Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,40.
(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame dei progetti di legge C. 867 ed abbinati, in materia di riforma delle professioni, l'audizione di rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura, dell'Associazione degli enti previdenziali privati (ADEPP), della Confcommercio, del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), dell'Unione delle camere penali italiane e dell'Associazione italiana giovani avvocati (AIGA).
Ringrazio gli esponenti dell'Organismo unitario dell'avvocatura oggi presenti e do la parola alla presidente, avvocato Michelina Grillo.
MICHELINA GRILLO, Presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Preliminarmente, rivolgo un ringraziamento ai presidenti delle Commissioni per aver consentito questa indagine conoscitiva, che credo abbia dato - e darà anche oggi - un contributo utile ai lavori relativi ad una riforma che noi riteniamo, e abbiamo sempre ritenuto, fondamentale per la competitività, non solo del Paese, ma degli stessi professionisti.
L'Organismo unitario dell'avvocatura si è occupato a lungo, nel corso di questi anni, di tali tematiche. In questo momento, però, sconta una difficoltà, una situazione di disagio, determinata - è inutile negarlo - da una apparente discrasia tra l'attività in corso presso queste Commissioni, alla quale ci stiamo dedicando, anche nella giornata odierna, finalizzata alla riforma generale del sistema professionale, e le iniziative parallele (che si sono recentemente avviate al Senato con la calendarizzazione dei progetti di legge inerenti la professione forense. Non si è ancora inteso, infatti, quale di tali attività debba essere prioritaria e in quale rapporto si debbano porre.
Ritengo che questo sia lo snodo preliminare e fondamentale. Da un lato, non solo è sgradevole e dispersivo giocare su più tavoli e doversi concentrare su diverse prospettive, non soltanto per la politica, ma certamente anche per noi,dall'altro, pur non dimenticando le peculiarità della professione forense, anzi rivendicandole e riconoscendo alla stessa caratteristiche tali da legittimarne pienamente una disciplina in via autonoma, non possiamo tralasciare
il lavoro che si sta svolgendo in questa Commissione. Non soltanto perché sembra, salvo prova contraria, la via prioritaria scelta, ma anche perché, nel movimento interprofessionale che si è sviluppato l'anno scorso, crediamo di esserci assunti una certa responsabilità nei confronti dell'intero mondo professionale, collaborando e cercando di costruire assieme una prospettiva di riforma.
Chiediamo, quindi, preliminarmente che la politica, quanto prima, ci indichi il terreno sul quale, veramente, dovremmo giocare questa partita. Sinceramente - mi perdonerete l'informalità di quanto sto per affermare, ma è un tema che mi è particolarmente caro -, noi riteniamo che il mondo professionale abbia ottime ragioni per rimanere unito.
Queste iniziative non sono chiare, per quanto legittime. Noi stessi, come Organismo unitario dell'avvocatura, abbiamo lavorato - e stiamo continuando in tal senso - su un testo di riforma dell'ordinamento professionale forense autonomo, ma non rinneghiamo nulla di quanto abbiamo dichiarato. Tuttavia, in una situazione così ondivaga, si rischia la produzione di effetti disaggregati e pericolosi, per quel che riguarda l'unità del mondo professionale, e anche dal punto di vista delle normative che verranno eventualmente varate. Magari, qualcuno potrebbe distrarsi da un percorso, pensando preferibilmente ad un altro, per poi accorgersi che, a seguito dell'involontaria distrazione, si è determinata una situazione che potrebbe pregiudicarlo.
Noi abbiamo consegnato un documento - al quale faccio riferimento - in cui abbiamo segnalato in maniera molto più ampia le nostre posizioni. Tuttavia, voglio evidenziare, oltre a questo aspetto preliminare, alcuni punti.
Sappiamo che sono all'esame delle Commissioni alcuni progetti di legge quadro. Mi riferisco ai quattro più noti, di cui sono primi firmatari gli onorevoli Mantini, Vietti, Siliquini e Laurini, ma credo ve ne sia anche un altro, di cui mi sfugge, in questo momento, il nome del primo firmatario; vi è poi un disegno di legge d'iniziativa governativa. Per quanto debba essere riconosciuto al progetto governativo un canale di massima attenzione, noi riteniamo che i lavori delle Commissioni si debbano estendano utilmente anche agli altri progetti di legge.
I quattro progetti di legge che ho richiamato adottano lo schema della legge quadro, che ritenevamo, e continuiamo a ritenere, preferibile rispetto alla legge delega, dal momento che consente, molto opportunamente, di enucleare dei principi fondamentali che, a buon diritto, possono informare il percorso di ammodernamento dell'intero settore professionale, senza peraltro mortificare e comprimere, nel ristretto ambito di paratie in qualche modo forzate, le peculiarità delle singole professioni (non soltanto quella forense, che per ovvie ragioni mi è particolarmente cara, ma anche le altre).
Ricordo che, nella passata legislatura, si presentarono problemi allorquando, a fronte di un testo Vietti, che in qualche modo era così concepito, si contrappose il testo dell'allora Ministro Castelli, che dettava una disciplina molto più specifica, analitica e dettagliata. Da quel momento, cominciarono a manifestarsi le spinte disgreganti. Non vorremmo che questa esperienza del passato non venisse tenuta in considerazione, anche con riferimento al presente.
Manifestata la preferenza per la legge quadro, snella di principi, procedo con poche note in riferimento ai testi.
Il testo Vietti, condivisibile e condiviso, oggi appare superato, nella parte relativa al sistema ordinistico, e sicuramente inadeguato, nella parte relativa alle società professionali, a seguito di uno sviluppo, favorito anche da noi come avvocatura, che ha portato a posizioni più avanzate, rispetto al vecchio testo Vietti.
Il testo Mantini è sicuramente più recettivo delle recenti proposte avanzate dall'avvocatura. In particolare, esso contiene una pregevole previsione di consultazioni e di concertazioni, che non può non trovarci concordi, nel momento in cui anche la Comunità europea ribadisce la necessità di
un coinvolgimento delle categorie nei percorsi decisionali che, in qualche modo, le riguardano.
Il testo Laurini presenta un aspetto - cito solamente quello che noi riteniamo essenziale - rilevante per quanto riguarda le società professionali, in quanto sembra prevedere un'apertura nei confronti dei soci non professionisti. Inoltre, abbiamo colto - ma potremmo aver frainteso - la peculiarità di tendere a confinare gli avvocati nell'ambito dell'attività giudiziale.
Nel progetto Siliquini, ha colpito particolarmente - e positivamente - la nostra attenzione la disciplina più compiuta e dettagliata delle fattispecie di esercizio collettivo della professione. È un testo che si dilunga molto su questo aspetto, tanto che, sin dalla Conferenza di Napoli - abbiamo depositato i volumi dei lavori svolti nel corso di tale Conferenza -, avevamo individuato non solo le ATP, riprese nel testo governativo del Ministro Mastella, ma anche forme di società di capitali, purché non ci sia l'accesso del socio di puro capitale, per i motivi noti, sui quali non voglio tediarvi (credo che ne abbiate sentito parlare in più occasioni).
Il progetto dell'onorevole Siliquini contiene, inoltre, a differenza degli altri, una chiara previsione di modello ordinistico, che conserva e preserva, in capo al Consiglio nazionale forense, la funzione di giurisdizione - e le altre funzioni istituzionali d'interesse pubblico - attribuendo, al contempo, la rappresentanza ad un organismo ad hoc, da eleggere mediante un meccanismo il più possibile democratico e partecipativo.
In altre parole, il testo opera - come abbiamo sempre auspicato - una netta differenziazione tra la funzione pubblicistica del sistema ordinistico, che tutela l'utente e il cittadino, e quella di rappresentanza, che l'avvocatura ha elaborato negli ultimi quattordici anni, con l'organismo che ho in questo momento l'onore e l'onere di rappresentare, proprio per scinderle e non farle coesistere in capo ad un medesimo organo.
Si riscontrano, all'interno dei testi, i tentativi di individuare e di inserire nella disciplina delle professioni un'assemblea generale delle stesse. Come avvocatura, procediamo in tal senso già da dieci anni. Infatti, abbiamo introdotto il sistema del congresso democratico, eletto con delegati in tutti i fori italiani, che rappresenta un'assemblea non di iscritti volontari, ma di delegati investiti di una legittimazione democratica proveniente dal voto nei singoli fori, che poi esprimono nell'organismo di rappresentanza politica. Ci permettiamo di proporlo, quindi, come possibile modello di un organismo democratico che potrebbe muoversi nella direzione - che ci sembra condivisa anche dall'attuale maggioranza di governo - di una maggiore democratizzazione del sistema ordinistico, ma anche di un'apertura nei confronti dei giovani. Difatti, questo sistema (e l'organismo che io presiedo) è l'unico che non presenta limitazioni di età: non esiste alcuna barriera per poter essere eletti e per poter entrare a far parte di questo organismo rappresentativo. È un'istanza che ci sentiamo di condividere, dal momento che, effettivamente, una riduzione di tali barriere sarebbe auspicabile nell'intero sistema.
A nostro parere, sarebbe opportuno operare una collazione ragionata dei testi esistenti, tenendo conto di quello che - perdonateci l'espressione - di non troppo buono si trova nel corpo del testo di provenienza governativa. Vorrei fare brevemente due precisazioni, per non approfittare del tempo concessomi.
Innanzitutto, voglio prendere in considerazione l'eccessiva genericità della delega, sulla quale non mi dilungo. Penso, infatti, che questo tema sia stato sviscerato ampiamente nel corso delle diverse audizioni svolte. Inoltre, rileviamo un preoccupante spostamento di baricentro - tra la prima bozza resa nota dal Ministero della giustizia nell'ottobre del 2006 e quella approvata all'inizio di dicembre dal Consiglio dei ministri - verso la direzione, anticipata dal decreto Bersani del giugno scorso, di una esasperata assimilazione del sistema ordinistico all'impresa, che noi
contestiamo anche sulla base di affermazioni e di documenti della Comunità (citati nel nostro documento).
Proseguo individuando i punti critici: l'assenza di una definizione di professione intellettuale e un sistema piramidale dei consigli dell'ordine, che è del tutto ultroneo rispetto alla nostra tradizione, in cui i consigli sono autonomi e non contemplano un sistema gerarchico e verticistico, motivo per cui, in questo senso, tale sistema non è da noi condiviso. L'autonomia dei singoli ordini territoriali riteniamo sia un valore da preservare. Non possiamo, dunque, pensare ad un organo centrale e ad organi periferici che rappresentino soltanto la diramazione di un ordine unico nazionale, estraneo alla nostra tradizione. Sono previsti troppi controlli, da parte dell'esecutivo, del ministro e dei suoi delegati, sul sistema ordinistico, a scapito dell'autonomia, dell'indipendenza e dell'autodeterminazione dello stesso. Credo che se ne debba tenere conto, anche sulla base del principio di sussidiarietà.
Una questione non da molti sottolineata riguarda l'obbligo, per gli ordini, di destinare una parte del loro patrimonio alla formazione. Non credo che ci sia nulla di male in questo. Credo che gli ordini, stante la mia conoscenza, già provvedano ampiamente. Riteniamo censurabile che questa previsione ponga solamente ed esclusivamente a carico delle categorie, della nostra in particolare, l'onere di finanziare una formazione che, invece, è di rilevante interesse pubblico.
L'avvocato fa parte della giurisdizione, è soggetto essenziale del processo. La competenza e la qualificazione dell'avvocato rivestono un interesse generale - è fatto acclarato, anche nei documenti del Parlamento europeo -, motivo per cui crediamo che, parallelamente a quest'indicazione per gli ordini, dovrebbero esserci delle misure e degli impegni, da parte del pubblico, volti a dare sostegno ad una formazione di interesse per l'intera collettività.
Sulla questione della riduzione degli ordini esistenti, non mi dilungo; credo infatti sia un problema conosciuto. Qualche preoccupazione la nutriamo in merito alla possibilità di iscrivere agli albi soggetti che operano in regime di lavoro subordinato, soprattutto in relazione alla battaglia che l'organismo unitario ha affrontato e vinto, con la declaratoria di impossibilità di iscrizione all'albo dei dipendenti pubblici part time. Non vorremmo che, in qualche modo, si ritornasse su questa tematica.
Nutriamo ulteriori preoccupazioni per quanto riguarda l'iscrizione agli albi di soggetti provvisti di laurea triennale, o addirittura del diploma, per le difficoltà presenti non tanto all'interno delle categorie - ben conosciamo la differenza tra i singoli soggetti -, quanto all'esterno. Si tratta di un problema di trasparenza e di affidamento dell'utente, che difficilmente potrebbe orientarsi in maniera sufficientemente consapevole nelle diverse articolazioni di un albo.
L'ultima questione che voglio sottolineare riguarda una nostra richiesta rispetto al testo. Confidiamo che le Commissioni abbiano intenzione di valutare i dettami del Parlamento europeo, facendo ricorso al principio di sussidiarietà, e di tornare - come, se non ho inteso male, i relatori, in particolare l'onorevole Mantini e l'onorevole Chicchi, hanno indicato in un precedente incontro - ad una legge di principi, lasciando all'autoregolamentazione delle singole categorie la possibilità di entrare nel dettaglio dello specifico, ovviamente con gli opportuni controlli. In questo senso, come avvocatura, siamo pronti, dal momento che siamo in possesso di un testo condiviso (che sarà presentato a breve), che potrebbe rappresentare l'attuazione di quei principi per la nostra categoria.
