Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 6 del 23/5/2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

La seduta comincia alle 9.

TITTI DE SIMONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, il deputato Maroni è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono sei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 22 maggio 2006, l'assemblea del gruppo parlamentare Misto ha eletto presidente il deputato Siegfried Brugger.

Istituzione di una Commissione speciale, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del regolamento, per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'istituzione di una Commissione speciale, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del regolamento, per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge.
Ricordo che la Conferenza dei presidenti di gruppo, nella riunione di ieri, ha convenuto unanimemente che si proceda all'istituzione, a norma dell'articolo 22, comma 2, del regolamento, di una Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge in scadenza entro il 2 giugno 2006. Si tratta, in particolare, dei disegni di legge di conversione del decreto-legge n. 135 del 2006, recante disposizioni urgenti per la funzionalità dell'amministrazione della pubblica sicurezza, e del decreto-legge n. 136 del 2006, recante proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali.
Ricordo, altresì, che entrambi i decreti-legge scadono il 2 giugno 2006 e che dalla loro mancata conversione conseguirebbero effetti non sanabili con successivo provvedimento legislativo.
La Commissione speciale di cui si propone l'istituzione sarà composta da 30 deputati, designati dai gruppi parlamentari in proporzione alla loro consistenza numerica. Essa avrà competenza - per quanto riguarda i disegni di legge ad essa assegnati - su tutti i profili di merito, ivi compresi quelli relativi alle conseguenze di carattere finanziario e quelli concernenti il rispetto delle regole sulla specificità ed omogeneità e sui limiti di contenuto dei decreti-legge.
Se non vi sono obiezioni, la proposta di istituire una Commissione speciale, nei termini indicati, si intende accolta.
(Così rimane stabilito).

A seguito dell'istituzione della Commissione speciale, i trenta componenti sono così ripartiti tra i gruppi parlamentari in


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proporzione alla loro consistenza numerica: L'Ulivo 10; Forza Italia 6; Alleanza Nazionale 3; Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 2; UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) 2; Lega Nord Padania 1; Italia dei Valori 1; La Rosa nel Pugno 1; Comunisti Italiani 1; Verdi 1; Popolari-Udeur 1; Gruppo Misto 1.
Invito i gruppi a designare entro le ore 12 di oggi i propri componenti.

Sull'ordine dei lavori.

RICCARDO MIGLIORI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, intervengo brevemente per chiedere, attraverso il suo intervento, che il Governo riferisca in Assemblea, il più celermente possibile, circa un evento, di cui abbiamo appreso stamani, cioè l'incidente aereo che in Sardegna avrebbe visto coinvolti due F-16 dell'Aeronautica militare. Non vi sono notizie sulle cause, né sulla dinamica, né sulla situazione dell'equipaggio.
Riteniamo opportuno che il Parlamento sia informato celermente, nei limiti della situazione che stiamo vivendo ma comunque nella giornata odierna, circa ciò che è effettivamente avvenuto nei cieli della Sardegna questa notte.
Penso sia interesse comune, anche del paese, avere da parte del Governo un'informativa esauriente al riguardo e la ringrazio se si vorrà far carico di questa esigenza, che credo sia non solo del mio gruppo o dei gruppi di opposizione, ma dell'intera Assemblea.

PRESIDENTE. La ringrazio per questa sollecitazione.
Mi farò parte diligente presso il Governo affinché la sua richiesta venga accolta ed il Governo, nella giornata stessa di oggi, possa riferire all'Assemblea.

Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.

(Ripresa della discussione)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Raffaella Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori rappresentanti del Governo, nelle dichiarazioni programmatiche che ci sono state proposte, ho trovato molto suggestivo e ricco di significati simbolici il riferimento a due dei principali cammini di pellegrinaggio in Europa: il cammino di Santiago e la via Francigena. Quest'ultima, grande direttrice viaria che nel Medioevo costituì la principale via di comunicazione tra il mare del Nord e Roma, mantenendosi nei secoli via di pellegrinaggio laico e religioso, può rappresentare, con molti riferimenti culturali, il modello di itinerario che ha attraversato molta parte del nostro paese, unendolo con l'Europa, attraverso importanti e vicendevoli scambi, contaminazioni di esperienze utili e progressive esperienze comuni.
Oggi, inutile negarlo, sentiamo più debole il ruolo del nostro paese come crocevia di culture, di economie, di offerta scientifica, di commerci e, per molti versi, sentiamo l'effetto della frustrazione che da ciò deriva. L'Italia, fiera della propria arte e della propria cultura, dei progressi scientifici cui hanno contribuito personalità che nei secoli, ma anche fino ai nostri giorni, hanno dato lustro al suo prestigio nel mondo, a pieno titolo deve potere essere di nuovo al centro del progresso e della modernità.
Restituire fiducia e speranza perché ciò avvenga è l'impegno che lei, signor Presidente, ed il suo Governo, avete preso attraverso un programma che, riteniamo, saprà fare emergere il meglio di ciò che


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esiste nel nostro paese: della sua creatività, dell'esperienza, delle migliori energie e delle risorse che esistono.
L'urgenza cui lei ha fatto più volte riferimento risponde perfettamente alle aspettative che ogni giorno, come possiamo testimoniare, abbiamo accolto confrontandoci con i cittadini italiani. Aspettative che non possiamo tradire e che tutti insieme, con grande senso di responsabilità, useremo come stella polare nel nostro agire politico.
Molti giovani, signor Presidente, hanno colto una rinnovata sensibilità nei loro confronti, un'autentica attenzione alle difficili condizioni che la società italiana e le istituzioni, fino ad oggi, hanno riservato loro. Siamo molto impazienti che il nostro Governo inizi ad operare in piena armonia con il Parlamento, nella direzione utile a restituire fiducia, speranza, ma anche concreti ed immediati segnali di piena comprensione dei principali problemi che hanno tarpato le ali a molti giovani e a molte donne. Un risarcimento, anche se parziale, alla scarsa capacità di rappresentarli in quest'aula nelle proporzioni che la società realmente possiede.
Parlare di diritti, declinando parole come modernità, creatività, solidarietà sarà anche la più efficace risposta a chi vuole provare a tacciare la nostra ostinazione, per la ricerca di una maggiore giustizia sociale, come superato conservatorismo.
Il progresso non ci spaventa: le sue parole, signor Presidente, e l'azione di tutto il Governo saranno la testimonianza più netta del desiderio di stare al passo con i tempi, dell'ambizione di prevedere e precorrere molti dei fenomeni del nostro immediato futuro. Ci attendiamo sfide complesse: penso ai temi che riguardano ambiente, sviluppo sostenibile, infrastrutture, politiche energetiche, sistemi della mobilità, politiche abitative.
Abbiamo reiteratamente fatto proposte nella passata legislatura, abbiamo offerto contributi al dialogo ed al confronto, ma i risultati sono stati pessimi. Dover recuperare un ritardo, facendo tesoro di molti errori compiuti negli ultimi anni, sarà l'impegno di tutti. In questo senso, un'accresciuta sensibilità e molte istanze di partecipazione alle scelte delle istituzioni, e tra le istituzioni, chiamano a precisi doveri i rappresentanti dei cittadini. Regole uguali per tutti, riconoscimento del valore della pace e della legalità, rispetto dei valori fondanti la nostra Costituzione e l'assunzione di responsabilità verso i paesi più poveri a partire dal continente africano, così come sono stati sottolineati nei suoi impegni, signor Presidente, sono le direttive chiave che si affermeranno nella direzione compatta del suo Governo, con tutta la nostra più decisa collaborazione.
Crediamo di poter umilmente assumere questa responsabilità, per il bene comune per il futuro del paese, e vi auguriamo un lavoro proficuo e collaborativo. Buon lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi de l'Ulivo e dei Verdi)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bricolo, al quale ricordo che ha cinque minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Onorevoli colleghi, in queste settimane siamo stati costretti ad assistere alla peggiore spartizione dei posti di potere fatta nella storia di questo paese, nemmeno, ed è incredibile a dirsi, nei momenti peggiori della prima Repubblica. Avete toccato davvero il fondo, screditando l'intero sistema istituzionale. Peggio che i mercanti nel tempio, vi siete spartiti tutto, usando il manuale Cencelli in un modo spregiudicato e mai visto.
Per accontentare tutti gli aspiranti ministri, avete dovuto aumentare il numero dei ministeri, scorporandoli e creando sovrapposizioni di competenze che creeranno problemi a tutta la pubblica amministrazione.
Il Ministero dell'istruzione si sdoppia in due dicasteri: istruzione ed università e ricerca, come se le due cose non fossero collegate. Al ministro della salute vengono sottratte competenze fondamentali su igiene e alimentazione. Il nuovo Ministero


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per le sviluppo - caso unico in Europa - non ha competenze sulla competitività internazionale.
Non si capisce poi a chi spetti la vigilanza sull'ANAS, dopo lo spacchettamento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Al Ministero dell'economia sono state sottratte competenze sulle spese dello Stato. È stato istituito il nuovo Ministero della previdenza sociale, ma di pensioni si occuperà il Ministero della solidarietà sociale. Il Ministero dell'interno perde le competenza sui comuni e sulle province ed il nuovo Ministero della famiglia ha solo il nome, ma non ha strutture e competenze.
Oltre a rendere ancora più complicata l'azione di Governo, siete riusciti ad aumentarne a dismisura i costi.
Prodi, prendendo in giro per l'ennesima volta gli elettori in campagna elettorale, aveva dichiarato, cito testualmente: prima di chiedere sacrifici agli italiani, cominceremo noi a dare l'esempio, riducendo il costo della politica e le spese per il funzionamento delle istituzioni e dei partiti.
Arrivato al Governo, ha fatto esattamente il contrario, palesandosi evidentemente per quello che è: un baro, un falso e bugiardo!
Le faccio un esempio molto chiaro: Italia Oggi, giornale economico, ha fatto i conti in tasca al nuovo Governo e ha scoperto che, in cinque anni, ci costerà solo in stipendi per i suoi componenti 74 milioni di euro, una cifra record mai raggiunta nella storia repubblicana. Più del doppio di quanto speso dal Governo Berlusconi!
Per accontentare tutti, non avete badato a spese e avete messo le mani nelle tasche degli italiani, tanto a pagare non siete voi, ma i cittadini!
Nel criticare questo Governo non posso non soffermarmi sul trattamento riservato al Veneto e alla Lombardia che, di fatto, non sono rappresentate in questo esecutivo se non con un misero Ministero per le pari opportunità.
Avete voluto umiliare vergognosamente queste due regioni che, da sole, superano, come numero di abitanti, l'intera Svezia, il Belgio, l'Austria e, addirittura, la Finlandia, la Norvegia e l'Irlanda messe insieme. Nonostante ciò, per voi non sono degne di essere rappresentate nel vostro Governo; per voi evidentemente il Veneto e la Lombardia sono regioni da sfruttare, da non valorizzare, addirittura da penalizzare.
Oggi voterò in quest'aula come deputato contro questo Governo, ma devo dire che mi dispiace molto di non avere potuto partecipare al dibattito al Senato. Mi dispiace veramente, lo dico con molta chiarezza, di non aver potuto anch'io in aula fischiare i senatori a vita che votavano tutti uniti il nuovo Governo Prodi. Li avrei fischiati molto volentieri! Non eletti dal popolo, si sono schierati apertamente in favore del centrosinistra, dimostrandosi uomini di parte, contribuendo con il loro voto determinante a far ottenere la fiducia a questo Governo, ribaltando, di fatto, il chiaro risultato elettorale che, al Senato, ha visto prevalere la Casa delle libertà sulla coalizione di Prodi, sia in numero sia in percentuale di voti.
Un vero e proprio ribaltone costruito e portato avanti nei palazzi romani contro la volontà popolare. È in questo modo, cari senatori a vita, che si allontanano i cittadini dalle istituzioni. Vedere l'ex Presidente Ciampi schierarsi e votare con il centrosinistra, dopo che, per anni, dalla stampa e dalla televisione ci è stato «venduto» come il Presidente di tutti, è stata per molti elettori un'amara delusione che non si aspettavano e che li ha profondamente offesi.
Vedere tutti uniti i senatori a vita votare la fiducia a Prodi, insieme a Caruso ed a Luxuria, a chi vuole bloccare le opere pubbliche, a chi vuole abolire la festa del 2 giugno, a chi vuole cancellare la legge Biagi, a chi vuole imporci la società multietnica, a chi vuole l'amnistia, la droga libera, i matrimoni gay, è stata - diciamolo chiaramente - una vera e propria vergogna!
Concludo, Presidente, con un avvertimento. In questi giorni, stiamo assistendo a numerosi sbarchi di clandestini sulle nostre coste. Ricordo che, in questo paese, è in vigore la legge Bossi-Fini che ne


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prevede l'immediata espulsione e voi avete l'obbligo di farla rispettare (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo).
Chi vive al nord, in Padania, non è disposto in alcun modo ad accettare nuovi clandestini che, molto spesso, vengono nel nostro paese per poi rubare, stuprare, sfruttare prostitute, fare rapine e specializzarsi nei furti negli appartamenti. Noi questa gente a casa nostra non la vogliamo!
Molti di questi provengono per di più da paesi islamici, importando di conseguenza culture, tradizioni e modi di vita in molti casi incompatibili con quelli che, da sempre, regolano, la vita nella nostra società.
Se non volete scatenare nuovi conflitti sociali, se non volete che il popolo si ribelli contro di voi, abbandonate qualsiasi proposito di modificare l'attuale legge sull'immigrazione e fate rispettare la legalità (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Alba Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, Presidente Prodi, colleghe e colleghi, l'innovazione, la ricerca, l'istruzione e la cultura sono state indicate come questioni strategiche nel programma di Governo, nel loro nesso profondo con lo sviluppo del paese, con la sua economia e con la sua democrazia. Ma la svolta che occorre promuovere, la discontinuità, che è attesa da questi mondi che, in maniera rilevante, hanno contribuito all'esito elettorale, è culturale prima ancora che politica e legislativa.
Di questo c'è bisogno per mettere il sistema formativo nelle condizioni di poter essere volano di una riforma civile e della convivenza e motore di quel nuovo slancio del paese di cui si sente con urgenza il bisogno.
Negli ultimi anni la scuola e l'università hanno camminato con i passi del gambero: si sono abbassati i livelli di solidarietà sociale e di sostegno alla vita delle famiglie. Penso alla penuria degli asili nido, alle liste d'attesa nella scuola dell'infanzia, al tempo pieno stravolto nella sua qualità pedagogica, quando non eliminato: si è considerato naturale dividere precocemente percorsi scolastici e destini sociali.
Il primo terreno su cui misurarsi per rinnovare il sistema dell'educazione è dunque di ricostruirne la funzione democratica, secondo Costituzione, lasciandosi alle spalle un'idea di libertà improntata all'egoismo sociale. «La democrazia - diceva Piero Calamandrei - è permettere a ogni donna e a ogni uomo di avere la sua parte di sole e di dignità». Oggi, in una società in cui il possesso di conoscenze e il sapere accedere ad altre conoscenze diventa risorsa, forma di ricchezza, se il sistema di formazione non garantisce l'uguaglianza del diritto all'istruzione, rischia di generare nuovi squilibri e di riprodurre e cristallizzare gerarchie sociali. Perciò, è decisivo il ruolo della scuola e dell'università pubbliche - ha ragione il ministro Fioroni: torniamo a chiamare questo Ministero «Ministero della pubblica istruzione» -, territori in cui i diritti debbono trasformarsi in opportunità, il sapere in spazio pubblico di confronto.
In secondo luogo, il limite culturale delle riforme di questo quinquennio è nell'idea che si possa favorire l'accesso al lavoro, piegando il sistema formativo alle domande immediate del mercato, facendo dipendere l'organizzazione dei percorsi scolastici dall'andamento dell'economia.
Per questo occorre invertire una tendenza. Per un'idea di sviluppo che si proponga di affrontare le sfide dell'innovazione di prodotto, della produzione di nuove tecnologie, di un sistema avanzato e diffuso di ricerca, leve indispensabili per superare le difficoltà e l'affanno attuale del nostro sistema produttivo, sono necessari più alti livelli culturali per tutti, per poter coniugare competenza, senso critico, formazione alla cittadinanza, cultura delle regole, a partire dal rispetto degli anziani, che è una delle principali caratteristiche di tutte le società civili: insomma, saperi di responsabilità e saperi di cittadinanza
Certo, per governare sistemi complessi occorre la capacità di guardare lontano, di


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ascoltare, di costruire strategie lente, pazienti e condivise, di progettare un sistema che metta al centro una unica «i», quel bene prezioso che sono le intelligenze delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, con una avvertenza: i nostri giovani hanno una qualità straordinaria, sono impazienti, non sopportano gli esami di riparazione, rifuggono dai giudizi di appello e non ne concederanno a noi! Un progetto che parta dunque anche dal lavoro dei docenti, tutti, restituendo loro la dignità e il senso del proprio lavoro, l'importanza del loro ruolo e funzione di intellettuali e formatori, che valorizzi le migliori pratiche già da tanti avviate.
Le cose da fare, signor Presidente e signori ministri, sono tante, sono tutte lì nel programma che oggi è programma di governo: istruzione superiore integrata, nuovo e più efficace sistema di formazione professionale, eccetera. Ce ne sono, però, alcune che non possono aspettare, come il blocco del decreto attuativo sulla scuola secondaria e superiore, la restituzione alla scuola elementare dei tempi distesi e della propria autonomia didattica, il ripristino dell'organico funzionale, l'elevamento dell'obbligo di istruzione a sedici anni e, infine, non ultimo, un piano straordinario di stabilizzazione del personale.
Quella precarietà di cui anche lei ha parlato nel suo discorso di insediamento ha colpito pesantemente questi mondi, anche quello della alta finanza, della cultura, delle sovrintendenze, di archivi e biblioteche, mondi che hanno bisogno di stabilità ....

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALBA SASSO. Signor Presidente, sto concludendo.
Serve stabilità per assicurare qualità, produttività, valore nella ricerca e nella didattica, nella tutela e promozione dei beni culturali. Lei, signor Presidente, ha parlato di ascolti e di condivisione. «Il solo vero viaggio» - dice Marcel Proust - «non è andare verso nuovi paesaggi ma avere altri occhi, vedere l'universo con gli occhi di un altro, di cento altri, vedere i cento universi che ognuno di essi vede, che ognuno di essi è».

PRESIDENTE. Ha superato nettamente il tempo a sua disposizione.

ALBA SASSO. Signor Presidente, mi permetta di augurare buon lavoro a tutti (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella dichiarazione programmatica, il Presidente del Consiglio affronta, in modo diffuso ed insistito, il tema delle politiche infrastrutturali per tutte le aree del nostro paese, per il nord, come per il Mezzogiorno. È chiaro che queste politiche potranno ottenere esiti positivi a condizione che il Governo promuova un nuovo equilibrio istituzionale di collaborazione tra le istituzioni, tra Stato, regioni, città metropolitane, province, comuni e comunità montane. Occorre un nuovo patto tra diversi livelli istituzionali ed una maggiore corresponsabilizzazione nelle scelte, superando linee di comportamento legislativo ed amministrativo, dirigiste e centraliste, che hanno sostanzialmente segnato gli anni passati, rendendo pressoché impossibile la realizzazione di obiettivi anche strategici per l'Italia (penso al ritardo nella realizzazione di opere stradali o autostradali e ferroviarie, come quelle per l'adeguata infrastrutturazione nel settore energetico, i riclassificatori come le linee di trasmissione elettrica); tutto ciò è nettamente connesso allo sviluppo economico e produttivo e al rilancio di competitività del nostro sistema.
Trovo che l'ispirazione delle linee di programma del Governo tendono a non trascurare entrambi i versanti, sui quali occorre riscrivere una politica nazionale fatta di certezza e di chiarezza di indirizzi e di strumenti: il versante dell'apertura dei mercati chiusi, e dunque delle liberalizzazioni, e il versante della programmazione,


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quando si pone la questione, ad esempio, del bilancio come fattore di rilancio dell'economia, almeno così lo intendo.
Liberalizzazione e programmazione possono andare a braccetto, possono farlo, signor Presidente, se non si accederà a spinte che possono far pendere in eccesso su un versante o su un altro il peso dell'agire del Governo. Liberalizzazione e programmazione sono due fattori che vanno tenuti in grande equilibrio e qui sta la forza di un orientamento riformista che, sul piano dell'azione legislativa del Parlamento, i gruppi del centrosinistra, in particolare quello dell'Ulivo, non potranno far mancare, anzi assicureranno. Un orientamento riformista che vale per tutti i grandi temi dello sviluppo, ma vale anche per l'importantissimo e prioritario terreno della ricerca e dell'università italiana, dove occorre favorire e valorizzare il merito.
Trovo importante che, anche trattando del lavoro, nella dichiarazione programmatica si sostenga che occorre superare la precarizzazione ai livelli medio bassi e si debba, invece, immettere la competizione agli alti livelli, premiando il talento e il merito, perché il nostro paese ha bisogno di ricostruire quella mobilità sociale che, ancora oggi, è una grande fonte di ingiustizia e di incrostazioni sociali.
Molti osservatori hanno voluto speculare sulla composizione del Governo per trarne motivo di polemica sulla cattiva rappresentanza o bassa attenzione alla cosiddetta questione settentrionale, al nord. Voglio, con il mio intervento, contribuire, invece, a riportare l'attenzione sui passaggi impegnativi che, nella dichiarazione del Governo, sono contenuti riguardo al nord del nostro paese. C'è un lungo passaggio sul ruolo vitale di traino dello sviluppo dinamico e produttivo riconosciuto al nord. C'è l'impegno a dare al nord - cito - infrastrutture moderne ed efficienti, ricerca e formazione, regole e norme chiare e semplici, cioè meno burocrazia. Queste sono parole pesanti, la cui ricaduta dovrà manifestarsi fattivamente nella quotidianità dell'operare del Governo.
Com'è ovvio, un Governo nazionale che non intenda venir meno alla sua missione, non di meno deve affrontare la questione del Mezzogiorno per determinarne un più elevato sviluppo economico ed una più adeguata modernizzazione in infrastrutture, porti, ferrovie e strade per farne la piattaforma proiettata nel Mediterraneo verso l'Asia - la porta d'Europa e d'Italia -, che è insieme condizione di sviluppo economico e di competizione per tutto il paese e per tutti i territori in cui si produce.
Insieme a questi impegni, signor Presidente, c'è l'urgenza di una modernizzazione diffusa dei servizi ai cittadini, di quelli che sono nella disponibilità del Governo nazionale come di quelli che sono nella disponibilità delle regioni e degli enti locali. Per farvi fronte serve un nuovo patto tra i diversi livelli di governo della Repubblica, in modo che gli interessi al miglioramento della qualità dei servizi siano accompagnati da una riduzione del costo degli stessi per le famiglie e per le imprese, a cominciare dai servizi di valenza economica, fino ai servizi alla persona.
La relazione programmatica, dunque, pone le premesse per rilanciare una visione nuova del futuro dell'Italia, alla quale non possiamo far mancare la nostra fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dell'Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Raiti. Ne ha facoltà.

SALVATORE RAITI. Signor Presidente della Camera dei deputati, signor Presidente del Consiglio, onorevoli ministri, onorevoli colleghi e colleghe, noi dell'Italia dei Valori esprimiamo apprezzamento per un programma largamente discusso e condiviso, che ha messo in sinergia, per la prima volta nella storia della Repubblica, i partiti e le energie sociali e culturali esterne ad essi per l'individuazione di obiettivi comuni di crescita e di rilancio del nostro paese.
L'Italia è un grande paese e deve ritornare ad essere protagonista autorevole


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ed apprezzato in Europa - che noi vorremmo diventasse presto gli stati uniti europei - e nel mondo.
Il metodo di elaborazione del programma, ossia la condivisione di problemi, degli obiettivi e delle scelte, dovrà essere - e siamo certi che lo sarà - il modello di questo Governo. È possibile ripartire se si uniscono energie, sforzi e percorsi. La concertazione dovrà essere il sistema guida della nostra azione quotidiana.
Presidente Prodi, sottolineiamo due risorse per il rilancio del nostro paese: i giovani e il Meridione. Così come indicato nel programma e nelle comunicazioni alle Camere, i nostri giovani sono la nostra forza e la speranza di essere protagonisti nel terzo millennio. Allora, occorre dare segnali precisi di attenzione, partendo dal rinnovamento della classe politica e dirigenziale di questo paese, per finire alle politiche di sostegno nell'età dello studio e della formazione.
Il Meridione deve essere un punto centrale dell'azione di Governo dell'Unione. Dobbiamo essere pronti affinché nel 2010, quando partirà l'area di libero scambio del Mediterraneo, il paese sia il protagonista del processo di integrazione e di sviluppo socioeconomico. Per questo occorrono delle priorità assolute nelle scelte e negli investimenti. L'Italia non riparte se non riparte il sud. Confidiamo, quindi, nell'impegno del Governo e del nuovo ministro per le infrastrutture, Antonio di Pietro, per dare segnali precisi in questa direzione.
Ci saremmo aspettati, Presidente Prodi, più attenzione nella scelta dei rappresentanti siciliani nel Governo e a questo proposito non possiamo che esprimere il nostro rammarico, ma auspichiamo - e ne siamo certi - che nelle scelte immediate si possano confermare gli impegni programmatici: l'istituzione della banca del Mediterraneo, che abbia anche lo scopo di abbassare il costo del denaro agli imprenditori meridionali che soffrono di questa disparità; l'attivazione delle procedure per istituire aree di fiscalità di vantaggio per far decollare le zone meno sviluppate; l'istituzione di un polo universitario mediterraneo. Queste priorità dovranno essere affrontate, per quanto ci riguarda, al più presto possibile.
Non posso concludere il mio intervento senza ricordare che oggi ricorre il quattordicesimo anniversario della strage di Capaci, nella quale hanno perduto la vita Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti di polizia. Ad essi, ai servitori dello Stato, ai caduti per mano criminale per affermare il primato della legalità, va il nostro pensiero. Ai martiri dello Stato di diritto vorremmo dare il giusto riconoscimento, facendo camminare le loro idee ed i loro valori con le nostre gambe.
Siamo certi che lei, onorevole Presidente, e il suo Governo sarete nostri leali compagni di strada nell'affermazione dei suddetti valori di legalità.
Auguri al suo Governo, Presidente Prodi, auguri a questo Parlamento, auguri all'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Italia dei Valori e de L'Ulivo)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, la Lega Nord considera assai deludenti le linee programmatiche del suo Governo in materia di giustizia.
Nella legislatura appena conclusa la giustizia è stata oggetto di polemiche, dettate tuttavia dall'ampia, convinta e profonda volontà riformatrice della Casa delle libertà. Pensiamo all'avvio della riscrittura del codice penale, alla riforma fallimentare, alle nuove norme sulla procedura civile, alle importanti norme in materia di famiglia (l'affido condiviso e l'affermazione della bigenitorialità), fino ad arrivare alla madre delle riforme, vale a dire quella dell'ordinamento giudiziario, dello status di giudici e pubblici ministeri, riforma assolutamente prioritaria per disporre di una giustizia più giusta.
Eppure lei, signor Presidente del Consiglio, non ha espresso una parola sul merito di tali riforme, si è limitato a bollarle come punitive, attuate con atteggiamenti non adeguatamente collaborativi,


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preoccupandosi quindi non di rivolgersi ai cittadini, agli utenti della giustizia, al popolo sovrano in nome del quale la giustizia è amministrata per indicare cosa intenda fare per continuare a migliorare il sistema. Niente di tutto ciò; lei inizia a parlare di giustizia con un omaggio ossequioso alla magistratura o, meglio, a quella parte della magistratura politicizzata, alla magistratura amica, a quella corporativa che, negli anni di governo della Casa delle libertà, volutamente non ha tenuto atteggiamenti collaborativi. Mi riferisco a quella parte della magistratura degli appelli a resistere, dei girotondi, degli scioperi, che si è opposta alla volontà non punitiva, ma riformatrice del Governo della Casa delle libertà.
L'indipendenza non può essere invocata a senso unico dal potere giudiziario, anche perché troppe volte abbiamo assistito ad atteggiamenti di magistrati che sono andati ben oltre i limiti loro assegnati dalla Costituzione, cercando a volte di disapplicare leggi dello Stato che non erano gradite. Pensiamo alla legge Bossi-Fini sull'immigrazione, quella legge che adesso voi volete cancellare proponendoci un'immigrazione aperta a tutti, un'immigrazione selvaggia.
Così, dopo la felicità per tutti, adesso si promette di ridare serenità ai magistrati, ma a quali magistrati? A quelli che, in questi anni, si sono sempre opposti al cambiamento, all'introduzione di criteri di meritocrazia, al rendere effettivi, attraverso la separazione delle funzioni, principi quali la terzietà e l'imparzialità. A quei magistrati che si sono opposti al cambiamento, arroccati nella difesa di prerogative che assomigliano sempre di più a privilegi.
Ma ciò che ci preoccupa maggiormente è la promessa di un provvedimento generalizzato di clemenza - amnistia, indulto - per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Il paese ci chiede sicurezza, legalità, certezza della pena e lei, Presidente Prodi, ci propone un «liberi tutti», per ottenere il quale ci si scomoda addirittura a citare la visita in Parlamento del Pontefice Giovanni Paolo II. Quella visita è stata fortemente strumentalizzata!
Come mai, invece, non vi sento mai citare il Papa quando fa gli appelli alla tutela della vita sin dal suo inizio, alla difesa della famiglia naturale (uomo-donna), alla difesa dell'istituzione del matrimonio - sempre più attaccato da parti oltranziste della sua maggioranza - e al richiamo delle radici cristiane? Signor Presidente del Consiglio, quando era Presidente della Commissione europea non abbiamo sentito un suo solo impegno per far inserire nella Costituzione europea il richiamo alle radici cristiane!
Ecco dunque l'ambiguità e le contraddizioni del Governo e della coalizione che lo sorregge. Da un lato, si vuole rassicurare la Chiesa, dall'altro, la Rosa nel Pugno - per bocca di Boselli - vorrebbe cancellare il Concordato. E le contraddizioni sono ancora molteplici.
Si confonde il riconoscimento di alcuni diritti individuali, l'eliminazione di alcune discriminazioni, che magari ancora sussistono sul piano individuale, con il volere equiparare le coppie di fatto eterosessuali e omosessuali alle famiglie. Su questo noi non possiamo essere d'accordo, ma fareste bene anche voi a chiarirvi le idee, perché da un lato ci dite che arriverete semplicemente ad un riconoscimento di alcuni diritti di tipo privatistico - questa magari è l'idea della Binetti, di Rutelli - , ma poi abbiamo il ministro della famiglia Bindi che rilancia, dicendo di essere favorevole ai Pacs, per poi tornare ancora indietro. Per forza! Dovete mediare tra le vostre anime diverse. Ma mettetevi d'accordo! Vi aspettiamo, quando dovrete prendere delle decisioni. Vedremo che cosa sarete in grado di fare.
Abbiamo sentito adesso anche il ministro Turco; anche lei si è espressa a favore dei Pacs, e adesso rilancia anche sulla pillola abortiva. Continuate a rassicurare, ma l'unica proposta di legge che è stata presentata è quella di Franco Grillini, dei Democratici di sinistra, che equipara le coppie di fatto alla famiglia, perché consente agli amori liberi di avere, senza la responsabilità, tutta quella tutela rafforzata


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che la nostra Costituzione invece riconosce alla famiglia tradizionale fondata sul matrimonio. Infatti, la famiglia tradizionale ha un'importante funzione sociale: non c'è solo l'amore, c'è anche la responsabilità!
Ma torniamo all'amnistia e all'indulto. I casi di cronaca, purtroppo, ci testimoniano di detenuti rimessi in libertà, che godono di semidetenzione, di permessi premio, che tornano a delinquere. Non voglio citare - poi mi dite che sono populista - i casi Izzo, il «mostro del Circeo», il quale, addirittura, era stato messo a fare l'assistente sociale; ricordiamo il caso di quell'uomo, che aveva massacrato una donna - 80 coltellate - e che era stato rimesso in libertà: come ha ringraziato lo Stato, che lo aveva premiato? Uccidendo, purtroppo, un carabiniere, che aveva l'unico torto di trovarsi sulla sua strada.
Ebbene, il paese, che lei dice di ascoltare, che vorrebbe rappresentare, i cittadini onesti non chiedono questo, i cittadini onesti ci chiedono addirittura di cancellare alcuni benefici previsti dalla legge Gozzini, dalla legge Simeoni, per i reati più gravi. E noi come rispondiamo? Lei come risponde? Aprendo le porte dei penitenziari, facendo uscire dalle carceri migliaia di detenuti senza che ci si preoccupi di verificare se siano socialmente pericolosi o meno. Non si scarica il problema del sovraffollamento carcerario sui cittadini onesti, non si calpestano le vittime dei reati, offese due volte: nel momento in cui subiscono l'aggressione...

PRESIDENTE. La invito a concludere...

CAROLINA LUSSANA. Concludo, rivolgendomi anche a lei, Presidente della Camera: non facciamo anche della popolazione carceraria, dei provvedimenti di amnistia e di indulto, una lotta di classe. In carcere non ci stanno solo i poveretti, ci stanno anche i ricchi: c'è stato Fiorani...

PRESIDENTE. La prego...

CAROLINA LUSSANA. ...c'è Ricucci, forse non c'è stato Consorte.
Per tutti questi motivi, noi ci opponiamo a chi non si preoccupa di tutelare il paese, che avverte altre esigenze...

PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo a sua disposizione da quasi più di un minuto.

CAROLINA LUSSANA. Voteremo con convinzione contro la fiducia al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cancrini. Ne ha facoltà.

LUIGI CANCRINI. Signor Presidente, vorrei segnalare l'importanza di questo cambiamento. Credo che questo Governo possa portare delle novità molto importanti. Sono rientrato in politica dopo tanti anni con l'idea di portare in quest'aula l'esperienza che ho fatto in questi anni nel mio lavoro.
Il mio lavoro, che si svolge con i tossicodipendenti, con i bambini che subiscono maltrattamenti ed abusi, nelle carceri, nell'ospedale psichiatrico giudiziario, mi insegna quotidianamente che noi viviamo in un paese ricco, libero, in cui la gente complessivamente sta bene, ma nel quale c'è scarso rispetto, scarsa attenzione e scarsa presenza delle istituzioni nei confronti delle persone più deboli, di quelle che fanno fatica a vivere.
Il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza ha segnalato, qualche giorno fa, che la spesa annua di un cittadino italiano per la sanità è di 1.346 euro e che quella sociale, dopo gli ultimi tagli operati dal precedente Governo Berlusconi-Tremonti, arriva a malapena a 18,40 euro: una cifra paurosamente vicina a quella di 11,11 euro spesi da ogni cittadino italiano per finanziare la missione in Iraq. Per tale missione, definita di pace, era stato previsto l'acquisto di 131 caccia Eurofighter. È abbastanza difficile capire a cosa servano in una missione di pace 131 caccia Eurofighter; quel che è certo è che ogni caccia costava al cittadino 3,70 euro: un quinto dell'intera spesa sociale!


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Credo che i dati che ho indicato debbano farci riflettere. Credo che dobbiamo renderci conto del fatto che la spesa sociale deve essere riproposta in modo diverso da come è avvenuto finora.
Faccio un esempio. Nell'ultima legge finanziaria di Berlusconi e Tremonti, alla voce «anziani non autosufficienti», è scritta, diciamo così, la cifra di 0,00 euro! Mi chiedo se ciò sia dovuto al fatto che con il Governo Berlusconi, nel tempo meraviglioso che esso ha creato, tutti gli anziani sono diventati autosufficienti oppure se questa non sia una vergogna che questo Parlamento dovrebbe rapidamente cancellare.
Credo sia importante riflettere anche sull'aspetto riguardante il rapporto fra Governo e Parlamento. Il tempo a mia disposizione è poco e, quindi, devo necessariamente procedere per ragionamenti molto schematici. Ebbene, l'impressione che ho avuto, da cittadino, assistendo a quanto è accaduto in questi ultimi cinque anni, è che il Parlamento non contasse assolutamente nulla: le leggi venivano proposte dal Governo e imposte al Parlamento, prima in Commissione e poi in Assemblea! A mio avviso, lo scontro continuo e violento - cui assistiamo ancora in questi giorni - era legato all'incapacità di valorizzare il ruolo del Parlamento. Mi auguro che, in questa nuova legislatura, di leggi si discuta in Parlamento - nelle Commissioni ed in Assemblea -, senza che vi siano imposizioni da parte del Governo o della maggioranza, ma cercando sempre il massimo dei consensi possibili.
Mi riferisco, in particolare - è il mio settore - a leggi come quelle sulla droga. Mi auguro che la legge sulla droga, come accadde nel 1975, venga fuori come frutto di una discussione appassionata tra persone che la pensano in modo diverso e che trovano compromessi utili e non venga imposta, come invece è accaduto, a una settimana dalla chiusura delle Camere, mediante l'inserimento in un provvedimento che riguardava le Olimpiadi di Torino.
Mi avvio a concludere molto rapidamente, signor Presidente.

PRESIDENTE. La prego, per favore.

LUIGI CANCRINI. Su questo tema, su quello delle carceri e, in generale, sulle riforme di cui vi è bisogno, mi auguro che il Parlamento possa riprendere in pieno tutta la sua funzione (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Urso, al quale ricordo che dispone di dieci minuti. Ne ha facoltà.

ADOLFO URSO. Onorevole Presidente della Camera, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, la giornata odierna comincia dopo che sono state diffuse, ieri, le notizie sul crollo delle Borse del mondo.
Il crollo si è propagato un po' ovunque: a New York meno 0,96, a Tokyo meno 1,84; tra le Borse europee, a Londra meno 2,2, a Parigi meno 2,6, e via dicendo. La Borsa che nel mondo ha perso di più è stata quella di Milano: più di qualunque altra Borsa europea e più di Tokyo, di Singapore, di Hong Kong e di New York.
La Borsa di Milano ha perso il 3,8 per cento - il dato peggiore nel mondo - e, all'interno della Borsa di Milano, il titolo che ha subito un crollo è stato il titolo Alitalia, che ha registrato una diminuzione del 10,9 per cento, essendo stato quotato a 0,72 centesimi di euro per azione, cioè il minimo storico. Questo è un dato inequivocabile che deve far pensare il nuovo Governo sul perché proprio la Borsa di Milano abbia perso più di ogni altra nel mondo, sul perché un titolo come Alitalia - lo sappiamo tutti - abbia perso così tanto, giungendo al suo minimo storico. Si potrebbero citare i giornali internazionali che hanno giudicato il suo Governo, onorevole Prodi, tutti con espressioni di delusione o, addirittura, negative. Si potrebbe analizzare la struttura del suo Governo, come hanno fatto i giornali che una volta (lo sottolineo: una volta) ed in campagna elettorale - sottolineo ancora: in campagna elettorale - si erano espressi a suo favore. Pochi giorni: sono bastati la composizione del Governo ed il programma


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da lei esposto per far cambiare loro opinione; forse troppo, tardi ma - come sempre - non è mai troppo tardi.
Ebbene, io inizierei questo breve intervento da quanto ha affermato recentemente, pochi giorni fa, su uno di questi quotidiani, il padre della vostra riforma del Governo, l'onorevole Bassanini. Analizzando la struttura del suo Esecutivo, la manovra di scorpori e riaccorpamenti e le manovre di moltiplicazione e distribuzioni, egli ha affermato, infatti, che l'aumento del numero dei ministri e la disaggregazione di alcuni ministeri non gioverà alla ripresa del paese e non aiuterà il premier, che abbiamo assistito ad un imbarazzante revival del «manuale Cancelli» e delle logiche spartitorie della prima Repubblica e, inoltre, che rifacendo la struttura del Governo per decreto si rischia l'instabilità e la precarietà. In realtà, è un Governo che si è adattato alle esigenze del potere senza avvertire alcuna di quelle esigenze che, anche nel corso delle elezioni, erano emerse.
Un altro quotidiano, Il Sole 24 Ore, e persino il Riformista, hanno evidenziato come il suo Governo sia sostanzialmente contro il nord e, addirittura, Il Sole 24 Ore afferma che Milano, la capitale del nord Italia, gli risponderà presto. Inoltre, il Riformista si chiede come mai lei non abbia avvertito l'esigenza di dare rappresentanza al nord ed evidenzia, ancor più, come dalle regioni del nord-est - dalla Lombardia al Friuli, al Trentino-Alto Adige ed al Veneto - che esprimono il 33,6 per cento del prodotto interno lordo e il 38 per cento delle imposte Irpef, da queste regioni che esprimono oltre un terzo dell'economia del paese, che sono le più dinamiche, le più produttive, le più moderne e le più europee, da queste quattro regioni nel loro complesso, dal nord-est che traina la ripresa economica provenga appena un ministro senza portafoglio; lo ripeto, un ministro senza portafoglio, dalla Lombardia al Friuli! Come se il Governo fosse sostanzialmente contro il nord, contro il nord-est e, persino, contro il Piemonte.
Al riguardo, cito ancora una volta Il Sole 24 Ore, il quale afferma che la questione settentrionale si ferma al Piemonte e, analizzando la composizione del Governo, fa notare che sostanzialmente si tratta, in gran parte, di ministri espressione di una cultura statalista, di una cultura contraria all'iniziativa privata. Basta, peraltro, osservare l'esperienza personale dei ministri. Ovviamente, io per primo non ho alcunché contro chi lavori per lo Stato o alle dipendenze dello Stato o anche dei partiti. Nulla ho, ovviamente, contro chi lavori nel pubblico impiego o con il pubblico impiego. Tuttavia, mi fa piacere notare o, meglio, credo che lei e la sua maggioranza dobbiate riflettere sul fatto che tra i 25 ministri, la cui età media è di 56 anni, non ve ne sia alcuno che abbia svolto una attività imprenditoriale. Si passa da un esecutivo guidato da un imprenditore ad un Governo che rifiuta l'impresa, come se ci fosse un odio verso l'impresa.
Vi è solo un avvocato, non vi sono né manager né dirigenti di impresa od uno che abbia prodotto qualcosa in concreto. Questo la dice lunga sulla cultura e l'esperienza anche dei migliori - e ve sono, ovviamente - all'interno del Governo. Io credo che sia utile anche a voi leggere quello che ha detto Sergio Romano sulla cultura di molti, espressione del Governo, laddove evidenzia come molti appartengano alla sinistra massimalista, che non ha mai nascosto la sua simpatia per i centri sociali, i no global, i movimenti antagonisti, lo Stato dirigista, il pacifismo antiamericano, il terzomondismo rivoluzionario e quell'ambientalismo che vede in ogni opera pubblica la mano del capitalismo rapace. Sostanzialmente, tutti i dicasteri sociali sono stati messi nelle mani di coloro che hanno più familiarità con i cortei di quanta ne abbiano con la gestione di un paese che ha urgente bisogno di rientrare in Europa: quindi, un Governo che, sostanzialmente, è espressione di una cultura statalista, come emerge anche dalla sua espressione geografica.
Ma andiamo ai ministeri economici e produttivi. Per quanto riguarda l'economia,


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dal dicastero del ministro Padoa Schioppa sono stati scorporati ministeri importanti; Giavazzi, il vostro Giavazzi, censura con parole durissime quanto accaduto, sostenendo sostanzialmente che in questa squadra il capitano Tommaso Padoa Schioppa si troverà in una situazione più difficile rispetto ai suoi potenti predecessori (Ciampi e Tremonti), simile a quella di Guido Carli nel Governo Andreotti, stretto fra Rino Formica e il potente ministro del bilancio, Paolo Cirino Pomicino. La perdita di molte competenze, soprattutto relative all'economia reale - e io temo il ruolo del ministero quale azionista delle aziende ancora controllate dallo Stato -, indebolisce Padoa Schioppa e segna una svolta importante nella politica economica, ovviamente negativa. Capisco che il Presidente del Consiglio non voglia ascoltare questo, capisco che non voglia leggere questo, capisco che ovviamente si sia dipinto un suo mondo irreale, ideologico, statalista, frutto di fantasmi del passato, ma questa è la realtà. Realtà che può proseguire con le infrastrutture. Basta rilevare la gaffe, drammatica in termini di Borsa, del ministro Bianchi di ieri su Alitalia; basta rilevare quanto detto e quanto farà il ministro Pecoraro Scanio; basta rilevare la frantumazione del welfare in tre ministeri.
In conclusione, mi sembra ancora più grave il programma del Governo, un programma che non tiene conto dello sviluppo realizzato in questi anni, grazie a grandi riforme e un fatturato - basta rilevare i dati di marzo e sul trimestre - che segna in Italia una ripresa economica del 14,5 per cento, trainata dalla ripresa delle esportazioni (+17,4 per cento). Un Governo che tende a cancellare quelle riforme sociali, economiche e produttive, che tende a configurarsi come un Governo contro il nord, contro l'Italia più dinamica, contro l'Italia che produce, contro l'Italia ad iniziativa privata. Un Governo della restaurazione, un Governo del consociativismo interno ai vecchi partiti, un Governo che non avrà vita facile perché contro l'Italia migliore, perché insensibile all'Italia migliore, perché sordo e assente, come sordo e assente è Romano Prodi, che con sgarbo ha abbandonato quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bondi. Ne ha facoltà.

SANDRO BONDI. Il Governo Prodi si costituisce formalmente, ma non ha l'autorità morale e politica per guidare e per governare il paese. Le elezioni di aprile hanno dimostrato che l'Italia è divisa in due parti esattamente uguali. Uomini politici responsabili e soprattutto lungimiranti avrebbero riconosciuto questa realtà e si sarebbero posti il problema di favorire la governabilità e un riconoscimento reciproco attraverso la strada maestra del dialogo.
Il vero dialogo poteva avvenire in due modi: innanzitutto, accettando di scegliere insieme i rappresentanti delle maggiori istituzioni del paese, candidando uomini capaci di rispettare, di comprendere e di rappresentare le ragioni di tutti gli italiani. Invece, voi avete rifiutato questo metodo ed avete preferito seguire la strada delle forzature e dell'imposizione dei maggiori rappresentanti delle istituzioni, prima al Senato, poi alla Camera e, perfino, al Quirinale.
Tale arroganza politica ed istituzionale nasce anche dalla vostra debolezza. È la debolezza della vostra maggioranza, infatti, che vi spinge e, purtroppo, vi spingerà ancora a nuovi atti di autosufficienza e di arroganza. Se non aveste imposto, infatti, un vostro esponente (un esponente della Margherita al Senato, uno di Rifondazione Comunista alla Camera ed un esponente dei DS al Quirinale), l'onorevole Prodi non avrebbe potuto neppure formare il suo Governo. Si tratta di un esecutivo che si regge soltanto sulla logica dei ricatti incrociati e della spartizione del potere.
La scelta condivisa di eleggere insieme i rappresentanti delle istituzioni sarebbe stato un dialogo autentico, che avrebbe potuto consentire un riconoscimento reciproco.


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Mi riferisco a quel dialogo che può rendere possibile l'unico, vero progresso del paese: senza tale reciproco riconoscimento, infatti, nessun progresso è possibile. Le riforme di cui ha bisogno il nostro paese non possono essere fatte «muro contro muro», non possono essere varate distruggendo e cancellando, ogni volta, ciò che ha realizzato il Governo precedente. Le riforme hanno bisogno di un confronto vero, di un consenso largo, di una vera dialettica politica.
Una seconda, e forse ancora più importante, forma di dialogo che sarebbe stata necessaria consisteva nel riconoscere le ragioni degli avversari, nel riconoscere le ragioni di più della metà del nostro paese. Il risultato elettorale avrebbe dovuto farvi comprendere che la metà degli italiani che si riconosce in Berlusconi e nella Casa delle libertà non è l'Italia degli evasori, onorevole Prodi, o degli «illegali», né è l'Italia delle televisioni commerciali. Non è «l'Italia peggiore», come voi la definite con una forma di razzismo etico e morale, ma è un'Italia che si riconosce in una visione della società certamente diversa dalla vostra. Si tratta di una visione diversa dello Stato, dell'economia e della persona che va anzitutto compresa, prima ancora che rispettata.
Invece proprio lei, onorevole Prodi, agisce continuamente per mettere un'Italia contro l'altra, per alimentare ed estendere l'odio, le divisioni e le incomprensioni, piuttosto che lavorare per gettare dei ponti di comunicazione, di dialogo e di comprensione. Quando, ad esempio, lei brandisce l'arma dell'etica e della morale contro gli avversari politici, fa venire semplicemente la nausea. Sulla sua bocca, la parola «etica» suona come le parole «legalità e giustizia» pronunciate dal suo ex accusatore Antonio Di Pietro.
Vede, onorevole Prodi, se lei fosse stato avveduto e lungimirante - doti che, evidentemente, le mancano -, e perciò anche temibile, avrebbe detto in quest'aula: abbiamo vinto le elezioni per un soffio, per una manciata di voti. Bene: abbiamo proposto agli italiani un programma diverso da quello di Berlusconi, ma riconosciamo che il Governo precedente ha realizzato alcune riforme importanti per la modernizzazione del paese. Noi ci impegnamo, perciò, a non smantellare questa eredità riformista e a non interrompere del tutto un impegno per le riforme.
Questo sarebbe stato un discorso saggio, e perfino una sfida impegnativa per noi. Ed invece no: in nome di una furia distruttrice e delle vostre divisioni, lei ha subito messo in chiaro che il suo unico programma, la sua unica bandiera è cancellare, abrogare ed annullare tutte le riforme approvate dal Governo precedente, sapendo benissimo che lei non ha una maggioranza al Senato.
Noi faremo un'opposizione costruttiva, ma dovete sapere che se proverete soltanto a cancellare una sola delle nostre riforme incontrerete nel Parlamento e nel paese un'opposizione che non vi immaginate neppure.
Fassino propose all'atto dell'elezione del Presidente della Repubblica un patto politico concordato, in base al quale favorire un confronto tra le forze politiche. Questo patto si fondava su quattro punti: il ritorno alle urne nel caso di crisi del Governo Prodi, la ricerca di una politica estera comune, l'impegno per completare il cammino delle riforme istituzionali, ed infine uno sforzo per impedire l'ennesimo scontro tra magistratura e politica. Questo patto non era accettabile per il modo in cui era stato formulato, in quanto avrebbe dato corpo ad un presidenzialismo - che voi a parole negate -, con un programma politico del Presidente della Repubblica che non è previsto dall'attuale Costituzione e che si sarebbe sovrapposto al programma dell'attuale Governo. Tuttavia, che fine ha fatto la proposta di un confronto sulle materie che ho ricordato? Siete ancora disponibili a discuterne? Sarebbe bene non abbandonare questa proposta e lasciarla alla sede propria del confronto tra le forze politiche.
È, però, evidente dalle dichiarazioni di Fassino e di D'Alema che questa offerta di dialogo era di natura strumentale e opportunistica; del resto, tutto ciò che dicono gli esponenti della sinistra è soltanto ciò


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che conviene in un dato momento e che risponde ai loro interessi di partito. Lo sapevamo, e perciò non abbiamo sbagliato ed abbiamo almeno evitato la vergogna dell'onorevole Massimo D'Alema al Quirinale.
Noi difenderemo con determinazione il solco delle riforme, che sono un patrimonio per il nostro paese; se abbandonerete questa strada, il vostro destino e la vostra sconfitta sono già segnati. Il potere vi renderà ancora più invisi agli occhi del paese; già oggi siete considerati con dispetto, dalla maggioranza del paese, come degli arroganti usurpatori incapaci perfino di rispettare le ragioni di più della metà del paese che non la pensa come voi. Per il paese, più voi resterete al Governo, peggio sarà. Ogni giorno che passerà sarà un giorno perduto per gli interessi dell'Italia; noi, paradossalmente, abbiamo interesse che voi restiate per un po' al potere, perché lo spettacolo e la prova che darete saranno tali da farvi perdere totalmente la fiducia del paese. Il paese deve provarvi per capire la necessità di mandarvi a casa il più presto possibile per il bene di tutti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, colleghi, questa Assemblea si appresta oggi, tra poche ore, a procedere alla seconda votazione di fiducia nei confronti del nuovo Governo.
Presidente Prodi, ho letto con attenzione le linee programmatiche del suo Governo illustrate la settimana scorsa al Senato e, francamente, sono rimasto attonito dalla loro evanescenza e dall'inconsistenza politica che ne contraddistingue il contenuto. Un capolavoro di equilibrismo condito da tanti «dobbiamo fare», da altrettanti «è necessario intervenire», ma senza specificare in che modo. Cioè, non vi è alcuna spiegazione precisa sull'azione di Governo e sulle scelte che si intendono assumere, tranne un chiaro «no» alla riforma federalista.
La capisco, poiché con una coalizione che spazia dai Verdi a Mastella, dalla Margherita ai comunisti, da Di Pietro ai no global, risulta impossibile illustrare con precisione come si intenda governare e affrontare adeguatamente i problemi dei cittadini. Non vi è un solo ministro d'accordo con quanto dice un suo collega: chi vuole il ponte sullo stretto e chi no, chi vuole ritirare subito i nostri operatori di pace in Iraq ed in Afghanistan e chi invece vuole farlo gradatamente, d'intesa con i governi locali. Chi vuole aumentare le tasse, chi invece vuole eliminare l'IRAP, chi vuole portare avanti le opere pubbliche e chi vorrebbe bloccarle in nome di un falso ambientalismo.
E, ancora, chi vuole che vengano scontate le pene e chi spinge l'acceleratore per approvare provvedimenti di clemenza; chi vuole eliminare la legge Gasparri, senza dire come sostituirla, e chi vuole chiudere i centri di prima accoglienza per gli extracomunitari clandestini, senza spiegare, però, dove queste persone dovrebbero essere trattenute ed identificate. Insomma, se non è il caos totale, poco ci manca!
Non ci consola essere stati facili profeti di un disastro annunciato, perché a farne le spese saranno i cittadini. Le imprese - da quelle grandi a quelle piccole e medie - hanno bisogno di certezze, hanno necessità di sapere quale sarà la politica fiscale del Governo e quali gli incentivi alla produzione. I cantieri per le grandi opere pubbliche devono sapere se chiudere i battenti o assumere nuovi operai. Infatti, un giorno un ministro dice che si andrà avanti, mentre quello successivo un suo collega sostiene il contrario. Intanto, ad ogni passo falso del Governo (se me lo permette, sono stati già parecchi nei primi giorni di vita!), le azioni di importanti società quotate in Borsa vanno giù.
Fatta questa premessa ed evitando per carità cristiana di commentare in questa sede le modalità con cui si è dato vita al suo nuovo Governo (basta ricordare l'intervista di ieri al Corriere della Sera del senatore Bassanini sull'abuso del manuale Cencelli e sullo stravolgimento della sua riforma), mi soffermerò su due questioni.


