XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 612 di venerdì 22 aprile 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alli, Michele Bordo, Bueno, Capelli, Dellai, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Gozi, Losacco, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Rigoni, Rosato, Sanga, Sani, Scotto e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centosei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti ed iniziative in ordine alla riorganizzazione delle strutture penitenziarie della Toscana – n. 2-01346)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Artini ed altri n. 2-01346, concernente chiarimenti ed iniziative in ordine alla riorganizzazione delle strutture penitenziarie della Toscana (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Artini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MASSIMO ARTINI. Grazie, Presidente. Colgo il suo invito perché questa è, penso, la terza azione di sindacato ispettivo che facciamo in merito, in questo caso, a un dispositivo più ampio rispetto a tutta la Toscana, rispetto alle carceri toscane, ma in particolare, volendosi concentrare su quelli che sono gli obiettivi dei Ministeri interessati, rispetto all'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo.
Come dicevo, la trattazione nasce da una serie di interrogazioni e interpellanze, non ultima quella cui ha risposto il sottosegretario Migliore, rispetto all'eventuale economicità o diseconomicità rispetto al blocco di un appalto iniziato per l'avvio di una ristrutturazione e, conseguentemente, a seguito anche di passaggi più o meno Pag. 2informali, sia a livello comunale o meno, rispetto a quello che è il futuro di quell'ospedale psichiatrico giudiziario.
In particolare, mi va di concentrarmi – e passo effettivamente alla parte di richieste che facciamo al Governo – non solamente sulla parte che riguarda esclusivamente quello che è il compito di quell'ospedale, ma anche, tra virgolette, relazionato a quelle che sono le esigenze carcerarie della zona fiorentina, pratese, ma comunque in generale della Toscana, dove è innegabile – e anche altri atti parlamentari lo certificano – che ci siano problemi nella zona di Prato e di Firenze, in particolare nel carcere di Sollicciano, e nella zona di Empoli, dove una struttura minore o comunque molto piccola doveva essere – nelle previsioni del 2014, ma anche, mi sembra, confermate nel 2015 – trasferita nella parte dove ci sono le ex scuderie dell'attuale ospedale psichiatrico di Montelupo.
Quindi, in particolare, noi ci chiediamo – e speriamo stamani di ricevere una risposta ampia ed esaustiva – quali siano le iniziative di competenza che i Ministeri interpellati, di concerto anche con gli altri Ministeri competenti, metteranno in campo per la tutela dei professionisti.
Lì c’è una situazione, come dire, che non viene compresa dal personale, perché non si riesce a comprendere qual è il passaggio che viene fatto. Le cito un esempio: un poliziotto della polizia penitenziaria è stato trasferito, se non erro, a Reggio Emilia, ha lasciato la sua casa a Montelupo, è stato portato in quella sede e ha trovato un nuovo appartamento ed ha trasferito tutta la famiglia per poi essere richiamato d'urgenza nell'arco di due giorni a ritrasferirsi, senza alcun tipo di speranza o comunque conoscenza di quello potrebbe essere il suo futuro lavorativo, a Montelupo, quindi con uno scompenso effettivo: questo è un caso eclatante.
Quindi, il concetto è: che tipo di azione si vuol fare verso il personale; quali siano le ragioni per cui non si reputi la possibilità di far convivere la struttura detentiva nel complesso mediceo, perché, spero che il Governo qui presente conosca la struttura, ma le due aree sono profondamente separate e ben distinte.
Per i 7 milioni che sono stati spesi, effettivamente i lavori di ripristino della struttura detentiva sono senz'altro serviti ad avere uno strumento – anche per sopperire a quelle che sono le esigenze delle strutture carcerarie in Toscana – che potrebbe essere utilizzato. Quindi, comprendere qual è la volontà, da parte del Ministero, ed il perché – per quello che si intende – non c’è la volontà di far coesistere entrambi i sistemi mantenendo una fruibilità pubblica della parte medicea.
Quindi, successivamente: se il Governo ritenga compatibile il superamento della struttura detentiva con quanto indicato nella relazione del Ministero della giustizia sull'amministrazione, anno 2015, nel paragrafo dedicato alla parte di «edilizia penitenziaria e di servizio», nel quale si sottolinea la necessità di implementare l'edilizia penitenziaria per far fronte alle condizioni dei carcerati.
Quindi, chiediamo espressamente in quale sede sia stata espressa la volontà ufficiale del Governo di superare la struttura dell'Ambrogiana, perché, nelle nostre analisi delle carte non c’è nessun tipo di atto, anche interno del Ministero, che vada a progettare questo tipo di passaggio.
E ancora: se sono stati raggiunti degli accordi con la regione Toscana o con il comune di Montelupo, e che tipo di garanzie vi sono rispetto al futuro della struttura; e anche, nel caso di accordi presi con i privati, che tipo di canali o meglio qual è – nel caso sia quello il futuro – l'eventuale sostenibilità di quel tipo di progetto, perché in Toscana abbiamo esperienza di vari progetti falliti per cui la mancata progettazione, la mancata valutazione finanziaria, eccetera, ha portato poi a un totale abbandono di queste strutture; peraltro, questa è una villa di pregio incredibile.
Infine: con quale cura sia il Governo che l'Agenzia del demanio si stanno attivando per garantire la conservazione del complesso, perché le parti ristrutturate, fino a che era presente l'amministrazione Pag. 3del Ministero della giustizia, erano decisamente sane; ci sono zone – la parte più verso Empoli – della villa che sono in stato di abbandono da un notevole periodo di tempo e che stanno via via deteriorandosi sempre di più; quindi anche in questi termini quali azioni le Agenzie competenti stanno mettendo in atto.
E, quindi, come ultimo spunto di merito con riferimento a tutto l'apparato carcerario della zona Firenze-Empoli-Prato, se sono ritenute accettabili le condizioni delle carceri di Sollicciano e di Prato, che, alla luce non solamente di attività di sindacato ispettivo parlamentare, ma anche proprio giornalistico, eccetera, risultano essere – per chi, comunque, le ha viste – abbastanza imbarazzanti.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per la giustizia, Federica Chiavaroli, ha facoltà di rispondere.

FEDERICA CHIAVAROLI, Sottosegretaria di Stato per la giustizia. Con l'atto ispettivo in esame, gli onorevoli interpellanti richiamano l'attenzione del Governo sulla situazione degli istituti penitenziari della Toscana ed in particolare su quella del carcere di Montelupo Fiorentino, con riferimento ad aspetti relativi alla destinazione della struttura, peraltro già affrontati ed esposti anche nel corso di un recente question time.
Secondo quanto riferito dalla competente articolazione ministeriale, nel gennaio 2011, per fronteggiare lo stato di sovraffollamento carcerario che interessava gli istituti penitenziari della Toscana, come di tutto il Paese, si è deciso di destinare ad uso penitenziario l'immobile di Montelupo Fiorentino, a far data dalla cessazione della sua originaria funzione di ospedale giudiziario psichiatrico. In ragione dello stato di degrado in cui versava lo stabile già dal 2008, si rese necessaria l'adozione di interventi strutturali di natura conservativa, che vennero inseriti nel programma 2012 con uno stanziamento di spesa per la sola sezione Ambrogiana dell'istituto di circa 875 mila euro.
Tuttavia, a seguito del progressivo decremento della popolazione carceraria ottenuto attraverso l'adozione di numerosi e significativi provvedimenti deflattivi di natura edilizia, organizzativa e normativa, sono mutate le esigenze che avevano inizialmente giustificato la ristrutturazione dell'immobile.
Sul punto, preme evidenziare che, grazie ai detti interventi, la capienza detentiva della regione Toscana si è rivelata adeguata alle esigenze di esecuzione del territorio e ciò ha indotto a rivalutare la decisione assunta su presupposti fattuali oggi del tutto inesistenti e a distrarre la struttura di Montelupo Fiorentino dalla prevista destinazione ad uso penitenziario.
Al riguardo, merita di essere ricordato che a rafforzare la scelta della diversa destinazione hanno contribuito sia la normativa sulla spending review, che ha imposto interventi di riduzione della spesa pubblica, sia l'interesse della regione Toscana e del comune di Montelupo a rientrare nella disponibilità dell'immobile, anche per permetterne l'inserimento nel circuito delle ville medicee patrimonio dell'UNESCO.
Non si può sottacere, infatti, il particolare pregio storico e artistico della villa medicea di Montelupo Fiorentino che mal si concilia con la sua destinazione a struttura detentiva. Peraltro, i lavori che erano stati programmati avrebbero comportato demolizioni di strutture portanti dell'Ambrogiana, antico sito, pregevole anche per la successione di numerosi ambienti con volte a botte; nell'attualità, quindi, il recupero di spazi detentivi, oltre che devastante per il pregio del manufatto che deve essere apprezzato nella sua omogeneità complessiva, sarebbe risultato del tutto antieconomico.
Queste, dunque, le ragioni che, nell'ottobre 2015, hanno condotto l'amministrazione a recedere dal contratto di appalto stipulato per i lavori di ristrutturazione e a procedere, lo scorso 8 febbraio, alla dismissione delle aree esterne al perimetro della Villa, in attesa che si perfezionino le procedure relative al trasferimento presso le REMS dei soggetti ancora ospitati nel plesso detentivo.Pag. 4
Va ricordato, peraltro, che in virtù dell'entrata in vigore della normativa recata dal decreto-legge n. 211 del 2011, in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, è prevista la restituzione all'Agenzia del demanio del complesso in parola, con il passaggio delle funzioni in strutture sanitarie che dovranno essere messe a disposizione dalla regione.
Ai fini della futura valorizzazione del bene si segnala, altresì, che sono in corso contatti tra l'Agenzia del demanio, il Ministero della giustizia – dipartimento per l'amministrazione penitenziaria –, la regione Toscana e il comune di Montelupo Fiorentino per giungere a un'intesa istituzionale volta a verificare, anche tramite la costituzione di un gruppo di lavoro e l'affidamento di appositi studi, la fattibilità di un'operazione di valorizzazione che garantisca il migliore percorso di recupero del complesso, nel rispetto dei suoi caratteri storici ed architettonici, pervenendo all'apertura del complesso al contesto urbano e il suo inserimento nel circuito delle altre ville medicee del patrimonio UNESCO.
Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha, invero, precisato che si sono recentemente completate le attività istruttorie per la verifica e conferma dell'interesse culturale della villa medicea dell'Ambrogiana che, oltre a mantenere inalterato il valore architettonico della residenza granducale, stratificatosi nel corso dei secoli, può ancora oggi essere considerata come contenitore di un pregevole patrimonio storico e artistico pertinenziale alla villa.
Il predetto Dicastero ha, inoltre, segnalato che, per quanto concerne gli interventi menzionati nell'interpellanza, agli atti della soprintendenza risulta approvato un solo intervento nel dicembre 2013 che include, tra i vari documenti trasmessi, la relazione tecnico illustrativa comprensiva di un quadro economico della perizia di spesa che indica l'importo di un milione 859 mila 140 euro.
Quanto allo spostamento del personale di polizia e sanitario in servizio presso la struttura, sono in corso di valutazione, nell'ambito delle rispettive competenze, le possibili soluzioni che assicurino il mantenimento della professionalità dei soggetti pur nel contemperamento delle esigenze pubbliche. Tra le ipotesi al vaglio dell'amministrazione in merito alla situazione del personale penitenziario in servizio presso la struttura di Montelupo è contemplata anche la possibilità di impiegare le 60 unità ancora presenti presso le strutture viciniori di Firenze Gozzini e Firenze Sollicciano, entrambe distanti circa 20 chilometri da Montelupo, ferma restando la possibilità per il personale di chiedere di essere assegnato presso un altro reparto d'istituto, purché nell'ambito dello stesso provveditorato e senza oneri per l'amministrazione.
Ciò detto, appare evidente come la scelta di restituire l'immobile in questione sia stata improntata a imprescindibili criteri di economicità, non essendo l'impegno inizialmente assunto più necessario rispetto alle mutate esigenze penitenziarie della regione, come già detto, oggi in linea con le esigenze restrittive del territorio, migliorate, in senso quantitativo e qualitativo, anche a seguito degli interventi posti in essere dall'amministrazione.
In proposito, appare opportuno ricordare come proprio il menzionato istituto di Sollicciano sia stato oggetto di un significativo intervento organizzativo, nel quale sono attivamente coinvolti l'amministrazione penitenziaria, le istituzioni locali e il garante dei detenuti della regione Toscana. Si tratta, invero, di un programma di recupero della struttura e anche della sua originaria vocazione d'istituto con funzione trattamentale qualificata che è già in atto e che si sviluppa su più fronti, impegnando risorse non soltanto economiche. La concreta attuazione degli interventi deliberati è già in corso e viene attentamente seguita dal Ministero della giustizia. È stato, infatti, costituito un apposito tavolo di lavoro permanente a cui partecipano i vertici dell'amministrazione penitenziaria, il direttore dell'istituto, i rappresentanti della regione, del comune e i garanti dei detenuti, oltre ai capi degli Pag. 5uffici giudiziari del territorio. Il detto gruppo di coordinamento si riunisce a cadenze periodiche ravvicinate, non solo per verificare l'andamento dei progressi compiuti nel perseguimento degli obiettivi fissati e dei diversi progetti messi in campo, a partire dal miglioramento delle condizioni edilizie della struttura su cui si è pervenuti con importanti interventi strutturali eseguiti sia attraverso lavori eseguiti in economia con manodopera detenuta sia attraverso regolari appalti. Si evidenzia che per avviare la progettualità globale dell'Istituto di Sollicciano sono stati accantonati ben 3 milioni di euro dei 13 complessivamente stanziati per il 2016 sul capitolo 7300. I lavori hanno già permesso di risanare una parte rilevante della struttura, dovendosi peraltro segnalare che oltre ai progetti destinati al recupero dell'immobile sono già in corso due progetti trattamentali e altri quattro sono in corso di approvazione, essendo stato previsto anche il ricorso a finanziamenti della Cassa ammende. A ciò si aggiunga, così come riferito dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che altri 25 progetti saranno presentati a breve per il miglioramento di tutte le camere di pernottamento delle 13 sezioni maschili; altri interventi di automazione e video sorveglianza consentiranno il potenziamento, in condizioni di sicurezza, delle attività trattamentali. Gli interventi messi in campo riguarderanno anche gli spazi riservati al personale di polizia penitenziaria con una particolare attenzione agli alloggi. Va, inoltre, posto in evidenza che margini di rivalutazione della struttura, sia sotto il profilo ambientale che trattamentale, discenderanno anche dalla concreta attuazione del progetto Urban avviato con il comune di Firenze ed, infatti, d'intesa con l'amministrazione comunale, è all'esame la possibilità di partecipare al bando europeo Urban per il finanziamento di interventi di rigenerazione delle aree urbane, con la presentazione di un progetto di efficientamento energetico con l'installazione di impianti per la produzione di energia solare. Quanto, poi, agli ulteriori quesiti sollevati, il competente Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria riferisce, quanto alla casa circondariale di Prato, che la struttura allo stato non appare connotata da problematiche particolari, potendosi al più segnalare una situazione di lieve sovraffollamento rispetto alla prevista capienza regolamentare. Inoltre, è stata affrontata anche la tematica della casa di cura e custodia femminile presente all'interno della struttura di Sollicciano, chiusa lo scorso 4 aprile per essere convertita in sezione a custodia aperta. Con riguardo, infine, alla casa circondariale di Empoli, va posto in evidenza che trattasi di un istituto destinato alla custodia attenuata femminile che nel corso degli anni ha visto instaurare uno stretto rapporto con gli enti locali. Detta struttura che attualmente ospita 20 detenute, come riferito dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, appare sufficiente alle necessità della regione che non necessita di strutture più grandi per quanto attiene alla detenzione femminile.

