Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,15.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla ricerca delle persone scomparse, l'audizione del prefetto Gennaro Monaco, commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, del generale dei Carabinieri Salvatore Scoppa, direttore del servizio analisi criminale del dipartimento della pubblica sicurezza, di Elisa Pozza Tasca e di Gildo Claps, presidente e vicepresidente dell'associazione «Penelope», di Francesco Bariffi, presidente del comitato regionale Lombardia dell'associazione «Penelope», dei rappresentanti del comitato «Troviamo i bambini», di Federica Sciarelli, conduttrice del programma televisivo «Chi l'ha visto?», di Cristina Cattaneo, professoressa associata presso l'Istituto di medicina legale e delle assicurazioni dell'Università di Milano, di Antonio La Scala, vicepresidente del comitato regionale dell'associazione «Penelope» e di Massimo Montinari, dirigente dell'ufficio sanitario della
MERCEDES LOURDES FRIAS. Vorrei ringraziare, a nome della Commissione, tutti i colleghi firmatari della proposta di legge relativa alle persone scomparse nonché tutti i presenti. So che avete affrontato viaggi anche molto lunghi per poter dare un contributo alla odierna discussione sulla proposta di legge con cui intendiamo affrontare una delle questioni disattese per anni, sulla quale sarebbe fondamentale, per noi, offrire risposte di tipo istituzionale. È infatti necessaria, a nostro avviso, una presa in carico da parte delle istituzioni statali di un problema che non riguarda esclusivamente le persone che soffrono una scomparsa: ogni persona scomparsa manca certamente alla propria
famiglia e ai propri amici, ma manca soprattutto all'appello di tutta la società. In tal senso, riteniamo sia necessario che le istituzioni si facciano carico, complessivamente, di tale problema.
Amato che, incaricando una persona con le competenze e con il profilo storico-professionale del prefetto Monaco, ha avuto la sensibilità di cogliere la drammaticità della situazione.
CINZIA DATO. Signor presidente, esprimo tutta la mia soddisfazione per questo importante momento di confronto. Non intendo ripetere quanto già detto, preferendo invece cedere subito la parola alle persone oggi presenti poiché siamo qui proprio per ascoltare la loro esperienza.
MERCEDES LOURDES FRIAS. Vorrei scusarmi con i rappresentanti della RAI oggi presenti, dal momento che per concludere
rapidamente la mia relazione introduttiva non ho avuto modo di ringraziarli.
PRESIDENTE. Il ringraziamento alla RAI è una cosa talmente rara che mi pare vada particolarmente apprezzato.
GENNARO MONACO, Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. Desidero innanzitutto ringraziare tutti i componenti della I Commissione per avermi invitato ad essere ascoltato in questa occasione. In particolare, le parole di apprezzamento degli onorevoli Dato e Frias mi lasciano addirittura commosso.
PRESIDENTE. Da quando, prefetto?
GENNARO MONACO, Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. Da quando ha avuto inizio l'elaborazione dei dati da parte del CED, ovvero dal 1974. Questa situazione impressionante, poiché corrisponde, numericamente, alla popolazione di un piccolo centro, non è però conosciuta nel suo dettaglio e nelle sue particolarità.
si tratta, perciò, di numeri irrilevanti rispetto al dato reale. A questo si aggiungono i casi che riguardano i cittadini extracomunitari su cui non abbiamo alcuna percezione di quanto realmente succeda; nel caso degli italiani, siamo sicuramente più informati.
hanno contribuito alla stesura del progetto. Al contrario, vi sono altre situazioni che richiedono tale intervento, quale l'istituzione di un fondo che, a mio avviso, va però disciplinato. Occorre sicuramente dare un aiuto ai familiari degli scomparsi, soprattutto sotto il profilo giuridico e psicologico, ma non per lo svolgimento delle ricerche, dato che queste devono essere condotte dallo Stato e dalle istituzioni preposte. Diversamente, si potrebbero verificare casi in cui si inseriscono personaggi squallidi che, di queste gravissime disgrazie, intendono soltanto approfittare e lucrare.
FEDERICA SCIARELLI, Conduttrice del programma televisivo «Chi l'ha visto?». Sono Federica Sciarelli e conduco il programma «Chi l'ha visto?». È un onore per noi essere qui e vi ringraziamo per averci invitato a questa audizione.
PRESIDENTE. Per i deputati scomparsi magari!
FEDERICA SCIARELLI, Conduttrice del programma televisivo «Chi l'ha visto?». Anche. Quanto agli obitori, vorrei ricordare che in Italia vi sono persone che muoiono e che, non avendo documenti, restano inidentificate. È qui presente la dottoressa Cattaneo dell'istituto di medicina legale che vi spiegherà meglio di me questa problematica. A noi di «Chi l'ha visto?», lei e altri chiedono talvolta di mostrare volti di persone morte. Una volta abbiamo riunito tre casi, eravamo quasi a Natale e non avevamo il coraggio di farli vedere ai telespettatori in prima serata, ma ci sembrava una cosa giusta e alla fine abbiamo mandato in onda il servizio. Tramite il nostro programma, le persone sono state riconosciute - la dottoressa è molto competente e anche quando si tratta solamente di ossa riesce a individuarne il viso - ma abbiamo ricevuto alcune proteste scritte da parte di telespettatori, secondo i quali non era corretto mostrare le foto di persone morte in prima serata quando i bambini sono davanti alla televisione. Poiché per noi, anche se lo facciamo volentieri, è difficile mandare questi servizi, risulta evidente la necessità di un ufficio centrale per gli obitori. Sempre a tale proposito, alcuni dei nostri redattori talvolta si recano di persona negli obitori per evitare il tragitto ai genitori degli scomparsi ovvero verificano se alcune
delle persone di cui ci stiamo occupando si trovano in qualche obitorio senza che nessuno lo sappia.
inchieste vadano avanti in maniera diversa e riguardino non più scomparse, ma casi di omicidio. Allora, la morte presunta dovrebbe interessare non solo il diritto civile ma anche quello penale poiché questi casi devono essere trattati come casi di omicidio e non possono essere considerati semplici casi di scomparsa.
ELISA POZZA TASCA, Presidente dell'associazione «Penelope». Prego i colleghi e anche il presidente di comprendere la mia emozione, ritrovandomi nell'aula dove ho lavorato per alcuni anni quando al suo interno si svolgevano i lavori della Commissione politiche dell'Unione europea. Sono felice di esservi tornata e, soprattutto, di essere ancora utile al mio Paese per altre cause e in altri modi.
PRESIDENTE. Le chiederei allora di lasciarci il testo, in maniera tale da poterlo approfondire in un secondo momento e di illustrarlo brevemente.
ELISA POZZA TASCA, Presidente dell'associazione «Penelope». Svolgerò una rapida introduzione, illustrando le questioni più rilevanti.
nel quale i colleghi possono rinvenire i contenuti, lo statuto - che lascio agli atti della Commissione -, la struttura. L'associazione è organizzata in comitati regionali - attualmente molti sono in formazione - attraversi i quali cerchiamo di fornire le risposte.
ma che esiste in molti Paesi e che va ricercato anche nel nostro. Solo una profonda analisi e ricerca, condotta con l'umiltà del dubbio delle coscienze e la dignità di persone consapevoli che nella società attuale si vanno diffondendo organizzazioni criminali che usano il corpo di minori in modi aberranti - pedofilia, pedo-pornografia, riduzione in schiavitù e traffico di corpi umani come merci - e non si fermano nel loro degrado criminale nemmeno di fronte alla vendita di corpi in cambio di feroci, barbari, spietati, ma maggiori guadagni, può aiutarci a controllare il fenomeno anche in relazione alla scomparsa di persone.
MARIA ROSA DOMINICI, Rappresentante del comitato «Troviamo i bambini». Ringrazio dell'opportunità che mi viene offerta. Da quindici anni mi occupo di giustizia minorile, prima come giudice onorario e, attualmente, come consigliere onorario in Corte d'appello, sezione minori di Bologna. Sono qui oggi come ambasciatrice del comitato «Troviamo i bambini», grazie al presidente Violante e al discorso che egli tenne a Napoli, nel 1997, quando ebbe il coraggio - non era ancora di moda - in un convegno internazionale di magistratura minorile di parlare dei bambini come merce. Credo sia stato una sorta di battesimo del fuoco.
e molte persone che non hanno una identità. Nei tribunali accade molto spesso che a forza di alias, alias, alias, alla fine non si trovi nulla, l'invisibilità. Questa invisibilità alimenta il grande business del commercio d'organi, degli snuff movie. Bisogna avere il coraggio di dire queste cose e, con la coscienza civile che è propria di ognuno, denunciare i fatti a cui si assiste. Purtroppo solo la televisione o particolari situazioni mediatiche riescono veramente a coinvolgere le coscienze.
CATELLO CELENTANO, Rappresentante del comitato «Troviamo i bambini». Sono il papà di Angela Celentano, scomparsa il 10 agosto del 1996 dal Monte Faito.
nostre esperienze e ai nostri suggerimenti sulla materia.
fornire numero di casa e numero di cellulare; in caso di scomparsa, parte un messaggio vocale rivolto a tutti i genitori, allertando così l'intera comunità.
FRANCESCO BARIFFI, Presidente del comitato regionale della Lombardia dell'associazione «Penelope». Sono presidente di «Penelope» Lombardia. Io e alcuni amici, tutti coinvolti in problemi riguardanti la scomparsa di persone, abbiamo esaminato piuttosto meticolosamente la proposta di legge presentata e desideriamo sottoporvi alcune osservazioni basate sulla nostra esperienza personale.
congressi, è il fatto che le indagini inizino, molto spesso, con un sensibile ritardo. Un ritardo di quarantotto ore può determinare l'esito della ricerca; per mia figlia è stata persa addirittura una settimana, senza effettuare neppure un controllo sul cellulare.
PRESIDENTE. Se ci sono altre osservazioni magari può farle successivamente; se le ha scritte può consegnare il documento alla Commissione, in modo da consentire anche agli altri di intervenire.
FRANCESCO BARIFFI, Presidente del comitato regionale della Lombardia dell'associazione «Penelope». Vorrei soltanto concludere chiedendo che, nella proposta di legge, si preveda una preparazione specifica della Polizia e dei Carabinieri riguardo a questo tema. Un altro fattore che è stato constatato, infatti - e non si tratta di invenzioni o supposizioni, poiché lo testimoniano persone che hanno sofferto sulla propria pelle questa situazione - è la mancanza di tatto e di delicatezza nel trattare i problemi in questione.
deposizione, di non fare valutazioni, di attenersi ai fatti, di non esprimere opinioni.
CRISTINA CATTANEO, Professoressa associata presso l'Istituto di medicina legale e delle assicurazioni di Milano. Sono professoressa associata presso l'Istituto di medicina legale dell'Università degli studi di Milano e da dodici anni mi occupo del problema dei cadaveri senza identità. All'interno dell'istituto abbiamo un laboratorio denominato Labanof, che da dodici anni svolge la funzione di osservatorio sulla questione. Il nostro lavoro rappresenta forse l'epilogo meno felice delle storie delle persone scomparse, ma bisogna comunque tener presente che ogni cadavere senza identità è una persona scomparsa.
che abbiamo identificato, sappiamo che il 50 per cento, se non di più, sono italiani, quindi non si tratta di extracomunitari presenti illegalmente nel nostro Paese o che non sono stati denunciati come scomparsi, fermo restando che è fondamentale identificare anche questi ultimi, com'è ovvio. È errato, tuttavia, il luogo comune secondo il quale tali cadaveri non sarebbero italiani e non si tratterebbe di persone «normali», poiché i nostri dati affermano il contrario.
già esistenti in Italia possano istruire a proposito le ASL o le strutture che voi deciderete saranno responsabili della raccolta di questi dati.
ANTONIO LA SCALA, Vicepresidente del comitato regionale dell'associazione «Penelope» delle Puglie. Come saprete, la Puglia mai come ora sta vivendo un periodo drammatico per il fenomeno di cui stiamo discutendo. Basti pensare alla vicenda dei due fratellini di Gravina di Puglia, Ciccio e Tore, Francesco e Salvatore; a quella di Sonia Marra, la ragazza della provincia di Lecce scomparsa improvvisamente vicino Perugia; alla scomparsa improvvisa del papà di Annalisa, la presidentessa regionale di «Penelope», avvenuta a Bari nell'agosto dello scorso anno.
l'autore del reato, ricercare le fonti di prova. Ora, nessuno di questi tre eventi si ravvisa nel caso di una persona che scompare in quanto sofferente di una psicopatologia.
Lecce, questo ragazzo di 27 anni, sposato da venti giorni, cadde in mare e non venne più ritrovato. Fu poi dichiarata la morte presunta e, per inciso, vi ricordo che esiste anche questa assurda disparità di trattamento tra chi cade e si disperde in mare e chi si disperde in terra: il codice della navigazione, infatti, prevede per fortuna soltanto due anni affinché si possa dichiarare la morte presunta per un disperso in mare a seguito di impatto violento.
PRESIDENTE. Se avesse con sé la nota, la pregherei di depositarla, perché le sue osservazioni sono di notevole rilevanza.
