XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 23 di lunedì 12 dicembre 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ROBERTO GIACHETTI , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 9 dicembre 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 53, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: S. 299 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 novembre 2022, n. 169, recante disposizioni urgenti di proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento di iniziative della NATO, delle misure per il servizio sanitario della regione Calabria, nonché di Commissioni presso l'Aifa. Differimento dei termini per l'esercizio delle deleghe in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari (Approvato dal Senato) (A.C. 664?).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 664: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 novembre 2022, n. 169, recante disposizioni urgenti di proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento di iniziative della NATO, delle misure per il servizio sanitario della regione Calabria, nonché di Commissioni presso l'Aifa. Differimento dei termini per l'esercizio delle deleghe in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 664?)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni IV (Difesa) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la IV Commissione, onorevole Roberto Bagnasco.

ROBERTO BAGNASCO , Relatore per la IV Commissione. Grazie, Presidente. Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 169 del 2022, approvato con modificazioni in prima lettura dall'Assemblea del Senato nella seduta dello scorso 30 novembre, si compone di sei articoli (più l'entrata in vigore).

Il provvedimento è stato emanato dal Consiglio dei ministri al fine di rispondere, da un lato, all'emergenza determinata dal perdurare delle condizioni di gravità della situazione in Ucraina, attraverso la proroga di tre mesi della partecipazione italiana all'unità di alta prontezza della NATO, denominata Very high readiness joint task force (VJTF), e, dall'altro, alla necessità di proseguire le attività avviate dalla regione Calabria in relazione al personale degli enti del servizio sanitario regionale, con la proroga delle misure a sostegno del servizio sanitario regionale per ulteriori sei mesi.

Le Commissioni hanno esaminato il provvedimento nelle giornate del 5 e del 6 dicembre, senza apportare alcuna modifica, anche in ragione dei tempi ristretti a disposizione per la conversione del decreto-legge.

Il Comitato per la legislazione ha espresso il proprio parere insieme alle Commissioni affari costituzionali, giustizia, affari esteri, finanze, ambiente e lavoro che hanno formulato un parere favorevole sul provvedimento in esame.

La Commissione difesa ha competenza sulle disposizioni contenute negli articoli 1, 1-bis, 1-ter e 1-quater, gli ultimi tre introdotti durante l'esame presso il Senato.

In particolare, l'articolo 1, al comma 1, proroga fino al 31 dicembre del 2022 l'invio del contingente militare italiano impegnato nell'ambito del citato dispositivo NATO.

Ricordo che il contributo italiano è articolato in un comando di componente per operazioni speciali, in un'unità del genio militare per il supporto alle operazioni terrestri e in aeromobili destinati alla ricerca e al soccorso di personale isolato, alla raccolta informativa, al trasporto tattico e al rifornimento in volo, per complessive 1.350 unità di personale militare, 77 mezzi terrestri, 2 mezzi navali e 5 mezzi aerei.

Il contributo era stato disposto fino al 30 settembre del 2022 dall'articolo 1 del decreto-legge n. 14 del 25 febbraio 2022, in ragione dell'invasione russa in Ucraina, nell'intento di rafforzare la postura militare dell'Alleanza atlantica sul fianco orientale dell'Europa al fine di garantire, a fronte della grave situazione di crisi in atto, il necessario livello di deterrenza e, ove necessario, di difesa.

Rammento, altresì, sempre con riferimento all'esigenza di rafforzare la presenza della NATO in tale contesto geografico, che, con il decreto-legge n. 14 del 2022, è stata prevista anche la proroga fino al 31 dicembre 2022 della partecipazione di personale militare al potenziamento dei dispositivi NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza, per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza, per la presenza in Lettonia, nonché per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza, mentre, nel mese di luglio, rispettivamente con le risoluzioni n. 8-00175 e Doc. XXIV n. 66, le Commissioni difesa della Camera e del Senato hanno autorizzato la partecipazione di 1.000 unità di personale militare, da modulare tra Bulgaria e Ungheria, e di 380 mezzi terrestri alla nuova missione nell'area sud-est dell'Alleanza proposta con la deliberazione del Consiglio dei ministri adottata il 15 giugno 2022.

Il comma 2 dell'articolo 1 dispone, al pari di quanto di norma previsto nelle deliberazioni per l'autorizzazione alle missioni di pace, che al personale militare impiegato nel contingente si applichino le disposizioni di cui ai capi III (norme sul personale), IV (disposizioni penali) e V (altre disposizioni) della legge quadro sulle missioni internazionali (legge n. 145 del 2016).

Infine, il comma 3 stabilisce che dalla norma non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Al riguardo, faccio presente che nella relazione tecnica si precisa che gli oneri collegati alla proroga sono assorbiti dalle minori esigenze finanziarie generate a seguito della rimodulazione temporale dei numeri di personale immesso o da immettere nel teatro operativo per l'intero periodo (1° aprile 2022-31 dicembre 2022).

Pertanto, viene richiamata l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 14 del 2022, che aveva quantificato in euro 86.129.645 la spesa relativa alla partecipazione di personale militare al dispositivo NATO VJTF a decorrere dal 1° aprile 2022 e fino al 30 settembre 2022.

Durante l'esame al Senato sono state approvate alcune modifiche che riguardano materie di interesse della difesa. In primo luogo, in osservanza al parere parlamentare espresso dalla Commissione difesa lo scorso 23 novembre sullo schema di decreto legislativo attuativo di una parte delle deleghe contenute nella legge sulle libertà sindacali delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare (atto n. 6), è stato differito di dodici mesi il termine per l'esercizio delle stesse. L'esercizio delle deleghe sarà quindi possibile non più entro i sei mesi dall'approvazione della legge, ovvero entro il 27 novembre 2022, del resto già scaduto, ma fino a 18 mesi, ossia fino al 27 novembre 2023. Tale modifica è stata aggiunta nell'articolo 1 del disegno di legge di conversione. Nello specifico, si tratta delle deleghe volte a disciplinare particolari limitazioni all'esercizio dell'attività sindacale in attività operativa, addestrativa, formativa ed esercitativa, anche fuori del territorio nazionale o a bordo di unità navali (articolo 9, commi 15 e 16), ad abrogare le disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano gli istituti della rappresentanza militare (articolo 16, comma 1, lettera a)), a novellare il codice dell'ordinamento militare al fine di inserirvi le disposizioni della legge n. 46 del 2022 (articolo 16, comma 1, lettera b)), nonché a modificare ed integrare le norme necessarie per il coordinamento delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti con le norme della legge n. 46 del 2022 (articolo 16, comma 1, lettera c)).

È stato poi aggiunto l'articolo 1-bis che modifica l'articolo 538-bis del codice dell'ordinamento militare sui contratti relativi alle missioni internazionali, specificando ed integrando i settori di spesa per i quali il Ministero della Difesa è autorizzato ad avviare il finanziamento e le modalità con le quali disporre l'affidamento nelle more della conclusione dei provvedimenti di autorizzazione e proroga delle missioni internazionali. In particolare, la nuova elencazione comprende i servizi di vettovagliamento e gli interventi infrastrutturali, l'approvvigionamento di munizionamento, nonché l'acquisto e la manutenzione di equipaggiamenti, mezzi, sistemi d'arma, sistemi per il comando e controllo, sistemi per le comunicazioni, sistemi per la raccolta informativa, sistemi per la ricognizione e sorveglianza, sistemi cyber e impianti di telecomunicazioni, comprensivi delle scorte.

È stato poi introdotto l'articolo 1-ter, che ha inserito nel capo III del titolo II del libro terzo del codice dell'ordinamento militare, il nuovo articolo 544-bis. La disposizione autorizza il Ministero della Difesa, nell'ambito delle iniziative aventi finalità di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, ad acquistare materiali non d'armamento e a realizzare lavori ed opere ai fini della successiva cessione a titolo gratuito. In particolare, la norma riguarda l'acquisizione dei materiali, esclusi quelli d'armamento, di cui all'articolo 447, comma 1, lettera o), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 (ovvero le armi, gli armamenti, le munizioni, le macchine, i programmi informatici, gli oli e i carburanti, gli attrezzi, i mobili, gli utensili, i viveri, i foraggi, i medicinali, il vestiario, l'equipaggiamento e i manufatti in genere, i combustibili, le materie prime, le merci, i mezzi e tutti gli altri beni destinati al servizio istituzionale), l'acquisizione di servizi, nonché la realizzazione di lavori e opere. Sono esclusi appunto dall'acquisizione e successiva cessione i materiali di cui all'articolo 2 della legge 9 luglio 1990, n. 185, ovvero i materiali di armamento, definiti come quei materiali che, per requisiti o caratteristiche, tecnico-costruttive e di progettazione, sono tali da considerarsi costruiti per un prevalente uso militare o di corpi armati o di polizia. Di tale interpretazione sistematica è stata data conferma dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame nelle Commissioni dopo la richiesta specifica di chiarimento avanzata su questo punto. Il rappresentante del Governo ha infatti escluso che possano essere acquisiti materiali di armamento ai fini di una loro cessione a titolo gratuito.

Infine, l'articolo 1-quater ha apportato anche alcune modifiche all'articolo 29 del DPR n. 240 del 1987 sulla permanenza in servizio del maestro direttore della banda della Polizia di Stato fino al sessantacinquesimo anno di età, mentre la normativa vigente stabilisce la cessazione dal servizio al sessantesimo anno di età, e all'articolo 25 del decreto legislativo n. 79 del 1991 sulla permanenza in servizio dei maestri direttori della banda della Guardia di finanza, disponendo che il maestro direttore cessi dal servizio permanente al compimento del sessantunesimo anno di età se ricopre il grado di colonnello, ovvero del sessantesimo anno di età se ricopre un grado inferiore, mentre il maestro vicedirettore cessi dal servizio permanente al compimento del sessantesimo anno, in tutti i casi. È tuttavia previsto anche che il comandante generale possa disporre, di anno in anno, il trattenimento in servizio permanente del maestro direttore della banda che ha raggiunto i suddetti limiti di età, fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione affari sociali, deputata Simona Loizzo.

SIMONA LOIZZO , Relatrice per la XII Commissione. Grazie, Presidente, grazie membri del Governo e onorevoli colleghi. Relazioniamo sulla conversione in legge del decreto n. 169 dell'8 novembre 2022 riguardante il potenziamento ed il reclutamento del personale NATO, nonché la proroga del decreto Calabria e delle commissioni presso l'Agenzia italiana del farmaco, nonché il differimento dei termini per l'esercizio delle deleghe riguardanti il personale militare in strutturazione sindacale.

Per quanto riguarda il decreto Calabria, come calabrese e come medico, devo dire che, a prescindere dall'istruzione tecnica della conversione in legge, tale provvedimento nasce in relazione alla grave situazione del sistema sanitario regionale calabrese ed agli effetti di un commissariamento, durato oltre dieci anni, che non ha soltanto penalizzato i livelli essenziali di assistenza, ma ha anche peggiorato notevolmente lo stato del debito e del disavanzo, legato al sistema sanitario regionale, che occupa la gran parte del bilancio della nostra regione Calabria. In tale ottica, il conferimento da parte del Governo al presidente governatore onorevole Occhiuto del ruolo di presidente commissario della sanità va nella direzione giusta, soprattutto se supportato dalla proroga del decreto Calabria.

Passando all'aspetto tecnico, l'articolo 2 introduce una proroga di 6 mesi, quindi, fino al 13 maggio 2023: la ratio è consentire che l'azione che il commissario Occhiuto sta attuando per il ripristino della governance gestionale ed organizzativa del sistema sanitario regionale calabrese possa essere continuata per 6 mesi. Poniamo il limite al maggio 2023, proprio per consentire alla struttura commissariale di effettuare ulteriori interventi di potenziamento dei livelli essenziali di assistenza e di diminuzione del reddito.

Sono escluse dalla revisione dell'articolo 2, perché già contenute in altre procedure, le norme che riguardano gli ulteriori compensi dei commissari e l'utilizzo della Guardia di finanza in un territorio come il nostro assai importante per il ripristino di alcune regole di legalità, anche all'interno delle gestioni del debito visionate attraverso la gestione contabile accentrata. Ovviamente, viene escluso anche il Fondo di solidarietà per un ulteriore finanziamento per il sistema sanitario regionale calabrese. I commissari che finora sono stati nominati, se non revocati, saranno in carica per altri 60 giorni dall'inizio del decreto attuativo.

Il Senato ha apportato all'articolo alcune modifiche: in primo luogo, ha espressamente fatto salva la facoltà del commissario ad acta di nominare i direttori generali. Dobbiamo assolutamente uscire dalla fase del commissariamento per formare la governance del sistema sanitario regionale calabrese e abbiamo bisogno di un necessario passaggio dai commissari ai direttori generali più strutturati. Inoltre, un'ulteriore modifica del Senato riguarda l'utilizzazione di apposite consulenze con l'Agenzia delle entrate, valevole anche per la Guardia di finanza. Tutte queste collaborazioni servono a dare un assetto certo anche all'assetto debitorio del sistema sanitario della regione Calabria.

Ulteriore modifica approvata al Senato stabilisce che il personale assunto da Agenas, che è in forza alla struttura commissariale, possa essere utilizzato dalla nascente Azienda Zero. L'Azienda Zero è un'esperienza politico-gestionale che consente di governare tutte le aziende sanitarie locali, provinciali ed ospedaliere; che sia a guida autorevole, come sta avvenendo, potrà, avvalendosi del personale di Agenas, riformulare e condurre fuori dalla stagnazione il processo di riqualificazione del sistema sanitario regionale calabrese, a cui tengono tutti gli operatori del servizio, ma che, soprattutto, dobbiamo alla popolazione calabrese in termini di omogeneità e uguaglianza di trattamento, soprattutto uguaglianza, come previsto dall'articolo 32 della nostra Costituzione.

Sempre il Senato ha stabilito la possibilità di reclutamento e il conferimento di incarico, sempre a termine, finalizzato non solo a garantire il lavoro nei centri di gestione contabile accentrata, perché, mi ripeto ancora una volta, il debito, ugualmente alla qualità delle prestazioni, è il target che il commissario ad acta ha messo al centro della politica sanitaria regionale, ma potranno anche essere utilizzati altrove, nel rispetto non soltanto della qualità e della garanzia dei livelli essenziali di assistenza, ma anche dell'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario della regione Calabria. In ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale di novembre 2022, n. 228, si anticipa il termine di scadenza riguardante il termine ultimo per l'inesigibilità dei debiti, delle procedure attraverso cui le aziende produttrici, giustamente, rivendicavano il pagamento della fatturazione, e si proroga di solo un anno. Ovviamente, questa necessità non può varcare il termine ultimo di un anno, perché a noi è ben chiaro che la situazione contabile può essere difficile, ma altrettanto difficile è la contabilità delle imprese che, dopo aver effettuato servizi e prodotto le loro fatture, non possono vederle pagate in un limite troppo lungo, che spesso ne determina anche il fallimento, quindi con un degrado del tessuto economico-sociale delle piccole imprese che lavorano in sanità. Ovviamente, sono escluse le imprese che hanno compiuto illeciti, che, quindi, non verranno retribuite.