PRESIDENTE. L'onorevole Artini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MASSIMO ARTINI. Grazie, Presidente; ringrazio il Governo e la sottosegretaria per la risposta e per aver indicato alcuni spunti rispetto a tutte le domande che abbiamo posto nell'interpellanza. Vediamo di trattare la mia risposta, partendo dalla parte carceraria toscana.
Lei ha dato come giustificazione il fatto che comunque Montelupo non è necessario, perché un decremento in Toscana dei carcerati non comporta una necessità di mantenere Montelupo come struttura detentiva. Nella parte finale su Prato, poi, lei mi certifica da parte della sua amministrazione che c’è un sovraffollamento. Questo tipo – per come la vedo io – di distonia da un punto di vista di valutazione, confligge; per cui la domanda è: se Montelupo non serve perché non c’è sovraffollamento, a Prato cosa succede se c’è un sovraffollamento ? Ed era uno spunto proposto ad hoc proprio per valutare questo tipo di passaggio.Pag. 6
L'altra cosa che, rispondendo al Presidente, mi fa ritenere insoddisfatto riguarda il punto ben specifico rispetto alle procedure, ai passaggi, alla necessità di avere degli atti chiari sulla volontà (almeno, in questa risposta se ne evincono ancora alcuni passaggi) del comune, della regione, al netto di una volontà espressa, io penso, a livello più informale; di atti che certifichino quel tipo di passaggio. Lei mi ha parlato di tavoli di lavoro, di un'intenzione da parte della regione e del comune di riprenderla in carico per integrarla nel circuito delle ville medicee, ma non c’è alcun tipo di documento di volontà che ne vada a specificare un passaggio ben preciso: lei ha fatto riferimento a tutta una serie di dettagli, ma non c’è una chiara definizione di quella struttura. Anche perché – almeno, spero di non essere stato poco chiaro nella parte esplicativa o comunque nel testo, e che non sia tale il punto per cui la risposta da parte sua è questa – non c’è alcuna volontà di incrementare il numero di possibili detenuti nella struttura; nessuno ha mai posto in essere l'idea di incrementare la capienza della struttura dell'OPG: il punto è che quella struttura, che è in condizioni ottime, e che è soprattutto in una situazione per cui non c’è continuità tra la parte detentiva e la parte storica dell'Ambrogiana, potrebbe essere effettivamente e fattivamente utilizzabile senza alcun tipo di aggravio di spesa. Anche perché questo cambio di volontà ha comunque fatto sì che si siano spesi circa 8 milioni di euro: per dire, c’è un impianto di condizionamento che è costato ai contribuenti, mi pare, sul milione di euro e più, che non è mai stato nemmeno collaudato; per cui una giustificazione rispetto a quella spesa, io non la trovo in queste parole. Anche perché, nella parte finale della sua risposta, si va a definire proprio un'esigenza economica, strettamente economica, di non mantenimento di quella struttura detentiva, che per me confligge con l'aver voluto spendere 8 milioni di euro per ristrutturarla.
Ecco, penso – e mi dispiace per lei – che l'attività su questo tipo di struttura non sia finita qui. La comprensione rispetto a quello che è il passaggio stringente della volontà del comune di Montelupo e della regione di svolgere questo tipo di azione rispetto alla villa medicea dev'essere ben chiara: non si capisce, infatti, qual è e quale potrebbe essere il ruolo del privato in quella realtà, perché dalle sue parole non si comprende se la volontà di regione e comune è integrarla in un circuito urbano che sia anche mirato ad una fruizione esclusivamente pubblica; questo non si comprende. È indubbio che la realtà di Montelupo è di pregio, e potrebbe esserlo anche per chi effettivamente ne potrebbe trarre un vantaggio strettamente privato.
Come ultimo appunto rispetto al personale, nell'interpellanza c'era una richiesta diretta rispetto agli internisti ex legge n. 740 del 1970. Su queste persone, che lavorano dentro la struttura, proprio perché di rimando rispetto alla parte sanitaria, la sua risposta non dà alcun tipo di spiegazione. Anche in questo ambito mi ritengo insoddisfatto, perché effettivamente non si riesce a capire qual è il tipo di passaggio e quali gli accordi che potrebbero essere stipulati come convenzione, anche nell'ottica delle REMS con la regione; e questo era un punto che noi aspettavamo come risposta.
Credo che, appena ce ne sarà la possibilità anche da un punto di vista di calendario, alcuni approfondimenti, magari anche diretti, saranno opportuni, perché quella situazione, da un punto di vista storico, ma anche da un punto di vista di alleggerimento delle realtà che lei ha certificato essere in sovraffollamento in Toscana, potrebbe essere opportuno valutarla insieme.

(Tempi e modalità di adozione del decreto ministeriale relativo al fondo a favore dei lavoratori ex Isochimica di Avellino, previsto dalla legge di stabilità per il 2016 – n. 2-01327)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Famiglietti n. 2-01327, concernente Pag. 7tempi e modalità di adozione del decreto ministeriale relativo al fondo a favore dei lavoratori ex Isochimica di Avellino, previsto dalla legge di stabilità per il 2016 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
L'onorevole Valentina Paris ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria.

VALENTINA PARIS. Presidente, ringrazio il sottosegretario Cassano, e spero che attraverso di lui possano arrivare i nostri auguri di pronta guarigione al Ministro Poletti, che sappiamo aver avuto un intervento, andato comunque a buon fine: le chiediamo quindi di ringraziarlo.
Vengo al merito della nostra interpellanza. Da diverso tempo, con i colleghi interpellanti, abbiamo seguito la vertenza dei lavoratori dello stabilimento ex Isochimica, che, come oramai è noto, godevano di condizioni lavorative evidentemente differenti tra di loro: parliamo di una fabbrica che ha lavorato amianto, e nello specifico scoibentato carrozze per Ferrovie dello Stato, e ha lavorato per un numero inferiore ai dieci anni, che è l'arco temporale minimo per far sì che i lavoratori possano avere i riconoscimenti previsti dall'attuale sistema normativo pre e post-Fornero. Nell'ultima legge di stabilità, grazie anche ad un lavoro svolto già da due anni a questa parte con il Ministero, noi siamo riusciti a far sì che la modifica e la deroga ad alcune norme consentisse la definizione di un fondo di 2 milioni per il prossimo triennio (2 milioni all'anno), per far sì che si potessero avere le condizioni di copertura per la messa a riposo anticipata per questi lavoratori. Siamo riusciti, nell'interlocuzione con il Ministero, a ragionare anche della necessità di far sì che i lavoratori, che dopo questa prestazione di lavoro dipendente fossero diventati lavoratori autonomi, quindi passati ad altre tipologie di gestione separata, avessero la ricongiunzione non onerosa delle loro prestazioni, soprattutto delle coperture previdenziali.
Ad oggi è scaduto il termine dei 60 giorni, previsto in legge di stabilità, entro il quale il decreto ministeriale avrebbe dovuto definire modalità e criteri di riparto del Fondo. Con gli interpellanti siamo appunto a chiedere al Ministero non solo quali siano le ragioni di questo ritardo, ma in particolare a ribadire che, oltre all'importanza di avere il decreto, avremmo ritenuto utile fosse istituito un tavolo ministeriale che consentisse anche ai lavoratori di avere garanzia dell'impegno del Ministero: come tutti immaginerete la condizione del torto subito rispetto ad un mancato riconoscimento di messa a riposo per chi oggi è ammalato, e in alcuni casi anche oramai fuori dal circuito lavorativo, richiede la massima attenzione possibile. Aggiungo che alcuni tavoli sono stati già istituiti presso la prefettura di Avellino: riteniamo possa essere più utile, per chiudere in maniera positiva il lavoro fin qui svolto, che si costituisca il tavolo ministeriale che dia contezza non solo delle ragioni per cui il decreto non è stato ancora emanato, ma soprattutto anche di tutti i provvedimenti successivi e necessari (in primis la circolare che consenta la ricongiunzione dei contributi previdenziali per questi lavoratori), che pure saranno passaggi indispensabili affinché la norma approvata con l'ultima legge di stabilità, che finalmente restituisce dignità a questi lavoratori, possa vedere completa applicazione.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, senatore Massimo Cassano, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Presidente, ringrazio per gli auguri al Ministro. Rispondo quindi relativamente all'atto parlamentare dell'onorevole Famiglietti ed altri, concernente il fondo per l'accompagnamento alla quiescenza delle ex dipendenti dell'Isochimica di Avellino.
Al riguardo, voglio sottolineare la massima attenzione del Governo sul tema dell'amianto e sulla gravità dei pericoli legati alla sua esposizione. Tra i recenti interventi normativi a tutela dei lavoratori ricordo, da ultimo, la legge n. 208 del Pag. 82015, la cosiddetta legge di stabilità per il 2016, che ha introdotto disposizioni in materia di trattamento previdenziale dei lavoratori esposti all'amianto, istituendo, tra l'altro, presso il Ministero che rappresento, il fondo per le vittime dell'amianto in favore degli eredi delle persone decedute in seguito a malattie legate all'esposizione all'amianto.
In particolare, la legge di stabilità per il 2016, all'articolo 1, comma 276, ha istituito un fondo con una dotazione pari a due milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, finalizzato ad accompagnare alla quiescenza, entro l'anno 2018, gli ex lavoratori occupati in specifiche imprese quali gli ex dipendenti dell'Isochimica di Avellino che non maturino i requisiti pensionistici previsti dall'articolo 1, comma 117, della legge n. 190 del 2014. Il medesimo comma 276 prevede che, con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, siano stabiliti i criteri e le modalità di ripartizione del suddetto fondo tra i lavoratori interessati.
Sul punto, informo che il suddetto decreto interministeriale è stato predisposto dal Ministero del lavoro, già firmato dal Ministro Poletti e bollinato dalla Ragioneria dello Stato, e quindi, a breve, sarà controfirmato anche dal Ministro Padoan. Quali destinatari dei benefici sono stati individuati i lavoratori che non svolgono alcuna attività lavorativa alla data di presentazione della domanda e che perfezionino i requisiti pensionistici utili alla decorrenza della pensione di anzianità. Concludo ribadendo il massimo impegno del Ministero che rappresento nelle politiche di intervento su un tema così delicato quale la pericolosità dell'amianto.

