Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 13,50.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle servitù militari, l'audizione del vice capo del IV reparto SMD, generale di divisione Walter La Valle.
Come primo atto di questa indagine conoscitiva vi è stata l'audizione del ministro, che è stata molto interessante e ci ha dato una prima l'idea di come il Governo intenda operare. La richiesta dell'ufficio di presidenza è stata quella di avere una mappatura della situazione, di modo che la Commissione potesse disporre di un quadro complessivo e formarsi le sue opinioni sulla base della conoscenza dei dati oggettivi.
Ringraziamo il generale La Valle per aver predisposto la documentazione necessaria allo svolgimento di questa audizione, che credo sarà molto utile per il nostro lavoro, e gli do subito la parola.
WALTER LA VALLE, Vice Capo del IV Reparto SMD. Signor presidente, onorevoli deputati, è per me un particolare privilegio essere in questo alto consesso, quindi scuserete l'emozione iniziale che potrà trasparire.
Il signor presidente mi ha già presentato, per cui passo direttamente al tema dell'audizione, fornendo alla Commissione difesa della Camera elementi conoscitivi in merito alle attività che si svolgono nelle aree soggette a servitù militare maggiormente rilevanti dal punto di vista dell'operatività delle Forze armate, con particolare riferimento all'attività dei poligoni e delle aree addestrative.
In particolare, articolerò il mio intervento secondo il sommario riportato nella lastrina proiettata sullo schermo, per arrivare ad alcune considerazioni conclusive, che mi auguro possano risultare utili alle finalità dell'indagine in atto.
Mi preme innanzitutto evidenziare come nel gergo comune sentiamo spesso parlare indifferentemente di poligoni e di aree addestrative. In realtà, tra le due dizioni sussiste una differenza sostanziale. Infatti, pur trattandosi per entrambe le fattispecie di aree del territorio nazionale di estensione variabile e normalmente sgombre da insediamenti umani, i poligoni si caratterizzano per il fatto che le caratteristiche dell'area consentono lo svolgimento di esercitazioni a fuoco, in bianco o con munizionamento inerte. Le aree addestrative, invece, sono idonee alla conduzione delle sole attività non a fuoco.
In funzione della disponibilità temporale, i poligoni e le aree addestrative si distinguono in permanenti, semipermanenti e occasionali. Quelli permanenti sono normalmente di proprietà demaniale, sempre disponibili e utilizzati con carattere di assoluta continuità. I poligoni e le aree addestrative semipermanenti possono essere di proprietà demaniale, ma anche
privata, e l'attività è soggetta a vincoli stagionali e periodici per consentire lo svolgimento anche di attività extramilitari. Quelli occasionali, infine, non appartengono al demanio militare e sono utilizzabili in accordo con le amministrazioni locali e con i legittimi proprietari per esigenze contingenti delle unità militari che stanziano nella zona.
A fattor comune, per comprensibili motivi di sicurezza, è necessario ricorrere in tutti questi casi all'imposizione di servitù militari soprattutto sotto forma di sgomberi a terra e, ove necessario, di limitazioni al transito e alla pesca nelle acque lacustri e marine circostanti.
I soli poligoni, inoltre, a seconda delle modalità esecutive con cui si possono svolgere le esercitazioni a fuoco, si distinguono in poligoni aperti e chiusi. Quelli aperti sono identificabili in aree in cui l'attività viene condotta all'aperto e ove non vi sono particolari limitazioni sia per le traiettorie sia per i rimbalzi del munizionamento impiegato. I poligoni chiusi, invece, sono individuabili in aree su cui esiste una struttura opportunamente organizzata per la condotta di esercitazioni a fuoco in assoluta sicurezza.
A loro volta, questi ultimi possono essere suddivisi in poligoni a cielo chiuso e a cielo aperto. Nei poligoni a cielo chiuso (detti poligoni in galleria) la sicurezza è garantita dalla totale chiusura dell'impianto di tiro; nei poligoni a cielo aperto, invece, la sicurezza è garantita da una chiusura perimetrale e da opportune strutture volte a intercettare i possibili rimbalzi delle traiettorie durante le esercitazioni.
In lastrina, ad esempio, sono proiettate le immagini relative alle aree interne dei poligoni a cielo chiuso o poligoni in galleria, la cui realizzazione nell'ambito della Difesa è stata avviata negli anni Ottanta al fine di consentire l'addestramento con armi portatili in condizioni di massima efficacia e sicurezza, senza le limitazioni dovute a vincoli di natura ambientale e atmosferica che caratterizzano tutte le altre fattispecie.
Al momento, la Difesa dispone solo di 11 poligoni in galleria (in realtà si tratta di 14, ma solo 11 sono attivi). La realizzazione di tali infrastrutture, con caratteristiche di assoluta sicurezza, necessita l'impiego di risorse finanziarie significative (nell'ordine di 6-8 milioni di euro ciascuna) e non facilmente reperibili nell'ambito del bilancio ordinario disponibile.
Passando al quadro normativo che disciplina la materia in trattazione, faccio osservare che l'argomento in esame ha il suo specifico riferimento nella legge 24 dicembre 1976, n. 898, concernente la «Nuova regolamentazione delle servitù militari», e nella successiva legge 2 maggio 1990, n. 104, che ha apportato alla stessa regolamentazione alcune significative modifiche e integrazioni.
Tra i contenuti di questi disposti legislativi, particolare interesse rivestono gli articoli riguardanti: la costituzione per ciascuna regione amministrativa di un comitato misto paritetico di reciproca consultazione per l'esame dei problemi connessi all'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale e di sviluppo economico-sociale ed i programmi delle installazioni militari; la consultazione semestrale dei citati comitati misti paritetici su tutti i programmi delle esercitazioni a fuoco che si intendono svolgere per definirne le località, gli spazi aerei e marittimi regionali, il tempo e le modalità esecutive, nonché sull'impiego dei poligoni della regione amministrativa interessata; l'obbligo per ciascun comitato misto paritetico di sentire gli enti locali e gli altri organismi coinvolti per definire le zone idonee alla concentrazione delle esercitazioni di tiro a fuoco nella regione per la finalità di costituire nuovi poligoni, utilizzando prioritariamente, ove possibile, aree demaniali; la stipula per le aree addestrative e i poligoni terrestri, marittimi e aerei, siano essi permanenti o occasionali, di disciplinari d'uso da realizzare di concerto tra le autorità militari e le regioni interessate; la corresponsione da parte dello Stato alle regioni maggiormente oberate dai vincoli e dalle attività militari, comprese la dimostrazione e la sperimentazione di sistemi
d'arma, di un contributo annuo da destinarsi alla realizzazione di opere pubbliche e servizi sociali nei comuni nei quali le esigenze militari incidono maggiormente sull'uso del territorio e sui programmi di sviluppo economico e sociale; la possibilità per il comandante territoriale di disporre, per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle esercitazioni e per motivi di pubblica incolumità, lo sgombero e l'occupazione di immobili, compreso quello degli specchi d'acqua, imponendo le necessarie limitazioni all'accesso e alla circolazione; infine la previsione relativa al pagamento degli indennizzi per gli sgomberi e le occupazioni effettuate, nonché per eventuali danni arrecati.