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La prima: lei ha espresso la sua contrarietà alla riforma costituzionale approvata nella scorsa legislatura che tra un mese sarà sottoposta a referendum confermativo. Non è un caso che questo «no», come detto poc'anzi, sia l'unico dato politico su cui tutta la maggioranza si ritrova concorde: è un «no» al federalismo, un «no» alla concessione di più poteri alle regioni, un «no» alla valorizzazione delle autonomie locali, un «no» al federalismo fiscale, un «no» alla modernizzazione del paese, un «no» al Senato federale e, quindi, al superamento del bicameralismo perfetto, un «no» alla riduzione del numero dei parlamentari, un «no» a tante altre innovazioni positive.
Mi rammarica vedere come ci si preoccupi più di distruggere quanto fatto da altri, piuttosto che pensare che questo possa diventare un punto di partenza o, meglio, un punto di non ritorno per eventuali successivi interventi correttivi. Le riforme della passata legislatura non possono essere viste solo come un macigno da rimuovere, soprattutto se, come nel caso della devoluzione, contribuiscono a responsabilizzare maggiormente le realtà locali, facendole diventare protagoniste nella risoluzione delle problematiche della vita quotidiana dei nostri cittadini e rendendo questi ultimi più liberi dall'eccessiva ingerenza di Roma e dal suo centralismo asfissiante.
Seconda questione: nella scelta delle persone per la formazione del nuovo Governo si è voluto dare una lezione al nord, a quella parte del paese che non ha dato fiducia alle forze di sinistra-centro. Penalizzare i padani, in particolare i lombardi e i veneti, per avere liberamente espresso la propria preferenza politica è un atteggiamento da Unione Sovietica, signor Presidente! E non mi si venga a dire che in Padania non esistono rappresentanti della vostra parte politica in grado di partecipare, senza sfigurare, alla compagine governativa. Avete voluto dare un segnale chiaro contro il nord e ve ne dovete assumere le responsabilità, senza negare l'evidenza!
Signor Presidente, per quanto affermato in apertura del mio intervento, per quanto detto in ordine alle due questioni che, seppure nei tempi ridotti a mia disposizione, ho voluto approfondire, la gente della Padania, la gente del nord, ci chiede di esprimere un «no» chiaro al suo Governo e, nel contempo, di ribadire in quest'aula un impegno preciso per l'approvazione del referendum costituzionale di fine giugno.
Signor Presidente, mi avvio a concludere. Scriveva Orazio: «Post equitem sedet atra cura». Ma, in questo caso, il cavaliere alle cui spalle sta la cupa angoscia non è l'onorevole Berlusconi, ma è lei, onorevole Prodi, che sa benissimo, anche se lo nega pubblicamente, di essere destinato, entro tempi brevi, all'esilio da Palazzo Chigi (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Villetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, il principale interrogativo che è rivolto al nuovo Governo Prodi riguarda, innanzitutto, il modo in cui riuscirà ad affrontare una situazione assai difficile, se non grave, nel campo dell'economia reale e in quello della finanza pubblica.
Ieri, il ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa ha detto che siamo in una situazione paragonabile, per difficoltà, a quella degli inizi degli anni Novanta. Tra ieri ed oggi, tuttavia, vi sono profonde differenze che rendono più arduo il percorso che dovremo tracciare. Allora l'inflazione era alta ed erano alti i tassi di interesse. Esisteva, quindi, la possibilità di contribuire al risanamento della finanza pubblica, riducendo l'incidenza del servizio del debito sul bilancio dello Stato come contributo al risanamento finanziario. Questo fu il senso del patto di concertazione contro l'inflazione del 1993, questa fu la scommessa fatta e vinta da Ciampi per entrare nell'euro.
Oggi siamo in condizioni diverse, nelle quali abbiamo un livello di inflazione che non impensierisce troppo e tassi di interesse


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relativamente bassi. Non è, quindi, possibile seguire la stessa strada che portò a compimento l'opera iniziata agli inizi degli anni Novanta dal Governo Amato. Anzi, possiamo nutrire il timore che vi possa essere un innalzamento dei tassi di interesse che ricada negativamente nel tempo sul bilancio dello Stato.
Non possiamo neppure seguire la via dei rinvii, con le misure una tantum ed i condoni, del Governo Berlusconi, che non è riuscita neppure a dare impulso alla crescita. Bisogna, invece, avviare un'azione di risanamento che affronti finalmente i nodi strutturali della spesa pubblica e ristabilisca un equilibrio tra le entrate e le uscite al netto delle spese per interesse, con la ricostruzione di un avanzo primario. Questa operazione, tuttavia, non si può fare in due tempi, anticipando il risanamento rispetto agli impulsi da dare alla ripresa. Le misure rivolte a dare competitività alla nostra economia reale hanno un'assoluta priorità, come le riforme strutturali che ridiano vitalità al mercato, contrastando oligopoli, monopoli e corporativismi. Comunque, prima di stabilire cosa si deve fare e quando si deve fare, bisognerà fare i conti.
Le manovre economiche non sono una questione ideologica, ma una questione concreta. Il compito che ci attende è quello di individuare misure graduali che non incidano negativamente, ma anzi favoriscano la competitività delle nostre imprese, già in affanno sul mercato globale, come la riduzione del cuneo fiscale e contributivo.
Questa azione di Governo assai difficile richiede un rapporto costruttivo con l'opposizione. Il discorso svolto dall'onorevole Bondi poco fa, tutto intriso di invettive, chiude qualsiasi spiraglio all'apertura di un confronto costruttivo. Tuttavia, sono convinto che dobbiamo insistere. Il motivo per il quale siamo per l'apertura di un dialogo non è certo quello di avere un'opposizione più morbida ed accondiscendente o di realizzare quello che in gergo viene chiamato un «inciucio».
Ci troviamo di fronte a riforme di sistema che sono state varate nel corso della precedente legislatura in un rapporto di scontro con l'opposizione di allora. La conseguenza naturale sarà che la nuova maggioranza le rimetterà presto in discussione con nuove riforme: su questo non vi possono essere dubbi. Tuttavia, se il centrosinistra non stabilirà una qualche intesa trasparente in Parlamento con l'opposizione, potremmo trovarci nuovamente con un cambio di maggioranza ed un nuovo azzeramento di ciò che sarà fatto in questa legislatura. Un bipolarismo che sia funzionante non può che essere fondato sul fatto che ad ogni legislatura si facciano riforme di sistema, dalla scuola alla giustizia, all'informazione, a quella fiscale. Questo non è un bipolarismo che avvantaggia il paese, ma un meccanismo che danneggia le istituzioni e rende più difficile la vita dei cittadini. In tutte le democrazie occidentali si stabilisce un tacito patto per il quale almeno alcune riforme di vasta portata trovino un parziale assenso nell'opposizione in modo da poter durare oltre una o due legislature. In Italia, al contrario, mancando ciò che si potrebbe definire un'intesa di sistema, ad ogni legislatura si riparte da zero.
Questa situazione, onorevole Bondi, non l'ha inventata il centrosinistra e neanche il centrodestra; è la situazione di crisi del bipolarismo italiano che, tutti insieme, con le reciproche responsabilità, dobbiamo affrontare. Il compito del nuovo Governo è ridare fiducia ai cittadini che si sono divisi nel voto ma si ritrovano uniti nell'ansia di affrontare il futuro.
Più volte, dai banchi del centrosinistra si è affermata la necessità di diffondere nel paese un rigoroso e scrupoloso spirito civico rivolto a rispettare le leggi. Noi non pensiamo di dare lezioni alla nuova opposizione, però mi sembra davvero paradossale che la nuova opposizione voglia dare lezioni alla nuova maggioranza. Siamo convinti che, a tale scopo, sia necessario il rispetto di tutte le garanzie che riguardano, innanzitutto, i principi di libertà e (come lo dicevamo ieri, che stavamo all'opposizione, lo diciamo oggi, che siamo maggioranza) queste garanzie devono


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stabilire un ruolo dell'opposizione che, pienamente, deve esercitare la sua funzione.
Siamo convinti, come altri, che esiste una gravissima crisi della giustizia, che raggiunge i più elevati livelli di ingiustizia quando le sentenze vengono pronunciate dopo un larghissimo periodo di tempo. La nostra proposta di amnistia non corrisponde solo alla necessità di rendere meno affollate le carceri, ma anche di sgravare la macchina giudiziaria dal peso di milioni di piccoli processi che impediscono di fatto il perseguimento dei reati commessi nel mondo di oggi.
Non ignoriamo i timori che vi sono nel campo dell'ordine pubblico, ma siamo convinti che solo attraverso una riforma della giustizia sarà possibile fronteggiare meglio la macro e la micro criminalità.
La stessa battaglia per l'applicazione della legge elettorale al Senato per il riconoscimento dell'elezione di otto senatori, finora esclusi per una cattiva interpretazione della legge, risponde a questo principio di legalità.
Nei cambiamenti che il centrosinistra porterà avanti non deve esserci, e non ci sarà, nessuna volontà punitiva. Dobbiamo uscire da quello schema «amico-nemico» che ha caratterizzato l'atteggiamento complessivo dell'azione del Governo nella scorsa legislatura. Ciò deve essere fatto innanzitutto nella Rai dove va premiata la competenza e la professionalità, senza ripetere i meccanismi di potere che hanno dominato gli anni passati.
Il centrosinistra deve essere animato da un grande spirito di libertà e da un rispetto scrupoloso del nostro assetto istituzionale e democratico. L'affermazione del principio della laicità dello Stato, l'ampliamento dei diritti civili, il riconoscimento delle unioni di fatto, a cominciare dai Pacs, la libertà della ricerca scientifica non sono contro la Chiesa cattolica, ma sono rivolte a garantire la libertà di tutti.
Soprattutto, bisogna far capire - e concludo - agli elettori ed alle elettrici che ci hanno votato la nostra volontà di essere coerenti con gli impegni assunti ma, nello stesso tempo, occorre far capire agli elettori ed alle elettrici che non ci hanno votato che non siamo il Governo di una parte, siamo il Governo di tutto il paese. Questa non sarà una nostra debolezza ma, se la sapremo usare, sarà la nostra forza.
Il centrosinistra, onorevole Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, deve comportarsi esattamente al contrario di quanto ha fatto nella scorsa legislatura il centrodestra. Per andare in questa direzione, è più che mai necessario che il Governo da lei presieduto, onorevole Prodi, abbia una durata di legislatura. Per questo motivo le diamo fiducia, una fiducia piena che non è soltanto per oggi, ma anche per l'avvenire (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo e dei Verdi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Mita. Ne ha facoltà.

CIRIACO DE MITA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, le regole, anche quelle elettorali, non sono verità da rispettare, ma riferimenti a misure di comportamenti. Perciò, la discussione sul risultato elettorale è oziosa e inutile.
Il sistema previsto, per un'ironia della storia, è stato predisposto da chi oggi lo delegittima. Viceversa, questo sistema va rispettato. C'è, invece, una questione da sollevare subito, onorevole Presidente del Consiglio: poiché il sistema elettorale che ci ha portato al voto era non una riforma di sistema ma un espediente elettorale, va immediatamente riformato.
Non è irrilevante l'obiezione, che da qualche parte potrebbe venire, che il sistema elettorale mutato delegittimerebbe il Parlamento. Il modo pratico per ovviare a questo inconveniente è che la modifica del sistema elettorale avvenga rapidamente in un ramo del Parlamento e che l'altro ramo la voti alla scadenza elettorale, in modo da liberare la discussione da un ingombro che, io vorrei sperare, è soltanto un residuo del passato. Berlusconi perciò prenda atto del risultato e s'impegni, viceversa, a modificarlo in senso corretto.
L'Unione e lei, onorevole Prodi, non si distraggano sull'opportunità di leggere il


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risultato, non tanto per la quantità (quello ha legittimato una parte a governare), ma per il suo significato.
Che il risultato elettorale distribuisca, in maniera quasi equa, la rappresentanza tra l'una e l'altra parte, non deve sfuggire alla nostra considerazione. Il voto non è la risposta referendaria al sì o al no, cosicchè poi il sì è motivato dalla ragione della richiesta. La richiesta del voto intreccia un percorso singolare tra la capacità di proposta di chi chiede il voto e la motivazione dell'elettore nella scelta. L'elettore ha posto di fronte al sistema politico una domanda di unità, non in termini di spartizione di cariche, ma in termini di recupero di ragioni condivise, perché se non nasce nel dibattito politico e nella pratica della politica del nostro paese una condizione condivisa, non saremo in condizioni di affrontare con successo i problemi che il paese presenta.
A lei, onorevole Prodi, vorrei ricordare che nel 1953, quando la legge elettorale allora definita «legge truffa» (oggi, credo, rivalutata per eccesso di democrazia) non scattò, nella classe dirigente si aprì una discussione tra chi voleva non contare le schede (anche allora c'era il problema di contare le schede), ma di riandare al voto e chi, viceversa, si sforzò di interpretare il voto. Ci fu un intervento dell'onorevole Moro, sempre acuto osservatore delle vicende politiche, il quale disse che il voto degli elettori era un voto intelligente perché, da una parte, confermava con un giudizio positivo l'attività di Governo ma, dall'altra, sollecitava il Governo a tener conto del nuovo. La similitudine non è meccanica, ma sta nella circostanza che, a mio avviso, nello scontro elettorale, a parte le strumentalizzazioni, i sondaggi, le tecniche mediatiche, in realtà, la pubblica opinione, l'elettore semplice (quello che non legge i giornali ma che stranamente capisce) ha percepito uno scontro con una parte, quella del centrodestra, che bene o male ipotizzava un modello di riferimento nel quale il perno dell'egoismo era l'equilibrio della conservazione del sistema (posizione, questa, non conservatrice ma, paradossalmente, eversiva dell'ordinamento democratico del paese).
Parlo in prospettiva, per il recupero delle ragioni dell'ordine.
Diciamoci, comunque, con franchezza che il centrosinistra non è stato in condizione di offrire un modello tranquillo, poiché è apparsa all'occhio dell'elettore più una posizione minacciosa che una posizione alternativa.
La politica non è elenco arido di cose da fare; pertanto, immaginare che la ricomposizione e la convergenza nascano indicando analiticamente la risoluzione di questo o quel problema, a mio avviso, non ci fa uscire dalle difficoltà.
Non a caso gli osservatori più acuti, ma credo anche l'onorevole Prodi in qualche circostanza, hanno affermato che, per uscire dalle difficoltà, occorrono uno scatto di attenzione, la creazione di una speranza. Diversamente, il meccanismo non si mette in moto. Il paradosso è che un'idea è il fatto più concreto nell'evoluzione del sistema politico del nostro paese.
Dobbiamo costruire l'unità - lo dico con grande convinzione e non da oggi -, perché la lettura del sistema bipolare, fatto da tutti - non uno «sì» e l'altro «no» - a turno (una volta il centrodestra e una volta il centrosinistra) ed improntato sulla quantità come condizione di Governo, mostra la propria fragilità.
Non a caso, è tutto il sistema che si trova in questa condizione.
Le maggioranze si sono composte, ottenendo l'unità marginale per peso, non per qualità. Viceversa, le coalizioni sono altro: sono la messa insieme di una pluralità di aspirazioni tra di loro diverse, perché il pluralismo politico è una ricchezza.
Le coalizioni unitarie non esistono. Esiste la mediazione politica che rende unitaria la coalizione nella gestione della politica e dell'attività di Governo.
Noi, lei, la maggioranza dovrebbero avviarsi a cominciare a fare tutto ciò.


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Scelgo alcune questioni che ritengo rilevanti, la prima, che non sembri marginale né secondaria, quella della laicità della politica.
Quando osservo che uno degli scrittori più attenti e più acuti come Rusconi, su tale questione, mai banale, è sempre acuto ed attento, in realtà mi viene da recuperare un'osservazione del professor Paolo Prodi, storico acuto ed intelligente, in un saggio pubblicato nel bel libro «Potere e religione», nel quale afferma che non basta più una laicità che si limita ai problemi dell'etica economica o alle controverse giurisdizionali tra Chiesa e Stato.
Le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche ci pongono di fronte oggi ad un interrogativo nuovo e drammatico.
Oggi la comunità ci pone di fronte al conflitto sul destino dell'uomo e della natura dell'uomo. Si tratta di una questione non risolvibile con l'affermazione della distinzione tra il ruolo dello Stato e quello delle comunità religiose. È una questione che esige una risposta.
Il rifiuto di un valore non è fatto con la negazione del valore, ma con l'affermazione di un valore alternativo e diverso che concorra a risolvere lo stesso problema in maniera più adeguata e più convincente.
È questa la questione all'origine della nostra discussione politica e della nostra riflessione. Non sarebbe male se riprendessimo con serenità la riflessione che già Max Weber aveva sollevato quando, con riferimento alla tradizione religiosa in Europa, scopriva che era stato il cattolicesimo romano a consentire in Europa l'organizzazione dello Stato, a differenza di quanto era avvenuto ove si era diffusa la religione ortodossa o nei paesi dell'Asia, dove la posizione che si indica con il potere crea oggettivamente problemi di libertà.
Quindi, il rapporto tra la dimensione religiosa e la politica non è risolvibile con il principio della separazione, ma con il dialogo, con il confronto di opinioni, con l'affermazione di valori condivisi, tutti volti a garantire l'arricchimento della coscienza umana e della libertà concreta della persona nella comunità.
Non a caso, riflettendo su queste considerazioni, mi tornano alla memoria pezzi di storia del nostro paese. La verità, infatti, non si trasferisce in norma e questo rischio noi oggi lo corriamo! Oggi, noi siamo in presenza di due rischi contrapposti e non so quale sia il maggiore. Ve n'è uno, di quelli che con riferimento alla verità... i nuovi devoti, i credenti atei, chiamateli come volete (però non mi libererei dalla questione liquidandola con un aggettivo, sia pure simpatico: è una esigenza a cui l'intelligenza tenta di dare una risposta). Il trasferimento del valore nella norma diventa un fatto intollerabile.

PRESIDENTE. La prego di concludere, deputato De Mita. Il tempo è inesorabile anche per lei!

CIRIACO DE MITA. Chiedo scusa. Lo consegnerò agli atti: vi era qualche considerazione anche per lei, signor Presidente.
In coda e fuori tempo, vorrei cogliere questa occasione per svolgere una riflessione.
Il Parlamento non può funzionare più come ha funzionato. E dico questo non da oggi: tale considerazione l'ho portata avanti dal 1963 quando, parlando per la prima volta in quest'aula, dissi al Presidente della Camera di allora, l'onorevole Bucciarelli, che probabilmente sarebbe stato difficile per il Presidente della Camera iscrivere all'ordine del giorno la crisi delle istituzioni: in realtà, la crisi delle istituzioni c'era perché le istituzioni, così come funzionavano, erano inadeguate. Ora, risulta sempre più incomprensibile come i lavori dell'aula, che dovrebbero essere il momento di riflessione sulle questioni generali, siano ridotti al silenzio dalla contingenza del tempo (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e di deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Mi dispiace: so che l'eguaglianza tra diseguali è una disuguaglianza,


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ma sono tenuto a far rispettare i tempi!
È iscritto a parlare il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ho guardato con attenzione al suo richiamo alla cultura dell'etica della responsabilità civile, che impegna tutti a tendere verso la ricostruzione morale del paese. Eppure, ho trovato una sottovalutazione, nel tentativo di limitare temporalmente, quando lei dice «noi intendiamo ripristinare». Perché vi è una sottovalutazione? Perché sembra che il tema della cultura dell'etica riguardi solo una parte, tocchi solo qualcuno.
In realtà, da anni vi è una divaricazione crescente tra diritti e aspirazioni e doveri e responsabilità e il trionfo della furbizia in ogni campo è la negazione della responsabilità: e lo si vede anche nell'informazione televisiva. Siamo passati dalla mitica «Lascia o raddoppia?» degli anni Cinquanta ai pacchi di RAI1. Eppure tanti, troppi, continuano a praticare ad un tempo furbizia e moralismo autoreferenziale. Personalmente, tra i giovinetti alla Barbara Berlusconi e i furbi alla Costanzo, preferisco i giovinetti! Lo si è sperimentato durante la dura battaglia parlamentare condotta nella passata legislatura, a tratti nel più totale isolamento, sulla vicenda del risparmio e dei risparmiatori.
Presidente Prodi, la sua coalizione ha vinto le elezioni e io non ho nuovi conteggi da brandire o da minacciare per sminuire il valore del suo consenso - la mia tradizione politica me lo impedirebbe o mi getterebbe nel ridicolo -, ma io la sfido davvero a guidare il nostro paese avendo di mira l'interesse generale.
Lei non è partito bene. È ancora prigioniero - così mi appare - di quella filosofia dell'onnipotenza delle maggioranze che ha accompagnato la politica in questi anni, e non mi riferisco tanto agli «spacchettamenti»; per giudicare tale scelta, basterebbe utilizzare gli argomenti allora richiamati dall'opposizione, all'atto della nascita del Governo Berlusconi. Ma lei ha fatto molto di più. L'ho visto ripiegarsi all'interno della sua coalizione, invece di scommettere sulla possibilità di ricostruire le basi di una buona politica. Perché non è stato cercato un dialogo convinto sulle Presidenze delle Camere? Ora, quello adombrato sulle presidenze delle Commissioni appare tardivo e strumentale.
Se lei si chiude nella sua maggioranza, come sarà possibile affrontare i nodi veri, che pure ha richiamato nelle sue dichiarazioni programmatiche? Penso al sommerso, incompatibile con la dimensione di un paese civile che vuole restare ancorato all'Europa; ma il sommerso non si batte con il bipolarismo muscolare che nasconde e tutela gli interessi particolari e i furbetti diffusi. Nel 2001, dopo che il centrosinistra, e anche lei, avevate già governato cinque anni, c'erano, nel nostro paese, solo mille miliardari, ma il parco auto era ricco di 250 mila auto di lusso. Quindi, vuol dire che il sommerso si batte se la politica non si fa strumentalizzare dagli interessi di parte e se si introduce davvero un meccanismo di contrasto tra interessi diversi, chi vende servizi e chi li acquista, potendoli portare in detrazione.
Ma davvero ha deciso di favorire l'apertura e la liberalizzazione dei mercati, dopo privatizzazioni realizzate in maniera improvvisata ed incompleta? Come si possono battere i nuovi monopolisti che hanno sostituito lo Stato imprenditore? Con l'autosufficienza della maggioranza? E che fanno banche, assicurazioni, gestori dell'energia elettrica, del gas, delle autostrade, delle telecomunicazioni? In questi anni, i nuovi monopolisti hanno realizzato grandi utili mettendo le mani nelle tasche dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. Così stanno le cose. Avendo, inoltre, dato vita ad un processo che ha mutato la natura dello Stato - da Stato imprenditore a Stato privatizzatore -, è venuta meno quella condizione di Stato regolatore senza la quale i mercati sono lasciati a se stessi, in balia di nuovi monopolisti che, a dispetto dell'andamento di ieri della Borsa, sono gli unici che, in anni di economia ferma, hanno realizzato clamorosi utili.


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Sono preoccupato di questa impostazione politica. Ovviamente, starò al mio posto, come sempre, cercando di costruire un'opposizione ragionata e non pregiudiziale al suo Governo. Sono consapevole che una testimonianza vera può essere utile, anche se appare isolata. Posso permettermi di guardare con distacco ai tanti che, oggi, si affrettano a dire di non aver mai conosciuto Moggi; il calcio appare come la parabola dei furbi e i furbi - si sa - sono diffusi un po' in tutte le contrade.
Presidente Prodi, non dica che non c'è il clima. Cerchi piuttosto di favorirlo. È anche il modo più politico per evidenziare, se ci fosse, una opposizione preconcetta. Ma, se lei si arrocca, non solo questo non lo scoprirà, ma indurrà questo bipolarismo rissoso a mostrare la parte muscolare, che è quella meno utile al paese. E non si rifugi nella antipolitica, coltivandola: perderebbe anche lei. Certamente, perderemo tutti e lei, che pure, talvolta, sembra inclinare alla tentazione dell'antipolitica, non è il più forte in questo campo e, quindi, non le conviene mettersi su questa strada. Scopra il coraggio della buona politica. C'è, ed è possibile ritrovarla. Qualcosa potrebbe mettersi in movimento, e penso che questo corrisponda all'interesse più profondo del paese.
Le elezioni si sono concluse e credo che anche la retorica del paese diviso debba essere accantonata. Però, onorevole De Mita, non basta fare una riflessione sulla legge elettorale, come se essa potesse nascondere le difficoltà di un sistema bipolare che tende ad esaltare gli estremismi, anche quelli verbali.
Noi non abbiamo bisogno di estremismi verbali, ma di una solida cultura di Governo. Questo è ciò che serve al paese. Certamente, con molta fatica vedo rappresentata una solida cultura di Governo da questo bipolarismo rissoso. Credo sia compito di tutti creare le condizioni affinché una buona politica torni in campo aperto (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Alleanza Nazionale e di deputati de L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ronchi. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI. Presidente Prodi, durante la campagna elettorale più volte avevamo giustamente sottolineato le profonde contraddizioni della sua coalizione in tema di politica estera. Da questi primi passi dobbiamo dire che avevamo visto giusto.
La politica estera, infatti, per definizione è il luogo di continuità e di scelte condivise. Comprendo, signor Presidente, che all'inizio di questa avventura lei si sforzi di essere originale e innovativo a tutti i costi. Ma, scorrendo l'elenco delle priorità che lei ha enunciato, mi creda se le dico che queste novità non ci sono, anzi, ci sono affermazioni scontate e prive di alcun valore autentico aggiunto e, quindi, prive di significato.
Un primo esempio, signor Presidente: l'importanza dell'Europa. Come si può non essere d'accordo con questa affermazione? Tuttavia, l'idea di rilanciare il ruolo dell'Italia in Europa viene ripetuta in modo ossessivo. Onestà, signor Presidente, vorrebbe che si ricordasse il contributo attivo ed in prima linea assicurato dall'Italia per favorire l'avanzamento della costruzione europea durante il Governo di questi cinque anni di centrodestra.
È bene che lei ricordi un esempio per tutti: la firma a Roma del Trattato che istituisce la Costituzione europea. Si tratta di un evento tutt'altro che meramente protocollare, perché vorrei rammentare a chi lo avesse dimenticato che la maggior parte delle intese su questo testo fu raggiunta durante il semestre di Presidenza italiana.
Né può essere rimproverato alla Presidenza italiana di non essere riuscita a portare a termine il negoziato. Meglio nessun accordo che un cattivo accordo, diceva, se la memoria non mi inganna, proprio il Presidente della Commissione.
Adesso il Presidente Prodi preferisce ignorare tutto questo e promette di fare di più e meglio. Ho qualche dubbio, ma vedremo.


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Non abbiamo bisogno, però, che ci ricordi che l'Italia conta nel mondo solo se è rispettata in Europa e se l'Europa è rispettata anche come soggetto politico di rilevanza globale. Lei, piuttosto, signor Presidente, non dimentichi che l'Europa ha la possibilità di affermarsi come soggetto politico solo e soltanto se non perde il contatto con quell'Alleanza atlantica che è stata un fattore fondamentale di successo anche dell'integrazione europea.
Pensare il contrario, immaginando di costruire l'Europa in contrapposizione agli Stati Uniti - non mi dica che non è vero: che cosa significa il riferimento al multipluralismo a pagina 97 di quel libro dei sogni del suo programma? - equivale, quindi, a votare l'intero progetto europeo ad un irrimediabile fallimento. Questo sì che sarebbe un tradimento dell'idea dell'Europa unita!
Lei, signor Presidente, ha parlato anche della centralità del Mediterraneo. Mi permetta: niente di nuovo sotto il sole! L'insufficienza del processo di Barcellona ovviamente è sotto gli occhi di tutti. Però, se c'è stato un Governo che si è battuto per rilanciare con forza e strutturalmente il dialogo euromediterraneo, per adeguarne le strutture e i contenuti alle nuove esigenze, è stato il Governo di centrodestra.
Quando è stata varata la Fondazione euromediterranea? Nel dicembre 2003, durante la Presidenza italiana, ed esattamente al Consiglio euromediterraneo di Napoli.
Per non parlare, signor Presidente, del nostro impegno sul conflitto mediorientale, la cui soluzione sarebbe di cruciale importanza per fare del Mediterraneo quell'area di pace, prosperità e sviluppo civile e democratico a cui tutti dobbiamo aspirare.
Quando si era mai visto, signor Presidente, che un generale italiano guidasse la forza europea? Lo ripeto: un generale italiano è stato alla guida di una forza europea alla frontiera tra l'Egitto e la striscia di Gaza, ossia quel nocciolo embrionale del futuro Stato palestinese, rispetto al quale qualcuno della sua coalizione blatera e in realtà non lo vuole.
Si è visto nel novembre del 2005, nella missione EUBAM, al valico di Rafah. Lo ricorda il generale Pistolese pochi giorni dopo una missione in Medio Oriente dell'allora ministro degli esteri, Gianfranco Fini, a cui Sharon e Abu Mazen avevano anticipato quella loro storica comune decisione.
Al suo Governo, Presidente Prodi, posso solo augurare di essere altrettanto autorevole, importante ed influente attore principale in negoziati decisivi per i destini concreti della pace nel mondo. A questo proposito, non possiamo non ricordare il lascito più importante, più lusinghiero - ricordato anche dalla stampa internazionale - che il ministro degli esteri, Gianfranco Fini, ha consegnato al suo successore, il ministro D'Alema. Un lascito di prestigio, frutto di un impegno assiduo, a tutto campo, portato avanti dalla diplomazia italiana nel corso di questi cinque anni in campo europeo, per portare a compimento il progetto di quella Costituzione, che lo stesso Fini aveva concorso a scrivere - malgrado quella battuta di arresto determinata dai «no» referendari di Francia ed Olanda -, sul fronte dei rapporti transatlantici, al fine di ristabilire tra Europa e Stati Uniti un clima di armoniosa collaborazione, superando diffidenze e divisioni alimentate dalla crisi irachena.
Sulla questione mediorientale, con una visione equilibrata del conflitto tra Israele e Palestina, vi è stato l'apprezzamento e la stima da parte degli uni e degli altri, anche grazie al contributo delle nostre Forze armate, di quei soldati in missione di pace - e non, Presidente Prodi, in missione di occupazione - ai quali va il nostro omaggio, il nostro saluto, il nostro ricordo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Vorrei ricordare ancora una volta il grande e immenso sacrificio di questi uomini che, anche in Iraq, sono continuamente impegnati nella costruzione di una nuova democrazia. Troppe volte abbiamo ascoltato nelle piazze del nostro paese l'ignobile inno «Dieci, cento, mille Nassiriya!»,


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che ritengo abbia segnato per l'Italia una delle pagine più brutte dal punto di vista morale prima che politico.
Vorrei ricordare i teatri nei quali l'Italia ha portato il proprio prestigio per cercare di costruire dalle fondamenta la pace: non solo il valico di Rafah, ma anche l'Afghanistan, l'Iraq e i Balcani, che costituiscono un fronte di cruciale importanza non solo per l'Italia, ma per l'intera Europa e sul quale pendono scadenze delicate e decisive, come abbiamo visto ieri con riferimento al referendum per l'indipendenza del Montenegro.
Ma torniamo al suo discorso programmatico, signor Presidente. Scivolo sulla ovvietà della vicinanza all'America latina per la presenza di tanti nostri connazionali e delle responsabilità verso l'Africa. A proposito, ho visto che non vi è una parola sul dramma del Darfur!
In ordine alla diffusione della cultura italiana nel mondo, vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa significa il riferimento: «come strumento di promozione culturale al mondo, la capillare rete consolare e il rapporto con le regioni». E poi, si riferisce alle regioni straniere o a quelle italiane? Mi parrebbe strano che il riferimento fosse alle regioni italiane, visto che la politica estera è una prerogativa del Governo centrale. Inoltre, gli istituti italiani di cultura cosa ci stanno a fare?
Veniamo poi all'Iraq, ovvero al festival delle contraddizioni che, all'interno della sua maggioranza, sono ogni giorno più profonde e corpose. Prima si afferma che la guerra è un errore, con tanto di allusione alla partecipazione italiana, ignorando colpevolmente che la nostra è stata sin dall'inizio una missione di pace, poi il giorno dopo si precisa che il piano del Governo attuale non è diverso da quello del Governo precedente.
Ad una coalizione il cui programma di politica estera pare subordinare la legittimità di ogni iniziativa in politica estera al benestare di qualche autorità sovranazionale, vorrei ricordare che la presenza italiana in Iraq è stata dispiegata per aderire ad un invito espresso dalle Nazioni Unite che si è concretizzato in ben quattro risoluzioni del Consiglio di sicurezza. A qualche suo alleato, Presidente Prodi, che potrebbe aver dimenticano certe cose, vorrei ricordare tali risoluzioni: la 1483, la 1511, la 1546 e la 1637.
A chi si ostina colpevolmente ed ignobilmente dal punto di vista morale a parlare di occupazione militare sgradita alla popolazione irachena, rammento che il nostro contingente è in Iraq proprio su invito delle autorità irachene, che chiedono che esso non lasci incompiuta l'opera avviata in questi mesi, un'opera di assistenza alla ricostruzione di un paese martoriato per decenni da un regime sanguinario ed oppressivo. Un'opera di cui l'Italia dovrebbe essere orgogliosa, a meno di non voler considerare anche un errore le elezioni svoltesi nel corso del 2005, le prime elezioni libere e democratiche nella storia dell'Iraq recente, nelle quali milioni di iracheni e centinaia di migliaia di donne hanno dato prova di coraggio eroico sfidando a viso aperto il brutale ricatto dei terroristi.
Mi permetta, signor Presidente Prodi, di ricordare che la battaglia al terrorismo questo Governo l'ha fatta veramente, dal punto di vista morale e culturale, prima che politico, perché il terrorismo non si combatte soltanto a parole, non si combatte soltanto per slogan, ma lo si combatte alzando una frontiera fatta di «senza se e senza ma», che deve avere un ragionamento culturale, morale e poi politico. Dobbiamo dire anche a questi milioni di iracheni, che hanno sfidato il terrorismo per andare a votare, che si sono sbagliati?
E a chi insinua che il piano di riconversione della presenza in Iraq, predisposto dal nostro Governo, significa un sostanziale riallineamento delle sue posizioni a quelle del centrosinistra, desidero replicare che noi abbiamo sostenuto sin dall'inizio che non saremmo rimasti un minuto in più di quanto ci avrebbero richiesto gli iracheni. Ricordo, signor Presidente, che qualche giorno fa il governatore di Nassiriya ha chiesto, implorato, di non lasciarli soli, in mano al terrorismo, di aiutarli a costruire una democrazia compiuta!


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Questo è un appello che non può e non deve cadere nel vuoto! Semmai chi ha cambiato idea, signor Presidente, è chi intimava il ritiro immediatamente dopo le elezioni, chiedendo di stanziare qualche soldo per qualche litro di benzina.
Vorrei ricordare, e concludo, a chi sbandiera la compattezza presunta della maggioranza sulla politica estera, le dichiarazioni di quegli esponenti della sua maggioranza, che hanno commentato dicendo che il ritiro da Baghdad va bene, ma che adesso dobbiamo andarcene da Kabul. E non mi risponda, signor Presidente Prodi, che il ritiro dall'Afghanistan non è previsto dalle 280 pagine del suo programma!
Veda, signor Presidente, non avere una politica estera condivisa è un vulnus in qualsiasi tipo di politica e di Governo. È per questo motivo, per la vostra incoerenza, per la vostra fragilità, per la vostra contraddizione sulla politica estera, che siamo orgogliosi di non darle la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ranieri. Ne ha facoltà

UMBERTO RANIERI. Ho molto condiviso, Presidente Prodi, le considerazioni sull'Unione europea che lei ha svolto nel discorso programmatico. Dalle sue parole è emerso limpidamente quel nesso storico-politico profondo che lega il futuro dell'Italia alle sorti della costruzione europea, quel nesso che videro per prime forze e figure di tradizione liberale e di ispirazione cristiana, che venne poi compreso ed accolto da altri. Così, nel succedersi delle generazioni e dei Governi, fu l'Europa a farci prendere coscienza dei limiti della nostra struttura civile ed economica e a spingerci a superarli.
L'europeismo italiano partiva dalla convinzione che gli interessi del paese non andavano interpretati in contrapposizione agli interessi dell'Europa e ancora oggi, del resto, siamo convinti che l'Europa può agire da promotore e catalizzatore del nostro progresso civile ed economico, come ha scritto nel suo ultimo libro il ministro Padoa Schioppa, che, vorrei ricordare ai colleghi della Lega i quali sostengono che nel Governo non ci sono personalità del nord, è nato a Belluno e vive ed insegna a Milano.
Ecco perché nel corso degli ultimi cinque anni abbiamo guardato criticamente a quella sorta di atteggiamento pigro, di svogliatezza dell'Italia verso l'Europa. Abbiamo avvertito in questi anni il rischio di una retorica antieuropea che portava ad indicare Bruxelles come capro espiatorio per le difficoltà in cui versava la nostra economia e ci è apparso velleitario e sbagliato, onorevole Ronchi, ritenere che l'Italia avrebbe ricavato visibilità e autorevolezza ritagliandosi sulla scena internazionale un ruolo separato dagli altri partner europei nel confronto tra Europa e Stati Uniti. Ecco perché ha ragione il Presidente del Consiglio quando assume come priorità del Governo restituire all'Italia un ruolo di primo piano nel processo di integrazione.
Sia chiaro, il centrosinistra non si nasconde le difficoltà che incontra il progetto europeo dopo il «no» di Francia e Olanda alla ratifica del trattato costituzionale, ma il punto da non smarrire è che la strada per venire fuori dalle difficoltà non può essere lo statu quo né un riequilibrio al ribasso. La via maestra è nel rilancio forte del processo di integrazione, impegnandosi decisamente a realizzare politiche fondamentali dell'Unione (sottolineo in particolare quelle che riguardano la politica estera e di sicurezza).
Nessun paese europeo è in grado di esercitare, singolarmente, un'influenza sulle vicende del mondo.
L'Italia è interessata ad una politica europea di graduale, ma sicura integrazione dei Balcani. Tuttavia, è interesse del nostro paese mantenere alto l'impegno dell'Europa nella ricerca della stabilità in aree come il Golfo, il bacino del Caspio e l'Africa mediterranea, regioni che hanno un ruolo chiave non solo nell'ambito degli approvvigionamenti energetici, ma anche sul fronte della lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata. Un'Europa capace


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di pesare in questa direzione mostrerebbe forte consapevolezza del valore delle relazioni euroatlantiche.
Il Presidente Prodi, onorevole Ronchi, l'ha detto in più occasioni: l'Europa non si unificherà intorno a posizioni antiamericane. Tuttavia, nel rapporto con gli Stati Uniti, occorrerà superare due approcci entrambi sbagliati: la contrarietà pregiudiziale e la critica e pregiudiziale acquiescenza che ha segnato la politica del centrodestra. Ecco, in conclusione, da dove ripartirà l'europeismo dell'Italia.
Onorevole Ronchi, noi riteniamo che la politica europea sia un patrimonio nazionale da non disperdere; e siamo persuasi che fare della divisione tra destra e sinistra un motivo di frattura nella politica europea sia sbagliato.
La politica italiana dovrà misurarsi, nei prossimi mesi ed anni, con l'insieme di questi temi. Da parte nostra, lo faremo; ma non si tratta di un compito esclusivo delle forze di centrosinistra. Ecco perché, malgrado le invettive ed i toni minacciosi dell'onorevole Bondi, lavoreremo perché la questione europea non sia stretta nella morsa della contrapposizione tra i due schieramenti e perché la politica europea costituisca, negli interessi dell'Italia, un terreno di ricerca e di impegno comune (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, dell'intervento svolto dal presidente Prodi al Senato mi hanno colpito due passaggi: quando ha posto l'accento su una forte scossa al paese sul piano etico e quando ha parlato della necessità di allontanarsi dai mediocri indicatori dello sviluppo che caratterizzano il sistema Italia.
Sulla parte dell'intervento relativa alla forte scossa sul piano etico si è abbondantemente espresso l'onorevole Tabacci. Mi fa specie soltanto che si sia in qualche modo sorvolato su un tema fondamentale, vale a dire sul fatto che anche il Governo può creare, sul piano etico, possibilità di scelta condivise, dalla periferia al centro. Mi riferisco, ad esempio, al fatto che, mentre lo Stato privatizza - o, meglio, in qualche caso, liberalizza -, le province diventano piccole «IRI» di periferia. In altri termini, esistono dualismi che, in chiave politica e di governo, devono essere assolutamente incanalati su un unico binario.
È vero: nel suo intervento, signor Presidente, lei ha evitato il rigido rendiconto degli impegni programmatici: probabilmente perché voleva rimandare al programma che la coalizione si è data. Tuttavia, l'insistenza con la quale ci si è soffermati sui temi dello sviluppo e della competitività del nostro paese meritava di essere approfondita e puntualmente completata da un più incisivo e chiaro richiamo ad almeno due aspetti che concernono il cuore dell'ammodernamento della nostra struttura economica: l'energia e le infrastrutture.
Francamente, riguardo all'energia, signor Presidente, lei ha speso pochissime parole. Ha detto: penso alla necessità di dotare l'Unione monetaria di un vero governo economico e sociale, allo sviluppo di una nuova politica comune dell'energia, in sostanza demandando il governo dell'energia più ad una politica europea (mi pare che questo aspetto fosse presente anche in alcune interpretazioni del precedente ministro dell'economia), salvo vedere cosa è successo all'ENEL quando è entrato nella fatidica logica di essere presente in un mercato forte come quello francese (la vicenda ha evidenziato che la politica energetica europea è fatta di asimmetrie e di concorrenza sleale). Però, il problema che si pone con più attenzione credo che sia di strategia, funzionale e finale, quello che, obiettivamente, porti il paese ad uscire dalle sacche della dipendenza energetica che lo attanaglia, ormai, da molti anni.
Sappiamo perfettamente qual è lo stato delle cose e sappiamo anche che in altri paesi europei, dotati di risorse energetiche di ben altra natura rispetto alle nostre, si


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tende a superare questa ipotetica futura dipendenza dal gas russo e dal petrolio mediorientale puntando sul nucleare. Blair lo ha affermato a chiare lettere, magari creandosi situazioni di inimicizia anche all'interno del proprio Governo. Tuttavia, credo che questo sia un passaggio sul quale vale la pena che un paese scommetta anche mettendo a repentaglio solidarietà interne alla propria maggioranza, per guardare a ciò che serve, effettivamente, al paese.
Quando si cerca di ragionare in chiave energetica, si sostiene la necessità di rendere più forte la presenza del nostro paese nei sistemi alternativi, in modo particolare in quello eolico ed in quelli fotovoltaico e solare, e pare che questa sia la cartina di tornasole per risolvere il problema energetico. Mi pare, signor Presidente del Consiglio, che questa sia poca cosa. Sappiamo perfettamente che, se tutto va bene, a malapena riusciamo a coprire il 5 o 6 per cento dell'intero fabbisogno energetico del nostro paese. Sappiamo che abbiamo una risorsa, quella dei rifiuti, che è un problema e potrebbe essere valorizzata strutturalmente ai fini dell'energia, del risultato energetico del nostro paese: si pensa, infatti, che i rifiuti solidi urbani, ma anche quelli industriali e le deiezioni di animali, possono arrivare a produrre, se ben trattati, circa il 10 per cento dell'intero fabbisogno italiano. Anche questa, certamente, è una interessante via che deve essere perseguita, fatto salvo poi il fatto che - per il problema della moralità, di cui parlavamo prima - sempre nel cortile del vicino alcuni insediamenti devono essere portati a compimento.
Il problema di fondo, però, è costituito dal domandarsi quale sarà, fra 10 o 15 anni, la struttura di questo paese in termini di fabbisogno energetico e quale possibilità avrà di risollevarsi da quella strangolatura - cui assistiamo anche in queste ore - costituita dalla dipendenza energetica da paesi che, in qualche modo, possono aprire o chiudere i rubinetti. Non credo, signor Presidente del Consiglio, ...

PRESIDENTE. Onorevole D'Agrò...

LUIGI D'AGRÒ. Ho già esaurito il tempo a mia disposizione, signor Presidente...?
Non credo, dicevo, che l'idrogeno sia il compimento del risultato. Lei sa perfettamente che, per ottenere idrogeno, c'è bisogno di energia e saranno necessari 50 o chissà quanti anni per arrivare a questo. Sarebbe opportuno raccontare le cose come stanno e avere la capacità, finalmente, di fare di questo paese un paese moderno, creando forte moralità anche all'interno della propria coalizione...

PRESIDENTE. Onorevole D'Agrò, la prego...

LUIGI D'AGRÒ. ... dicendo le cose come si devono dire piuttosto che aver paura di rompere, con parole mediocri, una solidarietà che non può durare per tutti i cinque anni in questo campo (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghe ed onorevoli colleghi, il voto di fiducia che siamo chiamati ad esprimere conclude la fase costitutiva degli organi di Governo e avvia la fase in cui governare. Nel passaggio dal Governo al governare, come già ribadito dai colleghi di gruppo, ribadisco il sostegno e l'adesione dei deputati di Italia dei Valori al programma sottoposto agli elettori e alle elettrici nelle date del 9 e del 10 aprile. Quel sostegno e quella adesione si accompagnano, signor Presidente, a sottolineature, quasi stelle di riferimento, del suo programma, che sono proprie dell'esperienza e del futuro e leale contributo degli eletti di Italia dei Valori.
In primo luogo, recupero di credibilità internazionale, politica di pace, legalità e sviluppo (che ribadisco ancora una volta nel giorno terribile del ricordo della strage


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di Capaci), e in alternative come superamento del declino dell'ultimo quinquennio. Il paese chiede, il paese, signor Presidente, ha bisogno di un grande progetto di alfabetizzazione, di una rialfabetizzazione etica con alcuni punti fermi.
In primo luogo, il rispetto della persona umana, di ogni persona umana. In secondo luogo, la laicità, che non è né laicismo né clericalismo: laicità non è laicismo perché laicismo è dare a Cesare ciò che è di Dio, né clericalismo, che è invece dare a Dio ciò che è di Cesare. Un'offesa è il laicismo per chi non ha una fede religiosa, un'offesa è il clericalismo per chi ha una fede religiosa. Ma poi vi è un di più che è proprio della laicità, tanto per chi crede, tanto per chi non crede. La laicità è saper essere al tempo stesso, onorevole De Mita, separazione e contaminazione delle diversità, ma senza separazione non vi è contaminazione, soltanto laicismo o clericalismo, cioè integralismo.
Un'altra stella di riferimento è la libertà, che non deve degenerare in arbitrio del più forte. Diciamo «no» all'egoismo di chi ha e «no» alla condanna di chi non ha a vedersi trasformato il diritto in un favore. Diciamo «sì» alla flessibilità ma «no» al precariato e al lavoro nero come mortificazione del diritto al lavoro e alla speranza di futuro. Diciamo «no» al conflitto di interessi, che si atteggia sempre più chiaramente come la nuova tangente dell'Italia del terzo millennio. Il conflitto di interessi è sì, signor Presidente, la nuova tangente perché è corruzione di persone, di regole di competizione e di libero mercato. Diciamo «sì» alla professionalità e alla competizione, che non deve degenerare però in monopolio. In una parola, l'ha detto lei con molta chiarezza, coesione sociale e coesione territoriale, come metodo e come obiettivo, che collochiamo al termine di queste considerazioni ma anche all'apertura di queste sottolineature.
Abbiamo infine apprezzato, signor Presidente, la sua ricerca di confronto istituzionale come metodo, senza che questo confronto, come lei ha sottolineato, si attenui in un sistema che è, e vogliamo che sia, che è, e vogliamo che resti e si rafforzi, come sistema bipolare.
Onorevole Tabacci, il confronto è fatto di cosa e di come, e il come delle posizioni di alcuni esponenti della sua coalizione è in sé rifiuto di confronto. Queste sottolineature sono per noi di Italia dei Valori impegni assunti con elettrici ed elettori, sono il nostro contributo ad un Governo che vogliamo duri e governi coerentemente per l'intera legislatura che si è appena aperta. Buon lavoro, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Italia dei Valori e de L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, ci accingiamo a questa legislatura di opposizione con serenità e determinazione.
La serenità deriva dalla consapevolezza di rappresentare una grande metà degli italiani che ha saputo resistere in questi anni ad una campagna forsennata di odio e delegittimazione, che è stata condotta in queste aule del Parlamento - per cui pare singolare che qualcuno ora si possa stupire del tono di qualche nostro intervento - e che è stata compiuta soprattutto nel paese, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, per fare in modo che non ci fosse la corretta rappresentazione di quello che è accaduto in questi cinque anni.
Il nostro orgoglio nasce dal fatto di essere consapevoli di rappresentare una grande moralità della concezione della politica, perché la nostra differenza con lei, Presidente Prodi, è che abbiamo governato in cinque anni per realizzare un programma che è stato rispettato in ogni suo punto, che aveva una sua precisa agenda dei lavori, in base alla quale sapevamo già cosa avremmo fatto la prima settimana, nei primi cento giorni, nei primi tre mesi, nei primi sei mesi, nel primo anno di legislatura, e così via.
Mentre voi, oggi che avete conquistato il potere occupando le istituzioni e moltiplicando ministeri e dicasteri (affronterò


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dopo questo punto), non sapete più cosa dovete farne; tanto è vero che leggiamo, sulla stampa, che pare sia stato convocato un seminario di governo per decidere cosa fare ora che siete nell'esecutivo.
Ma questo non ci preoccupa. Non ci spaventa la vostra protervia: ci indigna, piuttosto, l'ipocrisia. Non ci ha spaventato la protervia con la quale avete occupato tutte le cariche istituzionali: ci ha indignato, invece, l'ipocrisia con la quale reagite alle critiche che noi rivolgiamo a queste cariche, o al comportamento che avete assunto. Ma questo è tipico degli esponenti della sinistra: si tratta di quella cultura arrogante in base alla quale solo voi siete dotati di quella patente di democrazia che, da soli, vi siete rilasciati.
Vediamo allora, per sommi capi, come si è manifestata e cosa sta determinando questa protervia. Per quanto concerne l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato, ancora poco fa ha ricordato, Presidente Prodi, che aveva proposto lei stesso di assegnare la Presidenza di una delle Camere all'opposizione (quasi come se, un anno fa, sapesse già quali sarebbero state la maggioranza e l'opposizione); tuttavia, ha successivamente affermato che l'approvazione della nuova legge elettorale ha reso impossibile praticare ciò.
A nostro giudizio, non solo la legge elettorale, ma lo stesso risultato delle urne avrebbe reso doveroso compiere tale scelta, poiché da tale risultato elettorale è emersa una spaccatura nel paese. Una maggioranza degli italiani, in un ramo del Parlamento (al Senato), ha votato per la Casa delle libertà e ciò avrebbe preteso, secondo obiettività, che una delle Presidenze delle due Camere fosse stata assegnata a quella parte del paese. Ma, ancora volta, è stato risposto «no»: hanno fatto premio gli interessi di parte e di coalizione, in base ai quali le Presidenze di Camera e Senato sono state attribuite in base alle esigenze della formazione successiva del Governo.
Ciò, tuttavia, non è stato sufficiente: appena occupate tali cariche, dobbiamo ricevere «razioni» di dialogo e lezioni di equanimità da parte delle medesime. Il Presidente del Senato Marini continua a praticare il dialogo, però è parso singolare che, avendo la maggioranza un solo senatore in più, si sia costituita una Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari che vede uno scarto di ben tre senatori. E vale poco la puerile - mi si consenta - osservazione che i senatori sono designati dai gruppi parlamentari.
I senatori, infatti, sono sì designati, come del resto i deputati, dai gruppi parlamentari, ma sono nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e da quello della Camera, e se quelle designazioni producono un'alterazione del rapporto proporzionale tra maggioranza e opposizione, il Presidente ha il dovere di intervenire.
Ciò vale anche in questa sede, Presidente Bertinotti. Non ce ne voglia, ma lei ci chiama tutti «deputati»: siamo tornati ai tempi della Rivoluzione francese, per cui la chiameremo «cittadino Bertinotti», e non più «Presidente Bertinotti». Non so se ciò possa giovare a quella giusta rappresentazione delle istituzioni dinanzi agli occhi dei cittadini che pure lei, come Presidente della Camera, dovrebbe avere o avrà sicuramente a cuore.
Va bene, ma noi avremmo preferito che lei avesse continuato a chiamarci «onorevoli», e non «deputati», e non avesse votato per la prima volta, in sede di Ufficio di Presidenza, per far in modo che la maggioranza autodeterminasse, con quattro nuovi gruppi, una prevalenza che prima non aveva sia nello stesso Ufficio di Presidenza, sia nella Conferenza dei presidenti di gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
Lei è equanime: ci chiama «deputati», però poi esprime un voto di parte! Allora, come potete pensare che, se come Presidenti di Camere e di Senato adottate comportamenti di parte, noi non dobbiamo poi considerarvi soggetti appartenenti ad una parte politica? Così facendo, infatti, vi esponete alle critiche di una parte politica.


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Lo stesso è accaduto per i senatori a vita. I fischi sono sicuramente poco rispettosi, tuttavia i colleghi che erano in questa Assemblea nella scorsa legislatura ricorderanno non i fischi, ma gli insulti, le parolacce che sono volate nei nostri confronti e gli striscioni aperti anche dietro al Presidente della Camera: poca cosa sono stati quei fischi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
Comunque, posto anche che quei fischi erano poco rispettosi, se i senatori a vita - che devono illustrare la patria e che sono stati nominati tali per questo motivo, e non perché appartenenti ad una parte politica - si comportano come soggetti di parte e concedono, risultando determinanti, la fiducia ad un Governo in questa situazione (che altrimenti non otterrebbe la fiducia), allora diventano una parte politica e si espongono a ricevere le critiche dell'altra parte politica!
E invece no. Voi volete, appunto, l'arroganza nell'esercitare il potere e l'ipocrisia poi di essere istituzionali e vi offendete se, in base a quella arroganza, ricevete delle critiche (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale). Allora delle due l'una: o i senatori a vita sono diventati parte, alterando quindi la natura della loro carica - cinque sono stati nominati perché hanno illustrato la patria, mentre gli altri sono ex Presidenti della Repubblica -, oppure erano già parte quando sono stati nominati, il che renderebbe ancora più grave la situazione.
Mi avvio a concludere il mio intervento perché conosco i tempi di questi dibattiti. Come dicevo, quindi, non ci spaventa la vostra protervia, ci indigna piuttosto la vostra ipocrisia.
Veniamo ora, nella parte conclusiva, a ciò che noi abbiamo il dovere di richiamare ogni giorno (e lo faremo per tutta la durata della legislatura; non sempre, infatti, la durata è la cifra della qualità delle cose). Noi abbiamo la responsabilità di rappresentare le idee, i programmi, i contenuti, i progetti, gli ideali, i valori di quella grande metà degli italiani che ci ha votato, e lo faremo ogni giorno in Parlamento; più duro sarà lo scontro, più importante e nobile sarà la ragione di quella divisione nel paese, quindi non spaventi la durezza del confronto parlamentare. Piuttosto vi è un'altra questione: voi vi illudete che con il passare del tempo, dei giorni potrete far dimenticare questa verità e cioé che non avete avuto maggioranza al Senato, mentre alla Camera ci separano 20 mila voti. Ebbene, noi questa grande verità abbiamo la responsabilità di non farla dimenticare a voi, ma soprattutto agli italiani, affinché il paese non perda la sua memoria.
Concludo con una cosa che può sembrare quasi una clausola noiosa, ma, colleghi, vi ci dovrete abituare in questa legislatura! Oggi alle 14 si costituisce finalmente la Giunta delle elezioni. Scusate, ma se fossimo in un paese normale, cittadino D'Alema, la maggioranza dovrebbe avere interesse a che la propria legittimità venga fondata sulla certezza dei conteggi. Non bisogna temerli, preoccuparsi sbrigativamente di come si costituiscono le Giunte, di quale maggioranza vi sia e di chiedere preventivamente al Presidente come si comporterà. In una democrazia normale i conteggi vanno fatti bene, subito, rapidamente, perché la maggioranza stessa ha interesse a poter proclamare al paese che è maggioranza in base ad un dato certo e riconosciuto. Se i conteggi saranno fatti rapidamente e bene, noi non avremo alcuna difficoltà a riconoscere il risultato che deriverà da quei conteggi che sinora non sono stati compiuti. Noi però temiamo, anche grazie all'atteggiamento che si sta assumendo in queste ore, che vi possa essere un'opera di resistenza in quegli organismi di garanzia. Ed è per questo che noi, almeno una volta al giorno e per ogni giorno, solleveremo la questione del conteggio dei voti, affinché l'Italia possa sapere con certezza chi è maggioranza nel paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).


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Annunzio di un'informativa urgente del Governo.

PRESIDENTE. Avverto che, facendo seguito alla richiesta avanzata dal deputato Migliori, alle ore 15 avrà luogo un'informativa urgente del Governo sull'incidente aereo verificatosi al largo di Cagliari nel corso di un'esercitazione militare.
Dopo l'intervento del Governo avrà la parola un deputato per gruppo, ciascuno per tre minuti (un tempo aggiuntivo è riservato al gruppo Misto).

Si riprende la discussione.

(Ripresa della discussione)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Incostante. Ne ha facoltà.

MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente della Camera dei deputati, onorevoli colleghe e colleghi, nel suo discorso, signor Presidente del Consiglio dei ministri, lei ha detto dei suoi impegni e di quelli che il suo Governo intende assumersi per il rilancio e la crescita dell'Italia. Ha enunciato opportune e condivisibili analisi e strategie per la crescita del paese come sistema, per il nord come per il sud, in un quadro di rafforzamento dell'Europa, in uno scenario di competizione globale rilanciando una politica per il Mediterraneo.
In queste sue analisi e nella sua proposta, il Mezzogiorno non ci appare più come la locomotiva lenta da trascinare, magari con politiche assistenziali, verso il nord Europa, ma come la piattaforma necessaria per l'Italia e l'Europa per connettersi alle realtà più dinamiche del commercio internazionale. Il modificarsi delle convenienze logistiche a livello mondiale e ciò che questo comporta potrebbe, infatti, mettere fine all'emarginazione del sud dell'Europa e del suo fulcro: il Mediterraneo.
Per mettere a frutto ciò che oggi è un puro vantaggio potenziale è urgente varare politiche selettive, volte a concentrare risorse, un nuovo corso per il Mezzogiorno. Cogliere queste opportunità è primario interesse nazionale ed è ciò che può fare del Mezzogiorno un'area elettiva dello sviluppo del sistema Italia. Per questo occorre una leale cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali.
Oggi, è il tempo di unire l'Italia con strategie differenziate certamente, ma si ha bisogno di fare sinergia. Per questa e per altre ragioni non meno fondate contrastiamo il disegno costituzionale varato dal centrodestra. Lo stesso federalismo richiede grandi convergenze tra Stato e regioni.
Occorre fare «massa critica», utilizzare in modo coerente risorse comunitarie, statali e regionali, orientare le risorse locali. Per il Mezzogiorno non occorrono interventi, ma politiche strutturali di intervento, basate su alcune opzioni come qualità della spesa, selettività, innovazione, e prioritarie in alcuni settori quali infrastrutture, ricerca, politiche fiscali di vantaggio che, auspico, potremo forse ridiscutere con l'Unione europea e che potrebbero fare del Mezzogiorno una delle realtà più dinamiche d'Europa.
Penso alla valorizzazione dei giacimenti culturali, storici, ambientali a disposizione dell'Italia, dell'Europa, del mondo. Penso a politiche di innovazione nella pubblica amministrazione, perché questo è ancora uno dei divari tra il sud e il resto del paese. Penso a politiche di coesione, perché lo sviluppo non sia solo crescita economica senza qualità civile, ma crescita del capitale sociale. Penso alla necessità che siano avviate da subito serie, durevoli, competenti e articolate politiche di contrasto alla criminalità organizzata, condizione indispensabile per allargare l'economia legale. La criminalità organizzata non è una problematica locale; è un fenomeno internazionale e cerca di intercettare l'economia legale del paese. Grandi proventi delle organizzazioni criminali presenti nel Mezzogiorno si investono nelle regioni ricche. È, quindi, interesse comune, di noi tutti, contrastare e sconfiggere la criminalità. Nel Mezzogiorno essa ha una sua


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specificità: è pervasiva, diffusa, controlla il territorio, cerca di infiltrarsi nella pubblica amministrazione, lavora per acquisire fette di mercato nel commercio, nel patrimonio immobiliare, nelle imprese, nella speculazione finanziaria.
Diciamo con forte convinzione che lo Stato ha la responsabilità di utilizzare mezzi e uomini in modo adeguato e qualificato, e professionalità sofisticate, se si vuole contrastare la criminalità sul terreno dell'economia, dei patrimoni, della finanza. Per questo motivo e per tante altre ragioni siamo convinti che ripartire dal Mezzogiorno possa rappresentare una svolta di enormi proporzioni da tanti punti di vista per la vita del paese.
Penso, non da ultimo, signor Presidente, al nostro patrimonio più grande: mi riferisco ai giovani, quel capitale umano costretto ad essere, talvolta, fuori dal mercato del lavoro, attratto dal mercato nero, costretto non per scelta, ma per destino ad emigrare. Così viene scoraggiato, tanto da non cercare nemmeno più il lavoro. Ciò riguarda soprattutto le giovani donne del sud.
Signor Presidente, i giovani vivono in gran parte nel Mezzogiorno. Napoli è la città più giovane d'Europa. I giovani del sud, i giovani d'Italia, vorrebbero guardare al futuro con speranza e fiducia. Con il loro voto hanno dimostrato consenso alla coalizione di centrosinistra e si aspettano un cambiamento. Ma tutti - centrosinistra e centrodestra, Governo e opposizione - dovremmo sentire una grande responsabilità. Non c'è futuro di un paese che non si fondi su quello che i padri e le madri lasciano ai loro figli e che i loro figli potranno e sapranno coltivare con le loro mani.
Signor Presidente, sono convinta che il suo Governo cercherà di fare scelte appropriate all'altezza di questa sfida, così come sono convinta che questo Parlamento si sforzerà di farsi guardare dai giovani con l'interesse, l'attenzione e il rispetto che merita per il contributo che saprà dare (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, dei Popolari-Udeur e dei Verdi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cassola. Ne ha facoltà.

ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, in quanto nuovo parlamentare italiano eletto all'estero sono rimasto alquanto scioccato, stamattina, non soltanto dalla mancanza di rispetto per i senatori a vita da parte dell'onorevole Bricolo, ma anche per l'allusione che gli immigrati di origine islamica sono delinquenti, stupratori, e via dicendo. Vorrei ricordare che in quest'aula vi sono almeno due colleghi di origine e di formazione culturale e religiosa islamica. Quindi, per favore, un po' di rispetto per la diversità.
Mi fa piacere notare che un punto fermo del programma di Governo sia la lotta alla precarietà. Ebbene, in quanto italiano all'estero, ci tengo a far notare che tale precarietà ha fatto sì che tanti giovani di talento siano stati costretti ad emigrare all'estero anche a causa delle politiche sbagliate di precedenti Governi. Facciamo sì che questi giovani siano incentivati a tornare qui in Italia ed a dare il loro contributo al paese. In particolare, signor Presidente, dobbiamo combattere la precarietà all'estero assicurando fondi regolari e duraturi per i corsi di lingua e cultura italiana nel mondo: non si può continuare con la politica dei finanziamenti ad intermittenza.
In secondo luogo, cerchiamo di dare un po' di stabilità economica e di lavoro a chi, come ad esempio il personale a contratto negli istituti italiani di cultura, ha il compito delicato di farsi portavoce all'estero della straordinaria ricchezza storica, linguistica e culturale dell'Italia.
Infine, bisogna assicurarsi che la politica assurda ed ingiusta della RAI, che oscura all'estero programmi sportivi e culturali, cessi immediatamente. Oggi gli italiani all'estero devono sorbirsi gli schiaffi morali e gli sfottò dei loro colleghi stranieri grazie alla tragicommedia calcistica denominata «calciopoli» che si sta evolvendo giorno dopo giorno con colpi di scena quotidiani. Signor Presidente, cerchiamo di dare una piccola grande gioia ai


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connazionali all'estero facendo sì che fra meno di tre settimane essi possano godersi i campionati mondiali di calcio in TV, alla RAI TV. Grazie e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Peretti. Ne ha facoltà.

ETTORE PERETTI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, abbiamo ascoltato con grande attenzione le comunicazioni programmatiche del Presidente del Consiglio e, nella parte che riguarda la politica economica e sociale, le abbiamo trovate alquanto generiche, spesso ambigue, in ogni caso inadatte alle esigenze di un paese che comincia ad intravedere i primi segnali di ripresa, ma che si porta dietro, da decenni, carenze e limiti che lo rendono vulnerabile.
Non che ci aspettassimo un programma con il dettaglio delle misure per il rilancio dell'economia e la tenuta dei conti pubblici, ma certo uno sforzo in più per dare un'idea compiuta e credibile di politica economica da un Governo che si presenta con grande baldanza e sicurezza di sé forse era lecito attenderlo.
Del resto, era difficile pensare che il Governo che sta per nascere, retto da una maggioranza politica così eterogenea, dove la componente massimalista e radicale risulta prevalente, potesse esprimere un compiuto e chiaro programma di riforme. Le prime contrapposizioni tra ministri su argomenti cruciali come quello delle infrastrutture fanno presagire un defatigante esercizio di disciplina interna e di sintesi da parte del premier ed un accidentato percorso parlamentare. Ma tant'è.
Nell'attesa di conoscere le proposte sui capitoli più importanti dell'azione di Governo ci limiteremo ad alcune osservazioni su tre argomenti che, molto probabilmente, saranno oggetto dei primi provvedimenti, vale a dire il cuneo fiscale sul lavoro, le infrastrutture ed i conti pubblici, che non esauriscono certo l'elenco delle priorità, ma che saranno la cartina di tornasole per valutare l'efficacia dell'azione di Governo.
Innanzitutto, il cuneo fiscale sul lavoro: lei, signor Presidente del Consiglio, prevede di ridurlo del 5 per cento a beneficio delle imprese e dei lavoratori in modo da stimolare contemporaneamente investimenti e consumi. Ottimi propositi, ma misure inefficaci. Lei non può far finta di non sentire le critiche che si sono levate dal suo stesso schieramento (e che condivido) circa l'inutilità di questo provvedimento perché gli effetti degli sgravi rischiano di andare a beneficio delle produzioni a più alta intensità di lavoro piuttosto che a quelle che contengono maggiori tassi di sviluppo tecnologico.
E poi non è detto che lo sgravio venga utilizzato dalle imprese per ridurre i prezzi dei prodotti anziché per aumentare i margini di profitto.
E ancora, non è stata definita la platea dei beneficiari. È presumibile che il Governo subirà una pressione tale che questa platea dovrà essere necessariamente allargata a dismisura, a tutti i settori e a tutte le imprese, con una ulteriore polverizzazione dei benefici.
In queste condizioni, l'intervento rischia di risultare del tutto simbolico e privo di effetti reali, sia in termini di aumento della produttività e di competitività del sistema produttivo, sia in termini di redistribuzione del reddito a favore dei lavoratori. Senza contare che il costo, stimato in dieci miliardi di euro, è del tutto insostenibile per le nostre finanze.
Riguardo alle infrastrutture, la contrapposizione tra il ministro delle infrastrutture e quello dei trasporti non lascia spazio ad equivoci. Nel Governo si fronteggiano due visioni di economia, due sistemi produttivi, due idee diverse di società. Le infrastrutture, la logistica ed i trasporti rappresentano, insieme all'energia, i fattori esterni all'impresa che più incidono sulla sua capacità di competere. Sarebbe il caso che il Governo indicasse con chiarezza le proprie intenzioni, opera per opera, in maniera tale da fugare ogni dubbio circa la volontà di proseguire nel rafforzamento delle nostre reti di trasporto.


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Lo stesso discorso vale per l'energia. Vi sono decine di progetti fermi, spesso per l'opposizione degli enti locali, per lo più enti locali dello stesso colore dell'attuale maggioranza. Credo che ora, almeno, possa finire la finzione e l'ipocrisia del mancato dialogo tra centro e periferia per giustificare il diniego, spesso solo di principio, alle autorizzazioni a costruire i nuovi impianti, che sono indispensabili per diversificare fonti e fornitori e calmierare così, almeno in parte, il costo dell'energia.
Infine, sui conti pubblici, il Governo riconosce che tanta parte delle difficoltà della nostra finanza pubblica sono dovute ad un prolungato periodo di bassa crescita. Finalmente, verrebbe da dire. Noi, da parte nostra, riconosciamo le difficoltà incontrate dal precedente Governo nel calmierare la crescita della spesa, soprattutto di quella sanitaria, cosa che ci ha obbligato ad intervenire con misure straordinarie, spesso al limite della sostenibilità etica, ma sempre salvaguardando la sostenibilità sociale.
Non vi saranno scorciatoie, né misure miracolistiche. O si sarà in grado di selezionare la spesa, richiamando tutti a comportamenti responsabili, oppure non vi sarà alcuna possibilità di rientrare nei parametri europei. E questo anche se la ripresa economica, che è mancata al Governo precedente, dovesse aiutare quello che si sta insediando.
Concludo, signor Presidente, rivolgendo gli auguri di buon lavoro al Presidente del Consiglio e chiedendo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Peretti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare il deputato Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, signori del Governo, del programma presentato in Parlamento mi piace innanzitutto richiamare l'obiettivo dichiarato dal Presidente Prodi di far tornare il Parlamento ad essere, come lui ha detto, la naturale sede del confronto democratico tra maggioranza ed opposizione.
Si tratta di un proposito da condividere ed anche da elogiare, ma anche di una promessa impegnativa, soprattutto in considerazione del fatto che stiamo assistendo da tempo (e nella precedente legislatura ne abbiamo avuto ripetute, umilianti riprove) ad una deriva dirigista, sottilmente neoautoritaria, che relega il Parlamento al ruolo di acritica ratifica di decisioni prese altrove, in ciò assecondando pericolose involuzioni culturali in atto non solo nel nostro paese, e, sul piano più strettamente istituzionale, provocando una sostanziale mortificazione delle aule parlamentari, giustamente ricordate nel loro dover essere come il luogo del rispetto reciproco e dell'attenzione alle proposte che si avanzano per il bene comune.
Così facendo - così come dichiarato - io penso che, oltre a rientrare nei canoni del dettato costituzionale, si potrà contribuire a ricostruire nel paese un clima sociale più positivo in cui venga bandita la radicalizzazione dello scontro e sia recuperato quello stile di autentica gentilezza democratica che costituisce, diciamo così, forse il fondo dei nostri sogni, ma che rappresenta anche il presupposto per l'affermarsi di una cittadinanza più matura e, più concretamente, anche ai fini del possibile rilancio della nostra economia, per la capitalizzazione delle straordinarie risorse umane e professionali di cui è ricca la nostra comunità nazionale.
Che la ripresa economica debba rientrare, peraltro, tra le prime nostre preoccupazioni e tra le prime preoccupazioni del Governo è del resto obiettivo, prima che condivisibile, necessitato ed improcrastinabile. È piuttosto curioso che si senta dire dall'attuale opposizione come si deve fare, dopo che, per cinque anni, ci si è esercitati a fare esattamente l'opposto.
Comunque, la condizione è quella che è; anzi, se sono vere le cose che annuncia il ministro dell'economia, temiamo di essere precipitati nella situazione di circa quindici anni fa. Considerata la situazione reale del nostro paese, se recuperassimo


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tutti una sincera tensione per il bene dell'Italia, piuttosto che attardarci in regressive polemiche di stampo politicista e mediatico (come succede tutti i giorni), dovremmo puntare ad un comune salto di qualità nella verità del dibattito politico ed insieme impegnarci, maggioranza e minoranza, pur nella fisiologica distinzione ruoli, per il superamento di quelle che oramai sono strutturali difficoltà che caratterizzano la condizione dell'Italia in questa contingenza storica.
Comunque sia, signori del Governo, al perseguimento di questi obiettivi e di altri anch'essi meritevoli, mi appare improntato il programma che ci è stato sottoposto; ragione per cui, convintamente, io esprimo la mia fiducia per la sua realizzazione. Con altrettanta fiducia (ad un tempo frammista di comprensibili, opposti sentimenti di speranza, ma anche di disincanto, di scetticismo, oserei dire), penso che i cittadini italiani si pongano in attesa di fatti che risultino significativi.
In gioco vi sono il miglioramento del tenore di vita medio della popolazione, oggi non solo peggiorato, ma anche eccessivamente divaricato tra i pochi che sono diventati più ricchi e i molti che sono diventati più poveri.
In gioco vi è anche il superamento di una condizione di precarietà del lavoro all'insegna di una rinnovata protezione sociale, da realizzare secondo canoni non irrigiditi e, meno che mai, parassitari; il rilancio di una politica industriale che, grazie a lungimiranti misure innovative in tema di processi e di prodotti, ci faccia recuperare gli spazi perduti a livello di mercato mondiale e, last but not least, come dicono gli inglesi, l'ammodernamento della nostra pubblica amministrazione da rimotivare ad un protagonismo fatto di maggiore efficienza e di maggiore efficacia, in definitiva fattore di giustizia ed equità, anche attraverso (e penso che sia fondamentale) un prezioso recupero, da parte dei milioni di lavoratori che in essa operano, dell'orgoglio della funzione pubblica.
A conclusione di questo mio intervento, signori rappresentanti del Governo, mi preme formulare due rapidissime osservazioni che ineriscono a problemi di metodo.
La prima riguarda l'opportunità di rilanciare la concertazione sociale, nella convinzione che essa potrà servire a conseguire i difficili risultati dapprima accennati. Mi conforta in questa convinzione il successo realizzato tanti anni fa nella lotta alla grave inflazione che attanagliava il paese e che riuscimmo ad ottenere anche grazie alla meritoria procedura della concertazione sociale. Chiudo con una seconda battuta sull'esigenza di un'adeguata comunicazione ai cittadini italiani di quello che facciamo e di quello che faremo, signor Presidente del Consiglio, memori anche di quello che è successo nel 1996...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LINO DUILIO. La ringrazio per tutto questo e formulo i migliori auguri di buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Deputato Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, una volta stabilito chi ha vinto e chi ha perso le elezioni, occorrerà che vi sia una maggioranza ed un'opposizione. Nessun inciucio: chi ha più numeri vince e, anche se questi numeri sono risicati, solo una delle parti ha l'onore e l'onere di governare il paese. Nessun dialogo, quindi, ma sana dialettica.
Perché la gente non capirebbe! Perché si andrebbe ad inficiare il sistema bipolare! Perché non si potrebbe esprimere un giudizio di merito o di demerito comportamentale delle parti politiche! L'opposizione deve proporre la sua politica. Le due politiche, quella della maggioranza e quella dell'opposizione, verranno giustapposte la battaglia è lì. Lì si vedrà la coerenza e, soprattutto, la coesione delle coalizioni.
Vorrei introdurre due argomenti: il primo, tratto dal suo programma elettorale, è la giustizia.


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Certo è che basiamo le nostre concezioni su sponde separate da un abisso. Per lei, «nell'ultimo quinquennio si è assistito ad un intenso, spregiudicato e arrogante attacco alla libertà e all'autonomia della giurisdizione». Per me, l'attacco all'autonomia è iniziato circa trent'anni fa. Ma entrambi riteniamo che sia un valore l'autonomia della giurisdizione.
Autonomia non può che essere intesa come criterio di non assoggettabilità della magistratura a nessun potere, ma soltanto alla legge. Ciò garantisce che non vi sia una giurisdizione della maggioranza contro la minoranza o, peggio, come accade ora, della minoranza contro la maggioranza, ma una giurisdizione uguale per tutti.
Autonomia, ancora, deve essere intesa anche come una «svincolatezza» del singolo giudice all'interno della magistratura stessa. Il singolo giudice potrà giudicare, vincolato solo dalla legge, secondo i criteri dettati dalla scienza giuridica. Però, fino a quando in magistratura vi saranno correnti cui è demandato il criterio per assegnare i posti di dirigenza degli uffici giudiziari, non si potrà avere un'indipendenza reale, interna del giudice che, per fare carriera, dovrà riverire la politica del parlamentino, che ha intrecci e collateralismi con la politica partitica.
Mi indichi - se ne è capace - un ufficio di alta dirigenza giudiziaria che non scaturisca da lottizzazioni interne al Consiglio superiore della magistratura. Se facessi alcuni nomi, a tutti balzerebbe agli occhi che taluni magistrati sono più organici all'interno dei partiti di quanto non lo siano deputati che siedono in quest'aula. Alcuni magistrati hanno inteso la propria attività di giudice solo come un cursus honorum che permette di accedere alla carica di deputato o di ministro.
Questa è la reale sfida che lancio, cioè quella di attuare una reale indipendenza della magistratura in una logica di separazione dei poteri.
Questa separazione rende inaccettabile che la politica faccia delle leggi ad personam, invadendo così il campo giurisdizionale, come rende altrettanto inaccettabile che parti politiche siano sconfitte per l'esistenza di processi che, spesso, si basano su imputazioni inventate, ad orologeria e, quindi, a fini diversi dalla giurisdizione.
Il potere deriva dal popolo. Se il magistrato vuole fare politica, si faccia eleggere dal popolo e vada a casa, se il popolo non gli dà il proprio consenso. Se così non è, come la Costituzione afferma, creiamo un sistema che impedisca alla magistratura di essere funzionale alla politica, se non addirittura organica.
Signor Presidente, la seconda questione che le sottopongo e per la quale le chiedo risposte in sede di replica è la considerazione che lei, come logico, ha messo in primo piano il suo programma, attorno al quale ha cercato ed ottenuto il consenso di un insieme di partiti. Constato che la sua coalizione comprende partiti come la Liga veneta e la lega Alleanza lombarda, determinanti per la sua vittoria. Orbene, ho visto come sono stati retribuiti, e cioè con l'attribuzione di posti di sottosegretari nel suo Governo, ma non ho visto nel suo programma alcuna proposizione che riguardi l'indipendenza del Veneto o della Lombardia.
Mi dica, la prego - se ne è capace -, come attuerà l'indipendenza del Veneto, poiché in mancanza appare evidente che è stata attuata la coalizione solo al fine di vincere, in barba a quelle migliaia di persone, essenziali per la sua vittoria, che hanno creduto che lei attuasse la loro politica, facendo sopportare agli italiani un Governo politicamente minoritario.
Infine, devo ringraziarla per la festa che ha indetto in piazza Santi Apostoli alle ore 18. Non mi sono mai divertito tanto (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bafile. Ne ha facoltà.

MARIZA BAFILE. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghe e colleghi, con l'attuale legislatura l'Italia, per la prima volta, ha aperto le sue porte all'estero.


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Oggi, dodici deputati e sei senatori provenienti da altri paesi siedono tra i banchi del Parlamento: un passo importante, ma solo se valorizzato e vissuto con la serietà che merita. Deve servire, innanzitutto, a far capire quanto sia cambiato il mondo dell'immigrazione, per creare un'Italia allargata, basata su iniziative concrete e non su demagogie distorte e lontane dalla realtà.
Parlo a nome dei cinque deputati del gruppo de L'Ulivo, ed innanzitutto desidero esprimere a nome di tutti noi un ringraziamento al Presidente Napolitano per le parole che ha rivolto ai connazionali all'estero nel messaggio al Parlamento e alla nazione. Grazie, Presidente!
Esprimo, altresì, preoccupazione per la responsabilità che tutti noi abbiamo assunto con i nostri elettori. Onorevole Prodi, pur sottolineando il rammarico per l'assenza nel suo discorso programmatico di un approfondimento del tema riguardante gli italiani all'estero, confidiamo nella serietà del suo impegno per affrontare e risolvere con la dovuta determinazione le problematiche più urgenti che elencherò rapidamente: potenziamento, riforma e rilancio della rete consolare, per rendere un servizio più efficace ai nostri connazionali e offrire un'immagine più dignitosa dell'Italia all'estero; assegno di solidarietà, come misura di emergenza per i nostri anziani meno fortunati; immediata sanatoria per le pensioni INPS relativa alla campagna di verifica dei redditi degli ultimi anni, misura questa già richiesta anche da COMITES e CGIE; rilancio di una seria politica della promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, da realizzare mediante una legge quadro di riforma del settore; ampio spazio allo strumento delle borse di studio e sostegno alle scuole italiane all'estero; promozione della riforma degli istituti di cultura e della legge n. 153 del 1971 e sostegno parallelo ad iniziative per far conoscere la cultura degli italiani all'estero in Italia; interventi immediati per sostegno, qualificazione e sviluppo dell'intero sistema informativo italiano all'estero, salvaguardando la presenza dell'attività degli strumenti esistenti; recupero dei tagli effettuati ai quotidiani italiani all'estero e raddoppio dei contributi per i periodici; miglioramento della presenza e della qualità di RAI International, favorendo l'informazione di ritorno; attuazione delle deliberazioni scaturite dalla seconda Conferenza Stato-regioni e dal Consiglio generale degli italiani all'estero; sostegno alle piccole e medie imprese italiane all'estero attraverso la promozione di scambi economici e commerciali con partner italiani; indizione in tempi brevi della Conferenza dei giovani italiani nel mondo, sistematicamente rinviata dal precedente Governo.
Noi eletti all'estero siamo anche una finestra verso la parte di mondo costituita dalle rispettive circoscrizioni, per cui l'esperienza di vita nei nostri paesi può e deve rappresentare un arricchimento per l'Italia, nazione che deve riconquistare nel mondo un ruolo dignitoso ed elevato.
Lei, Presidente del Consiglio, nella sua dichiarazione programmatica ha espresso la volontà di mettere al centro dell'azione dell'Italia la promozione della democrazia, dei diritti umani, politici, sociali ed economici. Ha anche detto che l'Italia sceglierà l'Europa ed il processo di integrazione europea come ambito essenziale della politica italiana, ma che non guarderà solo all'Europa. Ha sottolineato che il suo Governo si farà parte attiva per rilanciare una politica per il Mediterraneo, che rinsalderà il legame con il continente latino-americano, concentrerà la propria responsabilità verso i paesi dell'Africa e consoliderà e arricchirà su un piano di mutuo rispetto e di reciproca dignità la storica alleanza con gli Stati Uniti d'America.
Ha riconosciuto anche che il mondo sta cambiando e che bisogna rompere l'indifferenza di quella fascia di persone che si occupano di difendere il benessere residuo invece di costruire per sé e per la collettività occasioni di sviluppo e di crescita.
Ecco, all'interno di questi punti programmatici, può essere essenziale il nostro apporto. Tutti noi eletti all'estero....

PRESIDENTE. La invito a concludere.


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MARIZA BAFILE. .... siamo espressione di un mondo che si muove e vibra fuori dai confini italiani. Parlare dei connazionali che vivono all'estero, valorizzare le potenzialità umane che sono scaturite dalla vecchia valigia di cartone, restituire alla parola immigrazione una giusta valenza positiva che significa mescolanza di razze e culture, solidarietà, crescita collettiva, significherà restituire all'Italia il ruolo che merita in un contesto internazionale ed aprire nuove strade ai valori della tolleranza, dell'accoglienza, della giustizia, del rispetto delle differenze dell'amicizia tra popoli...

PRESIDENTE. Ha esaurito il suo tempo!

MARIZA BAFILE. Concludo, signor Presidente. La nostra presenza nel Parlamento italiano deve essere valorizzata in questo senso. Siamo persone con chiara coscienza politica e sociale, siamo orgogliosa parte del mondo della nostra emigrazione e vogliamo contribuire a costruire un'Italia senza confini per lanciare il segno di un mondo senza confini. Siamo lo specchio dell'altra Italia, quella che ha costruito, quella che ha partecipato e partecipa alle lotte politiche in altre nazioni, quella che è morta e scomparsa per mano dei dittatori. Rinnoviamo a lei, Presidente Prodi, la fiducia che ieri ha ispirato la nostra compagine elettorale (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Verdi e dell'Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, colleghi, desidero anzitutto, onorevole Prodi, esprimerle il nostro favore e il nostro sostegno, un sostegno non timido né incerto, perché il suo Governo possiede nel programma, nella struttura e nell'orizzonte politico una risposta adeguata alle attese degli italiani.
Abbiamo avvertito nel suo discorso programmatico il contenuto di una politica che abbiamo concorso a disegnare, per la quale abbiamo ottenuto il mandato dagli elettori. Abbiamo ritrovato, nello stile sobrio ed insieme rigoroso delle sue parole, l'ambizione che noi condividiamo di governare l'Italia nel segno dell'equilibrio e della tolleranza, consapevoli dei doveri e dei vincoli derivati dal compiuto dispiegarsi del sistema bipolare, che rende possibile una sicura scelta della coalizione di Governo. Questa scelta si è manifestata con chiarezza, nonostante la pessima legge elettorale che noi non abbiamo voluto e che pensiamo debba essere profondamente cambiata. Proprio in ragione di questa consapevolezza, riteniamo debba essere nostro dovere principale, dovere di chi ha responsabilità di Governo, ricercare con il dialogo, con l'esercizio del confronto parlamentare, la ricomposizione di un tessuto unitario e condiviso di regole e di valori, a partire dallo sforzo, nel quale tutti dobbiamo impegnarci, di un reciproco riconoscimento dei diversi ruoli di rappresentanza vera e legittima del popolo italiano.
Dobbiamo abbandonare la consuetudine demonizzatrice, rimuovendo le categorie del bene e del male assoluto come fattori di separazione dei due schieramenti in campo. Questo è un impegno ineludibile per consolidare e accrescere il carattere virtuoso del sistema bipolare italiano, per rinnovare nell'unità la nostra democrazia. Questo confronto avrà un senso, se riusciremo a rivolgerlo per intero verso il futuro dell'Italia, sfuggendo alla tentazione di prolungare una lunga e non sempre commendevole campagna elettorale e se sapremo tutti vincere la tentazione di vivere questa legislatura come una rivalsa.
Ci presentiamo a questo appuntamento con la consapevolezza dei problemi che sono aperti nel paese, in questo Parlamento e nel sistema politico italiano. Sappiamo che ci aspetta, signor Presidente, una prova difficile ed insieme esaltante. Dobbiamo dimostrare che è possibile governare l'Italia, servendo l'interesse generale del paese e che è possibile coniugare


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la ripresa della nostra economia con l'ampliamento dei diritti di cittadinanza e della coesione sociale.
Condividiamo la linea di politica economica enunciata, perché non è derivata dal desiderio o dalle emozioni, ma è fondata sulle condizioni reali della nostra economia in rapporto al campo aperto della competizione globale.
Non ci appassiona rinnovare in questa occasione una disputa semantica sulla natura del declino dell'economia italiana. Tuttavia, credo, signor Presidente, che abbiamo un dovere di lealtà verso gli italiani nella segnalazione onesta e franca dello stato del paese, nel momento in cui ne assumiamo la responsabilità di guida, un dovere di verità che è anche un segno di responsabilità. L'Italia esce pesantemente penalizzata dal processo di formazione dei nuovi equilibri nei mercati internazionali, portandosi dentro un ciclo negativo che dura ormai da troppi anni per essere considerato congiunturale.
Le condizioni dell'economia reale in un quadro di finanza pubblica critico ci impongono di spingere per un innalzamento non banale del grado di produttività media dell'intera società italiana, dalla scuola alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alla sanità, dal sistema delle infrastrutture alla gestione dei beni culturali e all'organizzazione delle amministrazioni locali.
Questa scelta comporta riforme importanti, molto importanti. Tali riforme non saranno possibili se non riusciremo a stimolare un clima di forte responsabilità morale e civile per il quale ogni italiano si senta partecipe di un disegno che non può essere lasciato alla responsabilità di alcuni.
Condividiamo, signor Presidente, la sua l'idea secondo la quale da subito occorre dare segnali evidenti della volontà di cambiare passo e di affrontare, con l'intenzione di scioglierli, i nodi che inibiscono la capacità competitiva del nostro paese.
La nostra missione, la missione del Governo di centrosinistra, è quella di portare l'Italia fuori dal guado, di arrestare il declino e far ripartire la crescita secondo una chiara direzione di marcia. Dobbiamo fare presto e fare bene per rimettere in sintonia l'agenda del Governo con quella degli italiani.
Sappiamo che esistono in Italia, nel nord e nel sud, ragioni serie di disagio, che sono vissute come una questione di cittadinanza incompiuta o compressa. Le modificazioni profonde del sistema economico, dell'architettura sociale, dei modelli culturali e delle opportunità di relazione sostengono e alimentano questa domanda.
Questo sentimento di cittadinanza incompiuta disegna una nuova domanda politica, dagli esiti non sempre contenibili, nel solco della tradizionale competizione politica, certamente non estranea alle motivazioni di voto di molti elettori dell'una e dell'altra coalizione. Dobbiamo ricercare una nuova e più ragionata comprensione di questa domanda, fuggendo entrambe le tentazioni presenti: quella di assecondare gli umori e cavalcare le pulsioni populiste, e quella, altrettanto pericolosa, di sottovalutarne la portata.
Il futuro dell'Italia si gioca sulla ricucitura del rapporto fra politica e morale, sulla capacità della politica di riconquistare la fiducia dei cittadini nel merito, senza inganni e suggestioni e sulla espressione di un progetto alto e ambizioso, in un paragone teso fra le nostre idee e i nostri comportamenti.
Noi pensiamo che il dovere della politica e insieme il suo rischio stiano nella ricerca di una prospettiva culturale e istituzionale fondata sulla libertà, non per paura del futuro, ma per la capacità di prepararlo e regolarlo, per accrescere il ruolo della società civile nello Stato e per rendere la società italiana più forte e più libera, sullo sfondo di istituzioni capaci di offrire a tutti pari opportunità.
All'interno di questa prospettiva si intrecciano il destino di questo Governo e quello del partito democratico. Gli elettori hanno indicato, con una chiarezza che non lascia adito a interpretazioni, quale debba essere l'approdo di questa nostra lunga transizione, per dare alla politica italiana un soggetto che abbia la forza di fare scelte difficili e che sappia governare


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una società competitiva e solidale. Si tratta di una forza che nessuno nella coalizione del centrosinistra può avere da solo, una forza che sappia dare stabilità alla democrazia bipolare, sottraendola alla deriva personalistica e populista, che costituisce il tarlo delle moderne democrazie occidentali.
Tra Margherita e Democratici di sinistra si è formata, nel corso di molti anni, dentro il Parlamento, nelle regioni e nelle città, una progressiva convergenza politica su scelte comuni che esprimono uno stesso progetto riformista, declinato al futuro per rispondere alle sfide del XXI secolo, avendo alle spalle, non rinnegate, ma acquisite e presupposte, le migliori tradizioni della cultura politica maturata nel XX secolo.
Il nuovo riformismo dell'Ulivo ha davanti a sé le nuove linee di faglia che dividono il campo della politica della società e nasce dall'ambizione di offrire una risposta alla domanda generata dall'estensione planetaria dell'economia e dell'informazione, dei nuovi conflitti aperti tra gli interessi e tra le culture che si fronteggiano nel nostro tempo.
Noi vogliamo costruire un grande partito democratico, italiano ed europeo, che abbia come riferimento primario di base associativa la grande platea di elettori che nell'ottobre scorso hanno investito Romano Prodi della responsabilità di leadership e ne hanno condiviso la proposta. Ciò per consolidare ed estendere in Italia il sistema bipolare del cittadino arbitro, titolare di una scelta consapevole della posta democratica, ma insieme per migliorare la qualità democratica del nostro paese, ricercando una risposta persuasiva alla domanda di efficienza di una democrazia decidente e a quella, ugualmente ineludibile, di partecipazione e di inclusione.
Vogliamo partecipare ad una stagione di buona politica per riformare i caratteri di uno Stato forte, democratico, nel quale tutti gli italiani si riconoscono. Uno Stato autorevole perché più efficiente ed insieme più trasparente, uno Stato più unito perché capace di comprendere ed esaltare le diversità territoriali e culturali, uno Stato laico in quanto capace di riconoscere e garantire le libertà di orientamento religioso, ma allo stesso tempo di tutelare con rigore la propria autonomia dalle stesse.
Il suo Governo, signor Presidente, è strettamente legato ad un grande progetto politico, un progetto che vivrà se saprà alimentarsi di concretezza, ma anche di utopia. La concretezza dei comportamenti, delle misure, delle azioni, ma insieme l'utopia della buona politica, che ha davanti un grande traguardo, un disegno che va al di là delle nostre biografie. Perché le biografie si consumano e i progetti rimangono; auguri, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, de La Rosa nel Pugno e dell'Italia dei Valori - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, chi le parla - come milioni di altri italiani - è stato, non senza noia, a guardarla nei suoi famosi confronti televisivi con l'onorevole Berlusconi. In uno di questi, ricordo che lei affermò: «Il paese è diviso: noi lavoreremo per unirlo». Poi, promise addirittura la «felicità» per tutti!
Nel discorso programmatico che lei presenta alle Camere, oggi invece afferma: «Taluni coltivano l'immagine di una comunità nazionale lacerata, spaccata, divisa, ma non è così. Consentitemi di dire che chi si attardasse in questa lettura non renderebbe un servizio al paese e neppure ai propri elettori». Complimenti! L'avete unito così tanto e così bene che in un mese avete occupato tutto ciò che era possibile occupare, negando di fatto a mezza Italia una qualunque rappresentanza istituzionale, cominciando con l'intronizzare in questa Camera un rifondatore del comunismo e proseguendo l'opera con un Presidente della Repubblica che fieramente, anche se legittimamente, rivendica la sua storia di ex comunista. Non c'è da meravigliarsi, signor Presidente, se più di qualcuno,


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con ironia, chiama ora questo paese Repubblica socialista italiana!
Ma oggi parliamo del suo Governo, quello, sì, che unisce gli italiani! Il suo primo collante è la spartizione, al primato delle poltrone, delle sedie, degli sgabelli e degli strapuntini. Eppure, Presidente Prodi, lei sa meglio di me che il suo Governo si fonda su una vittoria elettorale molto discutibile.
La sua coalizione al Senato ha perso per oltre 200 mila voti, ma a tenerla in piedi ci pensano i senatori a vita - e qui mi astengo da commenti per amor di patria - e alcuni eletti rappresentanti degli italiani nel mondo, anche se tutti sanno dei brogli e delle storpiature del voto all'estero, che non si potrà di certo ripetere con queste modalità e con queste palesi irregolarità. Come premio per questi strenui difensori della patria all'estero che le garantiscono di restare in sella, lei abolisce il ministero, ma ne promette uno senza portafoglio. Questi un po' protestano, un po' abbaiano, ma poi tornano come cagnolini a farle da guardia; un viceministro qua, una poltroncina là, e potrete fare tutti insieme la carica dei 101!
Alla Camera, invece, la sua coalizione ha vinto per poco più di 20 mila voti, grazie alla presenza di una falsa lega o, se preferisce, di una lega civetta. Lei, Presidente Prodi, che si riempie la bocca di etica, ha prontamente premiato tale Elidio De Paoli - cosiddetto leader di quella lega, neppure eletto - chiamandolo a far parte del Governo come sottosegretario.
Lei, Presidente Prodi, ha affermato: «Credo che il calcio sia una metafora importante della situazione del paese. Non è una vicenda casuale che può essere minimamente snobbata o messa da parte, perché essa ha messo in rilievo quanto profonda sia la crisi dell'etica in ogni aspetto della vita, persino nello sport». Tutto giusto! E lei, coerentemente, che fa? Nomina sottosegretario allo sport l'uomo giusto al posto giusto, uno scienziato dello sport e della lingua italiana, che si autopresenta come segue. Cito il Corriere della Sera del 20 maggio: «Dieci giorni fa ho visto Prodi, otto minuti (bah!). Ero sul distrutto, non ero stato eletto. Mi dice: che cosa vuoi? Mah, a Brescia facevo l'assessore allo sport; sia chiaro, di sport non mastico niente, la persona meno sportiva del mondo. Tamburello, bocce, è tutto lo stesso». E poi «cava» dal suo repertorio queste due preziose perle lessicali: «Quello che sta succedendo nel mondo sportivo è poco "edificabile"; nel calcio molti erano "conviventi" di Moggi». Viva l'etica, signor Presidente, viva la competenza, viva il merito, viva le qualità (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)!
Poi lei ci diceva, sempre con tono illuminato e profetico, come usa fare: «Ci vuole serietà» ...! «Dobbiamo essere seri» ... «La situazione dei conti è grave» ... «Il mio sarà un Governo snello, agile, attento alle spese» (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno)... Complimenti, ha mantenuto le promesse (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno)!

PRESIDENTE. La prego di mantenere un comportamento corretto: le imitazioni non sono ammesse.

ROBERTO MENIA. Cercavo di fare l'imitazione; non è venuta bene?

PRESIDENTE. Eviti di farlo e prosegua normalmente, in modo opportuno.

IGNAZIO LA RUSSA. È il suo modo naturale!

ROBERTO MENIA. Ora ci racconta che vuole ridurre di almeno la metà le scorte per il personale politico e di Governo, ma intanto moltiplica gli scranni (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno). Quanto ci costerà, signor Presidente, lei che è del mestiere?
Ma non basta. Parliamo piuttosto dei contenuti della sua relazione. Pareva il suo, come giustamente è stato rimarcato, il discorso del capo dell'opposizione; lei ha detto solo ciò che volete distruggere e non costruire; lei ha promesso che vi abbatterete


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con furia iconoclasta su tutto ciò che è retaggio del Governo precedente: le grandi opere, la legge Biagi, la riforma della scuola, l'immigrazione, la droga, l'Iraq.
E, a proposito di questo argomento, lei, che è un campione di ipocrisia ed è ricattato dall'ala più oltranzista della sinistra, ha testualmente dichiarato: «Non abbiamo condiviso la guerra in Iraq e la partecipazione dell'Italia a tale guerra; consideriamo la guerra in Iraq e l'occupazione del paese un grave errore». Lei sa che la missione italiana è stata ed è una missione di pace: lo dicono le risoluzioni dell'ONU...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

ROBERTO MENIA. Lo disse il Presidente Ciampi. Mi concede ancora un minuto?

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, gli cedo un po' del mio tempo!

ROBERTO MENIA. Sa ancora meglio che il termine «occupazione» è quello che usano i terroristi per giustificare gli attentati, come quello di Nassiriya, contro i nostri soldati. Ma lei non si vergogna, di fronte alle bare dei nostri ragazzi, allo strazio delle loro famiglie, a quell'Altare della patria ricoperto di fiori, a dire ciò che dice (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)?
Certo, Presidente, se lei avesse questa coscienza, non avrebbe nominato ministro uno che sghignazzava di fronte a quelle bare.
E allora via di corsa dall'Iraq: inseguiamo Zapatero nella sua fuga, tanto per ritornare un po' «Italietta»; magari inseguiamolo anche nella lunga marcia di distruzione dei valori cristiani e dell'Europa e dei pilastri fondanti della nostra società, come la famiglia. Lei che pensa, Presidente Prodi? Lei, che nel suo discorso ha detto: «La famiglia ha bisogno di sicurezza e quindi va sostenuta nella sua vita quotidiana con un respiro di lungo periodo; è finora mancata invece una politica efficace (...)». Vorremmo sapere, signor Presidente, se la sua idea forte di famiglia è quella naturale e tradizionale a cui noi guardiamo, che è tutelata dalla nostra Costituzione, o se invece pensa a qualcos'altro. Vorremmo sapere dal neoministro della famiglia Rosy Bindi, che tra l'altro è una single impenitente, che cosa significano le sue prime esternazioni proprio in tema di famiglia (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo - Interruzione del deputato Grillini).

PRESIDENTE. Vi prego, onorevoli...

ROBERTO MENIA. Cosa intende quando dice che non è possibile relegarne la tutela nella sola sfera del diritto privato? Vuole forse un diverso diritto di famiglia? È già partito l'attacco nel mare dell'ipocrisia di chi vuole mettere nei codici il riconoscimento di una pseudo-famiglia, che potrà essere pure di persone dello stesso sesso?
Sono queste le domande alle quali voi non avrete il coraggio di dare risposte (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo), pena rompere il giocattolo appena iniziavate a divertirvi.
Il problema è che l'Italia non è un giocattolo. Lei, Presidente, dice: «Occorrono grandi investimenti infrastrutturali nei porti, nelle strade, nelle reti ferroviarie»; ma si risponde nominando un ministro che dice che non si fa il Ponte sullo stretto, un altro che grida «no TAV», un sottosegretario all'economia che viene dai centri sociali.
Lei medita di distruggere la riforma del mercato del lavoro varata dal centrodestra, quella che chiama legge n. 30, perché non la disturbi il fantasma di Biagi; lei parla di flessibilità interpretata come precarizzazione, ma non fu il suo passato Governo a consacrare i famigerati co.co. co? E vuole invece negare che il tasso di disoccupazione italiana è sceso dal 10,4 al 7,5 per cento e che di quel milione e mezzo di posti di lavoro in più 1 milione e 250 mila è rappresentato da contratti a tempo indeterminato? Quando l'avrà distrutta,


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questa riforma, con che cosa la sostituirà?
Infine, sull'immigrazione, e concludo. È lei a dire: «La nostra politica dell'immigrazione» - ed è in malafede! - «non si baserà né sull'immigrazione, né sull'emarginazione, né sulla criminalizzazione; il nostro operato si baserà piuttosto su accoglienza, convivenze e garanzie». E che cosa è stata la riforma delle norme sull'immigrazione, la legge Fini-Bossi, se non proprio accoglienza, integrazione e garanzie? Una legge che collega l'integrazione e la permanenza sul territorio nazionale con il lavoro è una legge che, al tempo stesso, coniuga tutta la solidarietà possibile con la sicurezza necessaria. Chi lavora è benvenuto. E un popolo, quello italiano, che ha conosciuto l'emigrazione, sa dare solidarietà a chi ne ha bisogno e vuole vivere rispettando le nostre leggi e le nostre tradizioni. Ma anche questo lei vuole cancellare.
Non ci siamo, professore! Lei è arrivato predicando serietà, ma la sua ci pare essere soltanto una triste barzelletta (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!

FRANCO GRILLINI. Sei tu la barzelletta!

PRESIDENTE. Il deputato Menia ha utilizzato tre minuti e trenta secondi del tempo a disposizione del deputato La Russa, che quest'ultimo gli ha concesso.
È iscritto a parlare il deputato Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, signori membri del Governo, nel suo forte discorso, il Presidente Prodi ha preso le mosse dalla necessità di imprimere una scossa al paese, alla società italiana: una scossa che segni un salto di qualità nell'azione di Governo; una scossa che segni un colpo di reni, per restituire al paese certezze che il paese, in questi anni, ha smarrito.
Credo che questo approccio sia molto giusto, Presidente, perché, nell'indicare l'esigenza di una scossa, lei trasmette, in qualche modo, una triplice consapevolezza: la consapevolezza dei rischi che corre l'Italia, che in questi anni è stata attanagliata dalla stagnazione economica e dall'insicurezza sociale; la consapevolezza, peraltro, delle grandi potenzialità che la società italiana, il paese, può mettere in campo; la consapevolezza della necessità, da parte di chi ha la responsabilità di governare, di chiamare a raccolta le migliori energie del paese, di mobilitare la società italiana. In questa consapevolezza mi pare vi sia il senso, la missione di una classe dirigente, che è quella di raccogliere ansie, domande, aspettative dei cittadini, che è quella di indicare mete e sfide, che è quella di tradurre tutto ciò in progetto e in governo.
Io credo che sia giusto questo approccio, perché è esattamente qui, su questo terreno, che la destra non ce l'ha fatta.
Nel 2001, quando Berlusconi e la destra si presentarono agli elettori, chiesero un voto in nome di un messaggio che non era banale e, anzi, era attraente: l'idea che la destra sarebbe stata capace di dare a ciascuno più opportunità, più occasioni, più possibilità. Le parole «sogno» e «miracolo» erano evocate, in modo immaginifico, per rappresentare quella volontà della destra di imprimere una svolta dinamica al paese. Quel messaggio coglieva una domanda che c'era nella società italiana: era una domanda di innovazione; era una domanda di apertura; era una domanda di maggiore dinamicità. E noi, allora, forse, la sottovalutammo e non cogliemmo la portata del messaggio che la destra lanciava al paese. E per questo la destra vinse le elezioni.
Il punto è che poi, però, la destra non ce l'ha fatta. Gli esiti di questi cinque anni di Governo sono stati assai lontani da quella promessa. Il bilancio che la destra ha potuto esibire agli italiani è assai distante da quell'aspettativa: la crescita zero, comunque la più bassa crescita che il paese abbia conosciuto da molti anni; la riduzione della competitività del sistema produttivo; l'aggravamento del debito e del deficit; la crescita di molti fattori di precarietà nella vita quotidiana delle famiglie,


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la precarietà del lavoro come la precarietà del reddito; sul piano istituzionale, una politica che ha ridotto il livello di legalità, che ha ridotto la capacità della pubblica amministrazione di essere in sintonia con le domande della società e che ha scardinato l'impianto costituzionale ed istituzionale.
L'esito che è di fronte a tutti è un'Italia più piccola, è un'Italia meno competitiva, è un'Italia più insicura e, per questa via, è un'Italia più egoista.
Per questo, serve una scossa; per questo, ho preso le mosse da quella sua parola e sono convinto che essa sia il messaggio forte che viene dal suo discorso. Serve una scossa per rimettere in moto un paese fermo; serve una scossa per restituire certezze laddove, invece, prevale insicurezza e precarietà; serve una scossa per offrire opportunità a chi - soprattutto i giovani - guarda alla propria vita con preoccupazione; serve una scossa per aprire una società, in troppi settori ed in troppi ambiti, chiusa e ferma.
È per questo che è sbagliato e caricaturale presentarci - come ha fatto, ancora ieri sera, l'ex Presidente del Consiglio, nel corso di una trasmissione televisiva - come restauratori. Noi non consideriamo il Governo Berlusconi come una parentesi, chiusa la quale basta ritornare a prima. Noi siamo consapevoli del fatto che l'Italia ha bisogno di riforme economiche, ha bisogno di liberalizzazione, ha bisogno della rottura di paratie corporative, ha bisogno di innovazioni istituzionali.
Ad esempio, quando chiediamo agli elettori italiani di votare «no» al referendum che tra qualche settimana si svolgerà, non lo chiediamo per un istinto di conservazione, perché manca in noi la consapevolezza della necessità di grandi cambiamenti e di innovazioni dell'assetto istituzionale e costituzionale del paese. Chiederemo di votare «no» in nome, invece, di un'idea più avanzata e più forte, della necessità di riformare l'impianto istituzionale e costituzionale del paese, a partire dal completamento di quel federalismo che voi, invece, in questi anni, sotto la bandiera della devolution, avete mortificato. È intorno a questa sfida, di cambiare il paese, di aprirlo e di determinare una forte innovazione nei suoi assetti economici, sociali e istituzionali, che vogliamo unire il paese.
Sì, lei ha fatto bene a dire in quest'Assemblea - e noi dobbiamo affermarlo in modo chiaro - che non ci sono nemici per questo Governo e per questa maggioranza; non ci sono nemici in quest'Assemblea e non ci sono nemici al di fuori di quest'Assemblea. Per questo, a voi dell'opposizione noi abbiamo sollecitato, in queste settimane, il confronto; per questo, abbiamo pensato che il passaggio dell'elezione del Presidente della Repubblica dovesse essere colto non come l'ultimo episodio di una guerra infinita, ma come il primo atto di una pace che si costruisce insieme; per questo, abbiamo proposto e proponiamo un'intesa sulle presidenze delle Commissioni, non per annacquare o annullare la distinzione delle responsabilità di chi governa e di chi si oppone, ma perché nella distinzione dei ruoli e delle funzioni, entrambi costituzionalmente rilevanti, come giustamente ha sottolineato il Presidente Prodi nel suo discorso, c'è la responsabilità comune di rispondere alle domande ed alle esigenze del paese.
L'Italia non ha bisogno di una guerra civile e politica permanente. Davvero ci auguriamo che le desolanti immagini di qualche giorno fa, quando la metà del Senato della Repubblica ha irriso sguaiatamente i senatori a vita, siano l'ultimo episodio di una guerra infinita. Davvero credo sia dovere di tutti non lasciar cadere l'appello del Presidente Napolitano, un appello solenne che, in quest'aula, ha sollecitato ciascuno di noi - con le parole autorevoli del Presidente - a guardare, prima di tutto, alle domande, alle esigenze degli italiani ed a fare delle risposte che noi dobbiamo dare agli italiani il terreno vero della sfida, della competizione e del confronto tra le forze politiche e gli schieramenti. Anche perché queste sfide, le sfide che il paese ci pone davanti, non stanno di fronte soltanto a noi. Le sfide che la società italiana ci pone non sono un problema soltanto della maggioranza di


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Governo, sono sfide che riguardano l'Italia e il suo futuro, riguardano l'intera sua classe dirigente, una classe dirigente costituita da chi ha la responsabilità di governare e da chi ha la responsabilità di assolvere al ruolo di opposizione.
Lei, Presidente, ha indicato le direttrici di queste sfide intorno alle quali il sistema politico deve mostrarsi all'altezza. Lei ha indicato, prima di tutto, la sfida dell'Europa, e la ringrazio di averlo fatto. Proprio perché noi siamo, non da oggi, convinti europeisti, non abbiamo visioni mitiche dell'Europa e sappiamo quanto complessa, ardua e faticosa sia stata e sia la costruzione del processo di integrazione europea, di un processo che deve condurre ad integrare via via tra loro paesi, nazioni e popoli che provengono da storie, culture, identità e sistemi economici e politici diversi.
Tuttavia, se guardiamo proprio all'esperienza di questi cinque anni di Governo Berlusconi, possiamo tutti trarre la conclusione, a maggior ragione, che pensare l'Italia fuori dell'Europa è velleitario ed illusorio. Pensare che l'Italia possa costruire il suo futuro, il suo destino, la sua prospettiva da sola, prescindendo dall'Europa e dall'integrazione europea, non è soltanto sbagliato, è prima di tutto una velleità perché l'Europa è sempre di più il luogo e lo spazio del nostro destino, della nostra vita, oggi e futura. Se lì c'è il nostro futuro, noi abbiamo bisogno di pensare l'Italia sempre di più dentro quell'orizzonte, dentro quello spazio perché, come giustamente ha detto il Presidente Prodi, l'interesse nazionale del paese coincide sempre di più con l'interesse di quella comunità più vasta che è l'Europa, di cui noi siamo parte e vogliamo essere parte sempre di più, ritornando ad essere in Europa, dopo anni di marginalità, un paese che contribuisce davvero a costruire le condizioni di un destino comune, costruito con popoli e nazioni che ormai non possono pensarsi da soli.
Lei ha indicato la necessità di una crescita e questa può essere sembrata un'ovvietà: non è un'ovvietà. Noi tutti siamo stati abituati per anni ed anni a discutere e a dibattere dentro un meccanismo di accumulazione che cresceva: qualche anno cresceva un po' di meno e qualche anno un po' di più, ma la crescita c'era e il dibattito tra noi era essenzialmente su come si ridistribuiva la ricchezza della crescita. Tuttavia, veniamo invece da anni di bassissima crescita, da anni di crescita zero, da anni di stagnazione produttiva e di riduzione di competitività: allora, il problema non è discutere come si distribuisce una ricchezza che rischia di non esserci, ma la priorità delle priorità è come rimettiamo in movimento un sistema di accumulazione che sia capace di garantire quei livelli di crescita senza i quali qualsiasi discussione sulla redistribuzione rischia di essere puramente velleitaria. Dunque, questo è un tema decisivo ed anche su questo l'elemento di innovazione sta proprio nel modo di guardare alla qualità della crescita.
Cinque anni fa la destra ci propose una ricetta che ha cercato di perseguire con determinazione per cinque anni, ma che si è infranta sull'impossibilità di essere praticata, cioè che il modello di accumulazione potesse essere messo in moto attraverso la riduzione fiscale e che la riduzione fiscale fosse l'alfa e l'omega di qualsiasi politica di crescita. Il risultato è che non abbiamo avuto riduzione fiscale o, comunque, non l'abbiamo avuta in misura così significativa da indurre crescita. Dunque, la crescita non l'abbiamo avuta perché oggi il motore della crescita non sta lì: il motore della crescita sta nel livello di specializzazione tecnologica su cui si fonda la competitività delle nostre imprese; il modello di crescita deve fondarsi su un'innovazione capace di aprirsi a settori a più alto valore aggiunto e più dinamici sui mercati; il modello di crescita deve fondarsi su una politica di infrastrutturazione del paese che non è e non si esaurisce nella costruzione di un ponte, ma è invece pensare il paese e la sua infrastruttura nei nuovi orizzonti e nuovi scenari entro cui la globalizzazione economica offre opportunità gigantesche al nostro paese.


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Per questo non è una stravaganza puntare sui porti. La portualità significa far dell'Italia la porta di ingresso di tutto ciò che da mercati lontani arriva in Europa e da tutto ciò che dall'Europa parte per andare verso mercati lontani; significa cogliere che il Mediterraneo, dopo cinque secoli, torna ad essere non più un mare chiuso, ma una grande via di comunicazione, che il Mediterraneo è la nuova via della seta di questo tempo.
Nel Mediterraneo c'è un grande paese come l'Italia che è una naturale piattaforma logistica e investire sulla portualità significa collocare l'Italia nella spazialità di flussi di traffico, di commerci e di relazioni più ampie. Naturalmente, se si investe sulla portualità, qualsiasi persona di buon senso capisce che bisogna investire sulle vie di comunicazione per andarci e venirci (le strade, le ferrovie, la navigazione del mare, i centri intermodali di stoccaggio delle merci, il loro trattamento). Se mi si permette, viste le polemiche di questi giorni, si tratta di un obiettivo ed un piano molto più ambiziosi che costruire semplicemente un ponte: vorrei che fosse chiaro (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, dei Comunisti italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur)!
Allora, modello di crescita significa scommettere sul sapere, sulla conoscenza, come la frontiera nuova e sempre più decisiva per un modello di accumulazione che sia competitivo e che non scommetta soltanto sulla riduzione dei costi. Il modello di crescita significa sapere che la dimensione ambientale, paesaggistica, culturale e civile di questo paese non è soltanto un fatto marginale, ma diventa una leva di sviluppo fondamentale per lo sviluppo del paese.
Queste sono le sfide che noi indichiamo, e che intendiamo affrontare tenendole insieme alla coesione sociale. Vedete, non facciamo delle caricature anche su questo piano: mi rivolgo ai colleghi della destra. Nessuno è così sciocco da pensare che, in Italia, si possa tornare ad un mercato del lavoro degli anni Settanta od Ottanta, caratterizzato da staticità, da rigidità e da un diverso rapporto tra ciclo produttivo e mercato, perché sappiamo tutti dove viviamo.
Viviamo nella società flessibile, che è tale non solo nel lavoro, ma anche nella produzione, nei consumi, negli stili di vita e nei modelli di comportamento; la nostra società è flessibile perfino nelle gerarchie di valori, figuriamoci un po'! Sappiamo benissimo, quindi, che bisogna fare i conti con un mercato del lavoro flessibile; tuttavia, sappiamo anche, e per noi rappresenta un discrimine fondamentale - ma dico che dovrebbe esserlo anche per voi -, che in nessun modo l'assunzione della flessibilità come modello di organizzazione sociale può tradursi in una condizione di perenne precarietà esistenziale per alcun individuo, perché questo è il punto su cui bisogna intervenire ed agire (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur)!
Quando abbiamo affermato che bisogna riscrivere la legge Biagi, come hanno fatto il Presidente del Consiglio ed il ministro Damiano in questi giorni, non abbiamo pensato alla negazione della flessibilità. Abbiamo fatto riferimento, invece, a ciò che Biagi ha scritto in numerosissimi suoi saggi, che forse bisognerebbe leggere, e leggere tutti. Biagi, infatti, ha scritto che non si poteva costruire un mercato del lavoro moderno e flessibile senza un moderno sistema di ammortizzatori sociali che accompagnasse la flessibilità del lavoro, in ragione tale che nessun cittadino venisse esposto, quotidianamente, ad una condizione angosciosa di precarietà esistenziale. Questo è ciò che vogliamo fare, e che ci sembra corrisponda alle domande dei cittadini, in particolare dei giovani.
Vogliamo un welfare che non lasci soli i cittadini, sapendo che la solitudine - badate - oggi è forse una delle grandi questioni irrisolte per milioni di famiglie. A me è cara una frase di madre Teresa di Calcutta, che spesso cito, che afferma che la solitudine è la povertà delle società ricche. È proprio questo il tema intorno al quale va riorganizzato il welfare, vale a


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dire la capacità di fare in modo che ciascuno non venga lasciato solo (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Popolari-Udeur) nella sua esistenza quotidiana e sappia che esiste uno Stato sociale moderno ed efficiente, fondato sui servizi pubblici, ma non soltanto su quelli. Anche su tale aspetto, vorrei sottolineare che non siamo dei conservatori, ma siamo capaci di costruire i presupposti affinché ciascuno, nella propria vita, abbia garantite le condizioni di certezza e sicurezza essenziali e necessarie.
Vogliamo un'Italia che sia fondata sulla legalità. Ciò significa uguaglianza delle leggi e dei cittadini di fronte ad esse, e sappiamo bene come, in questi anni, troppe volte non sia stato così. Significa, altresì, imparzialità della pubblica amministrazione, nonché accessibilità ai beni comuni da parte di tutti.
Mi riferisco ad un'Italia che sia responsabile verso gli individui ed i cittadini, e vorrei aggiungere che il fondamento della laicità è la responsabilità verso le scelte di vita di ogni donna e di ogni uomo. Vogliamo un'Italia che sia responsabile verso il mondo e verso i grandi obiettivi che segnano la vita del pianeta, e che sappia assumersi la responsabilità, concorrendo in tal senso, di fare del nostro un pianeta di pace, di stabilità e di prosperità per tutti.
Insomma, noi siamo consapevoli che queste sono le aspettative, nonché le direttrici intorno a cui bisogna misurarsi con il paese per potergli offrire delle risposte. Per questo motivo, avvertiamo la responsabilità di non deludere, di onorare gli impegni, di restituire fiducia e speranza e di raccogliere le domande della società italiana. Dobbiamo raccogliere le domande di quella del Nord, come sottolineato dal Presidente Prodi, segnata da un dinamismo che è stato esposto, in questi anni, a profonde crisi per effetto dei processi di globalizzazione economica.
Dobbiamo altresì guardare alle speranze deluse del Mezzogiorno. La ringrazio, signor Presente del Consiglio, poiché nel suo discorso «Mezzogiorno» è non una parola di rito, ma una leva fondamentale per pensare lo sviluppo del Sud e dell'intero paese (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Popolari-Udeur).
La responsabilità di rispondere a tali aspettative grava in primo luogo, ovviamente, sulle spalle del Governo e della maggioranza, ma non solo. Vede, signor Presidente del Consiglio, proprio perché il nostro progetto è un salto - una «scossa», come lei ha affermato -, esso richiede che si agisca su due fronti: quello del Governo - questa responsabilità è, in primo luogo, sua e del suo Esecutivo - e quello della società.
Non ripetiamo l'errore di un riformismo senza popolo. Anche sul fronte istituzionale, infatti, serve una scossa, ma essa deve partire prima di tutto dai comportamenti e dalle scelte dei soggetti politici. Per lungo tempo (mi riferisco ad una riflessione svolta, numerose volte, con il collega De Mita), abbiamo pensato che la democrazia dell'alternanza potesse consolidarsi e radicarsi, in Italia, passando essenzialmente attraverso riforme istituzionali, ed abbiamo compiuto scelte e passi in tale direzione.
Io sono tra quelli che continuano a difendere l'esperienza della Bicamerale, vista come un passaggio coraggioso per dare a questo paese le riforme istituzionali in grado di consentire il consolidamento della democrazia dell'alternanza. Tuttavia, l'esperienza di questi anni cosa ci dice? Ci dice che le riforme istituzionali e costituzionali da sole non bastano, serve anche una riorganizzazione radicale e decisa dei soggetti politici.
La destra, dopo questa sconfitta, si pone l'obiettivo di avviare la costituente di un partito unico; ce lo siamo posti e ce lo poniamo noi, a maggior ragione, proprio perché consapevoli delle responsabilità di governo. Sappiamo che si richiede un centrosinistra unito la cui coesione sarà tanto maggiore quanto più ci sarà un soggetto principale forte a guidarlo. È questa la ragione per cui oggi parlo in


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questa Assemblea - come tantissimi altri colleghi hanno già fatto - a nome dell'Ulivo.
L'Ulivo non è soltanto un'alleanza elettorale, ma costituisce per noi l'idea di costruire un soggetto politico per dare forma al riformismo, per unire diverse tradizioni e culture, per innovare la politica, per portare a compimento una transizione istituzionale che ha bisogno, per essere caratterizzata da un sistema bipolare stabile, di soggetti politici, di grande radicamento sociale, di forte consenso elettorale e cultura di governo, capaci di offrire al paese le leadership necessarie a governare. Si tratta di una sfida che vale per noi - la avvertiamo tutta e per questo abbiamo imboccato questa strada -, ma anche (lo ripeto) per la destra. È soltanto riorganizzando il sistema politico e i soggetti che lo caratterizzano che noi potremo veramente e definitivamente consolidare il bipolarismo e la democrazia dell'alternanza. Attraverso la riorganizzazione dei soggetti politici sarà anche più facile elaborare una legge elettorale che metta fine alla gravissima stortura introdotta da questa vostra legge elettorale, la quale è stata volutamente e sbrigativamente adottata nel corso degli ultimi mesi della legislatura. Questo è il senso della sfida, una sfida che noi affrontiamo con tanta più determinazione perché consapevoli che l'Italia ce la può fare.
Signor Presidente, in fondo tutto il suo discorso è ruotato intorno a questo messaggio che noi dobbiamo sforzarci di far arrivare agli italiani da quest'aula e non soltanto da essa. Sì, l'Italia ce la può fare! Quello che vogliamo lanciare agli italiani è un messaggio di speranza. L'Italia è un grande paese - frase che spesso ha usato il presidente Ciampi in molti suoi discorsi visitando le province italiane - ma un grande paese ha bisogno di una guida all'altezza, che chiami a raccolta le energie migliori della società, che indichi delle sfide e delle mete, che dia il senso a ciascuno che vale la pena di spendere, che costruisca le condizioni perché ciascuno pensi che scommettere su di sè, sul proprio talento, sulla propria capacità, sulla propria voglia di realizzare le proprie ambizioni è parte di un progetto collettivo che fa crescere tutti.
Questa è la nostra ambizione e, dunque, l'ultimo invito che le faccio - ringraziandola signor Presidente - è il coraggio di osare. Ogni volta che ella ed il suo Governo oseranno, lei troverà l'Ulivo ed il centrosinistra a sostenerla con convinzione, perché noi siamo consapevoli che osando saremo capaci di restituire agli italiani certezze, diritti e speranze (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, prendo la parola nella discussione generale sulla fiducia al Governo dichiarandomi fin d'ora convinta della bontà della proposta programmatica da lei presentata. Quindi, nessun elemento di criticità, ma questo mio intervento è legato alla questione della montagna che, tra l'altro, lei ha già avuto modo di considerare dettagliatamente negli obiettivi del programma dell'Unione.
La ripresa economica del nostro paese non può prescindere dal 54 per cento del territorio sul quale risiedono 11 milioni di italiani. La montagna ci sta a cuore, perché siamo convinti che essa sia per l'Italia una risorsa assolutamente strategica. In ciò mi associo ai 4.202 comuni montani italiani e alle 356 comunità montane, che hanno già avuto modo di far pervenire, mediante il presidente nazionale dell'UNCEM, Enrico Borghi, un indirizzo di saluto con l'augurio di buon lavoro a lei e alla nuova squadra di Governo.
La montagna è stanca di promesse non mantenute e di proposte che ne assicurano la valorizzazione, senza essere accompagnate dall'illustrazione di meccanismi fiscali ed economici necessari a questo sviluppo. Su ciò dobbiamo e vogliamo distinguerci,


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e ci impegneremo a fondo per dare attuazione ai nostri impegni politici per la montagna.
È evidente che, per dare un segnale forte e chiaro, sarebbe utile, per non dire necessario, addivenire alla costituzione del sottosegretariato alla montagna e chiamare alla responsabilità dello stesso una persona che, con assoluta capacità e competenza, rappresenti in modo compiuto quel mondo.

