Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: La modernizzazione del settore forestale
Riferimenti:
D.Lgs. 18-MAG-01 n. 227     
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 76
Data: 31/05/2007
Descrittori:
BOSCHI E FORESTE   RIMBOSCHIMENTO
TUTELA DEL PAESAGGIO   ZONE E AREE PROTETTE
Organi della Camera: XIII-Agricoltura


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

La modernizzazione del
settore forestale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 76

 

 

31 maggio 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Agricoltura

 

SIWEB

 

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File: AG0055.doc

 


INDICE

Scheda di lettura

§      La modernizzazione del settore forestale  3

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica (artt. 114-133)21

§      R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani (artt. 7, 79-85, 139-152, 155)33

§      R.D. 3 ottobre 1929, n. 1997 Approvazione del regolamento per l'applicazione della legge 13 dicembre 1928, n. 3141, concernente l'Amministrazione forestale, l'ordinamento della Milizia nazionale forestale (2) e l'Azienda delle foreste demaniali dello Stato (art. 13).39

§      R.D.L. 18 giugno 1936, n. 1338 Provvedimenti per agevolare e diffondere la coltivazione del pioppo e di altre specie arboree nelle pertinenze idrauliche demaniali (art. 6)41

§      L. 18 luglio 1956, n. 759 Coltivazione, difesa e sfruttamento della sughera (art. 12)43

§      L. 22 maggio 1973, n. 269 Disciplina della produzione e del commercio di sementi e piante di rimboschimento  45

§      D.M. 8 marzo 1975 Norme sulle caratteristiche esteriori necessarie per la commercializzazione dei materiali forestali di propagazione destinati al rimboschimento  65

§      L. 27 dicembre 1977, n. 984 Coordinamento degli interventi pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortoflorofrutticola, della forestazione, dell'irrigazione, delle grandi colture mediterranee, della vitivinicoltura e della utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani (art.7)73

§      D.L. 27 giugno 1985, n. 312 Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale  75

§      L. 31 gennaio 1994, n. 97  Nuove disposizioni per le zone montane (artt. 9 e 17)79

§      D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 (art. 69)81

§      D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352 (artt. 146, 151, 152)83

§      L. 23 dicembre 1999, n. 499 Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale  87

§      L. 5 marzo 2001, n. 57 Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati (art. 7)93

§      D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227 Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57  95

§      D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386 Attuazione della direttiva 1999/105/CE relativa alla commercializzazione dei materiali forestali di moltiplicazione (art. 19)101

§      D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10  della L. 6 luglio 2002, n. 137 (artt. 142, 146 e 149)103

§      D.M. 16 giugno 2005 Linee guida di programmazione forestale  109

Documentazione

§      Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, COM(2006) 302 definitivo Un piano d’azione dell’UE per le foreste {SEC(2006) 748}123

 

 

 


Scheda di lettura

 


La modernizzazione del settore forestale

Il D.lgs. 18 maggio 2001, n. 227, “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”, ha riordinato la normativa nel settore delle foreste, ai fini di una modernizzazione del comparto secondo una logica di sviluppo sostenibile.

 

L’articolo 1, con il comma 1, enuclea le finalità che sono perseguite dal complesso del provvedimento, con ciò individuando la dualità del sistema forestale capace di produttività ed al contempo bene dal forte impatto ambientale oltre che paesistico del territorio nazionale.

La legge di orientamento forestale ed il relativo decreto legislativo sono quindi volti alla:

-      valorizzazione della selvicoltura, sia come fattore propulsivo diretto di uno sviluppo socio economico, che come elemento di salvaguardia del territorio. Che in entrambi i casi possa essere presente un elemento di crescita e sviluppo per l’azienda silvicola è reso esplicito dal successivo articolo 6 che, nel comma 1, riconosce alle attività selvicolturali una funzione generale di sviluppo dell’economia nazionale, con particolare attenzione alle zone montane, e una occasione particolarmente favorevole per una nuova imprenditorialità ed una crescita occupazionale; le stesse attività sono, peraltro dallo stesso comma 1 dell’art. 6, definite “strumento fondamentale per la tutela attiva degli ecosistemi e dell’assetto idrogeologico e paesaggistico del territorio”;

-      conservazione, incremento e la razionale gestione del patrimonio forestale, con ciò prescindendo dall’immediato ritorno economico, che pure può derivare anche dalla conservazione ambientale. Nel richiamare semplicemente gli impegni internazionali, con particolare riferimento alle risoluzioni adottate in sede di Conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste, sembra riconoscersi il ruolo determinante del sistema forestale nel mantenimento per le generazioni future di un equilibrato ecosistema che assicuri la preservazione dal degrado e dalla distruzione non solo dell’assetto idrogeologico del territorio, ma anche la conservazione di beni quali l’acqua, l’aria, il clima o la biodiversità del patrimonio animale e vegetale.

In proposito vale peraltro rammentare che nel procedere al generale riordino di competenze fra Stato e regioni, le quali insieme agli enti locali sono state assegnatarie di numerose funzioni oggetto di decentramento, sono stati comunque ritenuti compiti di rilievo nazionale, e pertanto rimasti in capo allo Stato centrale, la tutela della biodiversità (art. 69, co. 1, lett. b del D.lgs. n. 112/98), e la determinazione dei valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell’ambiente sul territorio nazionale (successiva lettera f).

La stessa riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) ha d’altra parte mantenuto tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, comma 2, lettera s).

La politica forestale in ambito internazionale ed europeo realizza una tappa fondamentale con la ben nota conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo, tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, cui hanno fatto seguito una pluralità di altre iniziative fra le quali sono da includere le quattro conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa. Dette conferenze rappresentano un’importante iniziativa nel processo di cooperazione tra i paesi europei (38 paesi europei e la Comunità Europea) per contribuire alla protezione ed alla gestione del patrimonio boschivo comune; si tratta infatti della risposta congiunta e dell’impegno politico dei paesi comunitari in merito alla gestione sostenibile e alla conservazione delle risorse forestali, come suggerito nell'Agenda 21 nonché nella dichiarazione di principio non giuridicamente vincolante sulle foreste approvata dall'UNCED[1], tenendo conto delle specifiche condizioni ed esigenze delle foreste europee.

Le risoluzioni adottate dai paesi membri e dall'UE durante le conferenze tenutesi a Strasburgo (1990), Helsinki (1993), Lisbona (1998) e a Vienna (2003) sono le seguenti:

S1:   rete europea di posti di osservazione permanente per il monitoraggio degli ecosistemi forestali;

S2:   conservazione delle risorse genetiche forestali;

S3:   banca di dati europea decentrata sugli incendi forestali;

S4:   adeguamento della gestione delle foreste situate in zone montane a nuove condizioni ambientali;

S5:   ampliamento della rete EUROSILVA con ricerche sulla fisiologia degli alberi;

S6:   rete europea di ricerca sugli ecosistemi forestali;

H1:   orientamenti generali per la gestione sostenibile delle foreste in Europa;

H2:   orientamenti generali per la conservazione della biodiversità delle foreste europee;

H3:   cooperazione nel settore della silvicoltura con i paesi ad economia di transizione;

H4:   strategie per un processo di adeguamento a lungo termine delle foreste europee al cambiamento climatico;

L1:    popoli, foreste e silvicoltura: potenziamento degli aspetti socioeconomici della gestione sostenibile delle foreste;

L2:    criteri, indicatori e orientamenti operativi paneuropei per la gestione sostenibile delle foreste;

V1:   cooperazione intersettoriale e programmi forestali nazionali. Tutti i responsabili dei diversi settori legati alle foreste devono strettamente collaborare per la protezione e il corretto utilizzo dei boschi, in modo da raggiungere obiettivi che tengano conto delle diverse esigenze. I programmi forestali nazionali acquistano, in questo contesto, un ruolo essenziale;

V2:   valore economico della gestione forestale sostenibile. Si può concepire la gestione forestale sostenibile come realizzabile ed effettiva a lungo termine solo tenendo nel giusto conto il valore economico dei beni e dei servizi offerti dal patrimonio boschivo. In particolare, nelle zone rurali le foreste costituiscono un'importante, se non la principale fonte di lavoro e di guadagno. Diventa essenziale, allora, prevedere un'efficace politica economica che prenda in considerazione questo aspetto, anche in collaborazione con altri gruppi sociali;

V3:   dimensione sociale e culturale della gestione forestale sostenibile. Da sempre le foreste hanno fatto parte della storia del genere umano, di cui conservano numerose tracce e aspetti culturali. I ministri si impegnano a preservare e valorizzare questa loro ulteriore ricchezza con azioni politiche mirate;

V4:   biodiversità forestale in Europa. Occorre aumentare gli sforzi necessari a preservare la naturale diversità delle specie e degli habitat forestali. Bisogna ottimizzare i metodi di gestione delle aree protette esistenti e ampliarle, in modo da includere in esse un ampio spettro di tipologie di boschi e da creare collegamenti che limitino i problemi legati alla eccessiva frammentarietà degli habitat. Di grande importanza è l'adozione di direttive comuni per la definizione delle aree protette;

V5:   cambiamento climatico e gestione forestale sostenibile. Le foreste sono preziose riserve di carbonio e mitigano gli effetti dei cambiamenti climatici. Ciononostante, per ottenere dei risultati duraturi nel miglioramento della qualità dell'ambiente, occorre puntare soprattutto sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Un valido contributo proviene dalla promozione del legno come fonte di energia alternativa.

Nel corso della quarta conferenza tenutasi a Vienna nel 2003, oltre alle cinque Risoluzioni sopra ricordate (V1-5), è stata poi sottoscritta una dichiarazione generale che enfatizza la multifunzionalità delle foreste, considerandole una fonte di energia rinnovabile, in grado di fornire protezione dalle catastrofi naturali, di agire come serbatoi di carbonio, di fungere da tamponi contro i cambiamenti ambientali, di partecipare all'equilibrio del ciclo dell'acqua e di svolgere un'importante funzione didattica e ricreativa.

Nell'Unione europea una politica forestale comune propriamente detta non è mai esistita, essendo la materia demandata alle competenze nazionali dei Paesi membri[2]. Tuttavia, il 15 dicembre 1998 il Consiglio europeo ha adottato una risoluzione su una Strategia forestale per l'Unione europea[3]. La Strategia delineata nella risoluzione incoraggia un approccio partecipativo e trasparente che coinvolga tutti gli interessati, e riconosce l'esistenza di una grande varietà di regimi di proprietà nella Comunità e il ruolo importante dei proprietari di foreste.

La Commissione europea ha pubblicato nel 2005 una Comunicazione sull'attuazione della Strategia nella quale si rileva come l’UE non possa non avere una visione (e una politica) unitaria e strategica in ordine ad elementi che sono direttamente connessi con la qualità della vita, i cambiamenti climatici, l’acqua, l’energia, la biodiversità, l’economia, il lavoro, la persistenza della popolazione nelle aree rurali e montane.

L’ipotesi di adozione di un Piano d’azione europeo per la gestione forestale sostenibile, esposta nella comunicazione, si è alla fine realizzata con i seguenti documenti: nel maggio 2005 il Consiglio ha adottato le Conclusioni su un Piano d'azione UE per le foreste, mentre il 15 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione contenente il suddetto piano d'azione[4]. Fra i principi enunciati nel piano si afferma che “i programmi nazionali in campo forestale costituiscono il quadro idoneo per la realizzazione degli impegni assunti in materia forestale a livello internazionale”. Quanto agli obiettivi, questi sono così individuati:

1. migliorare la competitività a lungo termine;

2. migliorare e proteggere l'ambiente;

3. contribuire alla qualità della vita;

4. promuovere il coordinamento e la comunicazione.

Il piano, che ha una durata di cinque anni (2007-2011) e prevede diciotto azioni chiave, funge pertanto da strumento di raccordo e coordinamento tra le azioni della Comunità e le politiche forestali degli stati membri.

 

L’articolo 2 chiarisce quale sia il significato che deve essere attribuito a taluni termini fornendone le definizioni.

In particolare, il primo comma stabilisce che per l’ordinamento italiano i termini bosco, foresta o selva sono da considerarsi equivalenti (v. già in precedenza gli artt. 826 e 866 c.c. che sembrano far ricorso ai due termini di foresta e bosco in modo indifferente), mentre i commi successivi introducono per la prima volta nella legislazione nazionale la definizione di bosco, peraltro già presente nell'ordinamento di numerose regioni, in base alla competenza legislativa primaria a queste attribuita in materia di agricoltura e foreste già dal testo dell’art. 117 della Costituzione previgente alla legge Costituzionale n. 3/2001.

Per questa parte la disciplina recata dal D.Lgs. n. 227/2001 si configura come norma suppletiva, da applicarsi “nelle more della emanazione delle norme regionali” e “ove non già diversamente stabilito dalla regioni”.

Ai sensi dei commi 3 e 4 deve intendersi per bosco:

-          una estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati;

-          di larghezza media non inferiore a 20 metri;

-          con una copertura vegetale almeno pari al 20 per cento del territorio;

-          che abbia una copertura vegetale costituita da specie arboree naturali o artificiali (in presenza o meno di quelle arbustive), da castagneti, da sugherete o da macchia mediterranea, in qualsiasi stadio di sviluppo.

Ancora, rientrano nella definizioni di bosco:

-          sulla base dell’art. 12 della legge n. 759/56, alla quale si fa rinvio, i terreni coperti da querce sughere nei quali il numero delle sughere superi le 25 unità per ettaro; nel bosco a sughera rientrano tutte le sugherete pure e miste di qualunque estensione.

Sono infine assimilati ai boschi:

-          le radure, nonché qualunque superficie inferiore a 2000 metri quadrati che interrompa la continuità di un bosco;

-          i fondi che, ancorché non coperti da vegetazione boschiva, siano gravati da un obbligo di rimboschimento a fini ambientali;

-          le aree forestali che a causa dell’utilizzo del materiale di copertura o per eventi accidentali o avversità siano temporaneamente prive di copertura vegetale.

Qualunque territorio che rientri nelle definizioni di bosco sopra enunciate è assoggettato al regime vincolistico previsto dal D.lgs. n. 490/1999 (T.U. sui beni culturali e ambientali, art. 146, co. 1 lett. g) e pertanto rientra tra i beni ambientali tutelati per legge in ragione del riconosciuto valore paesaggistico.

Sono evidentemente esclusi dalla definizione di bosco i giardini sia privati che pubblici e le alberature stradali; e non rientrano nella definizione di bosco anche i castagneti da frutto in attualità di coltura, gli impianti di frutticoltura e quelli di arboricoltura per la produzione di legno e biomassa.

In tema di tutela di beni di valore culturale o paesaggistico vale rammentare che il T.U. approvato con il decreto legislativo 490/1999 è stato abrogato e sostituito dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137”, che al Capo II reca le disposizioni di Individuazione dei beni paesaggistici. Per ciò che attiene le disposizioni in commento va fatto rimando all’articolo 142, che enumera le aree tutelate per legge che sono conseguentemente in ogni caso di interesse paesaggistico e sono sottoposte all’intero  titolo I della parte terza. La lettera g) menziona “i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227”.

 

L’articolo 3 pone in connessione e raccorda gli strumenti di pianificazione nazionale con quelli regionali.

In accordo con la competenza primaria delle regioni in tema di foreste, ad esse spetta la definizione sul rispettivo territorio dei Piani forestali, volti alla tutela, conservazione, valorizzazione e sviluppo del settore. Ad esse spetta anche il periodico riesame o revisione dei piani, nonché il controllo sulla loro applicazione.

La pianificazione regionale deve tuttavia essere svolta in coerenza con le direttrici individuate a livello nazionale nei seguenti documenti:

-          le linee guida emanate, per quanto di rispettiva competenza, dal Ministero agricolo (che deve indicare le scelte di politica agricola, agroindustriale e forestale in coerenza con quella comunitaria) e da quello ambientale (che deve identificare le linee fondamentali per l’assetto del territorio nazionale);

-          le indicazioni, alla cui elaborazione il Governo è tenuto in forza della legge n. 499/1999, nota come nuova legge pluriennale, e che avrebbero dovuto essere definite entro trenta giorni dalla entrata in vigore della stessa L. n. 499.

La legge n. 499, che ha inizialmente recato al settore agricolo rilevanti stanziamenti da attribuire sia all’amministrazione centrale che alle regioni, trova annualmente iscritte in bilancio le proprie risorse. Queste sono destinate a finanziarie gli interventi iscritti in una coerente pianificazione generale, a proposito della quale il Dicastero agricolo è tenuto a definire le “linee di indirizzo e coordinamento”, nonché elaborare le “indicazioni per l’omogenea redazione dei programmi regionali” d’intesa con la conferenza Stato-regioni (art. 2, co. 4).

Nella sua attività di indirizzo e coordinamento il Governo si deve ispirare a quanto definito:

-     in sede di accordi internazionali nonché della Comunità Europea;

-     nel Documento di programmazione economico-finanziaria DPEF;

-     nella Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale;

In proposito la disposizione in commento, con ciò integrando quanto precedentemente disposto, aggiunge che i citati documenti di indirizzo dovranno essere integrati da specifiche linee di politica forestale nazionale, che consentano fondamentalmente di procedere:

-          ad una ricognizione delle attuali condizioni del bosco italiano, inclusi gli aspetti relativi alla biodiversità;

-          ad una definizione delle linee strategiche degli interventi, in coerenza con le indicazioni ed i criteri elaborati a livello internazionale, con la relativa previsione di spesa.

 

Con il D.M. 16 giugno 2005 il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ha adottato, per quanto di sua competenza, le previste linee guida di programmazione forestale.

Il documento è suddiviso in 5 paragrafi.

Il primo paragrafo (le foreste in Italia) riporta i dati sul patrimonio forestale, stimato, sulla base di proiezioni dei dati relativi al nuovo inventario forestale nazionale, in 10,5 milioni di ettari, di cui il 53% a ceduo e ceduo composto, con età media di circa 20 anni, ed il 43% a fustaia, con età media di circa 40 anni. La proprietà delle superfici forestali è per il 61,5% privata; per il 27,5% dei Comuni; per il 7% del demanio statale; per il 5 di altri enti pubblici. Un elevato numero di aziende agricolo-forestali private ha una superficie inferiore ai 5 ettari e anche la gestione aziendale associata è assai limitata.

Il secondo paragrafo espone alcune considerazioni generali sul ruolo multifunzionale strategico delle foreste.

Il terzo paragrafo individua i seguenti obiettivi strategici della politica forestale nazionale:

-          la tutela dell’ambiente;

-          il rafforzamento della competitività della filiera foresta-legno;

-          il miglioramento delle condizioni socio-economiche locali ed in particolare degli addetti al settore.

Il quarto paragrafo indica in dettaglio i criteri generali di intervento per una gestione forestale sostenibile, finalizzata in particolare:

-          al mantenimento ed all’appropriato sviluppo delle risorse forestali ed al loro contributo al ciclo globale del carbonio;

-          al mantenimento della salute e vitalità dell’ecosistema forestale;

-          al mantenimento ed alla promozione delle funzioni produttive delle foreste (prodotti legnosi e non);

-          al mantenimento, conservazione ed adeguato sviluppo della diversità biologica negli ecosistemi forestali;

-          al mantenimento ed adeguato sviluppo delle funzioni protettive nella gestione forestale (in particolare suolo ed acqua);

-          al mantenimento di altre funzioni e condizioni socio-economiche.

Il quinto paragrafo indica infine il fabbisogno finanziario per la realizzazione dei piani di cui alle linee guida sopra indicate, stimato in termini programmatici in 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007.

 

L’articolo 4 dispone in tema di trasformazione del bosco in altra destinazione d’uso, per il verificarsi della quale ai sensi del comma 1 debbono concorrere i due elementi della eliminazione della esistente vegetazione e delle mancata destinazione del relativo terreno ad uso forestale.

Detta trasformazione, vietata in linea generale, è fatta dal comma 2 rientrare tra le alterazioni dello stato dei luoghi oggetto di tutela ambientale per le quali è richiesta la preventiva autorizzazione da rilasciarsi da parte delle regioni ai sensi e nei modi prescritti dall’art. 151 della legge 490/1999 T.U. sui beni culturali e ambientali. Tale articolo 151 è da ritenersi ora integrato dalla disposizione in commento che relativamente a detta autorizzazione prescrive che essa possa essere rilasciata, sempre secondo le valutazioni fatte dall’organismo regionale, compatibilmente con la conservazione della biodiversità, con la stabilità dei terreni, con il regime delle acque, con la difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi, con la tutela del paesaggio, con l’azione frangivento e di igiene ambientale locale.

Come precedentemente già detto, il T.U. n. 490/1999 è stato sostituito dal Codice dell’ambiente di cui al D.lgs. n. 42/2004, che con l’articolo 146 ribadisce che I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree oggetto della tutela di cui all'articolo 142, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. Lo stesso articolo di legge regola la procedura con la quale i proprietari, o gli altri menzionati soggetti, possono chiedere una autorizzazione alla esecuzione delle trasformazioni o interventi sui beni tutelati.

L'amministrazione competente, nell'esaminare la domanda di autorizzazione, verifica la conformità dell'intervento alle prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e ne accerta:

a) la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo ed alle finalità di tutela e miglioramento della qualità del paesaggio individuati dalla dichiarazione di notevole interesse pubblico e dal piano paesaggistico;

b) la congruità con i criteri di gestione dell'immobile o dell'area indicati dalla dichiarazione e dal piano paesaggistico.

La nuove disposizioni in ogni caso non prevedono che l’inerzia della amministrazione si possa trasformare in assenso tacito (meccanismo del silenzio-assenso).

Nuovo è il principio recato dai commi 3-6 in base al quale alla trasformazione autorizzata del bosco deve comunque seguire una compensazione, secondo le seguenti modalità:

-          rimboschimento con specie autoctone di una pari superficie non boscata, a cura e spese del destinatario, all’interno del medesimo bacino idrografico, secondo le modalità e i tempi dalla regione stabiliti;

-          ovvero, se dalla regione previsto,  versamento di un importo pari al costo presunto del rimboschimento compensativo. Detto importo può dalla regione essere destinato ad interventi di miglioramento delle superfici boscate o ad interventi di riequilibrio idrogeologico della regione.

Sempre le regioni:

-          debbono stabilire ciascuna per il proprio territorio quale sia l’estensione minima oggetto di trasformazione per la quale scatta l’obbligo della compensazione;

-          disciplinano il versamento di cauzioni atte a garantire l’esecuzione degli interventi compensativi.

In tema di trasformazione vale rammentare che già l'articolo 7 del regio decreto n. 3267/1923, la principale normativa forestale tuttora in vigore, nota come legge Serpieri, assoggetta a regime autorizzatorio la trasformazione dei boschi in altre qualità colturali e la trasformazione di terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione. Intanto vale rilevare che dette disposizioni si applicano esclusivamente ai terreni sottoposti a vincoli idrogeologico ai sensi dello stesso regio decreto n. 3267[5], e non a tutti i terreni boscati; in secondo luogo la trasformazione di cui all'articolo 7 è stata a lungo intesa secondo la lettera come trasformazione in coltura agraria, giungendosi a comprendere qualunque forma di dissodamento, anche per la realizzazione di opere di natura edilizia o turistica, nel 1971 in base alla sentenza del Consiglio di Stato n. 183.

Con il primo comma dell'articolo in commento si perviene ad una chiara ed univoca definizione di trasformazione che sicuramente comprende non solo la conversione dell'area a bosco in coltura agraria ma anche tutte quelle forme, che è stato detto ben più insidiose, di "antropizzazione intensiva" connessa al fenomeno turistico stagionale ed agli insediamenti residenziali.

 

L’articolo 5 mira a contrastare il fenomeno dell’abbandono dei territori coperti da complessi vegetali boschivi, per un verso agevolando e favorendo la sostituzione del soggetto latitante con altri, per l’altro ampliando la possibilità che si costituiscano nuovi soggetti per la gestione delle terre.

A questi fini:

-          in caso di boschi appartenenti ad enti pubblici è facoltà della regione o provincia autonoma di autorizzarne la cessione purché non sia alterata la superficie, la destinazione economica e la multifunzionalità (comma 2);

-          le regioni e gli enti locali possono promuovere i consorzi forestali o altre forme associative, cui possono partecipare anche soggetti privati.

Per favorire una razionale gestione della aree boscate è così ampliato il campo dei soggetti che possono costituire o possono partecipare alle forme associative genericamente definite aziende speciali di cui al R.D.L. n. 3267/23 che ha previsto e regolato: la costituzione di Aziende speciali da parte di Comuni per la gestione tecnica dei boschi e pascoli di loro appartenenza (artt. 139-149); la costituzione di Aziende per la gestione dei domini collettivi (artt. 150-152), la semplice istituzione di consorzi fra Comuni o fra semplici enti morali (ancora per la sola gestione tecnica dei patrimoni boschivi, art. 155). Ai sensi del comma 4 in esame potranno partecipare o potranno costituire detti organismi anche le regioni e province autonome, gli enti locali, le associazioni agrarie[6].

Sempre per favorire la nascita di forme associate di gestione del patrimonio forestale ai medesimi soggetti è consentito di dar vita, o partecipare, anche a consorzi forestali[7].

Alle aziende speciali, nonché ai consorzi forestali, potranno inoltre partecipare  soggetti privati e le imprese costituite per l’esecuzione di lavori, opere e servizi in ambito forestale di cui al successivo art. 7, comma 1, del D.Lgs.

 

L’articolo 6 reca i principi che debbono ispirare le attività di selvicoltura, e con il comma 2 introduce nell’ordinamento talune restrizioni allo svolgimento di dette attività.

E’ pertanto fatto divieto:

-          ove non diversamente disposto dalla regione con legge, di sostituire una fustaia con un bosco ceduo. E’ comunque fatto salvo il diritto della regione di concedere l’autorizzazione per tale conversione, purché finalizzato alla difesa fitosanitaria o per altri motivi d’interesse pubblico;

-          di effettuare il taglio a raso a meno che questo non si configuri come tecnica selvicola volta alla rinnovazione del bosco. Il ricorso al taglio a raso può essere in ogni caso previsto in Piani di assestamento da redigersi secondo i principi di cui al precedente art. 3, co. 1 lett. b). Anche in tale caso inoltre è riconosciuta la potestà regionale di consentire gli interventi sia per motivi di difesa fitosanitaria che per motivi di interesse pubblico.

Relativamente al taglio a raso va rilevato che, comportando una evidente modifica dello stato dei luoghi, non viene fatto rientrare nel taglio colturale di normale utilizzazione del bosco e può pertanto essere effettuato solo su autorizzazione dell’autorità amministrativa regionale (art. 151 del citato T.U. sui beni culturali e ambientali, ora art. 146 del D.lgs. n. 42/2004). La restrizione, non presente nelle disposizioni della legge forestale del 1923 che poneva vincoli in relazione all’assetto idrogeologico del territorio, è comparsa nella legge 431/1985 (di conv. del D.L. n. 312) nota come legge Galasso, che ha dettato disposizioni di tipo vincolistico in ragione del valore estetico paesaggistico ai beni forestali attribuito.

Quanto ai Piani di assestamento dei boschi può solo richiamarsi il R.D. n. 1997/1929, dal quale si desume, in base all’art. 13 lett. f), che essi sono approvati dal Ministro per l’agricoltura e foreste in dipendenza delle leggi vigenti.

Lo stesso articolo 6 poi, invita le regioni e province autonome ad elaborare proprie disposizioni affinché sul territorio siano presenti alberi destinati all’invecchiamento a tempo indefinito, laddove ciò sia necessario alla conservazione di specie dipendenti da necromasse legnose (comma 3).

Il comma 4 infine dà la definizione di taglio colturale, rilevante ai fini della interpretazione dell’articolo 152 della già citata legge 490/99 T.U. sui beni culturali e ambientali.

Ancora va rammentato che il richiamo del D.lgs. n. 490/99 va ormai sostituito con un rimando al Codice ambientale di cui al D.lgs. n. 42/2004.

Come rammentato, detto provvedimento con l’art. 146 ha qualificato tutti i territori coperti da foreste e da boschi, indistintamente, come bellezze naturali tutelate dalla legge. Il successivo articolo 146 sottopone a regime autorizzatorio[8] qualunque progetto di intervento sui beni tutelati, a proposito dei quali il comma 1 specifica che a possessori o proprietari dei medesimi in ogni caso non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. Con l’articolo 149, lettera c) del comma 1 (in precedenza 152 del D.lgs. 490), è stabilito che sono direttamente consentiti, senza la preventiva autorizzazione: il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione…purché previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia.

Il comma 4 dell’articolo 6 in commento prescrive che debbono intendersi ora per taglio colturale i tagli eseguiti in conformità allo stesso articolo 6 e alle norme regionali vigenti, inclusi pertanto quelli autorizzati dalle Regioni per la difesa fitosanitaria del territorio o per motivi di interesse pubblico.

 

L’articolo 7 si propone di promuovere la crescita di imprese qualificate per l’esecuzione di lavori e servizi in ambito forestale.

Pertanto, in base al primo comma, le Regioni e province autonome possono istituire degli albi delle imprese per l’esecuzione di lavori, opere e servizi in ambito forestale stabilendo i requisiti necessari alla iscrizione in modo da qualificare professionalmente le imprese, impegnate indifferentemente nella esecuzione di lavori, opere o nella prestazione di servizi.

Il comma 2 estende alle imprese iscritte nei predetti albi, per l’affidamento della gestione e realizzazione di lavori, opere e servizi in ambito forestale, l’applicazione dell’art. 17 della legge 31 gennaio 1994, n.97.

Tale disposizione consente ai coltivatori diretti i quali conducono aziende agricole ubicate nei territori montani di assumere in appalto da enti pubblici e privati, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, lavori relativi alla sistemazione e manutenzione del territorio montano.

 

L’articolo 8 equipara alla figura dell’imprenditore agricolo, con tutti i benefici che ne conseguono, le cooperative ed i loro consorzi che operano nel settore selvicolturale. E’ sufficiente che l’attività sia svolta in via principale in detto settore: infatti, disponendosi che l’attività può essere svolta anche nell’interesse di terzi, viene meno l’obbligo che debba essere in favore degli stessi soci, secondo i principi della cooperazione.

L’articolo che si commenta va posto in relazione con l’articolo 1 della legge di orientamento del settore agricolo che riscrivendo l’art. 2135 c.c. fa rientrare nella definizione di imprenditore agricolo non solo colui che svolge attività di selvicoltura, ma anche chi svolga attività connesse. In proposito è specificato che rientrano tra tali attività la fornitura di beni e servizi, ivi compresa la valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, esplicata attraverso l’utilizzazione di attrezzature e risorse dell’azienda agricola, anche quando l’attività stessa non sia svolta in azienda.

L’ultimo comma del nuovo art. 2135 c.c. equipara agli imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori e i loro consorzi che forniscano beni e servizi prevalentemente ai soci, nonché che tali attività siano dirette alla cura e controllo del ciclo biologico.

Per il riconoscimento di cui all’articolo 8 in commento non si richiede che l’offerta di beni e servizi sia prevalentemente rivolta ai soci, né che vi sia una connessione con lo svolgersi del ciclo biologico, poiché condizione sufficiente è che la fornitura di servizi sia principalmente rivolta a settore selvicolturale, nel quale vanno comprese le sistemazioni idraulico-forestali.