Inoltre, il Senato ha esteso l'applicabilità della norma che disciplina le modalità di nomina, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti e sentito il Ministro dell'Economia e delle finanze, di uno o più commissari straordinari per gli interventi infrastrutturali. Il Governo, nel suo Ministero della Salute, così autorevole, saprà che il DM n. 70 ci concede la possibilità di finanziare nuovi ospedali. Abbiamo una grande necessità di commissari per questo, dedicati alle infrastrutture, che non possono essere singoli operatori, ma devono essere più operatori, perché il vero futuro dei pazienti della Calabria si gioca anche attraverso la costruzione di nuovi ospedali.

Con l'articolo 3 del provvedimento, si dispone un'ulteriore proroga, al 28 febbraio 2023, rispetto al termine di scadenza del 15 ottobre scorso, della permanenza in carica dei componenti della Commissione consultiva tecnico-scientifica, per la valutazione dei farmaci e del Comitato prezzi presso l'Agenzia italiana del farmaco. Anzi, nell'ambito dell'articolo in esame, il Senato è intervenuto, introducendo, a nostro parere, un'importantissima proposta approvata circa la soppressione delle Commissioni consultive appena citate e l'attribuzione ad una Commissione unica, che sarà la Commissione scientifica ed economica del farmaco, costituita da 10 componenti, nominati nel rispetto dei criteri e secondo le modalità da individuarsi con decreto del Ministero della Salute, da emanarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Al riguardo, rilevo come la scelta di istituire una Commissione unica, invece delle due Commissioni, appaia realmente coerente con i princìpi di razionalizzazione e di semplificazione che sono alla base dell'organizzazione della pubblica amministrazione.

Semplificare significa guadagnare in termini di tempo, di performance, di efficienza e anche di adeguatezza di sistemi.

Sempre a seguito degli emendamenti approvati al Senato, si è altresì previsto che, con il predetto decreto ministeriale, siano disciplinate anche le modalità di nomina e le funzioni del presidente dell'Aifa, che diventa rappresentante legale della stessa Agenzia del farmaco, assumendo il ruolo attualmente attribuito al direttore generale, nonché le modalità di nomina e le funzioni del direttore amministrativo e del direttore tecnico scientifico, due figure istituite nel rispetto delle norme europee. Per cui il presidente sostituirà il direttore generale, con la soppressione definitiva della figura del direttore generale dell'Aifa.

Resta dunque costituito il consiglio di amministrazione in cinque componenti: il presidente, che sostituisce il direttore generale, due componenti designati dal Ministero della Salute, come è giusto, e due componenti nominati dalla Conferenza Stato-regioni. La novità è che ne fa parte il presidente dell'Aifa. Devo dire che anche questa è sostanzialmente una norma innovativa, semplificatrice e di grande indirizzo perché il presidente dell'Aifa potrà indirizzare ovviamente il consiglio, in linea con tutto ciò che avviene con le agenzie regolatrici della politica del farmaco di altri Stati europei e, soprattutto, in linea con la governance di tante altre agenzie nazionali che sono state istituite in settori diversi da quello dell'Aifa.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, Sottosegretario per la Salute, onorevole Gemmato.

MARCELLO GEMMATO, Sottosegretario di Stato per la Salute. Presidente, mi riservo di intervenire in fase di dibattito, comunque all'esito della discussione generale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stumpo. Ne ha facoltà.

NICOLA STUMPO (PD-IDP). Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, naturalmente interverrò sulla seconda parte del decreto. Sul primo articolo, quello riguardante la parte della NATO, interverrà per il nostro gruppo l'onorevole Fassino, per cui parlerò soltanto dell'articolo 2 e dell'articolo 3, dei due aspetti che riguardano di più la nostra Commissione di appartenenza, ovvero la tempistica sul decreto Calabria e sul colpo di mano, l'articolo 3, sull'Aifa, fatto non ho capito se dalla maggioranza o dal Governo al Senato, ma di questo dirò.

Innanzitutto, sul secondo punto, per quanto riguarda il decreto Calabria penso siano state apportate alcune modifiche - lo ha detto ora la relatrice - anche di miglioramento rispetto al decreto in vigore, che sarebbe andato in scadenza a breve, su alcuni temi che riguardano vicende annose della sanità calabrese, a partire dall'approvazione dei bilanci. L'avere istituito una modalità, anche in qualche modo discussa con il presidente Occhiuto e vista da più parti insieme, per cui si è consegnata all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza la possibilità di agire per chiudere bilanci che non erano stati chiusi neanche attraverso il commissariamento da parte del Ministero dell'Interno di alcune delle ASP calabresi, penso sia un fatto positivo; è stato positivo avere stabilito date di certezza, modalità che consentano, mi auguro nei tempi dettati da questo decreto, di arrivare a chiudere i bilanci, attribuendo alla sanità calabrese la possibilità di rientrare nel novero delle venti sanità italiane; la mancanza di approvazione dei bilanci non ha, infatti, consentito, se non per alcune situazioni che sono state messe in atto nella scorsa legislatura, di assumere personale, perché, in assenza di bilanci, ciò non era possibile; non era possibile nemmeno intraprendere iniziative in quelle ASP dove i bilanci non erano stati approvati. E in questo c'è un malessere che va combattuto, che può essere - mi auguro - risolto anche attraverso questi strumenti.

Sono stati, inoltre, predisposti, penso, migliorando questo decreto, altri atti. Vi sono però alcuni temi che non mi convincono, che non ci convincono, per esempio con riferimento ai tempi: sei mesi di proroga del commissariamento, due mesi per la decadenza dei commissari; resterebbero da nominare quindi per i quattro mesi successivi nuovi commissari. In quattro mesi, in una situazione di cui ho appena parlato, anche il più bravo dei manager farebbe fatica a trovare i luoghi dove andare ad incidere. Per questo avevo chiesto in Commissione, poiché vi erano i tempi per farlo, di apportare modifiche con alcuni emendamenti, mantenendo la stessa tempistica, sei mesi, per consentire ai commissari oggi in campo di chiudere il percorso o comunque di essere cambiati, così come prevede la legge, per manifesta incapacità, perché si dà un giudizio temporalmente sull'operato dei commissari.

Invece, farli decadere senza darne un giudizio e cambiarli riteniamo sia un modo un po' levantino per non assumersi delle responsabilità. Tra l'altro, in questi giorni, tre dei sette commissari calabresi sono stati sostituiti, a dimostrazione che è possibile farlo prescindendo dalle tempistiche diverse. Naturalmente penso che la questione delle tempistiche non muti il giudizio sul fatto che il decreto Calabria sia stato utile: è servito per fare delle cose, è stato migliorato e non è tanto un problema nostro, poiché già dalla scorsa legislatura lo abbiamo messo in campo, ma di chi oggi sta riscontrando la difficoltà tra l'essere opposizione e governare, perché questo è il primo punto in cui si toccano le differenze. Nella scorsa legislatura, quando abbiamo fatto questo decreto, chi era all'opposizione non lo ha votato e, oggi, che presiede il Governo, gli dà vita in continuità e ne modifica alcuni aspetti; non ne muta la natura. Lo dico in senso generale, quindi non soltanto su questa vicenda: in quest'Aula, e anche rispetto al Paese, bisogna sempre ricordarsi che, quando si governa, occorre avere lo stesso atteggiamento di quando si è all'opposizione. Infatti, se non fosse successo quello che è successo, di cui parlerò dopo, sull'Aifa, avremmo tenuto la stessa posizione, e se potessimo votare per parti separate, probabilmente voteremmo in modo diverso sui tre articoli. Perché poi in questo decreto - e qui vengo alla seconda parte degli argomenti che voglio dire in questa nostra discussione generale - vi è un articolo di poche righe che demandava la decadenza di due commissioni in modo retroattivo, perché erano scadute ad ottobre; le si tiene in vita fino a marzo, se non erro, ma non è questo il problema (il giorno o il mese in cui si demandano quelle commissioni a vita).

Infatti, subentra poi un lungo articolato sulla riforma complessiva di un'Agenzia importantissima; infatti, in questi anni di pandemia, abbiamo visto l'importanza che ha avuto l'Aifa. Con l'articolato, arrivato nottetempo, si parte con la modifica dell'incipit dell'articolo. Infatti, quell'articolo diceva che queste due commissioni le teniamo in vita fino a marzo, mentre, subito dopo, dice che le accorpiamo. Si potrà dire che è per l'efficientamento dell'Aifa, ma, se questo rinvio è fatto adesso fino a marzo, ti fermi lì. Siccome l'Agenzia italiana del farmaco è un'agenzia importante e merita rispetto, si sarebbe potuto discutere, perché qualcuno mi deve dire dove sia la necessità della decretazione d'urgenza sulla riforma dell'Aifa. Infatti, non mi risulta che vi fossero scadenze per cui, se non si fosse inserito in questo decreto tutto quello di cui dirò dopo, ci sarebbero stati problemi di gestione dell'Aifa.

Dunque, perché la riforma di un'Agenzia si fa attraverso un decreto? E perché la si fa in fretta e furia, dicendoci, che non era possibile accettare alcun emendamento, perché scadevano i termini del decreto (quindi, non c'è stata neanche la discussione)? E lo dico ora, non avendolo fatto prima, per rispetto di quello che faremo nei prossimi giorni, ovvero l'approvazione della legge di bilancio: non è stato possibile neanche chiedere di fare alcune audizioni - perché non l'abbiamo richiesto noi -, per capire, da esperti, se questa riforma abbia un senso oppure no.

Allora, questo lo chiedo davvero al Governo: se senta la responsabilità di aver modificato alcuni aspetti di quella Agenzia, senza consentire a questo Parlamento, al Senato prima e alla Camera dopo, di fare discussioni approfondite sulla natura della riforma che si faceva, perché non è vero che è tutto uguale. Infatti, sono state fatte modifiche di sostanza, e non è una questione di nome, se è il direttore generale o il presidente ad avere la rappresentanza legale. Non è quello il tema, guardate, perché prima il presidente, per essere nominato, veniva indicato, passava attraverso l'accordo con la Conferenza Stato-regioni e, quindi, si faceva una discussione tra istituzioni più ampie. Il direttore generale, come sapete, aveva una nomina di primo grado, cioè attraverso una legge ordinaria. Qui avete scritto che il futuro manager - se così lo posso definire, perché così mi sembra -, ovvero il Presidente, cioè colui il quale avrà la rappresentanza legale e presiederà il CDA, verrà nominato con un decreto ministeriale, e qui c'è scritto che noi non ne conosciamo le modalità, perché verrà scritto in un futuro decreto ministeriale lo svolgimento di tali modalità.

Ma si può modificare un'Agenzia a cui noi abbiamo demandato anche la sicurezza della nostra salute nella fase di pandemia, per verificare se i vaccini erano utilizzabili sui minori e in quali tempi? L'Agenzia ha svolto un ruolo di fondamentale importanza e noi oggi non sappiamo come verrà scelta la persona che dovrà guidarla. Ma che ruolo volete che abbia il Parlamento anche nelle scelte sulla vita degli italiani? Per questo, avevamo detto: c'è tempo; toglietelo da questo decreto. Avremmo approvato, quindi, le altre parti. Scade dopo le vacanze natalizie. Il Senato lo avrebbe approvato esattamente così, prima della decadenza. E, invece, no! Lo state modificando, abusando - ripeto - anche della nostra pazienza, perché non abbiamo fatto ostruzionismo né in Commissione né in Aula (non lo faremo in Aula!). Non abbiamo neanche chiesto più tempo per discutere. Vi abbiamo solo chiesto di non fare uno scempio di un'Agenzia importante. Se questo è il buongiorno di questo inizio di legislatura, con un decreto che arriva in questo modo e con una legge di bilancio con i tempi che ha - e non ditemi che i tempi erano brevi, perché nessun medico aveva ordinato al Paese di andare al voto a settembre -, allora, cambiate registro - lo dico adesso -, perché aver vinto le elezioni non significa che si possa fare tutto quello che si vuole e noi non lo consentiremo. Non lo consentiremo! Non possiamo andare all'esercizio provvisorio e bisogna approvare la legge di bilancio. La contrasteremo, perché ci sono cose che non condividiamo - e abbiamo presentato gli emendamenti - el siccome su questo ci avete detto che non era possibile, perché non ci sono i tempi, almeno su quello che si farà da dopodomani cercate almeno di avere un atteggiamento diverso. Questo credo sia ciò che dovete fare.

Sulla vicenda dell'Aifa non ci troverete mai d'accordo. Ripresenteremo gli emendamenti, vi chiederemo di ritornare al Senato, vi chiederemo di abrogare quell'articolo, così come l'avete rifatto, e di ritornare all'inizio dell'articolo 3, perché sull'Aifa c'è bisogno di riaprire una discussione generale, perché serve al Paese. L'Aifa non è un CdA da nominare: l'Aifa è un'Agenzia che serve al Paese. Non c'entra chi la guida - non c'entra chi la guida! -, ma c'entra la salute degli italiani. Per questo, vi chiedo di approvare alcuni emendamenti; ciò significa riaprire la discussione sull'Aifa, che non era da inserire in un decreto - non era da inserire in un decreto come modifica! -, e di riprendere, anche su questi temi, un rapporto tra maggioranza e opposizione, in cui ci si fida un pochino di più. Guardate che questo atto che è stato fatto è veramente sbagliato. Modificare questa Agenzia, senza poterne discutere le modalità, è un atto che vi porterete dietro per tutta la legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paola Maria Chiesa. Ne ha facoltà.

PAOLA MARIA CHIESA (FDI). Grazie, Presidente. Membri del Governo, onorevoli colleghi, la firma del Trattato del Nord Atlantico a Washington risale al 4 aprile 1949 e il Trattato entrò in vigore il 24 agosto dello stesso anno. Tra i primi firmatari vi fu l'Italia. Obiettivo principale della NATO è quello di garantire e salvaguardare la libertà e la sicurezza di tutti i suoi membri. Il principio chiave dell'Alleanza è sempre stato quello della difesa collettiva contro un attacco armato contro una delle sue parti o più di esse. L'articolo 5, in particolare, recita: “Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o in America Settentrionale deve essere considerato come un attacco contro tutte le parti, e di conseguenza concordano che se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord atlantica”.

