Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||
Altri Autori: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | Disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 152/2006 recante norme in materia ambientale (art. 1. co. 5 e 6, L. n. 308/2004) - Schema di decreto legislativo n. 12 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 4 | ||
Data: | 17/07/2006 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
XIV - Politiche dell'Unione europea |
Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Atti del Governo
Disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 152/2006 recante norme in materia ambientale
Schema di decreto legislativo n. 12
(art. 1. co. 5 e 6, L. n. 308/2004)
n. 4
17 luglio 2006
Dipartimento Ambiente
SIWEB
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File: Am0015
INDICE
Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Conformità con la norma di delega
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Le previsioni del decreto legislativo n. 152/2006 per l’adozione di provvedimenti successivi
§ Articolo 1 (Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)
§ Articolo 2 (Entrata in vigore)
Normativa nazionale
§ L. 15 dicembre 2004, n. 308. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione.
§ D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Norme in materia ambientale. (Artt. 57-72 e 170)
- VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici)
Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa
Numero dello schema di decreto legislativo |
12 |
Titolo |
Schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale |
Norma di delega |
Art. 1, co. 5 e 6, L. 15 dicembre 2004, n. 308 |
Settore d’intervento |
Ambiente |
Numero di articoli |
2 |
Date |
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§ presentazione |
10 luglio 2006 |
§ assegnazione |
10 luglio 2006 |
§ termine per l’espressione del parere |
- 9 agosto 2006 VIII Ambiente e XIV Commissione Politiche dell’Unione europea - 25 luglio 2006 V Bilancio |
§ scadenza della delega |
29 aprile 2008 |
Commissione competente |
VIII Ambiente e XIV Commissione Politiche dell’Unione europea |
Rilievi di altre Commissioni |
V Bilancio |
Lo schema di decreto legislativo in commento reca disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. codice ambientale), in attuazione della norma di delega contenuta nell’articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004 (cd. delega ambientale)
Esso si compone di due articoli, il secondo dei quali si limita a disciplinare l’entrata in vigore del decreto.
I primi due commi dell’articolo 1 rinviano a successivi decreti correttivi da adottare entro termini specificamente indicati.
In particolare, si prevede:
§ un decreto correttivo di contenuto più generale, relativo all’intero decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, da adottare entro il 31 gennaio 2007, nel rispetto delle norme e dei principi dell’ordinamento comunitario e delle decisioni rese dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (comma 1)
§ un decreto correttivo contenente l’indicazione delle disposizioni che continuano ad applicarsi e quelle abrogate delle Parti terza (Difesa del suolo e acque) e quarta (Rifiuti e bonifiche) del decreto n. 152 e dei relativi decreti attuativi da adottare entro il 30 novembre 2006 (comma 2).
Il comma 3 contiene una disposizione transitoria, volta a prorogare, sino al 31 dicembre 2006, le autorità di bacino istituite dalla legge n. 183/1989, nelle more della costituzione dei distretti idrografici e “della revisione della relativa disciplina legislativa da realizzarsi con un successivo decreto legislativo correttivo”. Lo stesso comma fa salvi gli atti posti in essere dalle autorità di bacino dal 30 aprile 2006 sino all’entrata in vigore del decreto.
Il comma 4 reca infine la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.
Lo schema di decreto è accompagnato:
§ da una relazione motivata presentata ai sensi dell’articolo 1, comma 6, della legge delega n. 308 del 2004;
§ dall’analisi tecnico-normativa e dall’analisi dell’impatto della regolamentazione, ai sensi del comma 5 della medesima disposizione;
§ dalla relazione tecnica trasmessa in attuazione della disposizione da ultimo citata ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, al fine della verifica del principio di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica (contemplato dall’articolo 1, comma 8, lett. c).
Si segnala che il provvedimento è stato inviato privo del parere della Conferenza unificata.
Occorre comprendere la portata normativa dei commi 1 e 2 dell’articolo 1, posto che, nella formulazione proposta, la fissazione di specifici termini per l’emanazione dei decreti correttivi, oltre che l’implicita limitazione del numero dei decreti da emanarsi, potrebbe non essere in linea con la norma di delega contenuta nell’articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, che in via generale prevede il termine di due anni per l’esercizio della delega per l’emanazione di disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi di cui al comma 1.
La conformità con la norma di delega presuppone piuttosto che i termini di cui ai commi 1 e 2 siano interpretati come termini meramente ordinatori espressione di un impegno assunto dal Governo innanzi alle Camera, che potrebbe trovare una sede più corretta in un atto di indirizzo piuttosto che in un testo di legge.
Con specifico riferimento al comma 2, occorrerebbe estendere la clausola di salvaguardia di quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 1 della legge delega (testualmente prevista nel solo comma 1), che contiene in particolare specifiche norme procedurali per l’emanazione dei decreti correttivi.
Con particolare riferimento alla materia della difesa del suolo (su cui incide la Parte III del decreto n. 152), si osserva che – anche alla luce della costante giurisprudenza costituzionale intervenuta a seguito dell’approvazione della legge n. 183 del 1989 – essa è “una finalità il cui raggiungimento coinvolge funzioni e materie assegnate tanto alla competenza statale quanto a quella regionale (o provinciale)” e tale funzione può essere perseguita “soltanto attraverso la via della cooperazione fra l’uno e gli altri soggetti”.
Nel caso di specie, tuttavia, la mera fissazione di una disciplina transitoria, senza la contestuale adozione di norme sostanziali, non pone problemi in relazione al rispetto della competenza concorrente delle Regioni.
Nulla da segnalare.
Nulla da segnalare.
La Commissione ha presentato, il 18 gennaio 2006, una proposta di direttiva sulla valutazione e la gestione delle inondazioni (COM(2006)15.
La proposta prospetta una procedura in tre tempi: valutazione preliminare, da parte degli Stati membri, dei rischi di inondazione dei bacini idrografici e delle zone costiere associati; elaborazione di carte dei rischi di inondazione per le zone in cui esiste rischio reale di danni causati dalle inondazioni; definizione di piani di gestione dei rischi di inondazione per queste zone.
La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata il 13 giugno 2006 in prima lettura dal Parlamento europeo che ha approvato il testo con emendamenti. Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha raggiunto l'accordo politico sulla proposta in vista della posizione comune in prima lettura, che sarà adottata senza ulteriori discussioni in una prossima sessione del Consiglio e trasmessa al Parlamento europeo per la seconda lettura.
Il 22 settembre 2003 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva concernente la protezione delle acque sotterranee (COM(2003)550). Obiettivo della proposta è di fissare obiettivi di qualità per l’Unione europea, di introdurre il controllo da parte degli Stati membri sulle tendenze all’inquinamento nelle acque, e di proteggere queste dall’inquinamento indiretto rappresentato dall’apporto di sostanze inquinanti dopo filtrazione attraverso il suolo o sottosuolo.
Il Consiglio ha adottato la posizione comune sulla proposta il 23 gennaio 2006. Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in seconda lettura il 13 giugno 2006, approvandola con emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione.
Il 19 gennaio 2004 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sulla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci (COM(2004)19).
Il Parlamento europeo ha approvato la proposta il 21 aprile 2004, in prima lettura, secondo la procedura di codecisione. Il Consiglio ha approvato la proposta il 25 aprile 2006.
Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente la Commissione presenterà la strategia tematica per la protezione del suolo. L’obiettivo dell’intervento è quello di definire principi e metodologie comuni per assicurare un livello adeguato di protezione del suolo in Europa. La strategia potrebbe prevedere anche una proposta di direttiva quadro sull’argomento. In preparazione della strategia la Commissione ha cooperato strettamente con Stati membri, istituzioni europee, autorità locali e organizzazioni e ha svolto una consultazione dal 28 luglio al 26 settembre 2005.
Il 7 luglio 2004 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[1]per mancata attuazione della direttiva quadro in materia di acque 2000/60/CE. La direttiva, contenuta nell’allegato B della legge comunitaria 2003 (legge n. 306 del 2003), è stata recepita con il decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152.
Il 12 ottobre 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[2]per non aver individuato i bacini idrografici, come richiesto dalla direttiva 2000/60/CE. Entro il 22 giugno 2004 gli Stati membri erano tenuti ad individuare i bacini idrografici e a trasmettere alla Commissione informazioni dettagliate sulle autorità nominate per gestirli.
Il 28 giugno 2006 la Commissione ha anche inviato all’Italia un parere motivato[3] per non aver completato le analisi e l’esame delle caratteristiche relative a ciascun distretto idrografico compreso nel territorio - come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE - entro il 22 dicembre 2004. L’Italia, come tutti gli altri Stati membri, avrebbe inoltre dovuto presentare entro il 22 marzo 2005, secondo quanto stabilito dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE, una relazione sintetica delle analisi richieste dall’articolo 5 e dei programmi di monitoraggio di cui all’articolo 8 della medesima direttiva.
Con riferimento all’articolo 1, comma 3:
§ da un punto di vista formale, andrebbe meglio precisata la parte del decreto legislativo che disciplina i distretti idrografici, esplicitando che il Titolo II della Parte III è contenuto nella Sezione I della medesima Parte terza (posto che anche la Sezione II e la Sezione III hanno un titolo II).
§ posto che tale disposizione è volta a disciplinare il periodo transitorio, andrebbe valutata la possibilità di sopprimere nell’articolo 63, comma 3, del decreto legislativo n. 152 il riferimento al contenuto di regolamentazione del periodo transitorio del decreto del Presidente del consiglio di cui al precedente comma 2.
L’art. 1, comma 1, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative in numerosi settori della normativa ambientale, anche mediante la redazione di testi unici, entro il termine (coincidente con l’11 luglio 2006) di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 308/2004.
In attuazione di tale disposizione di delega, il Governo ha emanato il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 con cui ha operato un generale riordino della normativa ambientale.
L’ampiezza del contenuto normativo del decreto legislativo n. 152 si determina in relazione al perimetro della delega, articolata in sette grandi ambiti materiali:
a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;
b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;
c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione;
d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna;
e) tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente;
f) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione ambientale integrata IPPC;
g) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera.
Tale elencazione non comprende l’intera materia che comunemente viene fatta rientrare nella nozione di “diritto ambientale”. Infatti, non tocca alcune normative, quali – ad esempio – quelle relative all’inquinamento acustico, all’inquinamento elettromagnetico, alla tutela della fauna, alle biotecnologie, alla contabilità ambientale, ai rischi di incidente rilevante, alle energie rinnovabili, all’eco-certificazione; inoltre, l’oggetto della delega di cui alla lettera d) del precedente elenco (aree protette), non è stato considerato in sede di riordino (per cui la delega, sotto questo profilo, non è stata eseguita).
Nonostante tali considerazioni, il decreto n. 152 è idoneo a rappresentare il principale atto normativo di riferimento in materia ambientale.
Il comma 6 ha stabilito che, entro due anni dall’entrata in vigore di ciascuno dei citati decreti legislativi (ovvero entro il 29 aprile 2008), “il Governo può emanare, ai sensi dei commi 4 e 5, disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, sulla base di una relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto”.
Il comma 6 vincola il Governo, nell’esercizio della delega per l’emanazione dei decreti integrativi o correttivi, alla medesima procedura prevista per l’esercizio della delega principale.
Tale procedura, delineata dai commi 4 e 5, prevede:
Ø la proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro per le politiche comunitarie e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Ø la trasmissione alle Camere degli schemi dei decreti legislativi, accompagnati dall’analisi tecnico-normativa, dall’analisi dell’impatto della regolamentazione e dalla relazione tecnica;
Ø l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli schemi dei decreti legislativi, con la specifica indicazione delle eventuali disposizioni ritenute non conformi ai principi e ai criteri direttivi di cui alla presente legge;
Ø una nuova trasmissione alle Camere, entro quarantacinque giorni dalla data di espressione del parere parlamentare, dei testi per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro venti giorni dalla data di assegnazione;
Ø la possibilità di emanazione dei decreti legislativi, decorso inutilmente tale termine e la decadenza dall'esercizio della delega nel caso di mancato rispetto da parte del Governo dei termini di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi.
In attuazione del comma 6, Il Ministro dell’ambiente ha, quindi, trasmesso ai Presidenti delle Camere, in data 28 giugno 2006, la relazione motivata per l’adozione di disposizioni integrative e correttive, nella quale vengono spiegati i motivi per cui si rende necessaria la correzione del decreto n. 152/2006, nonché le norme che saranno oggetto di revisione.
Sull’argomento il Ministro dell’ambiente ha avuto occasione di confrontarsi anche con i membri dell’VIII Commissione (Ambiente) della Camera, nel corso dell’audizione del 29 giugno 2006, durante la quale ha confermato quanto indicato nella relazione.
Il successivo comma 7 prevede, infine, che eventuali modifiche e integrazioni ai decreti legislativi di cui al comma 1, siano apportate nella forma di modifiche testuali ai medesimi decreti legislativi.
Il principio della novellazione espressa delle norme oggetto dei decreti delegati è riprodotto dall’articolo 3, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 152, secondo il quale la deroga, la modifica o l’abrogazione delle norme del decreto è possibile solo “per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute”.
Il già citato articolo 3 del decreto legislativo n. 152 reca, ai commi 2-5, la disciplina dell’emanazione di atti attuativi di rango subprimario, prevedendo in particolare il termine di due anni dalla data di pubblicazione del decreto (coincidente con il 14 aprile 2008) entro il quale
§ il Governo può emanare regolamenti, anche di delegificazione (ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988), per la modifica e l’integrazione dei regolamenti vigenti;
§ il Ministro dell’ambiente può modificare o integrare le norme tecniche in materia ambientale, con decreto ministeriale, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della stessa legge n. 400 del 1988.
Ulteriori disposizioni del decreto recano un rinvio a successivi provvedimenti attuativi.
In data 2 maggio 2006 il Ministro dell’ambiente, in attuazione delle previsioni del decreto n. 152, ha emanato ben 17 decreti di attuazione[4].
Nel corso della già citata audizione dello scorso 29 giugno, il Ministro dell’ambiente ha segnalato che “i decreti ministeriali attuativi, varati in modo molto frettoloso negli scorsi mesi, sono stati tutti contestati dalla Corte dei conti, che ha invitato il mio ministero al ritiro. È evidente che a tutela dei terzi che avevano letto in Gazzetta Ufficiale dei provvedimenti giuridicamente inefficaci, il capo di gabinetto ha chiesto al ministro di provvedere alla notizia da dare ai cittadini, che quei provvedimenti pubblicati in Gazzetta erano privi del necessario visto della Corte dei conti.
Si tratta di un adempimento dovuto in sede di autotutela amministrativa: in caso contrario le responsabilità, una volta ricevuta la comunicazione della Corte dei conti, sarebbero state del ministro, nel caso in cui non avesse provveduto in questa direzione”.
Tale posizione del Ministro è stata oggetto di critica da parte di esponenti dell’opposizione, espressa nell’ambito della medesima seduta.
Con il comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 146 del 26 giugno 2006 (recante Avviso relativo alla segnalazione di inefficacia di diciassette decreti ministeriali ed interministeriali, attuativi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, riguardante: «Norme in materia ambientale, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale in data 10, 11, 16, 17, 18 e 24 maggio 2006), il Ministro ha reso noto che i decreti emanati in data 2 maggio 2006 ed elencati in allegato, non essendo stati a suo tempo inviati per essere sottoposti al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti ai sensi dell'art. 3, primo comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, non sono stati registrati dal predetto organo e, pertanto, non possono considerarsi giuridicamente produttivi di effetti.
Articolo 1
(Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)
I commi 1 e 2 indicano precise scadenze temporali per la revisione del decreto legislativo n. 152/2006.
In particolare:
§ il comma 1 prevede l’adozione, entro il 31 gennaio 2007, del decreto correttivo del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel rispetto delle norme e dei principi dell’ordinamento comunitario e delle decisioni rese dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. La disposizione fa espressamente salvo quanto previsto dal già citato articolo 1, comma 6, della legge delega (che in particolare vincola il Governo, nell’esercizio della delega per l’emanazione dei decreti integrativi o correttivi, alla medesima procedura prevista per l’esercizio della delega principale).
Secondo quanto precisato nella relazione illustrativa, nella fissazione di tale scadenza, il Governo ha tenuto conto dell’esigenza di coordinare i tempi del decreto correttivo con lo slittamento alla stessa data dell’entrata in vigore della Parte seconda (in materia di VIA, VAS e IPPC) disposta dall’articolo 1-septies del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173 (convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2006, n. 228).
§ il comma 2 prevede l’adozione, entro il 30 novembre 2006, di un decreto correttivo contenente l’indicazione delle disposizioni che continuano ad applicarsi e quelle abrogate delle Parti terza (Difesa del suolo e acque) e quarta (Rifiuti e bonifiche) del decreto n. 152 e dei relativi decreti attuativi.
La relazione precisa che la fissazione di un doppio termine si spiega in relazione all’esigenza di dare con maggiore immediatezza una prima indicazione sulle disposizioni applicabili nelle materie che creano maggiori perplessità in particolare sotto il profilo del rispetto della normativa comunitaria e di intervenire successivamente sull’intero decreto.
