XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 162 di venerdì 12 aprile 2019
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA
La seduta comincia alle 9,30.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a partire dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,36).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative a favore della filiera del riciclo dei rifiuti, con particolare riferimento al riciclo del vetro – n. 2-00332)
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Zolezzi ed altri n. 2-00332 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente, e grazie sottosegretario Micillo. Il riciclo dei rifiuti sta avendo un notevole sviluppo in Italia per l'aumento della raccolta differenziata e per l'aumento della consapevolezza dei cittadini. Però, permangono in alcuni luoghi una carenza delle politiche di prevenzione e numerosi illeciti, come addirittura la produzione di beni fittizi già destinati in partenza al ciclo dei rifiuti, così come è successo per la Eco Cart di San Giorgio di Mantova, sotto inchiesta perché milioni di volantini erano destinati direttamente al macero e non avevano mai la vita di beni.
Dunque, c'è una filiera dei rifiuti che va assolutamente precisata, anche in merito a incentivi per il trasporto dei rifiuti e per il cosiddetto recupero energetico. C'è, poi, ancora una carenza di informazioni per i cittadini in merito alla raccolta differenziata di qualità. C'è stata una riduzione di richiesta, da parte di alcuni Paesi come la Cina, di rifiuti da raccolta differenziata ma caratterizzati da elevate impurità. Questo in qualche modo ha ridotto la possibilità di gestione a valle dei rifiuti raccolti con la raccolta differenziata.
C'è, poi, un settore non così conosciuto, che è il vetro e la raccolta differenziata del vetro, che ha visto una crescita importante pari a più 8,3 per cento dei rifiuti raccolti nel 2017, cioè circa 156 mila tonnellate, e una previsione di un aumento ulteriore del 7,6 per cento nel 2018 (altre 155 mila tonnellate). Questa crescita, però, ha saturato la capacità produttiva nazionale di trattamento e di recupero del vetro totale. Infatti, ci sono state delle aste bandite dal consorzio CoReVE, una costola del consorzio nazionale imballaggi, il CONAI, e alcune aste, come quelle del mese di agosto, hanno visto inoptate circa 65 mila tonnellate. Il CoReVe è un consorzio obbligatorio preposta alla raccolta e alla gestione dei rifiuti e sta reagendo attrezzandosi con aree di stoccaggio temporaneo e incentivando l'esportazione dei rifiuti da imballaggio in vetro e sta cercando anche l'aumento della capacità di trattamento dei singoli impianti di trattamento e di recupero del vetro.
Inoltre, ci sono criticità su singoli impianti come quello della Emiliana Rottami, in provincia di Modena, che da un po' di tempo è sotto curatela fallimentare e recupera potenzialmente circa il 9 per cento del vetro nazionale. Un'altra società che ha una fase di crisi è la Vetri Srl, che sorge a Villa Poma, in provincia di Mantova. Questa addirittura ha una capacità di trattamento pari a 300 mila tonnellate di vetro, pari circa al 20 per cento degli 1,5 milioni di tonnellate di vetro raccolti. Erano previsti importanti investimenti, oltre 80 milioni, da parte di un gruppo multinazionale, a testimonianza di un settore interessante e competitivo anche in ambito internazionale. Nel mese di ottobre 2018 è intervenuta la revoca autorizzativa all'impianto, dopo i controlli della provincia di Mantova. Il TAR di Brescia ha poi sospeso il provvedimento ed è in corso l'adeguamento opportuno alle prescrizioni ambientali richieste. Pende anche un'istanza fallimentare, anche in questo caso da parte di alcuni dipendenti.
Per quanto riguarda il riciclo dei rifiuti in Italia, ricordo che sono oltre 600, dal 2015, gli incendi a impianti di stoccaggio e trattamento rifiuti. È una situazione insostenibile che ha, appunto, numerose concause che vanno tutte studiate chiaramente e uno studio importante è fatto anche dalla magistratura che in alcuni casi ha individuato i responsabili di questi gravissimi reati ambientali con effetti sanitari molto importanti. Il Governo ha reagito, per esempio, con la legge di bilancio del 2019: i commi da 73 a 77 dell'articolo 1 prevedono un credito di imposta per i beni recuperati dai rifiuti.
C'è, però, ancora oggi un accesso al credito non sempre sollecito per queste attività, come nel caso della Vetri Srl, e probabilmente manca un canale preferenziale.
Per cui, con questa interpellanza chiedo al Ministero dell'Ambiente e la tutela del territorio e del mare quali iniziative intenda adottare per favorire la filiera del riciclo anche agevolando l'accesso a strumenti finanziari e, in particolare, quali iniziative e strumenti al fine di favorire il riciclo nazionale del vetro.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente, e grazie all'onorevole Zolezzi per le domande.
Con riferimento alle questioni poste e, in particolar modo, alle misure finalizzate a favorire le filiere del recupero e del riciclo attraverso forme di finanziamento, si ritiene opportuno evidenziare che il Ministero dell'Ambiente è attualmente impegnato nella redazione del decreto ministeriale recante i requisiti tecnici e le certificazioni idonee ad attestare la natura ecosostenibile per l'applicazione e la fruizione del credito d'imposta per le imprese che acquistano prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica ovvero che acquistano imballaggi biodegradabili e compostabili secondo la normativa UNI EN 13432:2002 o derivanti dalla raccolta differenziata della carta e dall'alluminio, ai sensi della legge di bilancio 2019, commi 73-77.
Il Ministero dell'Ambiente è impegnato, altresì, nel recepimento del cosiddetto “Pacchetto rifiuti” ovvero nel recepimento nell'ordinamento nazionale delle modifiche alle più importanti direttive europee in materia di rifiuti, ossia la direttiva (UE) 2018/849 che modifica la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, la direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; il recepimento della direttiva (UE) 2018/850 che modifica la direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti; il recepimento della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva quadro 2008/98/CE, in materia di rifiuti; infine, il recepimento della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 94/62/CE, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
L'attività che si sta svolgendo per il recepimento delle richiamate direttive ha fondamentale importanza in quanto, nell'ambito del recepimento, saranno affrontati temi altamente strategici per l'incentivazione della filiera del riciclo, tra cui il riassetto della responsabilità estesa del produttore e il relativo adeguamento dei sistemi attualmente in esercizio, l'end of waste, il riordino delle competenze tra Stato e regioni nonché la tariffa sui rifiuti.
Per quanto attiene alla filiera del vetro, occorre in primo luogo evidenziare che si tratta di un settore che, a differenza di altri, ha trovato disciplina a livello europeo nel regolamento (UE) n. 1179/2012 della Commissione del 10 dicembre 2012, recante i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. A ciò si aggiunga che il Ministero dell'Ambiente sta valutando la possibilità di predisporre un decreto end of waste per i rifiuti di vetro provenienti da strutture sanitarie, in quanto attualmente esclusi dal predetto regolamento.
Fermo restando quanto appena esposto, con specifico riferimento al caso della Vetri Srl di Villa Poma, in provincia di Modena, la presidenza del tribunale di Modena ha comunicato che, presso lo stesso ufficio giudiziario, risultano allo stato pendenti una procedura fallimentare, iscritta nel 2018, e altre tre procedure iscritte nel 2019. Sempre secondo quanto riferito dal tribunale, lo scorso 1° aprile la società ha formulato istanza di concordato preventivo con riserva. Ad ogni modo, la provincia di Modena ha fatto presente che successivamente all'atto dirigenziale n. 1170 del 2018 di revoca dell'autorizzazione e all'ordinanza del TAR Brescia n. 960 del 2018, con atto dirigenziale n. 238 del 2019 sono state adottate disposizioni per la prosecuzione dell'attività della società Vetri Srl, con preventiva ridefinizione del piano di smaltimento dei rifiuti eccedenti e degli interventi di monitoraggio e ripristino ambientale. Pertanto, secondo quanto rappresentato dalla provincia competente, con il predetto atto è stata autorizzata la ripresa dell'attività, nel rispetto delle specifiche prescrizioni.
Alla luce delle informazioni esposte, si rappresenta, dunque, che il Ministero dell'Ambiente ha provveduto e provvederà per il futuro alle attività e alle valutazioni di competenza relativamente alle questioni rappresentate con il massimo grado di attenzione e a svolgere un'attività di monitoraggio e sollecito, tenendosi informato anche attraverso gli altri enti istituzionali competenti e continuerà a monitorare costantemente l'impatto regolatore della normativa di settore, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere.
PRESIDENTE. L'onorevole Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, sono soddisfatto per la risposta all'interpellanza. Ricordo che in questo periodo è anche in corso la definizione dei nuovi accordi fra ANCI e CONAI per tutta la filiera degli imballaggi. Bene le campagne del Ministero dell'ambiente e le campagne Plastic Free per ridurre, appunto, gli imballaggi e le emissioni di plastiche nel nostro ambiente, in particolare in mare. Certo che, sulla definizione dell'accordo ANCI-CONAI, andranno puntualizzati meglio alcuni aspetti. Apparentemente, questi soldi del Contributo Ambientale CONAI, il CAC, non si capisce bene chi vadano a favorire, visto che, per cifre così basse, ci sono aziende come la Vetri di Villa Poma, che sono ancora in crisi, che non ricevono aiuti dal consorzio di filiera, il CoReVe, e quindi non si capisce se, per caso, questi finanziamenti vadano forse solo a chi produce vetri e non a chi aiuta la filiera del recupero, che si è visto che comunque è in crisi, con la necessità addirittura di esportazione. Su 1,5 milioni di tonnellate di vetro recuperato, raccolto e potenzialmente recuperabile, oltre 150 mila non hanno la possibilità di recupero a livello nazionale. Quindi, probabilmente, sul contributo ambientale va fatto un ragionamento ulteriore.
Bene nella risposta il decreto ministeriale che recherà i requisiti tecnici e le certificazioni idonee ad attestare la natura ecosostenibile per l'applicazione e la fruizione del credito d'imposta per le imprese che acquistano i prodotti con materiali da raccolta differenziata degli imballaggi in plastica o biodegradabili e compostabili. Questo vuol dire stimolare il mercato del riciclo, stimolare l'ecologia, è una risorsa importante, sono oltre 26 milioni di euro; è una risorsa che va fatta conoscere ai cittadini e alle imprese. La prevenzione dei rifiuti è il primo gradino della gerarchia europea dei rifiuti.
Bene il recepimento del pacchetto economia circolare, bene che si definisca che in questo caso non c'è alcun problema di decreto end of waste, visto che se ne parla a volte anche a sproposito. Il settore ha, infatti, trovato disciplina a livello europeo nel Regolamento (UE) n. 1179/2012, che reca i criteri di cessazione della qualifica di rifiuti per i rottami del vetro. È bene che verrà scritto un decreto per il vetro proveniente dalle strutture sanitarie. Questo Ministero dell'ambiente sta affrontando in maniera puntuale numerosi decreti end of waste, dai prodotti assorbenti per la persona, ai conglomerati bituminosi, già all'attenzione della Commissione europea, alla carta e plastiche miste, ad alcune terre e rocce da scavo di cui è in corso un'istruttoria a livello nazionale. In pratica, per oltre 56 milioni di tonnellate di rifiuti, tra pochi mesi, ci sarà il decreto end of waste, per cui potranno essere riciclati in maniera ambientalmente sostenibile e senza disparità regionali.
L'azienda Vetri di Villa Poma ha iniziato, dunque, un periodo di concordato con riserva e auspico che le agenzie regionali lombarde in primis e il Ministero dello Sviluppo economico con cui è iniziata l'interlocuzione diano un supporto e possano supportare anche finanziariamente questa azienda, che deve poter avere un potere contrattuale in questa fase così delicata anche per tutti i lavoratori; dovrà ripartire ma ottemperare contemporaneamente alle importanti prescrizioni ambientali e della provincia di Mantova, e potrà garantire la gestione di ben il 20 per cento del vetro recuperato in Italia. La bonifica è un'impresa per questo territorio periferico all'estremo est della Lombardia, che è vicino a tutto e lontano da tutto, è vicino a un distretto importante della produzione di vetro, che comprende le province di Mantova e di Modena.
In generale, la gestione sostenibile dei rifiuti in Italia con recupero di materia può portare, secondo i dati Althesys, oltre 195 mila posti di lavoro verdi; secondo i dati dell'Ente di protezione ambientale americana, il recupero di materia dà 296 posti di lavoro contro 1 dell'incenerimento; sulla provincia di Mantova incombe la costruzione di un inceneritore e, alla Pro-Gest, di pulper di carta. E quindi conviene che si vada avanti con recupero di materia anche per la difesa dell'occupazione e per la difesa dell'ambiente.
(Elementi ed iniziative di competenza in merito alla vicenda dell'imbarcazione dispersa nelle acque libiche e alla possibile revisione degli accordi vigenti con il Governo libico, alla luce delle documentate violazioni dei diritti umani – n. 2-00342)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Raciti ed altri n. 2-00342 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Raciti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FAUSTO RACITI (PD). La ringrazio, Presidente. Il 2 aprile 2019 il servizio Alarm Phone ha dato notizia di aver ricevuto, la sera precedente, una chiamata da un'imbarcazione vicino alle coste libiche, con a bordo circa 50 persone, inclusi donne e bambini, e che la comunicazione è stata interrotta dopo il regolare avvenuto invio della posizione Gps. La stessa Alarm Phone ha affermato più volte di aver tentato di segnalare la posizione dell'imbarcazione alla Guardia costiera libica senza riuscirci e di aver successivamente contattato il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma.
A tal proposito, il 2 aprile la Guardia costiera italiana ha chiarito attraverso le agenzie di stampa - cito testualmente - che «Watch the Med – Alarm Phone ha segnalato alla Centrale Operativa della Guardia Costiera italiana la probabile partenza, nella serata di ieri, di un barcone dalla Libia con circa 50 persone a bordo». Aggiunge: «Veniva inoltre riferita la probabile posizione dell'unità, a nord di Zwara, ancora all'interno delle acque territoriali libiche» ed «essendo la posizione segnalata all'interno dell'area Sar di responsabilità libica, ha immediatamente inoltrato le informazioni ricevute alla Guardia Costiera libica, che ha assicurato l'avvenuta ricezione degli elementi forniti, per le successive azioni di competenza». Lo stesso giorno, il portavoce della Marina libica ha dichiarato all'ANSA che la Guardia Costiera libica non è intervenuta alla ricerca del gommone perché la segnalazione ricevuta risultava, a suo dire, «incompleta» e ha aggiunto di aver chiesto alle piattaforme petrolifere presenti nell'area di «seguire la situazione, inviare loro rimorchiatori e fare il necessario» per la salvezza di queste persone.
Credo che questa dichiarazione, aggiunta all'intimazione ad essa seguita alle organizzazioni non governative di non intervenire in acque libiche, possa essere sufficiente ad una condanna senza appello delle autorità libiche e degli accordi stipulati tra queste ultime e il Governo italiano.
Alla data di presentazione della nostra interpellanza, non c'era traccia dell'imbarcazione dispersa, come dimostrano, tra l'altro, le ricerche compiute senza successo dalla nave Alan Kurdi della ONG Sea Eye.
Come se non bastasse, la missione Sophia è stata ridotta al solo pattugliamento aereo con il ritiro delle navi e pochi giorni fa l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, presente in Libia, ha dichiarato che la Libia non può essere considerata un porto sicuro e che la stessa organizzazione non può garantire la protezione dei migranti, che spesso vengono trasferiti in centri di detenzione nei quali le condizioni sono «inaccettabili e inumane» e «la detenzione di uomini, donne e bambini è arbitraria». L'ONU ha pubblicato, nel dicembre 2018, un documento a cura dell'UHCHR, nel quale si denunciano gravi violazioni, atrocità e abusi commessi in Libia «dai funzionari pubblici, dai miliziani che fanno parte di gruppi armati e dai trafficanti». Un rapporto nel quale si descrivono - cito testualmente - gli «orrori inimmaginabili» che migranti rifugiati patiscono in Libia, tra torture, detenzioni arbitrarie, stupri, schiavitù e lavori forzati. Il segretario generale aggiunto dell'ONU per i diritti umani, Andrew Gilmour, ha ribadito ancora una volta che «i migranti vengono sottoposti a orrori inimmaginabili dal momento in cui entrano in Libia».
In una dichiarazione del 29 marzo 2019, la portavoce della Commissione europea responsabile per la migrazione, Natasha Bertaud, ha ribadito che «la Commissione ha sempre detto che al momento in Libia non ci sono le condizioni di sicurezza» e che «tutte le imbarcazioni che battono bandiera UE non possono fare sbarchi in Libia». «Come definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare» - ha detto la portavoce - «un luogo di sicurezza è un luogo in cui la sicurezza della vita delle persone soccorse non è più minacciata e dove i bisogni umani di base possono essere soddisfatti e possono essere presi accordi per il trasporto della destinazione successiva o finale delle persone soccorse. La Commissione ha sempre affermato di non ritenere che tali condizioni siano attualmente soddisfatte in Libia».
Per queste ragioni, con questa interpellanza abbiamo chiesto: se il Governo abbia avviato delle iniziative per verificare cosa sia effettivamente accaduto all'imbarcazione dispersa e le ragioni che ne abbiano determinato il mancato soccorso.
In secondo luogo, alla luce delle documentate violazioni dei diritti umani in Libia e dell'attuale crisi che si è aggiunta, intervenendo successivamente alla presentazione di questa interpellanza, anche se non certo a sorpresa, si chiede se il Governo intenda ritrattare gli accordi vigenti con il Governo libico, al fine di assicurare che la collaborazione nel nostro Paese sia condizionata all'effettivo rispetto dei diritti umani.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Signori deputati, i deputati interpellanti, nel richiamare l'episodio della segnalazione di Alarm phone di Watch the Med del 2 aprile scorso circa la presenza di un'imbarcazione con migranti a bordo in difficoltà nel tratto di mare prospiciente le coste libiche, chiedono al Governo di riferire sull'accaduto, nonché se intenda adottare iniziative per la revisione degli accordi vigenti con la Libia, con riguardo particolare al tema del rispetto dei diritti umani.
In relazione all'episodio oggetto dell'atto di sindacato ispettivo, riferisco all'Aula che, sulla base degli elementi informativi forniti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, abbiamo ricevuto tali informazioni: alle ore 5 del 2 aprile scorso, Alarm phone, il servizio telefonico per assistenza ai rifugiati in difficoltà nelle acque del Mar Mediterraneo, ha contattato il centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano, riferendo della presenza di un'imbarcazione con circa 50 migranti a bordo in situazione di imminente pericolo di naufragio all'interno dell'area di ricerca e soccorso libica, a circa 14 miglia nautiche a nord di Zuara.
Ricevuta tale segnalazione e considerato che l'unità in difficoltà risultava all'interno dell'area di responsabilità Search and rescue region (SRR) della Libia, il predetto centro di coordinamento ha attivato tempestivamente i canali di comunicazione per informare le competenti autorità SAR libiche.
Alle ore 6,13 è stata acquisita conferma che l'autorità SAR libica fosse informata dell'evento e che aveva già intrapreso le iniziative di propria competenza. Nel corso di una successiva comunicazione alle ore 6,33, l'autorità SAR libica dava assicurazioni di aver intrapreso le azioni necessarie per acquisire maggiori elementi in merito all'evento segnalato, al fine di ottenere la conferma dell'esistenza di un'unità con migranti a bordo in situazione di imminente pericolo nella propria area di responsabilità.
Segnalo altresì che, nella mattina del successivo 3 aprile, la nave “Alan Kurdi”, battente bandiera tedesca e gestita dall'ONG tedesca Sea Eye, ha informato le autorità SAR libiche e, per conoscenza, i centri di coordinamento di Malta, Italia e Germania di aver ricevuto una chiamata di soccorso da parte di un'imbarcazione in difficoltà con 64 persone a bordo all'interno della SRR libica, a circa 17 miglia nautiche a nord di Zuara. L'imbarcazione in questione è stata successivamente individuata e soccorsa dalla stessa nave nel pomeriggio dello stesso giorno.
Pur non disponendosi di chiare evidenze al riguardo, appare possibile ipotizzare per il non dissimile numero di migranti a bordo (50 persone nella segnalazione del 2 aprile, 64 quelle effettivamente soccorse il 3 aprile) e la posizione del rinvenimento (14 miglia e 17 miglia a nord di Zuara) che il gommone soccorso dalla nave “Alan Kurdi” fosse la stessa unità oggetto della segnalazione del 2 aprile.
Per quanto riguarda, poi, il secondo aspetto evidenziato dai deputati interpellanti, cioè quello degli accordi vigenti tra Italia e Libia, evidenzio che la collaborazione bilaterale tra i due Paesi si fonda su due principali pilastri: il Trattato di amicizia partenariato e cooperazione del 30 agosto 2008 e il memorandum di intesa firmato dal Presidente del Consiglio pro tempore e dal Presidente del Consiglio presidenziale libico il 2 febbraio 2017.