GIOVANNI BALLINI, Componente del comitato regionale dell'associazione «Penelope» del Veneto. Sono Giovanni Ballini, papà di Roberto. Abito a Grezzana, in provincia di Verona, e mio figlio è scomparso il 25 febbraio 2006 senza lasciare tracce. Dal momento della sua scomparsa è passato quasi un anno e mezzo e in questo lungo periodo ci siamo più volti interrogati in famiglia su quali potessero essere le motivazioni che spingono un ragazzo di 29 anni ad abbandonare la propria casa, il proprio lavoro, i propri amici e una vita intera. Siamo certi che Roberto è ancora vivo e siamo altrettanto sicuri che non si è allontanato da casa di sua spontanea volontà.
con normalissimi rapporti all'interno della famiglia, sicuramente cordiali e senza alcun genere di attrito, anzi con un affiatamento particolare nei confronti del fratello Riccardo e della sorella Roberta. Abbiamo poi rivolto l'attenzione verso l'esterno, quindi all'ambiente di lavoro dove risultava positivamente inserito, malgrado le normali difficoltà che tutti i giovani incontrano in questo ambito. Infine, abbiamo indirizzato le indagini a una cerchia di amicizie che frequentava in quel periodo, alle persone che per ultime lo avevano visto, gli avevano parlato e con le quali, forse, si era confidato. In quella casa nella contrada di Busa a Cerro Veronese, Roberto ha passato probabilmente il suo tempo libero negli ultimi mesi, in compagnia di persone che forse sanno cose che potrebbero ancora essere utili per le ricerche. Nella casa in questione, infatti, Roberto ha anche passato la notte del 24 febbraio dello scorso anno, la notte precedente la sua scomparsa, partecipando a una festa come tante altre volte era successo.
GILDO CLAPS, Vicepresidente dell'associazione «Penelope». Sono il fratello di Elisa Claps, scomparsa a Potenza il 12
settembre del 1993, quindi ormai quasi quattordici anni fa. Sono anche il vicepresidente di «Penelope».
delle Forze di polizia, anche una piccola parte che riguardi le persone scomparse.
SALVATORE SCOPPA, Direttore del servizio analisi criminale del dipartimento della pubblica sicurezza. Avevo predisposto una relazione sull'argomento, tuttavia mi rendo conto che ha un taglio molto tecnico, per cui se il presidente lo ritiene opportuno, posso comunque depositarla presso la Commissione.
al calcolo evidenziato in precedenza, a un numero di 24.000: si tratta, tuttavia, di una cifra ancora esorbitante rispetto a quella che si presume essere la realtà delle persone realmente scomparse e non più rientrate a casa.
CATERINA BOSCHETTI, Componente del comitato regionale dell'associazione «Penelope» dell'Emilia-Romagna. Vorrei ricordare solo alcuni aspetti di «Penelope» Emilia-Romagna: è nata nel 2003 per il caso di Cristina Golinucci, di cui si è occupata a più riprese anche la trasmissione «Chi l'ha visto?», e per altri casi, circa una decina, che riguardano la nostra regione e sono tuttora irrisolti.
MASSIMO MONTINARI, Dirigente del IX reparto mobile della Polizia di Stato di Bari. Vorrei svolgere una breve premessa legata ai documenti che poi lascerò alla vostra considerazione.
soggetti che provengono dall'estero o che sono in transito sul territorio italiano con trasporto di bambini.
MARCO BORREGA, Rappresentante del comitato «Troviamo i bambini». Vorrei parlarvi di un progetto che stiamo sviluppando, consistente in un software, una web application che opera tramite Internet per l'archiviazione di foto e dati delle persone scomparse.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MARCO BOATO. Presidente, pur sapendo che non abbiamo molto tempo a disposizione, mi interesserebbe capire se dai vari suggerimenti che sono emersi, anche di natura procedurale (mi riferisco in particolare all'intervento dell'avvocato La Scala ma non solo), è possibile ricavare ipotesi di modifiche legislative. Per tale questione vorrei rivolgermi in particolare al prefetto Monaco, al generale Scoppa, al dottor Montinari e forse anche, per la parte di competenza giornalistica, alla dottoressa Sciarelli, chiedendo appunto loro quali modifiche sarebbe opportuno sollecitare in questa sede.
FEDERICA SCIARELLI, Conduttrice del programma televisivo «Chi l'ha visto?». Vorrei dire che sarebbe di estrema rilevanza quanto sostenuto dal signor Bariffi, ossia l'eliminazione dell'accertamento della volontarietà.
GENNARO MONACO, Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. Condivido il suggerimento pervenuto dall'avvocato La Scala, riguardante l'ipotesi di aggiungere nella tessera sanitaria dei bambini anche i dati relativi al DNA. Credo che questo possa rappresentare anche un dato di crescita del Paese. Si parla spesso di diritto alla privacy, ma bisogna anche considerare che sviluppiamo rapporti sempre più complessi e
viaggiamo in numerosi Paesi, quindi i dati in questione ci consentirebbero di avere un'identificazione certa.
ELISA POZZA TASCA, Presidente dell'associazione «Penelope». Presidente, vorrei chiedere di prevedere che il commissario straordinario per le persone scomparse rimanga a lungo, anche per decenni. Vedremo se questo fenomeno in futuro scomparirà, ma, in ogni caso, è importante che la figura del commissario sia prevista anche nel testo di legge.
PRESIDENTE. Signori, vi ringrazio. Questo incontro è stato per noi particolarmente utile, perché chi non si occupa professionalmente, per ragioni umane o personali di questi temi evidentemente ha conoscenze molto superficiali in proposito. Seguiamo tutti o quasi la sua trasmissione, dottoressa Sciarelli, ma un conto è guardare, un altro è sentire: sono due profili diversi.
La seduta termina alle 16,30.
Do la parola all'onorevole Frias per lo svolgimento di un intervento introduttivo, cui seguiranno alcune considerazioni preliminari da parte dell'onorevole Dato.
La proposta di legge, avente come primo firmatario l'onorevole Cinzia Dato che ha duramente lavorato per consentirci di giungere, quest'oggi, alla sua presentazione, era già stata presentata nella scorsa legislatura - l'iter tuttavia era stato interrotto - avendo come primo firmatario l'onorevole Molinari. A tale proposito, pertanto, mi preme evidenziare la meritevole diligenza con cui il presidente e l'ufficio di presidenza della commissione hanno calendarizzato la proposta in oggetto, evidenziandone così la particolare importanza. Aggiungo inoltre che essa presenta un valore aggiunto rispetto al suo stesso contenuto: è stata firmata da deputate e deputati di tutti gli schieramenti, registrando pertanto un ampio consenso.
Questa proposta, ovviamente migliorabile, ha tentato di conseguire alcuni obiettivi fondamentali, il primo dei quali consiste nel non abbandonare alla solitudine coloro che si trovano ad affrontare un dramma così profondo: in questi casi si parla infatti di morte, di incertezza, di sospensione della vita, ma anche di familiari, di amici, di una intera comunità che vive tale scomparsa. Ecco perché il primo degli obiettivi è proprio il sostegno, in primo luogo economico, alle vittime: è noto infatti che i parenti delle persone scomparse si devono interamente fare carico di tutto quanto riguarda la loro ricerca. In questo senso, l'introduzione di uno strumento importante quale i permessi retribuiti rappresenta una sensibile forma di sostegno perché chi si occupa della ricerca non debba soffrire - oltre alla scomparsa del familiare - la perdita del posto di lavoro, come è accaduto in molti casi.
Un secondo obiettivo consiste nel coordinamento centrale delle attività di indagine attraverso l'istituzione di un gruppo interforze coordinato dal Ministero dell'interno e costituito da soggetti diversi. La centralizzazione delle indagini consente infatti un loro svolgimento nell'immediato della scomparsa e in tempi - per quanto possibile - veloci: in questi casi, come è noto, il tempo è determinante. Affiancano il coordinamento centrale le articolazioni provinciali che rispecchiano, in un certo senso, la struttura centrale così che, a livello provinciale, sotto il coordinamento dei prefetti, si possano svolgere attività maggiormente mirate alla ricerca delle persone.
Il terzo obiettivo, infine, è rappresentato dall'istituzione di nuove banche dati, ovvero dal coordinamento e dalla messa in rete di informazioni quali quelle relative ai profili genetici (banca dati del DNA) o provenienti dagli obitori (il riconoscimento rapido di una persona in un obitorio può aiutare a sbloccare la situazione).
Accanto alle banche dati, la proposta di legge prevede anche l'istituzione di altri strumenti quali, ad esempio, il numero verde che, a nostro avviso, rappresenta un elemento importante per quanto riguarda sia la segnalazione della scomparsa sia la circolazione e la diffusione di informazioni sulla persona scomparsa.
I tre elementi illustrati - non entro nel merito dando per letta la proposta di legge - rappresentano un punto di arrivo che prende avvio da un lavoro svolto negli anni dalle associazioni dai familiari e dagli amici delle persone scomparse. Il fatto che qualcuno, a partire dal proprio dolore, si sia organizzato e abbia cercato di formulare delle proposte per i bisogni di tutti costituisce in sé un principio di grande valore.
Desidero pertanto porgere un caloroso saluto ai familiari e ai parenti di persone scomparse che, oggi, fanno parte delle molte associazioni tra cui l'associazione «Penelope», che ringraziamo particolarmente per il lavoro che sta svolgendo e per il modo con cui è riuscita a coinvolgere diversi livelli della società, quale quello imprenditoriale (con la diffusione delle foto dei bambini, ad esempio).
Vorrei ringraziare, in particolare, il prefetto Monaco che è stato da poco nominato commissario straordinario per le persone scomparse anche grazie al Ministro
Mi preme ringraziare, infine, tutte le persone presenti - familiari e professionisti che lavorano, attraverso diverse strutture, nelle attività di ricerca e di difesa - e ricordare che ogni caso di scomparsa è così singolare e complesso da spiegare la ragione per cui, rispetto ad altre proposte di legge, quella oggi in oggetto abbia un universo tanto variegato. Dietro ogni persona scomparsa vi è una storia diversa: anziani malati di Alzheimer che non riescono più a tornare a casa; bambini rapiti per le ragioni più diverse; persone in crisi, con problemi di dipendenza o vittime della criminalità.
La proposta di legge che abbiamo presentato non risponde a tutte le singole problematiche, ma l'elemento di coesione è costituito proprio dalle persone scomparse; da qui si apre un universo che ci condurrà, sicuramente, ad approfondire e a trattare altre questioni. Mi premeva chiarire, proprio ad apertura di audizione, che quello di cui vogliamo occuparci sono le persone scomparse, indipendentemente dalla condizione, dal luogo, dall'età.
Grazie a tutti e benvenuti.
Mi preme soltanto sottolineare che, a differenza di altre audizioni, oggi sono presenti molti colleghi parlamentari che dimostrano così un serio interesse nei confronti di questo progetto di legge che tiene conto di una grande quantità di sofferenze nonché di un fenomeno davvero rilevante, anche numericamente, nel nostro Paese. Il Ministro dell'interno, fornendoci alcune cifre, ha sottolineato quanto questo fenomeno sia più incidente di quello delle vittime degli incidenti stradali (superiori a quelle di una guerra).
Vorrei, prima di cedere la parola ai nostri ospiti, complimentarmi con la relatrice per la sua grande sensibilità e, naturalmente, non posso non rivolgere un complimento particolare, per l'impegno profuso, all'associazione «Penelope» presieduta da Elisa Pozza Tasca, interprete appassionata di questo dramma e portavoce di tante sofferenze di famiglie da voi oggi rappresentate in questa sede.
Desidero ringraziare, inoltre, per la rilevante funzione sociale svolta, la trasmissione «Chi l'ha visto?». Vi siamo veramente grati poiché rappresentate un chiaro elemento di utilità e offrite un importante contributo alla coesione: un programma come il vostro ricordando ad ogni spettatore che può essere utile nel rintracciare una persona trasmette, a mio avviso, un importante messaggio. Da voi è partito l'esempio del modo in cui colmare un vuoto a cui bisogna immediatamente far fronte: avete risposto più voi ad esigenze pubbliche di quanto non abbiano fatto le istituzioni competenti.
Con altrettanto calore desidero salutare il commissario straordinario, la cui nomina abbiamo tutti atteso e ampiamente caldeggiato. Esprimo la mia soddisfazione per la grande sensibilità con cui il Ministro ha accolto questa esigenza.
Da questo momento in poi, signor presidente - ringraziandola per la sensibilità mostrata dando priorità a questa nostra proposta rispetto a tante altre esigenze molto sentite - possiamo intraprendere un percorso importantissimo che dà voce al dramma individuale delle persone scomparse che, come accennato nella relazione introduttiva, rappresenta anche il tronco di una ramificazione di problemi e di realtà drammatiche, a cui il nostro Paese deve dare immediatamente risposta.
Non voglio rubare ulteriore tempo. Ringrazio tutti per la loro presenza.
Desidero anche io evidenziare il lavoro di servizio pubblico svolto dalla RAI, una volta tanto, attraverso la trasmissione poc'anzi citata. La televisione è spesso oggetto di critica per quanto realizza o, viceversa, non realizza, ma questa trasmissione - quando sono arrivata in Italia già esisteva - ha aiutato a risolvere tantissimi casi. Vorrei pertanto ringraziarvi per il lavoro svolto e per la vostra presenza quest'oggi.
Quanto allo svolgimento delle audizioni, poiché abbiamo interesse ad avere il massimo numero di interventi, vi chiederei di contenere ciascun intervento in cinque-sette minuti.
Do la parola ai nostri auditi.
Ho ricevuto dal Ministro dell'interno, in data 4 gennaio 2007, l'incarico di approfondire uno studio per l'istituzione di un ufficio che trattasse la complessa tematica delle persone scomparse. Il Ministro, nei giorni precedenti, era stato interessato in particolare dall'associazione «Penelope» e dalla sua presidente, signora Pozza Tasca, che aveva posto questa problematica all'attenzione delle autorità di Governo in maniera ferma e appassionata.
