COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 25 luglio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

La seduta comincia alle 14.25.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del viceministro dell'interno, Marco Minniti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla sicurezza nella circolazione stradale, l'audizione del viceministro dell'interno, onorevole Marco Minniti.
Signor viceministro, l'abbiamo convocata per questa ragione, ma ovviamente non le sfuggirà che nelle ultime settimane, sia in questa sede, sia in aula, abbiamo licenziato un disegno di legge che ora è all'esame della Commissione del Senato. Noi non conosciamo i destini di questo provvedimento; probabilmente, non ci sarà il tempo per la sua approvazione in Commissione e in aula.
Vorrei sottolineare il fatto che sui temi della sicurezza, in questa sede, ma anche in aula, abbiamo trovato un denominatore comune tra maggioranza e opposizione. Credo che abbiamo fatto un lavoro positivo per consentire anche alle Forze dell'ordine di avere, già nel corso dell'estate, uno strumento per fronteggiare quella che è diventata una vera e propria emergenza.
Noi speriamo che quel disegno di legge possa essere approvato dall'altro ramo del Parlamento, anche perché non sappiamo quali saranno gli orientamenti del Governo, se ciò non dovesse avvenire. Si parla della possibilità di adottare un decreto relativo ad alcune misure più urgenti, affinché possano essere già operative nel mese di agosto. Il Governo, comunque, assumerà autonomamente le sue decisioni.
Interpretando il pensiero dei colleghi, sottolineo la rilevanza di questa audizione e le chiedo, tra l'altro, a legislazione invariata, quali sono le misure di intervento e gli orientamenti dell'importantissimo dicastero che voi dirigete, in ordine al tema dei controlli.
Dal lavoro svolto nella nostra indagine conoscitiva, nonché dal dibattito sul provvedimento, sappiamo che i livelli di controllo nel nostro Paese, anche per cause strutturali, sono molto più bassi che in altri Paesi d'Europa. Da questo punto di vista, abbiamo tentato di dare un contributo con un ordine del giorno, sottoscritto da tutti i componenti di questa Commissione, che impegna il Governo a reperire da subito, a legislazione invariata, le risorse esistenti sul bilancio 2007 per consentire che i controlli possano aumentare da subito.
Il carattere e la natura dell'audizione verte anche su altri argomenti, di cui ci parlerà. I colleghi hanno tempo sufficiente per intervenire e formulare domande.
Nel ringraziare per l'attenzione e la sensibilità mostrate, do la parola al viceministro dell'interno, onorevole Marco Minniti.


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MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Grazie, signor presidente. Come lei vedrà e come vedranno i colleghi, nell'ambito di una riflessione più ampia e articolata, così come richiesto dalla portata dell'indagine conoscitiva che questa Commissione ha inteso avviare, ritornerò sulle questioni di più stretta attualità, riproponendo anche il punto di vista che la mia amministrazione ha su alcune questioni che hanno un impatto particolarmente significativo e forte sul tema che stiamo affrontando.
Volevo anche rassicurarla, signor presidente, che il Governo, così come è stato da lei auspicato, presta la massima attenzione al fenomeno sempre più doloroso e inaccettabile degli incidenti stradali e intende recuperare i ritardi che - come dimostreranno i dati che leggerò tra qualche minuto - il nostro Paese ha accumulato negli ultimi anni, ritardi resi ancora più evidenti dal confronto con altri Paesi europei.
Per meglio comprendere questo drammatico tema che si trascina dietro un carico di eventi tragici per le persone e di ingiustificati costi per la società, è necessario partire dall'analisi della situazione reale della circolazione stradale in Italia.
L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di veicoli rispetto agli abitanti; è secondo solo al Lussemburgo che, peraltro, con i suoi 450 mila abitanti, è da considerarsi una realtà molto a sé e invero assai poco significativa, dal punto di vista del rapporto con i numeri.
I dati più recenti disponibili su scala europea mostrano che l'Italia contava 726 veicoli ogni 1.000 abitanti nel 2002, con una popolazione di 58 milioni di abitanti; l'Austria 662, la Grecia 633, la Germania 620, la Spagna 612, la Francia 595. Non ho letto i decimali, perché sono poco importanti. Dai dati forniti dal Ministero dei trasporti, questo valore è in costante aumento dal 2004. L'Italia, con 43.950.905 veicoli rispetto alla popolazione residente di poco più di 58 milioni di abitanti, presenta una densità di 751,78 veicoli ogni 1.000 abitanti. Solo con le autovetture si arriva ad una densità di 581 ogni 1.000 abitanti.
A fronte di una costante crescita del parco veicolare, la rete stradale è rimasta sostanzialmente invariata. Le immatricolazioni dei veicoli nell'ultimo decennio hanno registrato un aumento del 22 per cento, mentre la rete stradale è aumentata solo del 4 per cento. Da qui discende una significativa densità di veicoli e inevitabilmente un traffico costantemente molto intenso sull'intera rete stradale e autostradale.
Nonostante le riforme strutturali del settore dell'autotrasporto, che hanno razionalizzato e migliorato l'efficienza dei vettori stradali, in Italia il trasporto su gomma costituisce la modalità prevalente di trasporto delle merci. Infatti, non si sono ancora concretizzati i numerosi progetti di trasferimento verso altre modalità di trasporto. Ciò determina una crescente presenza dei veicoli pesanti sulle strade, che inevitabilmente incide anche sugli incidenti stradali.
Il numero delle vittime causate dagli incidenti stradali, nonostante gli incoraggianti risultati ottenuti con l'introduzione nel nostro Paese della patente a punti e con le mini riforme del 2002, 2003 e 2004, si mantiene su livelli assai elevati, soprattutto se rapportato al trend degli altri Paesi europei nei quali, già da qualche anno, si assiste ad una netta inversione di tendenza con meno morti e meno feriti.
Secondo i dati raccolti dall'Istat, nell'anno 2005 sono stati rilevati 225.078 incidenti stradali che hanno causato il decesso di 5.426 persone, mentre altre 313.727 hanno subito lesioni di diversa gravità. Rispetto al 2004 si riscontra una riduzione del numero degli incidenti (-1,8 per cento), del numero dei morti (-4,7 per cento) e del numero dei feriti (-2,7 per cento).
Nel 2006, secondo i dati raccolti da Polizia stradale e Carabinieri, il numero degli incidenti rilevati è stato di 143.136 con 3.447 persone decedute e 102.490 feriti. Rispetto agli incidenti rilevati dalle predette Forze di polizia nel 2005, si è


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registrata una diminuzione di circa lo 0,8 per cento nel numero delle persone decedute e del 3,3 per cento del numero degli incidenti stradali. Il raffronto tra gli incidenti rilevati dalle Forze di polizia è omogeneo se paragonato alla stessa rilevazione delle Forze di polizia, non al dato Istat, altrimenti avremmo fatto confusione, rapportando dati non omogenei.
Nei primi sei mesi del 2007, sempre secondo i dati elaborati dalla Polizia stradale e dai Carabinieri, sono stati rilevati 66.205 incidenti, con 1.400 persone decedute e 47.902 feriti. Rispetto allo stesso periodo dell'anno 2006 si è registrata una riduzione del numero dei morti del 4,7 per cento e del 4,6 per cento per quanto riguarda il numero complessivo degli incidenti stradali.
Gli incidenti stradali - i numeri parlano da soli - costituiscono un costo rilevante sia per le famiglie, sia per le imprese e rappresentano un freno alla crescita economica del Paese. La stima dei costi sociali degli incidenti stradali è pari a circa 15 miliardi di euro.
Sulla base dei dati raccolti dall'Istat, l'analisi dell'incidentalità nel lungo termine evidenzia, anche se con qualche oscillazione, un andamento crescente del numero degli incidenti e dei feriti nel periodo 1991-2002.
A partire dall'anno 2003, è iniziato un trend discendente attribuibile anche in parte all'entrata in vigore del decreto legge n. 151/2003 che ha introdotto la patente a punti e nuove regole in tema di codice della strada. Infatti, nell'intervallo di tempo tra il mese di luglio 2003 e il giugno 2004, l'Italia ha registrato una delle più significative riduzioni del numero di morti per incidenti stradali riscontrate in Europa nell'ultimo cinquantennio. Il risultato è certamente legato alla riforma del codice del 2003, ma non riferibile al lungo periodo, stante la riduzione della tendenza nel secondo semestre dell'anno 2004.
Secondo i dati più recenti, tuttavia, dopo il salto qualitativo derivato dall'introduzione della patente a punti, l'effetto deterrente del nuovo istituto si è stabilizzato nel tempo.
La difficoltà nel ridurre ulteriormente il numero degli incidenti appare anche dall'analisi dei dati relativi all'andamento degli incidenti stradali in Italia, che negli ultimi anni, nonostante una consistente riduzione per effetto della patente a punti, appare sostanzialmente stabile.
Anche in Italia, come in altri Paesi europei, si assiste ad una riduzione del numero dei morti, mentre, diversamente dagli altri Paesi europei, non si registra un'analoga riduzione del numero degli incidenti. Insomma, la riduzione della mortalità è riconducibile in gran parte al notevole miglioramento anche delle condizioni di sicurezza passiva dei veicoli che, grazie al progresso tecnologico, sono sempre più sicuri in caso di urto.
In termini assoluti, il decremento della mortalità degli incidenti stradali vede l'Italia in forte ritardo rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea, con la diminuzione percentuale non superiore al 7,5 per cento registrata nell'immediatezza dell'inasprimento del sistema sanzionatorio con l'applicazione della patente a punti, laddove in altri sei Paesi europei tale decremento ha raggiunto il livello del 10 per cento annuo. In Olanda il picco è arrivato al -21 per cento.
Nel 1997, l'Unione europea si è posta l'obiettivo di ridurre del 50 per cento il numero dei morti entro il 2010. In Italia, per raggiungere tale obiettivo, i morti in incidenti stradali dovrebbero scendere, entro il 2013, dai 6.226 del 1997 a 3.113. L'obiettivo è ambizioso.
In molti Paesi europei il suo raggiungimento è vicino. In Italia, invece, per il ritardo nella riduzione dei sinistri di cui ho già detto, il traguardo appare ancora lontano.
Per raggiungere l'obiettivo della riduzione del 50 per cento dei morti a partire dal 1997, si sarebbe dovuta registrare una riduzione delle vittime del 4,8 per cento ogni anno. In realtà, nel periodo dal 1997 al 2005 - quello che abbiamo finora potuto valutare completamente - la riduzione è stata purtroppo di molto inferiore.
Per raggiungere l'obiettivo europeo dal 2005, perciò, si dovrebbe realizzare una


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riduzione costante dei morti di almeno l'8,8 per cento l'anno. Invece, il numero dei morti per anno, purtroppo, è diminuito soltanto del 6 per cento circa, nonostante i miglioramenti dovuti alle linee guida generali per l'attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale e agli interventi normativi già realizzati.
L'introduzione nel nostro Paese della patente a punti e, più in generale, l'effetto delle riforme del 2003 mostrano che, anche attraverso interventi di emergenza, nel breve periodo si possono ottenere risultati particolarmente positivi. Basti pensare che tra il luglio 2003 e il giugno 2004 l'Italia ha ottenuto una delle più significative riduzioni per quanto riguarda il numero dei morti a livello europeo.
La patente a punti, con il rischio per il contravventore di doversi sottoporre all'esame di revisione, si è rivelata un deterrente efficacissimo e dimostra la bontà degli interventi di forte dissuasione. L'analisi degli incidenti stradali rilevati da Polizia stradale e Arma dei carabinieri nei primi sedici mesi di applicazione della patente a punti, dal 1o luglio 2003 al 31 ottobre 2004, ha evidenziato un calo complessivo degli incidenti dell'11,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La diminuzione percentuale maggiore ha riguardato i sinistri mortali, diminuiti del 14,7 per cento, con una riduzione delle vittime del 14,5 per cento.
I dati relativi all'anno 2006 e ai primi sei mesi del 2007 mostrano una sostanziale tenuta del decremento, anche se di valore percentuale purtroppo un pochino più ridotto. Nonostante il dato ufficiale relativo agli incidenti stradali non contenga indicazioni così allarmanti, si stima che almeno il 30 per cento degli incidenti gravi sia alcolcorrelato. In Italia, oltre ad un milione di soggetti affetti da alcolismo, vi sono almeno tre milioni di bevitori eccessivi, la cui età media va rapidamente diminuendo.
Non meno preoccupanti sono i dati relativi all'uso di sostanze stupefacenti, secondo i quali soprattutto i più giovani stanno acquisendo l'abitudine ad unificare in un solo contesto l'assunzione di droghe (soprattutto cocaina) e alcol.
I dati forniti dall'attività di controllo consentono di quantificare, sia pure indirettamente, l'incidenza dello stato di alterazione del conducente rispetto al fenomeno infortunistico. Nelle notti dei fine settimana le positività dei controlli sono circa il 18 per cento, con punte del 25 per cento nelle fasce d'età degli ultratrentenni, nell'orario che va dalle 2 alle 6 del mattino.
Analizzando più da vicino i dati, la fascia di età giovanile più a rischio, nella quale è più alta la percentuale di conducenti positivi all'alcoltest rispetto al numero dei conducenti controllati, è quella che va dai ventitré ai ventisette anni. Il momento in cui si sono registrati più conducenti che guidano in stato di ebbrezza è stato nella fascia oraria che va dalle 4 alle 6 del mattino.
Questi dati collimano con quelli relativi agli incidenti stradali. Infatti, secondo l'Istat - mi riferisco sempre a dati del 2005 - il venerdì è il giorno in cui si concentra il maggior numero di incidenti: 34.918, pari al 15 per cento del totale. La frequenza più elevata di morti si verifica la domenica: 1.014 decessi, pari al 18,7 per cento. Mentre il sabato è il giorno in cui si registra il valore massimo dei feriti: 48.871, pari al 15,6 per cento.
Gli indici di mortalità raggiungono il valore massimo intorno alle 5 del mattino: 6 morti ogni 100 incidenti. Gli incidenti del venerdì e sabato notte sono pari al 44,3 per cento del totale degli incidenti notturni. Analogamente, i morti e i feriti del venerdì e sabato notte rappresentano, rispettivamente, il 45 per cento e il 47,1 per cento.
Inoltre, i dati della Polizia stradale e dell'Arma dei carabinieri evidenziano, nei fine settimana dei primi sei mesi dell'anno 2007, una diminuzione della mortalità per incidenti stradali rispetto al 2003 per i giovani sotto i trent'anni. Si registra, in assoluta controtendenza, un aumento dei morti del 16 per cento: 52 deceduti in più nel 2007 rispetto al 2003.


