessuna crescita |
condizioni tipiche specifiche e tale da |
|
da alterare significativamente le |
accelerata di alghe tale da provocare |
influire sugli altri elementi di qualità |
|
condizioni di trasparenza tipiche |
un'alterazione indesiderata della |
biologica. |
|
specifiche. |
composizione equilibrata degli |
Possibile un moderato aumento nella |
|
Fioriture di fitoplancton con frequenza e |
organismi presenti nel corpo idrico o |
frequenza e intensità delle fioriture di |
|
intensità conformi alle condizioni fisico- |
della qualità delle acque. |
fitoplancton. Possibili fioriture |
|
chimiche tipiche specifiche. |
Possibile un lieve aumento della |
persistenti nei mesi estivi. |
|
|
frequenza e intensità delle fioriture di |
|
|
|
fitoplancton tipiche specifiche. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Macroalghe e |
Presenza di tutti i taxa di macroalghe e |
Presenza della maggior parte dei taxa di |
Assenza di un moderato numero di taxa |
angiosperme |
di angiosperme sensibili alle alterazioni |
macroalghe e di angiosperme sensibili |
di macroalghe e di angiosperme |
|
associati alle condizioni inalterate. |
alle alterazioni e associati alle |
sensibili alle alterazioni associati alle |
|
Livelli di copertura delle macroalghe e |
condizioni inalterate. |
condizioni inalterate. |
|
di abbondanza delle angiosperme |
Livelli di copertura delle macroalghe e |
Copertura delle macroalghe e |
|
conformi alle condizioni inalterate. |
di abbondanza delle angiosperme che |
abbondanza delle angiosperme |
|
|
presentano lievi segni di alterazione. |
moderatamente alterate e tali da poter |
|
|
|
provocare un'alterazione indesiderata |
|
|
|
della composizione equilibrata degli |
|
|
|
organismi presenti nel corpo idrico. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Macroinvertebrati |
Livello di diversità e di abbondanza dei |
Livello di diversità e di abbondanza dei |
Livello di diversità e di abbondanza dei |
bentonici |
taxa di invertebrati entro la forcella di |
taxa di invertebrati leggermente al di |
taxa di invertebrati moderatamente al di |
|
norma associata alle condizioni |
fuori della forcella associata alle |
fuori della forcella associata alle |
|
inalterate. |
condizioni tipiche specifiche. |
condizioni tipiche specifiche. |
|
Presenza di tutti i taxa sensibili alle |
Presenza della maggior parte dei taxa |
Presenza di taxa indicativi di |
|
alterazioni associati alle condizioni |
sensibili delle comunità tipiche |
inquinamento. |
|
inalterate. |
specifiche. |
Assenza di numerosi taxa sensibili delle |
|
|
|
comunità tipiche specifiche. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità idromorfologica
|
|
|
|
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|
|
|
|
|
|
|
|
Regime di marea |
Regime di flusso di acqua dolce nonché |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
|
direzione e velocità delle correnti |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
|
dominanti che corrispondono totalmente |
per gli elementi di qualità biologica. |
per gli elementi di qualità biologica. |
|
o quasi alle condizioni inalterate. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Condizioni |
Variazione di profondità, struttura e |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
morfologiche |
substrato del fondo costiero nonché |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
raggiungimento dei valori sopra precisati |
|
struttura e condizioni delle zone |
per gli elementi di qualità biologica. |
per gli elementi di qualità biologica. |
|
intercotidali che corrispondono |
|
|
|
totalmente o quasi alle condizioni |
|
|
|
inalterate. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Elementi di qualità fisico-chimica [1]
|
|
|
|
|||
Elemento |
Stato elevato |
Stato buono |
Stato sufficiente |
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Condizioni generali |
Elementi fisico-chimici che |
Temperatura, condizioni di |
Condizioni coerenti con il |
|||
|
corrispondono totalmente o quasi alle |
ossigenazione e trasparenza che non |
raggiungimento dei valori sopra |
|||
|
condizioni inalterate. |
raggiungono livelli al di fuori delle |
precisati per gli elementi di qualità |
|||
|
Concentrazioni di nutrienti entro la |
forcelle fissate per assicurare il |
biologica. |
|||
|
forcella di norma associata alle |
funzionamento dell'ecosistema e il |
|
|||
|
condizioni inalterate. |
raggiungimento dei valori sopra |
|
|||
|
Temperatura, bilancio dell'ossigeno e |
precisati per gli elementi di qualità |
|
|||
|
trasparenza che non presentano segni di |
biologica. |
|
|||
|
alterazioni di origine antropica e restano |
Concentrazioni di nutrienti che non |
|
|||
|
nei limiti di norma associati alle |
superano i livelli fissati per assicurare il |
|
|||
|
condizioni inalterate. |
funzionamento dell'ecosistema e il |
|
|||
|
|
raggiungimento dei valori sopra |
|
|||
|
|
precisati per gli elementi di qualità |
|
|||
|
|
biologica. |
|
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Inquinanti sintetici |
Concentrazioni prossime allo zero o |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
|||
specifici |
almeno inferiori ai limiti di rilevazione |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|||
|
delle più avanzate tecniche di analisi di |
cui al punto 1.2.6, fatte salve le direttive |
precisati per gli elementi di qualità |
|||
|
impiego generale. |
91/414/CEE e 98/8/CE. (< sqa) |
biologica. |
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Inquinanti non |
Concentrazioni entro la forcella di |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
|||
sintetici specifici |
norma associata alle condizioni |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|||
|
inalterate (livelli di fondo naturale = |
cui al punto 1.2.6 [2], fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|||
|
bgl). |
direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (< sqa) |
biologica. |
|||
|
|
|
|
|||
|
||||||
[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale. |
||||||
[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di |
||||||
fondo naturale. |
||||||
|
||||||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Elemento |
Potenziale ecologico massimo |
Potenziale ecologico buono |
Potenziale ecologico sufficiente |
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Elementi di qualità |
Valori relativi ai pertinenti elementi di |
Lievi variazioni nei valori relativi ai |
Moderate variazioni nei valori relativi ai |
|||
biologica |
qualità biologica che riflettono, nella |
pertinenti elementi di qualità biologica |
pertinenti elementi di qualità biologica |
|||
|
misura del possibile, quelli associati al |
rispetto ai valori riscontrabili in una |
rispetto ai valori riscontrabili in una |
|||
|
tipo di corpo idrico superficiale |
situazione di massimo potenziale |
situazione di massimo potenziale |
|||
|
maggiormente comparabile, tenuto |
ecologico. |
ecologico. |
|||
|
conto delle condizioni fisiche risultanti |
|
Tali valori sono nettamente più alterati |
|||
|
dalle caratteristiche artificiali o |
|
di quelli riscontrabili in condizioni di |
|||
|
fortemente modificate del corpo idrico. |
|
stato ecologico buono. |
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Elementi |
Condizioni idromorfologiche conformi |
Condizioni coerenti con il |
Condizioni coerenti con il |
|||
idromorfologici |
alla situazione in cui i soli impatti sul |
raggiungimento dei valori sopra |
raggiungimento dei valori sopra |
|||
|
corpo idrico superficiale sono quelli |
precisati per gli elementi di qualità |
precisati per gli elementi di qualità |
|||
|
risultanti dalle caratteristiche artificiali |
biologica. |
biologica. |
|||
|
o fortemente modificate del corpo |
|
|
|||
|
idrico,quando siano state prese tutte le |
|
|
|||
|
misure di limitazione possibili, in modo |
|
|
|||
|
da consentire il miglior ravvicinamento |
|
|
|||
|
realizzabile al continuum ecologico, in |
|
|
|||
|
particolare per quanto concerne la |
|
|
|||
|
migrazione della fauna, nonché le |
|
|
|||
|
adeguate zone di deposizione delle uova |
|
|
|||
|
e di riproduzione. |
|
|
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Elementi fisico- |
|
|
|
|||
chimici |
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Condizioni generali |
Elementi fisico-chimici che |
Valori degli elementi fisico-chimici che |
Condizioni coerenti con il |
|||
|
corrispondono totalmente o quasi alle |
rientrano nelle forcelle fissate per |
raggiungimento dei valori sopra |
|||
|
condizioni inalterate associate al tipo di |
assicurare il funzionamento |
precisati per gli elementi di qualità |
|||
|
corpo idrico superficiale maggiormente |
dell'ecosistema e il raggiungimento dei |
biologica. |
|||
|
comparabile al corpo idrico artificiale o |
valori sopra precisati per gli elementi di |
|
|||
|
fortemente modificato in questione. |
qualità biologica. |
|
|||
|
Concentrazioni di nutrienti entro la |
Temperatura e pH che non raggiungono |
|
|||
|
forcella di norma associata alle |
livelli al di fuori delle forcelle fissate per |
|
|||
|
condizioni inalterate. |
assicurare il funzionamento |
|
|||
|
Livelli relativi a temperatura, bilancio |
dell'ecosistema e il raggiungimento dei |
|
|||
|
dell'ossigeno e pH conformi a quelli |
valori sopra precisati per gli elementi di |
|
|||
|
riscontrabili nei tipi di corpo idrico |
qualità biologica. |
|
|||
|
superficiale in condizioni inalterate |
Concentrazioni di nutrienti che non |
|
|||
|
maggiormente comparabili. |
superano i livelli fissati per assicurare il |
|
|||
|
|
funzionamento dell'ecosistema e il |
|
|||
|
|
raggiungimento dei valori sopra |
|
|||
|
|
precisati per gli elementi di qualità |
|
|||
|
|
biologica. |
|
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Inquinanti sintetici |
Concentrazioni prossime allo zero e |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
|||
specifici |
almeno inferiori ai limiti di rilevazione |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|||
|
delle più avanzate tecniche di analisi di |
cui al punto 1.2.6, fatte salve le direttive |
precisati per gli elementi di qualità |
|||
|
impiego generale. |
91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa) |
biologica. |
|||
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|||
Inquinanti non |
Le concentrazioni restano nei limiti di |
Concentrazioni non superiori agli |
Condizioni coerenti con il |
|||
sintetici specifici |
norma associati alle condizioni |
standard fissati secondo la procedura di |
raggiungimento dei valori sopra |
|||
|
inalterate riscontrabili nel tipo di corpo |
cui al punto 1.2.6 [1], fatte salve le |
precisati per gli elementi di qualità |
|||
|
idrico superficiale maggiormente |
direttive 91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa) |
biologica. |
|||
|
comparabile al corpo idrico artificiale o |
|
|
|||
|
fortemente modificato in questione. |
|
|
|||
|
(livelli di fondo naturale = bgl) |
|
|
|||
|
|
|
|
|||
|
||||||
[1] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di |
||||||
fondo naturale. |
||||||
|
||||||
|
|
|
|
|||
Nel derivare gli
standard di qualità ambientale per gli inquinanti di cui ai punti da
Ove possibile, dovrebbero essere ottenuti dati relativi agli effetti acuti e cronici per i taxa indicati in appresso, che sono importanti per il tipo di corpo idrico in questione, nonché per gli altri taxa acquatici per i quali sono disponibili dati. L'"insieme di base" dei taxa è il seguente:
- alghe e/o macrofite
- dafnia od organismi rappresentativi delle acque saline
- pesci.
Fissazione degli standard di qualità ambientale
Per fissare la concentrazione massima media annuale si applica la procedura seguente:
i) gli Stati membri fissano fattori di sicurezza appropriati per ciascun caso, secondo la natura e la qualità dei dati disponibili, agli orientamenti contenuti nella sezione 3.3.1 della parte II del documento tecnico di orientamento a integrazione della direttiva 93/67/CEE della Commissione, che stabilisce i principi per la valutazione dei rischi delle sostanze notificate e del regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, che stabilisce i principi per la valutazione dei rischi delle sostanze esistenti, e ai fattori di sicurezza indicati nella seguente tabella:
|
Fattore di sicurezza |
|
Almeno una L(E)C50 acuta per ognuno dei tre livelli trofici dell'insieme di base |
1.000 |
|
Una NOEC cronica (per pesci o dafnia o un organismo rappresentativo delle acque saline) |
100 |
|
Due NOEC croniche per specie appartenenti a due livelli trofici (pesci e/o dafnia o un |
50 |
|
organismo rappresentativo delle acque saline e/o alghe) |
|
|
NOEC croniche per almeno tre specie (di norma pesci, dafnia o un organismo |
10 |
|
rappresentativo delle acque saline e alghe) appartenenti a tre livelli trofici |
|
|
Altri casi, compresi dati sul campo o ecosistemi modello, che permettono di calcolare e |
Valutazione caso per caso |
|
applicare fattori di sicurezza più precisi |
|
|
|
|
ii) se sono disponibili dati sulla persistenza e sul bioaccumulo, questi sono presi in considerazione nel derivare il valore finale dello standard di qualità ambientale;
iii) lo standard così derivato dovrebbe essere confrontato con ogni riscontro emerso dagli studi in campo; se si rilevano anomalie, la derivazione è riveduta per permettere di calcolare un fattore di sicurezza più preciso;
iv) lo standard derivato è sottoposto a un'intercalibrazione e ad una consultazione pubblica, per permettere di calcolare un fattore di sicurezza più preciso.
La rete di monitoraggio delle acque superficiali è istituita a norma dei requisiti dell'articolo 8. Essa è progettata in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato ecologico e chimico all'interno di ciascun bacino idrografico e permettere la classificazione dei corpi idrici in cinque classi, secondo le definizioni normative di cui alla sezione 1.2. Gli Stati membri forniscono una o più mappe indicanti la rete di monitoraggio delle acque superficiali nel piano di gestione dei bacini idrografici.
In base alla caratterizzazione e alla valutazione dell'impatto svolte a norma dell'articolo 5 e all'allegato II, gli Stati membri definiscono, per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione dei bacini idrografici, un programma di monitoraggio di sorveglianza e un programma di monitoraggio operativo. In taluni casi può essere necessario istituire anche programmi di monitoraggio d'indagine.
Gli Stati membri sorvegliano i parametri indicativi dello stato di ogni elemento di qualità pertinente. Nel selezionare i parametri relativi agli elementi di qualità biologica, gli Stati membri individuano il livello tassonomico appropriato per ottenere la necessaria attendibilità e precisione nella classificazione degli elementi di qualità. Nel piano sono fornite stime del livello di attendibilità e precisione dei risultati garantito dai programmi di monitoraggio.
1.3.1. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza
Obiettivo
Gli Stati membri istituiscono programmi di monitoraggio di sorveglianza al fine di ottenere informazioni per:
- integrare e convalidare la procedura di valutazione dell'impatto di cui all'allegato II,
- la progettazione efficace ed effettiva dei futuri programmi di monitoraggio,
- la valutazione delle variazioni a lungo termine delle condizioni naturali,
- la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica.
I risultati di tale monitoraggio sono riesaminati e utilizzati, insieme alla procedura di valutazione dell'impatto di cui all'allegato II, per determinare i requisiti per i programmi di monitoraggio dei piani di gestione dei bacini idrografici in corso e successivi.
Selezione dei punti di monitoraggio
Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato su un numero sufficiente di corpi idrici superficiali, in modo da fornire una valutazione dello stato complessivo delle acque superficiali di ciascun bacino o sotto-bacino idrografico compreso nel distretto idrografico. Nel selezionare i corpi idrici, gli Stati membri si assicurano che il monitoraggio sia effettuato, secondo i casi, in:
- punti in cui la proporzione del flusso idrico è significativa nell'ambito del distretto idrografico considerato nell'insieme, compresi punti di grandi fiumi il cui bacino idrografico è superiore a 2.500 km2,
- punti in cui il volume d'acqua presente è significativo nell'ambito del distretto idrografico, compresi i grandi laghi e laghi artificiali,
- corpi idrici significativi situati a cavallo della frontiera di uno Stato membro,
- siti identificati nel quadro della decisione 77/795/CEE sullo scambio di informazioni,
- altri siti necessari per valutare la quantità d'inquinanti trasferiti attraverso le frontiere degli Stati membri e nell'ambiente marino.
Selezione degli elementi di qualità
Per ciascun sito di monitoraggio, il monitoraggio di sorveglianza è effettuato per un anno durante il periodo contemplato dal piano di gestione del bacino idrico per:
- i parametri indicativi di tutti gli elementi di qualità biologica,
- i parametri indicativi di tutti gli elementi di qualità idromorfologica,
- i parametri indicativi di tutti gli elementi generali di qualità fisico-chimica,
- gli inquinanti che figurano nell'elenco delle sostanze prioritarie (27) scaricati nel bacino idrografico o nel sotto-bacino,
- gli altri inquinanti scaricati in quantitativi significativi nel bacino idrografico o nel sotto-bacino,
salvo che il monitoraggio di sorveglianza precedente abbia evidenziato che il corpo interessato ha raggiunto uno stato buono e che dall'esame dell'impatto delle attività antropiche di cui all'allegato II non risulti alcuna variazione degli impatti sul corpo. In tal caso il monitoraggio di sorveglianza è effettuato ogni tre piani di gestione del bacino idrografico.
1.3.2. Progettazione del monitoraggio operativo
Il monitoraggio operativo è effettuato al fine di:
- stabilire lo stato dei corpi che si reputa rischino di non soddisfare gli obiettivi ambientali;
- valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi, risultante dai programmi di misure.
Il programma può essere modificato durante il periodo previsto dal piano di gestione del bacino idrografico sulla scorta delle informazioni ottenute nell'ambito dei requisiti fissati all'allegato II o nell'ambito del presente allegato, in particolare per consentire una riduzione della frequenza, qualora l'impatto si rivelasse non significativo o non sussistesse più la pressione pertinente.
Selezione dei siti di monitoraggio
Il monitoraggio operativo è effettuato per tutti i corpi idrici che, sulla base della valutazione dell'impatto svolta in base all'allegato II o del monitoraggio di sorveglianza, sono classificati a rischio di non soddisfare gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4 e per i corpi idrici nei quali sono scaricate le sostanze riportate nell'elenco delle sostanze prioritarie. Per le sostanze riportate nell'elenco delle sostanze prioritarie i punti di monitoraggio sono selezionati secondo la normativa che stabilisce gli standard di qualità ambientale pertinenti. In tutti gli altri casi, incluse le sostanze che figurano nell'elenco delle sostanze prioritarie per le quali tale normativa non prevede orientamenti specifici, i punti di monitoraggio sono selezionati come segue (28):
- per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte puntuale, in ogni corpo si situano punti di monitoraggio sufficienti a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte puntuale. Se il corpo è esposto a varie pressioni di una fonte puntuale, i punti di monitoraggio possono essere selezionati per valutare ampiezza e impatto dell'insieme delle pressioni,
- per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte diffusa, nell'ambito di una selezione di corpi si situano punti di monitoraggio sufficienti a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte diffusa. La selezione dei corpi deve essere fatta in modo che essi siano rappresentativi dei rischi relativi al verificarsi delle pressioni della fonte diffusa e dei relativi rischi di non raggiungere un buono stato delle acque superficiali,
- per i corpi esposti a un rischio di pressione idromorfologica significativa, nell'ambito di una selezione di corpi si situano punti di monitoraggio sufficienti a valutare ampiezza e impatto delle pressioni idromorfologiche. La selezione dei corpi è indicativa dell'impatto globale della pressione idromorfologica cui sono esposti tutti i corpi.
Selezione degli elementi di qualità
Per valutare l'ampiezza della pressione cui sono esposti i corpi idrici superficiali, gli Stati membri effettuano il monitoraggio degli elementi di qualità indicativi delle pressioni cui il corpo idrico o i corpi idrici sono esposti. Al fine di valutare l'impatto di tali pressioni gli Stati membri, ove pertinente, effettuano il monitoraggio:
- dei parametri indicativi dell'elemento o degli elementi di qualità biologica più sensibili alle pressioni cui sono esposti i corpi idrici,
- di tutte le sostanze prioritarie scaricate, e degli altri inquinanti scaricati in quantitativi significativi,
- dei parametri indicativi dell'elemento di qualità idromorfologica più sensibile alle pressioni individuate.
1.3.3. Progettazione del monitoraggio di indagine
Obiettivo
Il monitoraggio di indagine è effettuato:
- quando sono sconosciute le ragioni di eventuali superamenti,
- quando il monitoraggio di sorveglianza indica che per un corpo idrico gli obiettivi di cui all'articolo 4 non saranno probabilmente raggiunti e il monitoraggio operativo non è ancora stato stabilito, al fine di appurare le cause che hanno impedito al corpo idrico o ai corpi idrici di raggiungere gli obiettivi ambientali, o
- per valutare l'ampiezza e gli impatti dell'inquinamento accidentale
e costituisce la base per l'elaborazione di un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi ambientali e di misure specifiche atte a porre rimedio agli effetti dell'inquinamento accidentale.
1.3.4. Frequenza temporale del monitoraggio
Nel periodo coperto dal monitoraggio di sorveglianza vanno applicate le frequenze sottoindicate per il monitoraggio dei parametri indicativi degli elementi di qualità fisico-chimica, a meno che le conoscenze tecniche e le perizie degli esperti non giustifichino intervalli più lunghi. Riguardo agli elementi di qualità biologica o idromorfologica, il monitoraggio è effettuato almeno una volta nell'arco del periodo coperto dal monitoraggio di sorveglianza.
Nell'ambito del monitoraggio operativo, gli Stati membri fissano per ciascun parametro una frequenza di monitoraggio che garantisca dati sufficienti a delineare una valutazione attendibile dello stato del pertinente elemento qualitativo. In linea di massima, il monitoraggio è effettuato a intervalli non superiori a quelli indicati nella tabella in appresso, a meno che le conoscenze tecniche e le perizie degli esperti non giustifichino intervalli più lunghi.
Le frequenze sono scelte in modo da garantire un livello accettabile di attendibilità e precisione. Il livello di attendibilità e precisione conseguito dal sistema di monitoraggio è definito nel piano di gestione del bacino idrografico.
Per il monitoraggio sono fissate frequenze che tengono conto della variabilità dei parametri derivante da condizioni sia naturali che antropiche. Il momento in cui effettuare il monitoraggio è scelto in modo da minimizzare l'incidenza delle variazioni stagionali sul risultato ed assicurare quindi che quest'ultimo rispecchi i mutamenti intervenuti nel corpo idrico a seguito di cambiamenti dovuti alla pressione antropica. Per conseguire quest'obiettivo sono effettuati, se necessario, monitoraggi supplementari in stagioni diverse del medesimo anno.
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Elementi di qualità |
Fiumi |
Laghi |
Acque di transizione |
Acque costiere |
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Biologica |
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||||
Fitoplancton |
6 mesi |
6 mesi |
6 mesi |
6 mesi |
Altra flora acquatica |
3 anni |
3 anni |
3 anni |
3 anni |
Macroinvertebrati |
3 anni |
3 anni |
3 anni |
3 anni |
Pesci |
3 anni |
3 anni |
3 anni |
|
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||||
Idromorfologica |
||||
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||||
Continuità |
6 anni |
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Idrologia |
continuo |
1 mese |
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Morfologia |
6 anni |
6 anni |
6 anni |
6 anni |
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||||
Fisico-chimica |
||||
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||||
Condizioni termiche |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
Ossigenazione |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
Salinità |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
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Stato dei nutrienti |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
Stato di acidificazione |
3 mesi |
3 mesi |
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Altri inquinanti |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
3 mesi |
Sostanze prioritarie (29) |
1 mese |
1 mese |
1 mese |
1 mese |
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1.3.5. Requisiti supplementari per il monitoraggio delle aree protette
I programmi di monitoraggio di cui sopra sono integrati per garantire il soddisfacimento dei requisiti seguenti.
Punti di estrazione per la produzione di acqua potabile
I corpi idrici
superficiali individuati a norma dell'articolo 7 che forniscono in media più di
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Comunità servita |
Frequenza |
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< 10000 |
4 volte l'anno |
da |
8 volte l'anno |
> 30000 |
12 volte l'anno |
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Aree di protezione dell'habitat e delle specie
I corpi idrici che formano queste aree sono compresi nel programma di monitoraggio operativo di cui sopra se, in base alla valutazione dell'impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4. È effettuato il monitoraggio per valutare la grandezza e l'impatto di tutte le pertinenti pressioni significative esercitate su detti corpi e, se necessario, per rilevare le variazioni del loro stato conseguenti ai programmi di misure. Il monitoraggio prosegue finché le aree non soddisfano i requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa in base alla quale esse sono designate e finché non sono raggiunti gli obiettivi di cui all'articolo 4.
1.3.6. Norme per il monitoraggio degli elementi di qualità
I metodi impiegati per il monitoraggio dei parametri tipo devono essere conformi alle norme internazionali sottoelencate ovvero ad altre norme nazionali o internazionali analoghe che assicurino dati comparabili ed equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.
Campionamento di macroinvertebrati
ISO 5667-3:1995 |
Qualità dell'acqua. Campionamento. Parte 3: guida alla conservazione e |
|
manipolazione dei campioni |
EN 27828:1994 |
Qualità dell'acqua. Metodi di campionamento biologico. Guida al |
|
campionamento di macroinvertebrati bentonici mediante retino manuale |
EN 28265:1994 |
Qualità dell'acqua. Metodi di campionamento biologico. Guida alla |
|
progettazione e utilizzo di campionatori quantitativi di macroinvertebrati |
|
bentonici dei substrati rocciosi in acque dolci poco profonde |
EN ISO 9391:1995 |
Qualità dell'acqua. Campionamento in acque profonde di macroinvertebrati. |
|
Guida all'utilizzo di campionatori di colonizzazione, qualità e quantità |
EN ISO 8689-1:1999 |
Classificazione biologica dei fiumi. Parte I: guida all'interpretazione dei |
|
dati sulla qualità biologica risultanti da indagini su macroinvertebrati |
|
bentonici in acqua corrente |
EN ISO 8689-2:1999 |
Classificazione biologica dei fiumi. Parte II: guida alla presentazione dei |
|
dati sulla qualità biologica risultanti da indagini su macroinvertebrati |
|
bentonici in acqua corrente |
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Campionamento di macrofite
Pertinenti norme CEN/ISO, una volta elaborate
Campionamento di pesci
Pertinenti norme CEN/ISO, una volta elaborate
Campionamento di diatomee
Pertinenti norme CEN/ISO, una volta elaborate
Norme per i parametri fisico-chimici
Eventuali norme CEN/ISO pertinenti
Norme per i parametri idromorfologici
Eventuali norme CEN/ISO pertinenti
(27) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(28) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(29) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
(30) Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.
1.4.1. Comparabilità dei risultati del monitoraggio biologico
i) Gli Stati membri istituiscono dei sistemi di monitoraggio per stimare i valori degli elementi di qualità biologica specificati per ciascuna categoria di acque superficiali o per i corpi idrici superficiali fortemente modificati o artificiali. Nell'applicare ai corpi idrici fortemente modificati o artificiali la procedura sotto esposta, i riferimenti allo stato ecologico vanno intesi come riferimenti al potenziale ecologico. Tali sistemi possono basarsi su determinate specie o gruppi di specie rappresentativi dell'elemento qualitativo nel suo complesso.
ii) Ai fini della classificazione dello stato ecologico e per assicurare la comparabilità dei sistemi di monitoraggio, i risultati conseguiti in ciascuno Stato membro in base al sistema applicato sono espressi come rapporti di qualità ecologica. Questi rapportano i valori dei parametri biologici riscontrati in un dato corpo idrico superficiale a quelli constatabili nelle condizioni di riferimento applicabili al medesimo corpo. Il rapporto è espresso come valore numerico compreso tra 0 e 1: i valori prossimi a 1 tendono allo stato ecologico elevato, quelli prossimi a 0 allo stato ecologico cattivo.
iii) Per ciascuna categoria di acque superficiali, ogni Stato membro suddivide la gamma dei rapporti di qualità ecologica nel sistema di monitoraggio in cinque classi, che spaziano dallo stato ecologico elevato a quello cattivo, come definito al punto 1.2, assegnando un valore numerico a ciascuna delimitazione tra le classi. Il valore corrispondente alla delimitazione tra stato "elevato" e "buono" e quello tra stato "buono" e "sufficiente" sono fissati mediante l'operazione di intercalibrazione descritta in appresso.
iv)
v) In questo
contesto
vi) Ogni sistema di monitoraggio degli Stati membri è applicato ai siti della rete di intercalibrazione che si trovano nell'ecoregione interessata e contemporaneamente appartengono a uno dei tipi di corpo idrico superficiale cui il sistema è destinato a norma dei requisiti della presente direttiva. I risultati conseguenti a quest'applicazione sono utilizzati per fissare i valori numerici relativi alle corrispondenti delimitazioni tra le classi in ciascun sistema di monitoraggio degli Stati membri.
vii) Entro tre anni
dall'entrata in vigore della presente direttiva
viii)
ix) I risultati dell'operazione di intercalibrazione e i valori fissati per le classificazioni adottate nei sistemi di monitoraggio degli Stati membri sono pubblicati a cura della Commissione entro sei mesi dal completamento dell'operazione stessa.
1.4.2. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato e del potenziale ecologici
i) Per le varie categorie di acque superficiali, lo stato ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico e fisico-chimico relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella qui riportata. Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che riporta la classificazione dello stato ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della medesima tabella per rispecchiare la classificazione dello stato ecologico del corpo idrico.
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Classificazione dello stato ecologico |
Schema cromatico |
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elevato |
blu |
buono |
verde |
sufficiente |
giallo |
scarso |
arancione |
cattivo |
rosso |
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ii) Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali, il potenziale ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico e fisico-chimico relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella qui riportata. Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che riporta la classificazione del potenziale ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato, per i corpi idrici artificiali, nella seconda colonna della medesima tabella e, per quelli fortemente modificati, nella terza.
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Schema cromatico |
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Classificazione del potenziale ecologico |
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Corpi idrici artificiali |
Corpi idrici fortemente modificati |
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buono e oltre |
rigatura uniforme verde e grigio chiaro |
rigatura uniforme verde e grigio scuro |
sufficiente |
rigatura uniforme giallo e grigio chiaro |
rigatura uniforme giallo e grigio scuro |
scarso |
rigatura uniforme arancione e grigio chiaro |
rigatura uniforme arancione e grigio scuro |
cattivo |
rigatura uniforme rosso e grigio chiaro |
rigatura uniforme rosso e grigio scuro |
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|
iii) Gli Stati membri indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui lo stato o il buon potenziale ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici (secondo il regime di conformità previsto dallo Stato membro).