In entrambi gli strumenti pattizi il tema del rispetto dei diritti umani era stato sviluppato con particolare attenzione. Nel Trattato del 2008, le parti, nel sottolineare la comune visione della centralità delle Nazioni Unite nel sistema di relazioni internazionali, si sono impegnate ad adempiere agli obblighi derivanti dai principi e dalle norme di diritto internazionale universalmente riconosciuti. Allo stesso modo, il memorandum ha previsto espressamente che le parti si impegnino ad interpretare e ad applicare l'intesa nel rispetto degli obblighi internazionali e degli accordi sui diritti umani di cui i due Paesi siano parte.
Il nostro Paese ha, quindi, indirizzato negli ultimi anni ogni sforzo diplomatico e di sostegno tecnico per la stabilizzazione di un'area, quale quella libica, cruciale per gli equilibri politici del Mediterraneo e per il controllo dei flussi migratori ed il contrasto di quelli irregolari nel rispetto dei diritti umani. In tal senso, la presenza dell'OIM e dell'UNHCR in Libia, fortemente favorita dal nostro Paese, rappresenta uno strumento di osservazione e di garanzia del rispetto dei diritti fondamentali della persona.
È evidente, in conclusione, che gli ultimi sviluppi in Libia, con l'escalation militare in atto, non possono che essere motivo di forte preoccupazione per l'Italia, così come lo sono e devono esserlo per tutta l'Europa e per l'intera comunità internazionale. In tale quadro, come ha riferito appena ieri il Presidente del Consiglio a quest'Aula, la situazione libica impone un'accelerazione sul piano politico-diplomatico.
In tal senso, il Presidente Conte ha ribadito il pieno sostegno al Segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres, al suo Rappresentante speciale, Salamé, per riportare le parti al tavolo negoziale e riattivare il processo politico guidato dalle Nazioni Unite.
PRESIDENTE. L'onorevole Raciti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
FAUSTO RACITI (PD). Sì, Presidente, lo sono solo molto parzialmente. Io credo che, su una vicenda di questo genere, anche se capisco che questa non è responsabilità immediata del Governo italiano, sia largamente insufficiente spiegare che appare possibile che sia stata la stessa imbarcazione ad essere stata salvata con i 64 a bordo dalla “Alan Kurdi”. In queste cose, sarebbe legittimo aspettarsi un ragionevole margine di certezza, perché stiamo discutendo della vita di cinquanta persone.
Vorrei fare presente al Governo che, al netto della vicenda che ha investito con episodi di guerra civile, nel corso di questi giorni, la Libia, ma che ha visto, negli ultimi mesi, maturare tutti i presupposti per gli avvenimenti delle ultime settimane, noi siamo però in presenza di alcuni dati certi. Il 28 giugno del 2018 viene notificata all'Organizzazione marittima delle Nazioni Unite l'esistenza di una SAR libica, con centro di coordinamento per le operazioni di salvataggio presso l'aeroporto di Tripoli. Il 2 luglio del 2018, Natasha Bertaud, portavoce della Commissione europea per le migrazioni dichiara che la Libia non è un porto sicuro. Il 5 settembre del 2018, l'Alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite, l'italiano Filippo Grandi, ha espresso la medesima posizione.
Secondo la Convenzione di Amburgo, le autorità di uno Stato costiero competente sulla zona di intervento in base agli accordi regionali stipulati, che abbiano avuto notizia dalle autorità di un altro Stato della presenza di persone in pericolo di vita nella zona di mare SAR di propria competenza, dovranno intervenire immediatamente senza tener conto della nazionalità o della condizione giuridica di dette persone. L'autorità competente così investita dalla questione deve accusare immediatamente ricevuta della segnalazione e indicare allo Stato di primo contatto, appena possibile, se sussistono le condizioni perché sia effettuato l'intervento. Sarà successivamente l'autorità nazionale che ha avuto il primo contatto con la persona in pericolo in mare a coordinare le operazioni di salvataggio, tanto nel caso in cui l'autorità nazionale competente SAR dia risposta negativa alla possibilità di intervenire in tempi utili, quanto in assenza di ogni riscontro da parte di quest'ultima. La cessione della competenza ad operare interventi SAR in acque internazionali non dovrà, comunque, pregiudicare la dignità e la vita delle persone che si devono soccorrere.
Noi non sappiamo, alla luce della risposta del Governo, se questo e in che modo questo sia effettivamente avvenuto, perché ci troviamo di fronte a un quadro ipotetico. Appare possibile, ovviamente il nostro augurio è che questo sia avvenuto e che non ci siano state 50 vittime del mare di cui non abbiamo notizia. Va tenuto, però, conto del fatto che, quando le autorità italiane cedono alle autorità libiche una responsabilità SAR inizialmente assunta dopo il primo avvistamento dei natanti da soccorrere, anche con riferimento alle persone che, trovandosi a bordo dei gommoni in acque internazionali, ricadono già sotto la sua giurisdizione esclusiva, indipendentemente dallo Stato di bandiera dei mezzi civili e militari che vengono soccorsi, si realizzano tutti gli estremi di un trasferimento di giurisdizione che equivale a una consegna di quelle stesse persone alle autorità di un Paese che non garantisce un luogo di sbarco sicuro, che non aderisce alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e che si trova in una fase di conflitto armato e di gravi violazioni dei diritti umani, anche ai danni della popolazione libica, al punto che a tale riguardo sono in corso indagini da parte della Corte penale internazionale.
Io dico al Governo, gentile sottosegretario, anche per i più recenti fatti di guerra che contribuiscono drammaticamente a dimostrare che la SAR libica non ha legittimità, perché per esserci una SAR deve esserci un porto sicuro. Credo sia arrivato il momento, al netto delle iniziative diplomatiche che il Governo eventualmente deciderà di assumere rispetto ai fatti libici, di prendere atto del fatto che la zona SAR libica non esiste; che non è più proseguibile un atteggiamento di carattere intimidatorio nei confronti delle organizzazioni non governative che, nel corso di questi mesi, si sono caricate sulle proprie spalle, oltre i salvataggi, anche un compito di sorveglianza di quello che avviene nel mar Mediterraneo; e che, probabilmente, è arrivato il momento di considerare nulli quegli accordi, anche in conseguenza del clima interno alla Libia e di rivedere la posizione del nostro Paese rispetto ad uno Stato che, non solo è terreno di conflitto militare, ma che non ha offerto nel corso di questi ultimi mesi nessun segnale che potesse far sperare in una evoluzione positiva della propria condizione e della propria capacità di rivelarsi porto sicuro e, quindi, di poter esercitare le funzioni di ricerca e salvataggio che erano previste dagli accordi internazionali sottoscritti tra il nostro Paese e la Libia stessa.
Il nostro Paese ha avuto una tradizione di politica estera molto attenta al Mediterraneo, che ci è valsa spesso la simpatia e la vicinanza dei popoli che vi si affacciano, e la politica estera è stata la nostra strada, nel corso di questi anni, alla sicurezza interna, pur se tra alti e bassi. Noi viviamo una realtà rovesciata nella quale, invece, la politica estera sembra diventata semplicemente un elemento di politica interna; io credo che il nostro Paese questo tipo di atteggiamento non se lo possa più permettere e consentire. Quindi, invito il Governo, che su questo non ha espresso un indirizzo chiaro, a rivedere il più rapidamente possibile, nell'interesse anche del nostro Paese e della sua sicurezza, la propria posizione.
(Iniziative volte a rafforzare i presidi di sicurezza nella provincia di Foggia, a fronte dell'incremento di gravi eventi criminosi – n. 2-00346)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Faro ed altri n. 2-00346 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Faro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MARIALUISA FARO (M5S). Grazie, Presidente. La provincia di Foggia è una delle province più belle d'Italia, con i suoi borghi nei famosi monti Dauni e il mare della meravigliosa costa garganica; si tratta di un territorio molto vasto e spettacolare, è una terra di buon cibo e di bellissime tradizioni e, dunque, va preservata, valorizzata e, soprattutto, protetta.
Negli ultimi mesi, però, la provincia è stata teatro di numerosi eventi criminosi, quali rapine a mano armata, furti in appartamento e aggressioni, occupando, ahimè, frequentemente, le prime pagine dei giornali e questo ha compromesso la percezione di sicurezza da parte dei cittadini della Capitanata. Come rappresentante del territorio ho risposto alle numerose richieste di aiuto che ho ricevuto attraverso questa interpellanza urgente.
“Tre episodi in meno di due settimane hanno scosso la città e l'opinione pubblica; l'ultimo in ordine di tempo si è verificato nella notte tra il 29 e il 30 gennaio al Villaggio Artigiani. Nel mirino della criminalità è finito il punto vendita Euronics del quartiere produttivo di Foggia. Pesantemente danneggiato lo store, l'atto dinamitardo segue di pochi giorni gli arresti degli agenti della squadra mobile di Foggia che nelle ultime settimane hanno messo a segno due arresti, uno in flagranza di reato, l'altro su ordinanza di custodia cautelare, a carico di altrettanti soggetti ritenuti vicino alla criminalità organizzata, accusati di tentata estorsione ai danni dei commercianti della zona (…). Altri due ordigni sono stati riservati, infatti, anche al negozio Esteticamente di via Lucera, che ha subito due attentati dinamitardi in cento giorni e all'emporio Asia in via Miranda. Dalle bombe reali a quelle immaginarie il passo è breve e la psicosi è dietro l'angolo. Così due allarmi per pacchi sospetti sono scattati davanti a due istituti scolastici della città; è successo davanti alle scuole Altamura e Parisi, dove la presenza di “ventiquattrore” e trolley ha fatto scattare il piano d'emergenza: strade transennate, edifici evacuati, artificieri sul posto, per poi verificare che i bagagli in questione erano vuoti (…)”. Così intitolava Foggia Today il 31 gennaio 2019.
Un'escalation di fatti che oltre a coinvolgere la città capoluogo ha riguardato anche i piccoli paesi della provincia, sconvolgendo quella tranquillità tipica dei tanti borghi del Gargano. Mi riferisco anche agli episodi avvenuti nel comune di Sannicandro Garganico, dove si sono registrati episodi gravi, come la rapina ad un furgone portavalori postale alle 11 del mattino in pieno centro, proprio la scorsa settimana e, di nuovo a Foggia, a seguito dei furti accaduti in un plesso scolastico. È il caso della scuola materna “Angela Fresu” di via Consagro che ha contato ben due episodi analoghi, l'ultimo dei quali proprio questa mattina. Un'emergenza che ha spinto i genitori a una raccolta firme, prima, e il sindaco di Foggia, poi, ad optare per un servizio di vigilanza davanti alle scuole comunali. Un altro articolo di Foggia Today.
Questi fatti hanno evidenziato un rischio concreto per la sicurezza della provincia di Foggia, aggravato anche dall'approssimarsi della stagione estiva che, con i flussi turistici verso le coste garganiche, fa innalzare le presenze fino a diverse centinaia di migliaia di persone. Pertanto, chi vi parla, unitamente agli altri interpellanti, nel rappresentare al Governo le preoccupazioni delle tante piccole comunità della provincia di Foggia, si rivolge al Ministro dell'Interno e al Ministro della Difesa per conoscere quali iniziative di contrasto intendano pianificare per garantire la sicurezza dei cittadini nel territorio della provincia di Foggia, ovvero se sia nelle intenzioni dei Ministri interrogati aumentare l'organico di polizia e carabinieri, con l'obiettivo di rafforzare un controllo capillare all'interno del territorio della provincia di Foggia.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, signori deputati, la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nella provincia è già da tempo alla costante attenzione investigativa ed operativa delle forze dell'ordine e delle locali autorità provinciali di pubblica sicurezza impegnate in una delicata opera di ripristino delle condizioni di legalità in un contesto territoriale complesso ed esposto alla presenza delle consorterie criminali.
Come evidenziato nell'ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, si tratta, infatti, di una provincia in cui il forte radicamento di organizzazioni criminali sul territorio si manifesta con danneggiamenti e atti intimidatori ai danni di operatori del commercio, dell'edilizia, del turismo e dell'agricoltura, settori trainanti dell'economia del territorio.
Con riferimento a quanto segnalato dai deputati interpellanti, gli episodi di criminalità verificatisi negli ultimi mesi in provincia di Foggia hanno effettivamente suscitato grande clamore e comprensibili sentimenti di allarme e preoccupazione nella cittadinanza, a fronte dei quali la reazione dello Stato è stata immediata ed incisiva. Al riguardo, vorrei ricordare alcune delle principali operazioni portate a termine in quest'ultimo periodo dalle forze di polizia. Il 25 gennaio 2019, la squadra mobile della questura ha arrestato per tentata estorsione due individui contigui alla criminalità organizzata foggiana e il 4 febbraio 2019 la Polizia di Stato e il GICO della Guardia di finanza hanno eseguito nei confronti di un pluripregiudicato il sequestro di beni per oltre tre milioni e mezzo e, tra essi, 16 immobili tra cui diverse nude proprietà e diversi conti correnti. Il successivo 5 febbraio 2019 è stata eseguita un'altra importante operazione di Polizia giudiziaria denominata “Chorus” e coordinata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Foggia che ha portato all'esecuzione da parte della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di finanza di una serie di ordinanze di custodia cautelare nei confronti di sedici soggetti, alcuni dei quali contigui ai clan mafiosi.
La valutazione degli inquirenti è che, almeno per quanto riguarda il capoluogo, i più recenti episodi criminali sono riconducibili proprio alle difficoltà in cui versa la malavita organizzata foggiana, la quale è stata pesantemente colpita da una serie di brillanti operazioni della Polizia giudiziaria, prima tra tutte quella denominata “Decima Azione” condotta nel novembre 2018, che ha assicurato alla giustizia i massimi esponenti delle consorterie criminali di Foggia. Si è probabilmente creato un vuoto di potere che ha determinato un assestamento dei gruppi mafiosi, anche ad opera di giovani delinquenti che, privi di una strategia ben definita, hanno cercato di imporre la loro presenza sul territorio.
Altrettanto tempestiva è stata l'azione delle forze dell'ordine in occasione di alcuni episodi, pure citati dagli stessi interpellanti, relativi a furti avvenuti all'interno della scuola materna di Foggia, verificatesi il 25 e il 31 gennaio 2019, i cui autori giovanissimi, e che contrariamente alle ricostruzioni giornalistiche si sono introdotti in aree non frequentate da bambini, sono stati tempestivamente individuati dai Carabinieri e denunciati all'autorità giudiziaria.
Pur in presenza di tali importanti risultati e sebbene l'andamento della delittuosità dell'intera provincia abbia fatto evidenziare nel biennio 2017-2018 una generale contrazione dei fenomeni criminali, la linea di intervento che il Ministero dell'Interno intende portare avanti con assoluta determinazione ha quale obiettivo primario di innalzare ulteriormente l'azione di prevenzione e di contrasto delle forze di Polizia, anche con particolare riguardo alla esigenza di un'eventuale rimodulazione della forza organica, in relazione alle necessità emergenti.
In tale quadro vorrei anzitutto precisare che non si evidenzia per la provincia di Foggia una particolare situazione di criticità, se raffrontata con quella delle altre province della regione. Per quanto riguarda la forza effettiva di Polizia di Stato rispetto alla previsione organica, questa dispone di una consistenza complessiva, in ambito provinciale, di 798 uomini.
Ciò nonostante, informo che risultano già essere stati disposti in quella provincia, dal Ministero dell'Interno per l'anno 2018, incrementi di personale pari a complessive 76 unità, mentre nel mese di febbraio di quest'anno si è già provveduto con l'assegnazione di ulteriori 7 uomini.
Nella provincia, l'Arma dei carabinieri opera con un comando provinciale, 7 comandi di compagnia e 55 tenenze e stazioni. Il 5 settembre 2018 è stato peraltro istituito lo squadrone dei Carabinieri elitrasportato cacciatori "Puglia", con 57 unità totali, mentre l'11 marzo scorso è stata disposta la proroga dell'impiego a Foggia dei contingenti di rinforzo dell'Arma (compagnia di intervento operativo), impiegati nei servizi di vigilanza e prevenzione del territorio.
La Guardia di finanza, a sua volta, opera con un dispositivo territoriale composto, oltre che dal comando provinciale, da un nucleo di polizia economico-finanziaria di Foggia, avente una forza effettiva di 78 unità, dalle compagnie di Foggia, Cerignola, Manfredonia e San Severo, con una forza effettiva complessiva pari a 207 unità, e dalle tenenze di Lucera, Margherita di Savoia, San Nicandro Garganico Torre Fantine e di Vieste, con una forza complessiva effettiva pari a 110 unità. Evidenzio, inoltre, che la recente rivisitazione a livello nazionale del dispositivo territoriale della Guardia di finanza, operativa dal 1° gennaio di quest'anno, ha previsto l'istituzione nella provincia di San Severo e della compagnia di Foggia.
Ritornando alla Polizia di Stato, l'intenzione è comunque quella di procedere ad un ripianamento al 100 per cento del turnover del personale attraverso l'attuazione di un piano quinquennale di assunzioni, per azzerare le carenze di organico, utilizzando le risorse stanziate proprio nell'ultima legge di bilancio. Il Governo confida che le misure in atto e quelle che si realizzeranno nei prossimi mesi consentiranno di innalzare ulteriormente gli standard di operatività e di efficacia di tutte le componenti del sistema sicurezza, e di garantire anche per la provincia di Foggia quell'auspicato, ulteriore potenziamento degli organici utili al rafforzamento delle attività di prevenzione e contrasto da parte delle forze di Polizia.
PRESIDENTE. L'onorevole Faro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
MARIALUISA FARO (M5S). Grazie, Presidente. Sì, mi ritengo soddisfatta, e confidiamo anche noi che le misure intraprese dallo Stato e dal Ministero possano veramente aumentare la sensazione e finalmente mettere fine a quell'insicurezza da parte dei cittadini. Ovviamente è importante far sentire i cittadini al sicuro, e le ultime operazioni di arresto che si sono appunto succedute in provincia di Foggia hanno colpito duramente la criminalità organizzata.
È definita anche quarta mafia, in provincia di Foggia. Continuiamo, però, a tenere alta l'attenzione in particolar modo su questa provincia, perché è una provincia che ha tanto da offrire, e soprattutto deve avere le stesse opportunità delle altre province italiane, per sviluppo e presenze turistiche. Ringrazio comunque sempre le forze dell'ordine della nostra provincia, perché ogni giorno si impegnano per far sì che i cittadini, la popolazione della Capitanata si sentano sempre al sicuro.
Concludo e ringrazio il sottosegretario Sibilia per aver risposto molto esaustivamente alla mia interpellanza, e vorrei concludere con una citazione di Borsellino: “Parlate della mafia, parlatene alla radio, parlatene in TV e sui giornali, ma parlatene”.
(Chiarimenti in merito ad asseriti rischi connessi all'installazione di telecamere di sicurezza nel centro storico di Roma, da parte di Huawei, con particolare riferimento alla protezione dei dati personali e dei diritti dei cittadini – n. 2-00352)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Magi e Schullian n. 2-00352 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Magi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente, la illustro. Sottosegretario, la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha annunciato che la società cinese Huawei installerà telecamere di sicurezza nel centro storico della capitale, nei quartieri di San Lorenzo e nei dintorni di Piazza Vittorio, dopo quelle che già sono presenti al Colosseo. Queste nuove telecamere intelligenti saranno in grado di seguire eventuali vandali o autori di reato, e saranno direttamente collegate con le forze dell'ordine. A quanto si legge nelle dichiarazioni rilasciate dalla sindaca di Roma, nel caso in cui nelle immagini compaia una persona con precedenti, le forze dell'ordine saranno in grado di intervenire sul posto con maggiore tempestività.
Appare evidente che, con l'obiettivo di seguire eventuali vandali o autori di reato, saranno sorvegliati tutti i cittadini, inclusi i minori; peraltro, con un approccio che presuppone una presunzione di colpevolezza dei cittadini con precedenti penali, in aperto contrasto con le garanzie previste dalla nostra Costituzione.
La notizia ci fa venire alla mente quella relativa all'uso da parte della polizia cinese – notizia del febbraio di quest'anno – di occhiali che, grazie ad una piccola telecamera dotata di intelligenza artificiale, possono identificare in tempo reale i sospetti: una tecnologia che pone notevoli problemi in termini di privacy, che si presta ad essere utilizzata per controllare dissidenti politici o appartenenti a minoranze etniche, e che rende la sorveglianza dello Stato cinese, com'è noto, onnipresente.
Ricordiamo anche che negli Stati Uniti, con il National Defense Authorization Act, è stato vietato alle agenzie federali statunitensi di acquistare tecnologie Huawei, accusando questa società di usare le proprie tecnologie per un'azione di spionaggio da parte del Governo cinese, e di avere rubato segreti commerciali e di avere aggirato, con questi strumenti, le sanzioni all'Iran. Gli Stati Uniti hanno inoltre chiesto ai propri alleati di non utilizzare tecnologie Huawei per la costruzione di infrastrutture strategiche di rete avanzate, quali le future reti 5G.