 

L’articolo 9, volto alla conservazione e tutela del materiale forestale di moltiplicazione nazionale, sia in relazione alla rispondenza di detto materiale ai requisiti richiesti in ambito comunitario, che in relazione alla ricchezza genetica del patrimonio vegetale forestale autoctono, è stato abrogato dall’art. 19 del D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386 che, in attuazione della direttiva 1999/105/CE, ha disciplinato la commercializzazione dei materiali forestali di moltiplicazione.

 

Il materiale forestale di moltiplicazione è stato oggetto di disciplina in ambito comunitario con le direttive 66/404/CEE e 71/161/CEE volte a regolare la commercializzazione del materiale, nonché le qualità esteriori che tale materiale deve possedere per essere commercializzato all’interno del territorio comunitario.

Detti provvedimenti, adottati dalla Comunità allo scopo di consentire una utilizzazione di materiale di moltiplicazione di elevata qualità genetica, diretto sia alla rigenerazione delle foreste esistenti, sia alla costituzione di nuovi boschi, hanno trovato formale recepimento interno ad opera della legge 22 maggio 1973, n. 269 e del D.M. 8 marzo 1975. Successivamente, la legislazione in tema di produzione e commercio di sementi e piante da rimboschimento è stata modificata dal citato D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386, che ha recepito la Direttiva 1999/105/CE.

La direttiva 1999/105 ha provveduto a combinare fra loro ed a riformulare i testi delle precedenti direttive 66/404/CEE e 71/161/CEE, ed ha nel contempo rivisto la precedente disciplina in funzione del ruolo plurifunzionale ormai riconosciuto alle foreste, di ordine non solo economico, ma anche sociale, ambientale, ecologico e culturale. Nella stessa direttiva si rileva che una gestione forestale sostenibile si realizza anche garantendo la conservazione e la promozione della biodiversità delle foreste, ivi inclusa la diversità genetica degli alberi. Poiché lo stato di salute delle foreste dipende dallo stato di salute delle piante, grande rilievo assume la disciplina volta a garantire la qualità delle sementi e del materiale di moltiplicazione.

 

L’articolo 10 istituisce i Centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale cui è attribuito di tutelare la diversità biologica del patrimonio forestale; gli stessi sono anche abilitati alla certificazione delle analisi sulla qualità del materiale sementiero. In sede di prima applicazione il riconoscimento di Centro nazionale è attribuito a due strutture già operanti e, a quanto riferito nella relazione di presentazione, delle quali si avvale lo stesso Ministero. Il Ministro dell’ambiente, di concerto con quello agricolo, può attribuire il medesimo titolo ad altri centri.

 

L’articolo 11 affida alle regioni il compito di promuovere, nell’ambito degli indirizzi stabiliti a livello internazionale e nazionale, la certificazione della  gestione ecosostenibile delle foreste e della ecocompatibilità dei suoi prodotti.

La certificazione di cui trattasi dovrebbe configurarsi come una procedura attraverso la quale un organismo indipendente fornisce una attestazione scritta che assicura che un determinato bosco è gestito in coerenza con determinati principi di natura ecologica, economica e sociale. Oppure un certo marchio assicura i consumatori che i prodotti che essi acquistano provengono da un bosco certificato. Pertanto un siffatto sistema di certificazione potrebbe rivelarsi un valido strumento per incentivare una gestione sostenibile dei boschi, creando un nesso tra produttori e consumatori orientati verso un uso responsabile delle risorse forestali.

 

Su tale tema vale segnalare che la posizione a livello internazionale è ancora incerta e in via di definizione. In una nota del Segretariato del Comitato per le foreste della FAO, diffusa in occasione della 15° sessione tenutasi a Roma il 12-16 marzo 2001, si evidenzia che la certificazione è solo uno degli strumenti che facendo leva sugli scambi commerciali potrebbero migliorare la gestione dei boschi e orientarla verso criteri di sostenibilità.

Stabilire piuttosto dei principi e definire degli indicatori significa avere rispettivamente a disposizione degli strumenti per pervenire ad una definizione comune di gestione sostenibile, nonché avere dei misuratori delle tendenze, ossia dell’evoluzione che si sta verificando nella gestione di un bosco. In particolare una definizione di gestione sostenibile dovrebbe assicurare anche per il futuro l’approvvigionamento di prodotti legnosi e non (inclusi i benefici ambientali, sociali e culturali); mentre gli indicatori consentono di misurare, valutare, monitorare e verificare il raggiungimento di una gestione sostenibile in un determinato paese, o in una determinata area boscata, entro un certo arco temporale.

La FAO attribuisce grande importanza a detti indicatori che registrano in modo neutrale le tendenze, anche per quelle aree boscate più compromesse e per le quali è maggiore l’interesse al recupero. Un sistema di certificazione, viceversa, prefigura la definizione di uno standard minimo di gestione se non universale, valido almeno a livello di unità statale[9]. In definitiva la validità di una certificazione di gestione è in dipendenza dello standard scelto dal Paese ( o dall’area che riconosce una determinata certificazione), e della capacità di penetrazione che i prodotti certificati hanno sul mercato, la qual cosa può indurre ad estendere l’adesione da parte degli organi di direzione ad  una gestione sostenibile.

Da ultimo si segnala che a partire dai primi anni ’90 si è iniziato, da parte di gruppi interessati alla salvaguardia ambientale, a mettere a punto sistemi di certificazione forestale. A livello internazionale, nel 1993 i rappresentanti di 25 paesi hanno dato vita al Forest stewardship council (Fsc) quale organizzazione non governativa, che ha definito un proprio programma di accreditamento di organismi di certificazione, per il quale ha elaborato propri principi e indicatori generali per una gestione forestale responsabile. L’FSC prevede l’uso di un marchio internazionale registrato per identificare i prodotti forestali (legnosi e non) che attesti che il prodotto proviene da foreste gestite correttamente sotto il profilo ambientale.

Con il marchio di detto organismo risultavano già certificati più di 15 milioni di ettari nel corso del 1999, anno nel quale hanno ottenuto la ecocertificazione anche gli 11 mila ettari della foresta di Fiemme, caratterizzata dalla presenza degli abeti rossi.

La sensibilizzazione da parte dei consumatori verso le tematiche ambientaliste ha incrementato la domanda di prodotti certificati FSC, talché al gennaio 2005 la superficie forestale mondiale certificata FSC ammontava a poco più di 51 milioni di ettari, mentre in Italia, al gennaio del 2006, risultavano certificate 140 aziende.

Più recentemente è stato definito un Programma per il riconoscimento di schemi nazionali di Certificazione Forestale (PEFC) che ha preso spunto dalle difficoltà emerse nell'individuare uno strumento idoneo a rispondere in modo soddisfacente alle peculiari situazioni del contesto europeo e dall'esigenza dei proprietari privati di disporre di uno strumento sufficientemente flessibile.

Il PEFC, nato come iniziativa volontaria del settore privato e senza fini di lucro, si è posto pertanto come alternativa ai sistemi di certificazione esistenti, primo fra tutti quello del Forest Stewardship Council (FSC), ritenuto inadeguato soprattutto nel caso di proprietà forestali di piccole dimensioni.

I criteri e gli indicatori proposti dal Programma per il riconoscimento di schemi nazionali di Certificazione Forestale (PEFC) sono definiti nel il rispetto dei Criteri e degli Indicatori emersi nelle Conferenze Ministeriali per la protezione delle foreste in Europa.

 

L’articolo 12 istituisce due nuovi organismi:

-          l’osservatorio nazionale del mercato dei prodotti e dei servizi forestali, presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro;

-          il Comitato tecnico-scientifico nazionale per il sughero, presso il Ministero agricolo.

L'Osservatorio Nazionale del Mercato dei Prodotti e dei Servizi Forestali, si è insediato presso il CNEL il 1 aprile 2003 (determinazione del Presidente del CNEL del 19/02/02). L'Osservatorio ha il compito di individuare e promuovere azioni per lo sviluppo del mercato dei prodotti e dei servizi forestali, ivi compresa la salvaguardia degli aspetti di conservazione del patrimonio forestale e della biodiversità. Tali funzioni trovano concreta attuazione nell’attività di consulenza fornita alle Amministrazioni competenti, al Parlamento e alle Regioni al fine di articolare una politica di sviluppo, sostegno e tutela del settore .

 

L’articolo 13 prevede la consueta clausola di salvaguardia della competenze proprie delle Regioni e Province autonome a Statuto speciale.

 

Con l'articolo 14 vengono quantificati e coperti gli oneri recati dal provvedimento, disponendo, in conformità con quanto previsto dalla legge delega, una contestuale riduzione di autorizzazioni di spesa previste da leggi previgenti.


Normativa di riferimento

 


 

Costituzione della Repubblica
(
artt. 114-133)

Titolo V – Le Regioni, le Province i Comuni

 

Titolo V - Articolo 114

La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento. (*)

NOTE:

(*) L'art. 114 è stato sostituito dall'art. 1 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

«La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni.»

 

Titolo V - Articolo 115

(Abrogato) (*)

NOTE:

(*) L'art. 115 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principî fissati nella Costituzione.»

 

Titolo V - Articolo 116

Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. (**)

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

NOTE:

(*) L'art. 116 è stato sostituito dall'art. 2 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali.»

 

(**) Si riporta di seguito l'art. 10, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3:

 

«1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.»

 

Titolo V - Articolo 117

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

 

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. (**)

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

NOTE:

(*) L'art. 117 è stato sostituito dall'art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni:

ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;

circoscrizioni comunali;

polizia locale urbana e rurale;

fiere e mercati;

beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera;

istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;

musei e biblioteche di enti locali;

urbanistica;

turismo ed industria alberghiera;

tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale;

viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;

navigazione e porti lacuali;

acque minerali e termali;

cave e torbiere;

caccia;

pesca nelle acque interne;

agricoltura e foreste;

artigianato;

altre materie indicate da leggi costituzionali.

Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.»

 

(**) Si riporta di seguito l'art. 11, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3:

 

«1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.»

 

Titolo V - Articolo 118

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. (*)

NOTE:

(*) L'art. 118 è stato sostituito dall'art. 4 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali.

Lo Stato può con legge delegare alla Regione l'esercizio di altre funzioni amministrative. La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici.»

 

Titolo V - Articolo 119

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti. (*) (**)

NOTE:

(*) L'art. 119 è stato sostituito dall'art. 5 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie e dei Comuni.

Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali.

Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali.

La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica.»

 

(**) Si riporta di seguito l'art. 11, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3:

 

«1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.»

 

Titolo V - Articolo 120

La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione. (*)

NOTE:

(*) L'art. 120 è stato sostituito dall'art. 6 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«La Regione non può istituire dazi d'importazione o esportazione o transito fra le Regioni.

Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni.

Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro.»

 

Titolo V - Articolo 121

Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente.

Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere.

La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni.

Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica. (*)

NOTE:

(*) L'art. 121 è stato modificato dall'art. 1 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo presidente.

Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere.

La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni.

Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; promulga le leggi ed i regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale.»

 

Titolo V - Articolo 122

Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonchè dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. (**)

Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo.

Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza.

I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.

NOTE:

(*) L'art. 122 è stato sostituito dall'art. 2 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«ll sistema d'elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali sono stabiliti con legge della Repubblica.

Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio regionale e ad una delle Camere del Parlamento o ad un altro Consiglio regionale.

Il Consiglio elegge nel suo seno un presidente e un ufficio di presidenza per i propri lavori.

I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Il Presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal Consiglio regionale tra i suoi componenti.»

 

(**) Si riporta di seguito l'art. 5, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1:

 

«1. Fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e delle nuove leggi elettorali ai sensi del primo comma dell'articolo 122 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, l'elezione del Presidente della Giunta regionale è contestuale al rinnovo dei rispettivi Consigli regionali e si effettua con le modalità previste dalle disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia di elezione dei Consigli regionali. Sono candidati alla Presidenza della Giunta regionale i capilista delle liste regionali. E' proclamato eletto Presidente della Giunta regionale il candidato che ha conseguito il maggior numero di voti validi in ambito regionale. Il Presidente della Giunta regionale fa parte del Consiglio regionale. E' eletto alla carica di consigliere il candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente. L'Ufficio centrale regionale riserva, a tal fine, l'ultimo dei seggi eventualmente spettanti alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere, nell'ipotesi prevista al numero 3) del tredicesimo comma dell'articolo 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, introdotto dal comma 2 dell'articolo 3 della legge 23 febbraio 1995, n. 43; o, altrimenti, il seggio attribuito con il resto o con la cifra elettorale minore, tra quelli delle stesse liste, in sede di collegio unico regionale per la ripartizione dei seggi circoscrizionali residui. Qualora tutti i seggi spettanti alle liste collegate siano stati assegnati con quoziente intero in sede circoscrizionale, l'Ufficio centrale regionale procede all'attribuzione di un seggio aggiuntivo, del quale si deve tenere conto per la determinazione della conseguente quota percentuale di seggi spettanti alle liste di maggioranza in seno al Consiglio regionale.

2. Fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali si osservano le seguenti disposizioni:

a) entro dieci giorni dalla proclamazione, il Presidente della Giunta regionale nomina i componenti della Giunta, fra i quali un Vicepresidente, e può successivamente revocarli;

b) nel caso in cui il Consiglio regionale approvi a maggioranza assoluta una mozione motivata di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta regionale, presentata da almeno un quinto dei suoi componenti e messa in discussione non prima di tre giorni dalla presentazione, entro tre mesi si procede all'indizione di nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Giunta. Si procede parimenti a nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Giunta in caso di dimissioni volontarie, impedimento permanente o morte del Presidente.»

 

Titolo V - Articolo 123

Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.

Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.

In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali. (*)

NOTE:

(*) L'art. 123 è stato sostituito dapprima dall'art. 3 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Ogni Regione ha uno statuto il quale, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, stabilisce le norme relative all'organizzazione interna della Regione. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

Lo statuto è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ed è approvato con legge della Repubblica.»

 

In seguito, l'art. 7 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha aggiunto, in fine, un comma.

 

Titolo V - Articolo 124

(Abrogato) (*)

NOTE:

(*) L'art. 124 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Un commissario del Governo, residente nel capoluogo della Regione sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione.»

 

Titolo V - Articolo 125

Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione. (*)

NOTE:

(*) Il primo comma dell'art. 125 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato, nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica. La legge può in determinati casi ammettere il controllo di merito, al solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale.

Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione.»

 

Titolo V - Articolo 126

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica. (**)

Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.

L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

NOTE:

(*) L'art. 126 è stato sostituito dall'art. 4 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Il Consiglio regionale può essere sciolto, quando compia atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponda all'invito del Governo di sostituire la Giunta o il Presidente, che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni.

Può essere sciolto quando, per dimissioni o per impossibilità di formare una maggioranza, non sia in grado di funzionare.

Può essere altresì sciolto per ragioni di sicurezza nazionale.

Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica. Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro tre mesi e provvede all'ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio.»

 

(**) Si riporta di seguito l'art. 11, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3:

«1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.»

 

Titolo V - Articolo 127

Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge. (**)

NOTE:

(*) L'art. 127 è stato sostituito dall'art. 8 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Ogni legge approvata dal Consiglio regionale è comunicata al Commissario che, salvo il caso di opposizione da parte del Governo, deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.

La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto ed entra in vigore non prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione. Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio regionale, e il Governo della Repubblica lo consente, la promulgazione e l'entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati.

Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della Regione o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre Regioni, la rinvia al Consiglio regionale nel termine fissato per l'apposizione del visto.

Ove il Consiglio regionale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte decide di chi sia la competenza.»

 

(**) Le norme sui giudizi di legittimità costituzionale sono state dettate dalla legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1.

 

Titolo V - Articolo 128

(Abrogato) (*)

NOTE:

(*) L'art. 128 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Le Provincie e i Comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principî fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni.»

 

Titolo V - Articolo 129

(Abrogato) (*)

NOTE:

(*) L'art. 129 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Le Provincie e i Comuni sono anche circoscrizioni di decentramento statale e regionale.

Le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un ulteriore decentramento.»

 

Titolo V - Articolo 130

(Abrogato) (*)

NOTE:

(*) L'art. 130 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti locali.

In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.»

 

Titolo V - Articolo 131

Sono costituite le seguenti Regioni:

Piemonte;

Valle d'Aosta;

Lombardia;

Trentino-Alto Adige;

Veneto;

Friuli-Venezia Giulia;

Liguria;

Emilia-Romagna;

Toscana;

Umbria;

Marche;

Lazio;

Abruzzi;

Molise; (**)

Campania;

Puglia;

Basilicata;

Calabria;

Sicilia;

Sardegna.

NOTE:

(*) L'art. 131 è stato modificato dalla legge costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3, che ha disposto la costituzione del Molise come regione a se stante.

 

(**) L'art. 131 è stato modificato dalla legge costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3, che ha disposto la costituzione del Molise come regione a se stante.

 

Titolo V - Articolo 132

Si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.

Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra. (*)

NOTE:

(*) L'art. 132 è stato modificato dall'articolo 9, primo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo originario dell'articolo era il seguente:

 

«Si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.

Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra.»

 

Titolo V - Articolo 133

Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione. La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.

 

 

 


R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267
Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani (artt. 7, 79-85, 139-152, 155)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 17 maggio 1924, n. 117.

(2)  Il decreto è stato emanato in virtù della legge di delegazione 3 dicembre 1922, n. 1601. Per l'esercizio delle funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al presente decreto, vedi l'art. 61, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.


(omissis)

7.  Per i terreni vincolati la trasformazione dei boschi in altre qualità di coltura e la trasformazione di terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione sono subordinate ad autorizzazione del Comitato forestale (6) e alle modalità da esso prescritte, caso per caso, allo scopo di prevenire i danni di cui all'art. 1.

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(6)  Vedi nota 3 all'art. 4.


(omissis)

79.  I proprietari di terreni vincolati possono riunirsi in consorzio al fine di provvedere al rimboschimento dei terreni stessi.

La formazione di tale consorzio può anche venire ordinata dall'Autorità giudiziaria, a norma dell'art. 659 del codice civile (65), quando dai lavori di rimboschimento possano derivare vantaggi ad altri proprietari.

I proprietari dissidenti hanno facoltà di esimersi da siffatto obbligo, cedendo i terreni al consorzio a prezzo di stima, nel qual caso è obbligatorio pel consorzio l'acquisto di essi.

Ove questa facoltà non venga esercitata, i promotori del consorzio possono, nel caso che rappresentino almeno i quattro quinti dell'area del rimboschimento, procedere all'espropriazione dei terreni dei proprietari dissidenti, corrispondendo il prezzo che verrà stabilito nei modi previsti dall'art. 21.

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(65)  Ora art. 862 c.c. 1942.


80.  L'amministrazione del consorzio ha la capacità giuridica di rappresentare, col mezzo del suo capo, il consorzio nei giudizi, nei contratti ed in tutti gli atti che interessino l'ente, entro il limite dei poteri stabiliti dal regolamento o statuto.


81.  La responsabilità dei consortisti è limitata alla quota da ciascuno conferita in società o determinata nel regolamento.


 

82.  È data facoltà ai consorzi di stabilire, nell'atto della loro costituzione, o nel regolamento, che le controversie tra soci, o tra soci ed il consorzio, siano decise col mezzo di arbitri e che questi possano rendere le loro decisioni immediatamente esecutive, nonostante l'appello ai Tribunali ordinari.


83.  Ai consorzi, i quali dimostrino che la superficie dei terreni da rimboschimento non sia inferiore a 20 ettari, può essere accordata con decreto reale la facoltà di riscuotere coi privilegi e nelle forme fiscali il contributo dei soci.

La domanda, accompagnata dal regolamento o statuto del consorzio, viene presentata al Prefetto della Provincia che la rassegna al Ministro per l'economia nazionale (66) colle sue osservazioni per la emanazione del decreto reale.

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(66)  Vedi nota 5 all'art. 10.


84.  Non sono soggetti che ad un diritto fisso di registro di lire 2000 (67), ove non sia minore per legge, gli atti di costituzione, attuazione e primo stabilimento del consorzio e gli atti successivi che per la durata di sei anni dalla data dell'atto costitutivo, occorrano per l'esecuzione dei lavori di rimboschimento.

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(67)  Imposta così aumentata dall'art. 1, III comma, L. 21 luglio 1961, n. 707.


85.  Per la durata di un triennio dall'entrata in vigore del presente decreto, il Ministero dell'economia nazionale (68) in base ad apposite convenzioni, è autorizzato a concedere contributi ai consorzi di rimboschimento, nonché a Provincie, Comuni e consorzi di Comuni, che assumano a proprio carico la gestione dei vivai forestali governativi, istituiti per la distribuzione gratuita di piantine forestali.

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(68)  Vedi nota 5 all'art. 10.


(omissis)

TITOLO IV

Gestione dei patrimoni silvo-pastorali dello Stato, dei Comuni e di altri enti

Capo II - Patrimoni silvo-pastorali dei Comuni ed altri enti

Sezione II - Gestione dei patrimoni silvo-pastorali dei Comuni o di altri enti cui appartengono

§ 1 - Costituzione delle Aziende speciali

139.  I Comuni possono provvedere alla gestione tecnica dei boschi e dei pascoli comunque loro appartenenti, mediante Aziende speciali, da costituirsi nei modi stabiliti dal presente decreto, quando, tenuto conto dell'importanza economica di detti beni, tale forma di gestione si manifesti possibile conveniente (105).

In tal caso essi godranno di un contributo, da parte dello Stato, nella misura che potrà estendersi fino al 75 per cento dello stipendio assegnato al personale tecnico, e fino al 50 per cento dello stipendio assegnato al personale di custodia, assunto in servizio per il funzionamento dell'Azienda stessa, rimanendo ogni altra spesa a totale carico dell'ente.

La misura del contributo e la durata, non inferiore a cinque anni, sono fissate con decreto del Ministro per l'economia nazionale (106).

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(105)  L'art. 13 D.P.R. 10 giugno 1955, n. 987, sul decentramento dei servizi del Ministero dell'agricoltura, ha così disposto: «Allo scopo di favorire il miglioramento tecnico ed economico dei territori montani e di promuovere in particolare la costituzione dei consorzi di cui agli artt. 10 e 16 della L. 25 luglio 1952, n. 991, nonché per adempiere e coordinare le funzioni previste dagli artt. 5 e 17 della stessa legge, dal comma XV dell'art. 1 della L. 27 dicembre 1953, n. 959 (recante norme di modifica al testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775) e dagli artt. 139 e 155 del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267, i Comuni compresi in tutto o in parte nel perimetro di una zona montana di cui all'art. 18 possono costituirsi in consorzio a carattere permanente, denominato «Consiglio di valle» o «Comunità montana».

La costituzione del «Consiglio di valle» o della «Comunità montana» è obbligatoria quando ne facciano richiesta al Prefetto non meno dei tre quinti dei Comuni interessati, purché rappresentino almeno la metà della superficie complessiva della zona.

La costituzione è disposta con decreto del Prefetto, se i Comuni appartengono alla stessa circoscrizione provinciale; del Ministro per l'interno se essi appartengono a circoscrizioni provinciali diverse».

(106)  Vedi anche artt. 4 e 9 L. 25 luglio 1952, n. 991. Vedi anche nota 5 all'art. 10.

 


140.  La costituzione dell'Azienda dovrà essere deliberata dal Consiglio comunale nelle forme stabilite dall'art. 190 della legge comunale e provinciale (107).

La relativa deliberazione dovrà essere sottoposta all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, sentito il parere del Comitato forestale (108).

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(107)  R.D. 3 marzo 1934, n. 383.

(108)  Vedi nota 3 all'art. 4.


141.  L'Azienda è retta da un regolamento speciale contenente tutte le norme per il suo funzionamento amministrativo, contabile e tecnico.

Salvo le disposizioni sancite dal presente decreto, detto regolamento dovrà anche determinare i requisiti per la nomina del personale tecnico, la retribuzione dovutagli sotto forma di stipendio fisso e la misura di eventuali premi ed indennità, nonché le norme circa i congedi, le aspettative, i provvedimenti disciplinari ed il trattamento in caso di licenziamento per revoca dell'Azienda o per qualsiasi altra causa ed in caso di collocamento a riposo, escluso ogni onere di pensioni a carico diretto del Comune o dell'Azienda.

Esso sarà approvato dalla Giunta provinciale amministrativa, udito il Comitato forestale (109), e dovrà essere comunicato al Ministero della economia nazionale (110).

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(109)  Vedi nota 3 all'art. 4.

(110)  Vedi nota 5 all'art. 10.


142.  A sovraintendere all'Azienda è istituita una Commissione composta del presidente e di quattro membri, dei quali due effettivi e due supplenti, scelti dal Consiglio comunale, anche fuori del proprio seno, fra persone, in quanto sia possibile, tecnicamente competenti, purché eleggibili a consiglieri comunali.

La Commissione dura in carica quattro anni. In caso di rinnovazione dei membri innanzi tempo scaduti, si osservano le norme sancite dall'art. 284 della legge comunale e provinciale (111).

La direzione tecnica è affidata a persona avente i requisiti di cui all'art. 159.

Le attribuzioni, sia della Commissione amministratrice, che del Direttore tecnico, e la nomina di questi, saranno disciplinate dal regolamento del presente decreto.

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(111)  R.D. 3 marzo 1934, n. 383.


143.  Costituita l'Azienda, dovrà essere provveduto alla preparazione del piano economico del patrimonio affidatole.

Allorché si tratti di boschi e pascoli gravati da usi civici il regolamento sull'esercizio di essi dovrà fare parte integrante del piano anzidetto.

Questo regolamento, però, dovrà tenere conto dello stato attuale del godimento degli usi civici, nonché delle condizioni economiche in cui si trovano le popolazioni e del grado di sviluppo delle industrie silvo-pastorali, al fine di rendere sempre meno grave il peso che detti usi esercitano sui Demani comunali.

Nel caso che la redazione del piano economico richieda tempo e spese notevoli, potrà redigersi un piano sommario e provvisorio.

Decorso un anno dalla costituzione dell'Azienda, nessun taglio di piante potrà essere fatto senza che vi sia almeno il piano economico sommario.


144.  Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo devono essere sottoposti all'approvazione del Consiglio comunale.

Il reddito netto risultante dal conto consuntivo è devoluto a vantaggio del Comune, salvo una quota da riservarsi per opere di miglioramento del patrimonio conformemente alle previsioni contenute nel piano economico, ed una quota per sovvenire l'Azienda negli esercizi in cui l'ammontare dei proventi risulterà inferiore alle spese.

Il riparto e la destinazione degli utili saranno deliberati anno per anno dal Consiglio comunale, su proposta della Commissione amministratrice.

La relativa deliberazione è sottoposta all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, sentito l'Ispettorato forestale.

Su proposta dello stesso Ispettorato, la quota da destinarsi ad opere di miglioramento potrà essere elevata d'ufficio dalla Giunta provinciale amministrativa fino al quarto del ricavato lordo, se si tratta di tagli straordinari.


145.  Per le alienazioni, le locazioni e gli appalti di cose ed opere saranno osservate le disposizioni della legge comunale e provinciale (112), intendendosi sostituita la Commissione al Consiglio comunale ed alla Giunta municipale e il Presidente della Commissione al Sindaco.

Può peraltro la Commissione, con deliberazione motivata, provvedere a licitazione o trattativa privata, senza bisogno di speciale autorizzazione:

a) quando l'asta vada deserta per due volte consecutive o non siasi in essa raggiunto il limite fissato dalla Commissione stessa;

b) quando una evidente urgenza non permetta l'indugio degli incanti;

c) quando trattisi dell'acquisto di materiali per la cui natura non è possibile promuovere il concorso di pubbliche offerte.

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(112)  R.D. 3 marzo 1934, n. 383.


146.  Quando vi siano fondati motivi per ritenere che la Commissione esplichi azione contraria alle norme di legge e pregiudichi gli interessi dell'Azienda, il Consiglio comunale, su proposta motivata del Prefetto o del Sindaco, può deliberare lo scioglimento della Commissione. Tale deliberazione deve essere adottata con l'intervento di almeno i due terzi dei consiglieri assegnati al Comune e sottoposta all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, sentito il parere del Comitato forestale (113).

Qualora si renda impossibile il funzionamento dell'Azienda, per grave trascuratezza od abbandono da parte dei componenti la Commissione o per responsabilità accertata a carico di questi, ed il Consiglio comunale ometta di deliberare, la Commissione può essere sciolta dal Prefetto, su conforme parere della Giunta Provinciale amministrativa e sentito il Comitato forestale (114).

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(113)  Vedi nota 3 all'art. 4.

(114)  Vedi nota 3 all'art. 4.


147.  La Amministrazione temporanea dell'Azienda, sarà affidata, in caso di scioglimento, alla Giunta municipale, la quale eserciterà i poteri della Commissione.

Ove il Consiglio non provveda alla nomina della nuova Commissione nel termine di sessanta giorni dalla data di esecuzione della deliberazione o del decreto di scioglimento, il Prefetto provvede d'ufficio alla nomina predetta.


148.  Il Consiglio comunale, con deliberazione motivata, può decidere la revoca dell'Azienda e la gestione diretta del patrimonio.

Tale deliberazione deve essere presa con le stesse norme stabilite per la costituzione dell'Azienda ed approvata dalla Giunta provinciale amministrativa, udito il parere del Comitato forestale (115).

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(115)  Vedi nota 3 all'art. 4.


149.  Nella deliberazione di revoca devono essere indicate le modalità per la liquidazione dell'Azienda.

Dalla data di esecutorietà della deliberazione cessa il diritto a percepire il contributo statale di cui all'art. 139, salvo che il Comune mantenga un funzionario tecnico provvisto dei requisiti di cui all'art. 159.


 

TITOLO IV

Gestione dei patrimoni silvo-pastorali dello Stato, dei Comuni e di altri enti

Capo II - Patrimoni silvo-pastorali dei Comuni ed altri enti

Sezione II - Gestione dei patrimoni silvo-pastorali dei Comuni o di altri enti cui appartengono

§ 2 - Aziende per la gestione dei domini collettivi

150.  Le università agrarie, le comunanze, le partecipanze e le società di antichi originari possono addivenire all'assunzione di personale tecnico e di custodia per la gestione dei propri boschi e pascoli quando la deliberazione sia presa da coloro che rappresentano la maggioranza degli interessi ed almeno il terzo dei componenti la comunione.

La maggioranza così formata può altresì deliberare, impegnando la minoranza, la formazione di consorzi con altri corpi morali, per l'assunzione del personale in parola.


151.  L'Assemblea generale dei partecipanti al condominio nominerà una Commissione amministrativa dell'Azienda, determinandone le attribuzioni.


152.  Le norme stabilite, oltre che per l'amministrazione ed il godimento della cosa comune, anche per le migliorie, saranno valide per la minoranza dissenziente, quando abbiano ottenuto la approvazione della maggioranza calcolata nel modo previsto dall'art. 150.

Per la vendita dei prodotti, per il godimento dei beni comuni, nonché per l'esecuzione delle opere di miglioramento e per l'erogazione di somme, saranno osservate le norme stabilite dagli statuti della comunanza.


(omissis)

155.  Più Comuni o più enti morali, mantenendo separata la gestione dei rispettivi patrimoni silvo-pastorali nella forma di economia od in quella dell'azienda speciale, possono costituirsi in consorzio per l'assunzione di un unico Direttore per la gestione tecnica dei patrimoni stessi.