PRESIDENTE. Onorevole Froner, la prego...

LAURA FRONER. Vi è la necessità di partire dalla considerazione che le montagne italiane non sono un problema, ma una risorsa e, quindi, necessitano di una forte rappresentanza nel Governo.
Signor Presidente, le chiedo che nella sua replica colga anche questo aspetto e rassicuri tutti noi...

PRESIDENTE. Onorevole Froner, per favore, il tempo...

LAURA FRONER. ...affinché gli impegni assunti in campagna elettorale possano trovare un sicuro ancoraggio nel Governo.
Da parte nostra, le garantiamo fin d'ora che, come legislatori, interverremo per aggiornare, ammodernare e riformulare la legge sulla montagna ormai datata...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Froner, lei ha superato di gran lunga il tempo a sua disposizione. Mi dispiace, non si può fare.

LAURA FRONER. ...anche alla luce dei cambiamenti intervenuti nel frattempo e in vista delle nuove necessità che, dal 1994 ad oggi, sono emerse. Buon lavoro!
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Froner, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare il deputato Reina. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, il mio cognome si pronuncia correttamente con l'accento sulla «i»...

PRESIDENTE. Ne farò tesoro, la ringrazio.

GIUSEPPE MARIA REINA. È la prima volta che in quest'aula prende la parola un deputato del movimento per l'Autonomia, un parlamentare del sud, siciliano. Credo che i colleghi comprenderanno in che modo affronti gli argomenti che sto per trattare e come non possa fare a meno di avvertire tutta la responsabilità che ne deriva per l'insieme delle grandi questioni che vorremmo poter trattare in quest'aula e in questa circostanza. Ma sappiamo bene che ciò non è possibile, perché - ahimè - il tempo è tiranno e bisogna rispettare i termini regolamentari. Tuttavia, cercheremo il più possibile di fare il punto sulle questioni che vogliamo sottoporre all'attenzione di tutti.
Innanzitutto, francamente sono rimasto sorpreso di fronte ad alcune considerazioni svolte poco fa dall'onorevole Fassino, che peraltro stimo per la sua onestà intellettuale. Diventa complicato riuscire a capire come si possa parlare del ponte sullo stretto di Messina, dimenticando che questo Stato, con i precedenti Governi nella XIII legislatura, ha investito nella rete intermodale siciliana e lo ha fatto con risorse notevolissime. Non riesco, francamente, a capire come possiamo immaginare, ad esempio, che le merci che approdano in Europa, partendo dai paesi del Corno d'Africa, si avviino nella rete distributiva europea attraverso il porto di Marsiglia e poi ritornino allo «stivale» attraverso la rete intermodale degli interporti italiani, fino in Sicilia. Cioè, le merci partono dalle nostre spalle! Non riesco a capire come si possa credere seriamente di affrontare i termini di un moderno sistema


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intermodale italiano ed europeo senza immaginare il ponte sullo stretto di Messina. Evidentemente, i tecnici cui facciamo riferimento sono, in ordine a ciò, particolarmente carenti.
Vorrei anche aggiungere, per correttezza, che basta scorrere il portato della scuola trasportistica napoletana, come anche di quella di Reggio Calabria, per capire se i tecnici italiani che si occupano di tali materie da anni siano o meno per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. È evidente che non si tratta di un'opera fine a se stessa e che non può né deve rimanere tale perché, se non è collegata realmente ad un moderno sistema infrastrutturale, rischia di essere una gravosissima cattedrale nel deserto. Ma ciò non è nella memoria collettiva dei siciliani e - aggiungo - dei calabresi. Vedrete che anche su questo, in occasione della competizione elettorale che si sta svolgendo in Sicilia, il popolo siciliano darà una risposta, un'indicazione al Governo, quale che sia: di centrodestra o di centrosinistra.
Si ha un bel dire quando si parla di seconda, di terza, di quarta Repubblica: ancora utilizziamo linguaggi di tipo ottocentesco parlando di centrodestra e centrosinistra. L'Italia è divisa tra il centrodestra ed il centrosinistra: siamo davvero convinti che sia possibile ricondurre nell'ambito di queste due semplici locuzioni il portato complessivo e straordinario che esprime il popolo italiano? Io dico di no. Per noi, più semplicemente, l'Italia è divisa tra centro-sud e centro-nord. Colleghi, il 15 maggio di quest'anno ricorrevano i sessant'anni dell'autonomia siciliana: sessant'anni di ritardi, di attese tradite, di enunciazioni di principio rimaste nell'indifferenza di una classe politica che ha barattato la propria sopravvivenza con un atteggiamento di deferente asservimento verso l'oligarchia, certamente non particolarmente interessata a che lo statuto venisse attuato. Penso all'Alta Corte di giustizia, al fatto che il Banco di Sicilia avrebbe potuto battere moneta, e invece c'è stato un disegno per distruggere il sistema creditizio siciliano, che era stato concepito per dare spazio e risorse all'attività d'impresa del popolo siciliano.
Carissimi colleghi, mentre al centro-nord assistiamo alle proteste, più o meno giuste e corrette, delle popolazioni della Val di Susa contrarie alla realizzazione della TAV, dobbiamo miseramente chiederci se le popolazioni del centro-sud, in particolare quelle campane, calabresi e, perché no, siciliane, avranno mai la TAV. Forse fra dieci o cento anni, o forse mai, perché così è stato stabilito.
Non valuteremo l'azione del Governo partendo da un'ottusa posizione di contrapposizione, che riteniamo non sia utile alla complessiva politica che deve esprimere non solo il Governo, ma il Parlamento di questo paese. La valuteremo, però, sulla base di tali questioni. Riteniamo insensato ed assurdo che alcuni ministri, ancora prima di occupare la propria poltrona, esprimano in libertà giudizi impegnativi come quello manifestato a proposito della realizzazione del ponte sullo Stretto, senza rendersi conto di quello che ciò potrebbe costare, al contrario, dopo che è stato firmato il relativo contratto, ove non si procedesse materialmente alla realizzazione dei lavori.
Come dicevo, sono un deputato siciliano. Dunque, mi chiedo come mai, se lo spirito di coloro che avversano il ponte è anche determinato dalla difesa dei temi ambientalisti, questi stessi temi siano molto più sofficemente affrontati quando si tratta in Sicilia degli impianti di raffinazione petrolifera a Gela, a Milazzo, a Siracusa.
Parlo dei luoghi dove approdarono le navi del console Marcello perché Roma voleva sottomettere Siracusa al proprio dominio. Sono i luoghi di questa Sicilia e di questo Mediterraneo, culla della nostra civiltà, dove oggi, carissimi colleghi, insistono i pontili che sorreggono la rete di adduzione petrolifera, una rete obsoleta che, non molti giorni fa, ha rischiato di compromettere in maniera gravissima un sito importante come l'insediamento petrolchimico di Priolo, una rete di cui non conosciamo nulla: non sappiamo con esattezza


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quanti e quali monitoraggi siano stati fatti, chi, perché e come, nell'arco di tempo che si è sviluppato dalla venuta di Enrico Mattei in Sicilia, abbia autorizzato e in che termini.
Era stato promesso un grande sviluppo, una grande capacità di lavoro; abbiamo visto soltanto le nostre coste distrutte, il lavoro ridotto quasi a nulla, con poche centinaia di lavoratori ed un grave pregiudizio complessivo per la salubrità delle popolazioni. Molti sanno e troppi tacciono sulle malformazioni neonatali che si sviluppano in queste aree. Si potrebbero scrivere libri bianchi, e su ciò, nelle forme dovute, chiederemo l'istituzione di una Commissione d'inchiesta da parte del Parlamento italiano. Pochi sanno, però, che mentre avviene tutto ciò, alcune aziende pagano prima che il processo si concluda, prima che vi sia un pronunciamento di magistrati. Pagano per cento famiglie, a dimostrazione che non solo vi è qualcosa di vero, ma che tutto è vero! È vero che il mercurio è stato buttato a mare e che attraverso la catena alimentare ha interferito, in qualche modo, con l'uomo; e le conseguenze non riguardano certamente solo quelle centinaia di persone.
Affrontiamo anche il tema dei tumori e quale percentuale hanno raggiunto in quella parte delle regione siciliana! Carissimi colleghi, non vogliamo più essere la «pattumiera» d'Italia e, forse, d'Europa, perché non sappiamo nemmeno se la raffineria di Priolo, le raffinerie meridionali raffinino petrolio diretto anche nel resto d'Europa, signor Presidente!
Chiediamo un impegno preciso al Governo affinché si smantellino questi impianti, si riconverta l'impegno e l'iniziativa economica in queste aree, privilegiando la realizzazione di strutture ricettive turistiche o quant'altro, così da salvaguardare i lavoratori che oggi lavorano per ciò che di residuale rimane in queste strutture e da permettere loro di mantenere il posto di lavoro allo stesso tempo dando il via ad uno sviluppo reale, omogeneo e serio legato alla natura del territorio.
Sappiamo bene che si tratta di argomenti di difficile soluzione, per i quali molte forze lavorano astutamente nell'ombra, riuscendo a coinvolgere molti parlamentari.
Peraltro, è strano dover assistere, anche in questo momento, ad un rituale stanco, carissimo Presidente della Camera, in base al quale i leader con il loro «codazzo» entrano in aula, svolgono i loro interventi, seguiti dai leader o semi-leader che un tempo furono leader, e poi escono dall'aula seguendo un rituale che appartiene ad un'Italia, questa sì, di altri tempi! Questa è l'Italia che dovremmo cancellare! Altro che centralità del Parlamento, caro Presidente Bertinotti, qui è la centralità del Parlamento: nel rito di interventi che si consumano e nella processione che si svolge nel cosiddetto Transatlantico!
Se vogliamo la centralità del Parlamento, cominciamo fin d'ora a confrontarci su questi temi. Abbiamo il coraggio di spenderci su questi temi e di chiarire la nostra posizione, anche di fronte ai veri e reali poteri forti del mondo dell'economia, dell'informazione e di quant'altro, che gravano sul nostro paese mescolandosi con la cosiddetta sinistra e con la cosiddetta destra al momento delle convenienze possibili!
È questo quello che dobbiamo scardinare, se vogliamo avere il coraggio di condurre fino in fondo la nostra funzione di parlamentari; ed è a questo che mirano i parlamentari del Movimento per le Autonomie. Vedete, abbiamo posto una bandierina con le elezioni politiche, ma state pur tranquilli che, con le elezioni regionali che saranno da qui a poco in fase di svolgimento, raggiungeremo percentuali a due cifre, perché i siciliani hanno capito fino in fondo qual è il messaggio che noi vogliamo raggiungere.
Allora, ancora una volta, io dico che noi non esprimeremo, in questo momento, la nostra fiducia al Governo proposto dall'onorevole Prodi, ma neppure ci chiuderemo in una condizione preconcetta di assurda contrapposizione.
Ci auguriamo, anzi, che questo Governo, in qualche misura, sappia cominciare a muoversi nella giungla nella quale è costretto a muoversi, suo malgrado, a prescindere dalla colorazione che lo caratterizza,


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per la difficoltà complessiva che il nostro paese rappresenta ed evidenzia in questo momento. Se manifesterà attenzione, fatti e atti concreti che, e vado a concludere, Presidente, il popolo siciliano, ma anche quello calabrese, lucano, campano possono apprezzare, allora sicuramente, rispetto a questo, valuteremo un atteggiamento responsabile, nell'interesse del paese e delle popolazioni che vivono all'interno di esso.
Sappiate che noi non miriamo né alla secessione nè all'indipendenza; miriamo a specificare, ancor più, quelle che sono le caratteristiche e le esigenze territoriali per far sì che si pervenga ad una reale unità del paese, che purtroppo, ancora oggi, noi abbiamo difficoltà a riscontrare in questa Italia. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. Grazie, deputato Reina.

Nomina dei componenti la Commissione speciale e sua convocazione.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito delle designazioni da parte dei gruppi, la Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge risulta composta dai seguenti deputati:
Amici, Bimbi, Boato, Borghesi, Bruno, Buffo, Campa, Gianfranco Conte, Giorgio Conte, Cordoni, Cossiga, D'Agrò, Delbono, Di Gioia, Fabbri, Fistarol, Gregorio Fontana, Galletti, Giachetti, Gibelli, Holzmann, Migliori, Motta, Nicco, Pagliarini, Picano, Provera, Quartiani, Rocchi, Ventura.

Avverto che la Commissione è convocata per la propria costituzione alle ore 14 di oggi presso l'aula della Commissione affari costituzionali (al IV piano di Palazzo Montecitorio).

Si riprende la discussione.

(Ripresa della discussione)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nardi. Ne ha facoltà.

MASSIMO NARDI. Signor Presidente, per chi, come me, è alla sua prima esperienza parlamentare, partecipare al dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del Governo è, al tempo stesso, un'emozione ed una speranza fortissima. Emozione perché ci si rende conto che si parla di quello che potrebbe essere il futuro della nostra Italia e che, in qualche modo, può essere determinato anche da noi stessi; la speranza è legata al fatto che quello che viene detto venga ascoltato da chi ha la possibilità di migliorare alcune condizioni che si stanno determinando.
Io credo che se lei, signor Presidente del Consiglio in pectore, volesse far tesoro di alcuni suggerimenti che mi sento di darle, forse questo potrebbe aiutarci a svelenire un po' la situazione politica attuale.
Se si accogliesse la proposta dell'onorevole Berlusconi, come credo lei farà, di attribuire le presidenze delle Commissioni e della Giunta delle elezioni ad un rappresentante della Casa delle libertà sarebbe un primo passo, che credo lei vorrà compiere. Tuttavia, signor Presidente, vorrei aggiungere una considerazione. Credo che lei dovrebbe vincolare la sua maggioranza anche a tempi certi per i lavori dell'organismo deputato al controllo delle elezioni, perché, altrimenti, si potrebbe correre il rischio di allungare i tempi, di andare alle calende greche, creando la sensazione che ciò possa diventare un modo per ritardare la chiarezza in ordine a quanto avvenuto alle ultime elezioni.
Credo che sarebbe utile anche a lei, signor Presidente, perché, se è vero com'è vero, almeno secondo quanto affermato dal suo ministro dell'economia, che il paese ha bisogno di uno sforzo comune per risolvere i problemi urgenti dal punto di vista finanziario, sarebbe fondamentale che lei prestasse la sua attenzione ad altri aspetti oltre a quelli enunciati poco fa. Ciò, infatti, sarebbe utile, come dicevo all'inizio, nel tentativo di ritrovare una concertazione, un passaggio da compiere insieme.
Signor Presidente, sentiamo dire dalla sua maggioranza e dal suo Governo che


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quanto è stato compiuto dal precedente Governo e dalla precedente maggioranza sarà rivisto, rifatto e modificato. Le confesso che ciò non ci sembra né giusto né corretto, ed, anzi, per taluni versi, ci preoccupa.
Se lei veramente volesse aprire un dibattito, un dialogo con la Casa delle libertà, credo ci dovrebbe essere una sorta di disponibilità su alcuni temi fondamentali in ordine a ciò che è stato compiuto nel passato, e mi riferisco alla legge Bossi-Fini, alla legge Gasparri, alla riforma Moratti. In tale contesto, non credo si possa andare dietro a dichiarazioni di esponenti della sua maggioranza, i quali affermano solo e unicamente una cosa: cancellare tutto!
Se veramente volesse prendere in considerazione la possibilità di aprire un dialogo, dovrebbe immaginare una sorta di reale, vera e determinata concertazione o, comunque, un coinvolgimento bipartisan su tali riforme, laddove decidesse di modificarle in tutto o in parte. Signor Presidente del Consiglio, credo non debba sottovalutare tutto ciò, perché ha il dovere nei confronti del nostro paese di ricreare condizioni di governabilità che al momento si stanno oggettivamente strumentalizzando e fossilizzando.
Se continuerà ad avere una sorta di «disponibilità» di tipo formale, ma non sostanziale, se continuerà a rimanere distratto rispetto ad alcune aperture che vengono compiute, ma che, a mio giudizio, vengono completamente trascurate, si troverà di fronte ad un Parlamento difficilmente governabile, perché la reazione, di fronte all'assenza di interlocuzione e di disponibilità, sarà solo una ferma e convinta opposizione. Un'opposizione che, spesso, sfocerà nell'ostruzionismo più becero; ma non so se lei potrà considerare becero un ostruzionismo che è solo la risultanza di una sua presa di posizione.
La invito formalmente, signor Presidente, in qualità di democristiano e, quindi, di persona che punta più a costruire che a distruggere, se veramente vuole affrontare i problemi del paese e vuole farlo in armonia per il bene del paese, pur nei ruoli di opposizione convinta che terremo, a rispettare ciò che pensiamo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, vorrei, innanzitutto, ringraziare da parte del nostro gruppo il Presidente della Camera e l'Ufficio di Presidenza per aver accolto la nostra richiesta relativa alla costituzione in deroga del gruppo parlamentare Popolari-Udeur.
Signor Presidente, le devo confessare che ho provato e provo una certa amarezza, vorrei dire un po' di tristezza, nel continuare a constatare come, anche oggi, parte dell'opposizione non voglia prendere atto con responsabilità dell'esito del voto popolare che ha sancito la vittoria dell'Unione. Qualcuno sogna addirittura la cacciata in tempi brevissimi di questo Governo e di questa coalizione e non si rende conto che ad essere mandati a casa sono stati, con l'elezione dell'aprile scorso, il Governo Berlusconi e la sua maggioranza.
È comprensibile che Forza Italia - l'abbiamo visto anche ieri in televisione a «Porta a porta» - mostri tanta amarezza e tanta incredulità su quanto è avvenuto. La legge elettorale non è certo da addebitare all'Unione, che l'ha contrastata in tutti i modi: ma ora basta, è ora di dire basta e guardare avanti! La situazione è pesante: quello che ci ha detto il ministro Padoa Schioppa è quanto mai eloquente e non ha bisogno di commenti. Lo stato della nostra economia è semplicemente drammatico; occorre rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro per attuare quel programma che tutti insieme, i partiti che compongono l'Unione, abbiamo contribuito ad elaborare.
Signor Presidente Prodi, i Popolari-Udeur sosterranno con coerenza e assoluta lealtà la sua azione di governo, ancorata ad un programma di grande innovazione e


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di forte cambiamento. Siamo certamente di fronte ad una svolta democratica, partecipata e fortemente voluta. Il grande senso di responsabilità del nostro Governo saprà certamente ridare fiducia ad un'Italia delusa, ad un'Italia in ginocchio attraverso una forte azione a favore dello sviluppo, aprendo la speranza alle nuove generazioni.
Signor Presidente, condivido pienamente quanto affermato dal collega Picano e non mi soffermerò più di tanto sugli argomenti svolti, anche se va fatto un accenno ai problemi sollevati dal ministro Bindi nella sua nota intervista sulle coppie di fatto.
La posizione dei Popolari-Udeur è stata chiara fin dal primo momento e non è cambiata: quello non è un argomento del programma di Governo, ma certamente rientra tra gli impegni della politica e quindi nella valutazione del Parlamento, il cui esito finale rispetteremo ovviamente, anche qualora fosse contrario alla nostra posizione.
L'impegno forte di questo Governo di mettere mano con decisione all'ammodernamento dello Stato, recuperando ritardi annosi, colposi e penalizzanti, non ultimo l'inerzia del Governo precedente (apparso forse troppo spesso distratto perché più impegnato a varare leggi e leggine ad personam), è per noi qualificante e determinante per il futuro del nostro paese.
Signor Presidente, i Popolari-Udeur hanno chiesto con forza e ottenuto che nel programma il Mezzogiorno fosse il problema cardine, centrale e prioritario dell'azione di Governo. Siamo, infatti, convinti che, finché il problema del Mezzogiorno non sarà affrontato e definitivamente risolto, non vi sarà un paese equilibrato, che crea opportunità uguali per tutti i cittadini; e non sarà certamente la devolution, approvata dalla ex maggioranza, che potrà dare risposte serie, anzi essa aggraverà ulteriormente l'isolamento, rendendo le regioni del Mezzogiorno da povere ad ancora più povere e le regioni ricche ancora più ricche.
È questo il motivo per cui forte è l'impegno di tutta l'Unione nel dire con forza «no» al referendum del prossimo 25 giugno. Il gap da superare per il sud è ancora molto alto e soltanto un'azione incisiva del Governo per realizzare tutti gli strumenti (servizi, infrastrutture, ricerca, tecnologia e quant'altro) potrà segnare una svolta effettiva. Non sarà certo la realizzazione del ponte sullo Stretto a risolvere i problemi del Mezzogiorno, opera in questo momento sicuramente elefantiaca, quasi di regime. Basti pensare che con quei soldi potrebbero venire realizzate tutte le infrastrutture ancora mancanti in una grande regione come la Sardegna e in qualche altra ancora.
Vi è bisogno assoluto di un paese fortemente unito e coeso, nel quale tutti facciano la loro parte e soprattutto il proprio dovere in una rinnovata e ritrovata stagione di diritti e di doveri per tutti.
Vi è certamente bisogno, come lei ha giustamente sottolineato, di un nord trainante e di un Mezzogiorno che diventi elemento insostituibile di un processo di crescita economica e sociale con pari dignità.
Presidente Prodi, mi permetta di richiamare la sua attenzione sul ruolo del mondo delle autonomie locali, considerato anche e soprattutto nel contesto dell'economia nazionale. Gli 8.100 comuni, le 107 province e le 20 regioni, unitamente alle 356 comunità montane, rappresentano una realtà vera, viva e indispensabile del nostro paese. Sono i pilastri della nostra stessa democrazia. I comuni, in particolare, rappresentano autentiche aziende che producono servizi insostituibili per i cittadini e che, contestualmente, sono volano per nuovi importanti investimenti nei diversi settori produttivi, creando occupazione e ricchezza. Le autonomie locali sono state per troppo tempo dimenticate o, peggio ancora, ignorate. Occorre, Presidente, una vera politica di svolta e lei, un forte segnale lo ha dato a questo Parlamento e al paese in maniera concreta, istituendo il nuovo Ministero per le autonomie locali.
La prossima finanziaria dovrà rendere giustizia, facendo scelte coraggiose in questo importante settore della vita pubblica


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del nostro paese. Un esempio per tutti: ma le pare sia pensabile che un'intera regione, nel caso specifico la Sardegna, si sia vista costretta a scendere in piazza a Roma con tutte le rappresentanze istituzionali, sindacali, imprenditoriali e sociali, in una parola, l'intero popolo sardo, per chiedere quanto dovuto in relazione al trasferimento del gettito IVA ed IRPEF previsto dallo statuto? E qui gli arretrati ormai ammontano a circa 5 miliardi di euro che sono una grande risorsa la quale, se non ottenuta, metterà in ginocchio un'intera regione. Sono certo che questo Governo renderà presto giustizia alla Sardegna, ponendo fine alla politica di figli e figliastri, com'è avvenuto nella passata legislatura, dove regioni con le stesse caratteristiche di autonomia hanno ottenuto quanto era loro dovuto.
Vorrei, però, Presidente, che il suo Governo si facesse anche carico del problema del limite del mandato dei sindaci. Come lei sicuramente ben sa, la situazione è diventata preoccupante e potrà diventare incontrollabile, se non vi saranno adeguate e sollecite decisioni legislative. C'è ormai in campo una vera e propria sfida contro una legge che, fissando il limite dei due mandati consecutivi, viene considerata contro i principi della Costituzione. Nella tornata elettorale dei prossimi 28 e 29 maggio, Presidente Prodi, sono ben 30 sindaci che si presentano per il loro terzo mandato, interessando comuni di ben 20 regioni. L'ANCI, associazione nazionale dei comuni, incalzata in particolare dalla consulta nazionale dei piccoli comuni, si è più volte pronunciata per il superamento di questo limite. C'è al riguardo una proposta di legge già approvata al Senato, mentre, finora, nulla viene fuori dai lavori della Camera dei deputati.
Signor Presidente, i Popolari-Udeur sono convinti che, sotto la sua guida, possa cominciare una nuova fase della politica italiana, insieme con una maggioranza certamente eterogenea ma fortemente coesa attorno ad un programma di grande respiro per l'Italia, da tutti sottoscritto e per tutti impegnativo, che vorrà operare in un rinnovato clima di serenità, riaffermando con convinzione che la pace è il valore primario e collante fra tutte le forze politiche non solo dell'Unione, ma di tutto il Parlamento.
Vi è la necessità di un impegno forte per una giustizia giusta. La guerra con i giudici è finalmente finita, come ben ha dichiarato il neoministro della giustizia, senatore Clemente Mastella.
Fondamentale è il rispetto dei ruoli e delle funzioni tra poteri diversi dello Stato. I cittadini potranno finalmente, dopo anni di forte tensione, riprendere ad avere fiducia in una magistratura davvero credibile ed indipendente, il cui impegno è e deve essere la garanzia di assoluta imparzialità per tutti. Occorre, però, ridurre i tempi dei processi. Questa è la prima risposta fondamentale, ipotizzando un anno, un anno e mezzo per la sentenza di primo grado, due anni, due anni e mezzo per la sentenza di appello e tre anni, tre anni e mezzo per quella definitiva. La politica dovrà fare certamente la sua parte, ponendo in condizione i magistrati di poter svolgere il loro dovere nel migliore dei modi. Più risorse, quindi, e più strumenti.
Esprimiamo, infine, il nostro pieno assenso perché siano avviate le procedure legislative per varare l'amnistia e l'indulto, dando così una risposta significativa alla situazione esplosiva delle carceri italiane ed accogliendo, sia pur con notevole ritardo, le sollecitazioni svolte in quest'aula dal pontefice Karol Wojtyla.
In questi giorni, le cronache ci riportano elenchi interminabili di intercettazioni telefoniche riguardanti il mondo del calcio. Certamente questa è una nuova spettacolarizzazione della giustizia. L'intercettazione telefonica è sicuramente uno strumento importante, che è servito per fare luce su molti fatti criminosi. Ma, stiamo attenti all'esagerazione e soprattutto ai gossip che si stanno creando in questi giorni. Va garantito sempre il rispetto della dignità di ogni singolo cittadino, che non può sentirsi inquisito solo perché sono state intercettate sue telefonate, che nulla hanno a che vedere con


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l'oggetto dell'inchiesta. L'equilibrio, Presidente, soprattutto in questi casi, è un'esigenza necessaria ed ineludibile.
Presidente Prodi, la legislatura che si è appena aperta non sarà un'avventura. Per il nostro paese, per i tanti italiani che guardano a noi con fiducia e speranza, confidando nelle nostre capacità, nelle nostre motivazioni, nelle nostre onestà e trasparenza, non ci saranno sorprese né incertezze.
Ce la metteremo tutta, con l'impegno e la passione civile che sappiamo esprimere, abituati a far valere la forza delle idee, prima e di più di quella dei numeri. Ci impegneremo perché questa volta il paese non può permettersi di sbagliare strada. Le idee, le proposte e i valori che abbiamo trasferito all'interno del programma di Governo vogliono essere il nostro contributo nel segno del centro, ossia di quella cultura e di quella sensibilità di chi sa che gli interessi si moderano, gli avversari si ascoltano e le responsabilità si assumono sempre con lo stile e il metodo di chi non ha la verità in tasca, ma la cerca e la costruisce insieme a tutti coloro che hanno a cuore il bene comune.
Non sarà un'avventura, ne sia certo, signor Presidente. Buon lavoro a lei, al suo Governo e a tutti noi per il bene esclusivo di questo nostro grande paese: l'Italia, che, sotto la sua guida e sorretto da una maggioranza convinta, potrà riprendere a svolgere un ruolo di primissimo piano per il rilancio dell'unità politica in Europa (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari-Udeur e de La Rosa nel Pugno - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, vorrei ripetere in quest'aula, qui alla Camera, alcune affermazioni che lei, Presidente Prodi, ha pronunciato al Senato: «Non ci sono nemici, né in quest'aula né fuori. Ci sono solo, qui e fuori, italiani che amano l'Italia come l'amiamo noi, ma che legittimamente coltivano priorità e auspicano scelte diverse dalle nostre». Sono parole, Presidente Prodi, che noi Verdi condividiamo pienamente, e, insieme a queste, altre da lei pronunciate sono per noi parimenti condivisibili: «Non può e non deve esservi spazio per comportamenti ispirati ad una volontà di rivincita, ad un esasperato desiderio di rimarcare ad ogni costo le differenze, alla voglia di segnare vistosamente un nuovo inizio, quasi che un cambio di maggioranza e di Governo, all'interno di una fisiologica e salutare alternanza, tipica di una solida democrazia, dovesse significare una frattura nella storia del paese».
In termini generali le nostre priorità sono giustamente finalizzate ad uno sviluppo economico che sia ecologicamente e socialmente sostenibile, ma anche alla massima valorizzazione delle risorse umane, attraverso il sistema dell'istruzione e dell'università, della ricerca e della cultura, dell'intelligente conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali e anche dell'innovazione scientifica e tecnologica.
Per essere una democrazia piena e compiuta, le nostre priorità devono essere finalizzate anche alla promozione dei diritti civili e umani, alla difesa delle garanzie dello Stato di diritto, al superamento della drammatica emergenza carceraria, alla lotta contro la criminalità organizzata e alla difesa della legalità - che richiamiamo proprio oggi, nell'anniversario della strage di Capaci -, alla creazione delle condizioni necessarie per la convivenza plurietnica e per l'integrazione nel nostro tessuto civile e culturale del crescente fenomeno dell'immigrazione, nella solidarietà ma anche nella sicurezza.
In questa dimensione di sviluppo e solidarietà, è una nostra priorità la ripresa della cooperazione internazionale e la promozione e la costruzione della pace senza ricorrere allo strumento della guerra, che la Costituzione ripudia.
In una democrazia dell'alternanza è del tutto fisiologica l'alternatività tra i programmi di Governo, che però devono confrontarsi democraticamente in Parlamento, senza arroganza e senza preclusioni


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aprioristiche. Al tempo stesso, però, dobbiamo riuscire anche a realizzare positive convergenze in materia di riforme costituzionali, istituzionali ed elettorali. Queste sono le regole del gioco, che riguardano tutti i partiti e tutti i cittadini e che, pertanto, non possono e non debbono essere imposte unilateralmente.
Il 25 e il 26 giugno saremo chiamati a votare nel referendum costituzionale promosso dai deputati e dai senatori del centrosinistra, da ben 15 regioni e da oltre ottocentomila cittadini. Noi auspichiamo che in quel referendum, senza quorum di validità, prevalgano i «no» alla riforma costituzionale «cucinata» nella baita di Lorenzago ed imposta, solo con la forza dei numeri, al Parlamento.
Se - come speriamo -, con la vittoria dei «no», vinceremo il referendum, non ricambieremo il centrodestra con la sua stessa moneta, non ci ispireremo ad una volontà di rivincita; al contrario, senza chiuderci da soli in qualche baita a «cucinare» riforme unilaterali, torneremo subito qui, nella sede istituzionalmente propria, nella centralità della sede parlamentare, a promuovere il confronto tra centrosinistra e centrodestra su proposte di riforma che sappiano e possano essere condivise e condivisibili, per modificare con equilibrio il sistema costituzionale e istituzionale senza tuttavia stravolgerlo. E tale metodo varrà anche per la riforma dello statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige Sudtirol, con riferimento al quale ci siamo impegnati pubblicamente - insieme a lei, Presidente Prodi - durante la campagna elettorale.
Fiducia e piena collaborazione rispetto al Governo Prodi, ma anche iniziativa riformatrice in Parlamento per rendere più moderno ed efficiente il nostro sistema costituzionale ed istituzionale. Su tale terreno ci impegneremo noi Verdi e tutta L'Unione, ispirandoci al confronto democratico e alla leale collaborazione tra le forze politiche disponibili. Buon lavoro, Presidente Prodi, buon lavoro Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi, de L'Ulivo e de La Rosa nel Pugno - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Licandro. Ne ha facoltà.

ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, dalle sue dichiarazioni programmatiche sono emerse parole chiare: pace, lavoro, diritti, equità e giustizia sociale, sviluppo, legalità, lotta senza quartiere alla criminalità organizzata. Dunque, non slogan, ma limpidi intenti che dovranno segnare le linee della politica internazionale e interna del Governo dell'Unione.
Grandi attese, signor Presidente, avvolgono il suo Governo e una larga aspettativa si fa sempre più ampia e attraversa il paese, soprattutto i territori più deboli, quelli del Mezzogiorno, dove durissime sono le condizioni materiali di vita di milioni di italiani.
Abbiamo apprezzato l'attenzione che lei, Presidente Prodi, nelle dichiarazioni programmatiche ha dedicato al Mezzogiorno; quel Mezzogiorno umiliato, dimenticato, cancellato da tutte le finanziarie del Governo della destra, che pure tanto consenso ingiustificatamente aveva ottenuto. Abbiamo visto dunque come tale fiducia sia stata mal riposta e mal ripagata, nonostante una larga presenza nella compagine di Governo di meridionali e di siciliani in particolare.
Ecco perché i Comunisti italiani non sono stati appassionati dalla polemica sulla provenienza geografica e sui certificati anagrafici dei ministri e dei sottosegretari. Perché ci sta a cuore altro; ci stanno a cuore i problemi degli italiani, anzi la soluzione di tali problemi. Ci interessa il problema del lavoro, del lavoro che non c'è, del lavoro che si perde, del lavoro sporco, del lavoro nero, del lavoro insicuro, dell'assenza di condizioni minime di sicurezza che, ogni giorno, produce in media quattro morti nei cantieri: un bollettino di guerra, un bollettino di dolore, di sofferenza, di cui nessuno parla! Ci interessa il problema del lavoro senza diritti e garanzie.
Precarietà, precarietà, precarietà! Questo è ciò che la destra ha distribuito largamente e a piene mani nel paese e


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soprattutto nel Mezzogiorno. Quella precarietà di lavoro che presto si trasforma in precarietà di vita e che ha risvegliato un demone che pensavamo sconfitto, mentre era soltanto sopito, quello dell'emigrazione giovanile.
I giovani hanno ripreso a fare le valigie, signor Presidente! Nell'ultimo triennio sono andati via dalle regioni meridionali circa 100 mila giovani, e quando ciò accade nell'indifferenza generale, se non nel cinismo, ci troviamo dinanzi ad un paese votato al disastro, un paese senza futuro.
E chi resta addirittura rischia di più, rischia di finire nelle fauci di un altro demone, quello della mafia, della criminalità organizzata, affare non solo delle Forze dell'ordine, della magistratura e delle procure, ma enorme questione sociale che grava su tutto il paese, da sconfiggere politicamente attraverso uno sviluppo sano, praticabile soltanto da una politica sana e da una classe politica non inquinata e culturalmente forte e coraggiosa, che prova profonda repulsione verso ogni forma di assuefazione, verso ogni idea di convivenza con la mafia e con la criminalità organizzata.
Ci stanno a cuore comparti essenziali, come la sanità pubblica, oggi sempre più fragile, dove si misura la cifra del disagio e del dolore degli italiani, o comparti strategici, come infrastrutture e trasporti.
Condividiamo pienamente gli intenti e le dichiarazioni del ministro Bianchi sul ponte sullo stretto, perché è giunto il momento di usare il linguaggio della verità, signor Presidente, che può essere fastidioso, può far arricciare il naso, suonare forse plebeo, ma oggi è necessario e salutare. Bisogna aprire una nuova fase in cui la politica non sia più l'arte dell'inganno, come è stata magistralmente interpretata nei Governi Berlusconi. Porti, aeroporti, ferrovie, strade, autostrade, questo è ciò che serve al Mezzogiorno e al suo sviluppo, non opere inutili, sbagliate, enormemente dispendiose. E nel contesto dell'ammodernamento infrastrutturale del paese i comunisti italiani pongono l'esigenza forte di un chiarimento su una vicenda dai contorni assai poco chiari, che ha allarmato tutte le forze politiche, anche quelle del centrodestra, e che riguarda la sorte delle autostrade italiane, e precisamente la fusione con il gruppo spagnolo Abertis.
La vicenda presenta notevoli incongruenze ed è discutibile sul piano del metodo e dell'opportunità, perché è stata decisa in assenza di un'autorità di regolazione, perché singolarmente avvenuta in un momento di sospensione della vita politica, con un Governo con poteri di ordinaria amministrazione, perché il consiglio di amministrazione, ancora una volta singolarmente, si terrà il 23 maggio, cioè oggi, mentre questa Camera discute e vota la fiducia al nuovo Governo. È discutibile anche nel merito, perché si ignorano le ricadute sul piano della concorrenza, perché si ignora se aumenteranno i vantaggi, i benefici per gli italiani, perché non si capisce per quale motivo dinanzi ad una gestione paritetica debbano essere gli spagnoli ad avere la maggioranza. Infatti, spagnola sarà la sede della holding e spagnolo sarà l'amministratore delegato. L'operazione solleva perplessità anche sul piano giuridico: può una società concessionaria trasferire di fatto la concessione ad un soggetto diverso?
Troppe ombre, e soprattutto troppa fretta. Riteniamo dunque necessario un urgente, sereno, ampio dibattito parlamentare sulla vicenda e chiediamo al Governo di avviare subito una profonda azione conoscitiva al fine di ottenere un rinvio del consiglio d'amministrazione.
L'amministratore delegato, Vito Gamberale, di fresco licenziamento, auspica il fallimento della fusione - uso le sue parole - per il bene del paese. È tempo che il bene del paese torni, dopo 5 anni, ad essere il cardine attorno a cui ruotino l'azione di un Governo e l'impegno politico e civile, primato della politica e centralità del Parlamento, per una rinnovata cultura politica e istituzionale, da troppo tempo ormai rinsecchita, se non abbattuta e umiliata. La centralità del Parlamento, Presidente, certo non si garantisce attraverso interventi degni del peggior avanspettacolo che abbiamo ascoltato.


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Questo è anche il nostro auspicio, a cui aggiungiamo l'impegno di chiudere una fase - drammatica per gli interessi degli italiani - di liberalizzazioni e privatizzazioni assai troppo disinvolte.
Quella in questione sembra proprio l'ennesima prova, semmai ve ne fosse bisogno, di un capitalismo, quello italiano, del tutto immaturo e profondamente attraversato da una cultura provinciale e furbesca, mentre il paese, l'Italia, merita ben altro: merita di essere ammodernato, non smantellato né svenduto, né privato del suo patrimonio.
Auguri sinceri di buon lavoro, Presidente, a lei ed a tutto il Governo, non per spirito di parte, ma perché si possano davvero migliorare le condizioni di vita di milioni di famiglie italiane e perché questo paese possa finalmente rimettersi saldamente in piedi, per ridare fiducia e prospettive alle future generazioni (Applausi dei deputati dei gruppi dei Comunisti Italiani e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente della Camera, colleghi, la Rosa nel Pugno le esprime la propria fiducia, signor Presidente del Consiglio: una fiducia che sarà leale e convinta e, nel contempo - me lo lasci aggiungere -, vigile e critica.
Siamo consapevoli del contesto difficilissimo in cui dobbiamo muoverci, aggravato dai margini ristretti della vittoria elettorale e dell'avvio estremamente aggressivo dell'opposizione. E siamo consapevoli della dimensione veramente eccezionale dei problemi che dovremo affrontare: una finanza pubblica di nuovo in condizioni drammatiche; una situazione dell'economia depressa, appena rinfrescata dalla brezza di una ripresa tutta da verificare; ma, soprattutto, una serie di dati strutturali che richiedono cambiamenti di lungo periodo (mi riferisco alla perdita di competitività che subiamo da parecchi anni, alla grave riduzione delle nostre quote nel commercio internazionale e, infine, alla difficoltà di molti nostri comparti produttivi di fronte al cambiamento della divisione internazionale del lavoro ed alla rivoluzionaria presenza, nell'economia mondiale, di giganti quali la Cina e l'India). Si tratta di sfide paragonabili a quelle di pochi altri momenti della storia nazionale, quali, ad esempio, quelle che dovemmo affrontare all'inizio degli anni Cinquanta. Da come le risolveremo dipenderanno l'avvenire del nostro paese, la sua collocazione internazionale ed il livello di benessere dei nostri concittadini per un periodo di tempo abbastanza lungo.
Dunque, siamo ad uno snodo storico dello sviluppo del nostro paese. Lei non vuole usare la parola «declino», e fa bene, Presidente Prodi, anche perché si può ancora evitare; ma sbaglieremmo a negare che il rischio c'è ed è davvero minaccioso.
In questo scenario, voglio affrontare due questioni: le politiche economiche e, più rapidamente, le politiche della laicità e dei diritti.
Una questione molto interessante, e da approfondire, concerne il nesso tra le politiche di liberalizzazione e le politiche industriali. Sulle liberalizzazioni si deve andare avanti senza incertezze. Un conto è decidere di cedere altre quote di proprietà pubblica; un altro è liberalizzare i mercati e creare condizioni di maggiore concorrenza. C'è, in Italia, una periodica oscillazione tra la politica dei campioni nazionali, la difesa dell'italianità ed il neocolbertismo (rilanciato dall'ex ministro del bilancio) e tra l'esaltazione acritica del mercato e delle sue virtù.
Io non sono un fanatico di quello che alcuni chiamano il fondamentalismo di mercato: credo nel ruolo di politiche pubbliche forti, nel ruolo delle infrastrutture materiali ed immateriali e dello sviluppo; credo che in alcuni grandi comparti, come l'energia o le tecnologie duali, accanto all'iniziativa delle imprese e del mercato sia necessaria l'iniziativa dell'Unione europea e degli Stati nazionali. Ma rifiuto, contemporaneamente, ogni tentazione nazionalista, ogni ipotesi di costruire a spese dell'erario presunti campioni nazionali, ogni suggestione protezionistica verso i


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settori posti sotto tensione dalle mutate condizioni della globalizzazione. Altra cosa è pretendere corrette condizioni di concorrenza, soppressione di politiche di dumping e lotta alle contraffazioni.
Da questo punto di vista, siamo fiduciosi nel buon lavoro che svolgerà il ministro Emma Bonino nell'accompagnare l'internazionalizzazione delle nostre piccole e medie imprese e nell'affiancare le competenze del commercio internazionale con la partecipazione alla definizione delle politiche comunitarie al tavolo dell'Organizzazione mondiale del commercio. È questo un aspetto di quelle politiche industriali di cui lei, Presidente Prodi, ha parlato nella sua relazione.
Trovo condivisibili, in merito, anche le indicazioni riguardanti il trasferimento tecnologico. Desidero soltanto sottolineare che, se non metteremo ordine nella giungla degli enti pubblici e parapubblici che se ne occupano, al centro ed in periferia, spenderemo per tali enti molto più del valore aggiunto che essi dovrebbero determinare con loro politiche.
Siamo favorevoli alla politica per l'accrescimento dimensionale delle imprese ed al consolidamento delle filiere. Tuttavia, il capitolo più nuovo, dopo tanti anni di rimozione non giustificata, è quello delle politiche industriali di settore, tese - come ella afferma nella sua relazione - a far nascere nuove imprese in settori importanti da cui siamo tagliati fuori. Scienze della vita (stendiamo un velo sulle biotecnologie e sulla ricerca sugli embrioni e sulle cellule staminali embrionali), nanotecnologie, nuove tecnologie di comunicazione e innovazioni in campo energetico: sono questi i settori che lei ha indicato.
Questo indirizzo programmatico è particolarmente intrigante e mi indurrebbe ad abbandonare idiosincrasie da tempo maturate per la incapacità dell'amministrazione pubblica di gestire efficienti politiche industriali e per la tendenza delle nostre imprese ad utilizzare opportunisticamente, senza ritorni di interesse generale, le politiche di aiuti territoriali e settoriali. Si può fare. Tuttavia, occorrerà una mano molto ferma nel costruire e gestire questo nuovo capitolo di politiche industriali: scelta di pochissimi settori, norme chiare, finanziamenti trasparenti e controllabili e accesso concorsuale agli stessi.
Credo che, al di là delle misure a breve sul cuneo fiscale e sulla rimodulazione dei contributi previdenziali dei lavoratori atipici, sarà comunque su queste politiche che si giocherà la partita contro il rischio di declino: liberalizzazioni e lotta alle rendite, formazione e ricerca, trasferimento tecnologico, dimensionamento delle imprese, internazionalizzazione e politiche settoriali. Auspichiamo che a queste politiche economiche lei riesca ad applicare ricette che si ispirino al criterio che ha enunciato nella sua relazione e che è molto importante: lei ha richiamato, infatti, una minore precarietà ai livelli medio-bassi di impiego e una maggiore competizione ai livelli alti e medio-alti.
Proviamo, perciò, a immaginare che cosa significhino queste ricette nelle università, negli alti rami dell'amministrazione, nelle professioni e nel management delle imprese e delle banche. Su questa strada noi siamo pienamente d'accordo e troverà il nostro stimolo ed il nostro appoggio.
Tuttavia, c'è un altro aspetto di forte innovazione sul quale desidero richiamare la sua attenzione e quella del Governo: l'Italia ha bisogno di una ventata di aria fresca, laica e liberale nella sua vita civile. Non c'è innovazione economica e sociale che tenga se non è accompagnata e sostenuta da un allargamento dei diritti personali, da un riconoscimento pieno delle pluralità delle culture e delle etiche che convivono nel nostro paese.
Questa è la condizione per quella Italia moderna, tollerante e civile che vogliamo vedere fiorire insieme al rinnovamento delle sue basi materiali e del suo stato sociale. Che si parli di Pacs, di fecondazione assistita, di eutanasia o di testamento biologico, si deve prendere atto che queste sono le nuove frontiere di una crescita civile e di libertà del nostro paese. Non ignoriamo, certo, il peso della Chiesa cattolica nella società italiana, soprattutto


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della Chiesa istituzionale, che gode di riconoscimenti e privilegi sconosciuti negli altri paesi europei. È chiaro che apprezziamo molto di più l'approccio ispirato a carità e compassione umana del cardinale Martini di quello ideologico e dottrinario del cardinale Ruini. Tuttavia, non vogliamo essere noi ad interferire.
Invece, vogliamo sottolineare che è dovere della politica e dello Stato, qualunque sia la posizione della Chiesa, assumere decisioni in nome non di questa o quella religione, ma della laicità dello Stato, di quella democrazia laica di cui ha scritto, ieri, Gian Enrico Rusconi, al riguardo del quale mi permetto di far osservare all'onorevole De Mita che c'è stata una sua cattiva interpretazione, nel corso del dibattito di questa mattina. Ha scritto Rusconi, ieri, che la democrazia laica è quella che crea lo spazio pubblico entro cui tutti i cittadini confrontano liberamente i loro argomenti, affermano le loro identità e vivono i loro stili modali di vita che sono riconosciuti come diritti, tramite procedure consensuali di decisione, senza che prevalgano, in modo autoritativo, alcune credenze o alcuni convincimenti su altri.
Signor Presidente, su questi temi ci troverà d'accordo con continuità, naturalmente. Sono i temi che, con maggiore determinazione, abbiamo proposto anche nel corso della campagna elettorale. Tuttavia, tengo a sottolineare che i rappresentanti della Rosa nel Pugno in Parlamento non saranno avanguardisti petulanti ed estremisti, come parrebbe comodo a chi ci vorrebbe usare come spaventapasseri per un'opinione pubblica già frastornata dalla rivoluzione biologica. Saremo chiari e fermi nei propositi e flessibili nelle soluzioni legislative, ma non accetteremo veti ed immobilismo. Ne va dell'immagine del Governo e del paese in Europa e nel mondo e ne va del concreto grado di libertà dei nostri concittadini, l'obiettivo, appunto, per cui abbiamo fatto nascere La Rosa nel Pugno, un fiore - vorrei dirlo a tutti i colleghi di questo Parlamento, soprattutto a quelli della maggioranza - che non intendiamo lasciare rinsecchire in qualche angolo abbandonato del giardino politico (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Federica Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Onorevole Presidente della Camera, onorevole Presidente del Consiglio dei ministri, colleghi, voteremo la fiducia ad un Governo così ampio.
Come rappresentante di Italia dei Valori, ma contemporaneamente di strutture associative che operano a favore delle famiglie e delle donne, desidero ricordare che in Italia non sono state ancora introdotte norme atte a permettere la conciliazione dei tempi fra vita familiare e vita lavorativa. Sono convinta che i tre ministeri di competenza sapranno individuare azioni idonee e moderne, al fine di equiparare sul tema della conciliazione dei tempi la legislazione italiana a quella dei paesi europei più avanzati. Lo «spacchettamento» del Ministero del lavoro in tre ministeri ci ha sorpreso, ma siamo convinti che questa scelta sia stata indotta dalla necessità di dare risposte molteplici alle attese del paese; così come siamo convinte che la costituzione del nuovo Ministero della famiglia sia il segnale di una riflessione culturale senza equivoci verso un'istituzione fondante della nostra civiltà.
Uno dei punti cardine del programma dell'Unione è rappresentato dall'abbattimento di 5 punti percentuali del cuneo fiscale nel corso del primo anno di legislatura. Reputiamo opportuno che nell'abbattimento dei cinque punti siano inseriti gli oneri impropri che gravano su aziende e lavoratori per il costo maternità. È ormai giunto il momento che la maternità sia assunta come valore assoluto e generale dalla collettività e non sia più un evento lavoristico, vissuto spesso come danno aziendale. Desideriamo liberare la maternità da ogni limitazione, riconoscendo il valore universale che nella realtà ha e assumendoci come popolo il diritto-dovere


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di sostenerla, consapevoli che il concreto sostegno a madri e a padri si traduce in diritti dei piccoli e nella loro felicità.
Le stime fatte dal CER valutano gli oneri sulla maternità, stimati in termini finanziari di competenza per il 2006, pari a circa 850 milioni di euro, che equivalgono allo 0,7 del totale dei contributi accertati: quindi, è un percorso possibile. Ricordiamo che in Italia una donna su cinque smette di lavorare dopo la maternità: di queste, il 7 per cento perde il lavoro, il 24 per cento non rinnova il contratto e il rimanente sceglie di lasciare il lavoro per l'impossibilità di conciliare la vita familiare con la vita lavorativa. Anche per questo in Italia, infatti, le donne partecipano al mercato del lavoro in misura molto minore rispetto agli altri paesi industrializzati: sono penalizzate nei salari e nelle carriere, poco rappresentate nelle istituzioni e nelle sedi decisionali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Diamo fiducia al Governo Prodi nella convinzione che in questa legislatura si completerà l'azione positiva, già avviata nel «Prodi 1», di un riconoscimento del lavoro familiare che le donne casalinghe a tempo pieno e a tempo parziale svolgono a favore di una migliore qualità della vita dei cittadini italiani.
In riferimento al grande tema dello sviluppo economico, la nostra fiducia poggia anche sul convincimento che...