Da ultimo, rivolgo una domanda circa una questione per noi preoccupante. Sappiamo che il quadro normativo europeo in materia di professioni prevede il recepimento della cosiddetta direttiva Zappalà (la n. 36) entro i prossimi mesi. Ci chiediamo se non sia opportuno - visto che a nostro avviso esistono evidenti discrasie, sicuramente con il testo governativo, quantomeno per la durata dei tirocini e per tutta una serie di altre questioni - che
il legislatore operi prima il recepimento della direttiva n. 36 procedendo, sulla base di questa, alla riforma delle professioni, in modo tale da evitare spiacevoli contrasti.
Sappiamo che i contrasti sono eliminabili anche a posteriori, ma sappiamo altrettanto bene che il percorso è lungo, farraginoso e che, nel frattempo, potrebbero prodursi danni che, sinceramente, gradiremmo, non solo per la nostra competitività, ma per quella del Paese, non si producessero nel sistema professionale.
PRESIDENTE. Ringrazio la presidente Grillo.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre questioni o formulare osservazioni.
GIANCARLO LAURINI. Signor presidente, condivido la stragrande maggioranza di quanto riferito dalla presidente Grillo, tranne i due rilievi relativi alla mia proposta di legge. Credo ci sia stato un fraintendimento: in nessun punto mi sembra si possa rilevare una mia intenzione di «confinare» l'attività dell'avvocatura a quella giudiziaria. Io sottolineo sempre la rilevanza di questa attività, straordinariamente importante, riservata al nucleo dell'avvocatura. L'attività di consulenza a chi potrebbe spettare, se non agli avvocati?
Voglio segnalare che ho accomunato avvocati e notai nel divieto di costituire società multiprofessionali. Non è una novità: altri Paesi europei l'hanno previsto. Il notariato, per la sua caratteristica di terzietà, è una pubblica funzione. Di conseguenza, è del tutto fuori luogo che i notai si mettano in società con altri professionisti. Per quanto riguarda l'avvocatura, ci sono Paesi, come l'Olanda, in cui vige una norma secondo la quale gli avvocati non possono entrare in società con esperti contabili (ad esempio, i commercialisti). È una decisione che l'avvocatura ha la possibilità di assumere nel modo che ritiene opportuno.
Al riguardo, come norma generale, proporrei che venisse rimessa all'autonomia e alla sensibilità di ciascun ordine la decisione di stabilire i paletti limitativi alla partecipazione a società multiprofessionali. A mio parere, per il rispetto e la stima che nutro nei confronti dell'avvocatura, sarebbe meglio che non si associasse.
Voglio ora prendere in considerazione la questione riguardante la partecipazione di soci non professionisti. Ebbene, tale partecipazione la prevedo limitatamente alle professioni tecniche. Difatti, all'articolo 25, la mia proposta di legge stabilisce che «eccezionalmente possono essere costituite con la partecipazione di soci non professionisti, qualora il relativo ordinamento lo consenta in considerazione della natura e della particolare onerosità della prestazione sotto vari profili». Nessuno più di me credo abbia un'idiosincrasia per le partecipazioni di soci di capitali. Tale condizione, per alcune professioni, ad esempio quelle tecniche, potrebbe risultare utile.
L'auspicio è che si vada veramente verso una legge di princìpi. È un pensiero emerso da parte di autorevolissimi esponenti della maggioranza. Si tratta di un'apertura estremamente importante che, se avrà un seguito, ci consentirà di intraprendere un cammino in tal senso.
Per quanto riguarda il recepimento della cosiddetta direttiva Zappalà, mi sembra che un modo corretto e razionale di procedere nei nostri lavori dovrebbe prevedere, prima, il recepimento di tale direttiva, e poi ciò che ne consegue.
ANTONINO LO PRESTI. Signor presidente, ringrazio l'avvocato Grillo, sempre chiara e articolata nelle sue esposizioni, nonché ampiamente critica nei confronti delle proposte di legge presentate, dalle quali ha tratto aspetti positivi ma, mi sembra di capire, anche aspetti negativi, sui quali si è incentrata la sua analisi.
Voglio porre una domanda di carattere politico all'avvocato Grillo, trovandomi nella sede appropriata. Non vi è dubbio che stiamo trattando anche questioni tecniche riguardanti le professioni (se procedere con una legge quadro, con una legge delega, o se percorrere altre strade), ma la mia domanda resta di carattere politico.
È in corso un dibattito sui giornali e un altro in questa sede. Sembra che il dibattito che si sta sviluppando in questi mesi sui giornali stia anticipando quello che dovrebbe svolgersi qui. Credo che sarebbe più corretto prima verificare, in questa sede parlamentare, una volta esaurito l'iter dell'indagine conoscitiva, le condizioni reali per arrivare a una legge condivisa, e solo in seguito dibatterne, coinvolgendo anche l'esterno. Sembra, invece, che il dibattito sui giornali anticipi le nostre conclusioni.
Vorrei conoscere il giudizio dell'avvocato Grillo riguardo ad alcune notizie comparse sui giornali in queste settimane, secondo le quali sembra che il CUP (ovvero l'organismo rappresentativo delle professioni italiane, nel quale confluiscono tutte le professioni, compresa la nostra) abbia confermato un'adesione, convinta e formale (probabilmente sospendendo l'annunciata raccolta di firme), ad un'ipotesi formulata «extra moenia» dall'onorevole Mantini - non si sa in quale sede - su un disegno di legge che dovrebbe recepire istanze, non bene identificate, delle professioni italiane, sospendendo, interrompendo, o comunque disarticolando il movimento (che stava per nascere) finalizzato ad una diffusa raccolta di firme per un progetto di legge di iniziativa popolare, volto a portare all'attenzione diretta del Parlamento la volontà specifica dei professionisti italiani.
È questa la domanda di carattere politico, avvocato Grillo. Non è la prima volta che assistiamo allo sviluppo di ragionamenti, intese, percorsi, sinergie all'interno del Parlamento o delle Commissioni (l'onorevole Vietti è un esperto di Commissioni, poiché ne ha presiedute più di due), per poi verificare che, invece, fuori dai consessi, all'uopo deputati, di carattere istituzionale, si procede in maniera diversa, con un conseguente aumento delle spinte disgreganti a cui lei ha fatto riferimento.
Gradirei - chiaramente, l'avvocato non è obbligata a rispondere - un chiarimento di carattere politico su quanto sembra si stia verificando in questi giorni.
MARIA GRAZIA SILIQUINI. Voglio porre una domanda a tutti i presenti. La mia parte politica ha sempre sostenuto l'assoluta necessità e imprescindibilità che la legge non solo sia quadro - lo diciamo ormai da dieci anni, e c'è sempre un tentativo diverso -, ma soprattutto stabilisca principi chiarissimi su tutti gli argomenti (poc'anzi ricordati dal presidente dell'OUA). Non è stato trattato, nell'elenco che il presidente ha preparato, e forse andrebbe puntualizzato, il tema fondamentale del rapporto tra ordini e associazioni, sul quale chiedo la vostra valutazione non solo nel merito, come Organismo unitario dell'avvocatura, ma anche nella procedura.
In questa Commissione, alcune rappresentanze delle associazioni hanno formulato una richiesta di stralcio, al fine (è stato pubblicato sui giornali, non svelo nulla di nuovo) di regolamentare le associazioni in maniera autonoma rispetto alla riforma delle professioni, che è all'esame di queste due Commissioni riunite. Personalmente, come ho sempre detto, ritengo che questa sia una strada impraticabile, in quanto si rischierebbe di predisporre norme che potrebbero comportare dei riconoscimenti alle associazioni, in pieno contrasto con un sistema professionale che, invece, deve essere unitario e armonico. In altre parole, occorre un sistema armonico, chiaro e preciso: una legge quadro, sì, ma che sia precisa su tutto. Alcuni hanno richiesto di percorrere quella strada, ma noi siamo contrari.
Vorrei quindi conoscere la posizione dell'Organismo unitario dell'avvocatura al riguardo.
PINO PISICCHIO. Innanzitutto, rivolgo un saluto alla rappresentanza dell'OUA, che in qualche modo, almeno per l'esperienza che ho maturato in quest'anno di presidenza della Commissione giustizia, rappresenta un punto di riferimento (lo dico con grande serenità, ma senza piaggeria), per la capacità di esame critico, ma anche molto equilibrato che caratterizza le sue analisi. Inoltre, voglio rispondere ad una domanda posta dalla presidente
Grillo, con riferimento, testè ripreso dalla collega Siliquini, ad una condizione alquanto bislacca che caratterizzerebbe questa fase del dibattito sulla riforma delle professioni ordinistiche, avendo questo ramo del Parlamento assunto un percorso complesso, articolato e anche suffragato da contributi, sulla base delle istanze formulate dai colleghi parlamentari, anche proponenti di alcune proposte di legge. Attraverso lo strumento dell'audizione stiamo realizzando un ascolto particolarmente importante, serio, che forse, in una stagione complessa come quella che la politica sta vivendo, dà anche senso ad una dimensione di rispecchiamento della base della cittadinanza e dei gruppi sociali, che si organizzano attraverso le associazioni e gli ordini, rispetto allo Stato, al Governo e al Parlamento.
Credo che tutto questo abbia senso e che stiamo facendo la cosa giusta, se, formalmente, l'altro ramo del Parlamento avesse la possibilità di intervenire, con riferimento a segmenti che ricadono nella dimensione più larga della rilettura e dell'esame complessivo della riforma delle professioni. Però, di fatto, si stabilisce una condizione quantomeno di complessa articolazione dei lavori, dei rispecchiamenti reciproci che un'attività legislativa affidata ad un regime bicamerale perfetto, quindi simmetrico nelle sue dimensioni operative, pone.
Abbiamo scelto, d'intesa con i colleghi della Commissione attività produttive, di continuare ad operare nel solco dei percorsi che avevamo insieme adottato. Non è prevista una variazione di percorso, non si immagina un diverso procedere dei nostri lavori.
Credo che, nel corso del mese di giugno - compatibilmente con un calendario non particolarmente permeabile da interventi ultronei -, questa fase del dibattito contrassegnata dall'indagine conoscitiva potrà dirsi esaurita. Passeremo, quindi, ad una fase che avrà il carattere dell'operatività, semplicemente perché noi vogliamo fare la riforma delle professioni. È un messaggio che queste due Commissioni, oggi, debbono consegnare a tutti i rappresentanti delle associazioni delle professioni che stiamo ascoltando.
La riforma la vogliamo fare, e la svilupperemo anche con riferimento - passo alla seconda questione posta dalla presidente Grillo - ad uno «zoccolo duro» di principi, che vorremmo condividere con le associazioni, immaginando insieme, non in contrasto, non in una dimensione conflittuale con il Governo, quali forme e quali percorsi operativi siano in grado di valorizzare anche una dimensione nuova del ruolo del Parlamento (si è aperto un grande dibattito, in quest'ultimo periodo, su tale argomento). Una dimensione possibile è, forse, rappresentata da un intervento che, in questa fase, dia corpo ad un'attenzione, ad una sensibilità e ad una verifica della compatibilità di certe scelte operate con l'affermazione di principi che il Parlamento stesso va ad adottare.
Del resto, al di là del rilievo specifico, che non vanamente viene sottolineato dalla categoria degli avvocati, come da quella dei medici e, con altrettanta attenzione, da quelle dei notai, dei giornalisti, e via elencando, la nostra Costituzione opera dei riferimenti. Essa privilegia un dato su tutti:, l'autonomia professionale. Noi dobbiamo difenderla, in quanto rappresenta un grande valore che credo noi tutti (non ho notato, da parte di alcuno dei componenti delle Commissioni giustizia e attività produttive, atteggiamenti o valutazioni diverse) intendiamo preservare.
In tal senso, ritengo che il Parlamento potrà utilmente muoversi. Non ha importanza quale parte inizierà per prima, l'importante è che si arrivi insieme.
MICHELE VIETTI. Intervengo per rivolgere il mio saluto e dare il benvenuto agli amici dell'Organismo unitario dell'avvocatura, nonché per sottolineare che condividiamo l'analisi contenuta nel documento scritto, che ho avuto modo di leggere, e nell'intervento riassuntivo della presidente, sia nella parte in cui si esprimono valutazioni relativamente ai progetti di legge in materia (e ringrazio l'OUA anche per l'apprezzamento per il lavoro
svolto insieme nella scorsa legislatura, anche se nel testo si fa riferimento alla commissione ministeriale), sia nella parte di critica rispetto al testo della proposta governativa, in particolare per l'eccessiva assimilazione degli ordini alle attività di impresa tout court e per la messa in discussione dell'autonomia degli stessi. Nonostante - come ha sottolineato il presidente Pisicchio - siamo tutti assertori di tale autonomia, nel progetto del Governo essa viene in qualche modo compromessa, perché gli ordini diventano articolazioni periferiche degli organismi centrali, dei consigli nazionali. E ciò non risulta essere indifferente, anche ai fini dell'autonomia, che nella riforma non deve essere predicata, ma praticata.