1.4.3. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato chimico
Il corpo idrico che soddisfa tutti gli standard di qualità ambientale fissati nell'allegato IX, all'articolo 21 e ai sensi di altri pertinenti atti normativi comunitari che fissano standard di qualità ambientale è classificato "in buono stato chimico". In caso negativo, il corpo è classificato come corpo cui non è riconosciuto il buono stato chimico.
Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che indica lo stato chimico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della tabella qui riportata per rispecchiare la classificazione dello stato chimico del corpo idrico.
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Classificazione dello stato chimico |
Schema cromatico |
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buono |
blu |
mancato conseguimento dello stato buono |
rosso |
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2.1.1. Prametro per la classificazione dello stato quantitativo
Regime di livello delle acque sotterranee
2.1.2. Definizione di stato quantitativo
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Elementi |
Stato buono |
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|
Livello delle acque sotterranee |
Il livello di acque sotterranee nel corpo sotterraneo è tale che la media annua dell'estrazione a |
|
lungo termine non esaurisca le risorse idriche sotterranee disponibili. |
|
Di conseguenza, il livello delle acque sotterranee non subisce alterazioni antropiche tali da: |
|
- impedire il conseguimento degli obiettivi ecologici specificati all'articolo 4 per le acque |
|
superficiali connesse, |
|
- comportare un deterioramento significativo della qualità di tali acque, |
|
- recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico |
|
sotterraneo. |
|
Inoltre, alterazioni della direzione di flusso risultanti da variazioni del livello possono verificarsi, |
|
su base temporanea o permanente, in un'area delimitata nello spazio; tali inversioni non causano |
|
tuttavia l'intrusione di acqua salata o di altro tipo né imprimono alla direzione di flusso alcuna |
|
tendenza antropica duratura e chiaramente identificabile che possa determinare siffatte |
|
intrusioni. |
|
|
|
|
2.2.1. Rete di monitoraggio del livello delle acque sotterranee
La rete di monitoraggio delle acque sotterranee è istituita a norma dei requisiti di cui agli articoli 7 e 8. Essa è progettata in modo da fornire una stima affidabile dello stato quantitativo di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili. Gli Stati membri inseriscono nel piano di gestione del bacino idrografico una o più mappe che riportano la rete di monitoraggio delle acque sotterranee.
2.2.2. Intervallo spaziale tra i siti di monitoraggio
La rete si articola in sufficienti punti di monitoraggio rappresentativi per stimare il livello delle acque sotterranee di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine e in particolare:
- per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4, fissa un intervallo spaziale tra i punti di monitoraggio sufficiente a valutare l'impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee,
- per i corpi idrici sotterranei le cui acque sotterranee fluiscono attraverso la frontiera di uno Stato membro, designa sufficienti punti di monitoraggio per stimare la direzione e la velocità del flusso di acque sotterranee attraverso la frontiera dello Stato membro.
2.2.3. Frequenza temporale del monitoraggio
La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere di stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:
- per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a valutare l'impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee,
- per i corpi idrici sotterranei le cui acque sotterranee fluiscono attraverso la frontiera di uno Stato membro, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a stimare la direzione e la velocità del flusso di acque sotterranee attraverso la frontiera dello Stato membro.
2.2.4. Interpretazione e presentazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee
I risultati ottenuti grazie alla rete di monitoraggio per un corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei sono utilizzati per calcolare lo stato quantitativo del corpo o dei corpi in questione. Fatto salvo il punto 2.5, gli Stati membri forniscono una mappa basata sulla conseguente constatazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee, conforme allo schema cromatico seguente:
buono: verde
scarso: rosso.
2.3.1. Parametri per la determinazione dello stato chimico delle acque sotterranee
Conduttività
Concentrazioni di inquinanti
2.3.2. Definizione di buono stato chimico delle acque sotterranee
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Elementi |
Stato buono |
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Generali |
La composizione chimica del corpo idrico sotterraneo è tale che le concentrazioni di inquinanti: |
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- sottoindicate non presentano effetti di intrusione salina o di altro tipo, |
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- non superano gli standard di qualità applicabili ai sensi di altri atti normativi comunitari, ai sensi |
|
dell'articolo 17, |
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- non sono tali da impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4 per le acque |
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superficiali connesse né da comportare un deterioramento significativo della qualità ecologica o chimica di tali |
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corpi né da recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico |
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sotterraneo. |
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Conduttività |
Le variazioni della conduttività non indicano intrusioni saline o di altro tipo nel corpo idrico sotterraneo. |
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2.4.1. Rete di monitoraggio delle acque sotterranee
La rete di monitoraggio delle acque sotterranee è istituita a norma dei requisiti degli articoli 7 e 8. Essa è progettata in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico e da rilevare eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo agli inquinanti.
In base alla caratterizzazione e alla valutazione dell'impatto svolte a norma dell'articolo 5 e dell'allegato II, gli Stati membri definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati del programma sono utilizzati per elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per il restante periodo coperto dal piano.
Il piano riporta le stime sul livello di attendibilità e precisione dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.
2.4.2. Monitoraggio di sorveglianza
Obiettivo
Il monitoraggio di sorveglianza è finalizzato a:
- integrare e convalidare la procedura di valutazione dell'impatto,
- fornire informazioni utili per la valutazione delle tendenze a lungo termine risultanti sia da mutamenti delle condizioni naturali che dall'attività dell'uomo.
Selezione dei siti di monitoraggio
È selezionato un numero sufficiente di siti di monitoraggio per:
- i corpi classificati a rischio in base alla caratterizzazione effettuata a norma dell'allegato II, e
- i corpi che attraversano una frontiera degli Stati membri.
Selezione dei parametri
In tutti i corpi idrici sotterranei selezionati il monitoraggio riguarda tutti i parametri fondamentali seguenti:
- tenore di ossigeno,
- valore del pH,
- conduttività,
- nitrati,
- ione ammonio.
Per i corpi che, in base all'allegato II, si ritiene rischino pesantemente di non raggiungere lo stato buono il monitoraggio riguarda anche i parametri indicativi dell'impatto delle pressioni in questione.
I corpi idrici transfrontalieri sono controllati rispetto ai parametri utili per tutelare tutti gli usi cui è destinato il flusso di acque sotterranee.
2.4.3. Monitoraggio operativo
Obiettivo
Il monitoraggio operativo è effettuato nei periodi che intercorrono tra due programmi di monitoraggio di sorveglianza, al fine di:
- constatare lo stato chimico di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei classificati a rischio;
- rilevare le eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo alla concentrazione di inquinanti.
Selezione dei siti di monitoraggio
Il monitoraggio operativo è effettuato su tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei che, in base alla valutazione dell'impatto di cui all'allegato II e al monitoraggio di sorveglianza, risulta rischino di non conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 4. I siti di monitoraggio sono selezionati anche previa valutazione della rappresentatività dei dati ivi rilevati rispetto alla qualità del corpo o corpi idrici sotterranei interessati.
Frequenza temporale del monitoraggio
Il monitoraggio operativo è effettuato nei periodi che intercorrono fra due programmi di monitoraggio di sorveglianza a una frequenza sufficiente a rilevare gli impatti delle pressioni in questione, e comunque almeno una volta l'anno.
2.4.4. Rilevamento delle tendenze riguardo agli inquinanti
Per rilevare le eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo alla concentrazione degli inquinanti, e per invertirle, gli Stati membri si valgono dei dati ottenuti sia con il monitoraggio di sorveglianza che con quello operativo. È stabilito un anno o periodo di riferimento rispetto al quale calcolare le tendenze rilevate. Queste sono calcolate per un corpo idrico sotterraneo o, se del caso, per un gruppo di corpi idrici sotterranei. L'inversione di una tendenza deve essere statisticamente dimostrata e deve essere dichiarato il grado di attendibilità associato al rilevamento.
2.4.5. Interpretazione e presentazione dello stato chimico delle acque sotterranee
Per stabilire lo stato, i risultati ottenuti nei singoli punti di monitoraggio all'interno di un corpo idrico sotterraneo sono aggregati per il corpo nel suo complesso. Fatte salve le direttive applicabili, perché a un corpo idrico sotterraneo sia riconosciuto lo stato buono relativamente ai parametri chimici per i quali la normativa comunitaria fissa standard di qualità ambientale:
- deve essere calcolata la media dei risultati del monitoraggio ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei,
- a norma dell'articolo 17, la conformità al buono stato chimico delle acque sotterraneele deve essere dimostrata dalle medie così calcolate.
Fatto salvo il punto 2.5, gli Stati membri forniscono una mappa dello stato chimico delle acque sotterranee, conforme allo schema cromatico seguente:
buono: verde
scarso: rosso.
Gli Stati membri indicano inoltre con un punto nero sulla mappa i corpi idrici sotterranei cui è impressa, riguardo alle concentrazioni di un qualsiasi inquinante, una tendenza ascendente significativa e duratura dovuta all'impatto di un'attività umana. L'inversione di una di queste tendenze è segnalata sulla mappa da un punto blu.
Tali mappe sono incorporate nel piano di gestione del bacino idrografico.
Gli Stati membri inseriscono nel piano di gestione del bacino idrografico una mappa che riporta, per ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, sia lo stato quantitativo che quello chimico, secondo lo schema cromatico prescritto ai punti 2.2.4 e 2.4.5. Gli Stati membri possono evitare di fornire mappe distinte in applicazione dei punti 2.2.4 e 2.4.5, ma in tal caso devono inoltre indicare sulla mappa prevista al punto 2.4.5, secondo i requisiti di cui al medesimo punto, i corpi cui è impressa una tendenza ascendente significativa e duratura riguardo alla concentrazione di un qualsiasi inquinante o l'eventuale inversione di una tale tendenza.
Allegato VI
Elenchi degli elementi da inserire nei programmi di misure
PARTE A
Misure richieste ai sensi delle seguenti direttive:
i) direttiva 76/160/CEE sulle acque di balneazione
ii) direttiva 79/409/CEE sugli uccelli selvatici
iii) direttiva 80/778/CEE sulle acque destinate al consumo umano, modificata dalla direttiva 98/83/CE
iv) direttiva 96/82/CE sugli incidenti rilevanti (Seveso)
v) direttiva 85/337/CEE sulla valutazione dell'impatto ambientale,
vi) direttiva 86/278/CEE sulla protezione dell'ambiente nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione
vii) direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane
viii) direttiva 91/414/CEE sui prodotti fitosanitari
ix) direttiva 91/676/CEE sui nitrati
x) direttiva 92/43/CEE sugli habitat
xi) direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento
PARTE B
Segue un elenco non tassativo delle eventuali misure supplementari che gli Stati membri possono decidere di adottare all'interno di ciascun distretto idrografico nell'ambito del programma di misure istituito dall'articolo 11, paragrafo 4.
i) provvedimenti legislativi
ii) provvedimenti amministrativi
iii) strumenti economici o fiscali
iv) accordi negoziati in materia ambientale
v) riduzione delle emissioni
vi) codici di buona prassi
vii) ricostituzione e ripristino delle zone umide
viii) riduzione delle estrazioni
ix) misure di gestione della domanda, tra le quali la promozione di una produzione agricola adeguata alla situazione, ad esempio raccolti a basso fabbisogno idrico nelle zone colpite da siccità
x) misure tese a favorire l'efficienza e il riutilizzo, tra le quali l'incentivazione delle tecnologie efficienti dal punto divista idrico nell'industria e tecniche di irrigazione a basso consumo idrico
xi) progetti di costruzione
xii) impianti di desalinizzazione
xiii) progetti di ripristino
xiv) ravvenamento artificiale delle falde acquifere
xv) progetti educativi
xvi) progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione
xvii) altre misure opportune
Allegato VII
Piani di gestione dei bacini idrografici
A. I piani di gestione dei bacini idrografici comprendono i seguenti elementi.
1. Descrizione generale delle caratteristiche del distretto idrografico, a norma dell'articolo 5 e dell'allegato II. Essa include:
1.1. Per le acque superficiali:
- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici,
- rappresentazione cartografica delle ecoregioni e dei tipi di corpo idrico superficiale presenti nel bacino idrografico,
- segnalazione delle condizioni di riferimento per i tipi di corpo idrico superficiale.
1.2. Per le acque sotterranee:
- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici sotterranei.
2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dalle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee, comprese:
- stime sull'inquinamento da fonti puntuali,
- stime sull'inquinamento da fonti diffuse, con sintesi delle utilizzazioni del suolo,
- stime delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, estrazioni comprese,
- analisi degli altri impatti antropici sullo stato delle acque.
3. Specificazione e rappresentazione cartografica delle aree protette, come prescritto dall'articolo 6 e dall'allegato IV.
4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai fini dell'articolo 8 e dell'allegato V e rappresentazione cartografica dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati a norma di dette disposizioni per verificare lo stato delle:
4.1. acque superficiali (stato ecologico e chimico);
4.2. acque sotterranee (stato chimico e quantitativo);
4.3. aree protette.
5. Elenco degli obiettivi ambientali fissati a norma dell'articolo 4 per acque superficiali, acque sotterranee e aree protette, compresa in particolare la specificazione dei casi in cui è stato fatto ricorso all'articolo 4, paragrafi 4, 5, 6 e 7 e alle informazioni connesse imposte da detto articolo.
6. Sintesi dell'analisi economica sull'utilizzo idrico prescritta dall'articolo 5 e dall'allegato III.
7. Sintesi del programma o programmi di misure adottati a norma dell'articolo 11, compresi i conseguenti modi in cui realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 4.
7.1. Sintesi delle misure necessarie per attuare la normativa comunitaria sulla protezione delle acque.
7.2. Relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate in applicazione del principio del recupero dei costi dell'utilizzo idrico in base all'articolo 9.
7.3. Sintesi delle misure adottate per soddisfare i requisiti di cui all'articolo 7.
7.4. Sintesi dei controlli sull'estrazione e l'arginamento delle acque, con rimando ai registri e specificazione dei casi in cui sono state concesse esenzioni a norma dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera e).
7.5. Sintesi dei controlli decisi per gli scarichi in fonti puntuali e per altre attività che producono un impatto sullo stato delle acque a norma dell'articolo 11, paragrafo 3, lettere g) e i).
7.6. Specificazione dei casi in cui sono stati autorizzati, a norma dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera j), scarichi diretti nelle acque sotterranee.
7.7. Sintesi delle misure adottate a norma dell'articolo 16 sulle sostanze prioritarie.
7.8. Sintesi delle misure adottate per prevenire o ridurre l'impatto degli episodi di inquinamento accidentale.
7.9. Sintesi delle misure adottate ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 5, per i corpi idrici per i quali il raggiungimento degli obiettivi enunciati all'articolo 4 è improbabile,
7.10. Particolari delle misure supplementari ritenute necessarie per il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati.
7.11. Particolari delle misure adottate per scongiurare un aumento dell'inquinamento delle acque marine a norma dell'articolo 11, paragrafo 6.
8. Repertorio di eventuali programmi o piani di gestione più dettagliati adottati per il distretto idrografico e relativi a determinati sottobacini, settori, tematiche o tipi di acque, corredato di una sintesi del contenuto.
9. Sintesi delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica, con relativi risultati e eventuali conseguenti modifiche del piano.
10. Elenco delle autorità competenti in base all'allegato I.
11. Referenti e
procedure per ottenere la documentazione e le informazioni di base di cui
all'articolo 14, paragrafo
B. Il primo e i successivi aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico comprendono anche quanto segue:
1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti alla versione precedente del piano di gestione, compresa una sintesi delle revisioni da effettuare a norma dell'articolo 4, paragrafi 4, 5, 6 e 7;
2. valutazione dei progressi registrati per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio relativi al periodo coperto dal piano precedente, e motivazione per l'eventuale mancato raggiungimento degli stessi;
3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella versione precedente del piano di gestione e non realizzate;
4. sintesi di eventuali misure supplementari temporanee adottate a norma dell'articolo 11, paragrafo 5, successivamente alla pubblicazione della versione precedente del piano di gestione del bacino idrografico.
Allegato VIII
Elenco indicativo dei principali inquinanti
1. Composti organoalogenati e sostanze che possano dare origine a tali composti nell'ambiente acquatico
2. Composti organofosforici
3. Composti organostannici
4. Sostanze e preparati, o i relativi prodotti di decomposizione, di cui è dimostrata la cancerogenicità o mutagenicità e che possono avere ripercussioni sulle funzioni steroidea, tiroidea, riproduttiva o su altre funzioni endocrine connesse nell'ambiente acquatico o attraverso di esso
5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili
6. Cianuri
7. Metalli e relativi composti
8. Arsenico e relativi composti
9. Biocidi e prodotti fitosanitari
10. Materia in sospensione
11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (in particolare nitrati e fosfati)
12. Sostanze che
hanno effetti negativi sul bilancio dell'ossigeno (e che possono essere
misurate con parametri come
Allegato IX
Valori limite di emissione e standard di qualità ambientale
I "valori limite" e gli "obiettivi di qualità" stabiliti nell'ambito delle direttive derivate dalla direttiva 76/464/CEE sono considerati, rispettivamente, come valori limite di emissione e standard di qualità ambientale ai fini della presente direttiva. Essi sono stabiliti dalle direttive indicate in appresso:
i) direttiva sugli scarichi di mercurio (82/176/CEE);
ii) direttiva sugli scarichi di cadmio (83/513/CEE);
iii) direttiva sul mercurio (84/156/CEE);
iv) direttiva sugli scarichi di esaclorocicloesano (84/491/CEE);
v) direttiva sugli scarichi di talune sostanze pericolose (86/280/CEE).
Allegato X (31)
Elenco di sostanze prioritarie in materia di acque [*]
|
|
|
|
|
|||
|
Numero CAS [1] |
Numero UE [2] |
Denominazione della sostanza prioritaria |
Identificata come sostanza pericolosa prioritaria |
|||
|
|
|
|
|
|||
(1) |
15972-60-8 |
240-110-8 |
Alaclor |
|
|||
(2) |
120-12-7 |
204-371-1 |
Antracene |
(X) [***] |
|||
(3) |
1912-24-9 |
217-617-8 |
Atrazina |
(X) [***] |
|||
(4) |
71-43-2 |
200-753-7 |
Benzene |
|
|||
(5) |
non applicabile |
non applicabile |
Difenileteri bromati [**] |
X [****] |
|||
(6) |
7440-43-9 |
231-152-8 |
Cadmio e composti |
X |
|||
(7) |
85535-84-8 |
287-476-5 |
C10-13-cloroalcani [**] |
X |
|||
(8) |
470-90-6 |
207-432-0 |
Clorfenvinfos |
|
|||
(9) |
2921-88-2 |
220-864-4 |
Clorpyrifos |
(X) [***] |
|||
(10) |
107-06-2 |
203-458-1 |
1,2-Dicloroetano |
|
|||
(11) |
75-09-2 |
200-838-9 |
Diclorometano |
|
|||
(12) |
117-81-7 |
204-211-0 |
Ftalato di bis(2-etilesile) (DEHP) |
(X) [***] |
|||
(13) |
330-54-1 |
206-354-4 |
Diuron |
(X) [***] |
|||
(14) |
115-29-7 |
204-079-4 |
Endosulfan |
(X) [***] |
|||
|
959-98-8 |
non applicabile |
(alpha-endosulfan) |
|
|||
(15) |
206-44-0 |
205-912-4 |
Fluorantene [*****] |
|
|||
(16) |
118-74-1 |
204-273-9 |
Esaclorobenzene |
X |
|||
(17) |
87-68-3 |
201-765-5 |
Esaclorobutadiene |
X |
|||
(18) |
608-73-1 |
210-158-9 |
Esaclorocicloesano |
X |
|||
|
58-89-9 |
200-401-2 |
(gamma-isomero, lindano) |
|
|||
(19) |
34123-59-6 |
251-835-4 |
Isoproturon |
(X) [***] |
|||
(20) |
7439-92-1 |
231-100-4 |
Piombo e composti |
(X) [***] |
|||
(21) |
7439-97-6 |
231-106-7 |
Mercurio e composti |
X |
|||
(22) |
91-20-3 |
202-049-5 |
Naftalene |
(X) [***] |
|||
(23) |
7440-02-0 |
231-111-4 |
Nichel e composti |
|
|||
(24) |
25154-52-3 |
246-672-0 |
Nonilfenoli |
X |
|||
|
104-40-5 |
203-199-4 |
(4-(para) -nonilfenolo |
|
|||
(25) |
1806-26-4 |
217-302-5 |
Octilfenoli |
(X) [***] |
|||
|
140-66-9 |
non applicabile |
(para-terz-octilfenolo) |
|
|||
(26) |
608-93-5 |
210-172-5 |
Pentachlorobenzene |
X |
|||
(27) |
87-86-5 |
201-778-6 |
Pentaclorofenolo |
(X) [***] |
|||
(28) |
non applicabile |
non applicabile |
Idrocarburi policiclici aromatici |
X |
|||
|
50-32-8 |
200-028-5 |
(Benzo(a) pirene), |
|
|||
|
205-99-2 |
205-911-9 |
(Benzo(b) fluoroantene), |
|
|||
|
191-24-2 |
205-883-8 |
(Benzo(g,h,i) perilene), |
|
|||
|
207-08-9 |
205-916-6 |
(Benzo(k) fluoroantene), |
|
|||
|
193-39-5 |
205-893-2 |
(Indeno(1,2,3-cd) pirene) |
|
|||
(29) |
122-34-9 |
204-535-2 |
Simazina |
(X) [***] |
|||
(30) |
688-73-3 |
211-704-4 |
Composti del tributilstagno |
X |
|||
|
36643-28-4 |
non applicabile |
(Tributilstagno-catione) |
|
|||
(31) |
12002-48-1 |
234-413-4 |
Triclorobenzeni |
(X) [***] |
|||
|
120-82-1 |
204-428-0 |
(1,2,4-triclorobenzene) |
|
|||
(32) |
67-66-3 |
200-663-8 |
Triclorometano (Cloroformio) |
|
|||
(33) |
1582-09-8 |
216-428-8 |
Trifluralin |
(X) [***] |
|||
|
|
||||||
[*] |
Quando si sono selezionati gruppi di sostanze, (tra parentesi e senza numero) sono indicate le singole sostanze tipiche rappresentative sotto forma di parametri indicativi. I controlli saranno diretti a tali singole sostanze, senza pregiudicare per questo l'inserimento di altre sostanze rappresentative, ove fosse necessario. |
|
|||||
[**] |
Questi gruppi di sostanze in genere comprendono un numero consistente di singoli composti. Allo stato attuale non è possibile fornire parametri indicativi appropriati. |
|
|||||
[***] |
Questa sostanza
prioritaria è soggetta ad un riesame per l'eventuale identificazione come
"sostanza pericolosa prioritaria". |
|
|||||
[****] |
Solo ossido di difenile, derivato pentabromato (numero CAS 32534-81-9). |
|
|||||
[*****] |
Il fluoroantene è stato iscritto sull'elenco quale indicatore di altri idrocarburi aromatici policiclici più pericolosi. |
|
|||||
[1] |
CAS: Chemical Abstrackt Services. |
|
|||||
[2] |
Numero UE, ovvero Inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti a carattere commerciale (EINECS) o Lista europea delle sostanze chimiche notificate (ELINCS). |
|
|||||
|
|
|
|||||
|
|
|
|
|
|
||
(31) Allegato aggiunto dall'allegato alla decisione n. 2455/2001/CE in base a quanto stabilito dal suo articolo 1, al quale si rimanda.
Allegato XI
Mappa A
Sistema A: Ecoregioni relative a fiumi e laghi
1. Regione iberica-Macaronesia
2. Pirenei
3. Italia, Corsica e Malta
4. Alpi
5. Balcani occidentali dinarici
6. Balcani occidentali greci
7. Balcani orientali
8. Altipiani occidentali
9. Altipiani centrali
10. Carpazi
11. Bassopiani ungheresi
12. Regione del Mar Nero
13. Pianure occidentali
14. Pianure centrali
15. Regione baltica
16. Pianure orientali
17. Irlanda e Irlanda del Nord
18. Gran Bretagna
19. Islanda
20. Altre terre boreali
21. Tundra
22. Fennoscandia
23. Taiga
24. Caucaso
25. Depressione caspica
Mappa B
Sistema A: Ecoregioni relative ad acque di transizione ed acque costiere
Dichiarazione della Commissione
Nella relazione di
cui all'articolo 17, paragrafo 3,
Reg.
(CE) n. 761/2001 del 19 marzo 2001
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio
sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di
ecogestione e audit (EMAS).
------------------------
(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 24 aprile 2001, n. L 114. Entrato in vigore il 27 aprile 2001.
(2) Si vedano la raccomandazione 2001/680/CE, la decisione 2001/681/CE e la raccomandazione 2003/532/CE, relative agli orientamenti per l'attuazione del presente regolamento.
Il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato
che istituisce
vista la proposta della Commissione (3),
visto il parere del Comitato economico e sociale (4),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato (5), visto il progetto comune approvato dal Comitato di conciliazione il 20 dicembre 2000,
considerando quanto segue:
(1) L'articolo 2
del trattato stabilisce che uno dei compiti della Comunità consiste nel
promuovere in tutta
(2) Il programma
"Per uno sviluppo durevole e sostenibile", presentato dalla
Commissione e la cui impostazione generale è stata approvata con la risoluzione
del 10 febbraio 1993, pone in rilievo il ruolo e le responsabilità delle
organizzazioni per il rafforzamento dell'economia e per la protezione
dell'ambiente in tutta
(3) Il programma "Per uno sviluppo durevole e sostenibile" invita ad ampliare la serie di strumenti nel settore della protezione ambientale e a usare meccanismi di mercato per impegnare le organizzazioni ad adottare un approccio attivo e preventivo nel settore, che non si limiti al rispetto di tutte le disposizioni regolamentari pertinenti in materia di ambiente.
(4)
(5) Il regolamento (CEE) n. 1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993, sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e audit ha mostrato la sua efficacia nel promuovere miglioramenti delle prestazioni ambientali dell'industria.
(6) L'esperienza acquisita con l'applicazione del regolamento (CEE) n. 1836/93 andrebbe usata per potenziare la capacità del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) di migliorare le prestazioni ambientali complessive delle organizzazioni.
(7) EMAS dovrebbe essere messo a disposizione di tutte le organizzazioni che hanno un impatto ambientale e fornire loro i mezzi per gestire tale impatto e migliorare le loro prestazioni ambientali complessive.
(8) In conformità con i principi di sussidiarietà e proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, l'efficacia di EMAS nel migliorare le prestazioni ambientali delle organizzazioni europee può essere meglio realizzata a livello comunitario; il presente regolamento si limita a garantire un'attuazione omogenea di EMAS nella Comunità stabilendo regole, procedure e requisiti essenziali comuni per EMAS e lascia agli Stati membri le misure che possono essere meglio attuate a livello nazionale.
(9) Le organizzazioni dovrebbero essere incoraggiate a partecipare a EMAS su base volontaria e possono ottenere un vantaggio in termini di controllo regolamentare, di risparmio sui costi e di immagine pubblica.
(10) È importante che le piccole e medie imprese partecipino ad EMAS e che la loro partecipazione sia promossa facilitando l'accesso all'informazione, ai fondi di sostegno esistenti e alle istituzioni pubbliche, nonché attraverso l'istituzione o la promozione di misure di assistenza tecnica.
(11) Le informazioni fornite dagli Stati membri devono essere usate dalla Commissione per valutare la necessità di elaborare misure specifiche per una maggiore partecipazione delle organizzazioni, soprattutto le piccole e medie imprese, ad EMAS.
(12) La trasparenza e la credibilità delle organizzazioni che applicano sistemi di gestione ambientale sono potenziate se il loro sistema di gestione, il programma di audit e la dichiarazione ambientale sono esaminati per verificare che corrispondano ai pertinenti requisiti del presente regolamento e se la dichiarazione ambientale e i suoi successivi aggiornamenti sono convalidati da verificatori ambientali accreditati.
(13) È pertanto necessario garantire e migliorare costantemente la competenza dei verificatori ambientali prevedendo un sistema di accreditamento indipendente e neutrale mediante una formazione permanente e un'adeguata sorveglianza delle loro attività per garantire la credibilità generale di EMAS. Di conseguenza, dovrebbe crearsi una stretta cooperazione tra gli organismi nazionali di accreditamento.
(14) Le organizzazioni dovrebbero essere incoraggiate ad elaborare e rendere disponibili dichiarazioni ambientali su base periodica per informare il pubblico ed altri soggetti interessati sulle loro prestazioni ambientali.
(15) Gli Stati membri potrebbero istituire incentivi per incoraggiare le organizzazioni a partecipare a EMAS.
(16)
(17) In aggiunta ai requisiti generali del sistema di gestione ambientale, EMAS attribuisce un particolare significato ai seguenti elementi: conformità giuridica, miglioramento delle prestazioni ambientali, nonché comunicazione esterna e partecipazione dei lavoratori.
(18)
(19) Le misure necessarie per l'attuazione del presente atto sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.
(20) Il presente regolamento dovrebbe essere rivisto, se del caso, alla luce dell'esperienza acquisita dopo un certo periodo di funzionamento.
(21) Le istituzioni europee dovrebbero cercare di adottare i principi sanciti nel presente regolamento.
(22) Il presente regolamento sostituisce il regolamento (CEE) n. 1836/93 che è pertanto abrogato,
hanno adottato il presente regolamento:
------------------------
(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 22 dicembre 1998, n. C 400 e G.U.C.E. 25 luglio 2000, n. C 212 E.
(4) Pubblicato nella G.U.C.E. 22 luglio 1999, n. C 209.
(5) Parere 15 aprile 1999 del Parlamento europeo (G.U.C.E. 30 luglio 1999, n. C 219) confermato il 6 maggio 1999 (G.U.C.E. 1 ottobre 1999, n. C 279), posizione comune 28 febbraio 2000 del Consiglio (G.U.C.E. 8 maggio 2000, n. C 128) e decisione 6 luglio 2000 del Parlamento europeo. Decisione 14 febbraio 2001 del Parlamento europeo e decisione 12 febbraio 2001 del Consiglio.
Articolo 1
Il sistema di ecogestione e audit e i suoi obiettivi.
1. È istituito un sistema comunitario di ecogestione e audit, in appresso denominato "EMAS", al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni, per valutare e migliorare le prestazioni ambientali delle organizzazioni e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni pertinenti.
a) l'introduzione e l'attuazione da parte delle organizzazioni di sistemi di gestione ambientale come indicato nell'Allegato I;
b) la valutazione sistematica, obiettiva e periodica dell'efficacia di tali sistemi come indicato nell'Allegato I;
c) l'informazione sulle prestazioni ambientali e un dialogo aperto con il pubblico ed altri soggetti interessati;
d) la partecipazione attiva dei dipendenti all'organizzazione nonché una formazione professionale di base ed un perfezionamento adeguato tale da rendere possibile la partecipazione attiva ai compiti di cui alla lettera a). Su loro richiesta, partecipano anche i rappresentanti dei dipendenti.
