XIX LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 226 di lunedì 15 gennaio 2024
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI
La seduta comincia alle 16.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
STEFANO VACCARI , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 22 novembre 2023.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 71, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casu. Ne ha facoltà. Su cosa?
ANDREA CASU (PD-IDP). Sull'ordine dei lavori, Presidente. Un brevissimo intervento semplicemente per porre una richiesta su un aspetto che penso sia importante. Stiamo per avviare la discussione generale su un provvedimento recante disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici. Ho consultato pochi istanti fa il sito Internet del Ministero e la delega su questo tema, ossia la sicurezza del patrimonio culturale, risulta tuttora attribuita al Sottosegretario Sgarbi. Abbiamo presentato numerose richieste, interrogazioni e azioni su questo tema.
Ora, la richiesta che rivolgiamo, per suo tramite, direttamente al Ministro qui presente, è se la sua presenza, oggi, in Aula, sia da considerare attribuibile al fatto che questa delega sia stata, in qualche modo, revocata al Sottosegretario Sgarbi e il Ministro intenda occuparsi direttamente di questo tema, nel dialogo con il Parlamento; e, al tempo stesso, la ragione per la quale su un tema così attinente - in cui sarà sicuramente la giustizia a fare il suo corso, però non possiamo ignorare le pesantissime accuse che hanno a riferimento proprio i furti e i deturpamenti di patrimonio artistico - questa delega sia ancora, almeno per quello che appare dal sito, esercitata dal Sottosegretario.
PRESIDENTE. Grazie per questa sua osservazione e richiesta. Mi permetto di dare io la risposta, anche perché la Camera ha avuto comunicazione, da parte del MiC, che questo provvedimento sarebbe stato seguito dal Ministro, che infatti è qui presente, se vogliamo utilizzare un latinismo, ubi maior minor cessat, visto che comunque il Sottosegretario, come lei sottolineava, ha una delega. Quindi, è il Ministro che dà la delega ed è il Ministro, oggi presente, che, evidentemente, seguirà questo provvedimento e, quando lo riterrà opportuno, se vorrà, potrà portare il proprio diretto contributo.
Annunzio di petizioni.
PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
STEFANO VACCARI, Segretario, legge:
Michele Vecchione, da Alatri (Frosinone), chiede:
che le pensioni di guerra siano messe in pagamento il primo giorno non festivo del mese (556) - alla XI Commissione (Lavoro);
che gli elettori possano votare nel comune di nascita invece che nel comune di residenza (557) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
Alberto Pratesi, da Lecce, chiede nuove norme in materia di responsabilità civile dei magistrati (558) - alla II Commissione (Giustizia);
Renato Lelli, da Sant'Ambrogio di Valpolicella (Verona), chiede:
misure per favorire l'agricoltura nelle aree collinari per contrastare i fenomeni di erosione e dissesto idrogeologico (559) - alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XIII (Agricoltura);
la chiusura delle moschee abusive (560) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
Guido Cerchia, da Castellamare di Stabia (Napoli), chiede:
l'abrogazione delle norme del codice penale in materia di capacità di intendere e di volere al momento della commissione di un reato (561) - alla II Commissione (Giustizia);
l'introduzione dell'obbligo di prevedere la didattica a distanza nelle università pubbliche (562) - alla VII Commissione (Cultura);
l'istituzione nell'ambito della pubblica amministrazione della figura del responsabile per il riciclo e l'ottimizzazione delle risorse (563) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'eliminazione di ogni beneficio di legge per i responsabili del reato di omicidio volontario (564) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di ammortamento dei mutui bancari (565) - alla VI Commissione (Finanze);
la previsione di una diversa valutazione, ai fini dei concorsi pubblici, dei titoli conseguiti presso le università pubbliche rispetto a quelli conseguiti presso università private o telematiche (566) - alla XI Commissione (Lavoro);
Paolo Pelini, da Raiano (L'Aquila), chiede l'istituzione della figura del naturopata per gli animali (567) - alla XII Commissione (Affari sociali);
Giuseppina Gatto, da Roma, chiede il riconoscimento alle donne di un bonus pensionistico pari a nove mesi per ciascun figlio (568) - alla XI Commissione (Lavoro);
Cipriano Cecoro, da Villa Literno (Caserta), chiede norme interpretative in materia di possesso e utilizzo di armi da caccia (569) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
Luigi Cangiano, da Carinaro (Caserta), chiede l'adozione di una legge elettorale proporzionale con preferenza unica e l'abolizione dell'obbligo di raccogliere le firme per la presentazione delle liste elettorali (570) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
Aniello Traino, da Neirone (Genova), chiede di destinare all'Ucraina i fondi inutilizzati del Piano nazionale di ripresa e resilienza (571) - alla III Commissione (Affari esteri);
Dario Bossi, da Montegrino Valtravaglia (Varese), chiede che la Corte di cassazione devolva ai ricorrenti una somma di denaro prelevata dalla cassa delle ammende per i ricorsi ritenuti fondati (572) - alla II Commissione (Giustizia);
Sabrina D'Atri, da Roma, chiede la proroga del cosiddetto superbonus 110 per cento (573) - alla VI Commissione (Finanze);
Mariella Cappai e Luigi Cotza, da Monserrato (Cagliari), chiedono l'introduzione del divieto di stoccaggio di rifiuti contenenti scorie radioattive nel territorio della regione Sardegna (574) - alla VIII Commissione (Ambiente);
Antonio Lepore, da Bari, chiede l'istituzione del reato di blocco ingiustificato dell'account da parte di piattaforme informatiche (575) - alla II Commissione (Giustizia);
Rino Masseroni, da Milano, chiede modifiche agli articoli 4, 8, 28, 32, 34, 36, 46, 51, 56, 58, 59, 68, 69, 75, 85, 88, 97, 116, 117, 128, 131, 132, 135 e 138 della Costituzione (576) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
Angelo Lucarella, da Martina Franca (Taranto), chiede nuove norme in materia di impugnabilità degli estratti di ruolo (577) - alla II Commissione (Giustizia);
Biagio Nugnes, da Mondragone (Caserta), chiede nuove norme in materia di abuso di ufficio (578) - alla II Commissione (Giustizia).
Discussione del disegno di legge: S. 693 - “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale” (Approvato dal Senato) (A.C. 1297?) e dell'abbinata proposta di legge: Bagnai ed altri (A.C. 789?).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1297: “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale” e dell'abbinata proposta di legge n. 789.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1297? e abbinata)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.
La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Alessandro Palombi.
ALESSANDRO PALOMBI , Relatore. Signor Presidente, ben trovato signor Ministro, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del disegno di legge recante disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale. Il disegno di legge di iniziativa governativa viene all'esame dell'Assemblea nel testo già approvato dal Senato, che la Commissione giustizia ha ritenuto di non dover modificare per le ragioni che mi accingo ad illustrare, condividendo l'approfondito lavoro istruttorio fatto al Senato e per consentirne una sollecita approvazione in via definitiva.
In primo luogo, si è condivisa la finalità dell'intervento di introdurre misure volte a rafforzare la risposta sanzionatoria ai sempre più frequenti atti di vandalismo ai danni di beni culturali e opere d'arte, che rappresentano una fondamentale testimonianza di identità della storia nazionale, oltre che la nostra più grande ricchezza.
Alcuni episodi di cronaca hanno, infatti, reso evidente come la disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale, oggetto di un intervento normativo nella scorsa legislatura, sia risultata del tutto insufficiente sia sul piano della prevenzione, sia sul piano della repressione di simili atti di vandalismo. Di qui, la scelta di prevedere sanzioni amministrative che si aggiungono alle norme penali e di modificare l'apparato sanzionatorio penale. Tengo a sottolineare che l'inasprimento della risposta sanzionatoria complessiva è stato definito nel rispetto del canone di proporzionalità e, in particolare, dai noti arresti giurisprudenziali in materia di ne bis in idem. Al riguardo, evidenzio sin d'ora che il disegno di legge prevede dei meccanismi che impongono l'autorità che si pronuncia per la seconda volta sullo stesso fatto di tenere conto, al momento dell'erogazione dei provvedimenti sanzionatori di propria competenza, delle sanzioni già erogate.
Venendo al contenuto del provvedimento, l'articolo 1 introduce disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito dei beni culturali e paesaggistici. Il comma 1 punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria, da euro 20.000 a euro 60.000, chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende inservibili, in tutto o in parte, od ove previsto non fruibili, beni culturali o paesaggistici propri o altrui. Il comma 2 prevede, invece, una sanzione amministrativa da euro 10.000 a euro 40.000 per chiunque deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui ovvero destina i beni culturali e uso pregiudizievole per la loro conservazione o integrità ovvero a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico. Sono fatte salve le sanzioni penali applicabili a fronte di tale condotta criminosa. Il comma 3 individua il prefetto come organo competente a ricevere il rapporto con il quale viene accertata la violazione e ad erogare le citate sanzioni amministrative. La disposizione, inoltre, precisa che il verbale contenente l'accertamento e la contestazione delle violazioni debba essere notificato al trasgressore entro 120 giorni dal giorno in cui il fatto è commesso. Il comma 4 dispone che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie siano impiegati prioritariamente per il ripristino dei beni. Il comma 5 prevede che entro 30 giorni dalla notifica del verbale di accertamento il trasgressore sia ammesso al pagamento della sanzione in misura ridotta salvo che il destinatario del provvedimento sanzionatorio si sia già avvalso, nei cinque anni precedenti, della stessa facoltà. Ai sensi del comma 6, per tutto quanto non espressamente indicato, è applicabile la legge 24 novembre 1981, n. 689, recante la disciplina generale delle sanzioni amministrative. Come già anticipato, il comma 7 dispone che nel caso in cui per lo stesso fatto è stata applicata a carico del reo o dell'autore della violazione la sanzione amministrativa pecuniaria indicata nei commi 1 e 2 ovvero una sanzione penale, l'autorità giudiziaria e l'autorità amministrativa tengono conto, al momento dell'irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle misure punitive già erogate. Nel medesimo comma, inoltre, l'esazione della pena pecuniaria ovvero della sanzione pecuniaria amministrativa è limitata alla parte eccedente quella riscossa rispettivamente dall'autorità amministrativa ovvero da quella giudiziaria. Il comma 8 reca, infine, la clausola di invarianza finanziaria.
Passando all'articolo 2, questo interviene sull'attuale disciplina penale che configura la fattispecie di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali e paesaggistici, l'articolo 518-duodecies del codice penale.
Il testo vigente punisce la condotta di chi rende il bene non fruibile, mentre la novella in esame specifica che il rilievo di tale condotta è limitato all'ipotesi in cui la fruibilità del bene sia prevista dalla legge.
L'articolo 3 interviene sull'apparato sanzionatorio previsto dal terzo comma dell'articolo 635 del codice penale con riguardo al reato di danneggiamento in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, aggiungendo alla già prevista pena della reclusione da 1 a 5 anni la pena pecuniaria della multa fino a euro 10.000.
L'articolo 4 novella l'articolo 639 del codice penale che punisce il deturpamento o l'imbrattamento di cose altrui. In particolare, la lettera a) triplica l'importo attuale della multa comminabile, a querela della persona offesa, a chiunque, fuori dai casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui (da euro 103 a euro 309).
La lettera b) introduce una specifica sanzione (reclusione da 1 a 6 mesi o multa da 300 a 1.000 euro) per coloro che deturpano e imbrattano teche, custodie o altre strutture adibite all'esposizione, protezione e conservazione dei beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente o istituto pubblico.
La lettera c) introduce, infine, una fattispecie aggravata, sanzionata con pene raddoppiate, a carico di chi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Sul provvedimento si sono espresse, inoltre, favorevolmente le Commissioni I (Affari costituzionali), V (Bilancio), VII (Cultura) e VIII (Ambiente). Grazie, Presidente, ho concluso.
PRESIDENTE. Il Ministro Sangiuliano si riserva di intervenire successivamente.
È iscritto a parlare il deputato Paolo Pulciani. Ne ha facoltà.
PAOLO PULCIANI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, intanto vorrei ringraziarla in quanto oggi discutiamo questo provvedimento di legge che mira alla tutela, anche rispetto a nuovi pericoli, delle opere d'arte e dei beni culturali. Vorrei ringraziarla per l'attività che ha svolto nel valorizzare l'enorme e immenso patrimonio culturale italiano, anche ampliandolo attraverso acquisizioni di beni che avevano un significato particolare per la nostra Nazione e per il mondo intero, quale quella di Villa Verdi (potrei andare avanti).
Però, oltre a valorizzare, ad acquisire e ad ampliare il patrimonio culturale italiano, è necessario tutelarlo e proteggerlo, in ossequio a quanto già ci dice la Costituzione all'articolo 9, il quale “promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
Leggo questo articolo perché non è un caso che i costituenti abbiano associato la tutela del patrimonio ambientale, dell'ambiente stesso e degli animali alla tutela artistica e culturale, perché probabilmente - anzi sicuramente - anche attraverso la capacità di far apprezzare i valori universali che vengono espressi dall'arte e dal patrimonio culturale si crea anche una cultura del rispetto dell'ambiente e della stessa civiltà. Questo è un obbligo che noi abbiamo e probabilmente è la cosa più importante che dovremo lasciare alle future generazioni, oltre, ovviamente, all'attuale generazione. È per tale motivo che questo provvedimento riveste, tra gli altri, un particolare ruolo e una particolare importanza, perché inserisce determinate norme, adesso non voglio rileggere pedissequamente gli articoli correttamente esposti dal relatore e collega Alessandro Palombi. Ma già l'articolo 1, commi 1 e 2, in cui vengono inserite alcune sanzioni amministrative (da 20.000 a 60.000 euro e poi, nel comma 2, da 10.000 a 40.000 euro) per chiunque deturpi e imbratti beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ha il significato di introdurre non solo una previsione penale che già c'era - e poi vedremo come è stata aggravata e anche meglio specificata - ma di inserire sanzioni amministrative che consentono un'efficacia immediata, perché sappiamo che, spesso, a fronte di previsioni di reato penale, vi sono magari lungaggini processuali e spesso si arriva anche a un nulla di fatto a livello di condanna penale effettiva; invece, proprio grazie a questo provvedimento, le sanzioni amministrative possono essere comminate immediatamente dalle prefetture con le modalità e i tempi che sono previsti dal provvedimento e, quindi, possono rappresentare non solo un deterrente, ma costituire anche un'efficace sanzione immediata a chi pensa di compiere un danno o ha già fatto un danno a un bene culturale.
La stessa cosa sostanzialmente si può dire con riferimento al comma 3 che, come ha evidenziato il relatore, prevede una serie di tempistiche ben precise.
Il comma 4 ci dice una cosa ancora più importante, ossia che i proventi di queste sanzioni vadano destinati, come è giusto che sia, prioritariamente al ripristino dei beni danneggiati, quindi ammalorati o danneggiati. Quindi, lo scopo della sanzione, oltre a essere quello deterrente e sanzionatorio, è anche quello di restituire in qualche modo giustizia o provare a restituire - purtroppo, a volte non è sempre possibile farlo - giustizia per i danni cagionati dal comportamento omissivo o commissivo del reo.
Poi, vi è una serie di specifiche relative al comma 5 e al comma 6 che riguardano la tempistica e questioni tecniche in ordine alla possibilità di irrogare queste sanzioni (ugualmente per il comma 7).
L'articolo 2, invece, interviene sulla disciplina penale che configura la fattispecie di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici. Il testo vigente punisce la condotta di chi rende il bene non fruibile, mentre la novella in esame specifica che il rilievo di tale condotta è limitato all'ipotesi in cui la fruibilità del bene sia prevista per legge. Questa, in realtà, è una norma che amplia la possibilità di intervenire lì dove ci potrebbe essere una contestazione rispetto a ciò che effettivamente viene fatto, cioè se il comportamento impedisce la fruibilità del bene, e magari chi commette il fatto riesce a dimostrare che in quel momento il bene non era fruibile per mille ragioni o magari perché c'erano lavori in corso o magari perché era bloccato; invece, la semplice previsione di fruibilità, anche potenziale, posta dalla legge ci permette di intervenire, perché è ovvio che il bene culturale in quanto tale va tutelato, che esso si trovi all'interno di un museo o all'interno di uno scavo che si sta portando avanti, o magari non è ancora ben identificato, messo in mostra o valorizzato.
L'articolo 3 interviene sull'apparato sanzionatorio previsto dal terzo comma dell'articolo 635 del codice penale riguardo al reato di danneggiamento in occasione di manifestazioni in un luogo pubblico o aperto al pubblico, aggiungendo alla già prevista pena da 1 a 5 anni anche la pena pecuniaria della multa fino a 10.000 euro. Questo segue la ratio del provvedimento, che affianca a pene sanzionatorie di carattere penale anche pene di carattere amministrativo e sanzionatorio di tipo economico, perché riteniamo che possano essere, a volte e soprattutto in questi casi, anche più efficienti rispetto alla previsione di una condanna penale che magari rimane invece in forse.
Così pure la lettera b) dell'articolo 4 sostanzialmente è sulla stessa falsariga degli altri articoli e degli altri provvedimenti. Però, la lettera c) dell'articolo 4 introduce una fattispecie aggravata con pene raddoppiate a carico di chi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Quindi, si inserisce, anche in questo caso, un'ulteriore previsione sanzionatoria, sia penale che amministrativa, che si aggiunge alle attuali norme penali, perché se, in passato, abbiamo assistito al deturpamento di beni culturali, dovuti a volte anche al gesto folle di persone con problemi di equilibrio mentale, oggi assistiamo, in realtà, anche a un fenomeno nuovo, ossia che il deturpamento e la lesione del bene culturale vengono progettati, programmati, sono voluti, con una certa caparbietà, da interi gruppi e associazioni, che spesso si dicono tutori o ideologicamente si sentono portati a farli, perché in questo modo vedono la possibilità di dare un segnale rispetto a problematiche che loro ritengono importanti, quali quelle ambientali, e non solo, ignorando ciò che dicevo all'inizio, che probabilmente, se c'è un elemento culturale che andrebbe valorizzato, anche nei comportamenti che le persone e le civiltà hanno rispetto all'ambiente, è proprio quello di incentivare e promuovere il valore assoluto di alcuni beni culturali.
C'è un'altra norma che non avevo citato prima, di cui però aveva dato contezza il relatore, ed è quella che prevedeva tale punibilità e la sanzione amministrativa anche per coloro i quali imbrattano non il solo il bene in sé, ma anche tutto ciò che lo protegge; si parlava quindi di teche, di strutture esterne, che hanno il compito di conservare e custodire l'opera d'arte o il bene di valore nazionale. Questo perché abbiamo assistito anche a fenomeni nei quali viene imbrattata la teca o il vetro che protegge l'opera, proprio per dare una dimostrazione o creare una situazione di pericolo all'opera d'arte, ritenendo che questo possa essere derubricato magari a un reato bagatellare, magari come lesione di un semplice vetro o lesione di un cancello che protegge un monumento. Questa previsione era dovuta, era giusta e legittima e quindi in linea con quanto ci accingiamo ad approvare in Aula.
È inopinabile pertanto che le modifiche che ci apprestiamo a votare saranno efficaci strumenti di deterrenza in tutte quelle situazioni nelle quali la protesta, in astratto utile e indispensabile espressione della democrazia, travalichi però i confini del consentito, divenendo abuso e sopraffazione, nulla a che vedere con la libertà di protesta o di manifestazione delle proprie idee, condivisibili o meno che siano. Riteniamo, semplicemente, che si possa manifestare in forme civili e democratiche e certamente senza aggredire quello che c'è di prezioso in Italia.