Ritengo particolarmente critica - e condivido, anche in questo caso, la valutazione espressa dall'OUA - la genericità della delega, in particolare sul punto relativo al ridimensionamento e all'accorpamento degli ordini, poiché vi è un riferimento assolutamente generico alla loro corrispondenza all'interesse generale, che diventa, a proposito delle riserve, un riferimento soltanto ai diritti costituzionalmente garantiti. Ciò potrebbe soddisfare l'avvocatura, in una logica egoistica, ma certamente non sarebbe compatibile con la difesa del sistema ordinistico, che tradizionalmente conosciamo nel nostro Paese e che, pur con tutti gli ammodernamenti necessari, in qualche modo vogliamo mantenere.
Da questo punto di vista, il disegno di legge del Governo, e sono d'accordo con l'OUA, non è condivisibile. L'OUA propone una sorta di collazione dei testi dei progetti di legge presentati, riprendendo da ciascuno di essi le parti più positive e più condivisibili ed integrandole in un disegno organico di legge delega. Credo sia evidente che non occorre consegnare all'Assemblea un testo di legge delega che contenga dei criteri precisi, non vaghi e generici, perché altrimenti metteremmo il Governo in una condizione imbarazzante e, di conseguenza, non renderemmo un buon servizio agli ordini professionali.
PIERLUIGI MANTINI. Esprimo apprezzamento per l'attività svolta dall'OUA, che da molto tempo contribuisce alle attività non solo parlamentari, ma anche culturali e istituzionali nel sistema della giustizia. Devo dire che condividiamo, anche perché le conosciamo da tempo, le sue proposte, nelle quali riscontriamo grande ragionevolezza e materiali e indicazioni utili.
Non condivido, invece - e lo dico per ovvia chiarezza -, il giudizio pesante, tranchant e apocalittico formulato in ordine al decreto Bersani, che rappresenta il punto centrale, anche politico, di alcuni processi che sono stati innescati. Non ho condiviso tale decreto - lo ribadisco in una sede parlamentare per l'ennesima volta - nelle modalità e in alcuni parziali contenuti. Tuttavia, ho sempre pensato che i mondi delle professioni, naturalmente anche quello dell'avvocatura, largamente fossero d'accordo sui tre punti, per due punti e mezzo.
La norma sulle società non mina le fondamenta (è compito nostro svilupparla), così come la norma sulla pubblicità, anzi dà agli ordini un potere che prima non avevano, quello del controllo sui messaggi pubblicitari. (Commenti del deputato Siliquini). Diverge, invece, sul punto relativo alle tariffe, da una parte del programma dell'Unione, dello stesso programma della maggioranza di Governo attuale. Indubbiamente, in quell'occasione, per una parte si è realizzato uno strappo. Pur tuttavia, non c'è stata l'eliminazione del sistema delle tariffe, ma una modificazione, che è largamente apprezzabile, in piena autonomia. C'è stato scarso impegno da parte dei mondi professionali a capire come, a partire da quella norma, fosse possibile sistematizzare - passatemi l'espressione tecnica, ma rapida - quel che resta del sistema delle tariffe professionali, preferendo un atteggiamento più che altro di scontro.
In conclusione, intendo porre due domande. Vorrei sapere se condividete che l'orientamento largamente presente - parlo a titolo personale, ovviamente - sia quello di predisporre una legge di principi,
che sia meno legge delega - adesso non fatemi dire sull'esito finale, perché ha una sua importanza - e molto di più legge quadro, in cui anche il tema della delega al Governo possa essere ridotto al minimo indispensabile, o risolto in un altro modo.
Vorrei sapere se condividete che - è quello che stiamo facendo, oggettivamente e soggettivamente - in queste Commissioni riunite si indichino i principi generali e fondamentali, nel tentativo di prefigurare un nuovo quadro d'insieme dei mondi professionali nel terzo millennio, (operazione complessa che richiede, naturalmente, la valorizzazione di quello che unisce e non di quello che divide), e nelle rispettive sedi si elaborino le leggi ordinamentali specifiche. Quindi, quel che avviene in Senato, secondo l'ordine regolamentare delle priorità e degli incardinamenti, che non sono del tutto casuali, è una dinamica assolutamente normale e prevista.
È ovvio che una legge futura sui medici, o una legge che riguardi l'ordinamento forense, deve essere compatibile, secondo il sistema dei principi generali, con i principi fondamentali. Quindi, devono esservi, per quel che riguarda strettamente gli avvocati, dei principi fondamentali che siano compatibili con quello che, in altra sede, si farà sul piano della riforma dell'ordinamento forense.
PRESIDENTE. Do la parola alla presidente Grillo per la replica.
MICHELINA GRILLO, Presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Vorrei, innanzitutto, scusarmi con l'onorevole Laurini e ringraziarlo per i chiarimenti. Evidentemente, c'era stato un misunderstanding: ne prendo atto con piacere.
Con riferimento alla domanda politica dell'onorevole Lo Presti, desidero rilevare che noi ci occupiamo di politica, ma non di contrapposizione o di dialettica. Questo ci tenevo a chiarirlo. Credo che la sede principale, quella a cui abbiamo sempre fatto riferimento, talvolta anche entrando in polemica con il Governo, sia la sede parlamentare. Credo, quindi, che questa sia la sede più giusta per affrontare questi temi, in ogni caso e in ogni senso.
Non spetta a noi valutare la congruità di atti o avvenimenti.Noi partecipiamo con molta attenzione e lealtà a tutte le iniziative che riguardano la riforma delle professioni. È, infatti, un tema che ormai da troppi anni ci avvince - è una delle nostre principali occupazioni -, quindi cerchiamo di portare un contributo nel merito.
Abbiamo notizie sul fatto che questo merito si sta avviando verso una direzione che è a noi gradita e, anche se riceviamo queste notizie al di fuori di qui, sicuramente ci fanno piacere. Tuttavia, sento di poter dire che rivendichiamo sicuramente, con serenità, al Parlamento e a queste Commissioni, di essere il luogo deputato in prima istanza a compiere queste valutazioni. Ringrazio l'onorevole Siliquini per avermi posto la sua domanda. Per non rubare troppo tempo nel mio intervento iniziale, avevo leggermente «glissato» sul tema delle associazioni. È giusto, invece, riprenderlo.
Ho letto delle polemiche - e me ne sono dispiaciuta - a proposito della richiesta di stralcio da parte delle associazioni non regolamentate.Ritengo infatti che, se gli orientamenti sono quelli che anche oggi ho ascoltato (ringrazio il presidente Pisicchio e gli altri deputati intervenuti per averci dato un certo conforto su taluni punti), non considero affatto giustificata la richiesta di stralcio.
Credo che questa sia una materia che, per la sua delicatezza, vada disciplinata in maniera congiunta e opportunamente coordinata, calibrata, anche perché - non nascondiamocelo - il principale problema è quello della sovrapposizione delle attività. Quindi, difficilmente un coordinamento misurato si può fare in due sedi distinte.
Credo anche nel giusto contemperamento delle esigenze di ambedue le parti, se così vogliamo chiamare gli ordini e le associazioni. Penso che ci siano i margini, come ci sono stati e si sono verificati largamente anche in passato, per trovare delle soluzioni acconce, in una condivisione che eviterebbe ancora di più contrapposizioni
e scontri, di cui credo non abbiamo bisogno, né dentro né fuori delle aule della politica.
Tra l'altro, non comprendo alcune motivazioni della richiesta di stralcio che riguardano la disciplina degli ordini, che, a mio avviso, non toccano minimamente la disciplina delle associazioni non regolamentate. Come a me possono legittimamente non interessare alcuni aspetti specifici della disciplina delle associazioni, non capisco che cosa tolga o aggiunga a tale disciplina il disquisire se il tirocinio per fare l'avvocato debba durare 18 o 24 mesi.
Ritengo che su taluni punti, forse, bisognerebbe guardare maggiormente a ciò che la propria parte chiede, realizza ed eventualmente ottiene, piuttosto che minare o ritoccare le discipline altrui. Spero di essere stata chiara. Questo lo dico con il massimo rispetto.
Non abbiamo mai avuto problemi sul riconoscimento delle associazioni, ma vogliamo evitare riconoscimenti che possono creare problemi, invece che risolverli. Spero che la mia risposta sia stata sufficientemente chiara.
Non mi ha fatto domande, quindi non gli rispondo, ma ringrazio nuovamente il presidente Pisicchio. Ho apprezzato il discorso sulla difesa dell'autonomia professionale e al riguardo voglio rassicurarlo: vogliamo anche noi la riforma. La vogliamo tanto! Infatti, oltre che servire al Paese, serve a noi, ai nostri giovani, serve per uno sviluppo armonico in un mondo che non è più quello del 1933.
È un'esigenza che sappiamo essere avvertita da molti. Mi riferisco all'esigenza di metodi collettivi di esercizi dell'attività più dinamici. C'è anche un'esigenza, sia pure con certi limiti - lo ricordava l'onorevole Laurini -, delle società multi-professionali. Il mondo professionale ne ha bisogno con varietà di sfumature, è necessario.
Approfitto per sottolineare una cosa che diceva l'onorevole Mantini. Se avessimo condiviso il decreto Bersani, ovviamente, non vi sarebbero stati tutti i problemi che si sono creati.
La vera questione sta nel merito, ma anche nel fatto che si è intervenuti con operazioni parziali su un tessuto che - lo insegnate voi a me - è difficile, quello della riforma complessiva, che richiede degli equilibri, che sono stati in qualche modo toccati; princìpi fondamentali come l'autonomia del professionista e l'abolizione del patto di quota lite li abbatte drasticamente.
Sul sistema delle tariffe, abbiamo elaborato una proposta, non da ora, ma in sede di proposta di riforma dell'ordinamento forense, che parallelamente abbiamo elaborato e che tra poco sarà resa pubblica. Infatti, essendo stata condivisa con il Consiglio nazionale, per delicatezza e correttezza, la renderemo pubblica congiuntamente. Questa è la ragione per cui oggi non posso darvene contezza.
Si tratta di una proposta che parte anche dall'organismo unitario di revisione equilibrata delle tariffe, con delle modifiche di favore proprio per il cittadino-consumatore, non per i grossi enti o per le grosse realtà economiche, che già hanno un grandissimo potere commerciale e hanno alterato notevolmente il mercato dei servizi professionali, addirittura - credo che di questo il Parlamento dovrebbe tenere conto - in contrasto con il principio costituzionale della giusta retribuzione del lavoro. Anche l'avvocato, checché se ne dica, è un lavoratore. Può piacere o meno, lo si può ritenere utile o negativo nel sistema, tuttavia rimane il fatto che è un lavoratore. E quando la retribuzione del lavoro va al di sotto di soglie di tolleranza, credo che questo debba essere preso in considerazione, soprattutto per la tutela dei giovani, che hanno meno potere contrattuale e sono i più soggetti a questo tipo di iniziative.
Per quanto riguarda la pubblicità, la proposta introduce un controllo, ma a posteriori. Se non erro, nei dibattiti che si sono svolti negli ultimi tempi, si è invece ritornati a considerare l'opportunità di alcuni paletti preventivi - altrimenti corriamo il rischio di intervenire sempre quando i buoi sono scappati dalla stalla - posti dagli ordini.
Mi perdoneranno i presidenti se rubo qualche secondo in più, ma ci tengo davvero molto a spiegare qual è la nostra preoccupazione sulla pubblicità. L'avvocato potrebbe avvantaggiarsi in maniera smisurata della pubblicità indiscriminata. Infatti, con un certo investimento economico e un po' di spregiudicatezza, la possibilità di fare pubblicità in maniera indiscriminata potrebbe sicuramente essere un elemento di vantaggio, di accaparramento di clientela, di ampliamento del proprio volume di affari. Se chiediamo che la pubblicità sia in qualche modo limitata, lo facciamo, per certi versi, anche contro quello che potrebbe essere il nostro reale interesse.
Lo stesso discorso vale per il patto di quota lite. Infatti, se ritengo di avere un buon potere contrattuale, potrei avere un grande favore da tale patto. Poniamo tali quesiti perché interessa all'utente avere una pubblicità veritiera e trasparente, ma che sia tale fin dall'inizio, non corretta a posteriori quando ormai il guaio si è creato. Pensiamo al diritto di famiglia o al processo penale: sono materie delicatissime, non si può pensare a un rimedio a posteriori.
Passo alle domande dell'onorevole Mantini, prima di concludere. Certamente, non possiamo rimangiarci - né lo vogliamo - i pronunciamenti che l'avvocatura ha fatto da anni. Da anni, anche nei documenti congressuali, abbiamo espresso il favore per una riforma delle professioni attuata mediante una legge quadro di princìpi, che lasci alle singole categorie il margine di entrare nello specifico, nel rispetto ciascuna delle proprie necessità.
La risposta alla domanda se si possa condividere un orientamento che va in questo senso è nella storia e nei documenti dell'avvocatura, ed io non posso fare altro che confermarlo. Sicuramente preferiamo una legge quadro senza una delega, se posso esprimere anche questa opzione; essendo stati «scottati» l'anno scorso, gradiremmo che la delega su questa materia non ci fosse.
Devo dire che i documenti congressuali dell'avvocatura, pur rivendicando la specificità, considerano come valida alternativa, addirittura per farla diventare mozione principale, la richiesta di una normativa in toto autonoma, nella misura in cui non si potesse arrivare ad una legge professionale che abbia le caratteristiche appena esposte. L'ultimo documento che in materia si è espresso al congresso di Milano recita testualmente questo. Non ho, dunque, necessità di fare ulteriori nuove interpretazioni. Certamente, se la legge sulle professioni non dovesse consentire la tutela della specificità forense, a questo punto è più che giustificata la richiesta di una normativa autonoma, perché non intendiamo abdicare a valori e princìpi che riteniamo meritino di essere presi in considerazione.