Articolo 2
Definizioni.
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) "politica ambientale": obiettivi e principi generali di azione di un'organizzazione rispetto all'ambiente, ivi compresa la conformità a tutte le pertinenti disposizioni regolamentari sull'ambiente e l'impegno a un miglioramento continuo delle prestazioni ambientali; tale politica ambientale costituisce il quadro per fissare e riesaminare gli obiettivi e i target ambientali;
b) "miglioramento continuo delle prestazioni ambientali": processo di miglioramento, di anno in anno, dei risultati misurabili del sistema di gestione ambientale relativi alla gestione da parte di un'organizzazione dei suoi aspetti ambientali significativi in base alla sua politica e ai suoi obiettivi e ai target ambientali; questo miglioramento dei risultati non deve necessariamente verificarsi simultaneamente in tutti i settori di attività;
c) "prestazione ambientale": i risultati della gestione degli aspetti ambientali da parte dell'organizzazione;
d) "prevenzione dell'inquinamento": impiego di processi, pratiche, materiali o prodotti che evitano, riducono o controllano l'inquinamento, tra cui possono annoverarsi riciclaggio, trattamento, modifiche dei processi, meccanismi di controllo, uso efficiente delle risorse e sostituzione dei materiali;
e) "analisi ambientale": esauriente analisi iniziale dei problemi, dell'impatto e delle prestazioni ambientali connesse all'attività di un'organizzazione (allegato VII);
f) "aspetto ambientale": elemento delle attività, dei prodotti o dei servizi di un'organizzazione che può interagire con l'ambiente (allegato VI); un aspetto ambientale significativo è un aspetto ambientale che ha o può avere un impatto ambientale significativo;
g) "impatto ambientale": qualsiasi modifica all'ambiente, positiva o negativa, derivante in tutto o in parte dalle attività, dai prodotti o dai servizi di un'organizzazione;
h) "programma ambientale": descrizione delle misure (responsabilità e mezzi) adottate o previste per raggiungere obiettivi e target ambientali e relative scadenze;
i) "obiettivo ambientale": obiettivo ambientale complessivo, conseguente alla politica ambientale, che l'organizzazione si prefigge di raggiungere, quantificato per quanto possibile;
j) "target ambientale": requisito particolareggiato di prestazione, quantificato per quanto possibile, applicabile all'organizzazione o a parti di essa, che deriva dagli obiettivi ambientali e deve essere stabilito e raggiunto per conseguire gli obiettivi medesimi;
k) "sistema di gestione ambientale": parte del sistema complessivo di gestione comprendente la struttura organizzativa, le attività di pianificazione, le responsabilità, le pratiche, le procedure, i processi e le risorse per sviluppare, mettere in atto, realizzare, riesaminare e mantenere la politica ambientale;
l) "audit ambientale": strumento di gestione comprendente una valutazione sistematica, documentata, periodica e obiettiva delle prestazioni dell'organizzazione, del sistema di gestione e dei processi destinati a proteggere l'ambiente al fine di:
i) facilitare il controllo gestionale dei comportamenti che possono avere un impatto sull'ambiente;
ii) valutare la conformità alla politica ambientale compresi gli obiettivi e le target ambientali dell'organizzazione (allegato II);
m) "ciclo di audit": periodo in cui tutte le attività di una data organizzazione sono sottoposte ad audit (allegato II);
n) "revisore": individuo o gruppo, appartenente al personale dell'organizzazione o esterno ad essa, che opera per conto della direzione dell'organizzazione, dotato, individualmente o collettivamente, delle competenze di cui all'allegato II, punto 2.4 e sufficientemente indipendente dall'attività che controlla per esprimere un giudizio obiettivo;
o) "dichiarazione ambientale": le informazioni di cui all'allegato III, punto 3.2, lettere da a) a g);
p) "soggetto interessato": individuo o gruppo, comprese le autorità, interessato alle o dalle prestazioni ambientali di un'organizzazione;
q) "verificatore ambientale": qualsiasi persona o organizzazione indipendente dall'organizzazione oggetto di verifica che abbia ottenuto l'accreditamento secondo le condizioni e le procedure di cui all'articolo 4;
r) "sistema di accreditamento": sistema per l'accreditamento e la sorveglianza dei verificatori ambientali, gestito da un'istituzione o organizzazione imparziale designata o creata dallo Stato membro (organismo di accreditamento), dotata di competenze e risorse sufficienti e con procedure adeguate per svolgere le funzioni assegnate dal presente regolamento a tale sistema;
s) "organizzazione": società, azienda, impresa, autorità o istituzione, o parte o combinazione di essi, con o senza personalità giuridica pubblica o privata, che ha amministrazione e funzioni proprie.
L'entità da
registrare come organizzazione ai sensi di EMAS è concordata con il
verificatore ambientale e, se del caso, con gli organismi competenti tenendo
conto degli orientamenti della Commissione, stabiliti conformemente alla
procedura di cui all'articolo 14 paragrafo 2, ma non deve superare i confini di
uno Stato membro. La più piccola entità da considerare corrisponde a un sito.
In circostanze eccezionali riconosciute dalla Commissione conformemente alla
procedura di cui all'articolo 14 paragrafo
t) "sito": tutto il terreno, in una zona geografica precisa, sotto il controllo gestionale di un'organizzazione che comprende attività, prodotti e servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali;
u) "organismi competenti": gli organismi nazionali, regionali o locali, designati dagli Stati membri a norma dell'articolo 5 per svolgere i compiti indicati nel presente regolamento.
Articolo 3
Partecipazione a EMAS.
1. La partecipazione a EMAS è aperta a qualsiasi organizzazione che intenda migliorare le sue prestazioni ambientali complessive.
2. Per la registrazione EMAS un'organizzazione deve:
a) effettuare un'analisi ambientale delle sue attività, dei suoi prodotti e servizi, conformemente all'allegato VII relativamente alle questioni figuranti nell'allegato VI, e alla luce dell'esito di tale analisi, attuare un sistema di gestione ambientale che soddisfi tutti i requisiti di cui all'allegato I, in particolare il rispetto della legislazione ambientale in materia.
Tuttavia, le organizzazioni che hanno un sistema di gestione ambientale certificato, riconosciuto ai sensi dell'articolo 9, non hanno necessità di svolgere un'analisi ambientale formale per passare all'applicazione di EMAS se le informazioni necessarie per identificare e valutare gli aspetti ambientali dell'allegato VI sono fornite dal sistema di gestione ambientale certificato;
b) effettuare o far effettuare, conformemente ai requisiti dell'allegato II, audit ambientali che siano impostati in modo da valutare le prestazioni ambientali dell'organizzazione;
c) elaborare una dichiarazione ambientale conformemente all'allegato III, punto 3.2, nella quale sia riservata un'attenzione particolare ai risultati dell'organizzazione in relazione ai suoi obiettivi e target ambientali e al miglioramento continuo della sua prestazione ambientale e nella quale si tenga conto delle necessità in materia di informazione dei soggetti interessati;
d) aver fatto esaminare la sua analisi ambientale, ove applicabile, il sistema di gestione, la procedura di audit e la dichiarazione ambientale per verificarne la conformità ai pertinenti requisiti del presente regolamento e fare convalidare da parte del verificatore ambientale la dichiarazione ambientale per garantire il rispetto dei requisiti dell'allegato III;
e) trasmettere la dichiarazione ambientale convalidata all'organismo competente dello Stato membro in cui è situata l'organizzazione che chiede la registrazione e, dopo la registrazione, metterla a disposizione del pubblico.
3. Per mantenere la registrazione EMAS, un'organizzazione deve:
a) far verificare il sistema di gestione ambientale e il programma di audit conformemente ai requisiti dell'allegato V, punto 5.6;
b) trasmettere i
necessari aggiornamenti annuali convalidati della sua dichiarazione ambientale
all'organismo competente e metterli a disposizione del pubblico. Si può
derogare a tale frequenza di aggiornamento in circostanze stabilite dalla
Commissione negli orientamenti adottati secondo la procedura di cui
all'articolo 14, paragrafo
Articolo 4
Sistema di accreditamento.
1. Gli Stati membri istituiscono un sistema per l'accreditamento di verificatori ambientali indipendenti e per la sorveglianza delle loro attività. A tal fine gli Stati membri possono ricorrere alle istituzioni di accreditamento esistenti o agli organismi competenti di cui all'articolo 5 o designare o istituire qualsiasi altro organismo dotato di uno status appropriato.
Gli Stati membri provvedono affinché la composizione di questi sistemi sia tale da garantire la loro indipendenza e imparzialità nell'esecuzione dei loro compiti.
2. Gli Stati membri provvedono affinché questi sistemi siano pienamente operativi entro 12 mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.
3. Gli Stati membri garantiscono un'adeguata consultazione dei soggetti interessati nell'istituire e orientare i sistemi di accreditamento.
5. I verificatori ambientali accreditati in uno Stato membro possono svolgere attività di verifica in qualsiasi altro Stato membro conformemente alle disposizioni dell'allegato V. L'inizio dell'attività di verifica è notificato allo Stato membro in cui essa avviene e detta attività è soggetta alla sorveglianza del sistema di accreditamento del suddetto.
6. Gli Stati membri
informano
7.
8. Gli organismi di accreditamento istituiscono un forum composto da tutti gli organismi di accreditamento con il compito di fornire alla Commissione gli elementi e i mezzi per adempiere ai suoi obblighi di cui al paragrafo 7. Il forum si riunisce almeno una volta all'anno e alle riunioni partecipa un rappresentante della Commissione.
Il forum elabora, se del caso, orientamenti su questioni concernenti l'accreditamento, la competenza e la sorveglianza dei verificatori. I documenti di orientamento elaborati sono sottoposti alla procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2.
Ai fini di uno sviluppo armonizzato del funzionamento degli organismi di accreditamento e del processo di verifica in tutti gli Stati membri, il forum elabora procedure per un processo di valutazione inter pares volto ad assicurare che i sistemi di accreditamento degli Stati membri rispettino le disposizioni del presente regolamento. Una relazione delle attività inter pares è trasmessa alla Commissione, che la fa pervenire per informazione al comitato di cui all'articolo 14, paragrafo 1 e la porta a conoscenza del pubblico.
Articolo 5
Organismi competenti.
1. Ogni Stato
membro designa, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento,
l'organismo competente responsabile dell'esecuzione dei compiti previsti dal
presente regolamento, in particolare per quanto riguarda gli articoli 6 e 7, e
ne informa
2. Gli Stati membri provvedono affinché la composizione degli organismi competenti sia tale da garantirne l'indipendenza ed imparzialità e che essi applichino in modo coerente le disposizioni del presente regolamento.
3. Gli Stati membri elaborano linee guida per la sospensione e la cancellazione della registrazione delle organizzazioni, ad uso degli organismi competenti. Gli organismi competenti elaborano in particolare di procedure per:
- l'esame delle osservazioni dei soggetti interessati sulle organizzazioni registrate, e
- il rifiuto di registrazione, la cancellazione o la sospensione di organizzazioni dalla registrazione.
5. Gli organismi competenti di tutti gli Stati membri si riuniscono almeno una volta all'anno e alle riunioni partecipa un rappresentante della Commissione. L'obiettivo di queste riunioni è garantire la coerenza delle procedure concernenti la registrazione EMAS delle organizzazioni, comprese la sospensione e la cancellazione della registrazione. Gli organismi competenti introducono un processo di valutazione inter pares per sviluppare una comprensione comune del loro approccio pratico in materia di registrazione. Una relazione delle attività inter pares è trasmessa alla Commissione che la fa pervenire per informazione al comitato di cui all'articolo 14, paragrafo 1 e la rende pubblica.
Articolo 6
Registrazione delle organizzazioni.
La registrazione delle organizzazioni è a cura degli organismi competenti nei seguenti casi:
1. Se un organismo competente
- ha ricevuto una dichiarazione ambientale convalidata, e
- ha ricevuto dall'organizzazione un modulo compilato che comprende almeno le informazioni contenute nell'allegato VIII, e
- ha ricevuto gli eventuali diritti di registrazione che possono essere dovuti ai sensi dell'articolo 16, e
- ha appurato, sulla base degli elementi ricevuti, e in particolare attraverso la richiesta all'autorità competente in materia di controllo di informazioni sul fatto che l'organizzazione ottemperi alla legislazione ambientale applicabile, che l'organizzazione soddisfa tutti i requisiti del presente regolamento,
esso registra l'organizzazione richiedente e le assegna un numero di registrazione. L'organismo competente informa la direzione dell'organizzazione che quest'ultima figura nel registro.
2. Se un organismo competente riceve un rapporto di sorveglianza da un organismo di accreditamento che mostri come le attività del verificatore non siano state svolte in maniera tale da garantire l'osservanza delle prescrizioni del presente regolamento da parte dell'organizzazione candidata, la registrazione è, a seconda dei casi, rifiutata o sospesa fino a quando non sia adeguatamente attestata conformità dell'organizzazione a EMAS.
3. Se un'organizzazione non presenta all'organismo competente entro tre mesi dalla data in cui ciò le è stato richiesto:
- gli aggiornamenti annuali convalidati della dichiarazione ambientale, o
- un modulo compilato dall'organizzazione contenente almeno le informazioni di cui all'allegato VIII, o
- gli eventuali diritti di registrazione,
l'organizzazione è sospesa o cancellata dal registro, a seconda dei casi, in funzione della natura e della portata della inadempienza. L'organismo competente informa la direzione dell'organizzazione dei motivi delle misure adottate.
4. Se in qualsiasi momento un organismo competente stabilisce, in base a prove ricevute, che l'organizzazione non rispetta più una o più condizioni del presente regolamento, l'organizzazione è sospesa o cancellata dal registro, a seconda dei casi, in funzione della natura e della portata della inadempienza.
Se un organismo competente è informato dall'autorità competente in materia di controllo che l'organizzazione ha violato le pertinenti disposizioni regolamentari concernenti la tutela dell'ambiente, esso rifiuta la registrazione di detta organizzazione o la sospende dal registro, a seconda dei casi.
5. Il rifiuto di registrazione, la sospensione o la cancellazione delle organizzazioni dal registro comportano la consultazione dei soggetti interessati in modo che l'organismo competente disponga degli elementi necessari per prendere la sua decisione. L'organismo competente informa la direzione dell'organizzazione dei motivi delle misure adottate e della discussione con l'autorità competente in materia di controllo.
6. Il rifiuto o la sospensione sono revocati se l'organismo competente riceve informazioni convincenti che l'organizzazione soddisfa i requisiti di EMAS o riceve dall'autorità competente in materia di controllo informazioni convincenti del fatto che è stato posto rimedio alla violazione e che l'organizzazione ha adottato provvedimenti soddisfacenti per garantire che essa non si ripeterà.
Articolo 7
Elenco delle organizzazioni registrate e dei verificatori ambientali.
2. Gli organismi competenti elaborano e tengono un elenco delle organizzazioni registrate nei rispettivi Stati membri che aggiornano mensilmente. Gli organismi competenti comunicano ogni mese alla Commissione, direttamente o attraverso le autorità nazionali, così come deciso dallo Stato membro interessato, le modifiche a questo elenco e possono organizzare presso la rete di organismi locali delegati un sistema di scambio di informazioni ripartito per settori economici e aree di competenza.
3. Il registro dei verificatori ambientali e delle organizzazioni registrate in EMAS è tenuto dalla Commissione che lo mette a disposizione del pubblico.
Articolo 8
Logo.
1. Le organizzazioni che partecipano a EMAS possono utilizzare il logo che figura nell'allegato IV solo se sono in possesso di una valida registrazione EMAS. Specifiche tecniche relative alla riproduzione del logo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2 e pubblicate dalla Commissione.
2. Il logo EMAS può essere usato dalle organizzazioni nei casi seguenti:
a) sulle
informazioni convalidate, così come descritto all'allegato III, punto
b) sulle dichiarazioni ambientali convalidate (in tal caso deve essere utilizzata la versione 2 del logo, di cui all'allegato IV);
c) sulle intestazioni di lettere dell'organizzazione registrata (in tal caso deve essere utilizzata la versione 1 del logo di cui all'allegato IV);
d) sulle informazioni che pubblicizzano la partecipazione di un'organizzazione EMAS (in tal modo deve essere utilizzata la versione 1 del logo di cui all'allegato IV);
e) sulla o nella pubblicità di prodotti, attività e servizi, solo in circostanze stabilite secondo gli indirizzi della Commissione adottati conformemente all'articolo 14, paragrafo 2, che hanno lo scopo di evitare ogni confusione con le etichette ecologiche dei prodotti.
3. Il logo non può essere usato nei casi seguenti:
a) sui prodotti o i loro imballaggi,
b) in associazione con asserzioni comparative relative a altri prodotti, attività e servizi.
Articolo 9
Rapporti con le norme europee e internazionali.
1. Le organizzazioni che applicano, per questioni ambientali rilevanti ai fini di EMAS, norme europee o internazionali per le quali hanno ottenuto, secondo opportune procedure di certificazione, un certificato di conformità, sono ritenute essere in possesso dei corrispondenti requisiti del presente regolamento a condizione che:
a) le norme siano riconosciute dalla Commissione che delibera secondo la procedura di cui all'articolo 14 paragrafo 2;
b) i requisiti per l'accreditamento degli organismi di certificazione siano riconosciuti dalla Commissione che delibera secondo la procedura di cui all'articolo 14 paragrafo 2.
I riferimenti delle norme riconosciute (comprese le sezioni di EMAS cui si applicano) e i requisiti per l'accreditamento riconosciuti sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
2. Per consentire la registrazione EMAS delle organizzazioni di cui al paragrafo 1, le organizzazioni interessate devono dimostrare al verificatore la conformità ai requisiti non coperti dalle norme riconosciute.
Articolo 10
Rapporti con altre normative in materia ambientale nella Comunità.
a) la normativa comunitaria, o
b) le leggi nazionali o le norme tecniche non disciplinate dal diritto comunitario, né
c) i doveri delle organizzazioni derivanti da tali leggi e norme relativamente ai controlli ambientali.
2. Gli Stati membri dovrebbero studiare come tener conto della registrazione EMAS, ottenuta conformemente al presente regolamento, nell'attuazione e nell'esecuzione della legislazione ambientale la fine di evitare inutili duplicazioni di attività sia da parte delle organizzazioni che delle autorità competenti in materia di controllo.
Gli Stati membri
informano
Articolo 11
Promozione della partecipazione delle organizzazioni, in particolare delle piccole e medie imprese.
1. Gli Stati membri promuovono la partecipazione delle organizzazioni a EMAS e, in particolare, valutano la necessità di garantire la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI)
- facilitando l'accesso alle informazioni, ai fondi di sostegno, alle istituzioni pubbliche e ai pubblici appalti, salve le norme comunitarie in materia di pubblici appalti;
- stabilendo o promuovendo misure di assistenza tecnica, soprattutto in connessione con iniziative di opportuni soggetti professionali o punti di contatto locali (ad esempio, autorità locali, camere di commercio, associazioni professionali o di categoria);
- assicurandosi che spese ragionevoli di registrazione incoraggino una maggior partecipazione.
Per promuovere la partecipazione delle PMI comprese quelle concentrate in aree geografiche ben definite, le autorità locali, di concerto con le associazioni di settore, le camere di commercio e i soggetti interessati, possono fornire assistenza per identificare gli impatti ambientali significativi. Le PMI possono usare queste informazioni per definire il loro programma ambientale e stabilire gli obiettivi e i target del loro sistema di gestione EMAS. Inoltre possono essere elaborati a livello regionale o nazionale programmi per incoraggiare la partecipazione delle PMI, come un percorso graduale che si concluda con la registrazione EMAS. Il sistema deve funzionare in modo da evitare eccessivi oneri amministrativi per i partecipanti, in particolare le piccole organizzazioni.
2. Per incoraggiare
la partecipazione delle organizzazioni a EMAS,
3. Gli Stati membri
informano
Articolo 12
Informazione.
1. Ogni Stati membro prende le opportune misure per garantire che:
a) le organizzazioni siano informate del contenuto del presente regolamento,
b) il pubblico sia informato degli obiettivi e degli elementi principali dell'EMAS.
Se del caso, gli Stati membri ricorrono, in collaborazione, tra l'altro, con le associazioni imprenditoriali e di difesa dei consumatori, le organizzazioni ambientaliste, i sindacati e gli enti locali, in particolare, a pubblicazioni professionali, riviste locali, campagne promozionali o qualsiasi altro mezzo idoneo a promuovere una sensibilizzazione generalizzata su EMAS.
2. Gli Stati membri
informano
3.
Articolo 13
Infrazioni.
Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti legali o amministrativi in caso di inosservanza del disposto del presente regolamento e li comunicano alla Commissione.
Articolo 14
Comitato.
1.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, nell'osservanza dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 15
Revisione.
1. Al più tardi
cinque anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento,
2. Tutti gli allegati del presente regolamento, tranne l'allegato V, sono adeguati dalla Commissione che delibera secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, alla luce dell'esperienza acquisita con il funzionamento di EMAS e secondo le necessità individuate per gli orientamenti sui requisiti EMAS.
3. Non più tardi di
cinque anni dopo l'entrata in vigore del regolamento,
Articolo 16
Costi e diritti.
1. Secondo modalità stabilite dagli Stati membri può essere predisposto un sistema di diritti per le spese amministrative sostenute per le procedure di registrazione delle organizzazioni e per l'accreditamento e la sorveglianza dei verificatori ambientali nonché per altre spese connesse di EMAS.
2. Gli Stati membri
informano
Articolo 17
Abrogazione del regolamento (CEE) n. 1836/93.
1. Il regolamento
(CEE) n. 1836/93 è abrogato alla data dell'entrata in vigore del presente
regolamento secondo quanto disposto nei paragrafi da
2. I sistemi di accreditamento e gli organismi competenti nazionali istituiti in virtù del regolamento (CEE) n. 1836/93 restano in vigore. Gli Stati membri modificano le procedure seguite dai sistemi di accreditamento e dagli organismi competenti in relazione alle corrispondenti disposizioni del presente regolamento. Gli Stati membri garantiscono che questi sistemi siano pienamente operativi entro i 12 mesi successivi all'entrata in vigore del presente regolamento.
3. I verificatori ambientali accreditati conformemente al regolamento (CEE) n. 1836/93 possono continuare a svolgere le loro attività nel rispetto delle prescrizioni del presente regolamento.
4. I Siti registrati ai sensi del regolamento (CEE) n. 1836/93 rimangono nel registro EMAS. I nuovi requisiti del presente regolamento applicabili alle organizzazioni sono accertati in occasione della verifica successiva di un sito. Se la verifica successiva deve essere effettuata prima del semestre successivo all'entrata in vigore del presente regolamento, la data della verifica seguente può essere rinviata di 6 mesi d'intesa con il verificatore ambientale e con gli organismi competenti.
5. I paragrafi 3 e 4 si applicano altresì ai verificatori ambientali accreditati e ai siti registrati a norma dell'articolo 14 del regolamento (CEE) n. 1836/93, sempre che gli organismi responsabili dell'accreditamento e gli organismi competenti convengano che i verificatori e i siti registrati posseggono tutti i requisiti del regolamento (CEE) n. 1836/93 e lo notifichino alla Commissione.
Articolo 18
Entrata in vigore.
Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, 19 marzo 2001.
Per il Parlamento europeo
N. Fontaine
Per il Consiglio
Il Presidente
A. Lindh
Allegato I
A. Requisiti del sistema di gestione ambientale (6)
Le organizzazioni che aderiscono al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) devono conformarsi ai requisiti della norma EN ISO 14001:2004, che sono descritti nella sezione 4 della norma europea [*] e integralmente riportati di seguito.
I-A. Requisiti del sistema di gestione ambientale
I-A.1. Requisiti generali
L'organizzazione deve stabilire, documentare, attuare, mantenere attivo e migliorare in continuo un sistema di gestione ambientale in conformità ai requisiti della presente norma internazionale e determinare come esso soddisfi tali requisiti.
L'organizzazione deve definire e documentare il campo di applicazione del proprio sistema di gestione ambientale.
I-A.2. Politica ambientale
L'alta direzione deve definire la politica ambientale dell'organizzazione e assicurare che, all'interno del campo di applicazione definito per il proprio sistema di gestione ambientale, essa:
a) sia appropriata alla natura, alla dimensione e agli impatti ambientali delle proprie attività, prodotti e servizi;
b) includa un impegno al miglioramento continuo e alla prevenzione dell'inquinamento;
c) includa un impegno al rispetto delle prescrizioni legali applicabili e delle altre prescrizioni che l'organizzazione sottoscrive, che riguardano i propri aspetti ambientali;
d) fornisca il quadro di riferimento per stabilire e riesaminare gli obiettivi e i traguardi ambientali;
e) sia documentata, attuata e mantenuta attiva;
f) sia comunicata a tutte le persone che lavorano per l'organizzazione o per conto di essa;
g) sia disponibile al pubblico.
I-A.3. Pianificazione
I-A.3.1. Aspetti ambientali
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per:
a) identificare gli aspetti ambientali delle proprie attività, prodotti e servizi che, all'interno del campo di applicazione definito per il sistema di gestione ambientale, l'organizzazione può tenere sotto controllo e quelli sui quali essa può esercitare un'influenza, tenendo conto degli sviluppi nuovi o pianificati, o di attività, prodotti e servizi nuovi o modificati;
b) determinare quegli aspetti che hanno o possono avere impatto/i significativo/i sull'ambiente (ovvero gli aspetti ambientali significativi).
L'organizzazione deve documentare e mantenere aggiornate queste informazioni.
L'organizzazione deve assicurare che gli aspetti ambientali significativi siano tenuti in considerazione nello stabilire, attuare e mantenere attivo il proprio sistema di gestione ambientale.
__________
[*] Il testo riportato nel presente allegato è utilizzato con il consenso del CEN. Il testo integrale può essere acquistato presso gli enti nazionali di normazione il cui elenco figura nel presente allegato. È vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, del presente allegato a fini commerciali.
I-A.3.2. Prescrizioni legali e altre prescrizioni
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per:
a) identificare e avere accesso alle prescrizioni legali applicabili e alle altre prescrizioni che l'organizzazione sottoscrive che riguardano i propri aspetti ambientali;
b) determinare come tali prescrizioni si applicano ai propri aspetti ambientali.
L'organizzazione deve assicurare che tali prescrizioni legali applicabili e altre prescrizioni che l'organizzazione sottoscrive siano tenute in considerazione nello stabilire, attuare e mantenere attivo il proprio sistema di gestione ambientale.
I-A.3.3. Obiettivi, traguardi e programma/i
L'organizzazione deve, per ogni funzione e livello pertinente, stabilire, attuare e mantenere attivi obiettivi e traguardi ambientali documentati.
Gli obiettivi e i traguardi devono essere misurabili, ove possibile, e devono essere coerenti con la politica ambientale, compresi gli impegni alla prevenzione dell'inquinamento, al rispetto delle prescrizioni legali applicabili e delle altre prescrizioni che l'organizzazione sottoscrive, al miglioramento continuo.
Quando stabilisce e riesamina i propri obiettivi e traguardi, un'organizzazione deve tenere in considerazione le prescrizioni legali e le altre prescrizioni che l'organizzazione stessa sottoscrive, e i propri aspetti ambientali significativi. Deve anche considerare le proprie opzioni tecnologiche, le proprie esigenze finanziarie, operative e commerciali, e i punti di vista delle parti interessate.
Per raggiungere i propri obiettivi e traguardi, l'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attivi uno o più programmi. Il/I programma/i deve/devono contenere:
a) l'indicazione delle responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi e dei traguardi per ogni funzione e livello pertinente dell'organizzazione;
b) i mezzi ed i tempi attraverso i quali essi devono essere raggiunti.
I-A.4. Attuazione e funzionamento
I-A.4.1. Risorse, ruoli, responsabilità e autorità
La direzione deve assicurare la disponibilità delle risorse indispensabili per stabilire, attuare, mantenere attivo e migliorare il sistema di gestione ambientale. Esse comprendono le risorse umane e le competenze specialistiche, le infrastrutture organizzative, le tecnologie e le risorse finanziarie.
Al fine di agevolare una gestione ambientale efficace, ruoli, responsabilità e autorità devono essere definiti, documentati e comunicati.
L'alta direzione dell'organizzazione deve nominare un apposito rappresentante della direzione, o più di uno, il quale, indipendentemente da altre responsabilità, deve avere ruoli, responsabilità e autorità definiti per:
a) assicurare che il sistema di gestione ambientale sia stabilito, attuato e mantenuto attivo in conformità ai requisiti della presente norma internazionale;
b) riferire all'alta direzione sulle prestazioni del sistema di gestione ambientale al fine del riesame, comprese le raccomandazioni per il miglioramento.
I-A.4.2. Competenza, formazione e consapevolezza
L'organizzazione deve assicurare che qualsiasi persona che esegua, per l'organizzazione stessa o per conto di essa, compiti che possono causare uno o più impatti ambientali significativi identificati dall'organizzazione, abbia acquisito la competenza necessaria mediante appropriata istruzione, formazione o esperienza, e deve conservarne le relative registrazioni.
L'organizzazione deve identificare le necessità formative in relazione ai propri aspetti ambientali ed al proprio sistema di gestione ambientale. Essa deve provvedere alla formazione o intraprendere altre azioni per soddisfare tali necessità, e deve conservarne le relative registrazioni.
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure affinché le persone che lavorano per l'organizzazione, o per conto di essa, siano consapevoli:
a) dell'importanza della conformità alla politica ambientale, alle procedure e ai requisiti del sistema di gestione ambientale;
b) degli aspetti ambientali significativi e dei relativi impatti ambientali, reali o potenziali, associati al proprio lavoro e dei benefici per l'ambiente dovuti al miglioramento delle proprie prestazioni individuali;
c) dei propri ruoli e delle proprie responsabilità nell'ottenimento della conformità ai requisiti del sistema di gestione ambientale;
d) delle conseguenze potenziali di scostamenti rispetto alle procedure specificate.
I-A.4.3. Comunicazione
L'organizzazione deve, in relazione ai propri aspetti ambientali ed al proprio sistema di gestione ambientale, stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per:
a) assicurare la comunicazione interna tra i differenti livelli e le diverse funzioni dell'organizzazione;
b) ricevere, documentare e rispondere alle richieste pertinenti provenienti dalle parti esterne interessate.