A seguito di queste richieste molto ferme, vi erano stati degli incontri nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza. Dai dati tratti da questo studio, su cui ho avuto modo di lavorare e riflettere, risultano, ad oggi, quasi 30 mila persone scomparse. Il generale Scoppa, direttore del servizio analisi criminale, qui presente, sarà più dettagliato al riguardo. Si tratta, comunque, di 29.530 persone scomparse.
A seguito di questa richiesta di informazioni, il direttore centrale della Polizia criminale e vice capo della Polizia, il prefetto Nicola Cavaliere, ha chiesto di aprire ulteriori finestre per elaborare maggiori informazioni su ogni persona scomparsa. A tutt'oggi infatti la situazione è estremamente confusa. Per tale ragione, ho proposto che uno dei primi compiti della istituenda struttura alle dipendenze del commissario straordinario consista in un'analisi accurata per la percezione del dato nel dettaglio, altrimenti non facciamo altro che giocare i numeri al lotto. Scusate la rudezza, ma cerco di essere sintetico e molto pragmatico.
Quanto agli scomparsi, ogni anno ne vengono denunciati circa 8.000. Dal punto di vista dell'età, vi sono categorie che vanno da zero a tredici anni, da quattordici a diciassette, da diciotto a sessantaquattro e, infine, gli ultrasessantacinquenni. La categoria compresa tra i diciotto e i sessantaquattro anni non ha, in fatto di informazioni utili, alcun significato e dovrà, pertanto, essere maggiormente dettagliata. Quanto al sesso degli scomparsi la situazione non è molto diversa, ignorandosi spesso se si tratti di uomini o donne; altrettanto dicasi circa i motivi delle scomparse. Su tutti questi argomenti, il generale Scoppa sarà più preciso di me. Per quanto riguarda i minori, i casi che destano allarme sociale vengono alla ribalta tramite i mezzi di informazione, ovvero stampa e televisione,
Aggiungo inoltre che, circa i dati preoccupanti relativi ai minori italiani, è necessario aprire una finestra dato che diversi casi non riguardano vere e proprie scomparse, ma sottrazioni o rapimenti da parte di uno dei genitori, talvolta di paese diverso.
È quindi necessario un duro lavoro al fine di sceverare, esattamente, in quale direzione si debbano puntare i riflettori. L'ufficio dovrà sicuramente attuare con grande determinazione il coordinamento operativo nell'immediatezza, in tempo reale, in occasione di ogni scomparso per valutare se si tratti di una scomparsa di nessun significato, chiaramente volontaria, o se invece sia preoccupante.
In questo senso infatti può succedere che, in occasione della scomparsa di un maggiorenne (da diciannove a ventuno anni), a causa della mancanza di informazioni da parte dei familiari, ne sia sottovalutata l'importanza ritenendola volontaria, malgrado gli sforzi della Polizia, che sicuramente opera con grande solerzia ed intelligenza.
Negli ultimi mesi sono venuti alla ribalta casi di sette sataniche. Anche questi fenomeni sono da prendere in grande considerazione poiché, avendo io avuto nei mesi precedenti contatti con familiari di persone scomparse, ho percepito che vi erano situazioni in cui potevano essere sicuramente interessati qualche sciamano o qualche setta satanica, dato in un primo tempo sottovalutato. A riprova della non trascuratezza di tale fenomeno, è sufficiente scorrere le cronache nere degli ultimi mesi che riportano notizie su giovani uccisi: questi giovani non erano scomparsi, come si pensava all'inizio, per andare in un altro
Tutti i casi che vi ho brevemente illustrato mostrano la mancanza di una cultura capace di sceverare attentamente il dato per entrarvi nel dettaglio. Proprio per tale ragione, ho proposto che vengano istituite nelle prefetture apposite strutture che, inserite nell'ambito dell'area di Gabinetto, curino il raccordo con le forze di Polizia della provincia e si rapportino con immediatezza all'istituendo ufficio del commissario straordinario, avendo cura di aprire tutte le finestre possibili.
È chiaro che non si può, in un solo istante, venire a conoscenza di tutto quello che è avvenuto negli anni passati; sarà possibile, invece, dalla data in cui l'ufficio entrerà in funzione, avere informazioni dettagliate su ogni caso evitando così di restare nell'indeterminatezza, la peggiore delle situazioni.
Ritengo altrettanto importante valutare e osservare quanto viene fatto negli altri Paesi. Finora nessuno si è interessato a tale aspetto. Valutare come il problema venga affrontato fuori dall'Italia è, a mio avviso, di grande utilità. In Australia, ad esempio - secondo quanto mi risulta, non per motivi diretti di lavoro, ma per informazione - esiste una struttura centrale, mentre in alcuni Stati americani vi è una polizia specializzata nella ricerca di persone scomparse. Il dato in America è ancora più allarmante che da noi, ma non trascuriamo i fatti di casa nostra.
Non ho ancora studiato il provvedimento emanato e firmato dal Consiglio dei ministri, ma credo che ricalchi a grandi linee la mia proposta nell'ambito dell'articolazione di questo istituendo ufficio. È necessario attuare, a questo punto, una sinergia con l'ufficio del commissario straordinario. Condivido la proposta di legge che ho avuto modo di leggere nelle sue due stesure - pressoché identiche - ma ora va preso in esame quanto indicato nel provvedimento del Consiglio dei ministri per evitare duplicazioni. Vi sono situazioni, quali ad esempio l'istituzione del numero verde e le informazioni provenienti dagli obitori circa i cadaveri non identificati, per le quali non è necessario l'intervento legislativo, come ho già detto in altre occasioni ai parlamentari che
Ho illustrato sinteticamente il progetto e quanto ritengo utile e necessario sottolineare. Resto a disposizione per eventuali domande.
Per mostrare ai deputati e al presidente l'importanza di una legge sulle persone scomparse, vorrei raccontare piccoli, incredibili esempi. Ci ha telefonato qualche tempo fa un dottore, il quale voleva che noi mostrassimo la fotografia di un uomo senza nome e cognome che era nel suo ospedale. Avendogli domandato da quanto tempo fosse in ospedale - si tratta di un ospedale romano - mi ha risposto: «Da 25 anni!». Pensavo si trattasse di uno scherzo, ma è la realtà: abbiamo mostrato in trasmissione questo signore, che ha un problema di demenza senile e, tra l'altro, è una persona dal volto simpaticissimo (vi ho portato la foto solo per mostrarvi come dietro i nomi ci siano persone in carne e ossa che vanno aiutate); in venti minuti, lo abbiamo identificato grazie ad una chiamata di un signore di una struttura di Portici. Gli ho chiesto se fosse stata fatta la denuncia di scomparsa e lui ha risposto che naturalmente era stata fatta e che si erano rivolti anche a Roma a chi di dovere.
La realtà è questa: in assenza di un ufficio centrale che si occupi di salvare i dati, di centralizzarli, chi scompare ad Agrigento e viene ritrovato a Bergamo senza memoria non ritorna più a casa. Venticinque anni è un tempo allucinante a fronte dei venti minuti con cui siamo riusciti a coprire un vuoto. Siamo contenti dei risultati che, grazie alla nostra trasmissione - il prossimo anno «Chi l'ha visto?» celebrerà i venti anni di attività -, si conseguono, ma queste storie dimostrano quanto sia importante una legge su questa materia. Noi siamo a vostra disposizione, quando volete e per qualsiasi cosa.
L'assistenza invece, essendo il nostro un programma televisivo, non ci compete. Riteniamo però giusto che vi sia un'assistenza legale, poiché sappiamo, per esperienza, che i familiari sono spesso costretti a pagarsi un avvocato. Sarebbe necessario una sorta di avvocato d'ufficio dal momento che non crediamo giusto che essi debbano affrontare per molti anni spese legali ingenti.
Le segnalazioni che ci giungono e che mettiamo a disposizione sono numerosissime. In tal senso speriamo nella nuova legge e nell'istituzione del nuovo commissario. Noi siamo una task force minimalista e non possiamo verificare tutte le segnalazioni che, invece, possiamo mettere a disposizione delle istituzioni preposte.
Quanto alla questione dei soldi, capitolo che non affronto volentieri, vi riporto le nostre esperienze relative, ad esempio, ai bambini. Talvolta, come nel caso di Tommaso, sorgono strane organizzazioni del tutto sconosciute che raccolgono i soldi donati. Alla fine abbiamo dovuto realizzare un «Chi ha visto i soldi dati per il piccolo Tommaso?». Bisogna fare molta attenzione a questo fenomeno.
Aggiungo, inoltre, che sarebbe necessario e importante un protocollo. Lavorando, ho imparato molti accorgimenti come, ad esempio, dire ai familiari della persona scomparsa di conservare lo spazzolino per un confronto del DNA o i vestiti sporchi utili ai cani per la ricerca. Sarebbe bene che tutte queste indicazioni facessero parte di un protocollo.
In Italia, per quanto riguarda la denuncia, vige ancora il principio della scomparsa volontaria. È inammissibile: nessuno sceglie di fare il latitante e chi scompare volontariamente lascia un biglietto alla moglie o a chi sia. Le nostre sparizioni sono invece diverse nel senso che quando le persone scompaiono lasciando i documenti non si può pensare che abbiano scelto la via della latitanza. Si tratta, ad esempio, di persone che soffrono di depressione e vanno incontro al suicidio (in tal caso, la parola di un telespettatore può salvarli) o si tratta di malati di Alzheimer - i numero dei malati è aumentato, la società è cambiata e i figli non possono vegliarli ventiquattro ore su ventiquattro - per i quali le quarantotto ore potrebbero essere letali. Noi di «Chi l'ha visto?» ci muoviamo solo in presenza di una denuncia di scomparsa, ma ci sono capitati casi di persone che si sono sentite rispondere dal commissariato di attendere le quarantotto ore perché si sarebbe potuto trattare di una scomparsa volontaria. Quando però la scomparsa riguarda un malato di Alzheimer o una depressione, quarantotto ore sono tantissime. In questo senso posso aggiungere che noi andiamo in onda una volta la settimana, ma i casi di scomparsa più difficili sono quelli del mese di agosto perché in quel periodo siamo chiusi: il ritardo nell'avvio delle ricerche può sempre essere fatale.
Spero insieme al prefetto Monaco di far capire che vi sono scomparse che in realtà sono degli omicidi. Attualmente stiamo trattando alcuni casi difficili, per i quali ricorrere alla tecnica dell'invecchiamento si rivela inutile e fa perdere solo tempo alle forze alla Polizia, che si mettono alla ricerca di una persona che non c'è più. È il caso di Emanuela Orlandi, di Mirella Gregori e di Cristina Golinucci. Vi sono persone che scompaiono davanti ad una struttura nella quale successivamente si scopre che vi era nascosto un bandito mai interrogato. Cristina Golinucci, ad esempio, una bravissima ragazza che non aveva alcun motivo per fuggire, è scomparsa davanti ad un convento. La sua Cinquecento era davanti all'edificio nel quale, qualche anno dopo, si è scoperto che vi erano tre extracomunitari - gli inquirenti non hanno mai interrogato le persone all'interno del convento - di cui uno stupratore. Noi tutti pensiamo che anche la Golinucci sia stata assassinata da quest'uomo, che poi ne ha nascosto il corpo; egli stesso lo confesserà ad un prete, ritrattando in seguito. Si tratta comunque di casi di omicidio e non di persone scomparse. In tal senso, mi auguro che, con il prefetto Monaco, questo tipo di
Ringrazio il presidente Violante per aver dato ascolto alla nostra forza di pressione. Come associazione, ci siamo battuti per questo poiché sapevamo che il progetto di legge aveva bisogno di andare avanti e poiché gravava su di noi l'esperienza di una legislatura durante la quale, per cinque anni, il testo era rimasto fermo. Siamo pertanto particolarmente grati al presidente di questa Commissione.
Sono altrettanto grata all'onorevole Cinzia Dato che ha accettato di presentare la proposta di legge seguendo anche il nostro desiderio di un lavoro bipartisan, poiché volevamo che esso rappresentasse tutte le forze del Parlamento. E ringrazio la relatrice Mercedes Frias che ha assunto su di sé, con tanta responsabilità, questo carico importante, seguendoci anche in alcuni congressi regionali ed entrando nel cuore del problema.
Ringrazio il Governo, nella persona del commissario straordinario, il prefetto Monaco, per essere in questo momento di grande aiuto e supporto al problema degli scomparsi.
Nei miei ringraziamenti lascio per ultima, ma non perché meno importante, la trasmissione «Chi l'ha visto?». Riferendomi alla trasmissione, mi rivolgo a Federica Sciarelli, in primo luogo, ma anche al regista, al direttore di rete Paolo Ruffini e a Pier Giuseppe Murgia, ideatore del programma. Noi di «Penelope» ci siamo ispirati a questo programma e abbiamo cercato di interpretarne le istanze nella società civile. Abbiamo provato a cogliere il dolore di queste famiglie, a formalizzare tutto questo in una proposta di legge ed anche proposte del Governo.
La trasmissione «Chi l'ha visto?» è importantissima, come è importante quanto diceva poc'anzi Federica Sciarelli su un servizio centralizzato degli obitori. Si tratta di una cosa molto triste ma che ritengo fondamentale poiché tutti noi sappiamo cosa hanno passato le famiglie costrette a peregrinare da un obitorio all'altro. Nel testo di legge presentato dall'onorevole Dato vi è la richiesta dei profili genetici del DNA, che aiuteranno le famiglie a ritrovare almeno i corpi. In questa peregrinazione l'associazione «Penelope» cercherà comunque di essere di supporto.
