Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,25.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle servitù militari, l'audizione del presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo.
Noi siamo nella fase conclusiva - resta ancora un po' di lavoro da svolgere, ma una parte ampia già è stata fatta - di questa indagine conoscitiva, che la Commissione si è posta come obiettivo dopo aver ricevuto, anche nella precedente legislatura, numerose segnalazioni su questioni riguardanti le servitù militari.
Abbiamo prima audito le Forze armate per capirne le esigenze e poi anche gli altri soggetti coinvolti, in primis le regioni e gli enti locali interessati, ma anche le associazioni di cittadini e quelle ambientaliste.
Lo scopo di questa indagine conoscitiva è quello di fornire un quadro preciso e specifico della situazione. Visto che il Ministero della difesa ha in previsione lo svolgimento di una Conferenza nazionale sulle servitù militari, che si dovrebbe tenere tra circa un anno, vorremmo dare nella relazione conclusiva di questa indagine conoscitiva alcune indicazioni, frutto del lavoro parlamentare svolto su tali problematiche.
Nel Lazio sappiamo che vi sono molti territori interessati dalle servitù militari, anche se non quanti ve ne sono in Sardegna. Volevamo quindi avere il punto di vista e le considerazioni del presidente della Regione Lazio per poterne tenere conto.
PIERO MARRAZZO, presidente della regione Lazio. Ringrazio il presidente e saluto gli onorevoli presenti. Questa audizione è per noi, come territorio regionale, molto importante perché credo che essa possa rappresentare, unitamente alla successiva conferenza, un modo per disegnare il futuro.
In seguito entrerò nel merito della questione, mostrando cartine e numeri che aiuteranno nella lettura geografica e, allo stesso tempo, nell'individuazione degli insediamenti e dei confini delle servitù, permettendoci di guardare al futuro poiché le due servitù militari più importanti del Lazio in questo momento costituiscono anche un patrimonio ambientale.
In una logica di stretta collaborazione istituzionale e nel rispetto delle necessità della difesa nazionale e delle Forze armate, ma nello stesso tempo consapevoli che i territori sono di per sé una ricchezza e quindi vanno letti a 360 gradi, possiamo dire che il Lazio sente il bisogno di essere presente al tavolo nel momento in cui si prenderanno decisioni per il futuro. Infatti, come sempre, potrebbero emergere
interessi - che anzi sentiamo già nell'aria, quantomeno sotto forma di proposte - rispetto ad alcuni territori.
Come probabilmente saprete, i nostri ettari di servitù militare sono 11.157. Non sono così numerosi come quelli della Sardegna, ma comunque rappresentano un valore importante per il territorio. Il primo insediamento è ubicato a Monte Romano, nell'interno settentrionale della regione (cito i più importanti per poi fare delle considerazioni), in un'area che in termini naturalistici mantiene livelli di grandissimo interesse per quanto riguarda il mantenimento di un equilibrio ambientale; l'altro insediamento importante è quello di Torre Astura, a cavallo tra la provincia di Roma e quella di Latina. Anch'esso ha notevole importanza naturalistica, sia sotto il profilo della difesa del tratto di costa, sia perché, a differenza di altre realtà territoriali, recentemente anche arrivate all'onore della cronaca, in tale ambito la convivenza fra la comunità civile e queste servitù è stata tale da mantenere livelli sociali più che accettabili, tanto che il cittadino fruisce di Torre Astura nella consapevolezza di non poter usare l'autovettura, ma di doversi muovere a piedi.
Ho fatto questi due esempi in primo luogo perché basterebbe anche solo una cartina per comprendere come siano i due grandi temi su cui ragionare. Potrei dire che nell'area di Civitavecchia esiste una servitù per la quale ci interessa conoscere il destino futuro, per quanto a noi noto, visti i problemi di segretezza legati non solo a servitù militari ma anche ad attività relative al settore della chimica. Abbiamo poi la realtà di Gaeta che, politicamente, non è gravata da servitù militari in ambito extraurbano, ma sulla quale insiste un comando della NATO e che quindi non va trascurata. Cito, infine, le servitù che insistono su Montelibretti e su Anguillara Sabazia, le quali sono servitù che a macchia di leopardo contraddistinguono il nostro territorio.
Chi rappresenta in Parlamento la realtà della nostra regione, soprattutto quella di Roma, sa bene che abbiamo un particolare interesse per le dismissioni. Ci piacerebbe, se possibile, arrivare ad una lettura complessiva delle attività sul territorio, perché in un quadro completo potremmo riuscire a far convivere, come è avvenuto negli anni, gli interessi militari e quelli dei territori.
Vorrei fare un esempio che faccia comprendere i nostri dubbi e le nostre perplessità. Alla fine degli anni Novanta, nell'area della riserva di Decima, fu realizzato il Forte dei NOCS. Tale realizzazione comportò l'abbattimento di alberi, ma soprattutto non vi fu partecipazione. In altre parole, vorremmo poter utilizzare un organismo quale può essere il COMIPAR, nel quale noi possiamo essere presenti come regioni, per tutte le decisioni rispetto alle servitù militari.
Facendo un ragionamento politico istituzionale, nel Lazio abbiamo la possibilità di proseguire il rapporto dialettico e di cogestione delle situazioni più importanti tra istituzioni militari, istruzioni civili e comunità. Si tratta di una specificità da non perdere rispetto a vicende - lo dico ovviamente con il massimo rispetto e sensibilità -, nelle quali sono invece avvenute contestazioni e sono state messe in discussione le stesse servitù. Mi piacerebbe offrire tutto ciò come primo elemento di riflessione della mia audizione.
Il secondo punto sul quale vorrei soffermarmi è il seguente: oltre al mantenimento della «pace sociale» (il termine è un po' ampio, ma può aiutare a comprendere la situazione), occorre stabilire una chiave di lettura per le realtà territoriali in cui si trovano questi insediamenti. Infatti, essi sono situati in zone dove la capacità di governo e di passaggio di queste servitù militari potrà essere utile per lo sviluppo dei territori, ma anche per la loro difesa ambientale. Ho letto alcune audizioni tenute presso questa Commissione dove era riportato un passaggio nel quale si parlava del ruolo di fatto svolto dalle servitù militari.
Mi piace sottolineare, ad esempio, che Torre Astura è a cavallo tra due province sul litorale dove vi sono problemi di delinquenza organizzata, che di solito mira subito, con appetito vorace, a terreni ora
soggetti a servitù militare, ma che in futuro potrebbero tornare liberi. Questo per esempio è un tema da affrontare, perché qualcuno ha immaginato che Torre Astura sia un'area appetibile.
Altro elemento - e concludo, anche perché forse, pur volendoli cercare, non esistono in questo momento elementi importanti di negoziazione - è dato dall'impossibilità di sedere di fronte all'autorità militare e richiedere con forza - se non tramite il Governo e, se necessario, in forma legislativa tramite il Parlamento - strumenti che ci aiutino a comprendere il valore del territorio dismesso.
Per questo motivo ritengo che, alla fine, il messaggio più importante da lasciare in questa sede è quello della sensibilizzazione alla tutela paesaggistica. Non sono parchi e riserve quelli che si trovano nel Lazio, ma in realtà è come se lo fossero. Si tratta di aree «sentite» e dove non esiste delimitazione, vengono sentite come aree. Quindi, per concludere, ritengo che la ricognizione consentitami da questa audizione e la lettura socio-economica di queste servitù portino alla conclusione che forse è arrivato il momento opportuno per guardare al futuro, pur nella consapevolezza delle necessità delle Forze armate.
ELETTRA DEIANA. Vorrei chiedere al presidente Marrazzo alcune informazioni ed alcune notizie aggiuntive. Ho qui un'indagine - fornita dalla regione Lazio anche se non svolta da essa - relativa ad alcuni siti militari presenti sul territorio e alla riconversione dell'industria militare avvenuta con il contributo della regione Lazio. In questa relazione si parla di contestazioni avvenute al poligono di tiro di Monte Romano, che tra l'altro è un'area (uno dei più grandi siti militari italiani) di grandissimo valore paesaggistico, nella quale si svolgono esercitazioni, anche dure. Durante la scorsa legislatura l'abbiamo visitata mentre erano in corso le esercitazioni dei militari italiani che si preparavano a partecipare alla spedizione in Afghanistan. Si trattava di esercitazioni di fuoco amico, piuttosto pesanti e complesse. Nel corso degli ultimi anni vi sono state varie contestazioni per una serie di gravi incidenti, avvenuti a causa delle esercitazioni militari, che hanno portato addirittura alla morte di uomini, oltre che a quella di animali.
Allora vorrei sapere se la regione, da lei rappresentata, sia in grado di fornire dati più circostanziati rispetto a questa generica - ma inquietante, se fosse vera - segnalazione.
