Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 16,50.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle recenti vicende relative al calcio professionistico, con particolare riferimento al sistema delle regole e dei controlli, l'audizione del presidente della Lega nazionale professionisti, Antonio Matarrese.
Ringrazio il presidente Matarrese per la sua disponibilità, formulandogli, credo a nome di tutta la Commissione, gli auguri di buon lavoro, visto che da poco ha assunto questo incarico così importante, in un momento di travaglio acutissimo del mondo del calcio, come le vicende di questi giorni stanno confermando. Fra l'altro, gli rivolgo un saluto particolare anche perché egli è stato nostro collega.
Do la parola, quindi, al dottor Matarrese affinché possa illustrare il proprio punto di vista sui temi oggetto dell'indagine conoscitiva.
ANTONIO MATARRESE, Presidente della Lega nazionale professionisti. La ringrazio, presidente. Sono particolarmente lieto, lo dico con convinzione, di trovarmi in questa magnifica aula, nella quale non ero mai stato, nonostante i miei 18 anni trascorsi alla Camera in qualità di deputato, come ha ricordato il presidente Folena.
Indubbiamente, questa è per me un'occasione importante. Ringrazio il presidente Folena di questo invito e ringrazio la Commissione perché mi offre la possibilità di toccare argomenti certamente molto attuali in questo periodo, in cui pare che l'Italia sportiva, e non solo, sia preoccupata di ciò che avviene nel mondo del calcio e, quindi, dello sport.
Voglio ricordare che fino al 1996 sono stato al vertice del calcio italiano. Nelle sere scorse, ho parlato con l'ingegner Gamberale, vicecommissario attuale - non so ancora come si sia conclusa la vicenda che lo riguarda in questa veste -. Devo dire che dal 1996, dopo la scadenza del mio mandato di presidente della Federazione, ho svolto un'attività internazionale. Non sono, pertanto, aggiornato su ciò che è successo in questi dieci anni. Mi sono informato leggendo le relazioni delle audizioni del professor Rossi, di Campana, di Ulivieri, del presidente Petrucci.
All'estero si dice che non è successo niente, che non ha pagato nessuno dopo gli scandali del calcio. Io devo dire che, in realtà, questo non corrisponde alla verità. Ho letto alcune interviste giornalistiche nelle quali si afferma che tutto sta finendo «a tarallucci e vino». Non lo credo. Voglio ricordare che il presidente della Federazione, Carraro, si è dimesso, che il presidente della Lega, Galliani, è stato condannato, quindi inibito, che il presidente degli
arbitri, Lanese, si è dimesso, che i designatori Pairetto e Bergamo sono stati dimissionati, che un illustre e valoroso magistrato, Maurizio Laudi, è stato dimissionato, così come Moggi, Giraudo e tutti i personaggi che tanto hanno fatto discutere; per non parlare della punizione della Juventus.
Cari parlamentari, se vi dovessi dire che sono contento quando vedo la Juventus in serie B mentirei, non è contento nessuno di questo. È un fatto che ha turbato, come la punizione della Fiorentina e del Milan. Il calcio sta pagando e ha pagato pesantemente.
Ha creato clamore questo mio ritorno nel calcio italiano: «Il nuovo che avanza», «Il vecchio che ritorna», eccetera. Io posso solo dire una cosa: sono stato eletto dalla base, nessuno mi ha imposto. Sono stato eletto perché evidentemente il calcio, pur in questi ultimi tempi tanto vituperato, ha lasciato comunque un patrimonio, importante per intervenire e cercare di risolvere questa situazione molto complicata.
Sto gestendo l'emergenza, perché noi dobbiamo uscire da questa fase. Io sono stato eletto 40 giorni fa. Qual è stato il compito che il presidente della Lega ha dovuto subito affrontare? Vi prego di credere che si è trattato di una cosa molto delicata. Il primo aspetto che si doveva affrontare affinché il calcio funzionasse - parlo del calcio professionistico - era rappresentato dai calendari, senza i quali non potevano cominciare i campionati. Molti pensavano che noi non saremmo arrivati alla stesura dei calendari, invece il calcio, questo presidente, questa Lega si sono imposti: io mi sono imposto dicendo che si dovevano fare i calendari.
Voglio dire una cosa importante: per motivi commerciali, il calendario della serie A e della serie B, in quanto abbiamo ad esempio degli sponsor come la TIM (speriamo che il professor Rossi continui, adesso che è presidente della Telecom, a guardare con attenzione ai contratti che abbiamo in essere), è stato sempre presentato, negli ultimi anni, a Milano, con grandi manifestazioni: ci sono degli interessi commerciali che coinvolgono le emittenti televisive.
Questo presidente («Il vecchio che avanza»: qualcuno ha fatto lo spiritoso), consapevole dell'importanza di ricomporre il mondo dello sport attorno al calcio, ha deciso che i calendari si sarebbero fatti nella sede del CONI, dove si facevano una volta. L'onorevole Pescante, che è stato mio presidente al CONI, ne è buon testimone; egli era una delle menti importanti del CONI. Lo stesso professor Rossi, capo della Federazione, è rimasto anch'egli sorpreso del rispetto che questa Lega, questa nuova dirigenza ha manifestato verso il mondo dello sport.
Abbiamo definito il calendario. Devo dire che ho avuto delle difficoltà. Prima di arrivare al 9 settembre, data del calendario della serie B, vi è stata un'altra crisi. Le squadre della categoria cadetta erano timorose: paventavano che, se si fosse dato l'avvio al campionato, i network televisivi (Sky, Mediaset e altri) non avrebbero coperto le necessità finanziarie di cui la serie B ha bisogno.
Non voglio vantarmi, ma proprio perché il presidente della Lega conosce il mondo del calcio, è riuscito ad imporsi sui presidenti. Ho detto - risulta pure dai giornali -: «Se voi non iniziate a giocare il 9 settembre, ci sarà una caduta verticale della professione calcistica di fronte alla quale voi non riuscirete a salvarvi». Mi sono imposto chiudendo addirittura prepotentemente l'assemblea della serie B dicendo: «Voi, comunque, sabato andate a giocare, perché ve l'ordino io».
Io potevo comportarmi in questo modo. Un altro presidente, che non avesse avuto l'esperienza di chi vi parla, avrebbe incontrato serie difficoltà. Quindi, il 9 settembre è partita la serie B, il 10 settembre la serie A.
Fatto questo, è chiaro che adesso bisogna cominciare a guardare all'interno delle operazioni calcistiche. Mi sono fatto dare subito due documenti dal centro studi della Lega. Il primo riguarda l'indagine conoscitiva svolta due anni fa dalla stessa Commissione cultura. Devo dire che
non ha avuto grande successo, perché si è studiato tanto e poi alla fine quelli che avrebbero dovuto mettere in pratica o, comunque, far propri i suggerimenti della Commissione cultura di due anni fa non ci sono più. La realtà è questa. Quelli che sono venuti qui in audizione non hanno avuto la forza di recepire le istanze che venivano dalla Commissione cultura e non ci sono più; oggi ci siamo noi. Questo documento io lo sto analizzando.
L'iniziativa che lei, signor presidente, ha brillantemente e doverosamente assunto è di grandissima importanza in questo momento, perché coincide con la crisi nella quale si trova il calcio. Io ho una preoccupazione, forse superflua. Ho visto che sono venuti qui dei miei illustri amici e colleghi, persone che ho portato io a suo tempo nel calcio. Oggi, giustamente, perché la democrazia è questa, li vedo attorno a me.
Affinché possa avere valore e giusto riconoscimento il sacrificio che sta facendo la Commissione, perché il vostro è un impegno forte, cerchiamo di unire le forze, non facciamo come l'altra Commissione, che ha svolto un'indagine che poi non è andata avanti. Adesso, se mi consentite, proprio in virtù dei rapporti con il Parlamento italiano, cerchiamo di tenerci in contatto informativo.
Ho espresso un'osservazione a proposito della questione dei diritti televisivi. Non emanate provvedimenti che poi noi non riusciamo a comprendere bene: è giusto che ci sia una sinergia, ciascuno con le proprie responsabilità. Mi auguro che questa audizione - non so se ne seguiranno altre; il presidente ci dirà - rappresenti veramente uno sforzo per lavorare insieme, non a settori separati.
L'argomento di cui si parla in questi ultimi tempi, anche negli inviti cordiali del presidente Folena, è quello delle regole. A tale riguardo, io affermo (non vorrei apparire presuntuoso ma parlo per esperienza vissuta): le regole nel calcio ci sono. Ho sempre detto, e lo ribadisco qui, che le regole ci sono. Certo, delle correzioni da fare ci possono essere. È chiaro che, sulla base delle esperienze vissute, c'è un momento in tutte le istituzioni, in tutti gli organismi, in cui occorre operare degli adeguamenti. Anche la Costituzione italiana la si voleva cambiare. Noi abbiamo delle regole che ci hanno permesso di gestire il calcio per tanti anni e ci hanno portato anche alla conquista della Coppa del mondo. Se non avessimo avuto un'organizzazione basata su regole, pensate davvero che avremmo potuto arrivare a vincere la Coppa del mondo?
Confermo tuttavia che dobbiamo modificare alcune norme. Mi permetterò di suggerire alcuni passaggi, ma adesso non sono nelle condizioni di dire alcunché; non spetta a me ridisegnare le regole. Io posso collaborare, sulla base dell'esperienza acquisita, essendo stato anche presidente della Federazione.
Cos'è successo? Le regole c'erano, ma non c'erano più gli uomini che le rispettavano: ecco perché siamo andati fuori strada. Gli uomini che avrebbero dovuto rispettare le regole e quelli che avrebbero dovuto controllare che gli altri le rispettassero sono venuti meno.
In ogni organismo non è che, se qualcuno sbaglia, se qualcuno va in galera, bisogna rifare tutto daccapo. Mi sembra eccessivo. Ci sono stati degli uomini, un'organizzazione - non faccio riferimento a nessun livello in particolare - che dovevano controllare e non lo hanno fatto, si sono distratti. C'è stata gente che operava nel sistema e che ha visto che poteva continuare, tanto nessuno la rimetteva negli argini, e ha distrutto così quel patrimonio di rispettabilità che noi avevamo.
Ho letto il resoconto con le dichiarazioni del professor Rossi a proposito dei controllori e dei controllati. La Federazione è un'associazione, la Lega è un'associazione. Avete mai visto che per eleggere il presidente di un'associazione si vada fuori a cercarlo? Sono gli associati che eleggono al proprio interno il loro presidente; perché vi meravigliate?
Quanto al rapporto tra controllori e controllati, se i controllori non controllano non è perché mancano le regole. In tutti gli organismi ci sono dei malandrini. All'improvviso, noi distruggiamo tutto quello
che è stato creato. Se c'è gente che ha sbagliato, paghi, vada via, ma le regole ci sono. A meno che non si voglia trasformare la Federazione in un ente pubblico: se verrà trasformata in ente pubblico, ebbene, deciderà il decreto del Presidente della Repubblica; in questo caso, però, cambierà tutto, non avremo più un'associazione.
Bisogna stare attenti quando si dice che le regole non ci sono, quando si parla del rapporto tra controllori e controllati, perché si denigra l'intera organizzazione, che, ricordo, pure io ho criticato negli ultimi anni. Io assistevo - parlo di me, ma non si assuma che sono venuto qui per fare la mia propaganda - al declino di questa organizzazione, ma non potevo fare nulla.
Quanto agli arbitri, io non ho visto che degli arbitri abbiano preso soldi; ci sono quelli che hanno manovrato sulla base di presenze potenti all'interno del mondo del calcio italiano. Alcuni arbitri hanno pagato; si vedrà poi chi ha pagato di più e chi di meno.
Durante la mia gestione - le cose bisogna saperle e dirle - il presidente degli arbitri lo nominavo io, lo nominava il presidente della Federazione. Oggi, il presidente degli arbitri viene eletto dalla base. Qual è il problema? Hanno il presidente che si sono eletti. Il presidente della Federazione non ha poteri sul capo degli arbitri. Vige un sistema democratico di elezione. Perché ci si agita?