La prima missione che ha visto partecipe la NATO è stata la guerra in Kosovo. L'articolo 5 del Trattato, mai attuato durante la Guerra Fredda, venne invocato per la prima volta nella storia il 12 settembre 2001 dagli Stati Uniti, il giorno dopo l'attacco alle Torri Gemelle. La prima missione al di fuori dell'area Nord atlantica fu in Afghanistan. Nel 2003 la NATO accetta di prendere il comando di ISAF e poi, dal 2014, di RS. La NATO partecipa, poi, alla missione in Bosnia-Erzegovina e nel 2011 in Libia.

La nostra Nazione, l'Italia, ha sempre onorato gli impegni NATO. Le nostre Forze armate si sono distinte per merito e impegno. Io sono stata in Afghanistan e ho avuto l'onore - l'onore! - di vedere i nostri militari impegnati in missione nel 2013.

Dal 2013, durante l'ultima fase della missione, è cambiata l'idea del nostro soldato; si è imposta l'idea di un soldato italiano nuovo, di un soldato che si fa amare dalla popolazione locale, ma si fa anche temere dal nemico di turno; un soldato che sa combattere al pari e meglio degli alleati.

Per Fratelli d'Italia, perseguire l'obiettivo del 2 per cento della spesa militare in rapporto al PIL è fondamentale; lo sappiamo tutti, sono anni che la NATO ci richiama, perché non raggiungiamo il limite di spesa minimo previsto dai trattati per la difesa. Quello del 2 per cento è un obiettivo concordato con i nostri alleati americani in sede NATO, è un obiettivo importante, un obiettivo che va raggiunto con gradualità, ma un obiettivo che, appunto, deve essere raggiunto.

È una priorità aumentare le spese militari? La risposta è “sì”, perché la nostra libertà ha un costo, la difesa dei nostri interessi nazionali ha un costo, abbiamo una patria da onorare.

Siamo chiamati, oggi, a discutere la prosecuzione della partecipazione di personale militare alle iniziative della NATO, una prosecuzione che per Fratelli d'Italia è necessaria, soprattutto al fianco Est. Voglio ricordare che a Newport nel 2014 si era deciso un aumento delle capacità di pronta reazione della NATO con la costituzione di una brigata multinazionale, VJTF, capace di entrare in azione in sole 48 ore. La brigata è guidata a rotazione dalle nazioni dell'Alleanza; l'Italia l'ha guidata nel 2018 e ora tocca, nel 2022, alla Francia. La brigata multinazionale è una forza rapida, di immediato impiego, ed è considerata una vera e propria punta di lancia della NATO nella gestione delle tensioni ai confini nazionali dei Paesi membri, con particolare attenzione all'Est europeo. VJTF è finalizzata a dimostrare la volontà della difesa collettiva dell'Alleanza, dotandosi di uno strumento immediatamente impiegabile in tempi ristrettissimi e proiettato verso i confini della NATO. La forza giusta nel posto giusto, l'ha definita il Segretario generale della NATO.

Il decreto-legge n. 14 del 2022 prevedeva il seguente contributo italiano: 1.350 unità di personale militare, 77 mezzi terrestri, due mezzi navali e cinque mezzi aerei. Dal 24 febbraio gli alleati hanno attivato i piani di difesa della NATO e dispiegato migliaia di truppe supplementari da entrambe le sponde dell'Atlantico. Oltre 40 mila truppe, insieme a significativi mezzi aerei e navali, sono ora sotto il diretto comando della NATO nella parte orientale dell'Alleanza, supportate da altre centinaia di migliaia di truppe provenienti dai dispiegamenti nazionali degli alleati. La NATO ha, inoltre, istituito quattro nuovi gruppi tattici multinazionali - in Bulgaria, in Ungheria, in Romania e in Slovacchia -, oltre ai gruppi tattici già esistenti in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Gli otto gruppi tattici si estendono lungo tutto il fianco orientale della NATO, dal mar Baltico a nord al Mar Nero a sud.

Inoltre, al Vertice di Madrid del giugno 2022, gli alleati hanno concordato un cambiamento fondamentale nella deterrenza e nella difesa della NATO. Ciò include il rafforzamento delle difese avanzate, il potenziamento dei gruppi tattici nella parte orientale dell'Alleanza, fino a livello di brigata, la trasformazione della forza di risposta della NATO e l'aumento del numero di forze ad alta prontezza a ben oltre 300 mila unità. Tutto ciò sarà sostenuto da un maggior numero di equipaggiamenti e rifornimenti pre-posizionati, da più capacità dispiegata in avanti e da piani di difesa aggiornati, con forze preassegnate alla difesa di specifici alleati. Tutto ciò - lo sottolineo - costituisce la più grande revisione della difesa collettiva e della deterrenza alleata dai tempi della guerra fredda.

Il rafforzamento dei dispositivi di difesa e della NATO è inteso a preservare l'integrità dell'Alleanza, rafforzando la capacità di sorveglianza e la prontezza nel rispondere a eventuali minacce lungo il confine orientale dell'Alleanza. Lo scorso 10 novembre, il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha incontrato a Roma il Segretario generale della NATO e auspicato il rapido raggiungimento della pace in Ucraina - cito le testuali parole -: “con la consapevolezza che quest'ultima costa sacrifici comuni, cui la nostra Nazione non intende sottrarsi. L'Italia sta mettendo in atto ogni possibile sforzo per raggiungere le condizioni necessarie per un serio negoziato di pace ed evitare l'ulteriore acuirsi del conflitto”.

A nome di Fratelli d'Italia, ribadisco la nostra linea atlantica, l'adesione convinta alla NATO, nonché il nostro sostegno senza “se” e senza “ma” alla coalizione occidentale che sostiene l'Ucraina. L'Italia onorerà tutte le decisioni che verranno prese insieme ai nostri alleati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È presente in tribuna l'istituto comprensivo “Antonio De Curtis”, di Roma. Ringrazio la dirigenza, i docenti, le ragazze e i ragazzi presenti ai lavori d'Aula della Camera dei deputati. Ragazze e ragazzi, grazie di essere qui (Applausi).

È iscritto a parlare il deputato Andrea Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, membri del Governo, oggi, ci accingiamo ad esaminare un provvedimento su cui avanziamo diverse perplessità, come si è in qualche modo già annunciato durante la fase di discussione in Commissione, soprattutto per quello che riguarda il tema della rimodulazione e della modifica sostanziale, purtroppo, della governance di Aifa, la nostra Agenzia del farmaco.

Mi soffermerò soprattutto su questa e, in parte, anche sulla parte del decreto relativa alla Calabria. Il provvedimento che ci accingiamo ad esaminare, all'articolo 2, proroga di sei mesi la vigenza delle misure per il Servizio sanitario della regione Calabria, che sono scadute l'11 novembre scorso. Voglio ricordare che il MoVimento 5 Stelle ha sostenuto con forza e direi anche con coraggio le ragioni del commissariamento della regione, al solo ed esclusivo fine di garantire ai cittadini calabresi il diritto costituzionale alla salute e garantire anche i LEA, i livelli essenziali di assistenza, che in quella regione erano ai minimi termini. Abbiamo deciso responsabilmente di intervenire con i fatti e con le risorse, investendo dal 2021 60 milioni di euro l'anno a favore della regione per supportare il Servizio sanitario e consentire un piano straordinario di assunzioni.

Nell'attuale decreto, invece, vediamo zero risorse per i cittadini calabresi e poltrone per qualcuno. Questa è la triste realtà. Temiamo, infatti, che dietro questa proroga o con l'occasione di essa vi possa essere in realtà l'ennesimo spoil system del potere sulla pelle dei cittadini della Calabria, un timore giustificato dal fatto che il Governo, proprio in questo provvedimento, ha ben pensato di introdurre, con straordinaria sollecitudine, la decadenza dei commissari straordinari delle ASL e degli enti sanitari calabresi ove non confermati. La decadenza, dunque, non sarà consequenziale a una valutazione positiva o negativa dell'operato dei commissari, ma sarà del tutto discrezionale e rischia di essere il solito e triste ricambio del potere, come se il commissariamento non fosse un'esigenza straordinaria, ma un potere o una poltrona da occupare.

I calabresi possono osservare, con questo decreto, le gravi contraddizioni di quando Fratelli d'Italia, all'opposizione, contrastava tenacemente queste stesse proroghe e quanta ingordigia di potere ci sia invece oggi. È tanta l'ingordigia di potere che in Senato si è colta l'occasione per introdurre anche una disposizione per sostituire commissari straordinari nominati per gli interventi infrastrutturali, non più nella sola regione Calabria, ma nell'intero Paese.

Con forte preoccupazione, osserviamo anche che in questa manovra si cerca di trapiantare in Calabria il format veneto di Azienda Zero. Le perplessità espresse recentemente anche dalla Corte dei conti, che ha ritenuto discutibili diversi elementi della legge istitutiva della nuova governance sanitaria della regione, supportano le nostre preoccupazioni e temiamo davvero che questo accentramento della governance sanitaria in un unico soggetto possa definitivamente spodestare i cittadini calabresi dal diritto alla salute. Trapiantare modelli sanitari in realtà territoriali così fortemente diverse, dove peraltro c'è un enorme divario infrastrutturale, rischia di essere un vero e proprio colpo di scure ad un sistema sanitario già fragile.

Con questo provvedimento, tra le altre cose, parliamo anche della governance di Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco. Aifa, che ha un bilancio di circa 110 milioni di euro e 670 dipendenti, verrà riformata d'urgenza con questo decreto che - ricordiamolo - tratta della partecipazione di personale militare alla NATO e del servizio sanitario della regione Calabria. Ebbene, il testo originale del decreto consisteva di 4 articoli, passati poi a 7 in Senato, con 24 commi, per l'inserimento di 3 emendamenti da parte della maggioranza, che contemplano una riorganizzazione della governance di questa nostra importante Agenzia. Vale la pena ricordare che lo stesso Governo, come affermato, nella riunione delle Commissioni congiunte, dal Sottosegretario Gemmato, non aveva preso alcuna iniziativa in tal senso. Evidentemente, constatato che poi il Governo ha ben volentieri accolto la volontà emendante della maggioranza, viene spontaneo, Presidente, ipotizzare che questa convergenza sia stata orchestrata ad hoc. Infatti, dal momento che questo provvedimento incide pesantemente sull'autonomia di Aifa, con un controllo diretto del Governo - ovviamente nella figura del Ministro di riferimento, ma non solo, dati gli enormi interessi di cui si occupa l'Agenzia, che può agire su un volume d'affari nazionale che si aggira attorno ai 30 miliardi - un'iniziativa diretta dell'Esecutivo poteva sembrare un vero e proprio colpo di mano. Appare chiaro che l'operazione effettuata da qualche senatore o deputato ha provato poi a smorzare e a rendere meno invasivo e arrogante questo provvedimento da parte dell'Esecutivo. Però, poi, i fatti parlano: c'è stata convergenza e, quindi, evidentemente, era già stato orchestrato tutto. Presidente, affermo questo anche perché, come constateremo, non ci sono evidenze per agire con questa rapidità e urgenza, né, tanto meno, vi è coerenza con l'atto originale, rispetto al quale assistiamo a un miscuglio privo di senso.

La proposta prevede di accentrare nella figura del Presidente dell'Aifa pieni poteri, abolendo la figura del direttore generale; inoltre, vengono soppresse la Commissione tecnica scientifica e la Commissione prezzi e rimborsi, per unificare tutto nella Commissione scientifica ed economica (CSE): una riedizione del CUF, della Commissione unica del farmaco, con tutti gli scandali che si erano verificati nell'attività di tale organismo.

Direi che è del tutto lecito esprimere la preoccupazione di un rischio di violazione seria della indipendenza e autonomia dell'Agenzia, privata, con questa ipotesi di riforma della governance, di un minimo di pesi e contrappesi dotati di vera efficacia. L'attribuzione, prevista da questa riforma, di un sostanziale potere monocratico al Presidente con abolizione della figura del direttore, va in questa preoccupante direzione.

Vale la pena ricordare che l'Aifa venne istituita nel 2003, nella consapevolezza dell'importanza di un rapporto virtuoso tra politica e scienza, nel quale la politica definisce gli indirizzi ed esercita il controllo, mentre la scienza garantisce, sulla base di rigorose metodologie scientifiche e delle evidenze, disponibili gli atti regolatori.

Nessuno nega - nessuno lo nega - che da tre anni viene richiesta una riforma di Aifa, rinviata nel tempo, con proroghe reiterate delle Commissioni, e che vi sono stati scontri tra direzione e presidenza dell'Ente, talvolta con uno stallo nelle decisioni. Tuttavia, questo atto necessitava di un confronto ben ponderato fra le parti politiche e quelle tecnico-scientifiche; invece ce lo ritroviamo fuori tema, in un provvedimento di abrogazione del tutto sbrigativo, poco ragionato e meditato, a differenza di quanto un organismo tanto importante e delicato per la salute dei cittadini meriterebbe. Presidente, lo ripeto: la presenza di una sola figura monocratica indebolisce l'indipendenza dell'ente e crea uno sbilanciamento tra funzione tecnica e funzione politica.

Infine, i dati emersi da un'analisi comparativa con altre analoghe agenzie europee rispetto alle tempistiche, suggeriscono che le tempistiche di Aifa sono da ritenersi soddisfacenti, smentendo quanto affermato dalla maggioranza e anche dal Ministro Schillaci. Infatti, l'Italia si posiziona tra i primi Paesi europei in ambito di autorizzazione dei medicinali, con un valore medio pari a 429 giorni, rispetto a una media europea di 511 giorni e a fronte di un elevato numero di farmaci totalmente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale.

Relativamente agli ambiti autorizzativi, dovrebbe, invece, preoccupare la lentezza di EMA che, confrontata con le analoghe agenzie degli Stati Uniti, della Cina e del Giappone, mostra un vero gap di competitività dell'Europa a livello internazionale. In particolare, appare assai critica l'adeguatezza di EMA su alcune grandi sfide, come quella dei farmaci derivanti dalla medicina rigenerativa e dei farmaci oncologici derivanti dall'oncologia mutazionale. In tal senso, appare decisamente più urgente – quindi, invito il Governo anche a prenderne atto - riformare l'Agenzia europea del farmaco piuttosto che Aifa, anche perché la politica di EMA incide su ben 27 Paesi e, purtroppo, ce ne siamo accorti bene durante la pandemia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piero Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo sulla parte di questo decreto relativa alle materie della difesa, essendo già intervenuto il collega Stumpo sulle questioni relative alla Calabria.