Quanto ci accingiamo ad approvare offre una risposta concreta, a salvaguardia dell'immenso ed esclusivo patrimonio artistico e culturale che rende l'Italia una Nazione unica al mondo. Proprio in tal senso, si rende necessario tale intervento legislativo, poiché, nel nostro Paese, l'importanza, la presenza delle opere d'arte è pervasiva più che in ogni altra parte del mondo. Questo rende il nostro Paese particolarmente vulnerabile ad azioni di vandalismo e deturpamento dei beni culturali, poiché è impensabile riuscire a garantire la custodia e sorveglianza totale e inviolabile di ogni sito o bene artistico.
Questa è una grande fortuna: l'Italia è praticamente costellata di opere d'arte e di patrimonio artistico ma, nello stesso tempo, questa immensità rende impensabile che domani si possa avere davanti a ogni singola colonna romana una sorveglianza armata o un sistema di sicurezza adeguato. Quindi, è necessario, anche in questo senso, che la norma non lasci adito a dubbi rispetto alla punizione che sarà data a chi mette in pericolo o danneggia questi beni.
Si rende necessaria, quindi, un'azione di educazione culturale (l'avevo accennato all'inizio del mio intervento). Probabilmente, è un elemento che passa anche attraverso un segnale di questo tipo da parte del Parlamento, attraverso leggi che prevedano pene importanti, che mandino il messaggio chiaro e non equivoco che imbrattare o deturpare un'opera d'arte non può essere considerata una bravata o, come ho detto prima, un mero reato bagatellare, poi da discutere in tribunale con i tempi della giustizia penale.
L'importanza di tale, inestimabile, patrimonio ha correttamente orientato il provvedimento che ci accingiamo a votare, non solo per proteggere il valore dell'arte e della bellezza, ma anche per dissuadere coloro che intendono utilizzare in modo improprio tale universale valore per propagandare proprie personali ideologie o, in altri casi, per acquisire una, ancorché sinistra notorietà, a tutto discapito di ciò che rappresenta da sempre un bene dell'intera umanità. Il valore della nostra civiltà si misurerà anche dalla capacità - lo ripeto - che avremo di trasmettere alle future generazioni ciò che di bello abbiamo ricevuto dal passato e siamo riusciti a preservare nel migliore dei modi possibili. Grazie per la vostra opera (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Casu. Ne ha facoltà.
ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, Ministro, il gruppo del Partito Democratico ha affrontato questo provvedimento con spirito assolutamente laico, aperto alla discussione, anche se dobbiamo constatare che quello che è arrivato qui in Aula, in questa Camera, dopo la prima lettura del Senato e dopo il passaggio in Commissione giustizia, risulta essere un provvedimento molto raffazzonato, dal punto di vista tecnico e giuridico. Noi siamo, restiamo e saremo assolutamente favorevoli - questo va chiarito subito, per evitare ogni forma di equivoco - a garantire sempre una sanzione adeguata per chi distrugge, deteriora, imbratta i beni culturali e paesaggistici del nostro Paese. Questo è un punto chiaro e non va e non deve essere messo in discussione.
Chiaramente, deve valere sempre, deve valere per tutti, deve valere anche per i Sottosegretari che avrebbero come compito quello di garantire la sicurezza del patrimonio culturale e che, invece, vediamo coinvolti in vicende che attengono veramente a comportamenti che vanno nella direzione totalmente opposta. Ed è per questo che, parlando sull'ordine dei lavori, abbiamo chiesto chiarezza sulle deleghe al Sottosegretario Sgarbi, perché non consideriamo politicamente concepibile e consideriamo assolutamente surreale che oggi si stia svolgendo questa discussione in Aula e che, a tutt'oggi, sia Sgarbi a svolgere questa funzione, senza un elemento di chiarezza al riguardo nei confronti del Parlamento e del Paese.
Per quanto riguarda, poi, un'altra premessa politica, a nostro avviso, le rivendicazioni e le proteste che usano come strumento la deturpazione di un bene collettivo, a maggior ragione se di valore artistico, monumentale, culturale o ambientale, anche se ripristinabili a seguito di intervento, non rappresentano assolutamente, in alcun modo, il metodo giusto per porre l'accento e la visibilità su quelle problematiche, anche di interesse generale, che purtroppo hanno originato determinate manifestazioni. Quindi, quando abbiamo visto imbrattati i muri di Palazzo Vecchio, di Palazzo Madama o la fontana della Barcaccia, sono stati compiuti, a nostro avviso, gesti sbagliati, che però sono gesti che violano le norme già esistenti, questo lo voglio dire con forza, come quando si è parlato del decreto Rave per vietare i rave illegali: se sono chiamati rave illegali, probabilmente, erano vietati anche prima, dall'ordinamento, e così oggi. Queste iniziative, tra l'altro, non raggiungono nemmeno lo scopo che è alla base di queste rivendicazioni, cioè quello di creare consenso intorno alla mobilitazione per favorire politiche più efficaci, ad esempio, a favore dell'ambiente e per contrastare il cambiamento climatico; anzi, spesso producono, purtroppo, una reazione opposta nell'opinione pubblica.
Detto questo, però, non limitiamoci a guardare il dito, ma guardiamo anche la luna. Quei ragazzi hanno ragione nel merito delle questioni che, con metodo sbagliato, sollevano; chiedono di riappropriarsi del loro futuro, chiedono di farlo, rivendicando un nuovo modello di sviluppo. Anche se tali richieste sono formulate nel modo sbagliato, anche se tali manifestazioni devono essere contrastate attraverso tutte le forme a nostra disposizione, non possiamo ignorare l'importanza e la forza di questi gesti, quando rivendicano una nuova fase, in cui si riesca a uscire dall'era dei combustibili fossili, e più concretezza nell'affrontare la crisi climatica ed energetica.
Stupisce che i sostenitori della legge mettano l'accento sul contenuto specifico delle misure sanzionatorie, ma ignorino completamente questo grido di allarme, portato avanti attraverso metodi, ripetiamo, sbagliati, ma che noi non possiamo assolutamente far finta di non sentire.
Tornando al merito delle norme di cui discutiamo, siamo tanto favorevoli a una sanzione adeguata che la legge di riordino sui reati contro il patrimonio culturale e artistico del nostro Paese porta il nome di due nostri Ministri: Dario Franceschini e Andrea Orlando, che, nella scorsa legislatura, hanno portato a conclusione una legge di riordino che ha riallineato il nostro Paese ai sistemi giuridici più adeguati a contrastare questi fenomeni. La legge c'è già, è “la legge Orlando-Franceschini”.
Sorge da qui la nostra prima obiezione: questo disegno di legge non introduce nuove fattispecie ad oggi non previste dalla legge, non sanziona nuove condotte; non c'era e non c'è oggi un vuoto normativo nel nostro Paese da colmare. Infatti, il disegno di legge di cui oggi discutiamo non introduce nuove condotte non previste dall'ordinamento giuridico italiano, bensì norma due nuove fattispecie, identiche a quelle già previste dalla “legge Orlando-Franceschini”, che, però, questa volta vengono punite anche - ripeto, anche - con una sanzione amministrativa. Questa è la differenza non da poco. Il disegno di legge riscrive due fattispecie che tutelano i beni culturali dal deterioramento e dall'imbrattamento uguali e identiche a come sono scritte nel codice penale, semplicemente introducendo, per quel tipo di condotte, oltre alla sanzione penale prevista dal codice penale, anche una sanzione amministrativa.
Nelle audizioni svoltesi al Senato, in cui hanno avuto modo di approfondire il tema diversi professori universitari e altre personalità, è stato spiegato che questo modo di legiferare è molto discutibile, anzi, potrebbe addirittura profilare qualche rischio di incostituzionalità, perché se una stessa condotta è punita sia con una sanzione amministrativa sia con una sanzione penale, il rischio è quello di una sovrapposizione di sanzioni e di punizioni che può creare un cortocircuito nell'ordinamento. Il cumulo sanzionatorio, non sconosciuto nell'ordinamento italiano, è stato oggetto, nel corso degli anni, di un ampio dibattito a livello giurisprudenziale, soprattutto europeo, sul piano del principio cardine del ne bis in idem.
La locuzione ne bis in idem viene utilizzata dagli ordinamenti penali nazionali in un doppio significato: da una parte, il divieto di doppio processo per lo stesso fatto e, dall'altro, il divieto di addebitare più volte, mediante il ricorso a molteplice pena, lo stesso accadimento criminoso all'autore. Il principio in questione è codificato, nell'ordinamento interno, dall'articolo 649 del codice di procedura penale. A livello europeo, invece, il principio in esame è stato positivizzato dall'articolo 4 del VII Protocollo addizionale della Corte europea dei diritti dell'uomo e dall'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. È il caso di richiamare, da ultimo, la sentenza n. 149 del 2022, nella quale la Corte costituzionale - dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 649 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, sulla protezione del diritto d'autore, che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l'illecito amministrativo di cui all'articolo 174-bis della medesima legge - ha rivolto un espresso monito al legislatore, sollecitandolo a “rimodulare la disciplina in esame in modo da assicurare un adeguato coordinamento tra le sue previsioni procedimentali e sanzionatorie, nel quadro di un'auspicabile rimeditazione complessiva dei vigenti sistemi di doppio binario sanzionatorio, alla luce dei principi annunciati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, dalla Corte di giustizia e da questa stessa Corte”.
L'unica cosa che, forse, sarebbe valso la pena di fare con questo disegno di legge non era certo duplicare le sanzioni, tra l'altro, con sanzioni anche smisurate dal punto di vista amministrativo, ma agire per completare, integrare e, se necessario, aggiornare il quadro già vigente con la legge presentata, che porta i nomi - lo ricordo ancora una volta - di Dario Franceschini e di Andrea Orlando. La legge, infatti, era stata una risposta seria perché organica, non una bandierina propagandistica né un provvedimento spot adottato sull'onda di fatti di cronaca.
Il punto, però, è che la parte principale di questo provvedimento è semplicemente una duplicazione di sanzioni, che oggi già sono previste per condotte già previste e già punite dal codice penale con sanzioni amministrative, con quei profili di criticità che prima rammentavo.
Abbiamo presentato degli emendamenti, cercato di contribuire a un miglioramento del provvedimento, intanto riducendo le sanzioni amministrative che, secondo noi, sono smisurate, anche tenendo conto dei criteri e dei principi di proporzionalità che devono giustificarne la misura. Sono sanzioni molto più elevate delle multe previste dalla sanzione penale e che non sono proporzionate a sanzioni analoghe per fattispecie con analogo disvalore nel nostro ordinamento. Riteniamo, quindi, che, anzitutto, queste sanzioni debbano essere ricondotte a una maggiore proporzionalità, l'ordinamento deve procedere in maniera proporzionale.
Ricordo a tutti e a me stesso che chiunque imbratti, deteriori o procuri un danno a un bene culturale è sempre e deve essere sempre tenuto al risarcimento del danno. Non è che introduciamo una sanzione amministrativa oggi, perché oggi chi imbratta, chi deteriora, chi distrugge non è tenuto a pagare: si paga sempre, perché nel nostro ordinamento c'è, comunque, il risarcimento del danno secondo i principi del codice civile. Pertanto, stabilire una sanzione smisurata non ha senso, è illogico, tanto più quando la sanzione è già prevista dal codice penale, come avviene in questo caso.
Seguendo questo ragionamento abbiamo presentato degli emendamenti per ridurre le sanzioni, per renderle più ragionevoli. In particolare, abbiamo presentato anche un emendamento volto a introdurre nell'ordinamento un principio che in questa categoria di reati è applicato costantemente. Infatti, nel caso in cui chi ha messo in atto la condotta ripristini lo stato dei luoghi, elimini l'imbrattamento e faccia tornare il bene colpito come era prima, non si devono applicare, a nostro avviso, le sanzioni amministrative previste da questo ordinamento. Si tratterebbe di un incentivo per chi ha compiuto la condotta illecita ad adoperarsi per fare in modo che vengano eliminate le sue conseguenze.
In conclusione, per noi questo provvedimento rappresenta un pasticcio sotto il profilo politico, giuridico e anche tecnico. Questa legge, come quella sull'immaginaria emergenza dei rave illegali, che erano già illegali prima del decreto, rientra in un disegno politico preciso che, poi, è quello, in senso lato, del populismo penale. Quello sui rave, in sede applicativa, abbiamo visto come non abbia fermato il fenomeno, anzi, tutt'altro e, come è capitato per altre misure di propaganda adottate da questo Governo, si è dimostrato una bolla di sapone. Succederà certamente anche in questa occasione. Si stanno rivelando come bolle di sapone alcuni roboanti annunci relativi ad attività impossibili, come quella di coprire con una teca tutte le opere d'arte dell'immenso patrimonio del nostro Paese; ma quello che a noi preoccupa ancora di più è che, nel momento in cui affrontiamo questo tema, lo affrontiamo nel modo sbagliato, lo affrontiamo senza centrare quello che poteva essere l'obiettivo, non affrontiamo, invece, la questione gravissima del fatto che non ci possano essere, in un Governo, dubbi sul fatto che colui il quale è chiamato a difendere e proteggere il patrimonio culturale non possa essere autore di furto, di deturpamento e di danneggiamento di questo patrimonio.
E, da questo punto di vista - e concludo -, l'invito, ancora una volta, è a intervenire, perché vanno sanzionati tutti i comportamenti sbagliati che danneggiano, ma, se chi dovrebbe dare l'esempio non dà questo esempio e, anzi, dà l'esempio contrario, è responsabilità politica, ancora prima di quello che, poi, sarà il corso che farà la magistratura, assumere un comportamento netto, esprimersi chiaramente e dare un messaggio al Paese, perché non possiamo andare a prendercela e guardare la pagliuzza negli occhi dei giovani che manifestano, senza assumere un atteggiamento netto nei confronti della trave che si trova nel Governo per il comportamento del Sottosegretario Sgarbi.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata D'Orso. Ne ha facoltà.
VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Signor Ministro, abbiamo all'esame oggi una proposta di legge che porta la sua prima firma, recante disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale.
A nome del MoVimento 5 Stelle, esprimo la contrarietà a questo provvedimento, sia sotto il profilo tecnico-giuridico - e ora tenterò di spiegare i motivi -, sia sotto il profilo delle vere finalità di questo provvedimento che non può non tener conto, peraltro, del contesto in cui sta maturando.
Andiamo ai profili tecnici e squisitamente giuridici. Si tratta di un intervento legislativo che risulta superfluo e non necessario, perché non c'è alcun voto di tutela su cui è necessario intervenire. Condividiamo la preoccupazione per la salvaguardia del nostro patrimonio culturale, ma questo disegno di legge intende colpire condotte che sono già punite, e lo sono in modo adeguato, dall'ordinamento e va a configurare un trattamento sanzionatorio oltremodo eccessivo, che stride con il principio di proporzionalità del diritto penale, specie se mettiamo a confronto il quadro sanzionatorio che viene posto in essere con questo disegno di legge con il trattamento sanzionatorio riservato ad altre fattispecie di rilevanza penale. L'esempio lampante è l'articolo 1 del disegno di legge in esame che inserisce sanzioni amministrative fino a 60.000 euro per condotte già punite dal codice penale. In particolare, mi riferisco all'articolo 518-duodecies del codice penale, che prevede quanto segue (ne do lettura perché, secondo me, dobbiamo tutti avere contezza del quadro normativo in cui si va a inserire questo intervento, proprio per approfondire e comprendere se stiamo parlando di un intervento necessario ovvero assolutamente inutile). L'articolo 518-duodecies del codice penale stabilisce che chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto in parte inservibili o non fruibili i beni culturali e paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 ad euro 15.000. Chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione e integrità è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000. Cosa vuol dire? Vuol dire che tutto il ventaglio delle condotte - anzi, se andiamo a leggere bene, ci sono ulteriori condotte, giustamente, nel codice penale - che troviamo riproposto all'articolo 1 di questo disegno di legge in realtà è già assolutamente previsto e adeguatamente sanzionato dal codice penale. Tra l'altro, questo intervento legislativo che ha introdotto l'articolo 518-duodecies, e non solo, nel codice penale è un intervento assolutamente recente, perché si tratta della legge n. 22 del 9 marzo 2022, una legge che ha introdotto nel codice penale l'intero Titolo VIII-bis rubricato “Dei delitti contro il patrimonio culturale”. Praticamente, è la trasposizione di tutti quei reati che erano contenuti nel codice dei beni culturali all'interno del codice penale, un'operazione fatta per dare effettivamente autonomia, specificità, rilevanza e anche un maggior rilievo sanzionatorio a questa tipologia di reati. Questo proprio perché assolutamente riteniamo che il bene giuridico patrimonio storico-artistico e patrimonio culturale sia assolutamente di primaria rilevanza e sia da difendere. Ricordo a me stessa che il percorso della legge n. 22 del 2022, che ha introdotto i reati contro il patrimonio culturale, è un percorso che inizia durante il Governo Conte 2. Per cui, figuriamoci se il MoVimento 5 Stelle non sia assolutamente d'accordo con un intervento sanzionatorio e severamente sanzionatorio. Tuttavia, questo intervento già è stato previsto e, ripeto, da poco, molto di recente, e ne dovremmo anche comprendere gli effetti prima di mettere di nuovo le mani al quadro normativo di riferimento.
Peraltro, l'articolo che stavamo commentando, quest'articolo 1, introduce un meccanismo di sanzioni amministrative. Invece, riteniamo che il meccanismo tipico della normativa penale che è stata introdotta, quello che prevede la concessione della sospensione condizionale della pena solo subordinatamente al ripristino dello stato dei luoghi e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, oppure alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, era un tipo di intervento - per fortuna c'è, questo si mantiene - efficace, risolutivo, razionale.
Nella scorsa legislatura e, in particolare, con la legge n. 22, è stata introdotta una disciplina completa, severa, organica dell'intera materia dei reati contro i beni culturali. L'intervento di questo Governo, invece, signor Ministro, se vogliamo, a ben vedere, risulta circoscritto e anche ripetitivo, lo stiamo dicendo, e per certi versi pure irragionevole. Le dico perché ravvediamo anche un profilo di irragionevolezza in talune scelte.
L'inserimento di questa sanzione, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), che aggrava la pena del reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, avrebbe dovuto essere più opportunamente apportato nel Titolo relativo ai beni culturali, se proprio si voleva intervenire in quel senso. E poi, guardi, l'irragionevolezza sta nel fatto che s'inserisce una sanzione penale più alta per l'imbrattamento di teche e custodie o altre strutture adibite all'esposizione e conservazione di beni culturali. Quindi, si va a punire più severamente chi danneggia il supporto materiale che serve a proteggere il bene. Questo non ci sembra del tutto ragionevole, se vogliamo, perché, come ripeto, si tratta di andare a punire più severamente chi danneggia la protezione, cioè ciò che è posto a protezione del bene, e non il bene medesimo. Tra l'altro, fa sorridere che un intervento del genere provenga dal centrodestra, che parla sempre di diritto penale minimo, cioè di diritto penale come extrema ratio. Però, ormai un po' ci siamo abituati al fatto che per la maggioranza e il Governo, in realtà, questa nozione di diritto penale minimo, di diritto penale come extrema ratio vale solo ed esclusivamente quando si parla di punire i corrotti, quando si parla di punire i colletti bianchi. Per tutto il resto, in realtà, non si fa più appello al diritto penale minimo, ma s'introducono reati a cascata e si inaspriscono le pene, anche senza alcun tipo di ragionevolezza e di proporzionalità.