Nella relazione viene evidenziato un altro dato che vorrei portare all'attenzione del presidente Marrazzo. Vorrei chiedere se la regione si interessa e se ha svolto indagini sulle esercitazioni tenute nei due grandi poli laziali, quello di Monte Romano e quello di Torre Astura, che avrebbero comportato l'utilizzo di uranio impoverito. Anche questa viene denunciata come se si trattasse di una «cosetta». Tuttavia, laddove vi fossero elementi di dubbio sull'esistenza di tale utilizzo, la regione dovrebbe essere interessata.
Se ne parla poco, ma il Lazio è militarizzato in maniera «pazzesca», non soltanto a causa della presenza di vaste aree militari, ma anche perché vi sono un'infinità di infrastrutture militari, in particolare intorno a Roma, a Latina e Viterbo. Vi sono infrastrutture di tutti i tipi, nonché una notevole produzione industriale militare; mi riferisco in particolare alla produzione di cluster bomb e al disastro della Valle del Sacco. Mi interesserebbe sapere come la regione vigili, curi e si preoccupi di tutte queste problematiche relative a quello che definisco un pesante ingombro del settore militare nel suo complesso. Mi sembra inoltre di dover segnalare, rispetto ad altre situazioni, una mancanza di regole, di controllo pubblico sull'operatività e sulla funzionalità di questi apparati, di queste strutture e di questi siti militari.
PIERO MARRAZZO, Presidente della regione Lazio. Ringrazio l'onorevole Deiana per la domanda. Vorrei subito precisare che nel caso di Monte Romano parliamo di due aree di poligono (ZC 019 e ZG 020) dell'estensione di circa 3.700 ettari; confermo inoltre, come lei correttamente
ha detto, che la relazione da lei letta non è un atto pubblico della regione, bensì un documento redatto con il contributo della stessa. Le posso dire, con riferimento alla mia presidenza e quindi alla mia giunta, insediata dal maggio del 2005, che non sono a nostra conoscenza atti di tali gravità, quali la morte di persone; non so riferire in merito ad atti che abbiano comportato danni alle persone nell'ambito militare durante lo svolgimento di esercitazioni.
Se effettivamente manifestazioni ci sono state, volevo tuttavia far notare alla Commissione che il livello di sensibilità non è stato così elevato da arrivare a contestazioni di forza dirompente e continua. Questo non toglie che riguardo a determinate aree possano esserci segmenti di sensibilità associazionistica di altro tipo.
ELETTRA DEIANA. Poiché l'incidente è grave, ci faccia sapere qualcosa!
PIERO MARRAZZO, Presidente della regione Lazio. Le posso assicurare che la sua domanda mi porterà nei prossimi giorni ad intraprendere un'operazione di conoscenza anche su quanto accaduto in passato. Per questo la ringrazio, ma ribadisco che in questi due anni di governo della regione non ho avuto segnalazioni in questo senso. Le posso anche dire che, come lei ben sa, noi lavoriamo attraverso la nostra agenzia regionale, l'ARPA, la quale non ha assolutamente fatto segnalazioni, come invece sarebbe accaduto in quanto il tema dell'uranio impoverito è delicato ed importante. Nel corso degli anni è stato oggetto di dibattito e di attenzione da parte di donne e uomini che hanno svolto determinate attività.
Alla luce della positività del nostro incontro, pronto anche a mandare del materiale, informerò la Commissione rispetto alle tematiche sottoposte dall'onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Ringrazio il presidente Marrazzo e sottolineo che, laddove venisse accertata la veridicità dell'una o dell'altra segnalazione, questo elemento dovrebbe essere inserito nella nostra relazione.
LIONELLO COSENTINO. Vorrei chiedere la cortesia, visto che si è fatto riferimento ad una relazione che non è promossa dalla regione ma che comunque con essa è in qualche rapporto, se sia possibile per i commissari acquisirne il testo in modo da poterlo valutare quando poi si discuterà la relazione finale.
PRESIDENTE. Credo che sia corretto quanto richiesto dall'onorevole Cosentino. È stato citato un episodio; tuttavia, trattandosi anche di questioni rilevanti e potenzialmente allarmanti, è necessario controllare la fonte ed anche ulteriori elementi. Di conseguenza, chiedo intanto all'onorevole Deiana, che ha citato il documento, di consegnarlo alla Commissione in modo tale da poterlo mettere a disposizione dei commissari, perché mi pare di capire che sia stato prodotto con il contributo della regione, anche se non direttamente dalla stessa.
ELETTRA DEIANA. Ho citato il documento solo perché c'è il contributo della regione.
PRESIDENTE. Essendo stata amministratrice locale, so che a volte il contributo della regione si limita alla pubblicazione; tuttavia, verifichiamo pure, come chiede l'onorevole Cosentino.
La questione che invece volevo riprendere e che mi sembrava il dato più qualificante della relazione del presidente Marrazzo, è - se ho capito bene - la proposta di un accordo complessivo fra la regione e l'intero settore della difesa per quanto attiene alla dismissione delle aree attualmente utilizzate. Da quanto ho capito (e ne chiedo conferma al presidente), rispetto all'utilizzazione di certi territori esiste una buona compenetrazione tra società civile e territorio utilizzato dalla servitù militare, con possibilità di accesso ai cittadini, non essendo quei luoghi inaccessibili in maniera assoluta. Senza dubbio
si tratta di un elemento positivo, ma forse potrebbe essere riprodotto anche in altre situazioni nelle quali esiste conflittualità.
Ciò che chiedo al presidente Marrazzo è se sia già aperto - o se la regione lo abbia richiesto - un tavolo complessivo della regione con il Ministero. A seguito dell'ultima legge finanziaria, per quello che riguarda le dismissioni, è stato previsto un passaggio fra il Ministero della difesa e l'Agenzia del demanio. Inoltre, esiste una forte richiesta degli enti locali - tra cui le regioni - di inserirsi negli accordi di programma. Vorrei quindi sapere se esista già un tavolo di confronto o se in qualche modo possiamo, anche attraverso quanto scriveremo nella relazione, facilitare la realizzazione di questo incontro.
PIERO MARRAZZO, Presidente della regione Lazio. Non esiste ancora un tavolo, ma è nostra intenzione, anche alla luce di quello che è diventato il tema a livello nazionale e locale, chiederne l'apertura.
Ho immaginato, nel descrivere la situazione, che questa fosse l'occasione per intraprendere un percorso anche in sede parlamentare, quindi in un luogo nel quale si forma una conoscenza che potrebbe portare ad un momento di partecipazione rappresentato dalla conferenza.
Come sa l'onorevole Cosentino, in base alla mia esperienza di questi due anni (penso alla sanità ma anche ad altri temi), nel Lazio si sta avviando una forte politica di filiera istituzionale. Ritengo che la lettura più corretta del Titolo V della Costituzione sia quella di riuscire a costruire momenti di interdipendenza di decisione, ognuno naturalmente nell'autonomia della propria sfera di competenza, esaltando e utilizzando al massimo questi strumenti.
Per questo ho accettato l'invito e ho voluto essere presente di persona, non delegando ad altri, non solo per una forma di cortesia nei suoi confronti, presidente, nei confronti della Commissione e del Parlamento, ma anche perché ritenevo che fosse un modo per incardinare un discorso istituzionale. Per esempio, se verrà approvato un documento, frutto del vostro studio e della vostra attività, come riportato dall'onorevole Deiana, esso ci aiuterà a comprendere che, maggiore trasparenza daremo a questi temi, migliore sarà il risultato successivo per poter fissare paletti chiari. Infatti, una servitù militare comunque comporta per il cittadino normale il timore che dietro quell'attività ci possa essere qualcosa che possa ledere il suo diritto alla salute, oppure ci possano essere danni al territorio e all'ambiente. Quindi, se ho capito bene, questa potrebbe essere la sede giusta dove la regione Lazio possa avviare oggi con l'audizione e magari successivamente con la conferenza, una politica di negoziazione e di costruzione di proposte per il nostro territorio.
MAURO BETTA. Intervengo molto rapidamente, soprattutto per sottolineare che nelle considerazioni del presidente Marrazzo ho ritrovato ragionamenti svolti anche da altri amministratori, legati particolarmente al risultato indiretto delle servitù militari. È vero che si tratta pur sempre di un onere, ma in termini di salvaguardia è stato ottenuto un grande risultato su larga parte del territorio.