All'ultima domanda, relativa ai princìpi fondamentali per leggi ordinamentali specifiche, in qualche modo ho già risposto. Ho detto che non ritengo opportuno lo stralcio della posizione delle attività non regolamentate. Ebbene, come mi piacerebbe che tutte le professioni potessero trovare un armonico componimento, nel rispetto delle singole caratteristiche, allo stesso modo, ci piacerebbe che la disciplina di dettaglio, le leggi ordinamentali specifiche (alle quali credo che molti siano pronti: noi sicuramente sì), potessero essere vagliate in un contesto che consenta di verificare con molta chiarezza la compatibilità e l'armonicità con i princìpi, per non creare situazioni di iato che, in qualche modo, possano determinare problemi.
Pensiamo che, se veramente si può arrivare ad un risultato - e forse ciò sta accadendo -, questo dovrebbe essere scevro, quanto più possibile, da conseguenze successive o da problemi ulteriori.
PRESIDENTE. Ringrazio sentitamente la presidente Grillo e gli altri rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura, augurando loro buon lavoro.
Do ora la parola al presidente dell'Associazione degli enti previdenziali privati, De Tilla.
MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Signor presidente, in primo luogo, vorrei avanzare una richiesta.
L'ADEPP non è una piccola associazione; nella scorsa legislatura, essa ha collaborato con i parlamentari del centrodestra e del centrosinistra alla predisposizione della parte previdenziale e ordinistica relativa alla riforma delle professioni. Poiché tali progetti di legge sono all'esame di queste Commissioni, e poiché si tratta di un milione di iscritti e di ventitré professioni rappresentate, deposito - una copia è già a disposizione del presidente - l'elenco di tutte le casse professionali, invitando il presidente della Commissione ad audire anch'esse, così come si è fatto per gli ordini e i consigli nazionali delle professioni.
Poiché nel passato si è usato interpellare le singole casse, chiedo al presidente e ai parlamentari qui presenti di audire tutte le casse professionali, ovvero, sinteticamente, la cassa commercialisti, la cassa forense, la cassa geometri, la cassa notariato, la cassa ragionieri, la cassa biologi, la cassa consulenti del lavoro, la cassa medici, la cassa veterinari, la cassa periti industriali, la cassa ingegneri e architetti, la cassa giornalisti, la cassa psicologi, la cassa infermieri e la cassa farmacisti.
Dal momento che ogni cassa ha una propria specificità, la riforma dell'ordinamento professionale e l'invasione delle competenze potrebbero comportare degli effetti anche molto negativi sulle varie casse professionali. Vi è un progetto di legge che, trattando di accorpamenti di professioni, di derubricazione, di creazione di nuove associazioni, sottrarrebbe competenze alle professioni e depaupererebbe i patrimoni delle singole casse, caratterizzate da ben sette tipologie diverse, che non hanno la stessa regolamentazione.
È un mondo molto forte - come avrete notato -, e non occasionale, che contiene al suo interno specificità che sarebbe opportuno diventassero materiale conoscitivo grazie alle audizioni.
Si tratta di una richiesta preliminare, fermo restando che esaurirei questo incontro, se si ritenesse di invitare le casse professionali, nel rappresentare la posizione dell'ADEPP. Vi invito a ripristinare, pertanto, una consuetudine già in atto nella precedente legislatura, sia con la maggioranza che con l'opposizione, nell'ambito di tutte le sedi.
In merito al nostro punto di vista circa il disegno di legge governativo e gli altri progetti di legge presentati, osserviamo, in maniera sommessa, che il disegno governativo annulla previdenza e normative già incluse nella proposta di legge Mantini - che in parte riproduce alcuni elementi da noi introdotti -, come anche in quelle Vietti e Siliquini.
Non è possibile mettere in atto la riforma delle professioni - come quella delle società - senza valutarne la ricaduta sulle casse e senza tener conto dell'autonomia delle stesse e dei riflessi previdenziali. Censuriamo, pertanto, il disegno di legge governativo e chiediamo che tutti gli articoli inclusi nei progetti di legge già visionati siano presi in considerazione. Se il disegno di legge governativo dovesse essere una traccia, riteniamo che esso vada immediatamente integrato con tali articoli: questa, per noi, è una pregiudiziale. Se si procede alla riforma delle professioni senza occuparsi anche della parte previdenziale, si rischia di portare a termine una riforma monca, e questo significherebbe che non si ha interesse a rinnovare e a dare un apporto positivo alle professioni.
Le questioni esposte sono di carattere preliminare: la prima richiede una risposta immediata, la seconda fa riferimento ad un successivo elemento di valutazione, nel senso che, nelle proposte di riforma esaminate, vi sono alcune correzioni che intendiamo apportare e che vi verranno trasmesse dall'ADEPP, non appena pronte.
Quanto al disegno di legge governativo, oggetto della odierna audizione (d'altra parte, anche le ultime dichiarazioni pubbliche dell'onorevole Mantini fanno riferimento ad eventuali modifiche a suo carico), bisogna sciogliere un punto: se il testo base sarà quello governativo, i dissensi, anche da parte nostra, saranno molto forti, poiché non ci sentiamo rappresentati; viceversa, se si tratta di formulare e raccordare i vari progetti di legge presentati, non solleviamo alcuna difficoltà.
Quando tali Commissioni hanno cominciato a lavorare, il disegno di legge governativo forse non esisteva ancora, ma ve ne erano altri, da noi studiati e ritenuti apprezzabili, che presentavano tratti comuni: si tratta, a nostro avviso, di testi accettabili, e mi riferisco anche a quelli presentati dalla maggioranza.
Ripeto, quindi, per maggior chiarezza, che se il testo base sarà il disegno di legge governativo, noi esprimiamo un completo dissenso per diverse ragioni, la prima delle quali è la delega. Non permetteremo che le professioni vengano determinate con decreti legislativi, con deleghe ampie, con consultazioni che vedono gli ordini in posizione subordinata rispetto ai Ministeri delle attività produttive, dell'università, della giustizia, all'Antitrust, e quant'altro. Se si decide in questo senso, si vara una legge che, seppure approntata in buona fede, può trasformarsi in motivo di inganno, essendo possibile per il Governo trasformarla completamente.
Espongo le nostre ragioni che valgono sia per il centrodestra...
GAETANO PECORELLA. Se l'avessimo fatto...
MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Certo, se l'aveste fatto. Mi preme tuttavia ribadire che le nostre ragioni valgono sia per il centrodestra che per il centrosinistra, nel senso che, se fosse stato un Governo di centrodestra a proporre la delega, avremmo sollevato la stessa obiezione.
Siamo molto preoccupati per alcune assonanze - non so se la questione sia stata sollevata dai colleghi - tra le azioni dell'Antitrust e la direzione indicata dal disegno di legge governativo, come lo siamo stati e lo siamo nel caso della legge Bersani che, a nostro avviso, va modificata interamente - questo è un punto fermo - perché, se venisse integralmente applicata, determinerebbe l'abbattimento di molte professioni.
Ugualmente, manifestiamo stupore e dissenso circa le vicende di questi giorni. L'ADEPP, questa mattina, ha preparato un documento in cui dichiara di trovarsi completamente in dissenso, non solo in questo momento, ma in generale, con la strategia di sottrarre competenze a certe professioni per assegnarle ad altre, ovvero di sottrarre lavoro ai notai per affidarlo agli avvocati, o agli avvocati e ai notai per affidarlo ai funzionari e ai segretari comunali (gli avvocati hanno chiesto sempre, ad esempio, di poter svolgere nelle riserve l'attività stragiudiziale). Bisogna espandere le attività professionali, non ridurle.
Quanto ai conflitti di competenza, l'ADEPP si è espressa all'unanimità, e poiché rappresenta ventiquattro professioni - le casse sono venti, ma le professioni sono di più -, si è sempre espressa all'unanimità. Pertanto, nella sede esterna, sosteniamo che le false liberalizzazioni non possono assolutamente costituire una invasione delle competenze professionali e, in questa sede, che occorre espandere e non ridurre le competenze delle professioni.
L'ADEPP è fermamente contraria alla politica - illustrata nella premessa del disegno di legge del Governo - di riduzione delle riserve, di accorpamento delle professioni e di derubricazione degli ordini professionali in associazioni. A nostro avviso, tale politica conduce all'annientamento delle professioni, e pertanto chiediamo che la parte in oggetto venga cassata. Si tratta di un «bersanismo» - scusate l'espressione - che non condividiamo quale strumento di rinnovamento delle professioni.
Riteniamo altresì che vadano eliminate tutte le assonanze tra Antitrust e parti governative, le quali finiscono per esercitare una forte influenza. Non crediamo infatti che in questo momento ci siano le condizioni perché prevalga la parte d'identità professionale; riteniamo, al contrario, con la massima franchezza, che prevalga la parte di identità del Ministero delle attività produttive.
In termini molto duri e precisi, affermiamo che una trasformazione dell'identità professionale, già posta in essere dalla legge Bersani, ci trova in totale dissenso, perché snaturare l'identità delle professioni,
a nostro avviso, significa eliminare le casse. Da parte di taluni del settore del welfare, viene avanzata la richiesta di un accorpamento, per cui deduco l'esistenza di questa esigenza, anche perché se talune professioni si accorpassero, tutti passerebbero all'INPS, e anche questo può essere un disegno strategico. Al riguardo, la mia risposta è chiara: accorpare le professioni non è possibile e neanche prevedibile, poiché, se le professioni intendono promuovere un accorpamento, sono le stesse a doverlo decidere, avendo poi gli strumenti legislativi per portarlo a compimento. Sottolineo, però, sulla scorta dell'esperienza vissuta dai commercialisti e dai ragionieri, che gli accorpamenti non sono facili, anzi, sono difficili da realizzare, richiedendo procedimenti complessi.
Siamo inoltre contrari a derubricare l'attività professionale e a portarla a livello di percorsi formativi di abilitazione. In tal senso, l'Antitrust ha fatto riferimento, addirittura, ad una ipotesi zero, ipotesi che si ritrova nel disegno di legge governativo, laddove si afferma che l'esame di stato e la laurea saranno necessari solo per alcune professioni, che i processi formativi si condurranno nell'ambito delle università, che le abilitazioni potranno anche essere scolastiche. Crediamo che tutto ciò rappresenti un enorme regresso.
Allo stesso tempo, su altro fronte, ci sembra di rilevare nel disegno di legge governativo uno strano allineamento alla posizione dell'Antitrust, quando, al contrario, dovrebbero esserci, tra l'attività dell'Antitrust e l'azione politica, differenze e allontanamenti sensibili, altrimenti si finisce per fare confusione. Vogliamo fare più confusione di quella che stiamo già facendo in questi giorni tra il Governo e le Authority? Se, infatti, le Authority diventano il braccio del Governo o, al contrario, il Governo diventa il braccio delle Authority quando queste abbiano una certa visione, credo che si giunga ad una completa confusione delle distinzioni.
L'ipotesi zero, a nostro avviso, non funziona: le professioni, che sono poi le casse, vanno tutte conservate e rafforzate. È evidente una istanza di rinnovamento degli ordini, ma in questo senso bisogna fare attenzione, perché la disciplina è terza e l'ordine è rappresentanza della categoria. L'Antitrust sostiene addirittura la prevalenza di funzionari della pubblica amministrazione; nel sistema anglosassone è addirittura prevista una Authority pubblica (inclusa nella prima stesura del disegno di legge governativo) che sovrintende alle professioni, eliminando la funzione degli ordini. A nostro avviso, invece, gli ordini sono fondamentali, sia pure rinnovati e modificati. In questo senso, nel momento in cui saranno audite le casse, ciascuna di esse avanzerà delle richieste sicuramente importanti relativamente al rapporto tra l'istituto e la cassa stessa. Mi meraviglio che un Parlamento abbia dato vita a una legge invasiva nei confronti degli ordinamenti deontologici e abbia dichiarato la nullità dei codici deontologici. Non si è mai verificato in nessuna legislazione del mondo.
Anche l'Unione europea, con la direttiva Bolkestein (sono presenti in questa sede molti esperti e molti avvocati, che di certo non la ignorano), dopo aver escluso la professione di notaio e affidato quella di avvocato alla disciplina della direttiva, ha stabilito che vanno salvaguardati i codici deontologici nazionali, le identità nazionali e la multidisciplinarietà, che, introdotta dal Ministro Bersani in modo piuttosto grossolano, prevede, secondo le direttive dell'Unione europea, un'analisi attenta sulle professioni, e quindi sulle identità, che possono essere accorpate.
Nell'Antitrust, e in parte nel disegno di legge governativo al nostro esame, è presente - non compare, invece, in alcun progetto di legge presentato dai singoli parlamentari - una volontà di demolizione; vi si dice, altresì, che il rapporto economico esula dalla deontologia e che la dignità è una copertura contro la concorrenza. Rispondo che noi non ci sentiamo imprenditori e che le casse non vedono iscritti imprenditori - iscritti invece presso la Confindustria -, bensì professionisti da implementare, poiché implementano anche la posizione previdenziale.
