XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 691 di martedì 10 maggio 2022

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 11.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GIORGIO SILLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 6 maggio 2022.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Benamati, Enrico Borghi, Carnevali, Maurizio Cattoi, Ceccanti, Daga, Luigi Di Maio, Dieni, Ferri, Grande, Marzana, Occhionero, Pagani, Pastorino, Viscomi, Vito e Raffaele Volpi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 118, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

(Iniziative di competenza volte all'ampliamento dei criteri per l'accesso alla terapia genica dell'atrofia muscolare spinale di tipo SMA1 – nn. 3-02303, 3-02943 e 3-02946)

PRESIDENTE. Passiamo alla prime interrogazioni all'ordine del giorno Villani ed altri n. 3-02303, Gemmato n. 3-02943 e Mandelli e Bagnasco n. 3-02946, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A).

Il sottosegretario di Stato per la Salute, Andrea Costa, ha facoltà di rispondere.

ANDREA COSTA, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Nel merito della questione delineata nell'interrogazione parlamentare in esame, a cui si risponde congiuntamente per analogia di contenuti, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha inteso precisare quanto segue. La specialità medicinale Zolgensma è stata approvata con un'autorizzazione condizionata, con procedura centralizzata europea, dalla Commissione Europea con la decisione C (2020)3362 del 18 maggio 2020, ratificata successivamente con decisione della Commissione Europea C (2020)5579 del 10 agosto 2020 e inserita nel Registro comunitario dei medicinali con il n. EU/ 1/20/1443. La specialità in questione ha ricevuto la designazione di farmaco orfano per il trattamento dell'atrofia muscolare spinale prossimale. A seguito dell'istanza presentata dall'azienda farmaceutica Novartis di classificazione in regime di rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale e a seguito del parere della Commissione tecnico-scientifica, l'Aifa ha disposto, con la determinazione n. 126266/2020 del 12 novembre 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale n. 286 del 17 novembre 2020, l'inserimento del medicinale Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi 6 mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a due copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1.

Successivamente, all'esito di ulteriori approfondimenti condotti dall'Aifa e dei pareri espressi nelle varie sedute dalla Commissione tecnico-scientifica nonché dal Comitato prezzi e rimborsi, l'Aifa ha adottato la determinazione n. 277 del 10 marzo 2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 13 marzo 2021, con la quale ha proceduto ad approvare la specialità medicinale Zolgensma ai fini dell'autorizzazione all'immissione in commercio e della rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale nei termini che seguono: Zolgensma è indicato per il trattamento dell'atrofia muscolare spinale (SMA) in pazienti con peso fino a 13,5 chilogrammi, diagnosi clinica di SMA di tipo 1 ed esordio nei primi 6 mesi di vita, oppure diagnosi generica di SMA di tipo 1 (mutazione biallelica del genere SMN1 e fino a due copie del gene SMN2). Alla specialità medicinale Zolgensma è stata riconosciuta altresì l'innovatività per 12 mesi, rinnovabile, e la stessa è stata inserita tra i farmaci sottoposti a registro di monitoraggio Aifa. I due criteri indicati da Aifa, che limitano l'accesso al trattamento con Zolgensma escludendo i pazienti con SMA in fase molto avanzata di malattia, sono ampiamente supportati da evidenze scientifiche, dai dati della letteratura scientifica, dalla plausibilità biologica secondo aspetti eziopatogenetici e fisiopatologici alla base della malattia e dalla valutazione estensiva effettuata dall'Agenzia europea per il farmaco. Altri criteri di esclusione al trattamento farmacologico a carico del Servizio sanitario nazionale sono, in primis, la mutazione biallelica del gene SMN1 e 3 copie del gene SMN2 in assenza di una diagnosi clinica di SMA di tipo 1 e inoltre il peso del bambino maggiore di 13,5 chilogrammi. Attualmente, la rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale è limitata ai casi in cui ci sia una diagnosi clinica SMA1 con esordio dei sintomi prima dei 6 mesi di vita, oppure con sola diagnosi genetica (mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a due copie del gene SMN2) e quindi pre-sintomatici. La decisione di escludere i bambini pre-sintomatici con mutazione biallelica del gene SMN1 e tre copie del gene SMN2 è da ricondurre a due motivi: la presenza di tre copie del gene SMN2 determina una patologia estremamente eterogenea, con presentazione clinica di SMA di tipo 1, ma anche di SMA2 o SMA3; inoltre, vi è l'assenza di dati definitivi di efficacia. A tal proposito, l'Aifa ricorda che uno studio è in corso nei pazienti pre-sintomatici con due o tre copie del gene SMN2 ma - come riportato nel riassunto delle caratteristiche del prodotto - la durata del follow-up è troppo breve per valutare lo sviluppo dei pazienti trattati rispetto alla storia naturale dei pazienti con tre copie di SMN2 che presentano una manifestazione clinica eterogenea e, pertanto, in questa popolazione di pazienti non è al momento possibile trarre conclusioni definitive sul beneficio. La Commissione tecnico-scientifica dell'Aifa ha ribadito comunque che tale decisione potrà essere riconsiderata non appena saranno disponibili ulteriori evidenze. In merito al secondo criterio sopra indicato, l'Aifa precisa che, nei quattro studi clinici condotti, i 44 pazienti arruolati avevano, al momento dell'infusione di Zolgensma, un'età compresa tra le due settimane e gli 8 mesi ed un peso variabile tra i 3 e gli 8,4 chilogrammi. Dati supplementari di pazienti fino a 2 anni e fino ai 13,5 chilogrammi di peso sono stati resi pubblici attraverso presentazioni congressuali e provengono da raccolte non sistematiche negli Stati Uniti. L'autorità statunitense FDA ha approvato il medicinale Zolgensma nei bambini di età inferiore ai 2 anni e fino ai 13,5 chilogrammi di peso corporeo. La limitazione dell'età è chiaramente riportata nell'indicazione, mentre il limite di peso è presente nella specifica sezione relativa alla posologia. L'EMA ha deciso di non includere nelle indicazioni alcuna limitazione di età né di peso, preferendo non stabilire a priori limitazioni legate alla mancanza di dati e lasciando al clinico di valutare, insieme alla famiglia, l'opportunità del trattamento con Zolgensma, sulla base delle condizioni generali, motorie e respiratorie del bambino. Nel paragrafo 4.2 del riassunto delle caratteristiche del prodotto, relativo alla posologia, è riportata una tabella con il dosaggio raccomandato in base ad un peso corporeo fino a 21 chilogrammi.

Tuttavia, nello stesso paragrafo, viene specificato che: “L'esperienza nei pazienti di età pari o superiore ai 2 anni o con peso corporeo superiore a 13,5 kg è limitata. La sicurezza e l'efficacia (…) in questi pazienti non sono state stabilite (…)”.

Anche la comunità scientifica internazionale ha espresso forti dubbi, per motivi di sicurezza, nel trattare bambini con un maggiore peso corporeo. Ad esempio, nella “Consensus europea”, pubblicata nell'agosto 2020, si raccomanda di trattare i pazienti sopra i 13,5 kg soltanto in circostanze specifiche, ed in un “setting” di sperimentazione clinica, al fine di garantire un rigoroso monitoraggio, e solo dopo aver considerato attentamente le alternative terapeutiche approvate.

Gli esperti sono concordi nel dichiarare che la somministrazione di Zolgensma in pazienti di peso maggiore ai 13,5 kg, di cui attualmente non c'è alcuna esperienza, potrebbe essere associata a rischi aggiuntivi, a causa dell'elevata quantità di vettore virale che è necessario infondere.

Poiché la dose di Zolgensma è proporzionale al peso corporeo del paziente, il trattamento dei pazienti “più pesanti” implica anche una dose totale significativamente più alta rispetto a quella utilizzata negli studi clinici, il cui impatto, soprattutto in termini di sicurezza, non è noto.

Poiché c'è un rischio di grave epatotossicità con l'aumentare del peso dei pazienti trattati, per motivi di sicurezza è stato deciso di escludere i bambini di peso superiore ai 13,5 kg.

Nelle more della piena attuazione del registro di monitoraggio, onde garantire la disponibilità del trattamento ai pazienti, le prescrizioni dovranno essere effettuate in accordo ai criteri di eleggibilità e appropriatezza prescrittiva riportati nella documentazione consultabile sul portale istituzionale dell'AIFA.

L'accordo con l'azienda farmaceutica Novartis ha incluso l'impegno della stessa società a mettere a disposizione il farmaco, a titolo gratuito, all'interno di studi clinici per i bambini con un peso compreso tra i 13,5 e i 21 kg, allo scopo di acquisire su questi pazienti, in un “setting” controllato, dati ulteriori di efficacia e sicurezza.

In relazione ai quesiti posti, l'AIFA ha inteso sottolineare che il sistema sanitario statunitense differisce da quello europeo e, nello specifico, da quello italiano, in quanto il sistema regolatorio dei farmaci nazionale è strettamente legato alle decisioni dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), garantendo l'accesso ai farmaci a tutti i cittadini quando i dati tecnico-scientifici disponibili dimostrino che la somministrazione degli stessi sia necessaria, appropriata e sicura. Pertanto, il medicinale Zolgensma viene rimborsato dal Servizio sanitario nazionale per le indicazioni sopra illustrate.

Concludo, comunque, rassicurando gli onorevoli interroganti che l'AIFA ha comunicato che, su iniziativa dell'azienda farmaceutica titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del prodotto Zolgensma, la Commissione tecnico-scientifica è pronta a considerare una modifica delle condizioni di accesso e di rimborsabilità del medicinale, laddove nuove evidenze scientifiche dovessero essere sottoposte alla attenzione della Commissione.

PRESIDENTE. La deputata Villani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Posso togliere la mascherina?

PRESIDENTE. Sì, prego.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, per la puntuale e dettagliata risposta, che mi vede sicuramente soddisfatta soprattutto in considerazione del fatto che nell'accordo concluso con Novartis, come lei poc'anzi ha citato, si sia deciso di rendere disponibile il farmaco gratuitamente, all'interno di studi clinici, anche per i bambini con un peso compreso tra i 13 e i 21 kg. In questo modo, verrebbero ammessi alle cure bambini che fino ad oggi erano esclusi. Sono molto fiduciosa nella ricerca scientifica, naturalmente, e nella possibilità di garantire la cura ad altri piccoli ad oggi ancora esclusi, laddove viene dichiarata ancora la volontà di considerare modifiche delle condizioni di accesso e di rimborsabilità del medicinale nel momento in cui nuove evidenze scientifiche dovessero essere sottoposte all'attenzione della Commissione.

Condivido pienamente anche la sua illustrazione, l'excursus storico di questa problematica circa l'uso del Zolgensma, e, pur comprendendo pienamente la strategia della prudenza che l'AIFA sta mettendo in campo di concerto con l'EMA, ritengo tuttavia che occorra sforzarsi per fare di più, consapevole che, se si riesce a garantire anche solo un lieve miglioramento della qualità della vita dei piccoli pazienti e delle loro famiglie, bisogna farlo. La nostra speranza, sottosegretario, è che si possa trovare prima possibile una cura definitiva contro l'atrofia muscolare spinale che, è bene ricordarlo, rappresenta il secondo disordine neuromuscolare più frequente in età pediatrica.

Bisogna procedere in fretta con una riconsiderazione dei termini e dei parametri di utilizzo di questo farmaco. Questo sarebbe, già di per sé, un passo molto importante per tantissimi bambini costretti a combattere contro questa terribile malattia, la SMA.

I dati su questa malattia restituiscono il quadro di un disturbo raro e molto complesso, ovvero: l'incidenza complessiva di tutte le forme di SMA è stimata essere di 1 su 10 mila nati vivi; la prevalenza delle forme di SMA di secondo e terzo tipo è stimata essere compresa tra i 40 e i 12 casi su un milione di bambini nella popolazione generale. I piccoli, affetti da tale grave patologia, hanno bisogno naturalmente di un approccio multidisciplinare, a causa proprio della complessità del quadro clinico coinvolgente diversi organi e apparati. Un percorso di cura tutt'altro che semplice, che richiede l'aiuto e il sostegno di tutti.

Non stiamo certo chiedendo di bypassare la scienza, naturalmente, ma almeno di iniziare una necessaria semplificazione burocratica di accesso al farmaco, perché - le famiglie lo denunciano più volte e lo hanno denunciato più volte - l'iter di accesso alla cura è troppo impervio e troppo complesso.

Sottosegretario, è nostro dovere continuare a lavorare affinché, a livello nazionale, si possa realizzare uno snellimento delle pratiche, ma soprattutto affinché il farmaco possa essere reso gratuito per il maggior numero di bambini possibili. Mi rendo conto che la decisione non può prescindere dai risultati delle evidenze scientifiche, capisco che è una terapia molto costosa, ma so anche che noi, come Stato, abbiamo il dovere di garantirla a tutti, con le nostre risorse e con percorsi meno tortuosi. Sappiamo che i risultati di questo farmaco sono ancora controversi per i casi di bambini sopra i 6 mesi, ma abbiamo deciso di presentare questa interrogazione a suo tempo proprio per accendere i riflettori su questa problematica e riportare le battaglie dell'Associazione Famiglie SMA.

Si tratta di famiglie che ho conosciuto e al cui interno si dipanano storie tristi, fatte di sofferenze e grandi sacrifici. Alcune di queste storie sono a lieto fine, come quella del piccolo Luca, un bambino di quasi 6 anni, della provincia di Messina, costretto a una vita decisamente diversa da quella della maggior parte dei suoi coetanei che conducono un'infanzia serena e spensierata. Il piccolo è affetto da atrofia muscolare spinale di tipo 1, la forma più grave e aggressiva di SMA. La patologia gli è stata diagnosticata quando aveva circa 6 mesi, stravolgendo la sua esistenza e quella della sua famiglia. L'unica speranza per Luca era questo farmaco e solo dopo la nostra interrogazione in Parlamento e varie interlocuzioni con l'AIFA finalmente al bambino è stata data una risposta positiva, così come la gratuità del farmaco per altri pazienti.

Per altri bambini, invece, le risposte sono state più lunghe e difficoltose, come nel caso di Paolo, un piccolo di 2 anni affetto anche lui da SMA...

PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Ho quasi concluso. Le caratteristiche della sua patologia non gli consentivano di rientrare nei criteri. Oggi, però, Paolo, grazie alla solidarietà di tantissimi di noi e anche al generoso intervento della regione Puglia, adesso si sta curando anche con risultati soddisfacenti.

Sottosegretario, dobbiamo fare in modo di dare una speranza di vita migliore per tutti questi bambini e dobbiamo cercare di dare anche speranza a tutte le famiglie SMA, di cui ci facciamo portavoce, che chiedono una semplificazione del percorso di autorizzazione del farmaco.

PRESIDENTE. Il deputato Gemmato facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Grazie, Presidente. Più che alla mia soddisfazione o alla nostra soddisfazione, dovremmo pensare, da politici, a quella delle famiglie che, purtroppo, vivono la tragedia di avere piccoli affetti da SMA. Lo dico perché ho apprezzato le parole del sottosegretario Costa, nella sua puntuale risposta, però, ad oggi, non vi è certezza rispetto ad una terapia che dovrebbe - uso il condizionale - essere salvifica o, comunque, migliorare la qualità dei piccoli affetti da SMA.

Anche con riferimento alla narrazione della collega, si riprendono casi che molte volte si rifanno alla bravura mediatica di genitori, al fatto di trovare, magari, il politico di turno maggiormente predisposto a farsi carico della responsabilità della somministrazione del farmaco, ma, a mio avviso, non dovrebbe essere tutto questo. Esiste un tema generale: questo farmaco costa 2 milioni di euro.

Quindi, già questo aprirebbe una profonda riflessione sulla ricerca pubblica e privata, e anche sull'etica nella somministrazione del farmaco, ed è un primo tema. Il secondo tema, ancor più dirimente, è quello relativo alle due autorità regolatorie che noi abbiamo, l'EMA a livello europeo e l'Aifa a livello nazionale. L'EMA pone parametri, chiaramente mutazione genica, ora non li sto a ripetere, ma pone due parametri restrittivi, che sono quelli del peso e dell'età. In realtà l'EMA non pone come elemento dirimente o vincolante quello dell'età, quindi i 6 mesi, ma quello del peso, 13,5 o 21 chili. Il problema nasce nel momento in cui l'Aifa, che è l'ente regolatorio italiano, vincola in maniera obbligatoria all'età l'assunzione del farmaco. Quindi, 13,5 o 21 chili di peso, ma mai al di sopra dei 6 mesi di età. Su questo si crea un cortocircuito su quanto la comunità scientifica, a livello internazionale, segnatamente in America, ma soprattutto l'ente regolatorio europeo, l'EMA, ci dice. L'EMA dice che il fattore vincolante, al netto della fattispecie sulla mutazione genica, è quello del peso, e non quello dell'età. L'Aifa, invece, dice che la caratteristica dell'età è dirimente. Questo, a cascata, provoca un problema a livello nazionale e regionale, perché i presidenti delle regioni, che devono autorizzare la spesa di un farmaco che, ripeto, costa 2 milioni di euro, si devono assumere una responsabilità enorme, e dall'altro lato, hanno le famiglie che giustamente premono, perché dicono: ma è possibile che la tanto declamata Europa, che noi seguiamo in mille decisioni, non la seguiamo nel momento in cui apre uno spiraglio di speranza di vita nei confronti di mio figlio? Questo, a nostro avviso, è il tema, e su questo tema noi dobbiamo confrontarci. Ben vengano le parole della risposta del sottosegretario, soprattutto nella parte terminale, in cui dice che la comunità scientifica, l'Aifa, si faranno parti diligenti nello scendere in profondità, nell'andare ad analizzare i casi, si spera risolutivi, che aprano alla speranza di una somministrazione del farmaco in una corte più ampia di piccoli pazienti.

Ma, lo ripeto, e su questo concludo, noi dovremmo dare certezze agli amministratori regionali, in modo che possano dispensare questo farmaco senza assumersi responsabilità che non dovrebbero assumersi; dare certezze appunto e non false speranze alle famiglie, perché poi il tema che aleggia è che un padre, un genitore che ha un figlio malato si appella a qualsiasi forma risolutiva della patologia del proprio figlio, anche l'acqua santa venduta dallo stregone; sto chiaramente usando un paradosso, ma è un'iperbole per rappresentare la verità; quindi, se esiste un farmaco che in Europa funziona, i genitori di figli con determinate patologie vogliono e sperano che funzioni anche in Italia.

È un primo passo, lo prendiamo come positivo; attenzioneremo, e questo mi fa piacere, con tutta la condivisione del Parlamento questo tema, perché ci deve unire, e non dividere.

PRESIDENTE. Il deputato Bagnasco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, ho ascoltato con grande interesse la risposta, estremamente articolata, puntuale, attenta, precisa, piena di dati sull'excursus dell'uso di questo farmaco, del tutto particolare, nel nostro Paese. L'attenzione che il sottosegretario ha messo nella risposta, che il Ministero ha messo nella risposta, indica evidentemente, una volta di più, che il Ministero ha chiaramente, tra le proprie prerogative, quella di studiare con grande attenzione questo farmaco del tutto particolare, per una patologia assolutamente straordinaria, però, purtroppo, gravissima, che condanna piccoli pazienti a una vita assolutamente insopportabile. Purtroppo in questo caso - è inutile nasconderlo - dobbiamo parlare anche di vil denaro, ed è giusto, però, dire le cose come sono.

In questo caso mi auguro, spero, ma soprattutto credo, che il Governo ne tenga conto solamente per quanto riguarda ciò da cui non può prescindere, ma che le posizioni che ha preso fino ad oggi nell'uso di questo farmaco contro l'atrofia muscolare spinale prescindano totalmente dal costo straordinario di questo farmaco. Ne sono convinto, è un fatto evidentemente di coscienza, è un fatto delicatissimo. Ha detto bene il collega Gemmato: i genitori, quando si trovano di fronte a drammi di questo genere, si attaccano a tutto e non vogliono, giustamente, sentire parlare di costi e di problemi di tipo economico. Ci sono, ma di questi problemi di tipo economico deve farsi carico la collettività, soprattutto la collettività di un Paese che ha nel sistema sanitario nazionale aperto a tutti uno dei punti di forza che ci contraddistinguono, anche a livello internazionale.

Credo che il Governo, come giustamente ha detto il sottosegretario Costa, stia ponendo particolare attenzione su questa problematica. Il fatto che ci siano parlamentari di vari schieramenti che sono intervenuti tutti su questa tematica indica la delicatezza assoluta ed estrema della situazione. Credo che, però, bisogna ancora fare qualcosa, ed è giusto: il compito del Governo è quello di fare, il compito dei parlamentari è quello di stimolare, indicare, in qualche caso criticare, ma soprattutto essere di stimolo all'azione del Governo.

Stiamo parlando di due posizioni diverse, o almeno, se non totalmente diverse, in qualche modo diverse, tra l'ente autorizzatore europeo, l'EMA, e l'ente autorizzatore italiano, l'Aifa. Mentre l'EMA ha dato una disponibilità maggiore, soprattutto per quanto riguarda il discorso dell'età, mentre – però, chiaramente, questo è un tema estremamente delicato, e quindi non mi permetto di dare giudizi di tipo scientifico - noi italiani siamo stati molto più rigorosi per quanto riguarda l'età. Mi risulta, purtroppo - e su questo punto mi rivolgo al sottosegretario, alla sua coscienza, al suo interesse per la tematica -, che in qualche caso si è stati estremamente attenti all'età, togliendo a qualche bambino, magari solamente per qualche giorno o qualche settimana, la possibilità di essere curato con questo tipo di farmaco. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che giustamente, come hanno detto i miei colleghi, l'uso di questo farmaco, quando si ritenga che esso possa dare risultati, deve essere alla portata di tutti, e non solamente di coloro i quali hanno avuto la fortuna di avere il parlamentare amico o situazioni contingenti amiche. E soprattutto, e ancora di più, non deve accadere che vi siano differenze quando una regione ha, magari, maggiori possibilità rispetto ad altre o, non solo ha maggiori disponibilità economiche, ma anche maggiore sensibilità sul tema; questo non è assolutamente tollerabile.

Mi auguro che, anche grazie alla disponibilità dell'azienda distributrice di questo farmaco, che è pronta a mettersi in gioco, come deve fare, il Governo, con l'attenzione che merita una tematica così delicata, anche se con numeri, per fortuna, non rilevantissimi, nei prossimi mesi, possa dimostrare ancora maggiore disponibilità verso l'uso giusto di questo farmaco; l'abuso non è tollerabile, ma l'uso è doveroso.

(Iniziative di competenza volte a sopperire alla carenza di risorse umane presso il tribunale di Teramo – n. 3-02944)

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Giustizia, Anna Macina, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Colletti n. 3-02944 (Vedi l'allegato A).

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Con l'atto di sindacato ispettivo menzionato, l'interrogante, lamentando la scopertura nell'organico del personale amministrativo e del personale di magistratura del tribunale di Teramo, chiede alla Ministra della Giustizia di conoscere le iniziative intraprese per sopperire a tale situazione.

Al riguardo, per quanto concerne il personale amministrativo, deve essere innanzitutto ricordato che per il tribunale di Teramo è prevista una dotazione organica di 78 unità a fronte delle quali prestano servizio 61 risorse umane, con una scopertura del 15,38 per cento (inferiore rispetto a quella nazionale). Le scoperture interessano i profili professionali di direttore amministrativo (2 vacanze su 5 posti in organico), di cancelliere (3 su 9, già accantonati e resi indisponibili per interpello nazionale), di assistente giudiziario (2 su 25, scopertura di fatto inesistente in ragione della presenza di 2 unità in posizione di distacco al tribunale di Teramo), di operatore giudiziario (6 su 9, scopertura in parte compensata dalle 3 unità assunte a tempo determinato), di conducente di automezzi (3 su 3) e di ausiliario (4 su 10). Di contro, il profilo professionale di funzionario giudiziario è in soprannumero di 3 unità rispetto a quanto previsto nella pianta organica e quello di centralinista telefonico è in soprannumero di 1 unità.

A ciò si aggiunga, nella prospettiva di un ulteriore rafforzamento dell'organico, che sono in via di conclusione le prove orali del concorso Ripam per la copertura di 2.242 posti di funzionario giudiziario.

Merita poi di essere segnalato che, nell'ambito delle attività dirette all'attuazione del PNRR, è previsto un progetto straordinario di reclutamento di personale amministrativo con contratto di lavoro a tempo determinato (cristallizzato nel decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113) diretto a migliorare le prestazioni degli uffici giudiziari e ad accompagnare e completare il processo di transizione digitale del sistema giudiziario, nello sforzo di abbattimento dell'arretrato e di riduzione della durata dei procedimenti.

Per tale obiettivo, al pari degli altri contenuti nel PNRR, la linea di progetto non prevede l'assunzione di personale a tempo indeterminato, in quanto preclusa dalla Commissione europea, bensì investe sul potenziamento dell'ufficio per il processo e sul rafforzamento del capitale umano giovane attraverso la costituzione di veri e propri team di supporto al magistrato.

In quest'ambito è prevista l'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato di 16.500 addetti all'ufficio per il processo - laureati in scienze giuridiche ed economiche - così ripartiti: sino a 16.100 unità per gli uffici giudicanti di primo e secondo grado in due cicli da 8.050 unità ciascuno (un primo ciclo per una durata massima di 2 anni e 7 mesi e un secondo ciclo per una durata massima di 2 anni); sino a 400 unità per la Corte di cassazione in due cicli da 200 unità ciascuno (un primo ciclo per la durata massima di 2 anni e 7 mesi, un secondo ciclo per una durata massima di 2 anni).

Con decreto emesso in data 26 luglio 2021 sono state adottate le prime urgenti misure organizzative idonee a dare tempestiva attuazione al PNRR e, in particolare, quelle necessarie per l'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato del personale amministrativo addetto all'ufficio per il processo, al fine di conseguire, nei tempi utili alla realizzazione degli obiettivi fissati, la piena operatività di siffatta struttura organizzativa. La consistenza numerica complessiva delle risorse assegnate al distretto di corte d'appello de L'Aquila è pari a 190 unità.

Con il successivo decreto, emesso in data 28 settembre 2021, sono stati quindi ripartiti tra i tribunali e le corti d'appello i contingenti distrettuali del personale amministrativo assunto con contratto di lavoro a tempo determinato addetto all'ufficio per il processo, già individuati con il decreto ministeriale del 26 luglio 2021. Al tribunale di Teramo sono state così attribuite 34 unità di addetti all'ufficio per il processo.

L'immissione in possesso negli uffici giudicanti di merito dei vincitori del concorso diretto all'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato del primo contingente di 8.171 unità è avvenuto tra il 21 e il 25 febbraio 2022.

Inoltre, è stata avviata la procedura per l'assunzione di altre 5.410 unità a tempo determinato di personale tecnico (informatico, contabile, edile, gestionale e statistico) e giuridico amministrativo. Nel corso dell'anno 2024 sarà poi assunto un altro contingente di 8.250 addetti all'ufficio per il processo, che in totale saranno 16.500.

Ovviamente, tutto quanto sinora illustrato non preclude la possibilità medio tempore di garantire una migliore funzionalità dei servizi attraverso provvedimenti di natura transitoria quali, ad esempio, i comandi da altre pubbliche amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sede, tutti strumenti previsti nell'accordo sulla mobilità del personale amministrativo del 15 luglio 2020.

Per quanto riguarda il personale di magistratura, attualmente il tribunale di Teramo non presenta scoperture nel ruolo del presidente del tribunale e del presidente di sezione di tribunale e presenta, invece, 3 scoperture nel ruolo di giudice (18 giudici presenti su 21 della pianta organica) e 2 scoperture nel ruolo di giudice onorario di tribunale (10 giudici presenti sui 12 della pianta organica).

Effetti positivi per gli uffici giudiziari in generale - quindi, anche per il tribunale di Teramo - potranno derivare in seguito all'attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre dell'anno 2019 (articolo 1, comma 432, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022) che, modificando la legge 13 febbraio 2001, n. 48, prevedono l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento.