Signor presidente, onorevoli deputati, dopo questo sintetico - eppur necessario - excursus introduttivo, mi sia consentito di entrare nel vivo dell'intervento, affrontando nel dettaglio le attività reali che vengono condotte nei poligoni e nelle aree addestrative da parte delle unità della Difesa, il principale armamento impiegato e il relativo munizionamento, nonché il punto della situazione circa l'attuale disponibilità di tali importantissime strutture, comprese quelle recentemente utilizzate fuori dal territorio nazionale.
Le attività normalmente effettuate in tali aree riguardano l'intera gamma di qualificazione e specializzazione del singolo militare mediante l'addestramento al tiro con armamento individuale di reparto, compreso il lancio di bombe a mano e l'impiego di esplosivi, ma anche attraverso lezioni di tiro con sistemi d'arma più complessi ad alto contenuto tecnologico, che presuppongono un addestramento di base particolarmente accurato. È il caso dei mortai, delle artiglierie, dei sistemi controcarro e contraerei, dei tiri contro-costa, nonché di quelli che prevedono l'impiego di missili aria-aria e aria-superficie.
Si esercitano le unità operative, dal livello minimo di squadra ed equipaggio fino a quello decisamente più complesso di gruppo tattico, che - ricordo - configura l'unità di impiego minimo per le operazioni fuori area. Le unità effettuano esercitazioni nelle varie e molteplici situazioni riconducibili sia a operazioni classiche (pro articolo 5 della Dichiarazione atlantica) sia e soprattutto a quelle di più recente introduzione di mantenimento della pace, affrontate in modo più diffuso in diversi teatri all'estero.
Vi è poi la valutazione e validazione dei comandanti e dei comandi delle unità ai vari livelli ordinativi, anche attraverso esercitazioni interforze e multinazionali e in contesti quanto più possibile realistici e aderenti agli scenari operativi in cui si troveranno a operare.
Non sono poi da sottacere altre attività che vengono analogamente sviluppate nei poligoni e nelle aree addestrative della Difesa con carattere di continuità. Mi riferisco in particolare: all'addestramento e alle esercitazioni condotte da unità appartenenti a corpi armati dello Stato; alle attività addestrative svolte da reparti appartenenti a paesi alleati nel quadro di accordi bilaterali e multinazionali stipulati dall'Italia; alla sperimentazione e al collaudo di prototipi e sistemi d'arma di possibile nuova introduzione in servizio in cooperazione con le industrie e gli enti appartenenti al settore dell'elettronica e a quello aerospaziale.
Quanto all'armamento e al munizionamento, impiegato peraltro solo in un limitatissimo numero di poligoni abilitati, con riferimento a quello maggiormente significativo, vanno menzionati: il cannone con il relativo munizionamento da 105/51 installato sui mezzi corazzati del carro Leopard e sul blindo Centauro; il cannone da 120/44 installato su carro Ariete; il mortaio da 120 millimetri; il sistema controcarro a media gittata Milan; il sistema controcarro a lunga gittata Tow; l'obice da 105/39; missili superficie/aria Spada; missili aria/superficie e superficie/superficie contro bersagli navali; granate da 76, 100 e 127 millimetri; proiettili di vario calibro, da 5,56 a 12,7; bombe a mano SRCM; fumogeni, lacrimogeni ed esplosivi.
Un discorso a parte va invece fatto per i missili aria/aria e aria/superficie, per i quali non viene impiegato munizionamento reale. Infatti per i primi il lancio è
simulato contro radio bersagli, mentre per i secondi avviene con munizionamento inerte, consistente in bombe e proiettili senza testata esplosiva.
A fattor comune, va comunque puntualizzato che il munizionamento utilizzato dalle Forze armate italiane è assolutamente ed esclusivamente quello convenzionale. Lo stesso, a quanto risulta dai controlli e dai monitoraggi effettuati, può dirsi per il munizionamento utilizzato durante l'attività a fuoco condotto nei nostri poligoni da forze armate appartenenti a paesi alleati.
Attualmente la Difesa dispone di 131 strutture per l'addestramento tra poligoni di tiro e aree addestrative variamente distribuite su tutto il territorio nazionale, con una tendenza di costante riduzione in termini di disponibilità, anche in conseguenza dei continui provvedimenti di ottimizzazione e razionalizzazione faticosamente posti in essere su tutte le strutture utilizzate, ivi comprese quelle in esame. Fra tali strutture non sono compresi i già citati poligoni in galleria, dove è possibile effettuare lezioni di tiro con tutte le armi individuali fino al calibro 9, nonché altre strutture minori «a cielo chiuso» dell'Arma dei carabinieri, dove di massima è possibile esercitarsi con il solo armamento in dotazione individuale, vale a dire la pistola.
In lastrina viene riportata la media nazionale dell'incidenza di tali strutture - compresi i poligoni e le aree addestrative semipermanenti e occasionali non appartenenti al demanio militare - sull'intero territorio, ove si evince che la media nazionale si attesta sullo 0,26 per cento. A scopo dimostrativo, si riportano anche i valori riferiti alle regioni più significative, ove esistono strutture addestrative qualitativamente più rilevanti. Fra queste, l'onore maggiore è riferibile alla Sardegna (0,89 per cento), seguita dalla Puglia (0,76 per cento) e, a maggior distanza, da Lazio e Piemonte (rispettivamente 0,45 e 0,33 per cento).
A tale riguardo, comunque, va sottolineato che l'attuale disponibilità potrebbe risultare fuorviante se valutata dal solo punto di vista quantitativo. Infatti, da un attento esame qualitativo emerge che: trattasi per la maggior parte di porzioni di territorio - in molti casi limitati a pochi ettari - che non consentono l'esecuzione dell'intera gamma delle esigenze addestrative precedentemente descritte; della disponibilità complessiva, solo poco più del 50 per cento è classificabile in poligoni, cioè in aree idonee per lo svolgimento di attività addestrative a fuoco; anche gli stessi poligoni di tiro presentano caratteristiche diverse, notevoli limitazioni e vincoli che, di fatto, riducono ulteriormente le possibilità di condurre esercitazioni complete ed efficaci per la preparazione progressiva delle nostre unità; il poligono per eccellenza, che consente più di altri di svolgere attività addestrative interforze e multinazionali sufficientemente realistiche e di livello ordinativo significativo, anche ai fini del successivo impiego nei vari teatri operativi dell'estero, è quello di Capo Teulada, in Sardegna; altri poligoni, parimenti importanti ai fini delle esigenze addestrative complessive, in quanto valutabili integrativi dell'attività che si svolge a Teulada, sono quelli di Capo Frasca e di Salto di Quirra, anch'essi in Sardegna, di Tor di Nebbia in Puglia, di Monteromano nel Lazio e del Cellina-Meduna in Friuli. Quest'ultimo poligono nel tempo ha perso l'iniziale valenza addestrativa per i successivi ridimensionamenti operati, specie a causa della progressiva e massiccia urbanizzazione sviluppatasi nelle zone contermini alla citata area.
Volendo entrare più nel dettaglio delle strutture menzionate, ho riportato in lastrina le situazioni contingenti di ciascun poligono, focalizzando l'attenzione sulle caratteristiche generali, sulle potenzialità addestrative esprimibili, nonché su talune limitazioni e vincoli esistenti che portano ad alcune considerazioni parziali.
