COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di marted́ 30 ottobre 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO DEL MESE

La seduta comincia alle 11,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dell'amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo, Corrado Passera.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e le prospettive del sistema creditizio, con particolare riferimento alle aree meridionali, l'audizione dell'amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo, Corrado Passera.
Abbiamo il piacere di avere con noi l'ingegner Enrico Salza, presidente del consiglio di gestione, il dottor Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa San Paolo, il dottor Vittorio Meloni, la dottoressa Costanza Escaplon, la dottoressa Antonella Zivillica, responsabile delle relazioni con i media di Roma, il dottor Gregorio De Felice, responsabile del servizio studi.
Ringrazio i nostri ospiti per la loro presenza.
Nelle sedute precedenti, abbiamo audito i rappresentanti della Banca d'Italia, quindi il dottor Profumo per l'Unicredit, e oggi è prevista la vostra audizione.
Do la parola al presidente del consiglio di gestione del gruppo Intesa San Paolo, dottor Enrico Salza.

ENRICO SALZA, Presidente del consiglio di gestione del gruppo Intesa San Paolo. Signor presidente, per entrare subito nel merito delle questioni in esame, passerei la parola a una persona che, fortunatamente, ha la responsabilità di far crescere - e lo sta facendo molto bene - il nostro gruppo, il dottor Corrado Passera.

CORRADO PASSERA, Amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo. Signor presidente, nel materiale che abbiamo consegnato alla Commissione troverete due documenti. Il primo di questi si riferisce, nello specifico, all'audizione odierna e contiene i riferimenti ai dati che tratterò nella relazione. Pertanto, non occorre prendere nota di nulla, perché tutto quello che dirò è inserito nelle tavole riportate nella documentazione. Vi è poi un altro documento che riguarda l'andamento del nostro gruppo bancario, gli ultimi dati comunicati al mercato, aggiornati al 30 giugno.
Se siete d'accordo, proporrei una breve carrellata sui temi del sistema bancario della nostra banca e mi soffermerei velocemente sulla nostra presenza nel sud del Paese, per poi lasciare più spazio possibile alle domande.
Il sistema bancario Italia, forse come pochi altri, in questi ultimi anni, ha subito una grande trasformazione. Il motore di questo cambiamento si chiama concorrenza.


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Parliamo di un settore economico che è stato aperto a ogni forma di concorrenza e, anche rispetto agli altri grandi Paesi europei, è stato privatizzato, liberalizzato e aperto al mercato europeo come nessun altro. Questa grandissima iniezione di concorrenza l'ha fatto crescere, ha migliorato e rafforzato il sistema stesso e ha creato almeno due operatori di dimensione europea.
Inoltre, pur sapendo che ci sono ancora tante cose da fare, tale processo ha portato il nostro Paese in graduatoria - come non era mai avvenuto prima - in Europa da tutti i punti di vista.
Oggi abbiamo un settore bancario che, anche in termini di valore - se vogliamo prendere come riferimento il valore di borsa delle nostre banche - è secondo in Europa solo all'Inghilterra. Quindi, stiamo parlando di uno dei più grandi settori economici europei.
L'alto livello di concorrenza è dimostrato dalla percentuale molto elevata di clienti che, ogni anno, cambiano banca. Questo è l'indicatore chiave che si prende come riferimento in qualsiasi campo per capire se vi sono mobilità, concorrenza e innovazione all'interno di un settore.
Ebbene, stando agli ultimi dati che abbiamo a disposizione, quelli del 2005, nel corso dell'anno, quasi l'8 per cento delle famiglie e l'11 per cento delle piccole e medie aziende hanno cambiato banca. Questo dato va a dimostrazione del fatto che c'è possibilità di movimento, che è possibile confrontare le offerte e che vi è una grande concorrenza tra le banche.
Accennavo prima al tema della privatizzazione. Di fatto, si tratta di un settore che, ancora dieci anni fa, era quasi totalmente controllato, direttamente o indirettamente, dal mondo pubblico. Oggi, invece, è sostanzialmente privatizzato al 100 per cento. Tale aspetto viene apprezzato e ammirato dall'esterno. Molti altri Paesi, infatti, non sono riusciti a realizzare una privatizzazione, ad esempio nel mondo delle casse di risparmio, come siamo riusciti a fare noi. Inoltre, con la famosa legge che ha forzato la privatizzazione delle casse di risparmio, si è messo in moto un meccanismo di consolidamento che ha portato a creare alcune banche di dimensioni europee.
Vengo ora alle azioni che alcune grandi banche italiane stanno portando avanti, in termini di presenza al di fuori dell'Italia. Questi istituti si sono concentrati soprattutto nel centro-est dell'Europa e adesso, progressivamente, si interessano all'area del Mediterraneo. Entrambe, infatti, sono zone di grande interesse per lo sviluppo delle aziende italiane.
In questi mondi, le banche italiane sono prime in assoluto, rispetto a quelle di qualsiasi altro Paese, dal punto di vista della presenza. Mediamente, soprattutto nei Paesi del centro-est Europa, con quasi il 20 per cento di quote di mercato, siamo il settore bancario europeo più presente.
Quanto a noi, a nostra volta, siamo il Paese europeo più aperto agli investimenti esteri. Vale a dire che in nessun'altra parte d'Europa vi è una situazione come quella italiana, nella quale quattro banche internazionali hanno quattro grandi reti di filiali. Non esiste un altro caso di concorrenza così forte, anche da parte di operatori stranieri, che hanno quasi 3.000 sportelli nel nostro Paese. Anche questa è concorrenza, anche questo ha contribuito alla crescita del nostro settore, anche questo aspetto è benvenuto, ma nessuno pensi che questa sia la normalità. Quella descritta è una caratteristica positiva del Paese.
Attualmente, le banche estere, in termini di quota dell'attivo del sistema bancario italiano, non sono lontane dalla percentuale del 20 per cento (il 18,6 per cento) che è quasi il doppio del dato rilevato nel resto d'Europa.
Esistono poi dei settori specifici, come quello del credito al consumo, in cui gli operatori esteri toccano quasi il 40 per cento del mercato. Quindi, parliamo di presenze molto importanti.
Se si guarda al settore bancario italiano, dunque, si comprende che la grande concorrenza esistente al suo interno è dovuta alla compresenza di alcune grandi banche, di molte medie banche, di moltissime banche piccole, delle banche-reti,