PRESIDENTE. Scusate, ma vi prego di rispettare il tempo a disposizione, per favore. Grazie.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Concludo, signor Presidente, chiedendo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Rossi Gasparrini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare il deputato Gibelli, al quale ricordo che ha a disposizione sette minuti. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, nel paese, per anni, avete parlato di conflitto d'interessi; voi avete invece dimostrato, con la vittoria abusiva alle elezioni di aprile, che esiste un conflitto d'interessi con il paese! Non avete avuto la dignità istituzionale di aspettare l'esito della verifica dei voti: la Giunta delle elezioni, invece, dimostrerà l'esistenza di un risultato che, dal punto di vista numerico, è esattamente il contrario rispetto a ciò che oggi, tristemente, siamo chiamati a votare.
Più che di un Governo, si tratta di una società per azioni della Prima Repubblica. Bisognerebbe che il Parlamento si occupasse di quando Romano Prodi era presidente dell'IRI, almeno per evitare gli errori del passato che hanno svenduto questo paese. Negli ultimi cinque anni, infatti, abbiamo tentato, attraverso grandissimi sforzi, di restituire dignità ad un paese di cui erano stati svenduti i suoi migliori esperimenti e le sue migliori condizioni. Una di queste sono le autostrade, regalate alla famiglia Benetton senza la possibilità che esse diventassero veramente il volano dell'economia. Vedremo, caro presidente dell'ex IRI, cosa farà in merito a tale questione!
Siete riusciti, in tutti i casi, a sconfessare voi stessi. Avete sostenuto che le cosiddette leggi Bassanini, quando furono approvate, rappresentavano un modo per stare al passo con i tempi, ma, alla prima occasione, oggi, avete distribuito sedie, poltrone, sgabelli, panchine e lettini da mare per tutti!
Porto solo pochi esempi per dimostrare ciò. Avete elaborato un programma buono per tutte le stagioni: non esistono, infatti, dati e riferimenti numerici o statistici rispetto ad una serie di questioni di carattere economico-finanziario che dovrebbero dare la direzione a questo Governo. Vi sono, quindi, pochi dati, ed alcuni esempi addirittura contraddittori. Ne cito


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solo due: le infrastrutture e l'idea di famiglia e di società.
In merito alle infrastrutture, ho notato, nel corso della conferenza stampa tenuta ieri dai ministri Bianchi e Di Pietro, di essere di fronte ad un perfetto caso di dissociazione politico-mentale. Infatti, riescono ad affermare contemporaneamente due cose assolutamente distinte ed opposte: uno non vuole il ponte sullo stretto, mentre l'altro è possibilista.
Auguro, pertanto, buon lavoro a questo Governo, con questi ministri; tuttavia, sempre in rapporto alle grandi opere pubbliche, tengo a sottolineare una questione. Ho notato che lei, Presidente del Consiglio, al Senato ha fatto riferimento alla necessità di sostenere progetti mirati rispetto alle grandi opere, purché nell'ambito di una logica sistemica. Ma è già così la legge Lunardi: non c'è bisogno di cambiare parole per poi avere la scusa per tagliare nastri di opere pubbliche che ha realizzato il centrodestra, e che voi non avete assolutamente titolo per inaugurare (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!
Per quanto riguarda, invece, l'idea di famiglia e di società, vorrei dire che ieri, ascoltando l'intervento del deputato Allam, musulmano (si tratta del primo islamico presente nel nostro Parlamento), ho sinceramente provato una certa dose di fastidio e di imbarazzo di fronte ad una certa agenda di Governo (un'idea di società multiculturale e multietnica, nonché un riferimento al Mediterraneo). Mi sono così tornate alla memoria le sue parole della settimana scorsa, quando chiedeva ai giovani padani di Como di ritirare alcune vignette, a suo dire offensive nei confronti dell'Islam.
Mi auguro che questi cinque anni dimostrino a lui quante volte ci offendiamo per i suoi silenzi, quando ci troviamo di fronte ad articoli che parlano di paesi, come l'Iran, dove cristiani ed ebrei dovranno andare in giro con fasce per essere riconosciuti e non si leva una parola a difesa di queste minoranze. Oppure oggi, quando viene commemorato l'insediamento di un nuovo imam nella moschea di Roma e si definisce un paese come l'Arabia saudita «amico», dato che è il maggior finanziatore di questo luogo religioso.
Cos'è la libertà religiosa in quel paese dove, nei testi di scuola citati ieri da alcuni quotidiani, gli ebrei vengono definiti delle scimmie ed i cristiani dei maiali? Eppure, non vi è una parola di sdegno rispetto a questi fatti (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!
Oppure pensiamo all'Egitto, che dovrebbe avere il controllo politico della moschea di Roma: all'articolo 2 della costituzione egiziana si dice che l'Islam è l'unica fonte del diritto, in sfregio a tutto lo pseudomoderatismo islamico del nostro paese che chiude gli occhi di fronte a ciò che succede fuori di qua e, invece, li apre per continuare a chiedere nuovi diritti, senza doveri, alla nostra democrazia. Noi, invece, faremo una proposta concreta al nuovo ministro degli affari esteri; mi riferisco alla possibilità di istituire e di avere relazioni diplomatiche solo con paesi che rispettino i diritti umani, cosa che non fanno l'Arabia Saudita, l'Iran, l'Egitto. Infatti, noi possiamo definire amici solo i paesi che meritano; non possiamo aprire le nostre frontiere - abolendo la legge Bossi-Fini, come voi avete intenzione di fare - per far diventare questo paese una piccola e misera repubblica islamica.
Per noi, sono primi i nostri cittadini, gente che si è consumata le mani per fare ricco questo paese, e noi impediremo, come Lega nord, nella Casa delle libertà, che qualcuno lo regali in nome di una società multietnica e multiculturale che non esiste e che non può esistere (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono dispiaciuto che non sia presente tra noi il deputato Presidente Prodi, ma vi è il deputato ministro per i rapporti con il Parlamento, che certamente avrà modo di ascoltarci.
Cosa dire di un Governo che ha ottenuto 24 mila voti di maggioranza alla


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Camera dei deputati e ne ha persi 400 mila al Senato? Gli spunti di riflessione e le risposte che ci attendiamo nella sua replica vengono dalle contraddizioni che erano già esplose durante la campagna elettorale e che sono via via riemerse a pochi giorni dal giuramento al Quirinale.
Caro Presidente Prodi, comprendiamo bene quale sia il suo entusiasmo nel sedere su quella poltrona, sfugge però il suo silenzio degli ultimi giorni dinanzi alle contrastanti prese di posizione dei suoi ministri. È nota la sua passione per Zapatero, emersa fin dal luglio scorso nell'incontro con la stampa estera; tra l'altro, tre dei suoi ministri devono aver letto e conservato le sue dichiarazioni, avendole fatte proprie nei giorni scorsi. Rosy Bindi, Livia Turco, Emma Bonino hanno impresso il segno del cambiamento che lei ed il suo esecutivo vogliono dare al paese.
Che tale nuovo marchio sia in ottemperanza del giuramento che lei e i suoi avete compiuto alla presenza del Capo dello Stato, di operare cioè nell'esclusivo interesse della nazione, è tutto da provare. Eppure, durante la campagna elettorale, lei si è affannato a spiegare che nel suo programma non si parlava di Pacs, e tanto meno di gay-Pacs o di violazione dell'esito referendario del giugno scorso. Nel suo programma non c'era menzione della liberalizzazione della pillola abortiva - eppure la Turco ha parlato solo di quella -, non c'era l'ostracismo verso il cristianesimo europeo - eppure il ministro Bonino non ha mancato di farlo presente -, e non finisce qui, purtroppo, per il paese. Amato non ha fatto cenno alla linea del Governo sull'immigrazione e sulla sicurezza interna, né ha preso le distanze dalle irresponsabili parole di Ferrero, che vuole chiudere i CPT ed introdurre la sanatoria, i cui effetti sono rappresentati dagli sbarchi di questi giorni. Invece, anche lui si è sforzato di auspicare l'impegno per un'Europa dei club e delle società filosofiche, invece del riconoscimento storico-giuridico delle radici cristiane.
Ancora, abbiamo chiesto all'onorevole D'Alema - e continueremo a chiederglielo: appena gli sarà possibile egli certamente verrà - una parola chiara in Parlamento sulle missioni internazionali di pace e sulle iniziative sanzionatorie verso l'Iran e la sua brutale legge, che impone marchi a secondo dei diversi credenti.
Caro professore, lei aveva annunciato durante la campagna elettorale che alcune riforme della CDL sarebbero state migliorate e non tutte abrogate. Invece, prendiamo atto che i suoi ministri vogliono abrogarle tutte: cancellare la Bossi-Fini, rifare la Biagi e la previdenza, abrogare la Gasparri, svuotare la Moratti, bloccare le grandi opere, dal ponte alla TAV. Tutto un grande «no» o una grande volontà tirannica di nascondere la propria impotenza sotto la furia iconoclasta verso la CDL.
Voglio sottoporle ancora un tema che ritengo utile, con lo scopo di evitarle altre brutte figure. Oggi, un importante quotidiano vicino all'Unione ha pubblicato un'interessante pagina sui conflitti di interessi nei quali incorrono i suoi ministri: come intende agire? Come può pensare di essere credibile e mantenere nel suo Governo ministri con un forte conflitto di interessi? Ce lo spieghi, la prego. Lei vuole rifare la legge sul conflitto di interessi, Passigli addirittura la considera troppo rigida in alcuni punti e, tuttavia, oggi sarebbe gradito sapere cosa intende fare lei con i suoi ministri e i suoi sottosegretari. La sua flemma e coerenza non le mancheranno nel chiedere le dimissioni urgenti e necessarie.
Intanto, però, come ben si poteva prevedere, lei ha trovato la soluzione per nascondere i problemi del suo Governo e della sua coalizione. Almeno per ora, la furbizia non le manca. Prima, chiede il dialogo; ma si dialoga con colui o con coloro che hanno un'identità chiara ed il suo Governo (i pochi elementi che le ho fornito glielo indicano) non ha né una guida, né un'identità. Troppo semplice dire che esiste il programma elettorale, quello votato dal 50,001 per cento alla Camera e bocciato al Senato. Il programma elettorale è appunto elettorale. Diversamente, lei avrebbe giurato innanzi al Presidente della Repubblica sul suo programma, e non per l'esclusivo interesse del popolo italiano.


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Il suo sforzo è e sarà quello di dimostrare che da quel programma saprà partire per governare il paese, prendendo ciò che è buono dalle proposte della Casa da libertà e ciò che è bene per l'interesse dei cittadini. Il suo trasformare in un totem il programma elettorale le darà un breve respiro e la legherà, però, a governare contro l'interesse di almeno il 50 per cento degli italiani. Questo, signor Presidente, non le è consentito, nemmeno dall'impegno preso al Quirinale.
In secondo luogo, la sua idea di un seminario a porte chiuse con i suoi ministri non è malvagia. Evidenzia non un'eccentricità di dichiarazioni, piuttosto una comprensione opposta e radicalmente diversa che alcuni dell'esecutivo hanno rispetto ad altri su temi specifici. Deve prendere atto pubblicamente, oltre che con la sua iniziativa tampone, che l'ampiezza e la genericità del programma elettorale è fonte di legittime e contrastanti interpretazioni. Oggi, con la sua iniziativa del seminario, ne prende atto a malincuore; ma, intanto, è il paese che ne soffre.
La terza iniziativa che intende prendere per l'operazione «nascondimento delle diversità» è il cosiddetto «piano salasso» (lo chiamo così). Tale piano prevede una maximanovra, un vero e proprio salasso, che ha un triplice scopo. Il primo è quello di calmare gli appetiti dei singoli e delle forze politiche di maggioranza, dicendo, su per giù, «le marchette elettorali si faranno dopo». Il secondo è quello di sfruttare il mito secondo cui il precedente Governo ha lasciato il «buco», così da creare il sospetto nei cittadini che quelli di prima erano peggio di quelli di adesso: un modo chiaro di far pagare per colpa di un altro. Il terzo è quello di preparare la distribuzione delle risorse della legge finanziaria di settembre con il suo bel taglio del cuneo fiscale, avendo le spalle coperte.
Si aggiunga che le sue aderenze europee e quelle del ministro Padoa Schioppa potranno essere utili per trovare coperture circa la necessità del «piano salasso».
Il debito pubblico è ai livelli del 1992? Perché non si parla, invece, del piano di rientro concordato con il commissario europeo Almunia? Perché si sottovalutano gli importanti elementi di crescita che via via emergono dagli indici di marzo? Temo che il «piano salasso» abbia importanti ragioni politiche, ma tutte interne alla maggioranza, che dopo aver occupato le cariche istituzionali vuole morigerare alcuni suoi esponenti attraverso ragioni esterne, per lo più non indispensabili. Sfugge, certo, che a pagare siano i cittadini.
Illustre Presidente, troppe sono le ragioni del contrasto tra di noi. I suoi silenzi su ciò che sta accadendo all'interno della sua compagine ammorbano l'aria del dialogo tra le parti. Quel dialogo indispensabile per il bene comune della nazione, quel dialogo che trova un filo comune dinanzi all'interesse supremo dei cittadini è nascosto dalle ambiguità, dalla mancanza di identità della sua coalizione politica. Senza un'identità chiara non c'è dialogo che tenga. Il paese ha bisogno di questo rapporto sincero, chiaro e distinto, e non di pasticci!
La invitiamo, pertanto, ad un chiarimento pubblico e netto su ciò che la realtà di questi giorni ci ha sottoposto: le dichiarazioni dei suoi ministri, le furbate del «piano salasso», i conflitti di interessi, il programma del suo Governo.
Ci aspettiamo dalla sua replica una spiegazione chiara su ciò che sta accadendo. Il suo silenzio non le gioverebbe e, per di più, non sarebbe di alcuna utilità alla comprensione tra la Casa delle libertà e l'Unione. Da parte nostra, è ben chiara la nostra volontà di una posizione fermissima e trasparente per le misure «zapatere», antilaiche e anticristiane che alcuni suoi tifosi vogliono intraprendere per nascondere l'incapacità dietro ad una battaglia ideologica.
Non ci cascheremo! Vita, famiglia, sussidiarietà, merito sono valori civili della nazione; quei valori che sono alla base della Repubblica che festeggeremo il 2 giugno. Per tale celebrazione faccia un regalo anche a noi, alla Repubblica: sia chiaro e si comporti da leader vero! Dia risposte convincenti nella sua replica, indichi


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la via del bene comune sul quale chiede il confronto, lasci gli estremisti della sua coalizione al loro destino e prenda il largo, onorevole Presidente! Diversamente, il pertugio dei ricatti interni segnerà la prematura fine del suo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, colleghe, colleghi, signore e signori rappresentanti del Governo, signor Presidente del Consiglio, il suo Governo è parte di un'impresa generale, nella quale il nostro partito si sente pienamente impegnato, che eccede sia i confini del nostro paese - ed è per questo che il nostro cammino sarà guardato da Berlino e da Madrid - che l'impegno, di per sé già gravoso, dell'esercizio dell'azione amministrativa e di Governo. L'impresa è quella di dare una nuova stagione riformatrice al nostro paese.
Dopo anni di colpi durissimi inferti alla società, dopo i lunghi ed oscuri disegni dell'antipolitica, sta anche a noi invertire la tendenza, sta anche al suo esecutivo, per usare una sua felice espressione, mobilitare il paese. La nostra vittoria elettorale è una grande occasione per riproporre uno dei terreni più classici dell'azione politica: tentare di legittimare il potere da parte degli uomini e delle donne di questo paese per impedire, nello stesso tempo, ogni tentazione che il potere si legittimi da solo, che ritorni ad essere esercizio separato, un prologo in cielo, per dirla con Goethe. Questa legittimazione della trasformazione può, e a nostro parere deve, avvenire sul terreno politico, sociale, economico e culturale.
Le leve perché ciò avvenga sono richiamate da due parole che per noi sono chiave: discontinuità ed autonomia. Serge Latouche fa un esempio molto efficace e molto semplice da intendere: se per andare a Napoli prendi un treno e invece devi andare a Milano, prima devi rallentare, poi scendere e poi cambiare treno. È per questo che diciamo: innanzitutto, la pace. Così si è sempre detto nella nostra storia recente, ed è scritto così nella nostra Costituzione.
Per perseguire tale obiettivo, vanno agite scelte nette ed inequivocabili. Dobbiamo interrompere la spirale che ha prodotto solo lutti, crescita di insicurezza e che ha riportato l'Italia in guerra e ha fatto divampare criminali e terrorismi in tutto il mondo.
Abbiamo apprezzato la nettezza con cui ha condannato la guerra in Iraq e di più abbiamo condiviso la condanna dell'occupazione. Se la guerra ci parla della minaccia sempre incombente e alla quale dobbiamo sottrarci sempre e comunque, anche per il futuro, l'occupazione dell'Iraq ci parla dell'oggi. Dobbiamo realizzare in tempi assolutamente certi e ravvicinati il ritiro delle truppe italiane dal suolo iracheno. Dobbiamo farlo in tempi chiaramente comprensibili all'opinione pubblica, italiana ed internazionale. Non possiamo fare pasticci: prima i soldati italiani vengono via e dopo, in un successivo momento, potremo agire a sostegno della popolazione irachena attraverso le missioni delle Nazioni Unite. Per questo consideriamo un'eredità sgradita i PRT voluti dal precedente esecutivo.
Questa discontinuità va, inoltre, estesa all'intera azione internazionale del suo Governo, a partire dalle missioni italiane nelle quali sono impegnate le truppe. È giunto il momento di fare un bilancio di ciò che è accaduto, di quali sono stati gli effetti sui terreni di ingaggio, di quali sono state le risorse economiche impiegate, di quali sono stati gli effetti di tali politiche. È necessaria un'inversione profonda della nostra politica estera e occorre finalmente far sentire una voce autonoma ed autorevole nel consesso internazionale.
L'Italia, anche per la sua collocazione geostrategica e per la sua vocazione storica, deve seguire più l'onda lunga di Braudel che la tempesta avventurista dell'amministrazione Bush e deve riprendere per questo il ruolo di mediatore per la


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prevenzione di conflitti. Deve esprimersi ed agire con coraggio sulle tragedie che abbiamo di fronte a noi: da quelle più presenti, come nel caso del decennale asimmetrico conflitto tra lo Stato di Israele ed il popolo di Palestina, a quei conflitti troppo distanti dall'attenzione dei media ma che proprio per questo possono bene interpretare quello scatto etico a cui lei ha fatto riferimento (parlo del Sahara occidentale, del conflitto turco-curdo o della silente e sanguinosa guerra in Colombia).
Da qui passa la ripresa di un vero progetto politico europeo ed europeista.
Nel nostro programma, con grande scandalo dell'autorevole Herald Tribune, non solo abbiamo richiamato la necessità di un nuovo multilateralismo, ma abbiamo anche introdotto il concetto di multipolarismo.
Non si tratta di venire meno agli impegni del nostro paese, ma di riconoscere che il mondo sta cambiando e che per fortuna sta cambiando. Solo così potremo cogliere le grandi novità dell'America Latina, dell'Oriente, e solo così potremo investire su un progetto realmente europeo.
Signor Presidente, non abbiamo avuto e non abbiamo lo stesso giudizio sull'esito del referendum costituzionale svoltosi in Francia ed in Olanda, ma siamo profondamente d'accordo sulla necessità di riprendere un reale processo costituente in Europa. Tuttavia, le chiedo se questo reale processo costituente possa essere, oggi, fatto proprio anche dal nostro Governo senza una reale partecipazione popolare.
La spaccatura nel nostro continente esiste ed è sempre, con maggiore nettezza, al di là dei commenti postelettorali un po' frivoli, tra alto e basso della società, tra coloro che si sentono minacciati e coloro che sono sempre più esclusi. Di questa società dimidiata dobbiamo farci carico anche e soprattutto noi.
Per questo dobbiamo sconfiggere la precarietà. I giovani studenti in Francia ci hanno ricordato che serve una validazione consensuale delle scelte che riguardano la vita delle persone. La precarietà è contro la società, è contro il vivere associato, è contro la dignità delle persone. La precarietà è uno strumento di insopportabile sopraffazione.
È per questo che abbiamo bisogno di un'inchiesta nel nostro paese, di avere una conoscenza più forte di ciò che può accadere nella testa, nel corpo e nella vita di un lavoratore e di una lavoratrice sottoposti alla precarietà, o di cosa accade a quei precari assunti per il traghettamento delle navi delle Ferrovie dello Stato sullo Stretto di Messina, che hanno un tipo di contratto che si chiama «a viaggio», poiché inizia e termina giusto il tempo necessario per imbarcarsi a Villa San Giovanni ed arrivare a Messina.
La precarietà lede l'idea stessa di coesione sociale che appartiene sia alla cultura socialista sia a quella democratico cristiana. Bisogna reintrodurre rigidità, rispetto per la vita dei lavoratori. Bisogna impedire che prosegua la lunga scia di «morti bianche», occorre ripensare ad un nuovo intervento pubblico che rilanci investimenti a redditività differita, soprattutto nel Mezzogiorno.
Inoltre, bisogna dare piena legittimità democratica alle organizzazioni dei lavoratori. Dall'autonomia e dalla democrazia delle scelte dei lavoratori passa anche il rilancio del nostro paese.
Allora, mi chiedo quale sia l'intento del ministro Padoa Schioppa, oltre a denunciare la già nota «creatività» del Governo precedente. Non possiamo assolutamente utilizzare la minaccia del downgrading, poiché lo spread dei titoli di Stato italiano è prossimo allo zero lungo tutta la curva dei rendimenti, per chiedere nuovi sacrifici. Piuttosto bisogna reinvestire nelle protezioni sociali, nell'innovazione e nella ricerca.
Diceva un autorevole osservatore politico francese: si scelga o la politica della fiducia e dell'ortodossia finanziaria nel quadro delle strutture economiche attuali - ciò che comporta la stagnazione ed il declino - o una politica di espansione, implicante una trasformazione in profondità di tali strutture, trasformazioni impensabili senza un determinato intervento


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dello Stato. L'incrocio comporta due strade e due soltanto: la terza via non è che un'illusione o un camuffamento.
Eppure l'economia non basta, così come la mera crescita economica non basta a rilanciare il nostro paese. Vi è bisogno di uno scatto culturale e morale, in cui anche un Governo può cimentarsi. Dobbiamo vincere la battaglia contro la violenza e la mercificazione della vita. Bisogna produrre un senso comune che rifiuti la violenza, da quella pubblica delle guerre a quella privata del patriarcato. E sarebbe molto importante se oggi, signor Presidente, alle 17,58, l'Assemblea ricordasse che, quattordici anni fa, fu ucciso proprio dalla violenza della mafia Giovanni Falcone.
Allo stesso modo possiamo e dobbiamo impedire che la vita umana e non umana diventi merce e scoria. È un atto non violento anche un gesto di clemenza e per questo richiediamo immediatamente un'amnistia.
Per questo vogliamo partire dai diritti di quegli esseri umani che non chiameremo mai «clandestini» ma «migranti». È davvero inutile che le destre lancino allarmi, anche perché il Mediterraneo non è stato, purtroppo, una «via della seta», ma una lunga «via della sete», una sete di giustizia, di libertà e di eguaglianza.
Vede, e concludo, signor Presidente, a noi la cultura femminista ha insegnato davvero molto ed è per questo che, nell'annunciarle che ci piacerebbe che questo Governo continuasse per cinque anni la sua azione, il 2 giugno non vorremmo la parata dei militari, anche perché...

PRESIDENTE. Il tempo, per favore.

GENNARO MIGLIORE. ...noi quella data - e concludo - la ricordiamo per due motivi: perché è nata la nostra Repubblica e perché, proprio in quel giorno, le donne hanno ottenuto per la prima volta il diritto di voto.
Buon lavoro, signor Presidente, e buona fortuna (Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Onorevoli colleghi, che il voto di Alleanza Nazionale non sarà di fiducia al Governo Prodi è un fatto noto. Lo abbiamo già motivato con gli interventi, tutti molto qualificati, dell'onorevole Migliori, dell'onorevole Gasparri, dell'ex ministro Landolfi, dell'onorevole Bono, degli onorevoli Siliquini, Urso, Menia, Ronchi e parlerà dopo, in dichiarazione di voto, il presidente del mio partito, l'onorevole Fini.
A me serve qualche minuto, onorevole Presidente (lei non se lo aspetta) per esprimerle una piccola solidarietà. Io ho visto oggi, questa mattina, come lei (Commenti)... Ascolta, ascolta, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, ma ascolta. Al mio collega che diceva che lei, Presidente, non ascoltava ho risposto che lei probabilmente ascoltava.
Questa mattina - dicevo - lei ha allargato le braccia, entrando, nella direzione di un neoministro, che è presente in aula ed è per quello che ne parlo, il ministro Bianchi, che è l'esempio, credo più calzante, del malumore che deve averla presa, Presidente Prodi, quando questa mattina le agenzie hanno battuto una nota in cui è scritto che lei rimprovera già i suoi ministri (bisogna ancora cominciare a lavorare e siamo al primo rimprovero!) e dice che non bisogna fare dichiarazioni per annunziare, ma dichiarazioni su ciò che si è deciso.
Io le manifesto piena solidarietà, certo che avrà un bel lavoro Presidente Prodi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)! Dovrà spiegare al ministro Bianchi, e non solo a lui, che non solo non si fanno dichiarazioni tanto per farle, ma che c'è gente che investe i propri risparmi, la propria liquidazione, qualche soldino che ha messo da parte e magari compra azioni Alitalia, poi il ministro Bianchi la mattina si alza, parla dell'Alitalia, il titolo va giù e quelle


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persone hanno perso i loro soldi, ministro Bianchi! Guardi che non è più in un'aula universitaria, è una cosa importante fare il ministro.

ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. La lega ne ha fatte di peggio! Vergogna!

IGNAZIO LA RUSSA. E ancora, lei ha ragione a dire quello che ha detto, perché se dovessero ascoltarla, dovrebbero stare zitti quelli che si sono scontrati: c'è chi ha detto che bisognava subito dar vita ai Pacs e chi ha detto aspettiamo; chi ha parlato della pillola del giorno dopo, chi di abolire i centri di permanenza temporanea: non si capisce dove mettiamo gli immigrati che arrivano, a casa dei ministri, voglio sperare! Perché da qualche parte dobbiamo pur metterli, nel frattempo, tanto i ministri e i sottosegretari sono così numerosi che forse possono bastare come «luoghi» di prima accoglienza per gli immigrati che faranno arrivare (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
C'è chi vuole abrogare la legge Biagi e chi invece dice che bisogna solo modificarla (mi ricordo una vecchia canzone, ma lasciamo stare perché non ho il tempo). C'è chi oltre all'Alitalia vuole, e lo abbiamo sentito anche un minuto fa, farci volare veramente basso: vuole cancellare la celebrazione del 2 giugno, come se fosse davvero una manifestazione guerrafondaia e non il segno dell'unità nazionale. Povero Presidente Ciampi, come in fretta il suo lavoro viene cancellato da coloro a cui improvvidamente ha ritenuto di dare un'immeritata fiducia al Senato (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
E ancora, c'è chi vorrebbe «bombardare» (quello si può!) il progetto del Ponte e c'è chi (figuriamoci!) già parla di cambiare radicalmente o di abolire la riforma Moratti, per non parlare di chi già sogna di poter dare eventualmente corso a un disegno di legge che avete presentato nella scorsa legislatura, con il quale non solo volevate liberalizzare alcune droghe (questo è un vecchio problema), ma addirittura volevate liberalizzare lo spaccio! C'è un vostro disegno di legge, con il quale ritenete che sia lecito spacciare, purché a titolo gratuito! Immaginate la polizia - che già ha difficoltà ad individuare gli spacciatori - che ferma uno con un chilo di eroina, il quale però dice: sì, ma io la regalo, che volete che sia! Tanto, se non c'è la prova del passaggio, non succede niente.
Presidente, avrà un bel da fare! Capisco che lei aveva provato ad accontentarli. Ha addirittura inventato ministeri che non esistevano; e non c'entra il Presidente della Repubblica, lo abbiamo capito bene adesso: ne parlavo con il ministro Gasparri. Hanno giurato come ministri senza portafoglio. E lei, onorevole Prodi, barando e mentendo, uscendo dalla stanza del Presidente della Repubblica ha detto che aveva già dei ministeri, che invece erano solo ministeri senza portafoglio! Non ha aspettato neanche due ore per il decreto, per timore che gli si rivoltassero contro (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
Capisco che lei abbia cercato di accontentarli in quella maniera. Certo non tutti. L'onorevole Sbarbati è rimasta delusa. Eppure 24 mila voti per vincere persino la Sbarbati probabilmente glieli ha portati! E poi ha dovuto fare delle scelte, come con Mastella, che - per carità - è tra i più simpatici del suo Governo, però «lì non lo possiamo mettere e lì non lo possiamo mettere»! Forse c'era un ministro della giustizia bravo - lo dice chi lo ha avuto come collega da avvocato - e si chiama Giuliano Pisapia. Ma essendo uno bravo e competente poteva fare il ministro? Meglio altri! Questa è stata la logica del suo...

GIOVANNI CARBONELLA. Meglio Castelli!

IGNAZIO LA RUSSA. Castelli è stato un ministro...

GIOVANNI CARBONELLA. È un ingegnere!


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IGNAZIO LA RUSSA. Per essere un bravo ministro non c'è proprio bisogno di avere studiato quella materia. Basta avere equilibrio. Pisapia ha dimostrato di poter avere l'equilibrio e forse per questo lo avete escluso. Da noi non c'è stata un'occupazione indebita.
Presidente Prodi, io ho cominciato il mio intervento con un atto di solidarietà. Siccome non so quanti minuti mi restano a disposizione, ma credo pochi perché ne ho ceduti all'amico Menia...

PRESIDENTE. Le restano venti secondi.

IGNAZIO LA RUSSA. Le dico però che la sua uscita, quella di chiamare «truppe di occupazione» le truppe che sono in Iraq, dimenticando che i nostri ragazzi sono lì per fare davvero qualcosa per la pace, per la libertà, per la democrazia, è un fatto inaccettabile. E non ci dica di non attaccarci alle parole. Le parole sono pietre e quel suo esempio di parlare di «truppe di occupazione» legittima e fa da alibi - ed io sono veramente disgustato per questo! - a chi per le strade, e non solo per le strade, grida: «Dieci, cento, mille Nassiriya». Questo non glielo consentiremo mai (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il Governo Prodi già dalle prime battute ha messo in evidenza incongruenze, contraddizioni e tutte le approssimazioni con le quali la coalizione di centrosinistra si appresta a guidare l'Italia. È venuta fuori la protervia e l'arroganza di una classe dirigente, che prima ha occupato tutte le alte cariche istituzionali e poi è venuta a parlarci di dialogo. E l'assurdo, come del resto è stato rilevato - non poteva che essere così - da tutti i colleghi della minoranza che mi hanno preceduto, è che noi siamo oggi qui a valutare le sue dichiarazioni programmatiche, signor Presidente, mentre sui giornali da una settimana, oggi incluso, i suoi ministri ci raccontano un programma parallelo, diverso dal suo e certamente molto, molto confuso.
E così se lei tace, Presidente Prodi, su un argomento importante come quello del ponte sullo Stretto - e non ci venga Fassino a fare la lezione sull'utilità o la non utilità del ponte sullo Stretto! È evidente che il ponte sullo Stretto non era e non è un'opera pubblica alternativa ad altre fondamentali opere pubbliche, che peraltro noi abbiamo già avviato -, ci pensano i suoi ministri a colmare questa lacuna e ne approfittano per litigare.
Se lei tace sul 2 giugno, ci pensano i suoi ministri e anche i suoi parlamentari: abbiamo appena sentito il deputato Migliore - che migliore non mi sembra affatto - dire che il 2 giugno è una festa che va eliminata, che bisogna cancellare la parata, e poi sentiamo altri che invece ci concedono ancora di mantenere quella festa.
Se lei tace, signor Presidente, sulla TAV, i suoi ministri ci illuminano, confermandoci che c'è chi la vuole e chi non la vuole. La realtà è che ancora tutti noi non sappiamo cosa pensi lei, cosa pensi il Governo su questa fondamentale opera pubblica.
Presidente Prodi, lei, a più riprese, ha rivendicato di essere il capo della maggioranza: lo ha fatto in campagna elettorale, lo ha fatto anche ad urne chiuse, lo ha fatto sempre polemicamente rivolto verso il centrodestra. Forse sarebbe il caso che cominciasse a farlo nei confronti del centrosinistra, che non mi sembra tenga in gran conto i suoi vaghi indirizzi politici, e soprattutto, se ne è capace, lo dimostri al paese, perché da settimane ormai stiamo assistendo tutti con stupore a continue esternazioni estemporanee da parte dei suoi parlamentari e dei suoi ministri.
Anche perché, a Costituzione vigente, Presidente, lei non ha il potere di sostituire i ministri. Credo che più volte in


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futuro lei si troverà in analoghe condizioni di imbarazzo; forse sarebbe il caso, Presidente Prodi, che lei ripensasse alla questione del referendum. Probabilmente, un referendum che dà la possibilità al Primo ministro di confermare o revocare i ministri potrebbe tornarle molto utile!
Ma oggi siamo qui per commentare le sue dichiarazioni programmatiche, lette al Senato e consegnate qui alla Camera, dichiarazioni programmatiche che da sole bastano e avanzano per farsi un'idea dell'Italia che ci aspetta con il suo Governo. Lei ci ha consegnato un «Bignamino» buonista del programma elettorale e nella replica ha cercato di mettere qualche «pezza» ad un torrente di critiche che al suo Bignami sono venute dall'opposizione, ma anche da ampi settori della maggioranza e dalla stessa stampa, che fino a qualche settimana fa lo aveva sostenuto alla guida del paese. Non è riuscito però a mettere una «pezza», poiché non era possibile, sulla composizione del Governo e sul ruolo che lei ha riservato alle donne.
Voi, proprio in questa aula, avete affermato che la nostra proposta di legge sulle quote rosa non andava sostenuta, perché - dicevate - era debole; avete rivendicato che la sinistra su questi temi è avanti, avanti, molto più avanti del centrodestra; avete detto, avete promesso e ora avete perso la faccia: lo sapete bene! Dove sono le donne ministro della giustizia, ministro dell'istruzione, della difesa, dei beni culturali, della funzione pubblica [Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]? Dove sono tutte quelle donne che leggevamo nel «totoministri» dei giornali e che erano destinate ad alti incarichi? Certo, un Governo si giudica nei fatti; e la composizione del Governo è un fatto? È un fatto fondamentale, è il primo dei fatti!
Sì, il nostro Governo contava meno donne, è vero, ma negli ultimi cinque anni siamo stati noi a cambiare le regole, siamo stati noi a proporre dal Governo la modifica della Costituzione, siamo stati noi a modificare la legge elettorale per le elezioni europee ed eravamo pronti a cambiare anche la legge per le elezioni del Parlamento nazionale se il centrosinistra non l'avesse affossata chiedendo il voto segreto.
Onorevole Prodi, per favore, la legge sulle quote rosa non l'annunci, lasci perdere, lei su questo tema non è credibile, vedremo poi cosa faranno le sue donne ministro, ma lei non lo tocchi più questo argomento!

TERESA BELLANOVA. Intanto, sappiamo quello che hai fatto tu!

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Presidente Prodi, le sue dichiarazioni programmatiche possiamo giudicarle insieme un libro dei sogni e degli incubi. Gli incubi sono tutte le abrogazioni che annunciate: mi riferisco alla vostra volontà di cancellare scientificamente tutti i punti qualificanti del cambiamento che in questi anni si è avviato con le riforme del Governo Berlusconi.
Infatti, lei e la sua coalizione siete puntuali nell'esplicitare la volontà di eliminare la legge Biagi, attribuendo ad una legge in vigore da un anno e mezzo la responsabilità della precarizzazione del lavoro (anche oggi Fassino è intervenuto su tale tema), quella precarizzazione che, comunque, le statistiche non rilevano e che anche economisti a voi vicini (vorrei citare soltanto Salvati: dovrebbe dirle qualcosa) non ravvisano e, in ogni caso, onestamente, ammettono che non può essere il frutto di una legge che è in vigore da così poco tempo.
Già che ci siamo, perché non spiega in quest'aula e al paese il perché della rimozione della memoria di Marco Biagi? Perché continuate vergognosamente a chiamare la legge Biagi, legge n. 30 (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania)? Perché non volete riconoscere a Biagi l'onore del ricordo e della battaglia riformista che ha sostenuto pagandola con la vita?


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Insieme con la riforma Biagi intendete eliminare la riforma Moratti, la legge Bossi-Fini, la riforma dell'ordinamento giudiziario, la riforma delle pensioni, la riforma del sistema radiotelevisivo. Volete smantellare, insomma, il più forte e serio programma di modernizzazione avviato nel nostro paese da decenni a questa parte.
Contro questo sciagurato programma, che vuole riportare l'Italia indietro, che vuole allontanarla dalla modernità e dall'Europa, la nostra opposizione sarà durissima qui alla Camera e al Senato, dove non avete i numeri per governare.
E veniamo al «libro dei sogni», quello della moltiplicazione della spesa, cominciato con la moltiplicazione dei ministri, viceministri e sottosegretari. Bene, questo è il primo atto della sobrietà che lei intende attuare?
C'è tutto il capitolo sulle politiche sociali che è un'elencazione di spese, fondi per tutti, fondi per i nuovi nati dalla nascita al compimento dei 18 anni, fondi per i precari, fondi per le giovani coppie, fondi per il raddoppio degli asili nido in cinque anni, più fondi e più servizi per tutti. Ma in 281 pagine di programma, in un'ora e mezzo di dichiarazioni programmatiche, abbiamo cercato, aspettato invano un'indicazione chiara, precisa, attendibile delle risorse con cui questi fondi e queste politiche dovrebbero essere finanziati.
Presidente Prodi, in campagna elettorale si può restare sul vago, enunciare prospettive, lanciare sogni, ma nel DPEF, nella legge finanziaria bisogna indicare la copertura economica dei provvedimenti. Voi, ad oggi, non avete spiegato all'opposizione, ma nemmeno agli italiani, dove prenderete le migliaia di miliardi per finanziare il vostro «libro dei sogni», i vostri fondi per il sociale, i vostri cinque punti di cuneo fiscale da tagliare entro un anno, il vagheggiato dimezzamento delle cause pendenti nei tribunali che implicherebbe una spesa straordinaria in termini di organici e di strutture per la giustizia.
E non è accettabile ascoltare, ancora una volta, la favola della lotta all'evasione fiscale e della ripresa economica. Non potete assumere impegni economici certi a fronte di entrate incerte ed eventuali.
Abbiate il coraggio e l'onestà intellettuale di dire la verità al paese. La verità è che voi state preparando una stangata fiscale per far pagare agli italiani le nuove spese...

PRESIDENTE. La prego, per favore, il tempo...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Presidente, mi avvio alla conclusione. Altrimenti, non potrete mantenere una sola delle promesse fatte agli italiani.
Presidente, delle due l'una: o metterete ancora una volta le mani nelle tasche degli italiani o semplicemente avete preso in giro tutto il paese, ma segnatamente la vostra parte, quella parte che vi ha votato e che oggi vi consente di essere ai banchi del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nicola Rossi. Ne ha facoltà.

NICOLA ROSSI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, oggi, come dieci anni fa, il centrosinistra è chiamato a dare al paese una direzione di marcia ed una linea di movimento.
Di questo le sue dichiarazioni programmatiche sono chiaramente ed esplicitamente consapevoli, come credo di questo sia consapevole l'intero paese.
Sappiamo forse meno di quanto vorremmo dello stato delle finanze pubbliche - ancora per qualche giorno -, ma netta è la sensazione di tutti che ripristinare l'equilibrio non sarà immediato né semplice.
Delle difficoltà del nostro sistema produttivo ci rendiamo conto proprio quando salutiamo con enfasi e quasi con sollievo i casi di successo, che, per fortuna, ancora non mancano.


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Dell'apertura dei mercati, in particolare di quelli dei servizi, ci raccontano ogni giorno le bollette pesanti delle utenze, il notaio che incontriamo per i passaggi di proprietà e la complessa lettura di un estratto conto bancario o di un contratto di assicurazione.
I temi, dunque, sono...

PRESIDENTE. Mi scusi. Si può uscire dall'aula, naturalmente, ma vorrei evitare che chi parla sia disturbato in questa maniera. Per favore, a destra è possibile un momento di silenzio mentre sta parlando un altro parlamentare? Grazie.
La prego, deputato Nicola Rossi, prosegua pure.

NICOLA ROSSI. Grazie, Presidente. I temi, dunque - come dicevo -, sono chiari da tempo. Noi le chiediamo, sapendo che avremo una risposta positiva, signor Presidente del Consiglio, di non lasciarsi distrarre, nell'affrontarli, dai segnali congiunturali, finalmente positivi in alcuni casi. Questi, com'è ovvio, vanno salutati con soddisfazione, ma non attenuano minimamente il bisogno di cure - di cure intense - di questo paese.
Giustamente, il ministro dell'economia ha ricordato i punti di contatto fra la situazione odierna e quella dei primi anni Novanta. Quel che dobbiamo ricordare, soprattutto a noi stessi, però, è che non era inevitabile che questo parallelo si riproponesse. Non era inevitabile - mi dispiace che manchino alcuni dei colleghi nei banchi del centrodestra - che si perdesse il controllo della spesa, tanto meno dopo che, proprio negli anni Novanta, alcune riforme avevano posto importanti capitoli di spesa sui binari della stabilità e della sostenibilità finanziaria.
Non era inevitabile che si logorasse il rapporto di lealtà fra contribuenti e amministrazione fiscale, tantomeno dopo che era a tutti diventato chiaro che stabilità normativa, semplicità degli adempimenti e chiarezza degli impegni reciproci tra Stato e contribuente potevano fare dell'Italia, sotto questo aspetto, un paese più moderno.
Non era assolutamente inevitabile che, a distanza di 15 anni, si registrasse un onere per interessi dimezzato, senza peraltro conseguenze apprezzabili in termini di crescita potenziale e di stabilità di medio e lungo periodo della finanza pubblica. Non era inevitabile, infine, che si associasse il termine declino alla nostra economia così facilmente, tanto meno dopo che la scelta dell'euro aveva chiarito, al di là di ogni ragionevole dubbio, su quali terreni ci saremmo dovuti misurare per mantenere il nostro ruolo nel mondo e in un mondo nuovo. Nulla di tutto ciò era inevitabile.
Lo dico sapendo benissimo che, personalmente, non ho mai apprezzato la politica del rimpallo di responsabilità. Non era questo il punto. Non voglio aggiungermi al numero di coloro che fanno politica rimpallando le responsabilità. Al contrario, però, credo faccia parte della crescita dell'intero paese la consapevolezza che poche cose sono caduche come gli sforzi e le fatiche che, a volte, interi paesi si trovano a compiere e che percorsi di anni possono essere vanificati dalle scelte di pochi mesi. Ciò vale quali che siano le maggioranze che si alternano al Governo del paese.
Dunque, signor Presidente del Consiglio, si deve compiere una battaglia economica e sociale in tempi molto brevi e ristretti. Ma - mi permetto di aggiungere - c'è da compiere anche una battaglia culturale, almeno altrettanto importante quanto la prima.
Se la prima serve a restituire al paese il ruolo che gli compete in campo internazionale, credo che la seconda, quella culturale, serva per restituire al paese il suo futuro.
I giovani italiani costituiscono oggi la componente della società italiana più timorosa ed avversa al rischio. Questo è un fenomeno che ci deve far pensare e riflettere seriamente. Quali che siano le motivazioni di questo fenomeno, questo è l'elemento rispetto al quale, al termine dei prossimi cinque anni, noi saremo misurati e valutati come maggioranza e come Governo.


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Nel medio periodo su questo tema si misurerà la nostra capacità di incidere veramente sulle tendenze di fondo di questa società. Che i giovani tornino ad essere la parte più dinamica della nostra società, che i giovani trovino più naturale vedere le opportunità prima ancora che i rischi, che i giovani si propongano di sostituirci e non di rimanere a lungo sotto la nostra ala sono ingredienti essenziali di quello che non può che essere il nostro progetto per un'Italia diversa e migliore. Buon lavoro, Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Governo e rinvio il seguito del dibattito alle 16,30 con la replica del Presidente del Consiglio dei ministri.

Affidamento dei poteri attribuiti dal regolamento nell'ambito di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ha affidato l'esercizio dei poteri a lui attribuiti dall'articolo 15, comma 2, del regolamento in caso di sua assenza o impedimento ai deputati Antonio Leone, Mario Pepe e Simone Baldelli.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con l'informativa urgente del Governo.

La seduta, sospesa alle 14,40, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono sei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sull'incidente aereo verificatosi al largo di Cagliari nel corso di un'esercitazione dell'Aeronautica militare.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'incidente aereo verificatosi a largo di Cagliari nel corso di un'esercitazione dell'Aeronautica militare.
Dopo l'intervento del sottosegretario per la difesa, ingegner Emidio Casula, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per tre minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del sottosegretario di Stato per la difesa)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la difesa, ingegner Emidio Casula.

EMIDIO CASULA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero iniziare con l'illustrazione dei fatti sulla base delle notizie sinora raccolte.
Alle ore 22,20 circa di lunedì 22 maggio (ieri), due velivoli da caccia monoposto F16 della nostra Aeronautica sono precipitati in mare al largo di capo Carbonara, vicino a Villasimius - per chi non conosce bene la Sardegna, a circa 10 miglia dalla costa sud-est di Cagliari -, durante una missione di addestramento nell'ambito dell'esercitazione multinazionale spring flag, in corso in Sardegna.
I due piloti, il capitano Pierfrancesco Grassi e il capitano Fabio De Luca, entrambi in servizio al trentasettesimo stormo di Trapani-Birgi, hanno avuto il tempo di eiettarsi, catapultarsi, e dopo essere ammarati con il paracadute in dotazione,


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sono stati recuperati - intorno alle ore 24 - da un elicottero della squadriglia SAR (ricerca e soccorso) di Decimomannu.
Entrambi i piloti sono in buone condizioni di salute, come confermato dai sanitari dell'ospedale Marino di Cagliari, ove sono stati immediatamente trasportati per le visite del caso.
Dai primi riscontri emerge che si è verificata una collisione in volo tra i due aeromobili; sono in corso le opportune verifiche da parte dell'Aeronautica militare per gli aspetti di specifica competenza e da parte dell'autorità inquirente, subito informata, per stabilire l'esatta dinamica e le precise cause dell'evento.
Desidero comunque evidenziare come l'incidente in volo non abbia causato alcun danno a persone o cose sulla terraferma poiché, proprio per evitare possibili conseguenze a terzi, i voli di addestramento vengono effettuati lontani dalle nostre coste.
L'esercitazione spring flag ha avuto inizio lo scorso 8 maggio e si protrarrà fino al 27 prossimo; è considerata il principale evento addestrativo annuale dell'Aeronautica militare. Si tratta di un'esercitazione complessa, che si svolge ogni anno in Italia e che vede impegnati equipaggi di volo dell'aviazione militare e di altre nazioni, nonché uomini e mezzi dell'Esercito italiano e della Marina militare.
Quest'anno lo scenario delle esercitazioni vede la presenza di velivoli francesi, israeliani, tedeschi e di due velivoli dell'Awacs della NATO, nonché di personale delle forze armate britanniche, belghe e olandesi.
Lo scopo dell'esercitazione è quello di addestrare il personale a condurre attività aeree complesse e di ricerca e soccorso in zona ostile, nel più ampio contesto della Peace support operation, per migliorare il livello di standardizzazione tra le forze destinate ad operare in eventuali future coalizioni.
Per quanto concerne il caccia F16, è un velivolo il cui compito prioritario è quello della difesa dello spazio aereo nazionale: un lavoro che, in questi tre anni, è stato particolarmente intenso, con decine di intercettazioni di aerei sospetti.
Il caccia F16 è considerato un aereo di transizione, dal vecchio F104, ormai uscito di scena, al nuovo velivolo Eurofighter, che comincia ad arrivare ai reparti di volo.
Non appena saranno note con certezza la dinamica e le cause tecniche dell'incidente, sarà premura del Governo informare il Parlamento nelle forme più opportune.

PRESIDENTE. Grazie, signor sottosegretario.

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pinotti, alla quale ricordo che dispone di tre minuti. Ne ha facoltà.

ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo per la puntuale ricostruzione e, anche a nome del gruppo dell'Ulivo, rivolgo i migliori auguri di pronta ripresa ai due piloti, sulle cui condizioni di salute siamo stati rassicurati.
Con la collega Schirru, seduta accanto a me, stavamo appunto commentando l'accaduto (la collega viene proprio da San Sperate, in provincia di Cagliari): fortunatamente, l'incidente non ha coinvolto la popolazione, non ha coinvolto il territorio civile. In questa sede, tuttavia, ricordo che c'è notevole attesa, da parte dei cittadini dell'isola, sia per quanto concerne la regolamentazione delle esercitazioni sia per rivedere, con il presidente della regione Sardegna, il problema delle servitù militari (l'argomento figura anche nel programma de L'Unione).
Si aprirà un'inchiesta - anzi, il sottosegretario ci ha detto che inchieste sono state già avviate - per capire le cause e la dinamica dell'incidente. Ci è stato detto, altresì, che l'esercitazione è importante, ed io concordo con tale valutazione. Non dubito che le regole per la sicurezza del


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volo siano state rispettate con scrupolo, ma vedremo: l'inchiesta stabilirà se si sia trattato di errore umano o se vi sia stato un problema meccanico, magari legato a carenze di manutenzione. Mi sono posta il dubbio perché, signor sottosegretario, nell'ultima legge finanziaria approvata dal Governo Berlusconi (che, come ci eravamo abituati a fare, diciamo così, non è stata discussa in Assemblea perché è stata posta la questione di fiducia), il bilancio della difesa ha subito tagli così drastici da fargli raggiungere lo 0,86 per cento del PIL: il minimo storico per i bilanci della difesa! Ciò ha comportato 1.760 milioni di euro in meno per i consumi intermedi, che riguardano manutenzione, addestramento, logistica di consumo (cioè, pezzi di ricambio).
A margine, ricordo che, nello stabilimento Avio di Brindisi, che si occupa proprio di manutenzione, 270 persone rischiano la cassa integrazione. Inoltre, ricordo che sono fermi, ma disponibili per rimpinguare il capitolo relativo ai costi di manutenzione, 200 milioni di euro che un nostro emendamento ha «strappato» al provvedimento in materia di pubblica amministrazione. Quindi, invito il Governo ad andare in qualche modo a «riprendere» questi soldi, che sono stati destinati, ma non utilizzati dal Governo precedente.
Ricordo, infine, che, per la sicurezza in volo, sono fondamentali la manutenzione dei motori, il mantenimento delle linee di volo e le ore di addestramento.
Ovviamente, spero che non vi sia un nesso di causalità tra la mancanza di manutenzione e l'incidente verificatosi, ma ritengo importante che il Governo vigili affinché i tagli drastici che sono stati operati non abbiano ripercussioni negative sulla sicurezza dei nostri militari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, l'onorevole Cossiga, al quale ricordo che dispone di tre minuti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, anch'io mi associo agli auguri ai piloti per lo scampato pericolo. Vedremo cosa ci diranno le risultanze delle indagini riguardo la dinamica dell'incidente.
Signor sottosegretario, innanzitutto, desidero cogliere l'occasione per fare gli auguri a lei, che si è insediato, oggi, in una carica già ricoperta da altre persone che sono state chiamate, prima di lei, a svolgere la sua funzione e che, successivamente, hanno riscosso, in politica, successi ancora maggiori (non mi riferisco a Italo Balbo, ma può immaginare lei a chi). Mi spiace, però, dover constatare che, al di là dei suoi meriti personali, nella tematica specifica, la confusione che regna nella sua coalizione difficilmente le permetterà, ahimè, di riscuotere lo stesso successo di chi in passato l'ha preceduta.
Desidero anche complimentarmi per l'evidente successo delle operazioni di soccorso: di notte, in mare, si è riusciti ad intervenire ed a riportare a casa i due piloti. Ciò conferma che quelle attività addestrative che, per quanto riguarda l'Aeronautica, sono alla base della sicurezza attiva, hanno dato ottimi risultati e che anche le esercitazioni servono a garantire la sicurezza.
L'onorevole Pinotti ha toccato un punto importante quando si è chiesta come alcuni tagli operati al bilancio della difesa abbiano potuto incidere sui consumi intermedi. Nello specifico, come il sottosegretario ci potrà chiarire, gli F16 sono utilizzati all'interno di un contratto che comprende anche la manutenzione, non gestita direttamente. Quindi, è ovvio che qualsivoglia taglio non può avere avuto effetto sulla manutenzione dei velivoli.
L'onorevole Pinotti ha sottolineato la necessità di continuare ad investire nella difesa. Ebbene, mi auguro che anche la parte, forse, meno responsabile della vostra coalizione già con la prossima legge finanziaria sia in grado di sostenere un incremento, a mio avviso auspicabile, delle spese per quanto riguarda questi punti o, comunque, il mantenimento degli standard.
Quale sardo, desidero effettuare un breve accenno ad un'altra tematica che è stata richiamata - debbo dire in maniera garbata ed a proposito - dall'onorevole Pinotti e in maniera, forse, più confusa e strumentale da alcuni colleghi del Senato.


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In Sardegna esiste il problema delle servitù militari. Però, non confondiamo due piani e due problemi diversi: da una parte, abbiamo la necessità di garantire la sicurezza e, per i militari, sicurezza vuol dire addestramento; dall'altra parte, esiste la necessità di liberare la Sardegna da un onere che, forse, adesso è diventato eccessivo. Sono due problemi che devono essere affrontati con serenità e responsabilità. Temo che la vostra coalizione non sarà in grado di farlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Migliori, al quale ricordo che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che questa mattina io abbia fatto bene a porre all'attenzione del Presidente della Camera, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, l'esigenza di una informativa - ringrazio il Governo per averla accordata, con celerità, alla nostra Assemblea - su un evento particolarmente preoccupante che poteva dare adito, e darà adito, sicuramente, ma in modo parziale, a polemiche ed interpretazioni. Penso, tuttavia, che una ricostruzione attenta e puntuale dell'accaduto possa comunque ridurle ad un livello - oserei dire - normale, rientrante nella ordinaria capacità dialettica tra maggioranza ed opposizione.
Ringrazio il signor sottosegretario, ingegner Casula, per la organicità delle informazioni che ci sono state fornite ed esprimo anche soddisfazione per il fatto che la vita dei piloti sia salva. Mi sembra positivo sottolineare, altresì, la prontezza delle operazioni di soccorso che hanno permesso il salvataggio. Nondimeno, intendo affermare come vi sia confusione e strumentalità circa alcune riflessioni che su questo avvenimento si sono registrate in queste ore.
Dalle parole del sottosegretario mi pare sia emersa l'esigenza di assicurare lo svolgimento di esercitazioni finalizzate alla sicurezza del paese lontano dalle coste e, quindi, in modo tale da porre in condizioni di sicurezza i centri abitati; inoltre, è stata sottolineata l'esigenza di un addestramento, che non può venire meno. Nello stesso tempo, però, vi è la totale insussistenza di un rapporto polemico tra tagli operati alla difesa e avvenimenti di questo tipo, perché - come bene ha spiegato il collega Cossiga - i rapporti di causa ed effetto di qualsivoglia tipo sono assolutamente estranei a questo settore.
Voglio dire che mi sono sembrate fuori luogo, di fronte a questo increscioso avvenimento che poteva determinare anche situazioni peggiori, le polemiche inscenate circa la questione storica delle servitù militari nella regione Sardegna. Infatti, siamo su un piano assolutamente diverso, di carattere progettuale, di tutela del territorio e di sicurezza dei cittadini, che non è di per sé ostacolato, osteggiato e, in qualche misura, sminuito da una attenta valutazione...

PRESIDENTE. Onorevole Migliori...

RICCARDO MIGLIORI. ... delle esercitazioni così come tradizionalmente sono svolte e si sono svolte anche - mi pare di poterlo dire - nella giornata di ieri, seppure sfortunata.
Ringrazio, comunque, il Governo per la celerità con la quale ha ritenuto opportuno informare l'Assemblea sugli avvenimenti accaduti ieri al largo di Cagliari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana, alla quale ricordo che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, anch'io mi associo, a nome mio personale e del mio gruppo, all'augurio di pronta guarigione per i due piloti dell'Aeronautica militare rimasti feriti nell'incidente.
Come lei ha detto, signor sottosegretario, l'incidente è avvenuto nell'ambito dell'esercitazione spring flag 2006 e, voglio evidenziarlo con forza, nei cieli di un isola (la Sardegna) pesantemente sottoposta da sempre all'ingombro, ai rischi e, sottolineo, all'umiliazione di servitù militari, sia nazionali


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sia straniere, che riducono quella terra, per quanto riguarda la reale autonomia e la reale sovranità territoriale della sua gente, ad una regione di serie B. Ne sa qualcosa il presidente Soru, che con forza ha sollevato dall'inizio del suo mandato il problema ed ha aperto una vera e propria vertenza per arrivare a liberare l'isola da almeno un po' di quel peso, a cominciare dalla presenza a La Maddalena dei sommergibili statunitensi a propulsione nucleare. L'onorevole Cossiga diceva che i problemi sono diversi e tali da non poter essere messi insieme, però poi gli effetti si concatenano gravemente nei momenti di drammatizzazione delle questioni che sono all'ordine del giorno con la presenza militare sull'isola. Ne sanno infatti qualcosa le popolazioni isolane che ben conoscono i rischi connessi all'obbligo di convivere con una così invasiva e continuata presenza militare sulla loro isola.
Come lei sa, signor sottosegretario, spring flag 2006 è una vera e propria esercitazione non semplicemente riconducibile a problemi di difesa del nostro paese, nel senso che tradizionalmente vede la partecipazione di molte nazioni. In particolare, quest'anno, accanto all'operazione spring flag, ha preso parte all'esercitazione anche l'European Air Group, che, congiuntamente allo spring flag, sta conducendo la propria esercitazione multinazionale denominata Volcanex 2006, con il coinvolgimento di molti velivoli francesi, israeliani, tedeschi, due velivoli Awacs della NATO, nonché di personale delle Forze armate britanniche, belghe e olandesi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELETTRA DEIANA. C'è un dispiegamento vastissimo di forze militari europee che si collegano alle nuove strategie militari, non solo di difesa ma anche di assalto, che vedono il primato delle più sofisticate tecnologie militari che sono in addestramento in queste occasioni.
Noi nel programma de l'Unione abbiamo inserito con grande forza la determinazione che su tutta la grande questione delle servitù militari - in particolare per quanto riguarda l'isola, la mia isola, ma anche in generale per quanto riguarda le servitù militari sul territorio nazionale - sia rivolta una grande attenzione da parte del Governo e siano compiuti passi importanti per quanto riguarda l'isola in considerazione ed a sostegno della vertenza avviata dal presidente Soru.

PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere!

ELETTRA DEIANA. Per quanto riguarda, invece, il resto del paese, occorre avviare una radicale riflessione sull'intera materia, perché abbiamo bisogno di un «alleggerimento» per quanto concerne questa problematica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi, al quale ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, desidero associarmi alle parole di saluto pronunciate nei confronti del nuovo sottosegretario e anche di augurio per i due piloti che hanno subito l'incidente. Credo davvero che sia assai prematuro formulare delle ipotesi. Soprattutto, non trovo assolutamente corretto fare come la collega Pinotti, la quale ha ritenuto di dover parlare di problemi di manutenzione (e via dicendo) che, in base alle prime valutazioni, sembrano totalmente estranei all'incidente. Ritengo corretto, invece, rimandare ogni valutazione alle risultanze dell'inchiesta.
Certo è, signor Presidente e signor sottosegretario, che, ascoltando alcuni interventi, si notano inflessioni cariche di problematiche, addirittura rispetto alla necessità che certe esercitazioni esistano, quasi che una organizzazione complessa, come le Forze armate, possa farne a meno.
Ho letto con vivo stupore anche una dichiarazione, battuta dalle agenzie di stampa, pronunciata dal senatore Bulgarelli dei Verdi (che pure fa parte di questa


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maggioranza). Egli, infatti, auspica non tanto che si tengano esercitazioni in un luogo piuttosto che in un altro, ma addirittura che le esercitazioni non si svolgano più. Soprattutto, con riferimento alle servitù militari della Sardegna, si parla di problemi mai esistiti, come l'impiego dell'uranio impoverito, nonché di altre sostanze che non sono mai state usate e di cui non si è assolutamente avuta notizia. Ricordo che tali questioni sono state sollevate più volte, peraltro senza che vi sia mai stata una conferma in tal senso.
Se così fosse, non vorrei che, tra le forze politiche che sostengono il Governo della Repubblica (soprattutto nell'ambito di un rapporto delicato, quale quello con le Forze armate), si facesse strada una sorta di antimilitarismo nei confronti di tutto ciò che attiene appunto alle Forze armate, alle esercitazioni ed alle servitù militari. Con riferimento a queste ultime, si afferma che non devono comunque gravare su una regione, anche se vorrei sapere in quale regione, invece, dovrebbero essere potenziate!
In altri termini, non vorrei che vi fosse una riserva abbastanza dura da superare: essa, infatti, se può albergare in forze di opposizione, antagoniste e alternative, certamente mal si confà...

PRESIDENTE. Onorevole Bosi, la prego di concludere.