In particolare, il poligono di Capo Frasca, situato in provincia di Oristano in Sardegna (in lastrina è riportata l'ubicazione di massima dal punto di vista grafico e sulla sinistra è tratteggiata l'area interessata dal poligono) è di tipo permanente e occupa un'area di 14 chilometri quadrati
dove avvengono tiri aria/superficie con munizionamento inerte, tiri aria/aria e da combattimento aereo non con munizionamento reale. Il livello delle unità esercitate si divide in unità aeree NATO e nazionali. La base logistica per il poligono di Capo Frasca e per le unità che in esso si addestrano è dislocata a Decimomannu.
Il poligono interforze di Salto di Quirra si trova in località Perdasdefogu, sempre in Sardegna. Anche questo poligono è di tipo permanente; si sviluppa su una superficie di circa 11,6 chilometri quadrati a terra, a cui vanno aggiunte 9.946 miglia quadrate a mare. Come attività, consente: l'addestramento di unità nazionali ed estere, collaudi di prototipi di missili e bersagli, prove di qualità in cooperazione con industrie ed enti nel settore dell'elettronica aerospaziale, attività legate alla ricerca scientifica, il collaudo e la sperimentazione del munizionamento navale e terrestre a media e lunga gittata e, per finire, la sperimentazione di sistemi missilistici.
Il poligono di Tor di Nebbia si trova in Puglia, in provincia di Bari. Si tratta di un poligono occasionale, quindi non è area demaniale e per utilizzarlo paghiamo dei tributi di affitto. Ha un'estensione di 90 chilometri quadrati, su cui si svolgono: lezioni di tiro con armi individuali e di reparto; tiri armamento principale per i mezzi corazzati e blindati; scuola tiro anche di artiglieria terrestre fino a 155 millimetri di calibro. Per quanto riguarda l'unità esercitabile, siamo a livello compagnia, al di sotto degli standard richiesti.
Il poligono di Monte Romano, in provincia di Viterbo, copre un'area di 46 chilometri quadrati. Sullo schermo vedete la posizione e i confini del poligono. In questo caso, torniamo a parlare di un poligono permanente, dove avvengono; lezioni di tiro con armi individuali e di reparto; tiri con armamento principale mezzi corazzati e blindati; scuola di tiro per mortai e artiglieria terrestre; maneggio e impiego di esplosivi. In questo poligono è inoltre possibile esercitare livelli di unità a livello complesso minore, a fuoco, e gruppo tattico, e a livello battaglione; ma si tratta di attività in bianco.
Il poligono del Cellina-Meduna, a cui ho già accennato, è compreso tra vari comuni della provincia di Pordenone. In lastrina ho fatto riportare in rosso l'attuale delimitazione del poligono utilizzato, mentre all'esterno della linea rossa, sulla sinistra, la linea tratteggiata in celeste identifica i limiti precedenti alla riduzione e al ridimensionamento. Anche in questo caso, stiamo parlando di un poligono permanente, ma vi posso preannunciare che presto diventerà una area addestrativa, nel senso che non sarà più possibile effettuare attività a fuoco. La superficie coperta da questo poligono è di circa 18,67 chilometri quadrati. Sono possibili lezioni di tiro con armi individuali e di reparto, tiri con armamento principale mezzi corazzati e blindati, con la precisazione, però, che questi possono essere effettuati soltanto da postazioni prestabilite e con munizionamento a rimbalzo limitato. È possibile addestrare in tale poligono unità a livello di plotone a fuoco e di gruppo tattico in bianco. Possiamo, dunque, svolgere attività a livelli minimali.
Ha lasciato per ultimo, non a caso, il poligono di Capo Teulada, che ho definito il nostro poligono per eccellenza. Credo che tutti sappiate che Capo Teulada si trova in Sardegna: è il promontorio più a Sud della regione. Si tratta di un poligono permanente di 72 chilometri quadrati, più 58 chilometri quadrati di area a mare permanentemente interdetta, alla quale vanno aggiunti altri 90 chilometri quadrati nel corso delle attività a fuoco che si svolgono in poligono, che possono raggiungere anche l'ampiezza di 1.300 chilometri quadrati a mare in funzione del tipo di esercitazione. Quest'ultimo caso coincide con esercitazioni di unità navali molto limitate nel corso dell'anno e che non superano generalmente la settimana di addestramento. Dunque, questa grande area a mare che viene sgombrata in realtà è limitata a pochissimi giorni dell'anno. Si possono svolgere quasi tutte le attività che ho descritto precedentemente, fino al livello
di gruppo tattico a fuoco. Da questo punto di vista, è l'unico poligono che consente di esercitare realmente l'unità minima di impiego per il fuori area.
Signor presidente, onorevoli deputati, mi avvio a concludere con alcune valutazioni tecniche che reputo necessarie ai fini di un'esaustiva illustrazione del particolare argomento in trattazione. Innanzitutto, va evidenziato che, nonostante le aree addestrative ed i poligoni vengano pienamente utilizzati in riferimento alla loro potenzialità tecnico-operativa ed in termini di giornate realmente disponibili per condurre esercitazioni, le esigenze addestrative complessive delle unità della Difesa risultano non interamente soddisfatte. Si cerca di ovviare a tali carenze attraverso l'utilizzazione di poligoni esteri e mediante il ricorso sempre più significativo alla simulazione.
Per quanto riguarda i poligoni esteri, nella parte superiore della lastrina ho riportato quelli che abbiamo utilizzato, non contemporaneamente, negli ultimi anni: si va dalla Polonia alla Giordania, alla Tunisia, all'Ungheria, all'Egitto, alla Romania, alla Bulgaria e via dicendo.
Per i poligoni esteri vanno sottolineati due concetti fondamentali. Il primo è riferibile ai costi, decisamente superiori a parità di unità esercitate. A titolo di esempio, posso affermare che, a fronte di 2,5 milioni di euro necessari per sostenere l'addestramento di una brigata pesante costituita da 800 uomini per 25 giornate, a parità di entità di forze e di durata dell'attività, l'impegno di risorse finanziarie sarebbe pari a 5,5 milioni di euro per il poligono Drawsko in Polonia, a 4,5 milioni di euro per quello di El Ammam in Egitto, a circa 4 milioni di euro per il poligono Smardan in Romania. Potrei pure riportare dati molto significativi riguardo ad altri poligoni: il più caro di tutti è quello in Giordania, per cui ci aggiriamo nell'ordine di costi 50-60 volte superiori.
Il secondo concetto fondamentale in merito ai poligoni esteri è riconducibile alla stabilità nel tempo del quadro politico di riferimento. È presumibile che l'utilizzo massiccio di poligoni esteri, anche qualora fosse economicamente sostenibile, possa comportare una dipendenza totale, in termini di approntamento delle Forze armate italiane, dalla disponibilità di quei paesi esteri a fornire le proprie sedi addestrative, in funzione della condivisione o meno delle scelte di politica estera. Tale disponibilità potrebbe venir meno nel tempo: pertanto, la capacità di utilizzo esclusivo dei poligoni si tradurrebbe di fatto in una vulnerabilità poco accettabile.
Infine, un cenno alla simulazione. Il ricorso a tale forma di addestramento è in fase di sviluppo compatibilmente alle risorse finanziarie disponibili. La Difesa dispone ormai di numerosi apparati per l'addestramento individuale, specie in riferimento a quello afferente a specialità pregiate e a sistemi che attengono al comando e al controllo delle unità ai diversi livelli ordinativi, esercitando le stesse e i relativi comandanti alle procedure standardizzate e alla risoluzione di problemi operativi complessi, nonché validandone le effettive capacità, a premessa delle missioni in teatro operativo.