La proposta di determinazione delle piante organiche flessibili e distrettuali è stata trasmessa, in data 30 ottobre 2020, al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere. Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale, individuato in 179 unità, di cui 125 con funzioni giudicanti e 50 con funzioni requirenti, sia dei contingenti destinati ai singoli distretti. Al distretto di corte di appello de L'Aquila è stata proposta l'attribuzione di un contingente di 6 unità, di cui 4 destinati alle funzioni giudicanti e 2 a quelle requirenti.

Il Consiglio superiore della magistratura, nel parere deliberato nella seduta dell'8 settembre 2021, ha pressoché integralmente condiviso il progetto ministeriale sia in punto di unità complessive dedicate (179) sia quanto alla loro distribuzione funzionale (tra giudicanti e requirenti) e distrettuale. Nello specifico, nel suddetto parere il Consiglio superiore della magistratura ha ritenuto di accogliere pienamente la proposta elaborata con riferimento al distretto di corte di appello de L'Aquila, per quanto concerne sia i posti previsti per le funzioni giudicanti sia quelli previsti per le funzioni requirenti.

In data 27 gennaio 2021 è stato emesso il decreto che individua le condizioni critiche di rendimento degli uffici giudiziari (relativi anche alla magistratura di sorveglianza) che danno luogo all'assegnazione delle nuove risorse dell'organico flessibile distrettuale e fissa la durata minima dell'assegnazione (pari a 1 anno), nonché stabilisce i criteri di priorità per destinare i magistrati della pianta organica flessibile distrettuale alla sostituzione nei casi di assenza dal servizio ovvero per l'assegnazione agli uffici giudiziari che versano in condizioni critiche di rendimento.

In data 23 marzo 2022 è stato adottato il decreto relativo alla dotazione nazionale delle piante organiche flessibili distrettuali, con il quale sono state assegnate al distretto di corte di appello de L'Aquila 4 magistrati giudicanti e 2 magistrati requirenti.

In merito, infine, alla possibilità di apportare modificazioni in aumento alla dotazione organica del personale amministrativo e del personale di magistratura al fine di ampliare la pianta organica del tribunale di Teramo, si osserva che, essendo la materia oggetto di riserva di legge, ciò è realizzabile solo tramite una iniziativa legislativa specificatamente rivolta alla complessiva razionalizzazione della distribuzione del suddetto personale negli uffici giudiziari di primo grado presenti sull'intero territorio nazionale.

PRESIDENTE. Il deputato Colletti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Grazie Presidente e grazie sottosegretario. Non posso dirmi soddisfatto né da deputato né da avvocato abruzzese che quotidianamente ha a che fare anche con il tribunale di Teramo (questo è il motivo della mia interrogazione). Immaginare di dire in quest'Aula che la scopertura del personale amministrativo è solo del 15 per cento, inferiore a quella nazionale, già dimostra dove vuole andare a parare questo Governo, ovvero una scusante che in altre parti è addirittura peggio e che non porta nulla per migliorare la situazione.

Sicuramente, sottosegretario, la situazione italiana in generale dello stato dei tribunali e della giustizia italiana non può essere migliorata attraverso il precariato, perché il vero problema è che voi volete supplire alla deficienza di personale, non solo amministrativo ma anche di magistratura, attraverso nuovi precari; nuovi precari che lavorano come amministrativi e nuovi precari, che sono precari da decenni, come giudici onorari (i loro nominativi e le loro denominazioni sono stati modificati negli ultimi anni).

Non è con nuovo precariato che si risolve il problema della giustizia. Infatti, quando entrano i precari, ovviamente, gli stessi devono imparare come si fa quel lavoro, perché, come si suol dire, nessuno nasce “imparato”. Serve tempo e, quando, ahimè, hanno trovato il modo di imparare a fare efficientemente quel lavoro, già è scaduto il contratto e noi ci troviamo punto a capo.

C'è poi un'altra questione. Ne potrà essere consapevole parlando con ogni avvocato e con ogni persona che chiede giustizia, all'interno del tribunale di Teramo, della estrema lunghezza dei procedimenti, non solo civili, e di un continuo via vai di magistrati che non portano alla definizione di questi procedimenti. Se davvero, secondo voi, il problema non è la scopertura di organico, allora il problema è qualcos'altro e questo Ministero dovrebbe farsi parte diligente nel promuovere una verifica ispettiva presso il tribunale di Teramo, per capire quali siano le motivazioni che portano all'inefficienza del tribunale e della giustizia. Infatti, ogni volta che discutiamo, parliamo di procedimenti che durano anni, di tutela dei diritti che dura anni: è l'inefficienza della giustizia, in questo caso è l'inefficienza nella tutela dei diritti delle persone, che è ancora più grave.

Allora, utilizzo questa sede per chiedere a lei, sottosegretario, di promuovere una verifica ispettiva per capire, finalmente, quali sono i problemi del tribunale, perché, se secondo voi non sono problemi di scopertura, allora ce ne sono altri, ma l'importante, dal punto di vista dei cittadini e degli operatori, come noi avvocati, è risolvere i problemi, non guardarli e neanche fare una mera fotografia. Il vero problema è che questo Governo, dall'alto di imporre il precariato nel settore giustizia, non ha alcun interesse affinché vengano risolti i problemi.

(Iniziative di competenza, in sinergia con il comune di Torino e la regione Piemonte, per una politica di investimenti del gruppo automobilistico Stellantis che comporti impegni concreti sul territorio piemontese – n. 3-02848)

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Giustizia, Anna Macina, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Montaruli n. 3-02848 (Vedi l'allegato A).

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Grazie Presidente. Grazie onorevole interrogante, il settore automotive è strategico per l'economia nazionale e il Governo sta ponendo in essere tutti gli sforzi necessari per sostenerlo in questo difficile periodo storico. In questo scenario, gli stabilimenti Stellantis ricoprono un ruolo fondamentale, sia in termini produttivi che occupazionali. È necessario, dunque, monitorare costantemente le scelte del gruppo Stellantis, sotto il profilo sia del piano industriale, sia del ruolo attribuito agli stabilimenti italiani negli asset del gruppo, e richiamare il gruppo stesso agli impegni assunti.

A tal fine, nel corso degli ultimi mesi, il Ministro dello Sviluppo economico, più volte, ha incontrato i rappresentanti dell'azienda e dei sindacati. In occasione dell'incontro dell'11 ottobre 2021, l'azienda ha presentato il piano sul distretto di Torino che diventerà centro strategico del processo di elettrificazione del gruppo, dove, insieme agli investimenti di sviluppo, tecnologia e formazione, si realizzeranno modelli elettrici della 500 e Maserati. Inoltre, l'azienda ha un impegno a proseguire il rapporto con il Governo in merito alle future scelte industriali in Italia. Il ruolo di Mirafiori è stato, poi, confermato in occasione dell'incontro del 10 marzo 2022, durante il quale, in presenza del Ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando, le parti coinvolte hanno avuto un confronto sul piano industriale del gruppo e hanno esaminato le conseguenze che il conflitto in Ucraina ha sul settore.

In occasione di questi incontri, il Ministro dello Sviluppo economico ha espresso soddisfazione in merito agli investimenti, che confermano il ruolo centrale di Torino per la ricerca e l'innovazione, sottolineando, altresì, la necessità che Governo, aziende e sindacati lavorino in modo sinergico, per affrontare il difficile momento storico, per rendere operative, in tempi brevi, le misure che servono al settore e accompagnare tutta la filiera nella transizione in atto.

In generale, tengo a precisare che per il Governo è fondamentale un monitoraggio costante del settore automotive, oltre che un approccio proattivo e un ripensamento della politica industriale dell'intero settore, che preveda, al contempo, il supporto alla domanda e all'offerta. Questi sono gli obiettivi del tavolo automotive, istruito presso il Ministero dello Sviluppo economico, nonché delle diverse misure normative messe in campo negli ultimi mesi con riferimento al settore in parola.

Voglio, altresì, ricordare in questa sede l'approvazione dell'accordo di programma tra il Ministero dello Sviluppo economico, la regione Piemonte, il comune di Torino, l'Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, ICE e Invitalia, che prevede un piano di riconversione e riqualificazione produttiva dell'area di crisi industriale del territorio di Torino, con uno stanziamento di 165 milioni di euro.

Gli investimenti sono finalizzati a rilanciare l'area di crisi industriale del territorio di Torino attraverso la creazione di due hub di eccellenza per la ricerca, l'innovazione e il trasferimento tecnologico nei settori automotive e aerospazio.

Il centro di ricerca applicata e trasferimento tecnologico per l'automotive e la mobilità sostenibile sarà realizzato nel distretto produttivo di Mirafiori, dove verranno avviate attività in sinergia con il centro di competenza Manufacturing 4.0, mentre il centro per l'aerospazio sarà realizzato nell'area torinese di Corso Marche. Inoltre, è prevista l'attivazione di contratti di sviluppo e accordi di innovazione per sostenere gli investimenti produttivi nella filiera della componentistica automotive e dell'aerospazio, oltre che la trasformazione in digitale e green della componentistica. Inoltre, verranno avviati i piani per la riqualificazione delle competenze dei lavoratori e programmi specifici dedicati alla formazione di studenti, laureandi, professionisti e tecnici. In conclusione, ribadisco l'impegno del Governo a monitorare con attenzione il rispetto degli impegni assunti dal gruppo Stellantis, nonché a porre in essere ogni iniziativa di competenza a sostegno di tutta la filiera, di cui Stellantis è parte integrante, essenziale e importante.

PRESIDENTE. La deputata Montaruli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

AUGUSTA MONTARULI (FDI). Sottosegretario, non è neanche questa la sua competenza e, quindi, sarò clemente con lei, ma di certo non con il Governo. Che il Governo si limiti, di fronte al colosso Stellantis, dopo la fusione, in relazione a Torino, a monitorare quello che Stellantis farà, francamente lascia a dir quanto sconcertati.

Tutta la pappardella dì interventi che lei ha elencato, peraltro, riguarda interventi noti da quando Stellantis ha fatto la fusione, se non addirittura prima. La nostra domanda era un'altra e cioè quali interventi pensa di fare in maniera diretta il Governo nei confronti di Torino, affinché Stellantis possa investire ulteriormente e andare incontro alle richieste del sindaco di Torino e del presidente della regione, che, come lei sa, hanno colori politici completamente diversi, ma, nell'ottica di uno sviluppo del nostro territorio, hanno avuto l'intelligenza di sostenere insieme tali richieste. Questi incontri hanno visto la partecipazione del sindaco, del presidente della regione e dei sindacati, seppur non in presenza, perché non potevano partecipare, ma in maniera inizialmente indiretta e, poi, ovviamente in presenza diretta; in tutto questo, il Governo manca sempre: non c'è, è assente! Non viene a Torino e non opera insieme agli altri livelli istituzionali e alle parti sociali in modo unanime, non rafforza in modo unanime quella richiesta, che è molto più composita di quella che lei è andata ad elencare, che - mi permetta – rappresenta l' “impegniuccio” di Stellantis nei confronti di Torino.

Quindi, non siamo soddisfatti e francamente dispiace che questo avvenga, perché riconosciamo che c'è un inizio di supporto all'intero automotive - anche se molto limitato a interventi non sufficienti -, ma il Governo è assolutamente assente per sprigionare la propria forza e il proprio potere nei confronti di questa multinazionale per il bene del nostro territorio.

(Iniziative di competenza volte a salvaguardare l'operatività del sito di smistamento di Maddaloni (Caserta) e a garantire gli attuali livelli occupazionali da parte del gruppo Logista Italia Spa - n. 3-02945)

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la Giustizia, Anna Macina, ha facoltà di rispondere all'interrogazione De Lorenzo n. 3-02945 (Vedi l'allegato A).

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Grazie Presidente, grazie onorevole interrogante. L'onorevole interrogante, con l'atto in parola, ha voluto segnalare la situazione che stanno vivendo i lavoratori dello stabilimento Logista di Maddaloni, a seguito della decisione della società di chiudere il suddetto sito.

Ciò premesso, voglio ricordare che la struttura di crisi di impresa, ai sensi dell'articolo 1, comma 852 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, opera per garantire in forma di cooperazione organica tra il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali gli interventi sulle situazioni di crisi di impresa.

La citata struttura, con compiti di elaborazione di proposte operative e di intervento per il superamento delle crisi aziendali, è stata fortemente implementata nel corso di quest'ultimo anno. Infatti, non solo essa è stata dotata di competenze professionali qualificate e funzionali ad individuare strumenti innovativi per favorire azioni di reindustrializzazione e riconversione, bensì, allo stesso tempo, è stata prevista un'apposita regolamentazione relativa all'istituzione e alla gestione dei tavoli di crisi. A tale ultimo riguardo, rappresento che la direttiva del Ministro dello Sviluppo economico del 14 ottobre scorso stabilisce specificatamente i requisiti per l'istituzione di un tavolo di crisi a livello nazionale (articolo 1). Inoltre, la legge n. 234 del 30 dicembre 2021 ha previsto l'intervento della struttura per la crisi di impresa in casi specifici e previa verifica, da un punto di vista formale, che, nel piano elaborato dal datore di lavoro sussistano gli elementi di cui al comma 228 dell'articolo 1 della medesima legge. Ciò premesso, come è noto, la vertenza Logista - alla luce della citata normativa - ad oggi è seguita a livello regionale, dove è stato attivato ed è tuttora in corso un apposito tavolo istituzionale con tutti gli attori principali della vicenda.

Condividendo l'attenzione rivolta a tale delicata vertenza, il Ministro dello Sviluppo economico è, quindi, fiducioso che il tavolo di crisi aperto dalla regione Campania possa individuare le soluzioni più opportune, atte a salvaguardare i lavoratori coinvolti e le loro famiglie, nonché valutare con attenzione il piano industriale di Logista Italia, al fine di sostenere, ove possibile, la continuità produttiva. Laddove ciò non dovesse avvenire, rimane ferma disponibilità, insieme agli altri Ministeri coinvolti, per valutare le misure adeguate per la risoluzione della vertenza, anche nel quadro delle misure recentemente introdotte dalla legge di bilancio, che hanno implementato strumenti per la riqualificazione e la risoluzione delle crisi di impresa transitorie, con l'obiettivo di evitare l'interruzione strutturale dei rapporti di lavoro. Più in generale, sul tema del contrasto al fenomeno delle delocalizzazioni, come si è avuto modo di riferire nelle diverse sedi istituzionali, confermo l'incessante impegno del Governo indirizzato all'individuazione di tutte le possibili soluzioni, anche di semplificazione normativa, per creare le condizioni per difendere il tessuto produttivo delle imprese interessate da fenomeni di disinvestimento e per contribuire alla competitività e alla crescita del tessuto imprenditoriale nazionale.

PRESIDENTE. La deputata De Lorenzo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

RINA DE LORENZO (LEU). La ringrazio, Presidente. Ringrazio la signora sottosegretaria per la risposta, che non mi vede completamente soddisfatta. La ragione risiede nell'incertezza che ancora governa le vite di 108 lavoratori, ai quali è stato comunicato ufficialmente che il 20 ottobre di quest'anno lo stabilimento di Marcianise chiuderà. Non è il primo e non sarà l'ultimo, purtroppo. Parliamo dell'ennesimo caso di delocalizzazione che avviene nel nostro Paese: uno stabilimento industriale di un'azienda, che si occupa esclusivamente di massimizzare il profitto, che viene chiuso e gli operai vengono licenziati.

Stavolta siamo in provincia di Caserta, all'interno dell'interporto Maddaloni-Marcianise; l'azienda è la Logista, una multinazionale spagnola del tabacco, che chiude il suo sito, senza un piano industriale e in assenza di alcuna crisi aziendale. Lo fa sulla pelle dei lavoratori, sulla pelle delle loro famiglie, senza alcuna attenzione a un tessuto economico e sociale già drammaticamente segnato da una grave crisi occupazionale e dalla mancanza di nuove opportunità lavorative. E questo, signora sottosegretaria, è l'ennesimo colpo all'occupazione inferto al tessuto economico della Campania, una delle regioni con più tavoli di crisi ancora in attesa di una risoluzione. Il Meridione risulta, ancora oggi, fanalino di coda a livello nazionale, nonostante si sia cercato in passato, ma anche in tempi recenti, con il PNRR, di risolvere le questioni più delicate, con incentivi che ricompensano chi si impegna ad assumere, per esempio, i percettori di sostegno al reddito, i disoccupati, i lavoratori di aziende che sono coinvolte nei tavoli di crisi. Ebbene, per i 108 lavoratori, di cui 24 sono dipendenti diretti di Logista e 84 lavorano nell'indotto, si prospetta una drammatica incertezza lavorativa. La dichiarazione dell'azienda è quella della chiusura del sito entro il prossimo ottobre: una scelta rispetto alla quale le istituzioni locali, le rappresentanze sindacali sono intervenute in maniera determinata, avviando iniziative di mobilitazione pubblica contro questa decisione che risulta inaspettata, perché non cagionata assolutamente da alcuna contrazione di mercato, né da volumi produttivi ridotti, né da perdite finanziarie e di bilancio della società. In una fase socioeconomica particolarmente delicata, caratterizzata dalla crisi pandemica, per un'impresa multinazionale che, peraltro, opera in un rapporto strategico con il monopolio di Stato e che non manifesta segnali di crisi, ma, addirittura, ha utili crescenti, è davvero una decisione che si ritiene inspiegabile. Le norme anti-delocalizzazione, contenute pure nella legge di bilancio del 2022, non hanno potuto trovare applicazione puntuale in questo frangente ed è un paradosso che, mentre il PNRR investe 82 miliardi - circa il 40 per cento di tutte le risorse - nelle regioni del Sud, noi ci ritroviamo a parlare di aziende del Mezzogiorno che continuano a chiudere e a delocalizzare, colpendo i più deboli. Allora - e vado alla conclusione, signora Presidente - perché non pensare - per il suo tramite mi rivolgo al Ministro Orlando - alla scelta adottata dal Governo spagnolo, che, con un intervento legislativo di qualche mese fa, ha limitato fortemente il ricorso al contratto a tempo determinato, limitandolo soltanto ai periodi di stagionalità. Non c'è più tempo, il tempo è adesso: occorre aprire una stagione di lotta alle diseguaglianze, di valorizzazione del lavoro stabile, perché dobbiamo garantire il futuro occupazionale ai cittadini, in un Paese che è fondato, in una democrazia che è fondata sul lavoro.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Melilli è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente 119, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione e reiezione della proposta di legge costituzionale: Meloni ed altri: Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l'elezione diretta del Presidente della Repubblica (A.C. 716-A?).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale n. 716-A: Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l'elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito della discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Ricordo che, nella seduta del 21 marzo, si è conclusa la discussione generale e i relatori e la rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,02).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la collega Suriano. Ne ha facoltà.

SIMONA SURIANO (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Chiedo che il Governo venga a riferire urgentemente, nella persona del Presidente del Consiglio Draghi o del sottosegretario con delega all'informazione, sulla gestione del servizio pubblico televisivo. Abbiamo infatti appreso dalla stampa che, per la prossima stagione, nel palinsesto Rai, non sarà previsto il talk-show Cartabianca, che tra l'altro ultimamente ha aumentato i suoi ascolti. Da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina, Cartabianca e la sua conduttrice, Bianca Berlinguer, sono stati oggetto di continui attacchi e credo che il motivo sia sotto gli occhi di tutti: troppo spazio al pluralismo e opinioni diverse da quelle del Governo. Quindi, chi osa portare una voce diversa viene deriso e attaccato ed è oggetto di insulti e derisioni, con la lesione del libero e sereno dibattito in questo Paese. In particolar modo, trovo molto aberrante e preoccupante il fatto che gli attacchi vengano da parte di una forza politica. Quindi assistiamo all'unico talk-show in prima serata del servizio pubblico italiano che viene chiuso e censurato. Pare addirittura che l'amministratore delegato Fuortes abbia preso questa decisione dopo aver parlato col sottosegretario Garofoli e che quindi ci sia anche lo zampino di Palazzo Chigi dietro questa decisione. Se così fosse, saremmo di fronte a un evento che non avrebbe niente di dissimile rispetto a quanto accade nella stessa Russia putiniana, che contrastiamo quotidianamente: sarebbe una censura governativa. Quindi, siamo di fronte a una vera e propria propaganda di guerra. Diteci chiaramente allora che l'Italia è entrata in guerra e finiamola con l'ipocrisia di dire che stiamo aiutando l'Ucraina a preservare la sua sovranità, quando poi, dalle stesse parole del Segretario generale della NATO, non viene ammessa la possibilità per Zelensky di trattare anche sulla Crimea. Peccato che l'Ucraina non faccia parte nemmeno della NATO e non sappiamo, quindi, a che titolo il Segretario generale della NATO abbia parlato. Tutto ciò è allarmante e conferma, tra l'altro, quanto finta e ipocrita sia la nostra democrazia, oltre a ricordare anche vagamente l'editto bulgaro di berlusconiana memoria. Come Manifesta, abbiamo preparato un'interpellanza urgente e mi auguro che tutti i colleghi che in questi giorni si sono scagliati contro questa decisione dell'amministratore delegato Fuortes sottoscrivano la nostra interpellanza urgente. Mi auguro quindi che il Governo venga a riferire quanto prima su quanto sta accadendo, per garantire la pluralità e la trasparenza di quanto accade all'interno della Rai, all'interno della rete pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Suriano. Sicuramente la sua richiesta verrà riferita al Governo.

Ha chiesto di parlare la collega Ehm. Ne ha facoltà.

YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Anch'io chiedo qui che il Premier Draghi venga a riferire in Aula al più presto sulla sua missione a Washington, dal Presidente Biden. Voglio chiedere altresì al Ministro della Difesa, Guerini, di venire urgentemente - lo chiedo nuovamente - a riferire in Aula in merito alla decisione del Governo di inviare nuove armi offensive all'Ucraina, una decisione presa senza alcun confronto parlamentare, che decreta l'ingresso attivo dell'Italia nel conflitto e che ci pone già oggi di fronte a un concreto rischio di escalation globale. Scelte di questo tipo, Presidente, dovrebbero essere assunte nel rispetto del Parlamento e dei suoi rappresentanti e non tra le segrete stanze di qualche Ministero. Noi di Manifesta avevamo già chiesto, il 26 aprile, al Ministro Guerini di venire qui a riferire; oggi siamo al 10 maggio e ancora niente, il silenzio. Anche sulla visita di oggi a Washington del Premier Draghi, al Presidente Biden, non vi è nessuna informazione.

Stando a quanto riportato dalla stampa, che a quanto pare è più informata di noi, il nuovo decreto interministeriale includerebbe una lunga serie di armi di artiglieria pesante, compresi obici e cannoni. Parliamo di armi di attacco, che andrebbero ad aggiungersi a mortai, a bombe, a missili Stinger, a mitragliatrici pesanti, a munizioni, nonché a lanciatori anticarro. Sul fronte costituzionale, Presidente, vorrei ricordare che mi sembra che neanche ci sia memoria che l'articolo 11 ripudia la guerra e che qui non ci si ricordi che la legge n. 185 del 1990 vieta l'invio di armi in Paesi in conflitto. Non volete neanche vedere che la maggioranza degli italiani è fermamente contraria a questa guerra e all'invio di armi. Anche se riconoscere i propri errori in politica è molto raro, siamo veramente lieti del fatto che a volte accada e che qualche leader di maggioranza ora si sia svegliato chiedendo a Draghi di venire a riferire e a spiegare cosa il nostro Paese stia facendo. Qualche collega di maggioranza addirittura ora denuncia che Draghi da due mesi deve spiegare. Mi preme ricordare, Presidente e colleghi, qui in Aula, che lo scorso 16 marzo solo 19 furono i voti contrari a questa scelta scellerata e in ben 391 avete votato a favore dell'invio di armi, a favore dell'aumento della spesa militare e per un via libera a ogni successiva mossa del Governo senza più interpellare il Parlamento, con un semplice obbligo di riferire ogni tre mesi sul generico andamento dei fatti. Questa decisione l'avete presa tutti voi. Il Ministro Guerini ha riferito altresì in Commissione difesa che l'invio delle armi e le decisioni del Governo sono decretate su pieno mandato del Parlamento. Ora, Presidente, i colleghi si battono sul petto, come già detto: bene, ma non basta. Questa guerra deve finire subito e l'Italia deve e può fare una scelta di buonsenso, di dialogo e di pace. Chiediamo che il Ministro Guerini e il Premier Draghi vengano a riferire quanto prima e addirittura prima che sia troppo tardi.

PRESIDENTE. La ringrazio collega Ehm, anche la sua richiesta verrà portata all'attenzione del Governo.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Forciniti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Mentre in queste ore il Parlamento italiano perde tempo discutendo del nulla, il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è a Washington e, prima di andare a questo importante incontro internazionale, ha glissato e ha gentilmente declinato l'invito delle forze politiche a venire a riferire in Parlamento…

PRESIDENTE. Onorevole Forciniti, su questo è già intervenuta la sua collega di gruppo, la collega Ehm.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). La mia collega Ehm è di un altro gruppo politico e quindi vorrei anch'io dire qualcosa a proposito del gruppo che rappresento.

PRESIDENTE. Ho perso il segno: siete sempre nel gruppo Misto, ma di due componenti differenti. Prego, onorevole Forciniti.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Sì, grazie Presidente. Quindi, mentre noi siamo qui a discutere del nulla, Mario Draghi è a Washington. Sappiamo di cosa stiano parlando ma non sappiamo i dettagli. Ci sono indiscrezioni giornalistiche che parlano di una richiesta molto pressante di Biden non solo circoscritta all'invio di armi ma relativa anche, addirittura, all'invio di contingenti militari a Est, al confine orientale dell'Europa. È vergognoso anche l'atteggiamento con cui Mario Draghi si sta ponendo - o meglio, non si sta ponendo - rispetto a questo Parlamento che è totalmente all'oscuro di tutto, anche all'oscuro della lista delle armi da inviare, che è stata opportunamente secretata, della visione complessiva e di questa strategia guerrafondaia che si sta mettendo in piedi. Non sappiamo, infatti, quale sia l'obiettivo, quali siano le prospettive di medio e lungo periodo, cosa si stia raggiungendo e quale idea abbia questo Governo in merito a dove portare questo Paese. Voglio ricordare che, quando si è insediato, il Presidente Draghi ha avuto un mandato molto circoscritto e limitato dal punto di vista politico a questioni specifiche che riguardavano il COVID e l'utilizzo di quei quattro soldi del PNRR; adesso, addirittura ci troviamo con un Presidente del Consiglio che si è chiuso nel Palazzo, che va a prendere ordini oltreoceano e non si degna neanche di venire qui a riferire – non dico a confrontarsi, ma almeno a riferire - e a informare il Parlamento di quello che sta facendo. È vergognoso, così come è vergognoso anche l'atteggiamento dei leader politici principali delle forze politiche rappresentate in questo Parlamento che - come direbbe De André - si impegnano e si indignano nei salotti televisivi ma poi gettano la spugna con grande dignità e accettano che Draghi faccia il bello e il cattivo tempo da solo, trattando questo Parlamento come la sua pezza da piedi.

Allora io le chiedo, Presidente, di far rispettare questo Parlamento, che non è una pezza da piedi e ha il diritto-dovere - dovere! - quantomeno di controllare ed esercitare un po' il suo diritto-dovere di sindacato rispetto alle scelte di questo Governo folle, che, senza alcun mandato e senza alcuna legittimazione politica, rischia di trascinarci nella guerra mondiale per seguire e ossequiare interessi geopolitici che non sono certamente i nostri, magari sono quelli degli Stati Uniti d'America. Allora che venga immediatamente qui Draghi a rendere conto di quello che sta combinando (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alternativa e Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!

PRESIDENTE. Sospendiamo questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15,22.

La seduta, sospesa alle 15,11, è ripresa alle 15,22.

Si riprende la discussione.

(Esame degli articoli - A.C. 716-A?)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge costituzionale e degli emendamenti presentati (Vedi l'allegato A).

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili in sede referente: 01.07 e 01.09 Marco Di Maio; 01.08 Frate.

Avverto, altresì, che è in distribuzione la versione corretta dell'emendamento Sarro 1.102.