FRANCESCO BOSI. ... ad un sistema di forze politiche che sostengono il Governo (quello della Repubblica) di un paese avanzato che dispone di Forze armate importanti e di grande tradizione.
Pertanto, nel manifestare un certo stupore - che poi in fondo, purtroppo, è non soltanto stupore, ma la riconferma di suoni echeggiati già in passato, anche nell'ultima campagna elettorale -, non mi resta che rinnovare gli auguri di buon lavoro a chi deve occuparsi, in queste circostanze, di un settore così cruciale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, abbiamo appreso dall'informativa resa dal Governo che, fortunatamente, l'incidente verificatosi non ha provocato vittime e che è occorso in una fase notturna delle manovre, nell'ambito di un'importante esercitazione militare internazionale.
Sappiamo che si tratta di eventi che, purtroppo, possono accadere, ma già tale fatto ha creato una polemica all'interno di questa maggioranza. I Verdi, infatti, hanno dichiarato, tramite un'agenzia di stampa, che ciò è accaduto questa notte nei cieli della Sardegna è gravissimo e rappresenta l'ennesima conferma della pericolosità delle esercitazioni militari: pertanto, bisogna fermare tali esercitazioni. Si tratta della dichiarazione resa da un senatore dei Verdi, la quale, di fatto, già scredita il Governo anche agli occhi dell'opinione pubblica internazionale.
È evidente che le esercitazioni militari comportano alcuni rischi, ma non per questo se ne deve fare a meno, poiché la loro finalità è quella di ridurre le incognite che si rischiano durante le attività operative. Si accetta un pericolo oggi per evitare di correrne uno molto maggiore domani.
A chi chiede, dunque, di fermare le esercitazioni rispondiamo, quindi, che non è possibile farlo, a maggior ragione perché cresce sempre di più la complessità dei sistemi d'arma da usare. Tanto varrebbe «chiudere» le Forze armate, forse - ed è evidente - è proprio ciò che vogliono alcuni settori di questa maggioranza.
Noi crediamo, invece, che sia necessario procedere ulteriormente all'ammodernamento delle nostre Forze armate: i vertici dell'Arma azzurra lo hanno ricordato anche di recente. Bene: tale ammodernamento il Governo di centrodestra lo aveva avviato - non senza difficoltà, date le condizioni infelici della congiuntura economica - ed è essenziale che prosegua. In effetti, il processo non può essere fermato adesso senza pregiudicare il futuro delle stesse Forze armate.
Ci pare per questo assurda la pretesa della sinistra - diventata, nostro malgrado, sinistra di Governo - di chiedere la


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cancellazione della commessa che concerne l'acquisizione dei nuovi caccia F35, alla produzione dei quali il nostro paese, oltretutto, concorre con un gruppo di nazioni tecnologicamente all'avanguardia. Purtroppo, invece, in questo paese si respira un clima poco propizio alle scelte serie; diciamo la verità, sono giunti i giorni del «tutti a casa», del «via dall'Iraq e dall'Afghanistan». Questa volta non è questione di soldi, più o meno disponibili, ma di valori. Al potere sono giunti gli amici di coloro che nelle piazze hanno inneggiato alla strage di Nassiryia e predicano il disarmo unilaterale anche di fronte a Bin Laden. Il ritiro dalle missioni di pace, la cessazione delle esercitazioni invocata dai Verdi, la rinuncia agli F35, le proteste contro la parata del 2 giugno, i cori «uno, cento, mille Nassiryia» che si sentono durante le vostre manifestazioni sono per voi il biglietto da visita che presentate alle Forze armate.
I nostri militari sono preoccupati, si sentono abbandonati a se stessi, si sentono traditi ed offesi. Questa è una vergogna, è l'ennesima vergogna che, in soli pochi giorni, avete riservato a questo paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, noi naturalmente ci associamo agli auguri e pensiamo che l'esordio per lei avrebbe forse potuto essere migliore, però ci fa piacere sapere che non c'è un tributo di vite umane.
Non sappiamo molto circa le dinamiche dell'incidente, stiamo aspettando notizie; tuttavia, questo episodio pone due interrogativi di diverso livello - uno generale, l'altro regionale -, anche se tra loro connessi.
Il mutato scacchiere internazionale impone al Governo, nell'ambito della difesa nazionale e degli accordi internazionali, la verifica sull'attualità del massiccio rischieramento militare italiano ed alleato nel quadrante del Mediterraneo meridionale, prevalentemente gravante sulla Sardegna. Più in generale, il Governo dovrà fare ogni sforzo per verificare l'entità dell'impegno militare del nostro paese nella direzione del suo progressivo ridimensionamento, alla luce dell'articolo 11 della Costituzione e di ragioni di bilancio. Ma è certo che, comunque, quest'opera di riduzione deve essere compiuta in relazione alla pressione degli insediamenti militari sul territorio sardo, in attuazione di un preciso e vincolante patto.
Dati desumibili dalla letteratura in materia dicono che in Sardegna ben 37.374 ettari di territorio sono interessati da esigenze militari, di cui 23 mila sono demanio militare e 13 mila sottoposti a servitù. A ciò si aggiungono gli spicchi di mare per 11.327 miglia marine che, soprattutto a Quirra, Teulada e Capofrasca, costituiscono il prolungamento del territorio gravato da servitù. Da ciò risulta che la Sardegna contribuisce da sola alla difesa nazionale ben più di tutto il resto del paese. Tutto ciò è sommamente ingiusto, oltre che pericoloso per la concentrazione di materiale bellico nocivo per la salute, per i tratti di mare zeppi di bombe inesplose - e, per ciò stesso, interdetti alla pesca - e per i rischi inerenti ad incidenti come quello che si è verificato nelle ultime ore anche se, fortunatamente, conclusosi sembra favorevolmente (ma formuliamo i nostri auguri).
Tutto questo, come dicevamo, non è giusto; occorre da subito procedere all'immediata e corposa decompressione dell'impegno militare in Sardegna. L'isola ha già dato molto alla difesa nazionale; ora è il tempo di altre parti del territorio nazionale nella misura in cui, naturalmente, l'impegno militare sia ancora ritenuto indispensabile. Questo, peraltro, era stato già riconosciuto dal precedente Governo di centrosinistra, quando gli allora presidenti firmarono l'intesa istituzionale di programma, all'interno della quale era previsto esplicitamente l'impegno di Stato e regioni a costituire una commissione paritetica che doveva procedere alla riduzione degli insediamenti militari in Sardegna. Con le ovvie conseguenze


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in ordine al rilascio alla comunità civile di ampi e suggestivi spazi, alla diminuzione delle esercitazioni, alla corposa bonifica delle terre e dei mari, alla riduzione dei rischi per la salute. Sette anni sono passati invano in costanza di Governi di centrodestra che non hanno voluto dare attuazione all'intesa.
Perciò, mi sento di chiedere l'impegno del Governo in ordine alla costituzione immediata della commissione paritetica, affinché nei tre mesi previsti dall'intesa stessa si possa arrivare definitivamente alla riduzione delle servitù militari in Sardegna.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

ELIAS VACCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono particolarmente sereno nello svolgere il mio intervento, perché fortunatamente l'incidente nei cieli della Sardegna ha avuto un riflesso quasi esclusivamente sulle cose e non sulle persone.
Credo, però, che l'occasione sia preziosa perché il Parlamento e il Governo si interroghino sul carico che i cieli e la terra della Sardegna devono sopportare dal secondo dopoguerra. Intendo così anche tranquillizzare qualche collega dell'opposizione intervenuto prima di me, volendo rappresentare le nostre esigenze di pace e di riappropriazione del nostro territorio, rispetto a quegli slogan «dieci, cento, mille Nassiriya» che non ci appartengono né come Comunisti, né come sardi. Vorrei riportare l'attenzione su una battaglia che in Sardegna va avanti da decenni, che non ha niente a che vedere, illustri colleghi, neanche con quanto è successo nel mondo dopo il settembre del 2001. Mi riferisco alla battaglia dei sardi per riappropriarsi della sovranità su 37 mila ettari del loro territorio che, quando non è destinato a servitù militari, è destinato a galere.
Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che non mi pare vi sia bisogno di una nuova Ustica o di un nuovo Cermis per renderci conto della pericolosità intrinseca delle esercitazioni che si svolgono nei nostri cieli.
Sono lieto di svolgere questo intervento dopo aver saputo che non vi sono state vittime né civili né militari. È vero che dotare le Forze armate finanziariamente ed operativamente è una buona garanzia per la salvaguardia della salute e della vita di chi opera nelle stesse Forze armate. Ma è altrettanto vero - lo ricordava prima di me questa mattina il collega Cancrini - che vi sono risorse che possono essere tranquillamente distratte dai nostri bilanci per essere destinate ad altri interventi che interessano maggiormente non solo la Sardegna, ma il paese intero.
Ciò che è successo questa notte nei cieli della Sardegna si accompagna a tanti altri episodi dei quali non so quanto si sia parlato: mi riferisco a misteriose esplosioni nell'arcipelago de La Maddalena, alla destinazione di una base nelle vicinanze della mia città, Pollina, a cinque chilometri da Alghero, che a seguito di quanto appreso a proposito dell'operazione Gladio, ben altro uso doveva avere rispetto alla difesa nazionale. Queste, illustrissimi colleghi, sono anche le preoccupazioni che i sardi manifestano. Ho salutato con soddisfazione l'incontro tra il presidente Soru e il nuovo ministro della difesa (anch'egli sardo, come sardo è il sottosegretario Casula, che ringrazio per la sua informativa), affinché finalmente si recuperi la sensibilità nei confronti di una regione che in termini di autonomia si rapporta allo Stato nazionale e che ben poca autonomia può esercitare, anzitutto, sul proprio territorio.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è una questione di slogan e di propaganda sulla pace e sulla guerra. È questione di dignità di un popolo; un popolo che - lo voglio ricordare - ha tributato a questa maggioranza ed a questo Governo un sostegno particolarmente sostanzioso, perché da questa maggioranza e da questo Governo si attende un sussulto di dignità (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lion, al quale ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MARCO LION. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Casula per quanto ci ha riferito. Naturalmente, come gruppo dei Verdi, intendiamo portare i nostri auguri di pronta guarigione ai due piloti. Vogliamo anche rivolgere un dovuto ringraziamento agli addetti al recupero della squadriglia SAR di Decimomannu, che nel corso di esercitazioni militari, come in questo caso, ed in altri casi per necessità oggettive, hanno saputo dare prova di una grande capacità nel salvaguardare delle vite umane. Non intendo intervenire sulle questioni legate alla dinamica dell'incidente, perché naturalmente sappiamo ancora poco su quanto è accaduto (attendiamo, al riguardo, gli esiti dell'inchiesta).
Intendo però intervenire su altre questioni sollevate da questo ennesimo incidente (ricordiamo, infatti, che solo nell'ottobre scorso un veicolo AMX è precipitato in un campo coltivato vicino alla base di Decimomannu). Siamo sinceramente preoccupati di quello che avviene ed è avvenuto in Sardegna. Riteniamo che un compito importante che dovranno svolgere la maggioranza ed il Parlamento sia quello di istituire finalmente una Commissione di inchiesta seria su quanto avviene nella base di Quirra, in particolare in riferimento all'utilizzo, eventuale o certo, di uranio impoverito durante le esercitazioni. Vi sono, infatti, evidenze epidemiologiche della popolazione attorno a tale servitù militare che necessitano di un chiarimento: lo abbiamo chiesto la scorsa legislatura ed intendiamo farlo anche in questa.
Riteniamo che lo sforzo che chiediamo alla regione Sardegna vada ben valutato. Per questo riteniamo, ad esempio, di sostenere la vertenza che il presidente Soru ha avviato nei confronti del Governo italiano rispetto al peso delle servitù militari nell'economia, nella salute e nell'ambiente della regione Sardegna. Riteniamo di appoggiare anche la richiesta del presidente Soru sugli arretrati dovuti alla regione Sardegna da parte dello Stato per le suddette servitù.
Chiediamo al Governo di intervenire con più forza perché si arrivi finalmente all'ipotesi - pare possibile - di smantellamento dalla base de La Maddalena dei sommergibili atomici americani. Ricordiamo, infatti, in quest'aula il preoccupante incidente avvenuto in quella zona al sommergibile Hartford. Ripetiamo, dunque, quello che un grande Presidente di questa Camera e del nostro paese ha detto: la nostra linea rimane sempre quella di riempire i granai e di svuotare gli arsenali, anche in Sardegna (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Satta, al quale ricordo che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ANTONIO SATTA. Signor Presidente, esprimo un apprezzamento per la puntualità con la quale il Governo ha riferito, attraverso il sottosegretario per la difesa, l'amico Emidio Casula, al quale rivolgo i miei auguri di buon lavoro. Dobbiamo dire che nella tragedia vi è stata fortuna, perché non c'è da registrare, questa volta, alcun decesso, come è avvenuto in altre occasioni e per altri incidenti sui cieli della Sardegna. Infatti, se è vero che questa volta tutto si è risolto nel migliore dei modi - e facciamo gli auguri anche noi per una pronta guarigione dei piloti - è anche vero che i precedenti nei cieli della Sardegna sono molto preoccupanti, segnati da morti in diverse circostanze. Non v'è dubbio che la Sardegna è teatro, per scelte anche strategiche, di numerose esercitazioni militari che vanno ad aggiungersi al volo di numerosi velivoli civili, dato che la Sardegna conta diversi aeroporti, essendo interessata ad un movimento turistico di notevoli dimensioni, anche internazionali. Ciò, quindi, richiede maggiori garanzie ed attenzioni.
Sono certo che il Governo farà chiarezza fino in fondo su questo nuovo episodio.


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Riteniamo che dovrà essere un elemento di partenza per una rivisitazione del ruolo che la Sardegna dovrà avere in futuro. Come diceva anche il collega Palomba, occorre procedere subito all'attuazione dell'intesa Stato-regione per lungo tempo rimasta nei cassetti.
In Sardegna si avverte una nuova coscienza civica e la preoccupazione di aver dato tantissimo. La Sardegna vuole fare la propria parte ma non quella di tutti. La Sardegna vuole essere rispettata e far sì che il proprio sviluppo non sia più costantemente condizionato dalla presenza delle servitù militari.
L'attuale Governo ha la capacità e la volontà, manifestata dal ministro, di far sì che la Sardegna, finalmente, possa conoscere una nuova pagina per il suo futuro, un futuro più pacifico per la sua terra.

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Del Bue, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Annunzio della costituzione della Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge.

PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta odierna, la Commissione speciale per l'esame dei disegni di legge di conversione di decreti-legge ha proceduto alla propria costituzione, che è risultata la seguente: presidente, onorevole Delbono; vicepresidenti, onorevoli Di Gioia e Fabbri; segretari, onorevoli Provera e Giorgio Conte.
Sospendo la seduta, che riprenderà, come stabilito, alle 16,30 con la replica del Presidente del Consiglio nell'ambito della discussione sulle comunicazioni del Governo.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 16,30.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

Si riprende la discussione sulle comunicazioni del Governo.

(Replica del Presidente del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio dei ministri.

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, fra poco più di un'ora, alle 17.58, sarà il quattordicesimo anniversario della morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e della sua scorta (Il Presidente della Camera si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea - Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).
A loro il nostro profondo ricordo, ma a loro anche il nostro impegno per una lotta dura e intransigente di tutti noi, delle istituzioni dello Stato, contro tutte le forme di criminalità organizzata. Né la crescita economica, né lo sviluppo della nostra democrazia sono compatibili con questa tragica eredità della nostra storia. La legalità deve rimanere il punto di riferimento di tutta l'attività di Governo e, io mi auguro, di tutto il Parlamento.
Ringrazio, al termine di questo lungo e interessante dibattito, i parlamentari della maggioranza e dell'opposizione per le osservazioni approfondite, serrate e, per me, molto utili. Non starò a riprenderle in modo analitico, ma ne riassumo solo alcuni punti principali che completano le mie dichiarazioni depositate qui, la scorsa settimana, e che completano la replica che ho già fatto al Senato.
Prima di tutto, molte delle osservazioni ci sono rivolte sui problemi della politica estera. Io debbo semplicemente riba dire, qui di fronte a voi, i grandi assi del nostro programma: il primo, fondamentale, è


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quello di riportare la centralità dell'Europa; ribadire l'importanza dell'Alleanza atlantica e dell'amicizia con gli Stati Uniti. La centralità dell'Europa è il punto di riferimento e il fondamento della nostra linea politica; e attraverso questo rapporto con l'Europa noi terremo fermi i gli impegni che abbiamo assunto e che continueremo a prenderci nell'ambito internazionale. Siamo difatti consapevoli della responsabilità che la dimensione, il ruolo e la posizione geografica del nostro paese ci impone.
In molti casi, dicevo, questo impegno noi non lo potremo svolgere da soli; lo dovremo fare insieme ai nostri partner europei, proprio perché la centralità della scelta europea domina e dirige la nostra politica estera, proprio per l'importanza economica e politica, ma anche per i valori che la scelta europea rappresenta. Mi rifaccio a quanto è stato detto dal Presidente Napolitano, domenica scorsa a Ventotene, quando ha ricordato non solo la figura di Altiero Spinelli, ma il suo ruolo, la sua responsabilità e la grande preveggenza che ha avuto nel ritenere l'Europa una soluzione dei gravi problemi e delle tragedie che la guerra ci aveva lasciato.
Questo insegnamento è la continuità della storia italiana ed è la continuità del pensiero politico e dell'operato del Presidente Ciampi. Dovremo perciò riprendere un'attiva politica europea. Lunedì prossimo sarò a Bruxelles a compiere la mia prima missione all'estero. Prima del vertice europeo sarò a Berlino e nelle altre capitali, in modo da riannodare quella politica europea che deve trovare l'Italia come protagonista attivo.
Sappiamo che l'Europa è in un momento difficile, in cui il ruolo dell'Italia è diventato assolutamente essenziale. Non vi può essere in questo momento una politica europea senza un contributo forte e attivo dell'Italia. Dovremo riprendere insieme ai nostri partner le comuni riflessioni sulla Costituzione, che non potranno certo svolgersi in un periodo di tempo breve; avranno bisogno di maturare e probabilmente di attendere anche il passaggio delle elezioni francesi e il processo di ratifica da parte di altri paesi. Sarà cioè un processo lento, ma è chiaro che la Costituzione europea costituisce per noi ancora un punto di riferimento.
Nel frattempo, affronteremo alcune proposte concrete nel campo dell'energia, della ricerca e del coordinamento delle politiche economiche, perché l'Europa in questo momento, in questi tre campi, ha bisogno di passi in avanti per non entrare in una crisi, che sarebbe pericolosissima. L'energia è l'emergenza di oggi. La ricerca è il futuro del nostro continente. Il coordinamento delle politiche economiche è la condizione perché l'esistenza di rapporti della moneta unica possa diventare ancora di più un punto di forza per il nostro futuro. Lo ribadisco, come ultimo pensiero su questo: contare in Europa è il nostro modo di contare nel mondo.
È stato sollevato da più parti anche il problema del nostro impegno contro il terrorismo. Lo ripeto: il nostro impegno è fermo, completo e soprattutto si svolge, anche in questo caso, in collaborazione stretta con gli altri partner europei e con gli Stati Uniti d'America. Il terrorismo è il nemico maggiore che noi abbiamo e dobbiamo combatterlo in modo diretto. Ma sappiamo anche che c'è una lotta contro il terrorismo che è altrettanto importante, anzi nel lungo periodo è ancora più importante, che è quella del dialogo tra le diverse culture e le diverse religioni e quella di un'apertura e di una comprensione; quella che ho sentito qui definire come una politica preventiva di pace, che è un impegno forte che il nostro Governo deve assumersi: cioè una politica in cui non ci siano soltanto rapporti di forza, ma ci siano anche gli aspetti della equità e della giustizia, senza i quali non potremo avere mai la fine del terrorismo.
Ribadisco a tale proposito la decisione del nostro Governo di avere un viceministro per la cooperazione, come impegno fondamentale del paese; una cooperazione da cui ci siamo sostanzialmente ritirati via via nel tempo, fino ad arrivare al minimo storico degli ultimi decenni fra tutti i paesi del mondo: lo 0,11 per cento del nostro prodotto nazionale lordo. Questo è uno


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strumento per la politica preventiva di pace ed è chiaro che questa politica deve esercitarsi soprattutto nel Mediterraneo; occorre riprendere un ruolo attivo nella politica di pacificazione del Medio Oriente e nello sviluppo economico e politico del Mediterraneo. Noi presenteremo proposte concrete su questo. Proporremo ai nostri partner europei che si affacciano sul Mediterraneo e agli altri paesi europei che sono a questo interessati, e sono numerosi, la ripresa della proposta di avere una banca di sviluppo per il Mediterraneo, in cui in modo paritario lavorino e agiscano i paesi della sponda nord e della sponda sud del Mediterraneo.
Proporremo anche strutture universitarie di cultura in comune con una organizzazione, paritaria anche in questo caso, fra i paesi del nord e quelli del sud del Mediterraneo.
Ribadisco ancora una volta (non vi è bisogno di ripetere quanto detto al Senato) la decisione che abbiamo preso sul ritiro dall'Iraq, e voglio sottolineare che ciò non significa venire meno al ruolo che ci compete nello scacchiere internazionale per la nostra dimensione, la nostra posizione geografica, i nostri obblighi con i partner in difesa della libertà, della sicurezza, della pace e dei diritti umani.
Per quanto riguarda l'economia, sappiamo tutti che quella italiana deve affrontare una duplice sfida, riguardo alla stabilità e alla crescita, cioè entrambi i termini del famoso Patto di stabilità e crescita, che costituiscono per noi un momento di sfida, momento che rende necessario prendere decisioni forti e condivise.
È una sfida abbastanza nuova, anzi è una sfida nuova, purtroppo: negli anni Settanta, Ottanta e anche all'inizio degli anni Novanta mancava soprattutto la stabilità. Era un periodo di buona crescita, ma mancava la stabilità ed eravamo afflitti dall'inflazione. Negli anni successivi abbiamo avuto una crescente stabilità, ma una crescita decrescente. Oggi in Italia ci troviamo in una situazione in cui mancano sostanzialmente stabilità e crescita.
I dati dell'OCSE di oggi non possono che accentuare la nostra preoccupazione: sono dati che prendiamo molto sul serio e che dovremo elaborare per una strategia nazionale che ci faccia uscire dalla stagnazione e dalla difficoltà in cui ci troviamo.
Bisogna quindi operare presto e congiuntamente sia per la stabilità che per la crescita. Dobbiamo però riconoscere che, mentre conosciamo bene gli strumenti che portano alla stabilità, conosciamo meno bene gli strumenti che portano alla crescita e sappiamo comunque che questi strumenti hanno bisogno di un impegno di più lungo periodo. Perciò dobbiamo su questi strumenti partire immediatamente per poter avere i frutti in un periodo di tempo che non sia troppo lungo e che si misuri nello spazio di mesi e non di anni.
I conti pubblici inoltre sono in una fase di peggioramento: ci troviamo in una fase più critica, forse ancora più critica di quella del 1996, quando abbiamo fatto gli sforzi per entrare nell'euro. L'avanzo primario rispetto al 1996 si è praticamente ridotto a zero e nel 1996 non dimentichiamo che avevamo la riserva, che era data dall'entrata nell'euro, che ci avrebbe portato a forti limitazioni nel peso del debito.
Oggi, inflazione a parte, i conti pubblici sono tornati in una situazione che ricorda quella dell'inizio degli anni Novanta; e siamo ritornati sotto la lente di ingrandimento dei mercati internazionali. Nelle prossime settimane prenderemo le decisioni su come muoverci. Abbiamo certamente un vantaggio rispetto agli anni Novanta, cioè l'euro che in parte ci protegge; ma l'euro non può essere l'unico scudo di protezione e di difesa della nostra economia, perché i mercati, anche in presenza di una moneta comune, trovano altri strumenti per punire un paese che abbia comportamenti economici discordanti.
Abbiamo perciò di fronte a noi un imperativo categorico, cioè dobbiamo riportare l'avanzo primario del paese vicino ai livelli che avevamo alla fine degli anni Novanta.


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Dico questo, perché il nostro compito è quello non solo di mettere i conti in ordine, ma anche di provvedere e prevedere una strategia di diminuzione dell'enorme debito pubblico che pesa sulle nostre spalle.
Un altro argomento che è ricorso in questo dibattito riguarda il problema delle riforme e dell'abrogazione delle leggi precedenti.
Da più parti, ci è venuta l'accusa di voler smantellare tutte le principali leggi della precedente maggioranza. Noi non abbiamo intendimenti inutilmente distruttivi (Commenti). Noi vogliamo modificare, migliorare e anche cancellare parti non condivisibili delle politiche del Governo precedente. Ma noi garantiamo la continuità amministrativa e non operiamo fratture inutili. Noi vogliamo che il paese faccia un salto in avanti nella crescita e nell'equità (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza).
Noi siamo chiamati ad attuare un programma di riforme radicali che, in alcuni casi, richiedono anche la discontinuità, ma siamo guidati dalla ricerca dell'interesse comune. Soprattutto, voglio ribadire che noi non crediamo di avere la verità in tasca, ma siamo interessati al dialogo. Mi fa anche piacere che, proprio poche ore fa, nel rispetto di una ormai consolidata tradizione, due rappresentanti della minoranza sono stati eletti alla presidenza delle due Commissioni di garanzia, la Giunta per le elezioni e la Giunta per le autorizzazioni a procedere (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania - Una voce dai banchi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania: Grazie!)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per favore...

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. È il segno del permanere, almeno in alcuni campi, di una disposizione al dialogo (Una voce: Buffone!) tra maggioranza e minoranza (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Scusate, vi pregherei di lasciar proseguire il Presidente del Consiglio (Commenti del deputato Bono). Avrete occasione di commentare in sede di dichiarazioni di voto.
Prego, Presidente.

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non ho fretta, Presidente, posso aspettare (Commenti)...

TERESIO DELFINO. Bravo!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sono anche informato sulle iniziative dei presidenti di gruppo della maggioranza per giungere ad un assetto condiviso nella guida delle Commissioni parlamentari, in modo da dare solidità al terreno sul quale si dovranno svolgere nel corso di questa legislatura le relazioni tra maggioranza e minoranza. Mi compiaccio di queste iniziative e personalmente mi auguro che abbiano successo (Commenti).
Sulle riforme istituzionali noi siamo per il «no» al referendum, ma non siamo certo chiusi ad aggiornare la Carta costituzionale con un largo coinvolgimento di forze politiche e di diversi orientamenti culturali. Come ho detto, i programmi di Governo divergono, ma vogliamo che le riforme che riguardano la Costituzione e la legge elettorale siano messe in atto con la più larga maggioranza possibile.
Riguardo al problema del referendum, voglio confermare qui, di fronte a tutti, l'impegno a mantenere, comunque, le promesse e gli impegni presi per la salvaguardia delle autonomie speciali, qualsiasi sia l'esito del referendum. Con lo stesso metodo con cui vogliamo riformare la Costituzione vorremmo anche riformare questa pessima legge elettorale che, a quanto ho visto nel corso del dibattito, è stato uno degli elementi più interessanti: non ha più padre né madre (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza). Questa legge elettorale è stata qui criticata da tutti e non so davvero come mai sia stata approvata precedentemente dal Parlamento.


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Su questo punto voglio ribadire alcune critiche approfondite e serie che sono state rivolte al cambiamento delle competenze di alcuni ministeri. Posso assicurare che lo abbiamo fatto per rendere più efficace l'operatività del Governo (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

NICOLA BONO. Ci spieghi a cosa servono!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non ho difficoltà a dire i casi in cui abbiamo fatto lo «spacchettamento» e il perché [Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

ELIO VITO. Perché non ti giri? Non ci sono più sedie disponibili!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Nel caso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, abbiamo voluto ribadire, come priorità politica, la centralità della ricerca e dell'insegnamento superiore (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Nel settore dei lavori pubblici e dei trasporti, la diversa logica che presiede la fase di costruzione da quella che presiede la fase di gestione di imprese e di entità autonome che le coordina ha spinto a una divisione dei due ministeri (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

IGNAZIO LA RUSSA. Bastava dirlo prima!

NICOLA BONO. A saperlo, Bassanini si rivolta!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Siamo certi che l'amministrazione ha risorse, sa come organizzarle ed è in grado di rispondere positivamente alle esigenze di cambiamento e di flessibilità che queste decisioni comportano.
Vorrei aggiungere, riguardo a questo aspetto, che non abbiamo intenzione di usare le logiche generalizzate di spoil system che sono state adottate in questi anni e che hanno costituito uno degli elementi di depauperamento della pubblica amministrazione (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania).

SANDRO BONDI. Si vergogni!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Alla fine di questo mio intervento voglio trattare brevemente alcuni temi puntuali che sono stati sollevati.
Ribadisco l'opportunità dei provvedimenti di clemenza e richiamo, riguardo a questo aspetto, il discorso che ho fatto al Senato. Aggiungo che ritengo opportuno riprendere l'iniziativa italiana riguardo alla moratoria della pena di morte, che è uno dei punti fermi della nostra cultura e della nostra civiltà (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza).
Riguardo alla precarietà, rivendico semplicemente che noi siamo stati i padri della flessibilità con la legge Treu ...

NICOLA BONO. Padri del lavoro nero...!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. ... e che abbiamo sempre sostenuto la ricerca di maggiore produttività delle imprese, ma non tolleriamo che la flessibilità degeneri in precarietà permanente (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza).
Tutto questo, noi lo faremo con tranquillità.
Infine, noi cercheremo nel Parlamento larghe intese sui temi che coinvolgono le coscienze e i valori etici di tutti noi.
Ho due ultime osservazioni su temi specifici: la prima riguarda le quote rosa. Vorrei dare una risposta all'onorevole Prestigiacomo, che mi ha pregato di non riproporle perché sarei sconfitto. Io le riproporrò e, se fossi sconfitto su questo punto, non la considererei una mia sconfitta,


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ma una sconfitta del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Verdi) ...

IGNAZIO LA RUSSA. Bastava non mettere il voto segreto!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. ... così come non ho considerato la bocciatura della proposta presentata dall'onorevole Prestigiacomo una sconfitta sua, ma una sconfitta nostra (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Verdi)!
Si è ripetutamente fatto appello al discorso dei brogli nei voti all'interno e all'estero. Anche questo fa parte di una polemica che ormai si è consumata. Vorrei solo osservare a questo proposito che le leggi sono state volute dalla maggioranza e sono state approvate dalla maggioranza...

ROBERTO MENIA. I brogli li avete fatti voi!

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. I controlli sono stati totalmente in mano alla maggioranza di allora (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza). Io credo davvero che nel dibattito vi sia stata una mancanza di generosità nei confronti di Pisanu e di Tremaglia (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

ELISABETTA GARDINI. Sedute spiritiche...

ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Infine, i temi dell'ambiente, che sono ritornati continuamente nel dibattito riguardo a tanti aspetti, mi fanno esprimere una semplice riflessione. Io sono un economista industriale che ha appreso la lezione della pervasività dei temi ambientali e del rapporto inscindibile che vi è tra la qualità dello sviluppo e la qualità ambientale. In tutti i settori, energia, infrastrutture, trasporti e territorio, noi dobbiamo inserire con serietà la variabile ambientale (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Verdi) non per vincolare lo sviluppo, ma per rendere sostenibile lo sviluppo stesso, perché altrimenti di sviluppo non se ne potrà più parlare, ed anche per qualificarlo.
La ricetta è anche in questo caso: più conoscenze e più ricerca. Qui occorre uno sforzo del tutto nuovo, non dico un aumento del nostro sforzo nella ricerca in materia, perché il nostro sforzo è talmente scarso da non essere quasi assolutamente quantificabile, ma veramente una coscienza anche perché se attuiamo politiche di sviluppo, l'ambiente genera sviluppo e crescita di reddito. Ricordo a questo proposito che domani si celebra la prima giornata europea dei parchi, anche questo segno di una coscienza mondiale su questi problemi (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Verdi - Commenti del deputato Fava).
Queste sono le mie osservazioni rispetto al dibattito di oggi. Vorrei concludere con una semplice riflessione politica. Io ho apprezzato molto il discorso che, a nome de L'Ulivo, ha fatto l'onorevole Fassino. L'ho apprezzato non solo per i singoli punti, ma perché ci ha richiamato al presente e anche al futuro della nostra coalizione. Ci ha richiamato la necessità di far evolvere non solo le regole del sistema politico di cui tutti siamo coscienti, ma ha richiamato la necessità di fare evolvere i soggetti della politica e, quindi, la grande responsabilità de L'Ulivo come soggetto traente e rinnovatore della politica italiana.
In questo quadro posso rassicurare l'onorevole Tabacci, senza paura di fraintendimenti, che noi non ci arrocchiamo nella nostra maggioranza perché la riterremmo una decisione sterile ed anche perché siamo capaci, come lui ci ha chiesto, del coraggio della buona politica.
Grazie (Prolungati applausi dei gruppi di maggioranza, cui si associano i membri del Governo - Dai banchi dei deputati del


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gruppo di Forza Italia si grida: Bravi! - I deputati dei gruppi di maggioranza si levano in piedi).

PRESIDENTE. La ringrazio, signor Presidente del Consiglio.
Avverto che è stata presentata dai deputati Franceschini, Migliore, Donadi, Villetti, Sgobio, Bonelli e Fabris la seguente mozione di fiducia: «La Camera, udite le dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio dei ministri, le approva e passa all'ordine del giorno» (1-00002) (vedi l'allegato A - Mozione sezione 1).

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Prima di cominciare lo svolgimento delle dichiarazioni di voto, vorrei chiedere cortesemente la collaborazione di tutti voi in questa fase conclusiva, evitando - ferma restando, naturalmente, la possibilità e il diritto di esprimere dissenso e consenso - interruzioni agli interventi, in modo che chi ci ascolta e chi ci vede possa seguire organicamente il ragionamento che viene presentato.
A chi interviene, in particolare, vorrei chiedere la cortesia di attenersi strettamente ai tempi concordati. C'è una sola cosa più antipatica che interrompere gli interventi, ed è quella di vederseli interrotti, per cui vi chiedo davvero questa collaborazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Reina. Ne ha facoltà.
Le ricordo che ha cinque minuti di tempo a disposizione.

GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, abbiamo ascoltato la replica del Presidente del Consiglio incaricato e, purtroppo, non siamo riusciti a cogliere, dalle risposte che egli ha formulato in questa aula, quelle indicazioni che speravamo ci potessero rassicurare in ordine ad un certo modo di sviluppare la politica che questo Governo si accinge ad attuare nel paese. Mi riferisco a risposte in ordine alla gravosa problematica che abbiamo sollevato stamane sulla questione del ponte sullo Stretto, rispetto al prolungamento della TAV delle regioni meridionali, allo smantellamento degli impianti di raffinazione petrolifera e, se vogliamo, anche alla richiesta alla Commissione europea per l'attivazione della cosiddetta fiscalità di vantaggio o compensativa per le regioni meridionali, di cui ormai, dopo che noi mesi addietro abbiamo posto apertamente e duramente sul tappeto la questione, parlano anche altre forze politiche (di ciò siamo sicuramente felici).
Luigi Sturzo, a cui ci ispiriamo largamente, che fondò il Partito popolare, un partito nazionale che fece della questione meridionale una questione nazionale, ci ha insegnato che l'esercizio della politica comporta la capacità di assunzione della responsabilità, che si trasmette via via in capacità di ascolto delle istanze che promanano dalla gente, in capacità di formulazione di appropriate strategie di risposta ed, in ultima analisi, in capacità di attuazione di una politica coerente ed adeguata nell'esercizio del governo.
Riscontriamo dalla proposta complessiva che oggi viene posta dal Governo Prodi che non sussistono alcune di queste condizioni. Pertanto, anche se rimane vivo in noi un atteggiamento di attesa, per valutare in che modo strutturalmente il Governo cercherà di rispondere alle questioni che abbiamo posto, non possiamo che confermare il nostro voto contrario alla fiducia allo stesso Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, tra poco anche la Camera, dopo il Senato, voterà la fiducia al nuovo Governo e lei, Presidente Prodi, sarà nella pienezza dei suoi poteri.
L'aspetta un compito oggettivamente molto difficile. Dovrà affrontare problemi


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molto seri, lasciti pesanti dei predecessori: rilancio dell'economia, innanzitutto, e competitività del sistema, e ciò senza inasprire la pressione fiscale. Praticamente, la quadratura del cerchio!
Nella mia funzione di neoeletto presidente del gruppo Misto, un gruppo per definizione non omogeneo ma, per altri versi, un piccolo laboratorio di confronto politico bipartisan, le auguro, innanzitutto, buon lavoro, nell'interesse di tutto il paese.
Intervengo in dichiarazione di voto per il mio partito, il Südtiroler Volkspartei, un partito che, come lei sa, signor Presidente, è espressione di minoranze linguistiche, da sempre posizionato al di fuori dei cosiddetti blocchi nazionali, moderato, di centro. Se, in occasione delle ultime elezioni politiche, ci siamo alleati con i partiti del centrosinistra, concordando un patto elettorale articolato, l'abbiamo fatto, Presidente Prodi, per l'esperienza positiva con il suo primo Governo, nel 1996, e con i successivi Governi, fino al 2001, anni durante i quali la nostra autonomia è cresciuta fortemente.
Vogliamo ripartire da lì ed affrontare le nuove sfide con forza e determinazione. Dovremo, innanzitutto, affrontare la riforma dello statuto di autonomia, adeguandolo alle riforme costituzionali degli ultimi anni. Determinante sarà per noi, a questo proposito, il principio secondo il quale modifiche statutarie possono avvenire solamente d'intesa tra Parlamento e regioni e, rispettivamente, province autonome: soltanto in questo modo si attuerà la pari dignità tra Stato e regioni. E le sono grato, signor Presidente, delle parole chiare da lei pronunciate, in sede di replica, a tale riguardo.
Dovremo poi far ripartire, nominando al più presto i commissari di spettanza governativa...

PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Brugger, ma sono costretto ad invitare le signore deputate ed i signori deputati a non formare, nell'emiciclo, dei gruppi di parola che impediscono di ascoltare l'oratore. Prego i colleghi di prendere posto e di evitare questo andirivieni veramente fastidioso. Grazie (Applausi).
Prosegua pure, deputato Brugger.

SIEGFRIED BRUGGER. Grazie, Presidente.
Dovremo poi far ripartire, nominando al più presto i commissari di spettanza governativa, le commissioni paritetiche, che, negli ultimi anni, hanno realizzato ben poco, e varare al più presto le norme di attuazione già pronte: conservatorio, partecipazione del presidente della provincia al Consiglio dei ministri per questioni di attinenza provinciale e passaggio dei beni demaniali non più utilizzati dallo Stato alla provincia, per citarne solo alcune.
E dovremo, finalmente, risolvere due grandi questioni aperte che riguardano il nostro territorio: energia e galleria di base del Brennero.
Lei sa, signor Presidente, che il problema dell'energia idroelettrica ci sta molto a cuore. Le centrali di grandi dimensioni costruite intorno agli anni Trenta hanno avuto un impatto distruttivo su parte del nostro territorio ed hanno impoverito i corsi d'acqua. Noi chiediamo di invertire la rotta del Governo Berlusconi, che ha privilegiato gli ex monopolisti a sfavore delle comunità locali, e di coinvolgere le istituzioni locali, garantendo una vera compartecipazione ed una soluzione condivisa da ENEL, provincia e comuni.
La stessa compartecipazione chiediamo per la realizzazione della galleria di base del Brennero e delle tratte di accesso. Per evitare le forti polemiche della popolazione interessata, com'è avvenuto intorno alla TAV, in Val di Susa, chiediamo il pieno coinvolgimento degli enti e delle istituzioni locali nei processi decisionali.
Siamo, infine, convinti che la ratifica del Protocollo sui trasporti annesso alla Convenzione delle Alpi - che chiediamo - impedirà la realizzazione di ulteriori autostrade transalpine e tutelerà, così, quel grande patrimonio ambientale che sono le Alpi.


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Un ultimo punto: apprezziamo l'attuale discussione su indulto e amnistia ed abbiamo preso buona nota della proposta del Presidente della Repubblica di istituire un ufficio per la concessione della grazia. È ora che un grande paese democratico come l'Italia chiuda i conti del passato. In questo contesto, chiediamo di risolvere anche il problema delle persone condannate all'ergastolo per gli attentati degli anni Sessanta: in questo modo, si metterebbe la parola «fine» su un periodo problematico e buio della nostra storia.
Noi siamo fiduciosi che lei, signor Presidente del Consiglio...

PRESIDENTE. Onorevole Brugger, la prego di rispettare i tempi.

SIEGFRIED BRUGGER. Sto per concludere, signor Presidente.
Siamo fiduciosi che lei, signor Presidente del Consiglio, saprà affrontare i gravi problemi del paese. La Volkspartei sarà un partner attento e leale, che condividerà le scelte in linea con il nostro programma di partito.

PRESIDENTE. Onorevole Brugger, la prego di rispettare i tempi, per favore!

SIEGFRIED BRUGGER. Altrettanta attenzione le chiediamo nei nostri confronti. Con questo spirito, annuncio il voto favorevole della Südtiroler Volkspartei (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Verdi e dei Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirino Pomicino, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Invito tutti ad attenersi strettamente ai tempi.
Ha facoltà di parlare, deputato Cirino Pomicino.

PAOLO CIRINO POMICINO. Onorevole Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, i deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista non voteranno la fiducia al Governo e le sarei grato, signor Presidente, dal momento che ho solo dieci minuti di tempo a disposizione, se potesse ascoltarmi. Tante sono le ragioni della nostra decisione, a cominciare, naturalmente, dalla recente contrapposizione durante la campagna elettorale, per finire, in un quadro di valori unificanti, che pure esistono nel paese, come l'Europa, a quelle differenze programmatiche emerse nel corso del dibattito, la cui consistenza, però, sarà tutta da verificare quando le linee da lei illustrate si trasformeranno in provvedimenti concreti, in particolare sul terreno dell'economia. Da dieci anni - non da un giorno - in questo ambito si registra una caduta della competitività ed un tasso di crescita decisamente minore rispetto a quello dei paesi della zona dell'euro.
Tra le tante ragioni della nostra decisione, però, ne vogliamo sottolineare due, che riteniamo politicamente fondamentali. Esse attengono, innanzitutto, alla natura delle maggiori forze politiche della sua coalizione e, in secondo luogo, al sostanziale rifiuto della sua maggioranza di rilanciare, con una politica istituzionale appropriata, la nostra democrazia parlamentare che, in dieci anni, ha subito un lento e spesso invisibile processo involutivo di stampo oligarchico ed elitario. L'asse della sua maggioranza è formato da due partiti - i Democratici di sinistra e la Margherita - fortemente pressati, da oltre un anno, da forze esterne perché cancellino il proprio profilo identitario, quello socialista o post-comunista, che dir si voglia, e quello popolare-democristiano. Questi due partiti sono spinti quotidianamente da forze potenti a rifugiarsi sotto i generici termini di riformista e di democratico, termini che, come ella sa, non sono né possono essere, da soli, una nuova identità. Chi tenta, come appunto i Democratici di sinistra e la Margherita, di sostituire la propria identità con un programma di Governo commette un errore politico. Tale errore impedirà loro di creare un solido partito di massa, di cui il paese avrebbe bisogno (il partito di massa è cosa profondamente


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diversa da una lista elettorale unitaria), e fa crescere ombre sulle forze reali che li sostengono e ne suggeriscono la linea.
Ella sa, signor Presidente, per la decennale conoscenza che ha di noi, che non siamo usi ad irridere o a dileggiare i processi politici e il loro divenire. Se ancora non sappiamo, però, politicamente chi siete o, per essere più precisi, politicamente chi sarete, quali sono, cioè, le forze reali che si sono incuneate tra di voi e che sono interessate a tagliare, in nome di una presunta modernità, quelle radici che, pure, avete in comune con le famiglie politiche che governano i più grandi paesi europei, anche se votassimo a favore del suo Governo, onorevole Prodi, non sapremmo, in verità, chi è che riceverebbe, alla fine, il nostro voto. Senza identità, il consenso si frantuma e, con esso, l'azione di Governo, come dimostra il fatto che la sua coalizione è costituita da otto partiti. Nel paese, al di fuori di questa Assemblea, onorevole Presidente del Consiglio, c'è un corto circuito finanza-informazione molto potente e autoreferenziale che richiede, come interlocutore democratico, una politica alta e forte, con radici e profili identitari certi e con una cultura politica di riferimento altrettanto chiara e riconoscibile.
Diversamente, a governare sarebbero nell'ombra quelle forze reali che, da che mondo è mondo, non si lasciano mai votare. È purtroppo questa la condizione in cui si trovano i due maggiori partiti della sua coalizione, che non a caso tentano di costruire in Italia una nuova forza politica dall'inusuale nome di Ulivo, mentre in Europa sono socialisti e liberali.
La seconda ragione del nostro «no» è una politica istituzionale di parte rilevante della sua maggioranza tesa a svuotare le prerogative di libertà e di indipendenza del Parlamento e dei suoi membri: una cultura che da dieci anni soffia come un vento impetuoso sul nostro sistema politico. In ogni democrazia parlamentare che si rispetti le alleanze fra forze politiche si realizzano all'indomani delle elezioni in Parlamento e non nelle piazze, come da anni stiamo facendo proponendo agli elettori di votare due coalizioni contrapposte. Un sistema che finisce così per inserire nella vita democratica e parlamentare rigidità insuperabili, con tutto quel che ne consegue sul terreno del confronto e dell'occupazione del potere, come abbiamo visto nelle ultime settimane. L'esempio tedesco e ancor più quello israeliano testimoniano - semmai ce ne fosse stato bisogno - che le alleanze politiche sono funzionali agli obiettivi che si vogliono raggiungere secondo la libera volontà del Parlamento e delle forze politiche che in esso siedono. Tanto per intenderci, onorevole Prodi e onorevole D'Alema, senza l'alleanza tra Ariel Sharon e Simon Perez, due avversari storici nella vita politica di Israele, non ci sarebbe stato quel ritiro dei coloni dalla striscia di Gaza che ha fatto fare un salto di qualità al processo di pace nella tormentata terra di Palestina. Quelle alleanze, signor Presidente del Consiglio, pur nella loro transitorietà, come quella della grande coalizione in Germania, si formano e si disfano in Parlamento, non nelle piazze, come accade invece nei sistemi peronisti ai quali, ahimè, da anni sembriamo ispirarci.
Se la sua maggioranza volesse sostenere il diritto del popolo a scegliere direttamente il Capo del Governo, abbia il coraggio di proporre un sistema presidenziale, ma con gli annessi contrappesi di potere, lasciando così intatte sia la sovranità del Capo dell'esecutivo sia quella del Parlamento, la cui libertà, onorevoli colleghi, non è un bene negoziabile, come non lo è in tutte le grandi democrazie occidentali. Due ragioni politiche fondamentali, come vede, in aggiunta alle altre per il nostro «no» al suo Governo, che continua ad ispirarsi a quel principio maggioritario che da dieci anni a questa parte produce solo Governi che non sono rappresentativi della maggioranza del paese.
Onorevole Presidente del Consiglio, essere all'opposizione del suo Governo non significa per noi essere all'opposizione del paese. Pertanto, valuteremo, senza pregiudizi e con la mente rivolta sempre all'interesse del paese, i singoli provvedimenti che ci proporrà, sapendo che in politica la


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differenza non la fanno gli obiettivi ma gli strumenti. Naturalmente, non desisteremo da una tenace offensiva di persuasione per farvi accettare le nostre scelte e le nostre proposte, nella speranza che la vostra capacità di ascolto sia quanto meno pari alla nostra (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabris. Ne ha facoltà.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signor Presidente del Consiglio, nel discorso programmatico da lei presentato al Parlamento ci è molto piaciuto il suo proposito di far ripartire il dialogo tra maggioranza ed opposizione per riportare la serenità nel paese e dargli quella scossa, anche etica, che serve a farlo ripartire. L'Italia ha bisogno non di annullare le differenze politiche e culturali che ci sono e che sono il sale del pluralismo, ma di recuperare il rispetto reciproco, il dialogo tra persone che hanno convinzioni politiche, culturali e religiose diverse. Usciamo infatti da uno scontro elettorale che ha avvelenato il clima sociale. Io non c'ero nel 1948, ma ho letto qualche cronaca del tempo e in questa campagna elettorale sembrava di stare in quel secondo dopoguerra. Ma allora i nostri nonni, i nostri padri dovettero scegliere veramente tra l'Occidente e l'Oriente: fu realmente uno scontro tra idee e visioni diverse dell'uomo, della storia, della società, dell'economia, delle alleanze internazionali, persino del ruolo della cultura.
Allora fu davvero una battaglia tra idee di civiltà diverse. Da questo punto di vista, l'ex Presidente del Consiglio, l'onorevole Berlusconi, è stato, nell'ultima campagna elettorale, un fenomeno. Egli, infatti, ha saputo ricreare quel clima, convincendo quasi la metà degli italiani che, nell'anno del signore 2006 - sessanta anni dopo la fine della guerra, diciassette anni dopo la caduta del muro di Berlino -, mentre persino l'ex capo comunista del KGB, il Presidente russo Putin, è diventato suo amico personale, i comunisti - il nemico - fossero alle porte, pronti ad espropriare le case e le proprietà private, a statalizzare le imprese, a tassare i depositi bancari ed a ridurre la Chiesa al silenzio, nonché a fare scorpacciate di bambini bolliti.
Bravo, bravo davvero! In questo senso, a guadagnarci sono stati solo alcuni notai, presi d'assalto dai creduloni terrorizzati dalla prospettiva (infondata, ovviamente) di vedersi portare via proprietà e future eredità, mentre altri, impauriti, andavano in banca per vendere BOT e CCT, o ritirare addirittura i propri depositi. Un delirio mai visto, ed il paese si è lacerato.
Ma questo incredibile ed infondato spauracchio ha, però, permesso di mobilitare gli immobili e scuotere i delusi dal centrodestra, che non l'avevano più votato dopo il 2001, radicalizzando tutto, a destra ma anche a sinistra, tanto che ha votato l'83 per cento degli italiani: un vero record! Così, l'onorevole Berlusconi è riuscito ad evitare una sicura, pesante sconfitta prevista da tutti, persino dai suoi alleati, arrivati a schierare l'ormai famoso «tridente» una volta fallito l'inutile, ma non tanto nascosto, tentativo di cambiare in corsa il leader della Casa delle libertà, all'inizio del 2006.
L'ex Presidente del Consiglio è così riuscito a far dimenticare agli italiani non solo di non aver mantenuto le mirabolanti promesse elettorali del 2001, ma anche che, con i suoi due Governi, l'Italia è andata indietro. Aveva promesso aumenti del PIL di almeno il 3 per cento per tutti gli anni del suo Governo, ed invece abbiamo vissuto cinque lunghissimi anni di stagnazione. Vi è stato il peggioramento della finanza pubblica, indebolita dai ripetuti condoni, ed il debito pubblico è tornato a crescere, oltrepassando il 4 per cento del prodotto interno lordo, mentre le entrate sono diminuite. Il paese è regredito in tutte le classifiche, curate da varie fonti, sulla competitività internazionale dell'Italia, tanto che, nel 2005, abbiamo registrato un saldo commerciale negativo di oltre 10 miliardi di euro.


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Insomma, sono riusciti ad evitare che tutto il paese discutesse di come hanno governato loro per cinque anni, per passare, invece, a discutere sulle paure per un Governo, di là da venire, dell'Unione: davvero bravi! Il bello è anche che, dopo il voto, non si è discusso sul motivo per cui l'esecutivo di centrodestra - che, a sentire l'ex premier, è stato il più bravo e bello di sempre - abbia perso. No: si è discusso, e si continua a discutere, sul perché il centrosinistra non abbia stravinto. Bravissimi!
Ma c'è un tempo per la propaganda ed un tempo per il governo del paese. Ora sarebbe giunto il momento - ci rivolgiamo all'opposizione - di prendere atto che la campagna elettorale è finita. Il centrosinistra ha vinto in base ad una nuova legge elettorale imposta, due mesi prima del voto, dall'ex maggioranza che sperava di non perdere. Abbiamo vinto per poco, certo, ma sulla base della regola fondamentale di ogni democrazia occidentale: vince chi ottiene la metà più uno dei voti. In tutte le sedi, inoltre, è stato sinora dimostrato che quella metà più uno dei voti noi ce la siamo conquistata, legittimamente, sul campo.
Peraltro, vostri erano i ministri dell'interno, degli affari esteri e per gli italiani all'estero, nonché della giustizia, chiamati a controllare la regolarità delle procedure di voto. Allora smettetela, una buona volta, con accuse gravissime sinora dimostratesi infondate. Cercate, intanto, di spiegare - e, magari, spiegatevi anche tra di voi - perché, se eravate così bravi e stavate al Governo, avete perso!
Non siamo una «Repubblica delle banane»: questo è un paese dal tessuto democratico solido, dove abbiamo sempre liberamente e correttamente votato, anche quando c'era davvero la guerra fredda o il terrorismo rosso, nero o mafioso delle stragi e degli attentati. Fatevene dunque una ragione e rassegnatevi: in democrazia si può anche perdere! Assumetevi, piuttosto, la responsabilità di rappresentare l'opposizione in Parlamento, così come ce la siamo assunta noi, senza drammi, negli ultimi cinque anni.
Ripartiamo, dunque, da qui. Lei, Presidente Prodi, ha presentato una proposta credibile, affermando che la maggioranza vuole realizzare il proprio programma con l'obiettivo di coinvolgere - ed io dico anche convincere - chi non ci ha dato il suo consenso, non certo con lo scopo di punire chi l'ha negato.
Preannunzio che i deputati del gruppo dei Popolari-Udeur daranno la loro fiducia a questo Governo perché, nelle sue dichiarazioni programmatiche, è contenuto quanto - non di più o altro - abbiamo concorso ad elaborare, vale a dire il programma presentato agli elettori che abbiamo sottoscritto. A quel programma noi ci atterremo perché esso è stato per noi centristi il punto di massima sintesi e mediazione possibile tra le diverse forze che sono nel centrosinistra.
Noi le chiediamo, nel darle ora la fiducia, di essere sempre, in futuro, il garante di quell'accordo e di questo programma, lasciando fuori dall'iniziativa del suo esecutivo temi e proposte non sottoscritte allora che, invece, vanno affidate ad eventuali iniziative parlamentari, specialmente quando si toccano temi etici e valoriali riguardanti la vita e la famiglia, su cui noi, quali esponenti di un centro di ispirazione cristiana, fin da ora rivendichiamo la nostra libertà di coscienza, senza vincolo di alleanze. D'altra parte, c'è tanto da fare, ci sono tanti altri problemi da affrontare nel paese, in special modo quelli riguardanti le molte difficoltà che le famiglie italiane devono affrontare ogni giorno, senza bisogno che qualche ministro, prima di venire in quest'aula, si inventi dell'altro di suo. Peraltro, nel programma abbiamo già scritto le priorità: in politica estera, sostenere l'Europa affinché diventi un soggetto forte ed unito per costruire la pace nello scenario internazionale, garantendo il nostro contributo alla lotta internazionale al terrorismo, per rilanciare il ruolo dell'ONU e l'amicizia con gli Stati Uniti d'America.
Signor Presidente del Consiglio, ci è piaciuta molto la sua idea sulla centralità del Mediterraneo nella nuova politica estera dell'Italia, come occasione per rimettere


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il Mezzogiorno nel grande giro mondiale. Lo sviluppo asiatico ha ormai reso superiore il commercio dell'Europa con l'Asia rispetto a quello dell'Europa con gli Stati Uniti; il Mezzogiorno d'Italia con il Mediterraneo può essere messo al centro di questo nuovo scenario, dando ad esso nuovo sviluppo e benessere. In ogni caso, servono politiche infrastrutturali ed industriali di sostegno capaci di dare al sud del paese il modo di cogliere questa occasione. Condividiamo l'impostazione del programma economico orientato alla crescita e basato su un ordinato bilancio dello Stato da realizzare dopo il caos della finanza creativa di Tremonti.
Per prima cosa vanno definite le priorità nelle grandi opere verificando i soldi che, effettivamente, sono disponibili per completare le opere avviate che, nella loro totalità, già furono approvate in passato dai governi di centrosinistra. Per questi obiettivi serve una politica più attenta anche nelle regioni del nord, dove i distretti produttivi e il modello della piccola e media industria sono andati in crisi. Vanno dunque avviate riforme strutturali, vanno fatte ripartire le liberalizzazioni e, soprattutto, bisogna favorire gli investimenti nell'innovazione, nella ricerca e nella formazione professionale.
Il bene comune può esistere solo se vengono garantite la legalità e la giustizia, ma i reati non diminuiscono e la criminalità entra sempre più nelle nostre case. Serve, dunque, imporre il rispetto delle regole, ora abitualmente violate, come dimostra l'esplodere del numero delle intercettazioni ed il fatto che queste ultime finiscono sui giornali prima che in tribunale. Va fermato il conflitto tra politica e magistratura per riportare il dialogo nella distinzione dei ruoli senza più guerre, come bene si è impegnato a fare il nuovo guardasigilli.
La famiglia va infine lasciata al centro delle politiche sociali e fiscali, come ci siamo impegnati a fare: ciò, per sostenere i più deboli e non lasciarli soli nel disagio e nella difficoltà.
Presidente Prodi, i deputati dell'Udeur voteranno per questo la fiducia al suo Governo perché pensiamo di poter garantire e portare nel lavoro di questa maggioranza la cultura politica ed i valori del centro, per ridare fiducia, speranza ed anche un po' di entusiasmo a questo paese. Buon lavoro, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari-Udeur, de La Rosa nel Pugno e dei Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.

ANGELO BONELLI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli ministri, colleghi e colleghe, questo è un momento che il paese attendeva da anni: il Governo de L'Unione si insedia alla guida del paese dopo anni bui e difficili che hanno allontanato l'Italia dall'Europa e con una situazione di crisi sociale ed economica in cui si trova una parte consistente della popolazione. Le differenze sociali sono aumentate: i ricchi sono diventati sempre più ricchi, mentre il carovita ha eroso pensioni e stipendi di lavoratrici, lavoratori e pensionati. Il Governo di centrodestra ha consegnato al paese leggi ad personam: il lodo Schifani sulla sospensione dei procedimenti penali per le alte cariche dello Stato - dichiarato poi incostituzionale -, la legge Cirielli sulla prescrizione dei processi, la Cirami, la depenalizzazione del falso in bilancio, i condoni edilizi, la legge sulla Patrimonio Spa, la delega ambientale. Abbiamo molto da lavorare per costruire un'Italia migliore e più giusta e i Verdi, signor Presidente, sosterranno il Governo per questi cinque anni con lealtà, forti del mandato ricevuto dai cittadini: il programma è la nostra forza e sarà strumento di coesione politica.
La biodiversità, come in natura, è una ricchezza anche in politica. Il Governo de L'Unione deve guardare all'Europa con attenzione e rilanciare il processo costituente, per costruire un'Europa politica di pace e attenta ai diritti civili e sociali ed all'ambiente.
L'Italia deve tornare ad avere un ruolo primario in questo quadro e realizzare


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una politica estera in discontinuità con il passato. L'Italia deve recuperare la sua storica funzione di paese che dialoga ed utilizza gli strumenti della diplomazia e della cooperazione internazionale per favorire processi di pace, a partire dal Medio Oriente. Non esistono guerre giuste e guerre sbagliate: le guerre - tutte - sono orribili.
L'articolo 11 della nostra Costituzione dovrà essere sempre il nostro punto di riferimento. Il conflitto iracheno ha provocato decine e decine di migliaia di morti civili innocenti, ma anche di soldati. Il pensiero di noi Verdi va alle vittime delle guerre, ai nostri soldati caduti. In Iraq, dall'inizio della guerra del 2003, sono state lanciate oltre 2 mila tonnellate di bombe all'uranio impoverito che hanno sprigionato polveri radioattive per circa 1000 tonnellate. In quell'area i bambini nati e che nasceranno, a causa di ciò, vedranno la loro vita compromessa.
Tutto ciò è inaccettabile! Non si porta la democrazia con le bombe: è pura follia! Il terrorismo è un pericolo per il mondo intero e per tutti i popoli del pianeta. Ma la forza che il terrorismo ha acquisito, guerra dopo guerra, bombardamento dopo bombardamento, dovrebbe far capire anche al più dubbioso che il terrorismo si combatte con l'intelligence per arrestare i terroristi, eliminando le condizioni di povertà e di degrado di milioni di persone.
Riteniamo fondamentale che l'Italia lavori insieme all'Europa ad una politica progressiva di riduzione delle spese per gli armamenti, per poter destinare risorse alle Forze di polizia nel contrasto alla criminalità e al terrorismo, nonché alle politiche di cooperazione tra i popoli. Il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq dovrà essere realizzato rapidamente.
Il Governo de L'Unione dovrà avere un approccio diverso e nuovo anche rispetto ai processi di globalizzazione, che salvaguardi i diritti dei popoli. C'è una responsabilità sociale dell'impresa nei processi di globalizzazione. Dobbiamo promuovere il codice etico delle imprese italiane che aprono sedi in paesi esteri, per garantire in quelle aree il rispetto dei diritti umani e sindacali ed impedire lo sfruttamento del lavoro minorile. Si dice «pecunia non olet», ma ciò che accade in Cina deve farci riflettere.
Signor Presidente Prodi, senza la tutela dell'ambiente non può esservi progresso sociale e sviluppo sostenibile. Tra economia e ambiente vi è un profondo intreccio, ed è per tale motivo che proponiamo l'introduzione, accanto al PIL, di un nuovo indicatore economico, che sappia misurare lo sviluppo anche in termini di qualità ambientale e sociale. Per questa ragione, vediamo l'ecologia come cultura politica moderna, un modo diverso di pensare lo sviluppo.
Abbiamo di fronte a noi grandi sfide ambientali. La tutela dei nostri parchi, l'istituzione di nuovi parchi e la tutela dell'ambiente saranno il motore di una nuova economia. In nome del popolo inquinato, dobbiamo onorare impegni sia con gli organismi internazionali sia con le future generazioni: uno fra tutti è l'applicazione del Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra.
Vi sono tante proposte di Governo in materia di grandi opere pubbliche per rilanciare anche l'occupazione. Lavoro, tutela dell'ambiente e della salute sono diritti che non possono e non devono entrare in contrapposizione tra loro.
Il paese ha bisogno di un piano di difesa del suolo che sappia realizzare la messa in sicurezza del nostro territorio, rispettando i vincoli idrogeologici. Ciò che è accaduto a Ischia o a Sarno - eventi drammatici - devono farci riflettere sul fatto che questo paese ha un bisogno drammatico di una cura amorevole del territorio. Il paese ha anche bisogno di un piano di tutela delle acque. In questo paese vi sono cittadini che non hanno l'acqua potabile; ma in Italia il 40 per cento dell'acqua potabile viene dispersa a causa di reti vecchie e fatiscenti. È necessario un piano che intervenga in questa direzione. Dobbiamo compiere un grande sforzo per implementare la depurazione e per migliorare la qualità delle acque dei nostri fiumi, dei nostri laghi e dei nostri mari.


