Doc. IV, N. 1-A
RELAZIONE
DELLA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI
(Relatore: PITTALIS)
sulla
DOMANDA DI AUTORIZZAZIONEALL'UTILIZZO DI CAPTAZIONI INFORMATICHE
nei confronti di
Cosimo Maria FERRI
(deputato all'epoca dei fatti)
(nel procedimento disciplinare n. 93/2019 RG)
avanzata dalla sezione disciplinare
del consiglio superiore della magistratura
il 20 settembre 2023
Presentata alla Presidenza il 27 ottobre 2023
Onorevoli Colleghi! – La Giunta per le autorizzazioni riferisce all'Assemblea in merito a una richiesta di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche di comunicazioni dell'on. Ferri, deputato all'epoca dei fatti, che la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (CSM) ha inviato alla Camera ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 140 del 2006 (ordinanza n. 78 del 19 settembre 2023).
1. La richiesta della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della Magistratura del 19 settembre 2023 (XIX legislatura).
La predetta richiesta della Sezione disciplinare del CSM, pervenuta alla Camera il 20 settembre 2023, trae origine da un procedimento disciplinare nei confronti dell'on. Ferri, che è stato promosso dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione e che è attualmente in corso di svolgimento presso la Sezione stessa (proc. n. 93/2019 RG). Come risulta dai capi di incolpazione trasmessi alla Camera, l'on. Ferri è accusato in sintesi:
1) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (recante Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati) poiché, in asserita violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità di magistrato, benché fuori ruolo organico della Magistratura in quanto parlamentare, teneva – insieme ad alcuni componenti del CSM e a un altro parlamentare – un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati componenti il Consiglio Superiore della Magistratura. Detto comportamento risultava idoneo ad influenzare, in maniera occulta, la generale attività funzionale della V Commissione dell'Organo di autogoverno, in ragione della circostanza che, nel corso di una riunione notturna tenuta nella notte del 9 maggio 2019 in luogo diverso dalla sede consiliare, egli – benché soggetto estraneo alla funzione ed all'attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato, in quanto Parlamentare – forniva un contributo consultivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari;
2) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, lettera d), del sopracitato decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 poiché, in ipotizzata violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità e nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nel precedente capo di incolpazione, teneva un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei magistrati che avevano presentato domanda per il conferimento dell'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Egli infatti – benché soggetto estraneo alla funzione ed all'attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato – insieme ad alcuni componenti del CSM e ad un altro parlamentare precostituiva e concordava, fin nei dettagli, la strategia da seguire al fine di pervenire dapprima alla proposta di nomina e, quindi, alla successiva nomina di uno dei concorrenti per la funzione di Procuratore della Repubblica di Roma. E ciò, indipendentemente dagli eventuali meriti dei candidati;
3) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 3, lettera i) del sopracitato decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, per avere in ipotesi – anche attraverso le condotte descritte nei precedenti capi di incolpazione – posto in essere un uso strumentale della propria qualità e posizione, diretto, per le modalità di realizzazione, a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste, quali la proposta e la nomina di uffici direttivi di vari uffici giudiziari da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il procedimento disciplinare in questione è stato avviato a seguito della trasmissione al CSM – da parte dell'autorità giudiziaria di Perugia – di un cospicuo numero di intercettazioni telefoniche e di captazioni informatiche di comunicazioni mediante c.d. trojan disposte nei confronti del dott. Palamara (magistrato all'epoca dei fatti nonché componente del CSM nella consiliatura dal 2014 al 2018) nell'ambito Pag. 3di un procedimento penale che vedeva imputato tale ex magistrato per corruzione (RGNR 2018/6652). Tale procedimento si è concluso nel 2023 con il patteggiamento della pena a un anno di reclusione, dopo che la Procura di Perugia ha derubricato il reato inizialmente contestato (corruzione) a traffico di influenze illecite (sentenza n. 1714/2023 del Tribunale di Perugia).
In allegato alla richiesta inviata alla Camera, la Sezione disciplinare del CSM ha trasmesso: 1) gli atti del procedimento penale di Perugia nei confronti del dott. Palamara; 2) gli atti del procedimento disciplinare nei confronti dell'on. Ferri; 3) le intercettazioni telefoniche e le captazioni ambientali mediante trojan disposte nei confronti del dott. Palamara dal mese di marzo a quello di maggio del 2019. Al riguardo, si segnala che agli atti risultano: 28 intercettazioni telefoniche «classiche» tra il dott. Palamara e l'on. Ferri e 4 intercettazioni ambientali mediante trojan, in cui si sente (ma non in tutti i c.d. progressivi) la voce dell'on. Ferri oltre che quella del dott. Palamara.
Con l'istanza oggi all'esame della Camera la Sezione disciplinare del CSM chiede di poter utilizzare le captazioni informatiche mediante trojan riferite alle giornate del:
1) 9 maggio 2019, progressivi dal n. 7 (ore 00.07.09) al n. 37 (ore 01.03.38). Tali captazioni hanno ad oggetto i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara, un altro parlamentare e altri membri della passata consiliatura del CSM durante un incontro svoltosi presso l'hotel Champagne di Roma, ove alloggiava l'on. Ferri medesimo;
2) 21 maggio 2019, progressivi dal n. 3 (ore 00.57.29) al n. 10 (ore 01.18.20). Tali captazioni hanno ad oggetto i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e un altro parlamentare in un luogo non precisato;
3) 28 maggio 2019, progressivi dal n. 88 (ore 21.54.25) al n. 147 (ore 23.57.55). Tali captazioni hanno ad oggetto, prima, i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e un altro parlamentare in un ristorante di Roma, poi i dialoghi tra l'on. Ferri e il dott. Palamara in auto e successivamente i dialoghi tra diversi commensali a un incontro conviviale presso un'abitazione privata;
4) 29 maggio 2019, progressivi dal n. 1 (ore 00.00.25) al n. 13 (ore 00.24.45). Tali captazioni hanno ad oggetto, in parte, i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e una ex componente laica del CSM e, in altra parte, i dialoghi tra l'on. Ferri e il dott. Palamara in auto.
2. La precedente richiesta della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della Magistratura del 2 agosto 2021 e la deliberazione di rigetto della Camera del 12 gennaio 2022 (XVIII legislatura).
Si ricorda che la Sezione disciplinare del CSM, sul finire della scorsa legislatura, aveva già inviato alla Camera analoga richiesta di utilizzazione delle medesime captazioni informatiche di comunicazioni concernenti l'on. Ferri. In quella occasione questo ramo del Parlamento, su proposta della Giunta per le autorizzazioni, ha rigettato la domanda del CSM in quanto ha ritenuto che le captazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri non potessero definirsi casuali, ma dovessero piuttosto qualificarsi come indirette/mirate. In proposito, si rammenta che, in base al combinato disposto di cui all'articolo 68, terzo comma, della Costituzione e agli articoli 4 e 6 della legge n. 140 del 2003, possono costituire oggetto dell'autorizzazione successiva della Camera unicamente le intercettazioni già eseguite nei confronti dei deputati, purché queste risultino meramente fortuite o casuali, e non anche quelle che, sulla base di una serie di
indizi, devono ritenersi effettuate per accedere in concreto, sia pure indirettamente, nella sfera delle comunicazioni del parlamentare (c.d. intercettazioni indirette/mirate): in tale ultimo caso, infatti, è necessaria l'autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza, a pena di inutilizzabilità delle stesse.
Nella precedente legislatura, la Camera ha ritenuto di dover qualificare le intercettazioni in questione come indirette/mirate – e non, quindi, come meramente fortuite – sulla base di alcuni parametri interpretativi offerti dalla giurisprudenza costituzionalePag. 4 in materia, che sembravano consolidati. Ci si riferisce in particolare ai seguenti principi.
In forza del primo principio, la richiesta di autorizzazione preventiva è necessaria, a pena di inutilizzabilità delle intercettazioni, «tutte le volte in cui il parlamentare è individuato in anticipo quale destinatario dell'attività di captazione; dunque, non soltanto quando siano sottoposti ad intercettazione utenze o luoghi appartenenti al soggetto politico o nella sua disponibilità (intercettazioni “dirette”), ma anche quando lo siano utenze o luoghi di soggetti diversi, che possono tuttavia presumersi frequentati dal parlamentare. La disciplina dell'autorizzazione successiva, prevista dall'impugnato articolo 6, si riferisce, per converso, unicamente alle intercettazioni “casuali” (o “fortuite”): rispetto alle quali, cioè – proprio per il carattere imprevisto dell'interlocuzione del parlamentare – l'autorità giudiziaria non potrebbe,
neanche volendo, munirsi preventivamente del placet della Camera di appartenenza» (sentenze della Corte costituzionale n. 390 del 2007 e n. 113 del 2010). Al riguardo, nel rinviare per i dettagli alla relazione della Giunta per l'Assemblea della scorsa legislatura (Doc. IV n. 10-A del 29 novembre 2021), si ricorda che la medesima Giunta sottolineò che:
a) quanto alla prevedibilità della presenza dell'on. Ferri all'incontro del 9 maggio 2019, doveva ritenersi che gli investigatori fossero pienamente consapevoli di tale presenza così come di quella di un altro parlamentare, perché essi avevano già ascoltato cinque conversazioni preparatorie dell'incontro stesso, captate dal medesimo trojan ovvero intercettate telefonicamente. Da tali conversazioni preparatorie emergeva con chiarezza che, tra la tarda serata dell'8 e le prime ore del 9 maggio 2019, si sarebbe svolto una riunione «nei pressi del CSM», alla quale avrebbe partecipato anche «Cosimo» (già in precedenza identificato dalla P.G. come l'on. Ferri). Tant'è che, con riferimento a una di queste conversazioni intercettate (la n. 8498 dell'8 maggio 2019, delle ore 19:13:07), è lo stesso Procuratore generale della Corte di cassazione a sottolineare che la stessa è avvenuta nella «fase preparatoria della riunione del 9 maggio» e che in essa «si apprezza, con solare evidenza, la preventiva organizzazione della riunione stessa». La Giunta della precedente legislatura ha poi dato grande rilevanza al fatto che il GICO di Roma avesse continuato a registrare mediante captatore informatico le conversazioni dell'on. Ferri anche dopo la nota di istruzioni che il PM di Perugia aveva inviato al comandante del medesimo GICO il 10 maggio 2019, proprio all'indomani dell'incontro all'hotel Champagne (cui hanno partecipato, tra gli altri, l'on. Ferri e un altro parlamentare). Con tale nota, il PM comunicava al GICO che «fermo restando (...) che non sono stati fissati limiti alla utilizzazione del trojan in modalità ambientale, stante quanto emerso anche dall'attività tecnica di intercettazione sull'indagato Palamara, si precisa che: laddove da elementi certi (dalle intercettazioni telefoniche o telematiche) in essere nei suoi confronti, vi emerga che Palamara sia prossimo ad incontrare un parlamentare (ad es. prenda un appuntamento direttamente con un parlamentare) o, conversando con un terzo, emerga con certezza la presenza di un parlamentare o altro soggetto sottoposto al regime autorizzatorio speciale, sarà vostra cura NON attivare il microfono, trattandosi in tal caso, ad avviso di questo PM, non più di intercettazione indiretta CASUALE di un parlamentare (...)»;
b) quanto invece ai luoghi ove è avvenuta la captazione informatica, l'hotel Champagne era la residenza romana dell'on. Ferri, ove cioè egli alloggiava abitualmente in occasione degli impegni parlamentari nella Capitale, e pertanto si poteva certamente presumere che lo stesso fosse frequentato dall'on. Ferri.
Il secondo principio della giurisprudenza costituzionale cui ha fatto riferimento la Giunta della precedente legislatura è quello in base al quale, a prescindere dalla titolarità dell'utenza captata (che può appartenere anche a terzi, come nel caso in esame), ciò che conta è la concreta «direzione dell'atto di indagine» e cioè l'eventuale effettivo intento da parte degli investigatori di captare le comunicazioni del Pag. 5parlamentare. Ciò – afferma la Consulta – anche tenuto conto del fatto che «ove nel corso dell'attività di intercettazione emergano non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche indizi di reità nei confronti di quest'ultimo, non si può trascurare l'eventualità che intervenga, nell'autorità
giudiziaria, un mutamento di obbiettivi: nel senso che – in ragione anche dell'obbligo di perseguire gli autori dei reati – le ulteriori intercettazioni potrebbero risultare finalizzate, nelle strategie investigative dell'organo inquirente, a captare non più (soltanto) le comunicazioni del terzo titolare dell'utenza, ma (anche) quelle del suo interlocutore parlamentare, per accertarne le responsabilità penali. Quando ciò accadesse, ogni “casualità” verrebbe evidentemente meno: le successive captazioni delle comunicazioni del membro del Parlamento, lungi dal restare fortuite, diventerebbero “mirate” (e, con ciò, “indirette”), esigendo quindi l'autorizzazione preventiva della Camera, ai sensi dell'articolo 4» [della legge n. 140 del 2003]. Per tale motivo – ha sottolineato la stessa Corte – «quando l'attività di captazione è articolata
e prolungata nel tempo, la verifica della occasionalità delle intercettazioni deve farsi, di necessità, particolarmente stringente» (sentenza n. 113 del 2010).
Al riguardo, la Giunta della scorsa legislatura – nel ricordare che, in base a un consolidato orientamento della Corte costituzionale, la mancata iscrizione nel registro degli indagati non esclude di per sé la natura mirata/indiretta delle intercettazioni e quindi l'effettivo intento degli investigatori di captare le comunicazioni del parlamentare – ha dato particolare risalto al fatto che:
a) le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri col dott. Palamara sono state eseguite per più di novanta giorni; quindi, per un lasso di tempo piuttosto esteso, che ha infatti richiesto numerosi provvedimenti di proroga da parte dell'autorità giudiziaria. Come detto in precedenza, le intercettazioni telefoniche «classiche» che ha subito l'on. Ferri sono 28, cui si aggiungono le 4 captazioni ambientali di cui si chiede l'utilizzo nel procedimento disciplinare;
b) negli atti giudiziari trasmessi, il rapporto tra il dott. Palamara e l'on. Ferri veniva descritto come «di stretta frequentazione (...) non limitato alla mera appartenenza ad associazioni di magistrati, bensì ad altri contesti connotati quanto meno da elementi di opacità»;
c) a seguito dell'intercettazione di alcuni dialoghi da cui emergeva la programmazione di un incontro con l'on. Ferri a casa del dott. Palamara – in occasione del quale quest'ultimo aveva chiesto ai familiari di non uscire dalle proprie stanze – il GICO commentava che si tratta «di certo di un percorso investigativo da approfondire»;
d) dagli atti risulta che alcuni incontri tra il dott. Palamara e l'on. Ferri sono stati addirittura monitorati e fotografati, con servizi di osservazione e pedinamento, a conferma che i loro rapporti e le loro conversazioni erano oggetto di attenzione investigativa;
e) l'on. Ferri è stato interrogato due volte dall'autorità giudiziaria di Perugia in qualità di persona informata dei fatti.
3. Il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Sezione disciplinare del CSM il 23 marzo 2022; la sentenza della Corte costituzionale n. 157 del 20 luglio 2023 e il rinvio della questione alla Camera per una nuova valutazione.
A seguito della deliberazione del 12 gennaio 2022 con cui la Camera ha rigettato la richiesta della Sezione disciplinare del CSM, questa ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato ai sensi dell'articolo 134, secondo alinea, della Costituzione (ordinanza/ricorso n. 57 del 23 marzo 2022).
Con la sentenza n. 157 del 20 luglio 2023, la Corte costituzionale:
1) ha annullato la deliberazione della Camera;
2) ha dichiarato l'illegittimità della predetta deliberazione nella parte in cui Pag. 6essa motivava il proprio diniego sulla base del convincimento:
a) che le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri fossero state effettuate dall'autorità giudiziaria (sia pure nell'ambito del diverso procedimento penale riguardante il dott. Palamara presso il tribunale di Perugia) non in maniera casuale, bensì in modo mirato/indiretto;
b) e che, in quanto acquisite in tal modo, tali captazioni avrebbero richiesto l'autorizzazione preventiva della Camera ai sensi dell'art. 4 della legge n. 140 del 2003 che, nel caso di specie, è mancata;
3) ha rinviato la questione a questo ramo del Parlamento per una nuova valutazione circa la sussistenza degli altri presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della citata legge n. 140 del 2003.