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come quelle cooperative, del BancoPosta e delle quattro grandi banche internazionali. Inoltre, su taluni prodotti, vi sono molti operatori specializzati esteri.
In questi ultimi anni, sono stati aperti quasi 10.000 nuovi sportelli; cosa che ha ulteriormente migliorato l'accessibilità al servizio e certamente anche la concorrenza.
In termini di canali diretti, invece, come internet, telefono, televisione via dicendo, in Italia vi è ancora un utilizzo inferiore a quello di altri Paesi. Tuttavia, in banche come le nostre - per darvi un'idea - su alcuni prodotti in cui il canale diretto è disponibile e comodo, come quello dei bonifici, ormai circa il 50 per cento delle transazioni avvengono per via ma telematica.
Tornando al tema dell'indebitamento (parlavamo di credito al consumo, di mutui e di indebitamento delle famiglie italiane), rilevo che questo è un settore di crescita molto importante del mondo bancario, poiché siamo ancora molto lontani dai livelli di indebitamento che altri Paesi europei, per non parlare di quelli anglosassoni, mostrano. Troverete i dati relativi a tale aspetto nella documentazione scritta che vi consegniamo.
In termini di percentuale, in Italia si parla di circa metà dell'indebitamento sul reddito delle famiglie rispetto a quello degli altri Paesi.
Se osserviamo la questione da un altro punto di vista, quello del rapporto tra gli attivi, tra la ricchezza delle famiglie e l'indebitamento, notiamo che tale relazione è ancora a grande vantaggio del Paese Italia. Certo, questo non vuol dire che non si debba fare attenzione o che non si debbano concedere prestiti con cautela a talune fasce della popolazione, ma comunque, in termini di indebitamento, siamo lontanissimi dalla situazione di quasi tutti i Paesi europei.
Quanto sta succedendo sui mercati finanziari internazionali ha toccato in misura minore l'Italia rispetto ad altri Paesi, perché le nostre banche sono strutturalmente molto più equilibrate. Finanziamo i nostri crediti alle famiglie e alle imprese con i depositi che abbiamo e, dall'altra parte, siamo meno sensibili di come hanno dimostrato di essere altre banche internazionali sul tema del funding, ossia del finanziare le nostre attività sui mercati interbancari. Quindi, anche la grande turbolenza di questi ultimi mesi sta passando, certamente non senza costi, ma più facilmente che in altri Paesi.
In tutto il mondo il costo del credito è aumentato, sia perché sono cresciuti i tassi di riferimento della Banca centrale europea, sia perché vi è stato un atteso aumento dell'apprezzamento del rischio. Tale situazione certamente potrà portare a una riduzione dell'aumento del credito al sistema; cosa che, comunque, per l'Italia non ci aspettiamo in forma sensibile.
Nel contesto del settore bancario in piena trasformazione da concorrenza, negli ultimi 7-8 anni, si sono realizzate moltissime operazioni di combinazioni. Stiamo parlando di quasi 400 operazioni di fusioni e acquisizioni. Alcune di queste, forse una trentina, hanno interessato i due gruppi bancari che oggi si presentano insieme come un'unica banca. Intesa San Paolo, infatti, nasce dalle filiere che si erano create intorno a Banca Intesa e a San Paolo IMI.
Un anno fa, abbiamo deciso di riunire due grandi banche, entrambe robuste, perché abbiamo capito che, pur avendo piani ambiziosi, importanti, e buoni risultati, se volevamo «giocarcela» in termini dimensionali anche a livello europeo - avere le stesse dimensioni e quindi le stesse economie di scopo e di scala, per competere con i principali operatori europei - dovevamo accelerare la nostra crescita mettendoci insieme. Lo abbiamo fatto e stiamo realizzando la nostra fusione, che ha portato alla creazione dell'operatore più importante sul mercato domestico italiano.
Come abbiamo recentemente relazionato al mercato in varie sedi, per ora il processo di integrazione sta procedendo bene. Tutte le grandi decisioni che si devono assumere in occasione di una fusione tra due banche sono state prese all'unanimità e con l'appoggio di accordi


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sindacali molto importanti (ne abbiamo fatti quasi 70 negli ultimi mesi, proprio per seguire la fusione e la razionalizzazione del gruppo).
Se vorrete, potremo parlare molto più dettagliatamente sia dei risultati, sia delle nostre scelte operative interne.
Oggi, siamo certamente una banca concentrata in Italia - questo è per noi titolo di interesse e di orgoglio - perché crediamo fortemente nel nostro Paese e riteniamo che l'Italia possa crescere in maniera importante. Inoltre, pensiamo che una banca come la nostra possa svolgere un ruolo importante, per favorire tale cammino di crescita.
Oltre a ciò, siamo una delle principali banche presenti in altri dieci Paesi dell'est Europa e dell'area del Mediterraneo; siamo presenti in tutti i Paesi difficili, in cui gli imprenditori italiani hanno bisogno di essere assistiti; siamo di gran lunga la banca con il maggior numero di ramificazioni e presenze in Cina; abbiamo due sedi in Russia e stiamo cercando di creare una presenza - è più difficile a causa di determinate regole interne - in India.
Non mi dilungherò nel descrivervi la nostra organizzazione interna, salvo che qualcuno di voi sia interessato all'argomento.
Nella giornata di ieri - tanto per parlare di cronaca - abbiamo annunciato la creazione di una banca specializzata all'interno del gruppo che si occupa e si occuperà di impresa sociale, di volontariato, di mondo del no profit. Entrambe le nostre banche hanno una lunga tradizione di presenze e attività in questo settore: parliamo di 50.000 rapporti, di 800 milioni di finanziamenti in corso.
Negli ultimi anni, tali istituti hanno creato un laboratorio ad hoc per aiutare la nascita di imprese sociali in settori molto delicati, in cui il nostro Paese soffre di alcuni ritardi (dagli asili nido, alle case per gli handicappati, al problema degli anziani piuttosto che dei cassintegrati).
Abbiamo deciso di trasformare tutte queste attività in una banca dedicata, la Banca Prossima, che parte con un patrimonio importante (120 milioni di euro) e che, sin d'ora, ha preannunciato che tutti i risultati che otterrà li riverserà all'interno, appunto per favorire lo sviluppo dell'impresa sociale.
Abbiamo un piano di impresa impegnativo, per il periodo 2007-2009, che prevede oltre 100 miliardi di nuovo credito all'economia, 40 miliardi tra retribuzioni, acquisti, investimenti e contributi sociali, circa 18 miliardi di dividendi e 10 miliardi di imposte. Quindi, la nostra banca sa di poter dare un contributo rilevante alla crescita del sistema Italia.
Passando al tema più specifico dell'audizione odierna, sottolineo che quello relativo al sud è un capitolo di particolare importanza per noi, perché abbiamo la realtà più rilevante nel mondo creditizio del sud, ossia il Banco di Napoli.
Pensiamo che la Campania, la Puglia, la Basilicata e la Calabria, le quattro regioni servite dal Banco di Napoli - come la Sicilia, ovviamente, che è servita direttamente dal gruppo - abbiano grandi potenzialità di crescita; e i risultati lo stanno dimostrando. Del resto, non devo dire a voi quanto, in queste quattro regioni, il radicamento del Banco di Napoli sia importante da secoli e secoli.
Oggi abbiamo portato all'interno di tale banca tutte le strutture del gruppo Intesa, creando così un'istituzione di 900 sportelli, una realtà bancaria che nel sud non era mai esistita, una banca totalmente dedicata al sud.
Il nostro modello organizzativo è quello di avere banche dedicate ai singoli territori, in modo tale che non si abbia la tendenza a operare nei luoghi in cui questo risulti più facile, tralasciando magari le zone in cui, per varie ragioni, è più difficile.
Il Banco di Napoli, quindi, per conto di Intesa San Paolo ha il compito di lavorare in maniera concentrata all'interno di queste quattro regioni, con ben 900 sportelli. Stiamo parlando di 5.700 persone che lavorano con noi e di 1 milione 800 mila clienti.
Negli ultimi mesi, tra le uscite e le entrate, i clienti del Banco di Napoli sono


