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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Lussana ed altri n. 1-00025 e Bertolini ed altri n. 1-00093 sulle iniziative per contrastare le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto altresì che sono state presentate le mozioni Mura ed altri n. 1-00095, Sereni ed altri n. 1-00096, Mazzoni ed altri n. 1-00097 e Balducci ed altri n. 1-00098, (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1), vertenti sul medesimo argomento delle mozioni all'ordine del giorno e che saranno pertanto discusse congiuntamente.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare la deputata Lussana, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00025. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, negli ultimi due decenni le emigrazioni internazionali hanno profondamente modificato la struttura della società in cui viviamo. L'incessante immigrazione multireligiosa ha inevitabilmente prodotto mutamenti all'interno della comunità, con una tale rapidità che, molto spesso, il legislatore non è riuscito a regolare e ad ordinare, innescando un effetto domino che ha generato una diffusa illegalità.
In Italia, in un'ottica di rispetto del principio basilare tradizionale della laicità, da sempre convivono in modo sinergico il rispetto dei valori e dei principi democratici, fondamento della nostra Carta costituzionale, con quelli religiosi. Mai, infatti, sono sorte problematiche riguardo ad un'interpretazione religiosa che potesse essere in contrasto con i valori principali sanciti con la Costituzione laica, la Carta fondamentale su cui si costruisce tutto il nostro ordinamento giuridico.
Ad oggi - come è ormai a tutti noto -, la situazione si è radicalmente modificata. Basti pensare - e questo è il frutto dell'immigrazione - alla presenza nel nostro territorio di comunità islamiche.
Ormai, i musulmani presenti in Italia sono circa 1 milione e 200 mila e rappresentano la seconda comunità religiosa per consistenza dopo i cattolici. Ed è inutile negare come la crescita esponenziale di questo fenomeno abbia generato, da subito, una serie di problematiche, che rendono difficile una serena e pacifica integrazione.
La sostanziale differenza metodologica di ragionamento dei fedeli musulmani nei confronti dell'organizzazione del sistema statuale ha colto nettamente di sorpresa il legislatore, che è stato incapace di intervenire nel merito delle questioni senza essere preda di ipocrisia buonista o di strumentale laicismo.
Prima di ogni argomentazione, comunque, tengo a ribadire - a scanso di equivoci o critiche pretestuose - che chiaramente non mettiamo in discussione il fatto che la libertà religiosa, di credenza e di coscienza è un diritto inviolabile, consolidato dagli articoli 3, 8, 19 e 20 della nostra Costituzione. Però, è importante sottolineare, con altrettanto coraggio, che non possiamo accettare logiche eccessivamente tolleranti, che ci rendono incapaci di osservare in modo distaccato alcune pericolose dinamiche che scaturiscono da una visione integralista dell'appartenenza ad una comunità religiosa.
È necessario riflettere in ordine alle problematiche relative al modo di confrontarsi con l'Islam, perché nel nostro paese non esiste un'autorità dei musulmani riconosciuta in quanto tale, pronta,
ad esempio, ad accettare la differenziazione netta fra la sfera laica e la sfera religiosa, capace di collaborare inequivocabilmente con il nostro Stato, per mettere al bando le degenerazioni integraliste, che, nei casi più estremi, sono sfogate o sfogano nel terrorismo, ma che molto spesso si manifestano in vere e proprie violazioni dei principi democratici sanciti dalla nostra Costituzione: la segregazione, l'umiliazione, le violenze, le mutilazioni sessuali, la poligamia, la mortificazione del corpo e della personalità.
Purtroppo - lo sappiamo e dobbiamo tenerne conto - per l'Islam la religione e la legge coincidono esattamente. Legge religiosa e legge civile non si distinguono, perché lo Stato trae la sua legittimità solo da Dio. Per cui, autorità politica e autorità religiosa si identificano.
Secondo la religione islamica, Dio stesso ha comandato che la legge religiosa sia anche la legge dello Stato e che debba imporsi all'interno e all'esterno anche con la forza dello Stato.
È importante sottolineare che dovere di ogni musulmano è quello di compiere ogni sforzo - la cosiddetta jihad - per far adottare alle autorità civili, nei paesi arabi così come nei paesi ospitanti e, quindi, anche in Europa, leggi consone con l'inviolabile legge di Dio, la sharia. Quindi, le norme religiose islamiche non comprendono solo usanze o imperativi morali, ma anche elementi di diritto civile, penale e costituzionale.
Ritengo che dobbiamo essere chiari ed affrontare questo problema senza demagogia, cercando anche di essere obiettivi e di confrontarci con un fenomeno che comporta un difficile approccio, se utilizziamo i nostri canoni, i canoni della nostra cultura e della nostra democrazia.
Dobbiamo, purtroppo, renderci conto di come l'Islam, presente anche in Italia, soprattutto nei suoi aspetti fondamentalisti, neghi libertà o principi fondamentali ormai bagaglio della società occidentale, che fanno parte della nostra cultura, che ne hanno rappresentato nei secoli battaglie e conquiste, che nessuno oggi metterebbe in discussione. Nessuno di noi, infatti, metterebbe in discussione la libertà individuale di pensiero, il principio di autodeterminazione e di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge, lo status delle donne e dei minori, lo status dei non credenti, il trattamento degli animali. Purtroppo, però, ci dobbiamo rendere conto che l'Islam - o una parte dell'Islam - nega quelle che sono per noi battaglie di civiltà.
Allora, ecco che dobbiamo tornare ad essere consapevoli ed a prendere coscienza del fatto che la battaglia contro il fondamentalismo islamico non può essere affrontata con i tradizionali metodi che il mondo occidentale ha sviluppato nel tempo. Il dialogo e l'integrazione da soli non sono sufficienti né efficaci, se la controparte non accetta, non riconosce, e nella maggior parte dei casi, tante volte, disprezza profondamente queste regole del gioco.
Troppe volte, quando la Lega ha espresso denunce di questo tipo, siamo stati tacciati di essere xenofobi, razzisti, di avere una visione dell'Islam che non corrispondeva alla realtà. Troppe volte si è voluto far credere che, in Italia, esiste il solo cosiddetto Islam moderato, che riconosce e accetta i nostri principi costituzionali, le regole fondamentali del nostro ordinamento giuridico.
Purtroppo, però, non sempre è così. Vorrei ricordare quanto è stato portato a conoscenza dell'opinione pubblica dall'inchiesta giornalistica trasmessa su Sky Tg 24 all'interno della trasmissione Un velo tra noi. Due giornalisti - la vicenda è fin troppo nota - infiltratisi come fedeli in alcune moschee italiane sono riusciti a carpire, con telecamere e microfoni nascosti, gli intenti chiaramente palesati da alcuni imam presenti in Italia che prefigurano uno scenario di strisciante islamizzazione della Repubblica italiana, sfruttando proprio quelle maglie di libertà assicurate dalla nostra Carta costituzionale.
La sfida del fondamentalismo non sarebbe così impellente e pericolosa se non affondasse il colpo in un Occidente smarrito, che ha abbassato la sua guardia
demograficamente, psicologicamente e spiritualmente, incapace di reagire perché assuefatto a ideali di multiculturalismo, mondialismo, necessari sì ad una concezione economicamente fruibile della realtà ma al prezzo di un relativismo senza uscita per quel che riguarda i valori, le identità e le nostre tradizioni.