Il consorzio può estendersi anche all'assunzione di personale di custodia (119).

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(119)  Vedi nota 54 all'art. 139.

 (omissis)

 


R.D. 3 ottobre 1929, n. 1997
Approvazione del regolamento per l'applicazione della legge 13 dicembre 1928, n. 3141, concernente l'Amministrazione forestale, l'ordinamento della Milizia nazionale forestale (2) e l'Azienda delle foreste demaniali dello Stato (art. 13).

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 dicembre 1929, n. 283.

(2)  La Milizia nazionale forestale è stata sciolta in virtù del R.D.L. 6 dicembre 1943, n. 16-B che prevedeva il ripristino del Real Corpo delle foreste. Il D.Lgs. 12 marzo 1948, n. 804, ratificato, con alcune modificazioni, dalla L. 4 maggio 1951, n. 538, ha stabilito le norme di attuazione per il ripristino del Corpo forestale dello Stato, e disposto che una Direzione generale delle foreste, istituita presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, sostituisse il Comando della soppressa Milizia nazionale delle foreste. L'art. 2 D.Lgs. 17 febbraio 1948, n. 215, ratificato con L. 28 dicembre 1952, n. 4417, ha disposto che le funzioni attribuite al comandante della soppressa Milizia forestale fossero devolute al Direttore generale delle foreste od a chi ne fa le veci. A norma dell'art. 33, L. 25 luglio 1952, n. 991, la denominazione della Direzione generale delle foreste è stata mutata in quella di Direzione generale per l'economia montana e per le foreste.

(3)  Ai sensi dell'art. 29 D.Lgs. 12 marzo 1948, n. 804, ratificato con alcune modificazioni, dalla L. 4 maggio 1951, n. 538, le norme contenute nel regolamento che qui si riporta, continueranno ad applicarsi, in quanto compatibili con le disposizioni del D.Lgs. 12 marzo 1948, n. 804, fino all'emanazione di un regolamento unico dei servizi forestali e del Corpo forestale dello Stato, regolamento previsto nel capoverso dello stesso articolo.


È approvato l'unito regolamento, visto, d'ordine nostro, dal Ministro per l'agricoltura e le foreste e dal Ministro per le finanze, per l'applicazione della legge 13 dicembre 1928, n. 3141, concernente l'Amministrazione forestale, l'ordinamento della Milizia nazionale forestale e l'Azienda delle foreste demaniali dello Stato.


(omissis)

13. Attribuzioni del Comandante il gruppo legioni

Il Comandante del gruppo legioni ha le seguenti attribuzioni:

a) esercita le funzioni di comando a norma dell'articolo precedente;

b) di sua iniziativa studia e sottopone al Ministro per l'agricoltura e le foreste tutto ciò che può essere utile per l'ordinamento dei servizi forestali, la vigilanza e tutela dei boschi e le opere forestali e montane;

c) dirama, secondo le direttive ricevute dal Ministro per l'agricoltura e le foreste, le istruzioni e le regole per il servizio amministrativo e tecnico, di vigilanza e tutela dei boschi, e per le opere forestali e montane, e coordina altresì l'azione dei comandi dipendenti;

d) dà le disposizioni per l'applicazione dei regolamenti compilati dai Consigli provinciali dell'economia ed approvati dal Ministro per l'agricoltura e le foreste per la conservazione e utilizzazione dei boschi;

e) fa eseguire le deliberazioni e le disposizioni dei Consigli provinciali dell'economia;

f) impartisce le disposizioni per l'esecuzione di piani di assestamento dei boschi e dei progetti di rimboschimento, rinsaldamento e sistemazione approvati dal Ministro per l'agricoltura e le foreste in dipendenza delle leggi vigenti;

g) provvede a quant'altro è inerente al servizio al quale presiede.

(omissis)

 


R.D.L. 18 giugno 1936, n. 1338
Provvedimenti per agevolare e diffondere la coltivazione del pioppo e di altre specie arboree nelle pertinenze idrauliche demaniali(art. 6)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 luglio 1936, n. 163 e convertito in legge dalla L. 14 gennaio 1937, n. 402.


(omissis)

6.  I proprietari, gli enfiteuti o gli usufruttuari rivieraschi di corsi d'acqua pubblica hanno, ciascuno per le pertinenze idrauliche demaniali fronteggianti i propri fondi, il diritto di prelazione nelle future concessioni delle dette pertinenze a scopo di piantagioni di pioppi o di altre essenze arboree per una superficie non superiore ad ettari diciotto. Tale limite di superficie non si applica per le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e per le Associazioni agrarie di cui alla legge 4 agosto 1894, n. 397.

La prelazione di cui sopra deve essere esercitata, sotto pena di decadenza, mediante presentazione della domanda di concessione, con i relativi piani di coltivazione, entro sessanta giorni dalla notificazione dell'invito da parte della competente Intendenza di finanza.

Le pertinenze idrauliche demaniali aventi formazione insulare e quelle per le quali non può venire esercitato o comunque non viene esercitato il diritto di prelazione di cui sopra sono concesse, con diritto di prelazione nell'ordine sotto segnato, alle cooperative aventi sede nel Comune in cui si trova la pertinenza da concedere, le quali siano iscritte nel registro della competente Prefettura e siano legalmente costituite:

a) da lavoratori agricoli, iscritti con tale qualifica presso gli Uffici di collocamento;

b) da lavoratori e da coltivatori diretti;

c) da coltivatori diretti.

Per la qualifica di coltivatore diretto si fa riferimento alla legge 25 giugno 1949, n. 353, art. 1, comma terzo.

La prelazione viene esercitata dalle cooperative secondo il disposto del secondo comma del presente articolo.

Trascorsi i termini previsti dai commi secondo e quinto del presente articolo senza che sia stato esercitato alcun diritto di prelazione, l'Amministrazione delle finanze è libera di accordare la concessione ad altri.

L'Amministrazione delle finanze in ogni caso accorda la concessione sentita la competente Commissione provinciale.

È fatto divieto ai concessionari di cedere sotto qualsiasi titolo le pertinenze ottenute a termini del presente articolo.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano per le pertinenze che vengono concesse all'Azienda di Stato per le foreste demaniali, a sua richiesta, allo scopo di impiantarvi direttamente coltivazioni arboree (7).

Il diritto di prelazione non spetta altresì ai frontisti per i terreni che vengono richiesti in concessione all'Amministrazione delle finanze dai comuni, dai consorzi di comuni, dalle provincie, dalle regioni o dalle comunità montane, allo scopo di destinarli a riserve naturali o di realizzarvi parchi territoriali fluviali o lacuali o, comunque, interventi di recupero, di valorizzazione o di tutela ambientale (8).

Il diritto di prelazione spetta invece, in via subordinata, ai soggetti titolari di programmi di cui ai regolamenti (CEE) nn. 2078/92 e 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, relativi a produzioni compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente (9).

Le domande di concessione, adeguatamente motivate sotto il profilo dell'interesse pubblico da perseguire, devono essere accompagnate dai programmi di gestione del territorio deliberati dalle amministrazioni comunali in conformità alle prescrizioni urbanistiche e ambientali vigenti, nonché alle direttive di cui all'articolo 2, ove emanate. L'approvazione dei programmi di intervento costituisce variante agli strumenti urbanistici vigenti. Sulle domande di concessione è sentito il parere della commissione provinciale di cui all'articolo 1 per quanto attiene alla esigenza di dare incremento alle coltivazioni del pioppo e di altre specie arboree nelle pertinenze idrauliche demaniali, tenuto conto delle esigenze di consolidamento spondale (10).

Alle concessioni relative alle pertinenze idrauliche comunque assentite ai sensi del presente decreto, sono applicabili le disposizioni in materia di determinazione del canone di cui alla legge 3 maggio 1982, n. 203, e successive modificazioni (11).

Gli enti pubblici concessionari in base al decimo comma del presente articolo possono dare in gestione i terreni medesimi alle associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, o a consorzi forestali, riconosciuti in base alle leggi statali o regionali, che svolgano attività forestali ambientali, sulla base di convenzioni stipulate per una durata non superiore a dieci anni, salva la facoltà di rinnovo (12).

Gli interventi devono essere realizzati, a pena di decadenza, entro tre anni dalla concessione (13).

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(7)  Articolo così sostituito dall'art. 4, L. 12 dicembre 1960, n. 1596.

(8)  Comma aggiunto dall'art. 8, L. 5 gennaio 1994, n. 37.

(9)  Comma aggiunto dall'art. 8, L. 5 gennaio 1994, n. 37, come corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1994, n. 93.

(10)  Comma aggiunto dall'art. 8, L. 5 gennaio 1994, n. 37.

(11)  Comma aggiunto dall'art. 8, L. 5 gennaio 1994, n. 37.

(12)  Comma aggiunto dall'art. 8, L. 5 gennaio 1994, n. 37.

(13)  Comma aggiunto dall'art. 8, L. 5 gennaio 1994, n. 37.


L. 18 luglio 1956, n. 759
Coltivazione, difesa e sfruttamento della sughera (art. 12)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 luglio 1956, n. 190.


(omissis)

 

12.  Le disposizioni di cui agli articoli 8, 9, 10 e 11 della presente legge riguardano indistintamente tutte le sugherete pure e miste, sempre quando il numero delle sughere superi le 25 unità per ettaro.

(omissis)

 


L. 22 maggio 1973, n. 269
Disciplina della produzione e del commercio di sementi e piante di rimboschimento

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 11 giugno 1973, n. 148.

(2)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Ministero per le politiche agricole: Circ. 5 marzo 1999, n. 720/74.


Capo I

Attività sementiera e rilascio della licenza di esercizio

 

1.  [La produzione a scopo di vendita e la vendita di materiale forestale di propagazione destinato ai rimboschimenti ed appartenente alle piante forestali di cui all'allegato A sono regolate dalle disposizioni della presente legge.

Su proposta della commissione di cui al successivo articolo 16, il Ministro per l'agricoltura e le foreste, con proprio decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, può estendere tali disposizioni ad altre piante forestali. Nel successivo articolo 7 sono descritti e classificati i materiali forestali di propagazione assoggettati alla disciplina della presente legge] (4).

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(4)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


2.  [La produzione a scopo di vendita e la vendita del materiale forestale di propagazione da destinarsi al rimboschimento è subordinata al possesso di apposita licenza rilasciata dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura della provincia dove ha sede lo stabilimento o il vivaio, su parere di una commissione istituita presso l'Ispettorato regionale delle foreste competente per territorio.

La commissione è nominata con decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste, ed è formata:

a) dal capo dell'Ispettorato regionale delle foreste che la presiede;

 

b) dal direttore dell'Osservatorio per le malattie delle piante competente per territorio;

 

c) dal direttore dell'Istituto sperimentale per la selvicoltura di Arezzo;

 

d) dal direttore dell'Istituto di selvicoltura della facoltà agraria e forestale dell'Università di Firenze;

 

e) da due rappresentanti dei produttori di materiali forestali di propagazione scelti tra le persone designate dalle associazioni nazionali dei produttori.

La commissione viene integrata di volta in volta con la partecipazione del capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste e di un rappresentante della camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, per l'esame delle rispettive province.

Un funzionario dell'Ispettorato regionale delle foreste svolge le mansioni di segretario.

I rappresentanti dei produttori di materiale forestale di propagazione ed il rappresentante della camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura durano in carica tre anni e possono essere confermati.

Ai componenti ed al segretario della commissione sarà corrisposto il gettone di presenza nella misura prevista dalla legge 5 giugno 1967, n. 417, ed agli aventi diritto la indennità di missione ed il rimborso delle spese di viaggio.

La commissione si pronuncia sulla idoneità tecnica della ditta richiedente, con particolare riguardo agli impianti ed alle attrezzature di cui essa dispone o di cui ha progettato la realizzazione e la trasformazione.

Il rilascio della licenza è subordinato al parere favorevole della commissione medesima, all'accertamento da parte dell'Ispettorato regionale delle foreste dell'esecuzione dei lavori progettati, nonché al pagamento della tassa di concessione governativa di lire 10.000, prevista dal numero 130 alla tabella A allegata al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° marzo 1961, n. 121, e successive modificazioni.

Con l'autorizzazione del Ministro per l'agricoltura e le foreste, gli stabilimenti ed i vivai del Corpo forestale dello Stato e dell'Azienda di Stato per le foreste demaniali, possono produrre e mettere in commercio materiale forestale di propagazione destinato al rimboschimento.

L'autorizzazione ministeriale tiene luogo della licenza di cui al presente articolo (5)] (6).

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(5)  Vedi, anche, l'art. 22, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

(6)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


3.  [Avverso il diniego di rilascio della licenza e ammesso, entro 30 giorni dalla comunicazione del relativo provvedimento, il ricorso al Ministro per l'agricoltura e le foreste, che decide, sentita la commissione nazionale tecnico-consultiva di cui al successivo articolo 16] (7).

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(7)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Capo II

Obblighi inerenti all'esercizio dell'attività sementiera e vivaistica

4.  [I produttori di materiale forestale di propagazione contemplato dal precedente articolo I, sono obbligati a comunicare al capo dell'Ispettorato regionale delle foreste, entro il 30 settembre di ciascuno anno, la consistenza del materiale stesso esistente nei propri stabilimenti o vivai] (8).

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(8)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


5.  [I produttori o detentori, a qualsiasi titolo, delle sementi e degli altri materiali indicati al precedente articolo 1, devono tenere, per ciascuno stabilimento, magazzino, deposito o vivaio, un registro di carico e scarico, nel quale devono essere cronologicamente ed analiticamente annotate l'entrata e l'uscita di tutte le partite di materiale forestale di propagazione, distinguendo quelle prodotte direttamente e quelle aventi altra provenienza.

Le pagine del suindicato registro devono essere numerate progressivamente e vidimate dal capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste competente per territorio.

Con decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il Ministro per l'agricoltura e le foreste stabilirà il modello del registro di carico e scarico, nonché le altre modalità di tenuta del registro stesso (9)] (10).

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(9)  Con D.M. 15 novembre 1974 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1975, n. 49) è stato approvato il registro di carico e scarico riguardante i materiali forestali di propagazione destinati a rimboschimenti. Con successivo D.M. 11 marzo 1975 (Gazz. Uff. 18 aprile 1975, n. 103) è stato approvato il registro di carico e scarico riguardante i materiali di propagazione vegetativa di Populus sp. pl.

(10)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


6.  [Durante le fasi di raccolta, lavorazione, immagazzinamento, trasporto, allevamento e conservazione i materiali di propagazione devono essere tenuti in lotti separati ed identificati secondo:

a) la specie e, se necessario, la sottospecie, le varietà ed il clone;

 

b) la categoria: materiali di propagazione selezionati o materiali di propagazione controllati;

 

c) la provenienza o la regione di provenienza per i materiali di propagazione selezionati;

 

d) i materiali di base per i materiali di propagazione controllati;

 

e) l'origine autoctona e non autoctona;

 

f) l'anno di maturazione dei semi;

 

g) la durata dell'allevamento in vivaio distinta nelle sue varie fasi (11)] (12).

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(11)  Così sostituito dall'art. 1, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(12)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.

 


Capo III

Classificazione dei materiali forestali di propagazione

7.  [Ai fini della presente legge si intendono per:

1) materiali forestali di base:

a) [per la produzione di sementi: i boschi, le piante e gli arboreti da seme] (13);

 

b) per i materiali di riproduzione sessuale: le piante, i soprassuoli e gli arboreti da seme;

 

c) per i materiali di propagazione vegetativa: i cloni e i miscugli di cloni in proporzioni specificate;

2) materiali forestali di propagazione:

a) le sementi di specie forestali: le infruttescenze, i frutti, i semi destinati alla semina diretta o alla semina nei vivai, gli strobili e le infruttescenze destinate alla propagazione di detti semi;

 

b) le parti di piante: le talee, le margotte, le radici e le marze destinate alla produzione di piante, ad esclusione dei piantoni;

 

c) le piante: le piante di specie forestali ottenute da seme o per via vegetativa, compresi i piantoni ed i selvaggioni;

3) materiali forestali di propagazione selezionati: i materiali provenienti da materiali di base, di cui al precedente punto 1) ed ufficialmente ammessi secondo i criteri recati dall'allegato B della presente legge;

4) materiali forestali di propagazione controllati: i materiali di base ufficialmente ammessi in conformità di quanto disposto dall'articolo 7-bis della presente legge (14)] (15).

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(13)  Lettera abrogata dall'art. 9, L. 21 dicembre 1999, n. 526.

(14)  Articolo così sostituito dall'art. 2, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Successivamente il n. 4) è stato così modificato dall'art. 9, L. 21 dicembre 1999, n. 526.

(15)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


7-bis.  [Possono essere ammessi alla produzione di materiali di propagazione controllati soltanto i materiali di base da cui derivano materiali di propagazione aventi valore di utilizzazione superiore.

Il valore di utilizzazione superiore è valutato mediante le prove comparative, condotte secondo le norme di cui all'allegato C della presente legge (16)] (17).

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(16)  Articolo aggiunto dall'art. 3, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(17)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


7-ter.  [Ai fini della presente legge si intende per valore di utilizzazione superiore: il valore dato dalle caratteristiche genetiche dei materiali di propagazione, che globalmente considerati rappresentano, rispetto ai testimoni scelti conformemente all'allegato C, un netto miglioramento per la silvicoltura in generale o per la coltura nelle regioni in cui tali testimoni sono normalmente utilizzati (18)] (19).

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(18)  Articolo aggiunto dall'art. 3, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(19)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


7-quater.  [Ai fini della presente legge si intende per arboreto da seme: la piantagione di cloni e di discendenti selezionati, isolata contro ogni impollinazione estranea o installata in modo da evitare o da limitare detta impollinazione, e gestita nel modo più idoneo a produrre raccolti frequenti, abbondanti e facili (20)] (21).

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(20)  Articolo aggiunto dall'art. 3, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(21)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


8.  [Ai fini della presente legge si intendono per:

1) provenienza: la località in cui si trova un popolamento naturale od artificiale;

2) regione di provenienza: l'insieme di località, in condizioni ecologiche uniformi, in cui si trovano popolamenti di una determinata specie sottospecie o varietà, con caratteristiche genetiche, od almeno morfologiche, equivalenti;

3) origine: la località in cui si trova una popolazione di alberi naturale (autoctona), oppure località da cui proviene originariamente una popolazione introdotta (non autoctona)] (22).

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(22)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Capo IV

Condizioni per l'immissione in commercio

9.  [Il materiale forestale di propagazione di cui al precedente art. 1 destinato ai rimboschimenti, compresi quelli eseguiti dallo Stato, deve derivare dai materiali di cui all'art. 7, punti 3) e 4), e deve essere prodotto nei vivai controllati ai sensi della presente legge (23).

I materiali di propagazione di specie iscritti nel registro nazionale dei cloni forestali devono derivare solo dai materiali di cui all'art. 1, punto 4), della presente legge (24).

Chiunque faccia uso di materiali forestali di propagazione diversi da quelli stabiliti nel comma precedente, non potrà ottenere i contributi dello Stato e le altre agevolazioni a qualunque titolo previste] (25).

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(23)  Comma così sostituito dall'art. 4, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(24)  Comma così inserito dall'art. 4, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(25)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


10.  [Non possono essere trasportati, venduti, posti in vendita od immessi altrimenti in commercio i prodotti di cui al precedente articolo 1 se non in partite omogenee, confezionate in involucri, imballaggi o contenitori sigillati, muniti, all'interno ed all'esterno, del cartellino del produttore, integro e leggibile, recante l'indicazione della ditta, gli estremi della licenza, il nome della specie legnosa, la provenienza e il vivaio di allevamento, le caratteristiche e la quantità del materiale contenuto, lo specifico riferimento al «certificato di provenienza o di identità clonale» che ha consentito l'immissione in commercio ed il riferimento al registro di carico e scarico.

Sul cartellino del produttore alla voce «provenienza» dovrà essere indicato «materiali di propagazione di arboreto da seme» per le sementi di arboreto da seme e per i materiali di propagazione prodotti partendo da tali sementi (26).

Sul cartellino medesimo alla voce «provenienza» dovrà essere indicato il termine «ammissione provvisoria» per i materiali di propagazione controllati, i cui materiali di base sono stati ammessi in conformità di quanto disposto dall'art. 15 (27).

In particolare gli imballaggi o i contenitori delle sementi, sempre muniti del cartellino di cui al comma precedente, devono essere chiusi e sigillati.

Il cartellino è redatto in conformità ad uno schema predisposto con decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (28).

Ove trattisi di materiali forestali di propagazione provenienti da colture effettuate nei Paesi esteri, il cartellino deve riportare anche l'indicazione del Paese in cui è stata eseguita la riproduzione.

Il cartellino esterno va applicato in modo che l'asportazione di esso non sia possibile senza menomare l'integrità della chiusura.

È fatto divieto di apporre cartellini ed indicazioni non previsti dalla legge.

Nei vivai e nei locali adibiti alla vendita promiscua, all'ingrosso ed al dettaglio, di materiali forestali di propagazione, sui recipienti e sugli imballaggi, e comunque sui materiali non destinati al rimboschimento, dovranno essere apposti cartellini di dimensioni non inferiori a cm. 10 per 20 recanti la dicitura: «prodotto non destinato al rimboschimento».

È vietato l'impiego dei cartellini previsti nel presente articolo nella confezione di prodotti non classificabili, a norma della presente legge, tra i materiali forestali di propagazione] (29).

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(26)  Comma così inserito dall'art. 5, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(27)  Comma così inserito dall'art. 5, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(28)  Con D.M. 10 marzo 1975 (Gazz. Uff. 18 aprile 1975, n. 103) è stato approvato il modello del cartellino del produttore, riguardante la commercializzazione dei materiali forestali di propagazione destinati al rimboschimento.

(29)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


11.  [È vietato trasportare per la vendita, porre in vendita e vendere il materiale forestale di propagazione destinato ai rimboschimenti del quale non si possa dimostrare la provenienza o l'identità clonale.

Al fine della dimostrazione di cui al comma precedente, sono istituiti il certificato di provenienza e quello di identità clonale, che attestano, rispettivamente, la provenienza del materiale di propagazione sessuale e l'appartenenza del materiale di propagazione vegetativa al clone indicato.

Detti certificati redatti in conformità allo schema di cui all'allegato D della presente legge, sono rilasciati, a seguito di richiesta degli interessati da presentarsi almeno quindici giorni prima dell'inizio delle operazioni di preparazione del materiale, dal competente organo regionale (30).

Il rilascio dei suindicati certificati non può avvenire nel caso che il capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste abbia accertato la inosservanza di alcune delle disposizioni previste dalla presente legge] (31).

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(30)  Comma così sostituito dall'art. 6, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(31)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


12.  [Nei vivai e nei locali adibiti esclusivamente alla vendita all'ingrosso ed al dettaglio di materiali forestali di propagazione destinati al rimboschimento è vietato detenere i materiali che non siano confezionati, cartellinati e contraddistinti secondo le prescrizioni della presente legge] (32).

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(32)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Capo V

Importazione ed esportazione di materiale forestale di propagazione

13.  [Salva l'osservanza degli obblighi derivanti da accordi internazionali e dalle vigenti norme che regolano la esportazione e l'importazione delle merci e salva altresì l'osservanza delle vigenti disposizioni di legge in materia fitosanitaria, l'esportazione di materiale forestale di propagazione contemplato dal precedente articolo 1 è subordinata alla presentazione del certificato di provenienza o di identità clonale previsti dal precedente articolo 11, comma secondo. L'importazione è subordinata alla presentazione di analogo documento rilasciato dalle competenti autorità del Paese di origine, dal quale risulti inoltre, per le piante, la localizzazione del vivaio di produzione, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 14, paragrafi 1) e 2) della direttiva n. 404 del 14 giugno 1966 del Consiglio della C.E.E.

Il Ministro per l'agricoltura e le foreste, su conforme parere della commissione di cui al successivo articolo 16, previa autorizzazione emanata dalla commissione della C.E.E. ai sensi dell'articolo 15 della citata direttiva comunitaria, può consentire, con proprio decreto, l'importazione di materiale forestale di propagazione di una o più specie aventi requisiti ridotti. In tal caso il cartellino, di cui al precedente articolo 10, terzo comma, deve indicare che si tratta di materiale di propagazione avente requisiti ridotti.

I materiali forestali di propagazione aventi i requisiti previsti dalla presente legge e prodotti nei Paesi della C.E.E. possono circolare liberamente nel territorio nazionale.

Il Ministro per l'agricoltura e le foreste, su conforme parere della commissione di cui al successivo articolo 16, in conformità all'articolo 13 della citata direttiva comunitaria, può vietare la circolazione di determinati materiali forestali di propagazione inadatti al rimboschimento nel territorio nazionale] (33).

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(33)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Capo VI

Libri e registri nazionali

14.  [Ai fini del controllo del materiale forestale di propagazione prodotto nel territorio nazionale, i boschi e gli arboreti da seme delle piante forestali di cui all'allegato A della presente legge, riconosciuti, secondo la procedura istruttoria prevista dal successivo articolo 18, idonei alla produzione di seme da destinarsi al rimboschimento od alla produzione di piantine da rimboschimento, sono iscritti nel Libro nazionale boschi da seme, istituito presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Direzione generale per l'economia montana e per le foreste.

Le iscrizioni nel Libro sono effettuate con decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste, sentita la commissione di cui al successivo articolo 16.

I boschi già iscritti nel Libro esistente presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Direzione generale per l'economia montana e per le foreste, sono iscritti d'ufficio e senza ulteriori accertamenti nel Libro istituito ai sensi del precedente primo comma] (34).

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(34)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


15.  [Per l'iscrizione nei libri o nei registri nazionali previsti dalla presente legge, i materiali di base destinati alla produzione di materiali di propagazione selezionati debbono rispondere ai requisiti indicati nell'allegato B della presente legge.

Le caratteristiche esteriori dei materiali forestali di propagazione, su proposta della commissione di cui al successivo art. 16, saranno stabilite con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Per un periodo di durata non superiore a dieci anni, qualora dai risultati delle prove comparative si possa desumere che determinati materiali di base soddisferanno, al termine degli esami, i requisiti richiesti per l'ammissione di cui agli articoli 7-bis e 7-ter, tali materiali potranno essere usati come base per la produzione di materiale di propagazione controllato (35)] (36).

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(35)  Articolo così sostituito dall'art. 7, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Successivamente il terzo comma è stato così sostituito dall'art. 9, L. 21 dicembre 1999, n. 526.

(36)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


16.  [Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge con decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste, è costituita una commissione nazionale tecnico-consultiva, che esercita funzioni di consulenza per l'attività forestale e coordina gli studi e le ricerche volte al miglioramento del materiale di propagazione destinato ai rimboschimenti. Essa è composta:

a) dal direttore generale per l'economia montana e per le foreste, che la presiede;

 

b) dal vice direttore dell'Azienda di Stato per le foreste demaniali;

 

c) dal direttore dell'Istituto sperimentale per la selvicoltura di Arezzo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 novembre 1967, n. 1318;

 

d) dal direttore dell'Istituto di selvicoltura della facoltà agraria e forestale dell'Università di Firenze;

 

e) da un tecnico specializzato in pioppicoltura designato dalla commissione nazionale per il pioppo, istituita con decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 1969;

 

f) da tre esperti nominati dal Ministro per l'agricoltura e le foreste su proposta delle Regioni;

 

g) da due rappresentanti dei produttori dei materiali forestali di propagazione, scelti dal Ministro per l'agricoltura e le foreste fra le persone designate dalla Associazione nazionale dei produttori.

Per ciascuno dei componenti sarà nominato un supplente.

Le funzioni di segretario della commissione sono assunte dal dirigente della divisione «semi e piantine» della Direzione generale per la economia montana e per le foreste.

La commissione ha sede in Roma presso la Direzione generale per l'economia montana e per le foreste. I componenti di cui alle lettere e), f) e g) del primo comma durano in carica cinque anni e possono essere confermati.

Ai componenti ed al segretario della commissione sarà corrisposto il gettone di presenza nella misura prevista dalla legge 5 giugno 1967, n. 417, ed agli aventi diritto l'indennità di missione ed il rimborso delle spese di viaggio] (37).

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(37)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


17.  [L'iscrizione nel Libro nazionale boschi da seme dei boschi ed arboreti da seme, aventi i requisiti stabiliti dal precedente articolo 15, è promossa dal proprietario, con domanda da inviare al capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste competente per territorio, o d'ufficio da quest'ultimo.

La domanda del proprietario o la richiesta del capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste competente devono essere trasmesse al Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Direzione generale per l'economia montana e per le foreste, che effettua l'istruttoria di cui al successivo articolo 18, ai fini della emanazione del decreto di iscrizione nel Libro nazionale dei boschi da seme.

Al decreto di iscrizione è allegato il disciplinare di gestione del bosco, ai fini della sua conservazione e del miglioramento della produzione qualitativa e quantitativa del seme.

Il disciplinare può derogare alle prescrizioni di massima e di polizia forestale di cui all'articolo 8 del regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, ed al piano economico previsto dall'articolo 130 del decreto citato, ed è parificato a tutti gli effetti di legge alle citate prescrizioni di massima e di polizia forestale, ferme restando le disposizioni degli articoli 24 e 26 del su richiamato regio decreto-legge n. 3267 del 1923.

Su richiesta della commissione di cui al precedente articolo 16, l'Azienda di Stato per le foreste demaniali potrà acquisire i boschi, ed eventualmente le zone ad essi circostanti, che dalla commissione medesima siano stati dichiarati idonei alla iscrizione nel Libro nazionale dei boschi da seme o che siano in esso già iscritti.

L'acquisizione di cui al comma precedente avverrà secondo le norme, i criteri e le procedure stabiliti negli articoli III e seguenti del regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267] (38).

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(38)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


18.  [L'accertamento dei requisiti di cui al precedente articolo 15, comma primo, viene effettuato dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, normalmente a mezzo dell'Istituto sperimentale per la selvicoltura di Arezzo e dell'Ispettorato od ufficio regionale delle foreste competente per territorio, che provvedono alla redazione di apposita scheda descrittiva e del disciplinare di gestione, di cui all'articolo precedente.

Per determinate specie od in particolari casi il compito può essere affidato ad altri istituti di ricerca forestale.

Analoga procedura viene seguita per la revoca dell'iscrizione.

La proposta di iscrizione d'ufficio e lo schema di disciplinare sono notificati al proprietario del bosco per tramite dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste competente per territorio.

Ai fini dell'emanazione del decreto ministeriale di iscrizione ai sensi del precedente articolo 14, secondo comma, il proprietario che intenda accettare la proposta di iscrizione, nonché le norme contenute nel disciplinare di gestione, deve impegnarsi, entro trenta giorni dall'avvenuta notifica, con lettera raccomandata diretta al capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste competente per territorio, alla osservanza del disciplinare per un periodo di cinque anni.

Trascorso il periodo di cinque anni dalla iscrizione, questa si considera rinnovata per eguale tempo, salvo domanda di revoca o di modifica di iscrizione o del disciplinare, da inoltrarsi dal proprietario al capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste territorialmente competente, non oltre i novanta giorni che precedono la scadenza del quinquennio.