L'organizzazione deve decidere se comunicare all'esterno riguardo ai propri aspetti ambientali significativi e deve documentare la propria decisione. Se l'organizzazione decide di comunicare all'esterno, essa deve stabilire ed attuare uno o più metodi di comunicazione esterna.
I-A.4.4. Documentazione
La documentazione del sistema di gestione ambientale deve comprendere:
a) la politica ambientale, gli obiettivi e i traguardi;
b) la descrizione del campo di applicazione del sistema di gestione ambientale;
c) la descrizione dei principali elementi del sistema di gestione ambientale e delle loro interazioni, nonché il riferimento ai documenti correlati;
d) i documenti, comprese le registrazioni, richiesti dalla presente norma internazionale;
e) i documenti, comprese le registrazioni, che l'organizzazione ritiene necessari per assicurare una pianificazione, un funzionamento ed un controllo efficaci dei processi relativi ai propri aspetti ambientali significativi.
I-A.4.5. Controllo dei documenti
I documenti richiesti dal sistema di gestione ambientale e dalla presente norma internazionale devono essere tenuti sotto controllo. Le registrazioni sono documenti di tipo particolare e devono essere tenute sotto controllo in conformità ai requisiti indicati nel punto A.5.4.
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per:
a) approvare i documenti ai fini della loro adeguatezza prima dell'emissione;
b) riesaminare e, qualora necessario, aggiornare e riapprovare i documenti;
c) assicurare che le modifiche e lo stato di revisione corrente dei documenti siano identificati;
d) assicurare che le edizioni appropriate dei documenti applicabili siano disponibili in tutti i luoghi d'uso;
e) assicurare che i documenti rimangano leggibili e facilmente identificabili;
f) assicurare che i documenti di origine esterna, che l'organizzazione ritiene necessari per la pianificazione e il funzionamento del sistema di gestione ambientale, siano identificati e che la loro distribuzione sia tenuta sotto controllo;
g) impedire l'uso involontario di documenti obsoleti e applicare ad essi un'adeguata identificazione se per una qualsiasi ragione vengono conservati.
I-A.4.6. Controllo operativo
L'organizzazione deve identificare e pianificare le operazioni che sono associate agli aspetti ambientali significativi identificati, in conformità alla propria politica ambientale, ai propri obiettivi e ai propri traguardi, al fine di assicurare che siano condotte nelle condizioni specificate:
a) stabilendo, attuando e mantenendo attive una o più procedure documentate per tenere sotto controllo situazioni in cui l'assenza di procedure documentate potrebbe portare a difformità rispetto alla politica ambientale, agli obiettivi e ai traguardi;
b) elaborando, nella/e procedura/e, i criteri operativi;
c) stabilendo, attuando e mantenendo attive le procedure concernenti gli aspetti ambientali significativi identificati dei beni e dei servizi utilizzati dall'organizzazione e comunicando ai fornitori, compresi gli appaltatori, le procedure e i requisiti ad essi applicabili.
I-A.4.7. Preparazione e risposta alle emergenze
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per individuare le potenziali situazioni di emergenza e i potenziali incidenti che possono avere un impatto sull'ambiente e le modalità di risposta ad essi.
L'organizzazione deve rispondere alle situazioni di emergenza e agli incidenti reali e prevenire o mitigare gli impatti ambientali negativi ad essi associati.
L'organizzazione deve periodicamente riesaminare e, allorché necessario, revisionare le sue procedure di preparazione e risposta alle emergenze, in particolare dopo che si sono verificati incidenti o situazioni di emergenza.
L'organizzazione deve inoltre sottoporre periodicamente a prova queste procedure, ove possibile.
I-A.5. Verifica
I-A.5.1. Sorveglianza e misurazione
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per sorvegliare e misurare, regolarmente, le principali caratteristiche delle proprie operazioni che possono avere un impatto ambientale significativo. La/e procedura/e deve/devono comprendere la documentazione delle informazioni che consentono di sorvegliare l'andamento delle prestazioni, dei controlli operativi applicabili e della conformità agli obiettivi e ai traguardi ambientali dell'organizzazione.
L'organizzazione deve assicurare che sia utilizzata, e sottoposta a manutenzione, attrezzatura di sorveglianza e misurazione tarata o verificata e deve conservarne le relative registrazioni.
I-A.5.2. Valutazione del rispetto delle prescrizioni
I-A.5.2.1. Coerentemente con il proprio impegno al rispetto delle prescrizioni, l'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per la valutazione periodica del rispetto delle prescrizioni legali applicabili.
L'organizzazione deve conservare le registrazioni dei risultati delle valutazioni periodiche.
I-A.5.2.2. L'organizzazione deve valutare il rispetto delle altre prescrizioni che essa sottoscrive. L'organizzazione, se lo desidera, può combinare tale valutazione con la valutazione del rispetto delle prescrizioni legali di cui al punto A.5.2.1 o stabilire una o più procedure separate.
L'organizzazione deve conservare le registrazioni dei risultati delle valutazioni periodiche.
I-A.5.3. Non conformità, azioni correttive e azioni preventive
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per trattare le non conformità reali o potenziali e per intraprendere azioni correttive e azioni preventive. La/e procedura/e deve/devono definire i requisiti per:
a) identificare e correggere le non conformità e intraprendere azioni per mitigare i relativi impatti ambientali;
b) esaminare le non conformità, determinarne la/e causa/e e intraprendere azioni al fine di impedirne il ripetersi;
c) valutare la necessità di azioni tese a prevenire le non conformità ed attuare le azioni appropriate identificate per impedirne il verificarsi;
d) registrare i risultati delle azioni correttive e delle azioni preventive intraprese;
e) riesaminare l'efficacia delle azioni correttive e delle azioni preventive intraprese. Le azioni intraprese devono essere adeguate all'importanza dei problemi e agli impatti ambientali fronteggiati.
L'organizzazione deve assicurare che alla documentazione del sistema di gestione ambientale siano apportate tutte le modifiche necessarie.
I-A.5.4. Controllo delle registrazioni
L'organizzazione deve stabilire e mantenere attive le registrazioni necessarie a dimostrare la conformità ai requisiti del proprio sistema di gestione ambientale e della presente norma internazionale e i risultati ottenuti.
L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive una o più procedure per l'identificazione, l'archiviazione, la protezione, la reperibilità, la conservazione e l'eliminazione delle registrazioni.
Le registrazioni devono essere leggibili, identificabili e rintracciabili e devono restare tali.
I-A.5.5. Audit interno
L'organizzazione deve assicurare che siano condotti audit interni del sistema di gestione ambientale a intervalli pianificati al fine di:
a) determinare se il sistema di gestione ambientale:
- è conforme a quanto è stato pianificato per la gestione ambientale, compresi i requisiti della presente norma internazionale,
- è stato correttamente attuato ed è mantenuto attivo;
b) fornire alla direzione informazioni sui risultati degli audit.
Uno o più programmi di audit devono essere pianificati, stabiliti, attuati e mantenuti attivi dall'organizzazione, tenendo in considerazione l'importanza ambientale della/e operazione/i esaminata/e e i risultati degli audit precedenti.
Devono essere stabilite, attuate e mantenute attive una o più procedure di audit che indichino:
- le responsabilità e i requisiti per pianificare e condurre gli audit, per riportarne i risultati e per conservarne le relative registrazioni,
- la determinazione dei criteri, del campo di applicazione, della frequenza e della metodologia degli audit.
La selezione degli auditor e la conduzione degli audit devono assicurare l'obiettività e l'imparzialità del processo di audit.
I-A.6. Riesame della direzione
L'alta direzione deve riesaminare il sistema di gestione ambientale dell'organizzazione, ad intervalli pianificati, per assicurare che esso continui ad essere idoneo, adeguato ed efficace. I riesami devono comprendere la valutazione delle opportunità di miglioramento e la necessità di apportare modifiche al sistema di gestione ambientale, compresi politica, obiettivi e traguardi ambientali. Le registrazioni dei riesami della direzione devono essere conservate.
Gli elementi in ingresso per i riesami della direzione devono comprendere:
a) i risultati degli audit interni e delle valutazioni sul rispetto delle prescrizioni legali e delle altre prescrizioni che l'organizzazione sottoscrive;
b) le comunicazioni provenienti dalle parti esterne interessate, compresi i reclami;
c) la prestazione ambientale dell'organizzazione;
d) il grado di raggiungimento degli obiettivi e dei traguardi;
e) lo stato delle azioni correttive e preventive;
f) lo stato di avanzamento delle azioni previste dai precedenti riesami della direzione;
g) il cambiamento di situazioni circostanti, comprese le evoluzioni delle prescrizioni legali e delle altre prescrizioni relative ai propri aspetti ambientali;
h) le raccomandazioni per il miglioramento.
Gli elementi in uscita dal riesame della direzione devono comprendere tutte le decisioni e le azioni relative a possibili modifiche alla politica ambientale, agli obiettivi e ai traguardi e ad altri elementi del sistema di gestione ambientale, coerentemente con l'impegno al miglioramento continuo.
ELENCO DEGLI ENTI NAZIONALI DI NORMAZIONE
BE: |
IBN/BIN (Institut belge de normalisation/Belgisch Instituut voor Normalisatie) |
CZ: |
ÈNI (Èeský normalizaèní institut) |
DK: |
DS (Dansk Standard) |
DE: |
DIN (Deutsches Institut für Normung e.V.) |
EE: |
EVS (Eesti Standardikeskus) |
EL: |
ELOT (... (7)) |
ES: |
AENOR (Asociación Española de Normalización y Certificación) |
FR: |
AFNOR (Association française de normalisation) |
IEL: |
NSAI (National Standards Authority of Ireland) |
IT: |
UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) |
CY: |
... (8) |
LV: |
LVS (Latvijas Standarts) |
LT: |
LST (Lietuvos standartizacijos departamentas) |
LU: |
SEE (Service de l'Energie de l'Etat) (Luxembourg) |
HU: |
MSZT (Magyar Szabványügyi Testület) |
MT: |
MSA (Awtorità Maltija dwar l-Istandards/Malta Standards Authority) |
NL: |
NEN (Nederlands Normalisatie-Instituut) |
AT: |
ON (Österreichisches Normungsinstitut) |
PL: |
PKN (Polski Komitet Normalizacyjny) |
PT: |
IPQ (Instituto Português da Qualidade) |
SI: |
SIST (Slovenski institut za standardizacijo) |
SK: |
SÚTN (Slovenský ústav technickej normalizácie) |
FI: |
SFS (Suomen Standardisoimisliitto ry.) |
SE: |
SIS (Swedish Standards Institute) |
UK: |
BSI (British Standards Institution). |
B. Questioni che le organizzazioni che applicano l'EMAS devono prendere in considerazione
1. Conformità giuridica
Le organizzazioni devono poter dimostrare di
a) aver identificato e conoscere le implicazioni per l'organizzazione di tutte le pertinenti normative ambientali,
b) provvedere al rispetto della normativa ambientale; e
c) aver predisposto procedure che consentano all'organizzazione di mantenere nel tempo questi requisiti.
2. Prestazioni
Le organizzazioni devono poter dimostrare che il sistema di gestione e le procedure di audit siano rivolti alle effettive prestazioni ambientali dell'organizzazione con riferimento agli aspetti di cui all'allegato VI. Le prestazioni dell'organizzazione rispetto ai suoi obiettivi e i suoi target sono valutati all'interno del processo di analisi gestionale. L'organizzazione deve anche impegnarsi a migliorare continuamente le proprie prestazioni ambientali. A tal fine l'organizzazione può basare la sua azione su programmi ambientali locali, regionali e nazionali. I mezzi con cui conseguire gli obiettivi e i target non possono essere considerati obiettivi ambientali.
Se l'organizzazione comprende uno o più siti, ogni sito cui si applica EMAS deve soddisfare tutti i requisiti dello stesso, compreso il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali definito all'articolo 2, lettera b).
3. Comunicazione e relazioni esterne
Le organizzazioni devono poter dimostrare di avere un dialogo aperto con il pubblico e i soggetti interessati, comprese le comunità locali e i clienti, circa l'impatto ambientale delle loro attività e dei loro prodotti e servizi per identificare le questioni che preoccupano il pubblico e i soggetti interessati.
4. Partecipazione dei dipendenti
Oltre ai requisiti dell'allegato I sezione A, i dipendenti devono essere coinvolti nel processo teso al costante miglioramento delle prestazioni ambientali dell'organizzazione. A tal fine si dovrebbe ricorrere a forme appropriate di partecipazione, come il sistema del libro dei suggerimenti o lavori di gruppo su singoli progetti in seno a comitati ambientali. Le organizzazioni tengono conto degli indirizzi della Commissione sulla migliore pratica in questo settore. Su loro richiesta, partecipano anche i rappresentanti dei dipendenti.
------------------------
(6) Parte A inizialmente modificata dall'allegato II dell'atto di adesione allegato al trattato 16 aprile 2003 e successivamente così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 196/2006.
(7) Si omette il testo in lingua greca.
(8) Si omette il testo in lingua cipriota.
Allegato II
Requisiti concernenti l'audit ambientale interno
2.1. Requisiti generali
Gli audit interni garantiscono che le attività di un'organizzazione vengano svolte in conformità delle procedure stabilite. Gli audit possono anche individuare eventuali problemi nell'ambito di queste procedure stabilite oppure possibilità di loro miglioramento. La portata degli audit effettuati all'interno di un'organizzazione può variare dall'audit di una semplice procedura all'audit di attività complesse. In un dato arco di tempo tutte le attività in una data organizzazione devono essere sottoposte ad audit. Il periodo necessario per completare gli audit di tutte le attività è definito "ciclo di audit". Per organizzazioni non complesse di piccole dimensioni, è possibile sottoporre ad audit tutte le attività in una sola volta. Per queste organizzazioni il ciclo di audit è l'intervallo fra queste audit.
Gli audit interni sono effettuati da persone sufficientemente indipendenti dall'attività oggetto di audit in modo da garantire l'imparzialità. Gli audit possono essere effettuati da dipendenti dall'organizzazione o da soggetti esterni (dipendenti di altre organizzazioni, dipendenti di altri reparti della stessa organizzazione o consulenti).
2.2. Obiettivi
Il programma di audit ambientale delle organizzazioni definirà per iscritto gli obiettivi di ogni audit o ciclo di audit, inclusa la frequenza di audit per ogni attività.
Gli obiettivi devono includere, in particolare, la valutazione dei sistemi di gestione in atto e determinare la conformità alle politiche e al programma dell'organizzazione, compresa la conformità ai pertinenti requisiti regolamentari sull'ambiente.
2.3. Portata
La portata dei singoli audit o di ciascuna fase di un ciclo di audit, a seconda dei casi, deve essere chiaramente definita e specificare esplicitamente:
1. le aree sottoposte all'audit
2. le attività oggetto di audit
3. i criteri ambientali da considerare
4. il periodo coperto dall'audit.
L'audit ambientale comprende la valutazione dei dati di fatto necessari per valutare le prestazioni.
2.4. Organizzazione e risorse
Gli audit ambientali devono essere svolti da persone o gruppi di persone con sufficienti conoscenze dei settori e dei campi sottoposti a verifica, comprese conoscenze ed esperienze sulle pertinenti questioni ambientali, gestionali, tecniche e regolamentari e una sufficiente formazione e competenza nello specifico svolgimento dell'audit, al fine di conseguire gli obiettivi stabiliti. Le risorse e il tempo dedicati all'audit devono essere commisurati alla portata e agli obiettivi dell'audit.
La direzione dell'organizzazione favorisce le operazioni di audit.
I revisori devono essere sufficientemente indipendenti rispetto alle attività sottoposte ad audit in modo da garantire l'obiettività e l'imparzialità del giudizio.
2.5. Pianificazione e preparazione di un audit
Ogni audit è programmato e preparato con l'obiettivo, in particolare, di:
- garantire l'assegnazione di congrue risorse,
- garantire che ciascun partecipante al processo di audit (compresi revisori, dirigenti e dipendenti) capisca i propri ruoli e responsabilità.
La preparazione comprende la familiarizzazione con le attività dell'organizzazione e con il sistema di gestione ambientale da esse istituito e il documentarsi sui risultati e sulle conclusioni degli audit precedenti.
2.6. Attività di audit
Le attività di audit comprendono discussioni con il personale, ispezione delle condizioni operative e degli impianti ed esame dei registri, delle procedure scritte e di altra documentazione pertinente, con l'obiettivo di valutare le prestazioni ambientali dell'attività oggetto di audit e determinare se essa sia conforme alle norme e ai regolamenti applicabili o agli obiettivi e target stabiliti e appurare se il sistema in vigore per gestire le responsabilità ambientali sia efficace e appropriato. Per determinare l'efficacia del sistema gestionale nel suo complesso si dovrebbe ricorrere, tra l'altro, a controlli a campione della conformità a questi criteri.
Il processo di audit deve in particolare comprendere le tappe seguenti:
a) comprensione dei sistemi di gestione;
b) valutazione dei punti forti e di quelli deboli dei sistemi di gestione;
c) raccolta delle prove pertinenti;
d) valutazione dei risultati dell'audit;
e) preparazione delle conclusioni dell'audit;
f) rapporto sui risultati e sulle conclusioni dell'audit;
2.7. Rapporto sui risultati e sulle conclusioni dell'audit
1. Alla fine di ogni audit e ciclo di audit i revisori preparano un rapporto scritto sull'audit in una forma e contenuto appropriati per garantire una presentazione formale completa dei risultati e delle conclusioni dell'audit.
I risultati e le conclusioni dell'audit devono essere comunicati ufficialmente alla direzione dell'organizzazione.
2. Gli obiettivi fondamentali di un rapporto scritto sull'audit sono:
a) descrivere la portata dell'audit;
b) fornire all'amministrazione informazioni sullo stato di conformità alla politica ambientale dell'organizzazione e sui progressi ambientali dell'organizzazione;
c) fornire all'amministrazione informazioni sull'efficacia e l'affidabilità delle disposizioni per monitorare gli impatti ambientali dell'organizzazione;
d) dimostrare la necessità di azioni correttive, se necessario.
2.8. Esito dell'audit
Il processo di audit si deve concludere con la preparazione ed attuazione di un piano di opportune azioni correttive.
Si devono istituire e applicare opportuni meccanismi per garantire che sia dato seguito ai risultati dell'audit.
2.9. Frequenza dell'audit
L'audit o il ciclo di audit deve essere completato, secondo il caso, a intervalli non superiori a tre anni. La frequenza con cui ogni attività è sottoposta ad audit varia in funzione dei fattori seguenti:
a) natura, dimensione e complessità delle attività;
b) significatività degli impatti ambientali associati;
c) importanza ed urgenza dei problemi individuati da audit precedenti;
d) precedenti in materia di problemi ambientali.
Le attività più complesse con un maggiore impatto ambientale devono essere sottoposte ad audit con maggiore frequenza.
Un'organizzazione deve definire il proprio programma di audit e la frequenza degli audit tenendo conto degli indirizzi degli orientamenti della Commissione adottati secondo la procedura prevista all'articolo 14, paragrafo 2.
Allegato III
Dichiarazione ambientale
3.1. Introduzione
La dichiarazione
ambientale serve a fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati
informazioni sull'impatto e sulle prestazioni ambientali dell'organizzazione
nonché sul continuo miglioramento della prestazione ambientale. Essa è altresì
un mezzo che consente di rispondere a questioni che preoccupano i soggetti
interessati, identificate in esito all'applicazione dell'allegato I sezione B,
punto 3 e ritenute significative dall'organizzazione (allegato VI, punto 6.4).
Le informazioni ambientali devono essere presentate in forma chiara e coerente,
in forma stampata, a coloro che non dispongono di altri mezzi per ottenerle.
All'atto della prima registrazione, e successivamente ogni tre anni, l'organizzazione
è tenuta a divulgare le informazioni menzionate al punto
3.2. Dichiarazione ambientale
Per la sua prima registrazione un'organizzazione deve fornire informazioni ambientali in considerazione dei criteri del punto 3.5, denominate la "dichiarazione ambientale" che devono essere convalidate dal verificatore ambientale. Le informazioni devono essere presentate all'organismo competente dopo la convalida e poi essere messe a disposizione del pubblico. La dichiarazione ambientale costituisce uno strumento di comunicazione e dialogo con i soggetti interessati in materia di prestazioni ambientali. Nel redigere e concepire la dichiarazione ambientale, l'organizzazione tiene in considerazione le esigenze in materia di informazione del pubblico e di altri soggetti interessati.
I requisiti minimi per queste informazioni sono:
a) una descrizione chiara e priva di ambiguità dell'organizzazione che chiede la registrazione EMAS e un sommario delle sue attività e dei suoi prodotti e servizi, nonché delle sue relazioni con qualsiasi eventuale organizzazione madre;
b) la politica ambientale dell'organizzazione e una breve illustrazione del suo sistema di gestione ambientale;
c) una descrizione di tutti gli aspetti ambientali significativi, diretti e indiretti, che determinano impatti ambientali significativi dell'organizzazione ed una spiegazione della natura degli impatti connessi a tali aspetti (allegato VI);
d) una descrizione degli obiettivi e target ambientali in relazione agli aspetti e impatti ambientali significativi;
e) un sommario dei dati disponibili sulle prestazioni dell'organizzazione rispetto ai suoi obiettivi e target ambientali per quanto riguarda gli impatti ambientali significativi. Il sommario può includere dati numerici su: emissioni inquinanti, rifiuti generati, consumo di materie prime, di energia e di acqua, emissioni sonore e altri aspetti indicati nell'allegato VI. I dati dovrebbero consentire il raffronto fra i diversi anni ai fini della valutazione dell'andamento delle prestazioni ambientali dell'organizzazione;
f) altri fattori concernenti le prestazioni ambientali, comprese le prestazioni rispetto alle disposizioni di legge per quanto riguarda gli impatti ambientali significativi;
g) il nome e il numero di accreditamento del verificatore ambientale e la data di convalida.
3.3. Criteri per relazionare sulle prestazioni ambientali
I dati grezzi generati da un sistema di gestione ambientale saranno usati in varie maniere per mostrare le prestazioni ambientali di un'organizzazione. A tal fine essa potrà utilizzare i pertinenti indicatori di prestazioni ambientali esistenti garantendo che quelli scelti:
a) forniscano una valutazione accurata delle prestazioni dell'organizzazione,
b) siano comprensibili e privi di ambiguità,
c) consentano un confronto da un anno all'altro al fine della valutazione dell'andamento delle prestazioni ambientali dell'organizzazione,
d) consentano confronti con risultati di riferimento a livello settoriale, nazionale o regionale, come opportuno,
e) consentano eventualmente confronti con requisiti normativi.
3.4. Aggiornamento costante delle informazioni a disposizione del pubblico
L'organizzazione deve aggiornare le informazioni di cui al punto 3.2 e ogni modifica deve essere convalidata ogni anno da un verificatore ambientale. Deroghe alla frequenza di aggiornamento prevista sono possibili nelle circostanze contemplate negli indirizzi della Commissione adottati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Dopo convalida, le modifiche devono anche essere presentate all'organismo competente e rese pubbliche.
3.5. Pubblicazione dell'informazione
Le organizzazioni possono voler comunicare le informazioni ottenute con il sistema di gestione ambientale a diverse categorie ovvero a soggetti interessati e usare soltanto determinate informazioni della dichiarazione ambientale. Le informazioni ambientali pubblicate da un'organizzazione possono recare il logo EMAS, a condizione che siano state convalidate da un verificatore ambientale come:
a) precise e non ingannevoli
b) giustificate e verificabili
c) pertinenti e usate in un contesto o in una situazione opportuni
c) rappresentative delle prestazioni ambientali complessive dell'organizzazione
e) informazioni che non si prestano a interpretazioni scorrette
f) significative rispetto all'impatto ambientale complessivo
e a condizione che facciano riferimento all'ultima dichiarazione ambientale dell'organizzazione da cui sono state estratte.
3.6. Messa a disposizione del pubblico
Le informazioni di cui al punto 3.2, lettere da a) a g) che costituiscono la dichiarazione ambientale per un'organizzazione e le informazioni aggiornate di cui al punto 3.4 devono essere messe a disposizione del pubblico e di altri soggetti interessati. La dichiarazione ambientale dovrà essere resa accessibile al pubblico. A tal fine, le organizzazioni sono incoraggiate ad usare tutti i metodi disponili (pubblicazione elettronica, biblioteche, ecc.). L'organizzazione deve poter dimostrare al verificatore ambientale che qualunque interessato alle prestazioni ambientali dell'organizzazione può avere libero accesso alle informazioni di cui al punto 3.2, lettere da a) a g), e al punto 3.4.
3.7. Responsabilità locale
Le organizzazioni che si registrano in EMAS possono elaborare una dichiarazione ambientale complessiva concernente più ubicazioni geografiche. Lo scopo di EMAS è garantire la responsabilità a livello locale. Le organizzazioni devono pertanto garantire che, qualora gli impatti ambientali significativi di ogni sito siano chiaramente identificati e specificati nella dichiarazione ambientale complessiva.
Allegato IV
Logo
Versione 1 |
Versione 2 |
Il logo può essere utilizzato da un'organizzazione registrata EMAS in una delle 20 lingue a condizione che sia usata la formulazione seguente(9):
|
V ersione 1 |
Versione 2 |
|
|
|
Italiano: |
"Gestione ambientale verificata" |
"informazione convalidata" |
Entrambe le versioni del logo debbono sempre contenere il numero di registrazione dell'organizzazione.
Il logo è
- in tre colori (Pantone n. 355 Verde; Pantone n. 109 Giallo; Pantone n. 286 Blu)
- in nero su fondo bianco o
- in bianco su fondo nero.
------------------------
(9) Si riporta soltanto il testo in lingua italiana. La parte di testo in lingua straniera riguardante le voci "Spanish" e "Finnish" è stata rettificata dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 4 dicembre 2002, n. L 327. Da ultimo, il presente testo, è stato così sostituito dall'allegato II dell'atto di adesione allegato al trattato 16 aprile 2003.
Allegato V
Accreditamento, sorveglianza e funzione dei verificatori ambientali
5.1. Osservazioni generali
L'accreditamento dei verificatori ambientali è basato sui seguenti principi generali di competenza stabiliti nel presente allegato. Gli organismi di accreditamento possono scegliere di accreditare persone, o organizzazioni, o entrambe, come verificatori ambientali. I requisiti procedurali e i criteri particolareggiati per l'accreditamento dei verificatori ambientali sono definiti conformemente all'articolo 4 dai sistemi nazionali di accreditamento in conformità di questi principi. L'articolo 4 prevede a tal fine il processo di riesame inter pares per garantire la conformità a tale principio.
5.2. Requisiti per l'accreditamento dei verificatori ambientali
5.2.1. Le seguenti competenze rappresentano i requisiti minimi che un verificatore ambientale, sia esso una persona o un'organizzazione, deve soddisfare:
a) conoscenza e comprensione del regolamento, del funzionamento generale dei sistemi di gestione ambientale, delle norme pertinenti e degli orientamenti emanati dalla Commissione, ai sensi degli articoli 4 e 14, paragrafo 2 per l'uso del presente regolamento
b) conoscenza e comprensione delle prescrizioni legislative, regolamentari e amministrative pertinenti per l'attività oggetto di verifica
c) conoscenza e comprensione delle questioni ambientali, compreso l'aspetto ambientale dello sviluppo sostenibile;
d) conoscenza e comprensione degli aspetti tecnici dell'attività oggetto di verifica, rilevanti per l'aspetto ambientale,
e) comprensione del funzionamento generale dell'attività oggetto di verifica per valutare l'adeguatezza del sistema di gestione
f) conoscenza e comprensione dei requisiti e dei metodi di audit ambientale
g) conoscenza dell'audit di informazione (dichiarazione ambientale).
All'organismo di accreditamento cui il candidato verificatore ha presentato domanda di accreditamento, deve essere fornita un'adeguata prova delle sue conoscenze, della sua esperienza pertinente e delle sue capacità tecniche nei settori di cui sopra.
Il verificatore ambientale deve inoltre essere indipendente, specialmente dal revisore o consulente dell'organizzazione, imparziale e obiettivo nello svolgimento delle sue attività.
Il verificatore ambientale, sia esso un singolo o un'organizzazione, deve dimostrare che egli o la sua organizzazione e il suo personale non sono soggetti ad alcuna pressione commerciale, finanziaria o di altro tipo, che potrebbe influenzare il giudizio o far dubitare dell'imparzialità di giudizio o integrità in rapporto alle attività svolte, e che essi ottemperano a tutte le regole applicabili in materia.
Il verificatore ambientale deve avere metodologie e procedure di verifica documentare, compresi sistemi per il controllo di qualità e disposizioni sulla riservatezza, in relazione ai requisiti del presente regolamento concernenti la verifica.
Trattandosi di organizzazioni, il verificatore ambientale deve avere e mettere a disposizione su richiesta un organigramma da cui risultino le responsabilità e le strutture all'interno dell'organizzazione e una dichiarazione concernente lo status giuridico, la proprietà e le fonti di finanziamento.
5.2.2. Portata dell'accreditamento
La portata dell'accreditamento dei verificatori ambientali è definita secondo la classificazione delle attività economiche (codici NACE) istituita dal regolamento (CEE) n. 3037/90. La portata dell'accreditamento è limitata alla competenza del verificatore ambientale. Tale portata tiene inoltre conto, secondo i casi, delle dimensioni e della complessità dell'attività. Questo sarà assicurato attraverso la sorveglianza.
5.2.3. Altri requisiti per l'accreditamento di singoli verificatori ambientali che agiscono in modo autonomo
I singoli verificatori ambientali che agiscono in modo autonomo, oltre a conformarsi ai requisiti di cui al punto 5.2.1 e 5.2.2, devono avere:
- tutte le necessarie competenze per effettuare le verifiche nei loro settori di accreditamento,
- un accreditamento di portata limitata in funzione della loro competenza personale.
La conformità a questi requisiti è garantita dalla valutazione preliminare all'accreditamento e dal ruolo di supervisione dell'organismo di accreditamento.
5.3. Sorveglianza dei verificatori ambientali
5.3.1. Sorveglianza dei verificatori ambientali accreditati, a cura dell'organismo che ha rilasciato loro l'accreditamento
Il verificatore ambientale accreditato deve informare immediatamente l'organismo di accreditamento di tutte le modifiche atte ad influenzare l'accreditamento o la sua portata.