L'errore c'è, è stato commesso dalla precedente gestione. Sui designatori arbitrali c'è stata una situazione aberrante: io ho espresso delle critiche al riguardo; non ho da nascondere nulla. Innanzitutto, c'è sempre stato un solo designatore degli arbitri. Durante la mia gestione c'era Casarin, che viene chiamato ancora oggi in televisione a parlare della classe arbitrale, per il rispetto che gli si riconosce e che meritano i direttori di gioco.
Chi indica il designatore arbitrale? Lo indica il presidente degli arbitri, non il presidente della Federazione. Un presidente degli arbitri che si fa rispettare indica chi deve essere il designatore arbitrale. Indubbiamente, si deve trattare di un uomo prestigioso, serio, consapevole del proprio ruolo. Il presidente della Federazione vara il decreto e lo nomina. C'è l'indicazione del capo degli arbitri, il presidente della Federazione porta la proposta in Consiglio federale, il quale la accetta sempre. Quindi, il potere degli arbitri rimane agli arbitri.
Quanto alla giustizia sportiva, noi ci avvalevamo di giudici, di magistrati. Avevamo l'orgoglio di dire che i responsabili della giustizia sportiva erano quasi tutti dei magistrati, i quali davano certezza al sistema. Anche nella magistratura, però, ci sono stati quelli che sono andati fuori strada. Adesso, siccome è successo qualcosa di increscioso, deve cadere tutto il castello della Federazione? Noi avevamo dei magistrati ed eravamo tranquilli. Chi si poteva permettere di sindacare l'operato dei magistrati? Poi è successo quello che è successo.
Chi nomina i giudici della giustizia sportiva? Decidiamolo. Possiamo fare un provvedimento. Fino a ieri era, la Federazione interpellava, doverosamente, dei magistrati di livello. Adesso si vuole decidere a chi affidare questa nomina: la fa il CONI e non più la Federazione? Benissimo. La fa il Consiglio superiore della magistratura direttamente? Decidiamolo. Questo sistema funzionava, e noi non abbiamo avuto problemi, tranne l'ultimo periodo in cui qualcuno è andato fuori strada. Se si vuole emanare un provvedimento, si decida chi deve nominare i giudici della giustizia sportiva.
Notavo, poi, tra le osservazioni: «I vertici della Federazione non cambiano mai». Quando sono arrivato io, per andare molto indietro, c'era Franchi - qualcuno forse lo ricorderà ancora -; in seguito ci sono stati Carraro, l'avvocato Sordillo, che ha vinto i campionati del mondo del 1982, il professor Manzella, poi sono arrivato io, poi c'è stato l'avvocato Nizzola, infine è tornato Carraro, perché non è facile diventare presidente della Federazione. Anzitutto, bisogna avere una disponibilità patrimoniale che permetta di dedicarsi alla funzione da svolgere, come sto facendo
io, in questi ultimi tempi; poi, una libertà di azione nonché un curriculum che consenta di essere il capo di una Federazione come questa. Non si può diventare presidente della Federazione perché si è amico di quello o di quell'altro: ci vogliono un'esperienza e un curriculum notevoli.
Per quanto riguarda i controlli, la situazione mi fa un po' sorridere. Noi non siamo la Guardia di finanza, non possiamo controllare così. Prima dell'iscrizione al campionato, è previsto il vaglio di due commissioni: la Covisoc, che controlla i bilanci, e la Coavisoc, che è l'ultima istanza quando ci sono delle posizioni sospese. La Lega, prima ancora di attivare la procedura di iscrizione al campionato, controlla che le società abbiano onorato i propri impegni fiscali ed abbiano pagato i calciatori. Fatto questo, termina il controllo della Lega e «la palla» passa alla Federazione.
Quando le società falliscono, e sono fallite, vuol dire che qualcuno è controllato. Come si può fare, allora, il controllo? Qual è il potere che abbiamo noi come Lega o come Federazione sulle società per azioni, che sono società a scopo di lucro, che sono società di capitali? Avete visto che quando andiamo a toccare argomenti patrimoniali è sufficiente che un azionista di una società faccia causa alla Federazione per creare tutta una serie di fibrillazioni. Se vi sarà la possibilità di incidere ed eventualmente di cambiare - questo lo potrà fare il Parlamento - il diritto commerciale sulle società di capitale, ben venga questa prospettiva: per noi è una garanzia.
Io posso solo dire che noi come Federazione non abbiamo più il potere che avevamo una volta sulle società di calcio. In passato, l'incidenza dei contributi che dava la Federazione alle società era notevole, perché queste vivevano dei contributi provenienti dal Totocalcio. Oggi, le società di calcio vivono con gli introiti che provengono dalle televisioni. È chiaro che, se gli introiti non corrispondono alle aspettative, nascono degli scontri con le leghe o con la Federazione.
Quando si vuole cambiare il sistema di controllo, non è che lo possiamo modificare soltanto in Italia, perché noi apparteniamo ad un circuito internazionale; lo devono modificare anche le altre federazioni. Non può accadere che noi mortifichiamo e impoveriamo i bilanci delle nostre società mentre a livello europeo ci sono quelli che si fortificano.
Si dice di istituire un'Authority: ennesima invenzione di questi ultimi tempi. Faccio notare a tal proposito che l'Authority per la Federazione è il CONI. Che significa l'Authority? L'Authority che fa? Può gestire la Federazione? Non credo. La legge dice che l'Authority sorveglia ed emana dei provvedimenti. L'Authority della Federazione è il CONI, a cui la Federazione risponde. Se poi vogliamo delegittimare anche il CONI, diciamolo. Il CONI esiste e infatti, quando si è aperta questa crisi, è intervenuto ed ha provveduto a nominare il commissario.
Veniamo al problema dei diritti televisivi. Questo è un argomento su cui il presidente Folena ha svolto la funzione di relatore. È vero che la crisi del calcio italiano nasce nel momento in cui la Lega non ha avuto più il controllo dei diritti televisivi. Purtroppo, devo parlare ancora di me. Quando ero presidente della Federazione, l'allora presidente della Lega mi scriveva per chiedermi se le società potevano vendersi i diritti televisivi. Io rispondevo di non toccare questo argomento, data la sua delicatezza.
Nel 1996 si è concluso il mio mandato e, purtroppo, devo dire, è cambiata la gestione della Federazione. C'è stata una legge che ha consentito la vendita soggettiva dei diritti televisivi che, però, non ha impedito la centralizzazione nella Lega dei diritti stessi. È chiaro che, a seguito della razzia, oserei dire, che è stata perpetrata dalle più grandi società sul mercato televisivo, si sono arricchite sempre di più quelle società che già erano dotate di risorse ingenti, impoverendo ulteriormente le altre società, che sono diventate succubi delle prime.
Permettetemi di aggiungere una considerazione sulla relazione che ha fatto il
professor Rossi a proposito del voto di scambio. Io fui eletto presidente della Lega nel lontano 1982. Chi ha voluto la mia presidenza furono gli allora presidenti dell'Inter, della Juventus, del Napoli, che dissero di non volere più Artemio Franchi, che pure era un grandissimo presidente, ma qualcuno nuovo. Lo hanno detto le squadre che ho citato. Certo, se l'avessero detto il Lecce, il Bari - allora ero presidente del Bari - o qualche altra piccola squadra, nessuno vi avrebbe dato credito.
Allora, che il Milan, la Juventus, la Roma, la Lazio, l'Inter abbiano un certo potere credo che sia scontato. Chi volete che decida? In Italia chi comanda? Comandano 50 milioni di persone? Nei partiti chi comanda? Comandano tutti? Ci sono quei pochi capi che dicono di fare in un modo o nell'altro. Quando si dice che questi sono voti di scambio, io rispondo: non è così; la Juventus rimane la Juventus.
Allo stesso modo, quando si dice di distribuire i diritti televisivi in maniera diversa, occorre tenere presente che la Juventus rimane la Juventus - anche se adesso si trova in serie B -, e il Milan rimane il Milan. Se il Milan dice di votare per Matarrese - ultimamente non l'ha detto -, è chiaro che la cosa ha un peso molto maggiore. Non è voto di scambio, sono i poteri che gestiscono le situazioni. Possono commettere degli errori: se, per esempio, invece di Matarrese mettono Carraro, può darsi che in quel caso abbiano sbagliato. Non ci dobbiamo meravigliare di ciò.
Certo, la questione dei diritti televisivi va rivista. Io l'ho sempre detto: sono per la vendita centralizzata dei diritti televisivi. Non lo dico solo adesso. Plaudo all'iniziativa del Parlamento. Dovremmo evitare di dividerci su questa storia. Io mi auguro che si trovi quanto prima una soluzione e che non si costringa il Governo ad emanare un decreto che si imponga pesantemente al sistema sportivo.
Sono stato parlamentare e non ho mai svolto un'attività contro i partiti. Sono sempre stato un uomo di pace. Pertanto, mi auguro che si trovi una soluzione che non mortifichi l'ordinamento sportivo: questo vi chiedo. Incontriamoci, promuoviamo degli incontri monotematici su questo tema, discutiamone insieme. Adesso stiamo parlando di tutto lo scibile umano, ma poi affrontiamo questo problema. Se fosse possibile evitare la divisione del Parlamento su questa soluzione, sarebbe preferibile. Io auspico un accordo bipartisan per evitare antipatiche prese di posizione all'interno del mondo sportivo. Aiutateci in questo caso.
Dovrei parlare degli organismi internazionali che sono stati citati nel corso delle precedenti audizioni. Tutti parlano della FIFA e dell'UEFA senza sapere cosa sono. Scusate se lo dico: non voglio essere provocatorio. Non mi riferisco a tutti, naturalmente.
La FIFA è il più grande organismo sportivo mondiale. Noi abbiamo vinto una coppa del mondo e siamo stati sbeffeggiati, perché evidentemente ha dato fastidio che il valore dei nostri calciatori, in un momento di grande confusione, fosse venuto fuori alla grande. L'UEFA è un organismo europeo, nel quale noi siamo assenti. Chi vi parla era vicepresidente della FIFA - ce ne sono quattro nel mondo -: quando io ricoprivo quell'incarico, non si permetteva a nessuno di fare quello che ha fatto questa volta Blatter.
Ero vicario dell'UEFA. Scusate se parlo ancora di me, ma serve per capire certi meccanismi. Con l'attuale presidente Johansson, che credo sia coetaneo del professor Rossi, forse un po' più anziano - ha 77 anni -, se fossi rimasto vicario dell'UEFA, oggi l'Italia avrebbe potuto aspirare ad avere la presidenza della FIFA. Purtroppo, noi italiani siamo bravi a farci del male da soli. Quando i miei mandati sono scaduti, la Federazione democratica di qualche tempo fa non avuto la forza di sostenermi - non voglio fare polemiche, perché si diventa antipatici -; diciamo che, scaduto il mandato, abbiamo perso questi due posti di prestigio.
Un commissario che vuole dare un contributo - mi auguro che lo si trovi subito - deve avere la conoscenza globale del mondo del calcio. Noi non possiamo aspettare ancora per essere presenti in
questi organismi. Tra poco dimenticheremo che abbiamo vinto la coppa del mondo. Dobbiamo andare a vendere fuori questo risultato. Ce lo diciamo fra di noi: «Siamo campioni del mondo»; ma lo dobbiamo dire fuori. Ci dobbiamo far rispettare fuori dall'Italia, ma non siamo presenti nei posti che contano.
Non voglio polemizzare con il professor Rossi, non servirebbe a niente. Lo dico a chi verrà adesso: dobbiamo organizzarci subito, non perdiamo ulteriore tempo, perché a gennaio ci sarà l'elezione del nuovo presidente dell'UEFA e noi non possiamo stare a guardare.