Le motivazioni sottese alla necessità di emanare decreti correttivi, nonché anticipazioni sul contenuto degli stessi sono state fornite dal Ministro dell’ambiente sia nella relazione presentata il 28 giugno 2006 ai Presidenti delle Camere, sia nel corso dell’audizione presso la Commissione VIII della Camera in data 29 giugno 2006.
Occorre comprendere la portata normativa delle due disposizioni in commento, posto che, nella formulazione proposta, la fissazione di specifici termini per l’emanazione dei decreti correttivi, oltre che l’implicita limitazione del numero dei decreti da emanarsi potrebbe non essere in linea con la norma di delega contenuta nell’articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, che in via generale prevede il termine di due anni per l’esercizio della delega per l’emanazione di disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi di cui al comma 1.
La conformità con la norma di delega presuppone piuttosto che i termini di cui ai commi 1 e 2 siano interpretati come termini meramente ordinatori espressione di un impegno assunto dal Governo innanzi alle Camera, la cui sede più corretta sarebbe un atto di indirizzo piuttosto che un testo di legge.
Con specifico riferimento al comma 2, si osserva che occorrerebbe estendere la clausola di salvaguardia di quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 1 della legge delega (testualmente prevista nel solo comma 1), che contiene in particolare specifiche norme procedurali per l’emanazione dei decreti correttivi.
Il comma 3 novella il comma 2 dell’art. 170 del decreto n. 152, attraverso l’introduzione di un comma aggiuntivo che reca una disposizione transitoria, volta a prorogare, sino al 31 dicembre 2006, le autorità di bacino istituite dalla legge n. 183/1989, nelle more della costituzione dei distretti idrografici (di cui al Titolo II della Parte III dello stesso decreto 152) e della revisione della relativa disciplina legislativa. Si specifica che la realizzazione di tale revisione sarà operata con un successivo decreto legislativo correttivo.
Lo stesso comma fa salvi gli atti posti in essere dalle autorità di bacino dal 30 aprile 2006 sino all’entrata in vigore del decreto in esame che, ai sensi dell’articolo 2, avverrà il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
Preliminarmente, da un punto di vista formale, si osserva che va precisato il riferimento alla parte del decreto legislativo che disciplina i distretti idrografici, facendo riferimento al Titolo II della Sezione I della Parte terza (posto che anche la Sezione II e la Sezione III hanno un titolo II).
Con riferimento alla soppressione delle autorità di bacino, la relazione motivata presentata dal Ministro dell’ambiente si sofferma sul “grave vulnus alla funzionalità del sistema di controllo e tutela delle acque, in assenza di qualsiasi regime transitorio”determinato da tale norma[5]. Per questo motivo si è reso necessario “un intervento legislativo al fine di evitare vuoti normativi ed incertezze interpretative”.
Si ricorda, in proposito, che la legge n. 183/1989, nel quadro di una riorganizzazione complessiva delle competenze delle amministrazioni statali e locali in materia di difesa del suolo, ha istituito le autorità di bacino, assegnando loro il compito di assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico e la tutela degli aspetti ambientali nell’ambito dell’ecosistema unitario del bacino idrografico. Con tale provvedimento, per la prima volta sono stati attribuiti compiti di pianificazione e programmazione ad un ente il cui territorio di competenza è stato delimitato in applicazione di criteri geomorfologici e ambientali, con l'obiettivo di affrontare i problemi legati al ciclo dell’acqua e alla difesa del suolo unitariamente e su una scala territoriale adeguata.
La legge 183/89 ha suddiviso il territorio nazionale in bacini idrografici di rilievo nazionale, bacini idrografici di rilievo interregionale e bacini idrografici di rilievo regionale. I bacini di rilievo nazionale indicati dalla legge sono complessivamente 11. A fini gestionali e di pianificazione, è stato deciso di istituire un’unica Autorità di bacino che è competente per i territori compresi nei 5 bacini di rilievo nazionale dei fiumi che sfociano nella parte più settentrionale mare Adriatico (Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta-Bacchiglione). Analogamente è stato fatto per i due bacini di rilievo nazionale (Liri-Garigliano e Volturno) sfocianti nella parte meridionale del mare Tirreno. Le altre 4 Autorità di rilievo nazionale sono preposte ai bacini dei fiumi Adige e Po per il versante adriatico e ai bacini dei fiumi Arno e Tevere per il versante Tirrenico. Inoltre, la legge 183/89 elenca 16 bacini di rilievo interregionale, di cui 11 per il versante adriatico e 5 per il versante tirrenico. Per questi bacini, le regioni territorialmente competenti amministrano le funzioni relative alle opere idrauliche e alle risorse idriche e definiscono la formazione del comitato istituzionale e del comitato tecnico, il piano di bacino e la programmazione degli interventi. I bacini di rilievo regionale sono tutti i restanti bacini.
Per quanto riguarda la struttura organizzativa tecnica e funzionale delle autorità di bacino nazionali, la legge 183/89 ha previsto quattro organi (la cui organizzazione è stata poi parzialmente modificata dalla legge 179/2002): il comitato istituzionale; il comitato tecnico; il segretario generale e la segreteria tecnico-operativa.
Il comitato istituzionale è presieduto dal Ministro per l’ambiente e il territorio ed è composto dai Ministri delle infrastrutture e trasporti, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, nonché dai presidenti delle giunte regionali delle Regioni il cui territorio è compreso nel bacino e dal segretario generale dell’Autorità di Bacino. Il comitato istituzionale esercita i principali compiti di indirizzo e amministrativi e in particolare sancisce tutte le fasi dell’iter di elaborazione ed adozione del piano di bacino, a partire dai criteri e metodi d’impostazione del progetto di piano, fino all’adozione del progetto definitivo, controllando anche i tempi e i modi dell’attuazione delle prescrizioni in esso contenute.
Il comitato tecnico è l’organo di consulenza del comitato istituzionale ed elabora, avvalendosi dell’apporto della segreteria tecnica operativa, il piano di bacino. Il comitato tecnico è presieduto dal segretario generale, ed è composto da funzionari designati uno per ciascuna delle amministrazioni presenti nel comitato istituzionale, nonché dal direttore dell’APAT. Il comitato tecnico può essere integrato da esperti di elevato livello scientifico designati dal comitato istituzionale, nonché da un rappresentante del dipartimento della protezione civile.
Al segretario generale sono affidati svariati compiti sia di tipo organizzativo che tecnico. Le competenze organizzative riguardano il funzionamento complessivo dell’Autorità ed in particolare della segreteria tecnica di cui è responsabile, la cura dei rapporti con le amministrazioni statali, regionali e con gli altri enti locali presenti nel territorio del bacino.
La segreteria tecnico-operativa svolge funzioni di segreteria, di studio e raccolta di documentazione e di formulazione e gestione di piani e programmi.
Il decreto legislativo n. 152 disegna un nuovo assetto organizzativo, che tiene conto anche delle indicazioni derivanti dalla direttiva 2000/60/CE (cd “direttiva acque”).
Si ricorda che la direttiva 2000/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque) all'art. 3, impone agli Stati membri di individuare i singoli bacini idrografici presenti nel loro territorio e di assegnarli a singoli distretti idrografici.
Ove opportuno, è possibile accomunare in un unico distretto bacini idrografici di piccole dimensioni e bacini di dimensioni più grandi, oppure unificare bacini limitrofi.
Qualora le acque sotterranee non rientrino interamente in un bacino idrografico preciso, esse vengono individuate e assegnate al distretto idrografico più vicino o più consono. Le acque costiere vengono individuate e assegnate al distretto idrografico o ai distretti idrografici più vicini o più consoni.
Gli Stati membri provvedono a adottare le disposizioni amministrative adeguate, ivi compresa l'individuazione dell'autorità competente, per l'applicazione delle norme previste dalla direttiva all'interno di ciascun distretto idrografico presente nel loro territori.
Ai fini della direttiva, gli Stati membri possono individuare quale autorità competente un organismo nazionale o internazionale esistente. Successivamente alla delimitazione, la direttiva prescrive che siano condotte per ogni distretto le seguenti operazioni preliminari: l'analisi delle caratteristiche del distretto (art. 5); l'esame dell'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee (art. 5); l'analisi economica dell'utilizzo idrico (art. 5); l'istituzione del registro delle zone protette (art. 6).
La direttiva stabilisce che per i singoli distretti idrografici un'autorità competente è designata entro il 22 dicembre 2003.
Il distretto idrografico costituisce, pertanto, l'unità territoriale di riferimento per la gestione integrata del sistema delle acque superficiali e sotterranee e rispetto ad esso è predisposto e attuato il Piano di gestione per il conseguimento degli obiettivi posti dalla Direttiva.
I criteri generali per l'identificazione dei distretti a partire dai bacini idrografici sono contenuti nella linea guida Identification of River Basin Districts in Member States - Overview, criteria and current state of play - 2002, redatta nell'ambito della Common Implementation Strategy for the Water Framework Directive 2000/60/EC.
I criteri generali suggeriti dalla linea guida prevedono, a partire dall'individuazione bacini idrografici, le seguenti scansioni: delimitazione degli acquiferi principali; accorpamento dei bacini di piccole dimensioni; attribuzione ai distretti degli acquiferi; attribuzione ai distretti delle acque costiere.
L’articolo 64 del decreto legislativo n. 152 prevede la creazione di otto grandi distretti idrografici che coprono l’intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, ai quali sono assegnate sia le aree dei bacini idrografici di rilievo nazionale ed interregionale, sia le aree dei bacini idrografici regionali di cui alla legge n. 183/1989. Ognuno di tali distretti accorpa una serie di bacini (tranne il distretto idrografico padano che corrisponde all’ex bacino di rilievo nazionale del Po, e il distretto idrografico pilota del Serchio, che corrisponde all’ex bacino-pilota omonimo ). Tali distretti sono governati secondo un modello amministrativo unico (delineato agli artt. 63 e 64 del decreto).
Lo stesso articolo disciplina gli organi dell’autorità, che sono: il segretario generale, la segreteria tecnico-operativa, la Conferenza operativa di servizi e la Conferenza istituzionale permanente, che raccoglie l’«eredità» del Comitato istituzionale, ponendosi come organo direttivo deputato all’emanazione degli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione (art. 63, commi 4-5).
La Conferenza operativa di servizi - con una composizione che rispecchia grosso modo quella della Conferenza istituzionale, in modo da garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali coinvolti nella gestione del bacino (Stato e regioni) – provvede all’attuazione ed esecuzione delle delibere della Conferenza istituzionale permanente, nonché al compimento degli atti gestionali (art. 63, comma 6).
In base all’ art. 63, comma 7, le competenze dell’Autorità di bacino distrettuale (tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente) sono le seguenti:
§ l’elaborazione del Piano di bacino distrettuale;
§ l'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati alla parte terza del decreto, di un'analisi delle caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonché di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
Inoltre, le Autorità distrettuali - fatte salve le discipline adottate dalle Regioni ai sensi dell'articolo 62 - coordinano e sovraintendono alle attività e le funzioni dei consorzi di bonifica integrale, nonché del Consorzio del Ticino – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago Maggiore, del Consorzio dell’Oglio – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago d’Iseo e del Consorzio dell’Adda – Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’opera regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all’esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d’acqua ed alla fitodepurazione.
Posto che la disposizione in commento è volta a disciplinare il periodo transitorio, andrebbe valutata la possibilità di sopprimere nel citato articolo 63, comma 3, del decreto legislativo n. 152 il riferimento al contenuto del decreto del Presidente del consiglio di cui al precedente comma 2 di regolamentazione del periodo transitorio.
Il comma 4 reca, infine, la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.
Il principio di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica è contemplato, tra i principi e criteri direttivi generali della delega, dall’articolo 1, comma 8, lett. c).
Articolo 2
(Entrata in vigore)
L’articolo 2 dispone l’entrata in vigore del decreto il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
SIWEB
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI
La seduta comincia alle 14,10.
PRESIDENTE.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta
odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito
chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, Alfonso Pecoraro Scanio, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
MAURIZIO ENZO LUPI. Scusi, presidente, vorrei sapere quando saranno pronti i verbali dell'ultima audizione del ministro delle infrastrutture. Siccome ci sono affermazioni non indifferenti e anche di una certa gravità e responsabilità vorremmo avere, al di là di quello che abbiamo ascoltato, i verbali integrali, perché ogni gruppo posso usarne nella maniera più opportuna.
PRESIDENTE. Lunedì.
PRESIDENTE. Spero che non ci sia malizia nelle sue parole.
MAURIZIO ENZO LUPI. Nei confronti degli uffici mai. E, quindi, quando?
PRESIDENTE. Lunedì. Ci dicono gli
uffici che lunedì saranno disponibili.
Oltre a quanto il ministro vorrà sottoporre all'attenzione dei colleghi e della
Commissione, desidero preliminarmente richiamare l'attenzione del ministro due
cose. Nella scorsa legislatura il Ministero dell'ambiente - questo penso che
dipenda anche da un problema di organizzazione degli uffici del ministero, non
solo dalla responsabilità soggettiva del ministro - è stato il peggiore per
quanto riguarda i rapporti con il Parlamento.
C'è un relazione molto interessante - che vi consiglio di leggere - da cui
risulta che dal Ministero dell'ambiente sono stati adempiuti soltanto meno
dell'8 per cento - credo poco più del 7 per cento - degli atti che dovevano in
qualche maniera avere come interlocutore il Parlamento. Ci aspettiamo una
rapida inversione di rotta.
C'è un tema che a noi sta molto a cuore, ministro, perché fu oggetto di un
emendamento presentato proprio da questa Commissione al provvedimento sull'emission
trading che fu approvato dal Parlamento. Mi riferisco al fatto che nel
Documento di programmazione economico-finanziaria sia inserito un apposito
capitolo che spieghi il punto in cui si è arrivati, per quanto riguarda
l'applicazione degli impegni che conseguono al protocollo di Kyoto, e le misure
che il Governo intende adottare.
Questo adempimento non fu ottemperato
nel DPEF dell'anno scorso. Ovviamente, è essenziale che sia ottemperato nel
DPEF di quest'anno anche perché una delle prime azioni che questa Commissione
ha intrapreso è stata quella di chiedere che una serie di materie, come l'energia
e le politiche ambientali, siano più strettamente tenute da conto, dati gli
ovvi rapporti che ci sono tra le politiche ambientali e, in questo caso, le
politiche energetiche. Questo inserimento nel DPEF dei temi di Kyoto ci sembra
un punto chiave.
Do ora la parola al ministro.
ALFONSO
PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
Innanzitutto, saluto tutti componenti della Commissione, lei, presidente, e i
suoi collaboratori.
Per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio è importante avere
un rapporto costante e rispettoso nei confronti del Parlamento. Dico subito che
farò verificare queste notizie che lei mi ha comunicato relative al record
negativo - purtroppo non è l'unico - che abbiamo accumulato e faremo in modo
non solo di dare risposte in una misura maggiore all'8 per cento ma cercheremo
di salire di parecchio nella percentuale di adempimento rispetto agli atti ed
alle sollecitazioni parlamentari.
Faremo in modo che ci sia un monitoraggio più frequente, non solo alla fine
della legislatura, degli uffici del ministero che rispondono agli atti
parlamentari. Ho già chiesto di operare dei potenziamenti in questo senso
perché, onestamente, a volte, al di là della volontà politica, c'è una
farraginosità del meccanismo che rischia di non rendere efficace l'attività che
si svolge, soprattutto da parte dei parlamentari. Io, che vengo da
un'esperienza parlamentare in questa Camera, ritengo giusto che non ci si
dimentichi di questo problema quando si è nella veste, invece, di
rappresentante del Governo.
La posso rassicurare dicendole che ho già provveduto in questo senso, anzi, ho
chiesto anche a quanti atti parlamentare mancavano ancora delle risposte, pur
essendo atti che sono decaduti nella scorsa legislatura, per verificare se ci
fossero elementi ancora di attualità che potessero servire anche come notizia.
Infatti, l'atto ispettivo parlamentare è un atto anche utile per la conoscenza,
perché non è affatto detto che un organo di Governo abbia notizia di tutto.
Inizio molto rapidamente ricordando, come ho già fatto nella Commissione
Ambiente del Senato, che questo Governo nasce all'insegna di un programma molto
dettagliato che è stato presentato agli elettori prima delle elezioni. È
chiaro, quindi, che nell'illustrare le linee del Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio non posso che richiamarvi il programma, senza
ovviamente rileggerlo perché non sarebbe utile ai nostri lavori - in ogni caso
è disponibile dappertutto -, a cominciare dalla politica dei trasporti
sostenibili, che fa parte a pieno titolo di un elemento fondamentale per
l'attività di rilancio della qualità dell'ambiente nel nostro paese.
In questo ambito vi è il sostegno forte al trasporto pubblico locale;
l'intervento a favore di una mobilità sostenibile; il rilancio dell'utilizzo
del mezzo ferroviario e del «via mare» per il trasporto, in particolare delle
merci: tutto questo fa parte, evidentemente, anche di una maggiore attenzione
che il Ministero dell'ambiente avrà nel sostenere tutte quelle politiche che
possono ridurre i tanti problemi legati al sistema dei trasporti. Non entro nel
merito di tante altre cose che possiamo dire.