La seconda questione che vorrei sottolineare è il rapporto propositivo fra le amministrazioni delle istituzioni civili e quella dell'amministrazione militare. A questo riguardo, credo sia interessante l'esperienza della regione Lazio, soprattutto per quanto ho sentito citare in riferimento a Torre Astura, a questa zona a cavallo fra la provincia di Roma e quella di Latina. Infatti, il presidente ha riferito che essa, pur in presenza di una serie di vincoli, è aperta anche ad un uso pubblico da parte dei cittadini.
LIONELLO COSENTINO. Si tratta della spiaggia.
MAURO BETTA. Questo è un dato comunque interessante che potrebbe essere utilmente riprodotto anche in alcune zone della Sardegna, considerate le rivendicazioni aperte avanzate dagli amministratori di quei comuni. In ogni caso, mi sembra che sia un modo per le comunità
di riappropriarsi del proprio territorio, pur in presenza di un onere di non poco conto, che tuttavia salvaguardiamo e rispettiamo. Questa è per noi un'esperienza estremamente significativa qualora potessimo riprodurla, naturalmente in presenza delle condizioni oggettive per farlo, visto che ad esempio in un poligono non si può andare in spiaggia. Ci sono alcune cose che possiamo imparare e suggerire come Commissione e penso che quell'esperienza possa essere una di queste.
LIONELLO COSENTINO. Sono d'accordo con quanto detto finora. Segnalo tuttavia che nelle considerazioni del presidente Marrazzo si rileva l'assenza, almeno negli ultimi due anni, di un contatto tra il Ministero della difesa e la giunta regionale del Lazio in ordine a questi temi. Tale esigenza invece è avvertita dalle istituzioni regionali, per cui penso che sia giusto segnalare che un livello istituzionale di raccordo appare necessario. Questa potrebbe essere l'occasione per le istituzioni locali e per il Ministero della difesa per ragionare non soltanto sugli aspetti riguardanti le servitù militari, ma anche, per esempio, sulla dismissione del patrimonio. Penso al ruolo importante che hanno o che potrebbero avere alcune realtà, come ad esempio i forti romani, alcuni dei quali sono in fase di dismissione. Non vi è dubbio che la regione dovrebbe avere con il Ministero un quadro comune di valutazione anche per governare i passaggi necessari. Questo è un tema sul quale soffermarci anche in sede di relazione finale, perché un luogo di raccordo mi pare assolutamente indispensabile.
PIERO MARRAZZO, presidente della regione Lazio. Vorrei ringraziare e sottolineare che quello di oggi per la regione Lazio è stato un passaggio istituzionale che potrà avere una ricaduta sul futuro. Chiederei nel prosieguo dei lavori, soprattutto in vista della conferenza prevista per il prossimo anno, di tener presente il ruolo delle istituzioni regionali, come sottolineato dall'onorevole Cosentino, in una logica di programmazione e anche di competenze che essa ha sul territorio, come ente locale, anche con riguardo alla capacità legislativa.
PRESIDENTE. Ascolteremo a breve il generale Resce che è responsabile per le dismissioni. Abbiamo infatti deciso come Commissione, accanto a questo lavoro specifico sulle servitù, anche di monitorare il percorso delle dismissioni. Riteniamo infatti che possa essere un'opportunità straordinaria per il nostro Paese e per i suoi territori, se gestite in tempi non «biblici», tali da consentire rapidi risultati.
Per questo motivo, rientra tra gli obiettivi del nostro lavoro anche quello di agevolare la rapidità dei contatti. Se in quella sede saranno presenti anche onorevoli più direttamente a conoscenza del territorio del Lazio, potremo già «mettere a punto», anche con il generale Resce, questo tipo di esigenza per sapere, ad esempio, cosa si sta facendo in altre regioni, come si sta muovendo il Ministero e quindi quale potrebbe essere la modalità da attivare rispetto alla regione Lazio. Poiché questa audizione fa parte degli incontri periodici con i quali intendiamo seguire il processo di dismissione dei beni della Difesa, potremmo anche definire questo punto ed acquisire indicazioni pratiche rispetto alle quali fare poi da tramite.
Ringrazio il presidente Marrazzo e dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle servitù militari, l'audizione di rappresentanti dei comuni laziali di Monte Romano Roma e Veroli.
Sono attualmente presenti i rappresentati del comune di Veroli nelle persone del vicesindaco, professor Cesidio Trulli, del segretario generale, dottor Lucio Pasqualitto, e del responsabile dell'ufficio tecnico, ingegner Michele Testani.
Come immagino sappiate dalla nostra lettera di convocazione, abbiamo prima audito il presidente della regione Lazio, mentre ora ci accingiamo ad ascoltare i rappresentanti dei principali comuni interessati dal tema delle servitù militari, poiché vogliamo acquisire il loro punto di vista per capire la situazione, gli eventuali problemi o le progettualità rispetto al territorio sul quale insistono tali servitù.
CESIDIO TRULLI, Vicesindaco del comune di Veroli. Riferirò brevemente sulla situazione del comune di Veroli in merito alla presenza di servitù militari; l'ingegner Michele Testani, responsabile dell'ufficio tecnico, darà spiegazioni in maniera più specifica e dettagliata.
Il territorio di Veroli è molto vasto, con una superficie di quasi 120 chilometri quadrati, due terzi della quale a carattere montano. In una di queste estremità, ai confini con i comuni di Sora e Monte San Giovanni Campano, è stata da anni installata una base dove si svolgono esercitazioni militari. Quest'area risulta decentrata rispetto al fulcro del paese, anche se il nostro territorio è caratterizzato da tante case sparse e da piccoli nuclei, alcuni dei quali si trovano nelle vicinanze di quest'area. Naturalmente, come dicevo in premessa, essendo a carattere montano, questa parte è soggetta a vincoli paesaggistici e di uso civico. Pertanto, le continue e persistenti prove ed esercitazioni svolte presso la vicina caserma di Sora hanno arrecato ed arrecano tuttora disturbo, mentre non si registrano danni, trovandosi in una zona decentrata. Tuttavia, gli abitanti dei caseggiati vicini ad essa, perlopiù pastori e agricoltori (di un'agricoltura di sussistenza, caratteristica della parte pedemontana della Ciociaria) in alcuni giorni non possono recarsi al pascolo né sui campi a coltivare le pianette di terra che si trovano nelle propaggini di questo poligono perché ciò è vietato dalla legge oppure perché è in atto lo sgombero e quindi non possono attraversare quell'area. Questi sono impedimenti che ostacolano la piccola e povera economia locale.
Altri tipi di impedimento ed altre problematiche sono legate al rumore arrecato dai militari che si recano al poligono di tiro. L'area perimetrata del poligono non è la sola ad essere condizionata da tutti questi movimenti perché lo sgombero avviene su un'altra vasta area ed interessa anche una delle frazioni più popolose del nostro comune (circa 3.000, 3.500 abitanti). Naturalmente il ripetersi delle esercitazioni comporta problemi di rumore, dovuto al passaggio di macchine, camionette ed altro. Questa è una breve descrizione della situazione dovuta alla presenza del poligono di tiro, situato in località Fontana Fusa. Ho cercato di segnalare i disturbi, gli ostacoli e le problematiche legate a tale presenza. L'ingegner Testani darà ulteriori notizie sotto il profilo tecnico.
MICHELE TESTANI, Responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Veroli. In ufficio non abbiamo molta documentazione riguardante il poligono di Fontana Fusa. Dalle ricerche catastali abbiamo individuato l'area del demanio dello Stato, che ricade nel foglio 38 del comune di Veroli, particelle 140 e 167, per circa sette ettari complessivi di terreno a destinazione agricola. Come anticipato dal vicesindaco, l'area è gravata da vincolo paesaggistico imposto con decreto ministeriale 22 maggio 1985, legge n. 1497 del 1939, recante dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona Monti Simbruini e Monti Ernici. Inoltre, detta area è gravata da vincolo idrogeologico e dal vincolo degli usi civici del legnatico, in quanto la parte superiore è boscata.
PRESIDENTE. Vorrei chiedere se sono riconosciuti degli indennizzi e, in caso affermativo, come avvengono i pagamenti, ossia se sono regolari o se vi sono ritardi.
LUCIO PASQUALITTO, Segretario generale del comune di Veroli. Non abbiamo notizia da parte dell'amministrazione comunale di lamentele circa il pagamento degli indennizzi o di ritardi nell'erogazione degli stessi. Volevo dire che il poligono di Fontana Fusa interessa un'area, appartenente
al comune di Veroli, di circa sette ettari, come diceva l'ingegner Testani. Si tratta di un terreno gravato da vincolo idrogeologico, ma ciò che crea maggiori problemi all'amministrazione comunale è l'immediata vicinanza di questa zona ad un parco naturale, il parco di Prato di Campoli, meta di turismo nonché fonte economica e di sviluppo del nostro territorio. Specialmente nel periodo estivo, quando sono in corso le esercitazioni militari, si creano problemi turistici legati alla fruizione della zona del suddetto parco.