Il decreto affronta due temi principali in materia di difesa. Innanzitutto, vi è la proroga di 12 mesi per l'esercizio di deleghe relative all'applicazione della legge n. 46 del 2022 sulle associazioni professionali di carattere sindacale tra i militari, un provvedimento particolarmente importante. Come sappiamo, la Corte costituzionale aveva precedentemente escluso la possibilità che nei corpi militari si potessero costituire associazioni professionali a carattere sindacale; successivamente, la Corte ha modificato il suo orientamento, riconoscendo, invece, questo diritto e, soprattutto, la legittimità delle associazioni professionali a carattere sindacale tra i militari. È una novità importante, che ha un precedente - come tutti sappiamo - nei sindacati dei corpi di Polizia, e che rappresenta una innovazione a tutela delle condizioni e di ogni aspetto della vita di un militare.

La proroga si rende necessaria perché vi è, intanto, la necessità di un coordinamento normativo tra l'applicazione di questa innovazione legislativa e altri riferimenti normativi che riguardano la rappresentanza militare e il suo funzionamento. In particolare, si tratta di stabilire un coordinamento con i codici militari, abrogare la precedente norma sulla rappresentatività e, contemporaneamente, è necessario un certo tempo, che consenta di risolvere un problema, allo stato, non risolto e, cioè, la rappresentatività effettiva delle associazioni a carattere sindacale che si sono costituite o si costituiranno, tema che allo stato attuale non è ancora soddisfatto. E, naturalmente, è necessario anche normare una serie di limitazioni all'attività di carattere sindacale quando un militare sia in teatri di operazione, quindi con vincoli che escludono certe possibilità e certe prerogative.

La seconda proroga, che viene proposta nel decreto, fino al 31 dicembre 2022, quindi poche settimane in realtà, riguarda la partecipazione militare alle attività della NATO e, in particolare, la partecipazione alla forma a elevata prontezza di intervento, la Very High Readiness Joint Task Force, che fu costituita nel 2014 e presieduta a rotazione da ogni Paese e dall'Italia nel 2018, che è stata costituita come una forza di rapido intervento, attivabile entro 48 ore per interventi di emergenza e in situazioni militari critiche. La nostra partecipazione a questa task force comprende, come è già stato ricordato, 1.350 militari, 77 mezzi terrestri, 2 mezzi navali e 5 mezzi aerei. In particolare, questo dispositivo è dislocato sul fianco est dello spazio NATO e, in particolare, questa dislocazione è funzionale, in questo tempo, alla critica situazione che si è prodotta nell'Europa dell'Est con il conflitto tra Russia e Ucraina. La task force dispone di 5 basi: 1 base in Romania, 1 in Polonia e 3 basi nei Paesi baltici.

A fianco al nostro impegno in questa task force, ricordo che sono stati assunti in questi mesi altri provvedimenti coerenti con questo impegno. Penso alla nostra partecipazione al potenziamento della sorveglianza dello spazio aereo NATO, alla sorveglianza navale dello spazio NATO e a una presenza in Lettonia. Inoltre, sulla base di decisioni che sono state assunte più recentemente, 1.000 militari e 380 mezzi sono dislocati in Bulgaria e in Ungheria, che sono due Paesi, come sappiamo, di prossimità al teatro di guerra nell'Ucraina. Tutto questo in funzione di deterrenza, non in funzione di partecipazione al conflitto russo-ucraino, che il Segretario generale della NATO, Stoltenberg, ha ancora ribadito nei giorni scorsi. Si tratta di una presenza di deterrenza, in funzione di evitare che il conflitto possa ulteriormente allargarsi, e si spera che una presenza di deterrenza possa anche facilitare una sospensione delle operazioni militari in Ucraina da parte russa e, ovviamente, corrispondentemente da parte ucraina, per potere avviare la ricerca di una soluzione politica attraverso una tregua.

Complessivamente, con questo impegno alla task force e gli altri impegni che ho ricordato, la NATO ha dislocato circa 40 mila militari nel teatro dell'Europa orientale, costituendo, accanto a 4 gruppi tattici già esistenti e dislocati nei Paesi baltici e in Polonia, altri 4 gruppi tattici in Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia, che sono tutti Paesi prospicienti al teatro.

Il decreto aggiorna anche una serie di norme del Codice penale militare di pace, in particolare: la non punibilità dei militari che usino la forza secondo le regole di ingaggio durante le missioni; la punibilità, invece, evidentemente, qualora l'uso della forza configuri violazione dei diritti umani o atti di particolare gravità, fino al genocidio; la punibilità dei reati commessi da stranieri in danno della nostra presenza su teatri bellici.

Il decreto, poi, aggiorna anche le modalità di acquisizione di servizi per le missioni internazionali di pace e autorizza in particolare, questo è particolarmente importante, l'avvio delle procedure di affidamento già nell'anno precedente a quello in cui si darà vita alla missione. Questo, evidentemente, è essenziale per garantire una tempestività di acquisizione di tutti i servizi necessari all'espletamento della missione, mentre la normativa di oggi, legando il tempo dell'acquisizione dei mezzi al tempo della missione, fa sì che spesso l'acquisizione sia, come dire, non tempestiva, e quindi questo aggiornamento è significativo ed importante.

Sempre in questa parte del decreto si estendono anche i servizi acquisibili, cioè i servizi relativi agli equipaggiamenti, ai sistemi d'arma, alle molte modalità di sistemi di comunicazione, comprese le comunicazioni digitali, agli apparati di cyber sicurezza, agli apparati informatici e via di questo passo.

Il decreto regola anche l'acquisizione di materiali non di armamento e di opere e servizi al fine di una successiva cessione. Voi sapete che ne abbiamo ratificati molti, in quest'Aula, in questi anni. Il nostro Ministero della Difesa ha sottoscritto e sottoscrive frequentemente accordi, con altri Paesi, di cessione di materiali militari, o di equipaggiamenti, o di altra natura, funzionali alle attività di difesa e di sicurezza. L'articolo del decreto che oggi noi esaminiamo regola e norma anche questa parte, in ragione tale, appunto, da garantire che l'acquisizione di materiali per futura cessione non riguardi armamenti che possono essere regolati da tutt'altra normativa - in particolare è già regolata dalla legge n. 185 del 1990 approvata in Italia e in vigore da molti anni su tutto il tema del commercio di armi - e regola la possibilità di cedere strumenti non d'armamento e servizi ad altri Paese.

Infine, il decreto ha due norme che regolano il mantenimento, il trattenimento in servizio dei maestri delle bande musicali della Polizia e della Guardia di finanza.

In conclusione, noi non abbiamo ragione di opposizione agli articoli del decreto che riguardano la materia della difesa e, se il decreto fosse stato presentato soltanto con articoli attinenti a questa materia, non avremmo avuto difficoltà a votare a favore. Ma il decreto, come è già stato spiegato in modo chiaro dal collega Stumpo e da altri colleghi, contiene materie attinenti al sistema sanitario calabrese e all'Aifa, che noi non condividiamo, in particolare gli aspetti relativi alla riforma dell'Aifa. Ci pare un errore - e lo diciamo al sottosegretario, che è qui presente a nome del Governo - che si presentino decreti con materie del tutto estranee tra di loro e del tutto ultronee. Riteniamo che questo sia un errore e, quindi, invitiamo il Governo a non rinnovare questa prassi, che mette insieme mele e carote, obiettivamente con materie che non hanno alcuna forma di attinenza. Pertanto, per questa ragione, annuncio che su questo decreto ci sarà il voto di astensione da parte del nostro gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Vittoria Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi deputati, deputate, sottosegretario, la conversione in legge di questo decreto ci dà l'opportunità di ripercorrere un po' le fasi che ci hanno portato fino a qui. In particolare, mi riferisco al commissariamento della sanità calabrese. Un decreto che - lo ricordava poc'anzi il presidente Fassino - mette insieme le mele con le pere: la proroga delle missioni NATO, con la proroga del commissariamento della sanità calabrese, con la modifica della governance di Aifa, anche inserendo in sede di conversione degli emendamenti piuttosto discutibili, che, purtroppo, porteranno il MoVimento 5 Stelle a non votare a favore di questo provvedimento.

“A volte è più facile aprire un ospedale a Kabul che qui”: diceva Gino Strada nella chiosa del suo ultimo libro, Una persona alla volta, a proposito della sanità pubblica calabrese. Il compianto fondatore di Emergency si era soffermato sulla situazione dell'ospedale di Cariati, uno dei 18 ospedali chiusi con il piano di rientro del 2009, senza alcuna valutazione delle condizioni del territorio, del fabbisogno sanitario della popolazione, dei tempi di percorrenza verso i principali ospedali.

Si tratta di diciotto ospedali chiusi in una regione che, per la sua condizione morfologica, rende assai difficoltoso agli abitanti delle aree collinari e montuose, che rappresentano circa il 90 per cento del territorio, di raggiungere i presidi ospedalieri più prossimi. Diciotto ospedali chiusi in una regione dove il 22,6 per cento della popolazione è composta da persone che hanno più di 65 anni. L'ospedale Vittorio Cosentino di Cariati viene ormai assunto ad esempio di scuola del paradosso della sanità calabrese: è un presidio ospedaliero di eccellenza, perfettamente funzionante, di 13.000 metri quadri e 120 posti letto, con i bilanci in ordine e un bacino di utenza di 80.000 persone, arrivando ad ospitarne, nei periodi estivi, oltre 300.000. Di Cariati ha parlato tutto il mondo, grazie ad un gruppo di cittadini uniti in associazioni e collettivi che, nel novembre 2020, in piena pandemia, ha occupato la struttura per chiederne la riapertura, anche per far fronte all'emergenza sanitaria. Grazie al coraggio di questi ragazzi e di queste ragazze, ma anche di adulti, cittadini comuni, si sono susseguiti appelli da tutto il mondo per la riapertura del presidio. Finanche Roger Waters ha lanciato un accorato appello per la causa che è diventata una pellicola in riproduzione nelle sale cinematografiche in tutta Italia proprio in questi giorni. Una storia che parte da Cariati per raccontare il fallimento di un modello economico, il modello del neoliberismo e dell'austerità, che è giunto a monetizzare ogni aspetto della vita umana, riducendo i diritti costituzionali alla stregua di mere dichiarazioni di intenti, al servizio delle ciniche logiche di mercato. Eppure, nel corso di un'audizione della Corte dei conti del 27 ottobre 2021, presso la Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale, abbiamo appreso che il sistema sanitario non è in grado di garantire su tutto il territorio nazionale un'assistenza uniforme per qualità e per quantità.

Secondo la Corte dei conti, la spesa sanitaria corrente riconosciuta al Sud è arrivata a toccare i 2.046 euro pro capite, mentre al Nord è arrivata a toccare i 2.152 euro pro capite. Ogni cittadino del Sud ha percepito quindi in meno, rispetto ad un cittadino del Nord, 106 euro, che significa per il Sud contare su 2,2 miliardi in meno. Poco importa se l'articolo 32 della Costituzione considera il diritto alla salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, a prescindere dal luogo in cui si nasce, e poco importa se la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale annovera tra i principi ispiratori l'universalità, l'uguaglianza e l'equità, da garantire su tutto il territorio nazionale. Sono principi rimasti lettera morta perché di Cariati ne è disseminata la Calabria, una terra che sembra non avere più voce, che sembra rassegnarsi ad una condizione di disagio, che induce molti figli di questa terra alla triste parabola della migrazione sanitaria in favore della sanità privata oppure delle regioni del Nord, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte. Si pensi che, nel 2019, i calabresi hanno spesso 221 milioni di euro per curarsi fuori dalla propria regione. Ma la domanda è: a chi giova la mobilità sanitaria? Forse la risposta l'abbiamo in qualche dato. Uno, per esempio, ci dice che il 13 per cento degli interventi per curare il tumore al pancreas dei calabresi è stato condotto in una struttura privata veneta. Un altro invece ci dice che le case di cura private, nel 2019, hanno incassato circa 1,6 miliardi di euro. Questi numeri, colleghi e Presidente, hanno un volto e hanno un nome. Penso ad Antonio che, da Rossano, per ottenere un trapianto di rene, è dovuto andare fino a Marsiglia e a Marsiglia è dovuto tornare per i controlli periodici perché non solo la Calabria, l'Italia non consentiva di offrire il servizio richiesto. Tuttora, l'ospedale di Rossano è sprovvisto del reparto di nefrologia. Penso a Denise che, per una diagnosi per disturbi dell'apparato digerente, si è dovuta rivolgere ad una struttura di Milano. Penso a Stanislao e a Daria che, per curare il loro piccolo Pier Emilio di soli sei mesi, si recavano periodicamente a Roma e, sull'autostrada, di ritorno da uno di quei viaggi, hanno trovato la morte. Una famiglia distrutta per un diritto negato. Ma come e perché si è arrivati fino a qui e come e quando potremo uscirne, vedere finalmente la luce e vedere finalmente rispettati i nostri sacrosanti diritti costituzionali? Ripercorriamo un po' come ci siamo arrivati. Nel 1997, l'Italia aderisce al Patto di stabilità e crescita europeo che mira al controllo delle politiche di bilancio pubbliche e si attua attraverso il rafforzamento delle politiche di vigilanza sui deficit ed i debiti pubblici, al fine di mantenere fermi i parametri di accesso degli Stati membri richiedenti all'eurozona - i famigerati parametri di Maastricht - che hanno di fatto cambiato il paradigma della spesa sociale in Europa. In esecuzione di questo Accordo, la legge finanziaria del 1998 ha introdotto il Patto di stabilità interno, con cui le amministrazioni decentrate dello Stato, nel quadro del federalismo fiscale, sono tenute a rispettare gli obiettivi di finanza pubblica contrattati dall'Italia in Europa, nell'ambito appunto del Patto di stabilità. Questo sistema di monitoraggio ha riguardato anche i disavanzi sanitari e da qui l'istituzione dei piani di rientro. Quindi, l'istituzione dei piani di rientro è dovuta all'incapacità delle regioni di scongiurare l'indebitamento nella gestione del proprio servizio sanitario.