Ad intervalli periodici, non superiori a 24 mesi, si controlla che il verificatore ambientale accreditato continui a rispondere ai requisiti di accreditamento e viene controllata la qualità delle verifiche svolte. La sorveglianza può assumere la forma di verifica presso gli uffici del verificatore (office audit) verifiche in sito (witnessing) presso le organizzazioni, questionari, analisi delle dichiarazioni ambientali convalidate dal verificatore, analisi del rapporto di verifica. Essa deve essere proporzionata all'attività svolta dal verificatore.
Ogni decisione presa dall'organismo di accreditamento di porre termine o sospendere l'accreditamento o di limitarne la portata viene presa soltanto dopo che il verificatore accreditato ha avuto la possibilità di esporre la proprie ragioni.
5.3.2. Sorveglianza di verificatori ambientali che effettuano attività di verifica in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno ottenuto l'accreditamento
Un verificatore accreditato in uno Stato membro, prima di effettuare attività di verifica in un altro Stato membro, notifica all'organismo di accreditamento di quest'ultimo Stato membro, almeno quattro settimane in anticipo, i seguenti elementi:
- estremi del suo accreditamento, le sue competenze ed eventualmente composizione del gruppo,
- tempi e luoghi della verifica: indirizzo e recapiti dell'organizzazione, misure prese per affrontare, se necessario, gli aspetti relativi alle conoscenze giuridiche e linguistiche.
L'organismo di accreditamento può chiedere ulteriori precisazioni circa le necessarie conoscenze giuridiche e linguistiche di cui sopra.
La notifica è comunicata prima di ogni nuova verifica.
L'organismo di accreditamento non impone altre condizioni che possano ledere il diritto del verificatore di prestare i servizi in uno Stato membro diverso da quello dove ha ottenuto l'accreditamento. In particolare, non sono imposti pagamenti discriminatori per la notifica. L'organismo di accreditamento, inoltre, non si avvale della procedura di notifica per ritardare l'arrivo del verificatore. Le difficoltà a effettuare la supervisione del verificatore alla data comunicata devono essere debitamente motivate. Se la sorveglianza comporta dei costi, l'organismo di accreditamento può imporre il pagamento di diritti congrui.
Se l'organismo di accreditamento che effettua la sorveglianza non è soddisfatto della qualità del lavoro svolto dal verificatore, il rapporto di sorveglianza è trasmesso al verificatore interessato, all'organismo che ha rilasciato l'accreditamento, all'organismo competente nel luogo in cui è ubicata l'organizzazione oggetto di verifica e, in caso di ulteriore contestazione, al forum dell'organismo di accreditamento.
Le organizzazioni non possono rifiutare agli organismi di accreditamento il diritto di effettuare la sorveglianza del verificatore mediante l'osservazione diretta nel corso del processo di verifica.
5.4. La funzione dei verificatori ambientali
5.4.1. La funzione del verificatore ambientale è controllare, fatti salvi i poteri esecutivi degli Stati membri in materia di prescrizioni normative:
a) l'osservanza di tutte le prescrizioni del presente regolamento: eventuale analisi ambientale iniziale, sistema di gestione ambientale, audit ambientale e relativi risultati, dichiarazione ambientale;
b) l'attendibilità, la veridicità e l'esattezza dei dati e delle informazioni contenuti:
- nella dichiarazione ambientale (allegato III, punti 3.2 e 3.3),
- nelle informazioni ambientali da convalidare (allegato III, punto 3.5) (10).
Il verificatore esamina in particolare, con serietà professionale, la validità tecnica dell'analisi ambientale iniziale, o l'audit e le altre procedure svolte dall'organizzazione, senza procedere ad un'inutile ripetizione di queste procedure. Il verificatore dovrebbe avvalersi, tra l'altro, di controlli a campione per appurare se i risultati dell'audit interno siano attendibili.
5.4.2. Al momento della prima verifica, il verificatore ambientale controlla in particolare se l'organizzazione rispetta i requisiti seguenti:
a) un sistema di gestione ambientale pienamente operativo, conformemente all'allegato I,
b) un programma di audit completamente pianificato, già avviato conformemente all'allegato II in modo da coprire almeno i settori con l'impatto ambientale più significativo,
c) completamento di un riesame della gestione,
d) preparazione della dichiarazione ambientale conformemente all'allegato III, punto 3.2.
5.4.3. Ottemperanza alla normativa
Il verificatore ambientale si accerta che un'organizzazione abbia predisposto le procedure per controllare gli aspetti delle sue operazioni cui si applicano normative comunitarie o nazionali e che queste procedure siano in grado di assicurarne il rispetto. Il controllo dell'audit deve dimostrare, in particolare, l'idoneità delle procedure predisposte ad assicurare l'ottemperanza alla normativa.
Il verificatore non convalida la dichiarazione ambientale se durante il processo di verifica, ad esempio a campione, constata l'inottemperanza dell'organizzazione alla normativa.
5.4.4. Definizione dell'organizzazione
Nel verificare il sistema di gestione ambientale e convalidare la dichiarazione ambientale, il verificatore si accerta che le componenti dell'organizzazione siano chiaramente definite e corrispondano ad un'effettiva divisione delle attività. Il contenuto della dichiarazione deve trattare in modo chiaro le varie parti dell'organizzazione cui si applica l'EMAS.
5.5. Svolgimento delle attività del verificatore ambientale: condizioni
5.5.1. Il verificatore opera secondo il mandato conferitogli dall'accreditamento, sulla base di un accordo scritto con l'organizzazione il quale definisce la portata dei lavori, consente al verificatore di operare in maniera professionale e indipendente e impegna l'organizzazione a fornire la necessaria cooperazione.
5.5.2. La verifica include l'esame della documentazione, una visita all'organizzazione, comprendente in particolare colloqui con il personale, la redazione di un rapporto per la direzione dell'organizzazione e la soluzione che l'organizzazione intende dare alle questioni sollevate nel rapporto.
5.5.3. La documentazione da esaminare prima della visita comprende informazioni di base concernenti l'organizzazione e le sue attività, la politica e il programma ambientali, la descrizione del sistema di gestione ambientale in atto nell'organizzazione, particolari della analisi ambientale o audit già effettuati, il rapporto su tale analisi o audit e su qualsiasi intervento correttivo successivamente intrapreso e il progetto di dichiarazione ambientale.
5.5.4. Il verificatore prepara un rapporto per la direzione dell'organizzazione, in cui sono specificati:
a) tutti gli aspetti attinenti al lavoro svolto dal verificatore,
b) il punto di partenza dell'organizzazione verso l'attuazione di un sistema di gestione ambientale,
c) in generale, i casi di non conformità al disposto del presente regolamento, in particolare:
- difetti tecnici nell'analisi ambientale o nel metodo di audit o nel sistema di gestione ambientale o in qualsiasi altro processo pertinente;
- punti di disaccordo con il progetto di dichiarazione ambientale e dettagli sulle modifiche o aggiunte da apportare alla dichiarazione ambientale,
d) il raffronto con le dichiarazioni precedenti e con la valutazione delle prestazioni dell'organizzazione.
5.6. Frequenza della verifica
In consultazione
con l'organizzazione, il verificatore ambientale elabora un programma per
garantire che tutti gli elementi necessari per la registrazione EMAS siano
verificati in un periodo non superiore a 36 mesi. Inoltre, il verificatore, ad
intervalli non superiori a 12 mesi, convalida ogni informazione aggiornata
nella dichiarazione ambientale. Deroghe alla frequenza di aggiornamento
prevista sono possibili nelle circostanze previste negli orientamenti che
------------------------
(10) Trattino così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 4 dicembre 2002, n. L 327.
Allegato VI
Aspetti ambientali
6.1. Osservazioni generali
Un'organizzazione deve considerare tutti gli aspetti ambientali delle sue attività e dei suoi prodotti e servizi e decidere, sulla base di criteri che tengono conto della normativa comunitaria, quali aspetti ambientali abbiano un impatto significativo e da lì muovere per stabilire i suoi obiettivi e target ambientali. Detti criteri devono essere pubblicamente disponibili.
Un'organizzazione prende in considerazione gli aspetti ambientali sia diretti che indiretti delle sue attività e dei suoi prodotti e servizi.
6.2. Aspetti ambientali diretti
Si annoverano tra questi aspetti le attività dell'organizzazione sotto il suo controllo gestionale; essi possono includere (elenco non esaustivo):
a) emissioni nell'aria
b) scarichi nell'acqua
c) limitazione, riciclaggio, riutilizzo, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi e di altro tipo, specialmente dei rifiuti pericolosi
d) uso e contaminazione del terreno
e) uso delle risorse naturali e delle materie prime (compresa l'energia)
f) questioni locali (rumore, vibrazioni, odore, polvere, impatto visivo, ecc.)
g) questioni di trasporto (per le merci, i servizi e i dipendenti)
h) rischio di incidenti ambientali e di impatti sull'ambiente conseguenti, o potenzialmente conseguenti, agli incidenti e situazioni di potenziale emergenza
i) effetti sulla biodiversità
6.3. Aspetti ambientali indiretti
A seguito delle attività, dei prodotti e dei servizi di un'organizzazione possono riscontrarsi aspetti ambientali significativi sui quali essa può non avere un controllo gestionale totale.
Essi possono includere (elenco non esauriente):
a) questioni relative al prodotto (progettazione, sviluppo, trasporto, uso e recupero/smaltimento dei rifiuti),
b) investimenti, prestiti e servizi di assicurazione,
c) nuovi mercati,
d) scelta e composizione dei servizi (ad esempio, trasporti o ristorazione),
e) decisioni amministrative e di programmazione,
f) assortimento dei prodotti,
g) bilancio e comportamenti ambientali degli appaltatori, dei subappaltatori e dei fornitori.
Le organizzazioni devono poter dimostrare che gli aspetti ambientali significativi associati alle loro procedure d'appalto sono stati identificati e che gli impatti importanti ad essi collegati sono trattati nel loro sistema di gestione. L'organizzazione dovrebbe cercare di assicurare che i suoi fornitori e coloro che agiscono per suo conto si conformino alla politica ambientale dell'organizzazione quando svolgono le attività oggetto del contratto.
In caso di aspetti ambientali indiretti un'organizzazione deve esaminare l'influenza che essa può avere su questi aspetti e le possibili misure per ridurne l'impatto.
6.4. Significatività
Spetta all'organizzazione definire i criteri per valutare la significatività degli aspetti ambientali delle sue attività e dei suoi prodotti e servizi per stabilire quali abbiano un impatto ambientale significativo. I criteri elaborati da un'organizzazione devono essere generali, verificabili ad un controllo indipendente, riproducibili e resi pubblicamente disponibili.
Aspetti da tenere presente nel fissare i criteri secondo cui valutare la significatività degli aspetti ambientali di un'organizzazione (elenco non esaustivo):
a) informazioni sulla situazione dell'ambiente per identificare le attività e i prodotti e servizi dell'organizzazione che possono avere un impatto ambientale;
b) dati esistenti dell'organizzazione su materiali ed energia in entrata, scarichi, rifiuti e dati sulle emissioni in termini di rischio;
c) opinioni dei soggetti interessati;
d) attività ambientali dell'organizzazione già disciplinate;
e) attività di approvvigionamento;
f) progettazione, sviluppo, fabbricazione, distribuzione, manutenzione, uso, riutilizzo, riciclaggio e smaltimento dei prodotti dell'organizzazione;
g) attività dell'organizzazione con i costi ambientali e i benefici ambientali più elevati.
Nel valutare l'importanza degli impatti ambientali delle sue attività, l'organizzazione deve prendere in considerazione non soltanto le condizioni operative normali, ma anche quelle di avviamento e di arresto e quelle di emergenza ragionevolmente prevedibili. Si deve tenere conto delle attività passate, presenti e programmate.
------------------------
Allegato VII
Analisi ambientale
7.1. Osservazioni generali
L'organizzazione che non ha fornito le informazioni necessarie per individuare e valutare gli aspetti ambientali importanti conformemente all'allegato VI deve determinare la sua posizione attuale rispetto all'ambiente mediante un'analisi che consideri tutti gli aspetti ambientali dell'organizzazione quale base su cui predisporre il sistema di gestione ambientale.
7.2. Requisiti
L'analisi dovrebbe coprire cinque settori chiave:
a) prescrizioni legislative, regolamentari e di altro tipo cui l'organizzazione si conforma,
b) identificazione di tutti gli aspetti ambientali che hanno un impatto ambientale significativo conformemente all'allegato VI, qualificati e quantificati se del caso, e compilazione di un registro per quelli individuati come "importanti",
c) descrizione dei criteri secondo cui valutare l'importanza dell'impatto ambientale in conformità dell'allegato VI, punto 6.4,
d) esame di tutte le pratiche e procedure gestionali esistenti in materia di ambiente,
e) valutazione dell'insegnamento tratto dall'analisi di incidenti precedenti.
Allegato VIII
Informazioni per la registrazione
Requisiti minimi
|
Denominazione dell'organizzazione: |
Indirizzo dell'organizzazione: |
Persona di contatto: |
Codice NACE dell'attività: |
|
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Numero di dipendenti: |
Nome del verificatore: |
Numero di accreditamento: |
Portata dell'accreditamento: |
Data della prossima dichiarazione ambientale: |
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Nome e estremi per contattare l'autorità o le autorità competenti in materia di controllo per l'organizzazione: |
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Fatto a... il... /... /2000 |
|
Firma del rappresentante dell'organizzazione |
|
... |
Comunicazione
17 luglio 2002, n. 412
della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e
sociale e al Comitato delle regioni - Gli accordi ambientali a livello di
Comunità nel quadro del piano d'azione "Semplificare
e migliorare la regolamentazione".
1. Introduzione
Il 5 giugno 2002
[1] COM(2002) 278 def. del 5.6.2002.
Nel piano d'azione,
L'ambiente
costituisce un settore strategico caratterizzato da un'esperienza recente ma
considerevole nel campo dell'autoregolamentazione e degli accordi volontari
settoriali. Nel 1996
Gli accordi
ambientali possono avere svariate origini. Si può trattare di decisioni
spontanee prese dalle parti interessate in un'ampia gamma di settori in cui
In questi ultimi
anni i responsabili delle politiche hanno manifestato un interesse crescente
nei confronti degli accordi ambientali. È ampiamente riconosciuta l'idoneità di
tali accordi tra le parti interessate (spesso associazioni di categoria) per
conseguire efficacemente gli obiettivi della politica ambientale Gli Stati
membri e
Innanzi tutto è indispensabile che vi siano definizioni chiare. Nel linguaggio comune, le espressioni "accordo volontario", "accordo ambientale" o "accordo a lungo termine" si usano indifferentemente, trascurando il fatto che la forma giuridica e il contenuto di questi strumenti possono variare considerevolmente. Il termine "accordo" si applica solitamente a strumenti che giuridicamente costituiscono impegni unilaterali sottoscritti da industrie e imprese. Per semplicità e chiarezza, nella presente comunicazione si utilizza solamente l'espressione "accordo ambientale".
Gli accordi in
materia ambientale sul piano comunitario sono accordi in cui le parti
interessate si impegnano ad ottenere una riduzione dei livelli di inquinamento,
come sancito dal diritto ambientale, o obiettivi di carattere ambientale, di
cui all'articolo 174 del trattato. La presente comunicazione lascia
impregiudicati le disposizioni che saranno definite nell'accordo
interistituzionale e le modalità e i criteri da applicare per gli accordi
volontari in ambiti diversi dal settore ambientale, e non riguarda la
legislazione concernente il "nuovo approccio". Gli accordi ambientali
non sono tuttavia negoziati con
2. Contesto generale
Gli accordi
ambientali sono stati utilizzati da Stati membri, da paesi terzi e dalla
Comunità stessa a partire dalla fine degli anni '
[2] Voluntary Approaches for Environmental Policy - an Assessment. OCSE 1999, ISBN 92-64-17131-2
Per la sola UE, la relazione OCSE riporta un elenco di 312 accordi ambientali conclusi negli Stati membri (il dato risulta da un'inchiesta svolta nel 1997 dall'Agenzia europea dell'ambiente). Alcuni Stati membri hanno già pubblicato delle relazioni sui criteri seguiti per gli accordi ambientali e sulle esperienze maturate con tali strumenti. La relazione dell'OCSE sottolinea che esistono prove quantitativamente scarse a sostegno dell'efficacia degli accordi ambientali. È necessario svolgere ulteriori ricerche in questo campo. Appare chiaro tuttavia che gli accordi ambientali possono produrre benefici qualitativi quali lo sviluppo del consenso sociale, un più ampio scambio di informazioni, la sensibilizzazione delle imprese e il miglioramento dell'ecogestione aziendale [3]. La proposta della Commissione per il sesto programma di azione per l'ambiente evidenzia in modo esplicito la necessità di introdurre questi miglioramenti qualitativi nell'elaborazione e nell'attuazione della politica ambientale.
[3] Environmental Agreements - Environmental Effectiveness, European Environment Agency, Environmental Issues Series n. 3, 1997.
Nella comunicazione
sul sesto programma di azione per l'ambiente [4],
[4] COM(2001) 31def. del 24.1.2001.
Nella sua strategia
per l'integrazione degli aspetti ambientali e dello sviluppo sostenibile nella
politica relativa al mercato interno, il Consiglio "Mercato interno,
consumatori e turismo" ha affermato che gli Stati membri e
[5] Relazione al Consiglio europeo di Göteborg del 15 e 16 giugno 2001. Si veda inoltre la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio "Mercato unico e ambiente", COM(1999) 263 def. dell'8.6.1999.
Il Consiglio "Industria", nelle conclusioni adottate nel maggio 2001 [6], ha sottolineato che "in una strategia per l'integrazione dello sviluppo sostenibile nella politica per le imprese, nell'ambito di un'equilibrata combinazione di strumenti politici e tenendo presente che una tale strategia non può contare soprattutto su strumenti normativi, occorre accordare la priorità ad impostazioni legate all'economia di mercato e ad approcci imperniati su iniziative volontarie".
[6] "Strategia per l'integrazione degli aspetti ambientali e dello sviluppo sostenibile nella politica energetica" Risoluzione del Consiglio , 2347ma riunione del Consiglio (Energia/Industria), Bruxelles, 14/15 maggio 2001; doc del Consiglio 8763/01 del 29.05.2001.
Nella comunicazione
"Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo
sviluppo sostenibile" [7],
[7] COM(2002)347 def. del 2.7.2002.
3. La comunicazione sugli accordi in materia ambientale del 1996 e conseguenti iniziative
Nel 1996,
[8] COM(96) 561 def. del 27.11.1996.
- un atteggiamento proattivo da parte dell'industria,
- soluzioni su misura ed efficaci rispetto ai costi, e
- un più rapido raggiungimento degli obiettivi ambientali.
Nella comunicazione si osserva che, per conseguire questi risultati, gli accordi devono possedere obiettivi ben determinati, essere trasparenti in modo da evitare accordi puramente formali, comprendere meccanismi di attuazione come ammende ed altre sanzioni, oltre ad altre strategie per evitare il fenomeno dei free-rider. Questi ed altri requisiti sono illustrati al punto 5.
Riguardo agli
accordi ambientali a livello comunitario, nella comunicazione del 1996 si osserva,
tra l'altro, che "al momento .....
Gli esempi più noti di accordi comunitari in materia di ambiente sono quelli delle associazioni di produttori di automobili europea, giapponese e coreana sulla riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dalle autovetture. Tali accordi hanno trovato riconoscimento in alcune raccomandazioni della Commissione [9]. La decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un sistema di controllo della media delle emissioni specifiche di CO2 prodotte dalle autovetture nuove [10], integra tali accordi. Non essendo ancora scaduti, per il momento non è possibile alcuna valutazione definitiva dell'esito di tali accordi, ma la società civile, le ONG, i partner sociali e il pubblico dovrebbero essere coinvolti, in funzione dei loro rispettivi ruoli, nei futuri accordi ambientali in misura maggiore rispetto al passato.
[9] Raccomandazioni 1999/125/CE, 2000/303/CE e 2000/304/CE.
[10] Decisione n. 1753/2000/CE del 22 giugno 2000, GU L 202 del 10.8.2000, pag. 1.
Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno entrambi espresso il loro interesse affinché le procedure per il raggiungimento di accordi ambientali siano definite in modo più chiaro.
- In risposta alla comunicazione
del 1996, il Parlamento europeo, in una risoluzione del 17 luglio 1997 [11], ha
invitato
[11] GU C 286 del 22.9.1997, pag. 254.
- Nella risoluzione sul Libro verde della Commissione sulle problematiche ambientali del PVC, il Parlamento europeo ha chiesto nuovamente a quest'ultima "di presentare al più presto una proposta di normativa-quadro relativa agli accordi in materia ambientale che ne definisca i criteri, in materia di condizioni, meccanismi di controllo e sanzioni" [12];
[12] PE 303.049 del 3.4.2001, punto 25.
- Nella risoluzione del 7 ottobre 1997 sugli accordi ambientali, il Consiglio ha affermato "che [gli] accordi in materia di ambiente [vanno] negoziati secondo procedure da convenire" [13].
[13] GU C 321 del 22.10.1997, pag. 6.
4. Autoregolamentazione e coregolamentazione nell'ambito della politica ambientale
Gli accordi ambientali
sono di per sé pratiche di autoregolamentazione in quanto non hanno nessun
effetto vincolante a livello comunitario. Buona parte di questi accordi sono
stati decisi in maniera spontanea. Tuttavia, conformemente alle proposte
formulate nel suo piano d'azione,
Va osservato che
nel caso di decisioni puramente spontanee adottate da parti interessate in
settori in cui
4.1 Autoregolamentazione
Secondo il piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione", l'autoregolamentazione riguarda un'ampia gamma di pratiche, regole comuni, codici di comportamento e, in particolare, accordi volontari che operatori economici e sociali, ONG o gruppi organizzati concludono di propria iniziativa, su base volontaria, per regolare e organizzare le loro attività. Contrariamente alla coregolamentazione, l'autoregolamentazione non implica necessariamente un atto legislativo. Sono generalmente le parti interessate a prendere l'iniziativa dell'autoregolamentazione.
4.1.1 Riconoscimento dell'accordo ambientale mediante uno scambio di lettere o una raccomandazione della Commissione
In campo
ambientale, le modalità usate finora a livello comunitario per il
riconoscimento dell'autoregolamentazione sono state raccomandazioni della
Commissione e, in alcuni casi, un semplice scambio di lettere. In altre parole,
Si osservi che una
raccomandazione, un atto giuridico di per sé non vincolante, può esclusivamente
incoraggiare gli operatori economici che si siano impegnati a raggiungere un
obiettivo ambientale compatibile con l'articolo 174 del trattato.
4.1.2. Riconoscimento di un accordo ambientale mediante una raccomandazione della Commissione accompagnata da una decisione in materia di controllo
In alcuni casi,
4.2. Coregolamentazione
Gli accordi
ambientali possono essere conclusi anche nel quadro di un atto legislativo,
ossia in maniera più formale e vincolante nel contesto della regolamentazione,
consentendo così alle parti interessate di attuare un atto legislativo
comunitario specifico. All'interno di questo contesto normativo, il legislatore
definisce gli aspetti essenziali dell'atto: gli obiettivi da conseguire, i
tempi e i meccanismi relativi alla sua attuazione, i metodi di controllo
dell'applicazione dell'atto e le eventuali sanzioni necessarie per garantire la
certezza del diritto dell'atto stesso. Generalmente
La
coregolamentazione può pertanto offrire i vantaggi degli accordi ambientali
unitamente alle garanzie legali implicite dell'approccio legislativo.
Nell'ambito degli accordi di coregolamentazione, il Parlamento europeo e il Consiglio adotterebbero, su proposta della Commissione, una direttiva che sancisce la necessità di raggiungere un determinato obiettivo ambientale, preciso e ben definito, entro una certa data. Il provvedimento stabilirebbe inoltre le condizioni per verificarne l'osservanza e istituirebbe meccanismi di attuazione e di ricorso. Non imporrebbe disposizioni particolareggiate su come conseguire l'obiettivo. Il legislatore determina in che misura la definizione e l'attuazione dei provvedimenti possa essere affidata alle parti interessate, in funzione dell'esperienza che dimostrano di avere acquisito nel settore. Tali disposizioni devono essere compatibili con il diritto comunitario in materia di concorrenza.
La
coregolamentazione può anche stabilire le modalità di attuazione. Ciò significa
che oltre a definire il "cosa" e il "quando" solamente fino
alla data prefissata, si potrebbero prevedere procedure comprendenti clausole
di revisione qualora l'obiettivo non fosse conseguito entro tale data. Ad ogni
modo, nei casi in cui il meccanismo della coregolamentazione non produca i
risultati previsti,
Il provvedimento potrebbe quindi comprendere obiettivi intermedi, che consentirebbero di verificare la probabilità che l'accordo raggiunga gli obiettivi fissati. In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi, la coregolamentazione potrebbe definire con quali modalità gli Stati membri devono adottare le disposizioni aggiuntive necessarie per raggiungere gli obiettivi stessi. Il meccanismo adeguato deve essere accuratamente studiato caso per caso.
Questo sistema può essere illustrato da un esempio ipotetico. Se si persegue una percentuale di riciclaggio del 60% per un certo prodotto o materiale, con un semplice metodo basato sulla coregolamentazione, l'atto legislativo - una direttiva - definirebbe l'obiettivo e i tempi per il conseguimento di tale percentuale nonché le disposizioni necessarie per il meccanismo di controllo. Il provvedimento potrebbe delineare altresì le fasi intermedie, stabilendo percentuali di riciclaggio inferiori da raggiungere in momenti precedenti. Se il meccanismo di controllo segnala il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi e l'improbabilità che quelli finali siano ottenuti, si potrebbero applicare altri metodi, sempre che detti sistemi siano previsti dal provvedimento fin dall'inizio.
Come indicano i
dibattiti in seno al Parlamento europeo, la coregolamentazione rappresenta una
delle questioni più delicate non solo per gli operatori e le associazioni di
categoria, ma anche per le istituzioni. Nell'ambito di un atto legislativo, la
coregolamentazione permette di garantire che gli obiettivi fissati dal
legislatore siano attuati nel contesto di una serie di misure applicate da
soggetti aventi un ruolo attivo riconosciuto nel settore in questione. Al fine
di semplificare la legislazione,
5. Presupposti giuridici per il ricorso agli accordi ambientali
Il trattato CE non contiene alcuna specifica disposizione concernente gli accordi ambientali. Il ricorso a questo strumento deve comunque avvenire nella piena osservanza dell'insieme delle disposizioni del trattato e degli impegni internazionali della Comunità.
* Ai sensi
dell'articolo 175, spetta al Consiglio e al Parlamento europeo decidere le
iniziative di politica ambientale che
* Gli accordi ambientali devono essere conformi alle disposizioni del trattato CE relativamente al mercato interno e alle regole sulla concorrenza, ivi compresi gli orientamenti riguardanti gli aiuti di Stato a favore dell'ambiente. Pertanto devono essere conformi all'articolo 81 del trattato. La sezione 7 della comunicazione della Commissione sulle linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale [14] tratta specificatamente degli accordi in materia di ambiente.
[14] GU C 3 del 6.1.2001, pag. 2.
* Il controllo giurisdizionale del rispetto degli obblighi e degli impegni risultanti da un accordo ambientale dovrebbe essere garantito a livello nazionale e, conformemente al trattato CE, a livello comunitario. Si dovrebbe inoltre garantire la determinazione delle responsabilità individuali e collettive in modo da poter applicare le eventuali sanzioni necessarie.
* Quanto
all'attuazione di obblighi sanciti da accordi ambientali multilaterali (AAM),
sul piano del diritto internazionale
* Nell'elaborazione e nell'attuazione di accordi ambientali si deve tenere conto della normativa multilaterale in materia commerciale. Per evitare effetti discriminatori, è essenziale garantire che tali accordi siano aperti alla partecipazione di operatori di paesi terzi, sia nella fase preparatoria che in quella attuativa. Oltre a ciò, i benefici (ad es., sgravi fiscali) concessi agli operatori che sono parti di un accordo ambientale possono rientrare nell'ambito dell'Accordo su sussidi e misure compensative dell'OMC. Di conseguenza, va verificata la piena conformità di ogni progetto di accordo ambientale con le regole dell'OMC.
* La convenzione ONU/ECE sull'accesso all'informazione, sulla partecipazione all'attività decisoria e sull'accesso alla giustizia in materia ambientale [15] rafforza il "diritto di sapere" del pubblico nel senso più vasto del termine. Gli accordi ambientali rientrano nella definizione di "informazioni ambientali" di cui all'articolo 2 della convenzione. È necessario pertanto garantire che le informazioni sugli accordi ambientali siano rese accessibili al pubblico come disposto dalla convenzione. Oltre a considerazioni di ordine giuridico, la trasparenza nella fase di "elaborazione" e di "emanazione" potrebbe costituire un fattore decisivo per il successo degli accordi ambientali.
[15] Convenzione di Århus, firmata a nome Della Comunità IL 25.6.1998. Non ancora approvata.
6. Criteri di valutazione degli accordi ambientali
La comunicazione del 1996 aveva già identificato una serie di criteri ritenuti necessari per un uso corretto (e quindi per il successo) degli accordi ambientali. Detta comunicazione specifica "la previa consultazione con le parti interessate, una forma vincolante, obiettivi quantificati e suddivisi per fasi, il controllo dei risultati nonché la pubblicazione dell'accordo e dei risultati ottenuti. Tali criteri dovrebbero consentire di evitare la stipula di obiettivi meramente vaghi, la non trasparenza e la possibile distorsione della concorrenza causata da free-rider".