Attualmente, lo ribadiamo, il nostro ordinamento prevede sanzioni adeguate per chiunque si renda responsabile di danneggiamento o deturpamento di beni culturali. Quindi, si poneva un tema e, cioè, che, invece di introdurre nuove sanzioni e di inasprire il trattamento sanzionatorio, forse sarebbe stato più opportuno investire nell'educazione, nella sensibilizzazione della società, sull'importanza di rispettare il nostro patrimonio culturale. Magari, una maggiore consapevolezza potrebbe contribuire a prevenire atti vandalici. Questo, in effetti, vale solo se partiamo dalla premessa che fosse questa la reale intenzione di questo Governo, cioè in qualche modo prevenire e scoraggiare atti vandalici e in qualche modo educare alla bellezza. Però, la verità è un'altra, la vera finalità di questo provvedimento non è questa che ci stiamo dicendo. Devo dire che, però, l'ha ammesso candidamente anche il collega di Fratelli d'Italia intervenuto poco fa. Già la tempistica un po' tradiva questa finalità, ma, lo ripeto, è stata ammessa in quest'Aula poco fa. La verità è che questo provvedimento serve anche per fare una rappresaglia del Governo contro i giovani attivisti che, seppur con azioni dimostrative discutibili e da stigmatizzare e che è giusto stigmatizzare - lo dico qui, lo dico forte e chiaro e lo ribadisco - intendono richiamare prepotentemente - non uso a caso neanche il termine prepotentemente, perché, in effetti, quei metodi sono connotati da una certa prepotenza - l'attenzione dei Governi e dell'opinione pubblica su uno dei più importanti problemi attuali, a cui non possiamo sottrarci. Non possiamo, non dovremmo sottrarci, infatti, a una riflessione riguardo a un'azione su questo tema, ovvero il cambiamento climatico. Il cambiamento climatico ci coinvolge e travolge, per certi versi, quando avvengono certe catastrofi - perché di questo si tratta - che travolgono le nostre vite, le nostre famiglie, ma soprattutto travolgeranno le future generazioni. Questi giovani si sentono rubare il futuro, signor Ministro, da un Governo che risulta sordo e assente di fronte alla questione ambientale. I cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e l'inquinamento minacciano la stabilità del nostro ecosistema e gli attivisti alzano la voce per richiamare l'attenzione su scelte cruciali, come la transizione verso fonti di energia sostenibile, la gestione responsabile delle risorse naturali, la riduzione delle emissioni di gas serra. Sbagliano nei modi e nei metodi, che sono da condannare, lo ribadisco, a scanso di equivoci.
Però, mi dico e vi dico: un Governo attento e responsabile dovrebbe cercare il dialogo con questi giovani, ma il dialogo è sempre la strada più complessa e più lunga da percorrere, perché vuol dire anche ascoltare le istanze degli interlocutori, prenderli in carico, assumere impegni specifici, sui cui, poi, bisogna mettere la faccia, proprio per darvi seguito.
E invece, questo Governo che cosa fa? Sceglie sempre la strada più facile, quella che parla alla pancia delle persone, quella più istintiva, più eclatante, si direbbe, ossia la via della repressione. Sceglie di utilizzare il diritto penale per fare propaganda. Sceglie di utilizzare il diritto penale per mettere a tacere, a volte, le manifestazioni di dissenso. Io ricordo a me stessa la prima stesura del reato di rave party. Quella uscita dal Consiglio dei ministri era una formulazione buona per andare a reprimere tutte le riunioni, anche quelle in cui, in realtà, si esprimeva un diritto o una manifestazione del pensiero, e che nulla avevano a che fare, tra l'altro, con i rave party veri e propri. Poi ci fu una riscrittura. Però, non dimentichiamoci che il Governo quello è: ossia quello che fece uscire una norma del genere dal Consiglio dei ministri. Chiaramente, noi non possiamo prestarci al gioco di una legislazione penale che viene introdotta per rispondere a false emergenze che vengono create anche un po' ad hoc. Su questo non vi possiamo seguire.
Però, signor Ministro, forse il motivo per cui proprio non vi possiamo seguire su questo provvedimento è un altro, e cioè è che, in questa materia, mi dispiace, ma voi non siete assolutamente credibili. Mi chiedo, infatti, che credibilità possa avere un Governo che, su questa materia, in materia di tutela dei beni culturali, non dice una parola - una - sul proprio Sottosegretario, il quale ha la delega - come ricordava il collega - proprio alla tutela e alla sicurezza dei beni culturali e che risulta essere indagato per l'ipotesi di reato di autoriciclaggio di opere d'arte. Mi chiedo che credibilità possa avere un Governo che consente a quest'ultimo Sottosegretario di andare in giro, per mari e per monti, a insultare i giornalisti che stanno svolgendo legittimamente il proprio lavoro invece di chiedergli un immediato passo indietro. Perché questo il Governo dovrebbe fare, anzi, avrebbe dovuto fare, non oggi, ma ieri, l'altro ieri.
Signor Ministro, concludo dicendo che a me fa piacere vederla in quest'Aula, oggi, perché spero che possa approfittare delle repliche e, in sede di repliche, esprimere finalmente la posizione del Governo, che, ripeto, al momento non ha detto una parola, sulla vicenda Sgarbi. Ecco, io questo mi auguro. E concludo davvero dicendo che, oggi più che mai, questo provvedimento svela tutta l'ipocrisia di questo Governo ed ha il sapore del ridicolo, signor Ministro. A me dispiace, ma poiché matura in un contesto del quale stiamo parlando, ha proprio il sapore del ridicolo.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Chiara Gadda. Ne ha facoltà.
MARIA CHIARA GADDA (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Le immagini della Barcaccia, di Palazzo Vecchio e della Fontana di Trevi hanno fatto il giro del mondo, così come sono arrivate nel nostro Paese le immagini dei dipinti di Van Gogh vandalizzati. Oggi, in quest'Aula, com'è stato detto anche in Senato, dobbiamo dire con forza che questi atti non vanno sottovalutati per un motivo molto semplice: chi danneggia per qualsiasi motivo il nostro patrimonio culturale e artistico e il nostro patrimonio ambientale non sta compiendo un danno soltanto a quel bene, ma alla comunità presente e alla comunità futura.
La Costituzione ci chiede non soltanto di tutelare, ma anche di valorizzare e di rendere fruibile il nostro patrimonio. E valorizzare e rendere fruibile significa anche - e questo è l'oggetto del provvedimento, su cui mi addentrerò tra qualche momento - ripristinare il danno fatto. Se osserviamo quanto successo pochi mesi fa alla statua equestre di Vittorio Emanuele II, a Milano, ebbene, quella statua equestre, vandalizzata con la vernice, ha richiesto settimane di lavoro e migliaia di euro per il ripristino. E quindi si pone un tema molto importante, quando la proprietà del bene è pubblica o quando la proprietà del bene è privata, ma quel bene dev'essere fruibile dalla comunità intera, anche rispetto alle risorse che sono necessarie per il ripristino.
Gli obiettivi e i valori che spingono questa nuova generazione di ragazzi possono essere condivisibili, ma non sono certamente condivisibili gli strumenti, anche perché, se osserviamo il nostro recente passato, io lo devo dire, molte volte si guarda a tali questioni con il bicchiere sempre mezzo pieno. Io lo dico da parlamentare, entrata per la prima volta in queste Aule nel 2013, allora ero una giovane deputata: questo Parlamento, indipendentemente dalle maggioranze che si sono susseguite, ha legiferato in maniera positiva, inserendo, qualche anno fa, i reati contro l'ambiente. Così come la legge n. 22 del 2022 che ha finalmente introdotto nel nostro codice penale anche i reati contro il patrimonio. Quindi, esiste una risposta della politica rispetto ai grandi temi. Così come esiste una risposta della politica rispetto al tema dei cambiamenti climatici. Certo, non sempre le risposte sono state adeguate, non sempre le risposte sono state sufficienti. E quindi da quest'Aula dobbiamo dire a questa generazione di giovani, che protesta rispetto alle tante non scelte che la politica ha fatto in Italia e nel mondo, che è possibile incidere con un cambiamento in un senso o in un modo positivo. È possibile farlo da parlamentari. È possibile farlo da volontari. Quanti ragazzi, di cui non si parla mai nel nostro Paese, fanno il servizio civile, fanno i volontari e provano a incidere nella loro quotidianità rispetto a quel cambiamento che è necessario. Vedendo, però, il bicchiere mezzo pieno, dobbiamo, dall'altro lato, anche riconoscere come sia ancora tanta la strada da fare e come ci sia, di fatto, una dicotomia tra gli obiettivi e gli strumenti che vengono utilizzati. Da un lato, infatti, abbiamo obiettivi, come ho detto, condivisibili, che questa nuova generazione di ragazzi si pone, ma, dall'altro lato, abbiamo strumenti totalmente sbagliati. Oggi, però, siamo in un'Aula del Parlamento e ci troviamo ad analizzare un provvedimento che ha un obiettivo condivisibile: non soltanto, da un lato, sanzionare questi reati contro il patrimonio e contro i nostri beni culturali, ma provare anche, dall'altro lato, a trovare quegli strumenti che consentano il ripristino dei beni stessi, quindi attraverso sanzioni pecuniarie che possano consentire la fruibilità e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Come dicevo prima, però, non sempre questa dicotomia tra obiettivi e strumenti trova la declinazione corretta.
Al Senato, il gruppo di Italia Viva si è astenuto, perché riteniamo si debbano fare passi in avanti rispetto alla tutela del patrimonio, ma non condividiamo la modalità e lo strumento legislativo che sono stati posti in essere. Come dicevo prima, abbiamo una legge, introdotta nel 2022, e tutti noi sappiamo quanto le normative necessitino di tempo per essere attuate e inserite non soltanto nell'ordinamento, ma anche nella pratica quotidiana. Quindi, mettere mano, oggi, a un provvedimento fatto soltanto pochi mesi fa riteniamo non sia corretto. Così come crediamo non sia corretto legiferare sempre sull'onda mediatica.
Di fronte ai grandi temi che mettono in discussione la nostra comunità e la nostra società, temi gravi e molto seri, non si può pensare che l'unico strumento sia sempre creare un nuovo reato. Provo ad essere concreta anche facendo una riflessione insieme in quest'Aula: dobbiamo trovare gli strumenti giusti per raggiungere due obiettivi. Il primo è quello della deterrenza. Se riteniamo che l'unico strumento di deterrenza sia la fedina penale, credo che non raggiungeremo mai questo obiettivo, soprattutto se stiamo parlando di nuove generazioni, di adolescenti, che non hanno trovato - in pochi casi, perché poi, ripeto, ci sono tanti giovani e tanti adolescenti che hanno trovato, invece, strumenti positivi - o non hanno saputo trovare una risposta o un modo per manifestare le loro richieste, le loro aspirazioni e i loro sogni. Dall'altro lato, la necessità che noi avvertiamo è anche quella di capire come reperire le risorse per ripristinare questi danneggiamenti che, in genere, richiedono ingentissime risorse per il ripristino.
In quest'Aula, pochi minuti fa, ho sentito dire da un collega di maggioranza, di Fratelli d'Italia, che non possiamo aspettare i tempi della giustizia penale. Ecco, glielo dico e approfitto della sua presenza: oggi non voglio fare la polemica sul Sottosegretario Sgarbi e, quindi, invece, colgo con plauso la sua presenza, però non possiamo alzare bandiera bianca di fronte al fatto che la giustizia penale nel nostro Paese non funziona, che i tempi della giustizia sono lunghi e che queste risorse non possono arrivare. Quindi, dobbiamo trovare gli strumenti affinché l'attuazione abbia una destinazione positiva.
Dall'altro lato, sulla deterrenza, mi consenta di dire che, se osserviamo l'ultima legge di bilancio, per quanto riguarda la cosiddetta giustizia riparativa, che ritengo sia anche uno strumento, tra quelli educativi, fra i più potenti, implica però un'assunzione di risorse e di responsabilità. Se guardiamo lo stato dell'amministrazione della giustizia e accendiamo un faro sul mondo carcere, non soltanto vediamo la carenza di oltre 18.000 agenti di polizia penitenziaria e non sto dicendo che è una vostra responsabilità, è una responsabilità condivisa, su cui però tutti noi, maggioranza e opposizione, abbiamo il dovere di mettere una pezza. Se osserviamo come deve essere attuata la giustizia riparativa, mancano totalmente gli assistenti sociali, mancano gli educatori e tutti quegli strumenti che, invece, sono fondamentali per garantire l'attuazione della giustizia riparativa.
Come ho detto in precedenza, il gruppo Italia Viva si è astenuto su questo provvedimento, vedremo come sarà il dibattito e la votazione degli emendamenti nelle prossime ore, quindi, al momento mi sento di confermare questo indirizzo, proprio perché non riteniamo che lo strumento utilizzato sia utile, ma non per fare una polemica politica, perché già vediamo quello che succederà. Questo nodo, che anche altri colleghi hanno posto, dell'introduzione del doppio binario tra sanzione penale e sanzione amministrativa, molto probabilmente, verrà posto dalla Corte costituzionale. Noi che condividiamo la necessità di interrompere questi atti vandalici gravissimi nei confronti del patrimonio dobbiamo capire se questo strumento che avete messo in campo sia sufficiente, ma soprattutto se corrisponda ai criteri di proporzionalità della pena che il nostro ordinamento, come sappiamo, deve avere, in un equilibrio, non soltanto nelle pene e nelle sanzioni amministrative pecuniarie, che deve avere una sua coerenza. Quindi, riteniamo che lo strumento utilizzato non sia sufficiente - lo dico anche perché, tra qualche ora, avremo un confronto anche con il Ministro Nordio - e vogliamo che la giustizia penale funzioni e che funzioni in tempi rapidi, perché non possiamo più attendere che un procedimento impieghi mesi e anni, e questo vale nell'interesse dei singoli, dell'amministrazione pubblica, ma anche della comunità in generale.
Quindi, ribadisco l'indirizzo da parte del nostro gruppo, ma anche la collaborazione, perché noi, su questi temi, ci siamo e vogliamo esserci però nella concretezza, non su misure strumentali, non sull'onda ogni volta dell'aspetto mediatico, perché non possiamo ogni volta legiferare in Parlamento, quando si manifesta un tema che viene ripreso dai giornali e poi dimenticato. Noi vogliamo che le norme rimangano nell'ordinamento e che abbiano i loro effetti nell'attuazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Devis Dori. Ne ha facoltà.
DEVIS DORI (AVS). Signor Presidente, oggi ci troviamo a discutere di un disegno di legge che ha come finalità quella di sanzionare la distruzione, la dispersione, il deterioramento o deturpamento, l'imbrattamento e l'uso illecito di beni culturali o paesaggistici.
A dire il vero, nella scorsa legislatura è già stata approvata una legge complessiva recante disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale. Si tratta della legge n. 22 del 9 marzo 2022. Quella legge era stata il frutto di un lavoro approfondito e complesso, addirittura iniziato nella XVII legislatura, che ci ha dotato di una cassetta degli attrezzi completa per intervenire anche a livello penale in questo ambito strategico per un paese come l'Italia ricco di beni culturali come nessun Paese al mondo.
Ora, sorge spontaneo il quesito. A distanza di meno di due anni dall'approvazione di quella legge, è davvero necessario intervenire nuovamente sullo stesso tema? La risposta è semplice: dipende. Dipende dalle motivazioni, non solo di natura giuridica, ma anche e soprattutto di natura politica. Lo dico perché se dovessimo effettivamente colmare un vuoto normativo, come avviene, ad esempio, con le integrazioni previste all'articolo 4 e all'articolo 639 del codice penale relativi a fatti commessi su teche, custodie, altre strutture adibite all'esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie altri luoghi espositivi, allora, dal punto di vista giuridico, ciò avrebbe anche un senso. Se andiamo a vedere la motivazione politica, è evidente che ci troviamo di fronte a una norma spot, finalizzata soltanto a dare all'opinione pubblica un'ipotetica idea di rigorismo nei confronti di alcune, tra l'altro rare, iniziative che, purtroppo - ripeto, purtroppo -, hanno preso di mira proprio i beni storico-artistici, quadri e monumenti. Tuttavia, è inutile nascondersi dietro un dito, questo provvedimento ha uno scopo politico, proprio quello di mostrare i muscoli nei confronti di quei movimenti che vogliono porre l'attenzione, in particolare, su alcune tematiche, come quella dei cambiamenti climatici. A tal proposito, vorrei essere chiaro sin d'ora. Deturpare e imbrattare un bene collettivo, che è di tutti, soprattutto se di valore artistico, monumentale, culturale e ambientale, rappresenta un metodo sbagliato per porre l'accento e la visibilità su un determinato tema, come quello, importantissimo, dei cambiamenti climatici. Imbrattare un monumento, anziché raggiungere lo scopo di creare consenso su un tema, produce, al contrario, una reazione opposta dell'opinione pubblica. Quindi, si individua correttamente un problema, ma poi si usano modalità sbagliate, che però già oggi sono sanzionabili. A livello politico, pare, però, che si stia sostanzialmente creando un nuovo nemico, sembra un film già visto, come quando, all'inizio della legislatura, il Governo ha iniziato proprio dal reato di rave party. Quindi, da questo punto di vista, dobbiamo anche riscontrare un'incoerenza nell'azione del Governo, perché, mentre qui si aumentano le sanzioni e poi si può essere d'accordo oppure no, parallelamente, lo stesso legislatore e il Governo depenalizzano invece reati di una certa gravità. Quindi, due pesi e due misure, relativamente all'utilizzo del codice penale. Il sistema penale necessita, invece, di un suo equilibrio interno, anche con riferimento all'entità delle sanzioni.
Il provvedimento su cui oggi iniziamo la discussione in Aula è, quindi, in parte pasticciato da un punto di vista tecnico-giuridico. In particolare, nei primi due articoli del provvedimento si introducono norme identiche a quelle già in vigore, già previste dal codice penale, che però verrebbero, in aggiunta, punite anche a titolo di sanzione amministrativa. Il disegno di legge, infatti, interviene su due fattispecie che tutelano i beni culturali dal deterioramento e imbrattamento, che sono uguali, identiche a quelle già in vigore oggi, scritte nel codice penale, semplicemente introducendo per quel tipo di condotta, oltre alla sanzione penale già prevista, anche una sanzione amministrativa. Questo modo di legiferare potrebbe addirittura profilare un rischio d'incostituzionalità, perché, se una stessa condotta è punita, sia con una sanzione amministrativa, sia con una sanzione penale, il rischio è proprio quello di una sovrapposizione di sanzioni che può creare anche un corto circuito nell'ordinamento, violando il principio di ne bis in idem.
Duplicare le sanzioni, tra l'altro, con sanzioni smisurate è un errore. L'unico vuoto legislativo che era stato lasciato dalla legge n. 22 del 2022 era proprio l'imbrattamento di beni strumentali alla tutela dei beni culturali come, ad esempio, le teche che li contengono e tutti quei beni che sono funzionali alla conservazione e alla tutela dei beni culturali e che oggi non sono effettivamente espressamente coperti dalle sanzioni previste dal codice penale. Da questo punto di vista, durante i lavori sul disegno di legge al Senato è stato aggiunto un articolo per questo particolare aspetto, ma la parte principale del provvedimento è una duplicazione di sanzioni che già oggi sono previste per condotte già punite dal codice penale, con sanzioni amministrative molto più elevate delle multe previste dalla sanzione penale. Va anche ricordato, com'è stato fatto in qualche intervento che mi ha preceduto, che già oggi chi imbratta, deteriora o procura un danno a un bene culturale è tenuto al risarcimento del danno, perché c'è comunque il risarcimento del danno da un punto di vista civilistico.
Quindi, si copia una norma del codice penale per introdurre una sanzione amministrativa, tra l'altro esosissima, quando già c'è una norma penale introdotta nel 2022. In questo modo è come se il Governo ci dicesse che, considerata la lunghezza dei tempi della giustizia penale, anziché fare di tutto per rendere il processo penale più efficiente e più veloce, si applica, invece, una sanzione amministrativa, bypassando, però, così tutte le garanzie del processo penale.