La rinnovazione dell'iscrizione è altresì esclusa in dipendenza di richiesta in tale senso formulata dal capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste territorialmente competente, su conforme parere della commissione di cui al precedente articolo 16] (39).

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(39)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


19.  [Le operazioni di verifica, martellata, assistenza per la gestione tecnica dei boschi iscritti nel Libro nazionale boschi da seme ed il rilascio delle bollette di accompagnamento di cui al successivo articolo 20 nonché dei certificati di provenienza e di identità clonale di cui al precedente articolo 11, sono eseguite dal personale del Corpo forestale dello Stato, a spese dello Stato.

Le agevolazioni ed i contributi previsti dalle leggi vigenti per i miglioramenti boschivi e per gli incoraggiamenti alla selvicoltura sono concessi di preferenza ai proprietari di boschi iscritti nel Libro nazionale boschi da seme] (40).

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(40)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


20.  [Salva l'osservanza delle vigenti norme in materia forestale e delle particolari disposizioni stabilite nel disciplinare di cui all'art. 17, le operazioni di raccolta delle sementi e di utilizzazione degli altri prodotti concernenti boschi iscritti, sono disciplinate dalle seguenti norme:

a) in ciascuna annata silvana la quantità delle sementi da raccogliere non può eccedere il 70 per cento della produzione;

 

b) le operazioni di raccolta devono essere effettuate per ciascuna specie nel periodo e con le modalità stabilite del decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, emanato su conforme parere della commissione di cui al precedente articolo 16;

 

c) il proprietario, o chi da lui debitamente autorizzato per iscritto, che provvede alla raccolta, deve comunicare, per mezzo di lettera raccomandata al capo dell'ispettorato ripartimentale delle foreste competente per territorio, almeno quindici giorni prima dell'inizio delle operazioni, la quantità delle sementi e degli altri prodotti che intenda raccogliere, indicandone inoltre preventivamente la destinazione (materiale per propagazione, per alimentazione, per oggetti ornamentali). Il capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste rilascia l'autorizzazione alla raccolta, impartendo eventuali istruzioni tecniche.

Dopo quindici giorni dall'avvenuta denuncia le operazioni di raccolta possono essere iniziate anche senza autorizzazione;

d) le sementi destinate a materiale di propagazione possono essere asportate dal luogo di raccolta solo se munite di bolletta di accompagnamento rilasciata dalla stazione forestale competente per territorio e non oltre il termine che si rende necessario per evitare il deperimento delle sementi; per detto materiale, il capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste rilascia il certificato di provenienza previsto dal precedente articolo 11, necessario per immettere in commercio le sementi raccolte;

 

e) nei boschi iscritti nel Libro nazionale boschi da seme qualsiasi intervento colturale, taglio od utilizzazione, deve essere effettuato in conformità alle norme stabilite nel disciplinare di cui al precedente articolo 17;

 

f) la raccolta di seme può essere effettuata anche dal personale del Corpo forestale dello Stato e della Azienda di Stato per le foreste demaniali, con le modalità in quanto applicabili, di cui alle precedenti lettere a), b), c), d) ed e)] (41).

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(41)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


21.  [Ai fini del controllo dei materiali forestali di propagazione prodotti nel territorio nazionale, i cloni delle piante forestali indicate nell'allegato A, che, in base ai risultati sperimentali accertati dalla commissione di cui al precedente articolo 16, abbiano dimostrato di possedere requisiti colturali, biologici e tecnologici tali da consigliarne la diffusione per i rimboschimenti e le piantagioni da legno, sono iscritti nel Registro nazionale dei cloni forestali, istituito presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Direzione generale per l'economia montana e per le foreste.

Le iscrizioni nel Registro sono effettuate con decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste, sentita la commissione di cui al precedente articolo 16, a seguito di apposita domanda inoltrata dal selezionatore al Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Direzione generale per l'economia montana e per le foreste (42)] (43).

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(42)  Con D.M. 5 maggio 1986 (Gazz. Uff. 14 giugno 1986, n. 136) è stata disposta l'iscrizione di cloni di pioppo nel registro nazionale dei cloni forestali e con D.M. 5 marzo 1996, n. 308 (Gazz. Uff. 4 giugno 1996, n. 129) è stato emanato il regolamento per l'iscrizione dei cloni di pioppo nel Registro nazionale dei cloni forestali.

(43)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


22.  [Il materiale forestale di moltiplicazione vegetativa appartenente ai cloni iscritti nel Registro nazionale cloni forestali non può essere rimosso dal luogo di produzione o dai locali di conservazione, senza che il personale del Corpo forestale dello Stato incaricato dei controlli abbia rilasciato la relativa autorizzazione.

Tale autorizzazione dovrà essere rilasciata non oltre il termine che si rende necessario per evitare il deperimento del materiale di moltiplicazione] (44).

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(44)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


23.  [Nel Registro dei cloni forestali di cui al precedente articolo 21, sono iscritti anche i cloni di pioppo, secondo modalità stabilite con decreto, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, emanato dal Ministro per l'agricoltura e le foreste, su conforme parere della commissione nazionale per il pioppo, istituita con decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 1969.

Con lo stesso decreto sono altresì stabilite modalità particolari concernenti il rilascio dei certificati di cui al precedente articolo 11, il cartellino previsto dal precedente articolo 10, nonché la trasmissione del verbale di verifica, di cui al successivo articolo 24, terzo comma.

Per i cloni di pioppo l'accertamento di cui all'articolo seguente è effettuato dalla commissione nazionale per il pioppo, di cui al primo comma, a mezzo di tecnici specializzati] (45).

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(45)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Capo VII

Vigilanza e sanzioni

24.  [Il controllo del materiale forestale di propagazione di cui al precedente articolo 1, ai fini dell'immissione in commercio, è demandato al Ministero dell'agricoltura e delle foreste, che lo esercita per mezzo del personale del Corpo forestale dello Stato, dell'Istituto sperimentale per la selvicoltura di Arezzo, dell'Istituto di selvicoltura della facoltà agraria e forestale dell'Università di Firenze (laboratorio semi forestali) e dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette.

Il personale addetto alle funzioni di controllo di cui al comma precedente, ha facoltà ai fini del controllo del materiale forestale di propagazione, di introdursi negli stabilimenti, depositi, magazzini ed altri apprestamenti per la concentrazione e preparazione del materiale raccolto o prodotto, nelle colture in campo e nei vivai, nei mercati, fiere, magazzini o banchine ferroviarie, portuali, aeroportuali, carri ferroviari, aerei e galleggianti ed autoveicoli adibiti a trasporto merci.

Di ciascuna verifica è redatto verbale, di cui una copia è trasmessa alla Direzione generale per l'economia montana e per le foreste ed una copia all'Ispettorato ripartimentale delle foreste competente per territorio ai fini del rilascio del certificato previsto dal precedente articolo 11.

Per l'accertamento delle violazioni della presente legge il personale, di cui al secondo comma, ha anche la facoltà di provvedere al prelevamento dei campioni necessari, ai fini degli opportuni controlli.

La visita, il prelevamento dei campioni e lo accertamento delle violazioni nei magazzini doganali o in altri luoghi soggetti alla vigilanza doganale sono eseguiti dalle dogane nei modi ed alle condizioni prescritte dalle disposizioni doganali in vigore.

Nulla è innovato per quanto si riferisce agli accertamenti di competenza degli altri organi dipendenti dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

Ai fini dell'osservanza delle disposizioni contenute nella presente legge, gli esami relativi all'accertamento dei requisiti del materiale forestale di propagazione sono effettuati dagli istituti di cui al primo comma del presente articolo] (46).

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(46)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


25.  [Chiunque esercita la produzione a scopo di vendita e la vendita del materiale forestale di propagazione destinato al rimboschimento senza la licenza prescritta dal precedente articolo 2 è punito con la sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 2.000.000 (47).

Si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 20 mila a lire 100 mila nel caso di violazione delle norme relative all'obbligo di comunicare la consistenza del materiale stesso al capo dell'Ispettorato regionale delle foreste previsto al precedente articolo 4.

Si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 100 mila a lire 200 mila nel caso di violazione delle norme relative al trasporto delle sementi ed alla rimozione dei cloni di cui ai precedenti articoli 20, lettera d) e 22, primo comma, e da lire 10 mila a lire 100 mila nel caso di violazione delle altre norme del medesimo articolo 20] (48).

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(47)  La sanzione originaria della multa è stata sostituita con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689, e così elevata dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, quarto comma, della stessa legge.

(48)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


26.  [Chiunque omette di tenere o tiene irregolarmente il registro di carico e scarico prescritto dal precedente articolo 5, primo comma, è punito con la sanzione amministrativa da lire 400.000 a lire 2.000.000 (49)] (50).

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(49)  La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, quarto comma, della stessa legge.

(50)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


27.  [Chiunque trasporta per la vendita, vende o mette altrimenti in commercio materiale forestale di propagazione destinato ai rimboschimenti senza poterne dimostrare la provenienza o l'identità clonale come prescritto dal precedente articolo 11, primo comma, è punito con la sanzione amministrativa da lire 40.000 a lire 100.000, con un minimo in ogni caso di lire 200.000 (51), per ogni quintale o frazione di quintale di sementi o per ogni migliaio o frazione di migliaio di piantine, talee, marze, astoni o selvaggioni, trasportati per la vendita, posti in vendita o messi altrimenti in commercio.

Il personale di sorveglianza forestale, che accerta l'infrazione, procede al sequestro preventivo, della durata massima di giorni cinque, del materiale forestale.

Entro il suddetto termine il capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste può confermare il sequestro. A richiesta, il materiale sequestrato può essere custodito in luogo indicato dalla ditta interessata. Il verbale di sequestro ed il provvedimento di conferma di esso debbono essere inviati al pretore competente per territorio unitamente al verbale di accertamento del reato di cui al primo comma.

Nel caso di violazione di ciascun obbligo previsto dal precedente articolo 6 si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 30 mila a lire 100 mila.

Nel caso di violazione di ciascun obbligo previsto dal precedente articolo 10, si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 100 mila a lire 1 milione, con un minimo in ogni caso:

a) di lire 150 mila per ogni cartellino non regolarmente compilato ovvero omesso;

 

b) di lire 200 mila per ogni imballaggio, contenitore od involucro non chiuso o sigillato, irregolarmente chiuso o sigillato ovvero omesso.

Si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 60 mila a lire 200 mila in caso di violazione delle norme della presente legge, per le quali non sia già prevista una specifica sanzione] (52).

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(51)  La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dagli articoli 114, primo comma, e 115 della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, quarto comma, della stessa legge. A norma dell'art. 10 della medesima L. 24 novembre 1981, n. 689, le pene proporzionali non hanno limite massimo.

(52)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


28.  [Il personale del Corpo forestale dello Stato e l'altro personale addetto al controllo sull'osservanza delle disposizioni della presente legge fa rapporto alla competente autorità giudiziaria di ogni reato previsto dalla presente legge del quale viene comunque a conoscenza.

Il personale medesimo, una volta accertate le infrazioni alle quali la legge stessa ricollega sanzioni amministrative, deve:

1) quando sia possibile, contestare immediatamente l'infrazione accertata;

2) notificare all'interessato entro trenta giorni, se la contestazione immediata non è possibile, l'accertamento dell'infrazione a mezzo di messo comunale;

3) trasmettere, in ogni caso, copia del verbale al capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, che è tenuto a dare immediata comunicazione al prefetto dell'infrazione accertata.

Il trasgressore è ammesso a pagare entro cinque giorni dalla contestazione o notifica presso l'ufficio del registro della sede dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, con effetto liberatorio, una somma pari al minimo della sanzione prevista.

Quando non sia stato effettuato il pagamento ai sensi del comma precedente, il capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, qualora ritenga fondato l'accertamento e sentito l'interessato, ove questi ne abbia fatto richiesta entro quindici giorni dalla contestazione, o notifica, determina la somma dovuta per l'infrazione, tenuto conto della gravità della violazione, ed ingiunge all'obbligato di pagare presso l'ufficio del registro la somma medesima entro trenta giorni dalla notificazione.

L'ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Contro di essa l'interessato, entro il termine prefissato per il pagamento, può ricorrere dinanzi al pretore del luogo in cui è stata accertata l'infrazione.

Nel procedimento di opposizione, l'opponente può stare in giudizio senza ministero di difensore in deroga a quanto disposto dall'articolo 82, secondo comma, del codice di procedura civile. Il procedimento è esente da imposta di bollo e la relativa decisione non è soggetta alla formalità della registrazione.

L'opposizione si propone mediante ricorso. Il pretore fissa l'udienza di comparizione da tenersi nel termine di venti giorni, e dispone per la notifica del ricorso e del decreto, da attuarsi a cura della cancelleria.

È inappellabile la sentenza che decide la controversia.

Salvo quanto previsto nei commi precedenti, decorso il termine prefissato per il pagamento, alla riscossione delle somme dovute si procede mediante l'esecuzione forzata con l'osservanza delle norme del testo unico approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici. In ogni caso, alla riscossione coattiva delle somme dovute provvede l'ufficio del registro.

L'obbligazione di pagare somme a titolo di sanzione amministrativa per le violazioni delle disposizioni contenute nella presente legge non si trasmette agli eredi] (53).

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(53)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


29.  [Indipendentemente dalle sanzioni penali ed amministrative previste dagli articoli precedenti, nel caso di grave infrazione alle norme contenute nella presente legge o in caso di recidiva può essere disposta dal prefetto la sospensione o la revoca della licenza di cui al precedente articolo 2.

Contro il provvedimento medesimo è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla comunicazione, al Ministro per l'agricoltura e le foreste, il quale decide sentita la commissione nazionale tecnico-consultiva di cui al precedente articolo 16.

In caso di rigetto del suddetto ricorso, il provvedimento è soggetto a pubblicazione sul Foglio annunzi legali della provincia (54) e su un giornale a carattere agrario di grande diffusione.

Il giudice, nel pronunciare la condanna per le infrazioni alle disposizioni della presente legge, dispone:

a) la confisca del materiale forestale sequestrato;

 

b) che l'estratto della sentenza sia pubblicato a spese del condannato sul Foglio annunzi legali della provincia (55) e su un giornale a carattere agrario di grande diffusione;

 

c) che la sentenza venga affissa all'albo della camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura ed a quello del comune ove risiede il condannato;

 

d) che siano poste a carico del condannato anche le spese di analisi da rifondere agli istituti analizzatori incaricati] (56).

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(54)  I fogli degli annunzi legali delle province sono stati aboliti dall'art. 31, L. 24 novembre 2000, n. 340, con la decorrenza ivi indicata. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che, quando disposizioni vigenti prevedono la pubblicazione nel foglio annunzi legali come unica forma di pubblicità, la pubblicazione venga effettuata nella Gazzetta Ufficiale.

(55)  I fogli degli annunzi legali delle province sono stati aboliti dall'art. 31, L. 24 novembre 2000, n. 340, con la decorrenza ivi indicata. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che, quando disposizioni vigenti prevedono la pubblicazione nel foglio annunzi legali come unica forma di pubblicità, la pubblicazione venga effettuata nella Gazzetta Ufficiale.

(56)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Capo VIII

Disposizioni finali e transitorie

30.  [I conduttori di vivai forestali e di stabilimenti per la produzione di materiale forestale di propagazione già esistenti e nei quali si intende continuare la produzione da destinarsi al rimboschimento e da immettersi al commercio, già autorizzati ai sensi dell'articolo 1 della legge 18 giugno 1931, n. 987, devono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, presentare domanda al presidente della camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura per ottenere la licenza ai sensi del precedente articolo 2.

L'autorizzazione, concessa in base alla legge 18 giugno 1931, n. 987, perde la sua validità dopo tre mesi dalla notifica del rifiuto di accoglimento della domanda prevista dal comma precedente] (57).

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(57)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


31.  [Per le sementi di conifere raccolte e per le piante prodotte prima della data di entrata in vigore della presente legge, l'attuazione della disciplina da questa prevista è prorogata rispettivamente di due e quattro anni.

A tal fine gli interessati, entro il termine perentorio della presente legge, devono denunciare al competente Ispettorato ripartimentale delle foreste i quantitativi di sementi di conifere raccolte o di piante prodotte anteriormente alla data medesima] (58).

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(58)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


32.  [Le spese di funzionamento delle commissioni di cui agli articoli 2 e 16 e quelle per le missioni del personale e per gli stampati vari relativi alle operazioni di cui all'articolo 19, primo comma, della presente legge, saranno imputate ai normali stanziamenti iscritti, rispettivamente, ai capitoli 1706, 1721 e 1725 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'agricoltura e delle foreste per l'anno finanziario 1973 e corrispondenti degli anni successivi] (59).

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(59)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Allegato A (60) (61)

 

La disciplina prevista dal presente decreto per i materiali forestali di propagazione si applica alle piante forestali sottoindicate:

 

 

 

Abies alba Mill.

Abete

Abies cephalonica (Loud)

Abete greco

Acer pseudoplatanus L.

Acero montano

Castanea saliva Mill.

Castagno

Cupressus sempervirens L.

Cipresso

Fraxinus excelsior L.

Frassino maggiore

Juglans regia L.

Noce comune ed ibridi interspecifici

Juglans nigra L.

Noce nero ed ibridi interspecifici

Larix decidua Mill.

Larice

Larix Kaempferi Car = Larix leptolepis (Sieb & Zucc.) Gord.

Larice giapponese

Picea abies Karst.

Picea, abete rosso

Picea sitchensis Carr. = Picea sitchensis Trautv. e Mey

Picea di Sitka

Pinus cembra L.

Cembro

Pinus halepensis Mill.

Pino d'Aleppo

Pinus uncinata Mill. = Pinus mugo uncinata Ramond

Pino uncinato

Pinus nigra Arn.

Pino nero d'Austria - di Villetta Barrea - pino laricio

Pinus leucodermis Ant. = Pinus haldreichii Christ. var. leucodermis Ant.

Pino loricato

Pinus pinaster Ait.

Pino marittimo

Pinus pinea L.

Pino domestico

Pinus sylvestris L.

Pino silvestre

Pinus strobus L.

Pino strobo

Pinus radiata D. Don. = Pinus insignis Doug.

Pino insigne

Pseudotsuga menziesii Franco = Pseudotsuga taxsifolia Britt.

Douglasia

Alnus cordata Loisel. = Alnus cordifolia Ten.

Ontano napoletano

Eucalyptus sp. pl.

Eucalitti

Fagus sylvatica L.

Faggio

Populus sp. pl.

Pioppi

Prunus avium L.

Ciliegio selvatico

Quercus ilex L.

Leccio

Quercus pubescens Willd.

Roverella

Quercus rubra L. = Quercus borealis Michx

Quercia rossa

Quercus robur L. = Quercus pedunculata Ehrh

Farnia

Quercus cerris L.

Cerro

Quercus petraea Liebl. = Quercus sessiliflora sal.

Rovere

Quercus suber L.

Sughera

Tilia cordata Mill.

Tiglio montano

 

 

 

 

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(60)  Tabella prima sostituita dall'art. 8, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione e poi così modificata dal D.M. 15 luglio 1998 (Gazz. Uff. 10 novembre 1998, n. 263), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(61)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.


Allegato B (62) (63)

 

REQUISITI PER L'AMMISSIONE DEI MATERIALI DI BASE DESTINATI ALLA PRODUZIONE DI MATERIALI DI PROPAGAZIONE SELEZIONATI

 

1. BOSCHI DA SEME

 

1.1. Origine. - Si ammettono di preferenza come materiale di base soprassuoli autoctoni oppure soprassuoli non autoctoni il cui valore sia già stato controllato.

1.2. Ampiezza dei boschi. - I soprassuoli possono comprendere uno o più gruppi di alberi, contigui o non, purché sia possibile una interfecondazione sufficiente ad evitare gli effetti sfavorevoli della riproduzione in parentela stretta.

1.3. Posizione. - I soprassuoli devono essere sufficientemente distanti da cattivi soprassuoli della stessa specie o da soprassuoli di una specie o varietà suscettibile di dar origine ad ibridazioni; questa esigenza è particolarmente importante quando i soprassuoli circostanti non siano autoctoni.

1.4. Omogeneità. - I soprassuoli devono presentare una normale variabilità individuale dei caratteri morfologici.

1.5. Caratteri morfologici. - I materiali di base devono presentare caratteri morfologici particolarmente buoni, soprattutto per quanto riguarda la forma del fusto, la disposizione e la finezza dei rami, la potatura naturale; la presenza di fusti biforcati o di fibra torta deve essere ridotta al minimo.

1.6. Produzione quantitativa. - La produzione quantitativa è spesso uno dei caratteri essenziali che giustificano l'ammissione dei materiali di base: in questo caso tale produzione deve essere superiore a quella che si considera come media in eguali condizioni ecologiche.

1.7. Qualità tecnologiche. - La qualità del legno deve essere presa in considerazione ed in certi casi può divenire un criterio essenziale.

1.8. Stato sanitario e resistenza. - I materiali di base devono, in linea generale, essere sani o presentare la maggiore resistenza possibile agli organismi nocivi ed alle influenze esterne sfavorevoli.

1.9. Età. - I materiali di base devono comprendere, per quanto possibile, alberi che abbiano raggiunto un'età tale che i caratteri sopra indicati possano essere giudicati con sicurezza.

 

2. ARBORETI DA SEME

 

Gli arboreti da seme devono essere costituiti in maniera che vi sia garanzia sufficiente che le sementi prodotte rappresentino almeno la media delle qualità genetiche dei materiali di base da cui l'arboreto deriva.

 

3. CLONI

 

3.1. Si applicano per analogia i punti 1.5., 1.6., 1.7., 1.8. ed 1.9. del presente allegato.

3.2. Il clone deve essere identificabile mediante i suoi caratteri distintivi.

3.3. L'importanza del clone deve essere comprovata dalla esperienza o deve essere dimostrata da una sperimentazione sufficientemente lunga.

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(62)  Tabella così sostituita dall'art. 8, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(63)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.

 


Allegato C (64) (65)

 

Allegato D (66) (67)

 

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(64)  L'allegato C, che si omette, sostituito dall'art. 8, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), reca norme per effettuare le prove comparative ai fini dell'ammissione dei materiali di base destinati alla produzione di materiali di propagazione controllati.

(65)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.

(66)  L'allegato D, che si omette, aggiunto dall'art. 8, D.P.R. 10 maggio 1982, n. 494 (Gazz. Uff. 3 agosto 1982, n. 211), riporta il fac-simile del certificato di provenienza o certificato di identità clonale precedentemente contenuto nell'allegato C.

(67)  La presente legge è stata abrogata dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386. Vedi, anche, l'art. 18 dello stesso decreto.

 

 


D.M. 8 marzo 1975
Norme sulle caratteristiche esteriori necessarie per la commercializzazione dei materiali forestali di propagazione destinati al rimboschimento

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 ottobre 1975, n. 263.

(2)  Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.


IL MINISTRO

PER L'AGRICOLTURA E LE FORESTE

 

Premesso che il consiglio della Comunità economica europea ha emanato la direttiva 66/404/ CEE relativa alla commercializzazione dei materiali forestali di propagazione destinati al rimboschimento, pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale» della Comunità economica europea n. 125 dell'11 luglio 1966;

Considerato che il Consiglio della Comunità economica europea ha emanato la direttiva 71/161/CEE relativa alle norme che fissano le qualità esteriori che detti materiali devono presentare ai fini della loro immissione in commercio, pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale» della Comunità economica europea n. L. 87 del 17 aprile 1971;

Considerato che il consiglio della Comunità economica europea ha emanato la direttiva 747 13/CEE relativa alle modifiche da apportare alla predetta direttiva 71/161/CEE, pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale» della Comunità economica europea n. L. 15 del 18 gennaio 1974;

Considerato che le caratteristiche esteriori del materiale forestale di propagazione destinato al rimboschimento hanno una funzione importante per il successo delle operazioni di rimboschimento e per la produttività delle foreste;

Visto l'art. 15 della legge 22 maggio 1973, n. 269, il quale stabilisce che il Ministro per l'agricoltura e le foreste, con proprio decreto, fissa le predette norme sulle qualità esteriori del materiale forestale di propagazione;

Visto l'art. 10, comma primo, della predetta legge n. 269/1973, con il quale viene istituito il cartellino che impegna la responsabilità del produttore del materiale stesso;

Vista la proposta della commissione nazionale tecnico-consultiva di cui all'art. 16 della stessa legge;

 

Decreta:


1.  Sono soggetti alle disposizioni del presente decreto:

a) i frutti e le sementi di:

Abies alba Mill. (Abies pectinata D.C.).

 

Fagus silvatica L.

 

Larix decidua Mill.

 

Larix leptolepis (Sieb e Zucc.) Gord.

 

Picea abies Karst. (Picea excelsa Link).

 

Picea sitchensis Trautv. e Mey. (Picea Menziesii Carr.).

 

Pinus nigra Arno (Pinus laricio Poir.).

 

Pinus silvestris L.

 

Pinus strobus L.

 

Pseudotsuga taxifolia (Poir.) Britt. (Pseudotsuga douglasii Carr., Pseudotsuga menziesii (Mirb.) Franco).

 

Quercus borealis Michx. (Quercus rubra du Roi).

 

Quercus pedunculata Ehrh. (Quercus robur L.).

 

Quercus sessiflora Sol. (Quercus petraea Liebl.).

b) i materiali di propagazione vegetativa di Populus L.


2.  La commercializzazione dei frutti e dei semi delle specie di cui al precedente art. 1 è permessa solo se nel cartellino del produttore previsto dall'art. 10 della legge n. 269/1973 vengono indicati i seguenti requisiti:

a) il numero dei germi vitali per chilogrammo di prodotto commercializzato come semente;

 

b) la purezza;

 

c) la facoltà germinativa dei semi puri;

 

d) il peso di mille semi della partita di sementi;

 

e) se del caso, la menzione che i semi sono stati conservati in cella fredda.

La purezza del suddetto materiale dovrà essere contenuta entro i limiti previsti dall'allegato 1 al presente decreto ed il cartellino di cui trattasi recherà impressa la dicitura: «Norme CEE».

Con il successivo decreto saranno stabilite le norme per le qualità esteriori relative alle altre specie di cui all'allegato A della legge 22 maggio 1973, n. 269.


3.  La commercializzazione dei materiali di propagazione vegetativa di Populus L. mediante il cartellino recante la dicitura «Norme CEE» è permessa solo se i detti materiali presentano le condizioni ed i requisiti minimi elencati negli allegati 2 e 3 al presente decreto; il cartellino riporterà inoltre il numero di classificazione CEE e l'età per i materiali aventi più di un periodo vegetativo.

 


                                                      Allegato 1

           Requisiti cui devono soddisfare le sementi

  I frutti e i semi devono soddisfare ai  seguenti  requisiti di
purezza specifica:
+------------------------------------------------+-------------+
|                                                | Percentuale |
|                                                | massima, in |
|                                                |   peso, di  |
|                                                |frutti e semi|
|                                                |   di altre  |
|                                                |    specie   |
|                                                |   forestali |
|                                                +-------------+
|Aies alba Mill . . . . . . . . . . . . . . . . .|    0,1      |
|Fagus silvatica L. . . . . . . . . . . . . . . .|    0,1      |
|Larix decidua Mill . . . . . . . . . . . . . . .|    0,5 [1]  |
|Larix leptolepis (Sieb & Zucc.) Gord . . . . . .|    0,5 [1]  |
|Picea abies Karst. . . . . . . . . . . . . . . .|    0,5      |
|Picea sitchensis Trautvet Mey. . . . . . . . .|    0,5      |
|Pinus nigra Arn. . . . . . . . . . . . . . . . .|    0,5      |
|Pinus silvestris L.  . . . . . . . . . . . . . .|    0,3      |
|Pinus strobus L. . . . . . . . . . . . . . . . .|    0,5      |
|Pseudotsuga taxifolia (Poir.) Britt. . . . . . .|    0,5      |
|Quercus borealis Michx.. . . . . . . . . . . . .|    0,1      |
|Quercus pedunculata Ehrh.  . . . . . . . . . . .|    0,1 [2]  |
|Quercus sessiliflora Sal.  . . . . . . . . . . .|    0,1 [2]  |

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  [1] La presenza di un massimo dell'1 % di semi di  altri Larix
non è considerata come impurità.
  [2] La presenza  di  un  massimo  dell'1 % di frutti  di altri
Quercus non è considerata come impurità.

La presenza di organismi nocivi che riducono il valore di utilizzazione delle sementi è tollerata soltanto nella misura più limitata possibile.

 


Allegato 2

 

Requisiti cui devono soddisfare le parti di piante

 

1) Le partite devono presentare almeno il 95% di parti di piante di qualità leale e commerciale.

2) La qualità leale e commerciale è determinata da criteri morfologici e fitosanitari ed eventualmente da criteri dimensionali.

3) Conformazione e stato fitosanitario.

Sono considerate non di qualità leale e commerciale le parti di piante;

a) con lignificazione incompleta;

 

b) con legno di più di due periodi di vegetazione;

 

c) che presentino anomalie di conformazione, come diforcazioni, ramificazioni, curvatura eccessiva;

 

d) che presentino meno di due gemme ben conformate;

 

e) con sezioni di taglio non netto;

 

f) che presentino disseccamento totale o parziale, ferite o corteccia distaccata dal legno;

 

g) colpite da necrosi o che presentino danni causati da organismi nocivi;

 

h) che presentino qualsiasi altra alterazione che ne riduca il valore ai fini della moltiplicazione.

I criteri a), b), c) e d) non si applicano alle talee radicali e alle talee erbacee.

4) Dimensioni minime.

I criteri dimensionali si applicano esclusivamente alle parti di piante della sezione Aigeiros, escluse le talee radicali e le talee erbacee.

lunghezza minima: 20 centimetri,

diametro minimo all'estremità più sottile:

Classe 1/CEE 8 millimetri,

Classe 2/CEE 10 millimetri.


Allegato 3

 

Requisiti cui devono soddisfare le piante

 

1) Le partite devono presentare almeno il 95% di piante di qualità leale e commerciale.

La qualità leale e commerciale è determinata da criteri morfologici e fitosanitari nonché da criteri d'età e di dimensioni.

2) Conformazione e stato fitosanitario.

La seguente tabella fornisce, per ogni genere e specie in esame, i difetti che escludono le piante dalla qualità leale e commerciale. Tutti questi criteri devono essere valutati in funzione della specie o del clone considerato nonché della capacità di moltiplicazione o imboschimento dei materiali.

 

Difetti che escludono le piante della qualità leale e commerciale.Ð

 

a) Piante con ferite non cicatrizzate:

salvo ferite da taglio per sopprimere getti in soprannumero

salvo altre ferite da taglio dovute alla potatura;

salvo ferite dei rami;

 

b) Piante parzialmente o totalmente disseccate;

 

c) Fusto con eccessiva curvatura;

 

d) Fusto multiplo;

 

e) Fusto con più getti terminali;

 

f) Fusto e rami non completamente lignificati, esclusi i cloni di Populus deltoides angulata;

 

g) Colletto danneggiato, salvo per i piantoni e le piante allevate in vivaio;

 

h) Piante che presentino gravi danni causati da organismi nocivi;

 

i) Piante che presentino segni di riscaldo, di fermentazione o di ammuffimento derivanti dalla conservazione in vivaio.

3) Campo d'applicazione.