Il problema della negazione delle libertà fondamentali, dei principi fondamentali della cultura occidentale riguarda in modo particolare le donne. La mozione da me presentata, forse dura nelle premesse, ha per oggetto la salvaguardia delle donne islamiche, di cui il Parlamento e, soprattutto, le donne presenti in Parlamento debbono farsi portatrici. Ciò, fra l'altro, ci viene richiesto da molte donne che hanno il coraggio di evidenziare, di denunciare la loro condizione di sottomissione che deriva, purtroppo, dalla negazione, in gran parte del mondo islamico presente nel nostro paese, di un principio fondamentale della cultura occidentale, la parità tra uomo e donna.
Come possiamo accettare, nel nostro paese, che vi possano essere episodi come quello denunciato da Magdi Allam, per cui all'interno della moschea di Verona, la guida spirituale, Wagdi Ghoneim, un estremista incarcerato in Egitto, espulso dagli Stati Uniti e dal Canada, entrato in Italia su invito dell'UCOII, un'associazione che siede nella consulta islamica e che dovrebbe occuparsi di dialogo, di integrazione tra musulmani e italiani e la società che la ospita, questo signore, questo sedicente imam (lo ricordo perché è importante), interpretando il Corano, ha indicato tra i doveri di ogni buon musulmano quello di usare la violenza nei confronti delle donne che sbagliano? Le donne sono paragonate alle pecore e, quindi, è legittimato il diritto di violenza su di loro.
Mi rivolgo in modo particolare alle colleghe presenti in aula, a tutte coloro che si sono contraddistinte, in questi anni, per le battaglie in difesa delle donne. Dobbiamo ammetterlo: il caso di Verona non è, purtroppo, isolato. In Italia, dilaga il fenomeno della violenza contro le donne, vittime della sottomissione irragionevole a dettami fanatico religiosi.
Vorrei ricordare alcuni episodi tragici, dolorosi e il silenzio assordante che, molte volte, li ha accompagnati. Ricordo Hina, la ragazza che viveva in provincia di Brescia, uccisa in modo selvaggio dagli uomini della sua famiglia, dall'intero clan familiare, solo perché voleva vivere all'occidentale. Rendiamoci conto di come sia prevalsa la legge della comunità rispetto all'amore nei confronti di una figlia. Non possiamo non tenere conto di questi fatti.
Ricordo Maha, una donna tunisina pestata a sangue perché osava uscire di casa, la sera, senza il consenso della famiglia, oppure Khaur, una donna coraggiosa che si è condannata al suicidio lasciando due figli, pur di sfuggire ad un matrimonio imposto dalla sua famiglia, per lanciare un monito, un segnale a noi donne occidentali che non dobbiamo più tacere di fronte ad episodi di questo genere.
Ho citato solo alcuni casi, perché molti non li conosciamo. Purtroppo, vi è molta omertà e difficoltà da parte di queste donne di trovare il coraggio di denunciare.
Vi sono tantissimi episodi, purtroppo, che testimoniano le violenze, i soprusi e, soprattutto, le negazioni delle libertà individuali, delle libertà di scelta delle donne, in nome di un precetto religioso, in nome del teodispotismo coranico. Non si tratta solo di fatti di sangue: pensiamo, ad esempio, alla mancata considerazione della donna nel diritto di famiglia, nel campo dell'affidamento dei figli, alla problematica - che si dovrà aprire - dei matrimoni misti e, quindi, dei bambini sottratti alle madri e portati nei paesi di origine del padre, con le madri che non hanno più possibilità di dire nulla perché non è riconosciuta la loro potestà nei confronti di questi figli.
Non possiamo dimenticare questi episodi e dobbiamo trovare il modo di aiutare queste donne. Sono tantissime, purtroppo, le donne che vivono tra noi condannate a morte - questo lo abbiamo detto - solo per il fatto di aver voluto essere libere di scegliere.
Vorrei ricordare il monito di una donna coraggiosa, Oriana Fallaci, che ci chiedeva e ci supplicava di non essere indifferenti. Qui veramente è assordante e colpevole il silenzio di molte delle comunità musulmane presenti in Italia. Finalmente qualcuno ha indagato l'UCOII per istigazione all'odio razziale, ma l'UCOII, che siede ancora nella consulta islamica, non ha mai denunciato questi episodi di sopraffazione nei confronti delle donne. Allora, ci chiediamo come sia possibile che l'UCOII rappresenti parte della comunità islamica, che l'UCOII sieda nella consulta islamica!
Purtroppo, è veramente demoralizzante notare come tali fatti delittuosi vengano sottovalutati dalle istituzioni pubbliche; abbiamo una società incapace di reagire e, forse, siamo un po' tutti presi dal nostro vivere, perché guardiamo solo il nostro orticello, nel nostro vivere individualista e asettico, oppure, ancora peggio, cerchiamo di essere tolleranti di fronte a casi di questo genere in nome del rispetto di una diversa tradizione culturale, di un precetto religioso diverso, di un'altra religione.
Penso che non si possa restare silenti di fronte a questi soprusi autentici nei confronti delle donne. Finora troppo debole è stata la risposta dell'Occidente nei confronti di episodi di questo genere e dobbiamo agire con fermezza.
Ricordo il dibattito svoltosi in quest'aula nella passata legislatura, quando abbiamo affrontato il tema dell'infibulazione. La Lega ha voluto una legge contro l'infibulazione, che poi fu fatta propria da tutti i colleghi e le colleghe presenti in questo Parlamento. È stata una grande battaglia trasversale. Allora ragionammo molto: alcuni si domandavano se fosse giusto intervenire con una legge così forte e così pesante; si sosteneva che le mutilazioni genitali, in fondo, vengono praticate dai genitori stessi in nome di un'antica tradizione, in nome della loro cultura! Si voleva trovare delle giustificazioni! Poi è prevalso invece il senso di ragionevolezza, che spero possa prevalere anche nell'approvazione di queste mozioni e nell'approvazione di una serie di iniziative che vanno a tutela delle donne islamiche presenti in questo paese.
In tali atti si afferma che la norma penale serve, anche se accompagnata a campagne di sensibilizzazione, di informazione e di aiuto, per indicare un discrimine di civiltà, per far capire che in Occidente queste barbarie non sono tollerate e, soprattutto, per dotare le donne, che vogliono sottrarsi a questo tipo di pratica, di uno strumento, di un appiglio. È chiaro che anche la previsione del reato penale può servire a questo: per dotarle di una consapevolezza diversa e per opporsi a questo tipo di soprusi.
La mozione voleva ribadire la necessità che le istituzioni del nostro paese non siano prive di coraggio nell'affrontare il problema. Certo, bisogna essere rispettosi delle culture, delle religioni diverse dalla nostra - l'ho detto prima -; da noi, assolutamente, vige il principio della libertà religiosa e della libertà di espressione della propria fede, ma questa libertà trova un limite invalicabile nel rispetto dei diritti umani delle persone.
Ci sono diritti, come quello della parità tra uomo e donna, nei confronti dei quali non si può scendere a compromessi: sono diritti che non possono essere negoziati. Ritengo quindi opportuno che si apra un dibattito in Parlamento, per cercare di liberare queste donne, schiave dei maschi della loro comunità, che non sono libere di potersi esprimere, come invece è garantito a noi, donne occidentali. Vedete, stiamo facendo tante battaglie, anche trasversali, per affermare pienamente il principio della pari opportunità nel nostro paese - se ne discute molto ed abbiamo modificato l'articolo 51 della nostra Costituzione -, eppure sono presenti in Italia persone che ancora negano la parità della donna con l'uomo, che la considerano ancora la pecora da percuotere, quando non risponde ai dettami del marito.