In particolare, la Consulta ha ritenuto che «gli elementi addotti dalla Camera dei deputati e dall'interveniente non sono idonei a dimostrare univocamente che i singoli atti e la complessiva attività di indagine svolta nel procedimento penale riguardante Luca Palamara fossero indirizzati ad acquisire al perimetro probatorio anche i contenuti ricavabili dalle captazioni che hanno coinvolto l'on. Ferri: elemento, quest'ultimo, che solo consentirebbe in maniera univoca di qualificare come “indirette”, anziché “occasionali” le captazioni in parola». Nel sottolineare la necessità che «la valutazione delle circostanze fattuali dell'attività di indagine sia effettuata in modo complessivo e non atomistico, tenuto conto che l'individuazione dell'intento perseguito da parte dell'autorità procedente risulterebbe evidente solo ove si accertasse una strategia volta a penetrare nella sfera di ascolto del parlamentare», il Giudice dei conflitti ha affermato che:
a) «quanto alla circostanza concernente la denunciata intensità dei contatti tra Palamara e l'on. Ferri, è ragionevole ritenere, al contrario di quanto asserito nella delibera impugnata, che la stessa non fosse particolarmente rilevante, non solo per la quantità, ma anche per l'oggetto delle comunicazioni, legato essenzialmente al loro ruolo nelle associazioni interne alla magistratura e privo di ogni connessione con ipotesi di reato»;
b) «l'interpretazione che la Sezione disciplinare ha dato della nota del 10 maggio 2019, con la quale il Pubblico ministero presso il Tribunale di Perugia intimava agli operatori di polizia giudiziaria di non attivare il microfono in caso di constatata partecipazione di un parlamentare alle conversazioni di Palamara, ben può essere spiegata in chiave meramente precauzionale; ciò tanto più in quanto la stessa nota contiene anche un'indicazione uguale e contraria, e cioè quella di mantenere attivo il microfono ove la presenza di parlamentari apparisse fortuita»;
c) «Quanto, poi, alle vicende relative alla captazione delle comunicazioni intercorse nella riunione svoltasi nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019, va considerata la circostanza, dedotta dalla Sezione ricorrente, che l'ascolto di esse è avvenuto in un momento successivo all'emersione del contenuto asseritamente “predittivo” quanto alla presenza dell'on. Ferri».
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Avendo escluso la natura mirata/indiretta delle captazioni informatiche nei confronti dell'on. Ferri, la Corte costituzionale ha dunque annullato la deliberazione con cui la Camera, sulla base di tale presupposto, ne aveva negato l'autorizzazione all'utilizzo da parte della Sezione disciplinare del CSM. Al contempo, la Consulta – nel sottolineare la specificità della fattispecie in esame, consistente nella diversità dei procedimenti all'interno dei quali, in un primo momento, sono state effettuate le captazioni in questione (procedimento penale promosso nei confronti del dott. Palamara presso il Tribunale di Perugia) e, successivamente, si è posto il problema della loro utilizzazione (procedimento disciplinare instaurato nei confronti dell'on. Pag. 7Ferri presso la Sezione disciplinare del CSM) – ha tuttavia statuito che la Camera stessa debba procedere a una
nuova valutazione della richiesta della Sezione disciplinare, in particolare per ciò che attiene alla «sussistenza dei presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell'art. 6, comma 2», della legge n. 140 del 2003.
Nel rimettere la questione alla Camera per un nuovo esame, la Corte ha escluso che la richiesta della Sezione disciplinare del CSM possa essere rigettata sul presupposto – già ritenuto infondato dalla Consulta – che le intercettazioni nei confronti dell'on. Ferri siano qualificabili come indirette/mirate e, come tali, insuscettibili di un'autorizzazione successiva ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2003. Su tale precipuo aspetto si è infatti formato il c.d. giudicato costituzionale e pertanto, ad avviso della Giunta, non è più possibile rimettere in discussione le conclusioni cui è pervenuta la Corte, almeno ai fini della prosecuzione della procedura in esame.
Facendo quindi seguito alle indicazioni contenute nella sentenza n. 157/2023 della Corte costituzionale, la Sezione disciplinare del CSM, con la già citata ordinanza n. 78 del 19 settembre 2023, ha nuovamente chiesto alla Camera di poter utilizzare le captazioni informatiche delle comunicazioni dell'on. Ferri. Tale nuova richiesta costituisce l'oggetto dell'odierna proposta di deliberazione all'Assemblea da parte della Giunta per le autorizzazioni.
4. Le valutazioni della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta della Sezione disciplinare del CSM del 20 settembre 2023.
La prima questione che la Giunta ha ritenuto di dover affrontare è stata quella di definire – rispetto alla nuova domanda della Sezione disciplinare del CSM – l'ambito dell'ulteriore valutazione spettante alla Camera ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140/2003, tenuto conto del fatto che – come sopra accennato – non è possibile rimettere in discussione la natura casuale delle captazioni in questione, come stabilito dalla decisione della Consulta n. 157/2023.
Alla luce della giurisprudenza costituzionale e dei precedenti parlamentari in materia, la Giunta è dell'avviso che i margini di apprezzamento della Camera siano ancora significativi e consistano nel verificare se ricorrano i due seguenti presupposti; vale a dire, se la Sezione disciplinare del CSM:
1) abbia fornito adeguata motivazione circa l'effettiva «necessità» di utilizzare le intercettazioni nel procedimento disciplinare a quo nonché in ordine alla rilevanza e coerenza delle medesime rispetto all'impianto accusatorio;
2) abbia trasmesso alla Camera «copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni», come richiede l'articolo 6, comma 3, della legge n. 140 del 2003.
Si tratta di due aspetti che, nella deliberazione della Giunta della scorsa legislatura – anche in considerazione dell'impostazione della domanda formulata dalla Sezione disciplinare del CSM – furono assorbiti dalla questione sulla natura (se casuale o mirata/indiretta) delle intercettazioni disposte nei confronti dell'on. Ferri, oggi coperta dal giudicato costituzionale conseguente alla sentenza della Consulta n. 157/2023.
4.1. Segue: sulla sussistenza della motivazione circa la «necessità» di utilizzare le captazioni informatiche oggetto della richiesta nonché in ordine alla rilevanza e coerenza delle medesime rispetto all'impianto accusatorio.
In base all'articolo 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, l'autorità giudiziaria può chiedere di utilizzare le intercettazioni nei confronti del parlamentare solo qualora lo «ritenga necessario». Partendo da tale base normativa, la Corte costituzionale ha precisato che «la valutazione circa la sussistenza, in concreto, di tale necessità spetta indubbiamente all'autorità giudiziaria Pag. 8richiedente, la quale è però tenuta a determinare in modo specifico i connotati del provvedimento e a dare adeguato conto delle relative ragioni, con motivazione non implausibile, nella richiesta di autorizzazione ad eseguirlo, così da porre la Camera competente in condizione di apprezzarne compiutamente i requisiti di legalità costituzionale» (...). L'articolo 6 della legge n. 140 del 2003 – prosegue la
Corte – «non assegna al Parlamento un potere di riesame di dati processuali già valutati dall'autorità giudiziaria; consente, tuttavia, alle Camere di verificare che la richiesta di autorizzazione sia coerente con l'impianto accusatorio e che non sia, dunque, pretestuosa. A tal fine, la Camera alla quale appartiene il parlamentare le cui conversazioni siano state captate deve accertare che il giudice abbia indicato gli elementi su cui la richiesta si fonda – ovvero, da un lato, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine a fare sorgere la necessità di quanto si chiede di autorizzare – e che la asserita necessità dell'atto sia motivata in termini di non implausibilità» (sentenze n. 188 del 2010 e 74 del 2013).
L'importanza del profilo relativo alla sussistenza di un adeguato apparato motivazionale deriva dal fatto che la Consulta ha frequentemente sottolineato in subiecta materia che, a seguito della riforma dell'articolo 68 della Costituzione avvenuta nel 1993, non è più richiesta, in via generale e preventiva, l'autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti dei parlamentari, ma solo quella volta al compimento di specifici atti processuali limitativi della libertà personale e della sfera di comunicazione dei parlamentari medesimi (c.d. autorizzazione ad acta), in quanto «solo tali atti sono considerati idonei a incidere sulla libertà e l'indipendenza della funzione parlamentare». Conseguentemente – prosegue la Consulta – le medesime libertà e indipendenza della funzione parlamentare «sono suscettibili di sacrificio solo nei limiti in cui il compimento in
concreto di taluno di essi [cioè degli atti per i quali occorre chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza] – in relazione alla sua attitudine tipica – corrisponda a specifiche esigenze procedimentali e, in particolare, investigative». Pertanto – afferma ancora il Giudice delle leggi – «l'autorità giudiziaria richiedente (...) deve, essa per prima, commisurare le proprie scelte anche all'esigenza del sacrificio minimo indispensabile dei valori di libertà e indipendenza della funzione parlamentare. Detta autorità è tenuta, quindi, a determinare in modo specifico i connotati del provvedimento [della cui esecuzione chiede l'autorizzazione] e a dare adeguato conto delle relative ragioni, con motivazione non implausibile, nella richiesta di autorizzazione ad eseguirlo, così da porre la Camera competente in condizione di apprezzarne compiutamente i requisiti
di legalità costituzionale» (così recita la già citata sentenza n. 188 del 2010).
Con specifico riferimento alla richiesta di utilizzo delle intercettazioni, la Consulta ha poi rimarcato che la capacità intrusiva di tale strumento investigativo «assume significati ulteriori laddove siano in questione le comunicazioni di un parlamentare. Non già perché la riservatezza del cittadino, che è altresì parlamentare, abbia un maggior valore, ma perché la pervasività del mezzo d'indagine in questione può tradursi in fonte di condizionamenti sul libero esercizio della funzione». In tali casi – sottolinea la suprema Corte – si possono aprire «squarci di conoscenza sui rapporti di un parlamentare, specialmente istituzionali, di ampiezza ben maggiore rispetto alle esigenze di una specifica indagine, e riguardanti altri soggetti (in specie, altri parlamentari) per i quali opera e deve operare la medesima tutela dell'indipendenza e della libertà
della funzione» (sentenza n. 38 del 2019).
Al riguardo, il Giudice delle leggi evidenzia in altra decisione che «tutti gli organi costituzionali hanno necessità di disporre di una garanzia di riservatezza particolarmente intensa, in relazione alle rispettive comunicazioni inerenti ad attività informali, sul presupposto che tale garanzia – principio generale valevole per tutti i cittadini, ai sensi dell'articolo 15 Cost. – assume contorni e finalità specifiche, se vengono in rilievo ulteriori interessi costituzionalmente meritevoli di protezione, quale l'efficace e libero svolgimento, ad esempio, dell'attività Pag. 9parlamentare e di governo» (sentenza n. 1 del 2013).
Proprio in considerazione della particolare «idoneità intrusiva» delle intercettazioni e del rischio che un uso improprio di tale strumento possa essere indebitamente finalizzato a incidere sullo svolgimento del mandato elettivo, la Corte costituzionale esige quindi che, nella istanza con cui ne chiede l'utilizzo, l'autorità giudiziaria dia compiutamente conto di aver effettuato un adeguato bilanciamento degli interessi costituzionali in rilievo: da un lato quello sotteso alle esigenze investigative e, dall'altro, quello al libero e indipendente svolgimento del mandato parlamentare. Ad avviso della Consulta, serve dunque «un adeguato e specifico corredo motivazionale che possa consentire al destinatario della richiesta di valutare l'avvenuto contemperamento [da parte dell'autorità giudiziaria procedente] degli interessi in gioco. Ciò che conta è, dunque, che questo contemperamento avvenga
e che le ragioni siano palesate». In proposito, la Corte si spinge ad affermare che l'autorizzazione ad actum possa essere concessa «solo se la [sua] necessità emerge in modo palese e stringente dalle prospettazioni dell'Autorità giudiziaria che, coerentemente con quanto imposto dalle esigenze di leale collaborazione tra i poteri dello Stato, deve dare conto di avere esperito le soluzioni alternative ragionevolmente ipotizzabili (...) ovvero della presumibile impraticabilità delle medesime. (...) E non vi è dubbio che la mancanza o anche solo la carenza di motivazione sul punto può costituire legittimo fondamento per il diniego dell'autorizzazione da parte della Camera competente, senza alcuna esorbitanza dai propri poteri» (sentenza n. 188 del 2010).
I principi della giurisprudenza costituzionale appena descritti si intersecano in maniera coerente, peraltro, con le disposizioni processual-penalistiche in tema di intercettazioni e segnatamente con l'articolo 267, comma 1, c.p.p. – norma che si applica anche al procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, in virtù del rinvio operato dall'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 109 del 2006 – in base al quale l'intercettazione delle comunicazioni mediante trojan può essere autorizzata, a pena di inutilizzabilità, solo ove essa sia «assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini». Come sottolinea la costante giurisprudenza di legittimità al riguardo, tale assoluta indispensabilità rappresenta «un requisito essenziale di legittimità che deve costituire specifico oggetto di motivazione» (Cassazione penale,
sezione VI – 12/02/2009, n. 12722). Anche sul versante della procedura penale dunque – data l'eccezionalità dell'uso dello strumento investigativo in questione – l'autorità giudiziaria deve compiutamente e specificamente motivare in ordine al fatto che, in relazione a un determinato procedimento, l'uso delle intercettazioni costituisca la condicio sine qua non per la prosecuzione dell'indagine.
***
Tenuto conto di quanto esposto sul quadro normativo e sull'indirizzo giurisprudenziale riguardante l'articolo 6 della legge n. 140 del 2003, la Giunta ha dunque dovuto valutare se la richiesta della Sezione disciplinare del CSM fosse adeguatamente motivata in termini di «necessità» di utilizzazione delle intercettazioni nel procedimento a quo nonché in termini di rilevanza e coerenza con l'impianto accusatorio.
A tal fine, la Giunta ha analizzato l'istanza della citata Sezione disciplinare, che così recita sul punto in discussione:
«Ne consegue che, impregiudicata ogni valutazione in merito alle questioni sollevate dalla difesa del dott. Ferri all'udienza del 14 settembre 2023, deve essere disposta la (ri)trasmissione degli atti alla Camera dei deputati per l'autorizzazione, ex art. 6 I. n. 140 del 2003, all'utilizzo delle Captazioni, come già richiesta con ordinanza n. 96/2021, ribadite la rilevanza e la necessità dell'utilizzo delle Captazioni nel presente procedimento disciplinare per l'accertamento della sussistenza degli addebiti formulati nelle incolpazioni, come già evidenziate con la citata ordinanza n. 96/2021 e con l'ordinanza n. 57/2022, con la quale e stato proposto il conflitto di attribuzione deciso da Pag. 10Corte cost. n. 157 del 2023 (da intendersi in questa sede richiamate e trascritte). Dalle Captazioni emergerebbe infatti sia la partecipazione del dott. Ferri all'incontro tenutosi presso l'Hotel Champagne nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019, con gli allora consiglieri del Consiglio Superiore (...) sia (sempre secondo l'ipotesi accusatoria) il comportamento assunto in detta riunione da ciascuno dei partecipanti per influire sulle determinazioni del Consiglio Superiore relativamente al conferimento degli incarichi direttivi di Procuratore e Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma e Procuratore della Repubblica di Perugia. Se non può certamente dirsi che il provvedimento di diniego all'utilizzazione del predetto materiale probatorio impedisca la prosecuzione del giudizio disciplinare a carico del dott. Ferri, basandosi le incolpazioni a suo carico anche su altri elementi di prova, deve evidenziarsi che esso condiziona ab externo lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale».
All'esito dell'analisi dell'istanza in parola, la Giunta ha ritenuto, innanzitutto, che la Sezione disciplinare non abbia chiarito «in modo palese e stringente» – come richiede la Corte costituzionale – le ragioni per le quali le captazioni informatiche in questione sarebbero necessarie e indispensabili ai fini della prosecuzione del procedimento disciplinare a carico dell'on. Ferri e, quindi, i motivi per cui, per sostenere l'incolpazione, essa non ne potrebbe fare a meno. Anzi, dalle motivazioni contenute nella richiesta emerge il contrario: secondo l'autorità procedente, infatti, «non può certamente dirsi che il provvedimento di diniego all'utilizzazione del predetto materiale probatorio impedisca la prosecuzione del giudizio disciplinare a carico del dott. Ferri, basandosi le incolpazioni a suo carico anche su altri elementi di prova». Pare quindi che le intercettazioni vengano
chieste quasi ad abundantiam e non perché costituiscano una fonte probatoria assolutamente indefettibile nel procedimento in corso. A ciò si aggiunga che – quando afferma di ribadire la «rilevanza e la necessità dell'utilizzo delle Captazioni nel presente procedimento disciplinare per l'accertamento della sussistenza degli addebiti formulati nelle incolpazioni» – la Sezione disciplinare impiega una formula di stile, che però non soddisfa adeguatamente l'esigenza – più volte evocata dalla Corte costituzionale – che sia motivata in maniera rigorosa la sussistenza del nesso di strumentalità necessaria tra le intercettazioni richieste e il procedimento a quo in cui esse dovrebbero essere utilizzate.
In secondo luogo, la Giunta è convinta che la Sezione disciplinare del CSM non abbia compiuto quel bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, auspicato dalla Consulta anche nell'ottica della leale collaborazione tra poteri. La Sezione disciplinare sembra dare per scontato – in quanto sul punto non fornisce motivazione alcuna – che l'interesse sotteso alle esigenze investigative debba prevalere ipso iure su quello al libero, integro e indipendente svolgimento del mandato parlamentare. Ma tale impostazione metodologica contrasta con un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo cui tutti i valori fondamentali tutelati dalla Costituzione «si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri [...]. Se così non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei
diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette» (sentenza n. 85 del 2013).