All'inizio degli anni Duemila, il disavanzo accumulato era pari ad oltre 40 miliardi di euro, una mole di debito non più sostenibile per l'Italia dell'eurozona. Bisognava quindi razionalizzare in fretta. Erano gli anni della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha allargato le maglie di una competenza concorrente tra Stato e regioni in materia di tutela della salute. Da allora, allo Stato compete determinare i principi fondamentali che le regioni sono tenute a rispettare nella gestione autonoma della sanità nell'ambito territoriale di propria competenza, avvalendosi quindi delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e le regioni destinano alla sanità oltre l'80 per cento dei propri bilanci. La prima legge finanziaria che ha inciso significativamente sui piani di rientro fu quella del 2005, che ha imposto alle regioni con un disavanzo pari o superiore al 7 per cento, poi portato al 5 per cento, di procedere alla ricognizione delle cause del disavanzo e di elaborare un programma di riorganizzazione, razionalizzazione e potenziamento del servizio sanitario regionale, della durata massima di tre anni, con la penalità, per le regioni inadempienti al riallineamento con le esigenze di finanza pubblica, di non vedersi erogato il maggiore finanziamento per il ripianamento del disavanzo. Ma non solo questa però era la ratio dei piani di rientro, non solo le esigenze di allineamento, ma anche un riequilibrio del profilo di erogazione dei livelli essenziali di assistenza. In poche parole, in base ai piani di rientro, le regioni dovevano rientrare del debito accumulato e al contempo garantire i livelli essenziali di assistenza nell'erogazione del servizio sanitario pubblico. Nel 2006, poi venne siglato il primo Patto per la salute tra il Governo e le regioni e, da allora, il sostegno finanziario alle regioni in difficoltà è stato effettivamente subordinato alla previa sottoscrizione del Piano di rientro. La Calabria entra nel Piano di rientro nel 2009 e, nonostante i piani siano stati concepiti come soluzioni temporanee ed eccezionali, la nostra regione soggiace a questa perdita di sovranità ancora oggi che sono passati tredici anni. La nomina del commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro è intervenuta solo otto mesi dopo, preso atto dell'incapacità della regione Calabria di rispettare quel Piano. Fu allora che il primo commissario ad acta nominato, il presidente della giunta regionale Scopelliti, decise di sopprimere diciotto ospedali. Da allora, si sono susseguiti altri sei commissari e due decreti-legge ad hoc, sostenuti dal MoVimento 5 Stelle, che ne ampliavano i poteri per consentire loro di gestire al meglio i propri compiti. Attualmente, la funzione è tornata nuovamente in capo all'attuale presidente della regione, Roberto Occhiuto. Sono passati dodici anni, il debito non è stato appianato, i livelli essenziali di assistenza non sono stati rispettati e assicurati, sono state sciolte per infiltrazioni mafiose due aziende sanitarie provinciali (Catanzaro e Reggio Calabria) e i cittadini calabresi continuano a non capire perché in Calabria si muoia di malasanità.

La storia della sanità calabrese è la storia del fallimento della stagione dell'austerità che si ripercuote su tutto il territorio nazionale. Il recente Rapporto OCSE sulla spesa sanitaria ci colloca sotto la media europea, in ripresa rispetto agli anni pre-COVID per fortuna, dove l'Italia si collocava come il fanalino di coda in Europa, con un gap vertiginoso rispetto ad alcuni Paesi come Francia e Germania, anche se tuttavia - dobbiamo dirlo - il nostro sistema sanitario continua ad essere considerato come fonte d'ispirazione da tutto il mondo, grazie anche all'elevata professionalità del nostro personale sanitario. La debolezza e la farraginosità del sistema, potenzialmente efficiente ma che sconta decenni di tagli scellerati e immotivati, si sono palesate durante la pandemia. In particolare, il sistema sanitario calabrese ha dimostrato tutta la sua inefficienza, scongiurata dalla prima ondata; nel corso della seconda ondata, la Calabria è stata una delle prime regioni ad essere dichiarata “zona rossa”, non per il numero di contagi o di terapie intensive attivate, ma per l'esiguo numero di posti letto disponibili nelle terapie intensive.

Così, si è arrivati fino a qui e oggi siamo chiamati a discutere della conversione in legge di un decreto-legge che parla di NATO, del commissariamento della sanità calabrese e di Aifa, un decreto, peraltro, in cui la maggioranza, durante la conversione al Senato, ha cercato di introdurre un emendamento che prevedeva l'invio di armi all'Ucraina. Il tentativo, per fortuna, è stato sventato, avrebbe rappresentato l'ennesima beffa per i cittadini calabresi.

Dopo 13 anni di piani di rientro e 12 di commissariamento, la Calabria è ancora in emergenza e questo provvedimento arriva in Aula per prorogare di altri 6 mesi - perché 12 anni sono pochi - il commissariamento della sanità calabrese, però senza aver avuto la possibilità, nonostante la richiesta del MoVimento 5 Stelle, di ascoltare l'attuale commissario alla sanità calabrese, il presidente della regione Roberto Occhiuto, addirittura senza il riconoscimento che, conclusi questi 6 mesi di proroga, il Parlamento possa apprezzarne gli sviluppi, gli obiettivi raggiunti, lo stato d'avanzamento dei servizi sanitari calabresi, perché i nostri emendamenti, in questo senso, in Commissione sono stati respinti e li ripresenteremo in Aula.

Prendiamo atto del fatto, dunque, che siamo davanti ad un Governo che se, nella scorsa legislatura si è eletto a paladino della trasparenza, contestando aspramente - in maniera del tutto strumentale, a mio avviso - una gestione, a suo dire poco trasparente durante la pandemia, oggi però, di fatto, impedisce al Parlamento di confrontarsi con il presidente Occhiuto sui risultati raggiunti durante il suo anno di mandato quale commissario ad acta della sanità calabrese. E segnalo che il partito che esprime l'attuale Presidente del Consiglio si scagliò, si oppose duramente contro la proroga, disposta nei Governi precedenti, del commissariamento della sanità calabrese. Questa è la differenza tra quando si è opposizione e quando si è maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle): oggi si fa un decreto per prorogare di altri 6 mesi il commissariamento della sanità calabrese, firmato dalla Presidente del Consiglio, se non erro, il primo atto del Consiglio dei ministri, del nuovo Consiglio dei ministri.

Sarebbe stato interessante, comunque, ad esempio, capire come il commissario intenda risollevare, in così breve tempo, le sorti del servizio sanitario calabrese attraverso la nuova struttura di governance, ovvero Azienda Zero, una struttura presentata in tutta fretta come la panacea di tutti i mali, ma che, oggi, a distanza di un anno dalla sua istituzione, stenta addirittura ad entrare a regime. Una super-azienda costosa, pagata dai calabresi, che si vuole accentratrice dei poteri in materia di sanità, tanto da sostituirsi, in diverse funzioni, alle aziende sanitarie e ospedaliere e al Dipartimento regionale tutela della salute. Una super-struttura che, ad oggi, è ancora ferma ai box, oggetto di almeno 4 modifiche e altre se ne attendono per adeguarla alla normativa statale in materia. Eppure, oggi, discutiamo di proroga del commissariamento senza che il provvedimento in esame faccia alcuna chiarezza sul ritorno ad una gestione ordinaria, non c'è stata una discussione su questo. Questa proroga, di fatto, si accompagna ad un silenzio che rischia di fare tanto rumore su un commissariamento che sembra destinato a proseguire, invece, dobbiamo e vogliamo capire con quali modalità e tempistiche la Calabria uscirà dal commissariamento per tornare ad una gestione ordinaria.

Eppure, oggi, discutiamo di proroga di misure eccezionali per garantire al sistema sanitario della Calabria il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e il raggiungimento degli obiettivi fissati nel programma operativo di riorganizzazione. Sarebbe stato utile un confronto con il presidente di regione, se non altro per il senso di responsabilità collettiva che la politica deve assumere nei confronti dei calabresi, alle prese con 12 lunghi anni di commissariamento. Perché la sanità pubblica va protetta, va salvaguardata, soprattutto, dalle logiche di mercato, che sono inaccettabili e sono le precipue responsabili di questa situazione di emergenza, insieme, però, all'incapacità e all'inadeguatezza della politica regionale, e anche nazionale, che ha lungamente utilizzato la sanità come bancomat e che non ha esitato a sfruttare la politica sanitaria con logiche clientelari per accaparrarsi grosse sacche di consenso, a discapito dei calabresi.

Il MoVimento 5 Stelle, appena arrivato al Governo, con la prima legge di bilancio, ha portato il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a 114 miliardi e 451 milioni di euro, prevedendo un ulteriore incremento di 2 miliardi per l'anno successivo. Abbiamo previsto un piano per la riduzione delle liste di attesa e per la ristrutturazione degli ospedali. Nel 2019, il fondo è passato da 24 a 28 miliardi. Con la legge di bilancio del 2020 abbiamo confermato l'incremento previsto di 2 miliardi per il Fondo sanitario nazionale, a cui abbiamo aggiunto altri 2 miliardi per l'edilizia sanitaria. Abbiamo abolito il superticket a partire dal settembre 2020, quella quota di partecipazione dei cittadini al costo delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Era stato introdotto niente di meno che dal Governo Berlusconi nel 2011, come tassa aggiuntiva non obbligatoria: doveva essere temporaneo e, invece, si è rivelato un ostacolo all'accesso alle cure.

Oggi, invece, ci troviamo, nei fatti, di fronte ad un taglio delle risorse - sto parlando della manovra - destinate alla sanità e ad una manovra, appunto, che destina soltanto 2 miliardi alla sanità, in gran parte destinati al caro energia. Quindi, oggi, Presidente, si inverte un trend positivo avviato con i Governi Conte. Dodici anni di commissariamento e piani di rientro: di quanto si è risanato il debito? Di poco più di 6 milioni. Da un disavanzo di 104 milioni di euro del 2009, oggi si è passati ad un debito di 98 milioni, secondo gli ultimi dati disponibili. Quanti dei 18 ospedali pubblici sono stati riaperti? Nessuno, ad oggi. E non va meglio agli ospedali rimasti aperti, ieri come oggi, al collasso per la sempre maggiore affluenza di pazienti e per il blocco del turnover, che ha piegato e piega personale sanitario, ridotto del 19 per cento in 10 anni, ormai allo stremo. Insomma, la loro chiusura non ha portato alcun beneficio finanziario. Un risultato però, sì, l'ha prodotto: i livelli essenziali di assistenza, secondo l'ultima rilevazione, si attestano sul punteggio di 125, appena sotto la soglia minima di 160.

Insomma, da un lato, abbiamo il fallimento del commissariamento della sanità regionale e di una riforma che ha spezzettato la nostra sanità in 20 diversi sistemi poco uniformi e, dall'altro - più grave -, abbiamo il fallimento dei governi regionali, che hanno usato la sanità come un bancomat. E sì, perché l'aumento della spesa pubblica sanitaria - e la Calabria non fa eccezione - è avvenuto tra il 2000 e il 2010, anno in cui la spesa ha raggiunto 113 miliardi. Oltre la Calabria, attualmente, abbiamo altre 6 regioni commissariate, 6 regioni alle prese con il controllo della spesa e la compressione del diritto alla salute. Si è creato così un Paese a due velocità, con buona pace della legge n. 883 del 1978 che ha istituito il Sistema sanitario nazionale e che lo vorrebbe, appunto, universale, uguale ed equo su tutto il territorio nazionale.

Allora, torniamo alle parole di Gino Strada e a quanto sia difficile aprire un ospedale in Calabria; a volte è più difficile farlo qui che in Afghanistan. Noi abbiamo il dovere di smentire con i fatti le conclusioni cui era arrivato alla fine della sua vita e, con assoluta necessità ed urgenza, abbiamo il dovere di ridare centralità al Servizio sanitario nazionale, perché il diritto alla salute sia garantito a prescindere dal luogo in cui si nasce, perché la sanità privata deve integrare quella pubblica, non sostituirla.

In conclusione, Presidente, pur comprendendo la necessità di prorogare in Calabria il commissariamento per ripristinare i livelli essenziali di assistenza, oggi non possiamo non rilevare i difetti propri del regionalismo sanitario, perché con coraggio si guardi ad una sua trasformazione. Lo dobbiamo ai cittadini calabresi, lo dobbiamo ai cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI (FDI). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, colleghi, il decreto-legge n. 169 del 2022 è un decreto che pone questioni diverse al suo interno, ma, purtroppo, questa è una prassi che ormai va avanti da anni, con qualsiasi tipo di Governo, e che, certamente, non è stata aperta con questo Governo, che, ricordo, è insediato soltanto da 50 giorni e ha dovuto affrontare questioni emergenziali importanti, di scadenze di decreti precedenti, che avevano bisogno, quindi, di essere prorogati o, comunque, portati avanti. E questo ha portato la necessità di inserire all'interno di un unico provvedimento una serie di questioni assolutamente diverse, ma tutte emergenziali, tutte importanti e tutte significative per il nostro Paese e per le questioni che affronta. Anche perché - come ricordava il collega Stumpo - non ce l'ha ordinato il dottore di votare il 25 settembre, ma credo che la maggioranza che guidava il Governo Draghi sia venuta meno non per responsabilità dell'unico movimento politico che era all'opposizione, cioè di Fratelli d'Italia, ma per la scomposizione stessa della maggioranza che teneva in piedi il Governo Draghi.

Quindi, ci siamo assunti questa responsabilità di portare avanti anche provvedimenti che non avevamo condiviso nella passata legislatura e che però oggi hanno bisogno assolutamente di avere risposte dal punto di vista istituzionale e della responsabilità di Governo. In particolare, entrando nel merito degli articoli 2 e 3 del decreto-legge, con riferimento alle misure che riguardano la competenza sanitaria, dobbiamo specificare con chiarezza che le questioni riferite alla regione Calabria, esposte in maniera eccellente dalla relatrice, pongono l'esigenza di un'ulteriore proroga del commissariamento per sei mesi per corrispondere ad un lavoro eccellente che la nuova giunta regionale, presieduta dal presidente Occhiuto, sta portando avanti.

Voglio ricordare che il presidente Occhiuto è del gruppo di Forza Italia, non del gruppo di Fratelli d'Italia, quindi era in maggioranza, con voi, nella passata legislatura, così, solo per cronaca.

Credo che questo lavoro che si sta portando avanti necessita di arrivare, per esempio, all'approvazione dei bilanci dei singoli enti, delle singole aziende ospedaliere e delle unità sanitarie locali presenti nella regione Calabria, perché i due commissari esterni che furono nominati dal precedente Governo, anche in seguito all'intervento dei Governi precedenti nella passata legislatura, purtroppo, non hanno portato neppure all'approvazione dei bilanci, pur essendo persone sicuramente di altissimo livello, ma non hanno avuto la capacità di risolvere, per esempio, tra i tanti, questo problema.

Quindi c'è bisogno di ulteriori sei mesi per arrivare a raggiungere questo obiettivo, approvare i bilanci, fare in modo che davvero vi sia la possibilità di rilanciare i livelli minimi di assistenza nella regione Calabria, anche riuscendo a definire un potenziamento del personale medico, del personale sanitario, del personale del comparto, che consenta di far lavorare meglio gli ospedali e le strutture sanitarie presenti in quella realtà. Poi è chiaro che si affronterà la questione degli ospedali chiusi, quella del potenziamento del servizio sanitario e delle prestazioni che vengono offerte ai cittadini calabresi in quella realtà, che, purtroppo, hanno visto nel corso degli anni una riduzione fortemente significativa. Noi interveniamo, inoltre, per risolvere la questione di un commissariamento, che scadeva l'11 novembre 2022, il quale non aveva raggiunto gli obiettivi posti nei decreti precedenti approvati da questo Parlamento e portati avanti dal Governo.