Il nostro, pertanto, è un «no» netto e deciso al disegno di legge governativo, il quale, basandosi su tale filosofia, non è emendabile, e un «sì» caloroso, bipartisan, ai testi da noi letti, rispetto ai quali occorre uno sforzo di integrazione.
Riteniamo, pertanto, che sia la Camera dei deputati la sede della riforma, e crediamo che l'ampliamento di queste audizioni possa servire, senza ricorrere a stralci, a questo fine. Quando infatti si produrranno i decreti legislativi, questi verranno emanati velocemente proprio per attrezzare le singole professioni. Ripeto, pertanto, che la sede per questa grande riforma è il Parlamento, dove il lavoro da voi svolto incontra il nostro grande apprezzamento. L'onorevole Mantini, insieme agli altri colleghi e amici, sa bene che il mondo delle professioni è molto forte e, anche se qualcuno forse lo ignora, è il mondo guida per le singole professioni.
Vi faremo pervenire il documento generale dell'ADEPP, nonché il documento delle singole casse. Vorrei, però, ritornare sulla mia proposta iniziale. So, presidente, della sua disponibilità, so di sue dichiarazioni, fatte in più sedi, e di parlamentari che mi hanno confermato che c'è la volontà di ascoltare tutti. Per questo le chiedo di prevedere due o tre sedute per consentire ai miei colleghi (in gran parte qui presenti) di essere ascoltati.
PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato De Tilla per il suo contributo e per la cortesia con cui ha formulato la sua ipotesi. Spero apprezzerà la franchezza della risposta: non è possibile immaginare una sequenza di audizioni per ciascuna delle casse; avevamo già ipotizzato un calendario più ristretto e poi ne abbiamo stabilito uno più ampio, ma un ulteriore ampliamento sarebbe ora impraticabile e ingestibile rispetto alla nostra volontà di procedere. Aggiungo che, invece, sarebbero graditissimi contributi scritti da parte di ciascuna delle casse, contributi che sarà nostro impegno non solo distribuire a ciascun parlamentare, ma anche, naturalmente, valutare, come ciascuno di essi merita.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
PIERLUIGI MANTINI. Ringrazio il presidente dell'ADEPP per la sua relazione. La nostra intenzione è quella di varare una legge quadro, limitando al massimo le leggi delega, convinti che tutto ciò che deve essere anticipato, nelle scelte e nei principi, in sede parlamentare si debba fare in sede parlamentare.
Voglio perciò rassicurare il presidente De Tilla circa il fatto che, insieme al collega Chicchi, non mi sottrarrò, per le parti di competenza, al compito di redigere un testo base che tenga conto di tutte le proposte di legge presentate. È ovvio che non possiamo ignorare - né lo desidero - il testo del Governo, ma è anche chiaro che tra i nostri compiti rientra quello di tenere conto dei testi di origine parlamentare. Quindi, il testo base sarà - senza rivoluzioni, colpi di mano, colpi di spugna, colpi di Stato o conflitti da leggersi in chiavi politiche sofisticate - il risultato della normale attività parlamentare: redigeremo un testo base tenendo conto di tutti i progetti di legge presentati, compreso quello del Governo.
Talvolta, nei dialoghi, persino in quelli che si tengono nelle sedi istituzionali, e quindi alquanto formali, anche i toni hanno la loro importanza. So perciò di essere inteso, e non frainteso, se dico che non credo che dobbiamo essere richiamati, sotto il peso dell'invettiva politica e neanche della «sloganistica», a fare quel che dobbiamo fare e che ci siamo impegnati a fare con ripetute dichiarazioni.
Le casse saranno autonome, private, basate sui principi che già oggi, in verità, le reggono, e volte il più possibile a coprire l'intero arco delle prestazioni, si potrebbe dire, del welfare professionale. Si tratta di un problema di sostenibilità che vale sia per il sistema pensionistico e il welfare nazionale sia per quelli settoriali. Sarebbe molto apprezzato, ad esempio, se l'indennità di maternità per le professioniste, di cui ci siamo occupati in vario modo anche in passato, fosse più ragionevole e razionale
e se si tenesse conto, in sostanza, delle esigenze che si sviluppano.
È chiaro che il tema della sostenibilità delle prestazioni è uno dei leit motiv (condivido perfettamente le parole pronunciate dal presidente De Tilla), nonché uno dei temi guida delle riforme; sarebbe infatti illogico pensare di scorporare o accorpare senza tenere conto esattamente di tale questione. I principi, tuttavia, sono quelli che già conosciamo; non è alle porte alcun cambiamento di rilievo.
Aggiungo che vorremmo sviluppare i principi della totalizzazione e dell'esenzione della doppia tassazione, ma mi rendo conto che si tratta di temi che fuoriescono dal nostro ambito e che in questa sede possiamo impostare come principi, i quali, però, interessano poi le più ampie politiche economiche e fiscali del Paese. Questa è la nostra visione.
Infine, vorrei fare solo una piccola notazione. Come detto dal presidente Capezzone, credo che non sia possibile svolgere ulteriori audizioni. Abbiamo provato, ma non è stato possibile; del resto, abbiamo dedicato molto tempo all'argomento e credo che i contributi scritti, che peraltro si stanno producendo, siano tutti molto interessanti e di grande valore. Vi è tuttavia un'altra ragione, che definirei di metodo; per questo motivo, mi permetto di attardarmi su un tema che potrebbe apparire superato.
Dobbiamo fare uno sforzo per recuperare la visione di insieme di questi problemi, altrimenti, come Parlamento, questo tema non può essere preso in considerazione. Il nostro impegno è un po' paradigmatico della situazione in cui si trova il Paese. Mettendo da parte le analisi strettamente politiche, faccio notare che, se vi è una crisi delle rappresentanze, ovvero se l'ADEPP non riesce a rappresentare le casse (mi permetto di dirlo con una brutalità inadeguata, ma che mi permette di essere incisivo) e il CUP non riesce a rappresentare gli ordini professionali (cosa che invece mi sembra più verosimile), diventa molto complicato portare a termine il nostro compito, ovvero la ricerca di principi comuni per cui i problemi di ciascuno, certamente specifici, siano contenuti entro un quadro di insieme compatibile, che dimostri che il Paese riesce ad andare in una direzione pur avendo ciascuno i propri argomenti e le proprie specificità.
Mi permetto di rivolgere a voi - dirigenti non solo delle rispettive casse, ma anche nell'ambito delle vostre professioni - un sommesso invito a scusarci per le inadeguatezze del Parlamento, ma anche a considerare le difficoltà che si incontrano nel tenere insieme dei principi. I principi sono contestati o contestabili - ho avuto modo di ascoltare il presidente De Tilla altre volte -, ma l'idea di risettorializzare i temi ovvero il tema della rappresentanza e della visione di insieme non è un problema solo delle istituzioni, ma anche della società.
MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Avete sentito tutti gli ordini professionali...
PIERLUIGI MANTINI. Questa precisazione vale anche a futura memoria. Noi abbiamo audito il CUP, dedicandogli alcune sedute supplementari. Si può dire che vi sia stato, in un certo senso, un po' di «sbraco» proprio per trovare un punto di incontro tra le varie esigenze. Questo però è il problema, non la soluzione.
GIANCARLO LAURINI. Vorrei semplificare la questione. Premetto che ho molto apprezzato l'intervento del presidente De Tilla, il quale ha parlato come responsabile dell'ADEPP - e quindi con tutta la preoccupazione che questa carica comporta -, ma anche da politico di categoria, che conosce bene i problemi della stessa.
È di assoluta evidenza, poiché i problemi delle casse sono in completa e totale sinergia con quelli delle professioni e degli ordini, che ogni preoccupazione attinente la vitalità e il futuro degli ordini riguarda anche il futuro e la vitalità delle casse, essendo l'una condizione di sussistenza dell'altra: non esiste autonomia degli ordini e delle professioni senza autonomia
delle casse, e viceversa. Su tale principio, come è suo costume, il presidente De Tilla ci ha sensibilizzato in modo egregio.
Ho molto apprezzato, inoltre, il riferimento alla necessità di prestare grande attenzione nel parlare di competenza di professioni in sedi esterne: in questa sede, è necessario concentrarsi sui principi generali, lasciando i problemi di competenza ad altra sede, a maggior ragione se questo ci divide o crea problemi al mondo delle professioni, complicando l'attività del Parlamento e la nostra.
È stato un utile riferimento quello ai riflessi europei, di cui troppo spesso ci dimentichiamo o che citiamo, altrettanto spesso, a sproposito, per ignoranza o, talvolta, per malafede.
Infine, quanto al problema delle audizioni, siccome per il CUP la questione si è risolta in quattro o cinque audizioni, ritengo che siano percorribili due strade, che valuterà la presidenza: accorpare in due audizioni le specificità che sono di rilievo generale oppure, andando avanti nel nostro lavoro di elaborazione della riforma, proseguire a latere, in doppio binario, le audizioni.
Vorrei quindi sollecitare ad esaminare la possibilità di entrare più nel merito continuando con le audizioni, se questo è importante per farci meglio comprendere la realtà del mondo delle professioni e delle casse, nonché per farci capire meglio, attraverso il mondo delle professioni e delle casse, quel che vogliamo e possiamo fare. Invito pertanto la presidenza a prestare molta attenzione alla richiesta del presidente dell'ADEPP.
GAETANO PECORELLA. Dobbiamo prendere atto, a mio avviso, che il relatore, onorevole Mantini, ha riportato il discorso al punto di partenza, perché, nel momento in cui afferma che il testo base non è il disegno di legge del Governo e che un testo base deve ancora essere redatto, sostiene fondamentalmente che siamo poco orientati o disorientati. Questo è un fatto che non possiamo non stigmatizzare (Commenti del deputato Siliquini), in quanto, dopo aver svolto numerose audizioni, oggi ci rendiamo conto - alla luce soprattutto degli ultimi interventi - che il testo del Governo non piace a nessuno e che quindi è necessario ripartire da zero.
In secondo luogo, osservo che purtroppo, quest'oggi, l'attuale maggioranza è completamente assente, a parte l'onorevole Mantini, che in qualità di relatore non può non essere presente, e il signor presidente: l'attuale maggioranza mostra scarso interesse per un'audizione di grande rilievo, che vede presenti i rappresentati dell'intera avvocatura e delle casse.
Vorrei evidenziare in modo chiaro qual è la posizione di Forza Italia e, penso, di tutta la Casa delle libertà. Vi sono due punti molto chiari, il primo dei quali riguarda la legge delega. Noi faremo di tutto per non farla passare, poiché affidare al Governo la possibilità di decidere sulla libertà delle professioni è assolutamente fuori dalla nostra concezione di una società libera; tanto più che le leggi sulle liberalizzazioni mi pare siano tutte orientate a concepire il professionista come un soggetto non più libero, ma sempre più ingabbiato in determinate situazioni. In primo luogo, lo ribadisco, ci opporremo alla legge delega.
In secondo luogo, ci opporremo a qualsiasi legge che non consenta, successivamente, specifiche leggi sulle specifiche professioni. Riteniamo, ad esempio, che la professione dell'avvocatura, senza voler fare graduatorie, abbia delle caratteristiche tali per cui può essere inserita in una legge quadro, che però non può essere la stessa che regolamenta l'attività del veterinario o di altro tipo di professionista. Non si tratta di livelli di dignità ma, semplicemente, di funzioni diverse: l'avvocato ha infatti una funzione di carattere pubblico, tanto che oggi la Cassazione lo ritiene un pubblico ufficiale quando svolge determinate attività; pertanto, l'avvocatura necessita di una legge che riguardi i principi delle professioni ma anche, specificamente, l'attività della professione forense.
Sono questi i due cardini sui quali ci muoviamo. Se su questi punti si registra il consenso della maggioranza, sarà possibile varare una legge, che, tra l'altro, potrebbe
essere anche predisposta in tempi non lunghi; se, viceversa, si vuole rimanere ancorati ad una legge delega o ad una legge che voglia regolamentare tutte le professioni allo stesso modo, allora diciamo chiaramente che noi non siamo d'accordo.
Da quanto ascoltato quest'oggi sia dall'Organismo unitario dell'avvocatura sia dai rappresentanti dell'ADEPP, credo che l'orientamento delle professioni vada chiaramente in tale direzione. Su questa base, quindi, siamo disposti a trovare un accordo; ma se questo non si registrerà, ci appelleremo alla società civile affinché non passi una legge di contenuto diverso.
MARIA GRAZIA SILIQUINI. Vorrei intervenire prima su quest'ultimo punto, e poi su alcune annotazioni nei confronti del presidente.
Nel corso del tempo, si sono registrate posizioni anche piuttosto diverse da parte dei relatori, motivo per cui, via via, si è richiesto, e si richiede, un aggiornamento del work in progress. Per chiarezza circa la posizione di Alleanza nazionale, ribadisco che il nostro work in progress, al contrario, è sempre lo stesso: non abbiamo cambiato idea. La legge deve essere assolutamente ed esclusivamente una legge quadro - condivido quanto sostenuto poc'anzi dall'onorevole Pecorella -, ovvero deve basarsi su principi chiari per i professionisti, che diventino principali intoccabili per il futuro, onde evitare, onorevole Mantini, che il solito ministro della vostra maggioranza proceda ad incursioni blitz nel mondo dei professionisti, come è avvenuto non più tardi di questa settimana.