PRESIDENTE. L'onorevole Famiglietti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUIGI FAMIGLIETTI. Grazie, Presidente. Innanzitutto, anche a nome degli altri parlamentari del Partito Democratico che hanno inteso sottoscrivere questa interpellanza urgente al Governo, ringrazio il Governo per la risposta. Con le parole riferite dal sottosegretario Cassano nell'ambito della risposta vengono fugate le nebbie che ancora si addensavano intorno a questa annosa e spinosa vicenda e alimentavano uno stato di incertezza tra i lavoratori. In questi due ultimi anni, come parlamentari del PD eletti in Campania, abbiamo svolto con il Governo un importante lavoro per chiudere questa vicenda triste e dolorosa, che si trascina da troppo tempo. Già con la finanziaria del 2015 avevamo previsto una normativa che derogasse la disciplina vigente in materia di pensionamento, per consentire a questi lavoratori ex Isochimica di poter approdare al beneficio previdenziale.
E, pur tuttavia, quando si interviene a distanza di anni e su posizioni articolate, c’è sempre il rischio che qualcosa possa non essere ricompreso all'interno della normativa e creare, quindi, condizioni di involontaria discriminazione. Per questo c’è stato bisogno di un ulteriore intervento nella stabilità del 2016, e, tra l'altro, devo dire che tutto il Governo, il Ministro Poletti, ma anche personalmente il Presidente del Consiglio Renzi, con vari incontri anche con gli stessi operai, si sono impegnati al fine di raggiungere un obiettivo importante per gli operai, ma anche per il territorio irpino.
Quindi, siamo arrivati con la legge di stabilità, come diceva il sottosegretario Cassano, a prevedere una serie di commi, tra cui il 276, oggetto del decreto di cui ci parlava il sottosegretario Cassano. Quindi, noi siamo sicuramente contenti del fatto che ci giunga notizia dal Governo che il decreto sia stato già firmato da Poletti, e che, quindi, sostanzialmente, ora bisogna solo aspettare la controfirma del Ministero dell'economia, ma credo che sia una mera formalità.
Però, approfitterei dell'occasione anche per sollecitare il Governo ad applicare anche il comma 275, che parla degli operai che hanno una gestione separata rispetto all'INPS: probabilmente, il Ministero, per attuare questo comma, dovrà emanare una circolare rivolta all'INPS, per capire, Pag. 9appunto, come dovranno essere trattati gli operai che avevano una gestione previdenziale diversa rispetto all'INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016.
Quindi, faccio mie anche le parole del Governo e del sottosegretario Cassano, quando ha detto che questa vicenda continuerà ad essere seguita con la massima attenzione da parte del Ministero, e spero che quanto prima, quindi, vi sia anche questa circolare. Riprendendo il concetto già espresso dalla collega Paris, ricordo che è stato istituito dal prefetto di Avellino un tavolo apposito, un tavolo tecnico presso la prefettura di Avellino, e quindi chiederei anch'io al Ministero di valutare l'opportunità di mettersi in contatto con la prefettura di Avellino per poter, diciamo così, seguire da vicino la vicenda e tranquillizzare, ove fosse possibile, maggiormente gli operai della ex Isochimica. Grazie ancora per la risposta.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Famiglietti, anche per la sintesi, che è dote piuttosto rara.

(Iniziative normative relative al sistema delle cooperative, volte in particolare al rispetto del requisito della mutualità e alla tutela dei lavoratori del settore – n. 2-01344)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ciprini ed altri n.2-01344, concernente iniziative normative relative al sistema delle cooperative, volte in particolare al rispetto del requisito della mutualità e alla tutela dei lavoratori del settore (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Ciprini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