Ho preparato una breve relazione, ma so che il tempo è tiranno e che sono presenti in Commissione molti rappresentanti dei comitati regionali dell'associazione «Penelope» che conta centinaia di iscritti. Mi rivolgerò, quindi, in maniera sintetica ai colleghi presenti, che so venire anche da altre Commissioni, ma che vedo numerosi, come già sottolineato dall'onorevole Dato. Sappiamo che quelle del pomeriggio sono ore intense di lavoro per le Commissioni e per tale ragione sono ancora più felice di questa attenzione e presenza.
L'associazione «Penelope», come molti di voi già sanno, si è costituita nel dicembre 2002 a Potenza. È un'associazione composta dai familiari e dagli amici delle persone scomparse. Ha un sito di riferimento (www.penelopeitalia.org), continuamente aggiornato dai nostri congressi regionali,
Quando abbiamo parlato con il Presidente della Repubblica, cercando il coinvolgimento e la condivisione da parte delle massime autorità del nostro Paese, abbiamo parlato di persone scomparse come vite sospese. Una persona scomparsa è una sospensione di vita ovvero essa non è vita e non è morte. In quell'occasione ho aggiunto che nessuno di noi vorrebbe annoverare un proprio caro tra queste sospensioni di vita. Ho voluto sottolineare questo stato perché neanche noi sappiamo come definire una tale condizione.
Quanto alla proposta di legge, vorrei esprimere alcune considerazioni. La prima è di metodo: ricordando che la proposta era già stata presentata, ci auguriamo che in questa occasione possa concludere il suo iter entro la legislatura. La seconda è di merito: nei lavori compiuti con le presentatrici del testo, l'onorevole Cinzia Dato alla Camera e la senatrice Rosa Villecco Calipari al Senato, l'associazione «Penelope» ha richiesto un testo che fosse rappresentativo di tutte le persone, siano esse minori o adulti, giovani o anziani, poiché come associazione intende contribuire a risolvere i problemi generali che riguardano, in primo luogo, la ricerca e, in secondo luogo, il sostegno alle famiglie.
Questo è il vero compito di un'associazione che non deve sostituirsi alle istituzioni né svolgere il compito delle Forze dell'ordine né cimentarsi con il ruolo sostenuto dalla trasmissione «Chi l'ha visto?», ma essere con tutti in dialogo e in collaborazione come stimolo e forza di pressione: è un ruolo specifico di una società civile, attenta e solidale con tutti i cittadini, di tutte le età e condizioni sociali, nel rispetto dell'articolo 3 della Carta costituzionale.
La nomina del prefetto Monaco a commissario straordinario è una risposta concreta da parte del Governo e da noi attesa da qualche mese. Siamo pertanto felici che sia arrivata in tempo, prima della discussione del testo di legge.
Non intendo entrare nel merito della proposta di legge, onorevoli colleghi, poiché essa è stata da noi studiata ed esaminata a fondo con le presentatrici, e ne condividiamo quindi i contenuti. Siamo pronti tuttavia, anzi felici di accettare proposte di arricchimento e tutto quanto potrà essere aggiunto ai contenuti del nostro testo di legge che, indubbiamente, può presentare dei limiti.
Vorrei aggiungere alcune proposte non presenti nel progetto di legge poiché maturate nel corso dell'ultimo anno. Seguendo ad esempio il problema degli scomparsi, non avevo percepito la crescita esponenziale del fenomeno emergente relativo alla scomparsa degli anziani colpiti da Alzheimer, per i quali sarebbero necessari strumenti e mezzi che le nuove tecnologie mettono a disposizione, quali il sistema satellitare Galileo, per la rintracciabilità delle persone, come già avviene per gli animali, le merci e i mezzi di trasporto. Chiediamo pertanto che relativamente a tale materia il testo venga ampliato attraverso un emendamento.
Il fenomeno delle sette e dei riti sciamanici, non nuovo nei Paesi europei e in altri continenti, in questi ultimi anni sta però registrando una considerevole crescita anche in Italia. Rileviamo che esso coinvolge persone giovani (minorenni e maggiorenni) vittime non solo di scomparsa, ma anche di condizioni di dipendenza. Il Ministero dell'interno insieme a quello della famiglia e dell'istruzione dovrebbe interessarsi a tale questione, istituendo un tavolo congiunto tra i vari dicasteri e un intergruppo specifico volto a prevenire, contrastare e debellare il fenomeno stesso.
Un'ultima e dolorosa considerazione riguarda il traffico di organi. È questione grave che suscita in tutti i contesti istituzionali, culturali e sociali un rifiuto ed una conseguente negazione della sua esistenza. Si tratta di qualcosa di abominevole e di mostruoso che le nostre coscienze e le nostre intelligenze fanno fatica ad accettare,
Potrebbero sembrare argomenti estremi, ma non lo sono soprattutto alla luce del dubbio di questi decenni. Il problema degli scomparsi nel nostro Paese è infatti una emergenza, ma non è un problema emergente, poiché la sua esistenza risale ad alcuni decenni fa, come ricordato dal prefetto Monaco. In tal senso basta pensare ad un caso tra i più famosi quale la scomparsa di Emanuela Orlandi risalente ad un quarto di secolo fa, ovvero al secolo scorso.
In questo importante momento non possiamo tralasciare alcun dubbio né rischiare alcuna negligenza o sottovalutazione del fenomeno. Aggiungo - mi auguro che il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ci dia ascolto - che siamo felicissimi e ringraziamo della nomina del prefetto Monaco a commissario straordinario, ma sappiamo anche che una tale figura istituzionale ha tempi limitati mentre il problema degli scomparsi - Federica Sciarelli lo conferma - non si risolve in questi tempi, anzi sembra che tenda ad aumentare. Ci auguriamo, quindi, che venga istituito un commissario dal ruolo continuativo per non esaurire il suo mandato in due o tre anni.
In conclusione, i cittadini di questo Paese hanno bisogno di sapere dove finiscono tutte queste persone, le famiglie hanno diritto di sapere dove sono i corpi dei loro cari, perché gli uni e gli altri trovino una pace civile e cristiana che non può essere negata a nessun essere umano; ciò, non tanto e non solo perché esiste una convenzione sui diritti umani, ma perché è la legge della natura che ha sempre insegnato nei secoli a dare pace e sepoltura ai corpi. L'associazione «Penelope» si batte anche per questo.
Nel 1998 ho partecipato alla costituzione della Corte penale permanente per i crimini contro l'umanità in cui sempre l'onorevole Violante ha testimoniato come questo fosse in effetti un problema. Purtroppo solo adesso non viene più considerato una leggenda metropolitana o una semplice fantasia. In seguito ad un convegno tenuto da «Terre des Hommes» sulle nuove riduzioni in schiavitù, scrissi «1997: l'orrore lontano. 2002: l'orrore vicino». Nel 1997 si parlava infatti di traffico, di statalismo, di espianto d'organi nei bambini di Alta Mira in Brasile, crimini che arrivavano da lontano e che non si pensava potessero riguardare l'Italia come invece abbiamo poi dovuto constatare.
Questo argomento alle volte viene trattato come notizia da imbavagliare invece che da far emergere. Il coraggio civile e sociale dovrebbe portare a dire quello che accade: è inutile parlare del rischio dell'allarme sociale dato che l'allarme sociale è vero, esiste e si indirizza soprattutto verso i minori scomparsi.
I numeri forniti dalle fonti ufficiali sono molti utili ma dobbiamo anche considerare che vi sono i numeri invisibili. In questa nazione abbiamo molta immigrazione
Mi è successo un piccolo episodio che illustra bene quanto ho appena detto: con solo sei minuti del blog di Beppe Grillo - non so se posso dirlo - mi sono arrivate centinaia e centinaia di telefonate, di richieste e quant'altro.
Perdonate l'emotività e la rabbia, ma credo sia giusto sentirsi arrabbiati quando pur avendo validissimi strumenti per agire non li si sfrutta appieno. In Italia abbiamo la Polizia postale, la migliore in Europa, nonché ulteriori strumenti d'azione, ma è necessario utilizzarli veramente come anche le nostre leggi. Abbiamo leggi che devono essere usate e «osate», alle volte non facciamo neanche questo.
Quando dunque ho sentito l'11 maggio a Napoli la proposta di legge dell'onorevole Frias e. diciamo, della signora Pozza Tasca - che conosco dal 1998, ovvero da quando ci si incontrò per la costituzione del comitato internazionale - mi premeva che venisse introdotta una specializzazione. In Italia si fa il distinguo fra diritto minorile e diritto dell'adulto. Vi sollecito dunque a porre in essere anche delle norme legislative che considerino il minore come persona poiché non possiamo costantemente fare riferimento all'adulto, dato che diverse sono le risorse che ha un minore rispetto ad un adulto che scompare. Tale principio è confermato e presente nella nostra scienza e nella nostra ricerca: abbiamo una specialità nella medicina, nel diritto, nell'istruzione.
La raccomandazione che oggi rivolgo in quest'aula e che già avevo espresso a Napoli all'onorevole riguarda la diversificazione e la specializzazione della ricerca generica di persone scomparse con la dicitura «minori scomparsi» e «adulti scomparsi». Di fatto tale fondamentale distinzione e specializzazione è presente in tutti i settori del vivere politico e sociale. Esiste infatti in medicina, pediatria, neonatologia, neuropsichiatria infantile, nella scuola nido, nella scuola materna, elementare, media e superiore, nella giustizia con il diritto minorile e le susseguenti applicazioni specifiche in materia di codice di procedura civile, codice di procedura penale, con l'istituzione di un tribunale per minori e di una sezione minori in Corte d'appello.
Tutto ciò ha chiare e logiche motivazioni legate allo stato fisico, psicologico e relazionale del minore che, in quanto tale, ha diverse risorse, esperienze, strategie e meccanismi di difesa rispetto ad un adulto che, ovviamente, possiede più strumenti. In questo senso, la tempistica, la logistica, la fisiognomica, la resistenza fisica, l'accudimento e la nutrizione sono elementi che intervengono in modi più gravi nella dinamica di rapimento, scomparsa e quindi conseguenti indagini nel caso di un minore. La «merce» bambino è più deteriorabile, anche se più facilmente occultabile. Ecco perché è necessario strutturare e pensare leggi ad hoc per i minori coinvolti in casi di scomparsa, creare gruppi di studio e ricerca, specie sulle diversificazioni delle motivazioni che ne hanno portato alla sottrazione. Mi fa pertanto piacere che il prefetto Monaco abbia sottolineato la questione, poiché sono molto importanti le scomparse e, soprattutto, le invisibilità dei minori.
Infine, come ultima raccomandazione, proprio perché mi trovo a lavorare nel mondo dei minori, vorrei che in questa legge entrasse un nuovo concetto ovvero quello del doppio garantismo, anche per la vittima.
Preferisco sfruttare i cinque minuti concessimi dal presidente dando voce alle
Dopo la premessa della nostra ambasciatrice, illustriamo quello che, a nostro avviso, andrebbe attivato prima, durante e dopo la scomparsa di un minore.
Il prima viene concepito come prevenzione, atta ad impedire che si verifichino fatti come quelli occorsi nel caso di mia figlia Angela Celentano, scomparsa a Monte Faito il 10 agosto 1996. In tal senso proponiamo, in primo luogo, l'istituzione di una carta del bambino. In Italia ogni bambino alla nascita viene identificato con la tessera sanitaria e con il codice fiscale. Ad oggi tale documentazione è presente in un'unica scheda magnetica. L'idea da noi proposta è quella di inserire, all'interno della tessera sanitaria, anche i dati relativi al DNA nonché nome, cognome e fotografia dei genitori. Tale documento permetterebbe di identificare il bambino in tutte quelle strutture di transito quali aeroporti, stazioni ferroviarie, zone di imbarco, navi, ospedali, alberghi e scuole. Ciascuna di queste strutture dovrebbe essere dotata di un lettore di tale tessera magnetica.
Molti sono gli italiani che si stupiscono del fatto che agli aeroporti e agli imbarchi nessuno si preoccupi di identificare i bambini. Fornire tali strumentazioni magnetiche sarebbe dunque importante per evitare che chiunque possa accompagnare un minore al di fuori dello Stato di appartenenza dello stesso. Ad oggi in Europa è infatti sufficiente essere muniti della carta d'identità per spostarsi liberamente di Stato in Stato e, per quei paesi extraeuropei dove è richiesto un passaporto, è sufficiente che in quest'ultimo risultino il nome, il cognome e la data di nascita del minore (fino all'età di dieci-dodici anni) o la foto del minore stesso (dopo i dodici anni).
A fronte di quanto illustrato, si ritiene quindi strumento indispensabile la carta del bambino per identificarlo, finalmente, come individuo appartenente alla comunità.
Fatti come quelli avvenuti ad Ancona, dove una coppia (madre e padre di bambini) aveva creato un import-export di bambini dell'età dei propri, girando liberamente negli aeroporti e portandoli a spacciare come loro, non devono più accadere. E perché ciò non accada servono codici di condotta, proprio come avvenuto per il turismo sessuale.
Per la verifica dell'espatrio dei minori serve il concetto di identità, l'identificazione dei minori con documentazione probatoria.
Anche all'interno delle scuole, per l'iscrizione del proprio figlio, riteniamo che non possa essere sufficiente un'autocertificazione del tipo «Io sottoscritto dichiaro che questo è mio figlio ...» e così via. Abbiamo avuto modo di verificare con il signor Enrico Cori, il papà che ha ritrovato la figlia dopo otto anni, che per un periodo la bambina era stata in una scuola italiana come auditrice. In questo senso anche le scuole possono essere delle zone grigie in caso di scomparsa di minori.