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Il dato più evidente è rappresentato dalla cospicua riduzione del 2007, pari a circa il 24 per cento, del numero degli incidenti rispetto al primo semestre 2003, quando ancora non era in vigore il sistema della patente a punti. Contestualmente, accanto alla diminuzione degli incidenti con esito mortale, si rileva una consistente flessione - più del 20 per cento - anche del totale dei decessi rispetto al 2003.
Il generale trend di miglioramento appare, comunque, diffuso e costante nell'arco dell'intero quinquennio.
Dico subito che nel biennio 2005-2006 l'attività di contrasto svolta dalle Forze di polizia a competenza nazionale - vale a dire Polizia di Stato e Arma dei carabinieri -, nonostante il sostanziale blocco delle nuove assunzioni e la cessazione del supporto delle aliquote di personale proveniente dalla leva militare, ha registrato un incremento del 3 per cento circa.
Passo ad esaminare, a questo punto, la parte relativa all'azione di prevenzione e di contrasto. Le pattuglie impiegate per la vigilanza stradale sono passate, infatti, da circa 4.168.000 del 2005 a circa 4.300.000 del 2006. Inoltre, nei primi sei mesi del 2007 abbiamo registrato un incremento del 9,4 per cento delle attività, con l'impiego di circa 2.317.000 pattuglie rispetto ai 2.117.890 dello stesso periodo del 2006.
Notevole è stato, poi, il ricorso alle moderne tecnologie, soprattutto nel settore della viabilità autostradale. Mi riferisco, in particolare, al sistema di controllo dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, mediante sistemi di ripresa video lungo le carreggiate autostradali e nelle aree di servizio, anche con lettura automatica delle targhe dei veicoli in transito e l'analisi in automatico delle scene che generano allarme; all'attivazione di una nuova rete di fibre ottiche a banda larga per la trasmissione delle immagini ai centri operativi autostradali e ad un mezzo della Polizia di Stato appositamente attrezzato come sala radiomobile per interventi di emergenza; alla sperimentazione del cosiddetto sistema MINOSSE (Monitoraggio infrazioni osservazioni sorpasso sagoma emergenza), complesso sistema di apparati automatici che verificano comportamenti di guida potenzialmente molto pericolosi, quali i sorpassi tra veicoli commerciali nei tratti vietati, o l'uso indebito della corsia di emergenza; all'attivazione, infine, del sistema Tutor per l'accertamento della violazioni alla velocità in autostrada.
Particolare attenzione viene prestata alle cosiddette «stragi del sabato sera» che da più di dieci anni insanguinano le nostre strade con vittime molto giovani. La gravità del fenomeno ha portato all'intensificazione dell'azione di controllo delle Forze di polizia, ultimamente rafforzata e raffinata con la fornitura di etilometri e precursori.
Dal 1o gennaio al 30 giugno 2007 sono stati effettuati 133.849 controlli, con l'impiego di 92.000 pattuglie. Sono stati controllati 98.000 conducenti con 21.658 conducenti positivi all'alcol e con una percentuale pari al 13,73 per cento dei controllati. Significativo il dato che oltre il 64 per cento dei positivi aveva assunto più di un grammo di alcol per litro di sangue, quindi una percentuale particolarmente significativa.
Anche in questo settore, molto rilevante è stato lo sforzo per aumentare i controlli. La sola Polizia stradale, nei primi sei mesi del 2007, ha contestato complessivamente il 38 per cento in più di violazioni alle norme che puniscono l'abuso di alcol: 14.836 sanzioni, rispetto alle 10.000 sanzioni contestate nello stesso periodo del 2006.
L'incremento è stato del 15,1 per cento sulla rete autostradale, con 2.815 sanzioni, e ancora maggiormente sulla rete ordinaria, dove le sanzioni, incrementate del 44 per cento, hanno toccato una quota superiore alle 12.000 mila. Anche l'azione di contrasto alla guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, nonostante la maggiore complessità delle verifiche, ha dato buoni risultati con 1.186 infrazioni contestate e un incremento del 19,2 per cento rispetto alle 995 dei primi sei mesi del 2006.
Per questa particolare violazione, l'incremento è stato molto più vistoso sulla rete autostradale dove le violazioni contestate


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sono state 345, circa il 50 per cento in più rispetto a quelle del 2006. Sulla rete ordinaria, si è toccata quota 841, con un aumento del 10 per cento rispetto all'anno precedente.
La necessità di ridurre ancora e drasticamente i costi umani e sociali degli incidenti deve indurre a consolidare i progressi finora compiuti, e deve spingerci a radicare nel Paese un'ordinaria cultura della sicurezza stradale.
Le linee strategiche di intervento dovrebbero puntare - questa è l'ultima parte della mia relazione - a due obiettivi. Da una parte, in un ambito più propriamente operativo, rafforzando, razionalizzando e coordinando l'attività di controllo delle Forze di polizia; dall'altra, in un contesto più generale, attraverso modifiche normative.
Nel nostro ordinamento, come a voi è ben noto, onorevoli colleghi, i compiti di polizia stradale sono svolti da un gran numero di soggetti con diverse funzioni e ambiti di intervento. In questo contesto operativo, ai sensi dell'articolo 11, comma 3 del codice della strada, il Ministero dell'interno provvede ai servizi di polizia stradale ed al loro coordinamento. Tale compito, già svolto attraverso direttive generali, dovrebbe essere potenziato, consentendo, a mio avviso, al Ministero dell'interno di effettuare almeno due azioni fondamentali: la prima è il monitoraggio costante della situazione esistente, allo scopo di elaborare un'analisi statistica più adeguata all'individuazione di tutte le variabili; la seconda è la pianificazione delle attività di contrasto mirate e coordinate in rapporto al monitoraggio permanente del fenomeno.
L'attività di monitoraggio dei sinistri stradali, infatti, è incompleta, perché basata unicamente sui dati Istat che non sono funzionali ad un impiego più propriamente operativo. Come avete visto, ho citato i dati Istat del 2005 e voi comprendete come l'effetto operativo di quei dati sia particolarmente differito nel tempo, sia perché essi vengono pubblicati a distanza di un anno, sia perché indagano gli effetti piuttosto che le dinamiche dei sinistri e, di conseguenza, non consentono interventi correttivi in tempi brevi.
L'attività di coordinamento di tutti i soggetti che operano nel settore dovrebbe essere affidata - questa è la mia ipotesi - ad un'articolazione del Ministero dell'interno nella quale far confluire i contributi di tutti gli interessati, analogamente a quanto accade già con successo nel centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità.
Sui territori è poi indispensabile, sempre a mio avviso, potenziare l'azione dei prefetti. In questo quadro, vanno sollecitati accordi di programma ed operativi tavoli di concertazione, osservatori interistituzionali presso le prefetture, che si configurano come indispensabile azione di coordinamento dal basso, per identificare un percorso condiviso tra i partner, tagliando tempi e difficoltà connesse alla ricerca di un ampio consenso parlamentare su normative più efficaci.
Va notato che, per contrastare gli eccessi di velocità, il disegno di legge presentato all'esame della Camera aveva introdotto un sistema graduale e dissuasivo, valutando come opportuno l'inasprimento delle sanzioni principali ed accessorie per condotte particolarmente pericolose, come il superamento di oltre 40-60 chilometri orari rispetto al limite imposto. Il provvedimento approvato dalla Camera aggiunge all'articolo 142 il comma 6-bis che testualmente recita: «Le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità debbono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all'impiego di cartelli e di dispositivi di segnalazione luminosa, conformemente alle norme stabilite nel codice di esecuzione del presente codice. Le modalità di impiego sono stabilite con decreto del Ministro dei trasporti di concerto con il Ministro dell'interno».
Il sistema di rilevamento in vigore, almeno per quanto riguarda gli strumenti in uso alla Polizia stradale, è realizzato secondo due modalità: innanzitutto, strumenti a postazione fissa, pertanto inamovibili; in secondo luogo, strumenti mobili


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che vengono collocati sul territorio di volta in volta, su tratte diverse e a seconda delle necessità.
Relativamente ai primi, sostanzialmente identificati per la Polizia stradale con il sistema Tutor sulle autostrade in gestione alla società Autostrade per l'Italia, essi sono già segnalati all'utenza con cartellonistica stradale e, ove possibile, con l'utilizzo dei pannelli a messaggio variabile a distanza di chilometri, per sollecitare l'attenzione degli utenti alla modifica del comportamento di guida.
Relativamente ai secondi, che identificano sia sistemi a bordo di auto, sia quelli che vengono collocati sul terreno in modo provvisorio, l'applicazione della norma così come prevista - lo dico sinceramente, senza per questo voler in alcun modo criticare il Parlamento, sebbene questa sia una difficoltà che noi abbiamo - porterebbe all'impossibilità di un uso degli strumenti necessari e, in ogni caso, all'inutilità del loro impiego. In particolare, la piena visibilità dei posti di controllo con apparecchiature mobili è difficilmente ottenibile nei pressi dei punti singolari della viabilità dove il superamento dei limiti di velocità è più pericoloso. Nel contempo, la norma richiede, a monte del punto di controllo, la collocazione di segnaletica stradale mobile, esponendo il personale a rischi di tale manovra a traffico aperto.
La norma in questione toglierebbe poi efficacia dissuasiva all'azione delle Forze di polizia, atteso che la preventiva segnalazione delle postazioni di controllo indurrebbe a comportamenti virtuosi dei conducenti solo nel breve tratto interessato dal controllo, offrendo di converso garanzia di impunità per le violazioni commesse nei tratti diversi.
Per sollecitare condotte di guida consapevoli - questo è sicuramente il problema che tutti quanti abbiamo - sono stati pubblicati da circa un anno, sul sito web della Polizia di Stato e sui siti di alcuni quotidiani, le pianificazioni settimanali dei controlli con apparecchiature mobili nelle diverse regioni italiane. L'informazione viene dunque fornita completa del nome della strada e del giorno in cui si svolge il controllo, ma priva di indicazioni circa l'esatta ubicazione del posto di controllo e della fascia oraria interessata al servizio, al fine di ottenere condotte di guida virtuose lungo tutto l'asse controllato.
Nell'impegno per una drastica riduzione degli incidenti, deve avere un ruolo strategico l'uso delle tecnologie a sostegno delle attività di polizia, sia per il controllo del traffico, sia per l'accertamento di infrazioni. Lo strumento più idoneo, flessibile ed economicamente sostenibile per raggiungere gli obiettivi di sicurezza è, quindi, quello tecnologico. Esso è in grado di documentare, sistematicamente e senza possibilità di smentita, l'infrazione commessa; garantisce un messaggio credibile, creando responsabilità negli utenti, perché capace di trasmettere rapidamente valutazioni aggiornate sulla circolazione del tratto stradale interessato; costituisce, ove applicato con un'attenta analisi dei flussi, un indiretto ed efficace strumento di regolazione del traffico.
Un appropriato uso della tecnologia consente alle Forze di polizia di concentrarsi sui compiti di controllo dei veicoli e delle persone e su quelli delle varie tipologie di trasporto, ad esempio il trasporto di alimenti o merci pericolose. Naturalmente, i controlli devono essere sempre e soltanto strumentali alla sicurezza, senza incidere sulla libertà della circolazione stradale. Non sono accettabili controlli che si fondino sulla volontà di cogliere in fragranza il cittadino col metodo dell'agguato, né per incrementare le entrate dell'Erario...

CESARE CAMPA. O dei comuni.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Dell'Erario. Il termine vale erga omnes.