In terzo luogo, la Giunta sottolinea che tale bilanciamento degli interessi in gioco sarebbe stato tanto più necessario alla luce del fatto che, secondo l'oramai costante giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE (confermata da ultimo dalla sentenza della I sezione del 7 settembre 2023, nella causa C-162/22, resa su rinvio pregiudiziale dell'autorità giudiziaria lituana; ma, nello stesso senso, si veda anche la sentenza della Grande Camera 2 marzo 2021, nella causa C-146/18, resa su rinvio pregiudiziale dell'autorità giudiziaria estone), solo la lotta alle forme gravi di criminalità e la prevenzione di minacce gravi alla sicurezza pubblica sono idonee a giustificare ingerenze gravi nei diritti fondamentali sanciti agli Pag. 11articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, come quelle derivanti dalla conservazione dei dati relativi al traffico
di comunicazioni dei cittadini. È peraltro interessante notare che, nella citata sentenza del 7 settembre 2023, la Corte di giustizia dell'UE ha affrontato un caso analogo a quello oggi all'esame della Camera: si trattava infatti di un magistrato che era stato destituito dalla funzione giudiziaria all'esito di un procedimento disciplinare, nel quale erano state impiegate, ai fini dell'incolpazione, alcune intercettazioni telefoniche tra il magistrato stesso e l'avvocato di un indagato, in precedenza acquisite nell'ambito di un procedimento penale. Ebbene, in tale caso, la Corte di giustizia, nel confermare che – in base al principio di proporzionalità – «solo la lotta contro la criminalità grave e la prevenzione di minacce gravi contro la sicurezza pubblica sono tali da giustificare gravi ingerenze nei diritti fondamentali» quali appunto quello alla riservatezza delle comunicazioni, ha statuito che le
disposizioni del diritto euro-unitario (e segnatamente l'articolo 15, par. 1, della direttiva n. 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio) ostano a che i dati di carattere personale relativi a comunicazioni elettroniche, che siano stati raccolti e conservati dalle autorità competenti a scopo di contrasto contro forme di criminalità grave, possano essere impiegati nell'ambito di procedimenti relativi a infrazioni disciplinari.
Anche alla luce della predetta giurisprudenza europea, la Giunta è dell'avviso che la Sezione disciplinare avrebbe dovuto fornire, nella domanda rivolta alla Camera, un adeguato riscontro circa il bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco, a maggior ragione considerando che nel procedimento a quo la medesima Sezione intende utilizzare le captazioni informatiche per perseguire un illecito disciplinare e non certo un reato afferente a forme di «grave criminalità» o potenzialmente fonte di «minaccia per la sicurezza pubblica».
In quarto luogo, la Giunta ritiene che la Sezione disciplinare non abbia dato conto – come richiede la Corte costituzionale – di avere effettivamente esperito le soluzioni alternative ragionevolmente ipotizzabili o quantomeno di aver chiarito la presumibile impraticabilità delle medesime. In effetti, dalla richiesta pare evincersi che il compendio probatorio a carico dell'on. Ferri risulterebbe già cospicuo, al punto da non ritenere indispensabili le intercettazioni ai fini della prosecuzione del giudizio disciplinare. Non si rinvengono, pertanto, riferimenti chiari in ordine alla ragione per la quale non sarebbe sufficiente valorizzare appieno tali prove già esistenti, sacrificando al minimo le prerogative del parlamentare, come richiede la giurisprudenza della Corte costituzionale.
In quinto luogo, alla Giunta appare carente la motivazione espressa dalla Sezione disciplinare in ordine alla rilevanza e alla coerenza delle intercettazioni richieste rispetto all'impianto accusatorio.
Al riguardo, si rappresenta che tutti i capi di incolpazione disciplinare formulati a carico dell'on. Ferri si incentrano esclusivamente sulla partecipazione del medesimo alla riunione presso l'hotel Champagne di Roma nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019. In tale incontro, egli avrebbe tenuto un comportamento idoneo a influenzare in maniera occulta l'attività della V Commissione del CSM (cioè quella che si occupa del conferimento degli incarichi direttivi), in quanto, in quella sede, avrebbe fornito ad alcuni componenti del CSM presenti un contributo consultivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari. Ciò premesso, l'istanza della Sezione disciplinare non chiarisce la ragione per la quale sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni ambientali avvenute il 21, 28 e 29 maggio 2019, cioè molti giorni dopo la riunione presso l'hotel Champagne. Così come più
in generale la Sezione non precisa:
a) perché sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni che sono qualificate espressamente «non rilevanti», come ad esempio quelle contenute: nel progressivo n. 14 del 9 maggio 2019; nei progressivi n.n.: 111, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 125, 126, 132, 133, 134, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145 e 147 del 28 maggio Pag. 122019; nei progressivi n.n. 4, 5, 6, 7, 8 e 9 del 29 maggio 2019;
b) perché sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni in cui non si sente la voce dell'on. Ferri, ma solo quella di altri personaggi di spicco del mondo giudiziario che partecipano a un evento conviviale; ad esempio, quelle contenute nei progressivi n.n. 121, 122, 124, 127, 129, 130, 131, 135, 136, 137, 138 e 147 del 28 maggio 2019.
Per concludere sul punto, si rileva che né nella prima richiesta del 2 agosto 2021 (ordinanza n. 96/2021) né nel ricorso con cui ha sollevato conflitto di attribuzione (ordinanza n. 57/2022) la Sezione disciplinare ha aggiunto ulteriori elementi chiarificatori rispetto alla motivazione presente nella domanda del 20 settembre 2023 (ordinanza n. 78/2023), oggi all'esame della Camera.
4.2. Segue: sul rispetto della prescrizione contenuta nell'articolo 6, comma 3, della legge n. 140 del 2003.
Ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 140 del 2003, l'autorità giudiziaria che chiede di utilizzare le intercettazioni di comunicazioni dei parlamentari è tenuta a trasmettere alla Camera competente «copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni». La ratio della norma è chiara: infatti, solo rappresentando compiutamente e integralmente il compendio probatorio raccolto, l'autorità giudiziaria richiedente può consentire alla Camera di appartenenza del parlamentare, in spirito di leale collaborazione, di apprezzare – oltre che la natura casuale o meno delle intercettazioni eseguite – anche la «continenza» dell'atto richiesto nell'ottica del necessario bilanciamento tra le esigenze investigative e l'altrettanto rilevante esigenza di limitare il meno possibile le fondamentali prerogative costituzionali spettanti al
Parlamento e ai singoli parlamentari.
Nel caso di specie, ciò che induce la Giunta a ritenere non soddisfatta la prescrizione di legge sopra citata sta nel fatto che alcuni progressivi delle intercettazioni non sono stati inviati a questo ramo del Parlamento, nonostante le intense interlocuzioni tenutesi in occasione dell'esame della prima domanda inviata dalla Sezione disciplinare. Più precisamente, pur avendone espressamente richiesto l'utilizzo nel procedimento a quo, la medesima Sezione disciplinare:
a) in relazione alle captazioni del 9 maggio 2019, non ha trasmesso i progressivi n.n. 18, 21 e 36, di cui mancano sia le registrazioni sia le trascrizioni;
b) in relazione alle captazioni del 21 maggio 2019, non ha trasmesso il progressivo n. 6, di cui pure mancano sia le registrazioni sia le trascrizioni;
c) in relazione alle captazioni del 28 maggio 2019, non ha trasmesso i progressivi n.n. 90, 91, 123 e 146, di cui mancano sia le registrazioni sia le trascrizioni;
d) in relazione alle captazioni del 29 maggio 2019, non ha trasmesso il progressivo n. 12, (anche in tale caso alla Camera non sono stati trasmessi né il file audio né le trascrizioni).
Con riferimento ai predetti progressivi è dunque giuridicamente impossibile rilasciare l'autorizzazione.
Più in generale, la Giunta rappresenta all'Assemblea che le registrazioni delle captazioni effettuate mediante trojan, nelle modalità con cui sono state trasmesse alla Camera, non sono continuative: esse, cioè, sono formate da singoli progressivi, che però spesso durano solo pochi secondi o tutt'al più qualche minuto (ad esempio, in relazione alle captazioni del 9 maggio 2019, i progressivi n.n. 10, 11 e 28 durano rispettivamente 6, 2 e 4 secondi; il progressivo più lungo dura 5 minuti e 9 secondi). In altri termini, tra un progressivo e quello successivo (pur se formalmente continuativi) intercorre sempre un lasso temporale (talvolta di qualche decina di secondi, talaltra di qualche minuto) in cui la registrazione delle comunicazioni è interrotta, o quantomeno non è stata trasmessa alla Camera.Pag. 13
Tale circostanza fa sì che le captazioni che la Sezione disciplinare del CSM chiede di utilizzare siano caratterizzate dalla presenza di «vuoti» (rappresentati dal minutaggio assente tra progressivi contigui) determinati dal fatto che la registrazione di alcuni dialoghi o non è stata effettuata o non è stata inviata alla Camera. Come si può evincere dall'analisi degli atti inviati, risulta pertanto che:
a) con riguardo alle captazioni del 9 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 1 ora, 1 minuto e 59 secondi (dall'inizio del progressivo n. 8 delle ore 00:07:29 al termine del progressivo n. 37 delle ore 01:09:28) – mancano 14 minuti e 35 secondi di registrazione;
b) con riguardo alle captazioni del 21 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 26 minuti (dall'inizio del progressivo n. 3 delle ore 00:57:29 al termine del progressivo n. 10, ore 01:23:29) – mancano 3 minuti e 3 secondi di registrazione;
c) con riguardo alle captazioni del 28 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 2 ore, 5 minuti e 16 secondi (dall'inizio del progressivo n. 88 delle ore 21:54:25 al termine del progressivo n. 147, ore 23:58:41) – mancano 27 minuti e 55 secondi di registrazione;
d) con riguardo alle captazioni del 29 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 29 minuti e 29 secondi (dall'inizio del progressivo n. 1 delle ore 00:00:25 al termine del progressivo n. 13, ore 00:29:54) – mancano 6 minuti e 30 secondi di registrazione.
Per concludere sul punto, la Giunta sottolinea quindi che risultano mancanti 9 progressivi di registrazioni sui 112 che sono oggetto di richiesta di autorizzazione e inoltre che – su un arco temporale complessivo di 4 ore, 2 minuti e 44 secondi durante il quale sono state effettuate le captazioni informatiche in esame – mancano 52 minuti e 3 secondi di registrazione.
5. Conclusioni.
Per tutti i motivi sopra esposti, la Giunta propone all'Assemblea di negare l'autorizzazione all'utilizzazione delle captazioni informatiche delle comunicazioni concernenti l'on. Ferri, richiesta dalla Sezione disciplinare del CSM con ordinanza n. 78 del 19 settembre 2023.
Pietro PITTALIS, relatore
Pag. 14ALLEGATO
Estratto dei resoconti sommari della Giunta
per le autorizzazioni del 27 settembre, 4, 11, 17, 19 e 25 ottobre 2023
Mercoledì 27 settembre 2023
Comunicazioni del Presidente.
Enrico COSTA, presidente, comunica che, il 20 settembre scorso, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (CSM) ha trasmesso alla Camera una nuova richiesta di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche disposte nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti. Tale richiesta trae origine dal procedimento disciplinare avviato nel 2019 nei confronti dello stesso on. Ferri nella sua qualità di magistrato, sia pure in aspettativa per mandato parlamentare (proc. n. 93/2019 RG).
Al riguardo ricorda che, con sentenza n. 157 del 20 luglio scorso, la Corte costituzionale: 1) ha annullato la precedente deliberazione del 12 gennaio 2022 (Doc. IV, n. 10-A) con cui la Camera aveva negato l'autorizzazione all'utilizzo delle medesime captazioni informatiche; 2) ha dichiarato l'illegittimità della predetta deliberazione nella misura in cui essa era basata sul presupposto che le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri fossero state acquisite in maniera indiretta/mirata (e non casuale) nell'ambito del diverso procedimento penale riguardante il dott. Palamara e che, in quanto tali, esse avrebbero necessariamente richiesto l'autorizzazione preventiva della Camera ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003; 3) ha rinviato la questione alla Camera per una nuova valutazione circa la sussistenza dei presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è
condizionata, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della citata legge n. 140 del 2003. Segnala che – a quanto consta – è la prima volta che la Corte costituzionale ha annullato una delibera della Camera chiedendo al contempo di riesaminare la richiesta proveniente dall'autorità giudiziaria.
Fa presente che la nuova richiesta della sezione disciplinare del CSM è stata trasmessa dal Presidente della Camera alla Giunta il 21 settembre e che, pertanto (salvo eventuale richiesta di proroga), la Giunta dovrà approvare una proposta per l'Assemblea (di concessione o meno dell'autorizzazione) entro il prossimo 21 di ottobre (cioè entro 30 giorni dalla trasmissione degli atti, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera).
Ricorda inoltre che, in base allo stesso articolo 18 del Regolamento, l'on. Ferri sarà invitato a fornire alla Giunta – di persona o mediante l'invio di apposite note scritte – i chiarimenti che ritiene opportuni sulla richiesta in esame. Ciò, analogamente a quanto accade con riferimento alle procedure relative all'insindacabilità di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Comunica poi ai colleghi di aver affidato all'on. Pittalis l'incarico di riferire alla Giunta, anche in considerazione del fatto che egli è stato relatore in occasione della prima richiesta inviata dal CSM nel corso della passata legislatura.
Informa, infine, che gli Uffici stanno distribuendo una prima documentazione di base, che è necessaria a valutare approfonditamente questa nuova richiesta proveniente dall'Organo di autogoverno della magistratura. Si tratta in particolare: a) di una raccolta delle principali sentenze della Corte costituzionale in materia di intercettazioni di comunicazioni riguardanti i parlamentari; b) della documentazione di rilievo concernente la richiesta inviata dal CSM nella scorsa legislatura e in particolare: i) della richiesta stessa; ii) della relazione della Giunta per l'Assemblea; iii) del ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dal CSM innanzi alla Consulta che ha dato Pag. 15origine alla citata sentenza n. 157/2023; c) della nuova richiesta del CSM inviata il 20 settembre scorso.
Con tali comunicazioni chiude la seduta della Giunta e dà avvio alla riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, al fine di programmare il calendario delle sedute da dedicare all'esame della nuova richiesta del CSM.
Mercoledì 4 ottobre 2023
AUTORIZZAZIONI AD ACTA
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV, n. 1).
(Esame e rinvio).
Enrico COSTA, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 1). Tale domanda trae origine da un procedimento disciplinare promosso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti dello stesso on. Ferri. Ricorda che, nella seduta del 27 settembre scorso, ha affidato l'incarico di relatore al deputato Pietro Pittalis. Gli cede quindi la parola per illustrare la questione alla Giunta.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, anticipa che lo scopo di questa relazione introduttiva è, per un verso, quello di illustrare sinteticamente ai colleghi come si è svolto, nella scorsa legislatura, l'esame della richiesta di autorizzazione all'utilizzo delle captazioni informatiche delle comunicazioni dell'on. Ferri proveniente dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (CSM) e, per altro verso, quello di provare a indicare sin d'ora di quale ulteriore margine di valutazione disponga la Camera in ordine alla medesima richiesta che la stessa Sezione disciplinare ha nuovamente inviato a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 157 del 20 luglio 2023.
Per entrare subito in medias res, ricorda innanzitutto che con tale decisione la Consulta: 1) ha annullato la precedente deliberazione del 12 gennaio 2022 (Doc. IV, n. 10-A) con cui la Camera aveva negato l'autorizzazione all'utilizzo delle medesime captazioni informatiche; 2) ha dichiarato l'illegittimità della predetta deliberazione nella parte in cui essa motivava il proprio diniego sulla base del convincimento: a. che le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri fossero state effettuate dall'autorità giudiziaria – nell'ambito del diverso procedimento penale riguardante il dott. Palamara presso il tribunale di Perugia – non in maniera casuale, bensì in modo mirato/indiretto; b. e che, in quanto acquisite in tal modo, tali captazioni avrebbero necessariamente richiesto l'autorizzazione preventiva della Camera ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003
che, nel caso di specie, è mancata; 3) ha rinviato la questione alla Camera per una nuova valutazione circa la sussistenza degli altri presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della citata legge n. 140 del 2003. Segnala, peraltro, che – a quanto risulta – è la prima volta che la Corte costituzionale ha annullato una delibera della Camera chiedendo al contempo a questo ramo del Parlamento di esaminare una seconda volta la richiesta proveniente dall'autorità giudiziaria.