Di fronte a ciò, come si reagisce? Sicuramente non con la tolleranza, bensì con la fermezza e mi auguro che anche la magistratura possa affrontare con la dovuta severità i casi di violenza che ci sono
nei confronti di queste donne. Tuttavia il problema è sostanzialmente anche di natura culturale. Allora noi dovremo cercare effettivamente, con le difficoltà che ci sono - perché magari queste stesse donne potranno, per paura, rifiutare l'aiuto che viene loro dato -, gli strumenti per penetrare nelle comunità presenti nel nostro paese, educando soprattutto le donne, perché l'emancipazione deve partire da loro, e facendo capire che si può essere un buon musulmano, rispettando però le libertà individuali della persona. Questa è la sfida che noi abbiamo di fronte per una pacifica convivenza. Una sfida che sicuramente non si porta avanti a colpi di buonismo e a colpi di tolleranza.
Non ho potuto, signor Presidente, leggere attentamente tutte le altre mozioni che sono state presentate. Avremo modo di parlarne nel seguito della discussione, però parlando con alcune colleghe, che tra l'altro stimo, ho visto che alcune di esse - mi riferisco alla mozione dell'onorevole Mura - estendono il problema alla violenza su tutte le donne. È chiaro che siamo d'accordo su questo punto. Il problema della violenza non riguarda infatti solo le donne musulmane o di altre comunità presenti nel nostro paese, ma riguarda purtroppo anche le donne italiane, vittime di violenza quotidiana e di soprusi all'interno della famiglia. Peraltro, da tempo ho sollevato questo tema, presentando anche una proposta di legge contro la violenza sessuale, per migliorare la normativa attualmente esistente in materia, giacché questo è un fenomeno che sicuramente deve essere combattuto con la repressione penale, oltre che con strumenti di aiuto e di ascolto per queste donne, perché occorre far emergere le violenze perpetrate in famiglia.
Tuttavia qui non si può estendere il problema alla violenza in generale e mi auguro quindi che non si vada in questa direzione; lo dico in modo particolare alle colleghe della sinistra e lo dico anche al rappresentante del Governo. Noi dobbiamo avere il coraggio di affrontare il problema così com'è: violenza sulle donne e negazione delle libertà individuali in nome di un precetto religioso. Quindi dobbiamo adottare delle misure positive, che vadano nella direzione di aiutare le donne islamiche nel nostro paese, che devono cessare di essere schiave e che devono avere il diritto e la possibilità di potersi esprimere e di essere libere di scegliere (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paoletti Tangheroni, che illustrerà anche la mozione Bertolini ed altri n. 1-00093, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. La tutela e la difesa dei diritti umani e civili costituisce patrimonio comune per molti dei paesi che compongono la comunità internazionale e sono addirittura assurte a centro delle relazioni internazionali. Particolare attenzione viene dedicata, in tale contesto, alla valorizzazione, alla promozione e alla tutela della condizione femminile nel mondo. L'Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei riguardi delle donne ed il relativo Protocollo opzionale, con il quale il nostro paese ha accettato la competenza del Comitato delle Nazione Unite sull'eliminazione delle discriminazioni contro le donne a ricevere periodiche comunicazioni da parte del Governo sullo stato di attuazione della Convenzione e a formulare raccomandazioni in merito.
Inoltre, nel gennaio del 2003, l'Italia ha partecipato ai lavori della quinta Conferenza ministeriale europea sull'uguaglianza tra uomini e donne. La Conferenza ha adottato una dichiarazione finale, che individua le priorità d'azione dei Governi europei nella promozione di uguali opportunità, diritti, libertà e responsabilità e nell'azione di prevenzione e lotta alla violenza contro le donne e al traffico internazionale di esseri umani.
L'Italia svolge un ruolo attivo per assicurare, in linea con il piano d'azione della Conferenza di Pechino del 1995 e gli impegni assunti con la sessione speciale
delle Nazioni Unite «Donne 2000: uguaglianza tra i sessi, sviluppo e pace per il XXI secolo», un sempre maggiore rispetto dei diritti delle donne.
Presidente, mi sono permessa di ricordare questi aspetti, in quanto intendo sottolineare l'impegno dell'Italia a livello internazionale. Ciò ci consente di sottolineare l'inadeguatezza delle azioni che l'Italia intraprende oggi per la difesa dei diritti umani e civili sul proprio territorio, in particolar modo delle donne extracomunitarie presenti in Italia, a fronte degli impegni assunti in ambito internazionale.
La mozione che abbiamo presentato sottolinea che: l'86 per cento delle donne islamiche presenti in Italia è analfabeta ed ignora il sistema alfanumerico; l'80 per cento non esce di casa se non accompagnata da figure maschili della famiglia di appartenenza; solo il 10 per cento delle 400 mila donne islamiche presenti in Italia - poi ci sono anche le clandestine - conduce una vita che, secondo gli standard socio-statistici, potrebbe definirsi equiparabile a quella condotta mediamente da una donna italiana.
La cronaca quotidiana ci informa, con crescente drammaticità, di violenze consumate sul territorio italiano all'interno di nuclei familiari o di comunità di origine extracomunitaria. Tali atti si indirizzano soprattutto nei confronti delle donne e dei soggetti che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza e di minorità.
Sul nostro territorio si moltiplicano le denunce di donne extracomunitarie di religione islamica - sono d'accordo con la collega Lussana sul fatto che ora è opportuno parlare di questo problema, poi in altra sede affronteremo il tema più generale della violenza sulle donne - vittime di matrimoni poligamici, celebrati in centri di preghiera autorizzati dallo Stato a svolgere una libera attività associativa, ma senza alcuna autorità giuridica che ponga in essere un'unione che possa essere considerata valida. Questi matrimoni poligamici sostanziano non solo una grave violazione dell'ordinamento penale italiano, ma anche una grave lesione della dignità umana delle donne musulmane presenti in Italia, poiché spesso esse ignorano, tra l'altro, la non validità dell'unione ufficializzata in moschea, subendone comunque le conseguenze in caso di ripudio.
Una recente indagine sulla poligamia nel nord-est, pubblicata su un quotidiano nazionale, evidenzia che il problema sembra essere la posizione sulla poligamia assunta dalle organizzazioni musulmane in Italia. Ci sono certamente diverse organizzazioni musulmane che si dichiarano decisamente contrarie alla poligamia, quali ad esempio la Coreis, di cui è presidente Pallavicini, o l'Associazione delle donne marocchine di Souad Sbai. Tuttavia, si tratta purtroppo di associazioni decisamente minoritarie nel mondo delle moschee.
L'UCOII, l'Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia, associazione nota per la sua vicinanza ai Fratelli musulmani - quest'ultima, lo sottolineo, considerata la casa madre del fondamentalismo internazionale - è, ahimè, la sigla più rappresentata nelle moschee. È dunque importante sapere cosa pensi davvero L'UCOII della poligamia. Uno tra i suoi fondatori, Mohammed Bahà el-Din Ghrewati, ne ha chiesto il riconoscimento giuridico. Il presidente dell'Ucooi, Dachan Nour, dichiara che la posizione di Bahà el-Din non è quella ufficiale di tutta l'associazione, e ciò dovrebbe consolarci. Peccato però che qualche tempo fa sui giornali è stato riportato che proprio il presidente Dachan Nour, divorziato da una precedente moglie italiana e sposato con una marocchina, ha contratto, nel marzo 2006, a Verona, un secondo matrimonio poligamico in moschea, con una cittadina italiana convertita all'islam.