Un accordo
ambientale deve fornire valore aggiunto in termini di elevato livello di tutela
dell'ambiente. La politica comune per l'ambiente deve sempre mirare ad un livello
di protezione elevato. Prima di riconoscere un accordo ambientale,
Inoltre,
i. Efficacia rispetto ai costi dell'amministrazione
La comunicazione del 1996 aveva già sottolineato i potenziali benefici degli accordi ambientali in termini di costi per l'industria. Oltre alle considerazioni di carattere generale espresse in questo contesto (maggiore libertà per le imprese su come conseguire gli obiettivi ambientali e spazio per soluzioni creative su misura), gli accordi devono essere valutati alla luce dei costi amministrativi comparati per le istituzioni comunitarie. I costi della gestione degli accordi ambientali potrebbero essere particolarmente significativi con riguardo al controllo e alla valutazione del grado di osservanza nella fase di attuazione. Tali accordi non dovrebbero implicare un onere amministrativo eccessivo rispetto agli obiettivi e ad altri mezzi strategici disponibili.
ii. Rappresentatività
iii. Obiettivi quantificati e scaglionati
Ogniqualvolta
intenda emanare una raccomandazione o riconoscere un accordo tra parti
interessate o un impegno unilaterale da parte di soggetti interessati,
Nell'ambito della regolamentazione, lo stesso atto legislativo definisce gli obiettivi. È superfluo ribadirli nell'accordo stesso.
iv. Coinvolgimento della società civile
Ai fini della trasparenza e in linea con il Sesto programma di azione per l'ambiente e con il Libro bianco sulla governance europea, tutti gli accordi dovrebbero essere resi noti anche attraverso Internet e altri sistemi elettronici di divulgazione. Lo stesso dicasi delle relazioni di controllo intermedie e definitive. Tutte i soggetti interessati, le industrie del settore, le ONG ambientali e la società civile nel senso più ampio del termine, dovrebbero essere informati e avere la possibilità di esprimersi riguardo ad un accordo in materia di ambiente.
v. Attività di controllo e di notifica
Quando
Nell'ambito della
regolamentazione, occorre che nell'atto che definisce gli obiettivi vengano
integrate anche le disposizioni relative ai controlli e alle notifiche
necessari per misurare i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi
ambientali. Il programma di controllo e di notifica deve essere dettagliato,
trasparente e obiettivo. A tal fine,
vi. Sostenibilità
Le misure a favore dell'ambiente dovrebbero essere in linea con la dimensione socioeconomica di uno sviluppo sostenibile. Deve essere pienamente integrata anche la tutela degli interessi dei consumatori (salute, qualità della vita o interessi economici). A seconda del campo di applicazione e del contenuto dell'accordo in questione, potrebbe essere necessaria una valutazione del suo impatto, in conformità con la recente comunicazione della Commissione in materia di valutazione di impatto [16]. La struttura e la portata della valutazione possono variare a seconda delle caratteristiche dell'accordo.
[16] COM(2002) 276 def. del 5.6.2002.
vii. Compatibilità degli incentivi
È difficile che un accordo ambientale possa offrire i risultati sperati se altri fattori e incentivi, quali la pressione del mercato, l'imposizione fiscale e la legislazione nazionale, inviano segnali contraddittori alle parti. In questo senso, la coerenza della politica assume una valenza primaria.
7. Obblighi procedurali
Il piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione" presenta varie proposte per definire le procedure che le tre istituzioni devono seguire nel caso dell'autoregolamentazione e della coregolamentazione. La presente comunicazione propone procedure che rientrano nel suddetto quadro, ma che si dovrebbero applicare specificatamente agli accordi ambientali.
7.1 Gli accordi ambientali come strumento di autoregolamentazione
Al termine
dell'esame di un progetto di accordo ambientale,
* La valutazione e le conclusioni della Commissione circa l'opportunità di un accordo ambientale saranno rese pubbliche, ad esempio sul sito web della Commissione, per offrire al pubblico la possibilità di essere informato sull'accordo proposto e di esprimersi al riguardo.
* Dopo avere
considerato eventuali osservazioni, in particolare del Parlamento europeo e del
Consiglio,
* Una raccomandazione riferita ad un accordo ambientale dovrebbe essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Il testo dell'accordo ambientale stesso dovrebbe essere pubblicato sul sito web della Commissione.
*
*
* Quando si rende
palese l'insuccesso di un accordo approvato con una raccomandazione della
Commissione o con uno scambio di lettere,
7.2. Gli accordi ambientali come strumento di coregolamentazione
* Nell'ambito della coregolamentazione, sono integrati nell'atto giuridico stesso alcuni elementi chiave, in particolare l'obiettivo ambientale e i requisiti in materia di controllo, nonché eventualmente un meccanismo di follow-up nel caso di esito negativo di un accordo ambientale. Nella fase preparatoria, l'atto giuridico è soggetto alla consultazione delle parti interessate, conformemente alla comunicazione della Commissione sui requisiti minimi per la consultazione, ed è adottato con una normale procedura di codecisione. Dato il contenuto già descritto dell'atto stesso, si possono ridurre i requisiti procedurali per i singoli accordi ambientali presentati nel quadro dell'atto stesso.
* Quando
* L'accordo ambientale dovrebbe essere reso pubblico sul sito web della Commissione. Anche i risultati dei controlli e le relative relazioni dovrebbero essere consultabili in rete.
* Nell'ambito della
coregolamentazione, come per l'autoregolamentazione,
Tali procedure garantiscono il ricorso agli accordi ambientali ogniqualvolta essi hanno una funzione integrativa rispetto ai tradizionali strumenti di intervento, assicurando al contempo l'adeguato coinvolgimento delle istituzioni europee nel processo.
8. Conclusioni: iniziative future
Dal canto suo,
- Una prima possibilità sarebbe la strategia riguardante il PVC.
- Analogamente, tali accordi possono entrare a far parte del seguito dato al Libro verde sulla politica integrata relativa ai prodotti [17]. L'individuazione precisa della portata possibile degli accordi ambientali in questo campo dipende ovviamente dall'esito dell'attuale discussione in merito al Libro verde.
[17] COM(2001) 68 del 7.2.2001.
- Altre aree strategiche che si prestano ad un'applicazione efficace di tale strumento sono i settori della gestione dei rifiuti e dei cambiamenti climatici. Gli accordi esistenti sulla riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture possono essere integrati da accordi analoghi per i veicoli commerciali leggeri e i veicoli a due ruote. Inoltre, nella comunicazione "Verso uno spazio ferroviario europeo integrato" [18] si propongono impegni volontari relativi all'adeguamento del materiale rotabile in uso ai requisiti ambientali applicati al materiale rotabile nuovo quale possibile misura strategica.
[18] COM(2002) 18 del 23.1.2002.
Dir.
2006/12/CE del 5 aprile 2006
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa
ai rifiuti
------------------------
(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 27 aprile 2006, n. L 114. Entrata in vigore il 17 maggio 2006.
(2) Testo rilevante ai fini del SEE.
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato
che istituisce
particolare l'articolo 175,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3) (4),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (5) (6),
considerando quanto segue:
(1) La direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (7), è stata modificata a più riprese e in modo sostanziale [1]. A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva.
(2) Ogni regolamento in materia di gestione dei rifiuti deve essenzialmente mirare alla protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti.
(3) Per rendere più efficace la gestione dei rifiuti nell'ambito della Comunità, sono necessarie una terminologia comune e una definizione dei rifiuti.
(4) Una regolamentazione efficace e coerente dello smaltimento e del recupero dei rifiuti dovrebbe applicarsi, fatte salve talune eccezioni, ai beni mobili di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi.
(5) È auspicabile favorire il recupero dei rifiuti e l'utilizzazione dei materiali di recupero come materie prime per preservare le risorse naturali. Potrebbe risultare necessario adottare apposite norme per i rifiuti riutilizzabili.
(6) Ai fini di un'elevata protezione dell'ambiente è necessario che gli Stati membri, oltre a provvedere in modo responsabile allo smaltimento e al recupero dei rifiuti, adottino misure intese a limitare la formazione dei rifiuti promuovendo in particolare le tecnologie «pulite» e i prodotti riciclabili e riutilizzabili, tenuto conto delle attuali e potenziali possibilità del mercato per i rifiuti recuperati.
(7) Inoltre, una disparità tra le legislazioni degli Stati membri in materia di smaltimento e di recupero dei rifiuti può incidere sulla qualità dell'ambiente e il buon funzionamento del mercato interno.
(8) Occorre che
(9) Per realizzare tali obiettivi si dovrebbero delineare negli Stati membri programmi di gestione dei rifiuti.
(10) Occorre ridurre i movimenti dei rifiuti e a tal fine gli Stati membri possono adottare le misure necessarie nel contesto dei loro piani di gestione.
(11) Per assicurare un alto livello di protezione e un controllo efficace, occorre rilasciare le autorizzazioni e procedere ai controlli delle imprese che provvedono allo smaltimento e al recupero dei rifiuti.
(12) A determinate condizioni e purché rispettino le esigenze di tutela dell'ambiente, taluni stabilimenti che trattano i propri rifiuti o recuperano rifiuti possono essere dispensati dall'autorizzazione richiesta; tali stabilimenti dovrebbero essere soggetti ad iscrizione.
(13) Per assicurare il controllo continuo dei rifiuti, dalla produzione allo smaltimento definitivo, occorre anche sottoporre ad autorizzazione o iscrizione e ad un adeguato controllo altre imprese che si occupano di rifiuti, come gli operatori intermedi addetti alla raccolta, al trasporto e alla mediazione.
(14) La parte dei costi non coperta dal recupero dei rifiuti dovrebbe essere ripartita secondo il principio «chi inquina paga».
(15) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (8).
(16) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione di cui all'allegato III, parte B,
HANNO ADOTTATO
_________
[1] Cfr. allegato III, parte A.
------------------------
(3) [Nota ufficiale] (1) GU C 112 del 30.4.2004, pag. 46.
(4) Pubblicato nella G.U.U.E. 30 aprile 2004, n. C 112.
(5) [Nota ufficiale] (2) Parere del Parlamento europeo del 9 marzo 2004 (GU C 102 E del 28.4.2004, pag. 106) e decisione del Consiglio del 30 gennaio 2006.
(6) Parere del Parlamento europeo del 9 marzo 2004 (G.U.U.E. C 102 E del 28.4.2004) e decisione del Consiglio del 30 gennaio 2006.
(7) [Nota ufficiale] (3) GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(8) [Nota ufficiale] (1) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
Articolo 1
1. Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
a) «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi;
b) «produttore»: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti («produttore iniziale») e/o la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;
c) «detentore»: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene;
d) «gestione»: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonché il controllo delle discariche dopo la loro chiusura;
e) «smaltimento»: tutte le operazioni previste nell'allegato II A;
f) «recupero»: tutte le operazioni previste nell'allegato II B;
g) «raccolta»: l'operazione di raccolta, di cernita e/o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto.
2. Ai fini del
paragrafo 1, lettera a),
Articolo 2
1. Sono esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva:
a) gli effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;
b) qualora già contemplati da altra normativa:
i) i rifiuti radioattivi;
ii) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;
iii) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell'attività agricola;
iv) le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido;
v) i materiali esplosivi in disuso.
2. Disposizioni specifiche particolari o complementari a quelle della presente direttiva per disciplinare la gestione di determinate categorie di rifiuti possono essere fissate da direttive particolari.
Articolo 3
1. Gli Stati membri adottano le misure appropriate per promuovere:
a) in primo luogo, la prevenzione o la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, in particolare mediante:
i) lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un maggiore risparmio di risorse naturali;
ii) la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
iii) lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere recuperati;
b) in secondo luogo:
i) il recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo od ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie; o
ii) l'uso di rifiuti come fonte di energia.
2. Salvo nei casi
in cui si applicano le disposizioni della direttiva 98/34/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una
procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni
tecniche (9), gli Stati membri informano
-----------------------
(9) [Nota ufficiale] (1) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 2003.
-
Articolo 4
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e in particolare:
a) senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori od odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti.
Articolo 5
1. Gli Stati membri, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, adottano le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione che non comportino costi eccessivi. Questa rete deve consentire alla Comunità nel suo insieme di raggiungere l'autosufficienza in materia di smaltimento dei rifiuti e ai singoli Stati membri di mirare al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti.
2. Tale rete deve permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all'utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
Articolo 6
Gli Stati membri stabiliscono o designano l'autorità o le autorità competenti incaricate di porre in atto le disposizioni della presente direttiva.
Articolo 7
1. Per realizzare gli obiettivi previsti negli articoli 3, 4 e 5, la o le autorità competenti di cui all'articolo 6 devono elaborare quanto prima uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contemplino fra l'altro:
a) tipo, quantità e origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire;
b) requisiti tecnici generali;
c) tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
d) i luoghi o gli impianti adatti per lo smaltimento.
2. I piani di cui al paragrafo 1 possono riguardare ad esempio:
a) le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione dei rifiuti;
b) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento;
c) le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti.
3. Eventualmente,
gli Stati membri collaborano con gli altri Stati membri interessati e
4. Gli Stati membri hanno la facoltà di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti devono essere comunicati alla Commissione e agli Stati membri.
Articolo 8
Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti:
a) li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa che effettua le operazioni previste nell'allegato II A o II B, oppure
b) provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della presente direttiva.
Articolo 9
1. Ai fini dell'applicazione degli articoli 4, 5 e 7, tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell'allegato II A debbono ottenere l'autorizzazione dell'autorità competente di cui all'articolo 6.
Tale autorizzazione riguarda in particolare:
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti;
b) i requisiti tecnici;
c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza;
d) il luogo di smaltimento;
e) il metodo di trattamento.
2. Le autorizzazioni possono essere concesse per un periodo determinato, essere rinnovate, essere accompagnate da condizioni e obblighi, o essere rifiutate segnatamente quando il metodo di smaltimento previsto non è accettabile dal punto di vista della protezione dell'ambiente.
Articolo 10
Ai fini dell'applicazione dell'articolo 4, tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell'allegato II B debbono ottenere un'autorizzazione a tal fine.
Articolo 11
1. Fatto salvo il disposto della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (10), possono essere dispensati dall'autorizzazione di cui all'articolo 9 o all'articolo 10:
a) gli stabilimenti o le imprese che provvedono essi stessi allo smaltimento dei propri rifiuti nei luoghi di produzione; e
b) gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti.
2. La dispensa di cui al paragrafo 1 si può concedere solo:
a) qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni alle quali l'attività può essere dispensata dall'autorizzazione; e
b) qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o di recupero siano tali da rispettare le condizioni imposte all'articolo 4.
3. Gli stabilimenti o le imprese contemplati nel paragrafo 1 sono soggetti a iscrizione presso le competenti autorità.
4. Gli Stati membri
informano
------------------------
(10) [Nota ufficiale] (1) GU L 377 del 31.12.1991, pag. 20. Direttiva modificata dalla direttiva 94/31/CE (GU L 168 del 2.7.1994, pag. 28).
Articolo 12
Gli stabilimenti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto di rifiuti a titolo professionale, o che provvedono allo smaltimento o al recupero di rifiuti per conto di terzi (commercianti o intermediari), debbono essere iscritti presso le competenti autorità, qualora non siano soggetti ad autorizzazione
Articolo 13
Gli stabilimenti o
le imprese che effettuano le operazioni previste agli articoli da
Articolo 14
1. Ogni stabilimento o impresa di cui agli articoli 9 e 10 deve:
a) tenere un registro in cui siano indicati la quantità, la natura, l'origine nonché, se opportuno, la destinazione, la frequenza della raccolta, il mezzo di trasporto e il modo di trattamento dei rifiuti, per i rifiuti di cui all'allegato I e per le operazioni previste nell'allegato II A o II B;
b) fornire, dietro richiesta, tali informazioni alle autorità competenti di cui all'articolo 6.
2. Gli Stati membri possono esigere che anche i produttori adempiano le disposizioni del paragrafo 1.
Articolo 15
Conformemente al principio «chi inquina paga», il costo dello smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto:
a) dal detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad una impresa di cui all'articolo 9; e/o
b) dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto causa dei rifiuti.
Articolo 16
Ogni tre anni gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni sull'applicazione della presente direttiva nel contesto di una relazione settoriale concernente anche le altre direttive comunitarie pertinenti. Tale relazione è elaborata sulla base di un questionario o di uno schema elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 2. Il questionario o lo schema sono inviati agli Stati membri sei mesi prima dell'inizio del periodo contemplato dalla relazione. La relazione è trasmessa alla Commissione entro nove mesi dalla fine del periodo di tre anni da essa contemplato.
Articolo 17
Le modifiche necessarie per adeguare al progresso scientifico e tecnico gli allegati della presente direttiva sono adottate conformemente alla procedura di cui all'articolo 18, paragrafo 3.
Articolo 18
1.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a un mese.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
4. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 19
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno emanate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 20
La direttiva 75/442/CEE è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione di cui all'allegato III, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato IV.
Articolo 21
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 22
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 5 aprile 2006.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BORRELL FONTELLES
Per il Consiglio
The President
H. WINKLER
ALLEGATO I
CATEGORIE DI RIFIUTI
Q1 Residui di produzione o di consumo di seguito non specificati
Q2 Prodotti fuori norma
Q3 Prodotti scaduti
Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subíto qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc., contaminati in seguito all'incidente in questione
Q5 Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie (ad esempio residui di operazioni di pulizia, materiali da imballaggio, contenitori, ecc.)
Q6 Elementi inutilizzabili (ad esempio batterie fuori uso, catalizzatori esauriti, ecc.)
Q7 Sostanze divenute inadatte all'impiego (ad esempio acidi contaminati, solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.)
Q8 Residui di processi industriali (ad esempio scorie, residui di distillazione, ecc.)
Q9 Residui di procedimenti antinquinamento (ad esempio fanghi di lavaggio di gas, polveri di filtri dell'aria, filtri usati, ecc.)
Q10 Residui di lavorazione/sagomatura (ad esempio trucioli di tornitura o di fresatura, ecc.)
Q11 Residui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime (ad esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.)
Q12 Sostanze contaminate (ad esempio olio contaminato da PCB, ecc.)
Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata
Q14 Prodotti di cui il detentore non si serve più (ad esempio articoli messi fra gli scarti dall'agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.)
Q15 Materie, sostanze o prodotti contaminati provenienti da attività di riattamento di terreni
Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate
ALLEGATO II A
OPERAZIONI DI SMALTIMENTO
NB: Il presente allegato intende elencare le operazioni di smaltimento come avvengono nella pratica. Ai sensi dell'articolo 4, i rifiuti devono essere smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all'ambiente.
D 1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica, ecc.)
D 2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli, ecc.)
D 3 Iniezioni in profondità (ad esempio iniezione dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali, ecc.)
D 4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.)
D 5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni separati, ricoperti e isolati gli uni dagli altri e dall'ambiente, ecc.)
D 6 Scarico dei rifiuti solidi nell'ambiente idrico eccetto l'immersione
D 7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino
D 8 Trattamento
biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a
composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti
elencati nei punti da D
D 9 Trattamento
fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a
composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti
da D
D 10 Incenerimento a terra
D 11 Incenerimento in mare
D 12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera, ecc.)
D 13 Raggruppamento
preliminare ad una delle operazioni di cui ai punti da D
D 14
Ricondizionamento preliminare ad una delle operazioni di cui ai punti da D
D 15 Deposito
preliminare ad una delle operazioni di cui ai punti da D
ALLEGATO II B
OPERAZIONI DI RECUPERO
NB: Il presente allegato intende elencare le operazioni di recupero come avvengono nella pratica. Ai sensi dell'articolo 4, i rifiuti devono essere recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all'ambiente.
R 1 Utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia
R 2 Rigenerazione/recupero di solventi
R 3 Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche)
R 4 Riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici
R 5 Riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche
R 6 Rigenerazione degli acidi o delle basi
R 7 Recupero dei prodotti che servono a captare gli inquinanti
R 8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori
R 9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli
R 10 Spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura o dell'ecologia
R 11 Utilizzazione
di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R
R 12 Scambio di
rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R
R 13 Messa in
riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da
R
ALLEGATO III
PARTE A
DIRETTIVA ABROGATA E SUE MODIFICHE SUCCESSIVE
(di cui all'articolo 20)
Direttiva 75/442/CEE del Consiglio (G.U.C.E. L 194 del 25.7.1975) |
|
Direttiva 91/156/CEE del Consiglio (G.U.C.E. L 78 del 26.3.1991) |
|
Direttiva 91/692/CEE del Consiglio (G.U.C.E. L 377 del 31.12.1991) |
limitatamente al riferimento, fatto alla direttiva 75/442/CEE, all'allegato VI |
Decisione 96/350/CE della Commissione (G.U.C.E. L 135 del 6.6.1996) |
|
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (G.U.U.E. L 284 del 31.10.2003) |
limitatamente all'allegato III, punto 1 |
PARTE B
ELENCO DEI TERMINI DI ATTUAZIONE NEL DIRITTO INTERNO
(di cui all'articolo 20)
|
|
Direttiva |
Termine di attuazione |
|
|
75/442/CEE |
17 luglio 1977 |
91/156/CEE |
1° aprile 1993 |
91/692/CEE |
1° gennaio 1995 |
ALLEGATO IV
TAVOLA DI CONCORDANZA
|
|
Direttiva 75/442/CEE |
Presente direttiva |
|
|
Articolo 1, frase introduttiva |
Articolo 1, paragrafo 1, frase introduttiva |
Articolo 1, lettera a), primo comma |
Articolo 1, paragrafo 1, lettera a) |
Articolo 1, lettera a), secondo comma |
Articolo 1, paragrafo 2 |
Articolo 1, lettere da b) a g) |
Articolo 1, paragrafo 1, lettere da b) a g) |
Articolo 2 |
Articolo 2 |
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva |
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), frase introduttiva |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), frase introduttiva |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), primo trattino |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto i) |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), secondo trattino |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto ii) |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto iii) |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), frase introduttiva |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), frase introduttiva |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), primo trattino |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto i) |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), secondo trattino |
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto ii) |
Articolo 3, paragrafo 2 |
Articolo 3, paragrafo 2 |
Articolo 4, primo comma, frase introduttiva |
Articolo 4, paragrafo 1, frase introduttiva |
Articolo 4, primo comma, primo trattino |
Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) |
Articolo 4, primo comma, secondo trattino |
Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) |
Articolo 4, primo comma, terzo trattino |
Articolo 4, paragrafo 1, lettera c) |
Articolo 4, secondo comma |
Articolo 4, paragrafo 2 |
Articolo 5 |
Articolo 5 |
Articolo 6 |
Articolo 6 |
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, frase introduttiva |
Articolo 7, paragrafo 1, frase introduttiva |
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, primo trattino |
Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) |
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, secondo trattino |
Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) |
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, terzo trattino |
Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) |
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, quarto trattino |
Articolo 7, paragrafo 1, lettera d) |
Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, frase introduttiva |
Articolo 7, paragrafo 2, frase introduttiva |
Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, primo trattino |
Articolo 7, paragrafo 2, lettera a) |
Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, secondo trattino |
Articolo 7, paragrafo 2, lettera b) |
Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, terzo trattino |
Articolo 7, paragrafo 2, lettera c) |
Articolo 7, paragrafo 2 |
Articolo 7, paragrafo 3 |
Articolo 7, paragrafo 3 |
Articolo 7, paragrafo 4 |
Articolo 8, frase introduttiva |
Articolo 8, frase introduttiva |
Articolo 8, primo trattino |
Articolo 8, lettera a) |
Articolo 8, secondo trattino |
Articolo 8, lettera b) |
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma |
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, frase introduttiva |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, frase introduttiva |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, primo trattino |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, lettera a) |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, secondo trattino |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, lettera b) |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, terzo trattino |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, lettera c) |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, quarto trattino |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, lettera d) |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, quinto trattino |
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, lettera e) |
Articolo 9, paragrafo 2 |
Articolo 9, paragrafo 2 |
Articolo 10 |
Articolo 10 |
Articolo 11, paragrafo 1, primo comma |
Articolo 11, paragrafo 1 |
Articolo 11, paragrafo 1, secondo comma, frase introduttiva |
Articolo 11, paragrafo 2, frase introduttiva |
Articolo 11, paragrafo 1, secondo comma, primo trattino |
Articolo 11, paragrafo 2, lettera a) |
Articolo 11, paragrafo 1, secondo comma, secondo trattino |
Articolo 11, paragrafo 2, lettera b) |
Articolo 11, paragrafo 2 |
Articolo 11, paragrafo 3 |
Articolo 11, paragrafo 3 |
Articolo 11, paragrafo 4 |
Articolo 12 |
Articolo 12 |
Articolo 13 |
Articolo 13 |
Articolo 14, primo comma, frase introduttiva |
Articolo 14, paragrafo 1, frase introduttiva |
Articolo 14, primo comma, primo trattino |
Articolo 14, paragrafo 1, lettera a) |
Articolo 14, primo comma, secondo trattino |
Articolo 14, paragrafo 1, lettera b) |
Articolo 14, secondo comma |
Articolo 14, paragrafo 2 |
Articolo 15, frase introduttiva |
Articolo 15, frase introduttiva |
Articolo 15, primo trattino |
Articolo 15, lettera a) |
Articolo 15, secondo trattino |
Articolo 15, lettera b) |
Articolo 16, primo comma |
Articolo 16, primo comma |
Articolo 16, secondo comma |
- |
Articolo 16, terzo comma |
Articolo 16, secondo comma |
Articolo 17 |
Articolo 17 |
Articolo 18 |
Articolo 18 |
Articolo 19 |
- |
Articolo 20 |
Articolo 19 |
- |
Articolo 20 |
- |
Articolo 21 |
Articolo 21 |
Articolo 22 |
Allegato I |
Allegato I |
Allegato II A |
Allegato II A |
Allegato II B |
Allegato II B |
- |
Allegato III |
- |
Allegato IV |
SENTENZA N. 30
ANNO 1961
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori giudici:
Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente
Prof. Gaspare AMBROSINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4 e 281 del T.U. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1960 dalla Commissione distrettuale delle imposte dirette di Pescara su ricorso di Merenda Francesco contro l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Pescara, iscritta al n. 44 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del 7 maggio 1960.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 15 marzo 1961 la relazione del Giudice Michele Fragali;
uditi l'avv. Rosario
Mazzone, per il Merenda, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto
Coronas, per l'Amministrazione delle finanze e per
Ritenuto in fatto
1. - Con atto 9
gennaio
L'ordinanza veniva notificata il 29 marzo 1960 all'avv. Merenda. Il 30 successivo veniva notificata al direttore dell'Ufficio delle imposte dirette di Pescara e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il 25 marzo 1960 veniva comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica e il 7 maggio 1960 veniva pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica.
2. - Innanzi a questa Corte l'avv. Merenda deduce che l'art. 63 della suddetta legge 5 gennaio 1956, n. 1, aveva dato al Governo la facoltà di includere nei testi unici soltanto le modifiche necessarie per un migliore coordinamento, per l'adattamento delle disposizioni all'esigenza di semplificazione nell'applicazione dei tributi e a quella di una razionale organizzazione dei servizi, per il perfezionamento delle norme concernenti l'attività dell'Amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi, Invece, con gli artt. 3, 4 e 281 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, senza alcuna correlazione con tali criteri, é stato modificato il periodo di imposta determinato dalla legge 11 gennaio 1951, n. 25, e dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, facendolo coincidere con l'anno solare anziché con l'anno finanziario, si é innovato sul modo di commisurare l'imposta prescritto da tali leggi, riferendolo al reddito prodotto nel periodo di competenza dell'imposta, anziché al reddito prodotto nel periodo anteriore; é stata imposta l'iscrizione a ruolo per il secondo semestre 1960, sulla base della dichiarazione del 1959, modificando, anche per questa parte, le leggi predette.
L'avv. Merenda osserva che il principio della tassazione per esercizio finanziario stabilito nell'art. 18 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, era stato ribadito da quella 5 gennaio 1956, n. 1, la quale si richiama espressamente ai principi della legge precedente. Perciò non potevano formare oggetto della delegazione le norme di questa legge relative al periodo di imposizione e al modo di commisurazione del tributo.
Richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, per quanto ampie siano le facoltà delegate al Governo, esse non possono estendersi fino a dettare norme in contrasto con quelle contenute nella legge di delegazione. Era stata data facoltà al Governo di eliminare le disposizioni che contrastassero con i principi contenuti nella legge 11 gennaio 1951, n. 25, e nella stessa legge di delegazione, e, quindi, i limiti della delegazione dovevano intendersi posti nel senso che queste leggi andavano rispettate, non emendate. La stessa relazione alla legge di delegazione osservava che il potere del Governo riguardava la formazione di testi di norme organiche dalle quali fossero escluse quelle in contrasto con la legge 11 gennaio 1951, n, 25.
Il coordinamento che rientrava nel potere legislativo delegato concerneva, secondo l'avv. Merenda, il rapporto fra le leggi anteriori e le leggi nuove, non queste ultime leggi. Il potere di adattamento doveva soddisfare l'esigenza di semplificare l'applicazione dei tributi, di razionalizzare l'organizzazione dei servizi, e con esso non aveva nulla da vedere il cambiamento del periodo di imposizione o del sistema di commisurazione del tributo; anzi, costringendosi ad un rimborso o ad una duplice iscrizione a ruolo, veniva a complicarsi il sistema di accertamento. Nemmeno con il potere di perfezionare le norme ai fini dell'accertamento dei redditi avevano da vedere le modificazioni predette.
Peraltro, rileva
l'avv. Merenda, la legge del
L'avv. Merenda deduce,
inoltre, che l'art. 281 del T.U. del 1958, ponendo il reddito del 1958 come
misura, sia pure provvisoria, dell'imposta dovuta per il secondo semestre del
1959 e per l'intero anno solare, costringe il contribuente ad anticipare somme
di cui egli potrebbe non essere in grado di disporre e crea, in tal modo, un
obbligo non consentito dalla legge di delegazione. La quale, con il richiamo
espresso della legge del 1951, vuole che il contribuente paghi l'imposta
soltanto sui redditi effettivamente conseguiti e, quindi, dopo averli
conseguiti. L'avv. Merenda aggiunge che la situazione del contribuente é in
tanto più aggravata, rispetto a quella fattagli dalle leggi del 1951 e del
3. - L'Amministrazione
delle finanze e
Analogamente conforme a tali principi é l'art. 281, che detta disposizioni di transizione dal vecchio al nuovo sistema: erano necessarie, per il primo periodo di imposizione, iscrizioni provvisorie a ruolo e successivi conguagli, senza di che non si sarebbe coronato il fine di un'imposizione rapportata al periodo di competenza. L'osservazione dell'avv. Merenda circa la possibile gravosità per il contribuente dell'onere di anticipare somme che gli potrebbero essere rimborsate, esula dal thema decidendi, perché attiene ad una non denunciata pretesa violazione del principio della capacità contributiva sancito nell'art. 53 della Costituzione; e, comunque, la violazione non sussisterebbe, perché il rapporto fra la capacità contributiva del cittadino e l'ammontare del tributo va riferito, non ad ogni singolo contribuente, bensì alla maggioranza dei medesimi, al sistema tributario nel suo insieme e non alle singole imposte.