EZIO LOCATELLI. Anche dei comuni.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. La comunicazione rappresenta uno strumento fondamentale in mano alla prevenzione per promuovere anche nel settore


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della sicurezza stradale una maggiore legalità e, quindi, più elevati standard di sicurezza.
È opinione unanimemente condivisa che il comportamento di guida sia legato allo stile di vita e che, per migliorare la sicurezza sulle strade, occorra anzitutto un cambiamento culturale, perché il rispetto delle regole passa soprattutto attraverso il consenso, oltre alla coercizione e ai controlli.
Si tratta di una meta ambiziosa quella di correggere e migliorare dei comportamenti sociali attraverso la comunicazione. Emblematica, da questo punto di vista, è l'esperienza che vorrei citarvi, quella del Regno Unito, dove le pubblicità progresso fanno del Governo britannico il terzo cliente delle agenzie pubblicitarie, appena dietro a grandi multinazionali come Procter&Gamble e Unilever. In questo Paese, da più di dieci anni gli spot in materia di sicurezza stradale - in particolare quelli legati alla campagna «THINK» - hanno sperimentato diversi linguaggi, da una comunicazione shock a quella più soft, per richiamare l'attenzione in modo continuativo sui rischi legati ai comportamenti di guida più pericolosi.
È evidente che i giovani in età scolare siano i primi destinatari della comunicazione, non soltanto perché l'incidente stradale costituisce per loro la principale causa di morte, ma soprattutto perché i ragazzi, già protagonisti della strada come pedoni, ciclisti e conducenti di ciclomotori, rappresentano la generazione dei futuri automobilisti e il miglior tramite nella comunicazione con il mondo degli adulti.
Se l'obiettivo è quello di parlare in modo efficace ai ragazzi, per contrastare comportamenti negativi del mondo degli adulti, il linguaggio deve necessariamente essere modulato su codici verbali e visivi a loro familiari. Sono già vari i progetti che la Polizia stradale ha realizzato o sta realizzando. In allegato trovate l'intero progetto degli interventi che già si stanno compiendo, che evito di leggere per non tediarvi ulteriormente.
Tuttavia, sotto il profilo propositivo, i possibili interventi in materia di comunicazione sottolineano l'utilità di andare oltre le sole campagne pubblicitarie e attivare discussioni centrate sull'esperienza dei giovani e sulle loro scelte personali, attività che possono costituire la base della costruzione di un percorso guidato da esperti e condiviso dagli insegnanti, che abbia caratteristiche di continuità e attivi la riflessione e la consapevolezza anche su aspetti che spesso risultano confusi.
Un'ultima considerazione. Nonostante i numerosi interventi correttivi degli ultimi anni, la normativa che disciplina la circolazione stradale risulta ancora molto complessa, spesso di difficile comprensione per gli utenti della strada e, talvolta, persino per gli operatori. A questo fine è necessario rivedere le norme del codice della strada.
Voglio ora tornare, tuttavia, su un problema che, a mio avviso, rappresenta un nodo cruciale, ossia il tema della guida in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione da stupefacenti e della confisca dei veicoli.
La guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di stupefacenti rappresenta un fenomeno di gravità eccezionale, che deve essere oggetto di interventi immediati ed incisivi. Diciamolo chiaramente: dobbiamo fronteggiare una situazione drammatica per il numero degli incidenti, degli invalidi e dei morti, come del resto ci viene ricordato, purtroppo, quasi quotidianamente da giornali e televisioni. Da qui la necessità di recuperare l'impianto sanzionatorio per certi reati come definiti dal disegno di legge del Governo, non approvato dalla Camera dei deputati. A tal riguardo, vorrei rivolgervi la raccomandazione di prestare una particolare attenzione, naturalmente sempre nel rispetto delle decisioni del Parlamento.
In particolare, a nostro avviso, è indispensabile adeguare le sanzioni penali alla reale gravità del fenomeno e distinguere, graduando nelle sanzioni, le diverse violazioni a seconda della loro pericolosità oggettiva. Per esempio, quando chi guida risultasse avere un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro e avesse causato un incidente stradale, va prevista


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la reclusione, introducendo una nuova ipotesi di delitto nel codice della strada.

CESARE CAMPA. Vi era un emendamento...

PAOLO UGGÈ. Un mio emendamento.

ANTONIO ATTILI. Dovete domandarvelo in casa vostra!

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Ma io ora sto parlando alla Commissione trasporti della Camera.
È necessario, inoltre, aumentare la durata della sospensione della patente di guida; prevedere la confisca del veicolo ogniqualvolta risulti raggiunta la soglia di 1,5 grammi per litro di tasso alcolemico nel sangue o quando il proprietario del veicolo guida sotto l'effetto di stupefacenti e attribuire al tribunale la competenza su questi reati.
La confisca del veicolo, in particolare, può dimostrarsi assai efficace sotto il profilo della prevenzione. Del resto, l'applicazione della misura è già presente nell'ordinamento per le gare clandestine di velocità.
In ultimo, il Ministero dell'interno, per precisare che farà in fondo la propria parte, eseguirà, a partire da quando verranno messi a disposizione i precursori e gli etilometri, il cui approvvigionamento è già in corso con i fondi stanziati dal Governo, oltre un milione di controlli annui, che rappresenta una cifra particolarmente significativa.

MARIO RICCI. Facciamone otto!

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Le scelte normative proposte sono in linea con le azioni che alcuni Stati europei hanno adottato per inasprire il contrasto alla guida in stato di ebbrezza.
Il quadro delineato non richiede, a mio avviso, interventi tampone. Si tratta, infatti, di intervenire con un pacchetto di iniziative organiche e ad ampio spettro. Un Paese civile non può permettersi e non può tollerare di pagare un tale contributo di sangue. Compito del Governo e del Parlamento è far sì che questo sia un obiettivo ravvicinato e credibile.

PRESIDENTE. Ringrazio il viceministro Minniti per l'illustrazione della relazione.
Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO TASSONE. Signor presidente, prendo la parola adesso per ovvi motivi di coincidenza con i lavori dell'altra Commissione, quindi parlo «a caldo». Ho ascoltato con molto interesse l'esposizione del viceministro Minniti che fa riferimento ai percorsi che ci hanno portato ad approvare, nelle varie fasi, dei provvedimenti e, quindi, ad avviare alcune misure per quanto riguarda la sicurezza stradale.
È chiaro, signor presidente, che l'obiettivo indicato dall'Unione europea rimane molto distante. Tuttavia, l'Unione europea non ci deve indicare, ad esempio, di raggiungere il 50 per cento, perché se alla scadenza abbiamo ottenuto risultati migliori come ci comportiamo? Torniamo indietro? Quella che ho fatto è una battuta di spirito perché non è questo il dato, ma lo dico per evitare che tutto si burocratizzi e diventi una direttiva. Sono necessarie una nuova fase culturale e una nuova riflessione in termini forti per capire fino a che punto le norme possono trovare una loro soddisfazione e, soprattutto, una loro efficacia.
Onorevole Minniti, quando abbiamo avviato il provvedimento che ha introdotto la patente a punti, abbiamo subito detto chiaramente che - sebbene lei faccia riferimento a processi di affievolimento o di riduzione degli incidenti stradali dal 2003, ossia prima dell'introduzione del provvedimento che passa sotto il nome di patente a punti e che si accompagna ad altri provvedimenti - la norma di per se stessa non aveva effetti di dissuasione né un'efficacia di contrasto eterni. Possiamo introdurre tutte le pene che volete, aggravarle e renderle più pesanti (anche quelle accessorie della sospensione della patente o della confisca e quant'altro), ma tutto


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risulta vano se non c'è uno sforzo complessivo - lei lo indica nella sua relazione - per creare una fase culturale diversa da quella attuale, dove gli interessi particolari legati a questa problematica soccombono rispetto all'interesse generale, che è quello della sicurezza e della difesa della vita.
Ho sentito tante storie che potrei raccontare - ma il tempo non ce lo consente e non è questo il luogo - nelle quali emerge un incredibile cinismo per quanto riguarda la sicurezza stradale; prevalgono gli interessi delle case automobilistiche, dei concessionari delle autostrade eccetera. Tutto ciò è in contrasto, certamente stridente, rispetto all'esigenza di garantire la sicurezza delle nostre strade.
C'è poi un ulteriore aspetto che vorrei sottolineare prima di concludere. Non c'è dubbio che lei avanzi una serie di proposte di aggiornamento normativo, perché ovviamente le norme del codice della strada e della sicurezza devono essere sempre più intelligibili e leggibili. Noi non siamo mai riusciti a realizzare in questo Paese, malgrado le deleghe che i Governi nella loro storia e nei loro tempi hanno avuto, un organico codice della strada. Procediamo a pezzetti e a bocconi, con provvedimenti utili per un percorso temporale estremamente limitato.
Tuttavia, vorrei evidenziare un dato: lei, signor viceministro, fa riferimento ad alcune proposte che noi avevamo posto senza dubbio in essere nel dibattito del disegno di legge n. 2480. I nostri emendamenti non sono stati accettati. Ad esempio, sul problema del consumo delle sostanze stupefacenti è prevalsa una cultura antiprotezionistica, giustificazionista, per cui c'è un aspetto culturale diverso, una differente visione della società. Mi fa piacere che lei vi faccia riferimento, ovviamente con tutte quelle che possono essere le precauzioni del caso, anche rispetto al linguaggio. Capisco che lei è viceministro di una maggioranza estremamente composita dove ci sono varie tendenze e, soprattutto, vari scontri di carattere culturale.
Il problema è proprio questo. Quando lei parla di sequestro, di sospensione, di limite, dovrebbe ricordare che queste misure sono state introdotte anche grazie ai nostri emendamenti. Un mio emendamento, che richiedeva un congegno sofisticato antisonno nelle auto, è stato respinto. Vorrei capire, quindi, se siamo padroni, come Parlamento, di essere legislatori, senza condizionamenti. Badate, non mi scandalizzo delle lobby, ma esse devono avere un ruolo importante, fondamentale, civile e non di condizionamento delle scelte utili del Parlamento rispetto a una problematica come questa.
In conclusione, vorrei affrontare un altro tema, ossia la mancanza di coordinamento fra le Forze di polizia e la Polizia municipale. Noi abbiamo messo sulla strada, perché allora ce l'hanno chiesto, anche la Polizia penitenziaria per effettuare controlli. Il discorso del coordinamento, quindi, non funziona assolutamente. Ritengo che le pattuglie ci siano, però non ci convincerete mai del fatto che il numero di pattuglie sia sufficiente a darci sicurezza e garanzia o che ci tranquillizzi. Non ci tranquillizza affatto! Vogliamo conoscere l'impiego delle pattuglie, perché la perlustrazione si compie sulle strade e non negli autogrill, signor viceministro.
Ritengo che un discorso molto serio debba essere affrontato attraverso i coordinamenti esistenti e il Governo. Questa è materia del Ministero dell'interno, per un certo verso, e del Ministero dei trasporti, per un altro; dovremmo poi coinvolgere la scuola, ma con l'attuale struttura essa non può trattare la sicurezza stradale. Non prendiamoci in giro! Tutt'al più può esserci la sensibilità di qualche dirigente scolastico che assume iniziative e attività particolari in questa direzione.
Ho chiesto più volte, ferme rimanendo le competenze, che ci sia un alto coordinamento da parte della Presidenza del Consiglio. Il problema è questo, per cui o lo assumiamo come dato di emergenza, oppure come dato normale. Lei si è «sbracciato» per dirci che i suoi dati coincidevano in parte con quelli dell'Istat; si è stracciato le vesti per sottolineare che, in fondo, i dati dell'Istat vengono dopo un


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anno. Questa è la cultura: noi abbiamo trattato la sicurezza stradale e le cifre relative alle vittime escludendo il dato dell'emergenza.
Il presidente ha fatto bene a dire che, in fondo, c'è stata una collaborazione generale. Di fronte alla difesa della vita umana, c'è stata collaborazione in questa Commissione, come è avvenuto anche all'epoca in cui eravamo maggioranza. Debbo dare atto che questo clima, rispetto a un argomento così importante, è fondamentale; si è trovata una sostanziale solidarietà e una sincera preoccupazione diffusa in tutti i settori e in tutte le articolazioni politiche che sono presenti in Parlamento.
Il presidente faceva riferimento a un decreto. Deve essere, però, un provvedimento serio ed efficace - non escludo il decreto - che si occupi di due o tre argomenti, per evitare che diventi un surrogato di un pre-codice della strada complessivo. Dobbiamo individuare i provvedimenti più importanti riguardanti l'emergenza per evitare efficacemente che ci si ritrovi in questa situazione e che si faccia questo tipo di discorso.
Uno dei provvedimenti potrebbe riguardare la composizione delle commissioni per quanto concerne la patente, perché mancano i profili professionali; in questo ambito, c'è una burocratizzazione e un lassismo generalizzato, ferma rimanendo la stragrande maggioranza della gente che compie il proprio dovere, senza dubbio anche nelle autoscuole.
C'è, inoltre, il problema del controllo nelle discoteche, signor viceministro. Non è possibile che le discoteche godano del diritto di extraterritorialità all'interno, dove c'è tutto e il contrario di tutto. Io ritengo che questo sia un aspetto su cui dovremmo discutere. Successivamente, i colleghi parleranno anche della sistemazione del trasporto pesante e dell'autotrasporto. Non vorrei mancare di rispetto nei confronti di nessuno, ma sarebbe necessario porre attenzione a questi profili professionali che devono essere maggiormente garantiti; contestualmente, però, bisogna pretendere di più, ovviamente, rispetto al controllo e alla responsabilità nella guida.