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aumentati di quasi 80 mila unità, a dimostrazione di quanto questa banca creda nella crescita.
Stiamo parlando di impieghi, ossia di finanziamenti, importanti. A marzo 2007, i finanziamenti in queste quattro regioni del Mezzogiorno ammontavano a quasi 25 miliardi e i depositi a 21 miliardi. Questo vuol dire che non solo tutti i depositi del sud, di queste quattro regioni sono reinvestiti nelle regioni stesse, ma anche che una parte dei depositi raccolti in altre regioni sono utilizzati per impieghi, ossia investimenti, in queste quattro regioni.
I finanziamenti sono maggiori dei depositi, contro il timore che si possano considerare queste regioni come fonti di raccolta, per poi effettuare un impiego altrove.
Negli ultimi tre anni, le attività finanziarie sono cresciute in maniera importante di quasi il 20 per cento. Gli impieghi sono aumentati di quasi il 30 per cento, quelli a lungo termine, ossia quelli più orientati agli investimenti delle imprese sono cresciuti quasi del 60 per cento.
In queste quattro regioni, abbiamo quote di mercato molto rilevanti: quasi il 23 per cento di quote di mercato negli impieghi e quasi il 26 per cento nei depositi, che stanno ulteriormente aumentando per la politica di crescita di cui vi parlavo in precedenza.
Il Banco di Napoli per noi rappresenta una quota molto importante dell'attività complessiva della banca. Stiamo parlando di quasi il 13 per cento di tutti i finanziamenti che si fanno in Italia e di circa il 17 per cento di tutta la raccolta diretta.
È importante - ci fa piacere dirlo - sottolineare che, relativamente ai tassi che applichiamo a consuntivo in queste quattro regioni, l'allineamento tra le regioni del sud e il resto d'Italia è pressoché totale. In questo modo, ci troviamo al di sotto, di quasi un punto, rispetto ai tassi medi che il sistema bancario applica in queste regioni.
Nella documentazione scritta troverete i dati di dettaglio relativi a tale aspetto. Ad ogni modo, il concetto è che non abbiamo un disallineamento dei tassi di interesse attivi nelle regioni del sud, mediamente parlando, per la nostra attività, rispetto al resto d'Italia.
Affronto ora un ultimo argomento che dà l'idea di quanto siamo impegnati, e quindi quanto sentiamo la nostra responsabilità in queste regioni. Quasi il 50 per cento delle imprese industriali di queste regioni sono nostre clienti. Ciò significa che se andiamo ad analizzare che cosa rappresenta, in termini di fatturato, questo 50 per cento, oltrepassiamo il 95 per cento. Sostanzialmente, ci sentiamo fornitori di servizi a quasi il 100 per cento del fatturato industriale di queste quattro regioni e a circa il 50 per cento delle aziende che vi operano.
Se passiamo al commercio, circa il 36 per cento delle imprese sono nostre clienti e coprono quasi l'80 per cento del fatturato. Parliamo dunque di una banca che ha un ruolo veramente molto importante.
I risultati che la banca sta ottenendo, dopo anni di grande difficoltà - non devo dire a voi quanto sia stata complessa la vita del Banco di Napoli negli ultimi decenni - oggi mostrano un istituto che si sta allineando ai risultati che deve avere una banca di successo che vuol crescere e che intende contribuire allo sviluppo delle regioni nelle quali opera.
Questo, in grande velocità, è l'inquadramento della situazione. Siamo pronti ad analizzare qualsiasi tipo di aspetto che vogliate approfondire.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANTONIO PEPE. Signor presidente, ringrazio il dottor Passera e tutti coloro che sono presenti oggi in Commissione, in rappresentanza del gruppo Intesa San Paolo. Vorrei complimentarmi con loro per la notizia che ho appena appreso relativa all'apertura della Banca Prossima. La nascita di una banca che deve per operare nel sociale è sicuramente una realtà che salutiamo positivamente. Oltre a ciò, vorrei rivolgere i miei complimenti anche per i successi che il gruppo ha riportato.


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Vengo rapidamente alle domande che intendo porre ai nostri ospiti. Anche nel sud si è svolto un imponente processo di concentrazione del sistema bancario, che è avvenuto sia con acquisizioni di capitali di altre banche che operano nel sud, sia attraverso fusioni per incorporazione. Tutto ciò ha determinato il vantaggio di una maggiore solidità e di una crescita del sistema bancario, oltre a una maggiore competitività europea, ma d'altra parte ha condotto a una progressiva dissociazione tra proprietà e territorio.
Chiedo, quindi, se la tendenza ad allontanare il potere decisionale dal sud verso il nord abbia creato degli inconvenienti nei rapporti con le imprese meridionali, anche per quanto attiene alla rapidità delle decisioni. Il Banco di Napoli, ad esempio, assume le proprie decisioni in via Toledo a Napoli o a piazza San Carlo a Torino?
Vengo poi a un'altra domanda. Secondo quanto riferisce la vulgata, le banche solitamente raccolgono nel sud, per poi investire maggiormente nel nord. Nel rapporto che ci ha fornito, leggo che tutto ciò non è vero perché, almeno per il vostro gruppo, il rapporto tra la raccolta e l'impiego nel sud è all'incirca uguale. Anzi, addirittura, l'impiego del sud è maggiore rispetto al deposito. Tuttavia - sempre stando a quanto leggo - questo è detto solo con riferimento al Banco di Napoli, che opera nelle quattro regioni. Ebbene, guardando l'intero gruppo, avviene la stessa cosa? Il Banco di Napoli raccoglie nel sud e investe nello stesso sud: ma le altre banche del gruppo si comportano ugualmente? Anche per le altre banche l'investimento nel sud è maggiore rispetto alla raccolta?
Le chiedo, inoltre, se esistano e quali siano le iniziative allo studio del vostro gruppo, per favorire le imprese del sud. Non mi riferisco nello specifico al costo del denaro, anche se dalla documentazione apprendo che tale dato, almeno attraverso il Banco di Napoli, non presenta grandi differenze tra nord e sud, ma non so se avvenga lo stesso anche nelle altre banche del gruppo. Vorrei sapere, invece, se nel sud favoriate soltanto investimenti garantiti ipotecariamente e non altro tipo di investimento a maggior rischio, cosa che può avvenire per favorire imprese del nord, o se questa differenziazione tra nord e sud non esiste, anche per far crescere le imprese meridionali, o farne nascere di nuove.
Vi chiedo, dunque, se siano al vostro studio iniziative che vanno proprio nella direzione di favorire investimenti nel sud, anche non garantiti ipotecariamente, per far nascere imprese in questa parte del Paese, e quindi per eliminare il dislivello che può intercorrere tra nord e sud.

ALBERTO FLUVI. Volevo ringraziare ancora una volta il dottor Passera e il dottor Salza per aver accolto l'invito a partecipare a questa audizione e per le considerazioni che sono state svolte. Ricordo che la precedente audizione che abbiamo tenuto con voi - è la seconda volta che venite qui alla Camera - si è svolta in occasione dell'appuntamento importante della fusione fra i due istituti.
Per iniziare, dunque, volevo avere una valutazione sui sistemi di governance. Forse è ancora presto per formulare un giudizio compiuto, ma vorrei sapere se il sistema duale che avete adottato nel governo di questo nuovo gruppo funzioni, oppure se vi sono problemi, e quindi occorrono delle correzioni.
Entrando nel merito delle domande, volevo riprendere alcuni aspetti di cui ha parlato il dottor Passera. La prima questione che vorrei affrontare riguarda la concorrenza. È indubbiamente vero ciò che egli diceva nella sua introduzione, ossia che soprattutto negli ultimi mesi, nell'ultimo anno e mezzo, abbiamo avuto un'accelerazione di fusioni, concentrazioni, ingressi di istituti bancari esteri nel nostro Paese. Insomma, mi riferisco agli aspetti che conosciamo e che anche lei ha sommariamente ripercorso. Tuttavia, vorrei aggiungere un ulteriore approfondimento su questo argomento, prendendo a prestito le considerazioni finali fatte dal Governatore della Banca d'Italia nel maggio scorso.


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Secondo il Governatore, ma anche secondo il senso comune, questa accresciuta concorrenza, sino ad ora perlomeno, non si è tradotta in benefici per i risparmiatori, le famiglie, le imprese.
Ho posto un'analoga domanda nel corso della precedente audizione e mi è stato risposto che forse è ancora presto per vedere i primi risultati. Volevo, dunque, che svolgesse una sua riflessione in proposito.
Vengo ora alla seconda domanda di carattere più generale, che formulo guardando non solo al nostro Paese, ma anche al mercato unico europeo, ai 25 e anche ai Paesi candidati.
In un Paese come il nostro, tre grandi istituzioni finanziarie (penso a Generali e alle due banche) sono sufficienti o meno? Chiedo questo, anche con riferimento agli asset che sono sul mercato oggi in Europa, se vi sono ovviamente.
La terza questione è relativa al rapporto tra banche e assicurazioni. Avete avuto problemi con Eurizon-Generali, che avete risolto nel modo che conosciamo. Le chiedo, però, una considerazione in merito a tale questione. In tutto il mondo, normalmente, sono le assicurazioni che trascinano - consentitemi la semplicità - le banche, anche per il diverso utilizzo del capitale...

CORRADO PASSERA, Amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo. Non ho capito, cosa vuol dire che le assicurazioni trascinano le banche.

ALBERTO FLUVI. Sono le assicurazioni che, magari, possiedono le banche e non viceversa.
Mi sembra invece che in Italia le assicurazioni utilizzino le reti di vendita delle banche, per veicolare i loro prodotti finanziari.
Da ultimo, Basilea II entrerà in vigore dal prossimo anno, ma sicuramente avrete già messo a punto le procedure e le avrete già testate sulla vostra clientela. Stando ai vostri test, dunque, vi chiedo che tipo di impatto avrà sul nostro sistema produttivo l'avvio delle procedure di Basilea II.