C'è, poi, il capitolo energia, che
prevede - questo, presidente, conferma una necessità che ho già anticipato al
ministro dell'economia - che il protocollo di Kyoto sia un punto di riferimento
centrale dell'azione di governo.
Ho richiesto anche stamane, in occasione della presentazione alle parti sociali
delle linee generali del DPEF da parte ministro dell'economia, che il Documento
di programmazione economico-finanziaria contenga un riferimento chiaro e netto
non solo a quello che è stato fatto ma, soprattutto, a una cosa che dovrebbe
diventare un elemento importante, spero condiviso da tutti: se noi vogliamo
conseguire l'obiettivo di Kyoto, dobbiamo fare modo che gli atti di Governo,
quelli parlamentari, e delle varie amministrazioni abbiano tutti una sorta di
compatibilità con il protocollo di Kyoto. Questo è fondamentale se vogliamo
evitare il rischio di trovarci dal 2008, e in misura ancora peggiore
successivamente, in una condizione di esposizione economica rilevantissima.
Al di là del problema ambientale, quindi, c'è il rischio di pagare delle
ingenti multe. Per far capire quale può essere il rischio, ho spesso fatto
questo esempio: visto che stiamo parlando di allocazione di piani di emissione
della CO2, stiamo attenti a non ripercorrere la triste esperienza delle quote
latte. Mi riferisco al fatto che si stabiliscono dei tetti e poi non si fanno
rispettare i livelli di emissione di CO2. Molti operatori si convincono che,
alla fine, non un è un grande problema, ma arrivano le multe; lo Stato paga le
multe e in più c'è il rischio che debba rivalersi, comunque, sugli operatori
creando danni a tutto il settore.
Oltre all'aspetto ambientale, quindi, il rischio che corriamo nella vicenda
delle emissioni di CO2, se non lavoriamo seriamente con una programmazione, è
quello di trovarci esposti ad un enorme carico economico di multe. È un rischio
forte, rispetto al quale abbiamo il dovere di agire, noi come Governo e il
Parlamento in quanto tale; io ne ho parlato con tutti gli assessori regionali
all'ambiente - e ne parlerò anche direttamente con i presidenti -, perché è
importante che questa responsabilità sia assunta e condivisa da tutti.
Sono convinto che, tra l'altro, da questo punto di vista, noi abbiamo anche un
elemento di chiarezza: abbiamo due settori, il settore della produzione (in
particolare termoelettrica) e il settore dei trasporti che danno un contributo
all'emissione di CO2 decisamente molto rilevante. Sono i primi due grandi
comparti sui quali c'è bisogno di porre maggiore attenzione e di attuare un
coinvolgimento diretto, affinché collaborino alla riduzione di CO2, che
rappresenta un impegno nazionale oltre che internazionale.
Dentro questo si inserisce il discorso dell'efficienza energetica e della
necessità di investire in modo netto sulle nuove fonti rinnovabili. Noi abbiamo
preso l'impegno di arrivare entro il 2011 al 25 per cento di produzione
elettrica da fonti rinnovabili.
Abbiamo sicuramente la necessità di sostenere il settore della ricerca nelle
energie sostenibili, anche rilanciando il ruolo dell'ENEA in questo settore.
Abbiamo la necessità soprattutto - su questo mi soffermo due minuti - di avere
il programma energetico nazionale.
Il Ministero dell'ambiente lo ha già chiesto alla Presidenza del Consiglio e lo
espone anche qui, al Parlamento, perché ci sia una consapevolezza generale:
dobbiamo avviare il lavoro del piano energetico nazionale. È evidente, infatti,
che questo si inserisce in una sana politica ambientale; anche perché è
collegato alla necessità, che consideriamo importante, di fare delle
valutazioni ambientali strategiche sui grandi piani. Si deve recuperare il
vecchio piano dei trasporti e rimodularlo e aggiustarlo, senza, per così dire,
la distruzione che è avvenuta per una serie di forzature; serve, però, una
valutazione ambientale strategica.
Se noi facciamo il piano energetico nazionale e facciamo la valutazione ambientale
strategica poi non ci troviamo nelle difficoltà continue delle singole opere
che, fuori da un contesto e fuori da un disegno generale su cui c'è anche una
valutazione ambientale strategica, non si riesce a capire come siano collocate.
Un caso emblematico è quello dei rigassificatori, strumenti sicuramente utili
per un migliore impiego del metano, il gas naturale. È evidente, però, che non
è pensabile che ogni regione faccia piani disordinati senza che tutto questo si
colleghi alla collocazione degli impianti e delle centrali o alla promozione
della produzione diffusa di energia. Noi abbiamo un problema: senza un piano
energetico nazionale, coordinato e confrontato con le regioni, assistiamo ad un
pullulare di iniziative assolutamente disordinate che rischiano di non farci
capire bene quanto ci serve.
Il caso dei rigassificatori è tipico. Serve un rigassificatore sull'Adriatico e
uno sul Tirreno? Non bastano? Ne servono due per parte? Quanti ne servono? Chi
ce lo dice? In che contesto il Parlamento, sulla base delle competenze anche
tecniche che dobbiamo avvalorare, fa una riflessione e fa una scelta? Io penso
che il piano energetico nazionale deve essere avviato e preordinato dal Governo
ma deve passare, poi, in Parlamento, perché i dibattiti su cose di tale
importanza devono avere il conforto di un confronto parlamentare.
Abbiamo, quindi, sicuramente alcune situazioni di emergenza, ma se continuiamo
a rispondere solo a tali situazioni specifiche, rischiamo di non avere una
politica energetica coerente e di andare avanti con provvedimenti specifici. In
un simile quadro, dobbiamo elaborare un piano energetico nazionale che sia
coerente con il protocollo di Kyoto, perché a questo punto è evidente che non
si può fare a meno di operare questo tipo di razionalizzazione.
Sempre nel programma della coalizione, nel titolo che parla della nuova
alleanza con la natura, quindi, di ambiente e territorio per lo sviluppo, c'è
un impegno forte su tutto quello che rappresenta il governo del territorio. C'è
l'impegno di varare una nuova legge quadro proprio per il governo del
territorio, che eviti il consumo di nuovo territorio.
Abbiamo un'esigenza: questo paese non ha una legge quadro; che non significa,
ovviamente, dover intervenire su tutti i dettagli, ma avere una legge generale
sulla tutela del territorio. Quest'ultima non c'è. Abbiamo il problema del
consumo del territorio; dobbiamo realizzare una gestione integrata che tenga
conto della biodiversità, della qualità ambientale, culturale, del ruolo
multifunzionale anche dell'agricoltura; occorre promuovere in questo campo
l'efficienza energetica: c'è bisogno di quanto sopra detto. Tutto questo è
scritto nel nostro programma e, pertanto, ho già dato incarico all'ufficio
legislativo di avviare un primo studio di massima per cercare di realizzare una
proposta. Questa, ovviamente, dovrà essere aperta al più ampio confronto
possibile e al coinvolgimento degli altri ministeri che possono essere
cointeressati.
Nel programma della nostra coalizione si dice «basta» ai condoni edilizi.
Questo è un impegno politico chiaro, che deve coincidere anche con la decisione
di fare degli abbattimenti: si chiamano in gergo «eco-mostri», ma esistono
tipologie molto variegate in giro. Un recente studio presentato da Legambiente
ha rivelato che c'è stato un incremento, anche nei parchi nazionali e nelle
riserve, dei casi di abusivismo edilizio. È evidente che la richiesta che
rivolgo al Parlamento, perché ci possano essere delle iniziative utili anche
sul versante parlamentare, è quella di valutare in che modo, in questo paese,
si possa riuscire veramente a porre un freno a questo meccanismo perverso. Le
forze dell'ordine fanno un lavoro molto spesso egregio contro l'abusivismo (e
mi riferisco all'intervento di tutte le forze dell'ordine): sequestrano molti
manufatti e registrano continuamente una violazione di sigilli. Bisogna
sottolineare altresì un certo atteggiamento della magistratura, sicuramente
attento in certi casi, ma in altri, probabilmente per altre priorità che ci
sono, poco deciso.
C'è la richiesta, fatta peraltro con un'amplissima convergenza, di rivedere
anche la materia penale: tale richiesta è stata promossa nella scorsa
legislatura dalla Commissione sulle eco-mafie, con una scelta del centrodestra
e del centrosinistra insieme, quindi di entrambi gli schieramenti. Si tratta di
introdurre alcune specifiche fattispecie di delitti ambientali in modo da
consentire alle forze dell'ordine di essere efficaci anche nell'opera di
dissuasione da questi reati. Noi abbiamo il problema di essere l'unico grande
paese europeo che ha un fenomeno ancora, purtroppo, diffuso di abusivismo
edilizio, sul quale abbiamo bisogno sicuramente di intervenire.
C'è un'attenzione generale ai temi non solo della montagna ma anche a quelli
della qualità della vita delle grandi aree urbane e delle periferie. C'è una
necessità - l'avevamo indicata - di procedere con scelte anche di abbattimenti
e ricostruzioni, magari in bio-edilizia, delle periferie degradate, per dare
una risposta anche all'emergenza abitativa, che è crescente e drammatica nelle
nostre città, utilizzando in positivo la chiave dell'innovazione tecnica di cui
disponiamo.
Si rende necessario, come chiede il programma di Governo, di ritornare ai
principi della legge quadro sull'elettrosmog, poiché le modifiche fatte hanno
ridotto, a parere del Governo, la possibilità di interventi per la tutela della
salute pubblica.
C'è un'attenzione generale al programma delle politiche dei rifiuti dove,
complessivamente, c'è bisogno di rilanciare la raccolta differenziata e
soprattutto la riduzione della produzione di rifiuti: il nostro paese non ha
una vera politica nazionale al riguardo. Abbiamo bisogno, da questo punto di
vista, confrontandoci con le regioni (in molti casi le competenze sono
regionali e l'attività del Governo è solo di indirizzo e di sollecitazione)
soprattutto di rilanciare la riduzione dei rifiuti e di avviare una seria
raccolta differenziata destinata al recupero; altrimenti rischiamo di trovarci
sempre con una difficoltà generale in relazione ai piani dei rifiuti.
C'è, poi, l'importante tema grande del dissesto idrogeologico. Proprio ieri ho
convocato gli assessori regionali, dando una prima ripartizione di fondi per la
lotta al dissesto idrogeologico e per la difesa del suolo, ripristinando una
logica di collaborazione con le regioni, le quali avevano molto protestato per
la decisione che tutto veniva accentrato e gestito soltanto dal ministero.
Spero che questo significhi far ripartire una ricognizione dei tanti fondi che
sono disponibili nei vari ministeri e in vari settori regionali, provinciali,
eccetera, per quella che dovrebbe essere la prima opera pubblica nazionale.
Secondo l'analisi sommata dei piani sull'assetto idrogeologico, ormai approvati
pressoché da tutti gli enti interessati, l'Italia avrebbe bisogno di 42
miliardi di euro per la messa in sicurezza del territorio nazionale. Si tratta
di un'opera ciclopica, enorme, che, nello stesso tempo, darebbe anche lavoro a
tantissime persone ed imprese, in quanto non è un'opera di poco conto.
Sicuramente dobbiamo razionalizzare le risorse che in genere vengono
utilizzate, da quelle comunitarie a quelle locali, per fare in modo di avere un
indirizzo chiaro sulla prevenzione nel nostro paese delle frane e delle
alluvioni.
Il tema è talmente rilevante che il Consiglio dei ministri dell'ambiente
dell'altro ieri, a Lussemburgo, ha approvato per la prima volta una direttiva
europea in materia di alluvioni che permette di stabilire come si fa il
monitoraggio e la prevenzione e come si affronta questa emergenza, che è
accentuata dal cambiamento climatico in atto e che vede fenomeni estremi più
frequenti in tutti in paesi dell'Unione europea.
A questo tema è collegato quello della rete idrica: c'è un'attenzione
particolare che il ministero vuole dare ai temi legati al mare. Voi sapete che
il Governo nella ridefinizione dei nomi di alcuni ministeri ha inteso
aggiungere alla dicitura «Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio» le parole: «e del mare». Era una vecchia richiesta fatta, tra
l'altro, da molte associazioni parlamentari trasversali di amici del mare
perché vi era una carenza nella definizione. È chiaro che dobbiamo occuparci
comunque del mare, ma è evidente che alla tutela del territorio deve essere
aggiunta chiaramente la tutela del mare in un paese che ha i famosi 8 mila
chilometri di costa e che, invece, spesso scopre il mare soltanto nel periodo
estivo delle vacanze.
A questo si aggiunge che dovremo valutare, anche qui insieme, se c'è
un'iniziativa per migliorare la rete delle riserve marine. Occorre approvare
una legge ad hoc sulla tutela della bio-diversità e potenziare sicuramente la
rete dei parchi e delle riserve naturali, stabilendo che la legge che li
istituisce, la quale a dicembre compie 15 anni, deve essere pienamente
applicata anche in quelle parti che già prevedono forme molto innovative di
sostegno alle iniziative compatibili che si possono realizzare nei parchi
nazionali. Purtroppo, in 15 anni - non è, quindi, responsabilità di questo o di
quel governo - questa legge non è stata pienamente attuata. Dunque, il nostro
Governo intende dare uno slancio a questo normativa.
Infine, noi abbiamo messo nel programma della coalizione la tutela degli
animali e la rispettosa applicazione della Dichiarazione universale dei diritti
degli animali dell'Unesco e anche la difesa e l'applicazione della legge n. 157
del 1992 sulla tutela della fauna selvatica. Vi è, inoltre, anche l'attenzione,
prevista nel programma, al superamento della vivisezione come strumento di
ricerca scientifica, attraverso delle formule più innovative, e più moderne.
Questi sono solo alcuni degli spunti, ma è giusto che vengano chiariti e
ricordati alla Commissione in modo che siano chiare quelle che sono le linee
guida del Governo. È evidente che poi ci sono situazioni di dettaglio, per così
dire, che, comunque, costituiscono temi importanti che verranno sicuramente
trattati.
Per quanto riguarda il decreto legislativo n. 152 in materia ambientale avete
notato che c'è già nel programma della coalizione una contrarietà alle
metodologie con cui si è arrivati alla legge delega e poi al decreto
legislativo. Noi stiamo lavorando per ricostruire un rapporto con le regioni
che è stato rotto, perché contro quel decreto ci sono dieci ricorsi alla Corte
costituzionale da parte delle regioni italiane.
C'è un comune sentire molto forte, al di là del merito dei provvedimenti, anche
sul metodo affrontato, il quale è stato un metodo di non collaborazione con le
regioni. Il ministero sta promuovendo la necessaria azione per cercare di
ricostruire il rapporto che ci deve essere non solo con tutte le parti sociali,
nessuna esclusa, ma anche con le regioni e con gli altri istituti.
Il decreto legislativo è stato contestato dal Consiglio di Stato, perché è
stato chiamato «Codice dell'ambiente» e pertanto, se diventa un codice, deve
essere approvato dal Consiglio di Stato: mancava questa approvazione. Lo avrete
letto dai giornali - ma è una cosa che avevo già detto alla Commissione
Ambiente del Senato il 13 giugno - che i decreti ministeriali attuativi, varati
in modo molto frettoloso negli scorsi mesi, sono stati tutti contestati dalla
Corte dei conti, che ha invitato il mio ministero al ritiro. È evidente che a
tutela dei terzi che avevano letto in Gazzetta Ufficiale dei provvedimenti
giuridicamente inefficaci, il capo di gabinetto ha chiesto al ministro di
provvedere alla notizia da dare ai cittadini, che quei provvedimenti pubblicati
in Gazzetta erano privi del necessario visto della Corte dei conti.
Si tratta di un adempimento dovuto in sede di autotutela amministrativa: in
caso contrario le responsabilità, una volta ricevuta la comunicazione della
Corte dei conti, sarebbero state del ministro, nel caso in cui non avesse
provveduto in questa direzione. Io ho già fatto convocare per la settimana
prossima le riunioni tecniche con le quattro realtà che devono essere
coinvolte, anche ai sensi della legge delega, su queste procedure: le
associazioni degli imprenditori e i sindacati, le associazioni ambientalistiche
e le associazioni dei consumatori, previste specificamente dalla legge delega.
Ciò al fine di definire come, ripristinando correttamente le procedure, si
possano, sia in sede di modifica del decreto legislativo sia in sede di
definizione delle norme attuative, fissare delle regole indispensabili e
urgenti con il necessario consenso delle realtà sociali e con la collaborazione
delle regioni.
In questa direzione proprio oggi ho inviato, sia al presidente della Camera che
al presidente del Senato, la relazione motivata, redatta ai sensi dell'articolo
1, comma 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, per definire la necessità di
procedere ad alcuni decreti legislativi correttivi del decreto legislativo n.
152. Nell'ambito della correzione è evidente che noi lavoriamo soprattutto per
quanto riguarda tre settori: acqua, bonifiche e rifiuti, laddove esista una
difficoltà reale dovuta all'opposizione netta delle regioni italiane, nessuna
esclusa.