PAOLO UGGÈ. Desidero ringraziare il viceministro Minniti per la sua relazione, che trovo sostanzialmente condivisibile, anche se presenta alcuni elementi che meriterebbero approfondimenti e che, forse, potrebbero anche essere enucleati. Ad esempio, collegare i morti con gli aspetti dell'economia del Paese non mi sembra una scelta particolarmente appropriata.
Ad ogni modo, nella relazione vi sono alcuni punti fondamentali ed è questo il motivo per cui la considero sostanzialmente condivisibile. Si parte da un'analisi dei fattori che incidono sulla sicurezza, tra i quali uno dei primi è l'inadeguatezza delle infrastrutture esistenti nel nostro Paese. Permettetemi una piccola sottolineatura al riguardo. Ricordo che l'adeguamento delle infrastrutture è stata una scelta voluta e portata avanti - c'è chi dice che va bene e chi afferma il contrario, ma comunque è una scelta precisa - del precedente Governo e non mi pare sia particolarmente sostenuta dalle forze che compongono l'attuale maggioranza.
Questa indicazione è giusta, perché non c'è dubbio che la congestione sia un elemento che aumenta i fattori di rischio. Anche quando si effettua l'analisi della riduzione del tasso di incidentalità o di mortalità, o dei numeri in assoluto, bisogna tenere conto che, da un lato, la congestione sulle strade incrementa, perché il traffico è in continuo aumento, e dall'altro, nonostante questo, i morti sulle strade mantengono il loro trend, seppur ridotto, di diminuzione. Questo deve essere tenuto in considerazione, perché il non collegare il mantenimento di una situazione di congestione sulle strade, che aumenta sempre più - la domanda di mobilità, infatti, continua a crescere -, con la riduzione dei morti sulle strade (nonostante tutto) è un elemento ulteriore che dimostra come la scelta della patente a punti sia stata fondamentale. In questa relazione - devo dare atto al viceministro


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Minniti della sua correttezza - è chiaramente evidenziato in diversi passaggi come l'intervento della patente a punti rappresenti una svolta che ha generato delle positività.
L'indicazione dell'Unione europea - cercherei di mantenermi su questo livello - non parla di riduzione di incidentalità, ma ci pone l'obiettivo di ridurre il numero dei morti. Quindi, dobbiamo partire da questo elemento, che è quello che tocca più da vicino noi tutti, perché un evento di questo genere, quando avviene, colpisce in modo pesante persone e famiglie.
Inoltre, nella relazione si fa riferimento al trasporto delle merci. Non introduciamo un luogo comune. Osservando i dati, tutti - se non siamo lettori solo di una fonte degli amici della Polizia stradale, che talvolta non li azzeccano, ma sono comunque poi puntualmente ripresi da qualche rivista famosa - vediamo che i dati ufficiali del Ministero dei trasporti dicono che la percentuale che vede coinvolti i mezzi pesanti negli incidenti mortali oscilla intorno al 7 per cento. Quindi, mettiamo bene a fuoco e chiariamo quello che rischia di diventare un luogo comune.
Si evidenzia la presenza sempre più ingombrante dei mezzi pesanti e, nonostante questo, signor viceministro, il Governo finora non ha fatto molto per mantenere le risorse destinate a incentivare lo spostamento del trasporto pesante dalla strada alla ferrovia e al mare. Bisogna essere consequenziali!
Solo dopo diversi interventi, emendamenti, ordini del giorno, per lo più respinti, siamo riusciti a destinare qualcosa - ne vedremo gli effetti forse fra un anno - sul trasporto combinato strada-ferro. Per quanto riguarda, invece, le tanto reclamizzate autostrade del mare, esse giacciono ancora nei profondi cassetti del Ministero dei trasporti, perché manca il decreto attuativo, nonostante quello che ha detto il sottosegretario.

ANTONIO ATTILI. Ci sono i decreti.

PAOLO UGGÈ. Sì, ma manca il decreto attuativo delle tratte, che è fermo nel cassetto del ministro competente.

ANTONIO ATTILI. Non è così. Ci sono due decreti.

PAOLO UGGÈ. Come non è così? Le dico io che è così.
Di fatto, non sono stati messi a disposizione gli incentivi alle imprese di autotrasporto che stringono accordi e stipulano contratti per garantire un certo fatturato sulle navi. Possiamo dirlo come vogliamo, ma la realtà è questa.
Del resto, nella relazione c'è un elemento che dimostra ulteriormente quanto ho affermato sull'incidentalità dei mezzi pesanti. Il maggior numero degli incidenti - dice la relazione - avviene il sabato e la domenica. Notoriamente, questi mezzi, poiché non sono utilizzati per andare a spasso, il sabato e la domenica sono fermi, perché non lavorano, tranne qualche eccezione.
Abbiamo, quindi, detto che, per quanto riguarda i dati - ho letto i dati del primo trimestre 2007 - è confermato dalla relazione quello che abbiamo più volte ripetuto in questa sede. Quindi, intendo ribadire che oggi siamo ancora in tempo, al contrario di quello che sta sostenendo qualcuno: se creiamo le condizioni - ed ecco l'importanza delle modifiche al codice della strada cui poi dedicherò alcune parole -, saremo certamente in grado di raggiungere nel 2010 l'obiettivo che ci era stato prefissato. È senza dubbio necessario lavorare per mantenere le condizioni, perché la patente a punti faceva parte di un insieme di norme che doveva essere accompagnato a un incremento dell'infrastrutturazione del Paese, per rendere più fluida e più sicura la mobilità sulle nostre strade, e a un incremento dei controlli, perché la certezza della possibilità del controllo è l'elemento discriminante che consente a un sistema di funzionare o meno.
L'ho già detto e lo ripeto: nei primi mesi di applicazione della patente a punti, quando c'era il rischio del controllo, vi è stato un incremento naturale del trasporto combinato ferroviario e marittimo dei mezzi pesanti, perché si temeva che, attraverso il controllo dei tempi di guida e di riposo, scattassero delle sanzioni severe.


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La strada è quella, ma non dobbiamo perderci in discorsi filosofici: dobbiamo capire esattamente qual è il fenomeno e intervenire. Anche in questo caso, però, dobbiamo fare attenzione a non creare un mostro. È vero che la velocità incide e che determina un tasso di mortalità più elevato, ma è altrettanto vero che, recentemente, è stato confermato che in Germania, dove i limiti di velocità non esistono - se non in determinate tratte, nelle quali vengono fatti applicare rigidamente - non abbiamo una situazione peggiore rispetto all'Italia, anzi, forse è addirittura migliore. Quindi, considerare la velocità come elemento determinante per la mortalità o il tasso di mortalità è fare qualcosa che non corrisponde propriamente alla realtà.
Se esaminiamo la quantità degli incidenti, scopriamo che i luoghi dove effettivamente si registra un numero di morti particolarmente elevato sono le città e le zone limitrofe ai centri abitati. Quindi, prevedere il tutor per tratte così brevi mi pare più che altro rispondere alla necessità di attuare delle iniziative per dimostrare di essere intervenuti. Forse, sarebbe bastato misurare il tempo di percorrenza introducendo ai caselli la misurazione del tragitto rapportato al tempo.
Un elemento che manca, signor viceministro, è l'informazione. È vero che la formazione è fondamentale, ma l'informazione è tragica. Non è pensabile che oggi riceva, se sono in auto, informazioni che hanno una valenza di tre ore prima. Gli utenti della strada devono essere messi nelle condizioni, quando partono, di sapere che cosa succede a distanza di trecento, quattrocento o cinquecento chilometri. Se parto da Roma, devo poter sapere se al traforo del Frejus si sta per verificare una bufera di neve, in modo da avere la possibilità di attrezzarmi. Questo è fare informazione ed è un elemento sul quale occorre intervenire con precisione, eliminando le gelosie tra le varie componenti che concorrono a dare le informazioni, che arrivano con quattro ore di ritardo. Questo è un aspetto che mi pare particolarmente importante.
In ultimo, sul codice della strada, che abbiamo appena esaminato, abbiamo notato un'indecisione - una delle tante, per la verità - del Governo. Si trattava di scegliere la strada del «o bevi, o guidi», oppure introdurre una gradualità razionale.
La strada del «o bevi, o guidi» non è stata scelta, a favore di quella della gradualità. Concordo pienamente con la sua proposta, però proprio io ho presentato l'emendamento che prevedeva un certo tipo di sanzione nel caso in cui un soggetto superasse il limite dello 0,5, dallo 0,5 allo 0,8, dallo 0,8 all'1,5 e dall'1,5 in su di tasso alcolico trovato nel sangue. L'emendamento non è stato accolto da un rappresentante del Governo, che ha espresso parere negativo.
Abbiamo goduto - bisogna riconoscerlo - della presenza significativa e costante del Ministro dei trasporti, a cui va dato atto di questo. Il Ministro dell'interno, invece, durante il dibattito parlamentare e in questa Commissione, non è stato molto di supporto. Probabilmente, una relazione di questo tipo all'interno della maggioranza che sostiene il Governo sarebbe stata utile per far comprendere a coloro che si sono opposti le proposte emendative che andavano nella direzione indicata dalla sua relazione; ciò avrebbe consentito a tali proposte di essere accolte.
Con questo spirito credo di riconoscere la positività di diversi elementi contenuti nella sua relazione, però - mi consenta questa battuta polemica - è necessario che il Governo si decida ad assumere una linea e a tenere, su di essa, un comportamento coerente. Se è vero che le infrastrutture non sono né di destra né di sinistra, allo stesso modo la sicurezza non è né di destra né di sinistra. Quindi, se una parte della maggioranza non condivide, ma l'opposizione è favorevole all'operazione che è a tutela dei cittadini e della sicurezza, auspico che si creino delle maggioranze variabili su questi temi fondamentali che toccano tutti.

SILVANO MOFFA. Signor viceministro, vorrei evitare di ripetere il dibattito che abbiamo terminato non molto tempo fa in


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aula in riferimento al disegno di legge che lei stesso richiama, anche perché in questo momento è all'esame del Senato e non sappiamo se ci saranno delle correzioni - mi auguro migliorative - rispetto al testo iniziale.
Devo ricordare soprattutto a me stesso che il gruppo di Alleanza nazionale si è astenuto su quel disegno di legge, evidenziando alcuni aspetti che, a nostro avviso, dovevano portare a una riforma anche di alcune parti del codice della strada, in maniera più restrittiva e più incisiva.
Desidero ringraziarla perché lei, oggi, indubbiamente, pone all'attenzione della Commissione esattamente le questioni che non sono state risolte dal Parlamento, perlomeno dalla Camera dei deputati. Tali questioni vanno nel senso di quello che, in fondo, avevamo chiesto che si approfondisse in un dibattito che ha avuto contorni di collaborazione da parte della Commissione, un dibattito che ha anche avuto momenti di asprezza. Sono convinto - come tutti i presenti, credo - che su questi argomenti non bisognerebbe dividersi; semmai, occorrerebbe puntare a trovare un sistema che sia più confacente agli stili di vita, che sono cambiati, ma anche alle emergenze, che stanno ormai diventando assillanti con questo quotidiano stillicidio di morti sulle nostre strade.
Se è vero che non bisogna dividersi fra destra e sinistra quando parliamo di infrastrutture e di morti sulle strade, è altrettanto vero che vi sono due culture diverse. Non mi soffermerò su alcuni aspetti, ma andrò alla sostanza della sua proposta. Sarebbe un'offesa alla nostra intelligenza di uomini politici e di membri del Parlamento se, sfuggissimo alla questione di fondo. Non c'è dubbio che, su questo tema, ogni volta si ripropone uno schematismo che rappresenta due approcci culturali diversi a questa problematica.
Giustamente, lei pone in rilievo alcuni dati, che non sono solo quelli dell'Istat, ma anche quelli concreti, verificati e aggiornati da parte della Polizia stradale e delle Forze dell'ordine; si tratta degli stessi dati che ci portavano ad affermare la necessità di distinguere tra un eccesso di garantismo applicato a questo problema, e l'individuazione corretta di una strategia in grado di far crescere una cultura della sicurezza nel nostro Paese.
Questo è un problema che non può essere slegato, ad esempio, dai processi formativi; a questo ha fatto cenno anche lei. Mi domando, tuttavia, se abbiamo fatto bene a introdurre alcuni processi che, in qualche misura, deprofessionalizzano le scuole guida nel nostro Paese attraverso il decreto-legge Bersani, ad esempio. Non voglio riproporre un elemento di polemica, ma semplicemente far riflettere su alcuni passaggi che incidono sulla sostanza dei provvedimenti che si vanno ad adottare.
Ho apprezzato, inoltre, la sua affermazione rispetto al fatto che occorre soprattutto andare verso una comunicazione più partecipata e coinvolgente, soprattutto con riferimento ai giovani. Parlo per esperienza diretta, un'esperienza che può essere utile come contributo a questa riflessione: in qualità di presidente della provincia di Roma, mi capitò di promuovere il progetto di una scuola romana che coinvolgeva direttamente i ragazzi e la Polizia stradale nella creazione e nella realizzazione di uno spot, al quale partecipavano anche personaggi importanti del mondo della comunicazione, però consentendo direttamente ai giovani di interrogarsi sul problema e di essere creativi, anche utilizzando un linguaggio giovanile.
Lei ha parlato di comunicazione in parte soft e in parte scioccante: è evidente che, quando si effettua una comunicazione scioccante in determinate fasce d'età, ci sono risultati positivi. Questo è verificabile concretamente. Sono state svolte esperienze a Padova, ad esempio, dalla Polizia stradale e dalla Motorizzazione, che hanno prodotto risultati importanti, mostrando immagini scioccanti, addirittura a livello di scuole elementari.
Credo che questo sia un problema da aggredire, perché è fondamentale per far crescere una cultura e per far capire qual è esattamente il pericolo che si corre quando non si rispettano alcune regole.


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Pertanto, quello che lei oggi afferma nella sua comunicazione è assolutamente condivisibile, non ho difficoltà a dirlo. Mi preoccupa il rischio di arrivare sempre un attimo dopo rispetto al lavoro che si sta producendo.
Anch'io debbo osservare quello che diceva poco fa il collega Uggè: avremmo voluto che il tema coinvolgesse i livelli ministeriali in una loro interazione positiva e che non si tornasse, invece, sull'argomento quando già una parte del Parlamento si è espressa.
Ritorno alla cultura della contrapposizione, che dobbiamo in qualche modo chiarire fra di noi, altrimenti rischiamo di non fare nessun passo in avanti.
Viceministro Minniti, lei giustamente afferma che uno dei problemi più angoscianti e che più preoccupano è quello della guida in stato di ebbrezza e sotto l'effetto di stupefacenti. Questo è stato uno degli argomenti centrali del dibattito in Parlamento; rispetto a questo argomento si è registrata una divisione netta, che purtroppo attraversa la sua maggioranza, non certo l'opposizione.

ANTONIO ATTILI. Il tuo partito è stato coerente, ma non il centrodestra!