MAURIZIO LEO. Signor presidente, dopo avere rivolto un ringraziamento sentito al dottor Passera e all'ingegner Salza per questa informativa, vorrei soffermarmi, in particolare, sulla vicenda della fusione.
Noi sappiamo che la fusione ha decorrenza dal 1o gennaio 2007 e non ha effetto retroattivo. Ci troviamo di fronte ad una situazione abbastanza delicata dal punto di vista contabile e gestionale, tra l'assetto gestionale e l'assetto fiscale. Nella fusione per incorporazione, se non vado errato, trattandosi di gruppi bancari avete seguito i princìpi contabili internazionali, quindi avete esposto nel bilancio gli asset secondo i valori di mercato, il fair value, e non secondo i valori contabili.
Dal punto di vista fiscale, invece, state impostando la relativa disciplina secondo i valori contabili. Siamo, quindi, in presenza di un disallineamento tra il bilancio civilistico e gli aspetti fiscali. C'è un bilancio civilistico con gli asset valorizzati al fair value e un bilancio fiscale che invece così non è. Questo disallineamento vi sta creando problemi?
Se vi crea problemi, non ritenete che sia opportuno introdurre un meccanismo per fare in modo che le due discipline siano allineate e non disallineate? Penso che attualmente nella gestione della vostra impresa, come di altre imprese bancarie, tutte le operazioni di fusione stiano ingenerando queste difficoltà.
Sempre correlata all'operazione fusione c'è tutta la vicenda delle riserve. San Paolo, infatti, aveva delle riserve allineate in un certo modo nel patrimonio netto. Queste riserve sono state riassorbite nel bilancio dell'incorporante sotto un'unica voce: riserva sovrapprezzo azioni, nella quale figurano tante articolazioni che c'erano già nell'incorporata e che non ci sono più presso l'incorporante. Non ci dovrebbero essere delle voci analitiche nel bilancio dell'incorporante che riguardano le diverse riserve dell'incorporata? Abbiamo, invece, solo una riserva sovrapprezzo azioni. Questo, a mio modo di


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vedere, genererà non poche conseguenze sia sul piano civilistico che sul piano fiscale.
L'ultima domanda riguarda i derivati. La vicenda dei derivati sta occupando la cronaca degli ultimi giorni, quindi, desidererei sapere se Intesa San Paolo abbia operato in derivati nei confronti degli enti pubblici e nei confronti delle imprese. Laddove questo sia avvenuto, vorrei capire bene che tipologie di derivati siano stati utilizzati: derivati di copertura del rischio tasso di interesse, quindi quelli classici plain vanilla, oppure dei derivati un po' più sofisticati, i cosiddetti «derivati esotici», i collar, dove è previsto un cap e un floor, all'interno dei quali possono essere aumentati e amplificati i rischi dell'operatore, quindi di colui il quale riceve questi derivati.

DONATELLA MUNGO. Signor presidente, anche mi associo a quanto già detto dai miei colleghi. È stata molto interessante l'esposizione e mi riservo anche di leggere con attenzione il materiale fornitoci. Visto che i colleghi mi hanno preceduto su alcune domande che avrei voluto formulare, guadagno tempo e rivolgo ai nostri ospiti un altro genere di domanda.
Mi complimento per la nascita di questa banca orientata nel campo sociale, che può rispondere ad esigenze di clienti particolari che non abbiano altre possibilità di accedere al credito.
Mi preme, però, affrontare un'altra questione in questo momento. Banca Intesa San Paolo è uno dei soci sostenitori del forum della finanza sostenibile e quindi immagino che sia particolarmente attenta allo sviluppo di investimenti «etici». Vorrei sapere se la banca, in quanto tale, abbia dalla sua parte delle richieste da fare a noi come Parlamento. Mi riferisco a scelte di politica pubblica che possano aiutarvi a svolgere un lavoro, che state già svolgendo egregiamente, attraverso alcuni gruppi bancari, attraverso il lavoro di ABI e di altri soggetti non bancari, per collocarci su un piano più simile a quello dei nostri partner europei.

FRANCO CECCUZZI. Signor presidente, vorrei anche io ringraziare il dottor Passera per la sua esposizione e per la sua presenza in Commissione. Inoltre, vorrei fare due considerazioni e rivolgere due domande.
Dottor Passera, lei affermava che la concorrenza ha dato una spinta maggiore alla modernizzazione e alla crescita del nostro sistema bancario sia dal punto di vista competitivo che da quello dimensionale.
Tuttavia, a mio avviso, dovremmo aggiungere che la premessa di tutto è stata, anche per impulso del legislatore, la legge Amato-Ciampi del 1990 che ha dato, con la privatizzazione del sistema, la spinta decisiva senza della quale non saremmo arrivati dove siamo oggi.
Vorrei sapere se lei sia d'accordo su questa considerazione.
All'interno di questo ragionamento, inoltre, occorre considerare il ruolo che hanno assunto le fondazioni bancarie come investitori di lungo periodo che vi hanno consentito di adottare strategie di lungo respiro, di essere al riparo dai fenomeni ai quali abbiamo assistito negli ultimi anni, che hanno comportato instabilità e sono poi rovinosamente arrivare a conclusione di questi processi con importanti banche italiane finite in mani straniere, nonostante interventi anche non corretti dell'autorità centrale e della Banca centrale.
Quindi, penso che non sia stata soltanto la concorrenza, ma anche questo processo riformatore a portare ai risultati ai quali siamo arrivati dato che, anche per questi due grandi gruppi che si sono riuniti, il ruolo delle fondazioni bancarie non è stato marginale.
La seconda domanda riguarda invece l'andamento del piano industriale. Vorrei sapere come proceda la riduzione delle unità di personale - mi pare che si tratti di oltre 6 mila unità - prevista nel piano industriale, e come proceda l'integrazione dei sistemi operativi.
Infine, vorrei sapere quale sarà il sistema operativo del gruppo risultante alla fine di questo processo.


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IVANO STRIZZOLO. Signor presidente, sarò brevissimo perché i colleghi hanno già evidenziato degli aspetti che avrei voluto affrontare. Sottolineo l'importanza delle operazioni che sono state messe in campo come la fusione di questi due istituti: Banca Intesa e San Paolo.
Vorrei sapere se quanto previsto in merito agli accordi sindacali sugli esuberi - lo accennava anche il collega Ceccuzzi - sia una stima, una valutazione che rimarrà tale, oppure, nel prosieguo dell'attività di perfezionamento di tutta l'operazione di fusione, è destinata ad aumentare?
Vorrei dire un'ultima cosa sulle vicende di questi ultimissimi giorni che concernono le Assicurazioni Generali dove c'è stato un intreccio, diretto o indiretto, con Intesa San Paolo.
Se non ho letto male, proprio in questi giorni l'amministratore delegato Passera ha dichiarato che, come sistema Italia, come sistema Paese, dovremmo essere pronti a subire altri «attacchi» di questo genere. Queste iniziative, che hanno diverse possibili interpretazioni, possono in qualche maniera, in prospettiva, mettere in difficoltà l'equilibrio finanziario e i rapporti tra il mondo bancario e assicurativo nel nostro Paese?