Il lupo - mi riferisco ad una parte della maggioranza - perde il pelo ma non il vizio, e non ha ancora capito che non si procede a sforbiciate e aggressioni pesanti, come è avvenuto, questa settimana, nei confronti della categoria dei notai. Solo stamattina siamo riusciti con fatica, ancorché con l'aiuto di una parte della maggioranza, ad ottenere - come è noto a tutti - il ritiro del relativo emendamento. Sottolineo che condivido la preoccupazione che aleggia, perché è la stessa avvertita da me e da tutti i professionisti che oggi rappresentano l'enorme patrimonio costituito dalle nostre pensioni (non già il «tesoretto», che non si è ancora capito come debba essere suddiviso e quali siano i destinatari). Su questo ci difenderemo fino in fondo, e così faranno loro.
GIUSEPPE CHICCHI, Relatore per la X Commissione. Pensioni di parlamentari o...
MARIA GRAZIA SILIQUINI. No, di avvocati.
GIUSEPPE CHICCHI, Relatore per la X Commissione. Siccome si sta discutendo anche di questo...
MARIA GRAZIA SILIQUINI. Mi riferisco alle pensioni dei professionisti, a quelle dei colleghi avvocati. Io posso anche disinteressarmi della professione di parlamentare, ho altri cespiti.
Ho trascorso due giorni veramente difficili, e non ho dormito la notte, pensando al Ministro Bersani che ha dichiarato che la sua psicologia - lo ha detto in un comunicato stampa - è quella di arrivare ad incidere sulle professioni. Come? Paragonando, in questo caso, i notai o gli avvocati ai funzionari del comune. Questa è la mentalità di quella parte politica, contro cui i professionisti devono difendersi, ed io, che la penso allo stesso modo, farò di tutto per difenderli.
La mia posizione e quella di Alleanza nazionale, pertanto, non può che essere contraria alla delega perché, come professionisti e parlamentari, non ci fidiamo, e non perché siamo sospettosi di natura, ma perché sono dieci anni che il Ministro Bersani tenta di fare questo scoop. E, sebbene lo avessimo ribadito in tutti i congressi e in tutti i convegni, il Ministro Bersani ha tentato l'operazione ancora una volta. Quindi, i Democratici di sinistra - mi dispiace fare questa affermazione - non sono credibili, così come non lo è questa maggioranza, dato che il Ministro Bersani è titolare di un ministero dal peso enorme. A questo punto, non mi interessa
il conflitto, il disorientamento, lo scontro di potere e posizioni diverse nella maggioranza, poiché, alla fine, chi decide sarà il Ministero delle attività produttive, e se non ci apponiamo in Parlamento con lo sbarramento o con un fuoco di fila, non otterremo nulla.
Vorrei domandare, inoltre, ai signori relatori se non si sentano offesi dal fatto che, mentre è in corso il lavoro sulla riforma delle professioni, da tutti faticosamente portato avanti in queste due Commissioni, il vostro Ministro deposita un emendamento aggiuntivo in Commissione, il solito vecchio «emendamento blitz», già presentato nel 1997 con lo stesso metodo (allora era l'articolo aggiuntivo 10-bis, oggi è il 41-bis).
Ho riferito tutto questo senza alcun intento polemico, ma solo per far capire quanto siano fondate le preoccupazioni, per cui solo una legge quadro e dei principi precisi - se condivisi - potranno forse indurci a prendere la direzione giusta. È evidente che, se i principi non saranno da noi condivisi, la maggioranza non varerà mai questa legge; se, invece, i principi saranno chiari e condivisi, allora sarà possibile compiere dei passi verso la soluzione del problema. Del resto, quanto accaduto in questa settimana si chiama, nei processi penali, «riscontro»: da innumerevoli indizi, questa settimana si è avuto, infine, il riscontro. Sono ansiosa di scoprire quale rappresentante della maggioranza potrà ora sostenere che la riforma venga condotta a termine secondo tempi distesi e con una concertazione.
Voi della Margherita avete lasciato passare questo articolo aggiuntivo senza sollevare alcuna obiezione: non ho sentito una sola parola da parte dell'onorevole Mantini su di esso.
PIERLUIGI MANTINI. Questa è un'audizione!
MARIA GRAZIA SILIQUINI. Adesso non voglio essere interrotta!
PIERLUIGI MANTINI. Presidente, chiedo scusa, ma questa è un'audizione...
MARIA GRAZIA SILIQUINI. Torniamo alle conclusioni.
PRESIDENTE. La prego di essere breve. Le ricordo che siamo qui per ascoltare i rappresentanti convocati e non per fare commenti o relazionare.
MARIA GRAZIA SILIQUINI. Credo che sia sempre meglio esporre le situazioni in anticipo, anziché sbarrare le leggi in un secondo tempo.
Per tornare alla questione oggi in esame, desidero chiedere al presidente De Tilla una valutazione su quanto prevede il disegno di legge Mastella circa gli ordini e le associazioni, sulla base delle preoccupazioni sollevate dall'ADEPP in termini di ricaduta sulle casse professionali.
In secondo luogo, le chiedo se sareste favorevoli o contrari a una proposta di legge stralcio per regolare le associazioni, ritenendo, dal mio punto di vista, che sia molto più utile una legge che contenga principi chiari e indiscutibili.
MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Poiché mi dovrò allontanare, insisto nell'invito a dare seguito all'audizione delle casse. È una richiesta che le rivolgiamo, presidente, in maniera formale. Per noi è importantissimo.
PRESIDENTE. È sul tavolo una proposta, avanzata dal collega Taurini, che potrebbe essere valutata: dovreste raggruppate per area tecnica o per area giuridica i soggetti, così da poter contenere le audizioni nel numero di due o tre; altrimenti, data la ristrettezza dei tempi, sarà impossibile.
MAURIZIO DE TILLA, Presidente dell'ADEPP. Se ci fornite le date, seguiremo le sue indicazioni.
PRESIDENTE. Le date possono essere fissate successivamente.
Do ora la parola al presidente dell'Ente di previdenza dottori commercialisti, Antonio Pastore, per la replica.
ANTONIO PASTORE, Presidente dell'Ente di previdenza dottori commercialisti. Ringrazio la Commissione per averci dato l'opportunità di esporre i problemi e le preoccupazioni del mondo della previdenza.
Tralasceremo il dibattito politico intorno alla riforma delle professioni e tenteremo di rispondere alla domanda dell'onorevole Siliquini sui riflessi paventati da una riforma delle professioni così concepita. Le preoccupazioni sono tante, perché va ricordato che questi sistemi previdenziali, che in questo momento rappresentano, come già precisato dal presidente De Tilla, circa un milione di cittadini e di professionisti, sono privatizzati da circa dodici anni.
Ricordo che, nel momento in cui siamo stati privatizzati, abbiamo ereditato, consapevolmente, il cosiddetto «debito implicito» di cui ogni cassa si è fatta carico nel tentativo di riequilibrare il sistema. Le casse vivono momenti virtuosi di gestione, probabilmente perché sono ancorate allo sviluppo delle professioni. Laddove le professioni dovessero perdere di interesse, così come paventato con un sistema cosiddetto «duale» e con il riconoscimento delle associazioni professionali, è evidente, soprattutto perché finanziate con metodo a ripartizione, che l'interesse verso l'approccio e l'accesso alle professioni verrebbe meno.
Il tentativo di liberalizzare il mercato, paventando l'ipotesi che questo mercato sia chiuso, è da scongiurare, è da smentire. Siamo pronti a dimostrare come nel sistema delle professioni (dati Censis) vi siano numeri estremamente confortanti. Negli ultimi dieci anni, il mondo delle professioni è raddoppiato, e questo dimostra come non esistano barriere all'ingresso in tale mondo. La mia professione e quella dei dottori commercialisti sono caratterizzate da un forte trend di crescita, a conforto e conferma del fatto che non ci sono barriere.
Sulla mia professione, abbiamo presentato un documento, che amplieremo, se necessario, quando ce ne sarà data la possibilità.
Queste professioni temono, con molta preoccupazione, che si verifichi una perdita di interesse, perché l'accesso alle associazioni professionali - con il riconoscimento che allo stato attuale viene loro attribuito - può indurre i giovani ad interrompere i loro cicli di studi, evitando il percorso universitario del «tre più due», il tirocinio professionale e l'esame di Stato (molto impegnativo); in tal modo verrebbe a mancare il rispetto di una continua formazione professionale e delle norme deontologiche. Di questo, lo Stato, il Parlamento deve avere piena consapevolezza.
Esiste l'articolo 38 della Costituzione, che tutti vogliamo continuare a rispettare: ci siamo fatti carico di pagare le pensioni a tutti, e ognuno di noi è nelle condizioni di poterlo fare; ma se viene meno quella alimentazione data dal flusso demografico e, di conseguenza, contributivo, qualche preoccupazione continueremo, ovviamente, ad averla.
Da questo punto di vista, facciamo nostro l'invito del presidente De Tilla: saremo sintetici, bravi e chiari, per mettere la Commissione e il Parlamento nelle condizioni di decidere al meglio per tutti. La legge quadro è, evidentemente, meglio della legge delega.
PRESIDENTE. Ringrazio tutti per le osservazioni che avete svolto. Vi raccomando due cose: contributi scritti e aggregazione per aree, in modo da poter integrare, eventualmente, il disegno di legge, che la Commissione comincerà ad esaminare alla fine di giugno.
ANTONIO PASTORE, Presidente dell'Ente di previdenza dottori commercialisti. Di questa sensibilità vi ringraziamo fin da ora.
PRESIDENTE. Salutiamo i rappresentanti della Confcommercio. Ringrazio il dottor Persiani e la dottoressa Mancini, ai quali raccomando di lasciare una memoria scritta. Colgo l'occasione per informarli che la scarsa presenza dei colleghi in questa sede è dovuta al fatto che oggi è
una giornata pre-elettorale; pertanto, molti deputati sono al lavoro nei collegi.
Do la parola al vicedirettore generale per le politiche legislative di Confcommercio, Costante Persiani.
COSTANTE PERSIANI, Vicedirettore generale per le politiche legislative di Confcommercio. La nostra memoria scritta, già consegnata, è stata redatta di concerto con numerose associazioni delle professioni che sono già aderenti a Confcommercio, tanto che la nostra confederazione ha recentemente modificato gli statuti di molte delle sue espressioni territoriali, includendo proprio le associazioni dei professionisti, che sono ormai parecchie. È chiaro, pertanto, che il nostro documento è espressione di quelle associazioni che sono da noi rappresentate.
Mi limiterò a sottolineare solo i punti più importanti, perché il documento contiene, oltre alle proposte, molte considerazioni pregnanti, alle quali mi rifarò. Ovviamente, non è facile fare delle proposte in presenza di più progetti di legge; tuttavia, nel nostro documento sono stati selezionati gli aspetti più significativi dei vari progetti di legge presentati, su alcuni dei quali esprimiamo delle opzioni; prescindendo dal doverne scegliere uno solo, il nostro documento ha considerato, nei diversi progetti di legge, quelle soluzioni che rientrano oggettivamente nella nostra linea di pensiero.
Vorrei cominciare dalla questione relativa alle associazioni e agli ordini professionali. Anche noi siamo dell'opinione che gli ordini professionali siano proliferati in maniera, a nostro avviso, eccessiva, e forse in controtendenza rispetto all'indicazione europea. La nostra impressione, pertanto, è che l'ordine debba costituire una regolamentazione eccezionale, e non la norma; questo, chiaramente, in presenza di attività che devono essere tutelate, che riguardano problemi di interesse generale, con regole particolari e in presenza di particolari requisiti. Quindi, va evitato il proliferare degli ordini.
Sono sicuramente positive quelle istanze che prevedono anche la possibilità di trasformare alcuni o molti degli ordini esistenti in associazioni professionali. Ovviamente, per fare questo e per vedere qual è la connotazione degli ordini, sarà necessaria una certa predisposizione della norma all'incentivazione di questa trasformazione.
Detto questo, vorrei sottolineare alcune lacune.
Una prima lacuna appartiene al disegno di legge governativo: voi sapete che, in relazione alla questione ordine-associazioni, sarebbe interessante avere una nozione specifica che definisca le professioni di interesse generale, perché sono le uniche che possono giustificare un sistema ordinatorio. Purtroppo, il disegno di legge governativo non contiene questo tipo di definizione. Sottolineiamo, quindi, la necessità che tale definizione venga inclusa, derivandola magari da altri progetti di legge.
Un'altra lacuna, sempre a livello definitorio, riguarda la definizione di «professione intellettuale»: noi siamo dell'idea che questa definizione debba essere specificata, e sottolineiamo che, pur essendo presente in altri progetti di legge, in quello governativo non è stata indicata.
Nel nostro testo ci rifacciamo, quindi, agli altri progetti di legge, escludendo tuttavia l'ipotesi che la definizione di «professione intellettuale» debba essere subordinata al possesso di requisiti quali il titolo di studio universitario o equipollenti aventi valore legale. Questo perché potrebbero esserci delle professioni che, pur non essendo marcate con un requisito, sono intellettuali a prescindere dalla laurea o da un altro titolo, in quanto hanno comunque delle caratteristiche di qualità e un ruolo sociale oggettivamente riconosciuto che le rende tali. Noi siamo quindi favorevoli ad una definizione che prescinda dal solo possesso del requisito.