SILVANO MOFFA. Sì, anche parte dell'opposizione per l'eccesso di garantismo. Si tratta di problemi non di schieramenti politici, ma di culture diverse di approccio, come ho detto prima. C'è stato chi si è preoccupato più di una tutela garantista, che non di un approccio sistematico per sconfiggere e aggredire il problema. Sono assolutamente convinto che sia necessario, invece, creare un varco in questa cultura, perché è evidente che quando parliamo di stato di ebbrezza, addirittura in situazioni reiterate, non siamo più nella configurazione giuridica di una colpa grave, ma siamo di fronte al dolo.
Dunque, perché non introdurre un reato che abbia questa fattispecie quando accadono fatti come quelli che sono stati denunciati nel question time della settimana scorsa? Questo significherebbe compiere un passo in avanti. Quando lei giustamente parla di confisca del veicolo, voglio ricordare che spesso noi ci rifacciamo ad alcuni modelli europei. In Francia, ad esempio, c'è la confisca fino a tre anni, l'arresto e la sospensione della patente fino a dieci anni per chi ripete un reato di quel genere. Qualche volta ci lasciamo impressionare e parliamo impropriamente dell'Europa, perché questi sono dati di riferimento sui quali bisognerebbe interrogarsi.
Mi soffermo su un aspetto - senza toccare i temi infrastrutturali, perché questa mi sembra una relazione che intende cogliere il dato essenziale - che ci indica che circa il 60-65 per cento degli incidenti stradali nel nostro Paese dipende dal fattore umano. Non stiamo, quindi, parlando del 30 per cento che riguarda le infrastrutture, perché se parliamo di tutto confondiamo le idee.
Se parliamo del 60 per cento degli incidenti dovuti al fattore umano, è evidente che bisogna agire su due livelli: il livello sanzionatorio e quello della prevenzione. Quest'ultima è fondamentale e passa attraverso la formazione, la comunicazione e l'educazione civica, che dovrebbe essere insegnata nelle scuole, ma che purtroppo non c'è e non può essere affidata soltanto alle iniziative sporadiche di qualche comune o della Polizia municipale. Deve essere sistematicizzata e introdotta come una disciplina curricolare, perché questo è un problema fondamentale. L'educazione civica non viene più insegnata e non può ridursi a un elemento sporadico di intervento, perché qualcun altro ci pensa. L'intervento da parte del Paese deve essere sistematico.
Dopodiché, ci vuole un coordinamento, come affermavano prima i colleghi. Lei conosce meglio di me la difficoltà che a volte si trova nel coordinare le Forze di polizia. L'Unione delle province d'Italia ha dovuto compiere un'azione incredibile per fare in modo che le polizie provinciali potessero attuare un'azione di controllo sulla viabilità provinciale.
Anche questo denota una grande arretratezza culturale rispetto al problema. Pertanto, è necessario un elemento di


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regia comune, un coordinamento, non so se della Presidenza del Consiglio, o del Ministero dell'interno, ma occorre che qualcuno coordini sistematicamente questa azione sul territorio, altrimenti non ne verremo mai fuori.
Anche in relazione all'introduzione di mezzi tecnici per controllare lo stato di salute di un individuo, oppure lo stato in cui si trova nel momento in cui guida un'automobile, quindi per verificare se abbia assunto sostanze stupefacenti o abbia ecceduto nell'uso dell'alcool, noi siamo ancora enormemente lontani dai dati europei.
In Francia, nel 2006, hanno raggiunto gli 11 milioni di controlli, mentre qui stiamo parlando della prospettiva di un milione di controlli. È un problema drammatico nel suo insieme, per cui o riusciamo a mettere insieme le forze e a prevedere anche nella finanziaria interventi concreti, che siano a favore delle Forze dell'ordine per far sì che il controllo sia sistematico, altrimenti rischiamo di fare un'altra petizione di principio senza raggiungere alcun risultato.
Infine, desidero porle un'ultima domanda, scusandomi se mi sono dilungato. Come si intende operare? Lei, come viceministro, intende promuovere all'interno del disegno di legge n. 2480 alcune modifiche, oppure nella difficoltà di avere un testo definito prima dell'estate - il rischio è reale - intende promuovere un'azione collaterale diversa e chiede a questa Commissione di entrare su questo spaccato di argomento e di interessarla affinché si arrivi a un provvedimento di urgenza?
Queste sono due strade completamente diverse. Noi vorremmo conoscere il suo pensiero al riguardo, perché abbiamo letto le dichiarazioni del Ministro Amato ma, con tutto rispetto, soltanto all'indomani dell'ultimo incidente che si è verificato. Non avevamo, invece, letto alcunché mentre discutevamo alla Camera di questo angoscioso e angosciante problema.

SILVIA VELO. Sarò brevissima, perché in realtà la relazione del viceministro, onorevole Minniti, e il dibattito che si è svolto finora in Commissione hanno già affrontato l'argomento, anche dopo la fase abbastanza lunga della nostra discussione sul disegno di legge n. 2480.
Anch'io, a nome del gruppo l'Ulivo, ringrazio il viceministro per la relazione ampia e dettagliata che ci ha fornito e che ci dà un quadro che in parte era già noto, ma che viene sviscerato in dettagli numerici e statistici più precisi.
Sottolineo un punto (l'abbiamo già fatto in Commissione, e io credo di essere tra coloro che lo fanno più spesso). A mio avviso, emerge uno sforzo di continuità rispetto alle azioni svolte dal precedente Governo, un riconoscimento dei risultati ottenuti dalla patente a punti, dalle riforme citate del 2002 e del 2003. Credo che sia un dato di per sé positivo che, purtroppo, dobbiamo sottolineare perché non sempre contraddistingue l'azione di chi governa il nostro Paese, a prescindere da chi lo fa.
I temi che affrontiamo in questa Commissione, in particolare, richiederebbero uno sforzo unitario di medio e lungo periodo, più adeguato di quello che ciascuno di noi riesce a produrre, perché l'ammodernamento infrastrutturale richiede una programmazione di questo tipo, come la modifica di una cultura della legalità, della sicurezza, del rispetto e della vita richiede un'azione di medio e lungo periodo trasversale. Purtroppo, non sempre questi temi sono adeguatamente condivisi nel quadro politico nazionale. Soprattutto per questo motivo trovo particolarmente apprezzabile la relazione del viceministro Minniti.
Inoltre, vorrei che riuscissimo a diventare un Paese in cui i problemi si affrontano a prescindere dalle emozioni del momento. Molti di voi hanno fatto riferimento al dibattito che si è svolto in aula sul disegno di legge n. 2480 che ha visto una discussione su un modello culturale, anche di comportamento, traversale rispetto a un'impostazione sui controlli, soprattutto sul tema della guida in stato di ebbrezza e sotto l'effetto di stupefacenti, ma non solo.


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Vorrei altresì ricordare che molto spesso si è manifestata un'insofferenza in aula sul tema del superamento dei limiti di velocità, oppure sull'uso dei telefonini mentre si è alla guida, un comportamento sicuramente pericoloso. In maniera trasversale, c'è stata un'insofferenza in aula rispetto all'aumento e all'inasprimento delle sanzioni. Il dibattito, dunque, è stato particolare.
Tuttavia, se l'avessimo affrontato la settimana scorsa sull'onda degli eventi tragici che hanno occupato forse anche casualmente le cronache - purtroppo sono eventi che avvengono tutti i mesi -, probabilmente il dibattito sarebbe stato diverso. Ciò dimostra che il nostro è un Paese - il Parlamento ne è lo specchio, in parte - immaturo, che discute sull'onda delle emozioni del momento e dell'appartenenza di ciascuno di noi all'opposizione o alla maggioranza che governa in quel momento. Se riuscissimo a compiere questo sforzo, non solo sulla sicurezza stradale, ma più in generale, forse saremmo più europei di quanto non lo siamo oggi.
Nel dettaglio, condividiamo l'impostazione che si basa sulla necessità di controlli, formazione, informazione, educazione e adeguamento normativo. Il numero dei controlli - tema che lei evidenzia e sul quale pongo una domanda - dipende dalla Polizia stradale? Lo chiedo perché mi sembra troppo elevata la differenza tra i nostri controlli (un milione) e quelli effettuati in Francia (undici milioni). A questo proposito, emerge il tema del coordinamento, per cui sarebbe utile riuscire...

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Il problema è capire se vengono effettuati adesso: ora sono molto meno di un milione.

SILVIA VELO. Ma solo da parte della Polizia stradale, o da tutti gli organi di polizia?

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Tutte le Forze di polizia. Al momento sono molto meno di un milione.

SILVIA VELO. Allora non vi è solo un problema di numero...

PRESIDENTE. Sono stati esternalizzati.

MARIO RICCI. Li hanno pagati!

SILVIA VELO. Però credo che ci sia un problema strutturale che riguarda il coordinamento tra le Forze dell'ordine. Anch'io condivido il fatto che sui territori le prefetture possano e debbano essere messe nelle condizioni di svolgere un coordinamento più adeguato, perché sono quelle che possono chiamare gli enti locali, la Polizia comunale, la Polizia provinciale, i Carabinieri, la Polizia e la Polizia stradale.
Forse si rende necessaria una riflessione su quante delle nostre Forze dell'ordine sono impiegate in maniera operativa e quante su compiti amministrativi o di altra natura, perché non mi pare che, in assoluto, il numero totale degli addetti alle Forze dell'ordine in Italia sia a tal punto inferiore in confronto al resto d'Europa, rispetto al minor numero dei controlli che riusciamo a compiere.
Io sono in Commissione giustizia dove stiamo discutendo dell'ordinamento giudiziario. Ebbene, anche in quella sede emerge che il numero dei magistrati in Italia è in media con quello europeo, ma i magistrati operativi sono meno rispetto al resto d'Europa, perché impiegati in altro.
Sul tema del coordinamento, quindi, credo che dobbiamo impegnarci come Commissione, così come sui temi della formazione, dell'educazione e dell'informazione.
Il tema delle infrastrutture è stato affrontato. Tengo a sottolineare senza polemica, come dico ogni volta, che se c'è stata discontinuità tra il precedente Governo e l'attuale il segno è stato dato dal decreto legge Visco-Bersani del luglio del 2006 con cui questo Governo ha rifinanziato i cantieri di ANAS e Ferrovie dello Stato che erano privi di finanziamento. Questo è bene ricordarlo ogni volta.
Esiste un'altra questione, quella della segnaletica, che noi abbiamo affrontato


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nella discussione e sulla quale ci sono studi e indagini. La segnaletica stradale in Italia è per l'80 per cento fuori norma, tanto da essere anch'essa fonte di pericolo sulle strade. Anche questo tema necessita di un coordinamento forte, perché le competenze sulle nostre strade sono sbriciolate fra livelli istituzionali diversi.
Concludo con la questione delle normative. Non so che cosa succederà in Senato, ma so che cosa è accaduto alla Camera e l'ho detto. Il Senato affronta questa discussione con due novità. La prima è quella che accennavo prima: purtroppo ci troviamo in una situazione emotivamente più attenta di quella con cui l'abbiamo affrontata precedentemente. Dico purtroppo perché è stimolata da eventi straordinari. La seconda novità riguarda il fatto che il Senato la affronta con la necessità, invece, di accelerarne l'approvazione.
Si dovrebbe trovare il giusto equilibrio affinché, come è stato detto, il Ministero dell'interno contribuisca, insieme al Ministero dei trasporti, a formare una normativa che prenda atto dell'oggettività dei fatti. Se si guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti, si rischia di uccidere qualcuno e lo si fa conoscendo il rischio che si corre, di conseguenza bisogna che lo Stato metta in campo gli strumenti, anche legislativi, adeguati.

ANTONIO ATTILI. Vorrei, innanzitutto, ringraziare il viceministro Minniti, dal momento che ha portato con questa sua comunicazione un importante contributo, che però avremmo preferito avere prima: probabilmente, ci avrebbe aiutato a maturare in questa Commissione e poi nel dibattito parlamentare qualche decisione più precisa rispetto ad alcune questioni che vengono qui individuate.
Voglio rapidamente dire che il clima che c'è sempre stato in questa Commissione su tali problemi è positivo, di confronto di merito e tale deve essere mantenuto. È chiaro che ci sono delle differenziazioni dovute a impostazione culturali, ma sono a mio parere, senza voler polemizzare, trasversali.
Nel dibattito in Parlamento - parliamoci chiaro, collega Uggè - su alcuni emendamenti chiave il gruppo di Alleanza nazionale ha votato in un modo, il gruppo di Forza Italia in un altro, quello dell'UDC in un altro modo ancora, il gruppo della Rosa nel Pugno...

SERGIO PIZZOLANTE. La Rosa nel Pugno sta nella maggioranza...