MARIA LEDDI MAIOLA. Dottor Passera, lei ci ha fornito dei dati, commentati positivamente, sulla mobilità dei clienti delle banche, indicando credo con questo che vi sono una maggiore consapevolezza e maturazione da parte della clientela delle banche, che sceglie, e quindi si sposta ed è in grado di comparare le offerte delle diverse banche.
In relazione a questo aspetto, con particolare riguardo ai clienti retail, mi piacerebbe avere una sua considerazione sullo stato dell'arte all'interno del vostro gruppo per quanto riguarda la portabilità del mutuo; inoltre, vorrei conoscere le sue valutazioni sull'applicazione di questo strumento che ha qualche lentezza applicativa.
La seconda questione riguarda il credito al consumo. C'è una sua analisi all'interno dei dati che ci ha presentato che ci dice che il credito al consumo, come è noto, nel nostro Paese è in espansione, ma è ancora a livelli decisamente inferiori rispetto alle medie europee.
Essendo questo un settore in espansione, quindi un settore nei confronti del quale la banca ha un'attenzione di impresa chiara, vorrei sapere quali siano le attenzioni che vengono poste a tutela del consumatore.
La terza valutazione riguarda banca e territorio. Il vostro gruppo, come gli altri grandi gruppi italiani, nasce dalla fusione di storie bancarie diverse. So bene che la banca è un'impresa e ha come finalità ultima quella di fare impresa, produrre utili e profitti. Tuttavia, l'attenzione che ponete alle questioni sociali e quindi alla creazione di banche ad hoc come Banca Prossima, a mio avviso, rappresenta un segnale etico importante che è necessario nella politica generale del gruppo.
Ho fatto questa lunga premessa per formulare un quesito: essendo voi banche che hanno radici nei territori, ritenete utile rimarcare la vostra origine in questo senso? Io sono piemontese e non ho alcun dubbio che il nostro presidente preserverà e vigilerà sul radicamento di parte del vostro gruppo sul territorio torinese. Credo che manifestazioni di attenzione al pari di quelle dirette a segmenti sociali - mi riferisco a Banca etica - debbano parimenti essere usate nei confronti dei territori di provenienza, perché sono comunque una componente importante nello sviluppo dell'azienda e della sua immagine.
Rispetto a questo aspetto, vorrei sapere quali politiche abbiate in animo di porre in essere.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor presidente, ringrazio il dottor Passera della sua ampia relazione. La nostra indagine conoscitiva rappresenta l'occasione per identificare quei correttivi alla normativa che favoriscono l'instaurarsi di rapporti di più proficua collaborazione fra il sistema bancario e il sistema produttivo, a cominciare dal sistema del Mezzogiorno.


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In quest'ottica dobbiamo valutare le conseguenze determinate dal processo di aggregazione che è avvenuto sul tessuto bancario del Mezzogiorno, anche con riferimento alla capacità degli operatori economici di mantenere un legame stretto con il territorio, in modo da rispondere alle esigenze degli imprenditori e delle attività produttive locali che sono spesso piccole e medie.
Dalla precedente audizione con Unicredit e con il dottor Profumo è emerso che poteva essere utile, come correttivo alla normativa attuale, rivedere per esempio la normativa antiusura e facilitare l'accesso al credito attraverso fondi di garanzia e valorizzazione del ruolo dei Confidi.
Ritiene anche lei, dottor Passera, che queste possano essere misure utili?

GIANFRANCO CONTE. Dottor Passera, non sono fra quelli che ritengono che il processo di aggregazione delle banche sia un fatto positivo su scala nazionale. Lo potrebbe essere, probabilmente, sul piano internazionale, ma credo che forse non si sia valutato sufficientemente l'impatto della fusione tra vari istituti bancari in un regime transitorio, soprattutto per quello che riguarda la clientela che instaurava diversi rapporti di lavoro con più banche e riusciva, in qualche modo, ad avere un confronto più positivo.
Rilevo, da parte del sistema bancario, una certa rigidità ad affrontare le questioni di una presenza sul territorio che sia anche riferita al problema delle fusioni. Voglio essere più chiaro: ovviamente ci sono imprenditori che avevano più rapporti con più banche anche dello stesso comune e si sono ritrovati, con la fusione, ad avere rapporti differenti.
In alcuni comuni, infatti, molti istituti bancari si sono fusi e i rapporti che venivano intrattenuti sono stati unificati. Quali azioni avete operato per assistere la clientela?
Sul piano delle commissioni, mi interessava capire che cosa stiate facendo - chiedo scusa, sono arrivato in ritardo e forse se ne è già parlato - in relazione ai costi connessi all'apertura dei conti correnti e quale sia la sua posizione in relazione alla normativa per l'abolizione della commissione di massimo scoperto, che è stata molto annacquata nella versione che è arrivata al Senato.
L'ultima questione riguarda i costi per il denaro circolante. Questo è rappresentato come un problema dalla vostra associazione, ma poiché siete uno dei player più grossi sul mercato, mi interessa capire che cosa stia facendo concretamente il sistema bancario per ovviare al problema e ai costi del contante circolante in relazione alle azioni positive per spingere la clientela ad utilizzare meglio, e a costi inferiori, ad esempio le carte di pagamento prepagate o strumenti di questo tipo.
A mio avviso, vi aspettate un aiuto dalla politica, ma non fate azioni positive per lanciare il borsellino elettronico o quant'altro. Considerato che oggi ogni ricarica della carta prepagata costa mediamente 2,50 euro, non c'è da lamentarsi se non si sviluppa, soprattutto tra coloro che non sono detentori di un conto corrente, l'idea dell'eliminazione del denaro contante.

GIUSEPPE MARIA REINA. Dottor Passera, ho fatto brevemente dei calcoli, ma forse mi è sfuggito qualcosa della sua relazione. Abbiamo parlato del sud, ma da quanto si evince da questo prospetto rimane esclusa la Sicilia.
Da quanto ho capito, avete preso in esame sostanzialmente quattro regioni - Calabria, Campania, Basilicata e Puglia - in cui avete 813 sportelli. Vorrei precisare che in Sicilia ce ne sono ben 190. Questo significa che la Sicilia, da sola, rappresenta il 20 per cento degli sportelli che avete nel sud.
Non trovo dati che riescano a farmi capire bene quale sia, ad esempio, il rapporto tra impieghi e depositi. La tabella che ci avete fornito, infatti, riguarda, come voi stessi avete precisato, le quattro regioni che ho citato poc'anzi, ma non la Sicilia.
Vorrei capire in che termini sia posto questo rapporto rispetto alla Sicilia, per


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vedere se si mantenga questo trend. Lo stesso dicasi, ovviamente, per i tassi sugli impieghi.
È vero che esiste questo rapporto, ma la relazione è sempre connessa alle quattro regioni sopracitate e non anche alla Sicilia che, a quanto pare, da sola costituisce il 20 per cento dei vostri sportelli nel sud.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

ENRICO SALZA, Presidente del consiglio di gestione del gruppo Intesa San Paolo. Qualcuno ci ha chiesto una riflessione sul sistema duale, alla luce delle ultime considerazioni che Banca d'Italia ha trasmesso una decina di giorni fa.
Ci riconosciamo abbastanza, se non totalmente, nelle riflessioni che Banca d'Italia ci ha trasmesso. Riteniamo, infatti, di essere partiti per primi, ma anche in linea con quelle che sono le raccomandazioni. Naturalmente, ci riserviamo la possibilità di svolgere un'attenta lettura. Abbiamo già iniziato una prima riflessione perché, dietro queste circolari, c'è la precisa volontà di accogliere le valutazioni che i singoli istituti riterranno di voler fare o di poter fare alla luce di questa esperienza.
Noi consideriamo positivo il sistema duale che abbiamo applicato, perché vi è una netta separazione tra le responsabilità di chi gestisce la banca e quelle di chi deve verificare, sia sui piani strategici, sia rispetto alle singole decisioni, le scelte più opportune da adottare. Come sempre, in Italia è giusto avere la capacità di sperimentare e poi di riflettere.
Le nostre prime impressioni ci portano a dire che, in base a quanto afferma la circolare della Banca d'Italia, siamo abbastanza in regola. Dico abbastanza perché ci sono ancora delle riflessioni da fare. Bisogna, infatti, a tutti i costi evitare che qualcuno faccia quello che dovrebbe fare l'altro e viceversa. Da noi è così.
Il consiglio di gestione è composto da 11 persone e un solo amministratore delegato. Credo assolutamente essenziale che vi sia un solo amministratore delegato - lo dico e lo sostengo da molto tempo - e che competa al consiglio di gestione la formulazione della proposta, qualunque essa sia, naturalmente in un rapporto virtuoso con il consiglio di sorveglianza che deve essere messo nelle condizioni di essere ben documentato sul perché di certe decisioni.
Mi pare di poter esprimere piena soddisfazione per quello che riguarda la nostra esperienza. Infatti, alcune delle principali decisioni sono state assunte non attraverso forzature, ma perché ben meditate e ben illustrate - è un dovere del presidente del consiglio di gestione - ai singoli componenti non solo del consiglio di gestione, ma anche del consiglio di sorveglianza, insieme all'amministratore delegato.
Questo modo di operare ha fatto sì che su due importanti decisioni che abbiamo assunto, abbiamo raggiunto - cosa che non era né necessaria, né scontata - l'unanimità dei due consigli, quello di gestione e quello di sorveglianza.
Questa è stata la dimostrazione del fatto che abbiamo motivato con sufficienza di dettagli certe scelte e che queste scelte sono state comprese.
Qualche riflessione probabilmente la faremo anche noi su questa circolare. Credo che si debba evidenziare la necessità di tenere ben distinta la responsabilità dei manager dal consiglio di sorveglianza e che soprattutto, al di là della presenza di manager che la circolare indica come possibilità, vi sia qualche altro sistema che noi stiamo adottando per garantire l'unicità di comando nella persona, lo ripeto, di un unico amministratore delegato, contornato da consiglieri (pochi) che abbiano sufficiente esperienza nel settore e che abbiano capacità di interloquire informandosi e proseguendo in una collaborazione fino ad oggi molto positiva.
Sono favorevole, quindi, in questa fase al sistema duale, che francamente per certe dimensioni consente più facilmente una divisione dei poteri, che diversamente ci sarebbe solo sulla carta. Un'azienda come la nostra, infatti, è complessa, diversificata