TIZIANA CIPRINI. Grazie, Presidente. L'articolo 45 della Costituzione afferma che «la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità». Oggi il mondo cooperativo ha un ruolo non secondario nella nostra economia: dai dati del 2013, le cooperative attive in Italia risultano essere circa 70 mila, di cui 376 banche di credito cooperativo e 1.900 consorzi. Le 70 mila cooperative hanno generato, nell'anno, un valore della produzione pari a 90 miliardi di euro, mentre i consorzi 17,6 miliardi. Il valore della produzione stimato è pari all'8,5 per cento del PIL italiano.
Le Coop di tipo A svolgono servizi socio-sanitari o educativi rivolti alla persona e quelle di tipo B operano in altri settori, come il commerciale, agricolo o nei servizi. Queste ultime sono caratterizzate per impiegare una percentuale fissa di persone svantaggiate. Secondo il rapporto Euricse del 2015, tra il 2008 e il 2013, in presenza di tassi di variazione del prodotto interno lordo negativi, le oltre 28 mila cooperative analizzate hanno registrato una crescita del 14 per cento del valore della produzione. Tuttavia, ad oggi, l'originario spirito di solidarietà e mutualità, una volta espresso dal sistema cooperativo, è da tempo sempre più sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale, e difatti non accennano a diminuire i fenomeni di sfruttamento del lavoro ad opera di alcune cooperative operanti nell'area industriale e commerciale sul territorio nazionale.
Sul fenomeno delle cooperative, che si ritiene molto positivo, si intreccia oggi, purtroppo, un sistema di false cooperative, dette «spurie»: queste imprese anomale hanno ben poco in comune con le cooperative. Esse inquinano il mercato, offrendosi a prezzi più bassi rispetto a quelle che agiscono correttamente, rispettando i diritti di chi lavora. Queste cooperative spurie pagano meno i lavoratori, non adottano le misure di sicurezza nei posti di lavoro, spesso eludono il fisco, chiudono e riaprono le attività sotto un nuovo nome. Pag. 10I controlli, anche per l'inadeguatezza di organico di chi sarebbe tenuto a farli e per la carenza delle normative, sono rarissimi e le sanzioni insufficienti.
Le attività delle cooperative spurie sono di vario tipo: si va dall'autotrasporto alla logistica e facchinaggio, costruzioni ed infrastrutture, attività di consulenza e noleggi, servizi impropri nel ricco ed esteso settore della lavorazione delle carni ed agroalimentare. Il lavoro nelle società cooperative ha caratteristiche particolari, perché, nella definizione giuridica, una società cooperativa non ha fini di lucro, ma persegue scopi mutualistici. La figura di riferimento è quella del socio lavoratore, che, in quanto tale, dovrebbe versare la quota sociale, partecipare all'assemblea dei soci per assumere le decisioni comuni e partecipare alla divisione degli utili della cooperativa.
La concreta esperienza ha portato, però, a scoprire situazioni in cui spesso la cooperativa è un paravento rispetto a una realtà brutale di sfruttamento, basata su retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali, sulla riduzione delle tutele sociali, sulla precarietà del rapporto di lavoro, su alcune situazioni in cui i soci si trovano senza nessun diritto a partecipare alle decisioni e al capitale della cooperativa, con la sola possibilità di scegliere tra tale condizione e la disoccupazione. Infatti, alcune cooperative di produzione e lavoro sono state costituite con l'obiettivo di aggirare le leggi e i contratti di lavoro, nell'unica logica di ridurre i costi di produzione.
In questo modo sono stati negati i tradizionali obiettivi sociali delle cooperative e i soci lavoratori si sono trovati in una condizione peggiore non solo dei normali lavoratori dipendenti, ma anche degli altri lavoratori atipici, come quelli che hanno un contratto a termine, perché questi lavoratori hanno maggiori difficoltà a ricorrere alla magistratura e non hanno neanche il diritto di organizzarsi sindacalmente. Dunque, le false cooperative approfittano dei vuoti normativi e dell'assenza di controlli e agiscono sul mercato in modo scorretto su due piani: da un lato attraverso il mancato rispetto dei contratti di lavoro e dall'altro dal punto di vista contributivo. Sempre più spesso la costituzione di cooperative diventa anche veicolo per realizzare operazioni di esternalizzazioni con trasferimento di personale, con il quale un'azienda decide di dare in appalto un affidamento ad un'impresa esterna – spessissimo appunto una cooperativa – un determinato servizio in precedenza internalizzato al fine di ottenere un risparmio in termini di costi, oppure allo scopo di ottenere maggiori margini di flessibilità gestionali e di adeguamento dei processi alle esigenze di business.
Ad oggi sono tuttora innumerevoli le segnalazioni di sindacati e operatori del settore, che lamentano patologie sistemiche in seno al mondo cooperativistico, tanto sul piano della tutela dei diritti dei lavoratori, quanto quella che riguarda le problematiche che ne derivano da un punto di vista della concorrenza, laddove il pure legittimo favor legis a vantaggio delle cooperative non può e non deve alimentare incongruenze rispetto alle rigide normative europee in tema di concorrenza.
Il fenomeno della cooperazione ha poi però assunto caratteri anomali non solo dal punto di vista del trattamento previsto in materia di lavoro e di governance della cooperativa, non più rispondente allo spirito mutualistico, ma soprattutto dal punto di vista del rapporto e del legame che, nel corso degli anni, si è venuto a creare tra il mondo economico, che in particolar modo ruota intorno alle grandi cooperative e il mondo della politica: dirigenti delle cooperative che entrano in politica o ex politici rimasti senza poltrona che sono diventati dirigenti delle cooperative e delle organizzazioni di Legacoop o Confcooperative. Uno dei casi celebri è quello del Ministro del lavoro Poletti, oppure in Umbria abbiamo l'attuale Presidente della regione Catiuscia Marini, assunta come direttore di Legacoop nel 2007, dopo aver fatto il sindaco di Todi e la dirigente dell'ANCI, prima di essere eletta al Parlamento europeo e attualmente in aspettativa. Pag. 11Quindi, sembra che per fare carriera in politica è meglio prima fare un passaggio in Legacoop.
È evidente che questa permeabilità delle classi dirigenti tra due ambiti che dovrebbero rimanere separati, rappresenta una questione economica, ma anche democratica, di trasparenza e imparzialità dell'amministrazione e delle istituzioni assai rilevante, poiché tale legame può dar vita a fenomeni di conflitto di interessi, con dirigenti e manager di cooperative che hanno ricoperto o ricoprono tuttora incarichi istituzionali. Il caso delle Coop rappresenta il più grande e generalizzato conflitto di interessi che l'Italia del dopoguerra abbia mai conosciuto, seppure i media nazionali siano poco inclini a mettere in evidenza questa realtà, che è caratterizzata da rapporti organici tra vertici nazionali del Partito Democratico e universo Coop e, a livello regionale, da una simbiosi ricorrente tra amministrazioni locali di sinistra e queste realtà economiche ed associative.
Anche nel settore pubblico, in particolare negli enti locali e nelle ASL, da diversi anni si ricorre all'appalto esterno a causa di tagli di bilancio o ai vincoli del Patto di stabilità o del blocco del turnover. Molti servizi che prima erano svolti da uffici pubblici con proprio personale dipendente, ad esempio, i lavori di pulizia, di manutenzione del verde pubblico o anche la manutenzione di sistemi informatici, il lavoro di segreteria, di portierato o di vigilanza, sono affidati adesso a personale esterno. Negli ospedali, spesso, per una parte del personale infermieristico del servizio di 118 si ricorre a cooperative di personale.
Per citare ancora una realtà umbra, a Terni la super cooperativa Actl, che riunisce più cooperative, attiva in numerosi campi, da quello dell'assistenza sociosanitaria al turismo, fino alla cultura, che per molti anni ha gestito importanti servizi sociosanitari del comune, è guidata da Sandro Corsi, esponente e dirigente del Partito Democratico ternano. Inoltre, l'attuale normativa riserva loro particolari trattamenti e agevolazioni, senza che, a fronte delle mutazioni in atto, vi sia un conseguente adeguamento delle tutele e della verifica delle effettive condizioni mutualistiche. Basti pensare che la vigilanza sulle stesse cooperative è affidata direttamente alle stesse Legacoop, AGCI o Confcooperative. Si assiste sovente ad alcune situazioni poco chiare, come quelle legate a cooperative che dichiarano fallimento alla fine di ogni anno per poi ricostituirsi cambiando denominazione e sede sociale.
È nota anche l'inchiesta e il processo, tuttora in corso, nella procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, che ha smascherato un giro di malaffare che coinvolgeva seriamente cooperative sociali che da anni collaboravano con il comune. Persino il procuratore capo di Roma, Pignatone, in audizione in Commissione Antimafia, sollecitando una riflessione sul ruolo delle cooperative ha affermato: c’è da chiedersi se, alla luce delle agevolazioni fiscali di cui beneficiano le cooperative, della simpatia di cui gode l'intero ambiente e dei controlli sicuramente meno penetranti rispetto agli altri operatori economici, non sia il caso di fare una riflessione sulla legislazione complessiva. Parrebbe pertanto opportuno, a distanza di molti anni dagli ultimi interventi legislativi in materia, soffermarsi su un'attenta analisi rispetto al sistema cooperativistico, ponendo l'attenzione sulla necessità di garantire la tutela dei diritti dei lavoratori del settore, oltre che un'accurata analisi relativa alla violazione del regime di concorrenza tra aziende.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, senatore Massimo Cassano, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Illustro l'atto parlamentare dell'onorevole Ciprini, concernente l'attività di vigilanza delle cooperative. Al riguardo voglio ricordare, in via preliminare, che l'articolo 27 del decreto legislativo n. 300 del 1999 ha attribuito la competenza in materia di vigilanza sulla cooperazione, per quanto Pag. 12concerne specificatamente l'attività di revisione ordinaria e di ispezione straordinaria delle cooperative, al Ministero dello sviluppo economico. Voglio chiarire, inoltre, che il modello della vigilanza sulle cooperative è stato regolamentato dal decreto legislativo n. 220 del 2002, in attuazione dell'articolo 45, che ha innovato il decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, affidando alle associazioni di rappresentanza l'attività di vigilanza ordinaria sulle cooperative loro associate e al Ministero dello sviluppo economico quella sulle cooperative non associate. Le associazioni, che sono soggette a riconoscimento da parte del Ministero dello sviluppo economico e dal medesimo controllate, svolgono detta vigilanza nell'interesse generale, tanto che i propri revisori nell'adempiere a questo compito si intendono incaricati di pubblico servizio. La vigilanza ordinaria, svolta dal Ministero dello sviluppo economico, si esplica attraverso la revisione cooperativa di norma biennale, che, oltre ad avere il compito di accertare i requisiti mutualistici della cooperativa, ha anche un obiettivo di sostegno per migliorare la gestione ed il livello di democrazia interna, al fine di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale.
Oltre alla vigilanza ordinaria viene svolta anche un'attività di tipo ispettivo, svolta esclusivamente dallo Stato con i propri ispettori. Preciso che l'attività istituzionale di controllo degli ispettori del lavoro è incentrata sulla verifica dei rapporti di lavoro dei soci con la cooperativa stessa, mentre la verifica dell'effettività dello spirito mutualistico è affidata principalmente agli ispettori di cooperative del Ministero dello sviluppo economico. Quest'ultimo, in considerazione dei collegamenti tra i diversi aspetti della vigilanza sulle cooperative, in una visione sinergica delle attività istituzionali di controllo, nel 2015 ha costituito un tavolo di lavoro finalizzato alla predisposizione di un programma straordinario di ispezioni, inteso a monitorare le cosiddette cooperative spurie, con il coinvolgimento di diversi attori istituzionalmente competenti nel settore, quali il Ministero che rappresento, l'Agenzia delle entrate e le associazioni di cooperative.
Voglio sottolineare che il Ministero che rappresento ha posto sempre particolare e costante attenzione, nell'ambito delle proprie competenze, al settore della cooperazione ed ai suoi profili lavoristici, al fine di verificare la corretta applicazione della normativa di tutela dei rapporti di lavoro instaurati in tale ambito, con particolare riferimento ai fenomeni elusivi posti in essere dalle cosiddette cooperative spurie, che sfuggono al monitoraggio e al controllo esercitato dalle centrali cooperative relativamente ai bilanci, sottraendosi al rispetto dell'attività indicata nello statuto e della vigente normativa lavoristico previdenziale ed evidenziando non di rado violazioni di obblighi retributivi e previdenziali.
Evidenzio, inoltre, l'importanza dell'Osservatorio nazionale della cooperazione, attivo presso il Ministero che rappresento – la cui costituzione è stata sollecitata dalle associazioni delle cooperative – che, insieme agli osservatori istituiti a livello provinciale presso le direzioni territoriali del lavoro, rappresentano gli strumenti volti all'attività di contrasto delle cooperative spurie che alterano il mercato, danneggiando la buona cooperazione e incidendo in maniera negativa sui diritti dei lavoratori dipendenti.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con due recenti circolari, del 6 e del 17 marzo scorso, ha fornito un rinnovato impulso all'attività degli osservatori sulla cooperazione, al fine di rendere maggiormente efficace il controllo, sia della corretta applicazione della normativa lavoristica ai lavoratori, soci e non soci delle cooperative, sia delle loro effettive condizioni di lavoro, al fine di realizzare un efficace contrasto al fenomeno delle cooperative cosiddette spurie e intervenire laddove si verifichino elusioni della normativa di settore per lo più riferibili alla corretta instaurazione e gestione dei rapporti di lavoro, ivi compresi i trattamenti Pag. 13retributivi e contributivi spettanti ai soci lavoratori e ai dipendenti delle cooperative.
Ricordo, inoltre, che in base alla legge n. 142 del 2001 tra socio lavoratore e cooperativa si instaura un rapporto di tipo associativo dal quale deriva tuttavia un ulteriore rapporto connesso all'attività prestata dal socio con cui egli contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali. Il rapporto di lavoro tra socio lavoratore e cooperativa deve essere concordato e formalizzato all'atto di adesione, o anche in un momento successivo, e può assumere la forma della subordinazione e del lavoro autonomo. Dal rapporto associativo derivano in capo al socio lavoratore i tipici poteri e doveri dello status di socio di cooperativa, tra cui il potere gestionale mediante la partecipazione alla formazione degli organi sociali, alla definizione della struttura di direzione della cooperativa e alla partecipazione al rischio di impresa. Il rapporto di lavoro, invece, è regolato dalle disposizioni della legge n. 142 del 2001, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, dalle leggi o dai contratti collettivi applicabili sulla base della tipologia di lavoro realizzatasi dalle parti. Fermo restando il principio generale che garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza dell'esercizio delle funzioni pubbliche e la libertà riconosciuta a tutte le forme societarie di scegliere in autonomia propri amministratori e dirigenti, ove non ricorrono impedimenti di legge, ricordo che negli ultimi anni sono state dettate nel nostro ordinamento norme rigorose al fine di evitare possibili conflitti di interesse tra diversi incarichi o ruoli ricoperti. In particolare, segnalo le disposizioni del decreto legislativo n. 39 del 2013 in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, nonché le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 2013 che disciplinano rispettivamente l'obbligo generale di astensione nel caso di conflitti di interesse, dettano disposizioni particolari per i dirigenti, e disciplinano obblighi specifici nel caso di attività negoziale della pubblica amministrazione.
Con riferimento alle esigenze rappresentate di intervenire normativamente nel settore, faccio presente che il Governo, in particolare il Ministero dello sviluppo economico, negli ultimi anni, si è fatto parte attiva a riguardo. Recentemente, inoltre, il Ministero dello sviluppo economico ha avviato un tavolo di lavoro, al quale partecipa anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la formulazione di proposte normative volte al rafforzamento di presidi per il contrasto alle cooperative spurie e per garantire la omogeneità ed efficacia dell'attività di vigilanza anche attraverso il coordinamento interistituzionale.
In conclusione, non posso che ribadire il massimo impegno del Ministero che rappresento a rafforzare nell'ambito delle proprie competenze la necessaria attività di vigilanza per contrastare il fenomeno delle cooperative spurie a difesa dei diritti dei lavoratori, della libertà della concorrenza, ed anche delle tante cooperative che operano regolarmente sul mercato.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciprini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