ANTONIO ATTILI. Il gruppo della Rosa nel Pugno ha votato in un altro modo e noi in un altro ancora. Ed erano questioni delicate. Faticosamente abbiamo raggiunto un compromesso. Probabilmente, non è il meglio che avremmo potuto fare, però è il punto di mediazione che siamo riusciti ad ottenere alla Camera dei deputati.
Un punto delicato - lo citava il viceministro Minniti nella relazione - è quello della confisca del veicolo. Personalmente - ho svolto anche un intervento in aula, che troverete agli atti - ritengo che il veicolo debba essere confiscato, esattamente come qui si dice, se di proprietà della stessa persona che guida. Non siamo riusciti a far passare questa norma, ma ci si può tornare e ragionare. Bisogna valutare se sia utile che oggi il Senato approvi il provvedimento che la Camera ha licenziato così com'è per renderlo immediatamente operativo - e successivamente tornare a discuterne - o se invece sia preferibile che vi apporti delle modifiche. D'altronde non glielo possiamo impedire. Resta il fatto che questo allungherebbe i tempi, perché è evidente che il provvedimento slitterebbe, ovviamente, al mese di settembre.
Si può ragionare in proposito, ma si tratta di un provvedimento su cui si può ritornare successivamente. Sono a conoscenza del fatto che alcuni rappresentanti del gruppo di Rifondazione comunista non sono d'accordo su questa impostazione, però è un problema sul quale si può tornare a riflettere, non solo perché nelle ultime settimane si è verificata una serie di incidenti gravissimi, ma perché già allora ritenevamo - lo sapete, perché questo discorso è stato già fatto - che quel


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provvedimento, probabilmente, sarebbe stato estremamente incisivo.
L'aspetto che colpisce nella relazione del viceministro Minniti è l'enorme e abissale differenza delle nostre capacità di controllo rispetto al resto dell'Europa. A questo proposito, rivolgo al viceministro una domanda. È chiaro che saranno necessari risorse e personale, ma già oggi - ho posto la questione alla Camera e la ripropongo a lei - è possibile, facendo un'attenta ricognizione delle forze che possiamo mettere in campo, dalla Polizia stradale agli altri corpi, elevare il livello dei controlli che effettuiamo sulle strade? Possiamo compiere tanti ragionamenti, ma la sicurezza è un sistema nel quale, come sappiamo perfettamente, intervengono diversi fattori. Tuttavia, quello relativo al controllo è importantissimo. Quindi, se accanto al deterrente delle norme più incisive - che lei ha opportunamente ricordato in tutta la prima parte della relazione, sottolineando gli effetti positivi che l'introduzione della patente a punti ha generato - predisponiamo una credibile azione di contrasto, probabilmente troviamo un terreno sul quale i risultati si vedono immediatamente.
È chiaro che ci sono anche problemi di fondo, non facili da risolvere, ma la linea di tendenza deve essere chiara. Ad esempio, il ragionamento delle intermodalità, come ricordava la collega Velo. Se le ferrovie stessero ferme, non svolgerebbero più neanche il lavoro quotidiano. Se non spostiamo una quota di traffico sul ferro, come pensiamo di ridurre i costi esterni (inquinamento e costi umani)? È un problema serissimo, che dobbiamo affrontare.
Allo stesso modo, per quanto riguarda le autostrade del mare, ci sono dei ritardi, ma finalmente qualcosa si è mosso. Lo stesso discorso vale per tutta una serie di coordinamenti tra gli enti locali, le province e, come il viceministro Minniti propone, le prefetture. È certo che, dove le risorse e le forze sono poche, se manca il coordinamento, si rischia di disperdere gli interventi in mille rivoli. Quindi, sotto questo profilo ritengo che ci sia ancora molto da fare.
Voglio ribadire che, sul provvedimento che abbiamo adottato, c'è stata o una comunicazione insufficiente o una deformazione da parte di molti mass media, che francamente ci ha lasciato estremamente perplessi e anche amareggiati. Quello che abbiamo cercato di realizzare nel campo della prevenzione e della formazione, il nuovo ruolo della scuola guida, la possibilità per i sedicenni di cominciare a chiedere la patente con il tutor, tutto questo è stato ridicolizzato e messo alla berlina da persone che, non so a che titolo, sono intervenute per dire che era un'ulteriore apertura al lassismo, quando invece si tratta di una questione seria. Tra l'altro, c'erano vincoli precisi, come ad esempio quello che stabilisce che il tutor deve avere la patente da almeno dieci anni. È un tentativo di portare i giovani alla cultura della prevenzione. Di questo, ritengo dovrebbero occuparsi non tanto le scuole, che se dovessero insegnare tutto quello che chiediamo, onorevole Moffa, dovrebbero lavorare ventisette ore su ventiquattro (perché dovrebbero fare educazione stradale, alla salute, sessuale, all'alimentazione, al territorio e chi più ne ha più ne metta), quanto le scuole guida.
Poiché abbiamo una rete capillare di scuole guida diffuse sul territorio, propongo di vedere come si possano utilizzare, dando incentivi o in altri modi. Studiamo come utilizzare una rete che è diffusa nel Paese e che può essere un utile supporto a un ragionamento di prevenzione, di miglioramento e di formazione.
Concludo il mio intervento invitando a mantenere un confronto di merito, perché ritengo ci sia ancora molto da fare. Tuttavia, credo che il provvedimento che abbiamo adottato alla Camera rappresenti un passo avanti positivo e auspico che fra ministeri vi sia un maggiore coordinamento. È vero che alla Camera abbiamo visto il Ministro dei trasporti, ma non gli altri ministri, nemmeno chi ha poi invocato l'ergastolo per chi guida in stato di ubriachezza, come ha fatto, inopinatamente, il Ministro Di Pietro. Questo mi


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sembra eccessivo, viceministro Minniti; tuttavia, ognuno espone liberamente le proprie opinioni.
Voglio invitare noi tutti - lo ripeto - a compiere un ragionamento di merito e sollecitare un coordinamento maggiore tra i diversi Ministeri che svolgono politiche a volte a compartimenti stagni. È stata proposta la Presidenza del Consiglio: non se questa ipotesi sia plausibile ma, comunque, è un punto da valutare.
Sappiamo che non risolveremo il problema in poco tempo, in sei o sette mesi, ma la strada intrapresa è, a mio parere, quella giusta. Naturalmente, servono più risorse, controlli, coordinamento ed è necessario precisare e migliorare le norme sulle quali abbiamo messo mano e che sono suscettibili di miglioramenti ulteriori.
Non so se riusciremo a ottemperare a quanto l'Europa ci chiede. Me lo auguro nell'interesse dei giovani e delle persone che muoiono sulle strade. Deve esserci, però, l'impegno di tutti, dal Parlamento al Governo e a tutti i soggetti che lavorano in questo settore.
Concludendo, permettetemi di lanciare la seguente idea: è possibile e che problemi comporterebbe trovare tutti insieme un punto di accordo riguardo al chiedere ai costruttori di automobili di non costruire vetture che superino una certa velocità? Proviamoci!
Il problema è che si costruiscono automobili che raggiungono i 230 chilometri orari, le si mette in mano a dei giovani e si chiede loro di andare a 130 chilometri orari. Non lo fanno.
Noi abbiamo posto dei limiti, generando uno scontro molto aspro anche all'interno della maggioranza, sulle automobili potenti usate dai ragazzi neopatentati. Questa, però, potrebbe essere un'idea bipartisan, sulla quale troveremmo sicuramente grande opposizione, ma che sarebbe in prospettiva una scelta coraggiosa verso la sicurezza.

MARIO RICCI. Ci troviamo a discutere di una parzialità, come la sicurezza stradale, che abbiamo incontrato molto spesso nei nostri ragionamenti di questo anno e mezzo, quando abbiamo parlato, come recentemente all'interno del DPEF, del riequilibrio delle modalità di trasporto nel nostro Paese, delle modifiche al codice della strada con il disegno di legge sulla sicurezza stradale e della mozione in aula nella circostanza della settimana mondiale della sicurezza. Insomma, repetita iuvant. Anche la relazione che ha prodotto il viceministro Minniti è puntuale rispetto a un quadro drammatico, sia in termini di costi umani, sia per la finanza pubblica e l'insieme del sistema pubblico del nostro Paese. Quindici miliardi di euro (circa 30.000 miliardi di vecchie lire) sono una finanziaria tout court, oltre ai costi umani e ai drammi sociali che si determinano per l'alto tasso di incidentalità mortale e grave sulle nostre strade.
Non voglio riportare indietro la discussione. Già nel confronto che abbiamo sviluppato in Commissione e in aula sul disegno di legge del Governo per quanto riguarda la sicurezza stradale abbiamo sottolineato un punto dal quale bisogna ripartire.
Tutti abbiamo affermato l'impegno comune per sviluppare, interrogandoci, una politica istituzionale e di Governo volta a dimezzare e, quindi, a prevenire fortemente le cause che determinano oltre 5.000 morti sulle strade nel nostro Paese. Non c'entra il proibizionismo o l'antiproibizionismo. Questo è un comune obiettivo che, tuttavia, deve essere rivisitato e riconquistato anche sulla base di un'analisi effettiva e reale dei risultati o dei non risultati conseguiti nel corso di questi anni. Questo è il punto. Abbiamo in mano una strumentazione, volta per volta modificata, che non ci ha aiutato nella conquista di questo obiettivo. Su questo vogliamo misurarci e, quando assumiamo determinate posizioni, le rappresentiamo e le illustriamo in maniera tale da dimostrare che alcune strumentazioni, anche quelle normative e legislative, non producono con efficacia i risultati che siamo intenzionati a perseguire.
Lei ha fatto riferimento al risultato positivo legato all'introduzione della patente a punti nel primo semestre del 2004.


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C'è stato un evidente calo del tasso di incidentalità mortale e grave sulle strade italiane, e questo è un bene. Successivamente, invece, siamo andati incontro a un adagiamento sui vecchi dati che manifestavano la grave entità di questo fenomeno. Vogliamo interrogarci sulle ragioni? È evidente che un provvedimento che colpiva lo strumento primo - ovvero la patente - per la guida dell'automobile e la circolazione sulle strade, inizialmente è stato un forte deterrente, ma poi ha smesso di esserlo perché, a nostro avviso, i controlli non sono stati così diffusi, permanenti ed estesi sulle strade statali e sulle autostrade e i cittadini hanno registrato questa assenza, tornando gradualmente alle consuetudini degli anni precedenti.
Abbiamo parlato dei 15 miliardi di costi derivanti dal fenomeno della mortalità e dai gravi incidenti stradali che si verificano sulle strade italiane. Dico, allora, di spenderne altri due! Lo so benissimo che abbiamo un quadro finanziario dissestato, ma senza investimenti cospicui, raddoppiati o moltiplicati, non potremo essere al livello degli altri Paesi europei per quanto riguarda i controlli (in Francia ne sono stati fatti undici milioni). Questo è il deterrente che può, in qualche modo, incidere nello scoraggiare certi comportamenti, e non già, come abbiamo sostenuto, un inasprimento generalizzato su tutto l'insieme degli strumenti (che pur ci deve essere).
Nel corso della discussione, ad esempio, abbiamo insistito molto sull'inasprimento relativo alla sospensione della patente, lo strumento primo per la circolazione sulle strade.
Lei ha parlato di un milione di controlli, ritenendo la cifra consistente; tuttavia, rispetto agli undici milioni degli altri Paesi europei, dove sono già stati conseguiti dei risultati...

ANTONIO ATTILI. Anche con l'inasprimento delle pene, Ricci!

MARIO RICCI. Non possiamo continuare a discutere senza l'intenzione di capirci.
Ho detto che se si attua solo un inasprimento senza fare contemporaneamente dei controlli va a finire come con la patente a punti. Detto questo, il mio partito tacerà per alcuni anni, ma ora vogliamo sottolineare che certi inasprimenti non li valutiamo efficaci: non solo non ci convincono dal punto di vista culturale, ma non producono nemmeno risultati. Ad esempio, la confisca di un mezzo può produrre un risultato per alcuni mesi, dopodiché, onorevole Attili, se una famiglia italiana, quando acquista un mezzo, stipula, secondo la norma vigente, un contratto plurimo - com'era già previsto anche nel disegno originario del Governo sulla sicurezza stradale - quel mezzo non può essere confiscato. Se il figlio guida un mezzo intestato a lui ma anche alla madre e al padre, quel mezzo non può essere sequestrato perché il figlio che ha causato l'incidente non ne è proprietario assoluto. Dico questo per spiegare quali meccanismi scattano.
Ritorno al punto fondamentale: il Governo deve decidere e orientarsi verso un massiccio investimento, per moltiplicare, sviluppare e professionalizzare i controlli sulle nostre strade. Non chiamo in causa - ma solo per farla breve - gli elementi strutturali che aiuterebbero a superare progressivamente il grave fenomeno della mortalità sulle nostre strade.
In Italia circolano 41 milioni di automobili: è necessario creare una mobilità sostenibile, disincentivando i trasporti su gomma e l'uso del mezzo privato, sostituendo quest'ultimo con altre forme di trasporto collettivo di passeggeri; è ovvio che questo è il punto di fondo, conquistabile attraverso politiche programmate per diversi anni, ma ritengo che anche gli strumenti transitori di repressione e di controllo siano abbastanza importanti.
Ad esempio, a nostro avviso l'arresto è un provvedimento culturalmente regressivo. Nel caso in cui venga riscontrato un tasso alcolico superiore all'1,5 per cento a qualcuno che ha provocato un incidente, se è un incidente di cui porta la responsabilità


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grave (ad esempio, un incidente mortale) viene già punito con l'arresto, poiché si tratta di omicidio colposo.
Pertanto, alcune dichiarazioni di ministri o viceministri a volte non sono puntuali e servono solo a creare allarme e a far leva sull'emotività propria del senso comune di fronte ai drammi del venerdì, del sabato e della domenica sera.
Faccio un altro esempio sui controlli, che devono essere anche mirati: se il punto dolente è quello del venerdì sera e del sabato sera, devono essere rafforzati e moltiplicati in maniera massiccia fino a tarda ora i controlli fuori dai luoghi di divertimento, per prevenire il più possibile incidenti mortali determinati dalla assunzione di alcol e di stupefacenti da parte dei giovani.
Questo è un deterrente, un modo per prevenire gli incidenti. A me non interessa arrestare chi ha già ucciso qualcuno in un incidente stradale: io voglio intervenire prima, per evitare che ciò possa accadere.
Poiché sappiamo che nel nostro Paese le zone di divertimento sono abbastanza concentrate - cito l'esempio della costa romagnola o della Versilia -, fuori da questi luoghi, a distanza di cento, duecento metri deve esserci una massiccia presenza della Polizia, dei Carabinieri e dei vigili urbani, affinché possano fare controlli immediati. È un modo per impedire di guidare la macchina, mediante contravvenzione e sospensione della patente, a chi è in stato di ubriachezza o ha assunto stupefacenti oltre il tasso previsto dalla normativa.