Ieri l'intervento della regione Veneto, a sostegno dell'iniziativa che il
ministero ha promosso sulla delega ambientale, insieme a quello della regione
Emilia-Romagna, della regione Calabria e di altre, dimostra che il problema non
riguarda gli schieramenti politici ma il corretto rapporto tra lo Stato, il
Governo nazionale e i governi regionali, con i quali, ovviamente, auspico di
collaborare, com'è giusto.
Aggiungerei che c'è un problema serio di infrazioni comunitarie: in totale sono
80, di cui 46 sono, diciamo, di competenza regionale. Ho attivato in questo
senso una collaborazione con le regioni per cercare di ridurre il numero delle
infrazioni.
Abbiamo già un problema, proprio sul decreto legislativo n. 152, in relazione
al rischio di infrazioni in tema di rifiuti. Se vi servirà vi darò poi delle
notizie tecniche in merito; non voglio che il mio intervento diventi
lunghissimo su questi temi.
Sicuramente dobbiamo evitare che le norme che variamo possano produrre
ulteriori problemi di infrazione, visto che stiamo cercando di recuperare un
rapporto corretto con l'Unione europea. Ho già avuto un primo colloquio con il
commissario europeo Dimas: ho manifestato la volontà di collaborazione
dell'Italia perché, su cinque provvedimenti, siamo già a rischio di seconda
condanna e, quindi, di pena pecuniaria.
Conoscete le altre vicissitudini legate alla VIA, alla VAS e alla IPPC: è stata
inserita una proroga del termine di entrata in vigore del decreto legislativo
n. 152 nel provvedimento sulle proroghe.
Stiamo lavorando sul piano di
emissione dei gas serra: l'Unione europea chiede che venga presentato entro il
30 giugno. Abbiamo parlato con l'Unione europea per valutare se sarà possibile,
visto che c'è un confronto necessario in corso, realizzarlo e renderlo già
disponibile nei primi giorni di luglio, in modo da aprire la consultazione con
tutte le realtà interessate in termini di trasparenza. L'obiettivo, rispetto al
piano precedente, relativo al periodo 2005-2007, che assegnava all'Italia un
tetto pari a 232 milioni di tonnellate annue, è quello di ridurre la nostra
quantità, secondo quanto ci ha chiesto la Commissione europea, portandola al
tetto di 194,72 milioni tonnellate annue di CO2. Questo è l'impegno che noi
abbiamo in sede europea; dobbiamo stabilire in che modo ci arriviamo e lavorare
per rispettare i nostri impegni.
Chiudo questa relazione citando la questione dei parchi nazionali e ricordando
che c'è stata in questi anni una contrazione delle risorse destinate ad essi.
Ho già provveduto a chiedere di ripristinare e di aumentare le risorse: in
questi anni è aumentato il numero dei parchi ma sono diminuiti i soldi
destinati d essi. Abbiamo anche su questo la necessità - credo e spero di poter
contare sul supporto del Parlamento - che sia posta particolare attenzione alla
difesa del suolo e dei parchi nazionali, perché, nonostante le difficoltà
economiche attuali, comprendiamo quali sono i settori dove c'è stato uno
sfondamento della spesa e quali sono i settori, invece - mi riferisco proprio
all'ambiente e alla difesa del suolo - dove c'è stato un taglio della spesa.
Abbiamo costituito il parco del Val d'Agri, che è diventato il ventiquattresimo
parco: sono riuscito a «far liberare» 3 milioni di euro aggiuntivi per l'avvio
di tale parco. Quest'anno, quindi, saranno disponibili, in generale, più
risorse per i parchi. Infatti, senza soldi i parchi non possono essere avviati.
Adesso dobbiamo fare un lavoro attento e, soprattutto, tentare di ottenere, almeno, che gli enti parco non siano equiparati a qualsiasi altro ente statale e parastatale. Occorre che si possano prevedere, in fase di bilancio, interventi che superino quel 2 per cento rispetto all'esercizio precedente, che consentano di utilizzare anche le risorse giacenti bloccate. Infatti, per i parchi che hanno avuto difficoltà di spesa si ha ancora più difficoltà a prevedere interventi. Cerchiamo, quantomeno, nelle partite in cui i soldi sono già a disposizione dei parchi, di dare loro la possibilità di utilizzarli e di allocarli.
ALFONSO PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Mi riservavo di affrontare la questione in sede di risposta; poiché dovevo citare singoli casi, il mio intervento diventava davvero lunghissimo.
PRESIDENTE. Abbiamo molti colleghi
iscritti a parlare. Ricordo che se riusciremo, come previsto, a contenere gli
interventi dei gruppi nell'ambito dei 3 o 4 minuti, potremo forse consentire
anche qualche ulteriore intervento.
Il ministro ci ha dato la sua disponibilità fino alle ore 16.
Passiamo allora agli interventi dei colleghi.
TOMMASO FOTI. Grazie, presidente, io eviterei di entrare troppo nello specifico della relazione che ha fatto il ministro. Mi rifaccio più che altro al dato politico che abbiamo sotto gli occhi e che mi sembra più urgente.
Con il ministro ci siamo, a suo tempo,
confrontati o scontrati, ma sempre rispettati per quanto riguarda la delega
ambientale. Egli esprimeva le sue valutazioni, legittime, anche se allora non
le condividevo come oggi non le condivido.
Tuttavia, ciò che, secondo me, occorre valutare attentamente in questa fase,
sono le conseguenze di alcuni tentativi di voler affossare del tutto un
provvedimento più per logica politica che per tecnica legislativa.
Non metto in dubbio che il suo capo di gabinetto le avrà consigliato il meglio
negli interessi del paese; penso, però, che quando un decreto ministeriale, ammesso
che necessiti di questo, ma non vi è un parere sul punto - debba essere
sottoposto alla registrazione da parte della Corte dei conti, il primo atto che
si deve fare nel momento in cui ciò non è stato fatto, è soltanto quello di
mandarlo alla registrazione della Corte dei conti.
Mi pare, invece, che il decreto ministeriale, che manca di questo visto, si
caratterizzi in modo diverso, signor ministro. Lei stesso ha detto di voler
riunire le parti: in buona sostanza vuole riemanare o riassestare quei decreti
ministeriali. Non abbiamo il testo completo della lettera che lei ha inviato ai
Presidenti delle Camere ma, se non ho capito male, lei si propone attraverso
altri decreti legislativi di correggere il decreto legislativo testé emanato.
Debbo dire che è uno strano modo di legiferare: passiamo da un tipo di testo
unico ad un altro che già inizia a diventare un insieme di testi variegati.
Sotto questo profilo, sarebbe forse meglio che lo si facesse almeno con un
unico provvedimento, nel caso in cui si avverta la necessità di numerosi e
significativi cambiamenti. Sarà più difficile, sotto il profilo parlamentare,
mandarlo avanti ma avrà il pregio almeno di non comportare una serie di leggi,
di leggine e di provvedimenti che andrebbero ad annullare questa o quella
norma, facendo regnare sovrano il caos.
Ho affrontato questo tema perché mi sembra che sia anche un tema politico.
Signor ministro, non le consiglio di «vestirsi da talebano»; le consiglio,
invece, di spogliarsi di questo suo abito che indossava quando era
all'opposizione. Riconosco che per motivi, anche elettorali, era doveroso
portarlo addosso ma oggi, raggiunto l'obiettivo, non ha più questa necessità;
anche perché mi pare che lei abbia glissato sul problema politico, che è tutto
in casa sua a questo punto.
Cacciato il ministro Matteoli, si è trovato sulla sua strada i ministri Bonino
e Bersani, che non mi pare abbiano detto che lei è esattamente un lungimirante
ministro dell'ambiente. Le hanno scritto su Il Sole-24 Ore i motivi per
i quali non sono d'accordo con lei ma con quegli ambienti per i quali lei ha
speso in passato parole del tutto negative. Ricordo quando lei disse in questa
sede che questo era il decreto per la Marcegaglia; poi, mi pare che come
ministro abbia pensato di convocarla; ma questo è un altro paio di maniche.
A questo punto le faccio un invito, signor ministro. È legittimo da parte sua e
da parte del Governo intraprendere le azioni che più si ritengono opportune in
ragione di un obiettivo politico, però è altrettanto legittimo non lasciare
allo sbando il sistema delle imprese e tutto il sistema che si confronta con
questi testi legislativi.
Posso non condividere l'operazione VIA-VAS, però almeno ha un pregio: si sa che
ne è stata rinviata l'entrata in vigore di sei mesi. Qui, invece, signor
ministro, a mio avviso rischiamo, se non si interviene con un provvedimento
sensato ma soltanto con dichiarazioni ad effetto, di lasciare nel più completo
caos tutto un settore che ritengo si aspettasse da questo decreto legislativo
qualcosa di diverso. Non so se è «entrato bene» ma, sicuramente, ne sta uscendo
peggio di quando è entrato.
FRANCO
STRADELLA. Innanzitutto, vorrei ringraziare il ministro per la sollecitudine
con la quale ha accettato di presentarsi in audizione alla VIII Commissione e
anche per averci fatto il ripasso del programma dell'Ulivo per quanto riguarda
l'ambiente: non avevamo avuto modo di rintracciare bene la materia nel numero
di pagine eccessivo di cui esso è composto. C'è un primo equivoco sul quale
chiedo al ministro di rispondere: vorrei capire se siamo di fronte al ministro
dell'ambiente - che, credo, comprenda nella sua delega anche il mare: va bene
che aggiungiate anche il mare; potreste aggiungere anche i luoghi
interplanetari: la Luna, Marte e via discorrendo - o al ministro dei lavori
pubblici, perché una parte consistente della relazione che ci è stata
presentata, mi pare, verte su materie che sono di stretta competenza del
Ministero dei lavori pubblici.
Sulle enunciazioni, credo che non si possa non essere d'accordo: gli obiettivi
che tutti vogliamo raggiungere sono quelli. Ricordo che il Protocollo di Kyoto
fu sottoscritto dall'Italia sotto il governo Berlusconi, nella riunione di
Johannesburg, e che il ministro Matteoli dedicò molto della sua attività affinché
aderissero anche i Paesi «energivori», che invece non hanno ancora aderito. C'è
stata, quindi, in questo campo un'assoluta presa di coscienza. Mi piacerebbe,
però, capire dove sta la coerenza tra gli obiettivi del Protocollo di Kyoto,
quando si afferma che possono essere raggiunti con un piano dei trasporti che
favorisca, tra l'altro, la ferrovia rispetto al trasporto su gomma e le
posizioni che il ministro Pecoraro Scanio ha assunto, ad esempio, sulla TAV,
evidentemente per ragioni più elettoralistiche che non pratiche. Al riguardo,
infatti, abbiamo registrato affermazioni negative da parte sua.
Un altro tema che vedrà delle grandi difficoltà è quello della politica
energetica. Su questo avevamo proposto una norma in Costituzione che avrebbe
garantito allo Stato un'operatività maggiore rispetto a quella attuale, ma
abbiamo perso il referendum e Adesso dobbiamo farci carico del fatto che la
politica energetica sarà di nuovo materia concorrente fra Stato e regioni, con
la conseguente difficoltà di applicazione.
Siamo d'accordo con il ministro quando dice che la politica dei rigassificatori
va fatta in un ambito nazionale, ma sappiamo anche che, alla fine, la
concorrenza di legislazione con le regioni sarà una delle complicazioni. Lei ha
già detto, giustamente, di voler instaurare un tavolo di collaborazione con le
regioni: su questo tema credo che avrà molto lavoro da sviluppare.
Per non utilizzare tutto il tempo e lasciare la possibilità agli altri colleghi
di intervenire, le pongo subito due domande, una delle quali già è stata
accennata dal collega Foti, riguardo la posizione da lei assunta sui cosiddetti
decreti correttivi.
Questi non danno indicazioni precise, ma semmai solo indicazioni sul fatto che
si farà qualcosa di diverso rispetto a quello che oggi è in vigore. Non danno
sicuramente certezze: né alle aziende né al sistema produttivo né tantomeno ai
cittadini. C'è un fatto che lei ha sottolineato rispetto alle possibilità di
infrazione; la sua collega di Governo Bonino dice che una decina di procedimenti
di infrazione verrebbero eliminati nel momento in cui si applicasse la legge
approvata dal governo Berlusconi. Capisco che su questo ci sia un dibattito
all'interno del Governo e che le soluzioni vadano trovate ricorrendo, come
spesso accade, alla mediazione, ma anche questo ci induce a qualche
perplessità.
Un'altra questione molto specifica che
volevo chiederle riguarda una circolare che il ministero ha fatto circa
l'immissione sul mercato di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all'articolo
5 del decreto legislativo del 25 luglio 2005, n. 151. Con questa circolare, lei
pone un termine di commercializzazione a tali prodotti che devono essere
venduti entro il 31 ottobre 2006. Il punto è: o essi sono dannosi per la salute
(e quindi vanno ritirati), oppure il fatto che siano giacenti in magazzino e
rimangano nella disponibilità delle aziende non può comportare che non possano
essere venduti entro il termine previsto dalla circolare, bensì devono andare
ad esaurimento delle scorte. Infatti, trattandosi di prodotti che non hanno
ragione di nocività, credo che sia eccessiva la determinazione del periodo di
vendita, limitato, peraltro, ad una scadenza molto breve.
L'ultima considerazione, se mi perdona la battuta, riguarda la questione della
difesa della flora e della fauna: veda di inserire anche l'uomo in questa
difesa perché credo che all'interno del complesso, anche l'uomo abbia una sua
importanza e qualche volta viene trascurato per un eccesso di considerazione di
altri soggetti che compongono la fauna terrestre. Grazie.
PRESIDENTE.
L'impegno nella difesa del «biotopo» Stradella sarà fortissima.
A parte le battute, invito gli altri colleghi ad essere, se è possibile, più
contenuti; altrimenti non ce la facciamo a rispettare i tempi.
AURELIO
SALVATORE MISITI. Il programma illustrato dal ministro non può che essere
condivisibile. È il programma generale: è chiaro che si riferisce ai prossimi
cinque anni, forse anche ai prossimi dieci. Auguro al ministro di poter attuare
questo programma e, quindi, di rimanere anche per la prossima legislatura,
proprio per realizzarlo.
Per questo credo che sia necessario - forse i tempi non sono ancora maturi -
scegliere nel programma le priorità che occorre affrontare nel primo periodo,
perché altrimenti i vari capitoli sembrerebbero solo delle buone intenzioni. Il
Governo avrà pure cominciato ad elaborare una parte da attuare subito, nel
primo anno, una parte da attuare nella parte centrale legislatura e una parte
da attuare verso la fine: certamente delle priorità dovrebbero essere espresse.
Non so se nella risposta lei potrà darci già qualche annuncio; possiamo pure
attendere un successivo incontro, dopo che il ministero avrà cominciato a
lavorare; capisco che in poco tempo è difficile scegliere le priorità in un
programma così vasto.
Per quanto riguarda la produzione di CO2, il ministro l'ha attribuita
soprattutto alle centrali termoelettriche e al problema del traffico. Credo ci
sia un terzo fattore di produzione, che il ministro non ha citato ma che
sicuramente è importantissimo: mi riferisco al contributo che dà ancora
l'industria alla produzione di CO2, soprattutto l'industria concentrata, quella
manifatturiera, chimica, e petrolifera, al di là delle centrali.
Credo che sarebbe interessante indagare quali siano le regioni d'Italia che
producono maggiormente CO2; comunque se non volete il dato per regione,
cerchiamo di ottenere almeno quello relativo alle aree: nord, centro e sud.
Occorre vedere qual è il contributo percentuale di anidride carbonica,
altrimenti ci si comporta come con il famoso paradosso di Trilussa. Vorrei
perciò sapere se la percentuale di anidride carbonica prodotta nel nord è
paragonabile a quella prodotta nel centro o nel sud.
MAURIZIO ENZO LUPI. È molto bassa.
AURELIO
SALVATORE MISITI. Vorrei conoscere, inoltre, la produzione di ossigeno delle
tre grandi aree italiane, per fare la media e parlare poi dell'attuazione del
protocollo di Kyoto e via discorrendo. Mi chiedo se non sia il caso, una volta
conosciuti bene questi parametri, di approfondire il problema dei crediti
ambientali dei vari territori, perché, secondo me, questo che è un fatto che
viene trascurato. Si pensa che sia importante la sola produzione del bene,
mentre invece derivano da questa anche altre cose che vanno valutate come
ricchezza del paese.
Vengo ora alla questione delle risorse idriche. In proposito il ministro ci ha
dato un flash. Si tratta di una questione che richiederebbe un incontro
per valutare bene sia come difenderci dall'acqua sia come difendere le risorse
idriche. In questo momento quali sono le iniziative che il Governo sta
prendendo o vuole prendere per la questione siccità, soprattutto in riferimento
al Po? Il problema riguarda non tanto e non solo le acque del Po ma tutto il
territorio che copre il delta. Infatti, le ricadute sull'agricoltura sono
assolutamente gravi, in particolare, in relazione alla questione del cuneo
salino che si è infiltrato nella falda e anche nel fiume stesso.