Un altro aspetto che ci interessa approfondire è la creazione di condizioni che consentano un mutuo riconoscimento delle professioni a livello europeo. Una delle frontiere che dovrebbero essere sempre più superate riguarda lo scambio di professionalità e dell'attività delle professioni
al di là dei confini nazionali. Anche in quel caso, sarà necessario che la norma tenga conto di princìpi - come quello della libertà di stabilimento - che consentano alla professione di essere svolta fuori dai confini nazionali.
Per quanto ci riguarda, riteniamo molto importante il riconoscimento dell'incentivazione dell'associazionismo professionale. Questo è rilevabile negli altri Paesi europei, motivo per cui siamo non solo favorevoli, ma anche promotori dell'associazionismo professionale e della libertà di associazione professionale. Quindi, non solo riconosciamo le associazioni tra i professionisti come un'esigenza, ma, come confederazione, tenderemmo ad essere sempre più propositivi nel creare e nell'accogliere associazioni tra professionisti: ci sentiamo protagonisti di questa trasformazione.
Arrivo al discorso sui processi di associazione tra professionisti: come devono essere? Secondo alcuni, dovrebbero essere riservate esclusivamente alle professioni non regolamentate o non soggette ad ordini; noi, invece, riteniamo che debbano essere aperte sia agli iscritti ad ordini professionali, sia ai non iscritti, evitando ovviamente una sovrapposizioni di ruoli, che non sarebbe utile a nessuno.
In questo caso, il nostro ruolo sarà più specifico e riguarderà, ad esempio, la promozione di polizze assicurative, mentre quello degli ordini riguarderà la regolamentazione delle attività. A nostro avviso, in merito al riconoscimento delle associazioni tra professionisti, la formula migliore, tra quelle indicate nei vari progetti di legge, è quella che prevede di individuare un ministero competente. So che, per questo compito, sarebbero stati individuati il Ministero della sanità o quello della giustizia, oppure un concerto di ministeri. A nostro avviso, la soluzione migliore sarebbe un solo ministero competente, coadiuvato da una consulta che sia rappresentazione anche delle associazioni maggiormente rappresentative delle professioni e degli ordini professionali.
Per quanto riguarda i ruoli e i riconoscimenti delle associazioni maggiormente rappresentative, a nostro avviso, si deve fare riferimento ai requisiti che riguardano le strutture di queste associazioni, soprattutto alla loro serietà e al fatto che dispongano di un know-how a livello di tradizione, di formazione e di estensione sul territorio. Nel caso in cui tali associazioni siano aderenti a confederazioni rappresentate su tutto il territorio nazionale, esse meritano, chiaramente, un riconoscimento automatico. Questo è quanto noi auspichiamo che avvenga.
Esiste un progetto di legge che prevede di agire in subordine anche alle indicazioni e alle elencazioni del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro: noi chiediamo che questa elencazione non sia statica bensì dinamica, ovvero auspichiamo che, quanto meno nei primi anni, si accolgano anche quelle associazioni, non comprese nell'elenco del CNEL, che potrebbero già esistere o essere costituite, ed essere quindi prese in considerazione.
Per quanto riguarda gli attestati di competenza, siamo sicuramente d'accordo sul fatto che debbano esserci delle certificazioni rilasciate da chi è in grado di fare aggiornamento professionale e ha, ovviamente, esperienza in tale ambito. Le associazioni sono, quindi, le più adatte all'analisi e alla definizione dei requisiti, al loro accertamento e al rilascio delle certificazioni professionali.
Uno dei princìpi che dovranno sicuramente essere resi obbligatori è che queste associazioni siano in grado di predisporre dei codici etici. A tale proposito, segnalo che Confcommercio, insieme ad alcune camere di commercio, ha una lunga tradizione nella predisposizione sia di codici etici sia di codici deontologici (ad esempio - anche se non c'entra con la riforma delle professioni -, il codice etico del diritto societario è stato il primo ad essere riconosciuto dal Ministero).
Per quanto concerne le forme societarie, noi siamo favorevoli alla multiprofessionalità, assolutamente convinti che la forma societaria sia la forma migliore, per il futuro, nello svolgimento di professioni associate; tuttavia, la multiprofessionalità di professioni riconosciute - ordinistiche e
non - non deve essere soggetta a vincoli, come sembra essere invece previsto. Noi auspichiamo una situazione paritaria, soprattutto nella partecipazione non minoritaria di professionisti di attività non ordinistiche nelle società interprofessionali e negli organi sociali delle associazioni, equivalenza che avrebbe conseguenze, oltretutto, anche nell'ambito dei singoli rapporti all'interno di uno studio di una associazione.
Credo che il conseguimento di questo obiettivo sia importante, come credo sia importante escludere le procedure fallimentari, perché parliamo di professioni intellettuali, per le quali sono importanti, oltre a quelle norme - del libro V del Codice civile - che potrebbero assimilarle all'esercizio di impresa, la presenza e la professionalità delle persone che le svolgono.
Spero di essere stato sufficientemente sintetico. Per tutto il resto, comprese le spiegazioni sul mio intervento, rinvio al documento che vi abbiamo presentato.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.
GIANCARLO LAURINI. Innanzitutto, vorrei farvi i complementi per l'attenzione che avete prestato al problema relativo alla definizione delle professioni intellettuali: mi compiaccio, perché avete sottolineato una serie di aspetti che dimostrano una particolare sensibilità nei confronti di questo problema.
Vi sono, però, altri punti interessanti su cui si potrebbero fare alcune osservazioni; ad esempio, sulle società professionali, rispetto alle quali, non a caso, si vuole mantenere una caratterizzazione per i soci professionisti. È una loro «filosofia», tutta particolare.
Riteniamo positivo quanto detto sulla partecipazione alle associazioni «a cavallo», solo per gli iscritti all'albo, così precisando la differenza tra iscritti all'albo e non iscritti.Vorrei capire bene questo punto: per le professioni e i professionisti relativi ad attività regolamentate, la partecipazione alle associazioni, secondo voi, è limitata agli iscritti all'albo? Devono essere per forza iscritti all'albo oppure no?
COSTANTE PERSIANI, Vicedirettore generale per le politiche legislative di Confcommercio. No.
GIANCARLO LAURINI. Allora non siamo d'accordo.
COSTANTE PERSIANI, Vicedirettore generale per le politiche legislative di Confcommercio. Lo so, infatti lei sorrideva quando lo dicevo, e l'ho notato.
GIANCARLO LAURINI. Volevo capire bene se era d'accordo o no.
COSTANTE PERSIANI, Vicedirettore generale per le politiche legislative di Confcommercio. Assolutamente no. Non siamo nemmeno votati all'unanimismo; va bene comunque.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo per la partecipazione.
Do ora la parola, nell'ambito del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, ai rappresentanti di Adiconsum, pregandoli di essere sintetici ed eventualmente di produrre dei documenti scritti.
PAOLO LANDI, Segretario generale di Adiconsum. Signor presidente, grazie per questo invito rivolto alle associazioni dei consumatori. Cercherò di esprimere rapidamente un pensiero molto semplice, con la speranza che sia anche propositivo.
Abbiamo letto l'intera proposta di riordino delle professioni e devo dire che l'abbiamo trovata ben congegnata e ben articolata; è sicuramente un provvedimento molto organico. C'è una preoccupazione di fondo, ovvero che in questo riordino alcune cose innovative...
MARIA GRAZIA SILIQUINI. Quale proposta? Ci sono delle proposte di legge parlamentari e un disegno di legge governativo.
PAOLO LANDI, Segretario generale di Adiconsum. Parlo del testo governativo (Commenti del deputato Siliquini).
Riteniamo positivo il fatto di aver ritrovato, in questo testo, le cose per cui ci siamo battuti: mi riferisco al superamento dei tariffari minimi, alla pubblicità da parte dei professionisti (che non deve essere cancellata), ai compensi parametrati al risultato, alla copertura assicurativa, al fatto che le commissioni giudicanti l'operato siano imparziali e non siano composte dagli addetti alla professione.
Ci sono tre questioni sulle quali, invece, vorremmo che il testo fosse migliorato e integrato.
La prima riguarda il contenzioso che può insorgere tra consumatori e professionisti: noi riteniamo che la soluzione di questo contenzioso non possa e non debba essere rimessa soltanto agli ordini, ma che sia necessario trovare una soluzione in termini di equità. Pertanto, o si prevede l'intervento di un'autorità esterna, oppure si prevede che le commissioni siano composte in maniera imparziale, così che il consumatore abbia una garanzia seria (non come è avvenuto fino ad oggi, in cui gli addetti ai lavori difficilmente hanno parteggiato per i problemi del consumatore).
Il secondo aspetto riguarda i codici deontologici, ai quali siamo favorevoli. Riteniamo che, in merito, possano essere consultate anche le associazioni dei consumatori; tuttavia, riteniamo anche che si possa proporre ai vari ordini e alle varie associazioni - è questo l'aspetto innovativo che vorrei sottolineare - un impegno a realizzare, insieme alle associazioni di utenza rappresentative, delle carte di servizio. Noi abbiamo già fatto un'esperienza con l'ordine degli psicologi, con il quale abbiamo negoziato una carta di servizio che affronti problematiche quali la trasparenza delle tariffe, l'aspetto contrattuale (in modo molto semplificato), le procedure conciliative, la soluzione del contenzioso. Tutte queste problematiche debbono far parte di una carta di servizio e ogni ordine ed associazione deve impegnarsi a negoziarla e a concertarla con le associazioni dei consumatori.
Questo, a nostro avviso, sarebbe davvero un aspetto innovativo rispetto al passato; purtroppo, però, non ne abbiamo trovato traccia in tutta la discussione.
Infine, c'è un problema che riteniamo debba essere posto sul tappeto: se si decide per un riordino a seguito del quale, alla fine, gli ordini avranno un ruolo di associazione e di tutela delle professioni, non vediamo per quale ragione debba essere ancora richiesto al consumatore di pagare un contributo all'ordine. Riteniamo che, come in tutte le altre strutture associative - alle quali noi siamo naturalmente molto favorevoli -, debbano essere gli stessi professionisti a contribuire alle spese di attività della propria organizzazione, senza farle ricadere sull'utenza; se così non fosse, non sarebbe comprensibile la ragione per cui debba essere mantenuto il privilegio.
Riassumendo, siamo favorevoli ad un riordino; crediamo che tutto il tema degli ordini debba essere fortemente ridimensionato in termini associativi; riteniamo che il contributo dovuto dagli utenti debba essere eliminato e versato dagli stessi professionisti (come accade per tutte le organizzazioni associative), e auspichiamo l'introduzione - fra gli altri impegni - di una carta di servizio, nella quale regolamentare gli aspetti essenziali della trasparenza, dell'informazione, della privacy, del contenzioso e delle procedure conciliative,il che a nostro avviso rappresenterebbe un forte elemento di novità.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.
GIANCARLO LAURINI. A quali contributi si riferisce? Gli ordini non sono associazioni privatistiche, ma enti pubblici non economici che hanno una funzione non corporativa - o in parte corporativa - di tutela dell'interesse pubblico degli utenti dei servizi professionali. Questo è il loro spirito e il loro statuto, nonché lo spirito di riforma che li caratterizza.
Vorrei fare, inoltre, una domanda: quale sarebbe il contributo per il mantenimento dell'ordine di cui parla che sarebbe a carico del cittadino?
PAOLO LANDI, Segretario generale di Adiconsum. Il contributo è del 2 per cento, per la cassa.
GIANCARLO LAURINI. Le casse di previdenza sono un'altra cosa: il sistema pensionistico grava sui professionisti e varia a seconda dei diversi ordinamenti professionali(Commenti del deputato Siliquini). Ma quale consumatore! È la prestazione professionale che ha un suo costo, che comprende anche il contributo che noi paghiamo.
PIERLUIGI MANTINI. Io condivido molto il principio relativo al contenzioso, secondo il quale non possono essere solamente i produttori a giudicare ex se.
Per il resto, le questioni che sono state illustrate ci sono note, quindi approfondiremo anche i contributi scritti. Mi pare che i princìpi relativi alla pubblicità, all'adeguatezza e al fatto che le tariffe siano in rapporto con il risultato siano tutti presenti nella riforma, pertanto cercheremo, col necessario equilibrio, di dare corso agli stessi sul piano legislativo.
PRESIDENTE. Do la parola al presidente del Codacons per la replica.
MARCO RAMADORI, Presidente del Codacons. Sono perfettamente d'accordo con Landi nel ritenere necessaria la presenza dell'Associazione dei consumatori in questa riforma delle professioni. So che i consumatori iscritti al CNCU hanno comunque una funzione pubblica, perché sono iscritti sulla base di alcuni requisiti di democrazia interna e di presenza sul territorio; ed è importante che ci sia un interesse pubblico, affinché queste associazioni siano presenti non solo, come prevede il codice del consumo, nella fase della litigiosità e del contenzioso, ma anche, in via preventiva, nella realizzazione delle carte dei servizi, sulla scorta sia dell'esperienza che abbiamo fatto insieme all'ordine degli psicologi - senza alcuna necessità normativa - sia di quella maturata nell'ambito degli accordi conclusi con l'ABI.
Il successo delle nostre associazioni, che fanno da camera di compensazione rispetto alle richieste provenienti dai consumatori, è riconosciuto da tutti.