ELETTRA DEIANA. Riguardo agli indennizzi, non ho capito se non vi sono lamentele perché tutto è regolare e non vi sono ritardi o altro.
LUCIO PASQUALITTO, Segretario generale del comune di Veroli. Al comune non sono mai pervenute lamentele per ritardi nei pagamenti, né da parte degli agricoltori, né da parte degli allevatori.
PRESIDENTE. Lo abbiamo chiesto perché in altre situazioni abbiamo invece riscontrato problemi e quindi volevamo acquisire questo elemento.
CESIDIO TRULLI, Vicesindaco del comune di Veroli. È vero quello che dice il segretario, anche se, in effetti, qualche ritardo si è verificato. I contadini e i pastori che vivono su quelle aree ricevono un indennizzo non troppo cospicuo per cui, in caso di ritardo, non vengono neppure a lamentarsi. Alcuni, per esempio, hanno fatto amicizia con qualche esponente dell'esercito per cui spesso e volentieri si rivolgono direttamente a loro in caso di ritardi e problemi. Pertanto, l'amministrazione riceve poche lamentele.
MAURO BETTA. Il segretario ed il tecnico del comune hanno parlato di un'area di sette ettari. Quest'area, se ho capito esattamente, è di proprietà del demanio. L'area soggetta a sgombero è più ampia o stiamo parlando di un'area con questa delimitazione?
MICHELE TESTANI, Responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Veroli. La fascia di rispetto è molto più grande dell'area direttamente interessata dal poligono.
MAURO BETTA. Può cercare di quantificarla?
MICHELE TESTANI, Responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Veroli. È di circa venti volte più grande.
MAURO BETTA. Volevo inoltre sapere come sono i rapporti tra l'amministrazione comunale ed i responsabili militari.
CESIDIO TRULLI, Vicesindaco del comune di Veroli. Grandi rapporti non ci sono mai stati. Da diversi anni svolgo l'attività di amministratore presso il nostro comune e solamente una volta ho avuto modo di conoscere il comandante della vicina caserma di Sora. I rapporti sono scarsi solo perché non esistono interferenze tra le due sfere di attività.
PRESIDENTE. Ringraziamo i rappresentanti del comune di Veroli.
Sono presenti i rappresentanti del comune di Roma, nelle persone del dottor Minelli, assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali, e del dottor Guzzardi.
Come sapete, stiamo svolgendo un'indagine per avere valutazioni dagli enti locali sul tema delle servitù militari. Oggi abbiamo già audito il presidente della regione, poi abbiamo chiesto ad alcuni comuni particolarmente interessati di fornirci le loro valutazioni. La presente indagine conoscitiva ha l'obiettivo di redigere un documento che sarà inserito nell'ambito della conferenza sulle servitù militari alla quale sta lavorando il Governo.
Do la parola al dottor Minelli.
CLAUDIO MINELLI Assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali del comune di Roma. Grazie, signor Presidente. Ho ascoltato alcune delle domande poste in precedenza.
Inizierei dicendo che i rapporti, sostanzialmente positivi, sono articolati in episodi occasionali o in programmi di interesse sia delle autorità militari sia del comune di Roma. Questo ha portato anche alla stipula di protocolli di intesa che - a quel tempo, senza che fossero intervenuti nuovi provvedimenti legislativi sul patrimonio militare - regolavano soprattutto interessi reciproci: da un lato, l'interesse alla trasformazione di immobili dell'autorità militare, con particolare riferimento ad alcune esigenze presenti nelle Forze armate come ad esempio quello delle abitazioni, in una città come Roma, e dall'altro lato, le esigenze della cittadinanza.
Si sono verificati alcuni episodi che, pur non avendo portato ad un vero e proprio contrasto, hanno determinato qualche impedimento. Nell'area della Cecchignola mi sovviene la difficoltà sorta in una via di comunicazione, posta all'interno di una servitù militare, che forse sarebbe opportuno rimuovere. Qualche disagio si riscontra in Via Induno - non ricordo con precisione se riguarda le Forze armate oppure i servizi segreti militari - a causa di un intervento che sta determinando disagi sulla viabilità. Su tale vicenda vi sono state polemiche, ma piuttosto che seguirla da questo punto di vista, la considero relativamente al fatto che quei lavori causano alcuni disagi.
Ovviamente la città di Roma vede una presenza molto consistente di strutture militari. Mi sembra però che adesso l'intero problema si intrecci con la problematica delle dismissioni dei beni militari e quindi con il tema dei relativi elenchi. Il primo di essi è stato predisposto, ma prevede pochissimi immobili. Il problema per la città di Roma consiste nel fatto che vi sono molte strutture militari che (a parere della cittadinanza, per usare un termine generico), se non in uso, dovrebbero essere utilizzate diversamente oppure meriterebbero di essere delocalizzate perché ospitano attività forse impropriamente collocate in zone centrali. La città è piena di strutture di questo genere: a volte tali strutture sarebbero di interesse della cittadinanza per realizzare dei servizi che magari mancano, molto spesso però ancora vedono svolgersi al loro interno attività che potrebbero essere diversamente collocate, concentrate e dislocate.
Questo aspetto si intreccia con il tavolo che - almeno in parte - si è aperto. Il comune di Roma ha infatti avviato, per così dire, un doppio tavolo. Un primo, con le autorità militari, è ancora in funzione ed è articolato in due settori: uno relativo ai diversi utilizzi e alle diverse localizzazioni; l'altro attinente alle problematiche delle politiche abitative. In proposito, è stato realizzato un protocollo di intesa che prevede un intervento delle Forze armate sotto forma di cooperative. Queste ovviamente hanno problemi diversi rispetto al passato; infatti, l'abolizione della leva obbligatoria ha reso stabile il relativo personale. Le Forze armate hanno quindi esigenze abitative diverse dal passato: non vi è più bisogno di caserme, bensì di abitazioni. Ciò ha portato alla messa a punto di un protocollo di intesa con il comune che intanto ha definito la possibilità di accedere ad alloggi, che il comune stesso sta acquisendo con un programma di modifiche di destinazione d'uso; questi alloggi verranno acquistati sia dal comune sia da cooperative di tutte le Forze armate, unite tra loro. Ovviamente in tale occasione si è nuovamente presentato il problema di un utilizzo del patrimonio militare che possa andare incontro agli interessi sia dell'amministrazione comunale sia dei militari per le loro particolari esigenze di politica abitativa.
Mentre ciò avviene, si apre la vicenda della legge finanziaria e del patrimonio militare da dismettere. Questa è la parte più importante per la nostra città. Si verifica una doppia questione. Da una parte, il meccanismo della legge finanziaria è noto: individuati i beni, questi vengono dismessi e agli enti locali può andare dal 5 al 15 per cento dell'effetto della valorizzazione. La stessa legge, tuttavia, apre uno spiraglio e prevede che, nel caso di beni militari che ancora interessano attività militari, si possano aprire tavoli di confronto con gli stessi enti locali per delocalizzare. In poche parole: se un bene
ancora serve, non viene trasferito, ma si può mettere in moto un processo in modo che l'attività che lo rende strumentale venga trasferita altrove.
In questo punto il provvedimento legislativo ha un limite che - a mio parere - un poco colpisce sia l'ente locale sia l'autorità militare. Infatti - parlo liberamente, ma lo vedo come dato di fatto - l'autorità militare, in base alla strada tracciata dalla legge finanziaria, non ricava assolutamente nulla. Non acquisisce case, che gli servono per le proprie attività; quindi, non fa altro che cedere immobili che diventano così oggetto del procedimento di valorizzazione. Ma anche il comune di Roma non è molto attratto dalla prevista fascia dal 5 al 15 per cento dell'effetto della valorizzazione. Se infatti nella nostra città effettuiamo una consistente valorizzazione immobiliare nei confronti di un privato, non ricaviamo certo una percentuale oscillante tra il 5 ed il 15 per cento del valore: gli costerà molto di più in termini complessivi di opere, di infrastrutture e di soldi. I militari si attestano sulla motivazione che sono necessari come beni strumentali e, finché possono, resistono su questo versante. Credo che se ci fosse stata una maggiore apertura nel rafforzare il concetto di «triangolazione», nella quale mettere insieme tutti gli interessi - da una parte una diversa localizzazione per concentrare, dall'altra le esigenze dell'autorità militare rispetto a beni comunque di interesse (il problema della casa è di tutti ed anche la maggiore efficienza di certe strutture interessa tutti), - sarebbe più agevole ragionare sui beni.