Infine, signor ministro, a proposito delle norme ambientali citate, le chiedo
se può chiarire meglio quali sono quelle che vanno bloccate e per quanto tempo,
o se il provvedimento di cui parlava l'amico Stradella è in nuce e
riguarda l'intero «pacchetto». Ritengo che sarebbe più utile redigere tutto il
provvedimento, avere il tempo per riguardarlo bene e non fare uno «spezzatino»
dei blocchi. Sarebbe bene operare una riflessione su tutte le questioni perché,
soprattutto per quanto riguarda le autorità di bacino e via discorrendo, mi
sembra che si tratti di un provvedimento che andrebbe rivisto complessivamente.
GUIDO
DUSSIN. Grazie, presidente. Pongo una domanda al ministro fin da subito: vorrei
sapere se ha un'indicazione per quanto riguarda i rigassificatori, cioè se può
dirci in quali regioni prevede che saranno collocati, visto che si diceva che
non saranno ubicati in tutte le regioni. Mi sembra che lei era favorevole
all'utilizzo di queste piattaforme.
Un appunto da parte nostra per quanto riguarda il governo del territorio: dico
al ministro e anche alla Commissione, per quello che ci riguarda, che è
importante che questo tema lo trattiamo in uno spirito generale e non si vada a
prevaricare le responsabilità e i doveri delle regioni, in particolar modo con
riferimento all'urbanistica.
Sono d'accordo sul discorso dei condoni edilizi: non basta semplicemente dire
«no» ai condoni edilizi, ma occorre pensare sempre in termini generali in
relazione alla riqualificazione e alla bonifica del territorio. Si pensi a
delle norme che vanno nella direzione di riqualificare il patrimonio edilizio
ed urbanistico, anche tramite quello che diceva lei prima, cioè il tentativo di
un risparmio energetico.
Ho qualche perplessità rispetto al raggiungimento di quel 25 per cento da lei
auspicato, però ben venga tutto ciò che si può risparmiare, purché questo
risparmio non comporti una nuova dispersione di fonti energetiche. In questo
senso ci confronteremo sui temi sul tappeto, in particolar modo sull'edilizia.
Le faccio una sollecitazione: già nella scorsa audizione dell'altro ministro ai
lavori pubblici si è parlato tanto di forze dell'ordine; non vorrei che la
nostra Commissione avesse a che fare con due Ministeri che si attribuiscano
ruoli diversi e, più che programmare, facciano valutazioni. Visto che la
conosciamo bene, penso che sia più giusto da parte nostra andare nell'indirizzo
di programmare, di favorire, di collaborare e di indicare. Oltre al fatto che
credo sia più interessante, non rischiamo in tal modo di trovarci a trattare
con questioni penali, che richiederebbero non tanto la nostra presenza, ma
quella degli avvocati.
Ancora, il tema dei rifiuti risulta chiaro. L'intervento del collega Misiti
sembrava quasi accennare ad una responsabilità dei produttori. Su questo tema è
bene invece che ci sia una responsabilizzazione da parte delle regioni. Qui
occorre individuare quali sono i problemi regionali e quelli provinciali;
inoltre conosciamo bene quali siano le regioni che fanno maggior raccolta
differenziata e quant'altro.
Ho una proposta: per quanto riguarda i termovalorizzatori o gli altri sistemi
che vogliamo scegliere per lo smaltimento dei rifiuti, è importante che questi
siano ben «spalmati» sul territorio a livello regionale. In questo modo,
possiamo dare ad ogni regione l'opportunità di realizzare strutture che diano
uno smaltimento autosufficiente, regione per regione, considerando il rifiuto
una risorsa e non un qualcosa di irrimediabilmente problematico, come accade in
questo periodo in alcune particolari regioni; un esempio per tutti, ormai da
anni può essere la Campania e anche Reggio Calabria.
Ricordo per onore di cronaca che la provincia di Treviso, di cui faccio parte
(a guida monocolore leghista), è la provincia che fa la maggior raccolta in
Italia. Gli ambiti di raccolta funzionano, così come gli ATO, e i consorzi di
erogazione di acqua. Semmai, andiamo ad incidere leggermente sulle tariffe, ma
facciamo sì che ci sia un'autonomia nella possibilità di distribuire questa
fonte, che è naturale ed è nostra e pertanto non dobbiamo incrementare i fondi.
Faccio un'ulteriore sollecitazione a lei, signor ministro, per quanto riguarda
ciò che ha detto prima: non dobbiamo andare ad incidere, ad esempio, sul
dissesto idrogeologico, sul sistema dell'acqua o su quello dei rifiuti con
degli interventi e con denaro statale. Dobbiamo responsabilizzare e dare le
giuste opportunità: non servono assolutamente soldi, ma solo autorizzazioni,
concessioni, organizzazione amministrativa e politica. Tali questioni sono
nostre, tipicamente italiane, e riguardano le regioni e gli enti locali;
possiamo benissimo affrontarle a costo zero, senza alcun costo per lo Stato. È
inutile che facciamo richiesta di denaro: si tratta solamente di operare delle
risistemazioni, ed esistono alcuni modelli ai quali fare riferimento.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Dussin. Ha ragione a ricordare che la provincia di Treviso è una delle migliori d'Italia per la raccolta differenziata. Per par condicio, il comune che presenta la percentuale più alta di raccolta differenziata in Italia è amministrato dal centrosinistra.
GUIDO DUSSIN. È sempre in provincia di Treviso ed è una collega ad amministrarlo! Gli altri nove comuni tra i primi dieci sono della Lega. Ci siamo capiti.
RAFFAELLA
MARIANI. Grazie. Auguro buon lavoro al ministro. Voglio fare pochissime osservazioni.
Condividiamo in pieno la linea di programmazione che il ministro ha esposto,
anche per il fatto molto positivo che in queste ultime settimane si è preso
pienamente atto che questa è una materia di competenza concorrente tra il
Governo centrale e le regioni. Mi sembra molto giusto che il ministro dia il
via ad un rapporto molto stretto con le regioni e con le forze sociali. Questo
serve anche per comunicare che tutte le correzioni che sarà necessario fare
occorrerà esaminarle, e magari concordarle, insieme. Con riferimento alla legge
delega noi abbiamo cercato, nella passata legislatura in una lunghissima
discussione, durata almeno tre anni, , di definire prima il metodo, poi la
delega e, infine, anche il merito. Tante questioni che questa stessa Commissione
ha sottolineato essere di difficile attuazione, oggi stanno emergendo.
Questo comporta, dal nostro punto di vista, che si ritorni un po' alla
normalità, cioè alla concertazione, all'impostazione di un ministero che si
confronta anche per evitare contenziosi. L'allungamento delle questioni, al di
là delle posizioni politiche, ha visto spesso le regioni e il ministero
contrapposti e tutto questo ha provocato un farraginoso sistema di blocchi
successivi.
Vengo a degli aspetti molto concreti. Riguardo alla legge delega penso che sia
necessario capire quando verranno costituiti i tavoli per approntare le
modifiche a cui lei, in parte, ha accennato e che riguardano i temi che più
interessano gli operatori. Vi sono delle questioni molto urgenti come, per
esempio, quella che riguarda i rifiuti. Vi sono disposizioni che dovremo
modificare anche attraverso i decreti; nel frattempo, però, entreranno in
vigore delle normative e questo significa che si creeranno disfunzioni,
preoccupazioni e anche orientamenti che non sono definitivi.
C'è la questione degli ambiti dei distretti idrografici, per quanto riguarda il
tema delle acque: avevamo sottolineato che ci sarebbe stato un periodo di
transizione difficile. Oggi le autorità di bacino ci chiedono di essere molto
puntuali e precisi rispetto alla tempistica per la loro stessa operatività.
Ci sono le questioni che riguardano, sempre sul tema dei rifiuti, gli appelli
che ci fanno molte aziende municipalizzate, che hanno visto ridursi le entrate
ed hanno molte difficoltà di gestione.
Ci sono delle questioni - apprezziamo
nel merito le sue dichiarazioni - che vorremmo che si affrontassero fin da
subito.
Riteniamo molto importante il tema della difesa del suolo così come lei l'ha
citato: dal nostro punto di vista è una delle grandi opere che nel nostro paese
potrebbe rappresentare un elemento importante, oltre che al fine della difesa
del territorio, per la prevenzione dei dissesti e per la sicurezza delle
comunità ed altresì per il contributo molto forte che possono dare a tante
imprese, fornendo un forte sostegno al PIL.
È necessario, anche in questo senso, capire e riorganizzare le varie fonti
oltre che normative anche di risorse. Noi abbiamo i comuni, le regioni che ci
chiedono di rapportarci, rispetto a questi temi, al Ministero dell'ambiente, al
Dipartimento della protezione civile e, a volte anche al Ministero dei lavori
pubblici. Siamo consapevoli del fatto che vi sono molte risorse, a volte,
addirittura, non spese. Abbiamo assistito negli anni passati a dichiarazioni
successive di membri di questo o di quell'altro Ministero che dicevano che gli
enti locali e le regioni non riuscivano a spendere fino fondo le risorse.
Sarebbe importante - questo appello lo faremo anche agli altri responsabili -
che si potesse avere una ricognizione generale di questo importantissimo
capitolo.
In ultimo, vorrei fare un accenno ai parchi. Più tardi parleremo anche della
ripartizione del fondo dell'ambiente che riguarda principalmente i parchi. Ci
sono questioni che riguardano la scarsità delle risorse ma anche il
commissariamento, come diceva il presidente Realacci. Questo ha comportato che
anche là dove c'erano le risorse gli organismi direttivi non erano
completamente insediati e, quindi, ciò ha prodotto inefficienza e anche sfiducia
nelle comunità locali. Abbiamo cercato di far intendere in alcuni luoghi che i
parchi potevano rappresentare un fatto molto importante ed anche un volano per
lo sviluppo economico. Sarebbe necessario veramente dare un segnale in questa
direzione, soprattutto da parte di un ministero che crede molto in questo tema.
Nell'ultima legislatura abbiamo assistito - e lo abbiamo spesso anche
denunciato - alla centralizzazione molto forte di alcune materie, che
riguardavano la distribuzione dei fondi per la difesa del suolo, la gestione
dei commissariamenti dei parchi e anche l'impostazione e lo sviluppo della
legge delega. L'auspicio è che le sue dichiarazioni siano veramente supportate
da azioni concrete, così come lei ha detto.
Per quanto riguarda la questione dell'energia ricavabile da fonti rinnovabili -
ultimissima annotazione - penso che si tratti di mettere al passo il nostro
paese con molti altri paesi moderni e più industrializzati d'Europa. Sarebbe un
segnale anche nella direzione dell'innovazione, oltre che del pieno utilizzo
delle energie rinnovabili, rispetto alle quali abbiamo assistito negli ultimi
anni ad una sorta di ridicolizzazione, quasi come se si trattasse di orpelli
non necessari.
FRANCESCO
NUCARA. Presidente, lei è il presidente di questa Commissione indipendentemente
da coloro che hanno votato in suo favore: lei è il presidente di tutti. Quindi,
direi che è stato poco elegante il suo inizio quando ha affermato che il
Governo precedente è stato poco attento nei confronti del Parlamento. Tutti i
Governi sono poco attenti al Parlamento. Credo che il Governo che abbiamo in
carica sarà meno attento degli altri, per ovvie ragioni; la situazione del
Senato di ieri lo dimostra.
Quando lei parla dell'8 per cento non si capisce se questo dato è riferibile
alle interrogazioni, se è riferibile alle audizioni oppure a qualcos'altro.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega, io ho lavorato solo sulla base di una relazione del Servizio per il controllo parlamentare, che è a disposizione di tutti i colleghi.
FRANCESCO
NUCARA. Non ho affermato che lei ha detto il falso, sono qui per lavorare. Per
esempio, 15 giorni fa ho prodotto un'interrogazione a risposta scritta al
ministro Pecoraro Scanio, il quale ancora non ha risposto. Io sono
sufficientemente pragmatico per capire che il ministro, in questo momento di
avvio del ministero, ha qualcosa di meglio e di più importante da fare che
rispondere a un'interrogazione!
Ciò che ho detto per il presidente vale pure per lei, signor ministro. Lei ci
ha snocciolato il programma de l'Ulivo, ma lei è anche il mio ministro, il
ministro di tutti gli italiani, anche di quel 50 per cento che non ha
contribuito a formare questo Governo. Pertanto, mi deve parlare del programma
del Governo non del programma dell'Ulivo, che io non condividevo e non
condivido. Mi deve parlare del programma del Governo. Forse ho detto qualcosa
che non va? (Commenti).
Invece, va benissimo. Siccome io sono un parlamentare di lunghissima data so
che cosa significano le istituzioni. Io non sono qui per ascoltare il programma
de l'Ulivo; ma per ascoltare il programma del Governo. Se poi coincide è un
altro discorso, ma io sono qui per ascoltare il programma del Governo.
Proseguo con le domande, presidente. Il ministro ci parla di trasporti
sostenibili. È un concetto troppo vago: le ferrovie, il mare. Voglio sapere dal
signor ministro cosa pensa dell'alta velocità, che non è soltanto Val di Susa.
Io che sono meridionale, anche se vivo da più di 40 anni a Roma, vorrei che
l'alta velocità arrivasse a Reggio Calabria e fino a Palermo. Voglio, dunque,
sapere che cosa pensa il Ministero dell'ambiente dell'alta velocità e del Ponte
sullo Stretto.
Condivido appieno una cosa importante che ha detto il ministro e qualunque cosa
io possa fare perché si realizzi nel miglior modo possibile io la farò: mi
riferisco al piano energetico nazionale. Credo che sia un problema
importantissimo del paese. Dubito che si possa realizzare, come ha detto il mio
collega e amico Misiti, in questa legislatura, però è giusto che ci sia una
programmazione; questo lo condivido pienamente e lo sottoscrivo.
In merito all'abusivismo devo dire, inoltre, che le forze dell'ordine sono
encomiabili ma quando appongono i sigilli siamo alla fase finale
dell'abusivismo. Il controllo del territorio appartiene agli enti locali, passa
attraverso la regione, il comune, le autorità di bacino, quando si incide su
alcuni aspetti particolari. Se si realizza oggi una costruzione in una zona
cosiddetta R4, secondo quanto prevede il piano di assetto idrogeologico,
l'abusivismo è in sé, non nel fatto che si tratta di una zona di pericolo. Si
deve intervenire, dunque, ma sono gli enti locali, le regioni, i comuni e le
autorità di bacino titolati ad impedire che ci sia l'abusivismo. Le forze
dell'ordine arrivano dopo, come accade nel diritto penale. Le regioni sono
titolate a fare questo. Lo Stato è costretto a demolire; sarebbe utile che non
fosse costretto a demolire.
Lei ha detto, signor ministro, se ho capito bene, che le regioni protestano
perché nella distribuzione dei fondi per la difesa del suolo non sono state
sentite. Purtroppo, lei avrà modo di farlo verificare dai suoi uffici che le
regioni e i comuni, spesso, non hanno speso le risorse loro assegnate; talvolta
sono passati 2, 3 o 4 anni.
Il ministro che l'ha preceduta, gli
uffici del ministero e il direttore generale hanno sempre redatto un programma
sulla base di indicazioni che sono pervenute dagli enti locali; perciò, non si
può dire che non abbiamo sentito le regioni. Ci sarebbe da fare un monitoraggio
per sapere quando sono state assegnate certe risorse e come sono state spese.
Lei ci ha chiesto, se non ho capito male, una maggiore attenzione, un «aiuto»
da parte del Parlamento perché in sede di legge finanziaria ci siano maggiori
risorse per il Ministero dell'ambiente. Vorrei che spiegasse perché si rivolge
al Parlamento - osservazione che reputo giusta -: spesso si tagliano le risorse
iniziando da quelle destinate al Ministero dell'ambiente. Di ambiente parlano
tutti ma quando si tratta di assegnare risorse, tutti se ne dimenticano. Se lei
chiede «aiuto» al Parlamento vuol dire che ha dei problemi nella maggioranza,
vuol dire che nella maggioranza, com'è successo nel passato - non voglio fare
polemiche -, vi è una minore attenzione all'ambiente.
In ultimo, non parlo di quanto ha detto Misiti, perché le condivido in pieno.
ANGELO
PICANO. La prima raccomandazione che mi sento di rivolgere al ministro è già
stata fatta da altri colleghi: chiedo che in materia di norme delegate ci sia
una rapidità di decisione, in maniera da dare agli operatori la certezza di
legge, e che non ci sia un'attesa eterna prima che si arrivi a regolamentare le
questioni.
La seconda osservazione riguarda il fatto, come il ministro ricordava, che sono
82 le infrazioni comunitarie in materia ambientale. Questo ci fa capire che c'è
una specie di lassismo nei confronti dei problemi dell'ambiente da parte delle
istituzioni. Ciò riflette anche una coscienza generale nell'opinione pubblica:
se la pressione della stessa fosse più forte, le istituzioni sarebbero più
attente. Siccome è il comportamento spontaneo quello che crea e governa le
realtà, sono del parere che noi dovremmo cominciare con un grande piano di
educazione nazionale. In proposito, vorrei raccomandare al ministro di fare
pressione, in Consiglio dei ministri, sul ministro della pubblica istruzione,
perché il problema dell'educazione all'ambiente diventi una materia scolastica,
a cominciare dagli asili.