Si tratta, dunque, di situazioni che dovrebbero destare molta preoccupazione da parte dei decisori (mi riferisco al Governo). Recentemente, infatti, il Parlamento europeo - dovremmo tenere in considerazione sempre, oppure mai, ciò che decide il Parlamento europeo e le indicazioni che il medesimo ci fornisce, non «ad intermittenza», quando ci fa comodo - ha inviato agli Stati membri una raccomandazione volta a far sì che
per le donne migranti, indipendentemente dalla loro situazione, sia garantito il rispetto dei diritti fondamentali e, in particolare, la protezione contro la riduzione in schiavitù e contro la violenza, nonché l'accesso alle cure mediche. Il Parlamento europeo è, quindi, molto preoccupato che per tali donne siano salvaguardati i diritti e che si debba combattere contro le discriminazioni cui le medesime sono esposte nelle loro comunità di origine. Mi piace, signor Presidente, citare tra virgolette quanto dice il testo del Parlamento europeo: «(...) rifiutando tutte le forme di relativismo culturale e religioso che possano violare i diritti fondamentali delle donne (...)». Quindi, il Parlamento europeo parla anche di matrimoni forzati e parla, con preoccupazione, anche dei matrimoni poligamici, che sono stati - dice sempre il Parlamento europeo - riconosciuti come legali in alcuni degli Stati membri, nonostante la poligamia sia proibita in tutti gli Stati membri dell'Unione europea. I deputati europei invitano, quindi, i Governi a garantire il mantenimento dell'illegalità della poligamia nei propri Stati.
Signor Presidente, la cronaca degli ultimi mesi ci ha raccontato storie di violenze feroci e di omicidi commessi su donne islamiche, ma oltre all'eccezionalità degli orrori estremi che sono riportati nelle cronache dei media, esiste una quotidianità di violenza, soprusi e sfruttamento vissuto tra le mura domestiche. Dobbiamo far emergere questo mondo parallelo che vive nelle nostre città, nel silenzio e nascosto dalla paura delle vittime e dall'omertà dei carnefici.
Per tutti questi motivi noi chiediamo l'impegno del nostro Governo in materia, un impegno che dovrebbe prevedere iniziative, anche legislative, volte a tutelare ed a garantire sul territorio nazionale il rispetto dei diritti umani e civili delle donne extracomunitarie presenti in Italia. Chiediamo, inoltre, che il Governo si impegni fattivamente per un miglioramento delle condizioni di vita delle donne extracomunitarie, attraverso specifici corsi di alfabetizzazione in italiano, programmi di inserimento nel mondo lavorativo ed imprenditoriale, oltre ad adottare specifiche campagne di sensibilizzazione che permettano alle donne interessate di conoscere i propri diritti e i possibili strumenti di autotutela. In tal senso, sarebbe quanto mai opportuno - mi rivolgo al Governo, che fortunatamente oggi è rappresentato in quest'aula da una donna - istituire un telefono multilingue, che renda più agevole alle donne extracomunitarie denunciare la propria condizione di disagio sociale, fisico e psichico. Infine, accertati gli episodi di unioni poligamiche contratte nel nostro territorio, ritengo assolutamente necessario, obbligatorio escludere dalla Consulta islamica tutte quelle associazioni di rappresentanza che pongono in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano e, in generale, della condizione della donna extracomunitaria.
Presidente, è veramente molto grave la situazione che stiamo vivendo! Credo sia veramente indispensabile affermare questo diritto delle donne extracomunitarie.
Concludendo, credo che vi siano, per noi che facciamo parte con orgoglio della civiltà occidentale, delle priorità irrinunciabili. La tutela dei diritti umani è condizione assolutamente indispensabile, prima di ogni altra iniziativa. Qui si parla di allocazione e gestione di risorse ed è dunque necessario avere delle priorità.
Prima di autorizzare, fino a sostenere con risorse pubbliche italiane, la costruzione di moschee, cerchiamo di mettere insieme iniziative che assicurino la dignità e la sicurezza delle donne islamiche che vivono nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mura, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00095. Ne ha facoltà.
SILVANA MURA. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, le mozioni oggi all'ordine del giorno hanno già prodotto un risultato estremamente positivo, quello di consentire a quest'Assemblea di
svolgere un dibattito sulle violenze e sulle discriminazioni che colpiscono le donne, un dibattito quanto mai opportuno perché, tra l'altro, cade all'inizio dell'anno europeo delle pari opportunità.
Le mozioni illustrate poco fa dalle colleghe della Lega e di Forza Italia sollevano questioni e propongono misure in parte condivisibili: quello che però non ci convince è l'impianto generale di questi documenti.
È sicuramente vero, e le cronache lo hanno riportato, che nella comunità musulmana presente in Italia si sono verificati episodi estremamente gravi, come quelli di Hina, di Maha e Khaur, che denotano una visione fortemente discriminatoria nei confronti della donna. Noi dell'Italia dei Valori riteniamo, però, che sarebbe un errore generalizzare: in Italia vi sono alcuni immigrati che professano una visione fondamentalista e intransigente dell'Islam, è vero, ma si tratta di una parte, non di tutti.
Proprio per evitare di incorrere in generalizzazioni ingiuste, Italia dei valori ha ritenuto di presentare una propria mozione, che ha la finalità di ampliare il campo d'azione del dibattito. Si affronti pure, e ben venga, la questione della violenza nei confronti della donna, della tutela dei suoi diritti, della realizzazione di una effettiva parità di opportunità, ma facciamolo a tutto campo, occupandoci anche di quello che accade in casa nostra.
La violenza ai danni delle donne, la limitazione delle loro libertà, la discriminazione dei loro diritti sono un triste fenomeno che si verifica con forme e intensità diverse, ma in tutto il mondo, in Occidente come in Oriente, nel nord come nel sud del mondo. In Italia siamo rimasti sconvolti da quanto accaduto alle tre giovani ragazze straniere!
E poi non dimentichiamoci quello che è successo lo scorso anno nel periodo di agosto e settembre, quando la nostra opinione pubblica è stata profondamente scioccata per i fatti e le violenze inaudite, accadute peraltro in città come Bologna o Genova, episodi orribili che hanno visto come vittime proprio le donne, donne che andavano a lavorare e prendevano l'autobus per recarsi sul posto di lavoro, oppure quelle che rientravano a casa dopo una serata con amici, oppure ancora turiste straniere che erano giunte nel nostro paese per visitarlo: e gli aggressori erano anche italiani, non solo stranieri!
E da ultimo, i fatti risalenti a poche settimane fa: abbiamo scoperto quello che accade in alcune scuole italiane, dove alcune ragazzine sono costrette a fornire prestazioni sessuali, pena la pubblicazione su Internet di immagini della propria intimità rubate a loro insaputa.
Ebbene, sempre con riferimento all'ambito nazionale, vorrei portare nel dibattito alcuni dati statistici relativi al 2005 contenuti nel rapporto Eures-Ansa «L'omicidio volontario in Italia»; essi rivelano che gli omicidi che avvengono all'interno delle mura domestiche sono più numerosi di quelli commessi dalla mafia. Infatti, gli omicidi compiuti all'interno della sfera familiare nel 2005 sono stati 174 a fronte dei 146 dovuti alla criminalità organizzata; se tali dati sono veri, ed è chiaro che sono veri, è lecito affermare che in Italia la famiglia uccide di più della mafia.