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e ha bisogno di persone obiettivamente dedicate in entrambe le funzioni, la proposta e il controllo.

CORRADO PASSERA, Amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo. Provo a trattare tutti i temi che sono stati sollevati, cercando di rispondere.
Il primo intervento, quello del dottor Pepe, era relativo alla dissociazione tra proprietà e territorio. Certamente questo è un rischio, ma a fronte di un grandissimo beneficio derivante dal consolidamento che è quello di aver messo in concorrenza sugli stessi territori diverse banche.
Fino a quando un territorio era, più o meno, monopolio di una banca, vi era ben poca concorrenza. Quando si sono creati operatori in grado di concorrere tra di loro in maniera forte su tutti i territori, questo ha portato a una maggiore concorrenza e a una maggiore possibilità di scelta da parte del cliente, del consumatore e dell'impresa.
Senza dubbio, si corre il rischio della lontananza dalla conoscenza o dal territorio stesso. Abbiamo cercato di rispondere a questo in una maniera molto esplicita, mantenendo la dimensione di banche del territorio, banche specializzate, in modo tale che ci siano, in ogni zona d'Italia, delle banche, o delle aree di operatività, che vivono solo di quel territorio. Si tratta di persone, professionisti, strutture che non possono giocare le singole aree con altre aree del Paese, ma che sono dedicate totalmente a quel territorio.
Nel caso specifico, che ci sembrava essere il tema più importante, il Banco di Napoli e le sue quattro regioni di competenza sono il chiaro esempio di banca dedicata a determinate regioni.
Lo ripeto, è un rischio, ma pensiamo di aver trovato una formula organizzativa che permette di portare sui territori i vantaggi di una grande banca nazionale e internazionale, mantenendo una dimensione locale.
Quando lei dice che la sede di via Toledo decide (ossia la direzione della banca dei territori relativa a una certa regione), rispondo che è vero che si tratta della stragrande maggioranza delle azioni, ma è assolutamente logico che operazioni di specifica complessità e dimensione siano decise a livello divisionale o centrale, per assicurare che ci sia la competenza sufficiente per farlo.
È chiaro che nel processo di autonomia, man mano che la forza delle strutture sul territorio aumenta, rimarrà sempre una quota di decisioni che saranno, soprattutto nel mondo corporate, centralizzate.
Quanto al rapporto tra impieghi e depositi al sud, è stato chiesto se i dati forniti riguardino il Banco di Napoli o tutto il gruppo. Ebbene, il Banco di Napoli è il tutto, nel senso che il nostro modello prevede che tutte le banche del gruppo, in ogni regione, confluiscano nella banca del territorio. Quindi, oggi, il Banco di Napoli ha 900 filiali, che sono quelle che provengono da tutte le banche del gruppo. I dati che vi ho fornito riguardano tutte le presenze di tutte le filiali del gruppo.
Quanto alle iniziative per le imprese del sud, preciso che queste seguono lo stesso iter del resto d'Italia. Per noi non esiste un'offerta, soprattutto nel mondo imprese, per le diverse parti d'Italia. Intendo dire che quando sviluppiamo offerte, ad esempio, di finanziamenti anche di lungo termine non garantiti - quelli all'innovazione, all'internazionalizzazione -, questi sono disponibili a tutti gli imprenditori del Paese.
La riprova di quanto sto affermando è che abbiamo creato per il Mezzogiorno, quindi per tutte le regioni del sud, un fondo di investimento nel capitale di aziende del sud, proprio perché, anche in termini di merchant banking, ci fosse uno strumento dedicato per farlo. La divisione corporate, che poi opera a livello dell'intero Paese, non fa nessuna distinzione e quindi offre gli stessi servizi a tutte le aziende d'Italia.
All'intervento sulla governance ha già risposto il presidente.
Vengo ora agli effetti della concorrenza. Non credo che si possa dire che la concorrenza o le fusioni non abbiano portato benefìci. Almeno per quanto riguarda


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noi, infatti, se osserviamo gli spread, ossia la differenza tra tassi attivi e passivi, ma anche soltanto la parte mark up, ossia la parte di margine sugli impieghi per le imprese, e non solo, vediamo che questo è andato riducendosi costantemente.
Se verifichiamo l'andamento degli ultimi 5 o 6 anni - non ricordo più con precisione -, possiamo notare che si è ridotto di un terzo il margine, cioè il prezzo che la banca fa pagare sui suoi finanziamenti. Se prendiamo l'effetto della fusione nostra, in termini di passaggio da conti correnti da meno a buon mercato a più a buon mercato, siamo arrivati allo zero, a un prodotto che si chiama «zerotondo»: è difficile andare oltre.
Sul fatto, per esempio, che tutte le operazioni che prima erano interbancarie e che adesso, in funzione della fusione, diventano intrabancarie - stiamo parlando di pagamenti e incassi - registriamo risparmi tra il 30-40 per cento e alcune volte anche il 50 per cento del costo delle transazioni, tra effetto di valuta ed effetto di commissioni. Per quanto riguarda il privato, lo stesso vale se consideriamo l'effetto dei prelievi dall'ATM, che da interbancari diventano intrabancari. Le commissioni di quasi tutti i prodotti di asset management vanno chiaramente e fortemente riducendosi, così come peraltro il nostro piano di impresa prevede.
Pertanto, al di là del fatto che concorrenza significa più offerta, più innovazione, più sforzo commerciale, più sforzo di vendita, anche in termini di prezzo, da qualsiasi parte si vogliano considerare gli andamenti dei margini che al sistema bancario rimangono sui singoli prodotti, questi sono andati rapidamente riducendosi, in funzione anche della concorrenza da fusione.
Mi è stato chiesto se in Italia tre istituzioni siano sufficienti. Ebbene, non dimentichiamoci che abbiamo comunque 700 banche e circa 300 gruppi bancari, grandi o piccoli che siano. Credo, pertanto, che se potessimo parlare, anche in futuro, di tre grandi gruppi - quasi tutti gli altri Paesi paragonabili all'Italia come dimensioni hanno o due o tre o quattro gruppi principali e in molti altri casi non c'è la ricchezza di altri operatori che, invece, c'è in Italia - che si fanno concorrenza tra di loro, unitamente a tutto il mondo popolare, di risparmio, delle casse di risparmio, delle cooperative, che fanno da aumento di concorrenza, parleremmo di un sistema tra i più equilibrati, dal punto di vista della clientela, che si possa avere.
Per quanto riguarda il discorso relativo al rapporto fra banca e assicurazione, non sono sicuro di aver capito del tutto, perché si dice che nel resto del mondo le assicurazioni controllano le banche, mentre in Italia le assicurazioni userebbero le reti bancarie. Non ci sono, in realtà, molti esempi di grandi banche controllate da assicurazioni e credo che non ce ne saranno neanche futuro. Ci sono molte esperienze di banche che vendono prodotti di compagnie di assicurazione; ci sono, come nel caso italiano, esperienze molto valide di creazione di società di banca-assicurazione, che fanno una forte concorrenza alle assicurazioni tradizionali. Vedo, pertanto, aumentare la concorrenza tra compagnie di assicurazione tradizionali, banche-assicurazioni e, addirittura, altri canali di vendita di assicurazione.
Da tempo noi lavoriamo come se Basilea 2 fosse già in casa. L'impatto è stato buono, nel senso che ha permesso di chiarire molto di più, al nostro interno e al cliente, le varie componenti che portano alla valutazione del credito. Quindi, in molti casi, ha portato alla possibilità di migliorare il rapporto tra la banca e il cliente, e in pochissimi casi - anzi, non è in nessun modo un problema da noi sentito - ha portato a problemi di credito di per sé.
Per quanto riguarda tutti i problemi di tipo contabile e fiscale relativi alla fusione, si seguono le regole contabili per il bilancio e le regole fiscali per il fisco. È sempre stato così.