Ci troviamo, quindi, due ordini di problemi: una sovrapposizione di sanzioni penali e sanzioni amministrative e una sproporzione dell'entità della sanzione amministrativa. C'è un problema di dosimetria sanzionatoria, che potrà anche essere censurata dalla Corte costituzionale. In particolare, dalla sentenza n. 236 del 2016 la Corte costituzionale ha scelto di cambiare proprio il suo approccio in tema di controllo di costituzionalità sulla misura della pena. Il giudice delle leggi ha scelto, da qualche anno, di rendere effettivo il diritto dell'imputato o del condannato a non subire trattamenti sanzionatori sproporzionati rispetto alla gravità del reato commesso. Con una corposa serie di sentenze la Corte ha emendato sproporzioni sanzionatorie presenti nelle disparate aree ordinamentali e l'appoggio normativo, basato proprio sul combinato disposto fra gli articoli 3 e 27, comma terzo, della Costituzione, è la vera anima di questo nuovo orientamento giurisprudenziale, giacché dai medesimi il giudice delle leggi ha ricavato le basi costituzionali del principio di proporzionalità fra pena e reato. Il necessario rapporto di proporzione fra queste due misure, che si giova anche di plurimi agganci sovranazionali richiamati dalla giurisprudenza costituzionale in questione, come, ad esempio, l'articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e l'articolo 3 della CEDU, ha garantito proprio un più incisivo controllo sulla dosimetria sanzionatoria.
Con alcuni emendamenti, che abbiamo presentato per l'Aula come Alleanza Verdi e Sinistra, proveremo almeno a migliorare il provvedimento. Proponiamo, ad esempio, queste due modifiche. Da un lato, chiediamo di modificare la sanzione che la maggioranza ha previsto per il reato di cui all'articolo 639 nel caso in cui il fatto è commesso su teche, custodie e altre strutture adibite all'esposizione e via di seguito. Anziché la pena della reclusione da 1 a 6 mesi, proponiamo l'arresto fino a 6 mesi, in modo da rendere la contravvenzione oblabile. Diventando, infatti, una contravvenzione punita alternativamente con l'arresto o con l'ammenda, il reato si estinguerebbe con un pagamento di un importo e, quindi, almeno eviteremmo un ulteriore accanimento.
Con un altro emendamento, invece, prevediamo di aumentare le sanzioni per il reato di cui all'articolo 734 del codice penale, cioè la distruzione o il deturpamento di bellezze naturali, e non perché a noi piaccia, in generale, aumentare le pene o usare il codice penale come strumento risolutivo di un problema, ma se la maggioranza decide, con questo disegno di legge, di applicare quelle nuove pene per quei reati, allora non si comprende il motivo per cui chi, mediante distruzione, demolizione o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità debba essere oggi punito solo con un'ammenda da 1.032 a 6.197 euro. Noi proponiamo, quindi, un aumento di quella pena, anche nell'ottica della dosimetria di cui parlavo prima. Infatti, non si capisce - e lo ribadisco - perché quando si tratta di danni all'ambiente le sanzioni devono essere sempre così basse, come a dare un valore inferiore alla tutela dell'ambiente rispetto al resto.
Per concludere, non condividiamo l'impostazione del Governo con questo provvedimento, che pare proseguire proprio con la strategia dell'individuazione periodica di un nuovo nemico da combattere. In Italia abbiamo nemici veri ben più gravi e incombenti, come la corruzione e la criminalità organizzata. Quindi, non c'è coincidenza tra l'immagine del nostro Paese, che il Governo crea, e il Paese reale, quello di milioni di persone che ogni giorno hanno a che fare con problemi che vengono nascosti sotto la cortina fumogena della paura.
Ribadisco, in chiusura, che i beni comuni, in particolare se hanno un valore storico e culturale, non possono e non devono essere oggetto di deturpazione e imbrattamento. Però, allo stesso tempo, non possiamo accogliere la modalità attraverso la quale il Governo sta operando. Spero che almeno per un momento, quando poi il provvedimento arriverà in Aula per la votazione, tutti possano almeno pensare anche solo al significato o alla fondatezza delle motivazioni - non i modi, ma almeno le motivazioni, sì - di quelle manifestazioni di protesta.
Quindi, noi siamo d'accordo a tutelare maggiormente i beni culturali. Facciamolo, va bene, siamo d'accordo. Ministro, io tra l'altro approfitto della sua presenza, se mi degna di un minimo di attenzione nel finale (anzi la ringrazio per la sua presenza), perché fin dalla scorsa estate le ho sottoposto, con alcune interrogazioni - a cui, però, non ho ancora avuto risposta -, il problema della tutela del parco archeologico del Colosseo, che è messo in pericolo da alcune manifestazioni musicali, come i concerti presso il Circo Massimo, che sono incompatibili con la fragilità di quel sito (non dico tutte le manifestazioni, però, chiaramente, quelle incompatibili). In quell'occasione lessi positivamente alcune sue dichiarazioni in cui diceva che era d'accordo, anche lei, rispetto al fatto che certi tipi di manifestazioni non si dovessero più svolgere lì. Allora, il quesito è un po' questo: cioè perché, poi, ci si accanisce solo contro questi ragazzi quando, però, un'autorità politica può mettere a rischio un intero sito patrimonio dell'UNESCO e dell'umanità?
Quindi, Ministro, se vuole davvero dimostrare una tutela a 360 gradi, chiedo proprio di non concentrarsi esclusivamente sull'oggetto di questo disegno di legge ma ci sono molti esempi, come quello che le ho appena sottoposto, che meriterebbero altrettanta attenzione, altrimenti ci troveremo davvero di fronte solo ed esclusivamente a uno spot.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Federico Mollicone. Ne ha facoltà.
FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Ministro Sangiuliano, colleghi. Desidero innanzitutto rivolgere un ringraziamento al Ministro Sangiuliano per aver sottoposto ai lavori parlamentari questa importante innovazione legislativa che colma le lacune della legge Franceschini-Orlando e attualizza il tema della sicurezza del patrimonio culturale. Vedete, l'acqua della Fontana di Trevi tinta di nero, le mura di Palazzo Vecchio tinte di rosa, la facciata cinquecentesca di Palazzo Madama e i Van Gogh imbrattati con il cibo sono sintomo di una tendenza a rendere mediatica la protesta per la questione climatica, ecologica e così via, che ovviamente nessuno contesta. Infatti, nessuno contesta la libertà di protestare, ma farlo solo per narcisismo mediatico e così ottenere visibilità andando a imbrattare beni culturali importanti assolutamente non si può fare.
Proprio quello che accadde a Firenze - ricordate lo scatto del sindaco Nardella e tutte le polemiche che ci furono in quel caso, con Ultima Generazione - ci porta a sorpresa a citare Matteo Renzi, che in quell'occasione, lette le parole di Schlein sul deturpamento di Palazzo Vecchio da parte di Ultima Generazione, dichiarò con preoccupazione legittima: “Ha detto che chi imbratta i palazzi delle istituzioni va ascoltato perché chiede di ascoltare la scienza, ma chi ha imbrattato Palazzo Vecchio”, sono sempre sue parole, “non è un seguace della scienza: è un vandalo che fa del male alla cultura, alla bellezza e all'identità di un popolo. Chi vandalizza l'arte non merita di essere ascoltato; merita di essere punito”. Queste sono le parole scritte su X, all'epoca Twitter, da parte di Matteo Renzi nei confronti delle dichiarazioni della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein.
Quindi, anche nell'ultimo intervento del collega che mi ha preceduto penso sia evidente un certo giustificazionismo, per cui riteniamo che in quel caso Renzi abbia assolutamente ragione. Il Partito Democratico non può essere giustificazionista sul vandalismo verso i beni culturali, ad esempio la stessa giustificazione - in un caso storico nazionale - in occasione della riconsegna, dopo 3 anni di occupazione, del Teatro Valle: occupazione, tollerata e coccolata dalle giunte di centrosinistra, che lasciò il teatro in condizioni pietose, tant'è vero che i lavori di restauro e di riqualificazione non sono ancora terminati e speriamo che, appunto, con la nuova governance del Teatro di Roma, il Teatro Valle possa essere riaperto al più presto. Ancora, riteniamo che alcuni dei deturpamenti che abbiamo visto, che l'hanno deturpato e che ne limitano anche la fruizione, non possano essere giustificati ma assolutamente condannati.
Nulla da dire certo sul diritto di protesta, ma questo cosa c'entra con il futuro, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale? Per cui anche iniziative di protesta clamorose, come bloccare il Grande raccordo anulare, sono forme di protesta che influiscono sulla vita delle persone normali che magari stanno andando a lavorare, alle 6 di mattina, o magari vanno a lavorare in un ospedale o a svolgere altre funzioni di pubblica utilità. Certamente non influiscono sulla salvaguardia del Pianeta e sul suo clima. Di certo, impedire loro di farle non migliorerà la lotta per l'ambiente.
Noi, vedete, abbiamo una visione diversa: voglio ricordare, a tal proposito, il fondatore di Fare Verde, Paolo Colli, sempre indimenticato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). L'ecologia era un fatto di civiltà e l'ambiente un patrimonio da lasciare intatto ai figli e nipoti, la difesa della natura passava per le azioni concrete, non per l'ambientalismo ideologico. Con Paolo Colli, pulivamo le spiagge, raccoglievamo i cotton fioc che, poi, grazie a queste battaglie, sono stati vietati da una legge dello Stato, e andavamo a fare i campi antincendio e a spegnere gli incendi per salvare i boschi, non andavamo in giro a deturpare i monumenti o i palazzi storici. Questo è il nostro ambientalismo. Questa è la nostra visione ambientale della tutela del patrimonio.
Vedete, Benedetto Croce, nel primo disegno di legge della storia nazionale sulla tutela paesaggistica e artistica, notava nella relazione introduttiva la necessità di una norma che ponesse “finalmente un argine alle ingiustificate devastazioni che si vanno consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo”, al fine “di difendere e mettere in valore, nella più larga misura possibile, le maggiori bellezze d'Italia, quelle naturali e quelle artistiche”, per “alte ragioni morali e non meno importanti ragioni di pubblica economia”.
Peraltro, la nozione di paesaggio di Benedetto Croce non era solo estetica, ma insieme storica e giuridica e, soprattutto, carica di valori etici. Sempre dalla relazione, con le sue parole: “è nella difesa delle bellezze naturali un altissimo interesse morale e artistico che legittima l'intervento dello Stato e si identifica con l'interesse posto a fondamento delle leggi protettrici dei monumenti e della proprietà artistica e letteraria”. Quali parole più contemporanee? Quali parole più adeguate a questa proposta di legge che stiamo per votare?
Nel corso dell'articolato dibattito svoltosi in prima lettura al Senato, nel provvedimento in esame sono state introdotte anche sanzioni penali; in particolare, sono stati modificati gli articoli 635 e 639 del codice penale; è stato introdotto, in particolare, un comma, che voglio notare positivamente, perché si è andati a colpire la fattispecie del danneggiamento su teche, custodie e altre strutture adibite all'esposizione, per evitare che rimanga privo di sanzione chi getta vernice o altro su opere d'arte che pure sono protette, per esempio, da un vetro o altre strutture; e questo è successo non solo in Italia, ma in tutta Europa.
A irrogare le sanzioni pecuniarie e amministrative ai trasgressori è chiamato il prefetto del luogo in cui è stata commessa la violazione, per accelerare le tempistiche, ed è stata introdotta una norma specifica, in base alla quale l'autorità giudiziaria dovrà tener conto appunto delle sanzioni pecuniarie e amministrative precedentemente irrogate.
Auspichiamo poi - anche a dimostrazione della tutela del concetto di pena retributiva - che sia sistematico poter obbligare al ripristino dei beni chi ha imbrattato, così da poter dare anche un indirizzo appunto rieducativo, coordinato ovviamente e supervisionato da restauratori professionisti e dalle Forze dell'ordine.
Vedete, colleghi, la conservazione dei beni artistici e culturali costituisce, di fatto, l'identità stessa dell'Italia e ne assicura la continuità nella storia. Difendere il nostro patrimonio significa difendere una parte della propria vita, la geografia esistenziale di ciascuno di noi. E faccio, in conclusione, mie le parole di Roger Scruton: “Noi non abbiamo il diritto di distruggere la nostra eredità, ma dobbiamo sempre pazientemente sottometterci alla voce dell'ordine” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 1297? e abbinata)
PRESIDENTE. Il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Istituzione del premio di “Maestro dell'arte della cucina italiana” (A.C. 1419-A?).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1419-A: Istituzione del premio di “Maestro dell'arte della cucina italiana”.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1419-A?)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
I presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento.
La XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Nonostante i tentativi, perché era qui in Aula poco fa, non riusciamo a rintracciare il Ministro Lollobrigida, quindi sono costretto, in assenza di un rappresentante del Governo, a sospendere la seduta.
La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 17,36, è ripresa alle 17,38.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Chiara La Porta.
CHIARA LA PORTA, Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, siamo qui oggi per discutere in merito al disegno di legge per l'istituzione del premio di “Maestro dell'arte della cucina italiana”. Vorrei iniziare con ringraziare il Ministro Francesco Lollobrigida non solo per la sua presenza, ma soprattutto per l'impegno costante e instancabile a tutela e per la promozione del nostro patrimonio enogastronomico, direzione in cui vanno anche questo provvedimento e tante altre iniziative del Ministro, del Ministero e di tutto il Governo. Cito, fra le tante, la proposta di riconoscere la cucina italiana quale patrimonio immateriale dell'umanità, dell'UNESCO, un patrimonio unico e inimitabile, di cui siamo orgogliosi e determinati nel difenderlo e tutelarlo.
Mi permetto anche di sottolineare l'importanza di questo provvedimento anche verso i giovani, che sia di stimolo ad avvicinarsi a queste professioni e, insieme al liceo del made in Italy, a formare, far conoscere e far crescere sempre più ambasciatori delle bellezze ed eccellenze del nostro patrimonio nazionale, come quelli che, con questo premio, vogliamo premiare e ringraziare.
Mi avvio a illustrare il provvedimento.
Il disegno di legge all'esame dell'Assemblea reca l'istituzione del premio di Maestro dell'arte della cucina italiana. Si compone di 11 articoli e ha l'obiettivo di sostenere e di promuovere l'eccellenza dell'arte culinaria italiana attraverso l'istituzione di un apposito premio al merito. L'articolo 1 definisce le finalità della legge, stabilendo che il Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste sostiene e promuove lo sviluppo dell'arte culinaria, orientando la propria azione al recupero delle tradizioni e alla valorizzazione delle relative professionalità.
L'articolo 2 istituisce il premio di Maestro dell'arte della cucina italiana presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, prevedendo che esso sia conferito ai cittadini italiani che si siano distinti in maniera encomiabile nel campo della gastronomia e con la loro opera abbiano esaltato il prestigio della cucina italiana, illustrando la Patria e contribuendo a valorizzare l'eccellenza nazionale. Si prevede, inoltre, che, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, sia istituito un registro nel quale sono iscritti i nomi di coloro ai quali è stato conferito il premio.
L'articolo 3 dispone che il premio è conferito annualmente, nel limite di uno per ciascuna delle seguenti categorie di merito: gelateria, pasticceria, cucina, vitivinicoltura, olivicoltura. Tale elenco può essere integrato con decreto del Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
L'articolo 4 stabilisce che il premio consiste in una medaglia di bronzo, che reca, da un lato, l'emblema della Repubblica italiana e, dall'altro, diciture specifiche corrispondenti a ciascuna categoria di merito.
L'articolo 5 reca i requisiti dei candidati. In particolare, i candidati devono aver concluso un percorso formativo pluriennale nel settore di riferimento, avere maturato nello stesso settore almeno 15 anni di comprovata e riconosciuta esperienza, aver tenuto una condotta civile e sociale irreprensibile, avere adempiuto agli obblighi tributari e previdenziali.
L'articolo 6 reca la disciplina relativa alla presentazione delle candidature. In particolare, le candidature sono proposte dal Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, anche su segnalazione delle associazioni di categoria, e sono inviate alla Presidenza del Consiglio dei ministri entro il 30 aprile di ciascun anno.
L'articolo 7 prevede che le candidature siano esaminate da un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, che lo presiede, un rappresentante del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, un rappresentante del Ministero delle Imprese e del made in Italy, un rappresentante del Ministero dell'Istruzione e del merito e un rappresentante di ciascuna delle categorie di merito, che si esprime limitatamente alle candidature relative alle categorie di appartenenza. Ai componenti del comitato, che durano in carica 3 anni, non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati, secondo una formulazione contenuta in una condizione espressa dalla V Commissione (Bilancio), che la Commissione agricoltura ha recepito.
L'articolo 8 dispone che il comitato di cui all'articolo 7 svolge un'istruttoria preordinata ad accertare che i candidati in possesso dei requisiti richiesti si siano resi singolarmente benemeriti nel raggiungere livelli di eccellenza nell'esercizio della propria attività in una delle categorie di merito previste. L'istruttoria è condotta con modalità che assicurino una valutazione approfondita del livello di eccellenza dei candidati.
L'articolo 9 prevede la possibilità di affidare ai destinatari del premio incarichi di esperto negli istituti professionali per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera in deroga ai requisiti previsti dall'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che disciplina i presupposti di legittimità in base ai quali le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo a esperti di particolare e comprovata specializzazione.
L'articolo 10 disciplina i casi e le modalità di revoca del premio. In particolare, la revoca del premio è disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta di ciascuno dei Ministri rappresentati nel comitato di cui all'articolo 7. Incorre nella perdita del premio l'insignito che se ne renda indegno. La proposta di revoca è presentata al comitato, che la comunica all'interessato, il quale, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, ha diritto di presentare per iscritto le proprie osservazioni. Il comitato, quindi, decide sulla proposta di revoca del premio.
L'articolo 11, infine, reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento. Sempre su indicazione della Commissione bilancio, il comma 2 è stato modificato in modo da aggiornare la copertura, riferendola al bilancio triennale 2024-2026 e, nello specifico, ai Fondi di riserva e speciali dello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle finanze per l'anno 2024.
Ricordo, infine, che sul provvedimento hanno espresso parere favorevole le Commissioni affari costituzionali, giustizia, cultura e attività produttive.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Ministro Lollobrigida.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Ringrazio la relatrice, perché la sua ricostruzione è stata puntuale. Voglio solo aggiungere una considerazione di carattere generale, ringraziando il Parlamento di un lavoro che è stato fatto in linea con quanto credo debba essere, come procedura, attuato nel maggior numero di casi possibili, cioè, anche quando c'è un'iniziativa di carattere governativa, di permettere un approfondimento ampio, specie se si tratta di leggi che, per fortuna, non hanno un valore economico dal punto di vista dell'esborso da parte dello Stato rilevante, perché, come sapete, la copertura per questa legge è di 2.000 euro. Ho letto in più di qualche occasione su alcuni giornali che sembrava poco ma, in realtà, credo che un buon Governo e anche una buona azione politica non debbano corrispondere per forza a elevati esborsi di natura finanziaria, ma possano, invece, avere un grande valore economico.
Le ragioni che ci hanno spinto a proporre questa legge sono, però, non imputabili al Ministro Lollobrigida, che se n'è fatto interprete, ma alla volontà delle categorie in oggetto di avere un riconoscimento che in altre Nazioni è già stato tributato, come, ad esempio, in Francia, da circa 100 anni, o anche in Belgio e Spagna, che hanno seguito l'esempio francese. Non mi vergogno a dire che, quando qualcuno fa meglio di noi alcune cose, possiamo recuperare, cercando, quindi, di avere una legge che metta in condizione i nostri maestri, in alcuni settori, che reputo strategici, almeno quanto li reputino tali i francesi, di avere lo stesso titolo che viene conferito alle loro eccellenze, di avere la stessa loro capacità di promozione. Io non dico che abbiamo una cucina, una pasticceria, una produzione olivicola - quella, forse, è oggettiva -, una produzione di vino migliori di quelle francese, ma non credo nemmeno che siamo secondi a loro o ad altre Nazioni d'Europa. Anzi, all'interno dell'Unione europea, auspico e spero che si viaggi verso una valorizzazione complessiva dei nostri prodotti. La Francia ha saputo vendere meglio, questo è oggettivo. Che cosa ha fatto? Ha fatto crescere il valore di produzioni anche grazie alla valorizzazione dei personaggi che sapevano interpretare al meglio questo lavoro.