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Il paese ha bisogno di un piano energetico nazionale che rilanci la politica del risparmio e dell'efficienza energetica (più solare e idrogeno), per realizzare in questo campo una vera e propria rivoluzione. I cittadini devono essere messi nella condizione di produrre energia per soddisfare il proprio fabbisogno e vendere il surplus senza limiti, come oggi, invece, accade a causa delle restrizioni imposte dalle grandi società di produzione.
Sono necessari piccoli impianti familiari di energia solare per coniugare la politica ambientale con quella del reddito. Non vi devono essere limiti all'utilizzazione di biocarburanti, come invece imposto al paese dalla lobby dei petrolieri.
Il paese ha bisogno di un piano per il trasporto pubblico nelle città. È l'ora delle scelte, signor Presidente Prodi: l'inquinamento nelle città è un'emergenza ambientale e sanitaria che provoca ogni anno, a causa delle polveri sottili, 10 mila decessi. Il traffico sottrae tempo alla vita, agli affetti, al tempo libero. Di fronte a questa emergenza il Governo Berlusconi ha destinato zero risorse al trasporto pubblico nelle città. Solo con le risorse del ponte sullo Stretto si potrebbero realizzare 113 chilometri di metropolitana, 900 chilometri di tramvia, acquistare 9 mila tram e 37 mila bus ecologici. Queste sono le scelte che l'Italia intera attende.
Diciamo: mai più condoni edilizi, abrogare la Patrimonio Spa che ha messo in vendita il nostro patrimonio ambientale e monumentale. Pensi, signor Presidente, si era arrivati sino al punto di mettere in vendita Ventotene, dove alcuni giorni fa il Presidente della Repubblica Napolitano è andato, e l'isolotto di Santo Stefano, dove vi è uno dei più bei carceri borbonici della fine del settecento. Lì, durante il periodo fascista, sono stati detenuti i padri della nostra Repubblica, tra cui voglio ricordare l'amato Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
I beni culturali non sono una merce e la nostra storia non si mette in vendita. Lavoreremo per fermare la delega ambientale che diminuisce le tutele del nostro paese. La nostra cultura dovrà essere valorizzata partendo dalle qualità e dalle nostre produzioni tipiche. Gli OGM sono un pericolo per la biodiversità e per i nostri prodotti tipici. Vogliamo cibi sani e puliti nei piatti dei cittadini italiani.
Ci sono nuovi diritti che dobbiamo garantire, anche per quanto riguarda gli animali. Chiederemo l'applicazione del programma de L'Unione per quanto riguarda il «no» alle deroghe alla caccia di specie protette e la progressiva uscita dall'utilizzo della vivisezione.
Ci impegneremo, come previsto nel programma, per il riconoscimento delle medicine non convenzionali e delle discipline bionaturali.
La lotta alla precarizzazione del lavoro è un nostro obiettivo morale. Dobbiamo creare le condizioni per milioni di giovani e meno giovani di poter guardare al futuro con serenità, garantire l'accesso alla casa alle giovani coppie ed alle famiglie meno abbienti. Uno Stato laico garantisce e tutela i diritti di tutti i cittadini. È necessario che il Parlamento discuta rapidamente una legge che, come accaduto in alcuni paesi d'Europa - governati da destra, come nel caso di Aznar in Spagna, o da sinistra -, possa riconoscere diritti e doveri alle coppie di fatto senza alcuna distinzione di sesso.
Grande importanza dovranno avere la ricerca, l'università e la scuola pubblica non solo per realizzare più conoscenza, ma per costruire un'Italia moderna e competitiva con più innovazione tecnologica.
La RAI, il servizio pubblico, non va privatizzato e va valorizzata e garantita l'autonomia delle redazioni giornalistiche. Il servizio pubblico deve garantire informazione e contribuire alla crescita culturale del paese.
Il 25 ed il 26 giugno gli italiani saranno chiamati al voto per il referendum costituzionale sulla cosiddetta devolution. Noi Verdi voteremo «no» per difendere la Costituzione italiana, l'unità del paese ed evitare che vi siano regioni di serie A e di serie B.
Infine, signor Presidente, i Verdi le chiedono un impegno: sia tolto il segreto di Stato sulle stragi che hanno colpito il


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nostro paese come Ustica, piazza Fontana, Bologna. I familiari delle vittime di quelle stragi ed il popolo italiano vogliono sapere la verità.
Signor Presidente, i Verdi voteranno «sì» alla fiducia e sosterranno con convinzione il Governo perché un'altra Italia è possibile: un'Italia di pace, solidale, di benessere e coesione sociale e rispettosa dei suoi beni ambientali. Buon lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno e dei Comunisti Italiani - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, voteremo con convinzione la fiducia al Governo. Abbiamo contribuito alla stesura di un programma comune, ascoltato le parole del Presidente Prodi e siamo persuasi che la compagine governativa sia all'altezza dei compiti difficilissimi che attendono tutti noi. Dobbiamo, dunque, cominciare ora nella maniera più efficace. Il nostro popolo, quello che ci ha dato il sostegno necessario per governare, chiede in primo luogo segnali di netta discontinuità rispetto al Governo precedente. Discontinuità, diversità di contenuti come di comportamenti e nessuna tentazione, che sarebbe incomprensibile agli occhi della grande maggioranza del nostro elettorato, di accordi o pasticci con la destra che, ancora in questi giorni, mostra il più profondo disprezzo verso le istituzioni, la Costituzione, le cariche più alte dello Stato.
Chi ci ha votato chiede due cose semplici: unità della coalizione, ma anche incisività nell'azione riformatrice. Noi non chiediamo e non chiederemo alcunché che non sia già previsto nel programma che tutti abbiamo sottoscritto.
La pace, prima di ogni altra cosa, che implica il ritiro immediato delle nostre truppe dall'Iraq. I vertici militari hanno asserito che, dal punto di vista tecnico, bastano poche decine di giorni. Bene! Diamo seguito a quanto scritto nel programma senza tentennamenti, ritardi, estenuanti mediazioni, semplicemente «via dalla guerra» (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
Ancora, sul lavoro chiediamo una lotta al precariato con provvedimenti completi. Nel programma abbiamo scritto tutti insieme che il contratto di lavoro a tempo indeterminato deve tornare ad essere la normalità ed il precariato l'eccezione. Ci attendiamo risposte, e su ciò giudicheremo il comportamento e l'operato del Governo, cui va il nostro sostegno sulla base di misure che chiediamo certe e rapide. Insieme alla lotta al precariato, chiediamo misure di equità sulle pensioni, ad iniziare dall'attuazione di un altro punto del programma, la creazione cioè di un meccanismo di adeguamento automatico delle pensioni più basse all'aumento reale del costo della vita, una sorta di nuova «scala mobile» per chi versa nelle condizioni più disagiate, i pensionati più poveri appunto.
Inoltre, ci attendiamo fatti concreti rispetto allo scandalo dei licenziamenti politici che sono ripresi su vasta scala, in Italia, negli ultimi cinque anni. Penso alla vicenda tragica e clamorosa dei quattro ferrovieri liguri licenziati da Trenitalia solo perché hanno partecipato alla trasmissione televisiva Report; e penso al licenziamento, per molti versi simbolico, di un macchinista, delegato sindacale alla sicurezza, licenziato il 10 marzo di quest'anno solo per essersi rifiutato di utilizzare sul treno un meccanismo vessatorio, giudicato dalle autorità sanitarie ufficiali dannoso per la salute.
Ci attendiamo, insomma, che il lavoro, i lavoratori, il salario, le condizioni materiali di vita di milioni di donne e uomini, la loro sicurezza e salute, con una seria lotta al dilagare degli infortuni, tornino ad essere al centro dell'azione del Governo.
Vede, Presidente, ci attendiamo molto perché molte speranze abbiamo suscitato negli italiani.
E poi la scuola, l'università, la ricerca, la cultura, umiliate dal Governo precedente in ogni loro espressione: questi comparti


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devono tornare ad essere motore del nostro paese. Occorre rimotivare gli insegnanti, far ripartire la ricerca scientifica, restituire dignità alle università ed agli istituti culturali, mortificati da scelte scellerate, ed investire risorse ed energie riformatrici in essi.
Non si tratta solo di abrogare, come pure andrà fatto con decisione, l'umiliante ritorno agli anni Cinquanta, configurato dalla controriforma della scuola del ministro Moratti. Occorre, viceversa, oltre all'abrogazione, investire sull'intelligenza, sul senso critico, sulla cultura delle ragazze e dei ragazzi, attraverso l'innalzamento dell'obbligo scolastico, non quello della formazione professionale ma quello scolastico (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani)! Occorre centralità della scuola pubblica, cioè quella di tutti, la scuola della Costituzione repubblicana.
Come vede, signor Presidente del Consiglio, non chiediamo nulla che non sia già scritto nel programma. Tuttavia, siamo preoccupati - e lo diciamo con sincerità - dalle molte e pesanti sollecitazioni che poteri influenti cercano di esercitare su di lei e sul Governo, affinché le riforme siano timide, parziali o magari non si facciano proprio.
Penso all'ingerenza crescente di settori confindustriali in tema di mercato del lavoro ed ai sempre più frequenti interventi delle gerarchie ecclesiastiche in materia di diritti civili. È insopportabile (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani)! Noi vigileremo.
Abbiamo scelto, come lei sa, Presidente Prodi, nella formazione del Governo, di non chiedere nulla per noi, ad iniziare da chi vi parla: un segnale - credo - di diversità e di generosità politica.
Abbiamo scelto di indicare per il Governo competenze di alto profilo ed indipendenti che possano parlare a tutta la sinistra e non solo ai comunisti italiani. È la nostra linea politica, che ha l'ambizione di provare a ricostruire e unificare la sinistra in Italia. Ci sentiamo pienamente rappresentati da tali personalità, e anche autorevolmente, ma la nostra è una scelta squisitamente politica.
Abbiamo, infatti, anche l'ambizione di dimostrare con i comportamenti - non a parole - che non è vero (come qualcuno pensa) che siamo tutti uguali. C'è in Italia ancora chi fa politica senza chiedere nulla per sé, ma perché ha degli ideali, parola ormai desueta nel linguaggio della politica.
Noi intendiamo, invece, praticare quella diversità che dovrebbe sempre - e non sempre accade - caratterizzare la sinistra: quella diversità morale, etica prima che politica, di cui parlava un grande dirigente comunista - allora spesso inascoltato - al cui insegnamento con infinita modestia, noi vogliamo ancora ispirarci: si chiamava Enrico Berlinguer (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani e de L'Ulivo).
Nel suo nome, signor Presidente del Consiglio, da comunisti, ma orgogliosamente parlamentari del centrosinistra che lei guida, nel nome di Enrico Berlinguer, noi rinnoviamo al Governo la nostra piena fiducia (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani, de L'Ulivo e dei Verdi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ieri il ministro dell'economia, Tommaso Padoa Schioppa, ha lanciato un forte allarme paragonando la situazione di oggi a quella degli inizi degli anni Novanta. Le condizioni sono oggi ben diverse da ieri, ma tutti ci rendiamo conto che i rischi di un declino per il nostro paese sono simili a quelli di ieri.
Quando il Governo avrà fatto i conti, sarà possibile comprendere se bisognerà agire subito o si potrà delineare con il DPEF un quadro di riferimento da adottare a fine anno, con misure adeguate, per la finanziaria 2007.
Comunque, spetta al nuovo Governo individuare le misure adeguate che ci riportino in un circuito virtuoso di stabilità e di crescita. Signor Presidente del Consiglio, non sfugge a nessuno di noi che


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il centrosinistra ha vinto le elezioni per un soffio. In queste condizioni è necessario tentare e ritentare di stabilire un dialogo, poiché una frattura così netta tra maggioranza e opposizione non appartiene alla fisiologia, ma alla patologia del bipolarismo.
Osservo che, da parte del centrosinistra, sin dai primi giorni dopo la vittoria, si poteva fare un sforzo in più per stabilire nuovi rapporti con l'opposizione, nonostante i toni barricadieri a cui ci ha abituato l'ex Presidente del Consiglio Berlusconi, dopo la sconfitta. Lo si poteva fare - lo voglio dire - anche per l'elezione del Presidente della Repubblica, cercando di ottenere un più vasto consenso, pur se il risultato raggiunto seguendo una via diversa ci ha dato un Presidente della Repubblica, l'onorevole Napolitano, che ha un alto profilo istituzionale.
Il muro contro muro provoca un evidente danno alle nostre istituzioni e non giova a nessuno. L'offerta di un'intesa sulle presidenze delle Commissioni sia alla Camera sia al Senato, oltre a quelle di garanzia, non è stata accolta positivamente dall'opposizione. Spero che dopo le elezioni amministrative o, al massimo, dopo lo svolgimento del referendum costituzionale, il clima possa cambiare. Da soli, noi non possiamo cambiare l'atteggiamento dell'opposizione che al Senato recentemente è arrivata addirittura a cori di protesta, a lanciare insulti contro il libero esercizio di voto dei senatori a vita, a cominciare da quello dell'ex Presidente della Repubblica Ciampi; però, possiamo migliorare i comportamenti nostri, del centrosinistra, decisivi per affrontare una prova che non si può risolvere con l'ordinaria amministrazione.
Non le nascondo, signor Presidente del Consiglio, che ho vissuto con preoccupazione l'avvio faticoso che c'è stato nella formazione del Governo. Ho sempre considerato utile che nel centrosinistra vi fosse un timone riformista, che desse un'impronta politica più che di potere a tutta la coalizione. Purtroppo, constato che L'Ulivo è stato finora più una camera di compensazione fra DS e Margherita che un fattore di equilibrio. Avverto con altrettanta preoccupazione che è affiorata una competizione sulla leadership del domani, mentre il problema fondamentale è costituito dal massimo rafforzamento di quella che c'è oggi e che deve guidare il Governo per l'intera legislatura.
Noi della Rosa nel Pugno, signor Presidente, siamo fortemente impegnati sul fronte del rinnovamento e della modernizzazione, per avere più competitività e più coesione sociale. Migliore istruzione, migliore formazione professionale, flessibilità nel mercato del lavoro, contrasto della precarietà attraverso ammortizzatori sociali che assicurino la continuità del reddito e non quella del profitto, spostamento di risorse sul terreno dell'innovazione, della ricerca e della scuola pubblica sono gli elementi essenziali per far riprendere il paese.
Noi pensiamo che non vi possa essere una reale modernizzazione senza un rinnovamento che spazzi via incrostazioni ideologiche e massimalistiche e senza una riaffermazione netta del principio di laicità dello Stato. Lei lo sa, signor Presidente, lo sanno i colleghi, noi siamo particolarmente sensibili a tutte le questioni che hanno riguardato i diritti civili, all'adeguamento della nostra legislazione alle nuove forme di convivenza, a cominciare dai Pacs, al rinnovamento del nostro sistema giudiziario; e desidero ringraziarla per le parole che ha espresso qualche istante fa a conferma dell'impegno nelle Nazioni Unite per una moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Questi obiettivi della Rosa nel Pugno non sono rivolti a rialzare vecchi steccati tra cattolici, tra laici credenti e non credenti, ma a cercare di mettere l'Italia in condizione di vincere la sfida della globalità.
Alla fine dello scorso anno abbiamo proposto, con la coraggiosa iniziativa di Marco Pannella, un'amnistia che sgravi la macchina giudiziaria da milioni di processi piccoli, che in larga parte non verranno mai celebrati. Non ignoriamo che esiste una questione assai delicata che riguarda l'ordine pubblico, dove sono soprattutto


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i ceti più deboli a nutrire timori, ansie e paure, ma l'amnistia, accompagnata da un indulto, è la premessa per una riforma della giustizia capace di creare le condizioni per contrastare i reati più pericolosi. Non dimentichiamo mai che nel nostro paese ancora spadroneggiano mafie potenti, contro le quali si sono battuti magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Noi siamo da tempo convinti che garantismo e legalità siano due facce della stessa medaglia, e per questo ci siamo impegnati affinché vengano rispettate scrupolosamente le leggi.
La nostra stessa battaglia per l'applicazione della legge elettorale per il Senato, che comporta il riconoscimento dell'elezione di otto senatori, risponde pienamente a questo spirito, e nessuno pensi che desisteremo dal pretendere che si applichi la legge elettorale. Lo faremo, finché non sarà ristabilita la legalità.
Noi pensiamo, infine, che il Governo possa procedere ora con un passo più spedito e la fiducia che i deputati della Rosa nel Pugno - la nuova forza politica socialista, laica, radicale e liberale che è nata qualche mese fa - accordano al nuovo Governo, del quale fanno parte Emma Bonino, Ugo Intini ed altri, non appartiene alla congiuntura del momento, bensì la nostra fiducia corrisponde al patto stabilito con gli elettori e le elettrici per garantire un Governo forte e stabile per l'intera legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno e dei Verdi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il gruppo dell'Italia dei Valori darà la sua piena fiducia al Governo Prodi e ne sosterrà con lealtà il lavoro. Lo farà con piena assunzione della responsabilità di maggioranza e di governo, dando il più ampio contributo alla realizzazione di quel programma che tutti assieme abbiamo elaborato.
Signor Presidente, crediamo che le recenti elezioni politiche ci abbiano consegnato un paese che, se anche sostanzialmente diviso nell'espressione di voto fra le due coalizioni, rivolge però alla politica, a tutta la politica, la medesima e comune istanza. Chiede a chi governa di garantire all'Italia le condizioni e le opportunità per ritornare a crescere, per ridare a tutti cittadini serenità e fiducia; chiede di realizzare quelle riforme profonde e strutturali che sono il presupposto per riacquistare competitività su un mercato sempre più globalizzato e che non lascia spazi a chi - per usare le sue parole - «non riesce a restare sulle frontiere dell'innovazione». Ma raggiungere queste frontiere richiede all'Italia uno sforzo immane con l'avvio di un cambiamento profondo nella struttura economica, sociale e anche culturale del nostro paese.
L'Italia non può più essere il paese in cui innovazione e concorrenza convivono ancora con i freni posti dalle mille corporazioni e lobby o dagli infiniti interessi particolari, con una società bloccata, dove la mobilità sociale è tra le più basse al mondo e dove i figli finiscono troppo spesso con l'ereditare il ruolo, il livello sociale ed anche il mestiere e la professione del padre; dove nelle università e nel mondo della ricerca livelli di eccellenza internazionale si scontrano troppo spesso con realtà di gestione puramente burocratiche delle risorse pubbliche; dove le pubbliche amministrazioni sono scarsamente permeabili a criteri di merito, di efficienza, di produttività; dove vi è oggi - come lei stesso, signor Presidente, ha sottolineato - un clima di diffusa tolleranza ed assuefazione rispetto a comportamenti antietici, all'infrazione di ogni regola, alla prevaricazione del più forte; dove in vaste aree del territorio è ancora forte il controllo da parte della criminalità organizzata sul territorio medesimo.
Siamo anche noi convinti come lei, signor Presidente, che si tratti di dare al paese una sterzata etica ed un nuovo sistema di regole, perché le regole sono la base della democrazia e di una economia veramente libera e liberale; regole, dunque,


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poche e chiare, ma certe e rigorose per i mercati e l'economia, per dare più forza alle aziende sane ed innovative e per tutelare al tempo stesso gli interessi dei consumatori che, troppe volte, sono travalicati dall'economia senza regole e senza controlli, dove prosperano i tanti furbetti; regole per consentire che anche nella pubblica amministrazione si affermi come universale il criterio, non mai derogabile, dell'efficienza, della trasparenza e della meritocrazia quale modalità di esercizio di qualsiasi funzione pubblica; regole ancora per modernizzare il sistema complessivo delle relazioni economiche e sociali del paese, allargando sempre più i confini di quella parte del sistema produttivo e sociale del paese soggetta a concorrenza, a competitività, a pluralismo.
Da questo cambiamento strutturale del nostro paese non può e non deve restare esente il sistema delle istituzioni e della politica, anzi riteniamo che proprio da qui debba prendere le mosse una coraggiosa azione di riforma da parte di questo Governo per dimostrare a tutti i cittadini italiani che non vi sono privilegi intoccabili, che non vi sono pezzi di società che si possono sottrarre alla sfida della competitività, per dimostrare che non vi sono sprechi tollerati o tollerabili.
In questa direzione vi sarà il massimo impegno del gruppo dell'Italia dei Valori, che metterà a disposizione della coalizione e della sua azione di governo, signor Presidente, un progetto di riforma radicale dei meccanismi e dei livelli di spesa per tutte le istituzioni politiche e amministrative, a partire - come lei stesso ha ricordato - dai costi per il funzionamento dei partiti e per le campagne elettorali. Questi, signor Presidente, sono i nostri impegni prioritari per ridare forza e sviluppo al paese.
Sono gli impegni di una intera legislatura. Per questo, il gruppo dell'Italia dei Valori lavorerà, onorevole Prodi, perché il suo Governo duri, duri dall'inizio alla fine di questa legislatura, rivolgendosi al paese con il linguaggio della serietà e della speranza, e noi saremo al suo fianco, sempre, perché questa speranza, diventi la concretezza, perché il suo Governo abbia successo.
Un augurio di buon lavoro a lei e a tutti i ministri (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Italia dei Valori e de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Maroni. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARONI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, sono tanti i motivi che ci inducono a negare la fiducia al suo Governo. Non sono motivi basati su un pregiudizio di natura ideologica. Sono ragioni che trovano la loro giustificazione nelle affermazioni contenute nel programma del suo Governo, nelle prime dichiarazioni di alcuni suoi ministri avventate e contraddittorie, nella preoccupazione che fa nascere in noi la convinzione che ci troviamo di fronte ad un esecutivo debole, insicuro, già privo di guida, vittima della sua inerzia antiberlusconiana e preda delle componenti più radicali che hanno già fatto capire, in modo non equivoco, che il loro unico obiettivo sarà quello di distruggere tutto ciò che il Governo Berlusconi ha fatto in cinque anni.
Tra le molte ragioni che inducono la Lega Nord Padania a negarle la fiducia, signor Presidente, mi limiterò ad accennare a quelle più significative. Comincio dalla più eclatante: la composizione del Governo.
Lo spettacolo che il centrosinistra ha offerto ai cittadini in questi giorni non è, diciamolo, propriamente edificante. In campagna elettorale lei aveva fatto promesse mirabolanti: diminuirò il numero dei membri del Governo, ridurrò i costi della politica, garantirò una presenza di donne nell'esecutivo da lasciare a bocca aperta. È vero: siamo rimasti tutti a bocca aperta, ma per motivi opposti (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).
Con il suo Governo, lei ha battuto in un solo colpo due record: quello della bugia più rapida e quello del più alto numero di


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ministri, viceministri e sottosegretari nella storia della Repubblica. Una vera e propria «carica dei 101»: un membro del Governo ogni cinque parlamentari di maggioranza. Complimenti! Stracciato il record dell'odiato Berlusconi, impallidito quello di Andreotti, uno che di poltrone se ne intende! È il trionfo della vecchia e brutta politica. Uso un'espressione utilizzata in quest'aula dall'onorevole Diliberto un anno fa, quando accusò Berlusconi di aver aumentato i sottosegretari nel suo secondo Governo. Ma ora Diliberto tace. Tutta la sinistra tace. Non mi meraviglio: questa ipocrisia diffusa è il segno che la vostra morale non cambia mai. Se lo fate voi va bene, se lo fa la Casa delle libertà è una vergogna [Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
Seconda ragione di dissenso: il suo, signor Presidente, non è solo un Governo pletorico, ma anche debole, confuso e privo di spessore. Non è l'opposizione a dirlo, ma la stampa internazionale, quella che, per i cinque anni del Governo Berlusconi, voi avete indicato come censore disinteressato ed imparziale delle vicende politiche italiane. Alcuni titoli: la fragile alchimia del Governo Prodi; l'Italia avrà finalmente un «governino», un esecutivo debole dalla navigazione incerta, che lascia presagire che non arriverà a fine legislatura. E ancora: tutto ha ricordato tristemente i tempi del manuale Cancelli; se nel 1996, all'epoca del suo primo Governo, Prodi aveva innovato e chiamato molti universitari e personalità della società civile, questa volta si è accontentato di aprire le porte ad un banchiere. Giudizi impietosi, espressi da giornali non certo di destra, che non danno del Governo italiano una bella immagine all'estero.
Purtroppo per noi, la storia non finisce qui. Se entriamo nel merito della composizione del suo Governo, riscontriamo che un uso così spregiudicato del manuale Cencelli non si era mai visto.
Per appagare gli appetiti dei suoi voraci azionisti, lei non ha esitato a fare a pezzi interi ministeri, a cancellare la riforma Bassanini, che voi avevate votato, a mettere a rischio il funzionamento della pubblica amministrazione - lo denunciano oggi i sindacati - e, soprattutto, a distruggere il modello di gestione coordinata e integrata delle politiche di welfare che noi avevamo realizzato ottenendo un apprezzamento unanime dei partner europei e l'elogio della Commissione europea (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Vedete, colleghi della maggioranza, vorrei consigliarvi una lettura istruttiva: il dibattito parlamentare sulla nascita del primo Governo Berlusconi, quando decidemmo di scorporare il Ministero della sanità da quello del welfare. Penso che anche a molti di voi verrebbe tristemente da sorridere leggendo gli infuocati interventi delle non ancora minestre Rosy Bindi e Livia Turco, che ci accusavano con forza di aver manomesso, con quella decisione avventata, il modello sociale europeo e di mettere a repentaglio le prestazioni sociali per i deboli e i malati (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

ROSY BINDI. Io ero a favore!

ROBERTO MARONI. Ora che il Ministero del welfare è stato smembrato in tre pezzi e che voi avete ottenuto una comoda poltrona ministeriale, perché non insorgete come faceste allora (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)? Perché non gridate allo scandalo? Che coerenza, compagne ministre! Che coerenza!
I cittadini italiani, vostri elettori, quelle persone deboli a cui avete chiesto il voto, devono sapere che li avete ingannati, che avete cancellato un grande progetto di integrazione tra politiche sociali e politiche attive del lavoro, compiendo così l'atto finale di spregio nei confronti di una persona di cui molti tra voi si vergognano persino di pronunciare il nome: il professor


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Marco Biagi (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Una voce dai banchi dei deputati dei gruppi di opposizione: D'Alema, alzati! Dai banchi dei deputati dei gruppi di opposizione si grida: Alzatevi! - Il Presidente si leva in piedi e, con lui, i deputati dei gruppi di opposizione e deputati dei gruppi di maggioranza)!

GIOVANNI FAVA. Vergogna!

ROBERTO MARONI. Ma la ragione più importante su cui si fonda la radicale sfiducia della Lega Nord al suo esecutivo, signor Presidente, si chiama «questione settentrionale». Quando lei nel suo intervento programmatico esclama: «Al nord chiediamo di contribuire come solo il nord sa fare», a noi, francamente, corre un brivido lungo la schiena. Quel che mette in allarme noi, ma soprattutto i milioni di contribuenti padani, è il combinato disposto del suo appello alla contribuzione del nord e della campagna lanciata da ambienti estesi della sua maggioranza contro il lavoro autonomo, considerato, senza mezzi termini, un luogo frequentato da bande di evasori.
Ebbene: i milioni di onesti artigiani, di piccoli e medi imprenditori e di liberi professionisti non sono evasori per definizione solo perché così vorrebbe far credere la sinistra radicale, populista e nostalgica. Essi, invece, sono la parte più viva del nostro tessuto produttivo. Eviti di soffocare la forza vitale dell'economia italiana, signor Presidente, magari solo per dare sollievo a qualche grande industria assistita, pubblica o privata che sia, nei cui confronti lo Stato è già stato sin troppo generoso negli ultimi anni (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Signor Presidente del Consiglio, le ragioni che ci impediscono di votare la fiducia al suo Governo sono forti e ben motivate. Abbiamo sentito richieste di dialogo e inviti rivolti alla Casa delle libertà a sedersi e a discutere. Sono convinto che il dialogo e persino la convergenza su alcune questioni di rilevante interesse comune siano non solo possibili, ma anche utili. Ma la consapevolezza della fragilità strutturale della maggioranza che vi sostiene vi ha indotto nell'errore di confondere dialogo con «inciucio». Ma davvero pensate che un dialogo politico serio possa fondarsi sull'offerta di poltrone e poltroncine, di cui, peraltro, il Governo non dispone?
Parlate di cose serie e non di poltrone! Parlate di federalismo, di lotta all'immigrazione clandestina, di nuovo welfare, e noi vi ascolteremo con l'attenzione che questi temi meritano (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Parlate della questione settentrionale e di come sostenere la crescita, ministro Bersani, senza rapinare ulteriormente le tasche dei contribuenti padani.
Noi saremo un'opposizione seria e tenace, ma attenta, e vi sfideremo alla prova della verità su questi temi. Se invece state solo cercando di conquistare, con una poltrona, qualche voto in libera uscita, beh, è inutile che ve lo dica, lo sapete bene: rivolgetevi ad altri, la Lega Nord Padania non è interessata (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cesa. Ne ha facoltà.

LORENZO CESA. Signor Presidente, nell'iniziare il mio primo intervento da parlamentare nazionale dopo aver avuto una grandissima esperienza in Europa come vicepresidente del gruppo del Partito Popolare Europeo, desidero rivolgere un deferente saluto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, garante dell'unità d'Italia e della sua Carta costituzionale (Applausi). A lui, uomo così diverso dalla nostra storia, ma europeista convinto come noi, va tutto il rispetto dell'UDC.


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Signor Presidente, ho seguito con grande attenzione le sue dichiarazioni programmatiche ed ho cercato ogni possibile spunto per trarre elementi che potessero far sperare in un rasserenamento del clima politico di questo avvio di legislatura. Il partito di cui ho l'onore di essere segretario, l'UDC, si è sempre caratterizzato come forza moderata ed anche da posizione di maggioranza, nel corso della passata legislatura, non ha risparmiato gli sforzi per tenere aperta, parallelamente al rafforzamento dell'alleanza di centrodestra, la via del dialogo con il centrosinistra. Né possono essere messi in discussione la nostra profonda cultura istituzionale e il nostro senso di equilibrio. L'onorevole Casini ne ha dato ampia dimostrazione nel suo quinquennio di Presidenza della Camera, come riconosciuto da tanti di voi.
Onorevoli colleghi, nessuno più di noi avrebbe desiderato riscontrare e sottolineare nell'intervento del Presidente del Consiglio elementi di serenità nel quadro politico, perché siamo convinti che anche la più dura e legittima contrapposizione politica si debba sviluppare in una cornice di rispetto e legittimazione reciproci: regole condivise, comuni riferimenti istituzionali. Ebbene, onorevole Prodi, devo dire con rammarico che nel suo discorso, in questa direzione, non ho trovato elementi incoraggianti. Se fossi chiamato a dare una definizione secca, un titolo al suo intervento, direi che si è trattato, mi consenta l'espressione, di una monumentale serie di contraddizioni. È vero, lei ci ha proposto di dialogare, ma solo dopo che la sua maggioranza ha occupato con forza i vertici delle istituzioni. Su cosa avremmo dovuto dialogare? Su qualche presidenza di Commissione offerta come un'elemosina (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia)? Siamo fermamente convinti che le istituzioni non vanno occupate come avete fatto voi, ma vanno condivise perché sono un punto di riferimento a cui tutti gli italiani devono poter guardare.
Ma c'è anche una seconda contraddizione quando lei ricostruisce le tappe che hanno portato alla nascita del suo Governo. Non era stato lei, onorevole Prodi, ad assicurare che il Governo sarebbe stato più snello dei precedenti e che avrebbe scelto personalmente i suoi ministri, rapidamente e in piena autonomia? Non mi sembra che sia accaduto, e le pretese dei suoi alleati l'hanno portato a fare un Governo tra i più numerosi del dopoguerra.
Lei cerca di blindare la sua posizione attraverso lo strumento più potente, se non l'unico, che ha a disposizione: la spartizione del potere (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Alleanza Nazionale)! E così, dopo l'esperienza del 1998, quando Bertinotti la mandò a casa, oggi tenta di scongiurare nuovi pericoli cercando di dare tutto a tutti, utilizzando finanche i vertici delle istituzioni come strumenti di riequilibrio politico. E poco importa se per qualcuno bisognerebbe persino abolire la parata del 2 giugno, simbolo di quelle Forze Armate al servizio della patria, cui diamo tutta la nostra solidarietà ed affetto (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania). Onorevole Prodi, noi la comprendiamo, ma non la giustifichiamo in alcun modo.
Le contraddizioni che la affliggono sono profonde, strutturali, il risultato di due debolezze che si sommano: una elettorale - lei non ha dalla sua la maggioranza degli elettori italiani -; l'altra programmatica - il suo Governo e la sua maggioranza non poggiano su un progetto condiviso -. Ma, soprattutto, come ha giustamente rilevato il Presidente Bertinotti, il suo è l'unico Governo d'Europa di sinistra-centro. Alla faccia delle preoccupazioni dei moderati che avete cercato di rassicurare in questa campagna elettorale (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo)!


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La nostra sfida non sarà sulla gestione del potere, ma sulla capacità di affrontare e risolvere i problemi del paese.
Oggi siete finalmente soli, con i problemi da risolvere e senza la possibilità di ricorrere a demonizzazioni di Berlusconi come elemento salvifico della vostra maggioranza. Allora, poiché siete soli con le vostre responsabilità, finalmente chiarite il vostro pensiero.
Come si potrà in politica estera tenere saldo l'ancoraggio occidentale filoatlantico ed europeista se forti sono le pulsioni dei no global, di un pacifismo che si rifiuta di fare i conti con la realtà? Come si potranno sciogliere i nodi delle grandi infrastrutture, di cui il paese ha bisogno e per le quali si è impegnato anche in sede europea, se gli estremisti dell'ambientalismo condizionano la compagine governativa? Come si potrà mantenere la fedeltà ai valori in materia di famiglia e di protezione della vita, che sono alla base della nostra civiltà e che sono stati trasfusi anche in principi costituzionali, se vi sono già ministri, per giunta che pretendono di essere di area cattolica, che fanno aperture sui Pacs e su possibili modifiche alla legge n. 40? Nessuno lo ha capito!
I primi segnali, come l'intervista del ministro Bindi al Corriere della Sera, creano sconcerto. I Pacs, dice in sostanza la Bindi, si devono fare, a patto di chiamarli in altro modo, e si ipotizzano interventi sulla legge n. 40, nonostante la vittoria schiacciante dei «no» al referendum. Peraltro, il ministro Turco una ricetta per i problemi della sanità l'ha trovata: la pillola del giorno dopo!
Ipotesi di scelte insensate che prefigurano un'aggressione al modello di famiglia tradizionale e il tentativo di introdurre nel tessuto sociale del paese i germi della dissoluzione. Onorevole Prodi, una cosa deve essere chiara: più voi vi spingerete su questa strada, più noi, siatene certi, condurremo un'opposizione rispettosa delle regole istituzionali, ma durissima e determinata sul piano politico.
Senatore Binetti, senatore Bobba, se i vostri propositi, come credo, sono sinceri, vi aspettiamo ad una battaglia comune, ancorati come siamo a solidi valori di riferimento, alle radici cristiane della nostra società e ad uno straordinario consenso elettorale che ci viene dall'Italia moderata, assolutamente e coerentemente alternativa alla sinistra.
Vede, onorevole Prodi, proprio la sicurezza che ostenta in questi giorni è per noi la conferma dell'incertezza che sta vivendo. Tutto, dai numeri in Senato ai risultati elettorali, ci conferma che il suo Governo nasce debole e malaticcio, se ancor prima di cominciare a combattere deve già sperare sul sostegno determinante dei senatori a vita.
Su una cosa però siamo d'accordo con lei: che i suoi ministri stiano zitti per un po', anche perché, se l'effetto delle loro parole è quello di fare andare a picco società quotate in borsa, come è successo all'Alitalia ieri (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania), allora, per il bene di tutti, si impone un dignitoso silenzio. In conclusione, saremo leali con i nostri elettori, che ci chiedono un'opposizione razionale, responsabile e seria, tanto educata e rispettosa delle regole parlamentari quanto inflessibile nel respingere ogni confusione e compromesso. Buon lavoro a voi che governerete, ma speriamo per poco (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente del Consiglio, la nostra fiducia non è in discussione: c'è una grande parte di questo paese che attende e partecipa con un intenso coinvolgimento emotivo al rinnovamento e che deposita su di noi una speranza che non può, e non deve, essere delusa.
Non si lasci allora intimorire, signor Presidente, dagli attacchi scomposti delle


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destre, e non si lasci irretire da chi, in questi giorni (sono in tanti, ciascuno a difesa di qualche consolidato interesse), chiede a noi tutti di essere un po' più accomodanti e di cambiare lo spirito e la lettera del nostro programma.
L'Italia a cui conviene dar retta - mi creda, signor Presidente - è quella che, in questi anni, è stata protagonista di uno straordinario movimento per la pace, che ha chiesto per tanto tempo, inascoltata dai vertici istituzionali e di Governo, di far vivere l'articolo 11 della nostra Costituzione e di ritirare le nostre truppe dall'Iraq, di bandire la guerra dalla grammatica delle nostre azioni quotidiane, come lei ha giustamente affermato nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Ascolti, dunque, signor Presidente, un popolo di pace che chiede al nostro paese, al suo Governo democratico, di ritornare a parlare ai paesi ed ai popoli dell'altra sponda del Mediterraneo con il linguaggio della cooperazione e dello scambio culturale, che per secoli sono stati la risorsa e la ricchezza di un'idea di civiltà e di economia; un popolo della pace che chiede al nostro paese di svolgere, finalmente, un ruolo nel Medio Oriente, per lenire le sofferenze della martoriata terra di Palestina e riprendere un negoziato che riconosca i diritti di Israele e della Palestina a vivere in serenità ed in sicurezza in due Stati indipendenti.
Come diceva una dolcissima figura della mia terra, la Puglia, il vescovo don Tonino Bello, prodighiamoci ogni giorno affinché non sia rovesciato il sogno di Isaia: «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci, e non si eserciteranno più nell'arte della guerra».
C'è tanto bisogno, allora, di concentrare i nostri sforzi e le nostre risorse finanziarie ed economiche in azioni di pace e di nuova economia. Il ministro Padoa Schioppa ci ha rammentato una situazione finanziaria ed economica del paese molto difficile: ereditiamo un fardello pesante. Usciamo dal reality della finanza creativa ed entriamo nella dura realtà di una condizione materiale e sociale difficile!
Una cosa non possiamo proprio fare, signor Presidente: far pagare alle lavoratrici ed ai lavoratori, ai giovani ed ai pensionati, queste nostre difficoltà finanziarie. Per questi soggetti sociali è, invece, venuta l'ora del risarcimento: del risarcimento sugli insostenibili livelli retributivi, sulla qualità della nostra sanità pubblica, sulle pensioni, sulle tutele sociali. A pagare il costo del risanamento siano la grande evasione fiscale e contributiva, la grande rendita finanziaria e patrimoniale. Non può più accadere - è questa la vera questione morale del paese - che, in questi anni, com'è successo la scorsa estate, si raccontino le magnifiche avventure di speculatori che hanno accumulato ed hanno ostentato volgarmente immense fortune, mentre c'erano centinaia di migliaia di lavoratori metalmeccanici in sciopero per chiedere 100 euro di aumento!
C'è un'Italia che chiede giustamente un'alternativa, signor Presidente: è l'Italia della insostenibile precarietà che ha condannato tante ragazze e tanti ragazzi all'insicurezza esistenziale e, a volte, anche alla sofferenza psichica.
In questi anni, tutte le forme di flessibilità si sono trasformate drammaticamente in precarietà. È questa l'Italia a cui dobbiamo rivolgerci: quella che si è battuta contro la legge Moratti e che rivendica una formazione pubblica non dequalificata e non inquinata dai veleni della selezione di classe. In questi anni, le destre - questa è cronaca - hanno investito su bassi salari, basse tutele e bassi livelli formativi. Qual è il bilancio? Un massacro sociale ed il declino produttivo del nostro paese. Noi dobbiamo investire sui diritti, su adeguati livelli retributivi, su innovazione e ricerca. Mai come in questo momento, gli interessi del giovane precario, gli interessi del lavoratore sono gli interessi generali del paese. Investiamo sulla qualità e non solo sulla competitività di prezzo. Solo qualche esempio, per capire ciò che accade: a Milano, nel Vimercatese, un polo tecnologico avanzato, dalle telecomunicazioni alla componentistica elettronica, nel giro di qualche anno perde 6 o 7 mila occupati; una delle più antiche


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imprese d'Europa, nata nel 1735, la Richard Ginori, rischia di perdere occupazione e competizione per una pura operazione di speculazione finanziaria ed immobiliare, pur avendo un mercato, una tecnologia e lavoratori capaci e sapienti. Ma dov'è stata, fino ad ora, la nostra politica industriale? È un destino ineluttabile la perdita di questo patrimonio di risorse? No!
Neppure possiamo accettare passivamente la nuova immigrazione di ragazze e ragazzi che emigrano dal sud verso i tanti nord del mondo per cercare un lavoro. Dobbiamo ricostruire il collante culturale del nostro paese. Uno di questi consiste, sicuramente, nella lotta alla mafia. Quattordici anni fa, morivano Falcone e la sua scorta e moriva sua moglie. Ebbene, a quattordici anni di distanza, a chiedere lo stesso impegno antimafia ci sono ancora i ragazzi di Locri e c'è una Sicilia che chiede ancora, con grande forza, di poter sanare, finalmente, il suo territorio dai poteri occulti e mafiosi. Noi vi chiediamo di contrastare la cultura dominante delle destre. Hanno costruito sistematicamente un nemico esterno ed un nemico interno: il no global (non dimentichiamo le forme di repressione a Genova); il pacifista; il tossicodipendente (Commenti dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale)...

LUCA VOLONTÈ. Ma dai!

GIOVANNI FAVA. Basta!

FRANCESCO GIORDANO. ... contro cui c'è una legge che voi avete approvato e che tende a colpire le vittime e non i carnefici; il precario e il lavoratore a difesa dei propri diritti; le donne, che non possono accettare da una casta maschile una regressione sul sistema dei diritti, a cominciare dalla legge n. 194 e dalla fecondazione assistita; infine, tutti coloro che rivendicano, per le loro relazioni affettive, diritti e tutele, indipendentemente dai loro orientamenti sessuali. Su questi temi non accetteremo ingerenze e vale, per noi, il collante fondante della nostra costituzione: la laicità.
Per i migranti, la nostra civiltà giuridica non può essere, signor Presidente, la civiltà giuridica della legge Bossi-Fini. Noi abbiamo visitato, in questi anni, Presidente Prodi, tanti centri di permanenza temporanea. In uno di questi, una giovane donna, priva di tutele giuridiche e di alcuna possibilità di essere difesa, ha preso le mie mani. Ho sentito su di me una responsabilità enorme. Mi ha consegnato e ci ha consegnato il suo destino e la sua vita. Tra le mie mani e le sue mani c'erano alcune sbarre di ferro. Mai più quelle sbarre, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e de La Rosa nel Pugno - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fini. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO FINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, di commenti critici ed aspri per il modo con cui è nato l'Esecutivo Prodi e anche per la sua composizione ne abbiamo letti tanti, un po' tutti, nelle scorse settimane. Credo che sia onesto ricordare che non si è trattato soltanto di commenti aspri da parte di esponenti del centrodestra o da parte di giornalisti di area a noi vicini. A mente, ricordo - ricordo a me stesso, come si dice in questi casi - tra i commenti più aspri quello di un autorevole esponente del centrosinistra, seppure non organico al centrosinistra, l'onorevole Emanuele Macaluso, il quale ha definito, testualmente, indecente il modo in cui è nato il Governo Prodi; oppure, per rimanere nell'ambito di Montecitorio, il commento del simpatico Pasquale Laurito, a tutti noto come la «velina rossa», il quale ha testualmente affermato: «Prodi parte male, forse abbiamo già perso qualche consenso anche tra gli elettori del centrosinistra».
Perché lo ricordo? Perché credo, signor Presidente e colleghi, che giudicare i toni anche molto critici ed aspri del centrodestra unicamente come dimostrazione di


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una destra che sarebbe incattivita e non avrebbe accettato il responso elettorale sia profondamente sbagliato e in qualche modo determini un errore di valutazione da parte dell'attuale maggioranza. Credo che le nostre critiche registrino un diffuso malessere o, comunque, uno sconforto presente non soltanto nel nostro elettorato ma anche in una parte, non sappiamo quanto cospicua, dell'elettorato del centrosinistra. Per quello che mi riguarda, per quello che riguarda Alleanza Nazionale, dico subito che non mi ha colpito particolarmente il fatto che partiti e partitini abbiano chiesto, il fatto che il Presidente del Consiglio abbia dovuto accontentarli, il fatto che vi sia stata la moltiplicazione degli incarichi. Infatti, in una coalizione molto ampia, che ha un vincolo forte - vale a dire l'avversione nei confronti del centrodestra - ma che non ha molti valori condivisi e soprattutto in una coalizione in cui, lo dico senza alcuna polemica, vi sono dei partiti che non si pongono il problema di un consenso di massa ma, in qualche modo, di nicchia, per certi aspetti è fisiologico che nella nascita di un Governo di coalizione ci siano pressioni, spinte e, in alcuni casi, anche palesi ricatti.
Non mi ha colpito questo aspetto negativo che è fisiologico; quello che mi ha colpito molto è l'assoluta debolezza politica del Presidente del Consiglio, una debolezza politica che è risultata evidente in molte circostanze. Non è, Presidente Prodi, una valutazione personale, è una considerazione di carattere politico: lei non ha l'autorevolezza politica per guidare una coalizione così composita. Per certi aspetti, lei ha smentito nei suoi primi passi sé stesso, quando subito dopo le elezioni primarie disse «adesso che ho quattro milioni di consensi che mi derivano dal basso, ho la legittimazione necessaria e sufficiente. Pur non essendo a capo di un partito, pur non essendo il leader del maggior partito della coalizione, ho l'autorevolezza necessaria e sufficiente per guidare il centrosinistra qualora il centrosinistra vinca». Credo che lo sconcerto e la delusione che c'è anche in certi colleghi del centrosinistra o, comunque, in certi elettori del centrosinistra derivi da questo, non dal fatto che ci sono più ministri, più sottosegretari o che tanti ministri o sottosegretari «dichiarano» ancor prima di cominciare a governare. Lo sconcerto è che l'autorevolezza politica del Presidente del Consiglio è estremamente debole.
Per certi aspetti c'è un paradosso: nasce un Governo politicamente forte - in quanto un Esecutivo che ha nel suo seno i leader di quasi tutti i partiti della maggioranza è politicamente forte - ma il paradosso è che il Presidente del Consiglio è politicamente debole. L'ha dimostrato, se volete con un po' di candore, con un soprassalto di onestà intellettuale quando ha detto testualmente: a me dispiace che l'autorevole esponente Tizio non sia entrato al Governo; oppure: mi dispiace molto che, dopo aver detto avremo, non solo più donne, ma un peso politico maggiore per gli esponenti del genere femminile, io non sia riuscito a fare quello che in qualche modo avevo in animo di fare, mi dispiace, ma i partiti non lo hanno voluto.
In questa reiterata affermazione del Presidente del Consiglio c'è la fotografia di una debolezza di tipo politico e credo che di questa debolezza politica del Presidente del Consiglio siano consapevoli anche alcuni tra i più avveduti esponenti del centrosinistra. Ovviamente mi smentirà, ma nell'intervento dell'onorevole Fassino di quest'oggi - un intervento certamente di spessore, come si dice - ho colto una perorazione che, in qualche modo, ai miei occhi è la conferma del fatto che nel centrosinistra si accorgono che l'Esecutivo politicamente nasce forte ma il premier è politicamente debole. L'onorevole Fassino ha detto, lo cito testualmente: «Onorevole Presidente Prodi, ogni qualvolta lei avrà il coraggio di osare, ci troverà compatti al suo fianco». Osare, quindi provare a far cosa? Credo che anche da parte del centrosinistra, anche da parte dell'Unione, ci sia la consapevolezza che Prodi non potrà continuare nel corso dei mesi che ha davanti con la moltiplicazione degli incarichi - questo è quasi fisiologico - o con dei compromessi verbali perché per ora lei


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si è limitato, Presidente, a gestire con le parole una situazione di eterogeneità della coalizione.
Credo che da più parti, anche nella sua coalizione, qualcuno le dica: beh, abbi il coraggio di governare! Osare vuol dire governare; vuol dire, qualche volta, pronunciare la parola «no»; vuol dire evitare dei compromessi, che sono sempre paralizzanti; vuol dire, magari, evitare di dar vita a comportamenti legislativi schizofrenici, perché se un giorno si accontenta una componente della maggioranza e poi - quasi per una sorta di contrappeso -, il giorno dopo, se ne accontenta un'altra, credo che l'andamento della legislazione governativa non sia tra i migliori.
Certo è che, ancor prima di cominciare a governare, tale mancanza di coraggio («osare» vuol dire avere coraggio) o, come dico io, questa mancanza di autorevolezza politica ha già portato al pagamento di cambiali politiche. Il Governo deve ancora cominciare a governare, ma già nel discorso programmatico ha pagato alcune cambiali.
Una cambiale politica l'ha pagata - ed è una cambiale salata - quando ha usato un'espressione non soltanto impropria, ma estremamente pericolosa. Io ho sperato che, nel corso della sua replica al Senato prima ed alla Camera dopo, il Presidente del Consiglio facesse un po' di autocritica, vale a dire che dicesse di aver usato un termine errato nello stesso momento in cui ha parlato della politica internazionale e dell'Iraq. Il termine errato è «occupazione», perché è una parola che sottintende dei valori, o - a nostro modo di vedere - dei disvalori.
Non ho necessità di insegnarlo a chi conosce la storia quanto me (o meglio di me), ma se delle truppe sono considerate «occupanti», nei confronti di quelle truppe è lecita la resistenza; è lecito, ovviamente, prendere le armi, ed in quel momento si è dei patrioti. Se al contrario tali truppe, anziché di occupazione, sono truppe «di invasione», chi prende le armi e chi dà vita ad atti di violenza è un terrorista.
Nello stesso momento in cui Prodi afferma, senza correggersi e senza fare autocritica, che è sbagliata l'occupazione militare in Iraq, in qualche modo paga la prima cambiale politica a coloro - l'onorevole Giordano lo ha detto poc'anzi - che hanno un avviso assai diverso di quella che è la situazione irachena (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania).
Veda, non so se l'onorevole D'Alema, nel colloquio lungo e cordiale (risulta essere stato lungo e cordiale anche a me) con il sottosegretario di Stato Rice, ha tentato di spiegare perché il Presidente del Consiglio del Governo italiano chiama «truppe di occupazione» quelle presenti in Iraq. Credo che non lo abbia fatto: proprio perché ho stima dell'onorevole D'Alema, so che egli non tenta di spiegare ciò che è inspiegabile. Ciò perché non riuscirà mai a spiegare che si può e si deve continuare ad essere amici degli Stati Uniti e, al tempo stesso, definire «occupanti» - e, quindi, meritevoli di essere attaccati dai patrioti e dai resistenti iracheni - coloro che sono in Iraq.
È una cambiale politica - se vuole, una ipoteca politica, un pedaggio che pagate prima ancora di cominciare a governare - che getta delle luci inquietanti sulla politica internazionale. Ciò anche perché si tratta di accezioni - o, se volete, di valutazioni - relative non soltanto a quello scenario ma, in generale, anche ad altri ed altrettanto importanti scenari internazionali: penso, ad esempio, al Medio Oriente.
Quando affermo che le ambiguità pesano, mi riferisco anche al fatto che c'è qualcuno, nella maggioranza che sostiene il Governo Prodi, che considera i kamikaze palestinesi dei martiri. Nello stesso momento in cui li si considera dei martiri, poi sarà abbastanza arduo rassicurare la comunità internazionale, ed in particolar modo Israele, che, accanto al diritto sacrosanto dei palestinesi di avere uno Stato, il nuovo Governo italiano ha altrettanto a cuore la sicurezza dello Stato di Israele.


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Ecco, allora, che vi è preoccupazione, e noi temiamo altre derive (giungo rapidamente al termine, signor Presidente). Temiamo derive massimaliste, estremiste e, in qualche modo, di tipo radicale in materia di immigrazione. Il Presidente Prodi parla, giustamente e molto, dell'Europa. Non ho la presunzione di sostenere che la legge che porta il mio nome e quello dell'onorevole Bossi sia la migliore, perché non lo è. Tuttavia, Presidente Prodi, si tratta di una legge europea, poiché si basa sul presupposto che l'integrazione è garantita per chi lavora; nei confronti dell'immigrante che entra clandestinamente non ci può essere che il ricorso alla espulsione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania).
Visto che lo conosce meglio di me, Presidente Prodi...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

GIANFRANCO FINI. ... se non vuol farselo spiegare da Sarkozy, se lo faccia spiegare da Zapatero, che nei confronti dell'immigrazione clandestina ha dato vita ad una repressione senza precedenti (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Deve concludere!

GIANFRANCO FINI. Temiamo derive anche per ciò che riguarda le politiche economiche. C'è un tasso di lotta di classe nel 2006...

PRESIDENTE. La prego...

GIANFRANCO FINI. ... che non lascia ben sperare riguardo all'avvenire del Governo.
In conclusione, allora, vorrei ricordare che si chiede alla opposizione di dialogare. Vede, noi dialoghiamo nel senso che svolgeremo l'opposizione per mettere in evidenza le contraddizioni esistenti nel centrosinistra.
Dopo ventitré anni di Parlamento credo che l'opposizione meriti un solo aggettivo: intelligente. Noi lavoreremo per fare esplodere delle contraddizioni che nel vostro seno ci sono, e così facendo non vi ripagheremo della moneta con cui ci avete pagati quando eravamo noi al Governo e voi all'opposizione. Non siamo quelli del «tanto peggio tanto meglio»; se farete cose buone ve lo diremo e quando farete cose sbagliate vi contesteremo e presenteremo alternative. Così facendo - concludo - credo che daremo anche una lezione di etica politica. Perché vede, Presidente - concludo per davvero - l'etica consiste innanzitutto...

PRESIDENTE. La prego però (Commenti)...

GIANFRANCO FINI. ... nel non considerare nemico, come il Presidente Prodi ha detto, colui che è avversario. Bene, se lo aveste detto quando eravate all'opposizione, oggi sareste credibili...

PRESIDENTE. La prego, onorevole Fini, ha parlato due minuti in più del tempo a sua disposizione.

GIANFRANCO FINI. ... oggi che siete la maggioranza non avete la credibilità politica per fare delle prediche, soprattutto per quel che riguarda l'etica della politica (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Come avevo avvertito all'inizio di questa discussione, lo faccio solo notare, ha parlato due minuti più del suo tempo. L'ho fatto per un atto (Commenti)... Scusate, dovreste ringraziare e non vociare, perché l'ho fatto per un atto di rispetto nei confronti di un leader dell'opposizione. Tuttavia vorrei che venisse


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considerato il compito ingrato della Presidenza nel far rispettare i tempi.
Con questo invito, do la parola al deputato Tremonti, che ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Prego, deputato Tremonti.