In materia di rifiuti, in maniera di urbanistica, in materia di trasporto
pubblico locale, certamente, se fosse alta la coscienza popolare dei cittadini,
si potrebbero risolvere una serie di problemi con grande rapidità. Credo che
questa sia una delle basi se vogliamo creare in prospettiva delle politiche
ambientali che abbiano una grande efficacia.
Vorrei, soprattutto, sottolineare l'esigenza di una politica urbanistica che
sia cogente, che non preveda sanatorie e che sia rispettosa dell'ambiente.
Mi rendo sempre più conto che la mancanza, spesso, di un'estetica della città
ha portato a dei saccheggi veri e propri nella costruzione degli agglomerati
urbani; soprattutto, ha portato ad una specie di città distinta per classi: c'è
la zona residenziale per i ricchi, la zona intermedia per il ceto medio e poi
c'è la zona popolare per i «poveracci», dove i servizi sono sempre marginali ed
insufficienti.
Credo che essere attenti a come si costruisce la città sia molto importante,
anche per evitare che vengano fuori le esplosioni come quelle delle banlieus
francesi, dove si sente netta la distinzione tra chi è emarginato perché vive
in una struttura urbana di un certo tipo e chi, invece, ha una struttura di un
altro tipo, dove ci sono i servizi. Questa è la conseguenza di un'impostazione
politica che risente della cultura urbanistica di una determinata classe
dirigente. Ripeto: la sensibilità urbanistica è una mia precisa raccomandazione
in questo campo, che va saldata a quella della educazione da fare a livello
generalizzato per preparare le nuove generazioni al rispetto dell'ambiente.
Grazie.
PAOLO
CACCIARI. Queste audizioni sono occasioni troppo preziose per sprecare tempo,
quindi, mi limiterò ad una serie, molto serrata, di domande.
Per quanto attiene all'energia, sono molto d'accordo con quanto ha detto il
ministro sulla necessità di ripensare un piano nazionale, senza il quale è
impossibile fare delle scelte consapevoli, non dico nemmeno giuste. Qui, però,
io vedo una contraddizione: mi pare che questo progetto di legge approvato dal
Consiglio dei ministri sia completamente fuori da qualsiasi criterio di
programmazione, oltre al fatto che non si fa nemmeno riferimento in esso agli
obiettivi di Kyoto. Mi sarebbe, invece, piaciuta una proposta di legge che
avesse chiesto al Governo una delega per redigere il piano energetico, non per
fare i rigassificatori x o y. Mi pare che le cose che lei ha detto, signor
ministro, non sono quelle che sono uscite dal decreto. Dobbiamo parlarci chiaro
perché, altrimenti, non riesco a capire più di cosa stiamo parlando.
È stata sollevata, inoltre, la questione delle emergenze e dei piani
strutturali per i trasporti. Forse, però, dimentichiamo che c'è un'emergenza
sanitaria che non riguarda più settembre ma già l'oggi: nelle grandi città,
soprattutto della pianura padana, è quella relativa alle polveri sottili. Non
possiamo rinviare un problema che è di emergenza sanitaria, come ha ribadito lo
stesso Consiglio superiore della sanità e come è stato dimostrato da tutte le
indagini epidemiologiche che sono state condotte al riguardo. Quindi, credo che
il suo ministero, in accordo con il Ministero della salute, debba, già a
settembre, cominciare a indicare delle linee guida e dei comportamenti
coerenti, perché anche i comuni di buona volontà non riescono assolutamente,
per conto proprio, a dare delle risposte, neanche di tipo emergenziale.
Ancora, per quanto riguarda la legge generale sulla tutela del territorio, sono
contento che il ministro abbia detto di aver già messo in piedi un gruppo di
lavoro; è chiaro che ci sono alcune regioni, penso alla Toscana, per fare solo
un nome, che hanno legiferato bene e che possono dare degli indirizzi. Penso,
però, che anche il Parlamento debba tracciare un percorso, che deve essere
caratterizzato da una grande collaborazione.
Per quanto riguarda la legge quadro sull'elettrosmog - la cito qui perché è
legata al discorso della programmazione del territorio - secondo me non c'è
solo un problema di limiti, ma c'è anche un problema di restituire potere agli
enti locali a proposito della localizzazione degli impianti. È un campo di
battaglia il nostro paese da questo punto di vista, e lo sappiamo bene.
Dobbiamo, pertanto, avere in maniera responsabile degli strumenti di gestione
di questo conflitto.
Un altro flash per quanto riguarda il MOSE a Venezia. Esso non è un'infrastruttura,
non è una grande opera, non è una strada, ma è un'opera esclusivamente
ambientale: la finalità è quella della salvaguardia dell'ambiente. Quindi, non
si capisce perché non sia lei e il suo ministero ad essere il gestore di questa
partita. Non si tratta di far girare né treni ad alta o a bassa velocità né
auto, e così via. È un'opera che ha una finalità ambientale per cui deve essere
ripresa in mano da chi ha questo compito istituzionale, a meno che non si
facciano le grandi opere solo per mettere cemento e tombini. In quest'ultimo
caso, sarebbe giusto darla al «ministro delle costruzioni», che per fortuna non
c'è.
Sulle bonifiche, lei non ha fatto
nessun cenno e mi sarebbe piaciuto che avesse detto qualche cosa.
Per quanto riguarda il decreto n. 152 e i decreti attuativi, anche in questo
caso voglio essere molto chiaro. Non si tratta solamente di un problema
procedurale o di un timbro e nemmeno di vedere se le infrazioni saranno
maggiori o minori a seconda dell'attuazione o meno di questi decreti; si tratta
anche e soprattutto di un problema sostanziale, signor ministro, che la mia
parte politica le vuole rappresentare: il problema delle acque. Con
l'introduzione di questi decreti i parametri e i modi di valutazione del
rischio vengono cambiati, e questo è inaccettabile nel merito. Noi non possiamo
tollerare che la qualità delle acque (sotterranee, costiere, e così via) nel
nostro paese venga peggiorata a causa dello «slabbramento» delle misure che
esistono.
Sulle bonifiche non possiamo tollerare la depenalizzazione delle colpe e,
soprattutto, che non si riesca più a risalire al responsabile e ad attivare le
necessarie operazioni per realizzare le opere di bonifica.
C'è, poi, la questione che riguarda la declassificazione e la trasformazione dei
rifiuti. È un argomento di cui abbiamo discusso in questi giorni per la legge
che riguarda la Commissione d'inchiesta. Su queste tre cose, oltre che sulla
legge n. 183 del 1984 sulla difesa dei suoli, desidererei avere dei
chiarimenti.
In ultimo, per quanto riguarda le acque sono perfettamente d'accordo con il mio
conterraneo Dussin e questo dimostra che si tratta di un problema trasversale.
Occorre, signor ministro, prorogare urgentemente l'entrata in vigore della
legge finanziaria del 2004 per quanto riguarda la svendita - dico io -, o,
comunque, la messa all'asta degli acquedotti; bisogna dare la possibilità a
quei comuni che lo vogliano, di continuare a gestire per conto proprio la
risorsa idrica. Nell'attuale legislazione ciò non è consentito, e mi pare una
totale forzatura.
Bisogna farlo subito, signor ministro, perché le ATO devono deliberare entro il
31 dicembre, ma, come tutti sanno, devono farlo sei mesi prima. Quindi, è un
provvedimento assolutamente urgente: l'inerzia è tale per cui automaticamente
salta la possibilità della gestione in house. È materia sua? È materia
del Ministero dei lavori pubblici? Non so; decidete voi. L'importante è che si
agisca quanto prima.
PRESIDENTE. Su questo è calendarizzato l'esame di una risoluzione da parte del gruppo della Rifondazione Comunista.
GRAZIA
FRANCESCATO. Permettetemi, intanto, una rassicurazione affettuosa al collega e
amico Stradella: lui, in qualità di «mandrogno», ossia di specie unica che
alligna nelle plaghe alessandrine, ha comunque diritto alla tutela del WWF.
A parte la battuta, ringrazio il ministro Pecoraro Scanio. Voglio dire ai
colleghi che, secondo me, la sfida vera che sottende l'operato di qualunque
Ministero dell'ambiente, non soltanto qui in Italia, è quella di superare e
ribaltare un'ottica imperante che purtroppo ancora vige, anche se si è un po'
attenuata in questi ultimi anni. Quest'ottica vede la questione ambientale come
aggiuntiva, o addirittura ancillare, rispetto, ad esempio, alle esigenze
dell'economia, oppure come una lotta talebana di pochi esagitati che mettono
l'orso o il panda al primo posto rispetto all'essere umano. Così non è.
Credo che la grande sfida sia trasformare la questione ambientale in un asse
centrale. Occorre integrare le politiche ambientali, economiche e sociali
affinché lo sviluppo sostenibile non diventi un «mantra». Questa intenzione
ormai è presente in tutti i documenti sull'ambiente, ma raramente viene
tradotta in modo efficace.
Ciò vuol dire che una politica
ambientale condotta in questa maniera può avere ricadute molto importanti anche
sul piano occupazionale. Credo che questo, signor ministro, sia un aspetto su
cui dovremmo porre fortemente l'accento. Si tratta di far crescere quello che
io chiamo «l'albero dei lavori verdi». Già ci sono in Italia «alberi» di questo
tipo. Sono 365 mila i posti di lavoro in qualche modo coniugati con i parchi,
con la protezione della natura, con il turismo sostenibile, e così via. Ma c'è
un vasto potenziale di crescita.
Prendiamo, ad esempio, il settore dell'energia, che sappiamo essere il più
caldo ed anche il più urgente. Sono completamente d'accordo con quello che
hanno detto i colleghi, in precedenza, sulla necessità di un piano energetico
che promuova, in maniera molto chiara, la sostenibilità e, quindi, le energie
rinnovabili, l'efficienza e il risparmio. Badi bene, collega Dussin, che non è
il ministro Pecoraro Scanio che lo dice: l'Unione europea - come lei sa bene -
ha fissato degli obiettivi precisi: entro il 2020 il 20 per cento del
fabbisogno energetico dovrà essere dato proprio da fonti rinnovabili
(efficienza e risparmio); la percentuale dovrebbe salire al 50 per cento entro
il 2050. Quindi, è un obiettivo a cui dobbiamo tendere proprio come Unione
europea.
Procedendo lungo questa strada, penso alla bioedilizia e alle biomasse, si può
dare un impulso all'economia nel nostro paese. Leggevo recentemente sul New
York Times che quello che loro chiamano ethanol bonanza, le biomasse
stanno proprio ridando fiato all'economia dell'Oklahoma e di altre parti degli
Stati Uniti. Pensate che in Germania, durante gli anni di permanenza del
governo rosso-verde, si sono creati 160 mila posti di lavoro. Quindi, anche da
questo punto di vista è una grande sfida. Direi che noi possiamo mettere
l'accento anche sullo sbocco occupazionale per superare l'obsoleto concetto che
vuole che fra ambiente e lavoro ci debba forzatamente essere un conflitto. Così
non è più.
Anch'io vorrei parlare delle bonifiche. Ho maturato una grossa esperienza in
questo campo come vicepresidente di una società di trasformazione urbana che
sta mandando avanti la bonifica di Bagnoli. Abbiamo provato come il matrimonio
tra ecologia ed economia sia possibile in questo campo, dando fiato a sbocchi
occupazionali di grande qualificazione.
Permettetemi un ultimo appunto sulla delega, senza voler fare l'elenco della
spesa delle cose da fare, avendolo già enunciato. Credo che non sia un caso che
le associazioni ambientaliste abbiano definito questo decreto come un mostro
giuridico. Esso rappresenta uno stravolgimento senza precedenti - ce lo
dobbiamo dire fuori dai denti - dei principi del diritto ambientale di
derivazione comunitaria, ormai consolidato nel nostro ordinamento.
Vi faccio grazia di tutto l'elenco che avevo preparato, ma permettetemi
perlomeno di citare i comma dal 25 al 29 dell'articolo unico della legge n.
308, quelli che trasformano tutti i rottami ferrosi e non ferrosi, anche
provenienti dall'estero, in materie prime e secondarie, quindi, di fatto, li
sottraggono al controllo e al regime specifico delle leggi sui rifiuti. Penso,
sempre per quello che riguarda la legge n. 308, al comma 29 in cui il
combustibile ottenuto dai rifiuti urbani speciali e non pericolosi può essere
utilizzato nei processi di combustione.
Non faccio l'elenco di tutte le disposizioni che sono passate, che, di fatto,
hanno smantellato il decreto Ronchi - voi sapete meglio di me quante sono - e
che ci hanno fatto incorrere in numerose violazioni comunitarie. Per quello che
riguarda il decreto Ronchi, ritengo sia assolutamente essenziale riportarne i
contenuti all'impostazione originaria, che perseguono, appunto, gli obiettivi
della riduzione all'origine, della selezione, della raccolta differenziata, del
monitoraggio e controllo di tutti i passaggi dall'origine allo smaltimento
finale. Questo anche perché le disposizioni passate nella legislatura
precedente, cui ho fatto cenno, hanno creato terreno favorevole anche alle
attività illecite delle ecomafie; ne abbiamo proprio parlato qualche giorno fa,
sul tema dell'istituzione di Commissione d'inchiesta. È, quindi, ancor più
difficile spezzare il legame tra la gestione del ciclo dei rifiuti e l'attività
criminale. Credo che questo sia un altro elemento da tenere in conto.
GIACOMO
DE ANGELIS. Cercherò di esserebrevissimo, in modo da dare la possibilità al
collega Lupi di intervenire, così successivamente in Commissione saremo più che
tranquilli.
Signor ministro, vorrei porle fondamentalmente due quesiti, anche se mi sarebbe
necessario altro tempo per poterli meglio elaborare, ma credo che comunque
riusciremo ad intenderci. La prima questione riguarda i commissariati
straordinari. Siccome sono campano come il ministro Pecoraro Scanio, credo che
non si possa più andare avanti in questo modo. Soprattutto quando leggo le
dichiarazioni successive all'ennesima emergenza, nelle quali si paventano
ulteriori poteri da dare al commissario straordinario per l'emergenza rifiuti
in Campania. È una cosa che mi fa rabbrividire. Non so questo commissario quale
altro potere dovrebbe avere.
In verità, se dovessimo esprimere un giudizio complessivo, sereno, bipartisan
rispetto a questo commissariato speciale dovremmo dire che è stato un
fallimento totale. Un commissariato che ormai dura da tredici anni, senza che
alcun problema sia stato risolto, come il ministro Pecoraro Scanio ben sa. E ci
sono passati un po' tutti, da Rastrelli a Bassolino. Le chiedo, quindi, se non
sia il caso di aiutare - visto che non si tratta solo della Campania, ma di
molte regioni, specie meridionali - le comunità locali a tornare
all'ordinarietà nella gestione dei rifiuti.
E poi, proprio rispetto alla Campania, signor ministro, vorrei chiederle se non
sia il caso di ammettere - essendo però conseguenti rispetto alle affermazioni
che vengono fatte - che quel piano regionale è completamente sbagliato.
Infatti, quel piano non risolve alcun problema: passiamo di emergenza in
emergenza; la raccolta differenziata, dobbiamo dire la verità, è pressoché
inesistente (al di là di quello che si tenta di dire in alcune pubblicazioni che,
come lei ben sa, parlano di percentuali pari al 12-13 per cento, quando in
realtà siamo molto al di sotto, ad eccezione di alcuni piccolissimi casi).
Credo, pertanto, che il problema di un nuovo piano regionale sui rifiuti vada
posto, per una semplice considerazione che esporrò per chiarezza. Io, come lei
signor ministro, faccio parte di un gruppo politico che non ha mai condiviso
quel piano. L'abbiamo sempre contestato, compresa la questione del
termovalorizzatore. Ebbene, non avendolo condiviso, non possiamo essere presi
continuamente a schiaffi e, in più, essere costretti anche a difendervi, come
ad esempio ieri in aula sull'interrogazione che è stata prodotta.
Sono convinto che noi dovremmo avere il coraggio di dire che quel piano è
sbagliato, e mi assumo la responsabilità di quel che dico. Si deve pertanto
trovare una via d'uscita definitiva su questo terreno, ovviamente ognuno
assumendosi la responsabilità del fallimento.
Un'ultima considerazione e concludo. Per quanto riguarda la questione delle
bonifiche, visto che se n'è parlato, vorrei porle una domanda
sull'individuazione dei siti da bonificare e sul contesto in cui viene fatta la
bonifica. La collega Francescato parlava di Bagnoli, io potrei aggiungere
Acerra, anche se trattasi di una questione e di una dimensione diversa. Ora, in
questi giorni, come lei sa, è stato emanato il decreto per la bonifica della
zona di Acerra, purtroppo soggetta ad inquinamento da diossina e ne parlo
perché sono rimasto un po' turbato. La bonifica di queste zone, soprattutto del
casertano e del napoletano, dove il problema dell'inquinamento è ad un livello
esagerato, è una cosa che chiediamo da tanto tempo. È quindi certamente giusto
continuare a fare le opere di bonifica, però ciò deve avvenire all'interno di un
contesto e di una visione complessiva: non si può fare la bonifica su un
terreno dove si vuole per forza fare il termovalorizzatore.