Chiudo il mio breve intervento con un'immagine che mi ha colpito molto. Io sono stato allo stadio di Lione a promuovere la cucina italiana insieme alla Nazionale di rugby, durante i Mondiali. C'è una grande immagine di Paul Bocuse, che è stato uno dei cuochi di eccellenza della cucina francese, grande come, di solito, avviene nelle gigantografie dei giocatori. A Napoli, troviamo le gigantografie di Maradona, a Roma troviamo le gigantografie di Totti, di Chinaglia, in altri stadi italiani troviamo le gigantografie di quelli che hanno saputo valorizzare il calcio con la loro professionalità e la loro attività. Ebbene, nello stadio di Lione troviamo un cuoco rappresentato in quelle dimensioni e una frase che parla di valore, di merito, di capacità, che sono il segreto del successo. Credo che non possiamo non immaginare di avere grandi personaggi, ne dico uno per tutti, che è l'animatore di questa proposta: Iginio Massari. Credo non sia secondo a nessuno nella pasticceria italiana e io spero che un giorno - il più tardi possibile mi auguro per lui - venga ricordato con le stesse dimensioni, perché della nostra cucina possiamo essere orgogliosi, ma la cucina nasce anche dalla ricerca, dalla stratificazione di tante culture e contaminazioni e dalla sua rappresentazione attraverso alcuni personaggi che si fregiano di una titolarità che gli viene data dalle loro capacità e dalla loro esperienza.
Io credo che un buon Governo, quale esso sia, attraverso commissioni selettive, possa individuare le persone che nel mondo possano fregiarsi di una decorazione, lo ripeto, al pari dei maestri di altre Nazioni, per dire che sono persone che hanno il titolo di rappresentare al meglio quello che la nostra cultura culinaria sa far emergere, quello che la nostra produzione enologica sa valorizzare, quello che la nostra produzione olivicola sa rendere eccellente, per essere riconoscibili. Niente di più e niente di meno.
Penso, in ultimo, che questa legge abbia un merito: di metterle in condizione anche di insegnare, di trasmettere ai nostri studenti degli istituti agrari e alberghieri questo loro sapere, che spesso non deriva, purtroppo, da una formazione scolastica, ma deriva dalla loro esperienza, che hanno elaborato e conquistato nel tempo, e che io penso che uno Stato possa mettere a disposizione delle nuove generazioni. Quanti di noi hanno avuto dall'esperienza di persone che nel tempo avevano lavorato nelle professioni tecniche, senza aver studiato per lavorare in quelle professioni, consigli eccezionali ed esperienze eccezionali.
Ecco, la nostra Nazione difetta della valorizzazione delle professioni tecniche; l'ascensore sociale spesso è legato alla formazione umanistica, solo alla formazione umanistica e quando qualcuno fa scelte di questa natura sembra fare una scelta di secondo piano. Noi non crediamo che sia così. Nelle Nazioni in cui non si crede che sia così abbiamo una presenza orizzontale dell'occupazione. Invece, paradossalmente, la nostra Nazione vede, ove valorizzate le professioni tecniche, anche un indice occupazionale legato a queste professioni migliore rispetto ad altre. Quindi, il mio auspicio è che anche questa legge - per carità, nessuna norma è salvifica e non lo sarà nemmeno questa - possa essere un contributo per omogeneizzarci in senso positivo ad altre Nazioni dell'Unione europea che sono partite prima, molto tempo prima, e che hanno già raggiunto risultati che noi auspichiamo di poter contribuire a raggiungere. Lo ripeto, questo non per merito di Francesco Lollobrigida e nemmeno solo di questo Parlamento, ma dei tanti che, nel tempo, hanno saputo valorizzare, nonostante il disinteresse verso le loro attività o il minore interesse rispetto alle loro attività, quello che facevano e diventare un esempio che oggi potrebbe, se il Parlamento deciderà così, essere riconosciuto in maniera istituzionale dal Governo italiano come indicazione, riferimento. Io spero che nel tempo si consolidi la posizione e anche assuma un valore economico che, per fortuna - dico per fortuna - corrisponde a un esborso dello Stato di 2.000 euro l'anno, per coniare le medaglie che giustamente vengono affiancate alle titolarità che ho appena descritto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato La Salandra. Ne ha facoltà.
GIANDONATO LA SALANDRA (FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, Governo. Sì, signor Ministro, lei ha completamente ragione: una legge, e questa legge in particolare, sicuramente non sarà salvifica di un sistema, tuttavia, questa legge ritengo che sia portatrice di un'idea ben precisa. Dico questo perché, in una precedente discussione generale sul tema dell'agricoltura, affermai che a latere della geografia dell'emiciclo io mi sentivo un soggetto di parte perché ero parte del mondo agricolo. Oggi, io ancora una volta mi sento un soggetto di parte , perché attraverso questa legge, e l'idea che questa legge esprime, è evidente un'idea, un pensiero ben preciso - mi rendo conto che per qualcuno è un po' complesso avere delle idee chiare - ed è l'idea che lo Stato deve avere nei confronti di chi lo Stato rappresenta e di chi allo Stato consente di dare lustro. Vedete, Presidente, onorevoli colleghi, in Commissione agricoltura mi sono preoccupato di riprendere alcuni passaggi. Le opposizioni - perché quanto si legge evidenzia semplicemente un atteggiamento assolutamente ed esclusivamente oppositivo - hanno affermato che, pur reputando auspicabile la valorizzazione dell'arte culinaria, ritengono l'iniziativa del Governo inopportuna in quanto il premio disciplinato dal provvedimento in esame può essere istituito anche attraverso un semplice decreto ministeriale.
In un'altra occasione, le opposizioni hanno affermato che si stigmatizza, inoltre, lo strumento utilizzato dal Governo perché ritengono che per le finalità del provvedimento in esame sarebbe stato sufficiente un atto governativo piuttosto che un disegno di legge che richiede il coinvolgimento del Parlamento.
Io credo che innanzitutto l'intervento della relatrice abbia spiegato, nell'analisi dei singoli capitoli, il perché si intervenga con una legge e non con un provvedimento governativo. Tuttavia, credo che queste affermazioni delle opposizioni siano proprie di coloro che in fin dei conti hanno ritenuto di governare il Paese, di governare un grande Paese quale l'Italia attraverso un sistemico e non semplicemente sistematico ricorso ai DPCM, una filosofia di pensiero politico che, a mio avviso, è totalmente incapace di comprendere quanto grande sia questo Paese ma anche e soprattutto di comprendere, per anni, quanto un determinato settore quale il settore culinario sia momento terminale sia del comparto agricolo sia del comparto turistico.
Sì è vero, i giornalisti hanno definito questa legge “la legge Massari”. Io francamente - devo dire la mia - ritengo che questa legge, a latere dei nomi che possono esserle attribuiti, sia la sintesi di chi crede nelle proprie passioni, di chi crede nella grandezza delle proprie passioni. È una legge dalla quale, se la si leggesse con onestà intellettuale, si comprenderebbe compiutamente la misura di quanto debbano essere ritenuti importanti alcuni percorsi formativi, anche se lontani da determinati salotti.
Vedete, signor Presidente, onorevoli colleghi, ho una figlia di sette anni e spesso guardo i cartoni animati con lei. C'è un cartone animato che dice sostanzialmente - l'ho recuperato - che l'alta cucina non è una cosa per pavidi, bisogna avere immaginazione, essere temerari, tentare anche l'impossibile, non permettere a nessuno di porvi dei limiti solo perché siete quello che siete, il vostro unico limite sia il vostro cuore. È Ratatouille, un cartone animato della Disney francese. Ho ritenuto importante in questa discussione generale riportare questo perché non è soltanto la cucina che non è per pavidi ma anche la politica non è fatta per coloro che hanno paura. L'ho detto, io sono un soggetto di parte e sono un soggetto di parte perché ritengo che questa parte dell'emiciclo, questi banchi che ci impegnano oggi, nella XIX legislatura, siano banchi che sono stati occupati da persone che hanno interpretato il loro ruolo di parlamentari della Repubblica con un'idea ben precisa: prima viene l'Italia, dopo viene l'Italia e, infine, ancora l'Italia.
Questo Governo, piaccia o non piaccia a qualcuno, è un Governo che agisce con atti normativi, quindi con la massima partecipazione di tutte le istituzioni che rappresentano questo Paese. Ancora una volta, anche con questa legge, non si è intervenuti semplicemente a sostegno del settore agricolo, ma si è intervenuti riconoscendo all'agricoltura un ruolo primario nei cicli economici di questo Paese e anche nei cicli economici europei e anche nei cicli sociali. Quindi, è una legge che parla propriamente di agricoltura e, ripeto, non si può non immaginare la cucina italiana come una parte integrante. Dico questo semplicemente perché la cucina italiana è un valore nazionale. Non è un caso se questo è il Governo che candida la cucina italiana, per la sua sostenibilità e la diversità bio-culturale, come patrimonio immateriale dell'UNESCO. Siccome nella vita mi hanno insegnato che bisogna essere consequenziali tra le proprie idee e le proprie azioni, onestamente ritengo che questo premio sia assolutamente consequenziale con l'idea del valore nazionale che la cucina ha. Signor Ministro, ha ragione, io mi rendo conto che per dieci anni abbiamo visto fondamentalmente l'Italia applaudire gli altri, quasi fare il tifo per gli altri. In fin dei conti, io stesso ho citato un cartone della Disney che parlava di un cuoco francese. Però, mi sia concesso di aggiungere qualcosa, perché quando si discute di una legge bisogna discuterla con onestà intellettuale. Se penso ai cugini d'Oltralpe e se provo a leggere, come sicuramente avete fatto voi, alcune riviste di settore, a me spiace ma la cucina italiana è nettamente superiore a quella francese, per qualità della produzione e anche per varietà. Le ho volute leggere perché a me hanno insegnato che la cultura è ciò che resta quando metti da parte quello per cui hai studiato. Per me questo è particolarmente importante.
Se andiamo a leggere il report di Foodservice market monitor, frontiere evolutive per il settore del food service, la cucina italiana ha avuto un incremento dell'11 per cento rispetto all'anno precedente, se guardiamo soltanto al 2023, e questo per un valore complessivo di 228 miliardi di euro. Ciò conferma il ruolo fondamentale che l'Italia ha nel panorama culinario italiano, non dimenticando che comunque stiamo parlando di qualcosa - il mercato nazionale della ristorazione - che occupa 75 miliardi di euro.
Signor Ministro, io ho voluto riportare questi numeri perché ha ragione. Qualche collega parlamentare, borbottando simpaticamente con qualche giornalista, ha detto che stiamo impegnando il Parlamento per 2.000 euro. Bene, io ritengo che, se si andassero a prendere i numeri, si vedrebbe che stiamo parlando di cifre di molto, molto più importanti. Dico questo perché, lei lo sa, io sono pugliese e voglio ricordare come Checco Zalone dovette ricorrere a un giravite e a una scala per difendere la cucina italiana, in un suo film.
Questo credo che da parte nostra sia particolarmente importante, perché è nostro dovere tutelare la cucina italiana e, quando dico “nostro”, intendo - è un mio convincimento - di tutto quanto l'emiciclo. Io non voglio fare il professorino, non mi è mai piaciuto, ho proprio difficoltà, però, l'Italia è il Paese che amo e resto convinto, quando si dice che l'Italia esporta intelligenze, che l'Italia esporta il genio, ricordo che anche la cucina italiana è genio. Infatti, sempre leggendo le riviste di settore scopriamo che, con la nostra cucina, siamo quelli che condizionano la cucina internazionale, che rompono le regole della cucina, perché il genio questo fa.
Ha ragione, signor Ministro; era il 1924 quando la Francia pensò di istituire il premio per il miglior artigiano di Francia per fronteggiare la crisi che si era realizzata all'indomani della Prima guerra mondiale e il Governo se ne fece promotore. Tra queste categorie c'erano i falegnami, i parrucchieri, i formaggiai, i pasticcieri e gli chef, cioè i cuochi, come li chiamava Totò in Miseria e nobiltà, il cuoco.
Allora, signor Presidente, l'articolo 1 di questa legge è particolarmente importante, perché dall'articolo 1 si legge in maniera chiara e incontroversa come il Governo orienti la propria azione al recupero delle tradizioni e alla valorizzazione delle professionalità legate all'arte culinaria, sostenendone e promuovendone lo sviluppo. Mi sembra evidente come questa finalità sia di particolare importanza, perché è lo Stato che decide di legare la propria azione di Governo al recupero delle tradizioni e alla valorizzazione delle professionalità legate all'arte culinaria.
Anche l'articolo 2 è estremamente chiaro, perché dice che il premio verrà conferito ai cittadini italiani che si siano distinti nel campo della gastronomia in maniera encomiabile, riuscendo ad esaltare il prestigio della cucina italiana, illustrando la patria e contribuendo a valorizzare l'eccellenza nazionale. Questa legge ha nella sua formulazione, che da un punto di vista di tecnica legislativa ritengo estremamente chiara, concetti particolarmente profondi e significativi, perché non parla solo del prestigio della cucina italiana, ma spiega proprio come la cucina italiana sia strumento per la valorizzazione dell'eccellenza nazionale, che è un qualcosa di assolutamente innovativo, considerando che i francesi l'hanno immaginato nel 1924. Questo lo si può fare attraverso quelle categorie di lavoratori che, troppo spesso, questo Paese ha relegato a un ruolo minore nel sistema delle professioni, professioni e non mestieri, attenzione, sono professioni vere e proprie, perché sono fatte di sacrificio e le professioni spesso sono fatte di passione e, come in questo caso, di sperimentazione.
L'articolo 3 ci dice quali sono le categorie oggetto del premio: la gelateria, la pasticceria, la cucina, la vitivinicoltura e l'olivicoltura. È una legge che riconosce a questi professionisti un ruolo da protagonisti nel sistema Paese, un ruolo di importanza assoluta, come vediamo se accendiamo i televisori, perché, in un modo o nell'altro, ogni italiano li segue e tante volte si lascia anche estremamente condizionare. Perché dico questo? Perché tante volte si discute di filiera corta, di filiera lunga, ma se non sappiamo legare la terra e il mare, che ci rendono il Paese più bello del mondo, alle nostre tavole, probabilmente questi discorsi legati all'agricoltura possono anche diventare sofismi.
Allora, per queste categorie, signor Presidente, è di assoluta importanza che questi professionisti abbiano, come dice l'articolo 4, l'emblema della Repubblica italiana, perché io so benissimo quanto tutto ciò sia importante per una Nazione e quanto, molte volte, ogni singolo cittadino del mondo ritrovi la propria identità a tavola.
E io lo so benissimo, anche a latere di qualche simpatica e anacronistica esterofilia, perché la cucina italiana è patrimonio mondiale proprio per la sua sostenibilità e diversità “bioculturale” e questo non lo dico io, ma gli è stato riconosciuto dal Farnèse d'Or e da numerose aziende francesi presenti all'incontro che si è di recente svolto presso la camera di commercio a Palazzo Farnese, sede dell'ambasciata di Francia in Italia.
L'articolo 5 ci dice quali siano i requisiti oggettivi e, nella lettura dei requisiti oggettivi, è evidente il collegamento intrinseco con le finalità di cui all'articolo 2, cioè il riconoscimento del merito e del lustro per l'Italia, attraverso la professionalità di questi - mi sia concesso - artisti nelle categorie che vengono individuate. Questo Governo - e lo dico perché dovrebbe essere dovere di ognuno di noi leggere il complesso degli atti che le Commissioni sono chiamate ad esaminare - non ha semplicemente vinto le elezioni e non vive la preoccupazione delle elezioni, l'unica preoccupazione di questo Governo è non essere in grado di mantenere gli impegni che sono stati assunti. Infatti, se andiamo a leggere gli atti all'interno della Commissione, quindi, gli aspetti tecnico-normativi di diritto interno, è evidente come ci sia un collegamento intrinseco tra il programma di Governo presentato agli italiani e questa previsione normativa.
Mi avvio alla conclusione. Penso, poi, che ci sia un'altra caratteristica, come ha detto bene il Ministro: noi con questa legge creiamo anche le condizioni per un miglioramento dell'offerta formativa negli istituti scolastici, perché proprio attraverso processi di ampliamento dell'offerta formativa, in settori che spesso sono misconosciuti da determinati salotti, si può efficacemente contrastare il fenomeno della disoccupazione giovanile e ciò anche per l'evidente collegamento intrinseco tra la proposta di legge in esame e il settore dell'industria agroalimentare e del turismo. Questa legge è preordinata, ovviamente, a celebrare il genio italiano e, in particolar modo, il made in Italy, perché Roma non è soltanto la città dei monumenti, ma è anche la città dove si può mangiar bene e sano e dico questo perché proprio la sperimentazione a tavola è anche turismo.
Questa legge, ampliando l'offerta formativa, consente alle giovanissime generazioni di frequentare determinati istituti scolastici, confrontandosi con coloro che, come ha detto bene il Ministro, hanno dato lustro all'Italia e, quindi, immaginando la loro professione come realizzazione dei propri sogni, e consente a questi ragazzi di non sentirsi figli di studi minori.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Sono un convinto sostenitore di questa legge, perché se è vero che siamo il Paese di Leonardo da Vinci, siamo anche il Paese del genio di Iginio Massari e, mi creda, non vuole essere pubblicità occulta, perché non è che mi penso italiano, io sono italiano. E dico questo, e concludo veramente, perché resto convinto che, sia su un campo di calcio, sia a tavola, sto sempre dalla parte del mio Paese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Vaccari. Ne ha facoltà.
STEFANO VACCARI (PD-IDP). Presidente, signor Ministro, care colleghe e cari colleghi, potevamo decidere, come ha fatto la maggior parte dei gruppi, la stragrande maggioranza dei gruppi che siedono in questo Parlamento, di non intervenire oggi, in questa discussione generale, a riprova dell'interesse che c'è, da parte di tutti i gruppi, o del silenzio che prova a nascondere un imbarazzo e un dissenso verso questo disegno di legge.
Invece, abbiamo scelto di farlo e mi prenderò tutto il tempo che mi è stato assegnato per provare a motivare le ragioni del nostro dissenso verso questo provvedimento. Siamo chiamati, dopo una discussione surreale in Commissione, ad approvare una legge che definirei burla, utile - e mi si perdoni il termine - per assegnare riconoscimenti fittizi, di fatto, di cui non si sentiva davvero il bisogno, rispetto invece ai grandi problemi che riguardano il settore enogastronomico, a cui si vuole rivolgere, e l'agricoltura tutta, come settore primario. E mi rivolgo - per suo tramite, Presidente - anche ai colleghi della maggioranza per chiedere loro se sembra utile e necessario trattare questa come una delle priorità sulle quali dovremmo impegnare quest'Aula e anche la Commissione agricoltura e, soprattutto, per risolvere quali dei problemi che anche il Ministro in varie occasioni ha citato, e per quali prospettive si è deciso di far approvare questa legge, fra l'altro di iniziativa, in modo anomalo, del Governo e non, perché no, di iniziativa parlamentare, come si confà a iniziative di questo tipo.