In morte dell'onorevole Paolo Dalle Fratte.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Paolo Dalle Fratte, già membro della Camera dei deputati nella XIV legislatura.

La Presidenza della Camera ha già formulato ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 716-A?)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Colleghi, in maniera preventiva rispetto a tutti gli interventi, raccomanderei a chi vuole intervenire senza mascherina di conservare la distanza dal banco di due metri, così come previsto, oppure di utilizzare i microfoni al centro Aula.

Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti la collega Meloni. Ne ha facoltà.

GIORGIA MELONI (FDI). La ringrazio, Presidente. Penso che sia una grande occasione quella che oggi, grazie a questa proposta di legge costituzionale, Fratelli d'Italia offre a questo Parlamento. Il tema dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, più genericamente il tema del presidenzialismo, sicuramente rappresenta una battaglia storica della destra italiana, rappresenta una battaglia storica del centrodestra che oggi, col voto di oggi, dimostrerà che, al di là delle incomprensioni o delle difficoltà sulle grandi questioni di merito, alla fine, si ritrova sempre compatto. Ma è anche molto di più.

È un dibattito che ha attraversato tutta la storia repubblicana, fin dai lavori dell'Assemblea costituente. È un dibattito, è un tema che ha avuto tra i suoi sostenitori alcune delle più autorevoli personalità politiche, giuridiche, costituzionali: cito Calamandrei, piuttosto che Salvemini, La Pira, Saragat. E penso che arrivi in quest'Aula in un momento nel quale può letteralmente cambiare le sorti di questa Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Perché il presidenzialismo non è un formalismo istituzionale, diciamo così. Il presidenzialismo è la madre di tutte le riforme per chi pensa davvero, al di là dei proclami, che la sovranità appartenga al popolo, così come stabilisce l'articolo 1 della nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). È la madre di tutte le riforme per chi davvero voglia una politica capace di decidere e che si assuma la responsabilità delle decisioni che prende. Ed è la madre di tutte le riforme per chi effettivamente voglia mettere la Repubblica italiana in condizione di affrontare al meglio l'epoca, diciamo così, drammatica, complessa che noi affrontiamo.

Colleghi, penso che chiunque ami davvero questa Nazione non possa non fare in coscienza una valutazione approfondita sulla questione che noi portiamo oggi. Guardatevi intorno: ma qualcuno può davvero in coscienza sostenere in quest'Aula che la nostra attuale Repubblica parlamentare goda di buona salute? Qualcuno può davvero ritenere in coscienza che il nostro attuale sistema sia quello migliore per fronteggiare l'attuale contesto? Penso di no, perché, se il nostro sistema godesse di buona salute, non assisteremmo alle continue forzature di cui è vittima e che da più parti sono state denunciate in quest'Aula a varie riprese: il ricorso sistematico al voto di fiducia, provvedimenti che ormai vengono discussi davvero solamente in uno dei due rami del Parlamento. Un Parlamento che ha di fatto perso la sua funzione legislativa perché, diciamoci la verità, anche qui mi pare che siamo tutti ormai consci del fatto che da qualche tempo le leggi in questa Nazione non le fa il Parlamento, così come sarebbe previsto da una Repubblica parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Le fa il Governo! Le fa il Governo che chiede poi al Parlamento di ratificarle, spesso senza un dibattito reale, spesso sotto la minaccia del voto di fiducia, spesso con discussioni che rappresentano un pro forma.

Ma non è stato così per il PNRR? Ma non abbiamo stabilito come sarebbero stati spesi 250 miliardi di euro, indebitando i nostri figli, con un documento che in questo Parlamento era stato consegnato venti minuti prima dell'inizio della discussione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Non abbiamo approvato così le ultime leggi di bilancio? Anche qui, ma lo dico in solidarietà, diciamo così, da parlamentare, con la maggioranza: non è stato così per l'ultima legge di bilancio che è stata volutamente presentata dal Governo all'Aula fuori tempo massimo perché non ci fossero i tempi per il Parlamento di discuterla davvero? È la realtà di quello che stiamo affrontando, cioè noi siamo effettivamente in un sistema che somiglia al presidenzialismo, dove è prevalentemente il Governo che decide.

Però, se siamo di fatto in un sistema presidenziale e non abbiamo le regole del presidenzialismo, il rischio di una deriva autoritaria ce lo abbiamo perché intanto la prima regola del presidenzialismo è che il Presidente lo scelgono gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), se lo votano, non gli viene calato dall'alto come sta accadendo. E forse in fondo questa è la vera posta in gioco del dibattito di oggi, sul quale si parrà la nobilitate di ciascuno di noi. La vera posta in gioco dal mio punto di vista è stabilire chi debba davvero detenere la sovranità in Italia: se la debba detenere il popolo, come tutti pure diciamo, o se invece la debba detenere il Palazzo, con i suoi intrighi e i suoi sotterfugi. Penso che con il voto di oggi gli italiani sapranno soprattutto questo: chi in quest'Aula lavora per dare loro una democrazia moderna e chi in quest'Aula lavora soprattutto per impedire ai cittadini di scegliere e di contare.

Per questo voglio farvi un appello. Colleghi, abbiamo presentato una proposta di legge che prevede un sistema semipresidenziale alla francese, cioè un Presidente della Repubblica eletto a suffragio universale che presiede il Consiglio dei Ministri, che dirige la politica generale del Governo, coordinando l'attività dei Ministri insieme al Presidente del Consiglio dei Ministri, ma voglio dire a chiare lettere che siamo totalmente disponibili a discutere altre forme. Non ci impicchiamo alla proposta che Fratelli d'Italia ha scelto di depositare. Perché lo dico? Perché voglio togliere qualsiasi alibi rispetto al tentativo di impedire questo dibattito (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Di tutto si può discutere: si può discutere di presidenzialismo puro, si può discutere di elezione diretta del Capo dello Stato e separatamente del Capo del Governo, si può fare un dibattito sui pesi e sui contrappesi.

Siamo disposti a parlare con chiunque in buona fede voglia entrare nel merito anche su proposte diverse dalla nostra, perché l'unico obiettivo che ha Fratelli d'Italia è varare una riforma costituzionale che dia forza e capacità decisionale a chi guida l'Italia, che metta nelle mani dei cittadini la decisione su chi debba guidare la Nazione, una riforma che garantisca stabilità a questa Nazione, perché l'instabilità dei nostri Governi è un macigno. È un macigno sulla capacità strategica della politica, è un macigno sulle nostre scelte di politica economica sempre incentrate sulla spesa corrente distribuita a pioggia a fini elettorali, è un macigno sulla capacità della politica di dominare le grandi concentrazioni economiche e finanziarie piuttosto che subirle, come, diciamoci la verità, è accaduto molto spesso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). È un macigno sulla credibilità internazionale dell'Italia. Negli ultimi 20 anni la Francia ha avuto quattro Capi di Governo, l'Italia undici Presidenti del Consiglio. Quale credibilità può avere uno Stato del genere? Quale capacità può avere di difendere i suoi interessi nazionali a livello internazionale?

Quale credibilità può avere una politica nella quale, in poco più di 3 anni, si passa da un Governo giallo-verde a un Governo giallo-rosso a un Governo arcobaleno guidato da Mario Draghi, che nessuno ha mai neanche lontanamente indicato a Capo di un Governo? Nessuna! E noi questo lo stiamo pagando; lo stiamo pagando perché questa Nazione non ha credibilità e perché anche per questo, finisce per non avere totalmente la sua sovranità. Le nostre istituzioni sono continuamente alla mercé delle ingerenze delle consorterie straniere, con le conseguenze inevitabili anche in tema di difesa degli interessi nazionali, di ricchezza, di posti di lavoro, di approvvigionamento energetico, perfino di sicurezza che questo comporta. Non potete fare finta che non sia così (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ora la domanda è: davvero tutto questo non vi interessa solo perché avete paura che i cittadini possano scegliere e che, scegliendo, non scelgano voi? Perché se invece vi interessa, la disponibilità di Fratelli d'Italia in questo breve intervento noi la garantiamo. Se invece noi siamo qui oggi solo per votare gli emendamenti soppressivi a questa proposta per impedire di entrare nel merito di questa discussione, allora gli italiani sapranno che siete pronti a sacrificare il destino di questa Nazione sull'altare del vostro personale destino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), sull'altare dell'interesse di partito, e non credo che questa Nazione lo meriti. Discutiamo, entrate nel merito, parliamo del tema, non impedite questa discussione perché vi assumete la responsabilità di tenere le istituzioni italiane esattamente nella condizione difficile che tutti denunciate a fasi alterne. Non impedite la discussione su un'elezione diretta del Capo dello Stato della quale, anche durante l'ultima elezione del Presidente della Repubblica, abbiamo sentito più o meno tutti riempirsi la bocca. Allora, cerchiamo una volta di essere coerenti: se è vero come è vero che se il Presidente della Repubblica fosse stato eletto dai cittadini sarebbe stato eletto in una giornata (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), senza vedere quello a cui abbiamo assistito nelle manfrine parlamentari, apriamo questa discussione. Che cos'è che temete? Che cos'è che temete?

Allora, il punto è questo. Il punto che io voglio porre, e lo voglio porre ai partiti di maggioranza, non è quale sia il modello migliore di sistema istituzionale o di presidenzialismo. Il tema che pongo nel dibattito di oggi è se qualcuno davvero in coscienza può votare contro qualsiasi modifica rispetto a un sistema che non garantisce sovranità, non garantisce libertà, non garantisce la possibilità dei cittadini di contare, non garantisce una politica capace di decidere, non garantisce una democrazia moderna, una democrazia capace di rappresentare con dignità questa Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

Allora, io chiedo alla maggioranza di non votare gli emendamenti soppressivi su questa proposta e di parlare di come garantire a questa Nazione un futuro disegnato nell'interesse di questa Nazione e non nell'interesse dei partiti che siedono in questo Parlamento. Ma sia chiaro, Presidente, che comunque andrà il voto di oggi, se anche la proposta di Fratelli d'Italia non dovesse andare avanti, quella di dare a questa Nazione una democrazia moderna, una democrazia capace di decidere, una democrazia che sappia rappresentare i bisogni dei cittadini, è una promessa che Fratelli d'Italia fa agli italiani e chiederemo un voto alle prossime elezioni politiche anche su questo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. Intervengo a nome del gruppo di Italia Viva sul complesso degli emendamenti all'articolo 1, perché noi abbiamo avuto un atteggiamento di apertura su questo provvedimento e su questa materia. Noi abbiamo presentato emendamenti - alcuni, purtroppo, sono stati dichiarati inammissibili - e li abbiamo presentati nella consapevolezza e soprattutto nella serietà che si deve avere affrontando un dibattito così delicato. Siamo a 10-11 mesi dalla fine della legislatura e dobbiamo essere seri con noi stessi, prima di tutto, e con chi ci ascolta qui dentro e fuori da qui. Anche nell'ipotesi in cui si arrivasse a un'approvazione in questo ramo del Parlamento di questo testo, che noi, appunto, riteniamo insufficiente (poi spiegherò i motivi e quello che abbiamo cercato di fare per migliorarlo), questa riforma non vedrebbe comunque la luce, perché non ci sono i tempi per realizzarla.

Oggi sventolare una bandiera politica è comprensibile, perché ci avviciniamo alle elezioni, ma non capisco perché quando si era al Governo con una maggioranza molto ampia non abbiamo mai sentito l'onorevole Meloni parlare di presidenzialismo con questi toni e con queste modalità e non ricordiamo battaglie straordinarie per raggiungere questo obiettivo quando pure era al Governo nei Governi Berlusconi. Ma questa è la politica e non ci sorprendiamo di questi aspetti.

Detto questo, noi riconosciamo il merito a questa proposta di legge di portare qui dentro, che è il luogo più deputato rispetto a qualsiasi altro luogo, una discussione di merito sulla possibilità di affrontare una riforma della nostra forma di governo, di affrontare, cioè, una modifica della Costituzione che vada a rafforzare e a dare soprattutto maggiore legittimità al potere esecutivo. Poi, quando si parla di presidenzialismo si può parlare di elezione diretta del Capo dello Stato, di elezione diretta del Capo del Governo e ci sono un'infinità di formule con le quali noi possiamo definire questo obiettivo, cioè quello del presidenzialismo.

Noi in Commissione, dicevo, abbiamo avuto un atteggiamento di apertura, perché siamo favorevoli alla discussione su una modifica del nostro ordinamento che porti all'elezione diretta dell'Esecutivo o del Presidente della Repubblica. Abbiamo, a questo proposito, presentato emendamenti che abbiamo replicato qui in Aula e li abbiamo presentati con l'obiettivo di inserire un'ipotetica revisione della nostra forma di governo dentro una più organica riforma della Costituzione. Infatti, uno dei limiti che ravvisiamo nella proposta presentata è che essa va ad applicare un modello, quello dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, senza sostanzialmente cambiare tutto il resto che andrebbe cambiato se noi andassimo a modificare la nostra forma di governo. Ad esempio, avevamo presentato un emendamento che introduceva nel nostro ordinamento un sistema parlamentare con un'unica Camera eletta direttamente dai cittadini, che avesse, a quel punto, anche la possibilità di un rapporto con il Presidente, eletto direttamente dai cittadini, molto più dialogico e molto più alla pari. Purtroppo, questo emendamento è stato dichiarato inammissibile; invece, quello che è rimasto in vita, ad esempio, a proposito di equilibrio tra pesi e contrappesi, prevede (se ci fosse la possibilità, come noi comunque ci auguriamo, di discuterlo e di approvarlo) l'introduzione della conferma da parte del Parlamento delle nomine presidenziali sui senatori a vita e analogo emendamento lo abbiamo presentato sulle altre nomine presidenziali.

Perché se noi introduciamo un potere così forte, una legittimazione così forte, sulla quale noi non siamo contrari, del Capo dello Stato o del Capo del Governo, non possiamo non introdurre maggiori correttivi e contrappesi che vadano a limitare questo enorme potere che già ha, tra l'altro, il Capo dello Stato - e anche questo lo dirò tra poco - e dobbiamo, a questo punto, aggiungere un maggior protagonismo del Parlamento, che per noi avrebbe dovuto essere in forma monocamerale, a elezione diretta di un solo ramo del Parlamento, affidando al secondo ramo, invece, compiti di rappresentanza delle nostre autonomie locali.

Riteniamo necessario e non più rinviabile per il legislatore, per questo Parlamento, per le forze politiche e soprattutto per il Parlamento che verrà dal 2023, porsi il problema di dare una più forte legittimazione ai livelli di governo, soprattutto a chi ha il potere di decidere materialmente le sorti del Paese. Questo è necessario a patto, ovviamente, che ci stia a cuore lo stato di salute della nostra democrazia liberale, che, per quanto imperfetta, è la migliore tra le forme di governo possibili, oppure la peggiore “eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora”, come avrebbe detto Winston Churchill.

Occorre muoversi avendo consapevolezza che le democrazie, in questa fase storica più che in altre, sono sotto attacco e non da oggi, tra l'altro. Infatti - e qualcuno di voi sicuramente lo ricorderà in quest'Aula, perché era indirettamente citato -, il Presidente russo Vladimir Putin il 27 giugno 2019 dalla prima pagina del Financial Times definì obsolete le democrazie liberali. In quella stessa intervista andava a elogiare i movimenti nazional-populisti, anche quelli presenti tuttora in quest'Aula e in questo Parlamento, e attaccava i Governi liberali, accusandoli di “aver aperto le porte a un multiculturalismo insensato e rigettato dalla stragrande maggioranza delle persone” (cito testualmente). Quell'intervista, riletta con gli occhi di oggi, ci ricorda alcuni dei significati più profondi della guerra che Putin ha scatenato contro l'Ucraina. È una guerra non solo, Presidente, per il Donbass o per la Crimea, ma è una guerra, soprattutto, che punta a imporre in quel Paese, per poi farlo in altri Paesi, un modello di governo e di democrazia molto lontano dal modello di cui qui stiamo discutendo come rafforzare, non certo, quindi, un modello di democrazia liberale. Questo anche ci rafforza - e penso sia doveroso dirlo - nel fare tutto il possibile e nel continuare a fare tutto il possibile per aiutare l'Ucraina a difendersi da questa aggressione e continuare ad aspirare a vivere in un Paese democratico, liberale e in cui sono garantiti tutti i diritti, civili e umani, alle persone che in questo momento, invece, li stanno vedendo piegati dalla furia bellica del Presidente Putin (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Le democrazie liberali sono da tempo, quindi, sotto attacco e non solo da parte della Russia ma anche da altri Governi illiberali, che magari operano, anche in certi casi, in regimi all'apparenza democratici ma che, in realtà, democratici non sono. Allora, se questa è la posta in palio, cioè rafforzare la nostra democrazia liberale, dobbiamo porci il problema di dare - ripeto - una maggiore legittimazione alle nostre istituzioni, in particolare proprio al Governo. Ecco perché siamo favorevoli ad arrivare a un'elezione diretta dell'Esecutivo, a un'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Andrebbe aperta una discussione anche solo su questo aspetto, se ce ne fosse le possibilità, e noi saremmo ben disponibili a farlo. Inoltre, dovremmo anche ragionare sul perché nel nostro Paese abbiamo dato questa possibilità per eleggere i sindaci, un tempo per eleggere i presidenti di provincia e tuttora per eleggere i presidenti di regione, ma non possiamo adottare questa forma di governo per il Governo nazionale. È vero: le madri e i padri costituenti scelsero volutamente un sistema istituzionale con un Governo debole gravato da molti contrappesi, ma quello era un compromesso figlio della fase storica che si stava vivendo, figlio della paura reciproca che uno dei due blocchi vincesse le elezioni del 1948 e potesse in qualche modo modellare lo Stato semplicemente a proprio somiglianza ma, se all'epoca c'era lo spettro del fascismo e della dittatura ancora molto presente nella memoria degli italiani, oggi non possiamo certo paragonare quella condizione con quella che stiamo vivendo. È pur vero, infatti, che già all'epoca dell'Assemblea costituente uno dei nostri padri costituenti citato innumerevoli volte e spesso anche a sproposito, come Piero Calamandrei, si espresse in maniera inequivocabile a favore del presidenzialismo e crediamo che le parole con cui motivò la sua posizione debbano suonare come monito per tutti noi: “Le dittature sorgono non dai Governi che governano e che durano, ma dalla impossibilità di governare dei Governi democratici”. Queste parole di Calamandrei, più di qualsiasi altra spiegazione, ci dicono che noi abbiamo bisogno di intervenire sul funzionamento delle nostre istituzioni, sulla nostra forma di Governo. Noi non pensiamo che l'Italia sia sulla soglia di una dittatura, ma ci troviamo certamente in una democrazia che vive una crisi di decisione e, tra l'altro, da molti punti di vista, una crisi della rappresentanza. Pensare che questa problematica si risolva con piccoli correttivi, lo riteniamo illusorio. Chi teme che un'elezione diretta del Presidente della Repubblica o dell'Esecutivo possa concentrare un grande potere nelle mani di un'unica persona, deve tenere presente che già oggi il Capo dello Stato, non eletto direttamente dai cittadini, ma - come abbiamo visto, in presa diretta, pochi mesi fa -, eletto dal Parlamento in seduta comune, racchiude in sé un enorme potere, che può esercitare con una grande discrezionalità. È anche per questo motivo che, nella storia dei Presidenti della Repubblica, sono rarissimi i casi di Presidenti della Repubblica individuati tra leader politici di primo piano. Quando questi ci sono stati, hanno agito entro un perimetro e un quadro di forze politiche molto, molto forti, in grado comunque di garantire la continuità dell'indirizzo politico della Nazione. Oggi non siamo, in tutta onestà, in presenza di un quadro politico con partiti forti in grado di garantire, a prescindere quasi da chi governa, la continuità del quadro politico. In tempi molto recenti abbiamo visto che cosa è successo, ad esempio, quando a guidare questo Paese ci sono state forze nazionalpopuliste amiche di Putin, amiche di Trump, amiche di regimi illiberali. Abbiamo visto e abbiamo letto quello che ha detto il Ministro degli Esteri Lavrov, dicendosi sorpreso che proprio l'Italia fosse in prima linea nel condannare l'aggressione russa. Perché Lavrov era sorpreso? Forse, perché qualcuno in tempi recenti aveva un atteggiamento molto più amichevole verso quel regime? Noi pensiamo di sì e questa è la dimostrazione - una delle tante - che potremmo portare a sostegno del fatto che oggi non siamo nelle condizioni politiche di potere paragonare questo contesto a quello di anni e decenni passati. Noi vogliamo che si arrivi, prima o poi, a una discussione di merito e, quindi, oggi partecipiamo volentieri alla discussione su questa tematica, sull'individuazione di una forma di Governo a elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio. Pensiamo che il presidenzialismo, più che concentrare, consenta, anzi, di dividere il potere in maniera molto netta, come avviene, ad esempio, negli Stati Uniti o in Francia. A dire ciò non siamo solo noi. Italia Viva su questo tema, proprio pochi giorni fa, il 13 aprile, ha organizzato un importante seminario, dove studiosi della materia - molto più competenti del sottoscritto - hanno ravvisato e segnalato come il presidenzialismo non debba spaventare, per un'eventuale ipotetica aggiuntiva concentrazione di potere, perché, se attuato con adeguati contrappesi, può anzi contribuire a dividere il potere e ad evitare torsioni autoritarie. Infine, Presidente, parlare di presidenzialismo, di elezione diretta del Governo, di una maggiore legittimazione popolare delle nostre istituzioni nazionali, non può che significare anche parlare di un maggior potere di indirizzo politico che noi diamo ai cittadini. Oggi l'indirizzo politico del nostro Paese, di fatto, è unicamente nelle mani del Parlamento; spostare parte di questo potere nelle mani dei cittadini non deve spaventare, anche perché noi siamo convinti di quanto sosteneva un grande studioso di questa materia, un nostro ex collega senatore, trucidato dalle Brigate Rosse, Roberto Ruffilli, quando indicava il cittadino come arbitro e come obiettivo da perseguire, in una riforma delle istituzioni che stava portando avanti e per la quale fu trucidato dalle Brigate Rosse; mi fa piacere ricordarlo oggi, nel giorno successivo a una grande commemorazione (Applausi) fatta in quest'Aula ieri, per celebrare il ricordo delle vittime del terrorismo. Se vogliamo arrivare all'obiettivo di dare ai cittadini il potere di essere l'arbitro del gioco democratico, dobbiamo seriamente porci l'interrogativo di come riformare il nostro sistema di Governo. Questa è una discussione che si apre e in tutta onestà dobbiamo dirci che è una discussione che comunque non si potrà chiudere in questa legislatura. Credo, tuttavia, che sia importante oggi stare al merito, discutere, confrontarci e magari creare un terreno fertile affinché al più presto si possa arrivare a una modifica positiva del sistema di funzionamento delle nostre istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Forciniti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Ci troviamo ciclicamente ad affrontare qui in Parlamento il tema delle riforme costituzionali e, in questo caso, una versione più sincera - devo riconoscerlo - rispetto ai tentativi che, negli ultimi anni e decenni, hanno caratterizzato l'azione delle maggioranze di turno. Penso, per esempio, alla riforma del 2016, Renzi-Boschi, e, ancora prima, a quella del 2006 del centrodestra di Berlusconi, riforme che strizzavano l'occhio al presidenzialismo senza però, di fatto, avere il coraggio di fare una scelta netta, decisa, determinata e anche limpida e chiara nei confronti dei cittadini.

In questo caso la proposta di legge di Fratelli d'Italia si propone di introdurre l'elezione diretta del Presidente della Repubblica nel nostro ordinamento. È questo un argomento oggettivamente accattivante, che fa facile breccia e fa presa sui cittadini, anche in maniera abbastanza semplice, perché il tema è quello di riconoscere ai cittadini il diritto di scegliere direttamente da chi essere governati. È un po', se vogliamo, sullo stesso filone anche filosofico, rispetto a coloro i quali dicono che abbiamo bisogno di sapere chi ha vinto la sera stessa delle elezioni, un refrain proposto e riproposto negli ultimi anni da parte dei vari leader politici che hanno caratterizzato la storia di questo Paese. Però, in tutta sincerità, riproporre ciclicamente il tema del presidenzialismo e delle riforme istituzionali sembra una scusa per non fare autocritica e per scaricare forse le proprie responsabilità politiche - quindi, l'incapacità di essere rappresentativi e, quindi, anche la crisi delle istituzioni che ne deriva - cercando di attribuire le colpe alla Costituzione. Vi ricordo, nel 2016, i dibattiti sulla palude nella quale noi saremmo rimasti, se non avessimo accettato quella controriforma costituzionale. Allo stesso modo ho ascoltato nelle parole della collega Meloni qualcosa di simile, ovvero quest'idea che non si vuole dare un maggior potere ai cittadini, un maggior potere decisionale, un maggior potere di scegliere e di incidere direttamente nei processi decisionali. Tuttavia, mi chiedo in che modo possa essere rappresentativo un Presidente della Repubblica - faccio l'esempio della Francia - che viene eletto con il 20 per cento o poco più al primo turno e poi vince un ballottaggio; chiaramente quel ballottaggio è condizionato, perché ci sarà molto più astensionismo, fra schede bianche e schede nulle, e magari un voto non convinto, perché il ballottaggio è la corsa a votare il meno peggio ed è di per sé divisivo. Eppure, siffatta figura di Presidente della Repubblica, in base a questa proposta di legge, dovrebbe rappresentare l'unità nazionale, magari eletto con il 20 per cento o poco più dei voti. Allora, qui non si sta dando più potere ai cittadini, permettendogli di votare un Presidente della Repubblica in maniera diretta e dandogli anche funzioni dirette di indirizzo politico nella guida del Governo, ma piuttosto li si sta illudendo che questo accada. È chiaro che un Presidente della Repubblica eletto con questi presupposti non è il rappresentante dell'unità nazionale, non è un Presidente del Consiglio - un Presidente della Repubblica in questo caso -, legato ai cittadini, agli elettori e all'opinione pubblica. Lo dimostra anche quanto accade in Francia: Macron viene eletto oggi e domani già ci sono persone che sfasciano tutto per strada, tensioni sociali e proteste ovunque. Ciò dimostra che i sistemi presidenziali non sono in grado di garantire rappresentatività e di far sentire il cittadino più coinvolto nei processi decisionali, ma, anzi, inseguono quella logica assolutistica dell'uomo solo al comando, dell'uomo forte, del leader, che affascina anche l'immaginario collettivo, ma cui devi poi dare una delega in bianco e di cui ti devi fidare, il che è l'antitesi, è totalmente il contrario rispetto al significato del coinvolgimento, della partecipazione democratica e degli istituti di democrazia diretta, voluti all'epoca dai Padri costituenti, quando scrissero la Costituzione. Dunque, il sistema parlamentare, così tanto vituperato e così tanto messo sempre all'indice, secondo me, in teoria, sarebbe quello più rappresentativo, quello che permetterebbe veramente ai cittadini di essere più garantiti, rispetto a un uomo solo al comando, che viene scelto e che rappresenta solo una minoranza degli elettori, come accade in Francia, con tutto quello che ciò comporta anche in termini di tensioni sociali, di conflitti e di non accettazione del voto elettorale. Penso anche, per esempio, a un sistema più puramente presidenziale, come quello statunitense che, nell'ultima campagna elettorale fra Trump e Biden, è sfociato addirittura negli scontri che hanno portato all'occupazione del palazzo del Governo. Vi ricorderete tutti quei gravi accadimenti. Spesso i sistemi presidenziali, che generano alternanza e bipolarismo, appiattiscono le diversità; anche il pluralismo appiattisce la complessità di una società: porta la società stessa a dividersi e i politici a non rappresentare l'unità nazionale, che è ciò che, invece, dovrebbe fare la classe politica o, comunque, chi guida un Paese.