Ora, al di là della polemica con il presidente della Commissione
sull'opportunità di farlo o meno, là c'era un problema che andava al di là
dello strumento: come si può pensare di ubicare un termovalorizzatore, in una
situazione dove c'è un valore di inquinamento da diossina cento o centomila
volte maggiore - ora mi sfugge qual è il dato - rispetto al limite consentito
dalla norma nazionale?
La speranza, ovviamente, è quella di una collaborazione continuativa da poter
sviluppare meglio nei prossimi mesi, come ha proposto il presidente Realacci,
anche sui singoli casi.
TINO
IANNUZZI. Esprimo innanzitutto un plauso al ministro Pecoraro Scanio per la
sensibilità del colloquio che avvia con la nostra Commissione e per la
relazione approfondita e anche rispettosa del ruolo del Parlamento. Mi sia
consentito di unire anche un saluto particolare da parte di chi ha il piacere e
l'onore di essere concittadino del ministro.
Vorrei fare una premessa e due piccolissimi flash. Ho molto apprezzato -
e su questo si gioca poi la sfida del ministero e della legislatura - di
considerare quella ambientale non come una politica di settore, o riservata a
determinate scelte, ma invece come una politica di ordine generale, che
attraversa l'azione complessiva dei pubblici poteri - statali, regionali e
locali - e che forma oggetto di positive trasversalità nelle scelte finanziarie
e legislative dello Stato e dei pubblici poteri.
Da questo punto di vista penso che, per essere coerenti con questa
impostazione, si debba guardare al riequilibrio modale, al rafforzamento del
trasporto su ferro e su rotaia, al rafforzamento del trasporto locale e
metropolitano, alle autostrade del mare, alle fonti energetiche, allo sviluppo
della ricerca.
Voglio anche dire, signor ministro, che a noi interessa far procedere di pari
passo - lo dico con grande serenità, ma anche con grande determinazione -
l'ammodernamento infrastrutturale con la tutela ambientale. Questo paese, al
sud, al centro e al nord, ha bisogno di più vere e moderne infrastrutture, ma
ha bisogno anche di tener dentro, fin dall'inizio, la preservazione e la difesa
della tutela ambientale.
Vorrei, inoltre, rassicurare l'onorevole Nucara dicendogli che preme anche a
noi la prosecuzione dell'alta velocità da Napoli verso sud. Ritengo che
dovremmo graduare, alla luce di risorse che non ci sono, l'intervento di TAV
immediatamente realizzabile almeno verso Battipaglia e, per il resto,
l'ammodernamento di ciò che c'è della rete ferroviaria verso la Calabria.
Vengo ai due rapidissimi flash. Signor ministro, in considerazione sia
delle sue riflessioni sul governo del territorio, sia sulla politica delle
città: riprendendo anche un lavoro svolto con il collega Lupi nella scorsa
legislatura, vorrei dirle che per governare il territorio e per fare politiche
per le città, bisogna spostarsi sulla preservazione del territorio non
urbanizzato per evitare nuovo consumo di territorio, natura e ambiente, ma ciò
significa anche puntare con decisione al recupero, all'ammodernamento e alla
ristrutturazione dell'edificato preesistente, fatiscente, inadeguato e
inidoneo. Come politica delle città significa anche guardare con attenzione al
riequilibrio centro-periferia.
La rilevanza della leva fiscale: sappiamo che di risorse ne abbiamo poche,
sappiamo che la leva degli incentivi fiscali deve essere utilizzata in maniera
virtuosa verso questi obiettivi, come verso il discorso generale dello sviluppo
ecocompatibile.
Da ultimo, sul tema del dissesto idrogeologico, lei ha perfettamente ragione,
signor ministro. Ma vi è anche una strana situazione: abbiamo fondi imputati
dal decreto Sarno al dissesto non utilizzati, che sono a residui e che vanno
impiegati con un piano virtuoso che costringa e vincoli anche le regioni a
destinare adeguate risorse ai programmi di ammodernamento verso il dissesto
idrogeologico.
Su questa linea ci sarà tutto l'impegno e l'attenzione del Parlamento. La seguiremo,
la sospingeremo e, in qualche misura, vigileremo sull'andamento della politica
del Governo.
MAURIZIO
ENZO LUPI. Ringrazio il collega del gruppo dei Comunisti Italiani per avermi
dato la possibilità di intervenire. Sarò velocissimo, anche se credo dovremo
ritornare su alcune questioni. Al di là della cortesia, signor ministro,
ritengo che non ci siamo e ciò perché lei è leader politico e sa
benissimo che quando si governa le questioni sono politiche.
Allora, le quattro questioni che le pongo sono le seguenti. Primo: ha fatto
bene e condivido quanto detto dal collega Cacciari sulla legge delega e sui
decreti attuativi. Il problema vostro non è di tipo procedurale né di metodo.
Il fatto è che non condividete la legge delega che fattoli Governo precedente
ha formulato. Allora, quando non si condivide nel merito una norma, non si
prendono scorciatoie o strade più lunghe. Si fa come abbiamo fatto noi, quando
non condividevamo la legge Ronchi: c'è un Parlamento, si propone una legge, si
modifica, si pone in essere un iter, e la maggioranza, se c'è, cambierà
quella legge. Nel frattempo, le leggi che ci sono - perché questo è un elemento
fondamentale - rimangono in vigore.
Allora, l'invito è a non usare scorciatoie per cambiare provvedimenti
legislativi che questo Parlamento ha fatto: i decreti e quant'altro sono solo
determinati - questa è la mia sensazione - dalla paura del Parlamento.
Assumetevi la responsabilità, andate avanti fino in fondo, noi vi
contrasteremo, ma voi avete la legittimità di portare avanti questi
provvedimenti. Non si modifica la legge delega con dei decreti attuativi o
legislativi tesi a cambiare la sostanza delle questioni.
La seconda questione mi pare che già la collega Francescato l'abbia posta con
chiarezza E anche noi vogliamo capire: nella redistribuzione delle deleghe,
considerato che voi dite che la materia ambientale non è ancillare nei
confronti del resto, questo vuol dire che alcune deleghe sono passate dal
Ministero dei lavori pubblici a quello dell'ambiente, quale quella del governo
del territorio, o no? È evidente, infatti, che il governo del territorio non è
solo la materia ambientale, come stabilito dalla Costituzione.
Terza questione: mi piacerebbe una risposta molto secca, perché le
contraddizioni del vostro Governo sono enormi. L'ultima è emersa in materia di
energia. Vorrei sapere qual è la posizione del ministro dell'ambiente rispetto
a quanto espresso il 27 giugno scorso dal suo collega all'industria, secondo il
quale bisogna ricercare forme di energia alternativa, quale il nucleare di
nuova generazione. Il ministro Pecoraro Scanio è d'accordo su questa
impostazione? Rientra nel suo programma quando parla di produzione energetica
alternativa?
Quarta questione: la riorganizzazione. Lei, insieme a tantissimi altri colleghi, ha portato avanti una battaglia, che noi non condividevamo, durante la scorsa legislatura, in ordine alla modalità di gestione del Ministero dell'ambiente da parte del ministro e del capo di gabinetto. Abbiamo letto sui giornali - abbiamo anche scritto una lettera da questo punto di vista - di licenziamenti, non già di spoil-system, all'interno del suo ministero e di pressioni legate a dipendenti solo perché di una parte piuttosto che di un'altra. Cosa che credo non sia vera, ma mi piacerebbe avere una smentita chiara e netta da parte sua. Diversamente, avete contestato per cinque anni un metodo che ritenevamo non sbagliato e, oggi, vi ritrovate esattamente ad adottarlo voi.
PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro Pecoraro Scanio per la replica.
ALFONSO
PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
Ringrazio tutti i parlamentari intervenuti. Per ovvie ragioni sarò abbastanza
veloce nel dare delle risposte; iniziamo con quelle di carattere generale. Per
quanto riguarda il decreto legislativo, chiariamoci subito su questa materia,
perché altrimenti non riusciamo a ricostruire le questioni. Innanzitutto, la
contrarietà che la coalizione di centrosinistra ha sempre espresso rispetto
alla legge delega era nota. Senonché, vi è stata una discussione, anche in seno
al Governo, a seguito della quale si è voluto evitare di cancellare tutto ciò
che era stato fatto dal precedente Governo. Ecco perché non è stata presentata
una proposta di cambiamento o di cancellazione della legge delega stessa.
Da questa legge è nato un decreto legislativo, contrassegnato con il numero
152. Ebbene, questo ha peggiorato la situazione, a parere non solo nostro ma
anche delle regioni, delle associazioni di tutti i tipi, compresi pezzi di
Confindustria, quali sono Federambiente e Federutility. Una parte di
Confindustria ritiene, quindi, utile il decreto legislativo fatto in quel modo.
Va poi precisato che qui ci sono due temi: il ministro dell'ambiente, essendo
un ministro della Repubblica, è attento sia al merito rispetto al quale applica
delle procedure politiche, sia al metodo e alle procedure cui è tenuto a
prescindere dalle sue volontà.
Il merito riguarda esattamente quello che hanno definito vari colleghi: il
problema prioritario in materia di rifiuti, di acqua, di autorità di bacino
(che non si capisce che fine abbiano fatto, al punto che lo stesso ministro
precedente ha dovuto scrivere due righe per dire che dovevano continuare ad
operare finché non arrivavano le nuove autorità; ma molte regioni non sanno che
fare con le autorità regionali di bacino, che a loro volta sono state sciolte).
Ci sono delle situazioni emergenziali, con riferimento alle quali vi è una
proposta del ministro dell'ambiente, che, come avviene in tutte le discussioni
interministeriali trova - come si è potuto leggere sui giornali - una posizione
non convergente, ad oggi, del ministero dello sviluppo economico e delle
politiche comunitarie. Ma chi vi parla proporrà in Consiglio dei ministri un
decreto legislativo correttivo, annunciandolo alle Camere, come prevede la
legge delega.
Ora, tanto per essere chiari, noi riteniamo negativa anche la parte sulla
costituzione in giudizio a difesa dell'ambiente, ma poiché nell'immediato non
sta producendo drammi, presenteremo un decreto correttivo da confrontare con le
Commissioni, in modo da non fare una sospensione di tutto. Però, ci sono
situazioni che oggi, nella fase di attuazione di questo provvedimento che è
entrato in vigore, stanno provocando problemi e confusione agli operatori. Non è
vero, infatti, che questi hanno di fronte una normativa trasparente. Si pensi
che addirittura dieci regioni hanno già fatto ricorso alla Corte
costituzionale, gli enti locali stanno disapplicando la normativa, perché la
ritengono confusionaria, non applicabile, caotica e, quindi, di fatto, non
danno seguito a quello che è normativamente previsto.
Ora, sarà o no obbligo del legislatore, anche di chi condivideva alcuni pezzi
della norma, riportare un minimo di criterio in questa materia? Noi ci stiamo
limitando ad alcuni ambiti, in cui la logica richiede di fare come peraltro la
stessa legge delega prevede: verificare in fase di applicazione quello che
succede. E cosa sta succedendo? Che almeno in questi tre settori abbiamo la
rivoluzione di tutti gli operatori, compresi i consorzi dei rifiuti, vale a
dire i settori che dovrebbero essere interessati all'applicazione. Quindi, ad
eccezione di una parte del mondo economico, abbiamo il resto delle attività
istituzionali, degli enti e via dicendo, che chiede al Governo nazionale e al
Parlamento - perché in realtà lo chiede pure a voi - di sospendere almeno
queste situazioni, facendole ritornare nella fase di una migliore
ridefinizione. Ciò, ovviamente, non può in nessun modo essere fatto senza
coinvolgere le Commissioni, la Conferenza Stato-regioni e tutte le realtà
interessate, evitando i problemi più gravi che si rischiano di avere oggi.
Quando poi ho parlato dei decreti ministeriali - e siamo all'altro aspetto - ho
detto che, al di là dei giudizi di merito sui singoli decreti, il ministro
aveva anche un problema procedurale, che non può far finta di non vedere. Ora,
tanto per essere molto espliciti, un Governo a fine legislatura, non sapendo se
rivince le elezioni, può anche decidere di cominciare a litigare con tutti
(regioni, Corte dei conti, Consiglio di Stato, Unione delle province,
Associazione nazionale dei comuni, associazioni ambientaliste, sindacati ed
altre associazioni) magari accontentandosi di avere il consenso di una parte di
Confindustria. Ma un Governo che si insedia e che, peraltro, vorrebbe la
concertazione con le parti sociali ed un buon rapporto con le regioni, credo
abbia il dovere, oltre ad avere un giudizio sul merito, di ricostruire una rete
di corretti rapporti istituzionali e sociali con gli altri enti.
Ebbene, all'interno del Governo, che è un organo collegiale, c'è una posizione
politica unitaria di critica a questo decreto legislativo, che trova unita
tutta la coalizione del centrosinistra. A livello di apparati, mentre in quello
dell'ambiente il ministro è riuscito a spiegare l'esigenza fondamentale di
recuperare il rapporto e di consentire delle norme applicative, dagli altri
ministeri, a tutt'oggi, a livello di uffici arrivano delle perplessità di
natura tecnico-giuridica o, probabilmente, anche di opportunità.
MAURIZIO ENZO LUPI. Ostaggio dei funzionari, la vedo poco!
ALFONSO
PECORARO SCANIO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
Attualmente, c'è un problema che riguarda la definizione delle modalità di
intervento. Noi avremmo, addirittura, preferito l'intervento nell'ambito dei
decreti-legge che stanno modificando la proroga termini, come peraltro si è
fatto per la VIA e per la VAS. L'avremmo voluta estendere anche alla
sospensione dei capitoli di cui stiamo parlando. Se però, attualmente, questa
strada è preclusa, è ovvio che diviene principale la via del decreto
legislativo, che sarà mia premura inviare subito in Commissione.
Sapendo come funzionano i decreti legislativi, all'interno dei quali il Governo
può recepire i vostri suggerimenti, nulla esclude che, nonostante esso parta
con la volontà di sospendere quei capitoli, non si possa andare direttamente ad
un cambiamento in meglio, se la Commissione si rivela in grado di fornire già
proposte modificative. In tal modo si eviteranno, ovviamente con il concorso
parlamentare, i problemi che abbiamo evidenziato.
Tanto per fare un esempio, sulla materia dei rifiuti il nostro problema non è
non fare la semplificazione dove questa è utile a fare davvero recupero. Il
problema è avere la certezza che ci sia la tracciabilità del ciclo dei rifiuti
dalla culla alla tomba. Tutte le semplificazioni che servono davvero a
facilitare l'utilizzo delle vere materie prime e seconde, dunque tutto ciò che
serve davvero a migliorare il recupero può essere accolto, mentre tutto ciò
che, invece, rischia di creare una «slabbratura» tale da abbassare i livelli
della tutela - parliamo di acqua, di bonifiche, di rifiuti e via dicendo - deve
essere escluso.
Non possiamo permetterci che, attraverso un'apparente semplificazione, si
rischi, invece, di creare una serie di maglie larghe in un paese che
onestamente ha già problemi in molte materie ambientali: il nostro l'obiettivo
è quello di riportare questa legislazione sotto il massimo profilo di controllo.
Ora, essendo entrata in vigore ed esistendo una serie di segnalazioni che
abbiamo già potuto verificare, come peraltro la stessa legge delega prevedeva,
vi sottopongo un primo decreto correttivo per cercare di arginare quelle che
possono essere le difficoltà.
È chiaro poi che c'è chi sollecita che dobbiamo fare un unico disegno generale.
Su questo il Consiglio di Stato ha detto che, se si vuole, si può fare un unico
codice ambientale. Tuttavia, mettere insieme un corpo caotico non è detto che
sia sempre meglio. Preferiamo, quindi, lavorare per parti, dove si trova una
capacità di intervento - questo almeno è il nostro suggerimento -, disponibili
ad accogliere, nell'ambito del dibattito che faremo, gli interventi
parlamentari. In effetti, chi dice che dobbiamo presentare un provvedimento
quadro correttivo generale, chiede, nel frattempo, di lasciare in vigore tutto
quello che non sta funzionando. Noi, invece, preferiamo intervenire, cercando
di avere il massimo consenso del Parlamento sulle questioni in essere. Capisco
tutte le esigenze, ma dobbiamo stare anche attenti.
Ciò deve comunque avvenire ascoltando tutti, quindi anche - lo dico al collega
Foti - la rappresentanza del settore ambiente di Confindustria, nella persona
della dottoressa Marcegaglia. In questo senso il mio problema non è di non
ricevere i rappresentati di Confindustria, ma di ricevere anche i
rappresentanti delle associazioni ambientaliste, dei consumatori, dei
sindacati, delle regioni, delle province, dei comuni e di tutti gli altri enti,
facendo in modo che ci sia una concertazione con tutti, non soltanto con
alcuni. Tutto questo è nei nostri obiettivi.
Posso dire che anche per il piano energetico lavoriamo in questa direzione.