Ora, noi abbiamo una normativa che si è stratificata nel tempo, che da una parte prevede che ci sia un parere del Garante su ogni installazione di impianto di questo tipo, com'è noto, che valuti sia il software, le caratteristiche del software, che valuti le caratteristiche ambientali, la tipologia di impianto. Siamo, quindi, a chiedere al Governo, perché evidentemente si pongono dei problemi notevoli di bilanciamento della sicurezza da una parte con la garanzia dei dati, se è a conoscenza dei contenuti del contratto di servizio stipulato tra il comune di Roma e Huawei, e se risulti che siano state prese delle precauzioni e quali queste siano, al fine di evitare la possibilità che i dati acquisiti vengano trasferiti anche al di fuori del territorio nazionale; se, per quanto risulta al Governo, il Garante per la protezione dei dati personali abbia espresso il proprio avviso ai sensi delle disposizioni a cui mi riferivo; e, infine, quanti siano, a conoscenza del Governo, gli impianti di videosorveglianza che sfruttano i sistemi di intelligenza artificiale installati in luoghi pubblici o aperti al pubblico e i cui dati siano accessibili alle autorità pubbliche, e se esista una mappatura, da parte del Ministero, riguardo alle modalità della conservazione e del trattamento di questi dati.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Signori deputati, in merito alla segnalata installazione di telecamere di sicurezza da parte della società Huawei in alcuni siti del quartiere di San Lorenzo e di Piazza Vittorio Emanuele II del comune di Roma, l'amministrazione capitolina ha rappresentato che, in occasione del secondo Gran premio di Formula E, di cui Huawei è main sponsor, la società ha inteso mettere a disposizione della città il proprio know-how tecnologico per contribuire ad innalzare i livelli di sicurezza della capitale. In particolare, ha manifestato la volontà di mettere a disposizione della polizia locale, con oneri a proprio carico, un congruo numero di telecamere per un test di funzionalità, da posizionarsi in siti di particolare pregio e di sicura criticità, che si è ipotizzato potrebbero essere l'area del Colosseo e quella di Piazza Vittorio Emanuele II. Tuttavia, Roma Capitale non ha ancora ricevuto nei dettagli la proposta di liberalità della società Huawei, e si è dunque riservata di valutare la fattibilità giuridica e tecnica che emergerà dal progetto.
Chiarito che, al momento, non esiste un contratto di servizio tra Roma Capitale e la società Huawei, il comune ha precisato che, qualora ciò dovesse accadere, si atterrà alle specifiche direttive previste dal Ministero dell'Interno in materia di sistemi di videosorveglianza in ambito comunale e trattamento dei dati personali, nonché alle modalità di presentazione delle istanze e dei progetti finalizzati all'installazione dei sistemi di videosorveglianza, come peraltro già fatto in occasioni precedenti. Roma Capitale ha, inoltre, reso noto che non dispone di impianti di videosorveglianza con caratteristiche tecniche tali da consentire la possibilità del riconoscimento di persona in base ai tratti somatici – cosiddetto riconoscimento facciale –, né tantomeno il rilevamento della presenza di individui con precedenti penali, e che tali attività poi non rientrano infatti nelle funzionalità ascrivibili alle polizie locali.
Tanto riferito in merito alla specifica vicenda segnalata nell'interpellanza, rammento, su un piano più generale, che la videosorveglianza, quando dia luogo alla rilevazione a distanza di immagini riproducenti persone che possono essere direttamente o indirettamente identificate, costituisce un'operazione di trattamento dei dati personali, da effettuare in conformità alla disciplina in materia di protezione dei dati personali.
Quest'ultima è rinvenibile nel regolamento dell'Unione europea n. 2016/679 del 27 aprile 2016, recante la normativa generale sulla protezione dei dati personali, nonché nella normativa speciale contenuta nel decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, applicabile esclusivamente al trattamento dei dati personali effettuati per finalità di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento dei reati, o esecuzione di sanzioni penali.
Per quanto concerne le amministrazioni comunali, trova anche applicazione il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, che costituisce la base giuridica del trattamento dei dati personali mediante strumenti di videosorveglianza effettuato dai comuni esclusivamente ai fini di tutela della sicurezza urbana. In particolare, il predetto decreto prevede che i comuni possano utilizzare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico, prescrivendo altresì che la conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l'uso dei sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione.
Tali fonti normative, pur prevedendo numerose disposizioni di carattere generale applicabili anche alla videosorveglianza, non contemplano, tuttavia, specifiche previsioni per tale peculiare modalità di raccolta dei dati personali. Per ovviare a tale lacuna, il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto ripetutamente con provvedimenti regolatori ad hoc, e, da ultimo, con il provvedimento in materia di videosorveglianza dell'8 aprile 2010, che contiene prescrizioni vincolanti per tutti i soggetti pubblici e privati che intendano avvalersi del sistema in esame. Da tale articolato quadro normativo discendono rilevanti vincoli per il titolare del trattamento, tra i quali si evidenziano: l'obbligo di rispettare i princìpi generali di liceità, correttezza e trasparenza del trattamento; l'obbligo di adottare misure tecnico-organizzative adeguate per garantire un trattamento conforme alle disposizioni in materia, nonché il dovere di assicurare agli interessati la possibilità di esercitare i diritti di informativa di accesso e di cancellazione dei dati. Più nello specifico, il provvedimento del Garante prescrive che gli interessati debbano essere sempre informati che stanno per accedere ad una zona videosorvegliata, prevedendo, a tal fine, l'utilizzo di apposita cartellonistica con la dicitura “area videosorvegliata” da collocare in prossimità del raggio d'azione della telecamera. Particolare attenzione, ancora, è posta sulle misure di sicurezza fisica e informatica da adottare per proteggere i dati personali dal rischio di distruzione e di perdita, anche accidentale, di accesso non autorizzato, di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta, nonché sulla durata della conservazione eventuale delle immagini. Rendo noto, infine, che gli impianti di videosorveglianza in uso all'ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura di Roma non sono dotati di sistemi di intelligenza artificiale per l'analisi dei dati video acquisiti e che il predetto ufficio, per mezzo di una postazione client, può visualizzare le immagini acquisite da alcuni sistemi di videosorveglianza del comune di Roma attestati presso la Sala Sistemi Roma.
PRESIDENTE. L'onorevole Magi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta, perché nella prima parte di essa ci ha rassicurati rispetto ad una informazione che, invece, era stata data dalla sindaca di Roma e diffusa da tutti gli organi di informazione come un fatto acquisito e che sarebbe avvenuto; quindi, ci rassicura il fatto che in realtà ci sia un'idea in termini generici, non ci sia alcun contratto di servizio e che, evidentemente, nel caso, questo verrà stipulato con il rispetto di tutta quanta la normativa. Su questo preme precisare che, siccome la tecnologia va avanti, il punto delicato è proprio quello che il sottosegretario sottolineava, cioè quello di sistemi che funzionano con il cosiddetto riconoscimento facciale: su questo probabilmente sarebbe, e sarà, utile anche un aggiornamento della circolare del Garante per la privacy.
Ricordiamo anche che, secondo il parere di molti esperti di sicurezza, la sicurezza non è data dalla sovrabbondanza di impianti di videosorveglianza. Solo per citare un fatto che ha riguardato la capitale stessa, pochi anni fa: nella stazione Termini della capitale, dove, da notizie confermate, pare ci siano 400 telecamere della stazione, più 700 dell'azienda di trasporto pubblico, è stato possibile che ci fosse una persona che girava con un'arma, seppure finta, ed è stata avvistata e denunciata da una passante, e nessuna delle 1.100 telecamere ha colto questo. Quindi, è importante continuare a lavorare perché ci sia il bilanciamento tra esigenze di sicurezza ed esigenze di garanzia della tutela dei dati personali (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
(Chiarimenti in merito al programma pluriennale di acquisizione di aeromobili a pilotaggio remoto e iniziative di competenza volte alla salvaguardia dei lavoratori della Piaggio Aero Industries Spa – n. 2-00348)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pastorino ed altri n. 2-00348 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Luca Pastorino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
LUCA PASTORINO (LEU). Grazie, signora Presidente, la illustro. Quest'interpellanza nasce da una contingenza molto grave e molto ravvicinata, ovvero la messa in cassa integrazione di 1.027 lavoratori di Piaggio Industries, o Piaggio Aerospace, dello stabilimento di Villanova d'Albenga, in Liguria, oltre a quello di Genova. Quello di Genova, tra l'altro, è uno stabilimento è già stato oggetto di vicende negative, quindi di chiusura sostanziale del plesso per una scelta aziendale di trasferire parte della produzione nel rinnovato stabilimento di Villanova di Albenga. Il problema è che l'interlocuzione con il Governo è stata quasi surreale - se posso permettermi - negli ultimi mesi. Forse aiuto anche chi ci segue, leggendo l'interpellanza, perché il Governo pro tempore ha avviato nel 2017 - parlo del vecchio Governo, quindi questa è una storia che parte da prima - un programma pluriennale di acquisizione di aeromobili a pilotaggio remoto della categoria Male e di potenziamento delle capacità di intelligence, surveillance and reconnaissance della Difesa, il cui costo complessivo è stato stimato in circa 766 milioni di euro, con il seguente andamento temporale di massima: 9,8 milioni di euro per il 2017, 72 milioni di euro per il 2018, 79 milioni di euro per il 2019 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032.
La produzione di questi aeromobili avrebbe dovuto svolgersi presso gli stabilimenti della Piaggio Aerospace di Villanova di Albenga e di Genova. In un primo momento, il Governo aveva concluso un accordo con la Piaggio Aerospace per la consegna di venti esemplari di velivoli del tipo P.2HH, a fronte di un corrispettivo di 766 milioni di euro. Successivamente, come riferito dallo stesso Governo in Parlamento, si è preferito puntare all'acquisto di soli otto esemplari di velivoli del tipo P.1HH, per un valore di 250 milioni di euro, destinati ad applicazioni sempre più duali, anche al fine di rafforzare l'expertise italiano verso il drone europeo EuroMale. Lo stesso Governo ha precisato - parlo di questo Governo - che la scelta di puntare sul modello P.1HH e di abbandonare il più avanzato modello P.2HH, di nuova generazione, sarebbe stata sostanzialmente legata a tre obiettivi: preservare i circa 1.200 posti di lavori dell'azienda di Villanova d'Albenga; rafforzare le competenze italiane in vista del programma del drone europeo EuroMale; avere a disposizione droni da impiegare per una molteplicità di applicazioni che comprendono anche la sorveglianza dei flussi migratori e il monitoraggio ambientali.
Questo passaggio è avvenuto a Roma il 26 febbraio di quest'anno, e se si va sul sito di Piaggio Aerospace c'è ancora un comunicato stampa che titola: La volontà del Governo di concludere lo sviluppo del sistema a pilotaggio remoto P.1HH, primo passo per il rilancio dell'azienda, con la soddisfazione di Piaggio Aerospace per la decisione del Governo di voler concludere lo sviluppo del sistema a pilotaggio remoto; comunicata oggi a Roma presso il Ministero dello sviluppo economico - quindi parliamo del MISE, quindi parliamo di Di Maio - alla presenza del commissario straordinario, avvocato Vincenzo Nicastro, delle istituzioni locali e delle rappresentanze sindacali, eccetera. Questo è un comunicato, ancora sul sito, del 26 febbraio, con grossa soddisfazione anche dei lavoratori. La regione Liguria è una regione che ha tante difficoltà ultimamente, anche dal punto di vista occupazionale, quindi 1.100 posti di lavoro che si sono spostati e che hanno conosciuto una diaspora tra Genova e il Ponente ligure, comunque una riduzione dei lavoratori, è un tema molto, molto importante. Quindi, tutti contenti, neanche due mesi fa, dopo pochi mesi di sostanziale stallo della vicenda e stante la particolare congiuntura industriale che interessava la Piaggio Aerospace, è voluto intervenire, invece, un altro Ministero, quello della Difesa: il Ministro Elisabetta Trenta, dicendosi disposta a voler cambiare il destino dell'azienda, supportando, come dalla stessa affermato, la creazione delle condizioni idonee ad una soluzione più duratura possibile che possa contemperare al meglio le esigenze operative dello strumento militare e il valore strategico dell'azienda. Nella fattispecie - prosegue il Ministro – “mi adopererò perché ciò avvenga anche con l'attuazione di un programma di rinnovamento della flotta dei veicoli P.180” – quindi, la parte civile della produzione -, “già disponibile presso le Forze Armate, intervento peraltro risultato di grande rilevanza già in sede di riunione con le rappresentanze sindacali presso il MISE del 26 febbraio scorso”.
Quindi, insomma, dice una cosa diversa rispetto a quella del 26 febbraio prima e rilancia sul tema civile. A gettare, però, nello sconforto i lavoratori interessati sono state le successive parole dello stesso Ministro, che ha specificato testualmente che: quanto al drone militare P1HH, sono in corso approfondimenti per ricercare ulteriori sinergie che permettano il proseguimento del programma nel più ampio interesse nazionale, anche se sono venute meno alcune fondamentali condizioni abilitanti (che non ci è dato sapere).
Parole interpretate dagli interessati come una sostanziale frenata ai finanziamenti per la certificazione del drone. Dopo le dichiarazioni del Ministro della difesa, nel corso di un incontro svoltosi all'Unione industriali di Savona il commissario Vincenzo Nicastro ha poi annunciato quello che io so che saprà anche il Governo, l'avvio a decorrere dal 1° maggio 2019 - magari dal 2, perché il 1° maggio è festa - della procedura di cassa integrazione per la gran parte dei 1.027 lavoratori. Un provvedimento che, di fatto, certifica l'interruzione della produzione in relazione alla situazione di stand-by dell'azienda aeronautica. Quindi, questa è un po' la storia recente; lasciamo stare quello che è successo in passato, anche se non lo lasciamo stare, perché poi Genova non c'è più, praticamente, però il commissario è stato insediato da questo Governo, ci sono state dichiarazioni contrastanti.
Quindi, i lavoratori sono in agitazione, hanno bloccato la città di Genova, l'aeroporto la settimana scorsa, e hanno tutte le ragioni. Qui le domande sono molto semplici: intanto, se il Governo intenda portare a compimento l'acquisto già preventivato dei droni P1HH e confermare il contributo allo sviluppo dei droni P2HH; e se, al contempo, sia confermata la commessa pubblica per rinnovare la flotta governativa dei P180, che vuol dire, banalmente, avete intenzione di abbandonare il militare, cerchiamo di spostarlo sul civile, di dare continuità in questo senso. E, quindi, quali siano le iniziative che il Governo intende porre in essere al fine di salvaguardare i lavoratori di Piaggio Aero Industries Spa e quali siano in concreto le azioni che si impegna a portare avanti in favore della produzione e manutenzione del reparto motori della stessa azienda.
Queste sono domande che anticipano un incontro che è stato fissato al Mise il 24 aprile, dove sono stati chiamati la regione e le segreterie nazionali, quindi non i territoriali, né le rappresentanze né i delegati locali, quindi questo è già motivo di agitazione sull'agitazione. Oggi questa è una risposta che verrà, ovviamente, messa a conoscenza e all'attenzione dell'opinione pubblica, ma, soprattutto, dei lavoratori di Piaggio, e quindi mi auguro che sia una risposta che contenga già delle anticipazioni di contenuto sull'iniziativa del Governo, in modo tale che magari il 24 si venga a discutere di questioni oltre il dettaglio.
PRESIDENTE. Salutiamo studenti e docenti dell'Istituto omnicomprensivo “Valboite”, di Cortina d'Ampezzo, in provincia di Belluno, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna del pubblico (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. In merito alla situazione della Piaggio Aero Industries, confermo l'impegno dell'Esecutivo verso una soluzione di ampio respiro, orientata a mettere a sistema le esigenze operative della Difesa con il riconoscimento del valore strategico delle capacità produttive dell'azienda. In tale ottica, come l'interpellante stesso ha ricordato, si è tenuto un incontro con le rappresentanze sindacali presso il Ministero dello sviluppo economico lo scorso 26 febbraio. Anche alla luce degli esiti di tale riunione, si è inteso rivalutare le priorità di intervento, orientandole verso la componente asseritamente affetta da maggiori criticità da parte dell'azienda.
Nel frattempo, il commissario straordinario Nicastro ha comunicato di avere avviato formalmente in data 3 aprile 2019 la procedura per la richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria mediante comunicazione al Ministero del lavoro e alle organizzazioni sindacali. In considerazione dei ridotti carichi di lavoro e con riguardo alla complessiva situazione economica, patrimoniale e finanziaria in cui versa la società, egli è intenzionato a ricorrere alla succitata cassa integrazione per tutta la durata della procedura di amministrazione straordinaria, che potrà riguardare l'intera forza aziendale in tutte le unità produttive (attualmente, 1.027 lavoratori totali, di cui 797 con sede di lavoro a Villanova d'Albenga, 217 a Genova e 13 a Roma.
A seguito delle comunicazioni del commissario straordinario, il Ministero del lavoro, Direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali, ha provveduto a convocare le parti interessate per il 17 aprile prossimo. In tale quadro, l'attuazione di un programma di rinnovamento della flotta dei velivoli P180 in dotazione alle Forze armate e di manutenzione di motori aeronautici rappresenta, già nel breve periodo, la soluzione maggiormente percorribile per soddisfare talune esigenze della Difesa, rispondendo, al contempo, alle note criticità industriali e occupazionali della Piaggio. Si tratta, infatti, di processi produttivi completamente controllati dall'azienda, e che, dunque, concentrano esclusivamente su di essa la totalità delle risorse finanziarie rese disponibili. Al riguardo, è stata individuata una possibile linea d'azione volta alla valorizzazione della flotta P180 della Difesa e delle capacità di manutenzione dei motori della ditta Piaggio, per interventi nell'ordine di 250 milioni di euro. Tale progettualità prevede: l'acquisto di nuovi velivoli P180 in versione EVO, sia in sostituzione degli attuali sistemi, più datati, sia a completamento della flotta, con supporto logistico integrato pluriennale e di sistemi di supporto all'addestramento; l'adeguamento tecnologico della rimanente flotta P180 della Difesa, con il relativo supporto logistico integrato pluriennale; la stipula di contratti di supporto manutentivo per motori aeronautici, con relativa fornitura di componentistica e ricambistica.
In merito, il Dicastero della difesa si sta adoperando affinché i contratti in questione possano essere perfezionati nel breve termine e comunque diventare operanti nel corrente anno. Per quanto concerne l'aeromobile a pilotaggio remoto categoria MALE, con specifica attenzione per il programma P1HH, come il Ministro della difesa ha già avuto modo di affermare, la progettualità inizialmente presentata, ancorché valida nella sua sostanza in virtù degli aspetti dual use e del più avanzato stato di realizzazione rispetto al P2HH, tuttora in una fase di progettazione preliminare, ha visto nel tempo venire meno alcune fondamentali condizioni abilitanti. Sono, tuttavia, in corso approfondimenti mirati a ricercare ulteriori sinergie che permettano il proseguimento del programma in un più ampio contesto di interesse nazionale ed interagenzia. In tale complesso quadro, fermo restando il permanente interesse della Difesa per lo sviluppo di un moderno sistema APR MALE, il ridisegnato interesse per la significativa acquisizione di beni e servizi duraturi volti al rinnovamento ed adeguamento tecnologico della flotta P180, cui si aggiungono i relativi contratti di sostegno logistico integrato pluriennale, ivi compreso quello dedicato ai motori aeronautici, appare un credibile ed immediato intervento a supporto dell'azienda, che si auspica possa direttamente contribuire ad un miglioramento della complessiva situazione patrimoniale di Piaggio, consentendo un reale incremento del carico di lavoro a beneficio dei dipendenti, ma, soprattutto, una rinnovata capacità dell'azienda di tornare a competere sul mercato.
PRESIDENTE. L'onorevole Pastorino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
LUCA PASTORINO (LEU). Grazie, Presidente. Sono meno che parzialmente soddisfatto, ringrazio il sottosegretario per la risposta. Quindi, se ho capito bene, i P1HH, quindi la parte droni militari, eccetera, viene non dico accantonata, ma ne parleremo, e invece la parte civile, quindi i 250 milioni annunciati da Di Maio per i PHH di febbraio, se è corretto, perché la cifra è la stessa, vengono dirottati - usiamo parole che si capiscono -, comunque la stessa cifra, magari sarà proveniente da un altro cassetto, verrà dirottata sulla parte civile dei P180, più la questione dell'adeguamento tecnologico e della manutenzione. Questo se ho capito bene la risposta del sottosegretario. Quindi, è chiaro che il cambio di strategia c'è stato a distanza di due mesi, due Ministeri che dicono una cosa diversa l'uno dall'altro; questo pesa anche e vuol far riflettere. Mi permetto di fare questa osservazione: credo che anche il Governo debba riflettere molto spesso, come tutti noi, nei nostri giorni, sull'opportunità di fare certe dichiarazioni o meno, perché, se poi un mese dopo c'è qualcun altro che dice la cosa contraria di quello che ha detto il giorno prima, ecco lì che finiamo malissimo.