Poi c'è anche un altro falso mito, quello della governabilità, perché se diamo tutto il potere a un uomo solo al comando, in questo caso a un Presidente della Repubblica - nell'Italicum di fatto lo era -, senza contrappesi parlamentari, dovremmo avere più governabilità, questo si dice; peccato, però, che i fatti ci testimonino il contrario; in Francia, dal 2002 a oggi, si sono avvicendati 15 Governi - 15 -, più che in Italia. Quindi, anche questo falso mito della stabilità e della continuità di governo rispetto ai sistemi presidenziali, alla prova dei fatti viene meno, perché poi non è affatto così. Allora, qui c'è una superstizione, che mi rendo conto fa leva, fa breccia ed è anche di facile presa sui cittadini: ossia che dare loro la possibilità di cambiare un sistema istituzionale - che deve sempre essere messo all'indice, per non accusare se stessi e non guardarsi allo specchio - possa aiutarli, possa coinvolgerli di più; secondo me, è l'esatto contrario, tanto più che, se proprio vogliamo propendere verso un sistema presidenziale, dovremmo farlo in toto, quindi anche con tutto quello che un sistema presidenziale comporta. Invece, questa riforma tocca il tema dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica e, quindi, del Capo del Governo che viene da questi nominato, però non si occupa minimamente di stabilire un minimo di separazione netta dei poteri fra legislativo ed esecutivo, che è quello che c'è in tutti i sistemi presidenziali, mentre qui si vorrebbe un presidenzialismo solo nella nomina diretta del Capo dello Stato, ma lasciando in campo tutti gli strumenti con cui il Governo schiaccia sistematicamente il Parlamento - decreti-legge, questioni di fiducia - che negli altri Paesi a regime presidenziale non esistono; in Francia non esiste il decreto-legge, non esiste alcuna possibilità di scavalcare e di intromettersi nel potere legislativo. In questo caso, con questa proposta di legge, ci sarebbe un presidenzialismo con un uomo forte, per di più senza i contrappesi tipici dei sistemi presidenziali, perché ci sarebbe ancora la possibilità di schiacciare il Parlamento con i decreti d'urgenza e con tutto quello che noi abbiamo conosciuto, anche in quest'ultima attualità politica. Ciò, fermo restando che, poi, c'è anche un regime di netta incompatibilità nei sistemi presidenziali; se tu stai al Governo, in un sistema presidenziale non puoi stare in Parlamento e viceversa. Anche in questo caso la riforma non si occupa minimamente di questo tema.

Allora, e concludo Presidente, il vero tema non è tanto l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, ma fare in modo che i parlamentari siano eletti direttamente. Oggi i parlamentari non sono eletti direttamente per effetto del sistema dei listini bloccati e, quindi, non rappresentano nessuno e quando vanno, a loro volta, a eleggere il Presidente della Repubblica creano scenari di totale scollamento rispetto al sentire comune fuori da questi palazzi. Quindi, se veramente abbiamo a cuore la rappresentanza e il coinvolgimento dei cittadini, mettiamo mano alla legge elettorale, con un sistema proporzionale e, soprattutto, con la restituzione ai cittadini del voto di preferenza; iniziamo a fargli scegliere i parlamentari, poi iniziamo a pensare a cosa fare riguardo al Presidente della Repubblica. Iniziamo a far scegliere i parlamentari ai cittadini, perché, oggi, e nessuno ne parla, i parlamentari non sono scelti direttamente dai cittadini. Quindi, la strada da percorrere non è certo il presidenzialismo, ma rafforzare questo Parlamento, rendendolo più rappresentativo, più vicino ai cittadini. Tutto il resto è propaganda, che è facile preda…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Forciniti…

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). … ma che non sposta di una virgola la crisi dei partiti e delle istituzioni rappresentative (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, signor Presidente. Intervengo brevemente per spiegare e argomentare le ragioni della nostra contrarietà a questa proposta di legge costituzionale, anche perché gli emendamenti soppressivi portano tutti la mia firma. Noi, come MoVimento 5 Stelle, siamo fermamente contrari a questa proposta di legge costituzionale, sia per ragioni di metodo sia per ragioni di merito, ma poiché entrambe le ragioni sono strettamente connesse e correlate, le andrò a illustrare insieme.

I nostri costituenti, con il famosissimo ordine del giorno Perassi, hanno deciso di propendere per la forma di governo parlamentare, e, con il Presidente della Repubblica non eletto direttamente dai cittadini ma attraverso un'elezione indiretta, che doveva essere il frutto di un accordo tra i partiti politici, attribuiscono al Presidente della Repubblica stesso il ruolo di garante della Costituzione e di rappresentante dell'unità nazionale, in posizione di totale terzietà con il sistema partitico; ciò proprio per consentirgli di essere il garante della Costituzione.

Il dibattito sul presidenzialismo emerge ormai a intervalli regolari, quasi ogni 7 anni, ogni volta in occasione dell'elezione del Presidente della Repubblica. Questa proposta di legge mira a introdurre un sistema in cui il Capo dello Stato è, quasi contemporaneamente, Capo del Governo, quindi un sistema in cui i poteri si contaminano a vicenda, senza però prevedere un adeguato sistema di pesi e contrappesi così come avviene negli altri Paesi dove questa forma di governo è sperimentata.

Quindi, cosa si fa con questa proposta di legge? Questo è il problema di metodo. Noi stiamo cambiando radicalmente la nostra forma di governo con una proposta di legge presentata alla fine della legislatura, quando, a detta proprio dei proponenti, ci sono cose più importanti da fare, tant'è che, sempre a detta dei proponenti, non si potrebbe ragionare nemmeno della modifica della legge elettorale, perché il Paese ha altre priorità, dicono. Quindi, mi chiedo: a questo punto, di questo possiamo parlare? Non ci sono più quelle altre priorità che tanto sbandierate ogni qualvolta altri partiti, altre forze politiche pongono temi che a voi non sono graditi? Questa è la domanda che rivolgo alla collega Meloni e a tutti quelli che hanno deciso di appoggiare questa proposta di legge. Faccio una premessa: a me il dibattito sul benaltrismo non appassiona affatto; infatti, la mia è solo una provocazione e mi piacerebbe avere una risposta.

Come dicevo, il dibattito costituzionale, ai tempi, ci fu; ci fu un dibattito sulla forma di governo più giusta, decisero di propendere per la forma di governo parlamentare, perché i costituenti, che venivano dalle macerie del fascismo hanno pensato, a mio avviso molto correttamente, che la forma di governo parlamentare fosse l'unica a poter garantire esigenze di democrazia, quindi una maggiore distribuzione del potere, un decentramento del potere, ma anche stabilità.

Ora, qual è l'obiettivo, qual è l'intenzione dei proponenti e di tutti coloro che, ciclicamente, propongono la modifica della forma di governo e il presidenzialismo? Di risolvere un problema, perché che un problema ci sia penso siamo tutti d'accordo; c'è un problema di autorevolezza delle nostre istituzioni, di credibilità delle nostre istituzioni, di funzionamento delle nostre istituzioni. Io credo che questa soluzione non sia affatto risolutiva di un problema; noi crediamo che questo sia semplicemente fumo negli occhi dei cittadini, perché, invece di risolvere un problema, ne andiamo a creare altri, ben più gravi. Infatti, l'efficacia della forma di governo dipende sì dal funzionamento delle istituzioni, ma anche dallo stato di salute dei partiti. La forza del Parlamento e lo stato di salute dei partiti: sono queste le linee direttrici che dovremmo avere ben presenti se vogliamo veramente risolvere un problema.

Dunque, la prima cosa da fare non è rendere più forte, ancora più forte chi già è forte, perché l'ha detto lei, collega Meloni, le leggi non le fa più il Parlamento, le leggi le fa il Governo; in questo modo si renderebbe ancora più debole chi è già più debole. Noi dovremmo mirare a rafforzare il Parlamento, che è l'organo direttamente eletto dai cittadini e che rappresenta quella sovranità popolare che lei, collega Meloni, ha correttamente citato; la sovranità appartiene al popolo, il popolo elegge il Parlamento; bisogna rafforzare le istituzioni che rappresentano il popolo, non dare maggiori poteri in capo a una sola persona (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Io non penso che siamo di fronte al pericolo di dispotismo, così come lo eravamo quando è stata scritta e pensata la nostra Costituzione. Non lo penso, però sono preoccupata comunque dalle derive plebiscitarie, perché abbiamo visto che la ricerca spasmodica del consenso non rende più lucido il dibattito pubblico e il dibattito politico (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)

PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi, grazie.

VITTORIA BALDINO (M5S). Quindi, le soluzioni che noi proponiamo sono queste: dare maggiore potere al Parlamento, sì maggiore stabilità anche al Governo, lo possiamo fare; lo possiamo fare con un istituto che era previsto peraltro anche in questa proposta di legge, ma, a mio avviso, in forma sbagliata, quello della sfiducia costruttiva, per disincentivare il ricorso alla sfiducia e i cambi di Governo. Limitare il ricorso alla decretazione di urgenza: anche questo abbiamo provato a farlo, con una proposta di legge a firma mia e del collega Ceccanti che giace in I Commissione (Affari costituzionali). E, poi, cambiare il sistema elettorale. Lei ha fatto un appello, lo faccio io un appello a voi, colleghi di Fratelli d'Italia e di tutte le altre forze politiche: partiamo dalla legge elettorale, perché è quella che consente, in primo luogo, di garantire l'effettiva rappresentanza dei cittadini (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Questa legge elettorale non va bene, l'abbiamo sperimentato, con il taglio dei parlamentari si è aggravato il problema di rappresentanza politica e territoriale della legge elettorale…

PRESIDENTE. Colleghi…colleghi!

VITTORIA BALDINO (M5S). Quindi questo è ciò che dobbiamo fare. È vero, abbiamo una grande occasione, colleghi, non sprechiamola (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle -Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). Grazie, signor Presidente, intanto per la generosità, per avermi dato un minuto in più.

PRESIDENTE. Quando si tratta di lei…

MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). Ovviamente, sa quanto le sono grato. Io credo, signor Presidente, onorevoli colleghi, che abbia ragione la collega Meloni a dire che questa rischia di essere un'opportunità sprecata, perché, finalmente, ci ritroviamo qui dopo aver fatto la peggiore riforma costituzionale che potevamo fare nella storia di questa legislatura con la riduzione del numero dei parlamentari, senza aver toccato l'assetto istituzionale di questo Paese.

Non me ne voglia il collega Ceccanti, ma ricordo ancora che, in dichiarazione di voto da parte del Partito Democratico, diceva: votiamo a favore della riduzione del numero dei parlamentari, ma dobbiamo assolutamente intervenire a modificare l'assetto istituzionale, il funzionamento di Camera e Senato, i ruoli, eccetera. Io credo che l'occasione oggi portata dal progetto di riforma costituzionale sull'elezione diretta del Presidente della Repubblica da parte di Fratelli d'Italia - ma sostenuta da sempre, come punto programmatico, da tutto il centrodestra - sia un'occasione da non sprecare, perché il primo elemento è guardare in faccia la realtà, e la realtà ci ha appena parlato, la realtà è testarda.

Tutti noi, quando c'è stata recentemente l'elezione del Presidente della Repubblica, abbiamo percepito la distanza esistente tra quel rito che compivamo qui, in quelle elezioni, nelle schede bianche, nelle discussioni nel Palazzo, eccetera, e la città reale, il popolo reale, i cittadini, che non comprendevano perché una rappresentanza importante, istituzionale, fondamentale, l'elemento di unità di questo Paese non potesse essere scelto direttamente dai cittadini. Era uno iato, una distanza, tant'è che la maggior parte di noi dichiarava che mai si sarebbe più ritornati, fra 7 anni, a quell'elezione.

Secondo elemento di quella realtà: un percorso, una ripetizione storica che, per la seconda volta, ha portato questo Parlamento ad eleggere lo stesso Presidente della Repubblica, nella anomalia di una Costituzione non scritta, ma che, evidentemente, porta il Presidente della Repubblica a durare 7 anni nella versione implicita che si facesse un solo mandato. Da questo punto di vista, oggi noi ci troviamo a non volere riformare, a non voler toccare assolutamente gli assetti costituzionali e istituzionali, cioè la forma del nostro Stato, a riflettere insieme su come dare modernità al rapporto della democrazia.

Vado verso la conclusione. Mi permetta una parentesi la collega del MoVimento 5 Stelle: chi è entrato 5 anni fa in questo Parlamento perché sentenziava, teorizzava il rapporto diretto tra cittadino e istituzione, oggi ha paura dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica da parte dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC e Forza Italia-Berlusconi Presidente). Siamo veramente all'anomalia. Chi non credeva nella funzione del Parlamento oggi dice che l'elezione del Presidente della Repubblica è un atto di autocrazia, è un atto di totalitarismo. Ma il presidente della regione eletto dai cittadini, il sindaco eletto dai cittadini dicono che siamo di fronte a un'autocrazia o dice che siamo di fronte a una modernità dell'assetto istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia)?

Concludo. Dove sta l'elemento su cui noi dobbiamo avere il coraggio di riflettere insieme, senza inseguire la demagogia che ci ha portato a ridurre il numero dei parlamentari senza modificare le funzioni di Camera e Senato? Nella politica. È la politica che deve tornare ad essere protagonista (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

E, allora, se un gruppo parlamentare, una forza politica, una coalizione, come il centrodestra, dice “troviamoci a discutere, ad ammodernare le nostre istituzioni” non dobbiamo aver paura di seguire questa strada. Confrontiamoci e facciamolo e non diciamo che non c'è tempo, altrimenti saranno i cittadini a punire le istituzioni e a punire la politica (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento AdC, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. La domanda sull'opportunità dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica è stata posta al presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato dal giornalista Andrea Fabozzi de il manifesto durante la sua prima conferenza stampa di insediamento. Il presidente Amato ha risposto in maniera chiara: introdurre l'elezione diretta del Presidente della Repubblica si può fare, ma richiede una revisione organica della Seconda parte della Costituzione, perché non è cambiare un ingranaggio a un orologio che resterebbe uguale, è cambiare orologio. Questa è la premessa di metodo da cui dovremmo tutti partire. Allora, se noi dobbiamo cambiare un intero orologio, che cosa significa proporci, a 10 mesi dalla fine della legislatura, un testo di questo tipo? Significa fare propaganda. Questo è il punto essenziale da capire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché il tempo non è una variabile indipendente: il tempo è tutto; come diceva Bernstein in maniera simile “il fine è nulla, il movimento è tutto”, il tempo è tutto. E questo lo diceva anche un autore che ben dovreste conoscere, il quale, parlando in Normandia, sul primo territorio liberato dal nazifascismo, da capo della Resistenza, il generale De Gaulle, parlando di questi assetti istituzionali, citava questo aneddoto: chiesero i greci, una volta, al saggio Solone: quale è la migliore Costituzione? E lui rispose: ditemi voi per quale popolo e per quale tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quindi, il tempo è la variabile chiave.

Per questo, noi non avevamo presentato nessun emendamento ed eravamo intenzionati solo a votare il mandato contrario al relatore in Commissione, per segnalare non che si diceva “no” al fine, ma che si diceva “no” alla scelta dei tempi e dei modi. E per questo abbiamo continuato a dire la cosa che diciamo da inizio legislatura: in questa legislatura è possibile fare delle riforme che cambino degli ingranaggi (Commenti dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia), e le riforme che abbiamo fatto sin qui, quasi tutte condivise, hanno cambiato ingranaggi in modo incrementale. E quale sarebbe la riforma che potremo fare e che si muove nello stesso senso incrementale? Prevedere il rapporto fiduciario e altre competenze al Parlamento in seduta comune, perché mi si parla di debolezza del rapporto Parlamento-Governo, ma, se noi manteniamo due Assemblee legislative, di cui una di soli 200 membri, nel rapporto fiduciario con il Governo, stiamo lavorando per la stabilità o per l'instabilità? Se facciamo del bricolage istituzionale mai sperimentato e mettiamo insieme la sfiducia costruttiva in due Camere separate con l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, che cosa stiamo facendo? Il sistema semipresidenziale si basa sul presupposto che il Governo procede dal Capo dello Stato, come diceva il Presidente De Gaulle. Qui, invece, si pretende di eleggere il Presidente della Repubblica, ma di far derivare il Governo da due Camere diverse con la sfiducia costruttiva, per cui le due Camere voterebbero, con la sfiducia costruttiva, un Governo contro il Presidente. Questo ci porta stabilità e logicità in questo progetto? Evidentemente, no. Quindi, riprendiamo il senso dei cambiamenti incrementali possibili di questa legislatura, scegliamo di dare al Parlamento in seduta comune il potere fiduciario e altri poteri, che superino così radicalmente anche fenomeni di cui abbiamo parlato prima, ma che non hanno una risposta nell'elezione del Presidente. Per esempio il problema del monocameralismo di fatto se noi lo affrontassimo concentrando buona parte della conversione dei decreti e altra parte del lavoro legislativo sul Parlamento in seduta comune, lo scardineremmo di fondo con una grande scelta. Per questo, riprendiamo, in questa legislatura, a tessere il filo delle riforme che cambino gli ingranaggi. Se vogliamo cambiare gli orologi - come si fece l'ultima volta col tentativo non riuscito della Commissione D'Alema, che si era posta anche questo progetto, ma nell'ipotesi di un lavoro di 3 o 4 anni -, i lavori si devono fare all'inizio della legislatura; durante una legislatura si fanno i lavori per cambiare gli ingranaggi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Due premesse prima di provare a ragionare e riflettere rispetto all'oggetto di oggi. La prima è, per fare chiarezza, che un modello di presidenzialismo e di riforma in senso presidenziale, di per sé, in astratto, non rappresenta un attacco alla democrazia, non è un sistema anti-democratico. La seconda però è che dobbiamo avere rispetto, ognuno delle posizioni dell'altro e francamente io rigetto l'idea che il presidenzialismo sia modernità e che una Repubblica parlamentare sia invece un esempio di conservazione. La collega Meloni, a supporto delle sue tesi e della sua proposta, ha riportato, in più di un'occasione, il sistema francese. Il sistema francese si regge su alcune regole formali e altre non formali. Il doppio turno, per esempio, è un sistema elettorale che attutisce gli effetti del presidenzialismo e soprattutto consente di avere un Presidente che sia realmente espressione di una larga maggioranza. Si regge su un non detto e un non scritto che è l'accettazione della coabitazione; c'è poi uno spirito repubblicano che - come si è visto nelle ultime elezioni - esce fuori con grande forza per evitare che le frange estreme possano andare a guidare l'Eliseo. Ma soprattutto non accetto questa idea che, da una parte, ci sia la modernità e dall'altra il conservatorismo perché, a sostegno di questo, basterebbe citare la Germania. La Germania è un modello di democrazia, è una democrazia forte, con partiti forti, retta da un sistema proporzionale ed è a tutti gli effetti una Repubblica parlamentare. Quindi, usciamo - credo - da questa trappola anche comunicativa: sono scelte differenti. Noi lo diciamo con chiarezza: non vediamo - lo dico anche al collega Lupi - nessuna contraddizione e nessuna indisponibilità a ragionare, nel momento in cui si dice che non siamo disponibili a discutere su un modello di Repubblica presidenziale e siamo favorevoli a una Repubblica parlamentare. Questo vuol dire che va tutto bene o che non vediamo le difficoltà? Tutte le democrazie occidentali sono sotto stress - per usare il titolo di un recente libro di un autorevole docente - : è vero, le democrazie sono in difficoltà, ma la risposta non è - lo voglio dire con chiarezza - l'idea che alla fine sia necessario, per risolvere i problemi delle democrazie contemporanee, cedere il potere a un uomo solo al comando. Questa è un'idea sbagliata, è un'idea che noi non condividiamo e che sta dietro in fondo all'idea della Repubblica presidenziale. Anche sul tema ovviamente delle tempistiche e delle modalità, è del tutto evidente che non si può intervenire soltanto sulla parte relativa all'elezione diretta del Presidente della Repubblica, criticando le modalità di elezione attuali. Tutta la Costituzione è retta da un difficile, ma alla fine funzionante, equilibrio dei poteri e di quell'equilibrio dei poteri il garante è il Presidente della Repubblica. Se trasformiamo il garante - mi si passi la metafora - in un giocatore, alteriamo completamente quel sistema di equilibri. Per dirla tutta, se si introducesse l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, sarebbe inevitabile riscrivere la Costituzione dal primo all'ultimo articolo e noi su questo non siamo d'accordo.

Questa è la ragione per la quale crediamo che sia giusto - e anche rispettoso dei proponenti - votare, come faremo, a favore degli emendamenti soppressivi. Non è un gesto irrispettoso nei confronti dei proponenti; è un'idea diversa, è un'idea radicalmente diversa, è un'idea che, fino in fondo, vede i pericoli e i rischi che ci sono nelle repubbliche presidenziali, perché sono stati citati i rischi relativi al funzionamento, così come l'inefficienza e le difficoltà della repubblica parlamentare, ma francamente altri modelli di repubblica presidenziale non sono migliori. Visto che siamo in argomento, è evidente che, quando si arriva in un grande Paese come la Federazione Russa, ad avere l'elezione diretta per la quarta volta di uno stesso Presidente, è del tutto chiaro che si sono alterate le regole del gioco, quindi, da questo punto di vista, l'equilibrio dei poteri è per noi un elemento di garanzia della democrazia ed è per queste ragioni che, pur rispettando la proposta a prima firma della collega Meloni, voteremo convintamente a favore degli emendamenti soppressivi (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Questo dibattito che si svolge oggi sul complesso degli emendamenti, ma che si è svolto in maniera approfondita in discussione sulle linee generali, comincia a dimostrare, non solo la realtà delle posizioni, ma anche i tentativi di sfuggire a posizioni chiare. In sede di discussione sulle linee generali, in molti interventi è stato evocato il cosiddetto presidenzialismo di fatto, qualcuno ha parlato di “presidenzialismo coatto”: si tratta di autorevoli intellettuali di sinistra, come Cacciari. In realtà, il malfunzionamento e la fragilità del nostro sistema politico hanno determinato i Governi del Presidente, i Governi di unità nazionale, fondati sulla scelta del Presidente. L'intervento del Capo dello Stato, nel sistema costituzionale attuale non chiaro sui poteri e soprattutto sulla loro attuazione concreta, ha consentito questa rilevanza del potere presidenziale rispetto al Parlamento e al Governo, nella scelta stessa delle opzioni ai fini della formazione dei Governi. Nessuno si meraviglia più di parlare di “Governo del Presidente”. Tutto è stato fatto - ci mancherebbe - dai Presidenti Napolitano e Mattarella sulla base di poteri costituzionali, ma è stato fatto creando nella Costituzione vivente un sistema politico e una forma di Governo diversa. Fa specie sentire che qui dobbiamo toccare l'orologio e non i singoli ingranaggi: abbiamo toccato i singoli ingranaggi e tutto il resto con la riduzione dei parlamentari e con le riforme che abbiamo fatto. Creeremo problemi alla prossima legislatura con il bicameralismo, così come l'abbiamo costruito attraverso la riduzione dei parlamentari, e con il monocameralismo che in questo momento è perfetto per quanto attiene alle decisioni. E poi parliamo di orologi, di meccanismi e di ingranaggi! Ricordo al collega Ceccanti che, nel 1980, proprio il Presidente Amato, che ha richiamato, nello scritto Una Repubblica da riformare, pose, come prima questione, quella dell'elezione diretta del Capo dello Stato che costituisce l'orologio del sistema. Proprio Giuliano Amato! Quindi, la revisione costituzionale riguardo all'elezione diretta del Capo dello Stato: è questo l'orologio che fa ripartire il sistema (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia). È questo il tema fondamentale: il riavvicinamento reale alla sovranità popolare dell'azione del Capo dello Stato. Durante le elezioni del Presidente della Repubblica, molti hanno richiamato la necessità di un intervento ai fini dell'elezione diretta. Molti hanno sostenuto che, forse, un sistema che chiede e rafforza la volontà popolare, la sovranità popolare, in questo legame diretto fra il corpo elettorale e l'istituzione, potesse essere una soluzione. Altri colleghi hanno richiamato l'elezione diretta del sindaco: si va bene, ma il sindaco o la regione non è la stessa cosa. No, se richiamiamo il principio della sovranità popolare, se riteniamo che il Capo dello Stato abbia poteri reali, così come li sta svolgendo in questo momento, allora riportiamo la Costituzione vivente nella realtà, il fenomeno già esistente al fenomeno giuridico. Non possiamo ritenere che, in questo momento, in una fragilità così ampia del sistema politico, si possa prescindere dai poteri del Presidente della Repubblica. Lo sappiamo tutti, lo abbiamo detto: la scelta di Draghi nasce da questo meccanismo. E poi è singolare, soprattutto a sinistra, che si plauda al sistema francese, all'elezione di Macron, dove il popolo sovrano, scegliendo, può scegliere per l'Europa e per Macron, e non per Le Pen, e poi in Italia no, questo meccanismo è meglio che ci sia da altre parti e non in Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Fratelli d'Italia)! Non so se vi rendete conto della contraddizione incredibile: vi sono “giornalate” intere, dichiarazioni che sono l'esatto contrario di quelle rese in queste Aule. Allora, la verità è una sola: c'è un timore. Infatti, quelli erano in parte i timori del momento costituente, quelli di Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione, che disse: attenzione, possiamo già intervenire. O come dicevano Orlando, De Gasperi: possiamo già pensare all'elezione diretta del Capo dello Stato. Capisco i timori rispetto a una forma esteriore monarchica che potrebbe assumere la posizione del Capo dello Stato. E quindi l'elezione diretta, in questo momento, dopo l'esperienza tragica del fascismo, può essere vista in prospettiva. Ma già in quel momento si riteneva che vi fosse la possibilità dell'elezione diretta del Capo dello Stato, lo ricordava anche l'onorevole Meloni nel suo intervento: Saragat, Orlando, De Gasperi, Ruini l'avevano già tracciata. E Calamandrei nel dibattito ricordò: attenzione, dobbiamo essere non miopi, ma presbiti. Attenzione a quello che facciamo con queste norme, pensiamo al futuro. Il futuro, il domani - e non è una questione di modernità - è già presente nella realtà della Costituzione vivente. Il presidenzialismo, di fatto, è già presente, è già realizzato. Dire che non è vero significa non vedere la realtà.

Anche in Commissione affari costituzionali abbiamo discusso di questi argomenti ed è emerso tutto ciò. Ma è francamente incredibile sentire che questo orologio, l'orologio costituzionale, sarebbe, come dire, reso non funzionante con l'elezione diretta del Capo dello Stato. I singoli ingranaggi lo renderebbero, invece, facilmente modellabile e modificabile. Vedremo nella prossima legislatura, con un Senato con 200 membri, quello che succederà nel cosiddetto bicameralismo, che ormai è un monocameralismo perfetto, con la necessità che il Capo dello Stato debba intervenire sempre di più, sempre con maggiore influenza, per garantire quello che - e non lo dico io - diceva appunto Ruini.

La designazione popolare del Presidente può rendere più saldo il potere presidenziale in mezzo alle fluttuazioni delle forze politiche e dei partiti, tenuto conto anche del sistema bicamerale. Oggi ci siamo. Sperimentiamo questo problema legislatura dopo legislatura. Ciò che è incomprensibile è questa corsa alla soppressione, all'emendamento soppressivo, sia in Commissione che in Aula, senza tenere conto della possibilità di un'ampia discussione. Qual è il tempo della discussione, ci diceva Ceccanti per il PD. Caro Ceccanti, sembra che parli della curvatura dello spazio-tempo di Einstein, voglio dire, il tempo infinito: non c'è mai questo tempo! Quand'è il tempo? Oggi è il tempo (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Fratelli d'Italia)! Quand'è il tempo?