ANTONIO ATTILI. Si beve anche nei bar e nelle bettole.

MARIO RICCI. Ho capito, lo so benissimo, ma intanto iniziamo da lì! Anche nelle autostrade si beve! Si parla tanto di controlli, cominciamo a farli in questo modo.
Ho fatto un esempio su come sia possibile fare controlli mirati; è ovvio che non si possa militarizzare il territorio e avere in ogni angolo carabinieri, poliziotti e vigili. Si può tentare questa operazione? Sicuramente ha dei costi, ma previene costi maggiori (per non parlare dei costi sociali, come i drammi che crea nelle famiglie).
Termino qui il mio intervento. Se vogliamo riprendere una discussione molto pacata e molto serena facciamolo pure, ne verificheremo i risultati da qui a uno o due anni, con l'umiltà - lo dico in questa Commissione, e mi auguro che tra qualche anno ci ritroveremo in questa sede, gli stessi protagonisti di oggi - di fare una verifica oggettiva dei risultati conseguiti.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Campa, con la preghiera di essere breve. Vi sono ancora tre interventi, e il viceministro deve replicare. Abbiamo a disposizione non più di quindici minuti.

CESARE CAMPA. Sarò brevissimo, anche se su questo argomento dovremmo parlare molto più a lungo; in ogni caso, ha già parlato in maniera molto esaustiva il collega Uggè.
La collega Velo ricordava, prima, la collaborazione che dovrebbe esserci, e che c'è sempre stata, in questa Commissione. Sarebbe a mio avviso opportuno che la relazione del viceministro fosse inviata a tutti i parlamentari, in maniera tale che si possa estendere questa visione. È una relazione che io condivido molto e che, per certi aspetti, è stata messa in risalto molto bene prima dal collega Uggè.
Il collega Attili ha parlato di trasversalità, e mi riferisco solo a quest'ultimo intervento come esempio per far capire che un eccesso di garantismo in aula c'è stato e ha impedito di mettere in moto quei processi virtuosi per la realizzazione di una cultura della sicurezza. Ciascuno deve guardare in casa propria. Forse è vero che, seguendo il suo invito, potremmo cercare di fare delle maggioranze variabili rispetto a questo tema, ma non accadrebbe assolutamente nulla, perché molto spesso si parla e poi al momento opportuno non si opera di conseguenza.
Vorrei ricordare a lei, onorevole Attili, e a me stesso, che sull'apprendimento anticipato noi avevamo proposto, se non


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ricordo male, 3.000 ore di apprendimento e 20 ore di scuola guida, ma la maggioranza in aula mi sembra abbia ridotto di gran lunga queste indicazioni. Lo stesso dicasi per la proposta, da noi avanzata, che il tutor non superasse i sessant'anni di età: il significato di questa proposta era che la figura del tutor fosse rappresentata dal padre e non dal nonno (Commenti del deputato Attili).
Ognuno ha le sue idee; tuttavia possiamo dire che se il discorso è stato annacquato non è tanto per un problema di maggioranza trasversale, ma per un problema all'interno della maggioranza stessa.
A me piacerebbe molto sapere dal signor viceministro, molto attento e puntuale (e che ringrazio), quando darà corso alla richiesta unanime, rivoltagli dal Parlamento, di avere certezza sui parametri di controllo territoriale che dovrebbero essere messi in moto, per capire cosa venga fatto nelle diverse zone, a Venezia come da altre parti.
Il tempo è tiranno, quindi procedo velocemente. A proposito dei dati di cui si è parlato, sui controlli fatti dalle pattuglie e sul loro aumento - 3 per cento nel 2005-2006 e 9 per cento nel 2007 - credo siano dati senz'altro relativi a zone d'Italia non della provincia di Venezia. Per questa zona, infatti, dal mese di marzo ad oggi ho presentato ben cinque interpellanze parlamentari, tre interrogazioni e una lettera al ministro (senza ricevere risposta alcuna), perché nei giorni 9 e 10 marzo, in tutta la provincia, da Chioggia a Portogruaro, le dieci macchine in dotazione alla Polizia sono rimaste ferme in quanto obsolete, e quella notte siamo rimasti senza alcun controllo.
Qualcuno potrà dire che abbiamo risolto il problema perché è stato siglato il patto della sicurezza, ma non è così perché il collega sottosegretario, e nostro amico, Stradiotto, ha ricordato proprio ieri sul Gazzettino che nove delle dieci macchine dei Carabinieri della provincia di Venezia sono inutilizzabili, e i controlli vengono fatti con una Panda.
Non vi è ombra di dubbio, quindi, che abbiamo bisogno di aumentare i controlli e che occorrano delle risorse, mentre sembra quasi che questo Governo si sia in qualche modo affannato a togliere risorse proprio al comparto al quale dovrebbero essere date. La stessa Rifondazione comunista - il che è tutto dire - chiede di aumentare le risorse a favore della Polizia e dei Carabinieri, e a me sembra che questo Governo abbia un atteggiamento ondivago nei confronti di questo argomento, quasi si volesse proibire alle Forze dell'ordine di fare il proprio dovere.
Sebbene io abbia molte cose da dire, mi rendo conto che i tempi sono molto ristretti; pertanto consegnerò queste mie interpellanze alla presidenza e al viceministro. Spero di avere delle risposte, soprattutto per quanto riguarda il tema della sicurezza stradale che, obiettivamente, deve vederci tutti quanti impegnati; ma non a parole, bensì con i fatti.
Voglio ringraziare il collega Uggè, che ha coordinato in questi giorni un gruppo di lavoro di Forza Italia, che sta presentando una proposta di legge che, guarda caso, si ritrova perfettamente in queste linee. Lei propone un coordinamento svolto da un'articolazione del Ministero dell'interno - il coordinamento è il dramma -, mentre noi parliamo di un'agenzia; l'importante è che questo coordinamento ci sia, che i dati siano messi a disposizione e che ciascuno, al di là di quello che vorrebbe fare, agisca concretamente nella prevenzione e nella giusta direzione che io, onestamente, pur facendo parte della minoranza, riconosco essere indicata in questo documento.
A dire la verità, avevo trovato questa corrispondenza anche negli emendamenti e nella proposta di Forza Italia che, incomprensibilmente, non è stata accettata. Consegno il resto del testo scritto.

PRESIDENTE. Vorrei ricordare ai colleghi che stiamo discutendo da mesi. Il viceministro Minniti ha fornito dei numeri aggiornati, esponendoci un ragionamento molto compiuto,


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SERGIO PIZZOLANTE. Tutti hanno messo in evidenza che la questione decisiva è quella dell'incremento dei controlli. Lei, viceministro Minniti, dice nella sua relazione che l'obiettivo è quello di arrivare ad un milione di controlli; tuttavia le chiedo - se ha a disposizione questo dato, altrimenti ce lo farà sapere - come intendiamo partire e come il ministero intenda arrivare ad un milione di controlli. Che tipo di investimenti intende fare?
Sono stati forniti dati precisi rispetto all'incremento degli incidenti e della mortalità il venerdì, sabato e domenica, e in alcune fasce orarie della notte, il che significa che questo fenomeno è legato principalmente al problema delle stragi del sabato sera e delle discoteche (ma non solo). Io vivo a Riccione, proprio nel triangolo delle discoteche, e spesso le macchine si schiantano sotto casa mia, per intenderci.
Vorrei sapere - non oggi, magari troveremo il modo per un aggiornamento - se sia possibile conoscere i dati relativi a questo fenomeno: è possibile sapere se, e in che misura, esiste un incremento di controlli proprio in quei giorni? Il venerdì, il sabato e la domenica i controlli crescono o diminuiscono? È possibile conoscere questi dati, eventualmente anche rapportati ai diversi territori? Potrebbero esserci dei territori in cui i controlli aumentano, ma magari non ce ne sarebbe bisogno, e zone calde per questi fenomeni, in cui i controlli invece diminuiscono. Le chiedo, pertanto, di farci avere anche dati riferiti ad un incremento o decremento sul territorio.
Da ultimo, vorrei sapere se sia possibile avere un confronto fra i controlli della Polizia stradale, dei Carabinieri, della Polizia municipale; questo non perché io voglia fare le pulci a chi fa i controlli, ma per capire, ad esempio, il ruolo che in alcuni territori svolgono il comune, la Polizia municipale e gli enti locali, non soltanto lo Stato.
Se riuscissimo ad avere questi dati, molto probabilmente le risposte rispetto al tema dell'incremento del controllo potrebbero essere più efficaci.

CARLO CICCIOLI. Premesso, ovviamente, che condivido integralmente quanto già affermato dall'onorevole Moffa e, trasversalmente, anche da molti altri colleghi, intendo sottolineare due aspetti che ritengo importanti e che sono stati citati nella relazione solo di sfuggita.
Ritengo utile la creazione di un'anagrafe, di un registro dei luoghi in cui avvengono maggiormente gli incidenti gravi. Percorrendo le strade si vedono spesso dei cippi o dei fiori in determinati punti: quelli sono i punti «neri», che non vengono mai modificati.
Vorrei ricordare un caso del mio territorio: un punto di confluenza tra strade su una provinciale per il quale, solo dopo otto morti, un comitato di sindaci, amministratori e cittadini ha finalmente imposto di realizzare una rotatoria, e di cambiare la viabilità.
A mio avviso, dunque, occorre realizzare il registro dei punti «neri» degli incidenti, che sarebbe sicuramente utile ai fini della prevenzione. Personalmente sono addirittura favorevole a costituire un fondo speciale, perché le amministrazioni concordano con l'iniziativa ma non hanno i soldi, e l'ANAS dichiara di non avere risorse per farlo. Individuiamo, quindi, un capitolo di bilancio, un fondo speciale a cui attingere per eliminare questi punti di rischio.
Un altro intervento potrebbe riguardare il blocco della circolazione in determinati orari. Può sembrare eccessivo, ma se è vero che i controlli vanno intensificati, moltiplicati, centuplicati, è altrettanto vero che è difficile farlo; bisognerebbe, ad esempio, fare controlli a tappeto nei parcheggi delle discoteche e nei luoghi di aggregazione giovanile. Ma come fare? Arrivano migliaia di macchine e fare migliaia di test diventa impossibile, bisognerebbe impiegare un numero infinito di uomini. Facendo controlli a campione, il grosso, comunque, sfugge sempre.
A mio avviso, sarebbe opportuno iniziare a pensare e progettare blocchi della circolazione in determinate aree e in certi orari. È l'unica soluzione. Per fare un esempio - anche se non è una soluzione


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estensibile - in certi centri minori dell'entroterra, i sindaci e le amministrazioni locali hanno messo a disposizione per i giovani del paese gli scuolabus, fuori dai locali e negli orari di rientro. Certo, questo è risolutivo per i piccoli centri e non per quelli grandi, tuttavia è necessario cominciare a fare delle aree progetto e andare in questa direzione.

EZIO LOCATELLI. Vorrei, innanzitutto, ringraziare il viceministro Minniti per la sua presenza. Tuttavia, vorrei subito lamentare un limite e un rischio della discussione che stiamo affrontando in questa sede, vale a dire il rischio di un approccio settoriale: stiamo svolgendo questa discussione da due mesi, ma ogni dicastero porta la sua ricetta.
Il Ministero dell'interno propone, sostanzialmente, un inasprimento dell'impianto sanzionatorio sulla base di una tesi assolutamente fondata, ovvero che questo inasprimento sarebbe un fattore, in qualche modo, risolutivo e decisivo dei problemi della sicurezza; il Ministero delle infrastrutture propone uno sviluppo di tutto il sistema viario e stradale, in contraddizione con le cose che lei, sostanzialmente, ha detto in apertura del suo intervento, ovvero che è il dato macroscopico che giustifica il ritardo del nostro Paese rispetto agli altri, fino ad arrivare al dato paradossale contenuto nell'allegato delle infrastrutture, in cui il 55 per cento dei finanziamenti viene destinato alla realizzazione di nuove autostrade e di grandi opere viarie; infine, il Ministro dei trasporti avanza, io credo giustamente, delle proposte di mobilità sostenibile con il rischio che molte rimangano, però, sulla carta.
Io ritengo che una prima proposta possa essere quella di mettersi d'accordo e di fare in modo che le molte dichiarazioni di intenti e le molte proposte emerse durante questa discussione, che dura da due mesi, siano almeno minimamente in connessione fra di loro. Come ho detto, invece, il Ministro dei trasporti fa alcune proposte, il Ministro delle infrastrutture va nella direzione esattamente contraria e il Ministro dell'interno, con una logica settoriale, propone altro ancora.
Concludo dicendo che, in una visione complessiva, si avverte la necessità di insistere molto su interventi di prevenzione. Sono d'accordo con il collega Ricci sull'incremento del sistema dei controlli e avanzo la proposta di fare una revisione del codice della strada che preveda una maggiore destinazione vincolata di alcuni introiti contravvenzionali, da investire nell'aumento dei controlli.
Infine - e su questo sono d'accordo con lei e con la proposta che ha formulato - ritengo necessaria una serie di risposte per quanto riguarda i comportamenti di guida, che richiede naturalmente anche un intervento di riorientamento delle linee di condotta culturale.
Credo che in primis dobbiamo discutere di risorse da destinare a queste finalità. Torno a ribadire la necessità di una maggiore connessione nella discussione e nelle proposte, rispetto alle diverse indicazioni che vengono, di volta in volta, formulate dai diversi dicasteri.