E quindi, in questo senso, vedremo l'incontro del 17 come andrà, vedremo se ci saranno le condizioni per revocare in tutto o in parte, perché poi i numeri che ha dato lei di 797 lavoratori ad Albenga, 217 a Genova e 13 a Roma vuol dire che, sostanzialmente, il commissario straordinario cosa fa, sostanzialmente chiude la Piaggio in attesa degli eventi, perché sono poco di più i dipendenti, sono 1.200; questo fa 1.027, insomma, rimane veramente poca cosa. Quindi, la situazione è molto grave. Lunedì, perché il Governo lo sappia, i sindacati cominceranno a trattare la cassa integrazione, lunedì questo, quindi prima dell'incontro, e il 2 maggio, se non accade nulla nell'incontro del 17 o giù di lì, inizierà la cassa integrazione. Mi permetto di dire che la cassa integrazione a questo giro è tutta colpa vostra - non ce l'ho con lei, Sibilia, abbia pazienza -, è tutta colpa di questo Governo.
Non è colpa di nessun altro, perché - voglio dire – se, a seguito di sollecitazioni, il Governo si prende carico di questa faccenda molto, molto grave dal punto di vista occupazionale e di prospettiva di un settore industriale – quindi, parliamo anche di politiche industriali del Governo - e poi a distanza di due mesi cambiano le carte in tavola e l'azienda sostanzialmente chiude e 1.027 persone vengono messe in cassa integrazione la responsabilità è soltanto di chi c'è ora. Quindi, dei due Ministeri che dicono un giorno una cosa, uno, e un altro giorno una cosa, un altro.
Poi ci sta - ripeto - tutta la storia - e, se vogliamo, un giorno la rileggiamo - degli ultimi anni di Piaggio, degli Emirati e quant'altro, delle prospettive che non ci sono state, dello stabilimento di Genova che ha chiuso, delle rivendicazioni dei lavoratori, alle quali avevo partecipato anch'io e, quindi, le conosco molto bene perché a Genova ne sono rimasti veramente pochi e fanno poca roba. Però, a maggior ragione un Governo - passatemi il termine - del cambiamento e della prospettiva deve occuparsene un po' meglio e deve occuparsene nella consapevolezza che i posti di lavoro sono preziosi, nella consapevolezza di un settore importante per la politica industriale italiana, nella consapevolezza di un gioiello di casa nostra dal punto di vista della tecnologia applicata ai motori e ai veicoli.
Quindi, nella mia parziale insoddisfazione - meno che parzialmente soddisfatto - faccio presente che saremo qui, come gruppo e come singolo, a seguire questo processo passo a passo e a riproporre eventualmente un altro atto di sindacato ispettivo.
PRESIDENTE. Saluto, intanto, studenti e docenti dell'istituto comprensivo “Enrico Mestica”, di Macerata, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna del pubblico (Applausi).
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 10,55.
La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 10,55.
(Tempi di avvio dei lavori relativi al tratto Sibari-Crotone della strada statale n. 106 Jonica – n. 2-00330)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bruno Bossio ed altri n. 2-00330 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Vincenza Bruno Bossio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Grazie, signora Presidente, la illustro. Onorevoli colleghe e colleghi, signor sottosegretario, la storia della strada statale n. 106 è una storia lunga, anche tristemente famosa, soprattutto per le vittime che ha provocato in tutti questi anni di mancato intervento. L'ambizione era ed è quella di avere un'arteria importante che potesse percorrere tutta la costa ionica della Calabria, della Basilicata e, anche in parte, quella pugliese. Si tratta di un collegamento strategico per il Sud Italia anche perché, una volta completata, non solo metterà in comunicazione i diversi comuni costieri ma anche l'autostrada del Mediterraneo, ex A3, e l'autostrada A14 Adriatica, che è ricompresa, a sua volta, nella strada europea E90.
Ora, la tratta pugliese e lucana è stata ammodernata e ha due carreggiate con doppia corsia per senso di marcia mentre la rimanente tratta calabrese, che è anche la più lunga, ha avuto, ed h, una storia più complicata.
La realizzazione, in particolare, del progetto di cui alla nostra interrogazione risale al 2001, nel 2007 venne approvato il progetto preliminare e nel 2008 fu pubblicato il bando per l'aggiudicazione dei lavori, che avvenne solo a giugno 2010. Nel 2014 finalmente viene presentato un progetto preliminare definitivo e nel 2016 - quindi, dopo quasi dieci anni dal bando - è stata approvata la prima delibera CIPE, nonostante il Consiglio superiore dei lavori pubblici avesse, ancora una volta, da ridire. Quindi, c'è stato tutto un travagliato 2017 e finalmente solo a febbraio 2018 si è pervenuti a un progetto definitivo che è riuscito a coniugare le esigenze ambientali e paesaggistiche con quelle, più essenziali, della sicurezza stradale.
Molti nemici, dunque, hanno cercato di bloccare per anni questo progetto e ci ha riprovato, ancora nel luglio 2018, il senatore Morra, che ha parlato di una revisione necessaria, provando a strumentalizzare le esigenze di altri ammodernamenti, con l'unico obiettivo di bloccare nuovamente l'opera, perché una volta approvato il progetto definitivo - ed è proprio per questo l'urgenza di questa interpellanza - tutta l'attività di realizzazione non potrà superare i 3.454 giorni, a partire dal 28 febbraio.
Ora, l'importanza di questa strada l'abbiamo detta e soprattutto non si può toccare perché è l'unico modo perché poi si possa sostanzialmente andare all'ammodernamento degli altri tratti. Dunque, molti nemici, ma sicuramente alcuni amici certi. Innanzitutto, la prima delibera CIPE del 2016 dal Governo Renzi e la delibera finale, sempre col Ministro Delrio, del Governo Gentiloni, con Oliverio che ha preceduto la fattibilità e l'effettivo processo e con ben 1 miliardo 335 milioni di euro stanziati. Ora, abbiamo appreso con piacere, anche rispetto ai tentativi di stop di altri colleghi calabresi del MoVimento 5 Stelle, che invece, nel febbraio 2019, il Ministro Toninelli, recandosi a Corigliano Rossano, ha detto sostanzialmente che quella della statale Jonica, del Megalotto 3, era una delle opere sbloccate dal suo Ministero. Ci fa piacere che la consideri un'opera sbloccata dal suo Ministero, ma tant'è.
Ora, però, che cosa succede? Che, mentre quando è andato a Corigliano aveva annunciato che entro marzo 2019 sarebbe partito il progetto esecutivo, il 21 marzo 2019, ma era già stato preceduto da un articolo de Il Fatto Quotidiano e di una denuncia dell'associazione Basta vittime sulla Strada Statale 106, l'ANAS dichiarava che il contraente generale, Astaldi, aveva chiesto una proroga di tre mesi per la realizzazione del progetto esecutivo.
Allora, di fronte a questo continuo rinvio, nonostante sia stato messo un punto fermo saldissimo, che è la delibera CIPE del febbraio 2018, con uno stanziamento e un numero di giorni precisi entro cui si deve realizzare l'opera, chiediamo quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere al fine di assicurare un cronoprogramma per l'avvio dei lavori di un'opera non solo fortemente voluta e attesa dai calabresi, ma io credo da tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Michele Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.
MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. L'itinerario della Strada Statale 106, Jonica rappresenta sicuramente una dorsale strategica della viabilità dell'Italia meridionale. Senza ripercorrere l'intero iter per la sua realizzazione, riporto gli ultimi passaggi relativi all'opera.
Per quanto riguarda la prima tratta, dal chilometro 0 al chilometro 18,863, ad agosto 2016 il CIPE, come già ricordato, approvava il progetto definitivo, rinviando a una nuova istruttoria il progetto definitivo della seconda tratta e subordinando l'esecuzione dei lavori all'approvazione di quest'ultima.
Nel febbraio 2018, il CIPE approvava il progetto definitivo per la seconda tratta. L'8 maggio 2018 e il successivo 18 settembre, ANAS ha emesso gli ordini di inizio dell'attività per la progettazione esecutiva e per le attività propedeutiche al concreto avvio dei lavori, relativi rispettivamente alla prima e alla seconda tratta. Tuttavia, la nota crisi finanziaria della società Astaldi ha fortemente rallentato le attività di progettazione esecutiva e le attività propedeutiche in campo; quindi, ripeto: la crisi finanziaria della società Astaldi.
Ad oggi, il contraente generale sta riprendendo le sue attività e ha chiesto ad ANAS di effettuare il pagamento diretto di quanto spettante ai consulenti e ai progettisti incaricati della redazione del progetto. ANAS è, quindi, in attesa della documentazione necessaria per il pagamento diretto delle fatture in sostituzione del contraente generale.
Contrattualmente, il tempo assegnato per la redazione del progetto esecutivo è pari a 180 giorni. Pertanto le relative attività si sarebbero dovute concludere con la consegna dello stesso, il 15 marzo scorso. Il contraente generale ha, però, chiesto una proroga di 90 giorni sul tempo contrattuale, motivando tale richiesta con la procedura di concordato preventivo in continuità aziendale che ha determinato condizionamenti dell'attività e rallentamenti rispetto agli obiettivi inizialmente prefissati, ma mantenendo comunque invariato il tempo complessivo contrattualmente previsto.
Non appena, quindi, il progetto esecutivo verrà consegnato, completata l'istruttoria tecnica e ottenuta l'approvazione anche da parte dei Ministeri dell'Ambiente e dei Beni e delle attività culturali, si potrà procedere all'avvio dei lavori. I competenti uffici del Ministero seguono con la dovuta attenzione il proseguo dell'iter, nella consapevolezza dell'importanza dell'opera e quindi della necessità di accelerarne il completamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Bruno Bossio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Non sono soddisfatta, o meglio, sono parzialmente soddisfatta perché viene ribadita, soprattutto nella parte finale della risposta, la strategicità dell'opera, quindi penso che a questo punto non c'è più nessuno che lo possa mettere in discussione. Ma il punto vero, a questo punto, diventa la velocità e i tempi entro cui si faranno le cose e partiranno i lavori: nella interpellanza avevamo chiesto un cronoprogramma, non c'è nemmeno la prossima scadenza. Anche perché, su un'infrastruttura così importante - ripeto, ribadito anche dal Ministro Toninelli -, un'infrastruttura strategica, non si capisce perché c'è stata questa leggerezza. Le difficoltà di Astaldi non sono note solo oggi, anche perché si poteva sostanzialmente fare in modo che quello che si è deciso di fare adesso, cioè che l'ANAS pagherà le fatture in sostituzione al contraente generale, si poteva decidere già a dicembre, e quindi non si sarebbe perso tempo, se i processi fossero stati seguiti con attenzione.
Dopodiché, c'è un altro problema: nel momento in cui ci sarà il progetto esecutivo, dovranno essere consultati i Ministeri e, in particolare, il Ministero dell'Ambiente e quello dei Beni culturali. Allora, perché su questa cosa, intanto che Astaldi predispone il progetto esecutivo, non si fa in parallelo una verifica con i ministeri in maniera tale da non perdere ulteriore tempo e soprattutto per non trovarci di fronte al fatto che, magari, il Ministero dei Beni culturali dice che non va bene e bisogna rifare di nuovo il progetto esecutivo da capo?
E, infine, è possibile che, dopo tutto questo tempo - è un anno, da febbraio 2018 siamo sostanzialmente ad aprile 2019 - non sia possibile avere un cronoprogramma?
Io credo che, al di là della risposta di oggi, il Ministero debba concentrarsi effettivamente sullo sblocco di questa opera, sull'effettivo inizio e avvio dei cantieri, in maniera tale che entro l'anno, veramente entro l'anno, si possano iniziare a fare i lavori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Elementi ed iniziative di competenza in merito allo stato dell'inquinamento acustico connesso al trasporto ferroviario e al transito sulla rete autostradale nazionale – n. 2-00333)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Grippa ed altri n. 2-00333 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Grippa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
CARMELA GRIPPA (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Siamo qui ad interpellare il Ministro, oggi, su un tema molto sensibile, quello dell'inquinamento acustico. Il rumore rappresenta uno dei principali fattori di criticità ambientale, con ricadute negative sulla qualità della vita e salute della popolazione esposta. L'inquinamento acustico è definito dall'articolo 2 della legge n. 447 del 26 ottobre 1995 «introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo, dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi».
Con direttiva 2002/49/CE, recepita con decreto legislativo n. 194 del 19 agosto 2005, sono stati fissati obiettivi di riduzione della popolazione esposta a livelli di rumore ambientale considerati dannosi, attraverso politiche di prevenzione e mitigazione.
In Italia la normativa fissa valori limite per le sorgenti sonore in funzione delle destinazioni d'uso e delle caratteristiche di fruizione del territorio, con particolare attenzione a strumenti di pianificazione.
All'interno delle fasce di pertinenza delle infrastrutture di trasporto si applicano limiti di immissione stabiliti da specifici regolamenti previsti dalla citata legge n. 447 del 1995. Il decreto ministeriale 29 novembre 2000 stabilisce i criteri tecnici per la predisposizione, da parte dei gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani di contenimento del rumore prodotto dalle infrastrutture stesse, da attuare entro 15 anni.
Il 20 maggio 2018 sul portale delle Ferrovie è disponibile il piano d'azione aggiornato, in cui si legge: «Il piano di azione per gli assi ferroviari principali su cui transitano più di 30 mila convogli all'anno è stato elaborato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo del 19 agosto 2005, attuazione proprio della direttiva CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale. Esso include anche il piano d'azione per gli assi ferroviari principali su cui transitano più di 60 mila convogli all'anno, aggiornandone la versione pubblicata nel 2013.
Per quanto concerne il rumore ferroviario, nonostante RFI abbia provveduto, nel 2002, ad elaborare il piano di risanamento, solo una minima parte degli interventi previsti sono stati completati. Ad esempio, nella mia regione, la regione Abruzzo, il piano prevede l'installazione di barriere di lunghezza complessiva pari a 128 chilometri nel territorio di ventitré comuni. Risulta agli interpellanti che l'unico intervento portato a termine riguarderebbe la città di Pescara, dove sono state installate barriere nel tratto tra la stazione centrale e il confine di Montesilvano.
Il comune di Vasto, in provincia di Chieti, in data 15 novembre 2013, ha richiesto all'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente abruzzese la verifica dei limiti di immissione di rumore, ai sensi della legge n. 447 del 1995, per il traffico ferroviario della linea adriatica Pescara-Foggia in località Marina di Vasto, in corrispondenza del Parco dei limoni e del Parco Fortunato. L'ARTA Abruzzo, nella relazione tecnica datata 28 febbraio 2014, evidenzia il superamento del limite di emissioni durante la notte, con valori di 67 decibel A rispetto il limite consentito di 60 decibel A.
La normativa prevede precisi adempimenti per ridurre l'esposizione della popolazione al rumore sia per l'intera rete ferroviaria che per quella autostradale del Paese. Sul sito www.acustica-aia.it del 28 marzo 2018, dove sono stati presentati i dati sull'inquinamento acustico in Italia, si legge che lo strumento di pianificazione risulta scarsamente utilizzato sul territorio nazionale. Dai dati disponibili, solo 62 comuni, dei 4.688 dotati di classificazione acustica, hanno approvato il piano di risanamento, confermando, negli stessi anni, una percentuale di poco superiore all'1 per cento, una situazione di stasi delle politiche di risanamento acustico in ambito comunale.
Nel documento “Abruzzo, rapporto sullo stato dell'ambiente 2018” è indicato che i comuni devono approvare un piano di classificazione acustica e, nel caso di superamento dei valori limite, un piano di risanamento. In Abruzzo lo stato di attuazione dei piani di classificazione acustica è largamente insoddisfacente, perché sono stati approvati soltanto in 35 comuni dei 305 comuni abruzzesi, nessun piano di risanamento approvato, nonostante la regione si sia dotata di una propria legge sull'inquinamento acustico, la legge regionale n. 23 del 2007, e di linee guida applicative.
A questo punto, interpello il Ministro se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali azioni intenda adottare per accertare lo stato dell'inquinamento acustico sui principali assi della Rete ferroviaria italiana e i relativi piani di classificazione acustica; quali provvedimenti ritenga porre in essere per quanto di competenza per affrontare il problema dell'inquinamento acustico derivante dal trasporto ferroviario sul territorio nazionale e se non intenda, per il tramite dei soggetti preposti, provvedere a rendere noti i dati dell'inquinamento acustico relativi al transito sull'intera rete autostradale nazionale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Michele Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.
MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In ottemperanza alla vigente normativa sul rumore prodotto dalle infrastrutture di trasporto ferroviario, RFI riferisce di avere elaborato e trasmesso al Ministero dell'Ambiente, alle regioni, compresa la regione Abruzzo, e ai comuni interessati sia la mappatura acustica che il piano d'azione per linee con più di 30 mila convogli all'anno. Tali documenti vengono riesaminati e, se necessario, rielaborati ogni cinque anni e trasmessi dal Ministero dell'Ambiente alla Commissione europea. Peraltro, prima dell'invio ufficiale degli elaborati del piano d'azione, il gestore dell'infrastruttura comunica, mediante avviso pubblico, la modalità di consultazione. Come già avvenuto per le precedenti edizioni, nel 2018, RFI ha divulgato l'avviso di pubblicazione del piano d'azione, utilizzando due giornali a diffusione nazionale ed il proprio sito Internet, al fine di consentire al pubblico di presentare osservazioni, pareri e memorie in forma scritta, di cui RFI ha l'obbligo di tenere conto per l'elaborazione del piano finale.
Inoltre, la legge quadro sul rumore prevede che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture attuino piani di contenimento e di abbattimento del rumore nel caso del superamento dei valori limite, i cosiddetti piani di risanamento acustico. Gli interventi di risanamento previsti nel piano sono articolati su quindici annualità e devono essere realizzati in funzione delle priorità individuate. L'ordine di priorità, valutato in termini di numerosità e tipologia dei recettori esposti e di entità del superamento dei limiti imposti dalla normativa vigente per livelli acustici, può essere modificato solo dalla regione, cui va trasmessa per competenza ogni eventuale richiesta.
Nel caso specifico della regione Abruzzo, il piano di risanamento RFI, aggiornato al 2018, prevede gli interventi distinti per comune e per provincia, riportati nella Tabella 1 che, poi, deposito agli atti: complessivamente, vi sono 151 interventi, con 101 barriere antirumore, 50 interventi diretti sui ricettori, sostituzione infissi, e gli interventi per 24 barriere previsti in dieci comuni sono compresi nello stralcio di piano relativo ai primi quattro anni. La Tabella 2, che, anche questa, deposito agli atti, specifica tali interventi. Per quanto riguarda, poi, gli interventi programmati dal quinto al quindicesimo anno, il relativo schema di decreto è in fase di predisposizione presso il Ministero dell'Ambiente, cui seguirà l'attivazione della Conferenza unificata per la conclusione dell'iter. Per gli interventi approvati, RFI avvierà tempestivamente la progettazione e l'attività propedeutica alla fase negoziale per l'affidamento dei lavori, dandone preventiva comunicazione alle amministrazioni comunali interessate.
In merito al secondo quesito circa i dati dell'inquinamento acustico relativi al transito sull'intera rete autostradale nazionale, il Ministero dell'Ambiente ha comunicato che diverse sono le fonti disponibili via web per mezzo delle quali i cittadini possono ottenere tali informazioni, che elenco: l'Osservatorio rumore è una banca dati che mette in Rete l'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (ISPRA) e le Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente e che consente la raccolta, l'elaborazione e la valutazione dei dati sul rumore. In particolare, l'Osservatorio raccoglie informazioni relative alla verifica delle prescrizioni legislative, alla definizione degli impianti dovuti alle principali sorgenti di rumore, alle attività di monitoraggio richieste ed intraprese dalle autorità di controllo e anche alla realizzazione delle degli strumenti di pianificazione acustica, appunto, previsti. L'Osservatorio permette ai referenti delle citate Agenzie di inserire e aggiornare annualmente le informazioni sul rumore riguardanti la propria regione. Inoltre, l'Annuario dei dati ambientali ISPRA, frutto della collaborazione tra le componenti del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, costituisce la raccolta di dati e informazioni ufficiali sull'ambiente ed è aggiornato ogni anno. Infine, l'Agenzia ambientale europea mette a disposizione sul proprio Portale un sistema cartografico consultabile online, contenente le mappature acustiche ovvero le rappresentazioni grafiche dei livelli di rumorosità. Tale sistema, denominato “Noise”, permette all'utente di visualizzare i livelli di rumorosità generati da traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e sorgenti industriali in Europa. I dati relativi all'esposizione al rumore sono trasmessi dagli Stati membri alla Commissione europea nell'ambito degli adempimenti stabiliti dalla direttiva europea n. 49 del 2002.
PRESIDENTE. L'onorevole Barbuto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Grippa ed altri n. 2-00333, di cui è cofirmataria.
ELISABETTA MARIA BARBUTO (M5S). Grazie, Presidente. Noi ringraziamo il sottosegretario per la risposta che ha voluto gentilmente dare, però ci dichiariamo parzialmente soddisfatti, perché riteniamo che sia una risposta interlocutoria che, al momento, non ci mette nelle condizioni di poter verificare quanto riportato nell'informativa che abbiamo appena ascoltato. In effetti, noi prendiamo atto dell'esistenza di queste tabelle e, quindi, della possibilità di andare a controllare i dati dell'inquinamento acustico e in questo senso ci riserviamo, eventualmente, anche di procedere con una nuova interpellanza per chiarire ulteriori dati che non fossero particolarmente chiari.