Le norme in materia di dimensioni si applicano soltanto alle piante di Populus, sez. Aigeiros.

4) Età delle piante.

L'età massima ammessa è di 4 anni per il fusto e, se del caso, di 5 anni per la radice.

 


5) Classi di dimensioni.
+-----------+-------+------+-----------------+-----------------+
|           |Altezza|      |                 |                 |
|           |di  mi-|      |                 |   Altezza (m)   |
|           | sura- |Numero|                 |                 |
|    Età    | zione |classe|  Diametro (mm)  +--------+--------+
|           |  del  | CEE  |                 |        |        |
|           |diame- |      |                 | minima | massima|
|           |  tro  |      |                 |        |        |
+-----------_24-------_24------_24-----------------_24--------_24--------+
| a) Regioni diverse da quelle mediterranee.                   |
|                                                              |
|   0 + 1   | 0,50 m| N 1 a|    6 -  8 incl. |  1,00  |  1,50  |
|           |       | N 1 b|  > 8 - 10 incl. |  1,00  |  1,75  |
|           |       | N 1 c|  >10 - 12 incl. |  1,00  |  2,00  |
|           |       | N 1 d|  >12 - 15 incl. |  1,00  |  2,25  |
|           |       | N 1 e|  >15 - 20 incl. |  1,00  |  2,50  |
|           |       | N 1 f|  >20            |  1,00  |    -   |
|           |       |      |                 |        |        |
|Più  di  un|  1 m  | N 2  |    8 - 10 incl. |  1,75  |  2,50  |
| anno      |       |      |                 |        |        |
|           |       | N 3  |  >10 - 15 incl. |  1,75  |  3,00  |
|           |       | N 4  |  >15 - 20 incl. |  1,75  |  3,50  |
|           |       | N 5  |  >20 - 25 incl. |  2,25  |  4,00  |
|           |       | N 6  |  >25 - 30 incl. |  2,25  |  4,75  |
|           |       | N 7  |  >30 - 40 incl. |  2,75  |  5,75  |
|           |       | N 8  |  >40 - 50 incl. |  2,75  |  6,75  |
|           |       | N 9  |  >50            |  4,00  |    -   |
|                                                              |
| b) Regioni mediterranee.                                     |
|                                                              |
|   0 + 1   | 0,50 m| S 1 a|   15 - 20 incl. |  2,00  |  3,50  |
|           |       | S 1 b|  >20 - 25 incl. |  2,00  |  3,75  |
|           |       | S 1 c|  >25 - 30 incl. |  2,50  |  4,00  |
|           |       | S 1 d|  >30 - 35 incl. |  2,50  |  4,50  |
|           |       | S 1 e|  >35            |  3,00  |  5,00  |
|           |       |      |                 |        |        |
|Più  di  un|  1 m  |      |                 |        |        |
| anno      |       |      |                 |        |        |
|           |       | S 2  |   25 - 30 incl. |  3,25  |  6,50  |
|           |       | S 3  |  >30 - 38 incl. |  3,75  |  8,00  |
|           |       | S 4  |  >38 - 46 incl. |  4,00  |  9,00  |
|           |       | S 5  |  >46 - 54 incl. |  5,00  | 10,00  |
|           |       | S 6  |  >54            |  5,00  | 12,00  |
|           |       |      |                 |        |        |

 

 


L. 27 dicembre 1977, n. 984
Coordinamento degli interventi pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortoflorofrutticola, della forestazione, dell'irrigazione, delle grandi colture mediterranee, della vitivinicoltura e della utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani (art.7)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 9 gennaio 1978, n. 8.

(2)  Con sentenza 14 dicembre 1983, n. 340 (Gazz. Uff. 21 dicembre 1983, n. 349), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente legge, per la parte in cui la disciplina in essa prevista concerne la regione Friuli-Venezia Giulia e le province autonome di Trento e Bolzano.


(omissis)

7.  Delle provvidenze finanziarie previste dalla presente legge possono beneficiare secondo le priorità stabilite dagli statuti e dalle leggi regionali: le imprese familiari coltivatrici singole ed associate; le cooperative agricole e i loro consorzi, costituiti da coltivatori diretti, proprietari od affittuari singoli o associati, da mezzadri coloni e lavoratori agricoli dipendenti con particolare riguardo alle cooperative costituite ai sensi della legge 1° giugno 1977, n. 285 , sempreché siano iscritte nel registro prefettizio e nello schedario generale della cooperazione; le altre cooperative agricole e loro consorzi, iscritti nel registro e nello schedario predetti; le associazioni dei produttori riconosciute; gli imprenditori non coltivatori diretti che esercitano l'attività agricola a titolo principale ai sensi dello articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153 ; le società promosse tra imprese familiari diretto-coltivatrici per l'esercizio dell'agricoltura costituite con atto pubblico registrato presso la cancelleria del tribunale competente per territorio.

Le unità lavorative che saranno assunte da coltivatori diretti ai fini dello sviluppo produttivo di cui alla presente legge e dell'incremento dell'occupazione giovanile ai sensi della legge 1° giugno 1977, n. 285, in soprannumero a quelle previste dalle leggi vigenti per l'acquisizione della qualifica di coltivatore diretto, non sono computate ai fini della conservazione della qualifica medesima.

Per il settore della forestazione i soggetti beneficiari delle provvidenze sono: le comunità montane, i comuni singoli o associati e i loro consorzi, le aziende speciali, i consorzi forestali, le cooperative e i loro consorzi, gli imprenditori agricoli a titolo principale, nonché le società forestali costituite per una durata non inferiore ad anni diciotto.

Le cooperative e le società forestali sono ammesse al beneficio del pagamento delle imposte di registro ed ipotecarie in misura fissa per i seguenti atti:

a) atti costitutivi della società e atti di conferimento dei beni immobili o di crediti;

b) atti di acquisto in proprietà di fondi rustici idonei ad aumentare l'efficienza dell'azienda ed il relativo reddito attraverso il Miglioramento quantitativo e qualitativo delle colture forestali;

c) atti di affitto di fondi rustici per una durata di almeno diciotto anni;

d) aumenti di capitale in danaro, beni e crediti, quando gli aumenti sono indirizzati al potenziamento delle attività di cui alle precedenti lettere;

e) emissione di obbligazioni che soddisfino alle condizioni indicate alla lettera precedente;

f) atti concessi per le operazioni di cui sopra e precisamente di consenso alla iscrizione, riduzione, cancellazione di ipoteche, anche se prestate da terzi, a garanzia delle operazioni stesse ed atti di estinzione di queste ultime;

g) atti di concessione di fideiussioni da parte di terzi (5).

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(5)  Vedi, anche, l'art. 10 L. 8 novembre 1986, n. 752.

(omissis)

 


D.L. 27 giugno 1985, n. 312
Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 giugno 1985, n. 152.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, con l'art. 1, L. 8 agosto 1985, n. 431 (Gazz. Uff. 22 agosto 1985, n. 197). L'art. 2 della citata legge ha, inoltre così disposto: «Le disposizioni di cui all'art. 1 del D.L. 27 giugno 1985, n. 312 costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica».

(3)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni dirette alla tutela dei territori costieri e contermini ai laghi, dei fiumi, dei torrenti, dei corsi d'acqua, delle montagne, dei ghiacciai, dei circhi glaciali, dei parchi, delle riserve, dei boschi, delle foreste, delle aree assegnate alle università agrarie, delle zone gravate da usi civici, delle zone umide e dei vulcani;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 26 giugno 1985;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per i beni culturali e ambientali, di concerto con i Ministri dei lavori pubblici, dell'agricoltura e delle foreste e della marina mercantile;

 

Emana il seguente decreto:


1.  [... (5)] (6).

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(5)  L'articolo che si omette, sostituito dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, aggiunge nove commi all'art. 82, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

(6)  Il presente decreto è stato abrogatodall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.


 

1-bis.  [1. Con riferimento ai beni e alle aree elencati dal quinto comma dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , come integrato dal precedente articolo 1, le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, da approvarsi entro il 31 dicembre 1986.

2. Decorso inutilmente il termine di cui al precedente comma, il Ministro per i beni culturali e ambientali esercita i poteri di cui agli articoli 4 e 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (7) (8) (9)] (10).

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(7)  Articolo aggiunto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

(8)  Vedi, anche, l'art. 6, L. 8 luglio 1986, n. 349.

(9)  La Corte Costituzionale, con sentenza 6-13 febbraio 1995, n. 36 (Gazz. Uff. 22 febbraio 1995, n. 8, Serie speciale), ha dichiarato che spetta allo Stato disporre la sostituzione dell'amministrazione regionale con il Ministero per i beni culturali e ambientali ai fini del compimento degli atti necessari per la redazione e l'approvazione del piano territoriale paesistico.

(10)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.


1-ter.  1. Le regioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono individuare con indicazioni planimetriche e catastali, nell'ambito delle zone elencate dal quinto comma dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , come integrato dal precedente articolo 1, nonché nelle altre comprese negli elenchi redatti ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 , e del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357 , le aree in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui al precedente articolo 1-bis, ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici. La notificazione dei provvedimenti predetti avviene secondo le procedure previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497 , e dal relativo regolamento di esecuzione approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.

2. Restano fermi al riguardo le competenze ed i poteri del Ministro per i beni culturali e ambientali di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (11) (12) (13).

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(11)  Articolo aggiunto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

(12)  La Corte costituzionale, con ordinanza 4-8 maggio 1998, n. 158 (Gazz. Uff. 13 maggio 1998, n. 19, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1-ter e 1-sexies, introdotti dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, sollevate in riferimento agli artt. 25, 9, secondo comma, 3, 13, e 27 della Costituzione.

(13)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.


 

1-quater.  [1. In relazione al vincolo paesaggistico imposto sui corsi d'acqua ai sensi del quinto comma, lettera c), dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , come integrato dal precedente articolo 1, le regioni, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, determinano quali dei corsi d'acqua classificati pubblici, ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 , possono, per la loro irrilevanza ai fini paesaggistici, essere esclusi, in tutto o in parte, dal predetto vincolo, e ne redigono e rendono pubblico, entro i successivi trenta giorni, apposito elenco.

2. Resta ferma la facoltà del Ministro per i beni culturali e ambientali di confermare, con provvedimento motivato, il vincolo di cui al precedente comma sui corsi d'acqua inseriti nei predetti elenchi regionali (14)] (15).

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(14)  Articolo aggiunto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

(15)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.


 

1-quinquies.  Le aree e i beni individuati ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 26 settembre 1984, sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'articolo 1-bis, ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici (16) (17) (18).

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(16)  Articolo aggiunto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

(17)  La Corte costituzionale con sentenza 21-28 luglio 1995, n. 417 (Gazz. Uff. 23 agosto 1995, n. 35, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-quinquies, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42, secondo e terzo comma, e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania;

ha dichiarato, inoltre, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-quinquies, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania.

(18)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.


 

1-sexies.  [1. Ferme restando le sanzioni di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 , per la violazione delle disposizioni di cui al presente decreto, si applicano altresì quelle previste dall'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 .

2. Con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi a spese del condannato (19) (20) (21)] (22).

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(19)  Articolo aggiunto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

(20)  La Corte costituzionale, con sentenza 18-18 luglio 1997, n. 247 (Gazz. Uff. 23 luglio 1997, n. 30, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-sexies, sollevata in riferimento agli artt. 13, 25 e 27 della Costituzione. La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla stessa questione, con ordinanza 12-17 marzo 1998, n. 68 (Gazz. Uff. 25 marzo 1998, n. 12, Serie speciale), con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 316 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), e con ordinanza 11-18 marzo 1999, n. 71 (Gazz. Uff. 24 marzo 1999, n. 12, Serie speciale), ne ha dichiarato la manifesta infondatezza in riferimento agli artt. 42, 97, 9, 25, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte, con altra ordinanza 20 gennaio-4 febbraio 2000, n. 29 (Gazz. Uff. 9 febbraio 2000, n. 6, serie speciale), ha dichiarato ancora la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-sexies, introdotto dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, sollevata in riferimento agli artt. 9, 25, secondo comma, 42 e 97 della Costituzione.

(21)  La Corte costituzionale, con ordinanza 4-8 maggio 1998, n. 158 (Gazz. Uff. 13 maggio 1998, n. 19, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1-ter e 1-sexies, introdotti dall'art. 1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, sollevate in riferimento agli artt. 25, 9, secondo comma, 3, 13, e 27 della Costituzione.

(22)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.


2.  [Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge] (23).

 

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(23)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 166, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, ad eccezione degli artt. 1-ter e 1-quinquies.

 


L. 31 gennaio 1994, n. 97
 Nuove disposizioni per le zone montane (artt. 9 e 17)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 9 febbraio 1994, n. 32, S.O.


(omissis)

9. Forme di gestione del patrimonio forestale.

1. Le comunità montane, singolarmente o in associazione tra loro, nell'ambito del proprio territorio e d'intesa con i comuni ed altri enti interessati, sono tenute a promuovere la gestione del patrimonio forestale mediante apposite convenzioni tra i proprietari. Possono altresì promuovere la costituzione di consorzi forestali, anche in forma coattiva qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie interessata. Tutte le forme di gestione previste dal presente articolo possono godere dei benefici previsti dall'art. 139, R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 , e successive modificazioni ed integrazioni.

2. Il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono attribuire alle comunità montane e ai comuni montani finanziamenti per interventi di forestazione o di agricoltura eco-compatibile nell'ambito del piano forestale nazionale, nonché finanziare le quote di parte nazionale previste dai regolamenti CEE a completamento delle erogazioni a carico del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEOGA) e di programmi comunitari.

3. Le comunità montane individuano idonei ambiti territoriali per la razionale gestione e manutenzione dei boschi e promuovono in tali ambiti la costituzione di consorzi di miglioramento fondiario ai sensi degli articoli 71 e seguenti del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215 , ovvero di associazioni di proprietari riconosciute idonee dalle regioni e volte al rimboschimento, alla tutela ed alla migliore gestione dei propri boschi.

4. Le comunità montane possono altresì essere delegate dalle regioni, dalle province e dai comuni alla gestione del relativo demanio forestale.

5. Alle comunità montane e ai comuni montani, ai consorzi ed alle associazioni di cui ai commi 1 e 3 possono essere affidati con legge regionale compiti di manutenzione e conservazione del territorio a fini agricoli e paesistici, oltre che forestali, ed inoltre di tutela, assistenza tecnica, monitoraggio e ricomposizione ambientale e sorveglianza dei boschi di loro competenza. A tal fine detti organismi potranno beneficiare anche di contributi commisurati agli oneri derivanti dalle suddette attività, con finalità di interesse generale, assunti mediante apposite convenzioni pluriennali.


(omissis)

17. Incentivi alle pluriattività.

1. I coltivatori diretti, singoli o associati, i quali conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, in deroga alle vigenti disposizioni di legge possono assumere in appalto sia da enti pubblici che da privati, impiegando esclusivamente il lavoro proprio e dei familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine ed attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione e manutenzione del territorio montano, quali lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginatura, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi, nonché lavori agricoli e forestali tra i quali l'aratura, la semina, la potatura, la falciatura, la mietitrebbiatura, i trattamenti antiparassitari, la raccolta di prodotti agricoli, il taglio del bosco, per importi non superiori a cinquanta milioni di lire per ogni anno. Tale importo è rivalutato annualmente con decreto del Ministro competente in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'Istituto nazionale di statistica (15).

1-bis. I lavori di cui al comma 1 non sono considerati prestazioni di servizi ai fini fiscali e non sono soggetti ad imposta, se sono resi tra soci di una stessa associazione non avente fini di lucro ed avente lo scopo di migliorare la situazione economica delle aziende agricole associate e lo scambio interaziendale di servizi (16).

1-ter. I soggetti di cui al comma 1 possono trasportare il latte fresco fino alla propria cooperativa per sé e per altri soci della stessa cooperativa impiegando mezzi di trasporto di loro proprietà, anche agricoli, iscritti nell'ufficio meccanizzazione agricola (UMA). Tale attività ai fini fiscali non è considerata quale prestazione di servizio e non è soggetta ad imposta (17).

1-quater. I contributi agricoli unificati versati dai coltivatori diretti all'INPS, gestione agricola, garantiscono la copertura assicurativa infortunistica per i soggetti e le attività di cui ai commi 1-bis e 1-ter (18).

1-quinquies. I soggetti di cui al comma 1 possono assumere in appalto da enti pubblici l'incarico di trasporto locale di persone, utilizzando esclusivamente automezzi di proprietà (19).

2. Le cooperative di produzione agricola e di lavoro agricolo-forestale che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge ed anche tramite apposite convenzioni, l'esecuzione di lavori e di servizi attinenti alla difesa e alla valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, il riassetto idrogeologico e la sistemazione idraulica, a condizione che l'importo dei lavori o servizi non sia superiore a lire 300.000.000 per anno.

3. Le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali e relative pertinenze destinate all'esercizio dell'attività agrituristica di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730 , svolta in territori montani, sono assimilate alle costruzioni rurali di cui all'articolo 39 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , e successive modificazioni (20).

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(15)  Comma così sostituito, dall'art. 15, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(16)  Comma aggiunto dall'art. 15, comma 2, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(17)  Comma aggiunto dall'art. 15, comma 2, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(18)  Comma aggiunto dall'art. 15, comma 2, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(19)  Comma aggiunto dall'art. 15, comma 2, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(20)  Vedi, anche, l'art. 7, D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227.

(omissis)


D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112
Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 (art. 69)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 aprile 1998, n. 92, S.O. Nel presente decreto sono state riportate le correzioni indicate nell'avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 21 maggio 1998, n. 116.


(omissis)

69. Compiti di rilievo nazionale.

1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 , sono compiti di rilievo nazionale per la tutela dell'ambiente quelli relativi:

a) al recepimento delle convenzioni internazionali e delle direttive comunitarie relative alla tutela dell'ambiente e alla conseguente definizione di obiettivi e delle iniziative necessarie per la loro attuazione nell'ordinamento nazionale;

b) alla conservazione e alla valorizzazione delle aree naturali protette, terrestri e marine ivi comprese le zone umide, riconosciute di importanza internazionale o nazionale, nonché alla tutela della biodiversità, della fauna e della flora specificamente protette da accordi e convenzioni e dalla normativa comunitaria;

c) alla relazione generale sullo stato dell'ambiente;

d) alla protezione, alla sicurezza e all'osservazione della qualità dell'ambiente marino;

e) alla determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell'ambiente sul territorio nazionale;

f) alla prestazione di supporto tecnico alla progettazione in campo ambientale, nelle materie di competenza statale;

g) all'esercizio dei poteri statali di cui all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 ;

h) all'acquisto, al noleggio e all'utilizzazione di navi e aerei speciali per interventi di tutela dell'ambiente di rilievo nazionale;

i) alle variazioni dell'elenco delle specie cacciabili, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 ;

l) all'indicazione delle specie della fauna e della flora terrestre e marine minacciate di estinzione;

m) all'autorizzazione in ordine all'importazione e all'esportazione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone;

n) all'elencazione dei mammiferi e rettili pericolosi;

o) all'adozione della carta della natura;

p) alle funzioni di cui alle lettere a), b), c) ed e) dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 , come risultano modificate dall'articolo 1, comma 8, della legge 19 maggio 1997, n. 137 , nonché quelle attualmente esercitate dallo Stato fino all'attuazione degli accordi di programma di cui all'articolo 72.

2. Lo Stato continua a svolgere, in via concorrente con le regioni, le funzioni relative:

a) alla informazione ed educazione ambientale;

b) alla promozione di tecnologie pulite e di politiche di sviluppo sostenibile;

c) alle decisioni di urgenza a fini di prevenzione del danno ambientale;

d) alla protezione dell'ambiente costiero.

3. Sono altresì mantenute allo Stato le attività di vigilanza, sorveglianza monitoraggio e controllo finalizzate all'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui al comma 1, ivi comprese le attività di vigilanza sull'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) e sull'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM).

4. I compiti di cui al comma 1, lettere b) e p), sono esercitati, sentita la Conferenza unificata e i compiti di cui al comma 1, lettera o) sono esercitati previa intesa con la Conferenza Stato-regioni

(omissis)

 


D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352 (artt. 146, 151, 152)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1999, n. 302, S.O.

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(Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, commi 5, 6 e 7, aggiunti dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 1-quater)

(omissis)

146.  Beni tutelati per legge.

[1. Sono comunque sottoposti alle disposizioni di questo Titolo in ragione del loro interesse paesaggistico:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico.

2. Le disposizioni previste dal comma 1 non si applicano alle aree che alla data del 6 settembre 1985:

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B;

b) limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione, erano delimitate negli strumenti urbanistici a norma del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 come zone diverse da quelle indicate alla lettera a) e, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati a norma dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. La disposizione del comma 1 non si applica ai beni ivi indicati alla lettera c) che, in tutto o in parte, siano ritenuti irrilevanti ai fini paesaggistici e pertanto inclusi in apposito elenco redatto e reso pubblico dalla Regione competente. Il Ministero, con provvedimento adottato con le procedure previste dall'articolo 144, può tuttavia confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni.

4. La disposizione del comma 2 non si applica ai beni indicati all'articolo 139, individuati a norma degli articoli 140 e 144] (159).

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(159)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 184, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, a decorrere dal 1° maggio 2004, ai sensi di quanto disposto dall'art. 183 dello stesso decreto.

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(Legge 29 giugno 1939, n. 1497, art. 7; decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, commi 1 e 2 e comma 9, aggiunto dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1)

(omissis)

151.  Alterazione dello stato dei luoghi.

[1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni ambientali inclusi negli elenchi pubblicati a norma dell'articolo 140 o dell'articolo 144 o nelle categorie elencate all'articolo 146 non possono distruggerli né introdurvi modificazioni, che rechino pregiudizio a quel loro esteriore aspetto che è oggetto di protezione.

2. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno l'obbligo di sottoporre alla Regione i progetti delle opere di qualunque genere che intendano eseguire, al fine di ottenerne la preventiva autorizzazione.

3. L'autorizzazione è rilasciata o negata entro il termine perentorio di sessanta giorni.

4. Le regioni danno immediata comunicazione delle autorizzazioni rilasciate alla competente soprintendenza, trasmettendo contestualmente la relativa documentazione. Il Ministero può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l'autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa comunicazione.

5. Decorso inutilmente il termine indicato al comma 3, nei successivi trenta giorni è data facoltà agli interessati di richiedere l'autorizzazione al Ministero che si pronuncia entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. L'istanza, corredata da triplice copia del progetto di realizzazione dei lavori e da tutta la relativa documentazione, è presentata alla competente soprintendenza e ne è data comunicazione alla Regione] (165) (166).

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(165)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 184, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, a decorrere dal 1° maggio 2004, ai sensi di quanto disposto dall'art. 183 dello stesso decreto.

(166)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10 luglio-4 agosto 2003, n. 294 (Gazz. Uff. 13 agosto 2003, n. 32, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 163 e 151 sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

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(Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, commi 8 e 12 aggiunti dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1)

(omissis)

152.  Interventi non soggetti ad autorizzazione.

[1. Non è richiesta l'autorizzazione prescritta dall'articolo 151:

a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

b) per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;

c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati alla lettera g) dell'articolo 146, purché previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia] (167).

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(167)  Il presente decreto è stato abrogato dall'art. 184, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, a decorrere dal 1° maggio 2004, ai sensi di quanto disposto dall'art. 183 dello stesso decreto.

(omissis)

 


L. 23 dicembre 1999, n. 499
Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1999, n. 305.


1.  Finalità.

1. La presente legge, nel rispetto delle linee di intervento fissate dal Documento di programmazione economico-finanziaria, ha la finalità di:

a) assicurare coerenza programmatica e continuità pluriennale agli interventi pubblici nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, favorendone l'evoluzione strutturale;

b) accrescere, mediante l'armonizzazione dei costi medi di produzione con quelli degli altri Paesi dell'Unione europea, le capacità concorrenziali del sistema agroalimentare italiano nel mercato europeo ed internazionale perseguendo la massima valorizzazione delle produzioni agricole e la tutela del consumatore, nonché il riequilibrio delle strutture produttive nelle diverse aree del Paese;

c) promuovere le politiche di sviluppo e di salvaguardia del mondo rurale, attraverso il sostegno all'economia multifunzionale nel quadro di uno sviluppo sostenibile e del riequilibrio territoriale.


2.  Dotazioni finanziarie e procedure di programmazione.

1. Per le finalità di cui all'articolo 1, per il quadriennio 1999-2002, sono destinate le risorse finanziarie recate specificamente dalla presente legge, nonché i fondi che le regioni iscrivono autonomamente nei propri bilanci, quelli erogati dal Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per l'attuazione dei regolamenti comunitari a fini strutturali, quelli recati annualmente dalla legge finanziaria e destinati alle competenze regionali nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, quelli di competenza statale destinati in particolare ai settori dell'irrigazione, dell'agroindustria e del riordino fondiario, per l'attuazione di programmi di interventi in settori specifici, e quelli previsti dal Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910 (2).

2. I fondi specificamente recati dalla presente legge, per le finalità di cui all'articolo 1, per il periodo 1999-2002, ammontano a lire 499,3 miliardi per l'anno 1999, a lire 99,1 miliardi per l'anno 2000 e a lire 101,1 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002 (3).

3. Per l'anno 1999, i fondi stanziati dalla presente legge sono destinati quanto a lire 250 miliardi al finanziamento dei regimi di aiuto previsti dal decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e quanto a lire 249,3 miliardi alle altre iniziative contemplate dall'articolo 1, comma 3, della legge 2 dicembre 1998, n. 423, con le procedure dallo stesso previste.

4. Per i fondi stanziati a decorrere dall'anno 2000, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle politiche agricole e forestali, in coerenza con i vincoli posti dagli accordi internazionali e dalla politica agricola dell'Unione europea e con le indicazioni del Documento di programmazione economico-finanziaria e sulla base della Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale, definisce le linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroindustriale, agroalimentare e forestale, nonché le indicazioni per l'omogenea redazione dei programmi regionali di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Sono fatte salve le attribuzioni del Ministero del commercio con l'estero e dell'Istituto nazionale per il commercio estero in materia di attività promozionale all'estero di rilievo nazionale e di internazionalizzazione delle imprese (4).

5. Le somme di cui ai commi 1 e 2 sono destinate a finanziare gli interventi previsti dal Documento programmatico agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale nazionale, di seguito denominato «Documento programmatico agroalimentare», che il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite le organizzazioni professionali agricole, nonché le organizzazioni cooperative, le organizzazioni sindacali degli operatori agricoli, le associazioni dei produttori e dei consumatori e le organizzazioni agroindustriali di settore, e sentita, altresì, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, presenta, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), ai fini della verifica della coerenza con la programmazione generale e della relativa approvazione. L'approvazione del Documento programmatico agroalimentare da parte del CIPE comporta la contestuale attribuzione dei fondi di cui al comma 2 (5).

6. Il Documento programmatico agroalimentare, di durata triennale, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previa espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, può essere adeguato ogni anno, entro sessanta giorni dall'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, tenendo conto delle evoluzioni intervenute nelle normative comunitarie di settore; analogamente si potrà procedere alla revisione dell'attribuzione dei fondi di cui al comma 2 (6).

7. Il Documento programmatico agroalimentare è costituito:

a) dai programmi agricoli, agroalimentari, agroindustriali e forestali, nonché di sviluppo rurale predisposti da ogni singola regione e provincia autonoma, di seguito denominati «programmi agricoli regionali»;

b) dai programmi di formazione professionale, volti ad agevolare l'inserimento di giovani nel settore primario, realizzati dalle regioni e dalle province autonome di intesa con istituti di istruzione secondaria, professionale e facoltà universitarie ad indirizzo agricolo-forestale e agroindustriale delle università degli studi, e dagli interventi a favore della imprenditorialità giovanile;

c) dai programmi interregionali o dalle azioni comuni riguardanti l'insieme delle regioni e delle province autonome, da realizzare in forma cofinanziata;

d) dalle attività realizzate dal Ministero delle politiche agricole e forestali ai sensi del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143;

e) dagli interventi pubblici e dalle azioni di sostegno previsti dal decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e dalle misure di razionalizzazione del settore;

f) dai programmi di interventi predisposti dalla società Sviluppo Italia e da altre strutture operanti a livello nazionale nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale (7).

8. Per il primo anno di attuazione i programmi agricoli regionali potranno essere sostituiti dai documenti di programmazione agricola, agroalimentare, agroindustriale e forestale, nonché di sviluppo rurale cui la programmazione regionale fa riferimento.

9. In mancanza della presentazione di uno o più programmi agricoli regionali o di uno o più documenti di cui al comma 8, alla loro predisposizione si provvede ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (8).

10. I regimi di aiuto contenuti nel Documento programmatico agroalimentare, entro quindici giorni dalla approvazione di quest'ultimo sono notificati alla Commissione delle Comunità europee, e costituiscono il riferimento in ordine a quanto stabilito dagli articoli 87 e 88 del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209. Analogamente si provvede per la notifica di eventuali modifiche (9).

11. Il Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, presenta annualmente al CIPE ed al Parlamento un rapporto sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla presente legge e sullo stato dell'agricoltura italiana.

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(2)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;

ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.

(3)  Per l'incremento dello stanziamento previsto dal presente comma vedi l'art. 15, L. 27 marzo 2001, n. 122.

(4)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;

ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.

(5)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;

ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.

(6)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;

ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.

(7)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;

ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.

(8)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;

ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.

(9)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 186 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 4, 5, 6 e 7, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli articoli 8, numeri 21 e 29; 9, numero 8; 16; da 69 a 85 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 e ai princìpi costituzionali in materia di funzione di indirizzo e coordinamento, con il ricorso indicato in epigrafe;

ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 9 e 10, proposte dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.


3.  Dotazioni finanziarie delle regioni in attuazione del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143.

1. Al fine di assicurare alle regioni, a decorrere dall'anno 2000, le risorse finanziarie ad esse necessarie per lo svolgimento delle funzioni loro conferite dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, nonché in attuazione di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, è autorizzata per gli anni 2000 e 2001 l'ulteriore spesa di lire 540,7 miliardi da devolvere all'apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per essere ripartito tra le regioni stesse con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sulla base di criteri fissati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (10).

2. A decorrere dall'anno 2002 si provvede con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

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(10)  Vedi, anche, l'art. 52, comma 10, L. 23 dicembre 2000, n. 388.


4.  Finanziamento delle attività di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali.

1. Per il periodo 1999-2002, è autorizzata per ciascun anno la spesa di lire 250 miliardi per le attività di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali concernenti in particolare la ricerca e sperimentazione in campo agricolo, svolta da enti, istituti e laboratori nazionali, la raccolta, elaborazione e diffusione di informazioni e di dati, compreso il sistema informativo agricolo nazionale, il sostegno delle associazioni ed unioni nazionali di produttori agricoli, il miglioramento genetico vegetale e del bestiame, svolto dalle associazioni nazionali, la tutela e valorizzazione della qualità dei prodotti agricoli e la prevenzione e repressione delle frodi, nonché il sostegno delle politiche forestali nazionali. Una quota di tali disponibilità può essere destinata a progetti speciali in materia agricola predisposti da università degli studi e da altri enti pubblici di ricerca nonché, nei limiti stabiliti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, alle attività di supporto a quelle di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali ed al funzionamento delle connesse strutture ministeriali e, per l'anno 2004, dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura di cui al decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali si provvede al riparto delle suddette disponibilità finanziarie tra le finalità di cui al presente articolo (11).