Considerato in diritto
1. - L'ordinanza della Commissione distrettuale delle imposte di Pescara e, più specificatamente, le deduzioni prodotte dall'avv. Merenda innanzi alla Commissione suddetta, rilevano che gli artt. 3, 4 e 281 del T.U. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, hanno violato le norme stabilite dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, e da quella anteriore 11 gennaio 1951, n. 25, che, in osservanza dei criteri dettati dalla norma di delegazione contenuta nell'art. 63 della prima delle due leggi citate, nella formazione del testo unico non avrebbero dovuto essere innovate: si é fatto coincidere il periodo di imposta con l'anno solare anziché con quello finanziario, si é statuito che il tributo deve essere commisurato ai presupposti esistenti in ciascun periodo di imposta anziché sul reddito conseguito nell'anno solare precedente a quello finanziario, si é, infine, disposta, per il secondo semestre del 1960, la iscrizione a ruolo provvisoria dei tributi sulla base della dichiarazione del 1959, così obbligando il contribuente ad anticipare allo Stato l'imposta, anziché a corrisponderla sulla base del reddito effettivamente conseguito.
L'assunto non ha fondamento.
2. - La delegazione aveva confini assai estesi. Le norme da riunire dovevano essere coordinate fra loro, dovevano essere adattate all'esigenza di semplificazione nell'applicazione dei tributi e a quella di una razionale organizzazione dei servizi, dovevano essere perfezionate nelle parti che regolavano l'attività della Amministrazione finanziaria in ordine all'accertamento dei redditi.
Ora, la determinazione di un periodo di imposta diverso da quello fissato dall'art. 18 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, attuava, senza dubbio, il fine di semplificazione nell'applicazione dei tributi che, mediante la delegazione, doveva essere conseguito, perché faceva coincidere il tempo della imposizione con quello della produzione del reddito; in modo che l'obbligazione tributaria non si staccava, nel suo sorgere, dal tempo in cui se ne avverava il presupposto, e la sua entità poteva meglio commisurarsi al presupposto stesso. Risultava, in tal modo, ridotta di importanza la denuncia di cessazione, che non avrebbe dato luogo a sgravi, non esimendo il contribuente dall'obbligo della dichiarazione (art. 30 e 144 T.U.), e si eliminava la necessità di rapportare all'esercizio finanziario il periodo di percezione del reddito. Donde erano notevoli le agevolazioni all'attività di accertamento.
La commissione
parlamentare chiamata a dare il suo parere sul progetto di testo unico aveva
rilevato che l'art. 18 della legge del
3. - É esatto che, come osserva il Merenda, per l'espresso dettato della norma di delegazione, nel testo unico non dovevano essere comprese "le disposizioni in contrasto con i principi" contenuti nella legge 11 gennaio 1951, n. 25, e nella legge 5 gennaio 1956, n. 1.
Senonché, mantenere i principi desumibili dalle leggi precedenti non valeva mantenerne le norme. Quella delegante distingueva fra disposizioni e principi; e faceva questa distinzione appunto perché imponeva di rispettare, delle leggi sopraddette, soltanto le linee sostanziali, non anche le norme che tendevano al sistema accolto, senza costituirne elemento strutturale.
Non era cardine della legge 11 gennaio 1951, n. 25 (di cui quella 5 gennaio 1956, n. 1, é integrativa, com'é detto nella sua intitolazione), la norma per la quale l'imposta doveva essere applicata con riferimento all'anno finanziario e andava commisurata al reddito conseguito nell'anno solare precedente. Ne era, invece, base sostanziale il principio per cui il periodo di imposta andava ravvicinato a quello di maturazione del reddito. Lo aveva affermato la relazione di maggioranza, con la quale la quarta commissione permanente della Camera dei Deputati aveva accompagnato all'Assemblea il testo del progetto che poi divenne la legge del 1951; e già prima la relazione ministeriale alla detta legge lo aveva fatto intendere quando aveva osservato che, in un periodo di variazioni sensibili della moneta, é sentita con particolare intensità l'esigenza di quell'avvicinamento, e quando aveva rilevato che l'ordinamento anteriore si risolveva in una sperequazione rispetto alle diverse categorie di redditi, in relazione ai diversi metodi di accertamento e di percezione dell'imposta, recando allo Stato il danno del ritardo nell'adeguamento del gettito dei tributi diretti. Aveva avvertito, altresì, la predetta relazione ministeriale che la norma per cui la imposta é dovuta per l'esercizio finanziario ed é commisurata sui redditi conseguiti nell'anno solare precedente, era un "passo" verso la meta del ravvicinamento auspicato; il che vuol dire che la norma ricordata avviava al conseguimento dei propositi che avevano ispirato la riforma, ma non era suscettibile di realizzarsi. Doveva perciò considerarsi un mezzo, non un limite dell'intento perequativo che il ravvicinamento dei due periodi doveva attuare. E l'art. 3 T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, denunciato dalla ordinanza della Commissione distrettuale delle imposte di Pescara, che sostituì come periodo d'imposta l'anno solare all'anno finanziario del bilancio statale, ha costituito un ulteriore "passo" verso la realizzazione del disegno prospettato dalla relazione ministeriale alla legge del 1951; vale a dire, più che opporsi ai principi presupposti da questa legge, adeguò gli strumenti tecnici della riforma ai suoi presupposti sostanziali, per renderli meglio operanti e rafforzarne il valore, quindi, senza negarli o sostituirli.
Così essendo, nessun limite posto al potere delegato risulta infranto.
4. - L'avvocato Merenda obietta ancora, da un lato, che, per quanto ampia possa essere la delegazione, essa, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non può intendersi data per innovare anche le norme contenute nella legge delegante; e, dall'altro, che il mutamento del periodo di imposta statuito con la legge delegata, mentre si oppone allo scopo cui mirava la legge del 1951, di far coincidere il periodo di imposta con quello del bilancio statale, conduce ad una iscrizione a ruolo di valore provvisorio e a conguagli successivi, quindi a complicazioni, non a semplificazioni, nell'attività di accertamento, come, invece, esigeva la norma delegante.
Il primo rilievo non é però conferente quando, come nella specie, la norma delegante consente, secondo quanto si é detto, una scelta di mezzi nella cornice di un rigore limitato da principi sostanziali. In tal caso non si potrà aver dubbi sulla legittimità delle disposizioni della legge delegata che, rispettando questi principi, si adagia su meccanismi meglio rispondenti alle necessità pratiche cui la norma delegante impone di dare soddisfazione.
Il secondo rilievo non ha pregio, né per ciò che concerne l'assunto contrasto fra l'art. 4 del testo unico e il principio di riferimento al periodo di vigore del bilancio statale, né per quanto riguarda l'assunta violazione del limite della semplificazione posto dalla norma delegante.
Precisato, come si é fatto, che fine specifico della riforma del 1951 fu quello di avvicinare il periodo d'imposta a quello di produzione del reddito, resta escluso che si sia voluto rendere omogenei nel tempo il periodo d'imposta e quello dell'esercizio del bilancio statale e rimane anzi assodato che la scelta del periodo di durata di questo esercizio fu scelta di semplice modalità di applicazione del suddetto principio di ravvicinamento.
D'altro canto, il
principio dell'iscrizione provvisoria non é ignoto alla legge 11 gennaio 1951,
n. 25, che lo applica all'art. 3, all'art. 19, all'art. 20, all'art. 46. La
norma delegante, nel porre il limite del rispetto dei principi accolti dalla
legge di cui faceva parte e da quella anteriore, ha, pertanto, valutato come
non contrastante al fine di semplificazione, che era nel compito del Governo,
la regola dell'iscrizione provvisoria; ed é a questa constatazione che deve
fermarsi l'indagine circa la legittimità costituzionale degli artt. 3, 4 e 281
del T.U. del 1958, quando la si prospetta, come nella specie, sotto il profilo
della osservanza dei vicoli posti nell'art. 76 della Costituzione. Peraltro,
l'art. 46 della legge del
5. - Non é fondato, infine, opporre che l'iscrizione provvisoria gravi il contribuente del dovere di anticipare il pagamento di un imposta che potrebbe risultare in tutto o in parte non dovuta.
L'osservazione può riferirsi soltanto alle leggi del 1951 e del 1956, che contengono, come si é detto, il principio di iscrizione provvisoria; ma nessuna disposizione di tali leggi é stata denunciata per contrasto con norme della Costituzione.
Comunque, va rilevato che l'iscrizione provvisoria presuppone sempre l'accertamento dell'esistenza di una obbligazione tributaria per il periodo di competenza, e che l'adempimento di questa obbligazione non ne risulta anticipato, perché trova ragione in un accertamento che ha forza esecutoria come atto amministrativo, in modo da rendere esigibile l'imposta anche se l'atto, essendo ancora suscettibile d'impugnazione, non rivesta intanto il carattere dell'immutabilità.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, proposta con l'ordinanza della Commissione distrettuale delle imposte dirette di Pescara del 16 marzo 1960, degli artt. 3, 4 e 281 del T.U. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, e con riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 1961.
Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI
Depositata in cancelleria il 9 giugno 1961.
SENTENZA N. 32
ANNO 1968
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori Giudici:
Prof. Aldo SANDULLI, Presidente
Dott. Antonio MANCA
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo TRIMARCHI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 252 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, promosso con ordinanza emessa il 13 maggio 1966 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento penale a carico di Granata Angola e De Lorenzi Antonio, iscritta al n. 131 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213 del 27 agosto 1966.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione del Ministero delle finanze;
udita nell'udienza pubblica dell'11 marzo 1968 la relazione del Giudice Luigi Oggioni;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per il Ministero delle finanze.
Ritenuto in fatto
Con la legge 7 gennaio 1929, n. 4, sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie si stabiliva (art. 21, ultimo comma) che "per i reati previsti dalle leggi sui tributi diretti l'azione penale ha corso dopo che l'accertamento dell'imposta é divenuto definitivo a norma delle leggi regolanti la materia". L'azione penale veniva, quindi, subordinata all'accertamento della violazione in sede fiscale.
Con la legge 5 gennaio 1956, n. 1, contenente norme integrative sulla perequazione tributaria, veniva stabilito (art. 35, ultimo comma) che la predetta disposizione della legge del 1929 non si applica nei casi in cui in sede di dichiarazione dei redditi non si sia provveduto alla rettifica di dati contabili omessi, mascherati o alterati o, in genere, si siano commessi fatti fraudolenti per sottrarre redditi alle imposte dirette. Con ciò, in deroga a quanto precedentemente stabilito, l'azione penale veniva invece svincolata dalla subordinazione all'accertamento in sede fiscale.
Con l'art. 63 della stessa legge n. 1 del 1956 il Governo veniva autorizzato ad emanare testi unici concernenti le diverse imposte dirette, le disposizioni generali, le norme sulle riscossioni, apportando, oltre alle modifiche utili per un miglior coordinamento, quelle necessarie per adattare le disposizioni alle esigenze di semplificazione nell'applicazione dei tributi, a quelle di una razionale organizzazione dei servizi e a quella di un perfezionamento delle norme concernenti l'attività dell'Amministrazione ai fini dell'accertamento dei redditi.
In conseguenza di questa delega é intervenuto il T.U. sulle imposte dirette 29 gennaio 1958, n. 645. Con l'art. 252 di questo T.U. si sono fissate le pene per i reati di frode fiscale ma non si é più riprodotta la norma che aveva svincolato la azione penale dalla subordinazione all'accertamento in sede fiscale, tornandosi, pertanto, alla subordinazione disposta dalla legge del 1929.
Con ordinanza emessa il 13 maggio 1966 nel procedimento penale a carico di Granata Angela e De Lorenzi Antonio, imputati del reato di frode fiscale continuata per false dichiarazioni rilevanti nella determinazione del redditi imponibili, la Corte d'appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 252 del T.U. con riferimento all'art. 76 della Costituzione concernente la delega al Governo per l'esercizio della funzione legislativa. Ciò in quanto l'ambito della delega parrebbe qui superato essendosi emanata una norma non di coordinamento ma innovatrice, rispetto al sistema vigente al momento della delega; ciò pel ritorno alla norma del 1929 che subordina l'azione penale all'accertamento fiscale.
Ciò posto, la Corte d'appello ritenuta rilevante la questione sollevata, ordinava la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'ulteriore corso.
L'ordinanza, notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio il 25 maggio 1966 e comunicata ai Presidenti del due rami del Parlamento, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213 del 27 agosto 1966.
Avanti alla Corte costituzionale si sono costituiti il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministero delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dalla Avvocatura generale dello Stato che ha depositato le proprie deduzioni, di identico tenore, il 16 settembre 1966.
L'Avvocatura osserva che, in un primo tempo, la deroga al principio della subordinazione dell'azione penale all'accertamento della violazione in sede fiscale, fu introdotta dalla legge n. 1 del 1956 allo scopo di svincolare l'azione penale dall'accertamento in sede fiscale, onde accentuare il rigore della sanzione penale arrivando alla punizione del reo indipendentemente dalla procedura amministrativa.
Questo
intento, tuttavia, secondo l'Avvocatura, si palesava difficilmente
raggiungibile attraverso la disposizione in esame, in vista della priorità che,
in molti casi, l'accertamento del tributo diretto conservava, ai fini della
verifica degli elementi costitutivi del reato di frode fiscale, in virtù
dell'esclusione della competenza del giudice ordinario nell'accertamento del
tributo diretto, sancita dall'art. 60 della legge 7 gennaio 1929, n. 4
(applicabile pur dopo l'emanazione dell'art. 35 della legge n. 1 del
D'altra parte, per effetto dell'art. 35, ultimo comma suddetto, si verificava altresì uno spostamento della data iniziale di decorrenza della prescrizione dal momento dell'accertamento definitivo del tributo al momento della commissione del reato, cioè in pratica, dato il lungo tempo normalmente richiesto dalla complessità del procedimento amministrativo, si rendeva difficoltoso l'esperimento dell'azione penale, e ciò in contrasto con gli scopi della norma.
Di qui sarebbe sorta, secondo l'Avvocatura, la necessità di coordinare l'art. 35 della legge n. 1 del 1956 con la contrastante disposizione dell'art. 60 della legge n. 4 del 1929, coordinamento che il legislatore delegato avrebbe ritenuto di attuare appunto mediante l'abrogazione dell'ultimo comma dell'art. 35 stesso, non ravvisando possibile giungere ad introdurre una deroga all'art. 60.
Con ciò non si sarebbe andati oltre i limiti della delega di cui all'art. 63 della legge n. 1 del 1956, limiti già riconosciuti dalla giurisprudenza di questa Corte come comprendenti anche la facoltà di modifiche utili al fine di un migliore coordinamento. Appunto entro tale ambito si sarebbe posto il legislatore delegato, in attuazione dei fini, espressamente dettati nella delega, di semplificazione nell'applicazione dei tributi e di perfezionamento dell'attività dell'amministrazione.
Né potrebbe ritenersi che il denunziato contrasto fra la norma impugnata e l'art. 35 ultimo comma della legge n. 1 del 1956 integri di per sé un eccesso di delega, perché il legislatore delegato era vincolato al rispetto dei principi sanciti nella legge delega. Ed i principi in materia di sanzioni penali, erano essenzialmente quelli intesi ad adattare il sistema punitivo alla migliore tutela contro le evasioni, mentre tale tutela per le ragioni anzidette non era fornita dalla legge del 1956 inadeguata e addirittura controproducente nell'intento per lo più inattuale, di svincolare l'azione penale dall'accertamento tributario.
L'Avvocatura conclude chiedendo dichiararsi infondata la questione sollevata con l'ordinanza sopra indicata.
Considerato in diritto
1. - É stato denunciato l'art. 252 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645 sulle imposte dirette, legge delegata, in relazione agli artt. 35 e 63 della legge di delegazione 11 gennaio 1956, n. 1, e in riferimento all'art. 76 della Costituzione: la norma ha soppresso l'ultimo comma dell'art. 35 con cui la stessa legge di delegazione, in deroga all'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, consentiva che per certi reati fiscali l'azione avesse corso senza il preventivo accertamento dell'imposta. Nell'ordinanza di rinvio si sostiene che al legislatore delegato non s'era conferito il potere di derogare a precetti contenuti nella legge di delegazione e che pertanto la norma impugnata sarebbe sospetta di "eccesso di delega".
La questione é infondata.
Il Governo, nel compilare il titolo XI del testo unico delle imposte dirette, si é trovato dinanzi alcune norme, la cui coesistenza suscitava sfasature o inconvenienti e che dovevano esser coordinate nella prospettiva delle più ampie finalità da perseguire.
Innanzi tutto era in vigore l'art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che per i reati previsti dalla legislazione sui tributi diretti dava corso all'azione penale solo dopo l'accertamento dell'imposta: con ciò impediva il decorso immediato della prescrizione ed evitava la possibilità di conflitto tra sentenza penale e accertamento, in altra sede, del rapporto tributario. Questo era il principio generale.
Ma ad esso l'art. 35, ultimo comma, della legge 1956 n.1, la stessa che delegava il Governo alla formazione del T.U., aveva apportato una deroga limitatamente ad alcuni reati, c.d. frodi fiscali, che si ritenevano perseguibili indipendentemente dall'accertamento dell'imposta: mancata rettifica di dati di bilancio o di documenti alterati, falsi o reticenti; dichiarazioni di passività immaginarie; altre frodi destinate a sottrarre redditi alle imposte dirette. Scopo della norma, nel quadro d'una disciplina tutta tesa a severità verso le evasioni, era quello di colpire rapidamente i responsabili: essa infatti consentiva al giudice penale di perseguire il reato senza attendere l'accertamento degli uffici amministrativi o del giudice civile. Ma la disposizione apparve ed era, da un lato, parzialmente contraddittoria rispetto al fine che l'aveva ispirata, e, dall'altro, praticamente inidonea, nella sua pienezza, a trovare larga applicazione.
Infatti
consentiva il decorso immediato della prescrizione penale (piuttosto breve),
col pericolo che questa, per lungaggini inerenti all'accertamento del rapporto
tributario, maturasse avanti la sentenza di condanna (mentre l'art. 21 della
legge 1929, n.
2. - Il legislatore delegato poteva anche limitarsi a riunire le tre norme lasciandole intatte; ma con ciò non avrebbe aderito ai principi dominanti nell'intero sistema tributario e alle finalità della stessa legge di delegazione. Quei principi sottoponevano e s'oppongono ad eventuali conflitti tra pronunce penali e altre decisioni, tanto che, a parte l'art. 34 del R.D. 17 settembre 1931, n. 1608, obbligano il giudice penale a decidere anche la "controversia relativa al tributo" (art. 22 legge 1929, n. 4) e, per le imposte dirette, ad attendere la definizione amministrativa o civile del contrasto (art. 21 legge citata). Da essi l'art. 35, ultimo comma, della legge contenente la "delega" aveva deviato con un precetto eccezionale che trovava giustificazione solo al fine d'una esemplare severità verso gli evasori. Ma, accertato che di fatto questa giustificazione veniva meno perché l'immediato decorso della prescrizione poteva favorire, invece che colpire, l'evasore mentre l'efficacia del precetto era indebolita dal potere giudiziale di sospendere il processo (art. 20 del Codice di procedura penale), l'opportunità di sopprimerlo finiva per imporsi: in questo senso s'é detto che la sua conservazione avrebbe urtato alla lunga con la finalità della legge di cui esso era parte.
Non
si nega che il legislatore delegato, nella soppressione di precetti della legge
che contiene anche la norma delegante, debba procedere con particolare cautela;
ma
Il legislatore delegato, invece di inserire a fatica la norma eccezionale nelle altre, ha preferito sopprimerla ritenendo così di attuare quel "migliore" coordinamento di norme e principi che gli era stato espressamente richiesto (art. 63 legge 1956 n. l).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 252 del T.U.29
gennaio 1958, n. 645 (sulle imposte dirette) proposta con l'ordinanza della
Corte di appello di Milano 13 maggio
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1968.
Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo TRIMARCHI
Depositata in cancelleria il 20 aprile 1968.
SENTENZA N. 272
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- GustavoZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni MariaFLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfonso QUARANTA “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 21 gennaio 2004, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2004.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2004 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
uditi l’avvocato Fabio Lorenzoni per
Ritenuto in fatto
1. ―
2. ― Il
censurato art. 14, commi 1 e 2, del d.l. n. 269 del 2003, come modificato dalla
legge di conversione n. 326 del
In particolare, la normativa impugnata ha sostituito la distinzione fra servizi pubblici locali “di rilevanza industriale” e servizi pubblici locali “privi di rilevanza industriale” con quella fra servizi pubblici locali “di rilevanza economica” e servizi pubblici locali “privi di rilevanza economica” ed ha specificato che le disposizioni che disciplinano puntualmente le modalità di gestione dei servizi pubblici locali – anch’esse oggetto di modifica – attengono alla tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle specifiche normative di settore. Quanto alla disciplina delle modalità di gestione dei predetti servizi, la normativa impugnata ha stabilito che: la gestione dei servizi di rilevanza economica può essere affidata a società di capitali individuate con gara ad evidenza pubblica o a società miste, i cui soci privati siano scelti con gara ad evidenza pubblica, o a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti pubblici che la controllano; la gestione dei servizi privi di rilevanza economica avviene mediante affidamento diretto ad istituzioni ed aziende speciali o anche a società a capitale interamente pubblico, con esclusione dei privati e delle società miste. Infine, si è provveduto a disciplinare la scadenza del periodo di affidamento in esito alla successiva gara di affidamento al nuovo gestore nonché il periodo di transizione per il passaggio dalle esistenti gestioni a quelle da affidarsi con le nuove regole.
2.1. ―
Secondo
Tale materia non sarebbe, infatti, riconducibile alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione), la quale riguarderebbe solo i servizi sociali e non quelli di rilevanza economica e comunque – essendo limitata alla determinazione degli standard minimi delle prestazioni – non precluderebbe al legislatore regionale la possibilità di disciplinare gli aspetti concernenti l’organizzazione del servizio e le modalità di gestione del medesimo; né essa potrebbe ricollegarsi alle “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione), non costituendo la gestione dei servizi pubblici locali una funzione fondamentale dell’ente locale, ma “un’attività di regola esercitata in regime di concorrenza e quindi sottratta ad una gestione effettuata con gli strumenti del potere pubblico”. Le disposizioni impugnate non si potrebbero, inoltre, giustificare – ad avviso della ricorrente – neppure in relazione alla competenza legislativa statale esclusiva in materia di “tutela della concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione), in quanto la disciplina dei servizi pubblici locali riguarderebbe non già la “tutela della concorrenza”, ma la diversa materia della “promozione della concorrenza”, costituita da un insieme di regole e procedure di tipo pubblicistico volte a creare in modo artificiale le condizioni per la concorrenza, di competenza regionale.
La ricorrente deduce, infine, che le disposizioni censurate violerebbero anche l’art. 118 della Costituzione, non essendo indicati i “presupposti per l’intervento legislativo statale in sussidiarietà” e non essendo comunque prevista “l’intesa con la regione che sarebbe invece imprescindibile a fronte dell’interferenza della disciplina in ambiti materiali di competenza regionale”.
2.2. ―
Nell’imminenza dell’udienza pubblica
3. ― Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile e, comunque, infondato.
In via preliminare, la difesa erariale ritiene che il ricorso sia inammissibile, giacché, con riferimento alle disposizioni legislative già presenti nel decreto-legge n. 269 del 2003 e quindi già in vigore dal 2 ottobre 2003, “a sé stanti e non modificate dalla legge di conversione”, esso sarebbe tardivo e comunque conterrebbe censure prive di motivazione.
Nel merito, la difesa erariale sostiene l’infondatezza del ricorso, deducendo che sussisterebbe una competenza legislativa esclusiva dello Stato, non solo in relazione alla materia “tutela della concorrenza” (secondo comma, lettera e), dell’art. 117 della Costituzione), ma anche in relazione alla materia “funzioni fondamentali degli enti locali” (secondo comma, lettera p), dell’art. 117 della Costituzione), in quanto le funzioni di gestione, organizzazione ed erogazione dei servizi pubblici locali sarebbero “essenziali” rispetto ai bisogni delle comunità servite nonché in riferimento alla cospicua incidenza sull’equilibrio finanziario degli enti locali dei costi per gli investimenti e per l’esercizio dei servizi stessi. Si ravviserebbe, altresì, una competenza legislativa statale esclusiva in tema di servizi pubblici locali anche in relazione alla materia “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (secondo comma, lettera m), dell’art. 117 della Costituzione), dal momento che, attraverso la prestazione dei servizi pubblici locali, si concretizzerebbero “molteplici ed importanti diritti sociali” che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
3.1. ―
Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la difesa erariale ha depositato memoria
nella quale insiste perché
In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato precisa che le modifiche apportate alla disciplina dei servizi pubblici locali dalle disposizioni impugnate costituirebbero l’esito di “un pluriennale dialogo con l’Unione europea” e sarebbero perciò volte “ad assicurare la realizzazione di un valore e di un risultato – quello di una (per quanto tecnicamente possibile) effettiva e non ostacolata concorrenza fra operatori economici” – esplicitamente indicato dai Trattati come fondamentale. Pertanto, le disposizioni impugnate sarebbero sorrette da più parametri costituzionali contenuti nell’art. 117, secondo comma, della Costituzione, in particolare alla lettera e) ed alla lettera a).
4. ― All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1. ― La
questione di legittimità costituzionale, sollevata con il ricorso in epigrafe
dalla Regione Toscana, ha ad oggetto l’art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge
30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per
la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni
nella legge 24 novembre 2003, n.
La disciplina in oggetto, dettagliata ed autoapplicativa, esulerebbe quindi dalla sfera di competenza legislativa dello Stato e rientrerebbe nell’ambito della competenza esclusiva della Regione ricorrente, dal momento che non sono neppure indicati i “presupposti” di un eventuale intervento “in sussidiarietà” dello Stato, ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, e non è comunque previsto un accordo sul punto tra Stato e Regione.
2. ― In via preliminare vanno rigettate le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato in ordine all’asserita tardività delle censure proposte dalla ricorrente nei confronti di disposizioni della legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, che hanno confermato quelle originariamente contenute nel d.l. 30 settembre 2003, n. 269. Ed infatti, indipendentemente dalla circostanza che nella specie la legge di conversione ha introdotto rilevanti modifiche, in considerazione del carattere intrinsecamente precario del decreto – legge, il ricorso può essere proposto nei confronti della relativa legge di conversione che rende permanente e definitiva la asserita lesione da cui scaturisce l’interesse a ricorrere della Regione (sentenza n. 25 del 1996).
3. ― La questione è parzialmente fondata, nei termini di seguito esposti.
Le disposizioni impugnate, che recano una nuova disciplina della gestione dei servizi pubblici locali, si inseriscono in un quadro normativo molto articolato, che sostanzialmente prende le mosse dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante la legge finanziaria per il 2002, il quale introduce profonde modifiche alla impostazione normativa risalente agli anni novanta e consacrata nell’art. 113 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). Ma subito dopo la riforma del 2001, si è proceduto ad ulteriori innovazioni su aspetti rilevanti della disciplina in esame, dapprima con il censurato art. 14 del d.l. n. 269 del 2003, convertito con modificazioni nella legge n. 326 del 2003, e successivamente ancora con l’art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004). Tali innovazioni sono state in larga parte indotte dai rilievi espressi dalla Commissione europea sulla precedente normativa e dall’esigenza di trovare un esplicito fondamento nel novellato art. 117 della Costituzione. Sotto questi profili sono significativi, nella disciplina in esame, sia il testuale riferimento alla tutela della concorrenza, sia la nuova qualificazione di “rilevanza economica” attribuita a determinati servizi pubblici locali – in analogia con la denominazione che viene attualmente adottata in sede comunitaria – in luogo della precedente qualificazione di “rilevanza industriale”.
La disciplina in esame non appare riferibile – come osserva la ricorrente – né alla competenza legislativa statale in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione), giacché riguarda precipuamente servizi di rilevanza economica e comunque non attiene alla determinazione di livelli essenziali, né a quella in tema di “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p), giacché la gestione dei predetti servizi non può certo considerarsi esplicazione di una funzione propria ed indefettibile dell’ente locale. Viceversa, in relazione ai riferimenti testuali e soprattutto ai caratteri funzionali e strutturali della regolazione prevista, la medesima disciplina può essere agevolmente ricondotta nell’ambito della materia “tutela della concorrenza”, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Non appare però condivisibile la prospettazione della Regione ricorrente, secondo cui il regime in oggetto, incidendo su situazioni di non concorrenzialità del mercato per la presenza di diffuse condizioni di monopolio naturale e riguardando interventi propriamente di “promozione” e non già di “tutela” della concorrenza, sarebbe estraneo, in quanto tale, all’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato e pertinente invece alla competenza regionale in tema di servizi pubblici locali. Secondo l’interpretazione di questa Corte, la tutela della concorrenza “non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali” (sentenza n. 14 del 2004). In altri termini, la tutela della concorrenza riguarda nel loro complesso i rapporti concorrenziali sul mercato e non esclude perciò anche interventi promozionali dello Stato. Alla stregua dei principi espressi da questo indirizzo giurisprudenziale, dunque, non può essere accolta la tesi della ricorrente su una pretesa distinzione di competenze legislative tra Stato e Regioni in ordine rispettivamente a misure di “tutela” o a misure di “promozione” della concorrenza, dal momento che la indicata configurazione della tutela della concorrenza ha una portata così ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a promuovere, sia a proteggere l’assetto concorrenziale del mercato.
Sotto questo profilo è quindi significativa la dichiarazione, contenuta nel censurato art. 14 di modifica del comma 1 dell’art. 113 del t.u. citato, secondo cui le predette disposizioni sulle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica “concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore”. L’art. 14 si può dunque sostanzialmente considerare una norma-principio della materia, alla cui luce è possibile interpretare il complesso delle disposizioni in esame nonché il rapporto con le altre normative di settore, nel senso cioè che il titolo di legittimazione dell’intervento statale in oggetto è fondato sulla tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e che la disciplina stessa contiene un quadro di principi nei confronti di regolazioni settoriali di fonte regionale. L’accoglimento di questa interpretazione comporta, da un lato, che l’indicato titolo di legittimazione statale è riferibile solo alle disposizioni di carattere generale che disciplinano le modalità di gestione e l’affidamento dei servizi pubblici locali di “rilevanza economica” e dall’altro lato che solo le predette disposizioni non possono essere derogate da norme regionali.
Alla luce di queste considerazioni, nella questione di costituzionalità in esame, non appaiono censurabili tutte quelle norme impugnate che garantiscono, in forme adeguate e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza nell’ambito di rapporti – come quelli relativi al regime delle gare o delle modalità di gestione e conferimento dei servizi – i quali per la loro diretta incidenza sul mercato appaiono più meritevoli di essere preservati da pratiche anticoncorrenziali. Alle stesse finalità garantistiche della concorrenza appare ispirata anche la disciplina transitoria, che, in modo non irragionevole, stabilisce i casi di cessazione delle concessioni già assentite in relazione all’effettuazione di procedure ad evidenza pubblica e al tipo di società affidataria del servizio.