(Chiarimenti circa la pubblicazione dell'analisi costi-benefìci della linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Brescia-Verona-Padova e l'avvio dei relativi lavori di realizzazione – n. 2-00347)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zanella ed altri n. 2-00347 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Zanella se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FEDERICA ZANELLA (FI). Presidente, gentile sottosegretario, colleghi, premesso che al Consorzio Cepav Due, quale general contractor, è stata affidata la realizzazione della tratta ad alta velocità Brescia-Verona, il Consorzio ha firmato nel corso dell'estate 2018 con Rete ferroviaria italiana, partecipata, ça va sans dire, al 100 per cento da Ferrovie dello Stato Italiane, l'avvio dei lavori per il primo lotto. Attualmente, i cantieri di tale opera restano bloccati per via della ormai tristemente nota, permettetemi di dire, analisi costi-benefici, con grande dispendio di denaro per le società coinvolte, direttamente o indirettamente interessate, nonché con grave danno all'occupazione.
Ci permettiamo sommessamente di ricordare al sottosegretario, che non è molto interessato alla nostra interpellanza, evidentemente, che anche la linea Alta velocità-Alta capacità Milano-Verona, che comprende chiaramente il tratto suddetto, è parte integrante del corridoio transeuropeo TEN-T-Mediterraneo, come ne fa parte la più nota Torino-Lione che state tenendo in ostaggio da mesi, con altrettanto gravissimo danno per l'economia dei territori, dell'Italia in generale, e per l'occupazione, ma, va bene, di questo abbiamo trattato ampiamente e continueremo a trattare. Risultava, da fonti del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che durante il mese di febbraio 2019 sarebbe stata resa nota l'analisi costi-benefici suddetta, appunto, relativa alla linea ferroviaria Alta velocità-Alta capacità della Brescia-Verona-Padova. Successivamente, lo stesso Ministero ha confermato che le risultanze dell'analisi costi-benefici sarebbero giunte entro il mese di marzo 2019; siamo ad aprile e ancora il Ministero non ci ha usato la cortesia di sottoporre alla Commissione trasporti questo documento, come fa di solito. Ricordiamo, appunto, per l'analisi costi-benefici quanto ci è costato vederla, peraltro, l'abbiamo vista e letta su un quotidiano prima di riceverla ufficialmente in Commissione, ma, va bene. Nel frattempo sono emerse notizie contrastanti sul suo contenuto che, almeno in versione ridotta e informale, pare sia già stata sottoposta al Ministro, speriamo non a tutto il resto del mondo come per l'analisi costi-benefici della TAV. Secondo alcune ricostruzioni, vi sarebbe una bocciatura dell'opera, secondo altre, invece, non vi sarebbero problemi. Attualmente, l'analisi di cui sopra non risulta pubblicata sul sito istituzionale e non risulta appunto inviata alla Commissione. Però, come ho ascoltato con le mie stesse orecchie dichiarare dal Ministro dell'Interno, Matteo Salvini, il 7 aprile scorso, nel corso della rassegna Vinitaly, cito testualmente per non sbagliare: «Tra le grandi opere c'è la linea dell'Alta velocità tra Brescia, Verona, Vicenza e Padova; vi dico che finalmente si parte» Quindi, un bell'annuncio che noi abbiamo gradito. «Se chi fa impresa» - ha aggiunto - «dovesse fare analisi costi-benefici prima di ogni altra cosa, probabilmente non sarebbero stati inventati il Brunello e il Prosecco». Noi peraltro condividiamo e suffraghiamo pienamente, sottolineando, senza andare in metafore enogastronomiche, che probabilmente non sarebbe stata realizzata nemmeno l'Autostrada del Sole, ecco per rimanere in tema di infrastrutture.
Su tale opera, come sulle altre al momento bloccate, si registra il peso che grava sulle disponibilità economiche e finanziarie delle imprese coinvolte, nonché l'impatto negativo sui lavoratori interessati che rischiano di vedersi allungare i tempi di inattività e il pericolo di licenziamento. Chiediamo, quindi, quando il Governo intenda pubblicare l'analisi costi-benefici relativa alla suddetta infrastruttura e quale sia l'orientamento del Governo in merito ai lavori per la realizzazione delle tratte Alta velocità-Alta capacità Brescia-Verona e Verona-Padova, qualora abbiate una visione univoca, perché mi sembra che, anche su questo, siate ampiamente divergenti nelle opinioni.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Michele Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.
MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In merito alla tratta Alta velocità-Alta capacità Brescia-Verona è noto come il progetto in questione abbia una storia molto lunga e complessa, dal momento che la progettazione definitiva ed esecutiva e la realizzazione della linea Alta velocità-Alta capacità Milano-Verona, ad eccezione dei nodi di Brescia e Verona, è affidata al general contractor Cepav Due, in virtù della convenzione sottoscritta dal Consorzio Cepav Due ed ENI, il 15 ottobre 1991. Solo nel 2017, con la delibera 42, il CIPE ha approvato, con numerose prescrizione e raccomandazioni, e anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, il progetto definitivo del lotto funzionale Brescia Est-Verona, escluso il nodo di Verona, con un limite di spesa di 2.499 milioni di euro.
Con la medesima delibera, il Comitato ha autorizzato l'avvio della realizzazione dell'opera per lotti costruttivi non funzionali e la realizzazione delle opere del primo lotto costruttivo, entro un limite di spesa di 1.892 milioni di euro, completamente finanziato e con l'impegno programmatico a finanziare l'intera opera.
Il 6 agosto 2018 RFI e Cepav Due hanno sottoscritto il secondo atto integrativo alla convenzione per l'avvio dei lavori; oggi è in corso la progettazione esecutiva a cura del contraente generale, questo è importante recepirlo, lo ripeto, oggi, è in corso la progettazione esecutiva a cura del contraente generale. La copertura finanziaria del secondo lotto costruttivo del lotto funzionale Brescia Est-Verona, escluso il nodo di Verona, pari a 607 milioni di euro, è inserita nel nuovo contratto di programma - parte Investimenti 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI, in corso di perfezionamento.
Quanto alla linea Alta velocità-Alta capacità Verona-Padova, con delibera 84/2017, il CIPE ha approvato con prescrizioni e raccomandazioni, anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, il progetto definitivo del lotto funzionale Verona-Bivio Vicenza, con un limite di spesa di 2.713 milioni di euro e autorizzando l'avvio del primo lotto costruttivo, entro un limite di spesa di 984 milioni di euro, completamente finanziato, e con l'impegno programmatico a finanziare l'intera opera.
Oggi, è in fase di completamento l'adeguamento del progetto definitivo alle prescrizioni rese dal CIPE. Quindi, c'è questo passaggio burocratico.
L'analisi costi-benefici a cui fa riferimento l'onorevole, così come è avvenuto nel caso, ad esempio, del progetto del Terzo valico dei Giovi, si è svolta parallelamente - quindi c'è un iter burocratico che va avanti, parallelamente c'è un'analisi costi-benefici che è uno studio in più; studiare, io assicuro che non fa mai male, quindi è uno studio parallelo a un iter che non è stato bloccato da Toninelli, dal Governo o dal Ministero - in quanto essa è stata condotta al fine di valutare soluzioni migliorative anche rispetto al lavoro già svolto. Tali soluzioni, stante il complesso quadro che si è consolidato, sono allo studio della struttura tecnica di missione del Ministero e contiamo di poterne rendere noti i risultati in poche settimane. In ogni caso, come è già avvenuto, i tempi in cui saranno resi noti non comporteranno impatti negativi sul lavoro delle imprese e dei soggetti interessati.
PRESIDENTE. L'onorevole Zanella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
FEDERICA ZANELLA (FI). Non siamo affatto soddisfatti, perché, come sempre, non abbiamo dei termini precisi, lo studio suddetto pare già realizzato, quindi, non si vede perché dobbiamo vederlo in settimana e, peraltro, lei giustamente fa riferimento a un iter burocratico che conosco bene. Peraltro, le significo che vi sono delle voci strane che dicono che è proprio questo iter che voi state cercando di rallentare, attraverso dei magheggi; speriamo che tutto ciò non sia suffragato dalla realtà.
Vi ricordo che non è solo la posizione di Forza Italia, c'è la posizione del Governatore Zaia che continua a dirvi che è un'opera fondamentale, c'è la posizione di Confcommercio, Confindustria Verona, di tutte le realtà imprenditoriali che lo ritengono uno snodo fondamentale, sia in orizzontale, che in verticale, per l'Italia. Vi ricordo quanto le infrastrutture siano fondamentali per un rilancio dell'economia che, con le vostre scellerate politiche, non solo avete fatto frenare fino a fermarsi, anzi, ad arretrare, ma che non riuscite a sbloccare. Quindi, immagino e voglio sperare che smettiate di arroccarvi dietro pregiudizi ideologici e vogliate sbloccare le piccole e grandi opere in Italia, stiamo anche aspettando lo “sblocca cantieri” fantomatico, perché altrimenti ne sconterete un duro fio.
(Iniziative di competenza, anche in ambito europeo, volte a scongiurare una possibile reviviscenza del conflitto fra Siria e Israele e ulteriori tensioni nell'area, in relazione a recenti dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti – n. 2-00335)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ehm ed altri n. 2-00335 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Ehm se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
YANA CHIARA EHM (M5S). Presidente, signor sottosegretario, colleghi deputati, la tematica che è in discussione oggi riguarda una zona molto particolare, forse sconosciuta a molti, una zona strategica a cavallo tra due Paesi abbastanza complessi del Medioriente, per storia e situazione contingente: da una parte, Israele, impegnato in conflitti su più fronti e, dall'altra parte, la Siria, Paese devastato da una guerra quasi decennale che non accenna a concludersi nonostante il conflitto venga da alcuni considerato già terminato. L'interpellanza urgente riguarda le alture del Golan, un altopiano montuoso al confine tra Israele, Siria, Libano e Giordania, che si estende per circa 1.800 chilometri. La notevole importanza strategica del territorio è determinata dalle sue caratteristiche geologiche, e soprattutto dalla sua posizione: un terreno d'origine vulcanica, quindi molto fertile, ricco di falde acquifere e di corsi d'acqua, e che fino al 1975 fu passaggio obbligato della Trans-Arabian Pipeline. A nord spicca la vetta del Monte Hermon, che dall'alto dei suoi 2.814 metri costituisce un punto di osservazione privilegiato per controllare i movimenti del nemico: in passato infatti controllare questi valichi significava anche controllare le rotte commerciali e militari che da Damasco scendevano verso i porti della Palestina. Oggi la funzione di questa zona non è più soltanto legata alla sua posizione privilegiata di osservatorio: le alture rimangono una risorsa imprescindibile di acqua e punti di passaggio e confluenza di un terzo delle risorse idriche di Israele.
Gli eventi bellici del 1967, la cosiddetta guerra dei sei giorni, videro l'esercito israeliano occupare l'area militarmente, con successivo esodo di migliaia di civili siriani. Da quel momento il termine “Golan” è utilizzato soprattutto per riferirsi a quella porzione di territorio conquistata da Israele ai danni della Siria, dell'estensione di circa 1.200 chilometri quadrati. La risposta di Damasco arrivò solo nel 1973, ma gli israeliani riuscirono a prendere tempo per guidare una controffensiva che si tramutò in un nuovo conflitto.
In seguito alla guerra dello Yom Kippur, con l'armistizio nel 1974, le Nazioni Unite hanno istituito la missione UNDOF, col compito di supervisionare l'attuazione dell'accordo di disimpegno e di mantenere il cessate il fuoco lungo una striscia di terra demilitarizzata che corre sulla linea del cessate il fuoco. Il territorio di competenza dell'UNDOF corrisponde al 5 per cento dell'intera porzione di territorio occupata da Israele e rivendicata dalla Siria.
Il 14 dicembre 1981, infine, il Parlamento israeliano approvò unilateralmente la legge delle alture del Golan, che sostituendo l'autorità militare in vigore nell'area dal 1967 sancì l'annessione allo Stato di Israele delle alture, cui furono estesi il diritto, la giurisdizione e l'amministrazione civile dello Stato. Violente manifestazioni di protesta si levarono nel cosiddetto Golan occupato da parte dei siriani, in larga parte drusi, che ancora oggi si rifiutano di riconoscere l'autorità di Tel Aviv, e che, ogni anno, il 14 dicembre scendono in piazza per riaffermare la loro appartenenza alla Siria. Questa scelta sarà condannata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 497, che ha definito la decisione israeliana di imporre le sue leggi, l'amministrazione e la giurisdizione sulle alture del Golan nulla e priva di ogni rilevanza giuridica internazionale, mentre Israele sostiene di essere in diritto di trattenere la zona.
Siria ed Israele non hanno scontri militari dal 1974, e dagli anni Novanta fino ai primi anni del Duemila, fino al 2008 sono stati avviati dei contatti tra le amministrazioni, siriana ed israeliana, per portare a termine il contenzioso. Il territorio è de iure appartenente alla Siria, ma de facto è occupato militarmente ed amministrato da Israele, che ha proceduto alla sua annessione unilaterale e non riconosciuta dalle Nazioni Unite. 150 insediamenti sono stati costruiti negli ultimi 35 anni sulle alture, e si stimano ad oggi circa 20 mila coloni residenti.
Vengo al dunque, al fatto che ci ha spinto a presentare questa interpellanza urgente. In un già labile equilibrio geopolitico in Medioriente, il Presidente Donald Trump negli scorsi giorni ha mandato un forte segnale. Il Presidente americano ha così twittato: “Dopo 52 anni, è il momento per gli Stati Uniti di riconoscere pienamente la sovranità di Israele sulle alture del Golan, che hanno un'importanza strategica e di sicurezza per lo Stato di Israele e la stabilità della regione”. La recente dichiarazione rischia di creare ulteriore tensione in Medioriente, come già accaduto con lo spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme.
L'attuale situazione in Siria, con un conflitto in corso, e la presenza dell'Iran, già considerata una pericolosa minaccia da parte di Israele, definiscono un quadro politico e militare instabile, che richiede atti prudenti.
L'Unione europea ribadisce che, conformemente al diritto internazionale, non riconosce la sovranità israeliana sui territori occupati dello Stato di Israele dal giugno 1967, tra cui le alture del Golan, e non considera che esse siano parte del territorio israeliano; mentre analoghe prese di posizione sono ribadite solennemente dai Ministeri degli esteri di Francia e Germania. Siria, Russia e Turchia hanno già condannato il comportamento del leader americano, considerato irresponsabile. Ad opinione degli interpellanti, le dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti sull'annessione delle alture del Golan da parte di Israele potrebbero avere effetti dirompenti sulla regione, facendo riesplodere in maniera drammatica il conflitto siriano.
Ad aggravare la situazione, giunge notizia, ad una settimana dalle dichiarazioni di Trump, che Israele intende stanziare circa 250 mila coloni nei prossimi trent'anni proprio sulle alture occupate. Dopo anni in cui ha richiesto agli Stati Uniti il riconoscimento delle alture, Israele ha trovato un interlocutore disponibile a farlo: reputiamo ciò estremamente pericoloso.
Le tensioni dell'area sono, infine, inasprite dalle dichiarazioni poco prudenti, come ad esempio quella della Prima ministra rumena, sullo stato giuridico di Gerusalemme, che rischiano di compromettere le relazioni ed il percorso per una pacificazione e per un accordo tra le parti.
Ecco quindi perché siamo a chiedere, in primis, quali iniziative il Governo italiano abbia intrapreso e quali intenda avviare per scongiurare una drammatica reviviscenza del conflitto siriano, che potrebbe avere effetti devastanti sulla pace e la stabilità della regione; e, in secondo luogo, quali siano gli atti conseguenti che diano il chiaro messaggio della conformità alle posizioni sin qui assunte dall'Unione europea in merito alle alture del Golan, nonché alla revisione delle recenti prese di posizione del Primo ministro della Romania, nonché Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea, relative allo status di Gerusalemme, affinché si possa evitare che annunci ed iniziative singole e isolate possano avere ripercussioni anche sui nostri contingenti militari nelle aree circostanti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano, ha facoltà di rispondere.
MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Presidente, ringrazio l'onorevole Ehm per l'esposizione e la richiesta di chiarimento al Governo su un tema di assoluta importanza, anche e soprattutto per la stabilità della regione intera.
Il Governo ribadisce - dopo che, tra l'altro, lo ha fatto in maniera molto chiara anche il Presidente della Repubblica Mattarella - la piena aderenza alla posizione dell'Unione europea in tema di sovranità sulle Alture del Golan.
La posizione è stata ribadita, tra l'altro, appunto il 27 marzo dall'Alto rappresentante dell'Unione europea e Vicepresidente della Commissione europea Federica Mogherini, a nome dei 28 Stati membri, ricordando che, in linea con il diritto internazionale e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 242 e 497, l'Unione europea non riconosce la sovranità israeliana sul Golan occupato.
Per quanto riguarda Gerusalemme, il Governo ritiene che, in linea con i parametri ampiamente condivisi dalla comunità internazionale per una soluzione al conflitto israelo-palestinese, la definizione del suo status rientri tra le questioni finali su cui le due parti dovranno trovare un'intesa. Pertanto, per parte italiana non si procederà a riconoscere alcuna modifica unilaterale alle linee di demarcazione antecedenti il 4 giugno 1967, ivi incluso per Gerusalemme, che per quanto ci riguarda, e riguarda la comunità internazionale, resta capitale dei due Stati e punto di riferimento per i due popoli, nonché, come ribadito appunto dal Presidente della Repubblica Mattarella, capitale, se così si può dire, delle tre religioni monoteiste, e quindi è strategica anche per la stabilità della regione.
L'impegno del nostro Paese in Medio Oriente resta orientato a promuovere con spirito costruttivo la stabilizzazione regionale, che nell'ottica italiana non può prescindere ovviamente dalle esigenze di sicurezza di Israele, come dal rispetto dei diritti umani e di quello internazionale verso il popolo palestinese.
Il contributo italiano in tale direzione trova un ulteriore suo pilastro nella partecipazione alla coalizione anti-Daesh, dove siamo il secondo contributore di truppe, e alla missione UNIFIL in Libano, di cui abbiamo assunto il comando dallo scorso agosto con il generale di divisione Stefano Del Col, con un contingente di 1.100 unità, nonché nelle missioni addestrative in Libano ed in Palestina.
Massimo è l'impegno che il Governo ripone nella tutela della sicurezza delle nostre Forze armate che operano nello scacchiere mediorientale. Lo testimonia la scelta del Presidente del Consiglio Conte di compiere la sua prima visita nella regione proprio in Iraq il 6 febbraio del 2019, e in Libano, il 7 febbraio 2019, dove ha incontrato i nostri contingenti trasmettendo loro un forte messaggio di sostegno e apprezzamento per il loro operato.
Coerentemente con l'obiettivo prioritario di operare a favore della stabilizzazione regionale, il Governo non deflette dal suo impegno volto a promuovere il superamento delle questioni aperte nella regione attraverso l'unico strumento riconoscibile, ovvero il dialogo e il negoziato, basati su processi politici che devono essere inclusivi e avere una chiara ownership delle parti in causa. Tale linea viene declinata in tutti i contesti, bilaterali e multilaterali, nonché nella costante azione di coordinamento all'interno dell'Unione europea, cui l'Italia contribuisce sempre con spirito costruttivo ed equilibrio.
Con tale spirito, il Governo sostiene l'azione dell'inviato speciale ONU, Geir Pedersen, volta a reperire una soluzione nell'attuale conflitto in Siria attraverso l'avvio di un processo politico ai sensi della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2254, come ribadito anche in occasione della III Conferenza di Bruxelles sulla Siria, che si è tenuta dal 12 al 14 marzo scorsi, nel cui contesto l'Italia ha rinnovato il suo impegno in risposta alla crisi umanitaria.
Resta ferma la convinzione del nostro Governo che non vi siano alternative al dialogo e al negoziato a norma del diritto internazionale e degli accordi già raggiunti, che accomunano l'intera comunità internazionale attorno a un equilibrio che potremmo definire rules-based anziché di azioni unilaterali.
PRESIDENTE. L'onorevole Ehm ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
YANA CHIARA EHM (M5S). Presidente, ringrazio molto il sottosegretario Di Stefano per l'esaustiva risposta e anche per aver ribadito, in modo molto chiaro, la nostra contrarietà assoluta - in accordo con l'Unione Europea - al riconoscimento dell'annessione del Golan, e credo che questo vada ribadito sempre, sia dentro quest'Aula che anche fuori; quindi, mi ritengo pienamente soddisfatta.
Ne approfitto per ribadire che, nonostante il territorio sia conteso ormai da decenni, una soluzione concreta non può che essere trovata attraverso il dialogo e la cooperazione. Questo vale ovviamente anche per quanto riguarda la città di Gerusalemme capitale, per la quale ci tengo a sottolineare l'importanza dei parametri per la soluzione del conflitto per Gerusalemme capitale dei due Stati e per la stabilizzazione di tutta la regione, come anche già ricordato dal sottosegretario.
Si tratta di un auspicio che portiamo avanti da moltissimi anni e che risulta però sempre più difficile raggiungere.