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(11)  Comma così modificato dall'art. 3, comma 161, L. 24 dicembre 2003, n. 350. Con D.M. 4 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 23 gennaio 2001, n. 18) sono state definite le procedure e le modalità per l'impiego delle risorse finanziarie - anno 2000, destinate alla ricerca avanzata per il sistema agricolo italiano.


5.  Disposizioni finanziarie.

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, determinato in lire 749,3 miliardi per l'anno 1999, in lire 889,8 miliardi per l'anno 2000, in lire 891,8 miliardi per l'anno 2001 e in lire 351,1 miliardi per l'anno 2002, si provvede, per gli anni 1999, 2000 e 2001, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero per le politiche agricole.

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


L. 5 marzo 2001, n. 57
Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati (art. 7)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 20 marzo 2001, n. 66.


Capo II

Interventi nei settori agricolo, forestale, della pesca e dell'acquacoltura

(omissis)

7.  Delega per la modernizzazione nei settori dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura.

1. Il Governo è delegato a emanare, senza che ciò comporti oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno o più decreti legislativi contenenti norme per l'orientamento e la modernizzazione nei settori dell'agricoltura, delle foreste, della pesca, dell'acquacoltura e della lavorazione del pescato, anche in funzione della razionalizzazione degli interventi pubblici (31).

2. Gli schemi di decreto legislativo di cui al comma 1, a seguito della deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri e dopo avere acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica affinché sia espresso, entro quaranta giorni, il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia; decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza di detto parere. Qualora il termine previsto per il parere parlamentare scada nei trenta giorni antecedenti la scadenza del termine di cui al comma 1 o successivamente ad esso, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni.

3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono diretti, in coerenza con la politica agricola dell'Unione europea, a creare le condizioni per:

a) promuovere, anche attraverso il metodo della concertazione, il sostegno e lo sviluppo economico e sociale dell'agricoltura, dell'acquacoltura, della pesca e dei sistemi agroalimentari secondo le vocazioni produttive del territorio, individuando i presupposti per l'istituzione di distretti agroalimentari, rurali ed ittici di qualità ed assicurando la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale;

b) favorire lo sviluppo dell'ambiente rurale e delle risorse marine, privilegiando le iniziative dell'imprenditoria locale, anche con il sostegno della multifunzionalità dell'azienda agricola, di acquacoltura e di pesca, comprese quelle relative alla gestione ed alla tutela ambientale e paesaggistica, anche allo scopo di creare fonti alternative di reddito;

c) ammodernare le strutture produttive agricole, della pesca e dell'acquacoltura, forestali, di servizio e di fornitura di mezzi tecnici a minor impatto ambientale, di trasformazione e commercializzazione dei prodotti nonché le infrastrutture per l'irrigazione al fine di sviluppare la competitività delle imprese agricole ed agroalimentari, soddisfacendo la domanda dei mercati ed assicurando la qualità dei prodotti, la tutela dei consumatori e dell'ambiente;

d) garantire la tutela della salute dei consumatori nel rispetto del principio di precauzione, promuovendo la riconversione della produzione intensiva zootecnica in produzione estensiva biologica e di qualità, favorire il miglioramento e la tutela dell'ambiente naturale, delle condizioni di igiene e di benessere degli animali negli allevamenti, nonché della qualità dei prodotti per uso umano e dei mangimi per gli animali, in particolare sviluppando e regolamentando sistemi di controllo e di tracciabilità delle filiere agroalimentari;

e) garantire un costante miglioramento della qualità, valorizzare le peculiarità dei prodotti e il rapporto fra prodotti e territorio, assicurare una adeguata informazione al consumatore e tutelare le tradizioni alimentari e la presenza nei mercati internazionali, con particolare riferimento alle produzioni tipiche, biologiche e di qualità;

f) favorire l'insediamento e la permanenza dei giovani e la concentrazione dell'offerta in armonia con le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza;

g) assicurare, in coerenza con le politiche generali del lavoro, un idoneo supporto allo sviluppo occupazionale nei settori agricolo, della pesca, dell'acquacoltura e forestale, per favorire l'emersione dell'economia irregolare e sommersa;

h) favorire la cura e la manutenzione dell'ambiente rurale, anche attraverso la valorizzazione della piccola agricoltura per autoconsumo o per attività di agriturismo e di turismo rurale;

i) favorire lo sviluppo sostenibile del sistema forestale, in aderenza ai criteri e princìpi individuati dalle Conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa.

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(31)  In attuazione della delega prevista dal presente comma, per il settore della pesca e dell'acquacoltura, vedi il D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 226; per il settore forestale, vedi il D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227; per il settore agricolo, vedi il D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228.


D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227
Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2001, n. 137, S.O.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visti gli articoli 7 e 8 della legge 5 marzo 2001, n. 57;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 aprile 2001;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, reso il 24 aprile 2001;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 maggio 2001;

Sulla proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali e del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, delle finanze, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero e per gli affari regionali;

Emana il seguente decreto legislativo:


1.  Finalità.

1. Le disposizioni del presente decreto sono finalizzate alla valorizzazione della selvicoltura quale elemento fondamentale per lo sviluppo socio-economico e per la salvaguardia ambientale del territorio della Repubblica italiana, nonché alla conservazione, all'incremento ed alla razionale gestione del patrimonio forestale nazionale, nel rispetto degli impegni assunti a livello internazionale e comunitario dall'Italia in materia di biodiversità e sviluppo sostenibile con particolare riferimento a quanto previsto dalle Risoluzioni delle Conferenze interministeriali sulla protezione delle foreste in Europa di Strasburgo, Helsinki e Lisbona.

2. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, il Ministero delle politiche agricole e forestali, il Ministero dell'ambiente e le regioni svolgono, ciascuno nell'àmbito delle proprie competenze, in modo coordinato le attività volte a garantire la maggiore efficacia degli interventi pubblici, l'equilibrato sviluppo economico e sociale, soprattutto nelle zone montane, e l'utilizzo delle risorse naturali in maniera sostenibile.


2.  Definizione di bosco e di arboricoltura da legno.

1. Agli effetti del presente decreto legislativo e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica i termini bosco, foresta e selva sono equiparati.

2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo le regioni stabiliscono per il territorio di loro competenza la definizione di bosco e:

a) i valori minimi di larghezza, estensione e copertura necessari affinché un'area sia considerata bosco;

b) le dimensioni delle radure e dei vuoti che interrompono la continuità del bosco;

c) le fattispecie che per la loro particolare natura non sono da considerarsi bosco.

3. Sono assimilati a bosco:

a) i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell'aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell'ambiente in generale;

b) le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea e arbustiva a causa di utilizzazioni forestali, avversità biotiche o abiotiche, eventi accidentali, incendi;

c) le radure e tutte le altre superfici d'estensione inferiore a 2000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco.

4. La definizione di cui ai commi 2 e 6 si applica ai fini dell'individuazione dei territori coperti da boschi di cui all'articolo 146, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

5. Per arboricoltura da legno si intende la coltivazione di alberi, in terreni non boscati, finalizzata esclusivamente alla produzione di legno e biomassa. La coltivazione è reversibile al termine del ciclo colturale.

6. Nelle more dell'emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno di cui al comma 5. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. È fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell'aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell'ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d'estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco.


3.  Programmazione forestale.

1. In relazione alle linee guida emanate dal Ministero delle politiche agricole e forestali e dal Ministero dell'ambiente, ciascuno per quanto di propria competenza, in materia forestale ed alle indicazioni fornite ai sensi dell'articolo 2, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, le regioni definiscono le linee di tutela, conservazione, valorizzazione e sviluppo del settore forestale nel territorio di loro competenza attraverso la redazione e la revisione dei propri piani forestali. A tal fine, le linee di indirizzo e coordinamento per gli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroindustriale, agroalimentare e forestale comprendono specifiche linee di politica forestale nazionale atte a:

a) verificare lo stato e le caratteristiche del bosco in relazione all'economia nazionale e alla situazione ambientale generale, con particolare riferimento alla conservazione della biodiversità;

b) stabilire gli obiettivi strategici della politica nazionale nel settore forestale, anche in attuazione delle Risoluzioni delle Conferenze interministeriali di Helsinki e Lisbona, e indicare gli indirizzi di intervento nazionale ed i criteri generali di realizzazione, nonché le previsioni di spesa.

2. Le regioni promuovono la pianificazione forestale per la gestione del bosco e definiscono la tipologia, gli obiettivi, le modalità di elaborazione, il controllo dell'applicazione e il riesame periodico dei piani (3).

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(3)  Le linee guida di cui al presente articolo sono state emanate con D.M. 16 giugno 2005


4.  Trasformazione del bosco e rimboschimento compensativo.

1. Costituisce trasformazione del bosco in altra destinazione d'uso del suolo, ogni intervento che comporti l'eliminazione della vegetazione esistente finalizzata a un'utilizzazione del terreno diversa da quella forestale.

2. La trasformazione del bosco è vietata, fatte salve le autorizzazioni rilasciate dalle regioni in conformità all'articolo 151 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, compatibilmente con la conservazione della biodiversità, con la stabilità dei terreni, con il regime delle acque, con la difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi, con la tutela del paesaggio, con l'azione frangivento e di igiene ambientale locale.

3. La trasformazione del bosco deve essere compensata da rimboschimenti con specie autoctone, preferibilmente di provenienza locale, su terreni non boscati. Le regioni stabiliscono l'estensione minima dell'area boscata soggetta a trasformazione del bosco oltre la quale vale l'obbligo della compensazione.

4. Il rimboschimento compensativo, anche al fine di ricongiungere cenosi forestali frammentate, è attuato a cura e spese del destinatario dell'autorizzazione alla trasformazione di coltura.

5. Le regioni prescrivono le modalità e i tempi di realizzazione del rimboschimento compensativo e le aree dove deve essere effettuato. Tali aree devono ricadere all'interno del medesimo bacino idrografico nel quale è stata autorizzata la trasformazione di coltura.

6. In luogo del rimboschimento compensativo, le regioni possono prevedere il versamento di una quota in numero corrispondente all'importo presunto dell'intervento compensativo e destinano tale somma alla realizzazione di interventi di riequilibrio idrogeologico nelle aree geografiche più sensibili, ricadenti anche in altri bacini idrografici. Possono altresì prevedere la realizzazione di opere di miglioramento dei boschi esistenti.

7. A garanzia dell'esecuzione degli interventi compensativi e di miglioramento di boschi esistenti, le regioni disciplinano il versamento di adeguate cauzioni.


5.  Forme di sostituzione, gestione e cessione del bosco.

1. Le regioni dettano norme affinché venga garantito il recupero dei boschi qualora sussistano gravi processi di degrado o vi siano motivi di pubblica incolumità.

2. Le regioni dettano norme per la concessione in gestione dei boschi degli enti pubblici, assicurando che resti inalterata la loro superficie, destinazione economica e multifunzionalità.

3. Per favorire lo sviluppo ed una più razionale gestione sostenibile delle risorse forestali, le regioni, gli enti locali e le associazioni agrarie promuovono la costituzione o la partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative. Ai predetti organismi possono partecipare, anche ai fini di un migliore coordinamento della gestione, soggetti privati e le imprese di cui all'articolo 7, comma 1.


6.  Disciplina delle attività selvicolturali.

1. Le attività selvicolturali sono fattore di sviluppo dell'economia nazionale, di miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle zone montane, nonché a sostegno di nuove opportunità imprenditoriali ed occupazionali anche in forma associata o cooperativa. Esse sono strumento fondamentale per la tutela attiva degli ecosistemi e dell'assetto idrogeologico e paesaggistico del territorio.

2. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, è vietata la conversione dei boschi governati o avviati a fustaia in boschi governati a ceduo, fatti salvi gli interventi autorizzati dalle regioni ai fini della difesa fitosanitaria o di altri motivi di rilevante interesse pubblico. È vietato altresì il taglio a raso dei boschi laddove le tecniche selvicolturali non siano finalizzate alla rinnovazione naturale, salvo casi diversi previsti dai piani di assestamento regolarmente approvati e redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b). Sono fatti salvi gli interventi disposti dalle regioni ai fini della difesa fitosanitaria o di altri motivi di interesse pubblico.

3. Le regioni, in accordo con i princìpi di salvaguardia della biodiversità, con particolare riferimento alla conservazione delle specie dipendenti dalle necromasse legnose, favoriscono il rilascio in bosco di alberi da destinare all'invecchiamento a tempo indefinito.

4. I tagli eseguiti in conformità al presente articolo ed alle specifiche norme regionali vigenti, sono considerati tagli colturali ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 152, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.


7. Promozione delle attività selvicolturali.

1. Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità, le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l'esecuzione di lavori, opere e servizi in àmbito forestale. Tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico.

2. Le norme di cui all'articolo 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, sono estese ai soggetti di cui al comma 1 anche per l'affidamento della gestione e per la realizzazione di lavori, opere e servizi in àmbito forestale.


8.  Esercizio di attività selvicolturali.

1. Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.


9.  Materiale forestale di moltiplicazione.

[1. Le regioni istituiscono il libro dei boschi da seme per il territorio di propria competenza, in cui sono iscritti i boschi, gli arboreti, gli alberi e le piantagioni di alberi da seme per la produzione di materiale forestale di moltiplicazione. Le regioni inviano al Ministero delle politiche agricole e forestali i dati degli elenchi suddetti al fine di costituire il Registro nazionale del materiale forestale di moltiplicazione] (4).

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(4)  Articolo abrogato dall'art. 19, D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386.


10.  Strutture statali per la conservazione della biodiversità forestale.

1. Al fine di tutelare la diversità biologica del patrimonio forestale nazionale in relazione alle competenze previste all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, gli stabilimenti per le sementi forestali di Pieve S. Stefano e Peri e il laboratorio per la biodiversità di Bosco Fontana sono riconosciuti Centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministero dell'ambiente ed il Ministero delle politiche agricole e forestali, previa costituzione di una commissione paritetica, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, formata da un numero di esperti non superiore a sei, individuano ulteriori stabilimenti in numero e modalità sufficienti a rappresentare zone omogenee dal punto di vista ecologico. A tali stabilimenti è riconosciuta, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, la qualifica di Centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale.

2. Gli stabilimenti di cui al comma 1 sono altresì abilitati alla certificazione delle analisi sulla qualità del seme e possono coadiuvare le regioni nell'individuazione delle regioni di provenienza e dei materiali di base di cui all'articolo 9.


11.  Certificazione delle attività forestali ecocompatibili.

1. Nell'àmbito degli indirizzi stabiliti a livello internazionale e nazionale le regioni promuovono la certificazione dei processi gestionali e produttivi del settore forestale.


12. Ricerca, formazione e informazione.

1. Il Ministero delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, promuove e sostiene lo sviluppo della ricerca e della sperimentazione forestale anche in conformità al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, nonché attraverso il coinvolgimento delle istituzioni scientifiche operanti nel settore forestale.

2. Le regioni curano la formazione professionale degli addetti a vario titolo operanti nel settore forestale.

3. È istituito, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, l'Osservatorio nazionale del mercato dei prodotti e dei servizi forestali, costituito da rappresentanti dello Stato, delle regioni e delle categorie economiche del comparto forestale, con il compito di promuovere azioni per il mercato dei prodotti e servizi forestali.

4. È istituito presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, il Comitato tecnico-scientifico nazionale per il sughero, cui partecipano le regioni interessate, con il compito di suggerire nuovi indirizzi di ricerca sulla base delle esigenze degli operatori del settore e coordinare il trasferimento dei risultati a questi ultimi.

5. Il Ministero delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove attività di informazione e di educazione sul significato e lo stato del bosco e sulle esternalità da esso svolte in favore della società, avvalendosi a tale scopo anche del sistema per l'educazione ambientale coordinato dal Ministero dell'ambiente, in collaborazione con quest'ultimo.


13.  Disposizioni applicative.

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.


14.  Disposizioni finanziarie.

1. All'onere derivante dall'articolo 8 del presente decreto, quantificato in lire 11,166 miliardi a decorrere dal 2001, si provvede:

a) quanto all'anno 2001 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 25 della legge n. 144 del 1999;

b) per gli anni 2002 e 2003 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata - ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165 - dalla tabella C della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (5).

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(5)  Vedi, anche, il comma 85 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448.


 

D.Lgs. 10 novembre 2003, n. 386
Attuazione della direttiva 1999/105/CE relativa alla commercializzazione dei materiali forestali di moltiplicazione (art. 19)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 gennaio 2004, n. 23, S.O.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 117 della Costituzione;

Vista la legge 30 luglio 2002, n. 180;

Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, ed in particolare l'articolo 1, commi 2 e 3;

Vista la legge 3 dicembre 1962, n. 1799, relativa all'adesione alla Convenzione per l'inquadramento della Commissione internazionale del pioppo nell'àmbito della F.A.O. e alla relativa costituzione della Commissione nazionale per il pioppo avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 29 settembre 1969;

Vista la legge 22 maggio 1973, n. 269;

Visto il D.M. 15 novembre 1974 del Ministro per l'agricoltura e le foreste, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 20 febbraio 1975, relativo ai periodi di raccolta ed all'età minima delle piante;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 10 maggio 1982, n. 494;

Vista la direttiva 1999/105/CE del 22 dicembre 1999, del Consiglio, relativa alla commercializzazione dei materiali forestali di moltiplicazione;

Vista la direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio;

Visto il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

Visto il regolamento (CE) n. 1597/2002 del 6 settembre 2002, recante modalità di applicazione della direttiva 1999/105/CE per quanto riguarda la presentazione degli elenchi nazionali dei materiali di base;

Visto il regolamento (CE) n. 1602/2002 del 9 settembre 2002, recante modalità di applicazione della direttiva 1999/105/CE per quanto riguarda l'autorizzazione di uno Stato membro a vietare la commercializzazione all'utilizzatore finale di materiali forestali di moltiplicazione;

Vista la Dec. 1999/468/CE del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione;

Vista la legge 14 febbraio 1994, n. 124, recante ratifica ed esecuzione della convenzione sulla biodiversità, con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992;

Visto il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 luglio 2003;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 7 novembre 2003;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, degli affari regionali e dell'ambiente e della tutela del territorio;

Emana il seguente decreto legislativo:


(omissis)

19.  Abrogazioni.

1. La legge 22 maggio 1973, n. 269, e successive modificazioni, è abrogata.

2. L'articolo 9 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, è abrogato.

 


D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42
Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della L. 6 luglio 2002, n. 137
(artt. 142, 146 e 149)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 febbraio 2004, n. 45, S.O.

(2)  Così corretto con Comunicato 26 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 26 febbraio 2004, n. 47).


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76, 87, 117 e 118 della Costituzione;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, recante istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modifiche e integrazioni;

Visto il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352;

Visto l'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 settembre 2003;

Acquisito il parere della Conferenza unificata, istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 gennaio 2004;

Sulla proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro per gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:


(omissis)

142.  Aree tutelate per legge.

1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

 

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

 

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

 

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

 

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

 

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonchè i territori di protezione esterna dei parchi;

 

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

 

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

 

i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

 

l) i vulcani;

 

m) le zone di interesse archeologico individuate alla data di entrata in vigore del presente codice.

2. Non sono comprese tra i beni elencati nel comma 1 le aree che alla data del 6 settembre 1985:

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B;

 

b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone diverse dalle zone A e B, ed erano ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

 

c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. La disposizione del comma 1 non si applica ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione, in tutto o in parte, abbia ritenuto, entro la data di entrata in vigore della presente disposizione, irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall'articolo 140, comma 3.

4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all'articolo 157 (70).

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(70)  Articolo così sostituito dall'art. 12, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.


Capo IV

Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela

(omissis)

146.  Autorizzazione.

1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree oggetto degli atti e dei provvedimenti elencati all'articolo 157, oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e 141, tutelati ai sensi dell'articolo 142, ovvero sottoposti a tutela dalle disposizioni del piano paesaggistico, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.

2. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno l'obbligo di sottoporre alla regione o all'ente locale al quale la regione ha delegato le funzioni i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l'autorizzazione a realizzarli.

3. Le regioni, ove stabiliscano di non esercitare direttamente la funzione autorizzatoria di cui al presente articolo, ne possono delegare l'esercizio alle province o a forme associative e di cooperazione degli enti locali in ambiti sovracomunali all'uopo definite ai sensi degli articoli 24, 31 e 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, al fine di assicurarne l'adeguatezza e garantire la necessaria distinzione tra la tutela paesaggistica e le competenze urbanistiche ed edilizie comunali. La regione può delegare ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche nel caso in cui abbia approvato il piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 143, comma 3, e a condizione che i comuni abbiano provveduto al conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici. In ogni caso, ove le regioni deleghino ai comuni il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, il parere della soprintendenza di cui al comma 8 del presente articolo resta vincolante.

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, è individuata la documentazione necessaria alla verifica di compatibilità paesaggistica degli interventi proposti (76).

5. La domanda di autorizzazione dell'intervento indica lo stato attuale del bene interessato, gli elementi di valore paesaggistico presenti, gli impatti sul paesaggio delle trasformazioni proposte e gli elementi di mitigazione e di compensazione necessari.

6. L'amministrazione competente, nell'esaminare la domanda di autorizzazione, verifica la conformità dell'intervento alle prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e ne accerta:

a) la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo ed alle finalità di tutela e miglioramento della qualità del paesaggio individuati dalla dichiarazione di notevole interesse pubblico e dal piano paesaggistico;

 

b) la congruità con i criteri di gestione dell'immobile o dell'area indicati dalla dichiarazione e dal piano paesaggistico.

7. L'amministrazione competente, acquisito il parere della commissione per il paesaggio di cui all'articolo 148 e valutata la compatibilità paesaggistica dell'intervento, entro il termine di quaranta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, trasmette al soprintendente la proposta di rilascio o di diniego dell'autorizzazione, corredata dal progetto e dalla relativa documentazione, dandone comunicazione agli interessati. La comunicazione costituisce avviso di inizio del relativo procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Qualora l'amministrazione verifichi che la documentazione allegata non corrisponde a quella prevista al comma 4, chiede le necessarie integrazioni; in tale caso, il termine è sospeso dalla data della richiesta fino a quella di ricezione della documentazione. Qualora l'amministrazione ritenga necessario acquisire documentazione ulteriore rispetto a quella prevista al comma 4, ovvero effettuare accertamenti, il termine è sospeso, per una sola volta, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, dalla data della richiesta fino a quella di ricezione della documentazione, ovvero dalla data di comunicazione della necessità di accertamenti fino a quella di effettuazione degli stessi.

8. Il soprintendente comunica il parere entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricezione della proposta di cui al comma 7. Decorso inutilmente il termine per l'acquisizione del parere, l'amministrazione competente assume comunque le determinazioni in merito alla domanda di autorizzazione. Fino all'approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 143, comma 3, e all'avvenuto adeguamento ad esso degli strumenti urbanistici comunali, il parere è vincolante, secondo quanto previsto dall'articolo 143, comma 4.

9. Entro il termine di venti giorni dalla ricezione del parere del soprintendente, l'amministrazione competente rilascia l'autorizzazione oppure comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10- bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. L'autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto del permesso di costruire o degli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio. I lavori non possono essere iniziati in difetto di essa.

10. Decorsi inutilmente i termini indicati al comma 9, è data facoltà agli interessati di richiedere l'autorizzazione alla regione, che provvede anche mediante un commissario ad acta entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Qualora venga ritenuto necessario acquisire documentazione ulteriore o effettuare accertamenti, il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta, ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti. Laddove la regione non abbia affidato agli enti locali la competenza al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, la richiesta di rilascio in via sostitutiva è presentata alla soprintendenza competente.

11. L'autorizzazione paesaggistica diventa efficace decorsi trenta giorni dalla sua emanazione ed è trasmessa in copia, senza indugio, alla soprintendenza che ha emesso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente al parere, alla regione, agli enti locali e, ove esistente, all'ente parco nel cui territorio si trovano l'immobile o l'area sottoposti al vincolo.

12. L'autorizzazione paesaggistica, fuori dai casi di cui all'articolo 167, commi 4 e 5, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

13. L'autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Il ricorso è deciso anche se, dopo la sua proposizione, ovvero in grado di appello, il ricorrente dichiari di rinunciare o di non avervi più interesse. Le sentenze e le ordinanze del tribunale amministrativo regionale possono essere appellate da chi sia legittimato a ricorrere avverso l'autorizzazione paesaggistica, anche se non abbia proposto il ricorso di primo grado.

14. Presso ogni amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione è istituito un elenco, aggiornato almeno ogni quindici giorni e liberamente consultabile, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione paesaggistica, con la annotazione sintetica del relativo oggetto e con la precisazione se essa sia stata rilasciata in difformità dal parere del soprintendente, ove il parere stesso non sia vincolante, o della commissione per il paesaggio. Copia dell'elenco è trasmessa trimestralmente alla regione e alla soprintendenza, ai fini dell'esercizio delle funzioni di vigilanza di cui all'articolo 155.

15. Le disposizioni dei commi da 1 a 14 si applicano anche alle istanze concernenti le attività minerarie di ricerca ed estrazione riguardanti i beni di cui all'articolo 134.

16. Le disposizioni dei commi 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13 e 14, non si applicano alle autorizzazioni per le attività di coltivazione di cave e torbiere. Per tali attività restano ferme le potestà del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ai sensi della normativa in materia, che sono esercitate tenendo conto delle valutazioni espresse, per quanto attiene ai profili paesaggistici, dal soprintendente competente. Il soprintendente si pronuncia entro trenta giorni dalla richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (77).

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(76)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 12 dicembre 2005.

(77)  Articolo così sostituito dall'art. 16, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.


(omissis)

149.  Interventi non soggetti ad autorizzazione.

1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 143, comma 5, lettera a), non è comunque richiesta l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146, dall'articolo 147 e dall'articolo 159 (80):

a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

 

b) per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;

 

c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

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(80)  Alinea così modificato dall'art. 19, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.

(omissis)

 


 

D.M. 16 giugno 2005
Linee guida di programmazione forestale

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 novembre 2005, n. 255.


IL MINISTRO DELL'AMBIENTE

E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

Visto l'art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57, che al comma 1 delega il Governo ad emanare decreti legislativi per la modernizzazione nei settori dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura e al comma 3, lettera i), stabilisce che detti decreti legislativi siano diretti a creare condizioni per favorire lo sviluppo sostenibile del sistema forestale, in aderenza ai criteri e ai princìpi individuati dalle conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa;

Visto il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, recante orientamento e modernizzazione del settore forestale, che all'art. 3, comma 1, affida al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e al Ministero delle politiche agricole e forestali, ciascuno per quanto di propria competenza, l'incarico di emanare linee guida in materia forestale, in relazione alle quali le regioni definiscono le linee di tutela, conservazione, valorizzazione e sviluppo del settore forestale nel territorio di loro competenza, attraverso la redazione e la revisione di propri piani forestali;

Vista la convenzione per la protezione delle Alpi, firmata a Salisburgo nel novembre 1991, che fissa gli obiettivi per una corretta politica ambientale per la salvaguardia a lungo termine dell'ecosistema alpino nonché la tutela degli interessi economici delle popolazioni residenti ed il relativo protocollo per le foreste montane, con lo scopo di conservare le foreste montane come habitat quasi naturale e, quando ciò sia necessario, di svilupparle o di aumentare l'estensione e di migliorare la loro stabilità;

Vista la convenzione sulla diversità biologica, sottoscritta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e ratificata con la legge 14 febbraio 1994, n. 124;

Considerato che nel corso della sesta conferenza delle parti firmatarie della convenzione sulla diversità biologica, tenutasi all'Aja nel 2002, è stata adottata la decisione VI/22 che nell'allegato I definisce un programma di lavoro per la conservazione della diversità biologica forestale, considerata elemento insostituibile per la complessiva conservazione della diversità biologica anche in relazione al rapporto foreste - clima e che ribadisce più volte l'importanza della gestione forestale sostenibile;

Vista la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottata a New York il 9 maggio 1992 ed il protocollo di Kyoto del dicembre 1997 che ne rappresenta uno degli strumenti attuativi e che riconosce alle foreste un ruolo significativo nelle politiche di stabilizzazione del clima per la loro capacità di fissazione del carbonio;

Vista la convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione (United Nations convention to combat desertification - UNCCD) del 17 giugno 1994, ratificata con la legge 4 giugno 1997, n. 170;

Vista la convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione della flora e della fauna (CITES) firmata a Washington il 3 marzo 1973 e ratificata con la legge 19 dicembre 1975, n. 874;

Visti gli esiti della conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED), tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, che hanno dato concretezza al concetto di gestione forestale sostenibile (GFS), definendone le tre principali dimensioni, ecologica (conservazione delle risorse boschive), sociale (impatti sociali positivi) ed economica (efficienza nell'organizzazione dell'offerta dei prodotti o dei servizi forestali), e hanno affermato un quadro di princìpi volti ad ottenere un consenso globale sulla gestione, la conservazione e lo sviluppo sostenibile di tutte le tipologie di foreste, noti con la denominazione di princìpi forestali; tali princìpi accompagnano il capitolo 11 di agenda 21, dedicato alla strategia contro la deforestazione;

Viste le proposte d'azione del comitato intergovernativo sulle foreste (Intergovernmental panel on forest, IPF 1995-97) e del Forum intergovernativo sulle foreste (Intergovernmental forum on forest, IFF 1997-2000) per la promozione di politiche nazionali ed internazionali per una gestione forestale sostenibile, che hanno trovato seguito a partire dal 10 ottobre 2000 nel programma pluriennale di lavoro del Forum delle Nazioni Unite sulle foreste (United Nations forum on forests, UNFF);

Considerata la particolare attenzione rivolta alle politiche di pianificazione forestale nazionale in àmbito FAO;

Visto il VI programma di azione per l'ambiente della Comunità europea 2001-2010 (decisione n. 1600/2002/CE);

Visto il piano d'azione dell'Unione europea contro il commercio illegale del legno (FLEGT) adottato il 13 ottobre 2003;

Vista la direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche che promuove la costituzione di una rete ecologica europea coerente, denominata Natura 2000, costituita da zone speciali di conservazione (ZSC) e da zone di protezione speciale (ZPS) recepita in Italia dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 successivamente modificato ed integrato dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120;

Visto il regolamento (CE) n. 1782/2003 del 29 settembre 2003 che stabilisce norme comuni relative al regime di sostegno diretto nell'àmbito della politica agricola comune (PAC), recepito in Italia con il decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 5 agosto 2004, recante disposizioni per l'attuazione della riforma della politica agricola comune, ed in particolare il criterio della condizionalità;

Vista la proposta di regolamento del consiglio sullo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) del 14 luglio 2004;

Considerato che l'Italia, aderendo al processo Paneuropeo delle conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa (MCPFE), ha fatto proprio il concetto di gestione forestale sostenibile (GFS) così come definito dalle risoluzioni di Strasburgo (1990), Helsinki (1993), Lisbona (1998) e Vienna (2003) ed in particolare dalla risoluzione H1 di Helsinki del 1993, che chiede una «gestione corretta e l'uso delle foreste e dei terreni forestali nelle forme e a un tasso di utilizzo tali da mantenere la loro diversità biologica, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e una potenzialità che assicuri, adesso e in futuro, rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello locale, nazionale e globale tali da non comportare danni ad altri ecosistemi»;

Considerato che, al fine di dare integrale ed armonica applicazione alle disposizioni del richiamato art. 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, è opportuno prefigurare un sistema di programmazione forestale concertato con i diversi attori titolari di competenze in materia, che tenga conto degli aspetti della tutela, della valorizzazione, dello sviluppo e del monitoraggio nel settore forestale, con particolare riguardo alla gestione forestale sostenibile al fine di calare nella realtà italiana gli indirizzi maturati in àmbito internazionale contenuti nelle convenzioni e trattati sottoscritti dal nostro Paese;

Considerato che in tale ottica lo Stato italiano, inteso nella pluralità delle sue articolazioni centrali e regionali, intende fornire un quadro di riferimento per sviluppare linee programmatiche ed interventi puntuali sul territorio;

Vista l'intesa, sancita ai sensi dell'art. 8, comma 6 delle legge 5 giugno 2003, n. 131, dalla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nella seduta del 15 luglio 2004, repertorio atti n. 2049, sulle linee guida di programmazione forestale previste dall'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

Decreta:


1. Sono emanate ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, le seguenti linee guida in materia forestale che hanno lo scopo di valutare lo stato di conservazione del settore in relazione alla tutela della biodiversità e di individuare elementi di indirizzo per la programmazione che le regioni attueranno nel rispetto degli impegni internazionali e della normativa comunitaria e nazionale in materia ed in considerazione delle strategie, dei criteri e degli indicatori da essi individuati.