Inoltre, lo stesso rapporto evidenzia come sia in aumento, rispetto al 2004, il numero degli omicidi perpetrati all'interno della sfera familiare; infatti, poiché nel 2004 erano stati registrati 146 casi di omicidio, si registra un aumento di ben il 20 per cento in un solo anno. Il dato dimostra anche che le mura domestiche, teoriche dovrebbero rappresentare il luogo più sicuro, si rivelano, in realtà, come il luogo maggiormente a rischio.
Appurando chi siano le vittime designate di questi omicidi compiuti in famiglia, ci si accorge che nel 70 per cento dei casi sono donne; in otto casi su dieci, poi, l'omicida è un uomo, in genere il coniuge, il convivente, un familiare, l'ex coniuge o l'ex convivente. Secondo quanto appare da questi dati, le vittime principali delle violenze domestiche sono, per l'appunto, le donne; vittime ancora oggi di una cultura del sopruso e di dominio, di una cultura
incapace di stabilire relazioni positive costruite sulla pari dignità e sul rispetto reciproco.
Italia dei Valori, sulla base di questi dati, ritiene che occorra impegnare di più l'azione del Governo e del Parlamento nella difesa di tutte le donne che vivono in Italia anziché isolare minoranze culturali, pure importanti, e farne l'oggetto principale della nostra attenzione. L'attenzione per le diverse culture e per il diverso modo di intendere il ruolo e la posizione delle donne, proprio perché rappresenta un punto evidente e condiviso, dovrà costituire un'articolazione di un più generale progetto a difesa delle donne contro gli omicidi e le violenze in genere.
Il Parlamento ed il Governo devono affrontare il problema di tutte le forme di violenza subite dai più deboli, non solo dalle donne ma anche dai bambini, dagli anziani, dai disabili, al di là della loro lingua, nazionalità, cultura o religione. Una società che non rispetta e non valorizza le fragilità di ognuno dei suoi componenti ma accetta - o, peggio ancora, subisce - l'arroganza dei potenti, non solo non è giusta ma è anche incivile e senza futuro. I morti sono morti, le violenze sono violenze, indipendentemente dai carnefici e dai moventi; mi chiedo quale sia il colore della violenza, in quale lingua piangano le donne violentate, in quale Paradiso finiscano le donne ammazzate!
Ritengo che le donne e le persone che subiscono violenze fisiche e psicologiche debbano essere tutelate anzitutto dalle leggi e dagli organi dello Stato affinché la società tutta cambi e non vi siano più storie disumane quali quelle cui siamo stati costretti ad assistere in quest'ultimo periodo. La violenza sulle donne non conosce confini; al riguardo, voglio affermare con forza un dato: a livello mondiale, la violenza è la prima causa di morte e di invalidità per le donne dai quindici ai quarantaquattro anni, ancor più del cancro, della malaria, degli incidenti stradali e, addirittura, della guerra. Questo dato proviene da una ricerca della Harvard University di qualche anno fa ed è stato diffuso dall'Istituto Panos di Londra, un'organizzazione non governativa che si occupa di problemi globali e dello sviluppo.
Riteniamo perciò che sia necessario unire tutte le energie migliori della società per affrontare e modificare questo stato di cose inaccettabile; occorre dunque agire tutti uniti secondo una logica di governo partecipato in cui magistrature, prefetture, questure, amministrazioni locali e rappresentanti della società civile, pur nella diversità delle competenze e dei ruoli, a livello territoriale collaborino per contrastare ogni forma di violenza, sia con attività di prevenzione e sensibilizzazione sia con azioni di contrasto e repressione di comportamenti illegali.
Occorre promuovere programmi di educazione e formazione sui diritti umani nelle scuole e nella società, lanciare iniziative pubbliche di sensibilizzazione ed istituire centri di ascolto per le donne che vivono realtà di sopraffazione e di violenza; occorre coinvolgere attivamente i rappresentanti delle comunità straniere affinché culture e religioni diverse concorrano all'affermazione dei diritti fondamentali dell'uomo, della pari dignità e delle pari opportunità.
Sintetizzando, Italia dei Valori è convinta che la prima cosa da fare è quella di far rispettare a tutti, senza distinzione, le leggi dello Stato. Riteniamo condivisibile l'impegno chiesto dalla collega del gruppo di Forza Italia al Governo di promuovere iniziative volte a tutelare e a garantire i diritti umani e civili delle donne extracomunitarie, il miglioramento delle loro condizioni di vita, prevedendo corsi di alfabetizzazione in italiano, programmi di inserimento nel mondo lavorativo imprenditoriale, campagne di informazione sui loro diritti e doveri, fino all'istituzione di telefoni multilingue che raccolgano le denunce del loro disagio.
Italia dei Valori è però convinta che i temi della tutela della donna, dei sui diritti e delle sue libertà debbano essere affrontati a 360 gradi, affrontando in tale ambito anche la situazione delle donne straniere che, a causa di interpretazioni fondamentaliste della religione, vengono discriminate.
Al contrario, una visione parziale che si limita a puntare il dito solo sulle comunità straniere tralascia le discriminazioni che sono ancora tanto presenti nella società italiana.
È per questo che Italia dei Valori chiede al Governo di adottare tutte le misure utili ad assicurare un'effettiva parità di opportunità nel nostro paese; chiede di dare corso ad una battaglia culturale che coinvolga, soprattutto, i più giovani per affermare una solida cultura incentrata sul rispetto dei diritti umani e sul rifiuto di ogni discriminazione, a partire da quella sessuale.
Bandire la violenza e la discriminazione deve essere l'obiettivo comune di tutti gli uomini e le donne del nostro paese, indipendentemente da qualsiasi e da qualunque altra diversità.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Incostante, che illustrerà anche la mozione Sereni n. 1-00096, di cui è cofirmataria.
MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente, avendo ascoltato gli interventi sulle mozioni presentate dalle colleghe, credo sia stato utile questo punto del dibattito, con le questioni che sono emerse, anche con riferimento all'impegno che chiediamo al Governo ed a tutto il Parlamento su questi temi tanto fondamentali, soprattutto nell'ambito della congiuntura abbastanza favorevole dell'anno europeo delle pari opportunità.
Ho ascoltato con molta attenzione l'illustrazione delle mozioni e credo che tutte le colleghe, al di là di alcune accentuazioni, convengono sulla necessità di dare impulso alla battaglia su tali questioni e di svolgere nel nostro Paese, all'interno anche dell'Europa, azioni decisive anche in concomitanza di questa ricorrenza.
Le questioni poste, in particolare per quanto riguarda l'accentuazione delle violenze sulle donne rispetto a tanti fondamentalismi, sono a noi molto note, hanno prodotto e producono certamente nel nostro Paese e nel mondo i loro riflessi negativi, soprattutto sulle donne. Però sarebbe un po' generico dimenticare quanto il fondamentalismo incida profondamente sulle strutture della società in senso lato, persino sui suoi conflitti, sulla pace, sulla guerra, sull'organizzazione sociale, sulle famiglie, nel rapporto con i minori ed anche ed in modo fondamentale nel rapporto tra i generi. È evidente che ogni tipo di fondamentalismo nega le pari opportunità, i diritti, l'inviolabilità della persona, i diritti umani e che il mondo è pieno di disastri, perché, quando il fondamentalismo prende piede, la violenza e la sopraffazione sulle donne, ma direi su tutte le persone umane, sono sicuramente molto forti.