Certo, proprio in merito alla tutela della sicurezza delle nostre Forze armate che operano in quell'area e per incentivare anche in modo chiaro il processo inclusivo e risolutivo dell'area israelo-palestinese, credo sia anche importante ricordare qui che il sostegno ampiamente dichiarato da parte degli Stati Uniti verso Israele, dal riconoscimento di Gerusalemme capitale al riconoscimento dell'autorità sul Golan, non aiuta proprio il processo di pacificazione e non porta a quel contributo auspicabile per chi vuole risolvere un conflitto decennale. Questo, a maggior ragione, in questo momento di forte instabilità delle aree confinanti nel Medio Oriente e anche dopo le recenti elezioni israeliane, che hanno consolidato il potere acquisito dal Presidente Netanyahu e le sue relazioni nello scacchiere internazionale. Quindi, sarà fondamentale, a maggior ragione dopo le elezioni del prossimo 26 maggio, avere un'Europa più che mai unita per la pace, per il dialogo e per la risoluzione dei conflitti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Chiarimenti in merito alla predisposizione delle sezioni elettorali per l'esercizio del diritto di voto dei connazionali residenti all'estero in occasione delle prossime elezioni del Parlamento europeo – n. 2-00344)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fusacchia e Schullian n. 2-00344 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Fusacchia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-+E-CD). Presidente, ci apprestiamo ad andare verso le elezioni europee, e c'è una situazione molto particolare di esercizio di voto dei nostri connazionali che sono sia in altri Paesi dell'Unione europea sia nel resto del mondo.
La mia interpellanza riguarda il caso specifico degli italiani residenti in altri Paesi europei, ma volevo fare un breve cenno anzitutto per richiamare il quadro complessivo al fatto che noi, in realtà, non stiamo garantendo il diritto di voto ai nostri connazionali in giro per il mondo, perché, per votare alle elezioni europee, un italiano residente in Australia, negli Stati Uniti o in Giappone, deve tornare in Italia, e di fatto questo significa non consentire il diritto di voto.
Però, atteniamoci al caso concreto e pratico di quello che succede fra poche settimane. Per le elezioni europee c'è una particolarità, perché, a differenza del voto per le politiche, quindi di un anno fa - io sono stato eletto in quella circoscrizione, in Europa - non c'è un voto per corrispondenza, quindi gli italiani dovranno votare o rientrando in Italia o esercitando - ma questo è un altro caso - il diritto di voto per le liste europee dei Paesi dove sono residenti, oppure recandosi nelle sezioni consolari, nei seggi che saranno allestiti dal Ministero degli Affari esteri. Nelle settimane scorse, nei mesi scorsi, anche con altri colleghi ci siamo molto preoccupati e interessati del caso speciale del Regno Unito, dove si stava creando una situazione molto particolare, legata all'incertezza dell'uscita del Regno Unito con la Brexit, però il quadro è abbastanza chiaro per quello che riguarda tutti gli altri Paesi dell'Unione. Quindi, volevo avere informazioni (sono informazioni che ovviamente interessano tutti i nostri connazionali residenti nei Paesi dell'Unione europea interessati ad andare a votare, e stiamo parlando potenzialmente di una cifra molto significativa, di milioni di persone), volevo chiedere, per il tramite della Presidenza, al rappresentante del Governo quante sezioni il Governo abbia deliberato di installare, dove e in che proporzione con l'elettorato attivo; quindi qual è il ragionamento che c'è dietro alle decisioni che sta prendendo il Governo su questo aspetto, per consentire l'effettivo esercizio del diritto di voto. Ciò perché, non essendoci un meccanismo di voto alternativo, non essendoci un voto per corrispondenza, è evidente che la distanza geografica fra i luoghi, dove sono disposti i seggi e dove effettivamente materialmente si addensa e concentra la presenza dei nostri connazionali, è rilevante.
Per questo, quindi, terrei anche a capire quali criteri abbia adottato il Governo per stabilire la dislocazione delle sezioni elettorali in questi Paesi e circoscrizioni consolari e, se è possibile, sapere quale sia l'importo delle risorse allocate dal Governo complessivamente per la consultazione elettorale per le elezioni europee all'estero, perché è evidente che - anticipando immagino un pezzo nella risposta del rappresentante del Governo - si fa quello che si può sulla base delle risorse che si hanno. Per questo, è importante capire su quali risorse materialmente la Farnesina può contare, ha potuto contare o sta contando per poter allestire delle sezioni e quindi per aumentare la possibilità che l'esercizio di voto dei nostri connazionali nei Paesi dell'Unione europea sia effettivamente reale e non venga lasciato solo a poche sezioni, che scoraggerebbe tutti coloro che non si trovano nelle immediate vicinanze di quella sezione elettorale.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano, ha facoltà di rispondere.
MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Presidente, nel ribadire il pieno impegno del Governo a far sì che fenomeni del tutto nuovi come la Brexit possano incidere sul diritto al voto degli italiani lì residenti, che ha portato anche all'istituzione di una cabina di regia sulla Brexit già dal giugno dell'anno scorso, è evidente che c'è un'ovvia attesa delle determinazioni che la Gran Bretagna compirà nelle prossime settimane.
Detto ciò, la normativa - sulla quale ovviamente la Farnesina ha obbligo di riferirsi - per il rinnovo del Parlamento europeo determina il fatto che i cittadini italiani residenti nei Paesi europei possano scegliere di votare per i rappresentanti del Paese dove risiedono oppure per i candidati italiani presso le sezioni elettorali istituite in quegli stessi Paesi dalla nostra rete diplomatico-consolare, in base alla legge n. 18 del 1979. Possono votare per i candidati italiani anche coloro che si trovano temporaneamente in un Paese UE per motivi di studio o di lavoro, nonché i loro familiari conviventi, previa presentazione, per il tramite dell'ufficio consolare di riferimento, di apposita domanda diretta al sindaco del comune nelle cui liste elettorali sono iscritti. L'ultimo elenco disponibile degli elettori residenti all'estero è quello utilizzato in occasione delle elezioni politiche del 2018, giacché l'elenco degli elettori definitivi per le prossime consultazioni europee non è ancora disponibile, infatti il Viminale lo sta proprio in questi giorni perfezionando. Dai dati disponibili, gli elettori residenti in Paesi dell'UE nel 2019 risultano essere circa 1.900.000, con un incremento rispetto al 2014 di oltre il 20 per cento.
Circa il primo quesito dell'onorevole interrogante, si precisa che la rete diplomatico-consolare presente nei Paesi dell'UE ha previsto di istituire 237 seggi elettorali, comprensivi di 468 sezioni, distribuite come segue e mi scuserà per il dettaglio dei numeri, però è quello che chiede, quindi è importante che glielo dia nello specifico: Austria 6 seggi e 9 sezioni; Belgio 6 seggi e 49 sezioni; Bulgaria un seggio e una sezione; Cipro un seggio e una sezione; Croazia 4 seggi e 5 sezioni; Danimarca 2 seggi e 3 sezioni; Estonia un seggio e una sezione; Finlandia un seggio e una sezione; Francia 65 seggi e 95 sezioni; Germania 61 seggi e 152 sezioni; Grecia 5 seggi e 6 sezioni; Irlanda un seggio e 4 sezioni; Lettonia un seggio e una sezione; Lituania un seggio e una sezione; Lussemburgo 4 seggi e 5 sezioni; Malta un seggio e 2 sezioni; Paesi Bassi 6 seggi e 9 sezioni; Polonia 2 seggi e 2 sezioni; Portogallo 5 seggi e 5 sezioni, Regno Unito 38 seggi e 73 sezioni; Repubblica Ceca 2 seggi e 2 sezioni; Romania 2 seggi e 2 sezioni; Slovacchia un seggio e una sezione; Slovenia 2 seggi e 2 sezioni; Spagna 14 seggi e 32 sezioni; Svezia 3 seggi e 3 sezioni; Ungheria un seggio e una sezione.
Ovviamente, poi, questi dati li potrà reperire tranquillamente.
Per quanto riguarda la proporzione tra sezioni elettorali ed elettorato attivo, si ricorda che nell'ultima legge di bilancio, all'articolo 1, comma 782, è stata inserita una disposizione che prevede che “il Ministero dell'Interno, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero degli Affari esteri, assegni ad ogni sezione un numero di elettori non superiore a 5 mila e non inferiore a 200”. La mappatura dei seggi ad opera della rete ha pertanto avuto riguardo di tale criterio proporzionale, tenendo in considerazione anche le esigenze delle situazioni locali. Più nello specifico, gli uffici hanno tenuto particolare conto della distribuzione delle nostre collettività residenti, della loro composizione, nonché delle distanze effettive da percorrere per recarsi ai seggi e della presenza di reti viarie o di trasporto che permettano agevoli spostamenti.
Rispetto, infine, al terzo quesito sulle risorse stanziate in favore della rete diplomatico-consolare coinvolta nelle operazioni di voto, un'esatta indicazione si potrà avere solo nei prossimi giorni, poiché la richiesta finanziaria che la Farnesina ha formulato, ottenuti i preventivi dalle singole sedi, è ancora al vaglio dei competenti organi di spesa.
PRESIDENTE. L'onorevole Fusacchia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Sono soddisfatto nella misura in cui abbiamo qualche informazione in più. Inviterei caldamente, suo tramite, il rappresentante del Governo a farsi parte diligente nei confronti anzitutto del Viminale, perché ritengo che il fatto che le liste non siano ancora aggiornate non dipende da Theresa May, per essere chiari, su tutti gli iscritti all'AIRE nelle circoscrizioni dei Paesi dell'Unione europea come primo punto. Come secondo punto, mi ritengo soddisfatto nella misura in cui spero che non vi siano degli intoppi, per essere chiari, rispetto a quello che diceva da ultimo, e cioè che le richieste di spesa avanzate dalle nostre sedi poi non trovino degli ostacoli di qualsiasi natura, amministrativa, politica o formale.
Non ho i dati, chiaramente, del 2014. Il rappresentante del Governo ha richiamato correttamente l'incremento del 20 per cento rispetto al 2014, e quindi questo significa che immagino e spero che ci sia stato un surplus di attenzione rispetto al fatto che il dato di partenza è particolarmente variato. E da ultimo chiudo, Presidente, con una questione: è chiaro che la situazione del Regno Unito penso ormai sia particolarmente chiara almeno su quello che succede con le prossime elezioni europee, per quanto penso che lo scopriremo il giorno dopo le elezioni europee se voteranno o no alle elezioni europee. Detto questo, sarebbe importante che i nostri connazionali nel Regno Unito venissero rassicurati il prima possibile sul fatto che potranno votare per le elezioni europee, come è stato fatto nel 2014, e quindi non fare una corsa - che non ci sarebbe nella misura che poi noi ci auspicheremmo - a prenotare biglietti aerei o biglietti di nave per circumnavigare la penisola europea e venire in Italia a votare.
(Iniziative di competenza volte a consentire il voto presso le locali sedi consolari dei cittadini italiani residenti in Gran Bretagna e in Svizzera in occasione delle prossime elezioni del Parlamento europeo – n. 2-00350)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ungaro ed altri n. 2-00350 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Ungaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MASSIMO UNGARO (PD). Grazie, Presidente. Sì, è un tema molto simile a quello sollevato dal collega Fusacchia. Volevo rivolgermi al sottosegretario, che lo saprà molto bene, come è stato appena detto poc'anzi: voi sapete che il voto per gli italiani all'estero è disciplinato dalla legge n. 459 del 2001, che predispone il voto per corrispondenza, ma non si applica alle elezioni europee, il cui svolgimento è regolato dalla legge n. 18 del 1979. Gli italiani all'estero potranno votare alle europee nei consolati solo se risiedono nei Paesi membri dell'Unione europea, nei consolati o, comunque, nei seggi paraconsolari. E qui, ovviamente, sorge il tema e la questione del Regno Unito, per cui, come lei ben sa, c'è un'estensione fino al 31 ottobre, la questione della Brexit, però è un'estensione flessibile: se entro il 22 maggio la Camera dei comuni approvasse l'accordo di recesso, il Regno Unito non farà parte dell'Unione europea alla scadenza delle prossime elezioni europee.
E quindi qui il tema è che non sappiamo se il Regno Unito sarà parte dell'Unione europea o meno, e quindi, a causa di questa incertezza, si pone il tema di come faranno quei 700 mila italiani residenti nel Regno Unito a esercitare il loro diritto di voto per le elezioni europee; un diritto che loro hanno esercitato fino adesso. Quindi, volevo chiedere al Governo e a lei, sottosegretario, se il Governo intenda predisporre il voto nei consolati o nei seggi paraconsolari per i nostri concittadini che ci sia Brexit o meno. Data l'incertezza, non vogliamo correre il rischio che poi non sarete in condizioni di organizzarlo in tempo; quindi, vorrei un attimo avere un impegno fermo del Governo su questo punto, anche perché il suo Governo ha più volte manifestato come priorità politica la tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani residenti su quell'isola durante i negoziati con il Regno Unito anche in sede comunitaria. Sarebbe un po' paradossale che, da una parte, si predica il mantenimento dei diritti acquisiti e, dall'altra, sia proprio l'Italia a impedire il loro esercizio per i suoi cittadini che sono residenti in quell'isola. Dato che parliamo di diritti e di Regno Unito, mi chiedo anche se posso chiedere al sottosegretario un commento: sa che in queste ore è stato appena arrestato Julian Assange e ho sentito che certi esponenti del suo Governo hanno solidarizzato con Assange e anche richiesto, magari, l'asilo in Italia. Volevo chiedere qual è l'opinione del Governo in merito su questa questione, ma, soprattutto, ci tengo a usare il caso Brexit e l'emergenza dei concittadini italiani nel Regno Unito per sollevare una questione più importante, ovvero l'ingiustizia verso gli italiani residenti nei Paesi terzi, perché gli italiani che risiedono nei Paesi membri dell'Unione Europea possono votare nei consolati alle europee, gli italiani che risiedono nei Paesi terzi non possono votare, se non tornando in Italia. Ovviamente, è un grande ostacolo alla partecipazione democratica e al voto perché non tutti possono permettersi di tornare; si tratta di 3,4 milioni di italiani, ovviamente italiani che risiedono nelle Americhe, in Asia, in Africa, ma anche in tutti i Paesi europei che non fanno parte dell'Unione europea, la Svizzera, la Norvegia, l'Islanda, i Paesi dei Balcani come la Serbia, la Bosnia, Macedonia, Albania, Montenegro, Kosovo, e dell'Est come Russia, Ucraina, Bielorussia, Turchia.
Noi italiani siamo un popolo migrante, siamo andati ovunque, e non si vede perché non si voglia dare la possibilità anche a questi italiani di poter votare dove risiedono. Soprattutto, mentre nel Regno Unito si tratta di difendere un diritto acquisito, qui si tratta di rimuovere l'ostacolo all'esercizio di un diritto principe per la partecipazione alla vita democratica del Paese nell'Unione europea, soprattutto in considerazione che, a giugno dell'anno scorso, 2018, c'è stata una decisione del Consiglio UE che si raccomandava, nel merito della legge elettorale europea, agli Stati membri di permettere il diritto di voto alle europee a tutti i cittadini europei ovunque essi si trovino.
La Francia, per esempio, ha dato subito seguito a questa raccomandazione, e non vedo perché i francesi residenti all'estero, in tutto il mondo, possono votare per le europee e invece gli italiani non possono. E, quindi, chiedo al sottosegretario Manlio Di Stefano se il Governo vuole dare seguito alla decisione del Consiglio UE e permettere a tutti gli italiani residenti in Paesi terzi di poter votare alle elezioni europee. Si tratta di costi esigui, perché non si tratta di un voto postale; si tratta soltanto di aprire il consolato un giorno in più e di allestire i seggi elettorali, e veramente sarebbe auspicabile, perché il suo Governo è composto da forze politiche che spesso denunciano l'assenza di democraticità dell'Unione europea, di una distanza molto larga tra cittadini e Unione europea. Questa è un'occasione ghiotta e facile per porvi rimedio, per accostare, per avvicinare gli italiani, i cittadini italiani, alle istituzioni europee, permettendogli di partecipare al voto. Mi chiedo se il suo Governo voglia agire in questo senso. Sarebbe veramente un'azione giusta e, come dice la mia collega Angela Schirò, la cittadinanza italiana è una, non esistono cittadini di serie A, quelli che abitano in Italia, di serie B, quelli che abitano nei Paesi dell'Unione europea, e di serie C, quelli che abitano nei Paesi terzi. Tra l'altro, nei Paesi dell'Unione europea uno può optare se votare alle europee nei collegi italiani o nei collegi del Paese in cui si risiede e, quindi, si hanno due opzioni mentre i cittadini che abitano nei Paesi terzi hanno zero opzioni. Questo sarebbe un passo giusto verso l'idea di cittadinanza europea che può solo essere creata, appunto, se permettiamo ai nostri cittadini di esercitare il diritto di voto, quel diritto-dovere che li definisce (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Manlio Di Stefano, ha facoltà di rispondere.
MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Non sfuggirà all'onorevole interrogante che la legge che regola l'elezione per le consultazioni europee e il diritto di voto dei cittadini che vivono sia in Europa sia fuori dall'Unione europea non è stata modificata da questo Governo e, quindi, il diritto e il rispetto dei diritti di questi cittadini avviene a norma della legge che ha regolato tutte le elezioni europee sostanzialmente da qualche decennio ad oggi. Di conseguenza, mi stupisce sinceramente sentire parlare di togliere o dare un diritto: si opera a norma di legge, lo hanno fatto tutti gli ultimi Governi ed è assolutamente ovvio che sia così e, di conseguenza, anche le prossime elezioni europee saranno gestite a norma di legge.
Cosa vuol dire questo nel caso specifico dell'interrogante, che affronta una questione ovviamente importantissima? Che dovremmo, secondo me, fare lo sforzo di uscire dal concetto di togliere o dare un diritto in questo caso, perché i cittadini italiani che vivono in Gran Bretagna avranno lo stesso diritto in base al fatto di essere dentro o fuori dall'Unione Europea. Quindi, si rispetterà la norma ma il loro status sarà determinato da quello che la Gran Bretagna farà in base all'accordo di recesso o meno. Ovviamente, dobbiamo porci - e credo che sia dovuto per il rispetto del nostro Paese - come un Paese che rispetta la norma, ma la norma in questo caso non dipende soltanto da noi ma dallo status del Paese dove si svolgeranno le elezioni. Come dicevo, l'attuale normativa, infatti, è la legge n. 18 del 1979, poi modificata più volte ovviamente, ma è quella in essere e prevede che i connazionali a vario titolo presenti - quindi, sia residenti sia temporanei - all'interno del territorio di altri Paesi dell'Unione Europea possono votare nei seggi esteri istituiti nei nostri uffici diplomatici e consolari. In questa disposizione non rientrano quindi - ed è quello che dicevo - i residenti in Paesi extraeuropei, i quali, a legge vigente, possono votare esclusivamente rientrando in Italia e presso i seggi istituiti nei comuni nelle cui liste elettorali risultano iscritti.
Per quanto concerne l'esercizio del voto nel Regno Unito, quindi, il passaggio importante è avvenuto ieri sostanzialmente, quando il Consiglio europeo, con la decisione n. 20013/19 ha accordato al Regno Unito la proroga flessibile, così definita dall'articolo 50 del Trattato dell'UE, definendo, quindi, che non oltre il 31 ottobre 2019 si debba risolvere la questione dell'accordo di recesso e prevedendo che se l'accordo di recesso verrà nel frattempo ratificato dalle due parti prima di quella data - e questo credo che sia il passaggio più importante - l'uscita avrà luogo il primo giorno del mese successivo. Le condizioni stabilite per la concessione della proroga, secondo la decisione del Consiglio europeo, prevedono l'obbligo per il Regno Unito di organizzare le prossime elezioni del Parlamento europeo del 23 e 26 maggio se il Paese sarà ancora membro dell'Unione e se entro il 22 maggio non avrà ratificato l'accordo di recesso.
Quindi, l'unione di queste due clausole sostanzialmente porta i nostri connazionali ad avere una certezza in realtà nel brevissimo periodo, perché se l'accordo non sarà firmato prima comunque scatterà il mese dopo e, quindi, si includerebbe il mese delle elezioni e la Gran Bretagna sarebbe obbligata a organizzarle sostanzialmente. Se, dunque, il Regno Unito sarà ancora uno Stato membro dell'Unione gli elettori italiani lì residenti potranno votare alle elezioni europee presso i seggi che verranno istituiti in loco, previa conclusione delle intese previste dalla normativa. La nostra ambasciata a Londra - ed è quello che dicevo anche nell'interpellanza precedente - comunque si è già attivata da tempo per formalizzare l'intesa già anticipataci dalle autorità locali e questo è frutto ovviamente anche del fatto che si è creata una cabina di regia proprio sulla Brexit già da giugno scorso che ha analizzato, tra le varie cose, i diritti, appunto, dei nostri connazionali lì residenti.