MAURIZIO LEO. Fate un doppio binario.

CORRADO PASSERA, Amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo. Noi


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seguiamo la legge di questo Paese. Siete voi che stilate le leggi; noi seguiamo quello che ci dite da una parte e dall'altra.

MAURIZIO LEO. No, le chiedevo quali sono i suggerimenti che voi intendete dare, poiché questo è un problema serio che voi avete.

CORRADO PASSERA, Amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo. Non percepiamo un grande problema da quella discrasia. Me lo lasci approfondire, ma è un problema che non sentiamo in modo particolare.
Anche quello dell'articolazione delle riserve non è mai stato sentito come un problema particolare, ma lo approfondirò e, semmai, le farò sapere.
Per quanto riguarda i derivati, noi utilizziamo sempre e soltanto derivati di copertura. È un'area di attività molto limitata: stiamo parlando di una infinitesima percentuale dei nostri ricavi in molte divisioni; stiamo parlando di un'attività che, in termini commissionali, è nell'ordine dell'1 per cento dei nostri ricavi. Comunque, da sempre cerchiamo di seguire la regola del vendere solo assicurazioni su rischio tassi e rischio cambi. La complessità, se mai ci fosse, è legata a quella che noi valutiamo essere la capacità dell'interlocutore di comprenderlo.
Ringrazio l'onorevole Mungo per quello che ha detto su Banca Prossima; è un'area che nel nostro Paese avrà sempre più importanza. Difatti, soprattutto nel welfare, c'è un'intera area di servizi che non verranno più resi o che saranno necessari, ai quali né il pubblico, né il privato riusciranno a fare fronte. Il grande mondo del terzo settore - parliamo in generale - può svolgere un ruolo rilevante.
Noi facciamo spesso un esempio, che non so se possa diventare di stimolo per il pubblico, visto che lei chiedeva dei suggerimenti. In un caso, abbiamo dimostrato come la combinazione di banca, associazioni del terzo settore e, in generale, imprese sociali possa risolvere problemi gravissimi. Penso agli asili nido, che vedono l'Italia lontanissima dalla capacità di soddisfare l'esigenza delle famiglie che ne avrebbero bisogno. Noi abbiamo collaborato con le tre grandi reti delle imprese sociali CGM, CDO e Lega; abbiamo creato un meccanismo di finanziamento alle imprese sociali che aprono asili nido; ne abbiamo aperti più di 250 in due anni con un fondo di garanzia - così rispondo a chi mi ha rivolto la relativa domanda - di un solo milione che, di fatto, ad oggi non è stato in nessun modo intaccato. Noi vediamo con grandissimo interesse la possibilità di applicare questo meccanismo del lavorare insieme, dove la banca funge da ponte tra bisogni sociali e imprese sociali, per affrontare problemi gravi e non risolti nel nostro Paese.
Mi rivolgo all'onorevole Ceccuzzi: mi dispiace di essermi spiegato male prima, ma sono sicuro di aver detto che l'impulso al consolidamento e alla concorrenza è pervenuto grazie ad una buona regolamentazione ed alla legge che ha forzato la privatizzazione delle casse di risparmio.
Credo che si sia trattato di una grandissima intuizione politica e di merito delle fondazioni che prima delle altre, o con più convincimento, hanno favorito la vendita del controllo delle casse di risparmio. Senza quella legge, saremmo in una situazione probabilmente simile a quella della Germania, che è lontanissima da qualsiasi standard di consolidamento nel settore bancario.
La concorrenza è il risultato anche di questa buona normativa, che ha portato alla creazione di molti gruppi privati efficaci ed efficienti. Le fondazioni bancarie hanno svolto un ruolo molto importante e costituiscono tuttora una componente molto rilevante dell'azionariato delle grandi banche italiane, offrendo una struttura di investimento a lungo termine, che alle banche è molto utile.
Per quanto riguarda il nostro piano di impresa, abbiamo confermato in tutte le sedi la riduzione di 6500 persone, oggetto di due accordi sindacali che copriranno anche l'anno prossimo e il successivo. Tutto si è svolto, ovviamente, attraverso accordi - peraltro sottoscritti all'unanimità


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- e tutto procede come da programma annunciato la scorsa primavera.
Il sistema informativo di San Paolo IMI è stato scelto, e nel corso di quest'anno e del prossimo verrà esteso a tutto il gruppo Intesa San Paolo.
Onorevole Strizzolo, se non ho capito male, mi è stato chiesto se in relazione agli accordi sindacali, in campo di ristrutturazione, ci possano essere altre evoluzioni future. La risposta è che con gli accordi esistenti copriamo sia quest'anno che l'anno prossimo. Noi pensiamo che il piano di impresa verrà realizzato, così come da programmi. Ovviamente, se sarà necessario reagire a necessità nuove, lo faremo, seguendo quanto prevedono gli accordi sindacali.
Ci tengo a chiarire il tema generale. Io non ho mai detto che ci saranno altri attacchi. O meglio, ho detto, e ne sono convinto - lo chiarisco, se non mi sono spiegato bene -, che sempre di più ci saranno investitori istituzionali che saranno attivi nei confronti delle aziende di cui sono azionisti. Nel settore bancario, nel settore finanziario, nel settore industriale, in altre parole in tutti i settori in cui le aziende sono quotate e in cui ci sono grandi investitori istituzionali, noi vedremo nei prossimi anni iniziative di questi ultimi, tese a spingere ulteriormente la performance - sia in termini di governance, sia in termini di risultati - sulle aziende di cui sono azionisti. Lo dico senza dare un giudizio. Lo considero ovvio.
Per certi versi, è sembrato strano che, per molti anni, non ci siano stati interventi di questo tipo - e credo che ce ne saranno di più negli anni futuri -, che non vedrei necessariamente come attacchi, perché in alcuni casi saranno contributi da parte di alcuni azionisti, volti a spingere le aziende nella direzione che loro reputano giusta.
Sul caso specifico di Generali, essendo un nostro azionista, ovviamente non entro in nessun modo nel merito di quello che è successo.
L'onorevole Maiola è intervenuta sulla mobilità clienti. Questa è oggettivamente un sintomo di vitalità di un mercato molto concorrenziale e probabilmente le percentuali andranno ad aumentare negli anni.
Affronto il discorso relativo alla portabilità dei mutui. Noi - come credo tutti - cerchiamo di realizzare quanto previsto. Vorrei soltanto spezzare una lancia sul tema del rapporto con il cliente. I clienti, così come le banche, non sono tutti uguali. Non stiamo parlando di prodotti da scegliere al supermercato. Io rimango dell'idea che bisognerebbe valutare i clienti uno per uno. Quindi, non è indifferente il giudizio che do io come banca, rispetto a quello che dà un'altra banca; né io necessariamente devo fidarmi del giudizio di un'altra banca, così come non pretendo che l'altra banca si affidi al mio giudizio. Se ci fosse questa cultura del rapporto con il singolo cliente sulla sua conoscenza, forse non ci sarebbe stato il problema del subprime negli Stati Uniti.
Tutto ciò che porta a togliere completamente o a rendere indifferenti, a tramutare in prodotti il rapporto cliente-banca va visto con interesse, nella misura in cui aumenta la concorrenza e accoglie le esigenze della clientela. Ma occorre fare attenzione a non trasformare il rapporto banca-cliente in qualcosa di commoditizzato.
Il credito al consumo è un settore relativamente piccolo della nostra attività. Prevediamo dei tassi di crescita non alti come quelli che prevede il mercato nel suo insieme. Pensiamo che sia necessario fare molta attenzione a spingere in questo settore: bisogna sempre aver presente e aiutare la famiglia cliente a tener d'occhio il rapporto tra il costo del servizio del credito mensile e il suo reddito. È facile pensarci troppo in ritardo, nel momento in cui diventa un problema per la famiglia.
La bassissima incidenza delle sofferenze, ad esempio, anche nel settore nei mutui, negli ultimi mesi, deriva da questa nostra attenzione e, dovunque è necessario, anche dalla propensione ad allungare eventualmente i termini, per rendere le rate dei mutui sopportabili dalla famiglia, in funzione dei nuovi tassi.
Affronto il discorso relativo ai radicamenti e all'attenzione ai diversi segmenti.