Ulteriori iniziative sono in corso per potenziare il settore mediante l'eventuale attivazione, ancora allo studio, di un centro di addestramento e valutazione al combattimento da installare presso il poligono di Capo Teulada, che, pur non contribuendo ad azzerare il divario tra le esigenze e le disponibilità, ne potrebbe consentire una significativa riduzione.
In merito va peraltro sottolineato come la simulazione, pur rappresentando un fattore incrementale nell'ambito dell'esigenza addestrativa generale, sia da ritenere integrativa e non sostitutiva dell'attività - specie a fuoco - ora condotta, che rimane comunque altamente necessaria e insostituibile per addestrare con metodo, realisticamente, progressivamente ed efficacemente il nostro personale.
In conclusione, è possibile affermare che l'esigenza di addestrare sia i singoli sia le unità in cui essi operano, oltre a essere una necessità vitale per la Difesa, configura una forma di investimento ai fini della sicurezza del personale e del positivo perseguimento degli obiettivi che ci vengono
affidati. Le strutture disponibili non sono sufficienti, ma sussistono tuttora margini per porre in essere provvedimenti correttivi in talune situazioni più critiche. In realtà, dietro le chiare direttive fornite al riguardo dal signor ministro della difesa sono già in atto numerosi studi e approfondimenti che investono vari settori: dall'effettiva disponibilità delle strutture in termini di minore fruibilità di giornate di tiro ed esercitazioni in bianco all'ulteriore ottimizzazione e razionalizzazione delle aree ora disponibili; dall'incremento dei poligoni in galleria al potenziamento dei sistemi di simulazione; dalla proposta di revisione degli indennizzi da erogare - sia alle regioni maggiormente oberate dalle servitù militari sia agli operatori o proprietari locali - ad una maggiore armonizzazione delle attività addestrative ora previste e, per finire, a un utilizzo più significativo - risorse permettendo - anche dei poligoni esteri.
Gli esiti di tali studi ed approfondimenti sul piano strettamente tecnico, come già disposto anche dal signor ministro, saranno a breve disponibili affinché il vertice del Dicastero possa addivenire ad ulteriori indirizzi programmatici volti a migliorare ulteriormente e riteniamo, bilateralmente, la situazione in atto.
Vi ringrazio dell'attenzione.
ELETTRA DEIANA. Avrei due domande. La prima riguarda le informazioni che lei, generale, ci ha dato sull'uso limitato alle armi convenzionali all'interno dei poligoni. Ha detto che si tratta di una limitazione che riguarda anche i paesi alleati che utilizzano i nostri poligoni. Come lei sa, nei poligoni sardi, in particolare a Perdasdefogu e nella zona di Salto di Quirra, vi è una polemica in merito al fatto che paesi alleati utilizzano munizioni all'uranio impoverito.
Vorrei sapere se è in grado di fornirci elementi di chiarificazione e informazioni più esaurienti e definitive.
L'altro aspetto che vorrei sottolineare è relativo ai costi da impatto ambientale delle esercitazioni. Ho seguito molto la vicenda dei pescatori di Capo Teulada, che hanno sollevato più volte questioni relative non soltanto all'indennizzo per i giorni in cui le esercitazioni rendono impossibile l'attività della pesca, ma anche all'inquinamento del mare, cioè al fatto che nel lungo periodo di esercitazioni la costa - quella vasta costa che lei ha indicato prima, tratteggiata - è stata sottoposta a un accumulo di materiale inquinante. E credo che la stessa cosa possa essere detta per le altre zone.
Vorrei capire se siamo in grado di avere dei calcoli o una contabilità in merito a questi aspetti. Certo, l'intervento da compiere per disinquinare è una questione che non può competere solo a lei, concerne scelte politiche generali, ma - ripeto - vorrei capire se, a livello di autorità militari, vi sia una percezione, una acquisizione di dati su questi aspetti.
GIUSEPPE FALLICA. Per riprendere la vicenda di Capo Teulada, visto che lei, generale, sosteneva che l'utilizzo avviene per 7 giorni su 365, volevo chiederle di approfondire questo aspetto.
Relativamente agli indennizzi alle regioni e agli enti locali, le chiedo se esista una tabella, un modo già concordato, per quantificare il costo che il Ministero della Difesa deve affrontare.
Nell'ultima slide ho notato un approfondimento sull'utilizzo dei poligoni esteri. Mi sembra che vi sia la tendenza a non utilizzare i poligoni esteri per una vicenda squisitamente economica più che politica, anche perché il quadro politico dei poligoni fa riferimento a quelli che si trovano, oltre che in Egitto o in Giordania, anche nel resto del territorio dell'Unione europea. Chiedo, quindi, che il problema sia approfondito sul piano squisitamente economico.
TANA DE ZULUETA. Ringrazio il generale per la sua esposizione.
Avrei una domanda che deriva dal lavoro svolto nella Commissione di inchiesta del Senato sull'uranio impoverito. In quella sede abbiamo fatto una rapida e molto parziale verifica sulla situazione dei poligoni, anche con una visita in Sardegna.
Lei parla di uso dei poligoni da parte delle Forze armate straniere e sostiene che in queste occasioni non vengono utilizzate altre munizioni se non quelle convenzionali. Questo vale anche per quelle Forze armate che hanno nel proprio arsenale munizioni all'uranio impoverito? Penso in particolare a Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti.
La seconda domanda riguarda le aziende private, che lei non ha menzionato. Risulta che anche le aziende private possono accedere ai poligoni. A tale proposito, ho saputo dagli svizzeri che la Oerlikon ha utilizzato i poligoni in Sardegna. Le chiedo come avvenga esattamente il controllo di quello che fanno le aziende private, anche perché quando abbiamo tentato una verifica sul registro del poligono la voce era estremamente schematica. Mi chiedo quindi se vi siano controlli e uno schema più dettagliato di divieti.
La terza domanda riguarda l'impatto ambientale, che sta diventando sempre più oggetto di attenzione da parte delle popolazioni locali, ma anche degli enti locali. Mi chiedo se le Forze armate abbiano impostato un proprio sistema di verifica e di controllo dell'impatto ambientale per l'uso militare di questi territori. Se sì, le chiedo come sia stato impostato, con quali criteri, su quale griglia di fattori di potenziale inquinamento o di danno all'ambiente.
MAURO BETTA. In primo luogo, vorrei chiedere al generale, che ringrazio per la sua esposizione molto dettagliata, la possibilità di disporre del materiale sulla cui base ha svolto il suo intervento.
Avrei due domande. La prima è relativa all'utilizzo della simulazione individuale e ai sistemi di addestramento sulle procedure di comando e controllo, come il generale le ha definite. Ho letto su riviste specializzate, ma ormai è opinione comune, che molto spesso questa parte relativa alla simulazione sta sostituendo, almeno in larga parte, l'addestramento in campo. Vorrei che approfondisse questo aspetto e che spiegasse se ciò può avvenire solo all'interno di questi poligoni e delle strutture a ciò attrezzate, oppure se avviene abitualmente anche negli ambienti delle caserme o in altre strutture dell'Esercito.