Allora, sicuramente l'impegno del nostro Governo, dei Governi deve essere quello di battersi per contrastare ogni forma di fondamentalismo; sotto questo profilo, sono assolutamente condivisibili e auspicabili alcune proposte illustrate.
Tuttavia, non vorrei che, per discutere in modo molto forte, anche sicuramente sentito, in ordine a tale argomento, finissimo per parlare di una religione, delle sue caratteristiche o meglio di alcune sue estreme espressioni fondamentaliste e delle ricadute che esse hanno. Credo che in tal modo, invece, di dare valore e molta forza ad alcuni temi, quale la violenza sulle donne, perpetrata sì in alcune circostanze e contesti, siano essi sociali o religiosi, ma in genere anche, come è stato detto, in tanti altri contesti, questi rischino di appannarsi.
Allora non vorrei parlare solo - questo ci proponiamo nella nostra mozione - dell'Islam, in modo generico ed approssimativo, senza tuttavia negare gli aspetti sollevati dalle colleghe. L'identità è un grande valore e facciamo bene a difendere la cultura e le conquiste dell'Occidente; tuttavia per allargare i diritti e la democrazia nel mondo e per far avanzare la cultura, oltre alle leggi occorrono molte altre azioni. Soprattutto, credo che occorra la prospettiva del dialogo. Non è buonismo, il dialogo significa anche conflitto positivo; significa anche misurarsi ed affermare alcune idee ed alcune opzioni, basandosi sull'assunto che le differenze
possono aiutare alla costruzione del progresso e che il confronto può significare crescere, modificarsi ed arricchirsi. La stessa identità - che tanto difendiamo - non deve diventare fissa, bensì aperta al confronto per l'affermazione di maggiori diritti e più democrazia.
Pertanto, in questo contesto voglio trattare l'argomento della pari opportunità, sollecitando il Governo a svolgere in questo anno un'azione nel nostro Paese, in Europa e nel mondo a favore delle donne ancora soggette a gravi discriminazioni e violenze, come ampiamente affermato nell'illustrazione della mozione precedente. Da tempo l'Unione europea nei suoi programmi, nelle sue linee strategiche e con i suoi finanziamenti persegue la linea del rafforzamento di tante e tante azioni volte a garantire i diritti, la parità e la non discriminazione, che invece può verificarsi in base a numerosi elementi come ad esempio la razza, l'appartenenza etnica, l'handicap, ma anche le differenze sessuali, che spesso si trasformano in disuguaglianze ed addirittura in discriminazioni.
Quindi, vorrei soffermarmi sulla differenza di genere, rispetto alla quale si pensa che tante conquiste siano già state fatte e ciò sicuramente è innegabile. Tuttavia, permangono incredibili divari anche qui e nei paesi dove, dal punto di vista normativo e civile, molte conquiste sono state raggiunte ed affermate. Tale divari permangono nel lavoro pubblico e privato, nel salario, nell'appartenenza alle istituzioni pubbliche, nella frequentazione da parte delle donne dei luoghi decisionali, nell'affermazione in politica, nei partiti e nelle famiglie. Rimangono allarmanti anche i dati sulla violenza, una vera e propria emergenza sociale. Questa si riscontra - è vero - sulle strade con alcuni connotati, ma quella più diffusa e meno visibile avviene all'interno delle famiglie, come già è stato detto.
Certo, le donne immigrate sono ancora quelle più esposte, più discriminate e più vulnerabili per molti motivi che sono stati già citati in questa sede e che quindi non riprendo. Tuttavia, non possiamo dimenticare quanto avviene ad opera della criminalità organizzata con il traffico di esseri umani e clandestini e con la prostituzione, in cui sono sicuramente le donne quelle ancora una volta maggiormente in discussione ed in pericolo.
Per questi motivi ritengo che il Parlamento possa impegnare il Governo nel dibattito che seguirà a porre in essere, in particolare in questo anno, molte azioni in grado di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle donne, con particolare riguardo nei confronti di quelle immigrate.
Inoltre, un'attenzione particolare va rivolta al supporto e all'individuazione di misure appropriate da approntare insieme agli enti locali ed alle regioni. Infatti, è sul territorio che si può estendere e rendere ancora più significativa tale azione.
Infine, per quanto riguarda la partecipazione delle donne alla vita sociale e politica, occorre accentuare la sensibilizzazione con campagne informative e sicuramente aprire confronti con associazioni e comunità straniere (non solo quella islamica) che vivono sul nostro territorio. Quindi, occorre più piena convivenza ed integrazione tra le donne rappresentanti delle varie comunità. Bisogna far sì che tutti i ministeri interessati in sinergia promuovano e diffondano varie azioni, a partire da quelle per l'istruzione e la cultura. Infatti, tali misure - se ispirate al rispetto tra i generi ed al reciproco riconoscimento - possono dar luogo alla più piena, efficace e paritaria relazione, quindi non solo a quella affermata sui testi o scritta nelle norme.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paola Balducci, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00098. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, anzitutto le chiedo la cortesia di rimanere seduta.
PRESIDENTE. Certamente, deputata Balducci.
PAOLA BALDUCCI. In via preliminare, voglio manifestare, a nome mio e del
partito che rappresento, solidarietà alle famiglie delle giovani barbaramente uccise e alla giovane sopravvissuta a quella violenza veramente inaudita.
In questo intervento mi riferirò a temi che le nostre colleghe, sia dell'opposizione sia della maggioranza, esprimono, con tanta forza, giorno dopo giorno, per fare modo che la parità fra donne (non solamente della stessa nazionalità, ma provenienti anche da tutte le parti del mondo), possa essere non solamente formale, ma, finalmente, sostanziale.
Gli episodi di cronaca nera e di violenza che, negli ultimi mesi hanno coinvolto diverse donne immigrate nel nostro paese, non possono non provocare un moto di indignazione e, quindi, non ci si può non associare alla condanna ed insieme alla richiesta di misure che puniscano adeguatamente forme criminali di soppressione dell'autonomia individuale così aberranti.
La sottoscritta ed il partito cui appartiene tengono, però, a segnalare che bisogna fare attenzione a rappresentare la comunità islamica associandola naturaliter a tali episodi di intolleranza, perché si rischia di precipitare lungo una china pericolosa. Il dialogo e la comprensione sono e rimangono strumenti essenziali per la costruzione di una società aperta, plurale e capace di convivenza civile. Tali valori appartengono, con sfumature diverse, alla cultura laica, alla cultura di derivazione cristiana ed islamica, e all'ebraismo. Il confronto con le comunità musulmane deve essere ispirato all'attenzione, al rispetto e alla comprensione, chiedendo, ovviamente, piena reciprocità. Molte ed assai significative sono state le voci di singole personalità e di associazioni e movimenti della comunità islamica che hanno dato prova di una davvero grande maturità.
Dobbiamo sforzarci perché si creino le condizioni per una società effettivamente multiculturale, in cui i diritti, di tutte e di tutti, diventino un bene intangibile. Occorre rimarcare la necessità di adottare ed assumere, finalmente, anche nel nostro paese, il principio di laicità, quale caposaldo dell'attività statuale e legislativa, in particolare. Il principio di laicità consente, infatti, di tutelare tutte le espressioni di libertà, a cominciare da quella religiosa, ma impone, al contempo, il rispetto dinanzi all'ordinamento di fondamentali diritti e libertà individuali, e dei principi di non discriminazione, che sono principi fondamentali importanti, riconosciuti da tutti i diritti evolutivi, e dalla nostra Carta costituzionale agli articoli 2 e 3.