GIULIO TREMONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, noi conosciamo e riconosciamo il principio di effettività e per questo, certo, non vi consideriamo come un Governo di fatto. Voi siete al Governo, voi siete il Governo, ma tra la forza dell'effettività e la luce della verità noi preferiamo la verità e per questo vi vediamo sui banchi del Governo, ma dietro una linea d'ombra. Quando l'origine dei fenomeni era oscura, i naturalisti antichi parlavano di generatio equivoca. Per noi un fenomeno simile c'è stato il 10 di aprile; nella Giunta delle elezioni potrà anche prevalere la maggioranza, ma nel paese prevarrà la verità (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale). In ogni caso, onorevole Prodi, la sua è stata, è e sarà una mezza vittoria: mezza sui numeri, mezza nel paese, mezza in politica.
Sui numeri solo un fantomatico, marginale 0,6 per mille; se lo ricordi, onorevole Prodi, la finzione legale del maggioritario non potrà mai superare le divisioni reali del paese.
Mezza nel paese: avete perso nel nord e nel sud, nelle regioni più attive e più popolate e avete vinto solo nel blocco centrale dentro una geopolitica i cui confini non coincidono con il progresso, ma con la combinazione conservatrice tra giunte, burocrazie, cooperative rosse (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania). Mezza, infine, nel progetto politico: dovevate eliminare Forza Italia ed il suo leader Silvio Berlusconi, ma non ci siete riusciti e non ci riuscirete [Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]. Dovevate dare corpo ad un progetto politico che unisse una moderna area progressista e non ci siete riusciti; il doppio cartello dell'Ulivo e dell'Unione non ha funzionato. La crescita c'è stata solo a sinistra ed a sinistra della sinistra.
Onorevole Prodi, si dice che la cosa peggiore rispetto ad avere alleati è non avere alleati; onorevole Prodi, vi è una cosa ancora peggiore: avere i suoi alleati (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania)! In soli 29 giorni dietro la linea d'ombra è cresciuta la pianta storta delle istituzioni.
Il 35 per cento dei voti ha espresso il 100 per cento delle principali istituzioni del paese. Non è mai stato così! Chi aveva finanche il 40 per cento aveva la prudenza e la sapienza degli equilibri.

MARCO BOATO. Si ricordi del 1994 (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Scusate, non vi è una delega volta a far rispettare l'ordine dell'Assemblea. Per favore, il deputato Tremonti deve essere messo nella condizione di proseguire il suo intervento senza interruzioni. Prego tutti di non interrompere.

CESARE CAMPA. È la sinistra!

PRESIDENTE. Il Presidente invita il deputato Tremonti a proseguire il suo intervento.

GIULIO TREMONTI. In questo Palazzo, nella galleria dei Presidenti, vediamo, tra gli altri, i ritratti dei Presidenti Ingrao, Iotti e Napolitano. C'è un buon libro in cui si legge della necessaria paziente ricerca della più larga intesa in Parlamento, di controlli e contrappesi, per evitare arbitri incompatibili con i principi di libertà ed in cui si afferma che questo è l'abc della democrazia maggioritaria. Il libro è del 1994, l'autore è l'allora onorevole Napolitano ed il titolo è Dove va la Repubblica.


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Ce lo chiediamo anche noi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Rispettiamo il Presidente Napolitano, ma della democrazia abbiamo un'idea non antropomorfa. La democrazia non è fatta dagli uomini, ma dalle regole. E quattro su quattro non è mai stata la regola: è un'eccezione avventurista (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Bene abbiamo fatto, dunque, a rifiutare l'offerta di una larga intesa, ma a presa istantanea ed a scatola chiusa (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
È bene, ancora, da ultimo, evidenziare che in Senato la maggioranza non è degli eletti, ma dei non eletti: quattro su quattro è troppo! Ed è solo l'inizio, perché alle elezioni faranno seguito le lottizzazioni. Diciamo che la democrazia ha conosciuto tempi migliori; temiamo che conosca tempi peggiori.
Ciò che ci fa impressione non è la vostra forza, ma la vostra parossistica debolezza. Tuttavia, sul tempo siamo ottimisti. La ragione dell'ottimismo ci viene dal discorso che lei ci ha letto, dal Governo che le hanno fatto, dall'opposizione che noi faremo. Il suo discorso è stato il Bigino del suo programma: non è stato più chiaro; è stato solo più corto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania). Diciassette pagine, invece di duecentottantuno; novanta minuti, invece di quindici ore. Almeno, per avercele risparmiate, la ringraziamo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. Vi prego...

GIULIO TREMONTI. Queste sono le sue parole chiave: essere il Governo di tutti, progettare e costruire il futuro, strategia di grande respiro, risanare e rinnovare il paese, combinare il risanamento della finanza pubblica con una credibile prospettiva di sviluppo, la sfida del nuovo, il nuovo secolo. In realtà, queste non sono parole del suo discorso, quello su cui si dibatte dal 22 maggio, bensì parole del suo vecchio discorso svolto il 22 maggio del 1996. Dopo dieci anni sono le stesse parole; sarà lo stesso fallimento (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania)!
Nel 1998 i suoi alleati l'hanno mandata a casa; poi, l'hanno mandata in Europa. Ora, lei ci parla di crisi dell'Europa, ma dimentica di dirci che, proprio durante la sua Presidenza, l'Europa ha fallito o fermato o terminato i suoi modelli costituzionale, economico e sociale.
L'Europa degli uffici ha ridotto alla metà la sua base di consenso popolare. L'Europa dei popoli è un'altra cosa, ed i falliti di ieri non risolveranno con le loro vecchie formule i problemi nuovi di oggi e di domani (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania).
È per questo motivo, onorevole Prodi, che siamo certi del continuo successo dei suoi fallimenti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

Una voce dai banchi del gruppo de L'Ulivo: È una macchietta!

GIULIO TREMONTI. Lei ha detto che il suo Governo non può fallire; la informiamo che abbiamo appena fatto un'ottima legge fallimentare!
Non abbiamo ancora visto la traccia dei suoi primi cento giorni di Governo: è vero. In effetti, abbiamo solo visto la caccia alle prime cento poltrone di Governo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). Per ora, il suo progetto politico ha solo i tratti ambigui di un grande Pacs, con all'interno tutto e l'inverso; un Pacs che lei vorrebbe esteso a tutto: alla politica internazionale, sociale ed economica.


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Parole, ma prima o poi alle parole dovranno fare seguito le azioni e, verso queste, le reazioni. Quando gli italiani proveranno il vostro giardino delle delizie, allora noi saremo con gli italiani e non con voi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Infine, che opposizione faremo e con che mezzi: faremo opposizione nel Parlamento e nel paese; faremo opposizione con sacrificio e con onore; faremo opposizione per difendere, dentro e fuori, le nostre tradizioni ed i nostri valori.

MARCO BOATO. Fini è un gigante!

GIULIO TREMONTI. Nell'interesse del paese difenderemo le nostre riforme e faremo le nostre proposte. Nell'interesse del paese voteremo anche le vostre proposte, se giuste. In ogni caso, quale che sia il Governo, non parleremo mai male dell'Italia: non lo faremo in Italia, non lo faremo all'estero (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania)!
Con che mezzi faremo opposizione: nel sistema politico italiano si progettano due paralleli processi di aggregazione, uno nel centrosinistra ed uno nel centrodestra. Nell'antico linguaggio della socialdemocrazia si diceva che processi di questo tipo non sono mai la semplice somma delle scrivanie o delle macchine da scrivere, ma una sintesi delle passioni e delle idee. Ci auguriamo sinceramente che questo possa essere nel centrosinistra. Questo sarà sicuramente nel centrodestra: non sappiamo ancora quando, ma sappiamo già da ora che ci riusciremo e ci uniremo come Forza Italia, come Casa delle libertà. Ci uniremo nei nostri valori e nei nostri ideali e non solo negli organigrammi e nelle gerarchie. Lo faremo per essere più forti, lo faremo per vincere più presto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, abbiamo aspettato cinque anni questo momento...

NICOLA BONO. Ma passa subito!

DARIO FRANCESCHINI. ...cinque anni difficili, duri, durante i quali abbiamo lavorato in quest'aula e nel paese per arrivare a questo voto di fiducia. Da questa sera comincia finalmente una stagione nuova: una stagione di diritti, una stagione di doveri, anche una stagione di speranze per tutti gli italiani. Di questo, del futuro che vogliamo costruire abbiamo parlato in questo dibattito, lasciando alle spalle le troppe lacerazioni, il troppo odio che ha attraverso questi banchi e la vita di ogni cittadino nella passata legislatura.
Non serve parlare del passato, che si allontana sempre più velocemente alle nostre spalle. Non ne parleremo perché vogliamo guardare avanti, ma non dimenticheremo nemmeno per un minuto, perché non possiamo e non dobbiamo dimenticare, quello che è stato fatto in questi cinque anni al nostro paese ed alle sue istituzioni. C'è ancora un passaggio di fondamentale importanza davanti a noi, tra un mese, per poter definitivamente cominciare una stagione nuova: il referendum su quelle modifiche costituzionali che voi avete approvato in ricercata solitudine. Noi ci mobiliteremo con tutte le nostre energie, con tutta la straordinaria forza della nostra gente per bocciare quelle norme dannose per le istituzioni e costose per le famiglie e per le imprese. Lo dobbiamo alla democrazia italiana. Lo dico con tutto il rispetto possibile per l'ex ministro delle riforme istituzionali, ma nessun italiano merita di passare dalla Costituzione di De Gasperi e Terracini alla Costituzione dell'onorevole Calderoli (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania).


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ANDREA GIBELLI. Buffone!

GIOVANNI FAVA. Vergogna!

PRESIDENTE. Per favore...

DARIO FRANCESCHINI. Dunque, da domani inizia una stagione nuova...

ANDREA GIBELLI. Vergognati!

GIOVANNI FAVA. Buffone!

PRESIDENTE. Vi prego...

DARIO FRANCESCHINI. Da domani inizia il nostro lavoro al Governo e in Parlamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)....

GIOVANNI FAVA. Vai a lavorare!

DARIO FRANCESCHINI. Ho capito, ho capito...

PRESIDENTE. Vi prego...

DARIO FRANCESCHINI. Il Presidente Prodi ha indicato con chiarezza le linee principali della nostra azione, scritta nel dettaglio in quelle 281 pagine con le quali ci siamo impegnati di fronte al paese. Il nostro programma prevede cambiamenti necessari per l'Italia.
Vi è stato un gran dibattito anche tra di noi, su come interverremo sulle leggi da voi approvate, quali abrogheremo e quali correggeremo soltanto. Francamente, è un dibattito che non mi ha appassionato, perché è più semplice dire che faremo leggi nuove; non distruggeremo ciò che avete fatto, ma costruiremo dove voi avete demolito (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza).
In politica estera lavoreremo in Europa, lavoreremo con l'Europa, lavoreremo per l'Europa. Spiegheremo agli italiani, bombardati da cinque anni di «euroscetticismo» (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale) che il futuro nostro, il futuro dei nostri figli, delle nostre imprese sta nel processo di integrazione europea, unica chiave per affrontare...

PRESIDENTE. Scusate, ma vale anche per il deputato Franceschini la regola che valeva per coloro che lo hanno preceduto, cioè il diritto di potersi esprimere senza essere interrotto.

GIOVANNI FAVA. Ma non deve provocare!

DARIO FRANCESCHINI. Grazie, signor Presidente.
Spiegheremo che il futuro delle nostre imprese, il futuro delle nostre famiglie sta nel processo di integrazione europea, che è l'unica chiave per affrontare le sfide della globalizzazione, dei nuovi mercati mondiali, delle profonde ed ingiuste disuguaglianze nel mondo; e poi ritorneremo a quella missione italiana tenuta viva in cinquant'anni di politica estera, anche quando il mondo diviso in blocchi rendeva molto difficile avere spostamenti nelle politiche nazionali: il Mediterraneo. Lo ha detto bene il Presidente Prodi, parlando di quell'esserci fisicamente e culturalmente dentro, che ci impone di non alzare barriere ma di essere sempre davanti a tutti quando si cerca il dialogo, la comprensione tra culture, tra religioni, tra civiltà diverse.
E poi le politiche economiche e sociali. Sappiamo di vivere in un tempo in rapida trasformazione. Sappiamo che la competizione globale impone rischi e richiede coraggio per le imprese, ma anche coraggio per il lavoro. Sappiamo anche, tuttavia, che, se ci si affida a questo culto della destra per il mercato e la competizione come soluzione di tutti i mali, si precipita indietro, in un sistema dove non tutti hanno le stesse opportunità di partenza, in cui le disuguaglianze crescono, in cui chi è più forte e chi è più debole scivola ancora più indietro.
Servono, allora, gli «anticorpi» della politica per dimostrare al mercato che libertà e regole - ripeto: libertà e regole - possono e debbono convivere (Applausi dei


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deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Comunisti Italiani).
Infine, il nostro impegno per la legalità, per lo Stato di diritto, per l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Dovremo spiegare, soprattutto ai giovani, più con i nostri comportamenti che con le nostre parole, quanto sbagliata e distorta sia l'idea che nella società di oggi possa emergere solo chi è più furbo, chi è più spregiudicato, chi è più pronto ad aggirare la legge. Anche in questo caso la soluzione è semplice, sta nelle regole uguali per tutti.
Per questo, onorevole Berlusconi, oggi che il problema di incompatibilità con incarichi di Governo non la riguarda più direttamente, faremo una legge nuova e rigorosa sul conflitto di interessi (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dell'Italia dei Valori - Dai banchi dei deputati del gruppo di Forza Italia si grida: Unipol, Unipol!) perché è una regola che serve alla nostra democrazia e non una minaccia contro di lei o contro le sue aziende.
Presidente Prodi, dovremo fare molte cose insieme, ma siamo pronti. La coalizione ha dimostrato, in questo frenetico avvio di legislatura, di essere determinata e compatta. Il gruppo dell'Ulivo, con i suoi 215 deputati, è garanzia di stabilità ed innovazione, è il gruppo del Presidente Prodi...

IGNAZIO LA RUSSA. Dov'è?

DARIO FRANCESCHINI... è il gruppo che Prodi ha voluto e poi, se le serve per sentirsi forte per un attimo, onorevole Fini, la chiami pure debolezza.

ANDREA GIBELLI. Prodi sta dor-mendo!

DARIO FRANCESCHINI. Il gruppo dell'Ulivo è qua, anche per dimostrare che dall'Assemblea possono partire i cambiamenti di cui il bipolarismo italiano ha bisogno.
Lo ha detto bene Piero Fassino questa mattina nel suo intervento: la nostra sfida non si conclude con la costituzione dei gruppi unici dell'Ulivo, ma parte soltanto da qui. Completeremo in questa legislatura il processo cominciato undici anni fa. Costruiremo una grande forza in cui confluiscano i riformismi italiani, in cui ognuno possa portare orgogliosamente la propria storia, la propria cultura politica, la propria organizzazione. Non cancelleremo le nostre diversità, ma le faremo diventare una ricchezza e non più, mai più, un motivo di divisione tra di noi (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Verdi)!
Su queste basi, su questi temi, su tutto il nostro programma siamo pronti a confrontarci con voi in modo aperto e trasparente in Parlamento e anche a costruire, se fosse possibile, convergenze tra maggioranza e opposizione. Ma è qui il dialogo possibile, non nei titoli dei giornali, non nelle battute televisive, ma nel percorso legislativo quotidiano, nelle parole pronunciate in quest'aula e, lo ripetiamo adesso, nonostante i toni mediocri e violenti che avete scelto di usare in questo dibattito (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Verdi - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania).
Perché, ovviamente, un percorso di dialogo dipende dalle scelte politiche nostre e vostre, ma ha come requisito minimo indispensabile - lo dico più volentieri dopo queste urla - il rispetto. Quello che purtroppo è mancato in queste settimane e che abbiamo alle spalle, dal voto ad oggi, dalle accuse (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Verdi - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Per favore! Così, non migliora per nulla la situazione, semplicemente si ritarda la possibilità del deputato Franceschini di concludere, com'è suo diritto, il suo intervento. Vi prego di lasciar concludere l'intervento.


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DARIO FRANCESCHINI. Grazie Presidente. Quel rispetto che è mancato in queste settimane, dalle accuse di brogli elettorali, alle grida sull'occupazione del potere, ai fischi dolorosi ai senatori a vita, dimenticando che fischiare loro è come fischiare la storia della Repubblica, è come fischiare la storia d'Italia (Reiterati commenti del deputato Salerno)...

GIOVANNI CARBONELLA. Finiscila (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania - Vivi applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza)!

DARIO FRANCESCHINI. Eppure il rispetto ha abitato in quest'aula per decenni, anche nei momenti più duri nella storia del mondo e del nostro paese; le classi dirigenti dei grandi partiti, a cominciare dalla democrazia cristiana e dal partito comunista italiano, si scontravano duramente, ma sapevano quando arrivava il momento in cui fermare lo scontro e mettersi insieme a difendere la Costituzione, a combattere il terrorismo, a discutere dei grandi cambiamenti legislativi (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania - Vivi applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza).

PRESIDENTE. Prego, per favore! Prego le signore deputate e i signori deputati di mantenere la calma e chiedo al deputato Franceschini di concludere il suo intervento. Per favore! Altrimenti concludiamo diversamente (Commenti)...
Prego, deputato Franceschini.

DARIO FRANCESCHINI. A quel rispetto reciproco noi vorremmo tornare: è, in fondo, quella che Norberto Bobbio ha definito la più grande lezione della sua vita con parole molto semplici: «Ho imparato a rispettare le idee altrui; ad arrestarmi davanti al segreto di ogni coscienza; a capire, prima di discutere, a discutere, prima di condannare». Ecco, proviamo a far tornare un po' di confronto; proviamo a far tornare la politica in quest'aula e, alla fine, a vincere non saremo noi o voi ma a vincere sarà tutto il paese (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza - Il deputato Salerno espone un cartello recante la scritta: «No al regime delle sinistre» - Commenti - Dai banchi dei deputati dei gruppi di maggioranza si scandisce: Buffone!)!

PRESIDENTE. Il deputato Salerno è pregato di rimuovere il cartello! Il deputato Salerno è pregato di togliere il cartello, altrimenti... Per favore, toglietelo! I cartelli in aula non sono ammessi (I commessi rimuovono il cartello). Grazie.
Vi prego di riprendere posto (Il deputato Salerno espone nuovamente un cartello recante la scritta: «No al regime delle sinistre»). Scusate, questo atteggiamento non depone certo a favore della correttezza di chi compie questo atto! Prego i commessi di far rispettare la dignità di quest'aula (I commessi rimuovono il cartello)!
Sono stati ascoltati tutti gli interventi sino a questa fase conclusiva, con atteggiamento reciprocamente rispettoso; non si capisce davvero per quale ragione si voglia produrre un turbamento che reca nocumento soltanto a chi lo determina. Grazie.
Sono terminati gli interventi dei rappresentanti dei gruppi parlamentari per dichiarazione di voto. Il dibattito proseguirà con gli interventi per dichiarazione di voto a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ricardo Antonio Merlo, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

RICARDO ANTONIO MERLO. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, prendo la parola per la prima volta in questa prestigiosa aula. Sono uno dei tre deputati eletti dai connazionali residenti in Sudamerica (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi, dei Popolari-Udeur e Misto-Minoranze linguistiche).


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PRESIDENTE. Credo che tutti capiscano la ragione ulteriore per cui sia opportuno ascoltare con attenzione questo intervento.
Prego, onorevole Merlo.

RICARDO ANTONIO MERLO. Con il voto di oggi intendo dare un contributo alla governabilità del nostro paese, elemento primario ed indispensabile per i nostri concittadini, che reclamano efficienza e stabilità, affinché l'Italia si rafforzi nell'ambito europeo e mondiale. Allo stesso tempo, auspico da parte del Governo un impegno coerente, significativo e tangibile a dare priorità al rafforzamento delle relazioni dell'Italia con il Mercosur e con il resto dei paesi dell'America Latina, che è un continente che a mio avviso per le sue potenzialità politiche, economiche e commerciali...

PRESIDENTE. La invito a concludere, deputato Merlo.

RICARDO ANTONIO MERLO. ...e per i milioni di italiani ivi residenti dovrebbe occupare un ruolo strategico e vitale nella politica estera italiana.
Mi auguro, altresì, che al centro di questo impegno e su queste basi si possano meglio conoscere, soprattutto attraverso una speciale attenzione al prezioso lavoro che fanno le associazioni di volontariato (i Comites e il CGIE), i principali problemi degli italiani residenti all'estero, per affrontarli e risolverli.

PRESIDENTE. Deputato Merlo, deve proprio concludere, perché è terminato il tempo a sua disposizione.

RICARDO ANTONIO MERLO. Proprio in questo contesto ritengo doveroso esprimere un sentito ringraziamento ad una persona che nelle ultime settimane è stata da alcuni erroneamente giudicata. A me risulta chiaro che una politica di Stato non si può misurare attraverso un risultato elettorale congiunturale. Perciò voglio dire che l'onorevole Mirko Tremaglia, che ha fatto degli italiani all'estero una propria missione di vita, sicuramente sarà considerato dalla storia come un uomo che ha pensato ad una politica che va più in là di un mero calcolo elettoralistico.
Con questi auspici, onorevole Presidente, le confermo la mia fiducia al suo Governo. Una fiducia però che non significa un sostegno politico...

PRESIDENTE. Guardate, colleghi, così è davvero impossibile, le regole vanno rispettate. Lei ha parlato due minuti in più rispetto al tempo a sua disposizione. La prego di concludere il suo intervento.

RICARDO ANTONIO MERLO. Ho concluso Presidente (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Tremaglia. Ne ha facoltà.

MIRKO TREMAGLIA. Signor Presidente, rinuncio allo svolgimento del mio intervento e chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo scritto della mia dichiarazione di voto, dopo avere ascoltato argomentazioni significative e secondo me veramente straordinarie, una lezione forte e brillante di politica dell'onorevole Fini e di altri. Vorrei dire al Presidente del Consiglio: Presidente, bisogna fare qualcosa che lei non ha fatto; ed è una critica severa. Gli italiani all'estero non hanno più un ministro degli italiani nel mondo; nominiamone uno di loro. È giusto!
Con queste considerazioni, consegno il testo scritto della mia dichiarazione di voto, ribadendo la richiesta di pubblicazione in calce al resoconto della seduta (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei consueti criteri.


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Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Carta. Ne ha facoltà.

GIORGIO CARTA. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, ho ascoltato con attenzione la sua replica e nulla di nuovo vi ho trovato sul piano politico circa i temi posti nel mio breve intervento nel corso del dibattito. Ciò nonostante la mia parte politica, nel rispetto del vincolo contratto, onorerà gli impegni presi con gli elettori e voterà la fiducia.
Auspico che il suo Governo intervenga perché il servizio pubblico RAI sia più rispettoso dell'informazione dei diritti di tutte le forze politiche presenti in questo Parlamento. Pur essendo stati posti in questo momento politicamente ai margini della coalizione, sempre in omaggio agli impegni contratti e per coerenti comportamenti etico-politici, valuteremo senza pregiudizi gli atti del suo Governo, dando il nostro libero e costruttivo apporto a tutti gli atti che valuteremo utili nell'interesse del Paese. Buon lavoro e grazie.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. La ringrazio, signor Presidente. Intervengo con riferimento all'articolo 59 del regolamento. Comprendo che è una seduta delicata, però, signor Presidente, non possiamo - e mi permetto con questo di farle una sollecitazione per il futuro anche perché non valga come precedente - accettare che, dopo due giorni in cui, in silenzio, i deputati della maggioranza hanno ascoltato senza mai interrompere, né in modo veemente né in modo non veemente, i deputati (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)... Scusate, sto facendo un richiamo al regolamento...

PRESIDENTE. Scusate, colleghi... Mi scusi, ma non si tratta di un richiamo al regolamento.

ROBERTO GIACHETTI. Presidente, l'articolo 59... Se vuole (Commenti)... C'è la libertà...

PRESIDENTE. È una censura al Presidente di cui la ringrazio, ma non è un richiamo al regolamento! La prego... Per favore (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania).
Mentre i deputati segretari si predispongono per la chiama, do altre comunicazioni all'Assemblea.

Annunzio della costituzione della Giunta per le autorizzazioni (ore 19,17).

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la Giunta per le autorizzazioni ha proceduto alla propria costituzione.
Sono risultati eletti: presidente, il deputato Carlo Giovanardi (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)); vicepresidenti, i deputati Lanfranco Tenaglia e Nino Mormino; segretari, i deputati Sesa Amici, Federico Palomba e Antonio Pepe.

Annunzio della costituzione della Giunta delle elezioni.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la Giunta delle elezioni ha proceduto alla propria costituzione.
Sono risultati eletti: presidente, il deputato Donato Bruno (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia); vicepresidenti, i deputati Gianfranco Burchiellaro e Vincenzo Nespoli; segretari, i deputati Silvio Crapolicchio, Nicodemo Nazzareno Oliverio e Roberto Maroni.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Comunico che, resosi vacante un seggio attribuito alla lista n. 3


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(La Rosa nel Pugno) nella circoscrizione II (Piemonte 2), in seguito alle dimissioni dal mandato parlamentare del deputato Marco Cappato, di cui la Camera ha preso atto nella seduta dell'8 maggio 2006, la Giunta delle elezioni, in data odierna, a termini degli articoli 84, comma 1, e 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, ha accertato che (a seguito della volontà comunicata da Roberto Villetti, Marco Beltrandi e Salvatore Buglio di conservare le opzioni già espresse) il candidato che nella stessa lista, nell'ambito della medesima circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Bruno Mellano.
Do atto alla Giunta di questa comunicazione e proclamo quindi deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del regolamento, per la II circoscrizione (Piemonte 2) Bruno Mellano (Applausi del deputato Buemi).
Si intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Integrazione nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal regolamento nell'ambito del medesimo gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare Italia dei Valori ha reso noto che è stato nominato vicepresidente del gruppo il deputato Fabio Evangelisti, al quale è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del regolamento della Camera.

Si riprende la discussione (ore 19,31).

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indico la votazione per appello nominale sulla mozione di fiducia Franceschini ed altri n. 1-00002.
Procedo in via preliminare all'estrazione a sorte del nome del deputato da cui inizierà la chiama.
(Segue il sorteggio).

La chiama inizierà dall'onorevole Mellano.
Avverto che la Presidenza ha ricevuto diverse richieste di anticipazione del voto, variamente motivate in relazione ad esigenze di natura istituzionale od a gravi motivi personali.
Ho chiesto, personalmente, ai presidenti di gruppo di farsi parte diligente al fine di ridurre all'essenziale tali richieste. Devo dire che tale sforzo non ha prodotto i risultati che mi aspettavo. Poiché le richieste appaiono, comunque, equamente distribuite tra quasi tutti i gruppi parlamentari, la Presidenza ha ritenuto di darvi corso (Commenti).
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama - Commenti).

PRESIDENTE. Scusatemi, chiedo la vostra attenzione.
Come avevo già detto, anticipandolo, trovo le vostre proteste del tutto comprensibili e, secondo me, giuste. Confesso, tuttavia, che siamo stati in una condizione di impotenza, essendo questa seduta del tutto particolare, come ognuno di voi capisce.
Consapevoli di questa eccezionalità, ci siamo rivolti ai presidenti di gruppo al fine di chiedere un concorso (Commenti)... Sto arrivando alla conclusione.
Alla luce di questa esperienza, che si concluderà tra breve con la chiama dell'ultimo deputato che ha chiesto di anticipare l'espressione del voto, dopo di che si procederà in via ordinaria, propongo che d'ora in avanti si studi la questione e si adotti un regolamento severissimo, in base al quale soltanto per gravi ragioni di malattia si possa chiedere l'anticipazione del voto (Applausi). Continuando in questo modo, infatti, si crea una condizione di


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malessere davvero insopportabile. Vi chiedo quindi di avere pazienza per questa occasione e vi ringrazio.
Invito i deputati segretari a proseguire nella chiama.
(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Vorrei chiedere, per favore, ai deputati di fermarsi e di scandire il loro «sì» o il loro «no» oppure la loro astensione di fronte ai segretari di Presidenza; non sempre si percepisce bene ciò che viene dichiarato. Grazie.
(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 19,46)

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 20,15)

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione per appello nominale sulla mozione di fiducia Franceschini ed altri n. 1-00002:

Presenti e votanti 612
Maggioranza 307
Hanno risposto 344
Hanno risposto no 268

(La Camera approva - Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza).

Hanno risposto sì:
Acerbo Maurizio
Adamo Nicola
Adenti Francesco
Affronti Paolo
Albonetti Gabriele
Allam Khaled Fouad
Amato Giuliano
Amici Sesa
Antinucci Rapisardo
Astore Giuseppe
Attili Antonio
Aurisicchio Raffaele
Bafile Mariza
Bandoli Fulvia
Baratella Fabio
Barbi Mario
Belisario Felice
Bellanova Teresa
Bellillo Katia
Beltrandi Marco
Benvenuto Romolo
Benzoni Rosalba
Bersani Pier Luigi
Bezzi Giacomo
Bianchi Dorina
Bianco Gerardo
Bimbi Franca
Bindi Rosy
Boato Marco
Bocci Gianpiero
Boco Stefano
Boffa Costantino
Bonelli Angelo
Bonino Emma
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Boselli Enrico
Brandolini Sandro
Brugger Siegfried
Bucchino Gino
Budin Milos
Buemi Enrico
Buffo Gloria
Buglio Salvatore
Burchiellaro Gianfranco
Burgio Alberto
Burtone Giovanni Mario Salvino
Cacciari Paolo
Caldarola Giuseppe
Calgaro Marco
Calò Giorgio
Cancrini Luigi
Cannavò Salvatore
Capezzone Daniele
Capodicasa Angelo
Capotosti Gino
Carbonella Giovanni
Cardinale Salvatore
Carra Enzo
Carta Giorgio
Caruso Francesco Saverio


Pag. 122


Cassola Arnold
Castagnetti Pierluigi
Ceccuzzi Franco
Cento Pier Paolo
Cesario Bruno
Cesini Rosalba
Chianale Mauro
Chiaromonte Franca
Chicchi Giuseppe
Chiti Vannino
Cialente Massimo
Cioffi Sandra
Codurelli Lucia
Cogodi Luigi
Colasio Andrea
Cordoni Elena Emma
Cosentino Lionello
Costantini Carlo
Crapolicchio Silvio
Crema Giovanni
Crisafulli Vladimiro
Crisci Nicola
D'Alema Massimo
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
Dato Cinzia
De Angelis Giacomo
De Biasi Emilia Grazia
De Brasi Raffaello
De Castro Paolo
De Cristofaro Peppe
Deiana Elettra
Delbono Emilio
D'Elia Sergio
Del Mese Paolo
D'Elpidio Dante
De Mita Ciriaco
De Piccoli Cesare
De Simone Titti
De Torre Maria Letizia
De Zulueta Tana
Di Gioia Lello
Di Girolamo Leopoldo
Diliberto Oliviero
Dioguardi Daniela
Di Salvo Titti
Donadi Massimo
Duilio Lino
D'Ulizia Luciano
Duranti Donatella
Evangelisti Fabio
Fabris Mauro
Fadda Paolo
Falomi Antonello
Farina Daniele
Farina Gianni
Farinone Enrico
Fasciani Giuseppina
Fassino Piero
Fedi Marco
Ferrara Francesco detto Ciccio
Ferrari Pierangelo
Ferrero Paolo
Fiano Emanuele
Filippeschi Marco
Fincato Laura
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fistarol Maurizio
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Folena Pietro
Fontana Cinzia Maria
Forgione Francesco
Francescato Grazia
Franceschini Dario
Franci Claudio
Frias Mercedes Lourdes
Frigato Gabriele
Froner Laura
Fumagalli Marco
Fundarò Massimo Saverio Ennio
Galante Severino
Galeazzi Renato
Gambescia Paolo
Garofani Francesco Saverio
Gentili Sergio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Gianni Alfonso
Giordano Francesco
Giovanelli Oriano
Giuditta Pasqualino
Giulietti Giuseppe
Gozi Sandro
Grassi Gero
Grillini Franco
Guadagno Wladimiro detto Vladimir Luxuria
Iacomino Salvatore
Iannuzzi Tino


Pag. 123


Incostante Maria Fortuna
Intrieri Marilina
Khalil D. Alì Raschid
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Latteri Ferdinando
Leddi Maiola Maria
Lenzi Donata
Leoni Carlo
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Licandro Orazio Antonio
Li Causi Vito
Lion Marco
Lomaglio Angelo Maria Rosario
Lombardi Angela
Lomelo Mimmo
Longhi Aleandro
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Lumia Giuseppe
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Maderloni Claudio
Mancini Giacomo
Mantini Pierluigi
Mantovani Ramon
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marcenaro Pietro
Marchi Maino
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marino Mauro Maria
Marone Riccardo
Martella Andrea
Mascia Graziella
Mattarella Sergio
Melandri Giovanna
Merlo Giorgio
Merlo Ricardo Antonio
Merloni Maria Paola
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Migliore Gennaro
Milana Riccardo
Minniti Marco
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Monaco Francesco
Monguzzi Carlo
Morri Fabrizio
Morrone Giuseppe
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mungo Donatella
Mura Silvana
Musi Adriano
Mussi Fabio
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoletano Francesco
Narducci Franco Addolorato Giacinto
Nicchi Marisa
Nicco Roberto Rolando
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Olivieri Sergio
Orlando Andrea
Orlando Leoluca
Ossorio Giuseppe
Ottone Rosella
Pagliarini Gianni
Palomba Federico
Papini Andrea
Parisi Arturo Mario Luigi
Pecoraro Scanio Alfonso
Pedrini Egidio Enrico
Pedulli Giuliano
Pegolo Gian Luigi
Pellegrino Tommaso
Pertoldi Flavio
Perugia Maria Cristina
Pettinari Luciano
Piazza Angelo
Piazza Camillo
Picano Angelo
Pignataro Ferdinando Benito
Pignataro Rocco
Pinotti Roberta
Piro Francesco
Pisacane Michele
Piscitello Rino
Pisicchio Pino
Pollastrini Barbara
Poretti Donatella
Porfidia Americo
Prodi Romano
Provera Marilde
Quartiani Erminio Angelo
Raiti Salvatore


Pag. 124


Rampi Elisabetta
Ranieri Umberto
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Ricci Andrea
Ricci Mario
Rigoni Andrea
Rocchi Augusto
Rossi Nicola
Rossi Gasparrini Federica
Rotondo Antonio
Ruggeri Ruggero
Rugghia Antonio
Rusconi Antonio
Russo Franco
Ruta Roberto
Rutelli Francesco
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sanna Emanuele
Santagata Giulio
Sasso Alba
Satta Antonio
Schietroma Gian Franco
Schirru Amalia
Scotto Arturo
Sentinelli Patrizia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Sgobio Cosimo Giuseppe
Siniscalchi Sabina
Sircana Silvio Emilio
Smeriglio Massimiliano
Soffritti Roberto
Soro Antonello
Spini Valdo
Sposetti Ugo
Squeglia Pietro
Stramaccioni Alberto
Strizzolo Ivano
Suppa Rosa
Tanoni Italo
Tenaglia Lanfranco
Tessitore Fulvio
Testa Federico
Tocci Walter
Tolotti Francesco
Tomaselli Salvatore
Tranfaglia Nicola
Trepiccione Giuseppe
Trupia Lalla
Tuccillo Domenico
Turci Lanfranco
Turco Maurizio
Vacca Elias
Vannucci Massimo
Velo Silvia
Venier Iacopo
Ventura Michele
Verini Antonio
Vichi Ermanno
Vico Ludovico
Villari Riccardo
Villetti Roberto
Viola Rodolfo Giuliano
Violante Luciano
Visco Vincenzo
Volpini Domenico
Widmann Johann Georg
Zaccaria Roberto
Zanella Luana
Zanotti Katia
Zeller Karl
Zipponi Maurizio
Zucchi Angelo Alberto
Zunino Massimo

Hanno risposto no:
Adolfo Vittorio
Adornato Ferdinando
Airaghi Marco
Alemanno Giovanni
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Ciro
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Amoruso Francesco Maria
Angeli Giuseppe
Aprea Valentina
Aracu Sabatino
Armani Pietro
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Azzolini Claudio
Baiamonte Giacomo
Baldelli Simone
Barani Lucio
Bellotti Luca
Benedetti Valentini Domenico
Berlusconi Silvio
Bernardo Maurizio
Berruti Massimo Maria


Pag. 125


Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bodega Lorenzo
Bonaiuti Paolo
Bondi Sandro
Bongiorno Giulia
Boniver Margherita
Bono Nicola
Boscetto Gabriele
Bosi Francesco
Brancher Aldo
Bricolo Federico
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Bruno Donato
Brusco Francesco
Buonfiglio Antonio
Buontempo Teodoro
Caligiuri Battista
Campa Cesare
Caparini Davide
Capitanio Santolini Luisa
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Casini Pier Ferdinando
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Ceccacci Fiorella
Ceroni Remigio
Cesa Lorenzo
Cesaro Luigi
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Ciocchetti Luciano
Cirielli Edmondo
Cirino Pomicino Paolo
Colucci Francesco
Compagnon Angelo
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Contento Manlio
Conti Giulio
Conti Riccardo
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Cota Roberto
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
D'Agrò Luigi
D'Alia Gianpiero
De Corato Riccardo
De Laurentiis Rodolfo
Del Bue Mauro
Delfino Teresio
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
De Luca Francesco
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Centa Manuela
Dionisi Armando
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Drago Giuseppe
Dussin Guido
Fabbri Luigi
Fasolino Gaetano
Fava Giovanni
Fedele Luigi
Ferrigno Salvatore
Filippi Alberto
Filipponio Tatarella Angela
Fini Gianfranco
Fini Giuseppe
Fitto Raffaele
Floresta Ilario
Fontana Gregorio
Forlani Alessandro
Formisano Anna Teresa
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Fratta Pasini Pieralfonso
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Galletti Gian Luca
Galli Daniele
Gamba Pierfrancesco Emilio Romano
Garagnani Fabio
Garavaglia Massimo
Gardini Elisabetta
Garnero Santanchè Daniela
Gasparri Maurizio
Gelmini Mariastella
Germanà Basilio
Germontani Maria Ida


Pag. 126


Giacomoni Sestino
Gibelli Andrea
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Giovanardi Carlo
Giro Francesco Maria
Giudice Gaspare
Goisis Paola
Greco Salvatore
Grimoldi Paolo
Holzmann Giorgio
Iannarilli Antonello
Jannone Giorgio
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Landolfi Mario
La Russa Ignazio
Laurini Giancarlo
Lazzari Luigi
Lenna Vanni
Leo Maurizio
Licastro Scardino Simonetta
Lisi Ugo
Lo Presti Antonino
Lucchese Francesco Paolo
Lupi Maurizio Enzo
Lussana Carolina
Mancuso Gianni
Marcazzan Pietro
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Maroni Roberto
Marras Giovanni
Martinelli Marco
Martinello Leonardo
Martino Antonio
Martusciello Antonio
Mazzaracchio Salvatore
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Erminia
Mele Cosimo
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Mereu Antonio
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Minardo Riccardo
Minasso Eugenio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Filippo
Moffa Silvano
Mondello Gabriella
Montani Enrico
Mormino Nino
Moroni Chiara
Murgia Bruno
Nan Enrico
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nardi Massimo
Nespoli Vincenzo
Nucara Francesco
Oppi Giorgio
Palmieri Antonio
Paniz Maurizio
Paoletti Tangheroni Patrizia
Paroli Adriano
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pedrizzi Riccardo
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario
Peretti Ettore
Perina Flavia
Pescante Mario
Pezzella Antonio
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pizzolante Sergio
Ponzo Egidio Luigi
Porcu Carmelo
Pottino Marco
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reina Giuseppe Maria
Ricevuto Giovanni
Rivolta Dario
Romagnoli Massimo
Romani Paolo
Romano Francesco Saverio
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Ronconi Maurizio
Rositani Guglielmo
Rossi Luciano
Rosso Roberto
Russo Paolo
Ruvolo Giuseppe


Pag. 127


Saglia Stefano
Salerno Roberto
Santelli Jole
Sanza Angelo Maria
Scajola Claudio
Scalia Giuseppe
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Tabacci Bruno
Taglialatela Marcello
Tassone Mario
Testoni Piero
Tondo Renzo
Tortoli Roberto
Tremaglia Mirko
Tremonti Giulio
Tucci Michele
Uggè Paolo
Ulivi Roberto
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Verdini Denis
Verro Antonio Giuseppe Maria
Vietti Michele Giuseppe
Vitali Luigi
Vito Alfredo
Vito Elio
Volontè Luca
Zacchera Marco
Zanetta Valter
Zinzi Domenico
Zorzato Marino

Modifica nella costituzione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Misto, con lettera pervenuta in data odierna, ha reso noto che il deputato Vincenzo Oliva sostituisce il deputato Giuseppe Maria Reina quale rappresentante della componente politica MpA-Movimento per l'Autonomia. Il deputato Oliva, pertanto, assume la qualità di vicepresidente del gruppo Misto in rappresentanza della predetta componente.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 30 maggio 2006, alle 10:

1. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 135, recante disposizioni urgenti per la funzionalità dell'Amministrazione della pubblica sicurezza (13).
- Relatore: Amici.

2. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 136, recante proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali (14).
- Relatore: Cordoni.

(ore 12)

3. - Votazione per l'elezione di sei Segretari di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 5 e 9, del Regolamento.

(ore 15)

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 135, recante disposizioni urgenti per la funzionalità dell'Amministrazione della pubblica sicurezza (13).
- Relatore: Amici.

5. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 136, recante proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali (14).
- Relatore: Cordoni.

La seduta termina alle 20,30.


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CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI ETTORE PERETTI, LAURA FRONER E FEDERICA ROSSI GASPARRINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DEL GOVERNO

ETTORE PERETTI. Personalmente immagino un meccanismo di incentivi e di sanzioni, che discrimini i comportamenti, premiando i virtuosi e penalizzando gli sprechi, senza guardare in faccia a nessuno. Ciò si potrà fare però solo se si sarà capaci di far decollare definitivamente, a tutti i livelli, un vero e proprio controllo di gestione.
Signor Presidente, il fisco è stato, tra mille polemiche, il tema dominante della campagna elettorale e le sue dichiarazioni programmatiche, in continuità con la campagna elettorale stessa, contengono una frase che presenta una certa ambiguità e che forse è il caso di chiarire. Lei dice - cito testualmente: «... si dovrà stabilire un serio equilibrio tra potere di spesa e responsabilità della copertura, modificare la composizione della spesa e dell'entrata ...». Non vorremmo che questa frase, così diversamente interpretabile, non nascondesse semplicemente la volontà di aumentare i livelli di qualche imposta. Dopo il pasticcio in campagna elettorale sulle rendite finanziarie e sulla tassa di successione, credo che una parola più chiara, anche in questa sede, sarebbe il caso di spenderla.
E le richiesta di chiarimenti potrebbero continuare a lungo. Per esempio sulla revisione dello scalino della previdenza, sulla riforma della legge Biagi, sulla riforma della scuola, sulla legge sull'immigrazione o sul modello di famiglia che intendete promuovere e difendere.
Come vede, signor Presidente, le perplessità sono numerose, e queste perplessità prima ancora che da noi sono state colte dall'elettorato, una buona metà del quale le ha completamente fatte proprie al momento del voto. In particolare al Nord, dove il mondo della produzione sente forte il pregiudizio della classe dirigente della sinistra nei confronti dell'attività di impresa; il vostro è un pregiudizio culturale prima ancora che politico, e la loro sfiducia nelle vostre ricette per il rilancio dell'economia e del sistema-paese.
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il Governo si appresta ad iniziare la sua attività sorretto da una esigua maggioranza parlamentare, divisa al proprio interno, con alcuni partiti minori che sentiranno presto la necessità di marcare la propria presenza e la propria identità.
In situazioni come questa, l'opposizione potrebbe limitarsi ad assistere immobile ed attendere le sconfitte parlamentari, a cui inevitabilmente andrete incontro.
La nostra opposizione sarà ferma, ma non sarà silente. Non mancherà la nostra critica, ma faremo sentire anche le nostre proposte, in un confronto duro ma leale, che alla fine risulterà utile per il paese.
Tutto ciò, però, non ci impedisce ora di formularle sinceri auguri di buon lavoro.

LAURA FRONER. Dal canto nostro abbiamo ripresentato una proposta di legge di riforma della legge n. 97 del 1994, la cosiddetta «Legge sulla Montagna», anche allo scopo di rivedere, tra l'altro, la problematica del riordino fiscale nei territori di minore capacità fiscale per abitante o con specificità territoriali che incidono sulla marginalità, di ridurre il gap infrastrutturale, di colmare il digital-divide che ancora colpisce le aree montane e di applicare il Trattato costituzionale europeo nella parte dedicata alle aree montane.
Con la sua autorevole guida intendiamo ripartire dalla concretezza, quella enunciata negli articoli 44 e 119 della nostra Costituzione, rimaneggiata con troppa superficialità in questi ultimi anni.
La nostra scommessa è quella di realizzare un progetto di governance del territorio montano, capace di far decollare imprenditoria e sviluppo coniugando risorse e ambiente, tradizioni e cultura, turismo e sostenibilità.
L'azione di governo dovrà tener in debito conto le speranze e le istanze che ci provengono dai tanti protagonisti della montagna italiana, perché loro guardano a


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noi con fiducia. Se loro hanno riposto in noi questa fiducia è stato anche grazie all'impegno di quei parlamentari che hanno mantenuta viva l'idea di una montagna come luogo della soggettività politica, che hanno gettato le basi che consentono a noi - oggi - di ripartire anche da questo territorio per far ripartire l'Italia.
Le chiedo, signor Presidente, che nella sua replica colga anche questo aspetto e rassicuri tutti noi, affinché gli impegni assunti in campagna elettorale possano trovare un sicuro ancoraggio nel Governo; da parte nostra le garantiamo fin d'ora che, come legislatori, interverremo per aggiornare, ammodernare e riformulare la legge sulla montagna, ormai datata, anche alla luce dei cambiamenti intervenuti nel frattempo ed in vista delle nuove necessità che dal 1994 ad oggi sono emerse.
Buon lavoro Presidente.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. In riferimento al grande tema dello sviluppo economico, la nostra fiducia poggia anche sul convincimento che le azioni positive che hanno caratterizzato l'esperienza 1996-2001 saranno riprese: ci riferiamo in particolare ai tavoli della «concertazione» e alle azioni che ne sono derivate per lo sviluppo economico.
I contratti d'area, i patti territoriali, i contratti di programma avevano creato un clima positivo, di fiducia nello sviluppo. Queste azioni furono successivamente poco o nulla incentivate e la loro operatività messa a dura prova dal Governo di centrodestra.
Nel dare la fiducia, come Italia dei Valori, diamo mandato al Governo affinché sia ripreso con determinazione il percorso del confronto positivo con le parti sociali, così come ampiamente dichiarato nel programma politico de L'Unione.
Chiudo con una osservazione: il Governo Berlusconi, nell'ultima finanziaria ha compiuto un grave atto contro le donne ed il loro diritto alla pari opportunità.
Sono state infatti apportate variazioni nel capitolo di spesa su cui gravano gli oneri connessi all'attuazione dei progetti di azione positiva (legge n. 125), la politica di pari opportunità, variazioni tali da non consentire i dovuti adempimenti economici.
Siamo certe che il ministro del tesoro attuerà le azioni necessarie e le integrazioni in tempi brevi, al fine di riconoscere i diritti dovuti alle associazioni ed enti che operano in modo solidale per la crescita delle donne.
Quindi una fiducia piena ed un augurio di buon lavoro a tutto il Governo.

DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO MIRKO TREMAGLIA SULLA MOZIONE DI FIDUCIA FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00002

MIRKO TREMAGLIA. Vi sono nella mia vita date incancellabili per gli italiani all'estero. «L'altra Italia» si è presentata davanti a me con una forza morale ed espressioni culturali, politiche ed anche economiche eccezionali.
Una straordinaria politica di italianità.
L'inizio di questa storia sull'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero nasce il 22 ottobre 1955 con una proposta di legge, a firma del senatore Lando Ferretti dell'MSI, e finisce il 20 dicembre 2001, quando viene approvata la legge Tremaglia, in attuazione delle leggi costituzionali 17 gennaio 2000, n. 1, e 23 gennaio 2001, n. 1, con le modifiche agli articoli 48, 56, 57 della Costituzione, con l'istituzione della Circoscrizione estero e la costituzione di 12 seggi per la Camera dei deputati e 6 per il Senato.
Secondo le anagrafi si tratta di un numero di 3.471.137 cittadini italiani residenti all'estero. È nata, sempre sul piano costituzionale, la Circoscrizione estero.
Per la prima volta nella storia gli italiani all'estero votano per le elezioni politiche e vengono votati 6 senatori e 12 deputati.
È un evento di eccezionale valore storico, che si completa proprio in questi giorni con la partecipazione degli italiani all'estero alla formazione del Parlamento italiano.


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Per questo prendo la parola.
Ribadisco con forza e nella verità che sono orgoglioso di aver fortemente voluto e ottenuto questo risultato a favore di milioni d'italiani che vivono oltre confine.
Rivendico con forza questa mia eccezionale vittoria.
Ricordo che ho perso molte volte, ma che ho ricominciato e vinto il 20 dicembre 2001.
In quel momento si è completata la Democrazia in Italia perché con quella mia legge è stato concesso l'esercizio del voto a tutti i cittadini italiani.
Io sono stato il distributore della Democrazia in Italia.
Ricordo quello che scrisse un giornalista, Renato Farina, al momento del giuramento come Ministro per gli italiani nel mondo: «Eppure rimane la speranza che il più nuovo di tutti sia il vecchio Mirko Tremaglia che, vabbè, giurò un tempo per Salò, ma c'era di mezzo l'Ideale, e dopo tanto tempo ha qualcosa di fragrante, profumato dentro di sé, e con un gesto antico indica con l'indice il cielo dove lo vede il figlio Marzio morto da pochi mesi.
Questa mossa di padre antico che piange il figlio ma tira dritto perché nella vita c'è un compito da adempiere, resta il sigillo di umanità che vale come una benedizione.
Anche solo per questo il rito quirinalizio ha avuto qualcosa di davvero sacro».
Attraverso i convegni degli esuli di Fiume, Istria e Dalmazia, degli imprenditori, degli artisti, dei ristoratori, delle donne, dei missionari italiani nel mondo ho dimostrato che esiste al di fuori dei nostri confini un'Italia eccezionale, che ci fa comprendere come gli emigranti siano oggi una grande risorsa di ricchezza anche sotto gli aspetti culturali, politici ed economici e non più quelli della valigia di cartone.
Ho persino costituito la Confederazione degli imprenditori italiani nel mondo, con una banca dati di circa 15.000 nostri imprenditori.
Il gruppo direttivo di questa associazione è costituito da 32 persone, che fatturano complessivamente 8 miliardi di curo, pari ad un impero economico.
La mia battaglia di civiltà ha scoperto il Sistema Italia che esiste nel mondo, dimenticato e persino discriminato fino al giorno della nostra vittoria: circa 4 milioni di cittadini italiani all'estero, 60 milioni di cittadini di origine italiana, 126 Comites, il Consiglio degli italiani all'estero, 72 camere di commercio, 390 testate giornalistiche, 44 ospedali italiani nel mondo, più di 60 mila ristoratori italiani, circa 100 Istituti italiani di cultura, 104 delegazioni dell'ICE, circa 500 Comitati della Dante Alighieri.
Questi meravigliosi nostri italiani, che hanno subito dolori e sacrifici ovunque, sono stati così stimati, amati e valorizzati da essere capaci di entrare nelle pubbliche amministrazioni e nei vari parlamenti: 395 sono infatti i parlamentari di origine italiana.
I deputati e i senatori italiani all'estero, che sono divenuti oggi parte attiva della politica italiana, potranno svolgere un'azione di politica, di amicizia e di intesa in via preferenziale con questi 395 parlamentari.
Vi era un indotto dieci anni fa di 190 miliardi di lire a favore dell'Italia.
Altro che attaccarli perché non pagano le tasse!
Mi sia consentito un ricordo particolare.
Come primo atto ufficiale del ministero da me guidato è stata la visita a Marcinelle, dove morirono, l'8 agosto 1956, 136 italiani in quella maledetta miniera.
Io, e non altri, ho chiesto che quel giorno, l'8 di agosto, divenisse la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo.
Il Governo Berlusconi ha accolto la mia proposta.
Quel momento di raccoglimento vale per tutto il mondo, anche per quei disperati che sbarcano sulle nostre coste. L'accoglienza è un momento di umanità e di civiltà.


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Ringrazio, a questo proposito, l'on. Fini che ha voluto ed ottenuto la regolarizzazione di oltre settecentomila immigrati nel nostro Paese.
Non dimentico di aver chiesto ed ottenuto che la pensione minima all'estero fosse equiparata alla stessa che viene data agli italiani in Italia, quel famoso milione al mese, e questo è avvenuto nell'anno 2003.
È indispensabile ora muoversi a favore degli indigenti con un assegno sociale adeguato.
Ho concluso un accordo con la Signora Cuomo per l'insegnamento della lingua italiana in cinquecento scuole negli Stati Uniti.
Gli italiani all'estero devono avere gli stessi diritti degli italiani in Italia.
Questo è un momento di eccezionale importanza.
Ho chiesto la costituzione del gruppo parlamentare degli italiani all'estero, la formazione di una commissione bicamerale per trattare i problemi e le iniziative di natura economica, culturale e politica da promuovere all'estero, il lavoro parlamentare a sessioni per dare così la possibilità a senatori e deputati di rimanere a Roma 15 giorni e ritornare nel proprio collegio gli altri 15 giorni.
Le elezioni sono un fatto di straordinaria importanza certamente.
Per quanto mi riguarda, sono stati commessi errori perché sono state presentate più di cinque liste del centro-destra concorrenti tra loro e vi sono state irregolarità veramente spaventose. Ammessi al voto 2.707.988: di questi, 228.598 non hanno ricevuto il plico elettorale, pure essendo regolarmente iscritti.
48.277 schede arrivate ai consolati sono state annullate perché giunte oltre i termini previsti, ma comunque prima della chiusura delle votazioni.
Vi sono stati reati apertamente confessati come quello dichiarato in una lettera ufficiale del console generale di San Francisco, che ha confessato ufficialmente che 1190 schede non sono mai partite dal suo consolato.
Concludo questo mio intervento distinguendo in termini assoluti che non si può confondere la vittoria storica ottenuta, cambiando persino la Carta costituzionale due volte, con la recente sconfitta nelle votazioni.
Non sarà più così. Per quanto mi riguarda, respingo con sdegno qualsiasi tentativo di linciaggio nei miei confronti: Tremaglia ha perso le elezioni all'estero, altri hanno perso le elezioni in Italia con gravi conseguenze per la Casa delle libertà.
Qualche citazione: la lettera del Capo dello Stato a me indirizzata dopo le elezioni, ove tra l'altro si dice: «Si tratta di una svolta storica frutto di un'iniziativa della quale Ella è stato un tenace propugnatore fin dall'inizio della sua lunga carriera parlamentare... Ho più volte affermato che i nostri connazionali all'estero condividono con gli italiani in Patria la consapevolezza di appartenere ad un'unica grande Nazione. Sono una cosa sola con l'Italia».
Ringrazio l'onorevole Merlo in Argentina. Uscendo dal Quirinale, il suo pensiero, come ha riferito un'agenzia, è andato a Mirko Tremaglia.
«Tremaglia - ha detto - che oggi è ingiustamente messo sotto accusa da una parte della Casa delle Libertà, ha avuto la grande intuizione della portata storica del voto degli italiani all'estero. Il risultato di una elezione è circostanziale. Invece la portata del voto degli italiani all'estero, per cui si è battuto Tremaglia, dimostra che Tremaglia è uno statista e di ciò bisogna rendergli omaggio».
Franco Cardini, illustre scrittore, professore universitario e uomo di alta cultura, fa un grande elogio e dice: «Esigo che sia reso onore a Mirko Tremaglia per aver portato gli italiani all'estero al voto e per aver determinato l'ingresso di una pattuglia di loro nelle due Camere. Era il sogno della sua vita, che ha perseguito con tenacia e lucidità, quasi con accanimento. Onore a Tremaglia - dice Cardini - perché senza dubbio le critiche sull'esito del voto l'hanno ferito ed offeso, ma egli non si è lasciato né condizionare, né abbattere. Occorre certamente una verifica


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seria dei voti, ma dall'altro la cosa importante è quella di averli portati a votare e a mandare i loro rappresentanti nel nostro parlamento. Questo è il risultato che conta, ed è un risultato che per sempre porterà il nome di Mirko Tremaglia. Ecco perché ho piacere di poter scrivere un lucente e rotondo elogio di un vecchio signore, schietto ed onesto. Onore a te Mirko. È un privilegio potersi dire tuo amico».
Una nota finale sulle elezioni all'estero: gli italiani all'estero hanno votato per il Senato più antisinistra che sinistra e così per la Camera.
Esattamente l'Unione in totale ha preso al Senato 426.544 voti, pari al 48,316 per cento.
L'antisinistra ha ottenuto 453.872 voti pari al 51,448 per cento.
Alla Camera i voti dell'Unione sono stati 459.454 pari al 47,102 per cento e quelli dell'antisinistra 515.969 pari al 52,892 per cento.
Il che vuoi dire che la prossima volta con una lista sola prendiamo oltre ai voti anche i seggi.
Nel salutare tutti i miei connazionali, rivolgo a loro il mio pensiero di riconoscenza e di commozione, chiedendo scusa dove ho sbagliato. Rimango sempre vicino a loro e ai loro problemi. Vince sempre chi crede. Per questo è sicura la vittoria per la prossima volta.
Ho con me il mio Angelo custode.
Debbo con forza ringraziare Fini, in particolare, per l'appoggio totale che ho ricevuto da lui. Ho avuto sempre davanti a me «L'altra Italia», il prestigio, il sacrificio, l'amore alla Patria, la voglia di Patria, il contributo di progresso e di civiltà portato ovunque, la forza, la profondità della nostra tradizione e della nostra cultura, la bellezza e la magnificenza della nostra arte, la diffusione e la difesa della nostra lingua, la presenza e la capacità del nostro lavoro, le meravigliose imprese compiute dai nostri operai, dai nostri tecnici, dagli operatori economici, la vitalità dei nostri commerci e insieme il senso cristiano dell'insegnamento missionario, il nostro umanesimo, sono sempre davanti a me, come lo sono le Bandiere, le insegne, i sentimenti e i valori, come patrimonio eccezionale dello spirito e della vita espressi dai nostri connazionali in ogni Continente.
Questa è l'Italia come io l'ho incontrata in questi decenni e che all'estero ancora si emoziona quando vede il Tricolore perché è l'Italia che conosce la Storia, perché questa Storia l'ha vissuta in un secolo nella sua gloria, nelle sofferenze, nelle umiliazioni e nel riscatto; è quella che esalta il passato, che le ha dato ovunque dignità e prestigio.
Questa è l'Italia che ha donato al mondo intelligenza, capacità di lavoro, progresso e civiltà. È una forza con dimensioni morali tali da essere nel tempo sicuramente vittoriosa.
Me ne sono per sempre innamorato.
All'estero questa volta abbiamo perso, anche abbiamo perso soprattutto in Italia. La prossima volta andrà bene.
Prodi è caduto in basso: ha tolto persino il Ministro per gli italiani nel mondo e si è dimenticato pesantemente di voi. Io voto contro Prodi.
Un abbraccio con il cuore a tutti gli italiani nel mondo.