La seconda domanda si riferisce al livello di addestramento. Il generale parla di gruppo tattico, di plotoni e di compagnia; avrei bisogno di capire che cosa questo significhi dal punto di vista del funzionamento dell'Esercito. Che livello di addestramento c'è nei vari reparti e nelle diverse articolazioni, nelle divisioni e nell'ambito dell'organizzazione logistica dell'Esercito? Esistono reparti più addestrati che abitualmente usano maggiormente questi sistemi oppure vi è un livello generale di addestramento che viene rispettato complessivamente da parte delle Forze armate? Questo è limitato dal fatto che ci sono solo questi poligoni sul territorio? Che tipo di scelte vengono fatte rispetto alle esigenze delle nostre Forze armate a fronte di una certa dislocazione territoriale e rispetto al budget?
PRESIDENTE. Do la parola al generale La Valle per la replica.
WALTER LA VALLE, Vice Capo del IV reparto SMD. Ringrazio per i quesiti posti che mi danno l'occasione di ampliare alcune parti dell'esposizione che per motivi di tempo sono state contenute.
Le domande che sono state rivolte riguardano soprattutto due o tre filoni principali. Partirei da quello tracciato dall'onorevole Deiana e dall'onorevole De Zulueta, che riguarda gli aspetti eminentemente ambientali e l'utilizzo o meno di munizionamento convenzionale da parte delle Forze armate italiane e estere che dispongono nei loro depositi anche di munizionamento all'uranio impoverito.
Ribadisco e confermo in questa sede, così come è successo negli ultimi cinque-sei anni in varie sedi istituzionali, oltre che in occasione di risposte a più interrogazioni parlamentari, che l'Esercito italiano, la Difesa italiana non ha mai utilizzato, non utilizza e non utilizzerà mai questo tipo di munizionamento. Non ne abbiamo
traccia in nessuno dei nostri depositi, i quali sono aperti a qualsiasi tipo di ispezione da parte di chiunque.
Ho detto già nel mio intervento che la stessa cosa ci risulta per i paesi alleati. Perché dico questo? Perché presso i nostri poligoni esistono dei regolamenti ai quali i paesi esteri si devono attenere a seguito degli accordi bilaterali stipulati, firmando anche dichiarazioni puntuali in base alle quali dicono di aver utilizzato munizionamento convenzionale.
Purtroppo però quanto rappresentato dall'onorevole De Zulueta può accadere e in qualche circostanza è accaduto: l'attività, non chiamiamola ispettiva, ma di sopralluogo, presso il poligono ha fatto prendere coscienza che c'è qualche vuoto di memoria. Quindi può essere successo che nella frenesia delle attività qualcuno si sia dimenticato di lasciare traccia di queste dichiarazioni e relazioni.
Ovviamente abbiamo preso in considerazione i suggerimenti che ci sono stati dati dalla Commissione che nella scorsa legislatura ha lavorato sull'uranio impoverito. Siamo ancora in una fase di affinamento dello strumento per trovare i giusti correttivi affinché il controllo sia totale, in modo da poter affermare con certezza matematica che, anche per i paesi alleati, non viene utilizzato questo tipo di munizionamento.
Peraltro, devo aggiungere che la Difesa ha al suo interno alcuni enti specializzati che possono fare rilevamenti ambientali. Tutti i campioni di acqua, di terreno e di componenti dell'aria che sono stati prelevati e analizzati sui poligoni di maggior rilevanza e sui poligoni del continente hanno sempre dato esito negativo. Questi esami spesso non sono stati condotti unicamente da enti interni alla Difesa, ma sono stati affidati anche all'esterno, in collaborazione anche con le ASL regionali. È il caso del poligono interforze di Salto di Quirra, cui faceva riferimento l'onorevole Deiana, dove è emerso che sussiste una certa alterazione ambientale, non all'interno del poligono, ma all'esterno dello stesso, dovuta a una vecchia miniera risalente al 1700 in cui si sono trovate tracce di sostanze inquinanti. Si tratta comunque di tracce presenti all'esterno del poligono e non riconducibili all'attività che viene svolta nei poligoni in riferimento sia alle esercitazioni dei reparti della Difesa sia all'attività che viene svolta dalle industrie private in materia di sperimentazioni e di collaudi.
Con questo credo di aver dato risposta anche alla domanda dell'onorevole De Zulueta che faceva cenno a queste industrie. A tale proposito, ribadisco, a noi non risulta, da tutte le dichiarazioni e da tutti i contatti preliminari che vengono assunti per poter consentire questo tipo di sperimentazioni, che siano stati utilizzati materiali che possano in qualche maniera inquinare l'ambiente o essere dannosi per l'uomo e la natura.
Circa i costi, è stato fatto riferimento anche agli indennizzi agli enti locali. Questi sono di due nature. Come ho accennato anche nel mio intervento, ci sono i contributi che vengono elargiti direttamente alla regione e gli indennizzi propriamente detti dati agli operatori che subiscono materialmente determinati disagi in conseguenza dell'attività a fuoco che viene svolta.
Il criterio per le contribuzioni alle regioni deriva da un decreto interministeriale, in cui viene considerata l'attività svolta nelle regioni a statuto speciale, visto che i poligoni di maggiori interesse sono in queste aree. In base all'ultimo decreto emesso, prendendo a riferimento soltanto le cinque regioni a statuto speciale, la Sardegna soffre del 60 per cento delle servitù militari. Questo è un dato che il presidente della regione Soru ha citato molto spesso, in varie occasioni facendolo anche passare come un dato a livello nazionale, mentre non lo è: si riferisce esclusivamente alle regioni a statuto speciale. D'altra parte, credo che ciò sia emerso anche nell'intervento che il signor ministro ha svolto, anche in maniera più puntuale di me.
GIUSEPPE FALLICA. Non si tratta solo del presidente Soru: ricordo che una parte di questa Commissione aveva proposto un
emendamento al decreto fiscale per la bonifica delle servitù militari, in particolare in Sardegna. Chi vi parla è siciliano, non sardo. Ebbene, questo emendamento è stato respinto dalla maggioranza.
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Parlavo di questi tributi sulla base dei dati oggettivi: ovviamente, di quanto viene stanziato a bilancio per questo tipo di attività, il 60 per cento confluisce nelle casse della regione Sardegna. Questo è puntualmente avvenuto anche di recente per gli anni 2000-2004. Ora si dovrà provvedere per il quinquennio successivo.
Gli indennizzi ai pescatori, invece, derivano direttamente dalla legge n. 898, integrata con il decreto legislativo n. 154 del 2005, che ha esteso il pagamento degli indennizzi previsti per i poligoni a terra anche agli specchi d'acqua. Chiaramente, in questa circostanza sono state date le direttive interne per effettuare il giusto pagamento degli indennizzi stessi sulla base di criteri concertati con la base. Nel 2004, se non ricordo male, vi è stato un ulteriore incremento proprio per le marinerie di Capo Teulada e di Sant'Anna Arresi, avendo riconosciuto nei confronti di queste due marinerie contermini al poligono una determinata specificità, quindi un maggior disagio rispetto alle altre marinerie coinvolte durante le attività e le esercitazioni a fuoco.
Per quanto riguarda la possibilità che i simulatori, sempre più sofisticati, di tipo sia individuale sia più afferente al comando e al controllo, possano sostituire un domani l'attività esercitativa nei poligoni a fuoco e in bianco, come mi chiedeva l'onorevole Betta, la risposta è negativa. La simulazione non può sostituire l'addestramento, anzi: la simulazione può creare delle assuefazioni virtuali che non hanno niente a che vedere con i casi reali. L'addestramento reale e specifico non è mai uguale a quello che il singolo uomo e l'unità si troverà ad affrontare in missione operativa, ma perlomeno si saranno vissute le procedure e l'ambiente per affrontare determinate situazioni.