Bisogna ricordare a questa Assemblea che, in queste settimane, si discute se e come applicare in Italia una normativa che tuteli e riconosca posizioni, che la quasi totalità dei paesi dell'Unione europea identifica quali diritti umani insopprimibili, così definiti ripetutamente in atti legislativi del Parlamento e della Commissione europea. Ci si riferisce chiaramente alla normativa in tema di unioni civili e diritti dei conviventi, o meglio, del diritto di cittadine e cittadini che, consapevolmente, decidono di costruire un proprio modello convivenziale. L'applicazione del principio di laicità consentirebbe, con riferimento anche al tema sottoposto alla nostra attenzione dalle mozioni in esame, di cui si condivide pienamente il contenuto - sia quelle del centrodestra, sia quelle del centrosinistra - di costruire un modello centrato sul rispetto invalicabile dei diritti e delle libertà individuali, a cominciare da quelli legati alla condizione femminile, ed insieme di tutelare la scelta religiosa che, liberamente, viene assunta.
Occorre urgentemente, e noi lo chiediamo con grande passione e con grande impegno, che il Governo voglia - anzi, a nostro avviso, debba - adottare tutte le necessarie iniziative per assicurare il pieno rispetto della libertà religiosa di tutte le confessioni presenti sul territorio italiano e che promuova ed elevi, attraverso apposite politiche informative e concrete politiche di sostegno, la condizione della donna immigrata in Italia, in modo da garantirle una ancora più effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del paese.
Si avvii urgentemente un tavolo di consultazione che veda il coinvolgimento
della Consulta islamica e delle associazioni rappresentative delle più importanti comunità presenti in Italia, affinché si possano promuovere iniziative finalizzate all'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e siano volte a soddisfare il pieno esercizio dei diritti civili, politici, socio-culturali ed economici. Si chiede, inoltre, che sia anche compito dei Ministeri, delle regioni, delle province e dei comuni creare una rete di solidarietà così forte da determinare una effettiva integrazione e l'abbandono di tutte quelle forme di violenza che, il più delle volte, nascono e sono cagionate dalla mancanza di dialogo, di partecipazione e di comunicazione. Rinviamo per il resto alla nostra mozione e chiediamo che la stessa venga accolta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, intanto intervengo per annunciare che ho presentato un emendamento alla mozione della collega Lussana, in quanto ritengo che la stessa sia la più rispondente all'ordine del giorno, riguardante iniziative per contrastare le violazioni delle libertà individuali della donna in nome di precetti religiosi. Non vi è dubbio che sussista un problema planetario di genere e siano vere tutte le argomentazioni che qui sono state ripetute - gli accordi internazionali in sede ONU, le delibere del Parlamento europeo, le iniziative della Commissione europea e del Consiglio d'Europa -, ma credo sia giusto soffermarsi sulle violazioni delle libertà individuali della donna, e non solo, in nome di precetti religiosi.
Ho sentito l'onorevole Incostante suggerire di mettere in discussione l'identità che andiamo difendendo, cioè quasi a voler mettere sullo stesso piano cose che sullo stesso piano non sono, perché l'identità che difendiamo in questa sede - in altre sedi il discorso è diverso - è quella dello Stato liberale, democratico, di diritto, della legalità, della giustizia. A parte le premesse delle diverse mozioni, mi pare importante quello che è stato individuato dall'onorevole Lussana ed è stato ripreso dall'onorevole Mura, cioè la promozione di programmi di educazione e formazione dei diritti umani per tutti gli ordini di scuola. Non voglio polemizzare su altri insegnamenti a dir poco inutili, ma credo che questo sia un punto fondamentale. Pensiamo ad altri tipi di educazione, magari quella religiosa, ma poi dimentichiamo e trascuriamo quella civile, che molto probabilmente è all'origine di molte violenze e non solo di genere.
Infine, vorrei dire proprio all'onorevole Lussana che dobbiamo ricordare che le confessioni religiose che ci chiedono la libertà religiosa lo fanno nel nome dei nostri principi di democrazia, di legalità, di giustizia, e dobbiamo anche dire che le confessioni religiose, quando negano la libertà, lo fanno in nome dei loro principi. Questo è un dato fondamentale dal quale non possiamo prescindere. Allora, va benissimo aver messo in risalto che questi tre casi gravissimi riguardano tre persone con tre famiglie di origine e religione islamica, però direi anche di non dimenticare che questi casi fanno parte di una comunità che ancora non ha detto parole chiare sui principi fondamentali non di una religione, ma di questa Repubblica.
Allora, credo e spero che i dati citati dall'onorevole Mura possano trovare spazio in un altro dibattito, quello sui Dico, su una famiglia fondata su altro rispetto ai principi fondamentali di questa Repubblica, di cui noi riconosciamo una sacralità: la sacralità della Costituzione della Repubblica italiana. È quello il nostro faro che ci porta a sostenere e a votare la mozione dell'onorevole Lussana con un piccolo emendamento: la redazione di un documento ufficiale che si chiede alla Consulta islamica, con il quale si denunciano le violazioni delle libertà individuali sulle donne, deve essere chiesta a tutte le confessioni religiose con le quali lo Stato italiano tiene rapporti a diverso titolo. Sarà questa la discriminante con riferimento alla quale decideremo se votare o meno la mozione Lussana, senza nulla togliere al fatto che anche le altre mozioni hanno posto in luce il problema della
violenza di genere, seppur generalizzando; ma si tratta di un problema particolare che è giusto affrontare.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, reputo importante la richiesta dell'onorevole Lussana e della collega di Forza Italia di intervenire contro la violenza sulle donne e rispetto alla cultura, talvolta difficile, delle donne islamiche.
Reputo opportuno estendere tale questione alla realtà italiana. Infatti - lo voglio ricordare -, siamo il peggior paese europeo, purtroppo (ce ne dovremmo vergognare), per quanto riguarda lo sfruttamento delle donne schiave e delle bambine e dei bambini ridotti in schiavitù per sesso. Quindi, credo che questo tema debba avere uno spazio più ampio.
Le mozioni presentate dalla Lega e da Forza Italia entrano nel merito di un tema molto importante, concernente la cultura del nostro paese, la riflessione su chi siamo e sulla storia che ci ha portato ad essere un popolo avanzato che rispetta i diritti umani, che cerca di arrivare ad un punto di equilibrio nel rispetto dei diritti civili tra uomo e donna.
Ebbene, degli islamici presenti in Italia, pari a circa un milione e 200 mila, certamente non tutti sono persone eccessive nei loro convincimenti religiosi. Tuttavia, non possiamo dimenticare che l'imam di Verona ha dichiarato che le donne devono essere picchiate, perché sono animali senza anima. Nel dire questo, non ha affermato un principio casuale. Infatti, il Corano (Sura IV, versetto 34, intitolato «Le donne») recita: «Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché gli uomini spendono per esse i loro beni». Quindi, prosegue il Corano: ammonite le donne insubordinate; picchiatele!
In virtù di questo precetto del Corano, le donne sono private persino dei diritti fondamentali umani e civili, non godono della libertà di spostamento, di espressione e parola, non possono procedere negli studi, fare carriera, ricoprire cariche. Esse non possono decidere il proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui possono venire ripudiate. Sono costrette a convivere con altre mogli scelte dall'uomo ed obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso.