In secondo luogo, rammenta che la richiesta della Sezione disciplinare del CSM trae origine da un procedimento disciplinare nei confronti dell'on. Ferri, che è stato avviato dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione e che è in corso di svolgimento presso la Sezione stessa (proc. n. 93/2019 RG). Come risulta dai capi di incolpazione trasmessi alla Camera, l'on. Ferri è accusato in sintesi: 1) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (recante Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati) poiché, in violazione dei Pag. 16doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità di magistrato, benché fuori ruolo organico della Magistratura in quanto parlamentare, teneva – insieme ad alcuni componenti del CSM
e ad un altro parlamentare – un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati componenti il Consiglio Superiore della Magistratura. Detto comportamento risultava idoneo ad influenzare, in maniera occulta, la generale attività funzionale della V Commissione dell'Organo di autogoverno, in ragione della circostanza che, nel corso di una riunione notturna tenuta nella notte del 9 maggio 2019 in luogo diverso dalla sede consiliare, egli – benché soggetto estraneo alla funzione ed all'attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato, in quanto Parlamentare – forniva un contributo consultivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari; 2) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (recante Disciplina degli illeciti disciplinari dei
magistrati) poiché, in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità e nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nel precedente capo di incolpazione, teneva un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei magistrati che avevano presentato domanda per il conferimento dell'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Egli infatti – benché soggetto estraneo alla funzione ed all'attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato – insieme ad alcuni componenti del CSM e ad un altro parlamentare precostituiva e concordava, fin nei dettagli, la strategia da seguire al fine di pervenire dapprima alla proposta di nomina e, quindi, alla successiva nomina di uno dei concorrenti per la funzione di Procuratore della Repubblica di Roma. E ciò, indipendentemente dagli eventuali meriti dei candidati; 3) dell'illecito disciplinare di cui
all'articolo 3, lettera i) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (recante Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati), per avere – anche attraverso le condotte descritte nei precedenti capi di incolpazione – posto in essere un uso strumentale della propria qualità e posizione, diretto, per le modalità di realizzazione, a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste, quali la proposta e la nomina di uffici direttivi di vari uffici giudiziari da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
In terzo luogo, sottolinea che il procedimento disciplinare in questione è stato avviato dalla Procura generale della Corte di cassazione a seguito della trasmissione – da parte dell'Autorità giudiziaria di Perugia – di un cospicuo numero di intercettazioni telefoniche e di captazioni informatiche di comunicazioni mediante c.d. trojan disposte nei confronti del dott. Palamara (magistrato all'epoca dei fatti nonché componente del CSM nella consiliatura dal 2014 al 2018) nell'ambito di un procedimento penale che vedeva imputato tale ex magistrato per corruzione (RGNR 2018/6652). Da quanto emerge dalla documentazione inviata, segnala che tale procedimento si è concluso nel 2023 con il patteggiamento della pena a un anno di reclusione, dopo che la Procura di Perugia ha derubricato il reato inizialmente contestato (corruzione) a traffico di influenze illecite (sentenza n. 1714/2023 del Tribunale di
Perugia).
In allegato alla richiesta inviata alla Camera, la Sezione disciplinare del CSM ha trasmesso: 1) gli atti del procedimento penale di Perugia nei confronti del dott. Palamara; 2) gli atti del procedimento disciplinare presso la Sezione disciplinare del CSM nei confronti dell'on. Ferri (cui sono allegati anche gli atti del procedimento disciplinare nei confronti del dott. Palamara, che hanno condotto alla destituzione di quest'ultimo dalla magistratura); 3) le intercettazioni telefoniche e le captazioni ambientali mediante trojan disposte nei confronti del dott. Palamara dal mese di marzo a quello di maggio del 2019. Al riguardo, segnala che agli atti risultano: 28 intercettazioni telefoniche «classiche» tra il dott. Palamara e l'on. Ferri e 4 intercettazioni ambientali mediante trojan, in cui si sente (ma non in tutti i c.d. progressivi) la voce dell'on. Ferri oltre che quella del dott.
Palamara.Pag. 17
Fa presente che, come precisato nella precedente legislatura sia pure all'esito di una intensa interlocuzione con la Camera, la Sezione disciplinare del CSM chiede di poter utilizzare solo le quattro captazioni informatiche mediante trojan e precisamente quelle:
1) del 9 maggio 2019, progressivi da 7 (ore 00.07.09) a 37 (ore 01.03.38). Tale captazione ha ad oggetto i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara, un altro parlamentare e altri membri della passata consiliatura del CSM durante un incontro svoltosi presso l'hotel Champagne di Roma, ove alloggiava l'on. Ferri medesimo;
2) del 21 maggio 2019, progressivi da 3 (ore 00.57.29) a 10 (ore 01.18.20). Tale captazione ha ad oggetto i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e un altro parlamentare in un luogo non precisato;
3) del 28 maggio 2019, progressivi da 88 (ore 21.54.25) a 147 (ore 23.57.55). Tale captazione ha ad oggetto, prima, i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e un altro parlamentare in un ristorante di Roma, poi i dialoghi tra l'on. Ferri e il dott. Palamara in auto e successivamente i dialoghi tra diversi commensali a una festa;
4) del 29 maggio 2019, progressivi da 1 (ore 00.00.25) a 13 (ore 00.24.45). Tale captazione ha ad oggetto, in parte, i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e una ex componente laica del CSM e, in altra parte, i dialoghi tra l'on. Ferri e il dott. Palamara in auto.
In quarto luogo ricorda che, nella scorsa legislatura, la Camera, su proposta della Giunta, ha rigettato la domanda del CSM in quanto ha ritenuto che le captazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri non potessero definirsi casuali, ma indirette/mirate. In proposito, rammenta ancora che, in base al combinato disposto di cui all'articolo 68, terzo comma, della Costituzione e agli articoli 4 e 6 della legge n. 140 del 2003, possono costituire oggetto dell'autorizzazione successiva della Camera le intercettazioni già eseguite nei confronti dei deputati, purché queste risultino meramente fortuite o casuali e non anche quelle che, sulla base di una serie di indizi, devono ritenersi effettuate per accedere in concreto, sia pure indirettamente, nella sfera delle comunicazioni del parlamentare (c.d. intercettazioni indirette/mirate): in tale ultimo caso, infatti, è necessaria l'autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza, a pena
di inutilizzabilità della prova.
Nella precedente legislatura la Camera ha ritenuto di dover qualificare come «indirette» – e quindi come non meramente fortuite – le intercettazioni in questione, sulla base di alcuni parametri interpretativi offerti dalla giurisprudenza costituzionale in materia, che sembravano consolidati. Si riferisce in particolare ai seguenti princìpi.
1) Il primo, secondo cui la richiesta di autorizzazione preventiva è necessaria, a pena di inutilizzabilità delle intercettazioni, «tutte le volte in cui il parlamentare è individuato in anticipo quale destinatario dell'attività di captazione; dunque, non soltanto quando siano sottoposti ad intercettazione utenze o luoghi appartenenti al soggetto politico o nella sua disponibilità (intercettazioni “dirette”), ma anche quando lo siano utenze o luoghi di soggetti diversi, che possono tuttavia presumersi frequentati dal parlamentare. La disciplina dell'autorizzazione successiva, prevista dall'impugnato articolo 6, si riferisce, per converso, unicamente alle intercettazioni “casuali” (o “fortuite”): rispetto alle quali, cioè – proprio per il carattere imprevisto dell'interlocuzione del parlamentare – l'autorità giudiziaria non potrebbe, neanche volendo, munirsi preventivamente del placet della Camera di appartenenza» (sentenze n. 390 del 2007 e n. 113 del 2010). Al riguardo, nel rinviare per i dettagli alla relazione della Giunta per l'Assemblea della scorsa legislatura (Doc. IV n. 10-A del 29 novembre 2021), si limita in questa sede a ricordare che:
quanto alla prevedibilità della presenza dell'on. Ferri all'incontro del 9 maggio 2019, la Giunta della scorsa legislatura ha ritenuto che gli investigatori fossero pienamente consapevoli della presenza sua e di un altro parlamentare a tale incontro, perché avevano già ascoltato cinque conversazioniPag. 18 preparatorie dell'incontro stesso, captate dal medesimo trojan oppure intercettate telefonicamente. Da tali conversazioni preparatorie emerge con chiarezza che, tra la tarda serata dell'8 e le prime ore del 9 maggio 2019, si sarebbe svolto un incontro «nei pressi del CSM», al quale avrebbero partecipato anche «Cosimo». Tant'è che, con riferimento a una di queste conversazioni intercettate (la n. 8498 dell'8 maggio 2019, delle ore 19:13:07), è lo stesso Procuratore generale della Corte di cassazione a sottolineare che la stessa sia avvenuta nella «fase preparatoria della riunione del 9 maggio» e che in essa «si apprezza, con solare evidenza, la preventiva organizzazione della riunione stessa». A ciò aggiunge un altro dato che è stato ritenuto di fondamentale importanza dalla Giunta della precedente legislatura, e cioè la nota di istruzioni che il PM di Perugia ha inviato al comandante del GICO di Roma della Guardia di Finanza il 10 maggio 2019, proprio all'indomani dell'incontro all'hotel Champagne (cui hanno partecipato, tra gli altri, l'on. Ferri e un altro parlamentare). Con tale nota, il PM comunicava al GICO che «fermo restando (...) che non sono stati fissati limiti alla utilizzazione del trojan in modalità ambientale, stante quanto emerso anche dall'attività tecnica di intercettazione sull'indagato Palamara, si precisa che: laddove da elementi certi (dalle intercettazioni telefoniche o telematiche) in essere nei suoi confronti, vi emerga che Palamara sia prossimo ad incontrare un parlamentare (ad es. prenda un appuntamento direttamente con un parlamentare) o, conversando con un terzo, emerga con certezza la presenza di un parlamentare o altro soggetto sottoposto al regime autorizzatorio speciale, sarà vostra cura NON attivare il microfono, trattandosi in tal caso, ad avviso di questo PM, non più di intercettazione indiretta CASUALE di un parlamentare (...)». Eppure, nonostante tale nota del 10 maggio 2019, il GICO ha continuato a intercettare, anche successivamente, le comunicazioni tra il dott. Palamara e l'on. Ferri, e oggi la Sezione disciplinare chiede alla Camera proprio di autorizzare l'uso delle captazioni informatiche eseguite il 21, il 28 e il 29 maggio del 2019;
quanto invece ai luoghi ove è avvenuta la captazione informatica, ritiene sufficiente evidenziare che l'hotel Champagne era la residenza romana dell'on. Ferri, ove cioè egli alloggiava abitualmente in occasione degli impegni parlamentari nella Capitale, e che pertanto si poteva certamente presumere essere frequentato dall'on. Ferri stesso.
2) Il secondo principio della giurisprudenza costituzionale cui ha fatto riferimento la Giunta della precedente legislatura è quello in base al quale, a prescindere dalla titolarità dell'utenza captata (che può appartenere anche a terzi, come nel caso in esame), ciò che conta è la concreta «direzione dell'atto di indagine» e cioè l'eventuale effettivo intento da parte degli investigatori di captare le comunicazioni del parlamentare. Ciò – afferma la Consulta – anche tenuto conto del fatto che «ove nel corso dell'attività di intercettazione emergano non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche indizi di reità nei confronti di quest'ultimo, non si può trascurare l'eventualità che intervenga, nell'autorità giudiziaria, un mutamento di obbiettivi: nel senso che – in
ragione anche dell'obbligo di perseguire gli autori dei reati – le ulteriori intercettazioni potrebbero risultare finalizzate, nelle strategie investigative dell'organo inquirente, a captare non più (soltanto) le comunicazioni del terzo titolare dell'utenza, ma (anche) quelle del suo interlocutore parlamentare, per accertarne le responsabilità penali. Quando ciò accadesse, ogni “casualità” verrebbe evidentemente meno: le successive captazioni delle comunicazioni del membro del Parlamento, lungi dal restare fortuite, diventerebbero “mirate” (e, con ciò, “indirette”), esigendo quindi l'autorizzazione preventiva della Camera, ai sensi dell'articolo 4 [della legge n. 140 del 2003]». Per tale motivo – ha sottolineato la stessa Corte – «quando l'attività di captazione è articolata e prolungata nel tempo, la verifica della occasionalità delle
intercettazioni deve farsi, di necessità, particolarmente stringente» (sentenza n. 113 del 2010).
Che la Giunta della scorsa legislatura abbia attuato con scrupolo detti principi Pag. 19emerge chiaramente, a suo avviso, dalla relazione per l'Assemblea (si riferisce al già citato Doc. IV n. 10-A del 29 novembre 2021). Si limita in questa sede a ricordare che:
a) le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri col dott. Palamara sono state eseguite per più di novanta giorni; quindi, per un lasso di tempo piuttosto esteso, che ha infatti richiesto numerosi provvedimenti di proroga da parte dell'autorità giudiziaria. Come ha anticipato, le intercettazioni telefoniche «classiche» che ha subito l'on. Ferri sono 28, cui si aggiungono le 4 captazioni ambientali di cui si chiede l'utilizzo nel procedimento disciplinare;
b) negli atti giudiziari trasmessi, il rapporto tra il dott. Palamara e l'on. Ferri viene descritto come «di stretta frequentazione (...) non limitato alla mera appartenenza ad associazioni di magistrati, bensì ad altri contesti connotati quanto meno da elementi di opacità»;
c) a seguito dell'intercettazione di alcuni dialoghi da cui emergeva la programmazione di un incontro con l'on. Ferri a casa del dott. Palamara – in occasione del quale quest'ultimo aveva chiesto ai familiari di non uscire dalle proprie stanze – il GICO commenta che si tratta «di certo di un percorso investigativo da approfondire»;
d) dagli atti risulta che alcuni incontri tra il dott. Palamara e l'on. Ferri sono stati addirittura monitorati e fotografati, con servizi di osservazione e pedinamento, a conferma che i loro rapporti e le loro conversazioni erano oggetto di attenzione investigativa.
Benché il materiale probatorio trasmesso deponesse chiaramente – ad avviso della Giunta – nel senso della non casualità delle captazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 157 del 20 luglio scorso, ha ritenuto invece che «gli elementi addotti dalla Camera dei deputati e dall'interveniente non sono idonei a dimostrare univocamente che i singoli atti e la complessiva attività di indagine svolta nel procedimento penale riguardante Luca Palamara fossero indirizzati ad acquisire al perimento probatorio anche i contenuti ricavabili dalle captazioni che hanno coinvolto l'on. Ferri: elemento, quest'ultimo, che solo consentirebbe in maniera univoca di qualificare come “indirette”, anziché “occasionali” le captazioni in parola». Nel sottolineare la necessità che «la valutazione delle circostanze fattuali dell'attività di indagine sia effettuata in modo complessivo e non atomistico, tenuto conto che l'individuazione dell'intento perseguito da parte dell'autorità procedente risulterebbe evidente solo ove si accertasse una strategia volta a penetrare nella sfera di ascolto del parlamentare», la Consulta ha affermato in particolare che:
«quanto alla circostanza concernente la denunciata intensità dei contatti tra Palamara e l'on. Ferri, è ragionevole ritenere, al contrario di quanto asserito nella delibera impugnata, che la stessa non fosse particolarmente rilevante, non solo per la quantità, ma anche per l'oggetto delle comunicazioni, legato essenzialmente al loro ruolo nelle associazioni interne alla magistratura e privo di ogni connessione con ipotesi di reato»;
«l'interpretazione che la Sezione disciplinare ha dato della nota del 10 maggio 2019, con la quale il Pubblico ministero presso il Tribunale di Perugia intimava agli operatori di polizia giudiziaria di non attivare il microfono in caso di constatata partecipazione di un parlamentare alle conversazioni di Palamara, ben può essere spiegata in chiave meramente precauzionale; ciò tanto più in quanto la stessa nota contiene anche un'indicazione uguale e contraria, e cioè quella di mantenere attivo il microfono ove la presenza di parlamentari apparisse fortuita»;
«Quanto, poi, alle vicende relative alla captazione delle comunicazioni intercorse nella riunione svoltasi nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019, va considerata la circostanza, dedotta dalla Sezione ricorrente, che l'ascolto di esse è avvenuto in un momento successivo all'emersione del contenuto asseritamente “predittivo” quanto alla presenza dell'on. Ferri».
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Sottolinea, invece, che la Corte costituzionale ha rigettato uno degli argomenti portanti posti alla base della richiesta della Sezione disciplinare del CSM e cioè la convinzione secondo cui la natura indiretta/mirata delle intercettazioni dovesse essere esclusa per il fatto in sé che, nel procedimento penale di Perugia, l'on. Ferri non è mai stato iscritto nel registro degli indagati. Sul punto, infatti, rileva la Corte, che «la ricorrenza dell'intento (...) di attingere direttamente alle conversazioni del parlamentare non presuppone necessariamente la qualità di indagato dello stesso». D'altra parte, in più occasioni, la stessa Corte di cassazione (sez. VI) ha affermato che «in tema di intercettazioni di comunicazioni di cui siano parte soggetti investiti da mandato parlamentare è da ritenere necessaria, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003, la previa autorizzazione
della Camera di appartenenza indipendentemente dalla circostanza che il parlamentare sia persona sottoposta a indagine, persona offesa o persona informata sui fatti, anche quando vengano posti sotto controllo gli interlocutori abituali del medesimo parlamentare (...)» (sentenza n. 49538 del 2016).