I. Le foreste in Italia

Secondo l'ultimo inventario forestale nazionale del 1985 (MAF/ISAFA, 1988), la superficie forestale italiana ammonta a 8.675.100 ettari, includendo nel bosco 2.160.900 ettari di formazioni arbustive, rupestri e riparie.

Le prime proiezioni dei dati relativi al nuovo inventario forestale nazionale (inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio), confermano una stima di superficie complessiva del patrimonio forestale italiano di circa 10,5 milioni di ettari.

Secondo i dati ISTAT 2000, il 53% della superficie forestale è governata a ceduo e ceduo composto, la cui età media è di circa 20 anni, e il 43% a fustaia, la cui età non è molto superiore a quella dei cedui, attestandosi su una media di 40 anni. Il restante 4% è coperto da macchia mediterranea.

Nel 1985 la massa legnosa dei cedui era in media di 88 m3 per ettaro, mentre la provvigione delle fustaie era pari a 178 m3 per ettaro. L'incremento medio delle fustaie era pari a 4,3 m3 ettaro l'anno.

A partire dalla metà degli anni ottanta si è assistito ad un minor prelievo di legno, che si è ormai attestato intorno a 10 Mm3 all'anno, compreso quello fuori foresta, che costituisce il 2% della provvigione forestale (EUROSTAT, 1995). Questo minor prelievo di legno ha comportato un aumento della provvigione dei nostri boschi pari a circa 34 Mm3 l'anno, che tuttavia non ha ancora raggiunto, soprattutto per quanto riguarda le fustaie, i valori ottimali per garantire la stabilità e l'equilibrio dinamico degli ecosistemi forestali.

Le utilizzazioni legnose dell'ultimo trentennio sono state caratterizzate da un andamento ciclico. Nel 1997 (ISTAT, 2000) il prelievo del legno da ardere assommava a circa 5,1 Mm3 e quello del legname da lavoro a 3,8 Mm3. Di questi circa il 72% era costituito da legname di latifoglie, destinato principalmente a tondame da sega.

Attualmente la pioppicoltura, con soltanto circa 100.000 ettari di superficie, fornisce quasi il 50% della produzione italiana di legno tondo.

Una delle caratteristiche principali del comparto forestale è la frammentazione della proprietà, essendo la superficie forestale per il 61,5% di proprietà privata, per il 27,5% dei Comuni, per il 7% del demanio statale e regionale e per il 5% di altri enti pubblici. Va inoltre rilevato che un elevato numero di aziende agricolo-forestali private ha una superficie inferiore ai 5 ettari e che assai limitata è anche la gestione aziendale associata (circa 200.000 ettari).

Gli habitat forestali caratterizzano la maggior parte delle aree naturali protette istituite ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e buona parte dei siti Natura 2000 individuati ai sensi della direttiva 79/409/CEE e della direttiva 92/43/CEE. La superficie forestale compresa nelle aree naturali protette iscritte nel V aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette è pari a circa 1.760.000 ettari e sommata alla superficie forestale dei siti Natura 2000 non compresi nelle aree protette iscritte in elenco ammonta complessivamente a circa 3 milioni di ettari.

Assicurare la continuità spaziale dei soprassuoli forestali su vaste aree, attraverso diversi regimi di tutela che riguardino anche i corridoi ecologici e le zone di interconnessione, costituisce uno degli elementi fondamentali per combattere il fenomeno della frammentazione degli ecosistemi forestali, fenomeno alla base dei processi di perdita di biodiversità animale e vegetale a tutti i livelli.

I boschi italiani costituiscono un grande serbatoio di biodiversità come testimonia la presenza nel nostro Paese di due terzi del patrimonio floristico arboreo europeo.

Da qui la necessità di mantenere i boschi italiani in condizioni ottimali non solo strutturali, favorendo la diversificazione floristica e l'incremento di biomassa, ma anche funzionali, mantenendo e/o ripristinando il loro stato di conservazione e la loro capacità di rinnovazione; le condizioni strutturali e funzionali del bosco devono essere controllate attraverso opportuni programmi di monitoraggio.

Oltre un quarto della superficie forestale nazionale non presenta uno stato ottimale di salute: tra i principali fattori di disturbo degli ecosistemi forestali possiamo individuare gli incendi e, in subordine, il pascolo e i fenomeni di inquinamento e i cambiamenti climatici su vasta scala.

Riguardo agli incendi boschivi nell'ultimo decennio sono stati percorsi dal fuoco in media circa 100.000 ettari l'anno; la media del periodo 1997-2003 è pari a 95.248 ettari di cui circa la metà boscata e l'altra metà non boscata, con una superficie media interessata da ciascun evento pari a circa 10,5 ettari per incendio; il fenomeno risulta assai preoccupante anche in relazione al bilancio assorbimento-emissione di CO2 nell'atmosfera.

Per quanto concerne i fenomeni di deperimento, questi hanno interessato soprattutto i consorzi di latifoglie, sebbene l'abete bianco sembri risultare una delle specie più sensibili. La causa principale dei fenomeni di deperimento per l'Europa meridionale è stata individuata nell'intensificarsi dei periodi di siccità, mentre l'inquinamento atmosferico è stato riconosciuto essere uno dei fattori principali di indebolimento.

Si evidenzia l'importanza del sistema produttivo della filiera foresta-legno, in quanto rappresenta il 5% della produzione manufatturiera e contribuisce al 15% del saldo attivo della bilancia commerciale.

II. Considerazioni generali

Le foreste svolgono un ruolo multifunzionale strategico: sono una fonte di energia rinnovabile, forniscono protezione dalle catastrofi naturali, agiscono come serbatoi di carbonio, fungono da tampone contro i cambiamenti ambientali, sono fra i fattori determinanti dell'equilibrio del ciclo dell'acqua, sono una fonte di materia prima per importanti settori produttivi e svolgono un'importante funzione didattica e ricreativa.

Da sempre le foreste hanno fatto parte della storia del genere umano, di cui conservano numerose tracce e aspetti culturali. Tutte le amministrazioni competenti in materia forestale si impegnano a preservare e valorizzare questa ricchezza naturale con azioni politiche mirate.

Occorre aumentare gli sforzi necessari a preservare la naturale diversità delle specie e degli habitat forestali, ottimizzare i metodi di gestione delle aree protette esistenti e ove possibile ampliarle, in modo da includere in esse un ampio spettro di tipologie di boschi e da creare collegamenti che limitino i problemi legati alla eccessiva frammentazione degli habitat.

Appare di fondamentale importanza individuare una politica nazionale di sviluppo rurale nella quale la foresta assuma un ruolo centrale nell'ottica degli impegni sottoscritti a Kyoto nel 1997 e nei successivi accordi negoziali sul contenimento delle emissioni di gas-serra nell'atmosfera, prevedendo la razionale gestione selvicolturale, nonché opere di forestazione e riforestazione nel rispetto anche dei princìpi di conservazione della biodiversità e di lotta alla desertificazione.

Tutti i responsabili dei diversi settori legati alle foreste devono strettamente collaborare per la protezione e il corretto utilizzo dei boschi, in modo da raggiungere gli obiettivi di tutela dell'ambiente, di rafforzamento della competitività della filiera foresta-legno e di miglioramento delle condizioni economico sociali delle realtà rurali, tenendo conto delle diverse esigenze. I programmi forestali regionali acquistano, in questo contesto, un ruolo essenziale.

Una gestione forestale sostenibile è realizzabile ed efficace nel lungo periodo tenendo nel giusto conto il valore economico dei beni e dei servizi offerti dal patrimonio boschivo. In particolare, nelle zone rurali e montane le foreste costituiscono un'importante, se non la principale, fonte di lavoro e di guadagno. Diventa essenziale, allora, prevedere un'efficace politica economica che prenda in considerazione questo aspetto, anche in collaborazione con altre realtà sociali ed economiche.

Le azioni che saranno intraprese per perseguire una gestione forestale sostenibile, a seguito dell'azione di indirizzo realizzata dall'amministrazione centrale, dovranno trovare una giusta collocazione nell'àmbito dei nuovi strumenti di programmazione presentati dalle regioni in base ai regolamenti comunitari per la razionalizzazione di tutte le misure attualmente in vigore relative al miglioramento delle aziende, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti offerti dal patrimonio boschivo e allo sviluppo rurale.

III. Obiettivi strategici della politica forestale nazionale

Gli obiettivi strategici della politica forestale discendono soprattutto dalla necessità di collocare la conservazione e la valorizzazione delle foreste e dei prodotti forestali in un approccio globale di gestione sostenibile delle risorse naturali rinnovabili e più genericamente del territorio, tenendo conto di tutte le componenti ecologiche, socio-culturali ed economiche nel rispetto degli impegni internazionali e comunitari sottoscritti, in particolare in attuazione delle risoluzioni delle conferenze ministeriali per la protezione delle foreste in Europa (MCPFE).

Le presenti linee guida in materia forestale sono volte ai seguenti obiettivi strategici:

1. la tutela dell'ambiente, attraverso il mantenimento, la conservazione e l'appropriato sviluppo della biodiversità negli ecosistemi forestali e il miglioramento del loro contributo al ciclo globale del carbonio, il mantenimento della salute e vitalità dell'ecosistema forestale, il mantenimento, la conservazione e lo sviluppo delle funzioni protettive nella gestione forestale, con particolare riguardo all'assetto idrogeologico e alla tutela delle acque;

2. il rafforzamento della competitività della filiera foresta-legno attraverso il mantenimento e la promozione delle funzioni produttive delle foreste - sia dei prodotti legnosi che non - e attraverso interventi tesi a favorire il settore della trasformazione e utilizzazione della materia prima legno;

3. il miglioramento delle condizioni socio-economiche locali ed in particolare degli addetti, attraverso l'attenta formazione delle maestranze forestali, la promozione di interventi per la tutela e la gestione ordinaria del territorio in grado di stimolare l'occupazione diretta e indotta, la formazione degli operatori ambientali, delle guide e degli addetti alla sorveglianza del territorio dipendenti dalle amministrazioni locali, l'incentivazione di iniziative che valorizzino la funzione socio-economica della foresta, assicurando un adeguato ritorno finanziario ai proprietari o gestori.

Per il raggiungimento di questi obiettivi, risultano strategici la buona conoscenza del territorio in generale e forestale in particolare, la pianificazione forestale ai vari livelli (regionale, eventualmente sub-regionale e soprattutto aziendale), condivisa attraverso la sensibilizzazione e la compartecipazione di tutte le componenti sociali interessate al territorio stesso. Occorre quindi incentivare in vario modo le attività volte alla conoscenza e alla pianificazione del territorio forestale.

Per rendere detta pianificazione e la relativa gestione più efficace e duratura risulta opportuno cercare di accorpare ed ampliare il più possibile le unità territoriali di gestione, al fine di favorire una gestione economica autonoma attraverso strumenti pianificatori che abbiano obiettivi multipli e lungimiranti, di concreta applicabilità e da sostenere nel tempo con i necessari impegni ai vari livelli economici ed organizzativi che permettano la continuità degli interventi di gestione forestale sostenibile ed il relativo monitoraggio, favorendo altresì la certificazione di buona gestione forestale.

Per gli stessi obiettivi settore strategico è quello della ricerca che va sviluppata maggiormente sia relativamente agli aspetti naturalistici - in particolare per quanto riguarda la salvaguardia della biodiversità con la conservazione in situ ed ex situ del patrimonio forestale (specie, provenienza, variabilità genetica intra specifica), la relativa attività vivaistica, il monitoraggio dello stato di conservazione ed il ruolo delle foreste nel ciclo del carbonio - sia per quanto riguarda gli aspetti economici con indagini di mercato sui prodotti forestali (legnosi e non legnosi, turistico - ricreativi, ambientali, ecc.) e con le innovazioni tecnologiche per il miglioramento dei macchinari per l'esbosco e l'utilizzo del legname, la valorizzazione delle specie legnose nazionali, lo sviluppo dell'arboricoltura da legno, l'incentivazione del riciclo e riutilizzo.

IV. Criteri generali di intervento per una gestione forestale sostenibile

Le regioni verificano lo stato e le caratteristiche delle risorse forestali in relazione all'economia nazionale e regionale e alla situazione ambientale generale con particolare riferimento alla conservazione della biodiversità.

Le regioni pianificano la gestione e lo sviluppo del settore forestale mediante la redazione di piani forestali che tengano conto del ruolo multifunzionale della foresta e che rispondano agli obiettivi strategici e agli indirizzi internazionali, comunitari e nazionali precedentemente esposti, al fine di raggiungere una gestione ottimale degli ecosistemi forestali.

Le regioni possono prevedere piani forestali per ambiti territoriali specifici, al fine di rendere più agevole l'attuazione della politica forestale a livello locale.

I piani di gestione forestale devono essere definiti tenendo in considerazione le presenti linee guida e devono essere aggiornati periodicamente.

La gestione forestale nelle aree naturali protette dovrà conformarsi agli indirizzi di gestione forestale sostenibile e di politica forestale adottati dalle regioni secondo le presenti linee guida, nel rispetto ed in applicazione della normativa nazionale e comunitaria vigente per tali aree.

La gestione forestale dei siti Natura 2000 dovrà anche tenere in considerazione le «Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000» emanate con il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 3 settembre 2002.

Le regioni dovranno rendere consultabile sui rispettivi siti Internet un quadro, annualmente aggiornato grazie a specifici programmi di monitoraggio, della pianificazione forestale a livello regionale, sub-regionale ed aziendale (intercomunale, comunale ed ove possibile privata), con evidenziati i comuni e le rispettive superfici oggetto di pianificazione e il periodo di valenza del piano.

Le azioni che verranno adottate dalle regioni attraverso i piani forestali dovranno tenere conto dei sei criteri per una gestione forestale sostenibile, individuati nell'allegato I della risoluzione L2 della conferenza interministeriale di Lisbona (2-4 giugno 1998), e degli indicatori quantitativi e qualitativi ad essi correlati, secondo quanto riportato nel documento «Indicatori paneuropei affinati per la gestione forestale sostenibile» adottato nell'àmbito dei lavori dalla conferenza interministeriale di Vienna (7-8 ottobre 2002). Tali criteri ed indicatori definiscono gli elementi essenziali e l'insieme delle condizioni o dei processi attraverso i quali può essere conseguita una gestione forestale sostenibile:

1. Mantenimento e appropriato sviluppo delle risorse forestali e loro contributo al ciclo globale del carbonio:

a) la gestione forestale deve mirare al mantenimento ed al miglioramento del valore economico, ecologico, culturale e sociale delle risorse forestali, compresi acqua, suolo, flora e fauna;

b) le pratiche di gestione forestale devono salvaguardare la quantità e la qualità delle risorse nel medio e nel lungo periodo bilanciando l'utilizzazione col tasso di incremento e preferendo tecniche che minimizzino i danni diretti ed indiretti alle risorse forestali, idriche, al suolo ed alle risorse di flora e di fauna;

c) la gestione forestale contribuisce all'azione di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici a livello globale attraverso l'adozione di pratiche volte a massimizzare la capacità di assorbimento del carbonio delle foreste e la realizzazione di opere di imboschimento e rimboschimento.

2. Mantenimento della salute e vitalità dell'ecosistema forestale:

a) la salute e la vitalità delle foreste devono essere periodicamente monitorate, soprattutto in relazione a fattori di perturbazione biotici (insetti e patogeni) e abiotici (incendi e fenomeni climatici);

b) la prevenzione e lotta agli incendi boschivi deve essere effettuata anche attraverso operazioni selvicolturali di pulizia del sottobosco e cure colturali del soprassuolo (potature, sfolli, diradamenti) negli ambiti più opportuni;

c) i piani di gestione forestale, o loro equivalenti, devono essere definiti in modo da minimizzare i rischi di fenomeni di degrado agli ecosistemi forestali;

d) le pratiche di gestione forestale devono rispettare il più possibile i processi naturali favorendo la diversità genetica e strutturale;

e) nell'imboschimento e nel rimboschimento devono essere utilizzate specie autoctone e provenienze il più possibile locali, adatte alla stazione fitoclimatica e comunque non invasive;

f) l'uso di sostanze chimiche di sintesi deve essere ridotto il più possibile prendendo in considerazione misure alternative selvicolturali e biologiche;

g) sono da evitare le pratiche selvicolturali in grado di influire negativamente sulle risorse idriche e sugli ecosistemi fluviali;

h) le azioni che mirano a ridurre l'inquinamento atmosferico devono essere incentivate e deve essere valutato in maniera approfondita l'impatto che questo inquinamento ha sui diversi ecosistemi forestali;

i) laddove siano riscontrabili danni riconducibili direttamente od indirettamente ad agenti inquinanti saranno adottate azioni contro questi ultimi e pratiche specifiche per il recupero della funzionalità dell'ecosistema forestale.

3. Mantenimento e promozione delle funzioni produttive delle foreste (prodotti legnosi e non):

a) il patrimonio boschivo nazionale deve essere migliorato e accresciuto mirando ad una gestione sostenibile che consenta il mantenimento delle diverse attività economiche dei beni e servizi prodotti dalle foreste;

b) la gestione deve tendere a mantenere e migliorare la produzione diversificata di prodotti e servizi nel lungo periodo;

c) il tasso di utilizzazione - sia dei prodotti forestali legnosi che di quelli non legnosi - deve incidere sull'incremento produttivo, cioè sugli interessi e non sul capitale forestale, non eccedendo la quota che può essere prelevata nel lungo periodo, assicurando quindi il rinnovo ciclico dei prodotti prelevati;

d) adeguate infrastrutture, quali strade, piste di esbosco o ponti, devono essere pianificate, realizzate e mantenute in modo tale da assicurare l'efficiente distribuzione di prodotti e servizi, e minimizzare nello stesso tempo gli impatti negativi sull'ambiente;

e) il settore della trasformazione, commercializzazione ed utilizzazione della materia prima legno deve essere favorito;

f) le opere di imboschimento finalizzate anche alla produzione legnosa devono essere incentivate;

g) la produzione del legno quale fonte di energia rinnovabile insieme allo sviluppo e la creazione di filiere collegate allo sfruttamento energetico delle biomasse forestali devono essere promosse prioritariamente nei contesti rurali e nelle aree montane;

h) la certificazione forestale e la rintracciabilità del legno devono essere promosse ai vari livelli quali strumenti di garanzia dell'adeguamento delle forme di gestione boschiva ai criteri di buona pratica forestale internazionalmente riconosciuti;

i) il fenomeno dell'importazione di legname tagliato illegalmente deve essere contrastato con tutti i mezzi possibili comprese le campagne di sensibilizzazione e la certificazione del prodotto legno;

j) la conversione di aree agricole abbandonate e di aree non boscate in aree boscate deve essere presa in considerazione ogni qualvolta ciò può aumentarne il valore economico, ecologico, sociale e/o culturale;

k) è opportuno favorire la creazione di albi delle imprese qualificate che operano in campo forestale.

4. Mantenimento, conservazione e adeguato sviluppo della diversità biologica negli ecosistemi forestali:

a) la pianificazione della gestione forestale deve tendere alla conservazione e al miglioramento della biodiversità a livello di ecosistema, di specie, di varietà e, dove appropriato, a livello di paesaggio;

b) la pianificazione della gestione forestale, l'inventario sul terreno e la mappatura delle risorse forestali devono includere i biotopi ecologicamente importanti, prendendo in considerazione gli ecosistemi forestali protetti, rari, sensibili o rappresentativi, aree ripariali e biotopi umidi, aree che ospitano specie endemiche e habitat di specie minacciate (come definite in liste di riferimento riconosciute), così come le risorse genetiche in situ protette o in via di estinzione;

c) l'introduzione di specie aliene potenzialmente invasive deve essere evitata ove possibile e comunque controllata e l'impatto delle specie già introdotte mitigato;

d) bisogna promuovere, ove necessario, forme di conservazione ex situ del patrimonio genetico forestale, necessarie innanzitutto al fine di integrare i provvedimenti per la conservazione in situ;

e) devono essere sostenuti, mantenuti e valorizzati i sistemi di gestione forestale tradizionali e locali che hanno creato ecosistemi di valore;

f) le infrastrutture devono essere pianificate in modo da minimizzare i danni agli ecosistemi forestali, specialmente agli ecosistemi rari, sensibili, o rappresentativi e alle riserve genetiche, tenendo in considerazione che spesso gli ecosistemi forestali costituiscono aree vitali per specie minacciate o significative nei loro percorsi migratori;

g) la pressione delle popolazioni animali e del pascolamento deve consentire la rinnovazione, la crescita e il mantenimento delle risorse e della varietà della foresta;

h) le pratiche di gestione forestale devono mirare a mantenere ed incrementare la diversità biologica di tutti gli ecosistemi collegati. Particolare importanza assume ogni iniziativa di ricostituzione della biodiversità nelle aree ad elevata antropizzazione ed utilizzazione agraria;

i) la perdita di biodiversità dovuta alla eccessiva frammentazione del territorio ed al cambiamento di uso del suolo deve essere prevenuta, mitigata ed eventualmente compensata;

j) occorre promuovere ed incentivare l'istituzione di nuove aree protette e la loro corretta gestione.

5. Mantenimento e adeguato sviluppo delle funzioni protettive nella gestione forestale (in particolare suolo e acqua):

a) la pianificazione della gestione forestale deve mirare a mantenere e ad accrescere le funzioni protettive della foresta: la funzione di protezione del suolo dall'erosione, la funzione di protezione e regimazione delle risorse idriche, la funzione di protezione da altri fenomeni idrogeologici avversi quali frane, alluvioni e valanghe, la funzione di protezione dei centri abitati e delle infrastrutture;

b) le aree forestali che rivestono specifiche e riconosciute funzioni protettive devono essere censite e i piani di gestione forestale, o loro equivalenti, devono tenere conto delle caratteristiche di queste aree;

c) deve essere prestata particolare attenzione alle operazioni selvicolturali su suoli sensibili e su aree soggette a possibile erosione. In tali zone devono essere evitate tecniche selvicolturali inappropriate e l'uso di macchinari non idonei;

d) deve essere prestata particolare attenzione alle attività di gestione forestale su aree con funzioni di protezione e regimazione delle acque per evitare effetti negativi sulla qualità e quantità delle risorse idriche;

e) la costruzione delle infrastrutture forestali, quali piste e vie di esbosco, deve essere effettuata in modo da minimizzare gli impatti sui suoli con particolare riguardo ai fenomeni di erosione, degradazione e compattazione nonché all'impermeabilizzazione, preservando la funzionalità idraulica ed il livello di naturalità dei corsi d'acqua.

6. Mantenimento di altre funzioni e condizioni socio-economiche:

a) la gestione sostenibile di ecosistemi forestali può concretizzarsi anche nel perseguimento della sostenibilità economica;

b) le funzioni non produttive delle foreste devono essere rispettate e tutelate con particolare riguardo alla possibilità di sviluppo delle aree rurali e alle nuove opportunità di occupazione connesse con l'attività forestale;

c) si deve favorire l'accorpamento della gestione e, ove possibile, della proprietà, attualmente eccessivamente frazionata, in quanto il binomio ambiente - economia, in campo forestale, può trovare successo in ambiti territoriali relativamente grandi, gestiti in modo unitario e quindi secondo una programmazione lungimirante e sostenibile, con reali impatti positivi sull'occupazione e sul mercato locali;

d) la gestione forestale deve essere attuata nel rispetto e promuovendo l'impiego delle esperienze e delle conoscenze forestali locali;

e) le maestranze forestali devono essere opportunamente formate ed addestrate sui temi della sicurezza sul lavoro;

f) le funzioni socio-economiche, culturali, ricreative e il valore estetico delle foreste devono essere valorizzate;

g) gli interventi per la tutela e la manutenzione ordinaria del territorio devono essere effettuati periodicamente con continuità e costanza nel tempo, compatibilmente con le risorse economiche disponibili;

h) la formazione degli operatori ambientali, delle guide, della polizia provinciale e delle guardie venatorie deve essere incentivata;

i) l'educazione ambientale deve essere promossa a tutti i livelli scolastici;

j) eventuali agevolazioni fiscali, ai livelli centrale, regionale e locale, per promuovere la gestione forestale sostenibile devono essere valutate considerando gli effetti diretti ed indiretti sulla salvaguardia degli ecosistemi forestali e lo sviluppo locale.

V. Impegni di ordine finanziario

1. Ai sensi di quanto previsto dall'art. 3, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, il fabbisogno finanziario per la realizzazione dei piani di cui alle presenti linee guida è stimato in termini programmatici in 250 milioni di euro per ciascun anno del biennio 2006-2007.

2. Lo strumento per la effettiva realizzazione sono i piani forestali regionali.

3. Al finanziamento dei piani di cui al precedente punto concorrono i Ministeri interessati nell'àmbito delle risorse previste dalla legislazione vigente e di intese dirette con le regioni in particolare attraverso gli accordi previsti dall'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367, e attraverso l'applicazione degli articoli 9 e 10 del medesimo decreto.

4. Qualora risulti che le risorse finanziarie a legislazione vigente non siano sufficienti per la copertura del fabbisogno finanziario di cui al punto 1, i Ministeri interessati si attivano, nell'àmbito delle disposizioni normative di settore, affinché gli importi non coperti siano reperiti nell'àmbito della manovra di finanza pubblica per il biennio considerato.

 


Documentazione

 


 

 

 

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

 

Bruxelles, 15.6.2006

COM(2006) 302 definitivo

 

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE
AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO

un piano d’azione dell’UE per le foreste


{SEC(2006) 748}


Comunicazione della Commissione
al Consiglio e al Parlamento europeo, COM(2006) 302 definitivo
Un piano d’azione dell’UE per le foreste{SEC(2006) 748}

Introduzione

La presente comunicazione risponde all’invito rivolto dal Consiglio[10] alla Commissione di presentare entro il 2006 un piano d’azione dell’UE per le foreste. Il piano – frutto della stretta collaborazione con gli Stati membri e della consultazione delle parti interessate – prende atto della relazione del Parlamento europeo sull’attuazione di una strategia forestale per l’Unione europea, nonché delle relazioni elaborate in materia dal Comitato economico e sociale europeo e dal Comitato delle regioni. Le fasi di gestazione del piano sono descritte sinteticamente nel documento di lavoro dei servizi della Commissione, allegato alla presente comunicazione.

Principi generali ed obiettivi

Principi generali

Partendo dalla risoluzione del Consiglio del 15 dicembre 1998 relativa alla strategia forestale dell’Unione europea[11], il piano d’azione istituisce un quadro per le iniziative a livello comunitario e nazionale e funge da strumento di coordinamento tra le azioni della Comunità e le politiche forestali degli Stati membri.

L’obiettivo generale del piano d’azione dell’UE per le foreste è sostenere e potenziare la gestione sostenibile e la multifunzionalità delle foreste. Il piano si fonda sui seguenti principi:

               i programmi nazionali in campo forestale costituiscono il quadro idoneo per la realizzazione degli impegni assunti in materia forestale a livello internazionale;

               la crescente rilevanza di problematiche di portata mondiale ed intersettoriale per la politica forestale impone maggiore coerenza e coordinamento;

               necessità di accrescere la competitività del settore forestale dell’UE e di promuovere la buona amministrazione delle foreste dell’Unione;

               rispetto del principio della sussidiarietà.

Prendendo atto della varietà e diversità dei contesti naturalistici, sociali, economici e culturali, nonché dei diversi assetti di proprietà dei terreni boschivi all’interno dell’UE, il piano d’azione rileva l’esigenza di differenziare le strategie e le azioni, adottando misure specifiche per le varie tipologie di bosco. Il documento pone l’accento sull’importanza del ruolo svolto dai proprietari di boschi per la gestione sostenibile del patrimonio forestale nell’UE.

Il piano d’azione mira a favorire la realizzazione degli obiettivi della strategia riveduta di Lisbona per la crescita e l’occupazione, nonché della strategia di Göteborg per lo sviluppo sostenibile. A questo documento seguirà una comunicazione complementare sulla competitività della filiera forestale, attualmente in fase di elaborazione.

Obiettivi

In sede di elaborazione del piano d’azione dell’UE per le foreste, la Commissione e gli Stati membri hanno sviluppato una visione comune delle foreste e del contributo che queste e la selvicoltura offrono alla società moderna:

Le foreste per la società: multifunzionalità delle foreste nel lungo termine per il soddisfacimento di bisogni attuali e futuri della società e quale fonte di reddito per la filiera forestale.

La multifunzionalità delle foreste genera esternalità positive per l’economia, l’ambiente, la società e la cultura. Oltre ad offrire materie prime rinnovabili e compatibili con l’ambiente, i boschi svolgono un importante ruolo per lo sviluppo economico, l’occupazione e la prosperità dell’Europa, in particolare delle aree rurali. I boschi migliorano la qualità di vita, in quanto rendono gradevole l’ambiente in cui viviamo, offrono possibilità ricreative e benefici per la salute, assicurando al tempo stesso la conservazione e la valorizzazione delle bellezze naturali e del patrimonio ambientale. È necessario che i boschi conservino i valori spirituali e culturali cui sono associati.

Aderendo a tale visione, il piano d’azione persegue quattro obiettivi principali:

               migliorare la competitività a lungo termine;

               migliorare e tutelare l’ambiente;

               migliorare la qualità di vita;

               favorire il coordinamento e la comunicazione.

Il piano d’azione quinquennale (2007–2011) è articolato in una serie di azioni chiave che la Commissione propone siano attuate di concerto con gli Stati membri. Il piano indica inoltre ulteriori azioni realizzabili dagli Stati membri in funzione delle specifiche realtà e priorità nazionali, ricorrendo a strumenti comunitari già esistenti, ma che potrebbero anche richiedere degli strumenti nazionali.

Azioni

Migliorare la competitività a lungo termine

Obiettivo: migliorare la competitività nel lungo periodo del settore forestale e incrementare l’uso sostenibile dei servizi e dei prodotti forestali.