Dobbiamo partecipare alla gara per l'assegnazione del campionato europeo del 2012; io comincio a preoccuparmi. Avete letto sui giornali che la delegazione dell'UEFA è in giro per verificare gli stadi. Proprio in questi giorni, abbiamo avuto questo incidente di percorso dell'assenza del commissario e della mancanza di un comitato promotore, del quale, lo ricordo, io facevo parte come rappresentante italiano presso l'UEFA. Abbiamo distrutto tutto. Io sono terrorizzato. Questi signori dell'UEFA sono venuti da noi, stanno girando per l'Italia, ma non trovano né il commissario né un comitato organizzatore. Non c'è nessuno. Chi si deve preoccupare di queste cose? Se parlo io, mi accusano di parlare sempre per me stesso.
Se non ci diamo da fare, rischiamo di perdere - credo che il Governo si sia espresso positivamente - il campionato europeo del 2012, che potrebbe dare una grande svolta all'economia del nostro paese se venisse organizzato in maniera intelligente.
Io sono stato colui che ha organizzato con Carraro, Montezemolo e altri il campionato del mondo del 1990 in Italia. Non oso fare polemica con nessuno, ma dobbiamo partire da quel mondiale per dire al mondo intero che noi italiani siamo quelli che nel 1990 hanno organizzato qualche cosa di cui si parla ancora a livello internazionale. Quando si parla del mondiale di calcio del 1990, in tutto il mondo - lo so perché ho girato e continuo a farlo quando mi è possibile - si dice che quello che abbiamo fatto noi nel 1990 non l'ha fatto nessuno; altro che la Germania! Guardiamo all'Italia, guardiamo a quello che siamo noi, senza guardare alla Germania! A noi nessuno può insegnare niente.
Vorrei concludere specificando quello che si può fare. Noi possiamo predisporre regole e sanzioni più garantiste e più rigorose riguardo ai rapporti tra società, arbitri, ispettori di Federazione e di Lega. Nella realtà, c'è un gioco perverso: non ci sono regole forti quando questi rapporti vengono alterati. Si può pensare, allora, quando ci sarà il nuovo commissario, di rivedere queste regole. Gli ispettori che vanno a controllare le partite, inviati dalla Lega e dalla Federazione, a volte creano dei connubi con gli arbitri e con i presidenti delle società: sarebbe bene predisporre delle norme e prevedere sanzioni molto pesanti quando queste relazioni diventano pericolose. Lo stesso dicasi - anche qui si può incidere - per i rapporti tra società, calciatori, allenatori, dirigenti sportivi, agenti dei calciatori: sulla scorta degli errori commessi, noi possiamo predisporre nuove norme, ferree e pesanti, che vadano a sanzionare eventuali aberrazioni.
Riguardo alle cariche della Federazione e della Lega, si dice che sono sempre le stesse persone che le ricoprono. Decidiamo, allora, che la carica può durare un quadriennio e che solo in casi eccezionali si potrà rinnovare. Stabiliamo, per esempio, che Matarrese rimane per quattro anni e poi va a casa, a meno che non si trovi nessuno - eventualità che si è verificata -, e a questo punto sarebbe condannato a rimanere. D'altronde, se hanno richiamato «la vecchia guardia» alla guida della Lega, è perché evidentemente non c'era nessun altro ancora pronto.
L'errore che ha commesso la nostra Federazione qual è stato? Non voglio fare nomi. Io ho portato della gente nel mondo del calcio: Abete è stato vicepresidente della Federazione; era un collega parlamentare che era membro, come me, della Commissione industria e al quale proposi di entrare nel mondo del calcio; Ranucci
è stato anch'egli nel mondo del calcio e non c'è più; il capo ufficio stampa Valentini, che è stato anche qui, è una persona valida, ma è non utilizzato per quello che sa fare. È successo qualcosa che mi ha stranito.
Per quanto riguarda la classe arbitrale, c'è bisogno di una maggiore libertà sia esterna che interna, del pieno riconoscimento dell'associazione degli arbitri, assegnando loro un'autonomia finanziaria che oggi non hanno.
In attesa della legge sui diritti televisivi, noi stiamo predisponendo una modifica della mutualità. Cosa significa? Quando le società vanno a giocare fuori casa, oggi hanno il 18 per cento degli incassi: stiamo cominciando a trattare la possibilità di aumentare questa mutualità. A meno che non si voglia guardare alla Lega inglese, che si è staccata, in un certo qual modo, dalla Federazione, si è organizzata e paga alla Federazione i servizi che questa le rende. Quindi, possiamo ben distinguere da una parte la Federazione e dall'altra la Lega.
Concludo ricordandovi che il mondo del calcio non è solo la serie A e la serie B. Il mondo del calcio comprende la Lega di serie C, le piccole città, la Lega dei dilettanti: è immenso. Se ci aiutate a guardare il nostro mondo, sicuramente noi possiamo meritare il vostro consenso. Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Matarrese per la sua vivace esposizione.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
MARIO PESCANTE. La ringrazio, presidente, per la precedenza accordatami: devo prendere un aereo tra poco.
Presidente Matarrese, benvenuto. Posso testimoniare che la dote che non ti sei attribuito è quella di essere stato un dirigente con grande senso delle istituzioni sportive. L'ho potuto verificare personalmente.
Questo complimento mi dà la possibilità, caro presidente, di dirti le poche cose sulle quali non sono d'accordo. Tu hai chiesto la collaborazione: la stessa cosa noi stiamo auspicando in Commissione. Nessuna legge dirigista, non si può che procedere in contatto, in colloquio con un mondo che merita autonomia per le ragioni che hai già espresso.
Qui, però, bisogna intendersi. Se non siamo d'accordo su alcuni presupposti, diventa difficile il mio ruolo di politico e anche di sportivo: quello cioè di chiedere ai colleghi del Parlamento di decidere sui criteri di carattere generale per dare fiducia al mondo del calcio, alla Lega e alla Federazione.
Consentimi, allora, di obiettare a proposito delle regole, che secondo me rappresentano un passaggio fondamentale affinché certe situazioni non si ripetano. È vero che alcune regole, non tutte, ci sono già. Tu dici che esistono, che il problema non è quello delle regole che mancano ma di chi doveva effettuare i controlli, che quegli uomini non ci sono più. Così non è, perché quegli uomini c'erano. Devo anche dire con una certa amarezza che, se non ci fosse stata un'iniziativa della magistratura al riguardo, probabilmente quello che è accaduto di negativo e poi di positivo non si sarebbe verificato. È chiaro che manca la prova del contrario, ma lo dico con grande cognizione di causa. Questo vuol dire che le regole vanno riviste proprio per evitare che questo si ripeta, in termini di controlli, di trasparenza e così via.
Poi, ci sono le regole che non esistono. Mi riferisco ai controlli Covisoc e Coavisoc. Io non sono un tecnico, l'ha detto Rossi, che avrà mille difetti, ma questo è il suo mestiere; prima di me, l'ha detto anche un certo Uckmar, che se n'è andato, l'hanno detto dei magistrati: questo meccanismo non ha funzionato.
D'altra parte, è anche vero che certi organismi sono nati per disciplinare e controllare i bilanci nell'epoca in cui in palio c'erano prima i due e poi i tre punti. Oggi ci sono in palio interessi dell'ordine di milioni e milioni di euro. Quindi, è evidente che il discorso va adattato.
La materia è troppo conosciuta anche tra i colleghi per attardarvisi, ma in secondo luogo sarebbe da approfondire come ha funzionato il meccanismo delle plusvalenze, il discorso GEA e parentele incrociate. Anche in questo campo, occorre stabilire delle regole perché allo stato non ci sono. Tutto questo non solo è stato consentito, ma è sopravvissuto anche ad un'ispezione e ad un'indagine della Federazione, che ha legittimato tutto quello che si è verificato e che non poteva essere tollerato.
Giustizia sportiva. Quando si parla di controllori e controllati, ci si riferisce al fatto che le attuali nomine prevedono che sia revocabile la nomina dei giudici che poi vigilano sui controllati. Certo, accade anche al Consiglio superiore della magistratura, ma il paragone non regge. Quello che è accaduto è la dimostrazione che le cose non funzionavano. Purtroppo - sono d'accordo con te -, il Consiglio superiore è intervenuto in maniera drastica e tutto questo, forse, il mondo dello sport non lo meritava.
Quanto al discorso degli arbitri, nessuno ha chiesto di intervenire sull'elezione delle cariche. Qualcuno ha piuttosto chiesto di intervenire sui criteri di nomina dei designatori. Il problema è nato da lì, non dal presidente dell'associazione arbitri. Questo non solo non ha funzionato, ma devo dire, a proposito delle regole in parte violate, in parte non rispettate - qualcuno dice pure manipolate -, che siamo arrivati a due designatori per i motivi che conosci meglio di me. Fatico a darti del lei, presidente, quindi abbi pazienza.
Poi, ci sono tutti i provvedimenti previsti dalla legge, che sono inadeguati. Esiste il problema delle regole. Proporre queste regole è il ruolo del Parlamento, e qui tra di noi è nato un dibattito. Io credo in quello che dico e quando si parla di autonomia dello sport bisogna poi, nei fatti (mi riferisco al mondo politico), rispettarla.
Il Parlamento deve intervenire solo laddove servono delle leggi, che il mondo dello sport non può giustamente produrre. Se deve intervenire per incidere sui regolamenti e addirittura sui modi in cui il mondo del calcio deve distribuire i suoi fondi, non quelli dello Stato, allora a me pare che questo sia un modo dirigista di operare, che il mondo del calcio e dello sport non merita, a condizione che l'autonomia se la guadagni e sia rispettata dall'interno e dall'esterno. Tutto questo non è avvenuto.
Oggi faccio fatica a battermi in nome dell'autonomia quando, come tu hai rilevato, abbiamo lavorato insieme in Commissione (io ero in un'altra veste, lo ricordo sempre, la lingua batte dove il dente duole) e poi tutto è rimasto carta straccia. Parlare di autonomia, allora, risulta difficile.
Ti pregherei di valutare anche queste considerazioni. So che tu non la pensi così, ma permettimi di osservare che comunque una riflessione va fatta, perché se si dà l'impressione gattopardesca che, comminate un po' di sanzioni e cacciato qualcuno, poi si può ricominciare come prima, tra qualche tempo ci ricascheremo. Francamente, ho difficoltà a spiegare ai colleghi membri del Parlamento che ho chiesto che venisse concessa questa autonomia ma in realtà, poi, non si è fatto nulla.
Concludo dicendo che sarebbe opportuna una parola rassicurante, perché chi fa delle battaglie in nome dell'autonomia deve essere convinto che dall'altra parte, in autonomia, le cose si vogliono cambiare. Se, dall'altra parte, l'autonomia vuol dire concludere che è stato solo un problema di uomini e che, cambiati quelli, tutto va avanti bene, io non sono d'accordo. Bisogna, allora, che il Parlamento faccia il suo dovere fino in fondo.
Sui controlli, sono assolutamente d'accordo con te. Io credo che il discorso dei diritti collettivi vada affidato con una scadenza, dopo aver dato direttive di carattere generale, sulle quali siamo tutti d'accordo. Noto con piacere che anche il presidente della Lega è convinto che i diritti debbano essere collettivi, centralizzati e non individuali e soggettivi. Se il mondo del calcio deve decidere, a cominciare
dalla Lega, dove il discorso è più difficile, credo che il Parlamento debba porre un termine perentorio.
I passaggi sono: qualche aggiustamento sulle proposte, che ancora si può fare, la Lega, ma non solo, la Federcalcio e, quindi, il CONI per la ratifica. Su questo percorso io vorrei una parola tranquillizzante.
LUCIANO CIOCCHETTI. Vorrei soltanto porre alcune domande ed esprimere delle riflessioni che ho tratto dall'intervento del presidente Matarrese, che ringrazio per aver voluto rappresentare il pensiero della Lega calcio. Anche questa ha attraversato una fase di mancanza di governo. Poi c'è stata l'elezione del presidente Matarrese.