Aumenterà - chiedo ancora - il prestigio internazionale del nostro Paese? Noi crediamo e io credo, sinceramente, di no. Il cibo è una cosa molto seria e vi sono altre modalità per valorizzarlo, che sembrano sfuggire al Governo, il cui imperativo è appuntare una medaglia di cartone al petto dei cuochi, dei pasticcieri, dei viticultori e degli olivicoltori italiani che non hanno certo bisogno di queste sortite per essere apprezzati, in tutto il mondo e da tutto il mondo, per la capacità di rappresentare cultura e tradizioni del nostro Paese attraverso la preparazione di materie prime di eccellenza, che tutti ci invidiano, nonché per lo studio e la sperimentazione di tecniche e di nuove conoscenze.
Stiamo, ovviamente, parlando del cibo buono, pulito e giusto: tre parole che identificano anche una politica e una strategia estranee alla visione di questo Esecutivo. Un cibo è buono, pulito e giusto quando appaga il palato, certo. È sano perché rispetta la salute, perché non danneggia la natura, che è frutto delle stagioni, quando il prodotto senza eccessivo uso di combustibili fossili non ha causato deforestazione, non è stato trasportato dall'altro capo del pianeta, non ha imballaggi inquinanti o eccessivi; quando è coltivato in un ambiente sano, non contraffatto, non adulterato, non sofisticato, ed è quello contenuto con un'equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera di produzione, che dev'essere analizzata in ogni fase, denunciandone ingiustizie e affrontando i problemi del lavoro nero e della sottoccupazione; oppure quando corrisponde a una cultura, quando è riconosciuto da un palato educato e da un cervello informato. Quest'ultimo concetto, vedete, è ben spiegato dall'amico chef modenese e imprenditore, Massimo Bottura, premiato con il suo ristorante da un po' di anni come miglior ristorante italiano al mondo. “La cultura” - dice Bottura, prendo a prestito le sue parole in una recente intervista - “sta diventando la forza di motivazione genuina dietro all'evoluzione della nostra cucina. La cultura conduce alla consapevolezza e la consapevolezza conduce alla conoscenza. E con la conoscenza arriva la responsabilità. La nostra cucina e le nostre idee guardano sempre indietro, in modo critico. Applichiamo tecnologie e tecniche innovative ma ci chiediamo sempre se le nostre tradizioni culinarie hanno rispetto per gli ingredienti, i contadini, i pescatori, i formaggiai e la nostra salute. Se la risposta è no, allora dobbiamo migliorare le ricette. Questo è il nostro concetto di buono”, perché la missione degli chef è prendere ingredienti grezzi e dare loro nuova vita, trasformandoli in idee ordinate e abbinamenti inconsueti.
Ecco, sarebbero bastate queste semplici parole di Bottura per capire la grandezza dell'errore che si sta compiendo con questo disegno di legge. Sono 6 milioni le persone residenti nel nostro Paese, con almeno 16 anni di età, ad essere in una condizione di povertà alimentare, ossia con l'impossibilità di consumare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni e che non possono permettersi di mangiare o bere fuori casa almeno una volta al mese. Guardando i minori under 16 nel 2021, 200.000 minori, tra bambini e ragazzi, il 2,5 per cento della popolazione, non sono stati in grado di consumare adeguata frutta e verdura e di fare un pasto completo, contenente carne, pollo, pesce o l'equivalente vegetariano almeno una volta al giorno.
Il 2021 è stato un anno di sfide economiche per le famiglie italiane: quelle più vulnerabili hanno destinato, in proporzione, una quota superiore delle proprie risorse all'acquisto di alimenti, con il risultato di avere meno liquidità per soddisfare altre esigenze; 3 su 10 hanno dovuto ridurre le spese per visite mediche o accertamenti. Dopo la pandemia le richieste d'aiuto alle famiglie sono aumentate. Dice Andrea Fanzago, responsabile degli empori solidali della Caritas: “Non riusciamo a soddisfare tutte le domande”. Nel 2022, l'Organizzazione ha aiutato 21.000 persone, per un totale di 1.537 tonnellate di cibo distribuito. Forse il premio andrebbe istituito per chi, oggi, anche tra i grandi chef, si prodiga per garantire pasti a chi non ne ha o a chi è costretto a mangiare cibo a bassissima qualità.
Allora parliamo di questo, Presidente, e mi rivolgo anche al Ministro. Parliamo di questo. Parliamo dei fattori socioeconomici che influenzano in modo determinante l'alimentazione nel nostro Paese, tanto che negli ultimi anni si parla di food social gap, una formula usata per indicare che è il reddito a imporre al consumatore cosa può mangiare. Secondo i dati dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, solo il 18,8 per cento degli italiani ha un'alimentazione adeguata e la povertà è una delle cause di questa situazione.
Lo scorso anno più di 1,7 milioni di persone si sono rivolte alla Fondazione Banco Alimentare per ricevere questo aiuto: 200.000 in più rispetto al 2018. I prodotti distribuiti arrivano soprattutto dal recupero delle eccedenze dell'industria agroalimentare, dalla grande distribuzione, dai ristoranti o anche dalle confische di pesce di grossa taglia. E voi pensate di affrontare tutto questo con quello che avete chiamato carrello tricolore? Se il problema da affrontare non fosse serio, verrebbe da ridere. Il Governo pensa di affrontare il consistente aumento dei prezzi con una misura temporanea e sperimentale, alla quale si aderisce su base volontaria. Forse non si sa che, nella grande distribuzione, settimana dopo settimana, su molti prodotti, si fanno sconti anche superiori a quelli previsti dal carrello, e il cittadino si informa e si regola di conseguenza. Anche perché il risparmio, come dimostrano le prime indagini, è veramente irrisorio.
Ciò che non vuol fare il Governo è affrontare strutturalmente la questione, aumentare gli stipendi e tassare gli extraprofitti, tagliare le accise sulle benzine, combattere l'evasione fiscale e prevedere una vera fiscalità progressiva, come prevede la Costituzione, per aiutare le imprese agricole. Di contro, il Governo, di progressivo prevede solo, nei prossimi anni, un taglio alla sanità pubblica e, purtroppo, a rimetterci saranno ancora il Paese e le fasce più deboli, allargando le disuguaglianze. Servono, dunque, allora, queste medaglie di cartone? No, perché questo Governo vive sulla propaganda, anche quando si arroga il diritto di fermare i treni o di far approvare una legge che vieta la produzione e la commercializzazione di carne coltivata, anche se i prodotti che dovrebbero contenerla non sono ancora sul mercato, perché quella è una decisione ancora in capo all'Unione europea che, al riguardo, non ha preso ancora una decisione. E anche in questo caso, le medaglie per evocare la difesa della sovranità alimentare e la tutela del made in Italy, che rappresenterebbero obiettivi nobili se collocati nella loro giusta dimensione, non servono. Basta rileggersi prima la NADEF e poi la manovra finanziaria per capirlo.
Non abbiamo visto misure utili e con una visione indicata e chiara per l'agricoltura, per le criticità che sta vivendo, e tanto meno un piano organico e con una visione per assegnare al comparto agricolo quel ruolo e quelle funzioni strategiche nel tempo della transizione ecologica, che dalla destra viene declinata per ritardare le scelte che, responsabilmente, invece, dovrebbero essere fatte con immediatezza.
Abbiamo provato a farvi cambiare rotta, raccogliendo le segnalazioni delle organizzazioni di settore: oltre 60 emendamenti, che avete respinto, che si muovevano su tre direttrici, sulle quali vorremmo ancora provare a discutere nei prossimi provvedimenti: il sostegno agli agricoltori in gravi difficoltà per la crisi pandemica, energetica e climatica; il sostegno agli agricoltori che attuano la conversione ecologica; il sostegno al ricambio generazionale e di genere. Si trattava di emendamenti per il rimboschimento, per la crisi idrogeologica, per il Fondo della sovranità alimentare per i comparti in crisi, per favorire l'ingresso di giovani e donne con la facilitazione dell'accesso al credito, per gli accordi di filiera sostenibili e per il benessere animale, per il Fondo unico per le emergenze fitosanitarie, per gli esoneri contributivi per i lavoratori agricoli, che avete tolto, in vigore dal 2016, e per l'emergenza alluvioni; e ancora, per il credito d'imposta, per i carburanti che anche nel decreto Milleproroghe vi chiederemo di prorogare e di riproporre.
Dobbiamo accompagnare gli agricoltori nella conversione ecologica, per garantire il futuro del settore, non abbandonarli, favorendo il protagonismo di donne e giovani, più aperti all'innovazione tecnologica e scientifica, base della conversione stessa, e dobbiamo sostenere i settori più duramente colpiti. Invece, voi vi occupate delle medaglie di cartone, che con tutta probabilità - siamo pronti a scommettere - consegnerete prima delle elezioni europee e amministrative.
Ci siamo rifiutati, alla luce di queste considerazioni iniziali, di presentare emendamenti correttivi e integrativi. Per noi, non c'è nulla da correggere o da integrare, ma solo da abrogare. I nostri emendamenti tali saranno, articolo dopo articolo, e, nel farlo, diremo ciò che fino ad ora non avete fatto, come le urgenze da affrontare, a iniziare dal tema delle assicurazioni in agricoltura, tema decisivo nel contesto del quadro complessivo dei mutamenti climatici e dei danni che le calamità naturali e le emergenze sanitarie stanno comportando, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell'attività primaria del settore. Eppure, avete anche messo, come ho detto prima, le mani nelle tasche degli agricoltori togliendo gli sgravi Irpef per le imprese agricole, già in vigore dal 2016, e pure il contributo pubblico per le polizze assicurative sottoscritte dagli agricoltori (nel 2023 sarà del 40 per cento, e non più del 70, come invece previsto dal Piano di gestione dei rischi). Si tratta di una vera mazzata al sistema di gestione del rischio in Italia, che porterà le aziende agricole a non assicurarsi più, semplicemente perché non potranno più permettersi di sostenerne i costi.
La realtà è che il Governo non è stato in grado di produrre un disegno organico per collocare l'agricoltura tra le priorità della propria azione, per innovare e sostenere uno dei settori strategici dell'economia italiana. Ampiamente insufficienti sono gli stanziamenti per il Fondo emergenze e per il Fondo per la sovranità alimentare, e nei prossimi mesi ne misureremo i limiti. Anche in tema di diritti di superficie legati allo sviluppo delle energie rinnovabili c'è il rischio concreto di favorire strumenti elusivi e una speculazione ai danni delle attività agricole. E, invece delle medaglie di cartone, sarebbe stato più importante occuparsi con concretezza dei giovani e delle donne che si affacciano in agricoltura e che avrebbero bisogno di attenzioni e sostegni. In questo senso, siete riusciti a rovinare, qualche mese, fa l'unica legge che, con un lavoro certosino e responsabile tra tutte le forze politiche in Commissione agricoltura, aveva consentito di trovare un accordo unanime per rispondere alle necessità di favorire, promuovere e dare prospettive ai tanti giovani che avrebbero voluto cimentarsi in agricoltura, mettendosi a capo di un'impresa. Invece, il Governo, con il braccio armato del MEF, ha utilizzato il parere in Commissione bilancio per imporre la cancellazione di una decina di articoli, su 18, stravolgendo nei fatti il provvedimento e calpestando il lavoro parlamentare. Abrogati gran parte degli impegni di spesa, che non permetteranno di dare concretezza e sostanza alla lodevole intenzione di favorire il ricambio generazionale, non a caso riconosciuto come priorità all'interno dell'agenda politica dell'UE e punto di forza del piano strategico della PAC. Anche CIA e Copagri vi avevano chiesto di fermarvi, ma avete voluto andare avanti lo stesso. Dei 100 milioni previsti inizialmente, ne sono rimasti 15, assolutamente insignificanti per una legge cornice, che si poneva obiettivi di lunga gittata e che voi avete tarpato, una grande occasione persa.
Invece delle medaglie di cartone, avreste potuto occuparvi della produzione delle pere nel nostro Paese, perché no? Un settore prossimo al default se non interverranno adeguati sostegni, oltre a quelli, inadeguati, 10 milioni, stanziati dal Governo, che non bastano nemmeno a coprire i forti incrementi dei costi di coltivazione, a fronte del crollo del 75 per cento della produzione del 2023, dovuto alle avversità climatiche, una situazione drammatica. La pera è il prodotto ortofrutticolo che ha subito il maggior calo nell'ultimo quinquennio; cambiamenti climatici, impatto di insetti e parassiti sono stati, negli ultimi anni, i grandi nemici della pericoltura. Al calo della produzione, si è aggiunto anche un progressivo calo dei prezzi per via del deterioramento qualitativo. Le province di Ferrara e di Modena sono le aree più colpite. A Modena manca l'80 per cento delle pere e a Ferrara il 60 per cento, e i 10 milioni, come ho detto, stanziati a titolo di ristori, sono assolutamente insufficienti. Ma, soprattutto, manca una visione; sulla base di stime recenti, l'indennizzo per ogni produttore sarebbe pari a meno di 1.000 euro per ettaro, una cifra che non coprirebbe neanche il forte incremento dei costi di produzione. Oggi coltivare un ettaro di pero costa più di 20.000 euro e per questo i parlamentari, raccogliendo l'appello per un intervento straordinario che i vertici del Consorzio di tutela della pera dell'Emilia-Romagna IGP, dell'OI pera e del Consorzio Unapera hanno rivolto al Governo. Abbiamo interrogato il Ministro, ma ancora da questo nessuna risposta.
Invece delle medaglie di cartone, avreste potuto interessarvi anche del settore della pesca. Nel decreto Bollette è stato accolto un ordine del giorno, che abbiamo presentato con i colleghi del gruppo PD in Commissione agricoltura, che impegna il Governo a valutare, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto di gasolio e benzina, la necessità di riconoscere alle imprese esercenti l'attività di pesca e acquacoltura una misura sotto forma di credito d'imposta, che ha rappresentato un sostegno importante al fine di garantire la sostenibilità economica e occupazionale del comparto e dell'intera filiera. La proroga del credito d'imposta, che la precedente manovra aveva previsto per il primo trimestre, rappresenta uno strumento fondamentale per il settore ittico, nell'affrontare l'attuale crisi energetica, nell'incoraggiare donne e uomini a proseguire la loro attività. Peraltro, le associazioni di impresa del settore avevano chiesto - l'hanno chiesto anche oggi, nell'audizione in Commissione bilancio - la proroga di questa misura, ma di fronte a tutto questo vi è stato il silenzio assoluto da parte del Governo. Sempre a proposito di pesca, registriamo le orecchie da mercante sulla richiesta di concessione, in tempi stretti, dello stato di emergenza nazionale o di crisi del settore sulla problematica dell'invasione del granchio blu. La sopravvivenza delle imprese e delle cooperative del comparto della pesca e delle vongole è a rischio a causa della presenza della specie invasiva e, per fortuna, si stanno muovendo le regioni, a cominciare dall'Emilia-Romagna, che hanno previsto specifici stanziamenti, guarda caso più alti di quelli che ha messo il Governo, con grave ritardo.
E, allora, invece delle medaglie di cartone, avreste dovuto occuparvi della commercializzazione del grano duro, dove è in atto una speculazione a livello internazionale, con quotazioni al ribasso, che rischiano di pregiudicare l'attività di produzione svolta dalle aziende agricole italiane. Il nostro Paese è il primo produttore di grano duro in Europa, con circa 4 milioni di tonnellate, che provengono da 200.000 aziende agricole, che investono su 1,2 milioni di ettari. Il prezzo del grano duro finora ha chiuso l'annata con un valore medio di 340 euro a tonnellata, più basso di quasi il 40 per cento di un anno fa, e contemporaneamente sono saliti i costi del carburante e dei mezzi tecnici per gli agricoltori e c'è l'inattesa esportazione di grano dalla Turchia a prezzi da saldo, prezzo dietro cui si nasconderebbe un comportamento sleale, teso a destabilizzare il mercato italiano anche per ragioni legate al conflitto russo-ucraino e all'embargo. L'import di grano duro dai mercati internazionali non può che mortificare la produzione nazionale, che ha standard di qualità certificati, di salubrità e di tracciabilità, con costi di produzione molto più alti rispetto agli altri. Quindi, serve più attenzione e più trasparenza per i produttori e i consumatori italiani, maggiori controlli sull'etichettatura, per sostenere e promuovere la pasta prodotta con grano italiano, e su questo il gruppo del Partito Democratico ha presentato un'interrogazione ai Ministri interessati, da parte di tanti colleghi, per chiedere di avviare l'istituzione della commissione unica nazionale del grano duro e il registro telematico dei cereali, di potenziare i contratti di filiera tra agricoltori e industria, per promuovere la pasta con grano italiano e implementare un sistema di tracciabilità basato su tecnologie blockchain, al contempo per sostenere la necessità di richiedere urgentemente un'indagine anti-dumping alla Commissione europea.
Al momento, non è ancora dato sapere cosa farete se non poche cose, perché l'altra vostra prerogativa è quella di rispondere molto poco o di girarvi dall'altra parte quando vi si pongono temi di merito, per provare ad affrontare le soluzioni alle questioni serie, di cui l'agricoltura avrebbe bisogno. Allora, il nostro impegno non sarebbe venuto meno anche nelle diversità di posizioni se questi temi, che ho cercato di elencare, fossero stati oggetto di una vostra iniziativa legislativa. Invece, ci chiedete di occuparci delle medaglie di cartone da dare a cuochi, pasticcieri, viticultori e olivicoltori e in questo disegno di legge - torno a ripetere – non vi è alcun accenno sul fronte dell'alimentazione, come, invece, poteva esserci, un tema che ci parla di disuguaglianze innanzitutto nell'accesso alle risorse, nella distribuzione e nella salute delle persone. La FAO ha voluto dedicare giustamente all'acqua la recente Giornata mondiale dell'alimentazione, perché l'acqua è nutrimento e vita, ma oggi è sempre più preziosa, minacciata da investimenti di multinazionali che provano ad accaparrarsela in giro per il mondo.
Infatti, essa è sempre più a rischio a causa dei cambiamenti climatici in molte parti del pianeta e, dunque, di siccità, di alluvioni, di inondazioni, di innalzamento dei mari e causa di forti migrazioni da una parte all'altra del mondo. Per me e per noi è occasione, quindi, di un rinnovato impegno a batterci sempre affinché un Paese come il nostro possa diventare esempio e avanguardia del mondo su queste questioni, a partire dalle scuole e dalle famiglie, quelle scuole stesse che, grazie a ciò che già è la cucina italiana in Italia e nel mondo, sono state invase da migliaia di ragazzi che hanno deciso di frequentarle, perché quella può diventare domani la loro professione, affinché si possa, attraverso questo lavoro, diffondere una cultura attenta alla salute, alla vita e al cibo, e affinché, infine, l'aumento dei prezzi e l'inflazione vengano fermati nel nome di un diritto universale alla vita. Torno a sottolinearlo, i poveri, lo sappiamo, non mangiano meglio dei ricchi; è, invece, importante che mangino tutti meglio, perché ciò significherebbe un Paese più sano, con meno problemi sanitari, meno liste d'attesa per diverse patologie legate ai disturbi alimentari, meno persone che non si possono curare, un Paese che riscopra e valorizzi le sue origini e che metta in campo l'innovazione, come ha detto Massimo Bottura, che fa vivere meglio. Per questo ci stiamo battendo, rifuggendo da chiacchiere e propaganda, tanto care a questo Governo, per affermare la strategia della transizione ecologica e un rapporto inscindibile tra sicurezza alimentare, qualità e uso della terra; per sostenere, al contempo, la necessità che gli agricoltori e le agricoltrici possano continuare a svolgere il loro lavoro con un reddito dignitoso, producendo, assieme al cibo, anche futuro, vita, ambiente, biodiversità, economia sociale, salute, sviluppo sostenibile e innovazione, perché solo così si rafforza il vero made in Italy nel mondo. Questa legge, è vero, tiene impegnato il Parlamento - sono stato io a dirlo, anche in Commissione - con un impegno di spesa di 2.000 euro, mentre per altre spese, anche legate all'attività del Ministero, risorse ben più consistenti sono state trovate. Le medaglie di cartone, dunque - e ho concluso -, le lasciamo a voi: non ci interessano e non interessano al Paese. Noi proseguiremo il nostro lavoro, la nostra battaglia, in Parlamento e fuori, per sostenere l'agricoltura di qualità e multifunzionale quale premessa per costruire un nuovo modello di sviluppo nell'interesse di tutti i cittadini.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 1419-A?)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Chiara La Porta.