Così ricostruita la vicenda, ribadisce che, con la sentenza n. 157 del 2023, la Corte costituzionale – avendo escluso la natura mirata/indiretta delle captazioni informatiche nei confronti dell'on. Ferri – ha annullato la deliberazione con cui la Camera, sulla base di tale presupposto, aveva negato l'autorizzazione alla Sezione disciplinare del CSM. Al contempo, la Consulta ha statuito che la Camera stessa debba procedere a una nuova valutazione della richiesta della medesima Sezione disciplinare, in particolare per ciò che attiene alla «sussistenza dei presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell'art. 6, comma 2», della legge n. 140 del 2003.
Con una tecnica processuale che appare inedita, la Corte ha rimesso la questione alla Camera per un nuovo esame della richiesta del CSM, ma ha escluso che tale richiesta possa essere rigettata sul presupposto, già ritenuto infondato dalla Consulta, che le intercettazioni ai danni dell'on. Ferri siano qualificabili come indirette/mirate e, come tali, insuscettibili di un'autorizzazione successiva ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2003. Su tale precipuo aspetto si è infatti formato il c.d. giudicato costituzionale e pertanto, benché egli non condivida le motivazioni della sentenza n. 157/2023, segnala ai colleghi che, sul punto, non è più possibile rimettere in discussione le conclusioni cui è pervenuta la Corte, almeno ai fini della prosecuzione della procedura in esame e salvo che, in teoria, non dovessero emergere nuovi elementi talmente significativi da modificare la ricostruzione del quadro
probatorio finora emerso.
Pertanto, la prima questione che a suo avviso la Giunta deve affrontare consiste nel definire l'ambito di ulteriore valutazione spettante alla Camera ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140/2003. Ciò, anche considerato che, nei casi in cui giungano richieste di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni già eseguite nei confronti di un parlamentare, il compito preponderante della Camera di appartenenza è proprio quello di stabilire se tali intercettazioni siano state disposte in maniera casuale/fortuita o se invece, pur essendo effettuate su dispositivi appartenenti a terzi, siano state finalizzate in concreto ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare medesimo.
Alla luce della giurisprudenza costituzionale e dei precedenti parlamentari in materia, gli sembra che i margini di apprezzamento della Camera siano ancora significativi. Si riferisce, in particolare, alla necessità che la Camera valuti i due seguenti requisiti che, allo stato, si limiterà solo a introdurre, con l'intenzione di approfondirli nel corso del dibattito che saranno dedicati alla questione. Si tratta più specificamente:
1) in primo luogo, dell'obbligo di motivazione – che incombe sull'autorità giudiziaria richiedente – in ordine alla effettiva «necessità» di utilizzare le intercettazioni nel procedimento a quo. Al riguardo ricorda che, in base all'articolo 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, l'autorità giudiziariaPag. 21 può chiedere di utilizzare le intercettazioni nei confronti del parlamentare solo qualora lo «ritenga necessario». Su questa base, la Corte costituzionale ha precisato che «la valutazione circa la sussistenza, in concreto, di tale necessità spetta indubbiamente all'autorità giudiziaria richiedente, la quale è però tenuta a determinare in modo specifico i connotati del provvedimento e a dare adeguato conto delle relative ragioni, con motivazione non implausibile, nella richiesta di autorizzazione ad eseguirlo, così da porre la Camera competente in condizione di apprezzarne compiutamente i requisiti di legalità costituzionale» (sentenze n. 188 del 2010 e 74 del 2013). L'articolo 6 della legge n. 140 del 2003 – prosegue la Corte – «non assegna al Parlamento un potere di riesame di dati processuali già valutati dall'autorità giudiziaria; consente, tuttavia, alle Camere di verificare che la richiesta di autorizzazione sia coerente con l'impianto accusatorio e che non sia, dunque, pretestuosa. A tal fine, la Camera alla quale appartiene il parlamentare le cui conversazioni siano state captate deve accertare che il giudice abbia indicato gli elementi su cui la richiesta si fonda – ovvero, da un lato, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine a fare sorgere la necessità di quanto si chiede di autorizzare – e che la asserita necessità dell'atto sia motivata in termini di non implausibilità» (sentenze n. 188 del 2010 e 74 del 2013).
2) in secondo luogo, dell'obbligo, da parte dell'autorità giudiziaria, di trasmettere alla Camera «copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni» (articolo 6, comma 3, della legge n. 140 del 2003). Con tutta evidenza, si tratta di un obbligo – quello della completezza della trasmissione degli atti istruttori – che è strettamente connesso col primo cui ho appena fatto cenno: infatti, solo rappresentando compiutamente e integralmente il compendio probatorio raccolto, l'autorità giudiziaria richiedente può consentire alla Camera di appartenenza del parlamentare, in spirito di leale collaborazione, di apprezzare – oltre che la natura casuale o meno delle intercettazioni eseguite – anche la «continenza» dell'atto richiesto nel rapporto tra le esigenze investigative e l'altrettanto rilevante esigenza di limitare, nell'ambito della effettiva «necessità», la lesione di fondamentali prerogative costituzionali spettanti al Parlamento e ai singoli parlamentari.
Fa presente che, quelli appena esposti, sono i primi spunti di riflessione che ha ritenuto opportuno offrire alla Giunta. Naturalmente, al fine di individuare la migliore soluzione da proporre all'Assemblea, sarà determinante il contributo al dibattito di ciascun collega. Ciò, tenuto conto del fatto che – al di là di quanto emerso a seguito delle intercettazioni – sono oggi in discussione alcune delle più rilevanti prerogative costituzionali dell'istituzione parlamentare all'interno del nostro sistema democratico.
Conclude ringraziando gli Uffici per lo straordinario lavoro di supporto tecnico-giuridico fornito alla Giunta.
Enrico COSTA, presidente, non essendovi altri interventi, comunica che provvederà, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera, a invitare l'on. Ferri a fornire i chiarimenti che ritenga opportuni, personalmente in audizione innanzi alla Giunta o tramite l'invio di note difensive. Si riserva pertanto di convocare la Giunta in una prossima seduta per svolgere la suddetta audizione, ove richiesta.
Mercoledì 11 ottobre 2023
AUTORIZZAZIONI AD ACTA
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV, n. 1).
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 4 ottobre 2023.
Enrico COSTA, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame di una Pag. 22domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 1). Tale domanda trae origine da un procedimento disciplinare promosso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti dello stesso on. Ferri (R.G. n. 93/2019).
Ricorda che nella seduta del 4 ottobre scorso il relatore, deputato Pittalis, ha illustrato la vicenda alla Giunta.
Avvisa i colleghi che l'on. Ferri ha fatto pervenire due memorie scritte (che sono ovviamente disponibili per la consultazione in sede), preannunciando al contempo di voler essere ascoltato dalla Giunta sui fatti oggetto del procedimento in corso ai sensi dell'articolo 18, comma 1, del Regolamento.
Invita quindi l'on. Ferri a entrare in aula.
(L'ex deputato Cosimo Maria Ferri è invitato ad entrare in aula)
Enrico COSTA, presidente, invita l'on. Ferri – ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento – a fornire alla Giunta i chiarimenti che ritiene opportuni in ordine ai fatti oggetto del procedimento promosso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. Ricorda che, al termine dell'intervento, i colleghi potranno intervenire per formulare quesiti e/o osservazioni.
Cosimo Maria FERRI, ringrazia il presidente e i componenti della Giunta per la possibilità di chiarire di persona il proprio punto di vista sulla questione all'esame della Camera. Ricorda di aver presentato due memorie sulla questione e avverte che si limiterà a illustrarne solo i tratti salienti con spirito costruttivo e di collaborazione con la Giunta. Sottolinea, in primo luogo, la carenza di motivazione della domanda della Sezione disciplinare per ciò che attiene alla «necessità» di chiedere l'utilizzo delle conversazioni captate; ciò, in particolare, per quanto riguarda quelle effettuate l'8 e il 9 maggio 2019 nel proprio domicilio romano e cioè presso l'hotel Champagne. Prosegue ricordando la sentenza della Corte costituzionale n. 188 del 2010, che definisce le condizioni in base alle quali l'autorità giudiziaria può chiedere di utilizzare le
intercettazioni delle comunicazioni dei parlamentari ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2010 e di cui la Giunta è chiamata a verificare la sussistenza. Più specificamente, rammenta che tale decisione – nell'evidenziare l'eccezionale capacità intrusiva del predetto mezzo di investigazione – esige che l'autorità procedente effettui un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco e segnatamente, da un lato, quello allo svolgimento delle indagini e, dall'altro, quello all'integrità della funzione parlamentare.
Nel sottolineare, poi, di non essere mai stato indagato, e nell'esprimere rispetto verso il giudicato costituzionale contenuto nella sentenza della Consulta n. 157 del 2023, evidenzia la particolare invasività dello strumento delle captazioni informatiche nell'ambito dei procedimenti disciplinari, che pertanto dovrebbe essere limitato a casi estremi. A tal proposito, cita la sentenza del 7 settembre 2023 della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) e le possibili ripercussioni che essa potrebbe avere sugli orientamenti della Corte di cassazione e del CSM in merito all'utilizzo in un procedimento disciplinare delle intercettazioni disposte in sede penale. Ciò, in quanto tale sentenza ha ritenuto non conforme al diritto euro-unitario l'utilizzo delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli in cui vengano in rilievo reati di criminalità grave o che consistano in gravi minacce alla sicurezza pubblica. Nel caso
all'esame della Giunta, invece, si vorrebbe addirittura utilizzare tali captazioni nell'ambito di un procedimento disciplinare. Aggiunge, quindi, che la sentenza n. 188 del 2010 della Corte costituzionale sancisce, tra l'altro, anche il dovere dell'autorità giudiziaria di indicare nella richiesta tutti gli elementi posti a fondamento della stessa e, in particolare, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili nonché l'attitudine a far sorgere la necessità di quanto si chiede di utilizzare. Ricorda poi che la medesima decisione ha evidenziato che «la mancanza Pag. 23o anche solo la carenza di motivazione sul punto può costituire legittimo fondamento per il diniego dell'autorizzazione da parte della Camera competente senza alcuna esorbitanza dai propri poteri».
In considerazione delle riflessioni appena svolte, esprime forti perplessità in merito alla formulazione della motivazione dell'ordinanza del CSM su cui oggi la Giunta è chiamata a decidere e in particolare al passaggio ove si legge che «se non può certamente dirsi che il provvedimento di diniego all'utilizzazione del materiale probatorio impedisca la prosecuzione del giudizio disciplinare a carico del dottor Ferri, basandosi l'incolpazione a suo carico anche su altri elementi di prova, può però senza dubbio affermarsi che esso condiziona ab externo lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale».
Precisa, dunque, come sia la stessa Sezione disciplinare, a pagina 6 dell'ordinanza, ad affermare che l'utilizzo delle captazioni non sia indispensabile, in tal modo riconoscendo la non imprescindibilità delle stesse nel procedimento in corso. Pertanto – prosegue – ove desse corso alla richiesta della Sezione disciplinare, la Giunta non si adeguerebbe ai principi contenuti nella citata sentenza n. 188 del 2010.
In ogni caso, a suo avviso la motivazione della richiesta della Sezione disciplinare appare carente anche per ciò che attiene alla rilevanza delle captazioni rispetto al procedimento in corso; ciò, in particolare, per quanto concerne le captazioni del 21, 28 e 29 maggio 2019 che riguardano conversazioni successive all'incontro presso l'hotel Champagne del precedente 9 maggio, in alcune delle quali neppure si sente la sua voce.
Si sofferma quindi sull'importanza che siano acquisite integralmente le intercettazioni effettuate e le relative trascrizioni, giusta quanto dispone l'articolo 6, comma 6, della legge n. 140 del 2003. Al riguardo, rappresenta alla Giunta di aver depositato una relazione tecnica di parte predisposta dal consulente dottor Milana, nella quale sono evidenziate alcune ritenute irregolarità nell'esecuzione delle captazioni informatiche che oggi il CSM chiede di poter utilizzare. Segnala di aver pertanto presentato denuncia, in ordine a tali ipotizzate irregolarità, presso le procure della Repubblica di Napoli e di Firenze, che hanno avviato due distinti procedimenti penali tuttora pendenti. Prosegue sottolineando che le captazioni trasmesse dal CSM presentano evidenti soluzioni di continuità e aggiunge che mancano taluni progressivi in relazione ai quali il medesimo CSM pure ha chiesto l'autorizzazione all'utilizzo senza fornire
specifiche motivazioni al riguardo. In particolare, evidenzia che, per quanto riguarda la conversazione del 9 maggio 2019 riguardante la riunione tenutasi presso l'hotel Champagne – che poi costituisce il perno su cui si fonda il capo d'incolpazione – rispetto a un periodo di captazioni pari a un'ora, un minuto e 59 secondi, mancano 14 minuti e 35 secondi di registrazione. Con riferimento alla captazione eseguita il 21 maggio 2019, ricorda ancora che, su un totale di 26 minuti, mancano tre minuti e 3 secondi di registrazione. Per ciò che attiene alla terza – quella del 28 maggio 2019 – mancano ben sedici minuti e 36 secondi su complessivi 55 minuti di registrazione. Esprime quindi i suoi dubbi circa l'effettivo rispetto di quanto disposto dall'articolo 6, comma 6, della citata legge n. 140 del 2003 e, più in generale, sulla correttezza della gestione del trojan utilizzato dall'autorità giudiziaria di
Perugia.
Evidenzia, inoltre, che uno dei motivi per i quali la Corte costituzionale, nella sentenza n. 157/2023, ha escluso la natura mirata/indiretta delle captazioni nei suoi confronti (e quindi l'applicabilità dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003) risiede nel fatto di non essere stato considerato né indagato né persona informata dei fatti (e, in quanto tale, non rientrante nel perimetro delle indagini della procura di Perugia). In proposito, nel confermare di non essere mai stato indagato, evidenzia invece di essere stato ascoltato per ben due volte dalla procura di Perugia come persona informata dei fatti. Circostanza, quest'ultima, che è a suo avviso dirimente, al punto che potrebbe consentire alla Giunta di rimettere in discussione quanto deciso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 157 del 2023 in ordine alla natura delle intercettazioniPag. 24 e quindi di
riproporre, sulla base di tale nuovo elemento, l'applicazione della regola contenuta nell'articolo 4 della predetta legge n. 140 del 2003.
Da ultimo, sottolinea che l'autorità giudiziaria di Perugia, in base all'articolo 6, comma 1, della legge n. 140 del 2003, avrebbe dovuto distruggere le intercettazioni che lo riguardano e che costituiscono l'oggetto della richiesta del CSM: tali intercettazioni, infatti, sono qualificate «penalmente neutre», e quindi irrilevanti, sia dalla Corte costituzionale (sentenza n. 157 del 2023) sia dal CSM nella richiesta inviata alla Camera. Pertanto o tali conversazioni sono da ritenersi rilevanti nel procedimento penale a quo e quindi avrebbero dovuto comportare l'iscrizione nel registro degli indagati (con conseguente applicazione dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003) o non sono rilevanti, e allora avrebbero dovuto essere distrutte ai sensi del predetto articolo 6, comma 1, della legge 140/2003.
Enrico COSTA, presidente, chiede ai colleghi se intendono formulare quesiti o comunque svolgere osservazioni.
Dario IAIA (FdI) ringrazia l'on. Ferri per la chiarezza e lo spirito con cui è intervenuto, riconoscendo, tuttavia, che ha reso delle dichiarazioni che hanno una certa gravità soprattutto in relazione a quanto riferito sulla completezza delle captazioni. Chiede, poi, di precisare quando sono state presentate le citate denunce relative ai due procedimenti penali pendenti presso le Procure di Napoli e Firenze e in quale fase si trovino tali procedimenti. Chiede, inoltre, di spiegare perché i procedimenti siano pendenti presso due sedi giudiziarie entrando maggiormente nel merito di questi aspetti.
Enrico COSTA, presidente, ringrazia l'onorevole Iaia e dà la parola all'onorevole Giuliano.
Carla GIULIANO (M5S) per quanto riguarda la completezza delle captazioni, chiede di chiarire se le osservazioni dell'on. Ferri riguardino le captazioni in quanto tali o il fatto che il CSM non abbia richiesto l'utilizzo integrale delle stesse. Afferma, poi, che sarà cura della Giunta approfondire le memorie depositate. Sottolinea comunque che l'articolo 6 della legge n. 140 del 2003 prevede che le intercettazioni irrilevanti vengano distrutte, anche su richiesta dell'interessato, precisando che però non spetta certamente al CSM procedere alla distruzione ma che è, eventualmente, l'autorità competente a procedere in tal senso. Ribadisce la richiesta di chiarimenti per comprendere se a suo avviso sia la richiesta del CSM ad essere incompleta, chiedendo di utilizzare soltanto un'ora nell'ambito di un'intercettazione che ne dura tre, ovvero se sia proprio la captazione ab origine ad avere dei «buchi» per cui sia da considerare come svolta non correttamente.