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Noi siamo totalmente d'accordo. Quello che sempre ripetiamo, quando qualcuno parla di radicamento in una certa regione, è che bisogna occuparsi del radicamento anche nelle altre 20 regioni. Noi siamo una banca nazionale, con grandissime presenze in tutta Italia. Abbiamo banche storiche di altre parti d'Italia. Nel costruire il nostro gruppo, dobbiamo tener conto del voler essere radicati, oltre che naturalmente a Torino, anche nelle altre regioni, dove abbiamo presenze storiche importanti.
Quanto alle domande dell'onorevole Germontani, in parte ho già risposto, ma riprendo il discorso relativo all'effetto del consolidamento sul sud e, quindi, del legame stretto con il territorio. Per quanto riguarda il sud - parlo per il Banco di Napoli, ma in seguito mi riferirò alla Sicilia, altra regione per noi molto importante -, io penso che mai come oggi le quattro regioni servite dal Banco di Napoli abbiano una banca di questa forza e dimensione, totalmente dedicata al loro territorio. Penso che se riusciremo a realizzare lo spirito della banca dei territori, ossia il radicamento, ma anche il trasferimento delle capacità e dei mezzi di un grande gruppo, attraverso la banca del territorio, ai singoli territori, avremo attivato un servizio utile per il sud.
Come ABI, ci esprimeremo sui tre settori della normativa che lei ha citato.
Per quanto riguarda l'usura, ho sempre reputato un po' strano che questa avesse livelli diversi in relazione al destinatario del prestito. Credo che se si decide, se decidete, o se decidiamo insieme che un certo tasso sia da non superare, ciò debba valere per tutti gli operatori, senza distinguere tra banche e società finanziarie, come invece accade oggi. Da quel punto di vista, dunque, sicuramente varrebbe la pena considerare un ripensamento.
Fondi di garanzia e confidi sono strumenti formidabili da favorire in ogni modo. Banca Prossima vive e vivrà di fondo di garanzia, che in quel caso si chiama «fondo per lo sviluppo dell'impresa sociale»; solo attraverso questo meccanismo è possibile finanziare iniziative che, di per sé, singolarmente non avrebbero una bancabilità.
Rispondo all'onorevole Conte, che non considera utile il consolidamento; è liberissimo di pensarlo. Credo che senza la legge Amato-Ciampi e senza l'aumento della concorrenza, seguito dal consolidamento, i cittadini, i consumatori e le imprese italiane avrebbero un sistema bancario meno orientato ai loro bisogni. Però, ovviamente, è una opinione.
Il fatto che non si possano avere più conti, forse, riguarderà qualche Paese di qualche centinaio di abitanti. In realtà, l'offerta che il consolidamento bancario ha portato alle imprese, soprattutto a quelle che hanno più conti, è sicuramente positiva. Il fatto di avere grandi e medie banche che operano in tutte le parti d'Italia permette alle imprese di poter avere più offerta e non meno.
Il fatto che solo banche locali possano soddisfare le esigenze delle imprese rappresenta un aspetto non vero, per definizione; nel senso che soltanto banche che hanno portata nazionale e internazionale possono offrire servizi che - come la storia riporta - le banche locali non possono fornire.
Per quanto riguarda le commissioni, è stato fatto un accenno all'apertura dei conti correnti: ripeto, siamo arrivati a «zero», per cui difficilmente si potrà fare meglio.
Per quanto riguarda la commissione di massimo scoperto, ovviamente verrà applicato quello che il Parlamento deciderà di legiferare in questo campo. Ricordiamoci sempre che, al di là delle singole componenti di ricavo e di costo su ogni rapporto, vale il rapporto complessivo. Occorre, dunque, fare attenzione, poiché le forzature esterne a un mercato che, comunque, è molto competitivo potrebbero comportare difficoltà per il raggiungimento di un equilibrio giusto. Aspettiamo la legge che, ovviamente, applicheremo fino in fondo. Facciamo in modo che non diventi più difficile finanziare imprese, soprattutto quelle che stanno al limite della bancabilità.


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Per quanto riguarda i costi del denaro circolante, come lei sa, il fatto che circoli tanto contante non dipende dal fatto che facciamo poche carte di pagamento o di borsellino elettronico. Noi le stiamo spingendo in ogni modo; nella mia esperienza precedente, alle poste, abbiamo svolto un ottimo lavoro.
Il fatto che vi sia un eccesso di cash in circolazione rappresenta, per noi, un grande costo, oltre che un forte incentivo alla rapina. Faremo il possibile e lo stiamo già facendo incoraggiando, favorendo e sussidiando l'uso non solo delle carte, ma anche dei canali diretti. Accennavo prima che il favore che diamo, per esempio, ai bonifici fatti in rete ha portato a quasi il 50 per cento delle operazioni - credo che siamo la banca con la percentuale più alta - via internet, proprio per andare nella direzione, peraltro giusta, che lei ha indicato.
Onorevole Reina, mi scuso per aver citato il Banco di Napoli come presenza simbolica più importante nel sud d'Italia. La Sicilia - e lo dimostreremo con progetti importanti che abbiamo in mente - è per noi una delle regioni che crescerà di più e che darà più soddisfazioni a quel territorio, e sicuramente al nostro interno della banca.
Le fornisco i dati che mi ha chiesto: abbiamo 188 sportelli; abbiamo l'11 per cento di quote di mercato degli sportelli; abbiamo depositi per 3 miliardi, che rappresentano quasi il 10 per cento di quota di mercato; abbiamo impieghi per quasi 5 miliardi, cioè oltre l'11,5 per cento. Il rapporto tra impieghi e tassi è ancora più a favore degli impieghi, poiché abbiamo un valore di 1,57, il che vuol dire che gli impieghi sono superiori di quasi il 50 per cento rispetto ai depositi.
Per quanto riguarda i tassi alle imprese, il tasso della Sicilia è di qualche centesimo di punto - ma sono effetti statistici - inferiore a quello del Banco di Napoli.
Mi scuso per non aver dato queste informazioni prima. Spero di avere risposto a quasi tutte le domande.

GUIDO CROSETTO. Vorrei fare una precisazione velocissima. Se ho capito bene, lei ha detto che i derivati rappresentano una percentuale infinitesima...

CORRADO PASSERA, Amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo. In molte divisioni del gruppo, non arrivano allo 0,1 per cento dei ricavi.

GUIDO CROSETTO. Intendevo complessivamente per il gruppo.

CORRADO PASSERA, Amministratore delegato del gruppo Intesa San Paolo. Stiamo parlando di circa l'1 per cento dei nostri ricavi, quindi di un'attività molto limitata.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,45.