Invece, è molto diverso, visto che c'era anche questa parte dell'interrogazione, il caso della Svizzera, per cui il legislatore non ha mai previsto deroghe o regimi di voto assimilabili a quelli dell'area UE. Di conseguenza, in mancanza di modifiche di rango legislativo ad hoc, gli elettori italiani residenti in Svizzera avranno la possibilità di esprimere il loro voto per il Parlamento europeo rientrando in Italia, come del resto è sempre avvenuto per loro, al pari di tutti i connazionali residenti in Paesi extra UE, dall'entrata in vigore della legge n. 18 del 1979 a oggi.
Quindi, ribadisco, in conclusione, che la norma è invariata e il rispetto della norma chiaramente è invariato. Si sta predisponendo, anzi, uno sforzo enorme in più anche con l'ultimo “decreto Brexit” con cui si assumono, sostanzialmente, 50 unità di contrattisti in più proprio per gestire la cosa, ma purtroppo - e questo è naturale, essendo un caso più unico che raro per l'Unione europea - dobbiamo fare i conti con le determinazioni della Gran Bretagna e, quindi, non soltanto con la nostra azione di governo.
PRESIDENTE. L'onorevole Ungaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
MASSIMO UNGARO (PD). Presidente, io ringrazio per la cortesia il sottosegretario ma mi dichiaro insoddisfatto. Sono insoddisfatto perché non credo che abbiamo ottenuto una risposta. Io conosco le leggi, però per quanto mi riguarda il Parlamento è il posto dove si cambiano le leggi e il Governo fa le leggi. Non c'è bisogno che lei mi dica quali sono le leggi, perché so anch'io quali sono le leggi e so leggere anch'io. Ma io sono venuto qui perché, per quanto mi risulta, è qui che si cambiano le leggi. Io chiedo un indirizzo politico e non chiedevo che mi si dicesse com'è la normativa attuale, che conosco benissimo.
Quindi, sono insoddisfatto in primo luogo perché, come lei ha detto, non è certo che il Regno Unito sarà parte dell'Unione europea il 26 e il 27 maggio. Io chiedevo una rassicurazione che, per quanto, appunto, non sia sicura la sua permanenza, noi potremo votare in quel Paese, i nostri concittadini potranno votare in quel Paese, e lei non me l'ha data.
In secondo luogo, volevo sollevare il tema politico dei Paesi terzi. È ovvio che la normativa adesso impedisce agli italiani che sono nei Paesi terzi di votare, però è arrivata questa raccomandazione del Consiglio UE che considera il contrario e non è pervenuta una risposta politica del suo Governo su questa questione che è una questione, insomma, importante.
Quindi, io non rilevo una risposta in merito rispetto a quello che lei mi ha detto. Inoltre, lei ha citato i consolati italiani all'estero e la pubblicità sul nostro diritto di voto per i temporaneamente all'estero. Lei saprà che i cittadini italiani che sono all'estero temporaneamente per studio, per lavoro o per curarsi hanno il diritto di votare se si registrano. Anche lì, in realtà, non c'è stata una grande pubblicità di questa possibilità e, quindi, io noto un'essenziale indifferenza di questo Governo per le questioni di noi italiani all'estero, che vanno dalla scarsa pubblicità del voto, all'indifferenza rispetto a queste questioni che ho sollevato oggi, al ridurre i fondi per la cultura italiana nel mondo, i fondi per la nostra rappresentanza a Comites e CGIE, fino alla riduzione degli eletti italiani all'estero.
Quindi, si conferma un Governo che non è dalla parte degli italiani all'estero e non vorrei ovviamente pensare che ci sia dietro un'intenzione, appunto, di indebolire la partecipazione del voto alle europee, il che sarebbe in linea con le componenti sovraniste del suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Iniziative di competenza volte al rinnovo del bonus «baby sitter» e al sostegno delle donne lavoratrici – n. 2-00343)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gribaudo ed altri n. 2-00343 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Alessia Rotta se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ALESSIA ROTTA (PD). Grazie, Presidente, la illustro. Sottosegretario, con una circolare l'INPS recentemente ha dato definitivo termine alla sperimentazione del cosiddetto “bonus baby sitter e asilo nido”, uno strumento - ricordiamo - introdotto in via sperimentale tra il 2013 e il 2015 e, poi, successivamente prorogato con altri provvedimenti. Una misura, lo vogliamo ricordare, che ha consentito a migliaia di donne - 8 mila, in particolare, solo nel 2017 - al termine del congedo parentale ed entro gli undici mesi successivi, in alternativa, appunto, al congedo, di avere questo contributo per poter permettere di lavorare, a un tempo, e, dall'altro, affidare, con 600 euro al mese circa, i propri figli a un servizio di baby sitting o ai servizi per l'infanzia.
Ma la ragione - noi ce lo chiediamo - per cui questo tipo di strumento è stato cancellato dal Governo non può essere altro che l'immaginario che questo Governo e, in particolare, Lega e 5 Stelle hanno dell'idea della famiglia, ovvero un'idea della famiglia in cui l'uomo lavori e la donna, invece, debba rimanere a casa, perché altrimenti, sottosegretario, per noi è incomprensibile come uno strumento, che non è certamente sufficiente ma era l'unico che consentiva la conciliazione tra vita e lavoro, sia stato cancellato (altrimenti noi non ce lo spieghiamo).
Sarebbe stato sufficiente per il Governo osservare, appunto, i dati, che qui brevemente vogliamo riepilogare, rispetto a qual era la situazione nel 2017, dati ufficiali dell'ispettorato del lavoro per cui, appunto, il bonus è servito a 8 mila donne solo nel 2017, ma anche gli altri dati, quelli cioè delle donne che hanno rinunciato al lavoro.
Ebbene, i dati sono drammatici: nel 2017, nonostante questo strumento, 30 mila donne hanno dato le proprie dimissioni dal lavoro, un numero in crescita perché erano 29 mila nel 2016; e se noi, invece, guardiamo ancora più sul lungo periodo, cioè dal 2011, sono 140 mila le donne che il Paese perde rispetto al mondo del lavoro. Evidentemente, laddove le donne lavorano non si fanno più figli, ma tutti i dati, sottosegretario, e lo sappiamo bene ormai sono assodati, ci dicono che laddove le donne lavorano, laddove le donne hanno benessere economico, laddove le donne possono scegliere, e noi rivendichiamo questa libertà di scelta, si fanno più figli.
Allora, è del tutto incomprensibile la cancellazione di questa misura, che noi troviamo e consideriamo fondamentale, soprattutto perché ancora una volta con l'occhio ai dati, i dati ancora una volta si leggono in un'unica maniera, perché queste 140 mila donne, che dicevo, perse al mondo del lavoro dal 2011 ad oggi, hanno un'età compresa, per il 75 per cento, tra i 29 e i 44 anni, un altro dato che ci riporta nella stessa dimensione. Il problema per le donne oggi nel nostro Paese è, quindi, conciliare il lavoro e la vita relazionale, affettiva e la cura dei figli, addossata esclusivamente su di loro. Quindi, questa incompatibilità lavorativa tra esigenze di cura della prole e l'occupazione lavorativa.
E, allora, ci chiediamo davvero perché il Governo abbia fatto questa scelta in assenza di altre alternative. Con riferimento alle donne, lo dicono, lo testimoniano i dati, anche i dati rispetto alla natalità. Il dibattito - che abbiamo fatto anche nei giorni scorsi - sulla bassa natalità nel nostro Paese e anche i dati sulla diversa natalità del nostro Paese tra Nord e Sud ci portano a dire che è nel Nord, dove le donne sono maggiormente occupate, che si fanno più figli rispetto al Sud. E, allora, di che cosa ci sarebbe carenza? Naturalmente di strutture, di supporto alle donne, che lamentano la carenza di asili e di strutture che possano aiutare, strutture naturalmente a basso costo o a costo affrontabile, di misure per la previdenza, di misure, però anche di politiche attive per il lavoro, di misure per il welfare. Esattamente il contrario di quello che ha fatto questo Governo con questa cancellazione, che non è solo simbolica, è molto pratica, non solo per le risorse che mancano e che aiuterebbero fondamentalmente le donne, che a quel punto dicono: se io devo pagare integralmente il servizio, è meglio che io non lavori e faccia questa scelta; ed è una perdita - lo ripeto - per tutto il Paese.
L'incongruenza di tali scelte, poi, è chiaramente eclatante e salta agli occhi quando il Governo fa tutt'altra scelta, scelte ideologiche. Io voglio tornare un secondo sul congresso di Verona, non solo perché è la mia città, ma perché, se la risposta ai problemi concreti delle donne italiane - ma non solo delle donne, delle famiglie italiane - e il tema della natalità interessano davvero a qualcuno, non si fa uno strumento (magari si finanzia anche e magari si patrocina anche) come il congresso di Verona, che, al di là dell'approccio ideologico, che naturalmente noi non condividiamo, non mette in campo nulla, anzi cancella quello che servirebbe; non si fa con ricette miracolose dove si dice ‘dimezzeremo il costo dei pannolini', ma si fa, evidentemente, con degli strumenti che oggi non vediamo.
Non sappiamo neanche con quale faccia, oltre che con quali risorse, voi possiate dire che avete intenzione di dare una risposta, che naturalmente aspetteremo, perché sappiamo che i 23 miliardi del costo dell'IVA per impedire che scatti la clausola di salvaguardia dell'IVA sono già sul piatto, quindi anche con quali risorse.
Ciò che sorprende di più, però, sottosegretario, Governo, non è la superficialità, l'abitudine alla menzogna, alla quale ormai siamo abituati con continue smentite, ma la totale assenza di un'idea, di un progetto (io non voglio dire di una riforma), che vada oltre la propaganda o l'annuncio social.
C'è bisogno di misure di welfare, di misure di welfare innovative, che superino l'assistenzialismo.
L'obiettivo, infatti, come sappiamo, è quello di tenere insieme alla dimensione economica e quella relazionale, la corresponsabilità e la dignità sociale, l'occupazione femminile. Per farlo, evidentemente, ci vuole uno sforzo culturale, ma anche uno sforzo politico. E questo Governo - ci chiediamo - è in grado di farlo? Per noi la risposta drammatica è “no”, ma è sotto gli occhi di tutti. Questo Esecutivo non è in grado di progettare nessuna riforma strutturale, a parte il qui e ora, e il prossimo voto. E allora che cosa rischiamo? Rischiamo che l'anno in cui rimboccarsi le maniche e fare sacrifici per risalire la china forse non basterà, eppure sappiamo che questi sacrifici sono già scritti nero su bianco dal vostro Governo, non da noi, basta guardare la nota del DEF. E allora “c'era una volta” la famiglia, e il verbo al passato lo ha declinato questo Governo con la sua insipienza.
Quindi, chiediamo quali urgenti - urgenti, lo sottolineo, sottosegretario - iniziative il Governo intenda mettere in campo per porre rimedio alla mancata proroga del bonus baby sitter anche per i prossimi anni e come si intenda concretamente sostenere il ruolo delle donne lavoratrici, anche e in particolare dopo la maternità, quindi favorendo la conciliazione di tempi di vita e tempi di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. La necessità di mettere in atto una riforma strutturale delle politiche a sostegno della famiglia e della natalità è una delle priorità di questo Esecutivo, testimoniato dall'istituzione dell'apposito Ministero per la famiglia e disabilità. L'obiettivo è quello di invertire il trend negativo che caratterizza un inquietante calo demografico, al quale consegue il progressivo invecchiamento della popolazione. La circostanza che tale fenomeno accomuni la maggior parte dei Paesi del vecchio continente è un campanello d'allarme, che deve spingere tutti i Governi nazionali a mettere in atto apposite politiche, capaci di fronteggiare lo stesso.
Per quanto riguarda l'Italia, questo Governo avverte la necessità di intervenire con una riforma organica, capace di armonizzare politiche pubbliche oggi ancora troppo frammentate, per ricondurre ad unitarietà un quadro normativo di cui fanno parte istituti che spesso hanno finalità di sostegno analoghe. Ne è esempio il voucher baby sitting, oggetto della presente interpellanza, che ha le medesime finalità di conciliazione tra i tempi di vita e quelli di lavoro; o il cosiddetto bonus nido: attraverso tale misura, infatti, viene garantita l'erogazione di un assegno pari a 1.000 euro, incrementato a 1.500 euro con la legge di bilancio 2019, per far fronte al pagamento delle rette relative alla frequenza di asili nidi pubblici e privati per i bambini di età inferiore ai tre anni, nonché per l'erogazione di tutte quelle forme di supporto presso la propria abitazione in favore di quei bambini affetti da gravi patologie croniche.
Evidenzio, inoltre, che con la legge di bilancio 2019 sono state rafforzate le misure a sostegno delle donne lavoratrici e dei padri lavoratori. Per questi ultimi, infatti, sono stati portati a cinque i giorni di congedo obbligatorio, con la possibilità di fruire di ulteriore giorno in alternativa alla madre.
Con la stessa legge di bilancio 2019 è stata, poi, riconosciuta alle donne lavoratrici madri la facoltà di usufruire dell'intero periodo di congedo di maternità dopo l'evento del parto, previa certificazione medica, al fine di rendere ulteriormente flessibile il congedo.
Non bisogna, poi, dimenticare che, con lo stesso provvedimento, è stata modificata la disciplina sul lavoro agile, che consente alle madri lavoratrici, che ne facciano richiesta nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio, di essere ammesse con priorità alla modalità di svolgimento del lavoro agile.
Infine, grazie al rifinanziamento del fondo per le politiche per la famiglia con l'importo di 100 milioni di euro, parte di questo stanziamento sarà utilizzato per definire un sistema di sostegno diretto a incentivare la creazione di strutture e servizi di welfare familiare all'interno delle stesse aziende.
Concludo questo mio intervento ribadendo che queste sono solo le prime misure che abbiamo messo in atto e che è nostra intenzione proseguire nell'attività di Governo affinché le stesse possano essere ulteriormente implementate nell'ambito di un più organico e strutturato piano per la famiglia.
PRESIDENTE. L'onorevole Gribaudo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
CHIARA GRIBAUDO (PD). La ringrazio, Presidente. Come potrà ben immaginare, conoscendo anche la sua sensibilità, non siamo soddisfatte e non siamo soddisfatti di questa risposta, perché ci sono una serie di imprecisazioni, che poi lentamente andrò a riprendere una per una, che naturalmente denotano che ancora una volta questo è un Governo che non solo non dà le risposte quando poniamo delle domande, ma continua a fare propaganda appropriandosi di provvedimenti che sono stati approvati la scorsa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor sottosegretario, lei mi ha citato la legge n. 81, quella del lavoro agile e del lavoro autonomo: quella norma lì l'abbiamo seguita personalmente io e la deputata Rotta e in quella legge voi non avete fatto assolutamente niente, non venite a raccontarci delle storie, perché le norme le conosciamo anche noi, signor sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E non è vero, mi dispiace, mi dispiace davvero tanto, perché, purtroppo, non ci sono motivazioni, non ci sono motivazioni di bilancio, di scelte di efficacia, che possano giustificare questa vostra scelta, la scelta che avete fatto di eliminare un bonus, che era l'unico strumento che consentiva alle donne lavoratrici di avere una possibilità in più per tornare a lavorare dopo una gravidanza.
Io credo che questa sia una scelta di fondo che, in qualche modo, dimostra, come ricordava prima la mia collega, le scelte, di fatto, ideologiche che stanno dietro le scelte di questo Governo. Questa scelta, di fatto, nega l'opportunità alle donne di tornare al lavoro e, purtroppo, devo dirle sinceramente che voi state disegnando un'idea della donna e della famiglia non solo antiquata, ma vorrei dire reazionaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché in questo Governo c'è chi, come il Ministro Fontana, si schiera sempre con chi ritiene le donne naturalmente predisposte alla cura della casa e ad accudire i figli. E dietro a questa presunta vocazione, che fa leva sul sentimento di maternità, si nascondono, purtroppo, vere e proprie trappole culturali, perché la donna che non lavora non è una donna indipendente, perché una donna che deve pensare solo ai figli non è libera di studiare, ma, soprattutto, perché una donna che non può scegliere di lavorare non è una donna libera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Voi alla donna date il valore di un bonus, per l'appunto, per cui è uguale: che ci sia o che non ci sia per voi è la stessa cosa, non fa differenza, perché, in fondo, ritenete che il suo tempo e la sua libertà di scelta sia interscambiabile con delle misure di welfare. Ma ve l'ha ricordato ieri Graziano Delrio in quest'Aula: la donna non è uno strumento di welfare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): la donna ha tutto il diritto e il dovere di costruirsi una sua vita indipendente e di poter avere gli stessi diritti di tutte le altre persone, mentre, invece, voi, ancora una volta, scegliete di destinarle, di costruirle un recinto in cui, secondo voi, deve stare.
Ma, del resto, devo dirle la verità, signor sottosegretario, non mi stupisce perché, sempre in questa legge di bilancio, voi avete pensato bene di inserire una proposta piuttosto curiosa. In un Paese a natalità zero, come lei stesso ci ricordava, voi che cosa fate nella legge di bilancio? Non solo togliete il bonus, ma inserite un premio per le famiglie che avranno il terzo figlio. E qual è il premio che lo Stato italiano dà alle famiglie? Immaginatevi, voi pensate una dote per i figli che inizieranno a studiare o, magari, un sostegno alla genitorialità condivisa? No. Il Governo italiano regala alle famiglie italiane un pezzo di terra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) - un pezzo di terra! -, perché, evidentemente, quello che voi pensate, signor sottosegretario, è che, banalmente, bisogna costruire i servi della gleba di Stato.
Questo è quello che voi immaginate. Lo dico con rammarico, ma, del resto, io ero già molto preoccupata, perché quando avete fatto il progetto di Governo, di questo Governo giallo-verde, nel programma di Governo, voi avete deciso di premiare le aziende che non licenziavano le donne che affrontavano la maternità. Poi, per ora, almeno su questo avete desistito, ma, in realtà, avete peggiorato le cose con la legge di bilancio precedente che, naturalmente, come è noto, lo ripeto in quest'Aula, noi non abbiamo avuto nemmeno la possibilità di discutere, perché, ovviamente, con la fiducia a cui ci avete sottoposto, il Parlamento non ha potuto nemmeno esaminare il testo di cui stavamo ragionando.
Ma di recente, oltre all'eliminazione dei bonus, esponenti del suo Governo hanno affermato, appunto, che nella legge di bilancio sono stati inseriti oltre 3 miliardi per famiglie e disabilità, e lei stesso oggi ricordava cifre analoghe. Purtroppo, però, sono gli stessi dati forniti dal Governo a smentirvi, perché, solo nel 2019, voi stanziate complessivamente 780 milioni circa a sostegno di famiglia e disabilità, ma, nell'intero triennio, non arrivate nemmeno a 3 miliardi, ma nemmeno a 2 miliardi vorrei dire. Sappiamo che in questi giorni avete qualche piccolo problema, per cui, verosimilmente, anche questo tipo di impostazione cambierà ancora nel prossimo DEF.
Di conseguenza, ancora una volta, avete fatto i forti con le persone che hanno più difficoltà, continuate a fare i forti e gli arroganti con chi davvero avrebbe bisogno di un altro sostegno. Mi dispiace, perché avete appunto rivendicato delle misure, come le ho detto in premessa, che appartengono al nostro operato, seppur marginale, se pur non abbastanza sufficiente.
Però, io lo voglio dire, signor sottosegretario, mi aspettavo francamente che almeno alcune cose le aveste capite dopo questi anni, e le dirò perché: perché il lavoro per le donne è sempre stato il mezzo di emancipazione dalla vita difficile, lo è stato per tutto il Novecento; eppure, guardi, glielo devo dire, anche oggi, che siamo negli anni Duemila: la donna ancora i più grandi ostacoli e le più grandi ingiustizie le affronta, per l'appunto, proprio nel mondo del lavoro. Sono passati pochi anni da quando noi abbiamo scelto di abolire nuovamente le dimissioni in bianco – che il centrodestra aveva reintrodotto nel 2009 – per tutelare le donne dai datori di lavoro che non vogliono avere a che fare con le gravidanze. Questo noi lo sappiamo: sono passati pochi anni, eppure l'idea che lavorare per una donna, anche se madre, sia un diritto e non un premio non vi è ancora entrata nella testa.
Io credo, francamente, signor sottosegretario, che dovreste leggere qualche dato in più quando scrivete le leggi di bilancio o quando vi riempite la bocca di famiglia. Vorrei appunto partire da quei dati, signor sottosegretario, perché la destra è solita giustificare le sue politiche della famiglia proprio da dati demografici, con degli strumenti, però, di risposta che non danno soddisfazione alle nostre donne. Nel 2018, l'Italia vedeva un tasso medio di figli per donna pari all'1,32. In base alle sue idee, avrebbero più figli le donne che non lavorano rispetto alle donne che lavorano. L'Istat, invece, ci dice che è esattamente il contrario e che questo pregiudizio culturale deve essere invertito. Le regioni del Nord, dove il tasso di occupazione della donna si avvicina all'obiettivo di Lisbona, del 60 per cento, hanno un tasso di figli che è sopra la media, mentre quelle del Mezzogiorno, con un tasso di occupazione femminile del 32 per cento, sono sotto la media.