In secondo luogo, riteniamo fondante la formazione nelle scuole. È importante insegnare ai bambini a difendersi, proprio come avviene in America, con corsi in ambito scolastico condotti e guidati da Polizia e psicologi che insegnano loro come reagire in caso di difficoltà. Molti bambini infatti rimangono inermi e shockati e chi vuole fare loro del male ha gioco facile. Polizia e specialisti possono insegnare loro come difendersi e come tutelarsi da incontri spiacevoli.
Il progetto Psicantropos, messo a punto dalla dottoressa Dominici, e sperimentato già all'interno di molte scuole, dovrebbe essere pianificato in tutte le scuole italiane.
Quanto al «durante», questo viene definito quale lo stato di allerta che dovrà determinarsi alla scomparsa del minore. Dalla nostra referente in Florida, la signora Manuela Maruzzi, abbiamo appreso che in America ogni famiglia possiede un kit fornito dalla polizia di Stato. Ogni famiglia prende le impronte digitali dei propri figli, foto varie del bambino e tiene al sicuro tale documentazione. In caso di scomparsa la documentazione, in possesso dei genitori, verrà richiesta dagli organi competenti. Tutti i genitori sono tenuti a
Ci si attiva con gli stessi criteri utilizzati in caso di calamità naturali o condizioni di grave pericolo. Uno dei molti metodi in dotazione è il messaggio sui cellulari, e a tale proposito vorremmo illustrare cosa sottoscrivono gli italiani acquistando un numero per il proprio cellulare: nell'informativa ai sensi dell'articolo 13 del codice in materia di protezione dei dati personali, è scritto «per ottemperare, anche mediante l'invio di SMS, a provvedimenti della pubblica autorità adottati per ragioni urgenti di ordine, sicurezza, sanità e igiene pubblica o in presenza di calamità, catastrofi o altri eventi e situazioni straordinarie». Da qui si evince che lo Stato, se volesse, potrebbe intervenire senza violare la legge sulla privacy, pensiero condiviso da moltissimi italiani.
Consideriamo la scomparsa di un bambino come una catastrofe ed un evento straordinario, sperando che anche questa Commissione concordi con noi. A tale scopo stiamo creando una banca dati cui migliaia di italiani hanno aderito e aderiscono rendendosi disponibili nel ricevere un MMS in caso di scomparse. A tale scopo migliaia di italiani, sparsi in tutto il mondo, hanno fornito il loro indirizzo e-mail, pronti a diffondere le immagini dei minori scomparsi.
Riteniamo che coinvolgere la gente comune sia fondamentale, poiché le prime ore della scomparsa risultano decisive per il ritrovamento. In tal senso la diffusione delle fotografie, in accordo con le Forze dell'ordine, è di rilevante importanza. Abbiamo avuto modo di verificare che non esiste coordinamento per questa necessità nel caso della minore Daniela Sanjuan, scomparsa nel 2003 e mai apparsa nel sito dei bambini scomparsi per errore di competenza.
Riteniamo che un tale errore, quando si parla di minori, non debba accadere in uno Stato come l'Italia. A tale proposito abbiamo ideato un software che elabora le immagini e le informazioni in sinergia con tutti gli interessati.
Nel caso di scomparsa il «dopo» fa riferimento all'assistenza che necessariamente si deve attivare verso quelle famiglie che vivono il dramma della scomparsa e sottrazione di minori come, ad esempio, l'assistenza psicologica - tutto cambia nella vita di un genitore che ha perso il proprio figlio: si spegne la luce per pochi secondi, la si riaccende e si scopre che manca una parte che si continuerà a cercare per sempre - o iniziative che ricordino i bambini scomparsi.
Infine siamo stanchi di sentire che molte sono le associazioni che millantano la ricerca dei bambini scomparsi e l'assistenza alle famiglie, perché questo ci offende nel nostro dolore.
Ringraziamo questa Commissione per averci permesso di illustrare il nostro progetto, che abbiamo voluto chiamare progetto Angela Celentano.
Entro subito nel merito. L'articolo 1 della proposta di legge recita: «Qualora si verifichino casi di persone scomparse di cui sia accertata la non volontarietà della scomparsa». La precisazione circa l'accertata non volontarietà sebbene ovvia va, a nostro avviso, eliminata perché pericolosissima. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle le conseguenze dell'ipotesi - neanche della dimostrazione - della volontarietà.
Illustrerò diversi casi in cui, purtroppo, anche in assenza di prove circa un allontanamento volontario o in presenza di pochi indizi, le ricerche non sono iniziate oppure sono state sospese dopo pochi mesi, con conseguenze tragiche.
L'11 settembre 2005, ad esempio, venne ritrovata una ragazza di trent'anni scomparsa da circa tre. Le ricerche erano state sospese tre mesi dopo la scomparsa. Nei primi tre mesi erano state svolte indagini anche intense, ma non in tutte le direzioni e non con tutti i mezzi a disposizione. Le ricerche vennero sospese nella presunzione che, trattandosi di persona adulta, si potesse ipotizzare un allontanamento volontario per ragioni personali. Ma questa ragazza, invece di essere in viaggio e lontana, era a pochi chilometri da casa, nell'acqua profonda, fredda e tranquilla del lago. È stata trovata - permettetemi di dirlo chiaramente - non per merito di chi istituzionalmente è preposto alle indagini e che si è rifiutato di impegnare i mezzi tecnici efficacissimi che pure ci sono, ma grazie alla volontà e all'ostinazione dei genitori e di alcune persone generose che si sono messe a disposizione.
Un giovane di trentatré anni scompare nel novembre del 2003, alla fine di una giornata di lavoro. Viene subito sporta denuncia ma nessuna indagine viene avviata per almeno quarantotto-settantadue ore. I genitori e i familiari, attraverso televisione, radio e stampa, riescono ad ottenere molte segnalazioni che vengono, immediatamente, trasmesse a Polizia e Carabinieri. I familiari si accorgono però che le pattuglie in servizio non sono al corrente della faccenda e non hanno a disposizione neppure una foto segnaletica: questo, tra l'altro, è un altro problema.
Inoltre i genitori, insieme agli altri familiari (fratelli e sorelle che dal 2003 non hanno più avuto nessuna notizia certa circa la sorte di questo loro congiunto) si recano più volte dalla Polizia chiedendone l'intervento e l'azione mirata alla ricerca e si sentono rispondere che la legge non fa obbligo alla Polizia di cercare un adulto pienamente padrone delle proprie decisioni. Una persona tuttavia, anche se adulta, può soffrire di depressione o non essere perfettamente compos sui. Inoltre, vorrei precisare che anche nel caso di un adulto nel perfetto possesso delle facoltà di intendere e di volere, vi è sempre uno spazio per le ipotesi più tragiche.
Un altro caso che vorrei ricordare a questa Commissione è rappresentato da un anziano che sarebbe stato probabilmente già ritrovato se ci fosse stata, già allora, la localizzazione satellitare. Questo anziano è scomparso nel 2000 e da allora, nonostante le ricerche, non si è più avuta alcuna notizia.
Un caso più recente riguarda una signora - faccio riferimento solo a casi che conosco direttamente e che hanno come
protagoniste persone che abitano in Lombardia - la cui madre che viveva nel Lazio è scomparsa nel luglio 2006. Poiché le ricerche, piuttosto scarse, non avevano prodotto alcun esito, ha deciso di rivolgersi ad un avvocato guadagnando così qualche speranza che si avvii una indagine più seria. In questo caso, vi è anche il timore che si sia trattato di un omicidio.
In conclusione, la proposta della sezione Lombardia di «Penelope» è che si riesamini la scrittura del comma di questo articolo per eliminare le disposizioni che si potrebbero prestare ad impedire, sospendere o, addirittura, a giustificare la mancanza di ricerche.
Ma come si può accertare la non volontarietà? È più facile, a questo punto, accertarne la volontarietà. Se ne accerti dunque la volontarietà e, in caso affermativo, non si istituisca la commissione. Ma è assurdo che, nel caso di dubbio, secondo la formulazione di questo articolo, la commissione provinciale non possa essere costituita.
Un ulteriore aspetto negativo di questo comma, a mio avviso, risiede nel fatto che la commissione provinciale si costituirebbe solo nel caso in cui si verifichino casi di persone scomparse. Secondo questa indicazione, per formare il comitato bisogna attendere che una persona scompaia. Non mi sembra logico (ma non voglio offendere nessuno). Per formare una commissione infatti è necessario del tempo, ma nel caso della scomparsa di una persona una delle cose più importanti e fondamentali è proprio non perdere tempo, tanto è vero che una delle più comuni critiche che ho avuto modo di ascoltare non solo in Lombardia ma un po' in tutt'Italia, girando nei vari
Se la commissione viene istituita e se ne stabilisce la formazione da parte dello Stato - ammetto la mia ignoranza in fatto di questioni legali in merito all'argomento - appena vi è una notizia di scomparsa, essa può entrare in funzione e non è detto che debba costare allo Stato di più perché la si forma all'inizio della legislatura.
Quanto al fondo di solidarietà alle famiglie, vi segnalo a titolo esemplificativo - ma si tratta della quotidianità - che, proprio in questi giorni, è venuta da me una persona che ha dovuto rivolgersi ad un avvocato ma non ha il denaro per pagarlo. Nel testo di legge presentato si prevede il rimborso spese dietro presentazione di ricevute regolari, ma se uno non ha i soldi per pagare - scusate se scendo in particolari prosaici - non può rivolgersi ad un avvocato.
La proposta della Sciarelli su un avvocato messo a disposizione rappresenta, sicuramente, una possibilità valida e da vagliare. Ma nel caso in cui questo non ci sia, si potrebbe prevedere una forma di anticipo, da parte dell'amministrazione statale, corrispondente ad una cifra da calcolarsi secondo i dovuti criteri e con tutte le cautele necessarie, in modo che ognuno possa avere garantita l'assistenza legale.
In Italia, del resto - ma forse è così ovunque - il privato cittadino non può parlare personalmente con il magistrato che sta indagando. L'ho sperimentato sulla mia pelle - dopo cinque anni non so ancora che volto abbia - e lo hanno sperimentato i genitori di quel ragazzo scomparso nel 2003 a trentatre anni i quali non sono mai riusciti a conoscerlo. Perdonate se faccio riferimento al mio caso personale: abbiamo un avvocato anche noi, il quale è riuscito con difficoltà ad ottenere un incontro con il magistrato, spera di riuscirvi un'altra volta. Ci auguriamo di giungere alla conclusione di queste indagini dato che abbiamo trovato il corpo e l'automobile, ma non sappiamo in che modo sia avvenuto il fatto. Da qualche tempo, inoltre, vi sono due indagati per omicidio volontario.
Ho accennato al fondo di solidarietà proprio in relazione alla necessità di far fronte alle spese legali, necessarie per seguire - o sollecitare - le indagini.
Un ulteriore elemento mancante nella proposta di legge...
Un ulteriore problema, infine, che rientra anche in quanto appena detto e mi sembra di capitale importanza, riguarda i rapporti tra cittadino e Stato, ossia tra cittadino e magistratura, Carabinieri, Polizia e via dicendo. Purtroppo, si ha la sensazione di essere in una condizione di inferiorità, di essere messi alla porta, di essere considerati degli estranei durante le ricerche. Non dico che noi genitori vogliamo condurre tali ricerche - malgrado il fatto che, se io non lo avessi voluto, mia figlia risulterebbe ancora scomparsa - né che vogliamo insegnare ad alcuno il proprio mestiere, ma è probabile che in certi casi i genitori, conoscendo i loro figli, possano anche comprendere meglio delle situazioni e offrire pareri utili. È accaduto a noi, invece, e a mia moglie in particolare, di sentirsi dire, quando riferiva in una
Tale problema dei rapporti tra cittadino e Stato dovrebbe quindi essere affrontato, se possibile anche in chiave normativa.
Non conosciamo esattamente l'entità del fenomeno sul territorio nazionale, ma posso portare alla vostra attenzione la nostra esperienza di Milano, poiché abbiamo avuto la fortuna di osservare l'evoluzione di tale problematica. Negli ultimi dodici anni, a Milano abbiamo condotto mediamente circa 800 autopsie l'anno, per un'area globale di competenza di 3 milioni di persone. Arrivano, in media, dai 30 ai 50 casi di cadaveri senza neanche un sospetto di identità. Per due terzi, queste persone vengono solitamente identificate nell'arco di un anno, per un terzo rimangono non identificate e, a discrezione del magistrato che sta seguendo il caso, sono infine sepolte con una lapide che riporta la scritta «sconosciuto».
Si tratta di un problema. Noi abbiamo il polso della situazione a Milano, ma quella nazionale è sconosciuta, anche per motivi che poi andrò brevemente a spiegare. Sembra, poi, che tale problema riguardi anche l'Europa, come suggerisce un articolo uscito ad aprile su Le Monde, in cui si sostiene che ogni anno in Francia mille persone vengono sepolte con la scritta «sconosciuto» sulla lapide.
Porterò alla vostra attenzione alcuni esempi per rendervi l'idea della carenza di risultati a cui porta la scarsa possibilità di confrontare i dati delle persone scomparse con quelli dei cadaveri privi di identità. Considerate, innanzitutto, che moltissimi casi sono stati risolti grazie alla trasmissione televisiva «Chi l'ha visto?». La nostra prima collaborazione in tal senso, ad esempio, riguardava una diciottenne scomparsa da Roma: la ragazza era venuta a Milano, dove infine si è suicidata, e malgrado fosse stata regolarmente denunciata come scomparsa alle autorità romane e detenuta otto mesi in cella a Milano come sconosciuta, è stata identificata soltanto per caso, perché uno di noi stava guardando il sito di «Chi l'ha visto?».