Anche su questo punto chiariamoci: sul piano energetico vi è un primo disegno
di legge del Governo, che vuole essere di primo intervento rispetto ad alcune
situazioni in qualche modo emergenti, come la liberalizzazione di alcuni
settori, introducendo anche la copromozione del ministro dell'ambiente per quanto
riguarda il risparmio energetico e l'efficienza.
Si è trattato di un primo avvio su temi importanti, ma, già in sede di Governo,
il Presidente del Consiglio ha precisato che quel disegno di legge non è quello
sull'energia. Vi è infatti tutta una parte da trattare prevista nel programma
della coalizione. Ora è chiaro che - lo dico anche a beneficio dell'onorevole
Nucara - avendo presentato un programma di coalizione che è stato trasformato
in programma di Governo, io mi attengo al programma di Governo per quanto
riguarda le linee generali, avuto comunque riguardo per il fatto che, se
saranno avanzate esigenze giuste e corrette provenienti anche dall'opposizione,
un ministro della Repubblica è tenuto a recepire anche quelle istanze. Diverso
è il programma al quale io sono vincolato come lo è tutta la coalizione, nello
spirito del sistema elettorale vigente.
Voglio dire all'onorevole Misiti che ho già chiesto di lavorare insieme al
ministero dell'agricoltura per quanto riguarda l'emergenza siccità. Su questo
problema, abbiamo una forte esigenza che avevamo già annunciato in occasione
della giornata mondiale contro la desertificazione, il 5 giugno scorso. Avevamo
già avviato un'iniziativa comune sull'uso della risorsa idrica in generale.
Adesso c'è un'emergenza in più, per cui bisogna dare anche le risposte più
immediate.
Si badi bene, io non ho detto che la produzione di biossido di carbonio è solo
un contributo del termoelettrico e del traffico. È evidente che anche
nell'industria - non a caso facciamo il piano delle emissioni - ci sono alcune
aziende particolarmente «contribuenti». Però, generalmente, abbiamo alcuni
settori cui dobbiamo prestare massima attenzione, con i quali bisogna lavorare
per accentuare la loro riduzione di produzione di anidride carbonica.
Per quanto riguarda i rigassificatori, vorrei dire all'onorevole Dussin che
stiamo lavorando anche per trovare le massime conoscenze scientifiche su quali
sono i livelli di sicurezza che devono garantire questi impianti, visto che,
per quanto riguarda il nostro paese, parliamo di impianti nuovi per i quali
abbiamo bisogno di avere garanzie di sicurezza.
Per quanto riguarda il tema di dove
collocarli, è evidente che cercheremo un'intesa con le regioni. Tuttavia, se
non abbiamo un piano energetico nazionale, rischiamo di far diventare l'Italia
un paese disseminato di rigassificatori. Dalle questioni che emergono, ciò
appare un campo disordinato, al di là dell'analisi che faremo del settore. La
legge sul territorio va confrontata, ovviamente, con le regioni: nessuno
pretende di incidere senza fare le consultazioni dovute.
Inoltre, non stiamo parlando del fatto che vogliamo fare la legge sui lavori
pubblici. Assolutamente no! Nella tutela del territorio, che dal nome stesso è
un tema del Ministero dell'ambiente, è insito il fatto che non vi può essere
consumo sfrenato di territorio, se non vogliamo divenire un paese cementificato
del tutto. Questo tema coinvolge quantomeno anche il Ministero dell'ambiente.
Ovviamente, per le parti che sono di competenza concorrente con altri ministeri
è evidente che ho un potere di proposta e lo spirito di lavorare di concerto
con gli altri colleghi; non certo quello di assorbire competenze, perché già
quelle che ha il Ministero dell'ambiente sono più che sufficienti.
Piuttosto, seguo la logica sana che vede nel Ministero dell'Ambiente un
dicastero che deve preoccuparsi di avere delle «competenze e delle sensibilità
economiche», perché, come diceva l'onorevole Francescato, quelli dell'ecolavoro
sono temi dell'oggi, non del domani, e dobbiamo riuscire a dare delle risposte
in questo campo.
L'edilizia biologica va benissimo. Sulla difesa del suolo ho recepito e accolgo
la sollecitazione dei parlamentari per una ricognizione anche delle risorse
disponibili ma non spese, perché sarebbe assurdo non utilizzarle. Si deve
lavorare su tutto quello che si può fare senza l'investimento pubblico o, in
alcuni casi, facendo in modo che l'intervento dello Stato sia di
cofinanziamento rispetto alle realtà territoriali e, a volte, rispetto anche ai
privati. Talvolta questi ultimi rischiano di avere dei benefici enormi
derivanti da azioni di messa in sicurezza che fa lo Stato con il danaro
pubblico. Il pubblico deve fare ciò che gli compete ma dove c'è un privato che
ne trae vantaggio forse sarebbe il caso di valutare anche la possibilità che ci
sia un concorso del privato beneficiato.
In precedenza ho dimenticato un riferimento all'onorevole Stradella: per quanto
riguarda la circolare sui prodotti commercializzati, è una cosa che stanno esaminando
gli uffici; se c'è una necessità che i termini siano più adatti, non c'è una
valutazione negativa. È ovvio, però, che c'è la volontà di dare, comunque, un
parametro dei termini per fare in modo che sia completata la
commercializzazione dei prodotti che devono essere superati tecnologicamente.
All'onorevole Mariani ho già risposto in tema di rifiuti, di Autorità di bacino
e di difesa del suolo. Sui parchi, ovviamente, c'è la volontà di superare i
commissariamenti. Ho già fatto richiedere ad alcune regioni di avviare le
procedure per l'intesa perché ritengo che, ove possiamo, dobbiamo arrivare alla
nomina, al più presto possibile, dei presidenti: non c'è la volontà di tenere i
parchi in una condizione di provvisorietà.
Sulla TAV, oggi c'è il tavolo politico. È evidente che la posizione del
Governo, non la posizione del ministro dell'Ambiente, è che le opere pubbliche
si facciano con procedure di coinvolgimento e partecipazione delle realtà
territoriali. Si riaprirà, quindi, una conferenza dei servizi non utilizzando i
meccanismi della legge-obiettivo, come peraltro ha già precisato il ministro
delle Infrastrutture.
C'è la volontà, sicuramente, di aumentare l'utilizzo della ferrovia. Il tema è:
quali sono gli investimenti in questo settore? Anche tutti gli investimenti sul
miglioramento del trasporto pendolare ridurrebbero di molto l'inquinamento
dell'aria nelle città e costituirebbero un intervento a favore della ferrovia.
Quindi, operiamo delle verifiche anche riprendendo il Piano nazionale dei trasporti,
che secondo noi, va migliorato. Va sottoposto a valutazione ambientale
strategica, perché solo questo tipo di valutazione ci può dare un quadro
generale di questa problematica.
Sul piano dell'educazione ambientale voglio dire al collega che l'ha sollecitato
che è già partita un'iniziativa in questo senso verso il Ministero
dell'industria.
Il Ponte sullo Stretto, è scritto nel programma che il Governo non lo considera
una priorità nazionale.
I soldi che si chiedono non sono per il Ministero dell'ambiente. Io ho detto
che due settori hanno una sofferenza particolare: il settore dei parchi e delle
riserve e quello della difesa del suolo.
C'è il tema dell'elettrosmog. Molte di queste cose sono affrontate attraverso
la presentazione di proposte di legge che possiamo sollecitare ma non tutte
sono di competenza del Ministro dell'Ambiente. Io ho dovuto richiamarvi nel
programma le questioni che interessano direttamente il Ministero dell'ambiente
e che, quindi, noi non possiamo non valutare.
Per quanto riguarda le polveri sottili, abbiamo presentato uno studio
dell'Organizzazione mondiale della sanità, svolto insieme all'APAT, proprio su
questa vicenda drammatica. È evidente che condivido la necessità che da
settembre, e se è possibile anche da adesso, si intervenga. Ho già chiesto alle
regioni di far pervenire il piano della qualità dell'aria; in pratica, nessuna
regione italiana ha realizzato in modo soddisfacente, salvo il Piemonte, che
l'ha mandato in sede europea. Quello del Piemonte è l'unico piano che è stato
valutato dall'Europa congruo rispetto alle necessità. Anche su questo,
comunque, dobbiamo dare un'«accelerata».
Sul MOSE ho già messo a lavorare delle persone per trovare delle forme di
valutazione più attente per quanto riguarda il profilo di un'opera che sia
sicuramente di salvaguardia ambientale. Ovviamente, le competenze sono in capo
direttamente alla Presidenza del Consiglio per quanto riguarda una materia così
complessa; il famoso «Comitatone» è direttamente convocato dal Presidente del
Consiglio. Si cerca di lavorare recependo anche le forti istanze che provengono
dal Ministero dell'ambiente e che provengono dal consiglio comunale di Venezia:
bisogna discutere sempre con le realtà locali.
È lo stesso meccanismo che, per essere chiari, ho chiesto di attivare in
Sardegna nei confronti delle comunità locali del Gennargentu per la
costituzione del relativo parco nazionale perché, anche in materia ambientale,
ritengo che il principio di coinvolgere le popolazioni valga. Dove noi
riteniamo urgente fare un parco non lo si fa senza parlare e coinvolgere le
comunità locali. Lo stiamo facendo in questo caso - credo - con discreta
soddisfazione della stessa regione Sardegna.
L'acqua è una questione di primaria importanza per il nostro ministero. Sono per
fare in modo di lavorare, visto che un vostro atto è stato presentato in
Commissione, con tutti gli altri ministeri competenti nella massima
collaborazione possibile. Lo facciamo volentieri perché riteniamo che l'acqua
come bene comune e risorsa utile sia un tema fondamentale; tra l'altro è
scritto nel programma di Governo. Si tratta di evitare che, magari, alcune
distrazioni possano causare dei danni inaccettabili.
Per quanto riguarda la questione dei rifiuti in Campania, ho indicato con
chiarezza che il Ministero ritiene che bisogna creare le procedure per uscire
dai commissariamenti. Questo problema non riguarda solo la Campania, ma questa
regione costituisce il caso clou. Durano da talmente tanto tempo i
commissariamenti da non configurare più una condizione di emergenza. Se
l'emergenza è una cosa che ha un limite di tempo non deve essere una cosa
infinita.
Credo e spero di aver ottenuto - perché l'ordinanza dovrebbe essere firmata in
questi giorni - che finalmente l'ordinanza campana abbia, come primo
riferimento, la raccolta differenziata. È un impegno serio in questa materia.
Condivido che ci sono delle esperienze importanti in Italia in relazione alla
raccolta: in Campania - faccio un esempio - il CONAI aveva l'obbligo di
raccolta degli imballaggi per oltre 300 mila tonnellate: l'obbligo non è stato
mai rispettato.
È chiaro che si tratta di essere credibili in ogni regione e di sviluppare un
intervento che sia positivo. Quantomeno occorre iniziare progressivamente una
fuoriuscita dalla logica del commissariamento che rischia di
deresponsabilizzare gli enti locali, invece di coinvolgerli. Il
commissariamento finisce per creare una situazione paradossale in cui, poi, si
rischia di non ottenere dei risultati utili.
Anche il piano dei rifiuti, approvato dal commissario, credo debba essere
definito con il concorso della Regione, perché è inevitabile che questa abbia
un ruolo nelle decisioni che riguardano il proprio territorio. Credo che debba
essere rivisto, perché quel piano prevedeva la materia della raccolta
differenziata (a pagina 18) in appena due righe. Non è credibile che si voglia
dare davvero una svolta sulla raccolta differenziata se la si riduce ad un
elemento meno che ancillare, onorevole Francescato, appena indicato
sommariamente.
Anche sulle bonifiche abbiamo il
problema di una ricognizione delle modalità, perché le bonifiche non solo si
devono dichiarare ma poi si devono realizzare. Questo è un problema enorme che
abbiamo in tutta Italia, perché i siti bonificati nel nostro paese hanno difficoltà
reali.
L'uso della leva fiscale è sicuramente negli obiettivi dell'azione che noi
promuoviamo nei confronti del Ministero dell'economia.
Sull'energia nucleare, onorevole Lupi, il programma del Governo parla di
ricerca sulle nuove realtà del nucleare di ultima generazione. Credo che questo
possa intendersi come la disponibilità a sostenere una ricerca internazionale
sulla fusione nucleare, che è sicuramente di grande qualità, perché è una vera
energia rinnovabile che non utilizzerebbe più i materiali radioattivi come
l'uranio e sarebbe addirittura un'energia «pulita».
Il nostro problema non è la contrarietà al nucleare in sé stesso. Noi siamo
contrari al nucleare da fissione, quello che conosciamo, perché produce una
cosa mai risolta che si chiama «scorie radioattive», di cui il nostro paese
conosce - ahinoi! - gli aspetti problematici. Pur non avendo centrali nucleari
attualmente in funzione, l'Italia non ha saputo ancora dismettere quelle
esistenti e non ha risolto il problema delle scorie. Quindi, pensiamo che il
problema da queste rappresentato sia la vera «scoria» dell'ipotesi del
nucleare. Comunque, il programma del Governo dice che l'Italia non riprenderà
un programma nucleare e, per quanto guarda la ricerca, sostiene soltanto quella
- sarebbe assurdo non sostenerla - che mira a realizzare questo famoso nucleare
pulito senza scorie e senza radioattività, che ci sembra un elemento
indubbiamente positivo.
In ultimo, mi preme sottolineare che non è stato licenziato nessuno dal
Ministero. Ovviamente, se ci sono consulenze in scadenza è un'altra cosa. Io
sono per il taglio del numero delle consulenze e credo che voi siate d'accordo
con me sul fatto che non si possono rinnovare tutte le miriadi di consulenze
realizzate.
C'è stata una confusione - credo - dovuta al fatto che il Capo di Gabinetto si
è assunto il compito, giustamente, di rimandare nei loro uffici i dipendenti
che erano stati distaccati dal precedente Gabinetto. È una prassi normale in
tutte le amministrazioni, per poi operare una valutazione su coloro che possono
essere richiamati in quanto utili. Qualcuno, credo, sia stato già richiamato in
seguito ad una ricognizione: si tratta di persone che restano dipendenti del
Ministero, ma che ovviamente, essendo stato costituito un nuovo Gabinetto con
un nuovo capo, devono essere oggetto di una valutazione; il Capo di Gabinetto
ha ritenuto, senza nemmeno chiedermelo, di operare. Tra l'altro non è che il
ministro non interviene sui posti, sulle segretarie: sono aspetti che
interessano il Capo di Gabinetto e mi sembra assurdo interferire. È stato
comunque raccomandato di usare anche in questo caso una grande disponibilità e
una grande cautela perché, se ci sono persone brave che hanno lavorato con il
precedente Governo, per noi non c'è nessun problema nel continuare questo tipo
di collaborazione. L'ultima cosa da fare sono le liste di proscrizione. Io non
ne ho mai fatte e non saprei da dove iniziare.
PRESIDENTE.
Ringrazio il ministro Pecoraro Scanio, anche per la sua disponibilità a
rimanere più del previsto. Attendiamo i successivi appuntamenti, anche
tematici, e contiamo su un suo interessamento, anche al di là degli obblighi di
legge, rispetto alla vicenda della modifica delle regole ambientali.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle ore 16,20.
[1] Procedura 2004/59
[2] Procedura 2004/2307
[3] Procedura 2005/2315
[4] Tali decreti riguardavano:
- i criteri e le modalità per il campionamento e l'analisi delle terre e rocce da scavo;
- la semplificazione delle procedure amministrative relative alle rocce e terre da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale;
- l’approvazione dei modelli di registro di carico e scarico dei rifiuti;
- la disciplina per l'esecuzione del monitoraggio della spesa e altre iniziative informative e conoscitive in campo ambientale;
- la definizione dei limiti esterni dell'estuario, area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume;
- l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti;
- la riorganizzazione del catasto dei rifiuti;
- l’individuazione di tipologie di beni in polietilene;
- il registro delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti;
- le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue;
- i requisiti relativi al centro di raccolta e all'impianto di trattamento dei veicoli fuori uso;
- la gestione delle entrate derivanti dall'Albo dei gestori di rifiuti;
- la disciplina delle modalità e dei termini di aggiudicazione della gestione del Servizio idrico integrato;
- l’approvazione dello schema-tipo di statuto dei consorzi per ciascun materiale di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale;
- l’istituzione dell'elenco dei rifiuti;
- le modalità per l’aggiudicazione da parte dell’autorità d’ambito del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani;
- l’aggiornamento degli studi europei fissati dal Comitato europeo di normazione (CEN), sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio.
[5] Per un esame della nuova disciplina in materia di difesa del suolo e tutela delle acque recata dal d.lgs. n. 152/2006 si rinvia a M. Chilosi, Difesa del suolo e tutela delle acque accorpate nel nuovo testo di riforma, in Ambiente e sicurezza n. 9/06, nonché a M. Salighini, Coordinamento addio con i distretti idrografici, e P. Fossati, Governo del territorio, si riparte dal centro, in Guida agli enti locali n. 18/06. Altri spunti di riflessione vengono forniti dal documento del 12 giugno 2006, predisposto dal Gruppo 183, e disponibile all’indirizzo internet www.gruppo183.org/leggedelega/superaresospendere152 2006.pdf.