Che voi lo accettiate o no, il ruolo della donna nella società è cambiato, e non permetteremo mai che torni ad essere quello di un secolo fa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Le donne, oggi, sono quelle che studiano di più; le ragazze hanno una maggiore probabilità di completare i propri studi, soprattutto, di arrivare anche alla laurea, e si stima che il 47 per cento delle giovani donne, contro il 32 per cento dei maschi, si laureerà nel corso della vita. In Italia, già oggi, hanno un'istruzione universitaria decisamente maggiore, non c'è, quindi, da stupirsi se uno studio della Banca d'Italia afferma che una partecipazione, anche qui, dello studio e, poi, del lavoro, che vede aumentare la presenza delle donne nel mondo, per l'appunto, del lavoro altamente formate farebbe crescere il PIL di almeno sette punti percentuali, e Dio solo sa quanto questo Governo e il nostro Paese ne avrebbero un gran bisogno.
Ebbene, spesso, per le donne i problemi con il lavoro si presentano proprio con le gravidanze, l'abbiamo già detto e per questo abbiamo fortemente voluto la norma sulle dimissioni in bianco, il che rende, appunto, l'abolizione di questo voucher baby-sitting in sostituzione del congedo parentale, se possibile, ancora più grave. Secondo alcune ricerche, riportate, ad esempio, dal Corriere della Sera nel 2017, oltre 30 mila madri avrebbero lasciato il lavoro per motivi riconducibili alla mancanza di supporti per la genitorialità: un dato che rende ancor più grave il gap di genere nell'occupazione del Paese.
Per questo, come Partito Democratico, abbiamo già presentato, anche in questa legislatura, delle proposte concrete per aiutare le famiglie e le madri lavoratrici. Abbiamo proposto l'introduzione di due nuovi istituti: uno è quello più noto, ed è quello dell'assegno universale per i figli: una misura fiscale unica, in grado di raggiungere anche gli incapienti, che stabilisce, mediante una complessiva razionalizzazione, una parziale eliminazione degli istituti vigenti e il riconoscimento di un assegno unico mensile per i figli a carico, di importo massimo pari a 240 euro per quelli minorenni…
PRESIDENTE. Concluda.
CHIARA GRIBAUDO (PD). …e pari a 80 euro per quelli fino a 26 anni. Il beneficio viene assegnato in base al reddito, prevedendo una progressiva riduzione dell'entità, fino al suo azzeramento per i redditi superiori ai 100 mila euro annui. L'altro istituto è la dote unica per i servizi importanti. Noi su questi temi ci confrontiamo e ci confronteremo volentieri con un Governo. Aggiungo poi ancora una cosa, signor sottosegretario, c' un tema…
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Gribaudo, perché ha esaurito il tempo a sua disposizione. Per rispetto agli altri suoi colleghi.
CHIARA GRIBAUDO (PD). Presidente, chiedo scusa, come immagina, il tema mi appassiona molto, aggiungo che c'è un tema di salari, nel nostro Paese, che riguarda soprattutto le donne. Io ho depositato una proposta di legge per abbassare il cosiddetto gender pay gap, diamoci da fare. E le aggiungo ancora una cosa…
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Gribaudo.
CHIARA GRIBAUDO (PD). Concludo, l'Unione europea ha inserito i dieci giorni di congedo obbligatorio; datevi da fare, la nostra proposta c'è, il Partito Democratico chiede che venga calendarizzata immediatamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico -Congratulazioni).
(Iniziative volte alla semplificazione delle procedure di inserimento e condivisione dei dati nel sistema informativo Sif 2020, nell'ambito del “PON Per la Scuola 2014-2020” – n. 2-00345)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Casa ed altri n. 2-00345 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Casa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
VITTORIA CASA (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Sottosegretario, il 29 marzo 2019 l'Autorità di gestione ha diramato alle istituzioni scolastiche la nota protocollo 10365, avente per oggetto “PON per la scuola 2014-2020. ASSE II - FESR (Infrastrutture per l'istruzione. Avvisi: Laboratori didattici innovativi - Laboratori licei musicali, coreutici e sportivi – Scuole polo in ospedale – Ambienti digitali per i CPIA – Ambienti digitali – LAN-WLAN)”, richiedendo l'inserimento e l'integrazione di una corposa documentazione in piattaforma Sif2020, relativa ai PON FESR già realizzati o in fase di realizzazione, entro 10 giorni dalla nota stessa.
Considerato, però, che questa procedura ha rilevato la gravissima farraginosità relativa alle modalità di utilizzo delle due piattaforme GUP, gestione unitaria del programma, 2014-2020 e sistema informativo Sif 2020, nonché la mancata condivisione dei dati già in possesso dalle due piattaforme, con gravissimo nocumento in termini di economicità, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa e che gli operatori del settore – dirigenti scolastici, direttori per i servizi generali e amministrativi e assistenti amministrativi – riferiscono di tempi e modalità già gravosi e tali da rendere spesso incerta, per numerosissime istituzioni scolastiche, la materiale possibilità di assolvere i relativi adempimenti, comportando l'allarmante effetto dell'abbandono dei progetti, tenuto altresì conto che, con nota successiva, l'Autorità di gestione ha precisato che il caricamento dei dati nella piattaforma Sif2020 non riguarda progetti già conclusi, ma solo quelli in fase di realizzazione, rimane la complessità delle operazioni di rendicontazione che risultano essere oltremodo gravose per le segreterie scolastiche.
Come lei ben sa, sottosegretario, i finanziamenti dei fondi PON e dei fondi europei costituiscono spesso la percentuale più alta dei finanziamenti che arrivano alle scuole, però, spesso, proprio la complessità delle operazioni di inserimento dei dati e anche di rendicontazione rendono veramente gravoso il lavoro delle istituzioni scolastiche e, spesso, negli ultimi tempi, si sta registrando un abbandono da parte delle istituzioni della richiesta di questi finanziamenti, con una grave perdita, chiaramente, di opportunità, sia in termini di fornitura di servizi e di beni sia, anche e soprattutto, in termini di possibilità formativa per i nostri studenti, relativamente chiaramente all'ampliamento e al miglioramento dell'offerta formativa, nonché anche interventi che nel corso degli ultimi anni si sono registrati per mettere in sicurezza le istituzioni scolastiche.
Quindi, chiedo a lei, sottosegretario, se siano in atto possibili soluzioni per rendere meno farraginosa questa procedura e, soprattutto, per mettere in sinergia le due piattaforme, perché nella piattaforma GPU, molto spesso, sono già inseriti alcuni dati relativi proprio alla presentazione delle azioni che, altrimenti, non potrebbero trovare praticamente finanziamento. Quindi, auspico veramente che ci sia un voler venire incontro alle istituzioni scolastiche, nell'ottica anche dell'efficienza, dell'economicità e, soprattutto, della semplificazione delle procedure.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Salvatore Giuliano, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE GIULIANO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente, grazie, onorevole Casa. Sin dall'insediamento di questo Governo ci siamo adoperati per semplificare le procedure e ridurre gli oneri a carico delle scuole. È stato istituito, al riguardo, anche un tavolo di lavoro interno sulla semplificazione dei processi amministrativi per garantire un opportuno coordinamento ed evitare aggravi ulteriori per le scuole. In particolare, come è noto, la programmazione comunitaria impone specifici adempimenti e il rispetto di obiettivi procedurali di spesa durante tutto il periodo di attuazione.
Proprio al fine di raggiungere gli obiettivi fissati dal PON e preservare l'ammontare complessivo delle risorse assegnate, periodicamente si rende necessario accelerare le procedure di controllo delle operazioni finanziate, al fine di certificarne la spesa alla Commissione europea, garantendo, al contempo, l'equilibrio finanziario del programma. Il PON ha una dotazione complessiva pari a circa 2,8 miliardi di euro e si rivolge, con diversa intensità, a tutto il territorio nazionale. Attualmente, risultano finanziati oltre 46 mila progetti delle scuole.
Tuttavia, ultimamente, si è registrato un tasso di rinunce, come diceva lei, da parte delle scuole, piuttosto elevato, con dei picchi fino al 10,85 per cento della Sardegna e al 18,66 per cento dell'Umbria. Il ciclo finanziario del programma è vincolato dalla disponibilità finanziaria di risorse erogate dalla Commissione a fronte di certificazioni di spesa. Queste ultime possono essere effettuate solo a seguito dell'esito positivo delle operazioni di controllo di primo livello, effettuate dall'autorità di gestione sulla spesa rendicontata dai beneficiari.
Una volta rendicontate le relative spese, i progetti a cui esse si riferiscono sono campionati per controllo di secondo livello dalle altre autorità nazionali e comunitarie. Elevati tassi di errore nella spesa certificata dalla Commissione riscontrati nel corso delle verifiche di secondo livello possono portare al blocco del programma e alla sospensione dei pagamenti da parte della Commissione europea. Al riguardo si è registrato un altro dato ugualmente preoccupante; una parte consistente dei progetti autorizzati alle scuole e delle relative richieste di rimborso non presenta i giustificativi di spesa e la documentazione amministrativa richiesta sia dalla normativa nazionale sia dalla normativa comunitaria. Al momento, il fenomeno dei controlli bloccati in attesa di integrazioni documentali ha assunto un peso molto rilevante, essendo pari all'incirca ad un valore di 70 milioni di euro e relativo a quasi 4 mila operazioni finanziate. In tale contesto, con la circolare n. 10365 del 2019, l'autorità di gestione del programma ha chiesto alle istituzioni scolastiche beneficiarie di operazioni finanziate dal programma di procedere celermente all'integrazione della documentazione amministrativo-contabile mancante per espletare i controlli relativi alle iniziative da esse realizzate. In assenza di tali integrazioni, il programma operativo è bloccato nei controlli, con il rischio concreto di revoca dei finanziamenti assegnati. La circolare, infatti, ha richiesto esclusivamente alle scuole, che non avessero già caricato in fase di gestione o di rendicontazione la documentazione necessaria, di integrarla; in tal modo, è possibile per il controllore acquisire autonomamente la documentazione di volta in volta necessaria per i controlli.
A seguito dell'emanazione della circolare in questione, è stata integrata la documentazione di oltre 1.500 progetti. È evidente che la finalità è quella di garantire l'integrità delle risorse destinate dal PON alle scuole e all'istruzione. Si rappresenta inoltre che i due sistemi informativi di supporto al PON sono integrati e interoperabili, pur avendo una finalità differente. La piattaforma GPU è utilizzata per il monitoraggio procedurale dell'iniziativa e la piattaforma SIF 2020 per quello finanziario. Concludo, onorevole Casa, ribadendo che è intenzione di questo Ministero e del sottoscritto procedere a una semplificazione del lavoro richiesto alle istituzioni scolastiche, compatibilmente alle indicazioni previste dalla Commissione europea.
PRESIDENTE. L'onorevole Casa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
VITTORIA CASA (M5S). Presidente, sottosegretario, sono molto soddisfatta perché la sua risposta è stata articolata ed ha chiarito molti punti, come dire, oscuri, anche delle ultime vicende che si sono verificate. Perché il dato preoccupante della rinuncia da parte delle scuole a molti progetti è sicuramente un dato che va analizzato e va sicuramente marginalizzato, se non annullato. Quindi, accolgo con molto favore anche il suo impegno per quanto riguarda, appunto, la semplificazione e la volontà di semplificare ulteriormente queste procedure, perché, come lei ben sa, le scuole, soprattutto le segreterie, veramente, sono oberate di lavoro e, quindi, quello che dobbiamo fare è semplificare al massimo, pur rendendoci assolutamente aperti alla rendicontazione, alla trasparenza e ai controlli che sono la cosa di base, appunto, soprattutto, per quanto riguarda i progetti europei. Quindi, la ringrazio moltissimo ed auspico veramente che, quanto prima, ci sia anche un tavolo tecnico, magari tra le autorità di gestione e gli addetti ai lavori, in modo tale da passare proprio alla parte fattiva del provvedimento.
(Iniziative volte alla convocazione tempestiva del tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, al fine della predisposizione del relativo piano d'azione – n. 2-00351)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Spena ed altri n. 2-00351 (Vedi l'allegato A).
Chiedo all'onorevole Spena se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MARIA SPENA (FI). Presidente, sottosegretario, grazie della sua presenza; ma sono anche particolarmente soddisfatta che ci sia lei, Presidente Carfagna, oggi qui, perché so quanto lei sia sensibile a queste tematiche che riguardano i nostri giovani, i nostri adolescenti, vale a dire il bullismo e il cyberbullismo.
Il cyberbullismo è il bullismo elettronico, il bullismo mediatico, che appunto crea un particolare danno ai nostri giovani, ai nostri adolescenti, che si vedono violare la propria vita, il proprio animo, la propria crescita; soprattutto in un periodo - come lei sa, chiaramente, sottosegretario perché proviene proprio da quel mondo - come quello della crescita, in cui si preparano per affrontare quella che sarà la loro vita da adulti. Proprio nel 2017 fu approvata all'unanimità una legge, la legge n. 71, che prevedeva all'articolo 3 la costituzione di un tavolo per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo, e doveva elaborare entro 60 giorni dalla propria costituzione un piano di intervento per prevenire e contrastare questo fenomeno. Su questo argomento sono poi tornata o comunque ci sto lavorando, anche perché faccio parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, e durante le audizioni ho ascoltato anche la Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che sollecitava il lavoro appunto di questo tavolo. È inutile dire che noi legislatori - in primis in qualità di cittadini, che comunque è il ruolo fondamentale che dobbiamo garantire e di cui ci dobbiamo occupare, ma anche in qualità di genitori, ma anche, lo ripeto, proprio di semplici cittadini - non possiamo non essere sensibili, non attivarci per trovare tutte quelle politiche, tutti quegli indirizzi che possano tutelare la nostra infanzia e la nostra adolescenza. A quel tavolo partecipano infatti, oltre chiaramente tutti i rappresentanti delle istituzioni, soprattutto - di questo sono colpita, sono soddisfatta - anche tutti gli ex studenti, che possono essere considerati educatori di vita quotidiana. Noi attendiamo quindi una sua risposta, sottosegretario, e soprattutto il lavoro che questo tavolo potrà produrre; che sia poi una linea guida per tutte quante le scuole, e anche per tutte quante le associazioni di volontariato, ma soprattutto per tutti i genitori, che sapranno come poi dovranno comportarsi; e anche per i dirigenti scolastici, che, essendo responsabili di tutto ciò che accade nella scuola, chiaramente devono avere una linea guida a cui attenersi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Salvatore Giuliano, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE GIULIANO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Presidente, onorevole Spena, com'è noto il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca ha particolarmente a cuore la questione da lei evidenziata, tant'è che da anni è impegnato sul fronte della prevenzione del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo - come prevede la legge, da lei citata, la n. 71 del 2017 – e, più in generale, di ogni forma di violenza, attivando diverse strategie di intervento utili ad arginare comportamenti a rischio determinati, in molti casi, da condizioni di disagio sociale non riconducibili solo al contesto scolastico. Nello specifico, tra le attività di contrasto ai fenomeni del bullismo e cyberbullismo, il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca coordina dal 2012, unitamente ad altri soggetti istituzionali, il Safer Internet Centre italiano, finalizzato anche alla promozione dell'educazione digitale e all'uso corretto e consapevole della rete.
Il Safer Internet Centre italiano, noto anche come SIC, è il centro nazionale per la promozione di un uso sicuro e positivo del web, cofinanziato dalla Commissione europea nell'ambito del programma Connecting Europe Facility Telecom. Il SIC, in particolare, si rivolge agli studenti coinvolgendo anche insegnanti, genitori, enti, associazioni e aziende, e si presenta come punto di riferimento a livello nazionale delle iniziative per l'educazione alla sicurezza in rete. Il SIC mira infatti ad incentivare strategie finalizzate a rendere Internet un luogo più sicuro per gli utenti più giovani, promuovendone un uso positivo e consapevole, in linea con le politiche europee.
Per rispondere alle criticità da lei rappresentate aggiungo che, come previsto dalla legge n. 71 del 2017 e dalle linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, aggiornate con nota MIUR del 27 ottobre 2017, il MIUR si è impegnato nell'attuazione di un Piano nazionale di formazione dei docenti referenti per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo, richiedendo a tutti gli istituti scolastici e agli uffici scolastici regionali l'individuazione di almeno un docente referente per il bullismo ed il cyberbullismo. Infatti, in collaborazione con il Dipartimento di formazione, lingua, intercultura, letteratura e psicologia dell'Università di Firenze, è stata predisposta e lanciata la Piattaforma Elisa, per dotare le scuole di strumenti di intervento efficaci sui temi del cyberbullismo e del bullismo.
Per rispondere a tale obiettivo sono state realizzate due azioni specifiche: un'area dedicata alle scuole, per il monitoraggio online del bullismo e cyberbullismo; e una sezione dedicata ai docenti, per la formazione attraverso moduli e-learning rivolti ai docenti. La Piattaforma Elisa è attualmente operativa ed è stata lanciata in occasione della manifestazione Didacta il 19 ottobre 2018. Al momento i docenti iscritti in piattaforma su tutto il territorio nazionale sono circa 3.500, rappresentanti 2.800 scuole, quasi un terzo delle scuole statali; di recente è stato avviato anche il coinvolgimento delle scuole paritarie.
Quanto allo specifico quesito postomi circa l'operatività del tavolo tecnico interistituzionale in argomento, fornisco alcuni chiarimenti. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 ottobre 2017 è stato costituito il tavolo tecnico interistituzionale, il cui coordinamento è affidato al MIUR. Obiettivo del tavolo, insediatosi a febbraio 2018, è produrre un Piano d'azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, nel rispetto delle direttive europee in materia e nell'ambito del programma pluriennale dell'Unione europea, di cui alla decisione n. 1351/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008; e realizzare un sistema di raccolta dei dati finalizzato al monitoraggio dell'evoluzione dei fenomeni, anche avvalendosi della collaborazione della Polizia statale e delle altre forze di polizia.
A tal fine, sono stati richiesti ai componenti del gruppo di lavoro i rispettivi contributi per la stesura del suddetto Piano d'azione integrato. In seguito, è stata pubblicata una manifestazione di interesse in applicazione dell'articolo 3, comma 2, della citata legge n. 71, per estendere la partecipazione ai lavori del tavolo anche ad associazioni e operatori con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e delle tematiche di genere, nonché ad operatori che forniscono servizi di social networking ed altri operatori della rete Internet.
Rassicuro sul fatto che questo Ministero sta avviando un percorso di incontri del tavolo interistituzionale, che sarà riconvocato per il prossimo mese di maggio. Nel corso del prossimo incontro si provvederà a valutare le candidature dell'avviso sopra citato e si ultimerà la ricognizione dei contributi acquisiti per la stesura del Piano d'azione integrato.
PRESIDENTE. L'onorevole Spena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
MARIA SPENA (FI). Presidente, se sono soddisfatta lo potrò dire dopo maggio, quando questo tavolo diventerà operativo. I soggetti che parteciperanno chiaramente già li conoscevamo, perché erano già stati individuati. Ripeto, quanto alle risultanze del lavoro di questo tavolo, sottosegretario, spero che poi lei lo possa seguire personalmente e potremo poi rincontrarci anche informalmente affinché lei mi possa aggiornare dell'evoluzione di esso. Sono infatti le scuole, le famiglie che poi “gestiscono” i nostri i nostri figli, nonché i principali operatori della vita dei nostri ragazzi, a chiedere ciò. Serve avere delle linee univoche e dare delle risposte ai tanti genitori, i quali a volte si allarmano anche soltanto per degli atti che possiamo anche non definire di bullismo. Dobbiamo però arginare questo fenomeno e dobbiamo cercare di gestirlo un po' anche dal punto di vista “politico”, quindi istituzionale. Ci rivedremo sicuramente dopo maggio.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Saluto studenti e docenti dell'Istituto Comprensivo “Giovanni Falcone” di Argelato, in provincia di Bologna, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna del pubblico (Applausi).
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 15 aprile 2019 - Ore 11,30:
1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, recante disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi e di sostegno alle imprese agroalimentari colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale e per l'emergenza nello stabilimento Stoppani, sito nel Comune di Cogoleto. (C. 1718-A)
Relatore: GALLINELLA.
2. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
RUOCCO ed altri: Disposizioni per la semplificazione fiscale, il sostegno delle attività economiche e delle famiglie e il contrasto dell'evasione fiscale.
(C. 1074-A)
Relatrice: RUOCCO.
3. Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:
LAZZARINI ed altri; PINI ed altri: Disposizioni per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale. (C. 684-1109-A)
Relatrice: LAZZARINI.
4. Discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica:
Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Serbia inteso a facilitare l'applicazione della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, fatto a Belgrado il 9 febbraio 2017; b) Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Serbia inteso a facilitare l'applicazione della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, fatto a Belgrado il 9 febbraio 2017. (C. 1538-A)
Relatore: COIN.
Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kenya, fatto a Milano l'8 settembre 2015; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Kenya, fatto a Milano l'8 settembre 2015. (C. 1539-A)
Relatrice: SURIANO.
Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana il 22 gennaio 2015; b) Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana il 22 gennaio 2015. (C. 1540-A)
Relatrice: DI STASIO.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Serbia sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Belgrado il 16 dicembre 2013. (C. 1541-A)
Relatrice: DI STASIO.
La seduta termina alle 12,50.