TIZIANA CIPRINI. Non sono soddisfatta perché è chiaro che c’è un legame ed operosi interessi tra il mondo delle cooperative e il modo della politica. Infatti fu così che, in nome del buon governo e del merito, il nuovo dux, Renzi, nativo della Toscana, terra rossa e di massoneria, ha nominato come Ministro del lavoro Poletti, che è stato presidente della Legacoop di Imola, poi presidente regionale e vicepresidente nazionale, nonché presidente nazionale di Legacoop e presidente di Coopfond. Questo dimostra quanto sia stretto, in barba alle varie normative, il legame tra società cooperative e carriera politica. Molto spesso l'esperienza lavorativa in ambito verticistico nel mondo delle cooperative risulta essere propedeutica per una buona carriera politica. Ecco che la Pag. 14presidente della regione Umbria, ex dirigente di Legacoop, si fa finanziare le campagne dalle cooperative e va alle inaugurazioni delle Coop, secondo un sistema clientelare ben rodato.
Inoltre, voglio ricordare che noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo fatto una straordinaria battaglia affinché nella nuova normativa sul terzo settore fossero inserite norme sulla trasparenza, sull'anticorruzione e l'antimafia, affinché fossero proprio applicate anche al terzo settore dato che svolge, si trova a svolgere, servizi pubblici essenziali con il fenomeno degli appalti.
Vorrei portare, poi, un altro esempio degli effetti che ha questo fenomeno della «coopizzazione» delle aziende e cito la storica azienda Eskigel, sempre di Terni, che viene assorbita nel 2012 da una multinazionale che opera nella produzione di gelati industriali. Ebbene Eskigel ha appaltato a una società consortile servizi relativi alla pallettizzazione e sistemazione del prodotto finito, cioè il gelato, alla raccolta degli scarti produttivi e alle pulizie degli uffici e degli spogliatoi. Il Consorzio poi, a sua volta, ha affidato i lavori a due società nelle quali è confluito anche parte del personale stagionale che era già dipendente di Eskigel. Quindi, così funzionano le esternalizzazioni di pezzi di attività alle cooperative amiche dei politici. Siamo di fronte al fatto che dipendenti stagionali di Eskigel sono stati riassunti con contratto a termine, tramite il consorzio, diretto da un ex sindacalista, ed ex sindaco del PD. Attraverso questa manovra, i salari dei dipendenti sono stati tagliati del 30 per cento con stipendi in busta paga decurtati di 300, 500 euro, il tutto svolgendo sempre le stesse mansioni. Questi lavoratori prendono meno di 4 euro all'ora, con punte al ribasso di 2 euro, quindi siamo di fronte a un vero e proprio caporalato che avanza, questo perché cooperativa adesso fa rima con caporalato. I dipendenti sono sempre costretti ad accettare il solito ricatto; o si accettano queste condizioni oppure si va tutti a casa. Questo è un andamento gravissimo soprattutto perché la presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, presidente di regione e dirigente di Legacoop, è in pieno conflitto di interessi, come lo stesso Ministro del lavoro, Poletti. Tutto ciò va ad alimentare un sistema corporativistico in cui multinazionali, cooperative rosse e politica vanno a braccetto.
Tra l'altro, tra i finanziatori per la campagna del 2015 della presidente Catiuscia Marini spuntano protagonisti delle più importanti cooperative dell'Umbria, quindi anche i titolari di concessioni e di appalti pubblici. Adesso capiamo perfettamente perché il Governo è così ostile ad approvare il reddito di cittadinanza, perché si vuole continuare a mantenere masse di lavoratori sotto ricatto, in questo modo, per facilitare ruberie varie. Poletti ha fatto anche un ulteriore regalo alle sue cooperative con la creazione dell'ispettorato nazionale del lavoro. Si è venuta così a indebolire l'autonomia degli ispettori stessi del lavoro che ora sono sotto il controllo stringente del Ministero del lavoro; quindi, in questo caso, controllato e controllore coincidono e dunque via libera agli abusi. Per non parlare poi del fenomeno del prestito sociale delle cooperative, questa volta, di consumo. Il prestito sociale è una raccolta di soldi da parte delle cooperative presso i soci. All'atto pratico all'interno dei punti vendita i soci possono versare denaro sul libretto personale, ma il prestito sociale non sembrerebbe essere supportato da reali garanzie. In altre parole, queste grandi coop di consumo dispongono o no dei soldi a sufficienza per restituire l'ammontare del prestito qualora, ad esempio, tutti i soci volessero ritirarlo ?
Ci sono oppure sono in corso delle speculazioni alla faccia dei soci ?
Poi voglio concludere con una storia di ordinaria connivenza e furberia all'italiana con un lieto fine, raccontando l'esperienza, invece, di una cooperativa virtuosa in provincia di Latina, nata quattro anni fa grazie alla scelta coraggiosa di alcuni lavoratori che, di fronte al fallimento della propria azienda, hanno deciso di non arrendersi e di proseguire l'attività nel segno della partecipazione e della responsabilità condivisa. È la Mancoop, che è Pag. 15diventata il simbolo delle aziende recuperate: dopo una via crucis interminabile, fatta di cassa integrazione, crisi e precarietà, la multinazionale finì per chiudere, lasciando per strada 137 lavoratori. È una storia comune a tante altre aziende, vittime di crisi aziendali, che però solo occasionalmente sono causate da crisi dei mercati di riferimento, ma molto più spesso sono causate da speculazioni finanziarie che finiscono per saccheggiare i siti industriali.
Ecco, questa storia è finita bene perché 52 ex dipendenti hanno deciso di non accontentarsi della cassa integrazione e di autogestirsi in cooperativa, portando l'azienda in attivo, conservando l'identità produttiva e, soprattutto, conservando il proprio Tfr. Quindi, ecco che questa cooperativa incarna lo spirito vero di quello che dovrebbe essere una cooperativa, in cui le parole lavoro, solidarietà aziendale, paritario coinvolgimento di soci lavoratori e spinta intergenerazionale prendono il posto di quelle come lucro, speculazioni e sfruttamento. Invito sia il Ministero dello sviluppo economico che il Ministero del lavoro a prendere in seria considerazione queste realtà virtuose e a promuovere iniziative legislative che le possano supportare.