Il comune di Roma, sollecitato anche dall'Agenzia del demanio, ha inviato un elenco dei beni militari, diverso da quello previsto nel primo elenco spedito (credo che ne uscirà un altro a luglio), individuato in base ad una nostra valutazione di quelle strutture (vi sono molti forti e molte altre strutture importanti tra cui la caserma di via Guido Reni): qualora lo desideriate, vi farò pervenire la richiesta inoltrata. Tuttavia, nell'ambito della stessa richiesta, abbiamo effettuato alcune specificazioni, invitando ad una discussione che coinvolga anche l'autorità militare, trovando anche un certo interesse su queste operazioni, sempre legato alla funzionalità o alle esigenze del personale che lavora all'interno di quelle strutture.
Ad esempio, uno dei luoghi più importanti da un punto di vista urbanistico è quello che comprende le caserme site in Viale Angelico e Viale Giulio Cesare. Chi conosce Roma sa quale valore hanno da un punto di vista urbanistico, e quindi anche economico, queste strutture, che però attualmente - a parte la porzione già impiegata dal Tribunale di Roma - ospita alcune attività, alcune delle quali recentemente sono pure state rinforzate. Dall'altro lato, tra i beni che vengono indicati per la valorizzazione, vi è parte del Forte Tiburtino. Detto forte è sito in una zona prossima alla metropolitana e a carattere industriale, dove è collocato anche il polo tecnologico. Tutto sommato, quanto di militare si trova all'interno di Viale Giulio Cesare, forse potrebbe essere collocato più convenientemente su Forte Tiburtino. Vi sarebbe pure il collegamento con la metropolitana. Siccome poi - se non erro - quella situata oggi in Viale Angelico è una struttura tecnologica dell'Esercito, probabilmente una sua diversa dislocazione determinerebbe un migliore utilizzo di una struttura militare, che si potrebbe rendere disponibile per un processo di valorizzazione di interesse dell'ente locale, ma anche dello Stato e dei militari stessi, qualora potessero con questa operazione soddisfare anche le loro esigenze. Ho portato l'esempio di una operazione che potrebbe essere positiva per tutti.
Vi invierò l'elenco di queste strutture, ciascuna delle quali denota attese della cittadinanza nonché problemi legati al fatto che le strutture militari sono ospitate in luoghi a nostro parere impropri che potrebbero trovare migliore dislocazione. Tuttavia, ho la sensazione che sia necessario «ritoccare» quel procedimento un po' troppo «sospeso per aria», anche se probabilmente qualche effetto concreto potrà egualmente produrlo.
Vedremo se gli elenchi diventeranno più cospicui, più numerosi e con all'interno
immobili di maggiore importanza nella struttura territoriale. È vero che sono stati fissati obiettivi quantitativi: se non erro, deve per forza essere ceduto un certo numero di immobili entro un determinato tempo. Vedremo come andrà avanti la questione.
Quindi, direi che rispetto al comune di Roma, abituato a convivere con queste strutture da tanto tempo, il vero problema più che da motivi di conflittualità (salvo che in rarissimi episodi), è rappresentato proprio dalla rilocalizzazione e dall'esigenza di un ripensamento generale della presenza delle strutture in una logica che vada incontro agli interessi di tutti, senza penalizzare alcuno. Infatti, siamo cauti perché i rapporti sono stati impostati abbastanza bene. Quindi, non vorremmo nemmeno apparire, nei riguardi di questo settore e comunque della nostra città, come quelli che si approfittano per creare danni. Si possono trovare convergenze.
PRESIDENTE. La ringrazio.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LIONELLO COSENTINO. Se ben capisco quando detto dall'assessore Minelli, la proposta è, anziché fermarsi ad una regolamentazione rigida per legge delle percentuali dei valori da trasferire, sperimentare una strada di concertazione tra le autorità regionali o - nel caso delle grandi aree metropolitane - locali e l'Amministrazione della difesa. Penso che questo tema possa essere oggetto di approfondimento con detta amministrazione sulla linea di una verifica di un reciproco interesse ad una dislocazione diversa di strutture militari che possa consentire sia all'amministrazione comunale sia alla difesa di trarne un vantaggio. Forse in questo caso avrebbe un vantaggio minore il tesoro, ma da questo punto di vista si tratta di approfondire meglio. Quindi segnalerei questo come uno dei punti e dei quesiti da porre allo stato maggiore dell'Amministrazione della difesa prima di concludere il giro delle nostre considerazioni.
PRESIDENTE. Mi permetto di svolgere una considerazione. Il punto di vista di questa Commissione è sempre stato quello da lei indicato, tanto che siamo riusciti - anche se mi rendo conto che è parziale - ad inserire il tema degli accordi di programma all'interno della legge finanziaria. Inizialmente infatti non era previsto, è stato introdotto con i vari maxiemendamenti presentati. Tuttavia, si è trattato di un punto approvato all'unanimità da questa Commissione e che siamo riusciti ad inserire all'interno del testo licenziato definitivamente.
Quella era la filosofia ed ovviamente quello è il punto dove siamo riusciti ad arrivare, stante l'impostazione complessiva data al disegno di legge finanziaria. Tuttavia, eravamo in realtà convinti di due cose: da un lato, che questo patrimonio possa essere importantissimo per le realtà locali; dall'altro lato, che la difesa avrebbe avuto resistenze a mettere in gioco quello che poteva essere più interessante per molti aspetti, visto che in qualche modo era già pattuita l'entità dei trasferimenti che il tesoro le avrebbe conferito, a seguito degli elenchi dei beni da mettere in dismissione. Quindi, a nostro giudizio, tutto sommato questo era un elemento di rigidità.
Il problema è che in questi cinque anni abbiamo cambiato tre volte le modalità di dismissione di questi beni. Dapprima erano previsti i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e quindi la difesa avrebbe dovuto attivarsi. Invece, la stessa difesa ha impiegato un tempo eccessivamente lungo, perché era una cosa nuova, non sapeva come fare, e così via. Quindi, è stato necessario un lungo periodo di tempo per mettere a punto lo strumento. Nella prima audizione svolta su questi temi avevamo preso nota del tempo di dismissione e dell'entità dei beni dismessi con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Tale sistema prevedeva il ruolo diretto del Ministero, mentre gli enti locali potevano vantare un diritto di prelazione su cui cominciava una trattativa.
Successivamente si era inserita la normativa della legge finanziaria «Tremonti»,
in base alla quale si prevedeva che questi beni fossero trasferiti al demanio - come poi è avvenuto con l'ultima legge finanziaria - e che sarebbe stata corrisposta una cifra di 956 milioni di euro. Tale cifra non è mai arrivata e quindi per quell'elenco di beni si è verificato uno «stop» completo di due anni.
Adesso con l'ultima legge finanziaria si sta procedendo, da questo punto di vista, a fornire gli elenchi. La prossima audizione in programma, del generale Rescia, concerne proprio il prossimo elenco di beni, che poi sarà disponibile.
Sono convinta che, in questo senso, un federalismo «intelligente» potrebbe mettere in movimento questo patrimonio in tempi molto rapidi ed anche trovare incentivi e soluzioni. Quindi, da questo punto di vista, sicuramente può costituire un fattore, che mettiamo in evidenza nell'indagine conoscitiva.
Anche in previsione dell'approvazione della prossima legge finanziaria, credo che dobbiamo già capire cosa si possa aggiungere al quadro attuale, vedendo cosa è successo quest'anno, analizzando i possibili punti di forza e di debolezza e cercando di apportare i necessari correttivi. Credo quindi che sia molto utile, da questo punto di vista, anche l'esperienza concreta che il comune di Roma sta facendo per capire dove ci sono problemi.
In ogni caso, mi conforta il fatto che ogni tanto, anche restando seduti in Parlamento, è possibile avere una visione legata alla realtà delle cose, perché l'analisi di questa Commissione era la stessa da lei fatta. La Commissione ha fatto quello che ha potuto nelle condizioni date, ma la lettura e l'analisi erano le stesse.
CLAUDIO MINELLI Assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali del comune di Roma. Ovviamente, per rispetto della sede istituzionale, non ho detto che vi è anche un'altra grande struttura che necessiterebbe di un decentramento significativo, ma ormai ci abbiamo rinunciato. Mi riferisco a dove siamo, ma è solo una battuta...
MAURO BETTA. Molto interessante...
PRESIDENTE. Questo però non è oggetto di esame da parte di questa Commissione ...!
CLAUDIO MINELLI Assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali del comune di Roma. Vi trasferiscono al Campidoglio!