Cioè, come possiamo pensare che non sia mai il tempo? È il tempo per il piccolo ingranaggio, ma non è il tempo per la manutenzione dell'orologio, che è così fragile che è incapace di funzionare. Questo voleva dire, Amato. Perché lo aveva già detto nel 1980 con il saggio “Una Repubblica da riformare”: la grande riforma, che poi non sfociò in nulla, ma che fu una delle prime avvisaglie del processo riformatore. Io penso che, in questo momento, il Parlamento tutto - nel rispetto della volontà popolare e della sovranità popolare, della Costituzione vivente e della realtà, perché in qualunque sondaggio si sa che il popolo è dalla parte dell'elezione diretta del Capo dello Stato, lo sappiamo tutti - non dovrebbe sopprimere la discussione, dovrebbe votare norma per norma, emendamento per emendamento, aprire la discussione in Aula e lasciare che questo dibattito vada avanti. Perché altrimenti, vuol dire che c'è solo un timore, e non è il timore del Costituente, è un altro timore: è il timore che possa essere eletto dal popolo sovrano chi voi non volete che sia eletto, questo è il tema (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Fratelli d'Italia)! E allora, se siete aperti - e questo lo rivolgo a tutti - a un dibattito vero di revisione costituzionale, qual è il momento più alto? Eh, ma non abbiamo il tempo, non è il tempo giusto, è la curvatura dello spazio-tempo, sempre lì. E allora perché discutere del Presidente della Repubblica ora è una questione elettorale propagandistica? Discutere del funzionamento del sistema politico italiano è propaganda? È mera questione elettorale? Allora siete voi che avete in mente sempre questo modello. Tutto quello che fate è in funzione del momento elettorale (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Fratelli d'Italia). È chiaro, è evidente, perché non c'è questo retropensiero in nessuno. Anche in Commissione affari costituzionali ne abbiamo discusso. Discutiamo! Ritirate gli emendamenti soppressivi. Discutiamone, parliamone. Non riusciremo ad arrivare in fondo? Forse sì, ce la possiamo anche fare, ma almeno discutiamone apertamente. Ciascuno dimostri qual è la sua posizione in merito, senza infingimenti, senza meccanismi repressivi o oppressivi rispetto a quella mentalità, che voi avete, di non consentire un dibattito sulla revisione costituzionale. Cosa c'è di più ampio e più importante, per un membro del Parlamento, che discutere una revisione costituzionale sull'elezione diretta del Capo dello Stato? Qual è la funzione più rilevante che può avere? Consentite a tutti i parlamentari di esprimere la loro opinione. Consentite a tutti di votare liberamente. E fatelo perché in questo momento il popolo sovrano è dalla parte dell'elezione diretta del Capo dello Stato, e voi lo sapete (Applausi dei deputati dei gruppi Coraggio Italia e Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lollobrigida. Ne ha facoltà. Onorevole Lollobrigida, se possibile, quegli accorgimenti che dicevo prima...

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). È sempre una questione di difficile interpretazione, questa normativa…

PRESIDENTE. Onorevole Lollobrigida, cerchiamo di fare il possibile.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Sì, sì, ma è di difficile interpretazione, non ho detto che non sia utile. Intervengo non prendendo il tempo a mia disposizione, perché la presidente Meloni ha già spiegato le ragioni per le quali noi intendiamo discutere di questo argomento. Devo dire, però, che, a seguito degli interventi che finora si sono susseguiti in Aula, in ultimo quello del collega D'Ettore, ci rendiamo conto che tutti hanno coscienza del problema. C'è un problema e c'è chi propone una soluzione, con l'apertura mentale di ragionare offrendo la soluzione tra le soluzioni possibili, rispetto a un problema che abbiamo vissuto anche nell'ultimo periodo, tra gennaio e febbraio, nel quale siamo stati costretti, senza il voto di Fratelli d'Italia, a rieleggere contro la sua volontà il Presidente Mattarella, in un teatrino politico, a giudizio anche di chi vi ha partecipato, che poteva essere superato attraverso una modifica di carattere costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), dando cioè la possibilità al popolo di eleggere il proprio Presidente.

Il collega Fornaro rivendica il parlamentarismo, parla di rischi per la democrazia. È legittimo. È legittimo, però, se noi ci troviamo senza proposte di miglioramento della situazione, dopo quattro anni e mezzo, noi dovremo presentarci qui scusandosi di non averle presentate o di non averle presentate in tempo. E allora ho sentito delle questioni che intendo un po' sottolineare. Il collega Di Maio di Italia Viva ricordava, per esempio, che il centrodestra non aveva mai trattato questo argomento. Ricordo, invece, al collega che nella riforma costituzionale del 2006 venne inserita, con la devolution, l'elezione diretta del Premier, e quindi il centrodestra lo ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); ma non lo ha fatto nella sua riforma costituzionale il Presidente del Consiglio, credo, tra i riferimenti politici di Italia Viva, cioè Matteo Renzi. Nella sua riforma costituzionale, non quella televisiva in cui dice che vuole eleggere il sindaco d'Italia, vuole eleggere direttamente qualcuno, ma in quella riforma costituzionale non ce n'era traccia alcuna (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Detto questo, vorrei però rivolgermi al collega Ceccanti del Partito Democratico, un partito che non solo cambia le regole e la percezione delle stesse ogni qualvolta che si trova a cambiare banchi tra la maggioranza e l'opposizione, ma anche nella stessa giornata. Mi sarebbe sufficiente ricordare al collega Ceccanti che una riforma costituzionale importante come quella del Titolo V venne approvata a due mesi dal voto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); e ricordo che quella riforma costituzionale, nel 2001, il 13 maggio, venne approvata con un Presidente del Consiglio che si chiamava Giuliano Amato, attualmente presidente della Consulta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Per quanto sia un fine costituzionalista anche il professor Ceccanti, probabilmente Giuliano Amato in termini istituzionali ha un valore senza dubbio più rilevante. Ma la cosa che fa più sorridere delle affermazioni del collega Ceccanti è che lui dice che un testo discusso a pochi mesi dal voto, quando si tratta di modifiche costituzionali, è ridicolo, ed è una bandierina. Allora, collega Ceccanti, noi abbiamo presentato questo testo l'11 giugno 2018 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); siamo in opposizione, siamo riusciti a portarlo in discussione solo ora. Non ne facciamo una bandierina elettorale, ma lei, collega Ceccanti, è offensivo per il collega Fornaro, perché noi discuteremo una riforma costituzionale oggi, a seguire, che porta la firma del collega Fornaro. Ma la cosa che fa sorridere è che porta anche la sua di firma, collega Ceccanti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), e lei dice che queste sono bandiere elettorali! Sia serio, prenda atto che discussioni di questa natura…il collega Fornaro ha presentato la riforma nel 2019, e quindi anche quella è datata, ma viene dopo la riforma costituzionale che il collega Ceccanti contestava a noi, che è datata 2018, almeno sul tempo possiamo trovarci. In ultimo, essendoci un problema serio, in merito al quale tutti hanno ragionato sulle ipotesi di soluzione, noi invitiamo a discuterne. L'offerta che facciamo a questo Parlamento è l'apertura massima alla discussione sulla soluzione che ci dobbiamo trovare di fronte. Sentivo la collega del MoVimento 5 Stelle - chiudo - sottolineare: ci contestate che vogliamo cambiare la legge elettorale velocemente e rapidamente, mentre voi addirittura volete cambiare il sistema di elezione del Presidente della Repubblica. Sì, perché ci sono due motivazioni molto diverse. Noi vogliamo eleggere il Presidente della Repubblica, liberandoci dalle pastoie partitocratiche nelle quali ci si è trovati tra gennaio e febbraio di quest'anno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), voi volete cambiare la legge elettorale non per restituire sovranità al popolo, ma per eludere il potere del popolo di scegliere chi li governa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ed è questa la differenza sostanziale che ci spinge oggi a insistere chiedendo non di approvare il testo proposto dall'onorevole Giorgia Meloni, ma di discuterlo, di dare al Parlamento quella potestà che la Costituzione gli offre di sostituirsi in questo caso a una situazione di fatto in cui il Governo, con 48 - dico 48 - voti di fiducia, ha sostituito l'Assemblea parlamentare. Quindi riapproviamoci del nostro potere, votiamo contro questo emendamento che cancella la possibilità per il Parlamento di entrare nel merito, entriamo nel merito e sul merito dividiamoci (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarro. Ne ha facoltà.

CARLO SARRO (FI). Grazie, Presidente. Era il 2 giugno del 1995 quando in quest'Aula, dinanzi ai deputati del tempo, attentissimi, il Presidente Silvio Berlusconi pronunciava uno dei suoi discorsi più importanti, proprio perché illustrava l'architettura della riforma costituzionale proposta dal centrodestra che aveva come cardine ed elemento centrale il presidenzialismo. Un presidenzialismo da coniugare con il federalismo secondo un criterio di bilanciamento che consentiva anche, attraverso specifiche previsioni, una valorizzazione del Parlamento e della sua funzione non solo in termini di bilanciamento tra poteri, ma anche come riacquisizione di una centralità di ruolo e, soprattutto, favoriva, attraverso questo meccanismo, una razionalizzazione e un'accelerazione dei processi decisionali, da quelli dell'Esecutivo a quelli appunto del Parlamento, del legislativo.

Questo a dimostrazione del fatto che il tema del presidenzialismo ha sempre rappresentato nella cultura politica di centrodestra, ma soprattutto nel patrimonio genetico, per così dire, di Forza Italia, un elemento centrale, perché significa rispettare quello che in democrazia rappresenta il valore maggiore, la sovranità; la sovranità che la nostra Costituzione riconosce solennemente come appartenere al popolo, ma che, purtroppo, nell'esperienza politica degli ultimi decenni, abbiamo visto in molte, troppe occasioni essere mortificata nelle sue manifestazioni, se solo pensiamo al rovesciamento dei Governi che sono stati espressi dagli italiani nel 1994 e nel 2011, quando in pratica abbiamo avuto l'ultimo Governo effettivamente rispondente alla volontà e alla designazione del corpo elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Dunque il rispetto della volontà popolare, della sovranità vale anche come recupero in termini politici del rapporto tra cittadini ed istituzioni. La disaffezione e il disamore per la politica, l'allontanamento della politica sono anche il risultato non solo di una lentezza e, talvolta, inefficienza dei meccanismi decisionali, ma, soprattutto, della consapevolezza che, troppe volte, i cittadini hanno rispetto al fatto che la loro volontà, quanto da loro indicato, tanto nel corso delle consultazioni elettorali quanto nel corso delle consultazioni referendarie, spesso non ha trovato puntuale riscontro o un momento di attuazione. Di qui, la necessità di rafforzare gli elementi fondanti della democrazia - principio di sovranità, rispetto della volontà popolare, riaffermazione del principio di responsabilità - perché, nel momento in cui ogni istituzione importante del Paese ha nel momento elettivo, quindi nella designazione diretta del popolo, la sua fonte vera e prima di legittimazione, scatta anche il principio di responsabilità per cui ciascuno risponde veramente ed effettivamente dell'assolvimento delle proprie funzioni e del proprio ruolo, perché ha ricevuto questo mandato dagli italiani, dal popolo e questi compiti e quelle funzioni connesse al mandato devono essere declinate sempre secondo la volontà degli elettori.

Occorre quindi rafforzare il principio della rappresentanza politica in contrapposizione a quelle correnti di pensiero che troppo superficialmente hanno trovato ingresso nel panorama politico del nostro Paese negli ultimi 5 o 10 anni in particolar modo, quando si è parlato del superamento del principio di rappresentanza, quando si è vagheggiato di una democrazia diretta le cui declinazioni applicative poi avevano tutto tranne che i caratteri della democrazia e del rispetto della volontà dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), con effetti che sono stati - possiamo dirlo senza esitazione - devastanti per l'assetto complessivo delle istituzioni e, soprattutto, per il tasso di democrazia che deve sempre essere salvaguardato nella nostra società e nelle nostre istituzioni.

Il presidenzialismo rappresenta la risposta in termini di potenziamento qualitativo e quantitativo della sovranità rispetto a quelle scelte, compiute, ahimè, anche da questo Parlamento in tema, ad esempio, di riduzione dei parlamentari, che quella sovranità, viceversa, riducono nelle sue espressioni e nelle sue manifestazioni più importanti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Certo, spesso viene sollevata l'obiezione: ma voi, che siete espressione di una cultura liberale - noi di Forza Italia - e che sapete come nella cultura liberale e nella tradizione politica del liberalismo il parlamentarismo sia un elemento centrale, optate per il presidenzialismo? Certo, perché tanto il presidenzialismo quanto il parlamentarismo in un sistema di equilibrio complessivo e di una democrazia matura non solo convivono ma si compensano adeguatamente, in una netta distinzione di funzioni, di compiti, di ambiti e di responsabilità, e quanto maggiore è il ruolo e il peso del Capo dello Stato, quindi del Presidente della Repubblica, tanto più forti e incisivi sono la qualità e l'esercizio della funzione di controllo e l'autonomia del potere legislativo, che spettano al Parlamento.

Sono queste le linee di demarcazione che rappresentano la soluzione dal punto di vista istituzionale verso cui sempre si è mossa l'azione politica di Forza Italia e, devo dire, del centrodestra più in generale, soprattutto tenendo presente che, quando ascoltiamo alcune affermazioni per cui c'è una critica serrata al presidenzialismo, utilizzato quasi come sinonimo di autoritarismo o, comunque, di una soluzione istituzionale limitativa della democrazia, non solo possiamo rispondere con gli esempi che la storia ci offre, laddove le più grandi e solide democrazie hanno nel presidenzialismo la loro forma di Governo (pensiamo agli Stati Uniti, alla Repubblica francese), ma soprattutto facendo presente che quei timori, che avevano spinto il legislatore costituente a optare per una forma di parlamentarismo molto avanzato, se non addirittura, per certi versi, esasperato, hanno perso completamente di attualità per ragioni storiche, a partire dal fatto che noi siamo in Europa.

L'Italia, infatti, ha maturato una convinta e duratura scelta atlantista, quindi è saldamente ancorata nell'emisfero occidentale, emisfero non solo in senso geografico ma in senso politico, culturale e storico, ma soprattutto i timori del cesarismo e della triste esperienza del fascismo sono ormai lontani nel tempo, sono privi di effetto e, soprattutto, la nostra storia, la storia della Repubblica di questi ultimi 70 anni, ha dimostrato quanto matura e forte sia la nostra democrazia che ha saputo combattere e vincere fenomeni gravissimi, ad esempio il terrorismo e tutte le crisi economiche che hanno attanagliato il nostro Paese e che mai hanno scalfito lo spirito democratico o, in qualche modo, intaccato e limitato le libertà fondamentali dei nostri cittadini.

Dunque, quella stagione storica è alle spalle e anche sull'altra obiezione, sull'altro rilievo che spesso viene adombrato come elemento di critica, cioè che l'Italia non ha una tradizione bipartitica come gli Stati Uniti d'America, dove il presidenzialismo si esprime al massimo proprio per il suo modello politico, di espressione delle forze politiche, possiamo dire che, grazie al centrodestra e grazie ad un'altra intuizione politica e istituzionale di Silvio Berlusconi, il nostro è un Paese che sicuramente si muove ormai saldamente sulla via del bipolarismo politico.

Quindi, possiamo guardare, anche da questo punto di vista, alla soluzione del presidenzialismo in maniera serena e tranquilla, nella consapevolezza che quel sistema offre soluzioni che puntano a rendere più efficiente l'azione di Governo, più repentine le risposte istituzionali ai bisogni e alle esigenze delle nostre collettività e del nostro territorio, soprattutto perché l'equilibrato bilanciamento di poteri rappresentato dal Parlamento, da un lato, e dal Presidente eletto dagli italiani, dall'altro, costituisce davvero la sintesi di una democrazia avanzata e proietta l'Italia verso la modernità e il superamento di tutti quei limiti, di tutte quelle criticità e di tutti quei vincoli che hanno frenato fortemente lo sviluppo e la crescita del nostro Paese non solo in termini economici. Pensiamo che da decenni non riusciamo a dare risposte istituzionali serie, attuali e forti a quella domanda di cambiamento che in tante occasioni la nostra società ha espresso e, molto spesso, la società italiana è tanto più avanti rispetto al Parlamento, perché è capace di accettare soluzioni nuove e sfide innovative, con coraggio e con determinazione, molto più - anzi, sempre più spesso - della classe politica.

Noi abbiamo, tuttavia, qualche riserva di metodo semplicemente perché riteniamo che l'impianto costituzionale vada sempre maneggiato con estrema cautela e che le riforme debbano sempre essere condotte in una visione d'insieme. È per questo motivo che il nostro collega Baldelli ha presentato una proposta di legge per varare una Convenzione costituente per una revisione profonda della parte II della Costituzione, perché procedere in maniera discontinua o, comunque, per singoli settori, alla fine, non sempre dà un risultato coerente e di sistema, quale necessariamente deve essere la soluzione di un impianto costituzionale.

Ciò nonostante, riteniamo che oggi la sfida lanciata con questo provvedimento sul presidenzialismo finalmente ponga tutti davanti a un bivio, a una scelta a manifestare chiaramente e palesemente se si è per rafforzare le nostre istituzioni, per riaffermare, in termini di effettività, il principio di sovranità popolare, per rendere i cittadini davvero partecipi delle scelte e delle soluzioni istituzionali, per consentire una modernizzazione autentica, e non solo nominalistica, dei processi decisionali e, soprattutto, per consentire a questo nostro Paese, finalmente, di superare questa stagione di stagnazione istituzionale e di proiettarsi verso il futuro con quegli strumenti istituzionali che sono indispensabili per andare avanti e per restituire al nostro Paese quella grandezza, quella forza e quel prestigio che le generazioni che ci hanno preceduto hanno saputo costruire, con il loro impegno, con il loro sacrificio e con la loro testimonianza, che è nostro dovere portare avanti, sempre nel rispetto del valore fondante che è quello della libertà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Colleghi, prima di dare la parola a quello che potrebbe essere l'ultimo intervento sul complesso degli emendamenti, desidero informare l'Assemblea che la nostra collega Laura Castelli lo scorso 30 aprile è diventata mamma del piccolo Nico (Applausi).

Esprimo a nome di tutti, perché è un'amica di tutti, gli auguri più calorosi di tutta l'Aula e della Presidenza naturalmente alla mamma, al neonato e al papà.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fogliani. Ne ha facoltà.

KETTY FOGLIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Innanzitutto, annuncio che il gruppo Lega voterà contro gli emendamenti soppressivi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Le ragioni del nostro voto contrario ci sono tutte e restiamo stupiti che la proposta di soppressione arrivi proprio da chi ha fatto del voto della base la forza del suo movimento.

Questa proposta di legge pone un tema molto importante e sentito dall'elettorato - e lo si è constatato anche in occasione della recente elezione del Presidente della Repubblica - che è anche una delle battaglie storiche del centrodestra italiano.

Gli ultimi avvenimenti politici hanno poi reso evidente, non senza contraddizioni, come il ruolo del Presidente della Repubblica si sia evoluto negli anni, con l'acquisizione, nella prassi, di poteri che lo hanno posto al centro dei rapporti tra gli organi istituzionali. Oggi, i dati dicono che quasi tre italiani su quattro si dicono favorevoli all'elezione diretta del Presidente della Repubblica, e direi che non è un dato da sottovalutare.

In questo caso, parliamo di semipresidenzialismo, come in Francia, dove il Presidente è votato dai cittadini, ma il Primo Ministro e il Governo sono espressione del Parlamento, quindi responsabili di fronte ad esso. Ne abbiamo viste e sentite di proposte simili negli anni. Siamo contenti anche che altre forze politiche, non provenienti dalla nostra stessa parte, si siano avvicinate a queste posizioni, così come lo hanno fatto esponenti di tutto rilievo del mondo accademico e del mondo politico, non per forza di centrodestra.

Vorremmo - ed auspichiamo che accada con la prossima elezione - che il Presidente della Repubblica venga eletto direttamente dal popolo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), che unisca in sé anche la guida e il coordinamento dell'azione di governo e che dia valore all'articolo 1 della Costituzione, cioè che “la sovranità appartiene al popolo” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Oggi, siamo al punto in cui il relatore ha riferito in Aula in senso contrario, sulla base del mandato della Commissione. Noi, in Commissione, abbiamo votato contro gli emendamenti soppressivi, come faremo qui. Continuiamo a pensare che il dibattito doveva rimanere ancora aperto, che non siamo vincolati a quanto scritto in questo testo e che si può arrivare, se c'è la volontà, ad un testo condiviso. Deve essere la priorità di questa XVIII legislatura, che ormai va agli ultimi suoi mesi, o della prossima legislatura, perché l'Italia ha bisogno di riguadagnare autorevolezza internazionale e la stabilità, la forza, il coraggio e la visione che sono propri della sua storia e che merita di avere anche nel suo futuro. Questo è il tempo delle decisioni – ripeto - e del coraggio.

Concludo, ricordando che il presidenzialismo è una riforma costituzionale, a cui i cittadini, come si è già detto, guardano con molto interesse. Lasciatemi dire che c'è un'altra riforma, che mi sta particolarmente a cuore, che non posso non citare, molto, molto attesa, che è quella dell'autonomia regionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). È una riforma già prevista dalla nostra Costituzione - diversamente dal presidenzialismo - per cui bisogna si arrivi velocemente ad un risultato concreto, come si aspettano i cittadini delle regioni che hanno votato il referendum nel 2017, come la mia, il Veneto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Su un lutto del deputato Angelo Tofalo.

PRESIDENTE. Comunico all'Aula che il collega Angelo Tofalo è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.

La Presidenza della Camera ha già formulato ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 716-A?)

PRESIDENTE. Invito i relatori ad esprimere il parere. C'è un relatore? Presidente Brescia?

GIUSEPPE BRESCIA , Relatore per la maggioranza. Sì, mi scusi, Presidente, ma la notizia del padre del mio collega Tofalo mi aveva distratto.

PRESIDENTE. Certo, mi scusi.

GIUSEPPE BRESCIA , Relatore per la maggioranza. Sull'emendamento 01.06 Frate, c'è un invito al ritiro. Sull'emendamento 1.100 Baldino, il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Relatore Prisco?

EMANUELE PRISCO , Relatore di minoranza. Sull'emendamento 01.06 Frate, c'è un invito al ritiro. Sull'emendamento 1.100 Baldino, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, colleghi, diamo anche i pareri sugli altri emendamenti.

GIUSEPPE BRESCIA , Relatore per la maggioranza. Invito al ritiro sugli emendamenti 1.101 Forciniti, 1.102 Sarro e 1.5 Marco di Maio.

PRESIDENTE. Relatore Prisco?

EMANUELE PRISCO , Relatore di minoranza. Parere contrario sull'emendamento 1.101 Forciniti. Parere favorevole sull'emendamento 1.102 Sarro. Sull'emendamento 1.5 Marco Di Maio, mi rimetto all'Assemblea.

PRESIDENTE. Il Governo?

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, ai voti. Sul primo emendamento 01.06 Frate, ci sono richieste di intervento? No. Quindi, dichiaro aperta la votazione… onorevole Prisco! Colleghi, ha chiesto di parlare l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà. Colleghi, colleghi, non avevo visto il collega Prisco, che vuole intervenire: la votazione è revocata.

EMANUELE PRISCO (FDI). Pochi secondi, semplicemente per motivare il voto contrario su questo emendamento, che prevede una procedura rinforzata per la nomina dei senatori a vita.

Fratelli d'Italia e il centrodestra sono intervenuti in diverse occasioni. Fratelli d'Italia ha presentato anche una proposta di legge costituzionale per l'abolizione dell'istituto dei senatori a vita e il centrodestra, anche in occasione del taglio dei parlamentari, su questo si è speso in più circostanze. È una figura che riteniamo superata, dell'Ancien régime, che, di fatto, ha retto nella democrazia e nella costituzione dei Governi tecnici, di tutti i Governi costituiti sulla testa dei cittadini e per lo più non voluti dagli italiani.

Riteniamo, pertanto, che, alla prima occasione utile, anche nella possibile riforma della seconda parte della Costituzione, debba essere abolita la figura del senatore a vita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Grazie Presidente. Noi di Alternativa voteremo a favore di questo emendamento, ma in realtà siamo totalmente contrari all'istituto del senatore a vita. Sarebbero da abolire, ancor di più con la diminuzione del numero dei parlamentari, poiché, con questa diminuzione, diamo ancora più potere ai senatori a vita che, in termini percentuali, hanno quasi una rappresentanza maggiore rispetto a quelli di alcune regioni italiane, nelle quali vengono eletti dei senatori a scrutinio universale. Abbiamo questa assurdità: i senatori a vita, dal 2023, saranno di più rispetto a quelli di regioni come la Sardegna, l'Abruzzo e la Calabria; senatori non eletti, ma nominati, avranno più potere di senatori eletti direttamente dal popolo. Questo è un primo passo per eliminare una classe di senatore a vita, quella degli ex Presidenti della Repubblica.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 01.06 Frate, con il parere contrario dei relatori, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Ci sono dei colleghi in tribuna che hanno problemi di connessione. Diamo qualche attimo per connettersi ai colleghi che stanno entrando cui consentiremo di votare.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 Baldino, con il parere favorevole del relatore per la maggioranza, il parere contrario del relatore di minoranza, mentre il Governo si è rimesso all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Gli emendamenti successivi all'articolo 1 sono naturalmente preclusi, così come gli articoli 2, 3 e 4.

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 716-A?)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito i relatori e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

GIUSEPPE BRESCIA , Relatore per la maggioranza. Parere favorevole sugli identici emendamenti 5.100 Forciniti e 5.101 Baldino.

PRESIDENTE. Relatore Prisco?

EMANUELE PRISCO , Relatore di minoranza. Parere contrario sugli identici emendamenti 5.100 Forciniti e 5.101 Baldino.

PRESIDENTE. Governo?

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Governo si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 5.100 Forciniti e 5.101 Baldino, con il parere favorevole del relatore per la maggioranza, il parere contrario del relatore di minoranza, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 716-A?)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito i relatori e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

GIUSEPPE BRESCIA , Relatore per la maggioranza. Sugli identici emendamenti 6.1 Forciniti e 6.2 Baldino il parere è favorevole.

EMANUELE PRISCO , Relatore di minoranza. Parere contrario.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Governo rimette si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di intervenire, passiamo ai voti. Avverto che porrò in votazione il mantenimento dell'articolo perché gli unici emendamenti riferiti a tale articolo sono soppressivi dello stesso.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 6.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Ricordo che chi intende, quindi, sopprimere l'articolo 6, conformandosi al parere del relatore per la maggioranza, deve votare contro il mantenimento dell'articolo.

Ripeto, chi intende sopprimere l'articolo 6, conformandosi al parere del relatore per la maggioranza, deve votare contro il mantenimento dell'articolo, che è quello che facciamo sempre; ripeto, chi intende sopprimere l'articolo 6 deve votare contro il mantenimento dell'articolo; chi intende sopprimere l'articolo deve votare contro il mantenimento dell'articolo. Colleghi, non posso dare indicazioni di voto; chi intende sopprimere… è abbastanza chiaro, no? Non è chiaro…? Onorevole Baldini, sarà non chiaro, però l'ho letto tre volte e posso rileggerlo una quarta volta. Senz'altro lo faccio, prima di dichiarare chiusa la votazione: chi intende, quindi, sopprimere l'articolo 6 - vedete voi chi intende sopprimerlo -, conformandosi al parere del relatore per la maggioranza, deve votare contro il mantenimento dell'articolo. Benissimo, mi sembra che questa sia una situazione normale.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Presidente, vorrei avere contezza degli esiti della votazione dell'emendamento 5.100 Forciniti, poiché, a differenza di questa votazione in cui abbiamo votato il mantenimento dell'articolo, sull'emendamento 5.100 Forciniti credo che non abbiamo fatto la stessa cosa. Quindi, vorrei avere contezza di ciò, ovvero se sono stati più i voti favorevoli o più quelli contrari.

PRESIDENTE. Onorevole Colletti, è consequenziale. Se lei legge l'emendamento 5.100: “Sopprimerlo. Conseguentemente sopprimere l'articolo 13”. Quindi, va bene?

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Ha ragione.

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 716-A?)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito i relatori e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

GIUSEPPE BRESCIA , Relatore per la maggioranza. Sull'emendamento 7.100 Baldino il parere è favorevole, mentre sul 7.101 Forciniti vi è un invito al ritiro, così come sul 7.4 Marco Di Maio e 7.3 Frate.

EMANUELE PRISCO , Relatore di minoranza. Parere contrario sugli emendamenti 7.100 Baldino, 7.101 Forciniti e 7.4 Marco Di Maio, mentre sull'emendamento 7.3 Frate mi rimetto all'Aula.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il Governo rimette si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.100 Baldino, con il parere favorevole del relatore per la maggioranza e il parere contrario del relatore di minoranza, mentre il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Risultano così preclusi gli emendamenti 7.101 Forciniti, 7.4 Marco Di Maio, 7.3 Frate e risultano anche preclusi gli emendamenti riferiti agli articoli 8, 9, 10 e 11, perché appunto assorbiti dall'approvazione dell'emendamento Baldino 7.100.