Un altro caso ancora più paradossale è stato quello di un signore anziano suicidatosi in un corso d'acqua vicino a Monza, a neanche trenta chilometri da Milano. A Milano il corpo arriva molto ben conservato, viene condotta l'autopsia; si tratta di uno sconosciuto e il magistrato archivia il caso perché non c'è sospetto di reato, Questa persona viene sepolta, rimane due anni sotto terra e viene quindi identificata soltanto perché noi abbiamo istituito un sito, con il permesso della magistratura a Milano, sul quale è presente l'identikit degli scomparsi. Nella sola Milano, sono ancora ottanta i corpi rimasti senza nome negli ultimi dodici anni.
Si verificano questi casi paradossali proprio perché manca questa banca dati. Quindi, mi permetterei soltanto di rilevare la necessità di creare due banche dati che effettuino un confronto incrociato tra i cadaveri senza identità e le persone scomparse.
Vorrei, inoltre, sottolineare alcuni potenziali problemi relativi all'argomento che stiamo trattando, considerata l'esperienza accumulata in questi dodici anni. Il primo riguarda il controllo del territorio. Il cadavere senza identità può essere un cadavere ben conservato, ma può anche consistere in resti umani o frammenti di resti umani: è molto variabile la modalità di presentazione di questi corpi che non hanno un nome. Peraltro, in base a quelli
Come dicevo, dunque, il primo problema riguarda il controllo del territorio. È molto difficile realizzare un censimento di cadaveri e di resti umani presenti sul territorio nazionale, anche perché questi percorrono strade molto diverse. Innanzitutto, possono essere di competenza dell'autorità giudiziaria, ma anche dell'autorità sanitaria: la prima, infatti, non può essere l'unico referente, perché altrimenti perderemmo dei casi. Viceversa, anche l'autorità sanitaria rischia di perdere il controllo della situazione se, ad esempio, viene rinvenuto un resto umano a Milano, si chiama immediatamente il medico legale, il resto finisce in obitorio e magari non ne viene data comunicazione diretta all'ASL. Esiste, insomma, un problema di censimento sul territorio, che forse si potrebbe risolvere attraverso l'utilizzo dell'ufficio di stato civile, presso il quale è necessario rivolgersi per seppellire dei resti.
Va tenuto presente che questi resti, così come i cadaveri, secondo i nuovi regolamenti di polizia mortuaria possono essere portati soltanto in tre posti: negli obitori delle grandi città, nei cimiteri - le vecchie camere mortuarie - e negli ospedali. Quindi, mantenendo il controllo di questi tre siti, si può riuscire a risolvere la questione legata al censimento del territorio.
L'altro problema, invece, è proprio quello della banca dati. Una volta risolto quello del censimento, occorrerebbe istituire delle banche dati che siano parallele, ossia che funzionino seguendo le stesse modalità. Ad esempio, se per gli scomparsi bisogna denunciare sesso, età, razza, connotati, contrassegni, situazione dentaria ed eventualmente anche il DNA, allo stesso modo bisognerebbe fare per i cadaveri privi di identità.
Vorrei sottolineare, peraltro, che il DNA da solo non basta e una banca dati genetica non è sufficiente. Senza entrare nello specifico, ciò è dovuto a moltissimi motivi, come al fatto che dai resti non è sempre estrapolabile un DNA leggibile, utile per un'identificazione, o che, per gli scomparsi, non è disponibile lo stesso DNA o del materiale idoneo. A tal proposito, abbiamo diversi modelli di banche dati e di modalità di comparazione che ci offre anche l'Interpol, per i casi di disastri di massa e via dicendo. Qualche anno fa, il Ministero dell'interno aveva addirittura istituito una commissione per creare un software denominato Advis e venire incontro a questo problema, ma, pur non facendo parte né della Polizia né del Ministero, mi è sembrato di capire, attraverso i colleghi della Polizia che lavorano con noi, che tale progetto è caduto nel vuoto.
Esistono quindi dei modelli da seguire e devono essere molto dettagliati. L'ultima questione che mi permetto di sottolineare riguarda il fatto che le competenze sono molto importanti. È chiaro che se si dispone di una banca dati in cui immettere l'identikit di ogni persona non identificata, questa deve essere gestita bene. I cadaveri, infatti, non sono sempre ben conservati, in modo che se ne intuisca l'altezza o i lineamenti del volto e risulti facile l'identificazione: a Milano, per metà arrivano carbonizzati, saponificati o in avanzato stato di decomposizione, quindi sono necessarie competenze molto specialistiche.
Concluderei, allora, con una riflessione sulle persone a cui spetta questo compito, che debbono possedere le competenze per poterlo svolgere. In base alla nostra esperienza, deve trattarsi sicuramente di un medico legale, occorrendo anche stabilire la causa di morte. Egli deve inoltre essere coadiuvato da figure come l'odontoiatra, l'antropologo e il genetista, che sono chiaramente figure fondamentali. Bisognerebbe inoltre far riferimento a centri di eccellenza oppure fare in modo che quelli
Conduco il mio intervento, consistente anche in una relazione che poi depositerò, in una duplice veste: quella di avvocato, attività che attualmente svolgo, e quella di ex appartenente alle Forze di polizia con il grado di ufficiale. Ho percepito e ho potuto verificare anche di persona la presenza di una certa inadeguatezza da parte degli apparati investigativi. Ora, avendo vissuto molte di queste vicende, non posso pensare, né penso, che all'improvviso tutti i nostri inquirenti e i nostri investigatori siano diventati insensibili, inadeguati o impreparati. In realtà, il problema principale - ed ecco dove il progetto di legge potrebbe essere integrato - è innanzitutto di natura procedurale.
Iniziamo col dire, infatti, che gli scomparsi vanno distinti in due grandi categorie, ossia chi scompare volontariamente e chi involontariamente. Tra i secondi, vi sono alcuni che scompaiono in quanto vittime di fatti criminosi, di reati a tutti gli effetti, e altri perché affetti da psicopatologie come la demenza senile o il morbo di Alzheimer. Riguardo a quest'ultimi, qual è l'orientamento delle procure nel momento in cui viene presentata una denuncia di scomparsa? Riassumendo per i non addetti ai lavori, vi ricordo che presso le procure della Repubblica esistono in sostanza tre registri, tre modelli: il modello 21, utilizzato quando si fa una notizia di reato nei confronti di persone note; il modello 44, quando se ne fa una nei confronti di persone ignote, cioè di autori di reati di cui ovviamente ancora non si conosce l'identità; infine, il modello 45, ossia una sorta di via di mezzo, adoperato quando esiste un fatto, ma non è ancora correttamente qualificato sotto il profilo giuridico.
Ora, nel caso di denunce sporte da familiari di persone scomparse, ho notato un duplice orientamento: in alcune procure si usa iscrivere la denuncia nel modello 44, in altre nel modello 45. Non si tratta di una differenza di poco conto, per vari motivi. Sotto un profilo puramente tecnico-processuale, qual è il compito del pubblico ministero nel momento in cui riceve un fatto che non costituisce reato? Perché una scomparsa per Alzheimer, almeno ab origine, non è un fatto costituente reato. Da quale momento deve far partire il termine di durata delle indagini preliminari?
Noi sappiamo che le indagini preliminari devono durare almeno sei mesi e possono essere prorogate in determinati casi espressamente previsti dal codice. Questo significa che possiamo far partire tranquillamente il termine dei sei mesi dal momento della scomparsa. Ma cosa succede quando scadono i sei mesi? La chiusura delle indagini significa anche la chiusura delle ricerche? Come si potrebbe affrontare questo problema sotto un profilo processuale? Nel momento in cui il pubblico ministero conclude che non si ravvisano fatti costituenti reato, il fascicolo viene archiviato e automaticamente si verifica la cessazione delle ricerche. Questo è un primo punto su cui è necessario discutere.
Il secondo punto riguarda la polizia giudiziaria, l'organo di cui si avvalgono le procure della Repubblica e i pubblici ministeri per svolgere le indagini in ordine ai vari fascicoli. Come ben sappiamo, l'articolo 55 del codice di procedura penale indica i compiti e le funzioni della polizia giudiziaria: prevenire che il reato venga portato a ulteriori conseguenze, individuare
Sono perfettamente d'accordo su tutte le proposte indicate nel progetto di legge in ordine al coordinamento, all'istituzione di un comitato, al fondo, ma mi metto anche nei panni della polizia giudiziaria che riceve questa denuncia. Dovrebbe, ovviamente, darne subito notizia all'autorità giudiziaria e con la stessa concordare la linea. Al di là della ricerca immediata (intendo la pura attività di ricerca materiale, quindi la distribuzione delle foto alle pattuglie, la banca dati e via dicendo), quali atti di indagine essa può porre in essere a livello puramente investigativo? Parliamo di perquisizioni, ispezioni, accessi, interrogatori, intercettazioni ambientali o telefoniche, rivelatori satellitari e quant'altro. Senza dimenticare, poi, che alcuni di questi mezzi di ricerca delle prove sono previsti solo per determinati tipi di reato che superano una soglia edittale di pena.
Quindi, anche la polizia giudiziaria, nel momento in cui viene investita del fatto reato, cosa può e deve fare? Da questo punto di vista, a mio avviso, occorre colmare una lacuna, affinché l'organo investigativo, sia come attività giudiziaria sia come polizia giudiziaria, sia dotato di strumenti giuridici conferiti direttamente da norme preposte, che gli diano l'obbligo di fare quanto necessario e nei limiti in cui la legge glielo consente. Sarebbe opportuno iniziare, ad esempio, dall'istituzione presso le procure di un registro di tutti i casi di persone scomparse, in modo da dirimere subito il dubbio tra il modello 44 e il modello 45.
Perché è pacifico che se lo scomparso è vittima di un reato, la denuncia è registrata nel modello 21, e valgono le normali regole che il codice di procedura penale prevede. Ma penso, appunto, ai tantissimi casi di persone che scompaiono a causa di psicopatologie, ossia ai casi in cui non sussiste un reato o, almeno, non sussiste all'inizio, poiché non c'è dubbio che lo scomparso possa nel corso del tempo subire altri tipi di reato, pur non essendone vittima ab origine.
Quindi, quale tipo di attività, quale tipo di potere, quale veste giuridica spetta alla polizia giudiziaria in questa occasione? E se non è una veste giuridica di polizia giudiziaria in senso tecnico, non sussistendo notizia di reato, che atti può condurre a termine? Il nostro codice individua una serie di atti che sono propri della polizia giudiziaria, altri del pubblico ministero ed altri ancora che vengono condotti su delega. Quali sono in questi casi?
Sarebbe opportuno che la norma indicasse agli organi di polizia giudiziaria e agli apparati investigativi come comportarsi in questa situazione: se la parola protocollo è forse esagerata, diciamo che occorre un'indicazione tassativa, o quasi, di tutto ciò che è necessario fare, nell'immediatezza, durante e dopo. Esiste, infatti, come ho già detto in precedenza, un problema di procedura, legato al periodo dei sei mesi delle indagini preliminari: una volta che queste sono scadute e il pubblico ministero ha archiviato la denuncia, a che titolo un familiare della persona scomparsa può pretendere alcunché? Considerate anche che la ricerca comprende un dispendio di mezzi: missioni, straordinari, servizi esterni, insomma una serie di indennità che spettano agli appartenenti delle forze di Polizia. A che titolo può essere riconosciuto questo tipo di emolumenti, se il fascicolo «penale» è stato archiviato?
A mio avviso, dunque, come anche riportato nella relazione che depositerò, questi sono alcuni dei punti che andrebbero approfonditi sotto un profilo processuale e penale.
D'altra parte, c'è un ulteriore problema fondamentale: chi rimane deve affrontare quotidianamente decine di problemi. Mi sono occupato in prima persona, nel lontano 2000, della vicenda di un finanziere, Salvatore De Rosa: per noi pugliesi erano gli anni di una vera e propria guerra tra scafisti e forze di Polizia, e, durante un impatto violento con uno scafo albanese, nelle acque antistanti Castro vicino a
Nel caso in questione si configurava un fatto di reato, perché poi gli scafisti albanesi sono stati arrestati, condannati e stanno scontando la pena sin dal 2000. Ma c'era un problema giuridico, legato all'attesa dei due anni: la moglie nel frattempo come avrebbe vissuto? Bisogna considerare che il coniuge non era morto, perché non sarebbe stato tale fino alla dichiarazione della morte presunta. Non era in aspettativa per causa di servizio, per malattia o magari per guerra, che risale al 1947. A che titolo, insomma, la moglie avrebbe dovuto ricevere l'emolumento? In questo come in altri casi, la questione si è risolta grazie alla bontà dell'ente di appartenenza del dipendente, che ha pagato lo stipendio alla moglie e continua a farlo facendo finta di nulla. Ma anche tale soluzione, a mio avviso, sotto un profilo puramente formale e giuridico, non è corretta: tutto ciò andrebbe previsto e codificato, affinché nessuno sia costretto a ricorrere alla fortuna di avere un capoufficio, un ente o un datore di lavoro dotati di una particolare sensibilità.
Occupandomi prevalentemente di appartenenti alle forze di Polizia, ho constatato che nel comparto pubblico questa sensibilità è indubbiamente presente. Quando un agente delle forze di Polizia è vittima di un fatto criminale, si mette in moto un apparato che in pochissimo tempo ne tutela gli interessi. Nel comparto privato, tuttavia, è difficile che succeda altrettanto, è difficile, ad esempio, che un datore di lavoro continui a pagare uno stipendio a una persona dispersa.