Enrico COSTA, presidente, non essendovi altre domande invita l'on. Ferri a rispondere.
Cosimo Maria FERRI, risponde alla prima domanda ricordando che, in esito a una denuncia dallo stesso presentata, si è aggiunta la denuncia dell'allora membro del CSM Antonio Lepre. A seguito di queste denunce sono state avviate indagini da parte delle procure di Napoli (procedimento penale nr. 11/408/2021) e di Firenze (procedimento penale nr. 25/18/2021) procedendo la prima per accesso abusivo aggravato in sistema informatico protetto da interesse pubblico ex articolo 615-ter commi 1, 2 e 3 del codice penale e per violazione dell'articolo 356 del codice penale (Concorso in frode in pubbliche forniture) quali reati astrattamente commessi in Napoli nell'anno 2016. Presso la Procura di Firenze si è invece avviato un procedimento per frode in pubbliche forniture e per falsa testimonianza in seguito alla deposizione di un ex dipendente di Rcs, la ditta che materialmente
gestiva il trojan. Per ora, dunque, i due procedimenti viaggiano separati pur in presenza di un coordinamento tra le due Procure.
Ringrazia l'onorevole Iaia che ha consentito di tornare anche su questo tema perché, ricorda, anche le Sezioni Unite della Corte di cassazione, nel radiare il Pag. 25dottor Palamara dalla magistratura, ammettono la possibilità di una revisione della sentenza laddove dovesse risultare che le registrazioni non siano state effettuate con gli impianti della Procura della Repubblica di Roma. Resta, infatti, un tema da non sottovalutare perché gli impianti per le intercettazioni devono essere gestiti all'interno della Procura di Roma, dato il loro carattere invasivo in special modo per quanto attiene alle intercettazioni effettuate tramite trojan, che consentono di captare un enorme flusso di notizie e di conversazioni.
Ritorna, quindi, su quanto detto circa l'utilizzo di tali captazioni nell'ambito di un procedimento disciplinare e sulla necessità di bilanciare le limitazioni delle prerogative parlamentari anche alla luce della citata della Corte di giustizia UE che ammette tale utilizzo solo per i reati gravi.
Risponde alla domanda dell'onorevole Giuliano confermando che non spetta al CSM la distruzione delle intercettazioni irrilevanti ma che, in qualità di parte interessata, potrà essere lui stesso a chiederla sottolineando l'importanza del comma 1 dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2003.
Enrico COSTA, presidente, dà la parola all'onorevole Iaia per un'ulteriore richiesta di chiarimenti.
Dario IAIA (FdI) in primo luogo chiede all'on. Ferri di chiarire per quale ragione, in base a quanto emerge dalla consulenza del dottor Milana, risulterebbero interrotte le registrazioni. In secondo luogo, chiede di precisare di quale natura fossero in precedenza le sue frequentazioni con il soggetto indagato a Perugia, nei confronti del quale era stata disposta l'intercettazione ambientale con il trojan tra l'8 e il 9 maggio presso l'hotel Champagne.
Cosimo Maria FERRI con riferimento alla prima questione, ipotizza, sulla base della consulenza tecnica, che potrebbero esservi state manipolazioni delle registrazioni. In merito alle sue frequentazioni, ribadisce di essere stato un esponente della corrente di Magistratura indipendente e di essere sempre stato in contrapposizione sia con la corrente guidata dal dottor Palamara sia da quella di cui era leader il dottor Cascini.
Enrico COSTA, presidente, dichiara conclusa l'audizione. Ringrazia l'on. Ferri e lo invita a lasciare l'aula.
(L'ex deputato Cosimo Maria Ferri si allontana dall'aula)
Enrico COSTA, presidente, fa presente alla Giunta che la prossima settimana potranno essere svolte due sedute dedicate al seguito dell'esame dell'atto e alla eventuale richiesta di una breve proroga del termine per la conclusione dell'iter innanzi alla Giunta.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, alla luce anche della memoria presentata dall'on. Ferri, ritiene sia utile integrare la sua prima relazione nella prossima seduta, mettendo anche a disposizione della Giunta ulteriori elementi per una valutazione complessiva della questione.
Enrico COSTA, presidente, non essendovi ulteriori interventi, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Martedì 17 ottobre 2023
AUTORIZZAZIONI AD ACTA
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV, n. 1).
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo l'11 ottobre 2023.
Devis DORI, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca il seguito dell'esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 1). Tale domanda trae origine da un procedimento Pag. 26disciplinare promosso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti dello stesso on. Ferri (R.G. n. 93/2019). Considerato che il termine di cui all'articolo 18 del Regolamento, entro il quale la Giunta deve riferire all'Assemblea sulla richiesta in esame, scadrà il prossimo 21 ottobre 2023, l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi ha testé convenuto di chiedere al Presidente della Camera – conformemente a quanto accaduto in precedenti occasioni – di prorogare il termine per
riferire in Assemblea di venti giorni, fino quindi a venerdì 10 novembre 2023.
Se non vi sono obiezioni, la Presidenza della Giunta provvederà a inviare al Presidente della Camera una richiesta di proroga in tal senso.
La Giunta concorda.
Devis DORI, presidente, ricorda, inoltre, che nella seduta del 4 ottobre scorso il relatore, deputato Pittalis, ha illustrato la vicenda alla Giunta e che nella seduta dell'11 ottobre scorso la Giunta stessa ha ascoltato l'on. Ferri ai sensi dell'articolo 18, primo comma, del Regolamento della Camera. Chiede, quindi, al relatore se vuole aggiungere ulteriori elementi e svolgere ulteriori riflessioni sulla questione.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, ricorda preliminarmente alla Giunta che, nella relazione introduttiva esposta nella seduta del 4 ottobre scorso, ha illustrato sinteticamente le fasi che hanno caratterizzato, la scorsa legislatura, l'esame della richiesta di autorizzazione all'utilizzo delle captazioni informatiche delle comunicazioni dell'on. Ferri, proveniente dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (CSM). Inoltre, ha anche provato a indicare quale possa essere l'ulteriore margine di valutazione di cui dispone la Camera in ordine alla medesima richiesta, posto che la stessa Sezione disciplinare l'ha nuovamente inviata alla Camera a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 157 del 20 luglio 2023.
In questa sede desidera sviluppare alcuni concetti che ha introdotto nella sua precedente relazione e, al contempo, aggiungere nuovi elementi di riflessione da sottoporre all'attenzione della Giunta.
Ricorda innanzitutto che la sentenza della Corte costituzionale n. 157/2023 (che ha annullato la prima deliberazione di diniego di autorizzazione all'utilizzo delle captazioni, adottata dalla Camera il 12 gennaio 2022) ha sottolineato la specificità della vicenda in esame. Tale specificità è costituita dalla diversità dei procedimenti all'interno dei quali – in un primo momento – sono state effettuate le captazioni in questione (procedimento penale promosso nei confronti del dott. Palamara presso il Tribunale di Perugia) e – successivamente – si è posto il problema della loro utilizzazione (procedimento disciplinare instaurato nei confronti dell'on. Ferri presso la Sezione disciplinare del CSM). Sulla base di tale rilievo la Consulta, dopo aver escluso che le captazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri fossero state disposte in maniera mirata/indiretta, ha rinviato alla Camera per una nuova
valutazione, stabilendo che l'ulteriore esercizio del potere di autorizzazione di questo ramo del Parlamento dovrà avere a oggetto la verifica «della sussistenza dei presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell'art. 6, comma 2, della medesima legge».
Come ha evidenziato nella sua precedente relazione, i presupposti di cui la Camera deve valutare la sussistenza ai fini del rilascio dell'autorizzazione, in base alla giurisprudenza costituzionale formatasi in materia, sembrano essere essenzialmente due nel caso di specie e cioè che la Sezione disciplinare del CSM:
1) abbia fornito adeguata motivazione circa la rilevanza e l'effettiva «necessità» di utilizzare le intercettazioni nel procedimento disciplinare a quo;
2) abbia trasmesso «copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni», come richiede l'articolo 6, comma 3, della legge n. 140 del 2003.
Pag. 27Sottolinea che si tratta di due aspetti che, nella deliberazione della Giunta della scorsa legislatura – anche in considerazione dell'impostazione della domanda formulata dalla Sezione disciplinare del CSM – furono assorbiti dalla questione sulla natura (se casuale o mirata/indiretta) delle intercettazioni disposte nei confronti dell'on. Ferri; questione che però oggi non è possibile rimettere in discussione in quanto, su tale aspetto, si è formato il giudicato costituzionale conseguente alla sentenza n. 157/2023.
A) Per quanto attiene al primo presupposto sopra menzionato e cioè alla motivazione circa la rilevanza e l'effettiva «necessità» di utilizzare le intercettazioni nel procedimento disciplinare a quo, prova a riepilogare i parametri richiesti dalla giurisprudenza costituzionale e, in particolare, dalla sentenza n. 188 del 2010, che gli sembra meritevole di grande attenzione.
Al riguardo, rammenta innanzitutto che la Consulta ha spesso sottolineato in subiecta materia che, a seguito della riforma dell'articolo 68 della Costituzione avvenuta nel 1993, non è più richiesta, in via generale e preventiva, l'autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti dei parlamentari, ma solo quella volta al compimento di specifici atti processuali limitativi della libertà personale e della sfera di comunicazione dei parlamentari medesimi (c.d. autorizzazione ad acta), in quanto «solo tali atti sono considerati idonei a incidere sulla libertà e l'indipendenza della funzione parlamentare». Conseguentemente – prosegue la Consulta – le medesime libertà e indipendenza della funzione parlamentare «sono suscettibili di sacrificio solo nei limiti in cui il compimento in concreto di taluno di essi [cioè degli atti per i quali occorre
chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza] – in relazione alla sua attitudine tipica – corrisponda a specifiche esigenze procedimentali e, in particolare, investigative». Pertanto – afferma ancora il Giudice delle leggi – «l'autorità giudiziaria richiedente (...) deve, essa per prima, commisurare le proprie scelte anche all'esigenza del sacrificio minimo indispensabile dei valori di libertà e indipendenza della funzione parlamentare. Detta autorità è tenuta, quindi, a determinare in modo specifico i connotati del provvedimento [della cui esecuzione chiede l'autorizzazione] e a dare adeguato conto delle relative ragioni, con motivazione non implausibile, nella richiesta di autorizzazione ad eseguirlo, così da porre la Camera competente in condizione di apprezzarne compiutamente i requisiti di legalità costituzionale» (così recita la
già citata sentenza n. 188 del 2010).
Fa quindi presente che, con specifico riferimento alla richiesta di utilizzo delle intercettazioni, la Consulta ha rimarcato che la capacità intrusiva di tale strumento investigativo «assume significati ulteriori laddove siano in questione le comunicazioni di un parlamentare. Non già perché la riservatezza del cittadino, che è altresì parlamentare, abbia un maggior valore, ma perché la pervasività del mezzo d'indagine in questione può tradursi in fonte di condizionamenti sul libero esercizio della funzione». In tali casi – sottolinea la suprema Corte – si possono aprire «squarci di conoscenza sui rapporti di un parlamentare, specialmente istituzionali, di ampiezza ben maggiore rispetto alle esigenze di una specifica indagine, e riguardanti altri soggetti (in specie, altri parlamentari) per i quali opera e deve operare la medesima tutela dell'indipendenza e
della libertà della funzione» (sentenza n. 38 del 2019). Al riguardo, il Giudice delle leggi evidenzia in altra decisione che «tutti gli organi costituzionali hanno necessità di disporre di una garanzia di riservatezza particolarmente intensa, in relazione alle rispettive comunicazioni inerenti ad attività informali, sul presupposto che tale garanzia – principio generale valevole per tutti i cittadini, ai sensi dell'art. 15 Cost. – assume contorni e finalità specifiche, se vengono in rilievo ulteriori interessi costituzionalmente meritevoli di protezione, quale l'efficace e libero svolgimento, ad esempio, dell'attività parlamentare e di governo» (sentenza n. 1 del 2013).
Ricorda inoltre che, proprio in considerazione della particolare «idoneità intrusiva» delle intercettazioni e del rischio che un uso improprio di tale strumento possa essere indebitamente finalizzato a incidere Pag. 28sullo svolgimento del mandato elettivo, la Corte costituzionale esige che, nella istanza con cui ne chiede l'utilizzo, l'autorità giudiziaria dia compiutamente conto di aver effettuato un adeguato bilanciamento degli interessi costituzionali in rilievo: da un lato quello sotteso alle esigenze investigative e, dall'altro, quello del libero e indipendente svolgimento del mandato parlamentare. Ad avviso della Consulta, serve dunque «un adeguato e specifico corredo motivazionale che possa consentire al destinatario della richiesta di valutare l'avvenuto contemperamento [da parte dell'autorità giudiziaria procedente] degli interessi
in gioco. Ciò che conta è, dunque, che questo contemperamento avvenga e che le ragioni siano palesate». In proposito, la Corte si spinge ad affermare che l'autorizzazione ad actum possa essere concessa «solo se la [sua] necessità emerge in modo palese e stringente dalle prospettazioni dell'Autorità giudiziaria che, coerentemente con quanto imposto dalle esigenze di leale collaborazione tra i poteri dello Stato, deve dare conto di avere esperito le soluzioni alternative ragionevolmente ipotizzabili (...) ovvero della presumibile impraticabilità delle medesime. (...) E non vi è dubbio che la mancanza o anche solo la carenza di motivazione sul punto può costituire legittimo fondamento per il diniego dell'autorizzazione da parte della Camera competente, senza alcuna esorbitanza dai propri poteri» (sentenza n. 188 del 2010).
I principi della giurisprudenza costituzionale appena descritti gli sembra si intreccino in maniera coerente con le disposizioni processual-penalistiche in tema di intercettazioni e segnatamente con l'articolo 267, comma 1, c.p.p. – norma che si applica anche al procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, in virtù del rinvio operato dall'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 109 del 2006 – in base al quale l'intercettazione delle comunicazioni mediante trojan può essere autorizzata, a pena di inutilizzabilità, solo ove essa sia «assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini». Come sottolinea la costante giurisprudenza al riguardo, tale assoluta indispensabilità rappresenta «un requisito essenziale di legittimità che deve costituire specifico oggetto di motivazione» (Cassazione penale, sezione VI –
12/02/2009, n. 12722). Anche sul versante della procedura penale, dunque – data l'eccezionalità dell'uso dello strumento investigativo in questione – l'autorità giudiziaria deve compiutamente e specificamente motivare in ordine al fatto che, in relazione a un determinato procedimento, l'uso delle intercettazioni costituisca la condicio sine qua non per la prosecuzione dell'indagine.
Alla luce delle osservazioni che precedono, ritiene che la Giunta sia chiamata a valutare se la richiesta della Sezione disciplinare del CSM sia adeguatamente motivata in termini di «necessità» di utilizzazione delle intercettazioni nel procedimento a quo nonché in termini di rilevanza e coerenza con l'impianto accusatorio.
Nel sottoporre ai colleghi queste riflessioni in funzione di un proficuo dibattito in Giunta e quindi anche allo scopo di predisporre successivamente una relazione per l'Assemblea quanto più condivisa possibile, riporta testualmente la motivazione posta alla base della richiesta della Sezione disciplinare del CSM:
«Ne consegue che, impregiudicata ogni valutazione in merito alle questioni sollevate dalla difesa del dott. Ferri all'udienza del 14 settembre 2023, deve essere disposta la (ri)trasmissione degli atti alla Camera dei deputati per l'autorizzazione, ex art. 6 I. n. 140 del 2003, all'utilizzo delle Captazioni, come già richiesta con ordinanza n. 96/2021, ribadite la rilevanza e la necessità dell'utilizzo delle Captazioni nel presente procedimento disciplinare per l'accertamento della sussistenza degli addebiti formulati nelle incolpazioni, come già evidenziate con la citata ordinanza n. 96/2021 e con l'ordinanza n. 57/2022, con la quale e stato proposto il conflitto di attribuzione deciso da Corte cost. n. 157 del 2023 (da intendersi in questa sede richiamate e trascritte). Dalle Captazioni emergerebbe infatti sia la partecipazione del dott. Ferri all'incontro tenutosi presso l'Hotel Champagne nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019, con gli allora consiglieri del Consiglio Superiore (...) sia (sempre secondo l'ipotesi accusatoria) il comportamentoPag. 29 assunto in detta riunione da ciascuno dei partecipanti per influire sulle determinazioni del Consiglio Superiore relativamente al conferimento degli incarichi direttivi di Procuratore e Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma e Procuratore della Repubblica di Perugia. Se non può certamente dirsi che il provvedimento di diniego all'utilizzazione del predetto materiale probatorio impedisca la prosecuzione del giudizio disciplinare a carico del dott. Ferri, basandosi le incolpazioni a suo carico anche su altri elementi di prova, deve evidenziarsi che esso condiziona ab externo lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale».