Probabilmente, in un passaggio la comprensione non è stata esatta. Il presidente Matarrese ha iniziato il suo intervento dicendo che non è vero che non è successo nulla, è successo qualcosa di grave e di pesante. Basta vedere le classifiche dei campionati la domenica per capire che qualcosa è avvenuto. Anche chi va allo stadio credo che respiri un'aria diversa in questo momento.
Nel mondo del campionato di calcio, non a caso, si vedono arbitri giovanissimi: anche questo è un altro cambiamento sostanziale. Le penalizzazioni di meno 19 o meno 12 punti sono un segnale che alcune cose stanno cambiando. Il problema è che a questo punto bisogna decidere quali sono le cose da fare, per evitare che torni a ripetersi quello che è avvenuto.
Sul merito di quanto accaduto, a mettere la parola fine sarà la magistratura ordinaria, che sta ancora indagando e svolgendo i suoi compiti nelle varie procure. Credo che ci sia ancora qualche tappa ulteriore che dovrà percorrere la giustizia sportiva. Noi qui vorremmo capire quali sono le regole di carattere legislativo e normativo che dobbiamo, eventualmente, cambiare, su cui dobbiamo mettere mano come Parlamento, come istituzione che fa le leggi.
Sui diritti televisivi non torno, data la sua estrema chiarezza, presidente, nel trattare l'argomento. Il soggetto gestore dei diritti televisivi collettivi è la Lega: credo che abbia espresso la sua opinione in maniera molto chiara. Le domando, invece, qualcosa sulla legge n. 91, del 1981 che regola il professionismo nello sport. Penso che sia l'altro caposaldo che, dal punto di vista normativo, negli anni tra il 1996 e il 1999 ha stravolto il mondo del calcio, in termini di differenza tra le grandi e le piccole squadre, con un criterio non egualitario - l'uguaglianza totale è chiaro che non ci potrà mai essere - dal punto di vista delle pari opportunità e delle condizioni che offrono a tutti la possibilità di competere con le risorse, con le capacità e con le disponibilità. Dunque, le chiedo se la citata legge n. 91 debba essere modificata e se la questione della quotazione in Borsa delle società di calcio sia stata giusta o sbagliata.
È stata stravolta, di fatto, la logica: prima, le società di calcio erano considerate società senza scopo di lucro; all'improvviso, sono diventate società a scopo di lucro, società per azioni addirittura quotate in Borsa. Le chiedo se questo, in qualche modo, oltre ai controlli Covisoc che lei ha prima ricordato, debba comportare l'introduzione anche dei controlli che avvengono sulle altre società quotate in Borsa; mi riferisco per esempio alla Consob.
Ritengo che si debba intervenire anche su quella legge, configurando un modello organizzativo e giuridico diverso per le società di calcio, o comunque per le società professionistiche dello sport, perché non c'è solo il calcio nel professionismo. Vorrei conoscere l'opinione della Lega e del presidente in merito a tale questione.
Per quanto riguarda la giustizia sportiva, credo che sia giusto affrontare il problema della terzietà, che anche l'ex commissario Rossi ha menzionato in audizione. Penso che debba essere il mondo dello sport ad individuare il modo di configurare questa terzietà. Non credo che la terzietà - come lei sosteneva prima -, il rapporto controllato-controllore, debba
essere riferita agli organi di gestione della Federazione, della Lega o del CONI, perché sarebbe come se il Parlamento italiano, invece di essere composto da cittadini italiani, fosse costituito da cittadini giapponesi.
Considero invece corretto il discorso sulla giustizia sportiva perché, obiettivamente, bisogna cercare di limitare la confusione nel rapporto controllato-controllore.
L'altra questione importante è quella - che lei ha citato solo alla fine - di una maggiore autonomia dell'associazione arbitri. C'è la proposta della massima autonomia: mi si dice che l'UEFA non la permette, quindi vorrei sentire anche la sua opinione. L'idea è quella di una federazione degli arbitri autonoma, come la federazione cronometristi, che è una delle federazioni del CONI.
Lei ha parlato anche - e concludo su questo - di regole e di adozione di sanzioni più rigorose, nella parte finale delle proposte, oltre che di limite nel mandato. Credo che quest'ultima sia una proposta forte, importante, che dà anche un'opportunità di cambiamento. Le chiedo di essere possibilmente un po' più preciso: quali regole e quali sanzioni ha in mente?
Un'ultima battuta. La responsabilità oggettiva è la grande differenza che esiste tra la giustizia sportiva e la giustizia ordinaria. La giustizia ordinaria prevede una responsabilità personale e soggettiva, la giustizia sportiva ha invece come caposaldo la responsabilità oggettiva. Non crede che sia arrivato il momento, probabilmente, di chiarire meglio questo aspetto della responsabilità oggettiva?
ANTONIO RUSCONI. Presidente Matarrese, parlerò a nome del gruppo dell'Ulivo. La ringrazio, oltre che per la presenza, per il coraggio. Non condivido alcune delle osservazioni che lei ha espresso oggi, che ho letto anche in alcune sue dichiarazioni. Apprezzo però il suo coraggio, il suo rimettersi in discussione nel momento più difficile della storia del calcio italiano. C'è stato il momento del calcio-scommesse nel 1980. Allora c'erano delle responsabilità per lo più individuali, qui siamo di fronte ad una responsabilità di sistema. Comunque, bisogna darle atto di avere avuto coraggio; non era conveniente.
La ringrazio anche per l'autoironia sul suo ritorno. Io vengo da studi storici: mi è sembrato un po' che si stesse parlando del Congresso di Vienna. Passati, cioè, la Rivoluzione francese e Napoleone - l'amico Pescante sorride, perché siamo d'accordo su tante cose -, tutto deve ritornare come prima.
Probabilmente il suo, presidente Matarrese, non era il nome che io da tifoso del calcio auspicavo. C'è però una consolazione, nella sua nomina, l'ho detto due ore dopo: siamo di fronte ad una persona di grande esperienza a livello europeo e mondiale, per i ruoli che lei ha avuto nell'UEFA e nella FIFA, che ha ricordato.
Sono contento che lei abbia menzionato la finale mondiale e l'orgoglio italiano. Io ho denunciato l'episodio Blatter sul caso Zidane-Materazzi sia all'avvocato Campana, che è stato molto rigoroso nel riconoscere che il calcio italiano non è stato tutelato, sia al presidente Petrucci, che mi è sembrato invece che abbia minimizzato molto: ha presentato una soluzione del problema direi un po' democristiana - io vengo da quella storia e so di non offenderla -, dicendo che Blatter gli aveva comunicato prima che non avrebbe partecipato alla premiazione. Mi sembra che quelle dichiarazioni a posteriori siano opportune per quello che uno non ha fatto prima.
Non è che il Parlamento pretenda regole nuove. Noi non abbiamo questa ambizione; sarebbe una presunzione per il calcio italiano. Il problema è che io ho avuto l'impressione, dalla sua relazione, che lei parli di un virus; un po' l'analisi giolittiana sull'avvento del fascismo in Italia. Io ritengo, invece, che ci sia stata una malattia grave, che come tutte le malattie gravi presuppone degli interventi radicali.
Io, in altro ruolo rispetto a quello dell'allora sottosegretario Pescante, ho avuto l'incidente di essere stato uno dei pochi che anche all'epoca facevano parte
della Commissione che nel 2004 ha svolto l'indagine conoscitiva. Abbiamo redatto un buon documento comune, unanime, e una relazione finale sulla quale sono intervenuti tutti, lo stesso Petrucci, Carraro. Prima qualcuno mi ricordava giustamente che Carraro, in quelle audizioni, disse: «Garantisco che non mi candiderò più»; ma sappiamo che noi siamo il paese di quelli che promettono a futura memoria. Come dicevo, fu redatto un documento unanime, che però rimase lettera morta. La responsabilità fu sia della politica che del mondo del calcio, che aveva preso, nei suoi organi dirigenti, degli impegni molto precisi. C'era già il problema della GEA, c'era già la questione dei controlli Covisoc e Coavisoc che non avevano funzionato (si veda l'iscrizione della Roma nel 2003, tanto per fare un esempio concreto). C'era già il discorso dei diritti, perché all'unanimità si diceva che bisognava andare verso una gestione collettiva.
Ci fu allora un episodio gravissimo, che la riguarda, per il ruolo che lei occupa oggi. Il dottor Galliani, in qualità di presidente della Lega, venne qui in audizione, prese atto che l'orientamento quasi unanime della Commissione era di andare verso una redistribuzione più equa e di maggior tutela delle società minori per quanto riguarda i diritti televisivi, e pochi giorni dopo firmò, in qualità di amministratore delegato del Milan, un contratto in esclusiva, insieme alla Juve, per la sua squadra. Tale contratto è tuttora in vigore e crea qualche problema alla nuova legge parlamentare; penso anche all'attuale presidente della Lega.
Chiedo: quali garanzie ci sono perché questo non si ripeta più? Ritengo giustissimo quello che lei ha detto, cioè che il presidente del Bari non può fare il presidente della Lega se non ha l'appoggio delle più grandi società storiche del calcio italiano. Diventa un po' più difficile da comprendere, dal momento che c'è la spartizione delle fette della torta, quelle più grosse e quelle più piccole, il fatto che si crei un sistema per cui l'amministratore delegato di una delle più grandi società guidi la Lega, con l'appoggio delle altre grandi società. Se non erro, la prima elezione di Galliani vide una minoranza delle società di serie A votarlo, mentre invece vi fu il consenso di una grande maggioranza delle società di serie B, ben pagate dalle quote di solidarietà versate per i diritti televisivi a sostegno.
Sui diritti televisivi, parto da una premessa. È chiaro che i soldi sono di proprietà delle società; questo è un dato indiscutibile. Io sono particolarmente attivo nel settore dei dilettanti; poi tornerò su questo argomento. Ognuno nel suo piccolo, a cominciare dai capi dell'onorevole Pescante, ha il suo piccolo conflitto di interessi. Chi sta in alto ha un grande conflitto di interessi, compreso il nuovo presidente del Milan, che salutiamo da questa Commissione; chi sta in basso ha i suoi piccoli conflitti di interessi.
Negli anni Novanta, lei sa benissimo che il più grande provento era il totocalcio. Alle piccole società del solo settore giovanile arrivavano i contributi delle quote del totocalcio. Oggi sarebbe ridicolo redistribuire queste quote. Allora, o pensiamo che la più grande entrata, ovvero i diritti televisivi, diventi uno strumento per la redistribuzione di tutto il sistema calcio - nelle audizioni precedenti, con il dottor Campana, con il dottor Petrucci, si è parlato di C1 e C2, e io auspico che venga invitato prossimamente anche il presidente Tavecchio, della Lega dilettanti -, oppure è chiaro che saremo ancora di fronte ad un sistema che non funziona.
Nessuno di noi qui pensa ad un egualitarismo fuori moda. È chiaro che non si può premiare il Chievo, il Messina come il Milan o come la stessa Juventus in B. Il problema è un altro, è che se c'è un accordo Galliani-Giraudo-Moratti, triennale o quadriennale, per i diritti di Sky, il Chievo e il Messina non sono più appetibili, non sono più sul mercato; questo è il vero problema.
Tratterò velocemente gli altri punti. Tutti citano il tema della terzietà degli arbitri. Da almeno un paio d'anni non si sente più parlare di un argomento che una volta era molto in voga, ovvero il professionismo
arbitrale: vorrei sapere come mai sia stato accantonato e vorrei conoscere il suo parere su questo argomento.