Concludo richiamando l'attenzione su un ultimo punto, riguardante una serie di obblighi in questione, anche fiscali: chi effettua, in questi casi, la dichiarazione fiscale, in veste di lavoratore dipendente o autonomo, nonché le eventuali dichiarazioni di successione o i pagamenti di imposte e tributi?
Non sarebbe opportuno creare una sorta di figura di tutore provvisorio in attesa che venga dichiarata la morte presunta, che come ben sapete il codice civile prevede in tempi abbastanza lunghi? Si tratterebbe di un soggetto giuridico, familiare o meno, capace di rappresentare il disperso sotto un profilo civile, tributario e fiscale, dal momento in cui ci sono conti correnti aperti, ci sono mutui da pagare, ci sono polizze assicurative o polizze vita. Chi - e in che modo - deve regolare tutti questi rapporti?
Avendo studiato questo progetto di legge, che peraltro ritengo ottimo, credo che dovrebbe esservi apportata soltanto un'integrazione, trasformando quelli che oggi sono atti di umana pietà in vere e proprie norme giuridiche, che indichino la strada alla polizia giudiziaria come all'autorità giudiziaria, ai datori di lavoro pubblici come a quelli privati.
Nella nostra ricerca di eventuali colpe in ambito familiare, abbiamo appurato come Roberto conducesse una vita normale
Quelle che venivano organizzate alla Busa sembravano feste un po' particolari, con riti di sciamani, a volte con l'intervento di una sciamana russa. Si trattava di strane cerimonie nel bosco, a cui partecipavano molte persone provenienti anche da altre città d'Italia. Per questo motivo la gente del posto la chiamava la «casa dei misteri».
La mattina del 25 febbraio, Roberto è rientrato per riposare, a quanto sembra con l'intento di accompagnare nel pomeriggio alla stazione di Verona un individuo di una certa rilevanza: è uno sciamano, lo stesso coinvolto nella scomparsa dei due giovani italiani trovati poi morti in Amazzonia. Era stato proprio questo sciamano ad organizzare loro il viaggio. Se non sbaglio è originario di Parma o di Modena - ora non ricordo di preciso - comunque la trasmissione «Chi l'ha visto?» ha parlato di questo personaggio.
Molte domande, però, rimangono senza risposta. Perché, prima ancora che noi genitori potessimo renderci conto dell'accaduto, ci sono pervenute numerose telefonate da parte degli amici frequentatori della casa della Busa per avere notizie di Roberto? Come si spiega questo interesse, considerato che prima di allora nessuno aveva mai telefonato a casa?
Perché quella domenica i reparti di pronto soccorso degli ospedali di Verona, ai quali ci siamo rivolti per cercare Roberto, pensando magari a un incidente, ci hanno detto che altre persone, pare gli stessi suoi amici, si erano presi la briga di fare la medesima ricerca senza prima interpellare i familiari, come avrebbe suggerito il buon senso in una normale situazione? Peraltro, cercavano un ragazzo senza documenti: come potevano sapere che i documenti li aveva lasciati a casa?
Perché il lunedì mattina, quando mi sono presentato all'orario di apertura presso la caserma dei Carabinieri di Grezzana per sporgere la denuncia di scomparsa di mio figlio, ho scoperto che qualcun altro, sempre nella cerchia degli amici della Busa, aveva già presentato la stessa denuncia telefonando al 112? A quale titolo e in base a quali informazioni l'avrebbe fatto? Come facevano a sapere che Roberto era scomparso? Chi glielo aveva detto?
A questo punto, però, le domande rimangono sempre le stesse: sono state condotte tutte le ricerche possibili? Sono state interrogate le persone in grado di fornire informazioni utili alla soluzione del caso? Quali errori sono stati commessi? Cosa bisogna fare ora? Dov'è Roberto?
Concludo il mio intervento con un appello affinché le ricerche possano riprendere da subito e con tutte le energie possibili, rivolgendomi per questo alle istituzioni, alle Forze dell'ordine, alla magistratura e a tutti coloro che possono dare informazioni utili. Stiamo parlando di una situazione divenuta quasi insostenibile. So anche che tante persone hanno detto di sapere dove si trova Roberto, ma non so se queste persone siano state interrogate.
Vorrei solo tornare rapidamente su due aspetti della questione, uno dei quali riguarda più espressamente la proposta di legge ed è legato, come già sottolineato dal signor Bariffi, alla volontarietà della scomparsa. Credo che tale sostantivo vada eliminato dal testo, in quanto estremamente pericoloso per le indagini: parlo per la mia esperienza personale, ma ritengo che si tratti di un problema generale.
Quando Elisa è scomparsa da Potenza aveva sedici anni e vi assicuro che per mesi - non per le canoniche quarantotto ore - si è perso del tempo prezioso nelle indagini, poiché la tesi preconcetta di chi riceve una denuncia di scomparsa è che si tratti di allontanamento volontario. Si impiegano mesi interi, dunque, non indagando semplicemente sul contesto familiare, com'è legittimo che sia, ma conducendo tali indagini con accanimento e pervicacia, quasi a dimostrare per forza che la persona scomparsa si sia allontanata volontariamente da casa, a causa di un contesto familiare difficile.
Il discorso legato alla volontarietà della scomparsa può essere dunque pericoloso. A distanza di quattordici anni, sarebbe praticamente impossibile riassumervi il mio caso, tanto più che l'inchiesta che ha riguardato la scomparsa di mia sorella - e che il prefetto Monaco conosce molto bene - ha visto purtroppo coinvolti i magistrati indaganti. In questo momento, nella mia città è presente un clima avvelenato, che riguarda non solo la scomparsa di Elisa, ma anche altri omicidi. Purtroppo, siamo ogni giorno sulle cronache nazionali e, senza volerlo, anche la scomparsa di mia sorella è finita in questo enorme calderone.
Per darvi un'idea di quanto sia pericoloso questo discorso della volontarietà, considerate che, a distanza di quattordici anni, molte persone che si sono occupate del caso, anche a livello di servizio centrale operativo di Roma, ritengono che purtroppo si tratti di un omicidio e non di una scomparsa, a meno che, come prima sosteneva Federica Sciarelli, non si avvalori l'ipotesi che qualcuno possa diventare latitante volontario, figura non ancora posta in evidenza.
Di recente, tuttavia, in un improvvido e infelice intervento televisivo, il questore di Potenza riprendeva il discorso dell'allontanamento, ventilando questa possibilità con l'ausilio di una foto in cui il volto di Elisa appariva invecchiato grazie all'utilizzo di un'elaborazione grafica. In questo modo si aprono delle falle molto rischiose. A distanza di quattordici anni, infatti, anche per mia madre, ossia l'ultima persona a voler accettare la morte di mia sorella, credo sia arrivata la rassegnazione. Capirete, allora, quanto sia davvero pericoloso per una persona più esposta, più debole da questo punto di vista, sentire un esponente delle Forze dell'ordine sostenere addirittura la possibilità che Elisa sia viva, senza però supportare questa dichiarazione con alcun tipo di elemento probante. Mi sento, quindi, di suggerire che il discorso della volontarietà vada tenuto separato.
Un'ultima questione da sottolineare si riferisce a quanto prima ricordava il prefetto Monaco: ritengo sia assolutamente necessaria una sinergia tra il testo del progetto di legge e il compito che è stato affidato al commissario straordinario per le persone scomparse. Per la mia esperienza personale e quella delle tante persone che so aver patito il mio stesso dramma, molto dipende dalla sensibilità del poliziotto incaricato o del maresciallo che riceve la denuncia di scomparsa. Se c'è la giusta sensibilità, possono essere fatti passi importanti, soprattutto nelle prime ore.
Questo, di certo, non è un aspetto della questione che può essere considerato in ambito normativo, me ne rendo conto. Credo, tuttavia, che sia importante, come abbiamo sottolineato anche durante l'incontro con il Ministro Amato, affrontare il discorso della formazione delle Forze dell'ordine. Non so se sia possibile, dal momento che abbiamo già tanti reparti speciali in Italia, ma sarebbe importante almeno provare ad introdurre, nella formazione
Cito l'esempio della scomparsa di mia sorella. Sono state ascoltate - è vero - centinaia di persone, all'epoca tutte minorenni, ma l'approccio è stato di tipo inquisitorio. Naturalmente si tratta di una procedura completamente sbagliata, per cui alcune persone che avrebbero potuto essere ascoltate si sono chiuse a riccio. Anche quando non avevano nulla da nascondere, gli stessi genitori hanno assunto un atteggiamento protettivo nei confronti dei figli, proprio perché sottoposti a tale approccio di tipo inquisitorio. Concludo, quindi, ribadendo l'importanza della formazione.
Considerata l'emozione che suscita il racconto dei casi particolari, forse sarebbe appropriato evitare il freddo resoconto di un'analisi strategica e criminale, alla quale sono abituato. Pertanto, vorrei semplicemente offrire due indicazioni.
La prima riguarda l'esigenza, che ho sentito manifestarsi più volte, di una formazione. Siamo molto attivi sotto questo profilo, ma occorrono certamente dei tempi tecnici. Esiste un progetto europeo denominato Dafne 2, a cui il Ministero dell'interno ha aderito da diverso tempo: esso è realizzato in partenariato con ambienti universitari e tratta specificamente vittimologia, con un sottogruppo specialistico per le persone scomparse. Con il suo ausilio, impareremo a trattare meglio con coloro che sono le vittime prime, ossia i parenti delle persone scomparse.
Presso la Scuola interforze di polizia è già stato avviato un programma di formazione dei formatori, in modo da poter diffondere più rapidamente su tutto il territorio nazionale una nuova cultura di approccio alle vittime di reati in genere e di questi più delicati in particolare, quando, ovviamente, si tratti di reato. La mia relazione, in verità, attraverso valutazioni ricavate dai numeri (come il mio compito richiede), puntava anche a sottrarre le forze di polizia da tutte le responsabilità che vengono loro addossate.
A proposito dei numeri citati, vorrei ricordare che all'inizio di quest'anno abbiamo rilevato come nella banca dati delle forze di Polizia risultassero 34.700 persone scomparse e ancora da rintracciare, tra cui 4.800 cittadini stranieri scomparsi fuori dai confini nazionali e inseriti dalla nostra Interpol su richiesta di Stati esteri. Un numero così elevato, pur riferendosi a tutti i casi registrati negli ultimi 33 anni a partire dalla costituzione alla banca dati, è sembrato inverosimile e, probabilmente, molto influenzato anche da numerosi mancati aggiornamenti. Spesso, infatti, quando il parente scomparso fa ritorno a casa, nell'entusiasmo del momento le famiglie dimenticano di comunicarlo.
Esiste poi un altro dato: delle 29.800 unità in questione, ben 14.000 sono soggetti di nazionalità non italiana. Su questo aspetto si potrebbe dire molto.
Dal mese di gennaio ci siamo ampiamente attivati, incontrandoci anche con l'associazione Penelope per recepire indicazioni utili. Abbiamo deciso, quindi, di apportare alcune modifiche alla struttura interna della banca dati rendendo obbligatori alcuni campi, in modo che, nel momento della ricezione della denuncia o della segnalazione della scomparsa, l'operatore incaricato sia costretto ad inserire talune specifiche. Molto spesso, infatti, da quanto abbiamo potuto constatare, il rilascio di alcune informazioni trova una resistenza da parte della stessa famiglia, poiché, se esistono situazioni di particolare degrado o di disagio, le persone di solito evitano di raccontarcelo.
Di recente, abbiamo anche calcolato di nuovo tutti i dati e, dopo aver offerto indicazioni precise al territorio di riesaminare caso per caso i 34.000 fascicoli, già al 31 maggio questi ultimi erano diminuiti di 5.700 unità. Siamo scesi, pertanto, rispetto
L'andamento che abbiamo rilevato dal 1974 ad oggi è senza dubbio crescente, ma una valutazione esatta a proposito potrà essere espressa esclusivamente quando avremo eliminato dal sistema informatico tutti i casi dubbi. Il rilevamento relativo al triennio 2004-2006, compresi i primi quattro mesi del 2007, ci indica che le persone denunciate come scomparse sono state complessivamente 29.500, mentre quelle rintracciate nello stesso periodo ammontano a 22.230.
La differenza, pertanto, è di 7.200 unità. Questo dato, per chi è abituato a confrontarsi con numeri e statistiche, ci dà un'indicazione completamente diversa di quello che dovrebbe essere il trentennio. Probabilmente ci ritroveremo, alla fine del lavoro di rielaborazione della banca dati, con numeri molto più esigui. Continuo con la mia relazione, di taglio decisamente tecnico, senza dimenticare che ogni singolo caso è importante. Le valutazioni che poi potremo trarre sono di altro ordine.
Vorrei soffermarmi anche su una valutazione della delittuosità per il 2006, anno in cui i casi registrati di scomparsa ammontano a 9.660 unità, di cui 298 con connessioni dirette o indirette a elementi delittuosi, ossia il 3 per cento. Tra questi, 14 sono risultati essere omicidi, 54 sottrazioni consensuali di minori o di incapaci e 230 allontanamenti in conseguenza di reati quali maltrattamenti in famiglia, abuso di mezzi di correzione, minacce, lesioni, prostituzione e violenza sessuale. In 230 casi, quindi, è contenuta la motivazione stessa della scomparsa.
L'1 per cento dei 9.600, quindi 106 casi, sono collegabili ad altri gravi eventi: 37 suicidi accertati, 15 tentativi di suicidio e 54 rinvenimenti di cadaveri non immediatamente identificati o persone scomparse trovate poi morte per probabile suicidio, fatto accidentale o cause naturali.