Al riguardo ricorda che, nella prima richiesta della Sezione disciplinare rivolta alla Camera contenuta nella ordinanza n. 96 del 2021, non erano presenti specifiche motivazioni in ordine alla necessità e all'indispensabilità dell'uso delle captazioni informatiche nel procedimento disciplinare de quo. Analogamente, nella ordinanza n. 57/2022, con cui la Sezione disciplinare ha sollevato il conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale, non vi erano affermazioni diverse da quelle impiegate nella più recente richiesta del 20 settembre 2023: in buona sostanza tale ultima richiesta riproduce esattamente in parte qua (cioè nella parte che ha prima citato) i contenuti della precedente ordinanza del 2022, senza null'altro aggiungere.
Tenendo presente l'articolato quadro ermeneutico fornito dalla Corte costituzionale, che prima ha ricostruito, e segnatamente i principi espressi nella sentenza n. 188 del 2010, evidenzia quanto segue.
1) Ritiene innanzitutto che una delle prime questioni da affrontare, e che quindi sottopone alla valutazione dei colleghi, sia se la richiesta oggi all'esame della Giunta fornisca «in modo palese e stringente» – come richiede la Corte costituzionale – la motivazione per la quale le captazioni informatiche in questione sarebbero necessarie e indispensabili ai fini della prosecuzione del procedimento disciplinare a carico dell'on. Ferri e, quindi, la ragione per cui, per sostenere l'incolpazione, essa non ne potrebbe fare a meno. In effetti – quando fa riferimento alla «rilevanza e [al]la necessità dell'utilizzo delle Captazioni nel presente procedimento disciplinare per l'accertamento della sussistenza degli addebiti formulati nelle incolpazioni» – la Sezione richiedente sembra impiegare una formula di stile; ma occorre valutare se tale formula soddisfi adeguatamente
l'esigenza che venga compiuto quel rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria (tra le intercettazioni richieste e il procedimento a quo) più volte evocato dalla Corte costituzionale.
Dalle motivazioni contenute nella richiesta in questione gli sembra in effetti emergere il contrario: secondo l'autorità procedente, infatti, «non può certamente dirsi che il provvedimento di diniego all'utilizzazione del predetto materiale probatorio impedisca la prosecuzione del giudizio disciplinare a carico del dott. Ferri, basandosi le incolpazioni a suo carico anche su altri elementi di prova». Pare quindi che le intercettazioni vengano chieste quasi ad abundantiam e non perché costituiscano una fonte probatoria assolutamente indefettibile nel procedimento in corso.
2) In secondo luogo, sottopone altresì alla valutazione dei colleghi la questione se, nella richiesta inviata alla Camera, sia stato compiuto quel bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco auspicato dalla Consulta anche nell'ottica della leale collaborazione tra poteri: da un lato, cioè, l'interesse sotteso alle esigenze investigative dell'autorità giudiziaria e, dall'altro, quello al libero, integro e indipendente svolgimento del mandato parlamentare. Di primo acchito, sembra che la Sezione disciplinare ritenga che il primo valore costituzionale debba prevalere ipso iure sul secondo. Ma tale impostazione metodologica deve confrontarsi con uno dei leitmotiv più ricorrenti nella giurisprudenza costituzionale, secondo cui tutti i valori fondamentali tutelati dalla Costituzione «si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che
abbia la prevalenza assoluta sugli altri [...]. Se così non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioniPag. 30 giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette» (sentenza n. 85 del 2013).
Nel compiere tale bilanciamento degli interessi in gioco nel caso concreto, occorre tenere conto della natura eccezionale dell'impiego delle intercettazioni, soprattutto quando esse hanno ad oggetto le comunicazioni dei parlamentari, i quali potrebbero subire indebiti condizionamenti nell'esercizio del proprio mandato rappresentativo. Ciò, in effetti, vale anche per la generalità dei cittadini, considerata la grave ingerenza che tale strumento investigativo determina nella sfera dei diritti fondamentali della persona e in particolare del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del diritto alla riservatezza delle comunicazioni e del diritto alla protezione dei propri dati personali.
Gli preme, sul punto, far presente ai colleghi che il diritto dell'Unione europea, e in particolare la direttiva 2002/58 (relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche), impone agli Stati membri di prevedere, nei propri ordinamenti interni, il generale divieto dell'ascolto, della captazione, della memorizzazione e di altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni e dei relativi dati sul traffico, ad opera di autorità pubbliche o comunque di persone diverse dagli utenti e senza consenso di questi ultimi; salvo che, naturalmente, ciò costituisca una misura necessaria, opportuna e proporzionata per la tutela di interessi di carattere generale specificamente individuati, vale a dire per la salvaguardia della sicurezza nazionale, della difesa e della sicurezza pubblica, ovvero per la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati e
dell'uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica. Tale disposizione è stata autorevolmente interpretata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (da ultimo, con sentenza della I sezione del 7 settembre 2023, nella causa C-162/22, resa su rinvio pregiudiziale dell'autorità giudiziaria lituana; ma, nello stesso senso, si veda anche la sentenza della Grande Camera 2 marzo 2021, nella causa C-146/18, resa su rinvio pregiudiziale dell'autorità giudiziaria estone), anche alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione. Secondo tale interpretazione, solo la lotta alle forme gravi di criminalità e la prevenzione di minacce gravi alla sicurezza pubblica sono idonee a giustificare ingerenze gravi nei diritti fondamentali sanciti agli articoli 7 e 8 della citata Carta, come quelle derivanti dalla conservazione dei dati relativi al traffico di comunicazioni e all'ubicazione di determinati soggetti, così come
dall'utilizzazione successiva di tali dati da parte delle autorità pubbliche competenti all'accertamenti di illeciti.
Gli sembra peraltro interessante notare che, nella citata sentenza del 7 settembre 2023, la Corte di giustizia dell'UE ha affrontato un caso analogo a quello all'esame della Giunta: si trattava infatti di un magistrato che era stato destituito dalla funzione giudiziaria all'esito di un procedimento disciplinare, nel quale erano state impiegate, ai fini dell'incolpazione, alcune intercettazioni telefoniche tra il magistrato stesso e l'avvocato di un indagato, in precedenza acquisite nell'ambito di un procedimento penale. Ebbene, in tale caso, la Corte di giustizia, nel confermare che – in base al principio di proporzionalità – «solo la lotta contro la criminalità grave e la prevenzione di minacce gravi contro la sicurezza pubblica sono tali da giustificare gravi ingerenze nei diritti fondamentali» quali appunto quello alla riservatezza delle comunicazioni, ha statuito che le disposizioni del diritto
euro-unitario (e segnatamente l'articolo 15, par. 1, della direttiva n. 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio) ostano a che i dati di carattere personale relativi a comunicazioni elettroniche, che siano stati raccolti e conservati dalle autorità competenti a scopo di contrasto contro forme di criminalità grave, possano essere impiegati nell'ambito di procedimenti relativi a infrazioni disciplinari.
Anche alla luce della predetta giurisprudenza europea, si chiede – e chiede pure ai colleghi di valutare – se la Sezione disciplinare non avrebbe dovuto fornire, nella domanda rivolta alla Camera, un adeguato riscontro circa il bilanciamento tra i valori Pag. 31costituzionali in gioco, a maggior ragione considerando che, nel procedimento a quo, si intende utilizzare le captazioni informatiche per perseguire un illecito disciplinare e non certo un reato afferente a forme di «grave criminalità» o potenzialmente fonte di «minaccia per la sicurezza pubblica».
3) C'è un altro punto infine che merita a suo avviso di essere considerato e attiene al fatto che la Sezione disciplinare avrebbe dovuto dare conto – come richiede la Corte costituzionale – di avere effettivamente esperito le soluzioni alternative ragionevolmente ipotizzabili o quantomeno di aver chiarito la presumibile impraticabilità delle medesime. In effetti, dalla richiesta della medesima Sezione disciplinare pare evincersi che il compendio probatorio a carico dell'on. Ferri risulterebbe già cospicuo, al punto da non ritenere indispensabili le intercettazioni ai fini della prosecuzione del giudizio disciplinare. Non sembrano pertanto rinvenirsi riferimenti chiari in ordine alla ragione per la quale non sarebbe sufficiente valorizzare appieno tali prove già esistenti, sacrificando al minimo le prerogative del parlamentare, come richiede la giurisprudenza della Corte costituzionale.
4) Ritiene infine sia utile riflettere in Giunta sull'adeguatezza della motivazione espressa dall'autorità giudiziaria in ordine alla rilevanza e alla coerenza delle intercettazioni richieste con l'impianto accusatorio. Al riguardo, fa presente che tutti i capi di incolpazione disciplinare formulati a carico dell'on. Ferri si incentrano esclusivamente sulla partecipazione del medesimo alla riunione presso l'hotel Champagne di Roma nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019. In tale incontro, egli avrebbe tenuto un comportamento idoneo a influenzare in maniera occulta l'attività della V Commissione del CSM (cioè quella che si occupa del conferimento degli incarichi direttivi), in quanto, in quella sede, avrebbe fornito ad alcuni componenti del CSM presenti un contributo consultivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari. Ciò premesso, andrebbe compresa la ragione (in quanto non sembra emergere dalla motivazione della richiesta) per la quale sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni ambientali avvenute il 21, 28 e 29 maggio 2019, cioè molti giorni dopo la riunione presso l'hotel Champagne. Così come più in generale non appare chiaro in proposito:
perché sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni che sono qualificate espressamente «non rilevanti», come ad esempio quelle contenute: nel progressivo n. 14 del 9 maggio 2019; nei progressivi nn.: 111, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 125, 126, 132, 133, 134, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145 e 147 del 28 maggio 2019; nei progressivi nn. 4, 5, 6, 7, 8 e 9 del 29 maggio 2019;
perché sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni in cui non si sente la voce dell'on. Ferri, ma solo quella di altri personaggi di spicco del mondo giudiziario che partecipano a un evento conviviale in un luogo non precisato (probabilmente un ristorante); ad esempio, quelle contenute nei progressivi nn. 121, 122, 124, 127, 129, 130, 131, 135, 136, 137, 138 e 147 del 28 maggio 2019.
B) Per quanto infine riguarda il secondo presupposto per il rilascio dell'autorizzazione cui ha prima fatto cenno (cioè quello dell'obbligo della trasmissione integrale delle registrazioni e delle trascrizioni, come richiesto dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 140/2003), sottopone all'attenzione della Giunta i seguenti profili.
Innanzitutto, ricorda che la Sezione disciplinare del CSM, nell'ordinanza con cui ha trasmesso la domanda in esame, ha chiesto alla Camera di essere autorizzata a utilizzare le seguenti captazioni:
a) quella del 9 maggio 2019, progressivi dal n. 7 al n. 37;
b) quella del 21 maggio 2019, progressivi dal n. 3 al n. 10;
c) quella del 28 maggio 2019, progressivi dal n. 88 al n. 147;
d) quella del 29 maggio 2019, progressivi dal n. 1 al n. 13.
Al riguardo, occorre tuttavia prendere atto a suo avviso che, pur avendone richiestoPag. 32 l'utilizzo nel procedimento disciplinare in corso, la Sezione disciplinare:
in relazione alle captazioni del 9 maggio 2019, non ha trasmesso i progressivi n.n. 18, 21 e 36, di cui mancano sia le registrazioni sia le trascrizioni;
in relazione alle captazioni del 21 maggio 2019, non ha trasmesso il progressivo n. 6, di cui pure mancano sia le registrazioni sia le trascrizioni;
in relazione alle captazioni del 28 maggio 2019, non ha trasmesso i progressivi n.n. 90, 91, 123 e 146, di cui mancano sia le registrazioni sia le trascrizioni;
in relazione alle captazioni del 29 maggio 2019, non ha trasmesso il progressivo n. 12, (anche in tale caso alla Camera non sono stati trasmessi né il file audio né le trascrizioni).
Più in generale, rappresenta ai colleghi che le registrazioni delle captazioni effettuate mediante trojan, nelle modalità con cui sono state trasmesse alla Camera, non sono continuative: esse, cioè, sono formate da singoli progressivi, che però spesso durano solo pochi secondi o tutt'al più qualche minuto (ad esempio, in relazione alle captazioni del 9 maggio 2019, i progressivi n.n. 10, 11 e 28 durano rispettivamente 6, 2 e 4 secondi; il progressivo più lungo dura 5 minuti e 9 secondi). In altri termini, tra un progressivo e quello successivo (pur se formalmente continuativi) intercorre sempre un lasso temporale (talvolta di qualche decina di secondi, talaltra di qualche minuto) in cui la registrazione delle comunicazioni è interrotta, o quantomeno non è stata trasmessa alla Camera.
Tale circostanza fa sì che le quattro captazioni che la Sezione disciplinare del CSM chiede di utilizzare siano caratterizzate dalla presenza di «vuoti» (rappresentati dal minutaggio assente tra progressivi contigui), che sono determinati dal fatto che la registrazione delle comunicazioni o non è stata effettuata o non è stata inviata alla Camera. Come si può evincere dall'analisi degli atti inviati, risulta pertanto che:
con riguardo alla captazione del 9 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 1 ora, 1 minuto e 59 secondi (dall'inizio del progressivo n. 8 delle ore 00:07:29 al termine del progressivo n. 37 delle ore 01:09:28) – mancano 14 minuti e 35 secondi di registrazione;
con riguardo alla captazione del 21 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 26 minuti (dall'inizio del progressivo n. 3 delle ore 00:57:29 al termine del progressivo n. 10, ore 01:23:29) – mancano 3 minuti e 3 secondi di registrazione;
con riguardo alla captazione del 28 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 2 ore, 5 minuti e 16 secondi (dall'inizio del progressivo n. 88 delle ore 21:54:25 al termine del progressivo n. 147, ore 23:58:41) – mancano 27 minuti e 55 secondi di registrazione;
con riguardo alla captazione del 29 maggio 2019 – a fronte della durata della sessione pari a 29 minuti e 29 secondi (dall'inizio del progressivo n. 1 delle ore 00:00:25 al termine del progressivo n. 13, ore 00:29:54) – mancano 6 minuti e 30 secondi di registrazione.
Per concludere sul punto – ai fini della valutazione circa il rilascio dell'autorizzazione ex articolo 6 della legge n. 140 del 2003 – sottopone alle riflessioni e al confronto tra i colleghi della Giunta la rilevanza dei due suddetti profili e cioè del fatto che risultano mancanti 9 progressivi di registrazioni (sui 112 che sono oggetto di richiesta di autorizzazione) e, inoltre, del fatto che – su un arco temporale complessivo di 4 ore, 2 minuti e 44 secondi, durante il quale sono state effettuate le captazioni informatiche in esame – mancano all'appello 52 minuti e 3 secondi di registrazione.
Queste sono le ulteriori riflessioni che voleva rappresentare ai colleghi al fine di discuterne insieme. Si riserva, naturalmente, di presentare una definitiva proposta alla Giunta dopo aver ascoltato il dibattito che seguirà.
Devis DORI, presidente, non essendovi ulteriori interventi, rinvia il seguito dell'esame della domanda in titolo alla prossima seduta, nella quale il relatore – se lo riterrà – potrà formulare una proposta alla Giunta.
Pag. 33Giovedì 19 ottobre 2023
AUTORIZZAZIONI AD ACTA
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV, n. 1).
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 17 ottobre 2023.
Enrico COSTA, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 1). Tale domanda trae origine da un procedimento disciplinare promosso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti dello stesso on. Ferri (R.G. n. 93/2019).
Ricorda, inoltre, che nelle sedute del 4 e del 17 ottobre scorso il relatore, deputato Pittalis, ha illustrato la vicenda alla Giunta e che nella seduta dell'11 ottobre scorso la Giunta stessa ha ascoltato l'on. Ferri ai sensi dell'articolo 18, primo comma, del Regolamento della Camera.
Chiede, quindi, all'onorevole Pittalis di intervenire per formulare, se ritiene, una proposta di deliberazione.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, intervenendo da remoto, anticipa subito che proporrà alla Giunta di negare all'Autorità richiedente l'autorizzazione all'utilizzo delle captazioni informatiche richieste e che motiverà tale proposta rinviando alle più dettagliate relazioni del 4 e del 17 ottobre 2023.
Le ragioni che lo inducono a formulare tale ipotesi di diniego si fondano essenzialmente sui principi ricavabili dalla giurisprudenza costituzionale e sulle prescrizioni contenute nella legge n. 140 del 2003 che disciplina la materia.