Prendo atto delle dichiarazioni odierne del presidente Petrucci, ossia che il percorso continua e giovedì avremo una nuova nomina. Ci sembra di intuire, dalle dichiarazioni sempre del presidente Petrucci, che probabilmente sarà nominata una persona esterna al mondo del calcio, con un mandato a termine ben preciso. Lei ha ricordato che la Federazione è un'assemblea. Non legge questo fatto come una sfiducia nei confronti del mondo del calcio, dal momento che il presidente Maccalli, della serie C, è tuttora in carica, che il presidente della Lega dilettanti è tuttora in carica, e che il presidente della Lega di serie A e B lo abbiamo qui ospite?
Europei 2012: ieri c'è stato un passo importante con l'appoggio, mi sembra, del Governo. Io penso che quello che lei ha detto sul ruolo dell'UEFA, dell'Italia e sulla fretta sia importantissimo. Mi auguro che, se tutto va in una certa direzione, che per scaramanzia non diciamo, si arrivi ad una riqualificazione degli stadi sul modello inglese, con la responsabilità e la gestione diretta delle società.
Quanto allo status dei calciatori, nel 2004 abbiamo preso atto dell'indebitamento delle società di serie A verso il fisco. Addirittura, per una di esse si è arrivati alla rateizzazione in 23 anni. Si è preso atto che la gran parte delle società hanno entrate che non arrivano all'80 per cento del monte-ingaggi, non delle uscite. Questo fu registrato nei bilanci 2003 che ci furono consegnati. Abbiamo sottolineato allora il ruolo della GEA e dei procuratori. Riguardo allo status dei calciatori, è ancora possibile parlare di rapporto di lavoro subordinato con questo ruolo dei procuratori, oppure bisogna inventare un terzo status?
Rispetto all'attuale indebitamento delle società, considero sbagliato che il Parlamento e il Governo intervengano con leggi ad hoc - qualcuno, ad esempio, ha parlato del salary cap -, perché questo appartiene all'autonomia del mondo del calcio. Ritengo, però, che sia urgente una voce ed una presa di posizione anche su questo aspetto.
Mi sia consentita una battuta un po' ironica. Considero opportuno ristabilire un clima di serietà e di severità nel mondo del calcio, ma anche di serenità. Quando il clima è sempre quello della gogna della piazza, anche se la vergogna è stata tanta, a me dà fastidio; forse perché vengo da un territorio manzoniano come Lecco e La storia della colonna infame insegna molto.
Dico, ridendo, due cose. Il sistema stava in piedi perché c'erano responsabilità enormi; sicuramente il dottor Moggi era uno dei maggiori responsabili di questo sistema, ma avevo l'impressione in quei giorni che, se ci fosse stato un plebiscito tra Moggi e Barabba, avrebbero assolto Barabba. Lo dico come provocazione.
Quando il professor Rossi è venuto qui, il 12 luglio, gli ho rivolto un complimento per una cosa strana. Ho detto: «Io le faccio i complimenti perché lei 45 giorni fa ha dato fiducia e ha confermato Lippi, Cannavaro e Buffon, in un momento in cui la piazza, l'opinione pubblica, i sondaggi, le trasmissioni televisive, il risultato delle intercettazioni chiedevano altri; 45 giorni dopo, giustamente, erano tra gli eroi».
Da una parte, dobbiamo avere - sarà indubbiamente anche compito suo, e auspico che lavorerà in questa direzione - grande serietà e severità, perché quello che è accaduto non è stata una semplice «influenza», è stato un fatto estremamente grave che ha deluso migliaia di tifosi, di gente che fa sacrifici per pagarsi il biglietto, che fa l'abbonamento. Tutte queste persone, rispetto al gioco più bello del quale siamo tutti appassionati, vogliono che le decisioni siano prese sul campo. Il dubbio che è venuto a tutte queste persone è che le decisioni non venissero prese solo sul campo; «anche» sul campo, non «solo» sul campo. Dall'altra parte, dobbiamo avere anche un po' di serenità, nel senso che ci si doti di regole nuove ma poi si chiuda la vicenda, perché - su questo condivido una parte di ciò che lei ha detto - le persone che hanno sbagliato devono essere allontanate
ma occorre anche riacquistare un clima non di diffidenza, bensì di fiducia verso l'arbitro che va in campo, che potrà sbagliare anche sabato prossimo.
WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Non c'è dubbio che la categoria più delusa e tradita dalle vicende di «calciopoli» sia stata quella dei tifosi. Vorrei, se avessi una telecamera, avere il punto di vista dei tifosi in questo momento.
Credo che gli striscioni negli stadi si possano dividere in tre tipologie. La prima tipologia è quella, ovviamente da condannare, razzista e xenofoba. A tal proposito la informo che, per un impegno assunto sia dal Ministero dell'interno che dal Ministero della giustizia, ci sarà l'estensione della legge Mancino anche alle discriminazioni di tipo omofobo, sull'orientamento sessuale, che costituiranno reato. Adesso, finalmente, questo Governo si assumerà l'impegno di condannare gli striscioni che insultano anche le persone omosessuali, considerato che il machismo in certe nicchie sportive ancora resiste in maniera molto forte.
La seconda categoria è costituita dagli striscioni offensivi nei confronti di alcuni dirigenti; alcuni sono anche divertenti. Devo dire che ci sono anche dei modi divertenti per confrontarsi con la squadra avversaria. La trasmissione televisiva Striscia la notizia varie volte ha fatto vedere questi striscioni, le cui scritte sono state raccolte anche in un libro.
Infine, ci sono degli striscioni che, secondo me - parlo della terza categoria -, si è voluto ignorare. Si tratta di quegli striscioni che i vari tifosi hanno realizzato molto tempo prima che scoppiasse «calciopoli» e che venisse accusato Moggi, proprio sul problema della corruzione nel mondo del calcio. Credo che alcuni di questi striscioni siano stati premonitori. Erano contro il calcio moderno, contro il calcio fatto solo di miliardi, visto esclusivamente come un business, contro il doping, i falsi in bilancio, i passaporti falsi. Purtroppo, molte persone hanno un po' ignorato questi striscioni.
Questo mi serve per dire che il problema di «calciopoli» non riguarda l'oggi, perché fortunatamente sono venuti alla luce i problemi di corruzione, i problemi di corto circuito tra controllori e controllati. Il problema c'era quando tutto questo sembrava quasi normale, quando pareva che non ci si potesse tirare indietro da questo sistema di corruzione o di telefonate varie.
Penso che l'urgenza di passare da un tipo di contrattazione individuale ad un tipo di contrattazione collettiva sia sentita non soltanto dai grandi dirigenti del mondo sportivo e dalla politica, ma anche e soprattutto dalla tifoseria. Sono certo che questa sia la risposta che i sostenitori delle squadre vogliono sentirsi dare. Anche i tifosi hanno molto risentito del divario esistente tra le grandi e le piccole squadre. Credo che, finalmente, il passaggio dalla contrattazione individuale dei diritti televisivi a quella collettiva possa servire per eliminare l'idea di uno sport di classe, dove esistono squadre nobili e squadre sottoposte a sudditanza.
Bisogna recuperare la convinzione che all'apertura di un campionato si sta come quando si effettuano le gare di corsa: tutti sono sullo stesso nastro di partenza, non c'è chi sta prima di altri. Non si può negare che le maggiori risorse finanziarie possono inficiare il campionato, anche dal punto di vista della competitività più sana, più trasparente, più aperta all'inaspettato.
Le voglio anche chiedere, presidente, se intenda intervenire sul problema degli orari delle partite e dei giorni delle competizioni. Per molti tifosi è stato penalizzante il fatto che si giochi praticamente ormai quasi tutti i giorni della settimana, con l'assurda spiegazione che facendo giocare il sabato le squadre di serie B a questa categoria viene data più importanza. Molti sindaci di comuni e di città le cui squadre militano in serie B si sono espressi in maniera contraria rispetto a questa situazione, perché molto spesso va a cozzare con altri tipi di iniziative. Credo che questo fatto abbia anche influito sulla presenza dei tifosi nelle partite di serie B riducendola, anche perché di sabato molti
lavorano e non hanno il tempo di viaggiare per seguire le loro squadre del cuore.
Ho sentito il presidente del CONI, il dottor Petrucci, lamentare il fatto di non riuscire ad avere una diretta contemporanea di due eventi sportivi, anche se non appartengono alla stessa competizione. Questo vuol dire che esiste, come ha detto l'avvocato Campana, l'idea della monocultura del calcio, nel senso che quando si parla di calcio si deve intendere solo quello della serie A o della serie B, e non anche il calcio dilettantistisco. Lei ricordava, giustamente, che esiste tutto un altro mondo, quello della serie C, quello dei dilettanti; sono d'accordo anche con quanto ha affermato la deputata di Alleanza Nazionale Frassinetti, che bisogna, cioè, dare una maggiore rilevanza anche al calcio femminile.
Occorre fare in modo che il calcio sia accessibile a tutti. Le chiedo, a questo proposito, se possa essere affrontato anche il problema del caro-biglietti. Con il passaggio all'euro, infatti, il costo di molti biglietti è stato aggiornato cambiando semplicemente le lire in euro; penso, ad esempio, all'Udinese: di colpo si è passati da un biglietto che costava 60 mila lire ad uno di 60 euro.
Augurandole buon lavoro, voglio rassicurarla sul fatto che nessuno di noi vuole la demolizione del calcio italiano, perché, tra l'altro, sarebbe impossibile e assurdo, oltre a creare un terreno di scontro sociale incredibile. Nessuno di noi vuole demonizzazioni, né santificazioni; nessuno di noi intende togliere autonomia al mondo sportivo. Noi chiediamo una maggiore giustizia nel potere contrattuale di tutte le squadre. Poi, ciascuna squadra potrà scegliere, in base alla quota che le verrà assegnata, le proprie politiche autonomamente; nessuno di noi chiederà a una squadra di acquistare, per esempio, un determinato calciatore.
Vogliamo che ci siano regole e maggiori controlli - lei diceva: «regole e sanzioni più garantiste e rigorose» -, magari per verificare che le somme elargite per il calciomercato non indebitino eccessivamente le squadre; questo penso che possa essere fatto. È vero che l'esistenza di fallimenti dimostra che esistono delle regole; usiamo, però, queste regole non soltanto per constatare il decesso delle società.
NICOLA BONO. Presidente, mentre lei parlava mi veniva in mente un mio concittadino, dirigente dell'allora Partito comunista italiano, che ogni volta che si parlava di politica e il discorso cadeva sulle responsabilità dell'Unione Sovietica diceva che non era sbagliato il sistema ma chi lo gestiva. Questo non è un modo compiuto per dare giudizi sui fenomeni, storici nel caso del mio concittadino, sportivi nel caso di specie.
Quando lei invita il Parlamento ad aiutare il mondo del calcio per trovare le giuste soluzioni di gestione per le problematiche che lo affliggono, non ci dà poi gli strumenti per poterlo fare. Mi riferisco agli strumenti di conoscenza, che derivano dalla sua esperienza, dalla sua valutazione di quali dovrebbero essere le esigenze oggettive da affrontare.
In tutto il suo intervento si è avvertita la sensazione che lei abbia voluto fare una difesa d'ufficio, peraltro non richiesta, dell'esistente e del passato. Lei ha fatto riferimento, per esempio, ai mondiali del 1990, che sicuramente furono un grande evento calcistico, ma rappresentarono al tempo stesso un monumento allo spreco del denaro pubblico, con la costruzione degli stadi, e così via. Io sono stato sottosegretario al Ministero dei beni culturali per tutta la passata legislatura: abbiamo trovato 400 miliardi di vecchie lire ancora da distribuire a distanza di 14 anni, che non sono stati utilizzati e sono andati a finire nei meandri della burocrazia; siamo riusciti a distribuirli solo nel 2004.
ANTONIO MATARRESE. Presidente della Lega nazionale professionisti. Questi sono i costi, ma i ricavi non li consideriamo?
NICOLA BONO. Presidente, intanto io dico che quando si esalta un avvenimento bisogna guardarlo nella sua interezza.
Quello fu un momento di esaltazione dello spreco del pubblico denaro; che poi sia stato anche un evento sportivo importante, è indiscutibile. È un dato oggettivo. Sto dicendo che quando si fanno le valutazioni bisogna farle nella loro interezza.