Ricordo che adesso il commissario ad acta è il presidente della regione e credo sia giusto che sia il presidente della regione. Al riguardo pongo al Governo anche una questione, su cui occorre riflettere, che come gruppo di Fratelli d'Italia riteniamo vada posta, ossia la regolamentazione dei commissariamenti delle regioni sulla sanità, perché non mi pare abbiano prodotto grandi risultati nel corso di questi anni; hanno prodotto, invece, risultati negativi. Certamente è una questione che va affrontata in termini generali, perché credo che la sanità non possa essere governata con commissariamenti continui, con piani di rientro continui e perché la salute deve essere garantita a tutti i cittadini, in qualsiasi regione, in qualsiasi realtà nella quale si vive.

Credo anche che questo decreto offra diverse opportunità: la collaborazione con l'Agenzia delle entrate e con la Guardia di finanza apre, in particolare, all'opportunità - con la guida della regione Calabria, del presidente della regione - di arrivare, da un lato, all'approvazione dei bilanci e, dall'altro, di costruire un sistema che possa ripartire al fine del miglioramento qualitativo di servizi sanitari; come anche prorogare la disponibilità del personale di Agenas per la parte amministrativa, visto che, purtroppo, non solo la Calabria, ma anche le altre regioni e molti altri enti pubblici vivono in una condizione di carenza di personale amministrativo competente, a fronte della lentezza e della difficoltà di portare avanti i concorsi e tutto quello che serviva per coprire il turnover che, in questi ultimi anni, è stato assolutamente forte, non solo nel campo sanitario, questione assolutamente drammatica, ma anche in quello amministrativo.

Quindi, l'intervento di Agenas può dare un'ulteriore mano per raggiungere gli obiettivi posti alla base di questo tipo di intervento. Anche questo discorso - che oggi viene posto come un limite da parte di alcuni colleghi dell'opposizione, ossia il fatto di superare e di accentrare in qualche modo il governo della sanità regionale, mettendo insieme il dipartimento della tutela della salute, servizi sociali e sociosanitari della regione Calabria in un'articolazione della nuova azienda per il governo dei servizi sanitari della regione Calabria, Azienda Zero - non capisco perché in Emilia-Romagna vada bene e in Calabria no. A seconda del colore politico che lo propone? Mi pare sia un modello che alcune regioni, nella loro autonomia, hanno seguito; noi dobbiamo rispettare un modello che la regione Calabria propone e che vuole portare avanti (in altre regioni ha funzionato) e, dal punto di vista gestionale, occorre portarlo avanti concretamente.

Credo che l'obiettivo finale sia finalizzato all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e ad assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria, questioni fondamentali per rilanciare fortemente il servizio sanitario.

La normativa straordinaria modifica in alcuni punti l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150, per rilanciare il servizio sanitario della Calabria, e serve prorogarla per il raggiungimento degli obiettivi di organizzazione, dei livelli di assistenza, di ripiano dei deficit e relativa approvazione dei bilanci delle aziende sanitarie.

L'intervento originale e la proroga erano stati disposti data la perdurante criticità del sistema sanitario calabrese, determinata dal mancato raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario, per l'approvazione dei programmi operativi e per i piani di rientro, per l'approvazione dei piani di riorganizzazione, per far fronte anche alla pandemia in passato -speriamo che non ci dovremo ritrovare nuovamente in un'occasione di questo genere - e per il rispetto dei LEA.

Sulla Calabria credo che dobbiamo fare un ragionamento che valga anche per altre regioni. Purtroppo, dall'approvazione della legge di riforma del Servizio sanitario nazionale abbiamo avuto un sistema sanitario con 20 livelli di assistenza diversi nel nostro Paese. Questo è un altro tema che chiaramente la maggioranza e il Governo vogliono affrontare; lo ha posto anche il Ministro nelle audizioni presso le Commissioni sanità della Camera e del Senato.

È un problema da affrontare: un sistema di questo genere non può andare avanti, anche perché vogliamo salvaguardare il sistema sanitario universale, che è un modello che vogliamo assolutamente difendere e portare avanti nel nostro Paese.

Al Governo poniamo queste questioni, che riguardano il futuro del lavoro della legislatura, che sono il tema del superamento definitivo dell'applicazione dei sistemi di austerità e di Patto di stabilità alla sanità, le questioni del commissariamento, dell'affrontare, nel corso della legislatura, la profonda riorganizzazione del Sistema sanitario nazionale, se lo vogliamo salvare, la riorganizzazione di tutte le Agenzie afferenti al Ministero della Salute, nonché il rapporto tra esecutivo e regioni nel governo della sanità. Queste citate sono le grandi questioni che tutti insieme dovremo affrontare per tentare davvero di dare un futuro.

Arriviamo all'articolo 3, che è quello su cui si è sviluppata la maggiore polemica, assolutamente legittima perché siamo qui per confrontarci e per discutere. Però, ricordo, che noi abbiamo vinto le elezioni su un programma preciso e all'interno di questo programma una delle questioni fondamentali era la semplificazione della burocrazia, delle procedure, di ogni percorso che porti a un governo della cosa pubblica. La riforma che il Senato ha approvato e inserito all'interno di questo decreto in merito alla gestione e al governo di Aifa credo vada esattamente in questa direzione, quella cioè di semplificare, ridurre il più possibile i passaggi burocratici e cercare di rendere chiara la responsabilità di chi assume le decisioni. Quello della doppia commissione, del consiglio d'amministrazione con un presidente che di fatto non contava nulla e con un direttore generale che aveva la rappresentanza legale dell'Agenzia, era, a mio avviso, un modello assolutamente “sballato”. Al di là dell'ottimo lavoro e di tutto quello che è stato fatto, si deve guardare a un modello, che deve riguardare una riforma complessiva delle Agenzie, che metta al centro la semplificazione, la responsabilità delle decisioni e le opportunità che devono portarsi avanti. Ricordo che l'ordinamento di Aifa risale a venti anni fa e che presenta questa anomalia sul ruolo del presidente e del direttore generale e la presenza di due commissioni consultive. Noi crediamo davvero che occorreva mettervi mano. C'è stata questa opportunità che, nel confronto al Senato, ha portato, con un'iniziativa parlamentare, ad assumere questa decisione, chiaramente con il consenso anche del Governo perché altrimenti il provvedimento non sarebbe passato.

Si prorogano al 28 febbraio 2023 i componenti delle commissioni consultive di Aifa; a questo riguardo, ricordo che è la seconda o terza proroga, ciò vuol dire che qualche cosa non era stata affrontata complessivamente precedentemente. Si sopprimono tali commissioni dopo il 28 febbraio 2023 e si costituisce un'unica commissione, la commissione scientifica ed economica del farmaco, che ne erediterà le funzioni; si istituisce il ruolo del presidente con un ruolo di rappresentanza legale e poi si dà responsabilità di governo, sotto il presidente, al direttore amministrativo e al direttore tecnico-scientifico; si sopprime il ruolo del direttore generale, che riteniamo sia un doppione del ruolo del presidente, e ciò, appunto, nella linea della semplificazione. Le modifiche sono dettate dall'attuazione anche della Missione 6, Componente 1, Investimento 3, del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Da qui anche l'urgenza di affrontare la questione, perché Aifa rientra anche nelle opportunità di governo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in particolare in ordine al rafforzamento delle infrastrutture digitali e tecnologiche, nella raccolta dei dati e nella vigilanza sanitaria (la farmacovigilanza è, infatti, una delle competenze specifiche di Aifa). Era, pertanto, urgente intervenire da questo punto di vista per una semplificazione. Poi, c'è la Componente 2, Investimento 1, sempre del Piano nazionale di ripresa e resilienza, relativa alla valorizzazione e al potenziamento della ricerca biomedica del Servizio sanitario nazionale.

Le commissioni attuali hanno operato in regime di prorogatio dal 20 settembre 2021. Forse qualcuno che ha governato fino a settembre poteva porsi questo problema precedentemente. Ci sono state due proroghe, al 30 giugno 2022 e al 15 ottobre 2022. La nuova commissione sarà definita con un decreto del Ministro della Salute. Non vedo, pertanto, quale sarebbe il discorso secondo il quale il Governo mette le mani su Aifa, cose drammatiche che vengono raccontate in questi momenti. Non credo che le commissioni precedenti fossero nominate da qualcuno che passava per caso o dal Presidente degli Stati Uniti. Ci sarà un decreto del Ministro della Salute che stabilirà entro 60 giorni le modalità di definizione dei componenti della nuova commissione e tutto quello che dovrà essere fatto appena questa legge sarà approvata. Aifa svolge un ruolo fondamentale per l'approvazione dei nuovi farmaci e dei vaccini e ne definisce il prezzo. Inoltre, ne definisce le confezioni; quello delle confezioni, sottosegretario e Governo, è un tema che si è sempre affrontato ma che dovrà essere riaffrontato, perché in tutto il mondo si possono vendere farmaci anche singolarmente mentre in Italia bisogna comprare sempre confezioni ampie, che probabilmente in molti casi non servono, facendo spendere di più sia allo Stato che ai cittadini. Aifa svolge la farmacovigilanza, definisce il prontuario farmaceutico nazionale. Credo davvero sia un ente su cui bisognava operare una semplificazione, su cui occorreva fare maggiore chiarezza in modo da attribuire responsabilità a chi assume le decisioni, che sono assolutamente fondamentali per la salute e per la vita degli italiani.

Le procedure con cui Aifa esamina i farmaci sono, a nostro avviso, troppo complesse e la nuova governance può semplificare l'accesso all'innovazione, soprattutto nella valutazione delle nuove terapie geniche, dei farmaci biologici e monoclonali, che sono il futuro della farmacologia di questo nostro Paese e danno la possibilità di curare tantissime malattie che fino a oggi non hanno avuto cura. Il gruppo di Fratelli d'Italia sostiene le modifiche che sono state inserite all'interno di questo decreto al Senato e nel corso della discussione si definirà meglio anche il nostro voto, che chiaramente sarà favorevole all'approvazione di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Naike Gruppioni. Ne ha facoltà.

NAIKE GRUPPIONI (A-IV-RE). Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, lo scorso 30 novembre il Senato della Repubblica approvava in prima lettura il decreto-legge n. 169 del 2022. L'odierna seduta parlamentare deve offrire a noi tutti, cari colleghi, un momento di approfondimento e di riflessione critica dell'esaminando decreto-legge, che, come si vedrà in seguito, esplora e regola delicatissime questioni interne e di carattere internazionale. Come è noto, l'articolo 1, comma 1, regola, attraverso proroga, la partecipazione del nostro personale militare al potenziamento dell'apparato NATO nel suo complesso. È difatti prevista sino al 31 dicembre 2022 la partecipazione di personale militare alle iniziative per impiego della forza di elevata prontezza, che vedrà la partecipazione di 1.350 unità di personale militare, 77 mezzi terrestri, cinque mezzi aerei e due unità navali. La partecipazione dell'Italia all'Alleanza NATO è fondamentale nel campo della sicurezza e della difesa del nostro Paese, oltre a essere un'importantissima leva diplomatica e un insostituibile viatico di promozione dell'interesse nazionale sulla scena internazionale.

La NATO non rappresenta solo un'organizzazione, Presidente e colleghi; è composta da Stati aderenti, ma è un'Alleanza dove ci si confronta su delicatissime questioni e si trovano soluzioni condivise nelle gestioni delle crisi, quali quelle che noi oggi viviamo. In questo contesto, si auspica una posizione ampiamente e favorevolmente atlantista, che possa, però, per davvero, posizionarsi al di là delle differenti visioni politiche, in una logica di impegno e sostegno attivo di questa Organizzazione. Noi, cari colleghi, Presidente, ci aspettiamo che il Governo dia continuità e metta tutto il suo impegno in merito.

Il secondo articolo riguarda la proroga delle misure per il Servizio sanitario della regione Calabria. Questo articolo estende di 6 mesi il periodo massimo disposto dalla normativa vigente per l'applicabilità delle misure a sostegno del Servizio sanitario della regione Calabria. Dalla proroga sono escluse alcune disposizioni, già oggetto di modifica da parte di successivi interventi a sostegno del sistema sanitario regionale, relative al compenso aggiuntivo in favore dei commissari degli enti del Servizio sanitario regionale, al potere del commissario ad acta di avvalersi del Corpo della guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate e, infine, alla previsione di contributi di solidarietà e finanziamento del sistema di programmazione e controllo del Servizio sanitario regionale della Calabria. Si dispone, inoltre, che i commissari straordinari decadano, ove non confermati con le medesime procedure già previste dalla vigente normativa, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Per gli oneri derivanti dalla proroga in esame, che si sostanziano, in concreto, nell'autorizzazione all'Agenas al rinnovo dei contratti di lavoro flessibile a supporto dell'attività del commissario ad acta nel limite di 25 unità, è prevista la copertura al massimo di 256.700 euro per l'anno 2022 e di 577.500 euro per il 2023, utilizzando proprio l'avanzo di amministrazione dell'Agenas.

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell'esame al Senato, in primo luogo si fa espressamente salva la facoltà del commissario ad acta di nominare, in ogni caso, i direttori generali degli enti del Servizio sanitario regionale. In secondo luogo, si consente al commissario, nell'esercizio delle proprie funzioni e per il periodo di durata della proroga di cui al comma 1, di avvalersi della collaborazione dell'Agenzia delle entrate. Come terzo punto, si specifica che il dipartimento tutela della salute, servizi sociali e sociosanitari della regione Calabria, presso cui, in base alla normativa vigente, può operare un determinato contingente di personale non dirigenziale assunto dall'Agenas, è un'articolazione dell'“Azienda per il Governo del servizio sanitario della regione Calabria - Azienda Zero”. Si stabilisce che le possibilità di reclutamento e di conferimento di incarichi a termine da parte della regione Calabria, di cui alla lettera d), comma 2, dell'articolo 16-septies del decreto-legge n. 146 del 2021, sono finalizzate anche all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e ad assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della regione Calabria.

In forza di una modifica approvata nel corso dell'esame al Senato, viene poi stabilito che, in ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 228 dell'11 novembre 2022, al fine di concorrere all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria, non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario.