Io sono un ufficiale carrista e la mia vita da giovane l'ho passata a bordo dei carri. Vi garantisco che il simulatore per il pilota del carro armato è un ottimo strumento: risparmiamo benzina, evitiamo che il pilota inesperto faccia danni - la stessa cosa si può dire per gli altri membri dell'equipaggio - e possiamo risparmiare un sacco di altre cose, anche in termini di tempo. Ma lo stesso uomo non potrà vivere queste situazioni dietro il simulatore, se non lo caliamo all'interno del carro armato e non viene a conoscenza delle attività frenetiche che avvengono contestualmente; mi riferisco all'odore acre del bossolo che viene espulso - non fa male a nessuno, lo assicuro - dal tipo di culatta, ai rumori dell'interfono del capo carro che impartisce gli ordini, a quelli della radio del comandante di plotone o di compagnia che interviene per tutta la formazione, ai movimenti continui che non fanno mai mantenere l'incrocio del crocicchio puntato sull'obiettivo, nonostante i nostri carri armati siano creati con sistema giroscopico per cui dovrebbero tenere costantemente sotto mira il bersaglio.
Anche l'approccio psicologico è fondamentale: non si può simulare. Quando è all'interno del simulatore, l'operatore si convince presto che anche se sbaglia non succede nulla. Invece, quando è a bordo e opera con armamento reale sa che il suo errore può inficiare non solo la sua sicurezza, ma anche quella dei suoi colleghi e di gente esterna. Per parlare in termini estremamente pratici - chiedo scusa se ho banalizzato il concetto - per quanto sofisticati potranno essere i sistemi di simulazione non potranno mai e poi mai sostituirsi all'attività reale.
Discorso leggermente differente può essere affrontato per le procedure necessarie per attivare comandi e controlli. In questo campo la simulazione è preziosa: vi addestriamo i nostri comandanti e le nostre unità a pianificare, a concepire e condurre le azioni più disparate, ancorché in un ambiente virtuale. Anche per loro, alla fine, ci vuole la prova del nove. E la prova del nove è sul terreno. Invito questa Commissione
ad assistere ad una esercitazione: proprio in quanto fatta di uomini e di mezzi che si muovono, non è mai aderente a quello che si è concepito e pianificato.
Se poi immaginiamo che di fronte ci può essere un elemento a noi ostile, dal quale dobbiamo difenderci, capite bene che l'approccio psicologico è del tutto differente. Credo molto nella simulazione, tanto è vero che stiamo compiendo passi in avanti e sforzi finanziari notevoli per poterci dotare di un maggior numero di strumentazioni sempre più sofisticate. Però vi prego di non commettere l'errore di ritenerla sostitutiva dell'addestramento, che è altra cosa.
Per quanto riguarda l'utilizzo dei poligoni esteri, mi rendo conto che quanto affermato dall'onorevole Fallica è corrispondente alla realtà. I poligoni presenti sul territorio europeo non destano grosse preoccupazioni nel senso che ho descritto; il discorso vale di più per i poligoni extraeuropei. Oggi parliamo di Egitto e Giordania, ma un domani potremmo parlare, ad esempio, di Afghanistan, di Tagikistan, di Cina. Il discorso è di tipo economico. Portiamo le nostre unità nei poligoni esteri perché essi, a differenza di quelli italiani, hanno potenzialità decisamente superiori dal punto di vista operativo. Se a Capo Teulada riusciamo a fatica a raggiungere il livello di gruppo tattico di battaglione, alcuni poligoni esteri ci consentono addirittura di aumentare i livelli ordinativi di attività addestrativa. Vi garantisco che in questi casi c'è anche un discorso molto complesso dal punto di vista della pianificazione e della concezione di questo tipo di manovre.
Quindi, è un discorso di bilancio, anche se ritengo che oggi, pur disponendo delle risorse finanziarie necessarie, la situazione politica esistente soprattutto nei paesi del Patto di Varsavia non si può disconoscere. Si tratta infatti di paesi in cui si sta avviando una certa fase di sviluppo: probabilmente ci sarà bisogno di risorse, da qualunque parte esse arrivino, ma un giorno questa esigenza locale potrebbe anche non esistere più e ognuno potrebbe fare un discorso del tipo: «Facciamo cooperazioni, ma a casa nostra e a casa vostra». In tal caso, non potranno avvenire esclusivamente a casa loro e non anche a casa nostra.
Questo è il discorso, il punto interrogativo. Certamente ci sono anche altri elementi, decisioni politiche che non spettano né a me né al capo dello Stato maggiore della Difesa. Bisogna valutare molto attentamente tutti i fattori per la soluzione di questi problemi e prendere decisioni molto serene: in qualunque direzione esse vadano, la Difesa vi si atterrà senza nessun problema.
ANDREA PAPINI. Approfitto per una domanda di chiarimento: in merito al dato del 60 per cento che lei ha citato relativamente alla Sardegna, non ho capito da che cosa è dato il 100 per cento di riferimento.
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Prendendo le cinque regioni a statuto speciale, sulla Sardegna vi è un'incidenza pari al 60 per cento.
ANDREA PAPINI. Rispetto alle altre?
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Rispetto alle altre, è chiaro. Sul 100 per cento che è dato dalla somma...
ANDREA PAPINI. Si potrebbe anche avere il 60 per cento di pochissimo o di tantissimo: quel dato di per sé non dice nulla, ma indica semplicemente il differenziale fra...
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Se sulle cinque regioni a statuto speciale insistono 100 servitù militari, 60 sono in Sardegna.
ANDREA PAPINI. Se, tra noi quattro, io ho un euro, lei ne ha due, la signora ne ha mezzo, alla fine lei ha il 60 per cento dei nostri euro, ma con due euro a testa siamo dei poveracci comunque! Quindi, il problema è valorizzare quel 100 per cento.
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Lei ha perfettamente ragione,
tanto è vero che il signor ministro della Difesa, nell'audizione che ha tenuto in questa Commissione, ha fatto riferimento anche a una serie di attività volte ad incrementare sensibilmente i contributi in favore delle regioni e gli indennizzi nei confronti dei pescatori. Questo è un aspetto in via di sviluppo.
ANDREA PAPINI. Vorrei capire un altro aspetto. Presumo che ci lascerà del materiale; lei ci ha illustrato le situazioni più significative e rilevanti ma, se non sbaglio, in una delle lastrine iniziali vi era un numero elevato di servitù presenti.
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Sì. Lei si riferisce alle 131 strutture fra poligoni e aree addestrative.
ANDREA PAPINI. Per svolgere il nostro lavoro avremmo bisogno di un dettaglio maggiore, di una descrizione più analitica che ci consenta di determinare qual è il grado di disagio che queste strutture determinano a dispetto della popolazione. Ovviamente, questo richiederebbe una valutazione della classificazione che adottate a questo fine. Non è detto, infatti, che a parità di area il disagio sia uguale. Probabilmente alcuni utilizzi introducono un disagio maggiore e altri un disagio minore.