Ricordo che un uomo può avere fino a quattro mogli ed un numero infinito di concubine. Può disfarsi di una qualsiasi delle mogli semplicemente pronunciando altre volte, in arabo, la formula «ti ripudio», il tutto senza ricorrere a nessun tribunale.
In tribunale, il valore della dichiarazione di un uomo è molto più alto di quello delle donne. Per confrontarsi con l'uomo servono almeno due donne. Siamo pertanto in presenza di culture che, quando sono spinte all'eccesso, si presentano davvero diverse da quelle in cui il nostro popolo si riconosce, per le quali abbiamo combattuto per anni e nelle quali ci riconosciamo in Europa.
Allora, in conclusione voglio ricordare, dal momento che è sorto anche il dibattito sull'Afghanistan - non lontano dal tema che stiamo trattando -, che i talebani frustano in pubblico le donne se non hanno le caviglie coperte e le lapidano in pubblico se sono accusate di avere relazioni al di fuori del matrimonio. Le donne non possono usare cosmetici; sono state tagliate le dita a donne che avevano le unghie dipinte. Le donne non possono parlare o dare la mano agli uomini e vi è il divieto di ridere ad alta voce perché lo straniero non deve sentire la voce delle donne. Inoltre, vi è il divieto di portare i tacchi alti, perché questi producono un suono quando si cammina e l'uomo non deve sentire i passi di una donna, e così via.
Allora, la valutazione che dobbiamo fare per le donne che vivono nel nostro paese e che vogliono diventare - o lo sono già - cittadine italiane è se vogliamo lasciarle sole in balia di queste culture non riconosciute dal nostro popolo ovvero se le
vogliamo aiutare. Se decidiamo di aiutarle, allora dobbiamo agire con fermezza, con capacità e con determinazione.
Quindi, dobbiamo promuovere ogni azione per accrescere la loro cultura e per renderle partecipi dei nostri principi e valori. Credo che la posizione della Lega Nord e di Forza Italia sia molto positiva.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Dioguardi. Ne ha facoltà.
DANIELA DIOGUARDI. Non sono d'accordo con le mozioni presentate dalle colleghe della Lega Nord e di Forza Italia, non tanto perché non vi siano elementi di verità e proposte condivisibili nelle loro mozioni, ma per l'impianto strumentale o che si presta ad una interpretazione strumentale in chiave antislamica su un problema drammatico qual è quello della violenza nei confronti delle donne, con il rischio di smarrire l'origine unica dei condizionamenti e della violenza, cioè l'ordine patriarcale della società, elemento però comune a tutte le società. All'interno di queste - e mi dispiace dirlo -, poco ci s'interroga ancora riguardo alla parte maschile, e lo dimostra anche il dibattito odierno.
Io credo che oggi, nel nostro contesto, le mozioni al nostro esame concorrano di fatto, pur non volendolo, a creare un clima di scontro, alimentando l'odio e contribuendo alla costruzione del «nemico». Oggi il «nemico», vale a dire il capro espiatorio, è l'immigrato, possibilmente uomo, extracomunitario e di religione musulmana!
Ritengo preoccupante soprattutto il fatto che ciò sia fatto da noi donne, che dovremmo essere, non per biologia ma per la nostra storia, particolarmente sensibili a questi temi. Penso che, prima di assumere posizioni critiche contro altre culture, sarebbe più efficace guardare dentro di noi e valutare criticamente ciò che, ancora oggi, avviene all'interno della nostra società, dopo tanti anni - anzi, un secolo e mezzo - di lotte delle donne per l'emancipazione e la libertà.
Per verificarlo, basta leggere la cronaca di tutti i giorni, purtroppo, od ascoltare il linguaggio di alcuni «autorevoli» dirigenti politici maschi del nostro paese. Si tratta di un linguaggio segnato da una forte maschilismo, che risulta offensivo nei confronti delle donne italiane e che non dimostra alcun rispetto verso le stesse.
Come riferiscono oggi i dati del Consiglio d'Europa, la prima causa di morte per le donne in tutti i paesi mondo - del nord e del sud; cattolici, islamici od altro; ricchi e poveri - è la violenza, che esse subiscono prevalentemente (sottolineo «prevalentemente») all'interno della famiglia dagli uomini più vicini: padri, mariti, familiari o amici! La violenza, quindi, si consuma in percentuale maggiore all'interno delle nostre tanto osannate famiglie cattoliche ed eterosessuali!
La violenza contro le donne fa parte dell'ordine patriarcale, che non ha confini etnici, culturali o religiosi. Esso si manifesta certamente con diversa gradualità, a partire dal controllo del corpo femminile. La donna, infatti, deve essere espropriata della possibilità di scelta perfino in ordine al proprio corpo: per lei scelgono il padre, il marito, il medico, la comunità o la legge!
Pensiamo agli attacchi ricorrenti, a volte offensivi, che, nel nostro civilissimo paese, vengono sferrati all'autodeterminazione delle donne; pensiamo a leggi, approvate recentemente, costrittive ed «etiche», le quali, di fatto, negano la libertà e l'autodeterminazione.
Oggi sembra che vi sia una recrudescenza della violenza, dovuta al fatto che le donne si sottraggono al patriarcato e che gli uomini hanno difficoltà a rapportarsi con donne consapevoli.
Se questa è la situazione, noi donne - soprattutto noi, impegnate in politica e presenti ancora oggi, purtroppo, in percentuale bassissima nelle istituzioni, compresa questa Camera (percentuale più bassa persino rispetto a quella di paesi che consideriamo arretrati) - abbiamo una grande responsabilità, soprattutto nei confronti del genere femminile, ma non solo. Infatti, più in generale, abbiamo una grande responsabilità rispetto alla civilizzazione delle relazioni umane.
Noi, infatti, dobbiamo - restando noi stesse, senza omologarci ai modelli maschili o usare i «giochetti», le furberie, le strumentalizzazioni e le pretestuosità di una certa politica maschile - concorrere alla costruzione di un altro ordine. Mi riferisco ad un ordine culturale e simbolico che preveda e riconosca la libertà femminile.
Dobbiamo sottrarci, quindi, a tutte le strumentalizzazioni. Soprattutto per noi donne, la libertà femminile non dovrebbe mai diventare pretesto di scontro politico, come purtroppo a volte ho visto accadere anche in questa Assemblea.
La critica al patriarcato e la presa di coscienza della parzialità dei due generi, maschile e femminile, mi hanno insegnato a mettere in discussione qualsiasi forma di pensiero unico ed assoluto. Se davvero ci muove la preoccupazione per le donne immigrate, che vivono in condizioni peggiori delle nostre, allora impegniamoci, senza pretese di superiorità, per una legge migliore in materia di immigrazione, che eviti quei terribili viaggi - le «carrette del mare» - che troppo spesso si concludono in modo tragico! E ancora: impegniamoci per estendere i diritti di cittadinanza, di donne e uomini, di immigrati e di immigrate! Attiviamoci! Certo, con difficoltà, ma è questo che dobbiamo fare, per intrecciare relazioni e per creare occasioni di scambio, di dialogo anche conflittuale, di conoscenza con chi è diverso da noi, da cui possano derivare cambiamenti veri, significativi.
La libertà femminile, così come la democrazia, non si impone né si esporta: si costruisce attraverso la relazione! È su questo che dobbiamo impegnarci, per una società fondata sulla convivenza. Ed è questa la direzione in cui si muove il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità, Donatella Linguiti.
DONATELLA LINGUITI, Sottosegretario di Stato per i diritti e per le pari opportunità. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
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