Colleghi, Presidente, auspichiamo che l'estensione del periodo massimo per l'applicabilità delle misure di sostegno permetta di continuare a sostenere gli sforzi della regione Calabria finalizzati al rafforzamento del suo sistema sanitario e all'adeguamento delle sue strutture, affinché si possa garantire una risposta efficace alle esigenze della popolazione. Ci aspettiamo che questo obiettivo venga raggiunto. Solo in questo modo, signor Presidente e onorevoli colleghi, sarà possibile garantire un livello adeguato di assistenza sanitaria per tutti i cittadini calabresi e contribuire, al contempo, alla riduzione del carico sul sistema sanitario regionale, così da premiare e valorizzare i titanici sforzi compiuti dalle competenti amministrazioni locali e dal competente personale sanitario, i quali, al di là della notoria mala gestio che conduceva al commissariamento della sanità locale, hanno portato avanti, con inscalfibile serietà, onestà e professionalità, il difficilissimo compito loro assegnato.

Il terzo articolo riguarda la proroga e la successiva soppressione della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso operanti presso l'Agenzia italiana del farmaco, e l'istituzione della Commissione scientifica ed economica del farmaco. Con riferimento a questo articolo, già contestato duramente durante l'analisi del provvedimento al Senato, secondo il nostro gruppo, una così complessa rivoluzione interna presso l'Agenzia italiana del farmaco avrebbe avuto bisogno di essere approfondita e discussa ad hoc, con il coinvolgimento delle regioni, e non in un provvedimento di semplici obblighi legislativi, celandola dietro una proroga.

Nello specifico, questo punto prevede la proroga e la successiva soppressione della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso, operanti presso l'Aifa, nonché l'istituzione della Commissione scientifica ed economica del farmaco. Addentrandoci ancora di più nell'analisi delle disposizioni recate dall'articolo 3, possiamo rilevare tre grandi modifiche: la prima è che non esisterà più la figura del direttore generale, il quale attualmente ha tutti i poteri di gestione dell'Agenzia e ne dirige l'attività; la seconda è l'accorpamento delle funzioni del presidente, che assume il ruolo di rappresentante legale dell'Agenzia e la nomina del direttore scientifico e del direttore amministrativo, peraltro già previste dal cosiddetto decreto Calabria; la terza, invece, è l'istituzione di una Commissione unica scientifica ed economica, costituita da dieci componenti, in sostituzione della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso. Con la previsione dell'abolizione della figura del direttore generale, si snatura il disegno originario dell'Agenzia, facendo venire meno quel sistema di pesi e contrappesi che, nel corso degli anni, ha garantito equilibrio. Ciò che contestiamo alla maggioranza è il grave errore di metodo e di merito, per avere sostituito una riforma con un mero emendamento e proseguito una celere discussione alla Camera senza aver coinvolto le parti in causa. Ad oggi, di fatto, il direttore generale veniva scelto dal Ministro della Salute, mentre il presidente dalle regioni. Gli emendamenti approvati al Senato non si limitano all'abolizione della figura del direttore generale, ma aprono anche una revisione della modalità di nomina del presidente, che assumerà tutti i poteri. Il problema nasce dal fatto che non è stato ripensato un nuovo sistema di equilibri che garantisca l'indipendenza della valutazione tecnico-scientifica. Il rischio conseguente è che si venga a creare un forte sbilanciamento verso l'indirizzo politico dettato dal Ministero della Salute.

Il testo, passato in X Commissione, accoglie due emendamenti al decreto. Il primo è relativo al potenziamento NATO e, l'altro, al sistema sanitario della Calabria, presentati da Forza Italia e Fratelli d'Italia Questi gruppi, in realtà, sembrano puntare a una riforma sostanziale dell'Aifa, dal momento che hanno voluto aggiungere il seguente paragrafo, che leggo testualmente: “Con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero della Pubblica amministrazione e con il Ministero dell'Economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono individuate non più solo le funzioni, ma anche le modalità di nomina dello stesso presidente Aifa, nonché del direttore amministrativo e del direttore tecnico scientifico”. Quindi, signor Presidente e onorevoli colleghi, i criteri di nomina del presidente che, ad oggi, è designato dal Ministro della Salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, saranno stabiliti da questo nuovo decreto.

Altra disposizione riguarda la soppressione della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso; le relative funzioni verranno attribuite a una commissione unica, denominata Commissione scientifica ed economica del farmaco, composta in tutto da dieci membri, mentre attualmente ognuna delle due Commissioni ne ha dieci ciascuna. In questo caso, il rischio è che, per fare una frettolosa riforma ad invarianza di bilancio, si venga a creare un sovraccarico di lavori all'interno della nuova Commissione, con relativi ritardi nell'approvazione, considerato l'esiguo numero dei componenti.

Il terzo ed ultimo - che ha a che vedere con il rischio di un blocco temporaneo delle attività di Aifa – è, e comunque rimane, un problema serio: una volta convertito in legge il decreto, verrebbe subito meno la figura del direttore generale. La nuova Commissione unica entrerebbe, però, in vigore solo a seguito della scadenza della proroga della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso, quindi non prima del 1° marzo 2023. Inoltre, le funzioni attualmente in carico al direttore generale non potrebbero essere trasferite in via automatica al presidente, ma è necessaria l'approvazione di un decreto del Ministero della Salute di concerto con il Ministero della Pubblica amministrazione e il MEF, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. Il tutto entro un termine di 60 giorni.

La mancanza di un sistema di equilibri adeguato potrebbe compromettere la capacità dell'Aifa di proteggere l'interesse dei cittadini e dei pazienti. La valutazione tecnico-scientifica, indipendentemente, è un elemento fondamentale per garantire che le decisioni prese dall'Agenzia siano basate su evidenze solide e obiettive, e non siano influenzate da fattori politici o di altro tipo. Pertanto, è importante che la proposta di riforma preveda misure adeguate, volte a garantire l'indipendenza della valutazione tecnico-scientifica e a proteggere gli interessi dei cittadini e dei pazienti. Ad esempio, potrebbero essere previste regole rigorose per la nomina dei membri della Commissione unica che sostituirà la Commissione consultiva tecnico-scientifica e il Comitato prezzi e rimborso, in modo da garantire che esperti qualificati e indipendenti siano in grado di contribuire al processo decisionale dell'Aifa. Inoltre, potrebbero essere previste procedure per la revisione e l'approvazione delle decisioni della Commissione unica scientifica ed economica, al fine di assicurare che siano sottoposte a un'adeguata verifica e che siano rispettose delle linee guida e degli standard internazionali in materia di valutazione dei farmaci e determinazione dei prezzi e dei rimborsi.

Avviandomi alle conclusioni, signor Presidente e onorevoli colleghi, non posso non evidenziare come la frettolosa trattazione di argomenti tanto delicati abbia mutato la struttura stessa dell'organizzazione, rendendo tutto meno funzionale e creando delle grandi lacune.

La forzatura operata da questo decreto sulle Camere, riguardante la proroga degli aiuti all'Ucraina, è frutto di un'attività politica, a nostro avviso, poco chiara. È stato ulteriormente svilito il ruolo del Parlamento sul tema Aifa, dove è avvenuto un vero e proprio blitz, impedendo la doverosa concertazione delle regioni che avrebbero dovuto essere coinvolte.

Noi, come terzo polo, avremmo auspicato interlocuzioni, coinvolgimenti e approfondimenti degni del rango delle argomentazioni trattate.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Andrea Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANDREA DI GIUSEPPE (FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, Governo, dico la verità: avevo segnato dei punti del mio discorso, poi ho visto entrare i ragazzi del liceo ed ho aggiunto un ulteriore punto al mio intervento sulla NATO che ritengo ancora più importante: si chiama credibilità.

La credibilità è un elemento fondamentale che negli ultimi Governi, purtroppo, è stato perso. La credibilità è la cosa più importante che poi, a catena e a cascata, influenza le vite di tutti i cittadini, in Italia e all'estero. Noi dobbiamo riprenderci questa credibilità che i nostri padri fondatori, con tanto sacrificio e tanta fatica, hanno creato e ci hanno dato. Dobbiamo riprendercela.

Cercherò, in questo intervento sulla NATO, di declinare, in qualche modo, come, su un tema così importante, questa credibilità possa essere ripresa e possa iniziare questo cambiamento verso una crescita della credibilità del sistema Italia e, quindi, di tutti gli italiani.

In merito al provvedimento in discussione, la proroga della partecipazione del nostro personale militare al potenziamento di iniziative della NATO, è un elemento centrale per il miglioramento operativo della stessa.

Il conflitto in Ucraina ci ha riportato tutti all'interno di quel grande incubo che si chiama guerra. La distruzione delle città ha fatto riaffiorare in noi ricordi e sofferenze lontane, anelate dentro la speranza di costruire un futuro più prospero e pacifico per i nostri figli. Gli attacchi russi, che hanno preso di mira anche i civili e le infrastrutture, sono una terribile pagina di storia che difficilmente dimenticheremo.

La difesa dei confini ucraini è stata intrapresa anche da migliaia di ucraini residenti all'estero; ucraini discendenti testimoniano il legame tra i cittadini esteri e la propria terra d'origine: legame inossidabile che, anche in Italia, in qualità di deputato eletto all'estero, mi sento di valorizzare.

In questo inaspettato scenario bellico la NATO ha risposto con una ferma condanna nei confronti della violazione del diritto internazionale da parte di Mosca ed ha inviato ulteriori reparti militari negli Stati dell'Alleanza più esposti.

Tra le principali attività si riscontra il rafforzamento dell'impiego delle forze speciali d'intervento e, in particolare, della VJTF, che è oggetto di questo provvedimento. La task force, costituita nel vertice di Newport il 4 e 5 settembre 2014, rappresenta una brigata multinazionale capace di entrare in azione in sole 48 ore. Essa, al fine di favorire la cooperazione tra gli Stati, è guidata a rotazione da Paesi dell'Alleanza e conta un totale di circa 6 mila unità. La proroga che si otterrà grazie alla conversione in legge di questo decreto rappresenta un passo significativo per il miglioramento dell'operatività militare dell'Alleanza già oggetto di valutazione nel vertice di Madrid dello scorso giugno.

Con la risoluzione NATO n. 479 sono state successivamente definite nuove strategie da perseguire volte a sviluppare una risposta alleata comune alle nuove sfide globali. Alla base di questo nuovo orientamento organizzativo vi è la volontà di ridurre, qualora esistenti, dipendenze strategiche da Stati terzi, nonché di rafforzare la cooperazione con i partner dell'Alleanza, a partire dall'Unione europea.

In relazione ai punti della risoluzione n. 479, la proroga della suddetta task force rientra a pieno titolo nel programma di potenziamento operativo dell'Alleanza atlantica verso un sistema di difesa avanzato di rapida risposta operativa. Per raggiungere ciò, auspico che negli anni futuri la NATO possa attuare una visione di più largo spettro, ad esempio sul tema della sicurezza, facendosi trovare pronta ad affrontare altre sfide, quali gli attacchi informatici, le operazioni ibride, l'immigrazione irregolare, le minacce alla sicurezza energetica e la possibile proliferazione di armi di distruzione di massa.

In conclusione, colleghi, lasciatemi esprimere con orgoglio un grande ringraziamento alle migliaia di militari italiani impegnati nelle missioni internazionali. Il loro impegno deve essere per noi un motivo di orgoglio e di riconoscenza. Grazie al loro operato e a chi oggi, senza paura, si batte per salvaguardare la democrazia e l'integrità nazionale degli Stati, a chi vede nella cooperazione e nella difesa collettiva lo strumento più efficace per la salvaguardia del diritto internazionale e a chi, come questa maggioranza, vuole finalmente riportare l'Italia a ricoprire nella NATO la centralità che merita. Concludo, sempre per i ragazzi che ho visto questa mattina. Ho sentito oggi dire da alcuni colleghi: non potete fare ciò che vi pare, non ve lo permetteremo. Ma, guardate, Fratelli d'Italia è sempre stata apertissima a qualsiasi opposizione costruttiva, non certamente ideologica. Però una cosa è certa: noi governeremo senza “se” e senza “ma” . E lo faremo anche per quei ragazzi che ci stanno guardando oggi, che sono le nostre future generazioni, e nei confronti dei quali dobbiamo avere il massimo rispetto, perché questa è la cosa più importante (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 664?)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la IV Commissione (Difesa), onorevole Roberto Bagnasco, per 6,5 minuti, che è il tempo residuo per il suo intervento.

ROBERTO BAGNASCO , Relatore per la IV Commissione. Grazie, Presidente. Non usufruirò dei 6,5 minuti, anche perché la discussione è stata esaustiva e gli interventi dei colleghi sono stati molto chiari e hanno definito con molta attenzione la conversione in legge di questo decreto. Hanno spiegato con grande chiarezza, almeno per quanto riguarda i colleghi di maggioranza, il perché possa sembrare che questo decreto - come è - abbia unito pere e mele, ma non vi era altra possibilità dal punto di vista tecnico.

Sostanzialmente, non entro nella parte sanitaria, se non per fare una brevissima riflessione - se mi consente la mia collega -, anche perché provengo da una lunga esperienza di Commissione sanità e ricordo molto bene le situazioni della Calabria. Sono situazioni che sicuramente non derivano da questo Governo, non possono derivare da un Governo che ha un mese di vita e che, quindi, non ha alcuna responsabilità, neanche positiva, purtroppo, fino ad oggi, ma sicuramente non negativa. Quindi, le critiche portate avanti in maniera molto superficiale lasciano assolutamente il tempo che trovano.

Per quanto riguarda poi, invece, la parte riguardante il discorso NATO, anche in questo caso sono emerse con chiarezza le posizioni. Mi dispiace che, ancora una volta - sono sempre chiaro quando parlo -, il gruppo dei 5 Stelle abbia perso l'occasione per tacere, perché anche in questo caso voglio ricordare - ma non c'è bisogno, perché lo ricordano sicuramente tutti gli italiani - che gli aiuti all'Ucraina sono stati portati avanti dai Governi precedenti anche con il sostegno del gruppo dei 5 Stelle, che oggi, improvvisamente, da quando evidentemente è all'opposizione, è su posizioni totalmente diverse. Qualcheduno dei miei colleghi ha detto che la credibilità è una cosa importante. È vero. La credibilità è una cosa importante e cambiare totalmente posizioni solamente perché in quest'Aula ci si mette dalla parte della maggioranza o dalla parte dell'opposizione fa perdere totalmente credibilità alle istituzioni e, purtroppo, in questo caso, anche al Paese.

Per il resto, invece, devo sottolineare che, per quanto riguarda la parte del decreto riguardante la NATO, c'è una grande convergenza da parte delle forze politiche e questo non può fare altro che piacere a chi vi parla e sicuramente a tutta la maggioranza.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la XII Commissione (Affari sociali), onorevole Simona Loizzo, per il tempo residuo di 5 minuti e mezzo.