Avremmo bisogno di capire qual è il criterio che avete sviluppato nel tempo - se ne avete sviluppato uno, altrimenti dovremo inventarcelo da noi - per individuare il diverso grado di disagio determinato da un utilizzo piuttosto che da un altro.
Detto questo, ci servirebbe una descrizione dettagliata di tutta la panoramica complessiva e dovremmo valutare anche, in relazione al tipo di disagio, qual è l'incidenza in ciascuna regione per metro quadrato disponibile alla popolazione. È evidente che, a parità di densità di popolazione, i dati hanno un certo valore; ma se vi è disparità sotto questo profilo, anche il disagio è diverso.
Avrei bisogno di capire qual è l'incidenza nelle aree a pari disagio sul metro quadro disponibile per abitante nella specifica regione. Non tutti gli abitanti dell'Emilia, ad esempio, per citare il mio caso, hanno a disposizione gli stessi metri quadrati come nel caso, presumo, di un abitante della Sicilia o del Lazio. Si tratterà di numeri in qualche modo diversi e quindi tutti da valutare.
È un aspetto che a me pare rilevante per avere, non dico un criterio di scelta, ma un orientamento di cui tenere conto. Altrimenti, rischiamo di parlare esclusivamente in relazione alle regioni e non in relazione al disagio che effettivamente si determina nella popolazione.
GIUSEPPE COSSIGA. Anche il presidente Soru è un politico, quindi dei numeri fa l'uso che per lui risulta più interessante. Il 60 per cento delle servitù militari è un bel numero in rapporto al totale, è più del 50 per cento ...
Le faccio una domanda: dato 100 il totale delle servitù militari, dei poligoni su cui c'è attività a fuoco, quante gravano sulla Sardegna?
WALTER LA VALLE, Vice Capo del IV Reparto SMD. Lo 0,89 per cento...
GIUSEPPE COSSIGA. Generale, le ho fatto una domanda diversa. Quel dato riguarda l'incidenza dei chilometri quadrati utilizzati in Sardegna per poligoni e aree addestrative sul totale della superficie dell'isola, e poi vi è la media nazionale.
Quello che sto chiedendo è una cosa diversa: se consideriamo i chilometri quadri dei poligoni attualmente utilizzati per operazioni a fuoco - sostanzialmente sono quelli che lei ci ha fatto vedere, tra cui non rientrano, ad esempio, l'Emilia-Romagna o le Marche perché non vi è attività a fuoco - per verificare il dato riguardante la Sardegna, temo che quella percentuale aumenti di molto. Probabilmente più del 60 per cento dei poligoni in cui si svolge attività a fuoco sono in Sardegna. Quindi, se e quando glielo diremo, il presidente Soru inizierà a dire che il dato è pari al 90 per cento.
Un altro numero che non compare, ma che per me che sono sardo è interessante, riguarda l'incidenza rispetto alle persone. Mi bastano ad esempio i dati riguardanti Sardegna e Puglia; siccome in Sardegna i residenti sono 1 milione e mezzo e in Puglia sono 6 milioni, il numero della
Sardegna rispetto alla Puglia va moltiplicato per quattro. Se poi, per essere cattivi, facciamo riferimento ai costi, agli oneri che la regione sopporta in ragione di questa causa, andiamo sulla luna!
Poiché noi politici aggreghiamo i numeri in ragione della difesa di una nostra visione, è importante che lei ci dia, per quanto possibile, numeri puri: totale dei chilometri quadri utilizzati per poligono, numero di esercitazioni e riferimenti ai poligoni in cui sono svolte. Poi i dati relativi agli abitanti della Sardegna e della Puglia, così come i costi presunti sopportati in Sardegna e in Puglia, possiamo acquisirli autonomamente. In tal modo, ciascuno farà i rapporti e i conti che crede.
Diversamente, sembrerebbe che il problema della servitù militare in Puglia è sostanzialmente uguale a quello presente in Sardegna (e magari nel Lazio, poco ci manca), mentre non credo che sia esattamente così.
Non mi aspetto risposte adesso: i numeri di cui abbiamo bisogno sono parecchi e poi saranno oggetto di domande specifiche. Non ci può rispondere adesso, anche perché va considerata la reazione nel tempo.
Un altro punto interessante riguarda Perdasdefogu, dove ci sono 9.946 miglia quadrate a mare, che sono parenti di 100 miglia per 100 miglia. Siccome la Sardegna è lunga 100 miglia o poco di più e immagino che la zona di incidenza sia diversa, vorrei sapere se si tratta di un quadrato di 100 miglia per 100 miglia oppure di un'area di 50 miglia per 200, che finirebbe al centro del Tirreno, al largo della Campania. Se fosse alto 200 miglia e largo 50, poiché la Sardegna non è lunga 200 miglia, si tratterebbe di una striscia larga 50 miglia e più lunga dell'intera Sardegna. Ciò vorrebbe dire che in nave da Olbia in linea retta, seguendo un parallelo, non si potrebbe andare in Italia. Dieci mila miglia quadrate sono un'area immensa, molto più grande della Sardegna!
Un altro punto: i poligoni sono gestiti tutti in maniera interforze, quindi centralmente da parte dell'ente a cui fanno riferimento, oppure esistono forze specifiche (a parte Carabinieri e Polizia, per addestramento con la pistola)?
ELETTRA DEIANA. Vorrei avere qualche chiarimento sulla questione dell'utilizzo dei poligoni nei paesi stranieri.
Lei, generale, prima ha fatto alcune osservazioni relative alle potenzialità che questi poligoni offrono rispetto a manovre tattiche e a una maggiore potenzialità e disponibilità. Voglio capire se questo dipenda dall'estensione dei poligoni o dal tipo di regolamenti a cui essi sono sottoposti. Sul capitolo dei regolamenti, vorrei sapere se vi siano affinità o diversità tra le nostre disposizioni e quelle di questi paesi, in particolare dell'Est, dell'ex blocco sovietico.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Vorrei ricollegarmi in qualche modo all'ultima domanda. Vorrei sapere se attualmente sul territorio nazionale esistano aree, già utilizzate in passato o utilizzate occasionalmente o mai adibite a queste funzioni, che potrebbero soddisfare alcune esigenze in misura sostitutiva rispetto ai poligoni attualmente utilizzati sul territorio nazionale o addirittura in competizione o concorrenza con l'utilizzo dei poligoni esteri. Se così fosse, magari in forma non permanente, ma riferita a situazioni specifiche, si potrebbe fare un confronto in termini di costi. Al di là delle ovvie differenze costituite dalle spese relative al trasferimento delle forze in un poligono all'estero - che peraltro potrebbero essere considerate nell'ambito della proiezione delle forze all'estero - e supponendo che vi siano aree attualmente non utilizzate in Italia compatibili con quelle estere, sarebbe interessante capire quale potrebbe essere la differenza di costi in termini di canoni di locazione, visto che tali aree non sarebbero demaniali.
Forse, ho fatto una domanda futuribile, ma è bene sapere se, anche in astratto, sarebbero ipotizzabili soluzioni finora non ancora sperimentate.