(Intendimenti in merito alla validità degli atti adottati dall'ex commissario straordinario dell'autorità portuale di Catania, Cosimo Indaco, alla luce del conflitto di interessi rilevato con delibera dell'Anac n. 378 del 2016 – n. 2-01347)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Grillo ed altri n. 2-01347, concernente intendimenti in merito alla validità degli atti adottati dall'ex commissario straordinario dell'autorità portuale di Catania, Cosimo Indaco, alla luce del conflitto di interessi rilevato con delibera dell'Anac n. 378 del 2016 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Grillo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIULIA GRILLO. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, mi faccia fare una piccola premessa: non pensavo che fosse così faticoso fare applicare la legge nel luogo dove le leggi vengono fatte, ossia questo Parlamento. Come lei sa, questa interpellanza riguarda la nomina del commissario straordinario dell'autorità portuale di Catania, il signor Cosimo Indaco, nominato dall'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con decreto del 13 ottobre 2015, nomina che consegue ad analoghe e precedenti nomine a commissario straordinario avvenute con decreti del 22 settembre 2014 e del 9 aprile 2015.
Con il decreto di nomina citato, il Ministro ha attribuito al signor Cosimo Indaco tutti i poteri e le competenze ordinariamente attribuiti al presidente dell'autorità portuale. Prima che il Ministro procedesse alla nomina – quella del 13 ottobre – il MoVimento 5 Stelle già segnalava, sia all'Autorità nazionale anticorruzione che al Ministro stesso, con un'interrogazione e con una nota inviata al Ministero, che il signor Cosimo Indaco non poteva ricoprire quel ruolo perché risultava essere anche socio della società di spedizioni doganali «Angelo Perez di Cosimo Indaco & c. snc», che opera nel porto di Catania e il cui servizio era, peraltro, ben pubblicizzato anche sul sito istituzionale dell'autorità portuale dallo stesso presieduta.
Al MoVimento 5 Stelle, come a molti altri, è balzato immediatamente agli occhi l'evidente conflitto di interesse del signor Cosimo Indaco. Evidentemente il Ministro ha firmato il decreto ad occhi chiusi, un decreto che peraltro riporta in calce l'avvenuto rilascio della dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità o di incompatibilità a carico del signor Cosimo Indaco. Evidentemente questa dichiarazione è diventata una forma di rito, un mero orpello decorativo di un decreto di nomina e non già il presupposto affinché si verifichi preliminarmente se la persona che si sta per nominare abbia o meno un conflitto di interesse che compromette Pag. 16l'imparzialità della funzione pubblica affidata e gli atti che, in ragione di tale funzione, sono posti in essere.
L'incarico a commissario straordinario del signor Indaco, come previsto dalla legge n. 84 del 1994, ha durata di sei mesi ed è pertanto scaduto proprio il 13 aprile 2016, qualche giorno fa. Noi abbiamo scritto la prima nota all'Anac il 6 ottobre 2015, sette giorni prima del decreto di nomina, o di riconferma se vogliamo dire, e l'Anac ha emanato la sua delibera sei mesi dopo la nostra segnalazione, cioè il 6 aprile 2016: sette giorni prima che scadesse l'incarico.
Con fulmineo decreto del 15 aprile 2016, il Ministro interpellato questa volta non ha riconfermato il signor Cosimo Indaco, ma ha nominato Nunzio Martello nuovo commissario straordinario dell'autorità portuale di Catania, il quale, peraltro, è anche comandante della direzione marittima della Sicilia orientale. Compatibilità di incarico che mi auguro, anche questa volta, voi avrete valutato. Ci complimentiamo per la rapidità e auspichiamo che, per questa nomina, si sia appunto verificata questa assenza di conflitti di interesse.
Nota dolente per l'Anac – lo devo dire – è l'aver impiegato ben sei mesi, tanto quanto è durata la carica del signor Indaco, a valutare il caso, come ben notificato proprio del MoVimento 5 Stelle. È anche vero che, come lamentato dal medesimo presidente dell'Anac, Cantone, le risorse a disposizione per l'anticorruzione sono poche e non sono impiegabili efficacemente: lamentele che peraltro furono accolte pubblicamente proprio dal Ministro oggi interpellato, che riteneva assurdo che non si dessero risorse sufficienti all'Anac. Una più celere risposta avrebbe, infatti, evitato l'oneroso compito per il Ministro interpellato di dovere oggi verificare se gli atti e provvedimenti posti in essere dal signor Cosimo Indaco siano validi, con tutte le conseguenze anche di natura patrimoniale che questo comporta.
Fatta questa breve premessa riguardo alla particolare tempistica di carte bollate, emerge dalla risposta dell'Anac che l'incarico del signor Cosimo Indaco, attribuito dal Ministro Delrio, era caratterizzato – testuali parole dell'Agenzia nazionale anticorruzione – da un conflitto di interesse generalizzato e permanente, di natura tale da influenzare l'esercizio indipendente, imparziale e obiettivo della funzione pubblica rivestita, non sanabile con il solo dovere di astensione previsto dal legislatore e, quindi, non mi risponda così. Infatti, il signor Cosimo Indaco, in qualità di presidente commissario dell'autorità portuale di Catania, con i suoi provvedimenti interviene in maniera generalizzata sull'attività della società «Angelo Perez di Cosimo Indaco (cioè, lui stesso !) & c. snc», nella quale lo stesso è portatore di interessi specifici. La delibera dell'Anac rimette, quindi, alla valutazione del Ministro interpellato, quindi a voi, la valutazione della validità degli atti o provvedimenti adottati al signor Cosimo Indaco nella situazione di interferenza ovvero di conflitto di interesse generalizzato e permanente.
C’è da dire – e qui noi faremo un nostro approfondimento giuridico – che rimaniamo un po’ perplessi dinanzi al fatto che, dinanzi a un conflitto di interessi generalizzato e permanente, come descritto appunto dall'Anac, non sia perfezionata la situazione di inconferibilità, poiché l'amministrazione che ha conferito l'incarico non è stata l'autorità portuale stessa, ma il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Secondo questa particolare interpretazione, quindi, tutte le nomine effettuate dai ministri vigilanti o dai presidenti delle regioni o, comunque, da soggetti terzi rispetto all'amministrazione vigilata, partecipata o controllata, non sarebbero mai viziate da inconferibilità. Assunto questo – che desta non poche perplessità perché di fatto per la maggior parte delle amministrazioni pubbliche la nomina è esterna all'amministrazione, quindi non è l'amministrazione stessa che nomina molto spesso il capo, in questo caso di un ente –, c’è però un particolare: l'inconferibilità, se riconosciuta, determina che il soggetto che ha conferito l'incarico è responsabile per le conseguenze economiche Pag. 17degli atti adottati e non può per tre mesi conferire gli incarichi di sua competenza. Dunque va da sé che, se fosse stato dichiarato inconferibile l'incarico del commissario Indaco, il Ministro Delrio oggi sarebbe stato sospeso appunto per tre mesi dalla possibilità di effettuare nuove nomine, un particolare non di poca rilevanza.
I recenti fatti di cronaca giudiziaria che il Ministro interpellato ben conosce mettono in luce quanto le autorità portuali rappresentino un nodo e uno snodo nevralgico per gli interessi delle potenti lobby del petrolio, e dalle intercettazioni diffuse dagli organi di stampa – e anche in quelle giuridicamente rilevanti, quindi sarebbero venute fuori comunque – è emerso un illegittimo interesse a volere pilotare, appunto, le nomine dei presidenti o commissari delle autorità portuali.
Pochi giorni fa un mio collega, qui alla Camera, Diego De Lorenzis, nel corso di un question time, ha evidenziato quanto emerso nell'ambito della cosiddetta nuova trivellopoli, nuova tangentopoli, altresì, «trivellopoli», in relazione all'autorità portuale di Augusta, che dista – le faccio notare – pochi chilometri dal comune di Catania, il cui commissario straordinario Alberto Cozzo è oggi al centro delle vicende giudiziarie riguardanti l'inchiesta citata; secondo le ricostruzioni la sua nomina sarebbe giunta a seguito di pressioni indebite da parte di un gruppo che gli stessi inquirenti definiscono associazione a delinquere, pressioni che sarebbero state fatte nei confronti del Ministro interpellato. Al question time è stato risposto che i ministri non agiscono sulla base delle indagini, però noi vorremmo, come nel caso di specie, che almeno i ministri agissero sulla base della documentazione che viene, peraltro, fornita da un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni. Come nel caso in oggetto, il Ministro oggi interpellato era stato puntualmente informato della sussistenza del conflitto di interessi, quindi – per evitare che ci sia un'indagine giudiziaria e che poi un Ministro, nel corso di un question time, si debba trovare costretto a rispondere che non agisce perché c’è un'inchiesta in corso – noi semplicemente chiediamo che il Ministro stesso faccia il suo dovere e applichi la legge, specialmente dove c’è un deputato zelante che porta alla signoria vostra la documentazione necessaria; peraltro, poi, facendo lavorare l'Anac, con un lavoro che avrebbe potuto evitare di fare e che avreste, secondo il mio modesto avviso, dovuto fare voi.
È evidente che le autorità portuali necessitano di un'efficace operazione di trasparenza sia riguardo le nomine sia riguardo la loro gestione. Auspichiamo che nella cosiddetta delega Madia che prevede il riordino delle autorità portuali, nonché il riordino delle norme sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione, il Governo tenga conto di tali necessità e provveda a rivedere lo schema di decreto legislativo che, non so perché, mi sento che lei citerà nella sua risposta, ma io già le anticipo questo: attualmente all'esame delle Commissioni vi è, e spero che il Governo intervenga nella modifica del decreto legislativo, la vostra modifica che in realtà tende a opacizzare proprio la gestione delle Autorità portuali, prevedendo per esse un'applicazione parziale, ancora, se non parziale già di per sé, sulla trasparenza; perché ricordo che molte amministrazioni pubbliche ancora non si sono del tutto adattate alla nuova normativa sulla trasparenza e che l'Anac vigila, appunto, affinché gli enti pubblici attuino sui propri siti tutta l'adesione alla normativa sulla trasparenza, ma ancora siamo molto lontani da ciò, specialmente sui siti di moltissimi enti, purtroppo, della mia regione – io sono siciliana – ma comunque di molte regioni del Sud. Sappiamo bene che la trasparenza è fondamentale per una vera prevenzione e lotta alla corruzione, ed è l'unico strumento che consente di evitare a voi e ad altri che certe cose si sappiano poi dalle intercettazioni tanto invise; è meglio saperle prima se pubblicate sui siti. La delibera Anac, a nostro giudizio, fa emergere, quindi, una rilevante e sostanziale responsabilità, politica, sicuramente, riguardo la nomina del signor Cosimo Indaco, responsabilità Pag. 18aggravata dal fatto che del conflitto di interesse in atto, come ho già detto, il Ministro era stato debitamente avvisato. Peraltro, a margine dico che, proprio alla fine di un question time, io mi avvicinai al Ministro Delrio, informalmente, per sollecitare nuovamente, proprio per l'intenzione non di fare del «male» a questo Governo, ma per aiutare il buon andamento della pubblica amministrazione, subito dopo la presentazione della mia nota, quindi stiamo parlando del mese di novembre 2015: il Ministro mi rispose che la nomina era stata appena effettuata e non si poteva rifare. Io avrei gradito che il Ministro mi avesse detto che, invece, avrebbe fatto i dovuti approfondimenti, anziché arrivare oggi a chiedervi di controllare tutti gli atti fatti dall'ex commissario dell'autorità portuale.
Con la presente interpellanza, appunto, chiediamo se il Ministero abbia condotto, ma non credo, una valutazione ASI riguardo quanto segnalato all'Anac; ovvero se e quali iniziative – e questo poi è il punto principale – intenda porre in essere proprio per esaminare la validità degli atti come richiesto dall'Anac (quindi non lo sto chiedendo io, né me lo sto inventando), e in quali tempi intenda effettuare queste verifiche.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Massimo Cassano, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. In premessa si fa presente che l'interrogazione del 14 ottobre del 2015, segnalata nell'atto in esame, è stata trasformata dagli interroganti, il 15 ottobre del 2015, in interrogazione a risposta orale in Commissione e non ancora calendarizzata per la discussione.
Sul tema è utile riportare quanto di recente espresso in Aula dal Ministro Delrio: è in corso la riforma in tutte le autorità portuali... laddove non vi fossero gravissimi problemi di contesto e di conflitto tra le autorità portuali e i sindaci o i presidenti di regione, noi abbiamo confermato le persone esistenti o al massimo, su segnalazione di difficoltà di operatività, sostituito con i comandanti delle capitanerie di porto, usando un criterio uguale per tutti, non soggetto a nessuna pressione, ma semplicemente in attesa di una riforma che si sta completando... usando un criterio assolutamente trasparente.
Ed, infatti, l'emanazione nell'agosto scorso della legge n. 124 del 2015 e la previsione in essa della delega all'Esecutivo per la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina delle autorità portuali, nonché l'avvio dell'iter di approvazione del provvedimento attuativo della delega hanno comportato una fase di riflessione circa l'opportunità di cristallizzare la situazione in essere presso le singole autorità portuali, in vista dell'approvazione definitiva della riforma, senza però, per questo, penalizzare le stesse nell'espletamento dei loro compiti istituzionali.
Anche nel caso in esame, il signor Indaco è stato nominato commissario straordinario dell'Autorità portuale di Catania nel settembre del 2014, in epoca, quindi, antecedente, e, successivamente, in prosecuzione della precedente nomina, in data 9 aprile del 2015 e 13 ottobre del 2015.
Sulla vicenda, esposta dagli interpellanti, del signor Cosimo Indaco quale commissario straordinario dell'Autorità portuale di Catania è intervenuta anche l'Autorità nazionale anticorruzione che ha efficacemente ricostruito la vicenda con la delibera n. 378 del 6 aprile del 2016. L'Anac è stata, infatti, chiamata a verificare la sussistenza di eventuali cause di inconferibilità e incompatibilità dell'incarico al signor Indaco nella sua qualità di socio non amministratore della società di spedizioni doganali Angelo Perez di Cosimo Indaco & C Snc che opera nel porto di Catania.
Al riguardo l'Anac ha ritenuto inesistenti i motivi di inconferibilità del mandato a suo tempo conferito al signor Indaco ed, infatti, nella delibera si evidenzia che, per ritenersi verificata la fattispecie di inconferibilità di cui all'articolo 4 Pag. 19del decreto n. 39 del 2013, è necessario che l'attività professionale, debba essere regolata dall'amministrazione che conferisce l'incarico.
La Corte costituzionale con sentenza n. 339 del 2005 ha chiarito come la nomina del commissario straordinario di un'Autorità portuale deve intendersi quale procedimento concorsuale e intermedio tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione di riferimento. Infatti, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – cui compete la nomina del presidente dell'Autorità portuale, all'esito del procedimento d'intesa disciplinato dall'articolo 8 della legge n. 84 del 1994 – spetta il potere di nomina del commissario straordinario, onde assicurare il soddisfacimento delle esigenze di continuità dell'azione amministrativa ed impedire stasi connesse alla decadenza degli organismi ordinari.
Alla luce di tali considerazioni l'amministrazione che ha conferito l'incarico di commissario straordinario non è stata l'Autorità portuale, ragion per cui non risulta essersi perfezionata la fattispecie di cui al prospettato articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2013 e all'articolo 9 del decreto n. 39 del 2013, in tema di incompatibilità.
Diverso è, infatti, il procedimento di nomina seguito dal MIT che si pone come procedimento concorsuale intermedio tra il Ministero stesso e la regione di riferimento, nell'ottica di assicurare non la gestione regolatoria ordinaria e di lungo periodo, bensì il mero soddisfacimento delle esigenze di continuità dell'azione amministrativa ed impedire stasi connesse alla decadenza degli organismi ordinari.
Sempre nell'ambito del procedimento di verifica svolto, l'Anac ha, tuttavia, ritenuto integrata un'ipotesi di conflitti di interessi che non trova espressamente il suo riferimento in una norma di legge, l'incompatibilità in esame non è quindi di tipo formale ma materiale tra la carica di presidente dell'autorità portuale e quella di socio di una società la cui attività è regolata dalla stessa Autorità.
Tale situazione di interferenza è di natura tale da influenzare l'esercizio indipendente, imparziale e obiettivo della funzione pubblica rivestita, non sanabile con il solo dovere di astensione previsto dal legislatore.
A decorrere dal 13 aprile scorso il signor Cosimo Indaco non esercita più la funzione di commissario dell'autorità portuale di Catania, avendo il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti provveduto alla sua sostituzione con la nomina del contrammiraglio Nunzio Martello. Risulta, dunque, cessata allo stato ogni possibile ed eventuale conflittualità tra gli interessi riconducibili ai due incarichi contemporaneamente ricoperti dall'allora commissario straordinario.
Nel concludere, si assicura che è preminente interesse del Dicastero vigilare costantemente sul buon andamento, sulla trasparenza e sulla imparzialità dell'azione pubblica; conseguentemente, il MIT ritiene utile demandare ad ispettori ministeriali a ciò delegati la verifica degli atti compiuti dalla precedente gestione commissariale, allo scopo di accertare la sussistenza di possibili ed eventuali interferenze funzionali dipendenti dalla rilevata commistione di incarichi. Sarà cura del Ministero informare circa gli esiti di tale verifica.