SIMONA LOIZZO, Relatrice per la XII Commissione. Grazie, Presidente. Ne utilizzerò meno della metà. Intanto, volevo ringraziare l'onorevole Ciocchetti, perché di fatto ha già ampiamente replicato a quelle sterili note della minoranza.

Mi sarebbe piaciuto che fosse qui ad ascoltarmi, per il MoVimento 5 Stelle, una mia conterranea che ha sollevato ragioni pretestuose, prima delle quali dovrebbe ricordare - come ha sottolineato, invece, Quartini - che il decreto Calabria nasce grazie anche al partito che rappresento, la Lega-Salvini Premier. È noto a tutti lo stato del servizio sanitario regionale calabrese e per me, da calabrese, ogni volta che se ne parla in questi termini, in un'Aula come quella di Montecitorio, la tristezza, soprattutto come direttore di dipartimento chirurgico, è grandissima, perché se ne parla come di un esempio negativo. Tuttavia, la fase di passaggio del ruolo di commissario a un mero commissario che veniva catapultato nella realtà calabrese da altre realtà, finalmente affidato al governatore della Calabria, segna il passo. C'era un'esperienza di questo genere nel centrodestra nel passato e volevo replicare all'onorevole Baldino che si sono succeduti ben due Governi di centrosinistra alla guida della regione Calabria - prima della parentesi della nostra cara Jole e oggi finalmente con Roberto Occhiuto - con capacità di incidere sull'empowerment del sistema sanitario regionale calabrese. Ebbene, non è che non abbiamo avuto tempo per cambiare questo decreto: noi non lo abbiamo voluto cambiare. Abbiamo inteso che il decreto Calabria andasse bene, quindi trovo questa provocazione dell'onorevole Nico Stumpo inefficace, perché il tempo per cambiare la legge ci sarebbe stato, ma non abbiamo voluto.

Per quanto riguarda, poi, il passaggio, che segna sempre, anche per quanto riguarda l'Aifa, la sottolineatura di eccesso di potere di questa maggioranza sul ruolo dei direttori generali, ebbene, certo, noi vogliamo governare, noi vogliamo i direttori generali che sostituiscano i commissari. Ci sono commissari, bravissimi e che non saranno sicuramente sostituiti, che attendono la giusta nomina di direttore generale. Non è strapotere, questo è governo del processo.

E poi, per quanto riguarda la riconversione degli ospedali, voglio sempre ricordare che molti ospedali sono stati considerati, ma non oggi, già ben un quindicennio fa, ospedali di morte. Noi non vogliamo ospedali in tutti i paesi e in tutte le comunità. Vogliamo che venga applicato il DM 77 del 2022, vogliamo gli ospedali di comunità, ma non vogliamo certo ospedali spoke in ogni comune della regione Calabria. Noi vogliamo centri nascita che funzionino secondo quelli che sono i dettami del Ministero della Salute, con un certo numero di parti, perché ovviamente la capacità di eseguire le procedure dipende anche dal numero e dalla quantità di procedure effettuate per quei centri. E quindi mi preme far sapere all'onorevole Baldino che tutti gli ospedali chiusi verranno riconvertiti secondo processi guidati di altissime specialità, in relazione alla posizione geografica, perché la Calabria ha un territorio difficilmente gestibile anche in termini di viabilità e trasporti …

PRESIDENTE. Concluda.

SIMONA LOIZZO, Relatrice per la XII Commissione. Sì, concludo. … e proprio la nomina dei commissari alle infrastrutture servirà a guidare questo processo di simbiosi tra sede e necessità di ultra specializzazione degli ospedali.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Salute, onorevole Marcello Gemmato, ha facoltà di replicare.

MARCELLO GEMMATO, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ringrazio i relatori di maggioranza per lo sforzo profuso, ringrazio i colleghi di maggioranza, e soprattutto di opposizione, per il contributo dato a un dibattito, che, a mio avviso, è stato di profondità e di confronto, con qualche asperità che attiene, però, al dibattito parlamentare. Li ringrazio soprattutto perché mi danno la possibilità di puntualizzare alcune notizie - nel gergo comune si chiamerebbero fake news -, che purtroppo sono emerse durante la dialettica politica e che però non possono, a mio avviso, albergare in questa, che dovrebbe essere un'Aula di verità. Dovremmo tendere tutti alla verità e quindi mi sforzo di fare questo esercizio. Lo dico soprattutto per quanto riguarda il Fondo sanitario nazionale: c'è una tecnica, che oserei chiamare consuetudine, della bugia ripetuta, che diventa una mezza verità. Questa bugia l'ho sentita appunto ripetere all'interno di quest'Aula rispetto al finanziamento del Fondo sanitario nazionale, se non ricordo male dalla collega Baldino del MoVimento 5 Stelle. Voglio ricordare che, per l'anno prossimo, il Fondo sanitario nazionale è stato incrementato di 2 miliardi 150 milioni; per il 2024 è stato incrementato di 2 miliardi 300 milioni; per il 2025 è stato incrementato di 2 miliardi 600 milioni. Considerate che quest'anno sfioriamo i 130 miliardi di finanziamento (129,6 miliardi, se non ricordo male); nella fase ante COVID, quindi nel 2018, il Fondo sanitario nazionale si dotava di 114 miliardi, quindi c'è stato un salto da 114 miliardi a 129,6 miliardi. Sempre in ossequio a quella verità di cui parlavo, devo riconoscere che c'è stato un aumento, negli anni della pandemia, del Fondo sanitario nazionale, che ha toccato punte elevate di 124, 126 e 128 miliardi fino ai giorni attuali, però vi è da dire anche che questa dotazione era dovuta alla straordinarietà del momento pandemico, tant'è vero che il DEF, il Documento di economia e finanza, prodotto dal passato Governo, diceva che, per gli anni avvenire, dal 2024 al 2025, si sarebbe provveduto a definanziare il Sistema sanitario nazionale, o, meglio, a ridurre il Fondo sanitario nazionale - è un tema diverso: il definanziamento attiene chiaramente all'inflazione; il taglio è un numero in senso assoluto - perché si sarebbe usciti dalla fase pandemica straordinaria e, quindi, andando incontro a un'endemia, sarebbe stato necessario ridurre quel Fondo. Lo dicevate voi, lo diceva la maggioranza di centrosinistra. La maggioranza di centrodestra che fa? Aumenta quel Fondo, aumenta il Fondo straordinario che si era determinato durante la pandemia - lo ripeto - di 2 miliardi 150 milioni per il 2023, 2 miliardi 300 milioni per il 2024 e 2 miliardi 600 milioni per il 2025. Sono numeri. Se poi ricorrete all'artificio per cui parlate di percentuale rispetto al PIL, è di tutta evidenza che - se parametrate il PIL rispetto agli anni della pandemia, quando l'Italia è stata chiusa per settimane, per mesi - il denominatore si riduce e il numeratore aumenta, è matematica anche questa. Allora dico veramente ai colleghi - non lo faccio per polemica di carattere politico, ma per amore di verità, perché questo dovrebbe essere il centro propulsivo italiano della verità - che io mi vorrei confrontare su questi numeri; lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che so essere sensibili al tema. All'onorevole Quartini, che ha introdotto il tema, dico: collega, si tratta di numeri rispetto ai quali penso che si possa aprire un dibattito sulla finalizzazione dei numeri, ma partire dal presupposto che si è tagliata la sanità è un fatto enorme. Aggiungo che, se si prende la proiezione fatta dalla GIMBE, che è una Fondazione indipendente, non vicina a Fratelli d'Italia, né, tanto meno, al centrodestra, nel decennio precedente il 2018, si parla di un definanziamento di 37 miliardi di euro. Registro che, in quei dieci anni, sicuramente non ha governato il centrodestra e sicuramente non ha governato Fratelli d'Italia. Ma ricordo questi numeri perché non vorrei cadere io stesso nell'errore di buttare tutto nella polemica politica, ma vorrei che questo diventasse patrimonio comune. Poi, sul regionalismo sanitario, sulla finalizzazione dei fondi, sulla possibilità di aprire ai settantaduenni e quindi di attingere a forze straordinarie, ai riservisti della sanità - fatemeli chiamare così -, apriamo il dibattito, ma apriamolo incardinando i nostri ragionamenti su un momento di verità.

Così come rispetto all'Aifa, condividevo le parole del collega Quartini e le ho appuntate. Collega, lei parlava di stallo decisionale, di contrasto fra il direttore generale e il presidente del consiglio di amministrazione e del fatto che, ampliando il dibattito, durante i venti anni dall'istituzione dell'Aifa vi fosse bisogno di un “tagliando”, al fine di evitare alcune storture. La prima fra tutte, che appare macroscopica, è che la rappresentanza legale non fosse in capo al presidente del consiglio di amministrazione, così come avviene per tutti gli enti similari a questo, ma fosse in capo al direttore generale: ebbene, noi abbiamo posto rimedio a questa stortura. Altra stortura consisteva nel fatto che esistessero due organismi pletorici, il Comitato tecnico-scientifico e il Comitato dei prezzi: è evidente che questi organismi pletorici, che rallentavano l'azione dell'Aifa, dovessero avere un momento, giocoforza, di sintesi. Ora, la vostra contestazione non è - immagino - sul merito, ma sul metodo, per questo ho ricordato che l'iniziativa è stata di carattere parlamentare, perché l'origine è stata in un emendamento presentato al DL Calabria in Senato, ma è evidente che il Governo condivide questo emendamento. Peraltro, in Commissione, al Senato, l'abbiamo riformulato e abbiamo partecipato alla determinazione dello stesso. Però, voglio ricordare anche all'Aula che dal 2021 noi andiamo in prorogatio e sono vent'anni che ci diciamo che l'Aifa andrebbe rivista. Molte volte il meglio è nemico del bene e bene faceva il collega Ciocchetti a ricordare che probabilmente gli italiani ci hanno votato non per istituire commissioni che decidono non si sa cosa. Io ho avuto una straordinaria esperienza - scusate la digressione di carattere personale – nel senato accademico dell'università quando ero studente e il rettore dell'epoca che mi piace citare, il rettore Cossu, peraltro consigliere comunale del Partito Comunista, quindi di tutt'altra esperienza e provenienza politica diceva che, quando una cosa non si vuole affrontare, si istituisce una bella commissione. Allora, noi dovremmo rifare l'ennesima commissione per poi parlarci addosso. Ora, è di tutta evidenza - e lo ripeto - che gli italiani non ci hanno votato per fare commissioni, per creare sovrastrutture e per non dare risposte, ma ci hanno votato per dare risposte. La risposta - ricordavo il tema dell'incardinamento di carattere parlamentare - è stata quella: se fosse stata sbagliata dal punto di vista procedurale, l'avrebbero resa inammissibile; evidentemente non è una stortura, è un'accelerazione, noi la sposiamo e portiamo finalmente a una nuova governance l'Aifa, che immagino possa essere quell'arma strategica del nostro sistema sanitario nazionale che guarda alla governance farmaceutica, che guarda alla velocità nella produzione delle AIC, delle autorizzazioni a immissioni in commercio, che guarda allo straordinario mercato farmaceutico nazionale e internazionale. Registro che l'industria farmaceutica italiana è prima in Europa, con 32 miliardi di euro, quindi è un patrimonio da salvaguardare. Immagino che anche il popolo italiano, che vuole celerità e risposte immediate nel campo della governance farmaceutica, il mondo sanitario, che vuole sostanzialmente lo stesso e che vuole che gli orizzonti di innovazione vengano cavalcati dal nostro Paese - che purtroppo registro in questo campo essere abbastanza lento (scusatemi l'eufemismo) - e l'industria farmaceutica, che è un asset che insieme all'agricoltura, durante la crisi, è stato anticiclico (con un segno “più” rispetto alla produzione), desiderino avere in questa risposta un responso certo. Noi ci auguriamo questo; lo facciamo, l'abbiamo fatto con uno strumento che voi ci contestate, ma è uno strumento che attiene alla democrazia parlamentare.

Ed è per questo che noi rigettiamo al mittente quelle parole roboanti con le quali si sostiene che noi stiamo snaturando e commissariando. Mi sembra di tutta evidenza che l'Aifa è una controllata del Ministero della Salute. E chi dovrebbe determinare il presidente del consiglio di amministrazione, il rettore dell'università di Bari? Lo determineremo noi, con gli strumenti della democrazia. Siamo stati votati per questo e, quindi, faremo questo. Il tutto, mi sembra, si possa ricondurre nel recinto della ragionevolezza.

In conclusione, ritengo che essendo all'inizio di un mandato, su alcuni temi dobbiamo partire e, ricollegandomi a quello che dicevo all'inizio, dobbiamo farlo avendo la verità come orizzonte, la stella polare verso cui dobbiamo tendere. Parliamo di dati e di numeri certi; sicuramente, da parte del Governo Meloni, c'è stata, c'è e ci sarà un'enorme attenzione nei confronti del Ministero della Salute, perché cura, letteralmente, i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, l'11 dicembre del 1946 è nato il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia. È importante ricordarlo oggi, in quest'Aula, esattamente 76 anni dopo, per ricordare la ragione per cui è nato l'UNICEF: per aiutare noi, i nostri genitori, le nostre nonne, i nostri nonni, tutti i bambini straziati dall'orrore della Seconda guerra mondiale, perché, dove c'è una guerra, sono sempre i bambini a pagare il prezzo più alto. Guardiamo a quello che sta avvenendo in Yemen. I dati diffusi proprio oggi da UNICEF sono allarmanti: più di 11 mila bambini uccisi o mutilati dal 2015, quasi 13 milioni di bambini che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Non possiamo voltarci per non guardare, non possiamo lasciare soli quei bambini, non possiamo lasciare solo nessun bambino e UNICEF nasce per aiutarci a non dimenticarlo mai. Un impegno che, nel nostro Paese, si rinnova ogni giorno grazie al lavoro della presidente Pace, del direttore Rozera, del portavoce Iacomini e di tutta la squadra di UNICEF Italia, che voglio ringraziare; un impegno che riguarda tutti noi. Faccio solo un esempio, anche qui, in Parlamento: la legge Siani, il principio fondamentale per cui nessun bambino deve crescere in una cella. L'abbiamo ripresentata anche in questa legislatura, a prima firma della presidente Serracchiani. Approviamola al più presto, perché difendere i diritti dei bambini più fragili, come ci ricorda ogni giorno UNICEF, significa difendere il futuro di tutti noi.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 13 dicembre 2022 - Ore 9,30:

1. Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2022.

(ore 16)

2. Comunicazioni del Ministro della difesa ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 185 del 2022.

La seduta termina alle 12,45.