Voglio affrontare il tema sostanziale. Noi abbiamo bisogno di capire esattamente quello che, secondo la sua esperienza, viene individuato come essenziale per superare le difficoltà che si sono presentate. Dobbiamo tentare di evitare, attraverso le regole perché altro modo non abbiamo, che ciò che è accaduto si ripeta ancora.
Non entrerò nel merito delle questioni relative alla giustizia sportiva, alle nomine dei designatori arbitrali. Faccio mie le osservazioni che sono state espresse sulle altre questioni e le riflessioni che sono maturate in queste ore di interventi vari; si sta creando nella Commissione un comune sentire. Mi limito a porle tre richieste, che in sostanza sono anche domande.
La prima richiesta è di formalizzare meglio le sue proposte. Lei ha fatto alcuni accenni, ha parlato, per esempio, di mandati a termine, di possibili soluzioni da proporre per la nomina dei giudici della giustizia sportiva; ha dato, però, la sensazione di muoversi per ipotesi di lavoro. Invece noi gradiremmo, magari attraverso un documento che ci farà pervenire successivamente, puntualizzazioni più precise su ciò che, secondo lei, secondo la Lega, dovrebbe o potrebbe essere un argomento di valutazione da parte nostra, sempre distinguendo ciò che può e deve fare il Parlamento rispetto a ciò che può e deve fare il mondo del calcio per quanto di sua competenza.
Sui diritti collettivi, siamo assolutamente d'accordo. Io sono di Alleanza Nazionale: è stato un rappresentante del nostro gruppo politico il primo a presentare una norma per la gestione centralizzata dei diritti televisivi, poi altre proposte di legge si sono affiancate, in ultimo una proposta del Governo; siamo in corso d'opera proprio per discutere di questo problema.
Sulle società di capitale, non ho capito bene quale sia la posizione della Lega. Lei ha fatto un ragionamento e ha affermato che, se le modifiche si fanno in Italia, si deve procedere senza penalizzare le squadre italiane rispetto al contesto europeo in cui si opera. Questo è indiscutibile. Il collega Ciocchetti, nel suo intervento, però, faceva riferimento ad un argomento fondamentale, messo a fuoco non solo da questa Commissione: la debolezza endemica che affligge il mondo del calcio è anche conseguenza dell'aver voluto rendere soggetti giuridici di valutazione addirittura per la Borsa valori, e comunque gestiti con i criteri delle società di lucro, entità che non erano mai state dimensionate a questo livello, con dei cespiti - si veda soprattutto la valutazione del valore «convenzionale» del calciatore - che determinano una quantificazione del capitale sociale aleatoria, difficile da definire, e soprattutto non capace, alla lunga, di tutelare i piccoli azionisti. Il tema principale è questo.
Non so - dovrebbe essere il mondo del calcio a risponderci in merito - se all'estero esistano forme di salvaguardia o se la gestione di queste società di capitale avvenga in modi e forme più garantiste. Non v'è dubbio che in Italia il problema c'è, ed è una delle questioni che credo vadano affrontate con estrema urgenza, insieme a quella della gestione dei diritti collettivi televisivi. Abbiamo un provvedimento di legge in corso d'opera che riguarda i diritti collettivi, ma potrebbe benissimo interessare anche altre tematiche: in ragione della maturazione di idee e di sensibilità che stiamo acquisendo con queste audizioni, credo che questo sia uno dei punti dirimenti. Se lei facesse chiarezza, ci aiuterebbe ad intervenire con efficacia sul mondo del calcio.
VITO LI CAUSI. Il calcio è l'unico settore che non grava sulle casse dello Stato. Sappiamo che è uno sport seguito da oltre la metà degli italiani. Sappiamo anche che il calcio è un fattore chiave per quanto riguarda il successo della televisione; anche per questo sono importanti i
diritti televisivi, cioè l'introito che le squadre riescono ad avere.
Ritengo che il calcio sia un fenomeno sociale straordinario e penso che non sia giusto, e neppure utile, chiedere ad esso lacrime e sangue, come se dovessimo tingere di rosso tutti i campi di gioco. Come altri settori della vita della collettività, ha dei problemi, che vanno risolti: bisogna fare uno sforzo affinché le cose migliorino, con il contributo del legislatore.
Le rivolgo le seguenti domande. Secondo lei è auspicabile, per migliorare le cose, un meccanismo di salary cap? Le misure che il legislatore può adottare per l'acquisto e la sicurezza dei campi di calcio coinvolgendo i privati sono una strada per lei percorribile? Lei intravede una diversa configurazione giuridica per le società calcistiche che, da qualche anno a questa parte, sono diventate società per azioni a scopo di lucro? Io nutro dei dubbi sul fatto che questa sia la strada migliore dal punto di vista giuridico. I calciatori professionisti vengono considerati, noi lo sappiamo, dei lavoratori dipendenti o autonomi. Lei ritiene che ci possa essere una via diversa? Si può ipotizzare qualcosa per migliorare questo stato di cose con il contributo della politica?
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al presidente Matarrese, vorrei fare una piccola puntualizzazione a proposito di una sua affermazione, che attraversa anche la nostra discussione, in merito al fatto che i diritti televisivi appartengono alle società. Se ci si limita a dire questo, obiettivamente la vendita collettiva è un atto di imperio, di violenza.
Credo che, se questo spiega l'esistenza della Lega calcio - un'associazione di società, che quindi ha un suo profilo privatistico, ma al tempo stesso svolge anche una funzione di carattere generale, operando nell'ambito della Federazione gioco calcio e del CONI -, ci sia anche un prodotto torneo o un prodotto campionato che non appartiene alle singole società. La vendita collettiva - so che la pensiamo allo stesso modo - trova ragione in questo bene generale.
Nell'impianto legislativo e giuridico dell'ultimo decennio, avendo messo l'accento solo sulle singole società, obiettivamente si è creato un divario, che non ha tenuto conto né del prodotto torneo (o campionato, tanto di serie A quanto di serie B) dal punto di vista televisivo, né del necessario mutualismo. Tale mutualismo non è una mera generosità - mi riferisco a quanto diceva giustamente l'onorevole Rusconi - nei confronti del dilettantismo o delle società che sono state penalizzate quando non hanno più avuto i proventi del totocalcio, ma rappresenta anche la necessaria alimentazione della sorgente. La sorgente è costituita - come i ghiacciai alimentano la sorgente di un fiume - principalmente da questo movimento di base, oltre che evidentemente dal mercato internazionale dei calciatori, senza i quali il prodotto torneo non potrebbe trovare soluzione.
Questo mi fa dire che l'argomento sul quale gli onorevoli Ciocchetti, Bono, Luxuria, Li Causi e altri sono intervenuti - come si vede, in modo trasversale e con una forte sintonia -, quello dello statuto delle società, non è solo nostalgia di un'altra epoca (ancorché per qualcuno di noi possa anche esserlo) in cui le società sportive avevano una caratteristica diversa. Si può anche essere nostalgici, ma viviamo in questo mondo: oggi il calcio è anche business, la televisione è business, bisogna trovare un ragionevole punto di compromesso tra gli aspetti di mercato e gli aspetti di gioco. Questo compromesso ragionevole, però, nel corso di questi anni non c'è stato, quindi è importante il tema della specialità dello statuto delle società per azioni o comunque di uno statuto giuridico di queste società, esattamente come abbiamo visto sviluppare, in questi anni, in Italia, tutto il settore no profit - parlo di imprese che sono tali a tutti gli effetti, ma hanno una vocazione sociale, solidale o culturale -, sul quale il legislatore ha lavorato.
Vorrei sapere - da lei, che è presidente della Lega, ma sarebbe molto interessante sentire anche la voce dei presidenti delle società, o comunque porre loro questo problema tramite lei - se insieme possiamo avviarci a quella riforma della legge n. 91 del 1981, che anch'io ritengo essere una questione di grande rilievo, accanto a quella televisiva.
ANTONIO MATARRESE, Presidente della Lega nazionale professionisti. Credo di essere stato processato. Non avevo dubbi al riguardo, lo dico simpaticamente. Voi pensavate forse che sarei venuto qui, con il capo cosparso di cenere, a dire che abbiamo distrutto tutto? Se anch'io avessi accusato il sistema nel quale ho vissuto per 14 anni e che ho diretto con eleganza morale, non sarebbe stato giusto. Dovevo necessariamente difendere questo sistema, e mi sento di farlo. Se anch'io facessi il processo al calcio italiano, dovrei dire a me stesso di aver sbagliato ad assumere nuovamente una responsabilità che va ben al di là della presidenza della Lega.
Ho stuzzicato un po' la discussione, senza voler mancare di riguardo nei confronti del professor Rossi, perché volevo aprire un dialogo con chi ne sapeva più di me, e auspicavo un confronto come quello che oggi voi avete voluto con noi rappresentanti del mondo del calcio.
Mi rendo conto di essere, a volte, presuntuoso, ma ho letto gli interventi di coloro che mi hanno preceduto in questa sede, le loro disquisizioni, la loro filosofia, e devo dire che neanche essi hanno portato grandi novità. A partire dallo stesso professor Rossi, che ha chiesto tempo per studiare le diverse questioni.
Io mi sento di difendere il calcio e lo faccio, forse perché ho la coscienza a posto. L'aspetto dei diritti televisivi giustamente compete a voi, al Parlamento, ma sono state fatte osservazioni anche pungenti - a cominciare da quelle dell'onorevole Pescante, peccato che adesso non ci sia - su altri argomenti, che non sono di vostra competenza. È giusto che noi prepariamo i documenti per portarli all'approvazione vostra, che siete i legislatori, ma ho l'impressione che voi vi assumiate responsabilità che attengono unicamente al mondo sportivo. Certo, vi sono questioni che riguardano il Parlamento - ci mancherebbe altro -, ed è anche giusto che noi portiamo alla vostra conoscenza ciò che intendiamo fare all'interno di questa struttura.
Tornando all'onorevole Pescante, vi ricordo che è stato presidente del CONI, e quindi ha gestito lo sport italiano. Nel suo intervento, ha fatto riferimento ai magistrati, ma francamente non ho ben capito che cosa intendesse dire. Insomma, mi è sembrato che volesse girare intorno al problema. Cosa può fare il Parlamento sullo statuto della Federazione o della Lega? A meno che non si pensi di toccare la legge: la cosiddetta legge Melandri ha ricomposto la Federazione in un certo modo, dando potere agli allenatori, ai calciatori, quindi ci ha dato la possibilità di decidere. Siamo noi, dunque, che possiamo incidere sulle regole.
L'onorevole Pescante ha citato la GEA. Ma in quante organizzazioni sono presenti persone che non hanno rispettato le regole? Si è detto che, per intervenire in questa situazione, non si è fatto nulla. Bisogna pur vedere fino a che punto il mondo calcistico avrebbe potuto incidere sulla GEA. Certo, ci sono state delle aberrazioni, ma non dobbiamo confondere il nostro potere con quello della giustizia ordinaria. L'onorevole Pescante ha parlato anche degli arbitri. Ma cosa può fare il Parlamento a questo riguardo? Cosa possono fare i parlamentari? Volete forse decidere voi chi deve fare l'arbitro?
PRESIDENTE. Mi scusi se mi permetto di interromperla. Le ricordo che, nella scorsa legislatura, il documento elaborato dalla Commissione - un documento molto significativo ed unitario - non riguardava solo l'attività legislativa o dell'esecutivo, ma conteneva, sulla base del punto di vista del legislatore, dei suggerimenti o delle opinioni che, secondo la nostra valutazione unanime - come vede trasversale -, se raccolti per tempo dalla Federazione gioco calcio e dalle autorità sportive, forse
avrebbero contribuito ad evitare alcuni spiacevoli avvenimenti. Del resto, anche lei ha espresso una valutazione di questo tipo.