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Iniziamo con la domanda dell'onorevole Papini. Sono stato il primo a rendermi conto che la mia presentazione non poteva contenere gli elementi di dettaglio che probabilmente occorrono a questa Commissione. Laddove la Commissione ne
avverta la necessità e inoltri richiesta, questa sarà tempestivamente esaurita in tutte le sue sfaccettature. Siamo pienamente disponibili a fornire i dati relativi a tutte le 131 infrastrutture di poligoni e aree addestrative, compresa l'attività addestrativa che viene svolta annualmente, il munizionamento impiegato, l'armamento utilizzato e quant'altro. È sufficiente chiederlo tramite canali ufficiali (rivolgendosi al Gabinetto del ministro) e lo Stato maggiore della Difesa si attiverà conseguentemente.
Quanto alle considerazioni sollevate dall'onorevole Papini, esse mi danno lo spunto per parlare in termini un po' più generali del fatto che i problemi che stiamo affrontando - ne parlavo all'inizio con il signor presidente nel suo ufficio - sono veramente complessi. Su queste tematiche infatti va a incidere una serie infinita di parametri: per quanto siamo alla ricerca di una soluzione ideale per tutti, accontenteremmo una parte e ne scontenteremmo un'altra, trattandosi di questioni analizzate nel tempo.
Tra i vari parametri che nessuno ha menzionato - neppure io, ma lo faccio ora - e che vanno tenuti in considerazione, vi sono gli indotti per il territorio. Si parla molto di inquinamento ambientale, ma esso, come ho detto, non è comprovato, tanto è vero che se lo fosse, i primi a subirne le conseguenze saremmo proprio noi, gli operatori che vivono e si esercitano all'interno del poligono. Se alteriamo l'ambiente, saremo i primi a pagarne le conseguenze, ammesso e non concesso che come istituzione non cerchiamo di salvaguardare tutto quello che si è detto.
Vi è un indotto significativo nei confronti delle popolazioni locali. Credo che in questi discorsi vadano coinvolte le popolazioni locali per tenere presente il loro pensiero. Vi posso garantire che tra il poligono di Teulada, di Capofrasca e di Perdasdefogu c'è un indotto annuale non inferiore ai 250 milioni di euro che vanno sul territorio della Sardegna, e non da qualche altra parte. Questi sono distribuiti mediamente in questo modo: circa 100 milioni al PISQ, 60-70 milioni a Capo Teulada e la rimanenza di 70-80 milioni a Decimomannu e Capofrasca. Come ricordavo durante l'intervento, Capofrasca ha la base di supporto sull'aeroporto di Decimomannu, un altro parametro su cui fare i conti.
Dopodiché possiamo introdurre tutte le valutazioni e i nuovi parametri, possiamo fare tutto: non siamo preclusi a nessun tipo di soluzione. Capite bene che si tratta di una scelta di tipo politico: privilegiare un parametro piuttosto che un altro. Io posso semplicemente dire che noi siamo disposti a porre in essere tutto, qualunque sia la soluzione che verrà scelta.
Quanto alla percentuale dell'incidenza dei poligoni e quindi delle attività a fuoco a cui faceva cenno l'onorevole Cossiga, devo dire che, in realtà, i poligoni di tiro a fuoco non esistono solo in Sardegna. Mi sono sforzato di dirlo, ma evidentemente il mio intervento è stato poco felice in questo senso. Esistono poligoni di tiro un po' su tutto il territorio nazionale. Qualitativamente i più significativi sono concentrati in Sardegna e quindi, sotto questo punto di vista, sottolineo l'incidenza di una decisione politica per addivenire a giusti contributi e indennizzi in favore di quella regione. Chi vi parla ha la moglie sarda e nel sangue delle mie figlie scorre un po' di sangue sardo: figuriamoci se non faccio il tifo in questo senso. È chiaro che questo deriva da decisioni e circostanze che dovranno essere dibattute nei giusti contesti.
Anche per il dato relativo al numero di esercitazioni, vale il discorso fatto precedentemente in risposta al quesito dell'onorevole Papini.
Per quanto concerne il PISQ, si tratta più o meno di un rettangolo che si allontana dalla costa di circa 50-60 miglia, e il resto è in estensione. Quindi percorre in lungo quasi tutta la Sardegna, copre tutta l'isola. Dobbiamo altresì sottolineare che si tratta di uno sgombero posto in essere soltanto in determinate specifiche e limitatissime circostanze. Quella è dunque l'ipotesi massima.
L'onorevole Deiana mi chiedeva se l'utilizzo dei poligoni stranieri dipende dalle estensioni o dai regolamenti. Lei, onorevole, ha affrontato la questione nei giusti termini: dipende un po' dall'uno e un po' dall'altro. Ho avuto un'esperienza come comandante
di brigata diretta in Ucraina e devo garantire che gli ucraini erano sbalorditi dalle misure di sicurezza che noi attuavamo. Sarò ancora più franco: quando ci hanno sentito parlare di campane di sgombero, ci hanno chiesto che cosa erano. Questo però non vuol dire che andiamo presso i poligoni esteri perché lì ci sentiamo in condizioni di fare quello che vogliamo, ma i regolamenti sono effettivamente molto più «possibilisti» rispetto a quelli interni.
Poi vi è un discorso di estensioni. Pensate che il poligono della Giordania si estende per un quadrato di 40 chilometri per 40: potrei metterci una divisione corazzata, andare sempre avanti e - consentitemi l'espressione poco adatta - «farli divertire»: è l'unico posto dove posso collocare una formazione corazzata in grosso stile e fare mettere in atto tutte le procedure, gli addestramenti che sono stati propinati nel corso degli anni.
PRESIDENTE. È per questo che quel poligono comporta oneri maggiori?
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. No. Oltre ai costi di trasporto e della logistica spicciola, che sono sicuramente maggiori, ci sono anche le spese di affitto delle aree, dei poligoni, che determinano molte volte il gap tra un poligono e l'altro.
PRESIDENTE. Quindi lo Stato della Giordania risultava il più caro?
WALTER LA VALLE, Vice capo del IV reparto SMD. Non tutti i paesi seguono gli stessi criteri e gli stessi parametri, per cui la richiesta di determinate cifre o di importi superiori dipende dalla loro volontà. Anche questo è un dato che deve far meditare: man mano che cresce la loro esigenza interna, questi appetiti potranno essere sempre maggiori.
Quanto alla domanda dell'onorevole Gamba, rispondo con un magari: magari ci fossero altre aree da utilizzare sul territorio nazionale nel modo in cui abbiamo descritto! Non ci sono alternative ai poligoni che già esistono. Anzi, nel recente passato abbiamo sempre registrato un costante decremento in termini di disponibilità. Mano a mano che passa il tempo, è innegabile che rispetto al passato lo strumento è decresciuto quantitativamente, ma è cresciuto qualitativamente. Prima avevamo una leva, oggi abbiamo i volontari, personale professionista che va trattato in maniera diversa. Non vi sono alternative sul territorio nazionale e non credo che ci possano essere sviluppi futuri che possano lasciar pensare positivamente in questo senso. Grazie.
PRESIDENTE. La ringraziamo moltissimo, generale La Valle, per l'esposizione giustamente completa per la parte che lei ha ritenuto principale e che considero utile.
Abbiamo preso nota di alcune domande che sono state formulate rispetto a taluni aspetti specifici che sarà utile chiarire; eventuali ulteriori richieste potranno essere inoltrate in modo da completare la documentazione necessaria. La ringraziamo, quindi, anche per questa ulteriore disponibilità, nonché per la passione con cui è intervenuto nel primo e nel secondo giro di risposte, dimostrando di svolgere il suo lavoro con interesse e attenzione.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,15.