MAURO BETTA. L'assessore ci ha ricordato che, prima che intervenissero le leggi finanziarie degli ultimi anni e comunque indipendentemente da questo strumento, l'amministrazione del comune di Roma ha stabilito con le autorità militari protocolli di intesa. Noi li chiamiamo accordi di programma, ma immagino che con questi protocolli siate riusciti ad incrociare gli interessi dei militari - se ho capito bene, legati soprattutto alle loro esigenze abitative - e le esigenze della città di riappropriarsi di alcuni spazi soggetti a servitù militari.
Mi interessa sapere, anche alla luce delle riflessioni svolte dal collega Cosentino e dalla presidente attorno alle buone prassi dei rapporti fra i militari e le amministrazioni, se abbiate ottenuto risultati, cioè se abbiate già concluso alcune operazioni - come le ha chiamate lei, delle «triangolazioni» - che hanno portato a risultati concreti, indipendentemente da quanto previsto dall'ultima legge finanziaria o da quelle degli anni precedenti. Vorrei capire insomma se vi sia stata questa capacità dell'amministrazione di essere interlocutrice dell'autorità militare e, da parte dell'autorità militare, di dare risposte positive a tutto questo.
CLAUDIO MINELLI Assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali del comune di Roma. Devo dire che i risultati non sono soddisfacenti, soprattutto per i tempi che le procedure urbanistiche hanno richiesto. Se non erro, il protocollo di intesa - non vorrei sbagliare, ma comunque manderò una documentazione, qualora vi sia utile - è del 2002-2003, poi aggiornato. Però si
trattava di protocolli importanti, perché individuavano aree e strutture con cui fare poi vere e proprie trasformazioni urbanistiche, o immobili che poi avrebbero avuto un utilizzo pubblico, quali sedi universitarie e strutture di questo tipo.
In questi giorni va in attuazione finale una parte importante. Essa riguarda aree militari che si trovano a Vitinia, che subiranno appunto una trasformazione urbanistica. Quindi, una parte è stata attuata positivamente. Non è stato possibile attuarne un'altra perché alla fine si è intrecciata con la difficoltà operativa della diversa localizzazione delle strutture militari ancora presenti, con la difficoltà di individuare le risorse economiche necessarie al completamento di questi progetti e con il fatto che si sono sovrapposti intenti diversi, di carattere anche pubblico.
Quindi, l'esito è positivo quanto alla redazione del protocollo e parzialmente positivo quanto all'attuazione, anche soprattutto a causa dei tempi; tuttavia, i tempi dei procedimenti urbanistici, poi intrecciatisi con la discussione sul nuovo piano regolatore della nostra città, sono sempre piuttosto complicati. Direi però che una parte sta andando in attuazione adesso: quindi stiamo parlando di quattro anni passati dalla redazione di quello che non è un accordo di programma. Infatti, il protocollo preannunciava un accordo di programma, con cui si andavano a fare le varianti urbanistiche. Trattandosi di beni militari, tutto confluisce nelle procedure di carattere urbanistico. O sono previste nel piano regolatore nuovo - o nei piani regolatori, se parliamo di aree site al di fuori del territorio romano - oppure è necessario stipulare accordi di programma. Un accordo di programma, pur essendo una procedura celere, mediamente non si riesce a realizzarlo in meno di un anno e mezzo, tra «messa a punto», predisposizione e fase finale di attuazione. Quindi, se si va a vedere, tra protocollo di intesa, individuazione dei beni, discussione delle alternative e così via, rientriamo nei tempi medi di una procedura celere, come quella dell'accordo di programma.
Quindi, direi che vi è una parziale attuazione dei protocolli di intesa, anche se i rapporti sono rimasti sempre abbastanza positivi. Alcuni sono stati impostati e rimasti «per aria». Posso sempre fare esempi interessanti. Sull'intera area di Castro Pretorio, dove è sita l'Aeronautica militare, vi era una proposta che prevedeva una trasformazione delle caserme in alloggi abitativi per i militari. In cessione l'amministrazione comunale aveva individuato una struttura che attualmente si trova a Porto Fluviale. Quindi, si acquisiva una struttura e si metteva in moto un processo di valorizzazione che alla fine portava alla realizzazione di alloggi abitativi. Il progetto è rimasto un po' in sospeso, in relazione a questo procedimento attualmente in corso. Ora stiamo vedendo se sia possibile farlo riattivare. Tuttavia, al tavolo si è seduto un terzo soggetto che vuole solo prendere i soldi...
LIONELLO COSENTINO. Il demanio!
CLAUDIO MINELLI Assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali del comune di Roma. ... Il demanio, giustamente...
LIONELLO COSENTINO. Posso chiederle di approfondire il punto riguardante questa «triangolazione»? Qual è la posizione del demanio?
CLAUDIO MINELLI Assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali del comune di Roma. Devo riconoscere che il demanio - perché i rapporti sono obiettivamente costruttivi e positivi, anche in questo caso, abbiamo fatto grandi accordi anche se non sui beni militari - rispetta la parte della legge finanziaria che prevede gli accordi di programma e i tavoli di concertazione. Ha anche dichiarato la disponibilità in questi procedimenti, come prevede anche la legge, di andare incontro ad esigenze sociali e territoriali importanti (strutture universitarie, strutture di interesse pubblico). Quindi, si è avviato un lavoro ed abbiamo tenuto un primo incontro. Siccome
i beni del primo pacchetto sono piuttosto limitati, bisogna soprattutto aprire la partita delle «triangolazioni» che già la legge finanziaria - come veniva giustamente ricordato - in parte consente.
Fuori verbale, direi che i rapporti sono cordiali, esiste materiale su cui lavorare e che vi sono anche gli intendimenti. Si è pure detto che non si prevedono in generale alienazioni, bensì concessioni di lungo periodo, che potrebbero comportare delle agevolazioni. Tutto questo non è impostato male. Però si deve ancora affrontare un problema che nessuno mai ha approfondito. Quando entriamo nel dettaglio di queste operazioni, quale sarà il ruolo dello Stato e dell'Agenzia del demanio? Favorite le varie soluzioni, deve raggiungere o no gli obiettivi di entrate finanziarie? Perché se deve raggiungere gli obiettivi previsti, e se per caso l'interesse dell'ente locale si dovesse limitare dal 5 al 15 per cento, non sarà facile costruire concretamente queste trasformazioni e protocolli, perché bisogna ancora capire quale sarà l'esito finale. È l'interesse pubblico, sociale, e territoriale che attiene alla sede, alle strutture e così via? Oppure quello delle entrate economiche dello Stato che comunque prosciugano il piano economico finanziario?
Questa è la partita che ancora non abbiamo affrontato. Anche nel caso di beni non militari, ma di proprietà statale o acquisiti a proprietà statale - quella da cui proveniamo - è stato fatto sostanzialmente il discorso del 15 per cento (anche in quel caso doveva essere predisposta una fascia che noi prevedemmo nella trasformazione dal 12 al 13 per cento). In quel caso l'operazione ha funzionato perché - parlo del comune di Roma - si individuò fra quei beni un immobile di grandissima importanza per l'amministrazione comunale, ossia l'intera ex Manifattura tabacchi sita nel quartiere Ostiense, dove si intendeva - cosa che sta avvenendo - trasferire quasi tutti gli uffici operativi dell'amministrazione comunale. Quindi, 36 uffici dell'amministrazione comunale sarebbero stati trasferiti in quella sede. Come comune di Roma, abbiamo costruito l'operazione di valorizzazione del poligrafico di Piazza Verdi, dell'ex Ministero delle Finanze con un occhio molto particolare perché lo scambio è consistito nell'acquisizione di tutta questa grande struttura immobiliare. Sono stati messi a punto i conti di tutte queste operazioni rispetto alle valorizzazioni ed è intervenuta la Fintecna che ha fatto subito affluire i soldi allo Stato anche se deve completare ancora le valorizzazioni. Tuttavia, in quel caso vi è stata una coincidenza, poi tradotta anche nelle valutazioni economiche di queste operazioni, che ha fatto funzionare l'operazione. È forse in parte il discorso da fare in questo caso: partire - come veniva detto prima - dall'esigenza territoriale e vedere qual è la valorizzazione che va incontro a tutti gli interessi. In questo caso vi è un terzo soggetto, ovvero i militari; nel caso dei beni indisponibili il terzo soggetto (il Poligrafico dello Stato) era molto nervoso, tanto che vi sono stati una serie di ricorsi. Uno dei beni è ancora sotto giudizio e non si sa ancora bene se sia stato acquisito allo Stato o sia rimasto di proprietà del Poligrafico. Il comune vorrebbe acquistarlo, per il momento dal Poligrafico ma poi si vedrà; si tratta di una delle due sedi della Zecca dello Stato dove si vorrebbe collocare l'Università.