PRESIDENTE. L'onorevole Grillo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIULIA GRILLO. Signor Presidente, io mi dichiarerò soddisfatta solo quando avrò le risultanze dell'esame degli atti svolti dall'ex commissario dell'autorità portuale Cosimo Indaco, cui il Ministero dovrebbe provvedere non dico immediatamente ma quasi.
Io però, sottosegretario, capisco che lei si fa portatore di una risposta di cui magari non è direttamente l'estensore; voglio però specificare un punto: l'Anac è intervenuta perché noi abbiamo chiesto che intervenisse; la sottoscritta ha chiesto un intervento dell'Anac. Non è, quindi, che l'Anac si è attivata da sola, né su vostra Pag. 20sollecitazione, come avrebbe anche potuto essere: siete voi e il Ministro Delrio il Ministro, non sono io il Ministro, io sono solo una umile deputata della Repubblica che cerca di fare bene il proprio lavoro.
Lei poco fa, nella risposta all'interpellanza della mia collega (siccome un po’ ormai la normativa su quelle poche leggi che ci sono sul conflitto di interessi la conosco discretamente bene) ha citato un articolo che riporto, che è teoricamente un caposaldo di correttezza etica e di trasparenza per coloro che svolgono attività nella pubblica amministrazione, ed è il decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 16 aprile 2013. Lei ha proprio citato l'articolo 6, quindi io lo ricito perché mi sembra pertinente.
Questo articolo recita: «Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici»; lei ha proprio citato questo articolo sull'interpellanza di Ciprini sulle cooperative. Pressioni politiche, come peraltro sono quelle che si sono verificate, o almeno presumibilmente paiono essersi verificate, sulla nomina dell'autorità portuale e del commissario di Augusta.
Questo articolo fa parte del codice di comportamento dei funzionari pubblici, e i ministri, a tutto diritto, rientrano all'interno di questa figura del funzionario pubblico, quindi a loro stessi si applica tale codice; peraltro, credo che l'esempio debba essere la prima cosa.
L'obbligo della pubblica amministrazione di procedere ad un'adeguata valutazione di tutti gli interessi in gioco prima di procedere ad una scelta, è un imperativo posto a presidio dell'articolo 97 della Costituzione, sottosegretario: quando lei mi riferisce che il Ministro Delrio prese la decisione di confermare, laddove non esistessero situazioni particolarmente conflittuali, le figure già preesistenti al suo insediamento, ricordo al Ministro Delrio che l’imprimatur di qualunque cittadino italiano quando nasce, e tanto più di un politico, e tanto più se questo politico fa parte del Governo, è la Costituzione.
Quindi, prima di una prassi ragionevole – per carità, possiamo pure dire condivisibile o meno, comunque ragionevole –, e prima di pensare che per evitare problemi con le regioni dovesse riconfermare i commissari, a mio avviso un Ministro quando si insedia deve verificare comunque se quegli incarichi, secondo la sua applicazione e visione della legge a partire dall'articolo 97 della Costituzione, sono decisi secondo norma di legge, perché questo è uno Stato di diritto e nessuno, come lei sa meglio di me, è al di sopra della legge.
Ora la situazione per voi è ancora più complicata, perché se aveste controllato come vi avevo chiesto di fare, quella nomina, avreste avuto sei mesi in meno di atti da vagliare, e adesso invece vi trovate nella necessità di dovere valutare che non saranno pochi; sarà quindi un aggravio di lavoro per voi, immagino anche economico, perché dovrete sottrarre dei funzionari da altre attività che stavano svolgendo: questo si sarebbe naturalmente potuto evitare, se ci aveste ascoltato.
L'Anac parla di conflitto di interessi generalizzato e permanente, tanto che sarebbe presumibile che tutti gli atti o provvedimenti presi o effettuati dal signor Indaco siano puntualmente da valutare. Il decreto legislativo n. 39 del 2013, attuativo della legge cosiddetta Severino sulla prevenzione della corruzione, prevede che coloro che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli, qualora questi incarichi poi dovessero essere dichiarati nulli, sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati: quindi un altro problema che il Ministro avrà da risolvere, per una piccola cosa che avrebbe dovuto valutare prima. Il medesimo decreto prevede che l'Anac, anche d'ufficio, possa sospendere la procedura di conferimento dell'incarico con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull'atto stesso di conferimento, nonché Pag. 21segnalare anche d'ufficio il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative. Qui abbiamo un incarico viziato comunque da un conflitto di interessi, anche se lei dice che non c’è una legge: non c’è una legge perché in vent'anni non l'ha mai fatta nessuno, e quanto a quella che avete appena approvato, lei e il Governo mi avete appena detto che non c’è una legge che dica che in questo caso c’è un conflitto di interessi. Non è colpa nostra se purtroppo la legge sul conflitto di interessi che avete appena licenziato non contempla questi casi: era l'occasione giusta per farlo !
Però lei ha detto: non è formale, ma è materiale; non l'ha detto lei, l'ha detto l'Anac. Insomma, formale o materiale, parlando di gestione della pubblica amministrazione, da parte dell'organo che dovrebbe essere il massimo esempio di applicazione rigorosa della legge, e comunque dei principi etici e morali che vengono previsti dalla Costituzione, mi sembra che sia sufficiente, più che sufficiente ad evitare che questi fatti possano riaccadere.
Quindi abbiamo un incarico viziato da conflitto di interesse sostanziale, generalizzato e permanente, non formale, ma sostanziale, dicevamo; ma non riusciamo a capire chi sia responsabile: non sappiamo chi debba rispondere oggi delle conseguenze economiche. Forse la Corte dei conti, se sarà interpellata, potrà indicarci chi sia responsabile. Il tutto, è intuitivo immaginarlo, sarebbe stato evitabile, come ho già detto, se ci aveste ascoltato, e sarebbe stato evitabile se si fosse ricordato il Ministro di questo articolo della Costituzione: sembra che ce ne ricordiamo solo quando la dobbiamo cambiare, però l'articolo 97 della Costituzione è un articolo importante, e sollecito affinché ne venga rispettata la piena attuazione. Quindi la risposta non può soddisfarci !
La nostra interpellanza implicava una risposta di tipo diverso, implicava un'assunzione totale di responsabilità: a volte assumersi anche la responsabilità delle proprie azioni secondo me è un modo di fare un passo avanti rispetto a degli errori che possono essere stati fatti; e che si possono pure fare, per carità, errare è umano ! L'opportunità politica, poi, oltre che un'opportunità etica, vuole che tutti gli uomini dello Stato siano rispettosi dei principi costituzionali, e vuole che gli uomini dello Stato rispondano, quantomeno politicamente, degli atti che compiono, e che ne traggano spontaneamente le conclusioni quando ravvisino la gravità delle conseguenze che questi atti possano avere prodotto. Il dubbio più che legittimo e che ci attanaglia, ragionando anche sulla consorella dell'autorità portuale di Catania, che come ho detto, a pochi chilometri di distanza è quella di Augusta, è che queste nomine siano in realtà state guidate, o comunque ci possano essere state quelle famose pressioni politiche, da un Gemelli, piuttosto che da un Lo Bello: insomma, da nomi certamente importanti, per esempio in quanto membri di Confindustria, come emerge dalle intercettazioni.
Quindi, non siamo soddisfatti nella misura in cui non è chiaro chi è il vero responsabile degli atti in questo momento prodotti dal commissario Cosimo Indaco, in conflitto di interessi non formale, ma materiale, e l'individuazione del responsabile è il primo atto, nell'ambito delle valutazioni richieste dall'Anac, che il Ministro dovrebbe fare e avrebbe dovuto fare. La prima domanda che il Ministro stesso avrebbe dovuto porsi, a mio avviso, è chi sia responsabile di tutto ciò. Per noi il responsabile, naturalmente, è il Ministro, però, naturalmente, avremmo gradito un maggiore esame e una maggiore precisione da parte del Ministro su questa risposta.
Concludo dicendo che, siccome normalmente io non mi arrendo facilmente, perché questa cosa la seguo da quasi un anno e mezzo, farò un'altra interrogazione, a breve, in cui chiederò al vostro Ministero qual è l'esito dell'ispezione che immagino, spero e mi auguro avvierete, se già non l'avete fatto, il più velocemente possibile.

Pag. 22

(Misure a sostegno del settore dei call center e dell'azienda Almaviva, anche al fine di tutelarne i livelli occupazionali – n. 2-01336)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Piccione ed altri n. 2-01336, concernente misure a sostegno del settore dei call center e dell'azienda Almaviva, anche al fine di tutelarne i livelli occupazionali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Piccione se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

TERESA PICCIONE. Sì, Presidente, grazie. Signor Presidente, non ripeterò tutti i punti dell'interpellanza, ma mi fermerò ai più rilevanti. Almaviva Contact è un'azienda leader nell'esternalizzazione dei servizi di relazione con i clienti per le aziende. Conta più di 10 mila lavoratori in Italia, di cui 6 mila in Sicilia, nelle sedi di Palermo e Catania, e poi si estende a Rende, Roma, Napoli e Milano. Ha anche sedi all'estero, in Cina, Brasile e Tunisia.
Negli ultimi 3 anni, l'azienda è andata in crisi e ha segnalato più volte la presenza di migliaia di possibili esuberi. Il 21 marzo questo spettro si concretizza con l'annuncio di circa 3 mila licenziamenti: a Palermo sono 1.670, a Roma 918, a Napoli 400, come leggiamo anche dalle pagine del Corriere della Sera di ieri. Ora, Palermo e la Sicilia in particolare, ma credo tutto il nostro Paese, non possono permettersi questi numeri, il sud in particolare, la Sicilia in particolare. Se questi sette anni di crisi sono costati sette punti di PIL all'Italia, 14 sono quelli della Sicilia. Per non guardare le cifre della disoccupazione e i redditi bassi, che si attestano al 40 per cento della media nazionale per il 72 per cento della popolazione siciliana.
È chiaro che questo sarebbe, dopo la crisi di Termini, ora avviata a soluzione, e il polo industriale di Carini, uno dei colpi mortali alla nostra economia. Ne è la prova anche il tavolo che il giorno 13, e poi il 18, si è riunito, con grande nostra soddisfazione, al MISE, sotto l'egida del Viceministro Teresa Bellanova, che ha visto presentarsi non solo le parti aziendali e le organizzazioni dei lavoratori, ma anche il sindaco di Palermo, l'assessore alle attività sociali, il vicepresidente della regione, il sottosegretario Faraone, tutti preoccupati di questa grande vertenza industriale.
Questi esuberi, però, hanno anche delle cause, e una di queste cause è la perdita di commesse per l'appalto al massimo ribasso che è legato alla possibilità per altri competitor di Almaviva di offrire alle aziende prezzi stracciati per avere in precedenza delocalizzato le aziende.
Ora, il nostro Paese, già con il decreto-legge n. 83 del 2012, all'articolo 24-bis, ha cercato di normare o regolamentare anche questo settore, che, naturalmente, non può prevedere proibizioni, indicando alle aziende di avvertire, con un preavviso di 120 giorni il Governo, se intendono delocalizzare la loro gestione dei servizi e, soprattutto, multando quando il gestore non dichiari all'utente chiamato che la chiamata proviene da un call center non in territorio nazionale.
La mancata applicazione di questo articolo 24-bis ha causato non pochi danni, compresi, noi riteniamo, quelli che Almaviva adesso sta subendo. Ora, noi accogliamo positivamente anche l'approvazione della legge di gennaio sugli appalti, la cui aggiudicazione adesso avverrà in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Condividiamo le proposte, che leggiamo a mezzo stampa, che il Viceministro Bellanova ha fatto negli incontri al Mise, cioè l'apertura di un tavolo di crisi, la revoca dei licenziamenti collettivi, la gestione degli esuberi mediante un contratto di solidarietà che, invece di finire al 31 maggio, si allunga fino al 31 dicembre, e anche l'invito alle parti di riunirsi fra di loro nella prossima settimana.
Però, siamo lo stesso preoccupati, e lo vogliamo dire. Chiediamo al Governo una particolare attenzione: questo è un settore di grande delicatezza. Ne è prova il fatto che il Governo e la Commissione lavoro stiano attenzionando in maniera assolutamente Pag. 23approfondita e particolare il settore dei servizi dei call center. Il Partito Democratico, ogni sera, a fine seduta, per mezzo di uno dei componenti del nostro gruppo, legge una riflessione, così come è stato fatto per opzione donna, proprio per sottolineare il carattere urgente di una normativa che governi i servizi e i lavoratori dei call center.
Ne va della salvaguardia dei lavoratori e della qualità della stessa offerta. Noi nutriamo, dicevo, qualche preoccupazione, e per questo chiediamo l'attenzione attenta – scusate il bisticcio di parole – e profonda del Governo, perché non vogliamo che i contratti di solidarietà difensivi, che sono stati annunciati, possano essere una dilazione di tempi per tornare di nuovo a un annuncio di licenziamenti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. La società Almaviva Contact Spa, società del gruppo Almaviva, con 50 mila persone in sette Paesi, tra i leader mondiali nell’outsourcing di servizi di customer relationship management, con comunicazione del 21 marzo 2016 ha avviato la procedura di licenziamento collettivo. La stessa ha dichiarato un esubero di 918 unità lavorative nelle sedi aziendali di Roma, 400 a Napoli e 1.670 a Palermo. La società ha motivato tale scelta con il perdurare nel settore dei call center di un mercato contrassegnato da un progressivo calo dei volumi di attività e dalla continua compressione del prezzo dei servizi. Il Ministero dello sviluppo economico, come è noto, ha profuso il massimo impegno e attenzione su questa vertenza.
A tal fine, ha convocato, da ultimo, un incontro, tenutosi il 20 aprile scorso, al quale hanno partecipato l'assessore della regione Campania, l'assessore della regione siciliana, il sindaco di Palermo, i rappresentanti del Ministero del lavoro, della regione Lazio e del comune di Roma, l'amministratore delegato della società Almaviva Contact, oltre le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, insieme alle rappresentanze sindacali unitarie e aziendali. Dopo aver ascoltato le posizioni delle parti e confermato l'impegno del Governo, la Viceministra, onorevole Teresa Bellanova, ha proposto quanto segue: in primo luogo, la revoca della procedura di licenziamento collettivo che era stata avviata in data 21 marzo 2016 da Almaviva Contact Spa e, in secondo luogo, la sottoscrizione di un contratto di solidarietà difensivo, che troverà applicazione in tutte le sedi e la cui decorrenza non avrà soluzione di continuità rispetto alla scadenza – al 31 maggio 2016 – del contratto attualmente in corso di applicazione.
Inoltre, Almaviva Contact Spa si è impegnata, per la durata di validità del contratto di solidarietà di cui al precedente punto, a mantenere attivi i contratti esistenti nelle sedi di pertinenza; in ultimo, le parti hanno stabilito di avviare immediatamente il confronto necessario per trasfondere gli impegni assunti nel corso dell'incontro in accordi vincolanti. Posso quindi garantire agli onorevoli interpellanti che il Ministero dello sviluppo economico si impegna comunque a monitorare mensilmente le evoluzioni e anche le eventuali criticità che dovessero emergere durante il percorso. Sono già previsti ulteriori due incontri, rispettivamente il 26 e il 29 aprile, e nel frattempo è stato riavviato l'Osservatorio sui call center, in modo da individuare soluzioni che siano anche strutturali, per far fronte alla crisi del settore.