La competitività del settore forestale costituisce la premessa per le molteplici ricadute positive sulla società dell’uso sostenibile dei boschi. Il settore forestale presenta un notevole potenziale di ulteriore sviluppo di prodotti e servizi di alta qualità ed elevato valore aggiunto, rispondenti alla domanda crescente e diversificata della società di fonti di materie prime rinnovabili. Occorrono ricerca e sviluppo tecnologico, diversificazione, innovazione ed investimenti per la valorizzazione qualitativa del lavoro e del capitale umano, al fine di sviluppare un settore forte e dinamico, capace di far fronte alle sfide del cambiamento globale.

Azione chiave 1: esaminare gli effetti della globalizzazione sulla redditività e sulla competitività delle foreste nell’Unione

La Commissione condurrà uno studio sugli effetti della globalizzazione sulla competitività delle foreste nell’Unione, per determinare i principali fattori che incidono sugli sviluppi del settore forestale nell’UE, nonché per alimentare le discussioni in merito alle ulteriori iniziative da prendere per migliorare la competitività e la redditività delle foreste.

Azione chiave 2: stimolare la ricerca e lo sviluppo tecnologico per migliorare la competitività del settore forestale

La ricerca e lo sviluppo tecnologico sono fondamentali per lo sviluppo sostenibile del settore forestale nell’UE.

La Commissione continuerà a finanziare la ricerca e lo sviluppo tecnologico nel campo della selvicoltura attraverso il settimo programma quadro per la ricerca[12].

La Commissione e gli Stati membri continueranno a stimolare lo sviluppo della piattaforma tecnologica della filiera forestale. La Commissione controllerà l’attuazione delle priorità per la ricerca strategica definite dalla piattaforma.Gli Stati membri possono inoltre avvalersi dei mezzi offerti dal FESR[13] nel campo della ricerca per realizzare progetti specifici.

La Commissione studierà la possibilità di istituire un forum scientifico comunitario delle foreste per intensificare i contatti tra il mondo scientifico ed il mondo politico.Quale prima iniziativa, nel 2007 la Commissione intende organizzare un seminario in cui si discutano le azioni comunitarie in questo campo.

Azione chiave 3: scambio ed esame delle esperienze relative alla valutazione e alla commercializzazione di beni e servizi della filiera forestale diversi dal legno

Il bosco svolge molteplici funzioni, il cui valore non è rispecchiato nei prezzi del legname e degli altri suoi prodotti. Occorre quantificare il valore globale del bosco e delle sue funzioni, nonché sviluppare ed applicare strumenti per la compensazione dei servizi e dei beni non commercializzati.

La Commissione intende proporre al comitato permanente forestale (in appresso ‘il comitato’) di costituire un gruppo ad hoc che faccia il punto delle esperienze in materia di meccanismi di valutazione e compensazione dei beni e dei servizi non commercializzati. La Commissione agevolerà tale scambio e gli Stati membri vi parteciperanno attivamente per condividere le loro esperienze.

Gli Stati membri promuoveranno studi e progetti pilota per la valutazione, la compensazione e la commercializzazione innovativa dei beni e dei servizi forestali, finanziabili attraverso il FEASR[14], lo strumento LIFE+[15], il settimo programma quadro di ricerca e il programma Energia intelligente – Europa (IEE) nell’ambito del programma quadro per la competitività e l’innovazione (CIP)[16].

Azione chiave 4: promuovere l’utilizzo della biomassa forestale per la produzione di energia

L’uso del legno quale fonte energetica sostitutiva dei combustibili fossili può servire ad attenuare i cambiamenti climatici, potenziando l’autosufficienza energetica, la sicurezza dell’approvvigionamento, offrendo altresì possibilità occupazionali nelle aree rurali.

Il comitato permanente forestale sosterrà l’attuazione del piano d’azione per la biomassa[17], segnatamente lo sviluppo di mercati dei pellet e del cippato e l’informazione dei proprietari di boschi circa le possibilità relative alla produzione di combustibile energetico.

La Commissionepromuoverà lo studio e la diffusione delle esperienze relative allo sfruttamentodel legname meno pregiato, del legno di piccole dimensioni e degli scarti del legname per la produzione di energia. Gli Stati membri devono accertare quali siano le disponibilità di legname e scarti legnosi e le reali possibilità del loro impiego per la produzione di energia a livello nazionale e regionale, al fine di studiare eventuali azioni future a sostegno dell’utilizzo del legno per la generazione energetica. Il settimo programma quadro ed i programmi IEE-CIP offrono gli opportuni mezzi per la promozione di tali attività.

La Commissione continuerà a sostenere la ricerca e lo sviluppo di tecnologie per la termogenerazione, la refrigerazione, l’elettricità e i combustibili[18] che sfruttano le risorse forestali – nell’ambito del capitolo ‘energia’ del programma specifico di cooperazione del settimo programma quadro di ricerca – e a stimolare lo sviluppo della piattaforma tecnologica per i biocarburanti e a sostenere l’attuazione delle priorità di ricerca da questa definite, per mezzo del settimo programma quadro.

Azione chiave 5: promuovere la cooperazione tra proprietari di boschi e potenziare l’istruzione e la formazione nel campo forestale

A causa della trasformazione degli assetti di proprietà e del crescente numero di proprietari di boschi non dediti all’agricoltura, una fascia sempre più estesa di proprietari non dispone delle competenze e delle capacità necessarie ad assicurare una gestione sostenibile del patrimonio boschivo. La frammentazione delle aziende forestali a conduzione privata può generare ulteriori difficoltà e l’aumento dei costi di gestione dei boschi, riducendo lo sfruttamento del legno, e pregiudicare la prestazione di servizi forestali. Vi è necessità, inoltre, di personale qualificato e flessibile.

Alla luce di quanto precede, gli Stati membri incentiveranno la qualificazione professionale e la formazione dei proprietari di fondi boschivi e dei lavoratori del settore forestale. Gli Stati membri promuoveranno altresì lo sviluppo di servizi di consulenza ai proprietari di boschi e alle loro associazioni. Tali servizi contribuiranno allo sviluppo di nuove strategie orientate al mercato e alla divulgazione delle pratiche sostenibili di gestione, nonché all’acquisizione da parte dei proprietari di fondi boschivi di competenze nel campo della promozione della biodiversità e del ripristino di habitat. La Commissione e gli Stati membri procederanno allo scambio di esperienze, idee e migliori prassi su come incrementare l’offerta di legname per uso industriale. Queste attività potrebbero essere finanziate dal FEASR e dagli strumenti comunitari nel campo dell’istruzione e della formazione.

Al fine di potenziare la competitività e la redditività delle foreste, nel rispetto delle priorità nazionali, gli Stati membri possono inoltre:

               stimolare la cooperazione tra proprietari di boschi, l’industria e i terzi interessati, per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi, tecnologie e mercati efficienti;

               incentivare gli investimenti volti alla valorizzazione economica delle foreste;

               sostenere la costituzione e lo sviluppo di associazioni di proprietari di boschi.

Migliorare e tutelare l’ambiente

Obiettivo: mantenere e accrescere in maniera appropriata la biodiversità, l’immobilizzazione del carbonio, l’integrità e la salute degli ecosistemi forestali e la loro capacità di recupero, a diversi livelli geografici.

La conservazione della capacità produttiva, della capacità di recupero e della diversità biologica è fondamentale per assicurare il mantenimento di un sano ecosistema forestale, a sua volta indispensabile per una società ed un’economia sane.

Le foreste svolgono una funzione primaria per la realizzazione degli obiettivi comunitari in materia di sviluppo sostenibile fissati a Göteborg, nonché degli obiettivi stabiliti nell’ambito del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, comprese le strategie tematiche pertinenti.

Azione chiave 6: favorire il rispetto da parte dell’Unione europea degli impegni relativi all’attenuazione dei cambiamenti climatici, assunti nel quadro dell’UNFCCC[19] e del relativo protocollo di Kyoto, e stimolare l’adattamento agli effetti di tali cambiamenti

Le foreste fungono da bacini di assorbimento del carbonio e possono produrre sia materie prime rinnovabili sia combustibili energetici, rispettando l’ambiente. Circa il 25% delle emissioni di gas ad effetto serra è tuttavia imputabile a cambiamenti della destinazione dei suoli, tra i quali il più saliente è il disboscamento delle foreste tropicali[20].

La Commissione esaminerà assieme al comitato le possibilità di onorare in modo più coordinato gli impegni stabiliti agli articoli 3.3 e 3.4[21] del protocollo di Kyoto, tra i quali figura la comunicazione di dati relativi ai cambiamenti di destinazione dei suoli e alla gestione del patrimonio boschivo.

La Commissione si adopererà per favorire gli scambi di vedute tra il comitato e il gruppo di esperti dell’UE competenti in materia di pozzi di assorbimento[22], al fine di rendere più incisive le discussioni sull’attenuazione dei cambiamenti climatici. In tale sede si discuteranno le misure per ridurre il disboscamento a livello mondiale e gli impegni relativi ai cambiamenti climatici oltre l’orizzonte del 2012.

La Commissione continuerà a promuovere la ricerca, la formazione e gli studi sull’impatto dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi.

Si esortano gli Stati membri ad attivarsi per determinare gli effetti dei cambiamenti climatici, ad impegnarsi per la sensibilizzazione e lo scambio di esperienze, nonché a promuovere attività volte all’attenuazione dei cambiamenti e all’adattamento agli stessi.

Azione chiave 7: contribuire al conseguimento degli obiettivi comunitari riveduti in materia di diversità biologica per il 2010 ed oltre tale orizzonte[23]

Il forte e progressivo impoverimento della diversità biologica all’interno dell’UE rende imperativo un rapido intervento a livello comunitario e nazionale, per il ripristino degli habitat e degli ecosistemi naturali, se si vuole realizzare l’obiettivo di arrestare la perdita di diversità biologica.

La Commissione proporrà al comitato permanente forestale di:

               scambiare informazioni sulle esperienze acquisite nell’attuazione della rete Natura 2000 in zone boschive;

               contemplare il monitoraggio della biodiversità forestale tra le attività pilota nell’ambito delle attuali iniziative concernenti gli indicatori della diversità biologica nell’UE[24];

               contemplare eventualmente il monitoraggio della parcellizzazione delle aree boschive e dell’incidenza dell’espansione dei boschi sulla biodiversità;

               valutare le informazioni e gli studi scientifici attualmente disponibili sull’area di copertura necessaria e i modi per tutelare le foreste non intaccate dall’attività antropica;

               seguire l’attuazione della Convenzione sulla diversità biologica (CBD)[25] e di altre decisioni che riguardano la biodiversità delle foreste.

La Commissione intende organizzare periodicamente riunioni a livello comunitario tra i direttori generali dei servizi nazionali preposti alle forestee alla natura, nonché promuovere la partecipazione attiva delle amministrazioni forestali a scambi informali tra gli Stati membri sull’applicazione della normativa a tutela della natura all’interno dell’Unione (“GreenEnforce Network”).

Azione chiave 8: impegnarsi per la realizzazione di un sistema europeo di sorveglianza delle foreste

Il programma di sorveglianza Forest Focus[26] termina nel 2006. Nel periodo
2007–2013, il monitoraggio ambientale a livello europeo potrà essere finanziato con il nuovo strumento LIFE+.

Per onorare gli impegni assunti dalla Commissione e dagli Stati membri nell’ambito di accordi internazionali e per attuare le direttive comunitarie – quali Natura 2000, la direttiva quadro sull’acqua e la direttiva fitosanitaria – occorrono informazioni armonizzate in campo forestale.

La Commissione si adopererà, assieme agli Stati membri e alle organizzazioni internazionali interessate, affinché si istituisca un sistema europeo di sorveglianza forestale, che si avvalga delle banche dati e dei sistemi di sorveglianza forestale esistenti. La realizzazione di un sistema coerente, fondato su programmi già esistenti[27] di raccolta di dati e sulle competenze specialistiche degli Stati membri, della Commissione (Centro comune di ricerca, Eurostat[28]), del SEE[29] e delle organizzazioni internazionali (ad es. UNECE[30], FAO[31]), costituisce il migliore strumento per soddisfare le esigenze di informazione per finalità sia scientifiche, sia politiche. Il Centro comune di ricerca istituirà un centro dati forestali europeo. Per il monitoraggio delle foreste non si raccoglieranno solo gli indicatori ambientali, ma anche informazioni di carattere economico e sociale, nonché eventualmente gli indicatori approvati dalla quarta Conferenza ministeriale per la protezione delle foreste in Europa (MCPFE)[32].

Azione chiave 9: migliorare la tutela delle foreste dell’UE

All’interno dell’Unione, gli incendi boschivi, gli agenti biotici e l’inquinamento atmosferico incidono in modo tangibile sullo stato delle foreste sotto il profilo ecologico e sulla loro capacità produttiva. Gli scambi mondiali ed i cambiamenti climatici hanno aumentato i vettori potenziali di organismi nocivi e specie invasive. La salvaguardia delle foreste da agenti biotici ed abiotici è una delle principali priorità della politica forestale ed è pertanto indispensabile disporre di informazioni aggiornate sullo stato delle foreste nell’Unione.

La Commissione intende:

               impegnarsi per l’ulteriore sviluppo del Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi;

               condurre uno studio che analizzi i principali fattori che influiscono sull’evoluzione dello stato delle foreste in Europa (compresi gli incendi boschivi), l’efficacia degli attuali strumenti e delle misure comunitarie per la tutela delle foreste, nonché eventuali opzioni future per migliorare l’efficienza degli interventi;

               incoraggiare gli Stati membri ad associarsi ad iniziative per lo studio di particolari problemi regionali concernenti lo stato delle foreste;

               finanziare, nell’ambito del settimo programma quadro di ricerca, la ricerca incentrata sulla tutela delle foreste e su problematiche fitosanitarie.

Inoltre, avvalendosi dei mezzi forniti dal FEASR e dallo strumento Life+, gli Stati membri possono:

               sviluppare linee direttrici nazionali e promuovere l’imboschimento a finalità ambientali e di tutela;

               promuovere sistemi agroforestali;

               promuovere misure a favore dei boschi nell’ambito di Natura 2000;

               promuovere programmi destinati ai proprietari di boschi, affinché s’impegnino volontariamente a rispettare dei vincoli di natura ambientale;

               promuovere gli investimenti che valorizzino i boschi sotto il profilo ecologico;

               finanziare misure per la prevenzione degli incendi boschivi;

               finanziare laricostituzione dei boschi danneggiati dalle calamità naturali e dagli incendi;

               finanziare: studi sulle cause degli incendi boschivi, campagne di sensibilizzazione, la formazione e progetti dimostrativi;

               rivedere e aggiornare le strategie generali per la difesa dagli agenti biotici e abiotici, prevedendo tra l’altro studi di valutazione del rischio riferiti agli organismi dannosi e alle specie invasive.

Migliorare la qualità di vita

Obiettivo: migliorare la qualità di vita attraverso il mantenimento e la valorizzazione della dimensione sociale e culturale delle foreste.

I boschi sono fonte di beni e servizi che producono esternalità positive per i cittadini, in termini di salute e qualità di vita, offrendo inoltre: un luogo di svago e ricreazione nelle aree urbane e rurali, occupazione e reddito a milioni di cittadini, tutela del suolo e delle risorse idriche, nonché una difesa dall’erosione, dalla desertificazione e dalle calamità naturali.

Per migliorare la qualità di vita – conservando e accentuando la dimensione sociale e culturale delle foreste – gli Stati membri possono, in funzione delle loro priorità e avvalendosi dei mezzi forniti dal FEASR, stimolare gli investimenti che valorizzano le foreste in termini di pubblica utilità.

Azione chiave 10: stimolare l’educazione e l’informazione ambientale

L’attività di sensibilizzazione è necessaria affinché la società diventi consapevole dei vantaggi della gestione sostenibile delle foreste.

La Commissione promuoverà lo scambio di esperienze tra gli Stati membri nel campo dell’educazione ambientale e delle campagne d’informazione, in particolare quelle rivolte ai bambini (con iniziative quali “scuole nel bosco” o “boschi didattici”). Gli Stati membri promuoveranno l’educazione in materia di gestione sostenibile delle foreste.

Azione chiave 11: mantenere e valorizzare la funzione di difesa delle foreste

Il crescente pericolo di calamità naturali, eventi atmosferici estremi, nonché di erosione e desertificazione in talune parti dell’Europa evidenzia l’importanza della funzione di difesa delle foreste, soprattutto nelle aree montane e mediterranee.

Occorre coordinare l’attività di sorveglianza e pianificazione e adottare misure di difesa efficaci. La sensibilizzazione e il trasferimento di conoscenze nel campo delle calamità naturali e della gestione del rischio rivestono un’importanza cruciale in questo contesto.

Nel quadro delle priorità nazionali e con i mezzi forniti dal FEASR, gli Stati membri possono:

               stimolare gli investimenti e la gestione sostenibile delle foreste ai fini della prevenzione delle calamità naturali e della sicurezza;

               integrare questi elementi in iniziative di educazione forestale e di sensibilizzazione.

Attraverso il FESR, gli Stati membri possono incrementare gli investimenti finalizzati alla prevenzione delle calamità naturali e alla sicurezza, segnatamente nell’ambito della cooperazione transfrontaliera.

La Commissione favorirà lo scambio di esperienze relative ai provvedimenti adottati per migliorare la funzione di difesa delle foreste.

Azione chiave 12: studiare il potenziale dei boschi urbani e periurbani

Per molti europei i boschi cittadini costituiscono il principale mezzo di fruizione della natura e dei suoi valori. La pianificazione, l’impianto e la gestione di boschi urbani e periurbani impone nuovi oneri ai loro gestori, in particolare in relazione all’impegno e alla risposta delle comunità locali che possono o prevedono di trarre dei benefici dalle operazioni forestali.

Sulla base delle attività scientifiche, la Commissione e gli Stati membri:

               riesamineranno ed integreranno le metodologie di valutazione dell’impatto dei boschi urbani e periurbani sulla società e sul singolo cittadino, al fine di elaborare degli indicatori per il lungo termine e solide linee direttrici per indirizzare in futuro gli investimenti e la gestione;

               studieranno strutture che coinvolgano le comunità locali e le parti interessate, diverse da quelle convenzionali, nella pianificazione, realizzazione, gestione ed uso dei boschi urbani e periurbani.

Favorire il coordinamento e la comunicazione

Obiettivo: migliorare la coerenza e la cooperazione intersettoriale al fine di calibrare gli obiettivi economici, ambientali e socioculturali ai diversi livelli organizzativi e istituzionali.

Benché la politica forestale sia di competenza degli Stati membri, a livello europeo si sviluppano molte iniziative politiche aventi ricadute sul settore forestale. Il coordinamento tra le politiche dei vari settori – a livello nazionale, tra gli Stati membri e la Commissione, nonché all’interno della Commissione medesima – è particolarmente importante per il settore forestale.

Azione chiave 13: rafforzare il ruolo del comitato permanente forestale

La decisione del Consiglio che istituisce il comitato permanente forestale[33] conferisce al medesimo un ampio mandato in materia di scambio di informazioni e consultazioni.

Al fine di pervenire ad un’attuazione coordinata del piano d’azione, la Commissione e i membri del comitato redigeranno un programma annuale di lavoro del comitato.

La Commissione organizzerà riunioni cui parteciperanno i membri del comitato, del gruppo consultivo “foreste e sughero”[34] e di altri organi consultivi, quali il comitato consultivo della politica comunitaria nel sistema legno[35].

La Commissione cercherà di promuovere la partecipazione attiva del comitato, a titolo di organo consultivo, alla formulazione delle politiche, incoraggiandolo in particolare ad elaborare documenti su questioni specifiche (position papers) e relazioni d’iniziativa.

Il modus operandi del comitato sarà adattato, favorendo il ricorso a gruppi di lavoro ad hoc.

Si sollecitano gli Stati membri a continuare ad organizzare riunioni periodiche tra i direttori generali dei servizi nazionali delegati alle foreste.

Azione chiave 14: rafforzare il coordinamento tra le varie politiche settoriali per le questioni inerenti alle foreste

Per rendere più efficiente lo scambio di informazioni sulle iniziative aventi possibili ricadute sul settore forestale, tutti i direttori generali designeranno un coordinatore per le politiche connesse alle foreste. La Commissione informerà periodicamente il comitato delle iniziative e delle misure delle varie politiche rilevanti per i lavori del comitato. La Commissione rafforzerà ulteriormente la funzione del gruppo interservizi per le foreste, nel rispetto delle strutture amministrative interne e delle competenze specifiche dei singoli servizi.

Azione chiave 15: applicare ai programmi forestali nazionali un metodo aperto di coordinamento

Il Consiglio europeo di Lisbona ha dichiarato che il metodo aperto di coordinamento può aiutare gli Stati membri a sviluppare progressivamente le politiche nazionali.

Gli Stati membri e la Commissione studieranno nell’ambito del comitato le possibilità di applicare tale metodo al coordinamento su base volontaria dei programmi forestali nazionali.

Azione chiave 16: innalzare il profilo dell’Unione nelle azioni internazionali riguardanti le foreste

Sia all’interno della Commissione sia a livello degli Stati membri, occorre un elevato grado di coordinamento per garantire un’azione coerente nell’ambito delle diverse iniziative internazionali nel campo delle foreste. Un ruolo preminente in materia spetta ai gruppi di lavoro competenti del Consiglio e in particolare al gruppo di lavoro sulle foreste.

Il principale strumento per aiutare i paesi extracomunitari a rispettare gli impegni internazionali è rappresentato dalla cooperazione economica e allo sviluppo, la cui competenza spetta congiuntamente alla Comunità e agli Stati membri. Nel prossimo decennio, l’entità complessiva degli aiuti dovrebbe aumentare. Il compito più arduo è ottenere che in sede di ripartizione delle risorse finanziarie, queste riflettano in modo adeguato la funzione delle foreste.

Anche se dopo il 2006 la Commissione non disporrà più di uno strumento finanziario specifico per le foreste, dal 2007 il finanziamento potrà avvenire attraverso il programma tematico per l’ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali, nonché i programmi destinati a singoli paesi o regioni. Ciò permetterà di continuare a finanziare l’attuazione degli accordi ambientali multilaterali[36] e le iniziative nel campo della politica forestale[37]. Il piano d’azione FLEGT[38] rientrerà tra gli obiettivi prioritari di finanziamento da parte della Commissione e degli Stati membri, in particolare ai fini dello sviluppo delle competenze nei paesi partecipanti al programma FLEGT.

In ordine alla cooperazione con i paesi in via di adesione e i paesi candidati, nonché con i paesi europei vicini, la Commissione continuerà ad impegnarsi nel quadro delle conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa, il Comitato legno della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite e nelle altre attività della FAO in materia di foreste.

Azione chiave 17: stimolare l’impiego del legno e degli altri prodotti della foresta provenienti da foreste gestite secondo i principi della sostenibilità

Appropriate azioni volte a stimolare l’impiego del legno e degli altri prodotti della foresta saranno incluse nella prossima comunicazione sulla competitività della filiera forestale. Tale comunicazione si riaggancia alla comunicazione sulla competitività delle industrie dei prodotti forestali e delle industrie connesse[39], che analizzava in modo approfondito il settore, individuando leprincipali sfide. Prendendo atto della crescente concorrenza mondiale cui le imprese della filiera devono far fronte, la prossima comunicazione si concentra sulle misure per consolidare il contesto in cui operano le imprese, particolarmente nell’ottica delle problematiche energetiche e delle materie prime. Questa parte sarà sviluppata sulla base dei risultati dei lavori del gruppo ad alto livello sulla competitività, l’energia e l’ambiente. Il documento tratterà inoltre temi inerenti all’innovazione, alla ricerca e allo sviluppo, nonché all’istruzione, alla formazione e all’informazione.

Nel quadro del piano d’azione, la Commissione promuoverà lo scambio di esperienze tra gli Stati membri nell’elaborazione di linee direttrici per l’applicazione della direttiva sugli appalti pubblici ai prodotti della foresta.

Azione chiave 18: migliorare lo scambio di informazioni e la comunicazione

La disponibilità di informazioni aggiornate e la loro circolazione sono essenziali ai fini della sensibilizzazione dell’opinione pubblica e affinché si tenga conto delle foreste in sede di elaborazione delle politiche.

La Commissione svilupperà – con il contributo attivo degli Stati membri – una strategia di comunicazione sulle foreste, che definisca le principali linee d’azione per migliorare la comunicazione all’interno della Comunità in materia di foreste. Contestualmente all’elaborazione della suddetta strategia si procederà allo scambio di esperienze tra gli Stati membri. Si esaminerà inoltre la possibilità di realizzare singole misure di comunicazione nell’ambito delle future manifestazioni internazionali in campo forestale[40].

La Commissione intende sviluppare un sito dedicato alle foreste nel portale Europa. Gli Stati membri dovranno rendere accessibili le informazioni relative alle foreste contenute nei siti Internet dei loro enti, provvedendo a inserire i necessari collegamenti ipertestuali con il sito “Foreste”.

Nell’ambito dell’iniziativa per il sistema europeo di sorveglianza delle foreste, la Commissione intende impegnarsi per lo sviluppo di una piattaforma europea di informazione e comunicazione, al fine di razionalizzare l’uso e la trasmissione delle informazioni disponibili.

Si invitano inoltre gli Stati membri ad organizzare manifestazioni di grande visibilità, quali ad es. “la settimana del bosco” o “la giornata del bosco”, al fine di attirare l’attenzione sui benefici della gestione sostenibile delle foreste.

Valutazione

La durata prevista del piano d’azione è di cinque anni (2007–2011). Nel 2009 si effettuerà una valutazione intermedia, mentre la valutazione finale sarà fatta nel 2012. Nello stesso anno sarà presentata una relazione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’attuazione del piano d’azione.

La collaborazione a livello comunitario con le parti interessate ai fini dell’attuazione del piano d’azione sarà gestita attraverso il gruppo consultivo “foreste e sughero”.

Il comitato permanente forestale s’incaricherà del coordinamento tra la Commissione e gli Stati membri per l’attuazione del piano d’azione e sarà coinvolto nell’elaborazione della valutazione intermedia e finale.

 

 



[1]    United Nations Conference on Environment and Development

[2]    La mancanza di una competenza giuridica da parte dell’Unione si conferma nel nuovo Trattato costituzionale, che nulla prevede per foresta e legno.

[3]    GUCE C56 del 26/2/1999.

[4]    COM(2006) 302 definitivo.

[5]    In tema di definizi0ne di vincoli idrogeologici si veda ora l’art. 61 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”.

[6]    Vale peraltro rammentare che il contributo di detti enti nello svolgimento delle attività di difesa della montagna è stato ritenuto di tale rilievo che l’art. 9 della legge n. 991/1952 ne aveva previsto la costituzione anche d’ufficio ad opera del Ministro dell’agricoltura.

[7]    Di consorzi forestali si parla in talune leggi, allo scopo di concedere o riconoscere taluni benefici, senza peraltro mai darne una definizione specifica (così il R.D.L. n. 1338/1936, art. 6; la legge. n. 984/1977, art. 7; la legge n. 97/1994, art. 9) talché la loro costituzione può essere semplicemente ricondotta ad una forma di un’associazione fra proprietari o possessori di terreni per la esecuzione di opere o servizi interessanti i propri fondi. Una fattispecie particolare pare quella dei consorzi forestali costituiti fra proprietari di terreni vincolati allo scopo di provvedere al rimboschimento, disciplinati dagli artt. 79-85 del R.D.L. n. 3267/1923, che ne prevedono anche la costituzione coattiva. Anche la n. 97/94 sulla montagna in verità attribuisce alle comunità montane, oltre ad un generico compito di promozione di consorzi forestali, la possibilità di procedere alla costituzione coattiva degli stessi, “qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie interessata.

[8]    Il richiamato articolo di legge richiede che i progetti delle opere di qualunque genere debbono essere presentati alle Regioni per ottenerne la preventiva autorizzazione, che deve essere rilasciata o negata entro il termine perentorio di 60 giorni. Decorso inutilmente tale termine l’interessato può entro 30 giorni chiedere l’autorizzazione allo stesso Ministero che è tenuto a pronunciarsi entro 60 giorni dalla data di ricevimento della richiesta.

      In caso di rilascio di autorizzazione da parte della Regione, entro i successivi 60 giorni dalla relativa comunicazione il Ministero può, con provvedimento motivato, procedere all’annullamento dell’autorizzazione regionale.

[9]    L’obiettivo dichiarato nel documento citato è di “assicurare che tutte le foreste siano gestite meglio, e non assicurare un riconoscimento solo a quelle che raggiungono gli standard stabiliti per la certificazione”.

[10]    Conclusioni del Consiglio relative al piano d’azione dell’UE per le foreste, 2662a riunione del Consiglio dei Ministri dell’agricoltura e della pesca, 30–31 maggio 2005.

[11]    GU C 56 del 26.2.1999.

[12]    COM(2005) 119 def.

[13]    Fondo europeo di sviluppo regionale.

[14]    Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio (GU L 209 dell’11.8.2005).

[15]    COM(2004) 621 def.

[16]    COM(2005) 121 def.

[17]    COM(2005) 628 def.

[18]    COM(2006) 34 def.

[19]    Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici

[20]    COM(2005) 35 def.

[21]    Imboschimento, rimboschimento, disboscamento e gestione del patrimonio boschivo.

[22]    Questo gruppo si occupa della destinazione dei suoli, della variazione della destinazione dei terreni e dei boschi (LULUCF) nell’ambito delle riunioni della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

[23]    COM(2006) 216 def. « Halting the loss of biodiversity by 2010 and beyond »

[24]    “SEBI 2010” (“Streamlining European 2010 Biodiversity Indicators” – progetto di "razionalizzazione degli indicatori europei della biodiversità per il 2010” condotto in concertazione con l’Agenzia europea dell’ambiente e l’UNEP).

[25]    Convenzione dell’ONU sulla diversità biologica.

[26]    Regolamento (CE) n. 2152/2003 (GU L 324 dell’11.12.2003).

[27]    L’UE sta conducendo due iniziative per creare, entro il 2008, la capacità di fornire tempestivamente coerenti informazioni geospaziali avanzate: il sistema di navigazione "Galileo" ed il sistema di osservazione terrestre "GMES" (Global Monitoring for Environment and SecurityMonitoraggio globale per l’ambiente e la sicurezza).

[28]    Ufficio statistico della Comunità europea.

[29]    Agenzia europea per l’ambiente.

[30]    Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE).

[31]    Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione delle Nazioni Unite (FAO).

[32]    Quarta MCPFE (Vienna 2003): Indicatori per la gestione sostenibile delle foreste.

[33]    Decisione 89/367/CE (GU L 165 del 15.6.1989, pag. 14).

[34]    Decisione 2004/391/CE (GU 120 del 24.4.2004, pag. 50).

[35]    Decisione 97/837/CE (GU L 346 del 17.12.1997, pag. 95).

[36]    Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla siccità e/o alla desertificazione, Convenzione delle Nazioni Unite sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione.

[37]    Il Forum delle Nazioni Unite sulle foreste, l’accordo internazionale sui legni tropicali

[38]    COM(2003) 251 def.

[39]    COM(1999) 457 def.

[40]    Sesta sessione del Forum delle Nazioni Unite sulle foreste: proposta di proclamare il 2010 anno internazionale della foresta.