Se, quindi, la preoccupazione è che il Parlamento voglia intervenire per legge o con norme dirette, su questo lei ha perfettamente ragione: le assicuro che noi siamo i più gelosi difensori dell'autonomia dell'ordinamento calcistico.
Tuttavia, è evidente che al termine di questa indagine conoscitiva noi redigeremo un documento che sicuramente sarà oggetto di una lettura e di una meditazione attenta da parte della Lega dei professionisti, della Lega dei dilettanti, della Lega di serie C, della Federazione gioco calcio, del CONI e delle autorità sportive. Questo è il senso delle osservazioni espresse, che altrimenti non si comprenderebbe.
NICOLA BONO. Almeno auguriamoci che ci siano le platee.
ANTONIO MATARRESE, Presidente della Lega nazionale professionisti. Ho capito, voi avete tirato le orecchie a chi è venuto in questa sede prima di me. Io ho un vantaggio, rispetto agli altri, ed è che sono consapevole del ruolo dei parlamentari. Se non portassi rispetto per il vostro lavoro, andrei anche contro la mia storia di parlamentare. Potete trovare in me, dunque, un collega.
Forse, non sono stato felice in alcune circostanze, nel rivolgermi a voi, ma lo scopo è solo quello di capire cosa dobbiamo fare insieme, fin dove potete arrivare voi e fin dove posso arrivare io, come presidente della Lega.
Giustamente, l'onorevole Ciocchetti parla di diritti televisivi, richiamando la legge n. 91. Permettetemi di dire che quella della legge n. 91 è una favola. La legge, che risale al 1981, voleva modificare lo status del calciatore, perché si pensa che il calciatore non sia un lavoratore subordinato, ma un libero professionista, pensando dunque di cambiare le imposizioni fiscali. Vogliamo disquisire sulla questione delle società di calcio come società per azioni? È vero, io ero contrario allo scopo di lucro, ero contrario alle quotazioni in Borsa, ma non sono stato creduto.
Pensare ad un nuovo statuto delle società di calcio sarebbe un successo enorme. Magari riuscissimo a farlo! Come istituzioni calcistiche, non abbiamo più potere sulle società di calcio, come invece avveniva una volta; anzi, se ci permettiamo di toccare con sanzioni il patrimonio delle società, veniamo citati in tribunale. Bisogna vedere come fare, perché si potrebbe rischiare di andare contro la Costituzione. Non sono un avvocato, né un esperto in materia, comunque plaudo a questa proposta.
NICOLA BONO. Contro la Costituzione ci andiamo se lasciamo le cose così come sono!
ANTONIO MATARRESE, Presidente della Lega nazionale professionisti. Sono d'accordo con lei, onorevole Bono.
L'onorevole Ciocchetti ha parlato di giustizia sportiva. Chiaramente, non sono venuto qui a proporre soluzioni, altrimenti sarei il commissario della Federazione...
ANTONIO RUSCONI. Non sarà un suggerimento per giovedì?
ANTONIO MATARRESE, Presidente della Lega nazionale professionisti. No, assolutamente. Doverosamente, preparerò uno studio che vi illustrerò se mi darete l'onore di essere invitato un'altra volta, quando magari affronteremo il discorso con gli altri presidenti, se sarà possibile. Vorrei instaurare un discorso nuovo. Se mi è consentito, vorrei dire che potete trovare in me l'uomo che può fare da collegamento tra il mondo calcistico e il lavoro enorme che state svolgendo.
Quanto alla responsabilità oggettiva, questo è un caposaldo importante nel mondo del calcio. Quando, diversi anni fa, entrò nel mondo del calcio il vostro collega Berlusconi, era un momento in cui avvenivano fatti gravi, i tifosi arrivavano anche ad ammazzarsi fuori dagli stadi. Chiamai, allora, il professor Coppi e gli chiesi di definire un provvedimento straordinario,
che prevedesse che le società fossero responsabili dei fatti che avvenivano anche fuori dagli stadi. Ritenevo, infatti, e ritengo ancora, che vi sia una correlazione tra le tifoserie e le società. Ritengo, altresì, che ci sia una tifoseria buona - poi risponderò all'onorevole Luxuria - e una tifoseria pericolosa, che terrorizza. Chiesi, dunque, che venisse approntato questo provvedimento, ma Berlusconi sostenne che si trattava di norme demenziali: a molti non piaceva che le società di calcio fossero responsabili anche di fatti avvenuti fuori dagli stadi.
Per quanto riguarda i limiti dei mandati, cominciamo a discuterne. Non è una provocazione. Stabiliamo dei limiti - perché no - in modo che si sappia che, dopo quattro anni, si cambia. Quando conclusi il mio mandato, dissi ai miei colleghi di allora di farsi da parte, come avevo fatto io. Non lo fecero.
Onorevole Rusconi, ci vuole coraggio a presiedere questa Lega. È una sfida, ma io amo le sfide. Vi ricordo che ho pagato il conto, nel mondo del calcio. Quando l'Italia - era allenatore Sacchi - ha perso i mondiali ai rigori, non mi potevano far fuori perché c'erano ancora gli europei. Poi è accaduto che non siamo andati avanti negli europei per un rigore sbagliato da Zola e mi fu chiesto di liberarmi di Sacchi per salvare la poltrona. Risposi di no, difendendo le mie scelte. Ho difeso Sacchi e per questo ho pagato alla scadenza del mio mandato.
Permettetemi di ricordare che io sono stato quello che ha voluto il mondiale di calcio in Giappone e in Corea, mettendo insieme Giappone e Corea. Lasciate che mi vanti di questo. Ho anche pagato per questa scelta, perché qualcuno in Italia voleva che i mondiali si disputassero soltanto in Giappone. Ma questa è storia passata.
L'onorevole Rusconi parla di necessità di portare serietà e serenità nel calcio. È quello che sto cercando di fare. Ho trovato, però, una fortissima tensione all'interno della Lega, frutto delle diverse correnti che si sono create, del conflitto tra poteri forti, meno forti, deboli. Su questo bisogna intervenire, ma non dimenticate che un presidente di una società di calcio è capace di trasformarsi: fuori della Lega o del calcio è una persona tranquilla, ma quando entra in una società di calcio, in una partita, è una persona diversa. Chiedere di mantenere la calma a un presidente che perde una partita, credetemi, è davvero difficile. La serenità, tuttavia, è necessaria, e anche voi potete aiutarci a raggiungerla, con la vostra attenzione al mondo del calcio.
Quella del professionismo arbitrale è una vecchia storia. Cosa fanno gli arbitri quando finiscono di arbitrare? Diventano impiegati della Federazione, perché quando parliamo di professionismo arbitrale intendiamo che gli arbitri saranno pagati dalla Federazione. Ma dove va l'arbitro, dopo che ha finito di ricevere emolumenti dalla Federazione?
Distribuire i proventi televisivi a tutto il mondo del calcio sarebbe un sogno. So che volete approvare una legge che preveda che almeno una percentuale di tali proventi abbia questa destinazione. Bisogna vedere fino a che punto è possibile farlo: non credo che si possa togliere ciò che è di proprietà di società di capitali, anche se sicuramente si troverà una soluzione anche per questo.
È la Federazione che aiuta le categorie minori, non può essere la Lega. Quando ero presidente della Federazione e partecipavo al consiglio nazionale del CONI, mi si chiedeva di togliere i soldi al CONI, ma io non lo facevo, perché sapevo che si dovevano sostenere anche le altre Federazioni. La procedura, dunque, non è facile, ma ci stiamo avviando verso un cambiamento. Già ora la serie B aiuta la serie C. Io ho portato 40 milioni di euro alla serie B - l'anno scorso ne avevano 20 -, ma mi rendo conto che si stanno già sbranando su come distribuirli.
Diceva l'onorevole Rusconi che il documento conclusivo dell'indagine precedente è rimasto lettera morta. Posso garantirvi, però, che mai come questa volta il mondo del calcio ha bisogno di voi. Il momento, peraltro, è propizio. Nel mondo che rappresento, quello della Lega calcio,
noto un'attenzione verso il Parlamento. Tutti sanno che oggi sono qui e che sono venuto per cercare di spiegare che noi ci attendiamo collaborazione e aiuto. Approfittiamo di questo momento di debolezza, anche morale, del mondo del calcio, per risalire la china.
Quanto ai controlli, vorrei ricordare il caso della Lazio. Quando gli elementi contabili della Lazio sono arrivati in Federazione, io non c'ero, ma ho capito comunque il dramma. Come si può pensare di cancellare una società di calcio? La Federazione avrebbe dovuto chiedere la cancellazione della Lazio dal campionato? Io l'ho fatto nel 1986 con il Palermo, che allora non aveva 500 milioni di lire per garantire l'iscrizione al campionato. Al sindaco di Palermo - allora Leoluca Orlando -, che si ribellava a questa decisione, dissi chiaramente che, se il Palermo non avesse garantito la copertura finanziaria per iniziare e portare a termine il campionato - poiché se il fallimento fosse arrivato durante il campionato lo avrebbe fatto saltare -, non se ne sarebbe fatto nulla.
Occorrevano, dunque, 500 milioni, che però non furono trovati. Se non ricordo male, era allora Presidente del Consiglio l'onorevole Andreotti, al quale dissi che ero costretto a quella decisione. Ero presidente della Lega, e sopra di me c'erano Carraro e Manzella. Eppure mi rifiutai di iscrivere il Palermo al campionato. Andreotti, con una battuta, rispose: «Ma che razza di mafiosi ci sono in Sicilia, se non riescono a trovare nemmeno 500 milioni?». Il Palermo, comunque, non fu iscritto al campionato. Per un anno non c'è stato calcio a Palermo, eppure oggi la squadra è tornata in serie A.
Tornando alla Lazio, la Federazione per salvarla ha emanato un provvedimento che ha consentito l'ammortamento del debito fiscale. Lo dico perché sappiate che queste sono preoccupazioni che la Federazione si pone; lo stesso problema che mi sono posto anch'io quando sono arrivato a Napoli: il Napoli stava fallendo ed era prossimo il G8. Non si può essere farmacisti nel mondo del calcio. Certo, è necessario far rispettare le regole, ma è difficile farlo quando ci si trova di fronte a fenomeni di ordine pubblico enormi.
La «norma Petrucci» consente una via d'uscita: se la Lazio non avesse trovato la soluzione, ad esempio, sarebbe andata in serie B. Ma non si può pensare - ecco perché bisogna trovare anche i rimedi, ad esempio cambiare lo statuto delle società di calcio - di cancellare una società (nessuna, dalla più piccola alla più grande), soprattutto dove c'è il rischio che si verifichino fenomeni di disordine pubblico. Per questo motivo è necessario analizzare bene la situazione ed eventualmente cambiare lo statuto delle società di calcio.
Berlusconi sostiene che quello che affligge il calcio non è un virus, ma è una malattia grave; non è, comunque, una malattia che porta alla morte. Voi, che siete fuori da questo mondo, vedete una catastrofe. Anch'io ritengo che quello che è avvenuto sia grave; come ho detto, non sono venuto qui a difendere chi ha sbagliato, ma vi chiedo di utilizzare un po' di serenità di giudizio. Quando è scoppiato lo scandalo si chiedevano i morti, si voleva fare una strage.
In realtà, che la Juventus avrebbe perso lo scudetto era già stato definito. Allo stadio di Bari - la mia città, ve ne sarete accorti dall'accento - si giocava la partita Reggina-Juventus ed io avevo previsto che allo stadio sarebbe andata poca gente, perché si sapeva ormai che la Juventus avrebbe perso lo scudetto. Invece, i tifosi della Juventus facevano a botte per entrare nello stadio, pur sapendo che la loro squadra sarebbe stata condannata. Sono rimasto allibito nel vedere che, nonostante la condanna che pendeva sulla Juventus, la gente applaudiva Moggi e tutto il resto.