Per non farla lunga, voglio dire che sarebbe auspicabile tradurre queste operazioni e territorializzarle, come è stato detto. Forse i ritorni economici dovrebbero essere un poco più legati al tipo di operazione che si compie, piuttosto che partire «a monte» con cifre così rigide e fisse di cui dovremo poi valutare l'effetto che avranno quando ci si ragionerà sopra. Non so se sono riuscito a spiegarmi ... (Commenti dei deputati Deiana e Cosentino).
MAURO BETTA. Ci ha quasi trasformato nella Commissione finanze!
PRESIDENTE. Ma noi siamo poliedrici!
LIONELLO COSENTINO. Mi pare di capire che il comune dovrà quantificare
quanti alloggi per i militari dovremo costruire nella città di Roma per consentire che le caserme di Viale Giulio Cesare tornino al servizio della città. È un calcolo piuttosto complesso, ma insomma (Commenti)... e inoltre, è necessario dare anche soddisfazione al demanio, perché altrimenti non si farà nulla.
CLAUDIO MINELLI Assessore alle politiche del patrimonio, politiche abitative e promozione progetti speciali del comune di Roma. Sì, praticamente questo. Non è facile, è vero ...
PRESIDENTE. Ma noi siamo qua proprio per le cose difficili!
LIONELLO COSENTINO. Al di là della battuta, l'operazione è complessa: lo è sulle caserme di Viale Giulio Cesare, sulla possibilità di utilizzarle ad esempio come parcheggio e su altre cose del genere. Quello che forse questa esperienza romana può dire, è che più che stabilire una norma generale o indici generali fissati per legge, occorre consentire, tramite accordi di programma, che le amministrazioni regionali o delle città sede di aree metropolitane cerchino soluzioni nel quadro di un accordo di programma che consentano, senza vincoli di legge, di far aumentare le convenienze, laddove queste si determinano. In tal modo, si lascerebbero liberi tutti e tre i soggetti: il comune di scegliere o meno la trasformazione urbanistica, l'amministrazione militare di cedere o meno il proprio patrimonio e così via.
Dunque, il punto probabilmente è quello di riflettere sul carattere cogente della normativa attuale o sulla possibilità di rafforzare una procedura affiancata come quella degli accordi di programma.
ELETTRA DEIANA. La cogestione.
MAURO BETTA. È quello che viene fatto con un protocollo d'intesa
PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore Minelli per il suo intervento, che è stato molto interessante e credo anche produttivo per il lavoro che dovremo fare nei prossimi giorni.
Dobbiamo ancora ascoltare il sindaco del comune di Monte Romano, dottor Domenico Pengo, che ringraziamo per aver seguito anche a tutta questa discussione. Penso però che sia stata interessante perché, seppure riferita a realtà di dimensioni diverse, riguarda problemi che anche lei può toccare con mano.
Le do immediatamente la parola.
DOMENICO PENGO, Sindaco del comune di Monte Romano. Vi ringrazio per avermi invitato a partecipare a questa audizione. Credo che il dialogo sia importante, per cui questa convocazione giunge molto gradita.
Parliamo del poligono di Monte Romano, un'area di particolare pregio ambientale ed anche di notevole consistenza. Si tratta di 46 chilometri quadrati, 4.600 ettari, distribuiti fondamentalmente sul comune di Monte Romano, ma contermine anche con i comuni di Vetralla e Viterbo. Comunque il soggetto individuato è sempre stato - storicamente dal 1953, anno degli espropri - il comune di Monte Romano, in quanto il poligono in questione, oltre ad avere la porzione principale proprio a livello di superficie, ha anche la vicinanza più stretta per vari motivi, anche geografici, con il centro abitato, dove i mezzi militari transitano, con tutte le ricadute di cui farò nota e cenno, maggiormente gravanti sul comune. Quindi, si parla a pieno titolo del poligono di Monte Romano.
Una prima realtà degna di nota è quella del pascolo. Esiste praticamente da sempre, da dopo gli espropri, una concessione demaniale a favore degli allevatori locali, gestita dal comune di Monte Romano, che permette di pascolare bovini ed equini all'interno dell'area. Questa possibilità costituisce sicuramente un grosso vantaggio per il demanio, proprietario dell'area, e per i militari operanti sull'area a titolo gratuito. Questo avviene perché la presenza degli animali e degli allevatori costituisce comunque un presidio importante.
Gli animali, in particolar modo, tengono sotto controllo la vegetazione e quindi permettono la prevenzione degli incendi, che altrimenti sarebbe veramente difficile in assenza dello sfalcio d'erba ad opera - appunto - degli animali pascolanti.
Nonostante l'effetto benefico degli animali, il comune concessionario è tenuto alla corresponsione di un canone, che nei recenti anni è diventato gravoso in proporzione. Vi è stato infatti uno scatto repentino, se non ricordo male, dagli allora 7 milioni di lire, a 25 mila euro. Ciò è avvenuto, come è stato spiegato in sede di demanio, perché più balzelli sono stati inseriti all'improvviso nel calcolo. Fatta salva la regolarità contabile, che non mettiamo in discussione, si tratta comunque di un grosso aggravio per il comune e per gli allevatori che utilizzano questo pascolo, perché si ritrovano a dover sopportare questo canone di concessione.
Oltre a ciò, il grosso aggravio è costituito anche dalla manutenzione della perimetrazione. Si potrebbe immaginare che un poligono militare debba essere perimetrato perché, per motivi di sicurezza, deve essere protetto da un minimo di recinzione. Invece, a volte è stato risposto da parte delle autorità : «Per noi il poligono sta bene così, se avete bisogno della perimetrazione per contenere gli animali, fate pure». Si tratta di un grosso handicap, perché significa riversare i costi o sugli allevatori o sulla popolazione. Questa però giustamente reclama dicendo di non ricavare alcun reddito dall'allevamento svolto all'interno dell'area e che pertanto non è disponibile a pagare anche per gli allevatori. Dal canto loro, gli allevatori si ritrovano a pagare all'improvviso di più. Ciò mette in difficoltà il comune che comunque deve rispondere sia agli allevatori sia ai non allevatori. È stato recentemente approvato un regolamento e previsto un adeguamento dei canoni nei confronti degli allevatori che hanno presentato ricorso al TAR. Si è sostenuta l'incompetenza del comune in materia, creando una certa fibrillazione, perché se il comune non è competente in materia, allora teoricamente gli allevatori dovrebbero rivolgersi direttamente al demanio. Questo è però svantaggioso sia per il demanio, che si ritroverebbe 30 contraenti anziché un unico interlocutore istituzionale qual è il comune, ma anche per gli allevatori perché dovrebbero ricorrere presso le sedi romane e non all'istituzione loro più vicina quale è il comune di residenza.
Fermi restando i buoni rapporti a livello locale, invochiamo una maggior comprensione a livelli più alti, come quelli governativi, perché venga riconosciuta comunque la funzione benefica svolta dagli animali al pascolo - che comunque vengono utilizzati economicamente, questo è fuori discussione - con un maggior riconoscimento: o in termini di lavori, con la perimetrazione a carico dello Stato, oppure con lo storno dei costi concessorii, si tratterebbe di una sorta di compensazione per i lavori che vengono convenzionati al comune - supponiamo - però con un importo riconosciuto per il loro svolgimento.
Si tratta di un discorso abbastanza complesso perché la concessione ad un certo punto si è interrotta. Attualmente il comune occupa l'area in via di fatto, in quanto non è stata rinnovata la concessione. All'aumento repentino del canone è infatti seguito un irrigidimento dell'amministrazione comunale precedente, che ha praticamente interrotto i pagamenti. Ciò ha generato debiti pregressi, interessi di mora, e così via. L'attuale amministrazione, con spirito operoso, ha voluto mettersi in regola, concertando un piano di rientro, tramite rateizzazione del debito e così via. Tuttavia, ad esso non è seguito il reale rinnovo della concessione. Quindi, questa non è stata rinnovata, nonostante che avessimo fatto la nostra parte. Ci è stato spiegato che ciò è dovuto ad un problema tra il reparto infrastrutture, il demanio proprietario dell'area, pareri di congruità (e non so che altro), con parecchie angolazioni che non riescono a collimare. Non vorremmo che, dopo aver fatto la nostra parte, lo Stato restasse troppo distante.
Oltre a ciò, esiste un'area esterna al poligono militare, un eliporto addestrativo in località Pian del Ghigi, Azienda agricola Roccarespampani, gestita direttamente dal comune (similmente a Castel di Guido a Roma per capirci) originariamente facente parte dell'ex Pio Istituto Santo Spirito. Di fatto, questi pochi ettari destinati ad eliporto, fino ad un certo momento sono stati pagati al comune di Monte Romano, gestore dell'azienda agricola. Ad un certo punto questo non è avvenuto più e sono state mescolate le due questioni: il comune non ha pagato - parliamo del passato - l'area del demanio militare relativa al poligono e l'ispettorato alle infrastrutture non ha pagato per l'eliporto. Si tratta di due questioni nettamente separate, che comunque vedono il comune da una parte e lo Stato dall'altra.