CHIARA LA PORTA , Relatrice. Presidente solo per esprimere un po' di rammarico nei confronti del collega Vaccari, che non è entrato nel merito di questo disegno di legge, e ce ne dispiace, perché proprio nel merito non si è colto il punto focale. Tutte le volte che viene premiata una persona di successo, una persona che ha rappresentato nel mondo eccellenze della nostra Nazione è un fatto importante, che sia una medaglia di cartone, come è stata definita, o di bronzo, perché è grazie a queste persone, a questi personaggi, che vogliamo sempre più far diventare esempio per i nostri giovani, che si può anche promuovere la cultura italiana. Ci dispiace non sia stato riconosciuto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Ministro Lollobrigida.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, Ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Grazie ai parlamentari che sono intervenuti, perché è evidente che chi interviene in un dibattito ha interesse a discutere del tema in oggetto, ma anche - e, quindi, replico ai colleghi in senso positivo e costruttivo, come è mia abitudine fare - desidero fare un po' il punto su quelli che sono alcuni argomenti qui citati, che esulano anche dalle vicende legate strettamente alla legge.
Per rispondere al collega, a me fanno ridere quelli che “Io non leggo le recensioni” “Non mi interessano le stelle”. Bugiardi. “Io le so a memoria le mie medaglie”; non sono parole mie, non mi permetterei di usarle, ovviamente, nei confronti dei colleghi, ma proprio di Bottura, che è una delle eccellenze italiane, un uomo che ha illuminato, anche con alcune frasi che a me affascinano particolarmente, come quella che lega le sue tradizioni al territorio, all'utilizzo di prodotti tipici, come facessero parte non solo della mente, dell'anima, ma anche del corpo. La citazione - Le mie ossa sono fatte da Parmigiano, nel mio corpo scorre l'aceto balsamico - è suggestiva, oltre che interessante. Chi conosce la nostra capacità di cuochi, di intessere un rapporto così profondo con il territorio, capisce che qualsiasi piatto, come spesso dicono, è realizzato dall'amore per la loro terra, tanto da illuminare in questo modo e anche spiegando, poi, come un'avanguardia, anche in termini culinari, si debba basare sulla tradizione, che è quello che noi anche sosteniamo culturalmente. Quindi, guardare avanti, innovare, ma anche tenersi collegati sempre alla tradizione. Poi, nella vita di Bottura c'è tanto, c'è aver guardato a cuochi francesi di eccellenza, quelli a cui facevamo riferimento quando dicevamo che molti dei nostri sono dovuti andare all'estero ad imparare come valorizzare quella professione o anche, in altri casi, abbiamo già citato le decorazioni europee; parliamo della Hall of fame statunitense, dove vengono mostrate, con un busto, quelle eccellenze, quelle personalità che rappresentano la valorizzazione delle peculiarità che hanno reso grande, in questo caso, gli Stati Uniti. Io credo che non ci sia niente di male e che una medaglia non debba essere per forza di cartone: esistono medaglie, come quella che verrà consegnata, che sono di bronzo, che è materiale più nobile del cartone, almeno dal mio punto di vista. Essa si affianca alle tante medaglie di bronzo che sono state date per altre ragioni, diciamo che hanno una loro rilevanza.
Quando si parla, però - lei lo ha ricordato, collega Vaccari -, delle decorazioni, è vero che è uno dei migliori ristoranti del mondo, indubbiamente, si fregia delle stelle Michelin - bello, importante -, così come prima dicevo si citano le decorazioni americane. Possibile che dobbiamo pensare che una decorazione di questa natura, che porti anche il tricolore, sia un problema? Possibile che noi dobbiamo avere una cultura minoritaria per la quale anche una assegnazione, attraverso una commissione rappresentativa di coloro che conoscono il settore, possa essere considerata un demerito o una perdita di tempo? Che questo, poi, passi per un dibattito parlamentare io non lo trovo inusuale, anzi, credo che, quando si parla della questione di come conferire a delle eccellenze italiane, debba essere il Parlamento il luogo. Io sono anche parlamentare, oltre che Ministro, posso proporre le norme attraverso questo meccanismo, ma credo che sia preferibile una discussione parlamentare rispetto a un decreto ministeriale. Si può fare sempre di meglio, però noi governiamo da 15-16 mesi e lei ha ricordato, invece, nel suo puntuale intervento le grandi criticità che aggrediscono il nostro mondo e la nostra agricoltura, ha ricordato la crisi che ha portato a perdere negli ultimi 30 anni. Non ricordo Fratelli d'Italia per quanti di questi 30 anni abbia governato, ma ricordo, per esempio, quanto abbia governato in questa fase il partito al quale lei appartiene, mi permetto di dire. Quindi, aver perso il 35 per cento delle nostre aziende, con punte del 40 per cento al Sud, difficilmente può essere imputato solo all'azione di questo Governo o anche solo all'azione di un'Unione europea che, in questi mesi, si sta un po' più interessando alle produzioni interne, alla valorizzazione di un asset che è stato marginalizzato, così come il mondo della pesca, in cui, nel quadro europeo, noi abbiamo avuto una perdita del 28 per cento delle marinerie, ma in Italia del 40 per cento delle marinerie, forse perché anche nelle trattative in Unione europea non si è riusciti ad imporre un sistema che sapesse valorizzare alcune tipologie di pesca che sono proprie del nostro Mediterraneo, del nostro mare, rispetto, magari, a quelle del Mare del Nord.
Io ho scelto di non polemizzare su temi che sono d'interesse nazionale, l'ho fatto istituendo, dopo aver tentato un approccio di questa natura, secondo me riuscito, la Consulta degli ex Ministri. Ci siamo visti con i Ministri della storia repubblicana: sono venuti i colleghi del Partito Democratico, sono venuti i colleghi di Italia Viva, sono venuti i colleghi di tutti i partiti che hanno segnato la storia repubblicana, compresi i Ministri che hanno svolto questa funzione ormai più di 30 anni fa, con i quali abbiamo individuato alcuni punti fermi di interesse nazionale che devono esulare il dibattito parlamentare. Perché si sta in maggioranza e si sta in opposizione in una democrazia compiuta, con fasi alterne, quindi bisogna provare ad individuare delle cose che travalichino il periodo di Governo dell'una o dell'altra forza politica, ma garantiscano stabilità al sistema Italia. Nel mondo dell'agricoltura è stato più facile.
Noi siamo stati all'opposizione a lungo e dall'opposizione abbiamo, nell'ambito della Commissione agricoltura, sempre garantito il sostegno a quelle cose che esulavano dall'interesse particolare del momento ma segnavano un interesse di carattere nazionale. Uno per tutti, il nutri-score, un'etichetta condizionante e fortemente penalizzante. La battaglia del nutri-score nasce dai banchi di Fratelli d'Italia con un ordine del giorno che il Ministro Bellanova, in maggioranza, raccoglie e tutto il Parlamento segna poi un goal, per aver rinviato la trattativa su un'etichetta oggettivamente fuorviante rispetto agli obiettivi che venivano declamati dalle multinazionali che avevano interesse a condizionare, più che a proporre, una alimentazione equilibrata.
Lei, collega, ha parlato di filiere. Io non so se intendesse riferirsi al rafforzamento delle filiere, allo sforzo che il Governo ha fatto raddoppiando i fondi in agricoltura e arrivando a 7 miliardi e, in particolare, aggiungendo, sulle filiere a cui faceva riferimento, ai 630 milioni previsti dal Governo di cui il Partito Democratico faceva parte, altri 2 miliardi che garantiranno un certo dinamismo ai settori che lei richiamava come degni di interesse e che noi, oggettivamente, con le risorse inserite, abbiamo dimostrato di aver a cuore.
Quanto alla vicenda riguardante il lavoro, io credo che sia centrale la valorizzazione del lavoro. È stato il mio primo decreto quello sulla condizionalità sociale, per mettere in condizioni di penalizzare chi sfrutta il lavoro e chi utilizza lavoratori in nero. È stato il primo decreto, ma questa mattina, alla conferenza stampa insieme ad INAIL sulla sicurezza del lavoro, ho ricordato i 90 milioni stanziati per l'acquisto di mezzi agricoli sicuri perché, quando ci chiedono quanti morti ci sono, quanti infortuni ci sono la mia risposta non è un numero, è una parola: troppi, sempre troppi. Bisogna intervenire e se oggi si arriva a 90 milioni, cioè a 55 milioni più dell'annualità precedente, un record da quando esistono i bandi ISI, che sono gli interventi per la sicurezza sul lavoro, credo che abbiamo messo al centro questo tema. Anzi, come ho proposto questa mattina - spero che il Parlamento voglia lavorarci insieme al Governo con quella sintonia necessaria - nelle etichettature dei prodotti noi vorremmo leggere, oltre che la sostenibilità ambientale, oltre che la provenienza di alcuni elementi che li compongono, oltre il meccanismo di trasformazione, quanto viene tutelato, da quelle aziende, il lavoro e il welfare aziendale nei confronti di coloro che collaborano a mantenere la qualità in questo settore.
Si è parlato di grano. Certamente, la crisi internazionale, che pure lei ha descritto, ha fatto abbattere le scelte che si fanno come alleanza internazionale a difesa della libertà dell'Ucraina e ha posto alcune criticità. Le importazioni irregolari forse esistono. Quello che potevo fare era creare la cabina di regia della sicurezza e da mesi - lo ripeto, da mesi - Carabinieri, Guardia di finanza, Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, Sistema doganale e Guardia costiera lavorano insieme, in sinergia, esattamente ai controlli del grano che arriva da fuori dei nostri confini, non certamente da oggi. Poi, il prezzo del grano è legato ai prezzi delle commodities e quindi difficilmente è influenzabile dal singolo Governo nazionale. Però, quello che potevamo fare era tentare di prevenire e, ove possibile, reprimere le importazioni che fanno invece variare la concorrenza di carattere interno. Ringrazio il personale delle Forze dell'ordine e, in particolare, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari che, a mio avviso, è uno strumento che va valorizzato. Certo, questo Governo ha programmato, anzi, questo Parlamento ha programmato l'assunzione di 300 nuovi agenti che rafforzeranno uno strumento essenziale.
Lei ha citato la vicenda delle pere. Mi accorgo che la comunicazione forse è un grande limite di questo Governo o, almeno, del mio Ministero e, forse, solamente del Ministro Lollobrigida, perché non arrivano bene i messaggi. Sulle pere già abbiamo stanziato 20 milioni e non 10 e lo abbiamo fatto perché sappiamo che è uno straordinario frutto della nostra tradizione ma, soprattutto, una coltura che ha subìto, in questi anni, un decremento perenne e costante. Quest'anno, in particolare, ha visto un'aggressione a causa delle fitopatie, oltre che degli eventi climatici, che la stanno ulteriormente penalizzando, con una sostituzione da parte di altri tipi di colture più resistenti e, se le cose dovessero continuare così, anche più vantaggiose per chi le realizza. Abbiamo risposto in quest'Aula, proprio perché non sfuggiamo, a un question time sul tema, ragionando con i colleghi che l'hanno posto e spiegando in diretta televisiva, solo la settimana scorsa, quali erano gli interventi del Governo attuali e quelli che abbiamo in programma, comunque, insieme all'aiuto e alla promozione del sistema pera che sono andati, per esempio, a sbloccare una vicenda ormai di lungo corso che, però, in sei mesi siamo riusciti a sbloccare, cioè l'importazione delle pere da parte della Cina, vietata in passato, che metterà nella condizione di aprirci un nuovo mercato dalle dimensioni che voi ben conoscete e che non è utile ricordare.
Abbiamo parlato della vicenda del granchio blu. Sul granchio blu il Governo, sì, certo, poteva agire forse più celermente. Ci ha messo ben 20 giorni, anzi meno, 18 giorni a stanziare i primi 2.900.000 euro per andare incontro alle esigenze che ci sono state segnalate il 19 luglio. Con il decreto del 7 agosto già sostenevamo il mondo dell'allevamento, degli agricoltori di mare. Mi piace questo termine e ho condiviso con loro una denominazione che, peraltro, nella legge di stabilità, non sarà sfuggito, mette per la prima volta i pescatori italiani nella condizione di avere pari trattamento rispetto agli agricoltori italiani, perché prima erano un po' considerati dei personaggi minori. Per esempio, ricordo che non c'è la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza per il granchio blu, la legge italiana non lo prevede. La Protezione civile ci ha risposto che non è una condizione che rientra tra quelle previste per lo stato di emergenza. Ma è possibile dichiarare, adesso sì, lo stato di calamità, perché abbiamo modificato, nella legge di stabilità appena approvata, la condizione che faceva dei pescatori soggetti diversi dagli agricoltori. Quindi, ora possono avere lo stesso tipo di benefici attraverso uno strumento nuovo che amplia alle aziende di agricoltura di mare lo stesso trattamento delle aziende di natura agricola.
Abbiamo inserito, oltre a quelli, altri 10 milioni. Nessuna regione ha stanziato fondi di questa natura per la vicenda del granchio blu, del granchio nuotatore, come si chiamava fino a poco tempo fa. Ricorda bene la collega Gadda quanto abbiamo lavorato velocemente per cercare di dare una definizione che fosse in linea con quella ormai diventata quotidiana da parte delle emittenti televisive e anche dei nostri cuochi, di coloro che immettevano nel mercato il granchio blu, tentando di depotenziare una specie che, però, non è apparsa l'altro ieri. Il granchio blu per riprodursi ci mette 18 mesi, per arrivare a compimento della sua riproduzione. Quindi, la crisi nasce da un animale che si è riprodotto, con fluttuazione di abbondanza, ben prima che si insediasse il Governo, ma è dal 1987 che la Comunità economica europea, come si chiamava allora, insieme alla FAO definiscono il granchio blu, non una specie aliena, ma una specie che ormai va considerata tra quelle che si trovano nel nostro mar Mediterraneo.
Avremmo auspicato che ci fosse un modello della nostra ricerca che ci mettesse nelle condizioni di affrontare una criticità che poteva essere prevista, come poteva essere prevista la crescita esponenziale del numero di cinghiali nella nostra Nazione, che sono diventati un vettore per la PSA. Lei sa meglio di me quanti danni hanno arrecato al sistema agricolo, sui quali siamo intervenuti. È stato interessante ascoltare le tante dinamiche, quello che avremmo potuto fare in più. Mi ha permesso anche di ricordare qualcosa che abbiamo già fatto per sanare le criticità che negli anni si sono affastellate in questa nostra Nazione, anche nell'ambito dell'Unione europea, nella quale crediamo. Noi crediamo che l'Unione europea debba proprio cambiare rotta sul mondo agricolo e anche la von der Leyen, un po' ostica a ragionare di questo in passato, ha nell'ultimo suo intervento ricordato l'importanza dell'agricoltura.
Per quanto riguarda il Parlamento europeo, in maniera trasversale, voglio ringraziare il collega De Castro, il collega Dorfmann e il collega Procaccini che, insieme, hanno raccolto, in maniera trasversale, la partita, per esempio, sul packaging, anche se non ha avuto un esito positivo, e quella sulle indicazioni geografiche. Il sistema Italia ha lavorato in maniera coesa e abbiamo vinto alcune battaglie. Oggi, si doveva parlare, ovviamente, di un argomento che, come è stato ben detto dal collega La Salandra prima, è un elemento che, come la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell'UNESCO, non serve a certificare qualcosa che esiste ma serve a fare da traino a quelle filiere che hanno nella distribuzione finale e nella trasformazione un elemento portante del mercato. Quindi, per aumentare l'export bisogna valorizzare ancora di più la nostra cucina, che certo si difende da sola. La nostra cucina parla tutte le lingue, siamo stati “contaminati” in senso positivo, nei millenni, da tutte le culture e, quindi, automaticamente riusciamo a recepire e anche a promuovere probabilmente sapori compatibili con tutte le culture del pianeta.
Abbiamo una grande fortuna, però. Spiegare bene cosa differenzia il Parmigiano Reggiano, tanto caro a un'eccellenza italiana come Bottura, dal Parmesan, lo si fa anche attraverso l'esplicazione di cos'è la cucina italiana, di quali sono i migliori interpreti della stessa e quali sono i prodotti, come lei correttamente ricordava, che permettono di affermarla nella sua importanza, per le nostre imprese, ma anche per il bene e per il benessere del resto dell'umanità.
Non voglio annoiare oltre, ma so bene che i colleghi che sono presenti, di maggioranza e opposizione, sono interessati, tanto al mondo agricolo quanto alla promozione dei nostri prodotti. E devo dire che c'è poca ideologia e c'è poca faziosità in un terreno di confronto come quello legato al mondo agricolo e ai nostri prodotti. Io credo che lo sforzo fatto nella Consulta dei ministri, sperando che alcuni termini vengano iscritti nel DNA di tutte le forze politiche, non cambi a seconda dei ruoli che si interpretano all'interno del Parlamento. Può essere una grande sfida, che fa crescere il nostro Paese. Su altri temi è difficile trovare grandi convergenze. Sono certo che, invece, uno sforzo si possa fare in questo settore e auspico che i tanti temi dello spreco alimentare, della valorizzazione, eccetera, possano trovarci convergenti.
La disponibilità da parte di questo Governo è, da questo punto di vista, totale, se c'è, da parte di tutti, la volontà di raggiungere questo obiettivo. Altrimenti, noi resteremo orgogliosi delle cose che facciamo, invertendo i fattori e intendendo, sempre in modo positivo, spendere meno e investire sulle grandi potenzialità: in questo caso, ripeto, 2.000 euro per le medaglie di bronzo - di cartone, certamente sarebbero costate di meno, ma sono di bronzo - e valorizzare il ruolo delle nostre eccellenze, dicendo loro “siete dei riferimenti” e sperando anche di fare qualcosa per i nostri giovani. A questo ci tengo molto: noi abbiamo avuto, infatti, un calo verticale delle iscrizioni negli istituti agrari e alberghieri, negli ultimi anni, perenne, denunciato dalle associazioni, dalla rete degli istituti agrari e degli istituti alberghieri e da tutti i cuochi, anche quelli che, magari, hanno espresso, in altre occasioni, una diversa opinione su tanti temi, ma su questo hanno trovato una convergenza ampia. Dunque, fare qualcosa - ricordo Cracco, uno per tutti, in uno dei primi incontri che abbiamo svolto, Derflingher, Circiello con la Nazionale italiana cuochi - contro il pericolo del decremento dei nostri studenti. Perché? Perché, purtroppo, quando vai a casa, se non vieni dal mondo agricolo o del sistema alberghiero e dici a tua madre o a tuo padre “vado a fare l'alberghiero” o “vado a fare l'agrario”, a volte trovi un po' di ostilità, perché non ne capiscono, magari, il valore. Se, invece, dici che vai a fare il calciatore, lì no, lì hai fatto una scelta, una grande scommessa. Ecco, io spero un giorno che, anche in Italia, come già avviene in gran parte del Nord Europa e in Francia, quando uno torna a casa e dice ai suoi genitori “ho scelto di non fare il classico” - io vengo dal liceo classico, quindi non lo dico in maniera negativa – “ho scelto di fare l'agrario, l'alberghiero, il nautico”, o una di quelle tante scuole di eccellenza, gli facciano un applauso e gli dicano “fai quello che corrisponde alla tua passione”, sapendo anche, però, che gli affidano una professione che gli darà grandi riconoscimenti dal punto di vista economico, valoriale e anche sociale. E io spero che questo riconoscimento serva a quest'ultima fase (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia di misure alternative alla detenzione, sanzioni sostitutive di pene detentive, liberazione condizionale e sospensione condizionale della pena, fatto a San Marino il 31 marzo 2022 (A.C. 924?).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 924: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia di misure alternative alla detenzione, sanzioni sostitutive di pene detentive, liberazione condizionale e sospensione condizionale della pena, fatto a San Marino il 31 marzo 2022.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 924?)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Simone Billi.