Dobbiamo chiederci perché avviene questo. Quest'anno gli abbonamenti sono un po' diminuiti, ma gli stadi non si sono svuotati. C'è una leggera percentuale di calo nella serie A, ma un incremento nella serie B, con la presenza della Juventus. Insomma, cosa pensa la gente del calcio? Voi siete giustamente preoccupati, in quanto rappresentanti del Parlamento, degli
avvenimenti gravissimi che si sono verificati. È una preoccupazione che condivido.
L'opinione pubblica, però, cosa pensa? Avete visto cosa è successo quando Moggi è andato in televisione? È stata organizzata una raccolta di firme per difenderlo. Questo è il nostro paese! Allora, cerchiamo di analizzare attentamente questi fenomeni.
Quando l'onorevole Luxuria afferma che i tifosi sono delusi, io capisco il suo tormento, ma onestamente non vedo nessun abbandono del calcio, né voglio vederlo. Francamente, sono contento che la gente vada allo stadio. Ma il tifoso che non può permettersi di seguire la sua squadra fuori casa vuole vedere la partita in televisione. Eccome, se la vuole vedere! Allora, io mi sono dovuto preoccupare non soltanto di portare 40 milioni di euro anziché 20 alla serie B che stava affondando, ma anche di assicurare che tutti potessero vedere le partite. È stato un successone - non me ne vanto, anche perché il merito è della Lega - e quest'anno si possono vedere tutte le partite di serie B. I tifosi volevano questo.
Anche voi dovreste chiedervi come mai la gente, nonostante quello che è successo, sia ancora così presa dall'interesse per il calcio. Quanto agli orari delle partite, onorevole Luxuria, noi siamo schiavi della televisione. Non pensate che il calcio lo gestisca io, che sono presidente della Lega. Io divido le responsabilità con le televisioni, e questo non avviene soltanto in Italia, ma in tutta Europa. Pensate forse che sia Blatter ad organizzare i campionati del mondo? O che siano Johansson e la UEFA ad organizzare i campionati europei? Li organizza la televisione, che gestisce il calcio nazionale ed internazionale.
Dobbiamo essere bravi noi a evitare che siano le televisioni a condizionare le scelte. Badate, le nomine internazionali passano anche con il consenso dei grandi network televisivi, che vogliono essere garantiti - non per fare trucchi, ma perché investono grosse cifre - che chi viene eletto abbia capacità manageriali adeguate. Insomma, sono imprenditori come noi: noi siamo imprenditori calcistici e loro sono imprenditori televisivi.
I sindaci chiedono di giocare la domenica, ed io credo di essere stato molto garbato nei loro confronti. L'ingegner Reggi, sindaco di Piacenza, che guida il gruppo di primi cittadini impegnati in questa «battaglia», mi ha chiamato anche oggi. Questi sindaci mi hanno persino fatto i complimenti; da parte mia, li ho ascoltati e li ho invitati a ragionare. Del resto, anch'io voglio che si giochi di domenica, addirittura vorrei passare alla storia come il presidente che fa giocare tutte le squadre di domenica. Ma non è possibile. Se si gioca di sabato, ci sono determinati introiti, se si gioca di domenica non ci sono. È inutile girare attorno all'argomento: se vogliamo prenderci in giro, facciamolo pure.
Il sistema è cambiato. Tornando alla storia dei proventi dei diritti televisivi e alla proposta di distribuirli, vi invito a fare attenzione. Come avete visto, quattro o cinque giocatori della Juventus sono stati acquistati da società spagnole. Questo ha impoverito il patrimonio calcistico italiano e le squadre spagnole sono diventate più forti delle nostre. Avere dei club che partecipano alle coppe internazionali per noi è un grande successo, un grande prestigio; inoltre, la partecipazione alla coppa dei campioni e alla coppa UEFA significa l'entrata di risorse notevoli nelle casse delle nostre società.
Noi stessi dobbiamo tenere alto il prestigio di questi club che trascinano il campionato. Del resto, da quando esiste il calcio, le squadre più forti sono sempre le stesse. Ed è inimmaginabile che si possa avere un livellamento verso il basso. Tra l'altro, chi può impedire a Berlusconi, a Moratti o ad altri di investire soldi nel calcio?
Si sostiene che distribuire i proventi è un fatto di democrazia, ed io sono d'accordo. D'altronde, dare alla Lega la possibilità di gestire il denaro frutto della vendita dei diritti televisivi conferisce potere
gestionale alla Lega stessa. La verità è che si rispettano le istituzioni quando se ne può ottenere qualcosa.
Provate ad immaginare che il Milan diventi come il Piacenza o come l'Atalanta: è improponibile. Si possono aiutare i club medio-piccoli - questo sì -, ma immaginare che il Milan non sia più il Milan, l'Inter non sia più l'Inter o la Juventus non sia più la Juventus è impensabile.
Per quanto riguarda il caro biglietti, ogni anno si ripresenta lo stesso problema. Con l'introduzione dell'euro, poi, la situazione è ancora più grave. Qualche società, a dire il vero, ha ridotto il prezzo dei biglietti. A mio parere, possiamo studiare insieme una soluzione, il Parlamento può studiare un intervento che obblighi a non superare un certo livello di prezzi.
È vero che dobbiamo meritarci l'autonomia, ma adesso dobbiamo risalire la china. Forse, in questa disgrazia c'è anche un bene, quello di impegnarci a meritare l'autonomia del mondo sportivo. Il CONI dovrebbe essere di esempio, nel difendere questa autonomia.
Non voglio invadere - peraltro, sicuramente fuori mi aspetta la stampa - il campo del CONI, la cui gestione spetta al presidente Petrucci, nel quale nutro molta fiducia. Oltretutto, viene anche lui dal mondo del calcio: è stato il mio segretario generale di Federazione, quindi ne conosco il valore. Sarebbe la mortificazione del mondo del calcio se l'eventuale nuovo commissario non prendesse immediatamente contatti con il settore che dovrà coordinare. Non è possibile entrare nel mondo del calcio e ignorare che ci sono dei motori che fanno muovere la Federazione. Invito, pertanto, il nuovo commissario a prendere immediatamente contatti con coloro che operano nel mondo del calcio, con i vertici delle leghe, dei settori degli arbitri, degli allenatori, dei calciatori, e con quant'altri. È opportuno che subito si metta a disposizione del mondo del calcio, e viceversa.
Onorevole Bono, non so se lei sia più di sinistra o più di destra. Lo dico perché non ho ben compreso il tono con cui ha affrontato la questione.
LUCIANO CIOCCHETTI. Oggi ha fatto l'extraparlamentare!
ANTONIO MATARRESE, Presidente della Lega nazionale professionisti. Ho detto che si è trattato, in linea di massima, di un problema di uomini e confermo di voler addebitare agli uomini gran parte della responsabilità della crisi. Anche le regole, certo, vanno modificate, per questo vi ho chiesto di avanzare delle proposte. Quando il nuovo commissario mi chiederà collaborazione, intanto vi avviserò, perché è un dovere nei vostri confronti. Ciò che ormai tutti sappiamo è avvenuto perché intorno al calcio si sono sviluppati una serie di movimenti (diritti televisivi, grandi interessi, uomini di potere) che hanno dettato legge.
Si dice che, se non fosse intervenuta la magistratura, non avremmo scoperto nulla. Attenzione, non è proprio così, altrimenti bisognerebbe dare ragione al professor Rossi, che oggi, in un'intervista pubblicata su la Repubblica, ha affermato che il mondo sportivo, il mondo politico, il mondo mediatico e il Governo hanno fatto una «pastetta». Evidentemente, non ho capito nulla e, in questo caso, vorrei capire.
Vengo alla questione di Italia '90: come in ogni avvenimento sportivo, ci sono state spese eccessive, che però non abbiamo gestito noi del mondo del calcio. Nel 1990 - ero presidente della Federazione -, abbiamo portato ricchezza e immagine a questo paese. E quell'immagine ha un valore incommensurabile, molto più pesante di quello che i comuni hanno speso per sistemare gli stadi. Tra l'altro, quegli stadi non sono buoni per il 2012. Immaginiamo cosa sarebbe accaduto se non li avessimo risistemati affatto.
È vero, ci sono state delle esagerazioni. Perché non ammetterlo? A Bari, città nella quale vivo, sebbene lo stadio sia costato quasi niente rispetto ad altri, era comunque possibile risparmiare evitando di costruire la pista d'atletica. Tuttavia, va detto che quella maggiore spesa si è rivelata utile, dal momento che proprio a Bari abbiamo svolto i Giochi del Mediterraneo.
Sappiamo che a Torino qualcosa non ha quadrato, e lo stesso è accaduto in altre città. Ognuno, naturalmente, fa le proprie valutazioni. Forse, qualche comune ha speso di più, gli errori ci sono stati, ma non farei un processo, anche perché ne abbiamo avuto dei vantaggi. È stato detto che i mondiali di Germania hanno fatto aumentare il PIL anche in Italia. A maggior ragione, credo che nel 1990 il nostro PIL sia notevolmente aumentato. Rimangono le esagerazioni, che si dovranno evitare qualora dovessimo ospitare gli europei del 2012.
Onorevole Li Causi, il calcio è importante in Italia. Del resto, la nazione intera si è fermata quando abbiamo vinto i campionati del mondo; abbiamo assistito a scene di esaltazione collettiva. È un'emozione che avevo già vissuto nel 1982. Sono l'unico dirigente sportivo che può dire di aver vinto un mondiale. Il professor Rossi l'ha vinto quest'anno, grazie agli investimenti che hanno fatto i presidenti delle società di calcio nel calcio italiano, nonostante i loro peccati.
Si è parlato di salary cap, ma sappiamo bene che l'associazione dei calciatori è contraria. C'è stato un accordo tra serie A e serie B: la prima ha detto alla seconda di essere disposta ad aiutarla, passandole 95 milioni di euro all'anno, a condizione che la serie B imponga il salary cap. È stato stabilito, dunque, tale salary cap - l'ho trovato già fissato -, ma l'associazione dei calciatori sollecita un incontro proprio perché vuole che venga eliminato. Attenzione, non possiamo impedire ai presidenti di coprire gli esborsi oltre il salary cap; chi, oltre alle entrate, può investire soldi propri, ha il diritto di farlo. Comunque, anche questo sarà argomento di discussione.
Veniamo alla sicurezza degli stadi e al discorso degli stadi ai privati. Chi aiuta le società di calcio a gestire gli stadi? Si era pensato, in un certo periodo, di utilizzare il credito sportivo, ma questo ha perso notevolmente la sua forza. Ho organizzato con la FIFA il mondiale di Giappone e Corea, ed ho girato per tutti gli stadi. È vero, lì hanno fatto stadi bellissimi, ma hanno speso cifre inimmaginabili. In più, quegli stadi sono rimasti delle cattedrali nel deserto.
Diverso è il discorso che fanno in Inghilterra...
LUCIANO CIOCCHETTI. Quanto è costato il nuovo stadio di Londra? Dieci volte...
ANTONIO MATARRESE, Presidente della Lega nazionale professionisti. Voi potreste aiutare il mondo del calcio prevedendo una normativa tale che consenta agli utenti degli stadi di valorizzarli meglio.
Il presidente Folena ha fatto una proposta esplosiva. Se davvero, signor presidente, voi parlamentari poteste definire un nuovo statuto delle società di calcio, mi trovereste d'accordo. Ho già detto di non essere d'accordo sulle società quotate in Borsa, ritenendo che la quotazione in Borsa apra la strada a nuovi peccati.
Vi ringrazio, signor presidente e signori commissari. Oggi ho imparato tanto, e mi scuso se le mie risposte non sono state esaustive. Assicuro il mio impegno d'onore a tornare nuovamente in questa sede qualora lo riterrete opportuno.
PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Matarrese, anche per la franchezza e per il dialogo aperto. Considerato che l'indagine conoscitiva proseguirà, penso che dovremo trovare il modo di incontrarci nuovamente in una sede opportuna.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 19,05.