PRESIDENTE. La ringrazio. Ricordo a noi tutti che il Governo ha ancora dieci mesi di tempo per presentare la proposta di riforma del codice della strada. Questa Commissione ne ha la titolarità, avendo acquisito il diritto della doppia lettura. Pertanto, abbiamo di fronte questa opportunità.
Do la parola al viceministro Minniti per la replica.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Vorrei innanzitutto ringraziare per l'attenzione e per i contributi di merito che sono giunti alla comunicazione che ho presentato. Partendo dalla coda dell'intervento dell'onorevole Locatelli, non c'è dubbio che questo sia un contributo settoriale.
D'altro canto, ci è stata fatta un'esplicita richiesta e il Ministero dell'interno interviene nell'ambito di un'azione di indagine svolta da questa Commissione, dal punto di vista dei compiti e delle funzioni di polizia che il Ministero svolge nel campo della sicurezza stradale. A questo


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invito ho risposto con il tema che mi è stato assegnato. Ho la piena consapevolezza, dunque, del fatto che il mio intervento avesse un impianto di carattere settoriale.
Ho anche cercato, per quello che vale, di offrire a questa Commissione l'orizzonte di limiti strutturali che mi sembrava giusto segnalare, che fanno dell'Italia un Paese che ha un'assoluta eccentricità rispetto agli altri Paesi europei. I due dati a cui mi riferisco sono, da un lato, un'eccezionale presenza veicolare e una concentrazione di traffico veicolare tra le più importanti e le più significative in Europa - ho richiamato quei dati proprio per dire che l'intera questione della prevenzione sul terreno degli incidenti stradali deve collocarsi all'interno di un orizzonte di conoscenza anche dei parametri che sono propri del nostro Paese e confrontarli con quelli degli altri Paesi europei - dall'altro lato, l'elevato tasso di incidentalità, che fa del nostro Paese quello con le percentuali più alte in tutta Europa.
Sono due dati oggettivi, non forzature di carattere propagandistico. Lo dico perché questi dati comportano una riflessione più di fondo, ossia che, se i riferimenti sono quelli, è necessario, com'è stato qui detto da parte di tutti quanti, un intervento che non funga solo da tampone, ma che abbia l'orizzonte di saper intervenire su un complesso di questioni di carattere generale: il tema dell'intermodalità, il tema del sistema stradale e del sistema dei trasporti, il tema della cultura, dei diritti e dei doveri nel nostro Paese; tutte questioni sulle quali mi sembra necessario richiamare sempre l'attenzione nel momento in cui si vuole fare un intervento di carattere organico.
In questo orizzonte, che rivendico come assolutamente ineludibile, mi sono permesso, tuttavia, di sottolineare alcune questioni che riguardano più propriamente il mio dicastero, chiedendovi un'attenzione per un'azione comune. È chiaro che non posso parlare a nome del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dei trasporti, anche se ritengo del tutto legittima la richiesta di avere un forte coordinamento da questo punto di vista.
Venendo concretamente alle questioni, in primo luogo, specifico all'onorevole Uggè - vorrei chiarire questo punto, per evitare equivoci tra di noi - che quando ho parlato di costi economici, come lei potrà verificare guardando il testo, non mi riferivo ai morti, perché quello sarebbe certamente stato un riferimento discutibile e di cattivo gusto. Ho parlato del costo economico degli incidenti stradali nel nostro Paese. Gli incidenti stradali possono portare a un costo economico; i morti comportano un costo di civiltà. Se questo era il ragionamento che lei faceva, lo condivido, ma era già presente nella mia relazione.
La seconda questione riguarda il problema dei controlli. È chiaro che nel momento in cui viene qui il Ministro dell'interno, una delle questioni fondamentali è proprio il tema dei controlli, perché il Ministro dell'interno ha potestà per affrontare questo tema.
Posso dirvi che nelle condizioni date, che sono quelle, come voi sapete, di una sofferenza del comparto sicurezza per quanto riguarda le compatibilità economiche del nostro Paese, se per caso dovesse esserci un'attenzione maggiore da questo punto di vista - lo dico all'onorevole Ricci - il Ministero dell'interno non si strapperebbe certo le vesti, perché è del tutto evidente che avere più disponibilità economiche consente anche di affrontare in maniera più seria e rigorosa la questione dei controlli.
Tuttavia, voglio dire che, pur nel quadro delle compatibilità, noi abbiamo affrontato il tema di dotare le pattuglie della Polizia stradale in maniera immediata delle misurazioni relative al tasso alcolemico presente nelle persone che guidano le autovetture. Come avrete ascoltato nella mia relazione, noi ci impegniamo a raggiungere l'obiettivo di un milione di controlli nel momento in cui avremo completato anche la dotazione dei mezzi per


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effettuarli. Infatti, abbiamo incominciato a completare quella dotazione in questa fase.
Per essere equilibrato tra di noi, aggiungo che quando parliamo di dotazioni che mancano, non ci riferiamo agli ultimi sei mesi. Quando parliamo della mancanza e dell'obsolescenza dei mezzi a disposizione delle Forze di polizia, parliamo mediamente di un arco di tempo rapportabile tra i cinque e i sette anni. Lo dico affinché tra di noi il ragionamento sia equilibrato: un mezzo - mi rivolgo al collega Campa che parla delle macchine che si fermano - diventa obsoleto, per quanto riguarda le funzioni delle Forze di polizia, quando passano almeno sette anni. Ciò significa che questo è un tema che ci trasciniamo da un certo periodo nel nostro Paese. Occorre dotare le Forze di polizia degli strumenti; lo stiamo già facendo e questo ha già incominciato a produrre effetti.
Per quanto riguarda i controlli, i numeri sono questi. Tra il 1o gennaio del 2007 e il 30 giugno 2007, cioè in sei mesi, abbiamo effettuato circa 100.000 controlli. Si comprende perfettamente che se in un semestre si fanno 100.000 controlli, l'obiettivo di arrivare a 1 milione di controlli è particolarmente ambizioso e forte. So bene che 1 milione di controlli non sono gli 11 milioni che fa la Francia, ma passare da 100.000 controlli in sei mesi a 1 milione di controlli è un obiettivo particolarmente impegnativo.
Aggiungo, tuttavia, che in questi primi sei mesi - lo dico a coloro che in questa sede hanno fatto delle osservazioni di merito sulla questione - abbiamo riscontrato un tasso di positività di circa il 14 per cento. Questo è un tasso particolarmente significativo che non possiamo prendere sotto gamba. Scusatemi, ma su questa questione non c'entra nulla la cultura proibizionista o antiproibizionista, perché qui non siamo a livello di scelte individuali. La cultura proibizionista o antiproibizionista riguarda, appunto, le scelte individuali. Qui stiamo valutando un'altra cosa (Commenti dei deputati Ricci e Bono).
Non stavo polemizzando, ma sto facendo un ragionamento di carattere più generale. In questa sede stiamo parlando della questione se una persona non in possesso del controllo pieno delle sue facoltà mentali possa guidare o meno un mezzo, con il rischio di produrre danni agli altri. Questo principio mi sembra assolutamente sacrosanto, un principio di assoluto buonsenso. Il 14 per cento è una cifra particolarmente significativa.

MARIO RICCI. Il problema è se metterlo in galera!

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. No, non stiamo parlando di mandarlo in galera. La proposta che ho fatto è quella della confisca del mezzo, di vedere se il tasso alcolemico superi 1,5 grammi per litro nel sangue. Voglio citarvi i parametri europei: in Francia è 0,2 per i professionisti e 0,5, in Finlandia 0,5, in Danimarca 0,5, in Gran Bretagna 0,8, in Svezia 0,2 e in Norvegia 0,2. In Italia la proposta è 1,5, quindi significativamente più alto.
Vorrei trasmettere il messaggio che 1,5 grammi di alcol per litro di sangue è una dose particolarmente elevata; non si tratta di una misura vessatoria. Il fatto di punire un individuo che assume una tale quantità di alcool in qualche modo, attraverso la confisca del veicolo, io lo considero non una misura particolarmente afflittiva, ma un principio.
Su questo tema, vorrei raccomandarvi di porre la vostra attenzione, poiché rappresenta un punto cruciale. Se guardate agli effetti che ha avuto questa misura in altri Paesi europei, vi renderete conto che essa ha portato a un drastico abbattimento degli incidenti mortali. Ora, naturalmente, nessuno può dire che questa sia la carta che risolve tutti i problemi; tuttavia, essendo un provvedimento di impatto non particolarmente rilevante - non mi pare che coincida con una rilevante restrizione dei princìpi di libertà -, considererei la sperimentazione di questo meccanismo come un principio che raccomando fortemente. Stavo quasi per dire che si tratta di


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un punto ineludibile; comunque, quantomeno lo raccomando fortemente.
In secondo luogo, tutto questo comporta anche un'attività di formazione, sulla quale ho insistito per circa un terzo della mia relazione. Mi sorprende, quindi, che si possa dire che ho manifestato un impianto puramente repressivo. Di repressione ho solamente parlato per quanto riguarda la confisca dell'autoveicolo, che non mi sembra una misura particolarmente dura.
Al contrario, ho parlato per circa un terzo della formazione, specificando che essa deve essere fatta attraverso l'utilizzo di strumenti di comunicazione, come ho anche suggerito - attraverso lo studio, particolarmente interessante, che qui è stato svolto e che vi allego, dell'università La Sapienza di Roma sul rapporto tra i giovani e l'alcol - di investire le scuole. So bene - ha ragione l'onorevole Attili da questo punto di vista - che alle scuole diamo troppi compiti, tuttavia questo è un tema più propriamente di carattere formativo.
Lascio questo allegato, perché chi vorrà potrà guardarselo, così come chi vorrà potrà consultare il contributo delle forze della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri nel dettaglio. Non posso offrire il contributo delle polizie municipali perché, come lei sa, non dipendono dal Ministero dell'interno. Questo è un dato che ho già consegnato. È chiaro che posso fare un'indagine da questo punto di vista per consentire di avere un quadro di riferimento.

CESARE CAMPA. Negli accordi che lei ha stipulato con le città non è stabilito un raccordo...

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Sì, c'è un reciproco scambio. Tuttavia, questi accordi sono appena entrati in vigore, quindi è ancora presto per fare un'indagine statistica come quella che il collega suggeriva. Naturalmente ci lavorerò sopra e cercherò di farvi avere al più presto i dati.
Un'ultima questione. Quando parlo della confisca, il collega Ricci pone il problema della proprietà diversa. Il tema, tuttavia, può essere sempre affrontato, poiché se il conduttore dell'autovettura è il proprietario, la confisca è del tutto possibile. Se invece vi sono forme di comodato d'uso, si può passare a un fermo amministrativo sufficientemente lungo, in maniera tale da stabilire il principio che chi commette una grave infrazione, o per scarsa attenzione, o perché vuole eludere la legge, va incontro al fermo amministrativo del veicolo. Abbiamo già sperimentato tale soluzione per altri tipi di specificità e la misura ha funzionato.
Penso che sia molto importante poter sperimentare il principio del coordinamento tra i vari soggetti interessati - quindi le polizie municipali e nazionali - su questo terreno, dando un ruolo alle prefetture. Io la considero una soluzione possibile. Naturalmente, spetta al Parlamento valutare, ma non c'è dubbio, anche per le ragioni che avete menzionato, che il coordinamento sul territorio è essenziale, per cui è indispensabile una struttura che abbia tale funzione di coordinamento.
Noi stiamo mediamente sperimentando che i compiti di coordinamento delle prefetture, in questo come in altri campi, sono svolti abbastanza bene. È chiaro che se il Parlamento ha altre soluzioni, io sono pronto a considerarle. Non vorrei che qualcuno pensasse che, essendo del Ministero dell'interno, ho un pregiudizio particolarmente favorevole nei confronti delle prefetture. Ritengo, però, che sia necessario un ruolo di coordinamento che abbia insieme un principio di autorevolezza, ma anche la capacità di controllare e di coordinare diverse amministrazioni.
Infine, vorrei concludere con il tema del percorso parlamentare. Ho detto che, per quanto riguarda i controlli e la confisca del veicolo, la questione per noi costituisce un elemento fondamentale nell'azione di prevenzione e di contrasto. Se questo può avvenire attraverso un intervento rapido e immediato in Senato, che corregga la normativa, in maniera tale che, se vi è un accordo con la Camera, si possa arrivare rapidamente ad una formulazione condivisa, considero questa la strada da


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prediligere. Sono sempre portato a pensare che la via maestra sia quella di perseguire, anche attraverso il clima positivo che ho qui trovato, il coinvolgimento pieno del Parlamento.
Faccio un esempio. Qualche ora fa è stata approvata al Senato la riforma dei servizi segreti, attraverso un coinvolgimento molto ampio di maggioranza e opposizione, una riforma che considero particolarmente importante. Ebbene, il Senato ha apportato alcune modifiche al testo della Camera, ma le ha redatte in maniera tale che la Camera, al momento in cui giungerà la proposta, non sia sorpresa da quelle correzioni e quindi si possa arrivare ad una approvazione definitiva in tempi rapidissimi.
Se si potesse attuare, io riterrei questa collaborazione tra Camera e Senato assolutamente indispensabile. In questa sede ho colto un elemento non dico di condivisione, ma quantomeno di attenzione molto significativa alle proposte che ho avanzato. Penso, anche attraverso le valutazioni che ho qui presentato, di aver fugato qualche dubbio. Se questo è accaduto, la soluzione migliore è intervenire su questo punto al Senato e avere alla Camera una possibilità di condivisione rapida. Se non dovesse accadere, è chiaro che valuteremo percorsi alternativi. Tuttavia, da quanto ho capito, esistono tutte quante le condizioni per poter affrontare il tema con spirito positivo e con un'azione che consenta di superare quei difetti di comunicazione che possono esserci stati e che hanno impedito di fare una valutazione molto coerente sul merito delle questioni che qui oggi abbiamo affrontato.

PRESIDENTE. Grazie, signor viceministro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.50.