(Esame dell'articolo 13 - A.C. 716-A?)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito i relatori e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'articolo aggiuntivo 13.01 Frate.

GIUSEPPE BRESCIA , Relatore per la maggioranza. Invito al ritiro.

PRESIDENTE. Relatore Prisco?

EMANUELE PRISCO , Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

PRESIDENTE. Il Governo?

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. Noi, alla luce degli esiti delle votazioni, ritiriamo questa proposta emendativa che andava a rafforzare gli eventuali contrappesi, prevedendo la ratifica del Parlamento, in seduta comune, di alcune nomine presidenziali. Ovviamente, in ragione dei voti fin qui espressi, la nostra proposta emendativa materialmente non ha più senso di essere, essendo totalmente slegata dal testo e dal contesto. Ciò, pur ribadendo tutte le ragioni di merito che ho spiegato nel mio intervento, a nome del nostro gruppo, in sede di illustrazione del complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. La proposta emendativa è ritirata, quindi possiamo dire che l'esame del testo è concluso.

Essendo stati soppressi tutti gli articoli di cui si compone la proposta di legge in esame ed essendo stati respinti gli articoli premissivi ed aggiuntivi presentati, non passeremo alla votazione finale sul provvedimento, dovendosi intendere quest'ultimo respinto nel suo complesso.

Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale: Fornaro ed altri: Modifica all'articolo 57 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica (A.C. 2238-A?) (17,14).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale n. 2238-A: Modifica all'articolo 57 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito della discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Ricordo che nella seduta del 28 marzo si è conclusa la discussione generale e il relatore è intervenuto in sede di replica, mentre il rappresentante del Governo vi ha rinunciato.

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

Avverto che il deputato Iezzi ha ritirato tutti gli emendamenti a sua prima firma, ad eccezione dei seguenti: 1.1, 1.63, 1.117, 1.132, 1.208, 1.287 e 1.290.

Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, gli emendamenti Forciniti 1.400 e 1.401, presentati direttamente per l'esame in Assemblea, ma di contenuto analogo a proposte emendative già dichiarate inammissibili in sede referente.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2238-A?)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge e delle proposte emendative ad essa presentate (Vedi l'allegato A).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli, sul complesso degli emendamenti. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Quella di oggi è una giornata singolare, in cui questa Camera viene chiamata a pronunciarsi su temi delicati, che toccano la nostra Costituzione.

Io ringrazio i colleghi di Fratelli d'Italia, che hanno voluto mettere all'ordine del giorno la proposta di riforma costituzionale per l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, perché, a prescindere dal merito, hanno posto, in questa Assemblea, un tema di fondo. E ringrazio anche il collega Fornaro, che, in Conferenza dei presidenti di gruppo, ha chiesto di affrontare congiuntamente, almeno nella stessa giornata, temi analoghi, vale a dire temi di rilevanza costituzionale.

È di tutta evidenza, Presidente e colleghi, che in questa Assemblea non ci sia un clima costituente; mi sembra che, dopo lo scellerato, sciagurato e scriteriato taglio del numero dei parlamentari, questo ramo del Parlamento sia stato condannato ad affrontare riforme minimali. Quello che è successo poc'anzi, sul tema dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, credo sia emblematico. Un confronto che si riduce, complessivamente, forse a due ore di dibattito, tra discussione generale e seguito; un Parlamento diviso, con 30-40 voti di differenza, che avrebbe potuto indirizzare una prima lettura di una riforma costituzionale in una direzione o in un'altra.

Io sono molto perplesso rispetto alla capacità di questo Parlamento di discutere di questi temi con compiutezza e con l'attenzione necessaria. Vedo in Aula il segretario del Partito Democratico Enrico Letta, che ha voluto essere presente in una seduta di questo rilievo. Al Partito Democratico, al MoVimento 5 Stelle e agli altri gruppi rivolgo un appello, perché in questo momento le condizioni del dibattito sulle riforme istituzionali sono quelle che abbiamo di fronte: un'Aula distratta, un'istituzione in difficoltà. Chi guarda le conseguenze della riduzione del taglio dei parlamentari da fuori vede soltanto le crepe, ma noi che dentro al Palazzo ci stiamo abbiamo la consapevolezza del fatto che il tetto sia crollato, che ci piova dentro a questo Palazzo, che ci sia il “si salvi chi può” e che l'esercizio costante di andare a modificare la virgola di un articolo della Costituzione o mezza riga di un altro comma non sia altro che un tentativo di maniera.

Io, onestamente, al netto del fatto che si è registrato un consenso sulla proposta del collega Barelli su Roma capitale, non vedo un clima di consenso su altri temi. Se c'è l'idea di liquidare con un dibattito di due ore una questione cruciale come quella della revisione della forma di governo, la mia esperienza - che metto a disposizione di questa Assemblea - è quella relativa al fatto che, nella stessa Aula dove normalmente si finisce per scontrarsi sulla fiducia, sulle mozioni, sugli ordini del giorno, sui decreti, sulle leggi di bilancio, sugli scostamenti, quelle stesse persone, mezz'ora dopo, nella stessa Aula, non riescono a fare un accordo alto e nobile di revisione costituzionale.

Il sistema della funzionalità del nostro Parlamento, insieme a quello della rappresentatività, è stato pregiudicato in maniera, io credo, a questo punto, irreparabile da questa scelta, alla quale - forse insieme a pochissimi, si conteranno sulle dita di una mano in questo Parlamento - mi sono opposto, di ridurre il numero dei parlamentari senza portare un correttivo, che sia uno, a questa riforma.

Se io vi chiedessi quanti di voi oggi sono consapevoli del danno fatto da quella riforma e vi chiedessi di alzare la mano, alzereste la mano tutti quanti. Io non ne trovo di orgogliosi che sostengono ancora che quella riforma era l'inizio di un lungo e virtuoso percorso di riforma, e non è stato così. Dopo il taglio dei parlamentari, ci siamo dovuti impegnare in un percorso faticoso che ormai suona la campanella dei due anni, per mettere in pista soltanto una riforma regolamentare che, per fortuna, forse, vedrà la luce, grazie al lavoro di mediazione che abbiamo posto in essere, non senza sacrifici, con il collega Fiano e con le altre forze politiche che a questa mediazione hanno voluto contribuire, e speriamo contribuiscano. Ma se non ci dotiamo di uno strumento con cui fare le riforme, che non è il Parlamento ordinario, ma uno strumento che sia al riparo dalle intemperie che la quotidianità del calendario parlamentare mette in campo, non riusciremo mai - mai - a far partire quel dibattito che tutti i leader di partito dicono da venti anni essere improcrastinabile.

Allora, lo dico ai partiti, ai movimenti, ai gruppi parlamentari: guardate, ci stiamo abituando male all'idea che, se non prendiamo in mano noi il nostro futuro, o lo farà il Governo o qualcun altro, nessuno prenderà in mano le sorti del Parlamento, non lo farà Draghi, non lo farà il Governo, non lo farà nessun altro. Abbiamo il dovere di esercitare la nostra consapevolezza almeno nella costruzione non di una soluzione condivisa, che, come si è dimostrato mezz'ora fa, 20 minuti fa, 10 minuti fa, in questo Parlamento non è possibile, ma almeno di uno strumento condiviso, perché, se non ci sarà neanche lo strumento condiviso, il dibattito sulle riforme, che da 20 anni diciamo che non si può rinviare, non partirà neanche nella prossima legislatura.

La proposta l'ho presentata: è una proposta di una convenzione per la revisione della parte Seconda della Costituzione, è una proposta che non costa per sedi e strutture, è una proposta che metterebbe il sistema politico nelle condizioni di poter affrontare il tema delle riforme.

È possibile che in questo Parlamento non si riesca ad affrontare questo tema? È possibile che si debba arrivare a fare per forza battaglie di parte, senza poter organizzare una discussione corale, in cui le forze politiche si assumano la responsabilità di prendere il toro per le corna e prendere qualche decisione? Io credo che i tempi non siano larghissimi per poter cominciare a porselo questo tema e io credo che, se continuiamo così, di qui a breve, forse, è il caso di cominciare a raccogliere anche le firme, tra quei colleghi volenterosi di ogni partito, di ogni gruppo, di ogni movimento, che in questo Parlamento, in questo ramo del Parlamento, abbiano voglia di gestire le sorti del Parlamento e non di stare nella speranza che qualcun altro, da fuori, ci dica quello che dobbiamo fare.

Drammaticamente, io registro un pentimento sostanziale e trasversale rispetto al taglio dei parlamentari, ma non trovo una risposta, una, sui cosiddetti correttivi. È stato introdotto l'elettorato attivo per il Senato a 18 anni, quindi abbiamo due Camere che fanno la stessa cosa e hanno anche la stessa platea elettorale. A questo, rischiamo, addirittura, di aggiungere la stessa legge elettorale, cioè passiamo da un bicameralismo sostanzialmente paritario o perfetto a uno perfettissimo e non risolviamo il problema del funzionamento del Senato da 200, che sarà costretto a ridurre il numero delle Commissioni e, se ci sarà un Governo di coalizione, dovrà andare a pescare dentro al Senato almeno 20-30 senatori tra i sottosegretari, non per farli andare in giro per il mondo o nei Ministeri a lavorare, ma per rimanere ai banchi del Senato a votare per tenere le maggioranze, che, inevitabilmente, saranno ancora più strette e, forse, anche più dipendenti dai senatori a vita; a proposito di quelli che i senatori a vita li criticavano, non io.

Allora, faccio un appello in questa sede: qualunque sia la decisione che l'Assemblea sceglierà di prendere sulla proposta Fornaro, avviamo quella che il PD una volta proponeva quando era all'opposizione, cioè una sessione vera di riforme istituzionali, in cui ci si ponga almeno il problema dello strumento, perché, guardate, fino ad ora, la prassi, lo storico, il risultato di un bipolarismo di 20 anni in questo Paese ha portato a sacrificare le uniche due riforme organiche, che potevano piacere o non piacere, quella del centrodestra del 2006 e quella del centrosinistra nel 2016, sull'altare dello scontro politico.

Se vogliamo superare quella logica, dobbiamo uscire dallo scontro politico sulle riforme e credo si esca soltanto creando uno strumento che da quello scontro è immune, perché non appartiene alla vita e alla quotidianità dello scontro parlamentare. Un'Assemblea, una convenzione costituzionale, che riformi la seconda parte della Costituzione, composta da membri elettivi, che lavori per tre anni e che consegni ai due rami del Parlamento un testo su cui pronunciarsi. Io credo che questa possa essere una prospettiva, perché altrimenti, come abbiamo visto dal dibattito, a ognuno piace diversamente, ognuno ha la sua preferenza sulla forma di Governo, sulla forma del Presidente della Repubblica, sulla forma di Parlamento, c'è chi vorrebbe il Parlamento in seduta comune che vota le fiducie, chi vorrebbe l'Assemblea unica, chi vorrebbe il Senato delle regioni. Ne abbiamo viste e ne abbiamo sentite, e continueremo a sentirne così.

L'appello che vi faccio è un appello alla responsabilità, su un tema centrale. Infatti, se questo è il dibattito costituzionale che abbiamo di fronte, credo che, almeno sul fronte dei correttivi, della funzionalità del Parlamento e della forma di Governo, drammaticamente andremo davvero poco, poco, poco lontano, e non solo poco, ma anche male, perché tutto quello che abbiamo fatto fino adesso, nell'ottica di un'evoluzione costituzionale, drammaticamente, anche a giudizio di chi l'ha promossa in qualche modo, seppur non con un giudizio pubblico, ma a giudizio privato, ha rappresentato, fino ad oggi, non un passo in avanti, ma, drammaticamente, qualche passo indietro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Invito il relatore, onorevole Fornaro, ad esprimere il parere sugli emendamenti. Cominciamo con gli identici emendamenti 1.1 Iezzi, 1.2 Sarro e 1.404 Prisco, a pagina 1 del fascicolo.

FEDERICO FORNARO , Relatore. Presidente, se mi fa fare solo una brevissima premessa, poi le do subito il parere.

PRESIDENTE. Certo.

FEDERICO FORNARO , Relatore. Rispetto al testo originale, il lavoro fatto in Commissione ha portato alla soppressione dell'articolo 2 e dell'articolo 3. È rimasto soltanto l'articolo 1 nella formulazione originale. Questa è la ragione per la quale, ovviamente col massimo rispetto del lavoro dei colleghi e degli emendamenti, il mio parere è il seguente: invito al ritiro, altrimenti parere contrario, su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1.

PRESIDENTE. Perfetto. Per semplicità, ne do lettura per i colleghi, perché c'è qualcuno che magari vuole seguire. Dunque, abbiamo: a pagina 1 del fascicolo, gli identici emendamenti 1.1 Iezzi, 1.2 Sarro e 1.404 Prisco; a pagina 17, l'emendamento 1.63 Iezzi; a pagina 19, gli emendamenti 1.117 Iezzi e 1.11, 1.13 e 1.12 Colucci; a pagina 27, l'emendamento 1.132 Iezzi; a pagina 28, gli identici emendamenti 1.208 Iezzi e 1.209 Sarro, nonché gli emendamenti 1.210 Sarro e 1.287 Iezzi; e, infine, a pagina 29, l'emendamento 1.290 Iezzi. Su tutti, vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario. Il Governo?

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo agli identici emendamenti 1.1 Iezzi, 1.2 Sarro e 1.404 Prisco. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Grazie, Presidente. Io voglio solo spiegare il senso di questo emendamento e della contrarietà su questo provvedimento. Questo provvedimento ha due significati: uno politico e uno tecnico. Quello politico è abbastanza evidente. Lo voglio sintetizzare, altrimenti sembrerebbe complicato, una questione un po' speciosa, invece ha una valenza politica fondamentale. Questa riforma costituzionale altro non è che il tentativo di compiere un passo in avanti per costituzionalizzare la legge elettorale di tipo proporzionale. Questo vogliono fare i propositori di questo provvedimento e questo è ciò che noi vogliamo impedire con l'emendamento soppressivo.

La questione è molto semplice: questo testo di legge, questa riforma della Costituzione, prevedendo l'elezione del Senato su base circoscrizionale, anziché regionale, ha come unico scopo quello di attenuare un distorsivo effetto maggioritario che si potrebbe verificare in quelle regioni piccoline dove il numero dei senatori eletto per Costituzione è fissato in un numero ridotto. Faccio l'esempio classico del Molise: il Molise elegge due senatori; è evidente che, in quella regione, se si mantiene l'attuale Costituzione, i partiti che potranno avere l'ambizione di conquistare quei due senatori saranno i due partiti maggiori, per ovvia logica e motivazione. Quindi, sostanzialmente, al di là del tipo di legge elettorale, c'è un effetto maggioritario: i due partiti maggiori conquistano, senza una reale rappresentanza dell'opinione pubblica in quella regione, i due seggi maggiori. Allora, cosa hanno pensato coloro che sono contro la legge maggioritaria nel nostro Paese e vogliono un proporzionale che rappresenterebbe la palude e l'impossibilità per i cittadini di scegliere da chi essere amministrati e governati? Vogliono fondere queste regioni più piccoline in una circoscrizione più grande che comprenda le regioni confinanti più grandi. Ad esempio, per rimanere a quanto dicevo prima, fondere il Molise all'interno della Campania. Il risultato qual è? Che venendo eletti i parlamentari che prendono più preferenze o più voti ed essendo la Campania un bacino elettorale maggiore rispetto a quello del Molise, si corre il rischio di avere senatori solo campani e non molisani, quindi andando addirittura contro gli altri articoli della Costituzione che prevedono un minimo numero di eletti nelle singole regioni. Di conseguenza, dovrebbero ricorrere ad effetti distorsivi della legge elettorale per premiare il senatore molisano che ha preso meno voti, superando un eventuale senatore campano che ha preso più voti, perché la Costituzione, che loro non vanno a modificare, ci dice che comunque in Molise devono essere eletti due senatori.

Allora, voi capite che questo meccanismo non può funzionare. È lo stesso sistema, per esempio, per chi conosce un minimo i meccanismi elettorali, che si verifica con le elezioni europee nel collegio insulare, dove ci sono la Sardegna e la Sicilia: con il sistema proporzionale, durante le elezioni europee, la Sardegna viene costantemente sottorappresentata rispetto alla Sicilia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché quest'ultima ha un bacino elettorale più grande che permette ai candidati di avere più possibilità di essere eletti. Quindi, per introdurre all'interno della Costituzione un principio, che ci porterà ad avere - è il vostro obiettivo - una legge proporzionale nel nostro ordinamento, sconquassate il meccanismo individuato in occasione del taglio dei parlamentari. Allora, voi capite che qui vi è un problema tecnico, ossia il fatto che dovreste ricorrere a meccanismi perversi per rispettare il numero minimo di eletti in ogni regione previsto dalla Costituzione, che vi siete dimenticati di togliere, e vi è un aspetto politico, che è quello di una nuova legge elettorale. Ecco, su questo non possiamo essere d'accordo. Abbiamo tentato in Commissione di fermare questo provvedimento; siamo arrivati ad oggi, avevamo presentato - lo dico anche per chiarezza - oltre 200 emendamenti, 244, la gran parte li abbiamo ritirati…

PRESIDENTE. Concluda.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Chiudo, avremo poi possibilità di spiegarci sul restante numero di emendamenti. Li abbiamo ritirati per un motivo molto semplice: perché questo provvedimento, comunque, non diventerà mai legge, perché ormai è tardi, perché i due terzi non li avete…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Iezzi, ce lo spiegherà al prossimo passaggio.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). …e, quindi, questo provvedimento non sarà mai legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.1. Iezzi, 1.2. Sarro e 1.404. Prisco, con il parere contrario della Commissione e su cui il Governo si rimette all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Passiamo all'emendamento 1.63 Iezzi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Questo emendamento lo ritiro perché era nostra intenzione darvi il senso di quello che stiamo facendo, cioè una difesa della possibilità dei cittadini di scegliere con il proprio voto il Governo e da chi essere amministrati, senza cadere nelle pastoie del proporzionale. Ovviamente non è nostra intenzione, a differenza di quanto volete fare voi, introdurre la legge elettorale in Costituzione, però vi volevamo dare un segnale. Spero e credo che sia stato capito e compreso questo segnale, quindi ritiriamo l'emendamento.

PRESIDENTE. Va bene onorevole Iezzi.

Passiamo all'emendamento 1.117 Iezzi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Solo per sottolineare una cosa che stavo dicendo nel precedente intervento. Abbiamo ritirato un numero cospicuo di emendamenti perché questo provvedimento non sarà mai legge o quantomeno non sarà mai legge in questa legislatura, perché, grazie alla ferma opposizione che abbiamo fatto in Commissione, siamo arrivati a maggio del 2022. Oramai i mesi si sono ridotti per approvare questo testo, il quale, se non avrete i due terzi, al secondo giro, alla Camera e al Senato, sarà possibile sottoporlo a referendum e al voto dei cittadini. Quindi, è stato annullato il vostro tentativo di arrivare poi a una legge proporzionale completamente compiuta sia alla Camera che al Senato. Questo è un risultato che abbiamo ottenuto, grazie alla ferma opposizione che abbiamo fatto all'interno della Commissione. Mi dispiace per voi, ma, se volete cambiare la legge elettorale, dovete farlo in maniera aperta, sfidando quello che pensano i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.117 Iezzi, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.11 Colucci, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.13 Colucci, con il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.12 Colucci, con il parere contrario della Commissione e il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Passiamo all'emendamento 1.132 Iezzi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Con questo emendamento tendiamo proprio a evitare quello che voi vorreste fare. Per eliminare l'effetto che vi dicevo prima, cioè la possibilità che due regioni si fondano insieme e, quindi, diano vita a una nuova circoscrizione, noi vorremmo aggiungere all'interno di questo articolo proprio questa affermazione: in nessun caso potranno essere definite circoscrizioni elettorali che comprendano territori a cavallo di più regioni. L'obiettivo è chiaro: evitare che spariscano alcune regioni come il Molise, assorbite da regioni più grandi, perché alcuni partiti non avrebbero la possibilità di avere senatori eletti all'interno di quella regione. Credo che sia davvero pericoloso tentare di affrontare tematiche elettorali cercando di cambiare, a colpi di maggioranza, la Costituzione.

È molto pericoloso, molto grave e, tra l'altro, è anche uno schiaffo che si dà ai cittadini di quelle regioni più piccole che corrono il rischio di non avere rappresentanti della propria regione all'interno del Senato oppure di avere rappresentanti all'interno del Parlamento che però hanno preso meno voti di altri (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.132 Iezzi, con il parere contrario della Commissione e il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.208 Iezzi e 1.209 Sarro, con il parere contrario della Commissione e il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.210 Sarro, con il parere contrario della Commissione e il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.287 Iezzi, con il parere contrario della Commissione e il Governo che si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Passiamo all'emendamento 1.290 Iezzi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Grazie, Presidente. Questo emendamento mi permette di parlare anche di ciò che non c'è all'interno del provvedimento, perché sembra proprio che voi ce l'abbiate con le regioni, nel senso che togliete “regionale” all'interno dell'articolo della Costituzione in cui si parla della base elettorale del Senato. Un altro schiaffo voi volevate darlo alle regioni con l'articolo 2 del provvedimento originario che oggi, grazie a Dio e grazie all'opposizione che noi abbiamo fatto all'interno della Commissione, è stato tolto. Quale era il vostro pensiero? Siccome è stato fatto un taglio dei parlamentari di un terzo, voi volevate anche ridurre il numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica, riportandoli, da 3 per ogni regione, a 2. Noi ci abbiamo messo circa 2 anni, perché il provvedimento è del novembre del 2019, per spiegarvi due cose abbastanza semplici.

La prima questione è che con due eletti per regione da portare all'interno del Parlamento riunito per l'elezione del Presidente della Repubblica non si sarebbe garantito il normale rapporto all'interno delle regioni tra maggioranza e opposizione, che invece, come credo capisca chiunque, viene garantito se sono tre, due della maggioranza e uno dell'opposizione. Inoltre, e soprattutto, questo era uno schiaffo inutile alle regioni. Perché? Perché col taglio dei parlamentari il numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica aumentava dal 5 per cento all'8 per cento; quindi, non un cambiamento che mettesse a rischio i delicati equilibri della nostra Costituzione. Noi ci abbiamo messo due anni, due anni per farvelo capire e alla fine ce l'abbiamo fatta. Questo sta a significare che, finché la Lega starà all'interno di un Governo, finché la Lega starà in questo Parlamento, finché la Lega sarà in maggioranza, a nessuno è consentito tirare schiaffi al territorio e alle nostre regioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.290 Iezzi. Ricordo il parere contrario della Commissione, mentre il Governo si rimette all'Aula.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Avverto che, consistendo la proposta di legge costituzionale di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo ma si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2238-A?)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forciniti. Ne ha facoltà.

Colleghi, se qualcuno vuole abbandonare l'Aula, lo faccia in silenzio.

FRANCESCO FORCINITI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Questa modifica costituzionale dell'articolo 57 va a toccare un equilibrio che i padri costituenti avevano individuato all'interno dello stesso articolo fra i vari commi, che erano l'uno conseguenza dell'altro. Quando i padri costituenti scrissero, all'articolo 57, che il Senato veniva eletto a base regionale, lo fecero perché avevano proprio l'intenzione di garantire la rappresentanza di tutte le regioni e, sulla base di quel primo comma dell'articolo 57, venne poi sviluppato tutto il resto. Quindi, se ci si pone il problema politico - e all'epoca fu posto - di voler rappresentare tutte le regioni in maniera più o meno equa e proporzionata, a quel punto si scrive anche nel secondo comma - ed è quello che i padri costituenti fecero - che nessuna regione può avere un numero di senatori inferiore a 7 – poi sono diventati di meno, con il recente taglio dei parlamentari - ma chiaramente il primo comma era la premessa per il comma successivo, che prevedeva un numero minimo di senatori per ogni regione. Allo stesso modo, l'ultimo comma dell'articolo 57 ci dice che la ripartizione dei seggi tra le regioni si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni. Quindi, c'era chiaramente una visione, un'idea, un disegno politico che era quello di stabilire che nel Senato tutte le regioni dovessero essere rappresentate sulla base dei loro abitanti.

Ora il nuovo costituente, questo nuovo, maldestro e sgraziato costituente incarnato da questa maggioranza di Governo che, tra l'altro, si spaccherà anche su questo, va a toccare un orologio preciso, chirurgico e con equilibri che negli anni comunque anche noi abbiamo apprezzato, perché questa Costituzione ci ha dato prova anche di stabilità e tenuta negli anni, e va a toccare solo il primo comma, quindi eliminando la base regionale e sostituendo alla base regionale quella circoscrizionale. Chiaramente, se si fa questa modifica è perché si è pensato o si sta pensando che non si vogliono più identificare le circoscrizioni con le regioni, altrimenti non si procederebbe a questa modifica.

Allora, io mi chiedo che senso abbia fare questa modifica, quindi aprire alla possibilità ipotetica di creare circoscrizioni grandi, con più regioni accorpate, quando poi rimangono le altre previsioni che garantiscono ancora alle regioni di avere un numero di senatori non inferiore a un certo limite. Addirittura, nell'ultimo comma si prevede che in ogni caso la ripartizione dei seggi tra le regioni si effettua in proporzione alla popolazione. Quindi, che senso ha togliere la base regionale, nel primo comma, se poi negli altri commi rimane comunque l'obbligo, per chi scriverà la legge elettorale, di garantire la ripartizione dei seggi a tutte le regioni in base al numero dei loro abitanti?

Nella migliore delle ipotesi, questa riforma sarà inutile - inutile! -, perché chiaramente se tu cambi solo un comma e lasci in piedi gli altri non ottieni nulla, anzi stai veramente sfregiando la Costituzione per come è stata scritta dai padri costituenti. Dunque, nella migliore delle ipotesi è inutile e nella peggiore delle ipotesi stai aprendo ancora e stai dando carta bianca al futuro legislatore della legge elettorale per annullare le piccole regioni, diluirle e farle confluire in circoscrizioni più grandi, dove saranno le grandi regioni a farla da padrone.

Chiaramente, è una visione che va contro il dettato dei padri costituenti, che, all'epoca, ebbero la sensibilità di prevedere una rappresentanza minima per tutte le regioni all'interno del Senato. Io sono convinto che questa riforma, che voi oggi vi state votando, sarà inutile, perché - lo ripeto - se tu cambi il primo comma ed elimini la base regionale, ma rimane l'obbligo - per fortuna rimane l'obbligo! - di rappresentare tutte le regioni in rapporto ai loro abitanti, allora, stai facendo un buco nell'acqua, stai sfregiando la Costituzione, la stai riscrivendo, per non ottenere nulla.

Io dico che è una fortuna, comunque, che non si otterrà nulla, perché l'idea di annullare le piccole regioni per farle confluire in un calderone più grande, insieme a regioni più grandi, è un'idea, secondo me, che denota scarsa sensibilità democratica e che non farà altro che aggravare - altro che bilanciarli! - gli effetti del taglio dei parlamentari.

Per queste ragioni, ovviamente, noi non ci renderemo complici di questo sfregio alla Costituzione e voteremo contro su questa riforma, che, comunque, siamo convinti non arriverà in porto, perché ci sarebbero altre tre letture da fare, più un eventuale referendum e io dubito fortemente che questa riforma potrà avere il tempo di vedere la luce entro la fine della legislatura (per fortuna, per fortuna!). Intanto, il nostro voto rimane agli atti, perché noi non siamo complici e non siamo qui a perdere tempo per fare qualcosa che, nella migliore delle ipotesi, si rileverà inutile e infliggerà un colpo anche stilistico, proprio di tecnica giuridico-normativa, alla Costituzione più bella del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stumpo. Ne ha facoltà. Lasciamo far intervenire il collega Stumpo. Mi rivolgo a tutti i delegati d'Aula lì davanti: colleghi, colleghi, colleghi! Ho piacere di sentirla, onorevole Stumpo, e, soprattutto, di farla cominciare. Prego.