Avendo compiuto il passo per metterci in regola con l'area del poligono militare, confidavamo nella regolarizzazione e quindi nel vederci corrisposto quanto pregresso riguardo all'eliporto. Ciò non sta avvenendo ed è ovviamente una nota negativa che ci sentiamo di dover esprimere. Dobbiamo prendere una decisione: questi ettari servono agli elicotteri per atterrare, partire, fare gli addestramenti, la scuola guida, così come ci si dice e come continuano a fare? Infatti, viene richiesto lo sfalcio dell'erba e quindi l'azienda agricola sopporta anche costi non ristorati. Noi obbediamo e continuiamo a farlo, ma non so fino a quando la nostra pazienza lo consentirà. Infatti, stiamo pensando di dismettere l'area e di trasformarla in coltura agraria. Quindi, sollecitiamo la soluzione di questo duplice problema.
Se mi è concesso, procedo con gli altri temi. Da parte della popolazione, vi è una certa preoccupazione per le interferenze delle onde elettromagnetiche, che si creano in occasione di campi militari numerosi, complessi, e quindi di operazioni militari di grandi dimensioni. Ci viene detto che il poligono militare di Monte Romano è il primo d'Italia, venendo meno anche Capo Teulada; quindi, siamo in presenza di una realtà importante e capiamo che ci sia bisogno di comunicazioni. Tuttavia, a volte la popolazione residente subisce le conseguenze delle interferenze. Inoltre, vi è una certa preoccupazione anche per quello che viene utilizzato, ovvero per le polveri rilasciate nell'ambiente e per un'ipotetica contaminazione della vegetazione e degli animali che pascolano in quel luogo, nonché per le immissioni rumorose che a volte sono effettivamente fastidiose, quando ad esempio si svolgono esercitazioni notturne, che fanno tremare le finestre e spaventare le persone. Quindi, per tutto ciò chiediamo condizioni più convenienti e compensazioni. Non è nostra intenzione bloccare l'attività militare, perché capiamo che la difesa fa parte dell'interesse nazionale. Mantenendo i giusti rapporti tra benefici e svantaggi, pur da sopportare, vorremmo collaborativamente avviare un discorso equo, riequilibrato anche a favore dell'ente locale e della popolazione residente.
Recentemente l'area del poligono militare è stata definita dalla regione Lazio come zona di protezione speciale, vincolo ambientale importante, per il quale vi è un nulla osta da parte del comune. In proposito, riconosciamo il merito della presenza militare che ha preservato la zona da abusi e scorrerie varie sull'ambiente. Quindi, ben venga la ZPS, ma allora si fa ancora più urgente un piano di gestione che, ferma restando la disponibilità del comune a coordinare anche localmente il problema, necessita di finanziamenti pubblici più cospicui, sia dello Stato che dell'Unione europea. Quindi, vorremmo essere attori responsabili, ma anche essere messi nella condizione di operare.
Altra mancanza è quella relativa al piano di assestamento. Il piano di gestione, a questo punto ricompreso nella ZPS, potrebbe fungere anche da piano di assestamento. È vero che gli animali pascolano e tengono sotto controllo la vegetazione, ma è anche vero che il pascolo continuato, senza turnazione, mette a rischio la sopravvivenza dei boschi, i quali continuano a deperire naturalmente - malattie delle piante e così via - senza rinnovarsi, in quanto le plantule in ricrescita vengono brucate dagli animali. Ci vorrebbe allora
un piano di assestamento e di gestione che permetta di tagliare i boschi a fine turno. Capiamo che ciò potrebbe essere complicato nelle aree di bonifica per la possibilità di rinvenire colpi inesplosi e così via. Tuttavia, sono state individuate zone in cui siamo certi non sono caduti i colpi, in quanto perimetrali o vicini al comando. Non crediamo che qualcuno abbia mai sparato contro il comando. Quindi, occorre fare un discorso serio e scientifico, che salvaguardi l'ambiente e metta a disposizione della popolazione residente questi beni. La stessa popolazione è legata agli usi civici, esclusi a seguito dell'esproprio, ed è abituata a disporre di legna a condizioni vantaggiose. Vi è stato un certo tipo di rapporto tra la popolazione e l'ambiente, storicamente vissuto e proseguito anche al giorno d'oggi, che vorremmo rinsaldare anche attraverso queste cose.
È sempre in vigore poi la legge n. 104 del 1990, alla quale il comune fa riferimento per ottenere un risarcimento. Da oltre due anni la regione Lazio ha sottoposto la possibilità di presentare un progetto per opere pubbliche, quindi all'interno della stessa legge, per finanziare, nel nostro caso specifico, il rifacimento di parte della rete di distribuzione dell'acquedotto. Ovviamente il passaggio di mezzi pesanti può comportare danneggiamenti alle opere pubbliche. La legge è bene congegnata, ma la lentezza burocratica fa sì che dopo oltre due anni stiamo ancora aspettando una risposta dalla regione Lazio. Ci dicono che la legge, pur essendo nazionale, passa attraverso i criteri stabiliti dalla regione Lazio. In tutto questo tempo, magari l'acquedotto si deteriora definitivamente e allora siamo costretti ad intervenire, senza avere diritto a ristori. Pertanto, chiediamo un intervento a livello governativo o parlamentare per accelerare questi tempi. La legge n. 104 del 1990 riconosce questo ristoro, ma a volte viene liquidato «a singhiozzo»: non vi è regolarità nei pagamenti ed essi non si limitano a «slittare» magari di un anno, arrivando comunque per ogni esercizio. I bilanci dei piccoli comuni soffrono a causa di queste mancanze e quindi vorremmo avere maggiore considerazione anche in questo.
Come torno a dire, l'area del poligono militare ha un grosso pregio ambientale e, secondo l'amministrazione comunale, meriterebbe anche maggiori possibilità di utilizzo turistico. Parlo ovviamente di un utilizzo congiunto, perché il poligono è fatto per essere dato in dotazione ai militari per le esercitazioni. Tuttavia, nei periodi di fermo e in quelli festivi, a livello locale vi è disponibilità di massima ad accedere con le dovute cautele ed a trasformarlo in un'occasione turistica. Se questo avvenisse in maniera più strutturale, potrebbe essere vantaggioso per tutti. Non so se da noi sia possibile ipotizzarlo, però - secondo le notizie in mio possesso - in altre nazioni, nella fattispecie in Polonia, i poligoni militari vengono anche utilizzati in una sorta di autogestione: nei periodi di fermo sono utilizzati a livello turistico e gli introiti vengono messi a disposizione delle manutenzioni interne; quindi, l'area risulta curata, anche grazie ad un utilizzo congiunto esterno. Il comune, se richiesto, può fare da tramite oppure semplicemente suggerire al demanio o all'autorità militare di dotarsi di quelle strutture che permettano comunque lo sfruttamento anche turistico di questo territorio, con i dovuti rientri in grado di rendere sostenibile l'attività.
Per concludere, negli anni scorsi era stata ipotizzata una collaborazione tra militari e comune per completare una linea di acquedotto, poiché nella sopra citata azienda agricola Roccarespampani è presente molta acqua, mentre nell'abitato di Monte Romano ne arriva poca, tant'è vero che bisogna attingere fuori dal comune. Detto poligono militare fa proprio «da cuscinetto», anche fisico, perché per raggiungere l'azienda citata bisogna uscire dal territorio comunale e non c'è una strada percorribile che attraversa il poligono stesso. Sarebbe invece possibile - l'ipotizzata collaborazione tendeva a questo - congiungere le fonti della parte nord, quindi nell'azienda agricola Roccarespampani, con l'abitato attraverso il poligono
militare, lasciando ovviamente l'acqua necessaria anche all'insediamento militare. La realizzazione di tale ipotesi con un progetto congiunto potrebbe essere un fiore all'occhiello e suggellare una collaborazione fattiva che dia segnali positivi e sia un esempio di sussidiarietà verticale tra ente locale e Stato; la popolazione vedrebbe direttamente i frutti e i risultati di questa collaborazione.
PRESIDENTE. La ringraziamo molto, anche per i suggerimenti forniti.
Speriamo che il lavoro della Commissione e della Conferenza nazionale sulle servitù militari possa rispondere ad alcune delle problematiche che lei ha sottolineato e ad alcuni dei problemi che ha posto. Per il momento - come si dice in gergo - le questioni che ha sollevato «sono agli atti».
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,20.