Non spetta peraltro a questa Corte valutare in concreto la rilevanza degli effetti economici derivanti dalle singole previsioni di interventi statali in materia: stabilire cioè se una determinata regolazione abbia effetti così importanti sull’economia di mercato, da postulare misure di tutela della concorrenza, tali da trascendere l’ambito regionale; quello che invece non può sottrarsi al sindacato di costituzionalità è il fatto che i vari “strumenti di intervento siano disposti in una relazione ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi attesi” (sentenza n. 14 del 2004). Il criterio della proporzionalità e dell’adeguatezza appare quindi essenziale per definire l’ambito di operatività della competenza legislativa statale attinente alla “tutela della concorrenza” e conseguentemente la legittimità dei relativi interventi statali. Trattandosi infatti di una cosiddetta materia-funzione, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, la quale non ha un’estensione rigorosamente circoscritta e determinata, ma, per così dire, “trasversale” (cfr. sentenza n. 407 del 2002), poiché si intreccia inestricabilmente con una pluralità di altri interessi – alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale delle Regioni – connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese, è evidente la necessità di basarsi sul criterio di proporzionalità-adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.
Proprio sotto questo profilo appare fondata la censura della ricorrente relativa all’art. 14, comma 1, lettera e), che, in riferimento all’art. 113, comma 7, del citato testo unico, là dove stabilisce, dettagliatamente e con tecnica autoapplicativa, i vari criteri in base ai quali la gara viene aggiudicata, introduce la prescrizione che le previsioni dello stesso comma 7 “devono considerarsi integrative delle discipline di settore”. L’estremo dettaglio nell’indicazione di questi criteri, che peraltro non prendono in considerazione ulteriori requisiti dell’aspirante, quali, ad esempio, precedenti esperienze di gestione nel settore, va al di là della pur doverosa tutela degli aspetti concorrenziali inerenti alla gara, che peraltro appaiono sufficientemente garantiti dalla puntuale indicazione, nella prima parte del comma, di una serie di standard – coerenti con quelli contenuti nella direttiva 2004/18/CE – nel cui rispetto la gara appunto deve essere indetta ed aggiudicata. È evidente quindi che la norma in esame, prescrivendo che deve considerarsi integrativa delle discipline settoriali di fonte regionale la disposizione estremamente dettagliata ed autoapplicativa di cui al citato art. 113, comma 7, pone in essere una illegittima compressione dell’autonomia regionale, poiché risulta ingiustificato e non proporzionato rispetto all’obiettivo della tutela della concorrenza l’intervento legislativo statale.
Va pertanto dichiarata, per le ragioni esposte, l’illegittimità costituzionale della norma censurata e, in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche dell’art. 113, comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo del testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002).
4. ― La tutela della concorrenza e l’inderogabilità della disciplina da parte di norme regionali sono però esplicitamente evocate in riferimento ai soli servizi pubblici locali attualmente classificati come “di rilevanza economica”, di cui all’art. 113, e non già in riferimento ai servizi “privi di rilevanza economica” previsti dall’art. 113-bis. La nuova denominazione di questi servizi, adottata in conformità a tendenze emerse in sede di Commissione europea a decorrere dal settembre 2000, già di per sé può indicare che il titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale costituito dalla tutela della concorrenza non è applicabile a questo tipo di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale.
A questo proposito
Alla luce di queste considerazioni, l’intervento del censurato art. 14, comma 2, sulla disciplina della gestione dei servizi pubblici locali “privi di rilevanza economica”, di cui all’art. 113-bis del citato testo unico, non può essere certo riferito ad esigenze di tutela della libertà di concorrenza e quindi, sotto questo profilo, si configura come illegittima compressione dell’autonomia regionale e locale.
Per tutte queste ragioni va dichiarata l’illegittimità costituzionale del censurato art. 14, comma 2 e, in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche dell’art. 113-bis, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 della legge n. 448 del 2001.
PER QUESTI MOTIVI
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera e), e comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326;
2) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 113, comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), nel testo sostituito dall’art. 35, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002);
3) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 113-bis dello stesso decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel testo introdotto dal comma 15 dell’art. 35 della citata legge n. 448 del 2001;
4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1 – ad eccezione della lettera e)già dichiarata costituzionalmente illegittima –del medesimo decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella citata legge 24 novembre 2003, n. 326, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.
F.to:
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2004.
SENTENZA N. 29
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, e dell’art. 7, comma 1, lettera b), e comma 4, lettere b), d), f) e g), della legge della Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23 (Norme sui servizi pubblici locali a rilevanza economica), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 18 ottobre 2004, depositato nella cancelleria della Corte il successivo 21 ottobre, ed iscritto al n. 100 del registro ricorsi 2004.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 13 dicembre 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi l’avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per il Presidente del Consiglio
dei ministri e l’avvocato Sandro Pasquali per
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 18 ottobre 2004 e depositato il successivo
21 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli articoli 4, comma 4, e
7, comma 1, lettera b), e comma 4, lettere b), d), f),
g), della legge della Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23 (Norme sui
servizi pubblici locali a rilevanza economica), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
Abruzzo del 20 agosto 2004, n. 22, per violazione degli articoli 3, 117, primo
comma – anche in relazione agli articoli da
2.— Il ricorrente osserva, preliminarmente, che la legge reg. Abruzzo n. 23 del 2004 detta disposizioni normative in un settore, servizi pubblici locali a rilevanza economica, che per i profili relativi alla tutela della concorrenza − materia oggetto, ex art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, di competenza legislativa esclusiva dello Stato − è disciplinato dall’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), norma, quest’ultima, di principio, non derogabile dalla legislazione regionale (il Presidente del Consiglio dei ministri richiama la sentenza n. 272 del 2004).
3.— Tanto premesso, l’Avvocatura dello Stato sospetta di illegittimità costituzionale l’art. 4, comma 4, e l’art. 7, comma 4, lettera b), della legge regionale in esame.
La difesa dello Stato rileva come l’art. 4, comma 4, vieti alle società a capitale interamente pubblico (e rispettive società collegate e controllate), proprietarie di reti, impianti, dotazioni patrimoniali e beni essenziali all’espletamento di un servizio pubblico locale, di partecipare alle gare disciplinate dall’art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, per la scelta del soggetto gestore del servizio, ovvero per la scelta del socio privato delle società a capitale misto pubblico/privato.
A sua volta, l’art. 7, comma 4, lettera b), vieta alle medesime società, affidatarie dirette della gestione (in ipotesi anche integrata) del servizio pubblico locale, di partecipare alle gare, ad evidenza pubblica, per la scelta del soggetto gestore del servizio e per la scelta del socio privato delle società a capitale misto.
Tuttavia, rileva il Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi del comma 15-quater, dell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, analogo divieto − previsto dal comma 6 per le società che gestiscono servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica, nonché per le società a capitale interamente pubblico affidatarie dirette della gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, ovvero per le imprese titolari della gestione a seguito di procedure ad evidenza pubblica − «non opera sino al 31 dicembre 2006».
Da tali rilievi il ricorrente deduce che le disposizioni impugnate − che riguardano le società proprietarie delle reti e non solo quelle titolari della relativa gestione − impediscono l’esercizio di un’attività economica sul territorio abruzzese, contrastano con l’unicità del mercato e violerebbero, pertanto, l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva nella materia “tutela della concorrenza”.
Per altro verso, le norme in oggetto, negando l’esigenza di una disciplina transitoria riconosciuta, invece, dalla legge statale, lederebbero «uno dei canoni fondamentali di cui all’art. 3 della Costituzione».
4.— Il Presidente del Consiglio dei ministri censura anche l’art. 7, comma 1, lettera b), della legge reg. Abruzzo n. 23 del 2004, che stabilisce un limite minimo (40 per cento del capitale sociale) alla partecipazione azionaria del socio privato nelle società a capitale sociale misto pubblico/privato, cui può essere conferita la titolarità della gestione del servizio pubblico locale a rilevanza economica.
Tale limitazione, non contemplata dall’art. 113, comma 5, lettera b) del d.lgs. n. 267 del 2000, contrasterebbe con l’art. 3 della Costituzione, in quanto appare irrazionale stabilire un limite minimo, anziché massimo, alla partecipazione privata.
La disposizione in esame, inoltre, sarebbe suscettibile di alterare il regime di libero mercato, nonché contraddittoria con la scelta del legislatore statale di consentire anche apporti di non elevato rilievo finanziario da parte di soggetti in possesso, peraltro, delle necessarie capacità tecniche.
Ad avviso della difesa dello Stato, quindi, vi sarebbe la lesione della competenza statale in ordine alla determinazione dei principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, della Costituzione), nonché della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia “tutela della concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettera e,della Costituzione).
5.— Il ricorrente impugna l’art. 7, comma 4, lettera d), della legge reg. Abruzzo de qua, che vieta alle società a capitale interamente pubblico di conferire incarichi professionali, di collaborazione e di qualsiasi altro genere, a persone e/o a società legate da rapporti di dipendenza e/o di collaborazione con l’ente o gli enti titolari del capitale sociale, in quanto tali obbligati ad esercitare sulle società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.
Poiché, secondo l’Avvocatura dello Stato, il mancato rispetto della norma darebbe luogo alla nullità dell’atto costitutivo del rapporto, si profilerebbe, ad opera del legislatore regionale, un’invasione della competenza legislativa nella materia “ordinamento civile”, riservata in via esclusiva allo Stato, ex art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
La disposizione in esame, inoltre, verrebbe a configurare delle incompatibilità nell’esercizio delle professioni, che attengono, ugualmente, al piano dell’ordinamento civile.
Potrebbe, infine, ipotizzarsi un contrasto con i principi di libertà di
stabilimento e libera prestazione dei servizi, di cui agli artt. da
6.— A sostegno della ritenuta illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera f), della legge regionale in esame, la difesa dello Stato deduce che detta disposizione − la quale prevede che le società a capitale interamente pubblico, affidatarie del servizio pubblico locale, siano obbligate al rispetto delle procedure di evidenza pubblica imposte agli enti locali per l’assunzione di personale dipendente − pone a carico di società private obblighi e oneri non previsti per l’instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore privato, ed invaderebbe, quindi, la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia “ordinamento civile” (art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione).
7.— Infine il Presidente del Consiglio dei ministri deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera g), della medesima legge regionale, in quanto detta norma − nel prevedere l’ineleggibilità a sindaco, presidente della Provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale dei Comuni e delle Province titolari del capitale sociale delle società affidatarie della gestione del servizio pubblico, per i legali rappresentanti ed i componenti degli organi esecutivi delle società medesime − lederebbe la competenza esclusiva dello Stato, ex art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, «in materia di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane».
8.— Si è costituita nel giudizio
La difesa regionale ha chiesto che
9.— In ordine alla prospettata illegittimità costituzionale dell’art. 4,
comma 4, della legge suddetta,
Il legislatore regionale ha ritenuto, infatti, non necessario ribadire il termine iniziale di operatività del divieto, poiché lo stesso era già stabilito dalla normativa statale di principio in materia, in modo inderogabile.
Con riguardo alle censure rivolte all’art. 7, comma 4, lettera b),
della legge reg. n. 23 del 2004,
10.—
La norma regionale andrebbe, quindi, letta come una specificazione di dettaglio della disciplina statale di principio, che tace al riguardo, attribuendo una connotazione giuridica ben precisa al concetto di “società mista”.
11.— In merito alle censure formulate rispetto all’art. 7, comma 4, lettera d), la difesa regionale ha osservato che la norma costituisce, in primo luogo, emanazione diretta del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, ex art. 97, primo comma, della Costituzione, e, nello specifico, che essa è estrinsecazione di quel presupposto naturale che caratterizza la stessa essenza giuridica del controllo, il quale esige, quantomeno, l’alterità tra controllante e controllato.
12.— Rispetto alla dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera f), della legge reg. n. 23 del 2004, la resistente ha rilevato come, con riguardo alle società a capitale interamente pubblico, vada tenuto distinto l’aspetto formale da quello sostanziale, di modo che il ricorso, da parte degli enti pubblici, a forme organizzative proprie del diritto privato, non vale a dissolverne totalmente la natura pubblicistica.
13.— Infine, rispetto
all’impugnativa dell’art. 7, comma 4, lettera g),
Considerato in diritto
1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale di diverse disposizioni della legge della Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23 (Norme sui servizi pubblici locali a rilevanza economica), che disciplinano le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica alle società a capitale interamente pubblico o a capitale misto pubblico/privato, nonché il regime giuridico delle medesime.
La citata legge regionale, secondo quanto disposto dall’art. 2, regola il servizio di gestione dei rifiuti urbani, il servizio idrico integrato, nonché i servizi di trasporto pubblico locale, come specificati, tutti qualificati «a rilevanza economica».
In particolare, il ricorrente impugna l’art. 4, comma 4, l’art. 7, comma
4, lettere b), d), f) e
g), nonché l’art. 7, comma 1, lettera b), della legge regionale,
prospettando la violazione dell’art. 3, dell’art. 117, primo comma −
anche in relazione agli articoli da
2.— In via preliminare deve essere dichiarata inammissibile – ai sensi degli artt. 25, 31 e 34 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell’art. 23, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale – la costituzione in giudizio della Regione Abruzzo.
La procura speciale alle liti, apposta a margine dell’atto di costituzione, infatti, è stata rilasciata dal Presidente della Giunta regionale, per la rappresentanza e la difesa della Regione, nel giudizio di costituzionalità della legge reg. 5 agosto 2004, n. 22 (la cui rubrica reca “Nuove disposizioni in materia di politiche di sostegno all’economia ittica”), e non della legge reg. 5 agosto 2004, n. 23.
Il difetto di una valida procura alle liti, rende, quindi, tamquam non esset l’attività processuale svolta dalla difesa regionale.
3.— Le censure proposte devono essere esaminate, in primo luogo, con riferimento alle disposizioni contenute negli artt. 4, comma 4, e 7, comma 4, lettera b), che violerebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia “tutela della concorrenza”, quale desumibile dalla disciplina dettata dall’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), nonché l’art. 3 della Costituzione, «negando l’esigenza di una disciplina transitoria riconosciuta invece dalla legge statale».
In particolare, l’art. 4, comma 4, della legge regionale impugnata stabilisce che le società a capitale interamente pubblico – alle quali gli enti locali abbiano conferito la proprietà delle reti, degli impianti, delle dotazioni patrimoniali e dei beni essenziali all’espletamento di un servizio pubblico locale – nonché le società controllate e collegate con le medesime, non sono ammesse a partecipare alle gare (ad evidenza pubblica) indette per la scelta del soggetto gestore del servizio, ovvero per la scelta del socio privato delle società a capitale misto, gare disciplinate dall’art. 113, comma 5, del citato d.lgs. n. 267 del 2000.
L’art. 7, comma 4, lettera b), a sua volta, vieta alle società a capitale interamente pubblico di cui al precedente comma 1, lettera c), in quanto già affidatarie dirette della gestione (anche integrata) di un servizio pubblico locale a rilevanza economica, di partecipare alle gare ad evidenza pubblica indette per la scelta del soggetto cui conferire la gestione dei servizi.
4.— Il ricorrente si duole, in sostanza, che la legge regionale avrebbe introdotto limitazioni non previste, o con una non consentita efficacia immediata, rispetto alla disciplina statale, in ordine alla partecipazione delle società costituite da enti pubblici, a capitale interamente pubblico, alle gare di cui innanzi, nella ipotesi in cui le medesime:
a) siano proprietarie di reti, impianti e dotazioni patrimoniali (divieto assoluto in ragione del richiamo all’art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000);
b) siano già affidatarie della gestione di servizi pubblici locali (divieto relativo in ragione dell’art. 7, comma 1, lettera c, della medesima legge reg. n. 23 del 2004).
Il primo divieto (art. 4, comma 4) non sarebbe previsto dalla normativa statale dettata dal citato d.lgs., mentre il secondo (art. 7, comma 4, lettera b), potrebbe essere ricondotto alla previsione dell’art. 113, comma 6, dello stesso d.lgs., la quale però, in ragione del successivo comma 15-quater, opererà soltanto a partire dal 1° gennaio 2007.
5.— Ciò precisato, appare opportuno, in via preliminare, richiamare, sia pure in sintesi, la disciplina statale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, con particolare riguardo al regime giuridico delle procedure per l’affidamento della gestione delle reti, nonché per l’affidamento della gestione del servizio.
6.— La disciplina in questione è contenuta nel Titolo V del d.lgs. n. 267 del 2000 e, in particolare, nell’art. 113 che ha subìto, nel corso del tempo, varie modificazioni per effetto dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), dell’art. 14, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, nonché dell’art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004).
7.— Proprio l’art. 14, comma 1, del citato decreto-legge n. 269 del 2003, secondo cui le disposizioni dell’art. 113, sulle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, «concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore», è stato sottoposto al vaglio di costituzionalità.
E questa Corte, con la sentenza n.
272 del
In conclusione, pertanto, alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato nella materia “tutela della
concorrenza”, devono essere ricondotte le disposizioni statali di principio
contenute nell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del
8.— Orbene, il richiamato art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, nel testo risultante dalle varie modifiche subìte nel tempo, delinea una complessa disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica che risulta caratterizzata, in linea generale:
– dalla separazione tra la proprietà di reti, impianti ed altre dotazioni patrimoniali, riservata all’ente locale (o trasferita da quest’ultimo a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile), e la gestione del servizio pubblico;
– da un tendenziale accorpamento della gestione delle reti all’erogazione del servizio pubblico locale, prevedendosi la tipizzazione, ad opera della normativa di settore, dei casi in cui le suddette attività possono, invece, essere eccezionalmente disgiunte.
In detto sistema, quindi, si possono distinguere tre aspetti nella regolamentazione dei servizi pubblici locali, che possono essere così individuati:
– proprietà di reti, impianti e dotazioni patrimoniali;
– gestione della rete;
– erogazione del servizio.
Dall’esame del contenuto del citato art.
– la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali spetta agli enti locali (art. 113, comma 2), che possono conferirla però – come si è precisato – a società a capitale interamente pubblico (art. 113, comma 13);
– le discipline di settore possono stabilire i casi in cui l’attività di gestione delle reti e degli impianti può essere separata dalla erogazione del servizio (art. 113, comma 3); qualora sia stata prevista detta separazione, per la gestione gli enti locali si avvalgono, con affidamento diretto, delle società proprietarie delle reti, di società a capitale interamente pubblico costituite allo scopo, oppure, mediante procedure di evidenza pubblica, di imprese idonee (art. 113, commi 13 e 4);
– il conferimento della titolarità del servizio pubblico, per l’erogazione dello stesso, è affidato (art. 113, comma 5):
a) a società di capitali individuate mediante l’espletamento di gare ad evidenza pubblica;
b) a società di capitale misto pubblico/privato, nelle quali il socio privato sia scelto attraverso gare ad evidenza pubblica;
c) a società a capitale interamente pubblico, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulle società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano;
– le società che in Italia o all’estero gestiscono a qualsiasi titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica o a seguito dei relativi rinnovi, nonché le società controllate o collegate alle medesime ovvero i soggetti titolari della gestione delle reti (quando sia disgiunta dall’erogazione del servizio) non possono partecipare alle gare ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione del servizio pubblico di cui al comma 5 (art. 113, comma 6);
– il divieto da ultimo richiamato opera per entrambe le categorie di
soggetti ivi indicate soltanto a partire dal 1° gennaio
9.— Orbene, lo scrutinio di legittimità costituzionale, in ordine alle disposizioni della legge regionale ora oggetto di censure da parte dello Stato, deve essere condotto alla luce del suddetto quadro normativo statale, che – come si è sopra visto – trova la sua fonte nel parametro costituzionale dell’art. 117, secondo comma, lettera e, della Costituzione, al quale ha fatto fondamentalmente riferimento, nel suo ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri.
10.— Ciò chiarito, deve essere, innanzitutto, esaminata la questione di legittimità costituzionale proposta dal ricorrente con riferimento all’art. 4, comma 4, della legge regionale impugnata.
Tale questione non è fondata.
La disposizione regionale oggetto di impugnazione esclude che le società a capitale interamente pubblico, cui sia stata conferita dagli enti locali la proprietà di reti, impianti e dotazioni patrimoniali, destinati all’esercizio dei servizi pubblici, possano partecipare alle gare ad evidenza pubblica indette per la scelta del soggetto gestore del servizio o del socio privato delle società a capitale misto pubblico/privato.
Dalla formulazione della disposizione in esame e, in particolare, dalla specificazione degli ulteriori compiti e poteri che le società a capitale totalitario pubblico possono esercitare (tra i quali può essere compreso anche quello di espletare le gare per la scelta del soggetto affidatario dell’erogazione del servizio, ex art. 113, comma 13) si desume che il legislatore statale non ha specificamente previsto la possibilità per le suddette società di partecipare alle gare per l’affidamento della gestione del servizio; né, per converso, ha escluso in modo espresso tale possibilità.
In tale situazione, versandosi pur sempre in materia riservata alla competenza residuale delle Regioni, nel silenzio della legislazione statale al riguardo, può ritenersi ammissibile che queste ultime, esercitando la loro discrezionalità legislativa, integrino la disciplina dettata dallo Stato, prevedendo il divieto per le società proprietarie delle reti di partecipare alle gare in questione. D’altronde, siffatta determinazione si presenta anche coerente con il principio d’ordine generale, pure se derogabile, che postula la separazione tra soggetti proprietari delle reti e soggetti erogatori del servizio.
Si deve, pertanto, escludere che sussista il denunciato contrasto tra la disposizione regionale impugnata (art. 4, comma 4) e le norme contenute nell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000.
11.— Va esaminata ora la questione relativa all’art. 7, comma 4, lettera b), della stessa legge regionale.
La questione è fondata nei termini che seguono.
La norma impugnata, nel vietare alle società a capitale interamente pubblico, già affidatarie in via diretta della gestione di un servizio pubblico, di partecipare alle gare ad evidenza pubblica per la scelta del soggetto gestore del servizio, contrasta con le disposizioni contenute nell’art. 113 (segnatamente nel comma 15-quater)del d.lgs. n. 267 del 2000 e, dunque, con il parametro costituzionale dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
Occorre ricordare, in proposito, che questa Corte (sentenza n. 272 del 2004) ha ritenuto che, allo scopo di salvaguardare le esigenze della concorrenza, operano non solo le disposizioni previste a regime sulle modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, ma anche le relative disposizioni aventi carattere soltanto transitorio.
La previsione contenuta nel comma 6 dell’art. 113, cui si riconnette l’impugnata norma regionale, nel disporre il divieto di partecipare alle gare di cui al precedente comma 5, tende a garantire la più ampia libertà di concorrenza nell’ambito di rapporti – come quelli relativi al regime delle gare o delle modalità di gestione e conferimento dei servizi – di rilevante incidenza sul mercato (cfr. la citata sentenza n. 272 del 2004). Ma proprio una corretta attuazione del nuovo regime di divieti ha richiesto, ragionevolmente, come disposto dal legislatore statale con il comma 15‑quater del medesimo art. 113, una disciplina transitoria per consentire un complessivo riequilibrio e un progressivo adeguamento del “mercato”. Ciò comporta che la mancata previsione, nella legge regionale, di un analogo regime transitorio, che definisca le modalità temporali di efficacia del divieto in esame, è idonea ad arrecare un vulnus all’indicato parametro costituzionale.
Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera b), della legge impugnata, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il divieto ivi contemplato si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007, salvo nei casi in cui si tratti dell’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa.
Resta assorbito l’ulteriore profilo di illegittimità costituzionale prospettato dal ricorrente con riguardo all’art. 3 della Costituzione.
12.— Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta, altresì, l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), della legge in esame, che stabilisce un limite minimo (40 per cento del capitale sociale) per la partecipazione azionaria del socio privato, da scegliere con procedura di evidenza pubblica, della società mista cui può essere conferita la titolarità della gestione del servizio pubblico di rilevanza economica. Ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, la norma contrasta con l’art. 113, comma 5, lettera b), del d.lgs. n. 267 del 2000, violando sia la competenza statale riguardo alla determinazione dei principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, della Costituzione), sia la competenza esclusiva statale nella materia “tutela della concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettera e, della Costituzione). La disposizione in esame lederebbe, altresì, l’art. 3 della Costituzione.
13.— La questione non è fondata.
Occorre rilevare come l’art. 113, comma 5, lettera b), nell’individuare tra i possibili soggetti, cui conferire direttamente la gestione del servizio pubblico locale, le società a capitale misto pubblico/privato, non stabilisca alcun limite percentuale, né massimo né minimo, alla partecipazione al capitale sociale da parte del socio privato, limitandosi soltanto a richiedere che detto socio sia scelto con le procedure dell’evidenza pubblica. La mancanza di una qualsiasi previsione statale in merito alla consistenza del capitale privato nell’ambito della compagine sociale consente al legislatore regionale, nell’esercizio della sua discrezionalità, di stabilire quote minimali di partecipazione. Né può ritenersi che la specificazione operata dalla norma impugnata possa considerarsi intrinsecamente irragionevole: la previsione di un siffatto limite, al di là delle sue implicazioni sul piano della concorrenza, risponde, infatti, all’esigenza di evitare che partecipazioni minime o addirittura simboliche si possano risolvere in una elusione delle modalità complessive di conferimento della gestione del servizio pubblico locale.
14.— Ulteriore questione di legittimità costituzionale è stata proposta nei confronti dell’art. 7, comma 4, lettera d), della medesima legge regionale, che vieta alle società a capitale interamente pubblico, alle quali sia affidato in via diretta la gestione di un servizio pubblico locale, il conferimento di incarichi professionali, di collaborazione e di qualsiasi altro genere in favore di persone e/o di società legate da rapporti di dipendenza e/o di collaborazione con l’ente o gli enti titolari del capitale sociale, in quanto tali obbligati all’esercizio del controllo di cui al precedente comma 1, lettera c).
Deduce la difesa dello Stato che, poiché si può ricondurre alla trasgressione del divieto la nullità dell’atto costitutivo del rapporto vietato, si profila un’invasione della competenza nella materia “ordinamento civile”, la quale spetta in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
La
norma, inoltre, verrebbe a configurare una incompatibilità nell’esercizio della
professione, che attiene ugualmente al piano dell’ordinamento civile. Può,
inoltre, profilarsi, ad avviso del ricorrente, un contrasto con i principi di
libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi di cui agli artt. da
15.— La questione non è fondata.
Le censure, dedotte con riferimento alla competenza legislativa statale esclusiva nella materia “ordinamento civile”, non possono accogliersi, in quanto la prospettata nullità del contratto d’opera professionale è meramente ipotetica, né è prevista dalla norma impugnata. D’altronde, le conseguenze della stipulazione del contratto de quo, come vietato, dovranno essere eventualmente verificate in sede di giudizio davanti alla competente autorità giudiziaria ordinaria. Neppure può ritenersi che si versi in una ipotesi di non consentite limitazioni all’esercizio di attività professionali, giacché non vi è alcun divieto imposto al professionista in quanto tale, ma alla società, sulla quale ricadono le conseguenze della violazione del divieto.
Inammissibile
deve, invece, considerarsi il profilo della censura relativo alla dedotta
violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, per contrasto con i
principi di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi (ora
articoli da
La norma impugnata trova, in realtà, la sua esclusiva giustificazione nella esigenza di evitare che si determinino situazioni di conflitto di interessi tra controllori e controllati e di garantire, fin dove possibile, trasparenza nei rapporti tra società incaricate della gestione dei servizi in questione ed enti pubblici titolari del capitale sociale.
16.— Con la successiva censura il ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera f), della legge regionale in esame, in quanto la stessa, nel prevedere che le società a capitale interamente pubblico, affidatarie del servizio pubblico, sono obbligate al rispetto delle procedure di evidenza pubblica imposte agli enti locali per l’assunzione di personale dipendente, pone a carico di società private obblighi e oneri non previsti per l’instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore privato ed invade quindi la competenza esclusiva statale nella materia “ordinamento civile” (art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione).
17.— La questione non è fondata.
La disposizione in esame non è volta a porre limitazioni alla capacità di agire delle persone giuridiche private, bensì a dare applicazione al principio di cui all’art. 97 della Costituzione rispetto ad una società che, per essere a capitale interamente pubblico, ancorché formalmente privata, può essere assimilata, in relazione al regime giuridico, ad enti pubblici.
D’altronde, questa Corte, sulla base della distinzione tra privatizzazione formale e privatizzazione sostanziale, e dunque con riferimento al suindicato principio, ha riconosciuto la legittimità della sottoposizione al controllo della Corte dei conti degli enti pubblici trasformati in società per azioni a capitale totalmente pubblico (sentenza n. 466 del 1993).
18.— Infine, con il ricorso viene impugnato l’art. 7, comma 4, lettera g), della legge regionale, che, nel prevedere l’ineleggibilità a sindaco, presidente della Provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale dei Comuni e delle Province titolari del capitale sociale delle società affidatarie della gestione del servizio pubblico, per i legali rappresentanti ed i componenti degli organi esecutivi delle società medesime, invaderebbe la competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, in materia di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
19.— La questione è fondata.
L’impugnata
norma regionale, disciplinando un caso di ineleggibilità a cariche elettive in
enti locali territoriali, invade la competenza legislativa esclusiva dello
Stato nella materia “organi di governo” di Comuni, Province e Città
metropolitane, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera p), della
Costituzione. Né rileva che, in parte, la disposizione impugnata coincide con
quanto previsto dalla legislazione statale negli artt. 60, 61 e 63 del d.lgs.
n. 267 del 2000, dal momento che, vertendosi in materia riservata in modo
esclusivo allo Stato,
Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera g), della legge della Regione Abruzzo n. 23 del 2004.
per questi motivi
dichiara inammissibile la costituzione in giudizio della Regione Abruzzo;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera b), della legge della Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23 (Norme sui servizi pubblici locali a rilevanza economica), nella parte in cui non prevede che il divieto ivi previsto si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007, salvo nei casi in cui si tratti dell’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera g), della medesima legge regionale;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, della medesima legge regionale, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), della medesima legge regionale, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera d), proposta dal Presidente
del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, primo comma −
anche in relazione agli articoli da
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, lettera f), della medesima legge regionale, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione all’ art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2006.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l’1 febbraio 2006.