PRESIDENTE. La ringrazio sottosegretario, anche per la sintesi che, ripeto, è dote rara.
L'onorevole Piccione ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Prima, però, salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo «Giovanni Falcone» di Roma, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).

TERESA PICCIONE. Grazie Presidente. Sono confortata da queste parole, perché Pag. 24questa è una vertenza che meritava tutta l'attenzione nazionale e credo che il Governo si è proprio sintonizzato e si è adoperato affinché questa attenzione si concretizzasse in questo tavolo di crisi e in questo incontro. Come ho detto prima, e ancora di più dopo le parole del sottosegretario, condivido queste proposte. Anche il fatto che vi siano questi contrattisti spalmati su tutti i siti, che non colpiscano i livelli retributivi dei lavoratori, che possa questo tempo essere tempo proficuo per trovare composizione alla vertenza. Sono molto soddisfatta anche del fatto che mensilmente ci sarà questa relazione al Governo italiano, al MISE in particolare, perché questo consentirà, in presenza di eventuali ulteriori elementi di criticità, un intervento tempestivo.

PRESIDENTE. La ringrazio, mi corre l'obbligo, a maggior ragione, di ringraziare anche lei per la sintesi.

(Iniziative di competenza per evitare il ridimensionamento del centro di meccanizzazione postale di Sesto Fiorentino (Firenze) – n. 2-01339)

PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Becattini n. 2-01339, concernente iniziative di competenza per evitare il ridimensionamento del centro di meccanizzazione postale di Sesto Fiorentino (Firenze) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Becattini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LORENZO BECATTINI. Grazie Presidente. Gli interpellanti chiedono di capire il destino di una importante struttura postale della Toscana centrale. Si tratta del Centro di meccanizzazione postale di Sesto Fiorentino, una città di 50.000 abitanti, che ospita appunto questo presidio che conta 600 addetti diretti e 200 che operano nell'indotto. La richiesta origina da notizie che sono apparse, derivanti dal piano industriale, che stanno mettendo in allarme i lavoratori. Il prossimo venerdì 29 aprile vi sarà un'assemblea, promossa dalle organizzazioni sindacali e dalle Rsu, proprio per ragionare su questa problematica importante. Notizie che sembrerebbero portare a un declassamento di questa struttura, che diventerebbe non più un presidio di primo ordine, ma un centro prioritario, con conseguente possibile diminuzione dell'occupazione.
Sappiamo che è stato presentato all'amministratore delegato un importante piano industriale che riguarda il futuro delle Poste che contiene punti molto condivisibili, rispetto anche ad un'evoluzione della nostra economia, che si volge sempre più verso un'economia digitale. È giusto che una grande azienda, la più grande azienda a rete dell'Italia con 130.000 addetti, a fronte di un mutamento dell'economia si interroghi su come migliorare i servizi per le imprese e per i cittadini, e quel piano industriale è centrato molto sulla logistica dei servizi postali, sui pagamenti e sui risparmi e le assicurazioni. I numeri sono importanti, perché parliamo di un'azienda che ha un fatturato che viaggia verso i 30 miliardi, che ha previsto recentemente 3 miliardi di investimenti, di cui un sesto appunto centrati sul problema della sicurezza, che ha fatto un utile netto considerevole nel 2015 di 550 milioni e che prevede nel piano industriale 8 mila assunzioni, di cui la metà per giovani e per laureati. Infine, cosa non trascurabile, il fatto che questa azienda ha messo al centro anche un sistema di formazione e di riqualificazione dei propri dipendenti, una cosa che apprezziamo. Non è in discussione questo, la partita invece riguarda la trasformazione di alcuni presìdi di centri di meccanizzazione postale – oggi nel nostro Paese sono 16 – che diventerebbero 10 e se le notizie, ma poi qui il sottosegretario dirà come stanno realmente le cose, fossero veritiere potrebbe esservi la perdita di questa qualifica da parte del centro di Sesto Fiorentino.
Introduco alcune brevi considerazioni, e completo la mia esposizione, di natura logistica e infrastrutturale. Nel quadro di Pag. 25una trasformazione anche dei servizi, si potrebbe immaginare logico pensare questo, e cioè che i centri di meccanizzazione postale abbiano ad essere situati in aree strategiche, magari vicine ad un aeroporto, vicini a un porto, a un interporto, magari collegati ad un casello autostradale, alle reti dell'alta velocità, forse con la presenza anche di un'aria produttiva molto forte. Ebbene, si dà il caso che oggi il centro di meccanizzazione postale di Sesto Fiorentino abbia tutte queste caratteristiche, perché è in presenza di un casello autostradale, nella città di Sesto Fiorentino vi è un importante impegno infrastrutturale per potenziare l'aeroporto e fare una nuova pista e quindi dar corso al sistema aeroportuale toscano in collegamento con quello di Pisa, vi è una vicinanza di un'ora al porto di Livorno, l'interporto di Prato è a 15 minuti e l'area produttiva dove è inserita Sesto, quella della Piana, è una delle aree produttive di maggior densità di imprese del nostro Paese. Quindi, i servizi anche di questa natura, collocati in quell'area territoriale avrebbero una loro ragione di esistere, del resto com’è stato fatto fino ad oggi, non immaginiamo che sia stato scelto a caso.
Ecco tutto quello che dico, e che diciamo nell'interpellanza, può darsi sia fugato dalle parole che ora gentilmente il sottosegretario dirà, perché sarebbe un po’ strano che, se a fronte di queste caratteristiche territoriali e di questa potenzialità, la Toscana centrale perdesse un presidio così importante che, invece, sarebbe di accompagnamento, non soltanto al sistema produttivo che oggi ho rammentato, ma che potrebbe giovarsi di quelle infrastrutture che ho rammentato e che fanno di quel sistema territoriale un caso abbastanza unico.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, ha facoltà di rispondere.

IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie Presidente. Dunque, occorre premettere che il settore postale, a livello nazionale e comunitario, è stato interessato negli ultimi anni da profondi cambiamenti che hanno riguardato il contesto normativo, ed in particolare il passaggio delle funzioni di regolamentazione di vigilanza da questo Ministero lo sviluppo economico all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, questo per effetto del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, poi convertito nella legge 22 dicembre 2011 n. 214.
Più nello specifico, l'attuale rete di smistamento di Poste Italiane è il frutto di un'attenta progettazione che si basa su una pluralità di indicatori che sono peculiari dei sistemi logistici. L'architettura complessiva della rete, infatti, è determinata dall'interazione di diversi fattori, quali, ad esempio, il rapporto tra processi e qualità, performance e standard di prodotto, i volumi trattati, quindi l'origine e la destinazione dei flussi, e anche la dislocazione geografica delle comunicazioni e delle strutture logistiche, per i quali deve essere individuato il livello ottimale di equilibrio tra costi e benefici. In tale ottica, la progettazione dei centri operativi della rete, come viene richiamata dagli onorevoli interpellanti, è stata realizzata per garantire la migliore collocazione geografica, finalizzata alla riduzione dei tempi di percorrenza, e la distribuzione baricentrica dei volumi, al fine di ottimizzare quelli lavorati in ciascun centro.
È evidente che la suddetta progettazione delle architetture di rete è, però, soggetta a modifiche e implementazioni, fatte in considerazione dei cambiamenti che intervengono nel tempo, riguardanti i diversi i diversi fattori che vengono e devono essere presi in considerazione. Negli ultimi anni, infatti, come abbiamo tutti potuto osservare, il notevole calo dei volumi di corrispondenza ha determinato la necessità di rimodulare la rete di smistamento, di trasporto e di recapito e, al contempo, i relativi modelli operativi, nel rispetto dei livelli di servizio che devono essere assicurati alla clientela. In particolare, come riferisce Poste Italiane, già nel recente passato è stato intrapreso un percorso di progressivo accentramento dei Pag. 26prodotti con tempi di lavorazione superiori a J+1, dove J+1 è il recapito entro il giorno successivo a quello di spedizione, ebbene, questi prodotti con tempi di lavorazione superiori sono stati accentrati progressivamente su alcuni centri cardine della rete postale nazionale, lasciando alle strutture periferiche lo smistamento della posta registrata e dei prodotti che invece prevedono tempi di lavorazione pari a J+1.
Al fine di proseguire l'ottimizzazione della filiera logistica, le previsioni aziendali hanno ritenuto di dover concentrare, nel caso specifico, lo smistamento dei volumi del CMP di Firenze su altri CMP, lasciando progressivamente a Firenze il ruolo di «centro P», ovvero di centro di smistamento manuale per prodotti J+1, ossia la corrispondenza da recapitare entro il giorno successivo a quello di spedizione in determinate fasi di processo. La società ha comunque assicurato che tale riorganizzazione nei prossimi mesi sarà oggetto di una trattativa con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali che hanno firmato il contratto collettivo nazionale di lavoro.
Il Ministero dello sviluppo economico naturalmente continuerà a monitorare la vicenda, ponendo la massima attenzione alla salvaguardia dei livelli occupazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Becattini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LORENZO BECATTINI. Brevemente, ringrazio il sottosegretario per le note tecniche (fornite dall'azienda naturalmente) che sono state poste alla base di una decisione che mi pare vada in una direzione che non auspicavamo nell'interpellanza e cioè al fatto di un declassamento di questa struttura basata su alcuni indicatori, i volumi trattati e la dislocazione geografica.
Naturalmente rimane aperto un tavolo di trattativa con le organizzazioni sindacali e rimane aperto un tavolo anche immagino con le istituzioni locali, perché vi è motivo di pensare, ed è auspicabile, che sia il comune di Sesto Fiorentino, attualmente commissariato, e che andrà al voto il prossimo 5 giugno, che la regione Toscana, possano intervenire su questa materia per rafforzare questo secondo punto che è stato sottolineato dal sottosegretario Scalfarotto ovvero il tema della dislocazione geografica. Infatti, a integrazione di quello che ho già detto prima, l'area di Sesto Fiorentino è un'area fortemente dotata di condizioni geografiche che, nel rispetto delle decisioni aziendali, porterebbero però a dire che lì vi sono tutte le condizioni per poter lavorare bene, anche in un quadro nuovo che l'azienda sta cercando di determinare per migliorare le sue performance.
Quindi, prendiamo atto di questa risposta, soprattutto con l'auspicio che i processi che dovranno intervenire d'ora in avanti siano governati in un rapporto corretto con le istituzioni locali e anche con le organizzazioni sindacali, in modo da poter salvaguardare la base occupazionale e vedere se nel confronto vi saranno la possibilità di portare in maniera ancora più specifica quegli argomenti che abbiamo cercato di sottolineare con l'interpellanza, affinché si possa riconsiderare l'importanza di questo sito produttivo nella Toscana centrale.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 26 aprile 2016, alle 15:

1. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
S. 1738 – Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria Pag. 27e altre disposizioni sui giudici di pace (Approvato dal Senato) (C. 3672).
e delle abbinate proposte di legge: GRECO; CARRESCIA ed altri; TARTAGLIONE ed altri (C. 1338-1669-1696).
Relatori: Giuseppe Guerini, per la maggioranza; Colletti e Turco, di minoranza.

2. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato (C. 2039-A).
e delle abbinate proposte di legge: FRANCO BORDO e PALAZZOTTO; CATANIA ed altri; FAENZI ed altri; DE ROSA ed altri (C. 902-948-1176-1909).
Relatori: Braga, (per l'VIII Commissione) e Fiorio, (per la XIII Commissione), per la maggioranza; De Rosa, Segoni e Zaratti (per l'VIII Commissione), di minoranza.

La seduta termina alle 11,30.