NICOLA STUMPO (LEU). Grazie, Presidente. Io penso che, come prima cosa, bisognerebbe provare ad essere favorevoli o contrari su qualsiasi progetto di legge, anche qualsiasi tentativo di modifica della Costituzione, ma non utilizzare l'idea che tanto non c'è il tempo per approvarla come modello per non entrare nel merito della discussione. Credo che questo sia un primo atto sbagliato nell'affrontare un tema in cui va dato atto al collega Fornaro di aver proposto un modello che tende a semplificare e anche a lasciare la possibilità al Parlamento di legiferare in materia elettorale, in qualche modo con la possibilità di avere, rispetto al Senato, le stesse possibilità che si hanno verso la Camera. Credo che questo sia il merito della legge che stiamo discutendo.

Non c'entra niente con le cose che abbiamo sentito sin qui e, anzi, si parte da un dato di certezza, perché la riduzione del numero dei senatori ha fatto sì che si creeranno oggettive condizioni di difficoltà di rappresentanza e di rappresentatività di alcuni territori e, quindi, occorre provare successivamente con una nuova legge elettorale - è del tutto evidente che di questo si tratta - a dare maggiori possibilità. Ne dico alcune, che oggi sono vietate: per esempio, così come si fa per la Camera, avere una soglia di sbarramento nazionale al Senato, oppure pensare esattamente al contrario di ciò che è stato detto qui, cioè poter avere un premio di maggioranza nazionale al Senato, cosa che, fin qui, è stata possibile, allo stesso tempo avendo dato già, con una riforma costituzionale, lo stesso modello - quindi, tutti gli elettori a 18 anni e non più la differenza, 18 e 25 anni, tra Camera e Senato - e avere anche la possibilità di dare pari rappresentanza a queste due Camere.

Sono queste le ragioni con le quali il Parlamento si deve confrontare, sono queste le ragioni per le quali ci sarebbe l'impegno non soltanto ad essere favorevoli o contrari, ma anche a proporci l'idea, entro questa parte finale della legislatura, di approvare questa riforma, per dare una modalità più confacente con il numero dei parlamentari che abbiamo scelto di dare, dalla prossima legislatura in poi, al nostro Paese. Per questo, dichiaro il voto favorevole del gruppo Liberi e Uguali (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Nel mio intervento in sede di discussione generale già avevo tentato di perimetrare il senso di questa riforma, di questa revisione che ci vede contrari. Ho sentito interventi nei quali si è detto che questa è una revisione che potrebbe essere il preludio a una riforma elettorale. Questo sicuramente bisogna che ci sia, ci deve essere un collegamento. Si parla di circoscrizione elettorale, quindi, è chiaro che dovrebbe esserci un legame rispetto alla legge elettorale; non ci vedo nulla di strano da questo punto di vista.

È da tenere presente la questione vera e, cioè, che la riduzione dei parlamentari ha determinato una duplice problematica: da un lato, la questione della funzionalità delle nuove Camere e, dall'altro, la effettiva determinazione del rapporto tra seggi da assegnare e popolazione media nelle circoscrizioni che si vanno a determinare.

La base regionale, che è il riferimento per l'elezione del Senato, in questo momento, soffre di una dimensione che può essere non congrua, non adeguata rispetto all'effetto della riduzione dei parlamentari. Io credo che questo legame diretto con la legge elettorale bisognerebbe chiarirlo e andrebbe individuato. Taluni vedono come uno spauracchio la eventuale legge proporzionale. Beh, non è uno spauracchio se, per esempio, la si collega a una valutazione di coalizione, a un premio di maggioranza. Non è del tutto escluso che possa avere una sua rilevanza, una sua funzionalità. A meno che qualcuno pensi: a me che me ne importa, nelle mie zone, nei miei collegi uninominali andiamo sicuri e non mi interessa più di tanto di quello che succede nel resto d'Italia. Questo mi sembra il succo di qualche ragionamento. Il ragionamento, invece, della governabilità e della rappresentanza effettiva deve tenere conto di una serie di criteri. Certo, così come è proposta, il dubbio e l'equivoco sulla funzionalità nominalistica del termine circoscrizione - meglio che scrivere a cavallo, o cavallo, nella Costituzione è scrivere circoscrizione - è evidente che rimane, collega Fornaro. L'abbiamo già detto in discussione generale, ma non mi dilungo sul tema, perché lo abbiamo esaminato, ci sono i resoconti delle discussioni in Commissione affari costituzionali e i lunghi interventi in discussione generale. Rimane questo equivoco rispetto alla rilevanza della nuova funzione circoscrizionale dell'elezione e questo non chiarito dibattito sull'eventuale sviluppo anche di una riforma elettorale che non può non essere collegata a una definizione di questo tipo in legge costituzionale. Non c'è niente di male, qualora ci fosse anche questo intendimento, è un intendimento, un indirizzo politico che può trovare o meno una maggioranza in Parlamento. Detto questo, ribadisco il nostro voto contrario. Mi rimetto, soprattutto, all'intervento già svolto in discussione generale, perché credo che, a questo punto, sia stato chiarito anche nella discussione riguardante gli emendamenti ogni aspetto relativo alla proposta di revisione costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. Questa proposta di modifica della Costituzione vede il voto favorevole di Italia Viva.

Vede il voto favorevole del nostro gruppo, non tanto per un particolare entusiasmo, diciamo, circa il merito di questa modifica, ma perché pensiamo che una sua eventuale approvazione definitiva entro questa legislatura - assai ardua, bisogna essere onesti - potrebbe consegnare al nostro Parlamento la possibilità di avere a disposizione una gamma di interventi e di soluzioni più ampia per eventuali modifiche della legge elettorale, perché di questo sostanzialmente si tratta.

È giusto sottolineare il termine “eventuale” perché è ben al di là da venire questa circostanza, almeno considerati i tempi e le condizioni politiche di questo momento. Noi siamo convinti che, quando si decide di modificare la Costituzione, lo si debba fare - lo abbiamo detto molte volte in questi ultimi due anni - avendo presente qual è il disegno complessivo che si vuole mettere in atto o, meglio, il ridisegno complessivo che si vuole mettere in atto della Costituzione.

Non siamo d'accordo di norma o, comunque, non siamo troppo favorevoli a interventi, diciamo, chirurgici, benché in questo caso ci si sia veramente molto, molto limitati, oltre il chirurgico, se così possiamo dire. Pensiamo invece che sia necessario mettere in campo una strategia di modifica della nostra Carta che sia ragionata, organica, che tenga insieme e consideri tutti i pezzi che devono essere corretti. Ad esempio, se si parla, come abbiamo fatto fino a poco fa, di una eventuale revisione della nostra forma di governo in senso presidenziale o semipresidenziale - come appunto si discuteva prima - noi dovremmo prevedere una analoga e conseguente modifica anche della legge elettorale per l'elezione del Parlamento. Sarebbe un non senso non farlo.

Per quanto riguarda l'elezione diretta del Senato, noi saremmo per eliminare e accorpare in un'unica Camera i 600 parlamentari che risulteranno eletti nella prossima legislatura, per effetto della riduzione del numero dei parlamentari. Infatti, non dobbiamo mai dimenticare che il nostro sistema è un'anomalia nel mondo delle democrazie liberali, con due Camere elette direttamente dai cittadini che hanno esattamente gli stessi poteri, che avranno anche esattamente lo stesso elettorato. Curiosamente, non si è voluto equiparare o quantomeno abbassare l'età per essere eletti in Senato - forse qualcuno aveva qualche problema in tal senso - ma si è deciso di equiparare invece l'elettorato attivo. Questo è un unicum nel mondo delle democrazie liberali che noi pensiamo e restiamo convinti dovrebbe essere superato. Tuttavia, a regime vigente, non potendosi ovviamente in tempi rapidi arrivare a un superamento del bicameralismo paritario, pensiamo che questa modifica costituzionale vada a liberare dal vincolo della base regionale le elezioni dei senatori e, nell'ottica di una difficile applicazione del nostro sistema istituzionale al ridotto numero di parlamentari eletti che avremo dal 2023, questa modifica potrebbe sicuramente costituire una base sulla quale costruire una sistema di elezione con maggiori possibilità di intervento. Detto questo, confermo il voto a favore del gruppo Italia Viva e ringrazio il Presidente per questa possibilità (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Prisco. Ne ha facoltà.

EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie, Presidente. Mi consenta preliminarmente due considerazioni di merito. L'una riguarda la conduzione dei lavori d'Aula, non ovviamente da parte sua; mi riferisco all'andamento dei lavori d'Aula. Non ho sentito in alcun intervento - mi auguro di poterlo sentire - dei firmatari di questa proposta di legge, i quali sono intervenuti, come il collega Ceccanti, anche sulla precedente proposta di legge costituzionale a prima firma della Presidente Meloni, asserire l'impossibilità della prosecuzione del provvedimento visto che ormai siamo in limine mortis della legislatura. Ebbene, se questo valeva dieci minuti fa, vale anche per questo altro provvedimento. Non è che la verità si piega alle esigenze del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Io capisco che qualcuno in quest'Aula ci voglia far abituare a questa legge, ma noi a questa legge non ci rassegniamo e, anzi, la contrastiamo con la logica.

L'altra considerazione, sul metodo, invece la voglio fare nei confronti del collega Fornaro per come ha condotto, da relatore, i lavori in Commissione, con un dialogo aperto anche con le opposizioni, anche da posizioni differenti e lontane come sono le nostre, ma con il pieno coinvolgimento di tutte le forze politiche, non limitandosi solamente a quelle della maggioranza che sostiene il Governo. Ciò ha portato, con un ragionamento lungo e di buon senso, all'abolizione dell'articolo 2, che prevedeva la quota proporzionale dei rappresentanti regionali per le elezioni del Presidente della Repubblica. Si è scelta, alla fine, la famosa soluzione del meno peggio, ovvero di non intervenire rispetto agli effetti del taglio dei parlamentari sui delegati regionali, soluzione che in una prima proposta vedeva la neutralizzazione dei delegati stessi, eliminando la quota maggioritaria, come era nella proposta del collega Fornaro. Oppure - altro tema - la proposta di poterli ridurre, e quindi di ridurre - sbagliando - l'effetto di rappresentanza delle regioni.

Certamente, se fosse stata approvata la proposta di legge della presidente Meloni sul presidenzialismo, non avremmo avuto questo problema, perché il Presidente della Repubblica l'avrebbero scelto gli italiani e non i delegati regionali e i parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), altro motivo che conduce il mio pensiero a favore della svolta presidenzialista.

Venendo al merito del provvedimento, in realtà, ci si è limitati a questo semplice articolo, che cela però un obiettivo nascosto; un passo alla volta - prima l'equiparazione dell'elettorato attivo per le elezioni del Senato e poi il tentativo di eliminare l'effetto maggioritario regionale e la rappresentanza territoriale del Senato - per arrivare non so dove, probabilmente alla eliminazione del bicameralismo o, forse, come è più probabile, alla costituzionalizzazione del sistema proporzionale e cioè al ritorno, per via costituzionale, ai nefasti - per qualcuno, forse, ai fasti - della Prima Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), per poter garantire a chi ha perso le elezioni di trovarsi al Governo. Ve ne sono in quest'Aula di partiti che in questo sport sono certamente molto, molto capaci!

Invece, l'Italia ha bisogno, non della palude del proporzionale, non dei Governi che passano sopra la testa degli italiani: ha bisogno di un sistema chiaro, di una visione capace di esercitare delle scelte, di una democrazia decidente e non semplicemente interloquente su compromessi al ribasso.

L'Italia ha bisogno di tante risposte, di cui abbiamo parlato in quest'Aula in riferimento a molti temi (energia, politiche industriali, politiche del welfare, politiche per la riforma del processo e tante altre) ed ha bisogno di una visione chiara. Per questo non c'è bisogno di costruire maggioranze, di volta in volta oscillanti in Parlamento.

Serve che, il giorno del voto, gli italiani sappiano chi ha vinto le elezioni e va a governare e chi ha perso le elezioni e va all'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Se si vuole fare altro, lo si faccia con chiarezza, non surrettiziamente in provvedimenti, come in questo caso.

Nel provvedimento in esame, ancora una volta, si interviene puntualmente sulla Costituzione non avendo una visione organica del modello istituzionale, quando è emerso anche nella discussione del provvedimento precedente, da tutte le parti politiche, la inefficienza delle istituzioni, ormai incapaci di dare una risposta alle esigenze e ai bisogni degli italiani. Forse, in quest'Aula, avremmo dovuto e dovremmo ragionare - questo si può fare, sì, anche nello scampolo di legislatura - immaginando un'assemblea costituente, da eleggersi insieme al nuovo Parlamento, capace di riscrivere la seconda parte della Costituzione, dal nostro punto di vista - l'abbiamo detto chiaramente e lo ha ricordato anche prima la presidente Meloni - con una svolta presidenziale. Dobbiamo discutere di come rendere le istituzioni capaci di rispondere ai bisogni di questo tempo.

Questa, forse, è la sfida democratica ulteriore che Fratelli d'Italia lancia a quest'Aula, oggi che si è discusso di due riforme costituzionali. Sul tema abbiamo depositato proposte, alla Camera a prima firma della presidente Meloni, al Senato a prima firma del presidente La Russa, che danno questa ulteriore possibilità al Parlamento. L'unica cosa che non chiedono gli italiani è di trovarsi nuovamente con chi ha perso le elezioni, che vuole ancora guidare un Governo. Questo non è accettabile. Noi pensiamo che l'Italia sia una grande Nazione, che debba essere all'altezza della sua storia e che meriti un futuro. Per tutto questo servono sistemi istituzionali di governo ed elettorali, capaci di dare un Governo coeso, che abbia una visione chiara, capace di rispondere ai bisogni degli italiani.

Come emerso in più di un intervento, la stabilità non si raggiunge certamente con il sistema proporzionale: la stabilità significa anche autorevolezza internazionale. Abbiamo visto, purtroppo, quanta autorevolezza internazionale sia mancata; noi non siamo quelli che tifano per “il tanto peggio, tanto meglio”, quando a rimetterci è l'Italia, ma tifiamo sempre Italia e non abbiamo certamente speculato su questo; ma gli italiani, tutti noi ci siamo resi conto di quanto un Governo, non espressione della volontà popolare, non forte di un mandato popolare, sia stato a guardare rispetto a scenari complessi e articolati, a livello mondiale, che avrebbero visto e voluto anche un intervento diretto dell'Italia. Per questo e per le tante ragioni che meriterebbero ognuna un capitolo di approfondimento, il voto di Fratelli d'Italia sarà contrario a questa riforma (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarro. Ne ha facoltà.

CARLO SARRO (FI). Grazie, Presidente. Già nel corso del dibattito che precede quello in corso, vale a dire quello che è stato dedicato al presidenzialismo, come Forza Italia, abbiamo rimarcato un'esigenza: l'impianto costituzionale rappresenta un edificio estremamente delicato e complesso e ogni rimaneggiamento, ogni rivisitazione deve essere condotta possibilmente nel rispetto di una visione d'insieme e, comunque, con l'esercizio di grande cautela, per evitare poi che le conseguenze, soprattutto nel tempo, dimostrino come scelte talvolta avventate o frettolose producano poi danni destinati a perpetuarsi nel tempo e a infliggere ferite profonde al nostro sistema. Basti pensare alla sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, al gigantesco contenzioso che ne è seguito dinanzi alla Corte costituzionale, al conflitto che si è accresciuto a dismisura tra regioni e Stato e, nella migliore delle ipotesi, agli effetti di rallentamento dell'azione istituzionale, derivati proprio da tanta conflittualità e difficoltà applicativa e interpretativa di quella riforma.

La modifica dell'articolo 57 della Costituzione, relativamente alle modalità di elezione del Senato della Repubblica, ovviamente ha una portata più circoscritta e un ambito più limitato, ma non per questo meno significativo e meno rilevante, soprattutto perché è destinato ad incidere sul meccanismo elettorale, sul principio della rappresentanza e, quindi, della sovranità e della democrazia stessa del nostro Paese. Anche in questo caso, l'attenzione, la prudenza e la cautela devono ispirare l'azione del legislatore. Come componenti della Commissione affari costituzionali, dobbiamo dare atto al presentatore, nonché relatore, del disegno di legge di revisione costituzionale, l'onorevole Fornaro, di avere agito con grande attenzione rispetto alle questioni sollevate nel corso del dibattito in Commissione e di avere anche adeguato la proposta alle principali obiezioni sollevate, tant'è che il testo che perviene oggi all'esame dell'Assemblea è composto da un solo articolo.

In questo senso c'è stata una prova sicuramente di rispetto della volontà del Parlamento e di attenzione anche per le questioni oggettive sollevate. Infatti, comunque, questa riforma pone un problema oggettivo, un problema che esiste. Tuttavia, la soluzione prospettata, proprio perché non inserita in un contesto di revisione più ampio, rischia di non superare quelle criticità e quelle difficoltà che sono state indicate alla base della iniziativa legislativa.

L'articolo 57 fu scritto in questo modo dai costituenti, perché era necessario, in un'articolazione bicamerale del nostro Parlamento, caratterizzare e accentuare un aspetto specifico di quella che tradizionalmente viene indicata come la Camera alta del Parlamento e, tra gli elementi di differenziazione, oltre ai limiti di età per l'accesso all'Assemblea del Senato e dello stesso corpo elettorale, che vedeva una distinzione tra corpo elettorale della Camera e corpo elettorale del Senato, distinzione che di recente è stata abrogata, come ricorderanno i colleghi, ancorava il sistema di elezione del Senato all'ambito territoriale specifico delle regioni. Vi era stato un dibattito in Assemblea costituente, molto appassionato, molto autorevole anche dal punto di vista dottrinario, sulla necessità di connotare maggiormente in termini regionali l'Assemblea del Senato e, alla fine, prevalse questa soluzione che riguardava soprattutto il meccanismo di elezione, quindi la base territoriale di riferimento.

D'altra parte, questa impostazione e la non completa attuazione, già nel disegno costituzionale, di un ruolo più accentuato delle regioni ha poi prodotto, per così dire, una prassi interpretativa del testo costituzionale che ha portato sempre a ritenere che la base regionale rappresentasse un limite anche in termini di circoscrizione elettorale, sebbene questo enunciato non sia presente in questi termini, così chiari, così netti nel testo vigente dell'articolo 57. E, significativamente, tutte le riforme costituzionali che si sono succedute dal 1948 ad oggi e che hanno anche investito la norma in questione non hanno mai posto in discussione questo principio; pensiamo, ad esempio, alla cosiddetta legge truffa del 1953, la legge elettorale che prevedeva un premio di maggioranza rafforzato, ma che riguardava soltanto la Camera dei deputati e non il Senato della Repubblica; pensiamo alla “riforma Calderoli”, cancellata poi dalla sentenza della Corte costituzionale che, proprio ancorando al principio della rappresentanza regionale il meccanismo elettorale, contemplava un premio di maggioranza su base regionale; ciò ha poi portato la Corte costituzionale a pronunciare la sentenza dichiarativa dell'illegittimità costituzionale di quella norma, proprio perché collidente con il principio dell'omogeneità della rappresentanza, vale a dire dell'espressione del risultato elettorale, poiché, pur essendoci, in termini assoluti, una omogeneità di indirizzo del corpo elettorale nell'espressione del consenso rispetto ai due rami del Parlamento, l'introduzione di un premio di maggioranza su base regionale determinava, poi, un disequilibrio, anche molto accentuato, che ha portato perfino a configurare maggioranze diverse all'interno dei due rami del Parlamento, con una evidente distorsione applicativa del principio della sovranità e della rappresentanza.

L'esigenza di un correttivo di questa impostazione, conseguente a una riforma frettolosa e, non esito a dire, avventata, relativa alla riduzione del numero dei parlamentari, che porta il Senato della Repubblica dagli attuali 315 componenti a 200 membri elettivi, determina di fatto l'esigenza di una rivisitazione. Ciò proprio perché poi gli effetti sul piano dell'elezione sono ancora oggi non del tutto prevedibili, nonostante le simulazioni, le riflessioni, gli studi condotti e le analisi compiute.

Per cui si pone sicuramente un problema di rideterminazione dei criteri di elezione, ma questo problema, come è ben evidente, oltre all'enunciato costituzionale, deve poi essere tradotto anche della legge elettorale, che è la legge che poi, di fatto, procedimentalizza il meccanismo di elezione e quindi contiene in sé tutti gli adattamenti correttivi e i principi che valgono a determinare non solo l'elezione nell'ambito di quella determinata circoscrizione elettorale, ma anche tutti quei criteri di adeguamento e correttivi che permettono appunto di contenere gli effetti distorsivi, inevitabili, per molti versi, in una legge elettorale, che possono anche involontariamente realizzarsi.

Noi abbiamo una iniziativa legislativa sicuramente interessante, che pone una questione vera, che il Parlamento dovrà affrontare, ma che riteniamo, proprio per le considerazioni che ho espresso precedentemente, per la delicatezza della materia, per la necessità di salvaguardare principi fondamentali, per l'esigenza di coniugare questa riforma con una revisione, inevitabile, della legge elettorale, una volta approvata la riforma costituzionale, che tutto questo non possa avvenire semplicemente allineando il meccanismo in termini di principi generali della elezione della Camera dei deputati a quella del Senato, ma che debba riflettere un meccanismo di elezione più articolato e, soprattutto, più attento anche alle singole caratteristiche, dal punto di vista non solo demografico, delle regioni italiane. Ed è per questa ragione che il voto di Forza Italia sarà un voto contrario, pur – ripeto - riconoscendo quelle esigenze e quelle questioni cui ho fatto precedentemente riferimento e che, nel corso del dibattito in Commissione, sono state opportunamente evidenziate e discusse (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.

ANDREA GIORGIS (PD). Grazie, Presidente. La riforma di cui stiamo discutendo è una piccola riforma, i cui effetti dipenderanno da una eventuale successiva scelta del Parlamento. La riforma si limita, infatti, a rimuovere un vincolo che ha contribuito - e potrebbe, in futuro, ulteriormente contribuire - ad aumentare il rischio che vi siano maggioranze diverse nelle due Camere. È, tuttavia, un voto importante quello che stiamo per esprimere, un voto che mi auguro possa contribuire a far maturare le condizioni politiche per altre e più rilevanti riforme della nostra democrazia parlamentare, riforme di cui avvertiamo tutti la necessità, specie dopo l'approvazione della riduzione del numero dei componenti il Parlamento, riforme tuttavia possibili solo se si determineranno le condizioni di un ampio accordo. Il Partito Democratico, fino all'ultimo giorno di questa legislatura, si adopererà perché queste condizioni maturino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Sì, grazie, Presidente. Io devo dire che questa legge, dal nostro punto di vista, è scritta male e ha un intento politico sbagliato; è scritta male, mi dispiace collega Fornaro, perché l'abbiamo spiegato in decine di occasioni, all'interno del dibattito in Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Giorgis, se si voleva fare una…

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Posso continuare? Io li lascio festeggiare, se vogliono.

PRESIDENTE. No, no. L'onorevole Giorgis era festeggiato, non stava festeggiando è stato festeggiato. Prego.

IGOR GIANCARLO IEZZI (LEGA). Abbiamo tentato di spiegare perché è sbagliata tecnicamente, in diverse occasioni, all'interno del dibattito in Commissione. Non ha senso, non è opportuno, è completamente sbagliato modificare il comma 1 dell'articolo 57 della Costituzione, laddove si prevede, secondo voi, che la base elettorale del Senato debba passare da regionale a circoscrizionale e, poi, lasciare intatti il terzo e il quarto comma dello stesso articolo, là dove si prevede che la ripartizione dei collegi al Senato sia fatta su base regionale. Se volevate davvero fare una cosa che avesse un senso e una logica, dovevate modificare entrambi i passaggi, ma voi non l'avete fatto. Perché? Perché siete stati accecati dall'intento politico.

Adesso, qui, voi potete raccontarla come volete, ma, in realtà, questa legge ha un intento politico ben chiaro e ben definito, ed è quello di aggiungere un ulteriore tassello a quel mosaico che deve portare il nostro Paese - secondo la vostra visione - ad abbandonare qualsiasi tipo di legge elettorale di stampo maggioritario, per arrivare a una legge elettorale di tipo proporzionale puro che, nel nostro Paese, rappresenterebbe la palude. E io non mi sento rassicurato dalle assolutamente pacate rassicurazioni del collega Giorgis, perché voi continuate a dire che non avete intenzione di modificare la legge elettorale, se non di fronte a una larga condivisione, però, di volta in volta, aggiungete un tassello qui, un tassello là, per arrivare a questa modifica della legge elettorale. Che l'intento sia questo, nonostante quanto diceva il collega D'Ettore, che chiedeva chiarezza sul legame tra questa riforma e la legge elettorale, è evidente, l'intento politico è evidente. E chi ce lo dice, oggi, purtroppo (se ce l'avesse detto prima saremmo arrivati subito al nocciolo della questione)? Ce lo dice il collega Stumpo, che è dello stesso partito del relatore e del primo firmatario di questa legge, il collega Fornaro. L'onorevole Stumpo è stato chiarissimo: ci ha detto che questa riforma serve per dare maggiore possibilità al legislatore di modificare le leggi. E come - ce l'ha detto l'onorevole Stumpo - vorreste poter modificare la legislazione nel nostro Paese? Ha fatto tre esempi: il premio di maggioranza al Senato, che oggi, per forza di cose, deve essere regionale e che voi volete far diventare nazionale; avere uno stesso modello per la Camera e il Senato, quindi due leggi elettorali che diano uguale maggioranze e che siano identiche, anche nei dettagli; e la soglia di sbarramento, che, tra l'altro, interessa parecchio partiti come LeU. Sono tre questioni che attengono alla legge elettorale, perché di questo stiamo parlando, non stiamo parlando di nient'altro, non stiamo parlando di quelle riforme che servono per limitare le distorsioni che ci sono dopo la riforma del taglio dei parlamentari. A voi di tutto questo non interessa nulla, a voi interessa solo ed esclusivamente arrivare a una legge elettorale di tipo proporzionale. E perché questo? Il motivo è semplice: è perché voi sapete che qualsiasi altra legge elettorale darebbe un esito che a voi non piace, darebbe un esito che a voi non dà soddisfazione, che non vi permetterebbe di andare al Governo. È questa la vostra unica preoccupazione, voi non ne avete altre (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Allora, io vi devo dire una brutta cosa, ma davvero brutta: che la sovranità, in questo Paese, appartiene al popolo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), non appartiene ai circoli del Partito Democratico, non appartiene alla segreteria del Partito Democratico. In questo Paese, per diventare Presidenti del Consiglio, non basta avere il placet del Partito Democratico, sono altre le cose che servono e serve il consenso della gente. Voi non potete pensare di arrivare a una riforma della legge elettorale che impedisca ai cittadini di esprimersi, di esprimere e di scegliere i propri rappresentanti all'interno del Parlamento e il Governo, nei limiti del quadro costituzionale, perché voi temete l'esito del voto dei cittadini e, quindi, avete bisogno di una legge elettorale che non dia il potere di scelta al popolo, come prevede la nostra Costituzione, ma che lo dia alla segreteria del Partito Democratico. Questo non è possibile e non è consentito.

È per questo che abbiamo fatto una ferma opposizione e continueremo a farla, ferma opposizione che, come ricordavo anche prima, durante la discussione degli emendamenti, quantomeno, qualche effetto lo ha portato, cioè il fatto di aver cancellato quella assurda misura che voi avevate previsto inizialmente in questo progetto di legge, che avrebbe tagliato il numero dei delegati espressi dalle regioni per l'elezione del Presidente della Repubblica.

Io ve l'ho detto prima e ve lo ridico adesso: finché la Lega sarà in questo Parlamento a nessuno di voi è consentito prendere a schiaffi i territori, prendere a schiaffi le regioni, prendere a schiaffi le comunità che noi rappresentiamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Questo non è consentito a voi e non è consentito a nessuno. Per questo, il nostro voto sarà fermamente contrario (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Corneli. Ne ha facoltà.