Per quanto attiene ai primi, ricorda di aver citato nelle sue precedenti relazioni molte pronunce della Consulta in cui viene sottolineato l'obbligo dell'Autorità giudiziaria procedente di fornire adeguata motivazione circa l'effettiva «necessità» di utilizzare le intercettazioni e circa la rilevanza delle stesse rispetto all'oggetto del procedimento a quo (nel caso di specie, quello disciplinare). Il Giudice delle leggi, infatti, parte dal condivisibile presupposto secondo cui la richiesta di utilizzo delle intercettazioni di comunicazioni che riguardano i parlamentari costituisce un atto che, per la sua eccezionale pervasività, deve corrispondere a specifiche necessità investigative e deve essere improntato all'esigenza del sacrificio minimo indispensabile dei valori della libertà e dell'indipendenza della funzione parlamentare. Nell'ottica della leale collaborazione tra poteri dello Stato, la
Corte costituzionale esige pure che, nell'atto con cui richiede l'utilizzo delle captazioni, l'Autorità giudiziaria dia compiutamente conto di aver effettuato un adeguato bilanciamento degli interessi costituzionali in rilievo: da un lato quello sotteso alle esigenze investigative e, dall'altro, quello del libero e indipendente svolgimento del mandato parlamentare. In proposito, la suprema Corte sottolinea che «la mancanza o anche solo la carenza di motivazione sul punto può costituire legittimo fondamento per il diniego dell'autorizzazione da parte della Camera competente, senza alcuna esorbitanza dai propri poteri» (sentenza n. 188 del 2010).
Ebbene nel caso in esame, ritiene che la motivazione contenuta nella richiesta della Sezione del CSM non soddisfi adeguatamente i rigorosi parametri individuati dalla Corte costituzionale. Più precisamente, evidenzia quanto segue.
Innanzitutto, non gli sembra sufficientemente motivata la ragione per la quale le captazioni informatiche in questione sarebbero necessarie e indispensabili ai fini della prosecuzione del procedimento disciplinare a carico dell'on. Ferri e, più specificamente, la ragione per cui, per sostenere l'incolpazione, la Sezione richiedente non potrebbe fare a meno di tali captazioni. Anzi, dalle motivazioni contenute nella richiesta in questione gli sembra emergere il Pag. 34contrario: secondo la Sezione disciplinare, infatti, «non può certamente dirsi che il provvedimento di diniego all'utilizzazione del predetto materiale probatorio impedisca la prosecuzione del giudizio disciplinare a carico del dott. Ferri, basandosi le incolpazioni a suo carico anche su altri elementi di prova». Pare quindi che le intercettazioni vengano chieste quasi ad abundantiam e
non perché costituiscano una fonte probatoria assolutamente indefettibile nel procedimento in corso.
In secondo luogo, nella richiesta inviata alla Camera non gli sembra per nulla compiuto quel bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco auspicato dalla Consulta anche nell'ottica della leale collaborazione tra poteri. La Sezione disciplinare sembra dare per scontato – in quanto sul punto non fornisce motivazione alcuna – che l'interesse sotteso alle esigenze investigative debba prevalere ipso iure sul quello al libero, integro e indipendente svolgimento del mandato parlamentare. Ma tale impostazione metodologica contrasta con un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo cui tutti i valori fondamentali tutelati dalla Costituzione «si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri [...]. Se così non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che
diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette» (sentenza n. 85 del 2013). Come ha sottolineato inoltre nella sua relazione del 17 ottobre, tale bilanciamento degli interessi in gioco sarebbe stato tanto più necessario che, secondo l'oramai costante giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE (confermata da ultimo dalla sentenza della I sezione del 7 settembre 2023, nella causa C-162/22, resa su rinvio pregiudiziale dell'autorità giudiziaria lituana), solo la lotta alle forme gravi di criminalità e la prevenzione di minacce gravi alla sicurezza pubblica sono idonee a giustificare ingerenze gravi nei diritti fondamentali sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, come quelle derivanti dalla conservazione dei dati relativi al traffico di comunicazioni dei cittadini.
In terzo luogo, sottolinea come la Sezione disciplinare non abbia dato conto – come richiede la Corte costituzionale – di avere effettivamente esperito le soluzioni alternative ragionevolmente ipotizzabili o quantomeno di aver chiarito la presumibile impraticabilità delle medesime. Non si comprende, dunque, perché non sarebbe sufficiente valorizzare appieno le prove già esistenti, sacrificando al minimo le prerogative del parlamentare.
In quarto luogo, non gli sembra adeguata la motivazione espressa dalla Sezione disciplinare in ordine alla rilevanza e alla coerenza delle intercettazioni richieste con l'impianto accusatorio. Al riguardo, fa presente che tutti i capi di incolpazione disciplinare formulati a carico dell'on. Ferri si incentrano esclusivamente sulla partecipazione del medesimo alla riunione presso l'hotel Champagne di Roma nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019. Ciò premesso, ritiene che l'istanza della Sezione disciplinare non chiarisca la ragione per la quale sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni ambientali avvenute il 21, 28 e 29 maggio 2019, cioè molti giorni dopo la riunione presso l'hotel Champagne. Così come più in generale non è chiarito perché sia stata chiesta l'utilizzazione anche delle captazioni che sono qualificate espressamente «non rilevanti» nonché di quelle in cui non si sente
la voce dell'on. Ferri, ma solo quella di altri personaggi di spicco del mondo giudiziario che partecipano a un evento conviviale.
Da ultimo ricorda che, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 140 del 2003, l'Autorità giudiziaria che richiede di utilizzare le intercettazioni di comunicazioni dei parlamentari è tenuta a trasmettere alla Camera competente «copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni». La ratio della norma è chiara: infatti, solo rappresentando compiutamente e integralmente il compendio probatorio raccolto, l'autorità giudiziaria richiedente può consentire alla Camera di appartenenza del parlamentare, in spirito di leale collaborazione, di apprezzarePag. 35 – oltre che la natura casuale o meno delle intercettazioni eseguite – anche la «continenza» dell'atto richiesto nel rapporto tra le esigenze investigative e l'altrettanto rilevante esigenza di limitare all'essenziale la lesione di
fondamentali prerogative costituzionali spettanti al Parlamento e ai singoli parlamentari.
Nel caso di specie, ciò che lo induce a proporre alla Giunta di respingere la richiesta della Sezione disciplinare del CSM – oltre a quanto già detto – è anche il fatto che alcuni progressivi delle intercettazioni (che ha menzionato dettagliatamente nella relazione di martedì scorso) non sono stati inviati a questo ramo del Parlamento: con riferimento ad essi è dunque giuridicamente impossibile rilasciare l'autorizzazione. A ciò si aggiunga che, come pure ha evidenziato nella sua precedente relazione, su un arco temporale complessivo di 4 ore, 2 minuti e 44 secondi, durante il quale sono state effettuate le captazioni informatiche oggetto della richiesta, mancano 52 minuti e 3 secondi di registrazione in quanto tra un progressivo e quello successivo (pur se formalmente continuativi) intercorre sempre un lasso temporale (talvolta di qualche decina di secondi, talaltra di qualche minuto) in cui la
registrazione delle comunicazioni è interrotta, o quantomeno non è stata trasmessa alla Camera.
Per tutti questi motivi, propone alla Giunta di rigettare la richiesta di utilizzazione delle captazioni informatiche nei confronti dell'on. Cosimo Maria Ferri contenuta nell'ordinanza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della Magistratura n. 78 del 19 settembre 2023.
Enrico COSTA, presidente, ringrazia il relatore e chiede se ci siano interventi.
Enrica ALIFANO (M5S) preannuncia che il suo gruppo formulerà osservazioni nella prossima seduta. Precisa, altresì, che della questione si sta occupando la collega Giuliano, oggi collegata da remoto.
Enrico COSTA, presidente, ricorda a tutti che la seduta della settimana prossima sarà dedicata al voto e quindi alle dichiarazioni di voto. Con l'occasione, rappresenta di aver segnalato al Presidente della II Commissione, Giustizia, l'opportunità di un proficuo coordinamento tra Commissione medesima e Giunta per ciò che attiene alle date e agli orari delle convocazioni, per evitare sovrapposizioni dei lavori.
Dario IAIA (FdI) ringrazia il relatore per le relazioni dettagliate e soprattutto per aver messo in luce la delicatezza della questione in esame, tenuto conto delle prerogative parlamentari chiamate in causa. Condivide, in particolare, l'osservazione del relatore secondo cui appare carente la motivazione della Sezione disciplinare del CSM in ordine alla necessità e alla indefettibilità dell'uso delle intercettazioni ai fini del procedimento disciplinare promosso nei confronti dell'on. Ferri. Ugualmente immotivata gli sembra anche la richiesta di utilizzo delle intercettazioni materialmente non inviate alla Camera nonché di quelle in cui l'on. Ferri non parla e, per finire, quelle effettuate in giorni diversi dall'incontro all'hotel Champagne del 9 maggio 2019. Si tratta, a suo avviso, di richieste che vanno al di là della stretta e oggettiva necessità procedimentale. Conclude sottolineando la gravità del fatto che mancano – o comunque non sono stati trasmessi alla Camera – ampi stralci di registrazioni degli incontri oggetto delle captazioni informatiche.
Enrico COSTA, presidente, nel segnalare ai colleghi che è appena giunta l'autorizzazione del Presidente alla proroga di venti giorni del termine per riferire in Assemblea – non essendovi ulteriori interventi – rinvia il seguito dell'esame della domanda in titolo alla prossima seduta, nella quale si procederà a votare la proposta del relatore.
Mercoledì 25 ottobre 2023
AUTORIZZAZIONI AD ACTA
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV, n. 1).
(Seguito dell'esame e conclusione).
Pag. 36La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 19 ottobre 2023.
Enrico COSTA, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 1). Tale domanda trae origine da un procedimento disciplinare promosso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti dello stesso on. Ferri (R.G. n. 93/2019).
Ricorda che, nella seduta del 19 ottobre scorso il relatore, on. Pittalis, ha proposto alla Giunta di negare l'autorizzazione all'utilizzazione delle captazioni informatiche in esame.
Chiede al collega Pittalis se desidera aggiungere altre considerazioni alla sua proposta.
Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, si riporta integralmente a quanto già contenuto nelle relazioni esposte nelle precedenti sedute.
Enrico COSTA, presidente, chiede ai colleghi se intendono intervenire per dichiarazioni di voto sulla proposta del relatore.
Ingrid BISA (Lega) preannuncia il voto favorevole del Gruppo della Lega sulla proposta del relatore aggiungendo alcune considerazioni. Critica i contenuti della sentenza della Corte costituzionale n. 157 del 2023, in quanto essa non appare, a suo avviso, sufficientemente rispettosa del principio della separazione dei poteri dello Stato. Più precisamente, non condivide il giudizio della Consulta in ordine alla natura «casuale» delle intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri che, in quanto tali, non richiederebbero la preventiva autorizzazione della Camera. Ciò, se non altro, perché i contatti tra l'on. Ferri e il dott. Palamara (che era il soggetto intercettato nel procedimento penale presso il Tribunale di Perugia) erano estremamente assidui.
Per quanto attiene al requisito della «necessità» più volte enunciato dalla Corte costituzionale, segnala che è la stessa Sezione disciplinare del CSM a riconoscere che le captazioni oggetto della domanda non sono strettamente indispensabili ai fini della prosecuzione del procedimento a quo. A suo avviso manca, inoltre, quell'attento bilanciamento degli interessi coinvolti, ritenuto indispensabile dalla consolidata giurisprudenza costituzionale ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 6 della legge n. 140 del 2003. Ciò, a maggior ragione, ove si consideri la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 7 settembre 2023 (causa C162/22), in base alla quale l'utilizzo delle captazioni informatiche, in quanto strumento molto invasivo nella sfera privata, non può essere consentito nell'ambito dei procedimenti disciplinari, ma solo per perseguire gravi reati di
criminalità e per prevenire minacce gravi alla sicurezza di un Paese.
Da ultimo, rammenta, per un verso, che alcuni progressivi delle captazioni di cui si chiede l'utilizzo sono completamente mancanti e, per altro verso, che vi sono alcuni «vuoti» di registrazione emersi nelle captazioni. Ciò non ha consentito alla Giunta di avere una conoscenza a 360 gradi di tutta la documentazione utile e quindi di compiere una analisi integrale delle intercettazioni effettuate.
Si riserva di svolgere ulteriori approfondimenti in Aula ribadendo il voto favorevole della Lega alla relazione dell'onorevole Pittalis in ordine al diniego di utilizzo delle intercettazioni.
Carla GIULIANO (M5S) ringrazia il relatore per l'approfondito lavoro svolto, ma preannuncia il voto contrario del proprio Gruppo sulla proposta avanzata.
In merito alla necessità e alla rilevanza delle intercettazioni nell'ambito del procedimento disciplinare a quo, osserva che la Corte costituzionale pretende, sì, che la richiesta dell'autorità giudiziaria procedente sia motivata, ma semplicemente in termini di «non implausibilità». Al riguardo, ritiene che il CSM abbia fornito una motivazione che, seppure scarna, appare comunque conforme ai parametri fornitiPag. 37 dalla Consulta, tanto più che essa deve essere considerata come formulata per relationem, e cioè completata dalla precedente richiesta inviata alla Camera nella scorsa legislatura.
Circa la completezza delle captazioni e degli atti in generale, ritiene che sarebbe stato utile chiedere una integrazione documentale o comunque avere un'interlocuzione col C.S.M. su tale questione pur non essendo, quest'ultimo, l'autorità giudiziaria che ha eseguito quelle intercettazioni. Pur senza avere certezza sul punto, immagina che il CSM abbia in ogni caso trasmesso alla Giunta tutto il materiale probatorio a sua disposizione.
Nel ribadire che, a suo avviso, le intercettazioni che hanno riguardato l'on. Ferri siano state effettivamente casuali, e non indirette, ritiene che, ove fosse approvata la proposta del relatore, sarebbe elevato il rischio di un nuovo conflitto di attribuzione col CSM.
Laura CAVANDOLI (Lega) sottolinea che la vicenda relativa all'ex deputato Ferri sul quale oggi la Giunta è chiamata ad esprimersi sia stata originata da un unico fatto che poi ha provocato, anche a seguito della sentenza n. 157/2023 della Consulta, due distinte domande del CSM.
Ylenja LUCASELLI (FdI) crede che la relazione del collega Pittalis sia stata molto puntuale e abbia messo bene in evidenza tutte le ragioni che dovrebbero indurre la Giunta a negare l'autorizzazione richiesta dal CSM.
Antonella FORATTINI (PD-IDP) ritiene opportuno ricordare che la Giunta, nella scorsa legislatura, aveva negato l'autorizzazione al CSM considerando le captazioni indirette e non casuali. Con la sentenza n. 157 del 2023, la Corte costituzionale ha invece ritenuto che le captazioni oggetto della richiesta siano state casuali. A suo parere, quindi, votare a favore della proposta del relatore significherebbe andare contro le indicazioni della Consulta e quindi provocare quasi certamente un nuovo conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. Preannuncia, quindi, il voto contrario del gruppo PD-IDP alla proposta del relatore.
Devis DORI (AVS) preannuncia che si asterrà dal voto in quanto ritiene che sussistano sia elementi a favore sia elementi contro la proposta del relatore. Da un lato, infatti, sottolinea come le motivazioni alla base della richiesta del CSM siano un po' lacunose e non spieghino la necessità di utilizzare le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri, ma, dall'altro, ritiene che esse si completino, sia pure parzialmente, con quanto contenuto nella prima richiesta inviata alla Camera nel 2021. Nel ricordare quindi l'obbligo della leale collaborazione tra poteri, segnala che la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea richiamata dal relatore sia, per così dire, troppo avanzata e, in estrema ipotesi, mette in discussione l'intera regolamentazione delle intercettazioni.
Patrizia MARROCCO (FI-PPE) preannuncia il voto favorevole alla proposta del relatore da parte del Gruppo Forza Italia.
Francesco Saverio ROMANO (NM(N-C-U-I)-M) aderisce alla proposta del relatore e annuncia il voto favorevole del suo Gruppo.
Pietro PITTALIS, relatore, ritiene che oggi la Giunta sia chiamata a esercitare una prerogativa propria di questo ramo del Parlamento su invito della stessa Corte costituzionale. Per quanto invece attiene all'ipotesi di una eventuale richiesta di integrazione istruttoria evocata dalla collega Giuliano, sottolinea che, nel corso della passata legislatura, furono numerose e intense le interlocuzioni con la Sezione disciplinare del CSM volte a precisare l'oggetto della richiesta di autorizzazione, inizialmente estesa a un numero indeterminato di intercettazioni telefoniche e di captazioni informatiche che neppure riguardavano le comunicazioni dell'on. Ferri. Afferma quindi che sarebbe inutile riaprire ora tali interlocuzioni, che lo stesso CSM riteneva definitivamente esaurite.
Carla GIULIANO (M5S) ringrazia l'onorevole Pittalis per la precisazione, ma ribadiscePag. 38 come questa non incida sulle valutazioni complessive della vicenda.
Enrico COSTA, presidente, pone quindi in votazione la proposta del relatore di negare l'autorizzazione all'utilizzazione delle captazioni informatiche delle comunicazioni concernenti l'on. Ferri, deputato all'epoca dei fatti, richiesta dalla Sezione disciplinare del CSM con ordinanza n. 78 del 19 settembre 2023.
La Giunta approva la proposta del relatore, dando quindi mandato al deputato Pittalis di predisporre la relazione per l'Assemblea.