SIMONE BILLI , Relatore. Grazie, Presidente. Colleghi, questo disegno di legge, come accennava lei, Presidente, riguarda la ratifica dell'Accordo con la Repubblica di San Marino sul riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia di misure alternative alla detenzione, che è stato fatto proprio a San Marino, il 31 marzo 2022.
In termini generali, questo provvedimento ha la finalità di estendere la cooperazione giudiziaria bilaterale con San Marino al settore disciplinato, nell'ambito del Consiglio d'Europa, dalla Convenzione sulla sorveglianza delle persone condannate o liberate sotto condizione, che è stata firmata a Strasburgo il 30 novembre 1964 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge n. 772 del 1973. Quindi, con questa Convenzione, le parti contraenti si impegnano a prestarsi assistenza al fine della riabilitazione sociale dell'individuo, che nel loro territorio sia oggetto di una condanna giudiziaria accompagnata da una sospensione condizionale della pena o di una condanna a pena detentiva o misura privativa della libertà personale.
La relazione del Governo precisa che, rispetto a tale Convenzione, l'ambito di applicazione è ampliato a tutte le misure lato sensu intese, che ricadano sotto la disciplina della decisione quadro in materia del Consiglio dell'Unione europea che, ricordo, è la 2008/947/GAI, attuata in Italia dal decreto legislativo n. 38 del 2016. Mi limito a ricordare che tale decisione quadro estende il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all'esecuzione delle pene non restrittive della libertà personale e fissa le norme che ogni Stato membro deve conseguire per svolgere la sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive emesse da un altro Stato membro. Sostituisce, pertanto, le disposizioni corrispondenti della richiamata convenzione del Consiglio d'Europa.
Presidente, a questo punto vi chiederei di depositare il resto dell'intervento e, se acconsente, lo deposito istantaneamente.
PRESIDENTE. La Presidenza acconsente.
Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.
EDMONDO CIRIELLI, Vice Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
Signor Presidente, l'Italia intrattiene con San Marino strettissimi ed eccellenti rapporti bilaterali e l'interlocuzione con le autorità sammarinesi è costante. Lo scorso 6 dicembre si è tenuta la visita di Stato a San Marino del Presidente della Repubblica, a suggello di quello che ho detto. Perciò l'Italia sostiene i negoziati tra la Repubblica di San Marino e l'Unione Europea per la conclusione di un Accordo di associazione che avrebbe ricadute positive anche sui rapporti bilaterali. Le due Repubbliche hanno avviato da tempo una cooperazione fruttuosa nel settore della giustizia, una cooperazione assolutamente necessaria, data la tradizionale vicinanza fra le due popolazioni e la condivisione dello stesso territorio senza barriere e senza frontiere. Lo scopo dell'Accordo sul riconoscimento dell'esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia di misure alternative alla detenzione è estendere la cooperazione giudiziaria bilaterale con San Marino al settore disciplinato, nell'ambito del Consiglio d'Europa, dalla Convenzione sulla sorveglianza delle persone condannate o liberate sotto condizione, firmata a Strasburgo il 30 novembre 1964. L'Accordo prevede una disciplina mutuata da quella analoga di matrice dell'Unione europea, che fa esplicito riferimento al reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie. La procedura che fa perno sul contatto diretto fra le competenti autorità giudiziarie dei due Paesi ha il vantaggio di aumentare l'efficienza e l'effettività delle pronunce giudiziarie e assicurare un'amministrazione il più possibile unitaria dello spazio di giustizia dei due Paesi. Perciò è molto importante la rapida approvazione del provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elisabetta Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Vice Ministro, siamo qui, come è già stato ricordato, per discutere sulla ratifica e l'esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia di misure alternative alla detenzione, sanzioni sostitutive di pene detentive e liberazione condizionale e sospensione condizionale della pena, fatto proprio a San Marino il 31 marzo 2022. Come ha bene ricordato il Vice Ministro, tra i nostri due Paesi, la Repubblica italiana e la piccola Repubblica di San Marino, ci sono rapporti antichi.
Tra i nostri due Stati c'è un'amicizia fondata sulle radici comuni, sulla naturale vicinanza territoriale, sull'innegabile integrazione economica e sociale tra i nostri popoli; basti pensare alle migliaia di lavoratori frontalieri che ogni giorno passano il confine tra le nostre due Nazioni. Pensiamo, poi, all'intervento umanitario, che ricordo sempre con commozione, partito dalla piccola Repubblica di San Marino, per venire in soccorso degli alluvionati della Romagna e a come abbiano sostenuto con affetto e con impegno i tanti e tantissimi sfollati.
Come ricordava il Vice Ministro, negli ultimi mesi queste relazioni si sono anche intensificate. Vorrei ricordare come, alla fine di novembre, il Sottosegretario Mantovano incontrò a Villa Manzoni il Segretario di Stato per gli Affari esteri Luca Beccari; sul tavolo c'erano diversi temi, primo fra tutti il percorso di San Marino verso l'Unione europea, per il quale l'Italia ribadisce il suo appoggio, ma hanno affrontato anche altri argomenti, come il rapporto tra amministrazioni, lo snellimento della burocrazia tra i due Stati e la collaborazione giudiziaria. Quindi, con questo Accordo i rapporti diplomatici tra noi e la Repubblica di San Marino fanno un ulteriore passo avanti, grazie, dunque, a questo Accordo che salutiamo con favore.
Il provvedimento, come precisa la relazione allegata al disegno di legge in esame e come ha già ricordato anche il relatore Billi, ha la finalità di estendere la cooperazione giudiziaria bilaterale con San Marino al settore disciplinato - ovviamente nell'ambito del Consiglio d'Europa - dalla Convenzione sulla sorveglianza delle persone condannate o liberate sotto condizione, che era stata firmata a Strasburgo il 30 novembre 1964 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge n. 772 del 1973. Ricordo che la Convenzione firmata a Strasburgo nel 1964 impegna le parti contraenti a prestarsi assistenza, al fine della riabilitazione sociale delle persone condannate in tutto o in parte con la condizionale, e anche al loro controllo. In questo senso lo Stato di condanna può richiedere allo Stato di residenza abituale di assicurare la sorveglianza del condannato o di assicurare la sorveglianza e procedere eventualmente all'esecuzione della condanna, o di assicurare la completa applicazione della condanna.
L'Accordo oggetto di ratifica, che si compone di un preambolo e di 26 articoli, introduce disposizioni che regolano il reciproco riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie che applicano misure alternative alla detenzione o sanzioni sostitutive di pene detentive oppure infliggono pene detentive condizionalmente sospese, imponendo obblighi o prescrizioni, oppure impongono obblighi o prescrizioni all'atto della liberazione condizionale ai fini della sorveglianza dell'esecuzione delle suddette misure o sanzioni o dell'adempimento dei sopracitati obblighi o prescrizioni qualora tali misure, sanzioni, obblighi e prescrizioni riguardino persone che non hanno la cittadinanza o la legale e abituale residenza nella parte in cui la decisione giudiziaria è stata emessa, bensì nell'altra parte.
Con il provvedimento in esame andiamo, di fatto, come forse è già stato ricordato, ad estendere una buona pratica comunitaria anche a uno Stato che non appartiene - almeno ancora non appartiene - all'Unione europea. La finalità è, da un lato, quella di aumentare le possibilità di reinserimento sociale della persona condannata, consentendole, tra l'altro, di mantenere o recuperare i propri legami affettivi, familiari, lavorativi e culturali; dall'altro, quello di migliorare il controllo dell'esecuzione dei corrispondenti obblighi e prescrizioni allo scopo di ridurre il rischio di recidiva, così proteggendo le vittime dei reati e, più in generale, la collettività.
La disciplina è mutuata dall'analoga disciplina di matrice eurounitaria, come si ricava dall'esplicito riferimento al reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e, più in generale, dall'impianto complessivo dell'articolato, tra l'altro con l'adozione dell'elenco delle rilevanti tipologie di illecito quale meccanismo di superamento del requisito della doppia incriminazione, sulla scorta di quanto ormai prevedono praticamente tutti gli strumenti eurounitari di cooperazione giudiziaria penale.
Vi è un articolato del quale adesso non elenco tutti gli articoli; però forse qualche articolo va ricordato.
L'articolo 1 individua l'oggetto dell'Accordo, che consiste nella disciplina del reciproco riconoscimento delle sentenze di condanna con la sospensione condizionale della pena o con la concessione di sanzioni sostitutive di pene detentive, nonché delle decisioni di liberazione condizionale o concessione di misure alternative alla detenzione che impongono obblighi o prescrizioni in vista della loro sorveglianza a carico delle Parti, nei limiti in cui tali disposizioni non siano incompatibili con i principi fondamentali dei rispettivi ordinamenti giuridici in tema di diritti di libertà e giusto processo.
L'articolo 5 specifica l'ambito di applicazione dell'Accordo, con l'elenco delle misure cui si estende la disciplina per i due Stati, gli obblighi e le prescrizioni interessate, stabilendo l'estensione della normativa anche a obblighi e prescrizioni affini, mettendo l'accento sulla reciproca assistenza da parte delle due autorità giudiziarie per la sorveglianza degli obblighi e delle prescrizioni impartite riguardo alle decisioni inerenti l'esito degli istituti in questione.
L'articolo 10 si occupa dell'adeguamento delle sanzioni sostitutive, delle misure alternative alla detenzione, della liberazione condizionale e sospensione condizionale alle misure proprie dello Stato di esecuzione, qualora le stesse siano, in qualche modo, incompatibili con quelle dello Stato di emissione; ad esempio, la durata di una pena non può eccedere quella massima prevista dal proprio ordinamento, ovviamente. Poi questo è un esempio delle cose che potrebbero portare a non applicare in tutto la sentenza nello Stato dove risiede la persona condannata.
L'articolo 11 comprende l'elenco dei reati che, qualora definiti dalla legge della Parte di emissione con la decisione di applicazione di una pena detentiva o misura restrittiva della libertà personale inferiore a un anno, determinano il riconoscimento immediato del provvedimento, senza alcuna verifica circa la doppia incriminazione del fatto costituente reato. Ci sono poi eccezioni, che adesso non sto a elencare.
Infine, l'articolo 23, sulle relazioni con altri accordi e compatibilità con il diritto internazionale e dell'Unione europea, stabilisce che l'Accordo in oggetto sostituisce le disposizioni di ogni altro eventuale accordo bilaterale o multilaterale sulla materia tra lo Stato italiano e la Repubblica di San Marino, salvo che le stesse consentano una maggiore semplificazione e più rapida applicazione delle norme relative alla sorveglianza degli obblighi e delle prescrizioni contenute nelle decisioni di riconoscimento ed esecuzione delle misure citate. Pertanto, entro un anno dalla sua entrata in vigore, le Parti dovranno reciprocamente comunicarsi quali saranno le disposizioni di altri accordi bilaterali o multilaterali che intendano continuare ad applicare, considerando comunque, per lo Stato italiano, il rispetto e la compatibilità delle norme con quelle del diritto dell'Unione europea.
Come ha già ricordato il Vice Ministro, mi piace, in conclusione, ricordare che la ratifica di questo Accordo giunge a poche settimane dalla visita del Presidente Mattarella nella Repubblica di San Marino, una notizia, anche quella, che aveva testimoniato una sempre più solida e rinnovata amicizia tra la Repubblica italiana e la piccola Repubblica dello Stato di San Marino. Quindi, siamo veramente accanto a quanto detto dal Vice Ministro e riteniamo che la ratifica di questo Accordo segni un passo importante, un passo che guardiamo con estremo favore (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle generali.
(Repliche - A.C. 924?)
PRESIDENTE. Il relatore, deputato Simone Billi e il rappresentante del Governo, Vice Ministro Edmondo Cirielli, rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 16 gennaio 2024 - Ore 11:
1. Svolgimento di una interpellanza e una interrogazione .
(ore 15)
2. Seguito della discussione della proposta di legge:
PITTALIS ed altri: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione. (C. 893-A?)
e delle abbinate proposte di legge: ENRICO COSTA; MASCHIO ed altri; BISA ed altri. (C. 745?-1036?-1380?)
Relatori: ENRICO COSTA e PELLICINI.
3. Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 693 - Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale (Approvato dal Senato). (C. 1297?)
e dell'abbinata proposta di legge: BAGNAI ed altri. (C. 789?)
Relatore: PALOMBI.
4. Seguito della discussione del disegno di legge:
Istituzione del premio di "Maestro dell'arte della cucina italiana". (C. 1419-A?)
Relatrice: LA PORTA.
5. Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia di misure alternative alla detenzione, sanzioni sostitutive di pene detentive, liberazione condizionale e sospensione condizionale della pena, fatto a San Marino il 31 marzo 2022. (C. 924?)
Relatore: BILLI.
6. Seguito della discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2023, sul Programma di lavoro della Commissione per il 2023 e sul Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea. (Doc. LXXXVI, n. 1-A)
Relatore: GIORDANO.
La seduta termina alle 19,10.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: SIMONE BILLI (A.C. 924?)
SIMONE BILLI, Relatore. (Relazione – A.C. 924?). Illustre Presidente, colleghi Deputati, rappresentante del Governo, il disegno di legge in esame reca l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo con la Repubblica di San Marino sul riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia di misure alternative alla detenzione, fatto a San Marino il 31 marzo 2022.
In termini generali, il provvedimento ha la finalità di estendere la cooperazione giudiziaria bilaterale con San Marino al settore disciplinato, nell'ambito del Consiglio d'Europa, dalla Convenzione sulla sorveglianza delle persone condannate o liberate sotto condizione, firmata a Strasburgo il 30 novembre 1964 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge n. 772 del 1973.
Con tale Convenzione le Parti contraenti si impegnano a prestarsi assistenza al fine della riabilitazione sociale dell'individuo che, nel loro territorio, sia oggetto di una condanna giudiziaria accompagnata da una sospensione condizionale della pena o di una condanna a pena detentiva o misura privativa della libertà personale. La relazione del Governo precisa che, rispetto a tale Convenzione, l'ambito di applicazione è ampliato a tutte le misure, lato sensu intese, che ricadono sotto la disciplina della decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea 2008/947/GAI, attuata in Italia dal decreto legislativo n. 38 del 2016.
Al riguardo, mi limito a ricordare che tale decisione quadro estende il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all'esecuzione delle pene non restrittive della libertà personale e fissa le norme che ogni Stato membro deve seguire per svolgere la sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive emesse da un altro Stato membro. Essa sostituisce, pertanto, le disposizioni corrispondenti della richiamata Convenzione del Consiglio d'Europa.
L'accordo di cui trattiamo si compone di un preambolo e di 26 articoli.
In particolare, l'articolo 1 individua l'oggetto dell'accordo nel reciproco riconoscimento delle sentenze di condanna con la sospensione condizionale della pena o con la concessione di sanzioni sostitutive di pene detentive, nonché delle decisioni di liberazione condizionale o concessione di misure alternative alla detenzione che impongono obblighi o prescrizioni in vista della loro sorveglianza nelle parti.
L'articolo 2 contiene le definizioni relative ai profili giuridici, mentre l'articolo 3 individua le finalità dell'accordo nella riabilitazione e nel recupero dei soggetti interessati, nella riduzione dei rischi di recidiva e nella protezione delle vittime e della collettività.
Gli articoli 4 e 5 specificano le Autorità centrali competenti per l'accordo e l'ambito di applicazione, mentre gli articoli dal 6 al 9 riguardano l'iter procedurale di trasmissione e recepimento delle decisioni ai fini del loro riconoscimento ed esecuzione.
L'articolo 10, relativo all'adattamento delle sanzioni sostitutive, delle misure alternative e delle misure di liberazione e sospensione condizionale, attribuisce alle autorità giudiziarie dei due Paesi rilevanti poteri di adattamento delle misure in questione. Particolare rilievo ha la previsione che l'istruttoria possa essere compiuta nel corso del procedimento poi definito dalla decisione giudiziaria.
L'articolo 11 riguarda la doppia incriminazione e riporta l'elenco dei tipi di reati previsti dalla legge della Parte di emissione e punibili, secondo tale legge, con una pena detentiva o una misura restrittiva della libertà personale della durata massima non inferiore a un anno, che danno luogo al riconoscimento della decisione ai sensi dell'Accordo, senza una ulteriore verifica della doppia incriminazione del fatto.
L'articolo 12 disciplina i motivi di rifiuto del riconoscimento e/o dell'esecuzione da parte dell'autorità competente del Paese di esecuzione nei confronti della decisione in materia di misure alternative, sanzioni sostitutive, liberazione condizionale e sospensione condizionale della pena e/o il trasferimento della sorveglianza sui relativi obblighi o prescrizioni, dettagliandone i casi previsti. È tuttavia previsto, all'articolo 13, che in alcuni casi l'autorità giudiziaria, prima di procedere al rifiuto, possa richiedere alla Parte di emissione ulteriori informazioni e chiarimenti ai fini del riconoscimento della decisione, con un termine di sessanta giorni.
L'articolo 14, sulla legislazione applicabile, ulteriormente completato dagli articoli dal 15 al 17, afferma che l'esecuzione della decisione avviene attraverso le modalità previste appunto dalla legislazione della Parte di esecuzione, che si occupa anche di vigilare sul rispetto degli obblighi e prescrizioni impartiti anche riguardo all'obbligo di risarcire i danni cagionati a seguito del reato, richiedendo la prova dell'adempimento.
L'articolo 19 riguarda cessazione della competenza della Parte di esecuzione sul riconoscimento della sanzione sostitutiva, della misura alternativa, della liberazione condizionale o sospensione condizionale della pena.
L'articolo 20, invece, concerne le comunicazioni e consultazioni tra le autorità competenti, che possono avvenire appunto tramite le autorità giudiziarie o tramite le autorità centrali degli Stati.
L'articolo 21 si occupa del criterio di ripartizione delle spese derivanti dall'Accordo, stabilendo che le stesse sono a carico della Parte di esecuzione, ad eccezione delle attività e degli atti da compiersi esclusivamente nel territorio della Parte di emissione.
L'articolo 22 riguarda il trattamento dei dati personali, mentre l'articolo 23 concerne le relazioni con altri accordi e la compatibilità con il diritto internazionale e dell'Unione europea. Esso stabilisce, in particolare, che l'Accordo sostituisce le disposizioni di ogni altro eventuale accordo bilaterale o multilaterale sulla materia tra lo Stato italiano e la Repubblica di San Marino, salvo che le stesse consentano una maggiore semplificazione e più rapida applicazione delle norme di riconoscimento ed esecuzione delle misure citate.
L'articolo 24 disciplina la risoluzione delle controversie riguardanti l'interpretazione o l'applicazione delle norme dell'Accordo, da risolvere tramite consultazioni dirette tra le Parti.
Da ultimo, gli articoli 25 e 26 contengono, rispettivamente, alcune disposizioni transitorie, e le clausole sull'entrata in vigore e l'eventuale recesso.
Il disegno di legge di ratifica si compone a sua volta di 5 articoli.
In particolare, l'articolo 3 riguarda le norme applicabili per l'attuazione dell'Accordo, rinviando, salvo quanto espressamente previsto, alle disposizioni contenute nel sopra citato decreto legislativo n. 38 del 2016.
Da ultimo, l'articolo 4 contiene la clausola di invarianza finanziaria, per la quale dall'attuazione della legge di autorizzazione alla ratifica non devono derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.