Detto questo, vorrei fare due piccole precisazioni tecniche. L'articolo 3, comma 1, lettera a), prevede che il tirocinio professionale riabbia una durata non superiore a dodici mesi. Questa durata, in effetti, mi sembra limitativa, anzi contrasta con tutte le novità legislative in campo europeo ma anche nazionale; se non erro, la riforma riguardante i dottori commercialisti del 2005, che ha aumentato il livello del tirocinio, dipende anche dalle professioni: prevedere un massimo di dodici mesi di tirocinio per un avvocato o un commercialista potrebbe essere riduttivo.
Lo stesso dicasi per l'articolo 1, lettere a) e b), laddove si prevede l'inserimento degli studenti universitari all'interno degli studi professionali. In linea di massima, questo è un elemento positivo, perché costituisce, per i ragazzi, un aiuto ad entrare nel mondo produttivo; ma è anche vero che per certe professioni questo è delicato, perchè proprio nel campo degli avvocati e dei commercialisti può comportare un'utilizzazione di personale non specializzato a costo zero, con un danno per l'interesse degli utenti che si rivolgono a questi studi.
Quindi, da una parte è giusto prevedere un equo compenso, ma dall'altra per alcune professioni è pericoloso. Ad esempio, per quanto riguarda l'avvocatura, è già previsto che l'avvocato possa diventare praticante abilitato un anno dopo la laurea, anche perché per questa professione - così come per altre - alcuni degli esami fondamentali che riguardano la tutela dei consumatori - come, ad esempio, procedura civile - vengono sostenuti nell'ultimo anno.
Pertanto, introdurre negli studi professionali privati questi studenti può essere
pericoloso: inviterei a fare attenzione ad un inserimento generalizzato, differenziandolo a seconda delle varie professioni.
PRESIDENTE. Il calendario dei lavori ed anche la fase pre-elettorale hanno fatto sì che a questa audizione siano presenti pochi deputati. Tuttavia, come sapete, nelle indagini conoscitive può essere acquisita agli atti eventuale documentazione scritta. Vi ringraziamo pertanto sia degli eventuali contributi scritti che depositerete sia di quanto vorrete dirci.
Do ora la parola all'avvocato Valter Militi, presidente dell'Associazione italiana giovani avvocati.
VALTER MILITI, Presidente dell'Associazione italiana giovani avvocati. Buonasera a tutti. Mi sarebbe piaciuto soffermarmi maggiormente sulle proposte della nostra associazione in materia di riforma delle professioni, segnatamente riguardo all'ordinamento forense. Capisco che le difficoltà oggettive della Commissione non mi consentono un esame a tutto tondo; abbiamo comunque depositato un documento a cui faremo riferimento.
In tale documento abbiamo cercato di evidenziare le linee a cui una riforma delle professioni dovrebbe, secondo i giovani avvocati, ispirarsi, fermo restando che, come si può intuire dai tantissimi profili che sono stati oggetto di attenzione, ci sono validi motivi per suggerire uno stralcio della riforma dell'ordinamento forense dalla riforma delle professioni oggetto di discussione in questa Commissione, sia per le peculiarità dell'attività forense, sia per tutte le implicazioni che discendono da un intervento riformatore ampio, quale la legge quadro sulle professioni, che avrebbe bisogno di una specificazione sicuramente importante in sede di decreti delegati.
Sulla strada della riforma delle professioni potrebbe esserci la necessità di un'attività legislativa importante e forte, con il rischio di cadere nell'eccesso di delega o di non riuscire a dare risposta alle molteplici questioni che, appunto, rappresentano delle peculiarità per la nostra attività professionale.
Come giovani avvocati - e mi avvio a concludere, presidente -, abbiamo cercato di capire quali sono le necessità della professione forense, come deve cambiare e perché si dovrebbe andare in una determinata direzione. Lo abbiamo fatto, non già con un semplice lavoro di studio e di riflessione sugli apprezzabilissimi testi che sono stati presentati in questo ramo del Parlamento - perciò su quei princìpi e sulle riflessioni riguardo alle conseguenze che l'applicazione di tali princìpi porterebbe -, ma con uno studio preliminare di una realtà profondamente trasformata rispetto a quella fotografata dal vecchio ordinamento forense.
Ritorno sempre - capisco la difficoltà nell'affrontare questo tema - a parlare di ordinamento forense, fermo restando che i rilievi consegnati si riferiscono agli elementi di condivisione o di non condivisione dei testi in esame in questa Commissione e riguardano, pertanto, la riforma delle professioni oggetto di discussione. La richiesta di stralcio è, invece, una richiesta evidentemente preliminare.
Abbiamo provato a fotografare una professione che cambia, e abbiamo commissionato al Censis la predisposizione di un rapporto che, essendo ancora in forma di bozza, non sono nelle condizioni di poter depositare formalmente. Presenteremo questo rapporto il 19 luglio, presso il Senato, e avremo cura di farne pervenire una copia, il prima possibile, a tutti rappresentanti delle Commissioni riunite giustizia e attività produttive, poiché riteniamo che, per il raggiungimento di quei nobili e importanti obiettivi che la Commissione si sta prefiggendo - ovvero dare una risposta attraverso una sintesi dei diversi testi presentati -, potrà essere utile avere una fotografia di come è cambiata la professione di avvocato e di quali sono le necessità che un giovane che oggi intraprende questa professione si trova ad affrontare.
Il senso di un'azione riformativa organica - quale vuol essere quella della riforma professionale - è proprio dare
una risposta alla domanda che nasce da quei giovani che hanno voglia di avere professioni adeguate alla diversa epoca nella quale vivono, e che presenta delle problematiche totalmente diverse rispetto a quelle che sono state oggetto di dibattito negli anni passati.
Per questo motivo, credo che oggi sia importante - sia pur precisando che non si sta discutendo della professione forense ma della riforma delle professioni - offrire il nostro contributo su quegli aspetti che la riforma delle professioni ha comunque apprezzabilmente portato all'attenzione.
Ringrazio per la cortesia riservatami nel consentirmi di intervenire.
PIERLUIGI MANTINI. Nel ringraziare l'avvocato Militi, vorrei comunicare, a titolo informativo, che è chiaro a queste Commissioni il fatto di essere maggiormente orientate verso una riforma di legge quadro piuttosto che di legge delega ed anche, come abbiamo detto in altre occasioni, il fatto di dover proporre all'Assemblea un testo di princìpi fondamentali, anche se vi sarà sempre uno spazio specifico per leggi ordinamentali di settore, come nel caso dell'ordinamento forense. Quindi, tutto è già stato previsto.
Non c'è nessuna contraddizione, ma è evidente che i princìpi specifici di una professione importante e compartecipe della funzione pubblica, quale quella dell'avvocatura, dovranno essere compatibili con i princìpi generali che saranno determinati in queste occasioni.
PAOLA BALDUCCI. Anzitutto, mi congratulo per la relazione molto chiara e precisa, nella quale vengono sottolineati, oltre alle positività, anche i molti punti di criticità da voi individuati.
Vorrei chiedere brevissimamente due cose. In primo luogo,, per quanto concerne la professione di avvocato e l'accesso alla stessa, ho notato che uno dei punti che voi considerate importanti, e che io reputo degno di attenzione, è l'esame da avvocato, che, a vostro avviso, dovrebbe essere centralizzato. Vorrei che mi chiariste meglio questo punto, sia per quanto riguarda la formazione, sia con riferimento all'esame.
La seconda domanda riguarda i minimi tariffari: so che voi, come rappresentanti dei giovani avvocati, avete in merito degli argomenti importanti da sottolineare. Per il resto, mi è tutto molto chiaro.
PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Militi per la replica.
VALTER MILITI, Presidente dell'Associazione italiana giovani avvocati. Per quanto riguarda l'esame, riteniamo che il recente intervento normativo abbia dato risposta ad uno dei problemi che, obiettivamente, è emerso nel corso di questi anni, ovvero il deprecabile «turismo forense» che si è verificato in Italia.
Questo, tuttavia, non ha certamente risolto il problema della disomogeneità nelle valutazioni, che ancora persiste, tanto che gli ultimi dati ci consegnano una fotografia, in questo caso trasversale (non c'è più quella barriera nord-sud che una volta era il criterio di determinazione della percentuale e che comportava come conseguenza il «turismo forense»), in cui si riscontrano percentuali che passano dall'80 per cento al 20 per cento. Credo che questo sia inaccettabile.
Pertanto, una commissione unica su base nazionale, con criteri di valutazione che, in questo caso, sono necessariamente omogenei, secondo noi rappresenta l'unica risposta.
Tuttavia, a questo discorso è associato un problema di tipo numerico: la riflessione in questo caso cambia, andando oltre i confini della riforma delle professioni e toccando principalmente la riforma del sistema universitario. Il problema è che, anche quest'anno, si sono registrati 40.000 iscritti alle facoltà di giurisprudenza, numero che non diminuisce nel tempo, nonostante il mercato legale sia ormai saturo; gli sbocchi della carriera universitaria nelle facoltà di giurisprudenza sono obbligati: non ci sono più i concorsi, c'è la possibilità di scegliere fra
la strada del notariato e quella della magistratura e, infine, quella dell'avvocatura, che rimane deprecabilmente residuale.
Ciò comporta due conseguenze: in primo luogo, che i numeri sono sempre elevatissimi e non consentono un controllo, né nella fase iniziale di accesso, né nella fase successiva della formazione. Dobbiamo, allora, cercare di riequilibrare questi numeri. In che modo? Noi dell'AIGA auspichiamo una politica intelligente, che cominci a ipotizzare un sistema di incentivi e di disincentivi per le facoltà universitarie, secondo le necessità che si registrano nel Paese.Tutti ci lamentiamo di non avere chimici o fisici, ma non facciamo nulla per spingere i nostri giovani in questa direzione. Li spingiamo invece a scegliere casualmente e a rifugiarsi in un mercato nel quale l'eliminazione di quei paletti che alcuni dei progetti di legge vogliono ulteriormente ridurre - qui c'è l'aggancio con il problema tariffario - apparentemente facilita l'ingresso nel mercato della professione, mentre assicura, purtroppo, disoccupazione o sottoproletariato intellettuale.
Il recupero deve quindi iniziare, secondo noi, dal momento dell'esame, per dare risposte alla disomogeneità di giudizi, ma tenendo presente - questo è l'unico motivo per cui può e deve essere previsto un esame di Stato - il quadro di riferimento, perché per risolvere un problema oggettivo non possiamo intervenire a valle, bensì occorre intervenire a monte.
Per quel che riguarda i minimi, a nostro avviso, di per sé questi non rappresentano un valore: lo rappresentano, però, nel nostro sistema, perché, se è vero che i minimi non garantiscono di per sé la qualità, è vero anche il contrario, ovvero che l'eliminazione degli stessi non garantisce automaticamente una maggiore qualità.Probabilmente, fissare una soglia oltre la quale non si possa andare è utile in una duplice direzione.
Innanzitutto, le esperienze degli altri Paesi nei quali i minimi tariffari non sono applicati ci insegnano che i costi della difesa aumentano; basti pensare all'Inghilterra, che ha un costo medio delle prestazioni legali pari a tre volte quello italiano. La giustizia, in Inghilterra, funziona in due direzioni (ci sono degli studi su questo argomento, non stiamo facendo delle osservazioni casuali): i ricchi hanno la possibilità di avere una giustizia costosa in tempi rapidissimi, mentre i poveri possono contare sul sistema di tutela legale (è una filosofia che un Paese può scegliere do adottare o meno); tutte le classi medie, invece, sono penalizzate da un sistema privo di regole, tanto che hanno una difficoltà nell'accesso alla giustizia.
Il problema dei minimi, che, di per sé, possono non essere una garanzia di qualità, è una sorta di sentinella per evitare la conseguenza negativa di un processo di eliminazione delle regole, ovvero il fenomeno deprecabile della svendita del prodotto e del servizio giustizia, che dobbiamo cercare di evitare.
In un mercato sano ed equilibrato, laddove offerta e domanda riescono a bilanciarsi perché riescono ad essere proporzionate, probabilmente il mercato può essere un indice regolatore e può filtrare; ma in un mercato come il nostro, nel quale c'è un disequilibrio ormai assodato, è chiaro che scardinare uno di quei paletti rischia di avere una ricaduta gravissima sulla qualità.
Vorrei fare altri due brevissimi rilievi. Innanzitutto, l'eliminazione dei minimi tariffari penalizzerebbe soprattutto i giovani, perché sarebbero maggiormente esposti a questa mancanza di regole e ne sarebbero le prime vittime. Inoltre, vorrei sottolineare che, un anno dopo l'entrata in vigore del decreto Bersani, i primi dati dimostrano che in Italia il costo delle prestazioni legali è aumentato, e non diminuito. Questo è un dato oggettivo, sul quale ritengo che il Paese e il Parlamento debbano riflettere. Sono dati dell'Istat, che emergono da una ricerca che abbiamo commissionato al Censis.
Queste sono le motivazioni per le quali non ci sentiamo legati a un sistema di minimi, fermo restando che i rilievi che svolgiamo tengono conto anche dell'orientamento
del Parlamento europeo e della Corte di giustizia, dei quali dobbiamo tenere conto.
PIERLUIGI MANTINI. Grazie, presidente Militi, parteciperemo allora con grande interesse alla presentazione al Senato del vostro rapporto.
PRESIDENTE. Avverto che l'audizione dei rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane avrà luogo nella seduta del 14 giugno prossimo.
Nel ringraziare ancora una volta gli ospiti intervenuti, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 17,10.