VALENTINA CORNELI (M5S). Grazie, Presidente. Io sono costretta a rispondere a molte considerazioni dei colleghi che mi hanno preceduto, quindi, cerco di fare un ragionamento più ampio, per il suo tramite, che spero i colleghi vorranno e seguire ed anche apprezzare.

La riforma che stiamo per votare è una piccola riforma che, però, si inserisce in un contesto ampio, in una giornata particolare, che è quella in cui abbiamo da poco bocciato la improbabile proposta di legge Meloni, quell'improbabile e, secondo me, anche un po' imbarazzante tentativo di stravolgere la nostra Costituzione con un colpo di mano in modo, francamente, non accettabile, e chiaramente è stata bocciata. Dobbiamo, a questo punto, rispondere a questo tentativo, proseguendo nella giusta direzione, che è quella, invece, di rafforzare il nostro sistema democratico. Come? Andando a rendere più solidi quei delicatissimi equilibri, fatti di pesi e contrappesi, che sono insiti in quell'assetto istituzionale e costituzionale che i nostri Padri costituenti ci hanno lasciato in eredità.

Questa piccola riforma si inserisce in questo contesto, perché, chiaramente, è legata alla riforma del taglio dei parlamentari. La riforma del taglio dei parlamentari, come è noto, è stata portata a compimento, dopo 30 anni di promesse, grazie al MoVimento 5 Stelle, ma noi siamo stati sempre chiari fin dall'inizio, quindi che oggi si parli di tentativi surrettizi, di mancata chiarezza, francamente non riesco a capirlo. Noi abbiamo detto fin dall'inizio, chiaramente, che il taglio dei parlamentari doveva servire a rendere questo Parlamento più efficiente, ma non doveva tradursi in un taglio della rappresentatività. Quindi, è chiaro che il taglio dei parlamentari va inserito in un quadro organico, sistemico, armonico di riforme, tra cui, in primis, c'è ovviamente la legge elettorale proporzionale. Questo deve essere chiaro: la legge elettorale proporzionale, oggi, non solo è una necessità, ma diventa endemica e strutturale al nuovo quadro costituzionale. Quindi, banalmente, oltre a dover essere approvata spero nel più breve tempo possibile, diventerà, poi, effettivamente strutturale e non potrà essere modificata in futuro.

Questo io spero che sia chiaro, perché, ripeto, non c'è mai stata ambiguità e c'è sempre stata chiarezza sotto questo punto di vista, come c'è stata chiarezza sul fatto che riteniamo necessarie altre riforme da leggere in combinato disposto con il taglio dei parlamentari. Ne abbiamo parlato tante volte anche in discussione generale, quindi non ci torno, ne cito solo qualcuna, come il referendum propositivo per permettere ai cittadini che, comunque, non si sentiranno rappresentati di avere voce. Penso, ad esempio, a quei meccanismi che sono necessari per limitare i poteri del Governo, perché la rappresentatività, la sovranità risiede nel Parlamento, non nel Governo, nel sistema parlamentare che noi dobbiamo ad ogni costo difendere.

Un Governo che soffoca, che neutralizza il Parlamento, come sta avvenendo in maniera sempre più eclatante, non è accettabile, quindi dobbiamo proseguire in quella direzione e limitare i poteri del Governo, perché il Parlamento torni centrale, il popolo italiano torni centrale. E dobbiamo anche evitare che, in futuro, possa accadere, attraverso dei meccanismi come quello della sfiducia costruttiva, di cui abbiamo parlato anche prima, che un Matteo qualsiasi si svegli una mattina e trascini il Paese in fondo al baratro (ogni riferimento a più di una persona non è chiaramente casuale).

Quindi, ripeto, questa piccola riforma si inserisce in questo contesto. Noi andiamo a modificare quel meccanismo che certamente è stato distorsivo, certamente è stato cervellotico anche per la stessa dottrina costituzionalistica, ossia la base elettorale regionale dell'elezione del Senato della Repubblica, che diventa circoscrizionale, andando ad accrescere la rappresentatività di quel ramo del Parlamento.

A nostro avviso sarebbe stato importante anche portare a termine l'altra modifica, ossia riequilibrare il numero dei delegati regionali. Non è stato fatto. Noi l'abbiamo sempre detto e, coerentemente con quello che abbiamo detto, non intendiamo fare forzature, colpi di maggioranza, quindi è venuto meno questo aspetto, anche se sarebbe stato importante.

Perché sarebbe stato importante? Perché l'elezione del Presidente della Repubblica, ripeto, nel nostro sistema parlamentare, che ad ogni costo noi dobbiamo preservare e dobbiamo curare, è centrale, è il fulcro di quei delicatissimi equilibri di cui parlavamo in premessa. Noi abbiamo cercato di spiegarlo anche alla collega Meloni, tante volte abbiamo spiegato che l'elezione del Presidente della Repubblica in Italia ha un senso nell'ambito della nostra storia, che è diversa da quella degli altri Paesi, come la Francia, come gli Stati Uniti. Quindi noi non possiamo pensare di esportare questi modelli che appartengono ad altri Paesi, perché non sono modelli esportabili e non sono neanche modelli auspicabili. Chi ha studiato il semipresidenzialismo francese lo sa, ma poi abbiamo visto anche con i nostri occhi quello che è successo con le ultime presidenziali francesi, con le elezioni di Macron. Macron ha vinto, ma come ha vinto? Con un astensionismo altissimo, ha vinto perché le persone hanno votato contro qualcosa, non per qualcosa. E noi sappiamo bene che, quando le persone non si sentono rappresentate, quando in qualche modo il malessere sociale non si riesce a convogliare in un canale rappresentativo, in un canale istituzionale, in un canale democratico, questo è un grave problema, perché questo malessere si radicalizza, questo malessere può esplodere. E questo non deve succedere. Voi immaginate il caso paradossale: pensiamo in Italia se ci fosse un ballottaggio tra un Renzi e una Meloni. Le persone non andrebbero a votare. E questo non va bene. Magari per qualcuno è auspicabile, ma non va bene per la democrazia, non va bene per noi, perché aumenta quel divario che c'è tra la politica e i cittadini, che noi siamo nati proprio per annullare. E ripeto, non va bene per la democrazia, perché lì dobbiamo essere chiari, parliamo di qualcos'altro. Se i cittadini e la politica non divengono un tutt'uno, non vanno ad avvicinarsi fino a diventare veramente un tutt'uno, non parliamo di democrazia, parliamo di un'altra cosa, parliamo di oligarchia.

Mi avvio alla conclusione, Presidente. Vorrei ricordare quella famosa teoria dei numeri che ci ha ricordato di recente il professor Zagrebelsky: il 3 è il numero sacro nel diritto costituzionale, ma anche in psicanalisi. Il 3 è il numero dell'equilibrio. Il 3 è il numero della pacificazione. Il 3 è il numero della neutralizzazione dei conflitti, che sono invece insiti nel numero 2. Come abbiamo detto, se questi conflitti si radicalizzano, è un problema, si può arrivare al numero 1, si può arrivare al dispotismo, dall'oligarchia si può arrivare addirittura all'autocrazia. La storia ci insegna, la storia non deve essere dimenticata, perché la storia si ripete.

Ieri abbiamo commemorato il tragico omicidio di Aldo Moro e forse è stato proprio in quel tragico 9 maggio 1978 che la nostra democrazia si è ammalata, perché lui rappresentava veramente la politica con la “P” maiuscola, rappresentava il dialogo, rappresentava la pacificazione sociale. Da quel momento qualcosa è cambiato, perché evidentemente c'era qualcosa, c'era qualcuno che aveva interesse a destabilizzare e a far ammalare l'Italia, la nostra democrazia, che, però, noi dobbiamo curare, dobbiamo curare oggi più che mai, perché i segnali sono veramente preoccupanti.

Ribadisco, la storia va studiata perché la storia si ripete: noi oggi abbiamo una guerra dentro casa, abbiamo una guerra in Europa. Abbiamo un Parlamento che viene ignorato, perché abbiamo un Presidente del Consiglio che va negli Stati Uniti senza passare prima per il Parlamento italiano. Noi, chiaramente, questo, non possiamo accettarlo.

Il Presidente Conte lo ha detto chiaramente: questo in una democrazia parlamentare non è accettabile. Ripeto, noi non abbiamo nulla a che fare con il semipresidenzialismo francese, noi non abbiamo nulla a che fare con gli Stati Uniti, noi non dobbiamo rispondere agli Stati Uniti, ma dobbiamo rispondere al popolo italiano e ai cittadini italiani. E assolutamente, la Costituzione e i cittadini italiani non possono essere calpestati, noi non lo permetteremo.

Mi permetta l'ultima citazione del professor Zagrebelsky e poi davvero chiudo: la democrazia è forse l'unica possibilità che abbiamo di creare momenti non eroici di distruzione delle oligarchie. Annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente Rosato. Ci accingiamo a esprimere un altro voto su un'altra riforma costituzionale nella stessa giornata; un voto che credibilmente vedrà quest'Aula divisa in due blocchi, e già questo non è buon segno, al netto della stima personale e anche della buona volontà del collega Fornaro. Ho motivo di ritenere, visti i numeri dell'ultimo voto, che possa non esserci la maggioranza assoluta su questo provvedimento, altro elemento che dovrebbe indurre a una riflessione: se si fosse nella seconda lettura, l'assenza della maggioranza assoluta comporterebbe la reiezione del provvedimento.

Vi invito veramente a riflettere se questi siano il clima e la modalità con cui affrontare riforme costituzionali, perché credo che la Costituzione debba essere trattata con la necessaria cautela.

È la ragione per la quale mi convinco sempre di più, come dicevo poc'anzi, che un percorso di riforma debba essere messo al riparo dalle intemperie del calendario parlamentare, dalle tensioni tra schieramenti. E l'unico modo per far decollare un dibattito ampio, serio, responsabile e costruttivo, che tutti i partiti e i movimenti, tutti i leader dicono da tempo essere improcrastinabile, è quello di costruire un luogo politico, uno strumento ad hoc dove poterlo consumare al riparo dalle intemperie, dagli scontri che quotidianamente si affrontano nelle stesse Aule e che vengono affrontati dalle stesse persone. Riformare la Costituzione riga per riga, comma per comma, virgola per virgola, purtroppo nell'esperienza quotidiana ci ha dimostrato che non produce effetti benefici.

Noi abbiamo in questa occasione il dovere di porre rimedio alle conseguenze della riduzione del taglio dei parlamentari, tema che pure era entrato nel dibattito referendario, quando qualcuno parlava dei cosiddetti correttivi. Ecco, sono passati due anni e non vediamo correttivi; vediamo cose che con i correttivi hanno poco a che fare.

Vi prego, facciamo una riflessione su come salvare la funzionalità della nostra democrazia e del nostro Parlamento. Il tempo non è infinito e passa velocemente, ahimè, spesso anche inutilmente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale. La parola al relatore Fornaro per un brevissimo ringraziamento.

FEDERICO FORNARO, Relatore. Grazie. Volevo davvero ringraziare gli uffici, il dottor Profili, i funzionari della Commissione e tutti i colleghi (Applausi). È stato fatto, credo, un lavoro rispettoso dell'opinione di tutti; adesso, nello spirito della Costituzione, affidiamo questo testo al Senato. L'auspicio che credo si possa dire non essere soltanto dal relatore, ma di tutti, è che si possa trovare in quella sede una soluzione per ampliare il numero dei pareri favorevoli, trovare delle soluzioni che possano rispondere ai dubbi e alle riserve che sono state espresse anche in questa sede e cercare di arrivare ad un obiettivo. L'obiettivo che credo dovrebbe essere condiviso da tutti è una modifica che consenta di avere in prospettiva più rappresentanza e più stabilità.

(Coordinamento formale - A.C. 2238-A?)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale e approvazione – A.C. 2238-A?)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge costituzionale n. 2238-A: "Modifica all'articolo 57 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica".

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

Secondo le intese intercorse, completiamo qui la nostra seduta e rinviamo a domani mattina, alle ore 9,30, i restanti provvedimenti.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 491-B.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di mercoledì 11 maggio 2022 l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, del quale la sotto indicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla XII Commissione (Affari sociali):

S. 1201. - Massimo Enrico Baroni ed altri: “Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie” (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (491-B).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nitti. Ne ha facoltà. Colleghi, facciamo silenzio in Aula. Prego.

MICHELE NITTI (PD). Grazie, Presidente. Mi sembra doveroso ricordare una data emblematica per la storia del nostro Parlamento. Esattamente l'8 maggio 1848 nasceva il Parlamento italiano o, meglio, quello subalpino. È una data quasi del tutto dimenticata, perché può sembrare quasi una nostalgia filosabauda, però è molto importante perché per diversi motivi credo debba essere ricordata. Per esempio, penso anche al fatto che si ricollega idealmente all'8 maggio di 100 anni dopo, il 1948, quando ebbe inizio la prima legislatura repubblicana.

Si era stabilito che lo statuto Albertino, che poi diventò la costituzione del Regno d'Italia, non entrasse in vigore con la sua pubblicazione ma con la prima seduta del Parlamento. Fu, quindi, un atto di omaggio esplicito, formale ed evidente alla centralità del Parlamento, un Parlamento che aveva un'impostazione anglofila perfino nell'architettura dell'Aula, che era rettangolare. Non era figlio della Rivoluzione francese e, quindi, non aveva una funzione prioritariamente legislativa, ma nasceva con una funzione di controllo sul Governo.

A differenza di quegli anni, pur non essendo cambiati i ruoli formali, oggi si percepisce una crisi del Parlamento. Il Parlamento corre il rischio esiziale di essere marginalizzato nella sua potestà di incidere sulla collettività. È una crisi non delle istituzioni ma della politica, in quanto momento decisivo per la vita delle istituzioni. Ecco perché richiamare alla memoria quelle due esperienze parlamentari, del 1848 e del 1948, ci serve a ricordare quanto il Parlamento forse dovrebbe continuare ad essere un punto centrale per la società e per la vita delle istituzioni, recuperando anche quell'antica sacralità, quell'antica rispettabilità che faceva sì che il Parlamento fosse in qualche modo il cuore della vita del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Novelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO NOVELLI (FI). Grazie, Presidente. Il 4 ottobre 2019 all'interno della questura di Trieste una mano folle e criminale uccise Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, due poliziotti in servizio nel capoluogo giuliano. Dico folle perché pochi giorni fa la corte d'assise di Trieste ha assolto l'assassino perché non imputabile per vizio totale di mente. Certo, dovrà restare per trent'anni in una REMS. Questa è la verità processuale a cui sono giunti i giudici, ma resta forte il sentimento di ingiustizia e la sensazione che Rotta e Demenego siano stati uccisi due volte.

Ma non è questo il cuore del mio intervento. Le sentenze si accettano e non si discutono, come sappiamo, ma si può discutere e si deve discutere sul mancato supporto alle famiglie dei due poliziotti uccisi. Il padre di una delle due vittime, in una recente intervista, ha detto di aver affrontato spese superiori ai 30 mila euro per le parcelle agli avvocati, per i periti di parte e per le sedute di psicoterapia per elaborare il lutto e alleviare il dolore.

Gli agenti Demenego e Rotta erano due servitori dello Stato, caduti in servizio. Tecnicamente sono vittime del dovere e per le vittime del dovere - i sopravvissuti e i loro familiari - in caso di decesso è previsto un sostegno da parte del Dipartimento della pubblica sicurezza secondo una graduatoria aggiornata al 2020, che al momento non prevede i poliziotti uccisi a Trieste.

Finisco, Presidente. Rivolgo un appello al Ministro dell'Interno, sperando di non risultare invadente rispetto alle richieste dei familiari: si provveda a coprire le spese legali sostenute dalle famiglie e si preveda che ciò avvenga ogni qualvolta - il più raramente possibile - si ripete un caso analogo.

Celebriamo giustamente l'abnegazione e la professionalità del nostro personale in divisa ma alle parole facciamo seguire i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli, sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Brevissimamente, solo per sottolineare che la riforma costituzionale in prima lettura, come annunciavo poco prima, non solo non ha raggiunto la maggioranza assoluta dei votanti ma è stata approvata con 212 voti favorevoli, cioè probabilmente al di sotto, addirittura, del numero legale. Giusto per lasciarlo agli atti, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, senz'altro rimarrà agli atti. Ha chiesto di parlare l'onorevole Papiro. Ne ha facoltà.

ANTONELLA PAPIRO (M5S). Grazie, Presidente. Comincio quest'intervento riportando alcune dichiarazioni: ci impegniamo per i diritti delle donne all'interno della sharia; le donne potranno avere attività in settori e aree diverse, come l'educazione e il sistema sanitario; lavoreranno spalla a spalla con noi; se la comunità internazionale è preoccupata, assicuriamo che non ci saranno discriminazioni all'interno della nostra cornice di sharia. Presidente, queste sono le parole che poco meno di un anno fa proferì il portavoce dei talebani, durante la prima conferenza stampa dopo la conquista dell'Afghanistan. Come era prevedibile, è bastato pochissimo tempo per disattendere ogni promessa, per calpestare, corrodere, annientare ogni diritto dei civili, principalmente delle donne che, come sempre, sono costrette a pagare il prezzo più caro. Dopo il divieto di accesso alle attività sportive, all'istruzione, agli incarichi pubblici, a poter viaggiare senza un uomo, pochi giorni fa è stato ordinato con decreto l'obbligo di indossare il burqa, facendo ripiombare indietro di oltre vent'anni la storia. Il dramma del popolo e delle donne afgane continua silenzioso, nell'indifferenza generale. Il loro inferno si espande inesorabilmente, soprattutto adesso che l'attenzione dell'Occidente non è più rivolta alle loro condizioni. Presidente, non spegniamo i riflettori su queste povere anime trasparenti, non voltiamo la testa dall'altra parte. Mentre questi ed altri popoli stanno vivendo il dramma della tirannia, una tirannia che sta annientando ogni loro diritto, non è possibile dimenticare, non è possibile smettere di lottare per i principi di libertà e democrazia e, poi, sventolarne fieri la bandiera. Abbiamo l'obbligo morale di difendere esseri umani violentati nel loro diritto di essere perché, fino a quando un solo popolo sarà in catene, nessuno Stato, dico nessuno, avrà il diritto di essere denominato come uno Stato civile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Licatini. Ne ha facoltà.

CATERINA LICATINI (M5S). Grazie, Presidente. Due notti fa, ci ha lasciato Walter De Benedetto, un uomo, un amico che ci ha insegnato ad amare la vita malgrado tutte le sfide, a volte ingiuste, che la vita può riservarci. Questo lo sapeva bene. Ancora giovanissimo, scopre di avere l'artrite reumatoide e, così, comincia per lui un calvario che lo inchioderà in un letto, fino alla fine. Ma Walter ha affrontato più di un'avversità, ha affrontato la malattia, la discontinuità terapeutica e, infine, un assurdo processo per aver coltivato quella cannabis indispensabile per affrontare la sua patologia. In Italia, purtroppo, come ben sappiamo non riusciamo ancora a soddisfare la richiesta nazionale di cannabis terapeutica del nostro Paese e molti pazienti, come Walter, non ci stanno a rivolgersi allo spacciatore o a dare soldi alla mafia, pagando sulla loro pelle le lacune dell'attuale legislazione. Egli non si è mai arreso, in quel processo è stato assolto ed è diventato un simbolo della battaglia per la regolamentazione della cannabis che, ancora oggi, prosegue. In questa storia, però, Presidente, noi legislatori abbiamo la più grande fetta di colpa, incapaci come stiamo stati, di alleviare le sue sofferenze e di chi, come lui, vive in questo stato. Ho letto molti pensieri sui social dedicati a Walter, un affetto che mi ha commosso e che non mi stupisce e al quale aderisco appieno. Ma questo non basta. Migliaia di persone soffrono, subiscono accuse ingiuste, chiedono una legge sulla cannabis, seria e responsabile. Le parole non servono a nulla, se non c'è il coraggio di andare fino in fondo, e questo Walter lo sapeva bene. Allora, mi rivolgo direttamente a lui, che lassù avrà già ricominciato con le sue lezioni di filantropia. Ciao, Walter, voglio essere fiduciosa come te: dacci un'altra possibilità e ti daremo motivo di festeggiare da lassù (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Troiano. Ne ha facoltà.

FRANCESCA TROIANO (MISTO). Grazie Presidente, Colleghi, il 9 maggio 1978 la vita di Aldo Moro venne spezzata, al termine di una dura e sofferta prigionia. Mi piace ricordarlo in questa solenne Aula, ragionando sul suo pensiero europeo. In questi giorni post-elezione di Emmanuel Macron, si torna a ragionare di Europa e molti commenti pro Europa provano a fare da contraltare a quell'ondata antieuropeista e a quella deriva populista, che tanto preoccupano e confondono a più livelli e da più parti. Provo a ragionare sul tema, recuperando il pensiero di Aldo Moro, a mio avviso autentico precursore - sapendo leggere tra le righe e oltre le stesse - di una storia in repentino cambiamento. In un articolo su La Stampa del 15 ottobre 1972, Moro scriveva: “Ma proprio perché si tratta di un fatto decisivo, penso che noi dovremmo chiedere che esso abbia il suo naturale completamento in una politica comune di movimento e di progresso, cioè un'iniziativa che non si limiti a potenziare la ricchezza dov'è, ma sappia equilibrare e fare giustizia (…). E così è da attendere che i ceti più depressi siano sollevati, le parti sociali viste nella loro dignità, la cultura diffusa, la gioventù valorizzata in un libero movimento e contatto al di là degli antichi confini, una cittadinanza europea, sia pure per una graduale attuazione, riconosciuta (…)”. Temi e parole, che sembrano pronunciate appositamente oggi, per ribaltare la pericolosissima idea che un'Europa disgregata è meglio e che alzare muri è l'unica soluzione per proteggere i nostri confini. Parole, che diventano monito per tutti noi. Moro ragionava per un'Europa forte, democratica e rappresentativa, un'unione aperta alla collaborazione internazionale; con questa determinazione, contribuì alla riforma che, nel 1979, portò alla prima elezione del Parlamento europeo a suffragio universale. Straordinaria è l'intuizione morotea sul pensiero euromediterraneo; Moro immaginava il Mediterraneo come il luogo simbolo da dove ripartire per costruire speranza e fiducia. Noi come Generazione Europa preferiamo pensarla come lui, ovvero un luogo da dove scuotere e risvegliare la coscienza europea, a partire da quella di casa nostra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzo Nervo. Ne ha facoltà.

LUCA RIZZO NERVO (PD). Grazie Presidente, fra pochi giorni non saremo qui in Aula e, quindi, tengo a richiamarla oggi, la Giornata internazionale dell'infermiere. Mai come dopo una pandemia globale, che ha visto gli infermieri in prima linea, non possiamo limitarci ad una celebrazione rituale, dovuta quanto scontata. Dobbiamo di più a chi, nell'esercizio del proprio dovere professionale, ha dimostrato la propria qualità professionale, la duttilità di un sapere che si adegua e si conforma al bisogno del cittadino in un contesto di terribile complessità, come è stato il COVID. Il patrimonio delle competenze specialistiche, che sono state indispensabili alla cura dei nostri malati più gravi, come pure quelle degli infermieri USCA, non devono essere disperse. Credo che sia giusto e opportuno dare la meritata dignità a queste competenze, ridisegnando i profili e i percorsi formativi universitari, rendendoli attuali e attrattivi per i giovani che devono scegliere un percorso di studi. Infatti, la carenza di professionisti si combatte rendendo socialmente riconosciuto e appetibile il ruolo che si andrà a coprire, anche tramite contratti di lavoro e salari che valorizzino le competenze e l'impegno, e si combatte anche dando il giusto riconoscimento alle attività che vengono svolte, descrivendole e rendicontandole per quelle che sono, cioè attività di professionisti, e non valutando le attività solo mediante il fattore del tempo in ore retribuite. Tutto questo gioverà sicuramente agli infermieri italiani e a tutte quelle professioni sanitarie che compongono la nostra sanità pubblica, ma soprattutto sarà di grande vantaggio per coloro che verranno assistiti da équipe di professionisti competenti e motivati. Fare questo è il modo migliore per onorare la Giornata degli infermieri (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 11 maggio 2022 - Ore 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 491-B .

2. Seguito della discussione della proposta di legge:

MELILLI ed altri: Modifiche all'articolo 7 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di termini per la presentazione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e del disegno di legge del bilancio dello Stato alle Camere. (C. 3437-A?)

Relatore: MELILLI.

3. Seguito della discussione delle mozioni Cillis, Viviani, Incerti, Spena, Gadda, Ripani, Fornaro e Gagnarli n. 1-00609 e Meloni ed altri n. 1-00629 concernenti iniziative a sostegno del settore agroalimentare in relazione alla crisi ucraina .

4. Seguito della discussione delle mozioni Lupi, Squeri e Schullian n. 1-00540, Vianello ed altri n. 1-00545, Masi ed altri n. 1-00614, Binelli ed altri n. 1-00628, Foti ed altri n. 1-00641 e Dori ed altri n. 1-00649 concernenti iniziative in materia di energia nucleare di nuova generazione .

5. Seguito della discussione della proposta di legge:

SIANI ed altri: Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. (C. 2298-A?)

e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI ed altri; BELLUCCI ed altri. (C. 1780?-3129?)

Relatore: VERINI.

6. Seguito della discussione delle mozioni Nappi ed altri n. 1-00618, Carnevali ed altri n. 1-00643, Gemmato ed altri n. 1-00645, Mandelli ed altri n. 1-00647 e Panizzut ed altri n. 1-00648 concernenti iniziative per la riorganizzazione dell'assistenza sanitaria territoriale .

7. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00639, Incerti, Fornaro ed altri n. 1-00642, Lollobrigida ed altri n. 1-00644 e Nevi ed altri n. 1-00646 concernenti iniziative volte ad incrementare le misure per il contrasto della peste suina africana e per il sostegno della filiera suinicola .

8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FIANO ed altri; PEREGO DI CREMNAGO ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni eversivi di radicalizzazione violenta, inclusi i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 243?-3357-A?)

Relatore: FIANO.

9. Seguito della discussione della proposta di legge:

GALLINELLA ed altri: Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 183-B?)

Relatore: PARENTELA.

10. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610, Raduzzi ed altri n. 1-00620 e Lollobrigida ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .

11. Seguito della discussione delle mozioni Biancofiore ed altri n. 1-00557, Maria Tripodi ed altri n. 1-00626 e Lollobrigida ed altri n. 1-00635 concernenti iniziative normative volte al ripristino della festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate .

12. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A/R?)

Relatori: DEIANA, per la maggioranza; FOTI, di minoranza.

(ore 15)

13. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 19.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta è pervenuta la seguente segnalazione in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nelle votazioni nn. 1 e 2 il deputato Rotondi ha segnalato che non è riuscito a votare.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl cost. 716-A - em. prem. 01.06 462 459 3 230 28 431 71 Resp.
2 Nominale em. 1.100 459 440 19 221 236 204 71 Appr.
3 Nominale em. 5.100, 5.101 460 441 19 221 237 204 71 Appr.
4 Nominale Mantenimento articolo 6 460 441 19 221 205 236 71 Resp.
5 Nominale em. 7.100 459 440 19 221 234 206 71 Appr.
6 Nominale Pdl 2238-A - em. 1.1, 1.2, 1.404 439 439 0 220 210 229 72 Resp.
7 Nominale em. 1.117 440 439 1 220 198 241 72 Resp.
8 Nominale em. 1.11 429 426 3 214 160 266 72 Resp.
9 Nominale em. 1.13 439 438 1 220 156 282 73 Resp.
10 Nominale em. 1.12 441 441 0 221 138 303 72 Resp.
11 Nominale em. 1.132 451 381 70 191 132 249 73 Resp.
12 Nominale em. 1.208, 1.209 446 441 5 221 204 237 73 Resp.
13 Nominale em. 1.210 452 450 2 226 213 237 73 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 16)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale em. 1.287 451 449 2 225 213 236 73 Resp.
15 Nominale em. 1.290 449 447 2 224 209 238 72 Resp.
16 Nominale Pdl 2238-A - voto finale 382 382 0 192 212 170 73 Appr.