Risultano, per il 2006, 2.340 casi non revocati di scomparsa. 4.384 sono i minori scomparsi sul totale, di cui 2.500 stranieri e 1.800 italiani. Perdonatemi, ma i numeri sono questi. I minori che sono stati rintracciati sono 3.880 e tra questi 1.960 sono italiani e 920 stranieri.
In buona sostanza, a tutti questi numeri abbiamo cercato di dare un significato, altrimenti una fredda lettura non sarebbe stata di conforto. Ho allegato alla relazione anche quindici schede tratte dal sistema di indagine, motore del nostro centro elaborazione dati, che saranno sicuramente utili al prefetto Monaco nello svolgimento del suo difficile compito. Egli, infatti, non potrà avere tutti i poteri di «Chi l'ha visto?», con cui spero comunque che si potrà intavolare una collaborazione.
L'Emilia-Romagna è la prima regione che ha avviato come progetto pilota l'affissione permanente nelle stazioni ferroviarie di bacheche e locandine che riportano i volti, i nomi e le date di scomparsa delle persone. Noi crediamo, come Emilia-Romagna, che questo sia uno strumento fondamentale, in quanto le stazioni ferroviarie rappresentano un basilare punto di passaggio ed è quindi possibile, anche con una breve occhiata, l'individuazione di eventuali scomparsi.
Il 13 ottobre 2007 si svolgerà inoltre a Cesena un convegno regionale di «Penelope», in cui cercheremo di tracciare un bilancio delle persone scomparse nella regione. Ovviamente, sarete tutti invitati, poiché l'obiettivo dell'incontro sarà quello di creare un momento di dialogo costruttivo per ragionare insieme sulle prossime proposte.
Vorrei ricollegarmi alla storia appena raccontata dal signor Ballini, poiché in veste di giornalista mi sono occupata di diversi casi di scomparsi nel fenomeno settario. Quest'ultimo, purtroppo, è scarsamente noto, malgrado lo stesso «Chi l'ha visto?» abbia trattato casi come quello di Christian Frigerio, scomparso all'interno delle bestie di Satana nel 1996. Da undici anni non se ne hanno notizie e la madre ancora chiede delle risposte che i ragazzi in carcere non danno.
Un altro caso di cui mi sono occupata è quello di Franco Marino, un signore scomparso in un gruppo pseudo-religioso vent'anni fa. Fu una delle prime vicende di cui si interessò sempre «Chi l'ha visto?», ma il problema consiste nel fatto che questa persona è stata portata all'estero e non sappiamo dove. È praticamente impossibile, quindi, riuscire a ricostruirne il percorso, e Marino, in vent'anni, non solo può essere cambiato a livello fisiognomico, ma potrebbe trovarsi in qualsiasi Paese.
Non dimentichiamo, inoltre, che ci sono comunità non monitorate in cui non solo i bambini, ma anche gli adulti cambiano nome e identità. Una volta che non possono essere più considerati come appartenenti a una corpo sociale, italiano o straniero che sia, ne risulta impossibile anche l'identificazione.
Quelli da me evidenziati sono solamente alcuni casi particolari, che permettono tuttavia di capire come anche il problema settario sia perfettamente inserito all'interno della questione delle scomparse, malgrado rimanga, purtroppo, l'ultima tra le ipotesi considerate. Chiediamo, dunque, insieme alle altre associazioni che si occupano di vittime delle sette, che si crei una équipe con la stessa «Penelope» per ragionare insieme su questo argomento.
Innanzitutto, mi riallaccio all'importanza estrema di una banca dati organizzata nei migliori modi, senza la quale nessun tipo di valutazione reale può essere articolata in Italia e all'estero. Oltre alla banca dati, che il prefetto ha già ipotizzato come organizzazione ottimale, devo richiamarmi assolutamente a quanto sostenuto dall'avvocato La Scala, perché, anche come forze di Polizia, è per noi importante avere una norma da seguire. Vorremmo sapere, infatti, come poter agire, quali sono i nostri limiti, le nostre funzioni e i metodi di intervento che la magistratura ci consente senza il rischio di incorrere in errori anche di natura penale.
È necessario, inoltre, un periodo di formazione delle forze di Polizia, che si svolga a livello sia centrale che periferico e offra le corrette indicazioni sui limiti, i doveri e i compiti di ogni componente delle forze stesse, a cui mi riferisco globalmente.
In merito al terzo punto in questione, vorrei riallacciarmi a quanto detto in precedenza dal signor Celentano, anche relativamente al comitato «Troviamo i bambini». A sostegno della loro posizione, consideriamo l'ipotesi di avere un codice non solo genetico, ma anche immunogenetico per ogni bambino. Si tratta di un progetto che proprio il sottoscritto ha prospettato alla Camera diversi anni fa, nell'ottica di una valutazione preventiva per le patologie geneticamente trasmesse, venendo poi «bocciato» da precedenti commissioni e nel corso di precedenti legislature. Esso prevedeva per ogni bambino una mappatura relativa all'immunogenetica, quindi a un carattere specifico del proprio HLA, un fattore immunitario particolare che rappresenta un vero e proprio indice genetico, una sorta di impronta digitale di ogni soggetto.
L'utilità di tale mappatura si riscontra innanzitutto nel campo della trapiantologia, essendo un metodo utile anche per la valutazione di soggetti che un domani potrebbero essere eventualmente donatori di organi, come richiede parte della cittadinanza e della comunità scientifica. In secondo luogo, potrebbe essere un sistema molto importante per inquadrare scientificamente
Sarebbe possibile, infatti, individuare eventuali rapimenti nei confronti di minori e quindi intervenire giuridicamente e automaticamente attraverso la nostra competenza. Questo potrebbe porre termine anche al traffico di bambini, ai circa 30.000 soggetti scomparsi che arrivano da altri paesi in transito sul nostro territorio. Ci sono casi già registrati di genitori che viaggiano con passaporti contraffatti conducendo con sé dei bambini.
Purtroppo, nei centri di accoglienza, la breve permanenza e l'impossibilità oggettiva di procedere con accertamenti immunitari, immunologici o immunochimici su questi individui, non ci consente di stabilire se il soggetto è il figlio di quella persona o meno, autorizzando di conseguenza il transito.
Tuttavia, secondo quanto riportato nei documenti che sto consegnando, è possibile intervenire a livello normativo se consideriamo una valutazione preventiva sulle malattie virali trasmesse dai soggetti quando transitano nei campi di accoglienza o, eventualmente, quando sono condotti in questura per degli accertamenti. In questo modo, potrebbero essere individuati soggetti di origine o provenienza illegale.
Un'altra questione da affrontare è quella del turismo sanitario. Da un punto di vista scientifico, si possono apportare delle metodiche di studio e di indagine a livello tecnico per inquadrare soggetti che si recano all'estero per l'acquisto di organi. Parliamo, infatti, di mercato di organi, una realtà che non è nuova a nessuno e che è possibile individuare. L'Italia dovrebbe instaurare una collaborazione internazionale con l'Interpol e con altri Stati, perché si tratta di un mercato in incremento.
Le valutazioni e le osservazioni dei punti di transito e di copertura esistono e sono inquadrabili, ma sarebbe necessario un coordinamento diverso. Abbiamo riferimenti in Stati come il Mozambico, un grosso serbatoio di organi dal quale partono bambini per essere trapiantati in Sudafrica. Soggetti si muovono dall'Italia all'estero per fare acquisto di organi ed avere un trapianto, così come sono in atto rapporti internazionali con Cina e India dove il mercato è molto ampio in questo senso. Gli organismi politici non possono ignorare tutto ciò e disattenderlo completamente.
Mi limito a queste considerazioni perché nei documenti che ho presentato sono presenti altri chiarimenti particolari. Concludo richiamando l'attenzione sulle giuste valutazioni cliniche dei soggetti, specialmente quelli neurolesi o affetti da patologie demielinizzanti o neurodegenerative, come potrebbe essere il morbo di Alzheimer. Sarebbe un ottimo traguardo riuscire a provvedere ad ogni paziente disponendo di un'anagrafe precisa e conferendo a ciascuno un oggetto, un bracciale o una valutazione magnetica, che ne permetta l'individuazione anche in periferia e con altri tipi di mezzi.
Infine, vorrei evidenziare la questione relativa alla possibilità di accesso all'interno di strutture, anche religiose, dove spesso possono essere ospitati soggetti affetti da demenza senza essere registrati, dove non è richiesta la firma dell'individuo e l'ingresso viene spesso consentito solo attraverso vie alternative o conoscenze. Dovrebbe realizzarsi un nuovo coordinamento a livello ministeriale su questo problema, permettendo anche alle forze di Polizia di operare nell'ambito di una corretta normativa.
È un programma che si basa su una centrale di archiviazione dati. Come è stato illustrato in precedenza, esistono varie soluzioni e anche un kit, ma occorre velocizzare la divulgazione dell'informazione. Questa, dunque, è la base da cui partiamo, poiché il kit serve a far archiviare prima ai genitori tutti i dati che servono (impronte digitali e via dicendo).
Questa centrale, una volta dichiarata la persona scomparsa, riceve l'informazione e archivia tutti i dati su un portale. Questo provvede all'inserimento dei dati in questione e a metterli velocemente in contatto con tutti i mezzi di comunicazione, creando, ad esempio, una locandina stampabile in PDF. È importante, infatti, avvisare tutti che la persona è scomparsa. Occorre interagire con i cellulari, avvisare tramite SMS le persone che lavorano nei punti chiave, come aeroporti, stazioni ferroviarie e via dicendo. Tale PDF deve essere disponibile da scaricare, e chi può deve anche inviare MMS con la foto dello scomparso, allegandovi sempre anche l'indirizzo del sito dove si possono trovare le informazioni aggiornate. Tale meccanismo aumenta di molto la velocità delle ricerche.
Noi abbiamo portato aventi un progetto che è già in essere e si può trovare sul nostro sito www.troviamoibambini.it: si tratta di un banner dinamico che aggiorna in automatico le foto degli scomparsi. Tale banner è stato inserito in oltre 20.000 siti, essendo sufficiente scaricarlo e fare copia-incolla di un codice da introdurre nel proprio sito. Il banner ruota, in modo che, quando si vuole aggiungere la foto di uno scomparso, bisogna solo aggiornare il database tramite questo software, che, in automatico, si aggiorna su tutti i siti, dando vita a una divulgazione rapida. Questo già accade negli Stati Uniti.
Riallacciandomi al discorso della dottoressa Cattaneo, vorrei portare l'attenzione sulla possibilità di incrociare i dati. Questo software è nato sul nuovo concetto dei tag, una sorta di etichetta che viene assegnata. Ad esempio, quando sparisce una persona, dobbiamo organizzare i contenuti relativi: viene attribuito un sesso, un colore dei capelli e uno degli occhi. Ipotizziamo la scheda di una persona che abbia gli occhi azzurri e i capelli neri e di una che abbia gli occhi azzurri e i capelli biondi: se effettuo una ricerca tramite il colore degli occhi, mi verranno indicate solamente le persone presenti nel database che abbiano quelle caratteristiche, grazie a una selezione delle informazioni. Non mi serve incrociare gli occhi azzurri con i capelli rossi, perché in questo caso il database mi dirà che non esiste nessuno con queste caratteristiche.
Tuttavia, nel caso del ritrovamento di una persona che ha avuto un infortunio, è caduta o rimasta uccisa, occorre incrociare i dati e i segni particolari si rivelano un importante punto di partenza, da cui si può ottenere automaticamente una selezione di dati.
Riguardo alle proposte dell'avvocato, abbiamo lasciato tutti i nostri interventi agli atti della Commissione.
Se lo desiderate, possiamo trasformare queste relazioni in proposte per emendamenti; anche quanto detto è stato messo per iscritto e verrà formalizzato dietro vostra richiesta.
Vi ringraziamo innanzitutto per aver fatto emergere il profilo umano dei problemi - sono temi di grande difficoltà che meritano di essere trattati con senso di umanità - ma vi ringraziamo anche per i dati che ci avete fornito.
Peraltro, non è stata prospettata una differenziazione tra uomo e donna, mentre sarebbe abbastanza interessante sapere se più le donne piuttosto che gli uomini sono vittime di questo tipo di scomparse.
Continueremo a lavorare sull'argomento e l'onorevole Frias terrà conto dei suggerimenti emersi nella definizione del testo della proposta di legge. Dal momento che il sistema informatico è a disposizione di tutti, sarebbe utile metterlo a disposizione affinché chi ha avuto la pazienza e la cortesia di intervenire oggi in questa sede possa fornire ulteriori suggerimenti e valutazioni.
Non riteniamo di avere il monopolio della capacità di affrontare i problemi: voi che in parte li avete vissuti e in parte li conoscete per ragioni professionali, potrete esserci particolarmente utili per elaborare un testo che finalmente permetta di compiere un salto di qualità nella legislazione in materia e dia una struttura ordinaria per seguire questo settore. In questo senso, condivido il pensiero della collega Elisa Pozza Tasca, che segue questo fenomeno purtroppo non limitato nel tempo.
Credo, inoltre, che sia molto importante avere un rapporto con gli altri Paesi, capire cioè se il fenomeno di cui parliamo abbia delle specificità italiane o se invece sia diffuso in modo omogeneo e in quali Paesi. Sono tutti dati che ci permetteranno di affrontare meglio questo tipo di problema.
Vi ringrazio nuovamente, faremo tesoro dei vostri suggerimenti.
Dichiaro conclusa l'audizione.